Il mio tempo di qualità

di medea nc
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Odiarsi è la cosa più facile del mondo! ***
Capitolo 2: *** Accordi presi ***
Capitolo 3: *** Comprensioni ***
Capitolo 4: *** Incomprensioni ***
Capitolo 5: *** Tritolo ***
Capitolo 6: *** Unintended ***
Capitolo 7: *** A passi vicini ... ***
Capitolo 8: *** Patsteel&Footer Vs Harsher&Dying ***
Capitolo 9: *** Qualcosa di rubato ... ***
Capitolo 10: *** Odio, amore, amicizia. ***
Capitolo 11: *** Quel diavolo di Footer ***
Capitolo 12: *** Dove comincia la verità ***
Capitolo 13: *** Appartenenza ***
Capitolo 14: *** Senza più nemico ***
Capitolo 15: *** Menomale che ci sono le oche! ***
Capitolo 16: *** Irene Patsteel in modalità off ***
Capitolo 17: *** Il ladrone ***
Capitolo 18: *** La rivincita della dolcezza ***
Capitolo 19: *** Patstale è la casa di Footer ***



Capitolo 1
*** Odiarsi è la cosa più facile del mondo! ***


 
 
 
 
                                              Si può arrivare ad odiare un essere umano,
                                              si può anche cedere all'amore nato dal rancore,
                                              ma non si può rimanere indifferenti, non per sempre almeno.
 
 
 
 
 
 
Capitolo 1
 
Odiarsi è la cosa più facile del mondo!
 
Irene Patsteel[1] non era una di quelle scontatissime studentesse del collegio, aveva teneri fili sottili, quasi dorati, appena sopra le spalle, invece delle solite trecce corvine, ed anche il fisico non era statuario ma delicato e leggero come quelle fate nei dipinti piovosi. Gli occhi grigi si abbinavano bene al maltempo di Lockdimwit.
Anche se detestava sentirsi umida, quel giorno andava bene così, era perdonabile. Alle gare di matematica aveva vinto dopo tanto tempo, la sua squadra rispetto a quella del borioso Marc Footer[2].
Marc Footer era la sua nemesi, la piaga della sua adolescenza; qualcuno nella vita si ritrova sempre a combattere con lo stronzo del secolo, quello che non cambierà mai e che mai uscirà dalla propria esistenza; nella vita di Irene Patsteel, Marc Footer era lo stronzo del secolo.
Ora tutte si credono che Marc Footer sia il classicissimo, ovvissimo bellone della scuola, del collegio Nothingness[3], ed invece no, Marc Footer non era tutto questo granché.
Era più basso della media dei suoi compagni, non era né biondo né con gli occhi azzurri, ma piuttosto normale, quasi anonimo, e portava perfino le lentine per combattere la miopia; però aveva una cosa a suo favore e questa cosa la sapeva usare dannatamente bene, il fascino.
Poteva fulminarti con i suoi occhi castani e caldi, o bastavano poche parole per renderlo seducente, a volte non erano nemmeno complimenti, semplicemente quei modi di fare letteralmente bastardi che alle ragazze piacciono tanto, tranne che ad Irene Patsteel, e questo è quanto!
Di solito lui la stracciava in matematica, ed in un collegio il cui paese più vicino si trova a venti miglia lontano e tiene solo una caffetteria decente, andare male in qualche materia significa davvero domandarsi che diavolo fai tutto il tempo se non studiare, portare buoni voti e prenderti qualche premio che ti faccia uscire dalle mura di Nothingness?!
Insomma, chi non studiava, significava solo che avesse una vita interessante, e qualcuno forse ce l’aveva davvero.
 
Attraversò il cortile con una certa fretta, rintanarsi per qualche minuto al portico era il suo balsamo per scaricare lo stress della giornata. Aveva ancora da preparare l’interrogazione di storia medievale, ma non era un problema, la sera dopo cena avrebbe ripassato tutto.
Rimase incerta quando lo vide seduto alla sua panchina, quella che lei utilizzava come materasso per sdraiarsi sopra e ascoltare lo stillicidio regolare della pioggia.
Si arrabbiò, un po’ perché qualcuno avesse usurpato il suo trono, un po’ perché era stato Marc Footer, ed anche se la sua compagna di stanza Lucy l’aveva rassicurata che ufficialmente verso quel ragazzo soffriva di manie di persecuzione, lei era certa che se stesse lì, fosse solo ed esclusivamente per lei.
“Il seggio più alto è per i vincitori, non te l’hanno mai detto?” apostrofò da dietro un pilastro.
Marc Footer l’aveva sentita arrivare già da prima che lo ammonisse, ma fece comunque finta di niente, l’indifferenza era un’altra arma che sapeva usare bene, forse quanto il suo fascino.
Se ne rimase sdraiato con gli occhi chiusi, in completa stasi.
“Per me è una lezione vecchia, Patstale[4]! Per te invece, è ancora una novità, immagino.” alluse senza riserbo alle poche volte che lo aveva battuto alle gare.
La ragazza non si lasciò intimorire, incrociò le braccia al petto con fare tra il suadente e il sardonico come se fosse prontissima a sferrare la sua cattiveria del giorno contro Footer.
“Le miei vittorie sono annoverate negli annali della scuola, e non riguardano solo la matematica.”
Quello per tutta risposta rise come un bambino, quasi come se si aspettasse una battuta simile.
“Ah, certo! Dimenticavo che sei la reginetta della letteratura inglese alla Jane Austen, tutto perché la prof. è una scemetta romantica come la qui presente!”
“Detta da uno che legge Tansillo e Aretino!” sospirò con fare pungente.
“Ah, no inesperta ragazza, il mio preferito è Catullo!” sorrise fintamente per simpatia mentre si raddrizzava sul sedile di pietra dura.
“E dovrebbe esserci differenza?” gli domandò curiosa.
Quello si alzò e raggiunse la stessa colonna dove se ne stava lei, si scrollò un po’ di polvere di dosso e le rispose:
“Ce n’è eccome!” e la lasciò così, sotto la pioggia di quella normalissima giornata.
 
 
 
 
 
 
 

 


[1] Pat= Carezza Steel= acciaio /"Carezza di acciaio"
 

[2] Non so perché gli abbia dato questo cognome, bah … comunque, letteralmente in italiano sta per “pié di pagina”.

[3] Nothingness= "Nullità"

[4] Qui Footer gioca sul cognome della ragazza, da "Patsteel" a "Patstale", dove "stale" sta per "vecchio", "raffermo", "stantio".


Ricordo che questa storia è originale, tutti i diritti sono di medea nc. Se ti va di leggermi, clicca qui:

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Capitolo 2
*** Accordi presi ***


Capitolo 2
 
Accordi presi
 
Il collegio Nothingness era rinomato per i suoi metodi poco anglosassoni e parecchio vecchia scuola classica.
Le classi non si frantumavano e ricomponevano per corsi, ma ognuna aveva un tot di materie uguali per tutti, e chi entrava in una classe … non ne usciva più! (suona inquietante!!! N.d.a.)
Irene e Marc avevano la stessa età che bilanciavano equamente con la stessa scalogna di finire in classe insieme, motivo per il quale in quattro anni di scuola hai voglia ad imparare ad odiarsi a vicenda!
L’antipatia purtroppo era tutta concentrata nella vanità delle loro menti, ed anche nella puerilità, se vogliamo!
Avevano bisogno di fare a gara a chi fosse il migliore, il campione del giorno, ogni giorno, per tutti i giorni di scuola.
Il che aveva portato a tre conseguenze catastrofiche:
1)    L’agonismo si era metamorfosato in odio.
2)    Gli insegnanti non riuscivano a controllare la propria acredine.
3)    I compagni di classe ci avevano rinunciato da parecchio.
In parole povere, Patsteel e Footer insieme erano decisamente insopportabili.
“Sinceramente sono stanco dei vostri continui alterchi! Vi accapigliate anche sulle cose più banali.” disse sfinito il prof. di letteratura antica.
“Non è tanto banale che uno al penultimo anno non conosca nemmeno il rapporto tra volontà e necessità nel pessimismo sofocleo!”sbottò la Patsteel col tipico fare spocchioso che Marc Footer, lei lo sapeva bene, detestava più di ogni altra cosa di lei.
“Fatela smettere, vi prego!” le rispose stremato il ragazzo come ormai annoiato da quella discussione.
“Sì, signorina Patsteel, la smetta!” ne approfittò professor Candyman (è inutile che ve lo traduca JN.d.a.)
“E lei giovanotto, non importuni la scontrosità della signorina, che è già fin troppo bisbetica!”
Irene lo guardò con una punta di fastidio, ma ritornò subito su Marc.
“Non è bisbetica, è semplicemente, genuinamente, smisuratamente … invidiosa di me!”
Patsteel sorrise parecchio ironica come se quelle parole l’avessero quasi messa sopra un piedistallo rispetto alle baggianate di lui.
“Quanto mi fai tenerezza Footer! Davvero non sai più che cacciare pur di avere l’ultima parola!”
Marc divenne paonazzo, detestava quando lo sminuiva, va bene l’odio, ma renderlo ridicolo, abbassarlo ad un gradino, anche ad un solo gradino più in basso di lei,questo no, Irene Patsteel non lo poteva e non lo doveva fare.
Era pronto a risponderle a tono, come si meritava quella smorfiosa, ma il prof. intervenne prima.
“Ora basta! Andrete a continuare i vostri diverbi nei sotterranei della scuola.”
 
I sotterranei sono i migliori antidoti alle bravate degli abitanti di Nothingness. Freschi d’estate (quando la scuola era chiusa) e gelidi d’inverno, fetidi di umidità da rendere l’aria irrespirabile, abitati da teneri sorci, non è esattamente lo sgabuzzino del bidello.
I sotterranei sono la punizione per eccellenza, quella che ogni prof. ha il potere di usare a suo piacimento; a Nothingness andare dal preside è assolutamente marginale.
Pochi alunni potevano vantare di non essere mai scesi nei sotterranei, la maggior parte che c’era stata, fosse anche solo per una volta, non avrebbe di certo preferito tornarci.
Irene Patsteel e Marc Footer ci erano stati insieme più di tutti.
 
“Etcì!” starnutì per la seconda volta mentre si avvolgeva di più nella giacca della divisa.
Quello la guardò di sottecchi con le mani ancora nelle tasche.
“Sai eccentrica, disgustosa Patsteel?! Credo che dovremmo smetterla di dare spettacolo di noi stessi in pubblico, o perlomeno davanti ai prof.!”
“Davvero?” gli rispose con sufficienza.
“Io onestamente sono stanco delle vacanze qui sotto! Insomma, c’è gusto a saltare qualche lezione, ma questo posto non è il luogo più idilliaco del mondo!”
“Che te ne frega?! Non stai mica in luna di miele?” lo rimbeccò mantenendo il  contatto sempre freddo e distaccato.
“È proprio questo il punto! Ho sbagliato a prendermela con te per tutti questi anni, avrei dovuto scegliermi una nemica più carina, con tutte le occasioni che ho avuto qui sotto, ce la saremmo spassati!”
“Beh … almeno stai convenendo con me che sei un perfetto idiota!” sorrise compiaciuta di aver preso la palla al balzo.
Quello rimase per qualche secondo interdetto. Avrebbe dovuto offendersi, ma aveva proprio ragione lei, era stato ingenuo a servirle quella battuta proprio regalata, che spreco!
Non aveva mai prestato molta attenzione alle risate della Patsteel, per la verità non aveva mai prestato attenzione a niente che non fossero gli acuti striduli della sua voce che lo ammonivano per qualcosa.
“Sei buffa, lo sai? Quando ridi intendo, sarà che c’hai anche il raffreddore, ma sembri un pagliaccetto che si mette sopra le mensole.”
“Sarai bello tu!”
 “Ah, beh … non sono mica come certa gente che si fa i complimenti da sola …”
Lo ignorò. Non la conosceva affatto.
“Etcì! … Etcì!”
“Vuoi che chiami Pascal, ti faccio riportare su!”
Irene lo guardò per la prima volta parecchio meravigliata. Non era solito vederlo fare il carino con lei; ma prima che potesse rispondere, quello si abbassò alla sua altezza mentre lei ancora se ne stava seduta sul pavimento gelato; aveva il peso del corpo sopra le punta dei piedi e le braccia ciondoloni sulle ginocchia, non era bello, non era affatto bello, era solo… terribilmente affascinante.
“Sai com’è?! Se l’inserviente ti riporta in classe, Barbie scende qui da me e … una parola tira l’altra … faremo qualcosa di molto più interessante di quello che stiamo facendo io e te!” sorrise marpione.
Adesso gli occhi della ragazza erano diventati due fessure indecifrabili, lo stupore aveva lasciato spazio al disprezzo.
“Come sei terra terra, Footer!”
“No terra terra, pratico!”
“Ma pratico in cosa? Pensi a … a … quello …”
“Si chiama Sesso!” precisò lui.
“Esatto! Anche in un momento come questo! Sai che è la settima volta che stiamo qui da quando è cominciato l’anno? E sai a che mese stiamo ancora?”
“Illuminami!”
“A novembre! Novembre. Che vogliamo fare? Ci vogliamo organizzare qui sotto per i prossimi mesi o ci diamo una regolata?”
“Vada per la regolata!” esordì alzandosi in piedi.
“Perfetto, comincia tu!”
“Eh, no bella! Qui le cose o si fanno in due o niente!”
“Io non so proprio cosa ti abbia fatto? Da sempre … sempre … chi è quello refrattario? “
“Lo siamo entrambi!” la rimbrottò.
“Ti ricordo che all’inizio io ho cercato di fare amicizia con te!”
“All’inizio? All’inizio quando?”
“Al primo anno, appena conosciuti!”
“Ah, in pratica nella preistoria?”
“Preistoria o no, io ho cercato di esserti amica e tu non hai collaborato, anzi hai posto i paletti da subito.”
“È il mio corpo che reagisce alla tua presenza, non farne una questione personale, sei come l’allergia, quando ti avvicini mi viene il prurito alle mani!”
“Anche a me viene il prurito alle mani … senti il mio stesso bisogno?” gli chiese parecchio stizzita adesso.
“Quello di menarti? Di mettere a tacere la tua boccaccia, ti farti collassare per un tempo indefinito? Sì, cazzo!”
Irene soffiò esasperata.
Ci furono parecchi minuti di silenzio.
“Forse … dovremmo … evitarci?” disse poi quasi sottovoce.
Messa così sembrava una specie di bestemmia, come se entrambi tutto avessero potuto accettare tranne quella, quella no, l’indifferenza no.
Alzò gli occhi e se lo ritrovò a fissarla un po’ incantato.
“Chiarisci quell’”evitarci”!” le ordinò.
“Beh … io per i fatti miei, tu per i tuoi, io senza interferire nel tuo percorso scolastico, tu senza interferire nel mio. Magari all’inizio sarà difficile non battibeccarci, ma col tempo credo che ce la potremo fare.”
Altri minuti d’interessante silenzio.
“Si potrebbe provare … ma non ti prometto niente.” le rispose.
“Anch’io.”
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Comprensioni ***





Comprensioni

“Non trovo normale che due studenti, non dico della vostra intelligenza, ma almeno della vostra età, si comportino come invece accade … e accade troppo spesso!”
La preside Harsher[1] tentò di rimarcare quel troppo spesso ma gli esiti a ben vedere furono comunque nulli, Irene e Marc erano assolutamente concentrati su qualsiasi cosa a questo mondo e a chissà quale altro tranne che alle sue parole.
La donna se ne accorse e facendo finta di niente si andò a sedere dietro la scrivania in mogano ed incrociando le gambe mentre lasciava tamburellare le dita, disse:
“Ho deciso di darvi una punizione esemplare!”
Questo attirò l’attenzione dei due su di sé … finalmente!
“E sarebbe?” sbottò stizzito, per primo, Marc.
“Da domani in avanti sarete spediti tutti e due a lezione dal prof. Dying[2]. E quando dico a lezione da lui intendo che entrambi passerete a studiare tutte le materie con lui fino alla fine dell’anno scolastico.”
Per la prima volta i pensieri di Marc e quelli di Irene parevano trovare un vicolo comune, uno spiraglio logico che li unisse.
Tutto, ma Dying proprio no!
Dying il terribile, il minacciatore, l’avaraccio sui bei voti!
Passare tutto l’anno da lui significava dover studiare dieci volte tanto per ottenere almeno la sufficienza, media che di certo non avrebbe giovato ai loro altissimi giudizi.
No, Dying assolutamente no!
“Signorina Harsher, non è necessario imporci un tale castigo!”
“Davvero, signor Footer?” chiese quella parecchio seccata.
“… Io e …la signorina Patstale …” indicando Irene.
“Patsteel.” rettificò la ragazza mentre dentro desiderava schiantarlo al suolo; sapeva quanto glielo stesse facendo apposta.
“Sì … Patsteel … abbiamo deciso di mettere fine ai nostri contrasti.”
“E come?” domandò la preside ancora scettica.
“Beh … abbiamo capito di aver esagerato, perciò abbiamo deposto l’ascia di guerra. Da domani in poi … nessun’altra lite ci sarà tra di noi, può starne certa!”
Anche Irene accondiscese convinta.
La donna passò con lo sguardo dal viso di uno a quello dell’altra per carpire qualche segno tangibile di verità, poi sospirò poco sicura:
“Facciamo da oggi!”
Poi si alzò e accompagnò i due alla porta.
“Un’altra possibilità, una soltanto, bruciatevela e vi ritroverete a passare il resto dell’anno da Dying.”
Appena fuori, tirarono entrambi un lungo respiro come se fossero stati in apnea per tutto il tempo.
“Hai un tempismo perfetto!” disse Marc alludendo alla sua idea di evitarsi.
“E tu sei un gran marpione!” gli rispose riferendosi a come si era giocato quella carta con la Harsher.
“Beh?! Che dire … salvati in extremis! Da oggi in poi … com’era la storia?”
“Io per i fatti miei e tu per i tuoi!” ripeté la ragazza.
“Penso che una stretta di mano sia eccessiva tra di noi!” disse Footer.
“Mm … anch’io lo penso!”
“Già!” bofonchiò mentre prendeva la strada verso i dormitori maschili.
 
 
 
 
 

 


[1] “Harsher” comparativo di “harsh”= duro

[2] Dying= morente


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Capitolo 4
*** Incomprensioni ***


 
Incomprensioni
 
“Mm … non mi convincete!” sbottò all’improvviso Ethan mentre la lezione di fisica procedeva come al solito.
“Di che parli?” chiese quasi svogliatamente Marc intanto che seguiva.
“Tu e la Patsteel …”
In qualche modo il nome della ragazza lo catturò girandosi verso l’amico.
“Cioè?” domandò più curioso.
“Quel patto che avete fatto pur di non finire da Dying … Per me non ce la farete!” sogghignò maligno.
“Ma dai! Non è mica così difficile evitarci, infondo non ci siamo mai rivolti la parola se non per offenderci, basterà non lasciarsi coinvolgere dal desiderio di volerci scannare.”
“Cosa da poco, specie per voi due!”
“Beh … puoi metterla così, sono già due giorni che regna indifferenza in questa scuola.”
“Ed anche un po’ di pace!” sentenziò Ethan sarcastico, quasi rimpiangendo quegli allegri momenti di passionale odio.
Alla quinta ora, la prof. di latino consegnò le versioni svolte la settimana prima.
Irene guardò il suo voto, 9 … non male, davvero non male!
Ma dal fondo dell’aula si sentì un grido euforico di meraviglia.
“9 + wow!” era il risultato finale della versione di Marc Footer.
Inevitabilmente i loro sguardi s’incrociarono, forse quasi apposta contando che Marc aveva alzato la voce per farsi sentire dalla Patsteel, perché anche se c’era di mezzo il patto di non curanza, il desiderio di sapere se lei avesse preso di più, o meglio ancora indispettirla con un giudizio più alto, era ancora troppo allettante come idea.
Irene socchiuse gli occhi con palese cattiveria e quello capì che anche questa volta, dopo le gare di matematica, aveva preso più di lei.
Fece passare apposta pochi secondi di silenzio tra di loro, aveva bisogno di pensare.
Lasciar cadere la cosa e continuare ad ignorarci pur di non finire nelle mani maledette di Dying, oppure passare l’anno con il prof. e godersi la soddisfazione di mettersi ancora una volta sopra l’odiosa Patsteel?

Ok, mettiamoci sopra!!!
“Che c’è, spocchiosetta presuntuosa? Non mi dire che ti ho superato di nuovo?” gridò in mezzo all’aula facendo girare tutti mentre le sue braccia lunghe si allargavano quasi in segno di onorata vittoria. Irene ridusse ancora di più lo sguardo su di lui, voleva umiliarlo, a modo suo, ma … non gli rispose, per la prima volta non rispose alle sue provocazioni.
C’era un accordo in corso, lui non avrebbe mai dovuto rivolgerle quei toni. Lei avrebbe dovuto comunque mantenere il distacco.
Dei due, Marc Footer era venuto miserevolmente meno al patto.
Se fosse stato solo per quello, anche Irene lo avrebbe infranto in quello stesso momento, ma c’era ancora la questione Dying.
Squadrò la prof. di latino, gli insegnanti erano stati avvertiti dalla preside che al primo accenno avrebbero dovuto mandarli nel suo ufficio e poi diritti da Dying.
Lei e la prof. si ispezionarono con circospezione ed entrambe parevano stare sulla stessa linea di idee.
Rispondi Irene e sai già la fine che farai!
Abbassò gli occhi a rimirare il pavimento, poi ritornò su Footer.
Idiota!pensò.
Ma non disse una parola, consegnò il compito alla prof. e con una calma olimpica, proprio allo scoccare della campanella, uscì dall’aula dignitosamente.
 
Non si sentiva la donna più felice del mondo, aveva preso meno di Marc in latino, praticamente una delle sue materie forti. Menomale che non era stata letteratura inglese!
Ad ogni modo c’era poco da stare felici, non era soltanto una questione di voti, c’era il problema che quel deficiente non era nemmeno in grado di mantenere un minimo di contegno davanti ai professori.
Va beh che non ci si poteva aspettare che tenesse fede al loro accordo, ma almeno non provocarla così davanti a tutti sapendo di Dying.
All’improvviso se lo ritrovò alle spalle mentre se ne stava seduta ai piedi di una colonna.
Poteva ricordare il suo profumo, poteva anche ricordarsi la sua camminata e di certo … la sua ombra che adesso si stagliava dietro di sé.
“Ok, ho esagerato prima!”
“Davvero?” finse di chiedergli.
“Non dovevo lasciarmi andare a quel commento.”
“Gli insegnanti sanno che alla prossima cavolata ci spediranno da Dying.”
“Non accadrà più, prima … è stato più … forte di me!”
Quella si alzò di scatto e lo fronteggiò.
“Capisco benissimo, ma cerca di controllarti o finiremo tutti e due da Dying e sarà solo colpa tua!”
“Calmina! Ho detto che ho sbagliato, non accadrà più!”
Irene lo analizzò ancora con poca convinzione.
“Non credere che prima non ti abbia risposto per paura.”
“Mai pensato!” si affettò a rassicurarla il ragazzo.
“E immagino che avrai festeggiato parecchio con quegli altri deficienti dei tuoi compari per il mio … innaturale silenzio?!”
“ Beh, solo un po’ ma senza esagerare, puoi credermi!”
“Bene, tanto non mi troverai così clemente come oggi. Fallo di nuovo e darò a te tutta la colpa con Dying e te la farò scontare cara!”
“No, non sia mai!”
“A mai più rivederci, allora!”
“A mai più rivedere te, Patsteel!”

Una settimana dopo
 
Per quanto cercasse anche lei di mantenersi fuori dalla vita di Footer, doveva ammettere che non era una cosa così facile come aveva invece creduto.
Si erano talmente occupati della vita l’uno dell’altra, nel senso più spregiativo del termine ovviamente, che uscirne totalmente fuori non era così semplice.
Inoltre il loro odio era dettato soprattutto dalla competizione sui voti scolastici, e per quanto cercasse di superare sempre quelli di Footer, il dannato era bravo, accidenti se lo era.
 
“È troppo noiosa questa vita senza rompere alla Patsteel, vero?”
“Già! … devo proprio confermarlo!” rispose ad Ethan e George nei dormitori, dopo gli allenamenti di tennis.
Entrambi emisero risolini ironici mentre Marc li guardava di sbieco.
“È inutile che pensate male, mi annoio perché non ho più nessuno con il quale scaricare la tensione, la Patsteel era un buon antidoto allo stress. Adesso mi tocca sfottere le matricole del primo anno per passare un po’ di tempo senza rompermi i coglioni!”
“Questo è vero, quella smorfiosa era insopportabile, ma dopo che la prendervi in giro eri sempre bello pimpante e allegro, adesso è come se ti fossi rammollito!” disse Ethan.
“Ma perché hai smesso di farlo?” gli domandò quasi seccato George, come se fosse cosa buone e giusta che l’amico tormentasse la ragazza.
“… Mm … abbiamo fatto un patto. Io non offendo lei e lei non offende me, così eviteremo di finire nei sotterranei, o peggio ancora da Dying.”
“Ah, non me lo avevi mica detto? … Beh, ti tocca trovare qualche altra valvola di sfogo!” ci scherzò sopra il ragazzo.
Marc se ne rimase sul materasso, sdraiato con le braccia sotto la testa e gli occhi persi verso il soffitto colorato.
Mm… già! cercarmi un’altra valvola di sfogo!
Che noia!
Nemmeno scopare con Barbie mi rilassa come litigare con il mostriciattolo!

Se il patto si dovesse rompere, anche se finissimo nei sotterranei, o … da Dying … a me non me ne importerebbe nulla!


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Capitolo 5
*** Tritolo ***




 
Tritolo
 
“Irene Patstale è solo la più ridicola, saccente, sputasentenze e goffa studentessa del Nothingness! … MF”
 
Questo era affisso sul muro dei bagni femminili.
Irene non si soffermò molto sulle parole quando lesse la firma sotto al maestoso murales.
Marc Footer … sei un idiota!
La cosa assurda era che stranamente le maggiori rappresentanti del reparto “oche” della scuola erano tutte lì a sghignazzare, prima fra tutte, Barbie.
Dignitosamente Irene uscì dalla toilette mostrando la più falsa indifferenza che avesse potuto palesare.
Appena fuori però, tutta la sua calma andò a farsi finalmente benedire.
Per la verità, aveva accumulato parecchia frustrazione in tutti quei giorni di noncuranza nei confronti di Footer, era pure negativo per la sua media distruggersi con quel tipo, ma lo spirito si sentiva meglio quando litigava con lui.
In quel momento si stavano accumulando i giorni di astinenza, il desiderio viscerale di accapigliarsi con lui e soprattutto voleva metterlo a tacere dopo la bambinata che aveva fatto nei bagni femminili.
Corse più veloce delle altre ragazze pronte ad uscire per seguirla, fece perdere facilmente le sue tracce dirigendosi a casaccio per i corridoi. Marc Footer non le sarebbe scappato a meno che non fosse fuggito subito dall’istituto.
Lo intravide salire le scale con una certa foga.
“Ah, sei qui!” sbottò prima che potesse parlare lei, ma Irene era talmente accecata dall’ira che non vi badò.
“Sei davvero un gran pezzo d’idiota, te l’hanno mai detto?!” urlò per farsi sentire apposta anche dalla combriccola che il ragazzo si portava dietro; questa volta avrebbe riscattato tutto, anche l’affronto delle settimane prima.
Marc rimase interdetto come se non stesse afferrando il nocciolo della questione con la Patsteel.
“Credi che scrivere quelle cose come un bambino delle elementari nei bagni ti abbia reso più intelligente o semplicemente più scaltro? Ti avevo messo in guardia che alla prossima cretinata te l’avrei fatta pagare!”
“Di che parli, mostriciattolo? “
“Della scritta nei bagni femminili e delle parole carine che hai usato per me! Che imbecille, ci hai messo pure la firma, come se avessi bisogno della maga per capire che fossi stato tu,  solo tu potevi essere!”  
“Dico la stessa cosa di te, scema che non sei altro!” alzò la voce il ragazzo.
“Ma che faccia tosta, tu offendi e poi mi metti al tuo livello?”
“Vieniti a fare un giro in palestra allora, così vediamo quanto sei più intelligente o furba!”
Quella assunse la stessa espressione che aveva avuto Marc pochi istanti prima.
Avanzò di qualche passo e lo seguì verso la palestra.
“Marc Footer è l’esaltato dell’anno, spaccone e buffone fino al midollo!”
C’era scritto così sopra una delle pareti vicino alle tribune del campo da basket.
Mentre Irene se ne stava ancora dubbia davanti a quelle offese, Marc le si avvicinò ed alitando sul suo collo niveo le sussurrò:
“Tu non hai avuto bisogno di firmarlo!”
Quella rimase di sasso, poi si girò verso di lui e quasi dimenticando quello che c’era scritto contro di lei, cercò di più di giustificarsi.
“Non sono stata io!”
Quello la squadrò con sufficienza.
“Ma ti prego, mostriciattolo! Sono le parole esatte che hai sempre usato con me e ti ho vista in questi giorni come fremevi che non litigassimo più, ma potevi pure dirmelo più semplicemente che non riuscivi a resistere al patto!”
“Pezzo di cretino! Io non resistere? Ma se il primo a non farcela sei stato tu?”
“Ancora con quella storia, abbiamo già risolto, mi pare!”
“Risolto? Vatti a fare un giro nei bagni delle ragazze e poi ne riparliamo!”
“Non faccio certe cose, piuttosto mi basta restare qui e leggere quello che hai scritto per dirti che sei una bambina, sei infantile e scema come una mocciosa se ti riduci a fare queste cose!”
“Ha parlato l’adulto! Io te le dico in faccia le cose, non le scrivo su una parete!”
Quello per tutta risposta si mise a ridere, indicando il muro davanti a loro.
“Ti ripeto che non sono stata io!” sbraitò con parecchia veemenza.
 
E fu così che il detonatore fu innescato.
Gli studenti affluirono intorno a loro, qualche inserviente se ne accorse, parecchi professori accorsero e la preside non ebbe nemmeno bisogno di scomodarsi a mandarli a chiamare, ci andarono da soli.
Si scambiarono un ultimo messaggio di idilliaco rancore prima di aprire la porta della presidenza.
“Complimenti Patstale! Hai fatto un bel casino!”
“Complimenti a te, Footer, e la prossima volta non scomodare più la tua grande intelligenza, possiamo farne a meno!”
Dieci minuti dopo non era necessario aggiungere nulla: una notte di sotterranei sarebbe bastata per entrambi!
 

 
 
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Capitolo 6
*** Unintended ***




Unintended
 
Il titolo è stato scelto in quanto il chapter l’ho scritto mentre ascoltavo a go go questa canzone, dei Muse ovviamente, che amo!!!
 
 
Camminavano ad una spanna l’uno dall’altra. Marc aveva sicuramente qualche centimetro in più di Irene, ed il suo profumo buono dal petto sotto la camicia arrivava fino alle narici della ragazza stuzzicandola in modo piacevole.
Quella era una delle rare volte in cui preferivano il silenzio mentre lasciavano che Pascal li guidasse fino ai sotterranei, come se ce ne fosse stato bisogno!
L’inserviente li fece entrare in mezzo all’odore fetido di umidità e li scrutò con una forte compassione.
Una volta dentro, Irene si andò a sedere a terra, nello stesso angolo di sempre; Marc se ne stava semplicemente appoggiato con la schiena alla parete opposta.
“Stronza Harsher!” biascicò un po’ stremato.
Irene lo percepì appena.
“Questa punizione credo che vada a ledere i nostri diritti umani?!”
“Già! Usciti di qui vogliamo rivolgerci alle Nazioni Unite?” le domandò ironico.
Quella lo guardò di sbieco.
“Io a te denuncerei alle Nazioni Unite; hai mandato letteralmente a …”
“Puttane?” le venne in aiuto.
Irene aveva sempre troppe remore, secondo lui, nei confronti del linguaggio scurrile.
“Esatto, tutto quello che abbiamo fatto in queste settimane!”
“Potrei dire lo stesso di te!”
“Io non ho scritto quella roba.”
“E nemmeno io. Ci siamo buttati nella merda entrambi. Chiudiamo qui perché sono stanco di litigare ancora su quella bambinata!” disse seccato.
“Intanto adesso ci toccherà stare un anno con Dying!” aggiunse più a bassa voce Irene con aria rassegnata.
“Sempre se superiamo prima questa notte e non ci scanniamo a vicenda!” si sentì proprio in dovere di aggiungere lui.
Irene si concesse qualche minuto di silenzio poi gli domandò:
“Non saprei nemmeno come farti fuori qui dentro, che modo di uccidere potrei usare per eliminarti stando chiusi qui?!”
Sembrava seria mentre lo diceva, anche lui lo era.
“Basta che parli tutta la notte e al mattino troveranno il mio corpo in decomposizione, tranquilla!”
“Davvero? Pensavo ci volesse di più!”
Stavolta fu lui a squadrarla torvo.
“Etcì!” starnutì la ragazza.
“Beh, almeno a te ci vorrà pure meno!” constatò quanto facilmente il corpo di lei rimanesse influenzato dal clima dei sotterranei.
“Pensi che resisterò meno di te, qui dentro?”
“Ma ovvio, Patstale! Quando io morirò di noia tu sarai già con l’anima chissà dove!”
Non stavano ironizzando, parlavano seriamente, ed era indecifrabile quanto potessero essere inquietanti o meno quei discorsi.
All’improvviso ritornò Pascal.
Aveva con sé altre due persone, entrambe portarono in mano un paio di brandine mentre lui aveva un vassoio pieno di cibarie.
Entrò solo Pascal nel piccolo tugurio tanto che lo spazio era angusto.
Nessuno disse una parola, solo l’inserviente quando ebbe sistemato tutto augurò ad entrambi la buonanotte.
Le brandine furono parecchio apprezzate, ma un solo vassoio dal quale avrebbero dovuto mangiare tutti e due, la Harsher credeva di ammorbidirli così facilmente?
“È inutile che mi guardi come se volessi davvero uccidermi, Patstale! Coltelli non ce ne sono, e respira, non ho nessuna intenzione di mangiare dal tuo stesso piatto!”
“Paranoie che ti fai solo tu, non puoi fare a meno di essere acido, sembri uno yogurt scaduto!”
“Tzè! Ma sentitela!!!”
Per tutta risposta avvicinò la sua brandina di fronte a quella di Irene.
Seduti uno davanti all’altra come se si dovessero sempre scontrare, lasciò che lei allungasse il vassoio più al centro, e tutti e due iniziarono ad assaggiare la loro parca mensa.
“Cosa c’era scritto contro di te?” le domandò all’improvviso, alludendo ancora ai complimenti carini dei bagni.
“Mm… le solite cose, goffa, saccente, ridicola, ah … sputasentenze! … Chiamandomi Patstale, naturalmente!”
Lo notò abbassare gli occhi verso le pietanze, poi lui disse:
“Non sono mai entrato nei bagni femminili, almeno non per mettermi a scarabocchiare sulle pareti!” la informò.
“Né io mi sarei presa la briga di consumare i pennarelli per dirti quello che oltretutto già sai!”
“E quindi?” le domandò.
“E quindi niente! Siamo due bugiardi?”
“Ma sinceramente Patstale, se c’è una cosa di buono che ho sempre fatto con te, è che non ti ho mai mentito!” sorrise candido.
Era vero, a lei non le aveva mai mentito, alle altre ragazze sì, anche solo per portarsele a letto, ma con lei non aveva avuto mai bisogno di fingere o di rifilarle qualche bubbola, con lei poteva essere se stesso.
“Nemmeno io ti ho raccontato fandonie, quindi?” gli chiese come lui aveva fatto poco prima con lei.
Il loro era un gioco di parti, un gioco terribile, pericoloso ed eccitante di parti, come due scacchisti sempre attenti alle mosse dell’altro.
“Mm … forse sarà stato qualcun altro?!”
“E chi?”
“Bah … qualcuno che ce l’ha con noi, o che gli piacciono le nostre scenate d’amore!” le disse.
“Davvero? Esistono menti così perverse?” chiese genuina.
“Patstale! A volte mi sembri così immacolata che mi dispiace quasi ferirti!”
“Tranquillo, non preoccuparti per me!” gli rispose a tono.
Intanto quello addentò l’ultimo pezzo di pan piuma, il preferito di Irene (veramente il mio preferito, N.d.a.).
La ragazza l’osservò allibita.
“Era mio quel pezzo!”
“Paziebfnbfza Pabfstbfeale ( trad. Pazienza Patstale) !!!” bofonchiò ancora con il cibo in bocca e facendo spallucce.
“Sei un maleducato cronico, cavoli, era mio!” piagnucolò Irene.
“Finito, mi dispiace, aspetta la colazione di domani mattina!”
Parecchio scocciata, assottigliò gli occhi e lo scrutò feroce.
“Sai che c’è, Footer?! Che mi sono proprio stancata di dover aver a che fare con te! Potresti sparire dalla mia esistenza per un lungo periodo, forse per sempre?”
“Mancano ancora due anni alla fine della scuola, regolati!” le rispose sazio.
“Ti rendi conto di quello che hai combinato? Grazie a te è saltato l’accordo, la Harsher ci rinchiuderà in prigione per il resto dell’anno con Dying e dovremmo passare la notte qui dentro!”
“E senza sonniferi!” aggiunse lui convinto, riferendosi a quanto sarebbe stato tutto più facile se lei avesse preso sonno e si fosse risvegliata solo il giorno dopo.
“Ti odio pubblicamente!” si sfogò contro di lui.
“Nessuno se ne era accorto!” la rimbeccò.
“Io mi rifiuto di stare qui dentro buttata con te!” questa volta i toni furono più acuti.
“Respira profondamente e fai finta di non pensarci, è così che farò io per il resto della notte!”
“Ah, beh … considerando le tue scelte in fatto di donne?!”
Marc Footer sorrise sornione.
Cosa c’entravano adesso le sue scelte femminili, amorose???
Di che se ne fregava la Patsteel???
“Perché ridi come un idiota?” gli domandò distratta.
“Da quando in qua t’ interessi dei miei gusti sessuali?”    
“Ah, ti prego Footer, non cominciare a viaggiare con la fantasia! Etcì!”
“Patstale, manco con l’aiuto della Walt Disney riuscirei a lavorare di fantasia pensando a te!”
“Tanto meglio! Etcì! Etcì!”
“… E non ti passerò nemmeno la giacca della mia divisa per coprirti!” aggiunse con un mezzo sorriso sotto i baffi.
“Non te l’ho chiesta!”
“Beh, era giusto per fartelo sapere, non sia mai che dovessi fraintendere?!”
Irene puntò i piedi e lo fronteggiò.
Lui se ne stava ancora seduto mentre le gambe di lei erano davanti ai suoi occhi.
Irene non aveva affatto delle brutte gambe!
Si ritrovò a squadrarle un po’ distratto, un po’ perché era come se lo chiamassero, chissà!
“Senti un po’, non penserai mica che io mi sia o che in un irrealizzabile futuro mi possa infatuare o peggio ancora innamorare di te?”
“Non sia mai! Santa Patstale!”
“Ah no, perché provo per te lo stesso piacere che proverei nello stare vicino ad un mucchio di sorci!...”
Quello si alzò all’in piedi più per sfuggire a quelle gambe che per non sentire gli acuti di Irene. Adesso erano molto vicini.
“… Ti ricordo che ti odio profondissimamente! ...”
Il ragazzo fece qualche passo indietro e girò a vuoto nella stanza.
“ … Inoltre io non appartengo alla categoria delle ragazze con le quali sei abituato a stare tu!”
“Non mi dire, che novità!” le rispose con sufficienza mente metteva le mani nelle tasche.
“Ergo …” continuò Irene mentre tirava verso la parete opposta la sua branda.
“Io dormirò da questa parte e tu sul lato opposto!”
“Questo era scontato, mostriciattolo!” sentenziò.
“Etcì! Non penso sia il freddo di qui, sono solo allergica a te!”
“Non sai che piacere che provo nel vederti così!” sorrise a mo’ di bastardo.
“È solo raffreddore, pensi che mi farò uccidere da questo? Non sono mica come la Barbie delicata del tuo letto? Etcì!”
“ Ci mancherebbe!” le rispose come se lui la sapesse sempre più lunga in questa storia, come se Irene Patsteel non stesse nemmeno lontanamente vicino alla grandezza e alla luminosità di Barbie.
“Barbara Crown è esattamente quello che ti meriti Footer, non potresti andare oltre manco se volessi!”
Eccola lì l’offesa.
“Perché Patstale, esiste anche qualcun’altra oltre Barbara Crown?” la guardò come se fosse un rospo ripugnante.
“Se la tua visione limitata è il metro di giudizio, Footer, non potresti andare oltre manco se volessi!”
“Allora spiegami questo oltre!”
“Ah, ah, spiegartelo io? Non sei tu l’intenditore?”
“Appunto, essendo io, io dico che oltre la Crown qui dentro non esiste proprio niente’altro di speciale! Barbara è una donna fatta, in tutto … e per tutto.!”
“E con tutti!” aggiunse lei a bassa voce.
“Non bisbigliare, Patstale! Dillo ad alta voce quello che pensi, fallo sentire anche a me!”
“Constatavo un dato di fatto, ognuno ha quello che si merita, ci si compensa a questo mondo Footer!” sorrise come se fosse lei l’esperta stavolta.
Per tutta risposta il ragazzo le si avvicinò. Non arrivò a lei con grandi falcate, anzi, mantenne un’andatura piuttosto innocua, inoffensiva, Irene s’intimorì comunque.
Di solito tra loro c’erano scambi verbali, contatti fisici nulli e appena appena vicinanza di pochi secondi, quasi necessari; adesso Marc Footer stava chiudendo le distanze tra loro, lo stava facendo volutamente, e come se avesse qualcosa in mente, qualcosa che trascendeva dal litigio.
Adesso era davanti a lei, quasi ad intrappolarla sebbene non la stesse sfiorando, sebbene nemmeno il suo alito arrivasse al suo collo.
“Quindi, io e Barbara ci compensiamo in amore e sesso sfrenato mentre con te mi compenso nell’odio?” stavolta la sua voce era appena un soffio; era più bassa, più sensuale che mai.
Irene scostò gli occhi da quelli di lui guardando da un’altra parte, lontano, come se si sentisse imbarazzata.
“Non credo che esistano contrappesi nell’odio, Footer, sai dove andremmo a finire a questo mondo?!”
“Come mi dispiace Patsteale! Non solo non hai nessuno che ti consideri, ma nemmeno nell’odio puoi sperare in un compagno?!” sorrise malizioso.
“Smettila di fare il cretino!” gli urlò uscendo fuori da quella specie di trappola.
 
Continua …
  
 

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Capitolo 7
*** A passi vicini ... ***


Capitolo 7
 
A passi vicini …
 
Irene si era praticamente addormentata mentre lui non riusciva proprio a prendere sonno.
Scartò una sigaretta dal pacchetto e cominciò a boccheggiare lentamente assaporando il gusto del tabacco.
La Patsteel era parecchio tranquilla, forse anche troppo per lui, considerando quello di cui era capace da sveglia.
La scrutò per un secondo girandosi dalla sua parte.
Aveva la testa sopra il cuscino mentre i capelli erano sparsi sulla federa; il viso era in completa stasi e molto sereno.
Vista così poteva risultare quasi carina.
Quasi …si rimproverò tra i pensieri.
Non esagerare con questa megera! Non vorrai mica finire col fare sesso insieme alla tua nemica di sempre? … o peggio ancora? …
A dire il vero, era la prima volta che pensava alla Patsteel in quel modo e la cosa lo faceva sentire davvero stupido.
Ritornò a rimirare il soffitto, poco interessante e poco pericoloso; cercò di prendere sonno.
 
Non sapeva quante ore fossero passate, ma avvertiva la presenza di rumori al di là della propria coscienza, del proprio sonno.
Si svegliò quasi subito, lei se ne stava accovacciata sopra la brandina sotto la grata che sbucava su un piccolo e nascosto lato del giardino.
Potevano essere le prime luci dell’alba che riflettevano dentro lo spazio angusto, ridonando un poco di normalità a quel tugurio.
“Che fai, Patstale???”
“Cerco di respirare un po’ d’aria salubre!” rispose piatta.
“Hai smesso di starnutire come Eolo?”
“E tu di russare come Pisolo?”
“Davvero, russo? Ma non scherzare! Nessuna donna mi ha mai detto che russo!”
“Forse non te l’hanno mai detto per non offendere il tuo super ego?!”
“Ma dici?”
“Mm…!” aggiunse sempre indifferente.
“Mi venerano al tal punto?” si chiese mezzo intontito.
“ Pensa alle risate dietro?!” aggiunse lei malignamente.
“Solo una mente bacata come la tua potrebbe fare una cosa simile! Le femmine del mio harem mi idolatrano!”
“Mm … immagina la noia!”
Quello la ispezionò senza capire.
“Perché dovrei annoiarmi con loro, Patstale?” bofonchiò mentre si rialzava per stiracchiarsi.
“Ottenere sempre quello che vuoi senza sforzi, discutere a senso unico con una che ti da sempre ragione, farle fare tutto quello che vuoi … davvero non lo trovi noioso?”
“Dipende da quello che le faccio fare … “ disse malizioso.
“E comunque Patstale, sei sicura che non ci stia provando con me? Mi sembri decisamente un po’ troppo propensa ad interferire nella mia vita sessuale!”
“Non ho nulla da fare con te Footer, se non parlare di cose stupide!”
Quello per tutta risposta le si avvicinò di nuovo ma non come la sera prima, non c’era irruenza ma nemmeno la placidità di passi ponderati.
Se lo ritrovò dietro con le mani appoggiate alle grate, quelle mani lunghe e magre dalle quali si potevano scorgere le ossature perfette delle dita.
Il suo petto questa volta aderiva appena alla sua schiena e il soffio della sua voce le solleticava il collo.
“Potremmo trovarci un passatempo!” disse quasi scherzando.
Per un momento le aveva dato l’impressione che volesse provarci, aveva sussultato a quel contatto e si aspettava quasi che stesse lì lì per succedere l’irreparabile, ed invece lui l’aveva spiazzata con quella battuta. Si sentì canzonata, anche se non ne aveva motivo, lui non avrebbe mai tentato di provarci a beffeggiarla sotto quell’aspetto.
Lo scacciò con un gesto della mano senza prendersi la briga di girarsi a guardarlo, così da sopra la sua stessa spalla, ma un attimo dopo un grosso sorcio avanzò proprio lungo il muro del giardino oltrepassando la grata.
Le venne istintivo gridare e afferrare la prima cosa a portata di mano come paravento.
Lo abbracciò girandolo verso la finestra mentre lei se ne stava nascoste dentro al suo petto.
“Caccialo via! Non farlo entrare!!!” urlò.
“Ma chi devo scacciare?” chiese candido.
All’improvviso se l’era ritrovata addosso senza ragione e questo, fatto da una che qualche ora prima aveva trovato carina, anche se insopportabile ma carina, poteva risultare molto rischioso.
Respirò profondamente cercando di mantenersi calmo.
“Si può sapere che ti prende, Patstale?”
“C’è un grosso topo lì fuori, potrebbe entrare!” indicò con l’indice pur senza alzare gli occhi dal collo della camicia di lui.
“Non c’è nessuno!” disse secco.
“È passato … ” aggiunse lei come se fosse certa che si sarebbe intrufolato nella loro cella.
“E se n’è andato per la sua strada appena ti ha visto, non lo biasimo!”
“Era enorme!” piagnucolò.
“Le sue dimensioni non ti autorizzano a sgualcirmi la divisa rimanendo attaccata alla mia giacca!”
La ragazza alzò il viso incontrando i suoi occhi.
“Scusa tanto se sono umana!” lo informò.
“Non darmi una notizia del genere così, come se fosse niente, mi ci devo abituare a certe cose!” ironizzò ancora, era un continuo.
All’improvviso si sentì distintamente Pascal entrare nei sotterranei.
Entrambi rimasero indecisi in quei pochi istanti e quando l’inservienti li notò … mm … per così dire … in atteggiamenti intimi, assunse una strana espressione del viso, tra lo stupore, una finta indifferenza e un’aria decisamente maliziosa.
Quelli intuirono e Marc afferrò le braccia di Irene spingendola lontano, quasi con gesto irruente; Patsteel fece finta di nulla mentre era felice che almeno sarebbe uscita di lì … la notte era passata … pacifica tutto sommato!
Pascal li scortò fino all’ufficio della presidenza dove l’imperatrice come veniva chiamata sovente la direttrice dagli studenti, cominciò a sciorinare gli effetti benefici di una punizione come quella che avevano avuto loro; era certa che la notte nei sotterranei avesse ammorbidito il rapporto tra i due nemici di sempre, in realtà entrambi si erano semplicemente stancati di discutere ad un certo punto, e stare una nottata lì dentro non era proprio il massimo dei piaceri. In pratica la loro stanchezza venne valutata come un momento di pura pace.
Ovviamente tutti e due cercarono di approfittare di quest’occasione per fare in modo che la Harsher non li mandasse da Dying, ma oramai decisione era stata presa, il professore era stato già avvertito e la preside non ci avrebbe mai rimesso la faccia davanti alla scuola dopo che la notizia di finire sotto le grinfie del prof. aveva già fatto il giro di tutto l’istituto.
“Mi scoccia più dover stare a contatto solo con te per un anno intero che a lezione da quel pazzoide!”
“Non ti dare troppe arie Footer, ricordati sempre che la peggio è per me!”
“Sei tu l’egocentrica qui!”
“Ma davvero? Gli specchi li utilizzi solo per uso esterno eh?! Beh esistono anche quelli interni. E fattelo un esame di coscienza ogni tanto!” lo rimproverò prima di lasciarlo sui primi gradini dei dormitori, mentre lei se ne saliva le scale per andarsi a cambiare.
La notte era stata passabile, il giorno non prometteva nulla di buono.

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Capitolo 8
*** Patsteel&Footer Vs Harsher&Dying ***


Capitolo 8
 

Patsteel&Footer Vs Harsher&Dying
 
L’aula era molto più piccola delle altre ma infondo avrebbe ospitato solo un insegnante e appena due alunni.
Le due finestre erano una alle spalle della cattedra e l’altra su un lato della stanza, al centro c’erano i due banchi … cioè … due banchi letteralmente fatti saldare.
“Questa è un’idea della Harsher, scommetto!” ripeté impettita per la milionesima volta.
Marc se ne stava svogliatamente alla vetrata sulla destra facendo finta di ponderare le parole della Patsteel anche se in quel momento non la stava sentendo affatto.
Aveva sonno e parecchio.
Sbadigliò ancora una volta e alla fine se ne uscì:
“Strega in miniatura, siamo qui, ci dovremmo passare ancora parecchio tempo, tra poco arriverà Dying e mi tocca sopportarti, pensi che me ne possa fregare qualcosa che abbiano fatto saldare i banchi, pensi che sia davvero tanto influente la cosa? Ah, e per la cronaca, io sto a destra!”
“Scordatelo! A destra ci sto io, tu sei mancino, se ti metti a destra i nostri gomiti si urterebbero tutto il tempo.”
“Chi se ne frega! Non cambio le mie abitudini, io mi trovo a destra!”
“Assolutamente no!”
“Assolutamente sì!”
Quella posizionò i suoi libri sul legno creando un tonfo sordo apposta ma Footer non si scompose.
Entrò Dying in quello stesso istante.
“Buongiorno signori!” asserì piatto prima di dirigersi alla cattedra.
Il ragazzo andò a prendere posto e mentre l’insegnante era intento ad ordinare le sue scartoffie, quello fece scivolare la Patsteel dalla sedia mentre con una mano allontanava le sue cose dall’altra parte; agì nel più completo silenzio mentre lei era semplicemente allibita da quel gesto, non poté dire nulla ovviamente per il timore verso Dying, si godè a malincuore solo il risolino compiaciuto di lui mentre si sistemava.
“Credo sappiate già come funzioneranno le cose da oggi in avanti, e ad ogni modo lo scoprirete un po’ per volta nel corso di questo lunghissimo anno!” e sottolineò volutamente lunghissimo.
“Avete qualcosa da chiedere in particolare che sia sfuggito a me o alla vostra preside?” chiese ma senza entusiasmo.
“I banchi sono saldati, forse l’inserviente si è confuso?!” tentò maldestramente Irene.
Marc sbuffò come per sottolineare quanto fosse monotona ed estenuante la, per sua sfortuna, compagna di classe.
“Affatto! Ho voluto io così! Conoscendo la vostra antipatia, credo sia giusto che cominciate a frequentarvi di più scolasticamente. Voglio che stiate vicini e che socializzate, che diventiate amici…”
Entrambi sorrisero sardonici e questo incitò ancora di più il professore.
“… Posso anche accettare che copiate ai compiti, che vi aiutiate, con la vostra media ve lo potete permettere. Da qui dentro uscirete per la fine dell’anno che sarete inseparabili!” concluse con aria tra il minaccioso e il divertito, anzi no, il parecchio divertito.
“Mannaggia a te, Footer!” disse lei trai denti.
“Patstale, è una giornataccia, vedi di smetterla!” la rimproverò lui.
Ovviamente andò a finire che per quella mattinata si riempirono di insulti sottovoce, di gomitate a non finire, di spudorato gioco a chi fosse il migliore.
Nessuno dei due avrebbe sacrificato la propria dignità per un solo accenno del puoi aiutarmi, mai, mai Patsteel e Footer sarebbero usciti inseparabili da quella scuola.
Alla fine delle lezioni anche Dying sembrava parecchio scoraggiato ma finse bene pur di non darlo a vedere; allo scoccare della quinta campanella finalmente poté lasciare l’aula, per quella mattinata ne aveva avuto abbastanza di quei due.
I ragazzi si alzarono in contemporanea, almeno ci sarebbe stata la mensa a dividerli per un po’ ma il loro prof. li guardò di sbieco ed assottigliando le palpebre gli venne spontaneo domandargli:
“Cosa state facendo?”
“… Andiamo alla mensa.” rispose ovvio Footer.
“No ragazzi, credo non abbiate ancora capito come stanno le cose!...”
E fece una lunga pausa facendo incontrare i polpastrelli delle sue lunghe dita, adesso pareva davvero cattivo.
“Non c’è nessuna mensa per voi all’infuori dei vostri banchetti!” sorrise maligno.
“Qualsiasi pasto lo consumerete qui tranne la colazione, giusto perché i vostri compagni non si dimentichino di voi.”
Entrambi non erano solo allibiti, questa storia del pranzo era davvero un’idea terrificante.
Il prof. si alzò e si diresse fuori dall’aula ma prima che potesse lasciare i due aggiunse:
“Vi aspetto nel pomeriggio per le lezioni sportive!”
“Lei … ci darà delle lezioni di sport?” questa suonava proprio comica ma Dying fece finta di non aver letto il senso ironico delle parole di Marc.
“Sì signor Footer, vi aspetto alla Pianura per le 16:00. Buon appetito!” sorrise stranamente affabile.
Un lungo silenzio si distese morbidamente nella stanza.
Nessuno dei due aveva più voglia di contestare quell’assurdo trattamento e meno ancora di incolparsi per quelle scritte sui muri che avevano segnato il loro destino scolastico, nemmeno la Patsteel aveva intenzione di arrabbiarsi.
Erano entrambi stanchi, un po’ per il ritmo serrato delle lezioni di Dying capace di non fare nemmeno due minuti di pausa bagno quando spiegava, un po’ perché la fame si faceva sentire.
I loro pasti arrivarono puntali con i brontolii dei propri stomaci.
C’erano due enormi vassoi ricchi di ogni ben di dio, si rimisero seduti vicino e consumarono tutto in perfetto silenzio.
All’improvviso Footer se ne uscì con un’idea che gli sembrava davvero brillante.
“Senti un po’, Patstale! Credo che anche un’invertebrata come te abbia capito che questi qui vogliono una sola cosa da noi…”
“Farci andare d’accordo, volente o nolente.” finì lei la frase dimenticando le continue offese del compagno.
“Esatto! Ed è precisamente su questo che dovremmo accontentarli!” rispose entusiasta.
“Ti prego, Footer! L’ultima volta che ho fatto un patto con te hai mandato tutto a …”
“Puttane, lo so lo so! Ma cazzo, proviamoci, una situazione sadica come questa non può piacere nemmeno ad un’assatanata come te!”
“Cavoli Footer, ma ti senti quando parli? Proponi di fingere di andare d’accordo quando spudoratamente non dici una frase senza che ci sia dentro un’offesa rivolta a me!”
“Hai ragione! Patstale, hai perfettamente ragione!cambierò!”
“Pfuu!”
“No, dico sul serio!Da oggi in avanti solo termini carini, complimenti, carinerie, modi gentili. Questo vale anche per te ovviamente!”
“Footer, onestamente non ho nessuna fiducia in te, e credo anche che questi qui non se la bevano una tale cavolata, però … è anche vero che più a fondo di così ci resta solo da scavare, perciò … ok!”
“Ok, grande Patstale! … Ed ora andiamo da Dying e facciamogli vedere quanto ci vogliamo bene!” rispose Marc con l’euforia a go go.
 
  
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Capitolo 9
*** Qualcosa di rubato ... ***


Qualcosa di rubato …
 
“Il tuo piano non funzionerà!”
“Ma per favore, Patstale! Tu attieniti a quanto ti ho detto, il resto me lo vedrò io!”
“È proprio questo che mi spaventa!”
La Pianura era uno dei luoghi più belli della scuola. Un terreno vasto e ben curato adatto per la corsa e per gli esercizi di atletica.
Una lunga distesa di verde con l’erba mossa dal vento.
Faceva parecchio freddo quel pomeriggio, l’inverno era ormai quasi alle porte e nonostante la tuta felpata con lo stemma dell’istituto, Irene sentiva comunque brevi e fastidiosi brividi di gelo.
Stavano camminando passo a passo come accadeva già da parecchie ore.
Dying li stava aspettando al limite orientale con la sua solita aria seccata e spazientita.
“Mi raccomando Patstale!” si sentì dire per l’ultima volta, finalmente, la ragazza.
“Sì, sì, ma tu non esagerare o se ne accorgerà che è tutto pilotato!” rispose acida.
Su questo aveva perfettamente ragione, Dying non si sarebbe bevuto un cambiamento radicale di comportamento, conoscendo i soggetti poi, e meno ancora la Harsher.
Dovevano giocare d’astuzia.
Il piano di Footer forse poteva anche funzionare.
 
*Flash Back
 
“Vorrai scherzare!!!” urlò senza ritegno.
“Zitta! Guarda che nemmeno a me piace l’idea!”
“E da dove ti è uscita, allora!”
“Forse dalla forza della disperazione, Patstale!” disse lui un po’ arrabbiato.
“No, no e no! Non farò quello che mi hai chiesto! E poi, avanti, è assurdo!”
“Non è assurdo! Dobbiamo creare qualcosa, una situazione imbarazzante o pericolosa che metta alla prova la nostra amicizia. Se tu inciampassi durante l’allentamento di oggi, o che ne so, mi cadessi addosso, si creerebbe quel momento topico in qui fingiamo che scatti la scintilla, Dying lo vedrà e non ci crederà, oggi non ci crederà, ma se da quel momento in avanti cominciassimo a comportarci più civilmente, quasi come se fossimo impacciati, quello farà due più due ed ecco caduto il piccione!”
“E tu credi che queste cretinate se le berrà davvero?”
Il ragazzo la guardò sardonico.
“Patstale, chi è l’esperto in amore, qui?”
“Footer, ho paura a dire il tuo nome!” disse ironica.
“Ma è la realtà, fidati, funzionerà se tu saprai fare il tuo ruolo!”
“Sarebbe a dire, dolce, romantica, scemotta innamorata del bello e impossibile?!” mimò canzonatoria.
“No, Patstale, mi occorre solo che tu ti comporta come una ragazza!”
La cosa la lasciò perplessa e alquanto irata.
 
*
 
Dying non sospettava davvero di nulla, confidava troppo nell’intelligenza dei due ragazzi per crederli capace di mettere su un teatrino così ridicolo, Irene ne era convinta, ed in cuor suo anche Marc sapeva che forse avrebbero solo peggiorato le cose, ma valeva la pena provare, per lui valeva sempre la pena provare.
Arrivarono al limite, l’insegnante non aveva alcuna tenuta ginnica ma gli stessi abiti della mattina.
Cacciò il cronometro dalla tasca e cominciò a far fare ad entrambi una bella corsa in coppia.
Appena furono lontani dai timpani del prof. ricominciarono a bisbigliare tra loro.
“Patstale, tra un quarto d’ora, qualsiasi esercizio stiamo facendo, inciampa e fingi dolori acuti alla caviglia.”
“Perché dovrei cadere io, non potresti cadere tu!”
“La risposta è semplice, se cado io, che peso settanta chili, non penso che tu che ne pesa quarantacinque possa portarmi in braccio fino in infermeria!”
“Che ne sai che ne peso quarantacinque?”
“… Ho tirato a indovinare!”
E Irene Patsteel fece esattamente come le aveva detto Marc Footer.
Dopo dodici minuti di corsa spossante, Dying era davvero un sadico, finse di inciampare su un sasso, soltanto però che il sasso non c’era, saltò a vuoto e finì col piede in una piccola buca scavata da qualche talpa.
In parole povere, da vera imbranata, aveva finto di cadere per via di un sasso ed era finita col cadere davvero per via di una buca. Ovviamente annaspando nell’aria, la prima cosa alla quale si aggrappò fu la manica di Footer che se lo trascinò sul terreno.
“Ahi, ahi!!!” gridò per il dolore alla caviglia ed il peso del ragazzo su di lei.
“Patstale, sei la ragazza più goffa che abbia mai conosciuto!” digrignò tra i denti mentre Dying era ancora lontano.
“Levati dal mio corpo, pesi!”
“Infatti ti avevo detto di cadere da sola, o al massimo buttarti su di me, non il contrario!”
“Che vuoi? Almeno sembra più realistico così, no?”
“Certo, certo. Dying si sta avvicinando preoccupato. È il momento giusto!”
“Il momento giusto per cosa?”
“Shhh! Sta buona e fammi fare!”
Si sistemò meglio su di lei affinché davvero non le facesse male. Poi i suoi occhi caldi finirono dritti nei suoi assumendo strane espressioni come se fossero di sincero stupore. All’inizio, ad Irene le venne quasi da ridere ma si ricordò del piano, lo scintillio improvviso tra di loro, roba da innamorati, insomma l’esperto Casanova questo le aveva detto ammettendo pure che avrebbe funzionato.
Una mano lunga e sottile di lui le carezzò appena una tempia.
Potevano entrambi sentire i loro cuori chiedersi all’unisono:
“Ci sta credendo? Dying ci sta credendo?”
“Allora, cos’è successo?” domandò all’improvviso l’uomo, quasi incurante di quella maliziosa posizione.
Footer si alzò come risvegliato da un lungo sonno e pulendosi alla bene e meglio guardò Irene con rimprovero.
Urla che ti fa male la caviglia,cazzo! Urla.
Come se la sua voce fosse davvero arrivata a lei, Irene intercettò i suoi occhi ora carichi di rimprovero e iniziò a piagnucolare dal dolore.
“Non si sarà spezzata?” domandò il prof, questa volta sinceramente preoccupato.
Footer si accovacciò ai piedi della ragazza e prendendole l’arto dolorante lo tastò facendola urlare ancora di più.
“Mi pare di no!”
Lui era bravo in qualsiasi sport, aveva parecchia pratica di ossa rotte.
“Ma sarà meglio portarla in infermeria!” disse risoluto.
Dying era in ansia, forse alla storia della scintilla non ci aveva creduto ma a quella della finta caduta dolorosa sì.
“Footer, potrei chiederti di portare la tua compagna di classe in infermeria sana e salva senza che tutti e due possiate in alcun modo scannarvi durante il tragitto?”
Quello fece la parte del tipo seccato e brontolone, poi sollevò con parecchia grazia Irene e la prese tra le braccia.
Patsteel poteva sentire il calore del suo petto attaccato al proprio corpo mentre Footer la portava verso la scuola.
“Pare che abbia funzionato?!” domandò lei sottovoce, un po’ impacciata, non aveva mai fatto cose di questo tipo, mentre Dying li precedeva agitato.
“Sì, pare anche a me, ha funzionato la caduta, il tuo finto dolore, il fatto che ti porta in braccio,e forse anche che … potrebbe nascere qualcosa tra di noi. Ma credimi sinceramente se ti dico che ho un irrefrenabile desiderio di buttarti a terra!”
“Mi dispiaceeeeeeeeeeee!” disse lei tra le risatine, ma stiamo ancora nel mirino di Dying.
“Mm … e pensare che è stata un’idea mia!” rispose lui seccato.
 
Quando arrivarono in infermeria il medico della scuola non riscontrò nulla di grave se non una leggera contusione.
Non fu nemmeno necessario trattenere la ragazza nell’ambulatorio, bastò solo che se ne tornasse nella sua camera a riposare.
In tutto quel tempo Footer rimase attaccato allo stipite della porta con le mani nelle tasche dei pantaloni e l’aria decisamente scocciata dal chiacchiericcio.
Anche Irene era parecchio seccata dalla situazione, in realtà non le faceva male proprio nulla, era stata una caduta banale.
All’improvviso Dying disse:
“Footer?!”
E guardò Irene e Marc alternando gli occhi piccoli prima sull’una e poi sull’altro.
Il ragazzo lo guardò interrogativo, poi capì.
“Questa faccenda sta prendendo una brutta piega!” finse di sbraitare.
Quella messa in scena parve convincere alquanto l’insegnante perché Dying assunse una strana espressione del viso come se gli stesse dicendo: Guarda che ti ho visto prima come osservavi incantato la Patsteel!
Il marpione di Footer lo analizzò fintamente perplesso.
Non credevi in me, Patstale! Ah, donna di malafede, è caduto come un allocco!!!
Prese in braccio la ragazza come aveva fatto prima e la portò fuori dall’infermeria.
Anche Dying uscì prendendo la direzione opposta e trovandosi fuori, nell’atrio.
Quando Marc si trovò all’altezza della scalinata per i dormitori notò l’insegnante intento ad accendersi la sua pipa, abbassò lo sguardo un attimo prima che l’uomo potesse girarsi a guardare verso l’interno.
Footer mise giù Irene con parecchia melensa delicatezza e senza che quella si accorgesse di nulla, le prese il viso tra le sue belle mani, la scrutò per pochi secondi negli occhi, … e la baciò sulle labbra.
Non era un bacio rude, non era passionale, poteva essere un gesto lieve, epidermico, appena percettibile, quasi insignificante, forse davvero insignificante … ma era rubato … era un bacio rubato … ed i baci rubati finiscono con l’essere sempre pericolosi.
Dying guardò tutta la scena, stupito, meravigliato, emozionato quasi.
Poteva essere tutta una fanfaluca, lo era quasi certamente se di mezzo c’era uno come Footer, però una cosa andava riconosciuta a quel gesto, che sembrava dannatamente piacevole.

 


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Capitolo 10
*** Odio, amore, amicizia. ***


Nota: Ringrazio Marta__ sempre gentilissima! ;) Ringrazio anche le minacce e le bambole vudù della zia di NeSsIe98 . Grazie 
      NeSsIe98 e 5HuNtEr5 ,  voi si che sapete come convincere la gente ;) dovreste fare gli editori!!! :D
      Ah! un grazie anche a tutte le persone che seguono e preferiscono questa storia.

Sitcom
Marc Footer: Non ho capito, 
NeSsIe98  e 5HuNtEr5 minacciano la nostra autrice con bambole vudù?
Irene Patsteel:Esatto! E sai questo cosa vorrà dire?
Marc:Che Medea sentirà un gran dolore sul c...!"
Irene: Ah, fermati! Niente volgarità o non scriverà più su di noi!
Marc: Davvero? Alleluja!!!
Irene: Alleluja, brutto scemo!!! Se non fosse per lei e per tutte le persone che ci seguono capisci che noi non
esisteremo?
Marc: Ah certo, la cosa non mi fa piacere, ma almeno eviterei di passare gli ultimi venti capitoli a scannarmi con te e poi
alla fine magari non ti posso manco portare a letto!
Irene: Squallido! Comunque, credi a me, in ogni caso ci guadagni sempre purché la gente conosca quanto sei stronzo, e ...
affascinante, egocentrico, meraviglioso, idiota, sexy e celebroleso! Io non voglio che la mia autrice muoia con una 
bambola vudù.
Marc: E sia, Patstale! Vorrà dire che faremo l'unica cosa possibile affinché nessuno uccida la nostra autrice.
Irene & Marc: Vi preghiamooooooooooooooooo, non minacciate l'autriceeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!!

The end


Odio,amore,amicizia.

Si staccò appena da lei, quasi con paura perché sapeva bene in che modo avrebbe reagito se non avesse fatto in tempo a convincerla.
Gli aliti erano vicinissimi ancora, gli occhi di Irene assolutamente puntati su di lui, ma senza cattiveria però, sembrava più meraviglia.
“Prima che comincerai a menarmi voglio solo avvertirti, e non girarti da nessuna parte, che Dying ci sta guardando!”
Quella rimase ancora più impietrita constatando con il limite degli occhi quanto fosse vera quella situazione.
È tutto parte del piano!
Pensò tra sé non particolarmente delusa, anzi quasi rincuorata; quella parte di Footer preso dai suoi disegni per ingannare tutti, la poteva controllare, quel bacio, se fosse stato un vero bacio, non l’avrebbe saputo gestire.
Si sciolse dall’abbraccio del ragazzo, il viso fu libero dalle sue mani.
“Devi ancora fingere che ti fa male la caviglia!”
“Lo so!” rispose un po’ impettita come se lui fosse sempre pronto ad insegnarle cosa fare.
Quello di rimando la prese in braccio, anche questa volta con garbo, e la portò su per le scale lontano dagli occhi indiscreti di Dying.
Non ebbe alcun problema a farlo entrare nella sua stanza, in barba ai divieti della scuola e al suo buon onore, voleva massacrarlo di botte, la sua camera sarebbe stata
 il posto ideale.
“Brutto Casanova che non sei altro, ma come ti è venuta l’idea di fare una cosa del genere?”
“Senti Patstale, non rompere! Oggi ho fatto un favore a tutti e due anche se stavo pensando solo a me stesso!” disse acido mentre si stravaccava sulla sedia della scrivania.
“Non osare mai più!” lo minacciò puntando un indice davanti ai suoi occhi.
“Mai più devi azzardarti a fare una cosa del genere, ho una reputazione da difendere, che credi?! Dai pure sfogo ai tuoi stupidissimi giochetti se vuoi, ti darò una mano così che non potrai dire un giorno di aver fatto tutto da solo, sempre che quei due ci credano, ma non azzardarti a superare il limite della nostra distanza di due metri e mezzo, ti è chiaro?”
“Altroché sapientona!” le rispose ancora scocciato.
Poi si alzò di scatto contro di lei.
“Ma mi spieghi come cazzo faccio a far credere a Dying e alla Harsher che tra di noi si va d’amore e d’accordo se non mi posso manco avvicinare a te?” sbraitò.
“Ovvio, perché nella tua mente bacata non hai pensato che oltre all’odio e all’amore ci potesse essere anche semplice amicizia.”
“Amicizia?” domandò davvero stupito.
“Amicizia. Appena Dying ha parlato di volere da noi che non litigassimo come cane e gatto ti sei fiondato subito su queste sceneggiate sentimentali e pseudo amorose. Forse sarebbe più logico per loro credere che potremmo andare d’accordo in un remotissimo futuro giusto come amici o perlomeno come due conoscenti civili! Ma la storia dell’amore, dai!!!” lo rimproverò decisamente sarcastica.
“Senti cocca, punto primo, non sono mai stato amico di una donna. Punto secondo, la storia d’amore può funzionare alla grande perché ti spiego sciocca e imbranata ragazza, se ci comportassimo civilmente o diventassimo buoni amici si noterebbe che lo facciamo apposta per uscire da questa incresciosa situazione, ma se facessimo finta di far scattare la scintilla sarebbe plausibile perché un uomo e una donna che stanno insieme tutto il santo giorno, che mangiano insieme, studiano insieme etc. etc. è facile che cadano in amore, che di per sé è un sentimento del tutto irrazionale ed incontrollabile.”
Irene l’osservò palesemente stupita, non sapeva se credergli o non prestare attenzione alle chiacchiere del Casanova di turno.
“Non sopporto la tua vicinanza!” gli rispose infine.
“Sapessi la tua, ma che possiamo farci?!” allargò le braccia con fare fintamente innocente.
“Intendevo che non voglio che mi baci!”
“Non l’ho fatto! Quello non era nemmeno lontanamente paragonabile ad un bacio, ho solo fatto combaciare la mia deliziosa bocca con la tua, uno sfioramento di labbra, punto, zucchero! Non ti atteggiare e soprattutto, ti prego in ginocchio, non dirlo in giro!” la canzonò.
“Dirlo in giro, per favore!” incrociò le braccia al petto.
“Ad ogni modo …” riprese a parlare in mezzo al silenzio nel quale erano assorti.
“… Credi davvero che Dying se la sia bevuta sta buffonata?”
La guardò con un mezzo sorriso da vero imbroglione.
“Se l’è bevuta, ecco perché dobbiamo continuare!”
“Che intendi per continuare?”
“Intendo che l’intera scuola non deve sapere nulla, ma il corpo docente deve credere che tra me e te c’è qualcosa.”
“E come si fa?”
“Semplice, tu fai la carina con me ed io con te!”
“Chiarisci quel “carina”!”
“Innanzitutto, niente più litigate, scenate e menate simili e questo vale sempre, sia quando stiamo insieme sia quando ci troviamo in mezzo agli altri. Inoltre l’uno non deve parlare male dell’altra e viceversa anche quando non siamo presenti, qualcuno potrebbe portar spia!”
“Addirittura, non c’è mica la CIA qui?”
“Fa poco la simpatica, non c’è da stare allegri! E poi, tra di noi modi più civili, gentilezze, non quelle cose affettate ma garbate, con gusto, con classe, niente eccessi ma nemmeno occhiatacce o cose così.”
“Sì, ma la questione contatti la togliamo di mezzo, per favore?”
“Chiarisci “contatti”!”
“Baci, carezze, occhi mielosi…”
“Ok, ma non del tutto, cioè, quando i prof. ci vedono, certi che noi non vediamo loro, ebbene, qualche effusione ci deve stare, devono pensare che facciamo tanto gli schizzinosi davanti solo per nascondere il nostro amore dietro!”
“E perché dovremmo litigare davanti per nascondere il nostro amore dietro? Non siamo mica Romeo e Giulietta? Lo vedi che cretinate che dici? Litigare davanti per celare l’amore dietro, come se la gente se ne fregasse qualcosa se stiamo insieme oppure no!”
“Sì ok, ma chi se ne frega! Insomma che pensino quello che vogliono, anzi meglio, un alone di mistero non farebbe altro che farci entrare ancora di più nelle loro simpatie.” concluse parecchio convinto.
“Bah?! Per me queste tue genialate fanno acqua da tutte le parti, comunque sia, mi atterrò ai piani in attesa dei primi frutti positivi, se ciò non dovesse accadere si cambierà strategia!”
“Va bene, va bene!”
 
Erano entrambi in classe quando Dying entrò in aula parecchio fiacco.
“Allora signorina Patsteel, sta un po’ meglio la sua caviglia oggi?”
“Sì, grazie, molto meglio!”
Footer le sedeva affianco con aria parecchio addormentata.
Appena cominciata la lunga lezione di Dying entrambi attuarono quanto era stato deciso; niente battibecchi, niente canzonature né offese reciproche.
Se veniva interrogato l’uno, l’altra aveva il buon senso di tacere e non come prima quando tentavano di mettersi in ridicolo a vicenda o finivano con battibeccare su situazioni praticamente assurde ed infondate come quella volta in cui litigarono semplicemente perché uno aveva letto che la battaglia di Waterloo era iniziata alle prime luci dell’alba e l’altra a metà mattinata.
Se ne restarono buoni, educati, civili come avevano detto; Dying li osservò per tutta la mattinata; non c’era molta gentilezza tra loro, non che Footer accompagnasse la propria compagna alla lavagna quando veniva chiamata o le raccogliesse le penne cadute, ma erano certamente più calmi e … impacciati.
Dying se la stava proprio bevendo!
Tutto questo affetto durò per un paio di giorni.
 “Cominciano a prudermi le mani!” disse lei molto sottovoce mentre scrivevano un saggio su Oscar Wilde.
“Anche a me, ma non per questo ti salto addosso e ti recido la carotide!”
Le loro moine stavano certamente funzionando alla grande, pareva quasi che all’orizzonte ci potesse essere almeno una possibilità di annullare quell’ingiusta sentenza che pendeva sulle loro vite scolastiche, ma di fondo c’era una verità incontrovertibile, quei due si odiavano davvero, al punto tale che anche i loro corpi reagivano male davanti a quelle gentilezze affettate e pompose.
Sotto sotto, sempre a bassa voce, o quando non c’era davvero nessuno nei paraggi, si lasciavano andare a sane e genuine sfuriate.
“Oggi pomeriggio ci vieni alla Pianura? Gli allenamenti finiscono per le cinque.”
“Ci puoi contare, Footer!”
 
Quando le lezioni terminarono, entrambi si diressero nelle rispettive aule studi, almeno quei brevi momenti erano costellati da felici incontri con le loro compagnie di sempre.
“Marc, cazzo amico, ti si vede sempre meno! La Harsher e Dying ti stanno proprio esiliando con quella pazza furiosa della Patsteel!” esordì Ethan.
“Lo puoi dire! … Che c’è di nuovo?”
“Dovresti dircelo tu …” disse George parecchio allusivo.
“Io? Ma se l’avete detto voi stessi che mi stanno esiliando con la Patstale?!”
“Appunto … “ intervenne Ethan.
“… Amico io lo dico per te, per la tua reputazione nobilissima, qui c’è qualcuno che in giro mette davvero delle brutte voci sul tuo conto.”
“E cioè?”
“Che tu e la Patsteel, insomma, ve la intendete!” concluse George.
“Ma noi non ci crediamo!” aggiunse prontamente Ethan.
“Non abbiamo mai pensato che tu e lei potesse andare d’accordo e ci divertivi un casino quando litigavi con lei e la sputtanavi davanti alla scuola, ha sempre fatto la spocchiosa quella! … Io stesso ti ho aiutato perché la tua reputazione rimanesse pulita dopo quel periodo in cui andavate d’accordo, ricordi?” si dilungò un po’ troppo ingenuamente Ethan.
“Sì, mm … mi hai aiutato, in che senso?”
Ethan si bloccò, aveva detto troppo, ed il peggio che aveva raccontato tutto anche a George che stravedeva per Marc.
“Hai presente quelle scritte sul muro contro la Patsteel? Indovina chi le ha messe?!”
Marc divenne paonazzo.
“Sono stati proprio Ethan e Barbara. Va beh, lui giusto per non farti rovinare con la secchionaccia e lei perché era gelosa di voi due!” rise di gusto come un demente George.
Marc afferrò la giacca di Ethan sollevandolo di qualche millimetro da terra.
“Brutto figlio di puttana! Allora è colpa tua se mi trovo in questa situazione?”
“Sì, sì, ma non pensavo che la Harsher sarebbe stata così severa!” piagnucolò.
Forse Marc gli avrebbe messo le mani addosso, non era un tipo che andava troppo per il sottile su certe cose, ecco perché si stupì quando lo vide parecchio in pensiero e intento ad interrogarlo ancora.
“Chi ha messo la voce in giro su di me e la Patstale?”
“Pare che Lisa Smith della terza abbia sentito Dying parlare di questa cosa con la professoressa di Arte. Loro non pensavano che qualcuno li stesse sentendo ma la Smith ha prestato parecchia attenzione alla conversazione, dice che vi siete baciati!” continuò Ethan oramai sudato fradicio.
Marc mollò la presa senza confermare né smentire quelle dicerie, lasciò solo i suoi compagni così come li aveva trovati.
Doveva andare dalla Patsteel per il loro incontro giornaliero in cui il piano veniva messo a punto e durante il quale, entrambi si sfogavano un po’ rinfacciandosi le finte carinerie della giornata.
“E adesso chi glielo dice a quella?” si domandò parecchio avvilito.

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Capitolo 11
*** Quel diavolo di Footer ***


Capitolo 11
 
Quel diavolo di Footer
 
“Finalmente! Che fine avevi fatto?” sbraitò già a qualche passo lontano.
Calma, sorriso smagliante e atteggiamento carino …
La osservò meglio.
Ok … atteggiamento molto carino!
“Amore! Mi sei mancata anche tu!”
“Smettila, sembri davvero un buffone quando fai così, non c’è nessuno!”
“Hai ragione, la finisco. Senti piuttosto, la vuoi ascoltare una storia davvero divertente?”
Erano in piedi, l’uno di fronte all’altra. Il motivo di quell’incontro doveva essere a scopi puramente logistici, mettersi d’accordo sulle prossime mosse tra un improperio ed un altro, ma in quel momento Footer avvertì la bislacca sensazione che qualcosa di molto peggiore si sarebbe scatenato, mettendo a repentaglio i suoi efficacissimi piani.
“Ebbene, perché non ci sediamo comodamente sull’erba?”
Patsteel incrociò le braccia al petto e seguì a ruota i gesti del ragazzo, quasi meccanicamente più che veramente convinta.
“Allora, questa storia divertente?”
Marc la squadrò ancora un secondo, aveva una paura pazzesca a confidarle quello che aveva saputo, manco fosse stata la sua ragazza, manco avesse qualche legame particolare con lei; alla fine poteva anche sbattersene della rabbia della Patsteel, avrebbe sbraitato per un po’ e poi avrebbe smesso prima o poi.
Mmm … prima o poi ….certo!
“Ecco, hai presente quelle scritte sui muri della scuola, quelle contro di te e quelle contro di me?”
“E chi se le dimentica?! Ci hanno messo in questo pasticcio, cavoli!”
“Eh, appunto, ma davvero non fui io a scrivere quelle cose contro di te …”
“Certo, certo!” rispose un po’ seccata Irene.
Marc fece finta di nulla rimarcando il continuo della frase.
“… e né tu scrivesti nulla contro di me!”
Quella lo squadrò incredula.
“Perché dovresti credermi?” chiese quasi ingenua.
“Perché so chi ha fatto tutto?”
“Chi?”
“ … Ok, io te lo dico, però tu fai la brava, non ti innervosire e pensa ai successi dei nostri piani, a breve usciremo da questo impiccio!”
“I nomi!” disse quella in modo secco.
“Ethan e Barbara.” Sussurrò.
Irene non proferì parola, pareva che nemmeno stesse più respirando; dopo un tempo interminabile chiese:
“E perché quei due avrebbero dovuto fare una cosa del genere?”
“Beh, Ethan perché lo sai quanto è idiota …”
“No, non lo so, è amico tuo, tu lo sai quanto è idiota!”
“… Sì io lo so; e Barbara, ma ovvio, per gelosia!”
“Non ho capito molto bene. Ethan per imbecillità cronica se la prende con noi due e scrive quelle idiozie; l’altra sarebbe gelosa? Gelosa di chi?”
Marc appoggiò le mani lunghe sopra le spalle delicate e quasi ossute di Irene tentando a modo suo di calmarla.
“Allora, Ethan si è comportato così solo perché in quel periodo io e te, ricordi che stavamo andando d’accordo dietro il patto di non belligeranza? Pensava di fare il simpatico attuando quel piano cretino che ci avrebbe fatto scontrare di nuovo. Mentre per Barbara, sì in effetti, credo sia stata la gelosia, il fatto che non litigassimo più e poi tutte quelle volte finiti entrambi nei sotterranei, a farle pensare che tra di noi potesse esserci qualcosa.”
Irene se ne stava in silenzio, rimuginando sulle parole di Footer, tanto da non dare alcun peso ai palmi di lui ancora sulle sue spalle… o forse a quelli sì!
Dopo alcuni secondi finalmente incrociò gli occhi di Marc.
“Tu lo sai vero che hai a che fare con la gente più stupida di questa scuola?” blaterò con aria apparentemente tranquilla.
Il ragazzo sorrise quasi divertito.
“Ne sono consapevole, amore mio! L’importante adesso è che frequenti una donna così in gamba come te!”
“Non mi provocare, Footer!”
“Non sia mai!” rispose allargando le braccia in segno di resa.
Patsteel si alzò con molta grazia e stirando con le mani la divisa, disse convinta:
“Ho seriamente intenzione di dare una lezione a quei due!”
Ma prima che potesse muovere anche solo un passo verso la scuola, Marc si alzò come un fulmine e le rimise le mani sulle spalle, da dietro la schiena questa volta.
“Buona, buona! Rimaniamo calmi.”
“Non voglio rimanere calma, sono furiosa!”
“Capisco la tua intemperanza, però se adesso andassi da loro, di sicuro uscirebbe fuori la storia che abbiamo messo su io e te; pur di dimostrare a tutti quanto mi odi, saresti capace di fare qualsiasi cosa. Dunque, non è meglio ragionare con calma e pensare entrambi al da farsi. Ci vendicheremo ma in modo intelligente, che ne pensi?”
Irene parve appena appena convincersi anche se era stanca di tutte le diavolerie che escogitava il suo compagno di disavventure.
Dopo il chiacchiericcio continuo di lui pur di persuaderla, sembrò seriamente rassegnata.
“Ti avverto Footer, non la farò passare liscia a quei due!”
“Tranquilla, riusciremo a farla in barba a tutti!” rispose quello con uno sguardo vispo e marpione.
 
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Capitolo 12
*** Dove comincia la verità ***


Capitolo 12
 
Dove comincia la verità
 
Non approfittarono dello stupidissimo ballo invernale per attuare i loro piani, cioè i piani di Footer; loro non erano così banali!
Alla caffetteria di Nothing, quello era il posto decente, il primo sabato pomeriggio di nevicata.
Come al solito Patsteel era poco convinta della trovata, ma non poteva non riconoscere al proprio nemico quanto i suoi piani alla fine fossero funzionati fino ad allora, e non solo con gli insegnanti.
Mentre se ne stava seduta alla caffetteria insieme alle sue amiche, continuava a dividere lo sguardo tra il legno del tavolo e la neve alta fuori dalle minuscole finestre.
La gente è davvero così ingenua da credere come due persone che si detestino tanto, dall’oggi al domani possano amarsi? Un bacio insignificante può fare davvero tanta differenza? … Anzi, peggio; per come si sono comportati Ethan e Barbie durante il periodo di fine-litigi tra me e Footer, è bastato ancora meno per credere che tra di noi ci potesse essere qualcosa?! Gelosia? Barbara Crown è davvero gelosa di noi due?
Le apparenze sono così sfacciatamente plateali della realtà?Contano così tanto? Possono essere scambiate per vere? … O forse? … No diavolo, ma che vado pensando? Sarebbe davvero illogico che infondo, io e … Footer, fossimo gli unici a non aver capito niente di noi due … e gli altri sì?! …
La porta cigolò rumorosamente, Footer era lì, in mezzo ai suoi, con la sua aria tronfia, e i modi ammiccanti per tutti; si doveva sapere che lui era presente, che lui c’era.
Si osservarono per una frazione di secondo, ma lo diedero parecchio a vedere, come se si dovesse sapere anche questo, che loro due si fossero incrociati, si fossero incontrati, si fossero visti, e senza sbraitarsi contro.
Non era necessario seguirlo con la coda dell’occhio, si sarebbe messo a sedere ordinando qualcosa di caldo.
Diede un’occhiata fugace all’orologio sopra il bancone, entro mezz’ora avrebbe dovuto lasciare le amiche, con una scusa o con un’altra.
Scattò quasi subito quando le lancette scoccarono la metà dell’ora.
Gli orari la mettevano sempre in ansia.
S’infilò il cappotto con una certa compostezza tentando di assopire l’effetto molla che aveva avuto prima, raccolse la sua borsa, s’infilò un cappello di lana sopra i capelli setosi e bofonchiò qualcosa di poco chiaro sul fatto che volesse ritornare al collegio; da lì a dieci minuti sarebbe passata la navetta della scuola.
Uscì senza guardare in faccia a nessuno, ma certa che tutti avessero guardato lei; su questo Footer fu pure molto più in gamba, si era già premunito di una scusa riguardo a certe lezioni con Dying per cui fu costretto ad andarsene prima.
Manco cinque minuti dopo l’uscita di Irene, era fuori dal locale, e la cosa, come era giusto che fosse, destò parecchi sospetti.
I primi ad affacciarsi dalle vetrate furono Ethan e George, ma non gli unici; a ruota, con malcelata noncuranza lasciarono il locale Barbie e qualche compagna e le stesse amiche di Irene.
Se fossero andati con tutte le comodità li avrebbero notati comunque lungo la strada verso la pensilina, erano due sagome abbastanza famose.
Camminavano l’uno di fianco all’altra, distanti ma non abbastanza da non far destare qualche sospetto.
Irene non era una stangona, la sua figura esile arrivava appena alle spalle di Marc, ma per qualche strana ragione, le loro braccia incappottate cominciavano sempre di più a sfiorarsi e sfiorarsi, e sfiorarsi.
Le dita finirono con l’intrecciarsi delicatamente come se avessero paura del contatto con le altre, poi accadde l’assurdo e nell’assurdo, l’assurdo.
All’altezza di due ragazze della scuola che gli passarono accanto stupite di quel bizzarro atteggiamento tra i due, Footer lasciò la mano della Patsteel e …
… e con un gesto leggerissimo fece finire il lungo braccio sulle spalle piccole della ragazza.
In quell’istante surreale Irene poté avvertire la stretta di lui che si fece più decisa fino a che la sua bocca calda non finì all’altezza di una tempia sussurrando appena:
“Mi piaci da morire Patstale!”  …
 
 
 
 

 

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Capitolo 13
*** Appartenenza ***


Capitolo 13
 
Appartenenza
 
“Mi piaci da morire Patstale!” …
… e qualcosa implose dentro di lei.
Si raggelò, rabbrividì, forse si accaldò, non ne era certa, non sapeva più distinguere cosa fosse algido come i cumuli di neve intorno a lei e cosa rovente come fiamme incandescenti di un rogo.
Voleva razionalizzare quel gesto e quelle parole al momento.
Sono passate due della scuola, ha creduto bene il marpione cingermi le spalle, fare il carino con qualche frase sdolcinata alla Footer!
Ma non si è attenuto ai piani, non l’ha fatto, diamine! Mi aveva parlato solo di stringermi la mano, solo di quello, non del resto, non di tutto questo resto! Io non ero preparata, non lo ero … non lo ero affatto! …
“Mi piaci da morire Patstale!”
 L’alito caldo, il suo profumo dannato, parte del suo corpo sopra di me, accanto a me!
“Mi piaci da morire Patstale!”
 
“Mi piaci da morire …” Davvero? … Davvero lei mi piace?Cazzo, era proprio necessario dirle questa cosa?Già sarà nera per il braccio intorno alle spalle, figuriamoci questo?! Non era necessario dirle che mi piaceva, quelle due non l’avranno manco sentito, e allora perché l’ho fatto? Maledetto coglione che non sono altro, adesso sbraiterà come una forsennata!
 
E invece non si dissero una parola.
Presero il corriere; si sedettero vicino come era stato stabilito nei piani, perché questo era stato stabilito;finsero di essere assorti nei loro pensieri comuni, in quei pensieri da innamorati, anche se loro non erano innamorati, non lo erano per niente! Ma accidenti, se finsero! La realtà era che ognuno era preso da se stesso, da quello che era successo.
Footer non aveva di che preoccuparsi, se non ancora era accaduto, la Patsteel avrebbe trovato comunque l’occasione per rinfacciarglielo, o per biasimarlo, o per menarlo.
Di contro anche lei non aveva nulla da temere, il suo nemico era borioso, vanitoso e stronzo, di conseguenza anche le sue parole all’olio d’oliva erano stronzate, solo questo, stronzate; stronzate poteva pensarlo, anche se lei non era una persona volgare come lui, se lo avesse solo pensato il termine “stronzate” nessuno le avrebbe rimproverato di essere volgare.
Fuori dalla diligenza scesero nel più completo silenzio identico a come ci erano entrati fino a che non si divisero facendo finta di nulla, facendo finta che tutto fosse andato secondo i piani anche se i piani si erano letteralmente sballati.
“Ci si vede Patstale!”
“Ci si vede Footer!”
Da dietro le spalle alzò il mento verso di lei mentre prendevano due strade opposte.
“Preparati ad essere la prima donna, domani non si farà altro che parlare di noi!”
Ma Irene non gli rispose, l’ultimo dei suoi pensieri erano gli altri perché volente o nolente, la mente ritornava a quegli sparuti secondi, a quella manciata di attimi, briciole rispetto al tempo lungo di una vita. Forse solo allora razionalizzò l’importanza di essi rispetto a tante ore, tanti giorni, tanti anni sprecati.
 
“È inutile che mi tormenti Patstale! In questi affari ci vuole pazienza, ok?”
“Pazienza? E intanto che altro dovrà ancora succedere? Ci siamo tenuti per mano, ci siamo abbracciati, ci siamo baciati, ci manca solo che finiamo a letto insieme!” berciò.
“Tesoro ti prego, mantieni la calma quando affronti quest’argomento e preparami, potrebbe venirmi un infarto la prossima volta che penso a te e a me insieme in un letto!” rispose spocchioso come al solito.
Ma questa volta fu lui a servire ad Irene la battutaccia su un piatto d’argento, che delusione per un campione di frecciate!
La prossima volta presuppone che tu l’abbia già fatto?!” gli sottolineò con una visibilissima punta di malizia.
Ma Footer era Footer, insomma!
“Già, piccola demente presuntuosa! Nel momento in cui hai detto quella frase mi ci hai fatto pensare!”
“Quale frase?” finse chiaramente.
“Quella, quella del ci manca solo che finiamo …” e non concluse da furbastro qual’era.
Cioè, diciamoci le cose come stanno, Footer non era dei due quello riservato e pudico; non ripetere a letto insieme voleva significare solo una cosa nel suo linguaggio da maschio conquistatore, Patstale, mi fa troppo schifo pensarti a letto con me! E fin qui anche un’imbranata come lei poteva arrivarci.
“Ieri non mi sembravi così impressionato dalla mia presenza?” Irene non voleva dargliela vinta ancora, era il suo turno adesso, avrebbe rischiato anche una di quelle uscite superoffensive, ma non voleva che la sfacciataggine di Footer avesse sempre la meglio sulla sua goffaggine in amore.
Marc la osservò in modo bislacco.
“Non starai dicendo sul serio, cocca!”
La squadrò meglio.
 “Stai dicendo sul serio! Insomma, è vero che non mi sono attenuto ai nostri programmi, ma un braccio sulla spalla per me davvero non significa nulla, e credo nemmeno per il 99% della popolazione maschile e forse anche per quello della popolazione femminile.”
“Infatti non ha alcun valore quando viene fatto senza interesse, ma di certo non quando chi lo fa odia terribilmente l’altro e in una scala di valori lo ritiene assolutamente superfluo. Infondo, lo sai anche tu che non era necessario.”
“Amore, se stanno parlando di noi in questo momento è proprio grazie alla mia audacia!”
“Un’audacia mal riposta considerando che potevi anche evitarla, avrebbero parlato comunque di noi, e poi quella frase, ma dai, credi davvero che quelle due ti abbiano sentito.” Sorrise beffarda.
Era certa che per un solo secondo Footer la stesse ricominciando ad odiare dal più profondo del suo animo.
Ricominciare ad odiarmi?... C’è stato un quando in cui non lo ha fatto?!
Poi lo vide ricomporsi, ridiventare padrone di se stesso.
“Ok, Patstale! Non potevo immaginare che fossi così impreparata in materia, ma mi sono reso conto solo ora che hai frainteso davvero le mie intenzioni, che per quanto stronzo sia con le ragazze, davvero e sottolineo davvero per te non potrebbero essere nulla di differente da quello che sono, e cioè che oltre al disprezzo, a questo punto nemmeno l’odio, per te davvero non riuscirei a provare altro anche se la parte buona del mio cuore ci si mettesse d’impegno. Se ho fatto e detto quello che ho fatto e detto ieri, è stato solo per uscire da questa situazione nella quale mi manca il respiro a stare a contatto con te di continuo, ma tu non hai capito un bel niente, e ti vuoi convincere che ci fosse quasi qualcosa di serio nei tuoi confronti.”
Si alzò dalla sedia con parecchia seccatura e s’incamminò verso la porta superandola di una spanna.
“A questo punto è meglio attuare la tua strategia, quella iniziale dell’indifferenza. Niente giochi d’amore, amicizia e menate varie; ognuno è libero di farsi l’opinione che vuole, anche se volesse dire restare incastrato con te e Dying per un anno. Com’era? Io per i fatti miei e tu per i tuoi. “
Scivolò con tutta la calma del mondo, e la porta dietro di sé si richiuse con una lentezza per cui sembrava che stesse dando l’opportunità anche all’ombra lunga di lui, di uscire da quell’aula.
Patstale rimase impietrita. Aveva voluto giocare a tutti i costi col fuoco e in un gioco di parti ci rimette sempre il meno esperto; ecco, era lei la meno esperta.
Il giorno prima aveva fantasticato come una ragazzina aggrappata alle parole e ai gesti di Footer, adesso stava fantasticando allo stesso modo, ma con qualche incubo in più su quello che le aveva appena detto, su come l’aveva trattata.
Aveva punto un uomo nell’orgoglio di maschio, specie se ci stava davvero provando, aveva punto Footer, senza sapere nemmeno se poi davvero ci stesse provando con lei oppure no; adesso poteva fare la conta dei risultati.
Forse per la prima volta recepì che Footer davvero avrebbe attuato il suo stratagemma, e anzi, che questa volta davvero avrebbe rischiato di perderlo.
Perderlo? Come se fosse mai stato mio, come se potesse essere … mio … un po’ mio?
Le mani le tremarono, no, Marc Footer non era suo, non lo sarebbe mai stato!
Le venne da piangere.

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Capitolo 14
*** Senza più nemico ***


Capitolo 14
 
Senza più nemico
 
“Si può arrivare ad odiare un essere umano, si può anche cedere all'amore nato dal rancore, ma non si può rimanere indifferenti, non per sempre almeno.”
“No, non è così!” le rispose mesta.
Erano passati pochi giorni, insignificanti agli occhi di un individuo comune, forse anche agli occhi di Marc Footer, il suo nemico, ma non a quelli di lei.
Doveva ringraziare Jessy-Jessy che fosse un po’ tarda in certe cose e non scoprire cosa si celasse dietro queste attenzioni per l’indifferenza di Footer. L’amica non aveva capito nulla certo, se l’era bevuta la storia:  
“Non c’è stato niente tra di noi, le storie inventate non hanno fondamento, alla fine abbiamo deciso di attuare la strategia dell’ignorarsi, anche se mi deprimo senza scaricare la mia frustrazione su di lui!”
… Certo certo! Le cose stanno proprio così… chiamiamola frustrazione su di lui, ipocrita! Non è frustrazione, non è amore, non sia mai, non lo sarà mai, mi strapperei  il cuore piuttosto! ... ma non è frustrazione. 
All’inizio non ci aveva creduto fino in fondo a quelle parole, erano suonate male, Footer sarebbe stato capace di canzonarla a vita, come se non lo stesse già facendo, ma non avrebbe retto a quell’immaginario, com’era successo la prima volta che lo aveva proposto lei.
Ma con il passare dei giorni però, qualcosa di vero stava cominciando a prendere piede, a farsi forte sempre di più.
Footer la ignorava, completamente, totalmente come non lo aveva mai visto fare.
Lei non lo provocava ma non ce n’era bisogno, la sua noncuranza era lampante.
Né la sua voce sfotterla ad ogni occasione, né il suo profumo vicino, né il contatto dell’alito fresco tra di loro … solo il gomito di lui a volte la sfiorava, ma distrattamente, involontariamente, per quella storia che lui era mancino e sedeva a destra.
Una volta ringraziò mentalmente che lui avesse insistito tanto quel giorno quando si era appropriato del suo posto; adesso qualcosa di suo le era ancora affianco, sfiorava ancora il suo corpo.
 
“Credi che sia opportuno farci vedere così agli occhi degli altri?” gli domandò alla fine della scuola, prima che lui potesse uscire dall’aula. Era un pomeriggio sereno, con tiepidi raggi di sole che sporadici entravano ed uscivano dalla stanza. Dying era appena andato a mensa con il corpo docenti, lasciandoli da soli, come il più delle volte.
Footer non sentì il bisogno di guardarla, ma preso in contropiede dalla sua voce, era finito col soffermarsi sulla luce che veniva da fuori le finestre.
“Ancora con questa storia?” chiese seccato; il tono era basso ma non vellutato, sembrava spigoloso, sbrigativo, … indifferente.
“Il tuo piano stava funzionando, insomma, tutti ci stavano credendo e forse avevamo buone possibilità di tornare alla nostra vita scolastica normale!” pareva quasi che lo stesse supplicando per convincerlo, si aspettava perfino che gli rinfacciasse:
“Guarda che è soltanto colpa tua se dobbiamo ricominciare d’accapo!”
Ma non lo fece, Marc Footer non aveva bisogno di scendere a questi livelli.
“Senti Patsteel, onestamente questa storia sta cominciando davvero ad annoiarmi. Fin quando ci si scherzava sopra, ok, era pure una cosa divertente, ma finire nei sotterranei o peggio ancora in classe per un anno con Dying mi pesa parecchio. A questo punto non me ne frega un cazzo di quello che i professori o peggio la preside pensi di noi, alla fine non stiamo litigando, tutto sommato questa storia dell’indifferenza potrebbe darci lo stesso i frutti che speriamo senza ricorrere a stratagemmi di finti innamoramenti, che come dicevi tu, sono delle stronzate!”
Le stava dando ragione … le stava dando ragione?
No, ma non devi, non devi darmi ragione, accidenti! Se mi dai ragione … se mi dai ragione vuol dire che allora … io non sono più nulla per te!
Era assurdo come riuscisse a mantenere una compostezza olimpica in apparenza, al di fuori, quando dentro poteva enumerare tutto il dolore che le si stava riversando contro il cuore, poteva sentire perfino le lacrime che rimanevano dentro in attesa che lui uscisse dall’aula per sgorgare in tutta la loro sofferenza.
 Non ti chiedo certo di amarmi, ma … almeno … odiami, tu devi odiarmi…
“Ora devo andare …”
Odiami, dillo:”Ti odio Patstale!” odiami, dannazione Footer!
“… ci si vede!”
 
Uscì dall’aula qualche secondo dopo ma forse doveva essere passato più tempo perché nel lungo corridoio fino al portone che dava sul cortile non c’era anima viva, lo percorse in un tempo da record; come se la sua mente stesse elaborando da sé, come un organo, un corpo a parte, si ricordò che era sabato pomeriggio, Footer sarebbe andato a Nothing.
Quando la luce la investì era già troppo tardi per fermarlo, per fermarlo e dirgli quello che aveva bisogno di fargli sapere, qualcosa, qualunque cosa per tenerlo un altro po’ con sé, per imprigionarlo con l’interesse che gli avrebbe dovuto far suscitare dentro, per lei, un interesse che nessuno dei due aveva mai avuto il piacere di conoscere.
Ma Marc Footer aveva il suo braccio lungo sulle spalle piccole di Samantha Blake, lo stesso braccio su due spalle piccole come le sue.
Samantha Blake, per tutti Sammy, non era come Barbara Crown, Samantha Blake era come lei, minuta, carina e intelligente, una che aveva trovato il suo posto nel mondo e non aveva bisogno di svendersi per conquistare qualcuno; Sammy Blake sarebbe stata la fotocopia perfetta, sputata, sfacciata di Irene Patsteel per Footer, se Footer si fosse mai messo con Irene Patsteel, ma anche in questo lei era una cosa a parte, Irene Patsteel era nata nell’odio ed era finita nell’indifferenza, Sammy Blake era nata chissà quando nella mente di Footer ed era finita sotto il suo braccio caldo, tenero, protettivo, lo stesso che una settimana prima era sopra il suo e lei si era sentita sciogliere.

Nota: Durante il dialogo tra i due, Footer chiama Irene con il suo cognome esatto, Patsteel, e non con la solita storpiatura Pastale; mentre dentro i suoi pensieri, Irene, pensando a quello che Footer avrebbe potuto dirle, fa il contrario, usa la storpiatura e non il suo cognome effettivo; questo espediente ho creduto usarlo apposta per sottolineare l’indifferenza di Marc per la ragazza e di contro l’interesse di lei verso Footer, specie la sua voce dentro i propri ricordi di quando la chiamava Patstale anziché Patsteel. ;)
 
 

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Capitolo 15
*** Menomale che ci sono le oche! ***


Menomale che ci sono le oche!

Erano passate due settimane da quando Irene aveva visto Footer e la Blake insieme. Sapeva per certo che oramai facevano coppia fissa, non si parlava d’altro nella scuola; come sapeva anche che il disastroso rapporto tra lei e il suo nemico, agli occhi dell’opinione pubblica dei propri compagni era finito assolutamente in secondo piano.
Era distrutta, senza dubbio, quei giorni erano stati chiarificatori per lei, sapeva cosa sentisse per il suo rivale di sempre, Marc Footer a lei piaceva, piaceva davvero tanto.
Non in un modo epidermico, ma nel profondo, da sentirne la mancanza, da desiderarne la vicinanza, da necessitare del confronto con lui, perché il confronto con lui era spietatamente sincero e lei adorava l’onestà spudorata.
Alcune volte aveva sentito come l’impulso di rifiutare quella situazione.
Insomma Samantha Blake, avrai pure il QI cento volte superiore alla Crown, ma tu non c’entri niente con Footer!... Io c’entro… io c’entro eccome!
E dopo aver formulato qualcosa del genere si sentiva stupida.
Tutte le ragazze che non sono ricambiate, tutte quelle che amano nel silenzio della propria stanza, si sentono così, e pensano così, come se la verità fosse stata scritta nel loro destino e non in quello degli altri, come se loro stessero sempre una spanna avanti, come se loro sapessero di sicuro che certe cose possono funzionare solo secondo la propria misura… Ci si illude, poi si finisce col soffrire.
Irene Patsteel era entrata ufficialmente nel girone infernale delle infelici.
Ma anche un’altra cosa stava ereditando da questo sentimento, l’importanza di proteggere il suo orgoglio, di chiarire da subito che soffrire sì, ma umiliarsi no.
Footer avrebbe abitato nelle viscere più profonde del suo io senza possibilità alcuna di prendere il sopravvento, di vincerla, di sconfiggere la sua dignità; quella egoisticamente avrebbe sempre prevalso.
E cominciò a tacere, a tenersi qualsiasi cosa pensasse, desiderasse, sperasse solamente, dentro, aspettando ignara, scioccamente, che se doveva essere, allora il destino, qualcuno al di sopra di lei e di Footer avrebbe messo lo zampino in quella disgraziata faccenda. Illusa!
Non aveva calcolato che quando si soffre per amore, il tempo si rallenta drasticamente e le ore diventano giorni, e i giorni soltanto momenti infiniti.
Povera Patsteel!!!
 
Poi il fato intervenne davvero…
Una mattina, tra una lezione ed un’altra, nel corridoio della scuola che affaccia sopra il cortile, Samantha Blake fu letteralmente aggredita da Barbara Crown. Non ne nacque una zuffa improvvisa; la seconda già da parecchio stuzzicava la Blake e ne sparava di cotte e di crude alle sue spalle; anche lei come molti aveva perso interesse per Patsteel, praticamente fuori dai giochi.
In pratica, era stata la Blake a chiamare in disparte Barbie per mettere a tacere il chiacchiericcio che continuava a cinguettare su di lei; ovviamente, da ingenuotta, aveva fatto esattamente il gioco della navigata Crown, che affidandosi all’appoggio delle compagne e al fatto che si sentisse la reginetta della scuola, cominciò a sciorinare un repertorio sulla Blake da far impallidire chiunque.
Insomma, in parole povere, pensava anche lei come Irene, che Sammy e Marc non c’entrassero nulla insieme, con la variante che invece di vederci la Patsteel, ci si vedeva perfettamente azzeccata lei.
Tra una riga e l’altra, uscì fuori anche il suo nome; Irene non era molto distante dalla scena che si stava perpetrando davanti agli occhi di tutti, e rimase sorpresa dell’intervento su di lei di Crown, sebbene poco carino ovvio.
Quando uno dice:” Sei più vipera della Patsteel e anche più gatta morta!” non è che ti facciano proprio un complimento.
Ma infondo che motivo aveva Irene di intervenire per quella canzonatura di poco conto, in passato tra lei e la Crown ne erano volate anche di peggio e poi c’era il fattore Footer, lui poteva sopraggiungere da un momento all’altro e lei non desiderava affatto farsi trovare in mezzo alla zuffa; fece istintivamente per girarsi e andarsene, evitando così proprio di farsi notare anche come semplice spettatrice, ma non aveva più senso perché Marc era arrivato nel bel mezzo subito dopo la malignità della Crown contro di lei.
Ovviamente, con la sua solita boria, mise fine alla baruffa, ignorando nel contempo Patsteel. Non si può certo dire che fosse uno particolarmente diplomatico, si limitò solo a chiarire davanti a un centinaio di studenti i suoi “interessi”.
“Barbara, ti voglio un gran bene e lo sai, ma Samantha per me … è un’altra cosa!”
E si prese l’ardire di cercare gli occhi di Irene nel dirlo, non quelli di Barbie.
“Io e lei stiamo insieme, lo capirai da te che se sto con una donna che non sia soltanto una volta, vorrà dire che qualcosa provi, no?!”
“Beh, messa così potrei dire che anche io e te siamo stati più di una volta insieme, ed io so quello che cerca uno come te!” rimarcò convinta Barbara.
Non aveva paura di esternare quello che oramai era palese per tutti, il suo amore per Footer lei lo aveva sempre dichiarato ai quattro venti, lei.
In quell’istante Irene percepì quanto si sentisse vigliacca e forse sì anche più debole, anche più stupida, anche più puerile rispetto a tutte le Barbie di questo mondo, le Barbie come Barbara Crown che non temono ciò che provano, che non hanno paura di lottare per il proprio amore, che combattono, che vanno in guerra anche sapendo in partenza di perdere.
Forse aveva ragione la Crown, forse Barbara meritava Footer più di quanto lo meritasse lei, probabilmente anche più di quanto lo meritasse quella scialba ragazzetta della Blake, ma soprattutto più di quanto lo meritasse lei.
Marc non fece caso al mostro gigante che si stava agitando in Patsteel; egli sorrise sardonico e con un gesto della mano rispose:
“Basta Barbara, per favore, ho scelto!”
La bella studentessa lo squadrò dispiaciuta, poi quasi adirata.
“Come scegliesti Patsteel, e sappiamo tutti com’è andata a finire!” sorrise beffarda, guardando Irene con disprezzo e spavalderia e poi i presenti.
Le risatine si fecero più acute.
Evidentemente, il modo di fare tra i due, e i pettegolezzi che già correvano tra le aule da prima, avevano posto le colonne per una convinzione che non era assolutamente reale: Footer e Patsteel erano stati insieme. Il resto è storia … Footer si era poi stancato di lei e si era messo con la Blake, fotocopia sputata (ma venuta peggio, nda) della sua ex.
Anche gli occhi di Marc questa volta erano su Irene, che dal canto suo rimase assolutamente interdetta. L’incertezza stava prendendo piede nella sua mente, anzi peggio ancora, la confusione, ognuno aveva una propria verità, eppure nessuna di essa era quella vera.
Footer e Blake lasciarono cadere il discorso della Crown giusto per mettere fine a quella scena teatrale, e così la ragazza alzò le spalle e si dileguò soddisfatta, aveva avuto l’ultima parola, aveva posto da subito che solo una come lei poteva meritarsi e “gestire” uno come Marc, e specialmente, aveva predetto che Blake non sarebbe durata più di quanto ci fosse riuscita quell’altra insignificante secchiona di Patsteel.
Per lei la partita era stravinta, per lei.
La coppia rimase nel cortile e così anche alcuni dei soliti compagni di Marc, anche Irene era lì.
Il ragazzo la guardò imbarazzato, non aveva paura di lei, no, ma evidentemente non gli piaceva farsi vedere sfacciatamente con Blake.
Con la calma piatta che Footer aveva sempre detestato, Irene gli si avvicinò con passo sicuro sussurrandogli appena:
“Appena ti sarà possibile, e se i tuoi impegni sentimentali ti concedono un minuto di libertà, ti sarei grata di togliere di mezzo queste voci su noi due, è disgustoso che il mio nome debba uscire fuori in queste commedie da circo equestre!”
Quello sorrise spazientito, come aveva fatto mille altre volte con lei.
“Guarda, non ti ci mettere anche tu!” e usò ancora la sua mano per affettare l’aria e mettere un paletto tra lui e i discorsi della ragazza.
“Non fare lo sbruffone con me, io me ne frego di tutte queste oche giulive che starnazzano nell’aia della scuola per te, mi preme solo che a causa delle tue brillanti idee di fingerci una coppia adesso tutti credano che ci sia stato qualcosa di reale tra di noi!”
Blake non era molto distante ma se ne stava buona senza intervenire, anche quando aveva sentito i complimenti poco felici su di lei; con Marc al suo fianco si sentiva certa che lui avrebbe preso le proprie difese, ma Marc era impacciato, insomma, lui e Patsteel avevano un modo di litigare che poteva essere, diciamo, frainteso, e lui non voleva questo, lui voleva solo litigare in santa pace con Irene senza pubblico, punto.
Vide il prof. di matematica attraversare il corridoio opposto e approfittò senza ritegno di questo vantaggio.
“Cazzo Patstale, ora basta, capisci o no che non voglio litigare con te?!” …


Conseguenza: sotterranei.
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Capitolo 16
*** Irene Patsteel in modalità off ***



Irene Patsteel in modalità off

 

“Siete due individui puerili, non trovo alcun altro aggettivo per definirvi; arrivati a questo punto, mi sorprende non poco che siate arrivati fino alla vostra età con un’intelligenza che francamente non è meritate… Finirete nei sotterranei per l’ultima volta, al prossimo capriccio ci sarà l’espulsione per entrambi da questa scuola.”
Erano state pressappoco queste le ultime parole famose della Harsher prima che aggiungesse qualcos’altro a proposito di un mal definito concetto che solo ad una bisbetica come la preside poteva saltare in mente.
“… Farete meglio a chiudere la partita stanotte perché non vi sarà concesso altro. Riponete il vostro orgoglio e ditevi quello che vi dovete dire, che sia odio o amore…”
E per un momento era sembrato ad Irene che quell’amore suonasse sulle labbra della donna in una maniera bislacca e francamente nonsense.
Amore? Perché amore? A parte che lei e Footer avevano ben poco da dirsi ancora, ma anche se fosse stato, indiscutibilmente si sarebbe trattato di odio, almeno da parte di lui.
Quella Harsher a volte poteva essere più molesta di Marc, e sì che le stava confondendo le idee al punto tale che si convinse che oramai aveva intuito il suo piccolo sporco segreto.
Sì, senza ombra di dubbio, la preside ha capito che io amo Footer!
E continuò a trivellarsi le meningi su questa cosa tanto che non ribatté la decisione della donna, nemmeno il suo nemico per la verità, ma adesso davvero non era il momento adatto per pensare a lui.
S’incamminarono lungo le scale dei sotterranei seguendo per inerzia il custode, ignaro che i due ci sarebbero arrivati anche da soli lì sotto, oramai erano di casa.
Non si dissero nulla per parecchi minuti; il pensiero di Irene ritornava sempre a quelle parole incongruenti rispetto a quanto era accaduto e Marc non poté ignorare la preoccupazione della ragazza.
Si stravaccò sulla brandina opposta a quella di lei e molto sgraziatamente si liberò di parte della divisa scolastica a differenza della compagnia che rimase seduta composta con le gambe perfettamente allineate davanti a lui per un bel po’ di tempo.
“Che ti sta succedendo? Sei in trance?” domandò parecchio seccato da quel silenzio.
Per la prima volta Irene si concentrò su di lui.
“Affaracci tuoi mai, eh?” rispose acida.
Quello allargò solo le braccia in segno di sfida ma la ragazza non raccolse il sordido invito.
Arrivò la cena e finalmente Marc trovò il tempo di fare qualcosa.
Non se ne fregò molto della studentessa, prese il vassoio e cominciò a mangiare le porzioni che dovevano essere sue, lasciando l’altra metà raffreddarsi.
Irene si alzò e andandosi a sedere sul letto di lui cominciò a cenare con quanto rimaneva.
“Cazzo, detesto il tuo silenzio Patstale!”
Quella alzò gli occhi appena prima di riprendere ad ignorarlo.
“Almeno respira, manco il tuo alito si sente, e che diamine! Sembra di cenare con un cadavere!”
Irene smise di masticare e con la sua calma piatta che lo faceva incazzare disse:
“Footer, ma cosa vuoi?”
Era una domanda strana, strana nel modo in cui era stata pronunciata.
Non aveva nulla di polemico, nulla che preannunciasse una presa alle armi nell’immediato, nulla che potesse far scatenare l’indole litigiosa del ragazzo. Era stata piatta, neutra, sincera, come se davvero Irene Patsteel sentisse il bisogno di chiudere la partita come aveva consigliato la Harsher, chiuderla sì, una volta e per sempre.
Giocare a rimpiattino è una gran bella cosa, ma entrambi non avevano più lo spirito giusto per farlo, lei non aveva più lo spirito giusto per farlo, non poteva, non dopo aver capito palesemente che per Footer provava qualcosa che non aveva proprio niente a che fare con l’odio, quell’odio che se lui sentiva di averlo lo avrebbe usato contro di lei e avrebbe usato il suo stesso sentimento.
Cosa si fosse messa in testa la Harsher poteva essere un grosso problema, ma adesso non era il momento di pensarci, non ora che stava nei sotterranei, non ora che aveva l’opportunità di occuparsi di qualcuno ben peggiore della preside; era arrivata la resa dei conti tra lei e Footer, e questo è quanto!
Il ragazzo non rimase tanto sorpreso dalla richiesta.
Quando Patstale si mette a pensare davanti a me invece di litigare, allora è un brutto affare!
“Voglio scannarmi con te fino a che avremo fiato in gola!” rispose tronfio.
Irene scosse la testa di fronte al sorriso cattivo di lui.
È un bambino!  Pensò in tutta franchezza.
“E non hai trovato finora nessuna alternativa? Insomma, a parte il fatto che non si può continuare così perché ci stai portando sull’orlo dell’espulsione, ma soprattutto, non pensi che mi sia stancata di stare alla tua mercé?! Hai un esercito di ragazze con le quali potresti riempire le tue evidenti vuote giornate!”
Io sto portando entrambi sull’orlo di un’espulsione?”
 “Non vorrai certo incolpare me anche questa volta?” chiese sinceramente scandalizzata.
“Sei tu che ti sei avvicinata accusandomi di cose per cui non posso intervenire. Non posso mica andare a cucire la bocca alla gente solo perché pronuncia il tuo nome?”
Sbraitò.
“A parte che sì, dovresti intervenire per riabilitare la mia posizione, io e te non siamo mai stai insieme; ma ti ricordo, che è grazie alle tue genialate che adesso tutti pensano chissà cosa sia successo!”
Saltò all’in piedi spazientito.
“Allora, individuo malefico che non sei altro, se proprio ci tieni al tuo buon nome, riabilitatelo da sola, hai una linguaccia lunga peggio di quella di una serpe; invece di fare la vigliacca potevi anche rispondere per le rime a Barbara Crown; punto due, genialate o no, tu eri d’accordo, fine della storia!”
2-0 per Footer, palla al centro.
Non poteva rispondergli nulla infondo, infondo lei cosa voleva da lui? Cosa? Infondo voleva che lui la difendesse, che lui la proteggesse come un uomo protegge la donna che ama. Ecco, era questo il suo problema, lei partiva da una prospettiva sbagliata, dava per scontato che lui potesse tenerci a lei, che fosse innamorato di lei … e invece no, le cose non funzionavo secondo la sua misura.
Marc Footer non teneva a lei, perché se ci avesse tenuto avrebbe agito diversamente, sicuramente non con lo stesso menefreghismo.
Marc Footer non era innamorato di lei. La partita era chiusa.
Ad onor del vero avrebbe dovuto confessargli cosa sentisse per lui, ma chi se ne importa della verità?! lui non l’amava non era questa una sofferenza già sufficiente? avrebbe dovuto proprio aggiungerci anche l’umiliazione?
Si richiuse a riccio come aveva fatto poco prima lasciando parte della cena a raffreddarsi fino a che qualcuno non fosse venuto a ripulire tutto.
Si sdraiò sul proprio giaciglio e cominciò a chiudere gli occhi vagando nella sua scrupolosa logica.
Non c’era altro da fare, doveva dimenticare Footer; in qualche modo evitarlo, evitare di raccogliere tutte le sue provocazioni e filare dritto come aveva sempre fatto. Non si trattava di rischiare più soltanto per gioco, si stava mettendo a repentaglio tutto quello che la riguardava. Il suo cuore era a pezzi, lo sarebbe stato per chissà quanto tempo ancora, oramai quello era andato, come una pedina bruciata, persa, finita in mano al nemico. Rimaneva la scuola però, non voleva permettere di essere espulsa, non voleva assolutamente.
Si raccolse nella calda coperta, e decise.
Parlerò alla Harsher, le racconterò tutta la verità, le dirò che mi sono innamorata di Footer, che lui non ricam… beh questo è inutile puntualizzarlo… Poi le chiederò una pausa dalle lezioni, tornerò dai miei per un po’, seguirò da casa tutto il programma scolastico come se stessi in aula, e quando sarò pronta,… quando sarò pronta affronterò tutto quello che c’è qui come ho sempre fatto prima che perdessi la testa per … affronterò tutto, compreso Footer! … Ecco, questa è la cosa giusta da fare, la cosa che desidero!
Poi, si addormentò.

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Capitolo 17
*** Il ladrone ***



Il ladrone
 
Ti amo…
bisbetica, indisponente, lunatica, molesta, incontentabile, irritante,capricciosa, frigida, spocchiosa, insana, litigiosa, cattiva.
Ti amo cazzo, ti amo!
E sembrò quasi come se le iridi profonde si allungassero e brillassero più forti.
La mano destra affusolata portata alla fronte, i capelli scompigliati e le gambe sopra il letto erano diventate la posizione ideale per poterla spiare mentre dormiva.
Si sentiva un incompetente.
Gli scappò quasi un ghigno malefico contro se stesso.
Se i suoi amici di sempre lo avessero visto essere tanto incapace con una donna, lui, proprio lui, se ne sarebbero prese di occasioni per sfotterlo gratuitamente.
Sollevò la testa stanca contro la parete guardando fuori dalla grata minuscola; non riusciva a distinguere nulla nell’oscurità della notte ma il verso di una civetta, il fogliame agitato potevano calmargli stranamente la tempesta che si sentiva combattere dentro, da qualche parte, infondo a se stesso.
Le braccia erano stancamente appoggiate sulle ginocchia, sentiva freddo e con esso … un bisogno impellente di averla tra le braccia.
Sorrise di nuovo, ancora, tra i pensieri sconnessi.
Vicini in centimetri, distanti per miglia!
E qualche secondo dopo si decise a diminuire quel divario.
Si alzò dal giaciglio con fare circospetto, non voleva svegliarla, non era ancora pronto a questo, non era ancora capace di affrontarla da sveglia.
Quattro passi! si disse mentalmente mentre li percorreva, c’era davvero da sorriderne.
L’analizzò millimetro per millimetro rimanendosene all’in piedi.
Vista da lì le sembrava bellissima.
Dio, quanto sei bella Patstale!
Si allungò sopra di lei e la odorò come se fosse stato egli stesso un animale famelico.
Gli venne spontaneo socchiudere le palpebre come se la sofferenza fosse troppo a portata di mano per guardarla dritta negli occhi.
Sono un ladrone, Patstale, sono ladro di te, ti rubo i momenti, vedi?! Ti rubo l’immagine di te mentre dormi, ti rubo i giorni facendoti litigare con me, ti rubo le notti costringendoti a rimanere qui, ti rubo le ore di lezione, quelle di studio, quelle che dovresti passare in biblioteca, quelle che potresti usare per rilassarti a Nothing.
Ti rubo tutto, tutto quello che finora mi sono preso di te, me lo sono rubato … ti ho derubato per tutto questo tempo!
Anche oggi l’ho fatto!
E si sentì più meschino.
Avrei potuto difenderti, certo che avrei potuto, certo che avrei voluto … ma poi ti saresti allontanata ancora di più. Non lo capisci che ho bisogno anche di questa bugia davanti agli altri per obbligarti ad avvicinarti ancora a me, non capisci che ti ho sgridata in cortile perché ci punissero ancora, perché finissimo di nuovo qua sotto?
Le sfiorò i capelli setosi, profumavano ancora di shampoo. Non avrebbe mai saputo distinguere che tipo d’intruglio si fosse messa in testa, che fragranza strampalata fosse stata, se rosa o gelsomino o bergamotto o chissà quale altra cazzata, lui sapeva solo che lei aveva un profumo che lo mandava fuori di testa.
Non la amo la Blake, non mi piace nemmeno. Ho tentato con lei sai perché, Patstale? … riesci ad immaginarlo?
E si sollevò sconfitto come se sapesse che un altro passo ancora e avrebbe rischiato di svegliarla sul serio; si ricompose come prima, all’in piedi davanti al giaciglio della ragazza, infilandosi le belle mani nelle tasche dei pantaloni, senza toglierle gli occhi di dosso.
Perché lei era quella che più ti somigliava …

Sono finito con lo scoprire che tu sei una cosa a parte rispetto a questo mondo, Patstale!

 

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Capitolo 18
*** La rivincita della dolcezza ***


La rivincita della dolcezza
 
Lo amo, amo il mio peggior nemico, e non posso farne a meno!
Glielo aveva detto così, tutto d’un fiato, senza giri di parole. Era stanca, era stanca anche di fare la diplomatica davanti alla Harsher.
Erano usciti dalla loro ennesima, ultima punizione e Footer aveva fatto bene ad alzare le spalle e a percorrere i corridoi verso i dormitori.
Lei aveva bisogno di parlare con la preside, aveva bisogno di trovare un po’ di pace dentro il suo cuore, dentro il suo cervello perfetto, dentro le sue abitudini sane, tranquille, monotone.
Ecco, anche la monotonia dei propri giorni piatti le mancava, le mancava la noia, le mancavano le ore senza far nulla, gli occhi puntati su un tramonto senza pensare, senza ricordare, senza soffrire…
Marc Footer non badò nemmeno alla strada che prese lei, verso gli uffici della presidenza. Si era fatta accogliere volente o nolente, e adesso che se ne stava seduta lì, senza alcuna voglia di vivere, come un vegetale, una pianta raggrinzita che aspetta un po’ d’acqua, dipendeva dalle labbra di quella che l’aveva sempre contrastata, e a ben guardare, direbbe adesso.
Perché me lo dici?
Ricordava ancora gli occhi puntati su di lei, occhi pieni di interrogativi inesauditi.
Perché io devo scappare da tutto questo, io ho bisogno di liberarmi da questo sentimento, ho bisogno che esca da dentro me, come se fosse un morbo, e lo è, lo è, preside Harsher. Io non posso amare Marc Footer.
E sentiva ancora il salato delle lacrime riscaldarle le gote fredde, bianchissime.
Era una sensazione di sconforto e di conforto insieme, come se il solo parlarne oltre che con se stessa potesse alleviarne la portata.
Ritornerò a casa mia per un po’ …
Ed ogni sillaba riecheggiava nella sua testa appesantita, stanca, quasi invecchiata.
Non ricordava nemmeno quello che fosse successo subito dopo, nemmeno le parole della Harsher, la sua reazione. Non ricordava di aver fatto i bagagli, forse sì quelli da qualche parte li aveva pur dovuti fare perché adesso erano lì con lei, erano con lei a Nothing dove la navetta l’aveva fermata, alla stazione dove adesso avrebbe atteso il prossimo treno per casa, finalmente!
Nessuno l’aveva vista, nessuno aveva saputo della sua partenza, nessuno l’aveva salutata e nessuno avrebbe osato fermarla. No, questa non è una storia d’amore, non lo è mai stata e tutti ne dovevano essere consci, lei per prima e poi quelli che tanto avevano spettegolato su lei e Footer.
Stava andando tutto come doveva andare, come lei aveva deciso che andasse, tutto …
Lo amo, amo il mio peggior nemico, e non posso farne a meno!
Perché me lo dici?
Perché io devo scappare da tutto questo, io ho bisogno di liberarmi da questo sentimento, ho bisogno che esca da dentro me, come se fosse un morbo, e lo è, lo è, preside Harsher. Io non posso amare Marc Footer.
Ritornerò a casa mia per un po’ … per un po’… solo … per un po’…
“Per un po’… soltanto per un po’”
Le gote le sentiva ardere sotto l’epidermide. Il viso era bagnato di lacrime, poteva percepirne la portata attraverso le palpebre quasi pesanti, gonfie.
Aveva freddo ma non era quello delle grandi nevicate di Nothing, quelle di una stazione alla prime ore del mattino, non c’era alcun fischio di treno, alcun altoparlante gracchiante, non c’era nulla, soltanto lei.
Mi piaci da morire, Patstale!
Sorrise incredula riguardo al più bel ricordo che aveva di lui, di quando le aveva messo il braccio intorno alle spalle, quando l’aveva stretta più accanto al suo buon odore, quando la bocca calda e perfetta era finita non per sbaglio su una sua tempia e le aveva sussurrato le uniche parole al mondo che l’avessero mai fatta tremare in vita sua.
Mi piaci da morire, da morire, da morire …
“Ti prego, io … ti prego!” piagnucolò tra i pensieri sconnessi, dentro un mondo dannatamente reale.
“Dimmelo ancora … ti prego …”

Scattò come un elastico sopra il letto. Aveva il viso sudato, si portò appena una mano alla faccia, no, non era sudato, aveva pianto nel sonno. Nel sonno di una notte, quale notte? Lei non lo ricordava. In quella notte, in quella stessa notte in cui era ancora con Marc Footer nei sotterranei, ancora lì, ancora con lui senza che fosse successo nulla, senza che avessero scontato l’ultima piacevole pena insieme, senza che avesse parlato con a Harsher, non c’erano state richieste, non c’era stato nessun treno che l’avesse portata via da lì, da dove stava Marc Footer.
Si girò di scatto verso la sua branda, voleva assicurarsi che quel diavolo non fosse scappato, non fosse andato via, non l’avesse lasciata.
Lo trovò a spiarla mezzo assonnato e quasi spaventato, come se avesse assistito a tutto il risveglio di lei.
Se ne stava ancora seduto sulla brandina, scompostamente, con il cuscino tra la sua schiena e la parete, forse si era addormentato così.
Stava quasi per ricomporsi, per darsi un contegno davanti a lui, ma no, questo non era più il tempo di mostrarsi perfetta, sterile, granitica. Lei era fragile, era delicata come un giunco in piena tempesta, era una ragazza piena d’amore e le ragazze piene d’amore sono tesori immensi di dolcezza.
Si alzò dal proprio giaciglio e Marc Footer ci vide tutta la sensualità e l’eleganza di una fanciulla che il tempo stava metamorfosando in una donna.
Percorse gli stessi quattro passi di lui e guardandolo come se con le sue iridi volesse spiegargli tutto quello che era così complicato farglielo capire a parole, gli finì tra le braccia.
Circondò con le sue mani delicate le spalle di lui mentre Footer si sentiva morire; rannicchiò le ginocchia per essere accolte dal ventre di lui e lasciò che Marc la stringesse a sé.
Le poggiò la bocca calda di velluto sopra la fronte e nel farlo gli scappò da sorridere per quanto gli venisse naturale quel gesto, con lei.
“Brutti sogni, Patstale?” le sussurrò a mezza voce.
“… Sì … terribili incubi!”
“Mm, per finirmi tra le braccia, ti credo sulla parola!” sdrammatizzò.
“Ti lamenti?”
“No, no!” si affrettò a sanare la questione prima che si scatenasse la terza guerra mondiale.
“Ne vuoi parlare?” le domandò.
Non avrebbe mai supposto di cosa e di chi si potesse trattare, non aveva ancora capito tutto, ma proprio tutto tutto di Patsteel.
Lo guardò negli occhi, erano quasi arrivate le luci del mattino e adesso i lineamenti del viso erano più precisi.
Poi scrollò la testa e la riabbassò imbarazzata.
“Non capiresti!” Non era un rimprovero verso lui, era la sua apologia per la vergogna che ancora sentiva.
Quello sorrise e sollevò la nuca quasi divertito. Forse, infondo, aveva capito.
Passò qualche minuto, forse più di qualche minuto, ma insomma, aveva qualche importanza?
“Patstale?”
“Sì?!”
“Dovremmo provarci, sai?”
Irene si girò per la seconda volta verso i suoi occhi.
“A fare cosa?”
“A metterci insieme.” lo disse con la calma più piatta che gli fosse mai uscita.
“Considerando che a farci la guerra lo abbiamo già sperimentato e siamo finiti sempre insieme, forse dovremmo metterci insieme…”
“…per finire separati?” concluse sbrigativa simpaticamente.
“Beh, solo se le cose dovessero prendere una brutta piega… altrimenti …”
E questa volta fu lui a cercare i suoi occhi.
“rimaniamo l’uno con l’altra!”
Quella fece finta di pensarci, beh, forse ci pensò davvero.
“Ma valgono le coppie che finiscono insieme senza che si dichiarino amore, o perlomeno, non so, che si piacciano almeno?! Tu sei l’esperto, prof.”
Questa volta il sorriso di Footer fu più evidente.
“Beh, io te l’ho già detto che mi piaci!”
Ebbe un pugno in un fianco.
“Non imbrogliare come tuo solito, stavi recitando, e comunque, fosse stato vero, dopo ti sei negato tutto.”
“Vero, un punto per la Patstale… Ma ora non lo nego...” stavano continuando a guardarsi, da quando in qua era diventato così facile?
“Insomma Patstale, tu sei una gran rompicoglioni, e hai una bella lunga sfilza di difetti, sul serio, ma sei l’unica donna che riesca a stimolarmi nel mettermi in gioco, nello studio, nel rafforzare il mio carattere e soprattutto nell’avere la convinzione di sapere che strada prendere quando … mi sento perso … Mi piaci Patstale.”
“… Anche tu mi piaci … maledetto Footer!”
… Non era la prima volta che le loro bocche s’incontravano, ma pareva come se lo fosse perché ogni bacio è diverso da un altro, è per questo che i baci sono tanto belli, perché è come scoprire sempre segreti nascosti, un pezzetto di morbida e soffice lingua, un incavo, finanche un’imperfezione delle labbra; i baci sono infiniti proprio per la semplicità con la quale se li scambiano gli amanti per scoprirne sempre un sapore migliore; sono come il cioccolato più prelibato, il caramello sempre più raffinato, sono una marea di dolcezza senza calorie, verrebbe da dire, un mondo perfetto.  Già!



 

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Capitolo 19
*** Patstale è la casa di Footer ***


Patstale è la casa di Footer
 
“Il seggio più alto è per i vincitori, non te l’hanno mai detto?” lo apostrofò mentre lo spiava seduto al solito posto (suo) sotto il portico.
Quello sorrise meno beffardo delle altre volte.
“Mi sembra di averla già sentita questa frase?!” ricordandosi che qualche tempo prima lo aveva ammonito all’identico modo.
Anche questa volta, Irene Patsteel lo aveva superato in matematica.
Santa Pazienza, Footer, fattene una ragione! Sono più brava di te, punto!”
Si girò per guardarla dritta negli occhi adesso.
“Beh, almeno tutto questo genio non va sprecato!”
“Cioè?” domandò onestamente incerta.
“Rimane tutto in famiglia!” blaterò sornione.
Quella gli si andò a sedere accanto.
“Hai già parlato con …” non finì di chiedergli.
“Sì.”
“… E come l’ha presa?” era preoccupata.
“Mm… diciamo che Samantha Blake se ne capaciterà, prima o poi!”
“Anche l’altra? Barbara?”
“Naaa, quella no, ci darà il tormento fino alla fine dell’anno, forse del liceo … diciamo dell’università … probabilmente a vita!” rise divertito all’idea di una Crown che li inseguiva su un altare, o alla nascita del loro figlio.
“E quei deficienti dei tuoi amici?” gli chiese senza giri di parole.
“Mah, pare che l’abbiano presa normale, nel senso che sono certi che dureremo il tempo di una … insomma, non farmi essere volgare. Comunque, dopo che me l’avrai data o io o tu decideremo di troncare, o entrambi.”  E parve pensare anche a questa eventualità così come aveva fatto con il matrimonio e la nascita di un figlio loro con Barbara Crown pronta a sgozzarli.
Si accorse che Irene lo stava squadrando preoccupata e si sentì in dovere di aggiungere:
“Beh, loro lo pensano!”
Quella assottigliò le palpebre per canzonarlo, ma non vi diede più peso del dovuto.
Per la miseria! Non è che perché due si mettano insieme firmino la condanna perpetua a rimanerci, la vita è così, cambia di continuo e loro due in questo vortice potevano tanto resistere insieme e tanto non; non si rimane uniti per far piacere agli altri, ai supporters (o ai lettori :) nda).
Infondo non c’è nulla di sbagliato nell’ignoto, nelle sorprese che il destino potrebbe offrire, anzi, é bello così, vivere come avrebbero fatto loro giorno per giorno.
Sorrise soddisfatta di questo pensiero.
“Chi glielo spiegherà alla Harsher?” se ne uscì all’improvviso Marc, interrompendo le congetture di lei.
Irene alzò le braccia come se la preside stesse lì davanti a loro a prendere fuoco e lei non facesse nulla per salvarla.
“Io passo!”
“Cazzo, Patstale, ti prego! Come sarebbe a dire che passi?! Dovrei andarci io? Non basta quanto ho già fatto e con quanta gente abbia già parlato?”
“E chi se ne frega! Sono conoscenti tuoi, non potevo mica andarglielo a spiegare io che ti sei messo con la tua peggiore nemica? Ragiona!”
“Io voglio ragionare, e sapendomi credo sia meglio la tua diplomazia che la mia irruenza!”
“Ok, ma se le viene un infarto, almeno tu potresti prenderla al volo, io non ce la farei!”
“Che cazzo vai a pensare, non lo so proprio! Un infarto, non credo che le verrà un infarto!”
“Un ictus, una colite!”
“Smettila Patstale! Mi fa impressione pensare alla Harsher che per colpa nostra andrà  di corpo per i corridoi della scuola!” rise un po’ schifato al solo pensiero.
“Comunque va bene, risolverò io anche quest’increscioso problema!”
“Per amore?” gli domandò con dolcezza inconsueta.
“Per farti smettere di partorire idee oscene sulla preside.”
Era davvero gradevole starsene così, sotto il portico, in un pomeriggio di sole, con l’erba che sventolava ad un insolito zefiro.
Tutto intorno, la brughiera era di tante e tante sfumature di verde, Irene riusciva a contarne almeno quattro fin dove l’occhio arrivava.
Anche la sua vita, anche quella che avrebbe trascorso con Footer sarebbe stata piena di colori, piena di sfumature.
“Footer?”
“Mm?”
“Tu credi che un giorno mi dirai di amarmi?”
Che diamine di domanda fosse, davvero manco lei riusciva a spiegarselo, cioè, non è una cosa che si dovrebbe domandare; ma infondo, perché no?! Perché non poteva essere naturale, essere completamente onesti e chiedersi se la persona che ti piace e con la quale ci stai insieme da più di dieci giorni possa o no confessare di provare qualcosa di serio, importante per te.
Marc parve pensarci.
“Beh, Patstale, mettiamola così, non ci siamo ancora scannati a vicenda e non nutro alcun sentimento omicida nei tuoi confronti.” e la guardò di nuovo, quasi per sperare che lei avesse capito dove stesse andando a parare ed Irene lo capì perfettamente.
“Giusto!” rispose convinta.
Forse per gli altri non sarebbe stato un granché, una gran bella confessione d’amore, ma lei invece ne conosceva il peso e la misura perché aveva odiato, detestato, avuto reazioni allergiche nei confronti di Footer che sì, non uccidersi pur rimanendo entrambi nella stessa stanza, era un bel passo in avanti.
“Non ho molta voglia di entrare adesso che mi hai detto di aver parlato con tutta la compagnia!”
“Perché?” le chiese.
Quella allungò le gambe sotto la gonna come a volersi stiracchiare.
“Perché a quest’ora già lo sapranno tutti e cominceranno a guardarci, a spettegolare, a mettersi contro di noi etc. etc.” concluse caustica.
“Beh, è il prezzo da pagare, saccente Patstale.”
Strinse un braccio sopra le sue spalle e le stampò un bacio su una tempia.
“Ma tranquilla, sopravvivverai anche a questo!”
Finalmente smisero di parlare e finirono tra le braccia l’una dell’altro, la brughiera continuava a danzare intorno a loro facendo tremare le gambe scoperte di Irene.
“Cosa volevi dire l’altra mattina, ai sotterranei?”
Footer s’irrigidì.
“Riguardo a cosa?”
“Quando dicesti che io ero l’unica donna che sa indirizzarti sulla strada giusta quando …? E poi non hai continuato.”
“… Ah, sì! … quando ho bisogno di sentirmi a casa, Patstale! … quando ho bisogno di sentirmi a casa!”


Nota:Una nuova storia è in arrivo ... 
    
 
 
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