Is it real or is it fake?

di givemetherapy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ne ho bisogno. Ne ho assolutamente mi bisogno. Mi serve. È questione di vita o di morte. Sono disposta a tutto pur di averne ancora. Ancora. Ancora una dose. L’ultima dose. L’ultima. Ma chi voglio prendere in giro! Non è mai stata l’ultima dose e mai lo sarà. Non riesco a smettere, la droga ormai si è impossessata di me e non riesco a liberarmene. È il mio demone e i demoni non se ne vanno facilmente. Mi ritrovo da sola, abbandonata da tutto e da tutti. Vivo in un’appartamento, se così si può definire uno sgabuzzino di 30 metri quadri, in Low Street a LA. Low. Basso. L’aggettivo perfetto per definire me e la mia vita. Basso. Non ho un lavoro. Non ho un titolo di studi, il liceo l’ho abbandonato all’ultimo anno. Causa droga. Amici non ne ho. Alcuni sono morti a causa della droga altri saputo del mio problema si sono allontanati da me lasciandomi allo sbaraglio. I miei genitori hanno rinunciato ad aiutarmi, non gli ho mai dato ascolto. Pensavo di potercela fare ad uscirne da sola, pensavo di poter scacciare via questo demone e invece no, da sola mi sono solo rovinata di più la vita. Prima mia mamma ogni settimana veniva a dare una sistemata a casa, a riempirmi il frigorifero e fare qualche pulizia. Adesso non la vedo ne sento più, completamente sola nella mia vita. Soldi non me ne ha mai dati perché, lungimirante com’era, sapeva che appena lei se ne fosse andata io sarei andata di fretta e furia a comprarmi l’ennesima dose. L’ennesimo passo verso la morte. Gli unici e pochi soldi che ho li guadagno facendo un po’ di elemosina e…anche vendendo me stessa se l’astinenza si fa invivibile. Quando lo faccio torno a casa, mi butto sul materasso steso per terra sotto la piccola finestra, sempre chiusa, e piango. Piango fino a non riuscire più ad aprire gli occhi per quanto questi siamo gonfi, rossi e  brucino. Piuttosto rinuncio a mangiare pur di prendermi una dose. Però mentre piango c’è sempre qualcuno con me. Una dolce e flebile voce proveniente dalla radio mi tiene compagnia, non avendo ne tele te internet è l’unico mezzo che mi permette di sapere che succede fuori. Fuori nel mondo. Però qualcuno a farmi compagnia c’è…

. . .

Salve popolo di EFP!
Na, patetico. Repeat: Aloha! <3
Eccomi di nuovo qui con una ff sugli All Time Low! Non si direbbe dall'inizio è? Bhè...mi scuso anche per la brevità del capitolo, ma d'altronde i capitoli lunghi non piacciono a me. ù.ù
ehehe sorpresa! Vedrete...ne succederanno delle belle!!! :)
Buona lettura e recensitee, vi prego! E siate clementi con me ;)
Baci,
R.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


‘Casa’ mia è invivibile. Siringhe, bilanicini, bustine, cucchiaini e combriccola bella sparsi per questi miseri metri quadri. L’appartamento si trova in un vecchio palazzo mezzo fatiscente alla periferia della città. LA, Los Angeles. La città degli angeli. E dei demoni, aggiungerei. La mia città. Il mio rifugio. Vivere qui mi piaceva molto prima del ‘problema’. Prima uscivo a qualsiasi ora del giorno non vergognandomi di nulla. Non vergognandomi dei miei tatuaggi, del mio vestiario stravagante o del piercing all’orecchio. Ero io. Si ero. Perché adesso quelle rare volte che esco lo faccio a tarda sera vestita con larghi pantaloni neri, DC, una grossa felpa e con il cappuccio calato sulla testa e camminando a testa bassa. Tutto questo per non far vedere il mio viso. Il viso rovinato di una ragazza drogata. Mi aggiro per le strade poco illuminate con le mani nelle tasche della felpa e nella testa sempre un sacco di pensieri. Adesso passo tutta la giornata in casa, nascondendomi dal mondo reale. L’unica cosa di valore che ho in casa sono dei cd. I cd della mia band preferita, gli All Time Low. Ero stata anche ad un loro concerto, però non ero riuscita a farmi fare l’autografo. Ogni tanto riguardo le foto fatte al concerto, le facce buffe dei ragazzi mi facevano sorridere sempre, erano quelli i pochi momenti in cui sorridevo. Mi ricordo di quando Jack si avvicino a Alex e mi segno con il dito per aver notato i miei tatuaggi dedicati a loro. Mi hanno fatto sentire viva. Ciò che ora non sono. Fra le mani tramanti dalla rabbia per non riuscire a ribellarmi al mio demone tengo la foto scattata a Rian. Il suo sorriso è una qualcosa di tremendamente estasiante per me. Mi manda in visibilio. Rian è in assoluto il mio preferito della band. Il suo sorriso. Il suo carattere. E’ vero anche lui fa le cavolate come tutti. Ma lui è diverso. Quel velo di timidezza, timore, pudore che ha mi affascina. E poi diciamocelo…è anche un bel ragazzo! Rimisi le foto nella scatola dove stavano a malincuore. Accesi la radio e mi stesi sul materasso.

. . .
 
Ciao! :)
Ecco il nuovo capitolo ;)
Spero sia bello nonostante sia cortissimo, e di questo mi scuso ^^'
Spero vi piaccia.
Alohaa <3
R.





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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Iniziai ad addormentarmi. I rumori della città svanivano pian piano alla mia captazione. Tutto si faceva più tranquillo. Più silenzioso. La radio ormai trasmetteva suoni sconnessi, incapibili. Mi resi conto che però certe note le conoscevo. Ero in piena sonnolenza. Aprii gli occhi con forza, decisione, violentemente. Riconobbi la melodia dolce, lenta, coinvolgente di ‘therapy’. Non mi era mai piaciuta quella canzone. Ma in quel momento mi aprii gli occhi.
My ship went down in a sea of sound.
Sto affondando, è ora di rialzarsi e dare uno schiaffo a questi demoni.
A handfull of moments I wish I could change
Una mano piena di momenti che avrei voluto cambiare. Quante cose avrei voluto cambiare. Il primo approccio con la droga. Il rubare per avere i soldi per una dose. Il vendere me stessa. Tutto.
Give me therapy, I’m a walking travesty.
Datemi una terapia. Ho bisogno di una terapia. Ne ho bisogno.
Therapy you we’re never a friend to me.
La terapia non era mai stata per me ma ora era arrivato il tempo di cambiare, di reagire, di vivere.
In quei pochi istanti realizzai che era ora di cambiare vita. Di cambiare modo di essere. Capii che dovevo farla finita con la droga. Capii che dovevo tornare a vivere. Le note svanirono e i brividi percorsero il mio corpo, per intero. Scoppiai a piangere senza neanche accorgermene. Le lacrime sgorgavano dagli occhi come un rubinetto lasciato scorrere al massimo. Non riuscivo a fermarmi. Iniziai a singhiozzare. Ero tra il felice e l’impaurito. Felice perché sentire finalmente i tuoi idoli alla radio, che dopo tanta gavetta vedono i loro sforzi cosi ben riusciti con una canzone in radio. Impaurita perché da quel momento io avrei dovuto cambiare totalmente e radicalmente la mia vita. Mi sembra tutto cosi surreale. Loro in radio. Io che mi prometto davvero di cambiare vita. Loro che mi aiutano nella mia lotta con una semplice canzone. Mi sciacquai il viso e andai a casa dei miei genitori.
 
. . .
 
Aloha!
Cavolo, perchè vedo tante visite ma di recensioni nessuna?!
Mò m'arrabbio! ù.ù Grrr
R.
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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Uscii in pieno pomeriggio. Il cappuccio che prima era ben calato sulla mia testa ora non c’era più. Ha lasciato il posto ad una bella chioma rosso fuoco. Presi un autobus e mi diressi verso casa dei miei. Scesi dal pullman e in due minuti mi ritrovai davanti al vialetto di casa. Il prato sempre curatissimo. L’aiuola con vinche, begonie, solanum e al centro dei piccoli girasoli. Non era cambiata da quando 5 anni fa lasciai la casa. La porta del garage era aperta, segno che mio papà era al lavoro. Restai a guardare questa bella scenetta per qualche minuto con le mani nelle tasche dei jeans. Mi avvicinai esitante alla porta. Stavo per bussare quando sentii delle voci avvicinarsi dall’interno vicino alla porta. La voce di mamma era più stanca, rassegnata, debole. Corsi nel retro. Era tutto come l’avevo lasciato pochi anni prima. L’altalena. Il dondolo. La porta di calcio. La casetta degli attrezzi dove io tenevo tutti gli attrezzi per il giardinaggio, la mia grande passione. Tutto identico. Invariato. Aprii la porticina della casetta degli attrezzi e mi infilai in quel piccolo big bang di cose. Guanti. Paletta. Rastrello. Vasi. Sottovasi. Concime. E amore, quello che ormai avevo perso. Gli ingredienti necessari e perfetti per un buon giardinaggio.
 
‘Kate?’ quando sentii la sua voce entrai nel panico. Il cuore inizio a battermi forte. Il respiro a farsi irregolare. Sudavo freddo. E come se non bastasse avevo le farfalle allo stomaco. Mi passai una mano sulla fronte. Respirai profondamente. Mi girai verso di lei.
 
‘Ciao mam…’ le parole mi morirono in gola. Mamma corse ad abbracciarmi lasciando cadere a terra il telefono che teneva in mano. Mi strinse le braccia attorno al collo fortissimo. Avevo il collo fradicio dalle lacrime di mamma. Restammo abbracciate per tanto tempo, cosi senza dire nulla. Mi stringeva forte per non farmi andare via ancora. Ma questa volta non sarei più andata via da lei ne da mio papà. Da nessuno.
 
‘Sono tornata’ dissi a bassa voce. Mamma mi prese il viso tra le mani ancora lisce come una pesca. I suoi occhi piantati nei miei. Mi imploravano di restare, di non scappare più via.
 
‘Si, non scapperò più. Te lo prometto’
Entrammo in casa e iniziammo a parlare, parlare e parlare. Le lacrime di mamma non mancavano. Le stavo dando la gioia più grande. Sua figlia stava tornando a vivere. Mi andai a fare una doccia. Sia il bagno che camera mia non erano cambiati di una virgola. Mamma si limitava solo a pulire, ma tutto era rimasto al suo posto. Nulla era fuori posto. Con l’asciugamano avvolto attorno al corpo giravo per la stanza a toccare quei ricordi, pupazzi, foto o altri oggetti, orami sbiaditi nella mia mente per cercare di riaccenderli in me. Afferrai tra le mani un piccolo orsacchiotto di pezza. Mi sedetti sul letto, morbido e profumante di fresco, di pulito. I capelli gocciolanti. Me l’aveva regalato mia sorella. Appena poco prima di morire. Il cancro me l’ha rubata e non me la ridarà più. E’ per questo che sono finita nel tunnel della droga, grazie ad essa riuscivo a non pensare a mia sorella. Mi mancava da morire. Una ragazza cosi sorridente non l’ho mai conosciuta. Scossi la testa per scacciare via questi pensieri e mi asciugai le lacrime. Girai la testa verso la scrivania  e vidi il mio portatile. Attaccai il cavo della batteria e lo accesi. Aprii Media Player. La voce di Alex invase la mia stanza. Weightless. Mi sentivo leggera proprio grazie a loro. Mentre mi vestivo cantavo a squarciagola. Poi mi bloccai di colpo. Una strana sensazione stava facendo corso nel mio corpo. Astinenza. Sapevo che sarebbe arrivato questo momento. Il momento di tenere duro, di lottare, di far vedere alla morta che tu sei più forte. Che tu non ti lascerai prendere nelle sue mani. Lottando contro me stessa riusci a far svanire questa sensazione orribile. Sentii il rumore di una portiera chiudersi. Mi affacciai alla finestra e vidi che era papà. Corsi da lui ad abbracciarlo. Era incredulo. Non credeva ai suoi occhi. Si sfregò più e più volte gli occhi per capire se era un sogno o la pura realtà. Lasciò cadere la sua 24 ore a terra e mi prese in braccio. Mi fece girare, proprio come piaceva a me. Come faceva sempre quando ero piccola. A cena mangiai pochissimo. Mi rintanai subito in camera mia. La mia, ormai vecchia vita, continuava a riaffiorare. Un’altra crisi. Stavo malissimo. E i giorni dopo sapevo essere ancora peggio.
 
 . . .

Aloha!
Dopo epoche incalcolabili finalmente ho aggiornato :)
Enjoy it ;) E siate clementi con le recensioni! lol
R.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Sudavo freddo. La notte non dormii. Solo verso mattina riuscii a chiudere occhio, per pochissimo tempo. Quando il sole era ormai alto nel cielo mi alzai dal letto. Barcollavo. Mi diressi in bagno. Mi appoggiai con le mani al lavandino con la testa china. Mi sentivo uno straccio. Stavo malissimo. Alzai la testa. Quella nello specchio non ero io. Com’era possibile un tale cambiamento in così poche ore? Gli occhi erano diventati spaventosi, rossi. Letteralmente iniettati di sangue. Mi facevano molto male infatti. Presi paura al solo guardarmi. Non ero più la stessa Kate. Mi toccai il viso per vedere se era solo un sogno. Invece no. La verità. La realtà. Non volevo che i miei genitori mi vedessero in quello stato. Ma non volevo neanche nascondermi da quella che era la mia vita. Decisi di scendere in cucina per la colazione. Appena feci ingresso nella cucina mamma mi corse subito incontro preoccupata. La rassicurai dicendole che era normale se volevo disintossicarmi. Usai parole dolci, tenui, amorevoli. Mio padre non disse nulla. Ma vedevo benissimo che era preoccupato. Ormai le persone le conoscevo bene. Capivo le loro emozioni quando avevano a che fare con me, con una drogata.
 
‘Hei pà, tranquillo! Questi giorni saranno brutti però dopo sarà tutto migliore, non preoccuparti starò bene’ lo rassicurai abbracciandolo. Gli sorrisi. Mi rispose con un fragoroso bacio sulla guancia.
 
‘Bentornata a casa amore mio’
 
Bevvi d’un fiato il cappuccino. Ritornai nella mia stanza. Non volevo far soffrire ulteriormente i mie genitori vedendomi così. La mia nuova era iniziata. Cosi accesi di nuovo il pc, accesi la musica e iniziai a cancellare tutto ciò di inutile che apparteneva al passato. Avevo centinaia e centinaia di mail non lette. Tutte cancellate. Cancellato pure l’account e-mail. Vita nuova, indirizzo mail nuovo. Il mio profilo Twitter non era aggiornato ormai da mesi. Lo eliminai e ne crei uno nuovo dove poter parlare di me, parlare di ciò che provavo, aiutare altri a non fare i miei stessi errori. Le prime persone che inizai a seguire furono loro: gli All Time Low. I miei salvatori. Un’altra crisi. Sudavo freddo. Le gocce di sudore bagnavano la maglietta. Tremavo. Tremavo forte come una foglia. La porta si aprii. Corsi subito a chiuderla innervosita. Dopo esserci sbattuta contro mi resi conto che era una allucinazione. Il momento peggiore stava arrivando. Allucinazioni, sudorazione fredda, urla, panico, a volte convulsioni, rifiuto del mangiare. Cose comuni nei giorni successivi al ritorno a casa. Un giorno mia madre entrò in camera per farmi mangiare qualcosa, io le scagliai contro il vassoio. Corse via piangendo. Ci stavo male a vederla così. Ma ormai non ero più padrona del mio corpo. Il mio cervello pensava una cosa ma il mio corpo ne faceva altre mille, e tutte distruttive sia per me che per gli altri. Per non parlare delle allucinazioni. Vedevo gatti camminarmi sul muro. Biro prendere vita. Una volta immaginai che ci fosse Hannibal Lecter che voleva strapparmi una guancia, come era solito fare lui nel film. Ero cosciente di quello che mi accadeva ma non riuscivo a ribellarmi a me stessa. Ero intrappolata dentro un corpo che non mi lasciava via di scampo. Da quell’episodio mamma non mi portò più nulla. Soffriva troppo a vedermi così. Da quel giorno venne mio papà. Con lui era diverso. Essendo un uomo molto severo e fermo riuscivo a controllarmi un po’ di più. Il cibo all’inizio lo rifiutavo sempre categoricamente pensando stupidamente che lo avvelenassero. Poi pian piano papà riuscì a farmi mangiare qualcosa. Mi stringeva forte a se con un braccio e con l’altro mi aiutava a mangiare, fin quando non lo scansavo via malamente. Dopo alcuni giorni di inferno riuscii a vedere di nuovo la luce. Uscii dal tunnel dei primi giorni di disintossicazione. Il mio corpo aveva smaltito la droga. Ora dipendeva da me se continuare così o ritornare ad essere come prima.
 
. . .
 
Aloha!
Ho postato il più velocemente possibile, spero vi piaccia.
Siate clementi con le recensioni *w*
Vi vorrei ringraziere TUTTI quanti che mi sopportate con le mie storie.
Keep on rockin' baby \m/
Followatemi su twitter: @_BarakatBarker
Baci,
R.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Hannibal Lecter se n’era tornato da dove era venuto. Anche le convulsioni se ne andarono dal mio corpo. Mi risvegliai al mattino tranquilla. Avevo dormito stranamente bene, senza nessuna agitazione. Quando mi alzai per andare in bagno avevo il terrore di vedermi ancora come pochi giorni prima, brutta, sciupata, orribile. Ero davanti allo specchio per l’ennesima volta. La prova del nove. Stavo a testa bassa. Al mio tre avrei alzato la testa per vedermi. Rivedermi, dopo giorni. Uno. Sospirai. Il cuore mi batteva forte. Due. Chiusi gli occhi per ritrovare un po’ di calma. Tre. La calma non arrivava. Sibilai le parole di ‘Therapy’. Alzai di scatto la testa. Le occhiaie erano ancora presenti ma non cosi spaventevoli come l’altra volta. Gli occhi non erano più rossi, si sono sgonfiati. Per fortuna avevo un aspetto meno spaventoso.
 
Mio padre, che in queste settimane aveva preso le ferie per starmi accanto, entrò in camera per vedere come stavo. Accennai un sorriso come saluto. Venne da me. Io mi sedetti sul bordo della vasca, debole com’ero. Per giorni non avevo mangiato e bevuto nulla. Provai ad alzarmi. Appena restai su due piedi mi ritrovai di nuovo seduta. Mio papà mi prese in braccio e mi portò in cucina per la colazione. Mi appoggiò sulla sedia. Mia mamma mi portò la colazione. Erano entrambi felici di vedermi star bene anche se dentro stavo male, ero marcia. Identica ad una bella mela che fuori è di un verde sgargiante, e dentro d’un verde marcio piena di muffa.
 
Papà leggeva il giornale come suo solito mentre mamma stava rassettando la cucina, anche se era in perfetto ordine. Piegai le gambe cosi da avere le ginocchia sotto al mento. Circondai le gambe con le mie fragili e magre braccia. Mi incantai a guardare quella donna così indaffarata anche al mattino presto. Prepara la colazione, sistema la cucina, fai le altre faccende di casa, fai la lavatrice, stendi i panni, prepara il pranzo, lava i piatti e sistema la cucina, un attimo di riposo e via subito con altri mille impegni della giornata. Non stava ferma un secondo. Mi chiedo come faccia a fare tutto questo e a rimanere così serena. Sembra che lo stress non faccia parte di lei.
 
Come sempre canticchiava mentre faceva i suoi mestieri. Papà, talmente che era assorto nella lettura, non si rese neanche conto delle domande che mamma gli stava ponendo.
 
‘Da oggi andrò in riabilitazione’ affermai sicura. Non so nemmeno io da dove tirai fuori quelle parole visto che non ci stavo nemmeno pensando. Però dopo averle dette mi convinsi ancora di più che quello che facevo era giusto. Mio padre abbassò il giornale, lo tenne mezzo aperto con un dito tra le pagine e mi fissò. Dritto negli occhi.
‘Sicura?’
‘Mai stata così sicura pà.’
‘Bene, allora preparati che andiamo’ disse chiudendo il giornale e piegandolo di nuovo in quattro.
 
Mi preparai e uscimmo alla ricerca di una clinica che potesse aiutarmi.
 
. . .
 
Aloha!
Si, questo saluto non lo mollo ù.ù
Spero che questo capitolo vi piaccia perchè a me proprio fa schifo.
Detto questo vi auguro buona lettura e recensite pinguini ballerini (?)
Baci,
R.
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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Entrammo in una clinica dall’atrio alquanto austero. Le pareti erano di un bianco smunto, un bianco triste. Non un bianco accecante che riflette tutta la luce possibile ma un bianco carico di tristezza, dolore, disperazione. Ero abbastanza preoccupata per ciò che avrei dovuto affrontare in quei tre mesi di riabilitazione. Camminavo senza meta nell’atrio. Mi affacciai al grande finestrone che dava sul salone. C’erano moltissimi ragazzi della mia età ma anche tante persone più grandi di me. Tutti con lo stesso scopo: tornare a vivere. Mi incantai a guardare tutte quelle anime chiuse nel salone con gli occhi addolorati. Provavo pena per loro e di li a pochi minuti entravo a far parte della famiglia pure io. Provavo pena per come mi ero ridotta. Ero letteralmente persa nei loro occhi. Cercavo di rivedermi in quegli sguardi. Papà mi richiamò all’attenzione. Mi girai e vidi un ragazzo farmi cenno di avvicinarmi a lui. Lo fissai negli occhi. Era la cosa che preferivo fare. Anziché parlare con le parole io parlavo con gli occhi. Dopo un lungo sguardo parlai.
 
‘Aiutami’
 
Mi spiegò in cosa consisteva il programma dei prossimi tre mesi. Mi spiegò l’orario delle sveglie, del pranzo, della cena ma la cosa più importante per me era l’orario di visite. Dalle 15:00 alle 20:00, tutti i giorni. Firmai le carte e sorrisi al ragazzo un po’ spaventata. Ricambiò il sorriso caldamente. Salutai papà con un forte abbraccio. Lo guardai andar via dalla soglia della porta. Dan, il ragazzo, mi stava fissando. Rimasi a fissare l’auto andare via, lontano da me e ritornare a LA. Sentii le mani di Robert sulle spalle. Mi girai. Con un cenno del capo mi disse di entrare. E cosi feci. Mi accompagnò nella mia stanza e poi mi fece vedere l’edificio. Mi ispirava fiducia quel ragazzo. Forse saranno stati i suoi grandi occhi nocciola. Mi riaccompagnò nella stanza. Si fermò sulla soglia della porta a guardarmi. Ero sola, indifesa, con un demone da sconfiggere e determinata a farlo.
 
‘Sei forte, ce la farai’
‘Grazie Dan’
‘Di nulla Kate’
 
Detto questo se ne andò. Restai seduta sul letto con in mano il cellulare a fissare il bianco delle vuote pareti della stanza. Ripensai alla mia vita passata nello sgabuzzino. Roba da dimenticare! Sospirai profondamente. Iniziai a sistemare i vestiti nel piccolo armadio posto accanto alla scrivania. Alla parete di fronte la scrivania attaccai alcune foto. Alcune erano della mia famiglia, altre erano del concerto degli All Time Low. Erano i miei angeli dopotutto. Non avevo voglia di conoscere nuova gente quindi me ne rimasi nella stanza a leggere un buon libro. Il tempo passò velocemente che non mi accorsi che era già l’ora di cena.
 
. . .
 
Aloha!
Vi ho fatto aspettare un sacco per il capitolo e poi...si è rivelato tutto una schifezza! >\\\<
Vabbè...spero di non vedermi tirare dietro pomodori o ortaggi vari LOL
Ergo...siate buoni nelle recensioni. Questo non vuol dire 'non recensite' queste significa 'recensite in tanti'
Babbani vi saluto.
Baci,
R.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


 
Bussarono alla porta. Alzai lo sguardo e vidi Dan.
 
‘Hei, non vieni a cena?’ mi domandò.
‘Ehm…si, arrivo’ dissi con la testa china sul libro.
 
Dan mi si piazzò davanti allo sguardo. Mi tirò via dalle mani il libro. Alzai lo sguardo verso di lui. Notai che non aveva più su quei larghi pantaloni bianchi e quella camiciona bianca da infermiere, ma indossava jeans e camicia.
 
‘Ma…come mai non sei a casa?’
‘Frigorifero vuoto’ mi disse sottovoce. Risi. Dan mi porse la mano.
 
‘Dai vieni’ Afferrai la mano e mi alzai dal letto. Entrammo nel salone dove si cenava. Era pieno. Pieno di gente nelle mie stesse identiche condizioni. Io e Dan ci prendemmo le vivande e le mettemmo nel vassoio. Mi girai verso i tavoli. Tutti pieni. Feci qualche passo in avanti. Poi vidi un piccolo tavolo all’angolo in fondo alla sala. Andai verso di esso e mi sedetti. Aspettai Dan per cenare. Dopo pochi minuti arrivò anche lui. Iniziammo a cenare. Morsicai il piccolo panino che avevo nel vassoio.
 
‘Cosa ti ha spinto a venire a lavorare qui?’ domandai curiosa.
‘La mia ragazza, ex ragazza.’ Il tono di voce era secco, duro. Mi irrigidii. Avevo capito di aver sbagliato a parlare. Abbassai lo sguardo sul piatto e iniziai a mangiare senza proferire parola.
‘Anche lei era drogata’ stavolta era Dan a parlare.
‘Davvero?’
‘Si, dopo poco che stavamo insieme lei avevo iniziato a farsi. All’inizio riuscì a mentirmi e non farmelo scoprire ma col tempo i segni erano visibili sul corpo. Cercai in ogni modo di aiutarla, di andare in riabilitazione non ne aveva intenzione. Poi un giorno mi chiamò. Mi disse che mi amava e che ero la cosa più bella che gli fosse capitata nella vita. Fu l’ultima volta che la sentii’ La forchettata di pasta mi si fermò in gola. Dovetti tossire più volte per riuscire a respirare. Sul viso di Dan c’era rassegnazione. Nient’altro. Lo guardai sbalordita.
‘Come si è uccisa?’ domandai fredda ma con il desiderio di andare in fondo a quel dolore.
‘Con il suo piacere più grande, l’eroina.’ Fece una pausa. Sorseggiò dell’acqua. ‘ecco perché sono qui.’
 
Rimasi senza parole. Letteralmente senza parole. Non sapevo più che dire. La sua storia mi aveva spiazzata, non pensavo che dietro a n ragazzo cosi solare potesse nascondersi una tale sofferenza.
 
‘Mi…dispiace’ sibilai. Avevo rovinato le cose, ne ero sicurissima.
‘Grazie…ma parlami di te’ Cambiò subito discorso con il suo solito e immancabile sorriso.
‘Cosa vuoi sapere di bello?’
‘Tutto quello che questa simpatica ragazza vuole dirmi!’
 
Gli parlai di me, della mia storia, della mia vita passata e di quella nuova che era iniziata da poco, gli dissi tutto. Sapevo che di lui mi potevo fidare. Mentre stavo parlando sentii delle mani appoggiarsi sulle spalle. Mani grosse, mani di uomo.
 
‘Hei Dan, fai conquiste? Chi è questa bella ragazza?’ chiesè un signore sulla quarantina. Non ero abituata a tutte quelle confidenze e ammetto che quel gesto mi diede un po’ fastidio. Dan rise.
‘Garrus! Nessuna conquista, è nuova della casa’
 
Casa. Così chiamavo il centro. Così suonava tutto più familiare, meno distaccato, meno freddo. Garrus si sedette al nostro tavolo. Aveva un’aria molto simpatica. Era il classico hippy con i capelli lunghi, i pantaloni a zampa d’elefante, la camicia in fantasia larga, gli occhiali da sole con le lenti rotonde azzurre, alla Ozzy Osbourne. Passai la serata di Dan e Garrus. Due tipi davvero forti. Garrus soprattutto…  
 
. . . 
 
Aloha!
Eccomi con un nuovo capitolo!
Come aveve notato c'è una new entry...Garrus...(Lily solo per te!) Bhè vedrete che sarà un bel tipo LOL
Che dire...recensite babbani!
Ah, un grazie ai miei lettori (Quali lettori?) Anche se siete pochissimi e per lo più immaginari sappiate che vi voglio bene :'3
R.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Mi svegliai con il suono della campanella della colazione. Mi preparai alla svelta e andai nel salone. Appena entrai zio Ozzy, pardon Garrus, mi accolse con un sorriso gigante. Mi venne incontro e mi abbracciò stampandomi un bacio sulla guancia. Desimente un bellissimo buongiorno! Ci sedemmo ad un tavolino e iniziammo a parlare. Mi fece le solite domande di rito ‘Cosa ti piace fare? Che musica ascolti? Dove abiti? Etc…
‘Amo ascoltare musica e leggere. Ascolto soprattutto rock e punk. E la mia vita sono gli All Time Low. Lo so, starai dicendo ‘ecco un’altra ragazza maniaca di un gruppo di fighetti’ però loro mi hanno DAVVERO - sottolineai l’importanza della parola – salvato la vita. Se non fosse per loro forse oggi non sarei qua. Mi capisci?’ Ero certa che non avrebbe capito.
‘Si che ti capisco tesoro. E dimmi…li hai mai incontrati?’
‘Sono stata ad un loro concerto, li mi sono sentita viva.’
‘Che ne dici di sentirti ancora viva scrivendogli?’
 
No, ferma tutto. Aspetta. Lui, Garrus viene a dire a me di scrivere ai miei idoli? Oddio, ancora non ci credo. Si, ok lo posso anche fare. Ma come? E poi, dove trovo il coraggio di farlo? Mi vergogno troppo. Però…
 
‘Allora, che ne dici?’
‘No, oddio mi piacerebbe ma no. C’è…mi vergogno. E poi che gli dico ‘ciao, sono una vostra fan. Mi avete salvato la vita. Grazie a voi e bla bla bla’ naaa non mi calcolerebbero mai’ ero scettica all’idea.
‘E chi te lo dice scusa? Non hai un tuo preferito nella band?’
 
Me lo chiese così con molta naturalezza. Avvampai.
 
‘Si, si che ce l’ho’
‘Ecco, scriverai a lui! Adesso.’
 
Scoppiai in una risata isterica. ‘Certo, come no. E come?’
‘Lo vedrai!’ Finì la frase e mi prese per la mano e mi portò in una stanza. Era un specie di ufficio. Garrus mi spiegò che era il suo ufficio, così lo chiamava. Alla fine era la sua stanza. Mi fece sedere alla scrivania e mi mise davanti un pc. Rimasi a fissarlo senza dire e fare nulla.
 
‘Su muoviti, e scrivi.’
 
Accennai una scusa ma Garrus mi interruppe subito facendomi tacere. Accese il pc. Feci un respiro e accedetti a Twitter. Pregavo in aramaico perché Rian non fosse in linea e invece, la sfiga ci vede e ci sente molto bene, Rian era in linea. Tentai di chiudere senza farmi notare ma un ‘no no carina scrivi’ di Garrus mi fermò. Scrissi a Rian. Rilessi il tweet mille e mille volte. Lo inviai. Non restava che aspettare. Morivo dall’ansia di vedere una sua risposta.
 
‘Mi ringrazierai prima o poi cara mia’ Detto questo Garrus sparì e mi lasciò nella stanza da sola a fissare il monitor del pc.
 
. . .
 
Aloha!
Allora... 'sto capitolo è P - E - N - O - S - O
Detto questo, odio i capitoli molto dialogati e di questo chiedo venia.
Non mi piace particolramente ma era ora di continuare la storia!
A voi buona lettura e vi autorizzo a tirarrmi cioccolatini al posto dei pomodori (?)
Baci,
R.

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