L'amore è un Canto

di Niniane_88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***
Capitolo 13: *** XIII ***
Capitolo 14: *** XIV ***
Capitolo 15: *** XV ***
Capitolo 16: *** XVI ***
Capitolo 17: *** XVII ***
Capitolo 18: *** XVIII ***
Capitolo 19: *** XIX ***
Capitolo 20: *** XX ***
Capitolo 21: *** XXI ***
Capitolo 22: *** XXII ***
Capitolo 23: *** XXIII ***
Capitolo 24: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** I ***


Buongiorno a tutti! Eccomi tornata con una nuova fanfiction un po' pazzerella! Grazie in anticipo a chi mi seguirà! Buona lettura 


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New York, gennaio 1920

   - Dall’inizio del cantabile, prego, Miss Hale.
   Il silenzio calò nuovamente tra gli strumentisti e il direttore, con un lieve colpo di bacchetta poté dare l’attacco. Lo stesso attacco, per l’ennesima volta. Erano ormai quattro ore che l’orchestra del “ White-Flower Opera” provava ininterrottamente il secondo atto de “La Traviata” di Giuseppe Verdi, che quell’anno sarebbe stata proposta durante la prima settimana della stagione operistica. Il direttore d’orchestra, il maestro Carlisle Cullen era ormai esausto, ma sapeva per esperienza che interrompere a quel punto la prova, anche solo per una breve pausa, avrebbe significato la definitiva perdita di concentrazione da parte di orchestrali, coristi, comparse, solisti e direttori di scena. Perciò, nonostante la stanchezza e il sudore che gli imperlava la fronte continuava a far lavorare i musicisti, dando di tanto in tanto qualche indicazione verbale e  sforzandosi in questo di mantenere sempre un tono pacato, ma autoritario.
   Non c’era verso di riuscire a sistemare il finale dell’atto. Miss Rosalie Hale, che interpretava il ruolo di Violetta, iniziava il cantabile “Alfredo, Alfredo di questo core…” con molta eleganza e sostenendo magnificamente il pianissimo, ma l’entrata del tenore rovinava puntualmente il tutto. Edward Masen, ventisei anni, aveva un timbro di voce davvero favoloso e una buona tecnica, ma tendeva a correre quando non era previsto alcun accelerando e a rallentare (al mero scopo di far sentire meglio quanto fossero brillanti i suoi acuti) quando avrebbe dovuto essere più agile, in particolare nei concertati. Quando questo accadeva, Miss Hale andava regolarmente in collera e lo rimproverava; Carlisle le avrebbe volentieri dato tutte le ragioni se, sul più bello, la signorina non avesse avuto l’abitudine di concludere la sua ramanzina rivolgendosi a lui e dicendo: - Maestro, voi siete il direttore e noi dobbiamo seguirvi, dite voi al signor Masen che dev’essere più flessibile!
   A quel punto iniziavano i veri problemi: Mr Masen protestava dicendo che Miss Hale non comprendeva quali grandi difficoltà riguardassero la tessitura vocale di un tenore; Miss Hale, da parte sua, accusava Mr Masen di essere un dilettante e lasciava il palco per cinque minuti buoni, offesa, ma questo solo se era di buon umore. In caso contrario arrivava a colpirlo col primo oggetto di scena che le capitava sotto mano. Dopodiché, ritornava buona buona al suo posto e ripeteva: - Maestro, vi prego, diteci voi cosa dobbiamo fare.
   In sostanza, queste scenate non risolvevano mai un bel nulla.
   Carlisle Cullen aveva sempre avuto la vocazione del direttore d’orchestra, tuttavia ripeteva spesso che avrebbe avuto bisogno di un carattere più forte per riuscire a imporsi in quel teatro che chiamava affettuosamente “il mio circo”. Ogni volta che iniziavano le prove per la nuova stagione operistica si sentiva felice ed ansioso allo stesso tempo: per niente al mondo avrebbe rinunciato al suo posto, ma gli sarebbe piaciuto che la vita lì dentro fosse un po’ più semplice. Gli orchestrali erano tutti bravi ragazzi, musicisti di talento che lo ascoltavano sempre con rispetto. Ben altra cosa erano i cantanti: Miss Rosalie Hale, una leggiadra, biondissima ventisettenne, rampolla di una delle famiglie più in vista di Boston aveva studiato canto lirico fin dall'età di sedici anni ed era approdata al “White-Flower Opera” tre stagioni prima, diventandone la primadonna. Il suo talento e la naturalezza con cui sapeva tenere il palcoscenico erano fuori discussione, tuttavia la signorina era un po’ troppo altezzosa e consapevole delle proprio doti, oltre che esigentissima. Nel giro di poco tempo era riuscita a inimicarsi tutti i suoi colleghi, a cominciare da Edward Masen, che spesso doveva recitare insieme a lei. Le uniche due persone che riuscivano ad andare d’accordo con Miss Hale, oltre a Carlisle Cullen erano Angela Weber, soprano lirico-leggero che talvolta interpretava ruoli minori accanto alla primadonna e soprattutto Esme Anne Platt, un mezzosoprano, scoperto da Carlisle alcuni anni prima. Esme Platt era una bella donna, dal viso delicato e dei modi garbati e gentili: benché spesso, in quanto mezzosoprano dovesse interpretare il ruolo di antagonista all’interno delle opere liriche, riusciva ad essere terribile e spietata sulla scena e premurosa e umile appena lasciava il palco. Sapeva scindere molto bene i personaggi che interpretava dalla sua vera personalità e trattava sempre i suoi colleghi con grande rispetto. Quando Esme cantava, Carlisle poteva finalmente rilassarsi un po’, perché sapeva che Miss Platt avrebbe ascoltato ogni suo suggerimento e ogni piccola critica con molta attenzione e avrebbe collaborato senza mai fare storie.
   Tuttavia, in quel momento, Miss Platt interpretava un ruolo minore, quello di Flora e il buon funzionamento del concertato non dipendeva certo da lei.
   Miss Hale, benché un po’ stanca, attaccò il suo tema con la consueta eleganza e finalmente anche Edward Masen parve adeguarsi alle sue richieste. Carlisle proseguì con la direzione, sperando di poter concludere l’atto, ma giunto alla frase “or che lo sdegno ho disfogato…” Mr Masen tornò ad essere… Mr Masen e si soffermò sul si bemolle acuto decisamente troppo a lungo, cosicché Carlisle fu costretto a fermarsi di nuovo.
   - Signor Masen! – implorò – Vi prego.. questa corona è assolutamente fuori posto…
   Da sinistra si udì un sonoro sbuffo e Miss Hale si alzò indignata dal canapè sul quale doveva fingere di essersi appena ripresa dallo svenimento.
   - Vorreste degnarvi di concentrarvi un po’, signor Masen? – sbottò – Di questo passo non finiremo prima di mezzanotte!
   - Miss Hale, tornate al vostro posto, per favore… - cominciò Carlisle, allarmato dalla prospettiva di un’altra scenata.
   - Ma insomma, il mio personaggio qui è addolorato e disperato, devo far risaltare quell’acuto, è come un grido di dolore… - spiegava intanto Mr Masen, rivolto a nessuno in particolare.
   - Quello non era un grido di dolore! – lo sbeffeggiò Rosalie – Quello era solo il vostro ego smisurato!
   - Era senz’altro migliore del vostro svenimento di prima, Miss Hale! – rimbeccò il tenore, stizzito – Siete caduta giù come un sacco di patate!
   A queste parole, il soprano Rosalie Hale diventò paonazza e prese a colpire con il ventaglio il signor Masen, il quale arretrò preoccupato.
   - Diavolo d’una donna… smettila immediatamente! – gridò.
   - Non la smetterò finché non ti avrò tolto un po’ della tua stupida vanità! – strillò lei, continuando a minacciarlo con il ventaglio.
   - Via, via, calmatevi! – gridò Carlisle, salendo sul palco – Vi sembra questo il modo di comportarvi?!
   Nel frattempo gli altri cantanti in scena si scostavano per non essere travolti da Rosalie e da Edward. Carlisle si prese la testa tra le mani, sconfortato.
   - Cinque minuti di pausa! – annunciò – E poi riproviamo il balletto. I cantanti liberino il palco, per cortesia.
   I due solisti sparirono dietro le quinte, continuando a lanciarsi frecciate e gli altri abbandonarono lentamente la scena, accogliendo con sollievo il permesso di Carlisle. Nel passare accanto al maestro, Esme gli rivolse un sorriso pieno di comprensione e Carlisle sentì il morale sollevarsi leggermente.
   - Mi dispiace molto, maestro. – disse il mezzosoprano.
   Carlisle si asciugò il sudore dalla fronte con un fazzoletto: - Non importa, Miss Platt, ormai ci sono abituato… mi auguro solo che non si facciano male…
  - Se lo desiderate posso andare a cercare di calmare Miss Hale.
   Carlisle si illuminò: - Grazie, Esme, mi fareste un grande favore! Oh, perdonatemi se vi ho chiamata per nome… - aggiunse subito dopo, timoroso.
   Esme sorrise con più calore: - Nessun problema, maestro, chiamatemi pure Miss Esme, se vi fa piacere.
   - Davvero? Lo farò, allora, molto volentieri quando saremo soli… voglio dire… per non irritare Miss Hale…
   - Capisco perfettamente, maestro, non vi agitate. Ora è meglio che vada a vedere che cosa sta succedendo. A dopo!
   - A dopo, Miss Esme.
   Carlisle Cullen rimase fermo ad osservare la snella figura della giovane donna che si allontanava. Cara Miss Esme, era così bella e dolce e sapeva sempre come prenderlo…
   Carlisle sospirò: non doveva pensare troppo a Miss Platt. Il lavoro e la vita privata andavano separati, gliel’avevano sempre detto. Esme era una collega e tale doveva restare, sempre. Forse non era una buona idea che cominciasse a chiamarla per nome e non solo perché la permalosa Miss Hale avrebbe potuto pensare che avesse delle preferenze nei suoi riguardi, ma anche perché questo avrebbe significato entrare più in confidenza con lei ed era meglio evitarlo.
   Mentre si avviava di nuovo verso il podio, Carlisle sentì la voce di Mrs Kate Ellerton, la direttrice del balletto, che chiamava a raccolta il corpo di ballo. Bene, provare con i ballerini era molto meno stressante che con i cantanti, anche perché sarebbe stata Mrs Ellerton a dirigere i danzatori, mentre l’orchestra avrebbe dovuto più che altro fare attenzione al tempo.
   I ballerini entrarono in scena e si disposero secondo le indicazioni della loro insegnante. Da dietro le quinte giungeva ancora la voce lamentosa di Edward Masen, ma Carlisle la ignorò e si preparò a riprendere la prova.
   Sapeva che l’unica cosa da fare era aspettare che le acque si calmassero: più volte, quando accadevano fatti simili aveva minacciato di avvertire il signor Mc Carty, il direttore del teatro e un paio di volte aveva anche messo in atto la minaccia, ma non era servito a nulla. Emmett Mc Carty, infatti aveva assunto personalmente Miss Hale tre anni prima e ne era stato innamorato dal primo istante, ragion per cui non voleva sentirla criticare, neanche con la massima obiettività e gentilezza. Quanto ad Edward Masen, si era limitato a riderci sopra e a dire: - Ha una gran voce, Carlisle, lo sai come sono gli artisti, sono egocentrici, bisogna saperli prendere.
   In conclusione, Carlisle Cullen non poteva sperare nell’aiuto di nessuno. Ma anche quell’anno, come sempre, in qualche modo la sera della prima sarebbe arrivata e il successo l’avrebbe ripagato di tutti i suoi sforzi…


*           *           *


   Alice Brandon era pronta. Era sempre pronta, prima di tutti gli altri. Mrs Ellerton l’aveva guardata, approvando con un cenno e Alice avrebbe preferito che non lo avesse fatto. Sapeva che ad ogni lode della sua maestra di danza corrispondeva un gesto di antipatia da parte di qualcuno della compagnia. Infatti non fu stupita nel sentire il sussurro pieno d’irritazione di Jane:
   - Ma guardala, già in posa, neanche dovesse ballare solo lei…
   Nessuna sorpresa, solo tristezza. Ormai erano otto anni che Alice Brandon, prima ballerina del corpo di ballo del Flower sopportava prese in giro e scherzi crudeli da parte di quelli che avrebbero dovuto essere i suoi migliori amici, oltre che i suoi colleghi di lavoro.
   Mrs Kate Ellerton era una brava donna, oltre che una ballerina eccellente e aveva insegnato a ballare a tutti nello stesso modo e dedicando a ciascuno le stesse attenzioni. Per lei non c’era stata alcuna differenza tra Jane e Alec Winter, figli di una celebre danzatrice inglese e Alice Brandon, scappata di casa a dieci anni per realizzare il suo sogno di diventare ballerina e sfuggire a una famiglia bigotta e repressiva. Infatti, i fratelli Winter erano diventati ballerini di fila, impiegati solo in alcuni casi per ruoli di maggior rilievo; Alice invece, a diciotto anni era diventata addirittura prima ballerina, grazie al suo talento smisurato e ad una costanza che aveva qualcosa di commovente e di eroico.
   Amava profondamente il teatro, ma avrebbe tanto desiderato potersene andare dal Flower: voleva bene a Mrs Ellerton e rispettava profondamente il maestro Cullen. Stimava anche l’impresario, il signor Mc Carty che si era sempre preoccupato dello stato dei locali del teatro e aveva sempre fatto in modo che tutti potessero lavorare in ambienti sani e luminosi.
   Alice Brandon però, non aveva amici in quel luogo. Le altre ballerine la detestavano e con le cantanti aveva poco a che fare. Come sarebbe stato bello poter ballare in un teatro più importante, anche solo come ballerina di fila e avere delle amiche, o almeno delle colleghe che non la invidiassero per il posto che occupava…
   - Prego, signori, ricominciamo…
   La voce del direttore d’orchestra face subito dimenticare ad Alice i commenti poco lusinghieri alle sue spalle. Chiuse gli occhi e si concentrò, lasciando che la magia della musica la portasse via con sé, in un mondo fatto di grazia, leggerezza e gioia.



Allora, questo era il primo capitolo!! Vi prego di farmi sapere se vi è piaciuto! Ah, dimenticavo: Il Whit-Flower Opera non esiste assolutamente, è di mia invenzione! Invece, le opere che verranno citate sono state davvero composte... entro il 1920, ovviamente!
Un abbraccio
Niniane

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Capitolo 2
*** II ***


 

Prima di tutto grazie per le loro recensioni a Camilla L, Argentea, dany60, maura77, Dills Nightmare, nanerottola e Orsacchiotta Potta Potta! Siete dei tesori, vi voglio bene, sapete?
Eccomi qui con il secondo capitolo! Vi auguro buona lettura!


L'amore è un Canto

II


   Nei giorni seguenti le cose andarono decisamente meglio. Miss Hale si scusò ripetutamente per la sua sfuriata, adducendo come scusa l’enorme stress a cui era sottoposta. Si dedicò al suo lavoro con grande impegno, collaborando attivamente con Carlisle e con i direttori di scena per ottenere il miglior risultato possibile e, cosa più importante di tutte, si astenne dal criticare il signor Masen durante le prove. Quest’ultimo mantenne un contegno solenne e distaccato nei suoi riguardi, ma cercò di fare quello che gli veniva chiesto, limitandosi a qualche brontolio di tanto in tanto. Miss Platt contribuì a rasserenare l’atmosfera con qualche frase gentile lasciata cadere al momento giusto e Carlisle Cullen poté lavorare in relativa tranquillità.
   Anche il balletto non dava alcuna ragione di lamentela: Mrs Ellerton faceva filare i suoi allievi alla perfezione e quell’angelo di Alice Brandon non sbagliava neanche mezzo passo.
    Una sera, il signor Mc Carty decise di assistere all’ultima parte di una prova della Fanciulla del West. Si sedette in platea, senza salutare nessuno, per non interrompere il lavoro dei musicisti e li osservò a lungo, compiaciuto. Sapeva bene quanta fatica facessero, ogni anno, in particolare il buon vecchio Carlisle, ma era fiducioso, come sempre, sul successo che avrebbero conseguito. Miss Hale era perfetta e lei da sola sarebbe bastata ad incantare il pubblico. Gli altri erano tutti musicisti di ottimo livello, non c’era motivo di preoccuparsi troppo, raramente erano capitati incidenti durante le rappresentazioni. Tuttavia, il signor Mc Carty era infastidito dall’enorme e soprattutto recente successo del “Trittico” del compositore italiano Giacomo Puccini, un lavoro che comprendeva tre brevi, ma splendide opere, ciascuna di carattere diverso e tutte e tre ugualmente geniali e meravigliose. L'anno precedente Il Trittico aveva trionfato in tutti i più grandi teatri di New York e aveva fatto guadagnare agli impresari quasi quanto avrebbe guadagnato lui al Flower in tutta la stagione. Mr Mc Carty aggrottò la fronte, pensieroso: avrebbe dovuto inventarsi qualcosa che distraesse il pubblico da quell’evento, perché al Flower non c’era stato né il tempo, né il cast necessario per preparare la messa in scena del Trittico; tutte le opere previste dal cartellone erano già note all’audience…
   I suoi pensieri furono disturbati da un rumore di passi: uno dei portinai era entrato di corsa e si stava avvicinando proprio a lui.
   - Mr Mc Carty, c’è una telefonata per voi. – gli sussurrò all’orecchio.
   - Proprio adesso? – chiese l’impresario, annoiato.
   - Sì, signore, dicono che è urgente.
   Con un sospiro, l’uomo si alzò e lasciò la sala. Si diresse in un piccolo locale attiguo all’ingresso del teatro e alzò il ricevitore dell’apparecchio telefonico appeso al muro.
   - Qui è Emmett Mc Carty. – disse.
   Una voce di donna rispose: - Buonasera signor Mc Carty, vi metto subito in contatto con Mrs Weber.
   Emmett udì alcune interferenze dalle quali intuì che la centralinista stava passando la chiamata alla persona che voleva parlare con lui.
   Mrs Weber? E che voleva da lui Mrs Weber?
   - Signor Mc Carty? Signor Mc Carty, mi sentite? – gli urlò nell’orecchio un’altra voce femminile, piuttosto acuta e isterica.
   Emmett si scostò dal ricevitore, infastidito.
   - Sì sì, vi sento forte e chiaro, Mrs Weber. Che cosa succede? Perché urlate?
   - Oh, signore, una disgrazia… Mia figlia Angela! E’ caduta dalle scale, quest’oggi, uscendo di casa… sapete, con questo ghiaccio è scivolata… e si è rotta una gamba!
   - Rotta una gamba?! Per tutti i Santi! Ma… guarirà?
   - Sì, signore, ma dovrà stare ferma molto a lungo… non potrà cantare al Flower per tutta la stagione… - singhiozzò la signora.
   - Per tutta la stagione? – chiese Emmett, sperando con tutto il cuore di aver capito male.
   - Proprio così, l’ha detto il dottore proprio un’ora fa. Adesso è a letto, ferma con la gamba ingessata, povera la mia bambina…
   - Signora, ma vi rendete conto? Dovremo sostituire Miss Weber per tutta la stagione? – esplose Emmett – Me lo dite voi che cosa devo fare io, adesso? Manca poco alla prima, tutto il programma è stato deciso nei mesi scorsi!
   La signora, dall’altro capo del filo continuò a singhiozzare, inconsolabile:
   - Mi dispiace così tanto, Mr Mc Carty! Angela è prostrata, ha pianto tutto il giorno, pensando al teatro e alla sua carriera… Vi prego, non siate in collera con noi, non è stata colpa nostra…
   Emmett sospirò, stancamente, poi con grande sforzo disse:
   - Non sono in collera, Mrs Weber. Vedremo di sistemare la faccenda, vi prego di fare i miei auguri di pronta guarigione a vostra figlia.
   Mrs Weber parve oltremodo rincuorata dalle sue parole: balbettò dei ringraziamenti incoerenti ed Emmett riagganciò mentre stava ancora parlando.
   A passo svelto tornò in sala e si avvicinò con discrezione a Carlisle, per dargli la notizia senza farsi sentire dagli altri. Sul palco c’erano Miss Hale, Miss Platt e Mr Masen, oltre ai coristi.
   Com’era prevedibile, nemmeno Carlisle reagì bene alla notizia.
   - Dio mio! – mormorò, lanciando intorno a sé occhiate ansiose – Come faremo adesso, senza Miss Weber? Deve cantare in diverse serate e Miss Hale andrà su tutte le furie quando saprà di questo incidente…
   - Non preoccuparti di Rosalie, ci penso io a dirglielo! – rispose Emmett, impaziente – Pensiamo piuttosto a trovare una sostituta!
   Carlisle sospirò: - Trovarla adesso non sarà per niente facile.
   Esme Platt scese con grazia dal palco e si avvicinò ai due uomini:
   - E’ successo qualcosa, maestro? – chiese educatamente
   - Buonasera, Miss Platt – disse Emmett, con un piccolo inchino – Purtroppo sì. Abbiamo appena avuto notizia che Miss Weber si è rotta una gamba e non potrà cantare per lungo tempo.
   Esme si portò una mano alla bocca: - Oh, poverina! Com’è successo?
   - A quanto pare è caduta dalle scale. – rispose Carlisle
   - Andrò a trovarla, povera cara… - decise subito Esme. – ma adesso chi chiamerete al suo posto?
   - Non lo sappiamo, Miss Platt, è proprio questo il problema! – disse Carlisle, scuotendo il capo. – Manca poco all’apertura della stagione ed è molto difficile trovare qualcuno che riesca a sostituire Miss Weber, con così scarso preavviso… temo che dovremo annullare alcune serate…
   - Forse potremmo chiamare Miss Stanley… - suggerì Esme, dubbiosa.
   Carlisle scosse il capo con decisione: - Non vale neanche la metà di Miss Weber e il suo modo di fare non mi piace affatto.
   - Un momento! – esclamò Mc Carty – Mi è appena venuto in mente un biglietto che ho ricevuto qualche mese fa… Un giovane soprano, di cui non ricordo il nome, mi pregava di farle fare un’audizione, qui al teatro. Il biglietto era molto gentile, ma io non le ho risposto, mi è passato di mente… devo averlo da qualche parte, vado a vedere nel mio ufficio.
   Detto ciò si allontanò a passi rapidi.
   Carlisle guardò Esme:
   - Vi prego di non dire niente a nessuno per ora, Miss Platt… è stata una buona giornata e non vorrei concluderla dovendo ascoltare le polemiche di Miss Hale o di Mr Masen…
   - Naturalmente, maestro. Ma non eravamo d’accordo che mi avreste chiamata Miss Esme d’ora in poi? – disse lei, con un sorriso divertito.
   Carlisle arrossì: - Oh… io… devo ancora abituarmici. Vi prego, tornate sul palco, ora…
   - Va bene, maestro.
   Carlisle la guardò allontanarsi e sospirò: sembrava proprio che quell’anno la stagione operistica dovesse essere un mezzo fallimento; una cantante doveva essere sostituita, la primadonna era più irascibile del solito, c’era ancora tantissimo lavoro da fare….
   E lui, non cominciava davvero a pensare un po’ troppo spesso a Esme Anne Platt?


*           *            *


   - Che cosa significa che Miss Weber non verrà?
   - Rosalie, mia cara, calmatevi, non è stata colpa della signorina.
   - Oh, lo so che non è stata colpa sua e non oso immaginare quanto stia male in questo momento! Io impazzirei se dovessi stare immobile per dei mesi, senza poter cantare…
   - Ecco, appunto, lo vedete anche voi che bisogna essere comprensivi. Tuttavia, ora si pone il grosso problema di trovare una sostituta.
   Rosalie si alzò dalla sedia e prese a misurare il suo camerino a grandi passi: - Chiamate chiunque, basta che non sia quell’oca di Miss Stanley… - disse.
   - No, no, Rosalie, certo che no! Stiamo cercando qualcuno di più competente!
   - Lo spero, signor Mc Carty! Non ho alcuna intenzione di dividere il palcoscenico con certa gentaglia!
   - Non temete, Rosalie, mi occuperò io della cosa e vi prometto che nessuno arrecherà disonore alla vostra carriera.
   Rosalie Hale sorrise, maliziosa: - Grazie, signor Mc Carty. – disse, con voce improvvisamente calda e carezzevole.
   Emmett Mc Carty le sorrise a sua volta, sorpreso da quell’improvvisa manifestazione di amicizia.
   - Dovreste sorridere più spesso, Rosalie. – le disse con calma – Siete bellissima quando sorridete.
   A quelle parole l’umore della primadonna cambiò di nuovo,  immediatamente: - Oh, signor Mc Carty, adesso non ricominciate! – esclamò, scontrosa - Altrimenti sarò costretta a privarvi del privilegio di chiamarmi per nome! Non dimenticate, tra l’altro, che vi ho permesso di rivolgervi a me chiamandomi Rosalie, soltanto perché voi avete insistito per mesi. Non tirate troppo la corda con me.
   Mc Carty scoppiò a ridere.
   Miss Hale non capì.
   - Che cosa avete da ridere? – chiese, perplessa.
   - Mia cara Rosalie, io non sto tirando la corda, siete voi che state cedendo a poco a poco! Ciò che più mi diverte è che neppure ve ne rendete conto! – spiegò l’uomo.
   - Io non sto affatto cedendo! – ribatté la cantante, facendosi color porpora.
   Emmett smise di ridere: - Oh sì, invece, - ribadì, continuando a sorridere, imperturbabile e parlando a voce molto bassa – e io spero che un giorno non troppo lontano mi consentirete di chiamarvi Rose.
   Miss Hale spalancò gli occhi, sgomenta:
   - Questo non sarà mai! – disse in tono che non ammetteva repliche – E questa conversazione sta diventando inopportuna…  Vi prego di uscire dal mio camerino, desidero restare un po’ da sola, se non vi dispiace!
   Emmett si alzò pigramente dalla sedia imbottita su cui si era seduto e con calma esagerata si avviò alla porta:
   - Come preferite, Miss Hale. – disse allegramente, per nulla intimidito dall’occhiata inviperita che Rosalie gli lanciò – Vi auguro una buona giornata.
   - Trovate la sostituta. – disse lei, quando Emmett fu sull’uscio. Lui le fece un ultimo cenno di assenso, prima di andarsene.
   Rosalie Hale tornò lentamente a sedersi, pensierosa. Due cose la infastidivano terribilmente: la prima era senza dubbio l’assenza di Miss Weber.
   - Come diavolo ha fatto a cadere dalle scale? – si chiese ad alta voce, stizzita.
   Trovare una sostituta sarebbe stato davvero difficile e per quanto si sforzasse, Rosalie non riusciva a farsi venire in mente nessun nome di suo gradimento.
   E poi, anche se fossero riusciti a sostituire Angela, lei non si sarebbe mai sentita a suo agio come con Miss Weber. Quella ragazza, così minuta e graziosa era un’ottima spalla: cantava bene, recitava con gusto ed era una presenza discreta, mai invadente. Con lei, Rosalie non riusciva proprio ad essere sgarbata, come non ci riusciva con Esme. Per non parlare dell’ottimo accordo che avevano le loro voci. Quella di Angela, così cristallina si adattava perfettamente alla sua e a quella calda e profonda del mezzosoprano.
   Rosalie sbuffò, risentita… già sapeva che l’intera stagione sarebbe stata un disastro. Il mondo era pieno di sopranini, ma trovarne uno all’altezza dei ruoli previsti avrebbe richiesto del tempo, troppo tempo e avrebbe tolto un sacco di energie al maestro Cullen. Ci sarebbero volute prove supplementari, e Rosalie odiava i cambiamenti di programma.
   - Oh, insomma, ma come ha potuto cadere dalle scale? – sbuffò di nuovo, rivolta al nulla.
   Anche i modi del signor Mc Carty la impensierivano: si stava facendo sempre più audace. Rosalie sapeva che era invaghito di lei, lo era sempre stato dal giorno in cui gli era apparsa davanti, tre anni prima, avvolta nel suo vestito azzurro e pronta per sostenere  l’audizione.
   Emmett Mc Carty era innegabilmente un bell’uomo: aveva quarant’anni e li portava benissimo, i suoi capelli corvini non avevano nemmeno un filo bianco e il suo fisico era atletico e scattante come quello di un ventenne. La cosa che colpiva maggiormente Rosalie, ogni volta che lo guardava erano i suoi occhi azzurri, sempre pieni di vita, di allegria e di calore.
   Il Flower era tutto il suo mondo, Emmett avrebbe dato la vita per quel teatro, che per lui non rappresentava solo un investimento ben riuscito, ma anche una passione; Rosalie, questo lo sapeva bene.
   Molte donne sarebbero state felici di accettare la corte assidua di un uomo tanto bello, ricco e meritevole, ma non Miss Hale. Lei aveva consacrato la sua gioventù alla carriera e anche se la sua famiglia disapprovava questa scelta, non desiderava sposarsi, né avere dei bambini. Il canto era tutta la sua vita, non c’era altro che desiderasse, se non continuare a cantare finché avesse avuto la possibilità di farlo. I ruoli più importanti stavano arrivando tutti, uno dopo l’altro e il suo nome era sempre più conosciuto e stimato.
   Per questa ragione avrebbe dovuto stare più attenta e non incoraggiare il signor Emmett, nemmeno con il più piccolo cenno.
   - D’ora in poi lo tratterò con maggior freddezza. – decise – Se crede che mi bastino un sorriso e due parole gentili per cedere si sbaglia!
   Solo che… solo che Emmett era sempre così gentile e premuroso… trattarlo male le sarebbe sembrato ingiusto e crudele, senza contare il fatto che avrebbe potuto tradirsi facilmente. Sì, perché Rosalie era un’ottima attrice, ma quando si trovava faccia a faccia con Emmett trovava terribilmente difficile mentire. I complimenti di lui la facevano arrossire e si detestava per questo: le avevano sempre dato fastidio le donne che si agitavano per un nonnulla.
   Emmett, naturalmente, sapeva benissimo che lei non riusciva a controllare quel lieve turbamento in sua presenza e per questo continuava a corteggiarla, speranzoso e tenace.
   - Se in futuro desiderassi sposarmi, troverei un altro uomo che mi amasse quanto mi ama lui? – si chiese Rosalie, improvvisamente angosciata.
   Era meglio sacrificare un amore che avrebbe potuto darle molta felicità a una sfolgorante carriera o rinunciare alla carriera per l’amore?
    Rosalie non sapeva darsi una risposta.
   


Voi che ne dite, Rosalie resterà sempre di quest'idea? E chi sarà mai la giovane cantante che ha scritto ad Emmett e il cui biglietto dev'essere assolutamente ritrovato???
Al prossimo capitolo arriverà qualche risposta! So che morite dalla voglia di veder apparire i veri protagonisti di questa storia: abbiate pazienza, arriveranno!

Note:: "La Fanciulla del West" e il "Trittico" sono entrambe opere di G. Puccini: la prima è stata rappresentata a New York nel 1910; la seconda sempre a New York nel dicembre del 1918.

Alla prossima e spero che avrete voglia di lasciarmi ancora un parere!
Un abbraccio
Niniane




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Capitolo 3
*** III ***


Buon San Valentino a tutti! Sono tornata con il nuovo capitolo! Ringrazio delle recensioni cordelia89, Camilla L, Osacchiotta Potta Potta, nanerottola, Dills Nightmare, miss_lalla e Crimilda Rathbone!
Continuate a darmi i vostri pareri, mi danno lo stimolo a continuare con questa storia!

 


L'amore è un Canto

III


   - Allora, Carlisle, vecchio mio, dobbiamo parlare molto seriamente. – esordì Emmett, dopo che il maestro si fu accomodato davanti alla sua scrivania. – Posso offrirti qualcosa da bere?
   - No, ti ringrazio. – rispose Carlisle con un sorriso – Ho già mal di testa, non credo che bere mi farebbe bene.
   - Neanche una tazza di caffè? Ne ho di ottima qualità e appena fatto.
   - Oh, e va bene, vada per il caffè, forse mi aiuterà a rimanere sveglio fino a stasera… non sono mai stato così stanco in vita mia. Anche oggi scenate a non finire…
   Emmett ridacchiò: - Non riesci proprio a importi su Masen, vero?
   - No, proprio no. L’ho sempre detto, per fare questo mestiere ci vuole un carattere completamente diverso dal mio. Io sono troppo accomodante, troppo…
   - Paziente? Questo è un pregio, ragazzo! Su, su non commiserarti così e parliamo di cose serie. – Emmett intrecciò le dita – Dimmi tutti i nomi di soprani che ti vengono in mente, dobbiamo trovare quella sostituta ad ogni costo, o la nostra stagione è fottuta.
   - Il problema, Emmett è che anche negli altri teatri sono in corso gli spettacoli, le cantanti migliori sono già impegnate. E poi lo sai come sono fatte, si lamentano di tutto, del freddo, del mal di testa, della difficoltà degli spostamenti, di qualunque cosa possa nuocere alle loro ugole…
   - Credi che non lo sappia? Miss Hale continua a dirmi che dietro la terza quinta di sinistra c’è uno spiffero che le dà un fastidio tremendo e che non vuole entrare in scena da lì finché non è stato eliminato. Insomma, questi nomi?
   - Abbiamo escluso Miss Stanley, vero?
   Emmett sbuffò: - La vorrei tenere come ultimissima spiaggia… una gallina gorgheggia meglio di lei…
   Carlisle ci pensò un momento: - Miss Smith? – propose
   - Buona voce, ma nessuna presenza scenica… no. Altre proposte?
   - Miss Taylor?
   - Potrebbe andare, ma non mi convince del tutto.
   Carlisle si spazientì: - Oh, insomma, Emmett, non abbiamo tempo! Non possiamo fare troppo i difficili! Hai poi trovato quel biglietto di cui parlavi l’altra sera?
   Emmett si batté una mano sulla fronte.
   - L’ho dimenticato di nuovo! – esclamò – ma aspetta.… dev’essere qui… - borbottò, iniziando ad aprire i cassetti e a frugare tra le innumerevoli carte che vi si trovavano.
   - Dunque, vediamo… non mi ricordo nemmeno come fosse fatto… che sia questo? No, questa è una lettera di mia madre… Questo? No, nemmeno… accidenti, non mi sembra di averlo gettato… Ah! – esclamò, trionfante – Eccolo qui!
E lesse da alta voce:

Al signor Emmett Mc Carty

Egregio signore,
con la presente, io, il soprano Isabella Marie Swan, nata e cresciuta a Filadelfia, vi chiedo con la massima cortesia e umiltà di concedermi di sostenere un audizione presso il Vostro teatro dell’opera, il White-Flower di New York.
Con i migliori saluti e la massima stima.

Isabella Marie Swan.


   Carlisle Cullen rimase per un attimo a bocca aperta e poi scoppiò in una sonora risata a cui si aggiunse quasi subito quella di Emmett.
   - Ma questa signorina non sa assolutamente come esprimersi! – esclamò il direttore d’orchestra, divertito.
   - Allegato al biglietto c’è il suo indirizzo e un numero telefonico: Filadelfia, Pennsylvania. Tu hai mai sentito nominare questa ragazza?
   Carlisle scosse il capo, sempre più divertito: - No, mai. Tu che ne pensi?
   - Penso che a modo suo sia simpatica e che potrei provare a telefonarle. Mal che vada mi farò un’altra risata! – rispose allegramente Emmett.
   - Ottimo, allora! Quando l’avrai rintracciata fammi sapere com’è andata!  - disse Carlisle - Posso tornare di là? Oggi devo provare lo Schiaccianoci e Mrs Ellerton non tollera ritardi.
   Emmett lo congedò con un rapido gesto della mano: - Certo, certo! – disse – Mi occupo io di chiamare questa Isabella Swan.
   E così fece: dopo che Carlisle fu uscito, si diresse verso il telefono e si fece passare dal centralino il numero scritto sul biglietto appena ritrovato.
   Rispose una voce burbera, di uomo.
   - Qui, casa Swan.
   - Buongiorno, signore. Desidero parlare con Miss Swan.
   - Chi? Mia figlia?
   - Miss Isabella Marie.
   - Allora è mia figlia. Chi la desidera?
   - Sono il signor Mc Carty, impresario del White-Flower Opera di New York. Vostra figlia mi ha spedito un biglietto qualche mese fa, in cui mi chiedeva se avrei potuto farle sostenere un audizione. – spiegò Emmett, cauto.
   L’uomo burbero dall’altra parte del filo non parve troppo contento di questa notizia: - Ah sì? – disse – Non ne sapevo niente. E perché mia figlia vorrebbe cantare a New York?
   - Questo lo ignoro. – rispose Emmett, in imbarazzo; il tono dell’interlocutore non era incoraggiante e cominciava a temere di essersi messo in una situazione sgradevole.
   Ma per fortuna, l’altro, il padre di Miss Swan, non insistette nei suoi brontolii e si limitò a chiedere: - Siete sicuro che sia stata proprio mia figlia a contattarvi?
   - Assolutamente, signore.
   - Va bene, allora ve la passo. – Poi, più forte – Bells, tesoro, c’è un certo signor Mc Carty che vuol parlare con te! Dai, sbrigati!
   Una voce giovane e fresca rispose:
   - Arrivo, papà!
   Un attimo dopo, Emmett si sentì salutare con un allegro:
   - Mr Mc Carty, siete voi?
   L’impresario si schiarì la voce: - Buongiorno, signorina Swan. Spero di non disturbare.
   - Oh no, affatto, anzi perdonate i modi un po’ bruschi di mio padre. E’ un colonnello ed è molto apprensivo quando si tratta di me.
   - Come tutti i padri con le loro figlie. – rispose Emmett in tono diplomatico – Miss Swan, ho rinvenuto il vostro biglietto e mi scuso di non avervi risposto prima, ma sapete, tra le mille cose da fare, non ci ho più pensato. Perdonatemi.
   Miss Swan rise gaiamente: - Beh, ma se adesso mi avete telefonato, vuol dire che in qualche modo vi siete ricordato di me. Ditemi, in che cosa posso aiutarvi?
   Emmett le spiegò la situazione in poche parole e la ragazza chiese subito:
   - Se devo venire a New York, mio padre può accompagnarmi?
   - Naturalmente, signorina. E per il vitto e alloggio provvederei io, personalmente. Ma, perdonatemi, prima vorrei sapere qualcosa di voi. Innanzitutto, quanti anni avete?
   - Ventitré, signore.
   - Avete già cantato in teatro?
   - Certamente, anche se solo ruoli minori.
   - Ditemi, per favore, dove avete studiato e dove avete esordito.
   - Una zia mi ha condotta in Italia, quando avevo sedici anni e lì sono rimasta fino ai diciotto. Ho studiato canto al conservatorio di Roma e mi sarebbe piaciuto continuare, ma a causa della guerra mio padre ha voluto che tornassi a casa e per fortuna la mia maestra è sbarcata in America con me e con tutta la sua famiglia. Per un certo tempo li abbiamo ospitati a casa nostra e lei ha continuato a istruirmi. In Italia ho cantato a Roma in un piccolo teatro e poi qui in Pennsylvania.
   - Chi è la vostra insegnante?
   - La signora Cristina Malanotte. La conoscete?
   Questa era una buona notizia.
   - Certo, il suo nome è molto stimato qui a New York. – confermò Emmett -  Dunque, signorina Swan, voi parlate benissimo l’italiano, immagino. Verso quale repertorio si sono orientati i vostri studi?
   Miss Swan prese a elencare una serie di opere liriche e di autori, e i nomi di alcuni colpirono Emmett. La giovane aveva studiato interamente le più famose opere di Mozart, alcuni ruoli verdiani e tutti i ruoli donizettiani di maggior rilievo, tra cui l’immortale Lucia di Lammermoor. Ascoltandola parlare, Emmett cominciò a pensare di aver fatto un errore di valutazione: quella ragazza era molto giovane e ingenua, ma aveva avuto un’ottima scuola e sembrava fare proprio al caso suo.
   - Temo di potervi offrire solo ruoli minori. – le disse – La nostra primadonna, Miss Hale, sosterrà le parti della protagonista in molte delle opere che proporremo.
   Miss Swan parve solo felice di questa notizia: - I ruoli minori mi vanno benissimo, Mr Mc Carty. E sarà un onore cantare al fianco della splendida Miss Hale. Non vedo l’ora di conoscerla!
   Contagiato dall’allegria della giovane, Emmett rise: - Sono lieto di avervi conosciuta, Miss Swan. Pensate di poter essere a New York dopodomani a mezzogiorno?
   - Naturalmente, Mr Mc Carty. Che cosa dovrò cantare durante il provino?
   - Potrete scegliere voi. Sarete accompagnata al pianoforte dal maestro Carlisle Cullen, direttore della nostra orchestra.
   - D’accordo, Mr Mc Carty. A presto, allora!
   - A presto, Miss Swan e portate i miei saluti e ringraziamenti a vostro padre.
   Ed Emmett riagganciò, con la speranza, finalmente, che qualcosa di buono stesse per accadere nel suo teatro.
   

*           *           *


   Alice Brandon amava moltissimo ballare lo Schiaccianoci: si immedesimava completamente nella protagonista della storia, la sognatrice Clara.
   Quella mattina la giornata era iniziata più serenamente del solito: Jane aveva mal di testa e per una volta aveva deciso di preoccuparsi un po’ di più di fare i passi giusti e meno di punzecchiare Alice; Alec invece, non sembrava avere niente di particolare da dire: doveva sostenere la parte del principe Schiaccianoci e appariva concentrato sui passi e cieco e sordo a qualunque altra cosa.
   Al termine delle prove, si avvicinò Miss Platt, il mezzosoprano, l’unica persona che si complimentasse sempre con tutti per il loro lavoro, fossero cantanti o ballerini.
   - Ballate divinamente, Miss Brandon. – disse con gentilezza ad Alice, che si era seduta sul palco, per riposare un momento.
   La ballerina si alzò immediatamente, intimidita: - Vi ringrazio, Miss Platt. – mormorò.
   Esme Platt la guardò in viso e nei suoi occhi Alice lesse molta dolcezza e apprensione:
   - Siete pallida, Miss. – disse la cantante – Mangiate a sufficienza?
   Alice arrossì, imbarazzata. Non le capitava mai che le venissero rivolte domande così dirette, se non, qualche volta, da Mrs Ellerton.
   - Oh… sì, non vi preoccupate. – biascicò – Certo, non mangio molto, noi ballerini dobbiamo stare molto attenti.
   - Lo so bene, - rispose Esme in tono materno – ma vi raccomando, se permettete, di non trascurarvi. Siamo in inverno e fa molto freddo, sarebbe grave che vi ammalaste proprio ora.
   Alice le lanciò un’occhiata stupita. Esme stava parlando in un tono affettuoso che le stava scaldando il cuore come non succedeva da… quanto tempo?
   - Starò attenta, lo prometto. – disse a Miss Platt, con un sorriso sincero. – Vi ringrazio del vostro interessamento.
   - Passate una buona notte, cara. – sorrise a sua volta Esme, prima di allontanarsi.
   Alice rimase ferma a guardarla per un lungo istante, senza rendersi conto di avere ancora stampato in volto un sorriso, forse un po’ sciocco, ma felice. Non aveva mai conosciuto nessuno come Miss Platt: la cantante le aveva parlato esattamente come Alice avrebbe voluto che facesse sua madre, quando lei era piccola. Ma Mrs Brandon non le aveva mai parlato con tanto affetto, non l’aveva mai capita e soprattutto non l’aveva mai lasciata libera di danzare.
   Chissà se Miss Platt aveva dei figli o dei fratelli più piccoli di cui si era occupata in gioventù. Alice pensò che fosse probabile.
   Com’è stata gentile a preoccuparsi per me…
   In un guizzo di gioia, Alice si riscosse e quasi saltellando abbandonò il palco, ignorando le occhiate perplesse degli altri ballerini. Andò a cambiarsi, ben decisa a godersi, per una volta, un paio di sane fette di pane imburrato.
   E ci metto anche la marmellata! si disse, con insolita soddisfazione.


E così la nostra dolce Bella ha fatto la sua comparsa! Per l'arrivo del nostro biondo e tenebroso preferito dovrete avere un po' di pazienza però... vi prometto comunque che quando... entrerà in scena sarà un'entrata grandiosa!

note: Adelaide Malanotte fu una grandissima cantante italiana del primo ottocento: io mi sono inventata una sua discendente che però non credo esista...
Della "Lucia di Lammermoor" di G. Donizetti (prima rappresentazione Napoli, 26 settembre 1835) si parlerà ancora, PROMETTO non in termini troppo specialistici.
"Lo Schiaccianoci" è un balletto di Caikovskij, composto tra il 1891 e il 1892.


Alla prossima settimana, con il quarto capitolo!

Un abbraccio

Niniane

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Capitolo 4
*** IV ***



L'amore è un Canto

IV


   La giornata del 24 gennaio spuntò serena e limpida. Il ghiaccio che per due giorni aveva ricoperto i marciapiedi iniziava lentamente a sciogliersi e stava formando un sottilissimo strato di acqua che rendeva molto difficile camminare con disinvoltura senza rischiare contemporaneamente di scivolare.
   L’abitazione di Mr Mc Carty si trovava esattamente di fronte al White-Flower Opera e quella mattina era illuminata dai raggi del pallido sole invernale. Era una costruzione interamente bianca, solida, ma slanciata, elegante, ma non esageratamente lussuosa. Mr Mc Carty l’aveva fatta costruire apposta davanti al teatro, in modo da non dover fare la fatica di viaggiare ogni giorno per raggiungerlo. La casa aveva sul davanti anche un piccolo giardino, non molto curato, ma comunque piacevole allo sguardo.
   Affacciato alla finestra del suo studio, Emmett teneva d’occhio la strada e attendeva con impazienza che arrivasse mezzogiorno: Miss Swan non aveva detto in che modo lei e il padre sarebbero giunti a New York, perciò non sapeva se aspettarsi l’arrivo di un automobile o di un taxi.
   In teatro, intanto, il balletto continuava a provare lo Schiaccianoci e Mrs Ellerton aveva detto chiaro e tondo che non avrebbe lasciato libero il palco prima delle tre del pomeriggio, perciò il provino di Miss Swan si sarebbe svolto in un’ampia sala, al piano superiore, riservata, di solito a concerti di musica da camera.
   Emmett si augurava di non aver fatto un errore, contattando quella signorina. Quando aveva detto il suo nome a Rosalie, la cantante aveva arricciato il naso e aveva sostenuto con sicurezza (a dire il vero piuttosto comica) che “quella ragazza doveva essere una provinciale che non sapeva nulla del mondo del teatro” La motivazione di questo duro giudizio era da ricercarsi nel fatto che Miss Swan fosse oriunda della Pennsylvania, una “terra di barbari” secondo il parere della bostoniana Rosalie.
   Emmett sapeva bene che i bostoniani avevano la tendenza a considerarsi i migliori in qualsiasi cosa, perfino più dei newyorkesi, perciò non aveva dato peso alle parole di Rosalie, anche se doveva ammettere di non aver affatto le idee chiare riguardo a Miss Swan. Non sapeva se aspettarsi una ragazza timida e ingenua, o una donnina sguaiata e petulante… o una diva da palcoscenico.
   A mezzogiorno in punto udì l’inconfondibile rombo di un motore e si affrettò a sporgersi dalla finestra per vedere meglio.
   Davanti al portone del Flower era fermo un taxi dal quale saltò giù agilmente una ragazza. Il suo viso era nascosto dalla tesa del cappello, ma Emmett immaginò subito che si trattasse di Miss Swan. Ipotesi che fu confermata, quando dal taxi scese anche un uomo, il quale afferrò una valigia, probabilmente il bagaglio della signorina e la seguì all’interno dell’ edificio con l’inconfondibile passo cadenzato dei militari.
   Emmett si affrettò a mettersi il cappello e il cappotto e in fretta e furia uscì di casa. Raggiunse il cancello quando i due ospiti avevano già passato la porta d’ingresso. Emmett vide che si guardavano intorno, perplessi e non appena la signorina volse lo sguardo verso l’esterno, le fece un cenno di saluto con la mano, per farle capire chi era.
   - Papà, quello dev’essere il signor Mc Carty. – sentì la ragazza dire al padre.
   L’uomo si voltò verso Emmett e lo fulminò immediatamente con un’occhiata carica di sospetto.
   Emmett sfoderò il suo miglior sorriso e si avvicinò ai due.
   - Voi dovete essere il colonnello Swan. – disse all’uomo – E questa dev’essere vostra figlia. Io sono il signor Mc Carty. - disse
   L’uomo borbottò qualcosa di incomprensibile, ma la ragazza emise un gridolino di gioia e gli strinse la mano con effusione.
   - Buongiorno, signor Mc Carty! Che piacere conoscervi, finalmente!
   Emmett vide finalmente il viso della fanciulla e ne rimase… colpito. Miss Swan aveva capelli castani, inanellati e occhi color cioccolato, molto espressivi. La sua carnagione era bianchissima, più di quella di Rosalie. Non era molto alta, circa un metro e sessanta ed era minuta e delicata come un fiore. Il suo cappotto color crema era semplice, ma elegante e il cappellino e gli stivaletti rivelavano che era una persona fine. Graziosa ,pensò Emmett.
   Mr Swan, al contrario, non aveva proprio nulla di elegante: se ne stava lì, impalato a guardar male Emmett e si sentiva chiaramente a disagio in quell’anticamera scintillante di luci, dove aleggiava la presenza di artisti di ogni genere. Emmett pensò che il colonnello dovesse essere un padre molto severo e apprensivo.
   - Volete seguirmi, signori? – chiese cortesemente – Il maestro ci attende per il provino.
   - Certo, con piacere! – rispose Miss Swan.
   Emmett li guidò su per una scalinata e chiese se avessero fatto un buon viaggio.
   Miss Swan prese a parlare a raffica:
   - Oh sì, meraviglioso! Siamo venuti in treno, sapete? Io adoro il treno! Voi viaggiate mai, signor Mc Carty?
   - Raramente. – rispose Emmett con un sorriso, pensando nel frattempo che quella ragazza era davvero singolare. Solitamente, le cantanti in procinto di sostenere un’audizione non erano così rilassate e se parlavano lo facevano per cercare di ingraziarsi chi le avrebbe giudicate. Miss Swan, invece, non sembrava volersi ingraziare nessuno: chiacchierava semplicemente perché le piaceva farlo e perché era felice di essere lì, a New York, in un teatro, con la prospettiva di prendere parte agli spettacoli.
   Anche in questo, padre e figlia non si somigliavano affatto: il colonnello Swan non pronunciò parola per tutto il tragitto ed Emmett si chiese con divertimento che vita facessero i corteggiatori di Miss Swan, con un padre simile, sempre se la signorina, di corteggiatori, ne aveva.
   Quando ebbero finito di percorrere la scalinata, Emmett voltò a sinistra e fece entrare i due ospiti nella sala destinata all’audizione. Era una stanza ampia e ariosa, quasi interamente occupata dalle ottanta poltroncine di velluto destinate al pubblico dei concerti che vi si tenevano. Sul piccolo palco, basso e spoglio, si trovavano un pianoforte a coda, diversi leggi, un paio di sedie e un paio di spartiti che dovevano essere stati dimenticati da qualcuno.
   Carlisle, che aveva lasciato il suo podio per accompagnare Miss Swan al pianoforte (con grande irritazione di Mrs Ellerton) si alzò educatamente dallo sgabello per accogliere i visitatori.
   - Miss Swan, vorreste per cortesia mostrarmi gli spartiti che avete portato? – chiese gentilmente, mentre Emmett aiutava la signorina a togliere il soprabito.
   La giovane annuì e, fattasi consegnare dal padre (sempre silenzioso) un plico di carta, lo porse rispettosamente al maestro Cullen.
   Carlisle lesse i titoli delle arie scelte da Miss Swan e approvò con ripetuti cenni del capo.
   - Da quale aria volete cominciare, Miss? – chiese.
   - Da Susanna. – rispose lei, con gli occhi che brillavano d’entusiasmo.
   Carlisle annuì ancora e si sedette nuovamente al pianoforte. Emmett si accomodò su una poltroncina in terza fila e fece un cenno al colonnello, che si sedette accanto a lui.
   Miss Swan si avvicinò al pianoforte e Carlisle iniziò a suonare le battute introduttive del recitativo. L’aria scelta dalla cantante era la celebre “Giunse alfin il momento… Deh vieni, non tardar…” da "Le nozze di Figaro" ed era composta da un recitativo secco e da un delizioso cantabile, semplice, ma che richiedeva un legato impeccabile.
    La voce del giovane soprano fu una sorpresa per Emmett Mc Carty e Carlisle Cullen. Non appena Miss Swan iniziò a cantare, la ragazza allegra e un po’ infantile che era stata fino a un attimo prima lasciò il posto ad un’altra donna, più matura, più bella e controllata nell’espressione delle sue emozioni. La sua voce, cristallina e ben impostata si elevò nel canto con tale dolcezza che Carlisle, sbalordito, non poté trattenersi dall’alzare gli occhi dalla partitura. Che timbro incantevole aveva e che tenuta del fiato! Quando giunse alle ultime battute dell’aria, Miss Swan guardò con la coda dell’occhio Carlisle, per fargli capire che intendeva trattenere il finale e lo fece con tale precisione e senza forzature da lasciare senza parole il maestro.
   Emmett, entusiasta, ma cauto, si limitò ad approvare con un cenno del capo e disse:
   - Vorreste cortesemente continuare, signorina?
   Miss Swan intonò anche una delle arie di Zerlina, dal "Don Giovanni" e poi passò a Verdi con “Caro nome” dal "Rigoletto". Dopodiché, chiese di poter concludere un’aria dalla "Bohème" di Puccini e, accompagnando il canto con un sorriso malizioso attaccò:

Quando men’ vo’ soletta per la via
La gente sosta e mira…


   Emmett la guardava e la ascoltava cantare, badando bene a controllare il proprio entusiasmo: la ragazza aveva un’ottima impostazione, di gran lunga migliore di quella di Miss Weber e una presenza scenica eccellente. Aria dopo aria si trasformava: da timida e innamorata sapeva diventare maliziosa e ammiccante. I suoi occhi brillavano d’eccitazione, ma sapeva mantenersi lucida e concentrata dalla prima nota all’ultima, una caratteristica rara in un soprano così giovane.
   La voce di Miss Swan si arrampicò fino a uno sfavillante si acuto che riempì completamente la sala, quindi ridiscese limpida nella cadenza.
   Dopo un attimo di pausa, la fanciulla rivolse un sorriso a Carlisle.
   - Grazie, maestro. – disse educatamente e con grande semplicità.
   Carlisle si alzò e disse in tono garbato: - E’ stato un immenso piacere accompagnarvi, Miss Swan. Non dubito che il signor Mc Carty sia d’accordo con me nell’esprimervi i più sinceri complimenti per il vostro modo di cantare.
   - Assolutamente. – confermò Emmett, alzandosi e avvicinandosi ai due – Saremo lieti di avervi con noi durante la prossima stagione, Miss.
   - Davvero? Oh, è meraviglioso! Grazie, signor Mc Carty, maestro Cullen! – esclamò la ragazza.
   Ecco, si è trasformata di nuovo, riflettè Emmett appena ha finito di cantare è tornata ad essere una bambina… che stranezza…
   Il colonnello Swan si avvicinò al gruppetto e finalmente Emmett lo vide sorridere e anche con palese orgoglio:
   - Vi ringrazio di cuore, signori. – disse con insospettabile gentilezza.
   Sua figlia fece eco alle sue parole con una risata: - Mio padre manifesta il suo nervosismo stando rigido come un manico di scopa e non dicendo una parola. Vi prego di scusare i suoi modi bruschi di poco fa, lui è fatto così, ci sono abituata.
   - Temevate che qualcosa non andasse bene, colonnello? – chiese Carlisle a Mr Swan.
   - Chiamatemi pure Charlie, credo che ci vedremo spesso d’ora in avanti… - rispose quest’ultimo con un lieve sorriso – Vedete, io sono un militare, non mi sento mai a mio agio in posti come questo… e poi, non è che non mi fidassi di voi, ma la mia Bells è tanto giovane e innocente, non mi andava che venisse qui da sola.
   - Ma certo, è naturale. – disse Carlisle, comprensivo – Se lo desiderate potrete assistere alle prove.
   Charlie Swan tossicchiò un paio di volte prima di rispondere: - Ehm, no grazie, non occorre, mi basta poter essere vicino a mia figlia.
   - Mio padre non resisterebbe mai a tante ore di prove! – disse Miss Swan in tono confidenziale – La prospettiva di stare seduto per un giorno intero a fissare il palcoscenico lo terrorizza più che l’idea di lasciarmi tutta sola per un’ora a New York!
   - Bells!
   - Scusa, papà, non è forse vero?
   - Non esagerare, piccola.
   - Se volete seguirmi – s’intromise Emmett, interrompendo l’affettuoso battibecco tra padre e figlia – Vi mostrerò i locali del teatro e poi accompagnerò Mr Swan al vostro alloggio. Miss, voi avrete a disposizione il camerino di Miss Weber e una stanza con pianoforte dove potrete studiare i ruoli che ancora non avete in repertorio.
   - Grazie, signore.
   - Io vado, - disse Carlisle – Mrs Ellerton sarà irritatissima per il mio ritardo. Miss Swan, le prove della Traviata cominciano alle quattro.
   E così Miss Isabella Marie Swan fece il suo ingresso al White-Flower Opera.
    

*           *           *

      
   Il palco era meraviglioso.
   Non era troppo grande, né troppo piccolo, né troppo ingombro di oggetti di scena. Le quinte erano spaziose e pulitissime. La buca dell’orchestra era posta in modo che i cantanti riuscissero a vedere bene il direttore.
   Insomma, tutto era meraviglioso.
   Isabella Swan avrebbe voluto avere dieci paia di occhi per poter osservare tutto nello stesso istante e memorizzare anche i minimi dettagli. Il signor Mc Carty l’aveva portata in giro per il teatro, perché prendesse confidenza con l’ambiente e lei l’aveva tempestato di domande. Avrebbe voluto ispezionarlo ancora, da cima a fondo, una volta sola non bastava.
   Isabella osservò interessata i direttori di scena, che stavano preparando il palco per il terzo atto della Traviata e gli orchestrali, che stavano accordando gli strumenti.
   - Che ci fate lì impalata? Sbrigatevi, andate al vostro posto! – disse una voce carica di irritazione, alle sue spalle.
   Miss Swan si voltò, pronta a rispondere per le rime alla sgarbata interlocutrice, ma le parole le morirono in gola, quando vide che a parlare era stata nientemeno che Miss Rosalie Hale.
   L’altra, dal canto suo, parve un po’ spiazzata quando si accorse di essersi rivolta in modo maleducato a una perfetta estranea.
   Isabella Swan se ne accorse, perciò rispose alla primadonna con molta calma:
   - Sono già pronta, Miss Hale. E vado subito al mio posto.
   Rosalie le lanciò una lunga occhiata riflessiva e disse in tono di scusa:
   - Non intendevo offendervi, signorina. Vi avevo scambiato per un’altra persona. Dal momento che non vi ho mai vista qui, deduco che siate Miss Swan, la sostituta di Miss Weber.
   - E’ così – rispose Isabella, un po’ rigidamente – Lieta di fare la vostra conoscenza, Miss Hale.
   - Piacere mio. – disse Rosalie, altrettanto cauta.
   - Signori, cominciamo! – gridò Carlisle, dal suo podio.
   Isabella e Rosalie si lanciarono un’ultima occhiata non ostile, ma neppure amichevole e si separarono senza aggiungere altro; Rosalie si adagiò sul letto dove avrebbe dovuto fingersi Violetta malata di tisi e Isabella, che interpretava il ruolo di Annina, andò a sedersi su una seggiola, accanto al letto della padrona.
   Le note del preludio si innalzarono nell’aria e tutti tacquero: la magia di quella musica malinconica era talmente grande che nessuno poteva ignorarla.
   Poi Rosalie cantò la prima battuta e Isabella le rispose, serena e sicura di sé. Non badò all’occhiata sbalordita che la primadonna le lanciò, si concentrò su ciò che doveva fare in quel momento e si calò totalmente nel suo ruolo, di nuovo perfettamente felice.



Ecco, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! Forse, nel corso della storia, è quello in cui si parla di musica in modo più specifico: ho cercato di non rendere il provino di Bella troppo pesante, mi auguro di esserci riuscita.
Ora, ce la fate a stare un altro capitolo senza Jasper? Solo un altro capitolo, lo giuro, al numero 6 sentiremo finalmente parlare di lui! Portate pazienza, vi prego...!


Note: la prima messa in scena de Le nozze di Figaro di W.A. Mozart avvenne 1786 (Vienna); Il Don Giovanni invece risale all'anno seguente. "Rigoletto" di G. Verdi fu presentato a Venezia nel 1851; infine, "La Bohème" ansò in scena nel 1896 a Torino.

Un abbraccio e alla prossima settimana!
Probabilmente aggiornerò da giovedì 1 marzo, perché, prima sarò qualche giorno fuori città!
Nini

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Capitolo 5
*** V ***


Comincio col ringraziare coloro che stanno seguendo con affetto questa storia: oltre aalle mie lettrici "storiche" Camilla L, Argentea, Dills Nightmare, maura 77, nanerottola e Orsacchiotta Potta Potta, saluto e abbraccio Cordelia89, miss_lalla, cristalblu e Molly_98! Grazie delle recensioni gentilissime, ragazze!



L'amore è un Canto

V


   Automobili e taxi si fermavano ogni pochi minuti davanti all’entrata del White-Flower Opera. Ne scendevano signore eleganti, uomini distinti, personaggi vestiti in modo eccentrico, critici musicali che facevano di tutto per non farsi notare. Dai tram, altre persone dirette al teatro, scendevano tutte insieme, chicchierando. Il pubblico del Flower era costituito in prevalenza da cittadini della piccola e media borghesia. Qualche volta accadeva che un personaggio di maggior rilievo si facesse vedere alla prima della stagione, ma Emmett Mc Carty sapeva bene che non bisognava mai fare conto su questa eventualità: i politici erano troppo impegnati per dedicarsi con autentico interesse all’opera e i musicisti di successo preferivano recarsi in teatri più grandi e conosciuti, dove avrebbero potuto, forse, incontrare qualche celebrità che potesse aiutarli a realizzare le proprie aspirazioni.
    “La Traviata” , con cui la stagione del Flower si sarebbe aperta quella sera, era stata pubblicizzata dal Times e riscuoteva sempre un grande successo: Emmett non aveva avuto dubbi nel proporla a Carlisle, proprio perché sapeva che i biglietti disponibili sarebbero finiti nel giro di pochi giorni.
   All’interno, tutto procedeva alla perfezione: Rosalie Hale aveva vietato ad anima viva di avvicinarsi al suo camerino, dove si era rinchiusa insieme alla pettinatrice, che le stava acconciando i riccioli biondi secondo le sue pretese; Edward Masen, al contrario, entrava e usciva dal proprio camerino ogni cinque minuti, per accertarsi che mancasse ancora del tempo all’inizio e per chiedere agli altri se fossero tranquilli; Esme Platt faceva vocalizzi; Carlisle Cullen correva su e giù per i corridoi, dando indicazioni ai suoi orchestrali, i quali, perfettamente a proprio agio ridevano e scherzavano tra loro; le ballerine, infine, cicalavano e bisticciavano mentre indossavano i loro costumi.
   Tutto secondo il solito.
   No, non proprio. Di diverso dal solito c’era la piccola Miss Swan, la quale aveva dichiarato di voler rimanere tutto il tempo dietro le quinte per godersi l’intero spettacolo, soprattutto i punti in cui non doveva cantare… Emmett, come promesso, le aveva riservato il camerino di Angela Weber, una stanza gaia e carina, con tutte le comodità, ma sembrava che Miss Swan non lo amasse particolarmente, perché ci restava solo il tempo necessario per vestirsi.
   La giovane cantante era davvero una creatura assai particolare: durante le prove si era distinta per la prontezza con cui sapeva soddisfare le richieste del direttore e per la sua presenza scenica. In Traviata doveva interpretare un ruolo troppo marginale perché questo fosse evidente, ma nella Bohème era una Musetta deliziosa! Rosalie poteva brontolare e scalpitare finché voleva, ma quella ragazza non era affatto una provinciale, non quando era sul palco, perlomeno.
   Emmett rimase a lungo in piedi, accanto alla porta, per accogliere le persone che conosceva e in alcuni casi, per guidarle personalmente al proprio posto. Poi, finalmente, il direttore di scena gli comunicò che tutto era pronto. Emmett, emozionato, si allontanò verso il palco reale, da dove avrebbe assistito allo spettacolo… Beh, forse chiamarlo palco reale era un’esagerazione, ma dato che si trovava esattamente davanti al palcoscenico, il suo nome avrebbe dovuto essere proprio quello.
   Le luci si spensero, il pubblico smorzò la voce a poco a poco e finalmente si fece silenzio. Poi gli orchestrali, già in posizione, si alzarono in piedi per accogliere il direttore: Carlisle, serio e composto fece il suo ingresso, accolto da applausi benevolenti e s’inchinò brevemente al pubblico.
    Quando le note dell’Ouverture s’innalzarono limpide e malinconiche nell’aria, Emmett si tese in avanti: non vedeva l’ora che la sua Rose entrasse in scena.

  
*           *           *

  
   Era davvero tutto perfetto, in quel momento. Isabella non avrebbe potuto essere più emozionata di così: le accadeva sempre quando prendeva parte ad uno spettacolo, non c’era niente che le piacesse di più di quell’attesa carica di emozione e brio, prima che tutto iniziasse. Trovava che fosse qualcosa di unico. Non era preoccupata per il ruolo che doveva interpretare, era semplice ed efficace, non richiedeva un grande sforzo né vocale, né interpretativo.
   Così, poteva godersi l’opera in santa pace, come le piaceva tanto fare. Chiuse gli occhi, durante l’Ouverture: ah, l’orchestra era davvero ben preparata, che bravo direttore era Mr Cullen e che persona gentile!
   Ad un certo punto una mano si posò sulla sua spalla.
   - Siete emozionata, cara? – chiese in un sussurro Miss Platt.
   - Oh sì! – le rispose la giovane – E voi?
   - Un po’. – rispose Esme. Era vestita di blu, un colore che le donava molto e avrebbe dovuto entrare in scena di lì a poco.
   - Non vedo l’ora di ascoltarvi nel primo atto! – continuò Miss Swan.
   Esme le sorrise: - Siete davvero gentile, Miss. – Poi con un sospiro aggiunse: - E’ meglio che io chiami Miss Hale e le dica che stiamo per cominciare, prima che faccia venire una crisi di nervi alla povera pettinatrice…
   Isabella la salutò con un sorriso e riprese ad ascoltare. Un attimo dopo, tuttavia, fu interrotta di nuovo, questa volta dall’arrivo di Edward Masen, terribilmente agitato.
   - Oh, Cielo! – esclamò il tenore – L’Ouverture sta per finire, questo significa che tra poco tocca a me…
   Isabella tirò fuori un sorriso di circostanza: Masen non le era particolarmente simpatico, trovava che fosse piuttosto nevrotico.
   - Godetevi lo spettacolo. – provò a suggerirgli - Non avete nulla di cui preoccuparvi, andrà tutto a meraviglia.
   Masen la guardò come se fosse stata un fantasma.
   - Voi sì che siete gentile, Miss Swan! – esclamò – Mi piacerebbe davvero che Miss Hale vi somigliasse un pochino!
   - Shhhh, non fatevi sentire da lei! – rispose Isabella, guardandosi intorno allarmata. Miss Hale, infatti era finalmente uscita dal camerino e si trovava a poca distanza da loro. – Preparatevi, tra poco il sipario si aprirà!
   La stessa indicazione fu ripetuta quasi parola per parola dal direttore di scena e Mr Masen, ancor più agitato, lasciò Isabella.
Il sipario si aprì e gli applausi del pubblico fecero da sottofondo all’entrata in scena dei cantanti.
   Il primo atto fu eseguito alla perfezione da tutti: Isabella ascoltò, rapita e si unì all’applauso del pubblico, dopo che Miss Hale e Mr Masen ebbero intonato il celebre “brindisi”. Quando poi, Rosalie diede il meglio di sé nella cabaletta finale, non poté trattenersi dall’alzarsi addirittura in piedi.
   Nel secondo atto, Isabella doveva cantare solo poche battute, insieme a Masen, per cui poté ben presto tornare al suo posticino dietro le quinte.
   Solo allora si rese conto di aver dimenticato lo scialle che avrebbe dovuto indossare nel terzo atto. Seccata da quell’imprevisto, che le avrebbe fatto perdere alcuni momenti dello spettacolo, si alzò e di malavoglia percorse il corridoio che l’avrebbe condotta al suo camerino. La musica si allontanò fino a diventare silenzio e Miss Swan si sentì vagamente a disagio. Voleva tornare il prima possibile presso il palco…
   Ad un certo punto, un suono indistinto attirò la sua attenzione: Isabella si fermò e rimase in ascolto.
   Una delle porte che davano sul corridoio era socchiusa e all’interno della stanza a cui dava accesso, la luce era accesa. Isabella si avvicinò, incuriosita e sbirciò attraverso lo spiraglio per vedere chi o che cosa ci fosse in quella stanza.
   Il suono che aveva sentito poco prima si rivelò essere il pianto disperato di una ragazza dai capelli scuri, minuta e delicata, che se ne stava inginocchiata a terra, circondata da abiti di vario genere.
   Isabella aprì la porta senza pensarci due volte. La ragazza voltò di scatto la testa verso di lei e si rialzò immediatamente, fissandola con orgoglio misto a un’inspiegabile rabbia. La giovane cantante rimase un momento interdetta: conosceva quella ragazza, era Alice Brandon, la prima ballerina. Non si erano ancora mai parlate, ma l’aveva vista ballare e ne era rimasta incantata.
   - Scusate l’intrusione, Miss Brandon. – disse, con voce dolce – Stavo andando a recuperare una cosa nel mio camerino, voglio dire nel camerino di Miss Weber, quando ho visto la luce accesa e ho sentito qualcuno piangere… Posso esservi d’aiuto?
   Alice Brandon le voltò le spalle, con decisione.
   - Io non stavo piangendo! – disse tra i denti.
   Isabella sorrise: - Non dovete vergognarvi, Miss, non lo dirò a nessuno. Ve lo chiedo di nuovo: posso esservi d’aiuto?
   Alice si girò di nuovo verso di lei e qualcosa nella sua espressione era cambiato: non sembrava più arrabbiata, ma piuttosto, stupita.
   - Sono stati quei due. – confessò infine – Jane e Alec Winter, i due fratelli ballerini… Mi hanno fatto l’ennesimo scherzo crudele. Guardate come hanno ridotto il mio costume! – e così dicendo mostrò a Isabella un abito a cui era stata completamente rovinata l’alta cintura in vita. – Dovrei indossarlo per la seconda parte dell’atto, sapete, il ballo delle zingarelle… e ora è senza cintura! Ho lasciato il camerino per poco tempo e tanto è bastato perché me lo distruggessero!
   Isabella s’indignò: - Ma che vergogna! – disse con veemenza – Dovete parlarne al signor Mc Carty!
   - No, non posso! – replicò Alice – La madre di quei due è una ballerina famosa, il signor Mc Carty non può averla contro… e in ogni caso, questo non mi farà riavere il costume in tempo. – concluse, con gli occhi ancora pieni di lacrime.
   Isabella si morse il labbro, riflettendo intensamente. Poi si aprì in un sorriso.
   - Ho avuto un’idea! – disse – Seguitemi!
   Prese per mano la stupefatta ragazza e la trascinò fuori dalla stanza. Percorsero tutto il corridoio, quasi di corsa e raggiunsero il camerino di Miss Weber.
   Isabella entrò e fece cenno ad Alice di seguirla. La ballerina si arrestò accanto alla porta, a disagio. Non capiva cosa volesse fare Miss Swan.
   La cantante prese a frugare con impazienza tra i cassetti, mormorando tra sé qualcosa di incomprensibile.
   - Ah, eccola! – esclamò, infine, trionfante. Tra le sue mani era apparsa una splendida fascia di broccato rosso scuro.
   Isabella si accostò ad Alice e gliela porse, dicendo con un sorriso amichevole:
   - Non è identica alla cintura del vostro costume, ma è sempre meglio di niente. Tenetela, vi prego, me la restituirete alla fine dello spettacolo.
   Incredula, Alice rigirò la bellissima stoffa tra le dita.
   - Non posso accettare, Miss Swan… - cominciò, timidamente.
   - Dovete, invece! Coraggio, andate, manca poco al balletto! - e con un gesto gentile, ma deciso, Isabella spinse Alice fuori dal camerino.
   La prima ballerina fece due passi di corsa, ancora incerta, ma poi si voltò verso la cantante, sorridendo commossa:
   - Grazie, Miss Swan! – disse con slancio – Grazie infinite!


Bene, ragazze, la stagione si è aperta, sembrerebbe nel migliore dei modi e Bella ha incontrato Alice: come avrete già intuito, diventeranno grandi amiche e complici.
Nel prossimo capitolo, come promesso, comincerà ad aleggiare la presenza di Jasper!

Note: l'Ouverture è un brano orchestrale che nel melodramma ottocentesco apre la rappresentazione e che si esegue, generalmente a sipario ancora chiuso; richiama i temi principali dell'opera che seguirà.
Il "Brindisi" del primo atto di Traviata è il famosissimo "Libiamo ne' lieti calici"
Musetta, già nominata nello scorso capitolo, è un personaggio de "La Bohème" di G. Puccini.

Alla prossima!
Con affetto
Niniane

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Capitolo 6
*** VI ***


Grazie di nuovo a coloro che hanno recensito tanto gentilmente la mia storia: sono davvero piacevolmente sorpresa del successo che sta avendo, non lo avrei creduto possibile! Nelle mie intenzioni, tra l'altro doveva essere piuttosto breve e molto semplice, in realtà si sta allargando e la cosa mi fa molto piacere.
Buona lettura, spero che vi piaccia anche questo capitolo!!!



L'amore è un Canto

VI

   Lo spettacolo si concluse nel migliore dei modi, per tutti: scrosci di applausi salutarono Carlisle Cullen, Edward Masen e soprattutto Miss Rosalie Hale. Anche Miss Platt e Miss Swan si godettero complimenti e applausi meritatissimi.
   Come di consueto, Emmett Mc Carty aveva organizzato un rinfresco per tutti gli artisti, in modo che potessero rifocillarsi e festeggiare insieme, dopo tanta fatica. Il colonnello Swan, sospettoso e iperprotettivo come sempre, vi accompagnò sua figlia e pur sorridendo cortesemente ai presenti, rimase pressoché sull’attenti per tutto il tempo.
   Isabella ricevette lodi e congratulazioni da tutti, dal maestro Cullen, alla gentile Miss Platt, perfino da Edward Masen, il quale sembrava averla presa in simpatia:
   - Voi mi ricordate molto Miss Weber, - le disse – siete gentile e premurosa quanto lei. E’ un piacere lavorare con voi, Miss Swan.
   - Vi ringrazio, Mr Masen. – rispose Isabella, compita.
   - Chiamatemi Edward, vi prego. – disse il giovanotto – mi farebbe piacere.
   - D’accordo, Edward. – Isabella sorrise – Voi potete chiamarmi Miss Isabella, se lo desiderate.
   - Vostro padre vi chiama Bells, non è vero? – s’informò Masen – E’ un bel soprannome.
   - Trovate? Solo lui mi chiama così, l’ha sempre fatto, fin da quando ero piccola.
   - E vostra madre?
   - E’ morta qualche anno fa.
   - Oh, perdonatemi… - fece Masen, mortificato.
   - Non è nulla, Edward, non vi preoccupate. Ne conservo un bellissimo ricordo: ho ereditato da lei il dono della voce.
   - Doveva essere una persona pregevole. - commentò Masen, serio.
   - Lo era. – confermò Isabella – Sempre allegra e vitale, ma anche premurosa e affettuosa. Mio padre non si è ancora ripreso dal colpo tremendo inferto dalla sua morte.
   - Lo immagino. – Edward annuì – Io sono fortunato ad avere entrambi i genitori.
   - Vivono qui a New York?
    - Sì, e tornare a casa, per me è sempre un immenso piacere.
   In quel momento, Rosalie Hale si avvicinò ai due, con un inspiegabile sorriso stampato in volto. Il suo sguardo azzurro si fermò su Isabella e la primadonna disse con insolita gentilezza:
   - Mi siete davvero piaciuta, Miss Swan. Lavorare insieme a voi è stato semplice e ha prodotto buoni frutti, senza dubbio.
   - Grazie, Miss Hale. – rispose Isabella, stupita da quell’improvvisa manifestazione di simpatia – Voi siete stata sublime, invece. Sono onorata di potervi ascoltare da vicino.
   Miss Hale rise e la sua era una risata argentina e piena di vita:
   - Siete troppo gentile, Miss.
   Dopo che si fu allontanata, Edward si avvicinò a Isabella e disse furbescamente:
   - Non siate troppo stupita, Miss Hale sa essere gentile e giusta nei suoi giudizi, quando vuole… Dopo ogni successo si ammorbidisce sempre un po’ e diventa magnanima nei confronti di tutti. Perbacco, stasera non mi ha ancora insultato!
   - Peccato che sia sempre così fredda, durante le prove. – osservò Isabella.
   - E’ gelosa del suo piedistallo ed è molto pignola. – disse Masen, alzando le spalle. – Non invidio il signor Mc Carty! Sapete, - confidò – è innamorato di lei!
   Isabella spalancò gli occhi, elettrizzata dal pettegolezzo: - Davvero? E Miss Hale lo sa?
   - Oh sì, ma fino ad ora non ha mostrato segni di cedimento. Sono curioso di vedere se questa stagione porterà qualcosa di buono a quel pover’uomo…
   Edward Masen fu interrotto dall’arrivo di due distinti signori, forse due critici musicali, che si accaparrarono la sua attenzione in men che non si dica. Isabella si ritrovò improvvisamente sola e pensò, incupita, che era bastato davvero poco a far dimenticare all’eccentrico cantante la sua presenza e la loro conversazione.
   Il colonnello Swan si materializzò, letteralmente, accanto a lei e Isabella capì all’istante che aveva ascoltato parola per parola il suo dialogo con il tenore.
   - E’ tardi, Bells. – le disse il colonnello – Credo che sia ora, per te di andare a dormire.
   - D’accordo, papà. – convenne Isabella, con un sospiro – Permettimi solo di salutare il maestro Cullen e il signor Mc Carty.
   Poco dopo, padre e figlia si stavano dirigendo verso l’uscita del Flower. Isabella era un po’ triste, avrebbe desiderato trattenersi di più alla festa.
   - Miss Swan! Miss Swan, aspettate!
   Isabella e il colonnello si voltarono stupiti: Alice Brandon, avvolta in un semplice abitino azzurro, correva verso di loro.
   La ballerina si fermò davanti a Isabella con gli occhi che brillavano.
   - Avevo dimenticato di restituirvi questa. – disse, porgendole la sua cintura in broccato – Non so davvero come ringraziarvi, avete salvato il mio balletto!
   - Non dovete ringraziarmi, Miss Brandon. – disse la cantante, con un sorriso – E potete tenere questa cintura. Queste cose possono sempre tornare utili. Consideratela un regalo, vi prego.
   Alice la guardò come se fosse pazza.
   - Oh no, - mormorò, abbassando gli occhi  – se qualcuno la trovasse e la rovinasse non me lo perdonerei mai. Voi non sapete cosa sia per me la vita qui dentro… Non posso accettarla, Miss, anche se lo vorrei con tutto il cuore. Non abbiatevene a male, vi prego…
   - Come preferite. – disse Isabella, prendendo il broccato – Ma permettetemi almeno di invitarvi a colazione, domani. – e indicò con un gesto vago il caffè che si trovava proprio accanto al teatro.
   - A colazione? – fece Alice, arrossendo – Non so…
   - Non vedo alcuna difficoltà. – disse Isabella – Domani siamo libere entrambe.
   - Oh… d’accordo allora… - replicò Alice, ancora titubante, ma sorridente.
   - Buonanotte, Miss Brandon.
   - Buonanotte, Miss Swan.
   Isabella seguì il padre, che era rimasto, come al solito, in silenzio per tutta la durata della conversazione, fuori dall’edificio.
   - Non sono sicuro che sia stata una buona idea invitare a colazione quella ballerina. – esordì il colonnello, non appena il portone del Flower fu alle loro spalle – Sembra innocua, ma raramente quelle ragazze lo sono.
   - Papà, Alice Brandon è una signorina, – protestò Isabella – non una ragazza.
   - No, Bells, e tu lo sai. Le ballerine non sono quasi mai signorine di buona famiglia, spesso non ce l'hanno nemmeno una famiglia. Io vorrei che tu frequentassi buone compagnie…
   Isabella si fermò in mezzo al marciapiede, con le mani sui fianchi: - Non intendo comportarmi come un’algida damigella nei confronti di una ragazza dolce e gentile come Alice Brandon! – dichiarò, in tono deciso – Tu non sai come la trattano gli altri ballerini, che scherzi crudeli le fanno! Alice è una brava ragazza, non mi interessa della sua famiglia, io intendo esserle amica!
   Forse perché sapeva che quando sua figlia s’impuntava, non c’era altro da fare che lasciar correre, fatto sta che il colonnello non insistette.
   - Piuttosto che quel damerino di Masen, preferisco che tu incontri questa Miss Brandon, – capitolò - ma ti avverto, Bells: io verrò con te, domani, e se quella ragazza dovesse comportarsi in un modo che non mi piace, ti proibirò di rivederla. Sono stato chiaro?
   Isabella sorrise, vittoriosa: - D’accordo, papà, se questo ti fa sentire più tranquillo vieni pure con me, ma io sono sicura che Alice Brandon ti piacerà.
 

*           *           *


   I giorni passarono. Le prove continuarono e con esse ripresero anche le scenate, le incomprensioni, i battibecchi. Tuttavia sembrava che una ventata d’aria fresca fosse entrata nel Flower, rendendo tutti più sereni e ben disposti. Emmett Mc Carty sapeva che questa ventata d’aria, altri non era che Miss Isabella Marie Swan, la piccola stella nascente che stava così magnificamente sostituendo la povera Miss Weber.
   Sembrava che nessuno, in teatro, avesse il coraggio di muovere anche la minima critica a quella ragazza. Rosalie aveva capitolato, finalmente, e aveva ammesso che Miss Swan aveva talento da vendere; Masen ne era assolutamente incantato; Miss Platt la trattava con affettuosa cortesia; Carlisle sosteneva che lavorare insieme a lei era meraviglioso; infine, Alice Brandon sembrava essere diventata la sua migliore amica.
   Emmett era rimasto di sasso quando le aveva viste insieme, il giorno dopo la prima, sedute al tavolo del caffè, immerse in una fitta conversazione e con due enormi fette di torta davanti a sé. Che poi il colonnello Swan fosse presente, era stata una scoperta ancor più divertente. Proprio non ce la faceva, quell’uomo, a lasciar sola un momento la figlia! Emmett aveva tenuto d’occhio il terzetto per alcuni giorni ed era stato con molta soddisfazione che aveva visto addolcirsi a poco a poco il sorriso del colonnello. Un pomeriggio, infine, Charlie Swan non si era visto e da quel momento le due ragazze erano state sole, al caffè, libere di chiacchierare, di ridere, di spettegolare, come tutte le ragazze del mondo. Emmett ne era stato felice: Alice meritava un’amica come Isabella Swan e se era riuscita a conquistare anche il padre di quest’ultima, tanto meglio per lei.
   L’impresario non avrebbe chiesto di meglio che poter osservare con il sorriso sulle labbra i cambiamenti positivi che stavano avvenendo nel suo teatro, ma purtroppo non poteva. Era preoccupato, anche se non lo dava a vedere: dopo il successo di Traviata, sembrava che il pubblico avesse perso interesse per la stagione operistica e solo con Lo Schiaccianoci si era arrivati al tutto esaurito. Gli altri spettacoli, quattro opere liriche e due balletti, avevano portato un magro guadagno, che sarebbe stato sufficiente appena a coprire le spese.
   Emmett si mostrava sereno e fiducioso in presenza degli artisti, che non sembravano sospettare nulla, ma sapeva che Carlisle, non solo un collega, ma anche un vero amico, era consapevole quanto lui della gravità della situazione. Fu così che un giorno lo chiamò nel suo studio e gli confidò senza esitazione le sue preoccupazioni.
   - Sapevo che le cose non stavano andando bene, – disse Carlisle  – ma mi auguravo che la situazione non fosse tanto critica.
   - Non capisco dove ho sbagliato. – borbottò Emmett, sconfortato – Il programma mi sembrava interessante, piacevole, alla portata di tutti… al Metropolitan stanno mettendo in scena certe stranezze… eppure ogni sera la sala è piena…
   - Non hai sbagliato in nulla. – lo consolò Carlisle – Non è colpa tua se il Metropolitan ci sta schiacciando. Quest’anno sembra che il pubblico ami le stranezze, l’anno prossimo sarà diverso… è sempre così, nel nostro lavoro.
   - Dovremmo inventarci anche noi qualche stranezza? – sbuffò Emmett, risentito – Magari rappresentare quella porcheria di Stravinskij…
   - No, no… - lo interruppe Carlisle – però forse dovremmo trovare qualcosa che catturi l’attenzione del pubblico. Ad esempio, potremmo invitare un personaggio famoso…
   Emmett ebbe un moto di sorpresa: - Un cantante, vuoi dire? Per carità... Rosalie e Masen mi strozzerebbero, se lo facessi.
   - No, non un cantante. Un direttore d’orchestra che accettasse di dirigere al posto mio uno dei balletti, un'opera e soprattutto l’ultimo spettacolo, la Lucia di Lammermoor.
   Emmett rimase a bocca aperta: - Vuoi dire che tu cederesti volontariamente il podio per ben tre serate?!
   - Sai che non sono geloso di quel podio. Se servisse a risollevare i guadagni del Flower, lo farei.
   Mc Carty si alzò e diede a Carlisle un’affettuosa pacca sulla spalla: - Sei un brav’uomo, Carlisle, senza di te sarei perduto, qua dentro! Un direttore d’orchestra, dunque: beh, è una buona idea, ma ci occorre qualcuno di veramente valido, che sia conosciuto dal grande pubblico.
   - Avrei già un nome. – disse Carlisle, serio.
   - Spara.
   - Jasper Whitlock.
   Emmett rimase in silenzio per un lungo istante.
   - E’ uno scherzo. – disse, un po’ scosso – Non stai parlando sul serio.
   - Al contrario, sono serissimo. Per me sarebbe un grande onore cedergli il podio e se fosse pubblicata sul Times la notizia del suo arrivo, avremmo il tutto esaurito nel giro di poche ore.
   - Ma… ma… Carlisle, tu lo sai quanto si fa pagare Whitlock?! Non possiamo permettercelo, andremmo in rovina!
   - Il guadagno finale coprirà la spesa.
   Emmett si prese il capo tra le mani: - Non accetterà mai. – dichiarò, avvilito – Whitlock ha diretto le orchestre di tutta Europa, ha suonato per tutti i capi di stato che contano davvero, non fa che viaggiare… perché dovrebbe interessarsi a un piccolo teatro come il nostro?
   - Io credo che dovresti tentare. Whitlock è un personaggio eccentrico, non lo nego, ma proprio per questo è imprevedibile: potrebbe rifiutare, certo, ma potrebbe anche accettare, per qualche ragione imperscrutabile. – consigliò Carlisle, in tono saggio.  
   - Non hai un altro nome da suggerirmi? – chiese Emmett speranzoso.
   - Emmett, fidati, ho il presentimento che Jasper Whitlock potrebbe essere la nostra carta vincente. – insistette Carlisle, con pazienza – Mandagli un telegramma.
   - Non sono convinto. – disse l’impresario, scuotendo il capo – Non accetterà.
   - Emmett…
   - Oh e va bene, va bene! Gli mando un telegramma, contento? Lo faccio subito, almeno mi tolgo il pensiero.
   E così dicendo, Emmett Mc Carty si mise cappello e cappotto e uscì, diretto all’ufficio postale.
   - Con la speranza che in questo momento Jasper Whitlock non si trovi dall’altra parte dell’Oceano... – sospirò.
  


Allora ragazze!! Il prossimo capitolo si apre proprio con Jasper!! Riceverà il telegramma? E cosa farà? Correrà in aiuto del piccolo teatro in difficoltà?

Nota importantissima: Emmett ha nominato "una porcheria di Stravinskij". Ovviamente non c'è nessuna porcheria: mi riferivo a un meraviglioso balletto di questo compositore russo, (Le Sàcre de Primtémpe) che però fece grande scandalo quando, nel 1913 fu rappresentato per la prima volta, sia per la strumentazione, sia per il contenuto. Ci vollero anni prima che fosse rivalutato, quindi Emmett nel 1920 può ritenerlo ancora una porcheria... spero che ora sia chiaro.
Il Metropolitan Opera è il più grande teatro di New York.

Al prossimo capitolo!
Baci
Nini

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Capitolo 7
*** VII ***


Mie care!! Ben ritrovate! Dopo la giornata più stressante degli ultimi sei mesi, mi ritrovo a postare questo capitolo, finora il mio preferito. L'ho scritto con tanta emozione e spero che vi piacerà. Ringrazio tutte voi per le recensioni e vi prego di continuare a lasciarmi un parere. So che questa storia è un po' particolare, ma il mondo è bello perché è vario, secondo me. Un abbraccio e buona lettura!


L'amore è un Canto


VII



Baltimora (Maryland)
20 febbraio

   Le fette di pane imburrato, il caffè caldo, il succo d’arancia, le uova con la pancetta… che meraviglia essere a casa! Se c’era una cosa che adorava, ogni volta che aveva la possibilità di trascorrere un po’ di tempo a Baltimora, era proprio avere la possibilità di consumare la sana e nutriente colazione che Lorelai gli preparava con tanto amore ogni mattina.
   Dalla finestra poteva vedere il suo giardino, una vista riposante e rasserenante. I pettirossi cantavano ed egli trovava che quella fosse una musica di gran lunga più bella di alcuni capolavori che aveva diretto.
   - Jazz, tesoro, è arrivato un telegramma per te. – gli gridò Lorelai dall’ingresso.
   Nella grande e silenziosa casa di Baltimora, Jasper Whitlock, giovane e famosissimo direttore d’orchestra cessava di esistere: restava solo Jazz, l’unico figlio dei defunti signori Whitlock. Lorelai, la governante da quasi vent’anni, in quella casa, era stata la sua bambinaia e a quanto Mr Whitlock Jr. poteva ricordare, l’aveva chiamato con il suo nome completo solo in presenza di ospiti. Era stata lei a dargli quel diminutivo affettuoso, Jazz, e quando erano soli lo chiamava sempre così, perché per Lorelai, che di musica non capiva nulla, la fama del maestro Whitlock non aveva significato; il bambino che aveva visto nascere e crescere, invece, le era rimasto nel cuore e anche se era diventato un uomo ormai da tempo, non aveva smesso di coccolarlo e vezzeggiarlo, ogni volta che tornava a casa dopo le sue tournée.
   Lorelai teneva in ordine e perfettamente pulita la dimora della famiglia Whitlock, aiutata da due ragazze, perché non era più in grado di occuparsi delle pulizie da sola. Abitava lì, naturalmente: al primo piano aveva un piccolo quartierino riservato a lei e spesso si lamentava, bonariamente, perché doveva faticare tanto per tenere in ordine una casa immensa in cui viveva, e per giunta saltuariamente, un uomo solo. Si augurava di poter servire presto “una bella padroncina” ovvero la nuova Mrs Whitlock, quando quel testone di Jazz si fosse deciso a prendere moglie.
   Jasper Whitlock era tornato a Baltimora dopo aver trascorso più di tre mesi in Europa. Aveva collaborato, ancora una volta, con i teatri più importanti del vecchio continente e si era coperto di gloria. Tuttavia era stanco, molto stanco e il suo fisico, insolitamente affaticato, lo pregava di rinunciare ad alcuni incarichi e di riposare. Ecco perché era così felice di trovarsi a casa, circondato da ogni comodità: era l’occasione migliore per dimenticare, almeno per un breve periodo il mondo stressante e mutevole del teatro.
   - Se sono ancora quelli di Parigi non rispondo nemmeno! – brontolò. Aveva una particolare antipatia per i telegrammi, il mezzo ideale, secondo lui, per spiegare qualcosa in modo confuso e troppo sintetico.
   - No, non sembra un telegramma francese… - replicò Lorelai - direi che viene da New York.
   - Lorelai, cosa fai, controlli la mia posta? – scherzò il giovane.
   - Cosa vuoi che ne capisca una povera vecchia come me della tua posta! – brontolò la donna, arruffandogli i capelli biondi. – Mi basta essere sicura che a scriverti non sia qualche donzella a cui hai spezzato il cuore.
   - Io non ho mai spezzato il cuore a nessuna donzella! – protestò Jasper, allibito e divertito allo stesso tempo.
   - Eh, questo è quello che credi tu! – ribatté la governante – Perfino io so che quelle povere cantanti con cui lavori ti cadono ai piedi come mosche!
   - Solo perché sono ricco e famoso. – rettificò Jasper.
   - Ricco, famoso e bello come il sole, ecco come sei, Jazz! - disse Lorelai, con affetto.
   - Sarà, ma in me quelle donne vedono solo la fama e la ricchezza, nient’altro. E io non intendo assecondare i loro interessi… non trovi che mi debba sposare per amore, Lorelai?
   L’anziana signora s’illuminò: - Ma naturamente, Jazz! Quando arriverà la mia nuova padroncina?
   - Quando l’avrò trovata. – rispose Jasper, con un sospiro – E ora vediamo cosa dice questo telegramma.
   Aprì la busta e lesse. Lorelai, sempre in apprensione per il suo padroncino e troppo curiosa per allontanarsi rimase in attesa, accanto al tavolo del soggiorno.
   Jasper posò il foglio, lentamente e rimase per qualche secondo in silenzio, fissando il vuoto.
   - Strano. – disse, pensieroso – Mi scrive un piccolo e sconosciuto teatro di New York, chiedendomi di sostituire il loro  direttore durante la stagione operistica… dicono che mi pagheranno e mi pregano di rispondere al più presto. Non capisco.
   - Cosa c’è di tanto strano? – chiese Lorelai, un po’ perplessa.
   - Beh, sono talmente abituato ad essere chiamato dai teatri più grandi d’ Europa che questa è una sorpresa… interessante, diversa dal solito.
   - E cosa farai?
   - Non conosco il teatro, né i musicisti che ci lavorano. Non credo che accetterò, ci manca solo che debba perdere tempo con dei dilettanti.
   Lorelai fece per dire qualcosa, ma in quel momento squillò il telefono e la donna si affrettò a rispondere. Un attimo dopo tornò in soggiorno e annunciò:
   - Jazz, è l’impresario dell' Opera di Parigi, credo… Monsieur Alain o qualcosa del genere... dice che è urgente.
   Jasper si alzò di scatto, esasperato: - Ancora?! Gli ho già detto che non ne voglio sapere…
   A grandi passi raggiunse l’apparecchio telefonico che si trovava nel salotto.
   - Ouì? Qui Jasper Whitlock. Cosa? No, c'est impossible… No, ripeto, non intendo tornare. No… No, non mi interessa il guadagno, potete anche triplicare l’offerta, non intendo accettare… No, non voglio avere più niente a che fare con certa gente… Cosa? Dovrei venire perché in questo momento non sono impegnato altrove? E cosa vi importa dei miei impegni?! Avrò il diritto di prendermi una pausa, o no? No, Monsieur, non intendo cambiare idea. Au revoir. – concluse, riattaccando bruscamente.
   - Maledizione! – sbottò subito dopo – Ho detto di no, perché insistono? Quasi quasi l’offerta di questo sconosciuto White-Flower Opera non è poi così male…


*           *           *


   Carlisle Cullen camminava lentamente, sulla via di casa. Erano le nove di sera e si era conclusa da poco una prova particolarmente mal riuscita della Bohéme. A dirla tutta, sarebbe stato un completo disastro se non fosse stato per Musetta, ovvero Miss Swan e per il baritono, il tranquillo e posato Mr Johnson. Mr Masen e Miss Hale erano sembrati entrambi stanchi e demotivati, atteggiamento comprensibile, ma dannoso. Carlisle aveva sbraitato contro Masen, per la prima volta in quattro anni e il tenore, bisognava ammetterlo, si era mostrato sinceramente mortificato e aveva riconosciuto di non aver messo tutto l’impegno necessario a una buona riuscita, durante la prima parte della prova. Miss Hale aveva fatto alcuni errori piuttosto importanti, per i quali si era ripetutamente scusata, ma non senza coinvolgere il collega, a cui attribuiva, come al solito, la colpa di tutto. Ne erano seguite le più brutte scenate di tutta la stagione e ad un tratto la povera Miss Swan era scoppiata in lacrime: Carlisle aveva dovuto interrompere la prova per un quarto d’ora, affinché la giovane avesse modo di ritrovare la calma. Perfino Emmett si era detto disgustato dalle manie di protagonismo di Rosalie Hale (- Ma quando, quando capirà che la carriera non è tutto, nella vita?! - ) e di Edward Masen ( - I tenori vogliono sempre aver ragione! –)
   Carlisle era uscito dal Flower sconfortato e preoccupato. Non aveva mai avuto tanta paura di uno spettacolo, come quell’anno: le cose sembravano precipitare, giorno dopo giorno e il peggio era che la vera condizione in cui versavano le finanze del teatro stava giungendo alle orecchie dei musicisti, in modo confuso e vago, ma comunque allarmante. Benché Emmett si fosse sforzato di sedare le voci di corridoio, era inutile sperare che riuscisse a fugare dubbi e preoccupazioni ancora a lungo.
   All’improvviso il suono di due voci distolse Carlisle dai suoi pensieri. Riconoscendo il timbro scuro e vellutato di Esme Platt, l’uomo si voltò, incuriosito.
   Dall’altro lato della strada, Miss Platt stava parlando con un giovane signore, molto attraente ed elegante. Carlisle osservò attentamente la donna e notò che il suo volto era alterato, come se la conversazione a cui stava partecipando non le fosse gradita. L’ uomo invece le si rivolgeva in modo deciso e la teneva per il braccio, senza cattiveria, ma in un modo possessivo che a Carlisle Cullen non piacque.
   - Ti ho già detto un milione di volte che non ne voglio più parlare! – esclamò Esme ad un certo punto, con voce limpida e ben udibile.
   - E io ti ho detto un milione di volte che devi ascoltarmi! – le rispose l’uomo, quasi urlando.
   - Lasciami andare! – lo pregò allora Esme – Sono stanca, voglio andare a casa.
   - No, Esme, non prima di averti detto ogni cosa!
   - Ti ho detto che non voglio ascoltarti!
   L’uomo le strinse di più il braccio.
   - Invece mi ascolterai…
   Carlisle non si fermò a riflettere: decisamente, quel giovanotto non era né il fratello di Miss Esme, né tantomeno il marito e ciò significava senza ombra di dubbio che la stava importunando.
   - La signorina ha detto di voler tornare a casa e di essere stanca. – disse con calma allo sconosciuto, attraversando la strada deserta in pochi passi – Vi invito a rispettare i suoi desideri.
   Il giovane si voltò a guardarlo, stupito: - E voi chi siete?
   - Un gentiluomo. – rispose Carlisle con decisione insolita in lui.
   L’altro lo squadrò dalla testa ai piedi ed evidentemente la prospettiva di attaccare briga con quell’uomo decisamente alto, dagli occhi azzurri pacati, ma pieni di forza di volontà non gli piacque particolarmente.
   - Non intendevo offendere Miss Platt. – borbottò – Stavamo solo parlando.
   - Questo non è vero. – replicò Carlisle, stupendo sé stesso. Raramente gli era capitato di mostrare tanta grinta. Sospettava che la sua reazoine avesse a che fare con i grandi e meravigliosi occhi di Miss Esme, che lo guardavano insolitamente trepidanti, come a chiedergli aiuto. E come avrebbe potuto non rispondere a quella preghiera?
   - Miss Esme, - chiese con gentilezza – posso accompagnarvi a casa? E’ molto tardi.
   - Certo. – rispose lei, in un soffio – Grazie, maestro.
   Senza aggiungere altro, Carlisle la prese sottobraccio e insieme si incamminarono nella direzione opposta a quella che egli aveva preso in precedenza. L’uomo che aveva discusso con Miss Esme non li seguì, si limitò a guardarli andare via, scuotendo la testa e Carlisle non avrebbe saputo dire se in quel gesto c’era delusione o disprezzo.
   - Chi è quel signore? – chiese alla cantante.
   - Oh… - Miss Esme arrossì – E’ una storia lunga.
   - Raccontatemela allora.
   Miss Platt scosse il capo: - No, vi prego, non ne voglio parlare. Ma vi ringrazio di avermi difesa.
   Camminarono in silenzio, per un breve tratto. Carlisle non lasciò mai il braccio di Esme, né lei accennò a volersi staccare. Il direttore d’orchestra pensò che era meraviglioso poter passeggiare accanto a una donna così bella e dolce: si sforzò di accantonare il pensiero che gli sarebbe piaciuto farlo ogni sera, ma non ci riuscì.
   Oh, come gli sarebbe piaciuto! Rincasare insieme a Esme, dopo una giornata di lavoro, vedere il suo sorriso sereno, poter baciare il suo bellissimo viso. Se solo… se solo Esme avesse voluto… se solo lui avesse trovato il coraggio di fare ciò che il suo cuore gli suggeriva, ormai da tanto tempo…
   Giunsero, troppo presto, davanti alla casa dove Esme abitava, insieme alla sua famiglia. Carlisle fece per dire qualcosa, ma le parole gli morirono in gola, quando si accorse che Miss Platt stava piangendo, in silenzio.
   - Esme, mia cara… - mormorò, dimentico di ogni cautela – Perché piangete?
   La donna scosse il capo, come a scusarsi: - Non è nulla, davvero, perdonatemi.
   - Che cosa vi ha detto quel signore, prima? – insistette Carlisle.
   Esme sorrise a fatica: - Quel signore avrebbe dovuto diventare mio marito, cinque anni fa. Io stessa scoprii che voleva sposarmi solo per interesse e ruppi subito il nostro fidanzamento, ma lui continua a ripetermi che non è così, che mi ama e che non rinuncerà a me. Questo però non è vero, lo so e non intendo accettare di sposarlo.
   - Avete ragione, Miss Esme. – rispose Carlisle con calore – Voi meritate qualcuno che vi ami con tutto il cuore e che si prenda cura di voi.
   Esme sorrise ancora, più serena: - Grazie di queste parole, maestro… Non ho ancora perso la speranza di trovare un uomo che mi accetti per quella che sono.
   Forse l’avete già trovato! avrebbe voluto dirle Carlisle, ma non era il momento, né il luogo per una simile dichiarazione.
   - E' meglio che entriate in casa, Miss Esme. – le disse invece, con dolcezza – Posso chiedervi una cortesia, prima che ci separiamo? Mi piacerebbe molto poter passeggiare ancora insieme a voi. Me lo permetterete?
   Il sorriso di Esme si allargò, riempiendo di gioia il cuore di Carlisle: - Certamente, Carlisle. Volevo dire... maestro...
   - Oh no, chiamatemi pure Carlisle! Buonanotte Miss Esme e grazie.
   - Sono io che devo ringraziarvi. Buonanotte... Carlisle.
   L'uomo aspettò che avesse varcato la soglia, quindi si incamminò di nuovo verso casa, immerso nei propri pensieri. Il suo incontro con Esme gli appariva come un sogno meraviglioso. Purtroppo era già finito.
   Era ormai giunto a destinazione, quando una voce allegra lo fece sussultare.
   - Carlisle! Ti ho cercato dappertutto, dov’eri finito?! Dobbiamo brindare, vecchio mio, dobbiamo brindare!
   Carlisle si voltò, ancora stordito. Emmett Mc Carty correva verso di lui, con gli occhi che brillavano e il viso rosso per l’entusiasmo. In mano stringeva un foglio che sventolò sotto il naso dello stupefatto direttore d’orchestra.
   - Ha accettato! – gridò, incurante dei passanti – Whitlock ha accettato! Sarà qui domani! Qui, al Flower! Non ci posso credere… siamo salvi!


Piaciuto??
Fatemelo sapere con una piccola recensione!
Un abbraccio e alla prossima settimana! Nel prossimo capitolo ritroveremo Bella e ci sarà una piccola sorpresa!

A presto!

Niniane

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Capitolo 8
*** VIII ***


Buongiorno e ben ritrovate a tutte voi lettrici che seguite tanto gentilmente la mia storia: grazie per le recensioni a Camilla L, Dills Nightmare, Orsacchiotta Potta Potta, cristalblu, Betely, maura 77 e dany60! Il nuovo capitolo è stato un po' sofferto, ma alla fine sono riuscita a scriverlo! Godetevelo!



L'amore è un Canto


VIII



    Isabella Swan osservava, senza in realtà vederla, la propria figura riflessa nel grande specchio; la sua mente era altrove. Chiusa nel camerino di Miss Angela Weber, avvolto in un silenzio ovattato, Isabella sognava.
   - Non se ne ricorderà mai… - sospirò d’un tratto.
   Era il 21 febbraio: la notizia dell’imminente arrivo a New York di Mr Jasper Whitlock si era diffusa alla velocità della luce, complice anche un articolo apparso sull’edizione del mattino del Times e l’euforia che serpeggiava negli ambienti del Flower era palpabile, al punto che l’edificio stesso sembrava prendervi parte.
   Il giovane e brillante maestro sarebbe arrivato nel pomeriggio e il signor Mc Carty aveva dato disposizioni affinché l’intero teatro fosse tirato a lucido. Isabella era arrivata alle nove e aveva visto Mr Carlisle Cullen insolitamente inquieto, mentre i solisti, silenziosi e guardinghi come non mai, avevano fatto il loro ingresso, come se cercassero in tutti i modi di rendersi invisibili. Gli occhi azzurri di Miss Hale non erano riusciti a nascondere la preoccupazione della primadonna; Mr Masen era pallido come un fantasma; solo Miss Platt era tranquilla come sempre, anche se un po’ taciturna.
   Isabella sospirò, attorcigliando una ciocca di capelli attorno a un dito: i suoi colleghi avevano ragione ad essere preoccupati. Era probabile che Whitlock avrebbe fatto loro un’audizione, prima di decidere se intendeva rimanere effettivamente a disposizione del Flower e senza dubbio sarebbe stato un esaminatore severo. Lei non avrebbe avuto l’onore di fargli ascoltare la sua voce, perché negli spettacoli che il maestro avrebbe diretto, non doveva cantare. Ma non le importava. No, non importava.
   Isabella sorrise, improvvisamente raggiante, nello specchio. Avrebbe incontrato Jasper Whitlock e avrebbe potuto parlargli, dirgli quanto lo ammirava… dirgli… dirgli…
   - No, non può ricordarsi di me… - si ripeté per l’ennesima volta. Inutilmente, perché il suo cuore non voleva ascoltare le sue stesse parole.
   Il suo cuore ragionava in modo completamente diverso, perché ricordava perfettamente quella sera.
   Isabella aveva sedici anni ed era sbarcata in Italia da poco. La sua insegnante, la signora Malanotte, l’aveva portata a vedere il Trovatore, di Giuseppe Verdi, al Teatro dell'Opera di Roma. Era una splendida notte d’estate, l’aria era frizzante e il cielo era blu cobalto. E sul podio c’era lui, Jasper Whitlock. Isabella non l’aveva notato fino alla fine della rappresentazione, quando era stato salutato da scrosci di applausi. Solo allora si era accorta di lui e ne era rimasta profondamente colpita. Non aveva mai visto un maestro d’orchestra così giovane: non poteva avere più di ventitré o ventiquattro anni. Ed era straordinariamente bello.
   La fanciulla e la sua insegnante avevano impiegato molto tempo a lasciare il teatro, perché la signora Malanotte aveva incontrato diverse persone che conosceva. Ad un tratto, del tutto inaspettatamente, Isabella si era trovata poco distante da Jasper Whitlock, impegnato in una fitta conversazione con altri due uomini. Isabella gli aveva lanciato un’occhiata piena di curiosità e lui si era voltato a guardarla.
   Aveva guardato proprio lei, Isabella Marie Swan!
   Gli occhi della ragazza avevano incontrato uno sguardo color dell’ambra, dolce, profondo e riflessivo, che le era sceso fino al cuore e lì si era piantato, come una scheggia dolorosa. Isabella, turbata come non le era mai successo in tutta la sua vita, era rimasta immobile, assorta nella contemplazione di quel volto meraviglioso e ne aveva memorizzato ogni particolare.
   Poi Whitlock si era girato verso qualcun altro e la magia era finita, ma da quella sera, ogni volta che Isabella sognava di incontrare il proprio principe da fiaba, questi assumeva immediatamente i lineamenti del giovane musicista.
  Non si sarebbe mai ricordato di lei. Isabella non era sciocca, non si aspettava che quel personaggio tanto famoso, che viaggiava in continuazione, riconoscesse una ragazzina incontrata per caso dopo uno spettacolo, ben sette anni prima e con la quale non aveva scambiato nemmeno una parola.
   - Ma mi ha guardata… - rifletté, sfogando la propria euforia con una giravolta – Potrebbe ricordare!
   In quel momento qualcuno bussò alla porta.
   - Chi è? – chiese Isabella, arrestandosi di colpo e già vergognandosi del proprio comportamento infantile.
   - Bella, sono Alice!
   - Oh! – fece Isabella, sollevata – Entra pure, Alice!
   La porta si aprì e Alice Brandon si catapultò all’interno.
   - Oh, Bella, scendi, presto! E’ qui, è arrivato!
   - Cosa? Chi? Chi è arrivato!
   - Lui, Mr Whitlock! Sta entrando in questo momento, il signor Mc Carty è con lui e credo che ci sia anche il signor Cullen! Ah, non ho mai visto la nostra cara Miss Hale così nervosa, credo che tema per la propria reputazione, per la prima volta in vita sua! E Mr Masen, dovresti vederlo! Bianco come un cadavere!
   Mentre parlava, Alice aveva trascinato la cantante fuori dal camerino e, tirandola per il polso, aveva iniziato con lei a scendere le scale, diretta all’ingresso del Flower.
   - Perfino Jane e Alec oggi sono preoccupati! – continuò – Mrs Ellerton ci ha fatto fare il doppio di esercizi di riscaldamento… è incredibile, non trovi? Sono tutti fuori di sé per l’arrivo di questo signore… ma tu non dici niente? Bella…?
   Alice si voltò verso la sua amica e solo allora vide che Isabella era pallida e che i suoi occhi fissavano il vuoto, sgranati e spaventati.



*           *            *  


   - Maledetti taxi…
   Jasper Whitlock era di pessimo umore: il viaggio da Baltimora e New York era stato un disastro, aveva rischiato di perdere il bagaglio, il treno era partito in ritardo e per finire aveva faticato a trovare un taxi che lo portasse fino a questo fantomatico White-Flower Opera. Dunque, la sua pazienza, già non illimitata, era sul punto di esaurirsi.
   Quando arrivò davanti al teatro, osservò attentamente l’esterno del palazzo, cercando di farsi un’idea di che cosa lo aspettava. L’edificio era imponente e aveva una certa eleganza, niente da dire. Non era grande, ma Jasper aveva visto teatri di tutti i generi e sapeva che le misure in metri cubi di un edificio non dicevano nulla sulla qualità di ciò che si produceva all’interno. Certo, non dovevano girare tanti soldi, là dentro: il giovane ne ebbe l’immediata conferma quando un uomo (evidentemente il signor Mc Carty, quello del telegramma) gli venne incontro, tutto sorrisi e salamelecchi. Nessun dubbio, in proposito: era stato chiamato perché in quell’ambiente avevano un disperato bisogno di farsi pubblicità. Il suo umore peggiorò ulteriormente.
   - Benvenuto, Mr Whitlock, maestro. – lo salutò lo sconosciuto, con calore, quando furono faccia a faccia – Io sono Emmett Mc Carty, il proprietario del White-Flower Opera. Avete fatto buon viaggio?
   - No, affatto. – rispose Jasper, più bruscamente di quanto avesse voluto. Quel tipo non gli piaceva granché.
   - Oh, mi dispiace… - fece Mc Carty, spaesato – Venite nel mio ufficio, così potrete sedervi e riposare e potremo parlare in santa pace.
   L’impresario lo precedette in una stanza molto semplice, ma graziosa, nella quale li attendeva un uomo sui trentacinque anni, il tipico yankee, biondo e con gli occhi azzurri, che si alzò non appena li vide entrare.
   - Vi presento il maestro Carlisle Cullen, il direttore della nostra orchestra. – disse Mc Carty a Jasper.
   - Sono davvero onorato di poter fare la vostra conoscenza.
   Mr Cullen disse queste parole in tono talmente gentile e pacato, che Jasper Whitlock non se la sentì proprio di guardarlo dall’alto in basso, anche se probabilmente tra loro due c’era una differenza tangibile di esperienza e fama.
   - Il piacere è mio. – rispose quindi, educatamente.
   - Sedete, maestro. – intervenne Mc Carty – Posso offrirvi un bicchiere di vino?
   - Grazie, signor Mc Carty.
   Dopo che tutti e tre si furono accomodati, l’impresario iniziò a parlare diffusamente della storia (piuttosto breve) del suo teatro, di come egli se ne fosse sempre occupato con amore, della bravura degli artisti che vi lavoravano. Jasper non impiegò più di due minuti a capire che era innamorato della primadonna, una certa Miss Rosalie Hale di cui non aveva mai sentito parlare.
   -… abbiamo pensato che il pubblico sarebbe stato attratto dalla presenza di un personaggio famoso come voi e pertanto vi chiediamo di dirigere tre dei nostri spettacoli: il balletto “Il lago dei Cigni” e due opere liriche, “La Fanciulla del West” e “Lucia di Lammermoor”, con cui la nostra stagione si chiude. – concluse Mc Carty, tutto d’un fiato.
   Jasper rimase in silenzio per un lungo istante, valutando quale delle tante domande che gli si affacciavano alla mente, fosse il caso di porre per prima.
   Alla fine si rivolse al maestro Cullen:
   - Voi siete d’accordo con la proposta del signor Mc Carty? – chiese - Non voglio che mi si accusi di avervi sottratto il podio.
   - Sono assolutamente d’accordo con il mio impresario. – rispose Carlisle Cullen con gentilezza – Il Flower necessita di un cambiamento, di qualcosa che rompa la monotonia, e per me sarebbe un grande onore cedere a voi il podio. Sono stato io a suggerire al signor Mc Carty il vostro nome.
   Jasper Whitlock rimase colpito da quell’informazione.
   - In questo caso vi ringrazio, signore. – disse, con sincerità – E’ raro trovare colleghi di lavoro disponibili come voi.
   - Oh, questo fa parte del mio carattere. – replicò Cullen con un sorriso – Io sono anche troppo accomodante, lo dico sempre. Tuttavia, sono riuscito ad abituare la mia orchestra a lavorare in modo disciplinato: sarete ascoltato con rispetto da tutti i suoi componenti, se accetterete.
   Lo sguardo di Jasper corse da Cullen a Mc Carty.
   - Non conosco i cantanti. – disse, misurando le parole – Desidero poterli incontrare singolarmente, in modo da ascoltare le loro voci: se mi convinceranno, accetterò l’incarico, altrimenti le nostre strade si divideranno subito… Sono molto esigente nel mio lavoro, signori e troppo spesso, in passato, ho dovuto accettare di collaborare con artisti pieni di sé, del tutto privi di competenza. Non fraintendetemi, non voglio criticare il vostro cast prima ancora di averlo esaminato, ma solo avvertirvi del fatto che non ho intenzione di perdere il mio tempo. Pertanto, con il vostro permesso, farò a ciascun cantante un’audizione della durata di mezz’ora circa.
   - Naturalmente. – rispose subito Mc Carty, annuendo calorosamente – Sono certo che rimarrete soddisfatto: la nostra Miss Hale…
   - La vostra Miss Hale, signor Mc Carty, è per me un’estranea. – rispose Jasper, educatamente, ma con fermezza – Se è brava come dite, sarete il primo a saperlo.
   - Oltre a Miss Rosalie Hale, - intervenne Mr Cullen, alzandosi – dovrete ascoltare il tenore, Mr Edward Masen, il mezzosoprano, Miss Esme Anne Platt e il baritono, Mr Richard Johnson. Li avvertirò subito della vostra decisione.
   - Un momento. – lo interruppe Jasper – Supponiamo che io accetti: quanto ci guadagno?
   Cullen tornò a sedersi, quasi al rallentatore.
   Mc Carty impallidì visibilmente: forse aveva sperato che l’argomento non fosse affrontato tanto in fretta.
   - Noi vi offriamo quindicimila dollari. – disse, quasi pigolando.
   Jasper lo guardò come se fosse pazzo:
   - Ventimila. – replicò.
   Mc Carty e Cullen si scambiarono un’occhiata ansiosa.
   - Ventimila sono tanti, – disse l’impresario e Jasper intuì che stava sudando freddo – possiamo offrirvi al massimo diciassettemila dollari.
   - Ventimila. – ripeté il direttore d’orchestra, senza scomporsi.
   - Diciotto? – tentò ancora Mc Carty, speranzoso.
   - Ventimila o niente.
   Seguì un istante di tesissimo silenzio. Poi Mr Cullen intervenne, con calma:
   - Mr Whitlock, noi vi stiamo chiedendo un favore: il teatro è in difficoltà e voi potreste salvare la nostra stagione. So che siete abituato a guadagnare cifre molto alte e a lavorare con artisti di primissimo livello, ma non vi piacerebbe, per una volta, fare qualcosa di diverso? Avete già diretto gli spettacoli di cui vi abbiamo parlato, il vostro incarico non sarebbe più gravoso di tanti altri che avete accettato. Inoltre, credo di poter affermare con una certa sicurezza che il denaro non vi manca. Noi vi garantiamo la massima pubblicità, il Times ha già pubblicizzato il vostro arrivo, come avete potuto notare entrando e io vi do la mia parola che musicisti, cantanti e ballerini saranno a vostra completa disposizione. Vi prego, aiutateci: ascoltate almeno i nostri solisti, poi deciderete.
   Jasper abbassò lo sguardo, colpito, suo malgrado, dalle parole del nuovo collega. Avrebbe preferito che Carlisle Cullen fosse stato freddo e arrogante, perché sarebbe stato molto più semplice rispondergli a tono e poi andarsene da quel piccolo e oscuro teatro. Una richiesta così gentile e accorata, invece, era difficile da rifiutare: era vero, il denaro non gli mancava, era stanco dei soliti ambienti frivoli e vuoti dove ricchezza e corruzione erano una cosa sola. Era stanco di viaggiare, di innervosirsi per essere stato coinvolto in problemi che non gli interessavano, di sfuggire alle avances delle primedonne che ormai da anni lo inseguivano da un continente all’altro…
   Infondo ormai era New York: sarebbe stato onesto fare almeno l’audizione ai solisti, prima di andarsene, altrimenti avrebbe fatto la figura dell’avaro che accetta gli incarichi solo quando sono pagati profumatamente. E poi, c’era lei: Lucia di Lammermoor… da quanto tempo non la dirigeva? Gli mancava quell’opera, gli mancava moltissimo.
   - E va bene. - si arrese – Ascolterò i vostri solisti ad uno ad uno. Avvisateli che siano pronti entro un’ora.
   Carlisle Cullen si illuminò e sorrise a Jasper, di nuovo, con calore.
   - Grazie, maestro. Sarà fatto.



Eh eh eh! Il nostro Jasper sta facendo vedere i sorci verdi al povero Emmett e al povero Carlisle! Intanto, la nostra piccola Bella sogna ad occhi aperti proprio lui e non vede l'ora di incontrarlo, anche se alla notizia del suo arrivo appare terrorizzata...  Che cosa succederà adesso? Il prossimo capitolo, nelle mie intenzioni, dovrebbe essere uno dei più divertenti della storia: ci sarà la quadruplice audizione e vedremo Jasper alle prese con un'inedita Alice!  Nel frattempo, se voleste lasciarmi un parere su questo capitolo vi sarei molto grata!
Buona giornata e un abbraccio!
Alla prossima settimana!
Niniane

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Capitolo 9
*** IX ***


Buona giornata e buona settimana, carissime lettrici! Sono tornata con il nuovo capitolo che spero vi piacerà. Ora, una comunicazione: nell'altra mia storia "Luna di Mezzanotte" ho ricevuto un paio di recensioni che erano un cumulo di stupidaggini, tutte in fila. Dato che io, personalmente, ci metto impegno e attenzione, nelle mie storie, invito coloro che recensiscono solo per fare commenti senza senso a stare alla larga dal mio account e dalle mie storie. Preferisco una recensione critica, ma intelligente e costruttiva a una positiva, ma che fa cadere le braccia da quanto è stupida.
Ok, mi scuso per questo avviso, non volevo apparire minacciosa, so che qui ci sono persone molto carine e gentilissime che mi seguono e che ringrazio, di nuovo. Solo che qualche volta, certe cose fanno irritare e parecchio.
Ora la smetto di fare la noiosa e vi lascio al capitolo! Buona lettura!



L'amore è un Canto


IX


   Carlisle Cullen accompagnò Jasper Whitlock nella stessa sala dove Miss Swan aveva sostenuto il suo provino, poi, lasciato il collega, si affrettò a recuperare i solisti e a prepararli a ciò che li aspettava. Nessuno mosse la benché minima obiezione, nemmeno l’algida Miss Hale, che si limitò ad annuire, rigida come un manico di scopa.
   Carlisle era, generalmente, una persona discreta come poche, ma in quel caso non poté resistere alla tentazione di tenere d’occhio il lavoro di Mr Whitlock. Non perché temesse che si comportasse in modo scorretto verso i cantanti, anzi, quel giovane eccentrico gli piaceva molto e gli dava fiducia. Tuttavia, era curioso e desiderava vederlo sul campo: faticava a immaginarlo dirigere un’orchestra, era così tenebroso e affascinante, bello come un attore...
   Esattamente un’ora dopo l’incontro tra Carlisle, Jasper ed Emmett, i quattro solisti erano tutti riuniti davanti alla porta della sala: nessun chiacchiericcio sommesso, nessun battibecco, erano tutti in attesa.
   La prima a entrare, sotto lo sguardo premuroso di Carlisle, che era rimasto nel corridoio insieme al gruppetto, fu Miss Platt. Uscì dalla sala venti minuti dopo, sorridente e perfettamente a proprio agio:
   - E’ una persona deliziosa! – annunciò, rivolta ai suoi colleghi – E’ stato estremamente gentile, ha detto che la mia voce è proprio ciò di cui ha bisogno. Mi ha dato alcuni consigli utili, riguardanti il ruolo di Alisa e mi è parso molto soddisfatto.
   In Lucia di Lammermoor, Esme doveva cantare la parte di Alisa, la dama di compagnia della protagonista; nella Fanciulla del West, invece, avrebbe interpretato un ruolo meno importante, quello della moglie dello sceriffo.
   Il secondo a sostenere l’audizione fu Mr Johnson, il baritono, il quale non riapparve che dopo mezz’ora. La sua audizione era stata comprensibilmente lunga, perché in entrambi gli spettacoli che (forse) Whitlock avrebbe diretto, avrebbe sostenuto il ruolo dell’antagonista, crudele e senza cuore: naturalmente il giovane maestro d’orchestra aveva dovuto dedicargli molto tempo.
   Anche Mr Johnson appariva soddisfatto:
   - Mi piace molto, questo Whitlock! – commentò – E’ un tipo pratico, quasi alla mano, nonostante le apparenze. Ha detto perfino che potrei tentare una carriera in un teatro più grande… spero davvero che resti, lavorare con lui sarebbe un’esperienza utile.
   A quel punto toccò a Edward Masen, la cui audizione durò addirittura tre quarti d’ora. Carlisle, che dopo i provini di Miss Platt e Mr Johnson aveva iniziato a rasserenarsi, provò una fitta d’ansia quando vide il tenore che usciva, corrucciato.
   - Mi ha detto che devo risolvere alcuni difetti tecnici! – dichiarò, in tono offeso – Dice che ho una bella voce, ma che devo assolutamente migliorare il modo in cui interpreto certi passaggi… Non capisco, nessuno mi ha mosso delle critiche così mirate, prima!
   Whitlock ha ragione pensò Carlisle tra sé, Masen deve applicarsi molto di più se vuole trionfare davvero. Io faccio sempre una fatica terribile a imporgli le mie scelte e invece lui, in due parole si è spiegato perfettamente…
   Miss Hale entrò per ultima e, del tutto inaspettatamente, la sua audizione fu la più breve. Dopo dieci minuti, i gorgheggi della primadonna non si udirono più, ma Rosalie impiegò molto tempo prima di uscire e Carlisle intuì che doveva aver discusso con Mr Whitlock nell’istante stesso in cui riapparve. La signorina, infatti era rossa come un papavero e i suoi occhi lanciavano scintille:
   - E’ un affronto! – strillò, rivolta a tutti i presenti – Non ci posso credere! Nessuno mi ha mai trattata in questo modo!
   - In quale modo, Miss Hale? – chiese Carlisle, allarmato, precipitandosi al suo fianco.
   - Dice – sibilò lei, furibonda – che io non sono in grado di cantare la parte di Lucia!
   Seguì un lungo silenzio carico di tensione e incredulità.
   Prima che Carlisle trovasse qualcosa da rispondere a Rosalie, la porta della sala si spalancò, facendo sobbalzare tutti:
   - Io non ho detto nulla di simile! – tuonò Whitlock, ancora più alterato del soprano – Vi ho detto, Miss Hale, che potrete sostenere egregiamente il ruolo di Minnie, ma non quello di Lucia: la vostra voce non è adatta alla parte e voi lo sapete benissimo, ma, presuntuosa come siete, non volete accettarlo. Voi avete molto talento, Miss, ma esso non è illimitato: non potete pretendere di cantare qualsiasi cosa, pur di fare carriera. Oltretutto finireste col rovinare la vostra bellissima voce.
   - Ne parlerò al signor Mc Carty! – replicò Rosalie, sempre più inviperita – Non dubitate!
   - Fate pure! – rispose Whitlock, per nulla impressionato, con un alzata di spalle – Quanto a me, credo che il mio lavoro qui sia finito.
   Carlisle si fece largo tra i cantanti esterrefatti per raggiungerlo:
   - Come? – chiese agitato - Non… non rimanete?
   Jasper Whitlock sostenne il suo sguardo con fierezza:
   - Maestro, - disse in tono cortese, ma fermo – ho dato una possibilità ai vostri cantanti, come mi avete chiesto. Purtroppo non sono stato pienamente soddisfatto e pertanto non ritengo utile alla mia carriera lavorare qui. Tutto ciò non ha niente a che vedere con voi: vi prego di scusarmi e di non insistere, perché non cambierò idea. Addio, Mr Cullen. – Jasper fece un cenno del capo agli altri – Signori, i miei rispetti.



*           *            *



   Alice Brandon aveva osservato l’intera scena dal basso, nascosta nel vano delle scale. Aveva ascoltato la discussione tra Miss Hale e il signor Whitlock e quando il direttore aveva annunciato di volersene andare aveva provato un senso di scontento del tutto nuovo.
   Non era giusto che Miss Hale continuasse a spadroneggiare al Flower in quel modo! Se il maestro non l’aveva ritenuta adatta al ruolo di Lucia doveva esserci un motivo. Alice non capiva nulla di canto e di soprani, ma ricordava benissimo che Bella aveva studiato quella famosa partitura, gliene aveva parlato, al loro secondo o terzo incontro. Forse lei sarebbe piaciuta al maestro…
   Da giorni, Alice desiderava fare qualcosa per la sua amica: non aveva ancora trovato il modo di ringraziarla per come l’aveva aiutata durante la prima, quando i suoi rivali le avevano distrutto il costume. Si era affezionata a Bella e a suo padre, che erano riusciti, in poco tempo, a farle vedere sotto una luce del tutto nuova, la sua vita al Flower.
   Se Bella si era dedicata in passato a studiare il ruolo di Lucia, su consiglio della sua insegnante, c’era un alta probabilità che fosse preparata almeno quanto Miss Hale. Le due cantanti erano così diverse l’una dall’altra…
   Se solo fosse riuscita a fermare Mr Whitlock, prima che se ne andasse definitivamente…
   Ma come poteva lei avvicinarsi a quel personaggio tanto importante? E che cosa avrebbe potuto dirgli, che risultasse credibile? Era solo una ballerina.
   Solo una ballerina…
   All’improvviso ebbe un’idea: appunto perché era una ballerina, poteva trovare il modo di fermare, fisicamente, Mr Whitlock.
   Lo tenne d’occhio, mentre scendeva l’ampia scalinata in marmo e fece in modo di avvicinarsi a lui, fingendo di camminare per conto proprio. Poi, quando gli fu abbastanza vicina… si lasciò scivolare a terra con un movimento fluido, fingendo uno svenimento in piena regola.
   Un istante dopo udì l’uomo fermarsi e accostarsi a lei.
   - Signorina? – chiese una voce profonda – Mi sentite? Signorina?
   Alice aprì lentamente gli occhi, fingendo di riprendersi:
   - Oh! – disse debolmente – Sì… sto meglio… è stato solo un mancamento…
   - Dove posso accompagnarvi? Riuscite ad alzarvi? – chiese l’altro, sollecito.
   - Il mio camerino è qui vicino. – disse Alice, complimentandosi in cuor suo con sé stessa, perché il suo piano stava funzionando – Se non vi fosse di troppo disturbo darmi il braccio, signore…
   - Naturalmente, signorina. Appoggiatevi a me.
   Alice fece come Whitlock le chiedeva e pensò che quel giovane era davvero gentile e premuroso: doveva assolutamente riuscire a parlargli in favore dell’amica.
   Quando furono arrivati, Alice si lasciò aiutare ad adagiarsi un una sedia.
   - Posso portarvi dell’acqua? – le chiese l’uomo, scrutandola, preoccupato.
   Alice si schiarì la voce.
   - Veramente, signore… ecco… non andate in collera, ma io desidero parlarvi! – disse tutto d’un fiato.
   L’altro inarcò le sopraciglia: - Parlarmi? E di che cosa? Aspettate! – disse all’improvviso, come se avesse appena capito qualcosa che prima non aveva notato – Voi avete solo finto di svenire! Avrei dovuto immaginarlo!
   - Che cosa? – chiese Alice smarrita
   Whitlock la fissò, disgustato.
   - Le ballerine! Siete tutte uguali, voi! Quale miglior modo di sedurre un uomo che fingere di svenire?
   - Sedurre? – fece Alice, sempre più esterrefatta e confusa – Io? Signore, vi prego, credetemi, siete in errore! Non è per sedurvi che vi ho portato qui!
   - Ah no? – la canzonò Whitlock – E per quale motivo, allora, una ballerina vorrebbe parlare con me? Sono stato uno sciocco, avrei dovuto capirlo prima! – aggiunse, apprestandosi ad uscire.
   Alice balzò in piedi e lo afferrò per un braccio.
   - Signore, aspettate! Non avete ascoltato tutti i cantanti del Flower!
   Whitlock si bloccò immediatamente:
   - Come avete detto? – chiese trasognato
   - Non li avete ascoltati tutti. – continuò Alice, più calma – Io credo che dovreste dare una possibilità anche a Miss Isabella Swan. Potrebbe essere lei la… la vostra… Lucia…
   E fu con immensa soddisfazione che Alice vide il giovane voltarsi nuovamente verso di lei, improvvisamente attento.
   - Spiegatemi per bene di cosa state parlando, Miss.
   Alice gli parlò della ragazza venuta da Filadelfia per sostituire l’assente Miss Weber, di come si fosse fatta onore durante le recite e ribadì che era sicurissima del fatto che avesse studiato la parte di Lucia. Jasper Whitlock la ascoltò attentamente e dopo che Alice ebbe finito di parlare le si rivolse in tono garbato.
   - Non sapevo nemmeno che questa Miss Swan esistesse. E’ gentile da parte vostra preoccuparvi per lei. E vi debbo delle scuse, Miss Brandon, non avrei dovuto giungere a conclusioni affrettate.
   Alice sorrise con tristezza:
   - Non scusatevi. – mormorò – So fin troppo bene di quale reputazione godono le ballerine.
   Chinò il capo, timorosa di sostenere lo sguardo indagatore del giovane che aveva davanti.
   - Sono mortificato, Miss Brandon. – continuò lui – Non meritavate un trattamento tanto scortese. Dove posso trovare Miss Swan?
   Alice si illuminò: - Nel suo camerino, naturalmente! Vi condurrò io stessa, seguitemi!
   E con il passo aggraziato delle ballerine, Alice guidò Jasper Whitlock fuori dalla stanza.


Ragazze, vi assicuro che ci siamo, nel prossimo capitolo Jasper e Bella, finalmente si incontreranno! Alla prossima settimana, spero che avrete tempo e voglia di lasciarmi due parole di commento.
Un grande abbraccio
Niniane

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Capitolo 10
*** X ***




L'amore è un Canto

X


   - Non mi avevate detto che c’era un altro soprano, qui dentro! – esplose una voce profonda, amplificata dall’ampiezza del corridoio.
   Emmett Mc Carty, che si era aspettato di non rivedere mai più Mr Whitlock in vita sua, sobbalzò e con lui Carlisle e gli altri.
   L’impresario del Flower si affrettò a correre incontro al maestro, ma ebbe un attimo di incertezza, quando vide che accanto a lui spiccava l’esile figura di Alice Brandon. Poi fece due più due: ma certo! Quella ragazza doveva avergli parlato di Miss Swan! Ma… ma come diamine era riuscita a fermarlo prima che se ne andasse, quando Carlisle non ce l’aveva fatta?
   Emmett era stato chiamato d’urgenza da Miss Platt, la quale gli aveva riferito che l’audizione di Rosalie non era andata bene e che la primadonna era fuori di sé dalla rabbia. Allibito, perché non si aspettava certo un risultato del genere, si era affrettato a raggiungere il gruppetto e aveva scoperto che Whitlock se n’era appena andato: Carlisle non era riuscito a trattenerlo ed era stato piuttosto chiaro nel ribadire che il collega (per il quale sembrava nutrire molta stima) aveva il diritto di compiere le sue scelte artistiche e che infondo aveva mantenuto la promessa, aveva dato una possibilità ai cantanti.
   - Non è vero! – aveva strillato Rosalie – A lui non importa niente del Flower, voleva andarsene e ha trovato una scusa! La prossima volta che chiamerete qualcuno qui, Mr Mc Carty, vi prego di fare più attenzione, non intendo tollerare un altro affronto del genere!
   A quel punto, anche Emmett, per quanto fosse in genere un uomo paziente aveva perso le staffe:
   - Dannazione, donna! – aveva esclamato, rivolto a Miss Hale – Ma è mai possibile che mi rivolgete la parola solo per chiedermi di fare questo o quello? Non sono il vostro burattino, che diamine!
   Edward Masen aveva scelto proprio quel momento per lasciarsi sfuggire una risatina, evidentemente gongolava al pensiero che la sua rivale avesse subito quello smacco. Emmett si era scagliato anche contro di lui:
   - Insomma, volete finirla tutti quanti? Carlisle ha ragione, avete avuto la vostra audizione! Non è andata come volevate? Pazienza! Io non ho intenzioni di ascoltare i vostri capricci, avete capito? Ho problemi più importanti da risolvere, in questo momento! Tornate al lavoro, immediatamente!
   La sfuriata di Emmett aveva sorpreso a tal punto i presenti, che nessuno aveva trovato qualcosa da ribattere. Per un momento erano rimasti tutti in silenzio, ed era stato allora che Jasper Whitlock li aveva fatti sussultare, rivelando di trovarsi ancora all’interno del Flower.
   - Mr Whitlock, - cominciò Emmett – Miss Swan è con noi solo per questa stagione e dato che negli ultimi due spettacoli non canta neppure, noi non abbiamo pensato che la sua voce potesse interessarvi….
   - Invece mi interessa. – disse Whitlock alzando le spalle – il vostro cast è di ottimo livello. Sì. parlo anche di voi, Mr Masen. – aggiunse, lanciando al tenore un’occhiata obliqua – Se Miss Hale cantasse nella Fanciulla del West e Miss Swan fosse in grado di cantare in Lucia, sarei soddisfatto. Perciò ora andrò a farle un provino.
   - Non è nemmeno stata avvertita! – commentò Rosalie, beffarda – Le prenderà un colpo!
   - Non vi ho chiesto di tacere? – proruppe Emmett. Miss Hale, sempre più incredula, tacque all’istante.
   Miss Brandon intervenne con voce dolce: - Non credo che Bella… voglio dire Miss Swan si spaventerà. Ha un carattere molto forte.
   - Dunque non perdiamo altro tempo. – concluse Whitlock. Fece un cenno di saluto collettivo e invitò Alice a condurlo altrove.
   Emmett annuì, poi fece un cenno a Carlisle e si allontanò, diretto al proprio ufficio. Non degnò di un’occhiata Rosalie: era stanco, davvero stanco. Quella donna gli aveva causato solo guai e sofferenza. Si era reso ridicolo pur di riuscire a conquistarla e non era servito a niente, lei pensava solo a sé stessa, al canto, alla sua carriera, alla sua reputazione…
   Ma è così importante tutto questo, nella vita? si chiese Emmett amaramente.



*           *           *



   - Ecco, il suo camerino è qui. – sussurrò Alice. Bussò discretamente alla porta della stanza davanti alla quale si erano fermati e dall’interno una voce melodiosa disse: - Alice, sei tu? Entra pure!
   Jasper Whitlock rimase correttamente all’esterno, quando Alice aprì la porta del camerino, per non importunare Miss Swan, nel caso questa non fosse stata in condizioni di riceverlo.
   La ballerina lasciò aperta la porta per metà e Jasper vide lo scorcio di una stanza luminosa e graziosamente arredata; il sole pomeridiano entrava dall’unica, grande finestra che era rivolta a ovest. Una giovane donna era seduta su una poltroncina, ma Jasper non la guardò: non perché non fosse curioso, ma semplicemente perché aveva pregato Alice di preparare l’amica alla visita che avrebbe ricevuto e se Miss Swan si fosse accorta di lui prima che la ballerina avesse avuto il tempo di parlarle, avrebbe potuto spaventarsi davvero.
   Sentì che Alice Brandon si rivolgeva in tono sommesso a Miss Swan e udì quest’ultima balzare in piedi ed esclamare: - E’ qui? Adesso?! E vuole sentirmi cantare?
   La voce di Alice riprese a parlare, cercando, evidentemente di tranquillizzarla e Miss Swan disse ancora: - Ho paura, Dio mio! Lui… lui è qui! Oh, Alice, fallo entrare!
   Alice si accostò nuovamente alla porta e Jasper, finalmente, poté entrare nella stanza.
   I suoi occhi corsero subito a Miss Swan e quando incrociarono quelli della ragazza, provò una strana sensazione.
   Gli sembrava di aver già visto, da qualche parte, quella fanciulla.
   Era bella. Anzi no, era bellissima. I suoi occhi color cioccolato si armonizzavano perfettamente con il candore della sua pelle e con il castano dei capelli inanellati. Era esile e non molto alta, minuta e fragile. Quanti anni poteva avere? Venti, o qualcosa di più, era difficile da dire, il suo viso era così angelico… eppure era una cantante in carriera, quindi non poteva essere troppo giovane. Jasper non poté fare a meno di pensare che sarebbe stata una Lucia meravigliosa, almeno sulla scena. Se solo avesse cantato come lui sperava…
   - Miss Swan, mi scuso infinitamente per questa intrusione. – disse, cercando di apparire il più educato possibile – Come forse sapete già, ho ascoltato le voci di tutto il cast del Flower, tranne la vostra, perché non mi era stato parlato di voi. Vorrei poterlo fare ora, se per voi va bene.
   Miss Swan fece una sorta di piccola riverenza, che Jasper trovò buffa e commovente allo stesso tempo.
   - E’ un onore conoscervi, maestro. – disse la signorina, con voce così tremante che chiunque avrebbe capito che era non solo spaventata, ma terrorizzata – Naturalmente per me va benissimo… Che cosa vorreste ascoltare?
   - Alcuni punti dello spartito della Lucia. – rispose Jasper
Miss Swan alzò gli occhi, sorpresa: - Credevo che l’avrebbe cantata Miss Hale!
   - La signorina non mi ha convinto. – le spiegò ancora Jasper – Desidero ascoltare anche la vostra voce e se ne sarò soddisfatto resterò al Flower fino alla fine della stagione. Dove possiamo andare? Credo che nella sala dove ho ascoltato gli altri, ci sia ancora una certa confusione…
   - C’è una stanza con un pianoforte riservata a me. – sussurrò Miss Swan – Venite.
   Jasper si rivolse ad Alice: - Miss Brandon, venite anche voi.
   - Come volete. – rispose Alice, sorpresa.
   Il terzetto lasciò il camerino e si diresse verso la stanza a cui Miss Swan si riferiva, un locale piccolo e semivuoto, quasi interamente occupato da un pianoforte a coda.
   Jasper si sedette e Miss Swan gli si avvicinò. Alice, invece, rimase in un angolo, cercando di far notare il meno possibile la sua presenza.
   - Vorrei ascoltare il cantabile del secondo atto, Miss. – cominciò Jasper, serio.
   Miss Swan annuì ed egli suonò l’introduzione del brano, ma quando la fanciulla inizio a cantare, la voce le si spezzò quasi immediatamente, in modo tanto evidente che perfino Alice dovette notarlo.
   La fanciulla, tuttavia, dimostrò di avere una personalità forte perché continuò a cantare, benché le note uscissero dalla sua bocca quasi a scatti.
   Jasper ascoltava e taceva, cercando di controllare la propria irritazione: se questo era il meglio che Miss Swan poteva fare, era un vero disastro!
   Dopo il cantabile, le chiese di eseguire anche la prima aria di Lucia. Miss Swan annuì, come prima, ma al momento di iniziare… non riuscì nemmeno a mettere suono.
   Jasper le lanciò un’occhiata sorpresa e gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime.
   A quel punto il giovane capì: povera bambina, era piombato nel suo camerino senza preavviso, chiedendole di cantare e mettendola sotto pressione, con la storia di Miss Hale che non l’aveva convinto. Che idiota.
   L’espressione umiliata di Miss Swan lo fece sentire improvvisamente malissimo.
   - Signorina, - disse con dolcezza – so che non vi aspettavate questo incontro, capisco che siate turbata, ma ditemi, vi faccio tanta paura che non riuscite a cantare?
   - No… - mormorò in fretta la fanciulla.
   - Non sono qui per giudicarvi, né tantomeno per offendervi, perciò, vi prego Miss, cantate senza timore, va tutto bene, davvero…
   Era una bugia, perché non stava andando affatto bene, ma Jasper ci teneva a rassicurarla. Funzionò, perché Miss Swan raddrizzò le spalle e disse con voce chiara: - Perdonatemi, maestro, sono una sciocca. Ricominciamo, vi prego.
   Ricominciarono e quando Miss Swan riprese a cantare, Jasper non poté trattenere un moto di sorpresa.
   Che voce, che timbro, che eleganza… Ed era… Dio mio, era così bella… Una Lucia meravigliosa, sì, lo sarebbe stata davvero! Che diamine, e pensare che aveva rischiato di non conoscerla neppure!
   A poco a poco Miss Swan parve acquistare sicurezza in sé stessa e al termine del provino riuscì perfino a sorridere, felice.
   Jasper ricambiò il sorriso e disse, con una voce commossa che lo colse di sorpresa: - Avete visto, Miss, non c’era nulla di cui aver paura. Sarete una splendida Lucia.
   Miss Swan sbiancò e Alice, rimasta in disparte fino a quel momento le fu accanto in un salto, pronta a sorreggerla.
   - Io? Lucia? Intendete dire che volete me per quella parte?
   - E’ quello che ho detto.
   Miss Swan cercò di dire qualcosa, ma Jasper la fermò: - Andate, Miss, siete sul punto di svenire… le prove inizieranno domani mattina e vi voglio fresca e riposata. Se qualcuno dovesse farvi delle rimostranze perché vi ho scelta per Lucia, non ascoltate e poi venite da me, alloggerò qui in teatro, come faccio spesso, lo trovo molto comodo… Miss Brandon? Vorreste riaccompagnare Miss Swan al suo camerino e assicurarvi che stia bene?
   - Certamente! – rispose la ballerina e Jasper notò che sembrava molto gratificata.
   Miss Swan gli lanciò un’ultima occhiata e Jasper cercò di capire cosa le stesse passando per la testa: sembrava spaventata, stanca, felice, emozionata e anche… affascinata? Possibile?
   Jasper radunò gli spartiti rimasti sul pianoforte e dopo che le due signorine furono uscite rimase a lungo a fissare la porta chiusa.
   Non vedeva l’ora che fosse l’indomani, per rivedere Miss Isabella Swan.


Buongiorno ragazze! Allora, finalmente i due protagonisti si sono incontrati... al decimo capitolo! Caspita, che autrice lenta! A parte gli scherzi, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, io mi sono emozionata tantissimo scrivendolo!
Ci tengo a ringraziare tutte coloro che hanno recensito fino a qui, siete dei veri tesori:
Camilla L, Dills Nightmare, nanerottola, maura 77, dany60, Molly_98, miss_lalla, Cordelia89, Betely, Orsacchiotta Potta Potta, Argentea e corinna_black303.
Ci vediamo la prossima settimana con il nuovo capitolo, nel quale vedremo Jasper sul podio, Bella sul palco, insieme a Edward, Esme e Alice, Carlisle sempre presente, benché in disparte e Rosalie e Emmett alle prese con il loro strampalato amore!

Nota: quando mi riferisco a Lucia di Lammermoor, spesso la abbrevio semplicemente in Lucia (scritto in corsivo) quando invece mi riferisco alla protagonista di quest'opera scrivo Lucia in carattere normale.

Un abbraccio!
Niniane

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Capitolo 11
*** XI ***



Buongiorno ragazze, sono tornata come di consueto, anche questa settimana con un nuovo capitolo. Devo ringraziare sul serio, alla fine, tutte coloro che mi stanno seguendo, non credevo che questa storia sarebbe piaciuta a tante persone. Spero che continuerete a lasciarmi i vostri pareri, mi aiutano a continuare serenamente: questa storia non è molto lunga, devo ancora decidere a quanti capitoli arriverà, ma non saranno molti, e io trovo che mi stia venendo bene, insomma ne sono orgogliosa, lo ammetto. Mi auguro che vi piacerà fino alla fine! Un abbraccio e buona lettura!


L'amore è un Canto



XI

  
   La giornata del 22 febbraio si preannunciò cupa e tempestosa fin dalle prime ore del mattino: una fitta pioggia iniziò a frustare l’intera città, quando ancora era buio e alle dieci, nulla faceva ancora pensare che la situazione metereologica sarebbe migliorata.
   Miss Rosalie Hale, in piedi accanto alla finestra della sua stanza, osservava il cielo grigio e pensava con amarezza che perlomeno quel giorno le sarebbe stato risparmiato il viaggio in auto fino al Flower. Una magra consolazione, certo, ma forse anche quello era meglio di niente.
   Durante la stagione operistica, Rosalie alloggiava a New York, in casa di una delle sorelle di sua madre, una zia che era sempre felice di ospitarla e che le permetteva di esercitarsi ogni qualvolta ne aveva bisogno, senza mai lamentarsi, orgogliosa di avere una cantante famosa per nipote. Per Rosalie era un sollievo poter vivere in una vera casa, quand’era a New York, non avrebbe sopportato di alloggiare in albergo; si trovava bene con zia Louise, la considerava quasi come una seconda mamma e le confidava ogni sua preoccupazione. Amava anche le figlie di lei, le sue cugine, Catherine e Mary, due fanciulle in età da marito, entrambe graziose, gaie e innocenti come pettirossi.
   - Se adesso fossi tutta sola in uno squallido albergo, che cosa farei? – pensò d’un tratto, chiudendo gli occhi – Chi mi aiuterebbe a sopportare questa umiliazione?
   Il Flower non era il Metropolitan, ma le notizie si spargevano ugualmente alla velocità della luce: ovunque c’erano orecchie in ascolto, occhi che sbirciavano da dietro le porte, sussurri ripetuti e poi modificati. Nel giro di due ore, l’intero teatro aveva appreso la novità: la piccola Miss Isabella Swan, cantante sconosciuta e giovanissima era stata scelta dal grande maestro Whitlock in persona, per il ruolo della protagonista nell’ultimo spettacolo della stagione. Una notizia da prima pagina! Non solo, Rosalie sapeva benissimo che erano stati in molti a rallegrarsene: sembrava che tutti amassero e ammirassero quella ragazzina, incluso il signor Mc Carty, proprio lui, che avrebbe dovuto sostenere la sua primadonna e Mr Cullen, che considerava Miss Swan la sua protetta.
   E Whitlock? Rosalie arrossiva ancora, nel ripensare alle parole dure e umilianti che le aveva rivolto il giorno prima:
   - Miss Hale, perdonatemi, ma questo non è il vostro repertorio. Il ruolo di Lucia richiede un timbro di voce più acuto, più delicato nei passaggi di agilità, più flautato, insomma. La vostra interpretazione della prima Aria è troppo colorita e pesante, e pertanto sono convinto che non possiate soddisfare le mie richieste riguardo alla scena della pazzia, dove i passaggi di bravura richiedono caratteristiche che la vostra voce sembra non possedere. Vi prego di comprendere, avete talento e una grazia innata, potrete trionfare nella Fanciulla del West, ma non in Lucia. Vi prego di scusarmi.
   Oh, era stato gentile, quel bel giovanotto biondo, certo che lo era stato! L’aveva scaricata con la massima gentilezza! E poi, grazie a quella sgualdrinella di Alice Brandon aveva incontrato Miss Swan e se n’era invaghito. Invaghito? Sì, doveva essere così, per quale altro motivo avrebbe scelto la ragazzina di Filadelfia? Miss Swan non poteva essere più brava di lei, Rosalie si rifiutava di crederlo e basta.
   La giovane donna sospirò, rassegnata: nessuno si sarebbe rammaricato per la sua assenza, nessuno l’avrebbe consolata, nessuno le avrebbe detto che Miss Swan era una sciocca sprovveduta che non avrebbe mai potuto competere con le sue doti eccezionali. Nemmeno il signor Emmett, che dopo l’audizione andata male le aveva risposto in modo villano e crudele e se n’era andato senza rivolgerle nemmeno un’occhiata.
   - Ho perduto anche lui… - si disse Rosalie – Era l’unico vero amico che avessi al Flower e ora non mi vuole neanche più vedere. Sono completamente sola.
   Forse avrebbe fatto meglio ad andarsene. L’attenzione del pubblico era puntata su Whitlock e ben presto anche Miss Swan sarebbe stata ascoltata e apprezzata dai critici musicali e dall'audience del Flower. Perché avrebbe dovuto rimanere a New York?
   Una lacrima scese lungo la candida guancia di Rosalie.
   Ma fu un attimo, prima che l’antico orgoglio tornasse a impadronirsi del suo cuore:
   - Oh no! – esclamò all'improvviso, raddrizzando il busto e scrutando l'orizzonte con rabbia – Non vi libererete di me tanto facilmente! Anch’io avrò il mio trionfo, nella Fanciulla del West e nessuno potrà portarmelo via! Vedrete di cosa è capace Rosalie Lilian Hale quando vuole vincere una battaglia!
   Sarebbe rimasta, avrebbe affrontato il palcoscenico e i bisbigli dei colleghi come aveva sempre fatto, freddamente. Avrebbe cantato, avrebbe trionfato e poi avrebbe guardato Miss Swan negli occhi mentre quella piccola sciocca e viziata si pavoneggiava nella parte di Lucia.
   - Non riuscirà a sostenere il mio sguardo per più di un secondo. – si disse, arrotolando una ciocca di capelli intorno all’indice – Ora vedrete, tutti quanti. Anche tu, Emmett Mc Carty!
   E afferrato lo spartito dell’opera che avrebbe decretato la sua vittoria, sospirò:
   - Signor Puccini, non traditemi, non questa volta!



*           *           *



   Gli orchestrali del Flower non erano mai stati così emozionati: provavano in continuazione passaggi difficili, a coppie, a gruppetti, per assicurarsi di conoscerli alla perfezione. Ogni tanto sbirciavano ansiosamente la porta della sala, impazienti e preoccupati allo stesso tempo. Frattanto, sul palco era stata preparata una parte della scenografia e la confusione regnava sovrana. Sembrava che tutti avessero una gran fretta di concludere ciò che stavano facendo e chiunque aveva un orologio in tasca, era costretto a riferire in continuazione agli altri che ore fossero.
   In mezzo a quel trambusto, Isabella Swan sedeva su una seggiola e aspettava. Sapeva che gli occhi di tutti erano puntati su di lei: era così dalla sera prima, quando Alice le era rimasta accanto per ore, dopo il suo provino. Isabella infatti, si era sentita male non appena varcata la soglia del suo camerino. Era svenuta, come Jasper Whitlock aveva intuito che sarebbe successo e anche dopo aver ripreso i sensi non aveva recuperato rapidamente le forze. La sua amica le era stata vicina a lungo e a lei Isabella aveva raccontato tutto, di come avesse incontrato Whitlock a Roma, di come se ne fosse innamorata, all’improvviso e senza alcuna ragionevolezza, di come si fosse sentita emozionata nel rivederlo. Non sapeva cosa pensasse veramente Alice al riguardo: la ballerina aveva parlato poco, si era limitata soprattutto ad ascoltare, con un sorriso pieno di comprensione sulle labbra. Isabella sospettava che le ballerine avessero un atteggiamento piuttosto cinico nei confronti dell’amore e immaginava che Alice si fosse astenuta dal comunicarle la sua opinione sulle sue fantasticherie romantiche.
   Adesso, comunque, stava bene e non vedeva l’ora di cominciare la sua prima prova, ma aveva ancora paura, perché non sapeva davvero che cosa aspettarsi. Sarebbe stato severo, lui? O paziente e gentile con tutti? Si sarebbe arrabbiato con chi avesse fatto degli errori? E se lei l’avesse deluso?
   - Miss Swan, mia cara, come vi sentite? – chiese una voce allegra.
   Isabella si riscosse con un sussulto dai suoi pensieri.
   - Sto bene, Edward, grazie. – rispose a Mr Masen, che la guardava con il sorriso sulle labbra. Isabella non l’aveva nemmeno sentito arrivare.
   - Siete sicura? – chiese il tenore, scettico – Siete molto pallida.
   - Oh, sì, davvero, sto bene. – ripeté la fanciulla, chiedendosi nel frattempo, perché mai avesse accettato di chiamarlo per nome. Quel giovanotto non le era affatto simpatico.
   - Siete emozionata. – disse allora Masen, comprensivo – Ma immagino che non dobbiate preoccuparvi, ormai siete la protetta del nostro illustre ospite.
Quelle parole non piacquero a Isabella che si irrigidì: - Io non sono la sua protetta. – disse con freddezza – Mi ha scelta dopo un regolare provino.
   Masen rise apertamente: - Oh, Miss Swan, lo so bene, ma andiamo! Le voci corrono in fretta, in molti sanno che il vostro provino è iniziato piuttosto male. Dunque immagino che vi abbia scelta per… altri motivi.
   Isabella balzò in piedi, furibonda: - Come osate? – gridò – Non mi ha scelta per nessun altra… come… come osate!
   - Non vi scaldate, Miss. – rispose l’altro, sereno – A me la cosa non dà alcun fastidio.
   - Non si direbbe visto il modo in cui vi siete divertito a provocarmi!
   - Ma è così, Miss Swan. Io sono felice di lavorare con voi, Miss Hale è sempre un pezzo di ghiaccio, voi siete di gran lunga migliore! I motivi per cui il nostro direttore vi ha scelta non mi fanno certo sentire geloso o invidioso… anzi, mi fanno sperare che ci sarà qualcosa anche per me.
   La fanciulla lo guardò senza capire: - Che cosa volete dire?
   Edward Masen si passò una mano tra i capelli: - Beh, Whitlock potrebbe anche stancarsi di voi, no? Immagino lo sappiate… allora, forse…
   Un attimo dopo, uno schiaffo lo colpì sulla guancia.
   - Consideratela una risposta esauriente. – concluse Isabella, gelidamente, prima di allontanarsi.
  


*           *           *



   Avrebbe detto tutto a Jasper… cioè, a Mr Whitlock, pensò con rabbia. Le aveva detto di rivolgersi a lui, se l’avessero importunata. E Masen non l’aveva forse importunata?
   Isabella si fermò, ansante, dietro una delle quinte.
   No, non gli avrebbe detto niente, lui aveva tante cose a cui pensare. Doveva essere forte e affrontare ogni avversità da sola.
   In quel momento si udì una voce profonda e imperiosa richiamare tutti all’ordine.
   Trafelata, Isabella uscì dal suo nascondiglio e allora lo vide, il protagonista dei suoi sogni romantici. Era bellissimo, elegante e sorrideva, sebbene i suoi occhi color dell’ambra scrutassero già ogni angolo della sala, alla ricerca di dettagli che non lo convincevano.
   L’orchestra si alzò in piedi e applaudì l’ospite, seguita dai cantanti, dai direttori di scena, dai coristi e dai ballerini presenti.
   Isabella scorse anche suo padre, in piedi in un angolo: batteva le mani e guardava il nuovo venuto con curiosità. La fanciulla ebbe un moto d’irritazione nel vederlo, ma si impose di calmarsi: per Charlie era difficile accettare che da un giorno all’altro lei fosse diventata la diva del Flower, era normale che volesse starle vicino, ancora più di prima. E visto il comportamento di Masen, non era una cattiva idea. Isabella si augurò che non avesse visto lo schiaffo: avrebbe dovuto spiegargli che cos'era successo e non voleva.
   Jasper Whitlock s’inchinò all’orchestra e poi si voltò verso il palco, come se stesse cercando qualcosa. Isabella sì sentì arrossire quando incontrò i suoi occhi, ma gli sorrise timidamente. Il giovane non disse nulla e non le rivolse alcun cenno, ma il suo sguardo le inviò un messaggio silenzioso:
   State bene, Miss Swan?
   A cui lei rispose, sempre in silenzio:
   Sì, sto bene e sono pronta per cominciare.
  
Tutte le malinconie e le paure furono dimenticate e Isabella si concentrò unicamente sulla musica. Fu la prova più lunga ed estenuante che avesse mai fatto al Flower, ma ne gustò ogni secondo, perché il suo principe azzurro aveva davvero tanto da insegnarle. Anche Masen dovette trovarla utile ed entusiasmante, perché si impegnò a fondo dall'inizio alla fine e così pure Mr Johnson e Miss Platt, sempre sereni e gentili con tutti. In platea sedeva anche il maestro Cullen, venuto apposta per assistere alla prova e Isabella lo vide approvare con vigorosi cenni del capo, molte delle indicazioni del suo famosissimo collega.
   Soltanto alle sette, il maestro dichiarò concluso il lavoro:
   - Ringrazio tutti voi, per l'impegno e la costanza che avete dimostrato. La prossima prova di Lucia sarà venerdì alle nove. A presto!
   Un fragoroso applauso accolse queste parole e Isabella batté le mani con foga, felice come non si era mai sentita in vita sua. E lo fu ancora più, quando gli occhi di Jasper incontrarono i suoi e le dissero: Bravissima.





Piaciuto??
Spero che abbiate apprezzato l'orgogliosa Rosalie, che non vuole mollare, benché si senta umiliata. E spero che i nostri piccioncini vi abbiano emozionato, beh, ovviamente siamo negli anni '20 quindi ci vorrà un po' perché entrino in confidenza, intanto però si mandano messaggi silenziosi e lei, nella sua testa comincia a chiamarlo semplicemente per nome...
Nel prossimo capitolo avremo un bel pov Jasper e poi una sorpresa, perché anche gli altri protagonisti hanno le loro storie d'amore da sbrogliare!
Un abbraccio, a presto!

Nini

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Capitolo 12
*** XII ***


Care ragazze, buonagiono e ben ritrovate! Vi ringrazio, di nuovo delle vostre magnifiche recensioni! Purtroppo devo scusarmi con voi, perché vi avevo promesso una sorpresa che poi, invece, ho dovuto rimandare al prossimo capitolo. La trama di questa storia si sta allargando più del previsto e se avessi postato la famosa sorpresa avrei saltato dei passaggi. Spero comunque che questo capitolo vi piacerà! Buona lettura!


L'amore è un Canto


XII


   Il mattino seguente, Jasper Whitlock si trovava nella sala al secondo piano del Flower, quella destinata ai concerti e alle audizioni. Non doveva lavorare, perché fino alle dodici si sarebbero tenute le prove della Bohéme, l’ultima opera della stagione che Carlisle Cullen avrebbe diretto. Grazie alla sua presenza in qualità di ospite speciale del teatro, l’interesse del pubblico si era nuovamente risvegliato e anche la Bohéme era servita a rimpinguare le finanze del signor Mc Carty, che ne era, naturalmente molto felice.
   Dato che non doveva stare sul podio, Jasper poteva dedicarsi serenamente al ripasso dei punti più ardui delle partiture della Lucia e della Fanciulla del West. Dal basso, giungevano gli echi della musica e la voce di Miss Hale svettava su tutte le altre.
   Jasper aggrottò la fronte e rifletté sul fatto che la signorina Rosalie era davvero un osso duro: era arrivata tutta impettita, puntualissima ed elegante, non aveva degnato di una sguardo, né Mc Carty, né Masen, né la Platt e aveva rivolto solo un freddo cenno di saluto a Mr Cullen. Nessun dubbio, era offesa a morte per il modo in cui erano andate le cose, ma bisognava ammettere che aveva coraggio e nervi saldi, stava cantando divinamente, nonostante la stizza. Jasper sorrise: sarebbe stato interessante lavorare con quella donna di ghiaccio…
Non come con Miss Swan, naturalmente. Miss Swan era… l’esatto contrario di Miss Hale. Era tenera e dolce, ingenua e delicata, non sapeva niente della vita e…
…dell’amore?
   L’espressione serena di Jasper tornò ad incupirsi.
   No, quella bambina non poteva essere già fidanzata a qualcuno, era troppo innocente. Per qualche ragione, Jasper pensò improvvisamente a Lorelai, che tanto desiderava una padroncina da servire: una ragazza come Miss Swan le sarebbe piaciuta molto, ne era certo. E lei… Isabella Swan sarebbe stata un’ottima padrona di casa…
   Ma cosa vado a pensare? La conosco appena!
   Un direttore d’orchestra della fama di Jasper Whitlock, naturalmente doveva viaggiare molto ed era naturale che durante questi viaggi avesse anche delle avventure galanti. Jasper però, non era mai stato un donnaiolo: erano sempre state le donne, anche quelle già sposate ad inseguire lui, mai il contrario e il suo comportamento verso le signorine, in particolare le primedonne era sempre stato impeccabile. Naturalmente gli era capitato di invaghirsi di una qualche donna, ma non aveva mai provato il desiderio di passarci tutta la vita insieme.
   Doveva ammettere, tuttavia, che Miss Swan l’aveva colpito molto. Era straordinariamente bella, ma soprattutto aveva quel carattere particolare, dolce e forte, che non passa mai inosservato. Non avrebbe mai approfittato di lei, eppure l’idea di conquistarla lo attirava. Era inspiegabilmente certo del fatto che Miss Swan nascondesse un’indole appassionata che si sarebbe risvegliata quando lei si fosse trovata tra le braccia dell’uomo giusto.
   Potrei essere io quell’uomo…
   Perché no? Era bella, intelligente, colta, dolce e sensibile. Forse era davvero la donna che ci voleva per lui.
   Maledizione, basta! Stava davvero volando troppo con la fantasia.
   Si chinò nuovamente sulla musica e cercò di ritrovare un minimo di concentrazione, ma un lieve bussare alla porta lo distrasse poco dopo.
   - Avanti. – disse, chiedendosi chi dovesse parlargli proprio in quel momento.
   La porta si aprì un uomo sui cinquant’anni, piuttosto massiccio e rigido nei movimenti entrò nella sala. Jasper lo guardò incuriosito: l’ aveva già visto, il giorno prima in platea, ne era sicuro.
   - Buongiorno, Mr Whitlock, mi dispiace disturbarvi. – disse lo sconosciuto, avvicinandosi - Mi presento, colonnello Charles Swan.
   Jasper si alzò, lentamente. Swan? Dunque, si trattava del padre di Miss Isabella, ben noto, a quanto pareva, per essere un genitore rigido e apprensivo. Ma che cosa poteva volere da lui Mr Swan?
   - In cosa posso esservi utile, colonnello? – chiese gentilmente, alzandosi.
   L’uomo si schiarì la voce: - Vedete, Mr Whitlock, mia figlia è una ragazza molto ingenua e sensibile. L’ho accompagnata a New York perché non mi sono fidato a lasciarla sola, questa è una città molto grande, diversa da Filadelfia, sotto molti punti di vista. Ieri ho avuto la conferma di aver fatto bene e credo che sarete d’accordo con me, quando vi avrò spiegato il motivo della mia visita.
   - Ditemi. – rispose Jasper, che non riusciva a capire dove volesse arrivare il colonnello Swan, con quell’esordio sibillino.
   - Ieri pomeriggio ho visto mia figlia dare uno schiaffo al tenore, Masen o come si chiama. Naturalmente, a sera, le ho chiesto il motivo di quel gesto, lei per un po’ si è rifiutata di dirmelo, poi ha inventato che era colpa sua, che aveva male interpretato una battuta fatta da quel giovanotto, ma alla fine è saltata fuori la verità. A quanto pare, Masen ha insinuato che voi l’abbiate scelta per la parte di… come si chiama…
   - Lucia di Lammermoor… - mormorò Jasper, quasi senza volerlo.
   - Sì, ecco, quella lì… Masen ha insinuato che abbiate scelto mia figlia perché siete interessato a lei. O meglio, alla sua virtù.
   Gli occhi color dell’ambra di Jasper si spalancarono per la sorpresa e l’incredulità.
   - Colonnello, - esclamò – avevo espressamente chiesto a vostra figlia di rivolgersi a me, nel caso le fossero giunte all’orecchio delle maldicenze. Mi aspettavo che questo succedesse, dato che ho scelto lei al posto di Miss Hale, ma fino a tal punto… perché non è venuta da me, subito?
   - Mia figlia ritiene che voi abbiate troppe cose importanti a cui pensare e non ha voluto disturbarvi. – spiegò il colonnello - E’ testarda, sapete, vuole fare tutto da sola, Io però, non sono d’accordo e infatti eccomi qui.
   Il colonnello Swan si avvicinò a Jasper.
   - Voi potete garantirmi che le insinuazioni del signor Masen sono false?
   Il giovane maestro sostenne il suo sguardo: - Sì, signore. Non ho alcun interesse disdicevole nei riguardi di vostra figlia. Lo giuro sul mio onore.
   - Masen non si è fermato qui. – sospirò il padre di Miss Swan – Ha detto a mia figlia che voi un giorno potreste stancarvi di lei e allora…
   Lo sconcerto di Jasper aumentò: che insolenza! Come diavolo si era permesso quel cretino? E Miss Swan, perché non gliene aveva parlato?
   - La reputazione di vostra figlia sarà protetta. – assicurò al colonnello – Provvederò immediatamente.
   L’altro parve soddisfatto di quelle parole e Jasper ne approfittò per aggiungere:
   - Signore, non lascerò impunito questo episodio. Mi occuperò di far capire a Masen che non deve permettersi simili atteggiamenti nei riguardi di Miss Swan.
   L’espressione tesa del colonnello finalmente si distese:
   - E’ proprio ciò che mi aspetto da voi. Grazie della comprensione, Mr Whitlock. – concluse. – Arrivederci.
   -Arrivederci, colonnello. – rispose Jasper, compunto.



*           *            *


   Edward Masen stava intonando la celeberrima aria “Chi son? Chi son? Sono un poeta…”, quando Jasper salì a grandi passi sul palcoscenico, scansando per un pelo Miss Hale, seduta su una seggiola. Carlisle Cullen lo vide e fece immediatamente cenno all’orchestra di fermarsi.
   - Mr Whitlock… - cominciò in tono di scusa – Io sto provando…
   - Perdonate l’intrusione, Mr Cullen. – rispose Jasper con voce chiara – Ho bisogno di parlare cinque minuti con Mr Masen e vi assicuro che si tratta di una questione della massima importanza.
   - Ma, signore… stiamo provando la sua aria più importante… - protestò ancora Cullen.
   - Cinque minuti, lo prometto. Mr Masen, venite con me.
   Senza attendere oltre, Jasper lasciò il palco a passo svelto e attraversò la platea, lasciandosela alle spalle. Insieme al tenore che, perplesso, lo seguiva come gli era stato chiesto salì la scalinata in marmo e raggiunse nuovamente la sala con il pianoforte.
   Chiuse la porta e senza indugio si rivolse al giovane che lo guardava curioso, in attesa.
   - Mr Masen, non so come siate abituato a comportarvi con le vostre colleghe, ma sappiate che finché io sono qui, non tollero, ripeto, non tollero che vengano sussurrati pettegolezzi malevoli nei riguardi di chi lavora insieme a me. Quindi tenete per voi le vostre considerazioni sul legame tra me e Miss Swan. E non osate mai più trattarla come una donna di malaffare che passa da un uomo all’altro, neanche fosse un oggetto. Sono stato chiaro?
   Gli occhi verdi di Masen espressero un sincero dispiacere, ma anche arroganza e infatti, dopo un attimo di silenzio sbalordito, il giovane replicò:
   - Ma… ma, Mr Whitlock, maestro… dopotutto la primadonna è Miss Hale… non sono l’unico ad aver sospettato che voi nutriste un interesse verso Miss Swan… è naturale, nessuno si aspettava…
   - Non siete l’unico, dite? – sbottò Jasper, irritato – Però nessuno a parte voi è stato tanto idiota da dirlo in faccia alla signorina!
   Masen s’impettì: - Ora mi state insultando, signore!
   Jasper rise, sprezzante: - Certo che vi sto insultando, ve lo meritate! Siete uno sciocco, Masen. E se vi illudete che Miss Swan provi interesse nei vostri riguardi siete ancora più allocco.
   I suoi occhi scuri si piantarono in quelli color smeraldo del tenore:
   - Non osate mai più, Masen. – minacciò a voce bassa e vibrante – Altrimenti lo schiaffo lo riceverete da me.
   Detto ciò spalancò la porta e uscì, lasciando lo sbalordito Masen ai suoi pensieri.
   Non si accorse di Miss Swan, rincantucciata in un angolo, pallida e tremante.



Ma bene! Charlie e Jasper si sono conosciuti e Jasper ha messo al suo posto Edward! Bella ha sentito tutto... che succederà ora?
Nel prossimo capitolo lo saprete e ci sarà anche la sorpresa!
Fatemi sapere che cosa ne pensate!
Vi abbraccio!
Niniane

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Capitolo 13
*** XIII ***


Carissime lettrici, mi scuso per il ritardo, ho avuto una settimana estremamente difficile e non sono riuscita ad aggiornare prima! Ringrazio di nuovo tutte voi che mi state seguendo e vi auguro buona lettura con questo famoso capitolo... con sorpresa!



L'amore è un Canto


XIII


   Isabella Swan corse verso il suo camerino, in un fruscio di sottane, cercando di fare meno rumore possibile.
   Era sconvolta. Non solo Jasper sapeva tutto, riguardo al suo diverbio con Mr Masen, ma aveva perfino provveduto a rimproverare l’incauto tenore.
   Isabella non impiegò molto tempo a capire chi doveva aver informato Mr Whitlock di tutta la faccenda: aveva pregato e supplicato suo padre rinunciare al proposito di andargli a parlare, ma anche dopo che egli, riluttante aveva acconsentito, non si era sentita del tutto tranquilla; Charlie non era il tipo da lasciar correre, quando si trattava della sua reputazione.
   La fanciulla si lasciò cadere su una seggiola, affranta: chissà che cosa sarebbe successo ora… Masen avrebbe sicuramente pensato che fosse stata lei a rivolgersi al maestro, in cerca di appoggio e l’avrebbe ritenuta l’unica responsabile dei rimproveri di Jasper. Le avrebbe voltato le spalle, l’avrebbe trattata con freddezza… o forse, avrebbe osato insultarla ancora, non sembrava il tipo d’uomo che si lascia intimidire con poco, la sfuriata di Mr Whitlock aveva sicuramente ferito il suo orgoglio smisurato.
   Oh, ma perché doveva succedere a lei, tutto questo? Si era sforzata di essere sempre gentile con tutti, anche con la gelida Miss Hale e con l’indisponente Mr Masen e poi… nel giro di poche ore era riuscita a farsi conoscere come la protetta del grande maestro, l’illustre ospite del teatro per quella stagione…
   No, non la protetta: la favorita. Ancora peggio.
   Come riuscire ad affrontare di nuovo il palco?
   Suo padre non l’avrebbe passata liscia! Come aveva potuto ignorare le sue richieste a quel modo? L'aveva deliberatamente messa al centro dell’attenzione, quando ella non chiedeva che di svolgere il suo lavoro e di andare d’accordo con tutti.
   Un discreto bussare alla porta interruppe i pensieri confusi di Isabella:
   - Chi è? – chiese nervosamente – Non intendo ricevere nessuno, in questo momento, non posso…
   - Vi prego, Miss Swan, ho bisogno di parlarvi. – rispose una ben nota voce profonda dall’esterno.
   Jasper?
   Che cosa doveva fare? Aprigli e affrontarlo, oppure chiedergli di lasciarla stare e rimandare il dialogo a quando si fosse sentita più tranquilla?
   Il desiderio di chiarire l’intero malinteso prevalse sulla paura:
   - Entrate. – disse, controvoglia.
   L’uscio si aprì dolcemente e l’alta, slanciatissima figura di Jasper Whitlock si stagliò nel vano della porta.
   Come in ogni occasione in cui lo vedeva, Isabella si scoprì turbata dalla sua presenza. C’era qualcosa in lui che l’attirava come una calamita: forse era la sua innegabile bellezza, eterea, ma virile; o forse i suoi modi garbati ed eleganti, ma sempre decisi e lievemente autoritari; o forse, tutte queste cose insieme.
   Accanto a Jasper si sentiva al sicuro, doveva ammetterlo. Era un uomo che ispirava fiducia, oltre che un artista di primo livello. Il solo fatto di essere nella stessa stanza con lui, la stava già tranquillizzando.
   Possibile che io mi stia davvero innamorando di lui? Pensò Isabella, emozionata Possibile?
   - Miss Swan, ho parlato con vostro padre, pochi minuti fa. – esordì il giovane, chiudendosi la porta alle spalle.
   Isabella riemerse a fatica dalle proprie fantasticherie, si alzò e gli si avvicinò, tormentandosi le mani in grembo:
   - Sono mortificata, Mr Whitlock… avevo pregato mio padre di non dirvi nulla. - mormorò
   Gli occhi scuri di lui la scrutarono attentamente:
   - Dunque avete già capito a cosa alludo?
   Isabella annuì: - Naturalmente. E…
   - E?
   - Poco fa, involontariamente, ho ascoltato il vostro dialogo con Mr Masen…
   Whitlock inarcò le sopraciglia: - Avete origliato? – chiese, stupito e divertito allo stesso tempo.
   - Oh, no, credetemi… non l’ho fatto apposta… - farfugliò Isabella, arrossendo – Perdonatemi.
   Ora penserà che io sia solo una bambina irresponsabile
   Il giovane soprano abbassò gli occhi, vergognandosi di sé stessa come non le era mai capitato.
   Ma fu una sensazione che durò molto poco.
   - Guardatemi, Miss Swan. – disse infatti la voce del maestro, gentile e consolante.
   Stupita, la ragazza alzò lo sguardo, a incontrare ancora una volta quei bellissimi occhi.
   - Avreste dovuto venire subito da me. – le disse Jasper, con calma – Apprezzo la vostra discrezione, ma non voglio che dobbiate affrontare certe difficoltà da sola. Immagino che prima d’ora non siate mai stata scritturata per un ruolo di spicco… giusto?
   Isabella si rilassò: - No, mai. – confermò - Ho sempre cantato come comprimaria.
   Jasper sospirò: - Il ruolo di Lucia è complesso, profondo, drammatico. Una fanciulla innamorata, obbligata per ragioni politiche a un matrimonio che non vuole… una creatura fragile che, alla fine, può solo rifugiarsi nella pazzia, che la porterà alla morte. Questa è, in sintesi, la vostra Lucia. Non abbiamo ancora affrontato la scena della pazzia, Miss Swan, ma quando ci arriveremo esigerò da voi la massima concentrazione e collaborazione.
   Isabella annuì, con calore.
   - Naturalmente, maestro, contate su di me.
   - Non voglio che le maldicenze altrui vi distraggano o vi facciano soffrire. Perciò, vi prego, se dovesse accadere qualcos’altro, non esitate a dirmelo.
   - Come desiderate.
   Jasper Whitlock le rivolse un lieve sorriso e senza alcun motivo apparente le si avvicinò ancora di un passo. Isabella sussultò: ormai la distanza che li divideva era minima. Non erano mai stati tanto vicini… La fanciulla sentì il cuore batterle forte per l’emozione e non poté far altro che continuare a perdersi nell’ambra degli occhi del giovane.
   Quello sguardo intenso durò solo pochi secondi, poi Whitlock si voltò, mormorando un “arrivederci, Miss” e Isabella fu di nuovo libera dall’incantesimo.
   Rimasta sola, si lasciò nuovamente cadere sulla sedia e si prese il volto tra le mani.
   Era certa che in quell’ultimo sguardo ci fosse stato più di quello che avrebbe dovuto esserci. Quando Jasper si era avvicinato, per un istante aveva perfino creduto che l’avrebbe baciata… erano fantasie, naturalmente, ma era possibile che anche lui fosse stato vittima della stessa magia che l’aveva avvinta?
   Possibile che…?
   Isabella non osò concludere quel pensiero.



*           *           *



   Il 2 marzo andò in scena la Bohéme diretta da Carlisle Cullen: il cast prevedeva Miss Hale nel ruolo di Mimì, Mr Masen in quello di Rodolfo, Miss Swan nella parte di Musetta e Mr Johnson in quella di Marcello.
   Miss Platt non prendeva parte allo spettacolo, non vi erano parti adatte alla sua voce, in quell’opera, ma Carlisle l’aveva pregata di assistere e le aveva fatto riservare da Emmett un posto d’onore sul palco reale.
   Ed eccola lì, infatti: Miss Esme Anne Platt, avvolta in un abito di taffettà color cioccolato, i capelli ramati raccolti in un’acconciatura elaborata, sedeva tra Mr Mc Carty e Mr Whitlock e le teste dei presenti si voltavano spesso incuriosite verso l’elegante terzetto.
   La sala era completamente piena e Carlisle notò con divertimento che Emmett faticava a tenere a freno il suo entusiasmo; Whitlock invece aveva fatto un ingresso trionfale ed era stato letteralmente assediato da musicisti, critici musicali, appassionati di lirica e personaggi illustri di vario genere. Il giorno prima aveva detto a Carlisle che gli era molto grato per avergli riservato un posto dove i curiosi non potessero raggiungerlo tanto facilmente: nonostante la sua grande fama, Whitlock non amava la confusione.
   Lo spettacolo fu un trionfo: Miss Hale, che durante le prove aveva trattato tutti con estrema freddezza, cantò in modo talmente dolce e commovente da far intenerire anche gli ascoltatori più severi; Mr Masen era in ottima forma e si guadagnò applausi e ovazioni; Miss Swan conquistò il pubblico con i suoi modi civettuoli e la sua allegria; Mr Johnson e i restanti cantanti, i coristi, i bambini del coro di voci bianche, gli orchestrali tutti furono impeccabili.
   Carlisle fu salutato con tanto affetto dal suo pubblico e dai suoi colleghi, tra cui lo stesso Whitlock, che per poco non pianse. Raramente gli capitava di essere così felice, dopo un’esecuzione.
   Tuttavia, nonostante la contentezza e l’euforia, lasciò molto presto i festeggiamenti e scansato il padre di Miss Swan, sempre ritto in piedi sull’attenti, a guardia di sua figlia, corse all’esterno, dove aveva pregato Miss Platt di attenderlo.
   Quella sera infatti, la Bohéme non era il suo primo pensiero: Carlisle aveva giurato a sé stesso che se l’opera fosse stata un trionfo, subito dopo lo spettacolo si sarebbe fatto coraggio e avrebbe parlato a Miss Platt dei sentimenti che provava per lei. Le avrebbe detto che l’amava, che l’aveva sempre amata e che desiderava sposarla. E se lei non avesse accettato, avrebbe continuato ad esserle amico.
   Dato che il successo era stato innegabile, Carlisle doveva assolutamente tener fede al giuramento.
   Miss Platt lo aspettava nell’ingresso e Carlisle si affrettò ad andarle incontro. Il sorriso aperto e dolce della signorina fu più gratificante di mille complimenti e Carlisle cominciò a sperare, quando Miss Platt disse:
   - Sono orgogliosa di voi, Carlisle. Vi siete fatto onore, questa sera, proprio come meritate.
   - Vi ringrazio, Miss Esme. Non potete immaginare quanto mi rendano felice le vostre parole.
   In quel momento, un gruppo di giovanotti piuttosto allegri irruppe nell’ingresso: Miss Platt rischiò di essere urtata da uno di loro (il quale si scusò immediatamente) e Carlisle disse:
   - Usciamo, mia cara, c’è troppa confusione qui.
   La prese sottobraccio e insieme lasciarono il teatro.
   - Mi accompagnereste a casa? – chiese timidamente Miss Platt.
   - Naturalmente.
   S’incamminarono, in silenzio: la casa di Miss Platt, come quella di Carlisle, non era molto distante dal Flower e una bella passeggiata a piedi permetteva di raggiungerla senza stancarsi troppo.
   Carlisle cercò di raccogliere le idee e di preparare un discorso adeguato alla circostanza: sapeva che era giunto il momento di parlare alla donna che amava, aveva scelto proprio quella sera per scaramanzia, ma anche senza la Bohéme avrebbe dovuto affrontare l’argomento: ormai erano due settimane che accompagnava a casa Esme, tutte le sere, dopo le prove o gli spettacoli e la cosa rischiava di diventare sconveniente.
   Raggiunsero l’abitazione di lei e Miss Platt si voltò a guardare Carlisle, il quale, per la prima volta lesse nei suoi occhi un interrogativo.
   O forse non era la prima volta… forse Esme l’aveva guardato così tutte le sere…
   Fu proprio quella muta domanda a infondergli il coraggio di cui aveva bisogno.
   - Miss Esme… - esordì – devo parlarvi.
   Lei annuì, in silenzio e rimase in attesa. Carlisle continuò:
   - Ci conosciamo da tanti anni e io ho sempre nutrito un’immensa stima per voi. Tuttavia, ben presto, ho cominciato anche a considerarvi un’amica, non solo una collega da stimare. E poi, a poco a poco ho capito che… Miss Esme, io vi amo. In verità, credo di avervi amata dal primo istante, anche se per molto tempo ho ignorato i miei stessi sentimenti.
   Carlisle prese delicatamente tra le sue le mani della donna, che continuava a rimanere in silenzio, gli occhi spalancati nei suoi:
   - Vi amo, Miss Esme. – continuò Carlisle – Vi amo tanto e niente mi renderebbe più felice e orgoglioso che essere vostro marito se… se voi… se voi accettaste di sposarmi…
   Ci fu un istante di silenzio. Poi Esme si aprì in un sorriso, così bello, così amorevole da far credere a Carlisle di essere finito in Paradiso.
   - Caro, caro Carlisle! – esclamò stringendogli forte le mani – Finalmente! Ho tanto aspettato… temevo che non mi avreste mai detto queste parole!
   - Allora accettate?
   - Come potete chiederlo? Naturalmente accetto. Essere vostra moglie è tutto ciò che desidero… Anch’io vi amo. Da sempre. E l’ho sempre saputo.
   Commosso e felice come non era mai stato in tutta la sua vita, Carlisle baciò la mano di lei: - Mia cara, dolce Esme… posso chiamarti per nome?
   La giovane rise: - Certo che puoi! Non vorrai mica darmi del voi anche dopo il matrimonio!
   Carlisle si unì alla sua risata argentina: - Sai quanto io sia timido. Temo sempre di sbagliare, di deludere gli altri… soprattutto te…
   Esme gli posò un dito sulle labbra: - Tu non potrai mai deludermi. Sei un uomo meraviglioso.
   - E tu la donna più incantevole che io potessi desiderare per me.
E dopo queste parole, Carlisle Cullen baciò Esme Anne Platt, sua fidanzata e futura moglie, mentre attorno a loro voci di passanti allegri canticchiavano i motivi più celebri della Bohéme.




Eeeeeeee... FUORI UNO!
Anzi, meglio dire fuori due, dato che sono una coppia!
Così, Esme e Carlisle sono sistemati
! Che ne sarà adesso, per esempio di Emmett e Rosalie? E Jasper e Bella, in fase di innamoramento evidente?
Nel prossimo capitolo continueranno le prove per il Lago dei Cigni, in cui balla Alice, La fanciulla del West in cui canta Rosalie e la Lucia in cui canta Bella, spero che mi seguirete e spero tanto che questo capitolo vi sia piaciuto e che mi lascerete un commento!
Non assicuro di riuscire ad aggiornare questa settimana: ho un concerto piuttosto impegnativo sabato prossimo... ok, non sarà la stagione operistica del Flower, però mi sto preparando e sono molto impegnata, quindi non è detto che riesca... anche se scrivere questa storia mi rilassa molto!
Ci vediamo al più tardi tra due settimane, dunque.

Intanto vi segnalo le altre mie storei se non le conoscete già:


Luna di Mezzanotte: altra Bella/Jasper  (vampiri, licantropi e quant'altro ritornarno!)
Sinfonia Fantastica: long, originale
Il sole nei nostri occhi e Cercando il sole (nei nostri occhi): due OS originali che formano una piccolissima serie.

Vi abbraccio con tanto affetto!
Niniane

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Capitolo 14
*** XIV ***






L'amore è un Canto
 

XIV


   Cinque giorni dopo, il White-Flower Opera accoglieva con entusiasmo e gioia unanime la notizia del fidanzamento di Carlisle Cullen ed Esme Platt.
   Molti tra i colleghi dei due innamorati affermarono di non esserne affatto sorpresi, altri si congratularono con frasi scherzose, o addirittura un po’ licenziose. Mr Masen dichiarò con buffa solennità di essere invidioso della fortuna di Carlisle, affermazione, questa che fece ridere tutti i presenti; Miss Swan, commossa e felice pregò i due fidanzati di continuare a darle loro notizie, anche dopo che la stagione operistica fosse terminata. Infine, Mr Whitlock, schierati in fretta orchestra e coro del Flower fece eseguire loro la marcia nuziale dal Lõhengrin di Wagner come omaggio alla felice coppia.
   Il giorno seguente al lieto annuncio iniziarono le prove della Fanciulla del West.
   Rosalie Hale aveva studiato con costanza e attenzione ogni battuta del suo ruolo e perciò si sentiva abbastanza tranquilla. Si aspettava, naturalmente, delle critiche da parte del maestro Whitlock, critiche che non tardarono ad arrivare, in effetti, ma le affrontò con coraggio e sangue freddo. Evitò di battibeccare con Masen e fu gentile e disponibile nei confronti di tutti. Questo atteggiamento fu scambiato dai più per timidezza e soggezione nei riguardi di Mr Whitlock, ma in realtà non era così. Rosalie infatti, era ben decisa a trionfare, nel suo ruolo di protagonista dell’opera e dato che il segreto del successo di Miss Swan sembrava trovarsi nella bontà e nella gentilezza, ella aveva deciso di seguire l’ esempio della sua rivale. Sapeva che più si fosse mostrata remissiva e magnanima durante le prove, più consensi avrebbe ottenuto tra i colleghi.
   Solo che Rosalie non aveva neanche lontanamente pensato alla possibilità che quel piano potesse ritorcersi contro di lei. Non aveva immaginato che le lunghe ed estenuanti prove a cui doveva prendere parte avrebbero potuto diventare piacevolissime, addirittura divertenti. Una cosa era certa: Mr Whitlock sapeva come far lavorare sodo i suoi musicisti, senza per questo farli stancare o annoiare. Benché si sforzasse di restare sempre impassibile e composta, Rosalie non poté impedirsi, qualche volta, di sorridere alle battute scherzose con cui talvolta il maestro alleggeriva il clima in sala.
   E poi c’era Masen. D’accordo, era un damerino vanesio e aveva la testa tra le nuvole, ma se non veniva provocato sapeva essere estremamente gentile e accomodante: e questa, per l’autoritaria Rosalie fu una scoperta sbalorditiva e sconcertante.
   Le prove si susseguirono una dopo l’altra con risultati sempre migliori: il maestro si complimentò più volte con Rosalie e con squisita cortesia la ringraziò ogni giorno (come faceva con tutti) per il suo lavoro e l’impegno con cui lo stava svolgendo.
   La Fanciulla del West sarebbe andata in scena il 28 marzo e Rosalie attendeva trepidante quella data. Era talmente concentrata sul suo obiettivo da non sentirsi più così astiosa nei riguardi di Miss Swan: che quella sciocchina continuasse pure a cantare la sua Lucia, lei l’avrebbe comunque superata di gran lunga.
   Oh, e quando fosse comparsa sulla scena, vestita da padrona di saloon, pronta a cantare nel modo migliore possibile le sue arie, anche Emmett avrebbe smesso di ignorarla! Rosalie, di questo era assolutamente certa.
   Dopo l’audizione con Mr Whitlock, non aveva quasi più visto l’impresario del Flower e sospettava che egli la stesse evitando di proposito. Pur non comprendendo le ragioni di questo atteggiamento, convinta di non aver fatto nulla che lo meritasse, la cantante si sentiva un po’ sola senza il suo appoggio e si rendeva conto, all’improvviso, di quanto vi avesse fatto affidamento, fino a quel fatidico giorno.
   Benissimo, avrebbe fatto in modo che Emmett smettesse di trattarla a quel modo: se era stato invaghito di lei, in passato, riconquistarlo non sarebbe stato poi così difficile!



*           *           *



   Alice Brandon odiava il Lago dei Cigni.
   Non perché avesse qualcosa contro il balletto di Cajkovskij, naturalmente: il motivo di tanto astio era molto più banale: nel Lago dei Cigni i co-protagonisti di Alice erano Jane e Alec Winter.
   Miss Brandon doveva interpretare il ruolo della protagonista, la  principessa Odette, trasformata da un incantesimo in un candido cigno; ad Alec toccava il ruolo del principe Siegfried, innamorato di lei, e a Jane quello della perfida Odile, il cosiddetto cigno nero, che si sostituiva a Odette per ingannare il suo principe e tutta la corte e dividere così i due innamorati e causarne la morte.
   Purtroppo, il trio non era per niente affiatato: da un lato c’era lei, Alice Brandon, dall’altro i due gemelli Winter, sempre pronti a punzecchiarla e a criticarla, oltre che a difendersi l’un l’altro se provava a rispondere alle provocazioni.
   Questo era un vero peccato, perché come ballerini, i tre giovani artisti funzionavano perfettamente: avrebbero potuto formare una squadra infallibile se solo fossero andati d’accordo.
   Per Alice era difficile in particolar modo ballare con Alec, perché non aveva con lui quel rapporto che si crea quando due ballerini, un uomo e una donna danzano in coppia: un rapporto basato sulla comunicazione silenziosa, sull’armonia, sull’identificazione con i personaggi che si stanno interpretando. Alec non era il partner di Alice e Miss Brandon non riusciva a sentirsi a suo agio insieme a lui, benché si sforzasse di non farlo vedere. Doveva ammettere che quel ragazzo era comunque più sopportabile della sua perfida sorella: era freddo e scostante, ma meno pungente, se non era provocato o istigato direttamente da Jane, ma questo per Alice non era sufficiente.
   E benché si sforzasse di essere realista, il suo cuore di fanciulla sognava ancora di incontrare, un giorno, un ballerino eccezionale che avrebbe potuto diventare il suo partner nella danza e nella vita.
   Purtroppo, finché fosse rimasta al Flower, la possibilità che qualcosa del genere si verificasse era remota. Alec era l’unico ballerino che fosse in grado di reggere il confronto con un talento come Alice Brandon. Lui e sua sorella Jane. Gli altri, contavano poco o nulla.
   Ecco spiegate dunque le ragioni per cui prima ballerina del Flower avrebbe preferito partecipare a qualsiasi spettacolo, perfino la cosiddetta “porcheria di Stravinskij” pur di risparmiarsi il Lago dei Cigni.
   La presenza di Mr Whitlock avrebbe dovuto intimidire i suoi colleghi rivali, o almeno questo era ciò che si augurava Alice. Tuttavia, quell’illusione durò poco: Jane e Alec affrontarono la prima prova del balletto con lo stesso spirito con il quale lavoravano di solito, ovvero con impegno, ma anche con arroganza.
   Mrs Ellerton, come sempre, si limitò a qualche fiacca protesta, quando si accorse che mentre Alice provava la sua scena finale, i due bisbigliavano malevoli in un angolo.
   Mr Whitlock, naturalmente, non si accorse di nulla e in ogni caso, rimproverare i ballerini non era un compito che spettava a lui. Anche se avrebbe desiderato che la sostenesse di più, Alice sentiva che di quell’uomo si poteva fidare: dopo che l’aveva convinto con l’inganno ad ascoltare la voce di Bella non si erano quasi più visti, ma la ragazza sapeva che egli ricordava perfettamente ciò che era successo ed era certa che le fosse grato per ciò che aveva fatto; se non fosse stato per il suo intervento, non avrebbe mai scoperto il talento di Miss Swan.
   Animata da questo senso di fiducia e sicurezza, che le diede forza mentre ballava, Alice decise che al termine della prova avrebbe cercato di parlargli ancora una volta.
   Quando Mrs Ellerton annunciò che per quel giorno avevano fatto abbastanza, prese un respiro profondo e scese dal palco, dirigendosi a passo svelto verso il podio del direttore d'orchestra.
   - Signore? Permettete una parola? – chiese timidamente a Mr Whitlock.
   Il giovane le sorrise divertito: - Potrei negarvela, Miss Brandon? Dopo che proprio voi siete riuscita a farmi rimanere al Flower? Ditemi.
   - Ecco… - cominciò Alice, incerta – Io non mi trovo bene qui.
   - Questo lo vedo e me ne dispiace per voi.
   - Mi piacerebbe molto… tentare un’audizione per entrare in un corpo di ballo… in qualche altro teatro…
   Whitlock aggrottò la fronte: - Ne avete parlato a Mrs Ellerton?
   - No. – sospirò Alice – Non mi lascerebbe andare. E poi, non credo che abbia molta influenza, fuori da qui. Insomma, molti ballerini sono raccomandati dai migliori maestri e per questo riescono a fare brillanti carriere…
   - Capisco. – rispose Mr Whitlock – Miss Brandon, io conosco molti teatri e molti maestri di danza. Se lo desiderate davvero proverò a trovare qualcuno disponibile a darvi delle lezioni supplementari che vi permettano di tentare l’audizione per un altro teatro. – Il giovane rimase in silenzio, riflettendo. Poi aggiunse, convinto: - Sì, credo di conoscere la persona giusta. Abbiate pazienza fino al termine della stagione, Miss, poi ne riparleremo.
   A quella notizia, Alice sentì il cuore riempirsi di gioia. Rivolse un sorriso raggiante al direttore d’orchestra e con voce tremante d’emozione disse: - Non so come ringraziarvi, maestro…il vostro interessamento significa molto per me. Grazie… grazie di tutto…
   Whitlock ricambiò il sorriso: - Non ringraziatemi, non ho ancora fatto nulla. Se tutto andrà bene, Miss Brandon, vi metterò in ottime mani… precisamente, quelle di Seth Clearwater, primo ballerino del teatro La Scala, a Milano.
   Milano!
   Alice non riusciva a credere alle proprie orecchie.
   Lasciare il Flower, ballare in Italia, assistita da un maestro eccellente…
   In quel momento sembrava solo un sogno irraggiungibile, già fatto milioni di volte, ma Alice pregò con tutte le sue forze che grazie a Mr Whitlock potesse diventare realtà.



Note: Il Lago dei Cigni è stato rappresentato per la prima volta a Mosca, nel 1877.
Riguardo alla "porcheria di Stravinskij" si veda il capitolo 6. Ne ho già parlato, ovviamente non è una porcheria, ma era considerata tale negli anni'20.

Sono tornata, come avevo promesso! Non ritengo questo capitolo un granché, ma dovevo per forza concentrarmi un momento su Alice e anche su Rosalie: nel prossimo capitolo ritroveremo l'innamoratissima Bella e Lucia di Lammermoor. Tre spettacoli importanti si avvicinano, dunque: uno per Alice, uno per Rose e l'ultimo per Bella: ce la faranno ad ottenere ciò che desiderano? Che sia il trionfo, o il riscatto? Lo scoprirete nei prossimi capitoli.
Sì, lo so, Seth ballerino è una stranezza assurda: ma è il più adorabile di tutti i licantropi e dovevo proprio farlo entrare in questa storia: Seth e Alice... che ne dite?

Ultimo avviso: potrebbe essere che questa storia subisca una piccola battuta d'arresto, per due motivi: il primo è che sto per terminare Luna di Mezzanotte a cui mancano tre capitoli e forse è meglio che mi concentri solo su quello; il secondo è che sto facendo un concerto sotto l'altro e ho scoperto che scrivere di musica quando io stessa ci sono immersa fino al collo mi mette ansia....
Quindi spero che mi scuserete se forse riprenderò la storia ai primi di giugno.

Ecco, ho detto tutto.
Un abbraccio a coloro che mi seguono, vi voglio bene! A presto!
Nini

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Capitolo 15
*** XV ***






L'amore è un Canto
 

XV


   Isabella Swan era profondamente inquieta. Da qualche giorno ormai, si sentiva innaturalmente stanca e nervosa; inoltre aveva spesso brividi di freddo e con sua grande angoscia, di tanto in tanto un colpo di tosse scuoteva il suo petto minuto.
   - Dovresti prenderti qualche giorno di riposo, – le aveva detto suo padre – è evidente che ti stai ammalando.
   - Non posso permettermelo, papà, lo sai! – gli aveva risposto, sgomenta – Guai se mancassi alle prove! Mr Whitlock ripone così tanta fiducia in me... Se mi ammalassi potrebbe decidere, a ragione, di privarmi del ruolo che mi ha affidato…  e che soddisfazione sarebbe quella, per Miss Hale! – aveva aggiunto in tono amaro. La primadonna del Flower, più robusta e forte di lei, in quei giorni sembrava scoppiare di salute o perlomeno questa era l'impressione di Isabella.
   - Ma come farai a cantare se nei prossimi giorni dovessi peggiorare? – aveva ragionato ancora il colonnello Swan, serio.
   Isabella aveva preferito non pensarci.
   Era il dieci di marzo e in teatro si stava svolgendo una prova isolata della Lucia. L’attenzione di Whitlock era rivolta soprattutto al Lago dei Cigni, che sarebbe andato in scena la sera del quindici, ma aveva ritenuto di non dovere per questo trascurare quello che palesemente riteneva lo spettacolo più importante.
   Benché si sentisse fiacca e indolenzita, Isabella aveva affrontato la prova con tutta la concentrazione di cui era capace. Un paio di volte aveva chiesto sottovoce a Miss Platt se stava andando tutto bene e il mezzosoprano le aveva risposto: - Si vede che non siete in forma smagliante, Miss, ma vi assicuro che state cantando come sempre.
   Rassicurata, Isabella aveva continuato e quando il direttore d’orchestra aveva dichiarato conclusa la prova, addirittura in anticipo rispetto all’orario stabilito, non aveva potuto trattenere un sospiro di sollievo: ce l’aveva fatta e ora, forse avrebbe davvero potuto riposare un paio di giorni. Senza dubbio, conoscendo Mrs Ellerton, il teatro sarebbe stato occupato dai ballerini da mattina a sera, fino al giorno quindici…
   Quando vide Mr Whitlock venire verso di lei, Isabella si confuse: il maestro aveva tutta l’aria di doverle comunicare qualcosa di importante. E infatti...
   - Miss Swan, venite con me, - le disse gentilmente, offrendole il braccio – devo parlarvi. Dov’è vostro padre?
   - Oh! – fece la ragazza, incerta – Non è ancora arrivato, gli avevo detto che le prove sarebbero terminate alle sette e invece sono le sei…
   - Giusto. – replicò lui, sereno – Molto bene, Miss, se permettete vi accompagnerò io al vostro alloggio.
   Benché la prospettiva di una passeggiata al braccio di Jasper… cioè, di Mr Whitlock fosse molto allettante, Isabella si sentì in dovere di protestare:
   - Posso andare da sola, non è più così buio a quest’ora…
   - Mi dispiace, Miss, ma io sono un gentiluomo e ritengo sia mio dovere accompagnarvi.
   Lasciarono il Flower e Whitlock chiese a Isabella dove si trovasse il suo albergo.
   - Dobbiamo prendere un tram poco distante da qui, - rispose lei, in tono stanco.
   Il compagno si voltò a guardarla e sempre con voce gentile le disse: - Mia cara, è evidente che non vi sentite molto bene.
   Isabella si trattenne a fatica dall’alzare gli occhi al cielo. Dunque, Jasper e suo padre avevano una caratteristica in comune: capivano al volo qualsiasi cosa lei tentasse di nascondere ai loro occhi.
   Che strano, pensò, non ho mai incontrato nessuno che avesse qualcosa in comune con papà…
   - Ammetto di non essere in gran forma, – disse con tutta la dignità di cui era capace – ma non è nulla. Sono solo stanca.
   - Mi permetto di dissentire. – replicò Whitlock con tanta dolcezza che il cuore di Isabella perse un battito – Oggi la temperatura è insolitamente mite e voi state tremando di freddo. – E così dicendo accentuò la stretta sul suo braccio, attirandola più vicina, come se volesse scaldarla egli stesso.
   Turbata, la fanciulla si sforzò di apparire naturale:
   - Andiamo a prendere il tram… - disse.
   Giunsero all’albergo venti minuti dopo e trovarono il colonnello Swan intento a fumare un sigaro nel salottino adiacente all’ingresso. L’uomo parve piuttosto sorpreso di vederli, ma contrariamente a quanto Isabella si aspettava, si limitò a scoccare a Whitlock un’occhiata sorpresa, nient’affatto malevola.
   Se mi avesse accompagnata Masen o chiunque altro l’avrebbe subito incenerito con lo sguardo, pensò la cantante, incredula.
   Jasper prese in mano la situazione:
   - Colonnello, mi sono permesso di riaccompagnare vostra figlia, perché le prove sono terminate in anticipo e soprattutto perché ritengo che Miss Isabella debba riposarsi per qualche giorno e desideravo comunicarlo anche a voi.
   Mi ha chiamata per nome! pensò Isabella, sbalordita. Non era mai successo prima!
   - Sono assolutamente d’accordo. – rispose il colonnello, annuendo con calore – Glielo dico da tre giorni che deve riposare, è evidente che non sta bene, ma non vuole ascoltarmi, questa bambina testarda. Forse a voi darà retta.
   - Deve darmi retta per forza! – disse il giovane, divertito – Io sono il suo direttore, ciò che comando è legge. Credo, - aggiunse con maggior dolcezza – che Miss Isabella avrà bisogno di qualche anno per abituarsi ai ritmi serrati del teatro. Si è stancata troppo negli ultimi giorni e se continua così, senza dubbio si ammalerà. E io non posso perdere la mia Lucia. Sarebbe una catastrofe se non potesse cantare.
   - Che cosa consigliate?
   Jasper prese a camminare avanti e indietro per il salottino, mentre rifletteva. Infine si fermò e guardando Isabella decretò:
   - Riposo assoluto per almeno una settimana. Fino al giorno quindici sono impegnato per Il Lago dei Cigni, quindi non ci sarebbero comunque le prove. Nei giorni seguenti posso dedicare del tempo al finale dell’opera che è occupato interamente da Masen… e non ho dubbi sul fatto che dovrò lavorarci parecchio… non nego che il giovanotto sia migliorato, ma per quanto mi riguarda deve fare ancora molta strada. – borbottò. – Anche nella prima parte del primo atto Lucia non è in scena, - proseguì, rivolto più a sé stesso che agli altri – posso provare questi punti della partitura intanto che Miss Swan si riprende… Lucia di Lammermoor andrà in scena tra un mese, c’è tutto il tempo…
   - Mi consigliate di chiamare un dottore? – chiese il colonnello.
   - Certo. Chiamate il dottor Snow, è un medico eccellente e un mio amico di fiducia qui a New York. Sono sicuro che sceglierà la terapia migliore…
   Isabella guardò prima suo padre, poi Mr Whitlock, sempre più sconcertata: non riusciva a capacitarsene, eppure sembrava che quei due andassero perfettamente d’accordo! Jasper sapeva esattamente come prendere suo padre, il quale lo ascoltava tutto orecchie, proprio lui che aveva sempre detestato i giovanotti troppo sicuri di sé.
   - Smettetela di parlare di me come se non ci fossi! – esclamò all’improvviso, arrossendo un po'.
   Suo padre si voltò a guardarla sorridendo: - Tesoro, nessuno finge che tu non sia qui. Stavo solo manifestando a Mr Whitlock la mia approvazione. Ha perfettamente ragione, Bells, ti devi riposare e io ti propongo di iniziare fin da ora. Su, va’ in camera tua e cerca di dormire un po’… Mr Whitlock, vorreste unirvi a me? Posso offrirvi un bicchiere di vino…?



*           *           *



   Passarono tre giorni, durante i quali Jasper Whitlock si scoprì piuttosto agitato. Dopo che aveva salutato Isabella e conversato per un po’ con suo padre, non aveva più avuto loro notizie. Avrebbe potuto telefonare all’albergo, naturalmente e chiedere di parlare con Mr Swan, ma temeva di essere inopportuno. Nel dubbio, decise di non chiamare, ma non poteva fare a meno di chiedersi in continuazione se Isabella… no, un momento lei era Miss Isabella… insomma, se stava meglio, o se si era davvero ammalata.
   La persona più indicata a cui chiedere informazioni era Alice Brandon, ma la ballerina era totalmente assorbita dalla preparazione dell’imminente spettacolo e non era probabile che avesse trovato il tempo di andare a trovare l’amica.
   La sera del quattordici marzo, tuttavia, Jasper decise di rischiare e con discrezione chiese a Miss Brandon se aveva notizie di Isabella.
   Fortunatamente la risposta fu positiva:
   - Dorme per gran parte della giornata. – spiegò la ragazza – Il dottore le ha prescritto una qualche medicina per la tosse e le ha detto che dormire è molto importante per far passare il virus. Ah, e credo che le abbia consigliato di mangiare tanta frutta e di bere molto.
   Jasper annuì, ringrazio Miss Brandon e si allontanò, immerso nei suoi pensieri.
   Doveva essere sincero con se stesso, si disse, mentre faceva ritorno alla stanzetta al terzo piano del Flower, dove dormiva: non lo preoccupava il fatto che Miss Swan potesse perdere delle prove. Era certo che si sarebbe ripresa perfettamente e che avrebbe trionfato come meritava, alla faccia dell’altezzosa Miss Hale.
   Non era preoccupato per Lucia, ma per Isabella, la vera Isabella.
   Deve sentirsi molto sola, in questa grande città, chiusa in una camera d’albergo e malata, pensò, sentendosi intenerire, se io fossi suo marito potrei prendermene cura.
   Ecco l’aveva pensato con chiarezza, finalmente.
   E cosa c’è di male? E’ una donna meravigliosa, l’unica che potrei amare davvero per il resto della mia vita. E’ bellissima, è dolce, intelligente, colta… ed è incantevole. Quando sono insieme a lei sento di dover tirare fuori il meglio di me. Desidero prendermene cura, portarla a Baltimora e offrirle tutto ciò che ho.
   Jasper inspirò profondamente. Ormai non aveva più dubbi: era innamorato di quella strana e meravigliosa fanciulla.
   Sì, desidero sposarla, ammise. E la sposerò.





Buonagniorno a tutti! Alla fine ce l'ho fatta e sono tornata! Mi scuso di nuovo per il ritardo, ma non ho davvero potuto farci niente, sono stata impegnatissima e lo sono ancora. Adesso comunque, cercherò di aggiornare di nuovo con regolarità, anche se non mi sento di assicurarlo con certezza.
Colgo l'occasione per ringraziare ancora chi ha letto e recensito Luna di Mezzanotte, finalmente conclusa! Grazie anche, naturalmente a chi legge questa storia!
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto: ho cercato di renderlo romantico, ma anche divertente, grazie alla presenza di Charlie! Voi cosa ne dite, Jazz sposerà Bella?
Un abbraccio affettuoso e, spero, a presto!
Vostra Nini

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Capitolo 16
*** XVI ***






L'amore è un Canto

 


XVI


   Il palco era illuminato solo da una luce fioca e siderale, quando Alice fece la sua comparsa, insieme alle altre fanciulle-cigno. Nel suo abitino bianco, la ragazza sembrava ancora più bambina del solito, ma i suoi movimenti erano quelli precisi e ben calibrati di un’ etoile e il pubblico dovette comprenderei fin dal primo istante di trovarsi al cospetto di un incredibile talento, perché applaudì con entusiasmo crescente ogni singolo numero.
   Quegli applausi, Alice non li sentiva nemmeno. La sua mente era concentrata su un unico obiettivo: trionfare, essere la stella indiscussa della serata, in modo che Mr Whitlock non nutrisse alcun dubbio sulla sua bravura e mantenesse la promessa che le aveva fatto, cioè di considerare la possibilità di mandarla in Italia.
   Se Alice avesse riscosso un successo strepitoso nel ruolo di Odette, era probabile che il Times ne avrebbe parlato e in quel caso ella avrebbe potuto contare sul sostegno di critiche positive.
   Fino a quel momento, molto di rado un giornale newyorkese aveva commentato diffusamente gli spettacoli del Flower, in particolare i balletti, ma la presenza del famosissimo Jasper Whitlock aveva cambiato le cose. Ora il Times seguiva la stagione operistica con nuovo interesse ed erano stati redatti articoli lusinghieri sulla Bohéme e sullo Schiaccianoci: senza dubbio, tra il pubblico doveva esserci qualche giornalista incaricato di scrivere l’articolo su una spettacolo importante come Il Lago dei Cigni!
   Con questa speranza, Alice era entrata in scena concentrata come non mai e ben decisa a vendicarsi, finalmente di Jane e Alec Winter: non avrebbe permesso loro di rovinarle la serata.
   Mentre ballava, Alice ripeteva nella sua mente, in anticipo, i passi da eseguire, riuscendo nel contempo a non lasciar trapelare alcuna emozione. Immaginava il ballerino Seth Clearwater, di cui Whitlock le aveva parlato, spiegarle in che modo eseguire certi passaggi e il pensiero che questo, un giorno, potesse accadere davvero la rendeva più grintosa.
   Nella mente di Alice, Seth Clearwater era un bel ragazzo, sensibile, protettivo e un grande maestro. Alice non si era mai concessa di fantasticare in tutta la sua adolescenza, la sua infanzia era stata troppo dolorosa perché le illusioni potessero nascere in lei con facilità, ma quella sera, per la prima volta, lasciò che l’immagine positiva del giovane sconosciuto invadesse la sua mente e l’aiutasse a vincere la paura e la rigidezza.
   Lo spettacolo filò via liscio come l’olio e finì in un baleno, almeno così parve ad Alice.
   E il trionfo in cui la fanciulla aveva tanto sperato, arrivò: scrosci di applausi, ovazioni, fiori… e l’indomani un entusiastico articolo sull’edizione del mattino del Times, nel quale venivano cantate le lodi di “Miss Alice Brandon, prima ballerina del White-Flower Opera, la cui mirabile leggiadria e bravura innata, ieri sera hanno ipnotizzato e commosso il pubblico”.



*           *           *


   Isabella Swan si riprese dall’infreddatura che l’aveva colpita nel giro di una settimana, come il maestro Whitlock aveva previsto. Quando si sentì in condizione di farlo, riprese a cantare e dopo due giorni di esercizi vocali aveva riacquistato la piena padronanza della sua voce. Purtroppo non aveva potuto assistere al trionfo di Alice, ma aveva spedito all’amica un biglietto di auguri e dei fiori, il pomeriggio del 15 marzo, in modo che sentisse quanto le era vicina con il cuore in quel momento. Era stata felice di apprendere che lo spettacolo era stato un trionfo: Alice le aveva raccontato di come Jasper le avesse fatto intravedere la possibilità di allontanarsi dal Flower e non avrebbe potuto essere più d’accordo con la scelta del maestro. Alice aveva decisamente bisogno di cambiare aria. E poi, la generosità di Jasper gliel’aveva reso ancora più caro.
   Durante la convalescenza, Isabella aveva avuto il tempo di riflettere sui suoi sentimenti per lui, Jasper. In realtà la riflessione aveva richiesto ben poco tempo: Isabella sapeva fin dall’inizio di essere innamorata di quell'uomo. A sedici anni se n’era invaghita e quando l’aveva rivisto, il suo cuore si era subito aperto a un sentimento più profondo. Le erano bastati pochi giorni insieme a lui per imparare a conoscerlo e ad amarlo. Tutto, in Jasper, la attraeva senza possibilità di fuga: il suo fascino indiscutibile, la sua eleganza nei modi, la sua dolcezza.
   Con una stretta al cuore, Isabella si chiedeva che cosa sarebbe successo una volta che la stagione si fosse conclusa. Sapeva che la risposta dipendeva in gran parte dal successo che avrebbe avuto Lucia di Lammermoor.
   E se fosse un fiasco? si domandava, intimorita. Se deludessi tutti coloro che mi hanno dato fiducia, Jasper in particolare?
   Sapeva che c’era molto lavoro da fare prima che lo spettacolo potesse definirsi pronto. Pertanto, non fu stupita quando Mr Whitlock telefonò al suo albergo per chiederle di presentarsi al Flower perché potessero lavorare insieme su alcuni punti della partitura: si era aspettata che Jasper… cioè, Mr Whitlock volesse lavorare con lei, lontano dal palcoscenico, perché sapeva che aveva molte pretese riguardo al ruolo di Lucia.
   La mattina del 20 marzo si presentò al teatro fresca e riposata. Incontrò Alice, ancora al settimo cielo per il successo ottenuto e dopo averla salutata brevemente, si diresse verso la solita sala, dove sapeva che il maestro l’aspettava.
   - Buongiorno Miss Isabella, è un piacere rivedervi! – l’accolse questi, con calore. – Come vi sentite?
   - Benissimo, maestro. – rispose la fanciulla con un sorriso – Sono pronta a ricominciare.
   - Molto bene. Oggi lavoreremo sulla vostra scena madre, la scena della pazzia. E’ indispensabile che arriviate ad essere in grado di eseguirla almeno due o tre volte di fila senza stancarvi troppo, altrimenti farete fatica ad essere naturale durante lo spettacolo. Lasciamo perdere i passaggi sui sovracuti, per oggi e lavoriamo sui cantabili.
   Iniziarono la lezione. Isabella si sentiva perfettamente a proprio agio, ascoltava con attenzione i suggerimenti del suo maestro e non aveva alcuna difficoltà a metterli in pratica. Senza timore, gli pose alcune domande riguardo al modo in cui avrebbe dovuto recitare.
   - Ammetto che non mi piace affatto l’idea di entrare in scena con un coltello in mano… nel libretto non è indicato che Lucia abbia ancora l’arma del delitto con sé. - azzardò.
   - Infatti non avrete nessun coltello in mano. Lucia è e resta un angelo caduto per caso in terra, troppo puro per poter vivere insieme ai comuni mortali. Nemmeno dopo il delitto la sua purezza è contaminata, prova ne sia il suo vestito bianco. - rispose Jasper, meditabondo.
   Isabella sorrise, raggiante: era la prima volta che qualcuno condivideva quella sua convinzione.
   - Sono contenta che siate d’accordo con me, Jasper! – disse con slancio. E un attimo dopo: - Oh no, perdonatemi! Non volevo essere inopportuna…
   Il giovane sorrise: - Potete chiamarmi Jasper se lo desiderate. – disse, con naturalezza.
   - Da-davvero? – balbettò Isabella, emozionata – Oh… e voi… potete chiamarmi semplicemente Isabella… se lo desiderate…
   - Naturalmente. Isabella.
   Si guardarono negli occhi per un istante e a Isabella parve quasi di udire i pensieri di Jasper: desidero chiamarvi Isabella perché è il mio cuore a desiderarvi.
   Qualcosa di meraviglioso stava accadendo. Ne era certa.
   Sarebbe andato tutto bene.



Buongiorno ragazze, eccomi qua, la vostra Autrice pazza...
Allora, piccolo chiarimento: la povera Lucia di Lammermoor è, in pratica, una fanciulla fragile, direi quasi malata fin dall'inizio, che impazzisce perché viene costretta a un matrimonio che non vuole e non può sposare l'uomo che ama, Edgardo. In preda alla follia uccide il povero marito ed ecco perché Bella parlava di un coltello. Era tradizione che le cantanti lo tenessero in mano, durante la scena in cui Lucia, del tutto inconsapevole di ciò che ha fatto, rievoca il passato e il suo amore perduto. Fu la grandissima Maria Callas la prima a rifiutarsi di portare il coltello in scena. Io lo faccio fare a Bella, proprio in ricordo di questa grande cantante.

Per le recensioni ringrazio tantissimo: Camilla L, Dills Nightmare, nanerottola, dany60, MikoWhitlockCullen, JadeGreen, maura 77, chicca 85, Betely e Snowly, oltre a tutte coloro che seguono questa storia.

Spero di aggiornare entro una quindicina di giorni, questi non sono capitoli semplici e ci metto un po' a elaborarli, anche perché con questo caldo faccio fatica a concentrarmi!!!

A presto, intanto e un abbraccio!
Nini


  

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Capitolo 17
*** XVII ***







L'amore è un Canto


XVII
 

   Esme Platt si stava occupando di sistemare i fiori che sua madre teneva nella veranda di casa, quando Miss Swan venne a farle visita. Era arrivata in leggero anticipo rispetto all’orario fissato per l’incontro, ma Esme non se la prese affatto, accolse la giovane amica con affetto, la guidò fino al salotto e le chiese di attenderla mentre lei si toglieva i guanti protettivi e gettava via i fiori morti.
   Era rimasta piuttosto sorpresa quando Isabella le aveva chiesto se poteva parlarle, in privato: erano andate d'accordo fin da subito, ma non pensava che la collega la tenesse in così alta considerazione da decidere di rivolgersi a lei per un consiglio. Inoltre, Esme non sapeva immaginare di che cosa potesse aver bisogno.
   - Posso offrirti una tazza di tè, cara? – le chiese gentilmente – Di solito io lo prendo sempre a quest’ora.
   Isabella sorrise: - Grazie, Esme, con molto piacere.
   Esme diede disposizioni alla sua cameriera, la quale, poco dopo fu di ritorno con un carrello sul quale troneggiavano un’enorme teiera, due tazze da tè, una piccola lattiera, pane, burro, marmellata, miele e un piattino di biscotti.
   - Scegli pure quello che preferisci, tesoro. – disse Esme – E spiegami un po’ di che cos’hai bisogno.
   - Grazie… - rispose Miss Swan, un po’ a disagio. Esme attese pazientemente che si fosse servita e che raccogliesse le idee. Infine la giovane posò la tazza e disse:
   - Veramente, Esme, avrei bisogno di un tuo parere. E’ una cosa un po’ delicata e ho pensato che tu fossi la persona più adatta con cui parlarne. Alice è una ragazza meravigliosa e ormai mi conosce alla perfezione, ma è… come dire… un po’ diversa da me.
   - Diversa in che senso?
   - Beh, ha delle idee tutte sue riguardo a…
   -…a?
   Isabella abbassò gli occhi: - All’amore. – confessò infine.
   Esme rimase in silenzio per qualche secondo, per ponderare le parole dell’amica. Infine disse serenamente:
   - Dunque, mia cara, mi sembra di capire che tu ti sia innamorata. Giusto?
   La ragazza più giovane arrossì: - Giusto…
   Esme sospirò: - E non è difficile immaginare di chi.
   Gli occhi di Isabella brillarono per il piacere e la sorpresa.
   - Oh… non immaginavo che fosse tanto evidente… Credevo di aver nascosto piuttosto bene ciò che provo... - Esitò, quindi aggiunse – Allora... pensi che ci sia qualche possibilità per me?
   Esme sospirò di nuovo. Poi misurando le parole disse:
   - Beh… sono certa che tu gli piaci e gli piaci molto. Sei una ragazza così bella, come potresti non piacergli? Ma cara, devi stare molto attenta, potresti rimanere scottata.
   - Perché?
   - Non dico che non sia un buon ragazzo, a modo suo. Ha un animo generoso ed è anche un bravo musicista che prende molto sul serio il suo lavoro. Ma è un donnaiolo. Non riesce a rimanere fedele ad una donna per molto tempo.
   Quell’affermazione parve sorprendere e addolorare oltremodo Isabella, che rimase senza parole per un momento.
   - Ma Esme, sei certa di quello che dici? - chiese, dopo un attimo di silenzio - A me non ha mai dato l’impressione di essere un donnaiolo!
   - Davvero? A me sembra molto evidente, invece. Non essere così ingenua, Bella.
   A Esme dispiaceva dover deludere la sua piccola collega, ma riteneva fosse giusto che conoscesse la verità, finché era ancora in tempo per evitare di soffrire.
   - Ascoltami, - le disse in tono materno – io lo conosco da anni e ti posso garantire che ho visto con i miei occhi il modo in cui tratta le donne.
   Isabella alzò di scatto la testa: - Lo conosci da anni? – fece, sbalordita – Ma come? Non era mai venuto al Flower prima di quest’anno!
   A quelle parole, Esme trasalì, colta da un dubbio improvviso. Possibile che…?
   - Di chi stai parlando? – chiese, lentamente.
   - Di chi stai parlando tu! – rispose Isabella, turbata – Qui c’è qualcosa che non quadra!
   In imbarazzo Esme rispose: - Io parlavo di Edward Masen.
   Ci fu un istante di silenzio. Poi la risata argentina d’Isabella risuonò in tutta la stanza e dopo un attimo di sbalordimento, anche Esme scoppiò a ridere.
   - Ho sbagliato innamorato, vero? – chiese allegramente – Scusami cara, ti giuro che ero convinta di averci azzeccato!
   Sempre ridendo a crepapelle, Isabella rispose: - Oh Esme, ma come ti è venuto in mente? Edward Masen? Per carità, no! E’ un bel ragazzo, simpatico, gentile anche, quando non si dà troppe arie… ma innamorarmi di lui…! Mai!
   - Ho pensato a Edward perché ti è vicino per età e perché moltissime ragazze in teatro sono invaghite di lui. Le ballerine lo adorano, le coriste cadono ai suoi piedi come mosche… ho pensato che una ragazza giovane, carina e fresca come te l’avrebbe subito notato. Ma sono contenta di essermi sbagliata: non è l’uomo adatto a te.
   Isabella smise a poco a poco di ridere. – Io parlavo di Mr Whitlock. - confessò.
   - E questa sì che è una sorpresa. – disse Esme annuendo e tornando a sua volta seria. – Hai fatto una scelta molto ardua, mia cara… e molto valida.
   - Davvero?
   - Bella, io non so quasi nulla del maestro, mi sembra una persona responsabile e dal carattere profondo. Non so dirti se tra voi potrebbe funzionare, però. Vedi, il signor Whitlock viaggia molto, non è mai stato sposato o fidanzato e nessuno sa se abbia o meno intenzione di legarsi a qualcuno. Potrebbe preferire una vita dedicata solo e soltanto alla musica. Capisci cosa intendo?
   - Sì, certo.
   Esme guardò Isabella negli occhi: - Senti di essere veramente innamorata di lui?
   - Sì. Sono certa di amarlo.
   - L’unica cosa che posso consigliarti è di essere te stessa e di attendere. So che l’hai incontrato anche da sola, un paio di volte: com’è andata?
   - Oh, è stato molto bello… lui è sempre così gentile. Vedi, ho voluto parlartene proprio perché a volte mi sembra quasi che ricambi i miei sentimenti…
   Esme sorrise, indulgente: - Certamente è molto gentile con tutti. Prova a lanciargli qualche segnale: un sorriso in più, un piccolo gesto casuale, un’occhiata particolarmente dolce… se ha posato gli occhi su di te, sono certa che si farà avanti, non mi sembra un uomo timoroso del corteggiamento. In questo senso è molto diverso da Carlisle. – aggiunse ridendo.
   - Carlisle non ti ha corteggiata da subito, vero? – chiese Isabella curiosa.
   - Oh no! Mi ha fatto attendere molto, molto a lungo. Era estremamente timido… ma io lo amo così com’è.
   - Quando vi sposerete?
   - In giugno, secondo me il mese più bello dell'anno.
   Parlarono ancora per un’ora, del matrimonio di Esme, del Flower, di Miss Hale e di Mr Mc Carty. Prima che Isabella se ne andasse, Esme disse:
   - Ti consiglio, comunque, di fare attenzione a Edward. Non ho dubbi sul fatto che sia interessato a te. Comportati sempre con la massima gentilezza, ma scegli attentamente le risposte da dare e non provocarlo.
   - D’accordo Esme, farò come dici tu. Grazie ancora di questo bellissimo pomeriggio!
   - A presto, Bella, torna quando vuoi.
   Ed Esme rientrò in casa, dicendosi che l’amore è davvero qualcosa di meraviglioso e terribilmente complicato allo stesso tempo.


*           *            *


   La sera del 28 marzo arrivò fin troppo presto per i gusti di Rosalie Hale. La primadonna del Flower avrebbe desiderato avere a disposizione altri due mesi per studiare la sua parte: Whitlock aveva avuto tali e tante richieste, durante le prove, da lasciarla spesso un po’ confusa. Rosalie era certa di aver memorizzato ogni dettaglio, ma ciononostante, quella sera aveva davvero paura. Il motivo era molto semplice: aveva l’impressione che, nonostante l'impegno di tutti, le prove per la Lucia fossero state molto più produttive di quelle de La Fanciulla del West e il timore che Miss Swan potesse avere più successo di lei, le aveva impedito di dormire durante la notte.
   Rosalie sapeva comunque, di poter contare sull’affezionato pubblico del Flower e… incredibile, ma vero, sul sostegno di Masen, il quale, da un po’ di tempo sembrava aver messo la testa a posto.
   Si trovavano entrambi dietro le quinte e aspettavano che lo spettacolo avesse inizio. Masen era insolitamente silenzioso e concentrato, ma d’un tratto disse:
   - Non temete, Miss Hale, andrà tutto a meraviglia, come sempre.
   Rosalie sbuffò: - Lo spero proprio. – Poi aggiunse – La Swan è arrivata?
   Masen rise: - Naturale! E’ seduta nel palco reale, con Mr Mc Carty, Mr Cullen e qualche critico… ah giusto, e c’è anche suo padre!
   Rosalie non rise. Il collega la guardò pensieroso per un istante, poi disse con gentilezza: - Ah, non badateci, Miss Hale. Vi ha portato via Lucia, d’accordo, ma che sarà mai, la fine del mondo?! Stiamo per affrontare un’opera meravigliosa! Godetevela!
   - Uhm…
   -… e poi su, coraggio, c’è il vostro innamorato che vi guarda!
   Gli occhioni azzurri di Rosalie si spalancarono: - Co-cosa? Ma… come sapete…?
   Il tenore rise di gusto: - Veramente, Miss Hale, lo sa tutto il teatro! - annunciò.
   - Come sarebbe?
   - Oh, suvvia, Rosalie! Non siate timida e smettetela di negarvi! Volete diventare come “quella gran ghiacciaia ch’è il cuore di Musetta?” Pover’uomo, l’avete fatto soffrire a sufficienza!
   Rosalie scosse il capo: - Credo che ormai non faccia alcuna differenza. Non mi rivolge più la parola.
   Masen smise di ridere e in tono più sommesso obiettò: - Non sono d’accordo. Anche se non vi rivolge la parola, vi osserva e aspetta, come ha sempre fatto. Dategli una possibilità, la merita.
   Rosalie non disse nulla e poco dopo lo spettacolo ebbe inizio, assorbendo tutta la sua attenzione.
   Ma le parole di Edward Masen, così inaspettatamente gentili e confortanti avevano toccato il tasto giusto e forse, finalmente, una piccola breccia si era aperta nel suo cuore, prima che lei potesse impedirlo.






Nota: la frase in corsivo detta da Edward a Rosalie è una citazione dalla Bohéme.

Buonasera, ragazze, inaspettatamente sono tornata! La prossima settimana sarò via, quindi non potrò scrivere nulla, ma ho quasi pronto anche il prossimo capitolo, per cui non dovrete attendere troppo per l'aggiornamento.
E così anche Rosalie si avvia al suo personale trionfo. Abbiamo ritrovato Edward, che mancava da un paio di capitoli e vi posso anticipare che nel prossimo capitolo si inizia con Emmett, che naturalmente sta assistendo allo spettacolo in cui canta Rose.
Spero che questo capitolo vi abbia divertito e vi do appuntamento tra una decina di giorni!
Di nuovo, grazie a tutte per le recensioni!! Siete meravigliose!

Un bacione
Niniane

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Capitolo 18
*** XVIII ***




L'amore è un Canto


XVIII



   Emmett Mc Carty non perdeva d’occhio il palcoscenico nemmeno per un istante.
   Non vi era alcun dubbio: Mr Whitlock aveva fatto un lavoro eccellente. Emmett era stato tormentato dal timore di dover rimpiangere la scelta fatta insieme a Carlisle, ma almeno fino a quel momento non ce n’era stato alcun motivo. Quella sera poi, ogni dettaglio era stato messo a punto con la massima cura: Emmett non aveva mai visto una scenografia più organizzata, né dei costumi così ben confezionati. Sembrava che il carismatico direttore d’orchestra avesse imposto a tutto il personale del Flower ordine e massima disciplina.
   E poi l’orchestra, a proposito di perfezione! Avevano sempre suonato così bene, i “ragazzi”? Che limpidezza di suono avevano le trombe! E i violini come filavano!
   Infine c’erano i cantanti: Esme Platt e Richard Johnson avevano fatto davvero un ottimo lavoro, quel matto di Masen era irriconoscibile per quanto era concentrato e bisognava riconoscerlo, stava interpretando divinamente le sue arie. Chiunque sarebbe stato indotto a credere che lui e Rosalie si amassero davvero, mentre, nei ruoli di Ramerrez e di Minnie cantavano e recitavano con immensa dolcezza.
   Emmett sentì che non c’era nulla di cui preoccuparsi: l’opera si avviava al trionfo, le sue tasche stavano tornando a riempirsi e Rose avrebbe avuto un immenso successo, come sempre.
   La sua Rose… era ben deciso a ignorarla, anche quella sera. Le avrebbe fatto pervenire solo un garbato biglietto per congratularsi con lei, a spettacolo concluso. Non intendeva cedere ancora: era certo che, sotto sotto, quella donna provasse dell’affetto per lui e proprio per questo non intendeva più essere il suo burattino. Se Rosalie avesse desiderato la sua amicizia, o magari qualcosa di più, avrebbe dovuto riguadagnare la sua fiducia. Si era fatto maltrattare troppo a lungo da lei e per che cosa? L’unico risultato era stato il rendersi ridicolo davanti a tutti i suoi amici e conoscenti per ben tre anni. Non avrebbe più accettato mezze misure: lui lottava per vincere. O tutto o niente.
   Eppure, quando le note conclusive dell’opera s’innalzarono attraverso la sala, sentì di avere le lacrime agli occhi per la commozione.
   Rosalie era così bella quando lasciava la sua freddezza per quel mondo fatto di suoni ed emozioni… se solo avesse amato lui come Minnie amava il suo Ramerrez…


*           *           *


   Il Times non mancò di parlare della Fanciulla del West andata in scena al Flower la sera del 28 marzo 1920. Jasper Whitlock fu definito “un eroe del mondo musicale”, la “divina” Rosalie Hale fu letteralmente ricoperta di lodi e così pure Edward Masen. Il Flower stava ormai diventando una nuova, interessante attrazione per i newyorkesi che fino a poco tempo prima ne conoscevano a malapena l’esistenza.
   Ampia pubblicità fu fatta anche a Lucia di Lammermoor, che sarebbe andata in scena il 9 aprile, a chiusura della stagione operistica. I giornalisti e i critici musicali erano particolarmente incuriositi dalla presenza Miss Isabella Marie Swan, una cantante agli inizi della sua carriera, comparsa brevemente in Traviata e scelta inaspettatamente dal grande maestro per il ruolo della protagonista. Le voci di corridoio erano discordi nel giudicarla: alcuni sostenevano che il suo talento fosse al di là di ogni immaginazione, altri la definivano un “rischio”, troppo giovane e inesperta.
   Jasper leggeva i vari articoli, un po’ accigliato. Era stato orgoglioso del successo della Fanciulla del West e si era congratulato ripetutamente con Miss Hale, riuscendo perfino a strapparle un sorriso e una lacrima. Sapeva di aver fatto un ottimo lavoro con quell’opera ed era felice che i suoi sforzi fossero stati premiati. Il Flower non era un grande teatro, ma all’interno vi lavoravano musicisti di grande valore, questo doveva riconoscerlo. Era felice di aver accettato l’incarico che il signor Mc Carty gli aveva offerto, non era stata affatto una perdita di tempo, come aveva immaginato all’inizio. Lavorare lì era diventato perfino… divertente.
   E poi… e poi al Flower aveva conosciuto Isabella.
   Jasper posava gli occhi su di lei in ogni momento possibile, cercando di capire come si sentisse. Senza dubbio era emozionata e contava le ore e i giorni che la separavano dal suo debutto. Cominciava ad essere un po’ pallida e il suo aspetto alle prove era leggermente più disordinato del solito. Jasper sapeva che non smetteva mai di studiare e che qualche volta si svegliava in piena notte e subito correva a controllare sulla partitura un passaggio che temeva di aver dimenticato. Tutti questi segnali erano indice di una grande tensione.
   Un giorno, al termine di una prova fu Isabella stessa a confessargli di sentirsi gelare dalla paura.
   - E’ naturale. – le rispose, in tono gentile – Sarebbe strano che foste tranquilla, mia cara. Nei giorni che precedono uno spettacolo bisogno sempre avere una paura matta.
   - Ma allora come mi sentirò a pochi minuti dall’inizio? – chiese la fanciulla, con un sorriso nervoso.
   Jasper rise di cuore: - Vi sentirete euforica e con la testa tra le nuvole… poi l’orchestra inizierà a suonare e voi avrete una voglia irrefrenabile di darvela a gambe e di non rimettere mai più piede in un teatro!
   Isabella si unì alla sua risata: - E poi?
   Per un momento Jasper non riuscì a rispondere, tanto quel suono argentino e inaspettato riuscì ad affascinarlo: impiegò un paio di secondi a ritrovare il filo del discorso.
   Questa ragazza mi ha sedotto e non ne è affatto consapevole, pensò.
   - Poi entrerete in scena e con grande sforzo lascerete uscire la prima nota. Superata quella, ogni paura svanirà.
   Isabella lo guardò in volto e Jasper lesse nei suoi occhi color cioccolato una miriade di emozioni. Alcune di queste lo colpirono dritto al cuore, perché in esse riconobbe le proprie.
   Erano emozioni che una signorina di buona famiglia avrebbe, normalmente tentato di nascondere, ma Jasper sapeva, oramai, che Miss Swan era una ragazza fuori dal comune: troppo limpida e trasparente per nascondere ciò che provava, troppo spontanea e sincera. Forse sulla scena sapeva fingere, ma non nella realtà.
   E Jasper, incontrando i suoi occhi ebbe la certezza assoluta che i sentimenti che provava per lei fossero ricambiati.
   - Miss Swan, - disse a bassa voce – ho una strana sensazione. E’ possibile che in passato ci siamo già incontrati?
   La fanciulla si aprì in un sorriso radioso: - Oh Jasper, non posso credere che abbiate ricordato! Sì, è stato molto tempo fa, a Roma! Avevate diretto Il Trovatore! – disse tutto d’un fiato.
   Ma certo! Quella ragazzina bellissima che l’aveva guardato in silenzio a occhi sbarrati prima di uscire dal teatro… allora era la piccola Miss Swan!
   - Ora ricordo! – esclamò – E’ stato… sette anni fa, giusto?
   - Giusto! – esultò Isabella.
   Sembrava così felice, perfino estatica per quella piccola scoperta… e d’improvviso Jasper si sentì altrettanto felice.
   Si avvicinò a lei e con delicatezza le sfiorò la guancia morbida e candida:
   - Non abbiate paura, Isabella, sarete eccezionale in Lucia.
   Isabella rimase immobile e continuò a fissarlo con i suoi occhi grandi e innocenti. Egli desiderava con tutte le sue forze baciarla, ma si impose di non farlo.
   La sconvolgerei… non devo distrarla a pochi giorni dal debutto.
   Con un ultimo sorriso e un saluto si separò da lei e lasciò il teatro. Aveva voglia di fare quattro passi.
   Prima di tutto, Lucia. Poi, dopo che la stagione si fosse conclusa avrebbe dichiarato i suoi sentimenti a Isabella e avrebbe chiesto al colonnello suo padre la sua mano.
   Lorelai sarebbe stata orgogliosa di lui.






Buongiorno a tutti e scusate il ritardo!! Ho avuto problemi con internet e ne ho ancora, perciò non ho potuto aggiornare prima come avevo auspicato.
Grazie ancora a tutti coloro che mi seguono, la storia si avvia al gran finale e spero davvero che continui a piacervi!
Nel prossimo capitolo, finalmente, il gran debutto di Bella!
Un bacione e a presto!

Vostra Nini

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Capitolo 19
*** XIX ***






L'amore è un Canto


XIX


   La giornata del 9 aprile arrivò, infine, portando con sé un bel sole e un insolito tepore che non abbandonò la città neppure a sera, quando i battenti del White-Flower Opera si aprirono per il pubblico.
   La locandina recitava: Lucia di Lammermoor, dramma tragico in due parti, libretto di Salvatore Cammarano, musica di Gaetano Donizetti. In basso spiccavano alcuni altri nomi: Isabella Swan, Edward Masen, Richard Johnson, Jasper Whitlock.
   Rosalie Hale prese posto in un palco tra i migliori disponibili in sala: da lì poteva vedere l’intero palcoscenico e giudicare obiettivamente lo spettacolo. Il palco reale, quella sera era occupato da ospiti particolarmente illustri, per questo lei e Mr Mc Carty ne avevano scelto un altro. Quanto a Mr Cullen, aveva deciso di posizionarsi dietro le quinte e seguire per intero l’opera da lì. Dunque, Rosalie si sarebbe trovata da sola insieme all’impresario del teatro.
   Non sapeva se esserne felice o meno: il biglietto che Emmett le aveva fatto pervenire dopo la Fanciulla del West era così freddo e impersonale che nel leggerlo si era sentita ferita e scontenta. Ormai era evidente che quell’individuo la disprezzava. Nei giorni seguenti al suo trionfo, Rosalie si era chiesta quali ragioni potesse avere per comportarsi così con lei e dopo una lunga e seria riflessione era giunta alla conclusione di essersi meritata quel trattamento. Rievocando tutte le occasioni in cui palesemente aveva sfruttato l’amicizia di Emmett per i propri scopi, si era sentita piena di vergogna verso sé stessa. Con dolore, si era resa conto di aver sottovalutato e ridicolizzato i sentimenti che lui aveva cercato di dimostrarle. Come se l’amicizia e amore fossero uno scherzo o un regalo senza valore! Rosalie si era ritrovata a chiedersi, smarrita, come avesse potuto essere tanto meschina e, in preda a un rimorso del tutto nuovo per lei aveva cominciato a pensare a Emmett in modo diverso. All’improvviso, tutti i pregi e anche i difetti di quell’uomo le erano apparsi più preziosi e più cari. Povero Emmett era stato tanto paziente e in cambio aveva ricevuto solo rifiuti…
   Rosalie desiderava scusarsi con lui, dirgli che le dispiaceva di averlo offeso, ma non sapeva come fare e aveva il timore che fosse ormai troppo tardi per rimediare agli errori fatti.
   Sconfortata, si accomodò al suo posto chiedendosi se ce l’avrebbe fatta a sopravvivere alla serata: doveva ascoltare la Swan trionfare e contemporaneamente sopportare la presenza di Emmett.
   Mr Mc Carty la raggiunse poco dopo e le rivolse un piccolo cenno di saluto, garbato, ma distaccato. Rosalie strinse i denti e si sforzò di concentrarsi sullo spettacolo.
   Ed ecco, le luci si spensero, la sala si fece silenziosa, poi Mr Whitlock entrò, salutato dal pubblico e dall’orchestra, i cui componenti, naturalmente erano tutti in piedi.
Il breve preludio che precedeva l’inizio dell’opera vera e propria fu emozionante al punto giusto e Rosalie dimenticò per un istante lo scopo per cui era venuta. Poi il sipario si aprì e il coro dei cacciatori fece il suo ingresso raccontando al pubblico di essere alla ricerca di un uomo misterioso che aveva sparato a uno dei tori di proprietà della famiglia Ashton e poi si era dileguato. Dopo che se ne furono andati, giunse Mr Johnson, nei panni del perfido Enrico Ashton, accompagnato da altri due personaggi ai quali confidò di essere preoccupato perché per ragioni politiche la sua posizione sociale e tutti i suoi beni erano in pericolo: solo il matrimonio tra sua sorella Lucia e il nobile Arturo avrebbe potuto salvare la situazione, ma Lucia si rifiutava di acconsentire alle nozze. Il guardiacaccia Normanno lo informò allora di un segreto: Lucia era innamorata di Edgardo, il peggior nemico degli Ashton ed era proprio lui l’uomo che i cacciatori andavano cercando. Mr Johnson si lanciò allora nella sua cavatina, piena di furore e di giuramenti di vendetta contro il suo rivale.
   A quel punto Rosalie si tese in avanti: toccava a Lucia entrare in scena. Infatti eccola, vestita di azzurro, pallida e ansiosa. Miss Swan, quella piccola provinciale…
   Rosalie ascoltò attenta ogni singola nota, sperando di cogliere qua e là qualche sbavatura, qualche scelta di dubbio gusto… ma non trovò nulla. Mentre Miss Swan raccontava alla sua dama di compagnia Alisa (interpretata da Esme) delle sue angosce e del suo amore per Edgardo, era come se il personaggio fosse entrato così a fondo in lei che non era più possibile distinguere dove finisse Isabella e dove iniziasse Lucia.
   Edward Masen giunse poco dopo, nei panni dell’innamorato Edgardo a chiudere in bellezza la scena, prima ricordando a Lucia che solo per amor suo aveva rinunciato ai suoi propositi di vendetta contro la sua famiglia, poi compiendo con lei una sorta di rito nuziale nel quale le giurò eterna fede.
   E’ incredibile, pensò Rosalie, stupita, Edward ha cantato per tutta la stagione, non c’è mai stato bisogno di sostituirlo ed è ancora in ottima forma! Come diavolo fa?
   Quando il duetto tra i due amanti si concluse con un fragoroso fortissimo, Rosalie applaudì con entusiasmo insieme al resto della sala e si alzò addirittura in piedi. Se avessero continuato a cantare così, lo spettacolo sarebbe passato alla storia come uno dei migliori della carriera di Mr Whitlock e avrebbe aperto a Miss Swan le porte dei più grandi teatri d’America.
   Nel tornare al suo posto, vide che Emmett le sorrideva, vagamente divertito e le venne spontaneo ricambiare il gesto.
   - Mi pare che stiate deponendo le armi, finalmente, piccola testarda! – la apostrofò lui, allegramente.
   Rosalie scosse il capo: - Non posso negare l’evidenza. Questo primo atto è stato strepitoso, non ho percepito neppure una singola imperfezione. – Sospirò, poi aggiunse: - E va bene, lo ammetto, mi auguravo che Miss Swan facesse cadere l’opera, invece è una bravissima cantante. Siete contento adesso?
   Emmett la guardò attentamente in viso: - Miss Swan è molto brava, ma lo siete anche voi, Rosalie. E ricordate che la signorina se andrà dopo questa sera, farà la sua carriera altrove. Questo teatro invece è il vostro regno. Anche se, naturalmente, non posso impedirvi di andare a cantare anche altrove se lo desiderate. – aggiunse gentilmente.
   - Qualche volta mi piacerebbe spostarmi. – ammise Rosalie – ma non spesso. Sono troppo affezionata a questo posto.
   - Allora smettete di essere gelosa di quella ragazza. Ditemi, in quanti spettacoli avete avuto un enorme successo, durante questa stagione?
   - In tutti. – affermò Rosalie, sicura e quasi offesa dalla domanda.
   - E allora lasciate che lei trionfi in uno solo! Che c’è da arrabbiarsi tanto?
   La primadonna sbuffò: - Mi infastidisce che Miss Swan mi abbia portato via un ruolo. Mi fa rabbia che Mr Whitlock la preferisca a me. E poi nessuno si ricorderà della mia esistenza dopo questa sera, l’unica stella lucente sarà lei. Io ho molta più esperienza di quella piccola oca eppure sembra dieci volte più preparata di quanto lo sia io. Questo non è giusto: io canto in teatro da anni, lei no! Vi sembra strano che io sia tanto arrabbiata, signor Mc Carty?
   - Se voi non pensaste solo ed esclusivamente al canto nella vostra vita, tutto questo non vi apparirebbe tanto grave. Diamine, Rose, ci sono cose più importanti della carriera! – replicò Emmett serio - Smettetela di essere sempre un pezzo di ghiaccio!
   Rosalie chinò il capo: - Sono stata orribile, vero?
   Emmett inarcale sopraciglia: - Abbastanza. – disse, seccamente.
   - Mi dispiace tanto… - mormorò lei.
   In sala si erano nuovamente spente le luci. Iniziò un nuovo quadro e Rosalie ascoltò con attenzione il duetto tra Mr Johnson e Miss Swan, nel quale Lucia respingeva con rabbia le pretese del fratello. Ma anche se una piccola parte di lei continuava a cercare difetti nella sua rivale, Rosalie non era più agguerrita. La sua mente era concentrata su Emmett.
   Cosa doveva dirgli?
   Più lo guardava più le sembrava bello.
   - Emmett? – chiese timidamente, durante un cambio di scena.
   Egli la guardò sorpreso, come se sentirsi chiamare per nome fosse per lui una novità.
   - Mi dispiace davvero tanto. – continuò Rosalie, facendosi coraggio – Ho riflettuto molto in questi giorni e ho capito di aver sbagliato. Mi sono vergognata del mio comportamento, quando ho ripensato a tutte le volte in cui vi ho trattato con sufficienza… non ve lo meritate, voi siete una persona meravigliosa.
   Gli occhi azzurri di lui la scrutarono. Per un lungo istante nessuno dei due parlò.
   - Non vi credo. – disse Emmett infine.
   - Co-come?
   - Non vi credo. E come potrei? Sono tre anni che mi respingete. Pretendete forse che adesso io dimentichi tutto e vi perdoni? Troppo facile, Rosalie.
   Ciò detto, Emmett si alzò e se ne andò.






Ciao a tutti!
Mamma mia che fatica questo capitolo! Forse sarà anche noioso, con tutto questo parlare dello spetacolo in corso, ma vi prego di avere un po' di pazienza. A parte gli scherzi, spero che il racconto dell'opera sia stato piacevole. Se qualcuno si sta chiedendo da dove mi è venuta l'idea di inventarmi il personaggio del baritono Richard Johnson, la risposta è... da nessuna parte. Cioè, me lo sono inventato e basta: non trovavo nessuno che potesse coprire il suo ruolo di persona tranquilla, posata che non dà mai fastidio a nessuno. Avrei potuto scegliere uno dei lupi, ma devo dire che proprio non ce li vedo in questo contesto... Seth è l'eccezione, ovviamente. Emmett? Emmett non ci crede, no no... se n'è andato. Ma siamo ancora nella prima parte della serata e lo spettacolo è ancora lungo! Piano piano ogni cosa andrà al suo posto!
Devo davvero ringraziare un sacco di persone quando la storia sarà conclusa, per l'affetto con cui la stanno seguendo e il sostegno che mi danno sempre.
Lasciate una recensione se avete tempo e voglia, cari lettori, mi fanno sempre molto piacere i vostri pareri.
Un abbraccio e buon fine settimana! A presto!
Niniane

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Capitolo 20
*** XX ***





L'amore è un Canto


XX


   Emmett Mc Carty lasciò la sala. Percorse scale e corridoi fino a giungere dietro le quinte che circondavano il palcoscenico. Superò Carlisle, che stava parlando a bassa voce con Esme e cercò un posto isolato dove sedersi. Uno dei direttori di scena gli chiese se volesse ascoltare il seguito dell’opera da una postazione in particolare ed Emmett gli indicò una delle quinte più piccole, da cui nessuno doveva uscire. Poco dopo gli fu portata una sedia su cui si accomodò, quasi completamente nascosto dai tendaggi che formavano la quinta.
   Nel frattempo, sul palco stava avvenendo un repentino cambio di scena. Quando il sipario tornò ad aprirsi, il pubblicò applaudì l’entrata del coro formato, questa volta, anche da voci femminili: erano i congiunti di lord Enrico Ashton, i paggi, gli armigeri, le dame, gli abitanti di Lammermoor e accoglievano con il loro canto lo sposo di Lucia, Arturo, come la stella che avrebbe salvato la famiglia dalla rovina.
   Emmett ascoltò l’intera, grandiosa scena che seguì: Lucia, ormai piegata alla volontà del fratello, firmò il contratto nuziale; Edgardo piombò nella sala, dichiarando che la fanciulla era già legata a lui per mezzo di un giuramento; gli fu mostrato il contratto e quando egli vide la firma di Lucia la maledisse; infine, minacciato dalle spade di Enrico, di Arturo e degli altri cavalieri fu costretto a lasciare la sala, mentre alla povera Lucia, ormai del tutto fuori di sé dal dolore, non rimase che pregare perché la sua vita fosse risparmiata.
   In realtà, per gran parte del tempo, Emmett non prestò alcuna attenzione alla trama dello spettacolo.
   Pensava a Rosalie.
   Forse era stato troppo duro con lei: in effetti, quando l’aveva vista alzarsi in piedi alla fine del duetto, gli era sembrata talmente serena e rappacificata che in un primo momento aveva pensato di abbandonare i suoi propositi di rimanerle lontano. Se solo non avesse ricominciato a lamentarsi, quella viperetta! Quando l’aveva sentita elencare tutte le ragioni per cui si riteneva in diritto di odiare Miss Swan, Emmett si era ricordato di tutte le volte che quel genere di trattamento era toccato a lui… Rosalie magari non l’aveva odiato, ma disprezzato e svalutato sì. Allora non si era più sentito in grado di perdonarla come avrebbe voluto e con la sua uscita dignitosa aveva cercato di dimostrarle che non era un fantoccio di gomma.
   Adesso che era lontano da lei, però, già sentiva diminuire la soddisfazione per quella piccola rivincita: Rosalie gli era sembrata davvero sincera quando aveva affermato di essere dispiaciuta. Che avesse riflettuto veramente? Che fosse finalmente scesa dal suo piedistallo?
   Emmett applaudì stancamente il finale della scena… che strana opera era Lucia di Lammermoor… era in tre atti, ma veniva considerata divisa in due parti monumentali… e la prima parte era davvero lunga.
   Il sipario si richiuse e i solisti uscirono uno dopo l’altro per ricevere i loro meritati applausi. Edward Masen gli passò accanto dicendo allegramente: - Visto che meraviglia, signor Mc Carty? Nessuno potrà dire che non sono bravo a maneggiare la spada!
   - Davvero notevole. – rispose Emmett, laconico.
   - Un gran finale. – si complimentò Carlisle, sopraggiunto in quel momento.
   - Ah, ma il bello arriva adesso! – riprese Masen, sognante – La sfida a duello, la scena della pazzia, la scena del cimitero… continuerete a seguirci da qui, signor Mc Carty?
   - No. – rispose seccamente Emmett e lasciò il palco seguito dallo sguardo perplesso del tenore.



*           *           *


   Rosalie Hale fissava il palcoscenico senza in realtà vederlo. Edgardo ed Enrico si erano sfidati a duello e adesso il coro di dame e cavalieri invitati alle nozze di Lucia stava festeggiando i novelli sposi. Ancora pochi minuti e sarebbe arrivata la terribile notizia: che cioè la sposa, in un accesso di follia aveva pugnalato a morte il marito. Per giorni e giorni Rosalie aveva atteso con impazienza di assistere alla grande scena della pazzia, ma ora che finalmente quel momento era arrivato, dell’interpretazione di Miss Swan non le importava più nulla.
   Emmett se n’era andato. Le aveva voltato le spalle, definitivamente questa volta e non gli si poteva certo dare torto.
   Credevo che sarebbe bastato dirgli quanto mi dispiaceva per rimediare? si chiese Rosalie, amareggiata. Pensavo che sarebbe bastato questo a convincerlo?
   La verità era che aveva creduto di potergli far fare tutto ciò che voleva, ancora una volta: non aveva capito in tempo che Emmett non si sarebbe piegato mai più ai suoi capricci.
   Miss Swan apparve in cima a una scalinata che occupava gran parte del palcoscenico: come da libretto, indossava una veste da notte bianca, simbolo di purezza e innocenza. La veste era però macchiata del sangue dell’incolpevole marito appena ucciso. Sorrideva in modo vago ed era evidente che non era in grado di comprendere le sue azioni.
   Cantò a lungo, con la sua voce limpida e dolcissima, rievocò il suo amore per Edgardo e il contratto nuziale a cui era stata costretta. Nelle cadenze fu accompagnata dal primo flauto, Miss Emily Young, una ragazza dal talento eccezionale e dal carattere mite, e il pubblicò applaudì ad ogni occasione, con sempre maggiore entusiasmo.
   Nell’ascoltarla, Rosalie sentì a poco a poco svanire ogni traccia di risentimento verso di lei: non vedeva più Miss Swan, la piccola oca che le aveva rubato la parte, ma solo Lucia, una ragazza fragile, malata e sola, che aveva trovato nella follia l’unico rifugio da tutte le sue disgrazie. Ecco a cosa può portare un grande amore… pensò Rosalie.
   Il cuore di Lucia non aveva retto allo strazio che aveva dovuto sopportare e questo era un male.
   Il cuore di Rosalie, al contrario, era sempre stato un blocco di ghiaccio. E questo, forse, era ancora peggio.
   Ho sacrificato l’amore per la mia carriera e per il mio ego smisurato… adesso non mi è rimasto altro che un gran vuoto dentro ed è troppo tardi per tornare indietro.



*           *           *


   L’ammirazione di Emmett verso Miss Swan aumentava sempre di più: la scena della pazzia stava riuscendo alla perfezione! Che dolcezza, che limpidezza di suono, che interpretazione toccante!
   Rosalie sarà furibonda! pensò, con un misto di soddisfazione e malinconia.
   Aveva intenzione di tornare da lei: non sapeva ancora cosa le avrebbe detto, ma più i secondi passavano, più sentiva che tra loro non poteva finire in quel modo. Era probabile che avrebbero litigato ancora, se si fossero trovati di nuovo l'uno accanto all'altra, ma Emmett era pronto a rischiare.
   Quando raggiunse il palco dove si era seduto con lei all’inizio dello spettacollo ebbe invece una sorpresa inaspettata.
   Rosalie stava piangendo.
   La sua fiera, combattiva Rose stava piangendo!
   Era un evento talmente sorprendente che Emmett dimenticò all’istante tutto il suo risentimento (se poi ne provava ancora!):
   - Rose, mia cara, cosa succede? – chiese, sedendosi al suo fianco.
   La ragazza alzò i suoi occhi azzurri per guardarlo in viso ed Emmett vide che erano davvero pieni di lacrime.
   - Oh Emmett! – singhiozzò – Sono una sciocca, sto piangendo i miei errori adesso che è troppo tardi per rimediare. Tu mi amavi e io non l’ho mai capito davvero fino a quando non ti ho perso. Immagino che sia giusto così… Non merito il tuo amore: sono fredda, insensibile, orgogliosa e cattiva. Se lo vorrai me ne andrò dal Flower, in modo che tu non debba più sopportarmi.
   Se Emmett era rimasto sorpreso nel vederla piangere, lo fu ancora di più nel sentirsi dare del tu e nell’ascoltare le sue parole.
   Era davvero incredibile: doveva essere costato molta fatica, a quella donna orgogliosa, ammettere i propri difetti. La donna di ghiaccio che si scioglie...
   E fu proprio questa consapevolezza a convincere definitivamente Emmett che Rosalie era davvero pentita e che meritava un’altra possibilità.
   - Io non voglio che tu te ne vada. – le disse allora, con calma.
   Rosalie assunse un’aria incredula: - Davvero? – chiese.
   - Certo che non voglio. Se te ne andassi, il Flower perderebbe la sua stella… e io la mia. – Emmett prese le mani di Rosalie tra le sua e per la prima volta lei non cercò di ritrarsi.
   - Sei stata insopportabile, piccola Rose, - le disse, a metà tra il serio e il giocoso – d’ora in avanti ti converrà essere molto più docile, rispettosa…
   - … ubbidiente, dolce, amorosa.… - completò Rosalie, con un sorriso ancora lacrimoso – Non credevo che conoscessi a memoria il Barbiere di Siviglia.
   - Infatti conosco solo questo punto, perché ti si addice. – sorrise Emmett. Poi continuò: - Io ti perdono, perché non posso fare altrimenti. Ti amo troppo per avere il coraggio di allontanarti da me.
   Rosalie scoppiò di nuovo a piangere:
   - Emmett, ma come puoi amarmi, bisbetica come sono?
   Egli sorrise, commosso: - Lo ammetto, non lo so nemmeno io, ma è così.
   Non aveva ancora finito di parlare che ricevette l’ennesima sorpresa. Rosalie gli gettò le braccia al collo e disse con immenso trasporto:
   - Emmett Mc Carty, ti prometto, anzi ti giuro, che non ti farò soffrire mai più. Se mi vorrai al tuo fianco sarò una moglie perfetta, dolce e devota. Basta con i capricci, ho chiuso. Tutto ciò che voglio è essere felice con te… e se lo vorrai avremo anche tanti bambini!
   Lo sbalordimento di Emmett aumentò a ogni parola.
   - Ma… Rose? – balbettò abbracciandola, non appena lei gli diede il tempo di parlare – Davvero vuoi sposarmi? Davvero?
   E Rosalie sorrise, raggiante come Emmett non l’aveva mai vista:
   - Certo che ti voglio sposare, signor Mc Carty.
   In scena, la voce di Miss Swan esplose nell’ultimo, strabiliante sovracuto di Lucia e il pubblico iniziò a battere le mani prima ancora che l’orchestra avesse terminato di suonare.
   Emmett e Rosalie furono forse gli unici spettatori in sala a non applaudire: erano troppo impegnati a guardarsi negli occhi e a gioire della loro nuova felicità.




Va bene, ragazze, se la vostra Nini riuscirà a cantare in Lucia di Lammermoor, (magari tra una ventina d'anni ih ih... ) si ricorderà senz'altro diquesta storia e di voi. Grazie del vostro sostegno sempre costante!
Verso la fine Emmett cita un punto della cavatina di Rosina nel Barbiere di Siviglia di G. Rossini.
Sistemati lui e Rose, all'appello mancano solo i protagonisti, che però adesso sono ancora al lavoro! E poi naturalmente anche Alice avrà ancora una parte in questa storia.
Spero che mi lascerete una recensione, intanto vi abbraccio e vi do appuntamento nei prossimi giorni con il nuovo capitolo!
Un bacione
Nini

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Capitolo 21
*** XXI ***





L'amore è un Canto
 

XXI


   Isabella Swan lasciò il palcoscenico sorretta dalle braccia di Esme e di tre coriste. Come da libretto, era svenuta dopo l’ultimo acuto e doveva essere condotta altrove e vegliata dalle sue dame. Per lei lo spettacolo terminava così: Lucia non sarebbe più apparsa in scena, sarebbe stata portata in un’altra stanza del castello, dove sarebbe morta, di dolore. Il finale dell’opera spettava a Edgardo, ovvero a Masen, che avrebbe atteso invano il duello con il suo rivale, lord Enrico e avrebbe appreso invece la notizia della morte della sua amata e le circostanze in cui era avvenuta.
   Prima che il tenore potesse entrare in scena passarono parecchi minuti: sembrava che il pubblico non volesse più smettere di applaudire Lucia. Quasi tutti gli spettatori si erano alzati in piedi e un autentico boato riempiva la sala.
   Isabella lo sentì da dietro le quinte e finalmente sorrise, esausta, ma raggiante: ce l’aveva fatta, aveva cantato molto meglio di quanto avesse osato sperare, aveva misurato perfettamente le forze e conquistato il suo pubblico. Non vedeva l’ora che l’opera terminasse per conoscere l’opinione di Jasper… ma doveva per forza essere soddisfatto! Era andato tutto benissimo!
   All’inizio non riuscì a prestare particolare attenzione alla grande aria di Edward “Tombe degli avi miei”, era troppo euforica per il proprio successo, ma si riscosse quando Edgardo annunciò di volersi togliere la vita per seguire la sua Lucia… Edward era davvero un grande interprete, doveva riconoscerlo: la sua voce avrebbe commosso anche i sassi, quella sera.
   L’opera si concluse tra scrosci di applausi e ovazioni di ogni genere. I protagonisti tornarono sulla scena per salutare il pubblico, prima uno alla volta, poi tutti insieme. Isabella fu l’ultima ad uscire, dato che era la protagonista assoluta della serata e poté godersi l’applauso più lungo e caloroso di tutta la sua carriera.
   Infine salirono sul palco anche Jasper Whitlock, Emmett Mc Carty, tutta l’orchestra e tutto il coro e il sipario calò dopo l’ultimo inchino di quel gruppo numeroso e festoso.
   Isabella corse verso il proprio camerino, ansiosa di togliersi l’ingombrante veste bianca di Lucia: indossò un vestito rosso bordeaux, l'abito da sera più elegante che avesse, poi sciolse l’acconciatura a riccioli che aveva dovuto farsi fare per lo spettacolo.
   Aveva appena finito, quando bussarono alla porta.
   - Avanti! – disse allegramente. Si sentiva già molto meglio ora che poteva tornare ad essere Isabella: anche se aveva interpretato un personaggio meraviglioso, si sentiva piuttosto stanca, mentalmente oltre che fisicamente.
   - Mia cara siete stata strepitosa! – gridò un euforico Edward, ancora avvolto nel mantello di Edgardo, spalancando la porta ed entrando senza tanti complimenti nel camerino.
   - Grazie, Edward, anche voi! – replicò Isabella, civettuola.
   - Io? Oh, andiamo, ho solo fatto la mia parte… la stella della serata è stata Lucia, non Edgardo! Voglio proprio vedere la faccia di Miss Hale! – ridacchiò. Poi aggiunse:  - Ah, Isabella sono talmente su di giri… serate così non capitano spesso!
   Così dicendo l’abbracciò, sollevandola da terra e facendola girare in tondo un paio di volte. Isabella rise, mentre il suo vestito rosso si gonfiava e frusciava e non se la prese: capì che quel gesto non faceva parte di un corteggiamento. Edward era soltanto felice, esaltato, inebriato dalla musica, proprio come lei. Forse era un po’ impulsivo, ma sincero; e poi aveva ragione, serate così capitavano di rado.
   Proprio mentre erano ancora abbracciati, qualcuno passò davanti alla porta del camerino di Isabella, rimasta aperta dopo che Edward era entrato. Per la precisione, questo qualcuno era Jasper Whitlock.
   Non appena lo vide, Isabella si staccò da Edward, improvvisamente imbarazzata. Il tenore non cercò di trattenerla e si voltò vero il maestro, per salutarlo con cordialità.
   - Mr Whitlock, attendiamo trepidanti la vostra sentenza! – scherzò – Vi prego, fate presto e diteci com’è andata!
   Mr Whitlock guardò prima lui poi Isabella e con inspiegabile freddezza disse: - E’ andato tutto bene. Siete stati eccezionali, tutti e due, dall’inizio alla fine. Mi congratulo con voi.
   Isabella ascoltò le sue parole, incredula: si era aspettata che il suo maestro fosse contento, che sorridesse, almeno. Perché era così freddo? Lanciò a Edward un’occhiata interrogativa, ma anche lui sembrava piuttosto confuso.
   - Anche noi vorremmo congratularci con voi e ringraziarvi del tempo che ci avete dedicato. Conoscervi è stato un onore, vi dobbiamo molto. – disse timidamente.
   - E’ vero, - aggiunse Edward – ci avete insegnato un sacco di cose.
   - E’ stato un piacere. – rispose Whitlock, ma dal tono della sua voce sembrava che non fosse affatto così.
   - Partirò domani mattina per Baltimora. – aggiunse, sempre con distacco – Il signor Mc Carty e io abbiamo già sistemato il nostro affare e devo prepararmi per il mio prossimo viaggio a San Pietroburgo.
   Quella notizia fu per Isabella una dolorosa sorpresa.
   - Ve ne andate così presto? – chiese a bassa voce, non riuscendo a nascondere il suo rammarico.
   - Non ho ragione di restare. – rispose l’uomo – Vi ringrazio ancora per la vostra collaborazione e l’ottimo lavoro che avete fatto in questi due mesi… Addio, signori e buona fortuna.
   - Ma non rimanete alla festa? – intervenne Edward, stupito – Vi prego, maestro, il signor Mc Carty ha fatto preparare di tutto e voi siete l’ospite d’onore, non potete lasciarci adesso!
   - Forse vi raggiungerò più tardi. Ora desidero ritirarmi per qualche minuto, sono molto stanco. Addio.
   Ciò detto lasciò la stanza.
   Isabella si voltò verso Edward, con gli occhi pieni di lacrime:
   - Ma che cosa sta succedendo?



*           *           *


   Così, alla fine dei conti quell’allocco di Masen gli aveva portato via Isabella. Come diavolo aveva fatto? Quand’era cominciato tutto?
   Jasper avrebbe giurato che quella ragazza fosse troppo intelligente per invaghirsi di un simile bietolone, ma evidentemente si era sbagliato, come aveva sbagliato a credere che Isabella fosse innamorata di lui.
   E poi, Masen era davvero una scelta tanto brutta? Infondo era un bel ragazzo, esuberante, vitale, premuroso.
   Non c’era alcuna ragione per cui Isabella avrebbe dovuto preferire lui a quel ragazzo.
   Forse avrebbe fatto meglio ad andarsene addirittura quella notte stessa. Alloggiava al Flower e se fosse rimasto non avrebbe potuto in alcun modo sottrarsi al rinfresco a cui avrebbero partecipato anche isabella e Masen. A costo di essere maleducato doveva andarsene subito. Non voleva più vederli, quei due.



*           *           *


   - Sono un idiota! – proruppe Edward all’improvviso, battendosi una mano sulla fronte.
   Isabella sobbalzò.
   - Come dite?
   Edward si voltò verso di lei e le sorrise, raggiante. Ella non comprese e ripeté la domanda, un po’ esasperata:
   - Cos’avete adesso, Edward? E poi - aggiunse – perché siete ancora qui? Non dovreste cambiarvi, tanto per cominciare?
   Il tenore scosse il capo, con impazienza:
   - Ma Isabella, tesoro, non capite cos’è successo?
   - Veramente no. – rispose Isabella con un sospiro – E se non vi dispiace vorrei rimanere un po’ da sola.
   - Oh no, non adesso! Diavolo… come potete non capire? Mr Whitlock è geloso!
   - Geloso?!
   - Sì, sì, sì! Il grande maestro è più vulnerabile di quello che vorrebbe far credere! E’ geloso perché ci ha visti abbracciati e ha pensato che noi… insomma… che noi fossimo…
   Isabella lo guardò a occhi sgranati.
   - Edward, questo non è possibile! – esclamò – Mr Whitlock non può essere geloso! Lui… lui non…
   - Whitlock vi ama, Isabella! Ci scommetto la testa che quando è venuto qui voleva parlare con voi, da solo e magari confessarvi i suoi sentimenti. Purtroppo io mi sono trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.
   Isabella si prese la testa tra le mani, sconfortata.
   - Mr Masen, non dovete scherzare su queste cose! – disse in tono deciso – Ne vanno di mezzo i miei sentimenti e anche la mia reputazione!
   Il collega la guardò come se fosse matta: - Eh? Ma quale reputazione! Statemi bene a sentire, Miss Swan: quando sono stato insolente e inopportuno nei vostri riguardi, il nostro adorabile maestro ha minacciato addirittura di mollarmi uno schiaffo, come se il vostro non fosse stato sufficiente… Pensate che avrebbe reagito nello stesso modo se si fosse trattato di Esme o di Rosalie? Io non credo proprio e sono certo che infondo al cuore lo sapete anche voi. Perciò adesso andate a cercarlo e vedete di chiarire questo malinteso. Non potete permettere che parta senza di voi!
   Mentre parlava, Edward aveva sospinto delicatamente Isabella verso la porta. La fanciulla la lasciava fare e intanto rifletteva.
   Possibile che avesse ragione? Se fosse stato tutto un malinteso… ma no, non poteva essere, sperare era inutile.
   Pure, non poté fare a meno di chiedere al giovane se si sentisse abbastanza sicuro di ciò che andava dicendo.
   - Se sono sicuro? Sicurissimo! Forza, che aspettate? Un po’ di sfacciataggine non fa mai male in amore, fidatevi di un esperto! Correte, svelta!
   Infine Isabella cedette, contagiata dall'entusiasmo del collega. Solo un dubbio le impedì di mettersi a correre come in effetti avrebbe voluto.
   - Mio padre mi cercherà… - mormorò.
   Edward aveva già pronta la soluzione.
   - Penso io a trattenerlo. Non vi preoccupate, andrà tutto bene. E ora andate, su!
   - Davvero? Ma cosa gli direte?!
   - Fidatevi, ho in mente un piano!
   Isabella lo guardò con gli occhi pieni di gratitudine:
   - Siete un vero amico, Edward. Grazie!
   E corse fuori dal camerino.




Bene, carissimi, nelle mie intenzioni questo doveva essere un capitolo molto divertente, spero che almeno in parte lo sia stato. Che malinteso, e adesso? Facciamo il tifo per Bella!

A titolo informativo, una nota: le arie di Lucia di Lammermoor a cui ho sommariamente fatto riferimento sono

"Cruda funesta smania" cavatina di lord Enrico (qui Mr Johnson)
"Regnava nel silenzio" Aria di Lucia (qui Isabella)
"Sulla tomba che rinserra" aria di Edgardo (qui Edward)
"Qui di sposa... Verranno a te sull'aure" duetto Edgardo/Lucia
"Il pallor funesto, orrendo....Soffriva nel pianto... Che fia?... Se tradirmi tu potrai" duetto Enrico/Lucia
"Per te d'immenso giubilo" coro
"T'allontana sciagurato" stretta finale della prima parte
"D'immenso giubilo s'innalzi il grido" coro
"Il dolce suono... S'avanza Enrico... Spargi d'amaro pianto" grande scena della pazzia (Lucia)
"Tombe degli avi miei" aria di Edgardo.



Va bene, ho finito di annoiarvi a morte...
A presto con il prossimo capitolo che sarà il terzultimo!
Un abbraccio e grazie a tutti coloro che mi seguono!

Niniane

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Capitolo 22
*** XXII ***





L'amore è un Canto


XXII


   Isabella iniziò a cercare Jasper nel suo camerino e nei camerini dei suoi colleghi. Non trovandolo da nessuna parte e non riuscendo a scoprire dove fosse andato, salì al piano superiore. Incrociò Esme, che stava scendendo le scale e chiese anche a lei se avesse visto il maestro. La cantante non seppe darle indicazioni e le domandò, perplessa, dove stesse andando così di fretta, ma Isabella non si fermò a risponderle. Non le importava di cosa avrebbero pensato gli altri nel vederla correre a perdifiato per tutto il teatro: finché Edward avesse tenuto alla larga suo padre sarebbe andato tutto bene.
   Mr Mc Carty e Miss Hale dovettero essere piuttosto sorpresi, quando la videro passare veloce come un fulmine. Isabella si fermò, un po’ ansante, davanti a loro e chiese, per l’ennesima volta:
   - Scusate, sapreste dirmi dov’è Mr Whitlock?
   - L’ho visto dirigersi nella sua stanza, al terzo piano, quella dove dorme. – rispose Mc Carty, sorpreso – Ho l’impressione che non volesse essere disturbato. Se desiderate parlargli, forse sarebbe meglio aspettare che inizi il buffet: scenderà sicuramente.
   - No, non posso aspettare, devo vederlo subito! – rispose Isabella affannata, ignorando le occhiate curiose di Miss Hale – Vi ringrazio!
   E riprese la sua corsa.
   Rimpiangeva di aver indossato quel vestito rosso: era lungo, ingombrante, rigido, proprio l’abito sbagliato per correre. Se fosse inciampata avrebbe potuto strapparsi con facilità… e magari lei si sarebbe slogata una caviglia o qualcosa del genere. Non era una bella prospettiva, per cui Isabella si impose di rallentare e di recuperare un po’ di fiato. Nel frattempo iniziò a chiedersi che cosa avrebbe detto a Mr Whitlock quando l’avrebbe trovato, ma si rese conto quasi immediatamente che era impossibile pianificare un dialogo. Prima di tutto doveva avere la conferma che Edward aveva avuto ragione e per esserne certa avrebbe dovuto indurre Jasper a spiegarle perché era stato così brusco con lei poco prima.
Capitò infine davanti a una porticina isolata, piccola e anonima. Col cuore che batteva forte si avvicinò, prese un respiro profondo e bussò due volte.
   Le rispose una ben nota voce profonda.
   - Chi è? Avevo detto di non voler essere disturbato.
   - Nemmeno dalla vostra Lucia? – chiese Isabella, civettuola.
   La porta si spalancò.
   - Miss Swan? – fece Jasper, sorpreso – Che cosa succede?
   - Fatemi entrare, per favore.
   Il giovane si spostò di lato per farla passare e Isabella entrò nella stanza con aria disinvolta come se non avesse fatto altro in vita sua. I suoi occhi però andarono subito alla ricerca di indizi che le rivelassero di che umore era il suo maestro e li trovarono immediatamente: sul letto c’erano una valigia ancora aperta e piena di abiti e una borsa più piccola contenente dei fogli che sembravano proprio spartiti musicali.
   - Avete già fatto la valigia? – chiese, senza riuscire a trattenersi.
   Jasper annuì: - Sto per partire.
   - Adesso? – Isabella era sconvolta – Ma avevate detto che sareste partito domani! Cosa dirà il signor Mc Carty? Vi attende al buffet e insieme a lui tutti gli altri…
   - Purtroppo non posso rimanere, ho calcolato che devo essere a Baltimora domani mattina presto, se voglio avere il tempo di sbrigare alcune faccende prima di imbarcarmi per l'Europa. – spiegò Jasper.
   Appariva sereno, perfettamente a proprio agio e per un istante, Isabella non seppe più che cosa dire. Poi lo osservò con maggior attenzione e notò, non senza sorpresa, che era meno tranquillo di quanto sembrasse. Stava cercando di evitare il suo sguardo e aveva schiena e spalle insolitamente rigide. Bene, questo significava che le stava nascondendo qualcosa. Forse Edward aveva indovinato davvero.
   - Vi prego, maestro, aspettate ancora un po’. – disse con dolcezza – Non potete andarvene così, alla chetichella. Cos’è accaduto? Edward e io siamo riusciti a malapena a ringraziarvi. Sapete, ci tenevamo così tanto… davvero non vi abbiamo deluso? Poco fa, nel mio camerino, abbiamo temuto che foste in collera con noi…
   Jasper si avvicinò al letto e riprese a fare la sua valigia.
   - In collera? Certo che no, Miss Swan, perché dovrei esserlo? – le disse, senza guardarla.
   - Infatti non ne avrei capito la ragione. Edward è un così meraviglioso interprete! – cinguettò Isabella, sbirciando i suoi movimenti con la coda dell'occhio.
   - Uhm… - fu il commento di Jasper.
   - E poi devo ammettere che ha un cuore d’oro. – continuò la fanciulla - Forse all’inizio può dare l’impressione di essere un damerino, ma è una persona sincera e profonda.
   Jasper ripiegò una camicia e la sistemò nella valigia, il tutto con fin troppa energia.
   - Sono rimasta colpita dalla sua interpretazione di questa sera… - sospirò Isabella, sorridendo al nulla – Non avrei mai pensato che…
   - Basta!
   Isabella tacque, fingendosi sorpresa e sgomenta, mentre Jasper si voltava di scatto verso di lei. In realtà esultava: finalmente aveva reagito!
   Il giovane le si avvicinò a passi decisi:
   - Miss Swan, non so perché siate venuta qui, ma se il motivo è che volete parlare con qualcuno di quanto è meraviglioso Masen, allora avete sbagliato persona! Mi sembra di capire che tra voi due ci siano dei sentimenti e vi faccio le mie più sincere congratulazioni. Mi auguro soltanto che Masen sappia meritarvi ed esservi fedele… ora vi prego di lasciarmi solo, devo ancora preparare diverse cose…
   Isabella però non aveva alcuna intenzione di andarsene. La conferma che cercava era arrivata: era giunto il momento di abbandonare le cautele e le buone maniere e dire semplicemente la verità.
   Gli si avvicinò ancora di più e con voce non più civettuola, ma commossa disse:
   - Jasper, ma che cosa dite? Come vi è venuta in mente una simile idea? Edward voleva soltanto complimentarsi con me dopo lo spettacolo. Era euforico, sapete… è davvero un buon ragazzo, nonostante tutto, ma a parte questo… tra noi non c’è niente, io non potrei mai innamorarmi di uno come lui.
   Seguì un silenzio teso. Infine Jasper disse:
   - Volevo complimentarvi con voi… Quando sono entrato e vi ho vista insieme a Masen… io…
   Isabella continuò a tenere i suoi occhi fissi in quelli ambrati di lui.
   - Avete creduto che mi importasse di più di Edward Masen che di voi. – disse con intensità.
   - Di me…? Volete dire… Che cosa volete dire, Isabella?
   La cantante sorrise: - Lo sapete già. Non avete bisogno di chiedere.
   Jasper apparve sbigottito per un attimo, poi sul suo volto pallido e tirato brillò una luce di speranza.
   - Davvero? Isabella… posso dunque sperare di poter essere per voi qualcosa di più che non soltanto un maestro? – le chiese, afferrandole le mani all’improvviso.
   Ella arrossì e abbassò lo sguardo.
   - Da quando vi ho incontrato a Roma, tanti anni fa, siete rimasto nel mio cuore.
   La sorpresa e la confusione di Jasper aumentarono ancora, visibilmente.
   - Da allora? Dite davvero? Non posso credere di esservi stato tanto caro per tutti questi anni!
   - Credetelo, è la verità.
   - Isabella, dolce Isabella! Anch’io credo di avervi portata nel cuore fin da quella sera, anche se non me ne sono reso conto. Quando vi ho conosciuta, qui al Flower, ho sentito che eravate l’unica donna che avrei potuto amare per il resto della mia vita… Non mi sono ricordato subito di quel nostro primo incontro, ma avevo la sensazione di avervi già vista e infatti era proprio così e quando mi avete parlato di quella serata a Roma, finalmente ho capito: i miei occhi non ricordavano il vostro volto, ma il mio cuore lo rammentava. Davvero potreste amarmi, Isabella? Vorreste diventare mia moglie? Anche se a volte sono scorbutico, intransigente… e impulsivo?
   Isabella sentì le lacrime pungerle gli occhi. Non poteva credere alle proprie orecchie: il suo più grande sogno si stava realizzando. Anzi, tutti i suoi sogni si stavano realizzando! Aveva debuttato, trionfato sulla scena, poteva sperare in una brillante carriera… e l’uomo che amava dall’età di sedici anni, ora la stava chiedendo in moglie!
   - Credo che Charlie ne sarà felice… - mormorò, emozionata – Oh sì, Jasper, al più presto desidero diventare tua moglie!
   Jasper la prese tra le braccia.
   - Domani gli chiederò la tua mano… - disse, altrettanto commosso – Oh, Isabella, Isabella, amore mio!
   E finalmente, la fanciulla vide il suo volto abbassarsi e allora, lentamente, chiuse gli occhi, mentre le labbra di lui si posavano con desiderio e dolcezza sulle sue.


*           *           *


   Nel frattempo, al piano terra del White-Flower Opera, il colonnello Charles Swan, detto Charlie, da circa mezz’ora, picchiava ripetutamente la porta della toilette dov’era rinchiuso, urlando a pieni polmoni che qualcuno lo tirasse fuori di lì. Era entrato perché Miss Alice Brandon gli aveva rovesciato inavvertitamente un intero calice di vino sulla giacca, ma poi, inspiegabilmente, non era più riuscito ad uscire.
   Purtroppo nessuno sentiva le sue imprecazioni, perché tutti erano al buffet e aspettavano con ansia che la stella della serata e il grande direttore d’orchestra facessero la loro comparsa.
   Quando Edward Masen, nascosto dietro un tendaggio, vide i due dispersi scendere la scalinata, mano nella mano e raggianti in volto, capì che doveva essere andato tutto per il meglio. Attese che si fossero allontanati, quindi estrasse una chiave da una tasca della giacca e andò ad aprire al povero Mr Swan, dicendogli:
   - Colonnello, ma che cosa fate qui dentro? Meno male che vi ho sentito, la serratura si dev’essere bloccata… Su, su venite, il buffet ci aspetta e anche vostra figlia, il maestro, tutti! E’ davvero una serata magnifica, non trovate?





Non ci credo, ce l'ho fatta!
Mi scuso per il grande ritardo, non previsto, ma purtroppo non è un periodo facile per me. Sono molto impegnata con lo studio e qualche volta faccio un po' fatica a concentrarmi su questa storia... diciamo che mi mette un po' alla prova, mentre mi sento molto più rilassata, almeno in questo momento, quando scrivo i capitoli di
Sinfonia Fantastica.
Naturalmente però sono felicissima di aver aggiornato e spero di non tardare troppo con il prossimo capitolo. Ormai la parte più tosta dovrei averla superata! Spero che mi farete sapere cosa ne pensate di questa dichiarazione d'amore ('na fatica scriverla!) e che continuerete a seguirmi anche negli ultimi due capitoli!
Un bacione a tutte e a presto!
Con affetto

Nini

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Capitolo 23
*** XXIII ***





L'amore è un Canto


XXIII


   L’indomani, Isabella Swan si alzò molto presto, benché le sue gambe implorassero un po’ di riposo: aspettava Jasper per le dieci e le era impossibile rimanere tranquillamente a letto. Il maestro, ora suo fidanzato, aveva rimandato di tre giorni la sua partenza per Baltimora, in modo da avere il tempo di chiedere la sua mano a Charlie e salutarla con calma. Essendo uno dei più grandi direttori d’orchestra del mondo poteva permettersi di arrivare in ritardo a San Pietroburgo senza nemmeno doversi giustificare. Di solito si faceva un punto d'onore nel rispettare scrupolosamente le scadenze, ma nel loro colloquio della sera precedente aveva dichiarato che un fidanzamento era molto più importante di uno spettacolo e che l’avrebbero aspettato, punto e basta.
   Isabella era sicura del consenso di suo padre. Charlie aveva dimostrato di apprezzare Mr Whitlock in più di un’occasione e poi il maestro era un ottimo partito. A Filadelfia, nessuno dei giovanotti di buona famiglia che avevano tentato di farsi avanti, era riuscito a convincerlo: Isabella ricordava ancora l' imbarazzo che aveva provato, quando Charlie si era rifiutato con veemenza di fidanzarla all’amico d’infanzia Michael Newton, da sempre innamorato di lei. Solo con Mr Whitlock si era comportato in modo diverso, come se provasse per lui addirittura un po’ di soggezione.
   Jasper arrivò puntualissimo e Isabella gli corse incontro, nella hall dell’albergo.
   - Mio tesoro! – esclamò egli, chinandosi a baciarla.
   - Corro a chiamare mio padre! – rispose Isabella, in tono dolce – Sei preoccupato, caro?
   - Un po’. – ammise lui, con un sorriso.
   - Non temere, andrà tutto bene!
   Isabella corse al piano superiore e bussò tre volte alla porta della stanza del padre.
   - Papà, sei sveglio? - chiamò - Corri, presto, c’è qui Mr Whitlock che vuol parlarti di una cosa importante!
   - Arrivo, Bells! – rispose da dentro il colonnello.
   La fanciulla attese con pazienza che il padre uscisse.
   - Ah, ieri sera mi sono davvero stancato, Bells. - furono le prime parole di Charlie. - Non è colpa tua, naturalmente, ma quella permanenza nel bagno non ci voleva proprio. Non ho ancora capito come sia potuto succedere quel guaio alla serratura, mi sembrava che funzionasse…
   Isabella nascose un sorrisetto. Si era divertita un mondo quando Edward e Alice le avevano raccontato del loro piccolo complotto per tenerlo lontano da lei, mentre correva a cercare Jasper. Chissà, forse un giorno avrebbe potuto raccontargli la verità: magari si sarebbe fatto quattro risate anche lui.
   - Che cosa vuole Mr Whitlock? – chiese Charlie, mentre scendevano le scale.
   - Ora lo vedrai.
   Jasper era rimasto fermo esattamente dove Isabella l’aveva lasciato. Appariva serio e compunto e guardandolo, ella si sentì intenerire. Il suo Jasper non aveva paura di apparire davanti a migliaia di persone, ma aveva paura di Charlie! Incredibile.
   - Buongiorno, maestro. – lo salutò affabilmente il colonnello – A cosa debbo questa visita? Ah, naturalmente, complimenti per lo spettacolo di ieri sera. Spero che la mia Bells sia stata all’altezza delle vostre aspettative per quel ruolo… ehm…
   - Lucia di Lammermoor, papà! – brontolò Isabella, un po’ esasperata. Charlie non ce la faceva proprio a ricordarsi il titolo di quell’opera…
   - Naturalmente Miss Swan è stata più che all’altezza delle mie aspettative. – rispose Jasper – non potrei essere più soddisfatto di così, l’opera è stata un trionfo. Ho dato una scorsa agli articoli di stamattina e sono tutti entusiastici. Ma non è per questo che sono venuto, colonnello. C’è un luogo dove possiamo parlare indisturbati?
   Charlie lo guardò interrogativamente e Isabella mormorò: - Di qua.
   Li condusse in un salottino appartato e chiuse la porta. Poi si avvicinò all’uomo che amava e rimase in attesa.
   Jasper le lanciò un’occhiata piena di tenerezza, poi finalmente si rivolse a Mr Swan:
   - Colonnello, sono qui per chiedervi la mano di vostra figlia Isabella.
   Per un istante, nella stanza regnò il silenzio più completo. Charlie sembrava sotto shock e Isabella gli si avvicinò, un po’ preoccupata.
   - Papà? – azzardò.
   - Avete detto, - balbettò il padre, rivolto a Jasper – che volete sposare mia figlia?
   - Sì, signore.
   - E perché? – chiese Charlie, indagatore.
   - Perché ne sono innamorato. – rispose Jasper, sempre serissimo.
   Charlie, appena più calmo, si rivolse alla figlia: - E tu, Bells? Anche tu sei innamorata di Mr Whitlock?
   Isabella non ebbe esitazioni: - Sì, papà. Lo amo con tutto il cuore. Ti prego, di’ di sì. Se non potrò sposare lui, non sposerò nessun altro.
   Lo sguardo del colonnello passò da sua figlia al maestro d’orchestra, poi ancora a sua figlia.
   - Avete per caso qualche malattia? – chiese all’improvviso, in tono decisamente burbero.
   - Papà! – protestò Isabella, arrossendo.
   Jasper invece sorrise, comprensivo: - Nessuna malattia, signore, ve lo assicuro. I Whitlock hanno sempre goduto di buona salute.
   - Bene. Anche Bella è perfettamente sana e fertile.
   - Ma papà! Ti prego… - implorò ancora Isabella.
   - Silenzio, Bells. Prima di darti in sposa devo essere sicuro di alcune cose, fa parte dei miei doveri di padre. Adesso ditemi, Mr Whitlock: dove andreste a vivere, dopo il matrimonio?
   - La mia casa si trova a Baltimora.
   - Ottimo, così lasceremo Filadelfia! Non ne posso più di quel posto… C’è spazio anche per me, in casa vostra?
   - Significa che accettate? – chiese Jasper, confuso.
   Charlie Swan non rispose. Invece disse schiettamente: - Mia figlia non dispone di una dote particolarmente ricca.
   - Il denaro non mi manca. – assicurò Jasper –  Sposerei vostra figlia anche se non avesse un centesimo. E naturalmente in casa mia c’è posto per voi, colonnello. E’ una cosa talmente grande… sarà meraviglioso vederla riempita.
   - Allora sposatevi! – annunciò il colonnello con calore – Mr Whitlock, voi mi siete sempre sembrato una brava persona e mi sento tranquillo nell’affidarvi mia figlia.
   - Oh papà, grazie! – esclamò Isabella, correndo ad abbracciarlo. - Sapevo che avresti compreso!
   Charlie ricambiò la stretta, un po' a disagio e la figlia vide con sorpresa che era commosso:
   - Siate felici, ragazzi. - disse a entrambi.
   Detto ciò, si avvicinò a Jasper e abbracciò anche lui e con quell’abbraccio gli diede il benvenuto in famiglia.


*           *           *



   Jasper Whitlock condusse la fidanzata e il futuro suocero a Baltimora, perché potessero visitare la sua casa. Lorelai non riuscì a credere alle proprie orecchie, quando il suo Jazz le presentò la “nuova padroncina”; poi, quando le ebbero assicurato che era tutto vero, ricoprì Isabella di lodi e attenzioni e la pregò di permetterle di servirla, dopo le nozze, spiegandole che aveva sempre desiderato che Jazz si sposasse con una brava ragazza, proprio come lei. Dopo quella breve sosta, Jasper fece il suo viaggio a San Pietroburgo; nel frattempo, Isabella e Charlie fecero ritorno a Filadelfia, per organizzare il matrimonio, fissato per i primi di settembre.
   Al White-Flower Opera di New York, la notizia del fidanzamento di Mr Whitlock e Miss Swan suscitò molta curiosità ed ebbe alcune conseguenze positive. Miss Hale, infatti, scrisse alla sua rivale una lettera molto affettuosa, nella quale si complimentava con lei per il successo ottenuto in teatro, le comunicava il suo fidanzamento con Mr Mc Carty e le augurava di essere felice per il resto della sua vita. Una lettera molto simile, giunse a Isabella da parte di Esme Platt e Carlisle Cullen.
   L’unica a non mostrarsi molto entusiasta della novità fu Alice Brandon, che senza la sua amica aveva ripreso a sentirsi molto sola. Fu però un malcontento di breve durata, perché Mr Whitlock, di ritorno dalla Russia, si impegnò immediatamente a mantenere la promessa che le aveva fatto. Con una lettera di raccomandazione, presentò Alice a Miss Irina Turova, forse una tra i migliori maestri di ballo al mondo. La fanciulla dovette sottoporsi per sei mesi a una disciplina ferrea e a continue fatiche, ma le lettere che ella scriveva a Isabella divennero ben presto piene di entusiasmo e fiducia nel futuro.
   Il posto di prima ballerina al Flower fu assegnato a Miss Jane Winter, la quale però non ne fu affatto contenta, perché ancora una volta avrebbe voluto essere al posto di Miss Brandon, che si avviava, evidentemente, a una carriera molto più brillante della sua...
   In giugno furono celebrati due matrimoni: quello ricco e sfarzoso di Rosalie Hale ed Emmett Mc Carty e quello più intimo e semplice di Esme Platt e Carlisle Cullen. Furono due sposalizi molto commoventi, come disse a tutti Edward Masen. Le due coppie si stabilirono definitivamente a New York e Rosalie dichiarò che “dopotutto Boston non le mancava poi così tanto”.
   Isabella Swan e Jasper Whitlock invitarono i loro colleghi newyorkesi a Filadelfia per il loro matrimonio e tutti accettarono con entusiasmo, anche Esme e Rosalie, entrambe già in attesa del primo figlio. Lo sposalizio, anche in questo caso, riuscì a commuovere tutti, soprattutto perché i due sposi apparivano più  innamorati che mai. Edward Masen si occupò di risollevare il morale a uno stralunato Charlie Swan, mentre Alice Brandon, strappata miracolosamente per qualche giorno alle grinfie della sua nuova insegnante, fece da damigella d’onore all’amica Isabella.
   Infine giunse il momento dei saluti: Esme, Carlisle, Emmett, Rosalie ed Edward tornarono a New York e al Flower, dove ripresero a lavorare, come avevano sempre fatto. Isabella, Jasper e Charlie se ne andarono a Baltimora, dove la fedele Lorelai li aspettava.
   A dicembre, Alice fu pronta a partire per il suo viaggio in Italia e dato che era sola e senza mezzi, Charlie Swan in persona si offrì di accompagnarla e di restare con lei almeno fin quando non si fosse ambientata. Jasper diede il suo contributo finanziario e Isabella dichiarò che non era mai stata tanto orgogliosa di suo padre in vita sua.
   Charlie Swan scrisse molto spesso ai suoi figlioli per aggiornarli su ciò che accadeva ad Alice e tornò in America nell’aprile del 1921, stanco, ma felice. Dichiarò che non avrebbe mai più fatto un viaggio in vita sua, ma che mai avrebbe rimpianto di aver accompagnato Miss Brandon in Italia. A una sbalordita Isabella rivelò infatti che tra la sua amica e il maestro, Mr Seth Clearwater era stato amore a prima vista e che intendevano sposarsi al più presto.
   Ecco come, da una stagione operistica iniziata malissimo si arrivò a ben quattro matrimoni, diverse carriere brillanti, amicizie destinate a durare una vita intera…
   Tutto era iniziato con canto. Il canto fiero e impeccabile di Rosalie Hale; il canto spontaneo e dolce di Isabella Swan; il canto pieno di energia di Edward Masen e quello discreto, quasi sommesso, di Esme Platt.
   Quel canto era stato diretto e guidato da Carlisle Cullen, da Jasper Whitlock, in un certo senso anche da Emmett Mc Carty e aveva raggiunto perfino Alice Brandon, che di canto non sapeva nulla.
   Il canto, alla fine, aveva unito tutti loro.
   Forse perché, infondo, anche l’amore è un canto.






Aaaaargh,,,
Oh mamma, ragazze, mi commuovo da sola, oggi!
Ebbene questo era l'ultimo capitolo e spero che mi farete sapere cosa ne pensate. Manca l'epilogo, che non sarà privo di sorprese e che arriverà il prima possibile!
Ah che bello, il lieto fine per tutti!
Vi abbraccio tutte, ragazze, ma rimando i ringraziamenti, doverosi e anche un po' lunghi, all'epilogo di questa mia pazza storia!
A presto!

Niniane

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Capitolo 24
*** Epilogo ***


 



L'amore è un Canto

 
Epilogo
 



 
Baltimora (Maryland) 18 maggio 1927
 

   Carissima Bella,
Carlisle e io abbiamo accolto con immenso piacere la notizia che ci hai dato nella tua ultima lettera. Avremmo voluto venire a trovarvi questa primavera, ma come ti ho scritto in marzo, Noah è stato costretto a letto per un mese da una brutta bronchite. Ora sta bene, per fortuna, sapessi com’ero preoccupata! E’ cresciuto di almeno cinque centimetri ed è ancora un po’ pallido, ma penso che durante l’estate si riprenderà del tutto. Dovresti vederlo, somiglia sempre di più a suo padre, nell’aspetto e nel carattere. Ogni volta che lo guardo penso a quanto sono fortunata: e io che dopo il mio primo fidanzamento andato male credevo che non mi sarei sposata mai più! Invece ho trovato un uomo meraviglioso e abbiamo avuto anche la benedizione di un figlio: più di così, per me stessa non potrei chiedere.
   Sono stata così felice di sapere che avrai presto un bambino, tesoro! Ricordo quando, solo un anno dopo la nascita di Annie mi dicesti che ti sarebbe piaciuto avere almeno un altro figlio: è meraviglioso che il tuo desiderio sia finalmente stato esaudito. Mi raccomando, sii prudente, non stancarti troppo in questi mesi e soprattutto cerca di evitare i viaggi. Sono certa che anche Jasper, protettivo com’è ti dice queste cose, perciò non insisto troppo con le raccomandazioni materne, ma sappi che ti tengo d’occhio e se ti strapazzerai eccessivamente lo verrò a sapere.
   Ad ogni modo, sono lieta di annunciarti che anche Rosalie è di nuovo incinta: naturalmente ne è felicissima e ha dichiarato che intende cantare fino all’ultimo giorno di gravidanza… non vedo come possa farcela, ma tu la conosci: ha una volontà di ferro e quando dice una cosa, così dev’essere. Come mi aspettavo, si è messa in testa che sia di nuovo una bambina: per qualche strana ragione, Rosalie è convinta di poter mettere al mondo soltanto femmine e come puoi immaginare intende farne delle ottime cantanti. Fortunatamente Ellen e Susan sono ancora troppo piccole per iniziare a studiare, altrimenti al povero Emmett toccherebbe scappare di casa! Ho chiesto a Rose quali siano i suoi progetti se dovesse nascere un maschio: mi ha sorriso e ha risposto che in quel caso farà il possibile per renderlo un uomo del calibro di suo padre.
   Ho un’altra notizia per te, Bella e credo che questa ti divertirà parecchio: il nostro caro Edward si è finalmente deciso a chiedere la mano di Miss Angela Weber. Ne siamo stati tutti molto contenti e ci auguriamo che il giovanotto non cambi idea all’ultimo momento. Tu non hai conosciuto Miss Weber, ma posso assicurarti che è una brava ragazza, dolce, assennata e concreta, proprio il tipo che ci vuole per un tipo eccentrico come Edward. Credo che formeranno una bella famiglia. Il matrimonio è fissato per l’autunno e naturalmente tu e Jasper siete invitati, anche se immagino non potrete venire, viste le tue condizioni.
   Infine, mi fa molto piacere sapere che la carriera di Mrs Clearwater continua a non vacillare. Credo che poter andare in Italia sia stata per lei una benedizione: ha trovato l’amore, la felicità e la fama. Se lo merita, povera ragazza, ha sofferto così tanto, qui a New York! Pensi che lei e suo marito torneranno mai in America?
   Ti prego di scrivermi al più presto, cara e di darmi tue notizie. Non appena sarà possibile verrò a trovarti insieme a Carlisle e a Noah. 
   Abbraccia per me la piccola Annie, Jasper e tuo padre.
 
   Con tantissimo affetto
Tua Esme
 
 
   Mrs Isabella Swan Whitlock ripiegò con cura la lettera della sua amica, Mrs Cullen e con un sospiro la posò sul tavolino che aveva accanto. Era seduta in veranda a godersi uno dei primi pomeriggi davvero caldi e soleggiati di quell’anno. Il mese di aprile era stato molto burrascoso ed era piacevole poter assaporare finalmente un po’ di primavera. Il giardino di casa Whitlock profumava di rose ed era silenzioso come sempre.
   E così non era l’unica ad aspettare un figlio: Mrs Mc Carty era nelle sue stesse condizioni. Rosalie, sempre la stessa, sempre determinata, sempre combattiva! Aveva deciso che avrebbe cantato fino all’ultimo giorno e Isabella non dubitava che ci avrebbe almeno provato. Si augurava che Emmett, l’unico che riuscisse a tener testa alla primadonna del Flower, la facesse ragionare.
Cari Emmett e Rosalie! Le mancavano, come le mancavano Esme e Carlisle.
   Dovremmo rivederci tutti insieme, un giorno.
   Era bello che fossero nati tanti bambini: il primo era stato Noah Joseph Cullen, la “benedizione” di Esme e Carlisle; poi era arrivata Ellen Violet Mc Carty, dai capelli corvini e gli occhi azzurri; un anno dopo era toccato ad Ann Verity Whitlock e infine, tre anni dopo a Susan Blanche Mc Carty, biondissima e bella quanto sua madre Rosalie.
   Soltanto Alice e Seth non avevano avuto figli, ma Isabella li capiva: Alice era una ballerina e una gravidanza avrebbe significato la fine della sua carriera, proprio quando stava toccando le vette più alte del successo. Non sarebbe stato giusto che, dopo tutti i sacrifici fatti, Alice dovesse rinunciare così presto a tutto ciò che aveva ottenuto. Era giovane, aveva ancora molto tempo davanti per pensare ai figli.
   Chissà se Edward avrebbe avuto dei bambini: Isabella pensò, divertita, che quel ragazzo avrebbe potuto essere un padre molto affettuoso, in futuro; era sufficiente che non facesse colpi di testa. Miss Weber doveva essere una ragazza molto buona e paziente se riusciva a stargli accanto: probabilmente era proprio questo il suo segreto, bontà e semplicità.
   La mano di Isabella scese a sfiorare il ventre gonfio: in autunno avrebbe tenuto tra le braccia il suo secondogenito. Annie non vedeva l’ora di conoscere il suo fratellino e anche Jasper era impaziente.
   La signora Whitlock chiuse pigramente gli occhi: Lorelai era al primo piano; Charlie stava leggendo, rintanato nella sua stanza; Annie era con la sua bambinaia; Jasper stava lavorando e dal secondo piano della villa giungeva distintamente il suono del pianoforte.
   Non ricordava di essersi assopita, ma si riscosse quando sentì una vocina infantile gridare:
   - Mamma, mamma!
   Isabella si sistemò più eretta sulla poltrona e aprì le braccia alla sua bambina che le correva incontro.
   - Vieni qui, tesoro! Hai raccolto i fiori?
   Annie annuì, raggiante, mostrandole un mazzolino di campanule bianche e Isabella le accarezzò i capelli dorati.
   - Come sono belle! Portale a Lorelai, vedrai come sarà contenta!
   - Va bene!
   La bimba la baciò con forza sulla guancia, poi corse via agilmente.
   Come somigliava a Jasper!
   Isabella la guardò entrare in casa, seguita dalla bambinaia e in quel momento si accorse che il pianoforte al secondo piano taceva. Poco dopo sentì la voce di suo marito nell’ingresso e si alzò, lentamente, con l’intenzione di raggiungerlo. 
   Jasper dovette vederla attraverso una finestra perché si precipitò in veranda.
   - Mia cara, come stai? – le chiese, premuroso, abbracciandola – Vieni, entriamo.
   Isabella gli sorrise: - Veramente preferisco rimanere ancora un po’ qui, tesoro. Vuoi sederti con me?
   Jasper l’aiutò a risistemarsi dov’era seduta poco prima, ma anziché occupare un’altra sedia si inginocchiò accanto a lei.
   - Annie è felice. – le disse, prendendole una mano – Aveva bisogno di un po’ di sole. E anche tu, amore mio.
   - E’ vero. – rispose Isabella, serena – Speriamo che quest’estate il caldo sia sopportabile. Ho ricevuto una lettera di Esme, sai? Mi ha scritto che Noah sta bene e che anche Rose è incinta!
   - Davvero? Che belle notizie!
   - E non è tutto! Edward e Miss Weber si sposeranno!
   - Splendido! – commentò Jasper, divertito – Così il farfallone metterà la testa a posto!
   - Oh, non dire così! – lo rimbrottò affettuosamente la moglie – Edward è un buon ragazzo, sono certa che ama la sua fidanzata. Sei tu ad essere prevenuto nei suoi riguardi.
   Jasper rise sommessamente: - Dimentichi che Edward aveva messo gli occhi su di te, al Flower e questo giustifica pienamente la mia diffidenza!
   - E tu dimentichi che io non ho mai ricambiato il suo interesse. Mentre tu ti nascondevi dietro il tuo miglior atteggiamento professionale, io mi chiedevo come avrei potuto conquistare il cuore, non di un certo tenore, ma di un certo direttore d’orchestra…
   - E va bene, tesoro, hai vinto tu, come sempre.
   Rimasero in silenzio per qualche minuto, appagati dalla vicinanza reciproca. Infine Isabella disse:
   - Jazz, amore, torneremo a New York, un giorno, tutti insieme? Vorrei che i bambini vedessero il luogo dove ci siamo conosciuti.
   Il marito l’abbracciò delicatamente.
   - Certo che ci torneremo, Bella e sai cosa faremo? Chiederemo a Emmett di farti cantare, una sera e io dirigerò l’orchestra, proprio come allora! Sono certo che Carlisle non si offenderà. E naturalmente può partecipare anche Rosalie se lo desidera.
   - Proprio come allora… - sospirò Isabella emozionata, posando il capo sulla sua spalla.
   Aveva davanti ancora tanti anni di carriera, avrebbe potuto interpretare i ruoli per soprano più difficili e ambiti, essere diretta dai migliori maestri… ma nulla poteva eguagliare l’emozione che provava quando era Jasper ad esserle accanto in teatro.
   Jasper era il suo maestro, il suo amico fidato, il suo amore. 
   Niente avrebbe potuto cambiare quella realtà. Mai.
   Il sole stava ormai tramontando e il giardino di casa Whitlock cominciava a farsi buio, ma Isabella e Jasper rimasero ad osservare l’avvicinarsi della sera, paghi dell’atmosfera di pace e serenità che li circondava, i cuori uniti dalla stessa, perfetta felicità.


 
FINE






Angolino dell'Autrice: non ci credo, ho finito questa storia...
Dico sul serio, mi sembra impossibile!
Devo ammettere che sono piuttosto commossa, questo lavoro significa molto per me, quando ho avuto l'ispirazione per la trama ho dovuto mettermi a scriverla immediatamente, non potevo resistere, insomma. Sono stata felice e stupita nel vedere quante persone l'hanno seguita: dato che è una cosa molto particolare, pensavo che avrebbe lasciato indifferenti molti fan della coppia Bella/Jasper, invece ho sempre avuto delle bellissime recensioni ad ogni capitolo e non so dirvi quanto mi abbiano fatto piacere.
Per questa storia davvero unica nel suo genere devo fare alcuni ringraziamenti molto importanti.
Il primo va a mia madre, che mi preoccupa un po' perché vuole a tutti i costi leggerla e io ho provato a dirle che probabilmente si farà quattro risate, lei che ha letto praticamente tutti i libri del mondo, ma niente da fare, insiste che vuole leggerla... beh, comunque è stata lei a suggerirmi l'anno 1920, a darmi qualche indicazione sull'ambientazione, sull'età dei personaggi e a ricordarmi che Baltimora è nel Maryland e non in Florida come credevo io...
Per il banner che trovate al primo capitolo ringrazio la cara
Camilla L, mia lettrice fedelissima. Infine ringrazio tutte le mie lettrici, in particolare coloro che hanno recensito i capitoli: Cordelia89 (il cui parere autorevole è sempre graditissimo), Dills Nightmare (la mia nipotina virtuale) nanerottola (sempre fan dei nostri piccioncini) MikoWhitlockCullen (dalle recensioni eterne) chicca85 (per le sue parole sempre gentilissime) Petite Usagi (per la stima che mostra sempre nei miei riguardi) dany60 (per essere sempre un'amica affettuosa e disponibile) Orsacchiotta Potta Potta (che detesta Bella, ma legge sempre lo stesso) e poi ancora corinna_black303, Molly98, Defunkt, Rosita13. maura 77 e per concludere, tutti coloro che hanno inserito questa storia in una delle liste di efp.
Posso farvi un'ultima richiesta? Mi lasciate una recensione per l'epilogo? Ahahahah!

Credo che per quanto riguarda le fic su Bella e Jasper per il momento non scriverò altro. Tornerò appena avrò l'ispirazione, perché adoro questa coppia, ma non avverrà proprio subito. Devo concludere assolutamente
Sinfonia Fantastica, la mia storia originale, finora lasciata un po' in balia degli eventi. Adesso mi ci metto seriamente e concludo quella, poi ho anche altre idee in mente. Non preoccupatevi, comunque, prima o poi tornerò con una nuova fic, di sicuro.

Non mi resta che mandarvi un abbraccio e darvi appuntamento alla prossima storia!

Vi voglio bene

Niniane (alias Cristina)

 

 

 

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