Pairing Collection

di randomnessUnicorn
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Caro Diario ***
Capitolo 2: *** Dark Side ***
Capitolo 3: *** Un regalo particolare per Islanda. ***
Capitolo 4: *** Il Malinteso ***



Capitolo 1
*** Caro Diario ***


Caro Diario…

 

Aveva deciso, sì. Seychelles aveva deciso di iniziare a scrivere un diario segreto. Aveva avuto già da tempo questa idea in testa, anche se non sapeva perché.
 Scrivere diari non era proprio da lei, ma sentiva che doveva parlare con qualcuno dei suoi problemi e dei suoi sentimenti. Non che non avesse amici, solo che alcune cose non andavano detto, no.
Poi, abitando con quello scorbutico di Inghilterra, non aveva mai occasione di chiacchierare od aprirsi più di tanto; era come una prigione quella casa, e lei si sentiva come una galeotta. Anche se non le mancava niente, sentiva che c’era qualcosa che non andava.
Finalmente, riuscì a comprarne uno, con tanto di penna in omaggio: cosa poteva chiedere di meglio? Il diario era di dimensioni medie, aveva una copertina verde smeraldo, chissà perché aveva scelto quel colore, forse perché in un certo senso ne era stata attratta.
Si mise seduta e prese la penna, iniziando a scrivere. Nemmeno passarono cinque minuti che già si era stancata, più che altro non sapeva cosa raccontare al diario. Forse doveva presentarsi? Come se stesse parlando con una persona? Le sembrava un po’ strana come cosa, ma ci provò comunque.
 
 
Caro diario,
Mi chiamo Seychelles, infatti rappresento l’arcipelago delle Seychelles, sì, potrà sembrarti una cosa strana ma è così. Anche se per me la cosa più strana è quella di parlare ad un diario come fosse una persona. Ma ho bisogno di sfogarmi, e di confidarmi con qualcuno. Sono così lontana da casa, chissà come starà la mia gente… uhm… mi  mancano così tanto.
Ora abito a Londra, insieme a quell’ irascibile di Arthur, che ha sempre da criticare, infatti non facciamo altro che litigare. Non so davvero che pesci pigliare con lui, mah.
Il posto è carino, ma non è casa mia e come si dice, non c’è luogo migliore della propria casa. Non capisco davvero perché sono qui, ora. Tutto è così diverso dalla mia isola. Qui fa freddo, piove sempre, le persone sono strane, alcuni parlano addirittura da soli.  Invece la mia isola è calda, accogliente e la popolazione è sempre allegra. È un vero paradiso, quando potrò ritornarci?
Oh, sento quell’inglese chiamare, avrà da rimproverare qualcosa come suo solito. Ora debbo scappare. Mi ha fatto piacere conoscerti, diario.
 
Così, la piccola Seychelles andò a vedere cosa mai Inghilterra volesse da lei. Ora che poteva riposare, doveva disturbarla?
 
« Ecco, sono qui. Cosa c’è? » disse la ragazza, con tono scocciato.
« Ho fatto la spesa, mi chiedevo se potessi aiutarmi! » Chiese, anche se forse quello suonava più come un ordine, che come un favore.
« Uhm, va bene. » rispose lei, sospirando. Prese le buste e le portò in cucina, alla fine fu costretta anche a mettere in ordine le cose. La trattava proprio come una schiavetta.
« Brava, brava, renditi utile. » disse lui, con tono di chi si era tolto il lavoro di dosso. Poi, andò a sdraiarsi sul divano, finendo per addormentarsi.
« Ecco che ci risiamo, lui svolge i compiti più semplici e alla fine a me toccano i lavori più scoccianti. Che razza di gentleman sei? Se non aiuti una ragazza a mettere in ordine? » disse, a voce bassa mentre sistemava la spesa. Alla fine tornò su in camera, aveva davvero voglia di scrivere ancora. In un certo senso scrivere l’aiutava a calmare i nervi.
 
 
 
Ciao, diario;
Sono tornata,  ero andata ad aiutare quello scansa fatiche di Arthur. Anche se alla fine il lavoraccio tocca sempre a me. Non vuole davvero capire che non sono la sua serva e ne tanto meno una fessa, se pensa di approfittare così della mia gentilezza ed educazione, si sbaglia.
Non so davvero cosa mi faccia restare qui, non lo so proprio. Eppure non vado d’accordo con lui:  litighiamo quasi sempre.
Che rapporto è questo? Come possono, due persone così diverse vivere sotto lo stesso tetto? Cosa mi spinge a non abbandonarlo del tutto?
In un certo senso mi fa pena, già. Mi fa pena perché vive solo, poverino. Non ha così tanti amici, litiga anche con le altre Nazioni. Tutto ciò non mi stupisce visto il suo caratteraccio, ma non penso che per questo motivo qualcuno meriti di vivere in solitudine. No, affatto.
Forse è per questo che lo ho sopportato fino ad ora.
No, non credo che lo abbandonerò, almeno non ora. In fin dei conti mi ha accolto a casa sua, ed ha pure aiutato la mia gente, non posso essere così ingrata.
Non è poi una così cattiva persona, anche se non posso dire lo stesso per la sua cucina. Ora che ci penso sono davvero una santa, sopportare anche il suo orrido cibo è qualcosa di eroico.
Mi raccomando , diario, non dire niente a nessuno ed acqua in bocca.
Baci, Seychelles.
 
Seychelles smise di scrivere, posando lo sguardo sull’orologio, e  quando vide l’ora quasi sobbalzò: era ora di cena, e doveva scendere giù a tavola, mannaggia! Quell’orso inglese si sarebbe arrabbiato e l’avrebbe sgridata. Si alzò dalla sedia- dimenticandosi di chiudere il diario- e scese le scale, quasi facendo un capitombolo. Entrò in cucina e subito si scusò.
 
«Oh, scusa, scusa. Ho perso la cognizione del tempo! » disse lei, poi si sede al suo posto. L’inglese la osservò con sguardo severo, facendo no con la testa.
« Beh, non importa, non è la prima volta che ritardi, hai sempre la testa fra le nuvole. » disse in tono severo. Sembrava quasi un padre che sgridava la figlia.
« Uhm, già. Ero occupata, scusa! » disse, lei, roteando gli occhi.
 
La cena fu silenziosa come sempre, non chiacchieravano molto, il massimo di conversazione che ci poteva essere era: “mi passi il sale?”.
 
«Scusami, devo andare un attimo in bagno. » disse, Inghilterra, alzandosi in piedi, e fece un cenno col capo a Seychelles, che in risposta annuì.
«Niente, va pure» Alzò le spalle, e continuò a mangiare.
 
L’inglese mentre si dirigeva verso il bagno, passò davanti alla camera di Sesel. La porta era rimasta aperta, e la sua attenzione fu presa da un libro posato sulla scrivania. Si avvicinò per ispezionarlo bene: era un diario.
Non pensava che Seychelles tenesse un diario, non gli sembrava una tipa da diari. Era anche aperto, strano, solitamente i diari segreti si chiudono a chiave. Forse quello non era un diario, ma un’agenda?
 Spinto dalla curiosità decise di leggerlo. Si sedette sul letto, iniziando a leggere. Era così preso dalla lettura che nemmeno si rese conto del tempo che passava. Non immaginava che lei pensasse quelle cose di lui, o che si trovava male qui a Londra, anche se aveva la sensazione di starle antipatico. Poi, sentì la voce di Seychelles chiamare.
 
« Hey, ma quanto ci metti?! Si fredda tutto, stavolta sei tu in ritardo! » disse, lei, urlando. Così l’inglese rimise il diario dove lo aveva trovato e scese giù.
Finirono la cena, e Seychelles si soprese abbastanza quando sentì la domanda che l’altro porse.
« Sentì un po’, perché non mi parli un po’ delle tue isole?! Sono curioso, non mi parli mai di te! » le chiese. Dopo che lesse quelle cose, si era reso conto che forse era un po’ troppo severo con lei, e che magari avrebbero dovuto parlare un po’ di più da persone mature, od almeno non litigare così tanto.
«Eh? Come mai me lo chiedi? » chiese a sua volta.
« Non rispondere ad una domanda con un’altra domanda. Comunque sono solo curioso, tutto qui. » disse, annuendo. La guardo con sguardo attento e curioso.
« Uhm… ok» allora Seychelles incominciò a raccontargli tutte le meraviglie del suo arcipelago, di quanto le mancasse; raccontandogli anche le svariate avventure che aveva vissuto lì.
Le fece piacere parlarne, perché era come rivivere quei momenti, finalmente stava chiacchierando con lui in modo normale: un evento da scrivere sul diario, pensò.  Infatti è quello che fece.
 
Carissimo diario,
stasera è successa una cosa stranissima, ho avuto una conversazione normale con Arthur! E per normale intendo da persone mature, davvero non posso crederci. Non riesco a capire. È stato divertente parlare così con lui. Mi ha chiesto di raccontargli del mio paese. A volte scherzava e mi prendeva in giro, sì, ma non lo faceva per offendere, visto che alla fine ridevamo entrambi.
Alla fine avevo ragione, c’era solo bisogno di tempo, e mi sono resa conto che forse sotto quella pelliccia da Grizzly si nasconde un cuore d’oro.
Ora devo andare, caro diario. Ci sentiamo domani, e Arthur mi ha anche promesso che saremmo andati a pesca insieme. Non vedo l’ora, buonanotte-
 
Seychelles-
 



 

{ Ciao, siamo giunti alla fine del primo capitolo :’D e della prima one shot dedicata ad una delle mie coppie preferite *^* questi giorni sono fissata con UkSey più del solito, quindi ho dedicato loro una fict.
 
Spero vi sia piaciuta, non avevo idee così mi sono scervellata per fare uscire qualcosa di decente, speriamo di esserci riuscita.
Commentate e alla prossima one shot BI
 
Lauretteh
 

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Capitolo 2
*** Dark Side ***


SongFict: http://www.youtube.com/watch?v=gnWgn0ir3Qo
Pairing: AmeBielo
 
 

Dark Side

 
 

There’s a place that I know
It’s not pretty there and few have ever gone…

 

Era tutto finito ormai, l’URSS non esisteva più: cosa avrei fatto adesso? Sono sola ora, anche se forse lo sono sempre stata. Il mio paese sarebbe andato alla rovina, io stessa sarei sprofondata nel più oscuro degli abissi.
 Eppure, perché? Come mai quel ragazzo ancora insisteva nel portarmi con se? Pensava davvero di potermi convincere con quelle parole amichevoli, col suo entusiasmo e col suo modo –fastidioso- di fare l’eroe? No, non mi avrebbe convinta!
 

If I show it to you now,
Will it make you run away?

 

Non capivo: perché non scappava? Mi  sorrideva con quel sorriso da ebete, malgrado io continuassi a puntargli il coltello contro, lui non smetteva di ridere con quella  risata fastidiosa che si ritrovava.
C’era qualcosa di diverso in lui, non era come gli altri, non fuggiva: mi guardava come fossi una persona normale, non come fossi un mostro.
 

Or will you stay,
Even if it hurts?
Even if I try to push you out
Will you return?

 

 

«Nahahaha! Dai, non rattristirti. Non sei felice che l’eroe sia venuto fin qui a prenderti?» disse, così sicuro di se che quasi mi fece ribrezzo.
Più tentavo di respingerlo e più insisteva: non capivo. Non aveva nessun motivo per farlo. Io non avevo niente. Il mio paese era povero, non poteva prendersi nulla, quindi perché continuava a dire quelle cose?
Stava solo bleffando, sarebbe scappato. Mi stava solamente prendendo in giro; come faceva sempre mio fratello, dicendomi che mi voleva bene, quando mai aveva dimostrato un che minimo segno d’affetto nei miei confronti. A parole erano bravi tutti, pensai.

 

 
And remind me who I really am,
Please remind me who I really am.

 

« Nyet! Stai mentendo! » Sbottai, con voce rauca e gelida, regalandogli uno dei miei più gelidi sguardi, che facevano impallidire qualsiasi Nazione.
«Sei testarda, eh? Ma sappi, che l’eroe qui presente è molto più cocciuto di te. Nahahaha! E non sono bugiardo, non vedi che il mio naso è corto?! »Disse, come se io avrei riso alle sue stupide battute. Non risposi nemmeno alle sue parole.
« Che caratterino difficile, sei più fredda della neve. Dimostrami che non è così, dimostrami che sotto quella corazza omicida si nasconde una brava ragazza. » disse, allungando la mano verso di me, senza smettere di sorridermi. Restai ad osservare la sua mano, senza afferrarla.

 

Everybody’s got a dark side.
Do you love me?
Can you love mine?

 

Era più testardo di un mulo. Feci no con la testa, guardando in basso. Ero immobile, come una statua. Il mio cuore non poteva battere più ormai, avevo perso tutto, che senso aveva vivere ormai, senza più uno scopo?
« Uhm… vedo che non ti smuovi, eh? But, I don’t give up! I am the Hero! » continuava a ripetere, come se mi interessassero le sue inutili affermazioni.
« Perché? Perché insisti tanto, non capisco» gli chiesi, magari così, almeno, avrei capito quel suo inadeguato comportamento.
« ‘Cause, I am the Hero, l’ho detto poco fa, no? Il mio dovere è aiutare coloro che sono nei guai, come te. » disse, con così tanta naturalezza che mi fece arrabbiare ancora di più.

 

Nobody’s a picture perfect
But we’re worth It,
You know that we’re worth it

 
 
 

«Nyet! » stanca di sentire il suo blaterare, tirai fuori il coltello, correndo verso di lui per tagliargli la gola; gli avrei anche tagliato la lingua, ero stanca di sentire quelle sciocchezze. Ma, senza che nemmeno me ne resi conti, mi prese per il polso- bloccandomi-, sembrava stupido, ed invece aveva i riflessi pronti. Gli ringhiai contro come un cane feroce.
« No, Natalia. Non arrabbiarti, calm down!» mi disse, con voce calma e seria: non lo avevo mai sentito con quel tono di voce.
« Non ne vale la pena, Natalia. Non meriti questo, non meriti di soffrire, non più, almeno».

 

Will you love me?
Even with my dark side?

 

Quelle parole su di me ebbero un effetto strano, mi sentì come colpita diritta al cuore dal mio stesso coltello. Cosa intendeva dire? Voleva aiutarmi? E come avrebbe fatto? Indebitandomi fino ai denti?
Non volevo credergli, non ci riuscivo, lui era un nemico, lo era sempre stato. E se quello fosse stato un tranello? Anche se ormai non aveva più senso, in fondo aveva vinto lui, poteva fare ciò che voleva di piccole Nazioni come me, che non sapevano nemmeno sfamare la propria popolazione. Aveva il mondo in pugno, cosa mai potevo fargli?

 

Like a diamond
From black dust.
It’s hard to know
It can become
if you give up.

 

« Ascoltami, Natalia. Butta via il coltello ed ascoltami! » mi disse, mettendo la mano libera –che non stringeva il mio polso, anche se aveva allentato la stretta- sotto al mio mento, e lo alzò, fissandomi negli occhi. Io continuai ad avere un espressione dura e fredda.
« I am not like Russia » disse, sempre con quel tono serio e deciso. Non sapevo cosa fare, mi aveva in pugno, ed io ero lì, interdetta a fissare il vuoto.

 

So don’t give up on me,
Please remind me who I really am.

 

« I will never let you go, I will never let you alone, anymore. » mi disse, eppure la sua voce sembrava sincera, non aveva avuto sobbalzi di tono, e mi guardava fisso negli occhi. Che stesse dicendo la verità? Non sapevo più a cosa credere, non sarei potuta più tornare indietro, l’unica strada che potevo seguire era quella verso il futuro.

 

Don’t run away,
Don’t run away.
Just tell me that you will stay,
Promise me you will stay.

 

« Stai dicendo il vero? » non sarei mai riuscita a mandare avanti la mia Nazione da sola, ormai non avevo niente da perdere, di delusioni ne avevo avute abbastanza; una in più od una in meno, che differenza poteva fare?
«Certo, ti ho già detto che non sono pinocchio, non dico bugie. » disse, ritornando l’americano allegro e strambo di sempre, non riusciva proprio a rimanere troppo serio, eh?
« Non fuggirò, don’t worry. » e mi sorrise, annuendo deciso.
 

Will you love me?
Even with my dark side?

 
 Magari sarebbe stato davvero un nuovo inizio, al massimo, se sarebbe scappato, avrei sempre potuto infilargli il mio coltello nel petto.
 


{Oh, ho finito un altro capitolo çwç evviva! Spero vi sia piaciuto, mi ci sono messa d’impegno per scriverlo bene, eh?
Appena ho sentito quella canzone ho subito pensato a Natalia, che secondo me merita amore, poi mi piace la coppia AmeBielo, quindi ecco che è spuntata questa storia. C:
Ciao, see you!
 
LauretteH



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Capitolo 3
*** Un regalo particolare per Islanda. ***


Coppia: Danimarca x Fem!Islanda
 
 

Un regalo particolare per Islanda.

 

Islanda si era svegliata presto come sempre, anche se quella giornata sarebbe stata particolare perché era il suo compleanno: ma per lei era una giorno come tutti gli altri, un normale 17 Giugno.
 Non era la tipa che organizzava feste, od aventi mondani: voleva che tutto fosse normale come al solito, anche se comunque le faceva piacere ricevere gli auguri.
Appena si svegliò, la sua cara pulcinella di mare, Miss Puffin, le saltò letteralmente addosso e l’abbracciò. Ovviamente l’islandese ricambiò l’affetto ricevuto, dandole un bacio sul becco.
 
« Oh, Takk! Miss Puffin, sei gentile. » disse la ragazza, continuando ad abbracciare l’uccellina. Era l’unica con cui riusciva a confidarsi ed a non essere fredda o distaccata.
Improvvisamente, sentì il campanello suonare, in maniera abbastanza insistente. Chi poteva essere? Non aspettava nessuno. Tenendo ancora in braccio Puffin, andò ad aprire la porta, domandandosi chi poteva mai essere.
 
«Arrivo, un attimo! » Urlò alla persona dietro alla porta. Poi, quando finalmente giunse sulla soglia, aprì, rimanendo stupita per chi era venuto a trovarla. Era il suo vicino di casa, nonché amico, Danimarca: si era ricordato del suo compleanno? Wow, allora non pensava solo a se stesso.
 
« Tillykke med fødselsdagen! » disse lui, sorridendo allegro come al solito.
« Oh, Takk, Den! » rispose lei, tenendo stretta Puffin, col solito sguardo un po’ distaccato, e con voce calma e bassa.
« Eh, dai! Fammi un bel sorriso, è il tuo compleanno dopotutto, e devi essere allegra! » disse lui con voce alta ed euforica, esattamente il contrario di lei. Islanda lo guardò, sbattendo le palpebre, confusa.
« Ah, ci proverò, grazie ancora. » rispose Islanda, accennando un sorriso, tanto per farlo contento.
« Ecco, vedi! Sei più carina quando sorridi, dovresti farlo più spesso» disse Danimarca, facendole l’occhiolino, poi si mise a ridere nel suo solito modo rumoroso. «comunque, non fai niente per il tuo compleanno? » le chiese il danese.
« Uhm, niente di niente, penso che me ne starò a casa a leggere un buon libro» disse lei, alzando le spalle.
«Cosa? Non va bene così, è il tuo compleanno e ti devi divertire. Meno male che sono venuto, ci pensa lo zio Den a risolvere la situazione. » disse Danimarca, dandosi un pugno sul petto, senza smettere di sorridere. Aveva una strana luce negli occhi.
«Uhm… non so, che potrei fare? » si domandò la ragazza, guardando Miss Puffin, che la guardò a sua volta.
« Ehehehe, e che ci sono a fare io, sennò!?  Ho un’idea, che ne dici di andare insieme al luna park che hanno aperto da poco, eh? Sarà divertente» propose il danese, guardandola col la solita faccia ebete. Nemmeno aspettò che lei rispondesse, che la prese per mano, strattonandola fuori di casa. Faceva tutto da solo.
 « Hey, hey!? Non correre, non ti ho ancora risposto! » disse la islandese, con fare contrariato, gonfiando le guance: in questo modo sembrava ancora più piccola.
« Beh, avresti risposto sì, non è vero? In fondo sono io, chiunque vorrebbe uscire con me. » disse, vantandosi, tanto per cambiare si credeva il padrone del mondo.
« Eh?! Sarebbe impossibile farti cambiare idea, quindi va bene. » disse, roteando un po’ gli occhi. Aveva forse detto “uscire”,? Quindi quello era un appuntamento? Non lo avrebbe mai immaginato, anche se sembravano più una nipote con lo zio che altro… ma cosa stava pensando? Sospirò, scrollando la testa.
« Ecco, andiamo! » rispose lui, regalando alla ragazza uno dei suoi allegri sorrisi.
 
 
Continuarono a camminare fino al Luna park. La povera Islanda, accanto a lui, si sentiva una nana, infatti quando doveva parlargli doveva alzare la testa, oppure lui abbassarla: era una strana situazione.
Chissà perché l’aveva invitata, poteva benissimo salutarla, farle gli auguri ed andarsene via, mah.
Arrivarono al parco di divertimenti, c’erano molte persone; bambini che si riconcorrevano, gruppi di adolescenti che ridevano spensierati, e le coppiette felici che si tenevano per mano.
 
« Eccoci, arrivati! Visto che è il tuo compleanno, lasciò a te la scelta,  che giostra ti piacerebbe fare per prima? » chiese all’islandese, anche se lui avrebbe preferito fare le giostre veloci, o la casa della paura, ma doveva attenersi alle sue scelte.
« Uhm, non lo so…che ti piacerebbe fare, Miss Puffin? » alla fine interpellò il suo animaletto. Puffin ci pensò sù,  ed optò per la casa dell’orrore, indicandola con la ala: certo che era un’uccellina coraggiosa, eh?  A quella scelta, la padroncina sobbalzò,  lei, al contrario, non era così coraggiosa. Ma alla fine sospirò, ed annui pian piano.
« Lei vuole andare lì, quindi andiamo! » disse, indicando la giostra.
«Davvero? Ottima scelta, Puffin. Ma a te va bene, Islanda? Non ti faceva così coraggiosa. » chiese, perplesso. Aveva notato che l’altra aveva uno sguardo un po’ teso.
«Sì, sì, per me va benissimo. Andiamo! » disse, deglutendo. Non poteva certo fare  la figura della fifona, perché, altrimenti, lui l’avrebbe presa in giro.
 
Si diressero verso la casa della paura: era una giostra a piedi, quindi toccava anche correre. Danimarca, vedendo la faccia tirata che aveva assunto Islanda, si mise a sghignazzare, divertito. Lei continuò a gonfiare le guance, scocciata.
 
«Sei adorabile quando gonfi le guance, sicuramente i mostri resteranno inteneriti. » disse, scherzando e prendendola in giro, mentre entravano nella casa. L’islandese non sembrava molto sicura, e si guardava intorno, anche se era così buio che non riusciva a vedere un palmo dal suo naso.
All’improvviso, apparì un uomo che portava un’ascia, e la ragazza sobbalzò, urlando con tutta se stessa. Invece, Den rise, vedendola così sconvolta, non si aspettava una reazione tanto esagerata.
Islanda camminava dietro di lui, tenendosi attaccata come una cozza sullo scoglio, anche se cercava di tenere l’espressione seria che aveva sempre.
 
«Non essere tanto spaventata. Ci sono qui io, ti difenderò dai mostri! » disse, ridendo fragorosamente, mentre apparì un altro mostro. Anche questa volta lei si spaventò e senza nemmeno accorgersene strinse il danese, quasi per nascondersi, lui ricambiò, pattandole delicatamente la testa.
« uhm… » la ragazza mugugnò, aprendo un occhio per vedere se il mostro se ne era andato. Vedendo che si era abbracciata a lui arrossì lievemente, guardando in un’altra direzione: che figura aveva fatto?
« Non preoccuparti, io che ci sono a fare, sennò? » disse, continuando ad accarezzarle la testa.
 
Alla fine uscirono sani e salvi, anzi, lei uscì sana e salva, tanto che fece un respiro di sollievo appena rivide la luce del sole.
« E’ stato divertente però, dai. Eri davvero carina quando eri spaventata.» disse lui, sorridendo come al solito, invece, lei arrossì nuovamente, roteando gli occhi: non sapeva proprio come comportarsi in quelle situazioni.
 
Continuarono a girare per il parco, tanto che si fece sera e, visto che ancora c’era tempo, decisero di andare sulla ruota panoramica, l’ultima giostra su cui ancora non erano stati.
Dopo che fecero la fila, si accomodarono sui sedili della giostra; il paesaggio era bellissimo, si poteva vedere tutto il parco illuminato nella notte da lassù. Forse l’atmosfera era un po’ troppo romantica. Islanda doveva cercare di resistere, in fondo quella era solo un’uscita tra amici, nient’altro: restò a guardare il paesaggio, incantata.
 
 
«Che bel panorama, non trovi? » le chiese il danese, sorridendo. Si era avvicinato abbastanza, quindi lei si trovava un po’ in difficoltà, anche se non doveva.
«Sì, molto bello. Sembrano tutti formiche da quassù, già» disse l’islandese, continuando a guardare fuori dalla finestra. Se lo avesse guardato negli occhi avrebbe sicuramente fatto una faccia buffa per la vergogna. Ma perché?
« Uhm… effettivamente. Anche se anche qui c’è un bel panorama. » disse e, poi, la fece girare perché era stanco di parlare alla sua schiena. Appena la guardò negli occhi, le regalò un largo sorriso. Si avvicinò ancora di più: pochi centimetri separavano i loro visi. Lei, ovviamente, non sapeva che fare ed era alquanto confusa: cosa stava facendo? Pensava di fissarla così per tutto il giro?
Alla fine, lui le si avvicinò ancora di più, baciandola. Le sue labbra erano calde e morbide. Cosa doveva fare adesso Islanda? Si sentiva strana, stava succedendo tutto troppo in fretta. Anche se era una bella sensazione, infatti si lasciò cullare, dolcemente, dal suo abbracciò. Alla fine, lei ricambiò, un po’ impacciatamente, cingendo le proprie braccia intorno al suo collo.
«Jeg elsker dig» le disse, e poi riprese a baciarla, stavolta con più passione.
Lei, completamente rossa in volto, rispose con un sorriso, e stavolta non era un sorriso tirato come al solito, ma un vero sorriso di felicità.
 

 
{ OH, ho finito anche il terzo capitolo, non mi sembra vero °^°
Spero abbiate gradito eue, la coppia la trovo molto tenera, e fem!Islanda è adorabile a mio parere.
Spero recensiate, ciao.
 
LauretteH
 

 

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Capitolo 4
*** Il Malinteso ***


Pairing: Nyo!UkJap

Il Malinteso


Era finita un’altra giornata di lavoro. I meeting erano sempre così noiosi ed identici l’uno con l’altro. Non si faceva altro che parlare, anzi, chiacchierare visto che di serietà ce ne era davvero poca: ogni Nazione si faceva i cavoli suoi.
Bastava guardarsi intorno per trovare il caos e l’anarchia, sembrava quasi di stare dentro ad un Reality Show- di quelli idioti ovviamente- poi,  erano sempre le solite Nazioni a fare casino.
C’era America che parlava da sola; non si capiva niente di quello che diceva, dato  che parlava con la bocca piena, producendo anche rumori sgradevoli mentre beveva la sua coca cola. Era davvero maleducata, pensò l’inglese assumendo un’espressione disgustata, e addirittura spostò lo sguardo da un’altra parte per non guardare quella scena che per lei era a dir poco incivile.  In un'altra ala della sala vide Francia che si guardava allo specchio, elogiandosi da sola, come fosse una principessa, sì, delle ranocchie, infatti Inghilterra immaginando Francia vestita da rana sobbalzò dal ridere.
Anche le altre Nazioni se la prendevano comoda, come Grecia che sonnecchiava beatamente insieme ai suoi gatti, anche in mezzo al trambusto. L’unica che se ne stava tranquilla era la piccola e dolce Sakura. Era risaputo che Giappone era di indole calma e pacata, difficilmente potevi vederla arrabbiata o comunque comportarsi in modo selvaggio come il resto della gente di quel convegno. Chissà che stava pensando, era difficile leggere il suo sguardo e capire i suoi pensieri, era una ragazza abbastanza misteriosa, ma  la vedeva anche un po’ simile a lei.
Inghilterra guardò l’orologio ed era l’ora del tea, un orario sacro per lei, quindi usci fuori dalla sala, ed andò nella stanzetta dove di solito si preparava il tea, almeno poteva avere anche un po’ di quiete.
Finalmente un po’ di pace, era ora; le stavano cominciando a fare male le orecchie con tutto quel rumore, sembrava di stare in un locale per soli uomini. Preparò il suo adorato tea che aveva sempre a portata di mano, specialmente per le occasioni di emergenza come quelle. Appena iniziò a berlo si sentì subito meglio, era una bevanda che riusciva a rassodarla, meglio di un elisir.
Mentre stava bevendo in pace e tranquillità sentì la porta aprirsi pian piano, si voltò per vedere chi fosse e vide una piccola figura entrare timidamente nella stanza, era Sakura.
La giapponese entrò nella camera col suo solito passo leggero, temendo di avere disturbato l’inglese.
 
 
-      Kon’nichiwa, Igiko San. Scusa… se l’ho disturbata… ma avevo bisogno di un po’ di tranquillità. - Disse facendo un piccolo inchino, parlando con voce bassa ed esitante. Era una ragazza molto timida quindi spesso aveva difficoltà nel socializzare con gli altri, soprattutto se essi erano occidentali, quindi molto diversi da lei che veniva da tutt’altro mondo.
-      Don’t worry, anzi ti capisco, stavo impazzendo anche io; lì dentro è una gabbia di matti, mi è venuto il mal di testa!- Disse l’inglese con tono leggermente scocciato, incrociando una gamba sopra all’altra.
-      Già, anche a me. Almeno qui si sta meglio. – Parlò portando le braccia davanti al ventre, tenendo lo sguardo abbassato.
-      Anyway, accomodati pure se vuoi. Gradisci un po’ di tea? – Disse facendo cenno di sedersi accanto a lei, sul divanetto di pelle dove era seduta Inghilterra.
-      Aragatou, Igiko San! Volentieri.- Si diresse verso il divanetto sempre mantenendo lo sguardo chino e si sedette accanto all’amica.
-      Tieni, e non darmi del lei, in fondo ora non stiamo lavorando, ma ci stiamo godendo un bel tea insieme, e soprattutto senza altra gente fastidiosa che ci rompe le scatole-  disse, sospirando, e bevve un altro sorso della sua amata bevanda. Era strano, le era passato, improvvisamente, tutto il nervosismo, sarà forse merito del tea? Anche la giapponese iniziò a bere, e anche lei sembrava serena.
-      È molto buono, Igiko-San- Disse la giapponese, accennando un sorriso così tenero che  poteva addolcire anche un mostro delle nevi. Infatti Igiko, famosa per il suo carattere scorbutico e facilmente irritabile, con Sakura riusciva a non arrabbiarsi, anzi, sembrava quasi una persona normale ed amichevole in sua compagnia.
-      Thanks, contenta che ti piaccia. Chissà se il meeting è finito o se quei pazzoidi stanno ancora sbraitando! -  si interrogò l’inglese, anche se non aveva nessunissima voglia di saperlo, ne tanto meno andare a controllare. Che bollissero nel loro brodo di pazzia ed ignoranza, pensò Igiko.
-      Non lo so- la giapponese alzò le spalle, guardando l’altra con aria interrogativa- tanto non penso si siano accorti della nostra assenza, erano così occupati a fare baldoria- disse Sakura, accennando un sorriso quasi materno, tanto che l’inglese ne era quasi rimasta incantata.
-      Hai ragione, ma mi sono stufata di parlare di loro- sbottò, finendo il suo tea, intanto anche l’altra aveva posato la tazza sul tavolino.
-      Già, di cosa potremmo parlare, allora? – chiese la giapponese posando le mani sulle gambe.
-      Uhm… I don’t know! Vuoi dell’altro tea, comunque? – chiese l’inglese, visto che ne era rimasto ancora sarebbe stato un peccato buttarlo.
-      Arigatou, Igiko-San – rispose l’amica, annuendo leggermente.
-      Well- disse l’inglese, prendendo la tegliera per riempire la tazza della giapponese. Mentre versala la bevanda, improvvisamente, e dal nulla, si sentì lo schioppo di uno sparo, che fece sobbalzare l’inglese, facendo versare tutto il liquido addosso a Giappone.
-      Oh, brucia, brucia- Giappone iniziò a divincolarli perché il tea era bollente. Gesticolava muovendo le mani come ventagli, come per far placare il bruciore.
-      OMG! Sorry, sorry, sorry…- iniziò a dire l’inglese che era molto dispiaciuta, anche se non lo aveva fatto apposta.
-      Uhm… non preoccuparti, non è colpa tua, quello sparo ha spaventato anche me- disse la giapponese, continuandosi a sventolare inutilmente.
-      Meglio che ti togli la camicia, così ti asciughi e ti passa il bruciore- disse, infine  Igiko, visto che era completamente fradicia.
-      Ah- improvvisamente la Giapponese divenne rossa come un pomodoro, anche se forse era meglio asciugarsi per evitare di ammalarsi.
-      Prendo dei fazzoletti dalla borsa, un attimo –disse l’inglese, iniziando a rovistare dentro la borsa in cerca dei fazzoletti perduti. Intanto la giapponese si era tolta la camicia, rimanendo in reggiseno, almeno quello sembrava intatto.
-      Ok, uhm…- Sakura aspettava, contemplando la sua camicia umidiccia, che era diventata una bustina di tea inzuppata.
-      Oh- pronunciò Igiko, vedendo l’altra solo col reggiseno. Arrossì senza saperne nemmeno il motivo: guardò in alto, porgendo i fazzoletti all’altra, che forse era più imbarazzata di lei.
-      Beh… forse dovrei andare in bagno a sciacquarla – disse Sakura tenendo ancora in mano la camicia, che emanava un odore amarognolo.
-      Oh, certo, ti accompagno- rispose l’altra, aprendole la porta del bagno, all’improvviso si ritrovò davanti agli occhi una figura famigliare: Francia, che già stava sghignazzando, divertita. Intanto Giappone – ancora in reggiseno- si era affacciata per vedere cosa stava succedendo, visto che l’espressione di Inghilterra si era fatta sconvolta.
-      OhnOhnOhn, excuse moi, non volevo disturbare- Francia già si stava facendo i filmini mentali. Dopo aver visto Igiko rossa in volta, e Sakura più di lei, senza camicia, poi, cosa doveva pensare la francese?
-      Eh?! – esclamò l’inglese, anche se il suo sembrava più un ringhio.
-      Continuate pure, come se non fossi venuta- nessuno giocava di fantasia meglio di Francia, lo si capiva anche dallo sguardo malizioso che aveva assunto.
-      Non è quello che sembra?! – cercò di spiegare l’inglese, gesticolando nervosamente.
-      Mi è finito il tea addosso, e volevo cambiarmi- disse Sakura, anche se la francese non ci avrebbe mai creduto.
-      Comunque chi ha sparato?- chiese Igiko.
-      Uhm, no, era Svizzera, mentre stava pulendo il fucile, gli è partito un colpo. Ci siamo spaventati tutti- spiegò la francese.
-      Ah, capisco. Comunque non pensare male, sentendo lo sparo, si è spaventata e le è caduto il tea addosso- continuò a spiegare l’inglese, anche se forse era inutile.
-      Oui, oui, dicono tutti così. Au revoir, cheries. – disse Francia, e se ne andò lanciando un bacio, e chiudendo la porta dietro di se. Le due ragazze erano rimaste perplesse, e così rosse che i pomodori di Spagna sarebbero andati in depressione. 


{Ecco il quarto capitolo BD Yeah!
In realtà questa storia l'avevo scritta da tempo, ma mi ero sempre dimenticata di finirla °3°
Spero non sia stata troppo banale, ma ho poche idee sti giorni eue.
Grazie e alla prossima,

LauretteH

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