Storie da liceo.

di EmptyEyes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. -the end- ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***



Capitolo 1.

Per l’ennesima volta in quei giorni, Jasmine, si ritrovò a pensare a Marcelo. La sua voce, con quelle parole dolci che uscivano dalla sua bocca quando stavano insieme, rimbombava nella sua testa. Ad un certo punto però, sentendo il proprio nome pronunciato dall’insegnante, Jasmine ritornò al presente. Era in classe, con i compagni che la fissavano attendendo una risposta alla domanda postale dal professore.

“Scusi può ripetere la domanda per favore?” Pronunciò testuali parole con una nota di apparente, e direi falso, rammarico per non aver seguito la lezione.

“Signorina Montreal, si può sapere a cosa stava pensando, invece di partecipare alla lezione come i suoi compagni?” Il professore di italiano si esprimeva sempre con quel linguaggio che lasciava fantasticare gli studenti sulla sua reale età.

Jasmine scrutò i compagni, che Mr. Croms aveva appena elogiato, notando quanto fossero partecipi alla lezione. La maggior parte si reggeva a malapena seduta, erano quasi tutti curvi in avanti con le spalle e facevano appello a tutte le loro forze per tenere gli occhi aperti.

La ragazza dai capelli biondi non accennò a dare spiegazioni, né informò l’insegnante delle reali condizioni della classe. Non era una spia, e voleva mantenere la propria reputazione nell’Istituto.

Il professore lasciò perdere Jasmine e si rivolse direttamente a tutti gli studenti presenti, tirando fuori dalla sua immensa scatola cranica un discorso riguardante  l’importanza di mantenere l’attenzione a ciò che viene spiegato durante la lezione.

Così, la riccia ripiombò nei pensieri di poc’anzi. Il suo ragazzo era al centro di quel vortice di voci, ragionamenti e dubbi che le frullava in testa, rischiando di farla scoppiare.

Le settimane precedenti l’avevano scossa in maniera rilevante. Aveva compiuto un passo troppo azzardato per una ragazza appena quindicenne. E come se non bastasse, era stata tanto imprudente da farsi scoprire dalla madre, la quale aveva riferito l’accaduto alla nonna della povera Jasmine, che quindi si è trovata sommersa di domande e con l’agenda colma di visite ginecologiche.

L’esito di queste non era stato altro che la cruda verità. Aveva fatto le sue scelte, e ora c’erano le conseguenze.

 In quel momento sentiva solo la voce del ginecologo ripetere all’infinito “Qui non siamo più vergini, fanciulla” con quel sorrisetto malizioso che lei avrebbe voluto strappargli via a causa di tutta la rabbia che aveva in corpo.

Rabbia, non per quello che aveva detto, perché lo sapeva già di non essere più vergine, e in fondo non ce l’aveva neanche con il ginecologo stesso, ma era adirata con la madre che l’aveva trascinata lì e che non la mollava un secondo.  

Tuttavia, la povera Lisa si stava comportando come qualsiasi altra donna che ha dovuto crescere una bimba da sola. E poi, a ben guardare, il suo sconvolgimento non era causato tanto dal gesto, per così dire, immaturo, della figlia, quanto dal fatto che non l’avesse resa partecipe fin dal principio dei suoi piani. Loro avevano sempre avuto un fantastico rapporto, che andava oltre la classica intesa tra mamma e figlia; Jasmine si confidava regolarmente con Lisa, insieme facevano tante attività che le impegnavano nei giorni di festa e le facevano divertire un mondo, aumentando l’affinità tra loro.

Però quella volta, Jasmine Montreal, non le aveva detto cos’aveva combinato.

Lisa Esperancia, l’aveva scoperto da sola leggendo un messaggio arrivato alla sua bambina.

La sua bambina. La sua piccola biondina era diventata una signorina. E il suo comportamento ne era la prova. Ma in fondo, non poteva prendersela per il fatto in sé, perché lei stessa era rimasta incinta di Jasmine quando era molto giovane e lo stesso era successo con sua madre.

Fare l’amore da ragazzi è normale, pensò Lisa. Però finché non si ha l’età consona ad avere figli, per non correre rischi è bene prendere delle precauzioni.

Jasmine, aveva affermato più volte di aver usato una protezione durante il rapporto, ma la madre non poteva esserne sicura. Ecco perché l’aveva costretta a farsi visitare da uno specialista. Come si poteva prevedere il medico appoggiò la donna mora nella decisione di somministrare alla ragazza un’ assicurazione, per così dire, extra.

Ed era proprio a quello che Jasmine rimuginava durante le lezioni scolastiche. Chiusa in quell’aula si sentiva mancare, voleva avere più libertà, voleva aria da poter respirare. E i muri di quell’aula, come sua madre e sua nonna, la soffocavano, impedendole di vivere serenamente.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Capitolo 2.

Si voltò all’improvviso quando l’avvolse la consapevolezza di aver bisogno di un consiglio. La faccia di Jasmine lasciava trapelare le incertezze che la affliggevano. Floris alzò la testa dai libri appena in tempo prima che Jasmine iniziasse a sommergerla con i suoi problemi. Lo faceva spesso, e Floris ci era abituata. In fondo le faceva piacere, che la compagna di classe fosse così aperta con lei. Tuttavia si sentiva inutile quando la bionda chiedeva consigli ad altri dopo aver parlato con lei, e questo era un duro colpo per la propria autostima, che era già sotto i suoi piedi.

Floris Brashine aveva serie difficoltà a socializzare con il resto del mondo. Non era chiusa, anzi. Parlava anche troppo. Ma per delle ragioni inspiegabili veniva detestata dal novanta percento della gente a cui rivolgesse anche solo un saluto. Di sicuro il suo carattere non è definibile. La sua vita era segnata da alti e bassi che le facevano costantemente cambiare umore e modo di relazionarsi.

Però con Jasmine c’era un’intesa particolare, o almeno questo era quello che piaceva credere all’asociale con i capelli color cannella.

Quando la riccia iniziò a parlare, Floris si rese subito conto qual era l’argomento che stava trattando.

“Sono così confusa” Esordì Jasmine. L’amica la guardò con aria stanca e comprensiva.

“Le scelte sono tue, non puoi pretendere che io o chiunque altro prenda tali decisioni al posto tuo” Dichiarò la ragazza dagli occhi acquamarina.

“Sì, hai ragione, ma … Ho la testa che mi scoppia. So che quello che dicono il medico e i miei parenti potrebbe essere la soluzione migliore, però mi sento come sotto una campana di vetro, monitorata ventiquattro ore su ventiquattro da gente che mi ritiene una pazza maniaca. E se continuo così finirò per diventarlo davvero” Proseguì la fanciulla con gli occhi del colore del cielo e del mare più profondo.

“Ahahah una pazza maniaca dici? Ascoltami, loro non credono tu lo sia e tu non lo diventerai, chiaro? La tua situazione è tipica di un’adolescente. Non c’è niente di cui preoccuparsi. Quando sarai adulta e ripenserai a questo momento ti farai delle grasse risate” Proseguì Floris.

L’amica le lanciò un’occhiata di sbieco prima di girarsi e sbuffare. Ripensò alle parole della sua compagna. In fondo aveva ragione, la sua era solo una fase passeggera, ma doveva prendere una decisione.

Jasmine aveva ancora la faccia preoccupata quando uscì dall’aula a fine mattinata. La sua vita sembrava scorrerle di fronte come se appartenesse ad un’altra persona, un vortice di ricordi che spegneva ogni barlume di certezza acceso fino a poco prima.

Ora c’erano solo dubbi e domande a riempire la sua testa; risuonando, sembravano campane. Campane che scoccavano l’ultima ora di una vita regolare e bilanciata per la riccia ragazza bionda.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***



Capitolo 3.

Marcelo camminava speditamente su e giù per la camera dove si trovava con Jasmine tutti i sabato sera, e nella quale avevano provato l’amore carnale per la prima volta. Rimuginava su quello che la sua ragazza gli aveva appena detto. Era visibilmente preoccupato, e indeciso, quanto lei.

Jasmine lo guardava fisso negli occhi, quasi implorandolo di prendere una decisione; e in effetti glielo stava chiedendo, perché lei era divorata dalla stanchezza, per cui l’ultima cosa che voleva era stare un altro momento a pensare ai propri problemi.

All’improvviso sbottò come se la miccia della sua pazienza, bruciata, avesse raggiunto la dinamite, che in tal caso è rappresentata dal corpo di Marcelo. Gli si gonfiarono le vene del collo, digrignò i denti e alzò decisamente il tono di voce. Il cuore della ragazza, ormai fragile, si spezzò con facilità e dagli occhi di Jasmine scese una rugiada amara, che presto si sarebbe trasformata in cascata, per giunta quotidiana.

L’uomo di turno prese ad insultare la sua ‘amata’ con cotanta rabbia e cito testualmente le sue parole di frustrazione:                                                                                                                                           
“Come hai potuto lasciare che tua madre leggesse i messaggi sul tuo telefonino? Non ci vuole tanto a portarsi dietro quel pezzo di ferro! Diamine, te lo infili in tasca ed esci!”

Tra un singhiozzo e l’altro, la bionda trovò le forze per alzarsi e spinta dalla stanchezza rispose a testa alta:                                                                                                                                                             
“Come puoi tu accusare me? Non avrei mai pensato che mia madre potesse compiere un gesto simile! Tu stai buttando fango sulla nostra storia, invece di prendermi per mano, baciarmi e dirmi che si risolverà tutto (proprio come avrei bisogno che facessi), tu stai qui a lamentarti, urlandomi addosso addirittura!, e non cerchi neanche un modo per uscire da questa situazione!”

Ma lui, implacabile come una bestia assetata di sangue e carica di rabbia, replicò:                                              
“Ah, quindi vorresti uscire da questa situazione? E, sentiamo, credi anche che sia tutta colpa mia, non è vero?”

Eccola richiudersi nelle proprie spalle, la piccola Jasmine, che raccolse ogni briciolo di dignità rimasto per dire, a denti serrati,:                                                                                                                         
“La colpa non è solo tua; io ero cosciente quando mi sono donata a te, e ammetto di aver fatto uno sbaglio non curandomi del mio cellulare. Però c’è da dire che tu non mi stai affatto aiutando!”

Marcelo perse il controllo di sé. Cominciò ad urlare veramente, come se un demone si fosse impossessato del suo corpo:                                                                                                                                     
“Sai che ti dico? Il mio aiuto non lo avrai, non voglio avere responsabilità, non è affar mio quel che succederà, da ora in poi, a te. Sono stufo di sentire le tue lamentele su qualsiasi cosa io faccia. Cavatela da sola! Fammi vedere che sei una donna! Una donna senza uomo però!”

E così se ne andò sbattendo porte a gogò.

Inutile dire che la dignità di cui si è parlato era passata a miglior vita. Jasmine era rimasta sola. Anche l’unica persona su cui sperava di poter contare in ogni momento, se ne era andata. Si sedette sul letto, come se fosse caduta, dopo che le forze l’avevano abbandonata.

Fissò per qualche istante un punto impreciso del tappeto che ricopriva il pavimento, poi il sapore che poco prima era sparito tornò a farsi sentire sulle guance della fanciulla, gonfiandole gli occhi, già rossi.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***



Capitolo 4.

Il virile comportamento del giovane uomo non si fermò certo alle strillate. Marcelo coinvolse, non si sa come né perché, dei suoi amici nel vortice di bugie e tradimenti che aveva in mente di creare.

Innanzitutto mantenne un atteggiamento distaccato nei confronti di quella che ufficialmente era ancora la sua ragazza, la quale ovviamente ricambiava il silenzio, sia pure per mantenere un nome nella  scuola. Un nome riferito ad una bionda solare ed estroversa che cammina a testa alta e non identificabile con la fragile impotente Jasmine conosciuta poc’anzi.

Però la sera era diversa. Sì, perché la sera, la fanciulla, chiusa a chiave la porta della camera, entrava nel suo mondo. Un mondo immaginario, che ciascuno di noi ha. Quel mondo in cui ti rifugi quando hai paura, sei preoccupato o semplicemente hai sonno. Tale mondo dava a Jasmine una sicurezza gigantesca, capace di farla sentire leggera, leggera; una piuma mossa soltanto da qualche lieve soffio di vento.

A volte frenare il pianto non era nemmeno da provarsi. Tuttavia c’era quella brezza fresca che le rinfrescava le rosee gote, ed era quasi possibile intravedere una sorta di sorriso sulle labbra della riccia. A proposito dei capelli, si notava la libertà a cui agognava lei stessa, guardando come si muovevano ondulati dall’aria fantastica di quel luogo misterioso e irraggiungibile.

Dal canto suo, Marcelo, non si faceva tutti questi problemi. Non sognava libertà, non piangeva lacrime amare, non si sentiva leggero. Lui non sentiva il vento. O forse lo sentiva, ma la sua folata era fredda, pungente. Lo portava in senso opposto a quello di lei.

Lo portava a creare un turbine di menzogne, da cui non sarebbe uscito indenne. Eppure lui era convinto di essere nella ragione. Le sue certezze sulla vita si basavano sul fatto che la vendetta va servita per forza, uno dei due contendenti doveva per forza vincere e l’altro perdere, e lui voleva a tutti i costi appartenere alla prima categoria.

Fece un viaggio. Per Natale. Si recò con i genitori in una località di montagna comprendente piste sciistiche per far divertire gli appassionati. Non che lui lo fosse; ma il moro aveva sempre voglia di provare emozioni nuove, si metteva sempre in gioco. E poi, per attuare il suo piano aveva bisogno di un posto affollato, e cosa c’è di meglio di un percorso innevato per attirare l’attenzione di fanciulle in visita?

Effettivamente sulle piste andò, fece qualche entrata scenica per stupire le spettatrici, le quali però purtroppo non si mostrarono alquanto interessate a lui come persona. Pareva fossero più colpite dalla presenza scenica del blu elettrico delle fiamme finte sullo snowboard di Marcelo.

Alla fine dei conti non era andata poi così male. Il suo snowboard aveva delle ammiratrici. Sì … Lo snowboard … Non lui. Ma per questo si poteva rimediare raccontando una versione stravolta degli avvenimenti successi. “Ragazze su ragazze che vogliono fare un giro con me sullo snowboard” dirà probabilmente, aggiungendo quelle due paroline prive di significato apparente, che però cambiavano senso alla frase. Ma tanto non aveva testimoni.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***



Capitolo 5.

La compagnia si divise in due. Piano, piano sgretolata come la roccia delle montagne che anno dopo anno si sgretola arrotondando la punta delle stesse; così gli amici furono come smussati dagli avvenimenti correnti. La punta della montagna, la coppia Marcelo – Jasmine, si era corrosa, scomparsa ... Persa.

Quella roccia, con i vari componenti, finì nel mare, di lacrime, amare. Jasmine piangeva regolarmente ogni sera. Non lo sentiva più nemmeno lei il vento. Forse lo notava solo per la direzione che dava al fumo. Lei fumava tutte le mattine da quando aveva litigato con il suo ragazzo.

Questa divisione nella comitiva, segnò l’inizio di un declino irreversibile da cui tuttora, e forse soprattutto ora, che Marcelo è solo un flebile ricordo, fanno fatica a risalire. Presenterò i cosidetti schieramenti, proprio come fossimo ad un incontro di Wrestling: da una parte le ragazze, Amelia e Sandy che seguivano Jasmine; dall’altra i maschietti Madrew  e Fixie, a sostegno di Marcelo.

Non era un incontro di lotta e neanche una sfida. In effetti nessuno combatteva o aveva scopi malefici a discapito dell’altra parte. E devo ammettere che le parti contendenti erano abbastanza casuali, nonostante sembri scontata una divisione tra sessi opposti.

Posso solo confermare che non si parlò di una fine. Infatti esiste ancora, la compagnia. Si sono mischiati i suddetti schieramenti creando un miscuglio di idee a formare intricati rovi di domande perennemente senza risposta.

Sinceramente è triste come storia, da raccontare, la discesa di un’amicizia. Però sto solo riportando la realtà, e continuando vorrei evidenziare che siamo giunti a fine anno scolastico, con i nostri due protagonisti.

Dopo gli esiti terrificanti sulle pagelle di Giugno, si sa, arrivano i mesi più belli. Quei mesi in cui i dubbi esistenziali diventano quale costume indossare il giorno dopo o in che discoteca ballare la sera. Quei mesi dove i fidanzati o te li porti con te o arrivederci a settembre.

E proprio questo ultimo caso lo noteremo nella riccia ribelle tornata finalmente a rivivere grazie all’altra compagnia, quella che per tre mesi ti fa pensare di essere su un altro pianeta … Però poi torni ed è tutto come prima. C’è sempre l’agonia del rientro a scuola che ti aspetta a braccia aperte, una volta concluse le vacanze.

Chissà perché al mare i ragazzi sono tutti più affascinanti. Dovrebbero scrivere una regola per l’estate, e cioè che i fidanzati di una sono di tutte e stessa cosa cambiando sponda. La legge dei flirt estivi. Mi piace come nome.

Jasmine, ne ebbe così tanti da nemmeno contare sulle dita, perché si dovrebbero prendere le mani di una città intera. Sia da sobria che da persa, si intende. Ma comunque lei piaceva. Lei piace. Lei ha tutto quello che un ragazzo cerca:

  • Il fisico. Che la rende attraente.
  • Lo sguardo. Che la rende accattivante.
  • Il sorriso. Che la rende dolce.
  • La spontaneità. Che la rende unica.
  • L’imperfezione. Che la rende perfetta.
E in più era bionda. Ma frizzante. Ha vinto in partenza.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***



Capitolo 6.

Camminando per i corridoi dell’Istituto Jasmine riusciva a percepire i sentimenti di chi le stava intorno, la gioia di stare con gli amici, le preoccupazioni per un’imminente verifica o interrogazione e l’amore delle classiche coppiette nate tra i banchi di scuola. Tutto questo perché la sua mente era libera, non c’era Marcelo a fissarla con aria di sfida, o dubbiosa o chissà che altro, che la faceva sentire in colpa, pur non avendo fatto nulla, per cui passava le giornate a chiedersi cosa diamine avesse fatto, detto, sentito di così tanto turbante.

Cercava risposte inesistenti perché inesistenti erano le domande. Il moro non le stava chiedendo niente davvero, voleva solo farla sentire a disagio. Però lui non c’era più. Tre mesi prima aveva letto quella parolina con la ‘a’ preceduta da una parolina più piccola con la ‘n’. Non ammesso.

Ora la sua ragazza non era più tale, dopo tradimenti leciti o meno da entrambe le parti.  La riccia al momento era libera da relazioni vincolanti a togliere il fiato che facevano sì sentire una fanciulla appartenente al belloccio di turno, ma proclamavano dei limiti oltre i quali diventavi disprezzabile e dentro i quali ti sentivi oppresso.

Aveva i suoi amici, i suoi amici di letto e i suoi compagni di scuola. Era una normale adolescente. Ovviamente anche prima lo era, però era fidanzata, il che faceva di lei un’adolescente in piena fase ormonale, non in fase normale.

Per quanto riguarda Marcelo non so che dire, non si ebbero più notizie dirette, solo segreti indicibili tra lui e lei, una storia sospesa a mezz’aria senza un punto di fine, come sarà quella che sto raccontando, per par condicio diciamo.

Mantenendo la tradizione della sera magica, ogni tanto, senza un numero preciso di giorni di distacco, che comunque Jasmine contava tutte le volte, il suo forbidden dream–sogno proibito- riapriva la loro chat privata, e con essa il cuore della sua piccola grande bionda riccia e, aimè, ex fidanzata.

Da quello che si dicevano figurava un amore passato non del tutto sepolto sotto una valanga di promesse non mantenute. Nessuno dei due credeva più nel per sempre, non che il nostro uomo forte e duro ci abbia mai creduto.

Nessuno dei due vedeva più nell’altro un compagno o compagna di vita eterna, con cui condividere ogni istante rimanente della loro esistenza.

Entrambi, però, si sentivano svuotati, dall’assenza dell’altro o dell’altra; così si appendevano ai miseri brandelli di ricordo, flebili e sempre più lontani nella mente del vecchio compagno o della vecchia compagna.

Entrambi non riuscivano a sopportare l’idea di avere partner stabili ad di fuori di colui, o colei, che aveva rubato innegabilmente e per sempre, il cuore altrui.
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. -the end- ***



Capitolo 7.

Anche questa storia è giunta al termine. Per concludere in bellezza, volevo riportare una lettera che la nostra cara ‘Jasmine' ha scritto. Anticipo che parla di ‘Marcelo’ e di ciò che lei ha nel cuore. Assicuro che è lei la vera autrice della lettera, e tutto quello che c’è scritto mantiene in piedi la storia che ho creato attorno a lei e a lui; e con questo non voglio dire che l’ha scritta per dare un fondo di verità al racconto, ma neanche che la mia storia sia stata campata in aria dal nulla. Comunque, senza indugiare oltre … Eccola.

“Una testimonianza di ‘Jasmine’.
Quel che ho nel cuore è un vortice di sensazioni che mi catturano e dalle quali vengo risucchiata di continuo. Non so bene cosa mi leghi a ‘Marcelo’, so solo che lui è la mia voce interiore. Spesso camminando mi soffermo a pensare a quanto era bello avere quel fattone, con gli occhi divorati dal fumo pesante, affianco a me.
Forse sono proprio le tante cose che ci accomunano l’un l’altra, le tante somiglianze, i milioni di miliardi di frasi dette allo stesso modo.. forse sono le labbra ad incatenarsi spontaneamente ogni qualvolta ce ne sia l’occasione.. forse sono i difetti, i sorrisi e lo stesso orizzonte a creare una tale chimica che si impadronisce dei nostri corpi.. ma io non riuscirei a vedermi accanto a nessun altro.
Il primo amore rimane l’ultimo. Io la penso così.
Se incontri l’amore non puoi sfuggire. È come un marchio a fuoco inciso sulla spalla; te lo porterai dentro fino alla fine dei tuoi giorni, e quando avrai le lacrime agli occhi guarderai il cielo e invocherai il suo nome ricordandoti che con il suo sorriso tutto era meno difficile da abbattere; ogni scalata era una collina; ogni dolore aveva leggerezza in fondo a sé.
Sta in questo l’amore?
Non ne ho la più pallida idea!
Il problema è che ci divide tanto mare; ci distacca un oceano di incomprensioni.
Lui è tutto ciò che ha dato speranza a me infondo al nulla.
Lui era, è, e sarà sempre la cosa più bella della mia vita.
Io ci credo ai suoi ‘TI AMO’;  ci credo alle sue telefonate senza senso; ci credo ai suoi occhi gelosi quando abbraccio un altro ragazzo; ci credo ai suoi capricci.
Lui è parte di me e dal mio cuore difficilmente uscirà.. Lui lascia un sapore alla fine di un sogno.
Lui è lui.. Lui mi fa male.
Eppure a me e a lui piace tutto ciò che logora! Siamo anime dannate, forse ci piace soffrire, forse troviamo luce e armonia solo con il cervello compresso dai troppi pensieri.
Lui mi manca, mi manca anche quando ce l’ho accanto e amo sentirmi sua; amo guardarlo tra la folla; amo il suo profumo; amo ogni suo modo di fare perché è fatto di gesti unici.
‘Io ti penso, tu mi pensi, ma se una storia non ha fine non ha senso’. Questo lo dice Emis Killa in una sua canzone. E noi questo ritornello l’abbiamo cantato assieme centomila volte credendo che quel rap strappalacrime avesse torto.
Abbiamo sfidato il destino e ora è tardi, ora resta solo cenere di me e lui.
Ora però so che alzando la cornetta lui comunque risponderà; ora so che anche se la nostra storia non ha un senso, lui in mezzo alla confusione avrà il braccio proteso verso me e io gli occhi inghiottiti dalla sua immagine.
Mi mangia con una smorfia; mi fa abbassare la testa; ma fa salire sulle nuvole; mi fa volare; mi dà la forza di andare avanti.. e se questa è una forma di amore malato.. vi dico che sono in una fase ormai terminale.
Mi ha dato troppo spazio il dolore.”

A lui e a lei, da parte mia.

Fine.

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