Tutti i miei sbagli

di giglio_lockart
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno ***
Capitolo 2: *** Due ***



Capitolo 1
*** Uno ***


I soldati montavano la guardia davvero svogliatamente, quella sera. Al di là delle colline il sole stava tramontando e su quella terra distrutta scendevano le tenebre. Un segno? Certamente. Quel giorno avevano vinto i demoni e quella terra piombava nel caos e nell’oscurità.
Che bisogno c’era di fare la guardia? Quella mattina avevano distrutto gli ultimi baluardi di resistenza che quella terra era riuscita a mettere in piedi, a meno di non essere attaccati dai fantasmi non c’era niente che potesse emergere dalla notte per minacciarli. Ed in ogni caso, loro erano una potente armata. Agli ordini di uno dei Sommi Nove, di sua altezza Lady Vendetta.
Che senso aveva stare lì ad annoiarsi in quel lungo corridoio? C’erano case da saccheggiare. Morte e distruzione da perpetrare. Perché stare lì inutilmente, ad aspettare un nemico che non sarebbe mai arrivato?
Pure, Lady Vendetta era stata inflessibile al riguardo. Anzi, aveva addirittura raddoppiato la guardia ai suoi appartamenti. Cosa mai poteva temere? Chi mai avrebbe osato attaccarla? Solo uno stolto…
…o uno molto più potente di lei…
La creatura che percorreva il corridoio vestiva di nero e sembrava essere stato partorito dalle tenebre stesse, tanto il suo arrivo era stato silenzioso ed inatteso. Le sentinelle si irrigidirono e le loro mani corsero in fretta alle lance ed alle spade, pure lo sconosciuto non se ne curò, continuò a camminare verso di loro con passo sicuro, con la consapevolezza del proprio potere. Quel potere che aveva raggelato le guardie con la promessa della morte incombente.
- Fatevi da parte.-lo disse piano, perché non aveva bisogno di gridare per vedere eseguito il proprio ordine. Era abituata al comando, quella strana figura oscura che sostava dinnanzi a loro senza la minima paura.
- Ehm…-il capo delle guardie si schiarì la voce- La nostra signora non vuole essere disturbata. Chi sei, straniero?
Mani inguantate emersero dal nero delle vesti, mani dalle dite lunghissime e perfette che calzavano guanti di velluto nero, raggiunsero il cappuccio e lo tirarono indietro, scoprendo il viso bellissimo dello sconosciuto, i suoi capelli di fiamme nere, i suoi occhi di ametista…
- Principe Giglio!-riconobbe la guardia sorpresa, mentre i suoi compagni fissavano sgomenti il Principe Oscuro ed il suo volto terribilmente calmo.
- Prima che alla vostra signora, dovete obbedienza a me. Lasciatemi passare, adesso. Se no, dovrò uccidervi.
Lo aveva detto nello stesso tono quieto di prima, senza tradire alcuna emozione ma anzi rivolgendosi a loro con insospettata gentilezza… la gentilezza del serpente che avverte prima di scattare a mordere.
Le guardie si tirarono indietro, sconvolte dalla paura, lasciando che lui passasse in mezzo a loro, voltarono il capo e chiusero gli occhi, tremando quando il suo profumo li raggiunse, quando le sue vesti li sfiorarono.
Lui scivolò dentro e si chiuse la porta alle spalle. Incapaci di resistere un istante di più, corsero via, abbandonando la loro signora.
Giglio si guardò attorno, era entrato in quello che doveva essere stato una specie di salottino, individuò subito una stanza ancora illuminata, una lingua sottile di luce macchiava la stanza buia, si mosse in quella direzione ed aprì la porta.
Un’esclamazione di stupore soffocato e lui sorrise.
- Buona sera, Lady Vendetta.
- Mio signore Giglio!-riconobbe la Lady, tremando di paura.
- Sono molto deluso di voi, Vendetta.-affermò lui, liberando le mani dai guanti e scostando il mantello dalla propria figura- Credevo che voi ed io ci intendessimo meglio.
Raggiunse un mobiletto di liquori e si servì tranquillamente, ignorando la paura della demone.
- E invece vi trovo qui. E scopro che avete disobbedito a ciascuno degli ordini che vi avevo impartito. Avete distrutto questa terra quando io vi avevo detto di guardarvi dal farlo.
- L’Imperatrice Nera me l’ha ordinato. Non potevo disobbedire.
- Ah, Vendetta. E secondo voi per quale motivo vi avevo minacciata?-chiese con dolcezza il Principe Oscuro, scuotendo la testa con un sorriso.- Ma ormai, è fatta. Avete attaccato questo regno, e lo avete conquistato. Tuttavia, non c’è nulla di irreparabile. Se ve ne andrete immediatamente, portando via con voi i vostri servi, vi risparmierò.
La Lady era pallida e tremava sotto il suo sguardo, studiò il viso del suo principe senza osare credere alle sue parole, temendo qualche orribile trucco.
- Non abbiate paura. Io mantengo la mia parola, al contrario di voi.
- Allora… posso andare, mio principe?
- Certamente.
Il demone si mosse verso una porta della stanza, che conduceva all’interno, ma quando poggiò la mano sulla maniglia, Giglio la fermò.
- Un’ultima cosa, Lady Vendetta.
Lei rimase immobile contro la porta, voltandosi a scrutare il viso pallido del suo signore, aspettandosi da un istante all’altro di essere inchiodata al legno.
- Voi capirete che non posso più fidarmi di voi. Ho bisogno di garanzie, che mi assicurino che in futuro non mi disobbediate mai più.
- Garanzie, mio signore?-balbettò lei, tremando.
- La vostra Erede, Lady Vendetta. La terrò con me fino a che non lo riterrò necessario.
- No!-implorò lei in un grido di angoscia, fissandolo terrorizzata.
- Preferite morire qui ed ora? Mi hanno detto che è ancora una bambina… probabilmente non sopporterebbe il passaggio di poteri e morirebbe… Quanto vi ci vorrebbe, allora, per tornare?
- Mio signore, ho obbedito a Lei! Vi prego, lasciatemi la mia Erede!
- Lady Vendetta voi mi avevate giurato fedeltà.-ricordò Giglio pianamente- Sapendo perfettamente cosa questo significasse.
- Madre, che succede?
La voce infantile li fece voltare entrambi, probabilmente svegliata dal grido della Lady la bambina si era destata e adesso li fissava entrambi, sorpresa.
Quando riconobbe Giglio si illuminò tutta di piacere e prima che la madre potesse impedirglielo lei corse verso di lui, fermandosi a pochi passi per esibirsi in una graziosa riverenza.
- Buona sera, principe Giglio.
Lui le sorrise, carezzando i suoi capelli color dell’oro, sparsi sulla camicia da notte bianca.
- Buona sera, mia piccola Gwerian. Mi dispiace se ti abbiamo svegliato.
- Gwerian, torna nella tua stanza.-ordinò la lady, la voce che le tremava per il terrore.
Ma Giglio prese in braccio la bambina, prima che potesse muovere in passo.
- Gwerian, tesoro, ti piacerebbe passare qualche tempo con me in questo castello?
La bambina fissò la Lady Vendetta, che tremava ancora vicino alla porta semiaperta.
- Certamente, mio principe.-affermò la piccola con un sorriso gioioso.
Giglio era sempre stato buono con lei, quando era venuto al castello di sua madre aveva giocato con lei e le aveva portato dei doni. Stare con lui era sempre una festa, per lei.
- Benissimo. Allora saluta tua madre, Gwerian, perché lei deve partire.
- Non starà con noi?
La demone cercò di sorridere: Il Principe Oscuro ci fa un grande onore, Gwerian. Ha deciso di istruirti personalmente e tu dovrai fare ogni cosa che ti dice, in modo da compiacerlo e da tornare presto da me.
- Si, madre.
Giglio la poggiò a terra ma la bambina non lasciò il suo fianco, fissandolo adorante.
- Andate, Lady Vendetta.
E la signora dei demoni era fuggita dalla stanza.

Ripensando a quella notte Gwerian non si stupiva più del terrore della sua signora madre. In effetti, il Principe Oscuro era stato più che generoso nel risparmiarle la vita.
Sorrise, compiaciuta per la sua sorte e alzò i capelli biondi sulla testa delicata, in modo che solo poche ciocche le incorniciassero l’ovale perfetto. Voleva essere bella per lui. Sorrise maliziosa allo specchio, scrutando compiaciuta la sua figura snella nell’abito nuovo che lui le aveva regalato.
Lo amava, ah, se lo amava. Da bambina lui l’aveva semplicemente stregata, era diventata la sua piccola ombra, lo seguiva per ogni dove e non lasciava mai il suo fianco. Lui era perfetto e lei lo aveva adorato per questo. Più dei doni di cui lui l’aveva sempre coperta, aveva apprezzato la sua attenzione, la sua pazienza con lei quando le aveva insegnato la magia, il suo dedicarle tempo ogni volta che lei aveva bisogno di lui. Era cresciuta amandolo come non dovrebbe essere concesso amare. Lui era il suo principe, suo padre, il suo amore e lei sarebbe sempre stata al suo fianco.
Perché qualcuno vegliasse sulla sua debolezza. Gwerian non capiva sempre i motivi delle sue azioni, a volte erano davvero indegne di lui. Come se il suo amato fosse…
-… un debole essere umano…
Ma sapeva bene che non era così, sapeva che lui era il Principe Oscuro, conosceva a memoria le sue gesta, che portavano lustro al suo nome, ricordava i massacri leggendari da lui perpetrati. Le sarebbe piaciuto che si mostrasse a lei nello sterminio della battaglia, la sua gioia nell’uccidere era proverbiale. Lei avrebbe voluto che si coprisse di gloria sotto i suoi occhi e poi avrebbe voluto cavalcare accanto a lui, in trionfo.
Pure, nei sei anni passati con lui, il Principe Oscuro non aveva ingaggiato battaglia con nessuno, limitandosi a strappare alcuni regni al controllo di altri signori dei demoni. Nulla di che, poche morti veloci che gli avevano assicurato qualche terra. Pure, il viavai di messi e ambasciatori si era moltiplicato ed Alistar e suo padre discutevano ad ogni minuto della gestione di molti regni.
- Come se lui fosse un sovrano qualunque che non può uccidere i suoi nemici.
Ma lui poteva. Coloro che gli erano superiori si contavano sulla punta di una mano. Perché semplicemente non ammazzava chi lo contrariava?
Perché non affogava nel sangue ogni resistenza?
Lui aveva la morte nel sangue e lei lo sapeva, le storie che si narravano su di lui la riempivano di gioia e orgoglio. Persino all’Inferno si mormorava che fosse il più crudele degli esseri, più crudele dei Sette Re degli Inferi, più empio di Lucifero…
Con un’aggraziata piroetta si rimirò allo specchio, compiaciuta. Era bella come nessun’altra in quella terra, il vestito azzurro scuro le stava d’incanto. E la sua bellezza lo compiaceva.
Uscì dalla sua stanza e scese per le scale, bussando leggermente alla porta del suo studio. Era quasi certa che lui possedesse ogni libro mai scritto in ogni universo, suo padre sembrava possedere ogni tipo di conoscenza e non reputava nulla al di sotto della sua attenzione.
- Buongiorno papà.
Lui alzò il capo dal volume che leggeva e le sorrise.
- Buongiorno, Gwerian.-salutò- Sei radiosa.
- Ti piace come mi sta il vestito nuovo?-chiese lei con una risata, mettendosi in posa per lui.
- Non lo vedo nemmeno talmente sei bella.
- Grazie papà.-sussurrò lei arrossendo di piacere.
- Hai voglia di fare una passeggiata con me, piccola? Vorrei stare un poco con te, in santa pace.
- Certo, papà.
Le tese galantemente il braccio e lei vi si appoggiò con grazia, insieme uscirono nel sole mattutino, percorrendo i viali fioriti che lui aveva fatto costruire apposta per lei.
Camminarono insieme, per qualche minuto, contenti della reciproca compagnia, fino a che un sospiro tremante non richiamò l’attenzione di Gwerian sul viso stanco del Principe Oscuro.
- Cosa c’è che non va? Ti ho forse contrariato in qualche modo?-chiese subito, preoccupata.
Lui sorrise, fermandosi davanti a lei e scostandole una ciocca ribelle dal viso bellissimo.
- Gwerian, tesoro, tu sei perfetta. Come potresti contrariarmi? Stavo solo pensando…-tacque e le sorrise affettuosamente- Tu non immagini nemmeno quanto mi sei cara. Ti ho presa con me per puro calcolo politico, piccola mia, e mai nella mia vita mi sarei aspettato di amarti come una figlia. Sei una delle poche persone che mi stanno vicino nonostante tutto…
- Farei qualunque cosa per te, papà.
- Questo mi ha permesso di sopravvivere. L’amore che alcune persone mi hanno donato dopo che Lei…-la sua voce si incrinò e lui distolse lo sguardo. Gwerian osservò affascinata il dolore che gli torceva la bocca in una smorfia, sfiorò delicatamente il suo volto, chiedendosi cosa mai potesse causargli tanta sofferenza… come lui potesse provare dolore.
- Papà…
- Va tutto bene.-affermò lui riprendendo dominio su di sé e stringendole la mano tanto forte da farle male. Tuttavia lei non protestò e rimase a fissarlo, deliziata. Vederlo preda di emozioni violente era esaltante, perché sapeva che da un istante all’altro lui avrebbe potuto perdere il controllo. Si diceva che nei suoi momenti di collera distruggesse inavvertitamente ogni cosa lo circondasse. Avrebbe tanto voluto vederlo…
- Ti va di accompagnarmi fino al ruscello?
- Certo.
Giglio era stato terribilmente esigente per quello che aveva riguardato la costruzione del castello dove dimoravano, soprattutto per ciò che riguardava l’immenso parco. Per chissà quale capriccio aveva proibito a chiunque di avvicinarsi ad una certa area di esso, permettendo solo a Gwerian, Heros, Elenmorn ed Alistar di visitarlo con lui. Era un grande prato circondato da alberi, il centro del quale era dominato da uno spiazzo vuoto, vicino al grande tronco di un albero morto. Poco più in là, dopo l’erba alta ed i fiori, si arrivava alla riva di quello che era poco più che un ruscelletto.
Gwerian non si spiegava il motivo per cui suo padre amasse quel luogo, pure lui vi sostava spesso ed una volta, poco tempo prima, Gwerian e Elenmorn lo avevano sorpreso a piangere vicino alle acque chiare. In quell’occasione, Elenmorn l’aveva mandata via e Gwerian li aveva lasciati da soli. Ne era stata felice: non avrebbe saputo cosa dirgli, cosa fare. Cosa provare di fronte ad un’ammissione così disgustosa di debolezza.
Le faceva rabbia che lui si mostrasse così debole… che lui potesse essere così debole. Lui era l’Erede dell’Imperatrice Nera, il Male incarnato. E lei era fiera di essere la figlia del Principe Oscuro. Avrebbe fatto qualunque cosa per lui, per essere degna di lui. Per il suo amore.
Si voltò a scrutare il suo viso, sotto il sole tiepido era bianco come quello di un morto, i suoi occhi d’ametista parlavano di un dolore feroce, silenzioso, cresciuto piano come un morbo dentro di lui per renderlo più pallido, più fragile e sottile, più irreale. Non c’era alcuna speranza in fondo a quello sguardo, nessuna attesa e nessun desiderio.
Il cuore di Gwerian tremò perché il gelo di quel viso era troppo persino per lei: stava guardando in faccia la Distruzione dell’Universo e da un secondo all’altro quell’energia ribollente di odio e furia che avvertiva in lui si sarebbe scatenata, facendo a pezzi ogni cosa.
Ma poi Giglio chiuse gli occhi e distolse lo sguardo, respirando lentamente, aprendo le mani strette a pugno. Si volse verso Gwerian e vide la paura nel fondo argenteo dei suoi occhi.
- Non volevo spaventarti. Scusa.
- Come puoi…?
- Il mio potere sono io stesso. A volte i miei istinti sono contradditori ma… ho imparato a dominarli. A seguire la mia sola volontà. E non volevo distruggere… non voglio più distruggere nulla.
Gwerian lo fissò attonita, senza sapere cosa rispondere, troppo confusa dalla portata di quelle parole.
Lui non si accorse del suo turbamento e le sorrise.
- Temo di doverti lasciare da sola per un po’. Devo occuparmi di una cosa e non so… quanto starò via.
- Si tratta del regno di Quin Dun? Ho sentito il messaggio che il messo ti ha inviato. Chi può essere tanto sciocco da attaccare uno dei tuoi regni?
Giglio tacque, fissò il sentiero senza vederlo, di nuovo addolorato.
-… sta uccidendo…-lo sentì sussurrare pianissimo e si chiese che cosa volesse dire, a chi si riferisse.
- Chiunque sia, tu lo spazzerai via con un colpo solo. Nessuno può tenerti testa.
Vide che si costringeva a sorridere per lei.
- Magari però non è quello che voglio.- le sussurrò prima di baciarle una guancia e di lasciarla sola sul prato.

La sua assenza si era protratta. Pochi giorni dopo Heros e Alistar le avevano detto che Quin Dun era stato pacificato e lei aveva sorriso, gioendo per quell’ennesima vittoria di Giglio. Ma suo padre non era tornato e lei era rimasta sola nel grande palazzo e nel parco dove la sera scendeva a passeggiare.
Immaginava con piacere il ritorno del suo signore, di come lei lo avrebbe accolto raggiante di bellezza e grazia, di come lui sarebbe stato compiaciuto una volta di più. Le avrebbe portato dei doni e lei li avrebbe lodati, ringraziandolo e si sarebbe fatta raccontare ogni cosa che lui avesse fatto. Avrebbero cenato insieme e poi avrebbe cantato e danzato per lui. Niente li avrebbe disturbati, lui sarebbe stato lì solo per lei e sarebbero stati insieme. Loro due e basta. Per sempre.
Ma la sua assenza si protraeva e lei diveniva ansiosa: perché suo padre non tornava da lei? Perché rimaneva tanto lontano da casa? Cosa non gli permetteva di tornare?
Passeggiando al tramonto per i viali alberati del giardino, si chiedeva se l’Imperatrice Nera non l’avesse per caso richiamato, per affidargli un qualche incarico. In passato sapeva che era lui a svolgere per Lei le missioni più crudeli e delicate. Si chiedeva come avrebbe reagito se lui fosse tornato con un profumo nuovo sulla sua pelle. Non aveva avuto amanti da quando l’aveva presa con sé, lei era stata attenta ad ogni particolare in quel senso, perché sapeva che non lo avrebbe tollerato. Si chiedeva come avrebbe reagito se lui fosse tornato dopo aver sedotto qualcuno. Non gliel’avrebbe perdonato per nulla al mondo, lui le apparteneva e avrebbe fatto in modo che non dovesse più toccare nessuno. In fondo, a sua insaputa, aveva ucciso tutti coloro che si erano dimostrati troppo interessati a lui, fossero essi umani o demoni. Sorrise, ricordando con piacere la morte della sua giovane cameriera, le aveva cavato gli occhi per punirla dei suoi sguardi troppo audaci e poi le aveva aperto le vene, guardandola mentre moriva dissanguata e implorava pietà con le sue orbite cieche. A Giglio aveva detto che era incinta e che era tornata a casa per sposarsi. Poi c’era stato quel giovane stalliere che lo fissava adorante ogni volta che il suo principe passava per le scuderie ed il cortile. Visto che amava tanto i cavalli lo aveva fatto squartare da quattro di essi e aveva gettato le sue membra scomposte nella fossa dove aveva fatto seppellire la giovane cameriera. Giglio non si era nemmeno accorto della scomparsa del giovane.
Così come non si accorgeva nemmeno della scomparsa discreta dei giovani che Gwerian sceglieva come amanti. Esigeva la più completa segretezza e dava loro appuntamento nel folto della foresta che cresceva al di là del ruscello e dopo ogni amplesso faceva scempio del loro corpo, in modo che sembrasse che fossero stati assaliti dalle fiere. I suoi appetiti erano vari e robusti, pure sapeva di prediligere coloro che le ricordavano Giglio in qualche particolare. Spesso, le sue vittime erano i messi che giungevano dai regni di Giglio, era facile sedurli e convincerli ad aspettarla nella foresta, la trattavano con ogni riguardo, lusingati dalle possibilità che credevano di avere nel prenderla come amante. Altre volte, sceglieva le pallide fanciulle dei villaggi vicini o i giovani garzoni che giungevano al castello. Le donne erano spesso ritrose alle sue proposte esplicite, aveva imparato a farsele prima amiche, senza lasciar loro comprendere le sue vere intenzioni, con la scusa di una qualche passeggiata nel bosco le trascinava in qualche radura e le violentava, eccitata dal loro rifiuto. Invariabilmente, poi, uccideva anche loro, così come i suoi amanti di bassa leva, che la prendevano senza riuscire credere alla loro fortuna. In fondo, la loro morte sanguinosa era compensata dalla dolcezza che conoscevano tra le sue braccia.
Ma Giglio non doveva avere nessuno come amante. Non lo avrebbe sopportato a nessun patto.
Perché non tornava da lei? Prese a domandarselo con angoscia crescente e cominciò a tempestare Heros e Alistar di domande. Ma i due demoni ne sapevano quanto lei e scuotevano la testa alle sue richieste insistenti.
- Tornerà appena potrà.-le rispondevano invariabilmente ma a lei non bastava e passeggiava scontenta per i giardini, desiderando che lui le apparisse dinnanzi ad ogni svolta del sentiero. Allora immaginava la tenerezza del loro rincontrarsi, delle scuse che lui le avrebbe porto, dei sorrisi che le avrebbe donato. Si abbandonava a queste fantasticherie e desiderava solo che lui tornasse da lei.
Ed infine, la sua attesa impaziente era cessata. Giglio era tornato a casa.
Lei era scesa di corsa le scale e si era gettata tra le sue braccia, felice per la prima volta da giorni. Poi aveva visto la creatura che lo accompagnava.
Non lo aveva mai visto ma in un istante seppe chi lui fosse: Shaytan, il figlio che Giglio aveva avuto dal diavolo Gomory.
Rimase a fissarlo a bocca aperta, sapeva che Giglio non si era mai occupato di lui, si chiese sgomenta perché adesso fosse con loro. Giglio sembrava non avere occhi che per lui e lei se ne accorse ben presto. Il demone, invece, sembrava non aver ancora bene deciso che atteggiamento tenere col padre e lo seguiva senza eccessiva convinzione.
- Sei stato via molto a lungo.-lo rimproverò Gwerian, ferita.
- È vero, mia piccola. Ho passato diverso tempo con Shaytan.-ammise lui sorridendo al figlio che non lo ricambiò affatto.
I due demoni si squadrarono ma in Shaytan non c’era alcuna ostilità, solo indifferenza, lei se ne accorse subito e sentì di odiarlo ferocemente.
“Non ti permetterò di portarmelo via” giurò con uno sguardo di fuoco, stringendosi a Giglio.
- Vieni Shaytan, ti faccio vedere il castello. Ed in particolare i suoi giardini…
E Gwerian rimase da sola nel salone, dimenticata.

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Capitolo 2
*** Due ***


Come aveva previsto, Giglio l’aveva ricoperta di doni preziosi, per farsi perdonare della lunga assenza, ma il suo tempo, le sue attenzioni, non erano più solo per lei. Shaytan era sempre con loro e, anche se non spesso come i primi giorni, era Gwerian ad essere trascurata, non il demone. Pure, la ragazza aveva mantenuto la calma. Se il suo primo istinto era stato di fare a pezzi Shaytan per riprendersi suo padre, il secondo pensiero era stato diverso. “Aspetta. Studialo. Distruggilo agli occhi di suo padre”. Le era tornato a mente un vecchio adagio dei demoni: perché uccidere se puoi causare sofferenza? Non voleva causare sofferenza a Giglio, naturalmente. Ed in fondo, anche se lo odiava, non voleva nemmeno fare del male a Shaytan: voleva solo che suo padre lo allontanasse da sé. Che lo dimenticasse. E aveva intenzione di utilizzare quell’intelligenza che lui aveva coltivato per riuscire nei propri scopi. Avrebbe preso esempio dalle imprese che lo avevano reso terribile persino agli occhi dei Lord dei demoni.
Cominciò a curarsi molto di più, dedicando un’attenzione maniacale ai minimi particolari, studiandosi di essere il più possibile aggraziata e cortese, di mostrare garbo e spirito ad ogni occasione. Giglio la ammirava e la lodava ed era compiaciuto di quello che lei era. Ma poi si volgeva a Shaytan.
- Facciamo due passi? Vorrei che andassimo tutti insieme al torrente.
Gwerian accettò con grazia e si appoggiò al braccio che il padre le offriva, Shaytan li seguì a passo lento, apparentemente guardandosi intorno, studiando quei luoghi che in qualche modo gli erano diventati familiari. Era strano come padre e figlio si comportassero l’uno nei confronti dell’altro, Giglio sembrava non vedere altro che il  demone, gli parlava per ore e tutte le sue attenzioni erano per lui. Shaytan ascoltava e qualche volta discuteva con lui, Gwerian  aveva più volte avuto la sensazione che in realtà non sapesse ancora come comportarsi col padre e cosa pensare di lui, anche se forse, nell’ultimo periodo, era meno sulla difensiva nei suoi confronti. Gwerian rifletté che ormai vivevano insieme da quasi sei mesi ed in quei sei mesi erano cambiate diverse cose, non solo il suo rapporto con Giglio. Adesso era Heros ad occuparsi delle faccende per cui il Principe Oscuro era solito allontanarsi mentre era Alistar a sbrigare ogni faccenda politica, era lui a ricevere e mandare messi e spie, era lui che ormai decideva di ogni cosa dovesse avvenire nei regni del suo signore e se di quando in quando Giglio gli chiedeva notizie, il modo in cui lui si era condotto lo lasciava sempre pienamente soddisfatto. In pochi mesi il potere di Alistar era diventato pari a quello dello stesso Principe Oscuro ma il  demone pareva non curarsene nemmeno, teso com’era a far si che il suo signore fosse soddisfatto di lui ad ogni istante. Gwerian aveva scoperto di innervosirsi in presenza di Alistar e Giglio, non le piaceva affatto come il servo guardasse il padrone ed era convinta che il  demone fosse sempre più innamorato del Principe Oscuro. Si chiedeva cosa avesse dovuto fare se Alistar avesse cercato di diventare amante di suo padre, non avrebbe potuto ucciderlo e farlo sparire come era avvenuto per gli altri, la sua sparizione non sarebbe certo potuta passare inosservata. E, forse, il suo assassino impunito.
- Attenta Gwerian.
La voce di Giglio la riportò alla realtà, si appoggiò al suo braccio con un sorriso di scusa, poi si fermarono insieme sulla riva del torrente, contemplandone le acque chiare.
All’istante, gli occhi del Principe Oscuro si colorarono di sofferenza e quell’ametista luminosa divenne cupa di dolore. Pure, lui sorrise divertito.
- Lo direste mai? Un luogo così umile è stato testimone della mia più grande gioia.- la sua voce tremò e si spense nelle ombre della sera, sospirò addolorato e si volse a scrutarli con affetto.- Però ho ancora tanto.
- La tua più grande gioia?-chiese Gwerian, sorpresa, voltandosi a scrutarlo.
- Si. Qui è dove Amergin mi condusse e dove… seppi che mi amava e quanto mi amava.
Amergin! Sapeva chi era naturalmente, era stato l’amante di Giglio prima che lui la prendesse con sé, quando era molto piccola lo aveva anche intravisto da lontano, al seguito di Giglio, era un debole essere umano, importante solo perché era la puttana ufficiale del loro signore. L’Imperatrice Nera l’aveva ammazzato con le sue mani e sinceramente Gwerian non poteva immaginare per lui fine migliore. Ma perché suo padre sembrava soffrire immensamente a quel ricordo?
- Spero che ciascuno di voi possa incontrare qualcuno che sia per lui quello che Amergin è stato per me. Non solo per quanto riguarda il rapporto affettivo… ma anche per quello che un’altra persona può darvi del mondo. Lui era un semplice essere umano ma mi ha insegnato tante di quelle cose da mutarmi completamente. Mi ha insegnato a guardare le cose per quelle che sono e a non aver paura, a seguire solo il mio volere.
- Eri libero anche prima.-obiettò Shaytan- Eri il Principe Oscuro e non c’era nulla che ti potesse essere impedito.
- Io sono Giglio. Sono molto di più che l’Erede dell’Imperatrice Nera. E quando parlo delle limitazioni al mio volere, parlo della mia cecità nei confronti delle cose. Chi porta la morte e la distruzione non desidera nulla e non ha nulla.
I due demoni si volsero a fissarlo, sorpresi, Gwerian non riusciva a capacitarsi di quanto lui stesse affermando ma Shaytan sembrava solamente colpito, come se non avesse mai pensato ad una cosa simile e stesse assimilando quel nuovo concetto.
-  Lui mi disse che non prestava fede alla mia malvagità. Che avevo dei millenni davanti a me e che avevo soltanto la malizia della mia infanzia, anche se essa era più savia di qualsiasi saggezza dell’universo. Mi disse che sarei giunto ad altre cose perché durante la loro vita tutti gli alberi devono crescere. Mi disse… che avrei potuto provare a vivere per me stesso, invece che per la distruzione altrui. L’ho fatto. Almeno, ci provo ad ogni istante
- Vivere per se stessi…-ripetè Shaytan, come esitando- Ma… tu… sei il Principe Oscuro… ed io un  demone.
- E dove sta scritto che tutta la nostra eternità si deve ridurre ad un assurdo gioco di morte? Quando mi sono fermato a guardare le cose e le persone che mi circondavano, ho scoperto quanto può essere affascinante anche l’essere umano che avevo giudicato più insignificante. E quanto fosse infinitamente meglio decidere da me cosa fare. Cosa pensare. Come meglio agire. Ed ecco perché non ubbidisco più all’Imperatrice Nera e vivo a modo mio.
- Lei è la nostra signora.-sussurrò Gwerian, sperando di ricondurlo alla ragione senza discutere con lui davanti a Shaytan.
- Lei è la mia peggiore nemica e mi odia di un odio feroce ed implacabile. Ecco perché ha ucciso la persona che più amavo… e che mi aveva allontanato da Lei. Ecco perché cerca di privarmi di tutto ciò che per me è importante… Aveva mandato tua madre a distruggere questo regno, ricordi? Per privarmi di quel poco che avevo condiviso con Amergin…
- Papà…-gli occhi di Shaytan brillavano nelle ombre della sera, padre e figlio si guardarono a lungo, infine il  demone tese una mano, stringendo la spalla del padre tra le dita sottili.
Gwerian seppe che da quel momento in poi entrambi si appartenevano completamente.
“Non ho un attimo da perdere” pensò fissandoli accigliata e sconvolta.

- Buongiorno, Shaytan.
Lui si voltò, leggermente sorpreso. Era uscito a cavallo abbastanza presto, non si era accorto che lei lo aveva seguito di nascosto nel folto della foresta.
- Gwerian!-riconobbe sorpreso- Che ci fai qui?
Lei rise, fingendo allegria.
- Faccio anch’io una cavalcata. Gli scudieri mi avevano detto che eri uscito prima di me e ho pensato di raggiungerti. Ma se preferisci rimanere solo…
- Ma no, figurati. Cavalchiamo insieme. Mi rendo conto che la mia attenzione è stata monopolizzata da mio padre e che ho avuto poco tempo da passare con te. E in fondo tu sei mia sorella.
Gwerian lo fissò interdetta, incapace di comprendere quell’affetto che le veniva offerto in maniera così quieta e spontanea.
- Ah… bhe, Giglio non è davvero mio padre…
- Lo so. Ma potresti negare che lui è tuo padre come tu sei sua figlia?
- No, non lo nego. Io lo amo.
- E lui ama te. E sei stata molto paziente con noi due, hai capito quanto bisogno avevamo di stabilire un contatto e hai rispettato i nostri desideri. Io sarei impazzito di gelosia.
- Giglio è tutto per me.-mormorò lei con voce fioca.- Ma anche tu sei importante. Non immagini nemmeno quanto.
Lui si volse, incuriosito dalla sua voce esitante, ma lei nascose i propri occhi e spronò il cavallo fino alla radura dove conduceva i suoi amanti.
Li discese da cavallo e si appoggiò ad un albero, attendendo che Shaytan la raggiungesse.
- Da quanto stai con mio padre?
- Oh, mi prese con sé che ero una bambina. Avevo undici anni e lui divenne il centro dell’universo.
- A volte penso che sia tremendamente buffo. Per lui è importante che ognuno di noi scelga da solo cosa è giusto e cosa no, che pensi da sé… non si rende conto di quanto per chi lo circonda è naturale conformarsi al suo comportamento, cercare la sua approvazione.
- È vero: ho sempre cercato di compiacerlo. Non potrei vivere senza che lui mi sorrida perché è contento di me.
Gli aveva poggiato una mano sul braccio e si era protesa verso di lui, sapeva che lui si stava perdendo nell’argento dei suoi occhi e gli sorrise invitante, affascinante.
- Lui è stato tanto buono con me. E adesso con noi ci sei tu… non mi ero resa conto di ciò che mi mancava fino a che non sei arrivato tu…
Erano vicinissimi, i loro fiati si mescolavano, gli occhi del demone non si staccavano dai suoi, le loro labbra quasi si sfioravano…
Lui si ritrasse, di un solo passo, ma si ritrasse. E la fissò con gli occhi sgranati, senza capire.
- Gwerian io…
Lei gli voltò le spalle, furiosa, balzò a cavallo e si voltò a fissarlo, gli occhi di nebbia che mandavano lampi di odio e furia.
- Lui mi appartiene!-gridò spronando il cavallo e lasciando al galoppo la radura.
Quel piccolo impudente! Come osava rifiutarla?! Aveva mandato a monte il suo piano! Se l’avesse assecondata, sarebbe potuta correre in lacrime da Giglio, sostenendo che lui l’aveva violentata, facendo sì che il padre allontanasse sdegnato il figlio. Ma quello sciocco l’aveva rifiutata! Cosa doveva fare?
- Come posso riaverti mio?-gridò disperata, spronando ancora di più il cavallo, umiliata e ferita.
Arrivò al galoppo al castello, frenò tanto bruscamente che il cavallo si impennò al centro del cortile ma lei smontò senza far caso a nulla, corse per i corridoi ed entrò come una furia nello studio di suo padre.
- Non eravamo felici insieme? Che bisogno abbiamo di lui? Nessuno! Mandalo via, allontanalo da noi, non posso dividerti con nessuno, tu devi essere mio e di nessun altro!-gridò gettandosi ai piedi del padre, pregandolo in lacrime- Io impazzisco di rabbia, non sopporto che qualcuno ti distolga da me! Ho fatto qualunque cosa perché tu mi amassi, non puoi scartarmi come un oggetto!
- Gwerian! Tesoro mio ma che succede? Di cosa stai parlando?-sbottò Giglio sorpreso, prendendola per le braccia e facendola rialzare, conducendola a sedere su un divano.
- Manda via Shaytan! Ti prego, mandalo via e riprendiamo la nostra vita com’era prima!
- Gwerian. Non ti rendi conto di quello che stai dicendo: Shaytan è mio figlio!
Lei lo guardò. In un attimo, un gelo mortale le aveva attanagliato il cuore, rendendola di nuovo lucida. Ma terribilmente fredda. Sentì che qualcosa in lei moriva, che una porta si chiudeva inesorabilmente e che nulla sarebbe mai potuto tornare come prima.
- Ed io non lo sono.-commentò con voce fredda, alzandosi in piedi e fronteggiandolo con calma- Molto bene. Hai fatto la tua scelta. E anch’io farò le mie.
- Gwerian, per l’amor del cielo, ma cosa…
- Addio Giglio.
E lasciò il castello che era stata la sua casa e l’uomo che aveva amato come non dovrebbe essere concesso amare.

- Gelosia, papà. Pura e semplice. Essendo un demone, i sentimenti di Gwerian erano solo un riflesso distorto di quelli di un essere umano e il suo amore era soffocante e terribile quanto il suo odio.
Giglio sospirò, nascondendo al figlio il proprio sguardo sofferente.
- Non mi ero mai accorto di nulla… non pensavo che lei potesse soffrirne tanto.
- Mi hanno detto che è tornata alla corte di sua madre.-sussurrò Heros in un soffio per rassicurare il suo principe.
Giglio temeva per Shaytan, addolorato si era scoperto spaventato dalla gelosia di quella creatura demoniaca. Non si faceva illusioni, aveva visto negli occhi di Gwerian l’amore farsi odio e finché l’oggetto del suo odio era lui le cose potevano anche andare, ma temeva che Gwerian potesse fare del male a suo figlio…
- Sono stato crudele con lei… forse, se tentassi di parlarle… di farle capire che lei è la mia bambina…
- Gwerian non è più una bambina. E sarà una Lady dei demoni, smettila di considerarla come se fosse un essere umano!-sbottò Shaytan- Smettila di colpevolizzarti! È lei che è stata irragionevole e crudele a chiederti di scegliere tra noi! Questo non è amore, è qualcosa di distorto e sbagliato!
- Sono certo che lei non volesse lasciarmi. Sono certo che…
Ma non sapeva più neppure lui di cosa essere certo, aveva visto una demone che nulla aveva a che spartire con sua figlia e non riusciva a capacitarsi di come lei potesse averlo abbandonato, preda di sentimenti egoisti e crudeli. Era certo ancora dell’amore che Gwerian gli portava. Ma si chiedeva di che amore poteva trattarsi, di come lui poteva ricambiare sentimenti simili, coltivarli… non sapeva davvero cosa fare, cosa credere. Rivoleva indietro la sua bambina ma non era certo che quella bambina esistesse, che fosse mai esistita. L’aveva avuta accanto ogni istante e non era riuscito a farle capire che l’amava incondizionatamente, perché era sua figlia…
- In lei c’era grazia e delicatezza di sentimenti. Non posso credere che…
- Giglio! Che diavolo sta succedendo?
Si voltarono tutti e quattro, stupiti dall’improvviso arrivo di Mina, la demone li raggiunse in un attimo.
- Gwerian ha assassinato la Lady Vendetta tre giorni or sono, in un complotto di palazzo, e come nuova Lady ha giurato fedeltà all’Imperatrice Nera. Che è successo?
- Gwerian non avrebbe mai fatto nulla del genere! Lei sa che l’Imperatrice Nera è mia nemica!-esclamò Giglio accoratamente, fissando la sua amica con occhi supplicanti.
- In tutti i regni dei demoni non si parla d’altro, ero con Fibrizio stamattina quando ci hanno riferito del giuramento. E l’Imperatrice Nera le ha anche affidato una prima missione, contro uno dei tuoi regni naturalmente. Gwerian marcerà contro Mirtan non più tardi di domani.
- Mirtan! Ma lì non c’è nulla che Lei possa volere!
- Se non levare a te quel regno e massacrare chi ti ha aiutato in passato contro di Lei. Ma Giglio, che è successo tra te e Gwerian?
Giglio la fissò perdutamente.
- Mi ha abbandonato… mi ha abbandonato anche lei… e ha tradito tutto quello che sono.

In sella al suo cavallo nero, Gwerian guardava il castello dove Giglio l’aveva cresciuta. Non provava niente, nemmeno la gelida soddisfazione che le aveva dato uccidere sua madre per ereditare quel potere che le era necessario per vendicarsi. Sorrise: in fondo, lei era la Lady Vendetta e non stava forse esercitando il suo ruolo?
La rabbia che provava era pari solo all’odio che il suo cuore nutriva. Non avrebbe mai potuto perdonare Giglio di averle preferito Shaytan, non poteva perdonargli di non averla amata abbastanza.
Così, aveva ordito il suo piano. Aveva fatto si che Giglio si allontanasse da quel luogo che era stato suo e di Amergin.
E che lei si apprestava a distruggere.
Alzò la mano candida al cielo, silenziosi come ombre i demoni della sua armata si lanciarono all’attacco del villaggio dormiente e ben presto la notte fu violentata da grida e fiamme. Ma a lei, tutto questo, come poteva bastare?
Lei galoppò sino alla valle con il grande albero morto e la devastò completamente, poi raggiunse il torrente, sostando su quelle rocce come tante volte aveva fatto nel corso di quegli anni felici.
Le acque mormoravano dolcemente alla notte, le grida del massacro arrivavano attutite fino a lì, un sottofondo rassicurante per la sua mente, essere feroce era una cosa che riusciva a rasserenarla. A non farle sentire il vuoto di ciò che aveva perso. Perché lei era sicura di aver perso l’amore di Giglio. Respirò l’aria profumata, fissò la corrente chiara e lasciò che il vento carezzasse i suoi boccoli dorati, la sua pelle innaturalmente chiara.
- Perché? Perché non potevi amarmi? Hai amato un insignificante essere umano, perché non puoi amare me? Il sangue di Shaytan è così importante? Ebbene, non mi lasci altra scelta che versarlo davanti a te…
Sorrise al pensiero e con animo lieto distrusse il luogo che Giglio amava più di ogni altro.

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