Searching for my happiness

di Kim_HyunA
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***
Capitolo 11: *** 11. ***
Capitolo 12: *** extra ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Kim Kibum si riteneva il ragazzo più fortunato di tutto il mondo. L’estate si stava ormai avvicinando, si sentiva in pace con se stesso e aveva il ragazzo dei suoi sogni. Non poteva chiedere altro.
 
Non c’era un giorno che non avesse il sorriso sul volto e doveva ammettere che Choi Minho ne era la causa principale.
 
Era quasi un anno che i due stavano insieme e quei mesi erano stati splendidi, per Kibum erano stati i migliori della sua vita. Finalmente aveva trovato qualcuno che lo amava, che lo coccolava, che si prendeva cura di lui e che lo rispettava. Era tutto ciò che aveva sempre cercato.
 
A volte Minho gli sembrava troppo perfetto. Troppo perfetto non solo nell’aspetto (i suoi occhi grandi, i suoi capelli mossi e lunghi, le mani possenti e il fisico scolpito), ma anche, e soprattutto, nel carattere.
 
Era una persona pacata, che a volte poteva sembrare di poche parole, ma Kibum ormai lo conosceva e sapeva che quando erano tra di loro o con i loro amici, la sua personalità subiva una trasformazione di 360°.

Era così innamorato di lui che ogni volta che lo vedeva si sentiva le farfalle nello stomaco.
 
 
 
 Kibum si risvegliò tra le braccia di Minho, come tutte le mattine.
 
Amava aprire gli occhi e vedere prima di ogni altra cosa il profilo del suo volto e i suoi occhi ancora chiusi. Amava sentire la sua mano che, dopo tutta la notte, era ancora stretta intorno alla sua vita. Amava tutto di Minho.
 
Portò una mano al suo petto, accarezzandoglielo con leggerezza, non voleva svegliarlo. O forse sì. Kibum non ne era certo.
 
Sorrideva teneramente mentre gli solleticava il torace con le dita.
 
Minho iniziò ad aprire gli occhi, accecato dalla flebile luce che filtrava attraverso le fessure della tapparella.
 
-Ben svegliato- lo salutò Kibum e Minho gli sorrise ancora assopito.
 
Gli diede un veloce bacio sulle labbra, continuando ad accarezzargli il petto.
 
-Dormito bene?- gli chiese con voce addormentata.
 
Kibum annuì.
 
-Bene- constatò Minho e si poggiò su un fianco per poterlo baciare. Gli strinse una mano intorno alla spalla e la fece poi scorrere lungo il braccio.
 
Quando Minho si mise più comodo su di lui, Kibum gli avvolse le braccia intorno alla schiena, facendo incollare i loro corpi.
 
Kibum gemeva nel bacio, estremamente sensibile a quell’ora del mattino. Allargò leggermente le gambe per permettere all’altro di sistemarsi meglio ed iniziò a muovere i fianchi contro i suoi, perché sapeva che non sarebbe stato il solo ad apprezzare quel movimento.
 
-Vorrei che fossimo così anche tra dieci anni- disse Kibum ad un tratto.
 
-Sempre qui in questo letto?- gli chiese Minho sorridendo.
 
-Anche in uno diverso, basta che ci siamo io e te- gli rispose, dandogli un bacio sulla guancia.
 
Una linea sottile comparve tra gli occhi di Minho.
 
-Hey, tutto bene?- chiese Kibum subito preoccupato, notando la sua espressione lievemente corrucciata.
 
-Sì, sì, ho solo mal di testa- replicò sbrigativamente, alzandosi dal letto ed infilandosi i pantaloni.
 
Kibum lo guardò mentre usciva dalla stanza. La sua schiena muscolosa non mancava mai di farlo rimanere senza fiato.
 
Non lo richiamò indietro; Minho aveva lavorato fino a tardi la sera prima, non lo sorprendeva che volesse rimanere un po’ solo e che si sentisse ancora stanco.
 
Si sdraiò sul letto, tendendo braccia e gambe per svegliare i muscoli.
 
Sospirò felice.
 
Amava Minho.
 
 
 
Kibum aveva deciso di tornare a casa prima quel pomeriggio, voleva avere qualche ora in più a disposizione per preparare ogni cosa come si doveva. Era il loro primo anniversario. Un anno intero passato con Choi Minho gli sembrava come una benedizione. Non poteva chiedere niente di meglio: Minho era un ragazzo premuroso e affettuoso che lo ricopriva di attenzioni e lo faceva sentire importante.
 
Aveva guidato con un sorriso fino al piccolo supermercato vicino all’appartamento che condividevano. Aveva comprato qualche candela profumata, dei petali di fiori e i cibi preferiti di Minho. Voleva creare un’atmosfera romantica e rendere quella serata indimenticabile. Solo per loro due.
 
Un brivido di felicità lo percorse.
 
Pieno di entusiasmo aveva comprato anche uno di quei bagnoschiumi dall’odore caldo e sensuale, progettando un bagno rilassante insieme a Minho.
 
Quasi camminando senza peso, come se fosse sospeso da terra, Kibum arrivò davanti alla porta del loro appartamento, chiedendosi se anche l’altro gli avesse comprato qualche regalo e già immaginando il corso della serata.
 
Voleva che tutto fosse perfetto.
 
Mise le chiavi nella serratura e rimase sorpreso nel vedere che non riusciva a girarle; abbassò la maniglia e la porta si aprì. Strano, non ricordava di averla lasciata aperta quella mattina quando era uscito.
 
Posò le borse della spesa al tavolo ed andò verso il bagno per rinfrescarsi il volto. Faceva un caldo pazzesco anche se non era ancora estate, era un’afa insopportabile che rendeva subito la pelle appiccicosa.
 
Sulla soglia della porta del bagno, Kibum lanciò un’occhiata in fondo al corridoio. Ancora più strano, non ricordava nemmeno di aver chiuso la porta della loro stanza, la lasciava aperta tutte le mattine. Probabilmente tutte quelle dimenticanze erano dovute alla euforia con cui si era svegliato quella mattina, il pensiero del loro anniversario era tutto ciò che aveva occupato la sua mente.
 
Si sciacquò le mani sotto l’acqua corrente, buttandosene un po’ sul viso. Era proprio piacevole sentire quel fresco contro la pelle bollente e sudata.
 
Sospirò ed alzò il volto verso lo specchio, un sorriso emozionato si rifletteva contro la superficie lucida. Sì, era proprio contento di passare del tempo con Minho quel giorno; una serata romantica con una cenetta a lume di candela, tante parole dolci e tante coccole stretti l’uno all’altro. Il solo pensiero gli fece sentire le farfalle nello stomaco.
 
Si chiese se anche Minho fosse in trepidante attesa come lo era lui.
 
Uno scricchiolio proveniente dalla camera richiamò la sua attenzione e Kibum si avvicinò cauto pensando che potesse esserci un qualche ladro.
 
E quello che sentì gli fece rimpiangere che non si trattasse davvero di un ladro o di un assassino.
 
Dei gemiti rochi e dei respiri affannati si susseguivano al di là della porta. Kibum si sentì ghiacciare il sangue nelle vene.
 
-Dio, sei così brava, ah, non fermarti-
 
Kibum spalancò gli occhi inorridito riconoscendo la voce di Minho e si sentì mancare la terra da sotto i piedi.
 
Non riusciva a muoversi, voleva scappare via, ma il suo corpo era immobile, non voleva rispondere ai suoi comandi; lo sguardo vuoto puntato contro quella porta.
 
-Ahahah, dai oppa, smettila~.
 
Kibum voleva vomitare.
 
Senza che se ne accorgesse, una lacrima gli aveva percorso una guancia e non aveva nemmeno la forza di asciugarla.
 
Gli faceva male deglutire, stare in piedi, sbattere le palpebre, respirare.
 
Avrebbe dovuto andarsene, lo sapeva, ma una sorta di sadico masochismo gli impediva di allontanarsi.
 
Ogni gemito, ogni parola, ogni suono che lasciava quella stanza equivaleva ad un pezzo del suo cuore che veniva strappato.
 
Si sentì un idiota per tutto quello che aveva sperato, per quello che aveva organizzato, ci aveva creduto fino in fondo, mentre Minho… Minho non se n’era curato minimamente.
 
Fece un respiro profondo, sentendosi girare la testa e, nonostante il suo cervello gli stesse urlando che non doveva farlo, la mano di Kibum aveva abbassato la maniglia della porta della camera. Masochista.
 
E quello che vide lo fece sentire ancora più male.
 
Erano avvinghiati nel loro letto, tra quelle lenzuola sotto le quali lui e Minho si addormentavano sempre insieme.
 
Il pensiero gli fece venire la nausea.
 
Li guardava disgustato, non si erano nemmeno accorti della sua presenza, fino a quando quella biondina non urlò spaventata vedendo quell’estraneo in camera.
 
-Cos…- si voltò Minho confuso e quando vide Kibum, lì, davanti a loro, la sua espressione divenne vuota. Lo guardò attonito, la bocca aperta e gli occhi spaventati, senza trovare le parole da dire.
 
La ragazza si era coperta con il loro lenzuolo e Kibum avrebbe voluto strapparglielo dalle mani con forza.
-Kibum, io pos…-
 
-..spiegarmi tutto? No, grazie, risparmiamelo- lo interruppe, girando i tacchi e pronto ad uscire dalla stanza.
 
-Aspetta!- fece Minho alzandosi e cercando di rivestirsi.
 
-Conosco la strada, continua ad intrattenerti con quella troia- sputò quella parola con ribrezzo, guardando con puro disgusto quell’essere che osava ancora stare nel loro letto.
 
-Tanto ho notato che vi stavate divertendo- concluse, richiudendo la porta della camera dietro di sé e andando verso l’ingresso.
 
Decise di recuperare le borse che aveva lasciato sul tavolo; Minho non meritava nulla di quello che aveva comprato per lui con tanto amore, sarebbero state più utili in un bidone della spazzatura.
 
 
--
A/N: eccomi finalmente con una storia a capitoli! È la primi mini-long che pubblico, quindi sono un po’ agitata e non so che dirvi ahahah mi limito soltanto a dire che spero che vi piaccia e soprattutto di non aspettarvi chissà quale capolavoro XD se non c’è nessun cambio di programma, dovrei postare il prossimo capitolo martedì, quindi.. a presto! =)

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Capitolo 2
*** 2. ***


Kibum uscì nel caldo del pomeriggio, ma non lo avvertiva nemmeno, anzi, sentiva freddo, freddo in ogni tratto del suo corpo, ma soprattutto freddo dentro.
 
Gettò le borse nel bidone sotto casa, pensando a che spreco fosse, pensando a come avrebbero potuto farne un buon uso, ma no, Minho aveva rovinato tutto. Quasi non riusciva a credere a quello che aveva potuto fargli.
 
Vagò senza meta e poi i suoi piedi andarono in automatico verso la spiaggia, era il suo luogo preferito, magari l’avrebbe fatto sentire meglio, ma ne dubitava.
 
Seduto sulla sabbia di fronte al mare, si accorse che la sua vita si era sgretolata. Non gli rimaneva più niente. Era completamente solo.
 
Non aveva nemmeno un posto in cui stare e non aveva intenzione di tornare a casa dei suoi genitori. Ma poi si ricordò di quel piccolo appartamento della sorella, adesso era vuoto visto che si era trasferita all’estero per lavoro, quindi avrebbe potuto stare lì fino a quando non avrebbe trovato una sistemazione migliore. Per fortuna aveva preso la propria borsa prima di andarsene da quella casa, così aveva con sé il portafoglio e le chiavi che gli servivano.
 
Alzò gli occhi verso il cielo per impedire che le lacrime gli scorressero sul viso. Continuavano a susseguirsi nelle orecchie quelle voci, li vedeva davanti agli occhi, non riusciva a levarseli dalla mente.
 
Si strinse le ginocchia al petto, la vista si perdeva nell’orizzonte e il leggero vento della sera gli accarezzava le guance. Il cielo intorno a lui si stava scurendo, non sapeva da quanto tempo fosse lì, ma non gli importava. Non aveva più una casa in cui tornare la sera, non aveva più orari da rispettare, non aveva più un fidanzato che l’aspettava impaziente a casa.
 
Si sentì incredibilmente solo.
 
Poi arrivarono le domande.
 
Perché Minho l’aveva fatto? Aveva sbagliato in qualcosa? Non era stato un buon fidanzato? Era troppo assente? Troppo presente? Richiedeva troppe attenzioni? Kibum non sapeva quale fosse la sua colpa. Non riusciva a capirlo. Se c’erano dei problemi, perché non ne avevano parlato? Perché Minho aveva sempre finto che andasse tutto bene se c’era qualche questione da risolvere?
 
Gli stava scoppiando la testa.
 
Poteva essere una delle serate migliori delle loro vite, ma Minho aveva deciso di portarsi a letto una sgualdrinella qualunque, non aspettandosi minimamente che Kibum rientrasse prima.
 
Si chiese se sapesse che era il giorno del loro anniversario e se se lo fosse dimenticato.
 
Il solo pensiero che erano nel loro letto, in quel letto in cui avevano passato tanti momenti insieme, in cui avevano fatto l’amore e si erano fatti delle promesse, gli faceva rivoltare lo stomaco.
 
Se mai Kibum avesse voluto tradire qualcuno (ma mai l’avrebbe fatto, perché se ami una persona, pensava, quel pensiero non ti attraversa nemmeno per un istante), non l’avrebbe mai fatto nella casa che condivideva con qualcuno. Mai. Se possibile, era un’ulteriore mancanza di rispetto.
 
Se mai non fosse tornato a casa prima e non li avesse scoperti, Kibum avrebbe fatto la figura del completo idiota, rimanendo all’oscuro di tutto. Minho avrebbe continuato a fingere di essere il fidanzato perfetto, godendosi la serata che Kibum gli avrebbe organizzato, omettendo il piccolo particolare di averci dato dentro con una biondina sconosciuta soltanto poche ore prima.
 
Non avrebbe mai pensato che potesse comportarsi così.
 
Voleva dire che in quell’anno che avevano trascorso insieme, non l’aveva conosciuto per niente, non era riuscito a capirlo come invece pensava di aver fatto.
 
Aveva tradito la sua fiducia e non c’era cosa peggiore che gli avesse potuto fare.
 
Gli aveva mentito. Tutti quegli abbracci, quei baci, le parole che si erano detti anche quella mattina.. era tutto finto?
 
Da quanto aveva questa doppia vita?
 
Kibum avrebbe voluto chiedergli da quanto se la sbatteva nel loro letto a sua insaputa e si sentì sporco per aver dormito in quelle lenzuola. Ma si sentì ancora più sporco perché quelle labbra che lo avevano baciato, quelle braccia forti che l’avevano stretto, non appartenevano solo a lui.
 
E poi, con una ragazza? Si chiese se Minho l’eccezione l’avesse fatta con quella o con lui. A chi era davvero interessato? Uomini o donne? O forse tutti e due? Sapeva che non l’avrebbe mai scoperto perché aveva intenzione di non rivolgergli più la parola.
 
Da quanto Minho aveva smesso di amarlo? Da quanto si vedeva con quella? Da quanto lo tradiva? Quante volte erano stati in quella casa senza che lui lo sapesse? Quante volte Kibum si era sdraiato abbracciato a Minho sulle lenzuola che fino a qualche ora prima avevano avvolto il corpo di quella?
 
Più ci pensava, più la sua nausea aumentava.
 


Trascorse quasi tutta quella notte in spiaggia, non aveva voglia di andare alla casa della sorella, non aveva voglia di camminare e distrarsi, voleva semplicemente restare lì, quasi sperando che un’onda lo portasse via, o perlomeno portasse via tutti i suoi pensieri, che gli cancellasse i ricordi di quella giornata.
 
Stava iniziando a fare freddo e non aveva niente con cui coprirsi. Aveva addosso solo una canottiera nera e dei jeans. Aveva la pelle d’oca e in quel momento desiderò soltanto di trovarsi al caldo in un letto.
 
Si chiese se Minho fosse ancora con quella. Si chiese come aveva gestito la situazione una volta che aveva richiuso la porta della camera.
 
Minho aveva mai fatto l’amore con lui con il pensiero di lei nella testa? Kibum non voleva farsi tutte queste domande, ma non poteva evitarlo, si creavano nella sua mente come un turbinio continuo.
 
Dopo interminabili ore, Kibum decise che forse non era più il caso di stare lì, decise di alzarsi e di recarsi alla casa della sorella, per fortuna non distava che cinque minuti dalla spiaggia.
 
Le strade erano deserte, non c’era più nessuno a quell’ora, era tutto tranquillo. Mentre camminava sotto le luci fredde dei lampioni, Kibum ripensava a tutto quello che aveva vissuto con Minho. Al loro primo incontro ad una festa, al loro primo bacio davanti alla casa dell’altro ragazzo, a tutte le volte che c’era stato per lui e l’aveva fatto sentire meglio. Non potevano essere state tutte bugie, ci doveva pur essere stato un momento, almeno all’inizio, in cui Minho era stato davvero interessato a Kibum, in cui era stato innamorato di lui.
 
Quando aveva iniziato a svanire l’amore tra di loro? Quando Minho aveva deciso che Kibum non gli bastava più?
 
Voleva che tutte quelle domande se ne andassero e lo lasciassero in pace, non voleva pensarci, non ora.
 
Quando entrò nell’appartamento, la sensazione di essere in un luogo che non gli apparteneva lo colpì subito; sapeva che non ci avrebbe fatto l’abitudine tanto presto nonostante ci avesse passato tante ore in passato.
 
Non aveva sonno, non avrebbe dormito per le ore restanti di quella notte, ne era sicuro. Si accasciò come un peso morto sul divano, l’unica luce quella della televisione. Non stava davvero seguendo il programma che stavano trasmettendo, non gli interessava, la voce del presentatore era solo un rumore di sottofondo. L’unico suono nella sua mente era la voce di Minho e di quella ragazza. Non se lo sarebbe scordato tanto facilmente e anche l’immagine di loro due insieme non avrebbe presto abbandonato la sua mente.
 
Si addormentò piangendo tutte le lacrime che aveva, ripercorrendo ogni momento felice che aveva speso insieme a lui, non riusciva a smettere. Continuava a farsi del male da solo, come se non avesse già sofferto abbastanza.
 

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A/N: non so mai che dire in queste note finali.. vi prometto che tra poco finisce la depressione e inizia un po’ di vita XD il prossimo capitoli sarà venerdì, quindi..a presto (^__^)/

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Capitolo 3
*** 3. ***


Quando Kibum si svegliò qualche ora dopo, era ormai già mattina inoltrata e il sole entrava dalle fessure della finestra, accecando i suoi occhi ancora assonnati. Si sentiva i muscoli intorpiditi per aver dormito in una qualche strana posizione sul divano, ma quando quello che era successo il giorno prima lo trafisse come un colpo mortale, quel male non gli sembrava più tanto terribile. Il suo cuorefaceva molto più male.
 
Il frigorifero era vuoto, non c’era nulla di commestibile in quella casa, e se possibile il suo umore peggiorò ancora di più. Decise che non aveva tanto senso rimanere lì a fissare il vuoto, anche se rimanere immobile ad attendere la morte era un’idea piuttosto attraente, ed uscì con l’intento di comprare qualcosa con cui sfamarsi.
 
Mentre camminava per le strade della città, si rese conto che sarebbe dovuto andare a recuperare le proprie cose nell’appartamento che condivideva con Minho, non poteva certo lasciarle lì, ne aveva bisogno, ma la probabilità di trovarsi a faccia a faccia con lui lo spaventava terribilmente. Voleva mostrarsi forte davanti a lui, far vedere che sarebbe sopravvissuto, dimostrare che se la sarebbe cavata anche da solo, che non aveva bisogno di lui; anche se ora era certo di non esserne in grado. Gli aveva spezzato il cuore, ma non voleva darlo a vedere. Minho non si meritava nemmeno di vedere la sua sofferenza, la sofferenza che lui stesso gli aveva procurato. Aveva paura che, entrato in quella casa, sarebbe scoppiato a piangere e che vedendolo davanti a sé, la situazione sarebbe anche peggiorata. Non aveva paura di perdonarlo se gli avesse chiesto scusa, perché era certo che mai avrebbe potuto perdonarlo per aver tradito la sua fiducia, aveva semplicemente paura di farsi vedere debole.
 
Ma non aveva alternative. Aveva bisogno delle proprie cose e di cercare di sistemare il suo nuovo alloggio per sentirsi più a suo agio.
 
Quel pomeriggio sarebbe tornato al loro appartamento, sperando che non ci fosse nessuno in casa, e soprattutto che se ci fosse stato Minho, non trovasse anche la biondina.
 



Arrivato davanti al palazzo, Kibum guardò in alto, verso la finestra del secondo piano dove c’era la cucina del loro appartamento. Deglutì a fatica, sentendosi improvvisamente dieci volte più agitato, con il cuore in gola.
 
Fece un respiro più profondo, doveva farcela.
 
Salì le scale che gli parvero interminabili, ad ogni gradino si sentiva le gambe cedere, e si ritrovò davanti alla porta di casa.
 
Gli tremavano le dita, le chiavi gli tintinnavano tra le mani e non era sicuro di riuscire ad aprire la serratura.
 
Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, non poteva arrendersi proprio adesso. Ormai c’era quasi.
 
Si trovò nell’ingresso e si spaventò nel constatare che non lo considerava già più suo, come se dopo un solo giorno, fosse già diventato un luogo estraneo che non aveva più nulla a che vedere con lui. Eppure lì erano sepolti tutti i suoi ricordi.
 
Si sentì mancare il fiato quando vide Minho in cucina, i capelli spettinati e le mani occupate a preparare qualcosa da mangiare. Non si aspettava di trovarlo lì, aveva sperato con tutto se stesso che non ci fosse.
 
Senza una parola, Kibum andò dritto in quella che fino al giorno prima era stata la loro stanza, tolse i suoi abiti ed i suoi oggetti dai cassetti e dagli armadi, raccolse ciò che aveva sparso disordinatamente per la camera, buttando tutto in qualche modo nella valigia che teneva sotto il letto.
 
Il letto.
 
Gli occhi di Kibum vi si posarono per un breve istante ed ebbe un moto di repulsione.
 
Minho lo raggiunse nella stanza.
 
-Kibum…- cercò di iniziare un discorso, la voce incerta.
 
-Non ho niente da dirti- gli rispose secco, senza nemmeno girarsi per guardarlo. Aveva di meglio da fare.
 
-Volevo dirti che mi dispiace e…-
 
-Non me ne faccio nulla delle tue scuse, dovevi pensarci prima. Ora lasciami stare, sono impegnato- continuò freddo e con tono brusco.
 
-Fai le valigie?- chiese cauto.
 
Kibum si girò verso di lui, guardandolo per la prima volta.
 
Cosa ti aspetti? Che resti qui con te? Che faccia finta che nulla sia successo e che continuiamo a fare la coppia felice? Che dormi nel letto in cui sei stato con quella? No, Minho, non resterò qui.
 
Avrebbe voluto dirgli tutto questo, fargli sapere cosa pensava, cosa provava, come l’aveva fatto sentire per ciò che gli aveva fatto, ma non lo fece. Sarebbero state parole inutili.
 
-Si- rispose semplicemente, senza ulteriori spiegazioni, tornando a concentrarsi sulla sua valigia che faticava a richiudere.
 
Prese lo stretto necessario, per tutte le altre cose sarebbe tornato un’altra volta, sperando di non incontrarlo nuovamente. Non lo avrebbe sopportato. Detto sinceramente, gli si rivoltava lo stomaco a vederlo.
 
Pensare a tutte le volte in cui aveva baciato le sue labbra quando magari qualche ora prima aveva fatto lo stesso gesto con quella ragazza. No, non voleva più vederlo, non voleva avere più niente a che fare con lui.
 
Se ne andò senza rivolgergli più nemmeno uno sguardo, senza una parola. Non si meritava niente.
 
 


Kibum passò i giorni seguenti a fare nulla, si trascinava completamente vuoto, senza alcuna forza nelle gambe, sentendosi privato della vita.
 
Quello che gli faceva più male era che Minho aveva tradito la sua fiducia, gli aveva fatto del male e se quel giorno Kibum non fosse tornato a casa prima, per fargli una sorpresa, non l’avrebbe scoperto e avrebbe continuato a prenderlo in giro.
 
Mentre camminava per le vie della città, guardava il suo riflesso nelle vetrine ma era come se non lo vedesse davvero, quasi come se il suo corpo fosse trasparente come quello di un fantasma.
 
Vedeva tante coppie felici intorno a sé che si tenevano per mano, ma non le invidiava, aveva perso fiducia nell’amore, aveva perso fiducia negli altri. Minho l’aveva ridotto così e Kibum si faceva pena da solo perché aveva sempre creduto nell’amore, nelle storie romantiche e a lieto fine dei film. Ma non ci poteva essere un lieto fine con Minho, non quando l’aveva tradito con una tale leggerezza.
 
Una piccola parte dentro di sé sperava ancora con forza che un giorno incontrasse l’Amore, quello con la A maiuscola, qualcuno che gli facesse battere il cuore e sentire le farfalle nello stomaco quando lo prendeva per mano, qualcuno che lo rispettasse e che non lo tradisse.
 
Voleva un amore come quello dei film, in cui le coppie si incontrano per caso in un bar o in un parco e si innamorano perdutamente l’uno dell’altra. Kibum voleva credere che qualcosa del genere potesse esistere veramente. Voleva credere che qualcosa del genere potesse accadere nella vita reale, lo voleva davvero e non avrebbe permesso che quello che gli aveva fatto Minho gli rovinasse l’esistenza.
 
Basta piangere, era arrivato il momento di reagire.
 

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A/N: eccomi qui con il terzo capitolo! Per prima cosa vorrei ringraziarvi per i messaggi privati e non che mi avete lasciato, li apprezzo davvero molto =)
seconda cosa, tra qualche giorno parto, quindi settimana prossima niente aggiornamenti, I’m sorry =( ma appena torno, la prima cosa che faccio è postare una nuova parte, quindi non odiatemi per favore =P
spero vi sia piaciuto anche questo capitolo, anche se in realtà è un po’ cortino TT
a presto!

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Capitolo 4
*** 4. ***


Era ormai passata qualche settimana da quel pomeriggio in cui la sua vita aveva subito una svolta, Kibum aveva recuperato tutte le sue cose nella vecchia casa (fortunatamente non aveva incontrato Minho) ed aveva iniziato ad ambientarsi piuttosto bene in quella nuova.
 
Usciva ogni giorno, cercava di frequentare posti affollati per conoscere nuove persone, ma poi, la sera, sdraiato in quel letto, si sentiva più solo che mai e il suo pensiero andava spontaneo a Minho. Nonostante tutto, gli mancava. Avrebbe voluto addormentarsi ancora tra le sue braccia. Kibum non avrebbe voluto essere così testardo, voleva poter essere in grado di perdonarlo, di considerare quell’episodio come un evento isolato, e tornare alla vita di prima, ma non ce la faceva. Ogni volta che pensava a lui, anche il volto di lei si affacciava nella sua mente e non trovava la forza di perdonare il ragazzo.
 
Kibum odiava la sera, gli faceva avere pensieri che non doveva, lo faceva riavvicinare a Minho e questo non doveva succedere.
 


In un pomeriggio soleggiato di inizio estate, Kibum si sedette in un bar, ad un tavolino esterno, riparato dal sole da un gazebo e separato dalla strada da un grazioso separé bianco. Era un posto carino, nella via che dava sul mare; si chiese come mai non l’aveva mai notato in passato.
 
Ordinò un semplice gelato alla panna e, mentre aspettava, iniziò a massaggiarsi le tempie con le mani. Era così stressato in quel periodo. Ogni volta che riusciva a distrarsi e ad essere sereno, la sua mente pensava bene di fargli ricordare il volto di Minho. Non andava affatto bene.
 
Iniziò a mangiare il suo gelato (gliel’avevano portato in un elegante calice dalla forma elaborata, sembrava un’opera d’arte) e il freddo lo colpì subito alla testa, facendolo sussultare.
 
-Hey bellezza- sentì chiamare un ragazzo, e Kibum alzò lo sguardo, incuriosito.
 
Si stava davvero rivolgendo a lui? Ci mancava solo qualcuno che ci provasse con lui; non era proprio dell’umore adatto. Ad essere sinceri, erano settimane che non era dell’umore adatto.
 
-Perché non vieni al mio tavolo?- il ragazzo decise di ignorare quello sconosciuto, forse, se non gli avesse dato retta, l’avrebbe lasciato in pace.
 
Kibum sentì una sedia spostarsi.
 
-Hai ragione, non devo farti scomodare, sono io che devo venire al tuo tavolo- continuò, come se avesse ricevuto una risposta.
 
Kibum sbuffò, questo sconosciuto parlava troppo per i suoi gusti e continuò a mangiare il suo gelato senza rivolgergli uno sguardo.
 
-Posso?- gli chiese, facendo segno alla sedia di fronte a quella di Kibum.
 
-No- rispose, alzando per la prima volta gli occhi dal proprio calice e gli bruciò ammettere che quel ragazzo così fastidioso aveva un viso bellissimo.
 
Ignorando la sua risposta, si sedette al tavolo e Kibum lo guardò interrogativo, con entrambe le sopracciglia alzate.
 
-Non guardarmi così però, mi metti in soggezione- gli sorrise e Kibum si sentì mancare il fiato.
 
-Perché, come ti sto guardando?- ribatté, decidendo che forse meritava di avere una possibilità.
 
-Come se ti dessi fastidio-
 
-Se ti sembra normale sedersi al tavolo di uno sconosciuto come se niente fosse…- Kibum mangiò un altro cucchiaio di gelato.
 
-Non potevo lasciarmi scappare un ragazzo così carino-
 
Kibum sorrise imbarazzato, abbassando lo sguardo al tavolo e adorando già il mondo in cui gli occhi di quel ragazzo ancora senza nome, ridevano insieme alla bocca.
 
Seguì qualche minuto di silenzio, imbarazzante per il biondo perché sapeva di avere il suo sguardo puntato addosso e questo lo faceva sentire a disagio.
 
-Come ti chiami?- chiese lo sconosciuto d’un tratto.
 
Kibum lo guardò per qualche secondo, considerando l’idea di dire un nome falso, dopotutto, chi l’avrebbe più rivisto? Ma poi optò per la sincerità.
 
-Kibum-
 
-Piacere di conoscerti, io sono Jonghyun- gli sorrise ancora una volta e Kibum avrebbe voluto rispondergli che non gli aveva chiesto nessuno quale fosse il suo nome, ma poi realizzò che non poteva sfogare su quel ragazzo tutto l’amaro che aveva in bocca.
 
-Senti… io lavoro in una gelateria, cosa ne dici se ci vediamo domani per un gelato?- gli chiese e Kibum non poté non notare la speranza che aleggiava nella sua voce.
 
-Solo se me lo offri- replicò pronto.
 
Il ragazzo gli sorrise radioso.
 
-Ora smettila di scodinzolare però-
 
-Scodinzolare?- Jonghyun lo guardò confuso, inclinando la testa da un lato.
 
-Te l’hanno mai detto che sembri un cagnolino con quegli occhi? E quando sorridi è come se vedessi scodinzolare la tua coda immaginaria- da quando a Kibum era tornato il buonumore? E da quando dava così confidenza agli estranei?
 
Jonghyun si mise a ridere, sperando che le sue parole fossero una sorta di complimento e non ci fosse invece una qualche ironia nascosta.
 
Kibum lo guardò e si mise a ridere anche lui, chiedendosi come potesse esistere qualcuno con degli occhi così dolci ed espressivi e delle braccia così muscolose. Gli sembrava un controsenso. Gli venne immediato alla mente un confronto con Minho. Si sentiva sempre così protetto quando lo abbracciava, eppure i suoi muscoli non erano nemmeno lontanamente paragonabili con quelli di questo ragazzo.
 
-Devo tornare al lavoro ora, ci vediamo domani allora? Verso le 2 alla mia gelateria, è quella in fondo alla via, non puoi sbagliare-
 
-Dovresti darmi il tuo numero di telefono- disse schietto. Cos’aveva da perdere? Nulla. Tanto valeva mettersi in gioco.
 
Jonghyun gli diede il suo numero, entusiasta, e si alzò dalla sedia.
 
-A domani allora- lo salutò e Kibum gli sorrise.
 
A Jonghyun non era certo passato inosservato il modo in cui gli occhi dell’altro ragazzo continuavano a cadere sulle sue braccia.
 
-Dovresti venire a vedermi in palestra qualche volta- commentò sfacciato prima di andarsene.
 
Kibum arrossì.
 
 
--
A/N: eccomi di ritorno sana e salva dalla mia vacanza con il quarto capitolo XD spero di essermi fatta perdonare per l’attesa =)
e finalmente fa la sua comparsa Jonghyun, lo so che lo stavate aspettando (?)
hm, bene, non ho nient’altro da dire prometto che scriverò delle note finali più lunghe prima o poi
a martedì!

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Capitolo 5
*** 5. ***


Non avrebbe dovuto impiegarci un’ora per scegliere come vestirsi e invece, eccolo lì, per l’ennesima volta davanti allo specchio mentre provava la trentesima combinazione di vestiti. Riusciva a trovare un difetto in ogni maglietta che provava.

 Voleva star bene, ma senza avere un look troppo ricercato che facesse capire quanto tempo avesse impiegato per sceglierlo.
 
Kibum optò alla fine per una maglietta bianca dallo scollo largo che gli scopriva le clavicole, dei pantaloni neri e stretti con qualche strappo, e dei bracciali.
 
Si sistemò i capelli, riordinando le ciocche bionde e nere e finalmente fu pronto per uscire.
 
Doveva considerarlo un appuntamento?
 
Si chiese se stesse facendo la cosa giusta, ma poi realizzò che non c’era nulla che glielo impedisse, era libero di fare nuove esperienze, di conoscere nuove persone e di andare avanti con la sua vita. Non poteva rimanere ancorato al passato. Minho non si era fatto problemi a metterlo da parte quando ancora stavano insieme, perché Kibum avrebbe dovuto sentirsi in colpa ad uscire con qualcun altro se la loro storia era finita?
 
Arrivò davanti alla gelateria dove lavorava Jonghyun; aveva ragione, non era stato difficile trovarla, c’era un grande insegna all’esterno che era impossibile non notare. Era proprio sulla via che dava sulla spiaggia e già gli piaceva come posto.
 
Aprì la porta che fece muovere dei sonagli, creando un leggero tintinnio che accompagnò il suo ingresso. Non era un locale molto grande: c’erano dei tavolini lungo le pareti e il bancone in fondo alla stanza. Gli piaceva però, creava un’atmosfera calda ed accogliente.
 
Si avvicinò al bancone e si mise in coda, da lì riusciva a vedere Jonghyun con la sua uniforme bianca e un buffo capellino in testa mentre serviva i clienti.
 
-Buongiorno, come posso aiutarl…- si interruppe Jonghyun alzando lo sguardo -Hey Kibum!-
 
-Allora, cosa mi offri?- gli chiese sorridendo.
 
-Tutto quello che vuoi, abbiamo tantissimi gusti- gli spiegò entusiasta con la coda che scodinzolava mentre Kibum studiava attentamente le vaschette con i vari gusti.
 
-Hmm, nocciola e caffè- si decise poi.
 
-Cono o coppetta?-
 
-Coppetta- rispose, guardando mentre Jonghyun riempiva la coppetta con i gusti da lui richiesti. Stava bene con quella divisa.
 
-Vuoi qualche cosa sopra?-
 
-Oh, no, va bene semplice, grazie- Kibum prese la coppetta che gli stava passando e recuperò alcuni tovagliolini di carta.
 
Jonghyun lo fece accomodare su una sedia dietro il bancone in modo che potessero comodamente parlare anche quando doveva servire i clienti.
 
-Stai bene vestito così- commentò Jonghyun dopo aver salutato e ringraziato una signora con la nipotina.
 
-Grazie- arrossì, sistemandosi automaticamente la maglietta all’altezza delle spalle e mostrando accidentalmente più pelle di quanto avesse voluto.
 
-Anche a te dona questa uniforme- ammise Kibum sinceramente e con un sorriso timido che gli formò le fossette sulle guance.
 
Jonghyun si tirò un po’ su le maniche.
 
-Però ho la sensazione che apprezzassi di più la canottiera che avevo ieri- gli rispose con un sorriso convinto.
 
Kibum tossì in imbarazzo, ma dei nuovi clienti che entrarono in gelateria gli risparmiarono la fatica di trovare una buona risposta. Davvero si era accorto che aveva già un debole per il suo fisico? Si sentì il volto andare in fiamme.
 
-Quanti anni hai?- chiese Kibum quando furono di nuovo soli.
 
-23-
 
-Hai un anno in più di me? Stai scherzando? Pensavo fossi più piccolo- rispose visibilmente sorpreso.
Jonghyun gonfiò le guance all’ultima parte della frase.
 
-Perché?-
 
-Ti sei visto in questo momento con questa espressione? Non dimostri più di 18 anni e poi sarà che sei più basso di me…
 
-Yah! L’altezza non è tutto nella vita!-
 
Altezza.
 
Minho.
 
Gli tornò alla mente lui e a come doveva sempre alzarsi sulle punte dei piedi per baciarlo perché altrimenti non riusciva a raggiungerlo.
 
-Hey Kibum, tutto bene?- chiese Jonghyun preoccupato, vedendo come lo sguardo dell’altro si era spento all’improvviso.
 
-S-si, tutto bene- lo rassicurò ma era una bugia, perché non andava tutto bene.
 
-Uhm, tra poco finisco il mio turno, se vuoi possiamo andare a fare una passeggiata…- propose cauto, non sapendo cosa aspettarsi dopo quel rapido cambio di umore da parte di Kibum.
 
-Preferisco tornare a casa ora- rispose e il sorriso di Jonghyun scomparve -Ma possiamo fare un altro giorno- aggiunse e la coda dell'altro si rimise a scodinzolare da una parte all’altra.
 
-Ti chiamo io, ok? Buon lavoro allora, ci vediamo!- lo salutò Kibum -e grazie per il gelato!-
 
-Grazie a te per aver accettato il mio invito, a presto!-
 


Due giorni dopo Kibum aveva chiamato Jonghyun (e Jonghyun quasi non ci sperava più dopo due giornate di silenzio) e avevano deciso di trovarsi per il giorno seguente alla gelateria per l’ora in cui finiva il suo turno, così avrebbero potuto fare quattro passi insieme.
 


Kibum controllava in modo disinvolto il suo aspetto nella vetrina del negozio accanto mentre aspettava Jonghyun, e doveva ammettere, ammirando il suo riflesso, che quella maglietta larga dalle maniche a tre quarti gli stava proprio bene.
 
-Hey!-
 
La voce di Jonghyun lo fece spaventare proprio mentre si stava passando una mano sulla frangia per lisciarla.
 
Beccato in pieno, pensò.
 
-Hey- lo saluto Kibum allo stesso modo e notando con apprezzamento il modo in cui era vestito l’altro.
 
Aveva una maglietta giallo acceso, con delle impronte nere di scarpe stampate sopra, dei jeans neri e quei capelli! erano perfetti così spettinati e in tutte le direzioni.
 
Dopo che i suoi occhi lo scannerizzarono più volte, Kibum si rese conto che forse l’aveva fissato per troppo tempo e, per alleviare l’imbarazzo, prese parola.
 
-Dove vuoi andare?-
 
-Uhm, non saprei, potremmo andare giù di qua e poi andare verso il molo, che ne dici?- propose Jonghyun, indicando la strada accanto.
 
-Che va benissimo- gli sorrise.
 
Passeggiavano senza meta, trasportati dalle loro parole e soltanto quando Kibum distolse per un attimo gli occhi da Jonghyun, si rese conto di dove i suoi piedi l’avevano portato automaticamente.
 
Erano davanti la sua vecchia casa. Poteva vedere la luce accesa della cucina. Minho era sicuramente in casa. Si chiese se fosse solo.
 
Notò lo sguardo incuriosito di Jonghyun posarsi su di sé, doveva aver visto la sua espressione.
 
-Abitavo qui- disse soltanto e riprese a camminare senza voltarsi.
 
 
--
A/N: avevo detto che avrei fatto le note finali più lunghe, giusto? Bene, allora vediamo di scrivere qualcosa questa volta.

Per prima cosa, vorrei ringraziare di nuovo tutti quelli che hanno letto e commentato la storia =)

E poi, so che non è delle migliori e che ci sarebbero tante cose da modificare, però, come avevo detto anche al primo capitolo, è stata più che altro un esperimento, volevo vedere come me la cavavo con una storia a capitoli.. e devo dire che appena posterò l’ultimo capitolo (non so quando sarà perché devo ancora modificare alcune cose, quindi non so nemmeno quanti capitoli ci saranno in totale), ritornerò alle mie amate oneshot =P

Visto che sono riuscita a scrivere di più questa volta nel commento finale? Siete fieri di me, vero? No, ok la smetto qua ora che sto solo dicendo cose nonsense XD

Grazie per aver letto e a venerdì =)

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Capitolo 6
*** 6. ***


Era passata qualche settimana da quando Kibum e Jonghyun si erano conosciuti, ormai erano diventati buoni amici e trascorrevano la maggior parte del loro tempo libero insieme.
 
Quella sera Kibum aveva proposto di andare sulla spiaggia, era tranquilla in quel momento della giornata visto che tutti i ragazzi preferivano passare le loro serate a ballare o a bere in qualche locale.
 
Era magnifico il mare a quell’ora, il colore che aveva al tramonto era indescrivibile e riusciva a togliere il fiato a Kibum ogni volta.
 
A piedi nudi sulla sabbia, si sedettero in riva al mare, le gambe distese in avanti e il corpo sorretto dai palmi delle loro mani ben piantati per terra.
 
Mentre guardava le onde infrangersi sugli scogli a qualche metro da loro, gli occhi di Kibum si offuscarono per qualche istante, il pensiero di Minho che lo coglieva quando meno se lo aspettava. Pensava che ormai l’avesse superata quella storia, e sì, gli bruciava ancora la ferita, ma se ancora soffriva in quel modo, voleva dire che non aveva fatto alcun miglioramento da quel giorno. A questo punto avrebbe dovuto essere in grado di guardare avanti, di lasciare che la sua vita prendesse una strada diversa e che Minho rimanesse nel passato.
 
La sera faceva sentire Kibum così fragile.
 
-Chi ti ha spezzato il cuore?- chiese Jonghyun nel silenzio di quel cielo blu, interrompendo i pensieri di Kibum.
 
Il ragazzo lo guardò confuso, non capendo la sua domanda, o forse, non volendola capire.
 
- Lo si capisce lontano un miglio. Anche quando sorridi, lo vedo che i tuoi occhi sono tristi, ti metti a fissare il mare con quello sguardo spento.. chi ti ha ridotto così?- chiese e non sapeva se era perché era notte, ma il tono della sua voce gli sembrava più basso, più calmo ed era certo che fosse davvero interessato e sincero nel fargli quella domanda, che non fosse soltanto un modo per riempire un silenzio.
 
Kibum si morse un labbro, sentendo una fitta al cuore. Era davvero così evidente che stava male? Gli vennero gli occhi lucidi e si maledisse, perché non voleva sprecare altre lacrime per Minho e perché non voleva piangere di fronte a Jonghyun.
 
Il ragazzo gli si avvicinò e gli avvolse le braccia intorno alla schiena, facendogli capire che c’era, che anche se non si conoscevano ancora da molto tempo, era suo amico, si preoccupava davvero per lui e non voleva vederlo triste per nessun motivo..
 
Kibum alzò le braccia esitante, stringendole poi intorno al suo collo, tenendolo stretto a sé come se ne andasse della sua stessa vita e si sfogò. Forse ciò di cui aveva veramente bisogno era di piangere con qualcuno, di lasciarsi andare, di esternare tutta la negatività che aveva accumulato, di togliersi quel peso che lo faceva ancora stare male, ma ora non se la sentiva di parlare, di raccontare perché stava così. Gli bastava piangere.
 
E fu immensamente grato che Jonghyun lo stesse sostenendo in quel momento, senza forzarlo a parlare.
 
-Shh, va tutto bene- lo confortò, passandogli una mano sui capelli -Non c’è bisogno che tu mi dica nulla-
 
Grazie Jonghyun.
 
 
 

-Riguardo l’altra sera… grazie- la voce di Kibum era bassa ed incerta. Quando era ritornato a casa quella sera dalla spiaggia, si era sentito uno stupido per aver pianto in quel modo abbracciato a Jonghyun. Non era più un bambino, doveva essere in grado di gestire le proprie emozioni e soprattutto non poteva ancora soffrire in quel modo dopo tutto quel tempo.
 
Eppure ci stava ancora male. Perché quando tutto andava bene, quando la sua vita non si era ancora frantumata in mille pezzi, Minho gli era sempre sembrato perfetto e non aveva mai desiderato cambiarlo in nessun modo. Aveva tutto quello di cui aveva bisogno. L’aveva sempre trattato bene e con rispetto, al punto che ora non riusciva a capire perché si fosse comportato così o cosa fosse cambiato tra di loro. Probabilmente non l’avrebbe mai saputo.
 
Kibum sperava ogni giorno che quello che si diceva a proposito del tempo fosse vero, il tempo guarisce tutte le ferite. Ma quanto ne doveva passare ancora? La sua ferita era ancora aperta, pronta a riaprirsi ogni volta che si permetteva di pensare ai momenti trascorsi insieme o a quello che aveva visto quel dannato pomeriggio. Quanto tempo era necessario?
 
-Non preoccuparti- Jonghyun gli sorrise.
 
Erano seduti sul divano a casa di Kibum. Il ragazzo aveva deciso di invitarlo da lui perché pioveva quel giorno e nessuno dei due aveva voglia di camminare sotto la pioggia battente.
 
Kibum voleva parlargliene, non riusciva più a tenersi tutto dentro, forse se si fosse sfogato, se gli avesse spiegato ogni cosa, si sarebbe sentito meglio alla fine. Non ne era certo, ma, anche se conosceva Jonghyun relativamente da poco, sapeva di potersi fidare di lui, di potergli parlare liberamente senza il timore di essere giudicato o non preso sul serio.
 
Si morsicò un labbro, aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì nessun suono. Esitò. Jonghyun se ne accorse.
 
-Qualsiasi cosa tu voglia dirmi, non c’è fretta. Fino a quando non ti sentirai di parlarne, non farlo, non ti obbligo, ok?-
 
-No… voglio parlarne, sto solo cercando di…- Kibum cercò di riordinare le idee -Quella casa, quella che ti ho fatto vedere qualche giorno fa..-
 
Jonghyun annuì, facendogli intendere che aveva capito ciò a cui si stava riferendo e incoraggiandolo a parlare.
 
-Ho abitato lì fino a qualche mese fa.. insieme al mio ragazzo.. o meglio, ex-ragazzo e…- voleva parlare con calma, non voleva che si sovrapponessero troppe emozioni, non voleva scoppiare a piangere ancora una volta.
 
-Troppi ricordi legati a quella casa?- chiese a bassa voce, quasi temendo di disturbare la catena di pensieri che era certo stessero attraversando la mente di Kibum in quel momento.
 
Annuì.
 
-L’ho beccato a letto con un’altra- concluse con tono piatto, chiedendosi dove avesse trovato il coraggio di dire quella frase ad alta voce. Quel pensiero lo stava tormentando da giorni e giorni e finalmente era riuscito ad esternarlo.
 
Jonghyun alzò lo sguardo verso il volto di Kibum, che teneva il viso basso, gli occhi puntati verso le mani che giocavano nervosamente con le dita. Si accorse del dolore che stava provando.
 
-Kibum…- lo chiamò, senza sapere davvero cosa gli volesse dire.
 
-Era il giorno del nostro anniversario Jonghyun! Erano nel nostro letto! Dio, come ha potuto farmi una cosa del genere? Perché l’ha fatto? Io non… non riesco a capirlo. C’è qualcosa di sbagliato in me? Ho qualcosa che non va?- Kibum iniziò a sfogarsi, dando vita a tutte le domande che lo perseguitavano.
 
-Non c’è niente che non va in te, Kibum, sei…- Jonghyun si interruppe un attimo, ma senza distogliere gli occhi da Kibum che si ostinava a tenere lo sguardo basso -…perfetto, così come sei-
 
Per la prima volta, Kibum alzò gli occhi verso di lui, gli si avvicinò e lo abbracciò. Aveva bisogno del calore di un amico in quel momento. Si sentiva un enorme vuoto dentro ormai. Fu grato del fatto che Jonghyun non disse nulla, che rimanesse in silenzio mentre piangeva, con le braccia strette intorno a lui, facendolo in un qualche modo sentire meglio. O forse era semplicemente perché aveva finalmente trovato il coraggio di sfogarsi, come se, ora che si era tolto quel peso, si sentisse più leggero.
 
-Io ci sarò sempre per te, ok? E non lascerò che qualcuno ti faccia ancora del male- la sua voce calda accanto all’orecchio gli fece correre un brivido lungo la schiena e lo abbracciò ancora più forte; una guancia che riposava contro la sua spalla.
 
-Scusa, ti ho bagnato la maglietta- gli disse con la voce spezzata allontanandosi da lui e tirando su con il naso.
 
-Non importa, si asciugherà. E dovremmo asciugare anche le tue lacrime- Jonghyun portò una mano verso il suo volto, lasciando che le sue dita gli sfiorassero una guancia mentre con il pollice gli asciugava le ultime lacrime. Kibum tremò ed abbassò gli occhi, non riusciva a sostenere lo sguardo fisso di Jonghyun, non ce la faceva.
 
-Ma questa è casa tua?- chiese Jonghyun subito dopo per alleviare la tensione che si era creata tra loro.
 
-No, è di mia sorella ma è via per lavoro. Perché?- gli rispose ancora con occhi lucidi, ma immensamente grato che avessero cambiato argomento, la sua mente aveva bisogno di distrarsi.
 
-Perché non sembra affatto la casa di un ragazzo- si mise a ridere.
 
Sì, probabilmente aveva ragione, si notava il tocco femminile in quella casa, Kibum non ci aveva nemmeno fatto caso fino a quando non glielo aveva fatto notare Jonghyun.
 
-Hai una sorella quindi? Ed è carina come te?- un grande sorriso comparve sul suo volto quando pronunciò quelle parole e Kibum arrossì, ma decise di ignorare quel complimento velato, alzandosi dal divano ed andando verso un mobiletto con dei cassetti.
 
-Ti faccio vedere una sua foto- gli disse, tuffandosi in uno dei cassetti alla ricerca di una qualche foto, era sicuro di averle recuperate tutte quelle che aveva alla vecchia casa. Ma dopo cinque minuti abbondanti di ricerca e nessun risultato, Kibum dovette ammettere che l’aveva effettivamente dimenticata.
 
-L’ho dimenticata… alla vecchia casa- spiegò e Jonghyun si accorse di quel lampo di malinconia che gli attraversò gli occhi. Kibum teneva tanto a quella foto, era l’ultima che aveva scattato con la sorella e non gli andava che rimanesse nella casa in cui abitava Minho.
 
-Jonghyun, ti… ti andrebbe di accompagnarmi a prenderla?- gli chiese, non sentendosela di andare di nuovo da solo. Non ce l’avrebbe fatta ad affrontare Minho nel caso in cui l’avesse incontrato.
 
-Ma certo- rispose pronto -Vuoi andare adesso?-
 
Kibum guardò fuori dalla finestra, aveva smesso di piovere.
 
-Andiamo-
 
 
--
A/N: yeeeh, sesto capitolo!

Come al solito parlerò del nulla in questa nota finale, perché ormai lo sapete che non so mai cosa dire, quindi ciao XD

Giusto una cosa importante (?): settimana prossima parto un’altra volta, quindi niente aggiornamenti, mi dispiace =(

Spero vi sia piaciuto il capitolo e a presto (^__^)/

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Capitolo 7
*** 7. ***


Kibum si sentì un groppo alla gola trovandosi faccia a faccia con quell’appartamento ancora una volta. Non voleva più averne nulla a che fare.
 
La presenza di Jonghyun al suo fianco l’aiutava a stare un po’ più tranquillo, ma non cancellava comunque i ricordi che si affollavano nella mente mentre saliva le scale, sentendosi il cuore battere sempre più forte ad ogni gradino mentre si avvicinava alla porta di ingresso.
 
Quando entrarono, le luci erano spente. Buon segno. Significava che Minho non era in casa. Kibum emise un sospiro di sollievo.
 
-Aiutami a cercare quella foto, dovrebbe essere da qualche parte in camera- gli disse, mentre percorrevano il corridoio ed entravano nella stanza.
 
Il letto era ancora sfatto e c’erano alcuni vestiti per terra. Erano di Minho, li riconosceva. Riconosceva anche una delle magliette che gli aveva regalato per lo scorso compleanno. Si sentì stringere il cuore.
 
-Va tutto bene?- gli chiese Jonghyun guardandolo preoccupato e Kibum non rispose perché sarebbe stato inutile; la risposta era nota ad entrambi.
 
Iniziò a cercare su alcuni ripiani dello scaffale che avevano di fronte al letto, prendendo tra le mani oggetti che gli erano stati famigliari fino a poco tempo prima. Con la coda dell’occhio vide che Jonghyun era rimasto immobile e si guardava semplicemente intorno senza toccare nulla. Capì che forse si sentiva un po’ impacciato a cercare tra gli averi personali di un’altra persona, anche perché la camera non era solo di Kibum, c’erano anche gli oggetti di Minho là dentro.
 
-Non farti problemi, cerca pure dove vuoi- lo rassicurò interrompendo per un attimo la ricerca.
 
Mentre controllavano ogni angolo della stanza, sentirono aprirsi la porta di casa e Kibum avrebbe voluto scappare via, perché non voleva vederlo. Per nessun motivo.
 
-Ho visto le luci accese, ho pensato ci fosse qualcuno- la voce di Minho sorprese Kibum, non si aspettava di trovarselo lì subito e il suo cuore perse un battito.
 
-Ci sono io infatti- rispose freddo, mentre guardava nei cassetti del comodino e senza alzare lo sguardo verso il ragazzo.
 
-E questo chi è? È il tuo nuovo fidanzato?- chiese con una punta di disgusto, alludendo a Jonghyun che, sentendosi tirato in causa, si interruppe, non sapendo bene cosa fare. Se presentarsi, se salutarlo, se stare semplicemente fermo e odiarlo perché era la persona che aveva fatto stare male Kibum.
 
-Queste non sono cose che ti riguardano- sentenziò duro il biondo.
 
Non aveva alcun diritto di fargli quella domanda, non quando la colpa di tutto quello che era successo era stata sua. Non era per causa di Kibum se ora si ritrova in questa situazione, alla ricerca delle ultime cose che si era dimenticato nella loro casa per portarle via al più presto e non dover più vedere la sua faccia.
 
Minho rimase lì in silenzio, appoggiato allo stipite della porta e con le braccia incrociate, senza alcuna intenzione di lasciarli lì da soli. Kibum avrebbe voluto picchiarlo.
 
Già stare in quella camera era troppo per lui, figuriamoci se doveva anche sopportare la sua presenza. Pensava che sarebbe impazzito se fosse rimasto lì ancora per altro tempo.
 
-Sono queste Kibum?- chiese Jonghyun porgendogli una pila di foto legate da un elastico che aveva trovato in una scatola in un ripiano dell’armadio.
 
Kibum si avvicinò a lui.
 
-Sì, sono queste. Grazie- gli sorrise -Andiamo ora, non ho più niente da fare qui- disse passando davanti a Minho mentre Jonghyun lo seguiva fuori dalla stanza.
 
Stavano percorrendo il corridoio e andando verso la porta di casa, quando Minho parlò di nuovo.
-Non mi saluti nemmeno?-
 
Kibum si girò, guardandolo con l’espressione più seria e fredda che potesse.
 
-Mi stai prendendo in giro? Ti aspetti anche che ti saluti? Non ti meriti proprio niente-
 
-Perché non cerchiamo di sistemare le cose invece?-
 
Kibum sbuffò, non credendo alle proprie orecchie.
 
-Non sono io quello che si è scopato una troia il giorno del nostro anniversario. Potevi pensarci prima se davvero ci tenevi. Non ho altro da aggiungere- Prese per mano Jonghyun -Andiamo-
 
-Ti sei già ripreso, vedo- commentò acido, guardando le loro mani strette.
 
-Non ho intenzione di rovinare la mia vita per colpa tua-
 
Con queste ultime parole Kibum chiuse la porta dell’appartamento alle spalle con un rumore secco che risuonò forte per l’androne del palazzo e con l’intenzione di non tornarci mai più.
 
Era talmente nervoso in quel momento che stava stritolando la mano di Jonghyun che era stretta alla sua ed era dispiaciuto per questo, ma non poteva farci niente. Jonghyun era adulto e muscoloso, sarebbe sopravvissuto ad una presa un po’ troppo forte.
 
Quando furono di nuovo in strada e Kibum poté finalmente tornare a respirare aria fresca, Jonghyun guardò le loro mani ancora unite.
 
-Scusa… era solo per… lui e…- si giustificò imbarazzato Kibum, lasciandolo subito andare e guardando da un’altra parte.
 
-Non c’è bisogno di scusarti, non mi dispiaceva per niente - gli sorrise caldamente, facendolo imbarazzare una volta di più.
 
Gli sembrò che anche Jonghyun fosse arrossito, ma forse era solo la sua immaginazione.
 
Mise le foto al sicuro nella borsa, incerto di quello che avrebbero fatto ora.
 
-Vuoi fare quattro passi?- gli chiese Jonghyun nonostante la paura di una risposta negativa. Non poteva sapere come si sentiva Kibum in quel momento; se volesse stare da solo, se volesse tornare a casa, se volesse correre via o prendere a pugni qualcuno per sfogarsi.
 
Kibum si voltò verso di lui e annuì, aveva bisogno di stare con qualcuno.
 
 
 
Qualche minuto più tardi si sedettero ad un tavolino esterno del bar in cui si erano conosciuti tempo prima. A Kibum sembrava passata un’infinità di tempo da quel giorno.
 
Mentre bevevano i loro sorbetti al limone, Kibum prese le foto che aveva riposto in borsa e si mise a guardarle con un sorriso.
 
Amava le foto perché gli facevano ricordare il passato, gli riportavano alla mente degli episodi che altrimenti sarebbero stati dimenticati e offuscati dal presente. Gli facevano ricordare la sua infanzia, i suoi giochi, i suoi affetti, tutta la sua vita.
 
-Ecco, questa è mia sorella- gli disse orgoglioso, mostrandogli la foto di quella ragazza di qualche anno più grande di lui.
 
-Vi somigliate molto- commentò Jonghyun guardando attentamente la foto e notando quanto i tratti del loro volto fossero simili.
 
Prese in mano la pila di foto che Kibum aveva poggiato sul tavolo e si mise a guardarle con interesse.
 
-Aaaw, è questo bambino così carino chi è?- chiese euforico Jonghyun.
 
Nella foto che teneva tra le mani, era ritratto un bambino piccolo seduto sul pavimento, con una graziosa maglietta blu, dei pantaloni neri ed un fiocco bordeaux in testa. Aveva un’espressione adorabile.
 
-Sono io- rispose, in un misto di imbarazzo ed orgoglio, guardando la foto con un sorriso.
 
-E quel fiocco?- domandò ridendo.
 
-Quel giorno continuavo a piangere e mia mamma per farmi smettere mi ha messo quel fiocco in testa- gli spiegò, ricordando con piacere quel momento che sua mamma gli aveva raccontato un’infinità di volte.
 
-Eri adorabile anche da bambino- gli disse, mentre continuava ad ammirare la foto, un sorriso timido sul volto.
 
Anche.
 
-Quindi mi trovi adorabile anche adesso?- lo provocò scherzosamente Kibum.
 
-Ovviamente- replicò, alzando per un attimo la testa, per poi riprendere a guardare le altre polaroid con il sorriso sul volto.
 
 
--
A/N: I’m baaaaaaaaaack! Lo so che vi sono mancata (?)
 
Avrei potuto mettere il nuovo capitolo ieri pomeriggio solo che dovevo recuperare le notizie che mi ero persa mentre ero via e soprattutto, ero troppo presa dal nuovo video di GD <3
 
Meglio tardi che mai però XD
 
Btw, vi prometto che ora non vi abbonderò più fino alla fine della storia a meno che non muoia prima.
 
Ultima cosa, in totale sono 11 capitoli (+1, ma non voglio anticipare niente =P) quindi mi dovrete sopportare ancora per un po’ di settimane =D
 
A martedì!!

ps. se qualcuno si sta chiedendo quale sia la foto di Key con il fiocco in testa, è questa: click!

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Capitolo 8
*** 8. ***


-Non pensavo saresti venuto davvero- commentò Jonghyun incredulo quando, seduto sulla panca degli addominali, vide entrare Kibum in palestra e dirigersi verso di lui.
 
-Non rifiuto mai un tuo invito- gli disse e il suo tono era a metà tra la sincerità e la presa in giro.
 
-Ruffiano- scherzò, mettendosi un asciugamano intorno al collo per asciugare le gocce di sudore che gli stavano scivolando sulla pelle -Cosa vuoi fare?-
 
-Non lo so, faccio un giro e vedo se c’è qualcosa che mi attira e che non sia troppo faticoso-
 
Jonghyun rise.
 
-Poi quando finisci, mi trovi qui- e ricominciò con il suo allenamento.
 
Kibum iniziò a camminare tra le file di cyclette, panche e pesi che occupavano ogni centimetro della palestra. La sola vista lo rendeva stanco.
 
-Già di ritorno?- gli chiese Jonghyun quando, due minuti dopo che se n’era andato, il biondo era di nuovo vicino a lui e si stava sedendo di traverso sulla panca accanto alla sua.
 
-Deve essere stato un allenamento intenso- lo prese in giro con tono drammaticamente serio.
 
Kibum sospirò forte, fingendo di essere estremamente stanco.
 
-Molto intenso. Il tuo è niente a confronto-
 
Jonghyun rise, continuando con i suoi addominali; i muscoli delle braccia ben evidenti e tesi e qualche goccia di sudore sulla fronte.
 
Kibum si era incantato a guardarlo.
 
-Sicuro che sei venuto qui per allenarti e non per guardare me che faccio tutta la fatica?- Jonghyun fece una pausa e prese la bottiglietta d’acqua che aveva poggiato per terra.
 
Il ragazzo aveva fatto centro. Fin dall’inizio Kibum non aveva mai avuto intenzione di andare in palestra per allenarsi, voleva semplicemente cogliere l’opportunità di vedere Jonghyun ancora una volta. Se poi poteva anche ammirarne i muscoli, beh ancora meglio; perché, a chi voleva raccontarla? Erano irresistibili ed estremamente seducenti.
 
Kibum non rispose, ma arricciò il naso come chi sapeva di essere stato scoperto e si voltò da un’altra parte, Jonghyun si mise a ridere.
 
-Ti alleni spesso?- gli chiese, senza voltarsi verso di lui ma continuando a guardare verso un punto imprecisato della palestra.
 
-Tutti i giorni dopo il lavoro- rispose con il respiro affannato per la fatica -Tranne quando esco con te- aggiunse dopo qualche secondo.
 
Ricadde il silenzio tra loro.
 
-Guarda che puoi anche girarti, non mi dà fastidio se mi guardi- gli disse, notando che Kibum continuava a restare girato da un’altra parte e scoppiando nuovamente a ridere.
 
-N-no, va bene così- gli rispose, sentendosi attraversare da un brivido al suono della sua risata calda e contagiosa.
 
-Come vuoi, sei tu che ci perdi tanto- alzò le spalle.
 
Kibum stava combattendo con tutto se stesso per non guardarlo, ma con la coda dell’occhio riusciva a seguire ogni suo movimento e se solo così stava per avere un attacco cardiaco, non osava immaginare come avrebbe reagito a guardarlo direttamente. Tuttavia, la tentazione era tanta e continuava a lanciargli un’occhiata ogni pochi secondi.
 
Non resistette più a lungo e dopo qualche minuto di disperata lotta interiore, decise di mandare tutto al diavolo e di bearsi di quella vista.
 
Non l’avesse mai fatto.
 
Jonghyun si era leggermente sollevato la canottiera per asciugarsi il sudore sulla fronte, mostrando così il suo ventre piatto e scolpito.
 
Kibum aprì la bocca in pura contemplazione, quella pelle abbronzata e marmorea era troppo per la sua salute mentale, avrebbe dovuto subito distogliere lo sguardo e cercare di rimanere in vita, ma i suoi occhi erano come incollati su di lui.
 
Fece giusto in tempo a chiudere la bocca e a non apparire come un completo idiota prima che Jonghyun lo potesse vedere di nuovo.
 
Rimase immobile, incapace di fare altro, con le palpebre che si aprivano e chiudevano velocemente in segno di nervosismo. Deglutì con estrema difficoltà.
 
-Tutto bene, Kibum?- gli domandò e non sapeva dire se fosse stata una domanda sincera o se si fosse accorto di qual era stata la sua reazione e volesse semplicemente provocarlo per puro divertimento personale.
 
-Benissimo- rispose forse un po’ troppo velocemente.
 
Kibum si stava mettendo in difficoltà con le sue stesse mani.
 
Jonghyun piegò le labbra in quello che voleva sembrare un lieve sorriso, ma che lasciava più ad intendere che aveva capito tutto.
 
-È tempo di fare la doccia!- esclamò il moro cambiando argomento e alleviando la tensione -Aspettami qui, torno subito- aggiunse, quasi come se si aspettasse che a Kibum sarebbe venuto in mente di accompagnarlo.
 
-O-ok- rispose semplicemente. Gli sembrò una benedizione poter rimanere da solo in quel momento, ultimamente quando era in compagnia dell’altro ragazzo, si sentiva sempre agitato.
 
Fece un respiro profondo come a voler rallentare il battito del suo cuore e si guardò intorno per cercare di rilassarsi. I suoi occhi non si soffermarono su nessuno in particolare, nessuno catturava la sua attenzione come invece sapeva fare…
 
-Eccomi, possiamo andare ora- fece la sua ricomparsa Jonghyun qualche minuto più tardi e Kibum si spaventò perché non pensava potesse già essere di ritorno.
 
Si soffermò ad osservargli i capelli, erano bagnati e spettinati in tutte le direzioni, rendendolo completamente adorabile. Per fortuna aveva avuto l’accortezza di indossare una maglietta a maniche corte, in modo da nascondere in parte il suo fisico, o meglio, in modo da non sbattergli continuamente sotto il naso quanto il suo corpo fosse perfetto.
 
Si alzò dalla panca su cui era seduto e fece per prendere la borsa.
 
-Dai a me, te la porto io- si offerse gentilmente Jonghyun avvicinandosi a lui e le narici di Kibum si riempirono del delicato profumo del doccia-schiuma dell’altro.
 
-N-non ce n’è bisogno- replicò imbarazzato ma allo stesso tempo lusingato dalla sua premura.
 
-Su, non fare storie, dai qua- insistette prendendogli la borsa dalle mani prima che potesse protestare ancora una volta.
 
Piegò un braccio all’indietro in modo che il suo borsone da palestra gli ricadesse sulla spalla, mentre teneva la borsa dell’altro ragazzo con la mano libera.
 
Kibum lo seguì mentre si dirigevano verso l’uscita della palestra e rischiò di inciampare sulla moquette all’ingresso perché era troppo concentrato su ciò che aveva davanti a lui per poter prestare attenzione ad un dettaglio così insignificante come il pavimento.
 
-Ti porto a casa- gli disse mentre si dirigeva verso la sua macchina e anche se ci avrebbe impiegato solo pochi minuti andando a piedi, Kibum decise di accettare l’invito.
 
So farlo anche da solo, avrebbe voluto dirgli mentre Jonghyun gli teneva aperta la portiera della vettura, ma rispose semplicemente con un imbarazzato Grazie.
 
Il tempo di mettere in moto e fare qualche svolta e il viaggio era già giunto a termine. Era in queste occasioni che Kibum rimpiangeva di non abitare in una grande metropoli.
 
-Usciamo stasera?- domandò Jonghyun dopo essersi fermato davanti all’abitazione dell’amico.
 
-Dove mi porti?- gli chiese con entusiasmo e con un livello di voce più alto del solito.
 
-In un qualche locale o bar, ti va?- propose, mantenendo le mani sul volante e lasciando che le dita tamburellassero senza rumore contro di esso.
 
Il ragazzo annuì e Jonghyun sorrise raggiante.
 
-Andiamo in un posto vicino però, così andiamo a piedi, perché se beviamo non ho intenzione di fare incidenti con questa bella macchina-
 
-Ti preoccupi più della macchina che di te stesso?- si mise a ridere Kibum.
 
-Mi preoccupo anche per te, non voglio che ti succeda qualcosa- replicò con tono più serio e Kibum distolse lo sguardo. Perché Jonghyun aveva sempre quel potere su di lui? Qualsiasi cosa dicesse, gli faceva venire la pelle d’oca.
 
Entrambi con il corpo premuto contro lo schienale dei sedili, restarono per qualche minuto in silenzio quasi come a voler prolungare più che potevano quel momento che stavano trascorrendo insieme, e Kibum aveva bisogno di andarsene, di respirare aria fresca, perché poteva sentire la tensione aumentare tra di loro.
 
-C-ci vediamo stasera allora- prese l’iniziativa, una mano già sulla portiera.
 
-Passo davanti a casa tua per le 9-
 
Kibum scese dalla macchina ed era già pronto a richiudere la portiera quando l’altro lo chiamò indietro.
 
-Kibum! La borsa!-
 
Se la stava dimenticando e sapeva che era tutta colpa di Jonghyun perché quando era in sua compagnia non ragionava più come doveva.
 
Si sporse all’interno della macchina aspettando che l’altro recuperasse l’oggetto dal sedile posteriore e quando glielo porse, le loro mani si sfiorarono.
 
Kibum sussultò a quel contatto improvviso e la situazione non migliorò quando, incapace di andarsene, quella vicinanza tra loro sembrava non volersi interrompere.
 
Jonghyun spostò le dita sopra quelle di Kibum, accarezzandole con delicatezza.
 
-A-a più tardi-
 
Kibum si allontanò dalla macchina ed andò verso la porta di casa, senza che i suoi occhi riuscissero a mettere a fuoco nulla di quello che lo circondava; gli girava la testa.
 
Calmati Kibum, si disse con decisione nella sua mente, Non è successo niente. Ecco, ora parlo anche da solo.
 
Mentre aprì la porta di casa, sentì il rumore del motore che si riavviava e sospirò con forza.
 
Non sarebbe mai potuto sopravvivere quella sera, ne era certo.
 
 
--
A/N: questo capitolo non esisteva nemmeno all’inizio, l’ho aggiunto quando avevo già finito di scrivere la storia perché volevo una scena in palestra, e anche se non è venuta come volevo e per questo avrei solo voglia di scavarmi una fossa e nascondermici dentro, ormai è pubblicata, quindi ciao XD
 
Niente Minho, avete visto? Lo so che lo odiate, quindi si vedrà davvero poco d’ora in poi =P
 
Bene, non ho altro da dire, il prossimo capitolo è come sempre venerdì.
 
Grazie per aver letto =)
 
non vedo l’ora di finire i miei esami all’università, non ne posso più di studiare
 
Ah, un’ultima cosa, se a qualcuno interessa questo è il mio tumblr, boh, se mi volete insultare o cose simili, fate pure ahahah no, non è vero, non odiatemi TT
 
A presto =) 

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Capitolo 9
*** 9. ***


Kibum aveva decisamente bevuto troppo quella sera.

La loro uscita era iniziata bene, Jonghyun era passato a prenderlo a casa sua e tra una chiacchiera e l’altra erano arrivati velocemente al bar.

 Kibum era agitato ma anche pieno di sé, grazie al suo abbigliamento che gli conferiva una dose infinita di sicurezza. E il merito era soprattutto di quegli stretti pantaloni argentati che rendevano le forme delle sue gambe ancora più sinuose di quanto lo erano normalmente. E il fatto che avesse colto Jonghyun più volte a fissarlo con insistenza, doveva essere sicuramente la conferma che quella sera il suo aspetto era perfetto.
 
Erano seduti al bancone di un bar; Kibum con le gambe accavallate ben in vista, le dita che passavano un po’ troppo spesso tra i capelli per sistemarli e un bicchiere in una mano, si stava davvero divertendo insieme a Jonghyun; ma, mentre l’altro si era limitato solo a qualche leggero drink alla frutta, il biondo non era riuscito a controllarsi e, alcolico dopo alcolico, quasi non riusciva più a reggersi in piedi.
 
Il locale non era troppo affollato, non era uno di quei pub del centro che tutti conoscevano, la musica non era troppo alta ed era possibile avere una normale conversazione senza aver bisogno di gridare. Ciò che la impediva, tuttavia, era il fatto che Kibum era ubriaco fradicio e non riusciva più a mettere in fila due parole per formare una frase di senso compiuto.
 
Fino a quel momento, non avrebbe mai pensato di poter sfogare i suoi dispiaceri nell’alcool, ma doveva ammettere che non era poi tanto male come metodo.
 
Nonostante ciò che continuava a ripetere, era evidente che non aveva ancora superato del tutto la questione di Minho. Ma doveva esserci anche dell’altro sotto, non poteva stare ancora così male dopo tutto quel tempo solo per quella ragione.
 
-Un altro drink… per favore- disse con voce biascicata, alzando una mano verso il barista che, nonostante si fosse accorto da tempo delle sue pessime condizioni, non avrebbe certo smesso di accettare le sue ordinazioni.
 
-Forse è meglio se ti riporto a casa- commentò Jonghyun guardandolo preoccupato e facendo segno al cameriere che non avrebbe dovuto portare loro un’altra bevanda.
 
Gli strinse un braccio intorno alla vita e lo fece alzare dall’alta sedia su cui si trovava ancora miracolosamente in equilibrio e lo sostenne per evitare che cadesse mentre uscivano dal locale.
 
-Perché mi tieni così vicino?- commentò, l’alcool gli faceva dire qualsiasi cosa gli passasse nella testa, senza filtri.
 
-Per non farti cadere- gli rispose senza dargli peso, aprendo la porta.
 
-Non è che ci stai provando con me?- chiese ad alta voce e gli sembrò quasi serio in quel momento, con le pupille dilatate a causa del troppo bere.
 
-Quello sempre- scherzò con una risata.
 
Kibum non lo prese sul serio e lasciò che Jonghyun lo guidasse per le vie della città, senza rendersi minimamente conto di dove fossero; vedeva tutto girare intorno a sé ed iniziava a sentire male allo stomaco.
 
Quanto aveva bevuto?
 
Jonghyun rimpianse di non essere andato in macchina, sapeva che non beveva praticamente mai, perché avrebbe dovuto fare un’eccezione proprio quella sera?
 
Per fortuna Kibum collaborava e, anche se, instabile, riusciva a mettere un piede uno dopo l’altro.
 
-Le chiavi-
 
-Cosa?- Kibum non capiva, era più addormentato che sveglio ed era un miracolo che le sue gambe riuscissero ancora a reggerlo in piedi; anche se, era certo che, senza l’aiuto di Jonghyun, probabilmente sarebbe già finito a terra molte volte e non avrebbe avuto la forza di rialzarsi.
 
-Le chiavi di casa. Non vorrai rimanere fuori dalla porta per tutta la notte, o no?- gli spiegò paziente.
 
-È casa mia questa?- chiese Kibum confuso e guardò con curiosità l’edificio che gli si presentava davanti agli occhi, sporgendo le labbra e gonfiando le guance; ormai era completamente partito di testa. Si sciolse dalla presa di Jonghyun ed iniziò a barcollare. Il ragazzo si precipitò verso di lui per sostenerlo ancora una volta e lo fece appoggiare contro il muro.
 
-Kibum, le chiavi- era come occuparsi di un bambino -Sono nella borsa?-
 
-Quale borsa?- e Jonghyun l’avrebbe trovato adorabile con quella espressione buffa sul viso in una qualsiasi altra situazione, ma si rese conto che Kibum, da ubriaco, non era minimamente in grado di collaborare.
 
-Aah, lascia stare- decise di fare di testa sua e gli prese la borsa.
 
-Ehi, ma cos…- protestò indignato a quel gesto.
 
-Shhh, non ho intenzione di aspettare che torni sobrio per avere le chiavi. Ah, eccole!- esclamò, restituendogli la borsa ed aprendo la porta, anche se gli risultò un po’ difficile dato che Kibum aveva deciso di attaccarsi al suo braccio, facendolo tremare.
 
-Yah, non sono ubriaco!- protestò Kibum convinto e alzando un indice verso di lui come a voler sottolineare maggiormente le sue parole.
 
-Si, ok, va bene- tagliò corto Jonghyun, consapevole che sarebbe stato inutile rispondergli -Sarà meglio che vai a dormire ora, andiamo- richiuse la porta di casa dietro di loro e lo condusse verso la sua camera. Ormai conosceva quell’appartamento come se fosse stato il suo e non aveva alcuna difficoltà a muoversi nella luce fioca che filtrava dalle finestre.
 
-Mi stai portando a letto?- Kibum lo guardò con un sorriso ironico.
 
Jonghyun colse il doppio senso nelle sue parole.
 
-Vai a dormire, Kibum- gli rispose semplicemente, guardandolo mentre si sdraiava, ormai quasi del tutto incosciente.
 
-Io vado allora… ci vediamo- gli disse, allontanandosi e quasi del tutto certo che si fosse già addormentato e non lo potesse sentire.
 
-Jonghyun- lo chiamò, la voce assonnata e bassa.
 
Il moro si voltò verso di lui.
 
-Resta con me stanotte-
 
Era l’alcool che stava parlando o era lui? Neanche Kibum lo sapeva. Ma era ubriaco, poteva permettersi di dire certe cose senza che la responsabilità gli ricadesse addosso.
 
-Non.. non penso sia una buona idea- replicò l’altro, stupito egli stesso dal suo tono improvvisamente più intimidito.
 
-Hai paura che mi salterai addosso?- Kibum si mise a ridere di gusto -Non voglio stare da solo- aggiunse subito dopo con tono visibilmente più serio e triste.
 
E questo era il cuore di Kibum che parlava, era questa la causa del suo male: la solitudine. Non chiedeva altro che poter avere qualcuno che tenesse a lui, qualcuno di fidato. Perché da quando aveva perso Minho, non gli era rimasto più nessuno.
 
-Rimango fino a quando non ti addormenti, ok?-
 
Kibum grugnì qualcosa in risposta che Jonghyun non riuscì a decifrare, e si spostò più vicino al muro per lasciargli spazio accanto a lui.
 
Jonghyun tentennò, perché pensava di sedersi su una sedia, su uno sgabello, o persino per terra, non di sistemarsi sul letto accanto a lui.
 
Dopo qualche secondo, Kibum sentì abbassarsi il materasso mentre l’altro ragazzo si sdraiava esitante al suo fianco.
 
Il biondo si ritrovò il suo volto più vicino di quello che pensava e anche se gli girava la testa per il troppo alcool, anche se si sentiva le palpebre pesanti e i sensi intorpiditi, nella penombra riusciva a intravedere il contorno delle labbra dell’altro e i suoi occhi grandi, e gli sembrò tutto perfetto in quel momento.
 
Era certo che Jonghyun non stesse scodinzolando in quel momento, anzi, poteva sentire che era piuttosto all’erta ed agitato.
 
-Ho bisogno di qualcuno che mi ami- sussurrò con voce sempre più assente, come se fosse il suo inconscio a parlare mentre scivolava nel sonno.
 
Kibum ricordò soltanto di essersi addormentato guardando Jonghyun negli occhi.
 
 

--
A/N: ogni volta che rileggo i capitoli prima di postarli, mi chiedo sempre che mi sia passato per la mente mentre li scrivevo un giorno avrò delle belle trame, ve lo prometto TT
 
Siamo quasi alla fine ormai, eh? Però non voglio iniziare già adesso con i discorsi nostalgici, quelli li lascio per l’ultimo aggiornamento della storia XD
 
Quanti di voi pensavano che sarebbe successo qualcosa mentre Key era ubriaco? Nessuno! O magari succede davvero qualcosa solo che sarà nel prossimo capitolo.. boh chi lo sa, non svelo niente =P
 
Detto questo, dovete ammettere che sto migliorando con queste note finali, no? Ok, dico cose senza senso, però almeno non sono più le due righe striminzite dell’inizio XD
 
Oltre al fatto che tra qualche ora esce il nuovo video di GD e per questo potrei sentirmi male, anche per questa volta non ho altro da aggiungere.
 
Ora la smetto se no sto commento diventa più lungo del capitolo ahahah
 
A martedì~

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Capitolo 10
*** 10. ***


Kibum si svegliò qualche ora dopo con un terribile mal di testa e lo stomaco che gli si contorceva. Odiava i postumi della sbornia.
 
La prima cosa che notò era che c’era troppa luce in quella stanza, doveva essersi dimenticato di chiudere le tapparelle la sera prima.
La seconda cosa che notò era che non era solo.
 
Sentendo una presenza accanto a sé, voltò la testa di lato ed aprì gli occhi all’inverosimile quando notò che sotto le lenzuola insieme a lui c’era Jonghyun, profondamente addormentato. Represse l’istinto di urlare con tutto il fiato che poteva avere a quell’ora del mattino e optò per una reazione più tranquilla e civile. Alzò sospettosamente e lentamente il lenzuolo per vedere se fossero vestiti.
 
Tirò un profondo sospiro di sollievo quando vide che tutti i vestiti erano al loro posto.
 
-Perché sei nel mio letto?- chiese Kibum ad alta voce e strattonando il lenzuolo, senza nessun riguardo per il fatto che Jonghyun stesse ancora dormendo così beatamente e facendolo di conseguenza svegliare.
 
Lo vide sbadigliare pigramente e stropicciarsi gli occhi con una mano.
 
-Hey- salutò con voce roca e ancora insonnolita, facendo rabbrividire Kibum.
 
-Ti ho chiesto perché sei nel mio letto- ripeté deciso, deliberatamente ignorando il brivido che l’aveva attraversato solo qualche secondo prima.
 
-Perché mi hai detto tu di restare ieri sera- rispose tranquillamente, girandosi sulla schiena e tendendo i muscoli delle braccia. Kibum trattenne l’impulso di guardarli.
 
-Cosa? Impossibile- Jonghyun lo stava sicuramente prendendo in giro.
 
-Mi hai chiesto di restare perché altrimenti ti saresti sentito solo- continuò Jonghyun a spiegare, mettendosi seduto e passandosi una mano tra i capelli già spettinati e rendendosi in un qualche modo ancora più adorabile allo sguardo dell’altro ragazzo.
 
Kibum continuò a guardarlo sospettoso, gli occhi ridotti a due fessure.
 
-Non prendermi in giro, Jong!- insistette, non ancora del tutto convinto.
 
-Non ti sto prend… ehi aspetta, da quand’è che mi chiami così?- la sua espressione provocatoria fece innervosire Kibum.
 
-Da adesso- replicò sbrigativo con le guance che si stavano arrossando, e fece per alzarsi dal letto.
 
-Dove vai? Resta qui- Jonghyun lo afferrò per un polso.
 
Kibum si girò verso di lui.
 
-Perché?- chiese semplicemente, anche se si stava sentendo il cuore scoppiare. E una parte profonda dentro di sé non aveva nemmeno bisogno di sentire il motivo, perché avrebbe voluto restare così vicino a lui per sempre.
 
Lo agitava il modo in cui gli occhi di Jonghyun stavano osservando attentamente le sue labbra.
 
-È comodo questo letto, sai?- commentò con noncuranza, senza staccare gli occhi da Kibum e mordendosi il labbro inferiore.
 
Lo vedeva avvicinarsi sempre più, poteva sentire il suo respiro sulla pelle. Vedeva i suoi occhi spostarsi dai suoi per poi scendere alla bocca.
 
Kibum deglutì nervoso.
 
All’ultimo momento, quando ormai solo pochi millimetri li separavano ancora e Jonghyun aveva iniziato a reclinare la testa da un lato, Kibum voltò leggermente il viso in modo che le labbra di Jonghyun lo baciassero accanto alla bocca.
 
Jonghyun non mollò la presa sul suo polso, le dita avvolte con leggerezza intorno a lui, senza trattenerlo con forza.
 
-Avrò il mio bacio prima o poi- gli sussurrò ad un orecchio e Kibum rabbrividì, ed era come pietrificato.
 
-Ci vediamo- Jonghyun cambiò improvvisamente tono, come se non avesse appena cercato di baciarlo, come se non avesse dormito per una notte intera nello stesso letto insieme a lui; riassunse la sua solita voce cordiale ed allegra. Si alzò dal letto e se ne andò semplicemente, lasciando Kibum lì, confuso ed incredulo, seduto sul suo letto e con le dita poggiata là dove le labbra di Jonghyun l’avevano appena sfiorato, sentendosi la pelle in fiamme.
 
 
 

-È bello qua, vero?- chiese Kibum pieno di entusiasmo, ammirando il paesaggio dal molo con gli occhi luminosi.
 
-Mozzafiato- confermò Jonghyun, ma i suoi occhi non erano puntati al mare.
 
Kibum si sentì il suo sguardo addosso ed arrossì visibilmente.
 
Dopo quello che era successo quella mattina di qualche giorno prima, o meglio, che non era successo, Jonghyun era tornato a comportarsi normalmente, anche se non si lasciava mai sfuggire un’occasione per flirtare apertamente con lui o fargli dei complimenti e Kibum non poteva certo dire che questo non gli facesse piacere.
 
Si mise a fissare un gruppo di pescatori in equilibrio sugli scogli.
 
-È molto romantico- pensò Jonghyun ad alta voce e Kibum si ritrovò d’accordo con lui. Le barche a vela che galleggiavano in lontananza, il rumore delle onde, il vento che scompigliava i capelli. Era come la scena di un film.
 
-Se fossimo in un film, questo sarebbe il luogo ideale per dichiararsi a qualcuno- disse Kibum, senza attivare il filtro dell’autocontrollo.
 
-Mi stai facendo capire che dovrei dichiararmi a te?- scherzò Jonghyun con un sorriso arrogante sul volto.
 
-Ma manca l’anello e non c’è nemmeno l’atmosfera adatta adesso, non c’è il tramonto, né un falò sulla spiaggia- gli rispose fin troppo serio.
 
-Vedi troppi film- gli rispose.
 
Kibum alzò scherzosamente gli occhi al cielo e si mise a ridere. Sì, era un inguaribile romantico e sì, forse aveva visto troppi film d’amore.
 
-Dai, andiamo giù in spiaggia- gli propose con entusiasmo.
 
-Vuoi fare un falò e dichiararti?- lo prese in giro l’altro ragazzo mentre avevano iniziato a dirigersi verso l’ingresso della spiaggia lì accanto.
 
-Ah. Ah. Mooolto divertente- replicò ironico, e quando si misero a camminare in riva al mare, con le infradito ai piedi e l’acqua fresca che bagnava loro le dita, Kibum gli diede una spinta, cercando di farlo cadere in acqua.
 
Jonghyun perse per un attimo l’equilibrio, barcollando su un piede solo, ma riuscendo poi a rimettersi in piedi.
 
-Yah! Cosa pensi di fare?- gli chiese ridendo e fece finta di dargli una spinta a sua volta.
 
-Kim Jonghyun, ti giuro, se mi fai cadere in acqua…- lo minacciò, parandoglisi davanti e puntandogli un dito contro la spalla.
 
-Cosa mi fai?- gli chiese provocatoriamente, avvicinando pericolosamente il suo viso a quello dell’altro, un sorriso sfrontato dipinto sul volto.
 
Kibum stava cercando la risposta giusta, ma sembrava non riuscire a trovare nulla di adatto in quel momento. Riusciva a malapena a respirare, figurarsi se poteva rispondere a tono. Per sua fortuna, ci pensò Jonghyun a continuare.
 
-Mi trascini con te in acqua? Ti butto subito allora-
 
Kibum sentì il suo stomaco fare un triplo salto mortale all’indietro.
 
-Non ci provare nemmeno. Se mi vuoi, prova a prendermi- e si mise a correre lontano da Jonghyun, perché scappare fu la prima reazione istintiva che ebbe.
 
Gli schizzi d’acqua gli avevano ormai reso fradici i pantaloni, tanto valeva che si facesse buttare in acqua, pensò Kibum.
 
-Yah, dove pensi di andare?- gli urlò Jonghyun, iniziando a correre dietro di lui per cercare di prenderlo.
 
Quando gli fu abbastanza vicino (dopotutto era molto più allenato di lui, non gli fu difficile recuperare terreno), gli si buttò addosso e crollarono entrambi in acqua.
 
-Preso!- esclamò.
 
Sdraiati sulla sabbia, le onde basse si infrangevano contro i loro corpi. Ed era un po’ strano per Kibum trovarsi lì, bloccato da Jonghyun che stava sopra di lui, con le braccia tese ai lati del suo volto e alcune ciocche di capelli che gli solleticavano la fronte.
 
-Pensavi davvero di scapparmi?-
 
E quella vicinanza rendeva Kibum così nervoso, gli occhi di Jonghyun erano così luminosi alla luce del sole, così profondi che non poteva essere salubre fissarli troppo a lungo, ma fortunatamente un’onda più forte delle altre li colpì e il ragazzo si alzò per evitare di affogare, costringendo così Jonghyun a levarsi da lui.
 
-Forse è meglio tornare- disse Kibum una volta in piedi, dopo che Jonghyun gli aveva teso una mano per aiutarlo a rialzarsi.
 
-Se ti lancio un bastone in acqua lo vai a riprendere come fanno tutti i cani?- scherzò Kibum, alleviando la tensione che si era creata ancora una volta tra loro.
 
Jonghyun gonfiò le guance fingendosi offeso e Kibum si mise a ridere, seguito poco dopo dall’altro.
 
Con i vestiti fradici e i capelli appiattiti dall’acqua, ripercorsero il tratto di spiaggia sul quale avevano corso poco prima, entrambi con un’espressione rilassata sul volto.
 
Kibum riusciva a vedere la coda immaginaria di Jonghyun che scodinzolava senza sosta.
 
 
 
--
A/N: non so con che coraggio continuo a pubblicare questa storia ahahah ma facciamo finta che ne sia soddisfatta, è meglio
 
Si baceranno o non si baceranno prima o poi? smettila di scappare Kibum, che mezzo mondo vorrebbe stare al posto tuo =P
 
Venerdì ci sarà l’ultimo capitolo e probabilmente la settimana dopo posterò una specie di capitolo extra. Vediamo, perché devo ancora finire di sistemarlo per bene, quindi al momento non vi assicuro niente.
 
Anche per questa volta è tutto, spero vi sia piaciuto TT
 
A venerdì =)

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Capitolo 11
*** 11. ***


Kibum era tornato sulla spiaggia. Era ormai diventata una sua abitudine quando voleva pensare e lì, nel tratto vicino al molo, accanto agli scogli, non c’era mai nessuno che lo potesse disturbare. Era il luogo ideale.

 Aveva rivisto Minho qualche giorno prima, era in compagnia di un ragazzo che non aveva mai visto in precedenza. Non gli aveva fatto nessun effetto. Gli era passata ormai, era guarito, era un capitolo chiuso. Anche l’astio che aveva provato nei suoi confronti si era attenuato; certo, non sarebbero tornati amici, ma almeno non si sentiva più spezzare il cuore in due al solo pensiero.
 
Non sapeva se anche Minho l’avesse notato, ma Kibum fece finta di niente quando lo aveva incontrato in una via del centro. Gli era passata, sì, ma non gli andava comunque di salutarlo o di lasciare che i loro sguardi si incrociassero. Aveva quasi paura che attraverso i suoi occhi, avrebbe potuto rivivere troppe cose del passato e non voleva rischiare in un alcun modo.
 
Il tempo l’aveva guarito, l’aveva fatto stare meglio e le sue ferite si erano rimarginate. Kibum era speranzoso, era sulla buona strada per andare avanti a testa alta, e mentre pensava a questo, il volto di Jonghyun comparve nella sua mente e sorrise sereno. Quel ragazzo era una delle ragioni per cui era tornato a sorridere.
 
 

 
-Sapevo che ti avrei trovato qui-
 
Kibum si girò verso la voce di Jonghyun, senza spaventarsi, era come se in qualche modo se l’aspettasse, come se la sua presenza fosse ormai diventata una costante nella sua vita. Ormai, dopo tutto il tempo che avevano trascorso insieme, si era abituato alla sua figura, alla sua voce.
 
Si sedette accanto a lui, in silenzio. Kibum piegò le ginocchia al petto, stringendovi intorno le braccia e, senza pensarci, come se fosse un gesto naturale, come se l’avesse fatto da sempre, appoggiò la testa contro lo spalla di Jonghyun, continuando a guardare verso l’orizzonte.
 
L’altro ragazzo non gli fece domande, lo lasciò fare e, chiedendosi se avesse il permesso di farlo, appoggiò a sua volta la propria testa su quella di Kibum.
 
-Ho visto Minho due giorni fa- iniziò il biondo, interrompendo il silenzio.
 
Jonghyun raddrizzò la testa e l’ascoltò interessato, forse preoccupato.
 
-Non mi ha fatto nessun effetto. Non ci sto più male, ormai mi è passata. Non ha senso continuare a restare ancorati al passato, no?-
 
Jonghyun sorrise, anche se Kibum non poteva vederlo, avendo ancora una guancia poggiata alla sua spalla.
 
-Ecco, questo è il Kibum che mi piace!- commentò allegro, lieto che l’amico stesse lentamente recuperando la felicità e la serenità che da troppo tempo aveva perso.
 
Il ragazzo sollevò la testa dalla sua spalla e si voltò verso di lui.
 
-Ti piaccio?- chiese semplicemente, e nemmeno lui sapeva dire se fosse una domanda seria o più una provocazione, un modo per scherzare come facevano sempre.
 
-Da morire-
 
Kibum distolse lo sguardo, sorridendo imbarazzato.
 
-Hey- con le dita poggiate sulle sue guance, Jonghyun gli fece voltare il viso verso di lui.
 
Percorreva il profilo del suo volto e Kibum si sentiva tremare. Si sentiva tremare perché era da tanto tempo che non si sentiva così, che non sentiva quei brividi sulla pelle in quel modo. Gli mancavano quelle sensazioni.
 
Jonghyun seguì con il pollice il contorno delle sue labbra, poi gli si fece più vicino.
 
-E lo so che non c’è un anello e manca il falò sulla spiaggia, però c’è il tramonto e ci siamo noi. Dovrebbe bastare questo-
 
Kibum era certo che si sarebbe potuto commuovere dall’emozione; sempre se riusciva a rimanere in vita, perché dal modo in cui si stava sentendo scoppiare il petto, aveva la sensazione che sarebbe morto prima.
 
-…ma se non ti basta, posso accendere un fuoco anche se non l’ho mai fatto in tutta la mia vita e non saprei da dove cominciare, e posso andare a comprarti uno di quegli anelli che vendono alle bancarelle che ci sono in strada, se ci tieni-
 
-Non ce n’è bisogno- gli rispose con un sussurro, con il cuore che batteva in gola, non riuscendo a credere che stesse succedendo davvero.
 
-Ti posso baciare questa volta?- la voce contro il suo orecchio e la mano avvolta dietro al suo collo lo fecero tremare -O ti sposterai come l’altra volta?-
 
-Non mi sposterò- gli rispose sicuro, a voce bassa, perché i loro volti erano così vicini che non era necessario parlare più forte.
 
-Era quello che volevo sentire- e i loro nasi ormai si sfioravano.
 
Il ragazzo sorrise ancora una volta mentre chiudeva gli occhi, poteva già avvertire il calore che si emanava da Jonghyun.
 
Nei secondi che seguirono, Kibum provò tutte le emozioni esistenti: gioia, nervosismo, agitazione, commozione, felicità. Si sentiva esplodere il cuore nel petto e le sue mani tremavano senza controllo, non riusciva a tenerle ferme.
 
Con le guance che sentiva in fiamme, inclinò la testa dalla parte opposta rispetto a quella di Jonghyun e mantenne il contatto visivo sino a quando non gli si incrociarono gli occhi per la vicinanza e furono entrambi costretti a chiuderli.
 
Kibum sentì una morsa allo stomaco quando il respiro di Jonghyun lo colpì sul labbro superiore; da quant’era che non si sentiva più così agitato?
 
Sentiva il suo cuore battere sempre di più, sempre di più.
 
E finalmente le loro labbra si sfiorarono.
 
Era come se il tempo si fosse fermato.
 
Kibum si era accorto a malapena di quello che stava succedendo, il suo intero sistema si era spento del tutto perché le dita di Jonghyun sul suo volto e le loro labbra unite lo avevano mandato in corto circuito.
 
Si sentiva solleticare la pelle lì dove l’altro aveva la mano e si sentì pervadere dal calore, ed era incredibile; non poteva desiderare di meglio.
 
Quel contatto durò solo pochi secondi, e Kibum era certo che se fosse durato di più non sarebbe sopravvissuto perché aveva provato troppe sensazioni insieme.
 
Quando si separarono, Jonghyun mantenne il suo viso vicino al suo, strofinando la punta del naso contro quella di Kibum ed ispirando il suo profumo.
 
Si guardarono negli occhi e sorrisero insieme.
 
Fu Kibum ad unire di nuovo le loro labbra, intrecciando le mani dietro il collo dell’altro.
 
Il moro inclinò maggiormente il volto, schiudendo di poco le labbra per accarezzare meglio quelle di Kibum.
 
Assaporarono ogni secondo di quel bacio innocente, imprimendone nella mente ogni attimo, perché era il loro primo bacio ed erano travolti dalle emozioni.
 
Kibum si accorse che stava trattenendo il respiro solo quando si sentì girare lievemente la testa, ma non aveva intenzione di smettere di baciarlo.
 
Fu percorso da brividi lungo tutto il corpo quando una mano di Jonghyun iniziò ad accarezzargli i capelli con dolcezza, mentre le loro labbra erano ancora unite in un leggero sfioramento.
 
Entrambi avevano gli occhi chiusi e muovevano le labbra l’uno contro l’altro, lentamente, languidamente, registrando ogni sensazione.
 
Sembrava così naturale baciarsi, come se l’avessero fatto per una vita intera. E non importava se di tanto in tanto i loro nasi si scontravano o se finivano per inclinare il viso dallo stesso lato, perché tutto era assolutamente perfetto.
 
La vita di Key si adattava così bene sotto le mani di Jonghyun, e il pollice che gli accarezzava piano una guancia gli stava facendo provare la più fantastica delle sensazioni.
 
Stavano sorridendo nel bacio.
 
Sembrava tutto così naturale.
 
 
Era tutto quello che aveva sognato.
 
In quel momento ogni cosa gli sembrò perfetta: le dita di Jonghyun intorno alla sua vita, le loro labbra che si muovevano all’unisono creando una melodia perfetta, il rumore delle onde in sottofondo e i colori del tramonto che li circondavano.
 
Serenità. Tutto ciò di cui aveva sempre avuto bisogno.
 
Anche Kibum aveva avuto il suo lieto fine.
 
 
--
A/N: siamo davvero arrivati alla fine eh… non mi sembra vero. E per quanto mi sia lamentata ogni singola volta che più pubblicavo e più ero insoddisfatta dei capitoli, ovviamente mi sono affezionata alla storia, non fosse altro che è stata la mia prima long, quindi mi dispiace davvero che sia finita.
 
Vorrei ringraziare le persone che hanno letto e recensito, e non è una frase fatta, fidatevi. Davvero, grazie a tutti per aver seguito questa storia e anche a voi lettori silenziosi, perché lo so che ci siete non nascondetevi =P
 
Per smetterla con questi miei sentimentalismi, spero davvero che vi sia piaciuto l’ultimo capitolo e come vi avevo detto all’inizio, non avevo tante aspettative a riguardo, perché era solo un modo per vedere se ero capace di gestire storie che andavano oltre le one-shot. Vi avevo avvisato che la trama era stra ovvia, che non c’erano chissà quali colpi di scena e che praticamente già dal primo capitolo, potevate capire come sarebbe andata a finire. La verità è che mi piacciono gli happy ending, quindi non aspettatevi che faccia finire male qualcosa ahahah.
 
 Quindi insomma, leggere alcuni dei vostri commenti, mi ha davvero resa contenta, perché vuol dire che allora non ho scritto solo schifezze.
 
E ok, non so che altro dire.. ah, un grazie anche alle persone che hanno deciso di seguirmi su tumblr e che leggendo le mie tag avranno perso ogni stima (?) che avevano per me.
 
Martedì prossimo ci sarà un piccolo extra, diciamo che sarà una specie di riassuntino della storia dal punto di vista di Minho, ma vi spiegherò meglio la prossima volta, non voglio togliere la suspense (?)
 
A settimana prossima allora =)

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Capitolo 12
*** extra ***


Minho si guardò allo specchio, passandosi le mani sul volto, stanco. Si rinfrescò con un po’ di acqua fresca, quasi come se volesse lavarsi la coscienza che sentiva sporcarsi ogni giorno di più.
 
Sapeva che non stava facendo la cosa giusta, sapeva che non era corretto il modo in cui si stava comportando da due mesi a quella parte, eppure non poteva farne a meno. Perché anche se continuava a tenere a Kibum, anche se non aveva alcuna intenzione di farlo soffrire, si era spento qualcosa tra di loro. O meglio, per Minho si era spento, perché quando guardava l’altro, quando veniva abbracciato o baciato, sapeva che Kibum provava le stesse emozioni del primo giorno, come se il tempo non fosse mai passato tra loro. E a Minho dispiaceva, voleva poter far qualcosa per sistemare la situazione, ma non ne aveva la forza, semplicemente perché non riusciva a troncare quella relazione che aveva intrapreso con quella ragazza conosciuta ad un bar dopo il lavoro. Anche se, relazione era forse una parola un po’ esagerata. Non c’erano sentimenti, né da una parte né dall’altra; era come se fosse un semplice passatempo per entrambi, per sfogare la noia e la routine di tutti i giorni.
 
Guardò di nuovo il suo volto allo specchio perché si sentiva un codardo. Non aveva nemmeno il coraggio di confessare a Kibum quello che aveva fatto; non perché avesse paura di essere lasciato, ormai non provava più amore, ma più perché quella era ormai la sua vita. Gli sarebbe sembrato strano svegliarsi da solo la mattina o doversi preparare la cena. Era sempre stato Kibum a prendersi cura della casa e di lui. Non sapeva nemmeno come si faceva una lavatrice.
 
Sì, ormai stava con lui solo per abitudine, perché era troppo difficile lasciarsi un anno della propria vita alle spalle, cancellarlo come se non fosse mai successo e ricominciare tutto da capo. Troppa fatica. Ormai aveva raggiunto un certo equilibrio e non voleva interromperlo.
 
Avrebbe imparato a convivere con la coscienza sporca, ne era sicuro.
 
Sentì suonare il campanello di casa per due volte di seguito. Sapeva chi c’era al di là della porta.
 
Con passo deciso andò all’ingresso e non fece in tempo ad aprire che la ragazza gli saltò subito addosso. Non gli diede fastidio, ormai era abituato alla foga dei loro incontri.
 
Con le loro bocche incollate e le mani già avvinghiate sui loro corpi, Minho ebbe a malapena il tempo di richiudere la porta con un piede, che avevano già percorso mezzo corridoio senza allontanarsi l’uno dall’altro nemmeno per respirare.
 
Il ragazzo si fermò per un istante, facendola appoggiare contro una parete e riprendendo subito a baciarle il collo con ardore.
 
-Dai, oppa, andiamo in camera- cinguettò e Minho era certo che se non avesse avuto quel corpo mozzafiato, non ci avrebbe pensato due volte a non vederla più, perché la sua voce lo irritava.
 
La ragazza lo precedette nella camera, sdraiandosi sul letto con una certa familiarità nonostante fosse solo la seconda volta che mettesse piede in quella casa.
 
Minho chiuse subito la porta e, senza sprecare tempo, si sfilò immediatamente la maglietta, gettandola sulla sedia su cui erano aggrovigliati altri vestiti. Salì anch’egli sul letto, avvicinandosi e mettendosi sopra di lei, le loro lingue di nuove intrecciate.
 
Le mani piccole e delicate della ragazza, il cui nome era Hyojin, si strinsero dietro la sua schiena, traendolo a sé, mentre le mani di lui scorsero sul suo corpo, andando a raggiungere l’orlo del leggero e corto vestito che indossava, iniziando a sollevarglielo, lasciando che le dita indugiassero sulla sua pelle vellutata.
 
Non portava alcuna biancheria e Minho sapeva che l’aveva fatto di proposito perché era una cosa che lo faceva impazzire e le sorrise complice, baciandola ancora una volta.
 
Continuò a baciarla e ad accarezzarla per qualche minuto, sapendo quanto lei adorasse avere le sue mani possenti sul corpo; ma poi si scambiarono i ruoli: la ragazza lo fece sdraiare sulla schiena e si mise sopra di lui.
 
Gli accarezzò il torace con le labbra e Minho poteva capire quanto fosse eccitata quel giorno solo dal modo in cui l’aveva già spogliato del tutto, senza indugiare nemmeno per un secondo.
 
Gli prese subito l’eccitazione tra le labbra, succhiando e leccando come se non ne avesse mai abbastanza e il ragazzo non poteva trattenersi dal gemere appagato.
 
-Dio, sei così brava, ah, non fermarti- ansimò senza fiato.
 
Ma non gli diede ascolto e si allontanò da lui, perché le piaceva provocarlo e non fare mai nulla di quello che le diceva, solo perché così…
 
-Adesso vedi quello che ti faccio- le disse con voce roca, imprigionandola sotto il suo corpo e afferrandole i polsi con le mani.
 
-Ahahah, dai oppa, smettila~- trillò ridendo, lasciando intendere che voleva l’esatto contrario.
 
Gemettero ancora una volta quando Minho entrò in lei, perché era quello il momento che stavano aspettando fin dall’inizio, sin da quando Hyojin era entrata in casa.
 
La ragazza strinse le mani intorno al suo corpo possente, mentre lui aveva teso le braccia ai lati del suo volto per sostenersi mentre si muoveva.
 
I capelli davanti agli occhi gli impedivano di vederla completamente, alcune gocce di sudore gli scorrevano sul volto e il suono del suo cuore che batteva per la fatica era tutto ciò che riusciva a sentire.
 
Poi d’un tratto la sentì urlare, e non gli sembrava un grido di piacere, anzi, gli era sembrata piuttosto spaventata.
 
-Cos…- chiese confuso e girò il volto da una parte per vedere quale fosse il motivo della sua agitazione.
 
Non poteva credere a quello che aveva davanti agli occhi.
 
Kibum.
 
Sulla soglia della porta, con il volto pallido.
 
Non se l’aspettava minimamente, e la sua espressione sorpresa doveva lasciarlo intuire con facilità. Ma non era solo sorpreso, era anche spaventato. Spaventato perché era stato scoperto, perché avrebbe dovuto fare i conti con lui prima o poi e gli avrebbe dovuto delle spiegazioni.
 
Si sentì uno schifo in quel momento, perché l’espressione di Kibum gli fece capire quale grande errore aveva commesso.
 
-Kibum, io pos…-
 
-..spiegarmi tutto? No, grazie, risparmiamelo- lo interruppe subito girandosi come a voler lasciare la stanza.
 
-Aspetta!- lo richiamò, alzandosi e cercando di infilarsi i boxer.
 
-Conosco la strada, continua ad intrattenerti con quella troia- replicò freddamente e Minho notò il disgusto nei suoi occhi quando guardò la ragazza che si era nascosta imbarazzata sotto il lenzuolo.
 
-Tanto ho notato che vi stavate divertendo- aggiunse, richiudendo la porta con forza.
 
Si passò frustrato una mano tra i capelli perché essere scoperto era l’ultima cosa che voleva.
 
Si sedette sul bordo del letto, nascondendo il volto tra le mani e massaggiandosi frustrato la fronte.
 
Non avrebbe mai dovuto iniziare questa storia con Hyojin, avrebbe dovuto risolvere la situazione con Kibum e parlare di come si sentisse; oppure avrebbe dovuto trovare il coraggio di lasciarlo se non provava più quello che provava all’inizio. Avrebbe dovuto, ma non l’aveva fatto.
 
Rimpianse quella sera che aveva deciso di entrare in quel bar per un veloce aperitivo dopo il lavoro, rimpianse di aver dato subito confidenza a quella ragazza che gli si era avvicinata sfrontata, invadendo il suo spazio personale e lasciandogli il suo numero di telefono, rimpianse di averla chiamata e di aver accettato di incontrarla. Rimpiangeva troppe cose, ma ormai il danno era stato fatto.
 
Sentì muoversi il materasso, mentre la ragazza si stava avvicinando a lui per morsicargli giocosamente un orecchio.
 
-Non ora, Hyojin, non ora- le disse forse un po’ troppo bruscamente, ma doveva pur capire che in quel momento non era certo dell’umore più adatto per continuare quello che avevano iniziato.
 
Ma probabilmente non se ne rese conto e, indignata, si rivestì velocemente.
 
-Scusa, non volevo, è che…- cercò di rimediare, ma ormai aveva lasciato la stanza e, qualche secondo più tardi, sentì che anche lei aveva lasciato l’appartamento.
 
Era rimasto solo.
 
-Fanculo anche a te- esclamò con rabbia, anche se sapeva che non poteva sentirlo.
 
Aveva rovinato tutto, ma forse, anzi, ne era certo, se l’era meritato.
 
E ormai sapeva che non era più innamorato di Kibum, ogni volta che si baciavano o che erano a letto insieme, si comportava in modo automatico, senza che i suoi gesti volessero esprimere qualcosa di più; era diventato tutto semplice routine.
 
Ma era difficile rinunciare alla routine ed era questo ciò che gli dispiaceva di più della fine del rapporto.  E l’essere consapevole di questo lo disgustava molto in realtà, ma non poteva farci niente. Non poteva costringersi a tenere a qualcuno se non lo voleva davvero.
 
Si alzò dal letto e si andò a fare una doccia, sperando che lo facesse riflettere e rilassare e più passavano i minuti, più si sentiva uno stronzo per il modo in cui si era comportato. Non aveva nemmeno avuto la decenza di incontrarla in un altro posto, l’aveva portata a casa, ancora una volta.
 
Si chiese come stesse Kibum in quel momento, se stesse piangendo o se fosse talmente arrabbiato e deluso da non riuscire ad esprimere le sue emozioni.
 
Si legò un asciugamano in vita ed andò in cucina, quando era nervoso gli veniva sempre una certa fame. Stava per aprire il frigorifero quando la sua attenzione venne catturata da un biglietto caduto per terra. Sembrava uno di quei biglietti di auguri che si mandano per celebrare qualche occasione speciale. Incuriosito, lo raccolse e lesse la frase che era stata scritta a mano. Riconobbe la grafia di Kibum.
 
Buon anniversario, amore mio ^3^ So di non essere il fidanzato perfetto, ma spero che questo sia il primo di tanti anni che passeremo insieme! Spero ti piaccia la sorpresa che ho preparato per te~ㅋㅋㅋㅋ

Con amore,
Kibum

 
Poteva una semplice frase farlo sentire come si stava sentendo in quel momento? Non solo l’aveva tradito, ma si era pure fatto scoprire il giorno del loro anniversario. Ci poteva essere qualcosa di peggio? Si era completamente scordato di quella data così importante. Kibum no, invece. Quel biglietto ne era la prova. Capiva, dal modo ordinato ed elegante in cui era scritto e dai numerosi cuoricini che decoravano il foglio, la cura e l’amore che vi aveva dedicato.
 
Spero ti piaccia la sorpresa che ho preparato per te. Gli aveva persino preparato una sorpresa, e lui, lui cosa aveva fatto? Sì, anche lui gli aveva riservato una sorpresa, ma non era certamente quello che si aspettava. Ecco perché era tornato a casa prima quel giorno allora, doveva preparare qualcosa per festeggiare l’anniversario.
 
Avrebbe voluto picchiarsi da solo. Perché non l’amava più? Perché non era stato in grado di far tornare le cose com’erano prima? Come aveva potuto farsi lasciare sfuggire qualcuno come lui?
 
Forse non c’erano spiegazioni: quando l’amore finisce, non c’è modo di riaccenderlo.
 
Non avrebbe dovuto lasciarlo andare via prima, sarebbe dovuto corrergli dietro e andare a cercarlo, era certo che fosse in spiaggia, andava sempre lì quando voleva passare del tempo con se stesso. Eppure, non poteva obbligarsi a provare qualcosa che non sentiva più. Avrebbe solamente mentito ad entrambi se fosse andato a cercarlo, ed era stanco di mentire.
 
 


Il giorno seguente, Minho si svegliò tardi, non aveva voglia di fare nulla e gli sembrò strano non trovare l’altro ragazzo accanto a sé.
 
Si infilò velocemente una maglietta grigia, non preoccupandosi di spettinare i capelli ed andò in cucina per prepararsi un panino.
 
Fu colto di sorpresa quando sentì il rumore delle chiavi infilarsi nella serratura della porta e vide poi Kibum nell’ingresso dell’appartamento. Forse aveva sperato che tornasse, forse no, ma non sapeva come reagire.
 
Il ragazzo scomparve immediatamente dalla sua vista, probabilmente stava andando in camera. Decise di non seguirlo subito, voleva dargli i suoi tempi, ma non resistette a lungo e qualche minuto dopo lo raggiunse.
 
-Kibum…- iniziò esitante, senza sapere cosa volesse dire davvero.
 
-Non ho niente da dirti-
 
-Volevo dirti che mi dispiace e…- Minho deglutì con difficoltà.
 
-Non me ne faccio nulla delle tue scuse, dovevi pensarci prima. Ora lasciami stare, sono impegnato- rimase sconcertato nel sentire la sua voce, non l’aveva mai sentita così fredda e distaccata.
 
-Fai le valigie?-
 
Vide Kibum girarsi verso di lui e quasi non riusciva a sostenere il suo sguardo. Era certo che la sua mente fosse attraversata da un’infinità di pensieri in quel momento, ma la sua risposta fu semplice.
 
-Sì-
 
Non poteva certo biasimarlo per la sua decisione; dopotutto, era stata colpa sua, no?
 
Rimase ad osservarlo in silenzio mentre sistemava le ultime cose, alzandosi e lasciando l’appartamento senza dire altro, come se Minho fosse improvvisamente diventato invisibile, come se non meritasse nemmeno di essere guardato.
 
 
Minho non aveva avuto più notizie di Hyojin, non che gli interessasse più di tanto poi, l’aveva saputo sin dall’inizio che era stata solo un semplice passatempo.
 
Sapeva che Kibum era tornato più volte nel suo appartamento, perché, settimana dopo settimana, erano rimasti solo i suoi oggetti e i suoi abiti in casa; l’altro aveva portato via tutto. Non sapeva se ritenersi fortunato o no nel non averlo incontrato, non sapeva come avrebbe reagito a rivederlo di nuovo o come si sarebbe comportato.
 
 


Ritornando dal lavoro un pomeriggio, quasi si spaventò nel vedere le luci dell’appartamento accese, ma poi pensò che potesse esserci Kibum e quindi non aveva alcun motivo di preoccuparsi.
 
Andò verso la loro vecchia camera da letto, attirato dai rumori che sentiva provenire da quel luogo.
 
-Ho visto le luci accese, ho pensato ci fosse qualcuno- disse sulla soglia della porta.
 
-Ci sono io infatti- gli rispose con freddezza, ma Minho quasi non sentì la sua risposta. La sua attenzione era stata catturata da un’altra persona che era presente in quella stanza. Non sapeva chi fosse, non l’aveva mai visto prima.
 
-E questo chi è? È il tuo nuovo fidanzato?- domandò quasi con disgusto, perché semplicemente non accettava l’idea che Kibum l’avesse messo da parte. Non ne sapeva il motivo in realtà, dopotutto era lui che l’aveva tradito quando stavano ancora insieme.
 
-Queste non sono cose che ti riguardano-
 
E aveva ragione Kibum; con quale coraggio aveva potuto fargli una domanda del genere?
 
Decise di rimanere lì, in silenzio, a scrutare ogni loro singola mossa. Non sapeva cosa stessero cercando, e ovviamente non poteva chiederlo, perché sapeva come gli avrebbe risposto Kibum, ma non aveva alcuna intenzione di lasciarli lì da soli.
 
-Sono queste Kibum?- chiese il ragazzo sconosciuto, passando all’altro delle foto che ricordava fin troppo bene, non sapeva quante volte gliele aveva mostrate.
 
-Sì, sono queste. Grazie- vide Kibum sorridergli -Andiamo ora, non ho più niente da fare qui- aggiunse con tono di nuovo freddo mentre gli passava davanti senza rivolgerli nemmeno uno sguardo.
 
Prima che potesse lasciare l’appartamento, decise di parlargli ancora una volta.
 
-Non mi saluti nemmeno?-
 
-Mi stai prendendo in giro? Ti aspetti anche che ti saluti? Non ti meriti proprio niente- quell’espressione gelida di Kibum lo fece rabbrividire.
 
-Perché non cerchiamo di sistemare le cose, invece?- gli propose, e, nel momento stesso in cui pronunciò quelle parole, si chiese il motivo di quella domanda. Perché voleva aggiustare le cose se era finito l’amore? Nostalgia del passato, forse?
 
-Non sono io quello che si è scopato una troia il giorno del nostro anniversario. Potevi pensarci prima se davvero ci tenevi. Non ho altro da aggiungere- sentenziò con tono che non ammetteva altre repliche. -Andiamo- aggiunse, intrecciando le dita delle mani con quelle dello sconosciuto e il gesto gli diede particolarmente fastidio.
 
-Ti sei già ripreso, vedo- gli disse acidamente.
 
-Non ho intenzione di rovinare la mia vita per colpa tua-
 
Furono le ultime parole che sentì pronunciare da Kibum, prima che rimanesse solo davanti alla porta richiusa di casa.
 
 


Aveva visto Kibum un pomeriggio mentre passeggiava per le vie del centro e si era ritrovato a fare finta di niente, stringendo più forte il braccio intorno all’esile corpo del ragazzo che aveva al suo fianco.
 
Taemin era arrivato da poco nell’ufficio in cui lavorava; era decisamente più piccolo di lui e i tratti del suo volto erano molto dolci e femminili.
 
Poteva dire che era stato quasi come un colpo di fulmine: dal primo momento in cui l’aveva visto, si era sentito incredibilmente attratto a lui e quell’attrazione era stata reciproca fin da subito, al punto che avevano iniziato a frequentarsi dopo poco tempo.
 
Il loro rapporto era poi cresciuto con naturalezza e gradualità. Gli piaceva il modo in cui sorrideva timidamente quando gli faceva un complimento o lo teneva per mano. Quel ragazzo era così prezioso che per nessuna ragione al mondo avrebbe commesso lo stesso sbaglio per una seconda volta.
 
Non gli aveva raccontato nulla di ciò che era successo e forse non l’avrebbe mai fatto.
 
Minho fece finta di niente durante quel rapido e casuale incontro, perché non gli andava che i loro occhi si incrociassero, non voleva vedere se poteva ancora leggere nello sguardo di Kibum la delusione che provava nei suoi confronti. Non l’avrebbe sopportato. Preferiva non sapere e ricominciare una nuova vita senza altri legami con il passato.
 
Forse, chissà, in futuro, si sarebbero parlati di nuovo e, superati tutti i rancori avrebbero potuto ritornare amici. Minho non voleva escludere quella possibilità. Perché nonostante l’amore fosse ormai passato, nonostante avessero intrapreso entrambi delle nuove vite, aveva davvero tenuto a lui in passato, per molti mesi era stato realmente innamorato e aveva sentito il cuore palpitare quando stava con lui; ma se un qualcosa si era spento, non aveva alcun potere di riattivarlo.
 
Guardò Kibum con la coda dell’occhio, augurandosi che potesse trovare la sua felicità. Strinse più forte le dita intorno a Taemin e gli si fece più vicino, continuando a camminare senza voltarsi.
 
Il grande sorriso radioso del ragazzo che aveva accanto lo distolse da quei pensieri, cancellandoli all’istante e Minho sorrise di rimando, sentendosi invaso dalla serenità.
 
Gli passò affettuoso una mano tra i capelli e lo strinse più vicino a sé.
 
Quella parte della sua vita si era conclusa, e anche se la fine non era stata delle migliori, anche se in un modo o nell’altro, avevano sofferto entrambi, ormai era passata e bisognava guardare avanti. E Minho si stava impegnando con tutto se stesso per iniziare a scrivere un capitolo nuovo.
 
 
 
--
A/N: non avevo idea di che giorno fosse, poi ho letto per caso che era martedì e ho urlato “devo postare l’ultima parte!!” ahahah
 
Ecco qua come promesso il capitolo conclusivo con la storia raccontata dalla parte di Minho. All’inizio non avevo programmato di scriverla, l’idea è stata di Lee Fei Taemin e poi ho pensato che in effetti sarebbe stato carino (?) spiegare un po’ le motivazioni di Minho, quindi ringraziate lei XD
 
Non so se ora lo apprezzate di più o se invece continuate ad odiarlo come prima, spero almeno di aver fatto chiarezza su alcuni punti se magari avevate dubbi
 
Bene, questa volta è davvero l’ultimo aggiornamento TT Non so se piangere o festeggiare per aver concluso la mia prima long ahaha
 
Tornerò con altre oneshot appena finisco gli ultimi esami che mi mancano.. a presto!! (^___^)/

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