The course of destiny

di Kekkafox
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Ero appena sceso dal treno e già mi sembrava tutto diverso. Si respirava un’aria diversa. C’erano migliaia di persone che si salutavano e che si abbracciavano. Io, un po’, ero sollevato dal fatto che non ci fosse nessuno ad accogliermi. Volevo gettarmi il mio passato alle spalle e nulla mi avrebbe più fermato.

Uscii dalla stazione e l’aria di New York mi travolse. C’era moltissima gente che camminava sui marciapiedi e tantissimi taxi che passavano sulle strade. In Ohio non c’erano mai stati così tanti taxi.

Mi lasciai trasportare dall’istinto sulle strade di New York. Non sapevo dove andare. Non avevo un alloggio, né un posto dove lavorare. Avevo qualche soldo che avevo conservato per quel momento da tutta la vita.

Camminai tra quelle strade, trascinando dietro di me il mio trolley. Osservavo tutto ciò che c’era di nuovo in quella città. Mi accorsi che nessuno guardava l’altro. Nessuno si lasciava distrarre dalle altre persone che gli passavano davanti.

Io, invece, osservavo chiunque. C’erano persone di tutti i tipi. Sembravano tutte persone come altre, ma si poteva leggere la loro storia, solo guardandoli negli occhi. La persona che più mi attirò fu una ragazza con dei capelli rosa e un piercing al naso. Era l’unica che mi aveva guardato sul serio e mi accorsi che aveva anche lei una valigia.

Camminai senza meta, per quasi tutta la mattinata. Quando arrivò ora di pranzo, però, dovetti fermarmi. Avevo una fame da lupi ed era dalla sera che prima che non gettavo qualcosa nel mio stomaco.

Mi fermai in un piccolo bar, lì vicino. Entrai facendo risuonare il campanello sulla porta. Era un vecchio bar. C’erano molte persone e si sentiva un chiacchiericcio in sottofondo. Aveva pochi tavoli, ma parecchi erano già stati occupati.

Sembrava carino. Non era grande quanto il Lima Bean, ma sembrava accogliente. C’erano dei tavoli rotondi disposti nella stanza. Di fronte alla porta d’entrata c’era un bancone di legno, non molto lungo. Dietro il bancone c’era un ragazzo. Aveva dei profondi occhi azzurri e dei capelli biondi molto appariscenti.

- Salve. – dissi io, imbarazzato. Il ragazzo mi offrì uno sguardo cordiale e mi sorrise. Dovevo ammettere che era molto carino e sembrava anche molto giovane.

- Cosa posso darle? – mi chiese, con il sorriso ancora stampato sul volto.

Guardai un po’ alle sue spalle. C’erano bottiglie di drink di tutti i tipi. Alla sua sinistra c’era la macchina per il caffè, mentre alla sua destra, sul bancone, c’erano degli stuzzichini.

- Un cappuccino medio e qualcosa da mangiare. Scelga lei, basta che ci sia della cioccolata. – risposi con un sorriso. Lui annuì e attraversò la porta, entrando nella stanza non molto lontana da lui. Diedi un’occhiata in giro, mangiucchiando qualche stuzzichino. Non c’era nessuna persona interessante.

- Sono tre dollari e cinquanta. – mi disse il ragazzo, spuntando alle mie spalle. Sobbalzai e mi voltai verso di lui. Annuii e presi il portafogli, per prendere i soldi. Nel frattempo, il ragazzo mi aveva messo sul bancone il cappuccino e un croissant al cioccolato.

- Tenga il resto. – gli dissi, porgendogli la banconota da cinque dollari. Il ragazzo mi sorrise e prese i soldi, mente io presi la mia ordinazione. Presi il trolley, che avevo appoggiato al bancone e andai a sedermi in uno dei posti liberi. In effetti, ero un po’ stanco.

Mi guardai intorno e vidi che ormai erano finiti tutti i posti. Diedi un morso al croissant. Era buono. Quella non sembrava vera e propria cioccolata. Aveva più il sapore… della Nutella! Certo, come avevo fatto a non capirlo. Era così evidente.

Sentii il pezzo di croissant scendere lungo il mio esofago e un senso di sollievo si espanse sul mio corpo. Non sopportavo l’idea di non mangiare per troppo tempo e, poi, quella Nutella non poteva non farmi bene.

Senza accorgermene, avevo già finito il mio “pasto”. Era stato delizioso, anche se troppo breve. Feci un sorso del mio cappuccino e fissai lo sguardo su una ragazza, non molto lontana dal mio tavolo, dai lunghi capelli scuri. Era al tavolo, con un’altra ragazza dai capelli biondi e gli occhi azzurri.

Il mio sguardo si spostò sulla porta, da dove era entrato un ragazzo che aveva fatto un cenno di saluto al ragazzo del bar. Forse, si conoscevano. Si guardò intorno. Sembrava molto stanco. Riuscivo a vederlo solo di profilo, ma già mi sembrava molto carino. Aveva i capelli di un marrone molto chiaro, quasi biondo.

- Sam, hai finito tutti i posti? Io non vedevo l’ora di sedermi un po’. – esordì, accasciandosi sul bancone. La scena mi fece ridacchiare. Il ragazzo al bancone, Sam, lo guardò con uno sguardo dispiaciuto e gli diede una pacca sulla schiena.

Io guardai il mio cappuccino. Era quasi finito. Forse, potevo vedere il posto a quel ragazzo, che sembrava avesse bisogno urgentemente di un posto dove sedere.

Mi alzai e mi avvicinai al ragazzo.

- Io stavo per andare via. Se vuole, può sedersi al mio posto. – gli dissi, con un sorriso stampato in faccia. Lui si alzò dalla strana posizione con cui si era accasciato sul bancone e mi guardò. Aveva degli occhi bellissimi. Sembravano azzurri, ma avevano anche una sfumatura di verde e forse, anche qualche sfumatura di grigio.

- Davvero lo farebbe? – mi chiese, con gli occhi pieni di speranza. Il mio sorriso si allargò ancora di più e annuii.

- Certo. Lei sembra molto più stanco di me. – gli dissi io e lui quasi mi saltava addosso, per ringraziarmi, ma si limitò a sorridermi e a ringraziarmi.

- Bhe, io vado. Grazie, Sam? – chiesi io e lui mi annui sorridente, mentre l’altro ragazzo salutò il barista e andò a sedersi al mio vecchio posto. Forse, ci sarei ritornato lì.

 

Mi ritrovai di nuovo solo, tra le strade di New York, senza una meta. Camminai ancora un po’ tra le strade, osservandomi intorno. Dopo un po’, trovai un hotel sulla strada. Non sembrava molto costoso, ma neanche molto scadente.

Entrai. Era… stupendo. C’erano dei lampadari bellissimi che brillavano alla luce del sole. C’era un bancone lunghissimo davanti all’entrata e un altro, alla mia sinistra dove c’erano sopra tantissimi computer.

Doveva essere molto costoso e, di certo, non avrei potuto permettermelo, ma provare non nuoce, no? Mi avvicinai alla ragazza, dietro al bancone. Aveva dei lunghi capelli castani e gli occhi dello stesso colore.

- Scusi? – attirai, subito, l’attenzione della ragazza, che mi rivolse un sorriso. Sembravano tutti molto gentili in quella città. Avevo conosciuto solo tre persone e sorridevano tutte. I miei pensieri furono disturbati dalla ragazza, che mi chiese in come poteva aiutarmi.

- Volevo sapere quanto costa una stanza. – risposi io. Lei mi sorrise ancora di più e mi disse di aspettare un momento. Annui e aspettai la ragazza, che frugava tra dei fogli che aveva davanti a lui.

- Per quanto tempo? – mi chiese la ragazza. Io mi feci qualche calcolo e stabilii che non potevo saperlo. Ero senza casa e senza lavoro.

- Non lo so, precisamente. Una settimana? – chiesi, come se dovesse lei dirlo a me. Lei mi sorrise e guardò su uno dei fogli, che aveva preso precedentemente.

- Per una settimana, dovrebbe costare circa cento dollari al giorno. – mi rispose lei. In tutto sarebbero stai settecento dollari. Mi aspettavo molto di più, da quel posto così elegante. Ci pensai un po’ su e poi accettai.

- Bene. Visto che non sa precisamente per quanto tempo deve restare, può anche pagarmi giorno per giorno. – mi disse cordialmente. Io annuii e gli diedi i primi cento dollari. Lei mi diede le chiavi. Era la camera numero 105.

- Salga al secondo piano. È la terza stanza a sinistra, dopo l’ascensore. – mi spiegò. Io annuii e andai nella mia nuova stanza.

Salii con l’ascensore al secondo piano e, come aveva detto la ragazza, la mia era la terza stanza a sinistra.

Entrai nella stanza. Era molto carina e accogliente. C’era un piccolo armadio, a sinistra della porta. Di fronte all’armadio, c’era un letto matrimoniale con accanto un comodino. Alla sinistra del letto, c’era una finestra che dava sulla strada, mentre alla destra, c’era un’altra porta che dava sul bagno.

 

Sistemai le cose del mio trolley nella stanza e, dopo, mi concessi una bella doccia. Ne avevo proprio bisogno. Proprio, come avevo bisogno di una casa. Forse, un coinquilino. Ma come avrei potuto pagare l’affitto? Avevo bisogno anche di un lavoro.

Era stata una pessima idea andare a New York, alla sprovvista, ma ne avevo bisogno. Avevo bisogno di lasciarmi tutto alle spalle. L’Ohio era diventato troppo per me. Non ne potevo più di rimanere lì.

Mi misi l’accappatoio e mi gettai sul letto, che non avevo ancora provato. Strano. Feci una rincorsa dal bagno e mi gettai sul letto. Era morbidissimo. Ci potevi sprofondare dentro. Mi sdraiai e osservai il soffitto.
Poi, presi il computer, che era rimasto nel mio trolley, e iniziai a scrivere un biglietto per cercare un coinquilino. Scrissi tutto molto chiaramente. “Ragazzo diciottenne cerca casa. Possibilmente, con un coinquilino.” Aggiunsi il numero di cellulare e salvai il file sulla mia pennetta USB. Avevo intravisto una stampante al bancone dei computer.

Scesi e cercai la stampante. Accennai un saluto alla ragazza della reception e mi diressi al banco dei computer. Connessi la stampante al pc che stavo usando e stampai una dozzina di fogli, con sopra quell’annuncio.

Dovevo trovare dei posti dove attaccarli, però. Nell’hotel c’era una bacheca.

- Scusi? – attirai di nuovo l’attenzione della ragazza, che stavolta era di spalle. Lei si girò e mi guardò con lo stesso sorriso di prima, che ricambiai.

- Mi dica.

- Potrei attaccare quest’annuncio, nella bacheca? – le chiesi, indicando i fogli che avevo tra le mani. Lei ne prese uno e lo lesse. Sorrise e me lo ridiede.

- Certo. Buona fortuna. – mi disse, sorridendo. Io la ringraziai e attaccai l’annuncio.

Successivamente, uscii e chiesi in un bel po’ di bar, se potevo attaccare l’annuncio. In meno di mezz’ora, avevo già consumato quasi tutti i fogli. Erano anche in zone diverse, quindi c’erano più possibilità. Ne attaccai uno, anche nel bar di Sam.

 

Si era già fatta sera, così decisi di tornare nell’albergo e vedere qualche film. Prima, però, mangiai qualcosa a un bar lì vicino. Nulla di speciale. Un cappuccino medio, come al solito, qualche biscotto e qualche muffin al cioccolato, ovvio.

Dopo la “cena”, tornò in albergo e si addormentò davanti al pc, che trasmetteva ancora Hunger Games.

 

Note

Salve a tutti!! Per chi non mi conosce, io sono Kekkafox e sono una Klainer per eccellenza. Mi piace scrivere e leggere le ff. Anche perché, mi piacciono le idee degli altri, che sono sicuramente migliori delle mie.

Starete dicendo, ok non me ne frega niente. Comunque, vi presento la mia nuova storia Klaine, ovvio. La storia sarà sempre raccontata dal personaggio principale, che in questo capitolo non ho nominato. Ma, vabbè, si capisce, no? Cappuccino medio, gli piace la cioccolata.

Ho già fatto comparire alcuni personaggi dello show. Anche se, non ho detto niente.
Anche se state dicendo, non ce ne frega un cavolo, io vi dico i personaggi “nascosti”: la ragazza dai capelli rosa e il piercing al naso, Sam credo che si sia capito, la ragazza dai capelli scuri al tavolo con quella dai capelli biondi e gli occhi azzurri, il ragazzo a cui il nostro personaggio cede il posto (questo personaggio è davvero facile) e la ragazza della reception.

Ok. Beh, spero che questo inizio vi sia piaciuto. Sappiate che le recensioni sono ben accettate (e certo xD), anche le negative. Fatemi sapere cosa ne pensate. Ditemi anche semplicemente “fai schifo” oppure “ritirati” o altro.

Ora scappo. Ho già detto troppo e forse, in questo momento, mi state anche odiando. Vi capisco, sono molto irritante.

Gay bye. Cioè, volevo dire Bye Bye. (si capisce che adoro Santana?)

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Un irritante raggio di sole entrò nella mia stanza, posandosi proprio sul mio viso. Aprii gli occhi ancora assonnati e mi sgranchii le braccia. Mi accorsi solo dopo, che il pc era rimasto accesso sulle mie gambe e il film era finito da un bel pezzo. Guardai l’orologio del pc. Erano le 8:06. Spensi il computer e scesi dal letto.

Feci una doccia, mi vestii, accesi il cellulare e scesi nell’atrio dell’hotel. Salutai la ragazza della reception e mi diressi nelle già trafficate strade della grande mela. Attraversai le strade, in cerca del bar di Sam. Quel bar mi aveva conquistato. Era accogliente e aveva del caffè davvero delizioso, per non parlare della Nutella.

Salutai Sam e ordinai lo stesso del giorno di prima.

- Vivi di cioccolata? – mi chiese Sam, sorridente. In effetti, da quando ero arrivato a New York, non avevo mangiato nulla che non contenesse la cioccolata. Sono un golosone, cosa posso farci? Però, dovevo anche ammettere, che per il momento non potevo permettermi altro. Mi chiesi come avessi fatto se le riserve fossero finite, prima di trovare un lavoro.

- Non posso permettermi grandi pranzi o colazioni, per ora. – risposi, amareggiato. Ma ci tenni a sottolineare il “per ora”. Ero ottimista. Insomma, vivevo in una città enorme, ora. Possibile che non trovassi un lavoro, che mi aiutasse a campare?

- Come mai? – mi chiese, davvero interessato. Potevo mai deprimere uno sconosciuto, con i miei problemi? Beh, ma dopotutto era lui che me l’aveva chiesto, no?

- Disoccupato in cerca di un lavoro qualsiasi. – risposi, con un sorriso amaro. Senza accorgermene, mi ritrovai a guardarmi intorno in cerca di qualcuno che avevo già visto in quel bar, ma non c’era nessuno. A parte una ragazza. Aspetta, quella era la ragazza che avevo visto per strada. Mi stava guardando. Forse, anche lei mi aveva riconosciuto.

- Beh, per quanto mi riguarda il bar, è sempre bello pieno e potrebbe servirmi una mano. – mi voltai verso Sam, in cerca di una risata che non arrivò. Stava facendo sul serio? Stava offrendo un lavoro a uno sconosciuto il giorno prima. Beh, ma chi se ne frega! Potrebbe darmi un lavoro!

- Se mi stai offrendo un lavoro, accetto! – dissi tutto d’un fiato. Lui mi sorrise e mi annuì e dovetti trattenermi dal saltargli addosso. Avevo un lavoro! Avevo un lavoro! Questa sì, che era una bella notizia. Chissà, forse quello era anche il giorno giusto per trovare una nuova casa.

- Puoi iniziare da domani, se vuoi. Vieni domani mattina, prima dell’apertura. Verso le 6:00. Così, imparerai almeno le cose base. – mi spiegò ed io annui e sorrisi a qualunque cosa stesse dicendo. Non potevo crederci! Il secondo giorno nella grande mela e avevo già un lavoro.

- Bene. Però, ora goditi il tuo cappuccino e la tua brioche. – mi disse ed io presi la mia ordinazione, pagai (strano, visto che avrei lavorato lì) e mi andai a sedere al tavolo del giorno prima che, fortunatamente, era vuoto. Non so, già mi ero affezionato a quel posto. Un po’ come Sheldon* con il suo divano.

Mi stavo godendo il mio caro cappuccino medio, mentre il mio cellulare ricevette un messaggio. Era un numero sconosciuto. Lo aprii e non sapevo che da quel messaggio, tutta la mia vita sarebbe cambiata del tutto.

Salve. Sono interessato a conoscerla per un’abitazione. Possiamo vederci al bar sulla trentacinquesima, alle 8:30? Chieda di Kurt. Grazie.”

Accettai e consumai in fretta la mia colazione, sperando di non fare tardi, come il mio solito. Mi avvicinai a Sam, per chiedergli dove si trovasse il bar sulla trentacinquesima.

- Scusa, Sam. Che strada devo prende, per la trentacinquesima? – chiesi, tutto affrettato e Sam mi guardò stranito e non si decideva a rispondermi. Erano le 8:25 e non volevo già risultare un ritardatario, ma Sam non mi rispondeva.

- Siamo sulla trentacinquesima…- ah, già. Non gli avevo detto come mi chiamavo. E pensare che ci avrei dovuto lavorare lì dentro.

- Blaine. – Sam annuì e mi sorrise. Aspetta, ma se ero già sulla trentacinquesima… Significava che quel tizio stava venendo nel bar di Sam! Wow, per una volta ero in anticipo e non in ritardo. Un record! Questo dovevo segnarmela sul calendario.

A un tratto, dalla porta entrò un ragazzo, tutto affrettato. Ma io già avevo visto quel ragazzo. Ma certo! Era il ragazzo a cui avevo ceduto il posto il giorno prima. Salutò Sam e si avvicinò al bancone chiedendo se qualcuno avesse chiesto di lui. Aspetta. Ma quello era Kurt?

- Stavi cercando un tizio che cerca casa? – chiesi e lui si voltò verso di me perplesso, chiedendomi se fossi un indovino. Io sorrisi e gli porsi la mano.

- Sono io. Piacere, Blaine. – strinse la mia mano. Era calda e morbida. Strana. Emanava un calore strano. Diverso. Ma anche piacevole.

- Kurt. – mi sussurrò, poi il suo viso si aprì in una smorfia di stupore. Avevo qualcosa in faccia?

- Tu sei il ragazzo, che ieri mi ha ceduto il posto. – disse, stupito.

- Colpevole. – dissi io, ghignando. Lui mi sorrise e ordinò un latte macchiato scremato (lo memorizzai nel caso, avessi dovuto offrirgli un caffè) e mi portò tra le strade di New York.

Parlammo a lungo sui pagamenti (e lui rimase sorpreso quando gli dissi che Sam mi aveva offerto un lavoro), ma non mi disse la cifra che avrei dovuto pagare. Mi disse che lavorava per la Vogue (Wow!) e che poteva permettersi il suo appartamento, ma che un po’ di compagni non avrebbe fatto male (e qui pensai che mi avesse preso per una badante) e che voleva risparmiare un po’ di soldi per un viaggio con suo padre. Mi parlò della casa. Dai suoi racconti sembrava carina, ma non potevo saperlo, no? Infatti, lui si offrì di portarmi nella casa (ancora solamente sua, per ora) per farmela vedere.

Era in un palazzo non molto alto, ma sembrava parecchio costoso. Appena entrai, mi sembrò di star entrando in una villa di un riccone. Certo, la mia vecchia casa non era male, ma quell’appartamento sembrava quello di un milionario. O forse, ero io che vedevo gli edifici di New York come quelli degli uomini più ricchi del mondo.

- Wow! È-È… Non ho parole. – commentai e, infondo, davvero non sapevo cosa dire. Per me era la casa più bella del mondo. Lui mi sorrise e sembrava che il suo sorriso stesse illuminando la stanza.

- Grazie! Vieni, che ti mostro tutta la casa. – mi disse e lo seguii.

Per me, solo l’entrata valeva per due stanza, anche se era completamente vuota, C’era solo una pianta accanto alla porta, niente di più. Mi condusse nel soggiorno e… Wow! Era grandissimo. C’erano due divani di pelle a tre posti, disposti a L. Nell’angolo c’era un televisore di… 80 pollici?! Dietro ai divani, c’era una libreria enorme piena di libri e DVD. Ce n’erano di ogni forma e tipo. Poi, le seguii in un corridoio lunghissimo. Per me, sembrava senza fine. C’erano due bagni, molto spaziosi anche. Poi, c’erano due camere da letto e quella che avrebbe dovuto essere la cucina. La stanza infondo al corridoio era la stanza di Kurt. C’era un grande letto matrimoniale, dall’aria molto morbida. Alla destra del letto, c’era una porta che conduceva in un altro bagno. Quello personale di Kurt. Davanti al letto, c’era un armadio che copriva l’intera parete. “Beh, per lavorare alla Vogue, deve essere un guru della moda”, pensai. Uscimmo dalla stanza, dopo che Kurt mi disse una regola importante: “Se entri nella mia stanza senza bussare, ti distruggo”, testuali parole. Poi, mi fece vedere quella che sarebbe stata la mia stanza se fossi andato a vivere lì. Devo dire, che rimasi molto soddisfatto. Era molto grande e c’era, come nella camera di Kurt, un letto matrimoniale, un armadio grandissimo e un mio bagno personale. Poi, mi portò nella cucina. Si poteva dire che fosse la stanza più piccola della casa, ma era comunque abbastanza grande e molto attrezzata. Poi, mi riportò nel salotto, per mostrarmi la stanza a cui lui teneva di più. Ah, e qui valeva la stessa regola della camera da letto. Entrammo e sì, quella era la stanza più grande della casa. Ero uno studio. C’erano fogli sparsi ovunque sulla scrivania, un Mac e un’altra libreria enorme.

- Allora? Che dici, ti piace? Io pago 800 dollari al mese, quindi noi dovremmo fare a metà. – cosa?!! 800 dollari?! Ed io dove li prendevo 400 dollari al mese, per pagare questo tizio?

- È bellissima. Davvero. Me per me è troppo costosa. Sono stato appena assunto in un bar. Dove li trovo 400 dollari al mese, per darli a te? – il suo sorriso sparì e mi parve la fine del mondo. Insomma, aveva un buon lavoro. Poteva permettersi quell’appartamento da sogno.

- Oh. – questo fu il suo unico commento. Sembrava che gli dispiacesse davvero, ma io non potevo mai trovare tutti quei soldi. O forse, si?

- Mi dispiace moltissimo. Vorrei davvero vivere qui, ma non credo che lo stipendio nel bar di Sam mi possa aiutare a pagare.

- Ok. Spero che tu possa trovare una cosa più conveniente per te. Buona fortuna. – mi disse e mi sorrise amaramente. Io lo ringraziai e gli concessi un sorriso finto.

****

Mi dispiacque lasciare la casa di Kurt. Era bellissima e stavo già immaginando come fosse la mia vita lì, ma non avevo i soldi per pagarlo. Non avevo ricevuto altre chiamate ed ero ancora senza casa e con una fame da lupi.

Andai al bar di Sam per fare due chiacchiere, nella speranza di non incontrare Kurt.

- Ehi, ciao. – mi salutò Sam, preparandomi già qualcosa da prendere. Sembrava che mi conoscesse già da chissà quanto. Io mi avvicinai, un po’ triste.

- Ehi, che hai? – mi chiese, guardandomi negli occhi.

- Sono ancora senza casa. – risposi semplicemente.

- E la casa di Kurt?

- Era troppo costosa per me.

- Quanto ti ha cercato?

- Quattrocento dollari al mese.

- Wow! Sono parecchi.

- Con l’appartamento che si ritrova, lo capisco.

- Ehi, Kurt se l’è sudato quell’appartamento. – mi disse, innervosendosi un po’.

- Tu lo conoscevi già?

- Eravamo nel Glee club insieme, alle superiori.

- Eravate in un Glee?

- Si, perché?

- Lo ero anch’io.

- Non me lo aspettavo!

- Nessuno se lo aspetta, mai.

- Tu di dove sei?

- Westerville. Tu?

- Lima, insieme a Kurt. Ma come sei venuto a New York, senza lavoro e senza casa?

- Lunga storia.

- Spero che me la racconterai, un giorno.

 

Note

Salve a tutti!! Sì, lo so che dovrei sotterrarmi, per non aver aggiornato per tutti questi giorni, ma purtroppo mio nonno è rimasto solo e, senza volerlo, mi sono ritrovata a fargli la badante. Strano, eh? Beh, meglio goderceli finché ci sono ancora, no?

Beh, allora che ve ne pare del capitolo? Si è scoperto chi è il mio personaggio. Blaine! E chi altro, se non quel cucciolo di Blaine. Credevate che avrebbe accettato l’appartamento di Kurt, vero? Bhe, vi ho trollati come il caro Ryan-pelato-Murphy. Ma non preoccupatevi, questa storia è una storia puramente Klaine, quindi l’appartamento, voglia o non voglia, Blaine deve prenderselo.

Vorrei ringraziare  klaine4ver e Lady_Nakahara per aver messo la storia nelle seguite. Grazie, davvero. Poi, vorrei ringraziare CandyKlaine per aver messo la storia nelle preferite. Grazie!!! E poi, ringrazio Ari_Klaine per aver messo la storia, perfino nelle ricordate. Wow! Davvero, grazie! Non me lo merito.

Sappiate sempre, che le recensioni sono sempre accettate.

Beh, alla prossima. Sperando, presto.

Baci

Gay Bye. Cioè, volevo dire Bye Bye.

P.S.: * Sheldon e il suo divano: chi di voi segue The Big Bang Theory? Io lo adoro. Per chi non lo sapesse, Sheldon è un ragazzo che ha un posto sul suo divano, dove nessuno può sedersi.

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Quel pomeriggio fu uno dei più inutili della mia vita. Non avevo ricevuto altre chiamate e quindi ero ancora senza casa, costretto a pagare 100 dollari al giorno, per una camera d’albergo. Ero tornato in albergo, ma non volevo tornare nella mia camera. Anche perché, mi venne la curiosità improvvisa di conoscere la ragazza della reception. Era molto carina e sembrava anche molto gentile. Ma come avrei potuto chiamarla? Mica potevo andare lì e dirgli “ti voglio conoscere”. Avanti, Blaine. Pensa.

Mi stavo avvicinando al bancone, quando una ragazza dai capelli lunghi e neri mi sorpassò e andò al bancone. Mi sembrava di averla già vista. Aveva una pelle olivastra e non sembrava del tutto americana.

- Ehi, Berry! – la chiamò. Forse, Berry era il cognome. Era troppo strano per essere un nome. La ragazza, Berry, si voltò e sorrise all’altra ragazza. Forse, si conoscevano.

- Ehi, San. Che ci fai qui? – chiese la ragazza. Osservandola meglio, la ragazza dai capelli neri mi sembrava d averla già vista nel bar di Sam. Sì, con la ragazza bionda dagli occhi azzurri. Ora ricordo. Le vidi chiacchierare e decisi che era meglio andare.

****

Ero tornato tra le strade di New York nella disperata ricerca di una casa. Avevo un’enorme città a disposizione e non riuscivo a trovare uno straccio di appartamento. A quel punto mi sarebbe bastato anche un cartone.

Però, quando stavo per perdere le speranze, il mio benedetto cellulare squillò. Era un numero sconosciuto. Risposi.

- Pronto?

- Salve. Lei è il ragazzo che cerca casa? – mi chiese. Era una ragazza. Aveva una voce molto dolce. Già mi piaceva. Annuì. Peccato che lei non potesse vedere. Ma cosa diavolo ho in testa?

- Si, sono io.

- Sono interessata alla sua proposta. Possiamo vederci al bar, sulla trentacinquesima? – di nuovo? Ma a New York esisteva solo quel bar?

- Si. Certo.

- Bene. Ci vediamo tra cinque minuti lì? – guardai l’orologio. Entro cinque minuti avrei potuto farcela.

- Per me va bene.

- Bene. Allora, a tra poco.

- A tra poco.

Evviva! Una nuova casa da visitare. Sperai che non costasse troppo. La ragazza mi era già sembrata molto carina e simpatica. Forse, quella era la mia occasione giusta. Anche se, mi chiesi perché tutti mi davano appuntamento in quel bar. Kurt e Sam si conoscevano e questo è lecito, ma questa ragazza? Possibile, che Sam conoscesse tutta New York?

Andai al bar e salutai Sam. Ero di un minuto di anticipo. Quel giorno dovevo segnarmelo. In anticipo per ben due volte in un giorno. Ero sicuro che non sarebbe mai più successo nella mia vita.

- Chi cerchi stavolta? – mi chiese Sam, ridacchiando. Io lo guardai e poi sorrisi. Quel ragazzo era davvero simpatico. Era strano come mi ero ritrovato a pensare se il colore dei suoi capelli fosse una tintura. Cavolo Blaine, concentrati.

- Una ragazza. Mi ha detto che era interessata a offrirmi la casa. – gli spiegai e lui annui. Notai che c’era di nuovo la ragazza dai capelli rosa. Quel bar doveva essere molto famoso.

Assorto nei miei pensieri, non mi accorsi che erano entrate due ragazze. Una l’avevo già vista. Era la ragazza che era andata alla reception dell’albergo e con lei c’era la ragazza dai capelli biondi e gli occhi azzurri.

Salutarono Sam e la ragazza dai capelli rosa e vennero vicino a me. Ma si conoscevano tutti in quel bar?

- Salve. Lei deve essere il signor Anderson. – mi disse la ragazza dai capelli scuri, sorridendomi. Io annuii.

- Sì, sono io. Piacere, Blaine. – risposi porgendogli la mano. Entrambe la strinsero.

- Piacere, Santana Lopez. Lei è la mia ragazza, Brittany S. Pierce. – mi disse, indicando la ragazza accanto a lei, che mi sorrise dolcemente. Erano entrambe molto carine. Non me ne ero reso conto, ma avevo ignorato una parte del discorso: la mia ragazza. Stavano insieme. Però, chi se lo aspettava.

- Io studio in un college di Louisville e Brittany dovrebbe restare qui, da sola. Abbiamo visto l’annuncio e abbiamo pensato che lei sarebbe perfetto per noi. – mi spiegò, sorridendo. Quindi lei non sarebbe rimasta molto tempo con noi. Praticamente, la mia coinquilina sarebbe stata Brittany.

- Certo. Solo che, ho appena ottenuto un lavoro in questo bar e non posso permettermi grandi appartamenti. – gli spiegai. Stranamente, Brittany mi sorrise entusiasta e sembrava che per poco non iniziasse a saltellare per il bar.

- Non preoccuparti, l’affitto è di solo 100 dollari al mese. – questa sì, che potevo permetterla. Non doveva essere una grande casa, come quella di Kurt, ma per me andava più che bene.

- Beh, allora non mi resta che vederla. – dissi sorridente e Brittany mi saltò addosso, letteralmente. Mi abbracciò fortissimo. Si poteva dire che fosse una ragazza molto affettuosa. Mi piaceva. Ricambiai la stretta.

- Andiamo, allora. – mi disse Santana, sorridendomi. Salutammo Sam e ci gettammo tra le strade della grande mela, per vedere questa casa.

Santana mi disse che non era molto grande, ma che era carina e accogliente. Infatti, quando entrammo, mi sembrò di entrato in casa. Era molto accogliente e il colore delle pareti era il mio preferito: viola. Non era piena di stanza, come quella di Kurt, ma aveva tutto il necessario e la mia camera mi era molto carina e accogliente.

- Per me, è perfetta. – dissi e Brittany, di nuovo, mi si precipitò addosso. Non aveva parlato molto e le cose che aveva detto non mi erano molto chiare. Mi aveva chiesto se ero un unicorno come lei e Santana e quella davvero non l’avevo capito. Santana mi sembrava molto più matura tra le due.

- Beh, puoi trasferirti quando vuoi. – mi disse entusiasta Brittany e, per la prima volta, capii cosa mi aveva detto. Io annuii, sorridente.

In serata, infatti, mi ero già trasferito lì. Non mi ero portato molte cose e avevo ancora le valigie preparate, in albergo. Santana mi disse che sarebbe rimasta fino alla fine della settimana, ma che poi sarebbe tornata a Louisville. A me stava bene. Santana mi sembrava simpatica e ci sapeva fare con Brittany, a mia differenza. Pensai che, dopotutto, sarebbe stato divertente vivere con Brittany e, soprattutto, capire cosa significava essere un unicorno.

 

Note dell’autrice

Salve a tutti! Eccomi ritornata, con il secondo capitolo di The Course of Destiny!

Come potete vedere, Blaine si è ufficialmente trasferito a casa di Brittany. Eh, si. Mi incuriosiva Brittany e Blaine coinquilini. Chissà come se la caveranno. Non perdete le speranze. Ricordate che questa è una storia puramente Klaine, quindi in un modo o nell’altro, Kurt e Blaine dovranno finire nello stesso appartamento.

Bene, ringrazio tutte le persone che hanno messo la storia tra le preferite/ricordate/seguite. Grazie moltissimissimo. E ringrazio anche le persone che hanno perso un po’ del loro tempo, per dirmi la loro opinione. Grazie moltissimo.

Se volete dirmi qualcosa oppure sclerare con qualcuno come voi, questo è il mio contatto di Facebook: http://www.facebook.com/francesca.volpe2 e chissà forse vi aspetta anche qualche spoiler.

Gay Bye. Cioè, volevo dire Bye Bye.

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


Quella sera cenai con Santana e Brittany, ma andai a letto presto. Alle 6:00 mi aspettava un giro di prova al bar di Sam. Avevo lasciato le due ragazze accoccolate sul divano. Erano molto carine insieme e mi dispiaceva che Brittany dovesse restare in una città grande come quella, senza la sua Santana. Misi la sveglia per le 5:30 e mi addormentai.

Il mattino dopo, mi svegliai con Brittany che mi saltava sul letto e Santana che cercava di calmarla. Avevo ancora gli occhi impastati dal sonno e non riuscivo a capire molto, ma capii di sicuro che la bionda mi stava saltando addosso. Guardai la sveglia. Erano le cinque del mattino. Cosa ci facevano già nel mio letto? Cioè, che ci facevano nel mio letto?

- Buongiorno, Brittany. – finalmente, la ragazza mi scese da dosso e si sedette accanto a me. Santana sembrava davvero mortificata, la bionda, invece, mi sorrise dolcemente. Scossi la testa e salutai anche la mora.

- Scusami, davvero. – mi disse ed io gli sorrisi. Non mi sembrava che Brittany avesse qualche problema, ma era di certo diverse dal normale. Dovevo chiedere a Santana, dopotutto dovevo viverci con quella.

- Fa niente. Posso prepararmi la colazione? – subito dopo mi resi conto che era una domanda stupida. Quella era anche casa mia, ora. Non dovevo chiedere il permesso per prepararmi la colazione. Forse, il sonno mi stava ancora oscurando il cervello.

- Sì, certo. Ti aiuto, così ti abitui. – mi rispose la mora. Mi alzai dal letto e la seguii in cucina, mentre Brittany saltò sul divano e si mise a vedere i cartoni animati. Pensai, che forse fosse una bambina intrappolata nel corpo di una ragazza.

- Scusa se te lo chiedo, ma come mai Brittany è… così? – cosa diavolo ti viene in mente di chiedere? Quella è la sua ragazza. E se si offende e ti manda via di casa? Fortunatamente, vidi Santana sorridere.

- Vive in un mondo tutto suo. La amo per questo. Racchiude la bellezza di questo mondo schifoso. – mi rispose. Aveva degli occhi sognanti. Si capiva che era innamorata davvero di quella ragazza. Gli sorrisi e mi preparai una tazza di latte, con dei cereali. Era la prima volta che non mangiavo cioccolata.

- Ma cosa significa, quando mi chiede se sono un unicorno? – gli chiesi, imbarazzato. Lei scoppiò a ridere e mi diede una pacca sulla spalla. Si sedette accanto a me e facemmo colazione insieme.

- Essere un unicorno, per lei, significa essere gay. – mi rispose sorridente. Abbassai lo sguardo nella mia tazza. Lei mi osservò curiosa.

- Dai, amico. Lo so che sei gay. Da come ti vesti, con quei farfallini, si capisce in uno sguardo. E poi cosa ti metti in testa? Hai una mucca privata, che ti lecca la testa ogni mattina? – sgranai gli occhi e mi toccai i capelli.

 

- Oddio! – scappai via, ancora con i cereali in bocca, e corsi in bagno. Come mi era venuto in mente di farmi vedere senza gel? Cercai tra le mie valigie, ancora senza disfare, ma non trovai nulla. A un tratto, vidi Santana fuori alla porta del bagno, con in mano una vasetto di gel. Il mio vasetto di gel.

- Cercavi questo? – mi chiese la mora, sghignazzando. Ero nei guai. – Lo scherzetto al nuovo arrivato ci voleva, no? – e mi lanciò il vasetto. Andò via, ridendo e ne approfittai per farmi una doccia e prepararmi per andare da Sam.

****

Come al solito, ero in ritardo. Beh, non proprio. Erano le 6:12. Sam avrebbe potuto perdonarmi, no? E poi, era stata colpa di Santana e Brittany che avevano continuato a farmi scherzi, fino a quando non corsi via.

- Blaine! Sei in ritardo. – il primo giorno già rimproverato. Wow. Mi ricomposi dalla corsa che avevo fatto, per correre fino a lì e risposi.

- Scusa. Colpa di Santana e Brittany. È impossibile vivere con quelle due. – Sam scoppiò a ridere. Cosa c’era di divertente? Ero appena stato torturato dalle mie coinquiline. Non faceva ridere o almeno non a me.

- Abituati, amico. Brittany è una bambina e sei fortunato che Santana vada via domani. – mi rispose e mi diede una pacca sulla spalla. Una pacca, poi. A me sembrava una martellata. Era troppo forte quel ragazzo.

- Ora, preparati. Ti mostro le cose base. – mi misi un grembiule, che mi aveva già preparato e mi mostrò le cose base da fare. Sembrava facile o almeno speravo. Non avevo mai fatto il barista in vita mio. O meglio, non avevo mai lavorato.

Arrivò il primo cliente dopo un po’ e mi stupii di vedere la ragazza dai capelli rosa. Si avvicinò con aria annoiata e, visto che Sam non c’era, toccava a me servirla. Fui gentile, come mi aveva suggerito Sam. Gli diedi il buongiorno e gli chiesi a cosa potevo servirgli, ma la risposta non fu quella sperata. La ragazza chiamò a gran voce Sam, che corse subito da noi.

- Che succede? – chiese spaventato, come se fosse stato appena svegliato da un lungo letargo. Si rilassò solo quando vide la ragazza.

- Chi è questo tizio? – gli chiese, indicandomi. Mi offesi un po’. Insomma, io ero stato gentile con lei, ma lei non di certo intenzionata a ricambiare. Sam mi sorrise e si avvicinò a me.

- Quinn, lui è il mio nuovo dipendente, Blaine. Blaine, lei è la mia amica Quinn. – le porsi la mano, ma lei la guardò schifata e continuò a mangiucchiare la gomma che aveva in bocca, a cui non ci avevo nemmeno fatto caso.

- Senti, ragazzino. Io non ho tempo da perdere. Fammi un espresso e muoviti. – mi disse e poi si voltò verso la porta. Ritirai la mia mano, che era ancora lì ad aspettare quella della ragazza, e gli preparai un caffè espresso. Anche se, avrei voluto sputarci dentro.

****

Sam fu occupato tutto la mattinata, non sapevo nemmeno io a cosa. Sapevo solo che si era rinchiuso nella stanza lì vicino e non si decideva a spuntare fuori. Così, fui costretto a servire io tutti i clienti. Non me la cavai male. Ritornò anche Quinn, che mi scoccò un’occhiata scocciata. Mi vennero a trovare anche Santana e Brittany, che non mancarono l’occasione di ridere degli scherzi che mi avevano fatto. Solo nel pomeriggio, venne una persona di cui mi ero completamente dimenticato.

- Ehi, ciao. – mi salutò Kurt. Io gli feci un cenno con la mano. Non me ne ero accorto, ma improvvisamente le mie mani cominciarono a sudare come non mai e non sapevo il perché. – Hai già preso servizio? – mi chiese, sorridendomi dolcemente.

- Eh, sì. Sam è chiuso da ore in quella stanza e non si decide a uscire, così sono rimasto solo. – Kurt rise e mi osservò stranito. Quel ragazzo mi spaventava, quando mi faceva quello sguardo. Sembrava che ogni volta, mi stesse mandando una maledizione.

- Davvero non hai capito cosa sta facendo? – mi chiese, cercando di sopprimere una risata. Io diedi un’occhiata alla porta della stanza, ma scossi la testa. Kurt non ce la fece e scoppiò a ridere. – Sta su internet a giocare a qualsiasi gioco esistente.

Scoccai un’occhiata stupita alla stanza. Era quello che stava facendo da ore? Kurt non la smetteva di ridere e la mia espressione non aiutava a farlo smettere. Anche se, non mi dava fastidio la sua risata. Anzi, mi mandava un’ondata allo stomaco strana.

- Tu come te la passi? Hai trovato casa? – mi chiese, una volta che si ricompose. Io abbassai lo sguardo. Mi dispiaceva dirgli che avevo trovato un’altra casa. Capii che mi stava osservando e decisi di dire la verità.

- Abito con una ragazza. La sua fidanzata non vuole lasciarla sola, quand’è a Louisville e così mi hanno affittato la casa. – gli spiegai e lo vidi assumere di nuovo l’espressione stranita. Stava per lanciarmi una maledizione? Scappa, Blaine. Scappa!

- Stai da Santana e Brittany? – ma si conoscevano tutti in quella città? Ognuno conosceva l’altro, tranne io? Sembrava che mi fossi trasferito in una nuova scuola dove tutti si conoscevano ed io dovevo conoscere gli altri.

- Sì. Le conosci? – gli chiesi, come se non fosse già ovvio.

- Sì, sono mie amiche. Dì la verità: ti hanno già riempito di scherzi? – ma qualcuno mi seguiva e conosceva tutte le mie cose? Sembrava che mi avessero un investigatore segreto che raccontava la mia vita a tutti.

- Sì, l’hanno già fatto. E tu come lo sai?

- È una loro abitudine.

Rimanemmo lì a parlare per un bel po’, fino a quando Kurt non dovette tornare a lavoro ed io mi decisi di andare a staccare Sam dai giochi. Voleva far fare tutto a me? E insomma, io ero appena arrivato. Ero in prova. Mi serviva lui.

 

Note dell’autrice in depressione

Salve! Sono ritornata nel vano tentativo di tirarmi un po’ su di morale, anche se sono nella depressione più totale. Allora, cosa ve ne pare del capitolo? Pensavate che Santana fosse diventata una santa tutto così all’improvviso? E invece no. Lo scherzo al nuovo arrivato ci voleva, no?

Abbiamo anche scoperto una nuova identità (come se non si fosse capito), Quinn. Qui abbiamo ancora la versione skank. Sì, perché io adoro Quinn coi capelli rosa. Voi che ne pensate?

Beh, ringrazio sempre chi segue, preferisce e chi ha messo perfino la storia tra le preferite. E ringrazio anche quelle persone bellissime che recensiscono. Sappiate che le recensioni sono sempre gradite e magari, riuscite a strapparmi un sorrisino.

Vi lascio il mio account Facebook, nel caso volete sfogarvi o sclerare con qualcuno: http://www.facebook.com/francesca.volpe2 e magari, vi beccate anche qualche spoiler.

Gay Bye. Cioè, volevo dire Bye Bye

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


Avevo una paura pazzesca di tornare a casa. Avevo paura che Santana e Brittany mi avessero preparato un altro dei loro scherzi. Però, dovevo ammettere che, un po’, erano divertenti. Cioè, quando mi avevano rincorso per l’intera casa, cercando di saltarmi addosso, era stato divertente. Avevo riso come un matto, anch’io.

Fortunatamente, quando rientrai, non c’era nessuno scherzo preparato. Le due ragazze erano accoccolate sul divano a guardare “Winter il delfino”. E solo il titolo spiegava il perché stessero guardando quel film. Anche se, mi sembrava tutto troppo tranquillo. Le ragazze mi avevano salutato gentilmente e quando gli avevo detto che sarai andato a farmi una doccia, loro mi avevano detto che mi avrebbero aspettato per cenare.

Peccato, però, che appena entrai in bagno, mi cascò un secchio d’acqua gelata addosso, mentre le due ragazze scoppiavano a ridere sul divano e si scambiarono il cinque. Che me ne facevo di una doccia? Quella bastava per tre docce.

- Scusa, non l’abbiamo fatto apposta. – si giustificò Santana, con aria da finta innocente e poi scoppiando a ridere. Era stata colpa mia. Non dovevo abbassare la guardia e, invece, lo avevo fatto. Stupido, Blaine!

- Ti aspettiamo per cenare, stavolta per davvero. – mi disse, sorridendo malignamente, Brittany.

- Ah, e daresti una ripulita? Lo apprezzeremo*. – continuò Santana, ridendo di nuovo e ridando il cinque alla bionda.

Ma cosa avevo fatto di così perfido, per meritarmi questo?

****

Finalmente, andai a dormire dopo quella giornata stancante. Non vedevo l’ora di gettarmi nel letto. Dovevo ammettere, che la giornata di lavoro era stata più leggera delle ore passate con quelle ragazze.

Gli scherzi non erano mica finiti al secchio d’acqua in testa (che avevo dovuto perfino asciugare). Mi avevano fatto trovare un ragno finto nel piatto. Ma quella sera si erano sbizzarrite con i ragni. Mi avevano fatto precipitare sulla testa un ragno finto di venti centimetri**.

Sperai, solo, di andare a letto senza trovarmi un ragno. Perché quello mi avrebbe fatto spaventare di brutto. Beh, il ragno di venti centimetri sulla testa mi aveva fatto rischiare un infarto.

Peccato, però, che appena m’infilai nel letto, sentii una porta scricchiolare. Non sapete quanto io sia superstizioso. Iniziai a spaventarmi di brutto. Anche se, la porta che scricchiolava non era quella della stanza, come avevo pensato io, ma era l’anta dell’armadio. Sì, perché a un tratto, vidi Santana spuntare dall’armadio. E davvero, fu un miracolo che riuscii a sopravvivere, mentre le due ragazze se la spassavano alla grande.

- Volevamo augurarti buona notte. – disse Santana, tra le risate. Che buona notte! Io ero rimasto pietrificato dalla paura.

- Ah, che peccato che domani parta. Ti va di accompagnarmi hobbit? – stava dicendo a me? Oddio, non ragionavo più e la mia espressione non smetteva di far ridere le due ragazze.

- Cosa? Ah. Vorrei, ma non posso. Sam mi aspetta al bar.

- L’ho già chiamato io Sam. Sei giustificato, quindi sei obbligati a venire. A domani, nano. – mi disse la ragazza, uscendo dalla stanza, mentre Brittany mi fece un cenno con la mano e seguì la mora. Mi chiesi se, ora che Santana se ne fosse andata, Brittany mi avesse fatto altri scherzi.

****

Come la mattina precedente, Brittany mi stava saltando addosso, cercando di svegliarmi. Stavolta, però, Santana se la rideva. Era incredibile, come Santana fosse cambiata da santa a Satana. Solo quando gli diedi il buongiorno, la ragazza mi scese di dosso.

Facemmo colazione tutti insieme e, per fortuna, non ci fu nessun ragno nel caffè, né nessun secchio d’acqua addosso. Questo non vuol dire che gli scherzi fossero finiti. Infatti, io uscii per primo. Volevo andare da Sam, per assicurarmi che sapesse davvero dove andavo. Appena mi avvicinai alla porta, finii catapultato a terra.

- Buon scherzo! Ti abbiamo imburrato il pavimento.*** - mi disse Santana, scambiandosi un altro cinque con la bionda, che poi mi aiutò a rialzarmi.

Io cercai di scoccare un’occhiata criminale a Santana, ma i miei occhi sono capaci solo di produrre occhi da cucciolo abbandonato, che non fecero altro che aiutare la mora a ridere. Davvero, cos’ho fatto per meritarmi questo?

****

Finalmente, eravamo all’aeroporto di New York. Brittany sembrava essere diventata triste tutto a un tratto. Per tutto il tempo in taxi, le due ragazze si erano tenute per mano. La bionda era davvero triste e se avessi detto che la capivo, avrei mentito. Non sapevo come ci si sentiva, quando una persona importante va lontano da te.

Brittany si era fatta scappare qualche lacrima, che Santana aveva catturato in un bacio e l’aveva abbracciata. Mi facevano davvero tenerezza.

La cosa che più non mi aspettavo e che Santana abbracciasse anche me. A primo impatto, mi stupii, ma poi ricambiai la stretta. Ero nella loro casa da solo due giorni e mi aveva fatto già migliaia di scherzi, ma mi sarebbe mancato. Mi guardò negli occhi.

- Mi mancherai, nano da giardino. – mi disse con un sorriso malinconico. Gli risposi un “anche a me” di rimando. Diede un altro bacio a Brittany, sussurrandole “ci vediamo tra due settimane”.

Ci salutò in lontananza e la salutammo anche a noi, mentre la bionda piangeva. La abbracciai dolcemente e, dopo un po’, guardammo l’aereo di Santana volare via dalla pista. Già mi mancavano i suoi scherzi.

****

Brittany non volle tornare a casa, così decisi di portarla al bar con me. Io mi occupai dei clienti, mentre Sam cercava di consolare la ragazza. Ci sapeva fare il ragazzo. Gli raccontò delle storie su degli unicorni, che vivevano in un mondo fatto di amore e arcobaleni. Era incredibile, come Brittany pendesse dalle sue labbra.

Sam si rinchiuse di nuovo nella stanza lì vicino. A fine giornata, mi raccontò che aveva fatto vedere dei film alla ragazza, per fargli dimenticare la partenza di Santana e mi raccomandò di starle vicino. Io annuii, anche se lo avrei fatto comunque. Non avrei sopportato di vedere Brittany soffrire.

Durante il pomeriggio, decisi di dare una ripulita allo scaffale dei drink. Era pieno di polvere. Da quanto Sam non lo ripuliva? Senza accorgermene, avevo iniziato a canticchiare. Era da parecchio che non cantavo. E a un tratto capii che mi mancava la Dalton. Mi mancavano i Warblers, David, Wes, Jeff, Nick e tutti gli altri. Un po’ mi mancava anche Sebastian****. Come cercava in tutti i modi di farmi andare a letto con lui. Di tutte le sue stupide battute. Mi mancavano i miei amici.

Perso nei miei pensieri, non mi accorsi che Kurt entrò nel bar. Mi stava osservando.

- Ciao! – esordì e mi fece sobbalzare. Mi girai e vidi il suo sorriso luminoso come sempre. Mi misi la mano sul petto e sentii il mio cuore battere all’impazzata. Non sapevo se era perché avevo rischiato un infarto o perché avevo visto Kurt. Pensai fosse più la prima.

- Che piacere vederti. – lo salutai ironico. Lui rise e ordinò il suo solito latte macchiato scremato. Le mie mani iniziarono a sudare di nuovo. Mi succedeva ogni volta che arrivava Kurt. Forse, era la maledizione che mi aveva mandato con quelle sue occhiate.

- Sam è di nuovo su internet? – mi chiese. Io diedi un’occhiata alla porta chiusa della stanza e, poi, rivolsi lo sguardo di nuovo a Kurt.

- Sta consolando Brittany. Stamattina Santana è partita e mi è sembrata molto triste. – risposi e lui assunse di nuovo quell’espressione che mi spaventava tanto. Scappa, Blaine! Muoviti!

- Santana è partita?! – mi chiese, urlandomi in faccia. Io annuii spaventato e lo vidi precipitarsi fuori dal locale. Intanto, il suo ordine era rimasto sul bancone. Sarebbe diventato freddo.

****

Ritornai alla mia pulizia degli scaffali. Kurt ritornò dopo un po’. Aveva in mano il cellulare. Forse, aveva chiamato Santana. Il suo ordine era diventato freddo e si era fatto anche abbastanza tardi. Forse, sarebbe dovuto andare a lavoro.

- Scusa. L’ho chiamata. Non mi aveva detto che sarebbe partita oggi. – mi disse, facendo un sorso del latte. A quanto sembrava, era freddo. Fece una smorfia strana e ci mancò poco che non gli ridessi in faccia.

- Sembra del formaggio andato a male. Mi sa che dovrai farmene un‘altro. – mi disse. Io gli sorrisi e mi rimisi all’opera. Guardai l’orologio. A quell’ora, il giorno prima, era andato via per il lavoro. Forse, quella giornata aveva una pausa più lunga.

- Non dovresti andare a lavoro? – gli chiesi. Lui guardò l’orologio e sgranò gli occhi.

- Oddio, devo andare. Fa niente, oggi niente caffè. Ciao. – mi disse, alzandosi e dirigendosi verso la porta. Io gli fece un cenno con la mano e lui mi sorrise.

- Ah, dimenticavo. – mi disse, voltandosi – Sei bravo a cantare. Potresti far strada. – ed io arrossii di colpo.

 

*: ricordate quando la Sylvester lo disse a Will, nella 2x06? Sparò i coriandoli e poi disse questa frase a Schuster.

**: questo scherzo l’ho visto in Pranked, su MTV. Mi fece morire dal ridere.

***: ricordate lo scherzo che i nostri ragazzi hanno cercato di fare alla Holiday, nella 2x07? Quando Rachel e Kurt caddero, scoppiai dalle risate.

****: nella storia, Blaine non si è trasferito al McKinley, quindi è rimasto alla Dalton e ha incontrato Sebastian all’ultimo anno.

 

 Note dell’autrice

Salve! Eccomi ritornato con un nuovo capitolo di The Course of Destiny. Vi è piaciuto? Purtroppo, la mia cara San è partita e non potrà fare più scherzi al nostro caro Blainey. Che peccato.

Vi anticipo che da questo complimento di Kurt, s’inizierà il cammino verso l’appartamento Klaine. Eh, sì. Immaginate il perché. Scervellatevi, amici!

Anche se non v’importa un fico secco, sono un po’ guarita dalla mia depressione. Grazie a tutti voi, alla mia amica Fiorenza e la mia cuginetta Marianna, grazie ai nuovi spoilerini e grazie anche a dello shopping-terapy che non fa mai male. Vi ringrazio tutti.

Beh, fatemi sapere cose ne pensate sul capitolo con una recensioncina piccola piccola oppure, questo è il mio profilo Facebook, dove potete dirmi qualsiasi cosa: http://www.facebook.com/francesca.volpe2. Se volete anche il mio account Twitter, basta che me lo chiedete e per me sarà un piacere darvelo.

Ah, quasi dimenticavo. Volevo dedicare questo capitolo alla mia bellissima futura mogliettina, GretaSallingGleek,che mi ha fatto un regalo nella sua ff, Unexpected love. Non sarà mai un regalo come il tuo, ma sappi che comunque ti voglio bene. Anche se è previsto l’arrivo di Puck a New York. Chissà, magari un flirt Pucklberry ci potrà essere.

Bene, ora mi eclisso dopo aver fatto una scoperta sensazionale su un mio professore, tutta da ridere con la mia cara Fiorenza e con la mia best friend Nunzia. Sì, lo so che non ve ne frega una mazza. Scusate.

Gay Bye. Cioè, volevo dire Bye Bye.

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


Appena tornammo a casa, la sera, Brittany fece una corsa in camera sua e iniziò a piangere nel cuscino. Volevo andare a consolarla, ma capii che gli avrebbe fatto bene sfogarsi un po’.

Nel frattempo, io preparai qualcosa da mettere sotto i denti. Avevo una fame da lupi e poi avrebbe fatto bene anche a Brittany. Con un po’ di chiacchiere insieme, l’avrei fatta distrarre un po’. Magari parlandogli degli unicorni, che sembravano piacergli tanto.

Non ero un portento in cucina e questo era noto a tutti, ma cercai di cucinare comunque qualcosa. Avevo trovato un libro di ricette al bar (anche se non avevo capito che ci facesse lì) e così lo avevo letto, quando non avevo nulla da fare. Peccato che non mi ricordassi nulla, così cucinai degli spaghetti, che piacciono a tutti.

Raggiunsi Brittany in camera sua. Mi faceva male vederla piangere. Era così debole e indifesa. La feci sedere sul letto e la abbracciai dolcemente. Lei mi disse tra le lacrime che gli mancava la sua Santana e sentii gli occhi inumidirsi. Dovevo farmi forza, non potevo piangere anch’io.

- Sono sicuro che adesso ti starà pensando. Starà pensando a quanto ti ama. – le dissi, per consolarla. Lei si allontanò da me e mi guardò speranzosa.

- Davvero? – mi chiese ed io le sorrisi e annuii. La abbracciai di nuovo e rimanemmo così, per qualche minuto. Poi mi decisi a parlarle.

- Hai fame? Ho preparato qualcosa da mangiare. – le dissi. Lei mi guardò e annuì piano. La feci alzare dal letto e andammo in cucina insieme. Sperai che si distraesse un po’.

****

Gli spaghetti sembravano essere buoni, infatti, Brittany li divorò in un attimo.

Sembrava essersi ripresa. Aveva parlato molto. Avevo scoperto che anche lei e Santana erano nel Glee club di Sam. Avevo scoperto che erano cheerleader, di quando avevano capito di essere innamorate. Avevo anche scoperto che Brittany aveva ricevuto una borsa di studio per una scuola di ballo, ma aveva rifiutato perché non si riteneva all’altezza.

Io seguivo tutto quello che mi diceva e c’eravamo fatti anche qualche risata. Mi distrassi solo quando pronunciò un nome: Kurt. Mi stava raccontando di quando per una settimana erano stati insieme, ma io stavo pensando solo a quello che era successo quel pomeriggio.

Mi aveva fatto un semplice complimento. Avrebbe potuto farlo a chiunque, ma io ero diventato subito rosso come un peperone e avevo quasi paura di ringraziarlo.

- Blaine? Blaine? – la voce di Brittany mi distrasse dai miei pensieri. Io le rivolsi lo sguardo, che precedentemente era perso nel vuoto.

- Io vado a farmi una doccia. Ho tanto sonno. Ciao. – mi disse la ragazza, facendomi un cenno con la mano. Io la salutai e la vidi dirigersi verso il bagno.

Io mi sedetti sul divano e feci zapping in tv, ma tutto ciò a cui pensavo era quel complimento di Kurt.

****

Il mattino dopo, Brittany era uscita con una sua amica. Mi aveva detto che si chiamava Rachel. Comunque, io andai al bar, come mio dovere. Già c’era Sam ad aspettarmi.

Costrinsi Sam a restare con me, stavolta. Quella mattina, per un paio di volte venne la ragazza dai capelli rosa. Continuava a guardarmi irritata, ma io facevo finta di niente.

Verso l’ora di pranzo, vennero Brittany, Kurt e quella che avrebbe dovuto essere Rachel. Ma io quella ragazza già l’avevo vista. Ah, già. La ragazza della reception dell’hotel dove sono stato. Allora quella era la famosa Berry.

- Ciao, Blaine! – Brittany saltellò verso di me, seguita dalla ragazza e da Kurt, che mi fece un cenno con la mano. Io salutai la bionda, che per poco non mi saltava al collo. Ancora mi sorprende quanto sia affettuosa Brittany.

- Blaine, lei è una nostra irritante amica: Rachel Berry. – disse Sam, mentre la ragazza mora gli scoccò un’occhiata scettica. Io ridacchiai e le porsi la mano. Solo in quel momento, sembrò che mi avesse riconosciuto.

- Io ti conosco. Sei quel ragazzo che è stato in albergo per due giorni. – mi disse, stringendomi la mano. Io annuii sorridente e anche lei mi sorrise. A quanto pare New York era molto piccola, per quanto sembrasse grande.

I tre ordinarono ed io, visto che Brittany voleva una brioche ed erano finite al bancone, andai nella stanza lì vicino per prenderne uno. Però, la mia attenzione fu attirata da Kurt che nominò il mio nome a Sam. Mi nascosi dietro la porta e origliai. Sì, lo so che non si fa, ma io sono una persona molto curiosa.

- Sam, sai se Blaine è libero stasera? – gli chiese. Non voleva mica chiedermi un appuntamento. Oddio, aiutatemi!

- No, non lo so. Perché? – gli chiese Sam, pulendo un bicchiere. Io stavo per urlare “digli che sono libero, idiota”, ma poi avrebbe scoperto che li stavo origliando.

- Beh… - Kurt si toccò il collo, imbarazzato – Il padre di un mio collega ha un bar e cerca disperatamente qualcuno che canti. Ho sentito Blaine cantare ieri ed è molto bravo. Volevo chiedergli se gli andava di cantare lì. – ed io mi pietrificai. Rimasi un po’ deluso, ma nello stesso tempo tirai un enorme sospiro di sollievo.

- Oh. Beh, chiediglielo. – gli disse semplicemente Sam. Finalmente, decisi di uscire da quella stanza.

- Di che parlavate? – chiesi, cercando di essere convincente. Vidi subito Kurt imbarazzarsi. Volevo risparmiargli l’imbarazzo, ma dopo mi avrebbe scoperto. Oh, ma chi se ne frega!

- Comunque, sì. Mi andrebbe di cantare. – dissi e Kurt sgranò gli occhi, ma subito dopo mi sorrise. Cavolo, quando sorrideva lui, sorridevo anch’io.

- Grazie! Grazie molto. Ma come facevi a saperlo? – mi chiese, lanciandomi di nuovo quell’occhiata che mi faceva tanta paura. Io feci un sorriso criptico e risposi.

- Ho origliato. Scusatemi, ma quando mi sono sentito nominare, non ho resistito. – risposi e lo vidi fare un sorriso esasperato. Poi, lo vidi tirare qualcosa fuori dalla tasca della sua giacca.

- Questo è il biglietto. Io ti aspetto lì alle 21:00. Ok? – ed io sorrisi, annuendo. Presero i loro ordini, ci salutarono e andarono via.

Sam mi diede una pacca sulla spalla, sorridendomi.

- Ottimo lavoro, amico. – mi disse ed io gli sorrisi, anche se nella mia mente c’era un misto di confusione.

Spazio dell’autrice

Salve! Sì, lo so che in questo momento volete linciarmi per il mio ritardo, ma spero che mi perdoniate. *occhi da cucciolo di Blaine in “Who’s Chandler?”*

La nostra cara San è partita e Britt è in una depressione cronica, che va via con l’arrivo di Rachel Berry. A proposito, volevo fare gli auguri alla nostra bellissima stella Lea Michele, che oggi compie 26 anni. Auguri!!

Blaine ha una specie di appuntamento con Kurt. Cioè, non è proprio un appuntamento, ma poi nel prossimo capitolo vedrete questa specie di appuntamento. Vabbè, oggi sono buona e vi dico che dopo aver cantato, Blaine e Kurt berranno un caffè insieme.

Come vedete, le dimensione della scrittura è aumentata. Ora vi spiego il perché, anche se non v’importa un ciufolo: la mia vista va giorno dopo giorno scomparendo e il mio caro oculista londinese è in vacanza e non si decide a tornare, così io mi ceco ogni giorno per leggere e scrivere. Se vi dà problemi, ditemelo pure ed io provvederò a rimpicciolirla.

Adesso, volevo ringraziare tutte le persone che hanno messo questa storia tra le seguite/preferite/ricordate. Grazie tantissimo. E ringrazio un mondo anche quelle anime pie che recensiscono.

Sappiate che le recensioni sono sempre gradite, oppure potete dirmi quello che volete sul mio account Facebook: http://www.facebook.com/francesca.volpe2. E, visto che me lo avete chiesto, questo è il mio account Twitter: https://twitter.com/. E, visto che va tanto di moda, ultimamente, questo è il mio profilo Ask: http://ask.fm/KekkaFox. Potete farmi qualsiasi domanda, anche la più idiota.

Bene, ora mi eclisso.

Gay Bye. Cioè, volevo dire Bye Bye.

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


Alle 20:30 ero già arrivato al bar. Non vedevo Kurt ed era lecito, visto che ero molto in anticipo. Entrai, comunque. Era parecchio pieno, un po’ come il bar di Sam –il nostro bar- all’ora di pranzo. Solo questo mi metteva un po’ d’ansia. Ok, lo ammetto. Non solo un po’.

Mi avviai al bancone con la mia chitarra sulle spalle. Al banco c’era un ragazzo molto alto dai capelli castani e il sorriso che aveva era in netto contrasto con la sua corporatura.

- Salve. – dissi timido. Lui si voltò verso di me e mi concesse un sorriso. Si accigliò quando vide la mia chitarra.

- Tu devi essere il cantante di stasera. Kurt non è con te? – chiese il ragazzo, sempre con il suo sorriso. Era un po’ rassicurante.

- Sì, sono io e credo che Kurt venga più tardi. – gli risposi. Lui mi porse la mano.

- Brody Weston.

- Blaine Anderson. – gli dissi di rimando, stringendogli la mano.

- Seguimi. Il signor Smythe ti dirà cosa fare. – mi disse Brody. Quel cognome mi riportò alla mente Sebastian e il suo pensiero mi portò, stranamente, a sorridere.

Io seguii il barista, che mi portò al piano superiore del bar. Mi lasciò davanti alla porta del proprietario del locale, con un “buona fortuna”. Ero un po’ agitato. Ok, molto agitato. Ero convinto di dover andare lì con Kurt, ma il mio inutile cervello mi aveva fatto andare lì in anticipo.

Bussai alla porta e, dopo aver sentito un “avanti”, entrai. L’uomo che mi ritrovai davanti era, stranamente, molto somigliante a Sebastian. Stessi occhi verdi e stesso colore dei capelli tendenti al biondo. Ma mi ricordai che Kurt aveva detto che era il padre di un suo collega. Quindi non era possibile che fosse il padre di Sebastian. Seb non sarebbe mai diventato uno stilista.

- Oh, tu devi essere il signor Anderson. – mi disse, sorridente. Io mi avvicinai alla sua scrivania, imbarazzato. Mi porse la mano, che strinsi dolcemente.

- Robert Smythe. – oh mio Dio. Se la memoria non è sbagliata, il nome del padre di Sebastian era proprio Robert. Ok, stavo solo immaginando tutto. Non era vero. Non era il padre di Seb. Solo una coincidenza.

- Blaine Anderson.

- Oh, mio figlio mi ha parlato molto di te. – ma chi lo conosce il figlio di questo tizio? No, non ci posso credere che è il padre si Sebastian. Non voglio crederlo. Non voglio finire a lavorare per Smythe. Beh, tecnicamente lavoravo per suo padre, ma per me era lo stesso.

- Scusi, ma non credo di avere l’onore di conoscere suo figlio. – se è il ragazzo che penso io, non è per niente un onore.

- Invece, credo proprio di sì. Mio figlio è Sebastian Smythe. – fatemi morire!! Per favore. È proprio quel Sebastian. Aiutatemi, non voglio rincontrarlo. Non con Kurt.

- Oh. – questo è l’unica cose che il tuo cervello è in grado di elaborare, idiota?

A un tratto, sentii la porta aprirsi e la persona che entrò nella stanza era la persona che non avrei mai voluto vedere. Avrei voluto volare dalla finestra o almeno non farmi vedere. Perché non ho il Mantello dell’Invisibilità? Maledizione, Sebastian!

- Anderson? Che ci fai qui? – bel saluto, Smythe. Robert si accigliò alla vista del figlio che era entrato.

- Sebastian, quante volte ti ho detto di chiedermi il permesso, prima di entrare?

- Oh andiamo, papà. Bel culetto, allora? Che ci fai qui? – vidi Robert roteare gli occhi al soprannome che mi aveva dato. No, non mi era mancato Sebastian. Specialmente, quando mi chiamava in quel modo.

- Mi chiamo Blaine e poi sono qui per cantare. – oh mio Dio, voglio sprofondare. Perché diavolo ho accettato di cantare in questo posto? Ah, già. Kurt.

- Ah, quindi tu sei il ragazzo di cui parlava quella principessina di Hummel? – mi offesi un po’, anche se Kurt era solo un semplice conoscente.

- Sì, sono io. Non sapevo che ti piacesse la moda, Sebastian. – dissi, enfatizzando sul suo nome. Insomma, chi avrebbe mai pensato che a Sebastian Smythe interessasse qualcosa di moda.

- Sono più gay di quanto pensi, Anderson. – mi rispose. Il solito Sebastian.

- Sebastian, perché non fai vedere a Blaine, dove dovrà esibirsi? – disse Robert, cercando di alleviare il discorso che stava prendendo una brutta piega. Beh, come tutti i discorsi con Sebastian.

- La ringrazio signor Smythe. – dissi, alzandomi. Robert mi sorrise e Sebastian si avviò davanti, aspettando che io lo seguissi. Così feci.

- Perché non hai cantato tu, stasera? – gli chiesi, non appena fummo usciti dalla stanza. Sebastian mi guardò con un’occhiata scettica.

- Non sono così gay, Anderson.

- Ma se hai appena detto che sei più gay di quanto sembri. – gli dissi, cercando di sopprimere una risata.

- Lascia stare, non puoi capire. – sapevo che Sebastian diceva così, ogni volta che non sapeva cosa dire. - Allora, dov’è la tua amichetta Hummel?

- La smetti di chiamarlo così?

- Oh mio Dio, non dirmi che ti piace. – mi disse Sebastian, voltandosi di scatto verso di me.

- Cosa? No! Siamo solo amici. – dissi e lui mi guardò scettico.

- Sei anche più patetico di quando eri al liceo, Anderson.

****

Finalmente, mi ero liberato di Sebastian e mi stavo preparando sul palco. Da lontano, vidi Kurt entrare e mi sembrava molto spaventato, forse perché non mi aveva visto. Infatti, appena mi vide sul palco si rilassò subito. Si avvicinò.

- Ti stavo aspettando. – mi disse, sorridente e quel sorriso mi emanava sempre strane sensazioni. Sembrava come se il suo sorriso emanasse una strana forza.

- Sono arrivato in anticipo. Molto in anticipo. Ero e sono molto agitato. – gli risposi. Lui mi osservò e poi si arrampicò sul palco, per raggiungermi. Gli diedi una mano e si sedette accanto a me.

- Sarai fantastico. Ne sono sicuro. Devi solo credere in te stesso. Coraggio. – mi disse. Mi strinse forte la mano. Io gli sorrisi, per ringraziarlo. Scese dal palco e mi lasciò solo.

- S-Salve. Mi chiamo Blaine Anderson e stasera canterò per voi. – dissi, attirando l’attenzione di poche persone, ma stranamente m’importava solo l’attenzione di Kurt.

La musica partì. (Spoiler: http://www.youtube.com/watch?v=2g0FRi0B3r0)

So this is what you meant 
When you said that you were spent 
And now it's time to build from the bottom of the pit 
Right to the top 
Don't hold back 
Packing my bags and giving the academy a rain check 

I don't ever want to let you down 
I don't ever want to leave this town 
'Cause after all 
This city never sleeps at night 

It's time to begin, isn't it? 
I get a little bit bigger, but then I'll admit 
I'm just the same as I was 
Now don't you understand 
I'm never changing who I am 

So this is where you fell 
And I am left to sell 
The path to heaven runs through miles of clouded hell 
Right to the top 
Don't look back 
Turning to rags and giving the commodities a rain check 

I don't ever want to let you down 
I don't ever want to leave this town 
'Cause after all 
This city never sleeps at night 

It's time to begin, isn't it? 
I get a little bit bigger, but then I'll admit 
I'm just the same as I was 
Now don't you understand 
I'm never changing who I am 

It's time to begin, isn't it? 
I get a little bit bigger, but then I'll admit 
I'm just the same as I was 
Now don't you understand 
I'm never changing who I am 

This road never looked so lonely 
This house doesn't burn down slowly 
To ashes, to ashes 

It's time to begin, isn't it? 
I get a little bit bigger, but then I'll admit 
I'm just the same as I was 
Now don't you understand 
I'm never changing who I am 

It's time to begin, isn't it? 
I get a little bit bigger, but then I'll admit 
I'm just the same as I was 
Now don't you understand 
I'm never changing who I am

 

Non me lo aspettavo, ma molte persone mi applaudirono. Peccato, che la mia vista era concentrata su Kurt. Mi stava applaudendo e aveva una strana luce negli occhi. Io sorrisi.

A fine serata, ero stanchissimo. Non avevo mai cantato così tanto in vita mia. Scesi dal palco e mi avvicinai a Kurt. All’improvviso, me lo ritrovai addosso. Mi stava abbracciando. Aveva un buon profumo. Sapeva di vaniglia e camomilla.

- Scusa. È solo che sei stato f-fantastico. – mi dice, abbassando lo sguardo come un cagnolino che ha appena fatto qualche guaio. Io sorrido a quella vista.

- Grazie. – lui mi guarda negli occhi e poi assume un’espressione. L’espressione.

- Tutto bene? – mi chiede.

- Oh, sì. Sono solo molto stanco. – gli risponde. Lui mi sorride.

- Ti va un caffè? – che faccio? Accetto? Oh mio Dio, che faccio? Vabbè, un caffè non si rifiuta mai.

- Sì, grazie.

****

È da un bel po’ che sto parlando con Kurt e devo ammettere che è molto interessante. Avevamo gli stessi interessi, o quasi. Lui era completamente pazzo per la moda e diverse volte aveva criticato i miei capelli o i miei papillon. Anche Santana lo aveva fatto. Ma cos’ho che non va? A me piacciono.

Comunque, stava andando tutto alla grande, fino a quando non è arrivato lui. Sebastian. Proprio ora. Dov’è diavolo era stato tutto questo tempo? Proprio ora doveva arrivare?

- Anderson, già ti dai da fare con Hummel? – oh cavolo, già inizia. Abbasso lo sguardo imbarazzato. Kurt, invece, ci guardava con quell’espressione che mi fa tanta paura. Oddio, mi lancerà una maledizione, vero?

- Vi conoscete? – ci chiese Kurt e l’espressione di Sebastian non prometteva nulla di buono. Infatti…

- Principessina, io e Anderson eravamo scopa-amici al liceo.

- Cosa? Io non sono mai venuto a letto con te e mai lo farei! – Kurt ci guardava divertiti, mentre Sebastian mi scoccò un’occhiata scettica.

- Anderson, lo sapevamo tutti che volevi essere fottuto da me. – oh mio Dio, voglio scappare. Ora. Perché cavolo ho accettato di cantare qui? Ah già, me l’ero dimenticato di nuovo. Kurt.

- Lascia stare, Blaine. Anche con me fa lo stesso, ogni singolo giorno. Se non fosse per lui, la mia vita sarebbe perfetta. – mi disse Kurt, facendomi ridere e lui mi seguì a ruota, mentre Sebastian ci guardava e faceva il finto offeso.

- Comunque sia, mio padre vuole parlarti. – e quella frase cambiò il mio umore. Cosa voleva dirmi? Avevo fatto schifo, vero? Aiuto!! Kurt m’incoraggiò con un sorriso e seguii Sebastian da suo padre.

- Papà, ti ho portato il nano. – Robert roteò gli occhi ed io sorrisi. Era divertente come nemmeno suo padre sopportasse la sua strana ironia. Mi accomodai.

- Blaine, sei stato davvero bravo. Questi sono per te, spero che bastino. – mi disse, porgendomi una mazzetta di soldi sulla scrivania. Ma erano 500 dollari!! Ok, capisco che la famiglia Smythe era molto ricca e conosciuta, ma non era un po’ troppo?

- No, signor Smythe. Non voglio tutti questi soldi, per una sola serata. Li tenga. Per me è stato un piacere cantare nel suo locale. – gli dissi, mandando i soldi indietro, ma Robert insistette e me li mise di nuovo davanti.

- Non è mica solo per questa serata. Hai attirato l’attenzione di molte persone. Nessuno che ha cantato qui ci è mai riuscito, quindi voglio assumerti come cantante del bar. Credo che 500 dollari al mese bastino, no? – ok, forse avevo sentito male. Forse era solo un sogno. Io sono ancora nel letto, per andare da Sam. Anzi, forse sono ancora a Westerville.

- Blaine? Blaine, ci sei? – oh mio Dio. Non stava dicendo sul serio, vero?

- Sta dicendo sul serio? – che domanda stupida, Blaine!

- Sì, certo. Allora, accetti? – mi chiese, speranzoso. Ok, devo ammettere che 500 dollari mi avrebbero fatto comodo, ma lavorare da Smythe. Quel Smythe. Quello che ha appena detto davanti a Kurt che al liceo eravamo scopa-amici. Cosa per niente vera, dopotutto. Oh, ma chi se ne frega. Almeno mi pagano per sopportare Sebastian.

- Sì. Sì, certo. Sarà un onore. – gli dissi, con un sorriso che arrivava da orecchio a orecchio. Strinsi la mano e Robert e corsi da Kurt. E, stavolta, ero io quello che si era gettato addosso a Kurt.

- Che è successo? - mi chiese, sorridente. Non so perché, ma avevo l’istinto di baciarlo. Se non fosse stato per lui, non sarei mai finito a cantare in quel bar. Se non fossi entrato nel bar di Sam, ora non mi ritroverei con 500 dollari in mano.

- IlsignorSmythemihaassuntocomecantantenelsuolocale. Avrò500dollarialmese! – dissi. Non mi ero capito da solo, figuriamoci se mi aveva capito Kurt.

- Blaine, forse se parli un po’ più lentamente, capisco cosa vuoi dirmi. – presi un bel respiro.

- Il signor Smythe mi ha assunto come cantante nel suo locale. Avrò 500 dollari al mese. Kurt, io devo ringraziarti. Se non fosse stato per te, non sarei mai finito a cantare qui e non mi ritroverei 500 dollari al mese. Anzi, 700 con tutti i soldi del lavoro al bar. – Kurt mi sorrise non riuscii a resistere. Lo abbracciai. Forte. Gli ero riconoscente a vita. Non volevo più staccarmi da lui. Sentivo gli occhi pizzicarmi.

- Blaine, sono molto felice per te. – mi sussurrò. Quando ci staccammo, mi guardò negli occhi. – Oh Dio, no. Non piangere, Blaine. Sii forte. Devi essere felice. Devi essere orgoglioso di te stesso, come ora io lo sono di te.

- Davvero sei fiero di me? – gli chiesi, come se fosse l’unica cosa che avrei voluto sentire. Lui mi sorrise. Dio, quanto amavo quel sorriso.

- Molto. Ma ora ho una proposta per te.

- C-Cosa?

- Ora che hai un secondo lavoro e soldi sufficienti, vuoi venire a vivere con me? – oh, cavolo. Non sta succedendo davvero.

- Oh, beh non saprei. Non vorrei lasciare Brittany da sol-

- Mi ha chiamato Santana. Non vuole più stare a Louisville. Si trasferirà qui a New York.

- Beh, in questo caso… Sì, mi trasferisco da te.

Ci abbracciammo di nuovo. Non c’era più nulla intorno a me. A parte il suo profumo. Le sue braccia che mi stringono forte. C’era solo Kurt intorno a me e, stranamente, era ciò che volevo. Volevo Kurt. Ma non sapevo quanto mi sarei pentito, o almeno in parte, di quel “sì, mi trasferisco da te”...

 

Note dell’autrice

Salve a tutti! Tan Tan Tan. Allora, com’è? Questo per me è un capitolo molto importante e vorrei che fosse venuto bene. A voi come sembra? Ho tanta paura che mi sia venuto male…

Ok, ora un po’ di spiegazioni. Questa frase --> Ma non sapevo quanto mi sarei pentito, o almeno in parte, di quel “sì, mi trasferisco da te”... significa molto. Eh, sì. Questo è solo l’inizio della storia. L’introduzione della ff dice che Blaine non andrà molto d’accordo con il suo coinquilino e, per quanto sembri il contrario, succederà davvero e sarà anche molto divertente.

Spiegazione numero due: il proprietario del bar è il padre di Sebastian solo per arricchire ciò che dice Blaine nel capitolo precedente, cioè che New York è molto piccola, per quanto sembri grande. Però, qui Sebastian non farà il solito antagonista. Sarà il solito spaccone, ma non intralcerà per niente la Klaine.

Spiegazione numero tre: come potete vedere, la canzone che canta Blaine è It’s Time che Blaine canterà nel tf nel primo episodio della quarta stagione. Ho voluto aggiungerla perché è da stamattina che l’ascolto e mi piace moltissimo.

Bene, le spiegazioni sono finite. Come vi ho detto, questo è un capitolo molto importante per me e determinerà la vera storia. Devo dire che mentre scrivevo questo capitolo, le mie mani più volte hanno cercato di scrivere “e ci baciammo”. Fortunatamente o sfortunatamente, decidete voi, le ho fermate, altrimenti mi avrebbero rovinato tutta la storia.

Ok. Come al solito volevo ringraziare le persone che hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate. Davvero grazie. E ringrazio anche quelle persone che mi fanno l’onore di farmi sapere cosa ne pensano. Mi fa un piacere enorme leggere le vostre recensioni.

Non vi sembro troppo seria, oggi? xD Ok, allora vediamo se questa cosa è seria. Lo sapevate che una recensione allunga una vita a un’autrice? Eh, sì. È proprio così.

Gay Bye. Cioè, volevo dire Bye Bye.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Ci vollero pochi giorni per sistemarmi a casa di Kurt. La casa la conoscevo già e avevo salutato Brittany, anche se mi aveva convinto a uscire qualche volta, quando Santana sarebbe arrivata a New York, ovvero alla fine della settimana.

Non mi sarei mai aspettato che Kurt mi chiedesse di vivere con lui. Onestamente, non avrei mai voluto vivere tutti i giorni con Santana. Una settimana mi era bastata e poi non sarei mai riuscito a dire di no a quella casa. Per me, era una reggia.

I miei genitori possedevano una casa grandissima e stupenda, ma io non l’avevo mai apprezzata. Non perché sono uno schizzinoso viziato, ma perché lì mi sentivo fuori posto. Come se quella casa non fosse mia.

Quell’appartamento, invece, pur essendo quello di uno sconosciuto, mi faceva sentire a casa e protetto. Sentivo di dover essere lì.

Nel frattempo, il lavoro andava alla grande. Mi sentivo sempre di più a mio agio nel bar e cantare al bar di Sebastian mi rende vivo. Che voi ci crediate o no, una volta ho anche un preso un caffè da solo con lui. Ancora mi sorprendo. Non sapevo di avere tanta pazienza, tanto da sopportare Sebastian Smythe per un’ora o anche di più.

Fortunatamente, Brody era corso in mio soccorso, intromettendosi nel discorso.

Ah, sì. Ero diventato grande amico con Brody o almeno così credo. Dopo aver cantato e dopo aver sopportato per qualche minuto Sebastian, restavamo almeno mezz’ora a parlare. Era diventata un po’ come un’abitudine.

- Blaine, sei pronto? Le ragazze ci aspettano. – mi urlò Kurt, dalla cucina. Mi aveva convinto a uscire con Brittany e Rachel. Il nostro bar era chiuso il giovedì mattina. Il mio progetto era quello di dormire fino a tardi e poi guardare quella meravigliosa Tv, spaparanzato sul divano, ma Kurt mi aveva detto che non potevo restare a casa, quando ancora dovevo vedere tutte le bellezze di New York.

- Sì. Arrivo tra un attimo.

Andai in salotto e vidi Kurt alle prese con la cravatta. Indossava dei jeans attillati neri, una camicia azzurra con una cravatta bianca. Era bellissimo. I jeans rimettevano in risalto le sue lunghe gambe e la camicia metteva in risalto il colore dei suoi occhi.

Senza accorgermene, lo stavo guardando ed ero sicuro di aver anche la bocca aperta. Cavolo, Blaine! Datti una regolata.

- Cosa c’è? Ho qualcosa che non va? Oddio, i capelli! – stava iniziando a sproloquiare ed era meglio se lo avessi fermato.

- No. È solo che… che sei b-bellissimo. – oddio, l’ho detto.

- Oh, g-grazie. Anche tu stai molto bene. – mi dice, imbarazzato. Ha le guance rosse. Oddio, sto andando in iperventilazione.

- G-Grazie. – maledizione, Blaine! Non balbettare. Stai calmo.

- Su, andiamo. – sì, forse è una buona idea.

****

Quando tornammo a casa, ero a pezzi. A malapena riuscivo a reggermi in piedi. Ero convinto di aver fatto il giro di tutta New York, circa tre volte.

La cosa più inquietante era che Kurt e le ragazze non erano per niente stanchi. Anzi, si erano dati appuntamento, per incontrarsi di nuovo nel pomeriggio.

Io ero sicuro che non sarei arrivato vivo al bar. Dovevo chiamare un taxi.

Appena tornammo, feci una corsa dritta al divano, che fece ridere Kurt. Andò in cucina e tornò dopo un po’, con dei biscotti per me e quella che sembrava una bevanda dietetica tra le mani per lui. Presi un biscotto.

- Sei stanco? – mi chiese Kurt.

- No. Anzi, sono pieno di energie. – risposi ironico. Kurt rise e fece un sorso dalla lattina. Scossi la testa, cercando di distogliere lo sguardo dalle sue labbra. Cavolo Blaine, cosa ti prende?!

Avvolto nei miei pensieri, non mi accorsi che Kurt mi stava osservando. Aveva un sorriso stampato sul volto e una strana scintilla negli occhi. Stavo seriamente entrando nel panico più totale. A un tratto, vidi che la sua mano s’intrigò tra i miei capelli, facendomi cadere tutti i ricci sulla fronte.

- Così è molto meglio. – commentò, guardando soddisfatto il suo operato. Io sgranai gli occhi. Non ero abituato a farmi vedere in pubblico senza gel, a parte quando Santana me lo rubò. “Lo scherzo di benvenuto”, mi disse.

- Non sono molto abituato a farmi vedere così. Mi sento… brutto. – dissi, abbassando lo sguardo. Ho sempre avuto questa convinzione. Non mi sono mai sentito così bene con il mio aspetto e mi convincevo di star bene con me stesso, quando invece non vero.

Kurt mi alzò la testa con due dita sotto il mento ed ero sicurissimo di star andando a fuoco.

- Non è vero. Sei molto carino. Uno dei ragazzi più carini che abbia mai conosciuto e così sei anche più bello. – ok, era ufficiale: ero diventato un mucchio di cenere fumante. Nessuno mi aveva detto che ero carino. E sentirmelo dire da Kurt, mi faceva in un certo effetto.

Ebbi l’istinto di abbracciarlo e non riuscii a trattenermi. Kurt, all’inizio, rimase un po’ confuso, ma poi mi avvolse tra le sue braccia. Sentivo il suo odore invadermi le narici e mi sentii meglio di come non sia mai stato in vita mia. C’era qualcosa in quel ragazzo che mi confondeva.

- S-Scusa. È- È solo che… che tu-tu mi stai aiutando tanto e-e nessuno mi avevo mai detto che sono… bello. – balbettai. Mi sorrise e sentii il mio cuore sciogliersi.

Non ero mai stato innamorato di nessuno, prima d’ora, ma sapevo che tra me e Kurt, non c’era semplice amicizia. O almeno così credevo.

Infatti, tutta la nostra alchimia scomparve qualche giorno dopo. Quando nel frigo non c’era più nulla da mangiare e Kurt mi aveva chiesto di andare a fare la spesa. Appena tornai a casa e Kurt vide ciò che aveva comprato, la nostra alchimia scomparve lasciando dietro di sé una nuvola di polvere.

Niente di quello che avevo comprato non fu nominato cibo spazzatura da Kurt. Beh, quella era la roba che mangiavo lui e non sapevo le sue abitudini.

Ma la cosa più esagerata che feci non me la dimenticherò mai.

Era un lunedì mattina. Avevo la mattina libera e Kurt doveva lavorare. Così, mi lasciò da solo a casa. Beh, era lecito. Non avevo più cinque anni, poteva restare da solo in casa.

Decisi di preparami dei pancake, peccato che mentre li stavo cuocendo, mi chiamò Wes. Ero del tutto distratto e non mi accorsi che i miei pancake stavano bruciando. Maledetto il mio vizio di camminare per la casa, quando sono a telefono.

Dopo minimo un’ora che ero stato a telefono con Wes, quando andai in cucina, vidi tutto andare a fuoco. Le tende erano incendiate, così come la cucina. Le fiamme si stavano avviando verso il salotto e decisi che l’idea migliore era chiamare i vigili del fuoco.

- Kurt, mi sa che devi tornare a casa. – gli dissi, quando lo telefonai, guardando i vigili del fuoco che stavano spegnendo le fiamme.

- Perché? Cos’è successo? – mi chiese, preoccupato.

- Non credo che ti piacerà, ma ti prego torna. Subito.

Dopo un quarto d’ora, le fiamme erano spente ed io ero seduto sul divano, osservando il vuoto e aspettando Kurt. Quando arrivò, si precipitò accanto a me e mi chiese cos’era successo.

- Vai in cucina. – gli dissi. Lui ci andò e quando tornò nel salotto, mi pentii di averlo chiamato. Non mi parlò per tre mesi. Beh, era lecito. Gli avevo bruciato casa.

Però, quando litigai con mio padre per l’ennesima volta, nonostante fosse arrabbiato con me, mi abbracciò tutta la notte e mi consolò. Avevo deciso di lasciarmi il passato alle spalle, ma a quanto pare non ci riuscivo. Ma, ora, avevo Kurt che mi consolava. Anche se gli avevo quasi bruciato tutta la casa.

 

Note dell’autrice

Salve! *si nasconde* Sì, lo so che volete ammazzarmi per il mio enormissimo ritardo e mi dispiace tanto tanto tanto tanto tanto, ho già detto tanto?

No, ok. Mi scuso davvero. Il fatto è che è iniziata la scuola (che rottura di beep) e la nuova professoressa d’italiano è una vera bitch. Noi a questa non la conosciamo nemmeno e ci assegna miliardi di pagine da fare. Quindi prendetevela con lei e non con me.

Ok. Ora parliamo del nuovo capitolo. Come vedete, questo capitolo è concentrato tutto sulla convivenza tra Kurt e Blaine. Come vedete il nostro hobbit ha già fatto qualche guaio e che guaio.

Abbiamo anche visto un Blaine più vulnerabile, che non si sente carino (Blaine, ma sei pazzo?) e che affronta una litigata con suo padre. Ma, nonostante tutto, Kurt è pronto a supportarlo.

Tra qualche capitolo vedremo una parte scritta sotto il pensiero di Kurt, che si lamenterà con Rachel di chissà chi. Eh, eh. Poi, ci sarà un nuovo arrivato. Eh, sì. Ma sono sicura che vi piacerà.

Alcuni di voi, mi hanno detto che la storia scritta sotto il pensiero di Blaine, non fa capire i veri sentimenti di Kurt. Il fatto è che, non so perché, mi ritrovo bene nei panni di Blaine, ma se volete sapere qualcosa sui sentimenti di Kurt, ve li dico io: all’inizio avevo lo stesso pensiero di Blaine, ma ora la convivenza gli farà cambiare idea.

Beh, ringrazio tutti quelli che mi stanno supportando e sopportando. Le persone che leggono e che sono affezionate a questa ff e anche alle persone che mi fanno sapere il loro parere.

Vi prometto, che cercherò di aggiornare il più presto possibile.

Gay Bye. Cioè, volevo dire Bye Bye.

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Note: questo capitolo è scritto sotto il pensiero di Kurt.

 

Non sapevo più cosa fare. Blaine mi stava facendo esasperare. Era un ragazzo molto educato ed era molto preciso nei pagamenti, ci mancherebbe, ma ne combinava di tutti i colori. Senza contare la storia della cucina andata a fuoco, il suo senso dell’ordine era pari a zero.

Era incredibile come riuscisse a trovare le sue cose nel casino della sua camera. Ci ero entrato una sola volta e mi era venuto il giramento di testa.

Ora, però, sarà meglio che mi concentri per il grande discorso che vuole farmi Rachel. So già che mi riempirà di chiacchiere.

Appena mi vede, mi abbraccia forte.

- Kurt, ho una notizia bellissima! – mi dice lei, entusiasta. Io sorrido. – Mi hanno presa per un ruolo per un musical a Broadway! – io la guardo incredulo e l’abbraccio forte. Penso a quando anch’io sognavo di essere preso per un musical di Broadway e, invece, ora mi ritrovo con un nuovo sogno e un nuovo lavoro.

- Sono tanto orgoglioso di te. Se mi dici che ti hanno presa per Wicked, impazzisco. – lei ride e annuisce. Oh Dio, è stata presa per Wicked! Sgrano gli occhi e l’abbraccio forte. Ok, forse un po’ troppo.

- Ok, ora dobbiamo assolutamente festeggiare. – dico e lei mi sembra più che d’accordo. Si è già precipitata al bancone. È strano quanta strada abbia fatto. Prima era solo una ragazza isterica, che pensava solo a se stessa e ora è stata presa per un ruolo nel musical più longevo della storia.

****

Rimaniamo a parlare per un po’ del suo nuovo ruolo. Non è uno dei più importanti, ma che importa. È il suo primo spettacolo a Broadway, lo ricorderà per sempre.

Dopo un po’, mi chiede – E a te? Come va con il tuo nuovo coinquilino? – oh Rachel, capiti a fagiolo. Mi servirebbe davvero qualcuno con cui parlare di quel ragazzo incredibile.

- Diciamo che riesco a sopportarlo o almeno credo. – no, non riesco a sopportarlo. È un ragazzo insopportabile, in qualsiasi cosa faccia.

- Non dirmi che sei ancora arrabbiato per la storia della cucina andata a fuoco. – mi dice con un sorrisetto.

- Non posso dargliela vinta come se niente fosse. Stava per bruciarmi la casa! – gli dico e lei mi ride in faccia. Sono così divertente?

- Ma è successo tempo fa, non puoi continuare a prendertela con lui. Può capitare.

- Ma non è solo questo. È un disordinato cronico, quando fa la spesa non c’è nulla che non sia ipercalorico.  

- Oh, andiamo. Non ti credevo così rigido. Ha diciotto anni, cosa vuoi farci. Anche se…

- Anche se cosa?

- No, niente.

- No, ora sei costretta a dirmi tutto.

- Se proprio vuoi saperlo. È solo che, quando parli di lui, anche quando ti lamenti, ti s’illuminano gli occhi.

- Cosa?! Che ti passa per la testa? Siamo solo amici.

- Gli amici si abbracciano nel tuo letto?

- E tu come lo sai?

- Ricordi che ho le tue chiavi? Sono passata per salutarti e ti ho trovato ad abbracciare Blaine nel tuo letto. E ripeto: nel tuo letto.

- Non è come pensi e so quello che pensi. Aveva litigato con suo padre e mi faceva male vederlo piangere, così l'ho portato a letto e l’ho consolato un po’. Niente di più. Sarà anche insopportabile, ma è comunque mio amico.

- Mmm… Comunque sia, qui gatta ci cova. Ora, però, è tardi e devo andare. Ciao. – le faccio un cenno con la mano, osservando il mio caffè. Stavo solo aiutando un amico, quel giorno, niente di più. Eppure… Guarda che pensieri mi mette in testa Rachel.

****

Ieri mi è arrivata una telefonata di Puck, che mi diceva che sarebbe arrivato a New York, per venire a trovare i suoi amici. Una cosa bella, è solo che tutti sono occupati e l’unico che ha la giornata libera sono io.

Vi starete domandando, allora? Beh, se vado a prendere Puck all’aeroporto, devo lasciare Blaine da solo in casa, visto che è giovedì mattina. E visti i precedenti, non mi fido. L’unica soluzione è portarlo con me.

Peccato che quest’ammasso di riccioli – che a me piacciono, ma passiamo avanti – non si smuove dal letto e quando lo chiamo fa solo versi sconnessi. Ma ho un’idea.

Vicino al suo letto ha una cassa. La accendo, metto il volume al massimo e le collego al mio cellulare. Ho ancora una canzone rock che mi aveva inviato Finn e che ho dimenticato di cancellare.

Alzo tutto il volume del cellulare e… via con il rock!!

- Aiuto! – urla, alzandosi dal letto. Io stoppo la canzone e rido.

- Buongiorno. – gli dico con un sorrisino, divertito.

- Ma sei impazzito?! – mi urla.

- Ehi, tu non ti svegliavi e sono dovuto ricorrere alle maniere forti.

- E perché dovrei svegliarmi?

- Perché devi venire con me all’aeroporto. Viene un mio amico da Los Angeles e dobbiamo andarlo a prenderlo.

- Non puoi andarci da solo?

- Questo comporterebbe che devo lascarti qui da solo e non posso.

- Perché? Non ho mica cinque anni.

- Beh, l’ultima volta che l’ho fatto mi hai quasi bruciato casa. – lui sbuffa.

- Su, muoviti. E posso farti una domanda? – lui alza un sopracciglio. – Perché dormi solo con le mutande? – oddio, sento la faccia andarmi a fuoco. Solo ora mi rendo conto che è solo in mutande!! E… Beh, non è niente male.

- Faceva caldo. Tu vai, arrivo dopo.

- Sì, ma fai presto.

****

Io odio Rachel Berry. Mi mette in testa degli strani pensieri. Sto ancora pensando a quel “qui gatta ci cova”, per non parlare del corpo di Blaine che – nonostante il proprietario sia un tappo – è un bello spettacolo.

- Sono pronto. – dice Blaine, spuntandomi da dietro.

- Ok, possiamo andare.

- Aspetta! – cosa vuole ora? – Pensavo che tu non ascoltassi rock. Da dove hai preso quella canzone? – davvero pensavi a questo? Quindi non ti preoccupa il fatto che io ti abbia visto in mutande, appena sveglio?

- Me l’ha inviata mio fratello.

****

Stavamo aspettando che Noah arrivasse. Durante il viaggio e anche ora, avevo raccontato a Blaine chi fosse Puck. Diciamo che gli era già simpatico senza nemmeno conoscerlo.

Beh, lo avrebbe conosciuto presto, visto che stava arrivando proprio ora.

- Kurt! – mi abbraccia forte. Devo ammettere, che mi è davvero mancato. C’è sempre stato per me, quando al McKinley c’erano problemi.

- Oh, Puck. Da quanto tempo. Come va?

- Bene. L’agenzia di lava piscine va a gonfie vele. – guarda Blaine – Lui chi è? – guardo Blaine. Sembra un po’ divertito.

- Oh, lui è Blaine. È il mio coinquilino. Blaine, lui è Noah, ma puoi chiamarlo Puck. – si stringono la mano.

- Piacere, Blaine. Ora, però, andiamo. Donne di New York, Puckzilla è in città! – Blaine ride. Eh no, Puck non è cambiato di una virgola.

- Rachel, la missione Klaine sta per avere inizio.

 

Angolo dell’autrice

Salve… *scansa i colpi di fucile e qualsiasi cosa mi lanciate* Sì, lo so: sono in ritardo di un mese e mi dispiace davvero tanto. Vi prego non uccidetemi. Sono ancora troppo giovane per morire.

Il fatto è che non ho avuto tempo nemmeno per respirare. Odio essere troppo impegnata, ma mi spuntano impegni come funghi. Se non fosse stato per il fatto che oggi non sono andata a scuola, per il maltempo – quando qui c’è un sole incredibile, ma passiamo avanti –, avreste dovuto aspettare qualche altro giorno per questo capitolo.

Comunque, vi è piaciuto? Visto chi è arrivato? Eh sì, Puckzilla è in città. E la missione Klaine? Cosa si cela sotto questa frase? Beh, lo scopriremo presto.

Come vediamo, Rachel già sta inculcando qualcosa nella testa di Kurt e ci sta riuscendo anche abbastanza bene. Eh, Kurt caro. Come vedi, Blaine sarà anche un tappo, ma è davvero figo.

Beh, volevo fare un grazie speciale a tutte quelle persone che, nonostante il mio grandissimo ritardo, hanno continuato a seguirmi. Davvero Grazie!!

Per chi non lo sapesse, ho scritto anch’io una Klaine Week. È vero che è finita, ma non c’è mai un tempo determinato per leggere roba Klaine. Eccola qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1300633&i=1

Bene, ora vado.

Gay Bye. Cioè, volevo dire Bye Bye.

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


Puck sembra un ragazzo simpatico. Ha l’aria da bullo con la sua giacca di pelle e la sua cresta, ma glielo si legge in faccia che è un bravo ragazzo e poi sembra che abbia un buon rapporto con Kurt.

- Ma ora dove alloggerai? – gli ha chiesto Kurt. Sembra che non ne abbia idea.

- Non so. Pensavo di andare in albergo.

- Albergo? Perché non vieni a stare da noi? – gli chiedo. Mi farebbe piacere averlo in casa. Non sembra così rigido come Kurt, anzi è molto più “leggero”.

- Non dovresti prima chiederlo a me? – mi chiede Kurt.

- Perché? Quella non è anche casa mia?

- Sì, ma Puck è mio amico.

- Cosa diavolo centra?

- Ok ragazzi, sono amico di tutti. Ora, però, posso stare a casa vostra? – ci interrompe Puck. Oddio, che figura. Stavamo iniziando a litigare davanti a lui.

- Certo che puoi. – ma allora perché diavolo ha obbiettato?

****

Puck si sistemò nella camera di Blaine. Il moro si era offerto di farlo dormire con lui. Se non gli dava nessun fastidio era ok. L’ebreo ne approfittò dell’assenza di Blaine per fare una telefonata.

- Rachel, pronto?

- Puck, che c’è?

- Sei sicura che questa missione funzioni? Sembrano così in disaccordo e diversi.

- Noah, stai dubitando del fiuto di una donna? Quei due sono fatti per stare insieme, devono solo capirlo. E poi gli opposti si attraggono.

- Come noi?

- Esatto. Tu sei un idiota ed io sono intelligente, ma stiamo insieme comunque. Ah, a proposito: non ti azzardare a dire a nessuno che io e te stiamo insieme. Capito?

- Ok, capito. Ma quando potrò vederti? Manchi da così tanto tempo da Los Angeles e mi sei mancata tanto.

- Anche tu tesoro e non preoccuparti che ci vedremo presto. Ora devo andare. Ti amo.

- Ti amo anch’io.

****

Ero andato a lavoro, ma più che altro me ne sto ad ascoltare di come Sam e Puck erano migliori amici e avevano fatto tante pazzie insieme. Mi sembra una bella storia, specialmente da com’è iniziata: “Hai una bocca enorme. Quante palle da tennis ci entrano?”, “Non lo so. Non mi sono mai messo delle palle da tennis in bocca, tu?”.

Ma come si dice? Quando si parla del diavolo, spuntano le corna e, infatti, proprio in questo momento entra Puck.

Sam gli corre incontro e si abbracciano fortissimo. Eh sì, quelli sono proprio migliori amici. In questo momento mi ricordo di Wes e di come anche noi ci volevamo bene come due fratelli.

- Ehi, Puck!

- Blaine! Non sapevo lavorassi qui.

- Eh sì, purtroppo devo sopportare questo hobbit tutti i giorni. – risponde Sam e gli lancio uno sguardo assassino.

- Beh, mi fa piacere. Così, stiamo tutti insieme. Ah Blaine, posso parlarti? – mi chiede Puck.

- Certo.

Ci sediamo a un tavolo vuoto.

- Allora, come va con Kurt? – mi chiede.

- Bene, perché?

- Non so. Se devo essere sincero, ogni volta che lo guardi, sembra che tu te lo stia scopando con gli occhi. – oddio, sto andando a fuoco.

- Cosa?! No! Io e Kurt siamo solo amici.

- Ci credi davvero? Oh, andiamo non puoi sfuggire all’occhio vigile di Puckzilla. Pensaci. – mi dice, alzandosi dal tavolo.

Ora, però, se ci penso meglio, Kurt ed io eravamo molto affiatati appena conosciuti e poi non è così male… maledizione, guardate che pensieri che mi ha messo in testa ora.

 

Angolo dell’autrice

Salve a tutti!! Scusatemi ancora per il ritardo, ma ormai conoscete tutti la ragione ed è per questo che I hate school!!

Comunque, come vedete, qui inizia la missione Klaine di Puck e Rachel, i due fidanzatini nascosti. Eh già, la Pucklberry non poteva mancare, specialmente per la mia cara mogliettina.

Nel prossimo capitolo vedremo Kurt e Blaine fare i conti con questi pensieri che gli hanno messo in testa Puck e Rachel. Che dite, ce la faranno a capire che sono fatti per stare insieme? Speriamo che i due idioti si sveglino. *parla come se non fosse lei a scrivere la storia*

Bene, volevo ringraziare le persone che hanno recensito e che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate. Grazie davvero.

Gay Bye. Cioè, volevo dire Bye Bye.

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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


Puck era in quella casa solo da qualche giorno, ma aveva sentito litigare Kurt e Blaine più di tre volte. Non era molto sicuro di ciò che gli diceva Rachel, ma la ragazza continuava a insistere e lui non sapeva più cosa fare se non accontentarla.

Sembrava un’impresa impossibile far innamorare quei due, ma lui aveva fatto ben di peggio alle superiori. Possibile che ora non poteva far innamorare due zucconi.

Si alzò dal letto e sentì i due ragazzi discutere, ma stavolta non era un litigio. Sembrava stessero discutendo su qualcosa da fare. Si nascose dietro la porta del salotto e ascoltò i due ragazzi parlare.

- Non vedo l’ora. Ho sempre amato il Natale. – disse Blaine entusiasta.

- Allora siamo in due. Ma quest’anno vorrei cambiare. – rispose Kurt. Puck sorrise. Con tutta quella storia si stava dimenticando che il Natale si stava avvicinando. Beh, mancava ancora un po’, ma sarebbe comunque arrivato.

- Che vuoi dire?

- Beh, questa è anche casa tua ora. Voglio comprare nuovi addobbi che piacciano anche a te. – rispose il più grande. Puck alzò un sopracciglio, curioso. Fino a qualche giorno prima Kurt discuteva proprio su quello e ora diceva chiaramente che quella era anche casa di Blaine? Qualcosa non gli quadrava.

Si sporse per vedere nel salotto e ciò che vide lo sconvolse non poco. I due erano sdraiati sul divano accoccolati l’un l’altro sotto una coperta. Kurt aveva appoggiato la testa sul petto di Blaine, mentre quest’ultimo gli accarezzava i capelli.

- Grazie.

- Volevo chiederti scusa. – mormorò Kurt, dispiaciuto.

- Per cosa? – chiese Blaine curioso.

- Ti ho trattato davvero male negli ultimi giorni. È solo che ho avuto un brutto periodo a lavoro e tu eri l’unico sfortunato con cui potevo sfogarmi. – spiegò Kurt. Blaine sorrise e gli accarezzò la guancia.

- Non devi scusarti. È stata anche colpa mia. Mi devo abituare alle “regole” dell’avere un coinquilino. Ho sempre vissuto con i miei genitori che non c’erano mai in casa. – Kurt sorrise e si accoccolò ancora un po’ sul moro.

- Comunque sia, oggi andiamo al centro commerciale e compriamo tutto nuovo.

- Ok, ma l’importante è che tu non mi distrugga come quando siamo uscite con le ragazze. – disse scherzoso Blaine. Kurt gli diede uno schiaffetto sul braccio, ma poi rise insieme a lui.

Puck sgranò gli occhi e fece una corsa in camera sua e fece il numero.

- Puck che c’è? Sto lavorando.

- Dobbiamo vederci. Ora.

****

Puck era seduto in un bar, aspettando la ragazza che gli aveva detto che sarebbe arrivata tra dieci minuti. Batteva il piede vicino al tavolino nell’irrefrenabile voglia di rivedere la sua ragazza e raccontargli ciò che aveva visto.

Non appena la vide, stava per saltare dal tavolo ma decise che era più appropriato aspettarla al tavolo. La ragazza gli sorrise e gli scoccò un bacio sulle labbra. Puck sorrise.

- Non sai quanto mi sei mancato. – disse Rachel, sorridendo.

- Anche tu.

- Scusami, ma devo sbrigarmi. Devo tornare a lavoro. Puoi dirmi perché mi hai chiamato? – chiese Rachel di fretta, anche se voleva rimanere lì per sempre con il suo adorato Puck.

- Quei due sono perfetti per stare insieme.

- E lo scopri solo ora?

- No. Non capisci. Fino a ieri litigavano come pazzi furiosi. Ora, invece erano accoccolati sul divano e parlavano di dover far compere per il Natale. – spiegò il ragazzo. Rachel aveva gli occhi a cuoricini intermittenti e sorrideva come una stupida.

- Oddio, non ci posso credere. Beato te che li hai visti.

- Rachel, come fai a non capire? È ovvio che quei due ci nascondano qualcosa. È troppo strano, perfino per loro. – Rachel s’incuriosì e sorrise.

- Che intendi fare?

- Oggi pomeriggio vanno al centro commerciale. Credo che non ci resti altro che seguirli.

- Puck, sei pazzo? Questo si chiama stalking.

- Dai, sei tu quella che voleva farli stare insieme. Ora mi devi aiutare, però.

- Ok, ma solo perché sei tu.

****

Era da quella mattina che sentivo uno sfarfallare allegro nello stomaco. Più precisamente, da quando avevo parlato con Kurt sul divano. Si era accoccolato a me come se niente fosse ed era stato così dolce che mi sentivo come se stessi tenendo tra le braccia un bambino.

Non so perché, ma credo che Puck non abbia poi così torto. Devo ammettere che un po’ mi piaceva Kurt. Non che ora non mi piaccia, ma sentivo qualcosa di strano quando stavo con lui. Come quella mattina.

E lo guardo in modo diverso, ora. Mi sembra più di un amico. Mi sembra una persona di cui mi sto innamorando. Cavolo, guardate i pensieri che mi mette in testa quel Puck!

****

È da stamattina che ho la testa fra le nuvole. Da quando ho parlato con Blaine, mi sento diverso. Strano. Come se qualcosa nella mia vita fosse cambiata. Non so se è normale.

E poi da quando Rachel mi ha parlato, vedo Blaine come una persona diversa. Ogni volta che lo guardo negli occhi, è come se sentissi il cuore esplodere. E poi quello sfarfallare nello stomaco.

Credo di essermi innamorato. Innamorato di… Blaine. Innamorato del mio coinquilino dagli occhi d’oro e le labbra più baciabili che potessi immaginare. Cavolo, sono proprio andato. Tutta colpa di Rachel!

 

Angolo dell’autrice

Ok, avete diritto di picchiarmi per il mio ritardo. E in più, le casse con i pomodori e tutte le armi possibili e immaginabili sono di là ---> *si nasconde*

Ok, però mi sono fatta perdonare con un po' fluff Klaine, no? *occhi da cucciolo di Blaine* Dopo tutte queste foto Klaine/CrissColfer, ci voleva anche un po’ di fluff. Tanto per ubriacarci di dolcezza.

Nel prossimo capitolo vedremo dei divertenti Pucklberry e dei dolcissimi Klaine. Vi giuro che i Pucklberry ne combineranno di tutti i colori in quel centro commerciale.

Ringrazio ancora tutte le persone che mi seguono, nonostante i miei grandi ritardi. Thank you so much.

Gay Bye. Cioè, volevo dire Bye Bye.

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


Puck e Rachel si coprirono incredibilmente con qualsiasi capo che trovavano. C’era un gran freddo fuori. I due si divertivano a vestirsi l’un l’altro e si scambiavano dei dolci baci. Tutto quello era davvero mancato a entrambi.

Seguirono Kurt e Blaine fino al centro commerciale, cercando di non farsi vedere. Cosa alquanto difficile, visto che Puck inciampava ogni cinque secondi. Rachel riusciva sempre a prenderlo in tempo ma ogni tanto i due ragazzi davanti a loro si voltavano insospettiti.

Ogni tanto, Puck e Rachel si accorgevano che Kurt osservava Blaine come incantato e sorrideva come un idiota. Di solito non succedeva mai. Kurt era sempre stato una persona molto composta.

- È proprio andato il mio piccolo Kurtie. – commentò Rachel, facendo sorridere Puck.

Finalmente, riuscirono a entrare nel centro commerciale sani e salvi. Di fronte all’entrata c’era una di quelle macchine matrimoniale da esposizione. Puck, troppo occupato a seguire con lo sguardo Kurt e Blaine, finì per caderci sopra facendo voltare metà centro commerciale.
Fortunatamente, i due ragazzi erano abbastanza lontani da non sentire il rumore della caduta.

- Ci scusi tantissimo. – disse sbrigativa Rachel, tirandosi Puck e correndo via. Già non riusciva a vedere i Klaine – che genio a inventare quel nome.

- Cavolo, Puck! Fa più attenzione.

Dopo un po’, riuscirono a trovare i due ragazzi. Stavano osservando dei braccialetti da donna in una vetrina di un negozio. Si nascosero dietro l’angolo e li ascoltarono parlare.

- Non è bellissimo questo bracciale? Potrei regalarlo a Rachel. – disse Kurt. Rachel sorrise e batté le mani entusiasta. Puck la osservò con un sopracciglio innalzato, poi sorrise.

- Già. È stupendo. – replicò Blaine. Kurt osservò il ragazzo, sorridendo.

Dopo un po’, si avviarono verso un negozio di scarpe che aveva in vetrina una coloratissima renna luminosa. Puck non appena la vide, iniziò a correre verso il negozio. Se non fosse stato per Rachel che lo aveva preso per le orecchie, li avrebbero di sicuro scoperti.

- Oddio, queste scarpe sono bellissime! – esclamò Kurt con gli occhi illuminati. Blaine lo osservò, sorridendo.

Pian piano, passarono per tutte le vetrine dei negozi. Si osservano l’un l’altro con sguardi sognanti, mentre Puck e Rachel li osservavano con gli occhi a cuoricino.

Finalmente, si avviarono verso il reparto addobbi natalizi. Puck e Blaine rimanevano incantati da tutti quelle luci e quegli alberi di Natale e Rachel e Kurt li osservavano inteneriti.

Kurt aveva lo strano impulso di volerlo baciare. Continuare a osservare quelle labbra rese più rosse dal freddo. Osservava come qualsiasi piccolezza lo rendeva più bambino e di conseguenza più adorabile. Lui non aveva mai agito secondo l’impulso. Si era sempre detto che fosse una pessima idea. Vide del vischio non molto lontano e sorrise. Si voltò verso Blaine.

- Blaine, posso dirti una cosa?

- Certo. – rispose Blaine, incuriosito.

- Voglio farti un regalo di Natale in anticipo. Come sai i regali possono piacere e non, ma sei obbligato ad accettarlo. Tu accetterai il mio? – chiese Kurt, speranzoso. Puck e Rachel si osservarono incuriositi e voltarono di nuovo lo sguardo ai due ragazzi.

- Certo che lo accetterò.

Non appena Blaine ebbe detto questo, Kurt lo prese per mano e lo trascinò fin sotto la pianta romantica.

- Sei pronto a ricevere il tuo regalo? – chiese Kurt, sorridente. Blaine annuì entusiasta. – Allora devi chiudere gli occhi. – Blaine obbedì e chiuse gli occhi. Kurt sorrise.

Dopo un secondo Blaine sentì le labbra di Kurt sulle sue. Sentì il cuore sciogliersi e il suo stomaco fare le capriole. Le labbra di Kurt erano così dolci e delicate. Blaine era sicuro di stare in Paradiso, ora. Non poteva chiedere regalo di Natale migliore di quello.

Kurt assaporò le labbra fredde di Blaine e sentì qualcosa nel suo cervello che si era scollegato da tutto il resto. Sentire quelle dolci labbra sulle sue gli fece battere il cuore troppo forte del normale e sentiva un allegro sfarfallare nello stomaco. Non poteva immaginare Natale migliore.

Si staccarono dopo un po’ e rimasero con gli occhi incatenati.

- Se non avessi accettato questo regalo, me ne sarei pentito per sempre. – disse, sorridente, Blaine. Kurt sorrise e Blaine sentì che il mondo si stava illuminando.

- Questo sarà il miglior Natale che potessi immaginare. – annunciò Kurt, con ancora le braccia attorno al collo di Blaine e sentire le sue mani sui fianchi lo stava per far svenire. Blaine sorrise come solo lui sapeva fare.

I loro respiri erano incatenati e non si poteva immaginare cosa migliore.

Da lontano, Puck e Rachel avevano osservato tutta la scena allucinati. Si erano osservati e avevano sorriso come degli idioti, scambiandosi anche loro un piccolo bacio.

Quello sarebbe stato il miglior Natale della storia.

 

Angolo dell’autrice

Eccomi ritornata, gente! Incredibilmente in orario sulla tabella di marcia. È un miracolo!!

Allora, com’è andata? Questo è uno dei capitoli più importanti e ho paura che sia venuto uno schifo. Per favore, ditemi che non è così.
Tutti: Sì, fa schifo.

Come vediamo c’è una fluffossima Klaine – e che cavolo, finalmente vi siete baciati – e una divertente e fluffosa Pucklberry. Vi è piaciuta? Fatemelo sapere e sappiate che i vostri commenti sono sempre graditi.

Gay Bye. Cioè, volevo dire Bye Bye.

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