Utopia

di me000
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** aveva gli occhi stanchi ***
Capitolo 2: *** Nero, rosso e bianco. ***
Capitolo 3: *** In attesa dell' ombra volante ***
Capitolo 4: *** Un combattimento impari ***
Capitolo 5: *** il risveglio ***



Capitolo 1
*** aveva gli occhi stanchi ***


Aveva gli occhi stanchi.

Li chiuse.
Non sarebbe mai riuscita a dormire in quel silenzio sovrannaturale.
Non sarebbe mai riuscita a dimenticare le sere passate ad ascoltare la pioggia cadere con precisione inquietante sul davanzale della finestra, il letto caldo che l’aspettava per sognare la prospettiva rassicurante di una nuova mattina. Prima la notte era l’anticamera del giorno, un momento di passaggio che serviva per prepararsi alle fatiche e alle gioie che il sole avrebbe portato. Prima non sapeva quanto fosse splendido vivere il buio senza torturarsi nell’attesa, priva del bisogno di un futuro, conscia solo dell’importanza del presente.


Aveva scoperto tutto solo da poche ore, ma le sembrava che la sua vita non fosse mai stata diversa.
In effetti, ogni cosa che aveva tentato di fare durante l’intera durata della sua esistenza era stata guastata da quella punta di amarezza che si porta dietro chi non sa da dove viene e che di conseguenza non può capire dove sta andando.

Lei “normale” non lo era mai stata.

Era stata segnata ancor prima della sua nascita, ancora prima di avere consapevolezza della propria esistenza le era stata preclusa la possibilità di una vita placida e tranquilla, priva di paure e permeata dalla sensazione di felicità e dalla tendenza all’ottimismo proprie di chi ha un’indole mansueta. Non che avesse mai desiderato una cosa del genere, ma detestava l’idea che qualcuno avesse deciso per lei.


Sdraiata nel buio della foresta, i capelli scuri sparpagliati a terra, l’erba umida sotto di lei, il cielo appena intuibile come una presenza lontana e scura.

Non seppe mai se fosse stato il suono familiare e rassicurante dell’acqua che scorreva, l’atmosfera cupa ed opprimente di quella che aveva scoperto essere le sua unica patria o semplicemente la stanchezza dovuta alle fatiche della fuga a farla sprofondare in un sonno profondo proprio nel mezzo delle sue riflessioni.




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Capitolo 2
*** Nero, rosso e bianco. ***


Lo youkai avanzava a stento fra neve.

Passo dopo passo, si avvicinava alla meta.

Erano ormai passati tre mesi dall’incontro con la ningen, per quanto fosse spiacevole, era giunto il momento di mantenere la parola data. Non aveva mai lasciato che fosse qualcun altro a decidere del suo destino, ma quella volta non aveva avuto scelta…o almeno, era di questo che tentava di convincersi mentre camminava lentamente nella tempesta.
Era successo tutto in fretta… a partire dall’incontro con Yusuke tutto era cambiato…le battaglie che aveva combattuto, le persone che aveva incontrato, i luoghi nei quali aveva vissuto, ogni cosa aveva avuto un sapore diverso.


Era e sarebbe sempre stato l’ombra volante che aveva terrorizzato il suo stesso popolo, l’anima dannata, la scintilla che avrebbe potuto bruciare persino il cuore ghiacciato delle korime, eppure…


La bufera imperversava da pochi minuti, ma il terreno era già coperto da un alto strato di neve, ed il piccolo jaganshi non riusciva a scorgere nulla al di là del proprio naso.
Il Makai, la terra dei demoni, la sua terra. Era ostica, spietata, sembrava essa stessa il simbolo della crudeltà della sua popolazione. Hiei pensava ad essa come alla sua madre adottiva, colei che era stata in grado di crescerlo, lei sola lo aveva accettato per quello che era, unicamente perdendosi nei suoi meandri più nascosti era riuscito a trovare se stesso.
Sentiva il peso della spada gravare sul suo fianco sinistro, il suo rumore metallico gli parlava come avrebbe potuto fare una sorella, confortante e dolce. Il viso di Yukina sembrò per un attimo apparire fra i fiocchi candidi, i suoi occhi rossi scrutare in quelli altrettanto carmini del fratello.
Solo per un attimo, poi la neve cancellò ogni cosa, anche i ricordi.


“Rosso è il colore del sangue”.


Quanto sangue aveva versato?


Uccidere era stato il suo solo diletto. Dare la caccia alla preda, intrappolarla, toglierle la vita con un solo, fluido, movimento del polso. Un tempo era il sangue del nemico la sua ricompensa. Un tempo pensava che quel liquido avrebbe lavato via il dolore del suo passato, che avrebbe potuto affogare nel rosso la nostalgia di qualcosa che non aveva mai avuto, far morire nel rosso il bisogno di…


“ Rosso come i miei occhi, rosso come il fuoco”.
Non poteva essere un caso.


Sua madre aveva amato un demone del fuoco, ma ghiaccio e fuoco non sono fatti per stare insieme.
La presenza dell’uno preclude la possibilità di sopravvivenza dell’altro.
Avevano detto che lui era il frutto dell’unione di queste due nature, l’abominio.


Bugie.


Loro cosa ne sapevano?


Dal momento della sua nascita, la sua anima era stata dilaniata dal conflitto. Vi erano in lui due opposti inconciliabili che mai avrebbero trovato la pace, e che sempre si sarebbero scontrati.

Non c’era possibilità di salvezza per Hiei, il demone del fuoco nato nel paese dei ghiacci.


Da quando aveva iniziato a combattere al fianco di Urameshi però, sentiva di essersi allontanato dal fuorilegge che era stato, lo accompagnava una consapevolezza nuova, sentiva che infondo non poteva poi essere così diverso dalla creatura con la quale aveva diviso il grembo materno, dalla piccola dama che aveva cercato per tutta la vita.

Forse anche lui poteva aspirare a qualcosa di meglio.


“Forse tutto ciò che sono non è odio, rancore e due occhi del colore del sangue”


Forse.


Lo vista del tempio riscosse lo youkai dalle sue riflessioni. Da qualche tempo gli capitava spesso di perdersi in nei suoi pensieri. Troppo spesso.


“ Non posso permettermi fantasticherie inutili. Ma che diavolo mi succede!?”

Non sapeva se a causa del candore che lo circondava, oppure di quella visone esile e compunta che lo aspettava al di là del muro di cinta, ma Hiei era di pessimo umore quando varcò il gigantesco portone d’ingresso.














Grazie per aver letto questo capitolo della mia fanfic! Accetto ogni tipo di suggerimenti, quindi comentate, commentate, commentate!!!

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Capitolo 3
*** In attesa dell' ombra volante ***


Aspettava da mesi quel momento.

Uto si era trasferita nel tempio del nord poche settimane prima, ma il tempo a disposizione le era bastato per capire che in quel posto non avrebbe imparato nulla. Più che in un vero e proprio tempio sacro, sembrava di essere in un collegio. Le uniche altre presenze, oltre alle guardie, erano le figlie delle famiglie ricche di tutta la regione, inviate lì nella speranza di rafforzare un po’ il loro carattere e temprare il loro spirito.
Con scarsi risultati.

La ragazza si avviò lungo la scalinata che l’avrebbe riportata nel cortile interno. Il passaggio era stretto e gli scalini ripidi e scoscesi, poi, come se non bastasse, il giaccio ricopriva ogni centimetro della pietra sotto i suoi piedi rendendo ogni passo pericoloso ed incerto. Le spesse mura di pietra erano però intervallate da piccole aperture verticali dalle quali si intravedeva il paesaggio circostante, una distesa bianca ed infinita.

“ Meraviglioso”.

Era stanca ed infreddolita, ma quello spettacolo senza eguali riusciva sempre metterla di buon umore. Il Makai poteva essere inospitale e pericoloso, ma i suoi territori erano incontaminati, belli in una maniera incomprensibile.


“ Questo posto sembra avere due anime… può essere duro e letale, ma è anche rassicurante e dolce a suo modo…è come se…come se sappia quello che sono…”


………


Arrivata nel cortile, percorse il passaggio laterale fino ad arrivare ad una piccola costruzione posta alla sinistra del portone d’ingresso. Lì, due guardie si scaldavano bevendo uno strano liquido viola scuro, che emanava un vapore caldo e denso.


“ Qualcosa in contrario se salgo sul muro di cinta a controllare la situazione, ragazzi?”

“ Io dico che non arriverà signorina!”

“ Già! Si raccontano delle storie su di lui… storie che vi farebbero accapponare la pelle… non capisco perché il piccolo Enma si fidi di un tipo simile!”

“ Dicono che, per diventare primo guerriero nell’esercito di Mukuro, abbia ucciso la sua stessa madre per poi berne il sangue…”

“ Gli Jaganshi sono esseri malvagi e spietati”


Malvagio e spietato.
Hiei avrebbe dovuto insegnarle ad usare la spada e mostrarle le diverse zone del Makai. Sotto la sua guida, avrebbe dovuto imparare a combattere veramente, avrebbe dovuto uccidere. In quel luogo non esistevano regole, la tecnica non serviva a niente, nessuno avrebbe avuto pietà.

Salire sulle mura si rivelò più difficile del previsto: all’esterno, la violenta nevicata stava coprendo ogni cosa e aveva reso inagibili i due passaggi più vicini. Mentre si arrampicava sui gradini perse la cognizione del tempo. Arrivata in cima, dovette avvolgersi nel pesante mantello scuro e fare appello a tutta la sua forza di volontà per resistere al gelo del vento. Riusciva a stento a vedere quello che succedeva in basso, la tempesta era fitta e il freddo la costringeva a tenere gli occhi socchiusi.


La prima cosa che vide furono due iridi rosse come il fuoco.

Erano contornate da una figura nera e si stagliavano con violenza contro il bianco pallido del paesaggio, quasi a volerlo ferire. In quel rosso accecante riconobbe lo sguardo del tanto atteso youkai, si fermò ad osservarlo ancora un po’ mentre avanzava fra la neve, poi rientrò nel tempio.
Durante tutto quel tempo, aveva sviluppato una sorta di timore nel confronti del demone, ma era determinata a non lasciar trasparire la sua paura.
Lo trovò solo una volta arrivata nella sala d’ingresso, era lì che aspettava, completamente ricoperto dal mantello nero con l’unica eccezione degli occhi color sangue. Non sembrava essersi accorto del ritardo, non c’era traccia di rammarico nel suo sguardo.


“ Tsk. Genkai aveva detto che sei molto migliorata… a me non sembri diversa dall’ultima volta. Mettiamo subito le cose in chiaro: sei solo una ragazzina, se fosse per me, credimi, non starei qui a perdere tempo”.

Il tono era freddo e tagliente, ma Uto non si lasciò intimidire. Quelle parole erano riuscite a mandarle il sangue alla testa.

“ Non devi rimanere se ti costa così tanta fatica. Se fosse per me, credimi, sceglierei un maestro che non abbia la fama di assassino… o che almeno superi il metro e cinquanta…”


Lo youkai non si aspettava una risposta del genere, credeva di trovarsi di fronte ad una viziata spocchiosa che vedeva il combattimento come un passatempo trasgressivo con il quale occupare i pomeriggi e scacciare la noia. Le ragazze del tempio di solito erano così, ricche ed insopportabili puttanelle che tentavano di apprendere la meditazione ascetica fra una seduta di pettegolezzo e l’altra.


“ Sono felice di vedere che, se non altro, hai grinta.”



Così dicendo tirò fuori la katana dal fodero e si mise in posizione d’attacco.



“Su, mostrami di cosa sei capace”.







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Capitolo 4
*** Un combattimento impari ***


Hiei era a pochi metri da lei. Le ginocchia divaricate, leggermente flesse, pronto per lanciarsi all’attacco. Uto non aveva una spada, non era permesso portare armi all’interno del tempio. Il suo cervello cominciò a lavorare febbrilmente: il demone non scherzava, aveva intenzione di combattere, non aveva speranze di batterlo in uno scontro diretto, doveva cercare di guadagnare tempo ed elaborare una strategia.


“ Cosa aspetti ragazzina? Hai paura?”


L’unico desiderio della ragazza era far pentire quel nanerottolo della sua presunzione, dimostrargli quanto valeva.

“ Che coraggio! Sfidare a duello una principiante disarmata… complimenti, sei veramente il grande e temibile guerriero di cui ho sentito parlare..”

“ Tsk. Non mi interessano i tuoi commenti”


Dopo quella affermazione lapidaria, lo youkai rimase immobile per una manciata di secondi, come a raccogliere le forze per lo slancio violento con il quale si lanciò contro quegli occhi verdi che lo fissavano sbalorditi. In un attimo, la lama affilata fu a pochi centimetri dal viso bianco. Uto non la vide neanche arrivare, percepì soltanto la vicinanza del metallo gelato, ed il contrasto che questo andava a creare con il tepore del corpo di Hiei. I riflessi sviluppati durante gli allenamenti le permisero di schivare il colpo scattando di lato, tuttavia, la ragazza sapeva benissimo che il demone non si stava impegnando affatto, avrebbe potuto ucciderla da un momento all’altro, era un burattino nelle sue mani.

Quando si rialzò, trovò le iridi rosse ad aspettarla. Hiei sembrava divertirsi; il suo sguardo era rilassato, le sue labbra erano curvate in un sorriso spavaldo.
Uto sapeva bene che la forza fisica non era il suo forte. Doveva trovare un modo per sorprendere l’avversario.
La spada del demone tornò all’attacco, schivarla fu più difficile, la sua guancia sinistra entrò in contatto con l’arma e una piccola quantità di sangue inizio a sgorgare da un taglio orizzontale.


Doveva agire in fretta.


Genkai non le aveva insegnato soltanto le tradizionali tecniche di lotta. Estenuanti giornate di pratica, unite alle sue capacità innate, le avevano permesso di...Sotto la sorveglianza vigile della maestra le era stato concesso di avvicinarsi alle tecniche antiche, tecniche che risalivano ad un epoca remota, quando uomini e demoni erano costretti a dividere la stessa patria.
Il processo di apprendimento era stato lungo, faticoso...doloroso, ma era stato deciso che il sapere potesse essere assimilato solo a costo di immani sacrifici.
Non c'era via d'uscita.


Hiei si spinse nuovamente verso di lei, le braccia sollevate sopra la testa. Stringeva la spada con entrambe le mani, se l’avesse colpita, la potenza del colpo l’avrebbe tagliata in due.


Non aveva scelta, doveva giocare il tutto per tutto. Unì le mani, chiuse gli occhi e tentò di trovare la concentrazione necessaria. Era difficile riuscire ad ignorare il passo veloce e deciso del demone…sempre più vicino…
Disgiunse i palmi, distese le braccia verso l’alto, aprì gli occhi.


“ Ora!”


Lo youkai del fuoco era disorientato, ma cosa diavolo stava facendo quella strana ragazzina? Era lì, ferma, non si degnava neanche di guardarlo dritto in faccia. Se non si fosse data una mossa, sarebbe stato costretto ad ucciderla.


“Tsk”.

Hiei abbassò le braccia, stava per vibrare il colpo.
Uto aprì gli occhi. L’iride sinistro non era più verde, ma grigio come il cielo che sovrastava il tempio.





Il demone si risvegliò a terra, un dolore insopportabile attanagliava ogni singolo centimetro del suo corpo.

“ Maledizione! Ma cosa diavolo è successo!?”

Sentiva il gelo del pavimento contro la schiena, non riusciva a muovere un muscolo. La Ningen era lì, seduta a poca distanza da lui. Lo fissava senza dire una parola.


“Hiei”

“…”

“Hiei, ti serve aiuto?”

“Sparisci”


Il nanerottolo tentò di alzarsi. Riuscì ad appoggiarsi sui gomiti e si guardò intorno alla ricerca della sua fedele katana. Svenne un attimo dopo.






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Capitolo 5
*** il risveglio ***


Un nanerottolo inerme e buffo.

Niente di più.

Ecco cos’era il terribile Hiei quando chiudeva gli occhi.

Persino buffo.

Uto sorrise e avvicinò leggermente la sedia al letto del convalescente.

“ Sei veramente un tipo strano”

Ormai non sapeva più se si stava veramente rivolgendo allo youkai oppure semplicemente stava parlando con se stessa.

Era incredibile come l’arrivo di quel piccolo mostro avesse sconvolto quella che fino a poco tempo prima era stata la sua vita.

Ma quello era stato solo l’ultimo di una lunga serie di cambiamenti.

Fino a 6 mesi prima era fermamente convinta che l’unica realtà possibile fosse quella della sua città, una città caotica e meravigliosa nella quale aveva vissuto fin da quando poteva ricordare. Era una ragazza normale.

Ma cosa voleva dire normale?

Ormai non sapeva più se quella parola avesse veramente importanza.

“ Io vorrei soltanto che…”

Ma la frase che stava sussurrando venne interrotta da flebili gemiti di dolore. Il mostro si stava svegliando…

Hiei si stava contorcendo fra le lenzuola bianche nel tentativo di alzarsi a sedere senza poggiare sulle braccia. Tentativo vano. Nonostante la palese difficoltà dello jaganshi, Uto non si offrì di aiutarlo. Pochi minuti insieme a lui gli erano bastati per capire che avrebbe rifiutato.

La ragazza si limitò ad osservarlo meglio.

Il viso era coperto di tagli. In particolare, una ferita profonda ma ormai quasi completamente cicatrizzato solcava verticalmente la guancia destra. Questa contrastava in maniera curiosa con l’espressione concentrata del ragazzo, che, completamente assorbito dall’arduo compito di tirarsi su, non sembrava aver notato la sua presenza.

La braccia, al pari del volto, erano segnate da diverse cicatrici e numerosi lividi e sul lato del busto visibile dalla sua postazione spiccava una vistosa bruciatura che andava dal petto fino al fianco.

La cosa che più di tutte attirò l’attenzione di Uto fu però la fasciatura che avvolgeva completamente il braccio destro dello youkai. Sembrava che l’unica parte del corpo che Hiei si fosse dato la pena di curare con provvedimenti adeguati, fosse anche l’unica in perfetta salute. Non vi erano infatti alcun elemento che testimoniasse la presenza di ferite al di sotto delle bende, e il modo in cui il braccio veniva mosso indicava chiaramente che tutto funzionava alla meraviglia…

 

“Maledizione!”

Lo jaganshi stava iniziando ad innervosirsi.

 

“Quindi, oltre ad essere presuntuoso sei anche impaziente… pessima combinazione…”

 

Uto continuava a guardarlo divertita. Ia bocca piegata in un sorriso morbido.

Poi però incontrò ancora il rosso dei suoi occhi.

Ricordò d’improvviso tutto quello contro il quale l’avevano messa in guardia. Ricordò la paura e ciò che aveva rischiato poco prima. Ricordò che quel tipo l’avrebbe tranquillamente uccisa senza rimpianti se lei non fosse stata in grado di difendersi.

Come potevano convivere due aspetti così diversi in una persona sola?

 

Hiei voltò lentamente la testa verso di lei. Lo sguardo si era improvvisamente fatto serio.

“ Sei qui? Non ti avevo forse detto di sparire?”

 

La ragazza rimase paralizzata. Dopo che il demone era svenuto lo aveva immediatamente portato nella sala del tempio adibita ad infermeria. Lì, gli aveva prestato le prime cure e poi aveva chiamato il monaco che si occupava dei malati. Aveva agito di istinto. Non si era nemmeno chiesta se chi stava aiutando era un amico o un nemico.

 

Come se leggesse nei suoi pensieri, lo jaganshi sorrise, un sorriso furbo e senza gioia, sembrava divertito dal dubbio che era riuscito ad instillare.

 

“Non mi guardare così. Anzi…non mi guardare affatto. Ora vai e lasciami in pace, posso benissimo riprendermi da solo, non penserai che un attacco misero come quello possa provocarmi dei danni seri?”

 

Proprio come era successo durante il loro scontro, le parole del ragazzo risvegliarono in Uto un sentimento di rabbia di gran lunga più forte della paura.

 

“ Hai ragione, sono una principiante, ma se fossi in te non sottolineerei il fatto visto che ti ho battuto”.

 

“ Tsk. Se fosse per me, ti ucciderei ora, ma ho un compito da portare a termine e sfortunatamente il destino vuole che tu rimanga in vita ancora per un po’ ”

 

“ Ma di cosa stai parlando?”

Possibile che il nano sapesse più di lei? Nessuno si era dato la pena di informarla di quanto stava accadendo nel suo mondo, dei motivi per i quali tutto era cambiato. Che Hiei potesse rispondere alle domande che la tormentavano?

 

“ Se vuoi essere mia allieva, comincia con il non mettere in discussione quello che dico. Tieni sempre a mente che ho accettato questo lavoro, ma niente mi vieta di liberarmi di te... Ora vai a preparare i bagagli”

 

La ragazza era disorientata, Hiei lo percepiva chiaramente. Forse non sapeva. Eppure le sue capacità avrebbero dovuto essersi risvegliate… avrebbe dovuto capire… possibile che non le avessero detto?

“Quali bagagli?”

 

“La seconda cosa che devi tenere bene in testa è che detesto le domande idiote. Partiremo domani mattina, hai tutto il tempo per prepararti come si deve, prendi solo l’indispensabile e fatti trovare nel cortile principale al sorgere del sole”.

 

Non le era stato detto che avrebbe dovuto intraprendere un viaggio per il Makai. Anzi, fino a quel momento le era stato categoricamente vietato di allontanarsi dalle mura di cinta. Poteva fidarsi di Hiei? Poteva affidare la sua vita ad una persona che aveva candidamente dichiarato di volersi “liberare di lei”?

Guardò verso la sua piccola guida, ma gli iridi color del sangue erano già altrove, impegnati nell’esame attento dei danni subiti.

 

“Hiei…”

 

“Sparisci, o sta volta ti ammazzo veramente”

 

In che razza di guaio si era cacciata?

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