You're my Sunshine (you're my rain)

di Cherry Blues
(/viewuser.php?uid=140173)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cocktail alla menta e un Gallagher fastidioso ***
Capitolo 2: *** Qui spuntano Oasis come funghi! ***
Capitolo 3: *** Son-shiaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin ***
Capitolo 4: *** Uno a zero, Sunshine! ***
Capitolo 5: *** Quando Mr Monociglio diventa utile ***
Capitolo 6: *** Traslochi e biglietti sospetti ***
Capitolo 7: *** Se fossi un fax la mia vita sarebbe più facile ***
Capitolo 8: *** Un tè al gusto di sfida ***
Capitolo 9: *** Nel bel mezzo della battaglia del Britpop ***
Capitolo 10: *** Uno a uno, Noel! ***
Capitolo 11: *** No, no, no, NO, Shine! ***
Capitolo 12: *** Signorina Hamilton? ***
Capitolo 13: *** Rabbia, adrenalina e...? ***
Capitolo 14: *** Chi altri vuole litigare con me alzi la mano! ***
Capitolo 15: *** Un'ipotetica oasi(s) di salvezza ***
Capitolo 16: *** Andrew ***
Capitolo 17: *** Knock-knock-knocking on Noel's door ***
Capitolo 18: *** Fanculo bodyguard, io arriverò a Noel! ***
Capitolo 19: *** E alla fine non ho chiarito con Damon ***
Capitolo 20: *** Liam, cazzo, non ti ci mettere anche tu ***



Capitolo 1
*** Cocktail alla menta e un Gallagher fastidioso ***





1. Cocktail alla menta e un Gallagher fastidioso

Mi chiamo Sunshine.
Solo sulla carta, però, perché a me sembra ridicolo!
Per questo mi faccio chiamare semplicemente Shine.
Peccato che poi tutti mi facciano gentilmente notare che Shine non è un nome, non esiste e blablabla, e così mi trovo a dover spiegare per l’ennesima volta che in realtà è solo un diminutivo, che il mio nome intero è Sunshine.
“Ah” rispondono poi puntualmente corrugando la fronte. “Ma si usa anche come nome?”.
No, non si usa anche come nome! Ma vai a spiegarlo a quei furbi dei miei genitori!
Sì, tanto varrebbe che lo dicessi subito come mi chiamo, solo che proprio non lo sopporto, quindi non azzardatevi a pensare a me come a Sunshine, GRAZIE!
“Sunshine,” mi sento chiamare, mentre una figura ben conosciuta apre la porta del camerino “sei pronta?”.
Annuisco, guardandolo in quei profondi occhi blu “Sì, Damon, due minuti”.
Damon Albarn, signore e signori.
Frontman dei Blur, ma –cosa più importante- l’unico a cui permetto di chiamarmi Sunshine.
Mi risponde con un finto sbuffo esasperato, passandosi una mano tra i capelli -che non ho ancora capito se si possano definire castani chiari o biondi, benchè mi sia addormentata accarezzandoli non so quante volte, la testa appoggiata sul suo petto e la mano intrecciata in quelle ciocche sudate.
Si avvicina con il suo passo scattante, appoggiandosi con entrambe le mani ai braccioli della mia sedia e posando le labbra sulle mie. “Vuoi farmi arrivare tardi alla festa?” mormora veloce per poi catturarmele in un bacio.
“Le donne devono farsi attendere” mi giustifico sorridendo maliziosa.
“Sì, ma IO non sono una donna” replica sedendosi al mio posto e caricandomi sulle sue ginocchia, mentre porta un braccio a cingermi il fianco.
“Mmmh” mormoro mordendogli le labbra  “Hai sempre da replicare”.
Le sento aprirsi in un sorrisetto.
“Credo tu debba rifarti il trucco, sai?”
Mi basta un’occhiata allo specchio per capire che ha dannatamente ragione: che disastro, mi aveva sbaffato tutto il rossetto, quel cantante da strapazzo!
Ah, forse ho dimenticato di precisare: io e Damon non stiamo insieme –colpo di scena, eh?-.
La ragazza ce l’ha, si chiama Justine qualcosa- il cognome non me lo ricordo mai-, ed è anche abbastanza carina. Mi odia, certo, ma ne ha tutte le ragioni: io sono quella fan che Damon ha raccattato lo scorso novembre per quella che avrebbe dovuto essere l’avventura di una notte… se non fosse stato per quell’alchimia!
Un paio di giorni dopo ci siamo rincontrati: Londra a quanto pare non è così grande quando si cerca veramente qualcuno e Damon deve aver notato il biglietto che avevo distrattamente lasciato cadere, quello con l’indirizzo del bar in cui lavoravo come cameriera.
Ora… chi lavora più? Me ne vado in giro con il gruppo, pagano tutto loro e sto tra le braccia di uno dei cantanti più desiderati dell’intera Inghilterra!
Groupie, ecco, forse mi si può definire così, benchè non dia un’immagine granchè positiva di me, ma è quello che facciamo d’altronde, che bisogno c’è di mentire?
Non sono innamorata di Damon, così come sono praticamente sicura che lui non lo sia di me.
Ma c’è da dire che se gli bastasse Justine io non sarei qui.
Intanto mi allungo per prendere una salvietta e rimediare a quello scempio di rossetto, badando distrattamente alla mano di Damon che prende ad accarezzarmi la schiena.
“Sai” inizia svogliato “ci saranno anche loro, stasera”.
Mi giro nauseata guardandolo negli occhi. “No…” brontolo sperando in una smentita.
Lui purtroppo invece annuisce, ancora più schifato di me –forse-.
Sento una smorfia dipingersi sul mio volto.
Allora è vero, ci saranno anche loro.
E con loro, io, Damon e il resto dei Blur intendiamo nientepopodimeno che il gruppo rivale, gli Oasis.
Che razza di presuntuosi, cazzo!
Hanno fatto un album –UNO solo- e vogliono competere con Damon e gli altri!
Veramente, chi si credono di essere? I Beatles?
Anzi, a dire il vero quando diciamo loro con questo accompagnamento di bile e voltastomaco non ci riferiamo, di fatto, a tutti gli Oasis, quanto più che altro ai famigerati fratelli Gallagher.
Liam e Noel.
Liam è un’idiota.
Mi scuso per le mie scarse capacità oratorie, ma non saprei come altro descriverlo.
L’unico elemento a suo favore, a parte –lo ammetto-, avere una bella voce, è che è veramente bello.
Non quanto Damon, forse, ma comunque ha fottutamente tanto fascino da vendere: occhi stupendi, aria da spaccone –che poi lo è-, ma soprattutto quelle labbra.
Ragazzi, probabilmente sono ciò che mi salva dal vomitare quando sento parlare dei Gallagher!
Sono così belle e carnose che non mi dispiacerebbe affatto baciarle  o sentirmele addosso, come nel sogno della settimana scorsa. E se le labbra non fossero proprio quelle del frontman troglodita della band che odio, probabilmente avrei già soddisfatto questo mio desiderio.
Certo, non l’ho mai incontrato di persona, ma un’occasione l’avrei trovata in qualche modo, come ho fatto con Damon, statene pur certi! Il fatto è che noi cerchiamo di evitarli il più possibile e ci riusciamo anche, di solito. Almeno, io ci sono riuscita fino a questa sera a quanto pare, il mio povero Damon ha già avuto numerosi incontri ravvicinati del terzo tipo coi Gallagher.
L’altro è Noel, e lo dico giusto per non lasciare a metà questa degna presentazione, perché d’altronde…cosa potrei dire di Noel?
E’ il chitarrista, nonché autore dei testi delle canzoni che poi vengono cantate dal fratello.
A differenza di quest’altro, non è neanche bello.  E’ solo un fottuto presuntuoso e arrogante, che sembra voler mettere sotto dittatura il mondo intero. Non per niente lo chiamano the chief.
Insomma, stasera rischierò di incontrare questi due northener del cavolo?
O magari si pesteranno, o pesteranno qualcuno come loro solito, spaccheranno qualcosa, faranno casini…e  li butteranno fuori. Sìsìsì! Mi sto già pregustando la scena!
‘Ciao ciao Oasis, andate a fare le Rock’n’roll star da qualche altra parte. Con affetto’.
Scuoto la testa tornando a guardare Damon –sì, perché parlare o pensare troppo a quei tipi mi provoca nausea e voglia di fare a pugni, credo dovrei farmi fare il certificato medico- e riappropiandomi delle sue labbra.
“Ci rinunci al rossetto?” ridacchia tirandomi ancora di più verso sé.
“Finchè ci sei tu intorno è inutile, direi”
Sento le sue mani farsi strada sotto la mia minigonna turchese. “Senti…” mormora malizioso guardandomi negli occhi con quello sguardo che conosco fin troppo bene “e se arrivassimo una ventina di minuti dopo?” propone lanciando un’occhiata al divano di pelle.
Proposta allettante, sicuramente.
“Mi hai fatto storie per due minuti di ritardo” lo ammonisco però alzandomi in piedi “Adesso ti arrangi” gli faccio un occhiolino per poi prendere la borsetta e avvicinarmi alla porta.
Lo sento sbuffare, venendomi dietro.
“Dopo.” gli prometto allora con uno sguardo esplicito.
Le sue labbra si curvano in un sorriso famelico “Ma quello era scontato!”

Scesa dalla limousine, mi ritrovo presto nell’enorme villa bianca in stile hollywoodiano di un qualche pezzo grosso di cui non conosco il nome e credo non ne sia a conoscenza nemmeno Damon.
In fondo questo tipo di feste servono sostanzialmente a due cose: pippare e sentire qualche malcelata leccata da produttori e simili, il tutto fortunatamente lontano dallo sguardo e dagli obiettivi dei paparazzi.
Questi ultimi, a differenza delle persone dell’ambiente, non credo sappiano di me, ma Damon dice che se anche ci beccassero non gli importerebbe, anche perché appunto Justine, da quanto le sue occhiate d’odio mi hanno lasciato intuire, ha già capito tutto.
Quindi se anche ci fossero mi cambierebbe poco, eppure sono contenta per lui, che almeno può prendersi una sera di riposo da quei continui flash.
E va bene, addentriamoci in questa giungla di pezzi grossi…
Lascio Damon a parlare con i suoi ‘amici’ della Food Records, anche perché quei cocktail alla menta sembrano avere qualcosa di decisamente più interessante da dirmi.
Dopo un rapido calcolo per decidere quale sia il flute più pieno, faccio per portarmelo alle labbra, già pregustando il sapore della menta, ma non faccio in tempo ad assaggiarlo che sento qualcuno avvicinarsi da dietro per attaccare bottone.
“Perchè non ti ho mai vista nell’ambiente?”
Niente di più banale. Ma soprattutto niente di più irritante, dato che il mio unico pensiero era di bermi il mio cocktail alla menta.
Mi giro cercando di contenere lo sguardo inceneritore che mi sento negli occhi per vedere chi abbia osato interrompermi.
No, non ci credo! Tutto ma non lui, vi prego!
Invece me lo trovo lì davanti, Noel Gallagher, col suo fottuto taglio di capelli che ricorda quello dei Beatles e una camicia floreale assurda, che potrebbe combinarsi solo col tappeto persiano all’ingresso.
“Pretendi di conoscere tutti?” rispondo tagliente senza preoccuparmi di nascondere quanto lo odio.
Sì, accidenti, se già mi faceva quell’effetto a vederlo nei video e sui giornali… bè, dal vivo posso assicurare che il fastidio è cento volte maggiore!
“No” e lo vedo farmi una radiografia passando con lo sguardo dai miei capelli corti –quasi fino alle spalle, ma sempre più lunghi dei suoi-, lisci e castani chiarissimi, ai miei occhi azzurri e al resto del corpo “ma credo che mi sarei ricordato di te”
Mio Dio, uccidetemi piuttosto che stare a sentire le banalità delle banalità di Noel Gallagher!
Spero per lui che non scriva cose del genere nei suoi testi.
Alzo gli occhi al cielo, sperando in una saetta improvvisa o in qualsiasi altra buona soluzione “Complimenti per la tecnica all’avanguardia, comunque. Credo sia quella con la quale è stata abbordata mia nonna”
Lo vedo sgranare i suoi occhietti azzurri, a quanto pare non se l’aspettava come risposta.
Forse tutte cadono ai suoi piedi dopo un finto complimento del genere? Vi prego! Che squallore!
Eccolo che però torna subito a fissarmi incuriosito, anzi, sembra che stia cercando di trattenere una risata.
E’… divertito? Cioè, io sono qui che sto tentando tutte le migliori tecniche di telecinesi per fargli prendere fuoco e lui è divertito??
“Tua nonna doveva avere sicuramente una lingua meno velenosa della tua” commenta prendendomi il drink dalle mani e portandoselo alla bocca “E poi non ti stavo abbordando” precisa prima di berlo.
Il mio drink! Ma stiamo scherzando?! Proprio quello doveva prendersi? Ce ne sono altri venti almeno, dietro di me!
“Va-bene” sillabo irritata scegliendomene un altro e cercando di astenermi dal rovesciarglielo in testa.
“E comunque potresti almeno dirmi come ti chiami” continua tranquillo guardandomi negli occhi.
Mi sforzo per decifrare il suo sguardo, ma non ne ricavo granchè. “Shine” mormoro allora arrendendomi.
Noel corruga le sopracciglia –ed è un evento che ci terrei a sottolineare, data la loro imponenza-  “Non è un nome”.
Grazie Noel, grazie! Non me l’aveva mai detto nessuno, meno male che ci sei tu.
“E’ il diminutivo di Sunshine” rispondo invece, anche se la mia risposta mentale sarebbe stata più divertente.
“Sunshine?” ripete con il suo terribile accento di Manchester “Perché, questo è un nome?”
Per quale sconosciuto motivo devo sentirmelo chiedere ogni volta che lo dico?
“E’ come mi chiamo!” gli ringhio scocciata “Anzi, insegna al tuo fratellino che la pronuncia non è son-shi-aaaiiin come si ostina a cantare”
“Non sei una nostra fan, deduco” sentenzia prendendosi un altro sorso del suo mio drink.
“Wow, finalmente mi dici qualcosa di sensato” rispondo con un finto sorriso.
“Allora ti dico anche che siamo fottutamente grandi e non riesco a capire come tu possa non apprezzare la mia musica”
La sua musica. Gli altri componenti degli Oasis non esistono, allora.
Faccio per replicare, ma sento un braccio scorrermi fino ai fianchi. Oh, Damon, meno male!
Mi stringe a lui dandomi un lungo bacio, per poi piantare uno sguardo gelido negli occhi di Noel. “Chi si rivede”
“Il piacere è tutto tuo” risponde questo ricambiando l’occhiataccia, spostando poi lo sguardo leggermente più ingentilito –ma di chi crede di saperla lunga- su di me “Ora capisco, Sunshine”.
“E’ solo Shine, per te” mi affretto a correggerlo.
Sì, sono tremendamente acida, me ne rendo conto, ma c’è da dire che Noel Gallagher sembra essere in grado di tirare fuori il peggio del peggio di me!
“Come vuoi, Sunshine!” risponde ostinato con quel suo mezzo sorrisetto, allontanandosi da noi.
Che rabbia, accidenti! Che rabbia che mi fa venire!
Mi stringo a Damon, che lo sta ancora seguendo con lo sguardo, irritato.
“Si può sapere cosa avevate da dirvi tu e Gallagher?”
Alzo le spalle assaporando –finalmente- il cocktail. “Non lo so, ero troppo impegnata ad evitare di prenderlo a pugni” scuoto la testa, ancora infastidita.
Lo sento ridere sotto i baffi, ma dallo sguardo deduco che è fiero di una reazione del genere.
“La prossima volta vengo a salvarti prima, allora?” propone col suo sorrisetto.
“Scherzi?” gli chiedo retorica alzando le sopracciglia “Non ci sarà una prossima volta!” 


 
Damon Albarn



Noel Gallagher

Salve popolo di EFP!

N°  1) Ecco che me ne vengo fuori con la mia seconda fan fiction e come al solito preciso che i primi capitoli in generale sono quelli che mi piacciono di meno, perché si appesantiscono con le presentazioni dei personaggi.. Noiose purtroppo ma dovute (altrimenti com’è logico potreste dirmi “chi cavolo è questa Sunshine?) [anzi no, non chiamatela Sunshine XD ]

N° 2) Sono una grande fan degli Oasis e i pensieri della protagonista non rispecchiano AFFATTO i miei.
Ma d’altronde una groupie di Damon che vive costantemente con i Blur non potrebbe certo pensare Oh chissà come sono simpatici quei fratelli spacconi del gruppo rivale , no? :D

N° 3) Siccome la mia prima fan fiction è su Liam, ci voleva qualcosa per il povero Noel :3

N° 4) Grazie per aver letto e spero vogliate lasciare qualche commento 

Ciao! ^.^

PS: il titolo è preso da The Hindu Times, degli Oasis..
E Liam storpia veramente la parola Sunshine, specialmente in Rock’n’roll star XD

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Qui spuntano Oasis come funghi! ***


2Qui spuntano Oasis come funghi!




Non ho voglia di svegliarmi…
Da quanto tempo mi sto rigirando senza decidermi ad uscire da questo dormiveglia? Boh, potrebbero essere due minuti così come delle ore. E poi ho anche troppo sonno per ricordarmi dove io mi trovi in questo momento e non sono ancora psicologicamente pronta ad aprire gli occhi alla luce per scoprirlo.
Dunque, ragiono allungando una mano a tastare la superficie su cui sono sgraziatamente sdraiata su un fianco: fredda, dura… Pelle. Ok, sono sul divano di Damon.
Wow, mi sento molto Sherlock Holmes… E non solo perché mi trovo a… quanto saranno?, 3 o 4 kilometri da Baker Street, ma perché, cavoli, fare intuizioni del genere nello stato in cui mi trovo è più di quanto io possa pretendere dal mio cervellino arrabbiato che mi urla di rimettermi a dormire.
Ecco, il fatto che io abbia passato la notte su questo divano spiega anche la carenza di sonno, nonché il motivo per cui io senta il calore della coperta direttamente sul corpo, senza vestiti di mezzo.
Accidenti, quante cose si possono capire accarezzando un divano di pelle nera…
Comunque il rumore della pioggia non mi aiuta molto a farmi venire voglia di alzarmi. Quasi quasi resto ancora un po’ qui, si sta così bene…
“Sunshine!” esordisce Damon entrando improvvisamente in casa e accendendo la luce senza preavviso –merda!- “Prepara i bagagli!”
 “Che… che cosa?” mormoro assonnata tirandomi su e appoggiandomi allo schienale, tornando però ad abbassare le mie palpebre che non sono mai state pesanti quanto oggi “Sta arrivando Justine?”
“No, furba” ridacchia lui sedendosi senza troppa grazia vicino a me, come capisco dal fatto che il divano abbia esageratamente sobbalzato –seconda intuizione nel giro di cinque minuti, niente male, eh, Watson?!- “Non c’è Justine, e anche se ci fosse non ti manderei via” spiega divertito portandomi le mani ai fianchi per tirarmi verso di lui, abbracciandomi da dietro e arrivando con le labbra all’incavo del mio collo “Al massimo ti nasconderei nell’armadio per qualche ora”
“Ah, grazie” rispondo ironica aprendo gli occhi solo per fulminarlo, girandomi.
“Povera piccola” mormora malizioso facendomi sdraiare con la testa appoggiata alle sue gambe, per poi prendere ad accarezzarmi i capelli.
Sì, Damon, però se mi sdraio mi riaddormento!
“Perché devo fare i bagagli, allora?” chiedo per tenermi sveglia nonché per soddisfare la mia curiosità.
“Perché giovedì partiamo per la Danimarca” afferma felice.
“La Danimarca?” ripeto adeguandomi spontaneamente al suo umore. Cavoli, avrei sempre voluto andarci!
“Sì, baby. Ci vogliono al Roskilde Festival”
“E bravi i miei Blur” mi congratulo soddisfatta. “Roskilde è sul mare?” chiedo con tutte le mie speranze.
Sembra pensarci su. “C’è una spiaggia a pochi metri dall’hotel-”
“Evvai!” lo interrompo felice. Mare, mare, mare! Che voglia di prendere un po’ di sole in spiaggia!
“Ma è il mare del Nord, genio della geografia!” sghignazza “Non ti abbronzerai mai!”.
Ma senti un po’ che razza di guastafeste!
Bè, io la crema solare me la porto lo stesso, guarda un po’.
“Vedremo” lo sfido infatti incrociando le braccia. “Ma l’hai saputo adesso che canterete al festival?”
“Ufficialmente sì, abbiamo firmato mezz’ora fa” mi spiega chinandosi a baciarmi la spalla “Però ce l’avevano proposto già all’ultimo party”
Ultimo party? Spremiamoci le meningi… Dunque, sì.. Una decina di giorni fa. Grande casa bianca. Cocktail alla menta. Però di mezzo c’era qualcosa, mi pare. Oh mio Dio, Noel Gallagher, ora ricordo!
Mi prudono le mani solo a pensarci!
Basta, pensa ad altro Shine!
Il mare. Sì! Tra pochi giorni sarò in Danimarca con Damon. E dovrà esserci il sole, perché io ho voglia di riposarmi un po’ in spiaggia col rumore delle onde, piuttosto che con quello della pioggia che c’è qui, incessante.
“Fammi un po’ di posto” mi chiede sdraiandosi e chiudendo gli occhi, ma io mi sto già alzando in piedi: “Puoi prendertelo anche tutto, il divano. Vado a casa” annuncio sbadigliando prima di iniziare a raccattare i vestiti. Damon, prevedibilissimo, riapre gli occhi per guardarmi mentre mi rivesto. E sì che dovrebbe averne avuto abbastanza, stanotte. Bah, uomini…
“Come vuoi” mormora impastato “Prendi la busta sul tavolo”
Mi avvicino al solitario involucro bianco “Che cos’è?”
“150 sterline. Se vai a casa, puoi fermarti a saldare il conto al  Queen’s?”
“Il pub in Regent’s Park Road?”
“Sì. Allora qualcosa di geografia te la ricordi ancora!” ridacchia da dietro lo schienale del divano.
“Fanculo, Damon”
“Fanculo a te” mormora sbadigliando, mentre io cerco le chiavi. “Ci vediamo stanotte?”
Già. Finiamo sempre così, io e lui.
“Se non trovo niente di meglio da fare” rispondo ridendo, ottenendo per tutta risposta un cuscino lanciato nella mia direzione che però riesco a schivare prontamente, abbassandomi, nonostante i tacchi. Una delle tante abilità delle donne. Guardate e imparate, maschi!


Che gioia entrare al Queen’s! Non tanto per il locale di per sé, benchè sia comunque decisamente accogliente e in perfetto stile inglese, ma perché posso ripararmi per almeno cinque minuti da questa pioggia infernale… Eh si, Londra avrà i suoi pregi ma anche i suoi difetti. A me la pioggia non ha mai dato fastidio, però ammetto che ritrovarsi i capelli appiccicati al collo, fradici, e le scarpe scivolose a causa dell’acqua non sia il massimo –ebbene sì, camminare coi tacchi in questo caso è difficile persino per me-.
Mi trascino fino al bancone, approfittando di uno sgabello libero per sedermi un attimo.
Peccato che col padrone le cose si risolvano così velocemente… Tra poco mi toccherà già uscire di nuovo sotto la pioggia!
No, uffa… Guarda quanta gente qui seduta comodamente al calduccio: quasi tutti snob spocchiosi, a dire il vero –ci manca solo la regina a prendere il te, peccato sia mattina-, a parte quel tavolo di casinisti all’angolo. Ma pensano di essere in una stalla?!
No… Un momento… Non è possibile: c’è Noel!
Assottiglio lo sguardo per mettere meglio a fuoco, ma..
Sì sì, è proprio lui.  E c’è anche suo fratello, con avvinghiata una bionda, probabilmente Patsy Kesnit, Kensit o qualcosa di simile. L’altro tipo seduto con loro potrebbe essere l’ennesimo membro degli Oasis, non ne ho idea. Fottuta band rivale…
“Grazie mille, signorina”
Il padrone del pub richiama la mia attenzione, facendomela distogliere –grazie a Dio!- dalla Gallagher attaccabrighe & Co.
“Prego, arrivederci” rispondo sorridendo ma gettandomi un’occhiata alle spalle per controllare di non rientrare nel campo visivo di Mr Sopracciglia. Perfetto, è girato.. Se esco ora non mi vedrà.
Mi alzo scattante dallo sgabello e mi precipito a passo svelto verso la porta, solo che… AAAH! Che botta!
Avevo dimenticato che pavimento e scarpe fossero bagnati!
Credo che la mia caduta abbia attirato l’attenzione dell’intera Inghilterra…
Meno male che sono a un passo dalla porta: mi rialzo velocemente, afferrò la maniglia e…
“Sunshine!”
Merda!
“Noel…” rispondo inespressiva con un mezzo saluto, senza andargli incontro neanche di un centimetro mentre lui invece si sta avvicinando.
“Sempre sulla difensiva, eh” commenta con un sorriso beffardo squadrandomi.
“Puoi giurarci” rispondo sostenendo con orgoglio il suo sguardo.
Lui sembra accettare la sfida, incrociando le braccia tranquillo “Bella caduta, comunque”
Cazzo. Ecco che l’orgoglio di poco prima si ritrova sbriciolato sotto i miei –fottuti- tacchi.
Ok, uno a zero per Noel.
“Grazie. Addio” mi congedo velocemente e mi rigiro verso la porta.
“Aspetta” ridacchia afferrandomi per il polso, sotto lo sguardo incuriosito dei presenti e specialmente di quelli del suo tavolo “Fermati per una birra, così mi spieghi il motivo di questo tuo odio nei miei confronti”.
“Non c’è molto da dire” replico dando un piccolo strattone per fargli capire che è ora che molli la presa. Macchè. “Semplicemente siete un gruppo di montati che pensa che per fare rock’n’roll basti spaccare qualche stanza d’albergo e fare a pugni” spiego allora lasciandomi condurre verso il loro tavolo, dove ci sono ancora tutti, tranne Patsy, che probabilmente è andata alla toilette.
“Quella è la filosofia di mio fratello, forse” commenta intanto Noel alzando gli occhi al cielo.
“Parli di me?” domanda distrattamente Liam, appoggiando il boccale e lanciandogli un’occhiata veloce per poi darne una ben più lunga a me, dalla testa ai piedi, con meno pudore persino di Noel alla festa.
“Non importa. Lei è Sunshine” spiega Noel distrattamente mentre con una mano chiama il cameriere per ordinarmi una birra.
“Solo Shine, grazie” aggiungo a Liam, sedendomi controvoglia.
“Shine…” ripete lui assumendo quell’espressione e quel sorrisetto che mandano in pappa il cervello di migliaia di ragazzine. “Bel nome. Non che sfiguri, su di te, bellezza!”
E pensare che Patsy si è allontanata da neanche CINQUE minuti! 
Prima che io possa rispondergli –probabilmente con una sequenza di insulti-, veniamo interrotti dalla risata di Noel. “Lascia perdere, Our Kid. Punto primo: non te la darà mai. E secondo, parti male se le parli del suo nome”
“Tu sei partito anche peggio” gli ringhio voltandomi verso di lui.
“Ma non stavo cercando di rimorchiarti, a differenza sua” replica rigido indicando il fratello, che però gli fa segno di stare zitto, allontanandogli il dito puntato verso di sé, avendo visto la sua ragazza tornare al tavolo.
Patsy mi si presenta con un finto sorriso, intrecciando subito la sua mano in quella di Liam e portandogli un braccio intorno al collo, guardandomi di sottecchi. Gelosa, la tipa, eh? Se sapesse che il suo ragazzo ci ha appena provato con me, pur conoscendomi da tre nanosecondi, sarebbe capace di pisciarci anche addosso per marcare il territorio.
Intanto mi sorseggio la mia birra, l’unico elemento buono in questo quadretto.
“Tu che ci critichi tanto…” riprende Noel fissandomi con uno sguardo sostenuto, sicuro di sé “dimmi quante nostre canzoni hai ascoltato”
Oddio... Dunque… Rock’n’roll star  e poi… Cavoli.
“Una” ammetto allora, beccandomi un sorriso trionfale come risposta.
“Oh” continua ironico accendendosi una sigaretta “Allora la mia ipotesi circa il tuo odio si conferma: è tutto per quello che ti ha messo in testa la brutta compagnia che frequenti”
“Chi?” domanda curioso Liam.
“I Blur” sputa fuori Noel con disprezzo, insieme al fumo “Se la fa con Damon”.
“Damon? Porca puttana, Shine, non quel coglione di Damon Albarn!” biascica il minore.
“Non mi sembri la persona migliore per giudicare” gli rispondo cercando di mantenere la calma, con uno sguardo che ben allude alla sfacciataggine mostratami poco prima che tornasse Patsy. E infatti non risponde.
Uno a zero, Liam.
Però Noel rimane ancora in vantaggio…
“Comunque Damon sta con la Frischmann” esordisce quest’ultimo con una strana luce negli occhi. Forse pensava di stupirmi con un “colpo di scena” del genere?
“Anche tu stai con Meg qualcosa, mi pare” rispondo sicura di me “Ma questo non ti impedisce di provarci con le sconosciute ai party, o sbaglio?”
Sostiene il mio sguardo con apparente sicurezza, eppure impiega una bella manciata di secondi per tirare da quella sigaretta.
Uno pari, Noel.
“Sono quasi sicuro che se mordi attacchi la rabbia” commenta dopo un po’ prendendosi un sorso di birra.
“Se provi a riafferrarmi come hai fatto prima vicino alla porta lo sperimenterai sulla tua pelle” rispondo incenerendolo con lo sguardo.
Nel frattempo però arriva un certo Bonehead, che si porta via l’altro tipo silenzioso che finora se n’era rimasto in disparte –Guigsy, mi sembra di aver capito- dato che gli serviva aiuto con ‘la sua fottuta chitarra’.  Ma allora fa parte della band anche lui? Cavolo, qui spuntano Oasis come funghi!
Patsy intanto approfitta del momento per convincere Liam a portarla a casa.
Il cantante però, dopo averci salutato, si allontana un momento da lei per tornare a prendere l’accendino.
Mi si avvicina all’orecchio fingendo di chinarsi verso il tavolo “Sappi che non mi dispiacerebbe sperimentare sulla mia pelle se hai la rabbia o meno” mormora malizioso.
“Fatti sentire da Damon, che ti ammazza!” rispondo tagliente scostandomi “Così almeno mi risparmia la fatica di farlo con le mie mani”
In realtà io e il signor Albarn non siamo per niente una coppia: così come lui sta con Justine, io vado a letto con chi voglio. Però stiamo parlando di uno degli Oasis! Credo che più che lui, Damon ucciderebbe direttamente me, in quel caso… Già se entrasse in questo momento e mi trovasse seduta con loro credo non gli andrebbe giù tanto facilmente. Meno male che ora è sul divano a dormire. Poi tanto io sto già progettando la fuga dal Queen’s: non ho nessuna voglia di restarmene da sola con Noel.
Liam intanto mi lancia un’ultima occhiata prima di prendere un accendino invisibile dal tavolo e fingere di infilarselo in tasca, per poi tornare dalla sua Patsy e scoccarle un bacio sulle labbra. A vederlo così si direbbe il ragazzo perfetto.
Scuoto la testa e prendo un altro sorso di birra, sbirciando il chitarrista di sottecchi e incrociando il suo sguardo.
“Comunque” esordisco riagganciandomi alla sua teoria di poco prima “non è per quello che dice Damon che non ti sopporto”
“E’ solo per quello” risponde invece convinto con quel sorrisetto “E anche perché sei incredibilmente testarda”
“E tu sei incredibilmente insopportabile!” esclamo stizzita ed esasperata “Mio Dio, almeno giovedì parto col gruppo e per qualche giorno sarò sicura di non incontrare la tua faccia da northener sbruffone e montato!”
“Giovedì, eh?” ripete con uno strano sguardo divertito, trascurando completamente la seconda parte della mia frase – che io, personalmente, reputavo di vitale importanza-.
“Sì” confermo senza capire, quando l’occhio mi cade sull’orologio. “E’ tardi, devo andare”
“Ti accompagno alla porta” annuncia tranquillo ignorando il mio tono infastidito.
“Non dovresti pagare, prima?” chiedo confusa.
“Per la mia birra ho già pagato…” spiega beffardo avvicinandosi “Non vedo perché dovrei offrirti la tua dato che mi hai dato del northener sbruffone e montato
Razza di cafone! Far pagare ad una ragazza?! Ma l’hanno allevato i lupi?!
Scuoto la testa indignata “Taccagno!” esclamo lasciandomelo alle spalle e avvicinandomi al bancone.
 Che rabbia, che rabbia!
Credo che nessuno al mondo sia in grado di innervosirmi quanto Noel Gallagher!
Partorisco questa verità universale mentre arranco con le dita nella borsetta alla ricerca del portafoglio, quando lo risento avvicinarsi ridacchiando: con una mano ferma le mie, con l’altra allunga una banconota appena presa dalla sua tasca, lasciando il resto come mancia al cameriere.
“Grazie” ringhio controvoglia girandomi.
“Ti scaldi subito, eh?” commenta seguendomi verso l’uscita “Non si può neanche scherzare con te”
“Sai cosa ti dico? NO, non mi scaldo subito, e SI’, si può scherzare con me, di solito vado d’accordo con quasi tutti, ma NON quando si tratta degli Oasis, del tuo fratellino arrapato o di te!” sputo fuori, paonazza, appoggiando la schiena al muro della casa vicina al pub.
Lo so, ci vuole tanto per farmi sbollire la rabbia… E trattarmi come sta facendo Noel non è sicuramente il metodo migliore.
“Accetterò altre critiche sul mio gruppo solo quando avrai seriamente ascoltato le nostre canzoni” continua tranquillo, prendendomi il mento tra le dita e fissandomi con i suoi occhi azzurri, riuscendo –per pochi secondi, ci tengo a precisare!- a catturarmi lo sguardo. “Senza soffermarti solo su come mio fratello pronunci il tuo nome”
Mi scanso dalla sua presa: “Tu magari cerca di scrivere canzoni che non lo contengano” propongo svogliatamente.
“Solo se tu smetterai di essere così acida” risponde con un sorrisetto divertito.
“Ci proverò” commento priva di interesse. Anche perché,  caro Noel,  non so se l’hai capito: giovedì me ne vado in Danimarca, addio! “Ciao…” lo saluto velocemente prima di incamminarmi verso casa.
“Ciao” risponde lui tirandomi con forza a sè e schioccandomi un bacio sulla guancia.
“Noel!” mi lamento allontanandomi il prima possibile.
“Hai visto?” ride lui “Hai già rotto la promessa! Aspettati canzoni piene di son-shiaaiiin
Ok. Due volte che incontro Noel Gallagher, due volte che mi allontano da lui con un tasso di nervosismo del 100 per cento!

Per fortuna, giovedì non ha tardato ad arrivare e nemmeno il viaggio è stato troppo lungo, considerando che io e Damon siamo ufficialmente entrati nel Mile High Club. La Danimarca poi è davvero bellissima: appena poggio piede fuori dall’aeroporto, mi sembra di essere catapultata in una cartolina.
L’hotel, dal nome impronunciabile, è uno stranissimo complesso formato da edifici interamente ricoperti di legno: particolare, sì, ma appunto per questo mi piace.
Mi ci vogliono proprio questi giorni in Danimarca! Concerti, mare, nessuna preoccupazione… -nessun Noel Gallagher in giro-.
Entro felice nell’albergo, dove sono appese anche delle locandine del festival. Tutta la città è in movimento: a quanto pare non se ne vedono spesso di eventi del genere, durante l’anno, qui.
Dunque, vediamo chi altro suonerà… I Rem, Bob Dylan –wow!-, i Cranberries, gli O… NO!!!
Anche loro qui?! Perché?! Non è possibile!
“Sunshine!” mi giro di scatto, quasi nel panico, trovandomi davanti proprio Noel, in camicia hawaiiana e giacca pesante “E così da giovedì non avresti più visto la mia faccia da northener sbruffone e montato?”
Merda…
Si prospettano giorni difficili.

 



Salve a tutti!

Ecco una piccola chicca:
il Queen’s è un locale molto frequentato anche in quell’ambiente e , anzi, dicono che cercandolo su google maps si trovi un cliente seduto lì fuori che sembra proprio essere –udite udite!- Liam Gallagher!!!
Ecco il link dove se ne parla ;) http://www.telegraph.co.uk/technology/google/5047649/Oasis-frontman-Liam-Gallagher-captured-in-pub-on-Google-Street-View.html

Siamo a fine giugno del 95, dato che il festival durava dal 29 al 2 luglio...

E poi… ebbene sì, al Roskilde Festival c’erano veramente i Blur, ma (per la SFORTUNA di Sunshine e per la FORTUNA dei presenti) anche gli Oasis *.* ! 
Cari, loro :') Anzi, inizio a sentirmi in colpa per tutte le offese/ringhiate che devo mettere in bocca alla protagonista, dato che a differenza sua li adoro, sigh :)

Ho fatto le corse per scrivere e pubblicare questo capitolo prima di partire per qualche altro giorno di vacanza… spero che abbiate apprezzato e che abbiate voglia di farmi sapere cosa ne pensiate :D

Buona notte, mad fer it!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Son-shiaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin ***


3. Son-shiaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin




Ok, vagheggiavo un fine settimana da sogno qui in Danimarca, e invece  no, doveva proprio esserci anche Noel,  col suo fratellino e i loro son-shiain: già questo aveva notevolmente abbassato la mia soglia di sopportazione… Ma svegliarsi solo alle 8 del mattino col telefono che squilla è troppo, cazzo!
Damon mugugna qualcosa, rigirandosi al mio fianco e, come se non bastasse, tirando dal suo lato del letto le coperte, forse per isolarsi ancor di più da quello squillo infernale.
E così tocca a me rispondere -i lavori duri sempre alle donne, insomma- …
Allungo una mano per raggiungere la cornetta e portarmela all’orecchio, stroncando quel rumoraccio e beandomi del breve silenzio, prima di romperlo io stessa con voce assonnata. “Pronto?”
Dall’altra parte sento che qualcuno stava per parlare ma si è interrotto subito. A quanto pare si aspettava qualcun altro …
“Scusi, all’albergo mi hanno detto che era la stanza-” questa voce femminile che non so se ho mai sentito prima si interrompe di colpo. “Sunshine!” mormora con disprezzo, alzandola di qualche ottava.
Sento un sorriso divertito dipingermisi in volto. Justine.
“Ciao, carissima!” rispondo mettendomi a sedere.
Massì, divertiamoci un po’.
Dopotutto mi hai svegliata, bella, affari tuoi!
“Come stai?” aggiungo “Ti manco tanto tanto?”
Damon deve aver intuito che sto parlando con quella che avrebbe dovuto essere la mia rivale in amore –anche se, dato che da parte mia amore non c’era, la rivalità la sentiva solo lei- e infatti mi chiude la bocca con una mano, mentre con l’altra mi strappa il telefono.
“Perché devi sempre mettermi nei casini?” mi sussurra tra i denti, all’orecchio, prima di liberarmi e prendere in mano la situazione. “Tesoro…”
Salto giù dal letto per vestirmi, ridacchiando sempre più man  mano che sento gli urli di Justine. Non capisco quasi nulla, a parte un ‘te la sei dovuta portare anche lì?’.
“Tesoro, stai calma” ripete lui, piano, mentre io mi infilo un largo maglione bianco che mi copre fino a metà coscia, assaporandone il calore. Mi fermo solo per fare il verso, con una mano piegata come il becco di una papera, a Damon che le parla, tutto sottomesso, come un bambino colto in castagna. Ma insomma, caro, un po’ di personalità!
Proprio mentre mi sto infilando i collant neri, mi lancia addosso un cuscino –ma allora è un vizio!-, e siccome non lo degno minimamente di attenzioni, ancora un altro mentre procedo con gli stivali.
Quando alzo lo sguardo su di lui sta ancora tentando di calmare la sua ragazza, anche se lei urla così tanto che non gli permette mai nemmeno di finire una parola.
Nervosetta la tipa, eh!
Inizio quasi ad abituarmici, a questa “musica” di sottofondo. Damon invece non sembra prenderla così tranquillamente come me: infatti, mentre faccio risaltare il contorno dei miei occhi con la matita nera, allo specchio, lo vedo fissarmi e portarsi il pollice al collo, mimando un taglio.
Sì, Damon… Vediamo se sarai ancora così arrabbiato con me, stanotte, penso scettica scuotendo la testa e uscendo divertita.
 
Diciamo che l’unico lato positivo dell’essere stata svegliata talmente presto è che posso godermi quest’aria mattutina così piacevolmente fresca. Mi accendo una sigaretta aspirandone distrattamente il fumo, appoggiata alla ringhiera appena fuori dall’albergo. Certo che… sì, quest’arietta fresca ha il suo fascino, ma io sto ancora aspettando il sole per potermene andare in spiaggia!
Pazienza… Staremo qui fino alla fine del weekend: prima o poi il bel tempo spunterà fuori, me lo sento.
Intanto sento delle voci sempre più vicine e le ipotesi sono due: o Justine sta alzando ancor di più il volume o non sono l’unica mattiniera dell’hotel.
Sinceramente avrei preferito la prima ipotesi.
Non solo perché è la più divertente, ma anche perché dalle porte a vetri ho appena visto che sono proprio gli Oasis a far baccano come loro solito–sia ringraziato l’inventore delle porte a vetri, che mi ha evitato lo shock di ritrovarmi un Gallagher davanti senza preavviso!-.
Liam è il primo ad uscire, avvolto in un cappotto bianco panna con le bordature marroni scure che gli fa risaltare i tratti forti del viso. Lo saluto con un cenno talmente minimo da rasentare la scortesia, eppure lui mi si avvicina lo stesso.
Mi pare ovvio, no? Non sono neanche le otto e mezza e doveva già capitarmi una Justine più acida dello yogurt scaduto e un esemplare di Gallagher minore arrapato!
“Buongiorno Shine” mormora infilandosi una sigaretta tra le labbra “Mi fai accendere?”
Mmmh, tutto qui?
Cerco l’accendino nella tascona del maglione, ma lui sussurra un “Non serve”, con uno strano sorrisetto, avvicinandosi al mio viso per accendere la sigaretta direttamente dalla mia.
Eh no, bella scusa!
Lo spingo via prima che possa avvicinarsi ulteriormente alle mie labbra “Gira al largo, Gallagher!” ringhio infastidita, togliendomi la sigaretta dalla bocca.
Scuote la testa, con una risata quasi nervosa. “Almeno l’accendino me lo dai?” chiede iniziando ad allontanarsi.
Me lo sfilo dalla tasca e glielo lancio, dandogli le spalle “Tieni, usalo per darti fuoco!”
“Ma guarda un po’!” esclama un’altra voce ben –purtroppo!- conosciuta alle mie spalle “Miss Nervosismo dà il meglio di sé già di mattina presto!”
“Noel” commento piano lasciando uscire lentamente il fumo, continuando a guardare il paesaggio al di là della ringhiera “Ci mancavi solo tu per rendere questa mattinata perfetta
Lui ci si appoggia di schiena, con i gomiti, girando la testa verso di me: “Può ancora migliorare”
“Giusto, perché stai per andartene?” chiedo sfoggiando il sorriso più finto e perfido che mi riesca.
“No” replica lui accennandone uno divertito “Perché puoi venire a sentirci suonare, stasera”
Mi fermo a guardarlo negli occhi, aspirando pigramente: non riesco a capire se mi stia prendendo in giro o se me lo stia proponendo seriamente. Non l’ha ancora capito che non li sopporto?!
“Se ascoltassi seriamente qualche nostra canzone, avresti tutto il diritto di criticarci, se proprio non ti dovessimo piacere” spiega invece, come leggendomi nel pensiero “Anche se credo che lo farai in ogni caso, anche se ti piaceranno le nostre canzoni, pur di non ammettere che siamo i migliori!” continua beffardo “Ma almeno potrai criticarci avendo effettivamente ascoltato qualcosa, non solo con le parole che ti mette in bocca il tuo amore” conclude con disprezzo.
Lo fulmino con gli occhi. Beata Medusa, che avrebbe potuto direttamente impietrirlo, con uno sguardo come il mio! Invece io me lo ritrovo ancora davanti, con quel sorrisetto che fa venire una gran voglia di prenderlo a pugni.
“Senti, devo andare alle prove. Sei in grado di darmi una risposta o ti stai fumando anche la lingua?” chiede  soffocando una risata.
Bastardo…
“Vai, vai a far le prove!” rispondo facendogli con la mano il gesto di allontanarsi.
“Vieni o no?” insiste lui.
“Non lo so!” esclamo esasperata portando indietro la testa “Non ho nessuna voglia di andare a un concerto degli Oasis, ok?”

“Stasera devi andare al concerto degli Oasis”.
Sento gli occhi spalancarmisi di colpo.
Damon, ma stiamo scherzando?!
“Sei serio?”
“Sì” risponde lui sedendosi sul letto e fissandomi con uno sguardo severo che gli avevo visto poche volte addosso, dal quale deduco che possa ancora essere arrabbiato per la telefonata di stamattina.
“Non se ne parla!” brontolo incrociando le braccia e alzando automaticamente la voce. “Cosa ti salta in testa?”
“Senti, stasera in scaletta hanno anche il nuovo singolo, quello che uscirà a pochi giorni di distanza dal nostro. Devi dirmi com’è, se ho ragione a preoccuparmi o no” intanto mi fa segno di avvicinarmi a lui.
E invece rimango sul posto. “Preoccuparti per cosa?”.
“Non devono vendere più copie di Countryhouse, Sunshine!” sancisce con uno sguardo infiammato e competitivo.
Sospiro, raggiungendolo sul letto e cercando di fare una voce ruffiana e accattivante “E non puoi andarci direttamente tu?” chiedo gattonando verso di lui e facendo un broncino con le labbra.
“Risparmiati la commedia, cara” mormora con un sorrisetto tirandomi a lui e baciandomi con forza “Ci vai tu e basta. Ti pare che il frontman dei Blur possa farsi vedere al concerto di quelli là?”
“Ma…” cerco di obiettare –non so più a cosa aggrapparmi!-, ma è lui ad aggrapparsi a me, bloccandomi entrambe le braccia e obbligandomi a fissarlo negli occhi, con uno sguardo beffardo.
“Preferisci andare a quel dannato concerto o che te la faccia pagare per quello che hai combinato stamattina?”
Sbuffo malinconica, rimettendo il broncio che questa volta, però, mi viene fuori con più naturalezza. “A che ora è il concerto?”
 
Non ci credo, non voglio crederci: sto per andare a vedere gli Oasis. Insomma, rendiamoci conto: sto per rompere tutti i miei principi morali!
Ormai sono già arrivata al backstage, però giuro che fino a cinque secondi prima di lasciare la camera in albergo avevo davvero intenzione di portarmi dietro gli occhiali da sole –peccato che facesse già buio- : tutto pur di non essere riconosciuta e non dare a Noel la soddisfazione di vedermi lì!
Il concerto è già iniziato da un pezzo, in realtà, ma siccome il fatidico singolo, Roll with it, è al numero 7 della scaletta non vedo perchè avrei dovuto sorbirmi anche le sei canzoni precedenti.
Ed infatti quando arrivo a sentire la musica sta giusto finendo la numero 6.
Grazie al pass di Damon arrivo senza problemi tra le prime file, di lato, grazie ad un bodyguard.
Bene, resto qui, sulla destra, almeno quattro file dietro, così loro non mi vedranno e io potrò sgattaiolare via già sull’ultima nota di Roll with it.
Brava, Shine, piano geniale!
Per fortuna non fa neanche più un gran freddo: Noel ha addirittura una camicia a maniche corte.
Accidenti, però notando questo particolare noto anche il fatto che lui sia esattamente davanti a me, sebbene ci siano parecchie teste di mezzo a “salvarmi”.
Non lo sopporto, non lo sopporto, non lo sopporto…
Liam intanto introduce la canzone, al microfono, senza separarsi da un ridicolo tamburello.
Ecco, bravo, iniziate!, così non appena avrò sentito la vostra stupida canzoncina potrò andarmene di qui!

You gotta roll with it
you gotta take your time,
you gotta say what you say…”


Inizia subito col ritornello ed è veramente… orecchiabile.
Dandomi un’occhiata intorno, mi rendo anche conto di come il pubblico reagisca: sembrano impazziti!
Non posso crederci, ma.. forse Damon ha ragione a preoccuparsi!  
Quando finisce la canzone ne sono quasi del tutto convinta, merda…
Ok, comunque è finita, quindi posso andarmene!
Cerco con lo sguardo un buco in quel mare di gente per tornare al backstage, quando sento partire la canzone successiva.
Forse… mi mordo un labbro indecisa… forse potrei restare per un altro paio di canzoni.
Solo per capire se siano davvero così bravi o se il nuovo singolo sia solo un fortunato caso, SIA CHIARO, Shine!
Peccato però che, man mano il concerto vada avanti, io mi accorga –sentendo il mio fegato contorcersi- che gli Oasis… sì, cazzo, sono davvero bravi!
E’ incredibile quanto questo mi dia fastidio... E quanto questo aumenti il mio odio.

Is it my imaginati-ooaaaan
or i’ve finally found something worth living for”


Intanto sono arrivati alla numero 11, che come ha annunciato Liam nel suo inglese semi-incomprensibile si chiama Cigarettes & Alcohol –complimenti the Chief, bei messaggi che dai!-.

You can wait for a lifetime
to spend your days in the sun-shiain!


Sento il sangue raggelarmisi nelle vene.
Merda, il mio nome anche in questa canzone?!
Fortunatamente non l’ha pronunciato poi così male come in Rock’n’ roll star: che il fratello abbia colto il mio invito di spiegarglielo? Sembra impossibile anche a me, però c’è da dire che-
MOMENTO-MOMENTO-MOMENTO!
Liam mi ha appena vista!
Si è girato verso destra, alzando anche leggermente le braccia nella mia direzione, mormorando qualcosa –idiota, se ti allontani dal microfono! Pretendi che legga il tuo labiale?!-. E ora ha uno strano sguardo di sfida…

You can wait for a lifetime
to spend your days in the SON-SHIAAAAIIIIIN!”


Mi si stringono i pugni, tanto da lasciarci i segni nei palmi con le unghie.
L’ha fatta apposta, cazzo! L’ha fatta apposta!
Noel, fottuto Noel, allora gli hai detto che mi da fastidio, vero?!
E io che per qualche secondo avevo quasi pensato che potessi averglielo corretto…
Stronzo, stronzo, mio Dio quanta rabbia mi fai venire!
Tra l’altro da come ridacchia sono sicura che mi abbia vista anche lui.
Ed infatti ecco che i nostri sguardi si incrociano, per pochi istanti: il suo è soddisfatto, il mio punta a farlo implodere su se stesso.
Comunque basta, dopo questa loro “bella” tirata giro i tacchi…
Sfreccio verso destra, arrabbiata, cercando di aprirmi un varco in mezzo a quel mare di fan su di giri, anche mentre iniziano le note di un’altra canzone.

“Slip inside the eye of your mind…”

Mi fermo automaticamente, sgranando gli occhi: non è più la voce di Liam… E’ Noel.
Allora non suona solo la chitarra!
Ed è … emozionante. Quando canta è come se tutto il mondo si fermasse, ha davvero una voce particolare, nella quale sembra esprimere una sofferenza di cui io non sono a conoscenza. O che magari non esiste nemmeno, forse la sto solo immaginando…

“Soooo Sally can wait, she knows it’s too late”

Il ritornello poi è qualcosa di esplosivo, c’è da ammetterlo.
Scuoto la testa, tornando in me: ciò non toglie che Noel resti un bastardo. Me la pagherà per quel son-shiaaaiiin messo in bocca al fratello!




Salve a tutti!
Probabilmente mi prenderete per pazza (non che non lo sia XD), ma specialmente per questo capitolo ho cercato di attenermi il più possibile alla verità, sia geograficamente che come dinamiche.
Dunque, ad esempio, ho dato un’occhiata agli hotel di Roskilde, e quello nel quale ho ambientato la scene è il C, quindi proprio sul mare (dato che Shine voleva a tutti i costi andare in spiaggia, povera cara XD).







Se vi interessa, vi allego la vera scaletta del concerto (se non dovesse interessarvi, fate finta che io non l’abbia allegata XD):
1.       The Swamp song
2.       Acquiesce
3.       Suersonic
4.       Hello
5.       Shakermaker
6.       Some might say
7.       Roll with it
8.       Slide away
9.       (It’s good) to be free
10.   Morning glory
11.   Cigarettes & alcohol
12.   Don’t look back in anger
13.   Live forever
14.   I am the walrus
 
Qui ho trovato i filmati di ogni canzone http://www.youtube.com/playlist?list=PLFE23616329701F19 (a parte I am the walrus).
 
E qui ( http://www.youtube.com/watch?v=y8sWpGANFvA&list=PLFE23616329701F19&index=11&feature=plpp_video ) trovate il momento in cui cantano Cigarettes & Alcohol : al minuto 2.29 si vede Liam che guarda verso destra, alza le braccia e mormora qualcosa, per poi tornare a lanciare un’occhiata lì a 2.49, prima di intonare il secondo ritornello, dove a differenza del primo pronuncia veramente in modo strano (benchè tipicamente liamiano :3 ) la parola sunshine.
Coincidenze? :D
 
Inoltre si introduce il tema della rivalità tra Blur e Oasis per i singoli Countryhouse e Roll with it, che sfocerà nei mesi seguenti in una vera 'battaglia del britpop', come fu chiamata.

Comunque, a parte la fortuna di aver trovato (sbirciando i filmati) un Liam che si comportava in quel modo e ben si prestava ad immaginarci questa scena, preciso che questo capitolo è un po’ di transizione: mi rendo conto che non sia dei migliori, ma mi serviva per preparare il terreno al prossimo, che prevede un bello scacco matto tra Sunshine e Noel. Chi sarà dei due a farla all’altro? (mero tentativo di creare suspence, sigh XD )

Spero abbiate commenti, consigli, critiche o impressioni :)

Cherry

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Uno a zero, Sunshine! ***


4. Uno a zero, Sunshine!




Sole!
Accidenti, mi sembra quasi incredibile!
Balzo giù dal letto per fiondarmi alla finestra e godermi questo spettacolo, mentre Damon brontola qualcosa sostenendo che scavalcandolo io gli abbia spappolato la milza -mio Dio, che lamentoni gli uomini!-.
Appoggio i palmi delle mani al vetro liscio: si sente perfino un filo di tepore… E il sole splende già alto nel cielo, senza neanche una nuvola, su questo bellissimo mare danese.
Lo sapevo, lo sapevo che avevo fatto bene a portare il costume!
“E tu che dicevi che non mi sarebbe servito a niente!” mi gongolo infilandone le spalline azzurre.
Come risposta ottengo un mezzo grugnito, accompagnato dal rumore delle molle del letto che cigolano: a quanto pare Damon si è rigirato su un fianco avvolgendosi a bozzolo nelle coperte, come sempre.
“Per me ogni tuo vestito è inutile, stai molto meglio senza” commenta poi, riuscendo ad avere un tono malizioso anche in questo suo stato catatonico.
“Spiritoso” sbuffo infilandomi sopra un top variopinto color arcobaleno e aggiungendo un paio di shorts “Comunque è il primo luglio: speravo che la stagione di letargo degli Albarn fosse finita! Non mi fai compagnia, a prendere il sole?”
“Ho sonno” sancisce sbadigliando “Tu vai pure, così se chiama Justine non combini altri guai”
Mi lascio sfuggire una risatina, ripensando alla telefonata di ieri –e poi scusate, mica è colpa mia se quando ha chiamato mi ha fatto venire voglia di sfotterla un po’!-.
Dunque: crema, occhiali da sole… Perfetto, ho tutto!
“Ci vediamo più tardi” lo saluto aprendo la porta.
“Mi raccomando, ti aspetto al concerto”
“Ovvio” lo rassicuro facendogli l’occhiolino.
“Prima fila?”
Alzo gli occhi al cielo. Che bambino. “Sì, prima fila. Ora dormi un po’, che ti voglio in forma per stasera!”
“E io ti voglio in forma per stanotte…” ma sto già chiudendo la porta: direi che questo romantico commento può anche restare senza risposta.
 
La sfortuna degli alberghi è che, sì, hanno tantissime belle-camere-separate-piene-di-privacy, ma di ingresso ce n’è uno solo e quindi, se sommiamo questo dato di fatto alla mia sfiga, è quasi logico che io mi trovi davanti i Gallagher anche adesso –evvai…- : sono spaparanzati sui divanetti della hall, Liam sgraziatamente sprofondato con le gambe aperte, Noel che sorseggia una birra –e sono solo le 11 del mattino!-.
Focalizzo l’attenzione sul mio obiettivo, con tanto di mirino mentale: la porta.
Eppure lo so che non riuscirò mai ad attraversare la stanza senza che uno dei due mi dica qualcosa.
Mi infilo gli occhiali da sole e mi dirigo verso l’uscita senza guardarli in faccia, ma non faccio neanche tre passi che sento un fischio prolungato. Liam Gallagher e le sue alte capacità comunicative, ladies and gentlemen!
Inchiodo infastidita “Che hai, è’ pronto il te?”
Mi guarda divertito senza ricomporsi minimamente, ma prima che possa rispondere qualsiasi cosa li saluto entrambi con un “Buona giornata”, riattivando il mirino mentale.
“Ferma lì, tu!” esordisce Noel con quel suo fottuto fare dittatoriale, avvicinandosi.
Chiudo gli occhi esasperata: quanto devo pagare per il dono dell’invisibilità?
“Che. cosa. vuoi.” scandisco girandomi verso di lui.
“Alla fine hai seguito il mio consiglio!” sancisce soddisfatto incrociando le braccia e alludendo al concerto della sera prima.
Sì certo, Noel! Sono venuta solo perché me l’hai chiesto tu. Mica perché Damon mi ha obbligata minacciando di farmela pagare per la storia della telefonata, figurati!
Se non mi stesse facendo perdere tempo glielo direi, anche solo per il gusto di smontarlo e fargli capire che nonostante sia “the Chief” non è che tutto il mondo obbedisca ai suoi ordini… tantomeno io!
Però c’è il sole che mi chiama…
“Sì, sono rimasta per qualche canzone, contento?” rispondo alzando gli occhi al cielo per poi superarlo, lasciandomelo alle spalle. “Ora se vuoi scusarmi vado a prendere il sole. Addio”
“E la maglia accecante è per farti vedere dagli alieni nello spazio?” commenta con un sorrisetto.
Continuo a camminare, limitandomi ad alzare il dito medio, e raggiungo –finalmente!- l’agognata porta: spalancandola mi rendo conto che l’arietta fresca di ieri se n’è proprio andata. Perfetto, non aspettavo altro!
Quando tento di richiudere, però, trovo un ostacolo: Noel che tiene la porta aperta per uscire anche lui.
No, no, NO!!!
“Non ti hanno insegnato che è maleducazione interrompere le discussioni?” esordisce.
“E a te non hanno insegnato che è maleducazione anche solo iniziarle, con me, se a farlo è uno dei Gallagher?”
Si infila anche lui un paio di occhiali scuri. “Non è faticoso essere sempre così acida?” domanda venendomi dietro.
Alzo le spalle “In certe situazioni viene spontaneo. Ogni riferimento a persone esistenti è puramente casuale, ovviamente, e il mio invito a tornartene in albergo lo puoi prendere come un consiglio per salvarti dalla mia acidità” rispondo ironica continuando a camminare.
Sembra pensarci su un attimo. “Allora diciamo che ti seguo solo per impedire che gli alieni vengano attratti dalla tua maglia e ti rapiscano”
“Un rapimento alieno sarebbe sempre un modo migliore di passare il tempo piuttosto che starmene qui a parlar-”
“E smettila, per una volta!” esclama passandomi un braccio intorno ai fianchi e facendomi svoltare verso il molo.
No, ma… dico! Da dove salta fuori questa confidenza?!
Mi giro verso di lui per fulminarlo –in questi casi gli occhiali da sole diventano di troppo- e mi sento prudere le mani vedendo quel suo sorrisetto, mentre finge di ignorarmi, guardando dritto davanti a sé.
Scuoto la testa infastidita.
Concentriamoci sul paesaggio, che è meglio…
In fondo adoro questo posto: non abbiamo fatto neanche cento metri dall’hotel che già siamo in riva al mare. Un delizioso porticciolo, articolato in vari moli, si stende alla nostra sinistra: ci sono decine e decine di barchette ormeggiate, che si alzano e abbassano ritmicamente. Più al largo sono ancorate persino alcune barche a vela, con gli alberi maestri che svettano alti verso il cielo. Sento quasi un nodo alla gola:amavo navigare, una volta, penso con nostalgia…
Io e Noel camminiamo in silenzio, attraversando il molo, in cerca di una spiaggia.
O almeno, io sono in cerca di una spiaggia. Lui.. devo ancora capire cosa ci faccia qui.
Comunque di spiagge neanche l’ombra, accidenti, e se ne accorge anche lui, che salta fuori con un “Capitano, suggerisco di tornare in hotel”
“Ooooh, ottima idea! Torna in hotel!” commento staccandomi da lui e avvicinandomi al posticino che ho trovato: ok, non è proprio una spiaggia, ma direi che anche questo muretto che costeggia la costa potrà servire al mio scopo.
Mi sfilo i pantaloncini e la maglietta, rimanendo in costume, poi ci salgo sopra: non è neanche così scomodo, in fin dei conti.
Noel mi raggiunge, sedendosi vicino a me con le gambe penzoloni e le mani appoggiate ai lati.
Ma non avrà caldo con quella tuta a maniche lunghe –blu scura, peraltro- ?
Inizio a spalmarmi la crema solare sulle gambe, guardandolo male: “Non dovevi tornare in hotel?”
Lui tira fuori il suo solito sorrisetto, senza guardarmi in faccia, accennando con un movimento della testa ai miei vestiti ammassati sotto il muretto “C’è ancora la minaccia dell’attacco alieno”
Non mi degno neanche di rispondergli, anche perché, ora che ho messo la crema anche sulle braccia e il petto, rimane un problema: la schiena.
Mi interrompo un attimo, considerando le alternative: tentare manovre assurde di contorsionismo o rinunciarci in partenza, salvando la reputazione?
Noel mi sta guardando divertito: “Serve una mano?”
“NO!” mi affretto a rispondere chiudendo il tubetto di crema –e anche la questione- “Faccio senza”
“Cazzo, se sei testarda! Guarda che ti scotti”
“Ma per favore! Puoi ben immaginare quanto sia forte il sole danese” replico sistemandomi i capelli dietro le orecchie e sdraiandomi –a pancia in giù, tra l’altro, giusto per dimostrare la mia convinzione-.
Scuote la testa, fissando il mare.
Certo che è davvero stupendo… -il mare, preciso! Non il northener dittatore che mi sta affianco!-
Le onde sembrano rincorrersi e fare a gara a chi arriva per prima al litorale di sassi, giusto un paio di metri sotto di noi. Chiudendo gli occhi, focalizzo la mia attenzione sulla sensazione di calore sulla mia pelle, alla quale si aggiungono ogni tanto dei leggeri spruzzi di schiuma dal mare, e sul rumore di queste sciabordanti onde. Che paradiso, è tutto così perfetto…
“Allora, voglio commenti sul concerto di ieri!”
… Ma ovviamente dev’esserci sempre qualcosa a guastare il tutto!
Sbuffo, girando la testa, appoggiata sulle braccia incrociate, in modo da guardarlo in faccia. “Ve la cavate”
No, in realtà erano stati bravi, ma li odio ancora, quindi non posso sbilanciarmi troppo.
“Certo” commenta con un tono di voce abbastanza scettico “E quindi tu saresti rimasta fino alla dodicesima canzone solo perché ce la caviamo?”
“Eh no, carino! Detta così sembra che io abbia assistito a quasi tutto il vostro spettacolino.. Ma sono arrivata che avevate già fatto metà scaletta! Anzi, stasera andrò a sentire un vero concerto!”
“Con la differenza che noi abbiamo fatto quattordici canzoni, a differenza del tuo amore” con il solito tono di disprezzo “che in scaletta ne ha solo una”
“Ma è quella che conta, sai?” replico orgogliosa e competitiva “E’ quella che vi batterà quando uscirà come singolo, il mese prossimo!”
“Ne sei così sicura?” lo stesso mio tono, un’espressione di scherno.
Bene, allora diventa anche una sfida personale, mio caro Gallagher: hai appena firmato la tua condanna.
“Sicurissima.” assottiglio lo sguardo “Vinceremo noi” Non riesco a capire se io mi stia accaldando tanto solo per la scommessa o se questo pallido sole danese stia comunque facendo la sua parte.
“Mezza Inghilterra farà la fila per spendere £3.99 fottute sterline per comprare Roll with it! Stai scommettendo sul cavallo sbagliato, Sunshine!”
Il tranquillo gorgoglio del mare, interrotto un po’ dalla nostra non troppo pacifica discussione, viene ora zittito dal sordo rumore di una nave in partenza.
Quel rumore…
Sento il cuore mancarmi un battito.
No, NO! Non devo ripensarci!
Nascondo il viso tra le braccia, il naso quasi schiacciato contro la superficie del muretto, le unghie istintivamente affondate nella carne.
Un altro rumore uguale, ma questa volta solo nella mia mente, solo un’eco della mia memoria.
Sento qualcosa che tenta di straripare dentro di me, lotto con tutte le mie forze mentali per tenerlo dentro...
Noel, ti prego, cazzo! Hai parlato tutto il tempo!
Proprio ora dovevi zittirti?
Dì qualcosa, qualsiasi cosa!
Rompi questo dannato silenzio!
Sento una leggera pressione sulla schiena, che mi riporta al presente: la mano di Noel.
“Ti sei ustionata”
Porca puttana, è anche soddisfatto quando lo dice!
“Non è vero” ribatto orgogliosa.
E invece no…
Lo so bene che ha ragione!
Già solo la sua mano appoggiata mi fa venire voglia di strapparmi la pelle, da tanto che brucia!
Muovo leggermente la schiena per togliermela di dosso, sperando di farlo con naturalezza, senza che se ne accorga troppo.
Invece lo sento ridacchiare “Ti fa male, vero? Te l’avevo detto che ti saresti ustionata”
“Vaffanculo Noel” mormoro tra i denti mettendomi a sedere e dando un’occhiata dietro la spalla.
Merda…
Il mio sguardo orgoglioso viene spazzato via da uno arrendevole –che crudeltà- “Forse mi sono ustionata…”
“Ci arrivi un po’ dopo, alle cose, eh?” mi provoca avvicinando il viso al mio, tanto che sento il suo odore di fumo sulle labbra “O ti stai solo allenando per quando dovrai arrivare seconda con i tuoi fottuti Blur, il mese prossimo?”
Che rabbia! Posso dargli una testata -giusto per spaccargli quella sua specie di naso-?
Neanche Gandhi si tratterrebbe, davanti a Noel Gallagher!
Salto giù dal muretto, infilandomi i pantaloncini –la maglia no, farebbe troppo male, cavoli- e preparandomi psicologicamente al ritorno per niente trionfale in albergo da Damon, ma Noel mi prende a braccetto, tirandomi dalla parte opposta, verso il centro abitato.
Sgrano gli occhi: “Che fai?”
“Ti serve una pomata per le ustioni” sancisce.
“No, non mi serve” ribatto testarda.
Scuote la testa “Mi vuoi ascoltare almeno questa volta, cazzo?”
“Potrei prendere in considerazione la cosa se non dicessi sempre tutto come se fosse un ordine a cui il mondo deve obbedire!”
“Ah, perché, non è così?” replica appoggiandosi gli occhiali in testa e sfoggiando quel sorrisetto da sberle.
“No che non è così! Almeno non con me!” incrocio le braccia, sciogliendo il sinistro dalla sua presa.
“Vedremo, Sunshine. Vedremo”
Cos’è, un’altra sfida?
Non faccio nemmeno in tempo a rispondere che lui si è già avviato in farmacia… e direi che non sia il caso di seguirlo là dentro in reggiseno -a meno che i danesi non abbiano un’apertissima mentalità hippie-.
 
Mentre torniamo in albergo –e lì sono costretta a rinfilarmi il top, per non avere casini alla reception e per evitare di scatenare gli ormoni di Liam monociglio Gallagher-, osservo di sottecchi Noel: ha una strana aria sicura di sé che non mi rassicura per niente.
Una volta arrivati in cima alla prima rampa di scale, dove tecnicamente dovrei girare a destra per andare nella stanza mia e di Damon, lui svolta a sinistra.
“Noel, la crema!” gli urlo dietro senza seguirlo.
Lui si batte due colpetti sulla tasca della tuta. “E’ qui”
Mio Dio, che genio! Bella scoperta!
Intendevo che dovrebbe darmela, così posso tornare da Damon –sempre se sia ancora in camera- e porre fine alla brace che sta cuocendo sulla mia schiena.
Apro la mano, aspettando.
Noel invece non si muove di un passo: apre la porta della sua stanza, rimane sullo stipite e con la mano mi fa segno di entrare, aspettando lì con il sorrisetto più strafottente che io abbia mai visto in vita mia.
Ok, è solo una mia impressione o sta tentando di dimostrare che io e il mondo siamo ai suoi ordini, come aveva anticipato con quel suo Vedremo, Sunshine, vedremo?
Ragionamento che sfiora la paranoia, me ne rendo conto, eppure…
Che rabbia! E pensare che, dato che è lui ad avere il tubetto che racchiude la mia salvezza, devo anche fare come dice!
Lo incenerisco con lo sguardo, poi mi decido a passare per quella porta, scommettendo che sarebbe più facile entrare nella stanza 237 del fottuto hotel di Shining: un Jack Nicholson armato di ascia sarebbe meno pericoloso di un Gallagher coi suoi giochi di potere.
Intanto lui mi segue dentro, chiudendo la porta dietro di sé, mentre io resto immobile, le braccia incrociate, terribilmente a disagio. Magari, magari però me lo sto solo immaginando quel collegamento con la semi-scommessa di prima, no?
Noel si rigira il tubetto tra le mani, poi fissa uno sguardo rigido e … severo? nei miei occhi: “Sdraiati”, ordina impassibile.
Sento il sangue ribollirmi nelle vene e colorarmi le guance di rabbia.
Notizia buona: hey, non sono paranoica!
Notizia cattiva: Noel, grazie a quel fottuto ma agognato tubetto di pomata, mi sta dando ordini!
Odio sentirmi anche solo minimamente sottomessa a qualcuno…Figuriamoci dover dipendere da Noel Gallagher! Ma ho bisogno di quella crema,  realizzo sconsolata, avviandomi verso il letto e stendendomi a pancia in giù, il volto nascosto tra le braccia incrociate sul cuscino.
Fa che finisca tutto presto…
Sento dai passi, poi il letto muoversi–cazzo Noel, che grazia!-, finchè non si accomoda a cavalcioni su di me, un ginocchio vicino ad un fianco e uno all’altro.
E’ solo la mia ennesima paranoia o questa posizione accentua ancor di più questo fottuto senso di sottomissione per me e dominio per –purtroppo- lui?
Giro leggermente il viso per sbirciarlo, ma lui mi inchioda subito lo sguardo con il suo: no, cazzo, non era solo una mia impressione. E’ evidente che si sta divertendo a dimostrare quanto detto fuori dalla farmacia. Stronzo.
“Togliti la maglia”
Ok, lo so, lo so, lo so!, che per dare una pomata bisogna avere la pelle scoperta, ma perché deve dire sempre tutto con un imperativo?
Ma guardatelo, cazzo!
Sembra un re seduto sull’alto del suo trono –il mio culo, in questo caso-!
Stronzo. Come fanno ad impazzire tutte per lui?
Mentre mi perdo in queste constatazioni, sento che il top mi scivola via, senza troppa delicatezza.
“Ahia!” protesto. Si ricorda o no che ho la schiena ustionata?!
“Potevi sbrigarti a obbedirmi” replica con quel sorrisetto di sfida.
Obbedirmi.
Io lo ammazzo! Io lo ammazzo!
Per il momento mi limito ad appoggiare di nuovo la testa al cuscino, chiudendo gli occhi. “Sbrigati: prima inizi e prima posso andarmene di qui”
“Paura di mancare al concerto del tuo amore?” solito tono di scherno.
“Senti, Gallagher, muoviti!”
Come risposta ottengo solo uno sbuffetto divertito. Accidenti, in diciannove anni di vita non ho mai incontrato qualcuno così irritante!
Intanto le sue dita fredde mi sfiorano la schiena per sganciare il costume, al che mi porto automaticamente le braccia piegate ai lati del petto, per non lasciar vedere nulla.
Poi –finalmente- Noel comincia.
Cavoli se è fredda, la pomata…
All’inizio le sue mani che si muovono su di me per spalmarla fanno quasi male, dato lo stato in cui si trova la mia schiena, ma, andando avanti, questa comincia ad assorbirsi e a non dare più fastidio.
Noel non si ferma, continua a tracciare movimenti circolari con entrambi i palmi, poi –non so in quale momento preciso, né tantomeno perché- si trasforma tutto in un massaggio.
Percorre la mia schiena iniziando dalle spalle e scendendo lentamente, facendo rilassare ogni centimetro di pelle che tocca. E’… bravo…
Sento una sensazione di torpore cominciare a pervadermi.
Una vocina dentro di me protesta –cazzo Shine, ti sei bevuta il cervello?! Fermalo, presto! Ti rendi conto che sei completamente nelle sue mani?!”
Ha ragione, ma… non ce la faccio: mi sento in paradiso!
La sua destra rimane ora appoggiata sul mio fianco, con due dita dell’altra mano invece esplora nuovamente la mia schiena, ancora più lentamente, cominciando dall’alto e scendendo piano sulla scia della spina dorsale. Quando arriva all’altezza delle fossette di venere mi sento percorrere da un brivido, che non riesco a trattenere: la mia mano si aggrappa istintivamente al cuscino.
Ho ancora gli occhi chiusi, ma mi accorgo che si sta avvicinando, infatti lo sento sussurrare al mio orecchio, appoggiando le labbra: “Rilassati”
Le mie dita piano piano mollano la presa, le nocche abbandonano quell’improvviso pallore, e lui riprende il massaggio.
Sto perdendo interamente il controllo di me…
Il mio corpo è completamente disteso e rilassato…
La mia mente anche…
Inizio… -trattengo uno sbadiglio- inizio ad avere sonno…
… Anche pensare si sta facendo incredibilmente difficile e… faticoso…
… Faticoso….
….fa …

Apro gli occhi lentamente, un po’ intorpidita, ma il corpo è ancora beato.
Che ore sono?
Potrei essermi appisolata due secondi come aver dormito delle ore!
“Noel?” chiamo piano, la voce impastata, le palpebre pesanti.
Nessuna risposta.
“Noel?” ritento, tirandomi su con le braccia e facendo per riallacciare il reggiseno, ma la mano scivola sul lenzuolo.
Un momento: DOV’E’ il mio reggiseno?
Scatto in piedi, guardandomi intorno.
Non ci sono neanche più il top e gli shorts!
“NOEL!!!” urlo su tutte le furie.
Ma che cazzo di scherzi sono questi?!
Apro la porta del bagno, con così tanta forza che sbatte contro il muro: lui non c’è.
Torno in camera, incredula. Che situazione irreale e …
Ma la mia attenzione è subito catturata da un segno nero quando passo vicino allo specchio accanto al comò di legno duro.
Mi accosto per guardare meglio.
Sulla mia pelle, poco sopra il bordo degli shorts, non lontano dalla lunga cicatrice, ci sono delle tremolanti lettere scritte a penna: 1 – 0 , Sunshine
IO – LO –AMMAZZO !!!
 
 

Dato che quelle dello scorso capitolo sono state chilometriche, questa volta non vi annoio troppo con le note finale, dai :)
Ho fatto le corse, però, per pubblicare questo capitolo prima della mia partenza per uno scambio quindi spero che per quando tornerò mi lascerete trovare qualche commento: che ne pensate dello scacco matto di Noel? :D

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Quando Mr Monociglio diventa utile ***


5. Quando Mr Monociglio diventa utile
 


Merda, merda, merda!
Non ci credo, non voglio crederci!
Sbuffo sedendomi sul bordo del letto a gambe incrociate: ho in corpo un nervoso che incanalo nelle dita portandole ossessivamente a sistemarmi i capelli dietro le orecchie… e questi mi ricadono davanti. Fanculo anche a loro!
Scatto in piedi nuovamente -tanto seduta buona buona non avrei retto comunque per più di dieci secondi.

Mi avvicino allo specchio, girando il collo per controllare nuovamente la scritta in fondo alla schiena.
1 – 0 Sunshine
Mi abbandono ad un ringhio di rabbia, incrociando le braccia e tornando a fissare il mio volto inviperito allo specchio.
Ok, Shine: calmati! Prendi un bel respiro e affronta la realtà!

No, come cazzo faccio ad affrontare la realtà?!
Perfetto, ora sto anche litigando con me stessa: ci manca solo che Noel mi causi uno sdoppiamento di personalità, solo quello ci manca!
Sospiro, sfiorando la figura dagli occhioni azzurri sconsolati riflessa: stasera c’è il concerto di Damon e dei ragazzi, ma io sono qui, chiusa in camera di Noel Gallagher senza vestiti!
Esiste situazione peggiore?!
Ma se crede di riuscire a farmi perdere il concerto di Damon si sbaglia di grosso! Tanto più se pensa che io mi arrenda e resti qui tranquilla ad aspettarlo: non se ne parla!

Però, Shine, ammettilo… Non hai idee, realizzo alzando le spalle.
Il fatto che fuori ci sia il sole è già comunque una –minima- consolazione: significa che ho ancora tempo prima del concerto..
Sgrano gli occhi: Noel potrebbe comunque tornare da un momento all’altro! Ma perché ci arrivo sempre dopo alle cose?
No, no, Shine, devi subito uscire di qui in qualche modo!
E poi è proprio ingiusta, come mossa, caro Noel: sono anche nella tana del nemico… Non ho nemmeno il vantaggio della conoscenza del territorio.

Inizio ad esplorare la stanza, in cerca di ispirazione, mentre i capelli mi ricadono in avanti –ma il vantaggio dei capelli corti non dovrebbe essere quello che dovrebbero stare al proprio posto?!.
Questa è una tipica tana di Gallagher maggiore –e la mia voce mentale è anche più figa di quella pallosa dei documentari-: dunque, un letto ancora fatto, un comodino con un pacchetto di sigarette appoggiato affianco all’accendino..
Idea numero uno: lo uso per fare dei segnali di fumo e lanciare un messaggio d’aiuto a Damon?
No, ok, troppo coreografico e un tantino poco realizzabile -peccato, sarebbe stato divertente...-

Proseguo con lo sguardo lasciandolo scivolare sulla moquet verdognola, fino al muro ruvido a sfumature gialline, ai piedi del quale il simpaticone ha lasciato appoggiata la valigia.
Momento: valigia! Quindi vestiti!
Mi lascio uscire un urletto di gioia per poi precipitarmici addosso, inginocchiandomi, con un sorrisetto soddisfatto già dipinto sulle labbra.
Caro Noel, errore da principiante!
Faccio per aprirla, ma mi accorgo con sconcerto che… c’è la combinazione!
E attaccato alla maniglia un bigliettino stropicciato:
‘Ahi ahi, mia cara Sunshine, pensavi davvero che fossi così stupido?’
Sento il sangue ribollirmi nelle vene, bruciando più della schiena ustionata di poche –spero- ore prima.
Fanculo, Noel, fanculo!

Ma come cazzo si permette?!
Sfogo la mia funesta ira sul malcapitato foglietto, strappandolo in due pezzi e poi ancora in altri due –giusto perché non posso fare lo stesso con la testa di Noel… non ancora, almeno-.
Mi alzo in piedi, tornando ad incrociare le braccia: sono ancora in camera sua -e sempre con le tette di fuori, peraltro. Che merda di situazione…
Se lo scorda di vincere la sfida con tanta facilità, però!

Mi avvicino alla porta, abbassando lentamente la maniglia e tirando un sospiro di sollievo nel realizzare che almeno non è chiusa a chiave –datemi della paranoica, ma da Noel ormai mi aspetto di tutto!-.
La camera di Damon è lontana, però magari qualcun altro dei ragazzi ce l’ha vicina a questa e può venire ad  aiutarmi! Incrocio le dita sperando che sia Alex –Alex James, il bassista-: sarebbe la scena meno imbarazzante, dato che a letto insieme ci siamo già finiti due volte… -o forse erano tre?

Mi sposto in bagno per lavarmi via l’umiliante scritta in fondo alla schiena –questa me la pagherai, Noel!-, poi torno in camera e appoggio l’orecchio al muro accanto al letto, battendo due colpi. Nessuna risposta.
Accidenti! Poteva essere il piano perfetto…
Mi trasferisco alla parete opposta, appiattendomi al muro, di fianco: tre colpi.
Silenzio.
Non mi arrendo stavolta! Non posso rimanere prigioniera in stanza di Noel! –ok, forse sto un po’ drammatizzando, ma non l’avrà vinta comunque!
Altri due colpi.
“Noel, che cazzo vuoi, coglione?”
Liam?

Non riesco a decifrare se quest’intuizione sia accompagnata da sollievo o paura.
Batto ancora una volta, con più forza.
“Noel, porca puttana, se hai da dirmi qualcosa vieni qui!”
Sorrido divertita: certo che è davvero suscettibile! E poi vanno proprio d’amore e d’accordo, eh, i due fratellini…
Picchio contro la parete di nuovo, aiutandomi anche col ginocchio, mentre con un braccio mi copro il seno, preparandomi all’ingresso di Liam, che, infatti -prevedibilissimo- non tarda ad arrivare.

La porta si apre di colpo, sbattendo contro il muro, mentre lui entra imprecando, con la sua ridicola camminata accentuata dalla rabbia. “Ma si può sapere che cazzo..” e si interrompe subito -strabuzzando gli occhi- appena mi vede così, ferma, in piedi, solo in slip, mentre con l’altra mano mi sistemo i capelli dietro l’orecchio fingendo un forte imbarazzo.
I suoi sono abbastanza scompigliati, indossa una tuta blu scura dell’Adidas e non si è ancora fatto la barba, appena accennata. Ok, lo ammetto: è tremendamente sexy.
“Cosa ci fai nuda in camera di mio fratello?” domanda rimanendo sulla soglia.
Pensa, Shine, pensa! E’ questo il momento di spremere il tuo cervellino come un agrume!
Mi viene solo un’idea: rischiosa, lo so.. e anche decisamente contraria ai miei principi, dato che c’è di mezzo uno degli Oasis, ma…
O la va o la spacca, Shine!

Alzo le spalle innocentemente, mordendomi un labbro con quel fare vergognoso che –me ne rendo conto io stessa- mi si addice ben poco: “Devo aver  capito male il numero alla reception. Io avevo chiesto la tua”
Liam continua a fissarmi perplesso “La mia stanza?”
Annuisco, guardandolo di sottecchi, senza spostare il braccio “Volevo farti una sorpresa” mormoro sorridendo provocante.

Ora, mi rendo conto di non avere un’esperienza secolare o robe del genere, ma posso assicurare che mai, nemmeno durante le notti più folli con Damon, avevo visto un sorriso e un’espressione più famelici di quelli che mi trovo davanti in questo momento. Le labbra carnose di Liam sono inarcate in un mezzo ghigno, e gli occhi chiari assottigliati. Sento un veloce brivido percorrermi la spina dorsale.
“Ah sì, Shine?” mi domanda, chiudendo la porta dietro di sé.
 Ottimo: sono chiusa in camera di Noel Gallagher, praticamente nuda, col suo fratellino arrapato dentro!
Eppure la mia idea potrebbe filare… Potrebbe.

“Mmh mmh” rispondo restando immobile mentre lui si avvicina lentamente a me, con la stessa luce negli occhi di poco prima.
Si ferma solo quando il suo petto è a contatto col braccio che copre il mio, mentre con il sinistro mi cinge la schiena, spingendomi ancora più verso di lui. “Non male come sorpresa…” sussurra accarezzandomi i capelli.
Mi accorgo che il mio respiro è troppo regolare per la situazione: inizio quindi ad accentuarlo, inspirando profondamente e lasciando che il petto si alzi e abbassi con forza –cazzo, avrei avuto un futuro a teatro!

Lui non molla la presa sulla schiena, e non abbandona nemmeno quel sorrisetto.
Si china su di me per raggiungere le mie labbra: lo lascio fare. Almeno ha un buon sapore…
Una sua mano arriva impetuosa alla mia nuca, mentre lui interrompe un secondo il bacio solo per cambiare angolazione e tenermi ancora più stretta a lui.
Ah, forse sarebbe il caso che lo ricambiassi, il bacio..

Intanto lui mi stringe il polso con l’altra mano, costringendomi ad abbassare il braccio col quale mi stavo ancora coprendo. Quando non sento più la sua lingua sulla mia non tardo ad immaginare dove l’avrei sentita a breve…
Infatti, penso scuotendo la testa. Sei sempre più prevedibile, Liam!
E hai anche un autocontrollo invidiabile, veramente, eh!
Bah, uomini!

Mi afferra per le gambe, che automaticamente attorciglio intorno alla sua vita quando mi porta in braccio, tornando a baciarmi con sempre maggior foga.
In meno di un millisecondo, mi ritrovo distesa sul letto, Liam sopra di me, mentre il materasso molleggia ancora per la forza con cui lui ci ha sbattuti sopra.
Scende con le labbra fino al mio collo, mordendo e assaporando ogni centimetro di pelle. A quanto pare non aspettava altro… E in effetti non ne aveva nemmeno mai fatto segreto.

“Sapevo che sarebbe finita così!” esclama beffardo e deciso, scendendo con la mano fino ai miei slip.
Ma senti un po’ che razza di sbruffone!!!
Pensavi male, caro Gallagher!
Anzi, meglio se mi sbrigo dato che sono in netto svantaggio –slip contro tuta.
Ribalto le posizioni, salendo a cavalcioni su di lui e baciandolo subito, senza dargli il tempo di replicare, mentre con le mani inizio a fargli scendere la cerniera del pezzo superiore.
Con smania sempre più forte, mi aiuta togliendosela del tutto di dosso e lanciandola –subito il mio sguardo la segue attento.

Riprende immediatamente il contatto con le mie labbra sicuramente arrossate, tenendomi stretta a sé.
Accantono per un istante il mio piano, giusto per godermi il fatto che sto baciando Liam Gallagher, una delle persone che odio di più al mondo –lo so-, ma dalle labbra fottutamente attraenti. Erano sempre stata una mia  ossessione…
Quando però sento la sua mano scivolarmi sotto gli slip capisco che devo davvero sbrigarmi.
Allungo le mie per sfilargli i morbidi pantaloni della tuta e farli poi volare nella stessa direzione della felpa, ma… wow, Gallagher, certo che un paio di mutande potresti anche portarle!

Do un ultimo assaggio alle labbra di Liam, pregustando già l’adrenalina, poi salto giù dal letto, senza lasciargli il tempo di rendersene conto, e sfreccio verso la porta raccattando i suoi vestiti e infilandomeli al volo.
“Shine, ma che..?” ansima allibito.
“Mi spiace, Liam” annaspo tirando su la zip “è colpa di tuo fratello!” spiego velocemente prima di chiudermi la porta alle spalle.

Dunque, morale dell’episodio: 1) Ho soddisfatto la mia ossessione per le labbra di Liam Gallagher, 2) L’ho chiuso al mio posto, nudo –vabbè, non è mica colpa mia se non porta le mutande!- in camera del fratello, 3) HO FATTO SCACCO MATTO A NOEL!
Se non fosse che per realizzare gli ultimi due punti del mio trionfale elenco io abbia dovuto limonare e farmi toccare dal frontman degli Oasis, Damon sarebbe decisamente fiero di me!
 
 

Salve mondo di madferit! :D
Mi scuso se il capitolo è un po’ (ehm... decisamente) più corto dei soliti, ma preferivo chiuderlo con il trionfo di Sunshine, senza aggiungere scene di transizione successive…

Sottolineo anche qui (in effetti anche nell’altra mia fiction si era ritrovato senza pantaloni in una scena u.u ) che Liam aveva davvero dichiarato in un’intervista di non portare biancheria intima
Per il resto… commenti? :D Ve l’aspettavate questa mossa di Sunshine?
 (Liam, non arrabbiarti ç.ç )

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Traslochi e biglietti sospetti ***


6. Traslochi e biglietti sospetti




3 luglio 1995

Accidenti, già di ritorno… rifletto frastornata sprofondando accanto a Damon sul sedile dell’aereo che ci sta riportando in Inghilterra.
Da una parte mi sembra di essere arrivata in Danimarca solo ieri –e in effetti in tutto ci siamo stati solo quattro giorni, non abbastanza per godermela appieno-, dall’altra ho l’impressione che questo festival sia durato almeno due settimane –viva la coerenza, me ne rendo conto-.
No, dai, forse un minimo di logica c’è, in questo mio ragionamento contorto: sono successe tante di quelle cose che mi sembra veramente impossibile che sia durato tutto così poco tempo.
In fondo non è da tutti i giorni godersi decine di band che, una dietro l’altra, sera dopo sera, calcano lo stesso palco facendo accelerare i battiti del pubblico a ritmo di rock’n’roll… Ed è anche meno frequente assistere a un concerto dei Blur seguito a ruota da nientepopodimeno che una leggenda come Bob Dylan, che imbraccia tranquillamente la sua chitarra a pochi metri da me per cantare dodici perle di canzoni –e richiamarlo in coro sul palco per poter sentire anche un classico come Knockin’ on Heaven’s door-. Questo è sicuramente uno dei lati positivi di questa minivacanza, insieme alle corse in spiaggia con Damon e alla bellezza dei freschi panorami danesi.
Certo, poi ci sono stati anche dei lati negativi, che comunque, se ci penso, sono sempre riconducibili ai Gallagher. Uno, mi sono ustionata la schiena. Due, mi sono trovata mezza nuda in camera di Noel. Tre, ho avuto quell’incontro ravvicinato con Liam, anche se questo rientra solo in minima parte tra i contro della lista –giusto perché si tratta di un membro degli Oasis e perché i suoi vestiti in valigia rischiano di contagiare i miei, provocandomi una reazione allergica anti Gallagher-. In fondo ne sono uscita vincitrice, anche se sinceramente sarei stata ben più soddisfatta se avessi in qualche modo potuto assistere al ritorno di Noel e vedere la sua faccia da sbruffone quando si è trovato il fratello nudo in camera! Peccato, non si può avere tutto dalla vita.. E questo grazie a me l’ha imparato anche Liam, penso sorridendo divertita.
Solo quando inizia l’atterraggio e, scendendo sotto le nuvole, vedo Londra dall’alto allora me ne rendo conto: almeno un po’ mi era mancata, la mia vecchia piovosa Inghilterra!
 
Percorro la lunga Great Western Road per raggiungere il mio appartamentino, un inutile e modesto buco di mattoni che però non è troppo distante da casa di Damon e si trova a meno di tre chilometri dalla celeberrima Abbey Road, ragion per cui non mi lamento –o almeno non troppo-.
E poi… non lo so, sarà il viaggio, ma sicuramente sono davvero stanca, quindi non vedo l’ora di infilarmi sotto il mio amato letto, le mie amate coperte, nel mio amato pigiama.
Appena giro la chiave nella toppa, però, mi accorgo di una strana resistenza quando apro la porta e, non appena lo faccio, mi ritrovo le scarpe sommerse d’acqua.
Merda…
Mi faccio strada esterrefatta nel piccolo soggiorno, dove un tappetino, una lampada e un ammasso di carte e oggettini vari galleggiano tranquillamente.
Oh, merda davvero!
Si è allagato tutto! Io… Oddio, che disastro, penso sconsolata scuotendo la testa. Non ho nemmeno la più pallida idea di cosa sia potuto succedere ai tubi… A meno che io non sia stata tanto idiota da aver lasciato un rubinetto aperto.
Mi dirigo verso la mia camera, alzando a fatica i piedi appesantiti dal letto d’acqua che per lo meno camuffa il colore grigiastro dei pavimenti che ho sempre odiato –sdrammatizzando, giusto per non impazzire del tutto-.
Quando apro la porta, però, rimango senza parole: è… è veramente un disastro… Si è rovinato quasi tutto.
Raccolgo sconsolata il vinile di Parklife regalatomi da Damon mesi fa, ora grondante d’acqua: il cane nero in copertina mi sta guardando in un modo più sinistro del solito e quella smorfia contenuta dalla museruola sembra una risata di scherno per la situazione di merda in cui mi trovo –viva le paranoie!-.
L’anta dell’armadio, sopra i tre cassetti ora sommersi, è troppo in alto per essere stata danneggiata dal diluvio universale che mi è stato riversato in camera, quindi almeno i vestiti sono salvi. Peccato che non si possa dire lo stesso per i libri, l’album fotografico e i dischi appoggiati sullo scaffale della piccola libreria all’angolo. Mi precipito subito in cerca dell’album, ma inutile dire che è praticamente vuoto e che molte foto stiano galleggiando come cereali in una tazza. It’s only a storm in a tea cup, diciamo noi inglesi. Sì, però quando la ‘tazza’ non è altro che la mia stanza e la ‘tempesta’ l’ha riempita d’acqua c’è poco da minimizzare!
Continuo la forsennata ricerca dell’unica foto di cui mi importi veramente –nonostante non la riprenda in mano da anni, chiusa in quell’album-, l’unica foto sua.
Eccoti,
ripenso sentendomi mancare il fiato, trovandola ancora integra e prendendola in mano.
Sei sempre bello, con i tuoi capelli biondi e quegli occhioni azzurri tanto simili ai miei.
Mi manchi…
Mi manchi, Andrew.
Quella semplice foto di mio fratello sta diventando troppo rumorosa: il boato della nave torna a rimbombarmi nelle orecchie, mentre chiudo gli occhi con forza cercando di allontanarlo.
Scuoto la testa, sperando che quel nodo alla gola si sciolga prima o poi –in realtà sono nove anni che lo spero- … Ma se resto qui immobile è peggio.
Scatto in piedi e corro alla cabina telefonica al di là della strada, per chiamare i pompieri.
“Arriviamo subito, signorina, ma la avviso che, da come descrive la situazione, il suo appartamento sarà inagibile a lungo. Ha un posto dove stare?”
Sospiro esausta, riagganciando e componendo un numero ben noto.
“Damon?”

“Sei proprio un disastro!” ridacchia il biondino appoggiando la mia valigia sul divano di casa sua.
Due punti in più al mio nervosismo! “Non è detto che sia stata colpa mia!” mi lamento scocciata incrociando le braccia e girandomi dall’altra parte.
“Eddai, permalosa…” mugugna cingendomi i fianchi da dietro e dandomi un lento bacio sul collo “Sai, in effetti non è male averti sott’occhio ventiquattr’ore su ventiquattro” Fa una strana pausa “Non mi piace come ti guarda Gallagher”
“Quale dei due?” domando divertita scuotendo la testa.
Lui sembra pensarci su. “Tutti e due”, risponde infine stringendomi a sé.
Sento una risata uscirmi spontanea. Mi giro per guardarlo negli occhi e prendergli il viso tra le mani: “Siamo paranoici, eh, signor Albarn?” mormoro raggiungendogli le labbra con un bacio.
“Mmmh” mugugna poco convinto accomodandosi sul divano e portandomi a sedere in braccio a lui “Spero per te che sia solo paranoia”
“Bè, che colpa ne ho se sono fottutamente sexy!” replico alzando le spalle e fingendo di stiracchiarmi.
“Sei fottutamente mia, ricordatelo” risponde con tono possessivo tirandomi a sé e catturandomi le labbra.
Scuoto la testa con scetticismo. “Sei proprio un bambino a volte”
“Parla quella che gioca alla piscina in casa” ribatte lui tirando fuori quella sua espressione da sberle.
“Molto divertente, Albarn” grugnisco alzandomi in piedi e dirigendomi in cucina, guidata dal mio stomaco che sta brontolando quasi più di me –e, devo riconoscerlo, non è facile!-. Dunque, rifletto aprendo il frigo, verdura, latte… Oh, una ciambella!
“No ma… Prego, eh! Fai come se fossi a casa tua” ridacchia Damon appoggiandosi allo stipite della porta, divertito.
Gli lancio un finto sorriso “Grazie” commento sedendomi a gambe incrociate sul tavolo e addentando la prelibatezza che mi sta appiccicando le dita –buona, però!-. “Piuttosto… cosa dirai a Justine?”
Si avvicina a me con aria pensierosa. “Bella domanda” ammette, appoggiandomi le mani sulle cosce.
“Posso dirglielo io?” chiedo entusiasta con un sorriso a trentadue denti. Accidenti, mi manca litigare con la buona vecchia Justine!
“No!” sancisce assottigliando lo sguardo.
“Ti prego!” squittisco divertita facendo il labbrino e gli occhioni dolci.
Per tutta risposta, mi cattura il labbro inferiore tra i denti, mordendomelo. “Vedi di rigare dritto, Sunshine” ridacchia guardandomi negli occhi.
“Che noia” commento con un finto sbadiglio, tornando ad addentare la ciambella e distogliendo lo sguardo, che però mi cade sul calendario girato sul mese di agosto. “Lo sai che siamo a luglio, vero?”
“Certo che lo so, furba” alza gli occhi al cielo, mentre io mi concentro su una data cerchiata più volte in rosso “Ma ho sentito i ragazzi, prima. Grandi novità!” esclama sorridente “Ho deciso di spostare l’uscita del singolo al dodici agosto”
“Ma non mi dire!” commento intrigata alzando un sopracciglio “Lo stesso giorno di Roll with it…”
“Che coincidenza, vero?” replica ironico rubandomi un morso della ciambella. “Voglio batterli del tutto! Sarà una sfida all’ultimo sangue” sancisce con uno sguardo fiammeggiante.
“Mmmh” mugugno sorridendo maliziosa “Mi piaci, così spietato”


17 luglio

Mi sveglio lentamente, assaporando quel dolce torpore dell’ultimo dormiveglia, e senza guardare l’ora so già che sono circa le undici: ormai il mio orologio biologico ha impostato la sveglia mentale in tardissima mattinata –come biasimarlo?-.
Sposto le braccia di Damon che, anche nel sonno, mi tengono stretta a sé, per poi alzarmi e infilarmi un vestitino ampio e sbracciato, giusto perché non ho la minima voglia di cercare un abbinamento tra t-shirt e pantaloncini -dire che io abbia sonno sarebbe riduttivo…-
Queste prime due settimane di convivenza con Damon non sono state per niente male –anzi, inizio a chiedermi come facessi a sopravvivere da sola in quel buco ora annacquato-.
Quasi ogni giorno vengono i ragazzi per provare e cazzeggiare, e quei pomeriggi sono davvero i migliori, tutti seduti in cerchio con una birra o una chitarra tra le mani, a cantare e a ridere per ore.
Però poi è anche matematico che io e Damon chiusi insieme nello stesso posto così a lungo finiamo una volta sì e una pure nella stessa stanza o su qualsiasi superfice che possa sostituire il letto –e questo spiega la mia stanchezza-.
Mentre mi scaldo una tazza di latte, il mio sguardo assonnato torna su quella data cerchiata di rosso sul calendario. Li batteremo davvero?
Ripenso alla canzone di quegli altri, sentita giorni prima in Danimarca: ‘You gotta roll with it, you gotta take your time, you gotta say what you say…’
Accidenti: mi ricordo ancora il refrain –e questo non è un bene!-.
Inizio a rifletterci sopra, ma il campanello interrompe questo ragionamento che tanto non avrebbe sicuramente portato a nulla di buono.
Apro la porta stropicciandomi gli occhi appena mi trovo immersa nella luce del sole, senza neanche guardare chi io abbia davanti.
“Sunshine!” risponde la voce di Justine, squittendo scioccata.
“Non ci serve niente, grazie, buona giornata” replico facendo per chiudere la porta, che lei ovviamente mi blocca con una mano.
“Fai poco la spiritosa” ringhia entrando in casa e urlando un ‘Damon!’ con una voce più acuta di Roger Taylor dei Queen.
“Ma dai, non si può mai scherzare con te!” mormoro sorridendo divertita –la adoro quando si arrabbia-.
“Chiudi quel cazzo di becco!” urla girandosi verso di me “Hai cinque secondi per tornartene a casa!”
“Ehm.. ok” balbetto fingendomi preoccupata, per poi fare un esagerato passo indietro, piantandomi ancora di più al centro del soggiorno “Fatto!”
“Che cazzo vuoi dire?”
Sgrano gli occhi, facendo la finta tonta “Casa. Non è difficile: lo capisce persino E.T.”
Sento la porta della camera cigolare, per far posto ad un Damon ancora per metà nel mondo dei sogni –e con una pettinatura che… ragazzi!, potrebbe essere ingaggiata come controfigura delle balle di polvere che rotolano nei film western- “Che succede?”
“Me lo dici tu che cazzo sta succedendo qui!” urla lei andandogli incontro.
Lui spalanca gli occhi, guardando prima Justine poi me, che rimango sul posto, le braccia dietro la schiena, spostando solo una mano per mimare un saluto un po’ all’indiana d’America, sorridendo a trentadue denti.
Damon tira un forte sospiro, poi inizia a spiegare “Sunshine starà qui per qualche settimana” e ora le urla della Frischmann si fanno talmente alte da risultare incomprensibili –forse i cani riuscirebbero a  decifrare questi ultrasuoni-.
“Stai calma, tesoro” continua lui “Le si è allagata la casa, non ha un posto dove andare, non potevo mica lasciarla per strada, no?”
“Oh scusami!” inizia ironica alzando le mani “E’ colpa mia: ero convinta di frequentare il frontman dei Blur, non una fottuta baby sitter!”
Mi sfugge una risata: ok, ammetto che questa era bella.
“E tu sei ancora qui?!” mi urla dietro isterica.
Ma non si può fare più niente, a questo mondo?! Bah… Ho capito: meglio se tolgo le tende, almeno per un po’. Raccatto la borsetta mentre sento Damon iniziare il suo monologo da cucciolo sexy, che in qualche modo riesce a calmare Justine –o almeno a farle passare in secondo piano il progetto del mio omicidio-.
Potrebbero farsi filmare, i due: straccerebbero gli ascolti di qualsiasi soap opera.
Mi avvicino alla porta quando i piccioncini sono ancora abbracciati, Justine che mi da le spalle, e mentre il ‘ragazzo perfetto’ le mormora suadente “Tesoro, lo sai che per me ci sei solo tu” lo vedo cercarmi con lo sguardo e strizzarmi l’occhio con fare malizioso.
Un giorno –forse- capirò se sia solo stronzo o se soffra del disturbo di sdoppiamento di personalità.
 

E’ una mia impressione o quest’estate è veramente calda, persino qui a Londra?
In effetti si stava meglio a casa, ma in fondo i miei due attori di soap opera preferiti non si vedono da un po’ di giorni… hanno diritto ad un po’ di intimità –e poi se tornassi là dentro rischierei come minimo di prendermi in testa il tacco quindici della Frischmann!-
Percorrendo sovrappensiero Regent’s Park Road, mi accorgo di Alex che entra al Queen’s, il buon vecchio pub reso celebre dalla mia scivolata il mese scorso.
Lo seguo, trovandolo già accomodato al divanetto all’angolo, in compagnia di Graham, il chitarrista.
Ecco, cosa gran parte delle fan ci trovi in Graham Coxon non lo capirò mai, più lo vedo e più me ne convinco.
“Hey, Shine” mi chiama subito Alex, accendendosi una sigaretta. Obiettivamente, è molto più carino lui. Però è il bassista… E il destino dei bassisti sembra essere quello di rimanere in secondo piano –a parte Paul McCartney e poche altre eccezioni, credo-. Non faccio in tempo a sedermi che già mi tira a lui passandomi un braccio intorno ai fianchi. “Damon ti ha detto del cambiamento dell’uscita di CountryHouse?”
“Allo stesso giorno di Roll with it?” domando retorica rubandogli un tiro “Già… Così se li battiamo sarà una vittoria ancora più schiacciante”
Se li battiamo?!” ripete alzando un sopracciglio “E’ un dato di fatto, Shine, che li batteremo!” commenta spostandomi i capelli dietro l’orecchio “Pensi che potrebbero vincere gli Oasis?” sputa fuori con disprezzo.
“Mah, forse ha iniziato a rivalutarli…” commenta Graham con uno strano tono “… dato che ormai se la fa con i Gallagher”
Il fumo mi si strozza in gola, provocandomi una tosse improvvisa. Ma che cazzo gli salta in testa?!
“Io non me la faccio con i Gallagher!”
Alex scoppia a ridere “Lei che se la fa con i Gallagher?” domanda ironico “Cosa ti è venuto in mente?!”
Graham alza le spalle “Eri sempre con loro in Danimarca”
“Non è colpa mia se li incontravo ovunque” ringhio scocciata “Li odio almeno quanto li odi tu, Graham. Non dire cazzate” mormoro alzandomi per andare a prendermi una birra.
Se la fa con i Gallagher…
Scuoto la testa sbuffando, accomodandomi sullo sgabello al bancone.
“Cosa desidera, signorina?”
“Una media, grazie”
Mentre il cameriere si avvicina alla spina, mi accorgo che il padrone continua a scrutarmi.
“Scusi…” mi dice infine “Mi hanno chiesto di dare un messaggio… E’ lei la ragazza di Damon Albarn?”
Aggrotto la fronte: domanda inaspettata. “Probabilmente lei sta cercando Justine Frischmann, che non sono io” rispondo cortesemente.
Il tipo davanti a me, invece, si lascia sfuggire una risatina “Mi scusi, signorina, ma credo si riferissero proprio a lei. ‘Ragazza giovane, capelli abbastanza corti castani, occhi azzurri, spesso con Damon, quella che…’” balbetta imbarazzato, incerto se finire la citazione “…che è clamorosamente scivolata nel mezzo del locale poche settimane fa’”
Alzo gli occhi al cielo, scuotendo la testa. “Sì, va bene, sono io. Mi dica”
“Niente da dire. Devo solo darle questo” spiega affabile porgendomi un biglietto piegato in due.
“Grazie” mugugno curiosa, aprendolo.

Chiamami.
Noel


Mi sento avvampare, mentre gli occhi tentano di uscirmi dalle orbite. Ok, questa non me l’aspettavo.
Continuo a fissare quelle due parole, scribacchiate sotto un numero di telefono. Che cazzo vuole da me?!
E poi sempre con i suoi fottuti imperativi! ‘Chiamami, per piacere’ o ‘Per favore, puoi chiamarmi?’ sarebbe troppo difficile da scrivere?!  
Sento il sangue pulsarmi con forza, mentre le dita si stringono a pugno intorno a quel foglietto e gli occhi scorrono la stanza alla ricerca del più vicino cestino.
“Shine, hai fatto con quella birra?” mi urla Alex dal tavolo.
Porto la sinistra intorno al boccale, chiudendo gli occhi.
Apro l’altra mano e guardo prima il foglietto, poi il cestino.
Prendendo un bel respiro, nascondo il messaggio di Noel nel fondo della mia borsetta.
“Sì, Alex, arrivo”




 
Sono tornata! :D
Dunque, avevo un po’ di cose da dire, ma sicuramente me ne dimenticherò almeno la metà.
-Bob Dylan: era davvero al Roskilde Festival e, leggiucchiando la scaletta, Knockin’ on Heaven’s door l’aveva proprio lasciata per l’encore.
-It’s only a storm in a tea cup, il proverbio citato da Sunshine, è molto usato dagli inglesi e sta per ‘non è niente di cui propccuparsi’. Ovviamente in italiano non avrebbe senso, ma descrivendo questa scena piena d’acqua mi è venuto in mente (viva i collegamenti assurdi)
-Si stanno mettendo le basi per quella che diventerà la BATTAGLIA DEL BRITPOP, tra Roll with it (https://www.youtube.com/watch?v=ADarLbF7Nsk) e Country House (https://www.youtube.com/watch?v=gpuh1WE-RVw)

Personaggi citati:
la buona vecchia Justine



Alex James, il bassista, a cui avevo già accennato nel capitolo precedente


 
Graham Coxon, il chitarrista


Mi scuso per la scarza presenza dei famigerti fratellini, in questo capitolo solo nominati, ma vi assicuro che torneranno presto!
Grazie per la lettura e per le recensioni ricevute fino ad ora! Anything to say? :)

cheers!

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Se fossi un fax la mia vita sarebbe più facile ***


7. Se fossi un fax la mia vita sarebbe più facile
 



Neuschwanstein.
Seduta sull’amato divano in pelle nera del salotto di Damon, aspiro un’altra boccata di fumo dalla mia sigaretta, tentando per l’ennesima volta di rileggere il nome scribacchiato sulla foto che tengo tra le mani: sullo sfondo c’è un rilassante specchio d’acqua circondato da montagne ricoperte da una miriade di alberi sempreverdi, in primo piano invece svetta un alto castello bianco, che con quell’alta torre appuntita mi sembra proprio quello della bella addormentata.
E questo sarebbe il tuo modesto ideale di casa di campagna, caro Damon?, penso sorridendo e lasciando uscire il fumo. La foto, infatti, sarà proprio la copertina del fatidico singolo, Country House.
Certo, a meno che a Damon-prima-donna non salti per la testolina qualche capriccio e decida di cambiarla all’ultimo momento.
Il castello di Neuschwanstein.
Come cavolo si pronuncia?
Fanculo.
L’unica cosa che so di tedesco –oltre al cognome della mia cara Justine, della quale devo ancora ben capire le origini- è che il mio nome si traduce con Sonnenschein, come mi aveva spiegato una mia vecchia fiamma di Brema.
Suona anche peggio, forse, me ne rendo conto… Però mi aveva detto che là è davvero usato, anche se come cognome, quindi non è totalmente assurdo come chiamarsi Sunshine –di nome!- in Inghilterra.
Neunschwanstein.
Bah, io e questa lingua non andremo mai d’accordo, quasi quanto io e i Gallagher!
Non appena questo assurdo paragone mi balena per la mente, il mio sguardo corre automatico alla borsetta accartocciata contro il cuscino dell’altro divano, nell’angolo.
E’ lì da almeno una settimana ormai, credo: non l’ho più aperta, no.
A meno che mi sia sfuggito un eventuale avvertimento del barista del Queen’s Pub, del tipo “Questo messaggio si autodistruggerà tra 10 secondi”, il biglietto minatorio di Noel dovrebbe essere ancora lì.
Ok, lo so, non è un biglietto minatorio, ma… Cazzo, l’ha mandato uno degli Oasis, quindi è anche peggio!
“Chiamami. Noel”, ripeto mentalmente il conciso testo del bigliettino, mentre assaporo un ultimo tiro della sigaretta ormai consumata.
Fottuto northerner sbruffone… Come se me ne potesse fregare qualcosa di ciò che hai da dirmi!
Spengo definitivamente la cicca riproponendomi di non pensarci più, tornando anzi a soffermarmi sull’immagine del castello.
Dunque: bel paesaggio, copertina originale….
I miei occhi però sbirciano nuovamente la tracolla abbandonata in quell’angolo del divano.
Sbuffo.
Sì, è vero, una parte di me è fottutamente curiosa e vorrebbe sapere che accidenti abbia da dirmi Noel.
Noel, Noel…
In effetti non lo rivedo dal giorno in cui gli ho lasciato il suo caro fratellino nudo in stanza, quindi probabilmente riguarda quello che è senza dubbio il più grande scacco matto della storia.
Lo chiamo?
Lo sguardo mi scorre incessantemente dalla borsa alla cornetta del telefono, dalla cornetta alla borsa.
Chiamami.
Eh no, caro! Sento quasi la tua voce da fottuto dittatore mentre ordini di farlo.
Mi avvicino al frigo, servendomi del calendario per un rapido calcolo di quanti giorni manchino alla battaglia -oramai mi succede ogni volta, mi ci sto fissando quasi quanto Damon!- e poi addento una ciambella per mettere a tacere la mia curiosità.
Quando esco per fare due passi, la fatidica borsa resta abbandonata a se stessa.
Addio Noel.


 
26 luglio.
Sono sveglia, ma non trovo il coraggio di aprire gli occhi.
Sdraiata a pancia in giù, il peso sul cuore si fa più forte.
Vorrei restare qui per sempre, ma mi rendo conto che non cambierebbe nulla: è il 26 luglio, sia che io resti in questo fottuto letto facendo finta che non lo sia, sia che io abbia il coraggio di andarlo a trovare.
E’ il 26 luglio… E’ stata questa consapevolezza a svegliarmi ben prima del solito orario.
Apro gli occhi: è il compleanno di mio fratello.
Lasciandomi Damon alle spalle, scivolo via da quel letto e da tutta la sicurezza che mi infonde di solito e della quale avrei bisogno anche adesso.
Come immaginavo, il peso sul cuore si sente anche ora che non è più schiacciato sul materasso.

Non vado mai a trovare Andrew, rifletto iniziando a percorrere la lunga Ladbroke Grove, mai. Solo due volte all’anno. E un’occasione è proprio questa.
Più mi avvicino e più i rumori della strada e le risate dei bambini si fanno distanti, lasciando il posto ad una silenziosa fila di alberi alti e verdi.
Eccoti qua.
Come ogni volta, appena poso gli occhi sui tuoi
, li trovo già fissi nel mio sguardo.
“Ciao Andrew” sussurro.
E tu non mi rispondi.
Come sempre.
Il groppo alla gola inizia a far male, mentre allungo una mano fino ad accarezzare il freddo marmo bianco della tua lapide.
Freddo, fottutamente freddo!
Mi mancano i tuoi caldi abbracci…
Mi chino davanti al tuo bel volto, appoggiando le ginocchia sulla ghiaia.
Fa male?
Chi cazzo se ne frega.
Fa più male questo peso sul cuore, oggi peggio del solito, dato che venendo qui gli permetto di venire a galla.
E nonostante tutto non scende nemmeno una lacrima.
Vorrei tanto piangere per sfogare tutto lo schifo che sento dentro in questo momento, sai? Lo sai, Andrew?
Ma è da quando te ne sei andato che è come se mi si fosse bloccato tutto. Qualche meccanismo dev’essersi rotto… e non va più al suo posto.
“Sei qui anche tu?”
Stringo gli occhi rimanendo immobile, in ginocchio, quando riconosco la voce di mia madre.
No, non è la vera voce di mia mamma: quella non la sento più da nove anni. Questa è solo la voce distorta dall’alcol di una donna che non riesce ad affrontare il dolore.
“Che cazzo ci fai qui?” insiste barcollando. Una bottiglia di gin è ancora stretta tra le sue mani.
“Rispondimi, stronza!”
Abbasso lo sguardo, stringendo i pugni. “Mamma, ti prego…”
“Ci dovrebbe essere il tuo nome, lì sopra, lo sai vero?!” aggiunge invece alzando la voce.
Non rispondo, torno a chiudere gli occhi sperando con tutto il cuore che la smetta, mentre mi sforzo per cacciare il rumore della nave che mi sta iniziando a rimbombare nella testa.
“Hai capito?!” urla lei appoggiandomi le mani sulle spalle e iniziando a fare pressione verso il basso.
Ora sì che fanno veramente male, i pezzetti di ghiaia conficcati nelle ginocchia.
“Basta!!!” protesto tentando di togliermi le sue mani di dosso “Smettila, sei ubriaca!”
“No, è vero! Guarda!” urla indicando la lapide “Guarda quel nome! Lo sai anche tu che avrebbe dovuto essercene un altro al suo posto!”
Quando finalmente riesco a liberarmi dalla sua stretta e ad alzarmi in piedi, il peso sul cuore si fa tanto forte da rubare tutta l’attenzione alle ginocchia sanguinanti.
Lei si abbandona ad una risata isterica, scuotendo la testa “Ah no, giusto… Perché non vuoi neanche farti chiamare col nome che io e tuo padre abbiamo scelto per te!”
Sto per esplodere.
Le do le spalle e inizio a correre via da quel posto, da quel posto che odio come nessun altro fottuto luogo del mondo, via dalle parole di mia madre…
E ancora non piango. Cazzo!
Perché deve rimanere tutto incastrato qui in gola?!
Rientro a casa di Damon, decidendo di richiudere Andrew e tutta questa storia nel solito cassetto mentale, come faccio dopo ogni visita al cimitero, al compleanno o all’anniversario di… morte. Fa male anche solo pensarla, come parola.
“Ciao Sunshine” mormora Damon, probabilmente alzatosi da poco, stropicciandosi gli occhi.
“Buongiorno” rispondo piano, raggiungendolo sul divano.
E’ distratto dalla televisione e non bada nemmeno a me che mi accoccolo al suo fianco prendendogli il braccio e avvolgendomelo intorno. Ho solo bisogno di un minimo di calore umano, in questo momento, e non ho altri che lui per riceverne, ma non sembra accorgersene.
Allora tento di concentrarmi anch’io sulla televisione: fatica sprecata. Le immagini mi passano davanti senza che io ne memorizzi un solo fotogramma.
“Cos’hai fatto alle ginocchia?” chiede infine Damon quando sposta gli occhi su di me.
Abbasso lo sguardo, notando la pelle sbucciata e i rivoletti di sangue quasi seccati.
“Sono inciampata”
Storia chiusa.


 
29 luglio
Schiuma, schiuma ovunque.
Damon mi da un ultimo bacio al sapore di bagnoschiuma alle ciliegie prima di uscire dalla vasca e iniziare ad asciugarsi.
Ma che fretta ha? Io preferisco sprofondare di nuovo in questo bagno tiepido, godendomi le bollicine bianche.
Eh si, da quando Damon ha girato il video di Country House, quella della vasca da bagno è diventata un po’ un’ossessione per tutti e due.
“Vado da Justine” annuncia infilandosi un paio di pantaloni e sistemandosi la sua impeccabile chioma –è più fissato di me che sono una donna!-.
“Mmm mmm” annuisco tranquilla appoggiando la testa al bordo della vasca e chiudendo gli occhi.
Ragazzi, potrei stare qui per anni! Mi ricorda quando da piccola giocavo-
“Merda!” esclama dall’altra stanza.
Sento uno strano rumorino, seguito dall’ennesima imprecazione di Damon.
“E’ scarico! Il tuo accendino è nella borsetta, vero?”
“Sì” rispondo, prima di tornare nel mare di ricordi.
Dunque, dicevo, mi ricorda quando giocavo con la mia paperella gialla nella vasca da bagno di-
Merda!!!
Spalanco gli occhi non appena le mie sinapsi si collegano.
Borsetta?
Damon ha detto borsetta?!
“NO!!!” urlo uscendo fuori dalla vasca, spostando un'enorme massa d’acqua e inzuppando completamente il tappetino bianco.
Mi precipito alla porta del bagno e lo vedo con la mia tracolla ancora chiusa tra le mani, che mi guarda con un’aria confusa, un sopracciglio alzato.
“E’ … scarico anche quello” balbetto. “Prendi quello nella tasca dei miei jeans, sul letto”
“Ok” mormora tranquillo riappoggiando la borsa nell’angolo del divano ed entrando in camera.
Tiro un sospiro di sollievo. Ci mancava solo che trovasse il biglietto di Noel… Ma la borsa era ancora chiusa, mi pare… O forse no?
“Sunshine” Damon rispunta improvvisamente, facendomi perdere dieci anni di vita con un infarto istantaneo. Oddio, l’ha letto?!
Dopo una veloce panoramica al mio corpo gocciolante, invece, indica con lo sguardo la poccia d’acqua che ho formato sul pavimento uscendo dalla vasca. “Vedi di non allagare anche casa mia” mi sorride col suo visetto da sberle.
Oh, pericolo scampato. Mi abbandono ad una risatina divertita “Massì, al massimo ci trasferiamo da Justine!” propongo ironica facendogli la linguaccia.
“Già, non vede l’ora di ospitarti” mormora ridacchiando prima di salutarmi e uscire.
Quando la porta si chiude e rimango immersa nel silenzio, tiro un altro sospiro, correndo subito con lo sguardo alla fottuta borsetta, prima di infilarmi un accappatoio e prenderla tra le mani.
Ma guarda te se devo sentirmi a disagio per uno di quei due northerner del cazzo, sbuffo aprendo il bigliettino di Noel. Prima lo chiamo e prima la faccio finita con questa storia.
Compongo il numero sforzandomi di decifrare la sua stupenda grafia.
Primo squillo.
Secondo.
Non essere in casa.
Terzo.
Quarto.
“Pronto?” grugnisce infine una voce primitiva dall’altro capo del filo.
“Che cazzo vuoi da me?” esordisco subito.
Troppo scortese? Naaaah, la vita è troppo breve per i convenevoli.
“Ma che caz-” mormora scioccato, poi però sembra pensarci su. “Sunshine?” chiede con il tono leggermente distorto che assume quando fa quel suo dannato sorrisetto.
E’ fantastico, riesce a farmi venir voglia di prenderlo a sberle anche al telefono. Se non fosse che lo odio, gli farei quasi i complimenti per questo suo innato talento, veramente!
“Shine” lo correggo svogliata –ormai sto perdendo le speranze sul fargli pronunciare correttamente il mio nome-. “Che cazzo vuoi da me?”
Lo sento ridacchiare. “Ce ne hai messo di tempo: Damonuccio non ti ha insegnato a usare il telefono?” chiede con una vocina strafottente.
Alzo gli occhi al cielo. “O forse è il fatto che non sei una mia priorità?” domando sarcastica adeguando il mio tono al suo. “E non hai risposto alla mia domanda, comunque”
“Non hai niente da spiegarmi?” chiede lui.
Ogni riferimento al fatto che ho lasciato suo fratello nudo in camera sua è puramente casuale, sicuramente.
Scoppio a ridere, ripensando alla scena.
“Ecco, vedo che hai capito” borbotta lui “E tra l’altro hai ancora la mia tuta”
“No, semmai ho la tuta di Liam!” preciso.
“No, è la mia!” ribadisce subito “E’ colpa del mio cazzo di fratello che era troppo fatto per prendersi i suoi vestiti”
Sbuffo. Vabbè, data l’intelligenza del neurone –anch’esso col monociglio, probabilmente- di Liam… posso anche crederci. Ma che rivoglia indietro una tuta logora come quella?! Come se non potesse permettersene un’altra…
Tirchio. Ma veramente!
“Te la mando via fax?” propongo curvando il labbro in un mezzo sorriso divertito.
“No, spiritosa” segue una lunga pausa durante la quale lo sento tirare da una sigaretta “Me la porti qui”
Spalanco gli occhi. Ma stiamo scherzando?!
Scuoto la testa con scetticismo. “Scordatelo”
“Supernova Heights, al numero 8 di Steels Road, Belsize Park” continua imperterrito con il suo fottuto tono imperativo.
“Noel, ho detto che non-“
“Adesso va bene”
“Noel!!!” squittisco furiosa.
“A tra poco” e riaggancia.
E riaggancia, anche!
Io… io non ho parole, penso, attonita, in piedi in accappatoio col telefono ancora in mano.
Perché deve sempre finire così, con un imperativo di Noel?!
Nella prossima vita mi reincarnerò in un fax di tute.






 
Ma buongiorno! ^^
It’s good to be back, citando qualche northerner di nostra conoscenza.
Maaaaa, secondo voi:
-Noel è veramente così tirchio da aver bisogno di quella tuta?
-Sunshine cederà all’imperativo di Noel? (o si tramuterà in un fax di tute sportive?)

(ok, ho finito l’interrogatorio. Ora spegno il fascio di luce negli occhi e vi lascio in pace :’)
 
Un abbraccio, mads ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Un tè al gusto di sfida ***


8. Un tè al gusto di sfida
 


Immersa nel silenzio mattutino del salotto di Damon, l’unico rumore che sento è il fottuto tu-tu-tu del fottuto telefono messo giù dall’ancora più fottuto northerner dall’altro fottuto capo del fottuto filo.
E questo solo perché non mi sto concentrando sulla mia voce mentale, altrimenti sentirei anche una sequela di insulti e imprecazioni degna di Premio Nobel per la letteratura se contiamo la quantità di sinonimi che sto trovando per descrivere quel cazzone di un Gallagher!
Me la porti qui, ripenso, sbattendo giù con rabbia la cornetta e incrociando le braccia ancora avvolte in quell’accappatoio più grande di me.
Ma chi si crede di essere?
Se lo scorda, SE LO SCORDA che io vada fino alla sua Supernova Heights o come-cavolo-si-chiama!
Che poi.. che nome assurdo ha scelto, per la sua casa?!
Ciao, sono Noel Gallagher e abito a Supernova Heights!, penso, imitando mentalmente il suo tono odioso.
Sembra quasi il titolo del romanzo della Bronte…
No, ecco, allora ha fatto bene a chiamarla così, dato che il suo cazzo di carattere non mi sembra neanche poi così diverso da quello di Heathcliff –e io NON sono Catherine, preciso, prima che qualcuno possa osare anche solo pensarlo!
Be’, caro Noel, la tua buona vecchia tuta ti arriverà per posta.
Ma si aspettava veramente che io prendessi e partissi verso le Wuthering Heights londinesi solo perché lui mi ha chiesto di farlo?!
Dopo Graham che al Queen’s se ne salta fuori con un “ormai se la fa con i Gallagher” ci manca solo che Damon o qualcuno dei ragazzi mi becchi mentre vado là. Quindi…
Oddio, un momento! E se Noel avesse il dispositivo per visualizzare l’ultimo numero che ha chiamato e, non vedendomi arrivare, telefonasse QUI, a casa di Damon?! Sarei ancora più morta!
E uno che vive a Supernova Heights non può non avere quell’opzione nel telefono, mi sembra ovvio.
Ok, però non posso neanche cacciarmi per la seconda volta nella tana del lupo, no?
Me ne starò qui buona buona, a cercare  un’altra soluzione, senza fare mosse assurde –capito, Shine?!-, mentre aspetto che Damon torni dal suo pranzo con la cara Justine.
Sì, aspetto qui…
Da sola…
Sospiro, accorgendomi di quanto sia assordante questo silenzio.
Raggiungo la camera da letto e, inginocchiandomi, tiro fuori la famosa tuta blu dal fondo della mia valigia, senza decidermi, continuando a fissarla dubbiosa e lanciando poi un’occhiata indecisa all’orologio.
Bè, Damon è da Justine, quindi non tornerà per qualche ora…


Senza neanche sapere come, mi ritrovo a sfrecciare per le luminose vie londinesi a bordo della mia bici, con la tuta di Noel chiusa in un sacchetto stretto sul portapacchi dietro di me.
Me la porti qui.
Fanculo. Fanculo anche perché per l’ennesima volta l’ha vinta lui!
Come con la pomata per le ustioni, o con il suo Chiamami scritto sul bigliettino, o con l’andarlo a vedere al concerto… Accidenti, che rabbia! Sento proprio una rabbia assurda scorrermi in corpo e la incanalo con impazienza nella gambe, sfrecciando sulla pista ciclabile con tutte le mie forze.
8, Steels Road, Belsize Park, mi ripeto, uscendo finalmente dalla zona più trafficata per immettermi nei viali alberati, ombrosi  e tranquilli che tanto amo.
Ho dovuto chiedere le indicazioni tre volte… E mi è toccato persino abbassarmi a domandare ad una ragazzina con la maglia degli Oasis –ma come si può andare in giro conciate così?- dove fosse la casa di Noel Gallagher. Quella era la classica fan che ha l’abitudine di pellegrinare là settanta volte al giorno come minimo: se le avessi chiesto mille sterline in cambio della tuta del suo idolo me ne avrebbe offerte il doppio, scommetto. Così avrei dato una bella mancetta di incoraggiamento a quei pigroni che dovrebbero risistemarmi l’appartamento e che invece, almeno fino ad un paio di giorni fa, era ancora in condizioni parco-acquatico-londinese.
Bene, Steels Road è questa. Sicuramente si è scelto un quartiere niente male per vivere: ci sono solo villette eleganti e fastose circondate da tipici giardinetti inglesi.
8… Sono arrivata. Scendo dalla bici per ammirare quella che mi trovo davanti, fatta di mattoncini ocra e rifiniture classicheggianti in marmo bianco. Un minimo di privacy è concessa dalla verde siepe che la circonda quasi interamente, ma basta avvicinarsi al cancelletto per notare il gigantesco cartello con la scritta nera Supernova Heights –no no, Noel, non sei megalomane, neanche un po’…
Sospiro, appoggiando la bici accanto al cancello e prendendo con me la tuta. Coraggio, Shine…
Premo riluttante il bottoncino per citofonare, stupendomi nel sentire un suono normale –data la modestia mi aspettavo come minimo che partisse una sua canzone a tutto volume-.
Ecco che con un odioso rumore improvviso il cancelletto davanti a me si apre, ma non faccio neanche in tempo a chiudermelo dietro che già vedo Noel appoggiarsi allo stipite della porta: pantaloni chiari, maglia a maniche corte sul verdino, braccia incrociate e la solita faccia da sberle.
“Scusami, non ti aspettavo” inizia ironico “Pensavo fossi quella che mi diceva di scordarmi che mi riportassi ora la tuta”
E rieccolo coi suoi dannati giochetti. Mi trascino verso di lui con un passo svogliato, alzando gli occhi solo per incenerirlo: sono a tanto così dal tirargli una testata su quel sorrisetto soddisfatto.
“Non si saluta?” chiede divertito piantando lo sguardo nel mio.
Chino leggermene la testa di lato, aprendomi anch’io in un sorriso questa volta però solo finto e ironico.
“Sì” annuisco, prima di appiccicargli sullo stomaco il sacchetto con la tuta, senza smettere di fissarlo. “Addio”.
Ooooh, ottimo: per una volta sono io a poter fare un’uscita ad effetto,  per cui, dopo questa bella battuta da film, ne approfitto per fare dietro front. Prima che possa anche solo rendermene conto, però, lui intreccia una mano nella mia e mi tira dentro casa.
“Noel!” squittisco.
“Oh, povera” sfotte avvicinandosi e chiudendo la porta dietro di me “Damon non ti ha dato il permesso di stare fuori per pranzo?”
Appoggio una mano sul suo petto per allontanarlo e lasciarmelo alle spalle. Qui c’è qualcosa che non va, comunque! Stavo per fare la mia uscita ad effetto e… e invece sono dentro alla casa di uno dei Gallagher!
Se Damon mi vedesse in questo momento mi rispedirebbe ad annegare nella mia casa-piscina… O mi ucciderebbe e Justine userebbe la mia pelle per farsi una pelliccia, ecco!
Ma forse mi sto perdendo troppo nelle mie elucubrazioni mentali, perché dopo poco Noel se ne salta fuori con un “Hai perso la lingua?”. Apro la bocca per rispondere, ma ovviamente lui non me ne lascia nemmeno il tempo –viva la galanteria, insomma- “Strano, a quanto dice mio fratello la sai usare anche bene” aggiunge incrociando le braccia.
Ok, probabilmente voleva essere una provocazione, ma tutto quello che mi esce è un mezzo sorrisetto compiaciuto e divertito: insomma, non è da tutte trovarsi praticamente imprigionate nella stanza di un troglodita irlandese, senza vie di scampo, e riuscire -non solo a liberarsi!- ma anche a fare scacco matto a lui e al troglodita junior arrapato! “Aww, mi spiace” rispondo con un labbrino e una vocina infantile, decisamente ironica “Il piccolo fratellino è andato a piangere dal fratello maggiore perché il suo «giocattolino»-” mimando le virgolette “se n’è andato prima che lui potesse inzuppare il biscotto?” chiedo maliziosa portando le braccia dietro la schiena.
“Vederlo piangere sarebbe stato comunque meno scioccante di entrare in stanza e trovarmelo davanti completamente nudo” spiega disgustato, ma si interrompe di colpo, assumendo un’espressione contrariata, un sopracciglio alzato “Inzuppare il biscotto?” ripete trattenendo una risata.
“E’ un modo di dire, Gallagher! Se non hai una cultura generale, non so che farci” scuoto la testa dandogli le spalle, cogliendo l’occasione per dare bene un’occhiata alla sua umile dimora –e poi se proprio devo trovarmi nella tana del nemico… come minimo devo studiare il territorio- : un parquet di legno copre l’ampio pavimento e a sinistra prosegue anche per tutta la parete, completamente vuota, fatta eccezione per l’enorme acquario incassato, pieno di specie tropicali molte delle quali non avevo mai nemmeno visto; di lampadari fastosi con le classiche gocce di vetro ne intravedo almeno uno in ogni stanza che posso sbirciare dalle porte socchiuse e per quanto riguarda i camini –fortunatamente spenti, dato il caldo assurdo di fine luglio- per ora sono a quota due.  “Be’, ti tratti bene, direi” avvicinandomi al bordo del caminetto, sul quale erano appoggiate delle  cornici d’argento. “Sei quello al centro vero?” chiedo sicura osservando la foto di tre bambini accucciati contro il muro, il più piccolo –Liam- imbacuccato in un cappello dello stesso tessuto del maglioncino ben più largo di lui, gli altri due vestiti con delle maglie identiche e piuttosto modeste. Forse è per questo che ora Noel si circonda di lussi…
“Sì” annuisce brevemente, accendendosi una sigaretta e controllando ogni mia mossa.
Io scorro velocemente le varie foto: sono quasi tutte risalenti alla loro infanzia, ma, nonostante ce ne siano anche alcune piuttosto recenti, non vedo l’ombra di immagini di Meg.
“Liam era adorabile, comunque” commento quasi intenerita tornando con un’ultima occhiata al bimbo che Noel sembrava proteggere “ma senza monociglio si riconosce a malapena” sancisco spostando lo sguardo sul terzo. “Tuo cugino?”
“Mio fratello, Paul” mi corregge lui, accarezzando un micetto spuntato dal nulla in stile Stregatto di Alice nel paese delle meraviglie: ora ci manca solo che Noel si prenda un capello gigante e mi serva il te…  anche se, conoscendo –poco, per fortuna- il tipo, mi aspetterei più un cannone in stile Brucaliffo. No, un momento- “Fratello?” ripeto sbarrando gli occhi “Ci sono TRE Gallagher a piede libero al mondo?!” esclamo con voce allarmata, mentre il gatto inizia a strusciarmisi tra le gambe.
“E con questo?” domanda assottigliando lo sguardo.
“Bè, la mia allergia potrebbe peggiorare” commento perfidamente abbassandomi ad accarezzare l’unica morbidosa anima dolce in quella stanza “Anche Paul è stronzo, montato, antipatico e composto al 90% da sopracciglia come voi?” domando alzando la testa con un sorrisino.
Lui rimane a fissarmi con gli occhietti assottigliati, ma con, sulle labbra, solo la sigaretta e non una delle sue solite risposte pronte. Uno a zero lo dico io, stavolta.
“Benson, vieni via di lì, che rischi davvero di prenderti la rabbia” commenta impassibile sputando fuori il fumo. Sottile umorismo britannico, già.
Il gatto però sembra più intenzionato a farmi le fusa piuttosto che a seguire il monito di the Chief. Anzi, io se fossi in lui gli disobbedirei per principio, anche solo per il nome appioppato: Benson. Vi prego, ditemi che non l’ha chiamato così per la marca di sigarette!
“Comunque, Miss Simpatia” inizia, cercando qualcosa dietro lo schienale del divano “ha dimenticato questi, in camera mia, in Danimarca” annuncia lanciando qualcosa che mi colpisce in faccia –una ola collettiva per i miei riflessi pronti, forza!-. Mi raddrizzo, prendendo i vestiti tra le mani: shorts e top colorato, quello che rischiava di essere visto dagli alieni, stando a quanto aveva detto Noel quel giorno che eravamo a prendere il sole. Senza pensarci, riaffondo il viso nel tessuto ancora impregnato dell’odore di salmastro e mi ritrovo nuovamente sdraiata su quel muretto, i capelli sferzati dalla brezza leggera, con il solo rumore delle onde e, ogni tanto, la voce del northerner antipatico. Il sorriso che, mi accorgo, sta tentando di spuntarmi, mi fa constatare che il breve flashback era stato accompagnato da un debole guizzo di nostalgia. E questo mi fa irrigidire. “Potevi lavarli” esclamo quindi in tono scontroso.
“Me l’hai chiesto?” domanda lui con il solito sorrisetto, aspirando altro fumo.
“Non ti avevo neanche chiesto di togliermeli, se è per questo”
Lui alza le spalle “Quella è stata l’ispirazione del momento”
“Proprio una grande ispirazione, allora” commento ironica prendendo Benson in braccio.
“Cos’altro avrei dovuto fare-” ridacchia “mentre aspettavo che smettessi di fare la Bella Addormentata sul mio letto?”
Roteo gli occhi indispettita “Che palle, Noel! E poi è stata colpa tua se mi sono addormentata” brontolo “Sei noioso…”
“No” sputa fuori con tono beffardo, interrotto brevemente dal fischio di una teiera nell’altra stanza “E’ stato perché eri in estasi per il massaggio”.
E con questo riesce a zittirmi per qualche secondo: il movimento della coda di Benson sembra essermi appena diventato di enorme interesse…
Ti odio, Noel.
“Differenti punti di vista” mi giustifico infine cercando di sostenere il suo sguardo scettico.
Dopo un interminabile silenzio da parte di entrambi e un paio di sue tirate alla sigaretta ormai consumata, se ne salta fuori con un criptico “Del tè?”. Wow, la mia premonizione del Cappellaio Matto sembra avverarsi.
Ci terrei a precisare il fatto che la mia idea iniziale fosse solo quella di passargli la tuta dal cancelletto senza nemmeno mettere piede nel suo giardino, ma tanto ormai sono qui –complimenti per la coerenza, Shine- … e poi  a casa non avrei niente da fare. Annuisco, tornando ad accarezzare il gatto. “Solo se è bollente e posso rovesciartelo in testa” aggiungo svogliata guardandolo di sottecchi, mentre lui cerca di trattenere una risata e mi fa cenno di accomodarmi in salotto, prima di sparire in cucina.
Sospiro, trascinandomi verso quell’enorme stanza ben illuminata dal sole estivo e prendendo posto su una delle due poltrone marroncine, lasciando che Benson si accoccoli sulle mie gambe. 
“Meno male che ci sei tu, qui” gli mugugno piano accarezzando il suo morbido pelo rossiccio. Per tutta risposta lui mi fissa con quelle grandi pupille nere contornate di verde, reclinando leggermente il musetto di lato per poi voltarlo di scatto nella direzione dalla quale sta già comparendo Noel.
Solo quando noto che sul vassoio non c’è altro che la teiera con l’acqua e sposto lo sguardo corrucciato verso il tavolino, mi accorgo che lì erano già state appoggiate due tazze vuote con dentro solo delle bustine di Yorkshire Tea.
Due tazze.
Lui sembra decifrare la mia espressione confusa, tanto che lo vedo tirare fuori per l’ennesima volta il suo sorrisetto da sberle “Bè, era ovvio che saresti venuta” spiega sicuro di sé versando l’acqua e sedendosi sulla poltrona di fronte a me.
Serro le labbra, mentre le mani –che fortunatamente per Benson avevano smesso di accarezzargli le zampine- mi si stringono a pugno. Quanto lo odio quando fa così, penso infastidita soffermandomi sui suoi lineamenti forti e sulla sua espressione che sembra essere di scherno anche quando è serio.
“Fottiti” biascico chinandomi per prendere la mia tazza e mescolare l’infuso giallognolo.
“Non sai quante si taglierebbero via il braccio destro per essere al tuo posto in questo momento” dichiara beffardo iniziando a sorseggiare il suo.
“Oh, ma anch’io lo farei” esclamo tranquilla con uno sguardo da angioletto, portandomi la tazza alle labbra “Solo per aver qualcosa da tirarti addosso, però” concludo con un finto sorriso, lasciando poi che la bevanda preferita da noi inglesi –perfino più della birra, forse-  mi inebri  col suo sapore fruttato.
“Certo, certo” inizia scettico “Però al nostro concerto sei rimasta per un bel po’ di tempo-”
“Sì ma-”
“O sbaglio, cara?”
Questa volta mi irrigidisco talmente tanto che perfino Benson se ne salta giù dalla poltrona, smarrito.
“Chiamami così un’altra volta e ti spacco quella chitarra sui denti” lo ammonisco buttando giù un altro sorso di te e facendo scorrere lo sguardo sullo strumento appoggiato accanto al tavolino.
Lui sorride, appoggiando la tazza per impugnare la Epiphone in questione “Oppure potresti usarla per insegnare al tuo amore a suonarla come si deve”, proferisce, ma non faccio neanche in tempo a ribattere che lui inizia con dei primi accordi, senza degnarmi più di uno sguardo.

Slip inside the eye of your mind
Don't you know you might find
A better place to play


Mi sembra quasi di sentire nuovamente la folla in delirio al loro concerto al Roskilde Festival –oggi è ufficialmente la giornata mondiale dei flashback danesi, non lo sapevate?-. L’unica canzone che aveva cantato Noel, già.
Non mi ricordo le parole, rifletto mentre lui prosegue, ma il ritmo sì, quello mi era rimasto in mente. Merda.
 
So Sally can wait,
she knows its too late
as we're walking on by

Her soul slides away,
but don't look back in anger
I heard you say


Con un veloce cambio di accordi, Noel anticipa la fine del brano dopo il primo ritornello: l'ultima nota si propaga lentamente per la stanza, prima di lasciarci ripiombare nel silenzio.
“Commenti?” chiede lui con uno sguardo deciso, appoggiandosi alla chitarra.
Stupenda.
“Damon sa fare di meglio” -a quanto pare il mio orgoglio ha risposto prima di me.
Lui scuote la testa con scetticismo “Sei di una testardaggine unica”.
Con la coda dell’occhio, intanto, noto che anche il calendario appeso nel salotto di Noel è già girato sul mese di agosto, con la data dell’uscita di Countryhouse e Roll with it ben evidenziata, come quello di Damon. Sorrido malignamente, indicandolo con un cenno del capo “Stai facendo il conto alla rovescia per ricordarti quanti giorni manchino alla vostra sconfitta?”
Lui gira leggermente la testa per capire a cosa mi stessi riferendo. “Divertente” commenta sarcastico rimettendo la chitarra al suo fianco.
“No bè, hai ragione” annuisco con finta comprensione “anch’io fossi in voi vorrei prepararmi psicologicamente”
Dopo qualche secondo di silenzio, Noel si china in avanti verso di me, con un sorriso di scherno, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “Dì al tuo amore” inizia, col solito tono di disprezzo che gli ho sempre sentito usare quando nomina Damon “che siete voi a dovervi preparare psicologicamente a venire schiacciati dagli Oasis. Vinceremo noi, chiaro Sunshine?”
“Oh, davvero?”  replico ironica allontanando il mio volto dal suo “Eppure mi sembrava che Parklife avesse già stracciato Whatever e Definately Maybe ai Brit Awards, o sbaglio? E come Best British Group i Blur hanno battuto quella band…. Aspetta, com’è che si chiamano?” domando fingendo di doverci pensare su “Pink Floyd?” sorrido orgogliosa “E poi mi sembrava ci fosse anche un altro nome nella lista dei perdenti: dunque, M People, Eternal e… O-a-sis!” finisco trionfante, notando compiaciuta come lui abbia stretto con nervosismo le mani intorno alle sue ginocchia.
“I Blur sono sul mercato da più tempo” ringhia “Ma questa volta saremo noi a farvela” aggiunge deciso, riprendendosi la tazza e facendo un ironico cin cin con la mia, benché io resti impassibile. “Perché non scommettiamo, se sei così sicura di te?” propone beffardo appoggiandosi allo schienale.
Ecco che la discussione si fa interessante: l’adrenalina, che aveva iniziato a scorrermi in corpo già dall’inizio del discorso sulla sfida dei due singoli, ora sta galoppando.
Se scommettessi e vincessero i Blur, potrei  finalmente vendicarmi per tutti i giochetti di Noel, il suo tono da dittatore e le sue prese in giro.
Ma se –e Damon non saprà mai che la sua groupie stia considerando anche l’eventualità che disgraziatamente potrebbero vincere gli Oasis- se dovessimo perdere?
“O forse hai paura…” continua Noel, tornando a chinarsi su di me, con il sorrisetto sul quale vorrei tanto che Benson si affilasse gli artigli.
“NON ho paura!”
“Bene…” mormora divertito “Allora se vinciamo noi vieni ad un nostro concerto, in prima fila, con tanto di maglietta e striscione… Senza nasconderti dalle telecamere”
Che sarebbe come dire senza evitare che Damon in qualche modo venga a saperlo, mi pare ovvio.
Sto facendo una cazzata, penso, mentre Noel mi tende la mano aperta.
“Andata!” esclamo però tutto d’un fiato raggiungendola con la mia, sentendo l’adrenalina arrivarmi alle stelle. “Se vinciamo noi, mi basterà vedere le vostre facce da perdenti”
“Inizia a preparare lo striscione” ghigna lui stringendomi la mano, che io ritraggo subito scattando in piedi.
“E tu preparati a veder piangere di nuovo il tuo fratellino!” ringhio orgogliosa dirigendomi verso la porta, mentre sento lui alzarsi dalla poltrona con la sua solita grazia da fottuto northerner.
Raccatto i vestiti che avevo appoggiato sul mobile vicino all’ingresso, nel silenzio in cui risuona solo un miagolio del gatto, che ci fissa dal ripiano del camino.
“A presto…” soffia piano Noel, con sguardo di sfida, a braccia incrociate “Sunshine”
Apro la porta con forza, girandomi solo per guardare ben dietro di lui “Ciao Benson”
 
 
 
Sono le cinque passate quando sento, finalmente, la serratura girare, preannunciandomi l’entrata di Damon. “Hey” mi saluta subito con un sorriso malizioso, facendo segno di avvicinarmi.
Dal divano, mi alzo di corsa fiondandomi da lui e prendendogli il volto tra le mani “Devi abbassare il prezzo di CountryHouse” butto fuori tutto d’un fiato.
Lui rimane interdetto: probabilmente attendeva un bacio e infatti non tarda a soddisfare da solo le sue aspettative. “Non dire cazzate” mormora poi spensierato prima di riappropriarsi delle mie labbra.
“Sono seria” ribadisco staccandomi e fissandolo negli occhi “Non deve costare più di due sterline”
“Ma mancano pochissime settimane all’uscita, è impossibile! E poi… perché?”
Roll with it costerà 3.99” sputo fuori paonazza.
“E tu come lo sai?” domanda dubbioso inarcando un sopracciglio.
Ripenso a quel pomeriggio in Danimarca –e vai col terzo flashback!-: mezza Inghilterra farà la fila per spendere £3.99 fottute sterline per comprare Roll with it!, mi aveva detto Noel.
“Mi è venuto in mente che a Roskilde… avevo sentito i due Gallagher che ne parlavano”
Sì, ok, ho alterato leggermente la dinamica dei fatti, ma il concetto è comunque quello.
“Ma che brava…” sussurra orgoglioso accarezzandomi i capelli “a spiare il nemico”
Eh già… Peccato che io ci abbia anche preso un tè, con il nemico, poche ore fa. Ma non credo che Benson farà la spia a Damon.
Sorrido, ricatturandogli lo sguardo “Allora?”
“Non lo so…” mormora dubbioso “Pensi davvero che sarebbe una buona mossa?”
“Fidati” prometto, sentendomi il sapore della sfida sulle labbra “Vogliamo batterli o no?”
 
 


 
Rieccomiii! Sono contenta di essere finalmente riuscita ad aggiornare :)

Qualche nota e poi non vi rompo più:
-per la descrizione della casa di Noel, ho preso spunto da –ebbene sì XD- Google Maps e le foto interne pubblicate su una qualche rivista


 
-Benson è uno dei due gatti che aveva Noel all’epoca… Benson & Hedges (sì, la supposizione di Sunshine era corretta) :3 Purtroppo non ho trovato una foto, ma me lo immagino più o meno così:


 
 
-"I am obsessed with Yorkshire Tea," questo è quanto ha dichiarato Noel :)
-la foto che Sunshine descrive è questa:
 


 
-una cosa che ci tenevo a precisare: per quanto mi piaccia molto scrivere il punto di vista di Sunshine,  preciso che musicalmente non è per niente obiettiva (ma forse questo l’avete già notato), quindi vorrei proporre una ola per i Pink Floyd e gli Oasis, ingiustamente denigrati :3
 
Lo so che ho pubblicato un po’ in ritardo :( , però col fatto che il capitolo è un po’ più lungo dei precedenti e  c’è stato un nuovo incontro tra Sunshine e Noel… mi perdonate? :3

Spero abbiate qualche parere e vi ringrazio per le recensioni ricevute finora!
Un abbraccio

Cherry

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Nel bel mezzo della battaglia del Britpop ***


9. Nel bel mezzo della battaglia del Britpop



Il 14 agosto inizia con un sonoro trillo nel mio amato silenzio mattutino.
La sveglia? Sì, ma io preferisco immaginarlo come lo squillo di tromba che preannuncia l’inizio della battaglia.
Apro gli occhi velocemente, senza dare tempo al dormiveglia di rapirmi come le altre mattine, e sposto lo sguardo sul pigrone al mio fianco, che oggi, stranamente, sembra ben più attivo del solito.
“Buongiorno” mormora sorridendo beato e facendomi segno di avvicinarmi maggiormente.
“Salve” risponde la mia adrenalina mentre gattono verso le braccia di Damon, ogni mio movimento accompagnato dal fruscìo delle vaporose lenzuola bianche. “Oggi è il gran giorno” sussurro eccitata.
“Il gran giorno sarà domenica, quando li batteremo” risponde con tono competitivo.
Sento che ha bisogno di scaricare in qualche modo il fervore che sta scorrendo nelle sue vene così come nelle mie e infatti, quando mi tira con forza a sé, non appena le nostre labbra si uniscono,  vengo pervasa dal sapore di sfida che alberga anche in me già da parecchi giorni…
Ma oggi è un’altra storia! Oggi è proprio il 14 agosto, signore e signori: il giorno d’uscita di Country House e di Roll with it. La battaglia del Britpop è iniziata!
Esagero?
No, neanche un po’: ormai ne parla tutta l’Inghilterra e stasera la BBC dovrebbe anche dedicargli un breve servizio.
Il New Musical Express di sabato scriveva addirittura “British Heavyweight Championship” e in copertina ritraeva –indovinate?- il mio bel Damon Albarn e il famigerato Liam Gallagher, con tanto di occhiali da sole –per nascondere il monociglio, probabilmente.
E’ sfida, pura sfida.
E’ sfida tra le ragazzine con la maglia di una delle due band che discutono su quanto sia figo il modo di saltellare di Damon sul palco o su quanto sia sexy la postura del fottuto frontman degli Oasis.
E’ sfida tra i ragazzi che rispondono con Parklife ai mod che sfrecciano in Vespa cantando a squarciagola Live forever.
E’ sfida tra noi del sud e i northerner che si raccolgono intorno agli Oasis.
Quello che la mia cara patria non sa, però, è che c’è un’altra sfida oltre a quella che Liam e Damon si lanciano con lo sguardo sulle copertine delle riviste…oh sì!
C’è la sfida tra la groupie del frontman dei Blur e il chitarrista dell’altra fottuta band.
E’ sfida, tra me e Noel.
E non ho nessuna intenzione di perdere, questa volta.

 
Mentre i ragazzi sono impegnati a fare giri di telefonate per tentare di scoprire quante copie stiano vendendo, io non posso che sfruttare questa bella giornata di sole per un po’ di shopping al mercato con Justine.
Sì, ok, sembra credibile quanto lo zio Jessy e Boss Hogg che se ne vanno a distillare whisky insieme per la contea di Hazzard.
Forse avrei dovuto specificare sin dal principio che non si tratta della mia cara vecchia Frischmann, ma di Justine Andrew, la ragazza di Alex –il bassista-, la quale, a parità di nome, è sicuramente più simpatica… e soprattutto non ha istinti omicidi nei miei confronti, nonostante io e Alex siamo finiti a letto insieme un paio di volte. Però ci tengo a precisare che –uno- io non sapevo nemmeno niente di lei, all’epoca, e –due- Alex, che sembra tanto pacifico/tranquillo/coccoloso, ha una vita sessuale che farebbe invidia ad un macaco in calore, quindi non penso che una Shine sotto le coperte possa farle qualche differenza.
“Hai bisogno d’altro?” mi chiede, mentre segue rapita le bancarelle come fossero i sassolini seminati da Pollicino.  Dio, quanto amo i colori degli affollati mercatini londinesi!
Alzo le spalle “Non penso. A te?”
“Sì, un cappellino di paglia” sancisce entusiasta prendendomi a braccetto e trascinandomi al banco all’angolo. “Questo?” chiede inforcandone uno piatto, ornato di un giro di stoffa giallo e rosa.
“E’ l’ideale…” commento dubbiosa “… se vuoi somigliare a Roger Taylor in I want to break free”
Justine se lo toglie lanciandomi un’occhiataccia divertita “Spiritosa”
Mi lascio sfuggire una risatina spensierata, prima di sbirciare le canotte colorate nella bancarella a sinistra.
Azzurra –ce l’ho-, rosa –non mi piace-, verde… Bianca. Appena vedo quella bianca, non so perché ma la mia mente ci dipinge sopra una nitida scritta per sfottere gli Oasis… Se saremo noi a vincere la battaglia, ovviamente.
Vabbè, io intanto la compro… Anche perché dobbiamo vincere, cazzo! Non posso ridurmi ad assistere ad un altro loro concerto, con tanto di striscione, come pretenderebbe Noel!
Sfilo il portafoglio dalla borsetta, constatando con orrore che le sterline avanzate dal mio ultimo, vecchio stipendio da cameriera non si sono magicamente moltiplicate e, anzi!, stanno paurosamente scarseggiando.
Ok che l’appartamento –ancora diluito con acqua- è di mia zia e non mi ha mai fatto pagare l’affitto… Ma tutto il resto?  Per quanto ancora posso andare avanti a farmi mantenere da Damon?
Forse sarebbe il caso che iniziassi a fare un po’ di ordine nella mia vita e a prendermi qualche responsabilità in più.
Sì, lo farò.
Ma non ora.


 
E siamo già a mercoledì… Praticamente a metà della famigerata battaglia. Certo che è stancante, aspettare buona buona il verdetto!
Mmm-mmm-mmmm the eye of your miiind
Do una sistemata alla camera di Damon –più disordinata di quella di un tredicenne-, canticchiando quasi spensierata ma iniziando subito a riflettere su quanto ci stiamo avvicinando al giorno in cui si sapranno i risultati.
Na na-na na might fiiiind
Prendo il cuscino con la Union Jack e lo appoggio sulla poltrona vicino alla finestra aperta, assaporando il piacevole tepore estivo, che per qualche secondo riesce a distrarmi dal pensiero della sfida.
A better place to play
L’incanto finisce presto, però, ovviamente: mancano solo tre giorni! Tre giorni e saprò se potrò deridere i Gallagher fino allo sfinimento o se dovrò subire i loro strafottenti sorrisetti soddisfatti…
You say mmm-mmm never been,
na nana na na you seeeee
na na na fade away

Non possono, non possono vincere gli Oasis.
Con questa notevole opera di autoconvincimento, mi avvio verso la cucina, sentendo da destra il rozzo vociare dei ragazzi che provano e sghignazzano in salotto. Pff, maschi.
Na na na na revolution from my bed
mmm mmm said the brains I had went to my head

ll famigerato calendario appeso affianco al frigo non fa che ricordarci quanto velocemente domenica si stia avvicinando… Ma sono sicura che io morirò prima, attanagliata dalla curiosità e dall’impazienza di sapere l’esito di questa fottuta battaglia.
Na nnnnoutside, coz summertime’s in bloom.
Stand up beside the fireplace
na na look from off your face

Domani dobbiamo anche passare agli studi di Top of the Pops per non-mi-ricordo-quale-faccenda che riguarda l’esibizione della settimana prossima, con Country House ovviamente. Impegnata come sono a cercare di farmene un promemoria mentale per non cadere dalle nuvole domani quando Damon mi dirà “Ma come, non sei ancora pronta?”, non faccio troppo caso al repentino cessare del chiacchiericcio in sala.
Na na-na ever gonna burn my heart ooooout
Inizio ad avere la gola secca: niente di meglio di un goccio di Coca Cola, penso, chinandomi ad aprire il frigo.
Soooooooo-” ma la voce mi si strozza in gola non appena mi giro e vedo Damon a due centimetri da me.
“Oddio!” balbetto portandomi una mano al cuore “Mi vuoi far fare un infarto?”
Lui resta immobile e rigido come uno stoccafisso, la mascella quasi contratta.
“Che. Cazzo. Stavi. Cantando” ringhia con uno sguardo glaciale puntato nei miei occhi e non mi ci vuole molto per notare che quello stesso sguardo ce l’abbiano addosso anche Alex, Graham e Dave, innaturalmente girati a centottanta gradi sul divano -è una scena davvero surreale, posso assicurarvelo-…
“Non lo so” rispondo alzando le spalle e portandomi la bottiglietta di Cola alle labbra. E sono anche sincera, tra l’altro! Se non fosse stato per la gola secca non mi sarei quasi neanche accorta di essere nel pieno di una performance canora.. Figuriamoci se io sappia anche dire titolo e autore, al professor Albarn!
Quest’ultimo però non sembra accontentarsi della mia risposta, infatti mi strappa la bottiglietta dalle mani prima ancora che io possa finire di deglutire l’agognata bevanda.
“Sunshine!” esclama severo “Era Don’t look back in anger, cazzo!”
Non so con quale sforzo sovrumano io sia riuscita ad evitare di sputar fuori la bevanda gassata ora deviata attraverso il setto nasale, mentre sgrano gli occhi, tossendo.
“Merda” boccheggio sconvolta. Non ci avevo nemmeno fatto caso!
“Hai anche comprato una copia di Roll with it, magari?” chiede ironico Graham con la sua faccia da sberle, da dietro gli occhiali più grandi di lui. “O baciato un poster di Liam-fottuto-Gallagher?
“Coxon, fanculo” borbotto risentita “La trasmettono alla radio 24 ore al giorno, dev’essermi rimasta in mente”
Damon resta in piedi davanti a me, le braccia incrociate, uno sguardo indecifrabile negli occhi.
“Eddai, non fare l’arrabbiato” mormoro piano con voce provocante avvicinandomi alle sue labbra.
“Sunshine, lo sai che non sopporto che-”
“Shhh” sibilo mordicchiandogli l’orecchio e alitandogli sul collo, mentre la mia mano si fa strada tra i suoi capelli lucenti.
Sospira con fare arrendevole “Non mi ricordo neanche cosa io stessi dicendo” sorride rilassato, seguendo il mio profilo con due dita.
Nascondo la mia espressione soddisfatta nell’incavo del suo collo. Pericolo scampato.
Però il mio sorriso si trasforma presto in una smorfia dubbiosa.
La cantavo solo perché l’ho sentita alla radio, continuo a ripetermi, lasciandomi accarezzare da Damon.
Non perché Noel l’ha cantata solo per me un paio di settimane fa.
 

Mercoledì…
La colla mentale con cui avevo appiccicato il promemoria “Top of the pops studios” si è rilevata abbastanza scadente, perché dieci minuti prima di uscire io ero ancora tranquilla a canticchiare sotto la doccia –ma il fatto positivo è che a quanto pare io non abbia avuto nessun lapsus freudiano che mi facesse cantare un’altra canzone degli Oasis, altrimenti Damon mi avrebbe fatto finire la doccia in stile Psycho.
Tutto è bene quel che finisce bene, insomma, e infatti all’ora x io e il caro signor Albarn ci troviamo ai celeberrimi studi -mano nella mano, sigarette nell’altra.
Ora, se c’è una cosa che non sopporto dell’industria musicale, sono proprio i dirigenti dei programmi e delle case discografiche, che hanno un’innata predisposizione per leccare il culo alle loro gallinelle d’oro e, allo stesso tempo, tentare di convogliare il loro talento verso i propri fottuti interressi –Welcome to the machine, confermate, Pink Floyd?-, quindi preferisco abbandonare qualche minuto Damon alle sue discussioni con quella gente e andarmene in giro a curiosare per gli studi –viva i pass speciali-.
Mi infilo in un corridoio, seguendo i fili per terra e la musica rimbombante ovattata dalle pareti dello studio a sinistra: probabilmente stanno facendo le prove o magari –speriamosperiamosperiamo!- sono addirittura in diretta.
Mi faccio strada tra i tizi che sfrecciano da ogni lato del corridoio con le mani strette attorno a delle cartelline di fogli o pigiate sull’auricolare che hanno all’orecchio.
Sì, girare per i backstage è una delle cose che preferisco, uno di quei vantaggi per il quale mi vanterei per ore davanti alle ragazzine che sacrificherebbero le loro paghette di un anno anche per soli cinque minuti così. Infatti-
Oh, no, cazzo! Come non detto, ritiro tutto! Avevo dimenticato i lati negativi di un tale privilegio: si possono incontrare scimmioni che scorrazzano liberi per il backstage.
“Tu!” esclama infatti uno di questi puntandomi il dito contro, togliendosi la sigaretta dalle labbra carnose e imprecando nella sua lingua incomprensibile che dovrebbe essere inglese. “Ringrazia il cielo di essere una donna, sennò saresti già al pronto soccorso”
Mi avvicino a lui piantandogli negli occhi uno sguardo divertito “Ciao Liam”, sfoderando il mio sorriso più fastidioso: “Per caso ho fatto qualcosa che ti ha dato noia?”
“Fai poco la simpatica” replica reclinando la testa di lato e sfiatandomi il fumo in faccia. “Sai benissimo a cosa mi riferisco”
Alzo le spalle, incrociando le braccia. “Era questione di vita o di morte”
“Esigo delle scuse” sentenzia deciso con uno sguardo severo.
Con quella larga camicia bianca e gli occhi verdiazzurri potrebbe quasi sembrare un angelo… Certo, basta non far caso all’espressione omicida e alla postura da piccoli-australopitechi-crescono.
“Mi spiace, è stata tutta colpa del tuo caro fratellone… Quindi da me non ne avrai” replico con un finto sorriso lasciandomelo alle spalle “Però se può consolarti baci bene” aggiungo senza girarmi.
“Grazie, ma lo sapevo anche senza che me lo dicessi tu, stronzetta” mi ringhia dietro.
Sto per rispondere con un insulto, quando mi compare davanti Sua Maestà Dittatore del Mondo, in camicia a righette e occhiali da sole.
“No, senti, due Gallagher uno dopo l’altro non li reggo!” esclamo infastidita girandomi dall’altra parte, ma lui scoppia in una risata divertita e si ripropone davanti ai miei occhi inceneritori.
“Sempre di buon umore, cara” commenta avvicinando la mano per sistemarmi la ciocca di capelli che mi è appena andata fuori posto, ma io gliela blocco subito con la mia, nonostante due dita stiano ancora tenendo in bilico la sigaretta. Nella frazione di un secondo, la sua mano si libera dalla debole presa della mia ed è questa a trovarsi imprigionata nella sua morsa. Con un’aria di sfida, se la avvicina al viso e mi ruba l’ultima tirata di fumo dalla sigaretta. Stronzo.
“Hai iniziato a preparare lo striscione?” aggiunge espirando.
“No. E tu hai preparato i fazzoletti per il tuo fratellino?”
“Il mio fratellino che bacia bene?” replica con tono strafottente e ironico.
“Sì, lui” rispondo tranquilla aprendomi in un sorriso malizioso “Invidioso perché è Liam il latin lover della famiglia?”
“Ma per favore!” bofonchia disgustato girando il volto dall’altra parte.
Bene, beccato un punto debole!
Rincariamo la dose.
“Sai com’è, ha il fascino del frontman…” commento con un finto sguardo sognatore.
“Sicuramente più del tuo amore” sputa fuori con il solito disprezzo.
Scuoto la testa ridacchiando “Bè, adesso non esageriamo!”
Lui sembra riflettere su qualcosa –sempre che i Gallagher siano in grado di riflettere-, quindi colgo l’occasione per tornare al mio obiettivo di prima: intrufolarmi a vedere la diretta di Top of the Pops.
“Sunshine” lo sento chiamarmi.
“Ciao Noel” lo liquido velocemente continuando a guardare dritto davanti a me.
“Goditi lo show!”
E lo so che non posso vederlo, dato che è alle mie spalle, ma scommetto, scommetto le ossa cazzo!, che ha sulle labbra il suo solito sorrisetto da sberle. Quindi ci saranno anche gli Oasis a TOTP?
“Hey, Shine” mi saluta qualcuno in una maglia sbracciata del Michigan –la scritta è tutto ciò che riesco a vedere dato che mi tira subito a se per un veloce bacio sulla guancia, prima di sfrecciare verso una porta.
Ah, ma è Robbie Williams. Ogni tanto lo becchiamo a qualche festa o programma. “Ciao Robbie, presenti tu?”
“Sì, vieni dentro?” chiede, tenendo la porta aperta, dalla quale si sente un caos immane e si intravede una folla esagitata che poga a ritmo di una musica che non riesco a riconoscere.
“Massì, dai” rispondo correndo dentro. Quanto adoro queste urla e le luci colorate che si posano ovunque come ai concerti! Non credo che mi stancherò mai di ambienti del genere…
Robbie mi fa strada fino alla prima fila, con gli strilli delle ragazzine in sottofondo e le loro mani che tentano di raggiungerlo, poi sfreccia dalla presentatrice agguantando un microfono, mentre io poso gli occhi sulla scena davanti a me sul palco. Un momento! Io sono sulla destra… Come mai Liam è praticamente davanti a me e… ha tra le mani una chitarra?
Prima che io possa capire cosa cavolo stia succedendo, Robbie finisce la sua presentazione, lasciando il posto a qualche nota della famigerata Roll with it e, subito, alla voce graffiante di Liam, il quale però –piccolo particolare!- non sta aprendo bocca.
Sposto lo sguardo verso il centro del palco, sulla figura che stringe la mano sinistra intorno al microfono, dietro gli occhiali da sole, mentre la destra agita il tamburello del fratello.
Spalanco la bocca: Noel.
E’ lui che canta –anche se di “cantare” non si può proprio parlare, dato che sta rendendo palesemente evidente che si tratti di un playback-!
Non sta neanche scimmiottando troppo il fratello -a parte lo “strumento” che ogni tanto agita – dato che le mani non sono ridicolamente unite dietro la schiena, anzi! Sembra che si sia creato un suo stile personale: mano sul microfono, quasi fermo, la testa che segue leggermente il ritmo…
Ecco cosa stava macchinando, dopo il discorso sui frontman!
Mi faccio strada tra il branco di ragazzette urlanti, arrivando davanti a lui e sbirciando ogni tanto anche gli altri membri della band che se la ridacchiano come matti.
You wanna be
who you’d be
if you’re coming with me.
Scostandosi leggermente dal microfono, esprime tutta la sua finezza targata Manchester in una linguaccia, che a causa dei suoi fottuti occhiali da sole non riesco a capire se sia indirizzata a me o alla telecamera che mi sta passando sopra la testa. Ma ecco che, proprio mentre mi perdo in questo dubbio amletico, lui mi indica velocemente, camuffando poi il gesto in un’alzata di tamburello. Stronzo.
Poi riprende subito con la sua pantomima, insieme alla sua vera voce che fa i coretti ma il cui labiale –ovviamente- questa volta è affidato a Liam, il quale poi, dopo il ritornello, si improvvisa in un inesistente assolo di chitarra.
Fatto sta che… odio ammetterlo –e infatti a lui non lo dirò mai-, ma non è per niente male come frontman.
Questo pensiero, decisamente contrario alla mia morale, si autodistruggerà entro cinque secondi.
 
 
Urla assordanti, pubblico in delirio.
Questa volta però sul palco ci sono i miei Blur e, dietro il microfono, incitando il pubblico come suo solito, il mio Damon.
Io come sempre mi godo la scena da dietro le quinte, in piedi sulla transenna a lato del palco, urlando a squarciagola ogni singola parola.
“Sunshiiiiine”
Sento una voce prolungata e irriconoscibile che mi chiama dal backstage.
“Sunshiiiiiine”
Ma come cavolo è possibile che io la senta, con tutto questo casino?
“Sunshiiiiiine”
In preda alla curiosità, salto giù dalla transenna, allontanandomi controvoglia dal concerto di Damon, addentrandomi nella giungla del dietro le quinte.
“Sunshine”
Quando un paio di roadie con un amplificatore in mano si spostano, metto a fuoco la figura lontana da me solo di pochi metri, in jeans, camicia a righe e occhiali da sole inforcati. Noel?
“Che cazzo ci fai a un concerto dei Blur?” gli urlo insospettita, senza avvicinarmi di un passo.
“Non sono qui per loro” sussurra lui e -nonostante la voce di Damon amplificata, le schitarrate, la batteria e il pubblico in delirio- lo sento. E la sua risposta mi gela il sangue nelle vene.
Lui toglie una mano dalla tasca. “Vieni qui” ordina, facendomi segno col dito di avvicinarmi.
Scoppio in una risata scettica, scuotendo la testa “Scordatelo! Torno da Damon”
Detto questo, faccio retro front per tornare ad immergermi nel caos musicale che tanto amo, ma con mio orrore mi accorgo che le mie gambe mi stanno portando in tutt’altra direzione.
Spalanco gli occhi senza capire, tentando in tutti i modi di riprendere il controllo di me, ma non ce la faccio!
Mi agito, scioccata, cercando perlomeno di fermarmi, eppure le mie gambe –totalmente scollegate dagli ordini del mio cervello- procedono sicure in avanti, trascinandomi a pochi centimetri da Noel, che per tutto questo tempo è rimasto immobile, con un sorrisetto sicuro dipinto sul volto, continuando a ripetere l’invito con l’indice della mano destra.
“Che cazzo…??” ansimo sbalordita sentendomi mancare il respiro.
“Shhhh” sussurra lui appoggiandomi un dito sulla bocca “Smettila di fingere... E’ inutile che cerchi di scapparmi” aggiunge con un tono strafottente e al tempo stesso malizioso, provocandomi dei caldi brividi lungo tutta la schiena. Poi, chinandosi in avanti lentamente, raggiunge le mie labbra con le sue, mentre con le braccia mi stringe a sé, portandomi una mano alla nuca e prolungando quel bacio.
Mi sveglio di colpo, scattando a sedere terrorizzata sul letto di Damon, gli occhi spalancati e la fronte velata di sudore.
Che cazzo…??!!
Noel??!! Noel??!! NOEL???!!
Il petto continua ad alzarsi e abbassarsi velocemente, i miei respiri sono talmente gonfi da farmi male ai polmoni e, guardandomi riflessa nello specchio accanto al mobile, mi accorgo con orrore che le mie guance sono arrossate.
Vi prego, ditemi che è un incubo il fatto che io abbia fatto un incubo del genere!
Alla mia destra Damon dorme ancora beato, il suo viso da –finto-angioletto rilassato, il respiro ben più regolare del mio.
Scendo di corsa giù dal letto e mi fiondo in bagno, risciacquandomi il viso con acqua fresca e gettando un’occhiata d’odio alla figura riflessa nello specchio.
Cos’è questa cazzo di bruciante sensazione di vuoto sulle labbra?!
Torno in camera raggiungendo il letto con un balzo e gattonando sopra Damon, svegliandolo con un bacio nel quale sfogo tutta la mia rabbia.
“Sunshine” mugugna confuso non appena le sue sinapsi si collegano e le sue mani si stringono ai miei fianchi “Cosa…”
“Fammi tua” ansimo scorrendo con le dita fino alla sua biancheria, sforzandomi di non pensare. Ho bisogno di gridare il tuo nome, Damon, cazzo!
Le sue labbra si curvano in un sorriso malizioso “Sei già mia”
E i successivi quaranta minuti li impiega a trasformare il concetto dalla teoria alla pratica.
 
E’ domenica, la sveglia segna mezzogiorno passato e fortunatamente il mio risveglio non è tragico come quello di un paio di giorni fa –un altro sogno del genere e mi proibisco di dormire fino all’eternità-, però è il 20 agosto… Potrebbe anche arrivare la notizia di un incubo maggiore. Se l’avessero spuntata gli Oasis?
Faccio scorrere la mano sul lato del letto di Damon: vuoto.
Non sto più nella pelle: devo sapere.
“Damon?” chiamo piano, la voce impastata.
“Buongiorno piccola” esclama affacciandosi alla porta con una tazza di caffè tra le mani e un sorriso in volto.
Sì, sì!!! Dimmi che…
“Ovvio, li abbiamo battuti” aggiunge soddisfatto col suo sorrisetto.
Chiudo gli occhi sollevata, lasciando che se ne dipinga uno simile anche sulle mie labbra.





Ciao mad, sono tornata! *saltella sbracciandosi*

Un capitolo, una settimana, una battaglia.

Io avrei preferito che vincessero gli Oasis –sì, sono un tantino di parte-, ma le cose nella realtà sono andate così e quindi mi spiace Noel, ma Sunshine non potrà saltellarvi davanti con uno striscione pro-Oasis ç.ç
Vi consiglio di dare un'occhiata al video della loro performance a TOTP in cui Noel e Liam si scambiano i ruoli, perché, per quanto io abbia tentato di descriverla, non credo che a parole si possa rendere una scena del genere ahah  :’)

http://www.youtube.com/watch?v=oUTL2jSRIgE

Ordunque, commenti sui nuovi svolgimenti? :D

Un abbraccio,
Cherry <3
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Uno a uno, Noel! ***


10. Uno a uno, Noel!

 



274000.
Il numero di copie vendute di Country House si trova –oltre che su tutti i giornali- proprio davanti ai miei occhi, scritto con degli enormi palloncini colorati, uno per cifra.
Eh si, d’altronde se la Food Records dà una festa per i beniamini che le stanno portando fiumi di sterline nelle tasche dovrà pure fare le cose in grande!
“A che pensi?” chiede Justine affiancandosi a me e passandomi un bicchiere di spumante.
Andrew, Justine Andrew, tranquilli.
Se fosse la Frischmann probabilmente me l’avrebbe rovesciato in testa, lo spumante.
Stranamente però c’è anche lei, stasera.
O meglio, stranamente ci sono anch’io, perché Damon non esce mai con entrambe contemporaneamente e di solito quando si tratta di party di questo genere è Justine che la spunta –ovvio, un po’ di pubblicità agli Elastica non le fa mica male. Questa volta però il caro signor Albarn ha insistito perché partecipassi, dato che dice che in minima parte potrebbe anche essere merito mio se hanno vinto, avendo io proposto di abbassare il prezzo di Country House.
 
Per non dare problemi alla Frischmann, però, ufficialmente io sono qui in veste di amica di Alex James e Justine Andrew e mi è toccato pure venire nella loro limousine.  Formalità inutile, comunque, caro Damon, se poi ci chiudiamo in bagno per venti minuti e mi fai tornare fuori con un succhiotto che fa invidia alle concubine di Dracula! Ed è anche troppo in basso per essere del tutto coperto dal foulard…
Alzo le spalle, senza distogliere lo sguardo dalla scritta colorata, ricordandomi che la povera Andrew aspetta ancora una risposta.
“Penso che quei bei numeretti siano sprecati se non ci sono i Gallagher qui a rosicare guardandoli”
Scoppia a ridere divertita, toccando il mio bicchiere col suo e usando un veloce “Alla vittoria dei Blur” come brindisi. Mentre mi godo le bollicine che si rincorrono sul mio palato, però, il suo tono di voce cambia: “E così vorresti i Gallagher qui solo per vederli rosicare?”.
Maliziosa.
Fanculo.
“Per cos’altro potrei mai volerli qui, Justine?” sibilo fingendomi annoiata.
Lei alza le spalle roteando gli occhi, con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia.
“Complimenti per le tue arti oratorie” borbotto infastidita.
“Eddaiiii, vi vedono sempre insieme!!!” continua con un tono canzonatorio.
“CHI ci vede sempre insieme?!”
“Bè, Alex e Graham quan -”
“Dì al tuo ragazzo di fare meno il pettegolo!” la interrompo fulminando Alex dall’altro lato della sala.
“E anche i roadie! Prima che andasse in onda la puntata di Top of the Pops eri nei corridoi a parlare con loro, dicono”
“Ma non hanno niente di meglio da fare piuttosto che spiare me?” grugnisco, pensando a quanto odio quando la gente non si fa i cazzi suoi “Parlavo anche con Robbie Williams, quello non l’hanno detto?”
“No” risponde tranquilla “E calmati!” aggiunge, prendendomi a braccetto “E’ solo che la groupie di Damon che se la fa proprio con i Gallagher fa scalpore, nell’ambiente. ”
Se la fa con i Gallagher.
E’ già la seconda volta che me lo sento dire. Prima Graham, quando siamo tornati dalla Danimarca… e ora pure lei! Così come Damon mi aveva detto che non gli piaceva come mi guardavano…
“Allora… Quale dei due?” chiede con una vocina ancora più maliziosa di prima.
“Justiiiine!!!” squittisco veloce, prima che la mia mente possa anche solo tentare di rispondere alla sua domanda –battuta sul tempo, cara vocina mentale!-.
“Dai, Shine, ma non mi aggiorni mai su niente! Io sono rimasta a quando ti sei baciata con Liam”
Come se quello possa essere considerato un bacio romantico o non-so-cos’abbia-in-mente-lei! Ma non faccio nemmeno in tempo a rispiegarglielo che lei continua impaziente “Mi sono persa qualcosa su di lui?” Pausa “O sul fratello?”
No. Il fatto che io abbia passato una giornata a casa di Noel e che abbia sognato di baciarlo non è cosa degna di nota –e non voglio sentire obiezioni, vocina mentale del cazzo!-.
“No” ripeto a voce alta sperando di chiudere il discorso.
“Quindi è Liam?”
Oddio, ma perché?, perché tutte le Justine che conosco riescono a farmi venir voglia di sbattere la testa contro il muro fino allo svenimento?
“Sì” rispondo allora, con un tono che più ironico non si può, roteando gli occhi e facendo la bocca a cuore “Sono innamorata di Liam Gallagher!”, mettendo il mio stomaco a rischio conati.
“Ma magari! Sarebbe anche ora!” esclama Justine -Frischmann, però.
Evvai, due Justine contemporaneamente! Ho vinto qualche premio?
Comunque c’è da dire che la Frischmann mi ha salvata da questa conversazione con la Andrew, che mi faceva sentire come in un campo minato, quindi potrei anche sforzarmi di essere gentile con lei per due minuti.
“Che cazzo eravate a fare tu e Damon in bagno per quasi mezz’ora?” domanda subito.
“Non si sentiva molto bene: ha mangiato troppa carne” spiego tranquilla con un sorriso.
Justine però mi punta uno sguardo sottile e severo negli occhi. “Damon è  ve-ge-ta-ria-no!” scandisce.
Come se non lo sapessi.
Mi porto una mano a coprirmi le labbra, con finto imbarazzo e visino d’angioletto “Ops!” esclamo, slacciando il foulard e lasciando il collo marchiato in bella vista prima di allontanarmi.
Un suo ringhio mi raggiunge mentre mi faccio strada tra il chiasso della folla.
Scusate, proprio non ce la faccio ad essere gentile con la Frischmann.
 


Martedì mattina.
“Shine!” squittisce la Andrew attaccandomisi al braccio mentre entriamo al Queen’s, io, lei, Alex,Graham e Damon.
La guardo accigliata senza capire finché non mi accorgo, seguendo il suo dito puntato, che sta indicando nientepopodimeno che gli Oasis.
Eccoli là, seduti al tavolo all’angolo –lo stesso al quale mi aveva fatta accomodare Noel tempo fa-, che bevono le loro fottute birre e fumano le loro fottute Benson&Hedges –a proposito di Benson, se proprio Noel deve portarsi in giro un animaletto da compagnia, non sarebbe meglio il gatto, piuttosto che Liam?-.
Lo so che di solito cerco di evitarli, ma ormai mi sono arresa al fatto che per qualche strana ragione io debba trovarmeli davanti almeno una volta ogni due settimane –se non anche più frequentemente- e inoltre è da quando li abbiamo battuti che non vedo l’ora di beccarli per girare il coltello nella piaga e tra l’altro ormai mi porto sempre dietro ciò che mi servirà per farlo–no, non voglio accoltellarli letteralmente.
Ci sono i Gallagher, seduti uno di fronte all’altro, e altri due membri dei quali non ricorderò mai i nomi, ma che se non sbaglio dovrebbero essere bassista e chitarrista –accidenti, è già troppa cultura in fatto di Oasis!-.
Dalla gomitatina e il sorrisetto di scherno di Damon mi rendo conto che anche Alex e Graham li hanno notati: tuttavia gli altri non ci hanno ancora visti, credo, dato che se ne stanno lì tranquilli a chiacchierare senza guardarci.
Ecco ecco ecco! Liam si sta alzando per andare al bancone e il suo sguardo scazzato ha appena incrociato quello di Damon e il mio, e io non posso far altro che curvare le labbra in un sorriso soddisfatto.
Gallagher ci guarda con disprezzo, scuotendo leggermente la testa e aspirando l’ennesima boccata di fumo, prima di battere una mano sulla spalla del fratello accennando a noi con la testa, per poi andare a chiedere una birra al bancone -mi spiace, Liam, Damon sta arrivando proprio lì!
Noel, che prima di prestare una minima attenzione al fratello aveva finito il discorso col chitarrista, gira la testa solo ora e mi mette a fuoco, con i suoi occhietti azzurri annoiati traditi da un veloce guizzo di sorpresa presto sostituito da uno sguardo rigido. Dov’è la tua solita aria sfacciata, caro Noel? Qualcuno si ricorda bene di aver perso una sfida, qui…
Sostengo il suo sguardo con orgoglio, alzando un sopracciglio e portando lentamente in alto la mano destra, con le dita a simbolo di vittoria, aspettando che un sorriso soddisfatto persino più accentuato del precedente mi si dipinga in volto. A quanto pare lui non è ancora pronto ad ammettere umilmente la sconfitta –mi pare ovvio, lui è il signor Dittatore del Mondo, non può mica perdere!-, infatti non abbassa lo sguardo: respira un’altra boccata di fumo, poi, lasciandolo uscire lentamente e chinandosi verso il tavolo, mi fa segno col dito di avvicinarmi.
La presa di Justine sul mio braccio si fa più forte, ma io la noto a malapena, dato che riesco a focalizzarmi solo sul brivido che mi ha appena scossa: sembrava lo stesso movimento del sogno che ho fatto su di lui, cazzo!
Nascondo però subito il breve imbarazzo chinando la testa di lato e lanciandogli un sorriso scettico, mentre dal simbolo della vittoria mimato con la mano destra abbasso l’indice, girando la mano verso di lui e lasciando su un dito a caso.
Raggiungo Damon, stretto nella sua camicia azzurra, appoggiato tranquillo al bancone a parlare con un mooooolto meno tranquillo Liam Gallagher in tuta –ma con questo caldo?!-.
Il sorriso di scherno dipinto sul volto di Damon fa venir voglia di prenderlo a schiaffi persino a me –anche se non appena mi avvicino a loro mi viene spontaneo imitarlo-, quindi non so davvero come faccia la bestia a trattenersi. Sposto lo sguardo sulle sue mani chiuse a pugno, poi sulla bocca storta in una smorfia di rabbia.
Ahia. Qui siamo a rischio. Ma non ce la faccio a star zitta ancora per molto.
“Ci mancavi solo tu”, mi ringhia Liam esasperato girando il volto verso il bancone, provocando una risatina in Damon, che mi tira a sé e mi bacia a lungo, tenendomi un braccio sulle spalle e intrecciandone la mano nella mia.
“Non piangere, Liam” aggiungo allora con finta comprensione “216000 copie è comunque un buon traguardo” sospiro, rubando un sorso della birra di Damon “Certo,” aggiungo con nonchalance “sono sempre 58000 in meno di quelle vendute da CountryHouse, ma che ci vuoi fare
“Tu… Se fossimo nel Medioevo ti avrebbero già bruciata viva” sibila Liam scuotendo la testa “E comunque avete vinto una battaglia, NON la guerra” ringhia con orgoglio spostando lo sguardo negli occhi di Damon “Gli Oasis diventeranno enormi, così grandi che non ci sarà angolo del pianeta in cui tu e la tua cazzo di groupie potrete rifugiarvi per comprare un giornale che non ci nomini o ascoltare una radio che non trasmetta la nostra musica” aspira dalla sigaretta ormai consumata “E tra l’altro è anche una vittoria sleale: il vostro disco costava fottutamente meno del nostro e per colpa di un cazzo di errore dei codici tante copie di Roll with it non sono state registrate”
“Liam, al tavolo” prorompe Noel appoggiandogli una mano sulla spalla. Probabilmente anche lui ha sentito aria di rissa e ha pensato bene di evitare una tale pubblicità proprio pochi giorni dopo l’uscita dei dischi.
Mentre Liam stranamente obbedisce a uno dei soliti imperativi del fratello – non senza sbiascicare qualche altro insulto incomprensibile-, Noel prende tranquillo la birra ordinata dall’altro, sostenendo lo sguardo di Damon senza fare una piega. “Ah,” commenta solamente, girandosi di nuovo verso di noi prima di seguire Liam “ha ragione lui, comunque”. Poi, dopo avermi guardata negli occhi e alzato leggermente il boccale a mo’ di brindisi, si ricongiunge alla band.
“Razza di perdenti, che non sanno neanche perdere” commenta Damon soddisfatto prendendomi a braccetto e accompagnandomi al nostro tavolo, dall’altra parte della sala.
“Cazzo, Damon, noi aspettavamo una rissa!” sbuffa Graham deluso trangugiando un sorso di Guinness, e questo commento dà inizio ai loro stupidi discorsi infantili, mentre io intercetto uno sguardo indecifrabile di Justine, mezzo nascosto da una sua ciocca di capelli neri corvini.
Aggrotto le sopracciglia in cerca di spiegazioni, ma ricevo solo un’alzata di spalle e un sorrisetto.
Oh, fanculo. Che pensi pure che io sia innamorata di Liam!
Dopo neanche cinque minuti di conversazioni mute e impossibili con lei, improvvisamente la radio diffonde nel locale le note di una canzone ben conosciuta: CountryHouse.
Oddio, ma non poteva succedere cosa migliore, cazzo!!! Iniziamo tutti a lanciarci degli sguardi complici e soddisfatti, ridacchiando –o scoppiando in risate sguaiate, vedi: Graham Coxon.


City dweller, successful fella
Thought to himself, Oops, I've got a lot of money
Caught in a rat race terminally


Con la coda dell’occhio sbircio l’altro tavolo, dove noto un Liam esasperato che alza gli occhi al cielo scuotendo la testa. Noel è più bravo a mantenere il controllo, almeno apparentemente, ma sono sicura che dentro sta rosicando almeno quanto il fratello.

I'm a professional cynic but my heart's not in it
I'm paying the price of living life at the limit
Caught in the century's anxiety


Ok, credo sia giunto il momento di entrare in scena. Cerco lo sguardo complice di Justine –alla quale alla fine avevo dovuto raccontare qualcosina, almeno della sfida tra me e Noel… e poi era stata lei ad aiutarmi a preparare la scritta- e lei eccitata mima con le labbra un “Ora!”. Mi alzo in piedi sorridendole.

Yes it preys on him (preys on him)
He's getting thiiiiiiiiiiiin


Sfrutto l’urlo prolungato della voce di Damon diffusa dalla radio per correre al tavolo degli Oasis prima che inizi il ritornello e, sotto i loro sguardi spiazzati e sconcertati, ci salgo sopra e inizio a ballare.

He lives in a house, a very big house in the country
Watching afternoon repeats and the food he eats in the country

 
E’ esagerato dire che il numero di colpi di batteria sia uguale a quello dei miei ancheggiamenti? Sì, in effetti: i miei movimenti di culo sono decisamente più numerosi!

He takes all manner of pills and piles up analyst bills in the country
Oh, it's like an animal farm, lots of rural charm in the country

 
Ora che il ritmo della canzone diminuisce riesco a godermi –pur senza smettere di ballare- le facce dei quattro qui sotto: il bassista e il chitarrista ogni tanto lanciano delle occhiate interrogative agli altri due, ma tornano subito a guardarmi rapiti –uomini!-; Liam è uno spettacolo, perché nonostante gli occhi a fessura, il volto stravolto da rabbia ed esasperazione e il fumo che gli esce dalle orecchie –ok, quello lo sto immaginando io, ma ci manca poco!- si vede benissimo che si sta sforzando di mantenere lo sguardo inceneritore nei miei occhi…peccato che gli si abbassi spesso. Noel infine è la solita maschera di indifferenza, ma la mano destra rigidamente appoggiata sul bordo del tavolo e i nervi tesi tradiscono il suo disagio.

He's got morning glory and life's a different story
Everything's going jackanorry
Touched with his own mortality


In effetti dovrei essere io quella in imbarazzo, ma sono troppo impegnata a godermi le facce dei Gallagher per pensare a quelle degli altri clienti seduti.
Automaticamente però corro con lo sguardo al tavolo di Damon e gli altri: ecco, lui è ancora più rigido di Noel e dalla posizione assunta e la mano della Andrew appoggiata sul suo braccio deduco che sia stata lei a trattenerlo dal venire a fermarmi. Cerco di fargli capire con lo sguardo che non ha niente di cui preoccuparsi, ma a quanto pare sono più scarsa di Justine in questa disciplina.


He's reading Balzac and knocking back Prozac
It's a helping hand that makes you feel wonderfully bland
Oh, it's the century's remedy


Sta per iniziare il secondo ritornello: o ora o mai più.
Lancio uno sguardo di sfida verso Noel, poi torno a dargli le spalle e a guardare il fratello, seduto esattamente sotto di me, di fronte all’altro.


For the faint at heaaaaaaaaaaart
Mentre i capelli mi ricadono leggermente in avanti, scorro sensualmente con le mani dal collo ai fianchi, incrociandole e afferrando con ognuna un lembo della mia t-shirt verde.
Nonostante la musica e il sangue che mi pompa fino alle orecchie, sento da qui lo stridere della sedia di Damon quando lui balza in piedi, eppure Justine riesce a fermarlo nuovamente facendogli segno di calmarsi e dicendogli qualcosa nell’orecchio.


A new staaaaaaaaaart
Mi abbasso ancheggiando lentamente e piantando uno sguardo languido negli occhi spalancati di Liam che continuano ad altalenare dai miei alle mie mani, fermandosi spesso a metà strada.
Il suo respiro si fa più irregolare e, dato che ormai sono a pochi centimetri dal suo viso, posso notargli la fronte lievemente imperlata di sudore.
Quando vedo che inizia a mordersi il labbro inferiore, io, veloce –prima che inizi il ritornello- con un solo movimento mi sfilo la maglia: peccato che per sua sfortuna non ci sia sotto quel che sperava di (ri)vedere, bensì la canotta bianca con scritto a caratteri cubitali OASIS LOSERS!
Il pezzo forte, però, quello che nessun altro riuscirà a notare, è sotto il naso del fratello, proprio dietro di me –mi spiace solo di non potermi godere la sua espressione, accidenti!-, perché sulla canotta, in basso a sinistra, esattamente dove un mese fa lui aveva osato lasciarmi quel messaggio di scherno con la penna, troneggia un
1-1 NOEL.
Nel giro di un paio di secondi però, ripresosi dallo shock, Liam punta i pugni sul tavolo e scatta in piedi, con uno sguardo infuocato negli occhi. Che sia giunto il momento di andarmene?
Con il ritornello di Country House che mi fa da colonna sonora, balzo giù dal tavolo, fregandomene delle occhiate del resto della gente, e corro ridendo tra le braccia di Damon, che non appena legge la scritta sulla maglia tira un sospiro di sollievo e raggiunge le mie labbra con le sue.
Mi spiace, caro Noel… Così impari a comparirmi in sogno!


Ehm.. chi non muore si rivede *arrossisce*
Mi spiace, manco da tanto e torno con un capitolo un po’ cortino, però ho preferito finirlo con la genialata/carognata (scegliete voi l’aggettivo più adatto eheh) di Shine.
Tra l’altro, nonostante io abbia fatto fatica a trovare il tempo adatto a scrivere un capitolo, giuro che è da settimane che ogni volta che ascolto Country House immagino la scena…. :3

Dunque dunque dunque, che dire? Nient’altro. Spero tanto che siate voi ad avere qualche commento da lasciarmi :3

Un abbraccio
Cherry

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** No, no, no, NO, Shine! ***


11. No, no, no, NO, Shine!*

*cit. “la mia vocina mentale”





Gooooooooooooood day, Suuuunshine!
Gooooooooooooood day, Suuuunshine!


Cammino tranquilla godendomi la piacevole quanto rara sensazione del forte sole sulla mia pelle, mentre le allegre note dei Beatles esplodono dalle cuffiette del mio walkman –almeno loro pronunciavano il mio nome senza storpiarlo!-.
E’ una giornata così calda e splendente che mi sembrerebbe un reato andare al Queen’s chiusa in una metropolitana, privandomi del sole che di solito sembra voler snobbare la mia cara Inghilterra -c’è anche da dire che la scarsità delle sterline rimastemi nel portafoglio è sicuramente un ottimo incentivo ad una sana ed economica camminata, per quanto lunga possa essere.
Devo ancora capire cosa voglia esattamente il padrone del locale da me, ma Damon ha detto che voleva parlarmi e quindi, col fatto che sono passati solo pochissimi giorni dalla mia performance sul loro tavolo, non posso far altro che sfruttare le mie alte capacità deduttive per prepararmi all’idea che possa avere a che fare con quell’episodio.
Un grande episodio, ci terrei a sottolineare!
Peccato che non ci fosse nessuna telecamera a filmarlo!
La mia maglia con la scritta Oasis losers sarebbe diventata così famosa che ogni Hard Rock Café avrebbe implorato per poterla esporle –e io avrei risolto il problema fondi-.
Vabbè, in ogni caso non è passata inosservata, direi, dato che giusto ieri Alex ha indossato una maglia degli Oasis durante Country House a TOTP. Alla mia accusa di plagio, poi, nel backstage, ha risposto con un’innocente alzata di spalle, per poi aggiungere, sistemandomi i capelli dietro le orecchie, “Sarà… Ma almeno io non ho sculettato sotto il naso dei Gallagher mentre la indossavo”.
Già, la simpatia di Alex sta diventando direttamente proporzionale alle occhiatine maliziose che mi lancia la sua ragazza ogni volta che viene nominato uno dei due famigerati fratelli. Sono proprio fatti l’uno per l’altra, sì.
Damon invece sta assumendo una posizione altamente altalenante, riguardo quell’episodio: a volte lo elogia complimentandosi per quanto io abbia ‘fatto rosicare quel coglione di Liam Gallagher’, altre invece salta fuori con domande in stile interrogatorio –Ma perché avevi la maglia pronta? Quante volte hai parlato con loro? Ma hai visto come ti guardava? La smetti di dare confidenza a quelli là?!- ma tanto il più delle volte mi bastano un paio di moine per zittirlo.
Bene, arrivata. Mi sfilo le cuffiette e ripongo il walkman nella borsa –accidenti, speriamo che un giorno inventino degli aggeggi meno ingombranti!-, cercando con gli occhi il padrone del locale non appena entro.
“Proprio te, aspettavo” prorompe lui, in giacca elegante, alzandosi dalla sua sedia accanto al bancone.
Sì, ora me lo ricordo: è quello che qualche settimana fa mi aveva consegnato il bigliettino da parte di Noel.
“Si sieda…” continua, accennando al posto davanti a lui.
Taglio corto. “Cosa vuole da me?” , accendendomi una sigaretta –ho sempre odiato i giri di parole.
Lui mi studia in silenzio per qualche secondo, poi mi allunga il posacenere. “Lei viene sempre qui con Damon Albarn, a volte con Alex James, parla con Liam Gallagher, Noel mi lascia biglietti per lei…”
“UN biglietto, è successo una sola volta” ci tengo a precisare, lasciando cadere la cenere.
“In ogni caso” riprende, leggermente infastidito dal fatto che io l’abbia interrotto “devo ancora capire esattamente che posizione ricopra nell’ambiente, ma avrà notato che il mio locale è scelto da molti nomi celebri..”
“Sì, mi è giunta voce” sospiro ironica.
“Ecco… Le sembra il caso di sconvolgerne la tranquillità saltando su un tavolo a ballare?” mi chiede, fissando uno sguardo severo nei miei occhi, forse pensando di intimidirmi.
Alzo le spalle e do un altro tiro. “E’ stato l’istinto”.
Cosa vuole da me? Dirmi di non mettere più piede nel locale?
Il padrone aggrotta la fronte sulla quale troneggiano pochi capelli brizzolati, ma è piuttosto chiaro che sia alquanto incuriosito dal mio modo di fare. “L’istinto bisogna anche controllarlo, a volte” sospira, riflettendo “Ascolti, non le chiedo di non tornare più qui dentro perché non voglio rovinare i miei rapporti col signor Albarn…”
Signor Albarn. E’ fuori luogo raccontargli che è il nome con cui lo chiamo spesso nei nostri momenti meno signorili?
“…Però la prego di adottare un comportamento più consono” conclude lui, senza lasciarmi il tempo di condividere questo succoso aneddoto.
Annuisco distrattamente,annoiata, mentre il mio sguardo spazia dietro di lui, fino al bancone dove è appeso un cartello con la scritta CAMERIERA CERCASI. Spalanco gli occhi: “Mi assuma!”, chiedo subito.
Ok, avevo detto che i miei si erano spalancati? Bene, i suoi sono decisamente schizzati fuori. “Cosa? Ma se le ho appena detto che non ha un comportamento adatto nemmeno ad una cliente!”
“Appunto!” ribatto, seguendo una logica tutta mia, una logica che a quanto pare lui non sta seguendo, almeno a guidicare dalla sua espressione attonita. Uffa, ma perché devo sempre spiegare tutto?
“Se so che dal mio comportamento può dipendere il mio salario, sarò motivata a fare la brava” sorrido, spegnendo la sigaretta. “E poi l’ha detto anche lei: vengo qui con Damon e Alex, parlo con Liam e ricevo biglietti da Noel… Se io lavorassi qua li vedrebbe tutti anche più spesso”
In realtà lo dubito altamente, almeno per quanto riguarda i Gallagher, ma in un colloquio per assunzioni –e grazie alle mie arti oratorie questo lo è appena diventato!- bisogna essere convincenti.
Il padrone del mio possibile luogo di lavoro tamburella le dita sul tavolo, indeciso.
“Mi metta alla prova, almeno” continuo, sgranando i miei occhioni e sfoderando la mia vocina più implorante.
Lui sospira, mordendosi un labbro. “Ha esperienza come cameriera?” domanda scettico.
“Lavoravo allo Union Tavern” ribatto soddisfatta, recitando poi a memoria il loro numero di telefono.
Neanche cinque minuti dopo, finita la sua telefonata, mi saluta con una stretta di mano e un “Ci vediamo lunedi”.
Eh sì, cari Beatles, avevate ragione: questa sarebbe davvero stata una buona giornata!


Sabato mattina.
Con la fronte appoggiata alla finestra e le braccia incrociate, continuo a fissare le persone che passano fuori.
Cavolo, cameriera al Queen’s: questo è proprio un salto di qualità, Shine!
Almeno potrò tornare alla mia autonomia, senza dipendere totalmente da Damon.
Tra l’altro… non che mi dispiaccia vivere qui da lui –anzi!-, ma ora che ci penso il mio appartamento è anche più vicino al pub, quindi sarebbe più comodo potermi trasferire di nuovo lì.
Peccato che io non abbia più ricevuto notizie dagli addetti ai lavori…
Non faccio però in tempo ad alzare la cornetta per chiamare che qualcuno bussa alla porta.
Quando apro, si presenta davanti a me una ragazza abbastanza giovane, bella, coi capelli castani leggermente mossi e un sorrisino squisito. Non appena alza le lenti scure, noto che gli occhi hanno un taglio familiare.
“Scusa” esordisce “Siamo venute a far visita allo zio Damon” spiega, porgendo leggermente in avanti la sua bambina, a mo’ di conferma.
Zio Damon? Scorro velocemente nei polverosi archivi della mia debole memoria –sì, lo so che ho solo diciannove anni, ma mica si può essere perfetti!- “Sei Jessica?” chiedo infine, ricordandomi di quando lui mi aveva parlato di sua sorella.
“Sì” sorride lei porgendomi la mano “E tu sei…?”
“Shine” rispondo semplicemente, evitando di dare spiegazioni circa la posizione che ricopro nell’ambiente, come l’aveva definita il padrone del Queen’s. “Lo zio Damon però non è in casa”
“Fantastico…” sospira lei, alzando gli occhi al cielo “Aveva detto che sarebbe stato un paio d’ore con Lola durante un mio incontro di lavoro”
“Damon è da Graham, ma dovrebbe tornare tra meno di mezz’ora e…” Ok, non che io abbia questa grande esperienza con bambini così piccoli, ma che altro posso dire? “Se vuoi puoi lasciarmela qui finchè non torna…”
Lei mi squadra velocemente per capire se possa fidarsi, ma il bip del suo cercapersone sembra darle la spinta decisiva “Grazie!” mormora velocemente passandomi la bambina e spingendo il passeggino in casa “Ci vediamo più tardi!” aggiunge correndo via.
Pure baby sitter, sospiro, chinando lo sguardo sul frugoletto tra le mie braccia.
E’ davvero piccolissima… Oddio, ma cosa devo fare adesso?
“Ciao Lola” sussurro piano, abbozzando un sorriso.
Lei sgrana i suoi occhioni, il cui colore sembra proprio quello di Damon, e risponde al mio sorriso con una smorfietta felice –e sdentata. Mi sento quasi intenerita, nonostante Liam Gallagher mi abbia praticamente dato della strega e Damon abbia più volte detto che secondo lui miei genitori si sono dimenticati di insegnarmi la tenerezza. In qualche modo ce la caveremo, Lola.


“Shine, sono a casa!!!” esclama Damon.
“Ciao” lo saluto dalla camera, alzandomi dal letto con la piccola in braccio –il cuscino con la Union Jack ricoperto di bava- e preparandomi a portarla in soggiorno “Tieniti forte: bebé in arrivo!”
Momento di silenzio. “COSA?!” domanda nel panico. “Cazzo Shine!!!” continua, imprecando.
Le labbra mi si curvano in un sorrisetto divertito “Mi sa che ha frainteso” sussurro pianissimo a Lola, che risponde con delle bollicine di saliva certamente interpreabili come un “Lo penso anch’io, Shine”.
“Ma ne sei sicura?!” riprende Damon, che probabilmente è rimasto impietrito accanto alla porta d’ingresso, dato che non l’ho nemmeno sentita richiudere.
“Sì sì, che sono sicura” rispondo tranquilla, restando nella penombra della camera –peccato non potermi godere la sua faccia- “E’ femmina”
“Femmina?!” esclama sconvolto con un tono di voce acutissimo “Ma si può già sapere? Ma di quante settimane sei?!”
Scoppio a ridere, entrando in soggiorno con la piccola tra le braccia “E’ tua nipote, Damon, cazzo! Non ricordi che oggi sarebbe passata tua sorella?”
Il signor Albarn alza gli occhi al cielo, tirando un sospirone di sollievo e iniziando lentamente a riprendere un colorito umano. “Cazzo Shine” mormora sbattendo la porta “Mi hai fatto fare un infarto”
“Mi spiace…” ridacchio, passandogli la piccola “E complimenti per le tue conoscenze di biologia!”


Jessica torna verso le dieci e mezza e non posso che accoglierla con un sorrisone: è una delle poche persone che mi stanno simpatiche a pelle, fosse anche solo per il fatto che non mi ha chiesto il mio nome intero.
“Allora, com’è andata?” chiede sorridendo.
“Benissimo!” prorompe Damon con una nota d’ironia, mettendo la piccola nel passeggino “La tua degna figlia mi ha quasi rotto la collana della mamma e mi ha rigurgitato sulla camicia nuova!”
Jessica scoppia a ridere “Ohhh, via, fratellone! Avrà pensato che fosse il momento di un tuo cambiamento di look, non vedi come ti vesti male?”
“Ohhh, senti, spiritosona!” ribatte lui agguantandola e scompigliandole i capelli.
“Ma non poteva capitarmi un fratello più simpatico?” brontola lei tra le risate, abbracciandolo.
Sento il mio sorriso diventare malinconico, anzi: ormai è quasi una smorfia di dolore.
Come sono belli, insieme…
Afferro la camicia sporca di Damon e la infilo in una busta, decisa ad allontanarmi da fratello e sorella prima che l’immagine di Andrew inizi a diventare più pressante. “La porto in lavanderia!” annuncio velocemente prima di sfrecciare fuori ed inforcare la mia bici.
Ok, Shine, ora pensa solo a trovare una lavanderia aperta!
Sovrappensiero, mi accorgo che mi sto dirigendo più o meno verso Regent’s Park, seguendo l’istinto.
Passo un pub, una chiesa e una lavanderia sulla mia sinistra, ma continuo a pedalare.
Dopo un paio di centinaia di metri, una vecchietta con un abito tra le mani entra in un’altra lavanderia. Dovrei fermarmi, giusto? Però mi sento di proseguire su quelle strade…
Giro a destra.
No, Shine!
Cos’è che diceva il padrone del Queen’s?
“L’istinto bisogna anche controllarlo a volte”, giusto?
Quindi ora torni indietro, Shine, hai capito? Torni indietro e porti la fottuta camicia di Damon in quella fottuta lavanderia.
Curvo a sinistra uscendo da Fellow Street.
No, no, no, NO, Shine!, protesta la mia vocina mentale nonappena entro in Steel’s Road.
Oh, fanculo, vocina! E’ un puro caso che io sia qui, capito? E non voglio sentire storie!
Rallento il ritmo delle mie pedalate, scorrendo con lo sguardo le ricche villette sulla mia destra, contornate da siepi ben curate.
Mi fermo di fronte al numero 8, scendendo dalla bici e sbirciando la targa Supernova Heights da dietro il cancello di ferro.
Che cazzo sto facendo?
Prendo un bel respiro, poi scorro lentamente con la mano, arrivando all’altezza del citofono e fermando lì le dita che sembrano quasi fremere –cazzo-.
BOOM, suono!
Non so se il trillo successivo sia il rumore del citofono o dell’adrenalina che è esplosa dentro di me, ma il seguente grugnito impastato dal sonno proviene sicuramente da Noel Gallagher: “Sentite, se siete le solite fan-”
“Sì, sono una fan…” lo interrompo subito “Ma non tua, tranquillo!”
Segue un momento di pausa, durante la quale mi concentro sul vento che inizia a scompigliarmi i capelli più di quando ero in bici. Poi Noel riaggancia e il cancelletto si apre, con lo squillante suono dell’altra volta.
“Mi hai svegliato” brontola monotono appoggiandosi allo stipite.
“Bene”
Non appena i suoi occhietti si liberano dalla smorfia in cui li aveva costretti quel forte sbadiglio, riesco a scorgervi uno sguardo incuriosito e sorpreso.
“Che ci fai qui?” mi chiede piano, fissandolo nei miei.
Già, che ci fai qui?
“Passavo di qua per portare una camicia di Damon in lavanderia” spiego alzando le spalle “E volevo salutare Benson” aggiungo, mentre lui chiude la porta dietro di me.
Mi risponde con uno sbuffo scettico “Se pensi che lui si ricordi di te allora ti sbagli di-”
Meeeeeeeeeeeeow!
Scoppio a ridere non appena il dittatore viene interrotto dal miagolio felice del gatto sopracitato, che mi zampetta fino alle gambe iniziando a strusciarcisi contro “Dicevi?” mormoro soddisfatta inarcando un sopracciglio e prendendo il micio tra le braccia.
Noel alza gli occhi al cielo, esasperato “Niente”.
Faccio qualche passo in quella casa, così ricca ma così fredda e… boh, poco vissuta.
Tra l’altro non ho messo in conto che potrebbe esserci Meg Matthews in camera da letto, rifletto, ma fortunatamente il prossimo a scendere le scale non è altro che un secondo gatto, dal pelo più corto e marroncino, quasi beige.
“E lui è…?” chiedo curiosa, accarezzando la soffice coda di Benson.
“Hedge” risponde Noel avvicinandosi.
Alzo un sopracciglio, con una smorfia schifata “Benson e Hedge?” mormoro scettica, confermando quello che avevo solo supposto l’altra volta, quando non sapevo ancora che ci fosse anche un altro gatto. “Li hai davvero chiamati come la marca di sigarette?!”
Lui allarga le labbra in un sorrisetto, avvicinandosi ulteriormente in silenzio e sollevando piano la mano, con due dita leggermente piegate, fino all’altezza della mia guancia, senza ancora sfiorarla però: “Almeno loro hanno un nome che esiste..” commenta, per poi abbassare le dita fino a Benson e lasciare quella carezza solo sul suo musetto “Non trovi, Sunshine?”
Resto muta. Ok, questa aveva stile, ma mi rifarò presto.
Alzo gli occhi al cielo. “Divertente, Noel.. E così ti ho svegliato?” concludo, con un sorrisetto perfido.
“Sì. Cazzo, sei proprio un concentrato di veleno” mormora sospirando e passandosi la mano sul viso “Hai già fatto colazione?” tenendo aperta la porta della cucina.
“Sì, ma ho ancora fame” annuncio felice mettendo giù Benson.
“Ok, allora dopo che l'hai preparata per me puoi prenderti una fettina di pane” replica col suo solito tono dittatoriale.
Gli lancio un’occhiataccia velenosa che più velenosa non si può –tanto sono un concentrato di veleno, no?-, incrociando le braccia e fermandomi sul posto.
Lui ridacchia divertito dandomi un buffetto sulla guancia “Sei sempre più acida, cara”
“Cazzo dici? Non è fottutamente vero!” replico infastidita, ma non faccio altro che farlo ridere ancora di più. “Noel!!!” mi lamento, eppure quando mi rendo conto di quanto infantile sia risultato il mio tono non posso far altro che lasciar scappare un sorrisetto anch’io.
“Oh, la regina dei ghiacci ha scoperto il buonumore” mormora prendendomi per mano e portandomi al centro della stanza “Fette biscottate e marmellata va bene?”
Annuisco, ritraendo però subito la mano dalla sua.
“Comunque Benson è più figo” comincio, appoggiandomi al tavolo con le braccia indietro e osservandolo mentre prepara –lui!-la colazione.
“Perché dovrebbe esserci un gatto più figo?” domanda scettico prendendo il barrattolo di marmellata e iniziando a spalmarla. “Prendi i bicchieri”, aggiunge veloce indicando un pensile.
“Perché di sì… C’è sempre qualcuno più figo, tra due.” curvo le labbra in un sorrisetto strafottente mentre porto in tavola i primi calici che trovo “Indovina chi, tra te e Liam”.
Il barattolo di marmellata viene appoggiato sul ripiano con un sonoro colpo frustrato, mentre Noel si gira verso di me lanciandomi uno sguardo sottile e infastidito “Molto divertente. E tu, non hai una sorella più figa?”
“Nah” rispondo veloce appoggiando il suo bicchiere sul tavolo.
“Fratello?”
BAM!!!
“Sunshine, cazzo!”
Riapro gli occhi, allontanando –per la seconda volta nel giro di un’ora- l’immagine di Andrew, ma è troppo tardi: la mia mano si era stretta a pugno con troppa forza intorno a quel calice così delicato e ora ci sono pezzetti di vetro da tutte le parti.
“S-scusa…” mormoro piano, rendendomi conto del disastro.
“Ti sei fatta male?” chiede lui, con un tono che azzarderei definire premuroso.
“No!” rispondo istintivamente, abbassando poi lo sguardo sul rivoletto di sangue che mi cola dal palmo destro.
“Sei un disastro” sorride lui, passandomi un braccio sulle spalle e guidandomi fuori dalla cucina, su per le scale.
“Non gocciarmi per terra” mi ammonisce dopo pochi scalini.
Alzo gli occhi al cielo “No”. Premuroso, come no. Mi ha smentita nel giro di 50 secondi.
“E devo ancora capire come cazzo hai fatto” aggiunge aprendo la porta del bagno.
“Il tuo bicchiere è esploso” spiego, beccandomi uno sguardo scettico dritto negli occhi. “Davvero” aggiungo annuendo velocemente con un faccino da angioletto.
Lui scuote la testa esasperato, mormorando tra i denti un “Ma da dove cavolo ti ha tirata fuori, Albarn?!”, senza però lasciarmi il tempo di rispondere. “Vieni” ordina, prendendo un batuffolo di cotone e la boccetta di disinfettante.
“Dammi, faccio io” ribatto, strappandogliele di mano.
“Guarda che brucia” insiste.
“Ho detto che faccio io!”
“Cazzo, sei la testardaggine in persona! Come quando non ti sei voluta mettere la crema solare-”
“Noel, esci?” lo interrompo puntando i piedi.
“Mi stai cacciando dal mio bagno?” domanda scioccato.
“Sì” confermo, sentendo un sorriso divertito aprirmisi in volto “Ce la faccio da sola”
Lui alza le spalle “Divertiti. Io vado a sistemare lo scempio che hai fatto giù”.
“Grazie!” ringhio, aspettando che la porta si chiuda.
Bene, ci mancava solo il taglio.
Sospiro, imbevendo il cotone di alcol e disinfettandomi la mano, sollevata nel non trovare pezzettini di vetro incastrati.
Peccato che il sangue continui a uscire, però!
Apro l’armadietto in cerca di una garza, ma il problema sussiste anche quando la trovo: come faccio a metterla da sola con una mano?
Mi guardo allo specchio decisa a trovare una soluzione, ma finisco presto per alzare gli occhi al cielo arrendendomi.
“Noooooeeeeeeeeeeeeel!”


“Meno male che eri quella che doveva farcela da sola” ridacchia seguendomi giù per le scale e ricontrollando la fasciatura “Che bravo, che sono”
“Tiratela di meno” brontolo entrando in cucina, dove dalle finestre aperte sta entrando il tepore della tarda mattinata.
“E’ difficile, quando sei un fottuto genio in tutto” risponde strafottente prendendo un altro bicchiere e versando del succo giallo in entrambi. “Mangia” aggiunge poi, col tono leggermente più ingentilito, allungandomi una fetta biscottata spalmata di marmellata.
“Buona” commento felice assaporando il gusto della confettura di fragole che si mischia alla croccantezza della fetta biscottata.
“Merito mio” sancisce.
“Merda, non è merito tuo!” sbotto esasperata “A meno che tu non sia un cazzo di chicco di grano o una fottuta piantina di fragole!”
Lui ridacchia, seminascosto dietro la sua fetta biscottata, poi solleva il bicchiere nella mia direzione “Alla tua acidità, cara. Cheers!”
“E non chiamarmi cara, cheers!” ribatto svogliata facendogli il verso, assaporando infine un sorso di succo.
“Toh” e infila un dito nel barattolo di marmellata per poi scorrermelo in faccia “Così ti addolcisci”
“Che schifo, Noel!” brontolo alzandomi in piedi e avvicinandomi al rubinetto, sotto le sue sonore risate da fottuto Gallagher.
“Ma c’è un argomento del quale si può parlare senza che tu faccia la ragazzina viziata e stizzita?” chiede incuriosito masticando sonoramente –che grazia!-.
“Sì, la vostra sconfitta” commento trionfante aprendo l’acqua e imbevendomi le mani.
Lui sbuffa, punto sul vivo: “Oppure potremmo parlare della tua stronzaggine”, ribatte.
“Nah” commento divertita, iniziando a sciacquarmi il viso “Non abbiamo abbastanza tempo per affrontare un argomento così vasto”
“Perché, a che ora hai intenzione di scappar via?” chiede, allontanandosi con la sedia dal tavolo, almeno a giudicare dal rumore.
“Prima che la carrozza si trasformi in zucca” rispondo prontamente, afferrando un canovaccio per asciugarmi il viso.
Lui scoppia in una delle sue risatine fastidiose “Ma per piacere! Non hai proprio nulla di Cenerentola, cara groupie” mi provoca, poi però resta in silenzio qualche secondo, mentre lo sento avvicinarsi alle mie spalle “A parte la bellezza” aggiunge, con un tono di voce dolce ma deciso allo stesso tempo.
Resto immobile, spiazzata, senza girarmi verso di lui, anche se so che ormai è a un passo da me. Questa non me l’aspettavo veramente.
Odio questo silenzio, che mi costringe a notare con quanta forza il cuore mi stia pompando il sangue, il quale tuttavia sembra dirigersi solo verso le mie guance.
Improvvisamente, sento le labbra di Noel sulla spalla sinistra e la sua mano appoggiarsi sul mio fianco, scivolando appena sotto la canotta azzurra.
Mi sento pietrificare, mentre lui inizia a ricoprirla lentamente di soffici baci, lasciandosi dietro una scia bruciante sulla mia pelle.
“Noel…” balbetto, focalizzandomi sulla sua mano che scorre fino al mio ventre bollente “Cosa stai facendo?”
Lui continua a posare quei dolci baci con una delicatezza che non avrei mai creduto che potesse avere: “Se mi dici di fermarmi mi fermo” sussurra piano con la sua calda voce, provocandomi un brivido lungo tutta la spina dorsale.
Non riesco a muovere un muscolo, ma a quanto pare ho allentato quelli delle mani, dato che il canovaccio è appena caduto ai miei piedi.
Chiudo gli occhi, beata, lasciando che la testa si reclini leggermente all’indietro, ma è decisamente una mossa sbagliata, perché così gli lascio libero accesso al mio collo.
Infatti questo non tarda ad essere raggiunto dai suoi caldi baci, leggeri, a fior di pelle, mentre la mano sul mio ventre mi tira leggermente verso di lui, il suo petto premuto sulla mia schiena.
Che cazzo sto facendo?
E’ Noel Gallagher, cazzo, Shine!!! No-el Gal-la-gher!
“Fermati!” sputo fuori velocemente, prima che il mio corpo sfugga nuovamente al mio controllo, ma lui non si ferma. Continua a risalirmi il collo con quei baci, il suo caldo respiro vicino al mio orecchio.
Bastardo! Così sei scorretto!!
“Bugiardo!” protesto inviperita, girandomi verso di lui “Avevi detto che ti saresti-”
Ma non faccio in tempo a finire la frase che le mie labbra vengono improvvisamente catturate da un suo bacio. Con una mano mi tira del tutto a sè e, mentre io mi ritrovo con le braccia piegate strette sul suo petto, affonda l’altra tra i miei capelli.
Ok, come cazzo siamo finiti così? Eravamo a punzecchiarci solo pochi secondi fa!
Eppure la cosa che mi sconcerta di più non è solo che Noel mi abbia baciata, bensì il fatto che io abbia appena iniziato a ricambiare con ingordigia questo bacio, prendendogli il volto tra le mani e inspirando il suo profumo!
In quel turbine di sensazioni, a occhi chiusi, tutto si mescola: la sua ruvida barba appena accennata che non gli ho lasciato il tempo di fare quando si è alzato, il freddo spigolo del ripiano del mobile da cucina dietro di me, il venticello che entra dalla finestra, la mano di Noel sulla mia schiena, il respiro di Noel sulle mie labbra, Noel, Noel, Noel!
Dopo non so quanti minuti, ci stacchiamo lentamente, ognuno con le mani sul volto dell’altro, i respiri affannati e i petti che si alzano e abbassano con forza.
Silenzio assordante.
Che cazzo ho fatto?
Non riesco a concentrarmi su nient’altro a parte questa domanda e il suo indecifrabile sorrisetto davanti ai miei occhi.
“Devo andare” dico piano, riassumendo un tono di voce controllato.
Senza aspettare una sua replica, mi dirigo decisa verso la porta, premendo il pulsante che apre il cancello e inforcando la mia bici non appena metto piede fuori da quel giardinetto.
Dopotutto devo ancora portare la camicia di Damon in lavanderia, no?
Sfreccio, sfreccio veloce finchè il vento fresco non diminuisce quella sensazione di calore sulla mia pelle.
Fanculo, Noel.



Salveeeeee! Sorpresa! Ho battuto i miei record di pubblicazione :D
Un paio di note:

-Sì, Alex ha veramente indossato la maglia con il logo degli Oasis alla puntata di TOTP del 24 agosto 1995, suonando Country House (bastardo ahah)

-la collana a cui fa riferimento Damon è quella che porta sempre e che, se ricordo bene, gli ha dato sua mamma;

-Jessica Albarn ha partorito la figlia Lola nel 95 (nella foto è già più grandicella) e ora è un’artista anche lei (Jessica), in quanto disegnatrice e illustratrice..



Nient’altro da dire, adesso chiedo a voi: ve l’aspettavate il bacio? Contente/deluse?

Spero che il capitolo vi sia piaciuto :)
(ma anche nel caso contrario, non esitate a farmelo sapere)

Un abbraccio
cherry

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Signorina Hamilton? ***


P r e m e s s a (it’s good to be back, it’s good to be back!!!)
Buonasera! Vi ricordate ancora di me? ç.ç
Mi scuso davvero per il ritardo. Purtroppo non è stato un bel periodo... tra ieri e oggi ho trovato finalmente il tempo per scrivere seriamente questo capitolo. Scusatemi davvero tanto…
Accidenti, è passato così tanto tempo che mi sento in dovere di ricordare a che punto eravamo arrivati ahah sì, Shine era appena uscita da casa di Noel, dopo averlo svegliato di mattina, essersi tagliata con un bicchiere e… c’era qualcos’altro? Averlo baciato, giusto ahah
Inoltre, onde evitare confusioni tra due personaggi che torneranno in campo, Justine Frischmann è la ragazza di Damon, Justine Andrew quella di Alex, il bassista :)
Mi scuso ancora per il ritardo, spero che non me ne vogliate…
Buona lettura
Un abbraccio
Cherry


12. Signorina Hamilton?



Bene, cosa dico ora? “Ciao Damon, sono stata a casa del nostro acerrimo nemico. La prima volta? No, ci ero pure già stata. Ah si, questa volta ci siamo anche baciati, sai com’è”
Fanculo.
Scuoto la testa con rabbia, serrando i pugni attorno al manubrio della mia bici, anche se con la mano destra è un po’ difficile: la fasciatura di Noel stringe.
Pedalo più forte che posso sfrecciando per le vie di Londra verso casa di Damon, concentrandomi sul rumore della catena della bici per non sentire il mio flusso di pensieri.
E poi… oh, non ci ha visti nessuno, neanche i suoi gatti! Quindi io sono andata in lavanderia e basta, il caso è chiuso!
Parcheggio la bici –anche se il verbo corretto sarebbe la scaglio per terra con rabbia- e aspetto qualche secondo per riprendere il controllo di me, sistemandomi i capelli dietro le orecchie.
Bene, si va in scena.
Apro la porta e saluto Damon, spaparanzato sulla poltrona, con la sua immancabile sigaretta tra le labbra.
“Ciao piccola” mi saluta distrattamente facendomi segno di raggiungerlo e sedermi sulle sue ginocchia.
Lo assecondo quando cattura le mie labbra in un bacio, ma mentre le sue mani scivolano velocemente sotto i miei vestiti non riesco a pensare altro che … si accorgerà del sapore di Noel???!!!
Ok, sto diventando paranoica, decisamente paranoica.
Intanto lui guida le mie mani sotto la sua maglietta, però si ferma quasi subito, accigliato.
“Cos’hai fatto qui?” chiede, alzandomi leggermente la mano destra.
Bè, è risaputo: quando bisogna nascondere qualcosa è meglio non discostarsi troppo dalla realtà –guardate e imparate, gente, ho una certa esperienza-.
“Niente di che, mi sono tagliata con un bicchiere” spiego tranquilla alzando le spalle.
Ma che brava, Shine, così si mente! Sì sì sì, pericolo scampato.
“… In lavanderia?” ribatte lui scettico.
BAM.
Oh merda.
No ok, non facciamoci prendere dal panico.
La regola numero 2 in una buona bugia è farcire la storia con un particolare verosimile che tolga ogni dubbio circa la nostra buonafede.
“No…” Dunque, la ragazza di Alex sarà un ottimo diversivo “Sono passata al pub con Justine…”
Ma non appena pronuncio queste parole la vedo affacciarsi incuriosita dalla cucina, il suo ragazzo dietro di lei.
Merda.. “… Frischmann” aggiungo allora in extremis.
“Con Justine Frischmann…?” ripete a bassa voce Damon alzando un sopracciglio, mentre io annuisco “La mia ragazza…” annuisco ancora “…che ti vorrebbe uccidere” conclude con scetticismo.
“Cosa vuoi che ti dica?” rispondo facendo la finta tonta “Si vede che era di buon umore”
“Sunshine” comincia severo fissando i suoi bellissimi occhi –ora leggermente assassini- nei miei “Non raccontarmi balle”
“Ah, grazie per la fiducia!” sbotto alzandomi in piedi. “Se non mi credi, chiedilo a lei quando la vedi!”
“Lo farò” promette lui lasciando uscire dalle labbra un leggero soffio di fumo, mentre mi squadra sospettoso.
“Massì, Damon, che ne sai?” aggiunge Justine –Andrews- con un sorriso “Magari la tua ragazza voleva ingraziarsela un po’, giusto per convincerla a fare i bagagli da qui”
“Questo sarebbe già più plausibile” ammette lui indeciso “Bè, comunque tu resti qui, Sunshine… qualsiasi cosa ti abbia detto…” Fa una piccola pausa “Sempre che vi siate veramente incontrate, ovvio”
Lo liquido con uno sbuffo sonoro e infastidito, optando piuttosto per raggiungere la mia amica in cucina –e salvarmi dall’interrogatorio-. Alex per fortuna è troppo intento a rollare due spinelli per prestare attenzione alla discussione. “Aprite le finestre!” ammonisco.
“Sì, mamma” sillaba Damon.
Non appena io e Justine rimaniamo sole nella stanza mi dirigo con nonchalance verso il frigorifero, dove la mia missione per la ricerca delle ciambelle perdute viene momentaneamente interrotta da lei che si schiarisce esageratamente la voce. Rimango immobile un secondo, poi riprendo indifferente a rovistare nel frigo.
“Ehm- ehm!!” Di nuovo.
Sbatto lo sportello e mi giro verso di lei, con la ciambella in mano e uno sguardo sottile negli occhi. “Che c’è?”
“Io ti ho coperta, davanti a Damon…” inizia con un sorrisetto “Ma non credere che mi sia bevuta la tua storiella”
“Che mi sono tagliata la mano con un bicchiere?” alzo le spalle con un visino da angioletto.
“No, quella può anche essere vera, conoscendo la tua imbranataggine” ridacchia, ma poi torna subito seria, braccia incrociate “Dov’eri?”
“In la-van-de-ri-a!!!”
“E???”
“Eeeeeeee basta”
“Con chi eri?” insiste con un sorrisetto furbetto.
“Ma si può sapere perché vi interessa tanto la mia vita sociale?” mormoro infastidita addentando la ciambella.
“Bè, per te e Damon non sono mai state un problema le vostre avventure con altre persone…” inizia a riflettere, ignorando completamente la mia domanda.
“Anche perché NON siamo una coppia!” sottolineo interrompendola.
“… Quindi” continua, ignorando anche questo mio illuminante intervento “se fossi stata con un semplice qualcuno non avresti avuto motivi di tentare di usarmi come espediente per nascondere con chi fossi …” le sue labbra si inarcano sempre di più, compiaciute, mentre la detective Justine Homes si avvicina alla verità –elementare, Sunshine!-.
“Sarai stanca dopo tutti questi sproloqui” la interrompo nuovamente “Vuoi un bicchiere d’acqua? In faccia, magari??!!” aggiungo stizzita.
“Quiiiiindi, le possibilità si riducono a quattro persone… Due, considerando i tuoi precedenti”.
Resto a guardarla in silenzio, seminascosta dalla mia ciambella che, se non fosse così buona, avrei già spappolato su quel suo visino tanto sicuro di sé.
“Te lo chiederò una volta sola, e ti prego di essere sincera, almeno con me… Me lo devi”
La guardo contrariata alzando un sopracciglio. Perché glielo devo?
“Perchè eri andata a letto con Alex” spiega velocemente reclinando la testa.
“Non ti conoscevo ancora!!!” replico prontamente con tono da capricci.
“Non importa, me lo devi e basta. Rispondi sinceramente”
Sospiro, annuendo. “Dimmi la domanda esatta… a bassa voce!” sottolineo, accennando con lo sguardo all’altra stanza.
“Eri con i Gallagher” decreta soddisfatta e compiaciuta appoggiando le mani sui fianchi.
Eri con i Gallagher.
Oh yeah, l’affermazione è sbagliata!
“No” decreto felice arricciando il naso e premiandomi con un altro morso di ciambella.
Justine assottiglia lo sguardo, riflettendo. “Eri con uno dei Gallagher”
BAM. Fanculo.
Ma come cavolo ha fatto? Ci spiava con le telecamere? Era nascosta nelle sopracciglia di Noel?
Sospiro, con fare arrendevole. “Ma avevi detto che mi avresti fatto una sola domanda…”
“Oh mio Dio!!!” squittisce lei applaudendo.
“Justine!” ringhio.
“Scusa scusa scusa!” si affretta a dire, prendendomi per mano e trascinandomi in camera da letto “Così sei lontana da orecchie indiscrete”.
“E’ un po’ difficile, sai, dato che tu sei ancora qui!” borbotto contrariata mentre chiude la porta.
 “Lo sapevo, lo sapevo!!!” continua imperterrita “Damon ti ucciderà” decreta continuando ad annuire velocemente a mo’ di scoiattolino caffeinomane.
“Damon non mi ucciderà perché, UNO, non glielo diciamo… e DUE, saranno un po’ cazzi miei, la gente che incontro?”
“Certo, Shine… ma stiamo parlando dei Gallagher, è diverso! E’ come se la moglie di John Major se la facesse con uno del partito laburista…”
“Da quando segui la politica?” mormoro disgustata.
“O come se una dei Capuleti se la facesse con uno dei Montecchi”
“Questa l’ho già sentita …” borbotto annoiata.
“O come se la ragazza di Simon LeBon se la facesse con qualcuno degli Spandau Ballet…”
“Sìsìsìsì, basta! Ho capito il concetto” esclamo tappandomi le orecchie, esasperata dai suoi settordicimila esempi e da tutti quei raccapriccianti come se se la facesse con.
“Chi dei due?” chiede impaziente mordicchiandosi il labbro.
“Avevi detto UNA DOMANDA!!!” replico alzando gli occhi al cielo e buttandomi sul materasso.
Lei mi afferra per le mani e mi ritira su “Almeno dimmi cos’avete fatto!” getta l’occhio sulla mia mano fasciata “Vi siete picchiati?”
“No” sillabo. Sarebbe stato meglio, però.
“Comunque ce li hai sempre intorno …” riflette, fissandomi con uno sguardo a  metà tra il serio e il malizioso “Ti sei chiesta cosa vogliono da te?”
“Bè…” mormoro abbassando lo sguardo di lato “Liam vorrebbe portarmi a letto”
“Anche molto sfacciatamente” conferma lei “E il fratello?”
Sgrano gli occhi innocentemente, nascondendomi dietro la ciambella e mordendomi un labbro “Paul?”
“No-el” scandisce lei, alzando lo sguardo al cielo.
Uffa.
“Noel è solo un antipatico sbruffone del cazzo, che devo ancora capire perché io me lo ritrovi sempre davanti, a parte ovviamente per il fatto che si diverte a sfottermi, a sfidarmi e a imporre la sua superiorità del cazzo! E’ un arrogante del cavolo che si crede di poter mettere sotto dittatura me e il resto del mondo! Antipatico, odioso e fastidioso come nessuno mai!”
Justine mi guarda compiaciuta, con un sorrisetto.
“Che c’è?” le ringhio contro.
“Niente… Hai appena risposto alla mia ultima domanda” decreta soddisfatta.
Fanculo, Justine Holmes.
 
E giusto poche ore dopo aver affrontato Justine 1, ecco arrivare Justine 2, also known as la Frischmann.
Sfreccio fuori di casa prima che Damon possa vederla e le corro incontro.
“Ancora qui?!” ringhia esasperata, i suoi capelli corvini che sembrano quasi arricciarsi dall’odio.
Eh, scusate, ma una povera pulzella con la casa allagata cosa può fare, se non farsi ospitare da una rockstar affascinante e sexy?
“Devi dire a Damon che stamattina abbiamo preso un drink insieme al pub”
Lei scoppia a ridere. “Ma sei scema?” mormora scuotendo la testa e scansandomi.
“No, devi dirlo davvero, è importante!” continuo ripiombandole davanti.
“Senti, non so cosa tu abbia combinato o cosa tu abbia in mente, ma non me ne frega un cazzo, hai capito?, bel visino da schiaffi?!”
Resto a fissarla decisa. “Se lo fai torno a casa mia”
Finalmente Justine sembra interessata ad ascoltarmi: il suo sguardo inquisitore mi squadra da capo a piedi e si sofferma sul mio bel visino da schiaffi. “Cosa devo dirgli?”
Sorrido “Che abbiamo preso un drink al pub insieme e…” sollevo la mano destra a mo’ di prova “…io mi sono tagliata con un bicchiere”
“Bene” ringhia “Però ti voglio fuori di qui entro due giorni”
“No, ok, io intendevo che sarei andata via non appena la mia casa sarebbe stata pronta” preciso subito.
“La tua casa e’ pronta, sei tu che vuoi star qua per farti sbattere da mattina a sera” ringhia stringendo i pugni.
“La mia casa è ancora allagata” e sono sincera. Perché nessuno mi crede mai? Il fatto che io abbia quella mia infallibile strategia per mentire dovrebbe forse essere una buona ragione per non credermi?!
E poi la mia casa è più vicina al mio nuovo lavoro, quindi ci sto prendendo due piccioni con una fava, cara Justine.
“Stanno andando troppo a rilento, quei lavori” sibila sospettosa.
“Dagli un incentivo” alzo le spalle.
Mi squadra con odio, poi mi ringhia un “In macchina”, sfilando le chiavi dalla borsetta.
“Great Western Road” squittisco dal sedile vicino al suo, mentre mi raggiunge dentro.
“Ok. E togli i tuoi piedi dal mio cruscotto, cazzo!”
Sbuffo platealmente, accontentandola.
Accidenti, sarà un viaggio davvero noioso.
 
Carico il vassoio con birre e sandwich, pronta a dirigermi al tavolo 4.
Settembre è ormai iniziato da più di una settimana e credo che gli eventi principali si possano riassumere in tre punti: numero 1, tra pochi giorni uscirà il nuovo disco dei ragazzi, The Great Escape, e ci aspettiamo tutti un ottimo risultato; numero 2, sono tornata nel mio vecchio appartamento dato che a quanto pare l’incentivo dato da Justine agli addetti ai lavori ha fatto il suo effetto –non scorderò mai il loro imbarazzo e nemmeno l’occhiata assassina lanciatami da Justine dopo che, avendo visto la cifra scritta sull’assegno ceduto loro, le ho rivolto un “Valgo così tanto per te?” sbattendo le palpebre-; numero 3, il mio nuovo lavoro mi piace sempre più. Sì, le colleghe e i colleghi sono quasi tutti simpatici, il padrone mi tiene sotto controllo ma finora non ho mai fatto un passo falso –a parte la scivolata e il ballo sul tavolo, certo, ma quelli sono stati prima della mia assunzione-, gli orari di lavoro non sono troppo pesanti, Damon viene spesso a trovarmi e… la mia divisa è bellissima.
Lo so, sono vanitosa, ma ogni volta che mi dirigo verso la saletta all’angolo non posso fare a meno di lanciarmi un’occhiata compiaciuta attraverso lo specchio: adoro, adoro, adoro questa gonnellina ampia nera sollevata da strati di tulle azzurro, sotto, che sembra dello stesso colore dei miei occhi. E il padrone è stato tanto gentile da lasciare che sulla targhetta scrivessero Shine Hamilton anziché il mio nome intero.
Appena stacco gli occhi dallo specchio, però, noto che sono entrati dei nuovi clienti, e non so se lo realizzo prima per il tintinnio della porta d’ingresso o per la scarica di adrenalina che mi invade il corpo: sì, lo so, li odio … però in fondo prima o poi li aspettavo –non so il perché e non voglio saperlo, zitta vocina!-.
Mentre Noel e Liam prendono posto al loro solito tavolino all’angolo, scarico velocemente il mio vassoio nelle mani di una collega che non faccio nemmeno in tempo a identificare e ne prendo uno vuoto. “Vai tu al tavolo 4, io vado al 7” decreto decisa, avvicinandomi con indifferenza ai due Gallagher che stanno discutendo di qualcosa –musica, per quanto riesco a tradurre simultaneamente dalla loro lingua ancora in fase di formazione-.
“Scusate, devo chiedervi di uscire” inizio veloce, spuntando alle loro spalle “Non avete letto che gli animali non sono ammessi nel locale?”
I due alzano contemporaneamente il loro sguardo incazzato su di me, ma bastano due secondi perché sgranino gli occhi, squadrandomi nella mia uniforme.
“Tu?” boccheggia Liam, appoggiandosi svaccato con un gomito sopra lo schienale della sedia. “Che cazzo ci fai qui…così?”
“Ci lavoro… e voi siete clienti, quindi comportatevi bene se non volete che vi faccia buttare fuori” rispondo tagliente.
“Buongiorno…” mormora Noel con un abbozzo di sorrisetto strafottente, assottigliando lo sguardo dopo averlo abbassato sul mio petto “… Signorina Hamilton”
“Hamilton?” chiede Liam, che pure sta guardando nello stesso punto.
“C’è scritto sulla targhetta, idiota” replica il fratello.
Liam anticipa la sua risposta con un sorriso malizioso, uno di quelli che ti fanno sentire…nuda “Perché, tu stai guardando la targhetta?!” prorompe sghignazzando.
Lo fulmino con lo sguardo, coprendomi la scollatura con il vassoio e spostandomi istintivamente. Peccato che così io sia finita a un centimetro dalla sedia di Noel.
“Porco” sillabo stizzita. “Cosa volete da bere?”
“Una Guinness, ovviamente” risponde accendendosi una cicca, ma mi curo a malapena della sua risposta, dato che la mia attenzione si è focalizzata su una leggera quanto bruciante sensazione sulla mia gamba destra: mi irrigidisco quando mi rendo conto che è stato Noel a lasciarci sopra una lenta carezza.
“E tu?” mentre mi sforzo di fulminarlo come avevo appena fatto col fratello.
“Idem”
“Le metto nel biberon o avete già imparato a bere dal bicchiere?” li rimbecco col tono che si usa con i bambini: fantastica l’occhiataccia che mi lanciano.
“Torno subito” sancisco ridacchiando e dando loro le spalle. “Non guardarmi sotto la gonna, Liam” aggiungo col mio sesto senso femminile senza voltarmi mentre mi allontano.
“Non lo stavo facendo!!!” ribatte lui.
“Sì, invece, l’ha fatto!” mi conferma Noel.
“Figlio di puttana!” lo insulta Liam.
“Non offendere la nostra mamma, idiota”
Scuoto la testa divertita raggiungendo il bancone e posizionando i bicchieri sotto l’erogatore in attesa che scenda la birra. Mamma che originali che sono: sempre Guinness, sempre Benson&Hedges…
Ma la birra non scende, fantastico.
Mi intrufolo veloce nel backstage del bar –lo so che non si chiama backstage, però è più figo così- per provvedere alla carestia di luppolo, ma, tornando poi al bancone, non faccio in tempo a scostare la tenda per uscire dalla penombra di quel corridoietto senza finestre che vengo bloccata da una figura appoggiata allo stipite.
“Salve, signorina Hamilton” sussurra sistemandomi i capelli dietro le orecchie e avanzando verso di me, costringendomi a indietreggiare leggermente per non far cadere il vassoio con i  bicchieri precariamente in equilibrio.
“Noel, i clienti non possono entrare qui dietro” ringhio appiattendomi contro il muro e aspettando che i miei occhi si abituino a questa penombra per metterlo a fuoco.
“I clienti normali no, Noel Gallagher sì” sancisce lui strafottente aspirando un tiro dalla sua sigaretta.
“Sei insopportabile” sibilo girando il volto di lato e rendendomi conto di quanta poca forza mi sia rimasta nella mano sinistra, sola a sopportare un vassoio con due birre.
“Sei sempre più acida, Sunshine” ridacchia.
“Sunshine…” ripeto esasperata “Era quasi meglio signorina Hamilton
“Signorina Hamilton….” sussurra allora buttando fuori il fumo “a che ora stacca?”
Sono grata a questa luce scarsissima che gli impedisce di notare quanto questa domanda mi abbia lasciata impreparata –e le guance leggermente arrossate-, ma… no, questa volta non gliela do’ vinta, mi spiace.
“Tra mezz’ora” rispondo veloce aggirandolo e tendendo aperta la tenda per passare alla zona bancone “Ma sono già impegnata con una delle rockstar più fighe della storia”
“Se parli della tua solita cattiva compagnia del cazzo, sappi che non ha niente della rockstar” borbotta avviandosi al tavolo, punto sul vivo.
Lo raggiungo per posare la sua birra e quella di Liam, allungando loro anche una ciotola di patatine “Rosicchia queste, Noel…” inizio gentile “… anziché rosicare e basta” concludo perfidamente liquidandolo con un sorrisetto.
Damon viene a prendermi quasi puntuale, con tanto di arrivo annunciato da un “Buonasera perdenti” lanciato da Alex, che non appena entrato aveva visto i Gallagher, impreparati, in procinto di alzarsi dal loro tavolo.
Cazzo, stanno andando via!
Senza nemmeno togliermi subito l’uniforme come faccio di solito, corro in mezzo alla sala buttandomi tra le braccia di Damon –o meglio, sulle sue labbra-, in uno di quei baci appassionati che da tempo non gli davo.
Qualcuno intanto è uscito sbattendo sonoramente la porta.
 
Un fottuto squillo del telefono mi sveglia alle 7 di mattina.
“Shine!!!” squittisce Justine Andrew dall’altro capo del filo.
Cerco di svegliare gli occhi dal loro torpore.
Cazzo, ma è il mio giorno libero! Io voglio dormire a quest’ora!
“Co..?” comincio, senza neanche la voglia di finire la frase.
“Hai letto l’Observer??!!”
“Justine, stavo dormendo! Secondo te mi metto a leggere il giornale alle 7 di  mattina durante il mio giorno libero?!”
“Bè, leggilo, subito! E se dopo questa dai ancora confidenza al tuo sbaciucchiatore del cazzo” –sì, purtroppo le avevo accennato qualcosa circa il fatto di Noel- “ti uccido io, prima che lo scopra Damon!” e riaggancia.
Ecco come cominciare bene la giornata, insomma.
Sbuffando, mi infilo i primi vestiti che trovo e zampetto fino al giornalaio più vicino.
“Una copia dell’Observer” mormoro, faticando incredibilmente nello sforzo di non trasformare la O di Observer in uno sbadiglio.
“A lei”
Sfoglio le pagine alla ricerca di un’intervista, quando.. ecco la faccia –da sbruffone- di Noel comparire al centro del foglio.
Scorro le colonne velocemente, ma non mi ci vuole molto per capire a cosa si riferisse la ragazza di Alex.
Mi irrigidisco non appena rileggo quelle parole.
“Odio quell’Alex e Damon. Spero che prendano l’AIDS e muoiano”





Note: Noel l’ha detto davvero, se le fonti sono giuste è stato il 17 settembre 1995.

Commenti sul capitolo?
Dai, mi mancava leggere le vostre nuove recensioni!!! :)

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Rabbia, adrenalina e...? ***


13. Rabbia, adrenalina e…?



Ok, Noel: cazzo, questa volta l’hai detta grossa!
Io e Justine restiamo sedute nell’accogliente salotto di Alex, al tavolo una di fronte all’altra, nascoste ciascuna dalla propria copia del fatidico Observer, rileggendo la frase che ormai sappiamo a memoria.
Odio quell’Alex e Damon. Spero che prendano l’AIDS e muoiano.
Ora, considerando l’altissima frequenza di fornicazione tra lei e Alex e tra me e Damon, si può ben capire quanto un’affermazione del genere ci dia fastidio.
Ad essere del tutto sincera io non me la legherei al dito con un triplo nodo come sta facendo Justine: ok, è una brutta cosa… ma per me è solo l’ennesimo spunto per attaccare Noel, quindi è anche un’occasione che prendo al volo. Non vedo l’ora di incontrarlo, solo per sfogarmi e dirgliene taaaaante, ma taaaante!
Justine invece l’ha veramente presa sul personale e la cosa più assurda è che sembra quasi che ce l’abbia con ME!
Come se la colpa di questa infelice affermazione possa essersi trasferita su di me per osmosi quando avevo –oddio, devo proprio dirlo di nuovo?- baciato Noel. No, precisiamo: lui aveva baciato me!!!
“Ehm-ehm!”
Eccola che si schiarisce la voce e che, almeno a giudicare dal fruscìo, abbassa il giornale –io rimango ancora ben nascosta dietro il mio-.
“Shine!!!” squittisce dopo poco accartocciandomelo e portandomi allo scoperto.
Resto a fissarla impassibile, alzando un sopracciglio “Complimenti per l’autocontrollo. Sei stata in Tibet di recente?”
“In Tibet ti ci spedisco io a calci in-”
“Heeeey!” la interrompo arricciando le labbra “Damon ti ucciderà se prendi a calci il mio bel culetto”
“Damon ucciderà te se viene a sapere che te la fai con chi gli ha augurato di prendersi l’aids” commenta tutta acidella incrociando le braccia.
“Justine” esclamo esasperata buttando la testa indietro “io ti voglio bene, ma se dici ancora un’altra volta che me la faccio con Noel ti picchio! Altrochè Tibet!”
“Cara, lo sai anche tu che è così!” inizia, con un tono più fastidioso di… No, non credo di aver mai sentito nient’altro di più fastidioso “Ti spalma la crema, ti toglie i vestiti” ed enfatizza ogni punto della sua lista mentale numerandolo con le dita “ti lascia biglietti, tu vai a casa sua, fate colazione insieme come due piccioncini, lui ti fascia la manina, vi baciate…”
“E’ successo UNA-VOLTA-SOLA!!!” ringhio appoggiando entrambe le mani al tavolo per scattare in piedi, paonazza “E non succederà più!”
Lei da’ prova delle sue alte capacità comunicative piegando la mano a paperella e facendomi il verso.
“Basta!” squittisco.
“Ti stai prendendo una cotta, Shine, attenta!” proferisce lei tamburellando con le dita sul tavolo.
“Per Noel Gallagher?! Ma che schifo, Justine!!!” sbotto mimando dei brividi e girandomi dall’altra parte “E’ brutto, antipatico, montato e fastidioso come pochi altri! Vuoi mettere con Damon?!”
La porta si apre proprio in quel momento, fortunatamente non un secondo prima, dato che ad entrare sono nientepopodimeno che il sopracitato e Alex.
“Amore!” esclama drammatica Justine andando incontro al suo ragazzo, come se stesse veramente morendo secondo la profezia di Noel.
Puah, quanto miele!
Io mi limito a studiare Damon per capire come abbia reagito alla notizia: nessuna imprecazione, nessuna esplosione di rabbia, però quella mascella contratta mi lascia poco all’immaginazione.
“Come l’hai presa?” chiedo allora, a bassa voce.
“BENE” sillaba teso “Sono superiore a queste cose. E’ Gallagher ad essere un coglione… e con un’affermazione del genere non fa altro che cadere in basso, più in basso della merda che è già”
Non appena Damon preferisce queste parole –decisamente in linea con la sua rassicurazione di essere superiore a queste cose, eh, signor Albarn?-, Justine si stacca dal collo del suo amato per sbirciare la mia reazione. Santo cielo, ma è proprio fissata!
“E’ un coglione!” ribadisce Damon, scuotendo la testa “Se me lo trovassi davanti adesso, io…” ma non riesce neanche a finire la frase, dalla rabbia. “Vieni” esclama invece, prendendomi frettolosamente per mano e trascinandomi senza troppi complimenti nella camera da letto –di Alex, ma tanto ci è abituato- “Ho bisogno di sfogarmi”
 
Una settimana dopo
Mi sveglio con Damon che si diverte a baciare e mordicchiare la mia pelle nuda. Crede davvero che basti questo per farmi uscire dal mio dormiveglia?
Mugugno qualcosa infastidita rigirandomi dall’altra parte. Scusate, le smancerie non fanno per me.
La sveglia suona dopo pochi istanti –grazie signor Albarn, mi hai fatto perdere preziosi secondi di sonno!- ed io non posso far altro che scattare e prepararmi per il lavoro.
“Damon, in piedi!” ordino dal bagno.
“Mmmh” mugugna lui, che è sempre stato un uomo di molte parole.
“Veloce! Devo essere al Queen’s tra venti minuti, tra meno di due esco di casa, e lo stesso vale per te”
“Io non devo essere al Queen’s” sancisce spaparanzandosi ancor di più sul mio letto.
“Sì, ma è casa mia, e devi uscire quando esco io sennò non posso chiudere a chiave”
“Che palle… E poi tu ce le hai le chiavi di casa mia, potevi darmi un duplicato”
Che ansia. “Io ho bisogno di libertà. Se vuoi giocare ai piccioncini, fallo con Justine” resto a guardarlo  a braccia incrociate, sulla soglia di casa, con la porta aperta.
Lui alza gli occhi al cielo e mi raggiunge fuori, i capelli che sembrano un ritaglio di steppa russa –non mi stupirei nel vederci spuntare dei minisoldatini in ricognizione- “Buon lavoro, Sunshine” mormora baciandomi.
“Buon dolce far niente, Damon” rispondo inforcando la mia bicicletta e iniziando a sfrecciare verso il Queen’s.
Nonostante il risveglio mattutino sia sempre drammatico, non mi dispiace girare per Londra così presto: l’aria è frizzante, le strade  non sono ancora troppo brulicanti di persone e per arrivare al lavoro passo quasi sempre dal celebre attraversamento pedonale di Abbey Road. Insomma, se mi impegno riesco ad iniziare la giornata col piede giusto, anche perché-
Merda!
Non appena entro in Regent’s Park Road li vedo: Noel e Liam. Sono ancora lontana, certo, ma non credo che, ora che siamo usciti dalla preistoria, ci siano altre persone al mondo con la camminata di Liam Gallagher. In mezzo a loro tra l’altro c’è una bionda che non riesco ancora a identificare…
Meg?
No, quando si gira per baciare l’australopiteco la riconosco: è Patsy –no, vocina, non ho tirato un sospiro di sollievo!-.
Care mie corde vocali, caricatevi di acidità! Meno tre, due, uno….“Hey, tu!” urlo con tutto il fiato che ho nei polmoni, rallentando con la bici. Ormai siamo a pochi metri.
Il “bel” trio davanti a me si gira perplesso, ma Liam, non appena mette a fuoco il mio sguardo inceneritore puntato sul fratello, muta subito la sua espressione in una più divertita e curiosa, prorompendo con un “Uuuuuh-uuuuuh” e battendo una pacca sulla spalla di Noel “Non ne esci vivo, stavolta”
“Fuori dai coglioni” sibila il maggiore a Liam, tenendo lo sguardo fisso su di me.
“Non vuoi un testimone?” ridacchia ancora.
Noel si irrigidisce “Non ci stiamo sposando”
Alzo gli occhi al cielo scuotendo la testa “Intendeva per il fatto che sto per ucciderti”
“Brava Shine, finalmente qualcuno che capisce il mio umorismo!” commenta felice alzando la mano libera –l’altra è rigorosamente prigioniera della stretta di Patsy- e aspettandosi un cinque.
No, scusate, da quando sono diventata il buddy di Liam Gallagher?! Infatti la riabbassa dopo aver notato l’occhiata sottile e impassibile che gli ho lanciato, rimanendo immobile. Scuote la testa “Va bene, vi  lascio! Buona guerra” e se me va seguito da Patsy che nemmeno ci saluta, se non con un cenno del capo. Ragazzi, quanto è spocchiosa!
Rimaniamo io e Noel, uno di fronte all’altra, la bicicletta ora appoggiata al muro di una casa a pochi metri dal Queen’s, dove Liam tra l’altro è appena entrato.
L’espressione di Noel è rigida, i tratti del viso ancora più duri del solito, le labbra occupate a tirare dalla sigaretta. “Che cazzo vuoi” sputa fuori lentamente, stretto nel suo lungo cappotto nero.
Come se non lo sapesse! Sei un pessimo attore, Noel.
“Lo sai benissimo. Hai sollevato un polverone troppo grande per esserti veramente dimenticato lo schifo di frase che hai detto” inizio inviperita. Giustamente, infatti, si era beccato un sacco di critiche ed era stato praticamente costretto a chiedere scusa tramite i media… però non aveva avuto le palle di affrontare direttamente la questione con Damon e Alex, sempre che si fosse pentito veramente di quello che ha detto.
“Io dico quel cazzo che voglio” sputa fuori lentamente, avvicinandosi a me.
“Tu non ti rendi conto di quello che hai detto!” ringhio, facendo confluire in me tutta l’indignazione che aveva avuto Justine quando abbiamo letto la notizia.
“Stai tranquilla” inizia, interrompendosi per aspirare dalla sigaretta “il tuo amore non muore solo perché l’ho detto io” conclude con disprezzo assottigliando gli occhi.
“Dovresti scusarti” commento con tono da vipera incrociando le braccia.
“L’ho fatto” ringhia avvicinandosi.
“Non di persona, né con Damon, né con Alex, né con me”
“Con te?!” sillaba stupito fissando i suoi occhietti azzurri nei miei, avvicinandosi troppo.
“Hai augurato l’aids a Damon! A Damon!” sottolineo “Quindi sarebbe come dire che lo prendessi anch’io”
Lui boccheggia qualche secondo, allucinato dalla mia logica “Ma… cazzo, sei assurda!” esclama scuotendo la testa “Tu e il resto dell’Inghilterra! Tutti questi fottuti casini per una cazzo di frase!”
Lancio un’occhiata veloce all’orologio. Sono in ritardo.
“Addio Noel” mormoro senza guardarlo negli occhi.
“Sunshine, cazzo, almeno posso dare delle spiegazioni?! Lasciami parlare!” continua, arrabbiato, facendomi girare verso di lui.
“Va bene, parla” commento svogliata, ma non appena apre le labbra io rimonto in bici, senza degnarlo di uno sguardo.
“Hai detto che mi avresti lasciato parlare” esclama infastidito venendomi dietro.
“Esatto” mi giro verso di lui aprendomi in un finto sorriso “Non che ti avrei ascoltato” concludo prima di seminarlo. Caro Noel, avremmo dovuto lasciare che Liam assistesse solo per avere un testimone alla mia uscita trionfale.
 
Questa sera sono tornata dal lavoro veramente a pezzi: non solo ho dovuto fare due ore di straordinari, ma tornando indietro mi è pure scoppiata una gomma della bici! Quindi mi è toccato andare fino a casa di Damon, allungando la strada, certo –e con una bici mezza morta non è il massimo-, ma almeno lui è capace di ripararla.
“Sei un disastro” commenta entrando in casa, dove io giaccio sul suo divano in pelle nera, più rotta della mia bici “Prima allaghi la casa, poi ti tagli la mano, poi rompi la bici…”
“E tu rompi le palle” mugugno punta sul vivo raggomitolandomi a occhi chiusi.
Sento la sua mano accarezzarmi la fronte, puntualmente poi sostituita dalle sue labbra, che mi percorrono il viso lasciandoci sopra baci a fior di pelle.
“Sono stanca…” mi lamento a bassa voce con tono infantile, focalizzando la mia attenzione sulle gambe doloranti.
“Stai ferma, allora”  sussurra piano, riprendendo a baciarmi e accarezzarmi. Lo sento scendere fino al collo, le mani che scorrono sulle mie cosce. Squilla il telefono.
Damon impreca un qualcosa che viene fortunatamente coperto dal quarto squillo prima di decidersi a rispondere.
“Sì, è qui..” lo sento borbottare “Sunshine, c’è tuo cugino”
Apro gli occhi alzando un sopracciglio. Brad? Accidenti, non ci sentiamo da.. boh, due anni? E mi chiama proprio ora che sto completando la mia metamorfosi in divano da arredo?!
Trascino le mie stanche membra fino alla cornetta –sì, ok, sono tragica, ma provate voi a farvi chilometri tirandovi dietro una bici mezza morta dopo ore di lavoro- “Ciao Brad” mugugno sbadigliando.
“Ciao Sunshine”
No, un momento! Brad lo sa che odio quando mi si chiama col mio nome intero, anche se quando eravamo piccoli lo faceva apposta. Non è Brad, è una voce che non riesco a riconoscere…
“Sono bravo a fare le imitazioni?” continua, mentre il sangue mi si gela nelle vene.
Noel.
Cazzo, sono nel salotto di Damon al telefono con Noel Gallagher. Probabilità di essere ammazzata dal signor Albarn? Si accettano scommesse.
“Che cazzo vuoi?” sussurro piano, controllando che Damon sia ancora nell’altra stanza.
“Parlarti. Dato che stamattina non me ne hai lasciato il tempo”
“Oh, e…sai una cosa? Qualcosa mi dice che non te lo lascerò neanche adesso. Ciao Noel”
Sì, sì!!! Uscita trionfale anche questa volta, Shine!
“Aspetta! Guarda fuori dalla finestra” continua però lui.
Fuori dalla finestra? E’ un bluff?!
Damon tra l’altro è appena rientrato in soggiorno, quindi mi avvicino alle tende con molta nonchalance, ma non appena sposto il pesante tessuto in stile scozzese non posso far altro che sussultare.
Noel sta chiamando dalla cabina di fronte alla strada, vicino ad una macchina parcheggiata con dentro un autista annoiato. Riesco a vedere il suo solito sorrisetto perfino da qui, nonostante fuori sia ormai buio.
“Vai via” sibilo alla cornetta facendogli segno di andarsene.
Lui scuote la testa. “Esci” ordina col suo solito tono da dittatore.
“No” punto i piedi. “Allora Brad, come sono andate la vacanze?” improvviso in extremis quando noto l’espressione spaesata di Damon, fermo come uno stoccafisso con una bottiglia di birra in mano.
Sento la risata di Noel dall’altro capo del filo “Ma guardati, come sei spaventata”
“Non è vero” ringhio.
“Invece sì. Esci” ripete.
“No!”
“Allora entro io”
“NO!” urlo, beccandomi un’altra occhiata interrogativa da parte del signor stoccafisso Albarn “N-noo…” ripeto nel panico, improvvisando nuovamente “Non puoi andare a studiare in Francia, Brad! Mi mancherai tantissimo!”
Noel ridacchia divertito “Anche tu mi mancherai, tesoro. Ma non preoccuparti, vengo a trovarti tra pochi secondi” e riattacca.
No, no, no, NO!
Se Noel vieni qui Damon mi uccide.
E fa bene!
Devo andare fuori, una scusa! Serve una scusa!
“Hey, faccio un salto al pub all’angolo” sputo fuori imbracciando la borsetta “Brad è venuto a trovarmi”
“Ma…”
Gli catturo le labbra in un lungo bacio, senza lasciargli il tempo di replicare o di fare supposizioni “Torno tra poco, prepara il letto” sibilo maliziosa. Bene, questo basterà a distrarlo.
Sfreccio fuori nella fresca aria serale, accorgendomi con orrore che Noel è già a pochi passi dalla porta.
“Ma sei pazzo?” ringhio stizzita.
“Sapevo che saresti stata qui” spiega con un sorriso beffardo “Sei monotona”
“Che cazzo vuoi?” sibilo lanciando occhiate nervose alla finestra del soggiorno. “E come fai a sapere dove abita Damon?”
“Nel nostro ambiente si può venire a sapere tutto con una telefonata, cara” spiega con un sorrisetto tenendomi aperta la portiera posteriore della sua auto lucida.
“Non chiamarmi cara, cazzo!” mi lamento entrando dentro, non prima di aver controllato bene che non ci fosse nessuno a testimoniare questo atto altamente contrario alla mia morale.
Lui mi segue dentro, sporgendosi poi in avanti e dicendo –o ordinando- all’autista di prendersi qualche minuto di pausa.
“No!” ringhio “Non puoi lasciare la macchina qui davanti alla finestra di casa!”
Lui alza gli occhi al cielo, scuotendo la testa “Non ti facevo così sottomessa ad Albarn, Sunshine” mi sbeffeggia, prima di dire all’autista di parcheggiare da qualche altra parte.
“Potevi guidare tu, almeno… Avresti fatto più bella figura” brontolo incrociando le braccia e sprofondando nel sedile, in maniera poco femminile, me ne rendo conto, ma chisssenefrega.
“Non ho la patente”
“Sei inutile” lo rimbecco. Che poi non ce l’ha nemmeno Damon, eh… Ma dovrò pur criticare Gallagher, in un modo o nell’altro. “Muoviti col tuo discorso, così me ne vado di qui” concludo, scorrendo distrattamente una mano sui sedili di pelle.
Che situazione assurda… C’è un silenzio così assordante che mi costringe a concentrarmi su ciò che riesco a percepire con gli altri sensi: la fioca luce dell’abitacolo dell’auto, l’adrenalina che mi scorre in corpo spazzando via l’apatia di pochi minuti fa, il freddo pungente di una serata di settembre, la strana stoffa del cappotto nero di Noel –leggermente aperto-, le righe della sua camicia azzurra, i suoi occhi fissi su di me, le sue labbra tese, la tensione che si potrebbe tagliare con un coltello…
“Ero ubriaco” sputa fuori.
Corrugo le sopracciglia, davanti alla sua presunzione che la gente possa capire ciò che gli passa per la testa senza che dia un minimo di coordinate spazio-temporali.
“Quando?”
“Quando ho detto quella cosa sull’aids” risponde avvicinandosi leggermente, fino a sentire il suo fiato sulle mie labbra.
“Non importa, l’hai detto” sancisco incrociando le braccia.
“Cazzo, Sunshine! Me lo sono rimangiato subito! La giornalista insisteva e l’ha scritto lo stesso” continua, afferrandomi per i gomiti e facendomi girare verso di lui, costringendomi a fissare gli occhi nel suo sguardo intenso.
“Non importa” ripeto, girando il viso di lato “Tanto non ti parlo finché non chiedi scusa” sancisco preparandomi a sigillare le labbra.
Lui scuote la testa esasperato, poi sembra ripensarci “Ok” conclude, senza mollare la presa sui miei gomiti.
Senza che io abbia il tempo di rendermene conto, mi tira a sé e mi bacia con forza.
Ma… ma non avevo le labbra sigillate?!
“Noel!” ringhio staccandomi.
“Tanto hai detto che non mi parli, no?” ripete col suo tono sbruffone riavvicinandosi a me… e non so davvero come comportarmi, cazzo. “Almeno così non sento le tue frecciatine da vipera” e mi ribacia, più dolcemente questa volta.
E io non mi stacco.
Fanculo.
Perché non mi sono staccata?
Perché non mi sto ancora staccando?
Perché ho la sensazione che non riuscirò più a staccarmi?
La mano di Noel scorre sulla mia schiena, facendomi rabbrividire e spingendomi a stringermi ancora di più a lui. Sento la stoffa del suo cappotto strofinare sulla pelle nuda delle mie braccia e solo adesso mi ricordo  che fino a pochi istanti fa avevo freddo. Ora non più.
Mi afferra il viso con entrambe le mani e continua a baciarmi le labbra senza troppa delicatezza, mentre io attorciglio le dita tra i suoi capelli bruni.
Mi stacco per baciare ogni centimetro del suo viso, assaporando il sapore di proibito direttamente sulla sua pelle.
Ma non avevi detto a Justine che quel bacio sarebbe stato l’ultimo?
Stai zitta, vocina! Non lo saprà mai nessuno.
Veniamo fermati da un forte tuono che interrompe il silenzio e, per qualche secondo, l’alchimia tra le nostre labbra. Ho paura che stia per scoppiare un temporale, pochi istanti fa mi era anche sembrato di vedere un paio di lampi…
“Io torno a casa” sancisco aprendo la portiera.
Lui mi segue fuori, nella pioggia, e non mi lascia andare prima di aver assaporato un’altra volta le mie labbra e accarezzato i miei capelli bagnati, sistemandomeli dietro le orecchie.
“Io torno a casa” ripeto, rabbrividendo sotto la pioggia.
“A casa-casa o… a casa di Albarn?” domanda con finta disinvoltura, ansimando leggermente.
Curvo le labbra in un sorriso malizioso: come mai tutto questo interesse? “A casa di Damon”
“Non capirò mai cosa ci trovi in un coglione del genere…” sibila piano, una nuvoletta di vapore esce dalle sue labbra.
Bè, almeno Noel e Damon hanno qualcosa in comune: si riferiscono all’altro rigorosamente con coglione o chiamandosi per cognome…
“Non capirò mai cosa ci trovi in Meg Matthews” ribatto “Dille che la tinta bionda le sta da culo: le fa risaltare le sopracciglia peggio che a tuo fratello”
“Riuscirai mai a fare una battuta senza nominare le sopracciglia?” mormora incrociando le braccia.
“Riuscirai mai a scrivere una canzone senza son-shiaiiin?” ringhio allontanandomi.
E’ incredibile quanto Noel riesca a mischiarmi nel sangue adrenalina, rabbia e… un qualcosa che non riesco bene a identificare.
Non riesci o non vuoi?
Merda di vocina.

 



Buongiorno gente!!! Come state?
Dunque, le giustificazioni di Noel circa la frase detta le ho prese da un’intervista (se vi interessa, la trovate su youtube digitando Oasis vs Blur)
Questo capitolo l’ho scritto più velocemente del solito perché tra pochi giorni –se tutto va bene- parto… Spero che lo stile non ne abbia risentito troppo.
Commenti sugli eventi? Ve l’aspettavate un altro bacio? La vocina mentale di Sunshine vi mancava? ahah :3
Un abbraccio e vi ringrazio tanto per le recensioni ricevute finora!
Date un senso a questa mia voglia di scrivere <3
cherry

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Chi altri vuole litigare con me alzi la mano! ***




14. Chi altri vuole litigare con me alzi la mano!


 

Resto appoggiata con il viso tra le mani, annoiata, i gomiti puntati sulla mensolina della finestra del Queen’s, lo sguardo perso oltre le goccioline d’acqua che si rincorrono lungo il vetro e che sembrano avere una vita più attiva della mia.
Che noia…
Questo settembre non passa più.
Mi accendo una sigaretta e sospiro, non sapendo in quale altro modo passare i miei venti minuti di pausa: fuori piove –strano, vero?-, quindi non posso neanche prendermi una boccata d’aria in pace.
Fanculo.
Damon e i ragazzi sono in tour negli States, Justine –beata lei- ha seguito Alex, mentre io… sono bloccata qui.
E’ la prima volta da quando ho conosciuto Damon che mi perdo un loro tour: niente valigie, niente urla ai concerti, niente camere d’albergo, niente nottate passate a testare la resistenza dei letti.
Per quanto il signor Albarn abbia cercato in tutti  i modi di convincermi a partire con loro, comunque, non potevo certo mollare il mio nuovo lavoro, no?
E quindi eccomi qui, sola, in una Londra che non mi era mai sembrata così grande. Ok, ogni tanto esco con i colleghi, però non è la stessa cosa: mi manca il mio ambiente, i backstage, la musica…
Tutta sola, quindi. Senza Damon, senza Justine –c’è rimasta solo la Frischmann, ma non mi sembra il caso di andarla a trovare-, senza i ragazzi, senza… Mi mordo le labbra, scacciando dalla mia mente quegli occhietti azzurri e quel sorrisetto sbruffone. Eppure tutta questa pioggia non fa altro che ricordarmi il nostro ultimo bacio, non moltissimi giorni fa, nella sua macchina e anche fuori, premuta contro la portiera. Da quella sera non l’ho più rivisto, ma in fondo Londra è davvero troppo grande per aspettarmi di rincontrarlo per caso così spesso. Scuoto la testa disgustata appena mi rendo conto di aver lanciato l’ennesima occhiata alla porta d’ingresso. Rimettiti a lavorare, Shine: ti fanno male questi momenti di riflessione!
 

Ossigeno, acqua, cibo… Sì, anche quelle sono cose importanti –credo-, però il fatto è che senza musica e backstage, capite, io non ci posso stare!
Ok, Damon non c’è, però il pass che mi ha dato sì, infatti sono ormai tre o quattro giorni che mi aggiro negli studi di Mtv: ho rivisto Robbie Williams, preso un drink con Jarvis Cocker dopo aver assistito ad una sessione dei Pulp… ma il momento migliore credo sia stato quando mi sono messa in prima fila ad un’esibizione degli Elastica, facendo il tifo per la Frischmann.
Ragazzi, ci mancava poco che mi lanciasse il microfono in faccia!
Che ingrata, poi: avrebbe anche potuto ringraziarmi per il fatto che io non sia negli States con il suo Damonuccio e che al posto mio ci siano a turno una decina di ragazze raccattate a caso là, delle quali non ricorderà nemmeno i volti.
Mi aggiro nei corridoi gremiti di cameramen, assistenti e tecnici, cercando di non inciampare su quei pavimenti ricoperti di cavi e fili, quando improvvisamente alzo lo sguardo e metto a fuoco Noel.
Mi arresto di colpo.
Il cuore mi salta un battito quando mi accorgo che Gallagher non ha abbandonato quella sua mania di andare in giro con gli scimpanzé, solo che questa volta non si tratta di un australopiteco dal monociglio -ma comunque nel complesso abbastanza figo-, bensì di una scimmia totalmente sgraziata e dai capelli visibilmente tinti di biondo.
Meg Matthews.
Mi nascondo leggermente dietro il muro, spuntando appena con la testa per sbirciarli alle loro spalle.
E’ la prima volta che la vedo dal vivo… ed è la prima volta che li vedo insieme, anche se insieme sembra esagerato, dato che sono ognuno per i fatti propri, non si guardano, non si tengono per mano… Boh.
Damon e Justine mi sembrano più affiatati, nonostante tutto e nonostante … me.
Me …
Chissà se in un’ipotetica proporzione matematica ci sia una ragazza che sta a Noel come io sto a Damon. Cioè, di groupie comuni sarebbe da preoccuparsi se non ne avesse, ovvio: chi non ne ha, in questo ambiente? Io però non intendo queste qui, che stanno nelle stanze delle rockstar solo per una notte, mentre il giorno dopo nessuno si ricorda più di loro: io mi chiedo se Noel abbia proprio una che lo segue ovunque, pronta ad assecondare le sue richieste e a passare tour, notti e giornate con lui. Per pochi istanti prende forma nella mia mente l’immagine sfocata di un’ipotetica groupie che si aggira per Supernova Heights, si siede sul divanetto ridacchiando, accarezza Benson, sfila nuda su per le scale, entra in cucina per preparare a Noel la colazione … Le mie dita si stringono intorno allo spigolo della parete, le nocche diventano bianche e il mio stomaco si chiude. Cosa cavolo mi sta succedendo?
Questa strana e spiacevole sensazione, però, è nulla in confronto a quella che provo quando vedo Meg che, non appena passano dei giornalisti armati di macchine fotografiche, si appropria delle labbra di Noel.
Le sue stupide unghie perfette si intrecciano nei suoi capelli e le sue tette ben in mostra si premono contro il suo petto. Tutto questo dura fino a quando i flash dei fotografi non si dirigono verso Paul Weller: in quel momento Meg si stacca subito e, riprendendosi il drink che aveva appoggiato poco prima, sballonzola in un altro corridoio, mentre Noel rimane lì, intento ad accendersi una sigaretta.
Mi stacco dal muro arretrando di un passo: lui è ancora di spalle e non mi vede … devo andarmene di qui, ho troppa rabbia in corpo.
“Sunshine” mormora lui con un sorriso non appena mi riconosce.
Troppo lenta.
 Resto immobile e lo guardo avvicinarsi, ancora concentrata sul forte pulsare del mio sangue in corpo.
Vai via, Noel. Lo dico per il tuo bene …
“Hey…” continua, in attesa di un saluto, aspirando una lunga boccata di fumo.
“Che cazzo vuoi da me?” ringhio piano, senza lasciar trasparire nessuna emozione dalla mia maschera di rabbia.
Lui alza gli occhi al cielo. “Wow, ogni giorno ne hai una” mormora ironico “Oggi cosa c’è?”
“Fai poco lo spiritoso. Sei … sei …”
“Cosa sono?! Finisci le frasi, almeno, Sunshine!” borbotta serio e infastidito “Se sei perennemente incazzata col mondo, non devi per forza prendertela con me”
“Non sono incazzata col mondo, sei tu che mi fai incazzare solo a vederti!”
“Ah, sono io?” mormora lasciando uscire il fumo.
“Sì, tu … tu e …” balbetto frenetica, non sapendo neanche a cosa aggrapparmi “Tu e le tue cazzo di affermazioni sull’aids”
Lui sgrana gli occhi scioccato “Ancora con questa storia?! Sei veramente incredibile, cazzo” scuote la testa esasperato “Avevamo già chiarito, mi pare”
Sì, lo so.
Sento solo un forte impulso di offenderti.
Non so neanch’io cosa sto dicendo.
Devo andarmene prima che litighiamo seriamente: scuoto la testa e faccio qualche passo, lasciandomelo alle spalle, ma lui mi rincorre e mi obbliga a girarmi verso di lui e a guardarlo negli occhi.
“Che cazzo ti prende?” mi chiede serio.
“NIENTE” urlo “Ero di buon umore prima di venire qui e … sentire la tua musica di merda”
Mi mordo il labbro. Dal fuoco nei suoi occhi mi rendo conto che non dovevo toccare la sua musica: è la peggiore offesa.
“Musica di merda? Che cazzo ne può sapere di musica una che impazzisce per canzoni senza senso che parlano di case di campagna?!”
“La canzone senza senso che parla di case di campagna ha venduto migliaia di copie in più della tua, ti ricordo!” ringhio dando uno strattone al braccio per liberarmi.
“Aspetta che esca il nostro nuovo disco e poi ne riparliamo, Sunshine” dichiara competitivo catturandomi nuovamente lo sguardo “E in ogni caso, chi cazzo ti credi di essere per giudicare me o la mia musica, si può sapere?!”
Scuoto la testa furibonda fissando il pavimento, ma..-
“E guardami negli occhi quando ti parlo” ringhia lui alzandomi il viso e tenendomi ferma a pochi centimetri da lui. Non gli ho mai visto i tratti del volto così irrigiditi, gli occhi così arrabbiati e le labbra così tese …
Le labbra …
Perché le mie iniziano a prudere?
“Vaffanculo, Noel” sputo fuori “Sei solo un perdente, non arriverai mai da nessuna parte”
Che cazzo sto dicendo?
“Vaffanculo a te, Sunshine” mi urla dietro lui mentre mi allontano in cerca di … aria? “E complimenti: a forza di startene con quel coglione di Albarn sei diventata più stronza di lui”
Sì, aria. Ho decisamente bisogno di aria.
 
Se settembre era il mese della solitudine, ottobre è anche peggio, perché è nientepopodimeno che il mese della solitudine e della beffa.
Già, il 3 ottobre è uscito il nuovo disco dei fottuti northerner, What’s the story morning glory -con qualche parentesi buttata alla cazzo nel mezzo del titolo-.
Il successo è stato enorme, ENORME: nel giro di una settimana ha venduto quasi 350000 copie solo qui nello UK e quello che mi preoccupa di più è il fatto che stia scalzando il disco dei ragazzi. Anzi, il peggio è che sicuramente verranno nominati entrambi come candidati per l’album dell’anno ai prossimi Brit Awards e … temo proprio che questa volta potrebbero vincere gli Oasis.
Fanculo.
Alla radio stanno passando le loro canzoni troppo spesso: ce n’è una che ha un titolo senza senso, Wonderwall, eppure è davvero … bella, credo. Solo che io non posso sopportare le loro canzoni in radio, specialmente quando sto lavorando: una volta ho quasi rovesciato una birra in testa ad un cliente quando è partita la schitarrata di Morning Glory –che poi come mai non è stata ancora censurata una canzone che ha per titolo l’alzabandiera mattutino?!-. L’unica che mi fermo ad ascoltare, se proprio devo ammetterlo, è Don’t look back in anger, sì.
Chissà perché, vero?
Vocina di merda -ah, dimenticavo: io e lei andiamo sempre meno d’accordo-.
Ottobre non mi sta piacendo proprio per niente, no no.
Il clima è qualcosa di terribile: il freddo inizia a penetrare nelle ossa, il sole è ormai un miraggio e non è rara quell’antipatica nebbiolina che mi arriccia puntualmente una ciocca di capelli ribelli.
Noel non l’ho più rivisto dal giorno in cui gli ho spiattellato in faccia quelle cattiverie assurde: io sono troppo orgogliosa per andare da lui a scusarmi e lui –giustamente, devo ammetterlo- dopo tutto quello che gli ho detto non mi ha più cercata.
Non si è più nemmeno fatto vedere al Queen’s -e nonostante tutto io continuo a guardare quella porta troppe volte.
L’unica cosa positiva in questo quadretto di rabbia è il fatto che stasera tornano i ragazzi dal tour americano, durato ben più di due settimane.
Wow, io e Damon non siamo mai stati così tanto tempo senza andare a letto insieme.
Infatti mi spiace, Justine, ma dovrai berti –o fingere di bere- la sua storiella del ritardo del volo, perché Damon ha già reclamato me per questa notte.
Quando finisco il turno, però, non posso fare a meno di lanciare un’ultima occhiata alla porta –invano- prima di arrendermi, cambiarmi e prepararmi ad andare dal signor Albarn.
 

Bene, tra sette secondi saranno già dieci minuti che lo aspetto fuori, al buio e al freddo, congelata come un pinguino davanti alla porta di casa sua. E io ODIO aspettare.
Eppure mi aveva detto di essere da lui per le 8.30…
“Piccolaaa!” esclama felice scendendo dalla macchina e correndomi incontro, mentre l’autista scarica la sua mega valigia.
“Rockstar” mormoro sorridente prima che lui mi catturi le labbra in un lungo bacio “Mi hai fatta aspettare” lo rimprovero cercando un po’ di calore sul suo cappotto.
“Mi farò perdonare” promette lui con un tono malizioso, però c’è qualcosa che non va nella sua voce.
“Damon?”
“Cosa?” domanda lui reclinando la testa di lato, con uno scatto troppo veloce.
Iperattivo.
Merda.
“Cos’hai fatto prima di venire qui?”
“Sono stato da Alex”.
Pupille dilatate, occhi sbarrati.
Fantastico. ‘Sono stato da Alex’ equivale bene ad ‘Abbiamo usato una carta di credito, ma non per fare acquisti’.
Coca, insomma.
“Cazzo, Damon, non ci vediamo da un’eternità! Non potevi aspettare ad ‘andare da Alex’?” sbuffo mimando le virgolette e lasciando che lui mi prenda per mano trascinandomi in casa.
“Ma sto beneee! Sono lucido, piccola” mi rassicura con un veloce occhiolino per niente rassicurante.
Che palle.
Non che sia la prima volta che lo vedo così, ovviamente. Però … dai, proprio stasera che non ci vedevamo da settimane doveva pippare?!
Lo seguo sbuffando verso la camera da letto, dove lui mi preme con il suo corpo contro lo stipite della porta e inizia a baciarmi.
“Mi sei mancata” ansima piano col suo tono tremendamente sexy, facendo scivolare le mani sotto il mio maglione bianco.
“Hai almeno due settimane di arretrati e dieci minuti di ritardo da farti perdonare, ti ricordo” sussurro.
“Vedrò cosa posso fare” ridacchia mordendomi il labbro. Con un veloce gesto del capo indica il letto “Tu preparati, piccola, arrivo subito. Prendo da bere”
Ah, pure?
Mi lascio cadere sul soffice materasso nel quale non sprofondavo da troppo tempo, accarezzando la coperta con una mano. Ho freddo, in effetti.
Mi immergo totalmente in questa penombra, ad occhi chiusi, concentrandomi sul piacevole silenzio che pervade la stanza. Percepisco solo il rumore del frigorifero aperto e chiuso in cucina, due bicchieri che tintinnano, poi di nuovo silenzio.
“Damooon” mi lamento contorcendomi leggermente. Quanto cazzo ci metti?
“Un momento, sto controllando la posta!” urla tranquillo dall’altra stanza.
“Mmmm” mi lamento, tornando ad abbassare le palpebre in attesa, in silenzio.
Sbarro gli occhi, però, quando sento uno stridente rumore di cristallo rotto.
Il bicchiere?
“Damon, cazzo, meno male che eri lucido!”
“Io SONO lucido! E’ qualcun’altro, qui, che non lo è stata!” urla con una voce decisamente diversa da quella usata poco fa e sempre più alta, sempre più vicina. Ma che accidenti gli prende?!
Il suo ingresso in camera è preannunciato da un forte boato quando lui spalanca la porta con un calcio, facendola sbattere contro il muro e provocandomi un urlo che mi si soffoca in gola.
“Zitta” grida subito sferrando un pugno contro lo stipite della porta.
Damon è una maschera di rabbia: gli occhi spalancati, le pupille troppo dilatate, la mascella serrata …
“Che cazzo ti prende? Sei impazzito?” ansimo scioccata scattando in piedi e correndo in avanti per uscire di qui.
“Seduta” ringhia afferrandomi per i gomiti e riportandomi in camera.
“Mi fai paura!!!” grido isterica stringendomi alla sua tuta, talmente nel panico da non capire neanche se io stia cercando di allontanare Mr Hyde o di aggrapparmi a lui per farlo tornare ad essere il buon dottor Jekyll che conosco.
“Ho detto seduta!” ripete con rabbia spingendomi indietro e facendomi cadere sul letto.
“Damon, che ti prende?” balbetto scossa sedendomi e guardandolo negli occhi.
Non l’avessi mai fatto.
Il suo sguardo è un qualcosa di insostenibile: carico di rabbia e … disprezzo, sembra.
Senza neanche degnarmi di una risposta, mi lancia addosso una busta bianca, priva di indirizzo o francobollo, già aperta.
La allargo con le dita per scoprire cosa contenga e tutto ciò che ne tiro fuori sono due foto lucide ma scure.
Le avvicino agli occhi e mi sento mancare l’aria: come cazzo è possibile?
Non c’era nessuno, avevo controllato!
E quei lampi?
Quei lampi che avevo visto?
Allora non erano davvero fulmini, erano i flash di questo stronzo di paparazzo!
Mi porto istintivamente una mano a coprirmi la bocca mentre lo sguardo non si stacca da quei due corpi aggrovigliati nel buio, illuminati solo dalla luce della macchina ma ben riconoscibili.
Io e Noel che ci baciamo.
E se anche a qualcuno fossero rimasti dei dubbi, viene tutto confermato dalla seconda foto, nella quale siamo entrambi fuori dall’auto, sotto la pioggia.
Merda …
Senza che io me ne renda conto, le foto mi vengono strappate dalle mani e scaraventate da qualche parte insieme alla busta.
“Che cazzo c’è tra te e Gallagher?” mi urla contro Damon.
“Niente!” ringhio alzandomi in piedi.
No, devo stare calma, devo stare calma almeno io.
Faccio un respiro profondo e cerco di moderare il tono di voce “Damon, ne riparliamo domani quando sei più calmo”. E quando non sei sotto effetto di droghe varie.
“NO!” urla lui trascinandomi in soggiorno e accendendo la luce, anche se questa repentina luminosità lo costringe a sbattere le palpebre più volte nascondendosi il viso dietro la mano “Ne parliamo ADESSO!”
Cazzo, Damon. Non ti ho mai visto così.
Torna come prima, ti prego! Torna come prima. “Calmati però” sussurro.
“No!” ripete lui venendomi incontro e tenendomi stretta a lui con un braccio dietro la schiena “Che cazzo c’è tra te e Gallagher, ho detto”
“Niente” piagnucolo esasperata cercando di liberarmi. “E poi che cazzo te ne frega a te?! Tu stai con Justine!”
E tu vai a letto con chi vuoi, " ripete a mo' di filastrocca "lo so, è quello che dici sempre quando la gente ci chiede se stiamo insieme. Ma tu ti rendi conto di chi stiamo parlando?!” incalza, alzando il tono.
“E’ una persona come un’altra” cerco di giustificarmi, anche se ormai mi manca il fiato.
“E’ Noel Gallagher, Sunshine! E’ quello che mi ha augurato di morire, ricordi?” aggiunge cercando il mio sguardo, con un sorriso inquietante ispirato sicuramente dalla droga che gli circola in corpo “E’ quello che sta cercando di battere i nostri record, ricordi? E’ quello che non deve azzardarsi a prendersi le cose che sono mie!!!”
Le cose. Adesso è questo che sono io?
“Sei andata a letto con lui?” incalza ancora.
“No!”
“Vi siete baciati altre volte?”
Resto in silenzio, ansimando. Non so neanche cosa rispondere, io.. io …
“Rispondi, Sunshine, cazzo!!! Vi siete baciati altre volte?” mi urla in faccia, gli occhi iniettati di sangue e le pupille sempre più dilatate dalla droga.
“Sì” sputo fuori, disperata.
Non lo vedo arrivare.
Non avrei mai immaginato che potesse arrivare, da Damon.
Arriva prima il rumore: prima sento lo sciaf e la mia mano si porta istintivamente sulla guancia colpita.
Solo dopo qualche secondo inizia il dolore causato dalla cinquina che Damon mi ha stampato in faccia.
Non ci credo, non ci credo, non è successo, è tutto ciò che riesco a pensare, ansimante, fissando il pavimento.
“Come cazzo ti è saltato in testa?” boccheggio allibita.
“Come cazzo è saltato in testa A TE, di fare quello che hai fatto, Sunshine! Vai fuori di qui” ordina, e non finisce neanche la frase che già mi ha presa per un gomito, trascinandomi verso l’uscio di casa.
“Damon, aspetta, sei pazzo?!” urlo disperata cercando di fermarlo.
“Fuori, ho detto!” E con un botto sonoro mi sbatte la porta dietro, lasciandomi fuori al buio e al freddo.
“Damon!!!” urlo isterica battendo pugni sulla porta “Damon, aprimi!”
Nessuna risposta. Sento solo il rumore di qualcosa che viene fatto a pezzi, là dentro. Probabilmente l’altro bicchiere.
“Damon!” ansimo appoggiandomi col viso alla porta “Almeno dammi la borsa… Mi servono le chiavi di casa mia!”
Nessuna risposta.
“Damon, ti prego!” urlo disperata tirando pugni e calci a quella fottuta porta chiusa. “Dammi le chiavi!!!”
Le tende della grande finestra del soggiorno vengono chiuse … e anche la questione, credo.
No, non ci credo… E’ una situazione assurda. Come siamo finiti così? E’ successo tutto troppo in fretta.
Mi siedo sul gradino all’ingresso, vicino alla mia bici, prendendomi la testa tra le mani.
Sono fuori di casa, di notte, da sola, senza chiavi.
Come cazzo faccio adesso?




Salve ragazze!
Questo capitolo ce l’avevo pronto da un po’, ma la mia hostfamily si è trasferita in una nuova casa (a Twickenham, London, yeah) e non avevo internet. Mi spiace :(
(By the way, se qualcuna di voi capitasse a londra … let me know)

E’ un capitolo un po’ di svolta, un po’ di transizione, diciamo.
Il precedente non ha riscosso molto successo, mi pare, quindi spero che per questo capitolo abbiate qualcosina da dire, nel bene o nel male. Pleeeease ç.ç ahah :) ve l’aspettavate che il bacio con Noel sarebbe venuto a galla(gher) in questo modo?

Un abbraccio
Cherry

PS: se tra di voi ci fossero fan dei Pink Floyd, vi informo che ho pubblicato una one shot su Syd Barrett e ragazza nella loro sezione… La trovate nel mio profilo ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Un'ipotetica oasi(s) di salvezza ***


15. Un’ipotetica oasi(s) di salvezza




Non ci credo.
Non ci credo.
Ma che situazione assurda è questa?
Damon che ha dato di matto e io fuori da sola, di  notte, senza le chiavi di casa.
Cosa faccio?
La mia mente oscilla continuamente tra la disperata ricerca di possibili soluzioni e la speranza che sia solo un brutto sogno o uno scherzo.
Speranza illusoria, direi, dato che sono qui fuori da un quarto d’ora ormai e Damon non si è più fatto vivo.
Sono scioccata, veramente scioccata.
Capisco l’incazzatura, ma addirittura lasciarmi così, abbandonata a me stessa di notte?!
Non me l’aspettavo da lui, così come non mi aspettavo lo schiaffo.
Delusa, sì.
Delusa e sconvolta … E nonostante tutto non riesco ancora a versare una sola lacrima, cazzo!
Quanto vorrei sfogarmi, per una volta!
E’ chiedere tanto, poter scoppiare a piangere per sciogliere questo nodo alla gola?
Stupidi fottuti meccanismi mentali: perché non riesco più a piangere, dalla morte di Andrew?
Sospiro, ricacciando giù in gola questo magone.
Sono sola, sola qui fuori.
Justine?
Lei mi aiuterebbe sicuramente –Justine Andrews, ovvio-, dovrei solo riuscire ad avvisarla.
In effetti c’è sempre la cabina rossa qui davanti a casa, ma il –piccolo- problema è che non ricordo il suo numero a memoria, nonostante io l’abbia composto così tante volte –finisce con 6 o con 7?-.
Frugo nelle mie tasche alla ricerca di qualche spicciolo: 1 pound.
Il costo minimo per la chiamata è 60 pence, quindi… affrontiamo la reatà: ho un solo tentativo.
Merda.
Mi trascino infreddolita dentro la cabina e, premendo le cifre di quei tasti scrostati, giro la ruota della fortuna.
Sei, decido timidamente alla fine.
“Il numero chiamato è inesistente” mi risponde felice il disco registrato.
“Fanculo!!!” urlo arrabbiata e disperata sbattendo la cornetta con tutta la forza che ho in corpo, fino a farla cadere e finire a penzoloni, con un tu-tu-tu di sottofondo.
Fanculo.
Come faccio?!
La casa di Alex e Justine è troppo lontana da raggiungere in bici.
Metropolitana?
Abbasso gli occhi sui miei shorts cortissimi e fisso i miei tacchi a spillo.
No, ho paura ad andare in metro da sola a quest’ora.
E poi anche volendo non ho comunque i soldi per il biglietto.
Merda, questo mi ricorda il fatto che io non abbia nemmeno i soldi per un hotel -a meno che non ci sia un bed&breakfast che accetti 40 pence come deposito, ovviamente.
Scuoto la testa, sempre più disperata.
Come faccio?!
Non voglio passare la notte fuori… Ho freddo… Ho paura…
Lo sguardo mi cade sulla bicicletta e subito mi si accende una lampadina in testa, pensando a quali amici o conoscenti abitino abbastanza in zona.
Lampadina? No! Questo è un corto circuito, Shine!
Sì, vocina, hai ragione… Ma da chi altri potrei andare?
Sospiro.
Noel.
Lo so, è la mossa più stupida: se Alice andasse dalla regina di cuori forse farebbe un affare migliore del mio …
Andare da Noel Gallagher dopo tutto quello che gli ho detto, bah.
Eppure mi ritrovo ad inforcare la mia fedele bicicletta e a sfrecciare per le strade londinesi, cercando di non concentrarmi né sul bruciore dello schiaffo di Damon, né su questo fottuto vento freddo che mi sferza gambe e faccia … né tantomeno su quanto sia stupida questa mia idea.
 
Da quanto tempo sono qui, ferma e impalata come un baccalà, davanti al cancello di Supernova Heights?
La mia mano è piegata all’altezza del campanello, le dita infreddolite, ma non riesco a trovare il coraggio di suonare: Noel sarà sicuramente arrabbiato con me.
Con che coraggio posso presentarmi da lui dopo avergli detto che mi fa incazzare solo a guardarlo, che fa musica di merda e che non arriverà mai da nessuna parte nella vita?
Il brivido di freddo che mi percorre la spina dorsale però mi spinge a suonare il campanello, senza neanche pensarci su di nuovo, anche se mentre lo faccio sorge in me il terribile dubbio che Meg Matthews possa essere lì dentro.
La luce al piano terra è accesa, quindi c’è qualcuno sicuramente… Ma chi?
Prima ancora che io possa ripensarci, però,  sento che la cornetta del citofono viene spostata.
“Chi è?”
Trattengo il fiato. “Shine” sibilo quasi atona.
Silenzio per qualche secondo, durante il quale non faccio altro che concentrarmi mio malgrado sul freddo che mi sento fin dentro le ossa.
“Non conosco nessuna Shine” risponde infine.
Sospiro esasperata chiudendo gli occhi. “Noel, per favore
“Nome completo, prego”
“Shine Hamilton” lo accontento sbuffando.
Nome, non cognome, mi pare di aver chiesto” borbotta.
Perché deve essere così fastidioso?
Scuoto la testa prima di abbassarla, sconfitta. D’altronde ha lui il coltello dalla parte del manico. “Sunshine”.
E come fosse una parola magica –e non il nome che detesto, come lui ben sa-, il cancello finalmente si apre.
Cominciamo bene, comunque.
Questa volta Noel non mi aspetta nemmeno alla porta, ma la lascia leggermente socchiusa.
Nonostante una parte di me si stia preparando psicologicamente al northerner permaloso da affrontare, l’altra metà riesce a godersi per qualche secondo il tepore che si sente entrando in questa casa, lasciandosi alle spalle il freddo di questa terribile –in tutti i sensi- nottata.
Infilando meccanicamente le mani nelle tasche degli shorts, muovo qualche timido passo verso il soggiorno, dal quale sento provenire delle sonore risate.
Liam.
E’ Liam quello seduto sul divano a sghignazzare apertamente vicino al loro chitarrista.
Noel è in piedi, al centro della sala, una maglietta verde addosso e il più severo degli sguardi nei suoi occhi di ghiaccio: non fa un minimo di accenno verso di me.
“Che cazzo vuoi” sibila con una voce piatta e disinteressata senza guardarmi negli occhi.
Già, che cazzo voglio? Devo ancora capirlo esattamente anch’io: cosa mi aspetto da lui?
Chino la testa, prendendo coscienza del fatto che dovrò rinunciare al mio orgoglio.
Spero solo di riuscire almeno a rispondere, dato che sono talmente stanca e sconvolta che sento le gambe cedermi e non provo altro che una fottuta voglia di piangere.
“Ho litigato con Damon” sussurro, fissando le punte delle mie scarpe e cercando di camuffare la mia voce spezzata.
“Non sento” ringhia impassibile.
Chiudo gli occhi esasperata. “Ho litigato con Damon” ripeto ad alta voce sollevando la testa di scatto.
Un’esclamazione indecifrabile di Liam passa in secondo piano a causa di un ben noto miagolìo.
Benson.
Vedo il micio zampettarmi incontro felice, ma sono talmente persa e in soggezione che non riesco neanche a degnarlo delle attenzioni che gli riservavo.
“E quindi?” incalza Noel con indifferenza, aspirando un tiro dalla sigaretta che si è appena acceso.
Mi tormento le dita nascoste nelle tasche. “Mi ha buttata fuori di casa… e non ho un posto per passare la notte”.
“E quiiindi?” ripete, mentre io serro i pugni.
Fanculo, Noel!
Ha capito benissimo cosa sto chiedendo implicitamente!
Perché vuole proprio umiliarmi?
“Lasciala fuori” prorompe Liam ridacchiando “O chiedile qualcosa in cambio”
“Non mi ha ancora chiesto niente” risponde monotono il fratello “O sbaglio, Sunshine?”
“Hai capito lo stesso…” mugugno, sempre a testa bassa, mentre osservo Benson che, miagolando, ha appoggiato la zampina poco sotto il mio ginocchio per drizzarsi e allungarsi verso di me.
Mi spiace , Benson, non riesco a connettere….
Non riesco a capire…
Non riesco a muovermi…
“Chiedimelo esplicitamente” ordina impassibile Noel sputando fuori il fumo. “Coraggio! Chiedi un favore allo stronzo che non arriverà mai da nessuna parte”
Chiudo gli occhi, concentrandomi su quanto il mio stomaco si stia contorcendo.
Se l’è proprio presa.
Glielo chiedo lo stesso?
“Posso dormire qui…?” riapro gli occhi, per sbirciare la sua reazione “Per piacere” aggiungo allora controvoglia, avendo notato la sua maschera di rigidità.
“Mmmh” sembra riflettere, avanzando verso di me “Il contenuto è buono, ma la forma lascia un po’ a desiderare, non credi?” commenta provocante con un irritante tono da sbruffone, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Resto immobile e zitta. Cosa vuole che dica?
Sputa fuori un po’ di fumo. “Devi dire: ti prego Noel, mi permetti di dormire qui, ti scongiuro?” sancisce, beccandosi l’approvazione di Liam e del chitarrista, sempre più appassionati, ormai piegati in avanti con i gomiti appoggiati alle ginocchia.
Ma stiamo scherzando?
E’ troppo umiliante, come domanda!
Ti prego?! Permetti?! SCONGIURO?!
Fottuto dittatore del cazzo.
Dunque, analizziamo la situazione …
Opzione uno: ripeto quello che vuole lui e mi assicuro –forse- un posticino sicuro e al calduccio per dormire.
Opzione due: salvo quel che resta del mio orgoglio ma me ne torno fuori al freddo per tutta la notte … da sola.
Sospiro, sconfitta, abbassando lo sguardo.
Sto veramente per dirlo?
“Ti prego, Noel-” inizio controvoglia, ma lui mi ferma subito alzando una mano in aria.
Sospiro sollevata. A quanto pare non è così stronzo quanto pensavo.. o quanto vuole far credere: si è reso conto anche lui che stava esagerando.
Quando alzo lo sguardo felice, però, mi accorgo che lui è ancora una maschera di indifferenza e severità.
Fissa in suoi occhietti nei miei e … “Devi dirlo in ginocchio” sputa fuori serio.
La mia mente, che stasera ha dovuto affrontare troppe cose, smette di pensare, se ne va in standby: riesco solo a percepire lo uuuuh-uuuuuh malizioso ululato da Liam e condito dalle risate del chitarrista.
Annuncio dell’ultima ora: la mia mente e la mia vocina sono ormai in totale black out.
Bene, perché ora è l’istinto a prendere il sopravvento.
Mi sfugge una risatina nervosa, mentre chiudo gli occhi e scuoto la testa scioccata.
“Sai una cosa, Noel? Vaffanculo! Mi meraviglio di come io possa aver pensato di poter avere un minimo di comprensione da te! Sei veramente uno stronzo di dittatore del cazzo e senza un briciolo di cuore” sputo fuori prima di fare dietrofront “E voi due non siete da meno” aggiungo, riferendomi alle due sagome spaparanzate sul divano.
Sbatto la porta dietro di me e sono talmente incazzata che quasi non faccio caso al freddo pungente che ricomincia a torturarmi la pelle.
Anche il cancelletto, fanculo!
Il secondo colpo echeggia nel silenzio notturno mentre io mi lascio alle spalle la fottuta Supernova Heights e, soprattutto, il suo fottuto proprietario.
Percorro qualche metro giusto per uscire dal campo visivo della finestra del soggiorno di Noel, slacciando i cinturini dei tacchi e liberando i miei piedi doloranti prima di sedermi sul marmetto davanti al cancello di un’altra villa a caso.
Sospiro sconfitta.
Stupida…
Veramente.
Cosa pensavo di ottenere?
In fondo … chi sono io per Noel?
Come potevo seriamente pensare che mi avrebbe aiutata?
E infatti … rieccomi al punto di partenza: da sola, di notte, fuori, al freddo.
Mi accendo una sigaretta, con movimenti nervosi e apatici allo stesso tempo.
Se premo il palmo della mia mano contro la calda pelle della guancia destra sento ancora male … ma è possibile che le parole di Noel mi brucino dentro ancora più dello schiaffo di Damon?
Fisso lo sguardo nel vuoto, concentrandomi solo sulla punta fiammeggiante della mia sigaretta.
“Hey” esclama una voce affianco a me.
Non devo girarmi per riconoscere Noel, anzi: non schiodo il mio sguardo dalla punta della cicca.
Aspiro un altro tiro, in silenzio.
Vattene.
“Che c’è, adesso non mi parli neanche più?” chiede, con una voce decisamente più rilassata rispetto a quella che solo pochi minuti fa mi ha fatto ribollire il sangue nelle vene.
Sputo fuori il fumo, sempre senza degnare Noel di uno sguardo.
“Fanculo” rispondo svogliata.
Lui si lascia scappare una risatina divertita “Eri meglio quando non mi parlavi, allora” replica tranquillo sedendosi vicino a me e infilandosi una sigaretta in bocca. “Hai da accendere?”
E’ scioccante quanto stia cercando di comportarsi come se niente fosse …
Mi sfilo l’accendino dalla tasca e glielo porgo, senza spostare lo sguardo dalla desolazione della strada davanti a noi.
Con la coda dell’occhio noto che si copre la bocca per riparare la fiamma dal vento, poi mi riallunga l’accendino, cercando di prendermi la mano quando lo impugno, ma io sono più veloce a sfilarla, prima di tornare nella mia immobilità e immergermi nel silenzio.
Si sente solo il rumore di me e Noel che, per niente sincronizzati, aspiriamo e buttiamo fuori fumo, consumando le nostre sigarette e la nostra tensione.
Sì, se non fossi talmente sconvolta e apatica probabilmente mi preoccuperei di questa forte tensione che si può percepire ad occhi chiusi.
Fatto sta che la mia sigaretta l’ho iniziata prima che lui arrivasse, quindi ormai è consumata.
Lascio che muoia del tutto, poi mi rinfilo i tacchi e mi alzo in piedi, allontanandomi dallo stronzo seduto qui vicino.
“Dove credi di andare?” sussurra.
“Non lo so” rispondo nervosa alzando le braccia al cielo e girandomi velocemente verso di lui “Per strada, da qualche parte” ringhio, dandogli nuovamente le spalle.
“Smettila” mi urla dietro, ma io non mi fermo, anzi! Accelero il passo per lasciarmi alle spalle tutta la sua arroganza e-
Mi afferra per un polso e mi gira con forza, dopo avermi raggiunta“Smettila, ho detto!” ripete deciso.
“Vaffanculo, Noel” ripeto delusa e ferita, dando uno strattone “Sei uno stronzo” mugugno.
“Lo so, me l’hai detto” sorride, alzandomi leggermente il mento con due dita “Ma credi veramente che ti lascerei qui così?”
Lo fisso negli occhi, notando il suo sguardo ora più ingentilito e profondo, ma resto in silenzio.
Non mi fido.
“Non ho intenzione di chiedertelo in ginocchio” brontolo decisa.
“Peccato” ridacchia, aspirando l’ultimo tiro dalla sigaretta “Dai, vieni” sussurra … e intreccia la mano nella mia.
Lo seguo a testa bassa, lasciandomi condurre oltre il cancelletto di Supernova Hieghts, oltre l’ingresso, oltre la porta del salotto … Liam e il chitarrista sono ancora lì seduti, probabilmente in attesa degli sviluppi.
“Fuori dai coglioni” li liquida velocemente Noel.
“Vorrai scherzare?!” si lamenta il fratello, allungando i piedi sul tavolino “Mi fai perdere il meglio?”
Noel glieli sposta prontamente “A casa, ho detto” aggiunge severo.
I due se ne vanno con qualche imprecazione e risatina –idioti-, lasciando due profondi solchi nel divano su cui erano elegantemente spaparanzati.
Io resto da sola in questo salotto dalle luci così smorzate, godendomi il piacere di questo calore diminuito però dal forte imbarazzo che sento fin dentro nelle ossa.
Dopo aver chiuso la porta d’ingresso, Noel torna da me, fermandosi a qualche metro, in silenzio.
In silenzio come me.
Questo non fa altro che aumentare la tensione e l’imbarazzo che, come fili invisibili, sembrano collegare me e Noel, lo so, ma … che potrei dire per rompere il silenzio?
Questa sera mi sento come se il mondo mi fosse crollato addosso: la mia solita spavalderia e spensieratezza hanno lasciato il posto ad un opprimente senso di impotenza.
Non riesco a pensare, non riesco a ragionare, non riesco a capire cosa io debba fare, né tantomeno cosa mi succederà.
Non riesco a distinguere il giusto dallo sbagliato.
Non riesco a capacitarmi dello schiaffo di Damon e di come lui, lui che conosco da quasi un anno ormai, possa avermi lasciata così.
Voglio piangere, sì. Voglio piangere.
Non davanti a Noel, ovvio, ma ho tanto bisogno di sfogarmi … eppure non riesce a scendere nessuna lacrima.
Fanculo.
Interrompo la mia apatia solo per appoggiare le mani sul divano e sussurrare atona “Posso dormire qui sopra?”
Noel mi fissa a lungo, con uno sguardo indecifrabile nei suoi occhietti azzurri.
Il silenzio è talmente profondo che riesco a percepire solo i suoi respiri.
Schiude le labbra, ma sembra ripensarci. “Vado a prenderti una coperta” annuncia infine, scomparendo di sopra, mentre io lo seguo con lo sguardo.
Sospiro, sfilandomi nuovamente i tacchi e sdraiandomi su un fianco.
Mmmmeeeeeow.
Benson balza sul poggia braccia vicino ai miei piedi, ma non ha il coraggio di avvicinarsi: dopotutto prima l’ho altamente ignorato.
Povera piccola palla di peli.
Gli faccio segno di venirmi vicino e mi sforzo di sorridergli, anche se stasera mi risulta veramente impossibile: mi rendo conto da sola di quanto questo stupido sorriso somigli sicuramente di più ad una smorfia di dolore, per cui preferisco tornare nella mia maschera di apatia, limitandomi ad accarezzarlo.
“Non senti anche tu un forte peso sullo stomaco, Benson?” sussurro pianissimo cercando di vincere il groppo alla gola.
Lui mi fissa smarrito, decidendosi poi per un miagolio e strusciando la sua testolina sul mio collo.
Eccoci ripiombati nel silenzio, almeno fino a quando non sento i passi di Noel scendere le scale e arrivare in salotto.
Senza proferire parola, arriva davanti a me e mi stende delicatamente addosso una coperta di pile a fantasie scozzesi. Anche Benson resta qui sotto al calduccio con me.
“Hai ancora freddo?”
Scuoto la testa, senza riuscire a staccare lo sguardo dal vuoto né tantomeno a rilassare i muscoli del mio viso.
Noel resta a fissarmi per qualche secondo, poi nota qualcosa che lo fa accigliare di colpo: sposta leggermente il lampadario per indirizzare il debole fascio di luce su di me.
Non capisco.
Si china e mi accarezza i capelli con una mano, mentre l’altra la posa delicatamente sulla mia guancia destra.
Ah, lo schiaffo.
“Mi dispiace” sussurra, accarezzando dolcemente lo stampo del palmo e delle dita di Damon.
Abbasso lo sguardo, annuendo meccanicamente, in silenzio.
“Cos’hai combinato?” chiede piano.
Sospiro affaticata. “E’ colpa tua” mugugno a bassa voce.
“Mia?!” esclama scioccato alzando la sua di qualche ottava.
Annuisco “Qualche stronzo di paparazzo gli ha passato delle foto di quando ci siamo baciati nella tua auto” sputo fuori sospirando.
Lui si irrigidisce leggermente, ma riprende quasi subito ad accarezzarmi la guancia. “Allora digli che la prossima volta deve farti girare con un cartello proprietà privata addosso” mormora sarcastico con una punta di disprezzo … come sempre, quando parla di Damon, d’altronde.
Non ce la faccio più a continuare una conversazione, comunque. Voglio restare sola …
“Buonanotte Noel” mugugno, godendomi l’ultimo movimento delle sue dita intrecciate nei miei capelli.
Lui resta a fissarmi, con lo sguardo indecifrabile di poco prima.
“Buonanotte Sunshine” risponde infine.
Sento i suoi passi allontanarsi dietro di me, fuori dal salotto …
Chiudo gli occhi “Grazie” sussurro veloce, prima che sia troppo tardi.
Il rumore dei passi si arresta per qualche secondo, facendoci ripiombare nel silenzio.
Poi ricomincia, cadenzando i gradini uno dopo l’altro.




Salve popolo di EFP! Questa volta ho aggiornato in anticipo rispetto ai miei soliti tempi :D
*si fa la ola da sola*
*la ola viene male, ma almeno “ola” e “sola” hanno fatto rima
Dunque, siamo arrivati ad uno dei capitoli che avevo più voglia di scrivere.
Mi rendo conto che non si tratta della Sunshine alla quale siete abituati, ma io credo che sarebbe risultata disumana se non avesse mai avuto un cedimento, un momento di totale sconforto … una crisi, insomma.
Da quando l’ho lasciata fuori dalla porta, ho cercato di immedesimarmi il più possibile e di pensare “cosa farebbe Sunshine?” ed ecco che mi sono iniziate le varie ipotesi, come quella di telefonare a Justine eccetera.

Vi ringrazio per le recensioni lasciate allo scorso capitolo :)
Ve l’aspettavate la reazione di Noel?
(E c’è stato anche un cameo di Benson, per tutti i suoi fans :3 ahah)
 
Un abbraccio dallo UK
cherry

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Andrew ***


16. Andrew



Onde, rumore forte di onde.
Mi sembra di annegare,no: sto annegando!
“Aiuto!”
La voce non mi esce, anzi: la mia bocca si riempie di acqua fino a farmi bruciare i polmoni.
Flash, flash di luce nei miei occhi.
Sciaf.
Uno schiaffo mi costringe a girare la testa e a guardare sotto di me: oddio, il vuoto!
Precipito!
Cerco disperatamente di aggrapparmi a qualcosa o a qualcuno, ma non c’è nessuno a cui aggrapparmi.
Precipito!
No, basta, basta!
BOOM.


Il rumore di una porta sbattuta mi sveglia bruscamente.
Punto un gomito sulla superficie morbida sotto di me per cercare di sollevarmi appena, mentre con l’altra mano mi scosto i capelli dal viso sudato.
Mi ci vuole giusto qualche secondo per riprendermi dall’incubo e capire dove io mi trovi.
Il salotto di Noel.
Cos’è stato quel rumore?
Mi giro e mi ritrovo dietro il divano nientepopodimeno che il proprietario di Supernova Heights, fermo, impalato, con una tazza fumante tra le mani.
“Scusa, mi è scivolata …” commenta piano, indicando col capo la porta della cucina.
Alzo un sopracciglio sospettosa “Veramente?”
Lui cerca di assumere un’espressione confusa, ma si arrende presto ad un sorrisetto malcelato. “Diciamo che l’ho un po’… lasciata scivolare” ammette, leggermente imbarazzato, passandosi una mano tra i capelli “Non riuscivo a dormire” aggiunge a mo’ di scuse.
Il mio caratteraccio risponde d’istinto: “Bè, io stavo dormendo” … però mi ritrovo subito ad abbassare lo sguardo, mentre il mio -raro- bisogno di calore umano cerca di ammorbidirmi leggermente. “Ma erano incubi, stavo malissimo … Quindi non importa” lo rassicuro.
Intanto, piano piano, purtroppo sta tornando a galla tutto: la sensazione di impotenza, di smarrimento, di delusione, di apatia e disperazione … di schifo.
Mi lascio ricadere sgraziatamente sul divano, sprofondando con il viso nell’incavo del gomito, mentre sento Noel avvicinarsi e sedersi all’altra estremità, alzandomi le gambe per farsi spazio e poi riappoggiandole delicatamente sulle sue ginocchia.
Eccoci ripiombati nel silenzio devastante di poche ore prima.
Ora sento solo i miei respiri gonfi e irregolari e il rumore del cucchiaino nella tazza.
“Vuoi?” sussurra Noel.
Scuoto la testa.
Sto così di merda che vomiterei tutto, qualsiasi cosa ci sia lì dentro.
Dicono che quando si inizia a piangere si piange per tutto ciò che c’è di sbagliato nella propria vita, ma io non riesco neanche a piangere da quando è morto Andrew, quindi tutte le cose sbagliate della mia vita si sono accumulate in un nodo alla gola che ogni tanto riaffiora ma non può uscire … e con la litigata con Damon di stasera mi sembra di esplodere.
Stringo le braccia  attorno al mio ventre.
Dopo pochi secondi una mia mano viene raggiunta da quella di Noel, calda, che me la stringe leggermente.
“Non ti ho mai vista così” ammette piano accarezzandomi il palmo.
No, appunto. E non avresti dovuto vedermi così.
Nessuno dovrebbe mai vedermi così.
Figuriamoci Noel Gallagher!
Ma passerà, no?
Qualche minuto e passerà tutto, sì: tornerò a lanciargli le mie solite frecciatine, a prenderlo in giro, a dargli soprannomi assurdi. Devo solo tener duro ancora un po’ …
La mano di Noel scorre leggera fino al lembo di pelle che è rimasto scoperto tra la maglia e gli shorts.
Quando mi rendo conto di cosa stiano calcando le sue dita, mi irrigidisco di colpo, spalancando gli occhi.
“Cos’hai fatto qui?”
La cicatrice.
“Niente” sputo fuori automaticamente.
Ti prego, Noel, ti prego!
Non puoi riportarmelo a galla, non ora!
Ora non sarei in grado di sopportarlo di nuovo, ti prego.
“Non è vero” sussurra deciso “Non avresti reagito così”  aggiunge, seguendo la cicatrice con un dito per l’ennesima volta.
Il rumore della nave mi rimbomba nelle orecchie.
Serro gli occhi tappandomele disperatamente con le mani e rannicchiandomi in posizione fetale.
“Sunshine, smettila! Cos’hai fatto?” insiste, spostandomi una mano e intrecciandola nella sua.
Stringo gli occhi ancora di più, combattendo contro un altro fischio sordo della nave, ma quando li riapro non sono più sul divano di Noel, no: quando li riapro torno ad avere dieci anni.
 
Sì, ho dieci anni.
Il cielo è talmente limpido che in lontananza si confonde con il mare: dov’è l’orizzonte?
Corro felice calcandomi il mio cappellino di paglia sulla testa, riparandomi dai caldi raggi del sole che fanno bollire il pavimento del ponte più alto della nave.
Voglio vedere la punta che taglia le onde, sì!
La prua, giusto? Papà me lo spiega sempre, ma io la confondo ancora con la poppa.
Corro verso la cima della nave, impaziente, però purtroppo devo rallentare quasi subito perché il passaggio è bloccato da una massiccia catena con un cartello rosso:
Keep out.
Ma come keep out?
Là dietro c’è il punto più bello per vedere le onde!
Mi guardo intorno per controllare che nessuno mi stia osservando, poi alzo veloce la catena e mi chino per passare dall’altra parte di questo incomprensibile monito.
Cammino felice attaccandomi al bordo sinistro della nave per contrastare il forte vento.
Una ringhiera.
Mi sporgo entusiasta per scoprire gli spruzzi bianchi delle onde frantumate dalla punta della nave … però non riesco ancora a vedere abbastanza.
Mi aggrappo saldamente e scavalco la ringhiera a fatica, sentendo un tuffo al cuore quando appoggio i piedi dopo qualche centimetro in più rispetto a quanto avevo calcolato: il pavimento della nave era più in alto … e qui tra l’altro c’è pochissimo spazio, tanto che le punte dei piedi mi sporgono leggermente fuori.
Sotto di me c’è il mare: devo fare attenzione.
Tengo lo sguardo in basso per ammirare le onde -è veramente uno spettacolo stupendo-.
Mi aggrappo più forte alla ringhiera, piegando le ginocchia e godendomi la brezza che mi scompiglia i capelli, mentre con l’altra mano tengo premuto il cappellino sulla mia testa.
“Shiiiiiiiiiine!” urla disperata la voce di mia mamma, molto dietro di me, sul ponte.
Perché è così preoccupata?
“Mamma, vieni anche tu! E’ bellissimo qui” esclamo felice.
“Vieni subito via di lì! Oh mio Dio!!” urla, portandosi le mani alla testa.
Ma perché?
“Shine, ascolta la mamma!” esclama mio fratello deciso, cercando comunque di mantenere la calma.
Andrew.
Sei controluce, ma io riconosco subito la tua sagoma alta e magra, i capelli biondi mossi dal vento, la pelle ben più abbronzata della mia.
Hai diciannove anni e rappresenti l’unica mia fonte di giochi, sorrisi, lacrime e sincerità: sei il solo a cui do’ ascolto.
“Va bene” rispondo tranquilla girandomi e aggrappandomi alla ringhiera.
Perché si preoccupano tanto?
L’ho scavalcata prima e non è successo niente!
Appoggio un piede e mi sollevo, ma mi rendo subito conto che sono troppo bassa: non avevo pensato alla differenza di livello tra il ponte e dove mi trovo ora.
All’improvviso il vento mi fa volare via il cappellino e, mentre una mano si porta istintivamente sopra la testa, il mio sguardo lo segue mentre viene risucchiato giù dalla schiuma dell’acqua tagliata dalla nave.
Scomparso.
Mi faccio prendere dal panico, scoppiando a piangere.
“Ho paura! Non ce la faccio!” urlo stringendo le dita attorno alla ringhiera.
“Stai ferma, Shine, stai ferma!”
Tra le lacrime riesco a mettere vagamente a fuoco la figura di Andrew che si avvicina.
“Stai tranquilla, piccola. Ci sono io”
La sua voce cerca di essere rassicurante, ma il suo volto tradisce troppa tensione.
“Oh, Andrew, fai presto! Andiamo via!”
“Andrew, ti prego, fai attenzione!” urla mamma disperata. “Fermate la nave, fermate la nave!” si sbraccia.
I tendini e i muscoli di mio fratello sono incredibilmente tesi mentre lui scavalca la ringhiera e arriva al mio livello.
Stringendo il labbro inferiore tra i denti, stacca una mano per porgermela “Attaccati e scavalca”
Annuisco, asciugandomi le lacrime con un braccio.
Mi aggrappo alla ringhiera con tutte le mie forze, arrancando con una gamba per riuscire a portarla dall’altra parte, ma proprio mentre sono in cima sento un guizzo alla mano.
La mano di Andrew si è staccata dalla mia: è appena scivolato.
Oh mio Dio!
“Andrew” urlo disperata gettando lo sguardo agghiacciato sul suo corpo pericolosamente penzoloni: è attaccato alla ringhiera solo con una mano, le gambe scalciano forsennatamente nel vuoto.
Abbandono la mia posizione per tornare al livello di prima, più in basso, ma deve esserci un pezzo appuntito di ferro fuori posto perché sento un bruciante dolore di pelle lacerata in fondo alla schiena.
C’è sicuramente un lungo taglio, eppure al momento non mi preoccupo nemmeno più del dolore.
“Andreeew!” urlo nel panico, porgendogli una mano, ma sono troppo in alto.
Quando alza lo sguardo mi rendo conto che mio fratello non è solo il mio eroe invincibile, quello che mi porta i biscotti al cioccolato dopo che ho litigato con mamma e papà, quello che mi insegna tutto della vita e che non sbaglia mai, no: mio fratello è umano, e ha paura.
“Shine” sussurra piano stringendo i muscoli, ma sembra sottintendere un addio.
La mano scivola.
Scivola, semplicemente.
Il suo corpo precipita giù sotto i miei occhi, giù, sempre più giù, accompagnato dal suo urlo e da quello stridulo di mia madre, mentre io resto atona e impietrita.
La nave sembra in procinto di fermarsi: sento un perforante fischio sordo che mi entra nel cervello.
E poi… e poi…

 
“E poi…” cerco di continuare, mentre la voce mi muore in gola“le eliche… Le eliche…” urlo disperata scoppiando in singhiozzi. “Andreeeeeew!”
Il mio urlo gutturale viene sincopato da questi pesanti singhiozzi e attutito dal petto di Noel, contro il quale mi ritrovo ora stretta.
Non capisco più niente.
Mi sembra di sentire i suoi “Shhh” ogni tanto e tutto ciò che percepisco è la forte stretta delle sue braccia che mi tengono ferma mentre mi agito forsennatamente.
Ora sento in bocca uno strano sapore salato.
Lacrime?
Sto piangendo?
Non è possibile.
Il mio sguardo scioccato si perde nel vuoto.
“Calmati” sussurra Noel.
Come cazzo faccio a calmarmi?!
E poi non voglio che proprio lui mi veda così!
Scuoto la testa cercando di divincolarmi dal suo abbraccio, ma lui mi tiene saldamente.
“Calmati” ripete appoggiando il mento sulla mia fronte.
Mi asciugo le lacrime con una mano: no, non voglio farmi vedere così da Noel.
Le asciugo, sì … ma non ho considerato che ci sono altri nove anni di lacrime imprigionate dietro i miei occhi. Nove anni di nodi alla gola mai sciolti.
Non riesco più a smettere di piangere.
“E’ colpa mia!” urlo disperata stringendomi a Noel “E’ morto per colpa miaaa!” la A si perde in altri singhiozzi, mentre le mie unghie sfogano questa sensazione di colpevolezza graffiandomi le braccia con tutta la forza che ho in copro.
“Smettila!” urla scioccato fermandomi le dita, imprigionandomi entrambi i polsi nella forte stretta di una sola mano. Con l’altra mi prende bruscamente il mento, costringendomi a fissare lo sguardo nei suoi occhi seri: “Non è colpa tua, Shine! Non è-colpa-tua! Avevi solo dieci anni, cazzo!”
Scuoto la testa violentemente “Non importa! Che cazzo c’entra?!”
“Eri piccola, capisci? Eri piccola per capire veramente quanto tutto fosse pericoloso!”
Continuo a singhiozzare, aggrappandomi debolmente alla sua maglia e appoggiando la testa nell’incavo del suo collo “Avrebbe quasi trent’anni ora” ingoio le lacrime che mi sono scivolate in bocca “Avrebbe una famiglia”
“Mi dispiace” sussurra piano “Ma devi affrontare tutto questo. Non l’hai mai fatto, vero?” chiede dolcemente.
Scuoto la testa in segno negativo.
No, non l’ho mai affrontato.
Dopo la morte di Andrew c’era stato solo l’odio da parte di mia madre, che aveva smesso di coccolarmi e darmi baci, di accogliermi a braccia aperte quando tornavo da scuola, di farmi la torta al cioccolato che mi piaceva tanto … Aveva smesso di essere la mia mamma, insomma.
Le lacrime si erano bloccate: il mio ultimo vero pianto era stato –almeno fino a pochi istanti fa- quello della bambina di dieci anni aggrappata alla ringhiera.
I sentimenti si erano come atrofizzati, in un certo senso. Non riuscivo –o non mi permettevo, non l’ho ancora capito- di voler bene a qualcuno come ne avevo voluto ad Andrew.
Tutto l’episodio era stato rinchiuso in un cassettino mentale nella scrivania delle mie cose da dimenticare.
Un cassettino molto traballante, però, che si scuoteva spesso: specialmente quando sentivo il rumore delle navi, quando vedevo un fratello e una sorella insieme, quando capitava il suo anniversario di nascita o morte …
Un cassettino che questa notte ho aperto, seppur controvoglia, e ora non riesco più a trovare la chiave per ricacciare tutto dentro.
Forse è giusto così, credo.
Parlarne mi ha fatto talmente male che mi sembrava che il petto si lacerasse in due, ma ora lo sento un po’ più leggero.
In ogni caso è stato davvero doloroso e spossante, tanto che ora sono ancora più impotente ed apatica di prima … con la differenza che adesso sono pure singhiozzante.
Sprofondo nuovamente con la testa sulla spalla di Noel e solo ora lui mi libera le mani,  stringendomele un’ultima volta e intrecciando la sua nei miei capelli, accarezzandomeli.
“Hai gli occhi rossi, la matita colata, cinque dita stampate su una guancia, le labbra arrossate e la fronte piena di righette: sei un po’ un mostro, sai?” commenta abbozzando un sorriso.
“Grazie, eh” borbotto.
Lui prolunga quel sorriso, mentre mi scosta una ciocca di capelli sudati dalla fronte “Sei bella lo stesso” sussurra piano, così piano che dopo pochi secondi mi chiedo se l’abbia detto veramente o se io l’abbia solo immaginato.
Le lacrime continuano a rigarmi la faccia, però. Non riesco più a fermarle, sebbene i singhiozzi siano terminati da qualche minuto.
Mi sento così svuotata e … sola.
Non appena Noel si sposta leggermente sul divano –probabilmente per sgranchire un attimo le gambe, ma al momento non ci penso-, le mie dita si aggrappano disperate alla sua maglia.
“Stai calma!” esclama subito, restando poi a lungo a fissarmi “Tu che mi trattieni preoccupata per evitare che me ne vada” scuote la testa scioccato “Cosa ti è successo? Sei una sosia? Un clone?” sorride divertito e … soddisfatto.
Già, cosa mi è successo?
“Non era per trattenerti” borbotto orgogliosa improvvisando “Era perché mi sembrava di cadere”
“Certo” esclama scettico “Visto? Stai tornando ad essere te stessa”
Sorridiamo insieme, anche se il mio è un sorriso piuttosto breve e imbevuto di lacrime.
Distolgo subito il mio sguardo smarrito, abbassandolo sulla fantasia perlata del divano.
“Vuoi venire un po’ su e provare a dormire?” mi sussurra piano accarezzandomi il viso.
Annuisco lentamente coprendomi la bocca con una mano, lasciando il palmo in fuori, cercando di nascondere i singhiozzi che stanno riaffiorando.
“Coraggio, piccola” esclama avvolgendomi nella coperta e prendendomi in braccio.
“Non” singhiozzo “chiamarmi” singhiozzo “piccola” altro singhiozzo.
Noel scoppia a ridere, mentre saliamo le scale lentamente, un gradino dopo l’altro “Sì, stai decisamente tornando ad essere te stessa”
Mi adagia sul letto senza troppa delicatezza, provocandomi un lamento quando accende la luce senza preavviso –le mie povere cornee!-.
La sua camera da letto è veramente maestosa: lascio che lo sguardo scorra su ogni singolo lussuoso pezzo di arredamento mentre mi accoccolo nella parte di letto vicino alla finestra.
“Quello è il mio lato” sancisce il dittatore afferrandomi per spalla e ginocchia e trascinandomi sulla parte sinistra, tra i miei mugugni di disapprovazione.
Quindi sto dormendo dove dorme Meg Matthews? Che schifo …
Meccanicamente rigiro il cuscino dall’altro lato, sprimacciandolo per bene prima di affondarci nuovamente la testa stanca e pesante.
“Buio o abat-jour?” chiede Noel sdraiandosi al mio fianco e spegnendo per un momento quella luce accecante.
Sospiro, accorgendomi che le lacrime stanno affiorando nuovamente. “Non lo so” sussurro piano asciugandole, ma un flebile singhiozzo mi tradisce.
Noel accende repentino la lampada affianco a lui, guardandomi negli occhi. “Coraggio” ripete piano, passandomi un braccio dietro le spalle e stringendomi al suo petto.
Annuisco silenziosamente intrecciando le dita attorno ad un lembo della sua maglia.
Fisso i miei occhi umidi nei suoi: “Baciami” sussurro senza ripensarci, guardandolo dal basso verso l’alto.
Noel si irrigidisce, sorpreso e preso alla sprovvista, studiandomi per qualche secondo.
Silenzio.
Silenzio assordante.
“Sei proprio sconvolta, stanotte, eh?”
Io continuo a fissarlo decisa, osservando i moti irrequieti dei suoi occhi azzurri che indagano i miei.
Si china lentamente su di me, fermandosi pochi centimetri prima di sfiorare le mie labbra frementi e arretrando leggermente “Sei sicura?”
Alzo gli occhi al cielo, esasperata “Noel, fanculo! Non te lo chiederò mai più!”
Ma non se lo fa ripetere: raggiunge le mie labbra con foga, baciandomi e stringendomi a lui con quel misto di forza e dolcezza che mai in altri uomini ho trovato.
Mi perdo in questo vortice di sensazioni che ho provato così poche volte e che allo stesso tempo mi sembra di conoscere da una vita.
Perché mi fa questo effetto?
Perché proprio lui?
In questo momento però non mi importa, anche perché sono ore ormai che non riesco a pensare.
Lascio che si stacchi lentamente e che mi faccia sdraiare, appoggiandosi su un gomito al mio fianco, di lato, e riprendendo a baciarmi più dolcemente.
Le labbra di Noel posano soffici baci sulle mie, sulla mia guancia, sulla mia fronte, mentre due dita della sua mano mi accarezzano delicatamente il viso e i capelli.
Chiudo gli occhi gustandomi il profumo del suo fiato sulla mia pelle e cerco l’altra sua mano con la mia.
Lui apre appena le labbra per parlare, ma mi accorgo che il suo fiato è molto irregolare e ansimante “Non … non so mai come comportarmi con te” ammette confuso.
Abbozzo un sorriso “Stanotte neanch’io”
Si vede che sta veramente faticando per trattenersi. Gli resta comunque un autocontrollo migliore di quello del fratello, diciamo.
“Se fosse stata un’altra notte?” ansima asciugandosi la fronte.
Guardo il letto sotto di noi.“Forse non staremmo parlando” ammetto piano confusa “… se fosse stata un’altra notte”
Annuisce prendendo fiato.
“E se non fossi tu.” Aggiungo con un sorrisetto perfido.
Mi lancia uno sguardo sottile e infastidito, poi fissa gli occhietti nei miei “Per principio?” domanda serio.
Abbasso il viso per evitare la domanda alla quale non saprei dare una risposta nemmeno se me lo fossi chiesta da sola, ma lui me lo rialza, appoggiandomi due dita sotto il mento. “Allora?”
Mi mordo il labbro inferiore, cercando di mascherare il sorriso divertito che mi sento spuntare “Forse”.
Sorride. “Però non è un’altra notte, no?” chiede concentrato cercando di calmare il fiato.
Mi sento combattuta tra la voglia di sentire il corpo di Noel sul mio, dentro il mio, e la sensazione di disperazione, schifo e confusione che mi ha accompagnata per tutta la serata. “No, credo di no” rispondo piano abbassando lo sguardo.
Lui annuisce. “Va bene” mi bacia sulla fronte accarezzandomi i capelli e ributtandosi esausto nella sua parte di letto “Sei fortunata, comunque: se al mio posto ci fosse stato quel cazzone di mio fratello, non avrebbe sentito storie” commenta, leggendomi nel pensiero.
Sorrido divertita, restando a guardarlo per qualche minuto. “Dormiamo?” chiedo piano.
Lui annuisce, contemplando il mio viso per l’ultima volta prima di spegnere l’abat-jour.
Lo cerco nel buio e mi stringo a lui, ma mi afferra per i gomiti e mi allontana leggermente “Sì, però non starmi così attaccata” ansima “Sono pur sempre umano, cazzo”


 




Salve ragazze!!!
Vi scrivo ancora dallo UK dato che ho trovato un lavoretto part time come … cameriera. Vi ricorda qualche personaggio? :’)
Accidenti, Shine mi ha portato fortuna (lei lo è da ben più tempo di me u.u), anche se purtroppo la mia situazione non è cosi stabile, qui… :(  
Bene, dopo avervi annoiate con la mia vita privata, torno alla storia.

Anzi, mi scuso in anticipo perché in questo periodo sarà difficile trovare il tempo di scrivere il seguito, sia per gli orari, sia per il fatto che sono a corto di idee per la seconda parte del capitolo ç.ç

Dalle ultime recensioni ho scoperto che il mistero di Andrew si era fatto notare … Ed ora è tutto svelato.
Ve l’aspettavate?

Un abbraccio
Cherry
 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Knock-knock-knocking on Noel's door ***


17. Knock-knock-knocking on Noel’s door

  

Questo è il secondo brusco risveglio nel giro di una sola notte a casa di Noel Gallagher.
Brusco, sì, dato che veniamo svegliati dal forsennato bussare di qualcuno che si è attaccato alla porta e che a intervalli troppo brevi suona pure il campanello … ma non è ancora abbastanza per fare uscire me e il dittatore qua vicino dal nostro dormiveglia comune.
Io non ho neppure aperto gli occhi: le immagini dello schiaffo di Damon, del ricordo di Andrew e della presenza di Noel si formano e si ricompongono in tanti luccichini colorati dietro le mie pesanti palpebre.
Sento il dittatore imprecare qualcosa, poi tornare in silenzio –sempre che di silenzio si possa parlare, dato che questo terribile knock knock knocking on Noel’s door non ha minimamente abbassato il volume-.
La sua mano scorre leggera sotto il mio maglione, lungo la spina dorsale, e lo sento soffocare una risatina quando rabbrividisco.
Con uno sforzo sovrumano, alzo le palpebre per fulminarlo, e me lo ritrovo qui, appoggiato su un gomito, a pochi centimetri da me, gli occhi stranamente ingentiliti già posati sui miei.
Ed io non riesco a fulminarlo.
Fanculo.
“’Giorno” mormora piano, prima di chinarsi su di me e lasciarmi un lento bacio sulla fronte, accarezzandomi i capelli con due dita.
Cerco di mugugnare qualcosa in risposta, ma la prima vocale si perde in un sonoro sbadiglio.
“Neanche Benson ne fa di così grossi e spudorati” commenta lui fingendosi infastidito.
“Mmm” mugugno rigirandomi e cercando di tornare a dormire “La prossima volta dormi con Benson, allora”
Sembra pensarci su qualche secondo. “Potrei … ma, per quanto gli voglia bene,” comincia, passandomi un braccio intorno ai fianchi e premendo il suo petto contro la mia schiena “non credo che il risveglio sarebbe altrettanto bello, sbadigli a parte” conclude deciso ricoprendo il mio profilo di soffici baci.
Che strano. Io ho sempre odiato i risvegli pieni di miele … eppure in questo momento mi sento talmente bene che potrei entrare in estasi.
I colpi alla porta però diventano più forti e gli squilletti di campanello si trasformano in un trillo continuo e perfora-timpani, dato che la persona là fuori non sta più staccando il dito –o si tratta di Justine, o qualcuno le ha finalmente rubato il titolo di più fastidioso/a al mondo-.
Noel interrompe controvoglia i baci borbottando qualcosa, esasperato, prima di decidersi ad andare di sotto.
Io rimango stretta sotto le coperte, gli occhi quasi spalancati, mentre automaticamente cerco di memorizzare ogni particolare di questa scena -non so nemmeno io il perché-: la lampada sul comodino, i risvolti delle lenzuola vaporose, il solco della testa di Noel sul cuscino, il suo profumo sulla sua federa …
“Dove cazzo è?”
Il campanello si è tramutato in voce.
Damon.
Il cuore mi salta un battito.
“Dove cazzo è, ho detto!”
“Che cazzo ci fai tu qui” risponde la voce rigida di Noel senza un minimo di intonazione.
“Sono venuto a riprendermela”
Il cuore mi salta un altro battito.
Silenzio. “Soggetto?” chiede poi Noel.
Ennesimo silenzio, durante il quale mi immagino Damon scuotere la testa infastidito come suo solito. “Fai poco il finto tonto, Gallagher”
“E tu smetti di far finta che ti importi di lei”
“Ma è ovvio che mi importa di lei, cazzo! Si può sapere chi ti credi di essere per sparare sentenze?! Stalle lontano, Gallagher”
Il mio cervello torna automaticamente in modalità stand by, come ieri sera: non riesco a ragionare.
E’ una sensazione talmente strana … Si sta parlando di me, di me. Tutte queste urla, parolacce, casino … tutto questo riguarda me, e io non riesco nemmeno a pensare di poter prendere una parte attiva in tutta questa scena. Lancio una veloce occhiata allo specchio: non so se mi spaventi di più il mio aspetto o lo sguardo vuoto e smarrito che mi fa somigliare ad una bambola di porcellana.
L’imprecazione di Noel intanto viene coperta da quello che suppongo essere un pugno alla porta. “Se fossi stato lontano da lei, cazzo, si sarebbe trovata per strada per colpa tua, razza di fottuto cazzone che non sei altro! Ti rendi conto che l’hai lasciata fuori da sola?! E ha avuto culo che ci fossi stato io in casa, sennò cosa avrebbe fatto?!”
Damon resta in silenzio, mentre io mi decido a scendere dal letto, infilarmi le scarpe e avvicinarmi lentamente alla porta della camera di Noel.
“E complimenti per lo schiaffo che le hai rifilato” aggiunge quest’ultimo con disprezzo.
Altro silenzio di Damon, durante il quale io mi porto meccanicamente la mano sulla guancia, anche se ormai non fa più male né ci sono segni.
“Ero sotto effetto … Da lucido non le farei mai del male” risponde piano, infine.
Io sto registrando mentalmente tutte queste parole, ma là verità è che non riesco ad assimilarle, non riesco a capire chi abbia ragione, non riesco a capire cosa io debba fare. Sicuramente però non posso restare qui a nascondermi per sempre, credo, quindi è il momento di prendere un bel respiro ed entrare in scena. Sì, sembra quasi un pezzo di teatro. Peccato che io mi senta come se fossi l’unica a non sapere le battute.
Non appena inizio a scendere le scale, Damon –ancora sull’uscio, di fronte a Noel che mi da le spalle- alza gli occhi su di me. “Amore!” esclama venendomi incontro e baciandomi.
Non mi ha mai chiamata ‘amore’, è tutto ciò che riesco a pensare, immobile.
“Va tutto bene” sussurra prendendomi il volto smarrito tra le mani “Va tutto bene” ripete, mentre io mi accerto che il suo sguardo non sia più come quello che mi ha mostrato ieri sera. “Ora torniamo a casa e si sistema tutto”
Cosa devo fare? Cosa devo fare? Qualcuno mi dica cosa devo fare!
Non riesco neanche a muovere le pupille per staccare lo sguardo dal suo, figuriamoci se io sia in grado di prendere una decisione simile!
Apro appena le labbra per parlare, ma mi rendo conto che non ho la minima idea circa cosa io possa dire.
Le richiudo.
Le riapro. “Aspettami fuori. Prendo la mia roba e arrivo”
Lui resta in silenzio a studiarmi per qualche secondo, poi annuisce.
Solo mentre lo guardo allontanarsi e uscire da quella porta che viene subito richiusa mi rendo conto che Noel è rimasto in silenzio e completamente immobile per tutto questo tempo. Una statua.
Perfetto, io una bambola di porcellana e lui una statua di marmo, di nuovo immersi in questo silenzio decisamente scomodo.
Prendo la mia roba, ripeto mentalmente con scetticismo.
Come se avessi la mia roba, qui.
Semplicemente mi sento che non posso uscire di qui senza dire nulla a Noel, ma non so davvero cosa dire.
“Grazie di tutto” mormoro a bassa voce stringendomi nel mio maglione.
Non risponde. Rimane immobile, appoggiato con una mano chiusa a pugno su un tavolino, i tendini paurosamente tesi. Sembra veramente una statua.
“Noel …” lo chiamo piano, cercando il suo sguardo.
E’ una statua.
Sospiro, arrendendomi e avviandomi verso l’uscio, ma lui mi afferra per un polso e mi costringe a girarmi.
“Non tornare con lui” esclama deciso guardandomi negli occhi.
Io non riesco a fare altro se non sgranare i miei e scuotere la testa, confusa.
“Ascoltami!” ordina alzandomi il viso e ricatturandomi lo sguardo “Non siamo in un fottuto film dove le cose succedono per magia e ora come ora non ti sto necessariamente dicendo ‘stai con me’, anche se … ” prende un bel respiro “mi piaci, cazzo! Mi piaci da impazzire” ammette, mentre io sento qualcosa muoversi dentro di me “Ora ti sto solo dicendo … non tornare con lui” scandisce lentamente.
E cosa dovrei fare?
Non lo so davvero.
Avrei tanto bisogno di un po’ di tempo per me, per capire cosa voglio e cosa non voglio, ma mi sono svegliata solo dieci minuti fa e già sono successe davvero troppe cose! Mi sono trovata in mezzo a questa commedia senza preavviso e non ho la minima idea di quale sia la mossa giusta … però purtroppo so qual è la più semplice.
“Mi dispiace” sussurro piano, cercando un abbraccio di Noel “Non saprei cos’altro fare ora”.
“Stai facendo una cazzata” borbotta esasperato stringendomi a sé.
“Lo so” ammetto, nascondendo il volto sul suo petto.
Lui mi riporta per l’ennesima volta gli occhi nei suoi, scrutandomi dall’alto dei suoi non-mi-ricordo-quanti anni di esperienza di vita contro i miei diciannove “Non è da te lasciarti sbatacchiare qua e là dagli eventi senza prendere in mano la tua vita”
Scuoto la testa confusa, aprendomi in un sorriso malinconico “Non è da me neanche abbracciarti” replico veloce prima di uscire e raggiungere Damon oltre il cancelletto.



Affondo il canovaccio nell’ennesimo bicchiere da lucidare, immersa nel chiacchiericcio dei clienti del Queen’s condito dall’ormai familiare rumore di vetri tintinnanti, piatti appoggiati, forchette e coltelli vari.
Oggi non c’è nemmeno molta gente, quindi non devo fare le corse.
Buono.
No, pessimo.
Pessimo perché ho tempo per pensare.
Damon …
L’ho conosciuto lo scorso novembre dopo quel concerto, quindi ormai è quasi un anno che ci frequentiamo.
I Blur li seguivo da … bè, non dico da Leisure, ok, ma sicuramente da Modern life is rubbish e Damon era subito entrato nelle mie fantasie.
Ho sempre subito il fascino delle rockstar, con le loro chitarre, la loro voce graffiante, i capelli sudati che vengono agitati su un palcoscenico inondato di riflettori … ma con Damon era stato qualcosa di allucinante. Devo arrivare a lui, ricordo di aver promesso a me stessa quando ho visto il videoclip di Chemical world con  lui sdraiato nell’erba, tremendamente sexy.
Era diventata una sfida, e l’avevo vinta.
Credevo mi sarebbe bastata una notte con lui, invece l’alchimia che abbiamo scoperto tra i nostri corpi ci ha portati a ritrovarci ancora per soddisfare ogni nostra voglia o fantasia.
E’ strano il rapporto tra una groupie e una rockstar, non credo sia facile da spiegare né tantomeno da capire per chi non l’ha mai provato.  In un certo senso si completano, sì, perché vogliono le stesse cose, niente di più. Per questo è così semplice.
Dopo tutti i casini che sono successi, però, mi sento bloccata nei suoi confronti e più lui cerca di riavvicinarmi più io mi sento lontana. Ho ceduto finendo a letto con lui solo la notte prima che i Blur partissero per il tour, tra l’altro.
Non c’è mai stata fedeltà né amore tra noi, però sinceramente pensavo che ci fosse almeno … boh, non saprei come spiegarlo: affetto? Rispetto?
In ogni caso, Justine non ha mai rappresentato un problema per me, anche se Damon morirebbe dalla voglia di vedersi conteso e disperatamente desiderato da noi due. Mi spiace per lui, ma non sono mai stata minimamente gelosa: li ho sempre visti baciarsi e una volta li ho pure sentiti fare sesso, dato che a causa della sua visita a sorpresa mi sono dovuta nascondere nell’armadio.
Sospiro.
E allora perché mi ha dato così fastidio vedere Meg baciare Noel?
Noel.
A differenza dell’incontro con Damon, questa volta non ho mai fatto nulla per far sì che accadesse, anzi!
L’ho sempre odiato sin da quando gli Oasis hanno cominciato a far parlare di loro e l’ho odiato ancor di più a pelle al nostro primo incontro, a quella festa di chissà quanti mesi fa.
Dio, quanto mi aveva infastidita!
Non mi è mai successo di odiare così tanto una persona.
Cioè, in realtà odio abbastanza anche Liam, ma non ai livelli di Noel, anche se sarebbe più logico il contrario dato che, essendo il minore dei Gallagher un frontman, è quello più classificabile come rivale di Damon, specialmente nella battaglia del Britpop.
Il fatto è che Liam rompe e basta ed è troppo troglodita per infastidirmi con qualcosa che non riguardi la sua voglia di sesso … Ma Noel!!! Accidenti, sembra che abbia sempre un piano malefico per mettere sotto dittatura il mondo intero!
Da quanto lo conosco odio lui, il suo accento, i suoi modi di fare rudi e strafottenti, il suo sguardo severo, il suo mettermi sotto controllo con … con quell’1-0 Sunshine marchiato sulla mia pelle, con la sfida che mi aveva proposto nel periodo di uscita di Roll with it e Countryhouse, con la sua richiesta di inginocchiarmi e implorarlo …
Questo odio aumenta se penso troppo a lui, al suo fottuto tono, a …
Sospiro.
… Alla sua calda voce quando canta, a come mi sistema i capeli dietro le orecchie, al suo sguardo deciso, alle sue labbra premute sulla mia pelle…
Mi piaci, cazzo. Mi piaci da impazzire.
Le sue parole mi sono rimaste imprigionate nelle orecchie.
“Shine” mi chiama un collega “tutto bene?”
Annuisco, distogliendo lo sguardo dal vuoto. “Sì, perché?”
“Mah” esclama sarcastico “forse perché sono dieci minuti che lucidi lo stesso bicchiere?”
Fanculo. Pensare a Noel Gallagher è decisamente nocivo.


 
Anche oggi mi ritrovo a trascorrere il mio giorno libero negli studi di Mtv, giusto per godermi un po’ di buona musica e…
Perché speri di incontrare gli Oasis.
No, fanculo!
Accidenti, non ci capisco più niente. Da una parte temo che la mia vocina abbia ragione, dall’altra penso che in fondo è normale che quando non si voglia vedere qualcosa o qualcuno una piccola parte di noi invece ne sia attratta, no? E’ come quando siamo piccoli è c’è un film che ci fa paura: ci copriamo gli occhi con le mani, ma lasciamo aperta una fessura per sbirciare.
La mia opera di autoconvincimento mentale, però, viene interrotta dal via vai di gente che segue una figura in procinto di uscire. Il cantante si infila dei grandi occhiali da sole e si stringe nel suo cappotto attillato e nero che non fa altro che accentuare la sua sagoma allampanata.
Richard Ashcroft, ladies and gentleman, frontman dei Verve –anche se da quanto ho capito si sono sciolti il mese scorso-.
Ecco, lui non l’ho mai incontrato dal vivo, però è una di quelle persone che mi ispirano antipatia solo a guardarle in tv, un po’ come i Gallagher –con la differenza, però, che un paio di canzoni dei Verve mi piaciucchiano-, quindi non posso astenermi dal renderlo partecipe del mio astio.
“E’ inutile che metti gli occhiali scuri” mormoro avvicinandomi “Con quelle labbra alla Brigitte Bardot ti si riconosce anche a un chilometro di distanza”.
Lui si gira scioccato, alzandosi le lenti per fulminarmi e studiarmi “La mamma non ti ha insegnato a non parlare con gli sconosciuti?” chiede riabbasandosele sul naso “E a non rompere il cazzo, anche, magari”
Bene, tira vento di sfida: mi piace!
Sto per ribattere, quando sento un veloce “Ciao Shine” urlato da un Robbie Williams di corsa prima di sparire dietro una porta seguito da una manciata di cameramen.
Ashcroft rialza gli occhiali, questa volta mostrandomi due occhi sbarrati e incuriositi. “Shine?” mormora incredulo “Sei Sunshine?”
Wow, circondata da gente famosa e sono io quella che viene riconosciuta!
“E tu come cazzo fai a saperlo?” indago, sulla difensiva.
“Adesso capisco” mormora scoppiando a ridere “Bè, abbiamo un amico in comune”
L’unico a cui permetto di chiamarmi col mio nome intero è Damon e non mi risulta proprio che Damon sia amico di un northerner strampalato come Richard Ashcroft.
“Bè, il tuo amico avrebbe anche potuto dirti che odio quando mi si chiama col mio nome intero!”
Accidenti, è risaputo ormai che voglio essere chiamata solo Shine!
Lo sanno tutti!
A meno che … terribile sospetto! “Chi è il tuo amico?” domando sospettosa.
“Noel.” risponde lui “Noel Gallagher”, precisa. Già, come se potessi conoscere qualcun altro con uno stupido nome natalizio.
Tutti i miei muscoli facciali si coordinano alla perfezione per farmi apparire indifferente: “Noel ti ha parlato di me?” chiedo tranquilla a braccia incrociate.
“Sì” mormora distratto mentre fa segno a cameramen e giornalisti di dileguarsi e, a me, di seguirlo di nuovo dentro nei backstage “e ti ha descritta anche bene, sai?”
Alzo un sopracciglio in attesa del seguito.
“Più acida dello yogurt, impertinente, carattere impossibile” decreta soddisfatto avvicinandosi ad una macchinetta del caffè.
“Cosa? Non è vero un cazzo che sono così!” ringhio abbandonando le braccia lungo i fianchi e sbattendo i piedi.
E lui scoppia a ridere nuovamente!
“Certo” commenta scettico passandomi un bicchierino fumante. “Sei la dolcezza in persona”
Mugugno un grazie mescolando il caffè e, mentre lui inizia a sorseggiare il suo, studio i suoi movimenti: ragazzi, quanto è iperattivo!
“Comunque” esordisce, col suo accento di Manchester –pure lui, oh!- “anche se dici di odiare la sua musica, ascoltati Cast no shadow: è dedicata a me” esclama orgoglioso col petto in fuori.
“Cosa sei, la sua musa ispiratrice?” commento storcendo il labbro.
“Sì, gelosa?” ridacchia provocante inchiodandomi lo sguardo.
Scuoto la testa esasperata. Ma guarda un po’ te se devo trovarmi ad avere a che fare con l’ennesimo northerner mancuniano!
“E di mio hai mai ascoltato qualcosa?” continua incuriosito.
“Qualcosa” rispondo criptica.
“Conosci Northern Soul?”
La mia vocina stranamente decide di collaborare e si mette a cercare nel caos del mio archivio mentale “And there's fighting on the street below” canticchio. “I know there's fighting on the street below, But I dont' care coz I'm a Northern Soul… Sì, carina”
“E’ dedicata a lui”
“Fa schifo” rettifico immediatamente incrociando le braccia.
Ashcroft scoppia nella sua ennesima risata sguaiata “Cazzo, Noel ti ha descritta proprio bene!”
Sento il sangue ribollirmi nelle vene “Sai, riesci a infastidirmi quasi quanto lui, non è da tutti!”
“Lo prendo come un complimento” sorride lui tranquillo “Ma, per curiosità, si può sapere cos’hai contro quelli come me, Noel e Liam?”
“Che siete montati e strafottenti!”
“Anch’io?”
“Bè, l’aria strafottente ce l’hai! Il classico atteggiamento di chi nella vita se ne è sempre fregato di tutto e-“
“Stop!” prorompe lui alzando una mano in aria e sospirando deciso “Cosa ne sai che non ho sofferto e che me ne sono sempre fregato? Ho perso mio padre quando avevo undici anni, miss So-tutto-io! Sai cosa si prova a perdere qualcuno che si ama? Quando si è così piccoli, specialmente”
Abbasso lo sguardo mortificata “Posso immaginarlo” mugugno, mentre la mia mente va subito ad Andrew. “Scusa. E’ che non sembri il tipo”
Lui si accende una sigaretta e aspira lentamente. “Anche tu a prima vista sembri una che se ne fotte di tutto e non si fa alcun problema, ma credo che se fossi una persona così semplice non avrei sentito tanto parlare di te”.
Resto ad osservarlo valutando se io possa abbassare qualche minuto le mie difese per avere una conversazione seria o no. Sospiro “Non è che me ne fotto, infatti … E’ che cerco di vedere il lato bello della vita e viverla senza troppi pensieri. La vivo come una sorta di ritmo che mi trasporta”
“Un ritmo?” domanda lui rapito.
“Sì, una musica, una melodia, una sinfonia …” spiego sognante cercando di tradurre il mio stile di vita in parole. “Solo che a volte è difficile vedere tutto così positivamente, perché … boh, è una sinfonia che sa essere sia bella che dura. E’ dolceamara, diciamo” concludo pensierosa, interrotta da un uomo che si avvicina spazientito ad Ashcroft indicandogli l’ora.
“Una sinfonia dolceamara” ripete lui facendo un segno al tipo e distogliendo lo sguardo dai miei occhi per perderlo nel vuoto, ammaliato “Grazie Sunshine, me ne ricorderò”
Accenno un saluto con la mano “Prego, però non chiamarmi Sunshine”.

 


Sì, sono viva ç.ç


Prima che mi dimentichi, mi scuso con tutte le lettrici romantiche, ma non me la sono sentita di scrivere una scena tipo “Sunshine e Noel si mettono insieme di colpo appena si svegliano”. Purtroppo la vita mi ha fatta uscire dal mio bel mondo di principesse e Lyle (ogni riferimento alla mia precedente fan fiction è puramente casuale u.u) e capire che le cose non succedono per magia come nei film, specialmente tra due personaggi complessi come i due protagonisti che vivono in quel particolare mondo …
Punto due (il punto uno non c’era esplicitamente, ma facciamo finta) l’idea di scrivere una scena riguardante Richard Ashcroft mi è venuta in mente parecchie settimane fa, il giorno del suo compleanno (non chiedetemi perché, perché non lo so :3 ) e credo abbiate colto il riferimento a quella che credo sia la più famosa canzone dei Verve :)

Punto tre (aka: il punto dolente) ho iniziato questa fiction più di un anno fa e già dai primi tempi avevo in mente molte scene anche se scollegate tra loro, tra cui una di queste era quella di Damon alla porta … ma purtroppo era anche l’ultima scena ben definita nella mia mente D:
Quindi ora dovrò ingegnarmi per gli sviluppi…

Spero continuate a sostenermi con i vostri consigli e pareri.
Un abbraccio
cherry

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Fanculo bodyguard, io arriverò a Noel! ***


18. Fanculo bodyguard, io arriverò a Noel!



Weekly cleaning tasks.

Osservo la simpatica – e qui la parola simpatica cerca con indifferenza di sostituirsi a quella più appropriata, ossia disumana- lista di pulizie e compiti che noi cameriere e camerieri del Queen’s dobbiamo gestirci settimanalmente.
La verità è che sono troppe cose –e lucida i vetri, e pulisci i vassoi, e togli la cera dai portacandela, e lava le tende, e pulisci ogni frigorifero, e lucida le gambe delle sedie… -, talmente tante che raramente riusciamo a finirle.
E poi, diciamoci la verità, ce ne siamo sempre altamente fregati. Ogni tanto quando non c’è molta gente facciamo qualcosa giusto per poter firmare affianco al lavoro eseguito, in modo che Blade, il manager, non faccia troppe storie e non minacci di toglierci le mance se non finiamo la lista.
Per tutte queste settimane il mio nome è sempre stato vicino ai compiti più facili e meno faticosi, come è giusto che sia d’altronde: mica posso sporcarmi le mie belle manine o spaccarmi la schiena di lavoro, dato che poi vado pure a casa in bici!
Ultimamente però le cose sono cambiate: la sfida per i camerieri non è più trovare un cleaning task facile e veloce, ma trovarne uno che non sia firmato Shine.
Ebbene sì.
Non mi piacciono più questi momenti di pausa, queste pause senza clienti.
Ho bisogno di tenere la mente occupata, ho bisogno di non pensare.
Firmo accanto a pulire le mensole dei bicchieri, e-
“Shine, rilassati!” ridacchia Russell, un mio collega irlandese, appoggiandomi una mano sulla spalla “Stai cercando di stabilire un nuovo record?”
“No, sta solo cercando di leccare il culo a Blade” sussurra piano quella stronzetta di Alicia.
Ecco, mentre a Russell vado a genio –in realtà sono quasi sicura che abbia una cotta per me-, a lei sto altamente sui coglioni, ma, annuncio dell’ultima ora!, TA-DAN: la cosa è reciproca.
“Dillo ad alta voce se hai il coraggio, razza di-”
“Hey, hey, hey!” ci interrompe Russel mettendosi in mezzo e abbassandomi i pugni tesi, per poi piazzarsi davanti a me , voltando la schiena  ad Alicia e appoggiandomi entrambe le mani sulle spalle “Calmati”
“Lasciatemi stare” mormoro nervosa scrollandomelo di dosso e tornando alla lista, le dita strette intorno alla penna mentre scorro i compiti alla ricerca di qualcosa che mi tenga occupata.
Se vogliono pensare che io lo faccia per leccare il culo a Blade, bene. Che pensino quello che vogliono! Il mio stipendio resta uguale sia che i compiti vengano eseguiti sia che rimangano in parte in bianco.
Io voglio solo distrarmi!
Afferro il wood polisher e il cencio per iniziare a lucidare le gambe delle sedie e dei tavoli, inginocchiandomi.
Ok, questa è a posto.
Questa un po’ meno.
Sospiro.
Non funziona.
Non funziona più nulla.
Noel.
Ogni giorno arrivo qui dentro sperando di vederlo entrare come già era capitato in passato, come quella volta che mi aveva persino seguita nel retro.
Signorina Hamilton, continuava a chiamarmi.
Tornando al presente, mi accorgo che le mie labbra sono contorte in un sorrisetto spontaneo.
Accidenti, non va affatto bene.
Continuo a ripensare a come sono andate le cose tra di noi, a come non sono andate, a come tutto mi è scivolato di mano.
Voglio rivederlo.
Mi sembra siano passati mesi dall’ultima volta che l’ho visto, quando invece è stata solo una manciata di giorni fa.
E’ colpa di Londra, Londra è così: la vita qui è talmente veloce che ti risucchia, tra tutte le ore di lavoro, gli eventi, i luoghi da visitare, i pub, le corse in metro … Senza rendersene conto, ci si ritrova in un vortice di persone, di luoghi, di lavoro. In una settimana si fanno talmente tante cose, si vedono così tante persone che sembra impossibile che sia accaduto tutto in così poco tempo. E allora capita che con gli amici si dica “Ti ricordi quando ci siamo visti due settimane fa e…?” “Due? No, era la settimana scorsa … credo”. E poi si ragiona sulle date ed è vero, erano solo sei o sette giorni fa. Ma nel frattempo sono successe talmente tante cose che sembra impossibile che tutto sia accaduto in così poco tempo.
E’ solo colpa di Londra… forse.
Ho come la sensazione che a questo consueto effetto vortice si sia aggiunto qualcosa marchiato Gallagher.
Devo vederlo.
Dall’ultima volta che ci siamo visti, io non l’ho più cercato e –mi si stringe il cuore mentre lo realizzo- ,nonostante abbia parlato di me a Richard Ashcroft, Noel non mi ha più cercata. In fondo lo capisco: cacciata di casa da Damon, mi sono rifugiata da lui, ho pianto tutta notte, ci siamo baciati e poi la mattina seguente sono tornata da quell’altro nonostante tutto.
Sono tornata da Damon.
E allora perché penso ancora a Noel?
Persino la mia vocina non sa più da che parte stare.
Che poi, tra l’altro, come cazzo faccio a distrarmi? Tutta l’Inghilterra sta parlando degli Oasis!
Sabato poi ci sarà un concerto qui vicino, a Earl’s Court, e sembra essere l’evento dell’anno –ovviamente è sold out-.
Scatto in piedi e torno a controllare gli orari di noi camerieri per questa settimana.
Scorro con il dito sulla colonna di sabato.
Shine.
Turno serale.
Porca puttana.
Ok, Shine, è destino.
Come non detto, la mia vocina è tornata all’attacco.
E ha pure ragione, in fondo.
Il concerto è sold out, io lavoro, eh!
“Ti sei calmata?” sorride Russell passandomi accanto, scorrendo una mano tra i capelli biondi.
Annuisco.
Un momento! E se…
No!
Troppo tardi vocina!
“Russell, posso chiederti un favore?”
“Certo, quello che vuoi” esclama subito appoggiandosi al frigo vicino a me.
Cerco di organizzarmi un minimo di discorso mentale. “Non è che potresti fare cambio di turno con me sabato sera? Ho… un’amica in città e sarebbe la mia unica occasione per vederla dato che riparte domenica mattina”
“Mmm, questo sabato dici? Ehm, ecco, non so.. Avrei un mezzo impegno coi ragazzi, al pub…”
Sfodero il mio miglior sguardo da cerbiatto smarrito e ferito “Capisco…”
“Ma…” rettifica subito “se ci tieni tanto puoi avere il sabato off! Insomma, coi ragazzi posso sempre vedermi un’altra sera!”
“Faccio il turno di venerdì al posto tuo, se vuoi!” propongo felice.
“Va bene” sorride, guardandomi negli occhi.
“Grazie grazie grazie!!!” 
Ma non ti vergogni?
No, il fine giustifica i mezzi, mia cara vocina mentale!


 
E’ sabato! Sì, finalmente è sabato!
Damon è ancora in tour in Giappone, gli Oasis hanno il concerto a Earl’s Court –e se il signor Albarn sapesse che sto per andarci mi farebbe scenate assurde-. Il suono dello cinquina che mi ha stampato in viso settimane fa mi risuona subito nella testa, ma la scuoto immediatamente per allontanare il ricordo.
Vado al concerto a Earl’s Court, dicevo.
O meglio, punto di domanda: vado al concerto a Earl’s Court?
Dimenticavo il fatto più importante: non hai uno straccio di biglietto, cara Shine!
Lo so, lo so…
 Io… voglio solo vedere Noel.
Non so neanche perché.
Non so neanche cosa io voglia dirgli.
Sicuramente non deve pensare che io stia correndo a braccia aperte da lui, quindi, vediamo, rifletto aprendo i cassetti: l’abbigliamento è il primo indizio per capire di cosa la donna sia in cerca!
Quindi direi che sopra i jeans e sotto il cappotto color panna ci starà benissimo la mia felpa con scritto Blur!
Mi siedo davanti allo specchio, intenta a contornare i miei occhi con la consueta matita nera e ad accentuare le mie già lunghe ciglia con del mascara, ma non troppo pesante. Passo una fascia a pois –molto 60s- tra i miei capelli eprendo un bel respiro: adrenalina, sì. La sento scorrermi in corpo.
Non mi abbandona nemmeno mentre cammino a passo svelto verso la vicina fermata della metro –Circle o Hammersmith & City line? Massì, prendiamo la seconda, dato che non la considera mai nessuno-, nemmeno mentre mi  siedo su quelle poltroncine accompagnata dal consueto “Mind the gap” degli altoparlanti.
Poche fermate, fino a Edgware road.
Le porte non fanno in tempo ad aprirsi del tutto che già io salto giù di corsa.
“Mind the gap!”
Ma fanculo!
Non ho mica tempo per pensarci –e poi, diciamocelo, bisogna proprio essere dei molluschi trogloditi per mettere il piede giù dalla piattaforma!
Corro alla ricerca della District Line, e.. ecco, lo sapevo! E’ appena partita.
Ora devo aspettare ben –alzo gli occhi allo schermo- 7 minuti! Accidenti.
Ok, lo so che non è tanto ma, punto primo, Londra mi ha abituata troppo bene e quando c’è da aspettare più di cinque minuti per un mezzo di trasporto mi irrito, e, punto secondo, l’adrenalina finirà per uccidermi da tanto che mi scorre dentro con forza!
Quando finalmente arriva la seconda metro, mi rendo conto che è piena zeppa e non mi è difficile immaginare dove si stia recando la maggior parte dei miei nuovi coinquilini di vagone.
Molti hanno persino la maglia degli Oasis – e io ho quella dei Blur perché sono controcorrente, tiè!.
Sebbene siano solo cinque fermate, mi sembrano un’eternità e, allo stesso tempo, non abbastanza per escogitare un piano per vedere Noel.
Sono pure in anticipissimo, mancheranno circa due ore, ma… Non resistevo più!
Corro giù dalla metro, fuori dalla stazione, corro finchè non vedo l’enorme edificio con le gigantografie dei fratelli Gallagher, una a sinistra ed una a destra –la mia vocina mentale disapprova scuotendo la testa nella mia testa, oh yeah-.
C’è un sacco di gente, troppa gente!
Forse i Gallagher stanno per uscire?
Non lo so, non so cosa fare!
Forza Shine, cazzo! Ti serve un piano!
Sgomito fino ad arrivare alle transenne, fregandomene delle occhiatacce delle tipe che urlano a squarciagola, e attiro l’attenzione di uno dei bodyguard.
“Come posso fare per vedere Noel?” domando istintivamente, rendendomi subito conto di quanto questa domanda sia inutile.
Lui scuote la testa “Mettiti in fila e spera che si degni di uscire a firmare qualche autografo”
Quanto è odioso, con quel suo ridicolo pizzetto, la testa rasata e la corporatura da tricheco!
“No, non ha capito! Lui mi conosce!”
“Certo, cara” ridacchia lui.
“Gli dica che Shine” mi mordo la lingua “che Sunshine è qui! Per favore”
Il tricheco scuote nuovamente la testa, esasperato “Continua a sognare, ragazzina”
Mi lascio sfuggire un ringhio esasperato, ma quasi muto dato che completamente coperto dalle grida –ora persino più isteriche- di queste stupide fans.
“Liam!”
“Liiiiaaaaaam!”
“Liam, ti amo!!”
“Liiiiiamm!!!”
“Oh mio Dio, com’è bello!”
“Liam, quiiiii!”
Spalanco gli occhi. C’è Liam?
Mi guardo intorno, sporgendomi leggermente sulla transenna.
Eccolo, sìsì, è lui!
Si sta avvicinando all’orda di fan, battendo dei cinque e firmando qualche autografo.
“Liam!” urlo con tutta la voce che ho nei polmoni “Liaaaaaaam!”
Accidenti, non mi sente! Non può sentirmi con queste galline che starnazzano come oche in calore!
Il bodyguard è leggermente girato dall’altra parte.
Ok, Shine: this is now or never!
Punto i piedi sul bordo e scavalco la transenna, atterrando con un veloce tonfo dall’altra parte e correndo verso il minore dei Gallagher  senza voltarmi, aggrappandomi alla manica della sua felpona color panna, a testa bassa e occhi chiusi, pronta a incassare i colpi del bodyguard che sicuramente arriverà presto per staccarmi.
“Ma che diavolo-” esclama Liam sconvolto scostandosi leggermente, sorpreso.
Un braccio mi passa intorno ai fianchi, con forza, staccandomi senza troppa delicatezza dal frontman di cui tutta la folla continua a gridare il nome.
Il colpo mi costringe ad alzare la testa e ne approfitto per cercare il suo sguardo, mentre con le labbra, muta, sillabo un “Liam”.
“Shine” risponde subito, spalancando gli occhi e sistemandosi un ridicolo berretto di lana sulla testa. “E’ ok, è ok! La lasci! La lasci subito!” ordina al fottuto bodyguard tricheco, avvicinandosi.
Quest’ultimo, ancora più allibito di Liam quando mi ha riconosciuta, allenta la presa, offrendomi l’occasione di togliermi il suo lurido braccio di dosso e, soprattutto, lanciargli un’occhiataccia e un sorrisetto che sottintendono un bel te l’avevo detto che li conoscevo, fottuto tricheco!
“Non pensavo che mi amassi così tanto da buttarti tra le mie braccia come in un film” sorride beffardo squadrandomi da capo a piedi.
Assottiglio lo sguardo inviperita “Molto-divertente” scandisco.
“Of course, babe” mormora passandomi un braccio intorno alle spalle e accompagnandomi dentro, tra le urla di disapprovazione della folla, i cui ormoni stanno ormai rimbalzando in ogni direzione come palline da ping pong. “Eppure, nonostante il tuo appurato amore nei mie confronti” continua, beccandosi un mio energico pugno sul braccio “ho la sensazione che tu non sia qui per me, o sbaglio?” mormora con quell’aria saccente, inchiodandomi lo sguardo.
Non rispondo, non voglio rispondergli, fottuto antipatico. Già, non voglio rispondergli, e le mie forze si stanno concentrando sullo stroncare sul nascere questo sorrisetto che sento spuntarmi spontaneamente sulle labbra. E credo che la missione sia miseramente fallita, dato che Liam scuote la testa ridacchiando e mormora un “Chiamami qui Noel” al primo tecnico che ci passa vicino.
Liam non schioda gli occhi dai miei, beffardo “Oh, scusa, forse eri qui per Bonehead” aggiunge sarcastico, avvicinandosi leggermente.
Manco ricordo chi sia, questo Bonehead!
Incrocio le braccia, stringendomi nel cappotto e sibilando un “Se fossi in te chiuderei il becco e risparmierei la voce per il concerto”
“Se tu fossi in me ti sentiresti in cima al mondo, in questo momento” replica orgoglioso gonfiando il petto, lo sguardo perso nel vuoto, probabilmente intento a fantasticare sull’evento che avrà luogo tra un paio d’ore, con lui come protagonista.
“Se fossi in te mi sistemerei il monociglio” ribatte subito la mia lingua biforcuta.
Lui ridacchia. “Sempre la solita, mia cara” infilando le mani nelle tasche della felpa “E comunque devi ancora ringraziarmi per averti salvata dall’orda di fans e dai bodyguards”
Alzo le spalle, con indifferenza.
Caro Liam, devi ancora capire che una discussione con me non la vinci!
“Che cazzo vuoi, Liam” chiede una voce alle spalle del minore dei Gallagher, senza un minimo di intonazione o di interesse.
Drizzo subito la testa: Noel.
La sua attenzione è tutta sulla sigaretta che si sta accendendo, ma non appena mi mette a fuoco questa passa subito in secondo piano.
Restiamo a fissarci per non so quanto tempo, il mio sguardo che scivola velocemente sul suo cappotto blu scuro, quasi nero, ma ritorna presto alla ricerca dei suoi occhi celesti, i suoi tratti marcati e la sua solita espressione da dittatore, che però, dopo un po’, si addolcisce leggermente. “Tu” mormora soltanto, abbozzando un mezzo sorriso al quale rispondo senza neanche accorgermene.
Gli occhi di Noel si posano poi sul fratello, alzando un sopracciglio. “Ancora qui?”
Liam alza le mani a mo’ di arresa, divertito “Ok, ok, me ne vado! Comunque se non fosse stato per me non sarebbe neanche qui, sappi”
“Bravo” ribatte Noel col suo tono glaciale “Vuoi un biscottino?”
“Fuck off” ridacchia il minore “Ci vediamo sul palco” e, spostando lo sguardo su di me, “Ciao splendore”.
Apro velocemente il palmo della mano, senza neanche sforzarmi di mimare un saluto, per poi tornare subito con le braccia incrociate e alla ricerca dello sguardo di Noel.
Rimaniamo immobili, dato che a quanto pare nessuno di noi due sa come comportarsi. Con lui è così, in fondo: mi sento sempre come in un campo minato.
Aspira un tiro dalla sigaretta, studiandomi, sempre in silenzio.
Accidenti, non ne usciamo più così!
Faccio un passo avanti, le braccia sempre incrociate, guardandolo con gli occhioni aperti e le sopracciglia alzate, sottintendendo un Embè?! e sorridendo.
Lui sorride a sua volta e si avvicina leggermente, allungando la mano libera ad accarezzarmi dolcemente il volto. Com’è calda! Reclino impercettibilmente la testa di lato, andandogli incontro e beandomi segretamente del suo tocco.
“Vieni qui, stronzetta” sussurra infine acchiappandomi con un braccio e tirandomi con forza a se, stretta al suo petto, senza neanche darmi il tempo di liberare le braccia incrociate.
“Sempre delicato, eh” replico esasperata alzando lo sguardo su di lui, dal basso, beccandomi uno sbuffetto divertito come risposta.
“Sono pur sempre di Manchester” si giustifica, mentre io mi stringo al suo petto inspirando il suo profumo. “Cosa intendeva mio fratello quando ha detto che se non fosse stato per lui non saresti qui?”
Alzo le spalle, chiudendo gli occhi “Tuo fratello dice un sacco di cose” rispondo semplicemente, ma ovviamente non è abbastanza per il dittatore.
“Sei venuta qui per fare la fan oca di Liam Gallagher?” chiede divertito scorrendo una mano lungo la mia schiena, l’altra ancora impegnata a sorreggere la sigaretta.
“No” borbotto, ancora stretta tra le sue braccia.
“Perché sei qui?” chiede serio e sinceramente curioso.
Punto gli occhi nei suoi “Non  lo so” rispondo istintivamente, tradita però dalle labbra che si inarcano nell’ennesimo sorriso.
Volevo vederti.
Lui sembra soddisfatto della risposta –o, più probabilmente, da quella muta che mi ha letto negli occhi -. “Va bene”commenta sorridendo “Finché ci rifletti sopra, stai un po’ con me?” domanda piano, prendendomi il mento tra le dita e scorrendo dolcemente il pollice sul mio labbro inferiore.
Annuisco lentamente, rapita, cercando invano di sottrarmi al suo sguardo, ma lui mi solleva subito il volto, chinandosi, e sostituendo direttamente il pollice con le sue, di labbra.
Dio, quanto mi mancava questa sensazione di calore che si diffonde nel mio corpo quando io e Noel fondiamo le nostre labbra in questi baci!
“Vieni” sussurra sottovoce prendendomi per mano e riprendendosi la sigaretta, aspirando un ultimo tiro.
Mi lascio trascinare fuori dall’edificio, attraverso l’uscita sul retro, e mi ritrovo davanti cinque scooter luccicanti, tutti uguali, fatta eccezione per i colori: verde, arancione, rosso, blu e nero.
“Mio regalo per me e i ragazzi” spiega subito, eccitato, avvicinandosi a quello dalla tonalità arancio. “Mademoiselle?” mi chiama, fingendo un mezzo inchino e alzando la mano in cerca della mia.
“Ci credi” inizio divertita andandogli incontro “che hai l’accento di Manchester persino quando parli in francese?!”
Scuote la testa esasperato, infilandomi un casco “Zitta”.
“Hey, hey!” alzo un dito a testa alta “Zitta a me non lo dici”
“Io dico quello che voglio” ridacchia lui beffardo portandomi le mani sui fianchi e sollevandomi per farmi salire a cavalcioni sullo scooter, lasciando un po’ di spazio per lui.
“Stronzo” borbotto, la testa appoggiata alla sua schiena da quando è salito a bordo.
“Sempre, Sunshine.” ribatte fiero “Aggrappati bene”, si assicura, prima di mettere in moto e iniziare a sfrecciare tra le strade londinesi.
La mia mente è finalmente libera da tutti quei pensieri che mi tormentavano: ora  ci siamo solo io e Noel, e il vento, e i palazzi che ci scorrono in fianco. Un vortice di mattoni, lampioni, persone che non metto neanche a fuoco, persa come sono nella mia nuvola rosa.
Mi torna in mente come io abbia scavalcato le transenne e sfidato i bodyguard.
Accidenti, non è proprio da me!
O meglio, sì, è da me … ma non per vedere i Gallagher!
Non ho idea di quanto duri questo giro in scooter, ma sicuramente non troppo, perché quando Noel si ferma per parcheggiare sento ancora la voglia di sfrecciare con lui come fino a pochi secondi fa.
Entriamo negli immensi e stupendi giardini –non riesco neanche a rendermi conto se si tratti di Kensington Gardens o Hyde Park, ma ormai io e la geografia ci siamo arrese ad andare d’accordo.
L’aria è fresca, però in un modo piacevole, non da rabbrividire, e siccome c’è ancora fuori il sole non posso proprio lamentarmi.
Sgancio i bottoni del mio cappotto e do una sistemata alla mia fascetta, scostandomi i capelli dagli occhi.
“Dove stiamo andando?” domando piano rompendo il silenzio.
“Non lo so” alza le spalle “Da qualche parte in cui non ci sia gente che inizi a strillare vedendomi”
“Perché, spaventi così tanto?” ribatto subito stroncando sul nascere questo suo attacco di megalomania.
Lui mi fulmina, abbassando poi lo sguardo sulla felpa dei Blur che ora si intravede sotto il cappotto. “Spaventi tu, con quell’obbrobrio addosso” decreta, scuotendo la testa. “Dov’è lui?”
Lui. Damon, ovviamente.
“In tournée, in Giappone”
Sorride. Biascica qualcosa che sembra un buono a sapersi, ma non ci metterei la mano sul fuoco. “E sa che sei qui?” aggiunge poi, con un tono di voce più normale.
Scuoto la testa. “Non devo rendergli conto di dove vado. Altre domande, ispettore?”
Sorride “No, per ora” Mi prende per mano, dopo aver adocchiato un posticino abbastanza isolato, senza le solite orde di turisti che pascolano tra questi prati verdi all’inglese. Si siede contro un albero e, tirando leggermente la mia mano, fa in modo che io mi accomodi al suo fianco.
Prendo un bel respiro e appoggio la testa sulla sua spalla, nello stesso momento in cui lui mi cinge i fianchi tenendomi ancora più stretta a sé.
“Non sono mai stata qui” sospiro rapita guardandomi intorno. C’è solo verde, ci sono solo alberi e cielo … Ci siamo solo noi.
“Ti piace?” chiede piano, accarezzandomi i capelli.
Annuisco, chiudendo gi occhi. “Sei pronto per stasera?”
Ora è lui ad annuire, il petto gonfio e lo sguardo fiero “Oh yeah. Sarà un concerto che entrerà nella storia! Vieni a sentirmi, vero?”
“Fai Don’t look back in anger?” mi accerto subito.
“Non potevo non metterla in scaletta” mi rassicura, fissandomi per una manciata di secondi e poi chinandosi nuovamente sulle mie labbra.
“Allora forse vengo” rispondo subito dopo aver assaporato quel bacio.
Forse?” ripete con finto disgusto “Tu vieni eccome, punto”
“Ah, ora dai pure ordini?” incrocio le braccia e lo fisso, alzando un sopracciglio.
“Hai forse scordato il mio soprannome?” mormora deciso scendendo con le labbra sul mio collo.
Chiudo gli occhi, in estasi, con un sorrisetto: “The Chief” sussurro a fatica, rapita dalla sensazione di bollore che si è impossessata del mio corpo.
Sfilo il cappotto, che gli impedisce di continuare liberamente con quei baci a fior di pelle, ora sul collo, ora appena sotto l’orecchio.
“Noel” attiro la sua attenzione, sedendomi a cavalcioni su di lui, ancora appoggiato all’albero.
“Dimmi” risponde subito, guardandomi negli occhi.
Non riesco a trovare il coraggio, riesco solo a fissarlo, quasi impaurita, gli occhi spalancati.
Non dirlo!, ammonisce subito la mia vocina. No!
Prendo un bel respiro. “Voglio sentirti…” sussurro, inspirando a fatica aria dal naso e buttandola fuori dalla bocca, facendo condensare queste parole in una nuvoletta bianca. Lui mi fissa in silenzio, sgranando leggermente gli occhi: forse ha intuito, ma non né è sicuro e non vuole rischiare.
Abbasso lo sguardo, cercando di farmi coraggio. “Dentro di me.” aggiungo allora, tornando a guardarlo negli occhi: “Voglio sentirti dentro di me”, sputo fuori, portando le mani sul suo volto.
Non si aspettava che glielo avessi chiesto, poco ma sicuro. Lo si legge nei suoi occhi. I suoi respiri ora sono pesanti almeno quanto i miei. Ma sorride.
Porta una mano alla mia nuca, avvicinandomi alle sue labbra e assaporando le mie nuovamente.
“Togliti questo schifo, allora” sorride impaziente scorrendo le mani sulla mia felpa dei Blur e appoggiandole sui miei jeans, all’altezza delle cosce, mentre io punto meglio le ginocchia vicino ai suoi fianchi, sollevandomi leggermente e accontentandolo.
Non appena mi libero della felpa, vengo pervasa da questa brezza novembrina. “Congeleremo” sussurro, coprendomi il corpo con le braccia.
Lui rimane qualche secondo a guardarmi, facendo scivolare una mano ad accarezzarmi il volto, il collo, una spalla e poi il profilo del mio busto. “No” mi rassicura subito, lasciando a terra il suo giaccone e invertendo le posizioni, così che io possa sdraiarmici sopra e avere almeno parte del corpo riparata dal freddo.
Si stende sopra di me, lentamente, scaldandomi col suo corpo e scorrendo con la mano fino alle nostre zip.
“Ce l’hai un…?” domando piano, con un respiro già leggermente affannato.
“Credo di sì” e lo sento frugare nelle tasche per pescare il portafoglio.
“Seriamente?” sorrido divertita alzando un sopracciglio “Li tieni lì come i quindicenni?”
“Silenzio” ridacchia chinandosi nuovamente su di me e chiudendomi le labbra in un bacio.
E’ tutto così surreale, non mi sembra vero che stia succedendo.
E’ sbagliato, fottutamente sbagliato.
Allargo leggermente le gambe, prendendo un respiro profondo.
Mordo piano la sua spalla, ancora coperta dal suo maglione, per soffocare l’ansimo che mi nasce in gola quando accade.
E’ fatta. Noel Gallager è dentro di me.
E in questo momento mi sembra dannatamente giusto.


 

 
*sbuca fuori lentamente con una bandierina bianca*
Vi ricordate ancora di me?
Mi scuso tanto per l’assenza da efp… Qualche giorno fa però ho ritrovato l’ispirazione e ne ho subito approfittato per scrivere un nuovo capitolo.
Spero vi sia piaciuto o che comunque abbiate sempre voglia di lasciarmi due righe per farmi sapere cosa ne avete pensato!

(PS: la cosa degli scooter è vera. Non che Noel ci abbia portato in giro Shine –o forse sì, chi lo sa ahah- ma che li avesse regalati ai membri del gruppo e che se ne fossero andati a zonzo prima del concerto)

Ciò che Shine scrive di Londra, in fondo, è ciò che penso anch’io… E’ ciò che ho realizzato vivendo qui…

Un paio di mesi fa sono stata in vacanza in Danimarca e sono capitata a Roskilde, la città dove avevo ambientato parte della fiction. La famiglia che mi ospitava mi ha portata al porticciolo e… quando ho visto l’hotel lì vicino mi sembrava di sognare! Era quello dove avevo ambientato le vicende tra Shine e  Noel!! :D



Spero di sentirvi presto!
Un abbraccio
Cherry


 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** E alla fine non ho chiarito con Damon ***


19. E alla fine non ho chiarito con Damon

Applausi, applausi assordanti, urla e ancora applausi.
Stringo le mani attorno alla sbarra della transenna per incanalare da qualche parte l’energia che mi pervade e che altrimenti mi farebbe esplodere.
Inoltre mi gonfia sempre il petto sbirciare la folla dal backstage, cavoli quanto mi fa sentire potente!
Dovrei averci fatto l’abitudine ormai, ma ad ogni concerto riesco ancora ad apprezzarla.
E tra l’altro questa volta è diversa, sì.
Questa volta non ci sono i miei Blur sul palco.
Questa volta io sono nel backstage grazie agli Oasis.
Assurdo.
Se me l’avessero detto qualche mese fa non ci avrei creduto, oppure, meglio, mi sarei presa a schiaffi da sola per impedirmi di fare una mossa talmente contraria alla mia “morale”.
Eppure eccomi qui, a guardarli mentre salutano il pubblico in delirio.
Questo 888palazzino è enorme, veramente, tuttavia non abbastanza da contenere l’ego dei due famigerati fratelli.
Eh sì, perché se già è difficile gestire la mia adrenalina per aver assistito a questo evento dal backstage, provate ad immaginare cosa stanno provando Liam e Noel che SONO l’evento, e direttamente dal palco.
Liam probabilmente è più pieno di sé che mai e si starà autoconvincendo di essere la reincarnazione di John Lennon (la mia vocina mentale scuote la testa esasperata), ma non mi importa di lui.
E’ Noel a catturare il mio sguardo, mostrandomene uno che ho visto innumerevoli volte negli occhi di Damon: quando il concerto finisce e loro, le star, sono talmente cariche e orgogliose che, più si sentono osannate e più non ne hanno abbastanza, e hanno bisogno di sentirsi così..
E così facevo sentire Damon ogni volta che metteva piede nel backstage.
Ma davanti a me non c’è Damon.
Damon è ancora in tournée in Giappone.
Davanti a me c’è semplicemente il suo acerrimo nemico, con un maglioncino addosso, la chitarra ancora stretta in una mano, l’altra se la passa sulla fronte per sbarazzarsi del sudore.
E una parte di me vorrebbe fare l’indifferente e smontargli quell’ego spropositato, già.
Purtroppo però non è questo mio lato a prendere il sopravvento, a quanto pare, perché Noel non fa in tempo a venirmi incontro che io, non appena lui esce dalla visuale del pubblico, gli sono praticamente in braccio, le nostre labbra intrecciate, il suo respiro affannato nella mia bocca, il suo sudore sulla mia pelle.
BAM, un colpo dietro di me, un leggero dolore alla schiena e un ansimo che mi esce dalle labbra senza che io me ne renda conto.
Solo quando apro gli occhi realizzo che sia stata colpa della delicatezza con cui the Chief mi ha attaccata al muro.
”Scusa” mormora veloce tra un bacio e l’altro, accarezzandomi le gambe ancora intrecciate all’altezza della sua vita, mentre l’altra mano rimane appoggiata al muro, all’altezza del mio viso, quasi volesse chiuderci in una bolla fuori dal resto del backstage.
”Dì il mio nome” sussurra deciso nel mio orecchio.
Slaccio la presa intorno ai suoi fianchi, tornando coi piedi per terra. “Gallagher” rispondo con tono di sfida alzando un sopracciglio.
Lui scuote la testa, passandomi il pollice sulle labbra e guardandomi negli occhi.
”Shine” sento esclamare dietro le spalle di Noel.
POP.
Ecco che Liam ha fatto scoppiare la nostra bolla.
”Liam” rispondo automaticamente, accontentandolo con un cinque del quale a quanto pare era in attesa, data la mano aperta a mezz’aria.
”Noelie” inizia lui con un tono più strafottente del solito, serrando a trabocchetto le dita intorno alla mia mano e fissando lo sguardo famelico nel mio “La mamma non ti ha insegnato a condividere col tuo fratellino?”
Sentendo un brivido percorrermi la schiena, sfilo velocemente la mano dalla sua morsa e assottiglio gli occhi, aprendo la bocca e preparando la mia lingua biforcuta, ma Noel è più veloce.
”Gira al largo, Liam” ringhia deciso, senza smettere di guardare me, forse anche per evitare lo sguardo del fratello.
”Troppo nervoso, man” ridacchia il minore “Inspira un po’ di gloria e rilassati!” esclama, aprendo le braccia e beandosi delle urla del pubblico che ancora non sono terminate.
”Andiamo” sancisce Noel prendendomi per mano e trascinandomi dietro di lui.
”Dove?”
”In hotel” risponde criptico, accendendosi una sigaretta mentre usciamo nell’aria gelida.
Scuoto la testa e alzo gli occhi al cielo, esasperata “Avete seriamente un hotel dopo una data qui a Londra, la città in cui hai già una casa?”
”Casa mia è dall’altra parte della città” commenta tranquillo scuotendo le spalle e facendomi strada.
Rabbrividisco al freddo, stringendomi nel cappotto.
Certo che Earl’s Court è proprio una bella zona.
Intorno a me c’è buio pesto, se non fosse per i lampioni e le luci delle insegne, ma le case vittoriane troneggiano ugualmente nell’oscurità, pallide, opache, maestose.
”Come sta Benson?” chiedo senza pensare.
Noel sorride divertito “Cioè, sei qui con Noel fucking Gallagher, reduce da un concerto che entrerà nella storia, senza contare il fatto che abbia appena risvegliato gli ormoni di migliaia di ragazze, e tu pensi al suo gatto?”
”Bè, mi pare giusto” ribatto prontamente “Sai che lui è l’unica ragione per cui sono venuta a casa tua. E comunque” aggiungo provocatoria aspirando dalla sua sigaretta “non montarti la testa: gli ormoni delle ragazzine erano per Liam”
Lui mi risponde con un indignato sguardo da civetta, per poi varcare la soglia dell’hotel e sbrigarsela velocemente alla reception. Almeno qui dentro c’è più calduccio, realizzo, inspirando l’aria tiepida e dandomi una veloce occhiata allo specchio gigante che copre mezzo muro.
Il riflesso di Noel, alle mie spalle, incontra il mio sguardo vanitoso e si limita a farmi un cenno con la testa, verso le scale, al piano di sopra, dove lui apre poi la porta della sua stanza.
Ho sempre apprezzato dormire in nuove camere di hotel –specialmente quando non sono io a pagare, mi pare giusto-, adattarmi a nuovi materassi e osservare i diversi tipi di arredamento.
Faccio scorrere lo sguardo dai mobili di legno alla tappezzeria arancione e biancastra, mentre-
BAM, di nuovo. Senza avere il tempo di rendermene conto, mi ritrovo schiacciata tra Noel e la porta, ora chiusa dietro di me, le sue mani all’altezza del mio volto, una da un lato e una dall’altro.
”E così gli ormoni delle ragazzine erano per Liam” mi cita, alzando un sopracciglio, in segno di disapprovazione.
”Mmm, vedo che hai afferrato il concetto” annuisco piano, passandomi la lingua sul labbro superiore, con fare di sfida.
I nostri respiri sono così vicini che sento il suo profumo su di me. E le labbra formicolare.
”Dici?” domanda scettico tracciando il mio profilo con l’indice “E i tuoi per chi erano?”
Alzo lo sguardo, fingendo di pensarci su. “Mah, il secondo chitarrista aveva il suo perché” improvviso, cercando di contenere le risate.
”Bonehead?” scuote la testa divertito.
”Non lo so” taglio corto, sincera tra l’altro. Gli unici nomi che so sono il suo e quello di Liam –e il fatto che abbiano lo stesso cognome è un gran vantaggio per la mia pessima memoria- “Non sono mica una fan degli Oasis”.
”Sicura?” sussurra piano baciandomi lentamente il collo, mentre le sue mani iniziano a sganciare i bottoni del mio cappotto, che pochi istanti dopo vola sulla poltrona di velluto rosso.
”Mmm, abbastanza” ribatto, reclinando la testa all’indietro.
Lui alza le spalle “Mi spiace, risposta sbagliata” decreta, sollevandomi di scatto e buttandomi sul materasso, che molleggia ripetutamente sotto il mio tonfo.
Non faccio in tempo a puntellarmi sui gomiti che già Noel mi è sopra e inizia a farmi il solletico.
”Smettila!” urlo disperata, tra le risate, dimenandomi e cercando in ogni modo di fermargli le mani.
”Shhh” sussurra lui senza fermarsi “Sveglierai mezzo hotel così!”
”Allora smettila!” imploro in extremis, sentendomi le lacrime agli occhi a forza di ridere.
Lui termina finalmente il mio supplizio, ma rimane sopra di me, torreggiante, bloccandomi i polsi sopra la testa. “Ti rendi conto dello schifo che stai ancora indossando?” chiede con tono di disapprovazione, scuotendo la testa.
Abbassando lo sguardo, realizzo di avere addosso la felpa nera con scritto Blur e non riesco a trattenere un sorrisetto. “Problemi?”
”Sì” sancisce lui, liberandomi i polsi per sfilarmela di dosso e gettarla in un angolo della stanza, mancando volontariamente la poltrona.
”Hey!” protesto subito facendo per drizzarmi su –ovviamente impresa impossibile, quando si ha un esemplare maggiore di Gallagher sopra a cavalcioni-, ma lui mi zittisce con un altro bacio, questa volta più lungo e, sebbene inizialmente piuttosto impetuoso, poi più dolce. Nel silenzio di questa stanza d’albergo immersa nel nulla si sentono solo gli schiocchi delle nostre labbra. E ancora, e ancora.
”Vieni a vederci anche domani” propone piano, tirandosi nuovamente su col busto e facendo scorrere sguardo e indice sul mio.
”Domani lavoro” alzo le spalle, beandomi del suo tocco “E in ogni caso… Oasis due volte di seguito? Sarebbe troppo per me!” ammicco perfida.
Lui scuote la testa, abbozzando un sorrisetto sghembo “Ancora ti ostini a crederlo? Sai com’è, risulti poco credibile ormai…”
”Dici?” mormoro piano, mordendomi il labbro quando Noel prende a lasciarmi una scia di baci a fior di pelle sul collo.
Questa giornata è partita con una sorta di Shine non ha nemmeno un biglietto per il concerto e sta finendo con un Eppure ora si trova in camera con Noel.
E troppi sviluppi nel mezzo.
Noel continua a scendere con le labbra, ora all’altezza delle clavicole.
Dicevo, troppi sviluppi, troppi colpi di scena sui quali non ho nemmeno avuto il tempo di riflettere e rendermene pienamente conto.
Noel scende ancora con l’umida scia di baci, fermandosi solo quando le sue labbra incontrano il mio reggiseno.
Trattengo il fiato.
Le sue dita abbassano piano la coppa, per permettere alle labbra di riprendere da dove si erano fermate.
Ok, a quanto pare non è decisamente il momento migliore per le riflessioni.
Mi scuso in anticipo con chiunque si trovi dall’altra parte del muro.
 



“Nome?”
”Shine” rispondo automaticamente, al che il ragazzetto dall’altra parte del bancone, mezzo nascosto dal bicchierone gigante e pennarello, corruga la fronte stupito.
Sono le 7 di mattina, sono in piedi alle 7 di mattina durante il mio giorno libero!, rendiamoci conto: ti sembra proprio il momento più adatto per farmi partire col disco registrato “E’ il diminutivo di Sunshine, ma il mio vero nome mi fa cagare quindi chiamami Shine!”, caro barista?
Non ti rendi conto che il coffeeshop è pieno di gente accalcata assetata di caffeina e quindi faresti meglio a scrivere quelle cinque lettere senza rivolgermi muti interrogativi?
Ma, per la fortuna dell’umanità, sostituisco tutto questo mio bel discorso mentale con una semplice occhiata in cagnesco, che a quanto pare fa comunque il suo effetto.
E fa scoppiare Justine in una risata cristallina troppo difficile da tollerare di prima mattina, specialmente considerando il fatto che è a causa sua che non sono sotto le coperte.
”Che c’è da ridere?” grugnisco.
”Che il tuo caratterino non si smentisce mai” ribatte lei, ordinando un inutile chai latte.
”Sono solare quanto il mio nome” borbotto afferrando il mio caffèlatte double shot con latte di soia e mimando un cincin con il suo.
”Dai, Shine!” inizia la cara Justine Andrews adocchiando un tavolino e scostandosi una ciocca di capelli scuri dal volto. “E’ da un sacco che non ci vediamo! Raccontami qualcosa”
Senza neanche rendermene conto, mi spunta un sorriso.
In fondo mi mancava, Justine.
Credo che lei sia quanto di più vicino io abbia ad una migliore amica, anche perchè di solito vado più d’accordo col genere maschile , diciamocelo, e il fatto che lei sia riuscita a farmi svegliare così presto solo perché altrimenti quando lavoro non ci becchiamo mai conta sicuramente qualcosa.
”Inizia tu” la incoraggio, sorseggiando la mia tazza di energia.
”Mah, mi manca Alex” comincia lei con gli occhi sognanti.
”Ok, rettifico: inizia tu ma con meno miele!”
”E smettila!” mormora lei alzando gli occhi al cielo “Questa tournée mi sembra non finire mai” sospira.
In effetti i ragazzi sono partiti da parecchi giorni, ora che ci penso. Però sicuramente io non la vivo tragicamente come la sta vedendo lei, anzi.
Tanto anche quando Damon era qui ultimamente le cose erano diverse.
”E poi” incalza Justine, strappandomi dalla riflessione che stavo per iniziare “Alex mi ha detto che sono un po’ demotivati per l’andamento dell’opinione pubblica, se cosi si può dire”
Le scarse abilità oratorie di Justine vengono compensate dal fatto che io sappia già ciò che lei intenda: i Blur hanno vinto la battaglia, ma non la guerra. Più o meno è il succo di ciò che ho già letto e sentito su più di un media.
Se Countryhouse era stata un successo, ora The Great Escape è ormai eclissata da What’s the story morning glory e c’è da ammettere che è difficile non trovarsi a canticchiare mentalmente che mayyybeeee you are gonna be the one that saaaaaves meeeeee –infilandoci un accento mancuniano a sentimento-.
”Immagino” dico solo, annuendo e tornando a sorseggiare il caffè.
”E il concerto a Earl’s Court pare sia stato da record” continua però lei, in un sospiro sconsolato, iniziando a disegnare cerchi invisibili sulla superficie ruvida del tavolo bianco.
Io alzo le spalle, cercando di trattenere un sorrisetto.
Da una parte ho voglia di tenere tutto segreto, dall’altra sento il bisogno di raccontarlo a qualcuno.
”E tu?” incalza subito Justine, che, ben attenta, ha saputo cogliere quel minuscolo indizio –ebbrava la mia Andrews-. “Novità?”
Non riesco ad evitare di aprirmi in un sorrisetto malizioso, che causa un’innaturale dilatazione delle pupille della mia amica, subito sull’attenti. “Co-sa?” scandisce impaziente sporgendosi in avanti.
”Però non lo dici a nessuno, promesso?” avviso seria alzando l’indice.
”Ovvio, dimmi!”
Prendo un bel respiro, portandomi la tazza alle labbra prima di parlare “Io e Noel siamo andati a letto insieme” sussurro, concedendomi poi l’ultimo sorso di caffè.
”SEI ANDATA A LETTO CON NOEL GALLAGHER?????!!!!” esplode Justine sprizzando adrenalina da tutti i pori e provocandomi una nota strozzatura da caffè in gola, seguita da imbarazzanti colpi di tosse e goccioline sparate a destra e manca.
Ma stiamo scherzando??!! La fulmino con lo sguardo anche per evitare di incrociare quelli delle dozzine di teste girate verso di me.
”Justine, meno male che non l’avresti detto a nessuno!!” mi sbatto un palmo aperto contro la fronte.
“Scusa” sputa fuori piano, per niente dispiaciuta “Tanto mica ci sono paparazzi qui”
“Già, perché di solito si fanno riconoscere andando in giro con un cappello anni 20, un cappotto, una macchina fotografica gigante e la scritta press in testa” alzo gli occhi al cielo “Tra l’altro devo ricordarti i casini che sono successi quando Damon ha saputo del bacio con Noel?” aggiungo, sentendo riecheggiare nella mia mente lo schiaffo che mi ero beccata.
”No, ricordo bene” sospira lei facendosi seria “Ma non puoi continuare a mentirgli per sempre”
”Non si tratta di mentire, Justine! Si tratta della MIA vita. Damon ha pure una ragazza, nel caso tu abbia dimenticato! E non abbiamo mai avuto problemi di gelosia prima d’ora, e Damon neppure è innamorato di me. Quindi non capisco perché cazzo debba prenderla così” sputo fuori, anche se in realtà lo so. Gli Oasis sono sempre stati loro rivali, stanno occupando la maggior parte dei riflettori, si sono presi la loro porzione di dischi… e Damon, per un fatto di orgoglio credo, non accetta che Noel troneggi anche sulla sua vita privata.
”Allora forse devi solo chiarire le cose con Damon” suggerisce lei, terminando la sua bevanda.
”Sì, forse sì”
 

E poi alla fine non ho chiarito le cose con Damon.
Il pensiero di Damon mi irritava, non riuscivo a vedere il suo ritorno dalla tournée come qualcosa di elettrizzante o da non stare più nella pelle. Pensando a lui associavo subito la grande litigata, lo schiaffo, la tensione che si era creata e che non ci aveva più abbandonati.
Ci siamo visti poche volte da allora, e quasi sempre in compagnia di altra gente: con Alex, Justine e il resto dei ragazzi al pub, mascherando il distacco dietro il fumo di alcune sigarette o le bollicine di una birra.
Non eravamo nemmeno più andati a letto insieme.
Ci si sedeva vicini, quello sì. Magari mi metteva il braccio dietro alle spalle, ci si rubava qualche bacio…ma sembrava più per un fatto di routine insieme al resto del gruppo, capite?
Boh, non capisco bene nemmeno io in realtà.
Però ora, quando squilla il telefono, sono sicura che sia lui.
Sicuramente ha visto la trasmissione che sbirciavo ogni tanto lasciando la tv accesa ma che mi aveva proprio fatto drizzare le orecchie quando avevano iniziato a parlare del successo degli Oasis, rimarcando ancora i concerti a Earl’s Court e What’s the story morning glory, ripetendo la storia già sentita più volte ormai: i Blur hanno vinto la battaglia del Britpop, ma gli Oasis ne stanno vincendo la guerra.
”Sunshine” sussurra infatti la sua voce familiare dall’altro capo della cornetta.
”Damon” sillabo appena.
”Io… Non lo so” lo sento inspirare e buttare fuori fiato e, probabilmente, fumo “Cioè, non sono stupido, lo so che le cose sono cambiate. Però stasera ho… “ si interrompe, ripensando a come formulare i pensieri confusi che a quanto apre gli stanno attraversando la mente “Hai visto il programma su-“
”Sì, ho visto” lo interrompo, intuendo.
Lui resta in silenzio parecchi secondi “Ho bisogno di te stasera. Tu capisci più di tutti quanto valga la musica per me e tutto questo. Puoi stare un po’ con me?”
Sospiro, irrigidendomi. Che cazzo devo dirgli?
”Sono a casa, Damon. Se vuoi venire ti aspetto alzata, massimo mezz’ora” sussurro piano.
”Grazie, a tra poco” e riattacca.
Mi guardo intorno, nella penombra trafitta solamente dalla luce del televisore e della lampada sul tavolino vicino al divano, assaporando il silenzio e chiedendomi se posso davvero esserci ancora per Damon.
E, in generale, credo di no.
Dopo un quarto d’ora però, quando me lo ritrovo alla porta, i capelli bagnati dalla pioggia che neanche sapevo fosse iniziata,  per la prima volta dopo tempo rivedo il Damon Albarn che avevo conosciuto un anno fa. Mi torna in mente la ragazzina che si era fissata con lui dopo aver visto il video di Chemical World, lui sdraiato nell’erba, la decisione che sarei in qualche modo arrivata a lui.
Fisso lo sguardo sui suoi capelli biondi che, a parte qualche riflesso, appaiono molto più scuri ora che sono grondanti d’acqua.
I suoi occhi chiari, i lineamenti che potrei dipingere ad occhi chiusi da quanto bene conosco.
E in questo momento, stranamente, mi tornano in mente le notti insieme, le giornate al sole, le serate nella tenue oscurità dei pub, i baci nel backstage, le chiacchierate prima di addormentarci.
E mi ricordo che in ogni caso io gli voglio bene, a modo mio.
Ci sediamo sul divano e lo lascio parlare, sfogarsi.
Certo, non posso dirgli ciò che vorrebbe sentirsi dire: che gli Oasis sono teste di cazzo, che non ha motivo di preoccuparsi del loro successo e che i Gallagher possono andarsene a fanculo. Per quanto sembrano cose che fino a neanche molto tempo fa avrei detto, ora risulterebbero solo balle, sia verso di lui che verso me stessa.
Quindi mi limito ad ascoltarlo, ma con molta empatia.
E lascio che parli.
E lascio che mi baci e mi abbia ancora una volta, dopo tanto tempo, anche se mi accorgo di vivere quanto sta accadendo come se fossimo in una bolla separata dal mondo e dallo scorrere del tempo, a sé.
E alla fine non ho chiarito le cose con Damon.

 

RiSALVE a tutti!
Mi scuso per il momentaneo cedimento di Shine, ma -per quanto ormai sia innegabile che abbia sentimenti per Noel e il rapporto con Damon sia rovinato- non me la sentivo di privarla di un briciolo di nostalgia per ciò che avevano condiviso.

Ringrazio chiunque continui a seguire la storia e, specialmente, chi trova il tempo di recensire, perchè sono quelle poche righe a motivarmi -anche se con i miei tempi- a continuare!

un abbraccio <3


 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Liam, cazzo, non ti ci mettere anche tu ***


20. Liam, cazzo, non ti ci mettere anche tu



7.23 pm
Ma come accidenti è possibile?!
Giuro di aver controllato l'orologio almeno mezz'ora fa ed erano le 7.20!!!
Questo turno sembra non finire mai, cavoli.
No, cara vocina mentale, non sono impaziente solo perchè Noel verrà a prendermi alle 7.30! E' tutta stanchezza.
Ok, dunque, devo solo apparecchiare il tavolo 4 per sei e poi posso andare, credo.
Controllo l'orologio per l'ennesima volta, ma il mio sguardo viene intercettato da quello inquisitore di Justine -Andrews, non Frischmann per fortuna- che, seduta al tavolo all'angolo con Alex e Graham, ridacchia maliziosa lanciandomi un'occhiatina.
E io rispondo rovesciando gli occhi all'insù perchè, insomma, che altro puoi rispondere ad una sottospecie di folletto cupido?
Forse non avrei dovuto dirle che Noel mi sarebbe passato a prendere.
"E' un appuntamento ufficiale!!!" aveva squittito sbattendo le mani come una bambina dell'asilo a cui hanno appena regalato una caramella.
Peccato che a me, a differenza sua, lo zucchero faccia venire il diabete.
"No, non lo è" avevo precisato. "Siamo due persone che vanno a vedere una band suonare in un localino in centro Londra. E nemmeno da soli"
Infatti ci saranno anche quel troglodito di Liam e Richard Ashcroft, come avevo voluto ben accertarmi prima di accettare l'offerta di Noel, dato che gli appuntamenti ufficiali mi mettono a disagio.
"Però prima a cena ci siete solo voi due," aveva subito ribadito lei, incrociando le braccia e sorridendo a trentadue denti.
Avete presente una pubblicità ambulante di dentifrici?
Ecco.
Peggio.
"Sì, ma solo perchè Liam e Richard hanno da fare, prima, e non riescono a liberarsi prima delle 9.30"
"Certo" aveva ribattuto scettica "Continua a ripetertelo. Magari alla fine ci credi davvero"
E così, eccomi qua, alle 7.28, già con il grembiule slacciato.
Noto Alex corrugare la fronte sottintendendo un interrogativo, prima guardando la sua ragazza - che sprizzando malizia da tutti i pori deve aver dato più nell'occhio di un vaporizzatore d'acqua- e poi me, ma entrambe scrolliamo le spalle.
Cavoli, in effetti se Alex e Graham mi vedessero andare via con Noel sarebbe un bel casino...
Forse dovrei sbrigarmi e aspettarlo fuori?
Se Damon venisse a sapere che-
BANG. Sono le 7.30 e il sopracitato northerner, puntuale come un orologio mancuniano, fa tintinnare il campanellino della porta del Queen's.
Ok, ma magari loro non lo vedono.
Colpo di tosse di Graham, occhiataccia e gomitatina di Alex.
Ecco, come non detto.
Alex si gira e guarda Noel con disprezzo -come biasimarlo? D'altronde meno di X mesi fa gli aveva pure augurato di prendersi l'AIDS, Noel ricambia lo sguardo infuocato, poi lo sposta su Graham, aggiungendo un minimo cenno di saluto carico di sarcasmo.
Poi eccolo, i suoi occhi azzurri si spostano a cercare i miei e subito mi sento addosso quelli dei due membri dei Blur.
Automaticamente mi giro appena nella loro direzione, labbra sigillate: io guardo Alex, Alex guarda me, il sopracciglio alzato, io guardo Graham, Graham stava già guardando me, con disprezzo.
Potrei ignorare Noel, far finta di niente, chiedergli se vuole da bere e provare a farlo stare al gioco fingendosi un cliente -che poi lo è stato spesso, specialmente dopo il concerto a Earl's Court, e il dopo concerto specialmente- ma in fondo... perchè cazzo dovrei mentire, ormai? Mi ripeto la domanda e mi sento infinitamente più leggera.
Prendo un bel respiro e mi rigiro verso di lui. "Ciao Noel. Ho finito ora. Un minuto e sono pronta"
E che gli altri si fottano tutti.


Usciti dal ristorantino, pancia piena -entrambi- e tacchi a spillo -solo io, ma va?-, ci imboschiamo nei labirinti della metro.
"Come sei lenta," mi stuzzica Noel scendendo gli scalini a passo spedito.
"Molto divertente," commento infastidita premendomi le mani sulle cosce per evitare un'ulteriore alzata di gonna.
Di solito adoro le folate d'aria alzate dalle metro in partenza fino a dentro i corridoi -non ho ancora capito come sia possibile!-, ma in questi casi le definirei leggermente superflue.
"Ecco, l'abbiamo persa."
"Oddio, è adesso?" domando con finta disperazione portandomi una mano sulla fronte, "Ah, se solo fossimo nella metro di Londra, dove non passano più di cinque minuti tra un treno e l'altro."
Lui alza le spalle, scegliendo uno degli scomodissimi seggiolini di plastica e portandomi sulle sue ginocchia.“Io mi annoio in cinque minuti,” inizia provocante avvicinandosi alle mie labbra. “Pensi di riuscire a tenermi impegnato?”
Sorrido ammiccante, pronta ad accontentarlo, ma mi ritrovo automaticamente a guardarmi intorno. Voglio dire… stiamo parlando di Noel Gallagher! Ufficialmente sta con Meg Matthews: non ho ancora avuto il coraggio di affrontare l’argomento per capire cosa ci sia davvero tra quei due, ma per la stampa e nell’ambiente è così. E’ sicuro di volermi baciare qui, sulla piattaforma della metropolitana? Non è neanche affollatissima, ma una buona manciata di persone c’è e almeno due ci stanno guardando da un po’.
Noel si accorge subito della mia indecisione e, credo, a meno che non abbia i geni trogloditi del fratello, intuisce il motivo.
“Fanculo,” prorompe sottovoce tirandomi a lui e facendo incontrare –finalmente- le nostre labbra.
I miei capelli si mettono presto di mezzo nonoappena la nuova metro sfreccia dietro di noi fermandosi poco più avanti.
“E’ la nostra. Visto? Meno di cinque minuti,” sussurro, facendo per alzarmi.
“Mmm,” fa spallucce dandomi un altro bacio. “Che fretta c’è? Prendiamo la prossima?”
Scoppio a ridere, scattando in piedi e dandogli uno strattone. “Forza, Gallagher!”
Saltiamo tra le porte proprio durante il din din din di allerta e sprofondiamo sui sedili riprendendo subito a baciarci, come dei teenager. Beh, io lo sono ancora a dire il vero. Noel, la cui età ho scoperto solo un paio di settimane fa, non lo è più da nove anni… ma in momenti come questi, non si sente neanche un po’.
Quando scendiamo per gli stretti scalini del localino a Soho, mi trovo subito immersa nella mia atmosfera ideale: buio, faretti, musica rock live a palla. I famigerati Liam e Richard Ashcroft, tra l’altro, sono già al tavolo.
“Oh vi fate desiderare,” commenta Liam facendomi una radiografia su due piedi e inspirando lentamente la sigaretta. “Siamo qui da un’ora.”
Io fulmino Noel. “E così Liam e Richard non potevano raggiungerci a cena perché erano impegnati” ripeto la sua scusa a mo’ di cantilena, mentre lui ridacchia sotto i baffi. “Stronzo,” aggiungo, sferrandogli un innocente pugnetto che gli da l’occasione di tirarmi verso di sé per un bacio.
“Shine,” mi saluta un Richard completamente vestito di pelle nera, dietro degli occhiali da sole.
“Come cazzo fai a vederci?” Ma poi quando noto Liam strofinarsi il naso mi rendo conto che devono avere le pupille piuttosto dilatate dopo essersi probabilmente chiusi in bagno con una carta di credito. Ashcroft non sente neanche la mia domanda, ma lo vedo girarsi piano prima verso di me e poi verso di Noel, lasciandosi scappare un sorrisetto compiaciuto. In effetti quando l’ho incontrato io e Noel non eravamo in buonissimi rapporti, mentre ora…
Finchè il mio northerner va a prendere da bere –e la mia vocina mentale mi rimprovera di aver usato un possessivo per riferirmi a Noel-, ne approfitto per concentrarmi sulla band che schiamazza sul minuscolo palchetto in fondo al locale. Liam sembra ben più rapito di me.
Non riesco a frenare la curiosità. “Ti piacciono così tanto?”
Lui alza le spalle. “Nah, sono ok. Stavo solo pensando a quando c’ero io su palchetti nascosti in locali che nessuno si filava, e poi…”
“E poi…” sorrido, “Come ci si sente a guardare la folla in venue come Earl’s Court?”
Signori e signori, io e Liam Gallagher stiamo avendo una conversazione seria! Mi spavento da sola.
“Fottutamente bene,” sillaba soddisfatto ammiccando e aspirando ancora dalla cicca. “Ti senti fottutamente potente. Ma ho sempre saputo che sarei salito così in alto”
Alzo un sopracciglio annuendo. “La modestia è una dote di famiglia, vedo.”
"Non è per presunzione," spiega subito, chinandosi verso di me. "E' un fatto: io ottengo sempre quello che voglio", aggiunge famelico perquisendomi con lo sguardo fino alle gambe scoperte dalla minigonna e tornando lentamente su fino agli occhi, "sempre. Non subito magari," rettifica, aspirando l'ultimo briciolo di sigaretta, "ma sempre" conclude sputandomi in faccia il suo fottuto fumo.
Indietreggio immediatamente, inviperita. "Ma chi cazzo ti credi di essere?"
Che nervi.
Torno subito a concentrarmi sulla band, sforzandomi di ignorare le sghignazzate di Liam in sottofondo.
Per fortuna torna Noel con i drink: una guinness per lui -ma va?- e un Bloody Mary per me. Quanto amo questo cocktail! Che poi quasi nessuno riesce a farlo con le dosi che piacciono a me, precisamente-
"Dieci gocce di tabasco," mi precede subito lui, sorridendo. "Gliel'ho chiesto due volte".
"Complimenti per la memoria," sorrido, assaggiandolo. Perfetto. Ok, la serata può ancora migliorare, dopo lo schifo di uscita di Liam.
E mi accorgo che è così... tra le risate con Richard, il cocktail, le imprecazioni dei Gallagher, Noel che tenta di ballare... devo ammettere che mi sto davvero divertendo!
E il dopo serata non è male. Per la prima volta Noel viene a stare da me.
Non sono abituata ad avere gente a casa: ho dormito ovunque, ma avere qualcuno dentro casa mia è un privilegio -se così lo si può definire- di pochi. Infatti quando Noel me l'ha proposto ho tentennato.
La soglia del mio miniappartamento è stata varcata solo da mia zia -beh, d'altronde è la padrona-, Damon, Justine... E credo nessun'altro, a parte ovviamente quelli della manutenzione quando avevo allagato tutto.
Quindi avevo iniziato a trovare scuse, proporre di andare da lui così saluto Benson, ma non so come, tra un bacio e l'altro, mi ha convinta. Io incolpo la vodka del Bloody Mary.
E in fondo non è stata una cattiva idea, me ne rendo conto ora che, sudati, ci accoccoliamo per addormentarci insieme. E io sono ancora ad occhi chiusi, ma non riesco a dormire. E ho la sensazione che Noel mi stia fissando. Ma sono paranoica no? Starà già dormendo ormai.
E tengo ancora gli occhi chiusi, fingendo di dormire anch’io.
E sento Noel posare un delicato bacio sulla mia fronte e accarezzarmi lentamente il profilo.

Dicembre è strano. Freddo.
Ok, anche novembre era freddo. Ma dicembre di più.
Sarà che, da nove anni, strappare la pagina di novembre non fa altro che ricordarmi che l'anniversario della morte di mio fratello si avvicina.
Già. Su quella nave dall'altra parte del mondo faceva caldo, ma qui ovviamente ci sono le folate di vento gelido a scandire i giorni.
Devo ammettere che, dopo la notte in cui ho sputato fuori tutta la storia di Andrew con Noel, ho iniziato pian piano a sentirmi meglio: il peso si è fatto leggermente meno ingombrante, in generale, e riuscire a piangere e sciogliere quel nodo in gola ha aiutato.
Tuttavia, con l'avvicinarsi dell'anniversario, sto tornando a stare male. Cerco di distrarmi, specialmente al lavoro, ma poi a casa trovo il vuoto ed è difficile non pensare.
Così cerco ogni occasione per uscire: cena con Justine e Alex, colazione con Noel, pub con Noel, serata coi colleghi, pub coi Blur... che poi ormai non li vedo quasi più.
Damon ovviamente ne ha approfittato per girare il coltello nella piaga, incastrando Meg Matthews in ogni cazzo di conversazione.
"Non ci pensi, Sunshine?" aveva iniziato, con un sorrisetto. "Noel sta con Meg. Cosa cazzo pensi che ti possa offrire?"
Ricordo distintamente il mio respiro sincopato sul quale si era riversata tutta la mia rabbia. "E tu stavi già con Justine quando abbiamo iniziato a frequentarci. Se lo schiaffo che mi hai dato è parte dell'offerta, spero che Noel mi offra meno di te."
E me ne ero andata, giusto per ritrovarmi maledettamente a riflettere su ciò che avevo tentato di ignorare e che Damon invece era riuscito a centrare bene. Come sale in una ferita.
Noel sta con Meg.
Io non so... non so se è una cosa a cui voglio credere io, ma ho sempre avuto l'impressione che la loro fosse un'unione finta, costruita. Qualcosa per far parlare i giornali, insomma. Perchè li ho visti, li ho visti come si ignoravano per poi appiccicarsi quando era passato un fotografo, negli studi. E poi freddi di nuovo.
Fatto sta che Noel -oddio, sto davvero per pensarlo?- mi fa stare bene. Odio ammetterlo, ma è così. Sembra che mi capisca nonostante io sia tutt'altro che un libro aperto, anche se a volte è tremendamente irritante. Venerdì è il fottuto anniversario della morte di Andrew e probabilmente andrò al cimitero, però la sera non voglio assolutamente restare da sola. Avrei voluto lavorare, ma per qualche stupido motivo ho la serata libera.
Di venerdì.
In un pub.
Fanculo.
Per fortuna io e Noel andiamo a cena fuori, ne ho davvero bisogno. Non gli ho neanche detto che è per il fatto di Andrew, perché non mi va davvero di parlarne. Voglio solo distrarmi dopo il cimitero.
E’ giovedì sera e già faccio fatica ad addormentarmi per il groppo alla gola.

“Ah, Shine, stasera non posso.”
BAM.
“Come?”
E’ venerdì pomeriggio, dopo il turno di pranzo,la mia visita al cimitero e un veloce salto in studio con Noel. Per qualche cazzo di motivo siamo a casa di Liam, dato che il meeting era lì vicino, e io neanche ci volevo andare a casa di Liam: è chiedere tanto voler stare con Noel e distrarmi in questo cazzo di giorno? Ok, Noel non sa che l’anniversario è oggi per cui non ho obiettato a seguirlo da Liam, però ora salta fuori così, cancellando l’impegno?
“Scusa,” spiega subito, accendendosi una sigaretta. “C’è una cena e incontro con la stampa. Una palla, ma roba grossa e buona pubblicità.”
Noel, però, cazzo. Non stasera, ti prego… “Ma… avevi detto che saremmo usciti…”
“Sì, perché non sapevo che la cena serabbe stata oggi. Usciamo domani, ok?”
Non me ne frega di domani! E’ stasera che avrei avuto bisogno di lui. “Domani lavoro”
“Domenica allora.”
“Lavoro.”
Lo sento spazientirsi, aspirando nervosamente un altro tiro. “Ok. Allora mi dici tu quando hai un giorno libero.”
“L’avevo fatto,” ringhio infastidita, “E poi hai mandato tutto a puttane.”
Liam, fino a questo momento seduto sul divano, straordinariamente capisce di essere di troppo e si incammina verso la cucina con la sua birra in mano.
“Sei proprio una bambina a volte, cazzo,” sputa fuori monotono.
Le mani mi si stringono a pugno.
“Se avevi preso impegni con lei,” commenta angelico Liam, tornando indietro, “ha ragione. Non dovresti andare alla cena.”
“Fatti i cazzi tuoi, Liam. E’ una cosa importante, ci sarà un sacco di stampa e devo andare, che tu capisca o no.”
“Ci sarà anche Meg?” chiede il fratello con finta indifferenza.
La tensione era già alle stelle, ma con lo sguardo di ghiaccio che si scambiano i due in questo momento mi domando come sia possibile che non saltiamo tutti in aria.
“Ripeto. Fatti. I cazzi. Tuoi.”
“Rispondigli,” prorompo finalmente io, a braccia incrociate.
Noel mi fissa in silenzio, sputando fuori il fumo. Poi si arrende. “Ho detto che è un incontro con la stampa. Ovvio che ci sarà anche lei.”
"Fanculo, Noel."
"Shine, cazzo, vuoi capire o no che ho degli impegni che riguardano il lavoro?"
"E tu vuoi capire che fanculo?" ringhio allontanandomi verso la finestra, sempre a braccia incrociate, senza più degnarlo di uno sguardo.
Una cosa ti avevo chiesto, Noel, cazzo. UNA COSA, in questo giorno di merda.
Dopo qualche secondo di silenzio, lo sento sbattere la porta.
Lo seguo con lo sguardo mentre si allontana imprecando lungo il vialetto.
Inspiro forte e rilascio.
Inspiro e rilascio.
Almeno cinque volte, sperando di calmarmi.
Non cambia un cazzo.
Sta riaffiorando tutto.
Tutto.
Chiudo gli occhi, cercando di regolarizzare i respiri.
"E' uno stronzo," commenta piano Liam, avvicinandosi dietro di me.
Mi ero persino dimenticata di lui.
Non riesco neanche a rispondere, con questo groppo in gola.
Mi limito ad annuire appena, guardando fuori.
Silenzio di nuovo.
E poi mi pietrifico: sento il fiato di Liam sul mio orecchio e la sua mano sul mio fianco.
"Fagliela pagare," sussurra.
"Liam," scuoto la testa appena senza guardarlo, spostandomi di scatto.
Non cambia nulla. La sua mano si infila appena sotto il mio maglione.
"E' uno stronzo," ripete sulla mia pelle, accarezzandomi i capelli con l'altra mano. "Vendicati," seguendo il mio profilo con le labbra.
Mi sforzo di tenere lo sguardo fisso fuori dalla finestra. "Liam, n-no," boccheggio.
Sta girando tutto. Andrew, il cimitero, la lapide, la lite con Noel, la rabbia, l'immagine di lui e Meg stasera, il ricordo del loro schifo di bacio.
La mano di Liam scorre ancora sotto il mio maglione e le sue labbra tornano sul mio orecchio. "Sfogati!"

 
Ma salve <3
Ormai mancano pochissimissimi capitoli alla fine...

Mi rendo conto *si nasconde in un angolino* di avere dei tempi di pubblicazione imbarazzanti, e non per niente ho perso tantissimi lettori e recensori.
Di questo mi spiace molto.
Purtroppo tra università e lavoro (ah by the way, dopo qualche mese in Italia sono tornata in England e ho iniziato l'uni qui) è davvero difficile trovare tempo e testa per dedicarmici.... però non mi sento di abbandonare questa storia, significa molto per me... Quindi ringrazio davvero chi è rimasto fino a questo punto dopo (oh mio dio) TRE ANNI :') e soprattutto chi mi perdonerà lasciandomi un piccolo parere su questo capitolo un po' complicato.

Un abbraccio
Cherry <3

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1185139