~
Due ~
Torni
dalla palestra alle sette passate e non è una novità. Tutti quei
muscoli chimicamente indotti non hanno bisogno di allenamento, ma a
lungo andare diventi irrequieto se non li muovi.
A
quest'ora per te esistono solo la doccia e gli avanzi del pranzo
riscaldati nel forno a microonde. Grande invenzione, quella, una
delle poche che ti fanno rivalutare il ventunesimo secolo.
Ma
il microonde non è l'unica novità tecnologica a cui Steve Rogers si
è adeguato. Per esempio, nel tuo appartamento ci sono anche un
televisore LCD dove ami seguire le partite dei New York Yankees e un
computer portatile nuovo di pacca che ogni tanto ti ricordi di usare
per controllare la posta. Ci hai messo un po' a capire come funziona:
è decisamente più complicato di un televisore. E anche piuttosto
inutile, a tuo parere.
Oh,
certo, è interessante per gli studenti che non hanno voglia di
alzare il didietro dalla poltrona e andare fino in biblioteca per fare
una ricerca. E per quegli smidollati che piuttosto che mettersi in
gioco preferiscono accontentarsi di stare a guardare qualcuno che
fornica al posto loro. Per non parlare di tutti i patiti delle
cospirazioni che gridano al complotto davanti ad uno schermo,
convinti di scatenare una rivoluzione con un click sulla tastiera.
Ma
a te cosa può servire? Amici con cui mantenersi in contatto non ne
hai, ragazze con cui flirtare non parliamone, i colleghi se proprio
c'è bisogno di sentirli hanno un canale preferenziale. E
sinceramente, se sentirli significa che qualcosa di orribile sta per
abbattersi sulla Terra, preferisci non sentire mai squillare quella
linea.
Per
questo quel pc non lo accendi mai e ti ricordi della sua esistenza
solo quando fai un po' di pulizie e noti il dito di polvere sopra. E
questa non è certo una serata per le pulizie.
Sei
in accappatoio e ti sei aperto una birra in attesa che si scaldino
gli avanzi. Stravaccato sul divano, hai tutta l'intenzione di cercare
tra i canali qualche film dei tuoi tempi e stare inerte a guardarlo,
illudendoti di essere ancora nel 1945, fino ad addormentarti. Un
piano perfetto.
Un
piano mandato a monte non sai come. Sai solo che appena hai pigiato
il tasto di accensione della tv, il tuo cuore a prova d'infarto ha
perso un battito.
– Buonasera,
signor Rogers. –
– J-J.A.R.V.I.S.?
– balbetti aggrappato alla
sponda del divano.
– Sì,
signore. –
–
Cosa... –
deglutisci a vuoto – che stai facendo nel mio televisore? –
L'occhio
rosso che ti osserva dallo schermo è piuttosto inquietante e tu ti
senti alquanto idiota a parlare con un televisore.
– Ovviamente
non sono nel suo televisore. Mi sono limitato ad aggirare il suo
firewall e ad infiltrarmi nella sua rete per poter comunicare con
lei. –
Aggirare
il tuo cosa e infiltrarsi dove?!
–
Sì, bene... uhm...
da quanto sei lì? – gli chiedi senza essere sicuro di volerlo
sapere davvero.
– Trentasei
minuti e dodici secondi. Il sistema di sorveglianza è un'appendice
del mio programma, per cui ho potuto sapere l'ora esatta in cui è
rientrato nel suo appartamento e attendere che accendesse il
televisore com'è sua abitudine. Mi spiace dover ricorrere a questi
mezzi, signore, ma conoscendo la sua scarsa propensione verso i
moderni sistemi di comunicazione, ho preferito andare sul sicuro. –
E
tu invece preferisci non sapere come faccia J.A.R.V.I.S. a conoscere
le tue abitudini.
–
Bene. –
ripeti un paio di volte – Bene. E a cosa devo questa...
visita? –
– Il
signor Stark. –
Tu
inarchi le sopracciglia e inclini appena la testa, in attesa di
spiegazioni.
– Se
non le dispiace, è necessario che veda una cosa. –
Quantomai
perplesso, sospiri e fai un cenno stanco con la mano. Poi, non
essendo del tutto sicuro che J.A.R.V.I.S. possa vederti, gli dici: –
Prego. –
Con
tuo immenso sollievo, l'occhio rosso sparisce per fare posto ad
altro. Lo schermo adesso ha fatto qualche lampo grigio e si è poi
sintonizzato su quello che sembra essere un laboratorio. No, a ben
vedere è sicuramente un laboratorio: quello della Stark Tower. E c'è
una scritta in alto a destra.
CCTV
4
07/22/12
E
sotto, quello che deve essere l'orario, con i secondi in continuo
scorrimento. Dunque era circa la mezzanotte del ventidue luglio –
appena qualche giorno fa – e il laboratorio Stark era vuoto.
Non per molto: Tony entra borbottando qualcosa e si mette subito a
smanettare sull'olopc.
– Mi
perdoni, questa parte possiamo anche saltarla. –
Le
immagini prendono a scorrere veloci, i minuti si susseguono uno dopo
l'altro.
–
J.A.R.V.I.S. –
–
Sì, signore?
–
–
Lui sa di tutto
questo? –
– Ovviamente
no, signore. E la pregherei di non farne parola con il signor Stark.
–
Quando
l'orario in alto a destra supera le due di notte, J.A.R.V.I.S.
interrompe l'avanti-veloce.
– Posso
darle un suggerimento, signore? – questa
è sempre la voce di J.A.R.V.I.S., ma capisci che fa parte della
registrazione della telecamera di sicurezza.
– Sono
tutto orecchi. – senti
dire a Stark.
– Un
invito a cena potrebbe essere la soluzione. –
Tony
sbuffa una risata: – Non funzionerà. –
– Secondo
le statistiche, nel 97% dei casi il metodo ha successo. –
– E
io ti dico che lui fa parte di quel 3% che fa eccezione. –
Ti
accigli. “Lui” chi?
– Signore,
mi permetto di farle notare che se non ottiene una prova empirica
delle sue convinzioni, quanto afferma non avrà mai un riscontro. –
Stark
spegne la fiamma ossidrica del saldatore e si sfila gli occhiali
protettivi. Appare quasi offeso.
–
Osi darmi
dell'approssimativo? –
– È
una sua deduzione, signore. –
–
D'accordo. –
sospira seccato – Manda un mail a Rogers. –
Oh,
“lui” tu!
– Cosa
deve contenere, signore? –
– Visto
che sei così esperto in relazioni interpersonali, decidi tu. –
ribatte abbassando nuovamente
gli occhiali.
– Troverà
una copia in CCN al suo indirizzo, signore. –
Lui
risponde con un grugnito e riaccende la fiamma ossidrica.
Il
filmato s'interrompe, torna a fissarti l'occhio rosso.
–
Dunque immagino che
questa sia la “mail”. – dici un po' sconvolto, mimando
le virgolette con le dita. Mimando a chi, poi, non lo sai.
– Esattamente,
signore. –
Deglutisci
a vuoto.
– Adesso
devo cenare, J.A.R.V.I.S. –
– Naturalmente,
signore. –
L'occhio
rosso scompare e dopo un attimo la tv si sintonizza sul canale
sportivo. La partita è a metà, la tua birra è fredda e ringrazi il
cielo che il forno a microonde abbia il timer altrimenti la tua cena
sarebbe carbonizzata.
Spegni
la tv e reclini la testa sulla spalliera. Dannato Tony Stark. Riesce
a rovinarti le serate anche distanza.
~
Non
hai risposto subito, mi pare ovvio. Francamente, speravi che se ne
dimenticasse, che lasciasse perdere. Ma pare che sia impossibile far
desistere un computer.
La
tattica di J.A.R.V.I.S. si basa essenzialmente sull'assedio a lungo
termine.
Non
è che sia assillante. No, lui se ne sta zitto e buono tutto il
giorno, ti lascia in pace. Quasi ti dimentichi di avere una costante
violazione della privacy da parte di un'intelligenza artificiale. Poi
la sera arriva e quando inizi a sperare che si sia dimenticato di te,
ecco che scatta la solita scenetta.
–
Buonasera, signor
Rogers. – si annuncia con falsa cortesia.
E
a te non resta che sospirare e girarti verso la tv: –
Buonasera, J.A.R.V.I.S. –
Ciò
che segue è piuttosto imbarazzante. Non per te, no. Per Stark. E
ogni volta tu, be', diciamo che soffri di una sorta di imbarazzo
acquisito. Un po' perché sei parte di quel patetico teatrino e un
po' perché sai cosa significa umiliarsi – più o meno
consapevolmente – in quel modo.
E
dirti che Stark, tolta quell'armatura, non è altro che un bastardo,
tronfio, egocentrico e presuntuoso, cresciuto nella bambagia e
abituato ad avere tutto quello che vuole con uno schiocco di dita,
non serve assolutamente a niente. Perché tu sei troppo buono, Steven
Rogers, e quindi ogni sera è un po' peggio. Ogni sera, quando
J.A.R.V.I.S. manda in onda sulla tua tv la nuova registrazione delle
telecamere a circuito chiuso della Stark Tower, tu ti senti cedere il
terreno sotto i piedi.
–
Ha risposto? –
–
No, signore. –
–
Almeno hai fatto un
check per vedere se l'ha letta? –
– Sì,
signore. –
Silenzio.
Il tuo cervello che rifiuta di soffermarsi sull'espressione lontana
di Stark.
–
Devo sollecitare
una risposta? –
–
No. –
E
tu stringi la presa attorno alla tua birra e affondi un po' di più
tra i cuscini del divano.
–
Arrivederci,
signore. – ti dice J.A.R.V.I.S. beffardo.
L'occhio
rosso si spegne, ma tu sai che lui è ancora lì. Sarà sempre lì,
in agguato, fin tanto che non gli darai una risposta.
Meno
di una settimana di questa vita e stai già vacillando. Questa
sera... questa sera sai che non reggerai.
–
Buonasera, signor
Rogers. –
– Buonasera,
J.A.R.V.I.S. –
Ti
siedi composto sul divano e fissi l'occhio rosso con fermo sguardo di
sfida.
~
Cedere
non è mai stato così umiliante. E liberatorio.
J.A.R.V.I.S.
si è offerto di assumersi la responsabilità del ritardo adducendo
un bug o qualcosa di simile. Ovviamente ti sei rifiutato di
assecondare l'ennesimo inganno ai danni di Stark. Lui sarà anche un
bastardo, tronfio eccetera, ma tu no. Un po' di coerenza non
guasta, giusto? Giusto.
Tormenti
il bottone del polsino e fissi la vetrata del ristorante. Accidenti a
loro. Novantadue
anni all'anagrafe, venticinque effettivi, una guerra mondiale e una
battaglia pandimensionale sulle spalle, e niente è paragonabile a
questo. L'attesa.
Non
è lui in ritardo, sei tu che sei in anticipo. Perché l'idea che
qualcuno ti aspetti ti è diventata particolarmente ostile: è
proprio un concetto che hai rimosso dalla tua realtà quotidiana. Tu
sarai sempre in anticipo.
E
così aspetti e l'unica cosa che puoi fare mentre stai lì, davanti
all'ingresso del ristorante, è tormentare quel bottone e chiederti
chi te l'ha fatto fare di rispondere. E sopratutto di rispondere
“sì”, quando in realtà volevi solo chiudere la faccenda con un
sacrosanto “no” e tornare a vivere la tua solita vita
allenamento-avanzi-birra-davanti-alla-partita, cercando di rimuovere
dalla tua memoria qualsiasi cosa riguardi Anthony Stark.
A
partire dalla sua auto sportiva che scorre nel riflesso della
vetrata.
La
portiera si apre e si richiude e tu ancora non hai il fegato di
girarti. Ma non dovresti essere tu la parte lesa?
– Ciao.
–
Mi
sa che adesso devi proprio a rivolgerti a lui e non al suo riflesso.
– Ciao.
–
Dovresti
sorridere? Va bene, provaci.
La
tua falsità si può misurare dal modo in cui distoglie lo sguardo.
Sarà una lunga cena.
~
Sai
che non arriverà alcuna scusa da parte sua. Non ti chiederà mai di
perdonarlo per il suo orribile comportamento, né si dichiarerà
pentito. Anthony Stark non è il genere di persona che si abbassa a
tanto, ormai lo sai. È quella cena: tutto questo vale come un unico
e irripetibile “Scusa”, e di questo dovrai accontentarti. Non è
forse più di quel che ci si potrebbe aspettare da lui?
Già.
Rimesti con aria forzatamente noncurante l'antipasto costosissimo e
dal dubbio contenuto che ti hanno messo sotto il naso. Lo assaggi. E
a niente serve concentrarti sul mirabile compito di distinguere il
sapore di quella cosa.
Tu
meriti delle scuse ed entro questa sera le avrai.
– Sto
aspettando. –
Gli
lanci un'occhiata di sottecchi per vederlo alzare lo sguardo al
cielo.
Deglutisce
il boccone: – Ti chiedo ufficialmente scusa, Capitan
Premestruato. –
Oh,
certo. E pensa di cavarsela così?
Molli
la forchetta sul piatto e ti pulisci col tovagliolo. Posi i gomiti
sul tavolo, lo osservi da sopra le dita intrecciate.
– Non
so dove vuoi arrivare con questa becera ironia, ma abbiamo tutto il
tempo del mondo. – ribatti con calma glaciale – So
essere paziente. –
– Non
so dove vuoi arrivare con quest'aria da mogliettina offesa, ma
accontentati di questa cena. – ti fa il verso – So
essere testardo. –
– Non
avevo dubbi. –
– Neppure
io. –
– Bene.
–
– Perfetto.
–
Per
un lungo momento vi sfidate in silenzio con lo sguardo, tu immobile e
severo, lui impegnato a divorare quello che ha nel piatto.
– Devi
sempre avere l'ultima parola? –
– Senti
chi parla. –
Scatti
indietro: – Non è così. –
E
hai anche delle valide ragioni per controbattere alla sua ridicola
affermazione, ma in questo momento le tue capacità di discussione
sono paragonabili a quelle di un bambino di quattro anni. Possibile
che Tony Stark ti faccia puntualmente questo effetto?
– Terrorizzato
di avere un difetto? – inarca le sopracciglia e si sporge
sul tavolo – O peggio, di avere un difetto in comune con
me?! –
Si
porta la forchetta alla bocca e mastica a testa alta, in attesa di
una tua risposta. Per contro, a te è passato l'appetito, così
allontani il piatto.
– Riesci
a prendere qualcosa seriamente o è chiedere troppo? – dici
cercando di non apparire troppo imbronciato.
– Se
essere serio significa diventare uno stoccafisso come te, be', grazie
ma no grazie. –
– Vedi,
– incroci le braccia al petto – hai un serio
problema con il concetto di serietà. –
– Oh,
no. – ribatte muovendoti contro la forchetta – È
il tuo concetto di serietà quello con cui non vado d'accordo.
–
Sogghigni
e scuoti la testa: – Tu non accetti l'idea di essere in
torto. –
– Disse
Mister Perfezione... – sbuffa dondolando la testa.
È
a quel punto che ti chiedi quale afflato masochistico ti abbia spinto
ad accettare la sua proposta. Come hai potuto pensare che tutto
questo avrebbe potuto portare da qualche parte?
– È
ridicolo. – borbotti
alzandoti da lì.
– Senti,
ma che altro vuoi? –
lo senti gridarti dietro.
Oh,
Gesù. È talmente imbarazzante che batte tutte le figure grame del
tuo passato. Fai finta d'ignorare gli sguardi curiosi e ti precipiti
fuori a grandi falcate. La notte ha illuminato la città e ha
portato un po' di fresco, e tu alzi la testa verso le luci dei
grattacieli e respiri l'aria inquinata di New York.
– No,
sul serio. –
Serri
gli occhi e la mascella. Ti dovrebbero dare un premio per lo
smisurato autocontrollo che dimostri nel trattenerti dal voltarti e
assestargli un gancio.
– Ti
invito a cena, ti chiedo scusa... –
elenca petulante –
Perché sì, per quanto tu non sia in grado si apprezzare lo sforzo,
quelle erano delle scuse. E guarda come mi ringrazi! –
Ah,
no. Questo è troppo anche per te.
– E
sentiamo, di cosa dovrei ringraziarti? – gli ringhi con
malcelata furia – Di avermi concesso le tue patetiche scuse
o di esserti offerto in maniera impudente? –
Lui
si rabbuia: – Ehi, fino a prova contraria non ho
commesso alcun crimine. Non questa volta, per lo meno. –
– Ma
certo, – sibili
disgustato – le
vostri leggi sono così vergognosamente permissive che la gente come
te si sente in diritto di fare quel gli pare! –
– Oh,
deve essere terribile svegliarsi dopo settant'anni e
ritrovarsi più ottuso del peggior reazionario ancora in vita. –
ironizza – E stai parlando con
un repubblicano. –
–
Dubito che
insultarmi mi renderà aperto di mente nei confronti dei nuovi
costumi sociali. –
–
Credi che sia
questo? Credi che voglia aiutarti ad ambientarti in questo pazzo,
nuovo mondo? –
Il
suo sarcasmo ti ferisce. Non perché vorresti essere aiutato da lui –
quello nemmeno se fosse l'ultimo uomo sulla faccia della terra. È il
fatto che abbia centrato il punto che è piuttosto umiliante.
Nessuno
si è preso la briga di darti una mano. Ti hanno trovato e svegliato
senza tanti complimenti, mettendo su un teatrino poco efficacie
giusto per non traumatizzarti troppo. E dopo se ne sono fregati.
Finché gli sei utile si ricordano di te, altrimenti resti un
pregevole pezzo d'antiquariato che prende polvere in un angolo, in
attesa di essere usato di nuovo. È tragicomico, ma fino ad ora
l'unica persona ad avere mostrato per te un interesse al di là dei tuoi
poteri, è proprio Stark.
–
Chiariamo le cose,
Cap. – lo Stark in questione ti riporta crudelmente alla
realtà – Nick ha deciso che dobbiamo stare nella stessa
boyband, quindi ci tocca fare finta di andare d'accordo. Se hai
intenzione di menarla ancora a lungo per una cazzata simile... –
–
Per te è una
cazzata, Stark! – lo interrompi esasperato – Vuoi
provare almeno per un momento ad uscire dal tuo punto di vista?! –
Allarga
le braccia: – D'accordo. –
E
tu lo guardi a bocca aperta, con una mano ancora alzata, congelato
nell'atto di riprendere ad inveire contro di lui.
Stark
prende fiato e poi attacca: – Capitan Ghiacciolo prima era
solo uno sfigatello del Queens, ma nessuno lo sa. Voglio dire, io lo
so perché se non era per mio padre mica diventavi quello che sei
adesso, e un “grazie” a questo punto ci starebbe bene, ma non
allarghiamoci. Dicevo, Capitan Ghiacciolo era così sfigato e
bacchettone che non ha mai battuto chiodo e, diciamocelo, questa cosa
è piuttosto imbarazzante, e lui non ne parla mai, ma non è che sia
un segreto di stato, no? Così una sera il magnanimo,
comprensivo e generoso Anthony Stark, lo incoraggia a rifarsi del
tempo perduto lanciandolo tra le braccia di una fanciulla più che consenziente.
Ma il povero Capitan Ghiacciolo è davvero troppo, troppo arrugginito
e ogni sforzo diventa vano, perché riesce a trasformare l'arma di
seduzione di massa che ha nascosta nei pantaloni in un boomerang.
Quando Tony si accorge che la situazione è precitata, accorre in suo
soccorso e tenta di consolare il poveretto. Ma a niente valgono le
sue buone azioni, poiché Capitan Ghiacciolo mostra tutta la sua
irriconoscenza rifiutando una proposta che per molti sarebbe stato
uno dei massimi onori a cui aspirare. –
Stark
concede al monologo una pausa ad effetto e tu hai il tempo di
chiederti quante sfumature di rosso siano passate sulla tua faccia.
–
Drammatica
dissolvenza sull'espressione affranta del sottoscritto. –
termina Stark con aria teatrale – Fine, titoli di coda. –
I
casi sono tre: o te ne vai trascinandoti dietro il manto di oltraggio
che ti senti gravare addosso, o lo prendi a calci fino a ridurlo ad un ammasso sanguinolento, o perseveri nella vana speranza di
far entrare in quella testa vuota il concetto di rispetto. E siccome
prima o poi sai che sarete costretti a combattere nuovamente fianco a
fianco, ti ritrovi tuo malgrado ad optare per la terza.
– Ti
ho già detto una volta di non prenderti gioco di me. – scandisci.
– Non
lo sto facendo. – sbuffa – Seriamente, Cap, devi
imparare a distinguere l'ironia dalle prese per il culo. Sai, dovrei
essere io quello mortalmente offeso: hai rifiutato la mia proposta
galante e l'hai fatto anche in maniera piuttosto maleducata! E ti
lamenti che cerco di buttarla sullo scherzo?! –
– Smettila
e basta! – insisti sentendo di aver raggiunto l'ennesima
sfumatura di rosso – Santo cielo, sei sposato! –
– Divorziato.
– puntualizza subito.
Batti
le palpebre: – Cosa? –
Lui muove nervoso la mascella,
distoglie lo sguardo a disagio.
– Pepper
non è più la signora Stark. – t'informa – Da due
settimane. –
– Ma...
–
– Che
c'è, non esisteva il divorzio negli anni quaranta? –
E
tu boccheggi e basta, ancora concentrato sul compito di assimilare
quell'informazione.
– Insomma, cosa? – continua –
Quel “finché morte non vi separi” non è da prende
alla lettera, sai? –
No,
già. L'hai imparato a tue spese. Ma loro due erano diversi. Per
quanto ti chiedessi continuamente come facesse un angelo come Pepper
a sopportare quella piaga umana, quello che sentivi quando li vedevi
insieme era qualcosa che sfiorava l'idillio. Loro s'incastravano così
bene che davvero per te, per il tuo modo antiquato e romantico di
vedere le cose, rappresentavano la coppia perfetta.
E
sì, ti ricordi fin troppo bene quella strana scena alla festa per
Nick. Ricordi anche lo sguardo distante di Stark. E adesso ti viene a
dire questo e non vuoi – non puoi – credere che
la colpa sia di Pepper.
– Ma
insomma, lei... – balbetti confuso – cosa le hai
fatto? –
Stark
porta le mani al petto con aria offesa: – Perché deve essere
sempre colpa mia?! –
– Perché
tu sei Tony Stark! – ribatti con ovvietà.
– Be',
grazie per avermelo ricordato! Per tua informazione, abbiamo preso
questa decisione di comune accordo, da adulti responsabili. Chiaro? –
Lui
tutto sembra tranne un adulto responsabile, in particolare adesso. Ma
qualcosa ti dice che è meglio non farglielo notare.
– Adesso
possiamo smettere di parlare del mio divorzio? –
– Oh,
è così che funziona oggi? – sbuffi stancamente.
– Direi
di sì. – fa seccato – Problemi? –
– Sì!
–
Non
riesci a trattenerti, non più. Lunghi mesi di rifiuto e
autocompatimento ti hanno portato a questo: a sfogarti in mezzo alla
strada, davanti alla persona più sbagliata al mondo.
– Tutta
questa... questa promiscuità... sodomia, infedeltà. Voi le
sbandierate in giro come se fossero normali e, be', non lo sono! E
non m'interessa se sono ottuso, se la società è cambiata eccetera.
Ho salvato due volte questo diavolo di pianeta e non ho chiesto niente
in cambio, se non altro mi sento in diritto di criticarlo! –
Tu
hai il fiatone e non sai perché. Puoi correre per miglia senza
sentire la minima fatica, eppure confessare tutto questo –
tutta la tua inadeguatezza – adesso, proprio davanti a lui,
ti è costato e sai che la sconterai cara.
– Senti,
Capslock, questa è la realtà. – ti dice serio –
Se non ti sta bene, fatti surgelare di nuovo e svegliati fra altri
settant'anni: magari nel futuro avranno trovato il modo di clonare la
tua adorata Peggy e potrete coronare il vostro sogno d'amore. –
Se
voleva portarti al limiti, ebbene ci è riuscito in pieno.
– Non...
non nominarla. – stringi gli occhi e gli punti un dito
contro – Non ti permettere. –
Lui
ha il buongusto di stare zitto, ma il resto – tutto il
resto, il suo atteggiamento sfrontato, la sua aria sicura di chi la
sa lunga – non svanisce e questo ti da enormemente ai nervi.
Perché parla di fatti che non conosce, osa scavare voragini nella tua vita
senza mostrare alcuna pietà, privo del minimo rispetto. Lui ti riapre antiche
ferite e le infetta e nanche lo sa cosa sta facendo.
– Non
la voglio una copia. – annaspi tra le parole, le tiri fuori
così come sono, senza farle prima passare per i pensieri –
Non voglio “scongelare il ghiacciolo” con una delle tue donnette.
E tantomeno con te. –
Forse
non dovrebbe, ma ti fa abbastanza male la sua espressione ferita. Ti
accorgi di tutto il disgusto con cui hai calcato sulla parola “te”
ed è troppo tardi per pentirtene, troppo tardi per riflettere sulla
crudele verità delle sue parole e su come in realtà stia cercando
di farti un favore. A modo suo, certo, ma ci sta provando. Ma a
questo ci arriverai più tardi – troppo tardi. Per ora puoi
solo continuare a crogiolarti in tutta quella commiserazione.
– Volevo
solo quel sabato sera allo Stork Club. – dici a lui, alla
strada trafficata, al cemento sotto i piedi, alle luci dei
grattacieli – Volevo una possibilità e la volevo con lei. –
Il
silenzio che segue sa di metallo e ti chiedi se nella foga non ti sei
morso la lingua a sangue.
– Mi
dispiace, Rogers. –
Decidi
di non guardarlo: la sua voce sincera fa già abbastanza male. Speri
che concluda con una delle sue battute sferzanti, lo speri con tutto
te stesso. Ma non lo fa. Ti da la buonanotte e gira i tacchi, se ne
va.
Alla fine hai ottenuto quello che volevi, non sei soddisfatto? Tony
Stark ti ha chiesto scusa e l'ha fatto per tutto, anche per quelle
cose di cui non ha colpa. E tu te ne resti lì, sul marciapiede, a
fissare la tua ombra proiettata da un lampione, come se potesse darti
il coraggio che non hai. Qualcuno ti chiama Capitan America: sei
capace di prendere a pugni i supercattivi, ma non di dire “grazie”
a qualcuno che per una volta se lo merita.
~
Una
mattina esci a prendere la posta e trovi una cosa nella cassetta. Un
messaggio inaspettato da una persona inaspettata, arrivato per vie
inaspettate. Ricordi il tira-e-molla con J.A.R.V.I.S. della settimana
scorsa e la vergogna ti avvelena un po' l'anima. La seppellisci
momentaneamente perché la curiosità, nonostante tutto, ha la
meglio.
C'è
un vecchio tagliacarte, da qualche parte. Non sai perché l'hai
comprato, visto che la gente non manda più lettere al giorno d'oggi.
Forse è per lo stesso motivo per cui ti ritrovi la sera a guardare
Via col vento.
Alla
fine lo trovi, di fianco al pc. Un pezzo d'antiquariato impolverato –
come te – vicino ad una moderna tecnologia per te
incomprensibile, ma altrettanto impolverata – come lui. E
per un momento stai lì a rigirarti il tagliacarte tra le dita,
riflettendo sull'ironia della sorte. Su come Stark sia il primo in
settant'anni a mandarti una lettera.
Infine
ti decidi ad aprirla, quella lettera. Non sai cosa contiene e, sì,
sei curioso, ma in questo preciso momento vuoi solo goderti questo.
Steve ha ricevuto una lettera.
Quindi
lo fai lentamente. Apri la busta stando attento a non strappare la
carta, ascoltando il suono secco delle fibre che si rompono. Tiri
fuori il foglio, piegato in tre parti, e non lo spieghi subito. Senti
la grana sotto le dita, l'annusi. Be', almeno questo non è cambiato:
tra le tante cose che questo mondo malato è riuscito a sgretolare,
corrompere, cancellare, l'odore della carta da lettere no, quello è
ha resistito immutato.
Forse
dovresti ricordarti di ringraziare Stark per questo regalo
collaterale. Forse. Dipende dal contenuto della lettera.
Ma
tu sei pronto a tutto – qualsiasi cosa, davvero –
tranne questo. Questo riesce a farti balzare il cuore in gola,
mozzandoti il fiato. La busta ti cade a terra, mentre il foglio trema
tra le tue dita.
~
Sfili
gli occhiali da sole e alzi lo sguardo sulla struttura davanti a te.
Per l'ennesima volta tiri fuori la lettera dalla tasca interna della
giacca. La scrittura di Stark si spiega sulla carta in modo
scoordinato. Fissi le lettere senza vederle davvero, perché ormai lo
sai a memoria quell'indirizzo.
Devi
prendere un bel respiro per deciderti a varcare quella soglia.
La
signorina alla reception è una bella ragazza di colore –
hai imparato che è quello il modo politically correct di appellare
le persone afroamericane. Ti sorride con i denti bianchissimi e ti
dice qualcosa di lusinghiero sul fatto che i giovani di solito non si
ricordano mai di venire a trovare i nonni. Sorridi di rimando,
evitando di commentare per non alimentare quella bugia bianca, e le
dici il nome. Lei reagisce con stupore e ti conduce subito nel
cortile interno.
È
un bel giardino, pieno di aiole fiorite e cespugli aromatici, assolato dalla calda luce estiva. La
ragazza ti porta ad una panchina ombreggiata da un acero rosso. C'è
seduta una signora dai capelli tutti bianchi raccolti ordinatamente
in una crocchia. Indossa una vestaglia azzurra e a te batte forte il
cuore.
La
ragazza si mette le mani ai fianchi e assume un finto broncio: –
Sono molto offesa, signora Carter, molto offesa! Perché ci ha tenuto
nascosto questo bel figliolo? –
Lei
ti fa l'occhiolino e tu arrossisci. Ti schiarisci la voce
imbarazzato quando la signora Carter alza lo sguardo su di te.
– Steven
Rogers, sei in ritardo. – dice
con lo stesso cipiglio che ricordi bene.
E
le sorridi e lei ti sorride mentre batte una mano sulla panchina. E
continuate a sorridervi mentre la ragazza va via e tu ti siedi e le
prendi una mano tra le tue.
Decisamente,
devi più di un “grazie” a Tony Stark.
|