L'amore è l'unica nostra certezza

di Eliessa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Proposte e ritorni. ***
Capitolo 2: *** Ricordi amari. ***
Capitolo 3: *** Paura, solo paura. ***
Capitolo 4: *** Una buona parola. ***
Capitolo 5: *** Il tempo passa, le promesse rimangono. ***
Capitolo 6: *** Shopping a coppie. ***
Capitolo 7: *** Il grande giorno. ***
Capitolo 8: *** Giulietta Merante. ***
Capitolo 9: *** Una folle corsa contro il tempo. ***
Capitolo 10: *** Una lunga notte. ***
Capitolo 11: *** Il bisogno di sentirsi vicini. ***
Capitolo 12: *** L'attesa del ritorno. ***
Capitolo 13: *** Fine di tutto. ***



Capitolo 1
*** Proposte e ritorni. ***


CAPITOLO 1.
PROPOSTE E RITORNI

 

 


Era un freddo pomeriggio di febbraio quando Elena era a casa con suo fratello Marco ad aspettare che Davide tornasse dalla Procura.
Finalmente erano riusciti a ritrovarsi, erano di nuovo una coppia e questa volta non erano clandestini, ma potevano vivere la loro relazione alla luce del sole.
Davide e Silvia erano ormai divorziati a tutti gli effetti, quindi Elena poteva coronare il suo sogno di diventare la signora Castelli quando voleva.
Oramai non c’era più niente a dividerli. Insieme avevano superato innumerevoli ostacoli come: l’arrivo improvviso di Silvia, l’operazione di Davide, il divorzio che la donna non voleva concedere, il suo tentato suicido che per fortuna Elena stessa era riuscita ad evitare, e tutto ciò solo grazie alla sola forza dell’amore.
Così Elena quella sera decise di fargli la proposta di matrimonio. Si, dovrebbe essere l’uomo a farla, ma lei non andava a vedere questi dettagli.
Ma quel pomeriggio del 16 febbraio qualcosa cambiò.
Erano le 18 quando il telefono in casa Argenti squillò ed a rispondere fu Marco.
Dall’altra parte del telefono c’era Luca che cercava Elena. Il motivo della chiamata? Luca non trovava un fascicolo.
Solita storia. Storia di tutti i giorni. Sempre meglio questo che essere chiamata per andare a risolvere un caso di omicidio.
 
-Marco, non è che mi daresti una mano per la cena di questa sera?- chiese Elena al fratello.
-Si, certo. Senti.- continuò il fratello dopo qualche attimo di silenzio. –Questa sera non ci sarò.-
-Come? Che… Perché non rimani?- chiese Elena. Nonostante quello doveva essere un momento intimo tra lei ed il compagno, necessitava della presenza del fratello. Lo voleva. Marco per Elena era tutto. Tutto ciò che lei voleva, un amico, un confidente, una persona con cui sfogarsi. Marco era il suo tutto.
-Perché è un momento vostro Ele, devo farmi da parti, ma sul serio.-
-Che… che vuoi dire?- chiese Elena preoccupata.
-Che è meglio se mi cerco una casa piccola per me. Lavoro, sono indipendente, ed io non posso continuare a fare il fratello rompiscatole invadente.-
-Marco questa è casa tua!-
-Lo so Ele, lo so, ma non mi va di rimanere. Insomma dopo quello che avete passato tu e Davide vi meritate di stare un po’ da soli. Mi sento di troppo, ecco. Avete bisogno della vostra intimità.-
-Ma la smetti fratellone?- disse Elena scompigliandogli i suoi capelli ricci. –Tu non sei di troppo, non devi pensarlo. Tu sei solo mio fratello, il mio adorato fratellino.-
-Elena, sto parlando sul serio.-
-Anche io Marco. Noi siamo una famiglia, e ti ricordi quel giorno in cui siamo andati al Lago di Martignagno? Te lo ricordi?-
-Certo che me lo ricordo. Ci siamo andati due giorni dopo la morte dei nostri genitori.-
-E lì ti ho promesso di esserci sempre, che mi sarei presa cura di te.-
-Ma ora ho quasi 30 anni Ele. Ho una mia vita, tu la tua e…-
-Niente se e niente ma Marco. Non sei di certo tu che m’impedisci di avere la mia intimità. Non credo che tu ti sia mai accorto di quando faccio l’amore con Davide.-
-Elena!-
-Che c’è? Che ho detto?- disse la donna ridendo.
-Tienitele per te certe cose.- disse Marco.
-Questo è solo per farti capire che tu non potresti mai essere d’ostacolo tra me e Davide. Devo spiegarti queste cose?!-
-No, ho capito cosa intendi.- disse Marco sorridendole. –Almeno fammi rimanere chiuso in camera.-
-No, voglio che tu ci sia nel momento più importante per me. Forse per lui non sarà così importante e stupendo quanto per me, però...-
-E va bene Ele. Facciamo così iniziati a preparare che qui me la vedo io.-
-Ti ho mai detto che sei il migliore e che se non fossi mio fratello ti sposerei?-
-Preferisco rimanere tuo fratello, lascio a Davide questo onore.- disse Marco abbracciando la sorella mentre in casa rientrava il cognato.
-Quale onore lasci a me?- chiese Davide curioso.
-Onore… Mah niente, si parlava così.-
-Senti amore, perché non vai in camera a farti una doccia?- chiese Elena al fidanzato. –Questa sera ho in mente qualcosa di speciale.- continuò a dirgli accarezzandogli dolcemente la spalla.
-Uhm, la proposta sembra interessante.- rispose Davide baciando la donna.
-Non sai quanto.- replicò Elena.
-Dai, vai anche tu Ele.- la donna annuì e Marco rimase da solo nel salone a preparare una tavola a lume di candela. Una di quelle cenette romantiche che di solito organizza l’uomo per la propria donna, solo che in casa Argenti le cose erano diverse: a preparare il tutto era un fratello che avrebbe anche cenato con la coppietta.
Erano le 20, quando tutti e tre iniziarono ad accomodarsi a tavola.
-Sai, dovremmo farle più spesso queste cene.- disse Davide.
-Questa è una sera speciale.- ripose Elena.
-Perché?- chiese l’uomo.
-Perché questa sera davanti a Marco voglio chiederti di diventare mio marito. Oramai Silvia fa parte del passato e noi possiamo iniziare un futuro insieme. Il futuro che tanto sognavamo a Genova, ricordi?-
-Come potrei non ricordare, il nostro primo incontro fuori il tuo ufficio quando ti ho urtato e fatto cadere i fascicoli che avevi appena riordinato.-
-Si, in quel momento ho pesato seriamente di ucciderti.- rispose Elena sorridendogli. -Però non mi hai risposto. Accetti la proposta?-
-Beh si accetto perché vedi.- disse Davide estraendo un astuccio –Se non l’avessi fatti tu questa sera, l’avrei fatto io. Questo è per te.-
-Davide!- Elena rimase meravigliata nel vedere l’anello che il compagno le aveva appena regalato. Un anello semplice ma elegante, non vistoso e con una pietra sopra. –E’… è stupendo!-
-Lo so, qualcuno mi ha dato una dritta e devo dire che non ho avuto una cattiva idee a chiedere consiglio.- Elena dà un occhiata al fratello.
-Si, sono stato io. Chi ti conosce meglio di me?-
-Effettivamente.- rispose la sorella.
-Che vuoi dire che io non ti conosco?- chiese Davide con aria ironica.
-Beh è diverso. Un fratello ti vede crescere, un futuro marito ti conosce giorno per giorno.- Suonano al campanello.
-Hai ragione.- rispose Marco. –Apro io.-
-No, tranquillo, ci penso io.- disse subito Davide alzandosi dalla sedia e posando temporaneamente il tovagliolo di stoffa che aveva sulle gambe sul tavolo. Appena aprì la porta si trovò davanti una bella donna sui 25 anni, alta, magra, capelli castani lunghi con un ciuffo rivolto sul lato destro del volto, occhi castani. Una donna mai vista. Lì per lì pensava fosse un’amica di Marco, ma è pur vero che le conosceva tutte e questa non l’aveva mai vista.
-Desidera?- chiese Davide.
-Eh già, lei non mi conosce signor Castelli. Sono Giulietta. Giulietta Mirante.

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Capitolo 2
*** Ricordi amari. ***


CAPITOLO 2.
RICORDI AMARI


 

Davide rimase spiazzato dalle parole di quella ragazza. Si era presentata con il nome Giulietta Merante.
Merante. A quella parole Davide ebbe un flash back.
Genova. Era il 1982 quando Davide era fidanzato con Pamela Merante. Entrambi a quel tempo trentenni e la loro sembrava una relazione seria, seria tanto da pensare ad un matrimonio. Cinque anni dopo però, in un giorno di domenica pomeriggio, sdraiati sul divano a casa di lei sotto un piumone per ripararli da freddo mentre fuori si scatenava un temporale, la donna confessò all’uomo di averlo tradito qualche mese prima.
Una sola notte, ma lui non volle più sapere niente di lei. Non le perdonò mai questo tradimento.
Così neanche due mesi dopo dalla fine della loro relazione, Davide incontrò Silvia e sei mesi dopo erano diventati i Coniugi Castelli.
Lei follemente innamorato di lui; lui forse dapprima era innamorato, poi aveva capito di averla usata solo per riempire il vuoto che le aveva lasciato Pamela. Ma chiedere il divorzio a neanche un anno di matrimonio… beh, chissà per qualche assurda ragione non se la sentiva, così continuarono quella vita, apparentemente felice agli occhi di tutti, felice per lei ma non per lui.
Quello però che Davide non sapeva è che il giorno in cui aveva messo fine alla relazione con Pamela, lei voleva rivelargli di aspettare un figlio, il loro.
 
-Tu… no, chi sei realmente?- chiese Davide ancora confuso dal cognome della ragazza.
-Forse Pamela. Pamela Merante dovrà pur dirti qualcosa.- rispose la ragazza fissandolo negli occhi.
-Che vuoi da me?- chiese l’uomo.
-Volevo sapere perché un uomo come te, non ha mai voluto conoscermi.- Una voce si sentiva in lontananza. Era Elena. -Davide, chi è alla porta?-
-Forse ho disturbato?- chiese smorfiosa la ragazza.
-Si, effettivamente si. Non ci sto capendo niente, quindi è meglio se ci vediamo domani.- Disse Davide mentre arrivò Elena a cingergli le spalle.
-Davide, chi è lei?-
-Te lo spiego dopo, lei sta andando via.-
-Chi è la tua ragazza? O un’altra tua figlia appena ritrovata.-
-Ma come ti permetti.- disse Elena arrabbiata. –Davide…!-
-Forse è meglio se te ne vai.- disse l’uomo rivolto alla ragazza.
-Io voglio sapere cosa sta dicendo questa qui.- disse Elena.
-Ti ricordi che ti ho parlato di Pamela.- la donna annuì. –Bene, lei è la figlia di Pamela, nonché mia figlia, almeno così dice.-
-Tua figlia?!- esclamò Elena. –Come tua figlia?-
-Elena, sono io il primo a non capirci più niente.-
-Senti.- continuò la donna rivolta a Giulietta. –Lasciaci soli.-
-Perché? Ho forse interrotto qualcosa?- continuò Giulietta con il suo tono da ragazza strafottente.
-Il giorno più bello della mia vita.- rispose Elena per poi correre in camera sua, seguita dal fratello.
-Senti, entriamo e chiariamo questa storia.- disse conclusivo Davide.
-Ma certamente.- disse la ragazza entrando. –Cosa stavate festeggiando?-
-Nulla che ti riguardi.- rispose decisivo Davide per chiudere l’argomento.
-Ok, ok, non c’è bisogno di alterarsi così.-
-Allora, vuoi spiegarmi per bene tutta questa storia?- chiese decisivo Davide.
-Beh, non c’è niente da spiegare. Sono la figlia di Pamela, la tua ex.-
-E come fai a dire di essere anche mia figlia?-
-Ho 25 anni, e voi vi siete lasciati nel gennaio ’87 o sbaglio? Sai quando tu l’hai lasciata voleva dirti di essere incinta, ma a quanto pare non le hai dato il tempo.-
-Saranno anche fatti miei sul perché non le ho dato tempo.-
-Poverino, solo perché ti aveva detto di averti tradito l’hai lasciata.-
-Mi dici cosa vuoi da me?-
-Conoscerti. Volevo guardati negli occhi. Volevo capire chi fosse mio padre.-
-Volevi solo conoscermi… e non potevi aspettare domani mattina?-
-Beh, lì per lì non ci ho pensato, ho scoperto molte cose su di te, ma non pensassi vivessi con… con…-
-Con la mia futura moglie ed il fratello.- aggiunse Davide.
-Non eri divorziato?- chiese lei.
-Si, dopo Pamela mi sono sposato con Silvia, ma qualche anno fa ho chiesto il divorzio per Elena.-
-Sembra giovane.-
-Non sembra, è giovane. Ha 33 anni. Però non cambiare discorso, io voglio ancora sapere cosa vuoi da me, non mi convince il fatto che volevi solo conoscermi. Cosa vuoi? Soldi? Una casa? Dimmi. E Pamela, lei non c’è?-
-No, sono sola e non devi usare questo tono con me. Sono solo venuta per conoscerti.- disse la ragazza arrabbiata.
-Tu non usare questo tono in casa mia! E soprattutto non rivolgerti così ad una persona più grande di te. L’educazione non te l’ha insegnata tua madre.-
-Beh, si vede che ci voleva il pugno di ferro di un padre.- rispose la ragazza. Un padre. Davide era padre e non lo sapeva. Era spiazzato dalla rivelazione della ragazza. Si, voleva dei figli ma da Elena, non di certo di aspettava che una ragazza bussasse alla sua porta dicendo di essere sua figlia.
Però quella ragazza era tutta la madre, ora che la guardava meglio, poteva riconoscere i lineamenti della madre. Come carattere invece Davide non riusciva a capire da chi avesse preso.
Sembrava una ragazza forte, una del tipo: io tutto posso, ma forse era solo una maschera per la sua mancanza, la mancanza del padre, perché in fondo era dolce e sensibile. Forse davvero era andata a Roma solo per cercare il padre. Intanto Giulietta e Davide continuavano a parlare, mentre Elena era ancora seduta sul suo letto, sorpresa e forse anche un po’ delusa per quanto accaduto, accanto il fratello.
-Marco, ha una figlia, capisci?- disse Elena.
-Elena, neanche lui sapeva di essere padre.-
-Sono confusa, ho paura. Mi ha sempre detto di volere un figlio, ma non pensavo che tornasse un fantasma del passato. E se lei mi levasse Davide? E’ pur sempre il padre.-
-Ma ti pare Ele che quella smorfiosa ti leva Davide?! L’hai vista bene?-
-Non lo so, sono confusa. Il figlio del proprio compagno, si dice che non bisogna accettarlo, ma solo amarlo, eppure lei non so.-
-E’ stato tutto così veloce. Di certo Davide non ha nessuna colpa. È una situazione nuova per entrambi, non vi aspettavate una cosa del genere.-
-Lo so che Davide non ha colpe né gliene affiggo io, ma non so.-
-Facciamo così, rinfrescati un po’ e poi andiamo a conoscere questa ragazza.-
-No, io no. Non ci riesco.-
-Dai, vieni.- disse il fratello abbracciandola e lei acconsentì. Indossò una tuta, ormai da festeggiare non c’era più nulla, e insieme al fratello andò nel salone.
-Tesoro, vieni.- disse Davide rivolto alla compagna invitandola a sedersi sulle sue gambe. –Lei è Giulietta.-
-Piacere Elena, e lui è mio fratello Marco.-
-Piacere.- rispose Marco.
-Giulietta, cosa vuoi da lui?- chiese decisa Elena.
-Nulla, volevo solo conoscere il padre che non ho avuto.-
-E come fai a dire che lui è tuo padre?-
-Già il fatto che sia la figlia di una sua ex e che sono nata nove mesi dopo la loro relazione è un indizio. Mamma mi ha sempre parlato di mio padre, l’ha sempre descritto non dico come un eroe ma quasi. Mi ha detto che era un P.M., e che è stato a Genova fino a qualche anno fa, il 2008 se non erro. Solo che non sono mai riuscito ad incontrarlo. O forse non ho voluto. Un giorno però sono andata in Procura e il suo segretario mi ha rivelato che aveva chiesto il trasferimento. Così appena mi sono fatta coraggio sono scesa qui a Roma, ho fatto qualche ricerca e sono venuta a sapere che Davide Castelli è lui.-
-E tua madre?-
-Mia madre sta a Genova, si è rifatta una vita dopo che lui l’ha lasciata ed è felice. Si è spostata, ed ho due fratellastri.-
-Vabbeh Ele, penso che per questa notte possa arrangiarsi sul divano, no?- Elena fece cenno di si.
-Vado a prendere delle coperte.- disse Marco. –Intanto se vuoi rinfrescarti, seguimi.-
-Ok, grazie.-
-Davide, vado in camera.- disse Elena alzandosi dalle sue gambe.
-Sto arrivando.- disse l’uomo. Per un attimo pensò alla sua vita se avesse perdonato a Pamela il tradimento, ma non riusciva a vedersi una vita con lei. Anche se voleva, non ci riusciva. Di certo se avesse saputo del figlio lo avrebbe accolto, cresciuto, educato, dato tutto l’amore possibile, ma non sarebbe rimasta con la madre di sua figlia. Dopo qualche pensiero si ritirò in camera sua con Elena. Dopo essersi messo il pigiama e raggiunto la sua compagna nel letto, lei iniziò a parlargli.
-Promettimi che qualsiasi cosa voglia lei, non si metterà mai tra di noi, promettimi che non sarà lei a dividerci.-
-Elena, lei è mia figlia, ma tu sei la donna della mia vita. Tu sei quella persona con cui voglio andare avanti nel futuro per quel tempo che mi rimane. Fino alla fine voglio stare con te.-
-Ma un figlio è diverso. Un figlio può…-
-Elena, non devo dividere l’affidamento con la madre. Voleva solo conoscermi, penso che questo diritto tu non possa negarglielo.-
-Infatti non ti sto negando di vedere Giulietta, non ti nego di conoscere tua figlia, sai che non lo permetterei mai. Ti sto solo dicendo che ho una paura di perderti.-
-Zitta, tesoro. Noi siamo solo noi, fino alla fine.- disse l’uomo abbracciando la donna, finché le braccia di Morfeo non li fece addormentare.
Intanto Marco riordinò il salone e andò a dormire anche lui.
La casa ora era silenziosa.

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Capitolo 3
*** Paura, solo paura. ***


CAPITOLO 3.
PAURA, SOLO PAURA

 

 Quella notte passò come le altre. Almeno la notte, perché il risveglio fu un pò più traumatico.
Elena appena aprì gli occhi si ricordò di cosa fosse successo la sera prima ed un senso di paura iniziava ad opprimerla.
Sapeva bene che tutta la rabbia, l’invidia, la gelosia che provava era tutta inutile, nessuno poteva portarle via Davide, eppure per qualche motivo non riusciva a tranquillizzarsi.
-Già sveglia?- chiese Davide guardando Elena mentre fissava il soffitto con il braccio destro piegato sotto il suo capo.
-Buongiorno.- rispose lei baciandolo.
-Che hai? Ti sei agitata per tutta la notte.-
-Sto bene, tranquillo.-
-Lo so che stai bene, però mi preoccupi. Ieri sera a tavola eri felice, ora…-
-Ieri sera a tavola non c’era Giulietta. Scusami, ma ho come l’impressione che lei si qui per un motivo ben preciso.-
-Lei voleva solo conoscermi. Sono il padre. Non torturarti più.-
-E se ora ti dico che aspetto un figlio, che fai? Riuscirai a stare dietro a nostro figlio ed a recuperare il rapporto con lei?-
-Ele, sei incinta?- chiese Davide perplesso dopo aver metabolizzato le parole appena pronunciate dalla donna.
-No.- rispose lei dopo qualche attimo di silenzio. –Non sono incinta. Volevo solo capire se tu… Niente lascia perdere, perdonami. Vado a farmi una doccia. Perdonami.- disse Elena baciando delicatamente il suo uomo per poi dirigersi in bagno. Uscita dalla doccia si scontrò con il fratello.
-Buongiorno.- disse Marco dandole il solito bacio del buongiorno.
-Ehi.-
-Hai pianto?- lei fece cenno di si. –Ti offro la colazione al bar prima di andare al lavoro, ti va?-
-Si Marco, ne ho proprio bisogno.-
-Allora andiamo.- rispose il fratello.
-Aspetta, avverto Davide.- disse la donna mentre l’uomo la raggiunse nel corridoio. –Vado a fare colazione con Marco, ti spiace?-
-No, tranquilla, ci vediamo al Decimo.- rispose l’uomo baciandola.
-Ciao, Dà.- aggiunse il cognato. I due fratelli andarono a fare colazione, mentre Davide continuò a parlare con la figlia davanti ad un caffè in cucina.
-Senti, perché non continui a parlarmi di te ora che siamo soli?- chiese Davide.
-Che vuoi sapere?- chiese Giulietta.
-La tua vita.- rispose secco Davide.
-Sono cresciuta bene anche senza di te. Molte volte avrei voluto un padre accanto a me, però non sono stata io a decidere. I figli si fanno in due, eppure a crescermi c’è stata una sola persona. Comunque sono cresciuta, fino a laurearmi l’anno scorso in scienze delle comunicazioni. Tutto qui non c’è alto da dire.-
-Beh, mi dispiace, se solo Pamela avesse insistito con me, forse… no, niente forse.-
-Non avresti continuato a stare con mia madre?-
-No.- rispose secco. –No, perché non credo che mi sarei fidata ancora di lei dopo quello che mi ha confessato. Sicuramente ti avrei amata e cresciuta, ti avrei dato tutto quello di cui avevi bisogno, materialmente e sentimentalmente, ma con Pamela sarebbe stata una storia chiusa.-
-Dopo di lei ti sei dato da fare però!-
-Guarda che tu non sei nessuno per giudicarmi. Sei mia figlia, ma l’educazione è alla base di tutto.-
-Io intendevo solo dire che… come si dice, sei ancora sulla piazza. Addirittura dopo Silvia, ti sei messo con Elena. Beh complimenti.-
-Mai sentito parlare di amore?-
-Che intendi dire?-
-Che se sono stato con Silvia per tanto tempo non vuol dire che l’amassi. Io amo Elena. La amo come trent’anni fa ho amato tua madre, e nessuno può mettersi tra di noi.-
-Ho capito cosa intendi dire. Mi stai dicendo che io non posso conoscere mio padre per colpa di lei, di Elena. Eppure il fratello vive con voi e non vi fate tanti problemi.-
-Ci sono molte cose che non sai. Giulietta, anzi posso chiamarti Giulia?- lei annuì. Ecco Giulia, Marco è Marco, c’è sempre stato sia a Genova che qui, lui è più di un cognato per me, e per Elena è più di un fratello. Vedi Elena non t’impedisce di conoscermi, assolutamente. Anzi tutt’altro, vuole che recuperiamo il rapporto perso, anche se non sarà facile, ha solo paura che l’affetto che ti possa dare, possa far si che ci allontani e dopo quello che abbiamo dovuto passare non vuole soffrire ancora.-
-Capito. Cercherò di fare del mio meglio, in fondo so cosa voglia dire dover perdere qualcuno. Cercherò di non essere invadente.-
-Va bene.- rispose Davide.
-Ti accompagno al lavoro?-
-No tranquilla, anzi sono anche in ritardo. Prendo la mia borsa e scappo. Ci vediamo pomeriggio.-
-Non pranzi?-
-Non a casa, anche se il pranzo è un pasto che raramente faccio. Preparati ciò che vuoi, fai come fossi a casa tua. Ciao Giulia.-
-Ciao…- Giulietta non sapeva come chiamarlo.
-Chiamai come vuoi, ne avremo di tempo per conoscerci.-
-Ciao papà.- disse la ragazza.
Davide andò direttamente al lavoro, mentre Elena era appena arrivata accompagnata dal fratello.
-Buon lavoro Ele.-
-Grazie, ci vediamo stasera. Ciao.- disse Elena scendendo dall’auto.
In commissariato Elena era strana, non aveva la solita aria di sempre, così Anna e Luca, i suoi due colleghi, i suoi due amici più cari che considerava parte della sua famiglia l’invitarono a raccontargli tutto. Così seduta sulla poltrona nell’ufficio di Luca, Elena si lasciò andare.
Dopo il suo racconto, anche loro la rassicurarono, dicendole che quello che aveva per la mente erano solo sue fantasie, fantasie che presto sarebbero svanite. E così aveva finito per crederci. In fondo doveva dargli una possibilità a quella ragazza. Amava Davide e quindi doveva amare anche la figlia. Il rapporto tra loro poi si sarebbe creato giorno per giorno.
All’ora di pausa pranzo decise di tornare a casa per parlare con Giulietta. Elena aveva 33 anni, eppure in quel momento credeva di fare i capricci come i bambini. Ma quelli non erano capricci, erano solo le paura di una donna innamorata. Paura che il suo uomo la potesse abbandonare. Paura di perdere Davide di nuovo e per sempre.
Verso le 13 Elena tornò a casa sua.
-Giulietta, ci sei?- chiese Elena entrando.
-Si eccomi. Se sapevo che tornavi per il pranzo ti preparavo qualcosa.-
-Tranquilla, non sono qui per il pranzo. Sono qui per parlare con te.-

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Capitolo 4
*** Una buona parola. ***


CAPITOLO 4.
UNA BUONA PAROLA


 

Giulietta rimase spiazzata. Sapeva che prima o poi Elena avrebbe voluto parlare con lei, ma non quel giorno. O almeno non così presto e senza la presenza di Davide.
 
-Va bene, sono qui, dimmi tutto.- rispose Giulietta
-Siediti qui con me.- disse Elena facendo cenno di sedersi sul divano.
-So cosa vuoi dirmi, e puoi stare tranquilla che io in Davide vedo solo il padre che non ho avuto e l’affetto che provo per lui è solo quello di una figlia. Non voglio nient’altro né da lui, né da te o tuo fratello. Non sono qui per rovinarvi la vita. Credimi, volevo solo conoscere Davide, anche se credo di aver aspettato un po’ troppo. Non voglio portartelo via, non sono venuta con questa intenzione. Lo volevo solo conoscere, tutto qui.- Elena iniziava a credere a quella ragazza che aveva davanti. Giulietta era solo una ragazza a cui mancava il padre. E per amore dei figli tutto è concesso, o quasi tutto.
-Ricominciamo da capo. Elena Argenti.-
-Giulietta Merante.- rispose la ragazza stringendole la mano.
-Spero che ora sarà tutto diverso da ieri sera. So di aver sbagliato, ma ad un tratto tutte le mie certezze erano sparite. In un momento ho visto Davide fuori dalla mia vita, e dopo tutte le lotte che abbiamo fatto per restare insieme…-
-Tranquilla, anche io c’ho messo del mio.- la interruppe la ragazza. -Se ripenso a quando ho alzato la voce con papà ieri, mi prenderei a schiaffi.- Papà, quella parola Elena pensava di sentirla, ma dalla bocca di sua figlia\o. –Ti dà fastidio che lo chiami papà?- chiese la ragazza dopo la faccia sconcertata di Elena.
-No, tranquilla, mi ci dovrò abituare. Beh, ora che tra noi è tutto chiarito posso tornare in commissariato.-
-Poliziotta? Questo non lo sapevo.- disse Giulietta.
-Si, ispettrice del Decimo Tuscolano.-
-Buono a sapersi. Comunque avevo fatto spaghetti al pomodoro, vuoi farmi compagnia?-
-No, non posso. Torno al commissariato, ho molte cose da sbrigare. Ci vediamo a cena. Ciao.-
-Ciao Elena.- rispose la ragazza.
Elena uscì di case e andò in macchia per dirigersi in commissariato. Le erano bastati pochi minuti per capire che in testa si era fatta solo delle fantasie. La ragazza cercava suo padre. E come poterle negare la cosa più bella della natura, il padre? Le sue paranoie iniziarono a sparire, in fondo Giulietta come poteva portarglielo via? Era solo la figlia, non l’amante. Che Davide l’amasse non aveva dubbi. Questa era la sua più grande certezza della vita, quello di sapere che né Davide il suo futuro marito, né Marco suo fratello, l’avrebbero abbandonata, al contrario l’avrebbero sempre difesa e protetta. Strano vero? Doveva essere lei a difendere e proteggere tutti, era lei la poliziotta e da quando quel maledetto Maggio del 2006 per colpa sua Davide aveva rischiato la morte con il proiettile che si era conficcato vicino al cuore, si era giurata di proteggerlo sempre, proteggerlo a costo della vita. A quel punto non le importava della morte, anzi avrebbe fatto una morte serena sapendo che le due persone che amava, erano salve.
Tornata al commissariato finì di sistemare tutte le pratiche che erano sulla sua scrivania, ed un caso di sparizione la costrinse quel giorno a ritirarsi a casa a notte fonda.
In casa intanto Giulietta aveva preparato la cena, e così insieme a Marco e Davide avevano fatto il loro primo pasto insieme.
-Oggi ho parlato con Elena.- disse tranquillamente la ragazza a tavola.
-Ah.- rispose Davide.
-Sicuramente le avrai fatto saltare i nervi.- rispose Marco con tono infastidito, dato che non sopportava quella ragazza. A prima vista non gli aveva fatto una buona impressione.
-Intanto cambia tono. E poi non stavo parlando con te.- rispose la ragazza.
-Tu non mi dici come comportarmi a casa mia.-
-Dai Marco, su, non facciamo una polemica.- continuò Davide.
-Non è una polemica, ma ti ricordi cosa ti ho detto prima in macchina?-
-Lo so Marco, lo so tranquillo.- rispose Davide. –Comunque che vi siete dette?-
-Le ho spiegato che io sono qui semplicemente per te. Ha capito ed ora è tutto a posto.-
-Forse anche tu Marco potresti chiudere un occhio e vedere le cose in maniera diversa.-
-Mi dispiace, ma non ci riesco, vado in camera.- disse Marco salutando il cognato, andando poi in camera sua.
Verso le 3, Elena rientrò in casa. Senza far rumore andò in camera sua, si cambiò e cercando di non svegliare il suo compagno, s’infilò nel letto.
-Ehi, sei rientrata.- disse l’uomo.
-Ti ho svegliato? Non volevo.-
-No, non dormivo, ero in dormi-veglia. Lo sai come sono. Se non rientri non sto tranquillo.-
-Purtroppo lo so. Ma non puoi rimanere sveglio ogni qualvolta faccio tardi.-
-Almeno il bambino l’avete ritrovato?-
-No, ancora niente. Luca ha disposto posti di blocco ovunque ed abbiamo allertato stazione dei treni, autobus, aeroporti e ospedali, come il solito. Speriamo di trovarlo questo bambino.-
-Senti, qui è l’unico posto dove siamo solo io, te e nessun’altro…- iniziò il discorso che aveva in mente Davide.
-Che devi dirmi di Giulietta?- Elena aveva capito che quel tono di voce poteva usarlo solo per parlare di qualcosa che riguardava lei.
-Come al solito indovini l’argomento di cui ti voglio parlare. Beh, so che ha parlato con te ed è tutto a posto ora. Posso stare tranquillo?.-
-Si, le ho parlato oggi. Le ho chiesto scusa per il mio comportamento, se ci ripenso mi vien da ridere, ma devo chiedere scusa anche a te, però sai, non posso permettere che dopo l’attentato, il mio trasferimento a Roma e il nostro temporaneo addio, il quasi suicidio di Silvia, il divorzio da lei e tante altre cose, ci sia qualcuno con cui tu ti debba ancora dividere. Per un attimo mi sono sentita come se fossi diventata di nuovo la tua amante, mi sembrava di essere tornata indietro, io che volevo stare con te, ma tu dovevi “stare” con Silvia. Ieri sera per un attimo mi è sembrato di rivivere tutto ciò.-
-Dai Elena, basta. Ora è tutto chiarito. Quello che volevo dirti è di parlare con Marco.-
-Perché, che ha fatto?-
-Adesso è lui a non accettare Giulia.-
-Sai cos’è? Che Marco non si aspettava un’altra persona in casa. È sempre stato geloso di me. Deve solo imparare a conoscerla come ho fatto io, poi vedrai che si sistemerà tutto. Fidati.-
-Certo che mi fido.- disse l’uomo iniziando a baciare la sua compagna.
-Senti, ti ricordi che noi a tavola prima che arrivasse Giulietta avevamo deciso qualcosa?-
-Certo, il matrimonio. Hai carta bianca. Scegli tu il ristorante, fai tutto tu. Hai libera scelta.-
-Come? No, non se ne parla. Io ho sempre sognato di organizzarlo con te il nostro matrimonio.-
-Il mio era solo una specie di regalo se così volgiamo chiamarlo.-
-Tu sei il mio regalo. Ora però spengi la luce. Se non dormo non servo a nulla quando prendo servizio tra qualche ora.-
-Come, hai staccato poco fa e fai il turno di mattina?- chiese Davide.
-No, solo dall’una fino alle dieci. Ora ti prego.-
-D’accordo. Buonanotte.- disse Davide baciando Elena.

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Capitolo 5
*** Il tempo passa, le promesse rimangono. ***


CAPITOLO 5.
IL TEMPO PASSA, LE PROMESSE RIMANGONO

 
Beh, anche il giorno dopo filò liscio, il giorno dopo ancora e anche tutti gli altri a seguire.
Giulietta si era fatta accettare in quella casa, e di certo non era stato semplice. Si era dimostrata
quello che realmente era, una ragazza semplice, allegra, solare, con la voglia di vivere, ed il suo atteggiamento da ragazza snob era solo una maschera, aveva ragione Davide.
Si era mostrata quello che non era, solo per mettere le mani avanti su quello che sarebbe successo.
Si, c’era ancora un po’ di freddezza tra lei ed il resto della famiglia, ma era normale. Fino a qualche giorno fa era una perfetta estranea per Davide, Elena ed il fratello, ora invece, in quella casa aveva trovato una nuova famiglia.
Una famiglia che forse doveva imparare ancora a conoscere bene.
Ma il peggio era passato. L’avevano accettata e questo era l’importante.
Anche Marco stava imparando a conoscere Giulietta, ma il suo comportamento non era poi così tanto cambiato. Scambiava qualche parola con la ragazza, iniziavano un discorso, ma nessuna confidenza, ancora diffidava della ragazza. Ma Marco, erano anni che diffidava delle persone, o meglio dei fantasmi del passato. C’era passato qualche anno prima con i fratelli Flaviano ed aveva imparato a sua spesa di non fidarsi delle persone che tornano dal passato.
[…]
Dall’arrivo di Giulia era passato un mese.
Un mese molto pieno d’impegni lavorativi per tutti. Un mese dove tra lavoro e famiglia Elena ancora non aveva potuto neanche sfiorare l’idea di organizzare il suo matrimonio.
Un pomeriggio però, mentre Davide era ancora in Procura e Marco era chiuso in camera per lavoro, Elena lasciò sola Giulietta e andò a casa di Anna.
-Per caso ho sbagliato momento? Disturbo?- disse Elena quando alla porta le si presentò Luca con addosso una sola asciugamano e ancora tutto bagnato per essere appena uscito dalla doccia.
-No, tranquilla. Solo che Daniela sta dormendo ed è l’unico momento in cui possiamo dedicarci a noi stessi.-
-Ma con una figlia così piccola è normale. Ha solo due mesi. Anzi dov’è la piccina della zia?-
-Nel salone.- disse Luca, ma la piccola iniziò a piangere. –Anna l’ha allattata mezz’ora fa, non è possibile che abbia di nuovo fame.-
-Sc…- disse Elena dirigendosi dalla piccola. –Guarda, basta massaggiarle il pancino ed è fatto.- continuò a dire. E in effetti aveva ragione, la piccola iniziava a calmarsi, fino a non piangere più continuando a dormire.
-Elena, sei una santa, lasciatelo dire.- le disse Luca meravigliato dalla prontezza di Elena per far riaddormentare la piccola.
-Servono anche a questo le zie.- disse sorridendo all’amico.
-Scherzi a parte, come mai da queste parti?-
-Ero venuta per parlare con Anna.-
-E di cosa, dimmi un po’. Sai che sono curioso.-
-Vabbeh, posso anticiparti solo che vorrei che lei mi desse una mano per il matrimonio.-
-Sarà felicissima. A lei piacciono i matrimoni.-
-Peccato che il mio non sarà come quello degli altri.-
-Come no?- chiese Luca dubbioso.
-Non potrò mettere l’abito bianco né non percorrerò la navata della Chiesa con Marco a braccetto, ci sarà solo un rito civile.-
-Pensa però che hai Davide. Pensa che hai l’amore.-
-Si, lo so. Ma era un sogno, vabbeh.- disse Elena con il volto triste. Luca, che si era accorto del suo sguardo andò ad abbracciarla. Quasi subito Elena si staccò dall’abbraccio. –Forse è meglio se ti metti qualcosa addosso. Sai, non vorrei che Anna s’ingelosisse.-
-Gelosa di cosa?- rispose Anna arrivando già vestita con una tuta bianca e nera.
-Di Luca.- rispose Elena. –Il tuo Luca mi viene ad abbracciare quasi nudo e non sei gelosa?!-
-Guarda Elena, tu sei l’ultima persona di cui possa essere gelosa, credimi. Neanche se vi vedessi a letto insieme crederei che Luca mi avesse tradito con te. E non perché non sei una bella donna, ma perché non è proprio nel vostro istinto.-
-Ah Anna.- disse Elena abbracciando l’amica.
-Vabbeh, io vado a vestirmi.- disse Luca.
-Allora, che ci fai qui? Ogni tanto ti ricordi tua nipote?- disse Anna sfottendo l’amica.
-Guarda che io di lei mi ricordo sempre. Sono qui per alto. Volevo chiederti se ti andava di darmi una mano per il mio matrimonio.-
-Certamente Ele. Però, perché non chiedi una mano anche a Giulietta? Sai, potrebbe essere un modo come un altro per conoscervi meglio.-
-No Anna, no. Questa è una cosa mia e di Davide. Se lui vuole chiedere consiglio a lei, vuole farsi aiutare, per carità non sarò io ad impedirglielo, ma io non voglio lei. È un avvenimento troppo importante questo per me, e non posso dividerlo con una persona a cui sto imparando solo ora a volerle bene. Per cose così importanti ci vogliono gli amici veri. Amici come te e Luca. Tu che ti sei sposata un anno fa puoi capire di cosa sto parlando.-
-Lo so, ti capisco e condivido in pieno quello che hai appena detto. E quando hai bisogno degli amici, noi siamo qui.-
-E infatti non è finita.-
-A no?- chiese Anna.
-Te la senti di farmi da testimone di nozze?-
-Ma certamente.-
-Vorrei chiederlo anche a Luca, ma tre testimoni mi sa che non posso portarli. Anche perché poi a Davide chi gli farà da testimone?-
-Lascialo stare lui, se ci sono io, Luca puoi anche evitarlo.- disse divertita Anna. –Allora, in cosa devo farti da consulente?-
-Diciamo che dovremo andare a girare per ristoranti, io, te, Marco e Davide. Giulietta mi dispiace ma non centra in tutto questo. Con Davide ne ho parlato più volte in questo mese ed ha capito.-
-Fai bene Ele. Fai bene perché comunque questo momento lo ricorderete per sempre e non puoi permettere che qualcuno prenda decisioni al posto tuo.-
-È vero. Questo matrimonio sarà una cosa per pochi intimi. Noi, mio fratello, i colleghi del distretto e basta. Una cosa semplice, ma fatta bene. Una cosa piccola ma voglio il meglio. Chiedo forse troppo?-
-No, non è una richiesta esagerata quella che fai. Quando vuoi, ci prendiamo Daniela e andiamo a girare per ristoranti e cosa ancora più importante, per il vestito.-
-No, vestiti ne ho. Ricordi quello del tuo non-matrimonio con Carlo? Beh, quello credo possa andar bene.-
-No, non se ne parla. Tu avrai un vestito fantastico. Deve essere stratosferico.-
-Ma se abbiamo appena detto che sarà una cosa semplice e per pochi intimi. E ricorda che è un matrimonio civile.-
-Si, tranquilla.- disse Anna alzandosi dal divano e iniziando a gesticolare. –Una cosa semplice, una cerimonia fatta di pomeriggio, così potrai indossare un abito lungo, nero o rosso, con una scollatura immensa, ed uno spacco da fare invidia a tutti. Già ti vedo davanti l’ufficiale con il tuo vestito lungo, stretto e con un po’ di coda, e poi con il mio fantastico trucco sarai splendida.- continuò a dire la donna, camminando per il salone dando le spalle all’amica.
-Ehi, io sarei dietro di te, se per caso te ne fossi dimenticata.-
-Scusa, mi sono fatta prendere dall’euforia del momento.-
-Me ne sono accorta. Comunque domani pomeriggio hai impegni?-
-Si, quello di fare da madre a questa bambina.-
-Allora vorrà dire che insieme alla piccola, andiamo in giro a trovare qualcosa.- Anna annuì e poi andò ad abbracciare l’amica. Intanto qualcuno bissò al campanello. Era Marco.
-E tu che si fai qui?- chiese Elena.
-So che eri qui e ti ho portato le chiavi della macchina. Davide è già a casa ed io questa sera ceno fuori con Fabrizio e gli altri.-
-Ok. Allora ci vediamo domani. Ah, Giulietta? C’hai parlato?-
-Il solito. Mi ha chiesto di te, perché non vedendoti rientrare pensava facessi la notte e poi di Davide. Né di più, né di meno.-
-Vabbeh, ci vediamo domani allora. Ciao Mà.-
-Ciao Ele, Anna.- disse Marco uscendo.
-Elena, senza offesa, tuo fratello è un gran pezzo di figo. Se rinasco ci proverò con lui.-
-Beh ti dirò, avresti anche qualche possibilità. Comunque mi sa che vado. La mia missione è compiuta, posso tornare a casa.- disse Elena alzandosi dal divano.
-Vuoi rimanere a cena?- chiese Anna.
-No, tranquilla, preferisco rientrare. Allora ci vediamo domani, passo da te per le 17?-
-Perfetto. A domani Ele.-
-A domani Anna.- disse Elena dirigendosi fuori per poter tornare a casa. 

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Capitolo 6
*** Shopping a coppie. ***


Capitolo 6.
Shopping a coppie

 



Appena rientrata a casa, Elena trovò Davide intento a chiacchierare con Giulia.
-Sono tornata.- disse Elena entrando.
-Ciao.- rispose Davide dalla cucina, mentre la donna lo stava per raggiungerli.
-Ciao Elena.- salutò la ragazza.
-Ciao Giù.-
-Allora, com’è andata da Anna?- chiese Davide.
-Bene, tutto molto bene. Anzi, se dopo mi raggiungi in camera ti devo parlare.-
-No, vado via io, non preoccupatevi.- disse Giulia
-No, no, tranquilla. Tanto devo andarmi a fare una doccia, lo aspetto in camera.-
-Vengo con te.- disse conclusivo Davide dirigendosi con Elena nella loro camera.
-Allora, cosa devi dirmi di così segreto?-
-Di segreto? Nulla, ma ti ho detto che del nostro matrimonio dobbiamo occuparcene noi.- Davide annuì. –Domani con Anna vado a cercare un vestito. Tu non hai idea di quello che ha fatto quando le ho detto che avrei indossato l’abito viola. Si è già fatta un film tutto suo, mi ha già detto come devo acquistare il vestito, non ti dico, ma in fondo la conosci, quando inizia a fantasticare, non la ferma nessuno.-
-Beh, dai in fondo ha ragione. Sarà anche un piccolo matrimonio, ma se non ti avesse obbligato lei a comprarti un vestito, l’avrei fatto io.-
-Allora anche tu devi andare a fare shopping. A questo punto visto non puoi non presentarti con uno smoking.-
-Certo, se mi vuoi in smoking vengo con quello. Domani faccio anche io un giro con Marco e… Giulia e vedo cosa trovo.-
-Ma non dire stupidate, sai che poco m’importa del vestito. A me basta che una volta arrivati in comuni non cambi idea.-
-Come potrei cambiare idea? Sono anni che aspettiamo tutto questo.- rispose Davide abbracciando la donna per poi cadere insieme sul letto e baciarla. Dopo qualche minuto Elena si staccò dal bacio.
-Vabbeh, vado a farmi una doccia. Sono in condizioni pietose.- disse la donna alzandosi dal letto.
-Vuoi una mano?- chiese divertito Davide.
-Guarda che ancora non ho gli acciacchi.- rispose Elena facendogli l’occhialino.
-Vabbeh, ti lascio, torno di là.- detto questo Davide ritornò dalla figlia. -Senti, domani con Marco dovrei andare in giro a trovare un abito per il matrimonio. Ti va di venire?-
-No, preferisco di no. Questo matrimonio lo state organizzando sa soli, come è giusto che sia, ed io sono di troppo.-
-Non è che vogliamo organizzarlo da soli, è che…-
-Che ad aiutare Elena dev’essere la sua amica Anna, ed ad aiutare te dev’esserci Marco con Luca, il marito di Anna, giusto? Di certo non vi aspettavate il mio arrivo improvviso, quindi forse è meglio che torni a Genova.-
-No Giulia, forse sarà anche come hai detto tu, ma io ci tengo che tu venga con me. Sapere a sessant’anni che sei padre non è stato facile per me, e lo stesso Elena…-
-Elena non è mia madre.- rispose decisa la ragazza.
-Ma non le è neanche indifferente tutta questa situazione.-
-Hai ragione, scusa.-
-Allora che fai? Vieni?-
-Va bene.- rispose la ragazza abbracciando l’uomo. –Grazie della possibilità che mi stai dando.-
-Sei mia figlia, no? E per i figli si è disposti a tutto.- la ragazza non continuò a parlare, ma solo ad abbracciare calorosamente il padre.
Il giorno dopo, dopo la mattinata di lavoro, Elena uscì con Anna e lo stesso fece Davide uscendo con Marco e la figlia.
Anna ed Elena girarono un bel po’ di negozi, fino a quando passando per una vetrina ad Anna non cadde l’occhio su un vestito. Un vestito blu, senza spalline, a fascia, che iniziava sopra il seno, e scendeva fino alle gambe tipo tubino, poi più scendeva e più era largo, con degli sbalzi, lungo fino a lasciare i piedi coperti.
-Ecco il vestito che fa per te.- disse Anna indicandolo.
-Non sarà esagerato?- chiese l’amica
-È perfetto, non esagerato. E se come scarpe ne abbini un paio argentate, sarai una favola.-
-Diciamo che potrei indossare anche le scarpette, data la lunghezza del vestito non credo si notino le scarpe.-
-Sempre la solita. Dai entriamo, devi provarlo subito.- E così Elena, decise di seguire il consiglio dell’amica. Entrarono nel negozio, si provò il vestito, ed effettivamente le stava da favola. Senza pensarci su due volte l’acquistò. Ora che il vestito era scelto bisognava acquistare delle scarpe. Per chissà quale colpo di fortuna, quel negozio possedeva anche modelli di scarpe, così dopo aver visto vari modelli, ne scelse un paio argentate, con il tacco da 10 cm, semplici, con la chiusura all’altezza della caviglia, tutte aperte, e delle rilegature alla fine del piede.
-Adesso si che sei perfetta.- disse Anna all’amica.
-E meno male che era una cerimonia per pochi intimi.-
-Pochi ma buoni.- rispose Anna uscendo dal negozio. –Ora però c’è un problema, qualsiasi cosa indosserò sfigurerò davanti a te.-
-Ma finiscila, nell’armadio hai quel vestito che ti ha comprato Luca in viaggio di nozze, quello nero corto, quello favoloso.-
-Si, potrebbe essere un’idea. Metterò quello. Tanto Daniela ha tanti di quei completini, uno dei quali le ha regalato tuo fratello, e Luca ha il classico vestito scuro.-
-Allora possiamo concederci una pausa e andare a prenderci un aperitivo al bar?-
-Elena mia, hai avuto una bella idea.- E così, le due amiche andarono a prendersi l’aperitivo, mentre Davide era ancora indeciso su quale completo indossare. Alla fine però prevalse la scelta di Marco, che gli consigliava di acquistare un completo con pantalone e giacca scura, camicia bianca e cravatta e gilet sul grigio, e infine le scarpe classiche nere. Beh, a questo punto anche Davide era vestito. Marco però trovandosi nel negozio, nel approfittò per scegliersi un vestito, un completo di giacca e pantalone nero, camicia bianca e cravatta nera. Giusto per avere un tocco elegante, ma non troppo, rimanendo sul classico. Era pur sempre il testimone.
-E tu?- disse Davide rivolgendosi alla figlia. –Cosa indosserai?-
-Beh, non ho portato di certo vestiti eleganti per un occasione così importante, ma penso che possa andar bene il tajer che ho.-
-Sicura, altrimenti andiamo a fare un giro anche per te. Non abbiamo nulla da fare.-
-Sicura papà, tranquillo.-
-Come vuoi.- rispose Davide mentre camminavano per le vie di Roma. –Allora che si fa ora?-
-Io vi lascio soli, ho da fare.- disse Marco.
-Cosa devi fare?- chiese Marco.
-Sono il testimone, e di solito il testimone porta le fedi agli sposi.-
-Ok, d’accordo.- rispose Davide. –Ci vediamo dopo a casa.-
-A dopo Dà.- disse Marco lasciando soli padre e figlia.
-Ti va di prenderci qualcosa al bar? Aperitivo, gelato, anche solo un caffè.-
-A quest’ora mi sa che è meglio l’aperitivo. E guarda.- disse indicando Giulia. –Se andiamo lì, possiamo raggiungere Elena e Anna.-
-Si, andiamo.- disse Davide. –Disturbiamo?- chiese una volta arrivato dalle due donne.
-Ci avete seguito?- chiese Anna ridendo.
-No, abbiamo solo fatto acquisti nelle vicinanze.- rispose lui, giocherellando con la mano della piccola Daniela. –Tu, hai trovato il vestito?-
-Si, trovato, è stupendo.- rispose Elena. –E tu Giulia, non hai comprato nulla?-
-No, ho un tajer, metterò quello.-
-Sicura, se vuoi possiamo fare un giro e vedere qualcosa.-
-No, va bene così. Il tajer sarà perfetto.-
-Come vuoi tu. E Marco?- chiese.
-In gioielleria.- rispose Davide. –Il testimone vuole regalarci le fedi.-
-E sono stupende.- rispose Anna.
-E tu come fai a saperlo?- chiese Elena.
-Beh, anche io sono testimone, insieme a Marco e Luca, e questa mattina sono andata ad ordinarle. Tanto la misura degli anelli l’avevo e sicuramente Marco sarà andato a vederli.-
-Anna, non dovevi.- rispose l’amica.
-E che ti regalavo? I piatti? La batteria di pentole? La lavatrice? Il televisore? Sono cose che già hai, non ne valeva la pena, così sono andata su un regalo che comunque avresti usato per sempre.-
Intanto passarono insieme un’oretta, fino a quando Elena non riportò Anna a casa e poi si rincontrarono tutti a casa.
Anche se, Marco prima di rientrare a casa, casualmente incontrò una donna che a prima vista non aveva riconosciuto.
-Ehi Marco, se volevi salutarmi almeno potevi farlo con delicatezza.- disse una donna dopo che Marco le urtò la busta che teneva nella mano.
-Come?- rispose lui perplesso.
-Sono Sabrina Rivella, non ti ricordi? Abbiamo frequentato la Ragioneria insieme.-
-Ohi Sabrina. Non ti avevo riconosciuta. Sono passati anni e tu sei cambiata, sempre più bella sei.- effettivamente era una bella donna, fisico snello, capelli lunghi castani, occhi verdi-azzurri. Una gran bella donna.
-Non esageriamo. Beh, ti trovo bene.-
-Si, diciamo di si.-
-Allora, che mi racconti di te?- chiese curiosa Sabrina.
-Mah, niente di che, lavoro e sono per la maggior parte del tempo impegnato.-
-Però vedo che oggi hai avuto tempo per andare a fare shopping.- disse la ragazza alludendo alla busta.
-Beh, per forza. Mia sorella si sposa e dovevo acquistare un abito decente.-
-Bene. E sei andato da solo?-
-Solo è una parola grossa. Sono andato con il futuro sposo e la figlia.-
-Cioè sei già zio?-
-No, non proprio, è una lunga storia.-
-Pensavo che questi acquisti si facessero con la propria ragazza.- disse Sabrina che ha sempre avuto un debole per Marco.
-Ma io non sono fidanzato.- rispose sorridendole.
-Ah no? Allora una sera di queste possiamo andare a mangiarci una pizza insieme?!-
-Si, perché no.- rispose lui. –Tieni, questo è il mio numero.- Continuò Marco dandole un biglietto da visita.
-Ti chiamerò presto.-
-Ed io risponderò alla tua chiamata. Ora scusa, ma devo scappare. Mi ha fatto molto piacere rivederti.-
-Anche a me. Ciao.- disse la ragazza salutandolo con un bacio sulla guancia.
-Ciao Sabri.-

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Capitolo 7
*** Il grande giorno. ***


CAPITOLO 7.
IL GRANDE GIORNO


 

 
Un altro mese dopo.
Il grande giorno era arrivato.
Era il 15 aprile.
Era tutto pronto I vestiti, gli invitati, il Comune, il ristorante. Tutto era perfetto.
Tutto. Quel giorno Elena lo passò tutto a casa di Anna. Le usanze sono le usanze.
Lo sposo non può vedere la sposa con il vestito prima del matrimonio.
Anche se si parla di matrimonio civile.
Elena si preparò a casa di Anna, o meglio era Anna che preparava Elena, truccandola e aiutandola ad indossare il vestito, mentre Davide, beh, lui era emozionato, e di certo non gli occorreva qualcuno che lo truccasse o lo vestisse.
-Ehi papà.- disse Giulia entrando nella sua camera. –Tutto bene?-
-Si tutto bene.-
-Sei bellissimo.- disse lei.
-Anche tu non scherzi.- Davide fece cenno alla ragazza di sedersi sul letto con lui. –Ti ricordi quando sei venuta qui la prima volta due mesi fa?- lei annuì.
-Certo che mi ricordo, perché?-
-Perché voglio sapere, oggi che è il giorno più importante della mia vita, se possiamo considerarci una famiglia. Vorrei sapere se tutti gli ostacoli, chiamiamoli così, tra te, Marco ed Elena sono risolti.-
-Puoi stare tranquillo. Ora siamo una famiglia.- rispose la ragazza abbracciando il padre.
-Bene, non sai quanta gioia mi dai. Volevo sentirmelo dire dalla tua bocca che tutto era superato.-
-Tu già sapevi la risposta?- chiese la ragazza.
-Beh, si. Sai, con Elena e Marco ci parlo spesso, molto più di quanto tu ancora non ti accorga. A proposito, Marco è pronto?-
-Penso di si. È chiuso da due ore in camera sua con Sabrina.-
-Finalmente penso abbia messo la testa apposto. Alla fine è riuscito a fidanzarsi con Sabrina, anche se gli è servita qualche spintarella.-
-Perché è la prima con cui sta?-
-No, ma dopo il suo passato non gli è stato facile relazionarsi con gli altri.-
-Che passato?- chiese curiosa Giulia.
-Diciamo che ha dato retta ad alcuni amici del passato ed ha fatto male.-
-Ha rischiato molto?-
-Si, ha rischiato l’ergastolo. Fortuna che ha una sorella poliziotta all’altezza del suo lavoro, come i suoi colleghi, che hanno trovato le prove che servivano in tribunale per provare la sua innocenza dall’omicidio di un’amica e collega della sorella.-
-Ora capisco il suo comportamento appena arrivata qui.-
-Già.- rispose Davide. –Un ultima cosa, non te la sei presa che non ho chiesto a te di farmi da testimone, vero?-
-No, io sono appena arrivata, ed anche se sono tua figlia non posso essere al centro della tua attenzione. In fondo un paio di mesi fa non ero nessuno per te. Hai fatto bene a chiedere a Luca, lui è un amico che ti è saputo stare accanto in questi anni.- Davide annuì.
–Vado a chiamarlo, altrimenti non si sbriga più.-
-Ok.- rispose la figlia.
-Marco.- disse Davide dopo aver bussato alla porta della sua stanza. –Sei pronto? Dobbiamo andare.-
-Si, eccoci.- rispose Marco aprendo la porta. Possiamo andare.-
-Le fedi le hai prese?-
-Certo, sono in tasca.- rispose facendogliele vedere. –Ho anche le chiavi di casa, possiamo andare.-
-Bene.- E così tutti uscirono da casa per andare al Comune, aspettando la sposa. Una volta arrivati lì c’erano i colleghi di Elena del Decimo, Giuseppe, Vittoria, il figlio Francesco con la moglie e la figlia, Gabriele, Lorenzo con la figlia e Ugo con Sofia; e due colleghi di Davide della Procura.
Tutti aspettavano Elena che arrivasse con Luca ed Anna.
E furono anche in perfetto orario. Alle 19 erano davanti il Comune.
Così quando la macchina di Luca arrivò, tutti iniziarono ad entrare dentro per prendere posto. Tutti tranne Marco, che doveva accompagnarla. Appena Luca si fermò, il fratello le aprì la portiera e l’aiutò a scendere. Luca invece aprì la portiera ad Anna, prese in braccio la figlia, in modo tale da dare alla moglie il tempo di aprire il passeggino per mettere Daniela.
Anna e Luca s’incamminarono per primi verso la sala del comune, mentre Elena ed il fratello aspettarono qualche minuto, per dargli il tempo di accomodarsi.
Davide era in piedi davanti l’Ufficiale di Stato Civile, accanto a lui c’era Luca, il suo testimone e dall’altro lato, sulla sua destra c’era Anna, la testimone di Elena. Gli invitati erano seduti, si alzarono solo quando Elena fece il suo arrivo nella sala. Adagio camminò lungo la piccola navata con il fratello. Arrivati davanti lo sposo, Marco baciò la mano della sorella, per poi passarle la stessa a Davide.
La cerimonia iniziò.
L’ufficiale di Stato Civile diede inizio alla lettura degli articoli:
 
Art. 143 - Diritti e doveri reciproci dei coniugi
Con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri.
Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla coabitazione.
Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.
Art. 144 - Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia
I coniugi concordano tra loro l'indirizzo della vita familiare e fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa.
A ciascuno dei coniugi spetta il potere di attuare l'indirizzo concordato.
Art. 147 - Doveri verso i figli.
Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli.

 
Dopodichè fece la fatidica domanda che Elena e Davide volevano sentirsi dire da anni.
-Signor Davide Castelli, intende prendere in moglie la qui presente Elena Argenti?-
-Si.- rispose Davide.
-Signora Elena Argenti intende prendere in marito il qui presente Davide Caselli.-
-Si.- rispose Elena.
-A seguito della vostra risposta affermativa io, Ufficiale dello Stato Civile del Comune, dichiaro in nome della Legge che siete uniti in matrimonio.- continuò l’ufficiale. Subito dopo Elena e Davide si scambiarono le fedi nuziali. Poi per finire l’ufficiale diede lettura dell’atto di Matrimonio.
 
"... Avanti a me Ufficiale dello Stato Civile, vestito in forma ufficiale, sono personalmente comparsi:
1) Davide Castelli.
2) Elena Argenti.
I quali mi hanno richiesto di unirli in matrimonio a questo effetto mi hanno presentato il documento sottodescritto e dall' esame di questo nonché di quelli già prodotti all' atto della richiesta delle pubblicazioni i quali tutti muniti del mio visto inserisco nel volume degli allegati a questo registro risultandomi nulla ostare alla celebrazione del loro matrimonio.
Ho letto agli sposi gli articoli 143, 144, 147 del Codice Civile e quindi ho domandato allo sposo se intende prendere in moglie la quì presente Elena Argenti e a questa se intende prendere in marito il qui presente Davide Castelli  ed avendomi ciascuno risposto affermativamente a piena intelligenza anche dei testimoni sotto indicati, ho pronunziato in nome della legge che i medesimi sono uniti in matrimonio..."


Ecco, ora Davide ed Elena erano i coniugi Castelli a tutti gli effetti. Nessuno poteva dividerli. Solo la morte, forse, avrebbe spezzato il loro legame. Dopo la cerimonia, gli sposi come da rito, andarono a farsi delle foto, in giro per Roma, dopodichè, alle 20 erano tutti riuniti in un ristorante di campagna, lontano dalla città e dallo smog. Un posto nel verde, tranquillo, e soprattutto tutto per loro.
La serata andò avanti tra cena, balli e canti, come è ovvio che sia.
Una serata per festeggiare l’unione in matrimonio di Elena e Davide.
Una serata per festeggiare un po’ tutti, per stare insieme e nient’altro.
Verso le due di notte, oramai i festeggiamenti erano finiti. Gli ospiti si ritirarono a casa, mentre Elena e Davide, avevano prenotato per una notte una stanza nell’albergo annesso al ristorante. Non sarebbero andati in viaggio di nozze, ma almeno una notte insieme volevano passarla. Solo loro e nessun’altro.
Così, gli sposi dopo aver salutato Marco, Giulia e Sabrina, si ritirarono a casa del ragazzo.
-Sabrì, che dici se ti fermi a dormire da me?- chiese Marco in macchina.
-No, portami a casa, davvero.-
-Che fai complimenti?- chiese Marco accarezzandole la gamba sinistra.-
-Sai che non è nel mio stile.- rispose divertita la ragazza.
-Bene, allora ti riformulo la domanda, vuoi rimare da me questa sera?-
-D’accordo.-
-Meglio, molto meglio.- rispose Marco facendo l’occhialino.
Arrivati a casa, giusto il tempo di rinfrescarsi dopo una serata un po’ pesante, e poi andarono tutti a dormire, o quasi.
Giulia sul divano quella notte fece fatica a prendere sonno. Iniziò a pensare.
Finalmente l’avevano accettata in famiglia, quindi non aveva nessun problema a mettere in atto il suo piano. Orami era una di famiglia e sapeva come e quando mettere in atto il motivo per cui era scesa lì.
 

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Le frasi citate per il matrimonio di Elena e Davide, le ho prese da in sito internet:
http://www.sposamiaverona.it/nqcontent.cfm?a_id=18148
per cui non so se sono effettivamente queste o qualcosa sia solo simile o cambiato del tutto.

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Capitolo 8
*** Giulietta Merante. ***


CAPITOLO 8. 
GIULIETTA MERANTE



Giulietta, come già detto, era una ragazza di 25 anni, cresciuta solo con la madre, Pamela, in quanto Davide l’aveva lasciata il giorno che la donna doveva rivelargli la sua gravidanza.
Giulietta quindi era andata a Roma per conoscere il padre.
O almeno questo era il motivo che tutti sapevano, compresa la madre.
Solo lei sapeva in realtà cosa voleva fare.
Una cosa che un tempo non pensava di fare.
Da piccola si era giurata di voler conoscere il padre.
Voleva incontrarlo solo per dirgli che era la figlia senza voler nulla in cambio.
 
Non le importava essere ricambiata, voleva solo conoscerlo.
Ma crescendo, le idee cambiano, le persone cambiamo.
Crescendo non riusciva a darsi una risposta sul perché il padre ha voluto lasciare la madre.
Si diceva: “Ok, mamma l’avrà anche tradito, ma una seconda possibilità, no? E poi si dice, chi è senza peccato scagli la prima pietra.”
Giulietta credeva che se era senza un padre la colpa era solamente sua, di Davide.
Invece no, la colpa era anche della madre che in primis l’aveva tradito, ma lei l’ha voluta sempre difendere.
Quel lato del suo comportamento, sbagliato peraltro, non lo mostrava a nessuno, né ai suoi amici, né all’amica più cara che aveva.
Solo nelle scuole superiori, tra il quarto e quinto anno, quando si dovrebbe stare in compagnia, divertendosi e basta, perché quella è quell’età in cui le cazzate sono quasi all’ordine del giorno, i compagni notarono la sua solitudine, il suo chiudersi in un mondo dove a tutti era impedito entrare.
Così gli amici pensarono che in quel momento risentisse di più della mancanza del padre e quanto più possibile le stettero accanto, ma nessuno poteva pensare che avesse in mente qualcosa di così pericoloso.
Quello che aveva in mente era una cosa tra lei e Davide. Il tutto stava nel capire come mettere in atto ciò che aveva in mente.
Forse non doveva pianificare nulla, forse le cose dovevano venir da sé.
O forse doveva solo far in modo che il passato tornasse di nuovo.
-Ehi papà.- disse la ragazza. –Che si fa oggi? È domenica, pensavo ad un’uscita tutti insieme.-
-Possiamo andare a pranzo al ristorante.- disse lui.
-Ristorante?- chiese stranita la ragazza.
-Perché che avevi in mente, un picnic?-
-Questa idea non è male.-
-Sai che Giulia ha ragione.- disse Elena. –Possiamo andare al lago di Martignano.-
-Se si va al lago, non può mancare la nostra tenda, vero Ele?- chiese Marco.
-E certo.- rispose lei. –Dai chiama Sabrina e vedi se se ne vuole venire anche lei.-
-No, questo fine settimana è a Milano. Però possiamo organizzarci noi. Voi preparate due panini ed io vado a prendere la tenda.-
-Ok.- rispose Elena.
Neanche un’ora dopo erano già tutti pronti, la macchina era carica, tenda, pranzo, un cambio di vestiti per ognuno, un plaid per stendersi sull’erba… si era tutto pronto, potevano partire tranquillamente.
Mentre si dirigevano al lago però, Davide dimenticò di fare il pieno all’auto quando erano ancora in centro, così si fermarono in un autogrill. Lo stesso autogrill dove Valerio Flaviano aveva fatto il pieno all’auto quando aveva rapito Elena.
-Questo posto m’incute terrore.- disse Elena con un velo d’amarezza.
-Perché?- chiese Giulia
-Perché… Una storia lunga. Sembra che negli autogrill io debba sempre soffrire.- rispose Elena.
-Io scendo a prendere qualcosa al bar, voi cosa volete?- Disse Marco per cambiare discorso. Alla sua domanda tutti fecero cenno di no con il capo, un modo per dire che non volevano nulla.
Ora fuori l’auto c’erano solo Giulia, Davide ed Elena. Nessun altro.
Quello era il momento giusto per agire pensò la ragazza.
Così prese la pistola che teneva dietro la schiena e quando si trovò Davide davanti gliela puntò.
-Ora siamo faccia a faccia. Nessuno può fermami.-
-Giulietta!- esclamò Davide, mentre anche Elena prese la pistola dalla fondina nascosta sotto il giubbotto di pelle.
-Butta la pistola.- disse Elena.
-Non ti conviene. Buttala tu se non vuoi che Davide faccia una brutta fine. Intanto Marco dal bar vide la scena. La bottiglietta d’acqua che aveva appena acquistato, gli cadde tra le mani rovesciando il contenuto a terra. Subito chiamò Luca e gli raccontò brevemente cosa stava vedendo. Chiusa la chiamata uscì dal bar e raggiunse la sorella.
-Tu stai fermo dove sei.- disse Giulietta rivolta a Marco. –Non avanzare o ti faccio un buco in testa.-
-Tranquillo Marco, entra dentro tu.- disse Elena
-No, io rimango.-
-Giulietta, cosa diamine vuoi?- chiese con gli occhi di fuori Davide.
-Quello per cui realmente ti ho cercato. Vendetta! Vendetta per aver lasciato da sola mia madre. Vendetta per avermi lasciata da sola e per non avermi mai voluto conoscere. Vendetta, solo questo.-
-Io non sapevo che Pamela fosse incinta, ne abbiamo già parlato.-
-L’hai lasciata, per questo non sapevi nulla. Ed io voglio vendetta.- Giulietta chiuse gli occhi e sparò un colpo dalla pistola, indirizzandolo a Davide. Elena che era accanto a lui lo spinse a terra, ed il proiettile colpi lei, nello stesso punto dove Davide nel maggio 2006 fu colpito, vicino al cuore.
Marco a quel punto corse verso la ragazza e dopo una breve lotta, le tirò la pistola dalle mani e con le manette che Davide gli lanciò, l’ammanettò.
Davide subito si accasciò accanto il corpo della moglie, facendo pressione con le mani all’altezza della ferita; mentre Marco chiamò il pronto soccorso per una ambulanza e poi raggiunse l’uomo.
-Elena, perché…- disse piangendo Davide.
-Ricordi? Ti ho giurato di proteggerti a costo della vita. Ti ho salvato dal colpo che non ho saputo evitarti a Genova.- disse Elena con quella poca voce che aveva.
-No Elena.- disse Davide, mentre con le mani faceva pressione dove aveva la ferita.
-Stai sveglia Ele, cerca di sentire la nostra voce, per favore, non arrenderti.- disse Marco piangendo anche lui.
-Marco.- sibilò Elena.
-No, non parlare ma stai sveglia! Elena!- gridò Marco furiosamente quando vide gli occhi della sorella chiudersi. Era la fine. La fine di Elena. La fine di tutto.

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Capitolo 9
*** Una folle corsa contro il tempo. ***


CAPITOLO 9.
UNA FOLLE CORSA CONTRO IL TEMPO

 

 
Elena era a terra, in una pozza di sangue. Davide e Marco erano accanto a lei che aspettavano i soccorsi; mentre Giulietta continuava ad essere ammanettata all’auto.
Un quarto d’ora.
Un lungo interminabile quarto d’ora passò prima che polizia ed ambulanza arrivassero sul luogo.
Una volta arrivati, Elena fu trasportata subito sull’ambulanza ed insieme a lei andò Davide, mentre Marco li seguì con la sua auto.
Giulietta fu affidata ad alcuni agenti e portata al commissariato. Poi con calma sarebbe stata interrogata.
Intanto Anna, per non far guidare Marco nello stato di agitazione in cui era, decise di andare con lui, guidando al suo posto.
-Vedrai che si salverà.- disse Anna
-Ho paura Anna. Ha perso troppo sangue.-
-Lei è forte, vedrai che lotterà fino alla fine.-
-E se la fine fosse ora?-
-No, Marco. Elena sarà forte.- Marco continuò a piangere. Anna cercava di essere più forte, ma i suoi occhi non poterono evitare di lacrimare
Ed in silenzio continuarono la loro corsa. In primis c’era Luca che con lampeggiante e sirena faceva da lasciapassare per le strade della città; dietro c’era Anna insieme a Marco e dietro di loro l’ambulanza.
Il viaggio durò una decina di minuti, minuti interminabili, infiniti, immensi. Minuti che parevano ore infinite in quel momento.
Momento in cui sembrava che le ore durassero secoli.
Ma d’un tratto ecco che l’ambulanza entrò nello spiazzale del pronto soccorso.
-Codice rosso.- dicevano tra loro i medici, mentre Davide non si liberava dal lettino dove era sdraiata Elena, incosciente. –Donna, trentenne, ferita provocata da un’arma da fuoco all’altezza del cuore. Ha perso molto sangue, durante il tragitto abbiamo rischiato di perderla.- continuò a dire un medico.
-Subito in sala operatoria.- rispose il medico che li accolse. –Lei mi dispiace, ma deve rimanere qui, non di può entrare.- Il medico si chiuse alle spalle la porta che portava in salva operatoria e pochi secondi dopo, arrivano da Davide, Marco, Luca ed Anna.
-Allora Dà, che dicono i medici?-
-La situazione è grave, molto grave. Mentre venivamo il suo cuore stava cedendo. Ora la stanno operando.-
-Meledetta Giulietta. Davide mi dispiace, ma questa me la paga. Non m’importa che sia tua figlia. Quando ha sparato non si è fatta nessun scrupolo.-
-Marco, no.- rispose Luca. –A Giulietta ci penso io. Sarà trasferita direttamente in carcere. Mi dispiace Davide.- disse rivolto all’uomo.
-È quello che si merita.-
-Ora però dobbiamo pensare solo ad Elena.- disse Luca, mentre Marco iniziò a piangere, ed a consolarlo fu Anna che lo strinse in un abbraccio, mentre Luca abbracciò Davide.
Neanche un’ora, che attorno a Marco e Davide si strinsero anche gli altri colleghi del Decimo.
Passarono secondi, minuti, ore, ma nessuno dava notizie sullo stato di Elena.
Una domenica tranquilla che si rivelò in una tragedia.
Chi era seduto sulle sedie che aspettava notizie, chi camminava avanti ed indietro per il corridoio, chi si prese l’ennesimo caffè alla macchinetta… chiunque faceva qualcosa pur di ammazzare il tempo.
Allorché un medico con il camice verde, cuffietta ai capelli e mascherina tra le mani, lo stesso che aveva impedito a Davide di entrare nella sala operatoria si avvicinò a quel gruppo.
-L’operazione è riuscita, abbiamo levato il proiettile che per fortuna non ha leso organi vitali…- iniziò a dire il dottore.
-Ma…?- chiesero all’unisono Marco e Davide.
-La donna è in coma. Ha perso molto sangue e per il momento noi non possiamo fare altro.-
-Possiamo almeno vederla.- chiese Anna.
-Mi dispiace, ma una sola persona può entrare e non può rimanere non più di cinque minuti.- Davide e Marco si guardarono negli occhi.
-Entra tu.- disse Marco. –Entra e falle sentire che le siamo vicini.- Davide annuì.
-Mi segua.- disse il dottore, per poi allontanarsi con Davide.
-Se Elena non dovesse farcela non so cosa ne sarà di me.-
-No, Marco.- rispose Anna. –Elena è forte. Ha superato l’intervento, hai sentito? Vedrai che supererà anche questo.- Marco annuì ma aveva paura di perderla.
-Sai Anna, io ho sempre dubitato di Giulietta, come anche Elena, ma le abbiamo dato una possibilità, in fondo era la figlia di Davide. Facevo bene a dubitare di lei. Facevo bene.-
-Marco, non darti colpe.-
-Come posso non incolparmi per tutto ciò? E se all’autogrill fossi stato più veloce? Forse sarei riuscito a fermarla quella… quella…-
-Ehi, stai farneticando. Tutti avete fatto quello che potevate. Tu hai avuto coraggio, sveltezza e sangue freddo nel chiamare noi e soccorrere insieme a Davide, Elena. Elena è stata veloce nel levare di mezzo Davide, ma quando ci sono queste sparatorie fai la prima cosa che ti viene in mente, cerchi di rimanere calmo, invece hai solo paura. Elena è riuscita a salvare Davide, e di questo devi esserne fiero.-
-Lo so, ma Elena…-
-Elena vedrai che se la caverà. La conosciamo è forte.- detto ciò, Anna continuò ad abbracciare Marco, aveva bisogno di sicurezza, ed una manciata di minuti dopo, Davide tornò da loro insieme al dottore.
-È meglio se andate a casa, qui non potete fare nulla.- disse il medico.
-Lì dentro c’è mia sorella, da qui non mi muovo.-
-No Marco, ha ragione il medico. Noi non possiamo fare nulla. Credimi. Andiamo a casa. Andiamo tutti a casa, questa sera torniamo.-
-Ha ragione il signore, ma ora vi consiglio di andar via.- Tutti annuirono alle parole del medico ed andarono via.
-Se avete bisogno.- iniziò a dire Luca a Marco. –Il numero lo conosci e casa nostra anche.-
-Grazie Lù, grazie davvero.-
-Non dirlo neanche per scherzo, il Decimo è con voi.- detto ciò Davide e Marco tornarono a casa e si fecero una bella doccia calda, cercando si rilassare i nervi che avevano a fior di pelle.

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Capitolo 10
*** Una lunga notte. ***


CAPITOLO 10.
UNA LUNGA NOTTE

 

 
Tornati a casa Marco avvertì Sabrina dell’accaduto che subito prese il primo volo da Milano per tornare dal fidanzato e stargli accanto.
Infatti alle 20, la ragazza era già a casa di Marco. Appena gli aprì la porta, non gli disse nessuna parola, ma lo abbracciò per fargli capire che lei c’era e che ci sarebbe stata. Non l’avrebbe mai abbandonato.
Davide invece era nervoso. Girava come un pazzo per casa. Nessuno dei tre quella sera cenò.
Con tutti i pensieri che avevano in testa, la cena era all’ultimo posto.
Marco e Davide sembravano delle pile elettriche. In ospedale non ci tornarono. Non riuscivano a stare nel reparto senza vedere la loro Elena.
Verso mezzanotte Marco si accasciò sul divano. Finalmente aveva preso pace e si addormentò. Sabrina per non svegliarlo, gli adagiò solo una coperta addosso.
Davide invece decise di uscire.
-Ehi, dove vai?- chiese molto preoccupata Sabrina.
-Vado a farmi un giro, ne ho bisogno. Tranquilla, fidati di me.-
-Di te mi fido. Dei tuoi nervi un po’ meno.- rispose la ragazza.
-Tranquilla.- detto questo Davide le accarezzò una guancia ed uscì. Vagò per le strade di Roma con la macchina senza una meta, fino a quando dopo una buona ora, andò a casa di Luca ed Anna.
-Perdonami.- disse Davide quando Luca gli aprì la porta con gli occhi semichiusi.
-Non dirlo neanche per scherzo. Dai entra, vado a chiamare Anna.-
-Luca davvero perdonami, ma…-
-Davide calmati, su. Siediti, sdraiati sul divano, fa quello che vuoi, intanto sveglio Anna.-
-No, tranquillo, sono qui.- rispose la donna.
-Anna perdonami.- continuò a dire Davide. Sembrava come imbambolato. In quel momento sapeva solo chiedere perdono.
-No, basta Dà, hai fatto bene a venire qui.-
-Non so che fare, vorrei spaccare il mondo ma  non servirebbe a farmi riavere Elena.-
-È normale la tua agitazione. La stessa che ho provato io quando Luca è stato ferito da Flaviano. Ti capisco.-
-Se perdo Elena, perdo la mia vita.-
-Senti, vuoi un calmante? In questi casa aiuta, fidati.- disse Anna e Davide annuì.
-Luca!- esclamò Anna, facendogli intendere di andare a preparare le gocce di calmante. Infatti pochi minuti dopo ritornò con un bicchiere di plastica ed il calmate. –Manda giù, ti farà bene. Vuoi provare a dormire?-
-Non ci riesco. Appena chiudo gli occhi mi viene in mente Elena a terra e…--
-Dai, ora che il calmante fa effetto vedrai che riuscirai a riposarti.-
-Allora torno a casa.-
-No.- disse Luca. –Non vorrei che qualche mio agente ti fermasse per… che so guida pericolosa, nello stato in cui sei. Rimani qui, la stanza di Anna è libera, puoi andare a riposarti lì.-
-D’accordo. Grazie.-
-Dai, ti accompagno.- disse Luca mentre Anna tornò in camera sua. Luca si assicurò che a Davide non mancasse nulla e poi tornò in camera da letto.
-È proprio a terra.- disse Luca infilandosi nel letto.
-Sta come stavo io quando al posto di Elena c’eri tu. In questi momenti ti senti la persona più forte del mondo, ma allo stesso tempo anche la più inutile, e tutto quello che puoi fare è solo piangere.- disse Anna.
-Ora dormiamo. Pensare a ciò che è successo non fa né bene a noi, né tanto meno Elena si risveglierà prima.-
-Hai ragione. Notte.- disse Anna.
Intanto le ore passarono, ed erano le 6.15 quando il cellulare di Davide squillò.
Rispose. Era il medico che l’avvertiva sulle condizioni di Elena. Aveva ripreso coscienza. Non era più in coma.
Finalmente una buona notizia. Subito chiamò Marco.
-Marco, Elena c’è l’ha fatta.- questo disse appena il cognato gli rispose. –Ci vediamo in ospedale, muoviti.-
-Anna, che si era svegliata per la poppata della piccola andò da Davide che lo trovò mentre s’infilava le scarpe.
-Che succede?-
-Elena è uscita dal coma.-
-Se mi dai trenta secondi vengo con te. Il tempo di mettermi una tuta.-
-D’accordo.- rispose Davide. Intanto Anna euforica andò nella camera da letto.
-Che stai facendo?- chiese Luca.
-Sto andando in ospedale con Davide. Elena è uscita dal coma.-
-Bene. Io avverto tutti ed appena arriva la baby sitter vi raggiungo.- Anna annuì e andò da Davide.
-Sono pronta, andiamo.- disse Anna.
Quando Davide arrivò in ospedale, c’erano già Marco e Sabrina. O meglio solo Sabrina, poiché Elena aveva chiesto al medico di vedere qualcuno ed il primo ad arrivare fu il fratello.
-Sabrina, Marco dov’è?-
-Dentro da Elena. Aveva chiesto di vedere qualcuno e tu non c’eri, così è entrato lui. Ha detto anche di non volergliene per questo.-
-No, non m’importa che sia entrato, perché dovrei volergliele. Elena è fuori pericolo, questo è l’importante.- continuò Davide abbracciando la ragazza.
Intanto Marco era con Elena in una degenza di terapia intensiva.
-Elena, non ti permettere mai più di farci prendere uno spavento del genere, mai più.-
-Proteggervi è il mio compito.- rispose con la poca voce che aveva.
-Proteggerci non morire.-
-Finiscila.- disse facendo un lieve sorriso. –Davide dov’è?-
-Penso sia arrivato. Mi ha detto che ci saremo visti dall’ospedale.-
-E Giulietta?- chiese
-In carcere. Davide non ha più accennato a lei. Non l’ha neanche voluta vedere quando è arrivata in commissariato.-
-Capito.- rispose Elena.
-Ora però devi rimetterti. Abbiamo lasciato un picnic in sospeso, e la mia tenda non vede l’ora di essere montata.-
-Promesso. Appena mi riprendo andremo al lago solo io e te.- ad un tratto entrò un medico.
-Vedo che si sta riprendendo.-
-Come può non riprendersi quando c’è il fratello accanto a lei?!-
-Dai Marco. Non farmi ridere perché proprio non ci riesco.-
-Fuori ci sono un po’ di persone che vogliono vederla, ma non posso farle entrare, così…- il medico alzò la tendina che oscurava la stanza così che dal vetro tutti i colleghi di Elena e soprattutto Davide potessero vederla. Subito partirono i saluti, i cenni con le mani, i baci e gli applausi.
-Non farci più ripassare tutto quello che abbiamo dovuto passare questa notte.-
-Promesso Marco. Promesso.  Non ho voglia di prendermi un’altra pallottola.-
-Vabbeh, io esco do il cambiò a Davide, altrimenti credo che morirà d’infarto. Io sarò dietro il vetro.- Elena annuì. Marco uscì e diede il cambio a Davide, che entrò dalla moglie e non uscì per molto tempo, tanto da perdere la percezione del tempo. Parlarono per ore senza stancarsi. Parlarono del più e del meno, ma nessun accenno all’accaduto o a Giulietta.

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Capitolo 11
*** Il bisogno di sentirsi vicini. ***


CAPITOLO 12.
IL BISOGNO DI SENTIRSI VICINI



 

Elena si stava riprendendo bene dopo il proiettile preso quella maledetta domenica nello stesso autogrill dove quattro anni prima era stava con Valerio Flaviano in veste di rapita.
Nel mese in cui non andò al lavoro si dedicò molto alla famiglia.
Cercò di stare il più tempo possibile con Davide, sembravano una coppietta innamorata, una coppietta di quelle che trovi al parco che passeggiano mano nella mano, quelle coppiette di vent’enni ancora nel fiore della loro giovinezza; e anche con Marco.
Cercò di stare anche con lui ed aiutarlo nell’organizzazione del suo matrimonio.
E mantenne anche la sua promessa, insieme si recarono al lago di Martignano, da soli.
Davide e Sabrina sapevano bene che ogni tanto avevano bisogno di un momento intimo e su questo nessuno dei due aveva mai ribadito nulla.
I due fratelli andarono al lago un lunedì mattina.
Appena entrato in macchina Marco, inserì nel lettore CD un disco di musica che aveva fatto il giorno prima, con dentro canzoni a partire dagli anni sessanta ai giorni correnti.
Masterizzò le canzoni alla rinfusa, ovvero non le aveva messe in ordine di anno d’uscita, così da  per poterle cantare come venivano durante il viaggio in auto e non solo.
Arrivati al lago, dopo una buona mezz’ora, Marco montò la tenda, dopodichè Elena aprì uno di quei tavolini portatili per poterci mettere sopra la borsa con il pranzo e quella con le bevande.
Una volta sistemato tutto, i due fratelli s’infilarono nella tenda ed ammirarono il lago. Quel posto era solo il loro. Un posto che è diventato il loro rifugio, il loro posto dove poter stare insieme.
 
-Per la seconda volta in vita mia ho provato la più grande paura che si possa provare: quella di perdere la persona a cui vuoi più bene.- iniziò a dire Marco per mettere fine a quel silenzio.
-Marco è passato.- ribadì Elena.
-È da un po’ che ci penso: e se dovesse accadere di nuovo?-
-Sono una poliziotta, è il mio lavoro.-
-Perché hai scelto di fare proprio questo?-
-Perché non sopporto chi si prende gioco della legge, perché odio il crimine.-
-Allora dovresti odiare anche me. Anche io sono stato un criminale.-
-Non sei stato tu ad uccidere Irene. Non sei il suo assassino!-
-Ma sono stato io ad entrare nella bisca di Gerace e guidare l’auto della rapina. Io sono il primo criminale che dovresti odiare.-
-Come posso odiarti se hai avuto il coraggio che molti non hanno? E poi Sabrina ti odia?-
-Questo non centra nulla, comunque no, lei non mi odia.- rispose Marco con un sorriso a 32 denti.
-E allora perché dovrei farlo proprio io, tua sorella?! Hai sbagliato è vero, e sono stata male per non essermi accorta di nulla, ma hai saputo rimediato ai tuoi errori, e per questo sono fiera di te. Sono fiera.- Marco abbracciò la sorella. –Ora però mi parli di Sabrina. Qui, dove nessuno ci sente possiamo parlare liberamente.- disse Elena facendogli l’occhialino.
-Eh dimmi, cosa vuoi sapere?-
-Mah non so, ad esempio che ragazza è, e tutti i dettagli che sai che mi piacciono.-
-Ma non c’è molto da dire. E’ una gran persona Sabrina. La amo. Sai, prima che ci mettessimo insieme le ho raccontato tutto quello che è successo nel 2008, tutto. Le ho detto di come sono arrivato alla bisca, di Gerace, Melissa, i Flaviano, le rapine, di Irene, tutto… E sai cosa? Non mi ha mai giudicato, non mi ha mai detto perché l’ho fatto o perché non ho smesso prima. Mi ha semplicemente risposto quello che mi hai detto tu, che è fiera perché comunque ne sono uscito.-
-Questo lo so.- ripose Elena. –In ospedale abbiamo parlato molto. Vorrei sapere se sei sicuro che lei sia la persona con cui vuoi passare il resto della tua vita.-
-Assolutamente si Ele. Si.-
-Che bello vederti innamorato di nuovo. Finalmente sei tornato quello che eri a Genova con… come si chiamava quella? Marta?-
-Ah si, Marta. Ancora te la ricordi?- chiese ridendo.
-Come potrei non ricordarla. Avevate 16 anni e moriva per te. Penso se la sia segnata a vita che tu l’abbia lasciata.-
-Lo so, ma non potevo stare con quella ragazzina, stava diventando troppo pesante. Però perché adesso non mi parli tu di Davide?-
-Ma se lo conosci meglio di me.-
-Dai, deve pur esserci qualcosa che non so.- rispose facendo l’occhialino.
-Forse una cosa non la sai, ma riguarda più me che lui: vorrei un figlio da Davide, ma ho paura di rimanere sola. La sua età è evidente, ed io non voglio restare sola. Se dovesse lasciarmi io mi sentirei persa.-
-Certo che se aspetti ancora un po’ fai prima a fare un figlio con la persona che verrà dopo Davide.-
-Ma sei pazzo?! Mi sono giurata che dopo Davide non ci sarebbe stato più nessuno.-
-Non dirmi che se lui dovesse morire quando tu avrai 50 anni, non ti rifaresti una vita.-
-No, non me la sentirei. Non sono così forte. Davide sarà per sempre.-
-Come sei romantica. Però a parte gli scherzi, o lo fai ora un figlio con Davide o davvero poi sarà troppo tardi e non per te, ma per lui. Non potrà passare molto tempo con i suoi figli, e poi io non vedo l’ora di diventare zio.-
-Beh, anche io se è per questo vorrei diventare zia.-
-Eh, adesso non esagerare. Prima mi sposo e poi penserò ad un figlio, anche se padre non mi ci vedo per niente.-
-Io invece ti ci vedo padre, mentre culli tuo figlio, gli canti la ninna nanna, gli dai il biberon, gli insegni a fare i primi passi, a parlare, farete le partite di pallone.-
-E magari poi si farà anche la Comunione e di colpo mi renderò conto che avrà la mia età.-
-E perché no.- rispose Elena ridendo.
-Un passo alla volta. Prima il matrimonio, poi il resto.-
-Che dici? Andiamo a sederci a riva?-
-Si, direi che è un’ottima idea.-
I due fratelli passarono l’intera giornata in quel luogo così tanto importante per loro. Quello era l’ultimo giorno di convalescenza di Elena e lo volle passare alla grande e non perché in meno di 24 ore sarebbe ritornata alla sua scrivania, ma perché sentiva proprio l’esigenza di stare qualche ora da sola con il fratello. Le bastava anche stare in silenzio, ma accanto voleva il fratello.
In tarda serata tornarono a casa. Era talmente tardi che sia Davide che Sabrina dormivano. Non erano riusciti ad aspettarli svegli, ma poco importava, d’altronde era la loro giornata.
La mattina alle 7 tutto tornò come un mese prima.
Tutto era ritornato alla normalità.
Tutti e quattro andarono al lavoro, anche se in separata sede.
Una volta arrivata al commissariato Elena fu assalita dai colleghi. Erano felici del suo ritorno.
Sembrava una mattinata tranquilla, fino a quando Luca non richiamò Elena nel suo ufficio.
-Ohi Luca, è successo qualcosa? Mi ha detto Ugo che mi cercavi.-
-Si, ti ho fatta chiamare, siediti.-
-Non mi piace per niente la tua faccia.-
-Solo questa ho, e non ti preoccupare che ho già trovato qualcuna che l’apprezza.- rispose sorridendogli.
-No, dai a parte gli scherzi, è successo qualcosa?-
-So quanto hai sofferto, ma dal carcere di Rebbibbia mi hanno appena informato che Giulietta Merante vuole parlare con Davide.-
-Ah!- fu tutto quello che riuscì a dire Elena.
-Forse dovevo dirlo solo a Davide, ho sbagliato.-
-No, tranquillo, tra poco deve venire per firmare alcune pratiche e glielo dico.- Elena tirò un sospirò.
-Che hai Ele?- disse Luca facendo il giro della scrivania per sedersi di fronte all’amica.
-Un mese. È passato un mese e lei solo ora chiede del padre. Non le basta quello che ha fatto? Che vuole di più? Noi l’abbiamo accolta in casa, l’abbiamo fatta sentire una di famiglia anche se non è stato facile e lei come ricambia?-
-Elena, non so cosa lei voglia da voi, ma sai benissimo che Davide può rifiutare l’incontro.-
-Mi credi che a questo punto non so cosa farà? Lo conosco troppo bene, fosse per lui rifiuterebbe, ma è un bonaccione e quella è pur sempre la figlia.-
-E allora devi stare tranquilla, ti fidi di Davide.- Elena annuì.
-È di Giulietta che non mi fido.- rispose la donna. –Non voglio che combini altri casini nella mia famiglia.- Luca abbracciò Elena, proprio quando Davide entrò nel suo ufficio.
-Ah beh, se vuoi tradirmi almeno non farlo sul posto di lavoro.- esclamò Davide per battuta, ma cambiò espressione quando vide il viso di Elena sul punto di piangere. –Non mi stai tradendo, allora che succede?-
-Giulietta ha chiesto di te.- rispose secca la donna.
-Non ho niente da dirle. Mi dispiace, sarà forse un rimorso che mi porterò a vita, ma non voglio vederla. Soprattutto dopo quello che ha fatto a te.-
-Non pensare a me, pensa solo a te ed a lei. Io non centro. Se vuoi andare, la strada la sai, ma io per favore non voglio sapere nulla.-
-Come esco da qui vado da lei, ma le dirò di non cercarmi più, ok? Sarà anche mia figlia, l’ho perdonata, glielo dirò, ma di lei non voglio sapere nulla.- Elena riuscì solamente ad annuire.
-Ma parlando d’altro, le pratiche da firmare dove sono?-
-Eccole Dà.- rispose Luca prendendole dalla scrivania. –Sono tutte tue.-
Dopo una buona ora, Davide uscì dal commissariato ed andò in carcere.
Neanche 10 minuti e si ritrovò davanti la figlia dopo un mese di silenzio.

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Capitolo 12
*** L'attesa del ritorno. ***


CAPITOLO 11.
L’ATTESA DEL RITORNO




 
I giorni passavano. Le condizioni di Elena miglioravano.
Miglioravano tanto da permettere ad Elena di lasciare il reparto di terapia intensiva.
Frequenti erano le visite del marito, del fratello, dei colleghi e soprattutto di Anna e Luca che cercavano di starle il più vicino possibile.
Stare il più vicino possibile non soltanto a lei ma anche a Marco e Davide, infatti non poche furono le cene che Anna improvvisava per non fargli passare le serate da soli. E così i due insieme a Sabrina si ritrovavano a casa dei coniugi Benvenuto. Un modo come un altro per passare la sera, per non pensare alla casa vuota che li attendeva, senza la voce di Elena.
Ogni sera, o per una scusa o per un’altra finivano per cenare lì.
-Ma voi non potete fare così. Praticamente a casa noi non ci siamo mai.- disse a cena Marco, rivolto ad Anna e Luca.
-Vorrà dire che quando Elena sarà di nuovo a casa, verremo noi da voi.- rispose Anna.
-Guarda che ti prendo in parola.-
-E fai bene. Appena Elena si riprenderà tutte le sere verrò a casa vostra.-
-E noi vi aspetteremo.- disse Marco. Continuarono la cena e verso le undici lasciarono quella casa per dirigersi alla loro. E quella sera a casa di Elena e Marco si sarebbe fermata anche Sabrina per l’ennesima volta. Una volta arrivati tutti e tre in casa, si diedero la buonanotte e poi si chiusero nelle loro stanze.
-Sabrì.- iniziò la discussione sottovoce Marco. –Perché invece di passare solo qualche notte qui, non ci passiamo tutte le notti?-
-Che… che mi vorresti dire?- chiese lei.
-Che potremo vivere insieme. Abbiamo trent’anni, direi che alla fine non è un passo così azzardato.-
-Mi stai chiedendo di convivere con te, quindi.-
-Perché scusa, non è quello che già facciamo? Sei sempre da me, pranzo, cena, qualche volta ti fermi anche a dormire… Se vuoi possiamo fare una prova, nessun documento, niente di ufficiale, ma solo un periodo di convivenza per vedere come va.-
-Ma io non ho bisogno di nessuna prova. Se tu mi dici che vuoi sposarti, io l’accetto di più.-
-Allora te lo chiedo ora, vuoi sposarmi?-
-Si.- rispose Sabrina baciandolo.
-Ti chiedo solo di aspettare giusto il tempo che Elena si riprenda.-
-Tutto il tempo che vuoi. Nessuno ci mette fretta.- disse la ragazza facendogli l’occhialino. –E poi sai che ti dico? Che questa stanza mi sembra perfetta per noi.-
-Perché, tu veramente riusciresti a vivere in questa casa, con mia sorella e mio cognato. È un casino stare qui.-
-Ed è proprio per questo che mi piace. Mi piace perché siete untiti, siete una famiglia solida, se c’è un problema tutti aiutano tutti, a prescindere dal sacrificio che bisogna fare, ma allo stesso tempo ognuno di fa i fatti suoi, nessuno s’intromette nei fatti dell’altro, ed anche se sa ciò che non dovrebbe sapere fa finta di non saperlo.-
-Ti amo.- riuscì a rispondere Marco a quel discorso.
-Anche io.- sussurrò Sabrina all’orecchio del fidanzato.
[…]
Da quando Elena fu ferita passarono due settimane. Due settimane in cui tutti a turno, i colleghi del Decimo, Marco, Davide e Sabrina, si alternavano per non farla mai sentite sola.
Elena e Sabrina, che non tanto si conoscevano, sfruttarono quelle due settimane per approfondire la loro conoscenza ed Elena aveva capto che Marco aveva accanto una persona squisita, generosa, altruista, socievole e qualità migliore di tutte, Marco le aveva raccontato del suo passato eppure non l’aveva giudicato, né l’aveva lasciato. Anzi, l’ammirava perché poteva avere quello che tutti desiderano i soldi, ma capendo l’origine di essi, mollò tutto. Lasciò tutto senza pensarci su due volte. Non voleva essere un criminale.
Due settimane dopo Elena tornò a casa. Nessuna festa di benvenuto, ma senza mettersi d’accordo i colleghi erano andati a casa sua per accoglierla dopo un periodo triste e doloroso.
E Davide che conosceva la situazione, essendoci già passato, non poteva non essere felice per la moglie.
Lui, al tempo, fu abbandonato da Elena perché non riusciva a vedere il suo uomo, il suo amante, sotto le cure della moglie; lei invece aveva accanto le persone che più l’amavano.
I medici però le avevano dato un mese di convalescenza, e questa era un “trauma” per Elena.
Stare a casa e non andare al distretto, beh no, quella non era la vita che faceva per Elena.
Dopo un pomeriggio di festeggiamenti, se così lo vogliamo definire, Marco e Sabrina comunicarono ad Elena e Davide la loro decisione.
-Ele, noi avremo deciso di sposarci.-
-Stai scherzando?!- rispose Elena meravigliata.
-No, non sto scherzando. Aspettiamo la tua completa guarigione per organizzare tutto; ma tanto alla fine saremo sempre qui.-
-E lo sapevo. Chi ti molla a te.-
-Chi ce molla a noi, vorrai dire.- la corresse Marco.
-Eh beh, sfido chiunque. T’ho cresciuto si può dire.-
-Appunto.- disse dando un bacio sulla guancia alla sorella.
-E domenica picnic io e te. Io, te, la tenda ed il lago.- continuò Elena.
-Non sarebbe il caso di aspettare?- chiese Marco preoccupato per la salute della sorella, anche se non aveva nulla.
-Marco mio, già devo stare lontana dalla mia scrivania e questo mi deprime che non hai idea, se mi dici che non posso neanche usciere, muoio.-
-D’accordo, come vuoi te.-
-Ma sto picnic a cosa si deve?- chiese Davide.
-Davide, Sabrina, con tutto il rispetto che abbiamo per voi, con tutto l’amore che proviamo per voi, questo picnic è solo per noi. Ogni tanto abbiamo bisogno anche noi di un momento tutto per noi.-
-Tranquilla.- rispose Davide.
-Lo so Elena.- rispose Sabrina. –Ed invidio il rapporto che avete. Magari l’avessi io con mio fratello. A dividerci c’è l’oceano e molte volte quello che chiedo è avere un rapporto con mio fratello come il vostro.-
-Mi dispiace.- disse Marco. –Ma il nostro rapporto è unico.-
-Vabbeh, allora se voi uscite insieme, io esco con lei.- disse Davide rivolto a Sabrina. –O per caso sei geloso?- chiese a Marco.
-Guarda Dà, sai meglio di me che è normale essere gelosi, ma non sono un tipo ossessivo e poi figurati se sono geloso di te. Ricorda, se fossi geloso di lei, dovrei diciamo impedirle di andare a Milano dai suoi zii. Sai quanti uomini incontra? Ma se siamo fuori io e lei e vedo qualcuno che la fissa, beh allora sono io a fissare quello. Geloso si, ma nel giusto.-
E così, tra discorsi vari su gelosie, partenze e viaggi, anche quella sera passò felicemente.
La prima sera felice dopo molto tempo.
Dopo cena, Elena si ritrovò finalmente a dividere il letto con il suo uomo e finalmente poterono parlare.
-Davide, hai saputo qualcosa di Giulia?- chiese Elena
-No, da quando è stata portata in carcere no. Luca mi aveva chiesto se le volevo parlare quando era in commissariato, ma ho rifiutato. Ho solo chiamato Pamela, questo si, per raccontarle personalmente l’accaduto, ma non l’ho vista, non so se è scesa, non so nulla. Non voglio più sapere nulla di lei. Mi ha fatto non poco male. Stavo cercando di diventare padre, e quando avevo imparato ad amare mia figlia ho ricevuto una pugnalata al cuore, ma veramente.-
-Ha sbagliato, il suo comportamento non può essere giustificato, ma è pur sempre tua figlia. Dovresti andare da lei.-
-Mi dispiace, ma ora no. Non ci riesco.-
-Ti capisco, ma se vorrai andare a trovarla…-
-Lo so, ho capito. Ma io non riesco ad andare l’assassina di mia moglie, anche se è mia figlia.-
-Guarda che sono viva ancora.- disse Elena dandogli un pizzicotto. –Ti sto dicendo che potresti perdonarla, anzi devi.- continuò a dire.
-Ma io l’ho già perdonata. Non gliel’ho detto esplicitamente, ma in cuor mio l’ho perdonata. Ti ripeto Ele, quello che mi ha fatto rabbia è che proprio mia figlia mi abbia dato un dolore così grande. Ti amo.- continuò Davide.
-Anche io Davide. Anche io.-
-Però ti prego, non farlo mai più. Non lasciarmi mai più, ho passato la notte più brutta della mia vita…-
-La stessa che ho passato io quando sei stato ferito. Ora capisci il dolore che ho provato, e quanto al tempo mi costò averti detto addio? Quanto mi è costato mollare tutto dall’oggi al domani?-
-Si, ora lo capisco.- rispose Davide.
-Ora però abbracciami, voglio sentirti accanto.- e così Davide, accontentò Elena e dopo quasi tre settimane tornarono a dormire insieme.

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Capitolo 13
*** Fine di tutto. ***


CAPITOLO 13.
FINE DI TUTTO

 


 
-Sei venuto. Grazie!- disse la ragazza.
-Giulietta, mettiamo le cose in chiaro io ti perdono, anzi l’ho già fatto, ma io non voglio più sapere niente di te.-
-Come?- chiese incredula la ragazza. Lei voleva riallacciare i rapporti con il padre, e questa volta sul serio, ma Davide non voleva più saperne niente ed aveva i suoi buoni motivi.
-Giulietta, mi dispiace, ti avevo dato l’affetto che tanto volevi, ma non hai saputo accettarlo, non ne sei stata in grado. Iniziavo a volerti bene, era come se ti avessi cresciuta da sempre, però mi hai tradito. Mi hai fatto male, molto male. Ti perdono, ma il nostro rapporto finisce qui.-
-Forse hai ragione tu. Forse è meglio finirla davvero qui, questo è quello che mi merito. Almeno dimmi una cosa soltanto.- Davide annuì. –Elena sta bene?-
-Fortunatamente è forte, sta bene, oggi è tornata al lavoro. Allora addio Giulietta.- continuò Davide allungandole la mano.
-Addio.- disse la ragazza stringendogli la mano.
Neanche 10 minuti di visita in carcere, e Davide era fuori.
Il dolore che provava per la figlia era forte, in qualche parte di lui c’era qualcosa che gli diceva di non rompere del tutto i legami con la figlia, ma non ci riusciva.
Non voleva soffrire ancora, non se lo meritava.
Forse questa era la volta buona per tornare a vivere di nuovo, senza più fantasmi del passato. […]
 
Tre mesi più tardi…
Oramai la vita della famiglia Argenti-Castelli andava bene.
Avevano ritrovato quella che era la loro vita, la loro armonia, la felicità, ma a tutto ciò si aggiunse una nuova persona, Sabrina la fidanzata di Marco.
Fidanzata ancora per poco però, perché a breve ci sarebbe stato il loro matrimonio.
La ferita alla spalla di Elena era guarita perfettamente, non c’era stata nessuna complicazione, quindi Marco poteva dedicarsi anima e corpo all’organizzazione del matrimonio insieme alla futura moglie.
Ma con una sorella come Elena, non era possibile non metterci in naso in tutte le sue scelte, quindi ogni cosa passava per la sua approvazione, o forse quasi tutto.
Finalmente erano di nuovo felici, finalmente erano una famiglia.
Una famiglia che pian piano si stava ingrandendo.
Il perché? Beh Elena finalmente aspettava un figlio dal suo grande amore.
 

FINE.
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Grazie a tutti per essere passi a leggere i miei 13 capitoli.
Un bacione a tutti.
Eliessa
~

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