Non sono più lei

di Stephanie86
(/viewuser.php?uid=131302)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non sono più lei ***
Capitolo 2: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Non sono più lei ***


Sta cercando di riflettere.
Sta cercando di pensare lucidamente a tutto quello che le è successo.
Ma avverte le sue braccia intorno alla vita.
- Aldo, dai – mormora Esther, divincolandosi.
Lui sospira. Lo fa spesso, ultimamente. Perché non l’hai mai sentita così distante, così assente.
E lei, a sua volta, non si è mai sentita così distante dal suo uomo, così assente.
E’ accaduto tutto in fretta.
- Esther, che cos’hai? – le domanda.
- Non ho niente.
Ma qualcosa c’è. Ha cercato di nasconderlo a se stessa e agli altri, a lungo. Ha cercato di stare il più lontana possibile dalla fonte dei suoi turbamenti. E non ce l’ha fatta.
- Sei strana – commenta lui.
Sono innamorata.
Lo pensa, vorrebbe urlarlo, ma decide di rimanere in silenzio.
Ed è un silenzio che pesa. E’ un silenzio rotto dai suoi respiri, dal battito del suo cuore, dal ticchettio incessante di un orologio. E’ un silenzio fatto di parole che non riesce a pronunciare, che rimangono sospese nell’aria e che potrebbero fare molto male.
E Aldo non capisce. Non può capire.
Sta con lei da qualche anno, dovrebbe conoscerla abbastanza, ma non intuisce nemmeno ciò che la tormenta. Ciò che ha fatto.
- Ti va di parlarne? – le chiede lui.
E’ dolce. E’ tenero. Vorrebbe aiutarla. I suoi occhi la osservano, cercano i suoi. Il suo sorriso vuole essere rassicurante.
La ama. Percepisce l’amore che prova Aldo per lei.
- Non c’è niente – ripete Esther.
A sua volta sorride. Ma non è convincente.
- Problemi sul lavoro? – insiste Aldo.
- Nessun problema. Sono un po’ stanca.
Sono innamorata.
Che cos’è l’amore?
Ha sempre creduto di saperlo. Ha sempre pensato di averlo trovato.
Non ha mai capito nulla, invece.
L’amore è un sentimento che si insinua lentamente sotto la pelle. Striscia fino a raggiungere il cuore, fino a possederti l’anima.
L’amore è guardare un cielo pieno di nuvole e vederlo comunque blu e attraversato da una moltitudine di stelle cadenti, ognuna delle quali è un desiderio espresso che vuoi che si avveri.
L’amore è darsi ad un’altra persona, completamente, intensamente.
É dolce.
É travolgente.
É terribile.
É sconcertante.
É una sofferenza.
É una sofferenza che ti piace. Che sei tu a scegliere.
Sono stata io a sceglierla.
Lui la abbraccia ancora. Le dà un bacio. Poi si china per sfiorarle il collo con le labbra. La sua mano si appoggia sulla sua schiena. La accarezza.
Si sottrae. Di nuovo.
Non può farlo. Non vuole fare l’amore con lui.
Io voglio lei.
Le è occorso del tempo per capirlo. Settimane, mesi. Ma alla fine ha ceduto.
Marina non ha fatto pressioni. E’ cominciato tutto con una normale amicizia. L’amore comincia quasi sempre così, no?
Ma poi, pian piano, le cose sono cambiate. La cercava. La cercava anche fuori dall’orario di lavoro. Desiderava vederla, anche fuori dall’orario di lavoro. Aveva iniziato a guardare il cellulare, sperando di ricevere una sua telefonata. Aveva iniziato a volere contatti più ravvicinati. Bastava pochissimo. Bastava che le sfiorasse il dorso della mano con le dita, che le sistemasse una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Sì, un gesto casuale, innocente. Poi aveva cominciato a desiderare che l’abbracciasse, che la stringesse a sé, forte. Aveva...
Ho voglia di baciarla.
Sì, aveva desiderato baciarla. Toccarla.
Era scappata. Era tornata indietro. Era scappata di nuovo. Era tornata indietro.
E Marina se n’era accorta. Capisce tutto al volo. È sempre stata capace di leggerle dentro.
Ho voglia di baciarla.
L’aveva baciata. In quell’ascensore. Non era stato possibile resistere.
Nella foga, l’aveva spinta contro la parete.
Ed era stato intenso.
Era stato...
- Se c’è qualcosa che non va, però, me ne parli, okay? – dice Aldo. Così la scuote dai suoi pensieri.
- Sì, certo.
Dovrò. Prima o poi.
C’era stato quell’invito a cena. Un semplice invito. Niente di più. Un modo per parlare di quello che era successo. Un modo per... per conoscersi meglio. Sì.
L’aveva portata in un posto bellissimo.
E lei era bellissima.
Avevano parlato molto. Del loro lavoro. Dei loro sogni. Della loro vita. Marina, ovviamente, non aveva mai nascosto di essere omosessuale. Mai.
Avevano parlato di ciò che era accaduto in ascensore. All’inizio, aveva parlato solo Marina.
«Mi è piaciuto molto»
L’aveva detto senza imbarazzo. Guardandola. Immobilizzandola con quegli occhi magnetici.
Ed Esther non aveva saputo cosa rispondere. Il rossore sulle sue gote doveva essere stato evidente, perché Marina aveva sorriso. E le aveva fatto una carezza. Leggera.
Le era passata quasi del tutto la fame, ma aveva mangiato comunque. Avevano mangiato in silenzio, osservandosi.
...Osservandosi.
Osservandosi.
Osservandosi a lungo.
Ed erano sguardi carichi di desiderio quelli che filtravano attraverso i due bicchieri di vetro vuoti, quelli che scivolavano sulla tovaglia bianca che copriva le loro gambe così vicine da potersi sfiorare. Chissà se gli altri clienti avevano notato quella calda guerra che si consumava fra loro.

Forse sì.

Non aveva scampo. E lo sapeva.
Un cameriere le aveva interrotte.
«Desiderate altro?» aveva chiesto, portandosi via i piatti.
Se gli avesse detto cosa desiderava...
«No» Marina aveva risposto prima che potesse farlo lei «Ci porti il conto, per favore»
C’era molta fretta nelle sue parole e il cameriere ne era rimasto sconcertato.
«Naturalmente. Ve lo porto subito»
Così era stato. Era tornato dopo meno di due minuti. Marina aveva pagato tutto, anche se lei aveva protestato.
Fuori, l’aria primaverile era fresca e piacevole. Le aveva dato un po’ di sollievo... Un attimo di respiro. Ma era durato poco.
Prima di salire in auto, Marina le aveva stretto una mano.
«Vuoi che ti riporti a casa?» le aveva domandato, quasi ce ne fosse bisogno.
«No...» aveva detto Esther.

Marina l’aveva accompagnata nel suo appartamento. L’aveva presa per mano, mentre salivano le scale.
Esther sapeva che quello che stava facendo era sbagliato. Stava già con una persona. Stava con Aldo.
Chi ama non tradisce.
E voleva dirglielo. Voleva fermare quella follia.
Chi ama non tradisce.
Ma Marina, prima di aprire la porta di casa sua, si era voltata e l’aveva baciata. Un bacio dolce, leggero, a fior di labbra. Un bacio che aveva tutta l’aria di essere molto casto, ma che le aveva tolto comunque il respiro. Una carezza lieve, che l’aveva accesa ancora di più.
E non era riuscita a dirle nulla.
Appena entrate, Marina si era tolta la giacca, si era ravvivata i capelli neri.
«Vuoi qualcosa da bere?»
«Avrei... avrei bisogno di un bicchiere d’acqua, forse. Sì»

Marina glielo aveva dato. Esther era riuscita a berne due sorsi, poi aveva appoggiato il bicchiere sul tavolo. La sua mano tremava.
Poi Marina l’aveva attirata a sé, mettendole le mani sui fianchi.
Esther si era chinata su di lei e l’aveva baciata ancora. Aveva socchiuso le labbra per approfondire quel bacio e Marina ne aveva approfittato. La sua lingua le aveva invaso la bocca.
Impeto.
Passione.
Desiderio.
C’era tutto in quel bacio. Tutto. C’erano cose che lei non aveva mai provato.
Le labbra di Marina si erano spostate sul suo collo. E si era lasciata sfuggire un gemito. La lingua aveva sfiorato l’orecchio destro, i suoi denti l’avevano mordicchiato dolcemente.
«Ti voglio» le aveva sussurrato Marina.
«E allora prendimi»
E lo aveva fatto. Sul divano del salotto.
Si era sentita sua. Completamente.
E la mattina dopo, svegliandosi, trovandosi avvinghiata a Marina, trovando i suoi occhi aperti che la osservavano e il suo sorriso disteso, aveva pianto.
Si era preoccupata. Marina si era preoccupata, le aveva chiesto che cos’aveva. Aveva pensato di averle fatto male.
Ma lei le aveva risposto che non era per quello.
Piangeva perché si era accorta che nella sua vita non si era mai sentita così. Non aveva mai fatto l’amore in quel modo, vivendo ogni attimo come se fosse l’ultimo.
E tutto ciò era accaduto sabato. Due giorni prima. La domenica erano andate in ospedale. Avevano entrambe il turno pomeridiano.
Rocco, il suo migliore amico, aveva capito qualcosa. Le aveva fatto delle domande. Ed Esther aveva preferito restare sul vago. Non riusciva nemmeno a pensare ad una risposta coerente da dargli.
Terry non aveva capito nulla, invece. Normale. Lei vede solo ciò che può accettare, ciò che rientra nei suoi schemi.
Il resto no. E anche se lo vedesse, si getterebbe da sola del fumo negli occhi.
- Vuoi restare qui a dormire? – le chiede, ora, Aldo.
- No. E’ meglio che vada a casa.
- E’ meglio?
Sì.
É meglio, davvero.
- Perché ti comporti così, amore? – le chiede.
Amore.
Per Aldo, lei è il suo amore. Certo.
- Non sei più tu. Non ti riconosco.
Hai ragione. Non sono più la ragazza che hai conosciuto.
Non sono più quella ragazza che è uscita con te credendo che fossi tu l’uomo che stava aspettando.

- Sei diversa - continua lui.
Esther non l’ascolta più.
No, Aldo.
Ormai è tardi.
Non sono più lei.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Epilogo ***


Non è riuscita a dormire. Ma ciò non la sorprende.
E al lavoro è distratta.
- Esther? -
La voce di Rocco. La sta fissando, con la fronte aggrottata. Lui ha capito. Non fa troppe domande, ma ha capito.
- Scusa - gli risponde, risistemando le cartelle dei pazienti.
- Tutto bene? - chiede il collega.
- Sì, certo -
Sono innamorata.
Certo. È così. Ormai non può più negarlo.
É una sensazione troppo forte.
Incredibilmente forte.
É devastante.
E Aldo lo deve sapere.
- Sembri un’anima in pena - commenta lui, con un mezzo sorriso.
Sono innamorata.
Per la prima volta nella sua vita.
Dov’era stata tutto quel tempo?
Proprio allora, alza lo sguardo e la vede. Sta parlando con una donna, che tiene un bambino in braccio. Un paziente.
La madre sembra molto preoccupata. Marina sta cercando di tranquillizzarla. Intanto, accarezza la testa del piccolo.
É molto dolce. Molto...
...materna.
Sì. Sarebbe un’ottima madre. Se in Italia non ci fosse una legge che non permette agli omosessuali di adottare bambini.
Ed è così bella...
- Esther! - Rocco la riporta di nuovo alla realtà.
Stavolta non si scusa.
Marina si volta e i loro sguardi si incrociano. Un attimo. Un istante rapidissimo. Ma è sufficiente per perdersi in quei laghi profondi che sono i suoi occhi.


- L’ho vista di nuovo.
Terry parla a voce bassa. Esther non capisce a cosa si stia riferendo. E non le interessa neanche.
- Quella donna - precisa Teresa - É venuta a cercare la Ranieri.
Adesso le interessa.
- Quale donna? - le chiede.
- La stessa che è venuta qui qualche tempo fa... Credo si chiami Vera.
Vera.
Quel nome le fa perdere un battito.
- Ha insistito molto, per vederla - continua Terry, senza accorgersi del suo stato d’animo.
- Quando?
- Dieci minuti fa.
Vera.
Ricorda bene le parole di Marina.
«Ho amato moltissimo Vera...», le aveva detto.
Ma aveva anche detto che era finita e che desiderava innamorarsi di nuovo.
Quando io mi innamoro... mi innamoro davvero.
- Secondo me tra quelle due c’è ancora qualcosa - dice Teresa.
Esther non le risponde.
Ho amato moltissimo Vera.
Qualcosa di simile alla paura la arpiona.
Ma non è soltanto paura.
- Devi portare questa alla Gandini - Terry le sta porgendo una cartella.
- Certo.


Alla fine del turno, Esther esce dall’ospedale e si attarda all’esterno.
Saluta alcuni suoi colleghi. Rocco le offre un passaggio, ma lei rifiuta.
Per tutto il pomeriggio, non ha fatto altro che pensare a Marina, a Vera e alle parole di Teresa.
Secondo me tra quelle due c’è ancora qualcosa.
E se fosse così?
Trema e si strinse nella giacca. Ma non è il freddo.
- Ciao.
Si gira di scatto e si ritrova faccia a faccia con Marina.
- Oh, ciao... - le risponde.
- Come stai?
- Bene... Solo... Un po’ stanca - Esther fa molta fatica a pronunciare quelle parole.
- Già... É stata una giornata pesante anche per me.
Marina le fa una carezza. Esther chiude gli occhi.
Potrebbe vederle chiunque, lì fuori. Ma in quel momento non le importa.
Secondo me tra quelle due c’è ancora qualcosa.
Esther indietreggia di un passo.
- Cos’hai? - Marina sembra sorpresa.
- Hai visto Vera, oggi?
- Te l’ha detto Teresa?
- L’hai vista?
- Sì, l’ho vista. É venuta in ambulatorio - Nessuna esitazione.
Ho amato moltissimo Vera.
- Sei gelosa?
La domanda di Marina la coglie alla sprovvista.
Sono gelosa?
- Perché dovrei esserlo? - risponde, sulla difensiva.
Non ne ha il diritto. Anche lei sta ancora con Aldo. Con un altro.
- Sei gelosa? - ripete Marina. Pochi passi le dividono.
Esther la guarda, a lungo.
Poi Marina la bacia.
Le prende il viso fra le mani e la bacia, senza aspettare che le risponda.
E le toglie il fiato.
- Vuoi un passaggio?
Esther è ancora troppo stordita.
- Ah... Ecco, sì... - farfuglia.


Aldo la sta chiamando. Non ha intenzione di rispondere.
Non adesso.
Chiude la comunicazione e si rimette il cellulare in tasca.
- Era lui? - chiede Marina, senza staccare gli occhi dalla strada.
- Sì...
Silenzio.
É un silenzio che non sa come colmare.
- Oggi era... il suo giorno libero.
Che stupidaggine che ha detto.
Arrivano sotto casa sua. Marina spegne il motore dell’auto.
Esther guarda verso la sua finestra e nota una luce accesa.
Suo padre. Che cosa penserebbe suo padre di tutto ciò?
Sente la mano di Marina stringere la sua. Guarda le loro mani intrecciate. E pensa che vorrebbe stare così per sempre.
- Marina, io...
- Cosa?
Alza lo sguardo.
I suoi occhi sono una trappola alla quale non può sfuggire.
- Io volevo dirti... che... Sono stata bene... con te. Sto sempre bene con te.
Marina sorride.
- Però... Non so come spiegarlo... A me non era mai successo... di provare queste cose... - si schiarisce la voce. Il cuore batte forte nel suo petto. - Ed io... Beh, non vorrei mai che...
- Esther?
- Sì?
- Qualsiasi cosa provi o pensi puoi dirmela. Non averne paura.
Lungo silenzio. L’espressione di Marina è sincera ed Esther non vuole che lei pensi che sia stato uno sbaglio.
Non è stato uno sbaglio.
Era stato il solo istante della sua vita in cui aveva respirato, aveva vissuto, aveva amato veramente. E si era sentita amata.
- Che cosa senti? - le chiede Marina.
- Che ti amo - risponde, abbassando lo sguardo - Mi sono innamorata di te.
Marina la abbraccia. Esther sente il suo profumo invaderle le narici. Istintivamente affonda il viso nei suoi capelli.
- Anch’io, Esther - le sussurra - Anch’io ti amo.
Si baciano. È un bacio lungo.
Un bacio intenso.
- Parlerò con Aldo - dice Esther, non appena ha ripreso fiato.
- Sei sicura?
- Sì... Sì, voglio farlo.
Ormai qualcosa nella sua vita è irrimediabilmente cambiato. Lei è cambiata.
E non serve mentire agli altri.
Non è in grado di farlo.


Suo padre nota il suo cambiamento. Lo avverte.
- Va tutto bene con Aldo?
Non glielo chiedeva da un po’.
- No ... Non proprio.
- Avete litigato?
Non è per niente sorpreso. Se l’aspettava.
- No, ma...
Sono innamorata.
Sono innamorata di Marina.

- Ho capito. Non vuoi parlarne - conclude Cesare.
- Per adesso no. Voglio parlarne con lui, prima.
Suo padre le sorride.


- Voglio sapere chi è.
Aldo è perentorio.
É arrabbiato.
É ferito.
«Non ti amo più», gli aveva detto.
Non l’ho mai amato.

Si sente in colpa. Non per quello che ha fatto con Marina, ma perché non l’ha mai amato veramente.
Mai.
Ha creduto di amarlo. Solo questo.
Si sente in colpa perché ha mentito a se stessa. A lui. Senza esserne del tutto consapevole, però l’ha fatto.
- Chi è... Chi? - domanda. Lo sa di cosa parla.
- Lui. Dimmi chi è. Lo conosco?
- Non c’è nessun lui.
Ed è la verità.
- Balle. Sono sicuro che c’è. Ci sei andata a letto, vero?
- Ti prego, Aldo.
- Ci sei andata a letto, no?
- Non sono tenuta a dirtelo.
- Dimmi chi è, allora.
Glielo dice.
Pausa. Molto lunga.
Aldo non sembra più solo arrabbiato, ora.
É sconcertato.
- Ah - dice, deglutendo - Capisco...
No.
É sicura che non può capire.
- É stata lei
Esther tace.
- Avrei dovuto aspettarmelo - continua Aldo.
- Nessuno se l’aspettava.
É l’amore.
Quando l’amore vero arriva, è come un ciclone. Ti travolge. E ti porta con sé.
- Che cosa ha fatto per convincerti? - chiede Aldo, aspro e duro.
- Non ha fatto niente.
- Qualcosa deve aver fatto. Che cosa ti ha detto?
- Niente. Aldo, non ha fatto niente. È stato...
Non trova la parola adatta.
É stato impossibile resistere? Certo.
É stato un fiume in piena? Certo che sì.
Chi ha cominciato? Non ricorda. Forse entrambe.
- É stato più forte di noi - dice, alla fine.
Lui stringe i pugni.
- Ti sei fatta abbindolare.
- No. Mi sono innamorata.
É bello dirlo ad alta voce.
Innamorata.
Per la prima volta sente che è vero. Che è innamorata.
- Ti passerà presto. Tu non sei così.
Il suo tono è carico di rancore, adesso.
- Tu non capisci, Aldo.
- Io ti conosco. So che non sei così.
- Invece sì. Fattene una ragione.
- Non potrà mai darti quello che ti posso dare io.
- Mi fa sentire speciale. Mi ama.
- Non ti può dare una famiglia, però. Quante volte ne abbiamo parlato? Abbiamo fatto dei progetti insieme.
- Ho sbagliato a farli. Non mi rendevo conto.
- Io ti amo. Vuoi davvero buttare via tutto per lei?
Aldo allarga le braccia. Intende abbracciarla, ma Esther si scosta.
- Mi dispiace - dice Esther.
- Ti dispiace, eh?
- Sì. Ma non potevo continuare a mentirti.
- Vattene.
Esther prende la giacca. La indossa.
- Sappi che se te ne pentirai non sarò disposto a perdonarti.
Esther sorride.
Crede di farle paura. Crede di convincerla a restare con quelle parole.
Ma non può.
Nessuno potrebbe.
- Non me ne pentirò - risponde.


Esther socchiude le labbra e prende il suo volto fra le mani.
Si perde nell’oblio di quel bacio.
Poi le labbra di Marina percorrono delicatamente il suo collo, mentre la mano le slaccia i bottoni della camicetta.
Esther ha la sensazione che lei si sia impadronita della radice stessa del suo essere.
- Ti amo - le sussurra.
Marina la guarda, le sorride, fa scivolare le mani sotto il tessuto della camicia. Esther rabbrividisce, trattenendo il respiro.
- Anch’io ti amo - le dice Marina, in un orecchio.
Le prende la mano e la sfiora con quelle stesse labbra.
Non c’è altro da aggiungere.
Non ora.
I loro sguardi si allacciano, si fanno seri, carichi di desiderio. Di intensità.
Esther la bacia di nuovo, con trasporto.
Non c’è niente oltre a questo. Al di là di quello che prova.
Ogni altro pensiero, ogni altra paura, ogni altro dubbio se ne va. Scompare. Perde significato.
Ogni altra cosa è niente.
Non c’è altro tempo o luogo che non sia adesso e lì, in quella stanza, tra quelle braccia. Insieme a lei.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1186339