Alice.

di Jude02
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Decisione meditata ***
Capitolo 2: *** Ritorno a Mystic Falls ***
Capitolo 3: *** Ricordi: Prima parte. ***
Capitolo 4: *** Ricordi: Seconda parte. ***
Capitolo 5: *** Nuovo inizio. ***
Capitolo 6: *** Primo giorno di scuola, 2010 ***
Capitolo 7: *** Primo giorno di scuola, 1967 ***
Capitolo 8: *** Infausto incontro ***
Capitolo 9: *** Chiarimenti ***
Capitolo 10: *** Rivelazioni ***
Capitolo 11: *** Può l'odio trasformarsi in desiderio? ***
Capitolo 12: *** L'attesa: Qualcosa sta per succedere. ***
Capitolo 13: *** L'amore condanna ***
Capitolo 14: *** Morte e risveglio ***
Capitolo 15: *** Quiete dopo la tempesta ***



Capitolo 1
*** Decisione meditata ***


Decisione Meditata

Ormai da ore, tenevo lo sguardo fisso fuori dalla finestra a doppio vetro della mia camera...Cominciava a fare buio; fuori le vite scorrevano regolarmente, scandite dal trascorrere incessante ed inesorabile del tempo. Mentre la mia..beh, la mia vita era rimasta ferma a un lontano giorno di 50 anni fa.
Fu in quel momento, ripensando ai 50 anni vuoti, senza uno scopo, che erano appena trascorsi, che presi finalmente la decisione a lungo meditata.
Avrei fatto ritorno a Mystic Falls.
La valigia era pronta, sul letto. Non l'avevo mai disfatta, dopotutto. Vivevo pronta a fuggire, nel costante terrore che un vecchio pericolo tornasse a minacciarmi.
Da tempo non avevo più una famiglia, nè vivevo in un posto fisso, ma ciò non mi impediva di stabilire legami, anche se brevi, con le persone del luogo: non avrei potuto andarmene senza dare delle spiegazioni.
Quando l'orologio della chiesa battè 9 rintocchi, mi avviai verso il locale in cui lavoravo. Era ancora presto, ma l'Italian do it better era già affollato. La mia entrata fu accolta da brevi applausi, complimenti, goffi tentativi di avance. Sempre sorridendo declinai i bicchierini offerti e tirai dritto fino ai camerini.
Una volta entrata, fissai la mia immagine riflessa allo specchio: giovane, bella, forte, per sempre.
Con un sospiro mi sedetti sulla poltrona girevole e mi preparai per la serata.
Il palco era luminoso e troppo vasto come sempre; con le luci puntate sul viso non potevo distinguere il mio pubblico, ma sapevo che erano tutti lì, per me, per sentirmi cantare. Attaccò la base e cominciai a cantare, all'inizio sempre un po' titubante, poi con maggior trasporto, sentendo che ogni parola detta mi toccava l'anima, e parlava di un lontano passato mai dimenticato.
Come dopo ogni spettacolo, uscita dal camerino, trovai Joe ad aspettarmi.
-Ehy
-Ehy, ogni giorno diventi sempre più sexy - mi stampò un bacio sulle labbra sorridendo.
Vedendo che non ricambiavo e cercavo di sfuggire il suo sguardo, mi guardò perplesso: -Qualcosa non va?
-Non so come dirtelo...
-Tu...Ah, lo sapevo che prima o poi sarebbe arrivato questo momento -scrollò la testa.
-Devo partire Joe...
-Allora facevi sul serio.. Mi dispiace, ma non riesco a credere alla storia che tu voglia riscoprire le tue origini! -alzò il tono di voce- Cos'è successo, Ally? Da tempo non mi cerchi più, stiamo insieme, ma è come se tu avessi sempre la testa da un'altra parte...Sapevo che non mi avresti mai amato, ancora prima di iniziare questa storia, almeno non quanto io amo te, ma ho voluto tentare e...Guardami, se c'è qualcosa che posso fare, per farti restare, io posso cambiare, posso essere ogni cosa di cui tu abbia bisogno.
I miei occhi si riempirono di lacrime..E' vero, non avevo mai amato Joe e mai l'avrei amato in futuro; stavamo insieme, ma iniziai la nostra storia più per passatempo che per reale coinvolgimento..Non per cattiveria, non sono mai stata quel tipo di ragazza, ma ormai da anni mi sembrava di non riuscire più a provare sentimenti forti, coinvolgenti, passionali. Non fraintendetemi, non è che non tenessi a Joe, ma provavo per lui niente più di quell'affetto e quella fiducia consolidata che si crea tra due vecchi amici, o tra fratelli. La nostra relazione probabilmente era stato uno sbaglio, ma, dopo l'inizio della mia nuova vita ho sempre sentito il bisogno di avere un'altra persona al mio fianco per cercare di colmare quel costante senso di vuoto nel petto.
-Tu non hai niente a che fare con la mia partenza, Joe! Ne abbiamo già parlato, come puoi pensare una cosa simile?? Devo tornare a Mystic Falls, dove tutto è iniziato.
Mi afferò il braccio, e con un gesto dolce, ma deciso mi mise una mano sotto il mento, alzandomi il viso, facendo in modo che i nostri occhi si incontrassero.
-Perchè? Non hai forse qua tutto ciò che desideri? Ti sei ricostruita una vita in questa città: hai una casa, un lavoro che ti piace, una carriera davanti e..un uomo che ti ama e farebbe di tutto per passare il resto della sua vita con te!
Sempre fissandolo negli occhi ripetei lentamente, con voce decisa, cercando di non farmi sopraffarre dall'emozione: - Io devo tornare a Mystic Falls, Joe. La mia vita in questa città è finita. Non dimenticarti di me, ricorda che a modo mio ti ho amato, non ho mai finto. Non mi cercherai, non tenterai di rintracciarmi; mi ricorderai come un capitolo chiuso della tua vita.
Lui annuì, ripetendo le mie parole in uno stato di trans.
Lasciai passare qualche secondo, poi lo baciai dolcemente sulla fronte e sulle labbra e uscii dal locale.
Con gli anni avevo perfezionato la tecnica della soggiogazione, potevo essere sicura che avrebbe fatto esattamente come gli avevo detto. Pur essendo nella mia natura, non mi era mai piaciuto soggiogare gli esseri umani, giocare con le loro menti, e forzarli a fare, dire o pensare determinate cose, ma ogni tanto poteva essere utile e necessario, soprattutto per evitare che le persone soffrissero a causa mia.
Una volta a casa mi lasciai cadere sul letto, senza svestirmi, senza nemmeno disfare le coperte.
Passarono 20 minuti, poi 30, mi girai e mi rigirai nel letto, 9,10,11 volte, senza riuscire a prendere sonno. La mia mente non riusciva a trovare pace, il mio pensiero andava a Mystic Falls, e i miei respiri, anzichè farsi regolari, continuavano ad accelerare. Cominciò a prendermi quell'ansia che si prova prima di una partenza, di un cambiamento radicale, uno sconvolgimento della routine quotidiana, accentuato dal fatto che non avevo idea di cosa mi avrebbe riservato il ritorno in città...Ma non volevo pensarci ora, quello l'avrei scoperto l'indomani, era il momento di prendere sonno, altrimenti il giorno dopo sarei stata uno straccio.
Per non pensare a nulla cercai di regolarizzare i respiri, contandoli uno a uno..Finchè la mia mente cominciò ad offuscarsi e lentamente mi addormentai.
Mi svegliai la mattina dopo, alle prime luci del giorno. Ancora intontita dalle poche e agitate ore di sonno, per poco non caddi dal letto. Non ero abituata ad alzarmi presto la mattina, anzi, non ero proprio abituata a uscire di casa alla mattina! Dopo essermi preparata, mi guardai intorno: tutto, nel piccolo appartamento, era inordine; una volta uscita da quella casa, non ci sarebbe più stata traccia del mio passaggio.
Era ora di partire.
Con un sospiro mi avvicinai al comodino a sinistra del letto; aprii il primo cassetto e ne tirai fuori un vecchio cofanetto in legno intagliato a mano, soffiai via la polvere dal coperchio e lo aprii, per la prima volta dopo tanti anni. Sul fondo di velluto scuro era posato un anello antico, formato da una pietra di lapislazzuli con rifiniture in argento.
Lo sfiorai con la mano, e dopo un attimo di esitazione, lo infilai all'anulare della mano destra.
Finalmente ero pronta.
Lasciai la mia casa senza guardarmi indietro, come avevo imparato a fare negli anni: gli sguardi al passato servivano soltanto a creare malinconia, rimpianti o rimorsi...Non ne vale la pena, di arrovellarsi il cervello con i: Come sarebbe stato SE...Il passato non si può cambiare, si può soltanto pensare al futuro e "Dopotutto, domani è un altro giorno" come mi insegnò Rossella O'hara quand'ero bambina.
Salii in macchina, accesi il motore, alzai lo stereo al massimo, facendo in modo che la musica sovrastasse i miei pensieri e i miei dubbi e diedi gas.

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Capitolo 2
*** Ritorno a Mystic Falls ***


Untitled Ritorno a Mystic Falls



Dopo alcune ore di viaggio, un cartello a lato della strada mi annunciò che finalmente ero arrivata a Mystic Falls.

In 50 anni, molte cose erano cambiate, ma le strade, i vecchi edifici, erano esattamente come li ricordavo.

Non ci misi molto a ritrovare la strada di casa; imboccai un viale sterrato di periferia e arrivai a un'abitazione di campagna, in mattoni rossi: la mia vecchia casa.

Un po' disorientata mi guardai intorno: il prato attorno all'abitazione era incolto, il portone di legno non c'era più, alcune finestre erano rotte, altre sbarrate..Tutto aveva un'aria di desolazione e abbandono: era la stessa casa, ma nello stesso tempo non era quella in cui avevo vissuto, non più animata e piena di vita.

Presa da un attimo di sconforto mi sedetti sulla ghiaia, non trovando il coraggio di entrare e mi lasciai trasportare dai ricordi indietro nel tempo..


22 LUGLIO, 1963
Era una giornata di fine luglio, faceva caldo, il sole stava scomparendo all'orizzonte.

Mio fratello giocava in camera sua; mia madre era in salotto ad aspettare che mio padre tornasse dalla fabbrica in cui lavorava; era il momento in cui potevo starmene per conto mio.

Ogni sera mi sedevo all'ombra della grande quercia e, osservando il crepuscolo, fantasticavo sul mio futuro, sui miei progetti..Avevo soltanto 13 anni ma già mi piaceva cercare di organizzare la mia vita...Pensai che innanzitutto avrei studiato le lingue: il francese, che mi sembrava avesse un suono così melodioso..poi l'italiano, perchè la mia famiglia veniva da Bologna, in Italia..e magari anche l'arabo, la bella lingua, che mi aveva sempre affascinato.

Poi avrei viaggiato...Sarei stata in Italia..nel sud della Francia..in Irlanda e in Scozia!

Dopo aver acquisito abbastanza esperienze e conoscenze, sarei tornata a Mystic Falls e avrei trovato un buon lavoro, magari come traduttrice di libri!

Allora, avrei potuto pensare a mettere su famiglia..Chiusi gli occhi e pensai, come può pensare una bambina, al proprio futuro marito..Lo immaginai alto, biondo, occhi azzurri, il classico principe azzurro, che aveva il volto di Chris, il migliore amico d'infanzia.

Con un sorriso mi immaginai all'aeroporto, di ritorno da uno dei miei viaggi; "Chris è lì ad aspettarmi, si inginocchia di fronte a me, tenendo in mano una scatola di velluto che racchiude un anello di diamanti e mi dichiara il suo amore, chiedendomi di sposarlo..Mentre tutta la gente attorno a noi esordisce con un coro di "oooh" accompagnati da sorrisi addolciti."


Così, quel giorno fantasticavo sul biondo principe azzurro..Ancora non sapevo che il destino aveva in serbo per me un incontro opposto alle mie aspettative...

Con un sospiro mi alzai in piedi; il sole era già tramontato e non mi restava altro da fare che entrare in casa.

Nonostante la parte esterna fosse così malridotta, l'interno non era poi così male..Soltanto molto impolverato e probabilmente abitato da qualche animale di campagna..Ma avrei pensato a tutto l'indomani.

Mi recai in salotto e misi nel camino la poca legna buona che avevo trovato; la lunga giornata mi aveva spossato e, al calore del fuoco, mi addormentai e cominciai a sognare...
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-Ok questo capitolo non mi piace granchè, l'ho dovuto scrivere in fretta per collegare il 1° al 3° e..Spero che non sia venuto poi così male xD Sto già lavorando al terzo e sarà pubblicato presto :) Baci

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Capitolo 3
*** Ricordi: Prima parte. ***


Untitled

23 LUGLIO, 1963


Fui svegliata da un rumore di piccoli passi in corridoio, che si fermavano proprio davanti alla mia camera.

La porta si spalancò: "Ally, sbrigati, è pronta la colazione!" Così dicendo mio fratello minore, Simon, corse via.

Eravamo nati lo stesso giorno di maggio, io e Simon, avevamo esattamente 5 anni di differenza e ci volevamo tanto bene quanto le volte in cui litigavamo!

La piccola peste, anche durante le vacanze estive. si svegliava ogni mattina alle 7 e obbligava il resto della casa a fare lo stesso!

Non feci in tempo ad entrare in cucina che mia madre esordì con un: "Alice, ma come ti sei conciata! Sembri un ragazzo! Vatti a cambiare, prima che ti veda tuo padre."

Mia madre non riusciva proprio a capire che i pantaloni erano molto più comodi di quegli orrendi vestiti a fiori che mi faceva confezionare dalla sarta e che non avevo la minima intenzione di indossare!

Così sgattaiolai fuori di casa; dal giardino gridai che sarei andata a casa di Jess, la mia migliore amica; inforcai la bicicletta e cominciai a pedalare a tutta velocità lungo il vialetto sterrato che portava alla strada principale.

Invece di andare a trovare Jess, mi recai alla biblioteca, ormai una tappa abituale; io e l'anziana bibliotecaria Anne eravamo anche diventate amiche: lei manteneva il segreto su dove passassi la maggior parte delle mie giornate e io non raccontavo a nessuno della bottiglia di gin che teneva sotto al bancone.

Non era per il fatto in sè di andare in biblioteca, che volessi mantenere il segreto, ma per l'argomento delle mie ricerche; fin da piccola era sempre stata affascinata dalle storie di..Vampiri..volevo saperne di più e, su questo, la biblioteca era piccola ma, stranamente, molto ben fornita.

Infatti, si dice che nella seconda metà dell'Ottocento, la cittadina di Mystic Falls fosse abitata da un accentuato numero di vampiri che mettevano in pericolo le vite dei cittadini. Ma le Famiglie Fondatrici li scoprirono e fondarono un "consiglio dei Fondatori" per eliminarli.

Sempre secondo la leggenda, un membro del Consiglio, Jonathan Gilbert, costruì un congegno in grado di individuare i vampiri, grazie al quale ne furono catturati 27, furono rinchiusi dentro a Fell's Church e alla chiesa venne appiccato il fuoco.

Queste leggende, naturalmente, le avevo apprese dopo varie ricerche, leggendo i diari dei fondatori; la versione ufficiale invece diceva che ad essere uccisi furono dei cittadini, a causa della guerra civile.

Ma c'erano ancora molte cose che non sapevo..Perciò mi avviai verso la "stanza segreta" come mi piaceva chiamarla; era un piccolo stanzino in penombra, dove erano riposti i libri e i diari del periodo della guerra civile e che, normalmente, non erano accessibili al pubblico.

La stanza era silenziosa, illuminata soltanto dalla poca luce che filtrava da una finestrella sul soffitto.

Mi orientai a memoria tra gli scaffali e, una volta arrivata alla sezione dei diari, mi alzai in punta di piedi per prendere quello di Giuseppe Salvatore, quando all'improvviso una voce mi fece trasalire.

-Eh no, piccola, mi spiace, ma quel diario è già prenotato.

Di scatto ricaddi sui talloni e mi voltai, trovandomi faccia a faccia con uno sconosciuto che sorrideva in modo beffardo.

-Chi sei? Non puoi stare qui...

-Damon Salvatore al tuo servizio. E sì, la signora Anne è stata molto disponibile nei miei confronti.. -se possibile, il suo sorriso si fece ancora più beffardo.

-Salvatore? Allora devi essere parente di..

-Esattamente, sono il nipote di Giuseppe Salvatore, perciò se non ti dispiace, questo qui mi appartiene -allungò la mano verso lo scaffale..

-Aspettate! Per favore, signor Salvatore io...Vorrei leggere il diario di vostro nonno, una volta soltanto, poi ve lo restituirò.

-E cosa se ne farebbe una ragazzina come te, di un vecchio e noioso diario?

-Sto...facendo delle ricerche sui fondatori della città per...la scuola!

-Mi sembra che la scuola sia finita in questo periodo.

Lo guardai implorante: -Vi prego, signor Salvatore, solo due secondi e, se vi fa piacere, potrei farvi alcune domande?

Alzò un sopracciglio, ma incuriosito rispose: -E sia. E chiamami Damon; "Signor Salvatore" mi fa sentire più vecchio di quanto in realtà non sia...-Scoppiò in un'altra risata e ammiccò.

Usciti dallo stanzino lo osservai meglio: doveva avere intorno ai 25 anni, era molto più alto di me, i capelli erano scuri, simili a piume di corvo, e gli occhi, del colore del ghiaccio, risplendevano di una luce strana, magnetica.

Ci sedemmo a un tavolo rotondo in legno e, sotto il suo sguardo, aprii il diario. I suoi occhi mi agitavano, mi mettevano a disagio..

-Avanti, dimmi la verità, perchè ti serve il diario di Giuseppe Salvatore?

-Sto facendo delle ricerche..Riguardo alle antiche leggende popolari..Si dice che 100 anni fa la città fosse abitata dai vampiri.

Mi aspettavo che si mettesse a ridere, invece continuò a guardarmi e mi chiese: -E tu ci credi?

Quell'uomo (mi sembrava molto più grande di me) mi metteva in soggezione: - Io..ecco, sì, cioè, penso che ci possa essere un fondo di realtà...Ma dopotutto, è stato molto tempo fa.

-Sì? Ne sei così sicura? -si alzò e cominciò a camminare attorno al tavolo, sfiorando con una mano gli antichi volumi sugli scaffali..Mentre dal suo viso non scompariva quell'espressione beffarda.

-Ho letto che tutti i 27 vampiri sono stati catturati e uccisi, perciò non c'è ragione di preoccuparsi.

-E se alcuni fossero scappati? E' possibile no?

-Possibile ma improbabile..E oltretutto non penso siano così stupidi da tornare nella città che li ha perseguitati.

-Mmm piccola, ma sempre con la risposta pronta..Ora vediamo..Cosa diresti se ti trovassi di fronte a un vampiro? -così dicendo, si appoggiò coi gomiti sul tavolo e si avvicinò a me.

-Cosa vuoi dire? -deglutii, la sua vicinaza mi metteva a disagio.

Inclinò la testa da un lato e continuò a fissarmi negli occhi..-Su, rispondi..

Non so perchè ma cominciai ad avere paura, i battiti del mio cuore accelerarono: -Tu sei..

-Io sono..cosa?

-Sei un vampiro..?

Di scatto si alzò in piedi e scoppiò a ridere: -Davvero credevi che io fossi un vampiro? Avanti, bambina, queste cose esistono soltanto nelle favole! Ora, posso riprendermi il mio diario?

Rimasi un secondo interdetta, subito tirai un sospiro di sollievo, ma in un secondo momento i miei occhi si riempirono di lacrime: mi sentivo umiliata, quello sconosciuto si era preso gioco di me fin dall'inizio!

Mi alzai anche io e, con voce tremante, dissi che per me era ora di andare..

-E dove vorresti andare da sola, con questo temporale?

Guardai fuori dalla finestra, aveva ragione, non mi ero accorta che mentre stavamo parlando era scoppiato uno di quei violenti acquazzoni estivi.

-Devo tornare a casa, si è fatto tardi, la mamma sarà in pensiero! io..devo andare!

-Se proprio insisti..Ho la macchina qui fuori, ti posso offrire un passaggio.

Di nuovo quegli occhi magnetici..Ci misi qualche secondo prima di rispondere..In quell'uomo c'era qualcosa che mi intimoriva, ma nello stesso tempo mi affascinava..Ma dovevo tornare a casa e non avevo altra alternativa.

-Va bene, andiamo. -dissi.

Così salii in macchina con Damon Salvatore e ci avviammo verso casa..

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Capitolo 4
*** Ricordi: Seconda parte. ***


Untitled Salve a tutti, allora, questo capitolo è uscito un po' più horror del previsto, ma spero vi piacerà lo stesso :) Se vi va, lasciate una recensione, anche negativa, in modo che possa migliorare!
Detto questo, buona lettura e ci si vede presto con il 5° capitolo! ♥
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23 LUGLIO, 1963


I primi minuti trascorsero senza che nessuno dicesse nulla...tenevo lo sguardo fisso fuori dal finestrino e sentivo soltanto il rumore dei tergicristallo e delle gocce di pioggia che battevano sul tettuccio della macchina.

Fu Damon il primo a interrompere il silenzio: -Perchè ti interessano tanto le storie di vampiri? Non me l'hai detto..

-Perchè fingi di interessartene? Non esistono, l'hai detto tu stesso. -ero ancora risentita per il modo in cui mi aveva trattata.

Sospirò -Ah, i ragazzini di oggi..Cercano sempre di impicciarsi in affari più grandi di loro.

-Che vuoi dire? Smettila di parlare in questo in modo, non riesco a capirti!

-Scusa..Ti sto solo dicendo che faresti meglio a lasciar perdere tutte queste faccende.

-E' una minaccia? -lo guardai sorridendo e inarcando le sopracciglia.

-Ma per chi mi hai preso? Sto solo cercando di darti un consiglio -rispose ridendo, poi si fece nuovamente serio in volto - Sono più grande di te, ho più esperienza e so come vanno a finire queste cose.

Rimasi in silenzio, mentre percorrevamo il vialetto di casa.

Sentendo il rumore di un motore, mia madre si precipito fuori di casa, sotto la pioggia e mi venne incontro: - Alice, ma dove sei stata con questo tempo?? Ho telefonato ai Parker ma la linea era disturbata e ho capito soltanto che non eri a casa loro!! Cosa ti è saltato in mente??

-Mamma io ero..ahi, lasciami il braccio mi fai male! Ti posso spiegare! Stavo tornando a casa, ma..

Damon aprì lo sportello e venne in mio aiuto: - Signora, va tutto bene, ho incontrato sua figlia mentre stava tornando a casa in biciletta ed è stata sorpresa dall'acquazzone, così mi sono offerto di accompagnarla a casa, perchè altrimenti si sarebbe sicuramente ammalata. -Sfoderò il suo sorriso sghembo.

Mia madre prese subito in simpatia quell'affascinante sconosciuto che si era preoccupato di ripostare a casa sua figlia e lo invitò ad entrare.

Andai di sopra a cambiarmi mentre Damon veniva fatto accomodare in salotto e presentato a mio padre.

Quando tornai al piano di sotto, mi venne annunciato che "il gentile signor Salvatore" avrebbe trascorso la notte nella camera degli ospiti, nell'impossibilità di tornare a casa propria poichè il temporale non dava cenno di migliorare.

"Fantastico.." Alzai gli occhi al cielo..Cominciavo a non sopportare più quel sorriso beffardo, che sembrava dire "Ehi, sono Damon Salvatore, non mi interessa nulla di nessuno, perchè nessuno è alla mia altezza".

Durante la cena, Damon ci raccontò di essere venuto a Mystic Falls per sistemare alcuni affari di famiglia, senza dilungarsi nei dettagli, e che l'indomani sarebbe tornato alla vecchia pensione dei Salvatore.

Nel frattempo si era fatto tardi, così lo accompagnai nella camera degli ospiti e gli diedi la buonanotte, evitando di guardarlo in quegli occhi color del ghiaccio.

***

Verso le 2 ancora non ero riuscita a prendere sonno, così sgattaiolai fuori dalla mia camera e, in punta di piedi, mi diressi verso la cucina per prendere un bicchiere d'acqua.

Mi accorsi però, che dalla camera dei miei genitori filtrava una luce e degli strani rumori.

Incuriosita mi avvicinai a piccoli passi; la porta era socchiusa e, quando infilai il viso tra la fessura per vedere cosa stesse succedendo, tutto mi sarei aspettata tranne la scena che mi trovai di fronte..Quella scena che mi rimase impressa nella mente e che cambiò per sempre la mia esistenza:

Mia madre giaceva senza vita sul letto matrimoniale, con un braccio a penzoloni che sfiorava il pavimento..La camicia da notte, sempre candita, era macchiata di chiazze di sangue rappreso, il viso era diventato di un colore grigiastro, gli occhi erano spalancati, pieni di terrore e...sul collo..aveva numerevoli segni di morsi.

Accanto a lei giaceva il corpo di mio padre, anch'esso ormai privo di ogni forza..Mentre una figura scura e animalesca lo sovrastava, succhiandogli via ogni traccia di vita..

A quella vista, il sangue mi salì al cervello e cominciò a pulsare incessantemente nelle orecchie e sulle tempie; urlai con quanta più forza avessi in corpo.

La creatura si girò di scatto: aveva i canini sporgenti di un vampiro, la bocca imbrattata del sangue dei miei genitori e gli occhi di ghiaccio di colui che avevamo ospitato in casa nostra: Damon Salvatore.

In meno di un secondo si avvicinò e mi sbattè contro il muro. Ero come inebetita dal terrore, non riuscivo a rendermi conto di quello che stava succedendo e a reagire..Il vampiro mi strinse il volto tra le mani e, guardandomi negli occhi, disse con voce monocorde: -Dimenticherai ciò che hai appena visto. Ricorderai di non aver chiuso la porta a vetri sul retro della casa; durante la notte hai sentito dei rumori e, quando sei scesa per venire a vedere, hai visto fuggire dalla camera dei tuoi genitori un animale randagio che si era rifugiato in casa per il temporale. Dimenticherai di avermi incontrato e dimenticherai anche il tuo interesse per le storie sui vampiri. Farai come ti dico.

Annuii, sotto shock, sbattei le palpebre e Damon era sparito.

Mi lasciai scivolare per terra, con lo sguardo fisso nel vuoto, con un peso sul petto che mi impediva di respirare, e delle lacrime silenziose che mi rigavano il volto.

Fu così che mio fratello mi trovò, la mattina dopo. Non ricordo come lui scoprì i nostri genitori, ricordo solo che cominciò a urlare, in modo straziante, li scrollava, cercando di rianimarli, e poi si aggrappò a me, cercando quel conforto che non ero in grado di dargli.

Non ricordo quanto tempo passai in quello stato..rammento solo che fu mia zia a trovarci e chiamare la polizia..

I poliziotti mi interrogarono: ripetei a tutti che avevo visto un animale randagio uscire da camera dei miei genitori, e probabilmente era entrato perchè avevo scrodato di chiudere la porta sul retro.

Ma alla notte, sola nella mia camera, rivissi tutta la scena che Damon mi aveva ordinato di dimenticare, stringendo in una mano un vecchio ciondolo regalatomi da mia nonna prima di morire..Un ciondolo che conteneva un'erba chiamata Verbena..

E giurai che un giorno mi sarei vendicata di colui che aveva ucciso i miei genitori e distrutto la mia vita.

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Capitolo 5
*** Nuovo inizio. ***


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Nuovo inizio.



Dopo un sonno agitato, mi alzai che era già metà mattina, con le membra intorpidite per aver dormito sulla poltrona.

Feci il giro della casa, ( evitando la camera dei miei genitori ), per rendermi conto di quanto fosse da ristrutturare. La maggior parte dei muri erano da intonacare e riverniciare, il pavimento di legno da rifare e l'arredamento da rinnovare, ma per il resto la struttura era ancora solida; presi nota di tutto mentalmente, poi passai al giardino.

Le erbacce e i rampicanti crescevano incolti attorno all'abitazione, formando un caos di piante selvatiche.

Avrei fatto sistemare anche quelli e il giardino sarebbe tornato come una volta..quando era era mia madre a prendersene cura. Avrei fatto piantare delle rose bianche, le sue preferite..Sospirai..

Poi di scatto mi rizzai in piedi, in ascolto: sentivo il rumore di ruote sulla ghiaia, poi, in fondo alla strada comparve un furgoncino rosso.

Si fermò a pochi metri da me; lo sportello si aprì e ne scese un uomo sulla quarantina; per un secondo mi sembrò di vedere mio padre, tornato in anticipo dal lavoro, poi con una scrollata di capo allontanai il ricordo e andai incontro allo sconosciuto: -Salve, posso esserle utile?

-Salve, mi scusi io..Vivo in quella casa laggiù, durante la notte ho visto delle luci e, dato che la casa è disabitata da anni, ho pensato che fosse meglio venire a controllare..Lei invece che ci fa qui?

Gli porsi la mano: -Mi chiamo Alice Prescott, ho da poco ereditato questa casa e il terreno da mia zia.

-Ah, capisco. Le porgo le mie condoglianze, conoscevo Cath, eravamo amici d'infanzia. Ma che maleducato, non mi sono ancora presentato, io sono Clark Cleverwood, ho un'impresa di ristrutturazione edile - disse guardando in direzione della casa - Se ha bisogno per qualcosa faccia un fischio, come le ho detto, abito qua a fianco.

-Lei è molto gentile, in effetti questa casa avrebbe bisogno di svariati lavori, la spesa non è un problema. Ha tempo per dare un'occhiata?

Così dicendo lo guidai all'interno e gli mostrai i vari cambiamenti che intendevo apportare all'abitazione.

-Quindi ha proprio intenzione di stabilirsi qui?

-Esatto, vorrei conoscere il luogo in cui i miei..nonni e la mia famiglia avevano vissuto per anni. E poi Mystic Falls è una cittadina così piena di storia..

-Oh certamente, di quello può esserne certa. E, scusi se mi permetto, mi sembra molto giovane, quanti anni ha?

-18, compiuti da qualche mese.

-Dev'essere un bel cambiamento..Andare a vivere da sola intendo. Studierà, immagino..

-Sì, ad agosto inizierò i corsi alla Mystic Falls High School, per questo vorrei che la ristrutturazione della casa sia pronta per la fine dell'estate. E' possibile?

-Certamente.

-Perfetto..Allora questo è tutto.

-Può venire da me domani, la metterò al corrente dei costi e dei tempi di lavoro.

Dopo avermi dato l'indirizzo del suo ufficio, ci salutammo.

Fortunatamente la casa sarebbe stata abitabile entro la fine di agosto..Mese in cui avrei cominciato, per la seconda volta dopo circa 30 anni, il penultimo anno di liceo.




Sera! Sono di nuovo qui con il 5° capitolo! Diciamo che i capitoli di transizione tra un flashback e l'altro non sono tanto il mio forte, anche perchè direi che in questo non è successo alcun avvenimento particolare, comunque sto già lavorando al 6° e spero di non deludere nessuno :)
Continuate a seguire la storia e a esprimere consigli o critiche! Un bacio, Ath_22.

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Capitolo 6
*** Primo giorno di scuola, 2010 ***


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Primo giorno di scuola, 2010


Così, anche quell'estate trascorse velocemente..La ristrutturazione della casa era finalmente conculsa.

Avevo rinnovato molte cose, ora era più moderna e più abitabile..Tutto era come l'avevo stabilito..Avevo dato carta bianca solo riguardo una camera da letto al primo piano.

Cominciai a fare conoscenza con i miei vicini: la famiglia Cleverwood era contenta di invitarmi a cena da loro ogni tanto, non avevano figli e, per una coppia sposata da molto tempo, faceva piacere, ogni tanto, avere nuova compagnia.

Mi piaceva stare in mezzo alla gente...Solo un giorno alla settimana non c'ero per nessuno..Non mi era mai piaciuto raccontare bugie, ma certe volte, nascondere la verità è inevitabile per la convivenza con le persone che ti stanno vicino. Così, ogni tanto mi toccava raccontare una di quelle scuse banali che nessuno mette in dubbio: "Oh, scusatemi, domani non posso proprio, devo andare a trovare mia zia a Richmond"; "Sono un po' stanca, sapete, la casa, il trasloco, domani penso che me ne starò un po' a riposo".

E mi allontanavo dal paese per andare...a caccia.

Per quanto io ci provi, sarebbe impossibile e stupido ignorare la mia natura di vampiro; dovevo nutrirmi almeno una volta alla settimana per essere sicura di non fare del male a chi mi stava vicino. La mia..fedina penale, se così si può chiamare, è estremamente pulita: non ho mai ucciso un essere umano per nutrirmi del suo sangue. In passato, certo, mi è capitato di mordere qualcuno, ma senza mai portarlo fino alla morte.

Così, mi inoltro nei boschi, dove sono sicura che nessun uomo incontrerà la mia strada e inizio la caccia, nutrendomi del sangue di..animali. Questa, naturalmente, non è stata un'idea mia; credo che se avessi dovuto affrontare la mia trasformazione da sola, molte persone si sarebbero fatte del male, anche se non era ciò che volevo, ma quando si è "nuovi nell'ambiente" è difficile controllare il proprio istinto e c'è bisogno di qualcuno che ti aiuti. Fortunatamente, una volta, avevo un amico che mi insegnò tutto questo..

Con questi pensieri, mi preparai ad affrontare il mio (secondo) primo giorno di scuola,

***

Il 30 agosto era una mattina soleggiata, mi alzai con la luce del sole, di buonumore, tanto che mentre mi preparavo non smisi un attimo di cantare. Stavo riprendendo in mano la mia vita.

Poi presi la macchina e, prima di avviarmi verso la scuola, girovagai per le strade di paese, che pian piano si stavano animando.

Forse avevo fatto una cazzata a tornare, ma la verità era che volevo tornare ad avere una vita normale e l'unico legame con la mia vecchia vita era quella città, perciò tanto valeva fare un tentativo, dopotutto non avevo nulla da perdere.

Si era fatto tardi, così mi avviai verso la Mystic Falls High School.

Mi piace l'aria che si respira davanti alle scuole, all'inizio di un nuovo anno. Aria piena di aspettative, nuovi propositi..Vecchi amici che si ritrovano dopo le vacanze estive e persone che, ancora estranee tra loro, non sanno dei nuovi legami che stringeranno durante il corso dell'anno scolastico.

Anche le lezioni sembrano tutte interessanti il primo giorno, provi ad ascoltarle attentamente, ripromettendoti che quest'anno sarà diverso dai precedenti, che ti impegnerai di più.. Mi mancavano questi pensieri..queste emozioni.

Alla fine dei corsi, uscii lentamente dalla classe, guardandomi intorno, osservando i visi di cento ragazzi e ragazze sconosciuti che ridevano e scherzavano tra loro. Poi sorrisi anche io.

Mentre stavo uscendo dalla scuola, mi parve di vedere un viso familiare ma..non era possibile!

Incuriosita cercai di ritrovarlo, ma ormai si era perso tra la folla... Poi sentii la sua voce, sì, ne ero sicura, era lui! Lo individuai, si era allontanato dalla folla, ora si trovava accanto a un'auto, girato di spalle, e stava parlando con una ragazza.

Non pensai ad altro: -Steeefan!

Gli corsi incontro, gli saltai addosso, abbracciandolo, e per poco non ci ribaltammo contro la macchina.

-Oh mio Dio, Ally!! -disse rispondendo al mio abbraccio.

Cominciammo a ridere, senza sapere cosa dire. Dopo lo stupore iniziale mi domandò cosa ci facessi lì.

-Vado a scuola no? -dissi sorridendo.

-Intendo qui, a Mystic Falls, perchè sei tornata?

-Potrei farti la stessa domanda!

Non ebbe il tempo di replicare che qualcuno vicino a noi si schiarì la voce -Ehi, Stefan...

Era la ragazza che qualche minuto prima stava parlando con lui... L'avevo completamente dimenticata! Mi girai verso di lei per guardarla meglio, ma quando la vidi non potei credere ai miei occhi: era alta all'incirca quanto me, poco meno del metro e settanta, aveva lunghi capelli castani, liscissimi, il viso tondo e grandi occhi castani..Assolutamente identica a...

-Stefan, mio Dio ma che combini??! Lei è.. - non mi lasciò finire la frase.

-No, Ally, ti sbagli, non si tratta di Katherine!

-Oh, questo lo vedo: sento battere il suo cuore..Sento pulsare il sangue nelle sue vene.. -dissi, sempre osservandola.

Lei sembrò un po' spaventata, ma replicò con tono sostenuto: -Mi chiamo Elena Gilbert..Sono la ragazza di Stefan e sì, sono la doppelganger delle Petrova...Tu sei?

-Alice Prescott, piacere di conoscerti. - cercai di sorriderle in modo rassicurante.

-Stefan non mi ha mai parlato di te.. -disse, guardandolo.

-Oh, questo è perchè gli avevo fatto promettere di non parlarne con nessuno e lui è sempre stato un uomo di parola -gli sorrisi.

-Come vi conoscete? -continuò la ragazza..Non capivo se mi guardasse con gelosia o soltanto diffidenza.

-Beh, Stefan è..il mio più vecchio amico..Nonchè il mio primo ragazzo.

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Capitolo 7
*** Primo giorno di scuola, 1967 ***


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Primo estratto dal diario di Alice Prescott;



27 Agosto, 1967

Caro diario,
è qualche giorno che non scrivo ciò che mi succede, ma come ti dicevo sono appena tornata a Mystic Falls assieme a mio fratello Simon e alla zia Rose, ho avuto molte cose a cui pensare.
Mi fa uno strano effetto tornare in questa casa per la prima volta dopo la tragedia..Anche se sono passati ormai 4 anni, girando per casa rivivo i vecchi ricordi di vita quotidiana. Ma da domani, tutto andrà meglio, ne sono sicura!
Domani inizierò il penultimo anno di liceo alla Mystic Falls High School, così avrò nuove distrazioni.
Spero soltanto di non vedere più, negli occhi delle persone, la compassione che di solito esprimono quando mi guardano. Penso di non poter più sopportare i discorsi lasciati a mezzo, dopo brevi scambi di sguardi, quando si parla della propria famiglia in mia presenza!
Non sono di vetro, non mi rompo micca!
"Può capitare.", mi ripeteva lo psicologo che frequentai i primi mesi a Richmond.
"Ma non succederà." ho sempre risposto con fermezza, più a me stessa che al dottor Gable.
Ora devo proprio andare, è quasi mezzanotte ed è meglio che dorma se domani non voglio sembrare uno zombie!
'Notte e..speriamo bene!


***

28 Agosto, 1967

Caro diario,
come ti dicevo, è appena trascorso il mio primo giorno di scuola. Sono successe talmente tante cose che mi sembra sia passata una settimana intera da ieri sera!
Innanzitutto, Mystic Falls sarà pure una piccola cittadina, ma per fortuna la gente sembra dimenticare in fretta e questa è una buona cosa!
Cominciamo dall'inizio..
Stamattina ero abbastanza agitata, anche perchè, per la prima volta, zia Rose mi ha permesso di guidare la macchina che mi ha regalato per il mio ultimo compleanno: una ford mustang rossa.
Quando sono arrivata nel parcheggio della scuola, avevo già molti sguardi fissi su di me: la maggior parte dei ragazzi andava a scuola a piedi, oppure si facevano accompagnare, così, se qualcuno arrivava in macchina attirava tutta l'attenzione su di sè, soprattutto se si trattava della nuova arrivata!
Ho camminato a testa bassa, cercando di non farmi notare più del necessario e, soprattutto, cercando di nascondere il rossore che mi aveva acceso il viso, sotto il peso di tutti quegli sguardi.
Alla segreteria mi sono procurata una piantina della scuola, così mi sono recata al mio armadietto.
Sembra una cosa stupida ma ho sempre trovato che aprire un armadietto fosse complicato! Sarà colpa di quell'inata goffaggine che mi ha colpito da qualche tempo a questa parte..
Come stavo dicendo, mentre cercavo di aprire l'armadietto, mi sono trovata a fianco un ragazzo veramente bellissimo: avrà avuto all'incirca la mia età, ma era più alto di me, slanciato, si vedeva che aveva un gran fisico anche con i vestiti addosso! Sono rimasta per qualche secondo lì impalata a fissarlo, finchè lui si è girato a guardarmi con quegli stupendi occhi verdi e per poco non mi è cascata l'intera pila di libri addosso.
-Vuoi una mano? -mi ha chiesto, sorridendo. La sua voce aveva un timbro molto basso, ma nello stesso tempo così sensuale..
-Si grazie, io..Divento così impacciata quando sono al centro dell'attenzione e mi sembra che ogni persona che passi mi stia fissando..Sai, sono tornata in città da poco, è come se fossi nuova qui. - ho detto arrossendo.
-Non ti preoccupare, anche io lo sono - sempre quel sorriso sexy..
-Impacciato o nuovo? Cioè, non che tu mi sembri impacciato, anzi, non lo sei per niente, quindi..devi essere..nuovo.
Mi ha guardata con un espressione a metà tra il confuso e il divertito.
-Scusami, è che quando sono nervosa mi capita di parlare troppo e dico delle gran stupidaggini.
A quel punto si è messo a ridere, ma, dato che era suonata la campanella, ci siamo affrettati ad entrare in classe (frequentavamo gli stessi corsi).
Durante i primi minuti, non ho seguito granchè la lezione, ero impegnata a sbirciare il ragazzo dagli occhi verdi, di cui mi sono accorta di non conoscere nemmeno il nome.
Alla fine delle lezioni, il professore di storia ci ha assegnato un lavoro a coppie, una ricerca sulle antiche storie e tradizioni della città, un lavoro di inizio anno per conoscerci meglio, a suo parere.
Al suono della campanella mi sono guardata intorno: tutti i ragazzi stavano già formando le coppie..si conoscevano già tra di loro..Soltanto io e l'affascinante sconosciuto rimanevamo in disparte..Così mi sono fatta coraggio e sono andata da lui: -Ehi, hai già qualcuno con cui svolgere il lavoro?
-No, se tu sei occupata -mi ha risposto sorridendo.
-Oh non lo sono! -ho risposto mordendomi il labbro, mentre uscivamo da scuola.
-Allora, hai qualcosa da fare oggi pomeriggio...ehm..che stupida, mi sono accorta ora che non ci siamo nemmeno presentati! Piacere, io mi chiamo Alice Prescott.
-Stefan Salvatore, piacere mio -ho sgranato gli occhi, senza fare nemmeno caso alla mano che mi porgeva, continuando a fissarlo per qualche secondo.
-Ehi, va tutto bene? -mi ha chiesto, facendomi sentire molto stupida. I Salvatore erano una delle famiglie fondatrici di Mystic Falls era ovvio che qualcuno di loro avesse la mia età e frequentasse il liceo! Questo ragazzo era improbabile che avesse qualcosa a che fare con..Damon Salvatore, dato che quest'ultimo era un vampiro che avrà avuto più di 100 anni.. Tuttavia, mi devo ricordare di indagare meglio..
-Sì, sto bene, scusami, è stato solo un leggero mancamento.
-Sei in grado di metterti al volante? Altrimenti ti posso riaccompagnare a casa, per me non è un problema.
-E' tutto a posto, davvero, non ti preoccupare
-Bene, allora..Ci vediamo oggi pomeriggio.
-Giusto, facciamo..a casa tua? -ho chiesto, cogliendo al volo l'occasione per scoprire di più riguardo ai Salvatore..E poi, certo, non mi dispiace per niente passare un po' di tempo da sola con Stefan.
Dopo un attimo di esitazione, mi ha risposto che andava bene, mi ha spiegato dove abitava e così dopo un'ora mi sono presentata a casa sua.
La pensione dei Salvatore è una casa enorme, bellissima, con una vasta biblioteca. Non abbiamo parlato molto tra noi..Io ero abbastanza intimidita e lui sembrava sempre gentile, ma distaccato; all'inizio ci siamo limitati a cercare e trascrivere vecchi racconti e leggende.
Tra i vecchi diari, ne ho trovato uno con una copertina familiare..L'ho preso, con mani tremanti: era il diario di Giuseppe Salvatore, lo stesso che Damon aveva portato via dalla biblioteca 4 anni fa..
-Oddio..
-Cos'hai trovato?
-Nulla! Cioè...Questo diario, parla di alcune leggende, o meglio, testimonianze sulla presenza di..vampiri a Mystic Falls. -l'ho guardato negli occhi, aspettandomi chissà quale reazione; invece si è limitato a guardarmi e ha risposto semplicemente: -Ah sì, li ho letti anche io, probabilmente sono leggende inventate per dare una spiegazione soprannaturale alle vittime della guerra civile.
-Probabile. Anche se..Tu non credi che possano essere esistiti veramente? -oddio, mi sembrava di avere un terribile déjà vu.
-Non ci crederò finchè non li vedrò con i miei occhi -ha risposto sorridendo.
Dopodiché mi sono alzata, annunciandogli che per me si era fatta l'ora di tornare a casa..Ho salutato Stefan e mi sono allontanata, cercando di non guardarlo negli occhi.
Rivedere quel diario, rileggere quelle leggende..Mi aveva turbata. E, per quanto Stefan dichiarasse di non credere nell'esistenza dei vampiri, non mi era sembrato completamente convinto di ciò che sosteneva..
Non sono sicura di quello a cui sto andando incontro, ma so che devo tornare in quella casa, rivedere Stefan e cercare di scoprire di più sull'esistenza di Damon Salvatore.
Ora è meglio che vada a dormire, penserò a tutto domani.
Buonanotte.

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Capitolo 8
*** Infausto incontro ***


Untitled Infausto incontro


-Sentite, io devo andare un attimo a fare una cosa..Intanto, Elena, che ne dici di accompagnare Alice a casa tua, così avrete l'occasione di conoscervi meglio -disse Stefan, facendo l'occhiolino -Io vi raggiungerò lì.
-Certo, Stefan, come vuoi. -replicò la ragazza, per nulla convinta, fulminandolo con lo sguardo.
Lasciai la macchina nel parcheggio della scuola e ci avviammo a piedi verso casa Gilbert, mantenendo un silenzio imbarazzato.
Quando passammo davanti a un campetto da basket, dove alcuni ragazzi stavano giocando tra loro, fu Elena a rompere il silenzio: -Allora, tu e Stefan..
-Senti, mi dispiace, non volevo dire qualcosa che ti turbasse.. Davvero, non ti devi preoccupare -cominciai a spiegarle, sorridendo, cercando di mettere subito le cose in chiaro -Ho conosciuto Stefan molto tempo fa, se stai con lui capisci cosa intendo.. -lei annuì. -Ecco, diciamo che è sempre stato il mio migliore amico; quando ci siamo conosciuti lo trovavo così affascinante..Ma non poteva funzionare da quel punto di vista. Non starò qui a dirti che non siamo stati bene insieme, perchè sarebbe una bugia, ma diciamo che è quel tipo di ragazzo con cui provi a stare insieme, per vedere se l'amicizia può andare oltre, però poi scopri che non funziona e così..siamo rimasti amici. -Elena disse che capiva benissimo la situazione, guardando in direzione dei ragazzi che giocavano a basket.
Continuai: -E poi.. negli anni seguenti mi è sempre stato vicino, quando avevo bisogno per qualsiasi cosa..Mi ha sempre aiutato tantissimo, soprattutto durante la mia..trasformazione..
-Quindi tu hai conosciuto Stefan mentre eri ancora umana?
-Esatto.
-E..come è successo, ecco, come sei diventata un vampiro?
-E' una storia lunga, Elena. -la guardai negli occhi, ma lei sostenne il mio sguardo.
-C'è ancora molta strada per arrivare a casa mia..E possiamo camminare molto piano...
Mi arresi, dopotutto era meglio non avere segreti con la ragazza di Stefan: -Allora..ecco, non saprei proprio da dove cominciare...Elena, non so se sai che Stefan ha..un fratello. -scandii, molto lentamente.
-Damon..
Quando pronunciò quel nome ebbi un sussulto..Ormai da anni l'avevo bandito dalla mia mente.
Nello stesso momento, una voce ci interruppe:- Ma guarda chi si vede...Elena, parli di me alle mie spalle? Che fai, non mi presenti alla tua nuova amica?
Quella voce...L'avrei riconosciuto tra mille...mi colpì alla testa come uno spillo, se il mio cuore non fosse morto, avrebbe cominciato a battere all'impazzata., Respirai e in pochi secondi mi ricomposi, o almeno apparentemente; mi voltai:
-Ciao, Damon.
Ripensandoci ora, fu abbastanza esilarante la sua espressione a metà tra lo sconvolto e lo spaventato, nel momento in cui mi vide. - A-Alice -sillabò, sgranando gli occhi -Io ti...Tu eri..
-Morta? Oh, lo sono eccome -dissi avvicinandomi lentamente..sempre di più a lui.. -senti forse il mio cuore battere? Senti forse il mio sangue pulsare nelle vene? Sono morta, eppure sono qui, come te.. -in pochi istanti il mio viso si trasformò in quello di un demone predatore della notte..Appoggiai i canini freddi sul suo collo..
Alla velocità con cui solo un vampiro è in grado di muoversi, mi sbattè contro un albero, stringendomi le mani attorno al collo.
Lo guardai negli occhi di ghiaccio: -Vuoi uccidermi davanti alla ragazza di tuo fratello, Damon?
Solo allora si ricordò della presenza di Elena, che ci guardava sconvolta, senza capire cosa stesse succedendo.
-Oh, non ti ucciderò ora..per rispetto a Elena. Ma, ti avverto, Alice, stai lontana da me, o non ci metterò molto a trafiggerti nuovamente il cuore, stavolta con un paletto di legno, e ti assicuro che a quel punto, nessuno ti riporterà indietro.
Aumentò nuovamente la stretta, non feci nulla per fermarlo, nonostante cominciassi a non avere più aria nei polmoni.
Chiusi gli occhi, poi d'improvviso la stretta cessò e udii un botto.
Dopo un lungo respiro mi voltai per vedere cosa fosse successo: Damon era per terra, mentre Stefan lo sovrastava: -Non la toccare mai più. -gli ordinò, poi si girò a guardarmi. -Stai bene?
Sgranai gli occhi, guardai Elena, che se ne stava in disparte, senza sapere cosa fare, poi guardai Stefan, che in ogni momento era pronto a prendersi cura di me: -Io non..Stefan, mi dispiace!
Scappai via, corsi verso casa, cercando di ricacciare indietro le lacrime che premevano per uscire.
Non riuscivo a rendermi conto di come, nel giro di qualche minuto, tutto ciò per cui avevo lavorato, la serenità che avevo tanto agognato, fosse andata in pezzi. Forse...frose è proprio vero che il male poteva trionfare, ma non avrebbe mai trovato la pace. Ed io ero il male.
Non sarei dovuta tornare! Anzi no, Damon non sarebbe dovuto tornare!
Era sempre pronto a rovinare la mia esistenza, l'esistenza di chiunque gli avesse mai voluto bene.

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Capitolo 9
*** Chiarimenti ***


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Chiarimenti


Trascorsi i giorni seguenti concentrandomi sugli studi, sulle cene a casa Cleverwood, cercando di evitare il più possibile Elena e Stefan.
Con tutta me stessa mi sforzavo di non pensare all'incontro con Damon, ma alla notte, nella solitudine silenziosa della mia camera, non riuscivo a chiudere occhio. Rimanevo sveglia per ore, a fissare il soffitto, rivivendo tutte le immagini che da tempo avevo chiuso a chiave in un cassetto della memoria.
Ma non era possibile andare avanti a così e lo sapevo.
La settimana seguente all'inizio della scuola, Stefan venne a parlarmi.
Finite le lezioni, si mise esattamente sulla mia strada, bloccandomi il passaggio: questa volta non avrei potuto evitarlo.
-Stefan, ti prego.. -lo guardai implorante.
-Alice, non ti lascerò andare finchè non sarò sicuro che stai bene. Dimmi la verità.
-Non essere stupido...Piuttosto, perchè non mi avevi detto che Damon era in città?
-Non sapevo nemmeno che tu fossi tornata. Pensavo di avere più tempo..Quando mi sono allontanato, è perchè mi stavo assicurando che Damon fosse in casa e ci rimanesse..Non trovandolo là però, sono tornato subito indietro e quando ho individuato le voci..ho capito che era accaduto quello che volevo evitare.
-Cioè che lui scoprisse che ero ancora viva..
Stefan abbassò la testa, evitando il mio sguardo.
-Comunque, ormai è fatta..Ora cosa pensi di fare?
-Non voglio fare proprio niente Stefan, è questo il punto. Sono venuta qui per ricominciare da capo, per avere una vita normale. Sono stanca di nascondermi da lui e non permetterò che mi impedisca di nuovo di condurre un esistenza serena.
-Lo sai com'è fatto.. Non rinuncerà a rovinare l'esistenza di coloro che gli hanno fatto un torto, soprattutto se si tratta di persone che ha amato. -abbassò nuovamente lo sguardo, con rassegnazione.
-Ora basta, Stefan, non ne voglio più parlare. -ribadii mentre ci inoltravamo tra la folla di studenti che usciva da scuola. -Adesso vorrei sapere come mai tu hai deciso di tornare a Mystic Falls.
Gli brillarono gli occhi e io mi misi a ridere: -Conosco quell'espressione! E' per Elena, giusto? La doppelganger Petrova.
-Sì, è per lei..Ma non è come pensi, Elena è esattamente l'opposto di Katherine: lei è così altruista..così forte, ma fragile nello stesso tempo...
Lo guardai con tenerezza, poi gli buttai le braccia al collo: -Oh, Stefan, non sai quanto sono felice di sapere che hai trovato una persona che merita il tuo amore!
Poi da lontano vidi avvicinarsi l'oggetto della nostra discussione.
Le andai incontro: -Elena! Stefan mi stava appunto elencando i tuoi pregi!
-Stavo giusto arrivando alla parte in cui dicevo quanto sei insopportabilmente testarda! -scherzò Stefan.
Elena rise, ma non sembrava a suo agio quando c'ero io nei paraggi...Sentivo di non piacerle, anche se non ne capivo il motivo.
Così mi congedai, salutando i due ragazzi, e tornai a casa.

***

Verso sera decisi di uscire..Mi recai al Mystic Grill, il locale più frequentato dagli studenti di Mystic Falls.
Qui incontrai i fratelli Gilbert e mi avvicinai a loro: -Ehi!
-Ciao, Alice..Questo è mio fratello, Jeremy.
-Piacere di conoscerti Jeremy -gli porsi la mano, sorridendo - Ti dispiace se ti rubo un secondo tua sorella?
-No no, fai pure!
-Veramente noi..Stiamo aspettando Bonnie e Caroline.
-Oh, non ci vorrà molto!
Così dicendo, feci passare un braccio sotto quello di Elena e ci allontanammo dai tavoli.
-Allora, di cosa mi volevi parlare? -chiese, sempre con quella fredda cortesia.
-Appunto di questo, Elena. Io non ti piaccio e.. -aprì la bocca per protestare, ma le chiesi di non interrompermi. -So che è così, lo sento, ma davvero non ne capisco il perchè. Mi piacerebbe che almeno provassimo ad essere amiche perciò, se c'è qualcosa che non va, vorrei che tu me lo dicessi. Se è per il fatto di Stefan, ti ho già spiegato come stanno le cose.
-Questo lo so, non è per Stefan..
Allora pensai di capire da dove derivasse la sua avversione per me: -E' stato Damon, vero? Ti ha..detto delle cose su di me. -dissi, più come un'affermazione che una domanda.
La ragazza abbassò lo sguardo, armeggiando nervosamente con la chiusura del suo braccialetto.
-Allora è così.. Elena, ascoltami, Damon è un bugiardo, non ti dovresti fidare di ciò che dice. Tutto ciò che ti dirà saranno menzogne o verità dette a mezzo, per metterti contro di me.
Aprì la bocca, poi la richiuse..Infine parlò: -Io..non so a cosa credere. Damon non è una persona affidabile, ma negli ultimi tempi ho imparato a fidarmi di lui e..Davvero, non lo so.
Prima che finisse mi accorsi che la persona di cui stavamo parlando era entrata al Grill. Così, mi affrettai a dire: -Senti, io ora devo scappare, avremo sicuramente altro tempo per parlare, ma per ora, ti prego solo di non lasciarti influenzare da ciò che Damon ti può dire di me.
Non le lasciai il tempo di replicare; scappai via dall'uscita di sicurezza, per evitare un altro spiacevole incontro.

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Capitolo 10
*** Rivelazioni ***


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Buongiorno a tutti! Eccomi qui con il 10° capitolo della mia storia. Non so ancora come ci sono arrivata, dato che quando pubblicai il primo capitolo, non avevo nemmeno pensato a un seguito! Ma in qualche modo, mi sono affezionata a questa storia e mi sono lascata prendere la mano, perciò...Spero di arrivare al più presto a una conclusione soddisfacente! Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno continuato a seguirla :)
Ricordo che se qualcuno a delle critiche o dei consigli, sono tutti ben accetti, dopotutto è la mia prima FF e sarà piena di errori çç
oook detto questo direi che sono a posto! Ho quasi finito anche l'11° capitolo, in cui finalmente verrà raccontato, almeno in parte, il passato tra Alice e Damon ;) Buoona Lettura, alla prossima! :D




Alcune sere più avanti, decisi di tornare al Grill. Mi mancavano i locali notturni, da quando avevo abbandonato quello per cui lavoravo.
Ordinai un drink, il più alcolico, sapevo che avrei retto, anche se non ero abituata a bere.
Dopo il primo bicchiere, cominciai a sentire una sensazione di calore irradiarsi in tutto il corpo, così ne ordinai un secondo, poi un terzo.
Quando la mia vista e la mente cominciarono a farsi sfocate, un po' barcollante uscii dal locale.
La notte era ancora giovane e non volevo tornare a casa; sostenuta dalla sensazione di sicurezza e invincibilità data dall'alcool, cominciai a percorrere a piedi la strada di casa Salvatore, che ricordavo a memoria.
Trovai la porta socchiusa; non mi preoccupai di bussare: così facendo avrei annunciato la mia presenza e sapevo in anticipo che non era gradita.
Cercai di entrare e, un po' di sorpresa, mi accorsi che potevo oltrepassare la soglia di casa Salvatore: l'invito era ancora valido!
Mi diressi verso il salotto, cercando di attutire il rumore dei tacchi sul pavimento. Lì trovai Elena, in piedi accanto a un tavolino rotondo di legno, che parlava a proposito di qualcosa. Stefan e Damon erano così intenti ad ascoltarla, o meglio, a guardarla, che non si accorsero nemmeno della mia presenza.
Mi feci avanti, battendo le mani come in un applauso: -Ma che bel quadretto familiare. I due fratelli Salvatore che pendono dalle labbra di una bellissima ragazza.. A quanto pare la storia è destinata a ripetersi all'infinito. Oh, siete così poco originali ragazzi! -esordii con scherno, cercando di mantenere un tono sostenuto, mentre dentro mi sentivo morire.
Damon scattò in piedi. E dunque eccolo lì, a pochi centimetri di distanza, sempre pronto a tirare fuori il peggio di me. -Cosa ci fai qui Ally? Sei ubriaca.
-Voglio soltanto parlare... -dissi, passeggiando per la stanza, facendo scorrere un dito sul tavolino di legno.
-Ally, Ally..Ne sono passati di anni, ma resti sempre la solita -cominciò, scuotendo la testa -Cerchi sempre di stare al centro dell'attenzione, anche se questo significa farti ammazzare.
Detto questo, con uno scatto animalesco mi sbattè contro il muro.
-Sei banale e prevedibile, Damon, non riesci nemmeno a sostenere una conversazione civile senza usare la violenza -replicai, ignorando il dolore alle costole.
Facevo fatica a credere che quegli occhi, ora carichi di odio, fossero gli stessi che una volta mi guardavano innamorati, quasi adoranti; ma, dopotutto, l'odio e l'amore sono due facce della stessa medaglia.
Chi è capace di amare intensamente, è capace di odiare con la stessa intensità..Questo è il caso di Damon, anche se lui..è molto più propenso al secondo sentimento.
-Ti avevo detto di stare lontana da me e tu cosa fai? Ti intrufoli in casa mia! Come hai fatto a entrare?
-Sono stata invitata, ricordi?

-Ora basta! Smettetela immediatamente. -ci interruppe Elena, ignorando i segnali di Stefan, che le consigliava di non intromettersi. -Voglio che mi spieghiate immediatamente cosa sta succedendo. -continuò, volendo avere la situazione sotto il proprio controllo.
-Sì, Alice, spiegaci. -incalzò Damon, con un sorriso beffardo.
Mi buttai a sedere su una poltrona, incrociai le gambe e guardai negli occhi prima Elena poi Damon: -Non c'è problema, Elena, possiamo cominciare da quando Damon approfittò dell'ospitalità della mia famiglia, per poi uccidere brutalmente i miei genitori nel loro letto e scappare, lasciando me e mio fratello senza una famiglia. Avevo 14 anni, era il 1963. -iniziai, con voce leggermente instabile.
La ragazza spalancò gli occhi e aprì la bocca, senza sapere cosa dire: -Io..non pensavo..
Naturalmente, non si aspettava ciò che le avevo appena raccontato, ma visto che ormai aveva chiesto di spiegarle l'ostilità tra me e Damon, l'avrei accontentata.
-Prima di continuare, però, vorrei sapere cosa ti ha detto Damon sul mio conto.
Prima di rispondere, lei cercò lo sguardo di Damon, come per chiedere il permesso, ma lui aveva il viso rivolto verso il basso.
-Sì, ecco, lui.. In poche parole mi ha detto che in passato avevi sedotto Stefan per poter arrivare a lui e vendicarti di un torto che ti aveva fatto.. Ma, davvero, non sapevo cosa fosse successo in realtà, non gli ho mai creduto fino in fondo, io..
Scoppiai in una risata isterica -Non ti devi giustificare, sono tipiche di Damon questo genere di insinuazioni. -affermai con voce aspra.
-Basta così, non starò qui ad ascoltare questa buffonata, penso che andrò a farmi un giro..Ho proprio una certa sete..Spero che nessuno che conosci incontri la mia strada stasera, Elena. -si alzò in piedi, con la solita espressione di arrogante ironia.
-Damon no! -cercò di fermarlo Stefan, quando ormai Damon era sfrecciato fuori dalla casa.
-Stefan fa' qualcosa! Potrebbe fare del male a persone che conosciamo. -intervenne Elena preoccupata.
-State tranquilli, non farà nulla di ciò che ha detto. E comunque, se non si vuole far trovare, anche se lo cercassimo tutta la notte, non lo troveremmo. -dissi stancamente, ancora seduta sulla poltrona.
-Piuttosto, Elena, non vuoi ascoltare il resto della storia? -le domandai, inclinando la testa da un lato.
Lei si guardò intorno, ancora preoccupata, poi si sedette, con un gesto di consenso.
Così continuai a raccontare..


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Capitolo 11
*** Può l'odio trasformarsi in desiderio? ***


Untitled Secondo estratto dal diario di Alice Prescott


22 marzo, 1968

Caro diario,
non sai quanto mi dispiace di averti abbandonato per tutti questi mesi, ma la mia vita è cambiata talmente drasticamente che non sono riuscita a mettere per iscritto ciò che mi succedeva, giorno per giorno, fino ad ora.
In questo momento mi trovo nel salotto di una piccola pensione del North Carolina. Sono l'unica cliente, visto che non è ancora cominciata la stagione di apertura, ma la signora Jenkins è stata molto gentile ad ospitarmi quando non avevo altro posto dove andare, in memoria della vecchia amicizia con mia madre.
Il salotto è piccolo, ma molto accogliente: è pavimentato con assi di legno scuro, i muri sono tappezzati con un motivo color ocra e il centro del soffitto è occupato da un grande lampadario spento, ornato da pendenti di cristallo.
L'unica luce è data dal fuoco nel caminetto di marmo grigio e mattoni rossi.
Io sto scrivendo seduta con le gambe strette al petto, su una poltrona di velluto verde, con braccioli in legno intarsiato; la signora Jenkins sta sonnecchiando sul divano con lo stesso motivo in velluto a fiori verdi.
Una perfetta atmosfera accogliente, rassicurante, dove chiunque si sentirebbe come a casa propria, ma non io.
Sono certa che non proverò mai più quella sensazione che si prova quando si è a casa propria: per un demone della notte come me, non esiste una casa, un posto dove poter essere se stesso ed essere accettato dalle persone che ha vicino.
Sì, hai capito bene, non sono umana, non più, ora sono un vampiro.
Ti racconterò tutto dall'inizio, magari questo mi aiuterà anche a chiarire le idee.

***

Io e Stefan ci eravamo lasciati ormai da alcune settimane, anche se nei pomeriggi che trascorrevamo insieme sentivo che anche lui, come me, pensava ancora all'ultima notte passata insieme. Fu una serata fantastica, carica di passione; rimanemmo avvinghiati l'uno all'altra sapendo che sarebbe stata l'ultima volta.
Poi ci lasciammo definitivamente.
Per quanto Stefan mi amasse, quella relazione non era abbastanza per me, come il mio amore non sarebbe stato abbastanza per lui: pur non avendone ancora completa coscienza, il mio cuore apparteneva già a un'altra persona.
Nelle notti di solitudine, i miei pensieri, i miei sogni più intimi, andavano a colui a cui avevo giurato vendetta: Damon Salvatore, fratello di Stefan.
Sì, hai capito bene, Damon e Stefan sono fratelli!
Non potei credere ai miei occhi quando, dopo un momento di intimità con Stefan, avvolta solo da un leggero lenzuolo, mi trovai davanti a colui che monopolizzava i miei incubi d'infanzia.
Ma il momento di stupore si svolse solo internamente: per nessun motivo gli avrei fatto capire che l'avevo riconosciuto: sarebbe servito soltanto a farmi ammazzare. Oltretutto, nemmeno lui sembrava ricordarsi di me.
Ci fissammo in silenzio per alcuni secondi, dopodichè Damon scoppiò in un'ironica risata, con la testa piegata all'indietro, stupito di trovare una ragazza nel letto del suo casto fratello.
Fu in quel momento che cominciai a escogitare un piano per ucciderlo.
Nei giorni seguenti ebbi l'occasione di conoscerlo meglio, dal momento che si era stabilito in casa.
Nè io, nè Stefan ne capivamo il motivo e lui eludeva sempre le nostre domande.
Non si faceva mai vedere e, se non fosse stato per le notti in cui rincasava ubriaco, con la ragazza di turno, non ci saremmo nemmeno accorti della sua presenza.
Le uniche volte che mi era capitato di aver a che fare con lui, durante il periodo in cui stavo con Stefan, era quando cercava di fare strane insinuazioni su di lui, cercando di metterlo in cattiva luce ai miei occhi.
Forse era proprio questo il motivo del suo ritorno: umiliare Stefan, far sì che la sua esistenza fosse un eterno tormento.
Anche per questo lo odiavo.
Più passavano i giorni, più il mio odio cresceva.
Ma con l'aumentare dell'odio, aumentava anche la mia attrazione verso Damon, come in un gioco perverso e pericoloso.
La cosa peggiore era che, dopo qualche mese, la sua sprezzante ironia, il suo senso di superiorità nei miei confronti, erano scomparsi.
Trascorreva più tempo in casa, facendo attenzione a scegliere i momenti in cui Stefan non era presente.
La sua serietà quando mi chiedeva dei pareri su qualsiasi argomento gli passasse per la testa, quando mi faceva domande sulla mia vita, sulle mie intenzioni future, cominciava a spaventarmi.
Sapevo che nei momenti in cui stavo con lui, ero costantemente sul filo del rasoio, ma nello stesso tempo mi sorprendevo sempre più spesso ad attendere quegli istanti rubati alla mia routine quotidiana, in cui potevamo stare insieme, da soli.
Finchè un giorno accadde l'ormai inevitabile.
Quel giorno, Stefan era dovuto partire per il Kentuky, per incontrare una vecchia amica di passaggio, Lexie penso si chiamasse.
Così, quella mattina lo osservai allontanarsi lungo il vialetto di casa.
Poi mi voltai e per poco non andai a sbattere contro il petto di Damon, che non avevo sentito arrivare.
-Damon, mi hai spaventata!
-Non era mia intenzione. -si scusò, con voce monocorde, guardandomi negli occhi. -Mio fratello è partito?
-Sì, si è appena allontanato.
Annuì fra sè con la testa, ma non diede cenno di muoversi.
La sua presenza a così poca distanza da me cominciava a darmi un senso di oppressione. Riuscii a distogliere lo sguardo per pochi istanti facendolo scorrere lungo la sua persona...Naturalmente Damon era sempre bellissimo.
Per una frazione di secondo desiderai stringermi contro il suo petto, buttarmi tra le sue braccia, sentirle stringere attorno ai miei fanchi...
I battiti del mio cuore accelerarono, poi mi riscossi, scrollando il capo e sperando che lui non si fosse accorto di nulla: mi sentivo così trasparente sotto quegli occhi di ghiaccio...
Incontrai nuovamente il suo sguardo, che raramente tradiva qualsiasi tipo di emozione.
-Ti...Hai bisogno di qualcosa?
Scosse la testa, ma non si mosse di un centimetro, rimase fermo a cavallo della soglia, impedendomi il passaggio.
Non so perchè, ma cominciò a girarmi la testa; era una situazione talmente irreale che quasi non mi stupii quando, lentamente, Damon sollevò un braccio e con la mano mi accarezzò dolcemente il viso.
Rimasi immobile, senza distogliere lo sguardo, mentre i miei pensieri cominciavano a vorticare in un turbine di emozioni contrastanti: volevo uccidere la vita di quell'essere che anni prima aveva distrutto la mia felicità, volevo fare a pezzi la sua bellezza, ma volevo anche accarezzarla, farla mia e...sentivo che anche lui lo voleva.
E alla fine, con un senso di liberazione, il desiderio prevalse su ogni altra cosa.
Feci un passo avanti, finchè i nostri corpi si sfiorarono.
Lui avvertì il mio tacito assenso e, fremendo, mi prese il viso tra le mani. Le sentivo scottare sulla mia pelle chiara.
Mi baciò le labbra, dapprima con una delicatezza che non avrei mai pensato potesse esprimere, poi con crescente passione.
In pochi minuti ci trovammo in camera da letto, liberi dagli ostacoli rappresentati dai nostri vestiti.
Fu una notte passionale, carica di quei desideri che troppo a lungo erano rimasti assopiti.
A quella volta ne seguì un'altra e un'altra ancora.
Non stavamo propriamente insieme, io e Damon, ma ci amavamo ogni qualvolta fosse possibile.
Quando non stavo con lui, lo desideravo tanto da star male e sapevo che per lui era lo stesso.
Ma, nonostante questo vortice di passioni, non avevo dimenticato la promessa fatta quella notte che ora sembrava così lontana...

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Capitolo 12
*** L'attesa: Qualcosa sta per succedere. ***


Untitled Terzo estratto dal diario di Alice Prescott;


23 marzo, 1968

Caro diario,
scusami se ancora una volta ti ho abbandonato senza salutare, ma si era fatto tardi ed ero molto stanca e, senza nemmeno accorgermene, mi sono addormentata!
Ricomincerò a raccontare dal punto a cui ero arrivata ieri sera:

***

Due mesi passarono come in un sogno.
Stefan non approvava quel genere di relazione tra me e Damon, però comprendeva. O, almeno, pensava di comprendere.
Ma sono certa che nessuno capisse il caos che mi attraversava la mente in quel periodo: non avevo mai detto nulla a Stefan riguardo al mio precedente incontro con Damon, e quest'ultimo non sembrava ricordare l'accaduto.
Non avrei retto ancora a lungo; presto sarei stata sopraffatta dalle mie stesse emozioni, ma quale sentimento sarebbe prevalso sull'altro?
Non ero in grado di prevederlo.
Con il passare dei giorni diventavo sempre più nervosa, i miei nervi erano tesi come corde di violino. Mi sembrava che l'aria attorno a me si facesse sempre più pesante, opprimente.
Era tutta una lunga attesa, un'attesa di qualcosa di definitivo, che sarebbe accaduto presto.
Damon e Stefan cominciavano a guardarmi con sospetto e preoccupazione, come se potessi crollare da un momento all'altro. Non capivano a cosa fosse dovuto il mio comportamento, ma anche loro percepivano quel senso di attesa, nell'aria, che avrebbe portato inevitabilmente a un cambiamento.
Poi accadde tutto velocemente.
Quel senso di oppressione non mi abbandonava nemmeno durante il sonno
Mi ricordo che era una mattina di metà febbraio; faceva freddo, durante la notte aveva piovuto.
Mi svegliai di colpo, sentendo delle grida.
Solo quando Damon si girò nel letto, allarmato, prendendomi il viso tra le mani, compresi che quegli urli provenivano da me. Gli incubi erano ricominciati.
Ripensando al sogno rividi due occhi scuri, diabolici: gli stessi che in quel momento mi guardavano preoccupati, cercando di tranquillizzarmi; rividi una bocca macchiata di sangue, piegata in un ghigno sprezzante: la stessa che in quel momento mi sfiorava le labbra, sussurrandomi parole di conforto.
Era davvero troppo.
Mi voltai di scatto, dandogli la schiena, cercando di allontanare ogni contatto con Damon.
Sapevo che quei gesti, sempre più frequenti, lo ferivano, ma non me ne domandò mai il motivo.
Mi vestii in silenzio e scesi al piano di sotto. Non risposi nemmeno al buongiorno di Stefan e uscii quasi correndo, chiudendomi la porta alle spalle.
Non riuscivo più a sopportare il silenzioso allarmismo di Stefan e Damon, che osservavano il mio comportamento isterico come da dietro un vetro, senza mai chiedere nulla, senza
fare nulla.
Così montai in macchina e diedi gas; era come se stessi fuggendo da quella casa e, forse, era proprio quello che avrei dovuto fare.
Mentre guidavo senza una meta ricominciò a piovere. Senza accorgermene, mi ero diretta alla mia vecchia casa, a cui non ero più tornata da quando mia zia si era ritrasferita a Richmond e io mi ero stabilita a casa di Stefan.
Ormai la pioggia si era trasformata in un vero e proprio acquazzone, ma non mi importava.
Mi fermai a pochi metri dall'abitazione. Scesi dalla macchina, dirigendomi verso la vecchia quercia che da bambina era stata il mio punto di riferimento.
Alzai gli occhi verso il cielo, lasciando che il vento mi sferzasse il viso, lasciando che le lacrime mi rigassero le guance, confondendosi con le gocce di pioggia.
Non so quanto rimasi lì, ferma, con la pioggia che faceva scivolare via i miei pensieri, ma quando mi riscossi ero completamente inzuppata.
Decisi di tornare a casa. Mentre percorrevo il vialetto mi sentivo molto più leggera, avevo voglia di vedere Damon e Stefan, di passare un pomeriggio sereno con loro, come non succedeva da qualche tempo.
Ma quando entrai in casa, l'atmosfera non era come me l'ero immaginata.
Potevo sentire le loro voci dall'ingresso e Stefan sembrava infuriato.
Mi avvicinai al salotto, cercando di non farmi notare, per capire cosa stesse succedendo.
-Come puoi continuare a prenderla in giro in questo modo? -gridò Stefan infuriato.
-Non la sto affatto prendendo in giro, fratello. -rispose Damon, con il solito tono di voce pacato, ma infastidito.
-Ah no? E allora perchè non le hai ancora raccontato la verità? Perchè non le mostri chi sei veramente?
Non riuscivo ancora a capire di cosa stessero parlando; mi avvicinai per sentire meglio e per poco non ribaltai un tavolino, segnalando la mia presenza.
-Cosa dovrei dirle, eh, Stefan? Dovrei forse dirle che l'ho riconosciuta dal primo istante in cui l'ho vista? Che ricordo
perfettamente di aver ucciso i suoi genitori davanti ai suoi occhi e non me ne importava? E' questo che vuoi che le dica? - la sua voce, sempre controllata, lasciava ora trasparire tutta la sua furia, ma non era questo a sconvolgermi. Naturalmente erano state le sue parole a shockarmi. Me le dovetti ripetere più volte nella mente per essere sicura di sver capito bene.
-Se le vuoi così bene come dici, dovresti dirle la verità. Così forse si renderà conto di chi sei veramente.
-Allora è questo che vuoi, Stefan? Che lei abbia repulsione per me, che mi odi quanto mi odi tu? Vuoi che scelga te, come fece Katherine? -disse Damon, più come affermazioni che come reali domande.
-Smettila di tirare sempre in ballo questa storia, Katherine non c'entra nulla, lo sai.
-Oh no, infatti, Katherine non c'entra nulla. E' lei che voglio adesso e, dopotutto, sembra che lei sia dello stesso parere. Mentre tu...tu te la sei lasciata scappare. -rise beffardamente, con arroganza.
Stefan scattò in avanti e, per un attimo, pensai che lo volesse attaccare, ma si trattenne: -Tu...aspetta soltanto che Alice conosca la verità che l'hai costretta a dimenticare, poi vedremo quanto sarà felice di trascorrere la sua esistenza con te!
-Mi stai minacciando, fratellino? Tu non le dirai proprio niente, te lo assicuro. -Damon fece un passo avanti.
-No, non lo farò. Lascerò che sia tu a mostrarle quale lurido vigliacco ed egoista sei. -affermò Stefan, sostenendo lo sguardo del fratello.
Basta. Avevo appena sentito fin troppe cose tutte in una volta.
Non riuscivo,
non volevo, rendermi conto di tutto ciò che avevo ascoltato perchè, se l'avessi fatto, quella barriera di falsa sicurezza mi sarebbe crollata addosso in un istante.
Silenziosamente, fuggii di nuovo da quella casa.
Quando fui a parecchie miglia di distanza, mi fermai e mi permisi di elaborare i fatti:
Quindi Damon
sapeva fin dall'inizio chi ero e anche Stefan lo sapeva, ma non mi aveva mai detto nulla!
Damon ricordava perfettamente cos'aveva fatto alla mia famiglia, ma non gli importava! Anzi, aveva avuto persino il coraggio di guardarmi negli occhi e farmi credere che con lui sarei stata al sicuro, mentre l'unica "cosa" dalla quale dovevo stare lontana era proprio lui!
Mi aveva sempre preso in giro; mi aveva usata egoisticamente al solo scopo di...dimostrare chissà cosa a se stesso.
Eppure, alcuni momenti erano stati così veri... I suoi occhi sembravano esprimere emozioni così realistiche che forse...
Scrollai la testa. scacciando quelle illusioni.
Mi sentivo come se mi avessero calpestato, avevo la testa pesante, gli occhi mi bruciavano, ma non avevo più lacrime da piangere.
Più ripensavo alle parole di Damon, più il mio cuore si riempiva di rabbia, di un'ira devastante: frutto dell'antico odio e della recente umiliazione.
Improvvisamente mi riscossi: sapevo esattamente cos'avrei dovuto fare.
Per la seconda volta in quella giornata, tornai alla mia vecchia casa.
Entrai, rompendo il vetro di una finestra al primo piano. Salii le scale, dirigendomi in camera mia.
All'interno dell'armadio, spostai le assi sul fondo, rivelando una specie di nascondiglio segreto. Ne tirai fuori una vecchia sacca di stoffa blu, regalatami da mia nonna anni prima.
Controllai velocemente il contenuto, dopodichè la misi in spalla e partii.

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Capitolo 13
*** L'amore condanna ***


Untitled Quarto estratto dal diario di Alice Prescott;


23 marzo, 1968 - sera;

Caro diario,
anche questa volta ho dovuto interrompere il flusso dei ricordi, ma ora sono di nuovo qui, da sola, e posso continuare a raccontare:

***

La serata trascorse con una finta parvenza di tranquillità; percepivo la tensione tra Stefan e Damon, ma facevo finta di niente.
Poi Stefan non riuscì più a sopportarla e uscì di casa.
Damon si diresse in salotto per versarsi il solito bicchiere di scotch.
Mi rendevo conto di ogni suo movimento con perfetta lucidità. Non lo vedevo, ma sapevo che stava prendendo la bottiglia di bourbon dalla vetrina di cristallo; sapevo che si stava riempiendo il bicchiere; sapevo che lo stava avvicinando alle labbra e...sapevo che stava bevendo.
Non mi scomposi quando udii lo scoppio del vetro che andava in frantumi sul pavimento, seguito da un rantolo soffocato di Damon.
Era il momento.
Entrai in salotto, dove il vampiro giaceva in ginocchio, con le mani a stringere la gola, gli occhi spalancati.
Ci fissammo in silenzio: io con lo sguardo che non lasciava trasparire alcuna emozione, lui con spaventato stupore.
-Ver...bena -riuscì soltanto a balbettare.
Sempre guardandolo negli occhi mi avvicinai a lui, inclinando la testa da un lato. La fredda lucidità che mi aveva sostenuta fino a quel momento stava svanendo pian piano, lasciando il posto a quella sensazione che si ha quando ci si muove all'interno di un sogno, o meglio, un incubo.
-Perchè... Ally? -mi domandò con voce spezzata.
-Oh Damon, davvero non lo immagini il perchè? -dissi sarcasticamente.
In quel momento comprese che io sapevo, che avevo sempre saputo: -Tu...Io..ti avevo fatto dimenticare.
-La verbena esisteva anche 4 anni fa, ovviamente. Ti fa male, eh, Damon? -continuai, con falsa preoccupazione, ascoltando i suoi gemiti di assenso. -...Ma forse, questo ti farà più male! -gridai, colpendolo al fianco con un paletto di legno che fino a quel momento avevo nascosto dietro la schiena.
Damon gridò di dolore, cercando con una mano di colpirmi e, con l'altra, di estrarre il paletto dal corpo, ma la verbena l'aveva indebolito.
Per il momento ero più forte di lui, ma lo sarei stata ancora per poco, giusto il tempo di ucciderlo.
Di colpo estrassi il paletto dal suo fianco: -Preparati Damon, perchè la prossima volta mirerò al cuore. E' il momento che tu paghi per gli abomini che hai commesso, per tutte le persone che hanno sofferto a causa tua. -alla fine della frase, la mia voce si spezzò; stavo per cedere, ma non potevo permettermelo: ormai mancava così poco...
Dagli occhi di Damon era scomparso quel luccichio arrogante, ironico, lasciando il posto alla rassegnazione della sconfitta.
Chiamai a raccolta tutte le mie forze, impugnando il paletto a due mani; sollevai le braccia sul suo petto, prendendo la mira; Damon chiuse gli occhi e, di colpo, le mie mani si avventarono su di lui.

Dopo alcuni secondi il mio cuore ricominciò a battere.
Deglutii a fatica, riaprendo gli occhi: le mie mani rimanevano bloccate a pochi centimetri dal petto di Damon: l'acuminata punta di legno gli aveva lacerato la camicia, fermandosi all'altezza del cuore.
Lui riaprì gli occhi, accorgendosi con stupore e sollievo di essere ancora vivo.
Quando il suo sguardo incontrò il mio ebbi un sussulto; gettai di lato il paletto, che stavo ancora impugnando, e scappai via, fuggendo da quella maledetta casa.

Con il fiato corto continuai a correre nel buio, lungo il vialetto di ghiaia, ma non andai molto lontano.
Udendo dei rumori dietro di me, cercai di aumentare la velocità, ma persi l'equilibrio e due mani possenti mi afferrarono per le braccia, quasi stritolandomi. Mi voltai: Damon aveva riacquistato le forze.
-Ormai so con certezza che mi odi -mi disse, costringendomi a guardarlo negli occhi: il suo sguardo era tornato freddo, distaccato, non lasciava trasparire alcuna emozione. -Perchè non mi hai finito, quando avresti potuto farlo senza sforzo?
Io non gli risposi, rimasi a fissarlo in silenzio, sentendomi come svuotata e senza forze, mi abbandonai alla sua presa.
-Dimmelo, Alice, devi dirmelo! -continuò, scrollandomi con rabbia, vedendo che ormai non opponevo più nessuna resistenza.
Ma nemmeno io ne conoscevo il motivo: avevo tutta l'intenzione e la possibilità di ucciderlo e allora, perchè non l'avevo fatto?
D'un tratto la piena consapevolezza mi invase.
Sospirai e sciolsi la sua presa con una scrollata di spalle; feci un passo indietro e lo guardai con gli occhi socchiusi, la testa inclinata da un lato: -Perchè ti amo, Damon. E questa sarà la mia condanna. -risposi in un sussurro.
Poi mi voltai, dandogli le spalle e mi allontanai da lui, pur sapendo che non mi avrebbe lasciata andare.
-Ti amo, Alice.
Mi bloccai a metà strada, udendo quelle parole: allora Damon mi amava davvero... Non me l'aveva mai detto così esplicitamente prima di quel momento: aveva sempre avuto paura di ammetterlo persino con se stesso.
-Ma non posso permettere che questa sia la mia condanna -disse a voce più alta. Da quel punto di vista io e lui eravamo uguali: non volevamo permettere che l'amore intralciasse i nostri "doveri".
E così, non mi sorpresi più di tanto di quello che accadde dopo.
Con una mano, mi riafferrò il braccio assicurandosi che non potessi fuggire; nell'altra mano, invece, scorsi lo scintillio di una lama.
Ma non avevo paura; una strana calma si era impadronita di me...Intorno a noi non c'era alcun rumore, era tutto così tranquillo... Riuscivo persino a pensare lucidamente: non mi interessava fuggire, mi domandai soltanto per quale motivo avesse scelto quel modo di uccidermi, invece di nutrirsi di me..Doveva essere l'ultimo tributo che mi faceva.
Poi sentii una fitta di dolore al petto, mentre la lama mi penetrava sempre più in profondità, facendomi perdere le forze.
Fu soltanto un attimo, poi non sentii più dolore: l'unica cosa di cui ancora mi rendevo conto erano i suoi occhi freddi, come il ghiaccio.
Per un istante soltanto, mi sembrò di scorgere lo scintillio di una lacrima. Ma sapevo che non era possibile, ormai ne ero certa, Damon Salvatore non provava alcun sentimento umano.
Con uno sguardo ti rubava il cuore e con un pugnale te lo trafiggeva.
Per poi voltarti le spalle e abbandonarti nell'oscurità.

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Capitolo 14
*** Morte e risveglio ***


Untitled Salve a tutti!
Allora, questo è il penultimo capitolo della storia! Spero non sia poi così brutto quanto sembra a me >.<
Beh, devo dire che mi dispiace che la storia si sia ormai conclusa, perchè, non so voi, ma io mi ero affezionata ai personaggi di Alice e Damon! Perciò, vi ricordo che se avete commenti o critiche, di lasciare tranquillamente una recensione ;) (meglio tardi che mai ahahha :D)
P.S.
Un'ultimissa cosa! Prima ascoltando la radio mi è capitato di ascoltare la canzone "Alice" di Virginio (che, diciamolo, non è che mi sia mai piaciuto come cantante), ma devo dire che questa canzone ce la vedevo proprio bene interpretata da Damon. Ahahahha :') (Per chi non la conoscesse, è questa qua--->
"Alice-Virginio Simonelli").

Alla prossima! Baci, Sofia.



Morte e risveglio

Nella stanza si era fatto un silenzio insolito, quasi irreale.
Stefan ed Elena avevano lo sguardo fisso su di me, ma la loro mente era stata trasportata a 50 anni prima, dal mio racconto.
Mi alzai in piedi, avvicinandomi al tavolino dov'erano posati i liquori; mi versai un bicchiere di bourbon e lo trangugiai in un sorso. -E così si conclude la mia storia.
Elena e Stefan si riscossero, sbattendo le palpebre contemporaneamente.
-Ma..ma come, non puoi concludere così! Se finisse così, non saresti qui adesso. Voglio sapere come hai fatto a trasformarti in un vampiro! -protestò Elena, come una bambina a cui viene interrotta la narrazione di una favola, senza lieto fine.
-Sarei curioso di sentire anche io il resto della storia, se non vi dispiace. -affermò Damon, comparendo nella stanza con una delle sue solite entrate ad effetto.
-Oh, certo Damon, è naturale che tu voglia sapere cosa sia andato storto nel tuo piano -ribattei, con il tono sarcastico che avevo imparato da lui. -Allora, come volete. Dove eravamo rimasti?...Ah, già: mi avevi appena pugnalato al cuore! -continuai, mimando la scena in modo teatrale; gli effetti dell'alcool continuavano a farsi sentire..!
-Poi ti voltasti senza dire una parola e mi lasciati lì da sola, per terra, a morire...

***

Fu così che Stefan mi trovò, alcuni minuti dopo. Stava tornando a casa, quando fu attirato dal penetrante odore del mio sangue; si avvicinò per capire cosa fosse successo e, quando vide in che stato mi trovavo, non pensò più a nulla, tranne all'unico modo ormai possibile per salvarmi.
Avevo perso conoscenza, non vedevo e non sentivo più nulla, non provavo più nulla.
Un'ondata di torpore mi sommerse e quel senso di tranquillità si amplificò; non avevo paura, finalmente mi sentivo in pace con me stessa. Stavo andando nella direzione giusta: ancora un passo avanti e sarei entrata nella luce, abbandonando una volta per tutte l'oscurità; mi sarei ricongiunta ai miei genitori, alla mia famiglia.
Ma poi, percepii come un leggero movimento, un fremito, provenire da qualche parte all'interno del mio corpo..Ma non potevo vedere, non potevo capire che cosa fosse! Ma sapevo che dovevo proteggerlo, a ogni costo!
Con tutta me stessa, raccolsi le ultime forze che mi erano rimaste e voltai le spalle a quella soglia di luce e pace che mi stava aspettando, ripiombando nell'oscurità e nel dolore.
Per pochi secondi ripresi conoscenza, rendendomi conto della presenza di Stefan chinato su di me. Ora potevo percepire quel dolore acuto che mi lacerava il petto, potevo sentire ogni muscolo contratto del mio corpo, ma cercai con tutta me stessa di restare aggrappata all'ultimo soffio di vita: dovevo farlo, per lui!
Non avevo più controllo sul mio corpo e, quando tentai di sollevare un braccio, questo ricadde scompostamente sul mio ventre.
Cercai di attirare l'attenzione di Stefan, che con i denti si stava lacerando il polso, pronto a nutrirmi del suo sangue.
-Ste..fan, devi promettermi... che lo salverai..tu devi proteggerlo Stefan. -sussurrai a fatica.
-Oh Ally, te lo prometto, tutto quello che vuoi, ma tu devi combattere, devi cercare di resistere! - mi disse, cercando di mantenere il controllo. Non aveva compreso cosa fosse successo e non capiva a cosa, a chi, mi stessi riferendo, probabilmente pensava che stessi parlando di Damon, ma cercò lo stesso di rassicurarmi.
Poi avvicinò il suo polso alle mie labbra e bevetti il suo sangue, mentre una nuova ondata di torpore si impadroniva della mia mente. Ma ormai non avevo più alcun motivo per resistere: Stefan mi aveva promesso che lo avrebbe protetto, lui era al sicuro ora e io..potevo finalmente abbandonarmi alla pace.
Reclinai la testa all'indietro, chiudendo gli occhi.. Con una mano posata sul ventre, varcai la soglia della luce.


Ma poi, d'improvviso, venni sradicata da quel luogo di pace: era come se la mia anima venisse risucchiata indietro, strappata da quel paradiso!
Mi sentii soffocare, di colpo presi un grande respiro, cercando di far entrare più aria possibile nei polmoni, e spalancai gli occhi.
Fui investita da un'ondata di luce, molto diversa da quella in cui mi trovavo poco prima: questa era più rumorosa, più "viva". Mi alzai a sedere, infastidita, poi una mano si posò sul mio braccio: -Ally sei viva!! Non sai che spavento mi hai fatto prendere, pensavo di non essere arrivato in tempo, di non essere riuscito a salvarti! - quasi gridò Stefan, abbracciandomi. Ancora un po' confusa, risposi al suo abbraccio: -Stefan, dov'è... -chiesi preoccupata, lasciando la domanda in sospeso, non volendo pronunciare quel nome.
Quando mi guardò, la sua espressione si era fatta seria: -E' partito. Quando sono rientrato era già sparito; non so dove sia andato e non ho intenzione di cercarlo. -capii che Stefan aveva intuito cos'era successo la notte prima, ma non mi fece domande.
Annuii, poi mi alzai con una velocità innaturale e mi guardai intorno: mi trovavo nella stanza di Stefan; naturalmente tutto era perfettamente uguale ai giorni precedenti, ma ora potevo scorgere innumerevoli particolari a cui prima non avevo mai fatto caso..Feci scorrere una mano lungo la testiera del letto: persino con il tatto percepivo le cose diversamente, in modo più affinato. Potevo scorgere ogni piccola rientranza di quel legno antico ed ero in grado di sentire i rumori del traffico mattutino, provenienti dalla strada principale.
Ero diventata un vampiro.
Stefan continuò a osservarmi, sempre in silenzio, lasciandomi lo spazio per testare le mie nuove capacità, per scoprire i miei cambiamenti.
Mi avvicinai allo specchio, che rifletteva per intero la mia immagine; mi osservai, inclinando la testa da un lato: la pelle aveva maggior lucentezza, i lunghi capelli lisci sembravano più fini, gli occhi cangianti erano di un blu più intenso.
Con un gesto naturale mi passai una mano lungo il corpo, soffermandomi a sfiorare il ventre e d'improvviso ricordai.
Spalancai gli occhi, come se mi avessero colpito allo stomaco. Stefan si alzò in piedi, allarmato.
Mi girai di scatto, raggiungendolo: -Lui dov'è?? -quasi gridai, mentre il cuore mi balzava in petto.
-Damon..è partito, Ally, te l'ho detto, non so dove sia andato.
-Oh no, no, no, NO! Non sto parlando di Damon. -continuai a urlare, sconvolta.
Stefan aveva lo sguardo sgomento, davanti alla mia ennesima scenata isterica. Nemmeno io riuscivo a capirmi, io...non capivo più nulla!
Ero cosciente soltanto di averlo perso, non ero riuscita a proteggerlo come avrei dovuto.
Le gambe mi cedettero e mi abbandonai sul letto, accanto a Stefan, senza riuscire a trattenere i singhiozzi.
Forse era la natura da vampiro che mi faceva vivere quel nuovo dolore così intensamente, ma tutto ciò che provavo era reale, anche se amplificato.
La mia mente non riusciva a pensare ad altro che non fosse quell'abominio: io ero sopravvissuta e Lui era morto.

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Capitolo 15
*** Quiete dopo la tempesta ***


Untitled Ed eccoci all'epilogo, spero vi piaccia!
Prima di cominciare, volevo dire che avevo pensato di riscrivere la storia, ma dal punto di vista di Damon. Avevo già scritto una frase, che si ricollega al 4°capitolo, dopo che Damon ha ucciso i genitori di Alice:
POV DAMON:
Corsi lontano..Lontano da quella casa.. Corsi senza fermarmi per una notte intera, uccidendo gli sventurati che capitavano sulla mia strada, tuffandomi nel sangue innocente per dimenticare quella sensazione così umana, dentro di me, che mi faceva sentire un mostro.

Non so se riuscirò, però, quindi non vi assicuro niente per ora, ma intanto sappiatemi dire cosa ne pensate dell'idea :)
Beh, ora vi auguro buona lettura, un bacio :)



Quiete dopo la tempesta

Quando smisi di parlare, mi accorsi che stavo tremando talmente forte da rovesciare il bourbon nel bicchiere che tenevo in mano.
Stefan si era alzato; ora mi stava accanto posandomi una mano sulla spalla, in modo protettivo, cercando di calmarmi.
Elena osservava la scena con i grandi occhi da cerbiatta spalancati. Non capiva, ma non osava fare altre domande, fidandosi dello sguardo di Stefan.
Nemmeno Damon capiva, ma di certo lui non si faceva problemi a domandare, soprattutto se questo avrebbe comportato di vedermi sofferente.
-Oh, avanti Ally, finiscila con questa messa in scena da isterica e comincia a parlare chiaramente. Dicci, chi era morto? Io no di certo! -concluse, sollevando il mento con beffarda superiorità.
Lo guardai in faccia e fu come se il dolore che avevo provato nel rivivere quei momenti, esplodesse di colpo.
Con forza sovrumana scagliai il bicchiere di lato, che eslpose andando in frantumi contro il muro.
In una sola falcata mi ritrovai a pochi centimetri dal petto di Damon, che era indietreggiato, stupito da tanta furia improvvisa.
-Sei davvero sicuro di voler sapere chi è morto, Damon? -sibilai, mostrandomi ai presenti in tutta la mia natura da predatrice.
Un ringhio animalesco e carico di rabbia mi nacque in petto.
Non aspettai che la sua risposta, non m'importava ciò che avrebbe detto; era ora che sapesse.
-Mio figlio è morto, Damon! - gridai, -E tu l'hai ucciso. Tu hai ucciso nostro figlio, nel momento stesso in cui hai deciso di trafiggermi il petto con un pugnale! - gli ringhiai contro.
Poi lo colpii in pieno viso con quanta più forza avessi in corpo, lasciando che con quel gesto si sfogasse tutta la rabbia accumulata negli anni.
Ancora con la mano a mezz'aria, ripresi il controllo quel tanto che bastava per accorgermi che Elena e Stefan avevano abbandonato la stanza, capendo che era il caso di lasciarci soli.
La mia attenzione tornò a spostarsi su Damon.
Aveva ancora il viso voltato, a causa del mio schiaffo inaspettato.
Ma quando tornò a guardarmi negli occhi compresi subito che qualcosa era accaduto: forse si era finalmente compiuto il miracolo nel quale, ormai da tempo, avevo smesso di sperare.
Dai suoi occhi scuri era scomparso quel luccichio di sprezzante superiorità. Il suo sguardo, sempre duro e freddo, lasciava ora trapelare l'intera ondata di emozioni che lo stava devastando: per troppo tempo era rimasto indifferente ad esse e ora lo stavano travolgendo come un uragano.
Damon,
il freddo e distaccato Damon,
lo sprezzante Damon,
colui che non mostrava mai i suoi reali sentimenti, lasciando credere che non ne provasse, giaceva ora in ginocchio, come un uomo che ha appena appreso di aver distrutto con le proprie mani tutto ciò di cui aveva realmente bisogno nella vita.
Mi bastò uno sguardo per capire che, in pochi istanti, il Damon di cui mi ero innamorata era tornato.
Aveva finalmente ritrovato se stesso e io avrei ritrovato me stessa assieme a lui.
Gli posai una mano sul capo, scostandogli i capelli dalla fronte, con un gesto materno, cercando di imprimere in quell'unico gesto tutta la tenerezza di cui ero capace.

La quiete dopo la tempesta.

Non ero infuriata con lui, non più, nè con me stessa. Ma ora era lui ad essere furioso con se stesso.
Scoppiò a piangere ai miei piedi: non un pianto infantile, ma il pianto di un uomo distrutto dalle sue stesse scelte.
Mi inginocchiai di fronte a lui, prendendogli dolcemente il viso tra le mani.
-Shh -bisbigliai, accarezzandogli la guancia bagnata, - Io ti perdono -gli sussurrai tenendo lo sguardo fisso nel suo.
Poi lo baciai sulla fronte, sfiorandogli le labbra con le dita.
-Io... non avrei mai immaginato.. Io non merito il tuo perdono Alice.
-Damon...
-No, Ally, tu devi sapere! Da quando sei tornata a Mystic Falls, io ho desiderato soltanto ferirti, farti soffrire: volevo sfogare su di te il peso di tutte le mie colpe.
Io ti amavo e nonostante ciò ti avevo uccisa senza pensarci due volte, perchè stavi riaccendendo in me il desiderio di lasciarmi andare ai sentimenti, ma non potevo permettermelo, capisci?
Io ero un mostro, un predatore senza cuore, non potevo provare emozioni perchè sarebbe significato provare pietà per le mie vittime, soffrire nel vederle morire a causa mia. No, non potevo lasciare che accadesse e così... ho preferito ucciderti.
Ma con te se n'era andata anche la mia ultima speranza di redenzione.
Il mio gesto mi ha portato a odiare me stesso più di quanto non facessi già e così, quando quel giorno ti sei voltata verso di me ed eri lì, viva, io... ero infuriato. Infuriato con te, perchè per 50 anni te l'eri spassata alle mie spalle, lasciandomi sprofondare sempre più a fondo nel baratro delle mie colpe.
Fino a pochi momenti fa, ho desiderato di fartela pagare, ma non ti avrei fatto realmente del male, Ally, non te ne avrei fatto mai più, devi credermi!
I miei occhi si erano riempiti di lacrime, che lasciai scorrere senza freno lungo il viso.
Avrei voluto dirgli tante cose...
che sapevo che non mi avrebbe fatto più del male,
che lo perdonavo per quanto me ne aveva fatto in passato,
che mi dispiaceva per tutte le pene che aveva sofferto e,
oh, certo! sapevo esattamente cosa avrei voluto dirgli!
Aprii la bocca per parlare, ma Damon mi precedette, posandomi un dito sulle labbra. I suoi occhi brillavano, ma non di ironia: di una luce nuova, intensa. Sorrideva, di un sorriso ermetico.
-Aspetta! Non dire nulla, lasciami finire. Io so di non meritare il tuo perdono, ma voglio che tu sappia che ti amo, Ally, non ho mai smesso. E se solo, oh, lo so, sono un folle anche solo a pensarlo -disse, scoppiando in una breve risata spensierata, giovanile, -Se solo un briciolo del mio amore ti potesse bastare per... per voler trascorrere la tua esistenza con me, io.. sarei l'uomo più felice del mondo!
Oddio, è di quanto più simile a una proposta di matrimonio abbia mai ricevuto! pensai, ridendo mentalmente.
Non gli risposi subito, esterefatta com'ero dal continuo susseguirsi delle mie emozioni e del completo ribaltamento degli eventi all'interno di quella stessa serata.
Poi mi riscossi frettolosamente, temendo che mal interpretasse il mio silenzio.
Gli rivolsi l'espressione più splendente che potessi fare: il sorriso era smagliante, gli occhi ridevano, persino il mio cuore rideva!
Gli buttai le braccia al collo, poi gli saltai addosso, facendolo ruzzolare per terra. Ero sdraiata sopra di lui, così mi chinai per sussurrargli all'orecchio l'unica cosa che avevo intenzione di dirgli da molto tempo: -Ti amo, Damon. E, - aggiunsi in un soffio, -sarei onorata di diventare la "signora Salvatore".
Scoppiò di nuovo in quella risata fresca, spontanea, mentre mi ribaltava e si sedeva a cavalcioni su di me.
"Anch'io", mimò con le labbra, spalancando gli enormi occhi azzurri, che in quel momento mi ricordavano quelli di un bambino che aveva vinto al gioco a premi più importante del mondo.
-Allora, signora Salvatore, come la vuole trascorrere la sua ultima notte da spensierata single? Io un'idea l'avrei... e penso anche che sarà di suo gradimento. -affermò, strizzandomi l'occhio e prendendomi in braccio.
Risi più forte, pensando a quanto Damon potesse essere cambiato radicalmente in pochi minuti, ma restasse sempre il solito riguardo a simili sottigliezze.
Oh, di certo non sarebbe mai stato il classico bravo ragazzo, ma era l'uomo che amavo e non me lo sarei lasciato sfuggire un'altra volta!
Allungai i polsi incrociati verso di lui, in segno di resa: -Mi faccia quello che vuole, signor Salvatore.
-Speravo dicessi così!

***

Più tardi, quella notte, mi abbandonai esausta tra le braccia di Damon, con lo sguardo rivolto verso il soffitto.
Il mio cuore era così traboccante di gioia che pensavo non riuscisse più a contenere tutto l'amore che provavo per lui.
Pensai a quanto fosse stata azzeccata la decisione di tornare a Mystic Falls, alla ricerca di una vita normale, di una casa... Beh, forse una vita normale non l'avrei mai avuta, ma probabilmente non è mai stata quella che il destino aveva in serbo per me; ma il luogo dove essere amata, dove poter essere me stessa in ogni momento, l'avevo trovato:
Damon era la mia casa e non desideravo altro che trascorrere un'infinita, splendida, eccitante esistenza con lui.




E così, si conclude anche l'epilogo, spero di averlo reso al meglio, così come spero che vi sia piaciuta l'intera storia, nonostante sia la mia prima fanfiction !! :)
Dato che questo è l'ultimo capitolo, volevo spiegare il motivo per cui ho deciso di chiamare "Alice", la protagonista:
Mi era venuto istintivo, ma ora che ci penso meglio c'era tutto un ragionamento contorto dietro! Non so se vi ricordate Rose, la vampira che Damon incontra nella 2^ stagione, morta a causa del morso di un licantropo:


Ecco, io già la vedevo benissimo come coppia quella Rose/Damon e dovevate vedere come ci sono rimasta quando è morta T_T. Coomunque, non so perchè, questa Rose mi ricordava Alice, il personaggio della saga di Twilight, a dire il vero, l'unico personaggio di quella saga che non mi facesse saltare i nervi (NON voglio recriminare);
E così, il mio cervello ha fatto tutto questo ragionamento contorto senza che nemmeno me ne rendessi conto!
Ok, forse mi sono dilungata troppo e spero, in questo modo, di non avervi rovinato l''ultimo capitolo xD.
Forse ci vedremo presto con un'altra FF che ho in mente da un po', ma di cui non ho ancora sviluppato molto bene l'idea! Mmm suona un po' più come una minaccia che come promessa :/ Ahahaha, a presto ;)

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