As Time goes by

di Marguerite Tyreen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Everything turns to gold (Robert Plant - Led Zeppelin) ***
Capitolo 2: *** Crazy Diamond (Syd Barrett - Pink Floyd) ***
Capitolo 3: *** Days of our lives (Freddie Mercury - Queen) ***
Capitolo 4: *** Growing cold (Jimmy Page - Led Zeppelin) ***
Capitolo 5: *** I thought you was my friend (John Lennon - The Beatles) ***



Capitolo 1
*** Everything turns to gold (Robert Plant - Led Zeppelin) ***


Buonsalve, popolo di EFP!
Ci risiamo con un'altra creaturina scarna e spelacchiata, chiamata “raccolta” solo per brevità ^^' Visto che con le flashfic ci avevo preso gusto, ho pensato di produrne altre e di tornare a tediarvi xD Questa volta ho cercato di trovare un filo conduttore, per quanto non particolarmente accentuato: il tempo e l'impossibilità che esso ritorni, con tutto quello che ne deriva.
Purtroppo continuano a non essere vere e proprie iniezioni di gioia di vivere, ma l'umore è quello che è. Spero che vi possano piacere lo stesso :)
Grazie per essere passati!
Un bacione,
Marg.

 

***






Alla fine del 1973, Robert “Percy” Plant, cantante dei Led Zeppelin, subì un intervento alle corde vocali che modificò sensibilmente il suo tono di voce.
Come sempre, non temete per la mia salute mentale: sono gli effetti di ascoltare in loop Stairway to Heaven, ma poi passa ^^

[# Perfezione / 452 parole ]
 



A S.
Musa, motore e vera ragione
di questa raccolta in generale,
di questa storia in particolare.

There walks a lady we all know
Who shines white light and wants to show
How ev'rything still turns to gold.
(Led Zeppelin, Stairway to Heaven)

I rari oggetti che per caso hanno la perfezione
sono mortalmente tristi.
(M. Yourcenar, L'opera al nero)

 

 

 

Everything turns to gold
(Robert Plant – Led Zeppelin)




 

Headley Grange (East Hampshire), 1974

-Non ci riesco, Jimmy. - Plant battè lo spartito sul leggio – Non ci riesco, cazzo!
-Non è niente. - Page posò la chitarra - Riposati un attimo, eppoi...
-Mi riposerò da morto. Ammesso che non sia già morto, se non comando più la mia voce. E questo fottuto passaggio non... - agitò le mani ai lati del viso, con frustrazione.
Camminava per la stanza, passandosi ripetutamente le dita tra i capelli. Esausto, si sorresse al davanzale della finestra, la sigaretta tra le labbra: -E voi, vi decidete ad andarvene tutti?
Il chitarrista fece cenno agli altri di uscire. Attese che Plant credesse di essere rimasto solo, prima di premergli appena la mano sulla spalla.
-Vedrai che passerà, Percy. La tua voce tornerà quella di sempre, sarà solo questione di tempo.
-Lo sai anche tu che non è vero.
-Se anche fosse, tu saresti sempre il migliore.
-Lasciami solo. - fu appena un sussurro. Poi si voltò di scatto, con le labbra che gli tremavano: - La mia Stairway to Heaven, Pagey! Non riuscirò più a cantarla come prima.
-Oh, Percy!
Robert respinse la sua carezza: - Va' via, ti prego.

Lo guardò uscire. La chitarra era rimasta in un angolo della stanza. La prese sulle ginocchia, ranicchiandosi sul pavimento.
There's a lady who's sure / all that glitters is gold / and she's buying a stairway to Heaven.
Le parole nacquero da sole, come il giorno in cui le aveva composte.
Ne aveva un bisogno disperato: il mondo che gli si agitava dentro doveva sfondare la barriera dell'anima e del silenzio. Doveva gridare, doveva salire quell'unica scala che egli non poteva comperare.
Ma la sua voce non l'aveva sorretto, rivelandosi nella sua fallibilità. Lui stesso era fallibile, corrotto, misero, troppo lontano dalla perfezione. La delusione era un gioco crudele: la polvere del vero arrivava sempre a coprire quell'unico granello d'oro intravisto nella cenere
Ma la cenere rimarrà sempre cenere, non la si può tramutare in oro. Non ne abbiamo il potere. L'arte è solo l'ultima, estrema illusione e tutte le storie che ho cantato soltanto una strada verso un senso che non esiste.
Era così lontano, così debole per riprendere il cammino. Ma non avrebbe potuto ignorare ancora a lungo la luce abbagliante di quella scalinata. Doveva continuare a percorrerla.
Strinse i pugni: doveva pure finire, quella notte di tenebra. Prima o poi, avrebbe smesso di trascinarsi stancamente le sue ore sospese.
La sabbia nella clessidra della sua vita avrebbe ripreso a scorrere. A scorrere fino a scivolare via tutta quanta. Ma, forse, tenace, intrappolato tra i due vasi di vetro, un granello sarebbe rimasto.
Un granello di tempo, un granello di arte. Un granello d’oro.

 

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Capitolo 2
*** Crazy Diamond (Syd Barrett - Pink Floyd) ***


In seguito ad un crollo psicologico che gli impediva di suonare e all'abbandono da parte dei colleghi, il chitarrista Syd Barrett ha lasciato i Pink Floyd, ritirandosi a vita privata nella natia Cambridge.

[# Follia / 380 parole]

 

And I never knew the room could be so big
and I never knew the room could be so blue.
(Pink Floyd, Jugband Blues)

Remember when you were young, you shone like the sun.
Shine on you crazy diamond.
Now there's a look in your eyes, like black holes in the sky.
(Pink Floyd, Crazy Diamond)

 

 

 

Crazy Diamond
(Syd Barrett – Pink Floyd)

 

 

Cambridge, 1978


Non aveva mai pensato che la stanza potesse essere tanto grande. Che potesse essere tanto blu.
Le pareti giravano troppo spesso per rendersene conto. Non stavano ferme mai, mai, mai.
La figura bianca era sempre lì, ai piedi del letto, avvolta in una luce inquieta, baluginante.
Non lo lasciava solo. Non l'aveva più lasciato solo da quando l'aveva incontrata la prima volta.
Nemmeno quella sera.

-Stasera non suonerai con noi, Syd. -gli aveva detto Roger, quando lui si era presentato, con la chitarra scordata e gli occhi cerchiati dalla matita nera.
-Mi avete tagliato fuori, cazzo! - sbattè lo strumento a terra.
-Abbassa la voce.
-Io sono ancora dei vostri!
-Certo, Syd. - Roger cercò di afferrarlo per le spalle, con una delicata fermezza – Certo che sei ancora dei nostri.
Si divincolò dalla presa: - No, non è vero. - adesso le parole erano un respiro appena percettibile – Lo sai che non è vero.
Si sedette tra il pubblico, in prima fila, senza staccare gli occhi da quelli che un tempo aveva chiamato amici, aveva chiamato famiglia. Fu allora che la vide, quella signora in bianco. Solo allora, anche se sapeva che c'era sempre stata.


Le aveva dato tanti nomi: ispirazione, illusione, visione, follia, distruzione. Lei non rispondeva a nessuno. Si limitava a tacere, a brillare, come un diamante. E lo aveva seguito anche lì, anche quando non avrebbe avuto più nessun pezzo da raccogliere della sua vita infranta.
Non aveva pace, non gli dava pace. Era lei che guidava la sua mano sulla tela, come l'aveva guidata sulla chitarra o sulla carta. Il pennello tremava, mentre lo intingeva nel colore. E la stanza continuava a oscillare, a ondeggiare sotto la sua luce.
Ora che Syd Barrett non era niente di più di un nome dimenticato, ora che nessuno bussava alla sua porta, né i fans né ciò che restava dei Floyd, solo lei era rimasta.
Lei, la sua pazzia.
Fino alla fine, per confondere i confini del sogno e del vero. Per continuare a farlo brillare, come quel diamante pazzo che era stato.
Smise di dipingere e rimase a guardarla. Chissà da quale luogo proveniva. Forse da uno spazio sospeso, forse dalla sua mente.
O forse l'aveva inventata e nemmeno c'era. Nemmeno c'era mai stata.

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Capitolo 3
*** Days of our lives (Freddie Mercury - Queen) ***


Sei mesi prima di morire, Freddie Mercury realizza il suo ultimo videoclip con la canzone “These are the days of our lives”, congedandosi definitivamente dai suoi fans.

[# Addio / 333 parole]

 

 

A L.
parlare dei Queen è pensare a te.

'Cos these are the days of our lives
They've flown in the swiftness of time
These days are all gone now
but some things remain.
(Queen, These are the days of our lives)


All, all are sleeping,
sleeping, sleeping on the hill.
(E. L. Masters, Spoon River Anthology)


 

Days of our lives
(Freddie Mercury – Queen)

 

 

30 maggio 1991
 

Li guarda, uno ad uno. Brian accorda la chitarra, concentrato. Roger ha acceso una sigaretta e ha lo sguardo lontano, perso ad inseguire il filo di fumo di una riflessione segreta. John tormenta il plettro, senza dire nulla.
C'era stato un tempo in cui quel silenzio sarebbe stato infranto dalle risa, dalla voce divertita degli strumenti, dalle liti, dalle Muse inquiete.
C'erano stati i giorni della gioventù, che profumavano di sole e risuonavano dell'eco delle automobili lanciate in corsa. Giorni in cui la follia era gioia e l'errore era vita.
E c'erano stati i giorni del successo, col loro odore di polvere di palcoscenico, le luci abbaglianti dei riflettori, la voce dei fans all'unisono.
Ed ora non ci sarebbe stato più nulla. Soltanto un buio immenso. Soltanto un buio eterno.
Una notte infinita, che gli avrebbe chiuso gli occhi, che avrebbe inghiottito una ad una le facce del suo pubblico, la dolorosa saggezza di Brian, il tacito e saldo appoggio di John, lo slancio creativo di Roger. La fama, la vita, il respiro di quel mondo che sembrava appartenergli, quando loro cantavano insieme a lui. La sua voce, le sue canzoni, sarebbero svanite nella pioggia. Nello scroscio di un ultimo applauso, che avrebbe dimenticato. Perchè si dimentica tutto, sulla collina.
-Freddie, quando vuoi, noi saremmo... - Roger gli si avvicina con titubanza. Gli ha detto mille volte di non trattarlo come un malato, ma non avrebbe senso sottolinearlo adesso.
-Un minuto. - sorride, pagando un prezzo troppo alto. - Su, fammi un sorriso anche tu, Rodgie. Non si può lavorare così.
Lo guarda mordersi il labbro, per non piangere.
Sorridi, Roger. Quei giorni sono ormai finiti, ma alcune cose restano.
-Alcune cose restano per sempre. - sussurra, in un pensiero solo suo.
-Se non te la senti, puoi...
-No. Devo. Li amo ancora.
Alcune persone restano. Non le porta via la notte. Non le cancella nemmeno l'oblio.
Li osserva di nuovo, imprimendosi i loro visi nella mente.
Vi amo ancora.

 

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Capitolo 4
*** Growing cold (Jimmy Page - Led Zeppelin) ***


In seguito allo scioglimento dei Led Zeppelin e al rifiuto del cantante Robert Plant di riformare la band, nel 1993 il chitarrista Jimmy Page comincerà un sodalizio artistico con l'ex cantante dei Deep Purple, David Coverdale.
Nel 1994, il duo Page/Plant si ricomporrà.

[#Rimpianti / 328 parole]

 

As I watch the rising sun,
I see a new day just begun
Thinking 'bout the sacrifice,
Wondering how to pay the price,
Now my world is growing cold
(Coverdale/Page, Take me for a little while)


They talk of days for which they sit and wait

all will be revealed.
(Led Zeppelin, Kashmir)


 

 

Growing cold
(Jimmy Page – Led Zeppelin)

 


Tokyo, 1993

Lui sta scaldando la voce di là, io ripeto gli ultimi accordi alla chitarra.
Sta ripassando il testo di Kashmir e ogni volta è una stilettata al petto. Non ha le tue note d'arpa, non ha la tua passione. Non ha la tua ricerca spirituale di quando, chino sui fogli, passavi la notte a piegare le parole al tuo sentimento.
E non ha la stessa bellezza fiamminga, assente e lontana, sul palco, quando lascia ondeggiare una chioma che non ha il colore della tua.
Me ne sono andato sbattendo la porta, quella sera, quando mi hai detto che non avevamo più alcuna possibilità. Siamo invecchiati, Robert, ma i tuoi occhi hanno ancora il riflesso sfuggente di allora.
Ti ho chiamato traditore, vigliacco. E tu illuso e nostalgico.
Non ho capito che tu sapevi già tutto. Che tu sapevi che quel tempo non sarebbe più tornato.
Perdonami. È che non riesco a rassegnarmi.
Smetti di massacrare quella canzone, David! Grida la mia testa. Non è vero, non la sta massacrando. Non è giusto nemmeno così.
Ma lo so io cosa significano quegli anni folli. Quegli anni in cui eravamo giovani e abbiamo conosciuto il nulla dell'oblio e sfiorato l'assolutezza del tutto.
Qualcosa si è spezzato, Robert. Eri la mia parte solare, la luce che completava le mie tenebre.
È come se la Natura non respirasse più in armonia, da allora. Come se il mio mondo stesse diventando sempre più freddo. Come se la nostra Opera si fosse fermata, senza raggiungere il suo stadio più alto.
Ripensi qualche volta a quelle albe che ci sorprendevano con il loro bagliore, illudendoci che la nostra Rubedo* fosse vicina, dando un senso alle nostre veglie?
La canti ancora, tu, la nostra Kashmir? Io la suono talvolta, sai, ma non per il pubblico. Per me solo, cercando nella notte l'eco di un passato che non significa più nulla.
E la mia chitarra piange, su quel tempo. Quel tempo che non tornerà più.

_____

* La Rubedo (o Opera al rosso) nell'alchimia è la fase finale del processo alchemico, in cui la materia grezza, dopo essersi dissolta e purificata, si fissa in un'altra materia più alta e più nobile.

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Capitolo 5
*** I thought you was my friend (John Lennon - The Beatles) ***


1970. La fine dell'avventura dei Beatles.
Storia a due voci: la parte in carattere “normale” è Paul McCartney, quella in corsivo è John Lennon. La donna a cui fa riferimento John è la madre Julia, morta quando lui aveva diciassette anni.

[# Sconfitta / 383 parole]

 

A M.
sapendo che li ami.

 

 

When i thought you was my friend.
But you let me down, ho,
Put my heart around the bend.
(Paul McCartney, Three legs)

Julia
Morning moon
Touch me
So I sing a song of love.
(John Lennon, Julia)

 



I thought you was my friend
(John Lennon – The Beatles)

 


Londra, gennaio 1970

-Mi dispiace, Paul. Non lo faccio di proposito a litigare. È solo che sono fatto così, lo sai.
Non c'è più niente da salvare. Appoggi gli occhiali sul tavolo, con aria stanca.
È una vita che le discussioni degenerano negli insulti, ma una volta, almeno, avevamo la certezza che la nostra amicizia e la nostra arte fossero un filo sufficiente a ricucire gli strappi.
Un tempo amavo allo stesso modo quella tua armatura, quel tuo piglio sicuro e il vero John che ne riuscivo a intravvedere dietro. Posavi gli occhiali e il bagliore della tua anima mi accecava. Forse lo amavo più della facciata, perchè mi illudevo di essere l'unico privilegiato a conoscere ciò che non volevi rivelare al mondo.
Adesso penso che, se fossi riuscito a entrare più a fondo dentro al tuo animo, ora non saremmo a questo punto.
A cosa pensi, John, mentre guardi la città dormire ai nostri piedi? Sei troppo distante, sei troppo lontano.

Ti rivedo, in questa pioggia, in questa notte spenta. Suoni il banjo, come allora. Nel silenzio riesco ancora a sentirlo. E ridi, ridi forte. E io rido con te, perchè tutto sembra possibile. Perchè quando il cielo ha il colore dei tuoi occhi e il tramonto quello dei tuoi capelli, tutto deve essere possibile. Anche credere di vivere di poesia, del tuo sorriso di vento, di una chitarra che canta motivi antichi e mai dimenticati.
Se solo avessi potuto vedermi, come mi ha visto lei. Se solo avessi potuto stringerle la mano, quando ha scoperto che carmina dant panem, e stringere la mia, ancora una volta.
Ma che importanza ha, ora? Le beghe umane e le nostre piccolezze distruggono tutto quello che abbiamo avuto, persino la poesia, lasciando nei bicchieri il vino amaro del rimpianto e della sconfitta.


-Credo davvero che sia finita, Paul. Siamo giunti al capolinea, ma non pensare che non mi addolori.
Mi dici, riprendendoti gli occhiali e lasciando il divano.
-Mai quanto addolora me.
Siamo due estranei. Prima o poi cancelleremo tutto massacrandoci per una sciocchezza, per un po' di denaro, per qualche sterile questione di principio o di diritti.
Le lenti tornano ad adombrarti gli occhi. Lennon torna ad oscurare John. E io non vedo più nulla in te. Più nulla.
È troppo tardi per capire.

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