True Love?

di MadHatter96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 -Goodbye- ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 

 True Love? 

 Capitolo 1

 
“Te ne vai di già?”
“Scusami, ma il lavoro mi aspetta!” Una ragazza dai lunghi capelli castano scuro e gli occhi color cielo si precipita verso l’uscita della scuola lasciando di stucco l’amica che la segue con lo sguardo.
Non è facile per una sedicenne vivere da sola, soprattutto in un quartiere come Ikebukuro, ma in fondo a Yukiko non dispiace la sua vita; non può certo dire di avere tutto ciò che vuole, ma pian piano ce la farà, ne è certa.
Spinge la porta a vetri del cafè ed entra di corsa con la pronta per indossare la divisa.
“Ah, Yuki-chan! Sei arrivata!”
“Scusa Ayumi-senpai! Sono in ritardo!” 
La donna bionda scuote la chioma con non curanza: “Non importa, ma ora sbrigati!”
Yukiko annuisce correndo verso il bagno per indossare la divisa del locale.
Lavorare in un cafè a Ikebukuro non  le dispiace affatto, è un modo per essere a contatto con la gente e essere partecipe alla vita sociale anche svolgendo i propri compiti.
Beh, lei sinceramente di vita sociale ne ha eccome, e poi sa qualcosa che nessun’altro può immaginare. Già, lei è speciale, lei è stata salvata dalla Moto Nera.
Era inverno quando accade e il suo corpo era quasi sepolto dalla neve. Non ricorda il perché si trovasse lì in fin di vita e non ricorda nemmeno cosa accadde quando incontrò quella leggenda; ricorda solo il freddo del ghiaccio sulla pelle mentre faticava a tenere aperti gli occhi, le grida, il casco che cadeva rotolando fino a lei e infine quel caldo corpo rivestito d’ombra che la sollevava e la guardava… senz’occhi.
Aveva sempre avuto il terrore di incontrare esseri del genere finché non si era convinta che non esistevano, ma quando vide quella creatura circondata dal bianco invernale non poté fare a meno che definirla bellissima.
Sospira nel ricordare quel mito reale che non aveva mai più avuto modo di incontrare, la vede spesso sfrecciare per le strade ma tutto finisce presto: come un sogno che appare e scompare in pochi istanti che sembrano eterni, e poi non rimane altro che l’immagine sfuocata nella mente.
Lei la vorrebbe incontrare, parlarle, osservare tutta la sua strana bellezza. Ecco perché ora è lì, in quel meraviglioso quanto inquietante quartiere di Tokyo, ecco perché ha accettato di entrare a far parte della gang più famosa e misteriosa di Ikebukuro: i Dollars.
Ma a quanto pare questo non serve a nulla, anzi, per lei il fatto di far parte di una così potente gang non ha importanza, ormai ha quasi dimenticato di essere un suo membro, per lei è solo un gioco.
“Buongiorno, vuole ordinare?” Chiede Yukiko inchinandosi leggermente davanti ad un uomo di mezza età in giacca e cravatta seduto nel tavolo all’angolo che legge il giornale con aria di disinteresse. Ormai ha imparato come comportarsi e sa che non deve lasciar spazio alle opinioni personali e deve mostrarsi sempre gentile in qualunque circostanza.
“Un caffè nero.” Risponde l’uomo senza alzare il naso dal giornale, lei continua a sorridere ringraziando e dirigendosi verso il banco.
“Mamma mia che gente…” Mormora sovrappensiero.
“Già, tu li servi e loro neanche ti ringraziano.”
Un ragazzo dal viso angelico la osserva divertito dal commento della ragazza.
“Oh, Hiroshi! Avevo paura fosse un cliente!” Esclama lei sollevata dalla vista del collega intento a tenere in equilibrio tre vassoi assieme.
“Ce la fai? Vuoi una mano?”
“No, tranquilla. Invece è meglio che porti l’ordinazione di quel tipo che hai appena accolto… non ha l’aria di essere molto paziente.”
“Ai suoi ordino Hiroshi-senpai!” Esclama lei con un inchino teatrale e lui le sorride facendola leggermente arrossire.
 A lei Hiroshi piace, e anche tanto. Ma… che sia amore? Lei non è mai stata innamorata di qualcuno, ma se lo amasse davvero… lo sentirebbe, no?
Sospira lasciando che la sua mente si distolga dall’argomento e si avvia verso il bancone: “Un caffè nero per il tavol…”
SBAM!
“Ma che…”
Un rumore di copi proveniente dall’esterno del locale fa sobbalzare tutti i presenti.
“Che succede?” Chiede Yukiko ma ha già le ipotesi pronte e la più probabile…
“IIIIZAAAAYAAAA!”
Lo sapeva. Le era già capitato di vedere quei due litigare. Izaya e Shizuo sono come gatto e cane, o come topo e gatto; ogni volta che s’imbattono uno nell’altro devono sempre cercare di uccidersi a vicenda senza ottenere mai risultati.
La ragazza si avvicina lentamente alla vetrata per osservare la scena:
Izaya Orihara è accasciato a terra ma non ha perso quel sorrisetto che fa saltare i nervi. Non basta un cestino della spazzatura per ucciderlo come per Shizuo non basta un coltello.
Izaya è veloce e il 99% degli oggetti volanti li schiva, l’ 1% restante sono quelle cose lanciate quando si sta concentrando in altro e non se le aspetta.
Il moro si rialza e inizia a parlare, probabilmente sta provocando il suo avversario ma Yukiko non può sentirlo per via del vetro del locale.
Shizuo getta a terra la sigaretta e si prepara per lanciargli addosso qualunque altra cosa gli capiti a tiro.
Ovvio, tanto fumo e niente arrosto, come sempre. Oh, certo, lei non vuole che si facciano male… ma non vuole nemmeno che distruggano tutta Ikebukuro per i loro giochi infantili.
Sospira e si riavvicina al bancone dando le spalle alla scena mentre i suoi colleghi rimangono intenti a guardare quello stupido combattimento.
“Oh, ecco. C’è Simon.” Sussurra una ragazza mentre stringe il vassoio al petto.
A quelle parole ognuno torna agli affari propri come se fosse appena finita una partita di calcio o la puntata di un telefilm.
Ormai tutti si sono così abituati a queste violenze che nessuno ci bada più.
Yukiko sospira nuovamente e si concentra sul bancone dove il proprietario del locale sta preparando il caffè nero per l’uomo col giornale.
Improvvisamente il trillo del campanello avvisa l’entrata di un nuovo cliente nel locale; inizialmente Yukiko non ci fa caso e continua a fissare la tazza che si riempie ma quando tutte le colleghe della sua età si avvicinano lentamente al bancone dove lei sta aspettando decide di dare un’occhiata al nuovo arrivato e un brivido le percorre la schiena: Izaya Orihara.
La vista del ragazzo la spaventa e non poco: se è lì vuol dire che bisogna per forza avere un contatto diretto con lui e avere un contatto diretto con quel tipo è l’ultima cosa che desidera. Non si sa mai cosa passa per la mente di quel ragazzo che apparentemente sembra così normale.
Lei lo guarda mentre Yumi, la cameriera più giovane del locale nonché sua migliore amica si stringe vicino a lei: “Y-Yuki-chan… chi va?” Chiede sussurrandole all’orecchio.
Yukiko si pietrifica: no, lei no. Neanche se la pagano. No, assolutamente no.
Un conto è guardarlo mentre schiva una pioggia di oggetti volanti e agita una lama ben affilata contro il suo nemico e un conto è averlo lì davanti che fissa te e solo te; perché lui studia chiunque gli si pari davanti, osserva chiunque e se ti trova interessante… sei nei guai.
Un mormorio sale dal gruppo di cameriere che si è formato attorno al banco:
“No, non contate su di me.”
“Assolutamente no, scoratevelo.”
“Ma qualcuno deve andare!”
“Vacci te!”
“Ma che scherzi?”
Yukiko non dice nulla e continua ad osservare la figura rilassata del ragazzo su un tavolo non molto distante da loro e ora, solo ora, si accorge che le sta fissando sorridendo.
Ha capito che hanno paura di lui?
“Perché non va Hiroshi? È un uomo.”
“Uomo o donna qui conta poco. Quel tipo non è un maniaco come ce ne sono tanti, è la persona più pericolosa e imprevedibile di tutta Ikebukuro, anzi, tutta Tokyo.”
“Non esagerare…” mormora Yukiko a chiunque abbia parlato senza distogliere lo sguardo da Izaya. Lo ammette, lo ha detto solo per farsi coraggio.
“Va bene, vado io.” Dice sperando di sembrare convinta. In fondo… non la mangerà mica, no?
“Non importa Yukiko. Ci va una di noi che siamo più grandi.” Cerca di fermarla Ayumi ma non è per nulla sicura di quello che dice.
“E che differenza fa? Tanto… è un cliente come tutti no?” Mormora mentre afferra con poca convinzione il block-notes e si avvia verso il tavolo.
Sente lo stomaco attorcigliarsi: sa bene che il solo semplice gesto dell’avvicinamento con Izaya può voler dire un sacco di guai. Tutti quelli che lo conoscono lo sanno, e tutti lo conoscono.
Chiunque conosce almeno il suo nome, e lei si è sempre ritenuta fortunata a conoscere il suo aspetto in modo da potersi tenere alla larga.
Fisicamente non è niente male, tranne per il fatto che ha un po’ d’ anni in più di lei… ma se fosse per questo anche i suoi genitori hanno una buona differenza di età.
Ma quello sa trasformarsi in un mostro, può torturare chiunque voglia solamente fissandolo.
Yukiko scuote la testa: no, non deve agitarsi. Non deve lasciare spazio alle emozioni e alle opinioni personali. Quello che ha davanti a lei è un cliente, un semplice cliente.
Ed eccola lì. È arrivata. È arrivata da lui.
Gli occhi si lei si posano sui suoi  mentre lui li scruta con un mezzo sorriso in faccia; lei vorrebbe sostenere lo sguardo ma non ne è capace. Lo distoglie e poi si decide a parlare:
“Buongiorno e benvenuto. Desidera ordinare?”
Yukiko esegue il suo solito inchino di accoglienza.  Non deve avere paura. Non  succederà nulla.
“Hai degli occhi insoliti per essere giapponese.”
Alla ragazza si mozza il fiato: che cavolo di domanda è? E cosa dovrebbe rispondergli?
Non ha il coraggio di riportare lo sguardo su di lui e non vorrebbe nemmeno rispondergli; ma in fondo… è un essere umano anche lui, che cosa potrebbe fare se gli dice che sua madre è europea? Anzi, perché dirglielo? Basta rimanere vaghi.
“Ah… ecco, ho dei parenti europei, tutto qui.”
Ecco, così va bene.
“Mh, uno dei tuoi genitori immagino.”
No, non va bene.
Anzi… sì, va bene. Quello è solo un ragazzo di nome Izaya che dopo un momento di sforzo e fatica si va rilassare al locale più vicino; poco importa che lo sforzo fosse una lotta accanita contro l’uomo più forte di Ikebukuro.
“Sì, esatto. Allora, cosa le posso portare?” Chiede lei di nuovo, nella speranza di concludere in fretta la discussione.
“Prima mi devi garantire una cosa.”  Afferma lui deciso con un sorriso strafottente sulle labbra.
Lei stringe il block-notes al petto: “C-cosa?”
Il ragazzo passa un braccio dietro lo schienale della sedia e lancia un’occhiata al gruppo di cameriere alle spalle di Yukiko che nonostante alcune siano tornate al loro lavoro la maggior parte rimane raggruppata vicino al bancone.
Un leggero ghigno risuona quasi impercettibile dalla bocca di Izaya e poi i suoi occhi ritornano a posarsi sulla giovane davanti a lui: “Assicurami che sarai tu a portarmelo.”
“C-come scusi?”
“Beh, non mi sembra di aver chiesto molto no? E poi il cliente ha sempre ragione, giusto?”
Gli occhi celesti della ragazza si posano velocemente sui colleghi sparsi per il locale.
“Va bene.”
“Oh, andiamo. Sorridimi. Devi essere gentile con me, no? Sono un semplice cliente in cerca di ospitalità.”
Di nuovo gli occhi di Yukiko incontrano quelli castani lampeggiati di rosso: lui l’ha capito.
Ha capito che lei ha paura.
Ha capito i suoi pensieri… non  c’è dubbio, lui è l’incubo di Ikebukuro: Izaya Orihara.
E con questo? Lei allora è Yukiko Ishii. Può farcela.
Le labbra della cameriera si increspano in un sorriso: “Come desidera.”
Lui ridacchia soddisfatto.
Sì, può farcela. Deve uscire da quella situazione con i nervi apposto, e non deve avere paura.
“Bene dunque, cosa le porto?”
“Dimmi tu. Non sono mai venuto qui.”
“Mh… beh, intanto le garantisco che qui facciamo delle cheesecake ottime se le interessa.”
“Mh, ok. Mi fido. Ah… portami anche del tè.”
La ragazza si incina nuovamente per ringraziare per poi dargli le spalle e tornare al bancone.
Non è stato così male. Non è successo nulla, anzi, cosa avrebbe dovuto succedere?
Un leggero sorriso si dipinge sulle labbra della giovane mentre le altre ragazze la circondano.
“Allora? Che ha fatto?”
“Vuole una fetta di cheesekake e del tè.” Risponde semplicemente lei.
“Ehi! Non vogliamo sapere quello!”
“Ma non c’è altro da sapere. Non è così terribile, è un ragazzo normale.”
Yumi storce la bocca: “Bah… se è normale quello lì…”
Yukiko si limita a scuotere la testa mentre Hiroshi le poggia una mano sulla spalla: “Non importa, poi ci vado io da lui.”
“No, non serve.”
“Cosa?! Ci vuoi tornare?!” Esclama Yumi guardando l’amica spaventata.
“Sssh, abbassa la voce. Comunque sì, non è un leone. Non morde.”
“Ecco, Yukiko.” Sul bancone viene posato il vassoio con la fetta di torta e il tè.
E di nuovo si riavvia verso il tavolo dove siede uno dei personaggi più conosciuti di Ikebukuro.
“Ecco a lei.”
Riguardando gli occhi di Izaya Yukiko si rende conto di averceli avuti sempre addosso sino a quel momento.
“Scusi… posso sapere perché ha voluto che fossi io a servirla?”
Le labbra dell’informatore si increspano in un sorriso che poi lascia spazio a una breve risata divertita.
“Guarda là.” Le dice indicando  con un breve cenno del capo il bancone dove Yumi, Hiroshi e altre tre ragazze sono ancora fermi a bisbigliare sul conto di Izaya.
Lei li guarda e poi torna a fissare il cliente in attesa di una risposta più sensata.
“Hai visto?” Chiede lui con un espressione a dir poco divertita in volto.
“Sì, ma cos…?”
“Sembra quasi che io deva divorarli da un momento all’altro.” Gli occhi scuri di Izaya sono puntati sul gruppetto di ragazzi che ancora non sono tornati al lavoro. Effettivamente è palese che abbiano paura. Ma anche gli altri colleghi di Yukiko non si avvicinano al tavolo dove sta seduto l’informatore.
“Hanno paura, eh? Hanno paura di me. Anzi, hanno paura di quello che si è sentito dire di me.”
Lei lo guarda confusa. Che cavolo sta cercando di dirle?
Lui torna a guardarla senza perdere il sorriso e ridacchia nel vedere che Yukiko non capisce. A lui piace tutto questo.
“Io non ho mai fatto nulla di male a nessuno di loro eppure hanno paura. Chi di loro può confermare che quello che si dice in giro sul mio conto è vero? Eppure loro sono sicuri che sia così.”
Beh… però in fondo litiga sempre con Shizuo e dimostra di saper maneggiare alla perfezione un pugnale a lama pieghevole… e questa per Yukiko è già una conferma, almeno crede.
“Con Shizuo è un altro discorso. Mi diverto… ma è tutta una questione che riguarda noi due.”
Ma perché sta dicendo tutte queste cose? Vuole discolparsi?
“Sta dicendo che tutto quello che si dice in giro su di lei è una bugia?”
Di nuovo la voce di Izaya si trasforma in una risata di puro divertimento: “Oh, io non ho mai detto questo.”
A Yukiko si gela il sangue nelle vene: ma cosa sta cercando di fare? Spaventarla con i suoi discorsi psicologici?
“Che c’è? Hai paura anche tu?” La sua voce provocante e i suoi occhi taglienti la pietrificano.
“Sì.”
Gli occhi di lui si distolgono da lei e si posano sulla fetta di torta: “Però! Sei coraggiosa ad ammetterlo.”
Coraggiosa. No, lei non è affatto coraggiosa.
“Le conviene iniziare, o il tè si fredderà.”
“Impaurita eppure gentile.”
Se potesse gli tirerebbe una sedia in testa pur di farlo stare zitto.
All’improvviso una voce la fa sussultare ma allo stesso tempo sollevare: “Ehi, Yukiko! Dei clienti ti vogliono.”
Lei si inchina di scatto verso Izaya in cenno di saluto, e senza parlare si gira dirigendosi a passo svelto verso la direzione da cui veniva la voce.
“Ehi Yuki-chan! Hai visto che il tuo Kida è venuto a trovarti?”
Appena la voce allegra del ragazzo le giunge alle orecchie Yukiko non può fare a meno di sorridere.
Kida Masaomi è un  suo compagno di classe che a lei sta decisamente simpatico.
“Ehi, ciao Kida!”
Il ragazzo biondo le circonda le spalle con il braccio, lei lo asseconda amichevolmente per poi notare un altro ragazzo dai capelli scuri e molto più contenuto del suo compagno di classe.
Lei gli sorride: “Ciao Mikado, sei venuto anche tu?”
“Ciao Yuki-chan.”
“Ahm… senti…” la voce di Kida le fa riportare l’attenzione su di lui: “Che ci facevi con Izaya?”
Mikado si avvicina interessato all’argomento.
Lei sospira e poi sorride: “Che dovrei farci? Un semplice cliente.”
Adesso che ci pensa, chissà se Orihara-san… sa qualcosa in più… sulla Moto Nera.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


True Love?

 
Capitolo 2

 

E anche l’ultima ora di lezione della giornata è finita.
Yukiko si stiracchia sbuffando, non per le lunghe ore scolastiche che per lei sono durate un istante, ma poiché essendo la sua giornata libera non ha la più pallida idea di come superare il pomeriggio.
La sua mente vaga in cerca di una soluzione adeguata mentre tutti gli studenti si alzano e si precipitano all’uscita dell’edificio scolastico.
“Ehi! Yuki-chan! Vai al lavoro?” La voce di Kida la riscuote da quella specie di trans in cui era caduta nel tentativo di trovare rimedio a quello che si prospetta un noiosissimo pomeriggio.
“Ah! Kida-kun! No… ho la giornata libera.” Sospira.
“Senti… io, Mikado e Anri pensavamo di andare a farci un giro, così tanto per stare insieme. Ti va di venire con noi?”
Yukiko alza un sopracciglio con fare perplesso: “Ma come! Con due ragazze al seguito non ti sarà difficile rimorchiare?”
Kida sorride spavaldo e si porta vanitosamente una mano tra i capelli: “Il mio fascino può superare qualsiasi barriera!... Allora, ci stai?”
“Andate anche all’Animate?” Chiede Yukiko dopo una breve risata per la simpatia dell’amico.
“Se ti fa piacere, ok!”
“Bene, ci sto!”
“Grande! Andiamo a recuperare gli altri due! Came on!” Esclama il biondo portando l’indice davanti a se come un generale.
Yukiko ridacchia di nuovo sotto i baffi per poi seguire il compagno che cammina per il corridoio con andatura decisa.
“Yukiko, allora sei venuta!” la saluta sorridente Mikado.
“Anri, Mikado, Salve!” Ricambia la castana.
“Ciao Yuki-chan!” Mormora Anri scivolando accanto a Yukiko.
“Bene, che facciamo?” Chiede in generale Mikado.
“Yuki-chan voleva andare all’ Animate, quindi… in marcia!” E di nuovo il biondo si riavvia con fare teatrale verso l’uscita.
“No, Ehi… aspetta, aspetta! Se avevate altri progetti io…” Cerca di chiarire Yukiko.
“Nessun progetto!”  Assicura Mikado allegro seguendo l’amico ormai bel che fuori dalla scuola.
Ormai il sole inizia a tingersi di rosso e mentre le ombre si allungano i quattro ragazzi iniziano a gironzolare per le strade di Ikebukuro diretti al negozio di manga.
Yukiko è attenta: scruta ogni tetto, ogni vicolo e ogni angolo della città nella speranza di incrociare quel sinuoso corpo color notte oppure la silenziosa moto che affascina e allo stesso tempo spaventa gli abitanti di Ikebukuro.
Alcuni dubitano della sua esistenza… ma lei l’ha vista.
Improvvisamente una strana sensazione si fa spazio in lei, come un dubbio… qualcosa che la segue… un brivido le percorre la schiena senza motivo e i suoi occhi si posano di scatto sul tetto di un alto palazzo.
Qualcuno che la sta guardando?
Sbatte le palpebre più volte per poi convincersi che non c’è motivo di preoccuparsi. Perché qualcuno dovrebbe osservare proprio lei?
“Venite a mangiare Sushi! Essere buono! Pesce fresco!” Quella voce primitiva la fa girare sorridendo distogliendola dai suoi pensieri.
“Buondì Simon!” Salutano all’unisono Yukiko e Kida.
“Se avete fame, voi venire a mangiare sushi!”
“Non ora, andiamo all’Animate. Magari più tardi eh Simon?” Lo assicura il biondo picchiettando amichevolmente sul braccio del colosso.
“Bene, io aspetto voi!” Esclama quest’ultimo agitando la mano in cenno di saluto verso la direzione in cui i quattro studenti del liceo Raira si allontanano.
“Mh, dunque… vediamo se c’è qualcosa di interessante.” Mormora Kida scrutando i vari volumi in cui sono immersi.
“Io stavo cercando un Seinen.” Annuncia la ragazza dagli occhi azzurri imitando il compagno “Anri, mi aiuti a cercare?”
L’amica annuisce con un leggero sorriso per poi iniziare a cercare.
“Un Seinen?  Ma le ragazze non leggono i Shojo?”  Domanda Kida alzando il naso dai manga che stava analizzando.
Yukiko storce la bocca infastidita: “E chi te lo dice?”
“Beh, se vuoi rimanere sul classico ti consiglio Death Note, ma immagino tu lo abbia già letto e chi non lo ha fatto?… io andrei su qualcosa tipo Gantz se fossi in te.” Una voce femminile alle sue spalle fa voltare Yukiko spaventata.
Una ragazza in total black con i capelli raccolti e parzialmente nascosti da un cappellino le indica un manga non molto distante da lì.
“Ah… sì, è bello?”
“Oh, sì se sei appassionata di seinen di quel genere.” Un ragazzo dai capelli color cenere e gli occhi semi chiusi si unisce a quella strana conversazione.
“Ehi, siete sempre qui voi?”
“Masaomi! E anche Ryugamine!” Esclamano i due ragazzi non appena sentono la voce di Kida.
Yukiko guarda la scena stranita mentre i ragazzi si salutano.
“Yukiko, avrai sicuramente sentito parlare di loro. Sono Walker Yumasaki e Erika Karisawa.” Presenta Kida indicandoli con una certa eleganza.
“Oh, sì… ne ho sentito parlare.”
“Lei è Yukiko Ishii.” Continua lui disinvolto mentre lei si inchina: “Piacere.”
Al sentire il suo nome la loro espressione diventa perplessa ed iniziano a parlottare tra di loro.
“ma questo nome…”
“Vuoi che sia lei?”
“Pensi ci sia un omonima?”
“Boh… magari un clone.”
“Ma Kadota non lo ha detto.”
“Allora è lei…”
Yukiko li guarda perplessa e anche leggermente spaventata… cosa staranno mai dicendo quei tipi?
“Scusa, ti andrebbe di venire un attimo con noi? C’è una persona che credo voglia conoscerti.”
Una persona? Che persona? Chi?
Perché mai qualcuno vorrebbe conoscere lei?
Nella mente scorrono tutti i volti visti al cafè ma non le viene in mente nessuno che possa interessarsi a lei.
Una ragazzina di 16 anni, quasi 17… chi mai dovrebbe volerla incontrare?
Sospira ansiosa: un po’ per la paura e un po’ per la curiosità.
Non sa se fidarsi o meno, ma quei due tipi sembravano molto amici di Kida.
“E… chi sarebbe questa persona?”
“Oh, è il nostro capo: Kadota.” Risponde la ragazza corvina alzando gli occhi dal suo cellulare.
“Se è così veniamo anche noi!” Esclama Kida agitando in aria la mano con fare annoiato.
“va bene, non ci dovrebbero essere problemi.” Annuisce Yumasaki sorridendo per poi avviarsi allegramente con la compagna verso l’ascensore: “non preoccuparti, qui ci torneremo tutte le volte che vuoi!” Esclama intanto Karisawa per farsi sentire dai ragazzi, in particolare da Yukiko.
Gli occhi celesti ritornano a scrutare le strade nella vana speranza di vedere ciò che per lei è l’oggetto di un desiderio.
Ma al posto della sensazione di sicurezza che la prende negli istanti in cui la Moto Nera sfreccia davanti a lei ora viene perseguitata da una sensazione di disagio, e non è data dai due ragazzi ce lei e i suoi amici stanno seguendo.
“ma che hai combinato?” Il sussurro di Kida e Mikado le giungono da entrambe le parti.
“Ninte! Che vuoi abbia fatto?”
“E allora perché Kadota vuole conoscerti?”
“E chi è questo tizio?” Chiede lei senza ottenere risposta.
Si sente come una criminale che sta per essere portata in carcere, anche se gli altri passeggiano tranquilli.
Sospira un po’ scoraggiata dalla situazione che per lei è a dir poco assurda. Ecco perché odia le giornate libere.
“Eccociiii!” Esclama la voce squillante di Erika mentre si dirige allegramente verso un furgoncino  parcheggiato lungo la strada.
Un ragazzo con i capelli lunghi fino al mento si sporge dal finestrino con fare annoiato per scrutare meglio i nuovi arrivati
“Ehi! Saburo-kun! Kadota è qui?” Lo saluta la corvina agitando il braccio in aria con fare infantile.
Il tipo seduto dentro il veicolo indica con fare annoiato il retro per poi parlare: “L’avete trovata?”
Walker annuisce posando una mano sulla spalla di Yukiko: “Carina vero?”
La ragazza sbuffa irritata guardando il ragazzo in malo modo.
Ad un certo punto una nuova persona si fece avanti uscendo dal lato opposto del furgone:  è un ragazzo alto con i capelli castani coperti da un berretto che gli arriva fino sopra gli occhi.
Si avvicina a lei scrutandola mentre Yukiko si avvicina lentamente a Kida.
“Masaomi, quanto tempo.”
“Kadota!” Risponde il biondo mentre gli occhi dell’altro tornano a posarsi sulla ragazza castana.
Lei tituba un momento e poi si decide: “Sono Yukiko Ishii, piacere.”
“  Kyohei Kadota.” Risponde il ragazzo con un mezzo sorriso.
“Io… questi due ragazzi hanno detto che una persona mi voleva incontrare…”
“Sì, sono io che volevo conoscerti. Anzi…”
Quell’ultima parola la fa trasalire, perché gli anzi non  preannunciano mai niente di buono… in quelle situazioni.
“In realtà è un'altra persona che mi ha chiesto di avvicinarti.”
“Posso sapere chi è?” Chiede Yukiko titubante, ma in fondo è un suo diritto.
“Mi ha chiesto di non dirti nulla, ma a quanto pare vi conoscete già.”
La conosce già? La sua mente ripercorse tutti i nomi che potevano appartenere alla persona misteriosa ma non conosceva nessuno che avesse bisogno di un terzo individuo per avvicinarsi a lei.
“E… cosa dovrei fare?”
“Semplice, starai con noi!” Esclamarono i due ragazzi otaku che l’avevano accompagnata fin lì con occhi luccicanti: “Verrai con noi all’Animate…”
“Graderemo i nuovi anime insieme…”
“Faremo i cosplay…”
“Seguiremo i mangaka fin sotto casa…”
“Cosa?!” Esclama Yukiko sconcertata da questa affermazione.
“Non facciamo niente di male.” Mormora innocentemente il ragazzo dagli occhi sottili.
“Non preoccuparti, non sono pericolosi. E poi il tuo ragazzo ci rimarrebbe male!” La incoraggia Kida con fare sarcastico sotto gli sguardi incerti di Mikado e Anri.
“Il mio ragazzo?!”
“Beh… una persona che vuole conoscerti è perché gli piaci no?”
“Mi sa che tu viaggi un po’ troppo con la fantasia Kida-kun…” Mormora Yukiko più a se stessa che al compago, poi sospira e rivolge lo sguardo alle nuove conoscenze: “Ho paura…”
Sì, ha letteralmente paura di quella situazione, ma  la curiosità la spinge a rischiare.
Com’è possibile che qualcuno la voglia? Forse è quel pizzico di pepe in più che le manca. Un mistero che riguarda solo lei… è perfetto.
“E come faccio a ritrovarvi?”
“Allora accetti?!” I Due ragazzi le si attaccarono addosso con fare adulante.
“S-sì… credo di sì…” Risponde titubante lanciando uno sguardo a Kida e gli altri “… magari se ci incontriamo anche con loro…”
“Ma sì! Più siamo meglio è! Ti passiamo noi a prendere dopo scuola!”
Yukiko li guarda un po’ stranita: ma non era il tipo con il berretto a volerla conoscere? Ma forse essendo suoi seguaci vanno bene anche quei due che in fondo iniziano a starle simpatici.
“No, sono al lavoro.”
“Allora dopo il lavoro.”
Il suo sguardo torno sui tre compagni di scuola che annuirono.
“D’accordo.”
“Yuki-chan… mi sa che se vogliamo trovarci un posticino al Roshia-sushi è meglio che andiamo.”
“Ok, allora… a domani.” Saluta ancora un po’ confusa la ragazza mentre Erika e Walker agitano vivacemente le braccia gridando arrivederci in tutte le lingue esistenti e inventate chele loro menti possono conoscere; evidentemente avere una nuova compagna con cui condividere la loro passione li divertiva molto.
Yukiko cammina silenziosa distaccata dagli altri tre che invece conversano allegramente.
“Quei tipi non fanno niente, anzi… penso sarete buoni amici!” la rassicura Kida con un occhilino ma lei non ci bada e continua a cruciarsi su quella decisione così repentina di cui si è già pentita.
Kida sospira e le si porta affianco circondandole con fare da ganzo le spalle: “Allora, visto che tu hai invitato anche noi insieme a loro fa come se ti avessi appena presentato dei nuovi amici, va bene piccola mia?”
Piccola mia? Quell’ultimo nomignolo la fa automaticamente scoppiare a ridere. Hiroshi la potrebbe chiamare piccola, ma Kida proprio no!
“Uh, che onore!” Esclama lei scansandolo scherzosamente.
“Ehi, guarda che è il sogno di tutte le ragazze essere chiamate così da me!” Ribatte il biondino con un finto broncio per poi alzare la voce rivolgendosi a una giovane passante: “Ehi, vieni qui piccola mia!”
La ragazza lo guardò spaventata per poi accelerare il passo e dileguarsi tra la gente di Ikebukuro.
“Kida… è imbarazzante…” Mormora Mikado portandosi avvilito una mano davanti al volto mentre Yukiko e Anri ridacchiano divertite.
“E allora vediamo se il grande Kida riesce a prendere la sua piccolina!” Lo schernisce la compagna di classe scattando a tutta velocità verso il Roshia-sushi appena dietro l’angolo.
Ha ragione lui, tanto ci saranno anche i suoi amici no? Perché preoccuparsi?
Improvvisamente percepisce qualcosa di chiaro che sfreccia a tutta velocità a pochi metri dal suo orecchio sinistro seguito da una forte corrente d’aria.
Sussulta facendo un piccolo salto verso l’interno del marciapiede per poi osservare nella direzione in cui era diretta quella cosa in tempo per vedere un distributore automatico schiantarsi contro una parete facendo scintillare i frammenti di vetro all’ultima rossastra luce solare. Continua a guardarlo stranita sebbene non sia la prima volta che vede quello spettacolo; una scia di liquido appartenente una lattina esplosa le arriva fino ai piedi costringendola a spostarsi.
“Ancora quei due…” mormora mentre un veloce rumore di passi si avvicina a lei.
“Ah, ma che sorpresa! Che coincidenza incontrarci proprio qui!” Quella voce… la pelle di Yukiko diventa simile alla carta vetrata e il suo respiro si mozza.
Le iridi somiglianti al paradiso ruotano lentamente fino a trovare quelle castane di colui che più teme.
“O-Orihara-san…” cerca di salutarlo ma il constatare che quel ragazzo si ricorda ancora di lei non può che farla intimorire.
“Vedo che ora sei in compagnia…” mormora l’informatore scoccando un’occhiata spavalda ai suoi tre amici, Yukiko non sa se rispondono o cosa… non se ne rende conto, i suoi occhi sono fissi su quell’individuo così misterioso e pericoloso.
“Come te la passi?” Chiese lui tornando a guardarla. Una domanda così semplice e scontata, quasi fossero amici, una frasi da rapporto umano che lui non ha e non potrà mai avere con nessuna persona esistente, lei ne è sicura.
Improvvisamente la figura del ragazzo davanti a lei sparisce e una ventata d’aria simile a quella di prima la investe e la sua testa ruota di scatto inseguendo nuovamente un oggetto volante non ancora identificato dalla mente di Yukiko.
“Ahia!” Esclama Kida con un mezzo sorriso nel vedere che il tiro di Shizuo questa volta è andato a segno.
Un’alta macchinetta della CocaCola… l’ha beccato?!
Istintivamente la ragazza si precipita verso il dispributore che effettivamente nasconde un corpo che cerca di liberarsi.
Sebbene Izaya non le piaccia per niente il pensiero che possa essersi fatto male la fa rabbrividire… tipico del suo carattere altruista.
“Orihara-san!” Grida mentre nota che finalmente il ragazzo si è liberato da quell’affare pesante.
“Tutto bene?” Gli chiede lasciandosi cadere in ginocchio accanto a lui.
“Sì, ma ha fatto decisamente più male delle altre volte.” Risponde lui passandosi ripetutamente una mano dal petto al ventre; Yukiko ne deduce che deve fargli davvero male ma quando nota ancora quel sorriso spavaldo in volto gli viene voglia di strangolarlo.
“Hai abbassato la guardia, Izaya.” Una voce piena di rabbia la fa nuovamente voltare facendole notare un barista biondo che stringe nella mano destra un palo del divieto pedonale.
Shizuo Heiwajima…
No, decisamente la posizione in cui si trova non è delle migliori.
“Accidenti, ti farai male sul serio…” mormora Yukiko ad Izaya senza ricordarsi con chi sta parlando e continuando a fissare l’uomo più forte di Ikebukuro.
“Cosa?” La voce accanto a lei la fece sobbalzare, si era dimenticata chi aveva accanto!
Questa volta Izaya la fissa con aria interrogativa ma poi torna a guardare il suo avversario: “Beh, trovarsi difronte una bella ragazza è un buon motivo per distrarsi dico bene, Shizu-chan?”
Una vena inizia a pulsare sulla fronte del biondo: “IIIzaaaayaaaa!” Grida preparandosi a lanciare l’oggetto che ha in mano mentre Yukiko trema prima per la frase detta da Izaya e poi per la morte vicina.
Improvvisamente una folata d’aria le scuote i capelli accompagnata da un silenzio meravigliato. Gli occhi di Izaya si puntano su un punto dietro di lei facendole capire: la Moto Nera! Bellissima, misteriosa, stupenda, grandiosa! Non ci sono abbastanza aggettivi per descriverla ne per descrivere la meraviglia che Yukiko prova dentro di sé.
I suoi occhi inseguono la figura della motocicletta facendola scattare in piedi: “Aspetta!” Grida correndo nella direzione in cui sparisce il veicolo.
Ecco, di nuovo il vuoto.
Il vuoto che quella creatura si lascia dietro.
L’ha persa, ancora.
“No…” mormora fissando la strada.
“La Moto Nera, eh? Ti interessa?” Izaya le si avvicina unendosi a lei nel contemplare il luogo dove un attimo prima correva la Leggenda.
“Cosa…?” Chiede Yukiko guardando il ragazzo  accanto a lei che però sparisce di corsa pronto a ricominciare la fuga: “Beh, un’altra volta! Ci si vede Yuki-chan!” la saluta un’ultima volta mentre sparisce tra i vicoli di Ikebukuro inseguito da un urlante Shizuo.
“Yu-Yuki…” La ragazza si lascia cadere in ginocchio: non è possibile! Conosce il suo nome!
“Ehi…” Una voce la distrae dalla sua nuova disperazione e la figura di Mikado si fa limpida nei suoi occhi: “Per caso sei interessata anche tu alla Moto Nera?”
 
 
E questo è il secondo capitolo! Ringrazio tutti quelli che hanno letto il precedente e hanno deciso di seguire questa storia! Questi due capitoli sono stati un po’ noiosi lo so, ma da ora inizieranno le cose interessanti ;)
Chiedo scusa se ci sono errori ma non ho avuto il tempo di ricontrollarlo, li correggerò appena avrò tempo… Grazie a tutti :)

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Capitolo 3
*** Capitolo 4 ***


True Love?

Capitolo 4

 
Non respira. Yukiko se ne sente incapace. Il pelo della felpa di Izaya le accarezza il collo mentre il suo viso è troppo vicino alla sua guancia.
“I-incontrarla?”
Lui annuisce allegramente con la testa mentre gli occhi che ora appaiono di una colorazione rossastra continuano a scrutarla mettendola in agitazione.
Lei cerca di distogliere il propri sguardo da quello del ragazzo che però l’attira come una calamita.
“Io… va bene. Quanto ti devo dare?”
“Mmmmh… non lo so.”
Improvvisamente tutta la tensione accumulata da Yukiko svanisce per un istante lasciando spazio solo ad un “Eh?” perplesso.
Izaya alza un sopracciglio con fare ovvio: “Non è che ho un catalogo con i prezzi delle varie informazioni sai?”
Lei scuote la testa ancora sorpresa: “Sì… immagino, però… insomma… “
“Ovviamente ho un mio principio. Comunque ha un bel costo… insomma, farti incontrare la Moto Nera non è come darti il numero di cellulare del Presidente degli Stati Uniti.”
Yukiko apre la bocca impressionata dall’ultima battuta del ragazzo, ma dopo aver stimato la possibilità che la stia prendendo in giro la richiude: “Ti darò tutti i soldi che vuoi.”
Lui sbuffa come a valutare il prezzo della merce:” Uff… no, non voglio i soldi.”
“Ch… allora cosa vuoi?”
“Eh eh!”
La ragazza per la prima volta in vita sua suda veramente freddo. Izaya   continua a guardarla senza darle una risposta.
“Allora? Cosa devo darti?”
Il ragazzo fa scivolare l’indice sotto il mento della ragazza facendo in modo che il volto che tendeva ad essere rivolto al terreno ora fosse fisso su di lui: “Non te lo dico. Tu dimmi se ci stai.”
Yukiko geme dalla paura.
Quel tipo potrebbe chiederle di tutto. Potrebbe chiederle anche un polmone… o peggio.
“Ci sto.”
Sul volto del ragazzo il sorriso già accennato si amplia dando ad Izaya un’espressione quasi maligna mentre Yukiko vorrebbe sbattere la testa contro il muro per quella risposta così impulsiva.
Però stranamente non se ne sente pentita.
Una goccia le bagna la fronte colandole fino alla palpebra costringendola a chiudere l’occhio.
Piove.
Izaya alza il viso per osservare i nuvoloni neri che sovrastano Tokyo per poi sorridere compiaciuto quando decine di altre gocce gli accarezzano il volto.
“Andiamo.” Dice lui quasi cantilenando afferrando il polso di Yukiko.
Lei non ha il tempo per rendersene conto che lui inizia a saltellare davanti a lei. Un mezzo sorriso compare sul volto della ragazza: sembra di tenere per mano un bambino.
Stupida!
Come può provare tenerezza per quell’individuo?
Cerca di puntare i piedi per opporre resistenza ma lui la trascina con sé senza problemi rischiando anche di farla cadere: “Oh, non fare i capricci. Altrimenti ti bagnerai tutta.” Dice Izaya come se stesse parlando con una bambina di 3 anni.
“Do-dove andiamo?”
“Oh, io di affari palo sempre comodamente seduto alla mia scrivania quindi…”
“A casa tua! Non ci voglio venire ! Fermo!”
“Ooh? Ma così mi ferisci!” Ribatte lui portandosi scenicamente una mano al cuore.
Lei lo sa bene, non può fare altro che seguirlo. Oltre al fatto che da lì non saprebbe come uscire e che comunque lui la potrebbe benissimo costringere con la forza, quel ragazzo la mette in una condizione psicologica tale da non poter reagire contro di lui.
Si lascia trascinare dalla mano del ragazzo ascoltando il picchiettio della pioggia aumentare.
“Eccoci qui! Mh, mi sa che la pioggia ce la siamo presa lo stesso però…” Dice lui con la sua solita voce divertita mentre la ragazza osserva lo studio spaesata. Non si sente affatto a suo agio.
“Su, siediti sul divano.” La incita lui indicandoglielo mentre si avvia verso la scrivania dove lo aspetta una poltrona nera.
Yukiko osserva ancora titubante la stanza per poi decidersi a scivolare sull’angolo del divano più vicino alla posizione di Izaya.
Lui si lascia cadere sulla poltrona in pelle facendola girare su sé stessa per poi riposare lo sguardo sulla ragazza che invece cerca di concentrarsi su qualcosa che non sia lui.
Izaya la guarda: è tutta bagnata, sembra un anatroccolo!
Sulle labbra del ragazzo appare un sorriso sarcastico mentre si alza dalla sedia dirigendosi verso un’altra stanza mentre gli occhi confusi di Yukiko lo seguono confusi e interdetti sul da farsi.
Certo che è un vero maleducato! Prima praticamente la costringe ad andare a casa sua e poi l’abbandona lì così, senza dire una parola.
Chiude gli occhi concentrandosi sul rumore dell’acqua che cade. Respira a fondo cercando di allentare la tensione che si è creata nel suo petto.
Non sa cosa fare, come comportarsi. Tiene le mani strette tra le ginocchia sperando di rimpicciolirsi be scomparire da quella situazione così inadeguata a lei.
Decide di tirar fuori il cellulare per controllare il messaggio di Mikado:
 
Sta’ attenta!
 
La ragazza storce la bocca delusa. Si aspettava che cercasse di fermarla… non una semplice ammonizione.
Sospira riponendo il cellulare nella tasca.
Le gocce intrappolate nei capelli le scendono lungo la schiena mentre la sua vista è leggermente offuscata da qualche perla d’acqua depositata sulle ciglia.
Sospira di nuovo raggomitolandosi di più su sé stessa.
Non riesce a capire. Si sente demoralizzata. Perché è lì? Per incontrare la Moto Nera? Teoricamente sì… eppure sente che in fondo non è quello il vero scopo. Qual è allora?
Un lampo di luce la abbaglia e subito dopo un rombo assordante la fa sobbalzare facendole tirare le gambe al petto.
Riempie nuovamente i polmoni d’aria dopo averla completamente esaurita per lo spavento.
Lei non ha mai avuto paura dei temporali, ma un tuono improvviso durante uno dei suoi lunghi pensieri la mette sempre in agitazione.
Una risata sommessa la fa voltare mentre ancora si sta riprendendo per lo spavento.
Izaya la osserva appoggiato ad uno stipite della porta con un asciugamano appoggiato sul braccio.
Gli occhi azzurri della giovane si distolgono non appena incontrano la figura di lui. Si passa nervosamente una mano tra i capelli umidi mentre cerca di nascondere l’imbarazzo che inspiegabilmente la prende.
“Ohw! Sembri un cucciolo indifeso!” Esclama Izaya ancora ridacchiando mentre si avvicina a lei.
Yukiko cerca di sottrarsi alla figura del ragazzo che si avvicina. La sta prendendo in giro. Se qualle parole le avesse dette Hiroshi sarebbe stata felice ma visto che è Izaya non può che sentirsi offesa, si costringe a sentirsi offesa.
Eppure, quando un panno caldo rispetto alla sua pelle le cade sulla testa non può fare a meno di alzare lo sguardo sul ragazzo che le strofina l’asciugamano sui capelli nel tentativo di asciugarla.
Lei rimane interdetta. Prova uno strano senso di protezione e attenzione in quel gesto, ma sa bene che non deve fidarsi.
“Grazie… faccio da sola.”
Lui fa un mezzo sorriso allontanando le mani da lei: “Sei fradicia. Ti concedo il mio bagno. Vai ad asciugarti.” Quella perenne nota di ironia nella sua voce fa sembrare tutto un gioco.
“Tu non sei da meno. Sei tu il padrone di casa, vai tu.” Mormora lei notando solo in questo momento  scie che l’acqua lascia sul suo volto.
“Oh, io ho molti meno problemi di te. Il bagno è quello.”
La ragazza si alza grata di sfuggire almeno per qualche minuto alla vista del ragazzo.
Il bagno è più tosto spazioso, il che la mette più tosto in difficoltà visto che non conosce la posizione dei vari oggetti. Dopo cinque minuti di ricerca finalmente le salta in mano un phon.
Infila la spina nella presa e una ventata d’aria calda le investe il viso; a quanto pare era su ON.
Sbuffa spostando il getto sui capelli che iniziano a fluttuare lasciando evaporare l’umidità.
In che cavolo di situazione si è cacciata!
In casa del peggior individuo in circolazione… nel suo bagno!
Yukiko sfila la maglia e la espone la calore del phon cercando di asciugarla almeno in parte.
Come detto, lei non è affatto portata per fare attenzione.
Il tessuto caldo anche se ancora leggermente umido della maglia le fa provare una sensazione sufficientemente piacevole da farla rilassare.
Sospira aprendo la porta e pregando di uscire ancora sana da quella situazione.
Appena lo studio si apre davanti agli occhi della ragazza lei non può che rimanere a fissare la figura di Izaya appoggiato alla scrivania.
Si è cambiato; ora indossa una maglia sempre rigorosamente nera con la scollatura chiusa da dei lacci che gli ricadono sul petto mentre i capelli, ora non più gocciolanti, rimangono comunque leggermente umidi.
Ma non è questo che fa incantare la ragazza, è l’espressione sul viso del ragazzo: così seria… non lo ha mai visto così… certo, ovviamente non ha mai avuto modo di conoscerlo a fondo. Per averlo visto intende tutte le volte che lo ha visto saltellare per le strade di Ikebukuro.
Però ora è diverso, sembra un’altra persona. Se ne sta fermo a fissare il pavimento pensieroso. Sembra quasi una persona normale.
Yukiko si chiede a cosa stia pensando. Glielo vorrebbe chiedere  ma sa bene che sarebbe tanto inutile quanto inopportuno. Nonostante ciò rimane appoggiata sullo stipite della porta nella strana speranza di prolungare quella visione il più possibile.
Non sa perché ma quel ragazzo in questo momento ha qualcosa che la attira e la affascina.
“Izaya…” mormora senza rendersene conto pentendosi subito.
Il ragazzo volta la testa verso di lei riprendendo la sua solita espressione allegra e prepotente, eppure a Yukiko sembra quasi che in fondo sia solo una maschera.
“Oh, bene. Non sembri più un pulcino bagnato.” Ridacchia lui mentre la ragazza si avvicina al divano dove ora è anche abbandonata la felpa del ragazzo.
“No… uno asciutto…” mormora lei senza pensare mentre sposta con attenzione l’indumento per farsi posto.
Izaya la guarda ancora un attimo con il suo solito sorrisino per poi accomodarsi alla sua postazione appoggiando i gomiti su un mucchio di fogli mal ordinati e incrociare le mani davanti al proprio volto.
“Dunque…” incomincia senza però proseguire in attesa che Yukiko porti il suo sguardo su di lui.
Quando finalmente le pozze azzurre della ragazza si posano su di lui è pronto a darle ciò che vuole. Lui non ha mai dato importanza a queste cose… eppure in questo momento sente una certa esigenza di avere quello sguardo puntato  addosso. Quella ragazza gli piace, potrebbe divertirsi un bel po’ con lei… e poi quegli occhi li trova decisamente belli.
“… lei è una  donna… oh, donna… per donna si intende essere umano. Lei… è di genere femminile. Quell’essere è una  dullahan: un cavaliere senza testa che vaga tenendo il proprio capo con il compito di segnalare le persone destinate a morire entro breve tempo. Ora, credo che le modalità le possiamo anche lasciar perdere visto che la nostra bella motociclista non ha ricordi di quando compiva il suo lavoro. Passiamo al dunque, allora… il soggetto in questione si chiama Celty Sturluson e prima di venire qui a Ikebukuro viveva in Irlanda visto che è da quelle parti che si aggirano questo tipo di fate. E da qui ti dovrebbe sorgere una domanda. Che ci fa un mostro Irlandese qui in Giappone? Beh, la nostra Celty non è una dullahan come tutti… lei non ha la testa, o meglio, l’ha persa, e con lei anche i suoi ricordi di un tempo. Lei è qui per recuperarla, a quanto pare sente la sua presenza qui, a Ikebukuro.” Un leggero ghigno ricompare sulle labbra del ragazzo mentre si sofferma un attimo forse per aspettare che Yukiko abbia assimilato tutto fino a questo punto, o forse per ragionare su cose sue che lui trova alquanto divertenti a giudicare dall’espressione.
“Ora vive insieme ad una sottospecie di medico di nome Shinra Kishitani, potrei darti l’indirizzo ma credo che te la farò incontrare io stesso.” Spiega infine alzando gli occhi al soffitto per poi tornare a fissare Yukiko.
Lei non sa cosa rispondere, di una cosa però è certa: sarà costretta a rincontrare Izaya Orihara.
“Quando?”
Lui intona una canzoncina senza aprire le labbra mentre ci pensa su: “Dopodomani. Ti vengo a prendere a scuola.”
Accidenti.
Persino a scuola…
“Avrei il lavoro…” Mormora nella speranza di sfuggirgli.
“Beh, non è difficile no? Lo salti. Dovrai abituartici.”
“Come?”
Lui ghigna: “Devi anche pagarmi no?”
“Co… perché dovrei saltare il lavoro?”
Lui sorride con il suo solito modo alzandosi dalla sedia e avvicinandosi lentamente al divano.
Lei istintivamente fa pressione contro lo schienale tirando su i piedi sul divano.
Lui emette un risolino mentre si siede sul poggiolo accanto a lei: “Oh, te l’ho detto che sarebbe costato parecchio… e ormai non puoi tornare indietro.”
L’indice di Izaya si posa delicatamente verso l’interno della coscia di Yukiko per poi scorrere sulla sua pelle nuda solleticandola.
La ragazza rabbrividisce spaventata e sorpresa: che vuole fare quel pervertito?
Automaticamente grida scivolando sul divano allontanandosi da lui per poi puntare un piede sullo stomaco di Izaya.
Lui rimane fermo a fissarla, con una mano tesa a mezz’aria.
Lei fa lo stesso con la suola della scarpa appoggiata alla pancia del ragazzo pronta ad ogni mossa falsa.
Entrambi continuano a fisarsi negli occhi: lei con una disperata espressione di minaccia che cerca di nascondere tutta l’insicurezza e la paura che ora la porta a reagire, lui con sguardo impenetrabile che non lascia leggere nessun sentimento. Che sia divertito?
Pian piano le pupille di Izaya si spostano sul proprio ventre e istintivamente un ghigno gli si dipinge in volto.
Sospira con finta esasperazione allontanandosi dalla minaccia di Yukiko e alzandosi dandole le spalle: “Oh, non preoccuparti Yuki-chan. Per me ciò che gli altri uomini chiamano piacere non ha alcun significato. Da che ho memoria, non mi sono mai eccitato alla vista di una bella ragazza.”
Yukiko è convinta che lui stia ridendo sotto i baffi. Lo diverte. Lo diverte prenderla in giro.
Invece, dal canto suo Izaya sente nascere una strana preoccupazione. Non ha fatto quel gesto per prenderla in giro, è stato… meccanico, gli è venuto d’istinto.
Ma non ha senso. Non ha assolutamente senso.
O forse… sì, quell’umana è divertente. Non è una che piagnucola davanti ad una difficoltà o una paura. Non è una il cui animo si distrugge con una semplice parola, o con un gesto. Quella ragazza è disposta a rischiare pur di non perdere l’occasione. Lei vuole godersi la vita.
Sì, ora si spiega tutto. Quella tipa può rivelarsi davvero un bel passatempo. Ecco il perché del suo gesto. Sicuramente, non c’è altro.
E ora sì sul volto di Izaya compare quel suo sorrisino caratteristico.
“Allora, Yuki-chan?”
“Cosa?” La sua domanda è poco più che uno stanco sussurro leggermente offeso.
“Siamo d’accordo?”
“Mi hai detto che non posso più tirarmi indietro no?”
“Perché? Lo faresti?”
“No.” La sua voce risoluta da conferma ad Izaya della veridicità di quello che ha appena pensato.
Bello. Bello. Bello!
Chissà quante bello cosine ci può fare con quella ragazza. Sarà divertente.
Ora, lo stato d’animo di Izaya è simile a quello di un bambino che sta per salire in giostra: entusiasta ed emozionato.
Quella ragazza diventerà il suo giocattolo personale, il più bello, quello da mettere nello scaffale più basso perché sia più vicino a lui, perché lo possa prendere con più facilità.
Intanto Yukiko si chiede che cosa stia facendo ancora in quel luogo. Scocca un’occhiata alla vetrata alle spalle di Izaya e con suo dispiacere vede che sta ancora piovendo dirotto: “Accidenti!”
“Cosa?”
La ragazza sospira e si alza: “Io vado, grazie di tutto.”
Già, chi se ne fotte della pioggia. L’importante è uscire da lì. Quando arriverà a casa si farà una bella doccia calda.
“Sai la strada?”
Accidenti di nuovo.
La ragazza guarda Izaya con fare irritato ma si costringe a risedersi non avendo alternative.
Lui sorride soddisfatto: “Oh, perdonami. Che sgarbato che sono. Non ti ho nemmeno offerto nulla.”
Quel tono… lei  lo odia.
“Oh, non ha importanza.” Risponde lei con un finto sorriso in volto. Tanto vale fare come lui.
“No, insisto.” Dice lui avviandosi verso quella che Yukiko deduce essere la cucina.
“Ti va un po’ di caffè?” La voce questa volta è attutita dalle pareti.
“Non mi è mai piaciuto.” Questo è vero. Il caffè non le è mai andato a genio… non il caffè liscio.
“Umh… un succo di frutta?” Chiede lui sempre dalla cucina.
La ragazza sospira. Inutile rifiutare, quello andrà avanti all’infinito: “Va bene.”
Il ragazzo riemerge dalla cucina per poi porgerle la piccola bottiglia soddisfatto.
“Grazie.” Dice lei afferrandola e facendo scrocchiare il tappo.
“Figurati.”
Lui si avvicina alla scrivania per poi sedersi sopra di essa con un piccolo balzo.
Lei lo osserva bere la sua tazza di caffè.
Perché si sente come in prigione?
Sorseggia il suo succo: è alla pesca.
I suoi occhi tendono a ruotare ancora verso il ragazzo che ancora ingoia la propria bevanda ma lei li costringe a concentrarsi sul pavimento.
Non deve pensarci.
Deve pensare solo al fatto che tra due giorni potrà finalmente incontrare la sua salvatrice. Cosa le dirà?
Non lo sa e non se ne preoccupa. Se ha desiderato incontrarla per tutto questo tempo  un motivo ci sarà.
E Mikado?
Deve dirglielo?
No, vuole incontrarla da sola. In caso dirà alla diretta interessata che c’è un’alta persona interessata a lei e chiederà a lei cosa deve fare.
La Moto Nera… è un sogno. Il suo sogno.
“Non piove più.” La informa lui. Lei scatta in piedi senza farselo ripetere due volte mentre Izaya si avvicina allungando la mano per afferrare il contenitore del succo ormai vuoto.
“Oh…” lei glielo porge frettolosamente impaziente di andarsene da lì.
“Ah… come faccio ad arrivare nel centro del quartiere?”
Lui sorride aprendole con teatrale galanteria la porta: “Esci dall’entrata principale.”
Lei scuote la testa confusa.
Lui scoppia a ridere per poi indicarle la vetrata che si estende dietro alla scrivania.
Un brivido di irritazione le percorre la schiena e subito si allontana dalla posta correndo verso la finestra.
Davanti a lei si apre Ikebukuro in tutto il suo splendore. Con le strade luccicanti per via delle vetrine dei negozi che ormai contrastano le ormai morte luci solari.
Non è possibile!
Ha fatto tutti quei giri per arrivare a pochi metri più in là di dove ha attraversato?
Un lampo di comprensione le illumina la mente: ma certo, ha fatto tutto questo per lei.
Altro che pedinamento, è stato lui a giocare, fingere e farla perdere in piena Ikebukuro. E pensare che casa sua non dista nemmeno molto!
Ovvio, passare per il retro dei palazzi fa perdere l’orientamento.
“Qualcosa non va, Yuki-chan?”
“Orihara…” mormora a denti stretti.
“Oh, no. Chiamami Izaya.”
Lei sospira: lo sta facendo per la Moto Nera, lo sta facendo per la Moto Nera.
Così, attenta a tenere a freno i nervi sapendo che se li lasciasse fare la caccerebbero nei guai si riavvia verso la porta.
“Grazie di tutto Izaya-san.” Dice piegandosi. Lui la vuole irritare, non può dargliela vinta.
“Oh, di nulla. Ci vediamo dopodomani.” La saluta lui con un innocente sorriso.
Lei scende le scale afferrando il cellulare e cercando il numero di Kadota. Non avrebbe mai pensato di utilizzarlo.
Dietro di lei la porta non si chiude. Izaya continua ad osservarla impaziente di giocare.
 
Ho fatto.
 
Scrive Yukiko mentre percorre la via di casa.
 
Com’è andata?
 
Sospira con rabbia: Lo odio!!
 
 
 Ok gente!  Adesso parte la festa! Eh… con Izaya che vuole giocare chissà cosa c’è da aspettarsi.
Ringrazio infinitamente chi ha letto, chi ha recensito e chi ha inserito la storia in una delle categorie, grazie *^*... ad un certo punt nel secondo capitolo avevo anche pensato di fermarmi ma grazie alle persone che hanno recensito questa storia andrà avanti, grazie infinite *si inchina.
Ci vediamo al prossimo capitolo! 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


True Love?

 

Capitolo 3

 
L’acqua calda scivola lungo la schiena di Yukiko facendola rilassare. Il vapore le accarezza la pelle inumidendola e creando uno strano effetto perlato.
Il cellulare squilla facendola sobbalzare.
“Accidenti!” Esclama chiudendo l’acqua e avvolgendosi in un asciugamano rosato.
Le sue dita eseguono le semplici operazioni necessarie per leggere un messaggio mentre l’altra mano trattiene l’unico oggetto che le copre il corpo all’altezza del seno.
 
Una ragazza in chat dice che è senza testa!
 
Mikado.
Circa due settimane fa hanno deciso di indagare insieme riguardo alla Moto Nera, ma le loro informazioni  si sono sempre limitate a supposizioni o teorie. Evidentemente sono andati incontro a qualcosa più grande di loro.
 
Mah… sicuramente normale non è… ma addirittura senza testa?
 
Yukiko sospira. Lei sa benissimo che è senza testa… l’ha vista; ma se la Moto non ha mai voluto mostrare il suo vero aspetto un motivo ci sarà e per quanto lei si fidi di Mikado non se la sente di rivelargli qualcosa che può rappresentare un segreto per quella figura misteriosa.
Il tempo di cliccare INVIA che altri due nuovi messaggi si aggiungono alla lista.
 
Erika: Ciaoooooo!!! Domani veniamo prenderti al lavoro come al solito e poi… hai idee? Noi non ne abbiamo, uffa L
 
Yumi: Ciao! Senti, i miei hanno deciso di andare a Kyoto domani… non ci sarò né a scuola né al lavoro. Avvisi tu?
Dopo aver risposto a Yumi l’attenzione della ragazza si riconcentrò sul messaggio di Erika.
Non avevano idee? No, impossibile.
 
E se prepariamo un cosplay? Prova a proporre.
 
Erika: Wow! Sei grande!! J
 
La ragazza sorrise divertita per poi ripensare alla Leggenda. Chissà se Erika e Yumasaki ne sapevano qualcosa.
 
Erika-chan… tu sai qualcosa sulla Moto Nera?
 
 
Erika: La Moto Nera? Beh, non so molto. So quello che si dice in giro. Adesso chiedo a Yumasaki-kun ma non so cosa possa dirti.
 
Yukiko sospira  afferrando la biancheria intima e indossandola. Inutile… quella creatura è veramente irraggiungibile.
 
Erika: Nemmeno lui sa nulla. Dice che dovresti chiedere a Kadota.
 
Domani lo farà. Tanto vale provare.
Alza le braccia e si infila la fine canottiera nera che usa come pigiama, le da fastidio sentirsi troppo coperta.
“Certo che sono simpatici…” Mormora pensando a Karisawa e Yumasaki.
La ragazza si butta con fare assente sul letto pronta ad addormentarsi.
Lei vuole assolutamente incontrare quella Moto …
Orihara!
Il cuore le balza nel patto e la costringe ad alzarsi di scatto.
Chissà se quella botta che aveva preso ha fatto l’ematoma… beh, erano passate due settimane… però poi era schizzato via come un missile, tanto male non gli ha fatto. Ma magari qualche pomata di qualche genere gli avrebbe fatto bene… che vada dai dottori?
Accidenti! Non è certo quello il problema! Il problema è che sapeva il suo nome!
Yukiko sbuffa e si riadagia sul cuscino: però è sicura che se mai quel tipo le vorrà fare del male… la Moto Nera la salverà ancora.

Il giorno dopo un lieve strato di nuvole copre il sole attenuando la luce dei suoi raggi.
La ragazza è in piedi davanti al tavolo dove i suoi compagni di scuola se la stanno  spassando tranquillamente, più o meno.
Lo sa benissimo: Mikado non vede l’ora di poter parlare con lei riguardo alla Moto Nera.
Con un piccolo gesto lo incita ad uscire in modo da potergli parlare liberamente delle ben poche cose che deve dirgli.
“Hai scoperto qualcosa?” Chiede lei per prima osservando il ragazzo che scuote sconsolato le testa.
“E tu?”
“Nemmeno… oggi provo a chiedere a Kadota-san se sa qualcosa ma è un tentativo disperato.” Mormora appoggiandosi alla parete del locale.
Il ragazzo accenna un sorriso .
Se ne stanno ancora lì per un po’, immersi in silenziosi pensieri a cui non riescono a dare forma.
“Meglio rientrare… altrimenti mi ridurranno la paga.” Ridacchia Yukiko aprendo la porta e incitando l’amico ad entrare.
“Ah, sì… scusa!”
Man mano che passa il tempo la ragazza sente la speranza di poter incontrare quella Leggenda farsi sempre più flebile.
Lei si è trasferita ad Ikebukuro solo per lei… e ora? Se fosse stato tutto inutile?
In effetti era stupido pensare che una ragazza normale potesse incontrare quella cosa… ma ci aveva sempre sparato, fino ad adesso.
Ora, in questo preciso momento sente la speranza spegnersi lasciando posto alla rassegnazione.
Deve ammetterlo, fino ad adesso lei aveva sempre sperato in un miracolo… ma le sue stesse parole : ma è un tentativo disperato, le hanno fatto capire che in realtà lei si è sempre appesa a un desiderio inconcreto.
“Tu che personaggio fai?”
Una voce la fa sobbalzare mettendo in serio pericolo i bicchieri vuoti che sta sistemando sugli scaffali.
Erika la guarda curiosissima ignara delle preoccupazioni della ragazza che sono tutto meno che appartenenti a quel discorso.
“Ah… non ci ho pensato…”
L’altra ragazza la guarda con un’espressione di rimprovero.
“Scusa…” Mormora la castana con un sorriso innocente.
Erika sospira come se si fosse dimenticata di un’importante appuntamento mentre Yukiko si dirige verso il bagno per cambiarsi.
Lungo la strada, sebbene la giovane finga di ascoltare la lunga lista di personaggi proposti dai suoi nuovi amici, non vede l’ora di arrivare dal loro capogruppo per poter almeno illudersi ancora un po’ di poter incontrare la Moto.
Karisawa e Yumasaki confabulano senza prestare attenzione al silenzio della ragazza che li affianca, ma in fondo per lei è meglio così.
Sicuramente loro sarebbero ben disposti ad aiutarla con le ricerche, ma in questo modo non avrebbe un minimo di possibilità per parlare da sola con lo Shinigami visto che quei due sicuramente vorrebbero conoscere ogni minimo particolare.
Quando finalmente nota il furgone bianco non può fare a meno di trattenere un sorriso per poi scattare verso di esso lasciando spiazzati i suoi accompagnatori: “Kadota-san!”
Non è abituata a gridare il suo nome così eccitatamente, anzi, lui comunque è molto più grande di lei e calcolando che non lo conosce ancora bene le ha sempre messo una certa soggezione; ma in questo caso non può badare a queste cose… deve parlargli.
“Yukiko-san!” la saluta lui balzando giù dal veicolo.
“Devo… devo parlarti. Devo chiederti una cosa importante.” Mormora lei timidamente un po’ per appunto la strana timidezza che prova nei confronti di quel ragazzo che le sembra così distante e un po’ per il fiato mancante a causa dell’improvviso scatto di velocità.
Lui alza un sopracciglio perplesso ma poi annuisce amichevolmente: “Ti ascolto.”
“Eeeehiiii!”
Yukiko sospira nello sentire la voce di Walker dietro di lei.
“Perché sei scappata? “ Chiesero i due ragazzi con aria sconsolata. Yukiko trova meraviglioso il potenziale scenico di quei due.
“Io devo…”
“Deve parlare con me.”  Informa il ragazzo puntando i compagni.
“Oooooooooooooohhh! Mistero risolto!” Annuiscono i due e dopo averla allegramente salutata trotterellano verso il retro del furgone.
“Allora?”
“Ahm… sì, ecco… volevo sapere…” Ci riflette un attimo: magari non è il caso di chiederglielo… e perché no?
“Tu sai qualcosa della Moto Nera?”
Il ragazzo la guarda con uno sguardo divertito per poi scuotere la testa e alzare le spalle: “Non so nulla di più di quello che sai tu presumo.”
La ragazza lo guarda ancora come se sperasse che quel presumo possa far supporre che ci siano qualche possibilità ma subito capisce che quel tipo conosce solo quello che si dice in giro.
Abbassa lo sguardo e involontariamente sospira sconsolata.
Inutile, è tutto inutile… dovrà informare Mikado…
“Però…” La voce del giovane difronte a lei riaccende un luccichio nei suoi occhi azzurri che tornano a fissarlo.
Lui la guarda con le braccia incrociate e un sorriso spavaldo dipinto sulle labbra: “So chi ti può aiutare.”
Yukiko vorrebbe saltargli al collo ma preferisce trattenersi. Qualcuno la può aiutare? Se qualcuno può aiutarla in una cosa del genere sicuramente può fare molto.
“Chi?” Chiede lei piena di speranza. Finalmente potrà conoscere il suo Mito.
“Izaya Orihara.”
“Eeeh?!” No, assolutamente no. Più tosto lega uno skateboard dietro la moto e ci salta sopra.
Non vuole avere rapporti con quel tipo… che poi, chissà quanto le costerà ricevere informazioni da quello lì su quell’argomento.
“No, non se ne parla!” Afferma decisa come se la colpa di tutto fosse di Kadota.
“Ascoltami, nessuno è più informato di lui qui a Ikebukuro. Lui potrà dirti tutto quello che vuoi.”
“No, finirò per suicidarmi.”
Una breve risata da parte del ragazzo interrompe la conversazione per poi riprendere: “Vedrai, non ti farà neanche pagare tanto.”
“No… magari mi farà pagare solo un rene, o un polmone…”
“Non è così cruento…” Kadota alza gli occhi al cielo in una breve pausa di riflessione “…credo.”
“Credi?”
“Beh, era a scuola con me.”
Inspiegabilmente quell’ultima informazione attira l’attenzione di Yukiko: “Davvero?... e com’era?”
“Bah, più o meno un ragazzo come tutti. “
“Più o meno?”
“Sì beh, era costantemente in competizione, se si può chiamare tale, con Shizuo… ma per il resto alle superiori non ha avuto problemi di comportamento.”
“Solo scontri? Beh, non che ora sia cambiato molto.”
“Alle medie dev’essere successo qualcosa e mi pare che abbia avuto anche delle conseguenze. Ma dopo non è più successo nulla.” Continua l’altro.
“Cos’era successo?”
“Non ne ho idea.” Afferma il giovane facendo spallucce.
Sicuramente qualche disastro con il suo coltello. Oh, non che Yukiko pensi sia la sua unica arma: oltre all’intelligenza diabolica lei è sicura che abbia armi nascoste per tutta la casa, dalle super modernissime armi di ultima generazione a quelle risalenti ancora alla prima guerra mondiale.
Ok, forse esagera. In fondo non lo ha mai visto con un mitra in mano.
“Comunque, o ti rivolgi a lui, oppure puoi dire addio ai tuoi sogni di gloria.”
“No!” Esclama lei senza pensarci ma poi si ferma a riflettere.
Non vuole rinunciare alla Moto Nera, ma entrare in contatto con quel tipo la spaventa seriamente. Si è sentita persa solo nel servirlo al bar e incontrandolo per strada, figuriamoci fare un affare con lui… e poi lei non è mai stata brava a trattare, e in un affare bisogna trattare.
“E poi non saprei come contattarlo.” Cerca di giustificarsi.
“Oh, beh, a questo se vuoi ci penso io.”
“No.”
Lei è sicurissima di non voler nulla da lui, o almeno non direttamente.
“Faccio da sola…”
“Non è pericoloso se fai attenzione.”
Sì, peccato che lei sia negata nel fare attenzione.
Ha una mezza idea su come avvicinarlo, o meglio avvicinarsi.
Non può dire che i pedinamenti non siano il suo forte visto che non ha mai pedinato nessuno…chissà, magari ha una dote naturale.
“A che stai pensando?”
“Nulla… devo andare. Potresti avvisare tu Erika-chan e Yumasaki-kun?”
La ragazza si volta sentendo contro la sua schiena lo sguardo del ragazzo che la segue con gli occhi.
Lo ringrazierà quando sarà tutto finito.
Non è mai stata più decisa nel da farsi e neanche più intimorita da quella stessa determinazione.
Mentre con gli occhi scruta le strade di Ikebukuro nella speranza di trovare il soggetto desiderato senza che lui si accorga di lei, estrae il cellulare dalla tasca dei pantaloncini neri e sbirciando di tanto in tanto lo schermo digita un messaggio indirizzato a Mikado:
 
Sto cercando Izaya Orihara. A quanto pare è l’unico che possa darci le informazioni che ci servono. Non dire nulla e augurami buona fortuna. Ne riparleremo dopo.
 
Il cellulare ritorna al suo posto nella tasca mentre i suoi occhi continuano a cercare .
Non sa se sperare di trovarlo oppure no.
Si fa spazio tra la gente cercando di pensare dove l’informatore possa recarsi. Chissà, magari è a casa a dormire.
“Se io fossi Orihara… dove andrei?”
Non lo conosce così bene da saperlo eppure nella sua mente appare l’immagine di Shizuo Heiwajima. Probabilmente lo andrebbe a infastidire.
Teoricamente Izaya abitava a Shinjuku, ma ormai è quasi sicura che si è trasferito a Ikebukuro.
Sospira per reprimere l’ansia e resistendo alla tentazione di tornarsene a casa al sicuro.
Ormai è pomeriggio inoltrato e i nuvoloni che coprono il cielo non promettono nulla di buono.
Il cellulare nella tasca vibra; evidentemente Mikado ha risposto, ma lo ignora. Non vuole che un messaggio le faccia cambiare idea. Deve farlo, altrimenti rimarrà per sempre con il rimpianto.
Improvvisamente un’allegra figura saltellante attira la sua attenzione: Orihara!
Sta attraversando le strisce per andare al lato opposto della strada.
Accidenti, lo ha sempre avuto lì davanti agli occhi?
Con tutta la gente davanti in effetti è probabile che non l’abbia visto, ma il pensiero che possa essere uscito da uno dei cunicoli come quello verso il quale si sta dirigendo la console.
Senza pensarci corre verso le strisce e si butta quando il semaforo è ormai rosso rischiando di essere investita.
Una volta arrivata dall’altra parte si volta velocemente verso la strada per paura che i clacson abbiano attirato l’attenzione del ragazzo che però continua ad avanzare allegro verso la sua strada.
Yukiko guarda la sua schiena allontanarsi; certo, non può stargli troppo vicino. Anche perché sarebbe impossibile giustificare la presenza di una ragazza come lei in quei vicoli malandati. In effetti il fatto di entrare lì le fa provare un brivido infinito: chissà quante cose lugubri avvengono in quei luoghi: droga, alcol, stupri, suicidi, omicidi… non ci sarebbe nulla da sorprendersi.
La ragazza trae un profondo respiro e si lancia nella stradina tra le pareti di grigi edifici prima che la figura di Izaya scompaia.
Infondo, se succedesse qualcosa, basterebbe urlare e lui la sentirebbe no?
Automaticamente si batte il palmo della mano sulla fronte: perché mai sta facendo affidamento su quel tipo? Lui forse è il più pericoloso di tutti!
Di nuovo riprende fiato per farsi coraggio e ricomincia a camminare stringendosi le braccia attorno alle spalle.
Dove cavolo sta andando quel ragazzo?
Ormai è in un labirinto. In questo momento non può fare altro che seguirlo anche se non volesse visto che da lì lei da sola non sarebbe mai in grado di uscire.
Improvvisamente quello che a lei sembra un ratto le sfreccia velocissimo davanti tagliandole la strada e facendola sussultare dallo spavento.
Gli occhi azzurri si sgranano e le mani si avvicinano tremanti alla bocca mentre le spalle di Izaya ruotano lentamente.
 Si è accorto!
Le pupille di Yukiko cercano disperatamente un nascondiglio e infine si accascia dietro a un bidone della spazzatura.
Osserva il volto del ragazzo voltarsi verso la sua direzione per poi puntare il cielo: “Ohi, ohi! Sarà meglio sbrigarsi, tra poco pioverà!” Esclama con una nota d’allegria per poi portarsi le mani in tasca e ricominciare a camminare.
La ragazza sente un nodo alla gola sciogliersi e il respiro si regola: “Accidenti!” mormora rialzandosi e ricominciando il pedinamento.
Che poi… cosa potrà mai ricavare seguendolo?
Forse sarebbe il caso di uscire allo scoperto e farsi indicare la via più breve e sicura per tornare in centro a Ikebukuro.
Ma come giustificare la sua presenza? Sarebbe alquanto improbabile che sia capitata lì per puro caso…
Improvvisamente il ragazzo svolta un angolo lasciandola interdetta quando sparisce alla sua vista.
Sospira nervosamente per poi avvicinarsi anche lei.
Avvicina lentamente il volto al bordo del muro per sbirciare quando un movimento alle sue spalle la fa urlare.
“Ohw… ma che carina! La mia stalker personale!”
La ragazza rimane ferma con la bocca aperta cercando di riordinare il suo cervello che ormai è una confusione di sorpresa, tensione ed emozione.
E ora? Come glielo spiega che è lì?
Anzi… stalker?
“Non… non sono una stalker!” Esclama con il tono più deciso e irritato che in questo momento le viene,che sinceramente è ben poca cosa.
“Ah no? Allora come si chiamano le persone che seguono la gente?”
La ragazza impreca sotto voce. No, il pedinamento non è il suo forte.
Sente il muro ruvido grattarle leggermente le spalle mentre gli occhi di Izaya cercano di leggere dentro di lei.
“Non mi importa.” Mormora lui con un sorrisetto sulle labbra e appoggiando una mano vicino alla spalla di Yukiko “ Mi basta solo che tu segua solo me.” Conclude con fare strafottente.
“Orihara-san… per favore, si allontani.”
“Oh, ti  prego. Non parlarmi come se avessi quarant’anni.” Sospira lui con una smorfia seccata appoggiandosi con la spalla al muro.
Yukiko abbassa lo sguardo non sapendo che fare.
“Mi hanno detto… mi hanno detto che tu puoi dirmi qualcosa sulla Moto Nera.” Afferma infine. Non glielo sta chiedendo, glielo sta ordinando.
“Pagherò qualunque prezzo.” Finalmente gli occhi azzurri trovano il coraggi di guardare quelli scuri di Izaya che ghigna come al suo solito; un sorriso terribilmente divertito.
“Io non posso solo darti informazioni, ma te la posso far incontrare. Perché è questo quello che vuoi, vero, Yuki-chan?”
 
E dopo 2000 anni ecco il terzo capitolo! Anche se nessuno ci avrà fatto caso  -_-“
Comunque grazie a tutti quelli che lo leggeranno.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


True Love?


 

Capitolo 5


 
L’indice di Yukiko non può smettere di picchiare nervosamente il banco scolastico sul quale sta scaricando il peso del busto.
Teoricamente stanno facendo biologia… teoricamente.
Sta per incontrare la Moto Nera accidenti! Come può pensare alla materia?
Tutto ieri non ha fatto che pensare e ripensare a quel fumo nero che usciva dal collo della sua salvatrice. Sono passati degli anni ma il ricordo è ancora nitido.
Eppure… tra quei pensieri che le dovrebbero occupare completamente la mente riescono a farsi spazio due occhi castani che a volte si illuminano di uno strano riflesso scarlatto.
Certo, non era quel ghigno irritante che le faceva riaffiorare il ricordo di quell’informatore, né tantomeno le sue finte parole di garbo, ma quando l’aveva visto con quell’espressione seria  aveva desiderato con tutto il cuore, solo per un attimo, di entrare dentro di lui per leggere i suoi pensieri. Non ci sono forse, non può ipotizzare ciò che Izaya stava provando in quel momento; magari stava preparando il suo prossimo piano per far dannare Heiwajima… eppure Yukiko è certa che non è così, è sicura che quello non fosse il viso del tipo più pericoloso di Ikebukuro ma fosse il volto di un ragazzo che pensava a qualcosa che a lei è sembrato… triste. Rassegnato.
O forse semplicemente serio.
Non lo sa, e non può saperlo. Certo, non può andare a chiederglielo.
“Stupida.” Mormora nascondendo il viso nei palmi delle mani. Grazie al cielo oggi incontrerà la Moto Nera, così poi potrà pagarlo e toglierselo dai piedi. Quel tipo non può che procurare guai.
Il suono della campanella la fa scattare in piedi.
Finalmente.
Afferra in tutta velocità la sua tracolla precipitandosi verso l’uscita.
Non ha tempo di cambiarsi, vorrà dire che terrà quella stupida gonna scolastica e la camicia che lei sopporta solo per dovere.
Deve arrivare fuori prima degli altri; non vuole che qualcuno la veda insieme ad Orihara, sempre che sia già arrivato.
“Ehi! Yiuki-chan, dove corri?” La voce di Kida la fa bloccare per un istante.
“Scusa… ho… un’ appuntamento!”
Non aspetta la risposta. Come già detto, non ha tempo.
Apre velocemente la porta a vetri senza preoccuparsi di chiuderla per proseguire la sua corsa fino ai cancelli.
Si guarda attorno. Come sospettava, non c’è ancora.
Poi, all’improvviso una strana sensazione la pervade, la stessa che aveva provato mentre camminava con Kida e gli altri, prima di incontrare Erika e Walker.
Alza lentamente gli occhi verso il pilastro che sostiene il cancello… ed eccolo lì.
Come lupo in agguato, con il volto in penombra e gli occhi luccicanti.
Sorridersi nell’accorgersi che lei lo ha notato.
“Izaya-san…”
“Mpf… Yuki-chan…”
Non le da neanche il tempo di immortalare  la scena che lui è davanti a lei, a fissarla.
Come un giaguaro, le è balzato davanti come un predatore agile e stupendo.
Stupendo?
Ah, bello scherzo.
“Sai Yuki-chan… le ragazze per dimostrare amore verso il ragazzo che amano aggiungono al suo nome –chan”
La ragazza alza un sopracciglio perplessa: “Sono giapponese anch’io… e poi scusa… che centra?”
Lui alza gli occhi al cielo: “Hai mai chiamato qualcuno –chan?”
Lei ci pensa su: Hiroshi-chan.
“Sì… un paio di volte.” Scuote la testa dandosi della stupida. Che motivo aveva di rispondergli?
“Izaya-chan… non trovi suoni bene?”
A Yukiko sembra che sul volto di Izaya ci sia dipinto un sorriso, ma essendo ancora rivolto verso l’alto non può vedere.
“La tua ragazza ti chiama così?”
Lui scoppia a ridere: “Una ragazza?... No, nessuna ragazza. Nessuno mi ha mai chiamato in questo modo.”
Gli occhi marroni tornano su di lei nonostante il naso sia ancora al vento.
“E… ti piacerebbe?”
Lui abbassa il volto facendo oscillare le ciocche corvine davanti alla fronte: “Non ci ho mai pensato.”
Un breve ghigno gli esce dalla bocca ma subito finisce senza però togliere un live sorriso.
Yukiko si sente delusa. Stava quasi sperando di scoprire i pensieri che due giorni fa avevano avvolto la mente del ragazzo.
“Allora… dove dobbiamo andare?” Chiede poi facendo ruotare le iridi chiare notando che ormai buona parte degli studenti è uscita. Spera solo che Kida e Mikado si siano trattenuti dentro.
“Seguimi.” Dice semplicemente avviandosi davanti a lei.
Yukiko lo guarda. Non può fare a meno di osservare quella figura che trotterella lungo la strada dandole le spalle.
Solamente quando lui si gira con aria interrogativa si rende conto di essere ancora all’entrata della scuola.
“Ah..- scusa.” Dice con una breve corsa per coprire i pochi metri che li separano.
Lui ricomincia a camminare, lei aspetta che muova qualche passo in modo da rimanere dietro di lui.
“Mi ripeterò ma… dove stiamo andando?”
“Anch’io mi ripeterò: seguimi”
Seriamente, perché non le dice dove la sta portando?
“Non che non mi fidi… ma…”
Il ragazzo si volta verso di lei con un’allegra piroetta: “Non che non mi fidi.  Questo vuol dire che non ti fidi di me.”
“Come faccio a fidarmi?”
Di nuovo la risata della voce di Izaya riempie l’aria. Ormai è inutile annotarle tutte, lui non può fare a meno di ridere. Quell’umana è così spontanea che lo fa divertire come un matto.
“Hai ragione. Allora te lo dirò.”
Izaya inizia ad avvicinarsi lentamente, lascia che la sua ombra si sovrapponga alla figura di Yukiko con calma. Può notare che è parecchio più bassa di lui, la sua fronte gli arriva appena alle clavicole.
Lei è turbata da quell’avvicinamento ma nonostante ciò continua a mantenere gli occhi celesti fissi in quelli dell’informatore.
Lui si china in modo da avere il viso di lei al suo livello. Ognuno può sentire il respiro dell’altro su di sé, e stranamente Izaya deve ammettere che non gli dispiace tanto quella situazione che di solito dovrebbe essergli indifferente.
Lei invece sembra pietrificata.
“Ti sto portando…”
La sua voce è poco più di un sussurro, Yukiko si è già pentita di aver voluto conoscere la destinazione. Dove la porta? Vuole ucciderla? No… le ha promesso la Moto Nera. E se stesse mentendo?
Ma no, lui è un informatore, non un assassino. Però non è certo un santo…
“Ti sto portando… nella mia tana segreta per mangiarti viva.” Conclude Izaya con un sorriso allegro sulle labbra.
Yukiko rimane ferma, immobile, perplessa .
“Eh?” Chiede senza riuscire a riprendersi dallo strano shock in cui è caduta.
“In un sol boccone.” Precisa lui riprendendo la posizione eretta e alzando un sopracciglio con ancora quel sorriso pronto a lasciar spazio alla sua voce.
La ragazza lo guarda ancora con occhi sgranati. Mangiarla… ma è stupido o cosa?
Poi finalmente la parte logica del suo cervello ricomincia a ragionare. Stupida è lei!
La sta prendendo in giro come al solito!
Ma questa più che una presa in giro era una banale battuta tanto per giocare… e lei aveva fatto la figura della cretina!
“Ehi! Non prendermi in giro!” Grida con tutto il fiato che ha in gola arrossendo e puntandosi sui piedi per rendesi conto troppo tardi di sembrare una bambina.
Lui la fissa ancora un attimo per poi scoppiare a ridere nuovamente. Ma questa volta c’è qualcosa di diverso.
Non è una di quelle brevi risate di scherno, è una risata inaspettata e divertita.
Non riesce a smettere senza che nemmeno lui ne capisca il motivo.
Gli lacrimano gli occhi ed è costretto ad appoggiarsi ad un muro per reggersi in piedi.
Gli fa male la pancia tanto da doversela avvolgere con le braccia.
Non ricorda da quanto non ride così… se mai l’ha fatto.
Intanto Yukiko lo fissa ancora sbalordita, sembra davvero un bimbo. Un lieve sorriso illumina anche il suo volto mentre i suoi occhi continuano a puntare la figura stremata del ragazzo che ancora continua a ridere.
Finalmente il fiato ricomincia gradualmente ad entrare nei polmoni di Izaya in maniera regolare.
Si asciuga l’ultima lacrima che ancora gli infastidisce il lato dell’occhio per poi soffermarsi sui suo pensieri: ma che diamine gli era preso?
Si volta verso Yukiko che adesso lo guarda titubante.
Non era poi così divertente… o sì?
“Pff… andiamo.” Dice accennando con la testa la direzione desiderata.
Lei trotterella fino a lui per affiancarsi. Non vuole più stare dietro, vuole tenere d’occhio ogni espressione di quel tipo pazzoide.
Lo scruta mentre lui le cammina accanto in maniera infantile, canticchiando sotto voce una canzone che Yukiko non sa se è esistente.
Gli occhi marroni ruotano nuovamente su di lei senza però essere seguiti dal volto.
Lei vorrebbe distogliere lo sguardo ma non può, è catturata da quegli occhi così… magnetici?
“Che c’è?”
“Hai uno strano modo di camminare.” Ammette spontaneamente senza riflettere.
Lui questa volta non sorride ma si limita ad assumere un’espressione incuriosita e a guardarsi i piedi: “Davvero?”
Questa volta è Yukiko che non può che ridere, seppur sommessamente.
Perché quel demonio riesce a mostrarsi così ingenuo?
Con quei suoi atteggiamenti così infantili e insensati… peccato che sia pericoloso…
“Perché ridi?”
Di nuovo la sua attenzione è attirata da un’espressione di pura curiosità sul volto del ragazzo.
D’altro canto, nemmeno Izaya ha mai visto nessuno ridere di lui, è una cosa nuova che lo attira.
“No… scusa. Solo che…”
Il ragazzo continua a guardarla interessato, in attesa di risposta.
Yukiko sa benissimo che si pentirà sicuramente della risposta che sta per dare, e oltre tutto non sa nemmeno se è quello che pensa sul serio. Anzi, non dovrebbe pensarlo, e nemmeno pensare di pensarlo.
“Che… certe volte… fai tenerezza.”
Ecco, in questo momento Yukiko romperebbe quel fottuto asfalto stradale e infilerebbe la testa nel terreno come uno struzzo.
Izaya si porta una mano davanti al volto ridacchiando nuovamente: “Sei incredibile Yuki-chan!”
Quell’umana, cos’ha quell’umana?
Nemmeno lui è capace di spiegarsi tutte le risate che gli fa fare. Tenero lui? Nemmeno da bambino nessuno lo ha mai considerato tenero!
Izaya Orihara… ti stai divertendo vero?
Quella ragazza, è stupenda! Ha fatto bene ad osservarla, ha fatto bene a far in modo che lei arrivasse da lui.
La osserva mentre cammina al suo fianco, è così piccola… in confronto a lui.
“Stai per incontrare un corpo senza testa, non hai paura?” Le chiede con il suo solito ghigno sulle labbra.
“No, mi ha salvato la vita. Non posso avere paura.”
Non lo guarda più in faccia, ha smesso di scrutarlo come se si fidasse.
No, non può fidarsi. D’altro canto non può che andare dove va lui visto che, nuovamente, la sta trascinando in un labirinto.
“Cavolo, è lontana la tua tana segreta.” Mormora lei ironica.
Lui accenna un sorriso per poi puntare gli occhi in alto: “Guarda su. Lì è pieno di tane.”
Già, è lì il suo vero rifugio, tra gli ampi tetti dei palazzi e gli scricchiolanti parapetti che lui puntualmente scavalca per andare ad esporsi al vuoto che si estende fino alla strada sulla quale ora sta camminando.
La ragazza osserva il cielo senza capire.
“Comunque… è lì che ti porto.” Annuncia il ragazzo indicando un palazzo abbastanza basso in confronto a quelli che si inalzano attorno a loro. 
“E che ci facciamo lì?” Chiede lei quasi scioccata.
Lui la guarda con aria ovvia: “Beh, se devi incontrare la Moto Nera non lo farai certo in piena Ikebukuro no?”
Lei annuisce rendendosi conto della stupidità della questione.
Vorrebbe chiedergli qualcosa che però sa di non potergli chiedere, quindi si limita a seguirlo in silenzio.
Izaya apre la porta cigolante per poi incominciare a salire le scale che anch’esse non emettono rumori tanto rassicuranti.
“Sai… che soffro di vertigini?”
L’informatore si volta con aria di superiorità: “Ma certo.”
Quelle parole fanno rabbrividire Yukiko. Forse sta bleffando, ma se non è così a questo punto potrebbe sapere anche quante volte al giorno va in bagno!
“Per questo ho scelto il palazzo più basso.” Precisa lui.
Lei sospira per darsi coraggio e inizia a seguirlo su per la scalinata.
Arrivati in cima un leggero vento penetrante fa volteggiare i lunghi capelli di Yukiko mentre smuove appena quelli corvini di Izaya.
Lei butta un’occhiata circostante e quando vede un’ombra nera sull’angolo del tetto il suo cuore perde un battito.
Eccola! È lei!
“Ferma qui.” Le ordina Izaya e lei obbedisce. Ormai non ha più nulla da temere.
Lui si avvicina alla Moto Nera per dirle qualcosa che però Yukiko non riesce a sentire.
Quando la mano del ragazzo le fa un cenno decide che finalmente può avvicinarsi seppur con una certa titubanza.
Si ferma a guardare il casco giallo acceso  che, lei sa bene , non nasconde alcun volto.
Izaya fa qualche passo indietro per arrivare fino a lei, ma non la supera. Se ne sta lì, fermo tra Yukiko e la Moto osservando quest’ultima. La ragazza cerca di sbirciare oltre la schiena dell’informatore che le copre tutta la visuale.
“Io ora mi allontano di precisamente 45 passi. Voi ditevi quello che vi dovete dire.” Annuncia lui con un breve cenno di spalle.
La motociclista annuisce mentre Izaya scocca un’ultima occhiata a Yukiko.
Lei istintivamente mima un grazie con le labbra: “Figurati.” Risponde nuovamente lui come le ha sempre risposto “Dopo decideremo il pagamento” Le conferma, ma a lei non importa.
Non è un sogno o una fantasia creata dalla sua mente. Quell’affascinante figura che l’ha perseguitata per tutto quel tempo, quella che l’aveva stratta fra le braccia in quel giorno gelido… è proprio lei!
Ed è lì.
Sente il suo sguardo su di lei, la sua attenzione.
Cerca di regolare il respiro che si sta sfasando per l’emozione. Ascolta per un momento i passi di Izaya che si allontanano finché non cessano. Volta leggermente lo sguardo per vedere la sua posizione: è abbastanza distante per non sentire, ma è lì vigile. Le tiene d’occhio.
Si volta di nuovo verso la Dullahan  che aspetta paziente e silenziosa.
“I-io… sono Yukiko Ishii. Ci siamo già incontrate… almeno, io…”
 
Sì, mi ricordo.
 
Quelle parole appaiono davanti al naso di Yukiko digitate su uno schermo nero.
Si ricorda di lei?
Quella notizia la riempie di emozione e di orgoglio.
“D-davvero?”
 
Sì. Mi fa piacere che tu stia bene.
 
La ragazza ancora la guarda sorpresa e incredula: “Beh… è passato un po’ di tempo”
 
Già, sei cresciuta.
 
Un lieve rossore percorre le guance di Yukiko. Le piacerebbe capire cosa prova quella ragazza senza testa.
 
Ah… volevi chiedermi qualcosa?
 
La castana scuote leggermente la testa: “No, volevo solo… ringraziarti.”
Sì, è per quello che l’ha voluta incontrare. Tutte le sedicenni sognano di incontrare il proprio idolo giusto?
Beh, Celty è il suo.
“Ti chiami Celty vero?”
 
Come fai a saperlo?
 
Yukiko accenna con le pupille la figura del ragazzo che l’ha accompagnata, ora occupato ad osservare il vuoto tenendosi in equilibrio sul bordo del palazzo.
 
Capisco.
 
“E poi…” si sofferma un attimo incerta se continuare la frase, ma l’apparente disponibilità della Moto Nera la incoraggia: “…potrei rivedere… il fumo nero?”
 
Vuoi che mi tolga il casco?
 
“Se non ti è di disturbo.” Precisa sperando di non fare una brutta impressione.
 
No, è che è strano.
Risponde la Dullahan ma pian piano, con una certa attenzione si porta le mani al capo per poi sfilare lentamente il casco protettivo giallo acceso.
L’alone nero si diffonde nell’aria mentre Celty osserva gli occhi azzurri della ragazza che la guarda meravigliata.
Sa che è strano, ma lei la trova bellissima.
“Sei meravigliosa…” mormora ancora adulante.
 
Come?
 
“Ah… è che per me sei il mio eroe… mi hai salvato la vita… io ti trovo stupenda.” Sorride innocentemente non sapendo l’effetto che quelle parole hanno su quella che la maggior parte degli umani chiamerebbe mostro.
 
Io… ti ringrazio. Sei la seconda persona che me lo dice.
 
La ragazza sorride felice, incapace di dire altro.
Improvvisamente una vibrazione fa tremare il cellulare della Dullahan che inizia a leggere il messaggio per poi porgere nuovamente lo schermo a Yukiko.
 
Scusa, devo andare. Ci vediamo domani alle 6, qui.
 
Yukiko non può credere a quello che le sta dicendo. La vuole rivedere!
Annuisce energicamente sorridente.
 
Ah… mi raccomando…
 
Celty lascia la frase in sospeso per poi rimettersi il casco che ruota verso la figura di Izaya che ha da poco ricominciato ad osservarle.
“Cosa?” Chiede Yukiko senza capire cosa intende.
 
Nulla, ci vediamo.
 
Le risponde semplicemente con un cenno della mano per poi avviarsi verso la porticina e scendere le scale come un normale essere umano.
Yukiko vorrebbe osservarla sfrecciare via con la sua moto silenziosa, ma la paura dell’altezza le impedisce di realizzare questo suo piccolo volere.
“Avete fatto?” La voce di Izaya la fa sussultare.
“Ahm… sì…” Mormora incerta. Accidenti… si era dimenticata del pagamento.
“Vieni, ti riaccompagno a casa.”
“Cosa? Perché?” Sono le prime domande che saltano alla mente di Yukiko. Lei si aspettava questo grande prezzo da pagare.
“Beh, non mi sembri molto spiccata nel senso dell’orientamento.”
La ragazza vorrebbe ribattere, vorrebbe dirgli di dirle cosa deve dargli e poi lasciarla in pace una volta per tutte.
Ma un po’ per curiosità, e un po’ per la veridicità delle parole di Izaya, si limita ad annuire e lasciarsi guidare fino al suo appartamento.
Questa volta il tragitto è silenzioso, sia lui che lei sembrano non aver nulla da dirsi.
Lei continua a cercar di capire quello strano ragazzo che la affianca mentre lui cerca di capire cosa ci sia di così divertente in Yukiko.
“Eccoci!” Esclama lui quando finalmente arrivano davanti al piccolo condominio.
“Ahm… ecco… per quanto riguarda il prezzo…”
“Oh, non così in fretta,” Sorride malizioso lui.
Lei rimane a bocca aperta. Non così in fretta? Ma cos’è?! Se lo deve trascinar dietro per tutta la vita?
“Ci vediamo domani.” La saluta lui.
“D-domani?”
Lui ghigna nuovamente: “Oh sì. Vedrai, ci divertiremo insieme.”
Cosa?
No, lei non vuole divertirsi!
Prendendola di sorpresa lui si china su di lei posando le sue labbra sulla guancia liscia di Yukiko.
Lei si sente mancare. Le sue guance si ricoprono del calore tipico dell’imbarazzo facendo divertire Izaya.
Ma cosa sta facendo quel pazzo?
Vorrebbe urlare, insultarlo… ma non ci riesce. Rimane a fissarlo con i suoi occhi ancora pieni di un’emozione che nemmeno lei riesce a spiegare.
Lui ridacchia sommessamente: “Da oggi ti saluterò sempre così.” Annuncia strizzando l’occhio.
“No!” Ribatte lei ancora rossa in volto.
“Oh sì. Ricordati che sei in debito.” Afferma Izaya iniziando ad arretrare.
“Sì ma…”
“A domani!”
Yukiko rimane lì, a fissarlo senza poter proferire parola.
Lo odia, lo odia, lo odia!
Eppure… non le fa poi così paura.
 
 
Ahm… ok. Non riesco a dare un giudizio a questo capitolo. Bello? Brutto? Ditemelo voi perché io non riesco a capirlo.
La storia è ancora lunga e ne succederanno di tutti i colori.
Ringrazio ancora chi segue la storia di Yukiko e chi la recensisce, vi adoro! Spero continuerete a farlo perché senza di voi questa storia non avrebbe senso.
Grazie di cuore!
 

 
 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


True Love?

 
Capitolo 6

 
Le palpebre sbattono debolmente mentre Yukiko si affaccia su una nuova giornata che la attende.
Una ventata gelida dell’aria mattutina di Tokyo le investe il volto penetrando dalla finestra aperta.
La luce è ancora decisamente scarsa, e un lieve bagliore blu-grigiastro, tipico del primo mattino le permette di scorrere le pupille assonnate sui vari oggetti presenti in stanza fino a soffermarsi sulle cifre luminose appartenenti alla sveglia.
 
5.23
 
C’è ancora tempo prima dell’inizio della scuola ma comunque lei si alza sempre un bel po’ prima; non è mai stata una velocista, né in motoria né nella vita quotidiana.
Nonostante ciò si concede altri dieci minuti di tepore e riposo visto che effettivamente è presto.
Richiude lentamente le palpebre concentrandosi sui rumori della città che si sveglia mentre questi le arrivano chiaramente alle orecchie.
I mezzi di trasporto iniziano a sfrecciare mentre i passi affrettati degli impiegati scandisce il tempo.
Nonostante ciò, in confronto alla vivace vita notturna, la mattina di Ikebukuro è immersa nella tranquillità.
Yukiko, ristorata da quell’atmosfera così insolita si accoccola per bene al cuscino immergendosi tra le soffici coperte intrise del suo calore corporale.
Quando finalmente si decide a riaprire gli occhi una luce biancastra glieli fa sbattere velocemente per poi strizzarli. I rumori fuori, ora fastidiosi e assordanti, segno che la vita cittadina ha ormai preso il suo corso, sono attutiti dalla barriere di vetro della finestra ora chiusa mentre un’ aroma di cioccolato riempie la stanza.
Yukiko si rigira nel letto per poi sobbalzare.
Chi ha chiuso la finestra?
E perché prima era aperta?
E soprattutto… che cavolo di ore sono?!
La ragazza lancia rapidamente un’occhiata alla sveglia:
 
9.47
 
“Merda!” Grida mantenendo lo sguardo fisso sulle cifre.
La scuola…
“Buongiorno!”
Una voce la fa sussultare terrorizzata.
Non dovrebbe esserci nessuno a casa visto che ci abita solo lei.
Si volta di scatto verso la figura per notare un’Izaya sorridente appoggiato allo stipite della porta.
“I-Izaya…?”
Lui continua a sorridere avvicinandosi al letto dove la ragazza se ne sta seduta.
“C-che…” No, non c’è assolutamente un senso logico.
Yukiko cerca disperatamente un appiglio che le possa far comprendere la situazione ma non ci riesce.
“C-che ci fai a casa mia?”
“Oh? Nulla di particolare, volevo solo darti un buon risveglio.”
“Aa…” Mormora Yukiko portandosi all’estremità del letto quando il ragazzo si siede accanto a lei.
“Oh, non scappare.” Mormora lui come se stesse parlando ad uno scoiattolo e lo volesse rincorrere.
La giovane sospira, è inutile cacciarlo fuori, tanto lui avrebbe la meglio.
“Avendo ormai capito che il caffè non è una delle tue bevande preferite e non sapendo con cosa fai colazione di solito…” Inizia lui per essere interrotto.
“Io non faccio colazione.” Informa la ragazza infastidita.
“Non è molto salutare.” Dice lui inarcando un sopracciglio per  poi sorridere: “comunque,  a questo sono sicuro non dirai di no” annuncia afferrando una tazza prima appoggiata sul comodino.
Lei fa cenno di no con la testa sempre più energicamente rendendosi conto di sembrare una bambina che non vuole prendere la medicina.
Izaya ghigna per poi portare il contenitore sotto le narici di lei.
L’intenso profumo di cioccolato la inebria facendole afferrare la tazza senza esitazione.
Un ghigno soddisfatto si dipinge sul volto del ragazzo mentre lei quasi imbarazzata sorseggia la bevanda.
“Sei… stato gentile.” Mormora riappoggiando la tazza da dove l’informatore l’ha presa.
“Gentile io?” Ad Izaya scappa da ridere, ma si blocca nel constatare che Yukiko ha ragione. Quella sua gentilezza non ha alcun secondo fine, è normale interesse.
“Perché sei qui?”
Il ragazzo sbuffa: “Non mi credi?”
Lei accenna un sorriso: “Non credo che tu sia qui per una visita di cortesia Izaya-san.”
“Oh, ma se avessi voluto avrei potuto darti un appuntamento e finita lì, invece mi sono preso il disturbo di venirti a prendere!” Esclama Izaya con un tono innocente che non gli appartiene.
“Che gentile!” Esclama lei con un finto sorriso e uscendo dal suo giaciglio.
“Uhm…” Il mormorio di Izaya le fa ricordare di avere addosso solo una canottiera e gli slip.
“A-accidenti… senti…”
“Esco.” Annuisce lui con fare superficiale e uscendo, come detto dalla porta.
Lei rimane un attimo incantata, incapace di proferir parola per poi decidersi ad indossare gli short in jeans e un top nero.
Ma perché gli sta dando così tanta corda? Perché sta al suo gioco?
Una voce dalla cucina la fa voltare mentre ancora se ne sta in camera: “ Questa torta l’hai fatta tu?!” Chiede l’informatore osservando il soffice disco ricoperto di cioccolato.
La ragazza si siede sul bordo del letto non ancora intenzionata a raggiungere il ragazzo: “Sì! Quando non so che fare cucino! Puoi prendere una fetta se vuoi!”
“Era quello che volevo!” Conferma lui già intento a cercare qualunque oggetto che potesse sembrare un coltello.
Alla ragazza in camera sfugge un sorriso e uno strano senso di agitazione la prende.
E se per caso quella torta non è riuscita bene?
“Che si avveleni…” mormora sottovoce, ma sa benissimo che in realtà il suo unico desiderio è quello di fare una bella figura davanti a lui, anche se non ne ha motivo.
Sente una  leggera esclamazione di trionfo quando il ragazzo, finalmente, è riuscito a trovare un attrezzo degno di scalfire quel cerchio perfetto e poi torna il silenzio.
Aspetta all’incirca due minuti in attesa di un commento, ma nulla.
Che si sia davvero avvelenato?
Sorride per quel pensiero stupido e si decide ad alzarsi e dirigersi verso la cucina.
Cammina lentamente lungo il tragitto dandosi dell’idiota per quella immotivata preoccupazione.
Quando finalmente arriva alla porta si sporge silenziosamente per osservare la situazione.
Lo ritrova appoggiato al tavolo con la metà restante di fetta ancora in mano e le pupille rivolte alla finestra.
La sua espressione assomiglia molto a quella che ha visto nel suo studio se non fosse per la fetta di dolce davanti alle labbra.
A cosa starà pensando?
Alla stessa cosa che stava pensando quel giorno?
Ancora una volta, nel vedere quell’espressione così umana Yukiko si sente attirare e incantare, come un serpente davanti al movimento del flauto.
Improvvisamente il volto di Izaya si porta verso la porta scorgendo la figura della sedicenne ancora incantata.
“Che stai facendo?” Chiede lui alzando un sopracciglio.
“Io stavo…” Ma la ragazza non fa in tempo di finire la frase che viene colta da una leggera risata.
“Che hai?” Esclama il ragazzo con una leggera nota sorpresa.
“Sei…sei sporco di cioccolato.” Ammette lei ancora ridacchiando.
Gli occhi di Izaya si dilatano leggermente mentre si porta il dorso della mano alla bocca: “Accidenti…” Mormora. Deve ammetterlo, la cosa lo imbarazza.
La ragazza lo fissa ancora divertita; forse quel tipo non è così cattivo… certo, non può dirlo solo per uno stupido striscio di cioccolata però… il suo atteggiamento in questo momento è più simile ad un bambino innocente che ad un sadico venditore di informazioni.
Ancora con il sorriso sulle labbra gli si avvicina per poi ripulirgli delicatamente lo striscio scuro con il pollice.
Lui sembra sorpreso, si limita ad osservarla con una strana espressione che lei non capisce.
“ Perché?” Chiede lui senza esitazione.
“Uhm?”  Lei non ci vede assolutamente nulla di strano.
Ma lui ovviamente sì. In realtà non gli era mai stata offerta neanche una fetta di torta prima d’ora, e figuriamoci se qualcuno si era mai preso il disturbo di arrivare addirittura a toccarlo per fargli un favore.
“Sai cosa vuol dire stigmatizzazione?” Chiede di punto in bianco lei.
“Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda.” Esclama lui con finta aria offesa per poi riprendere: “Le stigmate sono i segni della passione di Cristo che appaiono sul corpo di alcuni Santi.”  Sbuffa alzando il naso disinteressato.
“Giusto.” Mormora Yukiko: ”Ma stigmatizzazione vuol dire semplicemente marchiato.”
“Mh?”
“Una persona stigmatizzata è una persona che la gente marchia, distingue, la ritiene involontariamente diversa. Come ad esempio… un criminale che esce di prigione non sarà mai riaccettato nella società come se nulla fosse accaduto…”
“….Oppure un venditore di informazioni che si è ricoperto di infamia non verrà mai visto come una persona qualunque con i suoi pregi e difetti.” Conclude Izaya al posto di Yukiko.
 Figuriamoci se lui non sapeva cosa voleva dire quella parola, ma ovviamente non è questo il punto.
Lei sospira tesa, è riuscito a far centro.
Era ciò che voleva dire, ma non così.
“Forse hai ragione, anzi, hai ragione. Ma in fondo a me cosa importa, sono ancora vivo no?”
Lei non risponde, non può credere che lui sia felice così.
Gli occhi castani la fissano mentre il ragazzo ha iniziato a camminare lentamente verso la finestra.
“Però, se cambiassi atteggiamento…”
“Ormai sono stigmatizzato no? Cosa cambierebbe? E perché dovrebbe cambiare?”
Perché non sei come dicono.
Vorrebbe rispondere così, nonostante questo però non si sente ancora in grado di giudicarlo.
“Forse… potresti essere un po’ migliore… rispetto a quello che dice la gente.”
“la gente mi teme, e molti credono che sia meglio essere temuti che amati”
“Ma molti pensano il contrario.”
Una breve risata esce dalla bocca di Izaya: “Oh, un giorno qualcuno mia amerà.  Fino ad allora, continuerò a vivere come ho sempre fatto.”
La ragazza sospira: “Non credo sia un buon metodo…”
“Ah no?” Chiede lui per poi precipitare davanti a lei e puntare le gli occhi nei suoi: “Allora perché mi stai dicendo queste cose?”
“Perché…” Yukiko non sa come continuare la frase. È vero… perché lo sta facendo?
Perché sta cercando di capirlo?
Un sorriso increspa le labbra del ragazzo mentre la sua mano accarezza lentamente la vita di lei che rabbrividisce.
“Ah Yuki-chan, ho fatto bene a conoscerti.” Afferma lui con la sua solita nota di presa in giro.
La ragazza scuote la testa senza capire, come al solito.
La mano di lui si infila sotto il tessuto del top accarezzandole la schiena.
“Che fai…?” Mormora Yukiko incapace di dire altro.
Vorrebbe allontanarlo, ma per l’ennesima volta non si sente in grado.
La mano libera del ragazzo le accarezza il collo mentre lei istintivamente si racchiude nelle spalle.
Improvvisamente le mani di lui si allontanano dal corpo di lei, accompagnate ancora una volta dalla sua voce divertita.
Yukiko si avvolge tra le sue stesse braccia ancora frastornata da quel contatto seducente.
“Come già detto, non sono un pervertito.” Ridacchia lui infilando le mani nelle tasche della giacca.
“Già…” risponde semplicemente lei.
“Bene, basta poltrire. Io devo essere in un posto tra… esattamente 13 minuti, quindi sei pregata di seguirmi.”
La ragazza annuisce insicura ancora turbata dalle sensazioni di poco prima.
Già, perché dentro di lei erano nate emozioni che non aveva mai provato.
Scuote la testa mentre scende la rampa di scale rimanendo leggermente indietro rispetto all’informatore.
Aspetta, e che cosa dovrà dire ad Anri, Kida e Mikado? Perché non era a scuola?
Non ha importanza.
Il cielo è leggermente velato, ormai l’autunno è arrivato anche se, lì a Tokyo, il susseguirsi delle stagioni è quasi inesistente se non fosse per i ciliegi e le varie feste sparse nel corso dell’anno.
“Dove stiamo andando?” Chiede Yukiko affiancandosi ad Izaya.
“Umh, devo incontrare un amico.”
“Amico?” Chiede lei inarcando il sopracciglio destro.
“Beh, in realtà è un tipo per cui lavoro.”
Il passo della giovane cessa all’istante: “Oh.” Mormora solo poco convinta.
Izaya sorride divertito: “Non ti preoccupare, tu mi aspetti fuori.”
 La ragazza annuisce per poi essere invasa da una leggera irritazione: “Ma allora perché mi porti con te?”
Izaya ridacchia strizzandole l’occhio: “Perché mi devi pagare Yuki-chan”
“Cioè… sono una specie di concubina?”
“Oh no, te l’ho detto che io non ho certe tendenze… solo… ti voglio mostrare un posto.”
La ragazza sospira sapendo bene che non può ribattere.
Dopo aver deciso che non può fare nient’altro si limita a guardarsi attorno. Le è successo molto raramente di vedere la vita mattutina di Ikebukuro visto che solitamente è chiusa all’interno dei cancelli della Raira.
È molto più calma rispetto al pomeriggio, per quanto può essere calmo un quartiere di quella grande metropoli.
Nonostante ciò manca di quel brio giovanile che si incontra una volta terminato l’orario delle lezioni.
“Aspetta qui.” La voce di Izaya la fa sobbalzare.
Davanti a loro, in un angolo che potrebbe sembrare di periferia nonostante sia in un posto più che frequentato, ha sede un locale che ha tutta l’aria di essere il posto preferito della gente che passa la vita ad ubriacarsi e a fumare.
“Non fraintendere, non è certo questo il mio locale preferito.” Informa Izaya quasi a volersi discolpare per poi alzare le spalle con noncuranza.
“O-ok… quanto pensi di stare là dentro?” Chiede lei cercando di mostrarsi sicura nonostante l’idea di rimanere da sola vicino ad un posto del genere non la faccia saltare di gioia, anzi… prima il suo accompagnatore ritorna da lei maglio è, anche se in effetti essere lì con un tipo così pericoloso non è molto meglio… eppure il pensiero della sua mancanza le fa paura.
“Ooh, non vuoi rimanere da sola!” Esclama Izaya con una nota di meraviglia teatrale “non ti preoccupare, Izaya-chan tornerà presto.” La rassicura accarezzandole la testa come se stesse parlano ad una bambina in lacrime.
Lei si limita a sbuffare distogliendo lo sguardo.
Ma quanto sa essere irritante!
Lo osserva allontanarsi per poi entrare in quella specie di topaia.
Sospira quasi sconsolata.
Attraversa la strada per raggiungere una panchina da cui può tenere d’occhio l’entrata del locale… come vorrebbe essere a scuola.
Invece è lì, a fare da baby-sitter ad un informatore pazzoide.
Controlla l’orologio: 10.45
Si stringe le mani tra le ginocchia cercando di nascondersi ai passanti.
Gli occhi azzurri si mantengono fissi sulla porta del locale nella speranza di intravedere la figura di Izaya.
Magari passasse improvvisamente la Moto Nera…
Ma lei l’ha incontrata!
Accidenti, la presenza di Izaya gliel’aveva fatta dimenticare.
Lei ha visto Celty, ci ha parlato, e la rincontrerà… quella stessa sera!
Il cuore sembra volerle saltare fuori dal petto, non le sembra vero.
Nonostante ciò quel pensiero non può toglierle il desiderio di andarsene da lì al più presto.
Ma Izaya si decide ad uscire?
“Oh…”
Un piccolo gattino nero attira la sua attenzione. Si sofferma a guardarlo rimanendo seduta sulla panchina.
Un dolce sorriso le appare sulle labbra: “Che carino…”
Osserva il micetto giocare spensierato lungo il marciapiede, rincorrendo qualcosa di molto simile ad una mosca.
Quando la sua corsa però lo fa correre verso la strada Yukiko non può fare a meno di emettere un gemito spaventato,  e quando, come da copione, un’ auto sfrecciante appare all’orizzonte la sua voce non può essere fermata e le sue gambe la fanno rizzare dalla panchina.
“Scappa da lì!” Grida osservando la figura del cucciolo immobile.
Le sembra di essere in un film, solo che quel gattino ci rimetterà sul serio la pelle!
L’auto è troppo vicina perché lei possa afferrare l’animale e portarlo al sicuro.
Grida ancora terrorizzata coprendosi gli occhi.
Non le importa se è una reazione da bambina, non riesce a guardare.
Sente il suono di un clacson assordante,
Un grido di irritazione,
una voce di rimando e infine il motore dell’auto che passa davanti a lei lasciandole solo una ventata e l’odore di smog.
Non vuole guardare. Chissà come sarà ridotto quel cucciolo…
Sente già le lacrime sorgere dalla base degli occhi.
“Ehi!”
La voce dell’informatore la costringe ad abbassare lentamente le mani dal viso.
Lo vorrebbe maledire per averla fatta aspettare, per averle fatto vedere quella dannatissima scena.
Ma quando finalmente la luce le permette di vedere la figura di Izaya non può fare a meno di non notare il piccolo micetto nero che regge con la mano destra.
Lui la osserva con fare interessato mentre lei lo fissa con gli occhi lucidi ancora confusa e spaventata.
“Oddio…” mormora solamente per poi concentrarsi sul piccolino che il venditore stringe.
“Mh? Era per questo che hai gridato?” Chiede lui alzando leggermente l’animaletto.
Lei si porta i polpastrelli delle dita verso le labbra.
Ma come diamine ha fatto?
Non le importa.
L’importante che quel gattino ora non sia una frittata in mezzo alla strada.
“Grazie…” mormora ancora incapace di alzare il tono.
Forse lui la riterrà infantile… piangere per uno stupido gatto…
Ma lei non può farne a meno, per lei qualunque essere vivente ha diritto ad un’esistenza.
“Grazie!” D’istinto porta le braccia attorno al collo di Izaya per poi appoggiare la sua fronte contro le sue clavicole.
Lui rimane immobile.
Come dovrebbe comportarsi?
Un leggero sospiro sorpreso esce dalla sue labbra senza che lui possa fermarlo.
Inutile fare il conto di quanto la sua reputazione stia degradando in così poco tempo.
“Pff…” Gli viene da ridere. È proprio vero che gli esseri umani sono strani.
Lei si stacca da lui nervosa, concependo dolo in questo momento il suo gesto.
“Aaaah… era lui che volevi no?” Dice Izaya porgendole il gatto.
Lei lo afferra stringendolo al petto. È così soffice… e caldo.
Il piccolo inizia a miagolare.
“Tu hai finito?” Chiede ad Izaya senza distogliere lo sguardo dal cucciolo.
“Uhm… stava diventando tutto così noioso… diciamo che le tue grida mi hanno salvato.”
“Sei venuto qui perché mi hai sentito gridare.”
Un leggero sorriso appare sulle labbra di Izaya: “Non solo.”
Lei trattiene un attimo il respiro per poi accorgersi del ragazzo che ha ricominciato a camminare.
“E adesso?” Chiede stringendo ancora il micio.
“Adesso… ti porto in un posto. Preparati.” L’ultima parola la fa rabbrividire, soprattutto a causa di quello sguardo che Izaya le ha rivolto.
Uno sguardo penetrante e terrificante.
Uno sguardo incantatore.
Uno sguardo ombreggiato di rosso.
 
 Come al solito… scusate se ci sono errori ma non ho potuto riguardarlo >.<
Lo farò il prima possibile.
Izaya e Yukiko vi ringraziano, e anche io! Grazie a tutti quelli che leggono, recensiscono o inseriscono la storia in una delle categorie!
Vedrò di postare il prossimo capitolo al più presto! Sarà più duro di questo... in effetti il 6 è noiosetto...
Grazie mille :) 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


True Love?

 
Capitolo 7
 
Se ne sta attaccata al muro, ben distante dai bordi di quell’alto palazzo… molto alto.
Non vuole vedere cosa c’è sotto, e non ha intenzione di seguire Izaya al di là di quel parapetto.
Ma dove diamine l’ha portata?
Non aveva detto di sapere della sua fobia?
“Vieni.” Le dice tendendole la mano.
Lei fa di no con la testa concentrata a rimanere ben al centro del tetto. Lui sospira per poi riscavalcare  agilmente quella che per lui non è nemmeno una barriera ed avvicinarsi a lei.
“Oh, su! Non ti lascio certo cadere.” Le dice con una voce innocente.
Lei arretra fino alla porta: “Se questi sono i posti migliori che puoi farmi vedere… grazie ma passo.”
“Passi? Come passi! Andiamo!”
Izaya non aspetta risposta, figuriamoci, le prende la mano e la trascina via con sé.
“I-Izaya… per favore…” Prova a protestare, ma la stretta dell’informatore è abbastanza forte da impedirle ogni  mossa contraria alla sua volontà.
“Fidati.” Le sussurra una volta arrivati alla ringhiera ferrosa che circonda lo spazio del tetto.
Il respiro caldo le accarezza la pelle leggermente infreddolita, e per quanto quella parola le ordini di lasciarsi guidare da lui il ghigno che sicuramente si è dipinto sul volto di Izaya fa inquietare Yukiko che inizia a sentirsi male.
“Avanti, seguimi.” La incita lui. Ha già superato la barriera e ora la guarda con occhi furbastri.
Lei prende un profondo respiro, ben conscai del fatto che si pentirà di ciò che sta per fare.
Appoggia titubante le mani sull’asta di ferro per poi afferrarla saldamente e serrare gli occhi. Con poche e agili mosse passa dall’altra parte, dove nulla la può proteggere da un’eventuale caduta.
Da Izaya.
Nonostante il corpo sia rivolto verso l’informatore le sue mani restano aggrappate al parapetto mentre le gambe iniziano a tremare e il respiro diventa affannoso.
“I-Izaya…” Prova di nuovo ma lei sa che è inutile.
“Su, non fare la timida.” Dice lui afferrandola e tirandola a sé.
Lei istintivamente grida, ma lui la ignora… come se non la sentisse.
“Guarda, vedi quanto siamo alti? Se qualcuno cadesse da qui morirebbe, infatti molti si suicidano qui.”
Quelle parole le fanno gelare il sangue.
Suicidio?
È su un palazzo alto non sa quanti metri.
È su un palazzo alto non sa quanti metri con un pazzo!
“Andiamocene!” Ovviamente la frase giusta era  lasciami andare, ma le labbra di Yukiko si rifiutano inspiegabilmente di pronunciarla.
“Andarcene?  Ma se non hai nemmeno guardato!” Esclama lui con naturalezza afferrandole le spalle e sporgendola al vuoto: “Vedi quelle macchie rosse? Eh, eh… indovina cosa sono?  Se guardi bene puoi vedere anche qualche organo. È normale vista l’altezza dell’edificio. Che sia un pezzo di  fegato quello? Oppure un pancreas? A quanto pare non è da molto che sono…”
“Basta!”
Non ne può più!
Che sta succedendo? Cosa sta pensando?
Non lo sa. La sua mente si rifiuta di registrare le immagini appena viste e le parole appena sentite.
Grida chiedendo aiuto e stringendo i pugni tra i capelli che le ondeggiano al vento.
Le viene da vomitare.
Sta piangendo per l’orrore e il terrore.
Come ha potuto solo pensare che in quell’essere ci fosse qualcosa di buono?
Come fa a comportarsi con tanta naturalezza davanti a tutto questo?
Le vuole far fare la stessa fine?
Si lascia cadere a terra coprendosi gli occhi e allontanandosi il più possibile dal bordo.
“Ti sei spaventata?”
È vicino.
Il mostro è vicino.
“Non ti avvicinare!” Grida lei in preda al panico.
Ignorata, ancora una volta.
Non ha la forza per fuggire, serra gli occhi mentre lui avanza ancora verso di lei per poi chinarsi e… abbracciarla.
“Aaah! Ma che tenera!”
Lei non sa cosa pensare.
Dovrebbe aver paura?
“Va tutto bene. Sei troppo preziosa perché io lasci che ti possa accadere una cosa del genere, quindi stai tranquilla.”
Il respiro di lei si calma.
Cosa vuol dire?
Sta indirettamente dicendo che ci tiene a lei?
Senza che Yukiko se ne accorga il suo mento si appoggia alla spalla di lui ancora intento a stringerla.
“Come ti senti?” Le chiede lui senza cambiare posizione, così che lei non possa vedere il suo volto.
La ragazza non risponde. Non lo sa.
“Sei più tranquilla vero?”
Sì.
“Perché?”
Non lo sa.
“Sono le mie braccia che ti fanno provare questa sicurezza?”
Forse.
“Il mio corpo?”
Sì.
È Izaya che fa la differenza. Lui la sta stringendo, la sta proteggendo da quel destino capitato ad altre persone.
Lui la sta tenendo lontana dalla sua più grande paura.
Le sue labbra, non sotto controllo, sillabano un leggero: “Sì.”
Una live risata soddisfatta aleggia per un istante nell’aria finché la presa attorno al corpo di Yukiko non si allenta.
“Vorrei chiederti ancora perché ma so che nemmeno tu lo sai, sbaglio?” La voce di Izaya è quasi ironica.
Le sue braccia si allontanano da lei e, come se prima fosse stata sotto l’effetto di una droga, la sua mente ricomincia a ragionare e scatta in piedi.
Ma che cavolo le è successo?
Quel tipo sarebbe capace di ucciderla!
Che ci fa lei lì? E perché si faceva stringere a lui?
“Vai pure se devi.” Lui sorride, è ancora inginocchiato a terra.
Lei arretra mentre sente l’adrenalina ricominciare a circolare e le gambe tornano a tremare.
Cerca alla cieca la sbarra del parapetto dietro di sé incapace di distogliere  lo sguardo dal sorriso di Izaya.
Quando finalmente le dita stringono il metallo gelido, con un balzo che lei non si credeva capace di fare, scavalca la protezione per iniziare a correre.
“Ehi!”
Bloccata. Di nuovo.
Basta la sua voce per ostacolare la deambulazione di lei.
“Prendi!”
Senza che lei si volti, tra le mani che istintivamente unisce a coppa si deposita il suo cellulare.
Lancio perfetto, degno di lui.
Ma… come aveva fatto a prenderglielo?
Che domande idiote! Lui è Izaya Orihara.
“Non credo che tu voglia perderti tra i palazzi questa sera. Lì c’è il numero di Celty, per spostare il luogo dell’incontro. Non devi pagare nulla.”
Gli occhi azzurri fissano ancora un attimo assenti l’oggetto tecnologico stretto tra le dita per poi fissare la porta mentre le gambe ricominciano a correre verso di essa.
Nessun ringraziamento, lei vuole solo scappare.
Scappare da quel bellissimo demone che continua a farla addentrare sempre di più in quella maledettissima ragnatela per poi, lei ne è sicura, divorarla senza esitazione.
Non può continuare così.
Lui la sta letteralmente affascinando.
È vero, per lei lui è bellissimo .
Le dita svelte digitano velocemente un numero, non sa nemmeno lei quale, sa solo che deve chiamare qualcuno.
 
“Pronto?”
 
La voce di Kadota risuona dall’altra parte del telefono.
 
“Kadota-san!”
“Umh? Yukiko?”
“Mandalo via! Non voglio più avere niente a ce fare con lui! È un mostro! Un mostro!”
“… Stai parlando di Izaya?”
La voce di Yukiko si fa flebile: “Sì.”
Dall’altra parte si sente un sospiro e la voce squillante di Erika che fa da sottofondo.
“Senti, vai a casa e rilassati. Chiuditi dentro e fai ciò che ti fa sentire più sicura, ma sta tranquilla che non succederà nulla, non ti farà nulla.”
“Sì.”
Non sa dire altro.
Dopo un breve saluto la discussione termina e Yukiko si accorge di aver corso per tutto il tragitto.
Come aveva fatto a ritrovarsi fuori da quel labirinto non le importava.
La paura che aveva provato le era bastata per farle trovare la strada.
Entra nell’appartamento e, come le aveva suggerito Kadota, chiude  chiave la porta.
 
 
“Celty, scusa se ti disturbo, ma possiamo spostare il luogo dellìincontro? Magari… a casa mia?”
 
Inviato.
 
Ridicolo, sta seguendo i suggerimenti dell’informatore?
 
“Va bene, so dove abiti.”
 
Bene. Ottimo.
Come fa a sapere dove abita?
Ma chissenefrega!
Non le interessa, come può interessarle? Anzi, se ne sente quasi lusingata
Si rannicchia sul divano accendendo la televisione, ma senza seguirla.
La sua mente continua a concentrarsi sulla figura dell’informatore senza che lei lo voglia.
Lei dovrebbe desiderare con tutta sé stessa di non vederlo mai più in vita sua giusto? E allora perché continua a chiedersi quando lo rivedrà ancora?
Afferra il cellulare per riguardare il numero di Celty senza averne un motivo preciso…
67 numeri memorizzati.
Prima che Izaya le rubasse il cellulare ce n’erano 65…se uno è quello di Celty, qual è l’altro?
Inizia a scorrere la lista ma il suono del campanello la interrompe.
È arrivata.
La dullahan sale le scale per arrivare  all’appartamento della ragazza.
Ciao.
“Ciao, entra pure.” Sorride Yukiko incapace di dire altro.
Hai una bella casa.
Ti ringrazio.”
Senti… questa volta sono io a volerti fare una domanda.
Yukiko si pietrifica per un attimo per poi lasciarsi cadere sul divano: “Dimmi.”
La motociclista la raggiunge sedendosi accanto a lei: Perché mi hai cercata?
“Perché… volevo ringraziarti, e poi… tu sei il mio mito.”
Un mito? Io dovrei essere uno di quegli esseri che appaiono nei film horror.
La ragazza scoppia a ridere: “Ma figuriamoci! Tu sei molto più umana di certa altra gente.”
Ti riferisci ad Orihara?
Yukiko rimane fulminata. Come l’ha capito?
“Immagino che la sua fama sia a te molto conosciuta…” sorride incerta.
Oltre a quello, mi sembrava strano che una ragazza come te si fosse rivolta a lui… però, mi è sembrato diverso.
Gli occhi della ragazza si accendono di interesse: “Diverso?”
Da lui c’è da aspettarsi di tutto. Però, a te come è sembrato?
La giovane sospira: “Fino a questa mattina credevo fosse una persona normale con qualche disturbo psicologico… adesso credo sia un pazzoide sadico.”
Capisco.
Yukiko non può capire lo che reazione ha Celty, se è seria oppure sta ridendo, ma le fa piacere notare che ha toccato proprio il tasto che Yukiko ha bisogno di curare.
Se ne stanno lì, come due amiche a confidarsi.
“Non mi fido di lui.”
Non farlo, finché non ne sarai convinta.
“Non credo lo sarò mai…”
Immaginavo.
“Comunque, grazie. È stato bello parlare con te.”
Anche per me. Ci sarebbe un’altra cosa che vorrei chiederti… ma aspetterò.
“No, puoi dirmelo.”
No… tutto questo parlare di Orihara mi ha fatto venire in mente un’altra persona.
“Ah…”
Ci possiamo vedere ancora?
Non ci può credere! Le ha chiesto ancora se si possono vedere!
“Ovviamente!”
Grazie, ci vediamo.
E così la Leggenda se ne va dalla casa di Yukiko come una normale persona se ne va dalla casa di un’amica fidata, senza troppi spettacoli, con un semplice saluto.
Alla fine anche con Celty il centro dell’argomento si è spostato su di lui, sul Demonio.
Quando finalmente Yukiko si ricorda della sua rubrica modificata ormai è notte inoltrata.
Scende lungo la lista memorizzata nel suo cellulare finchè non spunta un nome nuovo:
Izaya-chan <3
 
 
Ok… il capitolo l’ho postato ieri sera, ma essendo un po’ assonnata oggi l’ho migliorato, anche se è rimasto lo stesso un po' cortino.
Spero lo leggerete, era da un pezzo che non aggiornavo… come al solito poi -.-
Grazie a tutti quelli che leggeranno e spero  recensiranno  :)

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


True Love?

 

Capitolo 8

 
Yukiko dischiude leggermente gli occhi; il volto di Izaya è a pochi centimetri dal suo, rilassato, addormentato.
Sembra un bambino, un dolce ed innocente cucciolo.
Lei si rannicchia sotto la pressione del braccio di lui richiudendo gli occhi.
Sta bene.
Non potrebbe stare meglio, tranne che per una domanda che improvvisamente le pervade la mente: che ci fa  Izaya addormentato nel suo letto?
Le palpebre lasciano nuovamente scoperte le iridi azzurre con un movimento repentino.
La ragazza si sente per un istante indecisa sul da farsi ma l’agghiacciante ricordo  del rosso sanguigno alla base dell’edificio le fa alzare rapidamente un ginocchio colpendo il ragazzo in un punto impreciso e accompagnando il movimento con un insulto che la sua mente non registra.
Gli occhi scuri di Izaya si sgranano mentre dalla bocca esce un sottile lamento di dolore misto sorpresa per il brusco risveglio e il suo corpo si piega in avanti.
“Ehi… Yuki-chan… sii delicata con i maschietti, sono fragili da quelle parti.” La ammonisce lui come se il movimento di Yukiko fosse stato volontario.
“Beh, i maschietti dovrebbero stare attenti a dove si addormentano!” Risponde lei abbracciando il cuscino infastidita.
“Oh, ma come, non ti piace?”
La ragazza si sente avvampare: “Come potrebbe piacermi ritrovare un pazzo nel mio letto?!” Esclama balzando in piedi sul materasso.
“Pazzo?”
Quella domanda è poco più di un sussurro, un sussurro non abituato all’allegra voce di Izaya.
Gli occhi di lui rimangono fissi sulla figura eretta della ragazza mentre il suo corpo rimane adagiato sul  morbido giaciglio.
Lei lo guarda confusa; sembra quasi… rassegnato?
Non si sarebbe mai aspettata quella reazione, si sarebbe immaginata una risata o una battuta, ma non un semplice sospiro.
“Ho capito.” Dice l’informatore distogliendo lo sguardo dalla figura della giovane per poi mettersi a sedere sul letto dandole le spalle.
“Izaya…”
Lui la guarda con la coda dell’occhio: “Sai, ieri notte per un po’ ho pensato che trovando il mio numero mi avresti chiamato… anzi, per un attimo ne sono stato totalmente certo…” Fa una pausa.
Una pausa che agita senza un apparente motivo Yukiko.
Un leggero sorriso appare sul volto di profilo di Izaya: “…Poi mi sono ricordato.”
Ricordato di cosa?
Gli occhi cristallini della ragazza si velano di una strana tristezza. Si sente in colpa.
Anche quello, anche il senso di colpa è in grado di infondere quel bastardo.
Il materasso si solleva leggermente quando il peso del corpo di Izaya sparisce dalla sua superfice.
“Vestiti. Vieni con me anche oggi, se non vi è troppo di disturbo my lady.”
Sembra tornato il solito Izaya, sembra.
“Ho alternative?” Chiede lei incrociando le braccia al petto.
Lui sfoggia il suo sorriso più radioso: “Oh, c’è sempre una seconda scelta, ma la domanda è: e meglio conoscerla oppure no?”
Definitivo: non ha alternative.
Lui esce dalla stanza senza dire una parola, come se lei non ci fosse.
Non lo conosce da molto, questo è vero, ma oggi le sembra particolarmente strano, per i criteri di lui s’intende.
Quando decide di raggiungerlo trova il ragazzo appoggiato alla porta di ingresso mentre stringe già tra le dita la maniglia.
“Dove andiamo?” Chiede lei senza nascondere una certa insicurezza nella voce.
Sì, è terrorizzata da quella che può essere la risposta, e lui lo sa.
La guarda fulmineo mentre si accinge ad uscire dalla porta: “ Hai paura di quello che potresti vedere? Di quello che potrebbe accadere? Oppure…” Si volta di scatto chinandosi e stabilendo il suo volto a troppo breve distanza da quello di Yukiko “… hai paura di me?”
La ragazza rimane interdetta.
Vorrebbe tanto mentire, ma quegli occhi la spingono sempre a dire tutto, lui da lei potrebbe avere tutto.
“Tu…” La frase non è completa, lei lo sa bene, ma non sa come continuare, conosce solo il soggetto.
“Io? Io cosa? Io potrei fare tante cose… potrei picchiarti, potrei accoltellarti, potrei ucciderti, potrei stuprarti, potrei rapirti…”
Come?
Rimane a fissare la figura di Izaya davanti a lei incapace di far nulla, nemmeno di gridare.
Perché? Perché deve spaventarla in questo modo?
Come se le avesse letto nella mente la mano dell’informatore sfiora delicatamente la guancia di Yukiko: “… ma posso anche proteggerti, posso coccolarti, posso baciarti, posso amarti…”
E come per magia il terrore di prima svanisce. Quel ragazzo ha in mano tutti i fili dei suoi sentimenti, lui può tutto.
Dovrebbe resistergli, ma come fare?
“Devo ringraziare Dota-chin.”
“Dota-chin?”
Lui sorride allontanandosi da lei: “Kadota, sono stato io a chiedergli di avvicinarti.”
Un vuoto le pervade il petto, come se fosse stata tradita.
“Su, perché sei ancora lì?”
Lei meccanicamente si avvia dietro di lui, come se fosse una sua proprietà. Lui l’ha trascinata nella sua trappola prima ancora che lei lo sapesse.
Lui la guarda da sempre.
Camminano in silenzio per Ikebukuro, e lei si sente frustrata.
Non sa che ci fa lì ma allo stesso tempo ha paura di andarsene.
“Dimmi il prezzo.” È un ordine, un ordine dettato dal timore.
“Come?” Lui finge di non capire.
“Dimmi cosa ti devo pagare, e lasciami in pace.”
“Mi odi così tanto? Mi vorresti morto?” Sorride, sorride ironico quello stronzo.
“Sì.”
Fredda, risoluta, come non è dentro.
Una risposta che la sua mente non concepisce, e che non ha fondamenta tranne quella di ferirlo. Se prima si sentiva in colpa ora desidera solo vedere almeno un po’ di sofferenza su quel volto che sicuramente ne ha provocata tanta a tante altre persone.
Lui si blocca sul posto, non si volta a guardarla: “Cosa?”
Non può ripeterlo, non ne ha la forza.
Lei non gli augura assolutamente la morte, non l’augurerebbe a nessuno, tantomeno a lui.
Lo ha detto solo per egoismo, eppure sarà per orgoglio o per paura lei non osa contraddirsi.
Si sente male, si sente crudele. È crudele, peggio di lui.
“Non posso lasciarti ora.” Questa è la risposta di Izaya.
A voce fredda. Perché non riesce a ridere? Quante persone gli hanno augurato la morte eppure non hanno avuto ripercussioni su di lui?
Shizu-chan lo fa ogni giorno.
Ricomincia a camminare ascoltando il passo della ragazza dietro di lui.
Non ha voglia di saltellare né di canticchiare, avanza e basta.
1,2,3, 100 metri.
Silenzio.
La morte? Lui non vuole morire.
Ma lei ha detto che le piacerebbe? Lo desidera.
Di nuovo si dirige verso un locale, un karaoke per la precisione, e di nuovo è pronto per giocare con uno dei suoi amati umani.
“Aspettami.” Ordina a Yukiko come aveva già fatto.
Perché non riesce a ritrovare il suo sorriso naturale?
Lui se ne va e lei resta lì ad aspettare, ancora.
La morte, la barriera più spessa che l’uomo conosca, se qualcuno viene inghiottito da essa non c’è possibilità di incontro, almeno che non la si voglia raggiungere.
Se una persona muore svanisce ogni possibilità di rivederla.
Se Izaya morisse… che cosa proverebbe?
Dolore, vuoto.
Lei lo vuole conoscere. Vuole conoscerlo sul serio, perché la attrae come il male. Le piace il suo profumo di pericolo e le piace quando i suoi occhi la scrutano facendole provare timore.
Lo odia, ma le piace.
Possibile che davvero non ci sia nulla di buono in quel ragazzo?
Sospira pentita.
È stata crudele, senza ombra di dubbio, e sempre per colpa di quell’Orihara si ritrova ad odiare sé stessa.
Se ne sta in silenzio per una quindicina di minuti finché Izaya non riappare dall’entrata.
“Finito.” Canticchia lui mostrandosi più allegro di quello che, molto stranamente, è.
Lei si limita ad alzare lo sguardo su di lui.
Dovrebbe scusarsi?
Non lo sa, ma è quello che vorrebbe fare.
“E adesso?” Chiede con un filo di voce. Ha paura, ma non di Izaya.
È qualcosa che non sa spiegare. Nonostante lui apparentemente sia normale non si stupirebbe se cercasse una piccola vendetta per il suo comportamento.
Izaya alza le spalle con non curanza: “Non lo so.”
Yukiko rimane in silenzio, dubbiosa sulle possibili prossime destinazioni; non vuole certo rivedere uno spettacolo disgustoso come quello visto l’ultima volta…
“Andiamo a mangiare qualcosa, che ne dici?” Chiede l’informatore rivolgendole una fugace occhiata.
Lei scuote la testa: “Non ho soldi.”
“Pago io.”
La ragazza lo guarda interdetta: lei lo ha trattato malissimo, eppure lui le offrirebbe il pranzo?
Izaya rimane in attesa di conferma per poi portare una mano tra i capelli: “Ah, giusto. Non apprezzi la mia compagnia. E va bene, vorrà dire che mangerò da solo. Vieni, andiamo a casa tua.”
Vorrebbe fermarlo, vorrebbe dirgli che non voleva dire nulla di male, che quella sillaba affermativa era dovuta solo alla rabbia… e invece lo segue inerme.
Non ha il coraggio di affiancarlo, si sente un verme. Eppure non le pare che lui dia molta importanza al suo presunto desiderio.
Dal canto suo, Izaya sente dentro una strana delusione. È qualcosa di frustrante e inspiegabile.
Oh, lui è Izaya Orihara, è bravo a recitare, ma in questo momento gli viene quasi difficile. Certo, se ne va in giro per Ikebukuro come sempre, ma si sente quasi male.
Odia essere odiato.
Eppure la maggior parte della gente non prova altro sentimento per lui.
Pensava forse che Yukiko potesse amarlo? Nah, non scherziamo.
“IIIZAAYAAA!”
Oh, quel grido. Sempre il solito, Shizuo è davvero monotono.
Ma questa monotonia non può che spaventare la sua accompagnatrice che si volta allarmata.
Non è possibile! È Shizuo Heiwajima!
“Oh, Shizu-chan, qual buon vento.” Sorride Izaya sicuro di sé.
“Ehi, Izaya! Chi è quella poveretta che ti porti dietro?”
Yukiko trema nel sentirsi chiamata in causa.
“Lei? Oh, la mia piccola micetta.” Afferma il moro posando una mano sulla testa della giovane con finto fare affettuoso.
“Poverina, mi sento male io per lei.” Sorride nervoso il ragazzo vestito da barista.
Izaya non risponde.
“Ehi, ragazzina. Vedi di allontanarti da quella pulce.” La invita Shizuo senza staccare gli occhi infuriati da Izaya e strappando dal terreno un gigantesco semaforo.
“Non vorrei farti… male!” Grida con tutto il fiato che ha in gola scaraventando l’oggetto verso il suo obbiettivo.
Yukiko rimane momentaneamente sbalordita, poi comprende il rischio che corre ma la confusione e la paura la bloccano.
Una forte spinta la costringe a spostarsi di lato rischiando di farle perdere l’equilibrio. L’oggetto volante le passa a poco più di un metro dal volto per poi schiantarsi su una parete.
Izaya lo ha schivato. Ovvio.
La ragazza muove qualche passo indietro cercando di sfuggire a quel campo di battaglia.
“Ah Shizu-chan, non cambi mai!”
“Zitto, una pulce come te non dovrebbe nemmeno parlare, dovrebbe solo morire!”
Un sorriso sarcastico appare sul voto di Izaya: “Ah beh, non sei il solo a pensarla così.”
Yukiko si sente ferita, colpita e affondata.
Non è quello che pensa, lei non vorrebbe mai la fine di una persona!
I segnali stradali sfrecciano davanti a lei ma un velo liquido le sfuoca la visuale.
Sta piangendo?
Perché?
Rimane perplessa nel sentire quello strano bruciore invaderle il cuore.
È colpa mia.
È l’unica cosa che riesce a pensare.
Istintivamente si lancia tra quel mitragliare di segnaletica, meglio un braccio rotto che rimanere con quel rimorso.
Forse per Izaya non è nemmeno una cosa a cui dare peso, ma quel augurio di morte la sta lacerando.
Si aggrappa al retro della felpa nera dell’informatore nascondendo il volto contro la sua schiena, non ha il coraggio di guardarlo.
“Mi dispiace!”
Non riesce a trattenere le lacrime.
Il volto di Izaya ruota lentamente per osservarla.
“Io… non volevo dire quello che ho detto prima, ero solo nervosa… Scusami!”
Tiene il tessuto scuro stretto tra le dita senza avere il coraggio di fare qualunque altro movimento, compreso quello di guardare l’espressione di Izaya.
Gli occhi castani del ragazzo la guardano sorpresi.
Piange?
Gli sta chiedendo scusa?
“Yuki-chan…”
“Non essere arrabbiato…” mormora come se non volesse farsi sentire.
“Non sono arrabbiato.” Izaya non può trattenere un sorriso. Un sorriso vero. E non può non percepire un sollievo al cuore.
“Davvero?” Finalmente gli occhi di Yukiko si alzano, ma senza poter vedere il volto dell’informatore perché si ritrova all’interno del suo abbraccio.
Lui la stringe a sé posando il mento sopra i suoi capelli mente lei si ritrova con la fronte appoggiata alle clavicole di lui.
Il ragazzo ridacchia sommessamente : “Credo che nessuno mi abbia mai chiesto scusa prima d’ora.”
“Sono stata orribile.”
“Orribile? Oh, ci sono esseri umani molto peggiori di te.”
Non accenna a lasciarla, continua a tenerla tra le braccia come aveva già fatto altre volte, ma ora è diverso.
Forse per Izaya Yukiko non è una semplice umana… no. Non può pensarlo, ne andrebbe di mezzo la sua reputazione. Non può considerare un umano maggiore degli altri, eppure per oggi, solo per oggi vuole osservare in maniera diversa una dei suoi amati esseri umani.
“Se vuoi scusarci, Shizu-chan, noi andremo da Simon a metterci qualcosa nello stomaco.” Sorride il venditore di informazioni come se quella che c’era appena stata con il biondo fosse un’allegra chiacchierata tra amici.
Dal canto suo l’uomo più forte di Ikebukuro rimane alquanto perplesso.
Perché quella ragazzina piangeva aggrappata ad Izaya? Chi era? Una delle sue solite vittime?
Eppure l’atteggiamento della pulce era strano.
Non si prende la briga di fermarli, tanto è inutile, ed in più rischierebbe di far del male alla ragazza.
Li osserva semplicemente incamminarsi verso il ristorante sushi.
Intanto Yukiko ora si sente bene. Segue Izaya allegra come non avrebbe mai creduto di poter essere insieme al tipo più pericoloso e inaffidabile di Ikebukuro.
“Ehi Simon! “ Chiama Izaya per attirare l’attenzione del russo.
“Oh! Ehi Izaya! Mangi Sushi?”
Izaya sorride sornione dandogli una pacca sulla grossa spalla: “Sì, ma non sono solo.”
“Ah, Yukiko? Mangi con Izaya?”
La ragazza sorride: “Ciao Simon.”
Izaya scruta prima l’una, poi l’altro: “Ma come, vi conoscete?”
Figuriamoci se lui non sa che compagnie frequenta la ragazza. Ma a lei non importa, ora vuole giocare anche lei.
Lei non vuole essere una bambola, lei vuole essere la sua compagna di giochi.
 
 Salve!
Ho aggiornato! Anche se questo misero capitolo passerà inosservato :’(
Comunque, vi sarei grata se mi segnalaste eventuali errori visto che non ho potuto rileggere il capitolo.
Spero sia di vostro gradimento!
Grazie a tutti ^^ 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


 

True Love?

 
Capitolo 9

 
“Come, lasci il lavoro?” Gli occhi del ragazzo la scrutano perplessi.
“Sì… in questo periodo faccio fatica anche ad andare a scuola, quindi…”
“Pensavo lavorassi per mantenerti.”
Yukiko sorride divertita: “Ho dei genitori anche io sai?... Non sarà per molto… “
Hiroshi la guarda ancora sconcertato: “Non è che ritorni tra nove mesi con una sorpresa, vero?”
Yukiko lo fissa ad occhi sgranati, incerta se ridere o prenderlo sul serio.
Lui scoppia a ridere: “La tua faccia è già una risposta! Va bene, ma teniamoci in contatto.”
Lei risponde con un sorriso allegro.
In questa giornata tutto sembra andare perfettamente, Kida l’ha invitata ad una festa in un famoso locale di Ikebukuro tra tre giorni e Izaya non si è ancora fatto vedere, permettendole di frequentare normalmente le lezioni.
Apre lentamente la porta di casa gettando la tracolla sul divanetto: “Casa dolce casa!”
“Ehi, Yuki-chan…”
Cos’è che aveva detto? Che Izaya non si era fatto vedere? Beh, ovviamente è stata una povera illusa a sperare che non le comparisse davanti…oppure le sue speranze sono andate a buon fine?
In fondo al cuore… in realtà voleva vederlo, forse nella speranza che questa volta le porgesse il congedo, o forse perché inizia ad affezzionarsici?
No, è solo che lei è dannatamente curiosa, e vuole sapere cosa passa per la testa di quell’individuo.
Certo, ormai sa che è inutile chiedergli di rispettare la sua privacy… l’ha capito.
“Ciao Izaya-san.”
Lui si avvicina lentamente scrutando la stanza con fare indagatorio. Non porta la felpa, probabilmente è appesa in qualche parte della casa.
“Possibile che qui non si trovi niente da mangiare?” Chiede poi con un leggero sorriso non ironico, anche se probabilmente avrebbe dovuto esserlo.
Strana espressione da parte sua.
“Basta sapere dove cercare.”
Questa volta la fissa per un secondo per poi ridacchiare com’è sua abitudine: “Grazie tante!” esclama aprendo un armadietto nella speranza di trovare qualcosa.
“Ieri e oggi sono stato parecchio occupato, è da ieri sera che non mangio.”
Ecco spiegata l’espressione quasi scoraggiata di prima, a quanto pare la fame fa brutti scherzi anche ad un informatore.
“Vuoi che ti preparo qualcosa?”
“Umh?”
Prima che il ragazzo possa rispondere in modo sensato la ragazza lo ha già superato per avviarsi verso l’effettiva cucina.
“Oh…” questo è tutto quello che l’informatore riesce a dire mentre guarda la ragazza scomparire dietro la porta.
Decide di seguirla.
“Non credevo tu fossi uno che mangia molto…” mormora lei nel sentire il ragazzo entrare nella stanza.
“Infatti non lo sono, ma sono comunque un essere vivente.”
Essere vivente. Non essere umano.
“Logico.” Risponde iniziando a mettere insieme gli ingradienti.
Lui si appoggia al muro con le braccia conserte, intento ad osservarla.
“Sai, preferisco i piatti preparati sul momento, più tosto che quelli già pronti.”
Lei sorride senza distogliere lo sguardo da ciò che sta facendo: “Credo che questa preferenza sia comune.”
“I piatti surgelati non dicono nulla di chi li ha preparati, sono tutti uguali.”
Dunque lui trova informazioni anche nel cibo?
“Yuki-chan… a me non piace cucinare.”
Lei sposta leggermnente la pupilla verso la direzione di Izaya: “ In questo momento non mi sembra abbia impor…”
La frase non si conclude. Il sangue di Yukiko le si gela nelle vene quando vede spuntare a poschi centimetri da lei una lama affilata appartenente ad un coltello da cucina.
Il respiro le si mozza nel sentire quello del ragazzo sul suo collo.
“Che stai facendo?” Chiede con voce tremante.
Lo sente sorridere, sente quel tipico sibillio del ghigno divertito.
Il coltello si muove velocemente verso l’alto, lei non lo guarda ma sente il movimento dell’aria infrangersi sul viso.
“Non avere paura, non ho intenzione di farti del male… ma ammetto che volevo spaventarti un po’.”
“Solo un po’?” Chiede lei quasi frustrata.
“Posso esserti utile?” Chiede il venditore di informazioni sfoggiando un sorriso innocente.
“No… siediti pure.”
Il ragazzo alza le spalle per poi spostare una sedia dal tavolo e sedervici.
La ragazza rimane in silenzio. Avrebbe così tante domande da fargli, domande che scioglierebbero quella tensione che lui riesce sempre a creare nel suo petto… ma non sa quali.
Izaya incomincia a picchiettare l’indice sul tavolo, non per impazienza, ma per osservare se questo movimento innervosisca la ragazza. A quanto pare non ci bada.
Si chiede cos’abbia quella ragazzina di diverso dagli altri esseri umani, eppure non le serve assolutamente a nulla, perché continua a portarsela dietro?
Oh, un motivo ci sarà, perché pensarci su?
Ma comunque gli rimane un certo fastidio. 
Cosa pensa quella ragazza? Cosa pensa di lui?
Non lo riesce a capire, il che per lui è frustrante. O forse è lui che non riesce a darle un idea?
In effetti non ha mai cercato di dare un’idea di sé, non a lei… non ha mai cercato di ingannarla… perché?
Quando un piatto fumante gli viene presentato davanti qualcosa gli dice che infondo sente di possedaere già la risposta.
“Il tuo stomaco si sente fino alla 60street.” Mormora lei accennando un sorriso.
Lui la guarda con un’espressione semi stupita portandosi una mano alla pancia, come se potesse zittirla: “Oh… non l’ho notato.”
Si sente in imbarazzo, altra cosa che non è da lui.
Che stia diventando un problema? Ma no, una creatura così innocente non può essere un problema.
Assapora il profumo della pietanza, ha davvero fame.
Continua ad osservare il cibo che ha davanti ma il suo udito si concentra  sul leggero passo della ragazza che si sposta per sedersi su una sedia un po’ più distante da lui.
Inizia a mangiare ragionando sulle misure che lei ha deciso di prendere; non si è azzardata ad avvicinarsi… le fa davvero così paura? Beh, a molti fa paura… perché stupirsi?
“Se ti avvicini non mangio anche te.” Dice senza alzare gli occhi su Yukiko.
La sente esitare per poi scivolare accanto a lui.
Le iridi scure decidono di osservarla: se ne sta a volto basso, con le mani strette tra le ginocchi, racchiousa in sé stessa.
È a disagio, lo vede benissimo.
Ed è divertente… davvero!  A lui piace vedere gli umani nella loro debolezza, li ama per questo!
Gli paice vederla così, gli piace vederla imapurita, gli piace vederla insicura davanti a lui… gli piace,gli piace, gli piace… non è vero.
Sentirla così a disagio fa star male anche lui.
La domanda è: perché?
“Sei brava.”
Questa è bella. Non sa cosa dire, quell’affermazione gli sembra così banale.
Lui riesce sempre ad avviare la situazione nella direzzione che vuole lui… perché con quella ragazza è così difficile?
“Ti piace?” Chiede lei alzando appena gli occhi sul suo ospite…. o per meglio dire, intruso.
“Sì…”
Un sorriso non trattenuto illumina il volto della ragazza.
Lo sapeva, quella lì ha qualcosa di strano... lo attira come una calamita, nonostante non nasconda nulla.
“Di solito nessuno cucina per me, ogni tanto la mia segretaria, ma per la maggior parte mi accontento dei piatti pronti che odio tanto”
Ora le spalle di lei sono più rilassate, si sta calmando.
“Segretaria?” Chiede incerta.
Lui annuice a bocca piena.
Lei volta lo sguardo mostrando disinteresse.
Che fa, adesso si annoia?
Ingoia il cibo per riprendere a parlare: “Quando ero piccolo  i miei genitori erano sempre via per lavoro, quindi dovevo arrangiarmi da solo… poi quando le mie sorelle sono diventate più grandi hanno iniziato a sperimenare e io più tosto che cucinare mi accontentavo di ingerire le loro mutazioni genetiche.”
Una risata cristallina lo interrompe: “Mutazioni genetiche?”
“Quelle cose si muovevano, giuro!”  Esclama come per assicurare la veridicità della cosa.
Solo gli occhi sorpresi della ragazza gli fanno capire la troppa naturalità di quel suo tono, troppo umano per lui.
“Non sei stato tanto vizziato quindi…” afferma lei distogliendo repentinamente lo sguardo.
“Forse no o forse sì… per farmi stare buono facevano di tutto.” Ghigna lui “Però, si può dire che questa è la prima volta che qualcuno mi prepara un pranzo decente per pura cortesia.”
Lei si alza per avviarsi in qualche punto impreciso dall’altra parte della tavola, giusto per nascondere il viso che sente inspiegabilmente arrossire.
“Non è per cortesia, è solo per non farti morire di fame!” Prova a chiarire.
Un ghigno scappa dalle labbra di Izaya.
Si alza lentamente per avvicinarsi alla ragazza che gli da le spalle.
Sta mentendo, questo lo capisce benissimo.
“Mi ferisci…” sussurra senza perdere il sorriso, sa che lei non lo sta davvero ascoltando.
C’è qualcosa che la turba, ma cosa?
Lui arriva dietro di lei cingendole la vita, Yukiko sobbalza dalla sorpresa per poi immobilizzarsi, come al solito.
“Ma se avevi paura che morissi di fame, non è preoccupazione?”
Lei è incapace di parlare. Cos’ha per farle quest’effetto? Quando lui la tocca… lei si sente surriscaldare e raggelare allo stesso tempo.
Lui la sente rigida tra le braccia.
Non vuole sia così.
“Se davvero quella era preoccupazione, allora ti ringrazio.”
Cos’è tutta questa dolcezza?
Nessuno dei due sa rispondere, ma ciò che la mente di Izaya concepisce è: voglio che lei provi quello che voglio io.
Yukiko rimane confusa, non si muove, non sa se credergli o meno.
“Oh, beh…” mormora lui nel notare l’immobilità della ragazza, deve farle davvero paura.
Si trova interdetto sul da farsi. C’è un gesto che vorrebbe fare, ma ha paura di fare peggio.
Stringe ancora di più le braccia attorno a lei, è la prima volta che si sente così incerto sul dafarsi, ma alla fine… cosa cambia?
Anche se la perdesse ci sarebbero sempre una miriade di umani da amare!
Muove lentamente la testa, piano, come per farle crescere la tensione, per poi infine appoggiare la fronte sulla sua spalla.
Yukiko sobbalza di nuovo, ma la forza di Izaya la trattiente.
Che sta succedendo? Perché si comporta così? Cos’è quella sensazione che le cresce nel petto?
Vorrebbe tanto che questo fosse il vero Izaya.
Lui la nontinua a tenere, sorride nel sentire la schiena di lei aderire al suo addome, mentre il dolce profumo della ragazza gli entra nelle narici.
“Izaya… tu non sei cattivo come dicono vero?”
Lui rimane in silenzio, non sapendo cosa rispondere. Non capisce, che cosa deve fare perché lei faccia ciò che lui prevede? Ma cosa prevede?
Alza la testa per appoggiare il mento vicino al delicato collo di lei.
“Se ti dicessi di no cosa succederebbe?”
Lei inarca un sopracciglio perplessa, ma senza voltare lo sguardo su di lui.
“Tu crederesti a me, che ho ogni motivo per mentirti, negando fiducia a tutta Ikebukuro? A tutta Tokyo? A tutti i tuoi amici? Alla tua Celty?”
Lei esita un attimo: “Probabilmente sarebbe sbagliato… ma è ciò che voglio.”
“Vuoi credermi? E perché mai? Mi odi!” Esclama lui con una nota divertita.
“Mi sembra logico che non è così!”  Grida Yukiko, questa volta girandosi con violenza verso il volto dell’informatore.
“Non piangere Yuki-chan.” La voce gli esce in un sussurro sebbene avrebbe voluto che fosse un’esclamazione ironica.
Lei sgrana gli occhi. È vero, sta piangendo.
Sente le lacrime infastidirle la base.
Le dita di Izaya scivolano delicatamente sulla guancia della ragazza per asciugarle una goccia d’acqua amara.
“Io amo gli umani, ma loro non lo capiscono.” Semplice risposta, ovvia risposta.
Lei riporta lo sguardo davanti a se, insicura di sé stessa: “Li ami nel modo sbagliato.”
“Mh?” Le braccia di Izaya ora scivolano a cingerle le spalle, mentre cerca di racchiuderla con il suo corpo.
“Quindi stai dicendo che c’è un modo giusto e un modo sbagliato di amare?”
Lei non ha il coraggio di rispondere, ha troppa paura.
La fronte del ragazzo si ripsiziona sull’incavo del collo mentre le sue palpebre si chiudono: “Insegnami come si deve amare.” Sussurra con un sorriso di sfida che lei non può vedere.
La mente della ragazza è pervasa da mille pensieri finchè finalmente non trova la forza di divincolarsi.
Izaya non la trattiene.
Quando finalmente sfugge alla stretta una sensazione di gelo la pervade.
“Tu… non sai cos’è l’amore.”
“Come?” L’informatore le si avvicina con sguardo truce.
Si sente lievemente offeso. Come può dire che lui non conosce l’amore?
Lui ama tanto gli umani! Lei non sa quanto… lo sa che per lei lui è un mostro, come per molti altri… ma ciò non significa che lui non ami.
“Tsk! Sei sicura che tra noi due sia io quello che non sa amare?”
Non che metta effettivamente in dubbio che lei non provi questo sentimento.
“No… non dico che non sai amare, dico che non sai cos’è l’amore.”
Lei sembra titubante, eppure non riesce a tenersi per sé questa considerazione.
Lui ride, ride per quella stupidaggine assurda: “Allora, sentiamo. Se quello che provo per gli umani non è amore cosa sarebbe?”
Lei arretra, si appoggia al muro sporgente, come se fosse pronta a nascondersi, la sua voce è poco più di un sussurro: “Sembra più… odio…”
Odio?
Odio.
Odio, odio, odio, odio.
Quello sarebbe odio?
Odio?
Lui non vuole odiare, nessuno può dire che lui odia!
“Odio…” Sussurra.
Non è lui che odia.
Sono loro che odiano lui.
Tutti odiano lui, e lui non è mai riuscito a capire il perché.
Ma in fondo che importa? A lui non cambia nulla.
“Io odierei? Sarei io ad odiare?”
Afferra repentinamente il coltello facendo scattare la lama lucente. Non sa il perché, non se ne sta nemmeno rendendo conto.
Si sente solo offeso.
Lei grida nel vedere il gesto ma lui non se ne accorge.
“Non sono io che odio! Sono loro che non capiscono! Sono loro che mi odiano! Siete voi! Sei tu!”
Solo quando sente il grido della ragazza si accorge di non averla più davanti agli occhi,  e solo in quel momento si accorge di aver gridato.
Richiude con un movimento secco la lama.
Non aveva mai perso il controllo prima d’ora.
Si accarezza la base dell’occhio dove si sono raccolte alcune goccioline di furore liquido.
Non aveva neanche mai pianto per rabbia… anzi, non aveva mai proprio pianto.
Ha esagerato.
Si avvicina al muro dietro al quale se ne sta ranicchiata la ragazza.
Tiene la testa tra le ginocchia, intenta a proteggersi.
“Yuki-chan… non ti farò del male.”
Lei alza lo sguardo lucido: “Sembra una frase da film…” mormora insicura se fidarsi o meno.
Non alza completamente il viso, lo fissa con un solo occhio incerto.
Lui sospira senza sapere cosa fare.
In che situazione stupida si è cacciato.
Si ritrova dabole, debole come qualunque essere umano.
“Scusa Izaya-san… sono io che ti ho fatto arrabbiare.” Mormora lei.
Lui si passa una mano tra i capelli.
Cos’è quella sensazione che gli brucia il petto?
È vero, per la sua logica è lei ad aver sbagliato, eppure non può stare zitto: “Ho esagerato ,perdonami.”
Da quando in qua lui chiede scusa?
No, sta succedendo qualcosa di strano, di sbagliato, di incontrollabile.
“Yukiko…” mormora il suo nome incapace di dire altro.
La guarda senza riuscire a capire cosa stia succedendo.
Non saluta, non dice nulla; si volta ed attraversa la stanza per arrivare fuori dall’appartamento.
Non la guarda o non riuscirebbe più a controllare le sue emozioni, stupide emozioni.
Lei non lo ferma.
Izaya ha assolutamente bisogno di schivare qualche distributore, tanto per ritrovare un po’ la sua normalità.
 
 
Salve!
Eccoci qui con il capitolo 9!
In questo capitolo ho notato che è molto più al centro Izaya di Yukiko… beh, ci voleva.
Metto sempre in luce i sentimenti di lei mantre Izaya è il bastardo di sempre, è ora di vedere un attimo cnce dentro di lui no?
Beh, dopo di questo capitolo inizierà una lunga storia, speriamo non troppo xD
A presto!

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


True Love?
 

Capitolo 10

 
Le iridi scure si muovono velocemente mentre le pupille scrutano instancabili la strada sottostante.
Izaya se ne sta come al solito in equilibrio sul cornicione di un grattacielo in attesa di vederla passare.
È da una settimana che non ha più notizie da Yukiko, non che lei abbia mai cercato di dargliele.
In effetti questo non dovrebbe mostrarsi un fastidio per lui, ma da quando c’è stata quella stupida scenetta in casa della ragazza si sente irrequieto; più volte si è ritrovato a controllare istintivamente i messaggi e le chiamate nel cellulare ben sapendo che lei il suo numero non lo avrebbe mai utilizzato.
È sicuro che per tornare a casa da scuola lei debba passare di lì, e lui vuole vederla.
Il suo occhio riuscirà sicuramente a coglierla tra quella miriade di persone, perché lui ha bisogno di guardare i suoi occhi azzurri.
Lui di certo non ha mai creduto di poter cedere a stupidi incantesimi o legamenti d’amore, eppure, mentre si dirigeva lì, si era chiesto se per caso lei non avesse messo qualcosa nel pranzo che lui aveva mangiato o nell’acqua che aveva bevuto per renderlo così… desideroso.
Sì, lo sa benissimo che il suo è un vero e proprio desiderio, e questo per lui è quasi inconcepibile.
Nonostante tutto lui è lì, in cerca di quella fragile e pericolosa creatura.
Finalmente tra la folla riesce a scorgere qualcosa. È Masaomi.
Sono tutti e quattro, insieme, anche lei.
Sta ridendo… ah, non l’ha mai vista ridere, non così. Davvero lui è un peso così grande?
Sospira seguendola con lo sguardo finché lei non si ferma. Perché si è bloccata?
I suoi amici vanno un po’ avanti finché Ryugamine non si volta verso di lei e le dice qualcosa.
Lei scuote la testa e alza lo sguardo percorrendo i bordi dei palazzi in cerca di qualcosa… o qualcuno.
Possibile che stia cercando Izaya? Oh, che battuta idiota.
Continua a seguire il suo sguardo lungo le pareti senza spostarsi, anche se dovrebbe.
Se ne sta immobile in attesa di qualcosa, nemmeno lui sa cosa.
Izaya Orihara muoviti da lì!
Niente.
Manca poco, ormai gli occhi azzurri l’hanno raggiunto.
Eccola lì, che lo guarda dal basso con occhi innocenti.
Si sporge leggermente per mostrarle che la sta osservando.
Bellissima.
Non l’ha mai pensato di nessuno, ma non può trattenere in sé quella considerazione. Quell’umana è bellissima.
Inaspettatamente lei alza timidamente la mano in cenno di saluto.
Izaya rimane perplesso.
Da come lo guarda, sembra quasi che volesse vederlo. Che idiozia!
Guarda per un attimo il cielo chiedendosi come dovrebbe comportarsi per poi tornare a guardare la ragazza che… non c’è più.
Vede solo i suoi tre amici che fissano la base del palazzo parlottando, ma lei non c’è. Si è andata a nascondere? Ovvio.
Sbuffa saltando giù dal rilievo che circonda lo spazio del tetto per atterrare sopra quest’ultimo.
“Ragazzina…” Mormora con fare irritato “Sei pur sempre un piccolo essere umano.”
Si incammina verso la porta metallica con fare disinvolto. Lo deve ammettere, gli sarebbe piaciuto osservarla ancora… ma per ragioni sue non può farlo.
Quali ragioni? Oh, ci sono di sicuro, ma ora non gli vengono in mente.
Cammina allegramente sospeso nei suoi pensieri finché qualcosa non attira la sua attenzione. Un rumore.
Si blocca sul posto in attesa di capire.
Dei passi?
“Ah…”
La porta si apre lentamente emettendo un fastidioso scricchiolio metallico.
“Izaya-san?” La voce leggera e insicura rivela un’ altrettanto insicura Yukiko che sbircia da dietro la lamiera.
“Yuki-chan?” Chiede lui a sua volta.
Lei esita un momento e poi apre la porta avanzando con passo lento e  titubante.
Si ferma a qualche metro dall’informatore: “… ciao…”
“Ciao.” Risponde lui ancora stranito.  Non era andata a nascondersi, era venuta a trovarlo. Che creatura imprevedibile!
Lei lo guarda perplessa: “Tutto bene?”
Lui scuote la testa incapace di capirsi da solo: “Non lo so, sai?”
Lei sgrana gli occhi: “Chiedo scusa… ho davanti Izaya Orihara?”
Lui ride per coprire la sua stupida confusione: “ E chi lo sa? Gli umani cambiano continuamente.”
Lei sorride timida: “E tu sei umano?”
Gli occhi castani esaminano la figura di Yukiko per poi guardarla con fare altezzoso: “Scoprilo da sola.”
Lei sbuffa leggermente.
Le mani di Izaya scivolano nelle tasche facendogli prendere la sua solita aria spavalda e ingannatrice: “Perché sei qui?”
“Volevo vederti.”
“Eh?”
Silenzio. Silenzio profondo.
Le pupille si fissano senza che nessuno dei due sappia cosa dire.
Finalmente la ragazza abbassa lo sguardo imbarazzata cercando di trovare la giusta giustificazione: “Te ne sei andato via… così… e avevo paura che tu stessi male… o qualcosa del genere.”
“Pff… sto bene.”
“Ottimo.”
Ancora silenzio.
“Yuki-chan?”
Gli occhi celesti si alzano: “Sì?”
“Cosa provi per me?”
“Cosa?!” Lei scuote la testa energicamente nel tentativo di capire e di trovare una risposta, una risposta coprente.
Ma lei è pessima a mentire… almeno su queste cose.
“Mi odi?”
“No… credevo di averlo chiarito.” Sospira.
“Mi ami?”
“No!” Esclama esasperata… non può definirsi amore… vero?
Certo che no! No e poi no!
“Mi vuoi bene?”
“…”
Cosa dovrebbe rispondergli?
Sì, gli vuole bene. Ma è quasi sicura che quel sentimento sia completamente sbagliato.
“Voglio… sapere chi sei.”
Lui ghigna: “Credevo che Ikebukuro te lo avesse detto.”
“Ma tu…” si blocca “… io non mi fido.”
“No?”
“No”
“Ah, ma che birichina! Dunque è così?” Si avvicina a lei.
Yukiko annuisce sicura come non lo è mai stata.
Le mani di Izaya si appoggiano sulle piccole spalle mentre lei rimane ferma ma rilassata.
“Va bene, rimaniamo insieme, ancora. E ti mostrerò che io non odio affatto.”
“Accetto… e poi, devo ancora pagarti.”
“Rimanderemo.” Sussurra mentre si china su di lei per darle un leggero bacio sulla guancia.
Lei lo lascia fare.  Lascia che una piacevole sensazione le percorra il corpo attraverso quel punto accarezzato dalle labbra di Izaya. La sta studiando, lo sa benissimo, ma ignora la colorazione accesa che sicuramente sta assumendo.
“Yuki-chan…”
“Che c’è?”
Lui sorride: “Sei così strana da farmi impazzire… ma promettimi una cosa.”
Che Izaya avesse bisogno di promesse era una novità.
“Cosa?”
“Promettimi che non dirai mai a nessuno, soprattutto a Shizu-chan ciò che ho fatto o che ho detto l’ultima volta che ci siamo visti e oggi.”
La ragazza sorride beffarda: “Sei così debole da aver bisogno di protezione?”
Lui sospira: “Ho una reputazione da difendere, e tu, angioletto mio, me la stai rovinando. Sto male Yuki-chan, sono malato e non so cosa mi stia succedendo…”
Yukiko continua a fissarlo compiaciuta. È vero, non è l’Izaya che gira per le strade di Ikebukuro… è così normale… questo è un Izaya umano, senza maschera.
“Evita di dire anche quello che ho appena detto.”
La ragazza non può che ridere.
Lui sbuffa ben sapendo che non ha motivo di fermarla. Ma ormai è andata… si è tolto per un momento la maschera che nemmeno lui sa di avere.
Ma questa è la prima ed ultima volta.
“Izaya-kun… la tua giacca è ancora a casa mia.” Ricorda Yukiko notando che in questo momento il ragazzo ne indossa una senza pelo né cappuccio.
“Umh?”
Lei alza le spalle cercando di mostrarsi incurante e disinteressata: “L’ho tenuta meglio che potevo.”
Lui ridacchia tra sé e sé, incurante degli occhi infastiditi che lo fissano.
“Cosa c’è adesso?”
“Stavo ridendo di come tu sia così spontanea da seminare prove del tuo affetto come petali al vento. Mi hai chiamato Izaya-kun.”
La ragazza rimane interdetta. Ha ragione, le è venuto naturale.
Le sue guance si colorano di un vivace rosa mentre lei fa ruotare gli occhi in punti indefiniti.
Quel nomignolo si usa per definire un rapporto di amicizia… ma Izaya può definirsi suo amico?
No, non riesce ad includere Izaya nel suo circolo di amicizie, eppure non può definirlo un semplice conoscente.
Lei ci tiene a lui. Troppo. Troppo per quello che conosce, troppo per quello che lui le ha mostrato.
Eppure, quel ragazzo pericoloso come il veleno la sta sempre più incatenando con la sua sola presenza.
Come una droga, lei è dipendente da quelle sensazioni inquietanti che lui le offre.
“Izaya-kun…” Sussurrò, come per cercare una nota di fastidio nella sua stessa voce, ma non ci riesca. Sospira “Non pensavo fossi così poetico.” Dice cercando di cambiare argomento.
I suoi occhi ancora non hanno la forza di fissare la figura di Izaya che cammina poco più avanti di lei iniziando ad intraprendere le scale.
“Eh? Che ci trovi di poetico?”
Lei cerca di assumere una voce sdolcinata, riuscendoci con non molta difficoltà: “sei così spontanea da seminare prove del tuo affetto come petali al vento…”
Lui si irrigidisce sul posto.
Petali al vento? Davvero l’ha detto lui?
“Ah, ma quante doti ho?” Chiede lui ridendo come suo solito.
Lei sospira capendo che c’è poco da incalzare.
“Yuki-chan… comunque anche a casa mia c’è una cosa tua… ti sta aspettando da molto tempo.”
“Una cosa mia?” Non riusciva a capire, ma quell’affermazione, attraverso processi che è difficile comprendere, le fa ricordare dei suoi amici all’entrata del palazzo. “I ragazzi!”
Izaya si gira incurante, giusto per sapere il perché di quella voce allarmata.
“Senti… ti dispiace se io vado a casa mia e poi ti raggiungo?” Chiede Yuki nervosa.
“Hai problemi a mostrarti con me?” Il ragazzo alza il naso in modo che il suo sguardo tagliente la guardi con superiorità e fastidio, anche se sa benissimo che ha tutte le ragioni per non volersi farsi vedere in sua compagnia.
“Cerca di capire…” Mormora lei.
No, lei non cerca di nascondere la ragione. Lei gli mostra quello che è.
“Mi odiano eh?”
Nessuna risposta. Basta il silenzio.
Lui sospira: “E va bene.” Lancia un’occhiata distratta alle scale e poi all’esterno. “Facciamo così, tu scendi da qui, mentre io prendo la via più rapida.”
“V-vuoi scendere dal tetto?”
Lui alza le spalle con una risata sommessa per poi dirigersi verso il bordo del precipizio: “Mai sentito parlare di parkour?”
Lei continua a fissarlo sufficientemente terrorizzata da non ricordarsi se effettivamente ne ha sentito parlare.
Lui sorride intenerito. Intenerito?
Forse farebbe veramente bene a tuffarsi da lì ad angelo, magari una botta in testa lo rimette in sesto.
“Riesci a raggiungere casa mia oppure ti perderai in mondi sconosciuti?”
Lei gonfia le guance fingendosi offesa, anche se sa bene che in effetti il suo senso d’orientamento non è molto sviluppato.
Quando lo sguardo rimette di nuovo a fuoco la figura dell’informatore lui non c’è più.
Per un secondo rimane confusa e pietrificata sul posto, poi un brivido di terrore l’attraversa e la fa correre verso il punto in cui prima la stava prendendo in giro lui.
“Izaya!” Prova a chiamarlo.
Non sente le vertigini, se ne è completamente dimenticata, ora la cosa che vuole di più è vedere come sta quel dannatissimo ragazzo. Osserva in basso immaginandosi di intravederlo… me è sparito.
È già corso via.
Si colpisce la fronte con il palmo della mano. Stupida ad essersi preoccupata.
Ora, che non ha più il pensiero di Izaya in testa la paura e le vertigini si fanno sentire.
Scappa, corre verso l’uscita da quell’inferno che ora senza Izaya sta prendendo piede.
Scende le scale più in fretta che può ignorando quell’instabilità che sente.
“Tutto bene? Sei pallida.” La voce di Kida le fa finalmente capire di essere al sicuro.
“Sì… ma devo correre a casa.”
“Ti accompagniamo!” Esclama allegro.
Lei sorride silenziosa impaziente di mettersi in strada.
“Che ci eri andata a fare là su?”
Ovvio, Kida non immaginerebbe mai che lei si ritrovi coinvolta con un tipo simile, mentre sa che Mikado non ha dubbi. Gli scossa un’occhiata di appoggio che lui ricambia.
“Ragazzi, grazie per il pensiero ma io devo veramente correre. Ci vediamo!”
“Eh? Cosa?”
Lei non ha tempo per la camminata ganza e i momenti di meditazione vietata di Masaomi.
Corre per le vie di Ikebukuro come se non fosse che un villaggio da quattro abitanti, non un quartiere della grande metropoli di Tokyo.
Quando entra nell’appartamento non si preoccupa nemmeno di togliere le scarpe come sarebbe da fare. No, non ha tempo per la tradizione, non ora. Tanto non c’è nessuno in casa tranne lei.
Si dirige a passo spedito verso camera sua per poi salire in ginocchio sul letto e afferrare la giacca ben piegata posata su esso.
L’ha sempre tenuta lì… ogni tanto la notte le è capitato di sfiorare il pelo con le dita, e anche di sentire il suo profumo, il profumo della persona più pericolosa che conosca… la persona più affascinante.
Istintivamente si porta l’indumento alle narici per poi ispirare profondamente.
Che sta facendo?
Subito le mani mollano la presa mentre lei si sente avvampare.
Cos’è quella strana sensazione che le prende la bocca dello stomaco? Sa benissimo cos’è, ma non lo vuole ammettere.
Non è possibile che Izaya le piaccia.
Stringe di nuovo la giacca tra le braccia uscendo di corsa.
Eppure vuole ritrovarlo, il prima possibile.
E mentre lei ricomincia a correre, Izaya osserva la vetrata trasparente del suo studio, pronto a scorgere la figura della sua piccola umana avvicinarsi all’edificio.
Yukiko si sente in agitazione. È stata solo una volta a casa di Izaya, e quella volta è stata la volta che l’ha trascinata in tutto questo.
Cosa deve fare? Forse sarebbe meglio tornare indietro… ma che le salta in mente! Non può farlo!
“Vieni!” Una voce familiare la fa sobbalzare.
Gli occhi scrutano con fastidio il citofono che le ha appena parlato.
Una risata.
Accidenti… ovvio che la sta guardando!
“Tsk!...” Spinge la porta trasparente salendo le scale per le quali l’altra volta era scesa.
Si ferma davanti all’entrata, titubante, finché la figura slanciata del ragazzo non la accoglie sorridendo, come un normale padrone di casa.
“Vieni, non sei nella tana del lupo.”
Lei muove qualche passo all’interno della stanza.
“La tua giacca…” mormora allungando le braccia verso di lui.
“Grazie.” Dice afferrandola. “L’hai tenuta con cura.”
Lei si sente arrossire… ancora.
“Beh… il tuo amichetto sta dormendo sul mio letto.”
“Amichetto?”
Lui sorride afferrandole il polso per farsi seguire.
Il fiato di lei si mozza mentre la sua carnagione diventa simile ad una lampadina natalizia rossa.
Quella sensazione le piace da morire!
“Guarda.”
Gli occhi azzurri guardano un po’ dentro la stanza. Un batuffolo di pelo  nero se ne sta appisolato su un letto dalle lenzuola scure.
Gli occhi di Izaya la fissano: “Te lo ricordi?”
La ragazza fissa la figura lasciando che i ricordi riaffiorino. È il micio che Izaya ha salvato per lei!
“L’hai tenuto fino ad adesso?”
L’informatore alza le spalle distrattamente: “Mi ha seguito… in realtà stava per seguire te, ma l’ho trattenuto, altrimenti avrebbe fatto una brutta fine.”
“Allora lo hai portato tu qui.”
Lui rotea gli occhi: “E va bene, sì. Stavo aspettando che tu venissi a prendertelo.”
Lei si avvicina pian piano al gattino posando una mano sul soffice manto color notte.
“Non posso tenerlo… il mio appartamento non è abbastanza grande.” Mormora dispiaciuta.
Il micio apre leggermente un occhio per poi iniziare a fare le fusa.
Lei sorride debolmente: “Che carino… è cresciuto.”
Ad Izaya dà l’impressione che lei si sia dimenticata di lui.
Se ne sta appoggiato allo stipite della porta mentre osserva la scena.  È così assorta… per un gatto?
Va bene, ammette che agli occhi di un qualsiasi umano può essere tenero, ma accidenti è uno stupido gatto!
Almeno potrebbe distogliere anche solo per un secondo gli occhi da quella palla di pelo!
Un momento… ma a lui che importa?
“E va bene. Ho capito.” Sospira avvicinandosi al letto.
Le pupille circondate da azzurro si posano finalmente su di lui.
“Lo tengo io. Ormai ci sono abituato.”
Come una stella, il volto della ragazza si illumina lasciando emergere un sorriso pieno di gratitudine: “Grazie Izaya.”
Gli occhi rossastri la fissano.
Cos’ha? Cosa sta succedendo!
Izaya non lo capisce. Non riesce a trovare sé stesso!
Dov’è quell’Izaya desideroso di far soffrire gli umani?
La ragazza istintivamente solleva il cucciolo posando la sua testa sul letto per poi osservarlo dal basso, ignara degli occhi incandescenti del suo osservatore.
Izaya non riesce a distogliere gli occhi.
Davvero, non crede di aver mai visto un umano più bello. Il piccolo corpo dai lineamenti sinuosi, i capelli scuri sparpagliati sul cuscino e gli occhi azzurri intenti ad osservare la creatura che stringe.
Ah… cosa darebbe per essere al posto di quel gatto.
“Ah…” Izaya si porta una mano alle labbra arretrando leggermente.
Sta succedendo qualcosa di strano, che non gli è mai capitato… qualcosa di pericoloso.
Lei è troppo intenta, fortunatamente.
Per una volta Izaya ha paura, ha paura per una cosa che per gli altri ragazzi sarebbe normale.
A lui non è mai capitato.
Cosa deve fare? Prova a distogliere lo sguardo ma non ci riesce.
Senza che nemmeno se ne renda conto sente la voce di Yukiko gridare per lo spavento mentre lui si ritrova sopra di lei.
“I-Izaya…?”
Lui è sempre stato abituato che i suoi atteggiamenti istintivi volgevano la situazione a suo favore… non è mai stato tradito da sé stesso.
Non centra l’autocontrollo, lui non l’ha mai veramente usato… ma ora…
Il gatto salta giù dal letto emettendo degli sbuffi arrabbiati e rizzando il pelo.
Le mani di Izaya stringono i polsi di Yukiko che si divincola sotto il suo corpo.
“Che stai facendo?!”
Sta piangendo.
Le labbra del ragazzo le sfiorano la pelle del collo per poi baciarla. È così liscia… e calda. Non ha mai avuto l’occasione di sentire veramente che calore emana un corpo umano che non sia il suo.
E poi quello è il corpo di Yukiko.
“Non vorrai… smettila! Ti supplico!”
Perché? Perché deve sempre finire così? Perché deve sempre finire con lui che si dimostra un mostro? Nemmeno Shizu-chan… “Oddio, non esageriamo!”
È comunque tutto sbagliato… Izaya Orihara non si eccita. Mai.
Con fatica ma repentinamente si stacca dalla sua preda lasciandosi rotolare sul materasso.
Lei respira affannosamente con le lacrime agli occhi.
Lui cerca di riprendere il controllo: “Non ti farò nulla.”
“Che ti è preso?”
Cerca di ridere: “Volevo vedere la tua reazione.”
Menzogna, è la bugia più grande cha abbia mai detto… ma vuole crederci.
“Solo questo?”
Scapperà via, scapperà ancora.
“Va bene… ma non farlo mai più.” Mormora la flebile voce della givane.
Izaya la guarda perplesso: “Non vuoi andartene?”
Lei lo guarda ancora un po’ confusa dallo spavento: “Ho corso troppo per arrivare fin qui, e poi andarmene un quarto d’ora dopo.”
Izaya chiude un attimo gli occhi abbandonandosi sul materasso: “Capisco.”
Rimangono entrambi distesi mentre due occhi felini li fissano.
Stanno in silenzio, con gli occhi chiusi una accanto all’altro.
Come si sarebbero sentiti se Izaya avesse dato ascolto al suo… istinto?
Yukiko si accarezza il collo… non le è mai capitata una cosa del genere, eppure… in fondo non le faceva così paura.
Se solo fosse stata più grande… “Ma che cavolo penso!”
Izaya riapre gli occhi per fissarla: “Cosa pensi?”
Le guance di lei si fanno nuovamente rosse, non crede di aver mai arrossito così tanto.
“Sto pensando…”
“A come ti saresti sentita.” Sorride bastardo, come se lo avesse tutto programmato.
Lei lascia apparire le iridi celesti per guardare la sua espressione.
“Chissà, magari se fosse stato Hiroshi a farlo…” Ipotizza la voce un po’ stizzita dell’informatore.
“Hiroshi?!”  No!
No… non vorrebbe mai concedersi ad Hiroshi. Lo si fa solo con la persona che si ama no? E la sua era solo una cotta. Lei non lo vuole, non lo vuole più da quando…
Izaya.
“Basta parlarne. Era solo un gioco no, Izaya?”
“Ma certo.”
“Non mi hai toccato le labbra, e questo è quello che conta.” Mormora lei.
“Le labbra? Se io avessi toccato altro, ma non avessi sfiorato le labbra saresti stata felice?”
Lei scatta in ginocchio: “Certo che no! Ma il bacio… il bacio è quel dono che si dovrebbe dare come prima cosa alla persona amata, il bacio è puro, è una promessa cha si fa solo a chi…”
Non fa in tempo a concludere la frase.
Due occhi scuri, troppo vicini la fissano, mentre una mano le impedisce di allontanare il viso.
“E se io te la rubassi, quella promessa?”
 
 
 Ok… capitolo lungo e… strano?
Beh, anche ritardatario… mi scuso tanto!
Spero lo leggerete e, se potete, recensirete!
  
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


True Love?

 
Capitolo 11

 
“E se io te la rubassi, quella promessa?”
Le mani di Izaya le tengono strette le spalle mentre i suoi occhi la guardano taglienti.
Panico.
Un bacio, un bacio con Orihara… non vuole!
Sente un blocco allo stomaco, uno di quelli che sale fino ai polmoni e ti blocca il respiro.
Il bacio lo vuole dare solo alla persona che le piace, che ama.
Amare Izaya è sbagliato.
Lui se ne sta fermo, con le labbra a qualche centimetro da quelle da lei.
È sbagliato provare impazienza. Perché Yukiko è impaziente.
Sgrana leggermente gli occhi nel comprendere. Non è panico, è emozione. È quell’emozione che tinge la pelle quando si sta per ricevere un bacio dalla persona che piace.
Non è giusto… eppure ammettendolo a sé stessa non sembra nemmeno così sbagliato.
È ovvio, limpido e cristallino. Izaya l’ha affascinata da quel giorno al cafè, da quando la sua voce ha richiesto lei per servirlo, da quando i suoi occhi surreali avevano inghiottito i suoi.
Forse era pericoloso, ma a lei piace il rischio. Si vive una sola volta, e quella volta non si possono lasciar scappare le persone che ami.
L’idea di non vederlo l’aveva messa a disagio più volte, ma lei aveva sempre trovato una giustificazione.
Forse per Izaya Orihara è solo un gioco, ma in questo momento non le importa.
Respira piano e intensamente in attesa.
Non vede l’ora.
Non sta nella pelle.
“Izaya…”
“Yuki-chan…?”
Una domanda che non aspetta risposta. È  solo un sospiro che le fa notare di aver chiamato il suo nome.
La mano di Izaya scivola lentamente e istintivamente sul collo di lei, con l’intenzione di avvicinarla a sé.
Ispira il profumo di Yukiko, è dolce, gli piace.
Chiude gli occhi come se quello fosse un vero bacio… e in cuor suo sa che lo è.
Izaya Orihara, stupido Izaya Orihara. Che combini? Che succede? Ti arrendi così? Lasci che un umana oscura tutti gli altri? No, ma lei non è un umano, è una creatura che appartiene alla sfera celeste… i suoi occhi ne sono la conferma.
Sarebbe interessante studiare un angelo… sì, un piccolo angelo caduto dalle ali spezzate.
Sente già le labbra premute contro le sue, si sente impaziente, come se stesse per provare un nuovo gioco.
“Sono tornata!”
Namie?!
Rimangono immobili per alcuni istanti.
Entrambi rossi in viso… anche lui.
“Chi è?” La domanda esce naturale dalla bocca della ragazza.
“La mia segretaria.”
“Oh.”
Izaya la lascia a malincuore. Getta un attimo lo sguardo allo specchi per vedersi le guance colorate di un vivace colore che per lui è innaturale.
Ha veramente ceduto ad un sentimento?
“Aspetta qui.”
Yukiko rimane in ginocchi sul letto, un po’ delusa e un po’ confusa.
Stava davvero succedo quello che stava per succedere?
Accidenti, era bastato così poco a quel ragazzo per disarmarla? Oh, com’è ovvio.  Lui avrebbe benissimo    potuto giocare un altro milione di volte così con lei chissà quanto tempo prima… e non si sarebbe tirata indietro.
Forse è un errore, forse è solo masochismo… ma la vita è troppo breve per non rischiare. E ormai non ha nemmeno altre scelte, in fondo sa bene di essersi buttata lei in questo inferno che profuma di zucchero.
Gli occhi verdi del gatto la fissano ancora, ora calmi e tranquilli.
Adagia lentamente i piedi sul pavimento per poi camminare piano fino alla porta.
Una voce femminile le fa provare una fitta di gelosia.
“C’è la ragazzina?”
Izaya sbuffa infastidito: “Ti prego di portarle rispetto, è molto più nobile di te.”
Namie alza le spalle noncurante: “Io non ho problemi nel trattarla con rispetto. Più tosto sei tu che la stai rispettando troppo.”
Lui sorride alla provocazione: “Mi sto solo divertendo!”
La giovane donna avanza di qualche passo, superando con naturalezza il suo datore di lavoro: “Io invece credo che tu ti stia innamorando.”
Improvvisamente le guance di Izaya si tingono del medesimo colore che le avevano ricoperte qualche minuto prima.
Se ti piace una persona lo senti nella pancia.
Lo ha detto ad un sacco di umani… e allora quello strana sensazione che prova? Quello sciame di api che gli sta volando dentro?
Non è possibile! Non può essere! Deve fermare tutto questo! Izaya Orihara non può!
Eppure è tutto così ovvio.
Ma non può permettere che qualcun altro si accorga della sua situazione, a partire da Namie.
“Tsk! Ma di che parli Namie-san? È solo una bambina.”
Yukiko, nascosta nel corridoio, riconosce la voce di Izaya, e riconosce la frase pronunciata.
Stupida illusa.
Izaya non può innamorarsi.
“Dì quello che vuoi…” continua la segretaria “… a me non importa, non mi importa nulla di te.”
La ragazza dagli occhi celesti prova invidia. Vorrebbe poter dire a quel bastardo la stessa cosa… ma non ci riesce.
Quella che prova non è semplice attrazione.
Deve andarsene da lì, adesso.
Non esita nell’aprire la porta e nell’interrompere Izaya che stava per ribattere.
Entrambe le coppie d’occhi presenti nella stanza si puntano su di lei.
Yukiko osserva la donna… è davvero affascinante.
Bella, con sguardo sicuro, lunghi capelli lisci e una minigonna che basta appena a coprire le parti intime… ma che con quel camice la fa risultare tutt’altro che poco professionale.
La mano destra di Namie accarezza languidamente  la propria chioma corvina.
“Ah… Yuki-chan…” Mormora Izaya quasi assente.
“Mh. Quindi tu sei Yukiko Ishii.” Afferma la segretaria.
La ragazza annuisce: “Piacere.”
Nessuna delle due accenna nessun sorriso, entrambe si guardano freddamente, non come rivali, ma come chi non sente nessuna necessità die entrare in rapporti con una certa persona.
“Namie Yagiri.” Risponde l’altra.
Yukiko le lancia un’ultima occhiata… giusto per constatare la veridicità delle parole dell’informatore. In confronto lei è davvero una bambina.
Allora è quel tipo di donne che frequenta Izaya?
“Bene, io tolgo il disturbo.”
 “Te ne vai Yuki-chan?” Chiede il ragazzo quasi deluso “Namie ci può preparare un tè…”
Lei volge bruscamente lo sguardo da un’altra parte: “Non vorrai perdere tempo dietro a una bambina, vero?”
Un leggero ghigno sadico si alza silenzioso dalla gola della dirigente dell’azienda farmaceutica, mentre l’informatore per la prima volta si sente davvero tradito da sé stesso.
“Oh no, non dirmi che ti sei arrabbiata…” mormora cercando di mostrarsi più seccato che preoccupato.
“No, affatto. Non sono arrabbiata… perché dovrei?” afferma la ragazza con occhi di pietra.
“Allora lascia che ti accompagni a casa.” Sussurra lui appoggiandole con un certo fare affettuoso la mano sulla spalla semiscoperta di Yukiko.
Lei si sente pervadere ancora da quel brivido piacevole che solo lui sa darle, ma si impone di resistere.
Serra gli occhi, come se stesse sopportando un forte dolore fisico, che in realtà serve solo a prendere distacco dalla realtà, e allontana bruscamente il tocco del giovane informatore.
Lui ritira semplicemente l’arto, spiazzato.
Perché non sa cosa dire?
“Sai come si dice in Europa… meglio soli che mal accompagnati.” Mormora lei, sorprendentemente fredda.
Una freddezza che lascia senza parole anche lui.
“Yuki-chan…”
“Grazie di tutto.” Semplici parole che dovrebbero stroncare ogni cosa. Fanculo il pagamento.
Yukiko vuole far diventare quelle stupide emozioni una parentesi della sua vita , una parentesi da dimenticare, da riderci sopra fra qualche tempo.
La ragazza si dirige verso la porta cercando di mantenere un espressione rigida, almeno fino al cancello.
Lei non può sentire la voce disinteressata di Namie che parla ad un Izaya che non sa più cosa prova.
“Se devi rimanere qui a guardare il vuoto, tanto vale che la insegui.”
“Ho del lavoro da sbrigare!” Ribatte la voce del ragazzo infastidita.
Yukiko cammina spedita, offesa e ingenua. Per un attimo ci aveva pure creduto… aveva creduto che Izaya volesse solo lei, come lei vuole lui.
Non cerca di fermare le lacrime per il semplice motivo che cerca di giustificarle come lacrime di rabbia, anche se sa che non è così.
Imbocca una via non troppo stretta, che lei conosce bene anche se in realtà non l’ha mai frequentata veramente.
Si ferma davanti ad un palazzo di media altezza e aspetta che le porte si aprano nel percepire la sua presenza.
6° piano.
L’ascensore sale con calma, come se la vita degli uomini fosse eterna.
In un’altra circostanza si sarebbe sentita emozionata, ma ora non c’ spazio nel suo fragile animo per altri sentimenti. La rabbia e la tristezza sono abbastanza.
Suona il campanello dell’appartamento, quasi assente, come mossa da un filo che le dice di farlo.
“Sì?” Una voce maschile seppur giovane si fa udire da dietro la porta.
“Shinra Kishitani?” Chiede lei con una voce che non esprime nulla.
“Sì, e lei chi è?”
“Yukiko Ishii, vorrei parlare con Celty.”
“Yukiko…?” Chiede il giovane, ma la voce viene interrotta dalla porta che si apre rapidamente.
La figura avvolta dall’ombra appare come un angelo davanti a Yukiko. Alle spalle della creatura un ragazzo in un tipico camice da medico.
Izaya glielo aveva detto.
Izaya.
Non ci pensa due volte. Si getta tra le braccia di Celty, ignorando gli occhi fissi del coinquilino dell’amica.
Quello è l’unico posto che forse può portarle un po’ di sollievo.
La motociclista si lascia scivolare dolcemente sulle ginocchia, portando con sé Yukiko.
Rimane immobile, per il momento, stringendo delicatamente la castana che cerca ancora di contenere i sentimenti.
Non ha bisogno di scrivere sulla tastiera, è Yukiko a parlare:
“Mi sono innamorata di Izaya.”
Eccola, la frase che non avrebbe mai voluto ammettere. Non può negarlo.
Se aveva sempre cercato di giustificare quelle sensazioni che provava in sua presenza come manipolazioni o fascino del pericolo, ora la cosa più naturale che le viene è sputare la verità. La pura verità.
In confronto a quello che prova per quell’informatore la vecchia cotta per Hiroshi è nulla.
La mano di Celty le accarezza dolcemente i capelli.
“Non posso fare nulla… lui è Izaya Orihara, non può amare…”
“Sembra un miracolo…” La voce del medico interrompe il mormorio della ragazza.
I suoi occhi ruotano dal petto scuro dell’amica fino alla figura del giovane che le guarda sorridente.
“Cosa…?”
“Ti sfido a trovare una sola persona ad Ikebukuro… anzi, a Tokyo che voglia stare accanto ad Izaya Orihara.”
Yukiko lo fissa ancora, ha un’espressione talmente allegra che quasi la fa innervosire: “Lo so, lui è solo una trappola.”
Esatto, questo è tutto quello che è lui per lei.  Ma dalle trappole non si può sfuggire.
Celty scrive qualcosa sulla tastiera e la mostra a Shinra. Lui alza le spalle senza mutare espressione, si incammina lentamente verso la porta del corridoio con fare tranquillo.
Cosa ti ha spinto da me?”
Chiede la dullahan digitando velocemente le parole sullo schermo.
“Non mi vuoi?” Risponde la ragazza cercando di mostrarsi ironica.
Non intendevo questo…
“Ho bisogno di un’amica con cui confidarmi, qualcuno di sicuro… e magari più grande.” Sorride in cerca di appoggio.
Non so se sono la più adatta…
Yukiko stringe le mani di Celty. È lei il suo angelo… come non può essere adatta?
“Ma certo, tu mi hai salvata.”
Ma non so cos’è l’amore… quello che provo io è lo stesso di quello che provate voi umani?
“Ovvio, non c’è distinzione nei sentimenti… “
Come fai a esserne certa?
“Perché ora sto parlando con te.”
Un sorriso. Anche se non può vedere la sua espressione è convinta che l’amica ora stia sorridendo.
Rimangono a gambe incrociate su un morbido tappeto. Quella breve conversazione ha fatto distrarre un po’ Yukiko… ma la distrazione spesso porta ancora più dolore, quando solo una parola ti fa ricordare, e tutto ti ricade addosso in un sol colpo, come acqua gelata che ti mozza il respiro.
“Al cuor non si comanda…” sospira.
Cosa ci trovi in Izaya?
Bella domanda.
“Sai, io sono sempre stata convinta che ognuno possiede qualcosa di inestimabile… solo che alcune persone sono particolarmente brave a nasconderlo.”
Celty esita un attimo. Poi scrive: “Sai una cosa?
La ragazza scuote leggermente la testa.
La prima volta che ci siamo conosciute, è stato lui a portarti da me.  Non lo avevo mai visto comportarsi così… io non l’ho mai sopportato, e so che sebbene non sia umana, a lui piace osservarmi come fa con tutti gli altri… quindi tecnicamente sapeva che io non ti avrei fatto del male, eppure lui è rimasto davanti a te quasi non si fidasse di lasciarti da sola.”
“Eh?”
Certo, Yukiko non può sapere queste cose, ma Celty ha visto Izaya in azione più volte, e ormai conosce bene il carattere del venditore di informazioni… o così credeva.
“Forse stava solo giocando… come al solito.” Ragiona la giovane dagli occhi cristallini “Forse sono solo io… che sto sbagliando. Sono stata stupida a fidarmi di lui.”
L’attaccatura della testa mancante si rivolge verso di lei: “Troppo tardi non trovi?
Lei annuisce con lo sguardo perso in un mondo suo.
Ascolta, lascia che la vita continui. Si farà sentire presto, conoscendolo… altrimenti vorrà dire che il tuo futuro non lo prevede.”
Un futuro… un futuro senza di lui.
Nonostante non abbia mani pensato a cose di questo genere, l’immaginare una prossimità dove la figura di Izaya non esiste la fa rabbrividire.
Qualche ora dopo è di nuovo per le strade di Ikebukuro. Nonostante sia ormai buio continua a girovagare nella vana speranza di incontrarlo.
Si sofferma per un momento davanti al palazzo in cui abita Izaya, senza mostrare interesse, ma non può fare a meno di notare la luce spenta.
Lei sa che finirà per girovagare per Ikebukuro per il resto della notte.
Non è da lei, questo è vero… ma è l’unica cosa che la faccia sentire serena.
“Ehi ragazzina!”
Cosa?
“Vieni a giocare con noi!”
Una moto lucida le si para davanti.
“I-Io devo andare…”
“Che credi piccola? Di avere diritto di parola?”
Il respiro accelera nel constatare che non ne verrà fuori indenne dalla situazione.
Ha paura.
Un ragazzo le stringe la vita infilando l’indice all’interno degli slip.
Sente il suo tocco freddo e invadente.
Punta le mani sul suo petto per poi spingere con tutta la sua forza.
Sente il respiro di un altro tipo sul collo.
Grida ma sa che nessuno accorrerà… quindi il destino vuole che sia violentata?
Almeno forse la uccideranno… dopo.
Izaya.
Magri fosse lì… magari fosse lui a farle questo.  Forse lo odierebbe… ma in fondo non sarebbe poi così  orribile.
“Cosa fate marmocchi? Non si gioca con i giocattoli degli altri.”
La voce arriva chiara e distinta alle orecchie di Yukiko.
Non è possibile…
Una lama lucente, il mormorio e le risa dei teppisti e poi le urla ridicole… qualche goccia di sangue uscita da lievi graffi che però li fanno scappare.
Eppure il coltello non si è mosso tanto.
“Ma guarda! Appena giro lo sguardo tu ti cacci nei guai?”
Izaya. L’ha chiamato, e lui è venuto.
Eppure… perché non riesce a comportarsi come vorrebbe? Le fa rabbia.
Quel ragazzo, che ha ottenuto il suo cuore così facilmente le fa rabbia. Perché per lui lei è una bambola.
Quel ghigno, quel maledetto ghigno che però non cancella nulla dentro di lei.
“Non sei con la tua segretaria?”
Lui sbuffa: “Sei arrabbiata per prima?”
“Ti ho detto di no.”
Lui si china sospirando appoggiandole una mano sulla spalla: “Yuki-chan… mi hai pagato abbastanza. Vedi di non cacciarti più in casini intesi?”
Lei scuote la testa. Ma cosa sta dicendo?
“Come te la caverai senza di me? Oh, ma sono io a causarti i guai peggiori, vero?  Sei libera… è un addio Yuki-chan, vivi la tua vita e, se vuoi un consiglio, goditela. Ti ho osservato abbastanza.”
Lei rimane immobile con gli occhi semi sgranati. Sta scherzando vero?
Lui sorride, quel suo sorriso da presa in giro. La stringe tra le braccia e, come se stesse celebrando una cerimonia solenne appoggia le sue labbra sulla guancia di Yukiko.
Lei non si muove. Rimani in piedi come una statua che non sa cosa stia succedendo davvero.
“Addio, mia Yuki-chan.” Lui volta le spalle alzando la mano in segno di saluto.
L’anello argenteo brilla alla luce naturale della luna e a quella artificiale dell’illuminazione di Tokyo.
Non lo rivedrà più?
No, non è possibile. Perché lui  è la sua gabbia… e dalle gabbie non si sfugge.
Non sarebbe tornata indietro.
Illuso Izaya. Come lo ha trovato una volta lo può benissimo ritrovare ancora.
Eppure, non ne è così sicura… e la consapevolezza dell’autoconvinzione è l’unica cosa che rimane nel vuoto che la circonda.
 
Ciao! Vi sono mancata? Certo che no ç_ç
Comunque, ecco il nuovo capitolo! Questo e il prossimo li avevo previsti sin dall’inizio, e sono stati ispirati da due canzoni che ho sentito mentre ragionavo sulla trama.
Non so come evolverà la storia, ma questi capitoli saranno fondamentali.
La canzone di questo capitolo è “Il mio sbaglio più grande” di Laura Pausini.
Grazie a tutti, come sempre!
 

 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


True Love?

 

Capitolo 12

 
C’era una volta un principe. Questo principe era bellissimo, ma crudele.
 
Un giorno una strega per punirlo gli fece un incantesimo: gli tolse tutta la sua bellezza facendolo diventare una bestia simile ad un animale a cui l’unica cosa che rimaneva era solo l’anima.
 
L’unico modo per spezzare l’incantesimo era innamorarsi e far innamorare una ragazza, così da convertire il suo cuore.
 
Ma la bestia aveva un animo di ghiaccio, che sembrava inaccessibile.
 
Accadde però un giorno che una bellissima ragazza capitò al suo castello, e lui senza accorgersene se ne innamorò.
 
E poi…
 
E poi?
Ah, che stronzata le fiabe!
Izaya ingoia l’ultimo goccio di liquido per poi posare il bicchiere davanti a sé e allontanarlo furiosamente.
Maledizione!
Sbatte un pugno sul tavolo a testa bassa.
Quanti bicchieri ha bevuto? Eppure nulla.
Nuova informazione: l’alcool non ha effetto!
Perché non riesce a togliersela dalla testa? La piccola Yukiko.
Oh, eppure qualche ora prima le ha detto addio con molta disinvoltura… e ora? Ora si trova in uno stupido locale nei margini di Ikebukuro; non che un quartiere possa avere una periferia.
Certo, quello non è il genere di posti che solitamente frequenta, eppure dopo essersene andato, dopo essersi allontanato da lei ha sentito la necessità di nascondersi nel primo luogo che ha trovato.
Ha sentito il bisogno di provare la veridicità di quello che i suoi amati umani dicono riguardo al bere e al dissolversi dei problemi. Ma a quanto pare non c’è nulla da fare.
Quanto alcool ha ingerito?
Ah, poco importa.
Cosa starà facendo? E perché se lo sta chiedendo?
“Pff… idiota.”
Se lo dice da solo, è consapevole di essere un perfetto idiota… inutile nascondere l’evidenza.
 
La bestia iniziò a provare paura per ciò che gli stava succedendo dentro, e per proteggersi allontanò la ragazza da sé.
 
Che bestia stupida, vero? E lo sai come si chiama quel principe tramutato in mostro? Izaya Orihara.
Già, Izaya non è sempre stato il sadico informatore che si conosce, certo che no… sono le esperienze che fanno l’uomo, non viceversa.
Ah, quanto vorrebbe cambiare… e lui che credeva di piacersi così.
 
Ma dopo non molto tempo un vuoto crebbe nel petto della bestia, ed andò alla ricerca della fanciulla, che però aveva trovato la felicità lontano da lui.
 
Cerca di alzarsi ma qualcosa lo blocca.
Yukiko?
No, non è lei… non potrà mai essere lei.
Maledetti alcolici! Altro che togliere i problemi… li sbattono in faccia.
Riprende la sua azione ma un giramento di testa lo fa ripiombare sulla sedia.
“Merda!” Grida sbattendo il dorso della mano contro il primo oggetto a tiro.
“Tutto bene signore?” Sente chiedere il barista.
“Certo!” Esclama stizzito per poi ritentare a prendere una posizione retta.
 
La bestia avrebbe dato tutto ciò che gli rimaneva pur di riavere quella ragazza, anche solo stringerla tra le sue braccia per cinque minuti e poi morire, sarebbe morto felice. Ma era troppo semplice.
 
Cerca di riprendere il controllo del suo corpo ma è come se i comandi si fossero rotti.
Cammina velocemente verso la porta nella speranza di non sembrare troppo ridicolo, ma una volta arrivato all’esterno è costretto ad aggrapparsi al muro.
Deve andare a casa, subito.
Cammina artigliando le pareti in una direzione indefinita, per poi rendersi conto di essersi perso.
Il suo cervello evita gentilmente di dargli le indicazioni per raggiungere il suo appartamento, l’alcool offusca ogni cosa.
Si accascia al suolo mentre la gente passa davanti a lui indifferente. Lo sta scambiando per uno dei tanti malfamati della metropoli? Ma guarda come si è ridotto! Shizuo godrebbe di certo!
Riesce a trascinarsi in un cunicolo, lontano dagli sguardi altrui… per lo meno.
L’odore è disgustoso… o forse è lui ad immaginarselo.
Sente lo stomaco contorcersi come se avesse anima propria per la nausea e il disgusto mentre la testa ha intrapreso una danza che non ha intenzione di terminare.
Appoggia la schiena alla parete.
Possibile che una misera umana lo abbia ridotto così?
Probabilmente ora a lei non importa nulla… ora è diverso, Izaya Orihara.
Ora la situazione è ribaltata, sei tu a soffrire.
Hai smesso di ridere, eh, pulce?
“Izaya?”
Chi lo chiama?
Alza lo sguardo appena un po’, giusto per vedere due grandi occhi azzurri che lo fissano.
“Yuki-chan…?” Quel nome è sussurrato, un flebile mormorio incredulo e speranzoso.
Continua a vederli… quegli occhi.
“Che è successo?”
Chiede il fantasma. Sì, perché non può essere lei.
Non può essere la sua Yukiko… sua, che non è mai stato scritto da nessuna parte che fosse sua.
“Nulla fantasma.”  Risponde con un sorriso strafottente appena accennato.
“Fantasma?” Chiede l’angelo davanti a lui per poi chinarsi e avvicinare il volto al suo.
“Ma…! Quanto accidenti hai bevuto?!” Chiede scattando all’indietro.
Il ragazzo rimane con il suo sorriso.
Molto, ha bevuto molto.
Il fantasma sospira alzando un oggetto assomigliante alla sua giacca: “Questa l’ho trovata nel locale qui vicino… l’ho vita dall’entrata e ho chiesto chi l’avesse lasciata lì…”
“E ti avrebbero lasciato prendere qualcosa di non tuo?” Ridacchia l’altro, ben conscio che quella non è che una stupida conversazione immaginaria dettata dal suo inconscio.
“Ho mentito dicendo che era del mio ragazzo… non si sono fatti troppi problemi… ora, riesci a camminare?”
Izaya allarga le braccia in un gesto naturale per mettere in chiaro l’evidenza.
“Ok… allora facciamo così…” Mormora lei tendendogli una mano.
“Che fai?”
La ragazza immaginaria non lo ascolta e continua la sua azione; lo aiuta ad alzarsi per poi passare una mano dietro la sua schiena e poggiarla alle sue costole, mentre solleva il braccio di Izaya mettendoselo attorno al collo.
“Spero di farcela a portarti fino a casa…”
“Come fa un fantasma a portarmi fino a casa?”
La ragazza scuote la testa: “Ma sei stupido o mangi sassi?”
“Sono ubriaco.” Risponde lui con naturalezza.
Gli piace illudersi, per un momento,  che la sua Yukiko sia tornata da lui.
Di poterla sentire vicina, di parlare con lei come ha sempre fatto, di mostrarsi come qualcuno che non è, ma di lasciarsi andare ogni tanto.
Idiota, questa volta è lui il giocattolo nelle mani dell’inspiegabile.
“Si dice che gli ubriachi siano più deboli…” Mormora la tenera voce.
Lui si guarda attorno. Non è più dove era prima… si stanno muovendo.
Sorride beffardo: “ Mi vuoi attaccare?”
“Perché sei così cattivo?” Chiede lei risoluta.
Eh? Cattivo lui?
Abbassa lo sguardo; lui non è cattivo.
Lui vorrebbe solo… essere un po’ amato.
Nessuno gli ha mai insegnato come bisogna farsi voler bene... quello che fa è la strada più semplice per attirare su di sé l’attenzione.
Fin da piccolo nessuno lo ha mai badato… nessun “Ti voglio bene” e nessun abbraccio… tutto era incentrato sul lavoro dei suoi genitori.
Aveva pensato che,  appassionandosi agli umani, avrebbe ottenuto il loro affetto… e invece solo odio. E ad un certo punto si era rassegnato.
“Mi dispiace… non pensavo soffrissi così tanto.”
Come?
Qualcosa di morbido gli tocca la nuca, e poi… nero.
Buio.
Solo un leggero tocco e un brusio.
Poi le palpebre si alleggeriscono, può di nuovo aprirle.
“Mh…?”  la flebile luce proveniente dalla grande vetrata semicoperta riesce ad infastidirlo, facendogli richiudere per un momento gli occhi.
Dove cavolo è finito?
Si decide a lasciar di nuovo scoperte le pupille.
È in un appartamento… su un divano… il suo divano.
Cosa?
Fa pressione sui gomiti per riuscire a piegare un po’ la spina dorsale.
È proprio vero. È a casa sua.
Come c’è arrivato?
Cerca qualche indizio nella sua mente ma non trova altro che sogni e illusioni.
“Ti sei svegliato?”
Eh? Perché sente ancora quella voce?
Volta leggermente lo sguardo per notare la piccola figura della ragazza che fino a quel momento credeva immaginaria.
“Y-Yuki-chan?” Chiede con un filo di voce e con un’insolita titubanza.
Lei lo guarda con un espressione indecifrabile, ma poi lascia scappare un dolce sorriso accompagnato dalle spallucce.
Le spiegazioni sono due: o gli alcolici gli stanno ancora soggiogando la mente o lei è davvero lì con lui.
La osserva ancora incantato per poi notare l’abbigliamento della giovane.
Non ha nulla addosso, solo una giacca chiusa fino alle clavicole che le arriva poco più in su di metà coscia.
“Sta più bene a te che a me.” Sussurra lussurioso riconoscendo il suo indumento.
Sorride nel vedere la ragazza arrossire e voltare repentinamente lo sguardo: “Mi sono presa il permesso di usare i tuoi vestiti e la cllavatrice… visto che i miei erano impregnati del contenuto del tuo stomaco!” Esclama infastidita.
Il ragazzo si porta una mano alla bocca schifato: “Ho vomitato?”
Non è certo un’azione degna di lui!
“Addosso a me!” Risponde la ragazza ancora innervosita, per poi comprendere la situazione “Ma l’importante è che tu stia meglio.”
“Perché sei qui?”
Lei sospira un po’ delusa, per poi accucciarsi sul morbido tappeto accanto al volto dell’informatore: “Ti stavo cercando… e poi ho visto la tua giacca nel locale, l’avevi dimenticata…”
“Sì, lo so.” Risponde repentino: “Immagino che tu abbia trovato le chiavi di casa in tasca… ma perché mi hai portato qui?”
“Dovevo lasciarti lì?”
“Teoricamente io non dovevo più centrare più niente con te.” Cerca di mantenere la sua solita espressione ironica ma il cuore gli batte troppo forte nel petto per farcela.
Lei abbassa lo sguardo, per poi gemere piano.
Il gatto nero le si accuccia in grembo, mentre lei cerca di dire qualcosa che a quanto pare fatica ad uscire.
“Ma io non ne ho abbastanza…” mormora infine riportando i suoi occhi sul ragazzo che le piace.
Lui rimane sconvolto… o per meglio dire meravigliato.
Sente il petto agitarsi mentre il suo viso, con sua disapprovazione, inizia a tingersi di un leggero rossore.
“Mi dispiace…” Dice lei non capendo la reazione.
No, è a lui che dispiace… di essere così.
 
La bestia guardò incredulo la ragazza che gli sfiorava la zampa. Come poteva essere tornata da lui? Eppure era lì.
 
“Stupida.” Mormora alzandosi con la schiena per guardarla meglio.
Dall’alto in basso, come lui fa sempre… però…
“Eh?”
“Stupida.” Ripete, per poi afferrarle la testa e portarla sul suo torace.
“I-Izaya?”
Lui la stringe chiudendo gli occhi… ne sente l’assoluto bisogno.
È come una droga… una dipendenza.
La ragazza si abbandona per un attimo, per poi allontanarlo.
“Perché?” Chiede lui deluso, come un bambino a cui è appena stato tolto l’abbraccio della madre.
Lei tiene la testa bassa, non lo guarda.
“Perché…” inizia “Perché sei uno stronzo, perché vorrei avere la forza di scappare via… ma non ci riesco. Non pensavo che stessi così male Izaya…”
“Di che parli?”
“Forse non sai di averlo detto…”
Accidenti! Tutto quello che ha pensato la sera prima… lo ha detto ad alta voce?
“Dimenticalo.”
“No!”
“Non voglio che tu te lo ricordi. È una stupida debolezza che passerà.”
Lei scuote la testa: “Quello sei tutto tu.”
Lui la fissa con occhi fiammeggianti. Non ha intenzione di cedere a quella sua parte così umana.
“Quella… è la parte migliore di te.” Conclude lei.
Lui ghigna: “Tsk! Ti piace vedermi soffrire?”
Yukiko si alza in ginocchio in modo da arrivare almeno all’altezza del suo petto: “Mi piace ascoltare il tuo cuore.”
 
Il cuore della bestia ormai è della fanciulla. Quella fanciulla che lo guarda con occhi d’angelo.
 
“Ah, e cosa dice? Io non l’ho mai ascoltato…” Sorride lui con un sorriso che le sue labbra non hanno mai conosciuto.
Lei si spinge in avanti posando la fronte e le mani al suo petto: “Che in fondo ho fatto bene ad innamorarmi di te.”
Il ragazzo sgrana gli occhi.
Innamorata?
Nessun umano aveva mai provato affetto per lui… e lei è addirittura innamorata.
“E non mi importa se sarò il tuo giocattolo… o se per te sono una bambina… mi basta starti accanto.”
Non lo dica mai più.
“Stupida”
Ancora una volta.
Le prende il volto fra le mani ben deciso sul da farsi.
Senza che lei faccia nulla, lui appoggia le sue labbra su quelle di lei, per poi insinuare senza troppi complimenti la lingua.
Ora la vuole, la pretende.
 
La bestia abituata a divorare gli umani si strusciò sul ginocchio della ragazza in cerca di affetto.
 
Lei inizialmente rimane spaesata, poi si lascia trasportare dalla passione… e poi non resiste più.
Porta le mani dietro il collo di Izaya stringendolo a sé, mentre inizia ad esplorare la sua bocca.
 
La dolce mano della fanciulla toccò il capo della bestia.
 
E mentre la mano del ragazzo le accarezza la schiena senza però insinuarsi al di sotto della giacca lei prega con tutto il cuore che quell’attimo sia eterno.
Quel bacio per il mondo sarà anche sbagliato, ma per lei, in quel momento non c’è altro luogo più perfetto che le braccia di Izaya.
 
Forse la bestia non diventerà mai principe… ma alla ragazza va bene così, e gli resterà sempre vicino, per sempre.
 

Oh, sì :) da quanto aspettavo di pubblicarlo!
Che ne dite? Ma non è ancora finita! Ci sono altre cose che Izaya e Yukiko vi vogliono mostrare! Vi aspetto nel prossimo capitolo!
PS. La canzone che lo ha ispirato è "Non ci sei" di "Studio 3"

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


True Love?

  
Capitolo 13 
 
Gli occhi chiari di Yukiko scrutavano le strade del quartiere alla ricerca di una certa figura che puntualmente non si voleva far trovare.
Dopo quello che è successo, è assolutamente inutile fingere di essere ancora la vittima random dell’informatore ormai ben noto… no, ormai è ora di vedere le cose come stanno.
Tutto quello che lei aveva chiamato fino al giorno prima “curiosità” ora si manifesta come un vero e proprio innamoramento.
Eppure sembra che quella sensazione di presa in giro non finisca mai… perché ora sembra quasi si nasconda.
Dopo quel bacio, non era successo nulla di particolare, erano rimasti insieme e basta. Nella stanza non c’era nulla che facesse sospettare ad un qualsiasi esterno un cambiamento, eppure quelle docili carezze che Izaya posava distrattamente sul capo della ragazza e quel protettivo bacio sulla sua fronte al momento di salutarla bastavano a reclamarla come sua.
Lei si sentiva sua, gli aveva silenziosamente promesso sé stessa.
Ma oggi, ora che si era totalmente abbandonata al suo sentimento lui era sparito. O forse è lei che inizia a farsi le paranoie?
“Chi cerchi?”
Ah… ecco uno dei problemi.  A Kida Masaomi  non piace per niente Izaya Orihara. Se con Mikado la questione è facilmente risolvibile grazie alla sua voglia di brio, con l’altro ragazzo la questione cara amica + pazzoide è parecchio complessa.
Ma a lei non importa. Non ha intenzione di rinunciare alla persona di cui è innamorata per lui.
“Il mio ragazzo.”
Precisa e diretta. Certo… non che Izaya le abbia chiesto di mettersi insieme, ma quel che è successo è più che sufficiente no?
E se anche non lo fosse lei lo vuole. Lo pretende, ad ogni costo.
“Eh?! Hai il ragazzo?! E da quando?”
La ragazza ridacchia: “Da ieri!”
“Ah! E chi sarebbe questo tipo?”
Ecco la domanda fatidica. Cosa fare? Meglio esitare fino alla prossima?
“Allora?” Insiste il ragazzo biondo.
“Chi lo sa.” Sorride lei facendosi furbescamente portandosi le mani dietro la schiena e camminando spedita lungo il marciapiede.
“Almeno lo conosco?”
“Di vista.”
Sa bene che non è vero. Loro due si conoscono molto bene… ma meglio non infierire.
“Ah… e dimmi, ha la nostra età?”
Oh cielo. Non è che poi lo accuserà anche di essere un pedofilo?
“No… è leggermente più grande.”
“Quanto leggermente?”
“Dipende da cosa intendi per leggermente, Kida-kun…”
“Umh… beh…”
Forse Msaomi risponde qualcosa, ma Yukiko non lo sente. Sta fissando qualcun altro.
Lo ha trovato finalmente!
“Ti si sono illuminati gli occhi…” mormora l’amico non ancora resosi conto della figura davanti a loro.
È distante, ancora confuso tra la folla ma Izaya è lì. E anche lui l’ha vista, e sorride nel notare che lei lo sta fissando con entusiasmo.
Ma non osa avvicinarsi.
C’è Masaomi con lei… sa bene di non andargli troppo a genio.
Oh, non vuole creare fraintendimenti,  non ha paura di quell’umano, ma è più che sicuro che qualcosa valga nella vita di Yukiko, quindi meglio non rischiare.
Alza la mano in cenno di saluto. Non ha intenzione di trascinare nei guai il suo angelo, conosce i pensieri di Ikebukuro su di lui, e non vuole che lei ne subisca l’influenza.
Si allontana. Lui è un mostro, ma a lei la vita non la vuole rovinare, perché non è un essere umano con cui può giocare, è molto più coinvolto.
La ragazza lo guarda darle le spalle prima instupidita e poi innervosita.
Ma che sta combinando quello?
Lo sa bene che per lui è tutto un gioco, però almeno dare un po’ di peso a tutto quello che lui le ha fatto!
“Bastardo…” mormora a denti stretti.
“Come?” Chiede con disinvoltura Kida per poi vedere la ragazza superarlo con decisione e dirigersi verso un punto impreciso della folla.
Lei cammina spedita, ben decisa a raggiungere ciò che vuole.
Eccolo, lo vede. Cammina lento, con una camminata disinvolta di chi sa bene dove andare. Tipico di lui.
“Izaya!” Lo chiama, e lui non esita a girarsi.
“Mh? Yuki-chan… mi stai seguendo?”
Lei sbuffa innervosita: “Ma certo che ti seguo! Se scappi via in questo modo non posso fare altro!”
L’informatore la guarda per poi sorridere con naturalezza: “Ma io non stavo scappando.”
“Ah no?” Sbuffa la ragazza ansimando per la rabbia “Ti stavo cercando, volevo vederti.”
“Davvero?” Il sorriso dalle labbra del ragazzo è scomparso, ora lo sguardo è serio e interrogativo, nonostante il suo mento punti leggermente verso l’alto.
“Ovvio che è per davvero!  Io non…” esita un secondo, si sente stupida a dire ciò che sta per dire ad Izaya Orihara “… Non ho intenzione di fartela passare liscia! Tu… tu mi hai fatta innamorare, e ora non ti lascerò libero così facilmente, se hai iniziato il gioco ora finisci di giocare!”
Sa bene di avere un aspetto terribile in questo momento, ma non le importa.
Non vuole essere solo un passatempo nella vita di Izaya… alza lo sguardo sul volto che lei ama e finalmente riesce a vederlo. Quel sorriso vero che illumina la persona orribile del ragazzo.
Lui la guarda, ha capito.
Allunga la mano e le sfiora la guancia. Lei si lascia accarezzare come un gattino.
“Io non sto giocando Yukiko, non questa volta.  Per questo non voglio che ti vedano con me. Tu sei mia, e questo è chiaro… ma d’altro canto sono pur sempre Izaya Orihara, non troverai nessun vantaggio a mostrarti con me.”
Lei si sente arrossire. Davvero sta facendo tutto questo per lei?
“Izaya…”
“Sì?”
“Noi due… stiamo insieme?”
Lui ridacchia: “L’ho appena detto. Tu sei mia, nessuno può toccarti, chiaro? Sei la mia ragazza e non ho intenzione di lasciarti scodinzolare da Hiroshi o chi so io-“
Yukiko non può non trattenere un sorriso: “ Bene, ma allora neanche tu puoi andare a fare i tuoi giochetti sconci con tutte le cameriere nei locali, chiaro? E io non sono una puttana.”
Questa volta la risata di Izaya è lunga e divertita: “Va bene, va bene.”
“E voglio anche…” Si avvicina a lui incrociando le dita dietro al collo di lui per poi alzarsi sulla punta dei piedi e posare un dolce bacio sulla guancia del ragazzo.
Izaya rimane interdetto per poi sospirare: “E tutto il discorso che ho fatto? Guarda che per me queste frasi toccanti non sono così automatiche…”
“Io non ho capito perché non possiamo mostrarci insieme.”
“Perché tu…”
“Perché io ho scelto te! Perché dovrei nasconderlo? Non importa cosa pensano gli altri. Sei il mio ragazzo no? E allora perché non possiamo uscire insieme come una coppia… normale?”
Il cuore di Izaya si sente un po’ più puro difronte a lei. Forse non lo ammetterà mai, ma la ama. L’ha sempre amata, da quando l’ha vista al lavoro. Lei è molto di più di quegli altri esseri umani. Lei è fatta apposta per lui.
“Amor c’ha nullo amato amar perdona…” mormora per poi attirarla a sé.
Nessun amato può negare l’amore all’amante… ma secondo dante c’era da meritarselo quell’amore…  lui è più che sicuro di non avere il diritto ad un bel niente… eppure lei è lì.
“Come?” Chiede la piccola Yukiko lasciandosi avvolgere dalle sue braccia.
“Mai sentito parlare di Dante Alighieri? È un poeta italiano.”
“Lo so benissimo…”
Izaya la stringe, appoggiando il volto sui suoi capelli, aspirando il suo profumo di vaniglia: “Ti ringrazio.”
“E di cosa?” Sorride lei appoggiando le mani sulla schiena del ragazzo.
Lui si guarda bene dal rispondere.
La stringe ancora un altro attimo per poi sciogliere il contatto ma afferrarle la mano destra con la sua sinistra, come farebbe una qualsiasi coppia normale.
Sorride allegramente nel vedere le guance della ragazza velarsi di un leggero rossore mentre lo segue verso la strada principale.
“O-oggi devi andare da qualche parte?” Chiede la voce della ragazza timidamente.
“In realtà dovrei… ma credo che passerò la serata insieme ad una certa persona.”
“Questa persona è davvero fortunata!”
Izaya non risponde ma è consapevole che la vera fortuna ce l’ha lui.
Lei si sente calda in volto, ma felice. Stringe le dita attorno alla mano di Izaya mentre lo segue, chissà dove.
Non ha occhi che per lui, non esiste più nulla oltre a loro.
“Tu sei impazzita!”
O quasi.
“Oh, Masaomi.” Esclama il moro con un finto sorriso gentile.
Il ragazzo più piccolo lo ignora rivolgendosi sconvolto all’amica: “Ma sai chi è lui?!”
La ragazza sbatte le ciglia un paio di volte: “Mi sembra abbastanza ovvio…”
“A me no! Sai cosa fa! Sai cos’ha fatto… e allora perché?!”
Le sembra quasi impossibile che quel Kida che ha davanti sia il suo solito amico.
Sente Izaya accanto stringerle la mano. Lui saprebbe bene come liberarsi di lui… oh sì, e riderebbe parecchio! Ma non può farlo… non davanti alla sua Yuki-chan.
“Perché io lo conosco.”
L’informatore sorride all’affermazione. Certo, il fatto di essere messo così in disparte lo infastidisce, però finalmente non si ritrova più solo davanti al disprezzo della gente, perché sa bene che Masaomi è solo il rappresentante di tutta Ikebukuro.
“Come fai a dire di conoscerlo?!”
“E tu allora lo conosci?!”
A quel punto il biondo non può rispondere. Si sta basando sulla sua scarsa esperienza e sulle informazioni altrui, è vero… ma quell’esperienza è stata abbastanza dolorosa e quelle informazioni sono pur sempre degne di fiducia.
“Questo qui…” Lo sguardo del ragazzo si posa sull’altro vestito di nero e finalmente il suo cervello si rende conto di chi ha effettivamente davanti.
Si pietrifica, eppure trova il coraggio di completare la frase: “… è capace di ucciderti.”
A quel punto Izaya non può trattenere una sonora risata.
Lui che uccide Yukiko? È la più bella barzelletta che gli abbiano mai raccontato! Eppure qualche mese fa sarebbe stato anche abbastanza plausibile… ma ora non più.
È vero, la gente non lo conosce.
“Masaomi-kun… abbi un po’ di fiducia in me. Non farò mai del male a Yuki-chan, posso assicurartelo.”
“Fiducia?” Sibila l’altro però ora intimorito.
“No, mi sa che è impossibile chiedertelo eh? E va bene, a me non cambia nulla, ma ti chiedo solo una cosa. Se tu ce l’hai con me, non vedo perché intromettere anche la piccola Yukiko, non voglio che stia male, e nemmeno tu, vero? Quindi…”
“Non cambierà il nostro rapporto per colpa tua.” Kida continua a mormorare, con gli occhi fissi su Izaya che lo guarda con la sua solita espressione da superiorità, da chi sa cosa ti sta passando per la testa.
“Non ne dubito.”
Finalmente gli occhi di Masaomi tornano sulla ragazza: “Yukiko…”
Lei sorride rassicurante. Non sa che altro fare.
“Ci vediamo domani.” Conclude infine l’amico, con un sorriso che vorrebbe essere il suo solito spavaldo, ma esce inquietato e timoroso.
“A domani”
Il ragazzo se ne va, ignorando Izaya che continua a seguirlo con lo sguardo.
“Yuki-chan… credo che se non fosse stato cosciente della mia superiorità di forza, avrebbe tentato di uccidermi.”
“Che drastico!”
“Drastico io?”
Non c’è una risposta, solo una lieve risata e poi  di nuovo si riavviano per  la grande strada, mentre qualche goccia  inizia  a cadere dal cielo di Tokyo.
 “Posso salire a casa tua  o ti devo portare a forza a casa mia?” Domanda l’informatore arrivati all’ingresso del condominio.
“Non dovrei  essere io ad invitarti a casa mia?”
Il ragazzo sorride: “Come se ti dispiacesse!”
“Adoro la tua modestia!” Esclama lei incrociando le braccia “ Apri tu… tanto hai le chiavi no ?”
Izaya  ridacchia sommessamente  aprendo l’accesso per l’entrata.
Appena  entrato nell’ appartamento lascia cadere la giacca sul divano e si avvia a passo svelto in cucina.
Yukiko sospira  per poi seguirlo all’interno della propria abitazione.
Se lo ritrova davanti, seduto infantilmente sul tavolo mentre la guarda con
finti occhi innocenti: “ Non ho fame.”  Mormora con voce da bambino ricevendo come risposta un semplice “Buono a sapersi”
Il ventitreenne storce la bocca con disappunto: “Ma io voglio comunque mangiare.”
Prima che la ragazza possa chieder e chiarimenti su quell’ affermazione si sente il polso bloccato dalla mano dell’informatore che la spinge verso il salotto.
 “Izaya…”
Si trova premuta contro la parete dal torace del ragazzo.
“Voglio che succeda ancora Yuki-chan…” Soffia lui al suo orecchio.
“ Cosa?”
La pioggia fuori ha iniziato a cadere vigorosamente, picchiettando contro il riflesso dei due ragazzi sul vetro.
“Quanto mi vuoi Yuki-chan?” 
La ragazza rabbrividisce alla domanda, come se le avesse posato un fiocco di neve sulla pel le.
Avrà mai il coraggio per dirglielo?
“Io ti voglio più di ogni altra cosa …” Le  labbra di Izaya le sfiorano delicatamente il  collo.
Lei si sente avvampare mentre lascia che il profumo dei capelli di lui le entri nelle narici.
“Oh, mi piace quando arrossisci… ti prego, dimmi di sì Yuki-chan perché sta succedendo ancora, e questa volta non mi fermerò.”
Sta succedendo…
Yukiko finge di non capire, ma i baci  che si posano sul suo collo sono palesanti.
 No, non ne è pronta… non può farlo… non ora… “I-Izaya…”
Lui alza lo sguardo nel  sentire il suo nome per mostrarle i suoi occhi.
Quegli occhi così meravigliosamente irreali, così perfetti… e così seri, ora.
Forse se ne pentirà… ma perché rinunciare?
Lei ormai è inevitabilmente legata a lui… non ha scelta, e non vuole nemmeno scegliere.
“Izaya… mangiami pure”
 
 
La scena continua nel prossimo capitolo! Ho fatto trattenere Izaya abbastanza (che in questo capitolo poi è dannatamente poco IC, ma non potevo fare altrimenti, rimedierò nel prossimo) xD
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 14
*** Capitolo14 ***


True Love?

 

Capitolo 14

 
La pioggia continua a cadere incessante.
Izaya guarda la sua piccola Yukiko sotto di lui.
Vorrebbe ridere per la vittoria ma non può far altro che esternare un timido sorriso birichino.
Lei ricambia con uno sguardo innocente. Innocente come lei.
Già… quella maledetta innocenza che lo ha fregato, quell’innocenza che prende piede anche nei suoi difetti, quell’innocenza che anche ora sembra avvolgere la nudità del suo dolce corpo.
Anche ora, con le guance arrossate, emozionata per quello che sta per accadere, rimane pura come una rosa ancore in bocciolo.
Per  un secondo si chiede se sia giusto cogliere quel fiore, ma poi un lieve sospiro di lei gli fa dimenticare tutto.
Chi potrebbe non desiderare quel delicato regalo della natura.
Le bacia il collo. Non ha il coraggio di toccare la sua femminilità, nonostante gli sia offerta senza alcuna protezione.
Scende sulle clavicole, mentre con la mano le accarezza il fianco liscio come seta. Lo sente esitante, come tutto il resto del suo corpo.
Sorride per l’ingenuità della ragazza, per poi levarsi un poco e sfiorare dolcemente le sue labbra. Lei risponde titubante, ma se bene di non poter sottrarsi al suo desiderio.
Quando finalmente i respiri si sono uniti e fusi il corpo di Yukiko inizia a sciogliersi, come se lo strato di neve invernale si stesse dileguando.
Un forte calore all’altezza del petto la pervade e le braccia scivolano sulla schiena ben costruita di Izaya, mentre le ginocchia si alzano per circondare la vita del ragazzo.
Lui sorride per poi ricominciare a baciarla, avido.
Si scosta lentamente dalle labbra per tornare sul collo, lo lecca con la lingua come se stesse leccando una mela caramellata.
Sente le mani di lei accarezzargli i capelli, per poi essere raggiunte dalle sue labbra che lo baciano, sempre con più foga.
Ecco… Izaya le accarezza il ventre e poi finalmente le dita sfiorano il petto.
Si abbassa,  baciando i seni caldi mentre sente lei  baciargli il collo.
“Te la senti di fare un passo avanti?” La voce di Izaya è sicura anche se soffiata.
Lei annuisce semplicemente.
Izaya le posa un ultimo bacio leggero sulle labbra per poi prepararsi.
Esita un attimo, per darle la possibilità di fermarlo, ma notando l’assenza di esitazione decide di farlo.
Lo fa con delicatezza e una strana incertezza.
La sente gemere, ha paura di farle male. Lei gli chiede di andare avanti.
La trova meravigliosa, con gli occhi lucidi e le guance arrossate… e sorridente.
Spinge ancora, piano, mentre lei si inarca per accoglierlo.
Ancora un po’, e poi finalmente lei è sua.
Perfetto, tutto è perfetto. Il piacere è all’apice ed entrambi sanno che le loro vite non potranno mai più essere separate.
La vita di una semplice studentessa e quella dell’informatore più conosciuto e temuto di Tokyo.
Quando finalmente gli occhi scuri si riaprono Izaya non ha la concezione del tempo. La pioggia non ha smesso di cadere ma il cielo già scuro per le nuvole è diventato ancore più buio.
Sospira soddisfatto e stranamente felice.
Non è certo la prima volta che penetra una donna,  ma è la prima in cui non l’ha fatto per sentirsi sussurrare all’orecchio una certa informazione.
Sente Yukiko muoversi sul suo torace ancora dormiente.
Ridacchia sommessamente non riuscendo a trattenersi.
Lei è sua. Sua e di nessun’altro. Se l’è presa e non la cederà mai.
Il ragazzo porta la mano verso la pressione sul suo petto incontrando i capelli di lei.
La sente sospirare, ormai in procinto di svegliarsi, e infine i suoi occhi incontrano quelli azzurri di lei, ancora bagnati di sonno.
Rimangono in silenzio, l’una distesa sul corpo dell’altro, adagiati sul divano scuro.
“Che ore sono?” Chiede lei mormorando mentre la sua mente inizia a tornare verso la realtà.
“Non ne ho idea, so solo che è sera. Mi spiace non poterti dare un’informazione più precisa.”
“Sera…?”
Ora ricorda.
Finalmente la memoria si schiarisce lasciando spazio all’emozione, al dolore e al piacere provati in precedenza. Le guance si infiammano alla vista del volto di Izaya e istintivamente geme chiudendo gli occhi.
“Ehi…”
Izaya fa pressione sui gomiti alzando la schiena mentre lei rimane rannicchiata sopra di lui, nascondendo il volto contro il suo corpo.
Le accarezza dolcemente i capelli quasi come a rassicurarla: “Non ti è piaciuto?”
Yukiko lo guarda timidamente, per poi scivolare in avanti e lasciargli un dolce bacio vicino all’orecchio.
Izaya sorride consapevole della risposta.
Le accarezza la testa come se fosse una gattina intente a fare le fusa: “Mi dispiace…” mormora solo.
Lei non parla, alza solo lo sguardo interrogativa.
“Immagino…” sorride quasi mesto “… che tu non lo avessi pianificato, conoscendoti.”
Yukiko sorride: “Già… ammetto di sentirmi abbastanza strana ora… però…”
Non continua la frase, lasciando che il suo capo si riposi sul petto di lui.
Si chiede se ne sia valsa veramente la pena… se i suoi genitori lo sapessero… inoltre non hanno nemmeno usato protezioni, potrebbe essere successo un casino…
Ispira con forza il profumo di Izaya per smettere ancora una volta di pensare.
Lei voleva unirsi a lui, e questa è l’unica cosa che conta.
“Vai a farti una doccia, così ti rilassi un po’, eh?”
Nonostante quel giaciglio sia a lei molto gradito, l’idea di rinfrescarsi e rimettere in ordine le idee non le dispiace.
Si solleva lentamente, notando di aver già addosso l’intimo. Izaya la guarda senza dire una parola.
Appoggia cautamente i piedi sul tappeto per poi avviarsi mentre sente Izaya alzarsi a sua volta.
Varca la soglia per poi chiudere la porta dietro di se.
Lascia scorrere l’acqua, fa scivolare via quel poco che ha addosso e prepara l’asciugamano per l’uscita.
Fa tutto meccanicamente senza pensare.
Poi, finalmente, il vapore e la schiuma le avvolgono il corpo.
Cerca di rilassare la mente, ma a quanto pare fare una doccia non è stata la migliore delle idee, perché per quanto strofini l’odore di lui non se ne va.
Non che voglia eliminarlo… ma ha una tremenda paura di aver fatto una cazzata.
Si lascia scivolare lungo la parete, per poi nascondere il volto tra le mani.
“Oh cielo…” Mormora sommessamente.
Quando finalmente decide di chiudere l’acqua la sua immagina appare sullo specchio che pian piano diventa lucido.
Sgrana lievemente gli occhi nel constatare che l’immagine riflessa… è lei.
Non è cambiato nulla.
Lei è sempre la stessa Yukiko di qualche ora prima, non c’è nulla di nuovo che il mondo debba sapere.
Lei è di Izaya, solo questo.
Si avvolge nell’asciugamano per poi uscire intenzionata ad andare in camera per recuperare qualcosa di pulito.
“Non ti conviene uscire così…” Un sussurro leggero le fa provare un brivido caldo.
“Non provarci…”
“Felice che tu sia in grado di camminare.”
Un sorriso furbo si dipinge sulle labbra della ragazza: “Chi ti dice di essere stato il primo a cogliere il fiore?”
Izaya riconosce in lei la sua solita espressione, e per reclamare i diritti d’autore la imita, nonostante su di lei sembri sempre più bella e pura: “Perché tu ti saresti concessa solo a chi ami…” la attira a sé “… e tu sei innamorata di me.”
Yukiko non può fare altro che ammettere con timidezza della sua piena ragione.
L’informatore sorride ammiccante: “Su, va a vestirti…intanto io usufruisco del tuo bagno.”
“Certo, fa come se fosse casa tua.” Sospira ironica.
“Mi vuoi cacciare?”
“No… resta qui questa notte.”
“Ovviamente.” Sorride trionfante mentre si appresta a superare la soglia.
Chissà come hanno fatto. ..due persone così differenti, così irraggiungibili tra loro, così distanti, con vite così diverse, eppure si sono trovati. Forse all’inizio non troppo amichevolmente, ma ora sono uniti.
Tutto grazie a Celty ovviamente.
Yukiko osserva il cellulare mentre le braccia si infilano in una semplice T-shirt nera. Forse sarebbe una buona cosa riferirle ciò che è successo… ma non con Izaya in casa.
Per quanto sia abbastanza ovvio il suo sentimento per lui non ha ancora ben coscienza di quanto la sua privacy sarà rispettata.
Osserva l’orologio per constatare che sono orami le otto e mezza di sera.
Nonostante abbia dormito per un pezzo si sente ancora maledettamente stanca.
Quando sente l’acqua del bagno chiudersi si decide di tornare nella sala.
Izaya ha ancora i capelli umidi come lei, addosso i suoi soliti vestiti.
Gli occhi leggermente scarlatti percorrono le curve del corpo che ha sfiorato qualche ora fa, sa benissimo che dovrà passare del tempo prima che possa accadere di nuovo.
“Yuki-chan… dimmi una cosa…”
Lei lo guarda interrogativa per poi avviarsi in silenzio verso la cucina.
“Cosa pensi sia successo?” Chiede seguendola, ben conscio di non poter fare altrimenti per avere la sua presenza.
“Che intendi?” Non lo guarda nemmeno, è intenta a trafficare con cassetti e pentole.
“Umh… trovo tutto questo molto strano… strano, strano, strano.”  Canticchia sedendosi beatamente su una sedia.
“Tutto questo cosa? Per tutto si intende tutto, anche il semplice respirare.”
“Non credi che respirare sia una cosa assolutamente straordinaria?”
L’occhio di lei si volta furbo: “Chiedo scusa, sto parlano con Izaya Orihara?”
“Direi… nì.”
Il silenzio perplesso della ragazza lo invita a continuare: “Ecco, vedi… io mi comporto come mi sono sempre comportato, penso quello che ho sempre pensato… non è cambiato nulla nel mio lavoro, nel mio amore per gli umani, nel mio odio per Shizu-chan… nulla al di fuori di qui.”
“E perché sarebbe dovuto cambiare?”
Il sorriso si impossessa delle lebbre di Izaya, quel sorriso di chi sta osservando una sua nuova scoperta con avidità, quel sorriso che rivolge sempre ai suoi esseri umani, solo che ora sorride per sé stesso: “No, non avrebbe dovuto cambiare nulla… invece mi ritrovo qui, a casa tua. Ecco… quando sto con te io, mi chiedo che diavolo stia facendo Izaya Orihara.”
“Capisco… immagino che per Izaya Orihara non sia un normale evento della vita innamorarsi…” la sua voce è secca e tagliente.
“Beh… credo che nemmeno per Hiroshi Watanabe una vita senza la piccola dolce Yukiko che gli corre dietro non sia una vita normale…”
Ora lo sguardo della ragazza è fulminante:  “Ora che centra Hiroshi con la tua crisi d’identità?”
“Ma dai… cos’è  tutta questa protezione?” La schiena di Izaya si appoggia di peso sulla sedia.
“Quale protezione? Sto solo dicendo che non hai motivo di tirarlo fuori!”
Il ragazzo porta il braccio dietro lo schienale con un ghigno di scherno: “Fai quasi paura con quel coltello in mano. Se davvero sei così neutrale perché ti infervori tanto?”
“Non mi sto infervorando!”
“E allora perché urli?”
Silenzio.
Yukiko non sa se ridere o piangere.
Di certo Hiroshi non può competere con Izaya, ma non sopporta che si tiri in ballo un suo amico dove non centra assolutamente niente.
O forse qualcosa centra?
Izaya si alza con molta calma dal suo posto per portarsi vicino a  Yukiko.
Le posa una mano sulla spalla, per poi avvicinare le labbra al suo orecchio.
Il sussurro è lieve e sensuale, ma le parole sono maligne come il veleno: “Yuki-chan… sai, io sono geloso. Quindi fai attenzione… perché se qualcuno ti tocca io lo uccido.”
Sorride. Si allontana.
“Chiamami quando hai finito.”  Canticchia uscendo dalla stanza.
Yukiko si lascia cadere all’indietro appoggiando la coscia sul ripiano della cucina.
Uccidere.
Izaya non  aveva mai usato seriamente quella parola, non con il verbo attivo alla prima persona singolare.
L’ammazzare una persona, un essere umano è una cosa che lei non è mai riuscita ad accettare. Certo, legittima difesa, chi può criticare, ma l’uccidere per ego è sempre stata per lei una cosa infernale.
Non si può. Chi può prendersi il diritto di porre fine alla vita di un altro essere umano?
No… lei ha sempre odiato gli assassini.
E è da questo che ora deduce la sua follia, perché per quanto potrebbe criticare, ripugnare e detestare un tale gesto da Izaya alla fine non le importerebbe.
Non le importerebbe nemmeno se lui mettesse fine alla sua vita, se uccidesse lei.
Non ragiona più, l’ha completamente ossessionata.
Si farà male… di sicuro. Ciò che lei prova è mille volte più forte di quello che lui prova per lei, ne è sicura.
Come ha fatto ad innamorarsi di lui?
Pazzia, è follia pura.  Sta impazzendo, sta andando fuori di testa proprio come lui.
Non ci si può innamorare di una persona così, allora perché si è ridotta in tale stato?
Le mani si portano tra i capelli, avrebbe bisogno di Celty, ora più che mai.
Spera che la notte passi presto per poter andare da lei.
Quando finalmente ottiene qualcosa di caldo da mettere sotto i denti il nome del ragazzo sfugge alle sue labbra involontariamente.
“Izaya”
Lui spunta dalla porta, non ci ha messo un solo secondo. Era già lì, in attesa.
E quando la sua figura alta e perfetta appare da dietro l’angolo, Yukiko sente scorrere quella maledetta pazzia e le domande risuonano ripetitive ma ovattate nella sua mente.
Perché davanti a lui non c’è nulla di sensato e nulla di importante.
Izaya sorride solamente sedendosi.
Lei non riesce a mangiare, lo guarda solo, continuando ad inebriarsi in quella follia senza termine.
Anche quando, ormai notte fonda si ritrova appoggiata al suo petto, che ospita l’aria inspirata con la forza minima tipica di una persona dormiente.
Lo guarda alla flebile luce lunare penetrante dalla finestra.
Bellissimo, non c’è che dire.
Ma le domande rimangono. Quel ragazzo la porterà alla morte, è pazzo, tutti lo dicono. Allora perché lei è lì accoccolata a lui?
Un respiro più profondo la fa sussultare, poi uno smorzato e poi un mormorio.
Non lo aveva mai osservato mentre dormiva, sembra quasi umano.
Si avvicina un po’ al suo viso per vederlo meglio, e qualcosa di luccicante attira la sua attenzione.
È strano… sembra quasi che un piccolo raggio di luna abbia deciso di posarsi sul suo viso, colato come argento. E solo quando la parola “umano” si fa spazio nella mente di Yukiko quella piccola goccia prende sostanza.
Sta piangendo nel sonno.
Sta piangendo, perché Izaya è umano.
Perché Izaya ha le sue ossessioni come tutti.
Perché Izaya ha le sue passioni come tutti.
Perché Izaya ha i suoi odi come tutti.
Perché Izaya ha le sue paure come tutti.
Perché Izaya ha un cuore come tutti.
Perché Izaya ha sofferto come tutti.
Glielo aveva detto, quando si era mostrato debole in preda al alcool. Glielo aveva rivelato senza volerlo: nessuno gli aveva mai insegnato ad amare, perché nessuno lo aveva mai davvero amato.
E finalmente nel suo cuore riesce a ritrovare il perché si sia dichiarata innamorata di lui.
Si sente in colpa, ha quasi pensato di abbandonarlo.
Lo osserva ancora piangere in silenzio.
La notte è il rifugio migliore per tutti, da che è mondo è così.
Si è da soli con sé stessi, non si può essere giudicati, ci si può togliere la maschera troppo stretta.
Le labbra accarezzano quell’acqua dolce e amara allo stesso tempo per poi portarsi sul suo ventre.
Inizia a baciarlo, a baciare ogni centimetro del suo corpo.
Izaya si sveglia, inconscio dei suoi occhi lucidi.
“Ehi…” Non finisce di parlare. La osserva, osserva quegli occhi che sembrano sussurrare dolci parole mentre lei ricopre il suo odiato corpo di baci.
La vede soffermarsi sul suo petto, all’altezza del cuore, per posarsi in ascolto, e infine baciare anche lì.
Salire al collo, il mento, le guance e infine la bocca.
Il messaggio è limpido e cristallino, non c’è bisogno che lei muova la voce per dirlo.
 
Non lascerò nulla di te, nulla di intoccato.
Ti bacerò le mani per sentirle fremere mentre le accarezzo.
Ti bacerò il petto per essere sfiorata dalle pulsazioni del tuo cuore.
Ti bacerò le labbra perché parte della mia anima entri dentro di te, così dovunque tu sarai io sarò sempre con te.
 
 
Ah, la sua piccola Yukiko.
“Sei una malandrina, eh?” Le sussurra adagiandola su di sé e stringendola.
La sente assopirsi sotto le sue braccia.
Sorride debolmente, mentre dei ricordi sfumati del sogno precedente svaniscono per lasciare posto alla sua amata Ikebukuro.
 

Salve!
Lo so… avevo detto che avrei inserito gli altri personaggi… ehm, diciamo che alla fine mi sono lasciata prendere la mano con Yukiko e Izaya… mi perdonate?
Prometto che nel prossimo capitolo ci saranno sicuramente almeno altri due personaggi che svolgeranno un ruolo sostanzioso… e rivedremo Izaya saltellare sulle strisce pedonali! Oh, ammetto che mi manca l’Izaya IC… ma certe cose su di lui bisogna pur spiegarle, spero che questo capitolo vi piaccia.
Non finirò mai di ringraziarvi! Alla prossima!

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


True Love?

 

Capitolo 15

 

Scuola.
Mai la scuola le è sembrata noiosa come in quest’ultimo periodo.
Da quando è iniziata la storia con Izaya l’istruzione non le sembra altro che una perdita di tempo. 
Lei non ha mai mostrato interesse per i ragazzi, nemmeno verso quelli che invece le interessavano eccome… dunque ultimamente tra un po’ di gente iniziano a diffondersi strane voci che la fanno sorridere: c’è chi dice che si sia messa con il senpai della classe dell’ultimo anno, altri dicono che invece ha una relazione con un professore… le solite leggende scolastiche destinate a durare una settimana o due.
Bassi livelli. Se può far infervorire le folle una studentessa che si mette con lo studente più anziano… figuriamoci se si scoprisse la verità. Eppure lei non vede l’ora che venga scoperta.
Non lo sanno, non è di certo andata a dirlo in giro, ha solo risposto alla domanda “Hai il ragazzo?”, ma in realtà non vede l’ora di sentirsi rivolgere un incuriosito “come si chiama?” per pronunciare con naturalezza il suo nome.
Izaya Orihara. Non sarà certo lei a nasconderlo.
Prima o poi sicuramente qualcuno glielo chiederà… ma per il momento le tocca starsene in silenzio a pentirsi di aver accettato di andare alla festa a cui l’ha invitata Kida. Avrebbe potuto benissimo passare la sera con Izaya, invece le tocca fare la brava ragazza e starsene senza di lui fino al giorno seguente, a patto che si faccia vivo.
Già, perché lui ha la solita abilità di rimanersene per i fatti suoi mentre lei se ne sta ad arrovellarsi sul perché non si faccia vedere, e poi di punto in bianco saltar fuori e piazzarle un bacio sulle labbra quando meno se lo aspetta.
Si sente quasi stupida andare in giro e guardarsi attorno con occhi speranzosi alla ricerca della sua figura.
Kida non ne ha più fatto parola.  Sembra quasi che non lo ricordi, la lascia fare continuando a sorridere e saltellare… l’unica cosa è che si vede bene dal lanciarle le sue tipiche frecciatine. Solo questo le fa dedurre che in fondo in fondo non se lo sia poi così dimenticato.
E per questo è altrettanto sicura che ce l’abbia con lei. Ma se non lo da a vedere, buon per lui.
“Mi raccomando, alle 22.00 devi essere all’Arch di Shinjuku, guai a te se ti perdi eh!” Le ha raccomandato il ragazzo biondo prima di andarsene dalla scuola, ovviamente con uno dei suoi solari sorrisi.
La ragazza si stiracchia, continuando a camminare sul marcapiede.
Non è che Celty la può accompagnare? Nah, meglio prendere la metro, o il treno?
A proposito… come cavolo può vestirsi?  Meglio andare direttamente ad esplorare l’armadio…
Di nuovo il pensiero di Izaya oscura i suoi primi pensieri. E se venisse anche lui? In fondo lui vive tra Ikebukuro e Shinjuku… da quello che le risulta dovrebbe avere un appartamento anche lì, sarebbe facile per lui.
Si ferma, mentre il resto della gente frettolosa la sfiora. Lo immagina nella discoteca, con un bicchiere in mano al banco… no, probabilmente non ci tiene.
Chiude gli occhi e lo rivede debole e semi incosciente in quel vicolo buio accanto a quel bar da quattro soldi.
Meglio non dire nulla nel caso lo vedesse.
Riprende a camminare vedendo anche l’ultima speranza di stare con lui andare in fumo.
Osserva il suolo accorgendosi che sta diventando sempre più scuro, evidentemente a causa dei nuvoloni che minacciano di lavarla.
“Ehi, ragazzina, hai un secondo?”
Una voce. Una voce rocca, forte e quasi annoiata la chiama.
La riconosce, sa bene di chi è… lo ha sentito sbraitare così tante volte fuori dal locale contro di lui. Contro Izaya.
Si volta lentamente per incontrare la figura dell’ex barista. Appoggiato ad un palo, con una sigaretta tra le dita e uno sguardo oserebbe dire disinteressato.
Eppure si sta riferendo a lei.
“Sì?” Chiede con un filo di voce, non riuscendo a domare la paura.
È la ragazza di Izaya, lui odia Izaya, lui odia lei.
Davvero sarebbe così meschino quel ragazzo?
Ma d’altro canto… cosa succederebbe se Izaya la vedesse parlare con lui?
Si guarda di nuovo dietro le spalle, questa volta con la speranza di non incontrarlo.
“Hai un minuto?” Chiede ancora Shizuo Heiwajima ignorando il palese spavento di Yukiko.
Annuisce.
Potrebbe dire che non ha tempo… eppure prova una strana curiosità. Lui è la persona che odia colui che lei ama. Lui è la persona legata a lui nel senso opposto.
È come se un filo simile a quello che lega lei ad Izaya legasse  quest’ultimo all’uomo davanti a lei… solo di colore nero.
Lancia nuovamente un’occhiata ai dintorni, e lui capisce al volo.
“Vieni, andiamo in un posto più privato.”
Lo segue, mentre distrattamente pensa a quanto sarebbe arrossita se quella frase l’avesse detta Izaya.
Izaya, Izaya, Izaya… non lo sapeva prima di incontrarlo, non lo sapeva che tutta Ikebukuro gira attorno a lui.
Per un attimo si chiede se anche a Shinjuku sia lo stesso… per un attimo si chiede cosa ci sia davvero oltre a Ikebukuro.
Oh certo, è stata negli altri quartieri di Tokyo… eppure non ci aveva mai pensato, si era accontentata della facciata.
Anche Ikebukuro ce l’ha, tutta Tokyo ce l’ha, e la gente che non cerca guai di solito fa finta di credere che quella sia la vera metropoli.
Ma di certo quel quartiere in cui ora si trova non è un’eccezione.
Chissà quali nomi girano per Shinjuku, quali personalità… eppure una spicca lì come in tutta Tokyo: Izaya Orihara.
In questo momento riesce a concepire la vita di lui nell’altro quartiere come una seconda vita parallela, di cui lei non conosce nulla.
Heiwajima si ferma in un vicolo abbastanza nascosto dalla vita della metropoli ma abbastanza rassicurante da non farla fuggire.
Ha quasi paura di parlare, intimorita dai conosciuti scatti d’ira del ragazzo.
Fortunatamente è lui a parlare: “Non essere così intimorita… non ti mangio.”
La voce sembra disinteressata, come la persona stessa mentre fissa un punto lontano da lei lasciando uscire il fumo dalla bocca.
“Perché…?” Riesce a mormorare lei.
“Per avvisarti… tu sei… la ragazza della pulce vero?”
Annuisce con insolita decisione: “Come fai a saperlo?”
Finalmente lui la guarda.
È strano, trova il suo sguardo molto affascinante nonostante tutto.
“Di certo non me lo ha detto lui.” Risponde l’altro con la sigaretta tra le labbra e le mani nelle tasche.
Appunto… fin qui c’era arrivata anche lei…
Senza accorgersene continua a fissarlo in attesa di un seguito che senza quello sguardo insistente probabilmente sarebbe tardato ad arrivare.
“… Me l’ha detto Celty.” Conclude Shizuo.
Istintivamente le palpebre di Yukiko sbattono ripetutamente: “Celty?”
“La conosco bene anch’io” Taglia corto lui, come se avesse di meglio da fare.
Lei scuote leggermente la testa per liquidare la faccenda secondo i suoi desideri.
“E… avvisarmi per cosa?”
“Per lui.” Afferma questa volta puntandola per bene “Lui è una feccia, è pericoloso, avresti fatto meglio a girargli alla larga, ma ormai ci sei dentro… quindi ti consiglio di stare molto attenta e tieniti sempre qualcuno vicino che ti possa proteggere da lui.”
Ecco. Anche lui con questa storia… eppure scorge in quelle parole qualcosa di tenero, una preoccupazione gratuita per una sconosciuta.
“Grazie ma… non so chi potrebbe proteggermi da lui… se mi sono cacciata in una trappola ne pagherò le conseguenze.” Sorride.
Lui la fissa.
Sembra che cerchi di capire cosa stia pensando… ma a quanto pare non è portato come Izaya.
Sbuffa agitando la mano “Dammi il cellulare.”
“Come?”
Ora il palmo di apre davanti a lei. “Dammelo.”
La sua voce è così autoritaria che non ha il coraggio di disobbedire. Appoggia delicatamente e titubante il telefono portatile sulla sua mano e osserva Shizuo trafficare borbottando qualcosa che solo lui comprende.
“Ecco, tieni.”
Il cellulare torna nelle sue mani mentre il ragazzo si volta di spalle pronto ad andarsene: “Ti ho inserito il mio numero, chiamami nel caso avessi qualche problema con lui, sono sempre pronto a spaccargli la faccia…”
“A-Aspetta… ma perché…?”
“Perché se lasciassi una ragazzina come te nei guai sarei proprio un bastardo non credi?”
“Nemmeno mi conosci…”
Lo vede fare spallucce e incamminarsi lontano da lei.
Lei rimane perplessa con quel cellulare in mano. Speriamo che Izaya non ci traffichi troppo.
Come se nulla fosse, si volta e se ne va, senza pensare troppo.
Una mezz’oretta dopo, quando dal cielo hanno già iniziato a cadere delle gocce sufficientemente  da bagnare anche chi corre con l’ombrello, Yukiko se ne sta davanti allo specchio della camera intenta a scegliere qualcosa da mettere per la serata.
Sospira grattandosi la nuca.
Di solito non si perde dietro a queste cose… ma comunque vorrebbe sembrare carina. Molto carina. Vorrebbe far pentire Izaya di non essersi interessato.
Già, perché quando gli ha detto che quella sera si sarebbe assentata la sua unica risposta è stata un “Ah, peccato.” Ma nulla le ha chiesto al riguardo, nemmeno se usciva da sola o con qualcuno.
Le è sembrato quasi la desse per scontata, come se la ritenesse così innamorata di lui da evitare di attirare l’attenzione degli altri.
Oh no caro informatore.
Dall’armadio tira fuori un abitino mono-spalla, nero, con una stretta fascia argentata decorativa  che le percorre la scollatura e un’altra similmente le passa sotto il seno.  La gonna arricciata alla base non le arriva più in giù di metà coscia.
Si rimira per un attimo.
Di certo non lascia molto all’immaginazione… ma ha visto anche cose decisamente più volgari.
Delle decoltè nere e un ciondolo argenteo al collo completano l’opera.
Si avvicina un po’ allo specchio per fare un po’ di inventario per il volto.
Capelli legati a coda di cavallo lasciando qualche ciuffo ribelle che incornici il viso.
Fondotinta, non è necessario.
Ombretto, un grigio chiaro, giusto da dare un po’ di tono.
Matita nera sotto gli occhi essenziale come il mascara.
Labbra, basta un po’ di lucido.
Si guarda soddisfatta.
Il viaggio per Shinjuku non è lungo, nonostante come al solito la tenga sempre un po’ in ansia. Nonostante l’ora le stazioni sono abbastanza ben frequentate da proteggerla da mal intenzionati.
Quando finalmente sul mezzo riesce a scorgere il viso di Mikado si sente decisamente più sollevata.
“Mikado-kun!” Sorride facendosi spazio tra la gente.
Lui ricambia alzando la mano in cenno di saluto: “Ehilà! Kida era in dubbio sulla tua presenza!”
Lei ridacchia cercando di nascondere le effettive ragioni dell’amico : “Davvero? E non ti ha spiegato il motivo?”
“Probabilmente non ti ci vedeva in questo genere di feste… anche per me è la prima volta…”
Yukiko si limita a sorridere complice, evitando di precisare che in realtà lei all’ Arch ci sia stata ben più di una volta.
“Anri-chan?”
Mikado si limita ad un’occhiata divertita per sottolineare la poca attitudine della ragazza per serate del genere.
“Peccato…” risponde semplicemente la castana.
Quando si ritrovano davanti all’alto palazzo quanto affollato il primo pensiero che ad entrambi viene in mente è la preoccupazione di trovare Kida.
Guardandosi attorno Yukiko nota molte persone della Raira, o comunque persone già viste a Ikebukuro.
Saluta la gente che le appare davanti, sorride e si mostra con fare gentile.
“Allora non vi siete persi!” Una voce familiare appare alle loro spalle.
“Kida-kun! Ci stavamo chiedendo se non ci avessi giocato qualche brutto tiri!” Ride la ragazza.
“Ah, la tua poca fiducia mi ferisce nel profondo!” Risponde melodrammatico lui con una mano al petto, poi si riprende con un sorrisone degno del ragazzo che è “Non sono solo… ho portato un’altra persona a farmi compagnia.”
Da dietro le sue spalle si fa avanti una ragazzina che fisicamente sembra più piccola di loro, con un debole sorriso quanto educato dipinto sulle labbra.
“Lei è Saki.” Presenta Kida.
“Piacere di conoscervi.”
Gli altri due ragazzi si guardano per un attimo. Strano che non ci sia stato avviso.
Poi, come se nulla fosse Yukiko increspa le labbra in un cordiale sorriso inchinandosi lievemente: “Yukiko Ishii, piacere mio.”
“Mikado Ryugamine.” La imita l’amico.
“Bene, direi di entrare!” Esclama gioioso Masaomi prendendo per mano la nuova arrivata.
Dopo poco Yukiko se ne sta seduta al bar, mentre osserva gli inutili sforzi di Kida che cerca di far ballare Mikado e la piccola Saki che si muove con decisione accanto a loro.
Accidenti… e pensare che avrebbe potuto starsene accoccolata al suo Izaya… sospira sorseggiando
Il suo cocktail.
“Ehi… ragazzina, non balli?”
Non guarda nemmeno chi gli ha rivolto la parola, non le interessa: “No, non ne ho voglia.”
“Te ne vai in giro vestita così senza sorveglianza?  Poi non stupirti se ti mettono gli occhi addosso.”
“Non me ne frega, e non ho voglia di parlare con te.”
“E il tuo ragazzo cosa dice?”
Il suo ragazzo…
“A lui non interessa, a quanto pare… e ora lasciami in pace.”
“Ah, è così che la pensi?”
Non ne può più, si gira di scatto, pronta ad alzare le mani se serve. Perché non se ne va?
“Ma la vuoi piant…!...are…” La voce le muore in gola.
Si vede riflessa in quelle iridi che riconoscerebbe tra mille, nonostante i colori delle luci.
“I-Izaya?”
 
 
Lo so, quasi mi vergogno a pubblicare dopo così tanto tempo, per di più un capitolo così breve… ma a ho avuto dei problemini… spero che qualcuno legga comunque… grazie.

 
 
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


True Love?
 

Capitolo 16


“I-Izaya?”
Le pupille scorrono la figura davanti a lei in camicia nera. Probabilmente se avesse visto un fantasma la reazione non sarebbe stata molto differente.
Rimane muta, con gli occhi sgranati e il respiro bloccato.
Lo guarda nella speranza di vedere in lui qualcosa che la possa sbloccare, ma l’informatore non sembra intenzionato a farlo.
La scruta dall’alto in basso con braccia conserte e espressione fredda, senza proferire parola.
Si è arrabbiato? Ma perché?
Vorrebbe almeno chiederglielo ma non trova il coraggio.
Finalmente le labbra di Izaya si muovono, capendo che stando in silenzio non otterrà nulla: “ Ti ho rotto le uova nel paniere?”
“C-Come?” Yukiko si muove confusa, cercando di capire cosa davvero stia succedendo.
Lui la squadra dalla testa ai piedi, per poi fermarsi sul viso: “ dove te ne vai conciata così a quest’ora?”
La ragazza rimane spiazzata. Sta scherzando vero?
“Che vai a dire?”
“Ti sei guardata? Le tue intenzioni sono più che evidenti…”
Yukiko scuote la testa senza capire: “Intenzioni? Ma dico… hai bevuto? L’unica mia intenzione è passare una serata con gli amici.”
“Si vede come te la godi con gli... amici.” Gli occhi del ragazzo si posano rapidamente sugli altri componenti del gruppo con distacco “se la gode…” mormora poi quasi sovrappensiero.
“Eh?”
La ragazza non riesce più a connettere nulla. Che sta succedendo?
“ Nulla che a te interessi.” Afferma l’informatore fulminandola nuovamente.
In questo momento la ragazza ha la netta sensazione di essere imprigionata. Come un burattino nel baule, un burattino che può fare solo ciò che il suo burattinaio gli ordina.
Il suo sguardo si posa sulle luci fugaci e accecanti del locale, quasi ipnotizzata nel tentativo di sfuggire a quell’assurdità.
E oltre a quelle luci, a quel soffitto riesce ad immaginare i grattacieli che svettano verso il cielo di Tokyo, il cielo che in realtà copre tutta la terra, punteggiato di stelle che brillano lontane anni luce. Che piccolo il mondo… cos’è lei confronto a tutto questo? Cos’è Izaya?
Lui le sta parlando… riconosce la sua voce che però ora è attutita come tutto il frastuono. Non distingue le parole. Viene trascinata via, lei rimane inerme, con la mente lontano, con l’anima lontana.
Le sue pupille percorrono le pareti, le luci, i colori, i volti con fare assente, solo quando tutto ciò si espande improvvisamente e una ventata d’aria fredda le colpisce il viso piombe sulla dimensione reale.
La netta sensazione di una caduta, una caduta vertiginosa e dolorosa, come se qualcuno le avesse tagliato le sue ancora fragili ali.
Sbatte un paio di volte le palpebre. Shinjuku.
“Yukiko, mi stai innervosendo.”
Il suo sguardo incontra il volto di Izaya seccato e infastidito.
Il sangue le si gela nelle vene… quell’espressione la intimorisce, quasi come se le stesse puntando il coltello al collo.
Non riesce a parlargli…non per paura… ma perché la voce è ghiacciata in gola, non riesce ad uscire.
La riprende violentemente per il polso e cammina per le strade notturne.
Lo segue come un cane condotto al canile.
Rimane inerme, con espressione rassegnata, quasi vuota. Solo quando viene bruscamente liberata il suo sguardo torna sul ragazzo.
Sono su un cavalcavia. Le auto sfrecciano accanto a loro indifferenti, ignare della tensione grigia che vi è tra loro, tra lui e lei.
Izaya muove qualche passo lungo il bordo appoggiandosi poi al parapetto.
Lei rimane ferma, lontana. Lo osserva con  una strana indifferenza.
Guarda i capelli neri muoversi piano con l’aria accarezzandogli il naso, guarda i suoi occhi osservare la strada sottostante, la sua giacca che ora copre il tessuto fine della camicia, e la propria appoggiata al braccio. Anche se è completamente sbracciata non sente freddo… non sente nulla.
“Te ne starai lì in eterno?” Chiede quasi incolore la voce di lui.
Meccanicamente il corpo di Yukiko si muove raggiungendolo e unendo lo sguardo a quello di Izaya.
“Avrei voluto portarti in altro modo qui a Shinjuku.” Mormora tagliente lui.
Improvvisamente nel petto della ragazza si accende una sensazione rovente, come ferro caldo. “Io avrei voluto passare la serata con te” Ribatte ferma.
Izaya si alza ritto dalla sua posizione stringendo i pugni: “Allora si può sapere che sei venuta a fare qui?”
Il nervosismo non è nascosto, lei lo sente bene.
Non le fa paura.
Che impari.
Lei non si piega a nessuno.
No.
Neanche a lui.
“Visto che a quanto pare al Signor Izaya Orihara non interessava…mi sono arrangiata alla meglio.”
Ora è il corpo di Izaya a provare un brivido di freddo che lo immobilizza. “Tu… Tu mi hai detto che uscivi con Masaomi e Ryugamine Mikado, dannata! Non che venivi in un bordello!”
“Dannata?! E poi se non sbaglio è proprio con loro che sono uscita!”
“Lì dentro non c’erano solo loro!”
“Cosa pretendi?! E poi sei tu che osservi la gente no?! Non esistiamo solo noi al mondo!”
“Appunto per questo, maledetta umana! Tu devi stare lontana da certe persone!”
“Quali?! Dimmi quali! Mi vuoi rinchiudere a casa?!”
“Fammi indovinare, c’era Hiroshi vero?!”
Yukiko si blocca. Ancora… no, questa volta non gli risponde. Torna a guardare le auto sotto di loro con espressione atona.
“Ah, avevo ragione dunque…” Sibila Izaya.
Solo in questo momento si rende conto di quanto entrambi abbiano alzato la voce… che spettacolo idiota.
Per un secondo tutto sembra tranquillo, un’agitata tranquillità, come un filo teso che si trova ad un decimo di millimetro sopra una lama tagliente.
In quella strana pausa Yukiko cerca di recuperare un minimo della sua razionalità, un minimo di ragione… ma il suo tentativo diventa vano quando le mani di Izaya si infilano violentemente nella sua tasca sfilandole il cellulare.
“Che fai?!” Si volta rapidamente tentando di riprendere l’apparecchio che però raggiunge una quota troppo alta per lei.
“Mi sembra ovvio, ti controllo, così impari, con me non si scherza…tesoro.” Sussurra lui con un sorrisetto provocatorio.
“Mollalo! Mollalo brutto pazzo!” Grida cercando di riprenderlo. La sua mano punta al suo viso, ma lui la blocca incominciando contemporaneamente a osservare lo schermo del suo cellulare.
Lo spintona nel tentativo di allontanarlo.
Lei sa di cosa ha paura. Sa quale numero c’è nella sua lista.
Si pente improvvisamente di averlo provocato, di averlo istigato a questo. Poi si dice che invece non c’è nulla di cui crucciarsi, è suo diritto avere i numeri di chi le pare ma…è Izaya.
Si dimena ancora tirandogli pugni al petto e osservando la sua espressione mentre scorre la rubrica.
Appaiono sorrisi sul suo volto, sorrisi divertiti, di scherno, sorrisi da burattinaio, da chi riconosce ogni pedina in mano sua, sorrisi di chi ha tutto sotto il suo controllo, tutto nelle sue mani, sorrisi che all’improvviso svaniscono.
Perché Izaya non aveva calcolato quello.
Quel numero che appare sullo schermo luminoso non lo aveva mai considerato, non collegato a lei.
Per un attimo anche lui si sente confuso.
Shizuo.
La sua mente cerca stupidamente quanti altri Shizuo lei potrebbe conoscere, chi potrebbe portare quel nome oltre a … quello.
Forse qualcuno della Raira, forse qualcuno da qualche altra parte di Tokyo, forse qualcuno da qualche altra parte del Giappone, forse qualcuno da qualche altra parte del mondo,  forse un qualsiasi qualcuno, qualsiasi qualcuno…ma non quel Qualcuno.
Ma lui non ha diritto nemmeno alle illusioni, gli basta leggere appena accanto.
Povero informatore, è la tua condanna.
Shizuo Heiwajima.
Osserva quella scritta, freddo.
Sente un bruciore allucinante all’altezza del petto, come se avesse dentro della dinamite pronta ad esplodere e distruggere tutto. Eppure allo stesso tempo si sente come schiacciato da un masso, più grande di quei distributori che Shizuo gli lancia contro.
Un sorriso glaciale gli si dipinge sul volto: “Che significa…Yuki-chan?” I suoi occhi si posano sul volto di lei.
Yukiko lo ha capito.
Rimane in silenzio, si rifiuta di rispondere… evita di rispondere.
Il ragazzo rimane in attesa, rigido e in silenzio, fissandola con quello sguardo minaccioso.
Lei lo fissa paralizzata.
“Non. Rispondi?” Chiede lui separando le due parole, quasi si trattassero di frasi divere, quasi volesse imprimere a fuoco le sue parole nel tempo.
Un altro attimo di silenzio. Poi un tuono.
“NON RISPONDI?!”
La ragazza serra gli occhi, come se quelle parole provocassero una bufera.
Il tono di Izaya si abbassa, diventa tagliente, omicida, come il suo sorriso: “Ti rendi conto? Lui… quel mostro…come ti viene in mente di avere rapporti con quel…quel…quello?!”
“Lui non…” Yukiko cerca di contenersi “…non è un mostro…”
“Come scusa?”
“Non è un mostro dannazione!” Gli grida contro stringendo i pugni.
Si è offerto di proteggerla così, senza nessuna ricompensa se non il fatto di poter essere contro Izaya.
“Ha incantato anche te…”
Gli occhi celesti della ragazza fissano il volto dell’informatore.
Lui non la sta guardando, guarda a lato digrignando i denti: “Non importa quanto spaventi… non importa quanto male faccia… alla fine tutti, tutti sono dalla sua parte… tutti… anche…” la sua mano si alza rapidamente “..TE!”  Il cellulare, che prima si trovava nella stretta sicura del ragazzo , vola al di là del parapetto precipitando tra le ruote delle auto della strada sottostante.
“Sei impazzito?!” Grida Yukiko sporgendosi nel vano tentativo di prendere l’apparecchio.
“Cosa…cosa ti passa per la testa?!”
Izaya si precipita difronte a lei premendole i polsi contro la ringhiera del cavalcavia: “Cosa passa per la testa a me?! Sei tu quella che fa la puttana!”
“Solo perché avevo il numero?!”
“Ti ho lasciato quello di Celty, ma il suo…il suo…!”
“Perché?! Hai paura che abbia capito che è una persona migliore di te?!”
Gli occhi di Izaya si dilatano leggermente.
.
Un impeto di rabbia lo muove, quasi come posseduto. Il suo viso prende un’espressione degna di Lucifero mentre le mani stringono violentemente le spalle della ragazza.
“Tu non sai quello che dici bastarda!”
Le sue mani stringono, fino a comprimerle la cassa toracica, fino a toglierle il respiro.
“Ba…sta…” cerca di dire.
Ma Izaya non ragiona.
Ora non sta parlando con lei, è con sé stesso che grida.
Ed è sé stesso che getta giù da quel cavalcavia, il sé stesso che vedeva tra le sue mani, che cercava di sopprimere con forza.
Ma non è lui che ora cade. È Yukiko.
Scivola fendendo l’aria, millesimi di secondo che ad entrambi sembrano eterni.
Izaya la guarda cadere, incapace di comprendere. Poi grida, tende le mani nel tentativo vano di riprenderla.
È inutile. Le auto  non si fermeranno per lei, l’asfalto non si addolcirà per accoglierla.
Anche lei lo osserva. E osservandolo non ha la percezione di cadere.
Vede i suoi occhi terrorizzati.
Sa perfettamente ciò che accade, ma la cosa che più le importa è lui. Ora è lui.
I suoi occhi si chiudono ancor prima di toccare il suolo.
Non si sente triste.
Ma se lei lascia tutto al destino consapevole di rimanere sempre, per sempre con lui, Izaya non pensa, è incapace di pensare, incapace di prendere consapevolezza dell’ultima immagine.
Solo il frastuono delle auto.
Solo il suo nome gridato.
Solo lo strazio.
Nient’altro.
 
Ehm… sono…cinque…lunghi…mesi che non aggiorno *si sotterra*.
Come faccio a farmi perdonare?  T.T... il capitolo oltretutto è un po'...ehm...
È che…la scuola non mi lascia tregua quest’anno… beh… io pubblico comunque, se qualche buon’anima vorrà ancora leggere *si inchina* Grazie infinitamente.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


True Love ?

 
Capitolo 17
 

Gli esseri umani vivono ogni giorno come se non dovessero mai morire, è risaputo. Come se mai dovessero scoprire cosa esiste davvero dall’altra parte, come se la morte riguardasse gli altri, le persone più distanti o dolorosamente i propri cari…ma non sé stessi.
Se ci si ferma a pensare alla morte spesso la si pensa come un evento quasi fantastico, come quando si pensa ad un viaggio in  una terra immaginaria.
Eppure la morte è tutto  ciò che ora lui respira. La Morte vera, non quella fisica.
Izaya non guarda. Ha gli occhi sgranati, ma non guarda. Non vede.
Lo sa cosa c’è. Lo sente, sente i clacson delle auto, le grida… è sicuro che prestissimo sentirà anche le ambulanze sfrecciare con la sirena lampeggiante…e poi riandarsene silenziose. Perché lei è lì, stesa sull’asfalto in una pozza di sangue, metri più sotto si lui.
Lo sa.
Lei non c’è più, è sparita. Non riesce a concepirlo.
L’ha guardata fino all’ultimo.
Dall’inizio alla fine.
È morta.
L’ha uccisa.
L’ha uccisa lui.
È arrivato ad uccidere chi più ama. Lui la ama… lo sa bene. Eppure l’ha uccisa come se fosse un’umana qualunque.
È davvero un mostro.
Si ritrova a gridare. Grida al cielo, alla terra, a lei. Grida al suo angelo.
Non ci riesce, non lo crede. Lei stava litigando con lui…lei stava parlando con lui…viva.
È ancora lì…dev’essere per forza ancora lì. Non può davvero aver fatto questo a lei… non può.
Le lacrime gli bruciano le guance. Le sente acide sulla pelle, le sente odoranti di fiamme e sangue.
Scende da lì per raggiungerla il più in fretta possibile.
Finalmente i suoi occhi la vedono.
È bellissima anche ora.
Grida il suo nome correndole incontro e inginocchiandosi vicino. La prende tra le braccia mentre le maniche gli si sporcano di sangue.
Piange, Izaya Orihara. Piange senza nessuna consolazione. Ora ha davvero perso tutto.
Pochi minuti prima aveva qualcosa per cui vivere, ma lui non è degno di possedere qualcosa di simile.
Ora che finalmente era stato in grado di… no, ora che finalmente qualcuno aveva deciso di salvarlo, mandando quell’angelo in suo soccorso, lui gli aveva strappato le ali.
Continua a chiamarla, come un gattino appena nato chiama invano la madre che lo ha lasciato solo per procurare di che vivere, ma non tornerà.
Abbandono.
Rabbia.
Cosa ci fa lì? Perché è ancora vivo?
Eppure, lo stesso, lui ha paura.
Izaya ha paura della morte, e il pensiero che ora, in quell’istante, mentre stringe logorato Yukiko lei non è lì, è in quel posto così lontano…o forse non è proprio da nessuna parte.
Dopo la morte c’è il nulla.
Nessuna concezione di sé, nessuna esistenza.
Lo aveva detto così tante volte. Ma Yukiko non è svanita… vero?
Quel bellissimo involucro che ora stringe non è tutto ciò che resta… no.
No… no, no…no, no, no, no!
Non può non esistere.
Eppure… anche se esiste… è così lontana… così distaccata da lui.
Non può pensarlo.
“Yuki-chan…” mormora come per svegliarsi dall’ incubo.
“Yuki-chan…” la stringe. La stringe forte. La rivuole.
La rivuole accanto a sé. La vuole… un battito.
Cos ‘è?
Possibile che sia… un cuore?
È viva?
La allontana da sé per guardarla.
“È viva…” sì, lo sente…flebile, ma c’è un leggero respiro, dolce e fragile.
“Sei qui…sei qui Yukiko…”
Qualcosa gli afferra la spalla facendo pressione, come a spostarlo.
Chi c’è?
Chi altro c’è?
Una sinuosa immagine nera si confonde con lo sfondo scuro, se non fosse per le luci dei fanali e la folla di automobilisti che li circonda.
“La Moto Nera…?”
D’improvviso l’udito torna a percepire i suoni. Voci preoccupate, sirene in lontananza, domande, grida… classico degli umani.
“Che…?”
“Figuriamoci… lo sapevo che andava a finire così… per forza…”
Izaya sgrana gli occhi.
Un lampo di rabbia glieli accende.
Che ci fa il Mostro lì?
“Shizu-chan…” Quasi ringhia. In fondo…è colpa di quello.
Il barista lo ignora, completamente. Per una volta, per questa volta preferisce pensare ai feriti.
“Arriva l’ambulanza” afferma il biondo rivolgendosi alla Dullahan.
Lei annuisce con un silenzio che parla.
Il ragazzo dai capelli corvini li osserva, comprendendo soltanto che la vita di Yukiko è salva grazie a loro, nonostante non riesca a ragionare per capire come.
Lo sapevo che andava a finire così.
È così che ha detto Shizuo.
Guarda ancora il volto esanime della ragazza che stringe a sé.
Si sente trafitto, al petto, si sente quasi sanguinare.
È vero… doveva finire così.
O si uccideva lei, o l’avrebbe uccisa lui… in fondo è Izaya Orihara… è incapace di fare altro.
Se è salva è grazie ad un miracolo.
“Perdonami…” Mormora solamente per poi cederla senza parole alle braccia dei Celty.
La guarda ancora alzandosi in piedi, e poi corre. Corre superando la gente, persino Shizuo. Corre accanto all’ambulanza. Corre lontano, prima che la sua presenza possa danneggiarla ancora.
Solo un grido lascia dietro di sé: “Salvatela!”
Per l’amor di Dio, salvatela.
Uccidete pure Izaya Orihara, lasciatelo morire come avete sempre desiderato fare, ma salvategli la speranza.
Corre senza una meta, saltando tra i palazzi come quando scappa da quel suo nemico.
Non pensa a cosa farà domani, non pensa a come andrà il futuro, non pensa a cosa diventerà, se rimarrà Izaya o se scomparirà proprio. Non sa se scivolerà lontano da Yukiko o la osserverà di nascosto come all’inizio. L’unica voce che risuona nella sua mente è quella preghiera, la preghiera che si salvi, la preghiera di un essere umano davanti al mistero della vita e della morte.
Si ferma sul bordo di un tetto di un alto palazzo.
Osserva la città illuminata.
Quanti umani…quanti esseri umani, e quante emozioni si susseguono, si incrociano e si dividono, scorrono parallele e si ignorano.
L’eccitazione dei suoi amici alla festa a cui lui l’ha strappata, ignari dell’accaduto, l’agitazione e la paura di chi ha assistito, la fretta di chi cerca di salvarla, l’indifferenza di lei, il dolore lancinante di lui, l’ignoranza del resto della gente, come  l’amore tra la coppia di fidanzati che parecchi piani sotto di lui guarda la televisione tra le coccole, o la fame di quel gatto randagio in cerca di cibo, o l’affetto materno della giovane della finestra in basso a destra, che si accarezza il pancione pieno di suo figlio ancora non nato…
È questa la vita umana.
Sorride, come tante volte ha sorriso nel riflettere sugli esseri umani, ma questa volta il sorriso gli risulta mesto, mentre delle scie argentate lo bagnano. Senza Yuki-chan, chi si curerà del suo dolore celato?
Osserva il cielo stringendo il pelo del cappuccio.
Sei così piccolo, Izaya Orihara.

Ed eccomi qui a rompere! Salve a tutti, potevo starmene buona eh?
Beh...no. Insultatemi pure, qui Izaya è talmente umano da... da boh... ho cercato un po' di riprenderlo nell'ultima parte ma...poverino, comprendetelo per favore, e comprendete anche me c.c
So che è cortino anche questo capitolo, ma non potevo fare molto diversamente. Nel prossimo probabilmente rivedremo altri personaggi un po' dimenticati e... beh, ho ancora altro da raccontare in questa storia, mi spiace per voi ^^...grazie a tutti quelli che leggeranno!

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


True Love?
 

Capitolo 18

 
Gli occhi stentano ad aprirsi, un peso immane le pesa su tutto il corpo, dalle spalle alla punta dei piedi.
Sente la gola secca e gli arti intorpiditi, il petto le fa male ad ogni respiro.
Quando la palpebra le lascia uno spiraglio una forte luce gelida la penetra, costringendola a ricoprire la pupilla.
Yukiko aspetta. Aspetta che il suo corpo si riprenda un po’ da quel sonno che le è sembrato così lungo.
Prova di nuovo ad aprire gli occhi, quasi inconsapevole di essere sveglia, e quando finalmente riesce a vedere è un bianco intenso, un bianco che sembra quasi brillare di freddo.
Cerca di mettersi a sedere ma i suoi arti glielo impediscono.
“Dove sono?” Cerca di chiedere ma dalla labbra le esce solo un stanco sussurro impastato ancora dal sonno e dalla confusione.
La testa le duole terribilmente e le tempie pulsano. Si sente appena uscita da un inferno.
Si concentra per riprendere una respirazione regolare e inaspettatamente al naso le arriva un odore pungente, che ha sempre odiato, ma che ora non riesce a focalizzare.
“Yukiko!”
Una voce la fa sussultare provocandole una fitta alle costole.
“Nh…” Volta piano la testa accorgendosi che anche il collo non è nel suo stato migliore.
Due grandi occhi la scrutano sollevati: “ Ti sei svegliata! Finalmente! Pensavamo il peggio ormai!”
“Ma io ve lo avevo dettoo!” Risponde di rimano qualcun altro.
“Kida…?” Chiede lei nel riconoscere il viso amico.
“Felice che tu mi riconosca, Bella Addormentata.” Sorride il ragazzo.
“Dove…?”
“In ospedale.” Il sorriso quasi infantile di un giovane medico compare davanti a lei, un  medico che ha già visto. “Ti avrei portata a casa mia, ma non mi hanno lasciato.” Continua lui leggermente offeso.
“Hai un bel coraggio solo nel farti vedere qui!” Sbotta Shizuo Heiwajima appena entrato dalla porta.
Finalmente il suo cervello riesce a mettere a fuoco almeno i volti presenti. Kida è lì, che nonostante cerchi di mostrarsi il solito spavaldo è visibilmente sollevato, e con lui Mikado lì accanto che ancora suda dalla tensione.
Guarda il medico, Shinra, l’amico di Celty, e la prima cosa che le viene in mente di fare è cercare lei, ma come quando lottava nel tentativo di incontrarla si sente schiacciata dalla constatazione che non sia lì.
“Verrà in un momento più opportuno.” La rassicura il ragazzo con gli occhiali, come se le leggesse nel pensiero “Era sicura che ce l’avresti fatta.”
Fatta a far cosa?
I suoi occhi riprendono a girare per la stanza fino a ritrovare Shizuo.
Shizuo.
“Izaya.” Il collegamento è naturale, spontaneo. Se fino a prima la domanda era stata “Cos’è successo?” ora la domanda è “Dov’è Izaya?”
Se lei è su un letto di ospedale, perché lui non è lì?
I quattro personaggi si scambiano sguardi interdetti non lasciandole capire cosa stia passando per le loro menti.
“Non  ti ricordi ragazzina?” Chiede infine l’uomo più forte di Ikebukuro “ Però io ti avevo avvisato eh…”
“Cosa…?” Mormora confusa.
“È stato lui a buttarti dal cavalcavia.”
La voce di Kida è fredda. Gelida. La trafigge come una spada.
Improvvisamente si ritrova sprofondata in un abisso disperato. Izaya ha fatto cosa? Perché? Perché avrebbe dovuto? Ha cercato di ucciderla?
Il dolore nella respirazione si intensifica e sente un intenso bruciore agli occhi.
Poi, come un’illuminazione ricorda; ricorda la spinta, i suoi occhi furiosi, le urla, il gelo, la paura… un’ondata di rabbia le fa fremere tutto il corpo dolorante mentre la gola senza forza vorrebbe lanciare un urlo…ma ad un  tratto tutto si placa.
Il nome dell’informatore esce come un debole richiamo mentre il cuore della ragazza si sente inaspettatamente sollevato.
Quel ragazzo è un pazzo psicopatico, lo sa bene… ma lui era solo geloso.
Non riesce a non provare tenerezza, anche se non vorrebbe. Ma lo sapeva fin dall’inizio di essere troppo presa da lui.
“Merda…” Mormora chiudendo gli occhi.
Lo sapeva. Anche se l’avesse uccisa lo avrebbe perdonato.
È semplicemente avvelenata, il suo cervello non ragiona più normalmente, non è più sano. Come precipitata in un incubo al quale però si aggrappa con tutta la forza che ha nell’anima.
Perché ha già deciso da tempo di accettare tutto questo, è diventata la sua unica scelta senza che se ne accorgesse. Non è più libera ma nemmeno si sognerebbe di esserlo di nuovo.
“Qualcuno sa dov’è?” Chiede di nuovo.
“Dicono sia sparito…”Risponde Shinra non sapendo bene se sia una buona o una cattiva notizia per lei “…ma… io credo che non voglia più farti del male.”
“Non avete modo di chiamarlo?” insiste Yukiko, tra una certa perplessità generale.
“Lo vuoi vedere di nuovo?”  chiede Kida non troppo felice del sapere già la risposta.
“Non si lascia rintracciare…” Sopraggiunge Heiwajima, ora seduto scompostamente su una sedia non troppo distante.
Non riesce a credere che davvero Shizuo abbia cercato di rintracciare Izaya.
Ma a lei ora non importa.
“Si farà vivo.” Conclude alla fine, cercando di mettere fiducia nelle parole pronunciate, come se potessero fungere da incantesimo.
Gli sguardi che ha attorno non lasciano trapelare pensieri, decide dunque di ignorarli per non perdere speranza.
Anche se vorrebbe continuare a chiedere di Izaya fino al suo arrivo, decide di liquidare l’argomento, per non creare ulteriori disagi: “Da quanto tempo sono qui?”
“Da… tre giorni” Finalmente la voce di Mikado si fa sentire.
“E mezzo.” Precisa Kida critico.
Così tanto? Eppure non le pare di aver dormito così a lungo…ma quando cerca di muovere il braccio riesce a sentire l’intorpidimento dei muscoli.
“Poteva durare molto di più, sei stata in gamba!” Sorride Shinra chinandosi lievemente su di lei con le mani dietro la schiena.
“In gamba a dormire?” Cerca di scherzare Yukiko.
“È quasi ora…” Borbotta Shizuo alzandosi dalla sedia.
La ragazza lo osserva in silenzio. Davvero, come mai è lì? In fondo hanno parlato solo una volta insieme, non avrebbe un vero motivo di controllare la sua salute, in  fondo.
“Sì, tra poco ci cacciano fuori… ma non preoccuparti Yuki-chan, per te le visite non sono ancora finite.” Annuncia allegro Shinra.
Lei sa bene di chi sta parlando.
I saluti tendono a dilungarsi, ma alla fine Yukiko rimane sola nella stanza.
Non le rimane che aspettare, evidentemente.
Allunga faticosamente la mano per riuscire e tirare almeno un po’ la tenda alla finestra per poi riuscire a scorgere il sole ormai quasi scomparso dietro i grattaceli di Tokyo, mentre il cielo prima rosso fuoco ora inizia a tingersi dei colori scuri della notte.
Ha sempre pensato che la notte fosse uno strano momento; certe volte la inquietava, a lei non piaceva il buio, e le faceva pensare alle cose più tristi e più pesanti della vita, in alcune situazioni le venivano anche in mente le storie paurose che tra amici si raccontavano un tempo tra bambini, prima di giocare a prove di coraggio nel giardino di casa. Ma altre volte, invece, la notte prendeva una sfumatura magica e preziosa, capace di raccontare le fiabe più straordinarie, una protezione sicura, un abbraccio infinito che ti invita a lasciarti andare, a dimenticare e a sognare.
“Proprio come lui…” Mormora piano per poi ridacchiare sommessamente “Ma non penso ad altro! Sto diventando proprio noiosa…”
I suoi occhi tornano a perdersi oltre i grattaceli grigi della città, verso profumi e colori lontani, che si dissociano dal rimpianto del suo passato, e dalla confusione del suo presente.
La vita avanza, il tempo non si ferma.
Osserva l’orologio senza però guardare l’ora, si concentra sul debole ticchettio. Il tic di prima non è il tic di dopo. Sembra sempre lo stesso ma in realtà sono molti, e ognuno in sé unico e irripetibile, non ci sarà mai più lo stesso tic, una volta e poi basta.
In fondo, gli esseri umani sono simili, tutti uguali ma tutti diversi. Uno di loro è unico, e nasce solo una volta, non ritornerà mai più nel corso della storia.
Chissà se Izaya ci ha mai pensato.
Sorride, Yukiko, persa in questi pensieri, consolata dal fatto che se la sua vita sarà un errore non potrà ripeterlo mai più. Eppure per lo stesso motivo non vuole che sia un  errore.
Le palpebre si abbassano di nuovo, e quei sogni che la notte che ancora deve venire le offre la avvolgono, lasciandole una tregua più breve e piacevole della precedente.
Quando finalmente qualcosa la risveglia le luci dell’ospedale sono spente e nell’edificio regna il silenzio assoluto.
Si ritrova sollevata nel non vedere occhi che la scrutano, ma solo un casco giallo col vetro oscurato.
“Celty…” Sorride felice.
La motociclista scrive sul suo fedele cellulare, per poi mostrarle il messaggio.
Va meglio?
“Sì, grazie di essere venuta.”
Era mio dovere… è stata una fortuna che io e Shizuo fossimo da quelle parti.”
Evidentemente  sono stati loro a salvarla.
“Vi devo la vita.” Risponde Yukiko senza chiedere altre spiegazioni, non le vuole, non ora.
La Dullahan toglie il casco poggiandolo sul comodino appena accanto.
“Devo essere stata molto fortunata, sono viva, non ho perso la memoria o cose simili… nessuna paralisi… era abbastanza ovvio che ci fosse il tuo zampino.” Ridacchia la ragazza dagli occhi chiari.
La moto nera la guarda per poi scrivere velocemente: “Se fossimo stati più veloci avremmo anche potuto evitare di portarti qui.
“Credo di non dovermi lamentare comunque.”
Un momento di silenzio invade nuovamente la stanza, in riflessione. Sa che Celty ha capito di quale argomento lei voglia parlare, perché lei sa quali sono le sue inevitabili paure.
Finalmente sullo schermo riappare una scritta: “Lo odi?
“No.”
Risposta secca, decisa, indubbia, veritiera, per quanto sbagliata.
Celty assume di nuovo un atteggiamento meditativo, per poi continuare: “Sei ancora innamorata di lui?
Quel verbo riesce a far surriscaldare tutto il corpo di Yukiko. E pensare che lei aveva sempre detestato parole simili.
“Sì.”
“…Allora credo che il problema sia farglielo sapere…”
Un sospiro sconfitto esce dalla gola di Yukiko che si lascia abbandonata sul materassino ospedaliero.
“Vorrei tanto dire che sicuramente arriverà… ma so che non è così.” Confessa guardando il cielo stellato che intravede dalla finestra.
Celty non risponde, la guarda senza muoversi, confrontando i propri sentimenti con quelli di lei.
“… Se n’è andato… conoscendolo… sono quasi sicura che si sia allontanato da qui… e non so dove trovarlo.” La vista della ragazza si offusca a causa di un leggero strato umido che ricopre la base dell’occhio, lacrime che si impegna a non far uscire.
Lo fa ogni tanto… di sparire. Ma è sempre tornato.” Scrive la Moto Nera, valutando quelle parole e soppesandole, cercando un paragone, cercando di capire quanto umana lei stessa sia.
“ Forse questa volta non lo farà.”
Ricordati che è Izaya, è impossibile prevederlo… ma cercherò di aiutarti.
Improvvisamente la consapevolezza di non essere sola scalda il cuore di Yukiko, che non può ringraziare di nuovo, quell’angelo nero.
Comunque…” Scrive Celty prima di andarsene “…quando sono arrivata, la finestra era aperta.
Yukiko sorride;  probabilmente quella finestra è stata aperta da una qualche infermiera mentre dormiva, ma le piace pensare che sia stato qualcun altro, qualcuno che non riesce a scorgere, ma che mentre Celty sfreccia per le strade che pian piano iniziano a prendere luce, lui guarda quella finestra, non molto distante.
 

E salve!
Finalmente ecco il Capitolo 18! Non ho neanche il coraggio di vedere da quanto non pubblico c_c, faccio schifo, lo sooo! Ma è colpa della scuola, sapete quanto è brutta e cattiva, e quest’anno è stato tremendamente duro, non ne vedevo più la fine. Ma oooora che sono in vacanza ho avuto qualche momento per dedicarmi a questa storia… che di questo passo non finirà più -.- ( non fraintendetemi, piangerò quando sarà finita T.T).
Cooomunque, come per i capitoli precedenti, anche qui mi affido alla vostra pietà e ringrazio chiunque la legga e/o la recensisca. Grazie di cuore! Questa volta spero di metterci meno (sì, lo dico sempre e poi...)

(Ah già, oltretutto ho cambiato anche il nome, perdonatemi se ora creo anche confusione, sono un disastro *sospirone*)

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


True Love?

Capitolo 19


“Mi lasceresti andare?”
“No. Te l’ho detto. Non puoi scappare. Non puoi andartene da me. Mi starai accanto, per tutta la vita.”
 
Gli occhi di Yukiko sbattono rapidi.
Ancora nella sua mente sono fissi quelli di Izaya, scintillanti nella penombra, così vicini al suo viso, così perfetti e reali. Così amati.
Ma quegli occhi, ormai da sei mesi, si è rassegnata a vederli solo nei sogni.
Si rigira in modo da poter vedere il soffitto, portandosi il dorso della mano alla fronte.
È passato l’inverno e ormai anche quasi la primavera… ormai è da tempo che è uscita dall’ospedale, è stata per un po’ sotto la vigilanza di Kadota… è passato il Natale, il giorno di san Valentino, il suo compleanno, quello di lui… ma nessun segno.
Aveva pensato che sarebbe tornato. Aveva pensato che stesse solo lasciando calmare le acque e che poi se lo sarebbe ritrovato a casa, con i suoi soliti sorrisoni sornioni.
Invece no, se ne era andato per davvero.
Chiude gli occhi, cercando di immaginarselo accanto, cercando di illudersi per un momento di averlo vicino, in piedi sulla porta che la osserva, com’era  suo solito.
Ormai lo fa tutte le mattine, è l’unico modo che ha per averlo ancora, per portarlo in qualche modo con sé.
Si sforza di ingoiare quel nodo che le toglie il respiro e si alza a sedere.
Ha pensato molte volte in questi mesi di buttarsi tutto alle spalle. Si sta con un ragazzo, si passano momenti magnifici e poi tutto passa, non ci si vede più, succede.
Eppure non ci riesce, non ce la fa a sentirsi slegata da lui. Lei lo considera ancora il suo ragazzo, si sente sua e di nessun’altro, non riesce a cambiare questo.
“Dannazione…” Si alza, come di routine, e si prepara per la scuola.
Esce di casa, come fa sempre.
Tutto le sembra sbiadito, ora. L’unico vero sollievo sono le conversazioni con Celty… forse.
Osserva i grattaceli grigi. Ha provato a passare per casa sua più volte… ma è completamente chiusa.
Cammina tra la gente, la normale studentessa. La studentessa destinata ad avere una vita normale.
Certo, aveva conosciuto un po’ di gente interessante… come Shizuo… ma mancava quell’elemento fondamentale attorno a cui girava tutto.
A scuola si siede al suo solito banco, e ascolta la solita lezione.
“Yukiko…”
La voce di Kida le fa distogliere lo sguardo dalla finestra: “Sì?”
“Non sembri molto in forma ultimamente… forse dovresti farti visitare…”
Lei sospira lievemente: “Sto bene.”
Il ragazzo storce la bocca con disappunto. Naturalmente sa bene cosa succede, ma non vuole assolutamente affrontare l’argomento.
“Yuki-chan…” Una terza voce si aggiunge alle loro.
“Uhm? Qual buon vento Mikado!” Lo saluta Masaomi con una pacca sulla spalla.
Lei si limita a sorridere.
“A dire il vero… sono venuto per parlare con Yukiko.” Mormora il ragazzo moro, con il suo solito fare timido.
“Mh? Con me?” Chiede lei un po’ perplessa ma alzandosi d’istinto.
Ryugamine annuisce: “Possiamo…uscire?”
Decidono di salire sul tetto. Lì si può avere di certo privacy.
“Yuki-chan… io… so una cosa.”
Lei alza un sopracciglio sempre più confusa. Cosa c’è che non va?
Sembra titubante, come se si sentisse a rischio, ma allo stesso tempo è qualcosa di cui non può fare a meno di parlare.
“Ossia?” Prova ad incitarlo.
“… Un ragazzo che aveva bisogno di una certa informazione, pare sia riuscita ad averla poco tempo fa da un misterioso utente trovato on-line.”
Un brivido le percorre la schiena. Ma non vuole illudersi. Lo fa ogni giorno, ma senza sperare, non vuole credere di poterlo riavere per poi lasciarsi morire di nuovo.
“Non capisco…” Mormora scuotendo la testa.
“Ho modo di pensare che quell’utente sia Orihara-san…anzi…” Gli occhi del ragazzo fissano i suoi “ne sono totalmente certo.”
Lei sussulta leggermente facendo un passo indietro.
“Come lo sai?” La domanda è secca e decisa.
L’espressione di Mikado si mantiene perfettamente seria e controllata, un’espressione che vede per la prima volta sul suo volto solitamente puerile.
La fissa, e per un momento quell’atteggiamento così controllato, seppur in modo diverso le ricorda Izaya. Quell’atteggiamento superiore.
“Sii sincera. Ti interessa davvero?”
Le si mozza il respiro. Le sembra quasi un Mikado diverso. Perché quel Mikado è un Mikado che ha il potere di tenere le redini della situazione con saldezza, senza scomporsi.
Si sente un po’ invidiosa, ma non è più questo il punto.
“No.” Risponde secca mantenendo lo sguardo sul suo.
Finalmente le labbra del ragazzo lasciano emergere uno dei suoi sorrisi gentili: “Non so altro, ma credo che questo ti faccia tornare un po’ la fiducia, vero?”
Lei annuisce ricambiando il sorriso: “Ti sono enormemente debitrice.”
Lui ridacchia facendo un gesto con la mano per liquidare l’ultima affermazione.
 
“Oh, Yuki-chan! Sei tremendamente testarda! Testarda, testarda,  testarda! Testarda come un mulo!”
“Smettila Izaya! Lo so benissimo! È uno dei miei peggiori difetti ma non riesco a correggermi! Non infierire!”
“Beh…guarda il lato positivo. Se tu non fossi così testarda, non saresti qui con me, no? …Ragiona un pochino…”
 
Improvvisamente Yukiko scoppia a ridere.
È stata una stupida, deve ammetterlo.
È rimasta passiva, ha fatto affidamento solo su di lui… come ormai faceva sempre.
Ma in fondo se lei non avesse insistito, se lei non fosse stata così idiota da seguirlo, e cercarlo, e trovarlo, tutta questa storia sarebbe finita tempo addietro.
“Quel livido non è ancora guarito…” mormora sommessamente Mikado in riferimento all’alone violaceo sulla guancia della ragazza.
Lei lo sfiora sorridendo: “Ma è migliorato parecchio no?”
Lui annuisce rassicurante: “Buona fortuna Yukiko.”
Improvvisamente lei si sente piena di energie, e anche adrenalina. Riuscire a scovare Izaya in fondo non è un’ impresa da poco.
Esce da scuola il più in fretta possibile, senza nemmeno preoccuparsi di salutare, in fondo ha aspettato fin troppo tempo no?
Le cose da fare sono tante, ora, ma sa bene quale sarà il suo primo passo.
Apre velocemente la porta di casa e abbandona la borsa sul divano. Deve assolutamente trovare quel numero.
Non ha voglia di cercare nell’elenco telefonico, per cui decide che in fondo internet è la soluzione a tutti i problemi.
Digita velocemente sulla tastiera e la fortuna vuole che quel nome sia proprio in cima alla pagina: “Azienda farmaceutica Yagiri
Sorride soddisfatta. L’ha trovato, appena lì sotto c’è scritto il numero telefonico.
Non avrebbe mai pensato, né voluto, avere contatti con lei, con quella donna che era entrata in casa quella volta, quando ancora tra lei e Izaya non era successo nulla di significativo. Ma ora le serve necessariamente.
Perché non ci aveva pensato prima poi?
Fa per prendere il cellulare ma si accorge che la mano le trema. Se la porta al petto e constata quanto il cuore sia agitato.
Eppure è qualcosa di strano… non è paura, né ansia… è solo una forte eccitazione.
Non se ne spiega il motivo, eppure tutta questa situazione la manda in effervescenza.
Decide di calmarsi un po’, per cui se ne va in cucina, preparandosi una bella tazza di tè.
Si siede cercando di rilassarsi. La faccenda è lunga, di certo non troverà Izaya in giornata.
Osserva il liquido color ambra e la sua immagine resa così inverosimile dal colore.
Sorride di nuovo. Sorride sentendo quella paura e quella solitudine che la affliggevano da tempo sciogliersi pian piano da lei.
A detta di Mikado è cosa sicura che lui in un modo o nell’altro faccia ancora il suo lavoro. Può essere un punto a suo favore.
Prima comunque deve preoccuparsi di sentire Yagiri-san. È la sua segretaria no? Qualcosa in più saprà.
Sorseggia il tè cercando di prendersi il suo tempo senza lasciarsi trasportare dall’euforia.
Sa anche di poter sempre contare sull’aiuto di Celty… sì, ha parecchi assi nella manica, non le può sfuggire.
Si chiede dove sia Izaya ora… non sa nemmeno se è ancora in Giappone.
Chiude gli occhi ed immagina il suo profumo nelle narici. Le manca così tanto.
Chissà se la pensa anche lui; lei spera tanto di sì.
Quando finalmente finisce anche l’ultimo sorso di tè e si sente abbastanza calma, decide di digitare quel benedetto numero sul suo cellulare.
Pronto? Azienda Farmaceutica Yagiri.”
Prende un breve respiro per evitare di sembrare sospetta: “Buongiorno, vorrei poter parlare con la responsabile, Namie Yagiri… il mio nome è Yukiko Ishii.”
Sono spiacente ma la direttrice è troppo occupata.”
“Sono sicura che conosce il mio nome, è una cosa urgente!”
MI dispiace.”
“Almeno datemi un appuntamento, o qualcosa!”
Non si può parlare con la direttrice…”
“Come sarebbe a dire che non si può?!”
Con chi stai parlando?
Una voce femminile emerge dal sottofondo; una voce seria e in qualche modo altezzosa, una voce che Yukiko  non potrebbe mai confondere. Eccola Namie Yagiri.
Ah… c’è una ragazzina che insiste di voler parlare con lei…
Una ragazzina?
Almeno… la voce pare quella di una ragazzina… dice di chiamarsi Yukiko Ishii… dice che…
Passamela.
La ragazza dall’altro capo del telefono rimane sorpresa.
È Namie Yagiri, senza dubbio. Ma non si aspettava che accettasse tanto facilmente una conversazione con lei.
Quando, dopo un qualche debole tentativo di protesta da parte della persona che parlava al telefono, finalmente la responsabile prende in mano la cornetta Yukiko non riesce a non vacillare un attimo.
“B-Buongiorno…io…”
Lo so cosa vuoi, ma io non so niente.”
Lo doveva immaginare. Doveva immaginare una risposta simile.
Yukiko riprende il suo autocontrollo e la sua determinazione. Non si lascia battere così: “Mi spiace, ma io non le credo.”
Come?
“Non credo che lei non sappia nulla. Non credo che lei non mi possa aiutare.”
Senti ragazzina, se davvero conosci Orihara dovresti sapere quanto lui sia riservato. Se davvero ha voluto sparire secondo te avrebbe detto a me dove?
È sicura che quelle parole siano accompagnate da una passata di mano tra i lunghi capelli neri. Se la immagina in questo momento, mentre parla al telefono, bella e professionale come sempre.
“No. Ma sono sicura che lei abbia almeno qualche…”
Senti, non ho tempo di fare da baby-sitter a lui, è maggiorenne ed emancipato, ho altro a cui pensare.”
“Oh, al suo fratellino immagino.”
Come scusa?”
“Izaya me ne ha parlato. Lo conosco, è in classe con un mio amico…Seiji Yagiri…vero?”
Dall’altro capo vi è silenzio, un silenzio frustrato.
“Namie Yagiri-san?”
Dove vuoi arrivare?
“Da nessuna parte. Sono sicurissima che almeno lei abbia la chiave del suo appartamento a Shinjuku.”
La troverai domani per posta.”
Il telefono si riaggancia quasi prima che la frase fosse ferita.
Deve averla proprio colpita sul vivo. Suo fratello è davvero così importante da cedere così?
Beh… tanto meglio, altrimenti non avrebbe saputo come ricattarla… dovrà farsi dare ripetizioni da Izaya su questo.
Le scappa una breve risata mentre si accomoda sul divano.
L’aveva chiamata stalker… una volta. All’inizio. La sua stalker.
È quasi ironico. Perché con lui, lo potrebbe diventare per davvero. Si sente in grado di fare qualunque pazzia per lui.
È inutile criticare Namie Yagiri per il suo amore deviato per il fratello, perché in fondo il suo per Izaya non è poi così normale.
 
 
Eccomi qui con il nuovo capitolo. Questa volta sono riuscita ad essere rapida! Anche se… beh, anche qui Izaya è nominato dappertutto ma lui non si vede… sinceramente per me è davvero difficile fare i capitoli senza di lui D: si vede anche quanto mi vengano brevi…ma dal prossimo spero di riuscire a farlo rispuntare.
Oltretutto… questa storia sta andando avanti da quasi due anni… avevo in mente di aggiungere un altro episodio abbastanza forte, ma si allungherebbe ancora di tanto quindi non so bene che fare… se inserirlo oppure concludere questa fanfiction tra al massimo cinque capitoli… e in caso più avanti crearne un’altra magari inserendo qualche parte carina che avevo inizialmente scritto come One shot anche su Celty e Shinra (personalmente, adoro quei due.)… beh… se qualcuno esprime il suo parere in proposito ne sarei felice, sarebbe un bell’aiuto ^^’
Grazie mille come sempre a tutti quelli che seguono questa storia :D
A presto.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


True love?

 

Capitolo 20
 

Di certo Yukiko non si aspettava di reclutare un aiutante simile... a dire il vero non l’ha affatto reclutato, è lui che di punto in bianco, vedendola ha iniziato a seguirla, nonostante la sua meta.
Shizuo cammina accanto a lei, rimanendo un mezzo passo indietro, con fare disinteressato, guardandosi attorno e fumando una sigaretta.
Quando le aveva chiesto dove si stava dirigendo, e lei gli aveva risposto che aveva intenzione di entrare in casa di Izaya per trovare qualche indizio su dove si trovasse, aveva immaginato che lui avrebbe direttamente cambiato strada, forse limitandosi ad un ironico “buona fortuna”, invece si era offerto di accompagnarla… o più che offerto, si era accodato a lei con un autoritario “Vengo con te.”
La ragazza non ha ben idea se quel ragazzo voglia solo scoprire il rifugio del suo nemico per ucciderlo, ma piano piano è sempre più dell’opinione che Shizuo Heiwajima sia una persona più ragionevole di quello che sembra… di certo più ragionevole di Izaya.
Continua a camminare cercando di mostrarsi decisa, sebbene le strade di Shinjuku le conosca fin là… anzi… forse non le conosce affatto.  Si guarda intorno cercando quei pochi punti di riferimento che conosce.
“Ragazzina…” La interrompe il barista.
Lei si volta a guardarlo per poi osservare l’indice che indicava la via perpendicolare a quella che lei stava percorrendo: “Di qua.”
Ecco fatto la figura del giorno. “Ah…sì…grazie…” Borbotta impacciata per poi seguire rapidamente la direzione indicata.
Quando si ritrovano davanti all’alto palazzo Yukiko si sente un nodo allo stomaco. Quella è la vera residenza di Izaya, lo sa bene, e sa che è l’unico posto da dove può partire.
Com’era possibile prevedere, una volta entrati la cosa più naturale da fare per Shizuo era prepararsi a sfondare la porta.
Yukiko trema leggermente un po’ terrorizzata dalla cosa, ma allo stesso tempo divertita. In fondo anche Shizuo le sembra tanto un bambino.
Lo calma, aprendo direttamente la porta senza bisogno di maniere brute, lasciando il ragazzo un po’ perplesso.
La stanza è buia e silenziosa. Avanza con cautela, quasi come se avesse paura di scoprirci dentro qualcosa di spiacevole. Si avvicina alla scrivania notandoci dei fogli sparsi sopra.
“Che strano… Izaya è un  maniaco dell’ordine…” Mormora raccogliendoli.
“Bah… evidentemente visto che voleva fuggire se n’è fregato.” Borbotta Shizuo guardando distrattamente alcuni fascicoli della libreria.
Yukiko continua a concentrarsi sui fogli. Non è di certo un piano di fuga, ne messaggi né altro… sono semplici liste di nomi, forse membri di gang… insomma, semplice lavoro.
Se n’è andato davvero così di fretta da lasciare tutto lì? Persino la penna aperta?
Inizialmente prova nuovamente un attimo di smarrimento… se è davvero scappato via così chissà quanto lontano se ne è andato…e poi invece un altro pensiero rischiara tutto.
Forse invece non è affatto lontano, anzi…forse è proprio in una delle stanze lì vicino.
Quale posto migliore per nascondersi se non dove non ci si è mai nascosti?
Molla velocemente i fogli sulla scrivania alla rinfusa per correre ad aprire la porta che da sul corridoio.
Sente lo sguardo interrogativo di Shizuo sulla schiena.
Tutte le porte paiono chiuse, eppure è convita che non lo siano a chiave.
Apre per prima quella del bagno. Buio pesto, nessuno dentro, ma almeno la porta si è aperta.
Ne prova un’altra ottenendo lo stesso risultato, poi un’altra e un’altra ancora.
Poi finalmente quella che desiderava aprire più di tutte. La camera di Izaya.
Cerca di autoconvincersi che lui sia lì dentro. Sfiora la maniglia e un brivido le percorre la schiena. Non vuole rimanere delusa.
La muove piano, facendo attenzione ad ogni movimento… anche respirare.
Finalmente la porta si spalanca. Il buio e il silenzio avvolgono anche quella stanza.
Si sente il cuore precipitato in un abisso.
Nulla. Non c’è.
Doveva immaginarlo.
Non riuscirà a trovarlo.
Ma proprio mentre fa per voltarsi ed andarsene un flebile rumore le giunge all’orecchio, un movimento di lenzuola.  Osserva meglio e nel buio riesce a scorgere un mucchio adagiato sul letto, qualcosa che potrebbe essere un corpo umano.
Trattiene il respiro per paura di avere un’allucinazione.
Non vuole accendere la luce, potrebbe far svanire tutto. Per cui opta per avvicinarsi piano alla tenda, e lasciare che uno spiraglio disegni una scia dorata sul letto.
Le lacrime le salgono agli occhi.
Izaya se ne sta tutto rannicchiato tra le lenzuola, con il viso sepolto nel cuscino e i capelli neri spettinati.
“Izaya…” Mormora lei piano.
Vede il corpo del ragazzo fremere leggermente alla sua voce, ma non si decide ad alzare la testa.
Non capisce se dorme o meno. Scorre appena di più la tenda, per poi sedersi accanto.
Passa con cautela la sua mano tra i capelli dell’informatore, come per paura di farlo scappare via.
Finalmente un occhio castano sbuca da sopra il cuscino.
La osserva per un attimo, tra l’incredulità e la rassegnazione.
“Yukiko…?” Mormora piano il suo nome.
Lei gli sorride con le scie argentee che le percorrono il viso. Vorrebbe sollevarlo e stringerlo. Ma ha paura di fare un qualsiasi movimento.
Izaya la osserva ancora per un po’ per poi riaffondare il viso nel cuscino: “Guarda che mi hai fatto Yuki-chan… guardami… non sono più io… che accidenti mi è successo…? È colpa tua… Yuki-chan…”
Lei lo guarda confusa, non capisce se sta parlando a lei o a sé stesso. Non riesce a capire nemmeno se lui ha davvero inteso che lei è lì.
Non sa bene che fare, e non sa cosa aspettarsi da lui.
Decide di alzarsi e aprire bene le tende lasciano penetrare la luce del mattino nella stanza.
Lo osserva ancora. Non pare intenzionato a muoversi.
Si asciuga le lacrime e esce dalla stanza dirigendosi verso la cucina. Non riesce a chiarirsi le idee; Izaya le sembra totalmente assente.
Eppure ha continuato a lavorare in quel tempo… prima o poi si alzerà dal letto no?
Si preoccupa di illuminare anche il resto della casa, accorgendosi nel mentre che Shizuo ha preferito evitare di incontrare l’informatore andandosene.
Inizia a preparare la colazione. Una bella colazione giapponese. Non la prepara frequentemente perché ci vuole del tempo e spesso non ha ingredienti, ma per questa volta si impegnerà.
Riesce a trovare del pesce, le alghe, il riso, dei sottaceti e varie verdure. Sebbene non sia proprio una colazione completa e in perfetto stile nipponico la considera abbastanza abbondante, almeno da tenerlo impegnato un po’ di tempo per considerare il da farsi.
Dopo tre lunghi quarti d’ora, riesce a percepire del movimento verso la camera, così si appresta a posizionare la colazione sul tavolino tra i due divani.
Izaya appare alla porta avvolto nella sua felpa da casa grigia e i pantaloncini da tuta blu.
Per un attimo Yukiko si chiede come possa resistere con la temperatura attuale vestito così, ma poi si rende conto che in fondo dentro la casa è abbastanza fresco.
Il ragazzo corvino si stropiccia gli occhi per poi guardare la colazione e infine spostare lo sguardo sulla timida ragazza che sbircia da dietro lo stipite.
“Mh… mi hai preparato la colazione…?” Chiede infine lui, come per assicurarsi che sia per lui.
Lei annuisce piano.
Izaya tiene lo sguardo basso. Si fa scivolare sul divano davanti alle pietanze e inizia ad assaggiare un po’ di tutto con fare lento e stanco.
Yukiko si trova ancora più in difficoltà. A quanto pare faceva meglio a non tornare da lui. Eppure non le basta per pentirsi di averlo trovato.
Si siede pian piano sul secondo divano difronte a lui, guardandolo in silenzio.
Nessuno sembra voler parlare, e lei vorrebbe tanto sapere cosa passa per la mente di lui ora.
“Tu non mangi?” Chiede infine l’informatore “Con tutta questa roba si potrebbe sfamare un esercito, devi avermi proprio svuotato la cucina… anzi… a dire il vero non sapevo neanche di averle certe cose.” Il suo tono pare normale, si lascia sfuggire anche una leggera risata.
Come se nulla fosse accaduto.
“Mi chiedo come tu abbia fatto ad avere questi cibi…” azzarda la ragazza, in riferimento al lungo periodo di scomparsa di Izaya.
“Ho i miei metodi.” Liquida repentino lui, mettendo in bocca un po’ di pesce.
Lei non osa approfondire.
Sebbene l’indifferenza di Izaya la irriti e la deluda, la paura di perderlo di nuovo e di non vederlo più la fanno stare zitta e rannicchiata sul suo posto.
Si limita ad osservarlo. Da quanto desiderava di farlo ancora.
I suoi capelli neri, il suo corpo asciutto, il suo viso liscio e i suoi occhi… quei dannatissimi occhi castani, bellissimi e letali.
“Come te la passi?” la interrompe l’informatore posando la ciotola del riso e stiracchiandosi.
“ Non male.” Risponde Yukiko.
Beh… in fondo non sta mentendo, se si toglie quanto lui le sia mancato.
Un leggero sospiro, quasi impercettibile esce dalle labbra del moro che si appoggia allo schienale allungando le braccia su di esso: “Immaginavo…”
Come al solito lei deve fare una fatica immane per capirlo.
È deluso?
Osserva le loro ginocchia alle estremità del tavolino.
È tutto così formale.
Tutti gli abbracci, i baci, le carezze che si sono scambiati prima di quel maledettissimo giorno sembrano spariti, evaporati come acqua in un vulcano.
Stringe i pugni per la frustrazione del momento.
Lo sa benissimo che quelle attenzioni per Izaya erano solo un gioco, ma è possibile che davvero gli fossero così indifferenti? Che addormentarsi sotto le sue carezze non gli piaceva neanche un pochino?
Quindi quando lascerà quell’appartamento che farà? La saluterà come saluta i suoi clienti e ognuno per la sua strada?
Me lei non vuole. Non lo accetta. A costo di continuare a chiedergli informazioni a vita lei vuole rimanere vicino a lui.
All’improvviso, alzando lo sguardo si accorge che lui la stava osservando.
Attento, ogni singola mossa, ogni singola espressione a lui non sono sfuggite.
Si guardano negli occhi per lunghi istanti, ognuno cercando di capire cosa stia succedendo dentro l’altro, e cosa sia successo in quei mesi che sono stati separati.
Solo ora Yukiko si rende conto, che ciò che credeva illusione era realtà. Lui non l’ha mai persa d’occhio, l’ha sempre osservata. Abbastanza distante da non interferire con la sua vita, da non sapere cosa stesse succedendo, ma abbastanza vicino da proteggerla se qualcuno le avesse fatto del male.
“Izaya…” Mormora, solo ora riconoscendolo davvero, ora che la sua figura si sfoca dietro le lacrime che stanno per uscire.
“Non piangere di nuovo Yuki-chan.” Le dice lui accennando ad uno dei suoi sorrisetti, però pieno di affetto.
“Izaya…” Mormora ancora “Izaya!” Grida infine scattando dal divano e adagiandosi contro di lui, con la fronte posata al suo petto e le mani che stringono il tessuto della felpa.
Lui la accarezza piano, senza interromperla, mentre lei lascia libero sfogo a tutte le lacrime, tutte le volte che lo ha chiamato senza ricevere risposta.
“…mi sei mancato.” Riesce a mormorare tra i singhiozzi.
Izaya non dice nulla, si limita a stringerla forte tra le braccia.
È troppo codardo per parlare… in fondo.
Forse un po’ ha perso l’abitudine di avere contro di sé il tenero corpo della ragazza, o forse ormai si era troppo rassegnato alla solitudine, una solitudine ancora peggiore di quella di prima.
Una breve risata riempie l’aria: “Tu guarda…” Mormora sorridendo posando il mento sui capelli di lei.
La accarezza continuando a sorridere compiaciuto dal potere che ha mantenuto su di lei. È proprio innamorata eh?
“Suvvia, suvvia Yuki-chan…” Canticchia infine invitandola ad alzare il viso “Dopo così tanto tempo che non ci vediamo non mi sembra carino piangere in questo modo neh?”
Ma a quanto pare la ragazza non è pronta a smettere. Lo guarda singhiozzando in silenzio cercando di fare meno rumore possibile, ma le lacrime continuano a scendere copiose.
Lui ride facendola riappoggiare contro il suo torace e abbracciandola, imitando un leggero movimento cullante, mentre aspetta che si calmi.
Gli sembra di tenere in braccio una bambina… sebbene non abbia mai avuto vere esperienze con i bambini.
Quando finalmente sente il corpo di Yukiko rilassarsi si permette di alzarle di nuovo il viso e asciugarle le ultime lacrime.
“Finito di disperarti?” Sorride. “Accidenti… proprio non puoi fare a meno di me, ah?”
“Certo che no… pensavo fosse chiaro.” Risponde lei, seria, spiazzando per un attimo l’informatore.
Lui preferisce rimanere in silenzio.
Gli occhi chiari di Yukiko si spostano sul tavolino e un sorriso divertito si dipinge sul volto ancora umido: “Era così tanto il cibo… che ti sei spazzolato tutto da solo eh?”
“Uhm…” Izaya si sente colpito e affondato. Sospira teatralmente nascondendo il leggero imbarazzo che prova “Ahimè, ultimamente non ho avuto modo di fare pasti decenti.”
“Dì più tosto che non hai voglia di cucinare.” Lo incalza lei.
Lui gonfia le guance come un bambino offeso: “Io sono un venditore di informazioni, non un cuoco. E sarà interessante sapere che i venditori di informazioni vendono informazioni, e i cuochi cucinano.”
“E gli studenti studiano, ma io cucino anche.”
Izaya tira fuori la lingua in una smorfia di beffarda: “Non centra. Tu sei una donna.”
“Maschilista.”
“E poi tu hai lavorato in un cafè no? Me lo ricordo il nostro primo incontro sai? E sono certo che un minimo di cultura culinaria devi averla. Per cui ho vinto io.” Afferma lui trionfante.
“Insomma… girando e girando… è saltato fuori che Izaya Orihara non sa neanche cucinare!” Ride la ragazza sistemandosi bene sulle ginocchia di lui.
“Co…cosa?!” Esclama il ragazzo colto in fallo. “Aaah! Io so cucinare benissimo!” Si imbroncia incrociando le braccia.
“Non si dicono le bugie Izaya!” Lo richiama lei.
“Non dico bugie!”
“Dimostralo!”
“Bene! Sta sera cucino io! E vedrai!”
“Sta sera?” Chiede lei lievemente sorpresa.
“Sì… mangiamo insieme no? È da tanto che non lo facciamo. Vengo io da te.”
Yukiko sorvola sul fatto che è tutta colpa sua se è da tanto che non lo fanno e si limita a sorridere felice, annuendo energicamente.
Quando finalmente lei si decide a tornare alla sua abitazione, sicura che nessuno possa vederla mentre non è a scuola, lui la accompagna alla porta, come di consueto.
“A sta sera.” Si preoccupa di precisare.
Izaya ridacchia: “Certo, a sta sera.”
“Guai a te se sparisci di nuovo, chiaro?”
Lui le sorride guardandola, per poi soffermarsi sul livido in volto. Dopo tutto quel tempo porta ancora i segni?
Quasi involontariamente glielo sfiora, piano, per non farle male.
“È colpa mia… vero?” Mormora flebile, non a lei, ma a sé stesso.
Sente gli occhi che pizzicano, è sicuro di averli lucidi.
Lei lo guarda mesta, con però un tenero sorriso: “Va tutto bene Izaya.” Afferma decisa ma dolce.
Lui le sorride grato, e le lascia un leggero bacio sulle labbra. Ad indicare che nulla è cambiato tra loro, che lui è rimasto con lei lo stesso, anche da distante.
Mentre Yukiko ritorna sulla via di casa, con in testa il pensiero di riordinare prima che lui arrivi, il cellulare le vibra in tasca.
Ah… mi sono dimenticato di dirti… mi sei mancata da morire, Yuki-chan.”

Sì, esatto, sto cercando di farmi perdonare recuperando tutto il tempo perso ^^'
Salve a tutti :) finalmente Izaya è rispuntato (poco importa se è sparito per solo due capitoli, a me mancava comunque c.c)!
Ho il terrore che questo capitolo deluda... insomma... forse qualcuno si aspettava un'altra reazione... qualcosa di più toccante o non lo so...ma beh, è Izaya no? Izaya sobrio... io non sono riuscita a vedere una scena diversa, forse già così è fin troppo tenero... ma in fondo è affezionato. Siamo quasi alla fine.
Beh, spero che nonostante tutto vi piaccia :)
Grazie infinite a tutti, non finirò mai di ringraziarvi.
 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


True Love?
 

Capitolo 21

Non c’è mai pace.
 

“Bene… Yukiko è andata via. Siamo noi due, da soli.”
La voce dell’informatore spezza il silenzio presente nell’appartamento.
Due orecchi lo ascoltano attenti mentre gli occhioni luminosi lo fissano curiosi.
Izaya deve ammetterlo. Portare fuori Yukiko la sera prima al ristorante italiano non è stata una delle sue migliori uscite per aggirare il problema “cucinare”. D’altro canto, non si aspettava certo che lei avesse preso la cosa così seriamente, e che avesse già preparato un piano di riserva.
Piano che lui non aveva saputo evitare.
Certo, Izaya si era già informato sulla famiglia di Yukiko, ma non aveva mai pensato seriamente a come interagire con essa, e non sapeva se era una fortuna o una sfortuna iniziare da quel marmocchio.
Sì, perché accoccolato sul divano dello studio dell’informatore, se ne sta un bambino piccino, che ancora non sa nemmeno parlare.
Ryu è di fatto il cugino più giovane di Yukiko, e Izaya sa bene quanto lei lo adori. E proprio per questo non si capacita del fatto che lei lo abbia affidato a lui.
Ho un impegno improvviso” Aveva detto “Farò il più veloce possibile.” E se n’era andata, lasciandogli quel pargolo tra le mani (e Izaya è sicuro che non ci fosse nessun impegno così urgente).
Il primo pensiero dell’informatore è stato: “lo mollo sul ciglio della strada.”
Ma siccome, per quanto cattivo possa essere, persino a lui una cosa del genere verso quel piccolo umano sembrava troppo crudele, ha scartato l’idea, optando per rifilarlo a Shinra e Celty.
Ma anche in questo caso, avrebbe praticamente dichiarato la propria sconfitta davanti a Yukiko.
Per cui… eccolo lì.
Fissa i grandi occhi del bambino che a loro volta sono piantati nei suoi.
Silenzio.
Il ragazzo si sente stranamente a disagio. Quel moccioso lo sta osservando.
Si gratta la nuca interrogativo: “Se ti accendo la tv credi che smetterai di guardarmi?”
Come se non avesse parlato.
Sospira decidendo di passare all’azione, e preme il tasto di accensione del televisore. Finalmente Ryu sembra aver trovato un nuovo oggetto d’attenzione, ma persino Izaya riesce ad intendere che quelle sparatorie che stanno trasmettendo non sono adatte alla situazione, quindi si appresta a cambiare canale.
Li prova tutti, ma sembra quasi che i canali televisivi abbiano deciso di allearsi contro di lui, persino quelli dedicati ai bambini trasmettono programmi inadatti per l’età del piccolo, o forse è lui che non è esperto?
“Al diavolo!” Esclama spegnendo lo schermo e lanciando il telecomando sul divano.
Sospira, poi sbuffa, cammina avanti e indietro grattandosi la testa. E il bimbo lo fissa. Fissa ogni suo movimento con la classica curiosità di chi sta scoprendo il mondo, e questo irrita Izaya.
“Senti…” Gli dice alla fine puntandolo con lo sguardo “ Io devo lavorare. Tu non muoverti da lì. Chiaro?”
Il visino non cambia espressione e Izaya si trattiene dal gridare. Come fa ad essere così indifferente?
Brontola parole incomprensibili mentre si dirige alla scrivania dietro il divano cercando di ignorare la situazione in cui si trova.
Riprende a lavorare, facendo finta di nulla.
Per un po’ sembra tutto tranquillo, tanto che l’informatore si dimentica del piccolo ospite inopportuno.
Ma il piccolo Ryu invece non si è fatto dimenticato di quello sconosciuto così grande rispetto a lui. Sconosciuto che però è l’unica persona di riferimento in questo momento, e quando improvvisamente sparisce dalla sua visuale si ritrova confuso. Si volta cercando inutilmente di vedere oltre il divano, cerca di arrampicarsi allo schienale per vederne lo sfondo, ma per lui è un ostacolo insuperabile.
E dopo svariati tentativi sempre più disperati si rassegna alla solitudine, e allora non c’è reazione più normale per un piccino che scoppiare in lacrime.
Izaya sobbalza nel sentire quel suono stridulo, quasi come se si fosse risvegliato da un sonno.
Gli ci vogliono un paio di secondi per realizzare quel che succede e quando ci arriva si lascia sfuggire un lamento prendendosi la testa tra le mani.
Era troppo bello. Gli sembrava un moccioso troppo calmo.
“Cos’hai? Fame? Sete? Sonno?” Gli chiede senza muoversi dalla sua posizione.
Gli urli non accennano a smettere. È difficile anche credere che l’abbia sentito, con tutto il baccano che fa.
“Smettila!” Prova ad intimarlo con voce severa “Qualunque cosa tu abbia, sarai accontentato quando Yukiko passerà a riprenderti, quindi sii forte e resisti!”
Ci arriva da solo che conversare in quel modo è assolutamente inutile quanto stupido.
Si alza violentemente dalla sedia per dirigersi a passo svelto dal piccolo e inginocchiarsi lì davanti: “Allora? Che hai?”
Ma ancor prima che lui possa finire la frase il pianto disperato si placa, lasciando spazio a qualche piccolo singhiozzo.
L’informatore guarda perplesso il bimbo, per poi liquidare la situazione con una scrollata di spalle. Meglio così.
Fa per ritornare al suo lavoro quando di nuovo quel rumore fastidioso si propaga nella stanza.
“Si può sapere che hai?!” Grida portandosi di nuovo davanti a lui stando ritto con le mani sui fianchi.
Ryu si rannicchia contro l’angolo, visibilmente spaventato, ma in silenzio.
Improvvisamente, quei grandi occhioni così impauriti gli ricordano incredibilmente quelli che Yukiko ha avuto innumerevoli volte in sua presenza.
Un velo di tristezza vela il volto dell’informatore mentre si siede accanto al batuffolo rannicchiato senza sapere che fare. Fissa la parete davanti a sé cercando di ricordare qualcosa di come la gente si comportava quando le sue sorelle erano piccole.
È ancora perso nei suoi pensieri quando sente un delicato movimento dietro la schiena.
Si volta per poter vedere Ryu, che giochicchia timidamente con il bordo della sua maglia.
Lo osserva per un po’. Deve ammettere che il marmocchio ha il suo… fascino?
“Fammi indovinare… se me ne vado scoppi a piangere ah?” Sospira “Ma io non ho tempo di starti dietro.”
Lo guarda pensieroso per un po’ quando finalmente decide di alzarsi e mettersi all’opera.
Pone una sedia davanti alla scrivania, e con una certa goffaggine ci poggia il bambino seduto.
Inizialmente Ryu si aggrappa ai poggioli, reggendosi in una posizione quasi retta; ma per un bimbo di appena meno di un anno, è uno sforzo decisamente immenso, e ci manca poco che non finisca a ruzzoloni al suolo, se non fosse per la repentinità di Izaya nell’afferrarlo. In fin dei conti tutto quel fuggi-fuggi con Shizu-chan è servito a qualcosa.
Così l’informatore, non senza lamentele, si premura di imbottire la sedia con dei cuscini, in modo che il bimbo si possa adagiare senza pericolo.
“Bene… dovrebbe andare no?” Chiede Izaya, leggermente soddisfatto di aver fatto una buona cosa. Così, in tutta tranquillità, si risiede al suo posto, davanti all’infantile sguardo curioso.
Finalmente può lavorare in pace… o forse no.
Ormai il bimbo, che si sente abbastanza in confidenza con il ragazzo, accenna a qualche versetto, che pian piano si trasforma in veri e propri discorsi tipici dei bambini che hanno appena iniziato a sentire la propria voce, che ad Izaya sinceramente non dispiace nemmeno tanto ascoltare, se non fosse che quei suoni sono accompagnati da certi movimenti.
Come rovesciare il portapenne per afferrare quell’evidenziatore dal colore per lui così particolare, che Izaya si premura con una certa delicatezza di togliergli dalle mani, o il buttare ripetutamente giù la matita incantato del rumore che fa questa quando tocca a terra. Per non parlare delle forbici che il povero informatore getta rapidamente nel cassetto prima che il bimbo possa raggiungerle, o le graffette che si avvicinano pericolosamente alle piccole labbra… quest’ultima cosa a dire il vero spaventa parecchio lo sciagurato Izaya, che subito dopo avergliele levate velocemente prende in braccio il piccolo allontanandolo da quel campo minato.
“Mi dici che diavolo devo fare con te?” Gli chiede esasperato osservando il visetto tranquillo.
Sospira ancora voltandosi verso la finestra, con l’intenzione di guardare fuori, tanto per cambiare un attimo visuale… invece il suo sguardo si sofferma su un’altra cosa.
Sul vetro, vede disegnata la figura di lui con in braccio Ryu, e con un certo compiacimento, si rende conto che lo sta tenendo esattamente come va tenuto un bambino.
Gli scappa un sorrisetto nel constatare anche come il piccino si aggrappi a lui senza timore, mentre si concentra su qualcosa di indefinito al di sopra della sua spalla.
“Così te ne stai buono eh?” Mormora il moro lanciando un’occhiata alla scrivania “ E come facciamo allora?”.
Decide di sedersi buttando il peso sullo schienale della poltrona, tenendo quel batuffolo adagiato sul suo torace, mentre allunga le braccia per arrivare alla tastiera del computer; certo, non è la posizione più comoda per lavorare, ma per lo meno gli concede un po’ di pace.
Il piccolo se ne sta accoccolato, ogni tanto sollevandogli la maglietta per giocare con il tessuto e ogni tanto metterlo in bocca. Sebbene la cosa inizialmente infastidisca Izaya, non ha voglia di ostacolarlo con il rischio di creare altri problemi.
In fin dei conti non sta andando così male, se non fosse che di nuovo il pianto stridulo prende possesso dell’atmosfera.
Izaya sussulta quasi lanciando la tastiera e abbassa lo sguardo per osservare il cucciolo d’uomo. “Che ti prende?” Gli chiede cercando di mantenere la calma.
Non riesce a capire. Prima era tutto tranquillo, che è successo?
Storce il naso “Non è che hai fatto la cacca vero?”
Ma non gli pare di sentire nulla di strano sulle ginocchia… spera.
Si alza camminando avanti e indietro nel tentativo di intuire almeno quale sia il suo bisogno. Con gli adulti è tutto più facile.
Ormai i secondi di pianto stanno diventando minuti, e Izaya inizia davvero a preoccuparsi finché non sente un brontolio venire dal proprio stomaco.
Ecco l’illuminazione.
“Aaaah… hai fame!” Ridacchia dirigendosi verso la cucina “ Ecco ecco, ora zio Orihara ti da la… pappa…”
Un nuovo dubbio si fa strada nella mente di Izaya, un dubbio madornale.
Cosa diamine mangiano i bambini a quell’età?
Probabilmente è il momento degli omogenizzati o di cose simili… ma di certo non ha pappette in casa!
“Che faccio? Devo andare a comprarteli? Ma non posso lasciarti qui solo!” Esclama ben cosciente che se qualcuno lo vedesse morirebbe dal ridere.
E intanto il pianto continua, interrotto ogni tanto da qualche singhiozzo che mozza il suono.
Con pazienza, il ragazzo siede il bimbo sul ripiano in modo che si appoggi al suo ventre, e attento a non mettere in pericolo il piccolo, inizia a tagliuzzare una banana, considerandolo un frutto con una consistenza adeguata alla bocca delicata di Ryu.
Quando il risultato gli sembra abbastanza soddisfacente, armato di cucchiaino e piattino, ritorna in salotto e si mette comodo sul divano tenendo il cucciolo sulle ginocchia.
Non sa quanto dura potrà essere l’impresa, ma si sente sollevato nel vedere che il bambino si sia già calmato alla sola vista del cibo.
Così, con una buona dose di pazienza e coraggio, e con un po’ di incapacità, inizia ad imboccare il piccolo affamato.
Di certo non si aspettava un lavoro perfetto e pulito, ma deve ammettere che tre sputacchi sulla maglia, cinque chiazze sul divano e due sui pantaloni non gli sembrano un risultato così pessimo.
Ridacchia osservando la boccuccia sporca di Ryu mentre cerca di pulirgliela.
Ora finalmente si può concentrare sulla sua di fame.
“Riesci ad aspettarmi qui da solo per un secondo?” Chiede rivolgendosi a Ryu “ Ecco… guarda, gioca con questa.” Gli dice passandogli tra le manine la sua giacca dal pelo morbido. E con quel diversivo si affretta ad andare in cucina e prendere la prima cosa che capita di commestibile, giusto quel che basta per riempire un po’ la pancia.
Quando ritorna nella sala il piccolo è ancora tutto intento ad esaminare il nuovo oggetto che si trova tra le mani, strofinando il nasino contro il pelo come un gattino.
Izaya sta ad osservarlo un po’ quasi incantato.
A dire il vero non si è mai preoccupato di osservare da vicino un cucciolo d’essere umano, è la prima volta che davvero ci si mette, e deve ammettere che in fondo si sta rivelando non poco interessante.
“Ti piacciono i gatti Ryu-chan? Qui ce n’è uno…ma non so dove sia andato a cacciarsi.”
Il bambino lo guarda rimanendo col viso per metà coperto dalla giacca.
L’informatore storce il naso: “Certo che se lo trattassi come tratti la mia giacca… ti lascerebbe sicuramente dei brutti segni sul viso, e poi Yuki-chan se la prenderebbe con me sai?”
Si avvicina prendendolo in braccio: “Dimmi, Yuki-chan ti ha mai parlato di me? Io sono il suo ragazzo sai? Sai cosa vuol dire? Vuol dire che mi vuole tanto bene.” Ridacchia lievemente “Anche tu me ne vuoi? Devi volermene se la vuoi rendere felice.”
Gli occhioni innocenti di Ryu lo fissano senza intendere cosa stia dicendo.
Izaya ride, ride di quell’ingenuità accompagnerà il bambino ancora per molto.
“Tanta gente mi odia sai? Anzi… se capissi qualcosa di questo maledetto mondo probabilmente lo faresti anche tu.” Continua a ridere “Credi di essere fortunato ad essere venuto al mondo vero? Non lo so se è così. Questo mondo è dannato. È orribilmente dannato.” Le risate si affievoliscono “E…Yuki-chan ti ha anche parlato della Moto Nera?... Lei è una fata… ma non una fata bella come quella di Cenerentola, è una fata che mostrano nei film horror. Eppure piace, tua cugina la adora sai? E anche a te piacerebbe. Sì, ti piacerebbe.”
Il piccolo sbadiglia strofinandosi il visino con le manine.
“Hai sonno?” Gli chiede Izaya, e lui in tutta risposta si accoccola contro di lui.
“Mh…” Mormora il moro osservando la creaturina “Sai… mi è passata la voglia di lavorare.”
Il ragazzo si stende sul divano tenendo il piccolo su di sé, giusto per evitare  che si faccia male in qualche modo.
“Secondo te ci metterà tanto Yuki-chan ad arrivare? Ho voglia di vederla… anche tu non è vero?”
Ma il piccino non reagisce. Respira leggero, addormentato sul petto di Izaya.
L’informatore gli da un’ultima occhiata prima di chiudere anche lui gli occhi.
Beh, alla fine ha vinto lui no? Non è stato così male come baby-sitter.
I piccoli umani sono decisamente meglio di quelli grandi, sì. Loro non sanno, e accettano chiunque si prenda cura di loro.
In fondo gli ha fatto davvero piacere passare un po’ di tempo con quel cuccioletto. Ammettiamolo, non sarebbe così male come padre no?
Gli viene da ridere.
No, ma scherziamo. Lui non è fatto per quelle cose.
Eppure l’idea di un piccolo essere umano tutto suo lo aveva in qualche modo elettrizzato per un nanosecondo. Ribadiamo, un nanosecondo.
Quando sente il campanello suonare capisce che il suo lavoro è finito.
Si alza attento a non svegliare la bestiolina che oggi lo ha fatto tanto dannare e si avvicina alla porta tenendola in braccio.
“Yuki-chan, sai che me la devi pagare questa vero?” Annuncia con un sorriso smagliante l’informatore aprendo la porta.
“Ma guardalo! Dorme come un angioletto!” Lo liquida la ragazza entrando e sfiorando delicatamente la tenera guancia del bimbo, che sogna appoggiato alla spalla del ragazzo.
Ora dorme come un angioletto.” Precisa lui passandole piano il fagottino.
Yukiko ride: “Allora? Come te la sei cavata?”
Lui sbuffa scrollando le spalle: “Bene, cosa ti aspettavi?”
“Oooh… non so, il venditore di informazioni Izaya Orihara alle prese con un batuffolino simile… mi sono dimenticata di dirti di fare delle riprese con la videocamera.”
“Sai benissimo che non le avrei fatte.”
Lei corruccia le labbra in un’ infantile smorfia offesa: “ Lo so, lo so.”
Entrambe le coppie d’occhi si posano sul bambino.
“Sembra felice…” mormora piano Yukiko per non svegliarlo.
“Felice? Come fai a saperlo? Dorme!” La incalza Izaya avvicinandosi alla scrivania.
“Ma si vede… guarda come dorme tranquillo… devi essere stato davvero bravo. Alla fine osservare tanto gli umani ha portato a qualcosa di buono.”
“Pff…” Izaya distoglie lo sguardo.
Yukiko ridacchia, osservando quella reazione tanto normale, per poi accarezzare la testina di Ryu.
“Grazie Izaya.”
“Per questa stupidaggine?” Ride il ragazzo.
“No… per essere così.”
“Uhm…” Ed ecco che l’informatore si sente di nuovo vittima dell’imbarazzo.
Ma come sempre, lui è sempre pronto alla vendetta.
“Yuki-chan, tu come ti vedresti come mamma?”

Eccomi qui :)
Beh... che dire, dopo quello che è successo ad Izaya e Yukiko ho pensato che fosse carino creare una "tregua". A dire il vero avevo due idee in testa, questa e un Izaya malato. Sarebbe stato interessante no?
Ma alla fine ho optato per il piccolo Ryu. Chissà, magari in futuro potrei svolgere anche l'altra, ho già qualche appunto scritto a matita un po' di tempo fa.
Beh... questo temo anche che sia il penultimo capitolo, mi sembra così strano dirlo c.c
Dunque, ringrazio ancora, ringrazio all'infinito tuuuutti quelli che hanno seguito questa storia, siete più di quanto mi aspettassi e per questo sono tremendamente felice, grazie!

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 -Goodbye- ***


True Love?

Capitolo 22

-Goodbye-

 
Izaya poggia la fronte al freddo vetro, unica sottile barriera che lo protegge dalla pioggia che picchietta fragorosamente contro di esso.
Vorresti abbandonarla ancora?
Il corpo femminile rivestito di nero lo osserva senza necessitare di occhi, stando alle sue spalle.
“Non l’ho mai fatto, Celty-san.” La pupilla dell’informatore ruota lentamente verso la motociclista senza però voltare completamente il volto.
La fata tituba, non sapendo nemmeno perché Orihara l’abbia chiamata.
“Vedi, lo so benissimo come mi vede la gente.” Continua lui “ Non che mi interessi, sia chiaro, ma trascinare nel fango anche lei non mi sembra il caso non ti pare? Oh beh… se persino io lo dico, non sarai certo tu a contraddirmi, dico bene?”
La donna lo guarda silenziosa come sempre, intenta ad ascoltare, e avendo la delicatezza di non commentare.
“Non sarà mica per sempre… me ne andrò via per un po’, l’ho già fatto in passato. Tanto che si calmino bene le acque, poi ricomincerà tutto com’è sempre stato.”
Gli occhi del giovane venditore di informazioni tornano ad osservare la città grigia, velata dall’umidità.
Il centauro nero gli si avvicina, per potergli fare leggere il messaggio: “Gliene parlerai vero?
Izaya sorride, come se quella domanda fosse scontata, anche se sa benissimo che così non è: “Certo.”
La Dullahan tituba ancora un secondo, pensierosa, per poi riprendere a scrivere: “E se la portassi con te?
Izaya scoppia a ridere.
È impossibile che lei accetti di andare nemmeno lui sa dove lasciando tutto quello che ha qui. Yukiko non è quel genere di ragazza.
“Celty-san… sarebbe completamente inutile.”
Ma almeno non si sentirebbe esclusa.
Orihara osserva quella scritta senza poter commentare. Non fa una grinza.
Lui sospira: “E sia, ci proverò.”
Ma la vera paura di Izaya è la falsa illusione che sicuramente gli comporterà. Il pensiero di averla vicina, in qualunque posto vada, non gli fa desiderare altro, ma sa anche che è perfettamente impossibile.
“Celty-chan…? Sei qui?”
Yukiko fa capolino da dietro la porta, intenta ad asciugarsi con un asciugamano i capelli ancora umidi.
“Quante volte ti ho detto di non fare la doccia quando c’è il temporale Yuki-chan? È pericoloso.” La interrompe il ragazzo ancor prima che l’amica possa salutarla.
“Ho fatto veloce… quando ha iniziato a piovere ero già uscita.” Mormora la ragazza giocherellando con una ciocca.
Celty si limita ad osservare, quell’atteggiamento così insolito per l’informatore.
“Celty-chan, dovevi vederlo con il mio cuginetto.” Ridacchia lei avvicinandosi all’amica.
Il moro sbuffa incrociando le braccia. “Mai più” Dichiara guardando fuori per nascondere un sorriso.
Almeno hai la garanzia che può fare il padre.” Scrive la fata.
Yukiko osserva il messaggio un po’ in meditazione, poi alza lo sguardo su Izaya: “Sarebbe bellissimo, davvero… a patto che partorisca lui.”
La ragazza scoppia a ridere davanti allo sguardo fulmineo di lui, che si appresta a non commentare l’affermazione.
La Dullahan non se la sente di rompere quell’atmosfera; le sembra inconcepibile l’idea di poterli separare, eppure è quello che Izaya ha pensato più volte.
Si chiede, se per gli occhi altrui, lei e Shinra facciano lo stesso effetto, non chiederebbe altro al mondo.
Mentre si avvia verso casa, non può non vedere l’ora di rivederlo. Non sa come la pensi Izaya, ma se lui è legato a Yukiko quanto lei lo è al medico, non riesce davvero a capire come lui possa sopportare l’idea di starle lontano, ed è per lo stesso motivo che non capisce per cui Shinra ha così paura.
Nell’appartamento, intanto, due paia d’occhi seguono, finché la visuale permette, quella moto sfrecciare per le strade di Tokyo.
Quando non rimane altro che l’immagine nella mente, Yukiko si stiracchia dirigendosi verso la cucina: “Ti preparo del tè.”
Il venditore di informazioni si limita a seguirla con lo sguardo, deciso a non rimandare troppo l’argomento più importante.
Si siedono l’una difronte all’altro, con le tazze ancora fumanti.
Izaya soffia, cercando di raffreddare per quanto può il liquido, osservando la tranquillità della ragazza davanti a lui.
Certo che un bel po’ di cose sono cambiate.
Chiude gli occhi, ricordandosi l’effetto che lui aveva fatto entrando in quel cafè. Non era la prima volta che la gente reagiva così, e per lui era diventata un’abitudine, un divertimento ormai.
Ma di solito, quando accadeva, il giorno dopo l’esperienza era cancellata. Invece ora quell’esperienza si sta dilungando, e sinceramente spera non smetta mai di farlo.
“Ti sei incantato?”
La voce della ragazza lo riporta al presente, mentre i suoi due occhi azzurri lo fissano divertiti e curiosi.
“Stavo pensando Yuki-chan.” Dice lui semplicemente sorseggiando un po’ del suo tè.
“A cosa?”
Sa che presto quella curiosità si pentirà di essere saltata fuori, ma è il momento migliore per parlarne.
“Sto pensando di andarmene da qui.” Afferma con sincerità, senza girarci attorno.
La ragazza si ghiaccia sul posto, mentre qualcosa di simile al panico la pervade.
Izaya è quasi sicuro che, sebbene non sappia i risvolti, la sua reazione sarà violenta, per cui, proprio quando lei sta per scattare in piedi si appresta ad afferrarle le mani ordinandole con autorità di ascoltarlo.
“Non sarà per sempre… qualche mese, al massimo un anno. Quel che basta per far dimenticare alla gente.” Il ragazzo butta il peso sullo schienale osservando con espressione critica il soffitto “Alle persone basta tanto poco per ignorare una situazione… il giorno prima è un delitto, il giorno dopo un fatto di cronaca, e un mese più tardi un fatto normale.”
“Allora perché hai bisogno di un anno?” Chiede repentina lei “Anzi… perché hai bisogno di andare via? È passato ben più di un mese… dopotutto.”
L’informatore ghigna sporgendosi verso di lei: “Stavo semplificando… e poi, sono Orihara, no?”
Gli occhi celestini della ragazza si puntano sui gomiti dell’informatore senza avere il coraggio di alzarsi. Dovrà stare ancora sola senza di lui?
Sa che piangerà,  lo vorrebbe fare subito, ma non vuole mostrarsi davvero così debole, perché non vuole esserlo.
Una cosa si è ripromessa: non si sottometterà più al volere di Izaya. Qualunque siano, saranno le sue scelte a farle strada nella sua vita, i suoi sogni.
Ma ciò non toglie che uno di questi sogni sia proprio quello di rimanere accanto ad Izaya.
Un anno… può resistere davvero un anno senza di lui?
“Se vuoi…” Riprende Izaya, notando la distrazione di Yukiko “Puoi venire con me.”
Le pupille di lei si spostano veloci su quelle dell’informatore.
Un brivido le percorre la schiena.
Non cambia la parola che si ripete nella sua testa. Un anno.
Lui le sta offrendo la possibilità di non separarsi ancora da lui, ma allo stesso tempo le sta chiedendo di andarsene da lì all’improvviso, da quel posto dove a tutto.
Un anno non è così poco.
“Quando…” Le si serra quasi la gola al pensiero “Quando partirai?”
Izaya esita per un secondo nel rispondere. La guarda cercando di decifrare un qualsiasi suo pensiero, ma riesce a leggere solo paura. Sospira piano: “Il primo volo che troverò, sempre che sia per una città vivibile.”
“Quindi anche senza meta…” Cinguetta lei stringendosi le mani tra le cosce.
Yukiko vorrebbe dargli una risposta sicura, ma entrambe le cose le sembrano assolutamente spaventose.
A dire il vero, desidera il coraggio di seguirlo, di poterlo vedere in tutti i suoi aspetti, di conoscerlo completamente.
Ma quel coraggio le manca.
“Izaya…io…”
“Non fa nulla.” La interrompe subito lui alzandosi, e protendendosi verso di lei per poterle baciare la fronte “Lo sapevo già, è tutto normale, ma Celty mi aveva detto di chiedertelo.”
“Celty?” Chiede lei senza muoversi “Per questo me l’hai chiesto?”
Lui inarca un sopracciglio, appoggiandosi al lato del tavolo: “Sai che mi piacerebbe averti con me, ma sapevo che ti avrei messa a disagio.”
Le iridi chiare tornano ad abbassarsi.
Si sente incredibilmente vuota,  ha di fronte due scelte che non le lasciano scelta.
Non chiude occhio durante la notte, e durante il giorno non riesce a concentrarsi sui balbettii di Mikado o sulle risate di Kida.
È un uccellino che non ha il coraggio di prendere il volo. Lei vuole rimanere lì, eppure non riesce a mettersi l’anima in pace.
Ma forse sarebbe più sbagliato se ce la facesse no?
“Domani se ne va…” Mormora la ragazza, appoggiata al cofano del furgoncino.
Gli occhi di Kyohei Kadota la scrutano, come potrebbe fare un fratello maggiore, cercando di decifrare il dolore.
“Andrai a salutarlo?” Le chiede, per analizzare meglio la situazione.
La ragazza stringe il tessuto della gonna scolastica tra le dita scuotendo lieve la testa.
Peggio di quanto pensasse.
Una leggera brezza le agita dolcemente i lunghi capelli scuri, nascondendole a tratti il viso triste.
“Non dovresti…” Prova a proporre il giovane uomo “ Passare del tempo con lui ora?”
“Dovrei…e vorrei…” Mormora mesta l’altra “Ma non ne ho il coraggio…”
Benedetta ragazza, se reagisci così come hai fatto a sopravvivere fino ad ora?
Kadota si passa una mano tra i capelli senza saper più cosa dire, limitandosi a scompigliarle la chioma che ancora gioca col vento.
Dovrebbe andare da Izaya, dovrebbe, perché già ora le manca… eppure Yukiko sente che non riuscirebbe neanche a guardarlo negli occhi.
Il giorno prima è stato così.
Sta disturbando tutta Ikebukuro per mettersi un po’ l’anima in pace, ma sa bene che è inutile.
E anche l’indomani, il giorno maledetto, non riesce a raggiungere Izaya, si è limitata ad una semplice chiamata.
“Non serve che vieni a salutarmi, ci rivediamo quando torno.” Le aveva detto lui con voce tranquilla.
In un certo senso è felice che Izaya si sia comportato da Izaya anche in quel caso. Lui sa benissimo cavarsela da solo, non ha necessario bisogno di lei.
Il problema è solo lei che ha bisogno di lui.
Le sue dita chiare sfiorano la scura superfice metallica senza riflesso della moto nera.
È calda. È viva.
La sente emettere un lieve nitrito, proprio come quello di un cavallo.
Poggia piano il capo contro la spalla della fata che la osserva avvolta nel suo solito silenzio.
Ne sei sicura?” Vede comparire sullo schermo del cellulare della motociclista.
“Me ne pentirò, e mi maledirò fino al suo ritorno.” Sussurra piano la giovane, lasciandosi accarezzare dalla mano delicata dell’amica.
Di questo fatto non era nemmeno stata in grado di parlarne con Kida, lui non sarebbe stato altro che felice della partenza di Izaya.
“A parer mio…” Shizuo guarda un punto indefinito nel cielo, mentre sfila dalle labbra la sigaretta accesa “Dovresti almeno andare a salutarlo.”
Sinceramente, all’inizio di tutto, Yukiko mai si sarebbe aspettata di trovare rifugio in una compagnia del genere: la Moto Nera al suo fianco, e Shizuo Heiwajima davanti a loro.
D’altro canto, non si sarebbe mai aspettata tutto quello che era successo.
Entrata al liceo aveva sognato di innamorarsi, sì, aveva anche fantasticato anche su un amore pericoloso e proibito, ma erano solo fantasie che probabilmente poi avrebbe scritto in una storiella.
Era invece sicura che avrebbe trovato un ragazzo più tosto carino per i suoi criteri in una qualche classe, si sarebbero piaciuti e avrebbero avuto una normale storia tra ragazzi, come tutti. Senza dimenticarsi poi del caro Hiroshi… aveva pian piano perso i contatti con lui, conscia che il troppo attaccamento infastidiva Izaya.
Gelosone.
Le scappa un sorriso mesto.
Un anno è davvero troppo lungo.
“Ragazzina…” La voce roca di Heiwajima la richiama alla realtà.
Gli occhi del ragazzo, nascosti dietro gli occhiali, ora la guardano seri e penetranti: “Ti sta davvero bene che lui se ne vada chissà dove abbandonandoti qui? Non fidarti troppo della pulce… se non sei con lui non è assicurato nulla.”
Un brivido gelido immobilizza Yukiko mentre lo sguardo di Shizuo si riconcentra sul nulla.
“Lontano dagli occhi, lontano dal cuore no? Oltretutto, mi sembra ancora così strano che quella cosa abbia preso davvero seriamente una relazione…” Una folata di fumo esce dalle labbra del biondo “… ma… è comunque il tuo uomo no? Non ci trovo davvero senso a lasciarselo scappare così.”
La ragazza rimane immobile, come pietrificata.
Se lo sta davvero facendo scappare?
“Tra un anno qui sarà tutto come lo vedi ora, lo sai bene… e invece lui cambia ogni secondo, è fottutamente irritante…”
Sa quanto per Shizuo sia difficile parlare tranquillamente di Izaya, e si sente quasi onorata che lo stia facendo per lei.
E gli è incredibilmente grata, perché le ha fatto scattare qualcosa.
No, non è sicura di andare via con lui, ma se davvero non seguirlo significa il poterlo perdere, è disposta anche a questo, a vivere lontano, ma con lui.
Però… “Sì… ma è troppo tardi… non ho tempo… Come faccio? Non posso nemmeno fare le valige… o avvisare i miei amici e…”
Vero… ma lei è la ragazza di Izaya, in fondo. La sua vita non può essere diversa da questa, se davvero vuole stare con lui, deve diventare molto più forte di quanto è per assecondarlo e fronteggiarlo.
Ci penso io.”
Un casco d’ombra si materializza attorno al capo di Yukiko, mentre Celty le fa spazio sulla moto.
Sa che Celty e Shizuo sono le uniche persone che avrà il tempo di salutare, e sa che ora sarebbe inutile trattenere le lacrime, perché piangere è la cosa più naturale.
È tutto troppo improvviso… o lo sarebbe per una persona normale.
Ma Yukiko non è normale, non potrebbe mai esserlo, o ad Ikebukuro non sarebbe mai sopravvissuta.
Appena ritroverà stabilità accanto ad Izaya chiamerà Mikado, e piangerà di nuovo. Poi Kida, poi sua madre, e piangerà sempre, ma allo stesso tempo si sentirà sollevata che sia troppo distante per poterla strangolare.
Chiamerà anche Kadota, e anche Shizuo, perché sa che anche lui le mancherà tantissimo.
Scriverà a Celty per tutto il tempo delle sue giornate, tenendoli tutti vicini a sé. Piangendo nel desiderio di rivederli e ridendo nel raccontare loro le avventure bizzarre in cui Izaya sicuramente la trascinerà.
Stringe forte il corpo di Celty tra le braccia, mentre l’aeroporto si avvicina.
Un abbraccio dolce e stretto, un arrivederci prolungato.
“Ti scrivo appena posso.”
Passerà in fretta… Sono solo dei mesi… divertiti!
Un sorriso appare tra le lacrime della ragazza. Un sorriso vero, di qualcuno che sa di avere tanti tesori al suo fianco.
È bastata quella frase di Celty per rassicurarla.
E ora non le resta che correre, correre a cercarlo e a trovarlo.
Non le importa degli spintoni, non le importa delle imprecazioni.
Fa tutto velocemente, tutto il più rapidamente possibile.
Scruta ogni volto, ogni sguardo, anche quelli più improbabili, finché…”Izaya!”
Lontano, in un punto indistinto della fila, qualcuno si sente chiamare.
“Yukiko?”
L’informatore si volta, per constatare la veridicità del suo pensiero, e la vede: piccola, ansimante, con gli occhi ancora lucidi e le labbra piegate in un sorriso.
Le va incontro, ignorando il suo posto nella fila che scompare.
Non può nascondere un sorriso misto tra il compiaciuto e il mesto: “Sei venuta a salutarmi?” Le chiede raggiungendola.
Lei cerca di prendere fiato scuotendo energicamente la testa.
“No… no, no, no, no!” Esclama sventolandogli davanti al naso il biglietto aereo “Vengo con te!”
Gli occhi castani si sgranano leggermente a quell’informazione: “Scherzi?”
No, Izaya Orihara è impreparato. Lei sa sempre coglierlo impreparato.
Forse è per questo che è perfetta.
“No.” Sorride lei, sentendosi stranamente felice.
È felice, se è con lui non può essere diversamente.
Si butta sul suo petto, stringendo tra le dita la sua maglietta nera e respirando il suo profumo simile a quello del gelsomino.
“Vengo con te…” Mormora ancora accoccolata.
Izaya non può fare a meno di stringerla, lasciandole leggeri baci sui capelli.
Le alza il viso, per guardarla.
Lo sa che ha paura, lo sa che sta chiedendo a sé stessa qualcosa di più grande di lei, e sa che è colpa sua se lei è così. Eppure, non può rinunciare al sentirsi come sollevato.
Posa leggero le labbra su quelle di lei, morbide e sue.
Forse quello è l’unico rapporto davvero umano che Izaya abbia mai avuto e avrà, ma per lui basta.
Gli altri umani rimarranno sempre creature da osservare, ma Yukiko rimarrà sempre il suo angelo custode.
Davvero, non è più solo.
 
 

 


-Fine-




Ciao a tutti!
Ecco...come dire... ecco qui la fine. Sì, l'ultimo capitolo. Voi sarete felici, ma a me vien da piangere c.c
Questa fanfiction è durata un sacco, e forse si può vedere anche dal mio modo di scrivere che è vagamente cambiato. Beh, non importa, io ci ho messo davvero il cuore in questa storia. Spero vivamente di non avervi delusi.
Grazie infinite a tutti quelli che hanno seguito questa storia dall'inizio, leggendo semplicemente o scrivendo recensioni, ringrazio chi si è preso la briga di leggere almeno un capitolo, e ringrazio anche tutti quelli che hanno letto amando Izaya e Yukiko.
Non smetterò di scrivere su di loro, ho già pronte altre cosucce che pubblicherò da dicembre, ma per il momento vi lascio respirare.
E ultimo, ma non meno importante, ringrazio sinceramente la mia carissima amica Mari-chan, che si è sforzata di disegnare un certo Izaya Orihara (che le sta proprio simpaticissimo) e ha creato quella bellissima immagine che vedete.
E con questo... chiudo. Spero di rivedervi presto.
Grazie mille, da parte mia, di Izaya e di Yukiko.

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