a love all wrong.

di illwaitbieber
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** 1. chapter ***
Capitolo 3: *** 2. chapter ***
Capitolo 4: *** avviso. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Ero lì, davanti a lui che tremavo. Nelle mani avevo una pistola proprio puntata su quel ragazzo che tanto amavo. Avrei dato la vita per lui.
Sul volto aveva dipinto un'espressione compiaciuta, per niente preoccupata.
Forse perchè secondo lui non avrei avuto il coraggio di premere il grilletto.
Ma si sbagliava di grosso, eccome.
-non avresti il coraggio, Ronnie. Ti conosco troppo bene...-
-mi dispiace deluderti, Justin, ma evidentemente non mi conosci.-
Lui continuava ad avere quel sorrisetto snervante e mi fissava diritto negli occhi.
-avevi detto che mi amavi davvero, che non ci saremo lasciati, che non eri come tuo padre, che non facevi la sua stessa fine, che per te c'ero solo io.- continuavo ad avere la pistola puntata su quel ragazzino mentre le mie mani tremavano -tu mi hai mentito.-
-si può risolvere tutto. Metti giu quella pistola e parliamone da persone mature.- 
Tutti quei momenti con lui erano andati persi, tutte bugie. 
-addio, Justin.- quelle furono le ultime parole che pronunciai prima di sparare.


 

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salve donzelle (?)
questo è il prologo della mia prima ff c:
spero vi piaccia.
siete così gentili da lasciarmi una recensione?
grazie a chi lo fa.
@illwaitbieber on twitter.


 

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Capitolo 2
*** 1. chapter ***


-e adesso dove vai?- ancora lui. ancora quella voce così possente.
-lontano da te!- grido. Anche se avevo davvero paura della sua reazione.
-ti sto dando una vita migliore e questo è il ringraziamento?- parla come se fosse lui il maturo.
Parla come se non se ne fosse andato via lasciandomi con una madre che sfoga la sua rabbia picchiando sua figlia.
Parla come se fosse rimasto da me, a proteggermi.

-tu non mi stai dando una vita migliore. Tu mi sta portando via tutto!- -mi sembri una bambina!- ribatte lui gesticolando.-e sarei io la bambina? Io? Cazzo, Andrew, sei mio fratello! Un bravo fratello non lascia la propria sorella nella mani di una mamma pazza!- i miei passi aumentavano verso di lui.
-dovevo farlo!- e lui indietreggia.

-per cosa? Perché lo hai fatto?- in quel momento volevo scoppiare a piangere, ma dovevo sembrare forte. D'altronde lo sono stata fino ad adesso e non potevo di certo crollare all'improvviso, proprio ora.
-se continui mi costringi a chiamare gli assistenti sociali.- il suo tono di voce si placò e divenne serio.
-non risolverai niente così. Mi manderanno chissà dove e io scapperò lontano. E tu lo sai. - anche io, a sua volta, divenni più seria.
-adesso entra immediatamente in casa. Subito.- strinse i pugni lasciando intravedere che le sua unghie erano quasi infilzate nel palmo della mano tanto da lasciare un segno.
-e se non lo faccio? Che fai? Mi rimandi indietro oppure chiami gli assistenti sociali? - misi le braccia conserte aspettando una sua risposta. 
Ma niente.
Non riuscì a dire niente.
Non rispose.
Se ne andò e io lo fissai. 
Fissavo la maglia che indossava di un blù molto intenso che a prima vista sembrava nero. Si riuscino a vedere i muscoli che possedeva.

Da quando lui se ne andò, mamma uscì automaticamente più fuori di testa. Lui mi disse che doveva andare a studiare in un college, ma non penso fosse davvero questo il motivo.
ogni giorno, dopo scuola, tornavo a casa con la speranza di vedere un piatto sulla tavola, senza vedere lei con una bottiglia di un alcolico nella mano destra e una sigaretta in quella sinistra, con la schiena appoggiata allo schienale del divano e le gambe sul tavolino.
Ogni settimana portava a casa qualche uomo diverso e andava puntualmente nella sua camera da letto con esso incurante del fatto che aveva una minorenne in casa, nella camera affianco alla sua.
Quella casa rimarrà sempre un pensiero fisso.
Quel colore giallo canarino che ogni volta che la guardavo, mi snervava. Ma non so esattamente il motivo.
Un'altra cosa che non scorderò sarà il giorno tre dicembre 2012. Quando tornai a casa e lei non ci stava. Pensai subito che fosse una cosa normale, anche perché i vestiti e le altre sue cose i stavano tutte. I giorni passavano e lei non ritornava. Le bollette e l'affitto ancora non pagato.
Se non fosse stato per i vicini di casa che bussavano costantemente ogni giorno per l'affitto non pagato, io sarei ancora lì. Ma no, loro avevano capito tutta la situazione già da tempo.
Ma ogni volta che bussavano, io fingevo un sorriso e che andasse tutto bene.
Questa tattica ha funzionato veramente per poco.
Mi rimbombano ancora in testa le parole di mio fratello. " ti devo lasciare. Mi dispiace, ma tanto ti chiamerò ogni giorno e ti verrò a trovare. Promesso." si, certo. Si è visto. Nessuna chiamate e nessuna visita.
Tre anni che non lo vedevo e adesso mi catapultano a casa sua come se niente fosse.
Era lui a proteggermi quando la mamma era pronta a darmi uno schiaffo. Lui mi proteggeva.
Ma adesso è cambiato tutto. Forse troppo. Ma lo devo accettare.


Feci un passo indietro e il mio sguardo si posò proprio nella casa affianco a quella di mio fratello. Un pò vecchiotta direi, si vedeva da come era situata. Era di un colore grigio, un colore triste. Un grigiatro che mette l'ansia.
Guardai indietro per vedere dove potessi andare e mi accorsi della presenza di una panchina con dietro degli alberi di fronte, ormai anche mio, appertamento.
Mi andai a sedere lì, come i gomiti sulle ginocchia e la fronte appoggiata ai palmi delle mani.
Odiavo questa situazione. Odiavo il modo in cui mi avevano detto che dovevo trasferirmi a casa di mio fratello. Odiavo mia madre. Odiavo tutto ciò.
-Vaffanculo.- sussurrai.
Ero disparata. Era una situazione tragica. Volevo lui. Il mio eroe. Il mio papi accanto a me. Perchè se ne andato anche lui? Perchè? Malattia del cazzo che me lo ha portato via.
Alzai lo sguardo al cielo e non riuscì neanche ad intravedere un pò di sole.
Udii delle urla dalla casetta grigiastra che già odiavo e riportai lo sguardo nuovamente su di essa. Poi un tonfo e in fine il silenzio.
Mi alzai immediatamente dalla panchina e mi feci un pò più avanti con dei piccolissimi passi e le mani nelle tasche del maglione che portavo.
Vidi la porta aprirsi e fuoriuscire un ragazzo. Incominciò a correre e andò dietro gli alberi che si trovavano di fronte il suo appartamento. Mi incamminai anche io curiosa di cosa potesse fare. Ero parecchio lontana, ma non tanto anche perchè riuscivo a vedere che stava facendo.
Si incominciò a sbottonare la camincia bianca che portava e vidi una chiazza viola molto evidente all'altezza delle costole. Lui sospirò e si mise le mani in fronte.
Feci un'altro passo in avanti e, come sono cretina io, andai a posizionare il piede su un rametto che causò uno scricchiolio.
Lui alzò subito la testa e mi vide. 
Ero nella merda.


TAAAAADAAAAAAAAN!
ed ecco a voi il primissimo capitolo della mia primissima fanfiction seria lol
spero sia di vostro greadimento c:
@illwaitbieber on twitter

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Capitolo 3
*** 2. chapter ***


Si alzò subito in piedi appena i nostri sguardi si incrociarono coprendosi quella specie di livido con la camicia.

-scusa... Non volevo distrubarti.- fu l'unica cosa che riuscì a dire. Portai il mio sguardo verso le mie scarpe. 
Se ne andò. Che tipo strano. 
Per un momento ho avuto paura. Non so neanche io esattamente di cosa, ma mi sembra uno paracchio strano.
Mi sentivo sola, come se tutti mi stessero evitando. 
Mi feci coraggio, feci un bel respiro chiudendo gli occhi, e mi incamminai verso casa.
Appena entrata si sentì subito l'odore di chiuso e di vecchio. Immaginate voi che schifo. 
-che puzza, merda.-
-Ronnie, non incominciare.- mi girai verso destra e lo vidi seduto sul divano con un giornale in mano intento a leggerlo.
-a fare cosa?-
-la tua voce mi irrita.- alzò lo sguardo e ci fissammo.
-a me irrita la tua presenza.-  misi le braccia conserte.
-chiudi la porta.- mi ordinò lui. La guardai e dopo rimisi il mio sguardo su Andrew.
-no.- piegai di poco la testa verso destra e sorrisi. 
-come scusa?- ripieghò il giornale e lo appoggiò bruscamente sul divano così dopo si alzò.
-vai a fare in culo.- risposi tranquilla io scandendo bene le parole.
Non avrei voluto dire quelle cose, ma lui, il suo carattere, il suo atteggiamente, tutto quello che faceva, mi irritava.
Ero stanca. Stanca di questa situazione. Stanca di Andrew. Stanza del fatto che mi hanno mandata a casa sua come se fossi una busta postale. Ero stanca di me. Stanca della mia stessa vita.
Fece un piccolissimo passo in avanti e disse -stronza.- quasi sussurrandolo come se non volesse che io lo sentissi. Strinse i pugni lungo il suo bacino.
-io ti odio!- li strinsi anche io e sbattei un piede per terra, come se fossi una bambina. Dal mio atteggiamento, forse lo ero.
 
 
    Justin
-Justin, lo devi fare. Sennò sai cosa sarei capace di fare.- la sua voce mi inquietava terrore. 
Dovevo farlo. Dovevo un'altra volta impugnare quella pistola, mirare il soggetto, premere il grilletto e il gioco è fatto.
Non è per niente facile, cazzo.  Ero caduto anche io nella sua trappola e ormai era impossibile uscirne. 
-non è poi così tanto difficile.  Abita di fianco a te.- continuò a dire lui.
-quando?- dissi io con quel poco coraggio che mi era rimasto.
-entro una settimana. Ti do una settimana di tempo.-  non feci in tempo neanche a replicare che già aveva chiuso la chiamata.
Appoggia il telefonino sul tavolo della cucina e raggiunsi il divano. Mi sedetti con le mani sulla testa e pensai un piano clausibile per conoscere sto tizio della casa affianco.
 
                                                                       
                                                                                                                             Ronnie
andai a passo svelto verso il divano, mi sedetti e appoggiai i piedi sul tavolino che si trovava proprio davanti.
-giù i piedi.- la sua voce, ancora. 
-smettila.- dissi io fredda senza neanche guardarlo.
-di fare cosa?- cerchò di imitare la mia voce, o almeno così pensavo. Sembrava un misto tra una scimmia in calore e una donna nel bel mezzo del suo parto naturale. Non gli diedi retta e mi guardai intorno.
-questa casa fa schifo.- dissi io.
-scusa, ma non ho i soldi che mi escono dal culo.- rispose lui acido.
-si, ma almeno potresti incominciare a sistemarla.- alzai dei boxer che erano proprio ai piedi del divano.
Corse verso di me e me li strappò di mano.
-quanta aggressività.- sbottai acida -ho fame.-
-alza il culo e preparati qualcosa.-
-preferisco morire di fame.-
-allora sappi che lascerò il tuo corpo dove morirai. Non ho intenzione di venirti incontro, chiamare l'ambulanza per far portare via il tuo corpo.-
-che brutta fine che farò.- alzai lo sguardo al cielo.
Lui se ne andò nella sua camera e sbattè la porta parecchio forte.
-si, però io ho ancora fame!- urlai io per farmi sentire da Andrew.
Sfortunatamente mi dovetti lazare dal divano e dirigermi in cucina per mangiare qualcosa. Aprii il frigo: niente. Aprii alcune ante della cucina: niente.
Bene. Allora morirò veramente di fame.
Avvisai Andrew che sarei uscita per mangiare. Poco distante da casa trovai un piccolo pub.
Entrai e ordinai un panino, così nell'attesa mi andai a sedere.  
Presi il mio cellulare anni cinquanta ormai e incominciai a digitare numeri a casaccio, così per perdere tempo.
Sentii il tintinnio delle piccole campanelline sopra la porta d'ingresso del pub e così io alzai lo sguardo. Indovinate un pò?
Era il tizio con il grosso livido. Portava un pantalone di jeans sotto al sedere, una felpa e un cappello dell'NY.
Camminava a testa bassa e aveva un'andatura piuttosto buffa. 
Smisi di "analizzarlo" quando una donna mi porto quello che poco fa avevo ordinato. Incomincia a mangiarlo quando il mio telefono incominciò a squillare.
Era Andrew e mi chiese dove stavo, con chi e cose del genere. Una parole per descriverlo: rompicoglioni.
Mi chiese se ricordavo dove stava casa, cioè, manco fossi andata via per trent'anni o più.
Me la fece più volte ripetere ad alta voce e vi posso giurare che sembravo una demente.
Dopo qualche minuto mi stancai e attacchai senza neanche salutarlo.
 
 
     Justin
La ragazza che ho avanti a me e proprio la stessa che prima mi ha visto nascosto dietro quell'albero.
Ho appena sentito che abita di fianco a me. Evidentemente è una parente o un'amica della mia preda. Si alzò subito in piedi e scattai anche io dalla sedia. Decisi di seguirla, per avere la certezza che abitassi vicino casa mia. 
 
 
      Ronnie
Pagai e uscì dal pub. Notai che il cielo già era diventato blu pesto e la strada per tornare a casa, con questo cielo, era inquietante.
Misi le mani nelle tasche della felpa e raggiunsi casa con passo svelto. 
-sono tornata!- urlai chiudendo la porta alle mie spalle.
 
                                                                                                                             Justin
                                                                        Adesso ho la conferma che  abita lì. Bene. In fondo tutto ciò mi facilita il lavoro.


Ciao belle pulzelle :)
vi è piaciuto il capitolo?
potete lasciare anche un piccola e insignificante recensione? lol
grazie
@illwaitbieber on twitter

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Capitolo 4
*** avviso. ***


ciao, meraviglie.
volevo dirvi che penso di non continuare più la fanfiction.
però cercherò di scrivere una nuova storia hsicxiks
scusate se ci siete rimaste male ma penso che non vi interessi se continuo o no lol
ciao ciao e grazie 

-vi voglio bene

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