Si alzò subito in piedi appena i nostri sguardi si incrociarono coprendosi quella specie di livido con la camicia.
-scusa... Non volevo distrubarti.- fu l'unica cosa che riuscì a dire. Portai il mio sguardo verso le mie scarpe.
Se ne andò. Che tipo strano.
Per un momento ho avuto paura. Non so neanche io esattamente di cosa, ma mi sembra uno paracchio strano.
Mi sentivo sola, come se tutti mi stessero evitando.
Mi feci coraggio, feci un bel respiro chiudendo gli occhi, e mi incamminai verso casa.
Appena entrata si sentì subito l'odore di chiuso e di vecchio. Immaginate voi che schifo.
-che puzza, merda.-
-Ronnie, non incominciare.- mi girai verso destra e lo vidi seduto sul divano con un giornale in mano intento a leggerlo.
-a fare cosa?-
-la tua voce mi irrita.- alzò lo sguardo e ci fissammo.
-a me irrita la tua presenza.- misi le braccia conserte.
-chiudi la porta.- mi ordinò lui. La guardai e dopo rimisi il mio sguardo su Andrew.
-no.- piegai di poco la testa verso destra e sorrisi.
-come scusa?- ripieghò il giornale e lo appoggiò bruscamente sul divano così dopo si alzò.
-vai a fare in culo.- risposi tranquilla io scandendo bene le parole.
Non avrei voluto dire quelle cose, ma lui, il suo carattere, il suo atteggiamente, tutto quello che faceva, mi irritava.
Ero stanca. Stanca di questa situazione. Stanca di Andrew. Stanza del fatto che mi hanno mandata a casa sua come se fossi una busta postale. Ero stanca di me. Stanca della mia stessa vita.
Fece un piccolissimo passo in avanti e disse -stronza.- quasi sussurrandolo come se non volesse che io lo sentissi. Strinse i pugni lungo il suo bacino.
-io ti odio!- li strinsi anche io e sbattei un piede per terra, come se fossi una bambina. Dal mio atteggiamento, forse lo ero.
Justin
-Justin, lo devi fare. Sennò sai cosa sarei capace di fare.- la sua voce mi inquietava terrore.
Dovevo farlo. Dovevo un'altra volta impugnare quella pistola, mirare il soggetto, premere il grilletto e il gioco è fatto.
Non è per niente facile, cazzo. Ero caduto anche io nella sua trappola e ormai era impossibile uscirne.
-non è poi così tanto difficile. Abita di fianco a te.- continuò a dire lui.
-quando?- dissi io con quel poco coraggio che mi era rimasto.
-entro una settimana. Ti do una settimana di tempo.- non feci in tempo neanche a replicare che già aveva chiuso la chiamata.
Appoggia il telefonino sul tavolo della cucina e raggiunsi il divano. Mi sedetti con le mani sulla testa e pensai un piano clausibile per conoscere sto tizio della casa affianco.
Ronnie
andai a passo svelto verso il divano, mi sedetti e appoggiai i piedi sul tavolino che si trovava proprio davanti.
-giù i piedi.- la sua voce, ancora.
-smettila.- dissi io fredda senza neanche guardarlo.
-di fare cosa?- cerchò di imitare la mia voce, o almeno così pensavo. Sembrava un misto tra una scimmia in calore e una donna nel bel mezzo del suo parto naturale. Non gli diedi retta e mi guardai intorno.
-questa casa fa schifo.- dissi io.
-scusa, ma non ho i soldi che mi escono dal culo.- rispose lui acido.
-si, ma almeno potresti incominciare a sistemarla.- alzai dei boxer che erano proprio ai piedi del divano.
Corse verso di me e me li strappò di mano.
-quanta aggressività.- sbottai acida -ho fame.-
-alza il culo e preparati qualcosa.-
-preferisco morire di fame.-
-allora sappi che lascerò il tuo corpo dove morirai. Non ho intenzione di venirti incontro, chiamare l'ambulanza per far portare via il tuo corpo.-
-che brutta fine che farò.- alzai lo sguardo al cielo.
Lui se ne andò nella sua camera e sbattè la porta parecchio forte.
-si, però io ho ancora fame!- urlai io per farmi sentire da Andrew.
Sfortunatamente mi dovetti lazare dal divano e dirigermi in cucina per mangiare qualcosa. Aprii il frigo: niente. Aprii alcune ante della cucina: niente.
Bene. Allora morirò veramente di fame.
Avvisai Andrew che sarei uscita per mangiare. Poco distante da casa trovai un piccolo pub.
Entrai e ordinai un panino, così nell'attesa mi andai a sedere.
Presi il mio cellulare anni cinquanta ormai e incominciai a digitare numeri a casaccio, così per perdere tempo.
Sentii il tintinnio delle piccole campanelline sopra la porta d'ingresso del pub e così io alzai lo sguardo. Indovinate un pò?
Era il tizio con il grosso livido. Portava un pantalone di jeans sotto al sedere, una felpa e un cappello dell'NY.
Camminava a testa bassa e aveva un'andatura piuttosto buffa.
Smisi di "analizzarlo" quando una donna mi porto quello che poco fa avevo ordinato. Incomincia a mangiarlo quando il mio telefono incominciò a squillare.
Era Andrew e mi chiese dove stavo, con chi e cose del genere. Una parole per descriverlo: rompicoglioni.
Mi chiese se ricordavo dove stava casa, cioè, manco fossi andata via per trent'anni o più.
Me la fece più volte ripetere ad alta voce e vi posso giurare che sembravo una demente.
Dopo qualche minuto mi stancai e attacchai senza neanche salutarlo.
Justin
La ragazza che ho avanti a me e proprio la stessa che prima mi ha visto nascosto dietro quell'albero.
Ho appena sentito che abita di fianco a me. Evidentemente è una parente o un'amica della mia preda. Si alzò subito in piedi e scattai anche io dalla sedia. Decisi di seguirla, per avere la certezza che abitassi vicino casa mia.
Ronnie
Pagai e uscì dal pub. Notai che il cielo già era diventato blu pesto e la strada per tornare a casa, con questo cielo, era inquietante.
Misi le mani nelle tasche della felpa e raggiunsi casa con passo svelto.
-sono tornata!- urlai chiudendo la porta alle mie spalle.
Justin
Adesso ho la conferma che abita lì. Bene. In fondo tutto ciò mi facilita il lavoro.
Ciao belle pulzelle :)
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grazie
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