Die in your arms

di arthursheart
(/viewuser.php?uid=154379)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Is it a different Sunday? No, it isn't! ***
Capitolo 2: *** Justin Bieber is back in Stratford! ***
Capitolo 3: *** She’s alone ***
Capitolo 4: *** A new friend and a new Jennifer ***
Capitolo 5: *** I can’t believe it! ***
Capitolo 6: *** Are you ready for the new cd? ***
Capitolo 7: *** Los Angeles we're coming! ***
Capitolo 8: *** Under the mistletoe ***
Capitolo 9: *** Everything will change ***
Capitolo 10: *** I'm afraid ***
Capitolo 11: *** The training begins! ***
Capitolo 12: *** I’m late ***
Capitolo 13: *** Am I falling in love? ***
Capitolo 14: *** Don’t worry, Scooter! ***
Capitolo 15: *** Merry Christmas! ***
Capitolo 16: *** Paparazzi ***
Capitolo 17: *** The truth is... ***
Capitolo 18: *** First 'mission' ***
Capitolo 19: *** The copy ***
Capitolo 20: *** Unexpected words ***
Capitolo 21: *** We are a team ***
Capitolo 22: *** ... ***
Capitolo 23: *** Who are you? ***
Capitolo 24: *** I missed you, is it the same? ***
Capitolo 25: *** I'm sorry ***
Capitolo 26: *** I’m going to help you ***
Capitolo 27: *** « You have to learn to repress your feelings » ***
Capitolo 28: *** What's happened? ***
Capitolo 29: *** Don't be afraid of me ***
Capitolo 30: *** Where is Jennifer? ***
Capitolo 31: *** I wait for the wake up of Jennifer ***
Capitolo 32: *** I'll kill him ***



Capitolo 1
*** Is it a different Sunday? No, it isn't! ***


Quella mattina la sveglia non suonò, forse la ragazza che dormiva beata nel suo letto la sera precedente aveva dimenticato di impostarla.
Era autunno e la finestra della sua camera era chiusa, ma un raggio di sole riuscì ad oltrepassare le tende e a illuminare buona parte della stanza. Non era una camera disordinata perché la ragazza non possedeva molte cose. Nonostante la sua famiglia fosse abbastanza ricca, lei non amava spendere soldi.
La porta della sua camera si aprì lentamente e una giovane donna si avvicinò al letto, poi quasi sussurrando, disse:
“Jennifer cara dovresti svegliarti.”
La ragazza si mosse lentamente e disse alla madre: “Non voglio andare a scuola!”
“Oggi non c’è scuola, è domenica, e tu lavori la domenica”
Jennifer si alzò di scatto e guardò l’orologio, poi corse in bagno urlando: “Perché non mi hai svegliata prima?! Di sicuro oggi farò tardi” per poi chiudersi la porta alle spalle.
Prima di entrare nella doccia si guardò allo specchio e la solita espressione di disgusto si disegno sul suo volto. Non si reputava una di quelle ragazze bellissime con un fisico mozzafiato, anzi era l’esatto opposto. Anche se aveva iniziato la dieta da qualche mese e andava in palestra quasi ogni giorno, continuava ad avere qualche chilo di troppo. Il suo viso era un po’ tondo e pallido; aveva gli occhi molto grandi e i capelli di una lunghezza media, entrambi color castano scuro; aveva le labbra carnose e il naso era l’unica cosa che le piaceva perché era diritto con la punta un po’ all’insù.
Dopo la doccia, lavò i denti e poi si precipitò davanti l’armadio. Indossò uno dei suoi enormi felponi che le arrivavano fino al sedere, un jeans e le sue amate adidas.
Una volta pronta scese al piano inferiore.
“Mamma sono pronta, vado altrimenti faccio troppo tardi.” disse la ragazza appena entrò in cucina.
La madre era di spalle e stava preparando il caffè.
“Va bene tesoro. Torni per pranzo o sei a casa direttamente per la cena?” ecco che arrivava la solita domanda della domenica mattina.
“Arriverò lì in ritardo quindi mi farà lavorare anche il pomeriggio. Ci vediamo stasera” rispose lei cercando di svignarsela prima che la madre potesse aggiungere altro.
Mentre apriva la porta d’ingresso, però, la madre la raggiunse e con un enorme sorriso le disse:
“Stasera abbiamo ospiti. Una mia vecchia amica viene qui con il figlio e un amico. Si è trasferita nella casa accanto alla nostra.”
Jennifer la scrutò, alzando le sopracciglia, e pensò che non fosse una novità che avessero ospiti la domenica sera.
“E devo essere presente?” chiese, facendo capire alla madre che non era affatto interessata alla cena.
Odiava quando c’erano ospiti, si vergognava troppo perché erano tutti perfetti e lei si sentiva una terza incomoda.
“Certo che devi essere presente, anche solo per presentarti,  sanno che ho una figlia. Il figlio di questa mia amica verrà a scuola con te, potreste diventare amici.” disse, sorridendo, la madre.
“Non ho bisogno di un nuovo amico, ne ho già uno e sto bene così” esclamò, quasi urlando. Era stanca di sentire sempre i soliti discorsi riguardo l’amicizia, quindi per liberarsi, si affrettò ad aggiungere: “Adesso se non ti dispiace ho già fatto tardi”
Uscì dalla casa e iniziò a camminare verso il luogo in cui lavorava.
Mentre camminava ripensò all’ultima cosa che aveva detto alla madre, forse era stata un po’ dura, ma non era la prima volta che affrontavano l’argomento e che lei rispondeva in quel modo.
Aveva un solo amico che ormai considerava come un fratello e lui le era sempre stato vicino, soprattutto a scuola dove la ragazza era ormai la preda preferita dei giocatori di basket e delle cheerleader che la insultavano quasi ogni giorno. E lui era lì, pronto a difenderla, perché lei non ci riusciva.
Ad ogni insulto che riceveva si sentiva male, non riusciva a parlare e correva a rifugiarsi in bagno. Forse era conosciuta in quella scuola solo perché “i popolari” la prendevano in giro fin dal primo anno.
Immersa nei suoi pensieri arrivo al bar in cui lavorava e il proprietario la raggiunse, urlando.
“Finalmente Jennifer! Non sai quanto sono stato in pensiero, pensavo che ti fossi ammalata o, peggio, che ti fosse successo qualcosa mentre venivi qui. Meno male che è solo un piccolo ritardo” disse per poi abbracciarla.
La ragazza all’inizio si stupì perché si aspettava un enorme rimprovero, ma poi ricordò che il signor Costa non era mai stato molto severo con lei.
“Mi scusi tanto, stamattina la sveglia non è suonata e ho fatto un po’ tardi. Lavorerò anche oggi pomeriggio” si giustificò la ragazza.
“Mia cara Jennifer non c’è bisogno. Tu sei sempre puntuale e poi sei stanca a causa della scuola. Usa il pomeriggio per riposare.” disse il signor Costa mentre ritornava dietro il bancone.
“Ma dico davvero! Voglio lavorare anche oggi pomeriggio” disse con un filo di irritazione nella voce. Non poteva tornare a casa presto, non voleva.
“Tua madre ha ospiti a casa, vero?” le chiese. Lo sapeva, perché quasi tutte le domeniche la ragazza chiedeva, anzi supplicava, di poter restare anche il pomeriggio.
“Si.” Rispose abbassando gli occhi.
“Va bene, lavori tutta la giornata. Ma..”
“Ma senza la paga per gli straordinari. Si lo so. Grazie mille!” lo interruppe Jennifer, con un enorme sorriso stampato in faccia.
Mentre metteva al collo il nastro con il cartellino, su cui era scritto che faceva parte dello staff, iniziò il notiziario della sua città.
 
< Buongiorno oggi, 16 ottobre 2011, sono in diretta da Stratford. Aspetto qui, con decine di fans, il famoso cantante Justin Bieber. Ritorna a vivere qui nella sua città natale con la madre e il suo manager Scooter Braun. Non sappiamo ancora quale sia la casa dove alloggeranno e per quanto tempo si fermeranno. Spero che… >
 
Jennifer si allontanò dalla televisione e si avvicinò ad un tavolo, che era appena stato occupato, per prendere le ordinazioni.
“Allora. Cosa volete che vi porti?” chiese gentilmente alle due ragazze che aveva di fronte. Dopo qualche istante di silenzio, però, la cameriera alzò gli occhi dal libretto per guardarle: loro avevano gli occhi fissi su quella che poi scoprì essere la televisione. Si rivolse di nuovo alle ragazze.
“Scusate se vi disturbo. Volete ordinare qualcosa?” disse a voce un po’ più alta e in modo più scontroso; stava perdendo la pazienza. C'erano altri clienti, e lei non poteva perdere tempo.
“Puoi aspettare qualche minuto? C’è il nostro idolo alla tv!” disse una delle due, la bionda.
“Hai visto Charlie? Hanno detto che è appena arrivato e vivrà qui! Così abbiamo una possibilità di incontrarlo!” disse la mora.
Si scambiarono uno sguardo e poi iniziarono a gridare come due matte.
“Ehi voi! Scusate questo è un bar non un locale per le feste!” le rimproverò.
“Come mai non sei felice? È appena arrivato in città Justin Bieber, l’idolo di milioni di ragazze nel mondo” esclamò la mora con tono irritato.
“Non mi interessa.” rispose Jennifer.
“Non ti interessa? Ma dove abiti? A Narnia?” la guardò super sorpresa la bionda.
“Sentite voi due! Io qui sto lavorando e non posso fermarmi a chiacchierare, posso avere la vostra ordinazione?” disse urlando. Aveva definitivamente perso la pazienza.
Tutti i presenti iniziarono a guardarla, quindi lei capì di doversi calmare.
“Va tutto bene, non è successo niente” disse, poi si rivolse di nuovo alle ragazze, ma questa volta senza urlare “Allora cosa volete ordinare?”
“Due lattine di coca-cola, grazie!” rispose la bionda un po’ irritata.
Jennifer alzò un sopracciglio, non capendo perché quella ragazza si fosse arrabbiata. La guardò un’ultima volta, prima di girarsi e andare a prendere le ordinazioni.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Justin Bieber is back in Stratford! ***


“Justin ci sono troppe persone, non puoi uscire!” disse l’uomo seduto in sala d’attesa.
“Lo so, Scooter, li ho visti. Che facciamo?” chiese il ragazzo con aria smarrita.
“Potremo chiamare il notiziario e dire che arriviamo domani, perché abbiamo perso l’aereo. Aspettiamo che inizino a diminuire le persone che sono qui fuori e usciamo!” spiegò il suo manager.
“È una splendida idea! Adesso chiamo subito il notiziario!” disse la madre lasciandoli da soli.
Justin guardò la madre mentre si allontanava, avrebbe preferito restare con lei anziché con Scooter.
Ormai erano giorni che evitava di restare solo con il suo manager, dopo quella famosa mattinata, in cui uomini sconosciuti decisero il futuro della sua vita.
Aveva subito pensato di accettare, ma in qualsiasi caso sarebbe stato costretto a farlo, ormai lo aveva capito.
Scooter, che quel giorno era con lui, conosceva tutto, ed erano incastrati in questa cosa insieme.
Nel frattempo Pattie era tornata da loro, dopo la telefonata.
“Ragazzi ho chiamato il notiziario, e sotto falso nome ho detto di aver visto Justin Bieber ancora all’aeroporto che si lamentava di aver perso l'aereo."
“Ben fatto Pattie!” disse Scooter, sorridendo alla donna.
Justin aveva prestato poca attenzione al piccolo scambio di battute, poiché era sempre più perso nei suoi pensieri.
Arrivò alla conclusione che, forse, non sarebbe stato tanto male ciò che lo aspettava.
Aspettarono il tempo necessario a far andare via tutte le persone presenti fuori l’aeroporto, poi velocemente raggiunsero un taxi.
Dopo circa un quarto d’ora arrivarono al cancello di una bellissima villa a due piani.
“È una casa grandissima, non è esagerata?” esclamò Pattie mentre entravano.
“No, Pattie va bene. Non vogliamo mica che la superstar Justin Bieber abiti in un piccolo appartamento di città? Suvvia” disse ridendo l’uomo.
“Le nostre valigie?” chiese Justin che aveva appena raggiunto i due.
“Sono qui da qualche giorno, dovresti saperlo” rispose la donna.
“Si, giusto. Scusa, l’avevo dimenticato” mormorò lui, scuotendo la testa.
Era circa una settimana che aveva sempre la testa tra le nuvole, pensando a tutto e a niente.
La cosa più importante però era che non gli avevano tolto la musica e le sue Beliebers, avendogli imposto di continuare la sua vita normale per non destare sospetti.
“Perché non vai a sistemare le tue cose? Così scegli anche la tua stanza” gli disse sorridendo la madre.
“Ha ragione tua madre, dai vieni che ti aiuto” disse Scooter, tirandogli la maglietta, costringendolo quindi a salire le scale.
Lo portò in una grande stanza. C’era un letto matrimoniale, un ampio armadio, una scrivania e una finestra molto grande.
“Ecco: questa è la tua stanza.”
Justin si guardò intorno, notando che in un angolo della camera c’erano le sue valigie proprio come gli aveva detto la madre.
Quando tornò a guardare Scooter, egli stava chiudendo la porta della camera a chiave.
“Ehi! Che fai?” chiese Justin mentre si avvicinava a lui.
“Calma, calma signorino! Dobbiamo parlare, quindi dammi il tuo cellulare”
“Non abbiamo niente da dirci” disse il ragazzo a mo’ di sfida, mentre dava il suo cellulare all’uomo che aveva di fronte.
“Invece credo di si” fece una pausa per poter spegnerli entrambi.
"Mi sbaglio o è una settimana che mi stai evitando?”
“No, non sbagli” rispose, sussurrando. Per quanto volesse essere arrabbiato con quell’uomo non ci riusciva e non riusciva neanche a mentirgli.
“Lo sai che non è colpa mia. Ne sapevo meno di te prima di quella riunione” disse a bassa voce il suo manager.
“Lo so Scooter, scusa. Ho solo un po’ paura. Potrei rischiare la vita per qualcosa che non mi riguarda” disse il ragazzo stendendosi sul letto.
“Ormai ti riguarda, e riguarda anche me. Sei stato scelto. E dovrai eseguire gli ordini.”
“Perché siamo qui a Stratford?” chiese il ragazzo, dopo qualche attimo di silenzio.
“Tu sei di Stratford, no?” disse Scooter, come se volesse arrivare ad una conclusione ovvia.
“Niente giri di parole, se devo fare ciò che dicono, voglio anche sapere perché. Devi dirmi tutto quello che sai” disse Justin sedendosi.
Scooter si sedette accanto al ragazzo.
“Tu sei nato e vissuto qui. Loro ti hanno osservato e ti hanno scelto per qualche motivo a noi ancora sconosciuto. Adesso vogliono che trovi una compagna, non puoi affrontare questa cosa da solo, e deve essere una ragazza. Hanno detto che prima di rivelarle tutto devono prima vederla” fece una piccola pausa per cercare di capire cosa il ragazzo stesse pensando, non ci riuscì quindi continuò: “Credo che loro già sappiano chi dovrebbe essere la tua compagna di avventura, ma ti stanno mettendo alla prova per vedere se riesci a trovarla. Non ti hanno dato nessuna scadenza, anche perché devi prepararti bene, per questo volevo proporti di iscriverti in palestra. Così ti allenerai e potrai iniziare lì la tua ricerca.” concluse poi.
“Sai quante ragazze ci sono qui a Stratford? Sarà difficilissimo” si lamentò il ragazzo.
“Ricorda che devi analizzare le capacità della ragazza. Hai ancora tempo, non fare niente di affrettato. L’hai detto tu, no? Potresti rischiare la vita, quindi devi prima di tutto preparati bene fisicamente. La palestra dove potresti iscriverti ha un'ampia scelta ed è fornita di qualsiasi tipo di attrezzo e ha istruttori molto capaci in molti sport. Potresti provarli tutti.”
Il ragazzo a queste parole sbuffò pesantemente: “Mi dici come faccio? Non sono indistruttibile”
Scooter si avvicinò all’orecchio del ragazzo in modo che sentisse solo lui, e disse:
“Ti do un piccolo aiutino: c’è una persona in quella palestra che si allena in tutto”
Justin spalancò gli occhi, non poteva credere a quello che aveva sentito!
“Ma è un maschio o una femmina? Ma allora.. Tu sai chi è la ragazza che devo scegliere?!” il ragazzo iniziò ad andare su di giri.
“Mi hanno detto solo questo, ma volevo tenerti sulle spine” esclamò Scooter facendogli l’occhiolino.
“Brutto bastardo!” Justin si buttò sull’uomo e iniziarono ad improvvisare una lotta.
Dopo qualche minuto Scooter iniziò ad urlare, ridendo: “Ok mi arrendo! Hai vinto!”
“Ecco bravo, adesso sì che ragioniamo! Contro Justin Bieber nessuno può vincere!” il ragazzo guardò l’uomo che aveva di fronte e iniziarono a ridere.
“Allora c’è qualcos’altro che vogliono che io sappia?” chiese Justin, facendosi serio all’improvviso.
“Beh devi scoprire chi è la ragazza e conoscerla bene. Dovete diventare amici e devi ottenere la sua fiducia prima che la portiamo lì e che tu gli riveli tutto”
“Aspetta! No no no no! Non posso essere io a parlarle di questa cosa” protestò il ragazzo.
“Devi essere tu a dirglielo perché lei a quel punto si fiderà di te, non di me e non di quei tizi sconosciuti, e potrebbe non reagire bene e scatenare qualcosa di spiacevole” disse Scooter.
“Non possono ucciderla. Se mi fossi rifiutato io, loro mi avrebbero controllato ma non ucciso” disse scandalizzato Justin.
“Tu sei un cantante famoso, tutti noterebbero la tua sparizione improvvisa, lei invece è una ragazza normale. Sai quante ragazze al mondo vengono rapite e poi non ritrovate più?!”
Justin stava per continuare a protestare quando qualcuno bussò alla porta della sua stanza.
“Justin, Scooter siete lì?” era Pattie.
“Sì, mamma, siamo qui” rispose il ragazzo.
“Ero venuta a ricordarvi che stasera siamo ospiti a cena da quella mia vecchia amica”
“Sì, certo, non l’avevamo dimenticato” la rassicurò il ragazzo, cercando di trattenere una risata.
L’avevano dimenticato.
Scooter uscì dalla stanza e lasciò il ragazzo da solo.
Justin aprì una delle valigie e iniziò a cercare qualche vestito adatto ad una cena.  Infine optò per un jeans, una semplice maglietta e le sue immancabili supra. Fece una doccia veloce, si vestì e poi si fermò a guardare il suo riflesso nello specchio. Non si riconosceva più da una settimana. Sentiva di avere una responsabilità enorme sulle spalle anche se non sapeva praticamente nulla.
Si girò di scatto cercando di cancellare quei pensieri che lo tormentavano e uscì da quella stanza.
“Oh Justin finalmente sei pronto. Su, andiamo che ci staranno già aspettando” esclamò Pattie appena vide il figlio raggiungerli. Lei e Scooter erano seduti sul grande divano beige, al centro dell'enorme salone.
Era una stanza molto semplice con le pareti bianche, due grandi finestre con tende dello stesso beige del divano e, unico particolare tecnologico, un'enorme tv.
In quella casa tutto sembrava più grande del normale.
“Ehi Justin! Avrai altre occasioni per osservare la tua nuova casa, dobbiamo andare adesso” disse ridendo Scooter sull’uscio.
“Si, scusa Scoot. Mia madre è già uscita?” chiese il ragazzo raggiungendolo ed uscendo dalla casa.
“Si, è sul vialetto. È molto eccitata di rincontrare la sua vecchia amica. Sembra una bambina che ha appena ricevuto una nuova bambola” disse l’uomo chiudendo la porta d’ingresso.
“Sbaglio o ti luccicano gli occhi?! Scoot, è mia madre” disse Justin diventando improvvisamente serio.
“Che fanno i miei occhi?! Justin ma sei fuori di testa?” sbuffò l’uomo mentre s’incamminava per raggiungere la donna che li aspettava già fuori la porta della casa accanto.
“Non sono fuori di testa, ma non farti venire strane idee eh” disse Justin guardandolo negli occhi.
“Non ho mai strane idee e adesso raggiungiamo tua madre”

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** She’s alone ***


“Ci vediamo domenica prossima” le disse il signor Costa mentre chiudeva il bar.
“Certo signore. Buona serata” si congedò la ragazza, incamminandosi verso casa.
Aveva quel lavoro a causa della mamma: prima dell'inizio della scuola, le aveva dato un ultimatum: o si trovava un lavoro o la aiutava con le faccende domestiche; la donna voleva che la figlia diventasse più responsabile. Non che lei non lo fosse ma, per i genitori, i figli non lo sono mai abbastanza e con questo ultimatum sapeva che Jennifer avrebbe scelto la prima opzione dato che aveva sempre odiato svolgere le faccende domestiche.
Quella sera la temperatura non era molto bassa, quindi era piacevole fare due passi. Stava camminando lentamente, preferiva arrivare il più tardi possibile e chiudersi in camera. Solo in quel momento scoprì di aver dimenticato il cellulare a casa, nella fretta di uscire, quindi non conosceva l’orario esatto.
Camminava a testa bassa e non aveva ancora visto i ragazzi che, qualche metro più avanti, sedevano su una panchina. Alzò lo sguardo quando ormai non poteva più cambiare strada perché la notarono subito, anche se non era molto vicina. Uno di loro si alzò sorridendo, e parlo alzando la voce, cosicché lei lo sentisse:
“Ehi sfigata! Dov’è il tuo amichetto? Si è stancato di te?!”
Jennifer continuò a camminare con lo sguardo basso, sperando che in questo modo la lasciassero in pace. Arrivata in prossimità della panchina, si mantenne lontana da loro di qualche metro mentre gli passava davanti.
“Sto parlando con te, sei maleducata se eviti le persone in questo modo. Dai fermati!” la fermò afferrandola per un braccio. La ragazza si liberò dalla presa e si girò trovandosi il ragazzo molto, troppo vicino.
“Che vuoi?” chiese, mantenendo il tono di voce quanto più freddo possibile.
“Sai una cosa? Da vicino sei molto più brutta” disse ridendo, provocando una risata generale.
La ragazza lo guardò, non disse niente poi si girò e iniziò a camminare di nuovo. Non sopportava quei ragazzi, e non sopportava dover ascoltare sempre le stesse parole e non riuscire ad evitarle.
“Non sai difenderti da sola eh? Senza quel tuo amichetto sei una nullità” questa era un’altra voce.
La ragazza si fermò e si girò. Tutti i ragazzi si erano alzati e avevano gli occhi puntati sulla sua figura.
“Ma ti basta guardarla per capire che è una nullità! È brutta, grassa e sfigata!” aggiunse subito il primo ragazzo.
La ragazza iniziò a correre verso casa sua, non vedendo l’ora di essere da sola in camera.
Non voleva che quei ragazzi la vedessero piangere, perché non voleva che iniziassero a prenderla in giro anche per le sue lacrime.
Arrivò davanti la porta di casa sua e sperò con tutto il cuore che ad aprirla fosse suo padre, che l'aveva vista piangere altre volte. Non chiedeva mai spiegazioni si limitava ad abbracciarla, pensando che fossero cose da adolescenti in cui non dover entrare.
E fortunatamente quando la porta si aprì lei vide l’uomo che tanto amava farle spazio per entrare.
Si fiondò tra le sue braccia e lo abbracciò fortissimo, non riuscendo a trattenere le lacrime. L’uomo capì che qualcosa non andava così iniziò ad accarezzarle i capelli.
“Puoi dire a mamma che sono stanca?” chiese tra un singhiozzo e l’altro.
“Certo piccola, ma sai che non sarà affatto contenta che non ti presenti agli ospiti e probabilmente verrà a chiamarti.” disse a bassa voce il padre.
“Lo so. Dille che mi presenterò un altro giorno alla sua amica. Per favore!” Guardò il padre con gli occhi pieni di lacrime.
“Certo piccola, vai a riposare adesso”
La ragazza corse in camera sua, chiuse la porta a chiave, e si buttò a peso morto sul letto.
Non riusciva a non pensare a tutte quelle parole.
“Senza quel ragazzo sei una nullità”
Iniziò a piangere.
Sapeva che aveva ragione, era la prima a considerarsi una nullità con o senza il suo migliore amico.
Non era in grado di reagire, non sapeva difendersi, e doveva sempre intervenire lui per bloccare tutti gli insulti che riceveva.
Continuava a piangere a singhiozzi, affondando la testa nel cuscino.
Ad un certo punto allungò una mano sul comodino, dove sapeva di aver lasciato il cellulare e lo afferrò.
Non aveva ricevuto nessun messaggio.
Un senso di vuoto si impossessò del suo stomaco, e in quel momento si sentì sola.
In quel momento capì che quella sarebbe stata una di quelle notti che trascorreva a piangere, dormendo pochissimo.
Restò sul letto per molto tempo, alternando momenti di pianto a momenti di silenzio in cui osservava il buio.
Dopo un bel po’ di tempo, si alzò per andare a sciacquare il viso, e per farsi una bella doccia calda.
 
Uscì dalla cabina doccia e indossò il suo accappatoio, poi si guardò allo specchio, e involontariamente le lacrime iniziarono a scendere da sole.
“Brutta, grassa e sfigata”
Gli rimbombavano ancora in testa quelle parole perché non riusciva a fare finta di niente.
Si asciugò in fretta e dopo aver indossato il pigiama si rifugiò sotto il piumone.
Quella notte non riuscì a dormire, si girava e rigirava nel letto, cambiava posizione ogni due secondi, e non riusciva a fermare le lacrime.
A volte era pesante, troppo.
Riusciva a ricordare gli insulti per settimane e ripensarci sempre fin quando il dolore era troppo forte e restava intere notti sveglia a piangere.
Ormai lei era abituata a tutto questo, il suo amico invece no.
Iniziò a pensare a lui, al fatto che la conosceva benissimo, era capace di capire che qualcosa non andava dai suoi occhi, a volte anche dal tono di voce che usava.
Ci mise solo alcuni istanti per realizzare che doveva cercare un modo per nascondere i segni della sua notte insonne e dei suoi occhi, sicuramente, rossi, così da non farlo andare su di giri. Impresa assolutamente difficile, perché ormai lui la conosceva come le sue tasche.
Decise che avrebbe usato un bel po’ di correttore per coprire le profonde occhiaie che si sarebbe ritrovata, ma sapeva che era inutile.
 
Si alzò dal letto quando vide che il cielo iniziava a schiarirsi.
Controllò l’orario: erano le sei.
Decise di fare un’altra doccia, solo per rilassarsi un po’.
Indossò una felpa e un pantalone nero e le converse dello stesso colore, voleva essere più invisibile degli altri giorni, dato che aveva un aspetto tremendo.
Restò molto tempo allo specchio.
Cercò di coprire al meglio le occhiaie, truccando l’occhio anche con una matita nera per nasconderle meglio.
Una volta finito, prese la borsa e uscì dalla stanza.
Entrò in cucina dove i genitori stavano guardando il notiziario.
“Buongiorno” disse la ragazza, cercando di trasmettere entusiasmo.
“Buongiorno tesoro! Come stai? Tuo padre ieri ha detto che eri molto stanca” disse la madre, girandosi verso di lei.
“Sto bene, mi serviva solo una bella dormita.” disse la ragazza, sedendosi accanto al padre.
“Ti sei truccata? Oh! C’è qualche ragazzo che ti interessa?” disse la madre, fissandola con un sorriso enorme.
“Ma che dici? Mi sono truccata perché avevo un po' di tempo in più” mentì la ragazza.
“Va bene” disse la madre, con aria triste.
Poi però sorrise all’improvviso.
“Peccato che ieri sera non c’eri! Abbiamo passato davvero una bella serata, e il figl..
“Me ne parlerai quando torno, ho fatto tardi. Ciao” la interruppe mentre correva verso la porta.
Preferiva perdersi il racconto della cena, perché quando avevano ospiti, la madre era capace di raccontarla a chiunque anche a distanza di settimane. Quindi era sicura di poter ascoltare il resoconto della serata in un secondo momento. A volte la madre era una donna davvero noiosa.
L’aria del mattino era rilassante, soprattutto perché dalle case non proveniva quasi nessun rumore.
Dopo circa dieci minuti di cammino vide la sua scuola, quello schifo di edificio.
Prima di avviarsi verso l’interno si preparò psicologicamente per affrontare la giornata scolastica nel migliore dei modi.
Si avvicinò al proprio armadietto e mentre cercava di aprirlo qualcuno la affiancò.
“Ciao Jenny!”
“Hey Matt, mi hai spaventata” disse la ragazza, cercando di usare un tono di voce tranquillo e rilassato.
Non riusciva a capire perché il suo migliore amico doveva urlare e spaventarla, e soprattutto non capiva perché avesse iniziato a chiamarla con quello stupido diminutivo.
“Ieri tua mamma ha avuto qualche ospite a casa?” chiese il ragazzo, come ogni lunedì che si rispetti.
“Sì, ma sono stata in camera a dormire, ero stanca.” rispose lei.
“E oggi vai in palestra ad allenarti?” chiese ancora mentre la ragazza riprovò ad aprire l’armadietto sperando di non essere interrotta di nuovo.
“Sì.” rispose tranquillamente prendendo alcuni libri, e cercando intenzionalmente di non guardarlo negli occhi.
“Aspetta un attimo, fermati! Puoi guardarmi per favore?” la interruppe, afferrandola per un braccio.
“Perché?” chiese la ragazza continuando a guardare l’interno del suo armadietto.
“Non fare sempre domande, girati e basta!” esclamò, costringendola con la forza a girarsi verso di lui.
“Sempre molto gentile” esclamò lei, riempiendo di sarcasmo le sue parole.
“Hai per caso fatto un brutto sogno stanotte?” aggiunse poi, alzando lentamente i suoi occhi verso quelli del ragazzo.
Aveva seriamente paura della sua reazione, l’ultima cosa che voleva era litigare con lui.
“Perché ti sei truccata?”
“Non c’è un motivo preciso, stamattina volevo cambiare.” rispose lei, sorridendo leggermente.
“Non hai cambiato niente, e hai usato troppo correttore” affermò lui.
“È solo un po’ di trucco” disse lei, alzando gli occhi al cielo.
“Cos’è successo ieri?” chiese lui. Stava cercando di mantenere la calma, Jennifer lo notò dal pugno che teneva stretto. Nonostante non volesse mentire, non sapeva cos’altro fare.
“Sono andata a lavorare e poi sono tornata a casa. Non è successo niente”
“Odio quando dici le bugie.” disse lui, facendo una pausa per respirare profondamente.
“Stanotte non hai dormito, hai gli occhi stanchi e hai cercato di coprire le occhiaie. Posso sapere cosa è davvero successo ieri?” chiese di nuovo.
“Ti ripeto che non è successo niente” mentì di nuovo. Non avrebbe potuto dirgli la verità. Matt era un tipo impulsivo, non voleva neanche pensare cosa avrebbe potuto fare. Aveva già fatto a botte troppe volte a causa sua, e tornava sempre a casa pieno di lividi.
“Non ci sentiamo un giorno. Un giorno! E tu non vuoi parlarmi.”
Passò una mano tra i capelli, sospirando. Aveva perso la pazienza.
“Vado in classe, ci vediamo in giro. Ciao Jennifer.”
 
Lo guardò girare l’angolo del corridoio, immobile.
Era paralizzata in tutti i sensi.
Non immaginava una reazione del genere. Sapeva che avrebbe potuto arrabbiarsi ma non così tanto da lasciarla da sola. In quell’inferno.
Non ci credeva.
Si girò verso il suo armadietto e prese i libri che le servivano per la prima ora, trattenendo a stento le lacrime.
“Ciao Jennifer”
Era da tanto che non usava il suo nome per intero, non poteva credere di averlo fatto arrabbiare così tanto.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** A new friend and a new Jennifer ***


Justin uscì dall’ufficio della segreteria e iniziò a guardarsi intorno per ambientarsi in quel luogo in cui avrebbe trascorso la maggior parte delle sue mattinate.
Il corridoio in cui si trovava era ampio e illuminato dalla luce che entrava dalle grandi finestre.
Osservò i fogli che la segretaria gli aveva dato: uno conteneva l’orario delle lezioni e nell’altro c’era il numero del suo armadietto e la combinazione per aprirlo.
Si incamminò nel corridoio, facendosi spazio tra gli studenti che chiacchieravano in attesa dell’inizio della giornata scolastica, mentre controllava il numero di ogni armadietto fin quando non trovò il suo e si avvicinò per aprirlo.
A qualche metro di distanza c’erano due ragazzi che, capì dal loro tono di voce più alto del normale, litigavano.
Riuscì a capire con chiarezza solo l’ultima frase del ragazzo, prima che lui la lasciasse da sola.
“Ciao Jennifer”
Justin osservò la ragazza che, a sua volta, osservava, immobile, il ragazzo con cui aveva litigato che si allontanava e, quando infine egli uscì dal corridoio, si girò verso il proprio armadietto per prendere lentamente i libri.
Justin continuò ad osservarla, c’era qualcosa di lei che lo incuriosiva, a partire dal nome.
Quando la vide stringere gli occhi, capì che quel gesto era per fermare le lacrime che inevitabilmente sarebbero uscite dai suoi occhi.
Non voleva che piangesse, non la conosceva ma odiava vedere le ragazze soffrire.
Si guardò intorno cercando un’idea per avvicinarsi a lei senza sembrare troppo invadente.
Poi ricordò che, la sera precedente, l’amica della madre aveva detto che il nome di sua figlia fosse Jennifer.
Si avvicinò lentamente, non voleva spaventarla.
Quando le fu abbastanza vicino si schiarì la voce e parlò.
“Scusami, sono nuovo e ho sentito per sbaglio quel ragazzo chiamarti Jennifer”
La ragazza riaprì gli occhi e rivolse la sua attenzione a lui.
“Stai parlando con me?” chiese con un tono sorpreso, dopo averlo osservato per qualche istante.
“Si. Ti chiami Jennifer vero?” a quel punto Justin sperava di non aver sentito male.
“Si, sono io. Tu sei?” chiese ancora più sorpresa la ragazza.
“Scusa, sono stato maleducato, io mi chiamo Justin. Per caso sei la figlia della signora Charlotte?” chiese, sperando di non sembrare invadente.
“Si, come fai a sapere tutte queste cose?” chiese lei di rimando, continuando ad essere sorpresa.
“Sono il figlio dell’amica di tua madre, ieri eravamo a cena a casa tua. Piacere di conoscerti” esclamò lui, porgendole la mano.
“Il piacere è tutto mio” sorrise la ragazza, asciugando le poche lacrime che erano riuscite a rigarle la guancia dopo aver stretto la sua mano.
“Perché avete litigato?” le chiese, non riuscendo a frenare la sua curiosità, per poi maledire mentalmente la sua invadenza.
“Non è successo niente, non ti preoccupare” rispose lei, distogliendo lo sguardo.
Justin scrutò il suo viso, sapeva riconoscere le bugie ma non aveva intenzione di farle altre domande, anche perché lei non era obbligata a rispondergli, dopotutto si conoscevano appena.
Smise di guardarla quando un ragazzo, a pochi metri di distanza urlò.
“Sfigata sei scappata via, ieri. Mi hai offeso”
Justin lo osservò, non riuscendo a capire a chi si riferisse.
“Dov’è il tuo amichetto? Si è davvero stancato di te” esclamò ancora lui, fissando la schiena di Jennifer.
Justin si girò a guardarla e notò la strana espressione che aveva assunto.
Jennifer si girò lentamente, fissò il suo sguardo in quello del ragazzo, e con un tono abbastanza distaccato, chiese: “Cosa vuoi ancora?”
“Vedo che ti è tornata la voce” esclamò lui, sorridendo in modo strano.
Justin non riusciva a capire.
“Ho sempre avuto la voce. E il mio amichetto si chiama Matt” disse lei, non staccando il suo sguardo dagli occhi dell’altro.
 “Scusa, non conosco i nomi di voi sfigati”
“Non hai nessun allenamento? Girano strane voci in giro” esclamò lei, facendosi coraggio.
Il litigio con Matt le aveva fatto scattare qualcosa dentro.
“Non gira nessuna voce ”sussurrò lui, cercando di difendere sé stesso.
“Invece sì, pensano tutti che tu sia incapace” continuò lei, voleva solo che lui la smettesse di tormentarla.
“Tu non capisci niente di sport” esclamò lui.
“Ne capisco più di te, invece” sussurrò lei, ma la sentirono tutti, dato che il corridoio era caduto nel più totale silenzio.
Iniziò a ridere, suscitando il divertimento anche dei suoi amici e degli studenti presenti.
"Sei solo una piccola sfigata" concluse, prima di allontanarsi.
Justin aveva ascoltato tutta la conversazione e non si era mosso da quell’armadietto, era troppo preso ad osservare e pensare.
“Sono riuscita davvero a rispondergli?” chiese la ragazza incredula, tornando a rivolgere la sua attenzione a Justin.
“Sì. Perché?” chiese sorridendo Justin, mentre cercava di capire qualcosa.
 “Non ero mai riuscita a rispondere a tono” rispose lei, abbassando lo sguardo, per osservare le sue scarpe.
“Perché?”
“Perché.. Perché non ci riuscivo. Non è facile sopportare gli insulti, soprattutto se ne ricevi ogni giorno. Mi limitavo a correre in bagno e nascondermi. E…” si interruppe, continuando a guardare un punto indefinito del pavimento.
“E?” la esortò a continuare Justin.
La sera prima, alla cena, la madre di Jennifer aveva descritto la figlia in modo completamente diverso.
“E” sussurrò lei, lasciandosi sfuggire un sospiro profondo, poi scosse il capo e disse “E poi ho conosciuto Matt, il ragazzo con cui prima ho litigato.”
Ci fu qualche attimo di silenzio, ma prima che Justin potesse aggiungere altro, lei disse: “Immagino che questa volta sono riuscita a reagire perché ero arrabbiata e dispiaciuta a causa della discussione.”
Justin annuì, comprendendo la situazione in cui si trovava.
“Perché ti insultano?” chiese ancora.
Non riusciva a capirne il motivo, Jennifer non era una persona strana, le sembrava una ragazza normale.
“Non lo so, mi hanno presa di mira dall'inizio, anche se ho sempre cercato di non dare fastidio.” rispose lei, sospirando.
“Ti va di raccontarmi qualcosa?” chiese ancora, era curioso e voleva conoscerla meglio.
La campanella suonò prima che Jennifer potesse rispondere, così si limitò a dirgli: “Qualche altra volta, ci sono le lezioni adesso”
“Magari a mensa”esclamò lui, quando iniziarono a camminare nel corridoio.
“Hai detto che sei nuovo, vero?” chiese lei.
Justin annuì e, capendo cosa lei volesse sapere, le diede il foglietto con l’orario delle lezioni.
“Scherzi? Sei nella mia classe” esclamò lei, regalandogli un sorriso raggiante, che provocò al ragazzo una risata.
 
* 5 ore più tardi *
 
Erano in fila per il pranzo.
Jennifer era accanto al ragazzo nuovo, di cui però non ricordava il nome.
Avevano avuto una mattinata davvero pesante a causa delle materie noiose che erano stati costretti a seguire, quindi la ragazza non era abbastanza lucida per ricordare.
Inoltre era un’intera mattinata che non parlava con Matt, e si sentiva vuota senza il suo migliore amico.
Sapeva che quel litigio l’aveva aiutata e gli aveva dato il coraggio necessario per reagire, ma non voleva continuare ad essere evitata da lui.
Arrivò il suo turno al bancone della mensa. Prendeva sempre insalata a causa della dieta che si imponeva di seguire, ma anche perché non aveva il coraggio di mangiare il cibo che servivano lì, non volendo ritrovarsi in infermeria per un’intossicazione alimentare.
Quando anche Justin prese il suo pranzo, andarono a sedersi in uno dei tavoli liberi.
“Dove hai trovato il coraggio per prendere la pasta?” gli chiese, osservandolo con curiosità.
“So che non è molto commestibile ma ho fame e mi serve energia. Non sono abituato a frequentare una scuola” rispose lui, con naturalezza, mentre iniziava a mangiare.
Jennifer continuò a guardarlo con ancora più curiosità, notando che non sapeva niente di lui.
Iniziò a guardarlo con più attenzione, e in quel momento collegò tutti i tasselli.
“Perché mi fissi? Ho qualche insetto tra i capelli?” chiese il ragazzo.
“Tu sei Justin” esclamò lei, non facendo caso alla domanda del ragazzo, battendo un leggero pugno sul tavolo.
“Sei anche perspicace, peccato che mi sia presentato stamattina” disse lui, alzando lo sguardo dal piatto per guardarla negli occhi.
“Lo so. Sei Justin Bieber. Non ti conoscevo bene quindi non l’avevo notato prima” disse coprendosi la faccia con le mani per la vergogna.
“Non preoccuparti, non è obbligatorio conoscermi” disse lui, regalandole un sorriso rassicurante.
Qualche attimo dopo si sentì il rumore di una porta chiusa con violenza, e tutta la sala mensa cadde in silenzio.
“Che succede?” sussurrò Justin, guardandosi intorno.
“Oh no!” esclamò invece Jennifer, guardando l’entrata con espressione terrorizzata.
C’erano tutti i giocatori di basket e le cheerleader. Solo in quel momento la ragazza si rese conto che lei e Justin stavano occupando il “loro” tavolo e tutti in quella sala guardavano proprio in quella direzione.
“Quello è il nostro tavolo!” esclamò uno di loro avvicinandosi.
In quel momento Jennifer avrebbe voluto sprofondare, risucchiata dal pavimento, ma si alzò velocemente e prendendo il vassoio per allontanarsi, disse “Adesso ce ne andiamo”
Era così tanto sovrappensiero che non aveva dato importanza al tavolo da occupare per pranzare e in quel momento si trovava in quella spiacevole situazione.
“Sfigata!” la chiamò la voce che tanto odiava.
Jennifer si girò lentamente, sapendo che se non l’avesse fatto, il caro ragazzo l’avrebbe raggiunta e costretta a guardarlo.
"Vuoi tanto le nostre attenzioni, da sederti addirittura al nostro tavolo" esclamò, facendo ridere tutti.
"Potete conservare le vostre attenzioni per qualcuno tanto stupido da accettarle" rispose lei, dandogli le spalle e raggiungendo Justin, che nel frattempo aveva occupato un altro tavolo libero. Nella sala, tutti gli studenti iniziarono a parlare di ciò che era appena successo, creando molto caos.
“Oggi ti stai divertendo a litigare con quello!” esclamò Justin, accennando un sorriso.
“Ho solo capito che non c’è bisogno di avere paura, non posso più dargliela vinta, non come ho fatto ieri” disse Jennifer, riflettendo sulle parole che aveva pronunciato solo quando ormai non avrebbe più potuto cambiarle.
Justin la osservò, non riuscendo a capire a cosa si riferisse.
Jennifer maledì mentalmente la sua lingua e il suo straparlare senza pensare e s’affrettò a dire: “Questo non avrei dovuto dirlo”
Ma il ragazzo continuò a guardarla con un’espressione confusa.
Dopo qualche istante, sentì una voce alle sue spalle, che riconobbe subito.
“Perché non avresti dovuto dirlo?”
Jennifer si voltò verso il suo migliore amico, e gli sorrise per poi alzarsi velocemente e abbracciarlo.
“Scusa, non volevo mentirti” gli sussurrò.
“Non fa niente, ma non farlo più” disse lui, accarezzandole i capelli.
 
“Adesso mi spieghi cosa è successo ieri sera?” chiese Matt, sedendosi al tavolo.
Jennifer occupò di nuovo il suo posto e iniziò a raccontare il suo incontro con quei tipi, della sera precedente.
“Perché non me l’hai detto stamattina?” chiese Matt, appena la ragazza finì.
“Avevo paura della tua reazione, e non voglio che tu vada di nuovo in punizione per difendere me”
“Credo che non dovrà più difenderti, oggi sei stata fantastica” disse Justin, prendendo parola per la prima volta da quando Matt si era aggiunto a loro.
Matt rivolse la sua attenzione verso il ragazzo biondo che era seduto di fronte a lui e a Jennifer.
“Tu saresti?” gli chiese, assumendo una strana espressione.
“Matt lui è Justin, è nuovo, Justin lui è Matt, il mio migliore amico” si affrettò a presentarli lei.
Matt sorrise a Justin e annuì, poi tornò a rivolgere la sua attenzione a Jennifer.
“Tutti a scuola parlano di come hai risposto stamattina a Trevor, nessuno si aspettava una tua reazione” esclamò Matt, la felicità del ragazzo si notava non solo dal lucente sorriso che regalò a Jennifer, ma anche dai suoi occhi, che erano molto più azzurri del solito, e che risaltavano sulla pallida pelle del viso e dai suoi capelli neri.
“Grazie.” esclamò Jennifer, arrossendo e sorridendo.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** I can’t believe it! ***


Matt restò al tavolo con Jennifer e Justin, aspettando che loro finissero di pranzare.
Ripensò alla conversazione di Jennifer con Trevor, che continuava ad insultarla e a chiamarla sfigata, e strinse istintivamente i pugni.
"Matthew" sussurrò la ragazza, accarezzandogli le mani, per farlo rilassare.
"Non pensarci troppo, davvero, sto bene"
Il ragazzo annuì.
"Raccontami, invece, cosa vi siete detti stamattina. Girano varie voci nei corridoi, ma mi fido solo della tua versione."
Jennifer annuì e riassunse in breve la conversazione.
"Tu non capisci niente di sport? Ha davvero detto così?!" esclamò Matt, alla fine, incrociando lo sguardo della sua migliore amica.
Quest'ultima annuì, guardando i suoi occhi limpidi e divertiti ed entrambi scoppiarono in una fragorosa risata.
Justin li guardò ridere, e dalla sua espressione si riusciva a capire lo stato di confusione in cui si trovavano i suoi pensieri.
Quando gli altri due finirono di ridere, lui chiese il motivo di quella risata.
“Perché questa qui” rispose Matt, mettendo un braccio sulle spalle della ragazza e tirandola a sé “si allena più di quanto possa fare quello lì in tutta la sua misera vita” concluse facendo cenno con la testa verso il tavolo dei giocatori di basket.
Justin guardò Jennifer con un’espressione interrogativa, aspettando che uno dei due si spiegasse meglio.
“La palestra che frequento mi dà la possibilità di allenarmi come e quando voglio, quindi ogni volta che ci vado faccio qualcosa di diverso e non mi annoio” spiegò lei, restando appoggiata a Matt, che continuava ad abbracciarla.
“Quante volte ci vai?” chiese ancora Justin.
“A volte anche per un’intera settimana, odio trascorrere i pomeriggi a casa con mia madre”
“Perché fai tutta questa attività fisica?” chiese Justin, non riuscendo a tenere a freno la sua curiosità.
“Mi piace fare sport, e voglio mantenermi in forma” rispose la ragazza, stringendosi nelle spalle.
Justin non riusciva a credere a ciò che la ragazza gli stava dicendo.
Voleva, doveva, vederla con i suoi stessi occhi.
“Il mio manager vuole che frequenti una palestra, potrei inscrivermi dove vai tu, così conosco già qualcuno.” disse lui, congratulandosi con sé stesso per l’idea geniale che aveva avuto.
“Certo, possiamo andarci anche oggi” esclamò la ragazza entusiasta.
“Aspetta” disse Matt, osservando Justin, poi aggiunse “Il tuo manager?”
Jennifer si voltò per guardare l’amico, e iniziò a ridere.
“Lui è Justin Bieber, non dirmi che non lo conoscevi.” esclamò la ragazza, continuando a ridere.
“Il cantante?” chiese lui, guardando prima Jennifer e poi Justin.
Entrambi annuirono.
“Da vicino sei diverso rispetto alle foto o ai video, scusa se non l’ho notato prima” sussurrò Matt sorridendo, toccandosi la nuca con una mano, evidente segno d’imbarazzo.
 
* qualche ora più tardi *
 
“Mamma sono tornato!” urlò Justin, appena rientrato a casa.
“Dove sei stato?” chiese Pattie, raggiungendolo nell’atrio, con espressione preoccupata.
“Sono andato in palestra.” rispose lui, avvicinandosi alla madre e stampandogli un bacio sulla guancia, poi entrò in cucina.
“Allora che si mangia?” chiese, mentre sbirciava il contenuto delle pentole.
“Prima di tutto vai a fare una doccia” esclamò la madre assumendo un’espressione severa. Espressione che non riuscì a tenere a lungo poiché scoppiò a ridere guardando l’espressione sofferente del figlio.
“Ma ho fame” si lamentò il ragazzo, sbuffando.
“Prima fai la doccia e prima mangiamo” esclamò la madre riavvicinandosi ai fornelli.
“Allora corro!”
Salì velocemente in camera sua, si spogliò ed entrò nella doccia.
L’acqua scorreva velocemente sulla sua pelle, e non riuscì a impedire ai suoi pensieri di correre veloce.
Aveva passato il pomeriggio in palestra con Jennifer.
L’aveva osservata allenarsi, usare perfettamente ogni attrezzo ed eseguire in modo impeccabile ogni esercizio ma le sembrava tutto così assurdo.
C’era un solo pensiero che lo stava tormentando, e decise di parlarne con Scooter dopo cena.
Voleva solo che l’uomo gli dicesse che non era lei la ragazza che stavano cercando.
Una volta pronto, scese in cucina dove la madre aveva appena finito di preparare per la cena.
“Adesso possiamo mangiare?” chiese speranzoso, prendendo posto.
“Justin, dobbiamo aspettare Scooter, è tornato qualche minuto dopo di te, sta per scendere” l’ammonì la madre.
Justin appoggiò i gomiti sulla tavola, e non disse più niente.
“Perché c’è questo silenzio? Mi avete lasciato da solo?” esclamò Scooter mentre scendeva le scale.
“No, Scooter, siamo in cucina, ti stiamo aspettando per cenare!” esclamò Pattie, iniziando a prendere i piatti dalla credenza.
“Eccomi qui. Adesso possiamo mangiare” disse l’uomo sorridendo, mentre prendeva posto.
Mangiarono silenziosamente, fin quando la donna non chiese:
“Com’è andato il primo giorno di scuola?”
“Bene! Ho conosciuto Jennifer, la figlia di Charlotte” rispose il ragazzo, con molto entusiasmo.
“Com’è?” chiese curiosa la madre.
“È simpatica, e fa molta, troppa attività fisica” disse l’ultima frase con molta più enfasi, lanciando un veloce sguardo verso Scooter.
“Davvero? Sì, ieri la madre accennò al fatto che trascorreva molto tempo in quella palestra” disse la donna, continuando a mangiare.
Justin cercò di essere il più naturale possibile, mentre diceva che quel pomeriggio era andato con lei in palestra.
“Vi siete allenati molto?” chiese Scooter.
“Lei sicuramente più di me.” rispose lui, poi si alzò, e nel momento in cui stava per prendere i piatti e aiutare la madre a mettere in ordine, lei lo anticipò.
“Vai a dormire, sei stanco” esclamò lei, mentre riponeva piatti e posate nella lavastoviglie.
“Va bene, buonanotte” diede un bacio alla madre, e prima di lasciare la stanza, approfittò di un momento in cui la donna era di spalle per girarsi verso Scooter e fargli cenno di seguirlo.
 
Si era appena steso sul letto quando l’uomo entrò in stanza, e proprio come il giorno precedente chiuse la porta a chiave e spense i cellulari.
“Allora che devi dirmi?” chiese, sedendosi accanto al ragazzo.
“Jennifer..” sospirò “fa qualsiasi cosa in quella palestra perché in questo modo non si annoia” disse mettendo la testa sotto il cuscino.
“Credi che sia lei la ragazza?”
“Non lo so. Oggi ho chiesto informazione a uno degli allenatori e ha detto che è bravissima in qualsiasi cosa faccia” rispose lui, continuando a stare sotto il cuscino.
“Continua ad indagare. Anche se a noi interessa sapere se ha mai frequentato qualche lezione di karate. Deve sapersi difendere”
“E perché non me l’hai detto prima?! Avrei potuto chiedere informazioni su questo.” chiese Justin sedendosi di scatto.
“Non credevo che sarebbe stato così facile trovarla!” si difese l’uomo, poi avvicinandosi alla porta, aggiunse: “Adesso dormi, hai avuto una lunga giornata. Buonanotte”
Il ragazzo si addormentò ripensando alla conversazione appena terminata, e a tutto quello che gli era successo.
Scooter aveva ragione: era stata davvero una lunga giornata.
 
Quella mattinata era passata velocissima, adesso Justin era fuori la mensa che aspettava Jennifer e Matt.
Ogni tanto qualche ragazza, ma anche ragazzo, si avvicinava a lui per un autografo o soprattutto una foto. Lui si sentiva tremendamente bene vedendo i sorrisi sulle loro labbra, il loro sogno si era avverato e non c’era niente di più bello.
Prima ancora che li notasse, Jennifer e Matt spuntarono al suo fianco e la ragazza, sventolando una mano davanti ai suoi occhi, esclamò: “Ehi Justin! Che pensi?”
“Io?! Niente! Perché?” rispose lui, seguendo gli altri due che erano appena entrati nella mensa.
“Lascialo stare Jenny! Avrà incontrato qualche bella ragazza!” esclamò Matt, sorridendo.
“Non ho incontrato proprio nessuno” disse Justin dando una pacca sulla spalla al ragazzo, che camminava alla sua destra.
Appena presero posto a un tavolo vuoto, Justin guardò Jennifer cercando di capire qualcosa in più di questa ragazza.
“Allora Jenny, tutto bene oggi?” chiese, infine, facendo il segno delle virgolette con le dita appena aveva pronunciato il soprannome.
“Justin non chiamarmi Jenny” disse lei, a denti stretti.
“Perché lui può?” ribatté lui, guardando Matt.
“Con me ci ha fatto l’abitudine, ma odia comunque essere chiamata così” la anticipò Matt, con una risata.
Justin si unì alla risata del ragazzo, riuscendo a malapena a chiedere in che modo avrebbe dovuto chiamarla.
“Come vuoi, ma non Jenny, sembra il nome di un ragazzo o, peggio, di un cane” esclamò lei, incrociando le braccia al petto.
“Perché non chiamarla sfigata? È un bel soprannome”
Si girarono tutti verso colui che aveva parlato.
Naturalmente era Trevor, che spuntava sempre nei momenti meno opportuni, sempre pronto ad insultare.
Nessuno aveva visto che si stava avvicinando.
Trevor approfittò del momento di stupore dei tre, per sedersi proprio accanto alla ragazza.
"Cosa vuoi? Non hai nessun'altro da importunare?" sbuffò Jennifer, che spostò la sedia più vicina al suo migliore amico.
Justin non riusciva a credere che la ragazza fosse riuscita anche ora a rispondergli, anche se ne era felice.
Da quello che aveva saputo il giorno prima sia da Matt che da Jennifer, quest’ultima aveva sempre avuto paura di quei ragazzi.
Guardò per qualche istante Jennifer, poi si girò verso Matt. Quando incontrò lo sguardo del ragazzo, seduto di fronte a lui, capì che stavano pensando le stesse cose.
Trevor rimase spiazzato infatti la guardò qualche secondo, poi sorrise e si allontanò.
“Chi sei tu e cosa ne hai fatto della mia migliore amica?” chiese ridendo Matt, suscitando anche la risata della ragazza, che abbasso lo sguardo sul suo piatto di insalata.
"Che materia avete, ora?" chiese il ragazzo dagli occhi azzurri, mentre uscivano tutti dalla mensa.
"Educazione fisica." rispose meccanicamente Jennifer.
La ragazza odiava le ore in cui era costretta a stare in palestra, diversamente da ciò che poteva, invece, sembrare e da ciò che pensava il suo migliore amico.
"Allora vengo con voi, il mio professore di matematica oggi è assente" sorrise Matt, seguendo i due ragazzi fino in palestra.
Il professore di educazione fisica era un uomo di mezza età, con capelli grigi e, stranamente, baffi nerissimi che contornavano la parte superiore delle labbra.
Quel giorno aveva deciso di dividere la classe in due gruppi, uno avrebbe giocato a pallavolo ed era formato prevalentemente da ragazze, e un altro a basket. Ovviamente Trevor e alcuni dei suoi compagni facevano parte del secondo, e formarono da soli una squadra e sfortunatamente il professore incluse anche Jennifer e un’altra ragazza in quella avversaria, insieme a un altro paio di ragazzi, Justin invece andò a giocare a pallavolo e, anche se quella non era la sua classe, il professore accettò anche la presenza di Matt, dopo avergli spiegato che aveva un’ora libera.
Sia per il basket, sia per la pallavolo, le squadre erano piccole, formate da 4 o cinque ragazzi, questo per rendere la lezione più differenziata.
Iniziarono a giocare e dopo vari canestri di Jennifer, Trevor bloccò il gioco per dare aria alla bocca.
“Puoi fare tutti i punti del mondo, ma continui ad essere una sfigata” esclamò lui.
Jennifer  lo osservò per qualche istante, sapeva bene che il suo scopo era distrarla e farla arrabbiare.
“Puoi anche iniziare a chiamarmi per nome” esclamò infine, sospirando rumorosamente e la cosa finì lì perché il professore mise fine a quella che avrebbe potuto sfociare in una discussione.
Ad un certo punto uno dei giocatori di basket, quindi appartenente alla squadra di Trevor, nel tentativo di rubare la palla che era in possesso di Jennifer, le diede una spinta.
Nel giro di pochi secondi Jennifer si trovò distesa a terra, a pancia in giù.
Matt e Justin si fermarono di scatto, fissando con preoccupazione l’amica, che impiegava un po’ troppo tempo per rialzarsi.
Il ragazzo che l’aveva spinta, si avvicinò lentamente, e le porse una mano per aiutarla ad alzarsi.
Lei rifiutò l'aiuto, nel momento in cui lui mormorò: “Scusa, non volevo farti cadere”
“Ah no?!” esclamò Jennifer, alzandosi in fretta.
Si avvicinò minacciosamente al ragazzo e lo guardò per qualche secondo.
“Che problemi hai? Sono per caso più forte di te e non vuoi sfigurare?” urlò, infine, spingendolo.
“Ehi ehi!” urlò il prefessore, avvicinandosi “Che succede qui?”
“Mi ha spinto!” esclamò Jennifer.
L’arbitro si girò verso il ragazzo che era sinceramente dispiaciuto.
“Bene, allora calcio di punizione per la squadra di Jennifer!” decretò, fischiando.
 
“Ma cosa le è preso?” chiese Justin, dopo che la partita fu ripresa.
“Non lo so, non ha mai litigato con qualcuno, figuriamoci con quei tipi là!” rispose Matt, che non riusciva a credere a ciò che aveva visto.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Are you ready for the new cd? ***


La partita era finita da un po’ e la ragazza era andata negli spogliatoi femminili per una doccia, mentre i due ragazzi nei maschili, ma finirono prima e la aspettarono nel corridoio.
“Infine chi ha vinto?” chiese Matt.
“Sinceramente non lo so, ho visto solo che alla fine Jennifer ha dato il cinque ad entrambe le squadre.” rispose Justin.
“Di che parlate?” li interruppe la ragazza, chiudendosi la porta degli spogliatoi alle spalle.
“Ci chiedevamo chi avesse vinto.” Rispose Matt.
“Nessuno, è finita in parità, ed erano tutti molto sorpresi, non si aspettavano che una ragazza fosse così brava a giocare a basket.” esclamò lei, con un enorme sorriso.
“Sì, sei brava ma ora basta vantarti!” le disse Justin, ridendo.
Uscirono da scuola per ritornare alle proprie case.
Justin e Jennifer fecero la strada insieme, chiacchierando.
“Jenny ci vediamo domani a scuola!” esclamò Justin, appena arrivarono davanti le rispettive case.
“Dovrò abituarmi ad essere chiamata Jenny anche da te?” chiese la ragazza, riempiendo le parole di irritazione.
“Perché no?!”
“Ok, a domani Justin!” esclamò lei, prima di chiudersi la porta d’ingresso alle spalle.
 
Justin si avviò verso casa, ma prima di aprire la porta, questa si spalancò mostrando il corpo di un uomo con un’espressione del viso seriamente preoccupata.
“Justin abbiamo un problema” esclamò Scooter, correndogli incontro.
“Mia mamma è in casa?” chiese il ragazzo, avviandosi verso casa.
Non aveva capito di cosa si trattasse, ma si era fatto un’idea.
“No, vieni, siediti sul divano, devo dirti una cosa importante.” rispose l’uomo, dirigendosi nel salotto.
Justin si accomodò sul divano accanto all'uomo, aspettando che parlasse.
Passarono alcuni istanti che al ragazzo sembrarono un’eternità, ma quando l’impazienza iniziò ad essere insopportabile, chiese: “Allora? Scoot mi stai facendo preoccupare!”
“Justin” iniziò l’uomo con voce preoccupata, poi continuò “possiamo iniziare a registrare CD di Natale!”
Scooter si alzò, ma nel momento in cui si girò a guardarlo, scoppiò a ridere.
“C-cosa?! Ma sei scemo?! Mi hai fatto spaventare per niente! Ci mancava poco e avevo un infarto!” balbettò Justin, con un'espressione tra il sorpreso e lo spaventato.
“Dovevi vedere la tua faccia!” esclamò l’uomo tra una risata e un’altra.
“Ah.Ah.Ah. Molto divertente” sussurrò seccato il ragazzo, distogliendo lo sguardo dall'uomo.
“E tu eri quello a cui nessuno riesce mai a fare uno scherzo? Erano davvero dei principianti quelli che ci hanno provato!” 
Scooter, ormai, non riusciva più a trattenersi dalle risate, mentre Justin era sempre più irritato.
Sentirono la porta d'ingresso chiudersi, ma Scooter continuava a ridere e prenderlo in giro.
“Ehi ehi, che succede qui?” chiese Pattie, facendo il suo ingresso nella stanza.
“Ho fatto uno scherzo a Justin e ci è cascato” esclamò Scooter.
Inizialmente Pattie si unì alla risata dell'uomo, ma poi, guardando l’espressione del figlio s’affrettò a dire:
“Dai c’è una prima volta per tutti!”
“Beh per me no! Vado in camera.” sussurrò il ragazzo.
Si alzò e velocemente raggiunse il piano superiore per rifugiarsi in camera.
 
“Che è successo?” chiese la donna a Scooter.
“Gli ho detto che può iniziare a registrare il nuovo disco, però prima di dirglielo gli ho fatto capire che era successo qualcosa di importante” rispose l’uomo, sedendosi sul divano.
 
Justin andò a stendersi sul letto, cercando di far passare la rabbia, che stava provando, per il brutto scherzo ricevuto.
Pensava di essersi appena steso sul letto, quando fu svegliato.
“Justin, tesoro, svegliati. Sono venuta a dirti che stasera andiamo a mangiare da Charlotte” sussurrò la madre con dolcezza.
Aprì leggermente gli occhi e la vide seduta sul letto, proprio accanto a lui.
“Devo venire anch’io? Ho sonno” si lamentò lui.
“C’è Jennifer, e Charlotte ha detto che ci sarà anche un altro ragazzo”
“Matt, si chiama Matt. Va bene, adesso mi preparo” esclamò lui, pensando che fosse inutile restare a casa dato che ormai si era svegliato del tutto.
Fece una doccia veloce, si vestì e andò in camera della madre.
“Mamma se vado adesso a casa di Jenny?” le chiese.
Mancava ancora circa un'ora all'ora di cena.
“Jenny?!” disse la madre sorridendo “Da quando la chiami così?”
“Da oggi pomeriggio, così la chiama anche Matt. Allora posso andare?”
“Certo che puoi andare!”
 
Justin uscì da quella camera e anche da quella casa per raggiungere i suoi nuovi amici.
“Ehi, Justin. Ciao entra!” esclamò Charlotte, con un sorriso raggiante.
“Buonasera signora, spero di non disturbare” disse lui, cercando di essere il più educato possibile.
“Non disturbi, e puoi chiamarmi Charlotte”
“Va bene. Jennifer è in camera sua?” chiese il ragazzo.
“Sì, è con quel suo amico” rispose la donna, pronunciando la parola ‘amico’ con un tono contrariato.
“Non le piace quel ragazzo, vero?”
“Non tanto, penso che sia a causa di quel ragazzo che mia figlia non abbia altri amici” esclamò la donna, che poi alzò gli occhi al cielo.
“Invece dovrebbe ringraziare quel ragazzo perché si è preso cura di sua figlia, invece non sa fare altro che giudicarlo in modo negativo” notò di aver alzato un po’ il tono di voce quando ormai aveva finito di parlare.
Charlotte lo guardò in modo strano, poi con un sussurro gli riferì che la stanza di Jennifer era al primo piano, la seconda porta a destra.
Mentre si dirigeva al piano superiore, ripensò a ciò che aveva detto alla madre di Jennifer.
Non si era minimamente pentito delle cose dette, ma riconobbe di non essere stato molto educato.
 
Appena entrò nella camera, Jennifer urlò contro Matt.
“Matt ma che dici? Non mi piace Trevor! Hai per caso perso una rotella”
Appena la ragazza notò l’arrivo di Justin, si precipitò ad abbracciarlo.
“Oh Justin finalmente sei arrivato” si allontanò, e poi esclamò: “Diglielo che non mi piace! Diglielo!”
“Che dovrei dirgli? Che sta succedendo?” chiese Justin, spostando velocemente lo sguardo da Jennifer e Matt che era seduto sulla sedia accanto la scrivania.
“Matt ripete da ore che mi piace Trevor! È fuori di testa!”
“È quello che penso!” ribatté Matt, sospirando rumorosamente.
Justin iniziò a ridere come un matto.
“Perché ridi?” chiesero in coro i due ragazzi.
“Siete così buffi!” rispose Justin, tenendosi la pancia che gli faceva male per le risate.
Jennifer e Matt si guardarono negli occhi e anche loro iniziarono a ridere.
“Allora, Jennifer. Ti piace o no Trevor?” chiese, infine, Justin, che nel frattempo si era seduto sul letto.
“Io.. Io credo di no!” balbettò la ragazza, appoggiandosi alla scrivania.
“Credi?” ripeté Matt, alzando un sopracciglio.
“Fino a circa due ore fa neanche ricordavo della sua esistenza, mi state confondendo” esclamò la ragazza.
“Se ci stai pensando vuol dire che ti piace, e ti piaceva anche prima” concluse Justin, con un piccolo sorriso.
“Non.può.piacermi!” disse calma, appoggiando le mani sulla scrivania.
“Spera per te che sia così” esclamò Matt, con un’espressione seria.
“Matt non puoi decidere chi deve o non deve piacergli” disse Justin con calma, calma che fu contrastata dal suo essersi alzato improvvisamente.
“Non può piacerle il ragazzo che l’ha insultata per anni” si alzò anche Matt e si avvicinò all'altro ragazzo.
Si scambiarono alcuni sguardi carichi di ostilità.
“Calmatevi! State parlando di me, posso partecipare?” disse lei, guardandoli, per poi iniziare a ridere.
“Adesso perché ridi?” chiese Matt, voltandosi verso di lei.
“L’hai detto tu, no? Non può piacermi il ragazzo che mi ha insultata per anni” esclamò lei.
Si calmarono, decidendo, tacitamente, di smetterla di discutere, e ognuno tornò al suo posto.
“Perché avete iniziato a parlare di Trevor?” chiese Justin, incuriosito da tutta quella situazione.
“Matt sta diventando paranoico!”
“Non è vero! Dopo la partita, tutti ti guarderanno con occhi diversi, e magari non sarai considerata più sfigata” rispose Matt, con calma.
“E qual è il problema?” chiese la ragazza, che non riusciva a capire quel ragionamento.
“Non c’è. Non voglio che soffra o che ti succeda qualcosa di brutto, non me lo perdonerei mai!” rispose, abbassando gli occhi.
La ragazza rimase senza parole, si limitò ad avvicinarsi e abbracciare l’amico, poi disse:
“Non mi succederà niente, dimentichi che manca poco e sarò cintura nera”
Allontanandosi, diede un piccolo pugno sulla spalla dell’amico.
 
“Jennifer! È ora di cena! Scendete, è appena arrivata anche la madre di Justin!” urlò, dal piano inferiore, la madre della ragazza.
I ragazzi si diressero nella sala da pranzo, in cui erano già tutti seduti ad aspettarli.
“Ehi mamma! Scoot?” chiese Justin, guardandosi intorno.
“Aveva qualche impegno, ha detto che riguardava il tuo disco, ma è stato molto vago” rispose Pattie, sorridendo.
“Stai incidendo un nuovo disco e non ci hai detto niente?” chiese Matt.
“In realtà non ho ancora inciso niente, ho saputo qualche ora fa che posso iniziare a farlo. Ve l’avrei detto” rispose Justin, con un’allegria contagiosa.
Il resto della cena trascorse molto velocemente, i grandi parlavano tra di loro e i ragazzi non vedevano l’ora di concludere per poter tornare su e parlare liberamente.
 
“Finalmente!” esclamò Jennifer, entrando in camera sua.
Andò a stendersi sul letto.
“Stava davvero diventando una cena pesante” esclamò Matt.
“Soprattutto perché mia madre ti guardava in modo strano” aggiunse la ragazza, ridendo.
“Non sei molto simpatico a sua mamma” disse Justin.
“Il sentimento è ricambiato” disse Matt.
Restarono in silenzio, godendosi quei bei momenti di tranquillità.
“Ragazzi, ho pensato una cosa!” esclamò Justin, interrompendo il silenzio.
“Su, Justin! Spara!” disse Jennifer, mettendosi a sedere, per rivolgere tutta la sua attenzione all’idea del ragazzo.
“Volevo chiedervi se vi piacerebbe venire con me quando vado a registrare le canzoni per il nuovo disco.” disse lui, senza nascondere il suo nervosismo.
“Ci vengo di sicuro, così ti sento cantare per la prima volta” disse la ragazza correndo ad abbracciarlo.
“Ma come Jenny? Non hai mai ascoltato una canzone di Justin Bieber? È un cantante davvero bravo” esclamò Matt, iniziando a ridere.
“E tu da quando lo ascolti?” chiese la ragazza, con un’espressione un po’ scettica.
“Da quando è diventato mio amico” rispose Matt,  facendole l’occhiolino.
Justin abbracciò entrambi i ragazzi, felice di aver trovato degli amici come loro.
 
* 1 ora più tardi *
 
Justin aveva appena finito di raccontare a Scooter la serata che aveva passato con i suoi amici, e fu davvero sorpreso nel vedere l’espressione contrariata dell’uomo che aveva di fronte.
“Sei impazzito? Vuoi davvero portare la ragazza con te?”
Scooter aveva intenzionalmente alzato di molto la voce.
“Ho invitato lei e Matt, come ti ho già detto. Non penso di aver fatto niente di male”
“Non ci arrivi proprio?” chiese l’uomo, cercando di mantenere la calma.
“No, sembra proprio di no!” esclamò Justin, turbato dall’esagerata reazione del suo manager.
“Sei un cantante famoso, e sei seguito da tantissimi paparazzi, che vi faranno molte foto, che gireranno il web.”
“Quindi tutti conosceranno i volti dei miei nuovi amici. Ma non riesco a capire che intendi, fai sempre troppi giri di parole” esclamò lui. Quell’uomo era capace di fargli perdere la tanta pazienza che possedeva normalmente.
“Se mi fai finire, forse capirai” fece una pausa, aspettando di ricevere più attenzione, poi continuò: “Come hai detto tu, tutti vedranno i tuoi nuovi amici, sottolineo: TUTTI!” disse l’uomo.
Il ragazzo ancora non aveva capito, quindi continuava a guardare Scooter per esortarlo a continuare.
L’uomo scosse la testa, non riuscendo a credere che fosse tanto difficile capire la situazione.
“Anche LORO vedranno i tuoi nuovi amici! Ti ricordo che LORO conoscono l’identità della ragazza che ti hanno ordinato di trovare, e si arrabbieranno molto se scoprissero che l'hai trovata e non l’hai ancora portata da loro.” spiegò, scandendo bene ogni parola, per essere il più chiaro possibile.
“Si, lo so.” fu l'unica cosa che disse il ragazzo.
“Se lo sai perché ci hai messo tanto a capire?” chiese Scooter, alzando gli occhi al cielo.
“Perché non credevo che stessi parlando di questo”
“Perché lasci che scoprano che l’hai trovata?” chiese l’uomo.
“Senti Scoot, porterò la ragazza da quei tizi, ma non adesso. È troppo presto. Voglio che trascorra ancora un po’ di tempo con il suo migliore amico, senza avere una cosa tanto grande da nascondere!”

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Los Angeles we're coming! ***


Capitolo sette
Los Angeles we’re coming


Era passato qualche giorno da quando Justin aveva invitato lei e Matt ad accompagnarlo negli studi di registrazione, e nonostante Pattie fosse un’amica della madre, quest’ultima continuava a dirle che non poteva andare perché non poteva fare troppe assenze a scuola.

Era una domenica di fine ottobre e il giorno seguente avevano l’aereo.
Fu svegliata dal cinguettare di diversi uccellini, probabilmente appollaiati sui rami dell’albero nel giardino dietro casa sua.
Si alzò e, prima di dirigersi al piano inferiore,  pregò mentalmente di riuscire a convincere la madre per lasciarla andare con Justin e Matt.
Appena fuori la porta della sua stanza, sentì la voce del padre provenire dal salotto.
Non l’aveva mai sentito alzare la voce in quel modo.
“Perché non vuoi che vada a Los Angeles? C’è anche Pattie, non sono da soli”
Non voleva interrompere la discussione tra i suoi genitori, ma era abbastanza curiosa, quindi rimase seduta sulle scale, non troppo in vista, ma neanche troppo lontana da non riuscire ad ascoltare.
“Ha la scuola e non può assentarsi” esclamò la madre, con il suo solito tono di voce fermo e deciso.
“Le fai troppa pressione, sappiamo che è brava a scuola e per questo merita un po’ di divertimento!”
“Potrebbero abbassarle i voti, e lei ama andare a scuola”
“Non sai niente di tua figlia, e lei andrà a Los Angeles, con o senza il tuo consenso! Sono suo padre, e posso anch’io prendere decisioni per lei!” esclamò l’uomo, e prima di iniziare a salire le scale aggiunse: “Adesso vado a parlarle, così può iniziare a preparare le valigie”
Jennifer, per non essere scoperta, raggiunse velocemente la sua camera e saltò sul letto nel momento in cui il padre aprì la porta.
L’uomo si avvicinò al letto affiancò la figlia, iniziando ad accarezzarle i capelli, e iniziò a parlarle con un tono molto più dolce di quello che aveva usato appena pochi istanti prima.
“Qualcosa mi dice che hai ascoltato la discussione che ho avuto con tua madre”
“Cosa mi ha tradito?” chiese la ragazza sorridendo, aprì un occhio per vedere il viso del padre.
“Hai un sorriso che parte da un orecchio e arriva all’altro” esclamò lui, iniziando a ridere.
“Quindi posso preparare le valigie?” sussurrò lei, dopo qualche istante.

“Certo! Però un’ultima cosa” disse il padre, mentre cercava di nascondere un sorriso.
“Cosa?”
“Voglio un abbraccio” esclamò, iniziando a sorridere.
Jennifer, senza dire niente, si fiondò tra le braccia dell’uomo, stringendolo forte.
Restarono stretti in quell’abbraccio per qualche istante, fin quando Jennifer non sussurrò un ‘grazie’ e gli stampò un bacio sulla guancia.
 “Adesso preparati e avvisa i tuoi amici” le fece l’occhiolino e uscì dalla stanza.
La ragazza si alzò velocemente e prese il cellulare per inviare un messaggio a Matt e a Justin, ma loro l’avevano preceduta.
- Jenny allora? Tua mamma è ancora di ferro? Magari con un po' di fuoco si scioglie! Matt.
Il messaggio del suo migliore amico le provocò una risata, e ci mise un po’ di tempo per riprendersi e leggere l’altro messaggio.
- Jennifer cerca di convincere tua mamma, voglio che ci sei anche tu e non solo Matt! Justin.
Scrisse velocemente una risposta.
 - Mio padre stamattina ha parlato con mia mamma, e anche se lei non è d’accordo domani parto con voi! Los Angeles I’m coming!
Posò il cellulare e andò ad aprire l’armadio, da cui cacciò una valigia, che mise sul letto. Lasciò l’armadio aperto e aprì tutti i cassetti.
Riempì il letto di tutti i vestiti che possedeva, e mentre li osservava per scegliere quelli da portare, la madre entrò nella stanza.
“Hai bisogno di aiuto?” le chiese, a bassa voce.
“Si, grazie” rispose lei, visibilmente confusa dall'improvviso cambiamento della madre.
Quest'ultima iniziò a guardare i vestiti, sotto lo sguardo indagatore della figlia.
“Hai intenzione di rimanere lì ferma? Dovresti aiutarmi, non posso decidere da sola che vestiti vuoi portare” esclamò sorridendo.
La ragazza ricambiò il sorriso, e mentre si avvicinava al letto, Charlotte iniziò a guardare nell’armadio.
Ritornò a osservare il letto e disse: “Hai tantissimi indumenti che non hai mai usato”
Prese un pantalone blu scuro e una maglia lunga bianca con tanti disegni astratti dello stesso colore del pantalone.
“Potresti portare questi”
“Belli, ma non mi stanno bene!” esclamò la ragazza, con un’espressione contrariata.
“Provali! Intanto cerco altre cose!” esclamò la madre porgendo i vestiti alla figlia, che, anche se contro voglia, andò a provarli in bagno.
Quando ritornò in camera, vide che la madre aveva fatto ordine sul letto, e adesso i vestiti erano tutti in bella vista.
“Non capisco perché non indossi mai le cose carine che hai in questo armadio! Sempre le stesse felpe!” disse la madre, pensando ad alta voce. Appena la vide un’espressione di meraviglia si dipinse sul suo viso, ed esclamò: “Ti stanno benissimo, devi assolutamente metterli in valigia!”
E con un enorme sorriso, porse alla figlia altri indumenti da farle provare.
La ragazza tornò in bagno con in mano un jeans e una maglia lunga verde, anche questa con bianchi disegni astratti.
Quando uscì dal bagno con il nuovo completo la madre fece la medesima faccia di prima.

Quella mattina le fece provare 5 paia di completi.
Erano tutti vestiti, mai stati indossati, che Charlotte le aveva comprato in una della sue abituali giornate di shopping, ma li mise in valigia perché non poteva rifiutarsi dato che era tanto se la madre avesse acconsentito alla sua partenza.
Quando restò da sola, in stanza, mise in valigia anche un paio di felpe, due paia di scarpe e la biancheria intima.

Aveva passato un’intera mattina a riempire la valigia, alla fine prese il cellulare, e si stese sul letto.
< Due nuovi messaggi >
- Fantastico! Ho sempre amato tuo padre! Matt.
- Woo tuo padre è fenomenale! Oggi pomeriggio vieni a casa mia? C’è anche Matt! Justin.
La ragazza inviò una risposta affermativa a Justin, e poi andò nella sala da pranzo, dove era già tutto pronto per il pranzo, e quando la madre la vide arrivare, disse:
“Stavo per venire a chiamarti, tuo padre sta per scendere”
La ragazza e la madre presero posto a tavola, e quando il padre arrivò, iniziarono a pranzare tutti insieme.

“Hai preparato le valigie?” chiese il padre, appena finito di mangiare.
Era, probabilmente, la prima volta che l’uomo si intrattenesse a parlare dopo aver pranzato.
“Certo, mi ha aiutato mamma” esclamò la ragazza, con un gran sorriso, per poi riprendere a mangiare.
“Mi fa piacere! Adesso signore scusatemi, devo tornare in ufficio!” disse l’uomo, baciando prima la moglie e poi la guancia della figlia, infine uscì di casa.
“Vado a prepararmi, Justin ha invitato me e Matt a passare il pomeriggio a casa sua” disse la ragazza, correndo nella sua stanza.
Fece una doccia veloce, si vestì e prese il cellulare.
Erano le quattro e mezza.
Decise di chiamare Justin, poiché non voleva arrivare a casa sua troppo presto.
Dopo uno squillo il ragazzo rispose: “Ehi Jenny, che è successo? Non puoi venire?”
Jennifer sorrise all’eccessiva reazione ansiosa dell’amico.
“Certo che posso, volevo solo chiederti se posso venire adesso, mi annoio e stare a casa con mia mamma non è molto divertente” rispose la ragazza, ridacchiando.
“Certo che puoi venire, ti aspetto” esclamò il ragazzo chiudendo la chiamata.

“Mamma vado a casa di Justin” urlò Jennifer prima di uscire di casa e avviarsi alla casa accanto.
Justin era già sull’uscio, con la porta aperta.
Le regalò uno dei suoi migliori sorrisi e la prese in giro. “Finalmente! Ce ne hai messo di tempo!”
“Ma se ti ho chiamato adesso!” ribatté Jennifer, entrando in casa.
“Lo so” esclamò il ragazzo, facendole la linguaccia.
“Oh grazie Mr. Simpatia!” sussurrò la ragazza, accomodandosi sul divano.
Intenta a guardare la stanza in cui si trovava, non notò l’arrivo di un uomo, fin quando non lo sentì parlare.
“Justin è Mr Simpatia? Con quella faccia?!”
“Jenny, lui è Scooter Braun, il mio manager” lo presentò Justin, che voleva liberarsi del manager al più presto, non aveva dimenticato lo scherzo stupido del giorno precedente.
 “Come ha detto Mr Simpatia, io sono Jennifer” aggiunse la ragazza con un sorriso divertito, alzandosi e stringendogli la mano.
“Quindi tu sei la figlia di Charlotte, adesso tolgo il disturbo” esclamò Scooter, lanciando una strana occhiata verso Justin. “Ciao Jennifer, è stato un piacere!” disse infine, lasciandoli soli.
“Allora che vuoi fare?  Matt viene verso le sei” disse Justin, accennando un sorriso.
La ragazza capì subito che voleva cambiare discorso.
“Perché ti sei arrabbiato? È simpatico” evitò la sua domanda.
“Si, molto! Facciamo qualcosa o vuoi parlare ancora di quanto è simpatico il mio manager?!”
“Va bene, va bene. Che possiamo fare?” chiese Jennifer, affrettandosi ad alzare le mani in segno di resa.
“Giochiamo ai videogiochi?” chiese Justin, iniziando a sorridere come un bimbo.
“Certo!” esclamò lei, condividendo l’entusiasmo infantile dell’altro.
“Questo va bene? È l’unico che ho qui, l’ho comprato in settimana”
“Bello, mi piacciono i giochi delle gare di auto” disse la ragazza prendendo uno dei joystick.

Iniziarono a giocare come due bambini, a litigare e a esultare se uno dei due vinceva.
Non notarono l’arrivo di Matt, che restò sull’uscio del salotto ad osservarli.
“Che ore sono? Matt dovrebbe essere già qui!” esclamò Justin, continuando a tenere gli occhi fissi sul televisore.
“Si hai ragione, sono già qui!”
Entrambi i ragazzi si bloccarono all’improvviso, voltandosi insieme verso la voce.
“Da quando tempo sei lì?” chiese Jennifer, sorpresa.
“Dal tempo necessario per vedere quanto siete cretini” rispose iniziando a ridere, Matt.
Matt aveva una maglietta azzurra, che con la carnagione del viso chiara e i capelli scuri, faceva risaltare ancora di più i suoi occhi celesti.
“Tu non sei meno cretino di noi” si difese la ragazza guardandolo negli occhi per poi abbracciarlo.

Passarono tutto il pomeriggio a ridere, scherzare e parlare di ciò che avrebbero fatto il giorno dopo.
Verso le otto Matt e Jennifer tornarono alle proprie case per preparare le ultime cose da portare a Los Angeles.

La mattina dopo si incontrarono tutti davanti casa di Justin. C’era Jennifer, Matt, Justin, Scooter e Pattie.
“Avete salutato i vostri genitori?” chiese Pattie ai due ragazzi.
“Certo, siamo pronti per partire” dissero, quasi in coro.
Andarono all’aeroporto con due taxi, Scooter e Pattie in uno e i tre ragazzi in un altro.
Un unico pensiero era nelle menti dei tre ragazzi, tutti con un gran sorriso stampato sui visi.
Los Angeles we’re coming.

Spazio autrice:

continua la mia opera di modifica dei capitoli, sinceramente non vedo l'ora di finire.

grazie a chi ha recensito e a chi ha messo la storia tra le preferite/seguite/ ricordate e anche solo a chi l'ha letta.
Spero che questo capitolo vi piaccia, soprattutto adesso che l'ho migliorato di molto.

Mi piacerebbe ricevere qualche recensione in più, lo so sono ripetitiva ma voglio sapere il vostro parere. sono molto insicura quindi credo che la storia possa non piacervi.
va bene anche un "fa schifo, non continuare" oppure un "è bellissima, continua"

alla prossima.
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Under the mistletoe ***


Capitolo otto
Under the mistletoe


Dopo il viaggio in aereo, una volta arrivati a Los Angeles, furono costretti a prendere i taxi perché, da quello che diceva Scooter erano in ritardo per l’appuntamento di Justin con la casa discografica; fortunatamente furono costretti a prendere due taxi, e i tre ragazzi sfuggirono alle crisi d’ansia dell’uomo.
 
“Aspettatemi qua, vado a prendere le chiavi delle stanze” disse Scooter appena varcarono l’entrata dell’hotel.
Jennifer e Matt si guardarono intorno stupefatti, non riuscendo a non tenere la bocca aperta per la meraviglia.
“Ragazzi è un normale hotel a cinque stelle” li rimproveròJustin, guardandoli con un sorriso divertito.
“Giusto, noi frequentiamo sempre hotel del genere” esclamò Jennifer, dando una leggera gomitata a Matt, che era fermo accanto a lei.
“Allora ragazzi ho preso tre camere: Pattie-Jennifer, Justin-Matt e io da solo” disse Scooter, di ritorno dalla reception, poi guardando l’orologio, aggiunse velocemente: “È tardissimo, andate nelle vostre camere e posate le valigie, ci vediamo tra cinque minuti, qui!” e si diresse verso l’ascensore camminando a passo veloce, ci mancava poco e iniziasse a correre per tutto l’hotel.
“È meglio se facciamo come dice lui!” esclamò Justin, non riuscendo a reprimere una risata.
Insieme a Pattie, raggiunsero l’altro ascensore libero.
“È sempre così ansioso?” chiese Matt, una volta dentro.
“Quando si tratta di lavoro, sì!” rispose la madre di Justin.
Cinque minuti dopo i due ragazzi erano nella hall, aspettando il manager, Jennifer e Pattie.

“Mia mamma non viene?” chiese il biondo, appena Jennifer si affiancò a loro.
“No, ha detto che è stanca e ne approfittava per riposare un po’.” rispose lei.
“Il tuo manager è in ritardo” disse scocciato Matt.
“Dai Matt, forse ha avuto un’urgenza bagno!” disse Justin, prendendosi gioco dell’uomo assente.
“Eccomi ragazzi! Già siete tutti qui?! Benissimo! Andiamo!” disse euforico Scooter, avviandosi verso l’uscita.
C’era già un taxi che li aspettava fuori l’hotel, probabilmente chiamato da Scooter per non aumentare il loro ritardo.
I tre ragazzi si sedettero dietro e Scooter prese il posto avanti, accanto all’autista.
“Jennifer, come mai così silenziosa?” le chiese Matt, sorridendole.
“Tu non sei emozionato? Beh, io sì” esclamò lei, ricambiando il sorriso.
 
Dopo circa venti minuti, a causa del traffico, arrivarono davanti a un palazzo enorme.
“Dovevamo scegliere un hotel più vicino agli studi!” disse Scooter, non lasciando trasparire una punta di irritazione nella voce, mentre scendevano dall’auto.
“Dai Scooter, calmati, stai diventando troppo ansioso!” esclamò Justin dando una pacca sulla spalla all’uomo e dirigendosi verso l’entrata.
“E stai attento alle porte girevoli!” ribatté l’uomo, con l’intento di vendicarsi.
Justin, mentre camminava, si girò verso l’uomo e prima che potesse dire qualcosa si ritrovò steso a terra.
Era inciampato.
“Oddio Justin!” urlò Jennifer,avvicinandosi a lui di corsa.
“Stai bene?” chiese lei, inginocchiandosi accanto a lui.
“Sto bene, sono solo caduto. Aiutami ad alzarmi, per favore!” rispose il ragazzo, arrabbiato per la figura dell’idiota che aveva appena fatto.
Scooter e Matt si avvicinarono ai due, nel momento in cui Justin si era appena alzato e si puliva i jeans con le mani.
“Ti avevo detto di stare attento!” esclamò l’uomo, cercando a soffocare una risata.
“Alle porte non a un innocuo marciapiede” aggiunse Matt, che iniziò a ridere.
Justin li guardò per qualche secondo, la sua espressione lasciava trasparire solo rabbia e un pizzico di imbarazzo. Si voltò velocemente verso l’entrata e, sempre velocemente, riprese a camminare.
“Justin calmati! Hai solo fatto una figuraccia e tra poco tutto il mondo lo saprà!” continuò Scooter, cercando di imitare il tono che aveva utilizzato il ragazzo qualche momento prima.
Justin entrò nell’edificio seguito dagli altri che ancora ridevano, si voltò per controllare se lo stessero seguendo, e si sorprese di trovare Jennifer solo a pochi passi da lui, non intenzionata a ridere come stavano facendo gli altri due.
La osservò, e ricambiò il sorriso che lei fece nel momento in cui notò che Justin la stava scrutando.

Arrivarono nello studio in cui c’erano dei signori ad aspettarli, proprio come aveva detto Scooter.
“Finalmente siete arrivati, Justin meglio iniziare subito, perché siamo in ritardo!” disse uno di questi, riaccendendo l’ansia in Scooter.
“Certo! Come vogliamo procedere?” chiese Justin, assumendo la sua miglio espressione seria.
“Avevamo pensato di iniziare con le canzoni tradizionali di Natale e poi con quelle nuove, se sei d’accordo”
“È fantastico” esclamò Justin, entrando nella sala e indossando le cuffie.

La mattinata passò molto velocemente.
Justin continuava a cantare, Jennifer e Matt si erano seduti e lo ascoltavano.
Finirono di lavorare verso l’ora di pranzo.
“Sei stato fenomenale, Continuiamo domani, e cercate di non arrivare in ritardo come oggi” disse uno dei signori.
“Domani saremo molto più puntuali, non preoccuparti! Buona giornata!” li salutò Scooter, uscendo dallo studio.
“Buona giornata!” dissero in coro i tre ragazzi, seguendo l’uomo fuori lo studio e poi fuori dall’edificio.
“Dove andiamo a mangiare?” chiese Justin, con apparente calma, tradita dall’impazienza nella sua voce.
“Dobbiamo aspettare tua madre, sta arrivando qui” disse Scooter, cercando di fermare il ragazzo.
“Nel frattempo decidiamo dove andare a mangiare, proporrei Mc Donald!” esclamò lui, con entusiasmo.

Appena Pattie li raggiunse iniziarono a camminare tutti verso seguendo Justin, che conosceva la posizione di quasi tutti i Mc Donald della città.
“Cosa è successo a Justin?” chiese Pattie, a Scooter.
“Ha fame ed è euforico per il disco, credo sia questo” rispose l’uomo, alzando gli occhi al cielo.
Quando finalmente arrivarono al Mc, Justin si precipitò ad ordinare e fu il primo a sedersi e a iniziare a mangiare, seguito dagli altri, che furono più lenti a prendere il proprio pranzo e a raggiungere il cantante.
“Non potevi aspettare noi?” gli disse la madre, con tono severo.
“Madre, ho bisogno di nutrirmi!” rispose Justin con la bocca piena di patatine.
Tutti scoppiarono a ridere e lui lì guardò interrogativo.
“Che è successo?” chiese, ancora con la bocca piena.
“Sei buffo!” esclamò Jennifer, sorridendo.
“No, io sono Justin!”
“Si, sei Justin il buffo!” disse ancora la ragazza, provocando una risata generale.
 
* Qualche giorno dopo *
 
Justin, Scooter e Pattie erano negli studi di registrazione, invece Jennifer e Matt, dopo essere stati un po’ ad ascoltare, erano usciti da quell’edificio per cambiare aria ma non si sarebbero allontanati molto poiché Pattie era stata molto chiara  ‘Non voglio che vi perdete’ aveva detto.
Jennifer indicò un bar lì vicino, e vi ci trascinò Matt, poiché disse di avere sete.
Occuparono uno dei tavolini e ordinarono due coca-cole.
“Appena Justin finisce dobbiamo tornare a casa. Che tristezza!” disse la ragazza.
“Non possiamo restare per sempre qui” disse Matt, sorridendole.
“Lo so, però ci pensi? Vivere a Los Angeles, dovrebbe essere una cosa bellissima” esclamòla ragazza, con un sorriso sognante.
“Magari verrai a vivere qui quando riuscirai a liberarti di tua madre” disse, invece il moro, distruggendo i sogni dell’amica.
La ragazza sospirò pesantemente, guardandolo male.
“Non ho detto niente!” protestò lui, alzando le mani e scuotendo la testa.
“So cosa pensi quando nomini mia madre, cerca solo di non odiarla.” Affermò lei.
“Come potrei non disprezzarla? Passa il suo tempo a pianificare come spendere i soldi di quel sant’uomo che è tuo padre” disse il ragazzo, senza riuscire a evitare di arrabbiarsi al pensiero della madre della sua migliore amica.
“Dobbiamo continuare a litigare a causa di mia mamma?” chiese la ragazza, corrugando la fronte.
“No, certo che no” rispose lui, sorridendole.

“Ecco, questa è la vostra ordinazione, se volete altro mi chiamate.” disse un cameriere, posando sul tavolo due lattine di coca cola.
I due ragazzi iniziarono a bere con calma e senza parlare, fin quando sentirono la conversazione di alcune ragazze che occupavano il tavolo affianco, che parlavano a voce molto, troppo alta.
“Justin ha scritto su twitter che ha finito di registrare il cd”
“Stai scherzando? Fammi vedere!”
Matt e Jennifer si guardarono e poi il ragazzo chiese a quelle tre:
“Ma state parlando di Justin Bieber?”
“Si, certo! Di chi credevi che stessimo parlando?!” risposero in coro e poi tornarono a trafficare con il cellulare.
Poi Matt disse a bassa voce, cosicché solo Jennifer potesse ascoltare:
“È meglio se usciamo di qui, queste tre mi fanno paura”
La ragazza iniziò a ridere, si alzò e con lui si avvicinò alla cassa per pagare, e poi uscirono da quel bar.
“Adesso che facciamo?” chiese lei.
“Torniamo dentro? Se Justin ha scritto su uitter che ha finito, vuol dire che adesso uscirà da lì” rispose il ragazzo, indicando l’edificio
“Matt si dice twitter non uitter! Quand’è che ti aggiornerai un po’?” disse ridendo la ragazza.
Iniziarono a incamminarsi per raggiungere l’amico.
“Ma che ne so! Questi social network aumentano come le formiche” esclamò lui.
Entrarono nell’atrio del palazzo, e andarono ad aspettare l’ascensore, che quando arrivò videro uscire Justin, Scooter e Pattie.
“Siete qui, stavamo venendo a cercarvi” disse Pattie, che fu subito travolta dall’euforia di Justin.
“Ho una bella notizia da darvi!”
“Hai finito di registrare, l’abbiamo già saputo” disse Jennifer, rovinandogli il momento.
“Ma com..
“L’hai scritto su uitter!” lo interruppe Matt, sbagliando intenzionalmente.
“La finisci? Lo sai come si dice, non fare il cretino!” esclamò esasperata la ragazza.
“Ma voi non avete twitter!” esclamò il cantante, ridendo.
“C’erano delle ragazze nel bar che hanno iniziato ad urlare dopo aver letto quello che hai scritto!”spiegò la ragazza.
“Ma nessuno sa quando esce il disco!” protestò Justin, con un sorrisetto di sfida.
“Ragazzi, basta parlare, andiamo a mangiare poi dritti all’hotel perché dobbiamo tornare a casa. Lunedì dovete tornare a scuola” disse Scooter.
E proprio come aveva detto l’uomo, andarono a mangiare, poi dopo aver fatto le valigie si diressero in aeroporto.
Arrivarono a Stratford che era già notte e ognuno ritornò alla propria casa.
Arrivato a casa, Justin andò in camera sua e si buttò sul letto.
La madre che passò fuori la sua camera, si affacciò nella stanza e disse:“Almeno vai a fare una doccia”
“Adesso vado, due minuti” esclamò il ragazzo e la madre si allontanò.
“Devo dirti una cosa” disse Scooter, entrando nella stanza chiudendo la porta a chiave, poi si avvicinò alla finestra e controllò se era chiusa bene.
“Non puoi parlarmene domani? Sono stanco” sospirò Justin, infilando la testa sotto al cuscino.
“No, e adesso spegni il cellulare!” disse l’uomo con aria seria.
“Guarda che non c’è nessun microcip o cose del genere!” disse il ragazzo, mentre si metteva a sedere sul letto.
Spense il suo cellulare, poi rivolse tutta la sua attenzione al manager.
“Cosa devi dirmi?”
“Domani dobbiamo portare Jennifer a Washington”
Justin aprì di scatto la bocca, poi esclamò, quasi urlando.
“No, no e no! Non se ne parla!”
“Non urlare! Calmati! Sei sicuro che è lei la ragazza?” chiesel’uomo.
“Certo” rispose Justin, imponendosi di restare calmo.
“Non possiamo metterla troppo in mostra tenendola all’oscuro, e se non sei d’accordo la porterò senza il tuo aiuto”
“Tu non c’entri niente, sono io che l’ho trovata e io devo portarla lì, ma non sono pronto, e non sono sicuro che si fidi di me” esclamò Justin, perdendo di nuovo la calma.
“Non si fida di te?! Stiamo parlando della stessa ragazza che è andata a Los Angeles con un ragazzo conosciuto da pochi giorni?!”
“Io.. non lo so Scooter.” Disse il ragazzo, lasciando che tutto lo spavento si manifestasse sul suo volto.
Scooter lo guardò con un sorriso, cercando di rassicurarlo con una pacca sulla spalla.
“Non avere paura, ci sarò anch’io e poi ci sarai anche tu, non le succederà niente!”
“Che devo fare?” chiese il ragazzo, infine.
“Manda un messaggio a Jennifer in cui le chiedi se domani vuole passare la giornata con te, e le dici che ci sono anch’io, per poter rassicurare la madre”
“Ok Scoot, spero che vada tutto bene!” sussurrò il ragazzo, accendendo il cellulare.


Spazio autrice:
sono riuscita a modificare anche quest'altro capitolo oggi, yeeeaah.
l'ho modificato, ma non ho tempo per rileggerlo, quindi se ci sono eventuali errori d'ortografia mi scuso, ma i miei vogliono cenare lol

Coooomunque il prossimo capitolo credo che sarà uno dei capitoli più importanti: finalmente scopriremo cosa nascondono Justin e Scooter! YUPPI (?)
Come sempre ringrazio chi ha messo la storia nelle seguite/ricordate/preferite, chi ha recensito e chi ha solo letto.
Questa volta ho una richiesta un po' strana: certo voglio sapere il vostro parere sulla storia e sul capitolo però sono anche curiosa di sapere voi cosa pensate nascondano Justin e Scooter, quindi sarei molto felice di leggerlo nelle recensioni che riceverò (se ne riceverò qualcuna).
Adesso vi lascio.
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Everything will change ***


Capitolo nove
Everything will change

Domenica mattina.
La ragazza sperava di poter dormire almeno fino all’ora di pranzo, poiché erano tornati da Los Angeles quella notte, ma c’era qualcuno che la pensava diversamente, dato che fu svegliata dallo squillo insistente del suo cellulare.
“Pronto” rispose, con la voce impastata.
“Ehi Jennifer, sono Justin! Stavi ancora dormendo?”
“No, stavo lavando un ippopotamo!” rispose, subito, lei, infastidita dalla stupida domanda dell’amico.
“Acida già da prima mattina!” esclamò lui, iniziando a ridere.
“Justin, ho un ippopotamo che mi aspetta nella vasca da bagno, devi dirmi qualcosa di importante?” chiese, non lasciando trapelare il fastidio che stava provando.
“Ti avevo inviato un messaggio e non hai ancora risposto, comunque volevo chiederti se vuoi venire con me e Scooter”
“Credo di sì, dove andiamo?” chiese, diventando improvvisamente curiosa.
“Sapevo che la curiosità ti avrebbe fatto passare l’acidità” esclamò lui, ridacchiando, e la ragazza immaginò che avesse stampato sul viso uno dei suoi migliori sorrisi.
“È una sorpresa! Preparati che si esce tra mezz’ora!” aggiunse in fretta, per poi chiudere la chiamata.
Jennifer si alzò di malavoglia, dato che la curiosità non sarebbe mai stata capace di vincere la sua forte stanchezza, e si diresse in bagno, concedendosi una bella doccia ristoratrice.
“Possibile che quel ragazzo non è mai stanco?” disse ad alta voce, prima di entrare nella cabina doccia.

Bussarono alla porta della sua stanza, mentre lei indossava i pantaloni. Quando la madre entrò, notò subito la sua espressione contrariata.
“C’è Justin e il suo manager giù.” le disse, accomodandosi sul letto.
“Sì, mamma, due minuti, sono quasi pronta!” esclamò la ragazza, che nel frattemp0 aveva infilato la una maglietta.
“Sei tornata stanotte e già esci e, per di più, non mi avevi detto niente.” disse la madre con tono severo, fissando gli occhi in quelli della ragazza.
“No, hai ragione. Scusa! Justin me l’ha chiesto mezz’ora fa, e non ho avuto tempo per avvisarti” si giustificò, prendendo il cellulare e uscendo di fretta dalla stanza.
Preferiva allontanarsi al più presto dalla casa, altrimenti avrebbe trovato solo risposte negative, e voleva davvero trascorrere la domenica con Justin.
“Dove andate?” chiese, ancora, la donna raggiungendo la figlia al piano inferiore.
Erano arrivate alla porta d’ingresso, dove era appoggiato Justin.
“È una sorpresa, non si preoccupi c’è Scooter e anche la mia guardia del corpo, sua figlia è in buone mani!” s’intromise il ragazzo.
 “Ecco, adesso andiamo, ciao mamma e salutami papà!” esclamò la ragazza, per poi afferrare un braccio del ragazzo e uscire dalla casa.
Nel momento in cui loro entrarono in macchina, Scooter stava attraversando il vialetto per raggiungerli, ma fu fermato da Charlotte.
“Non ti chiedo dove andiamo perché già so che non mi dirai niente” disse la ragazza, suscitando la risata dell'amico.
Avevano qualche istante in cui parlare da soli poiché Scooter si era fermato a parlare con la madre della ragazza, forse per rassicurarla.
“Posso solo dirti che dobbiamo prendere il mio aereo privato” sussurrò Justin, cercando di fare un sorriso convincente, che di convincente non aveva molto.
La ragazza, però, non notò quel piccolo particolare poiché era impegnata a riflettere sulle parole del ragazzo.
“Hai anche un aereo privato? Ti tratti proprio bene tu! Prima hotel a cinque stelle poi l’aereo!” non riusciva proprio a contenere la propria sorpresa, dimenticando che il ragazzo che aveva a circa un metro di distanza fosse un cantante di fama mondiale.
“L’aereo privato mi serve per spostamenti non programmati come questo, e poi non posso sempre prendere aerei pubblici, creerei troppi disagi con le fan che sono lì ad aspettarmi!” disse il ragazzo, come se fosse una delle cose più ovvie al mondo.
Finalmente Scooter, finito di parlare con la madre di Jennifer, entrò in macchina e si mise al volante.
“Tua madre è troppo ansiosa!” esclamò l’uomo, senza nascondere la nota di noia nel suo tono di voce.
“Lo so, che ha detto?” chiese la ragazza, alzando gli occhi al cielo.
“Continuava a dirmi di stare attento e di non perderti di vista.”

Dopo una decina di minuti arrivarono all’aeroporto e grazie ad un’agente della sicurezza arrivarono all’aereo di Justin senza dover passare tra troppe persone.
Lì, li attendeva il pilota e un signore vestito elegante e con un paio di occhiali da sole e un auricolare nell'orecchio destro.
La ragazza appena lo vide, chiese a bassa voce: “Quella è la tua guardia del corpo?”
Justin stava per dire che la sua guardia del corpo non veniva con loro, che l'aveva detto solo per rassicurare la madre. Prima di rispondere, però, seguendo quel po’ di buon senso che aveva acquistato da qualche mese, spostò lo sguardo là dove Jennifer stava guardando, e impallidì.
Ringraziò mentalmente che l'attenzione della ragazza fosse puntata su quel tizio, e cercò di darsi un contegno, e riprendersi dal panico che gli aveva, improvvisamente, serrato la gola.
“Sì, una specie” rispose, infine,  riuscendo a stento a controllare il tono di voce.
Cercò con lo sguardo Scooter che, però, aveva appena iniziato a parlare, animatamente, proprio con quel tizio.
Salirono tutti sull’aereo quando il pilota ebbe finito tutti i controlli, e per il decollo presero tutti posto sulle varie poltrone. Jennifer non ebbe neanche il tempo di osservare meglio l’interno dell’aereo, poiché Scooter, seduto accanto a lei, le disse:
“Devi mettere questa benda.”
La ragazza lo guardò, confusa ma anche curiosa, e prima che potesse chiedere il perché, Justin la precedette.
“È una sorpresa, e non vogliamo rovinarla”
Jennifer lo osservò, annuì e mise la benda, anche se contro voglia.
Justin, appena non fu più sotto lo sguardo indagatore dell’amica, sospirò silenziosamente sia per sollievo, poiché Jennifer non aveva fatto storie, ma anche per cercare di calmarsi dato che stava per sentirsi male a mentire in quel modo.
Qualche istante dopo, anche lui fu costretto, dal signore vestito in nero, ad indossare una benda.
L’unico a non avere gli occhi coperti era Scooter e, con lui, il tizio elegante e il pilota erano gli unici a sapere dove si stavano dirigendo.
Jennifer continuava a stare immobile, seduta sulla poltroncina e con gli occhi chiusi, inutile tenerli aperti se coperti da una benda.
Dopo un tempo interminabile, si fece coraggio e chiese a Scooter per quanto tempo ancora dovesse restare in quella posizione.
“Cerca di essere paziente!” le aveva risposto l’uomo, aggiungendo un sospiro di esasperazione a fine frase.
“Non sospirare! Tu sei libero di muoverti e di g..”
“E basta lamentarsi! Stai calma, siamo quasi arrivati” la interruppe l’uomo, con tono brusco.
A quelle parole la ragazza si zittì, e cercò di calmarsi poiché avrebbe potuto lanciarlo dall’aereo.
Scosse leggermente la testa a destra e a sinistra, sperando in un intervento di Justin, che però non arrivò, e decise di addormentarsi, l’unica cosa che potesse fare.
 
Non riusciva a rendersi conto se stesse sognando o se quella fosse la realtà, poiché l’unica cosa che sentiva erano lontane voci sconosciute.
Qualche istante più tardi sentì un paio di braccia circondarle il corpo e una forte presa che la alzavano e sentì il rumore di passi, e un leggero senso di nausea articolarle lo stomaco.
Pian piano iniziò a sentire le voci farsi più vicine, e risuonarle nelle orecchie, così da svegliarla completamente. Aprì gli occhi e tutto ciò che vide fu il nero della benda che nessuno si era curato di togliere.
L’uomo che la portava in braccio si fermò, e lei cercò di concentrarsi sulla conversazione che stava tenendo con una seconda voce.
“Sta ancora dormendo?”
“Credo di si”
“È meglio che si svegli presto, sai quanto odiano aspettare. Svegliala”
Poi riuscì a sentire di passi che si allontanavano.
“Ehi ragazzina, svegliati, ti stanno aspettando” disse a bassa voce l’uomo che la portava in braccio.
Jennifer aprì definitivamente gli occhi e con difficoltà tolse la benda dal viso.
L’uomo la fece scendere, e le rivolse un sorriso il più rassicurante possibile, anche se la sua mole muscolosa non era lontanamente rassicurante.
“Dove sono?” chiese lei, guardandosi intorno.
Tutto ciò che vide era un corridoio con pareti grigie e le poche porte, che riuscì a vedere, erano dello stesso colore, come se  dovessero restare nascoste.
“Non ha importanza adesso, devi venire con me in quella stanza” rispose lui.
“Chi c’è in quella stanza? Dov’è Justin?” chiese, ancora, la ragazza, iniziando ad agitarsi.
“È in quella stanza con il suo manager, e devi raggiungerlo” le disse, sorridendo e avviandosi verso la porta che aveva indicato.
L’uomo si avvicinò ad un piccolo tastierino sulla parete accanto la porta e digitò alcuni numeri, anche se Jennifer sentì solo i rumori dei tasti. Un rumore un po’ più forte precedette l’apertura della porta.
Dalla sua posizione, la ragazza riuscì a vedere solo una stanza male illuminata, e pareti scure.
La curiosità di sapere cosa quella stanza nascondesse, però, non le permise di muovere un passo, e restò immobile, con le mani che tremavano.
“Ragazzina, vuoi restare tutta la giornata lì?”
L’uomo la stava aspettava sull’uscio della porta, e la osservava con un’espressione contrariata.
Fece un profondo respiro e cercò di convincersi che in quella stanza avrebbe davvero trovato Justin e Scooter, così, a causa del tremore alle gambe, iniziò a camminare lentamente.
Prima di varcare l’uscio, lanciò un’occhiata all’uomo alla sua destra, poi chiuse gli occhi e fece un paio di passi.
Un altro respiro profondo e poi li riaprì.
La stanza era, come aveva già capito, poco illuminata e le pareti blu scuro contribuivano a dare un’atmosfera cupa. In contrasto con le pareti, c’era il lungo tavolo che era di un bianco splendente.
Seduti accanto al tavolo c’erano una ventina di uomini, tutti somiglianti a quello che aveva visto ai piedi dell’aereo di Justin e a quello che l’aveva portata in quella stanza.
Continuò a guardarsi intorno fin quando non localizzò Justin, seduto nel posto alla destra del capo tavola, e un posto vuoto affianco a lui.
Un altro respiro profondo, e iniziò a camminare verso quello che credeva essere un amico, e sedersi accanto a lui.
Il ragazzo fissò subito lo sguardo sul suo volto, e Jennifer notò subito la sua un'espressione strana.
“Perché siamo qui?” chiese lei, con la voce tremante, per la paura.
“Non avere paura, ti fidi di me?” chiese lui, con un tono pieno di speranza.
Jennifer non rispose, distogliendo lo sguardo da quello del ragazzo e, in quel momento capì che quella domanda nascondeva qualcosa di non buono.
I tentativi di reprimere la paura risultarono vani quando notò il modo in cui gli uomini in quella stanza la guardavano, facendo aumentare vertiginosamente la sua agitazione.
Dopo qualche minuto una porta in fondo alla stanza si aprì e un uomo si fece avanti, avvicinandosi al capo tavola accanto a Justin.
Il leggero chiacchiericcio che occupava la stanza si dissolse e tutti gli uomini si alzarono, compresi Justin e Scooter, che, Jennifer vide solo in quel momento, era seduto di fronte a loro.
Tutti tornarono a sedersi solo quando quell’uomo occupò il suo posto a capo tavola.
Era, anche lui, vestito elegante, con folti capelli neri e occhi chiari e, come tutti, aveva un auricolare all’orecchio destro. 
“Buonasera a tutti” esclamò con un leggero sorrisetto, e iniziò a guardarsi intorno.
“Justin Bieber! Non ho creduto che fossi riuscito nel tuo compito fin quando non ho visto le foto. Com’è andata la registrazione del disco? Spero bene!” poi posò gli occhi sulla ragazza, e le sue labbra si piegarono ancora di più.
“Temevo di non riuscire ad avere l’onore di conoscerla, invece hai trovato il coraggio di portarla qui. Devo ammettere che sei stato bravo: l'hai trovata in pochissimo tempo”
“Anch’io pensavo fosse più difficile trovarla” disse, anzi sussurrò, il ragazzo, accennando un sorriso teso. Da sotto il tavolo prese la mano della ragazza e la strinse forte, con l’intenzione di rassicurare lei, ma anche se stesso.
“E dimmi, come sei riuscito a trovarla? Non ci sono poche ragazze a Stratford”
“È la figlia di un’amica di mia madre, e dopo qualche giorno di indagini ho capito che era la ragazza giusta” rispose, tenendo gli occhi bassi.
“C’è una stanza qui accanto, accompagnateli. Bieber, sai cosa devi fare” esclamò l’uomo, dando l’impressione di non aver ascoltato a ciò che gli era appena stato detto.
Due uomini, grandi quanto armadi, si avvicinarono agli schienali delle sedie dove i due ragazzi erano seduti e li invitarono ad alzarsi.
Una volta arrivati nella stanza, furono lasciti da soli.
Jennifer si allontanò di poco da Justin e iniziò a guardarsi intorno.
Li avevano condotti in una stanza quadrata e più piccola della stanza in cui si trovavano pochi minuti prima, ma molto simile a quella per la poca illuminazione e per le pareti blu scuro. Nel centro della stanza c’erano due sedie, una delle quali fu subito occupata da Justin, Jennifer, invece, preferiva restare in piedi e camminare per sciogliere la tensione.
Perfino i muri dei quell’edificio avevano capito che aveva paura e che era terrorizzata.
“Perché mi hai portato qui? Chi sono quelle persone?” chiese la ragazza con la voce tremolante, dopo qualche momento di riflessione.
“Non c’è bisogno di avere paura, fidati di me, per favore” la supplicò lui.
“Non lo so se mi fido di te” urlò la ragazza, bloccandosi nel centro della stanza, girandosi verso il ragazzo.
“È già abbastanza complicato, puoi smetterla e lasciarmi spiegare?” urlò Justin, a sua volta.
“Bene, perché voglio proprio sapere che ci faccio qui”
Detto questo, Jennifer occupò la sedia accanto a quella di Justin e iniziò ad osservarlo, aspettando che iniziasse a parlare.
“Circa un mese fa, rapirono me e Scooter e ci portarono qui” fece una pausa, respirando rumorosamente.
“Quant’è difficile spiegarti questa cosa?! Non potevano farlo loro?!” esclamò, poi, prendendosi la testa tra le mani.
Jennifer osservò il ragazzo che aveva di fronte, e solo in quel momento capì che lei non era l’unica ad essere spaventata da ciò che stavano vivendo, e che essere arrabbiata con lui peggiorava solo le cose.
“Dai Justin, fai con calma” sussurrò, accarezzandogli la schiena, cercando di rassicurarlo così che potesse continuare a parlare.
“Non volevo trascinarti in questa cosa, non volevo” sussurrò lui.
“Non fa niente, qualsiasi cosa sia la affronteremo insieme, ma adesso calmati” disse la ragazza, abbracciandolo. Aveva paura, ma odiava vedere Justin in quelle condizioni.
“Promettimi che non reagirai d’impulso, l’hai detto tu no? Affronteremo questa cosa insieme” esclamò il ragazzo, alzando il viso per tornare a guardarla negli occhi.
“Prometto, ti ascolto con calma” disse la ragazza, mettendo una mano sul cuore.
“Ci troviamo in una base militare della CIA” disse tutto d'un fiato, fermandosi a guardare la reazione della ragazza, che, inspiegabilmente gli sorrise per incoraggiarlo a continuare.
“Mi hanno imposto di diventare una spia e il mio primo compito era trovare una ragazza che facesse squadra con me, con alcuni requisiti” concluse.
“Quali requisiti?” chiese curiosa.
“Mi hanno detto di cercarla a Stratford e che era molto sportiva, per questo Scooter mi ha inscritto alla palestra che frequenti”
Jennifer si limitò ad annuire, poiché sapeva che il ragazzo aveva altro da dire.
“E doveva essere brava soprattutto nel karatè, e tu sei bravissima in quello sport”
“Quindi siamo ufficialmente due spie della CIA?!” chiese lei, e senza aspettare una risposta scoppiò a ridere, forse a causa di tutta l'agitazione e la paura che aveva accumulato, o solo a causa della comicità di tutta quella storia.
Quando, però, il ragazzo le chiese il motivo, lei si bloccò, e trattenendosi dal ridere, disse: “È tutto uno scherzo vero? Magari adesso entrano le telecamere e l’insegna di punk’d”
“Jenny, che diavolo stai dicendo?” urlò lui, alzandosi così in fretta, da sbilanciare il corpo della ragazza seduta.
“Siamo circondati da agenti armati, e tu pensi che io scherza? Non sono mai stato più serio” esclamò ancora, riservandole uno sguardo di ghiaccio, che la fece rabbrividire.
“Perché non mi hanno detto loro queste cose, e l’hanno fatto fare a te?” chiese lei, deglutendo.
Un improvviso fascio di luce distolse gli occhi di entrambi ragazzi dal guardare l’altro e li fece concentrare sulla figura che si stagliava sull’uscio.
“Molto semplice ragazzina, è meglio conoscere ciò che ci aspetta da qualcuno di cui ci fidiamo” disse quello, entrando nella stanza.
“Dato che la ragazza conosce tutto, potete tornare nell’altra stanza” disse, infine, l’uomo, scortandoli di nuovo nella stanza della ‘riunione’.
Appena occuparono i due posti in cui erano seduti precedentemente, l’agente che aveva parlato all’inizio riprese la parola.
“Prima di diventare effettivamente delle spie dovrete affrontare un lungo e faticoso addestramento, continuerete a frequentare la vostra scuola per non destare nessun sospetto. Vi addestrerete solo di pomeriggio, in una palestra sotto copertura, frequentata da normali persone, che ha come proprietari due agenti della CIA, che già sanno tutto di voi, quindi inizierete domani e metteteci tutto l’impegno possibile perché, in base alle vostre capacità iniziali si deciderà quanto tempo vi serve per apprendere tutto, quindi se alla fine non siete capaci in qualcosa, rimarrete incapaci. Massima concentrazione e massimo impegno! Capito?”
“Sissignore!” dissero in coro i due ragazzi, annuendo.
Una delle cose che, senza consultarsi, stavano facendo bene, era nascondere la paura e la tensione che stavano provando.
“Qualche domanda?” chiese l’uomo, fingendo gentilezza.
“Si, ne avrei una” disse Justin, velocemente.
“Tra la scuola e gli addestramenti non avrò tempo per promuovere il nuovo disco, per le interviste, programmi televisivi e concerti, come farò?”
“Scooter programmerà tutto, non hai niente di cui preoccuparti” rispose.
“Vi do un consiglio: siete parte di una squadra,ora, e dovrete aiutarvi a vicenda, quindi cercate di conoscervi meglio e fidarvi uno dell’altro. In poche parole, cercate di trascorrere molto tempo insieme. E cosa più importante, non dovete rivelare a nessuno il vostro segreto. Adesso potete tornare alla vostra vita come se niente fosse” concluse l’uomo alzandosi, e invitandoli ad uscire con un cenno della testa.
Justin e Jennifer uscirono da quella stanza, e furono subito affiancati da Scooter, che per tutto quel tempo era restato nell’ombra, come un fantasma.
Ad attenderli c’erano altri due grandi uomini, vestiti di nero, occhiali da sole e l’auricolare all’orecchio destro: sembravano i buttafuori delle discoteche.
“I due ragazzi devono mettere le bende” esclamò uno di questi, porgendogli due pezzi di stoffa, come quello che era stata costretta ad indossare Jennifer nel viaggio d’andata.
Jennifer afferrò la sua benda, poi si voltò ad osservare Justin, che cercava di evitare lo sguardo dell’amica, restando con il viso fermo a guardare davanti a sé.
“Anche tu?”
“Non vogliono che vediamo dove si trova la loro base” si limitò a rispondere lui, indossando la sua benda.
Entrambi gli agenti afferrarono un braccio dei due ragazzi e li guidarono fuori l’edificio e dentro l’aereo.
Il viaggio di ritorno fu tranquillo, anche perché avevano tutti le menti impegnate a registrare ciò che avevano vissuto quella mattinata.
A circa metà viaggio, tutti i pensieri furono allontanati dalla voce di Scooter.
“Adesso potete togliere le bende, ormai siamo molto lontani dalla base”
“Oh finalmente la luce!” esclamò Jennifer, trovando un po’ di sollievo nel poter utilizzare la vista.
“Jennifer, scusa se all’andata ti ho risposto un po’ male, ma c’era quell’agente che metteva ansia” le disse Scooter, sorridendole.
“Anche lui era uno di loro, vero?” chiese e l’uomo annuì.


Spazio autrice:
sono arrivata anche a questo capitolo, nella mia impresa di revisione della fan fiction.
fino ad ora è stato quello più difficile da riscrivere, anche perché è uno dei capitoli più importanti.
spero di non aver fatto un guaio ahah


Finalmente adesso sappiano cosa nascondevano Justin e Scooter.
Spero che questo capitolo vi piaccia e che non deluda le vostre aspettative.
Dovrei fare un annuncio speciale: questo capitolo lo dedico ad una mia amica ( 
MariaTomlinson ) che, come ho detto in uno dei capitoli precedenti, è la ragazza che mi ha incitato a mettere la storia su questo sito.

Ringrazio chi ha messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate, chi ha recensito e chi ha semplicemente letto.
E spero di ricevere qualche recensione in più dei capitoli precedenti dato che mi sono impegnata davvero tanto a scrivere questo capitolo.
Ciaoo ciaoo!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** I'm afraid ***


Capitolo dieci
I'm afraid

Durante il viaggio di ritorno a casa, Jennifer ripensò, seduta comodamente nella sua poltroncina, a ciò che le era successo. Aveva reagito bene e aveva cercato di mantenere la calma, solo perché l’aveva promesso a Justin, ma aveva continuato ad avere paura per tutto il tempo che erano rimasti in quell’edificio e, anche in quel momento, non riusciva a fermare il tremore alle mani e alle gambe. Per sua fortuna nessuno notò il suo stato d’animo, poiché erano tutti occupati a guardare il panorama.
La sua mente, però, si era bloccata e continuava a rivivere le immagini e le conversazioni a cui l’avevano costretta ad assistere, e non riusciva a smettere di pensare al radicale cambiamento che avrebbe dovuto affrontare, in più avrebbe dovuto imparare a mentire ed era consapevole che non era per niente semplice dover nascondere a tutti un segreto tanto grande.
E poi, quando sarebbe finito l’addestramento?
Le spie devono portare a termine missioni, a volte molto pericolose in cui si rischia la vita, e lei non sapeva se era pronta a rischiare la vita per qualcosa di cui non conosceva il motivo.
Inutile dire che tutti quei pensieri non avevano fatto altro che aumentare la sua paura.
Bastava una sola piccola cosa che aumentasse il suo nervosismo e sarebbe scoppiata; la tensione che aveva accumulato era davvero troppa.
“Jennifer, stiamo per atterrare” la voce di Justin la riportò alla realtà, e quando il ragazzo occupò il posto accanto a lei, le chiese: “Tutto bene?”
La ragazza portò lo sguardo sul viso dell’amico, e lo trovò pericolosamente rilassato, come se ciò a cui avevano appena assistito non l’avesse turbato minimamente.
Si sforzò a fare un sorriso per non preoccuparlo, e annuì troppo velocemente, nel tentativo di rassicurarlo.
“Resti a mangiare da me? Scooter ha detto a tua mamma che restavi con noi tutta la giornata” continuò lui che, notando lo stato di tensione dell’amica, le regalò uno dei migliori sorrisi del suo repertorio, pensando che potesse calmarla.
Un sorriso vero, non come quello della ragazza.
“Si, certo” rispose lei, distogliendo lo sguardo dal viso del ragazzo, poiché non riusciva a sopportare di vederlo così calmo.
Iniziò a provare una certa collera nei suoi confronti, ricordando le sue parole.
Aveva detto che non voleva trascinarla in questa cosa, allora perché l’aveva fatto? Poteva benissimo prendere un’altra ragazza oppure dire che non l’aveva trovata.
“Jennifer, mi senti? Dobbiamo scendere, te l’ho detto già tre volte” esclamò il ragazzo, sventolando una mano davanti ai suoi occhi.
“Ah?! Si adesso scendo” sussurrò lei, tornando di nuovo a guardarlo, poi si alzò e lo seguì per scendere dall’aereo, e con Justin e Scooter andò alla macchina che l’uomo aveva lasciato nel parcheggio, quella mattina.
“Resti a mangiare da noi?” chiese Scooter, appena si fu messo al volante, cercando di avere un qualsiasi tipo di conversazione.
“Sì, ha accettato” rispose, Justin, con entusiasmo.
Loro continuarono a parlare, mentre la ragazza cercava di evitarli, rivolgendo tutta la sua attenzione al paesaggio.
Ogni tanto sentiva le loro risate, e non poteva fermare il fastidio che nasceva nell’ascoltare quei suoni.
Quando arrivarono a casa di Justin, scese dalla macchina e fu costretta a scontrarsi con i sorrisi a trentadue denti, stampati sui loro visi.
Prima di entrare in casa, Jennifer si fermò di scatto, era stanca e la sua rabbia era alle stelle. Justin, non vedendola più accanto a sé, si girò e la vide, ferma nel centro del vialetto di casa con il viso rosso dalla rabbia.
Cercò di nascondere un sorriso, perché sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare una sua sfuriata e, giusto per aumentare la rabbia che provava l’amica, le chiese se andasse tutto bene.
“No, Justin! Non va affatto niente bene, spiegami come riesci a essere così calmo” rispose con la voce distorta dalla rabbia.
“Credo che non dovremmo parlare qui fuori” disse lui, continuando a mantenere la calma.
Si avvicinò lentamente, così da dare alla ragazza il tempo di capire le sue intenzioni e non permetterle di scappare, e le afferrò delicatamente un braccio.
“E dove vuoi parlare?! Magari in quell’edificio?” chiese lei, urlando.
“Per favore, calmati e non urlare, adesso entriamo e ne parliamo nella mia stanza” sussurrò lui, trascinandola dentro casa, sulle scale e poi nella sua stanza.
Chiuse la porta a chiave, controllò le finestre e, mentre prendeva il suo cellulare per spegnerlo, disse alla ragazza di fare lo stesso con il suo.
Jennifer, però, iniziò a tastare le tasche del pantalone e del cappotto, quando infine capì che non aveva con sé il telefono iniziò a urlare.
“Non trovo il mio cellulare! Se non lo ritrovo giuro che…
“Forse Scooter ha dimenticato di restituirtelo” la interruppe lui, stanco di sentirla urlare.
“Perché ha il mio cellulare?” chiese, qualche istante più tardi, scrutandolo con curiosità.
“L’ha preso prima che entravamo in quella base, per spegnerlo perché tu dormivi e poi ha dimenticato di restituirlo” rispose lui, sedendosi sulla sedia accanto alla scrivania.
“Allora Jennifer, devi dirmi qualcosa? Sai, l’avevo capito che non andava niente bene e che hai solo finto anche nella base. Credi che non abbia notato che tremavi in continuazione?! Non riuscivi a tenere le gambe ferme, e sei stata assente per tutto il viaggio di ritorno”
“Che vuoi che ti dica?” chiese lei, facendo una pausa per fissare lo sguardo negli occhi del ragazzo.
“Che sto morendo di paura?! Che odio te e Scooter perché fate finta di niente, perché siete così calmi?!” continuò lei, alzando la voce.
Justin la osservò, si aspettava la paura, ma non l’odio nei suoi confronti, e per questo le si rivolse a bassa voce.
“Non devi odiarmi, so cosa stai provando perché lo provo io ogni giorno. È come se avessi un peso sulle spalle. Sembro calmo solo perché ho imparato a convivere con tutto questo”
“No, non sai cosa sto provando! Tu continuerai ad avere la tua vita di sempre, io non potrò parlare con il mio migliore amico perché capirebbe subito che nascondo qualcosa. La mia non sarà più la vita che avevo! Tu, invece, continuerai a fare il cantante, a incidere dischi e fare concerti in tutto il mondo!" urlò ancora la ragazza, allargando le braccia in un gesto teatrale.
“Pensi che io non abbia dovuto rinunciare a niente?! Sei proprio fuori strada!” disse il ragazzo, scuotendo la testa.
“E a cosa hai rinunciato? A qualche intervista? Incontro con i fan? Hai ancora ciò che ami! Hai rinunciato a qualcosa? Sì forse, ma non come devo fare io”
Il ragazzo abbassò gli occhi, non voleva continuare a parlare di quell’argomento.
“Ho una domanda!” esclamò lei all’improvviso.
“Spara”
“Non potevi portare un’altra ragazza?” stava per continuare, ma il ragazzo aveva già capito ciò che stava per dire, così la interruppe.
“No, non potevo. Ti avevano scelto dall’inizio, non potevo sbagliare ragazza. Non devi avere paura, affronteremo tutto questo insieme, come una vera squadra” disse il ragazzo, sorridendole, e avvicinandosi per abbracciarla.
Jennifer si limitò ad annuire e a ricambiare l’abbraccio.
Qualche istante dopo, Justin si allontanò e fece un piccolo sorrisino.
“Ho una certa fame! Andiamo a vedere se è pronto il pranzo?” senza aspettare la risposta della ragazza lasciò la stanza, e si diresse al piano inferiore.
Jennifer lo seguì e, arrivata in cucina fu invasa da un profumo buonissimo, accompagnato dalla scena più dolce che potesse mai vedere: Justin che abbracciava la madre. Restò lì a guardarli per qualche istante, un po’ lo invidiava perché gesti del genere, con la madre, non ne aveva mai.
Pattie la vide e, con un sorriso a trentadue denti, le disse: “Che fai lì, sulla porta? Dai vieni anche tu, un abbraccio a tre” anche Justin la guardò e le sorrise, incitandola ad avvicinarsi.
La ragazza si avvicinò e fu subito abbracciata dai due.
“Ormai fai parte della famiglia!” esclamò Justin con un sorriso, mentre scioglievano l’abbraccio e prendevano posto a tavola.
“Scooter?” chiese lei, guardandosi intorno.
“Appena siete arrivati, ha detto che doveva sbrigare alcune faccende e che non sarebbe tornato per pranzo” rispose Pattie.
”Spaghetti alla bolognese! Grazie mamma!” esclamò Justin, iniziando a mangiare, suscitando la risata della ragazza e della madre.
 
“Allora Jennifer cosa ti va di fare?” chiese Justin, appena finirono di mangiare.
“Vorrei tornare, sono stata lontana da casa per una settimana e mia mamma me la farà pagare, anche perché oggi ho saltato di nuovo il lavoro” rispose lei, sospirando.
“Capito, ma domani mattina andremo a scuola insieme” disse il ragazzo, accompagnandola alla porta, poi prima di salutarla aggiunse “E nel pomeriggio Scooter ci accompagnerà in palestra” e le fece l’occhiolino.
“Come facciamo con l’iscrizione all’altra palestra?” chiese lei a bassa voce.
“Sto venendo proprio da lì, non siete più iscritti” disse Scooter percorrendo il vialetto poi, voltandosi verso la ragazza, disse: “ E Jennifer? Non sai parlare a bassa voce”
“Io vado, a domani!” esclamò lei, imbarazzata.
“Aspetta, questo è tuo” la bloccò Scooter, porgendole il cellulare e rientrando in casa insieme a Justin.
 
Il giorno dopo, Justin era passato a prendere Jennifer verso le otto meno dieci, per dirigersi a scuola, accompagnati da Scooter, il quale stava spiegando che dovevano iniziare a passare quasi tutto il loro tempo insieme, poiché, come aveva appena detto, dovevano abituarsi a convivere e ad andare d’accordo.
“Jenny guarda: c’è Matt” disse Justin, scendendo dall’auto.
“Oh sì, Matt” sussurrò lei, senza entusiasmo.
“Non fare la stupida, per favore!”esclamò Justin, scandendo bene le parole, mentre le afferrava un braccio girandola per guadarla negli occhi.
“So che è difficile mentirgli, devi solo fare finta di niente”
Justin si allontanò per andare a salutare Matt, lasciandola in mezzo al marciapiede, ad osservarli parlare. Iniziò ad avvicinarsi lentamente, cercando un modo per risultare convincente, perché sapeva che Matt era in grado di conoscere i suoi stati d’animo con un solo sguardo.
“Ehi Jenny! Justin mi ha detto che ieri ti ha portato in giro sul suo aereo” la salutò Matt, con un sorriso.
“Oh si! È stato davvero fantastico!” esclamò lei, con fin troppo entusiasmo.
Matt la guardò negli occhi, e stava anche per dire qualcosa, ma la campanella fortunatamente parlò al posto suo.
“Ci vediamo a mensa!” disse la ragazza, dando un bacio sulla guancia all’amico e avviandosi in classe con Justin, invece Matt andò nella direzione opposta dato che era un anno più grande e quindi seguiva altri corsi.
“Prima ora matematica, che cosa carina!” esclamò Justin, occupando il suo posto.
“Sarcasmo?! Guarda che la matematica è una materia bellissima!” disse, invece, la ragazza, affiancandolo.
“Sì, certo. Tu sei fuori di testa” esclamò lui, abbassando la voce, mentre la professoressa faceva il suo ingresso in classe.
 
*Alla fine delle lezioni *
 
“Te l’ho detto, non possiamo fermarci a mensa a scuola! Scooter ci viene a prendere tra circa cinque minuti” disse Justin, seguendo la ragazza che si dirigeva agli armadietti.
“No, non mi hai detto niente” esclamò lei, chiudendo con troppa forza l’armadietto.
“Che succede? Jenny perché hai sbattuto l’armadietto?” chiese Matt, avvicinandosi.
“Chiedilo a lui, io non so niente” rispose lei, incrociando le braccia al petto.
“Ci hanno spostato l’allenamento e ho dimenticato di dirglielo.” rispose Justin, passandosi una mano nei capelli.
“Non arrabbiarti, non è la fine del mondo” disse l’altro, ridendo.
“Dobbiamo andare adesso! L’allenatore mi sentirà appena arriviamo!” disse lei, avviandosi verso l’uscita.
“Allora buon divertimento” li salutò Matt, per poi dirigersi in mensa.
Jennifer e Justin uscirono dalla scuola nel momento in cui Scooter parcheggiò la macchina, così salirono e lui ripartì subito.
“Tutto bene a scuola?” chiese l'uomo, lanciando un’occhiata nello specchietto retrovisore.
“Certo!” rispose subito Justin.
“Perché dobbiamo andare così presto a questa palestra?” chiese la ragazza, senza nascondere la frustrazione che provava in quel momento.
“Non decido io, mi hanno detto quest’orario e io vi porto adesso” rispose lui, continuando a guidare tranquillamente.
”Non è tutti i giorni a quest’ora, vero?” continuò a chiedere.
“No! Adesso hai finito con le domande? Non abbiamo ancora iniziato e già ti lamenti” esclamò l’uomo.
“Ah, quindi con ‘allenatore’ intendevi Scooter?! Credevo che volessi andare a lamentarti con quelli della palestra!” esclamò all’improvviso Justin, iniziando a ridere.
“Sì, e magari mettermi contro due agenti della CIA! Adesso, dimmi dove hai lasciato l’intelligenza, stupido cretino” disse la ragazza, trattenendo una risata.
“Due insulti in una sola frase, no anzi tre, mi hai anche dato dell’ignorante! Grazie signorina Sono-La-Più-Intelligente-Di-Tutti!” disse lui, arrestando le sue risate.
“Sapete? Potrebbero scambiarvi per due fratelli” Scooter si aggiunse alle loro risate.

Dopo circa dieci minuti arrivarono alla palestra.



Spazio autrice:
Ciaoooo sono di nuovo qui! YEAH (?)
Non so che dire di questo capitolo. L'ho cambiato centinaia di volte e se fa schifo mi prendo le mie colpe (?)
Ormai scrivo e non so se i capitoli vengono bene o no, sempre a causa della mia insicurezza perenne.
Alloooora ringrazio chi ha messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite e chi continua solo a leggerla.
Un ringraziamento speciale va a 
xcatchingfeelings e a  MariaTomlinson che hanno recensito il capitolo precedente e tutti gli altri capitoli.
Spero di leggere tante recensioni *sogna ad occhi aperti* e spero di aggiornare presto!
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** The training begins! ***


Capitolo undici
The training begins!


La palestra era un edificio molto grande con le pareti esterne bianche, grandi finestre e una grande porta, ma sembrava disabitata, poiché si trovava in una strada abbastanza isolata.
“Scooter, sei sicuro che c’è qualcuno dentro?” chiese Justin, a bassa voce.
“Credo di sì, mi hanno detto che dobbiamo entrare” rispose l’uomo, avvicinandosi all’entrata.
Justin si girò verso la ragazza che sembrava agitata, poi la prese per mano, per tranquillizzarla, e seguirono l’uomo.
Varcarono l’ingresso della palestra e si trovarono in una stanza più o meno grande, con una decina di sedie vicino a una delle pareti; c’era una scrivania vuota e dietro ad essa c’era una porta blu; di fronte a loro c’era un grande ingresso, senza porta, che dava su una grande stanza, ma dalla loro posizione non si riusciva a vedere cosa contenesse al suo interno.
“È un po’ inquietante” sussurrò la ragazza, stringendosi a Justin, che, inspiegabilmente, sorrise.
“Inquietante? A me piace tantissimo quando non c’è gente nella palestra” disse un uomo uscendo dalla porta blu.
Era alto e molto, troppo, muscoloso; aveva i capelli castano chiaro e gli occhi chiari, con un filo di barba; indossava un canotta verde militare, una giacca dello stesso colore e un jeans.
“Io sono Joseph e sono uno dei proprietari di questa palestra. Tu devi essere Scooter” disse porgendo una mano all’uomo, che ricambiò la stretta annuendo.
“Tu invece Justin” e fece lo stesso con il ragazzo.
“E tu che ti nascondi dietro Justin dovresti essere Jennifer” disse porgendo la mano anche alla ragazza che, però, non lo stava ascoltando perché si era incantata a guardarlo. Solo dopo che ebbe ricevuto una gomitata da parte di Justin, capì che l’uomo aveva parlato con lei, così ricambiò velocemente la stretta di mano e disse:
“Si, mi chiamo Jennifer”
“Bene, seguitemi” disse, infine, Joseph, camminando verso la porta aperta.
Jennifer si staccò bruscamente da Justin, che aveva iniziato a ridere, e iniziò a camminare, rossa dalla vergogna.
Entrarono nella grande stanza, che si dimostrò essere più grande vista dall’interno, e videro tantissimi attrezzi.
“Questa è la palestra pubblica, e voi metterete piede qui, perché solo passando da qui si arriva alla palestra in cui vi allenerete” spiegò Joseph, continuando a camminare.
Uscirono dalla palestra attraverso l’uscita d’emergenza, e proprio dietro l’edificio principale ce n’era un altro un po’ più piccolo e basso.
“Qui, è dove vi addestrerete” disse Joseph, una volta entrati.
Era più piccolo della palestra pubblica, ma era comunque uno spazio grandissimo, con pareti bianche e nessun attrezzo.
I due ragazzi si guardarono intorno mentre Joseph e Scooter si accomodarono sulle uniche sedie presenti in quella stanza.
“Ragazzi, posso avere la vostra attenzione?” Joseph aspettò che i ragazzi si avvicinassero a lui e poi continuò “Questa è la palestra in cui avrete il vostro addestramento. Oggi cercheremo di conoscerci meglio, anzi io cercherò di conoscervi meglio, facendovi alcune domande e, poi, una specie di esame sulle vostre capacità. Dato che non ci sono altre sedie, potete sedevi a terra, non vi preoccupate, è pulito!” disse sorridendo.
“Cosa vogliamo chiedergli per prima cosa?” chiese Joseph rivolgendosi a Scooter.
“Cosa c’entra lui? Sei tu quello che deve addestrarci, Scooter ci conosce già!” disse Justin, adesso era lui ad essere agitato, a causa delle domande.
“Ehi superstar sta calmo” esclamò Joseph, lanciandogli un’occhiataccia.
“Justin, faccio parte di questa ‘missione’ dal momento in cui l’hanno riferito a te. Devo aiutare te e Jennifer nello svolgere il vostro compito, quindi, per il momento, devo collaborare nell’addestrarvi con Joseph” spiegò Scooter.
“Adesso che sono finite tutte le inutili spiegazioni, dobbiamo iniziare” disse Joseph, non nascondendo un pizzico di fastidio nella voce.
Prese un libretto e una penna dalla tasca della giacca, e mentre lo apriva parlò.
“Iniziamo con la ragazza” una pausa, in cui lesse alcuni dati.
“ Ti chiami Jennifer Evans e quest’anno hai compiuto diciassette anni, vero?”
“Si” rispose la ragazza, osservandolo con curiosità e timore, non aveva idea delle cose che lui potesse conoscere della sua vita.
“Hai ottimi voti in tutte le materie” continuò lui, accennando un sorriso di sfida.
“Si è così” disse lei.
Involontariamente le iniziarono a sudare le mani.
“E andavi in palestra tutti i giorni, come facevi a gestire tutto?” chiese lui, continuando ad avere gli occhi su quel libretto.
“Riuscivo a gestirlo, cercando di essere sempre attenta a scuola, e utilizzando tutto il tempo libero per studiare” rispose lei, strofinando le mani.
“E come mai una ragazza, a cui piace lo sport, si preoccupa così tanto per lo studio?”
“Perché mia mamma vuole che vado bene a scuola” rispose, subito, lei.
“Per tua mamma?! Deve esserci qualche altro motivo!” 
“N-no!” disse lei, ma dalla sua voce si sentì incertezza.
“No?! Sicura? Qui c’è scritto tutto, quindi o lo dici tu o lo dico io” disse quell’uomo, alzando gli occhi su di lei, e continuando ad avere quello strano sorriso.
Jennifer lo fissò, non allontanando lo sguardo da quello dell’uomo, grazie al quale capì che conosceva più di quanto lei volesse far conoscere della sua vita.
“Mia mamma diciamo mi ricattava: ‘se non vai bene a scuola niente palestra’ oppure ‘se non vai bene a scuola puoi dire addio al tuo migliore amico’ e dice cose simili ogni volta che la faccio arrabbiare” disse la ragazza, imitando la voce della madre, e sperando che l’uomo non continuasse con le domande.
Cercò di comunicargli con lo sguardo di smettere, e di non approfondire l’argomento, e capì di esserci riuscita quando l’espressione dell’uomo si distese, e concentrò tutta la sua attenzione sul ragazzo.
“Allora Justin, cantante di fama mondiale, hai compiuto diciassette anni quest’anno,  vero?”
“Si” rispose lui, scocciato.
“Dato che tutti conoscono chi sei, preferirei chiederti una cosa, che nessuno conosce. Ti dispiace?”
“E va bene, ma dopo la faccio io a te una domanda” rispose Justin, iniziando ad osservare l’uomo con più attenzione.
“Hai dovuto rinunciare a qualcosa da quando sei stato scelto come agente segreto?” chiese, alzando lo sguardo dal libretto.
Justin aprì gli occhi per la sorpresa, non aspettandosi quella domanda, e restò in silenzio per qualche istante.
Prese un respiro profondo e disse: “Ho dovuto lasciare la mia ragazza”
“Stai scherzando?” chiese Jennifer, voltandosi verso l’amico.
“No, mi hanno consigliato di lasciarla per la sua sicurezza, e io l’ho fatto. Non potevo rischiare di coinvolgerla” rispose Justin, alzando le spalle.
“Ho finito con le domande, adesso passiamo alla seconda fase” disse Joseph alzandosi improvvisamente.
“No, aspetta un momento” esclamò Justin, alzandosi e avvicinandosi a lui.
“Ragazzino sta calmo!”
“Perché ci hai fatto queste domande se già conoscevi la risposta?” chiese il ragazzo, non ascoltando ciò che l’uomo gli aveva appena detto.
“Mi serviva una conferma,  tu perché, quando te l’ha chiesto, non hai detto alla ragazza ciò che avevi rinunciato?” chiese lui indicando Jennifer.
“Non era importante” rispose Justin, abbassando lo sguardo.
“Vi ho chiesto alcune delle cose che voi cercate di nascondere agli altri” iniziò a spiegare, sottolineando la parola ‘alcune’, e guardando Jennifer mentre la pronunciava.
“Sarete compagni di squadra, dovrete coprirvi a vicenda le spalle, essere quasi una persona sola per essere una coppia vincente e, perché questo sia possibile, dovrete conoscere quasi tutto del vostro partner” disse, infine, avvicinandosi ad una porta.
“Qui dentro ci sono due completi che dovete indossare adesso, entrate uno alla volta e cambiatevi! Dobbiamo assolutamente passare alla seconda parte di questa specie d’esame” disse, poi, aprendo quella porta.
Entro circa dieci minuti i ragazzi erano nella stanza con un pantaloncino e una canotta.
“Se non l’hai notato è pieno inverno, e fa freddo!” esclamò Justin, sfregandosi velocemente le braccia per riscaldarsi.
“Siete qui da circa un’ora e mi hai già rotto le scatole con il tuo continuo lamentarti” disse Joseph, sospirando rumorosamente.
“Ragazzi la seconda fase consiste nel farci vedere cosa sapete fare, quindi dovete iniziare a riscaldarvi” intervenne Scooter, per evitare che Joseph uccidesse Justin.
“Credo che per il momento dieci giri della palestra possano bastare” disse l’altro, sorridendo.
“Dieci giri? Dopo dieci giri non riusciremmo neanche a respirare” esclamò la ragazza.
“Ma scherzi? Tu riusciresti ad essere nel pieno delle forze anche dopo venti giri” esclamò Joseph, ridacchiando.
“Ma lui no!” disse la ragazza, indicando Justin, che le diede una leggera spinta per farle capire di essere stato offeso.
“Eh va bene! Fate solo cinque giri, tra cui il primo solo di camminata veloce” disse Joseph, rassegnandosi.
I ragazzi iniziarono a camminare intorno alla palestra.
“Secondo te cosa ci fanno fare?” chiese a bassa voce il ragazzo.
“Justin non hai mai visto qualche film o serie tv di spie o agenti segreti? Almeno sai cosa fanno le spie?”chiese Jennifer, alzando gli occhi al cielo.
“Certo che li ho visti, alcuni, qualche volta. Ok! non ne ricordo neanche uno!” ammise lui, all’ennesima occhiata da parte della ragazza.
“Credo che vuole vedere se siamo bravi nel combattimento, se sappiamo difenderci, dato che, credo, sia ancora presto per imparare ad usare le armi” rispose lei.
“A-armi? Scherzi?”
“Oh Justin! Ma dove vivi?!” esclamò lei, passandosi una mano in fronte.
“Sono stato uno stupido a non pensarci prima, hai ragione!” sussurrò.
“Dai su, iniziamo a correre!”
 
“Allora? Che ne pensi dei ragazzi?” chiese Scooter a Joseph, mentre li osservavano correre.
“Penso che sono troppo giovani per fare gli agenti della CIA” rispose lui, tranquillamente.
“Non intendevo questo”
“Lo so, penso che Justin con la sua determinazione potrebbe raggiungere buoni risultati sul piano fisico, e Jennifer è già abbastanza pronta fisicamente. Possono diventare una squadra perfetta” disse Joseph, sorridente, per poi avvicinarsi ai ragazzi che avevano appena finito di correre.
“Justin, vai vicino a Scooter, inizio con Jennifer” disse, aspettando che il ragazzo si allontanasse.
“Hai fatto karate, quindi dovresti essere discreta nel combattimento, ti avverto che farò sul serio” disse avvicinandosi alla ragazza.
“Quindi la seconda fase è battersi contro di te?” chiese lei.
“Questa è la tua seconda fase” esclamò l’uomo, che poi tolse la giacca e la lanciò a terra.
“E quella di Justin?” chiese ancora la ragazza, osservando il corpo dell’uomo, per prepararsi psicologicamente alla forza che era costretta ad affrontare.
“Non fare domande, e iniziamo” disse l’uomo, mettendosi in posizione di fronte alla ragazza.
Si guardarono per qualche secondo, poi lui sferrò un pugno.
La ragazza, che aveva sempre avuto buoni riflessi, riuscì a schivarlo e, nel giro di pochi istanti, gli si avvicinò velocemente colpendolo con un pugno nello stomaco.
Joseph si lasciò sfuggire un gemito, e portò subito le mani allo stomaco.
“Jennifer, che hai fatto?” disse Scooter, avvicinandosi preoccupato.
“Ha detto che faceva sul serio, quindi mi sono impegnata.” rispose lei, alzando le spalle.
“Bel colpo” disse ridendo Justin.
“Non voglio un altro pugno, quindi con te ho finito!” esclamò Joseph, sorridendo.
“Quindi, passiamo alla seconda fase di Justin?” chiese Scooter.
“Sì, Justin dovrai batterti contro Jennifer, e ragazza?! Non impegnarti, non vorrei portarlo all’ospedale già il primo giorno” disse Joseph, occupando, di nuovo, una delle sedie.
Justin osservò il manager affiancare Joseph, e poi si voltò verso l’amica.
“Vacci piano” le disse, con un filo di agitazione nella voce.
“Ho capito!” esclamò lei, sospirando. “Inizia tu”
“Non so come si fa.” sussurrò il ragazzo, non volendo che Joseph lo sentisse.
“Fai come se stessi prendendo a botte qualcuno” gli spiegò.
Il ragazzo annuì e si avvicinò a lei cercando di darle un pugno ma, essendo troppo lento, lei lo precedette con una leggera spinta. Lui arretrò di qualche centimetro.
“Cerca di essere più veloce” gli urlò Joseph.
Sferrò un calcio seguendo il consiglio di Joseph, e la ragazza cadde a terra.
“Aspetta. Aspetta. Aspetta!” esclamò alzandosi. “Io non posso impegnarmi ma tu si?! Oh no, bello mio!”
Justin sorrise e provò a colpirla di nuovo con un pugno che, però, fu bloccato subito con un braccio; ne sferrò un altro con l’altra mano, e anche questo fu bloccato dal braccio della ragazza.
Jennifer eliminò il sorriso dal viso dell’amico, spingendolo con il piede e facendolo cadere a terra.
“Questa me la paghi!” esclamò lui, alzandosi e avvicinandosi a lei, velocemente.
Prima che potessero ricominciare, Joseph li raggiunse e allontanò Justin da Jennifer, che nel frattempo aveva iniziato a ridere.
“Va bene, ragazzi basta!” esclamò Scooter. “Justin calmati!”

“Come sono andati?”chiese Scooter.
“Credo che ci vorrà un addestramento bello lungo. La ragazza ci sa fare, ma il karate non è abbastanza per un combattimento, e deve migliorare molto. E Justin deve imparare molte cose. Devono imparare ad usare le armi, e i superiori vogliono sottoporli a un esame per il porta d’armi. Credo che durerà circa nove o dieci mesi!” annunciò Joseph.
“Tutto questo tempo? Avevano detto più poco!” disse Justin.
“Non vi avevano visto in opera! E tu sei un cantante, si deve tener conto che di sicuro non verrete qui tutti i pomeriggi”
“Quando iniziano?” chiese Scooter, guardando male Justin.
“Domani pomeriggio va bene! Venite verso le sei!”



Spazio autrice:
Eccomi qui con il nuovo capitolo. spero che vi piaccia.
Non è molto facile per me descrivere i 'combattimenti' ma ce l'ho messa tutta e spero che ci capiate qualcosa.
Ringrazio chi legge la storia e chi la recensisce! Quando leggo le vostre recensioni mi spunta un sorriso ebete e mi date un motivo in più per continuarla!
Alla prossimaaaa.
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** I’m late ***


Capitolo dodici
I’m late

Era passato circa un mese da quando Justin aveva inciso il suo disco e Jennifer aveva saputo di essere un’agente della CIA, intanto “Under the mistletoe” era uscito in tutti i paesi e Justin aveva partecipato a un paio di trasmissioni per promuoverlo; Jennifer aveva imparato a nascondere bene il segreto e riusciva a trascorrere del tempo con Matt senza fingere entusiasmo e senza finti sorrisi.
Inoltre avevano iniziato l’addestramento: erano ancora in fase ‘aumenta la forza e resistenza ’ e Joseph gli stava dando varie lezioni su come usare le armi. E nel frattempo era arrivato l'ultimo giorno di scuola, prima delle vacanze di Natale.
 
“Jennifeeeer! C’è Justin! Muoviti a scendere se non volete fare tardi” urlò la madre dal piano inferiore.
Peccato che la ragazza era ancora in pigiama, altrimenti sarebbe arrivata in orario proprio come voleva la donna.
“Ho fatto tardi, ci vado da sola a scuola!” urlò, lei, mentre iniziava a vestirsi.
Indossò una felpa verde e un jeans, ma fu costretta a utilizzare una cintura. Da quando aveva iniziato l’addestramento, era stata costretta da Joseph a seguire una dieta diversa da quella che già faceva; ogni volta che andava in palestra faceva attività fisica quasi tutto il pomeriggio, infine era soggetta ad uno stress enorme: nascondere il segreto, andare a scuola, fare i compiti, doveva perfino seguire Justin quando andava in qualche trasmissione televisiva. Era dimagrita davvero tanto, e riusciva anche a guardarsi alla specchio senza odiarsi.
Dopo aver lavato i denti, prese la borsa e uscì correndo, senza neanche salutare la madre.
Quante volte era arrivata in ritardo a scuola? Nessuna.
Certo esiste sempre una prima volta, ma non poteva permettersi di finire in punizione.
Arrivò a scuola con l’affanno, aveva corso senza sosta per cercare di arrivare il più presto possibile, ma la campanella era già suonata da un po’, dato che la scuola era deserta e oltre i suoi passi non c’era nessun altro rumore nei corridoi. Sperò di non essere vista da nessun professore o, peggio, dal preside e si avvicinò al suo armadietto.

“Guarda chi è arrivata in ritardo! Scommetto che è la prima volta!” esclamò un ragazzo appoggiandosi all’armadietto accanto al suo. Jennifer si girò e si ritrovò due occhi color cioccolato che la fissavano , poi chiudendo l’armadietto, disse:
“Invece per te è normale arrivare in ritardo, vero Trevor?” e iniziò a camminare.
“Mi odi così tanto?” chiese, poi le afferrò un braccio e la costrinse a girarsi.
“Odiare è una brutta cosa, diciamo che non ti sopporto” rispose la ragazza, guardandolo negli occhi.
“Sono stato uno sciocco, non so perché ti ho preso in giro per tutti questi anni, ma possiamo ricominciare” disse lui, porgendole una mano, con un espressione davvero dispiaciuta disegnata in viso.
“Come mai ti scusi adesso? Oh sì, perché sono amica di Justin Bieber” esclamò lei, sorridendo.
“Justin chi?! Quel cantante? Non mi piacciono le sue canzoni”
“Se non ti dispiace vorrei andare in classe prima che qualcuno ci veda nei corridoi” continuò lei ma, prima che potesse girarsi, Trevor, con gli occhi pieni di sorpresa, disse “È troppo tardi”
Un signore sulla cinquantina, con barba e capelli bianchi si stava dirigendo verso di loro, e quando fu abbastanza vicino, disse con voce ferma:
“Signor Logan, che sorpresa, anzi no! Lei è sempre in giro per i corridoi” il vicepreside fece una breve risata, poi continuò “La sorpresa è lei signorina Evans, come mai non è in classe?” chiese con poco interesse.
“Professore, sono arrivata in ritardo e il signor Logan mi ha impedito di andare in classe” rispose.
“Domani verrete a scuola per aiutare nei preparativi per il ballo di Natale e credo che hanno bisogno di un aiuto anche adesso” annunciò prima di lasciarli da soli.
“Quindi sono stato io ad impedirti di andare in classe. Credevi che ti avrebbe lasciato andare? Che ingenua!” esclamò Trevor, ridendo.
“Oh stupido cretino deficiente sta zitto!” disse arrabbiata, appoggiandosi agli armadietti.
“Dai dobbiamo solo preparare la palestra per domani sera” il ragazzo continuava a ridere.
“Domani è il primo giorno delle vacanze di Natale! Non so te, ma io volevo dormire”
“Non farne un dramma, vado quasi sempre in punizione e non mi lamento mai” disse, affiancando la ragazza che, nel frattempo, si era seduta a terra.
“Va bene, la smetto di lamentarmi” ridacchiò Jennifer, poi continuò: “però promettimi che non dirai a nessuno che sei finito in punizione”
“Perché?”
“Matt ti odia e anche Justin, potrebbero reagire male” rispose lei, alzandosi e iniziando a camminare verso la palestra.
“Non puoi continuare a fare solo quello che non fa arrabbiare i tuoi amici”
“Cosa ne sai di quello che faccio? Non sei forse tu quello che mi ha preso in giro ed insultata dal mio primo anno in questa scuola?! Quindi non immischiarti”
“Puoi per favore dimenticare il passato? Ti ho detto che mi dispiace, io vorrei.. ehm” il ragazzo smise di parlare e poi aumentò la velocità.
“Vorresti cosa? Perché ti sei bloccato? Continua” lo esortò, raggiungendolo.
“Io.. ecco, sì, vorrei solo arrivare in palestra e iniziare ad aiutare nei preparativi” balbettò il ragazzo, continuando a camminare.
 
Trascorsero la mattinata in palestra a spazzare e poi a posizionare i tavoli, finché non arrivò l'ora di pranzo.
“Ragazzi io vado a mensa, ci vediamo domani mattina” disse Jennifer alzando la voce per farsi sentire dai ragazzi che supervisionavano i preparativi.
“Jennifer aspetta! Volevo chiederti una cosa” la bloccò Trevor, avvicinandosi a passo affrettato.
“Ti ascolto!” disse la ragazza, per poi sorridere.
“Domani sera ci verrai?”
“Credo di no, non ho mai partecipato a eventi simili” rispose.
“C’è sempre una prima volta. Vieni con i tuoi amici!” disse il ragazzo, sorridendole.
“Chiedo a loro, non vorrei venire da sola. Ci vediamo domani mattina”
 
Man mano che si avvicinava alla mensa aumentava in lei un senso d’ansia, non era pronta psicologicamente al terzo grado che avrebbe ricevuto sia da Matt che da Justin se avessero saputo che era in punizione con e a causa di Trevor. Doveva, però, affrontarli e grazie all’addestramento, e alle cose che Joseph le diceva in ogni incontro, stava imparando a controllare la paura.
L’unica cosa positiva era che quello stesso pomeriggio aveva la possibilità di andare a allenarsi poiché la punizione era di mattina.
Andò a sedersi al tavolo che i suoi amici avevano già occupato per pranzare.
“Oh guarda chi si vede! Jennifer dove sei stata?” chiese Matt, preoccupato.
“Sono arrivata in ritardo, il vicepreside mi ha scoperto mentre ero nel corridoio a prendere i libri e mi ha messo in punizione” disse lei tutto d’un fiato, ripetendo le parole che si era preparata durante il tragitto palestra-mensa.
“Le punizioni sono di pomeriggio” esclamò Matt, inarcando le sopracciglia nella sua tipica espressione interrogativa.
“Mi ha mandato in palestra ad aiutare per il ballo e devo andarci anche domani mattina” spiegò lei, sorridendo.
 “Va bene. Non mangi?” chiese ancora, il suo migliore amico.
In quel momento Trevor entrò nella mensa e tutti i suoi compagni iniziarono ad urlare, tra cui un ragazzo, che era vicino al loro tavolo, che disse:
“Ehi amico dove sei stato? Non ti ho visto a lezione”
Trevor lanciò un’occhiata in direzione di Jennifer, che era appena sprofondata nella sedia, e poi, sorridendo, disse:
“Il coach mi ha chiamato nel suo ufficio”
La ragazza fece un sospiro di sollievo e, quando Trevor incrociò di nuovo il suo sguardo, gli sorrise.
“Jenny perché sorridi? E oh cavolo, sei arrossita” esclamò, sconvolto, Justin, che cercava disperatamente di mantenere un’espressione seria, anche se i suoi occhi luccicavano di divertimento.
“Justin ti serve una visita oculistica” ribatté lei, iniziando a ridere in modo nervoso, poi distolse lo sguardo dal tavolo dei giocatori di football.
“Perché guardavi i giocatori di football?” chiese invece Matt, continuando il discorso di Justin.
“Sembra di essere ad un interrogatorio, non ho ucciso nessuno e adesso continuate a mangiare” disse lei, continuando a ridere.
A fine pranzo Matt restò a scuola per un corso pomeridiano, invece Jennifer e Justin, che avevano l’addestramento, uscirono dalla scuola e aspettarono Scooter, con cui si sarebbero diretti in palestra.
 
“Credo di meritare la verità, che hai fatto stamattina?” chiese Justin, rompendo il silenzio presente nell’auto.
“Ho detto la verità, in parte” ammise lei.
“Che aspetti a parlare? Prometto che non dirò niente a Matt” disse il ragazzo, cogliendo in pieno il motivo per cui l’amica non era stata sincera.
Jennifer sospirò, poi iniziò a raccontare dell’arrivo a scuola in ritardo, dei corridoi deserti, dell’incontro con Trevor che l’aveva sorpresa a prendere i libri dall’armadietto, e infine la punizione.
“Perché non hai voluto dire la verità anche a Matt?” chiese Justin, dopo aver ascoltato tutto, compreso il resoconto della mattinata di preparativi nella palestra.
“Avrebbe iniziato a dare di matto, sai che lo odia più di quanto potrei fare io” rispose nell’esatto momento in cui Scooter parcheggiò l’auto.

“Ragazzi oggi, come sapete, avrete una specie di esame per verifcare se siete stati attenti alle lezioni di Joseph, ma soprattutto è una specie di prova di fiducia a cui la CIA vi sottopone per essere sicuri di potervi affidare delle armi in futuro” spiegò Scooter prima di entrare nella palestra.
Joseph aveva avuto la brillante idea di fargli fare questo esame prima delle vacanze di Natale, perché avrebbero sospeso anche l’addestramento e non voleva che i ragazzi dimenticassero qualcosa.
Andarono nella palestra dove si svolgevano gli allenamenti e lì, con grande sorpresa da parte dei ragazzi, c’erano due uomini vestiti eleganti, con occhiali da sole e un auricolare all’orecchio destro, erano simili a due buttafuori delle discoteche, ma sia Justin che Jennifer sapevano che erano molto più pericolosi.
La CIA aveva preso sul serio quella prova di esame.
Al centro della palestra c’erano due banchi con due sedie, distanti l’uno dall’altro circa due metri. Appena i due ragazzi ebbero occupato i due banchi, Joseph iniziò a parlare.
“Come penso avete capito, questi agenti sono qui per controllare che non copiate durante l’esame, e avete tutto il tempo a vostra disposizione per terminarlo. Non potete chiedermi niente. Buon lavoro”
 
Dopo un tempo interminabile Jennifer aveva finalmente finito il suo questionario, preceduta da Justin che, invece, l’aveva finito dieci minuti prima.
Aspettarono che i due agenti controllassero le loro risposte, e quando ebbero finito, si alzarono e uno dei due disse:
“Le risposte erano esatte, avete superato la prova” poi diedero i due questionari a Joseph e, lentamente, uscirono dalla palestra.
“Bene, ragazzi sono fiero di voi! Questo, però, non significa che voi possiate già maneggiare un’arma. Dovete fare prima un bel po’ di pratica, ma a questo penseremo dopo le vacanze.” disse Joseph accompagnandoli all’uscita, aspettò che salissero in macchina e poi rientrò nella palestra.
“Siamo stati bravissimi” esclamò Justin.
“Joseph si è addirittura complimentato con voi, questa non è assolutamente una cosa da dimenticare” disse Scooter, ridacchiando.
“Jennifer domani vengo con te a scuola per preparare la palestra” disse Justin, dopo un po’.
“Va bene!”  sorrise Jennifer.
“Perché dovete preparare la palestra?” s’intromise Scooter, continuando a guidare.
“Domani sera c’è il ballo di Natale” spiegò Jennifer, omettendo la parte della punizione.
“E voi ci andate?” chiese ancora l’uomo.
“Perché no?! Tu che dici?” chiese Justin, voltandosi verso la ragazza per ascoltare la sua decisione.
“Per me va bene, e Matt?”
“Domani mattina parte con i genitori, va dalla nonna per le vacanze” disse Justin.
“Vi accompagno io domani sera, e vengo anche a prendervi. Justin non ti lascio la macchina” ridacchiò Scooter.

Spazio autrice:
TADAAAAAAA (?) allora questo capitolo non è il massimo, lo so. ma in quest giorni l'ispirazione mi odia e la fantasia è andata in vacanza in ritardo, quindi se non vi piace questo capitolo accetterò recensioni negative, anche se le avrei accettate comunque.
Grazie per tutte le belle recensioni che mi avete lasciato, siete troppo gentili.
e grazie per tutti coloro che continuano a leggere questo schifo di storia.
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Am I falling in love? ***


Capitolo tredici
Am I falling in love?


“Jenny finalmente! Stavo per andare da solo”
“Scusa, è stato abbastanza difficile svegliarsi” disse lei, baciando la guancia del ragazzo.
“Dai che da domani puoi svegliarti all’ora che vuoi” esclamò lui, e iniziarono a camminare verso la scuola.
“Quindi ieri hai passato la mattina con Trevor” disse Justin, all’improvviso.
“È una domanda o un’affermazione?” chiese lei, iniziando a ridere guardando la strana espressione che aveva assunto il ragazzo.
“Stavo pensando ad alta voce. E di cosa avete parlato?” chiese lui, sorridendo e iniziando a  guardarla con gli occhi socchiusi.
“Sembri una di quelle vecchie pettegole” esclamò lei scoppiando a ridere, e gli diede una leggera spinta con il gomito.
“Sono solo curioso, e voi due siete carini insieme”
“Adesso è abbastanza imbarazzante! Non mi piace Trevor”
“E io sono Barak Obama! Ma se oggi a mensa sei diventata un pomodoro appena vi siete guardati! Puoi ingannare Matt, ma non me” continuò Justin, iniziando a sorridere soddisfatto della risposta appena data.
“Non sto ingannando proprio nessuno. Trevor non può, anzi non deve, piacermi” esclamò la ragazza.
“Jenny guardami!” disse lui afferrandole un braccio, aspettò che la ragazza gli desse attenzione e poi disse: “Non puoi metterti dei limiti, e non devi pensare come potrebbe reagire Matt. È la tua vita, non la sua!”
La guardò ancora per un po’ negli occhi, poi la lasciò per iniziare a camminare.
“Ti piace, non negarlo. Adesso voglio sapere che vi siete detti” le ordinò, riprendendo l’aria di una vecchia pettegola.
“Beeeh mi ha detto quasi la stessa cosa che mi hai detto tu poco fa, poi mi ha chiesto se andavo al ballo”
“Ti ha invitato al ballo?” la interruppe, sfoggiando la sua migliore espressione sorpresa.
“No, Justin! Cervello di gallina! Che hai capito? Mi ha chiesto solo se ci andavo con i miei amici” rispose, iniziando a ridere. “Poi gli ho chiesto di non dire a nessuno che è in punizione, sempre per Matt”
Justin si voltò a osservarla, poi ritornò con lo sguardo fisso sulla strada che stavano percorrendo, e restarono in silenzio per un po’, poiché il ragazzo voleva darle il tempo di riflettere sulla situazione in cui si trovava e voleva approfittare del fatto che Jennifer non era poi tanto sicura delle cose che aveva detto, poiché aveva facilmente letto insicurezza nei suoi occhi.
“Che pensi?” le chiese, quando erano quasi arrivati a scuola.
“Penso che hai ragione, penso che Trevor è davvero un bel ragazzo” esclamò lei.
“Oh, facciamo progressi” disse lui sorridendo, poi guardò verso l’entrata della scuola e aggiunse: “Guarda un po’ chi c’è lì!”
“Ehi Jennifer!” esclamò Trevor, prima che la ragazza potesse vederlo. “Bieber” disse poi con meno entusiasmo.
“Trevor! Ciao. Come mai sei qui fuori” chiese lei, sorridendo.
“Ti stavo aspettando, e sì, adesso possiamo entrare” disse lui, avviandosi verso l’entrata.
“Jenny ti stava aspettando! Non pensi sia dolce?” chiese Justin, facendo la faccia da cucciolo.
“Che cavolo dici?! Sembri una ragazza” ridacchiò Jennifer.
“Sei tu quella che ha fatto colpo” disse, invece, il ragazzo.
< quella che ha fatto colpo > queste parole le iniziarono a fare l’eco nella sua testa. Non sapeva se l’amico aveva ragione, e non era abituata a pensare di piacere ad un ragazzo. Trevor era davvero carino: alto, capelli biondo scuro, e occhi che cambiavano colore con luce diversa, passavano dal verde scuro al castano chiaro, e bocca carnosa.

“Che pensi?” le urlò Justin, mentre lei attaccava festoni sui muri della palestra, su una scala.
“Io cosa?” disse tornando nella realtà.
“Ok ho capito. Beh ti sta guardando!” aggiunse lui a bassa voce, ridendo.
“Cosa? Chi?” domandò lei, girandosi goffamente.
“Sta attenta che cadi, non voglio accompagnarti all’ospedale” esclamò lui, continuando a ridere, e lei gli fece la linguaccia.
 “Ragazzi abbiamo quasi finito! Prendetevi una pausa” esclamò una ragazza con un megafono a tutte le persone presenti nella palestra.
Jennifer scese dalla scala e si avvicinò a Justin, che si era seduto a terra.
“La prossima volta fatti mettere in punizione non il giorno prima di un ballo” le disse, lanciandole un’occhiataccia, prima di stendersi a terra.
“Sei tu che ti sei offerto di venire!” disse lei ridendo.
“Forse hai dimenticato che..”
“Che dobbiamo stare più tempo possibile insieme. Si lo so!” lo interruppe, poi si fece più vicina per poter parlare a bassa voce e essere sentita bene.
“Davvero Trevor mi stava guardando?”
“Ogni tanto ti lanciava occhiate, e non salire più sulla scala” rispose, senza nascondere il pizzico di fastidio che stava provando.
“Perché?” chiese, con innocenza lei, anche se immaginava il motivo.
“Ti guardava il sedere”
“E ti da fastidio?” chiese lei, sorridendo divertita.
“Si, ok? Devo prendermi cura di te, sei come una sorella e..”
“Ho capito anche questo! Sei geloso come un fratello è geloso della propria sorella minore” lo interruppe di nuovo.
“Ecco, quindi sappi che stasera ti controllo” esclamò lui, facendole l’occhiolino.
“Passeremo la serata insieme!” disse lei, osservandolo senza capire cosa intendeva dire.
“Le cose possono cambiare!”
“Hai invitato una ragazza?”
“Ehi frena l’entusiasmo! Intendevo dire che possono cambiare per te, le cose!” esclamò ridendo Justin, poi si fece serio e, guardando un altro punto della palestra, disse: “Credo che Trevor muore dalla voglia di sapere perché ridiamo tanto” e poi iniziò a ridere di nuovo.
“Sei tremendo” Jennifer alzò gli occhi al cielo.
“E scommetto che vuoi andare da lui” continuò Justin, tornando definitivamente serio.
“Io? Andare da lui? No, non ci penso” disse imbarazzata.
“Devo prenderti in braccio e portarti lì da lui?”
“No, va bene ci vado da sola” disse sorridendo e alzandosi.
 
Trevor se ne stava seduto sull’ultimo scalino degli spalti, un po’ distante dagli altri, e quando la ragazza si sedette accanto a lui non riuscì a non sorridere.
Aveva iniziato a guardarla con occhi diversi dal giorno della partita di calcio, e da allora dentro di sé sperava di riuscire a conoscerla meglio e, se era fortunato, di uscire con lei; ma cercava di tenere queste cose per sé, perché l’ultima cosa che voleva era creare altri problemi alla ragazza, aveva già fatto troppi danni in passato.
Molti dei suoi amici, ogni tanto, gli chiedevano perché non la prendeva più in giro e lui quasi sempre cambiava argomento perché ogni volta che pensava a come la trattava si sentiva in colpa.

“Che pensi?” chiese la ragazza dandogli un pugno sulla spalla.
“Oh niente. Stasera verrai al ballo?” chiese lui, sorridendole.
“Sì, mi ha convinto Justin.” rispose lei, indicandolo con un cenno del capo.
“E tu l’hai convinto a venire ad aiutare per i preparativi?” chiese, ridendo.
“No, no. Si è offerto lui” anche Jennifer fu contaggiata dalla risata del ragazzo.
“È colpa mia se sei finita in punizione, e mi dispiace”
“Non è colpa tua, sono arrivata in ritardo e questo è quello che succede ai ritardatari. Perché dici così?” chiese lei, corrugando la fronte.
“Ti sei fermata a parlare con me invece di andare in classe” rispose, distogliendo lo sguardo dagli occhi indagatori della ragazza per guardare la palestra addobbata.
“Potevo anche evitarti, come ho sempre fatto, invece sono rimasta a parlare con te. È stata colpa mia” concluse lei, osservando il suo profilo per qualche istante, e poi voltare il viso verso la palestra.
“Non mi farai cambiare idea, e voglio farmi perdonare” disse all’improvviso lui, alzandosi.
“Tu cosa? Ma ho detto che..”
“Lo so che hai detto, ma voglio comunque farmi perdonare, non solo per la punizione ma per tutto quello che ti ho fatto passare” la interruppe, tendendole la mano e aiutandola ad alzarsi.
“Tutti cambiano” concluse, guardandola negli occhi.
“Che vorresti fare?” chiese la ragazza, sorridendo curiosa.
“Ci sto lavorando” rispose, ricambiando il sorriso.
“Posso sapere anch’io di che si tratta?”
“No, non puoi!” esclamò lui, poi disse: “Ma lo scoprirai stasera”
“Che farai? Ti spoglierai davanti a tutti?” disse lei, scoppiando a ridere.
“Sì, va beh! Torniamo a lavoro!” disse ridendo, e allontanandosi.
 
“Abbiamo finito! Spero di vedervi tutti stasera” disse al megafono la stessa ragazza che aveva annunciato la pausa, e in meno di un minuto la palestra si svuotò.
Jennifer e Justin erano appena usciti dalla scuola, quando la ragazza si bloccò all’improvviso, restando immobile nel mezzo del marciapiede.
“Justin, ho un problema”
“Hai litigato con Trevor?” le chiese, ridacchiando, osservandola incuriosito.
“Non scherzare! Non ho niente da mettere stasera!” esclamò lei, mordicchiandosi il labbro inferiore per il nervoso.
“CODICE ROSSO! Chiamo subito mia madre” urlò il ragazzo, ridendo e prendendo il cellulare.
 Justin parlò con la madre a telefono per qualche minuto, senza lasciare trasparire niente dalle sue parole e dall’espressione, cosa che mandò Jennifer ancora di più nel panico.
“Allora? Che ha detto?” chiese la ragazza, nell’esatto momento in cui Justin ebbe terminato la chiamata.
“Ti calmi?! Ha detto che viene con Scooter, mangiamo fuori e poi voi andate a cercare un vestito per te, e io e Scooter cerchiamo qualcosa per me”


Spazio autrice:
eccomi con il nuovo capitolo. mi scuso se ho aggiornato in ritardo, ma questo è un periodo un po' brutto.
Allora, come mi è stato consigliato, ho cercato di parlare dei sentimenti di Jennifer, ma non so se ci sono riuscita.
Ringrazio tutti voi che state leggendo la mia storia, siete tutti fantastici! e grazie anche a chi l'ha recensita!
E come mi è stato chiesto, ho alcune foto da farvi vedere ;)
 Questo è Matt:



anche nella realtà si chiama Matt ed è un attore.

Questo invece è Trevor:



Anche lui è un attore.


per Jennifer non ho trovato nessuna ragazza che mi ispirasse e.e

Questo è tutto per adesso! Spero di ricevere qualche recensione.
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Don’t worry, Scooter! ***


Capitolo 14
Don’t worry, Scooter!


“Jennifer se non stai ferma non posso truccarti!” urlò per la millesima volta Pattie.
Si era offerta per aiutare la ragazza a prepararsi per il ballo, ma non credeva che fosse così difficile. Jennifer era agitata e non riusciva a tenere le gambe ferme, quindi le tremava tutto il corpo.
“Ok. Finalmente ho finito con il trucco” disse la donna, sospirando. “E dovresti muoverti, sono quasi le otto e mezza!”
La ragazza aprì gli occhi al massimo per la sorpresa, poi afferrò la busta con il vestito e corse in bagno per cambiarsi.
Aveva deciso di guardarsi allo specchio alla fine, perché se avesse visto qualcosa che non le piaceva avrebbe rinunciato ad andare al ballo.
Avevano scelto, in verità Pattie aveva scelto per lei, un vestito corto nero, con una fascia bianca che si annodava con un gran fiocco sulla vita e abbinate un paio di scarpe argentate con il tacco.
“JENNIFER! MUOVITI! SOLO UN VESTITO DOVEVI METTERE!” urlò Pattie, dopo una decina di minuti da quando Jennifer era entrata nel bagno.
“Sai, non è facile camminare su questi trampoli” esclamò la ragazza, aprendo la porta del bagno.
Appena entrò in camera, sul volto di Pattie si disegnò un gran sorriso.
“Adesso vuoi vederti allo specchio? Ti avviso che sei una meraviglia” disse conducendola davanti allo specchio.
La ragazza rimase imbambolata vedendo il suo riflesso, non si era mai truccata in quel modo. Pattie le aveva messo la matita dentro e sull’occhio, un ombretto grigio chiaro e giusto un po’ di fard per dare colore al suo viso pallido.
“Allora? Ti piace?” chiese Pattie, che continuava a sorridere a trentadue denti.
“Si, grazie Pattie” sussurrò Jennifer, abbracciando la donna.
“Non ringraziarmi, l’ho fatto con piacere, adesso scendi, sei in ritardo” disse la donna, avviandosi verso la porta per uscire dalla stanza. Jennifer la segui lentamente, doveva prima abituarsi a camminare con quelle scarpe, ma voleva anche evitare di cadere.
Arrivò nell’ingresso dove ad aspettarla c’erano Scooter e Justin, i quali appena la videro iniziarono a sorridere, e lo stesso fece la ragazza guardando Justin che era tremendamente elegante: camicia bianca, giacca e pantalone nero.
E sorridendo, Scooter, seguito dai ragazzi, uscì dalla casa diretto all’auto.
“Come ha preso tua madre la tua partecipazione al ballo?” chiese Justin, guardando Jennifer negli occhi.
“Abbastanza male, come ha preso male la punizione e il fatto che non lavoro più al bar, fortunatamente tua madre le ha parlato e, almeno per stasera, non rovinerà niente” rispose lei, accennando un sorriso.
“Mi raccomando state attenti, e non vi avvicinate agli alcolici” li interruppe Scooter, osservandoli per qualche istante dallo specchietto retrovisore.
“Credo che stasera farai morire Trevor” esclamò Justin, evitando ciò che aveva appena detto l’uomo al volante.
“Chi è Trevor?” chiese Scooter prima che la ragazza potesse dire qualcosa.
“Jennifer ha fatto colpo su questo ragazzo” rispose Justin, mentre l’uomo parcheggiava davanti la scuola.
Scooter sospirò rumorosamente, poi si voltò per osservare negli occhi i due adolescenti che sedevano ancora nell’auto.
“Ragazzi, ascoltatemi un attimo, soprattutto tu, Jennifer. Cercate do non impegnarvi in nessuna storia seria. Justin ha dovuto lasciare la sua ragazza, e sapete entrambi il motivo!”
“Scoot è solo un ballo, non essere paranoico” lo interruppe Justin.
“Scooter ha ragione, ha il compito di controllarci e farci notare quando sbagliamo, e questo è uno di quei casi” intervenne Jennifer.
“Voi due siete matti!” Justin alzò gli occhi al cielo.
“E va bene! Per stasera fate quello che volete, ma in modo responsabile!” disse infine l’uomo, strizzando gli occhi.
“Non preoccuparti, Scooter, non ti deluderemo” esclamò Jennifer, scendendo dall’auto, seguita da Justin. Entrarono nella scuola e si diressero in palestra.
“Jennifer hai intenzione di dare ascolto a Scooter?” chiese Justin, mentre camminavano lentamente a causa dei tacchi della ragazza.
“Ci ha dato delle regole e noi dobbiamo cercare di rispettarle” rispose lei, alzando le spalle.
“Tutti sanno che le regole sono fatte per non essere rispettate” esclamò lui sorridendo.
“Non le regole che cercano di evitare di mettere in pericolo altre persone” ribatté la ragazza, con rabbia.
“Non metterai in pericolo nessuno se esci qualche volta con Trevor” disse lui.
Jennifer si fermò e afferrò un braccio per costringerlo a farlo girare, poi iniziò a parlare sussurrando.
“Adesso no, e quando sarà finito l’addestramento? Justin saremo spie, agenti segreti, ci hanno assunto per uno scopo, hanno delle cose da farci fare e tutte le persone collegate a noi nel presente, nel passato e nel futuro potrebbero essere in pericolo”
Justin rimase interdetto dalle parole della ragazza, che come sempre si era dimostrata più preparata in materia. Il suo problema era che aveva preso alla leggera tutta quella storia, pensava che essendo ancora in addestramento non doveva preoccuparsi delle regole, adesso, però, dopo quello che aveva appena ascoltato, si era reso conto che sbagliava.
Ripresero a camminare e quando arrivarono in palestra c’erano già alcune persone che ballanvano.
“Oh Bieber finalmente sei arrivato!” urlò una ragazza per farsi sentire, correndo verso di loro.
“Che succede?” chiese lui.
“Stamattina hai detto che cantavi, e abbiamo avuto qualche problema con il dee-jay, abbiamo messo un cd per la musica” rispose lei, gesticolando, un chiaro segno di agitazione.
“Devo cantare per tutta la serata?” chiese, ancora, lui corrugando la fronte.
“No, certo che no, canterai nel corso della serata, ma se inizi adesso mi fai un grosso piacere”
“Con piacere!” esclamò, poi rivolgendosi a Jennifer: “Vieni con me?”
“S, ma non salgo sul palco” rispose la ragazza con un sorriso, seguendo l’amico.
La palestra era decisamente bellissima: da un lato c’era un lungo tavolo con le bibite, di fronte all’entrata c’era un palco sopraelevato e ad ogni angolo della sala c’era un’enorme cassa stereo, cosicché la musica si sentisse dappertutto. Avevano fatto davvero un buon lavoro con le decorazioni.
In quel momento c’era una di quelle musiche da discoteca, ma non aveva avuto tanto successo poiché c’erano pochissimo ragazzi che ballavano, e fin troppi ai lati della pista a chiacchierare.
“Che canterai?” chiese curiosa lei, osservando il profilo dell’amico mentre camminavano.
“Non lo so, oggi ho fatto fare a Scooter un cd con tutte le basi delle canzoni che canto ai concerti, canterò la prima che ha messo. Spero davvero che sia una movimentata” disse passandosi una mano nei capelli.
“Faccio il tifo per te!” esclamò lei, ridendo, poi andò a sedersi su una sedia accanto al palco.
Justin invece si avvicinò al computer da cui partiva la musica, mise il cd e fece partire la canzone. Già dalle prime note, la ragazza lo vide fare un respiro di sollievo e poi lui iniziò a cantare.
 
Oh Oh
For you I’d write a symphony
I’d tell the violin
It’s time to sink or swim

 
“Ehi Jennifer, finalmente ti ho trovata!” le urlò un ragazzo nell’orecchio, e lei capì dalla voce che era Trevor.
“Ciao Trevor!” lo salutò lei, sorridendo.
“Ti va di ballare?” le chiese lui, ricambiando il sorriso.
“Vuoi ballare con me davanti a tutti?”
“Devo farmi perdonare, e per prima cosa voglio che tutti sappiano che mi piaci” disse tutto d’un fiato.
Jennifer lo guardò, immobile, sempre più sorpresa, con lo stomaco sotto sopra. Non si aspettava una dichiarazione poiché l’ultima cosa a cui potesse mai credere è che piacesse a Trevor.
Dopo qualche istante di silenzio tra i due, Jennifer ritornò cosciente e annuì con forza, alzandosi e accettando la mano che il ragazza le stava porgendo.
 
But baby listen
I just need somebody to love
I-I don’t need too much
Just need somebody to love

 
Jennifer e Trevor iniziarono a ballare, e tutte i ragazzi presenti nella palestra, sia quelli che ballavano sia quelli che erano fermi, iniziarono a guardarli, senza nascondere di essere sorpresi: non era una cosa di tutti i giorni che uno dei giocatori di basket stava ballando proprio con la ragazza che aveva riempito di insulti fino a poco tempo prima.
“Ci stanno guardando tutti” sussurrò la ragazza, guardando a destra e a sinistra, in evidente imbarazzo.
“Lasciali perdere” le disse, sorridendo.
Si guardarono per qualche altro istante, fin quando Jennifer trovò il coraggio necessario a porre la domanda che le stava roteando in testa.
“Davvero ti piaccio?”
“Ho imparato a dire solo la verità”
 
But what I really want
I can’t find ‘cause money can’t find me
Somebody to love

 
Ci fu, di nuovo, silenzio.
Jennifer continuava ad essere in imbarazzo e non sapeva cosa dire poiché era la prima volta che si trovava in una situazione simile.
Justin nel frattempo aveva finito la canzone e aveva deciso di cantare anche quella successiva che già dalle prime note, era molto più lenta della precedente.
 
Oh no, oh no, oh
 
“Vuoi ballare anche questa? Sembra un lento” Trevor le fece un occhiolino, per poi iniziare a guardarsi intorno: tutti i ragazzi si erano ‘abbracciati’ e stavano ballando lentamente.
Jennifer annuì sorridendo e il ragazzo le si avvicinò posando le braccia sulla schiena della ragazza, che a sua volta posò le sue braccia sul collo del ragazzo.
Trevor non smetteva di guardarla dritto negli occhi, aumentando l’imbarazzo della ragazza, che iniziò ad arrossire. Jennifer, infatti, avvertì le guance andare a fuoco, e il battito accelerare al massimo, tuttavia non riusciva a smettere di guardare gli occhi del ragazzo.
 
Cause baby when you’re with me
It’s like an angel came by
And took me to haven
‘Cause when I stare in your eyes
It couldn’t be better

 
“Stasera sei davvero bella” le sussurrò a pochi millimetri dal suo orecchio.
“G-grazie!” sussurro a sua volta.
“Non essere imbarazzata” Trevor continuava e sussurrare, e in qual momento iniziò ad accarezzarle una guancia.
“Anche tu mi piaci” disse velocemente lei.
Se ne pentì subito, poiché le parole che Scooter aveva detto a lei e a Justin le ritornarono in mente.
Trevor incrociò lo sguardo della ragazza, poi iniziò sorrise e l’abbracciò, avvicinandola di più al suo corpo.
“Speravo tanto lo dicessi!”
 
So baby know for sure
That I’ll never let you go

 
Si allontanarono, tornando nella posizione per ballare il lento, e Trevor iniziò di nuovo ad accarezzarle la guancia. Si avvicinò velocemente alle sue labbra e la baciò dolcemente.
Si staccarono lentamente, Trevor continuava ad accarezzarle la guancia e a guardarla negli occhi, Jennifer invece si guardò intorno e disse a bassa voce: “Ci stanno guardando tutti, di nuovo”
Il ragazzo si voltò a guardare la sala, e poi sussurrò, sorridendo: “Adesso di sicuro tutti sanno che mi piaci!”


Spazio autrice:
ho aggiornato presto perché dovevo farmi perdonare il fatto di essere stata assente per un'intera settimana e anche perché sicuro aggiornerò di nuovo la settimana prossima. di questo capitolo mi piacciono solo le parti delle canzoni u.u no seriamente. non mi convince molto.

Devo confessarvi una cosa: non posterò la foto di Jennifer neanche in questo capitolo. è abbastanza difficile trovarne una adatta ç_ç non odiatemi (?)
Volevo, però, sapere voi come immaginate Jennifer quindi, che ne so, mi date il link di una foto o il nome del soggetto.
Grazie a tutte le persone che recensiscono, quelle che leggono e quelle che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate.
al prossimo capitolo.
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Merry Christmas! ***


Capitolo 15
Merry Christmas!

“JENNIFER! RISPONDI AL TELEFONO! STA SQUILLANDO DA TRE ORE!” urlòimprovvisamente la madre della ragazza, bussando violentemente alla porta.
Jennifer si stropicciò gli occhi, tastando la superficie del comodino affianco al letto per afferrare il cellulare, e rispose senza neanche controllare il mittente.
“Pronto” soffocò uno sbadiglio.
“Hey Jenny! Auguri di buona vigilia di Natale!” esclamò con entusiasmo una voce maschile.
“Grazie, anche a te, chi sei?” chiese, aggrottando la fronte cercando di riconoscere la voce.
L’essere appena sveglia non la aiutava a pensare lucidamente.
“Sono Matt!” ridacchiò lui.
“Ah Matt! Scusa, sono stata strappata dal mondo dei sogni troppo in fretta” spiegò, tornando a sdraiarsi sotto le calde coperte.
“Stavo navigando sul sito della scuola e mi sono imbattuto su alcune foto del ballo di ieri sera” esordì il ragazzo.
“Ehm.. quindi?” sussurrò Jennifer.
“Proprio adesso ne sto guardando una davvero strana. C’è qualcosa che desideri dirmi?” continuò, con un tono accusatorio.
“Ieri ho ballato con Trevor” mormorò Jennifer, sentendosi improvvisamente colpevole per non essersi confidata prima con il suo migliore amico.
“Solo ballato?” chiese ancora con quello strano tono.
Nel frattempo, a insaputa di Jennifer, Matt si stava trattenendo per non scoppiare a ridere.
“C’è stato.. c’è stato anche un bacio” balbettò la ragazza, arrossendo fino alla punta delle orecchie.
“E avevi paura di dirmelo, sì lo so. Justin mi ha informato, non ho visto nessuna foto” spiegò Matt, liberando finalmente la risata che tratteneva dall’inizio della conversazione.
“TU! STUPIDO CRETINO CERVELLO DI GALLINA, DI POLLO, MAIALE, STUPIDO E CRETINO CHE NON SEI ALTRO!” urlò Jennifer, scattando a sedere.
Aveva ancora una volta aperto la bocca e sparato insulti insensati, le succedeva sempre quando si arrabbiava o veniva sorpresa.
“Tieni a freno la tua linguaccia. Volevo solo divertirmi un po’, mi sto annoiando qui!” si giustificò, appena riuscì a calmare le risate.
“Sei cattivo, antipatico, cretino e stupido” Jennifer continuò a insultarlo abbassando impercettibilmente la voce.
“Ti ho chiesto scusa, ed è dalla partita a calcio che dico che tu e quel Trevor sareste usciti insieme” affermò lui.
“Justin credeva che ero geloso di te” ridacchiò Matt.
“Sei geloso di me?” chiese lei, seria.
“No, e lo sai. Ho solo una perenne paura che ti possa accadere qualcosa, e ne hai già passate tante, soprattutto a causa di Trevor, ma se lui ti piace io non posso intromettermi” disse lui sorridendo. E, anche se la ragazza non poteva vederlo, riuscì a percepirlo.
“Devo dirti una cosa, stavo per dimenticarlo! Sono uscito con una ragazza, ieri, i suoi genitori abitano nella casa accanto a mia nonna. Ti racconto tutto quando torno” aggiunse in fretta lui.
“Sai quanto sono curiosa! Non puoi dire una cosa del genere e aspettarti che io non cerchi di scoprire altri particolari” esclamò Jennifer, liberando un sospiro di frustrazione.
“Infatti avevo tutta l’intenzione di suscitare la tua curiosità!” ribatté Matt, iniziando a ridere leggermente.
“Mr. Gentilezza, se non ti dispiace adesso vorrei tornare a dormire, ieri sono tornata molto tardi” affermò Jennifer con un tono divertito, chiudendo gli occhi.
“È quasi ora di pranzo!” esclamò lui.
“Dimentichi che noi la vigilia di Natale non mangiamo a pranzo”
“Le vostre strane tradizioni!”
Entrambi terminarono la chiamata contemporaneamente.
Prima di riaddormentarsi, Jennifer urlò alla madre di non disturbarla, e poi tornò in quello che considerava l’amato mondo dei sogni.
Iniziò a sognare appena sprofondò nel suo sonno profondo.
 
Si ritrovò seduta sul divano, tra i suoi genitori, a guardare la televisione nel salotto. Era una situazione troppo da famiglia normale e lei sapeva fin troppo bene che la sua famiglia non si comportava mai in modo normale.
Diversi rumori di vetri rotti riecheggiarono improvvisamente in tutta casa, e prima che capisse cosa stesse succedendo, altri rumori la circondarono e vetri rotti si riversarono sul pavimento della stanza. Dalle finestre rimaste senza vetro, entrarono tre uomini vestiti di nero, con i visi coperti da passamontagna, ognuno con un’arma in mano. Sentì alcuni passi sulle scale e nella stanza irruppero altri quattro uomini, entrati probabilmente dalle finestre del piano superiore.
Tutti scrutarono l’ambiente della casa, poi contemporaneamente si voltarono a fissare nella sua direzione, puntando le armi verso la sua famiglia, o meglio verso lei.
Qualche istante dopo la porta d’ingresso si spalancò e altri due uomini giunsero nel salone. Nel momento stesso in cui erano apparsi questi ultimi, sua madre e suo padre scomparvero. Jennifer era rimasta sola, nell’unico posto che considerava sicuro, circondata da uomini armati e coperti da passamontagna.
Gli ultimi arrivati erano vestiti esattamente come gli altri, l’unica differenza era che non le avevano ancora puntato contro la pistola che entrambi impugnavano.
Entrambi tolsero il passamontagna contemporaneamente e Jennifer si lasciò scappare un sospiro di sollievo nel riconoscere i loro volti.
Erano Justin e Scooter.
Il suo amico la osservò, studiando la sua espressione. Aveva uno sguardo freddo e distaccato. Scooter aveva un’espressione severa, e il medesimo distacco nello sguardo.
‘Come hai potuto farlo?’ le chiese Justin, lasciando che la ragazza percepisse la freddezza del suo tono.
‘I-io co-cosa?’ balbettò lei.
Non capiva il motivo dell’atteggiamento delle uniche persone che conosceva in quella stanza, non capiva l’argomento delle insinuazioni di Justin.
Le mani iniziarono a sudarle e iniziò a tremare visibilmente.
‘Tu ci hai tradito!’ esclamò Justin, stringendo la presa sulla pistola.
La ragazza spalancò gli occhi, non credeva possibile che l’unica persona di cui poteva fidarsi la stava accusando di aver tradito il segreto che condividevano.
‘La CIA ha iniziato a controllarti dal momento in cui hai lasciato la base il giorno in cui ti svelai cosa avresti dovuto affrontare e a quanto pare io mi sono sbagliato a fidarmi e loro avevano ragione’ continuò a parlare il ragazzo, mantenendo il suo tono calmo.
‘Non ho fatto niente! Come avrei potuto mettere in pericolo le nostre vite?’ disse lei, passandosi nervosamente le mani nei capelli.
‘Mi dispiace dirtelo, ma hai messo in pericolo solo la tua di vita’
Jennifer lo guardò, gli occhi visibilmente spalancati e disorientati.
‘C-che intendi?’ il battito del cuore aveva iniziato ad accelerare.
‘Intendo che tra noi due, sei l’unica che stasera perderà la vita’ Justin sorrise, una smorfia che trasmetteva cattiveria.
‘N-non puoi farlo, non puoi uccidermi. Non ho fatto niente, come fai a credere a quelle persone e non me?’ la ragazza iniziò a respirare velocemente, in preda al panico.
‘Tu non capisci, dal momento in cui ci hai traditi mi hanno assegnato una nuova missione’
Justin si bloccò per sorridere, e inclinò leggermente la testa di lato. Alzò il braccio e le puntò la pistola alla testa.
‘Uccidere te’

 
“NO, JUSTIN NON FARLO!” urlò la ragazza, svegliandosi.
Si ritrovò seduta sul letto, con le guance rigate di lacrime e gli occhi velati, il respiro e i battiti cardiaci irregolari.
Justin stava per bussare alla porta della sua stanza, quando udì il suo urlo, e si precipitò dentro.
“Che è successo?” chiese con un tono spaventato.
Jennifer si guardò intorno, poi portò lo sguardo sul ragazzo che si era bloccato alla fine del letto. Sospirò per cercare di calmarsi, e si asciugò il viso.
“E-era solo un sogno” balbettò, in un sussurro, ancora visibilmente scossa dall’incubo appena avuto.
“Stavi ancora dormendo?” chiese lui, sorpreso ma anche divertito.
“Sì, perché?” 
“È da poco passata l’ora di pranzo!” ridacchiò Justin.
“Io credevo che era già sera!” sospirò lei, delusa per il poco tempo trascorso, poi chiese al ragazzo: “Come mai sei già qui?”
Justin, Pattie e Scooter erano stati invitati da sua madre a trascorrere la vigilia di Natale tutti insieme.
“Mia madre ha deciso di aiutare la tua a preparare la cena” le rispose alzando le spalle, poi si andò a sedere accanto a lei sul letto.
Entrambi si voltarono verso il suono di pesanti e veloci passi che provenivano dalle scale e poi dal pavimento del corridoio. Passi che si avvicinavano alla camera di Jennifer.
“Preparati per la Scooter-sfuriata” ridacchiò Justin.
Jennifer lo guardò con aria interrogativa, ma non riuscì a dire niente poiché in quel momento Scooter fece il suo teatrale, traumatizzante e spaventoso ingresso nella stanza.
“Ti devo parlare!” esclamò l’uomo, chiudendo la porta a chiave.
“Puoi ripetermi cosa mi dicesti ieri, prima di scendere dall’auto?”
Jennifer aggrottò la fronte, iniziando a pensare a tutta la conversazione avuta con Scooter, la sera precedente. Colta da un’improvvisa illuminazione rispose, guardandolo intensamente negli occhi.
“Dissi che non dovevi preoccuparti”
“E come è andata a finire la serata? Justin era ubriaco e, per tua sfortuna, tende a parlare molto, e non sono affatto contento di aver ascoltato quello che mi disse”
Jennifer spalancò gli occhi, si era appena resa conto che la severa espressione disegnata sul volto dell’uomo era la stessa del sogno. Ritornò alla realtà, scuotendo la testa, e guardò Justin con le sopracciglia alzate, ponendogli una muta domanda.
“Non mi ricordo niente, non so che ho detto” si giustifico lui, alzando le spalle dispiaciuto.
“Come ti è saltato in mente di baciare quel ragazzo? Davanti a tutta la scuola? La prossima volta, forse, cercherò di preoccuparmi” disse lui, calcando il sarcasmo nell’ultima frase.
Jennifer si voltò ancora a guardare Justin, uccidendolo con lo sguardo.
L’ultima cosa che voleva era che Scooter venisse a saperlo così presto, soprattutto non in quel modo.
“Voglio sapere come ti libererai di Trevor” Scooter, era furioso, ma cercò di trattenersi nell’urlare. Tentativo vano, dal momento in cui la sua voce era più alta del normale.
“Per favore calmati” Jennifer si alzò e lo fronteggiò, e cercò velocemente qualcosa per tentare di migliorare l’umore di Scooter.
 “Domani è Natale, non roviniamoci le vacanze!” esclamò qualche istante dopo con un sorriso teso.
“Ci penseremo più in là!” concluse Jennifer, parlando lentamente.
“Ci pensiamo più in là?! Tanto ormai il danno è fatto, vero?” Scooter aveva di nuovo alzato la voce, si stava lentamente avvicinando all’esasperazione.
“Era solo ballo, e c’è stato solo un bacio! Non sto organizzando il mio matrimonio!” dal canto suo, Jennifer aveva perso la pazienza già da qualche minuto, quindi si ritrovò a urlare più forte di Scooter.
L’uomo la osservò per qualche istante, scrutandola con gli occhi socchiusi, poi scoppiò.
“NON ALZARE LA VOCE CON ME! TU AVEVI DETTO CHE NON DOVEVO PREOCCUPARMI! E PROPRIO TU CREI PROBLEMI!” enfatizzò ogni parola, caricandola di tutta la rabbia che provava in quel momento.
Il suo era il compito più difficile di tutti: doveva controllare due adolescenti nel pieno della crisi ormonale, controllare che l’addestramento di due futuri agenti della CIA andasse per il meglio e che nessuno li scoprisse e, infine, doveva controllare che quei due ragazzi non svelassero il loro segreto a nessuno.
E questo suo compito lo stava rendendo molto nervoso.
Jennifer si limitò a sbattere le palpebre,  fissandolo con gli occhi spalancati e la fronte aggrottata, e tornò a sedersi sul letto.
Scooter capì che aveva urlato troppo, e cercò di rimediare. In fin dei conti era più preoccupato che arrabbiato.
“Scusa, non dovevo alzare la voce in quel modo, solo che non me l’aspettavo da te”
Jennifer annuì, poi disse: “Ho capito e ho sbagliato, cercherò di liberarmi di Trevor quando torneremo a scuola”
Scooter sorrise e poi, prima che aprisse la porta, si voltò di nuovo verso i ragazzi.
“Devo dirvi un’altra cosa, stavo per dimenticarmene” sussurrò, con un’espressione colpevole disegnata in viso.
“Joseph vi sorveglia giorno e notte, quindi lui sa tutte ciò che è successo al ballo” Scooter sospirò di sollievo appena finì di parlare, finalmente si era tolto quel peso dallo stomaco. Sapeva dall’iniziò che i ragazzi venivano sorvegliati ma gli era stato ordinato di non poter dire niente.
Perché l’aveva fatto proprio quel giorno? Perché aveva parlato con Joseph, quella stessa mattina, che gli aveva comunicato la sua volontà di parlare con i ragazza prima che le vacanze finissero, e l’unica spiegazione logica a quella convocazione improvvisa era che l’uomo voleva fare ad entrambi una bella ramanzina.
Jennifer e Justin si osservarono, poi Justin prese la parola.
“Da quanto tempo lo sapevi?”
“Dall’inizio, ma non potevo dirvi nulla. Adesso vado, ci vediamo più tardi” concluse l’uomo che, velocemente, uscì dalla stanza mentre i ragazzi si lanciavano un’altra occhiata incredula.
 
Avevano appena finito di cenare e stavano aspettando la mezzanotte per aprire i regali, riuniti nel salotto, e gli adulti avevano iniziato a parlare tra di loro, mentre Jennifer si era avvicinata alla finestra.
“È da stamattina che sei strana” le sussurrò Justin, avvicinandosi.
“Ho fatto solo un brutto sogno, non ti preoccupare” gli rispose lei, sorridendogli.
Le erano tornate in mente le immagini dell’incubo appena i suoi genitori si erano accomodati sul divano.
Non riuscirono ad aggiungere altro poiché Charlotte avvisò tutti che stava per scattare la mezzanotte.
Dopo aver aperto lo spumante, e dopo essersi scambiati gli auguri, Charlotte si avvicinò a Jennifer con un pacchetto in mano.
“Stamattina, quando stavi dormendo, è venuto un ragazzo a portarti questo”
Jennifer arrossì violentemente e lanciò un’occhiata circospetta nella stanza. Per sua sfortuna Scooter la stava guardando, con occhi che lasciavano immaginare la rabbia che stava provando, Jennifer temeva che da un momento all’altro gli sarebbero iniziate a fumare le orecchie. Justin invece si guardava intorno, osservando Pattie e il padre della ragazza che conversavano.
“T-ti ha detto il suo nome?” balbettò la ragazza.
“Era un nome strano ma carino, iniziava con la T” rispose la mamma, iniziando a sorridere.
“Trevor” sussurrò lei, abbassando gli occhi sul pacchetto che adesso aveva tra le mani.
“Sì!” esclamò la madre, si vedeva lontano un miglio che era felice che la figlia avesse altri amici.
“Iniziamo ad aprire i regali?” disse, improvvisamente, Scooter, fissando Jennifer negli occhi.
La ragazza reagì d’istinto, e si diresse velocemente in camera sua. Era stanca della madre, ma soprattutto era stanca di Scooter che le riservava sguardi misti a rabbia, delusione e, non riusciva a capirne il motivo, preoccupazione.
Per prima cosa chiuse la porta a chiave, non voleva nessun rompiscatole, accese la luce e poi si mise seduta sul letto.
Scartò il regalo, lasciando cadere la carta sul piumone: c’era un biglietto e piccola scatola rettangolare.
< Ti auguro di passare un felice Natale. Trevor >
Jennifer si lasciò scappare un piccolo sorriso, leggendo il bigliettino.
Aprì la scatola e scoprì che all’interno c’era una collana molto semplice, con un ciondolo a forma di cuore.
Si ritrovò di nuovo a sorridere.
Mentre era intenta a osservare il regalo, alcuni tocchi alla porta le fecero alzare la testa in quella direzione. Prese il biglietto e la collana per nasconderli sotto il cuscino.
“Chi è?”
“Justin”
Jennifer si alzò e andò ad aprire la porta e si ritrovò davanti il suo amico, per sua sfortuna, però, mentre lui entrava in camera arrivò anche Scooter.
Jennifer serrò la mascella e non chiuse la porta in faccia all’uomo solo per educazione, anche se l’avrebbe fatto volentieri. Quell’uomo arrivava sempre a rovinare tutto.
“Jennifer, senti, scusa. Se vuoi stare con quel ragazzo non posso essere io ad impedirtelo. Sai meglio di me perché non potreste stare insieme, quindi è a tuo rischi e pericolo” Scooter era peggio di una donna incinta, cambiava umore e opinione in un batter d’occhio, oppure era solo lo spirito del Natale.
La ragazza si limitò ad annuire, con un piccolo sorriso ad increspargli le labbra.
“E Justin?! Goditi la pace ancora per poco, perché sono sicuro che hai combinato una delle tue al ballo” ridacchiò Scooter, per poi uscire dalla camera.
Justin alzò gli occhi al cielo, poi si avvicinò alla ragazza e la abbracciò.
“Ero venuto per augurarti buon Natale”
“Auguri anche a te!” Jennifer ricambiò l’abbraccio, poi quando si allontanarono, riprese parola.
“Scusa se sono scappata in camera, ma Scooter stava diventando insopportabile”
“Sì, ho notato anch’io il modo in cui ti stava guardando” Justin iniziò a ridere, poi si calmò.
“Domani vieni con noi, anzi con mia mamma e noi. Ha deciso di farci una sorpresa” “L’ultima volta che mi sono fidata delle sorprese, mi hai trascinato dalla CIA, domani non andiamo in una base militare con accesso vietato, vero?” ridacchiò Jennifer.
“Adesso la sorpresa è da parte di mia madre, e ti assicuro che non ha contatti con la CIA”


Spazio autrice:
ciao ciao ciao ciao ciao ciao ciao ciao (?)
scusate per la mia luuuuuuuunga assenza, si per me è lunga u.u
per farmi perdonare ho messo un capitolo un po' più lungo, spero che non vi annoiate leggendolo.
La parte del sogno e una parte senza importanza, non sapevo come continuare e quindi mi è venuta la grande idea di far spaventare un po' Jennifer, sono cattiva lo so.
poi ho voluto chiarire una cosa, anche se avrei voluto farlo qualche capitolo prima: Matt non è innamorato di Jennifer, lui semplicemente non vuole vederla soffrire.
Scooter è un rompi scatole, ma lo fa per il bene dei ragazzi, che non sono i soli ad essere sotto pressione, quindi non odiatelo.
Avrà ragione Scooter?! Justin ha combinato una delle sue al ballo?! Lo scopriremo nella prossima puntata (?)
TO BE CONTINUED...
Ok, basta. sclero finito ahahah
Ho paura di aver messo qualche 
a al posto della o, alcune le ho corrette, ma lo so a memoria il capitolo quindi qualche errore potrebbe essermi sfuggito, mi scuso anche per questo.
Domani ho il primo giorno di scuola, quindi non so quando aggiornerò di nuovo.
Ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente, vi amo ;)
e ringrazio anche tutti voi che continuate a leggere.

baci, simo!

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Paparazzi ***


Capitolo 16
Paparazzi

Jennifer,  come aveva concordato la sera precedente con Justin, trascorse il Natale con lui, la madre e Scooter. Pattie li portò in un parco pieno di neve e mangiarono sotto un gazebo attrezzato con numerosi tavoli e panchine.

Il resto delle vacanze di Natale, Jennifer restò a casa ad aiutare la madre e a fare i compiti.
Charlotte, nell’ultimo periodo, era abbastanza severa con la figlia: non accettava che Jennifer trascorresse tutto il suo tempo libero con Justin in palestra o con Justin chissà dove, inoltre era ancora arrabbiata con la figlia per aver lasciato improvvisamente il lavoro al bar. La donna aveva, dunque, deciso di approfittare di quella pausa dalla scuola per darle una piccola punizione, sperando che la figlia capisse che era contraria a quella situazione.
Jennifer aveva notato l’avversità della madre nei suoi confronti, ma continuava a sperare che tutti gli ordini che le impartiva non fossero parte di una specie di punizione, e continuava ad obbedirle per non aumentare la rabbia che la donna provava.
L’unica cosa che avrebbe voluto fare era vedere Trevor per parlargli, poiché dalla sera del ballo l’unica interazione che aveva avuto con lui era avvenuta attraverso la madre, ma oltre ad essere intrappolata in casa e a non possedere il suo numero, Jennifer non avrebbe potuto chiamarlo perché quella strega della madre le aveva sequestrato il cellulare. Aveva anche voglia di vedere Matt, ma la madre non lo faceva entrare in casa.
Sembravano la brutta copia della matrigna cattiva e Raperonzolo chiusa nella torre.
Era l'ultimo giorno delle vacanze e Jennifer era sul punto di impazzire a causa della madre.
Quella mattina, appena sveglia, pensò di mettere in atto ciò che avrebbe dovuto fare un po’ di tempo prima.
Uscì dalla sua stanza in punta di piedi, con ancora il pigiama, e camminando lentamente si diresse nella stanza dei suoi genitori. Prima di entrare si assicurò che la madre stesse in cucina a parlare a telefono con chissà chi, poi aprì lentamente la porta. Come aveva previsto, suo padre era ancora a letto a guardare la tv, così si avvicinò e si arrampicò sul letto per affiancare il padre, e gli appoggiò la testa sul petto, abbracciandolo.
“Buongiorno, piccola” l’uomo le sorrise e le passò una mano sulle spalle per abbracciarla.
“Buongiorno” rispose lei.
“Come mai non sei a farti dare ordini da tua madre?” chiese lui, continuando a guardare la tv.
“È l'ultimo giorno di vacanza e non voglio trascorrerlo facendole da cameriera!” esclamò lei, sospirando rumorosamente per la frustrazione.
“E vuoi il mio aiuto, vero?” la anticipò il padre, lasciandole un leggero bacio nei capelli.
“Non posso affrontarla, altrimenti si arrabbia ancora di più”
“Aspettavo che venissi a chiedermi di liberarti di tua madre qualche giorno fa” ridacchiò l’uomo.
“Credevo che prima o poi avrebbe finito con tutti questi ordini”
“In tutte le famiglie normali, dovrei essere io quello geloso di mia figlia, invece è la madre” esclamò lui, ma era più un pensiero ad alta voce che un’affermazione rivolta a sua figlia.
“Tu non lo sei?” chiese curiosa lei, alzando lo sguardo verso il viso del padre.
“Jennifer non ho bisogno di essere geloso, o possessivo. Ti ho vista troppe volte piangere, non ti ho mai chiesto il perché e non voglio saperlo. Il comportamento di tua madre è eccessivo e sbagliato, perché in questo periodo finalmente riesco a vederti sorridere” spiegò l’uomo, incrociando lo sguardo della figlia, per poi scendere dal letto e avvicinarsi all’armadio.
“Credo che questo ti appartenga” lanciò il cellulare di Jennifer sul letto, e la ragazza lo afferrò in modo possessivo.
“Adesso andiamo a parlare con la strega cattiva” continuò, con un sorriso divertito stampato sulle labbra.
“Charlotte vieni subito nel salotto! Riunione di famiglia straordinaria!” urlò l’uomo, mentre scendeva le scale, seguito dalla figlia.
Entrarono nella stanza, dove Charlotte li stava aspettando e partì in quarta con le domande.
“Cos’è questa storia della riunione di famiglia? Non ne abbiamo fatto mai una!”
“Suvvia donna, c’è sempre una prima volta!” esclamò l’uomo, sorridendo.
Prese posto sul divano, seguito da Jennifer.
“Charlotte, credo che non puoi più trattare Jennifer come una serva” iniziò a spiegare, assumendo un tono e un’espressione seria.
“È in punizione, avresti dovuto capirlo!” esclamò la donna, con tono ostile.
“L’hai messa in punizione solo perché nell’ultimo periodo si sta divertendo un po’? Ha diciassette anni compiuti, credo che alla sua età il divertimento è lecito!”
“È tornata dal ballo tardissimo, non sta mai a casa e il giorno di Natale l’ha trascorso con Justin!” esclamò la donna.
“Non sono giustificazioni adatte per il tuo comportamento! Le ho restituito il cellulare e da oggi in poi non sarà più la tua cameriera” concluse l’uomo con voce fredda, poi si alzò e tornò nella sua stanza da letto.
Jennifer restò seduta sul divano ad osservare il viso della madre: era una maschera e non riusciva a capire cosa la donna stesse pensando, fin quando non la sentì parlare.
“Jennifer, scusami. Mi sono comportata male in questi giorni” detto ciò la donna uscì dalla stanza, lasciandola sola.
Conosceva i frequenti cambi d’umore della madre, quindi s’affrettò a tornare in camera sua prima che cambiasse idea.
Accese subito il cellulare, che iniziò a vibrare senza fermarsi. Erano tutti messaggi e chiamate di Justin e Matt. Aprì solo l’ultimo messaggio ricevuto, era di Matt e l’aveva inviato circa mezz’ora prima.
< Jennifer non so che fine hai fatto, ma devi assolutamente venire a casa di Justin. È urgente! >
Si era seduta sul letto mentre lo leggeva, ma si rialzò subito, correndo in bagno. Non aveva tempo per una doccia, era già troppo tardi e lei doveva sapere cosa stava succedendo nella casa accanto.
Una volta pronta, si diresse in cucina, poiché era meglio se avvertiva la madre dei suoi spostamenti.
“Mamma, vado a casa di Justin. Facciamo i compiti” inventò una scusa al momento per avere campo libero.
“Va bene. Torna per pranzo!” sospirò la madre in risposta, continuando a trafficare tra le pentole.
“Allora a dopo!” Jennifer si precipitò alla porta, e poi verso la casa di Justin.
Bussò alla campanello, e appena la porta si aprì sentì delle voci molto alte provenire dal piano superiore.
“Jennifer finalmente! Che fine hai fatto? No, non rispondere. Entra!” esclamò Matt, lasciandole spazio per farla entrare.
La ragazza si guardò intorno cercando con lo sguardo Justin, Scooter o Pattie, ma notò che, nel salotto e in cucina, non c’era nessuno, l’unico segno di vita erano le voci provenienti da piano superiore.
“Chi sta urlando?” Jennifer alzò leggermente il viso, per guardare la cima delle scale.
“Justin e..” Matt si bloccò, poi con un sospiro continuò. “E Trevor. Stanno litigando a causa tua”
“COSA? PERCHÉ?” Jennifer lo interruppe, spalancando gli occhi per la sorpresa.
“Non iniziare a urlare anche tu! Vieni, sono nella stanza di Justin”
Matt le afferrò la mano e la trascinò di peso a piano superiore.
 
“QUANTE ALTRE VOLTE DEVO DIRTI CHE IO E JENNIFER NON STIAMO INSIEME?!” urlò Justin, passandosi una mano tra i capelli, ormai aveva perso la pazienza.
“COME FACCIO A SAPERE CHE MI STAI DICENDO LA VERITÀ?  HAI LETTO ANCHE TU COSA C’È SCRITTO LÌ! E LE FOTO NON MENTONO!” urlò Trevor.
Qualche istante dopo, Jennifer e Matt entrarono nella stanza.
“Jennifer!” esclamò Justin, sospirando di sollievo. “Finalmente sei arrivata!”
“Posso sapere perché urlate?” chiese lei, osservando i due ragazzi con calma.
“Tieni! Guarda con i tuoi occhi!” disse Trevor lanciando un giornale, che lei prese a volo, e poi lesse ad alta voce la notizia in prima pagina:
< LA GIOVANE STAR JUSTIN BIEBER, DOPO LA STORIA CON SELENA GOMEZ, HA UNA NUOVA FIAMMA >
C’era anche una foto, scattata probabilmente il giorno di Natale da qualche paparazzo rompiscatole. La foto ritraeva Justin e Jennifer che camminavano uno accanto all’altro, in un viale coperto di neve.
“Non è vero!” esclamò Jennifer, dopo qualche istante, appena finì di leggere.
Trevor represse un urlo di frustrazione, poi le rivolse uno sguardo pieno di freddezza.
“Non diresti mai la verità, volete avere ragione voi! E intanto quello preso in giro sono io!”  Trevor si avvicinò alla porta della stanza, poi si voltò, incrociando lo sguardo confuso di Jennifer. “Ormai non m’interessa più di te” e uscì dalla stanza, dirigendosi al piano inferiore.
Jennifer spalancò gli occhi, aprendoli e chiudendoli ripetutamente.
“Trevor.. Trevor aspetta” seguì il ragazzo, scendendo le scale.
“ASPETTA!” urlò, uscendo di casa e afferrandogli un braccio.
“Che vuoi?” chiese lui, senza né girarsi per guardarla in faccia né togliere la mano della ragazza dal suo braccio.
“Non sto con Justin, non ti ho preso in giro” sussurrò Jennifer, con la voce spezzata dal pianto.
“Ti ho detto che non m’interessa!” esclamò lui, muovendo finalmente il braccio per  liberarsi dalla presa e guardare la ragazza negli occhi.
“Ti ho detto la verità!” ribatté la ragazza, non aveva voglia di piangere, ma non riuscì a trattenere le lacrime, che iniziarono a rigare, silenziosamente, le sue guance.
“Non m’interessa, non stavamo insieme, se non sbaglio c’è stato solo un bacio, dimenticalo e dimentica tutte le belle cose che ti ho detto la sera del ballo. Non le penso più” detto questo, il ragazzo si allontanò, lasciandola immobile sul marciapiede.
Jennifer restò, con i piedi piantati a terra, a guardare la figura del ragazzo che percorreva tutto il marciapiede per poi voltare a destra.
Non si aspettava una cosa del genere, le piaceva quel ragazzo e si era affezionata a lui.
“Jennifer” Scooter la richiamò con un sussurro.
La ragazza si girò a guardarlo, e l’uomo l’avvicinò ancora di più e la abbracciò.
“Mi dispiace. Ero il primo a volere che la vostra storia non avesse un futuro, ma non volevo che vi lasciaste in questo modo”
“Perché come avremo dovuto lasciarci?” chiese lei, a bassa voce, con il viso affondato nel maglione di Scooter.
“Intendevo dire che non volevo che tu ci soffrissi” Scooter le stava accarezzando i capelli.
“Non stavamo insieme!” esclamò lei, mettendosi sulla difensiva, staccandosi dall’abbraccio e asciugando le lacrime.
L’ultima cosa che voleva, era mostrare, soprattutto a Scooter, il suo stato d'animo.
“E tu volevi che finisse. Beh eccoti accontentato!” esclamò, lasciando che l’uomo percepisse il fastidio nella sua voce.
Scooter si limitò ad osservarla, senza aggiungere nulla poiché sapeva di essere nel torto.
Jennifer gli diede le spalle e disse: “Vado a casa, saluta Justin e Matt da parte mia”
“Oggi pomeriggio devo accompagnarvi in palestra alle quattro e mezza” aggiunse Scooter, mentre la ragazza si allontanava.
 
“Come sono andate le vacanze?” li accolse Joseph, appena Justin e Jennifer entrarono nella piccola palestra in cui si addestravano.
L’uomo iniziò a ridere, poi aggiunse: “So perfettamente tutto ciò che avete fatto in vacanza”
“Allora è vero che ci spii!” esclamò Justin, che era già abbastanza infastidito.
“Immagino che sia stato un bene per te che abbiano scritto quell’articolo su te e Justin” continuò, prestando poca attenzione a ciò che aveva detto Justin, e incrociando lo sguardo di Jennifer.
La ragazza sussultò leggermente, Joseph notò quel piccolo particolare, e dato che Jennifer non aveva intenzione di parlare, egli disse: “Sei proprio una brava attrice: fare finta di stare male è stata una bella mossa”
L’uomo aveva intenzione di farla arrabbiare per metterla alla prova, e infatti ci riuscì.
Jennifer si avvicinò velocemente e si fermò a qualche centimetro di distanza dal viso dell’uomo, lo guardò per qualche secondo, poi disse: “Sei viscido”
“E tu sei una ragazzina che non riesce a controllare i suoi ormoni!” ribatté lui, un sorrisetto di sfida stampato sulle labbra.
Jennifer agì d’istinto e lo colpì con violenza nello stomaco. Joseph spalancò gli occhi per l’impatto, si piegò leggermente e portò entrambe le mani sulla pancia, iniziando a tossire. Qualche goccia di sangue gli uscì dalle labbra.
“Non dirmi cosa devo fare!” esclamò Jennifer, a denti stretti.
“Ringrazia che non debba decidere io della tua sorte, altrimenti ti avrei già fatto uccidere, oppure no, ti saresti salvata solo per il tuo coraggio” Joseph raddrizzò la schiena, poi continuò.
“E adesso, dato che la tua love-story è finita, dovrei parlare con l’altro concentrato di ormoni” e si avvicinò a Justin.
“Cosa ho fatto?” chiese il ragazzo, aggrottando la fronte.
“Ti sei ubriacato e hai flirtato con la maggior parte delle ragazze che erano al ballo” Joseph emanava una calma soprannaturale.
“I-io che avrei fatto?” balbettò Justin, con gli occhi spalancati per la sorpresa.
“Non mi sorprenderei se fossi in te, sei o non sei una superstar che può fare tutto ciò che vuole?” ed ecco che il sorriso di sfida ritornò sulle labbra di Joseph.
“Non ti permettere!” Justin scattò in avanti, avvicinandosi, e sferrò un pugno in pieno viso, provocandogli la fuoriuscita di sangue dal naso.
Joseph si pulì il sangue dal viso con una manica della maglia, poi rialzò lo guardo puntandolo su Jennifer e Justin.
“Mi congratulo con la CIA, per aver scelto voi due” ridacchiò Joseph, dimenticando il piccolo particolare di essere stato colpito da due ragazzini.
Justin e Jennifer si guardarono con espressione interrogativa.
“Vi servono altri cinque o sei mesi di addestramento, voglio che siate perfetti sul piano fisico, dato che non vi manca il coraggio” fece una pausa, respirando rumorosamente. Incrociò lo sguardo di Scooter e disse: “Ragazzi, credo che dovrete iniziare con la vostra copertura!”
“Io non credo che sia una buona idea!” esclamò Scooter, facendo un paio di passi avanti.
“Quale copertura? Di che si tratta?” Justin interruppe il quasi litigio tra i due uomini.
“Non era prevista nessuna copertura a questo punto dell’addestramento!” esclamò Scooter, evitando la domanda di Justin, e guardando Joseph con una sguardo omicida.
“Non discutere le mie decisioni!” abbaiò Joseph, con un tono che non ammetteva repliche.
Scooter sospirò, passandosi una mano nei capelli, poi si voltò nella direzione di Justin e rispose alla sua domanda.
“Alla fine dell’addestramento, sarete costretti a trascorrere molto più tempo insieme, soprattutto a causa delle missioni, quindi era prevista una copertura per spiegare questa vostra vicinanza ai media, ai parenti e a tutti” spiegò Scooter.
“Ok Scoot, abbiamo capito, che copertura è?” chiese Justin, senza riuscire a nascondere l’impazienza nella voce.
“Dovrete fare finta che state insieme quando vi trovate in luoghi pubblici, ma, a quanto pare, a causa dei paparazzi dovete iniziare da adesso” rispose Joseph, precedendo Scooter.

Spazio autrice:
scusatemi per il ritardo di quasi due settimane, siete libere di uccidermi.
il capitolo è accettabile, anche se non è il massimo. credo che dovrei fare qualche precisazione (?)
Jennifer ha un padre adorabile, io lo amo.
ho preferito che la 'storia' tra Trevor e Jennifer finisse prima, e che fosse lui a lasciarla, non so il perché.
Joseph è stato un po' bastardo, ma deve addestrare future spie quindi deve testare anche il loro coraggio.
avevo già in mente l'idea della copertura, ma non pensavo di doverla mettere in atto così presto. vabbè prima o dopo è uguale.
Ringrazio tutti voi che leggete la mia storia, siete fantastici!
adesso vi lascio, sperò di aggiornare la settimana prossima.
baci,simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** The truth is... ***


Capitolo 17
The truth is...


Era passata circa una settimana dalla decisione di Joseph riguardo la copertura, decisione che era destinata a cambiare la vita di entrambi i ragazzi. E il vecchio Joseph aveva pensato bene di spaventare Jennifer, dicendole che da quel momento in poi sarebbero stati bombardati dai giornalisti, paparazzi, foto e articoli su tanti giornali diversi, fortunatamente Justin aveva cercato di rassicurarla, dicendole che sarebbe stato così solo all'inizio, poi si sarebbero abituati.
In quell’ultima settimana le previsioni di Joseph si avverarono.
C'erano paparazzi nei posti meno pensabili, alcuni erano arrivati ad intrufolarsi nella scuola, ma subito cacciati dalla preside che minacciava di chiamare la polizia.
Justin, in quanto superstar di fama mondiale, era già abituato a tutto questo, la povera Jennifer invece no e ogni volta era presa da una specie di crisi di ansia o panico, difficili da distinguere.

Justin decise di rilasciare un'intervista in una trasmissione locale, poco popolare, di cui non conosceva neanche il nome. Era stato invitato soprattutto per le novità e per capire quale fosse l'attuale situazione sentimentale del cantante, ma gli avevano anche chiesto di cantare una canzone. Justin, dato che erano da poco finite le vacanze di Natale, decise di esibirsi in una delle canzoni del suo ultimo CD.

“Ecco l’ospite di questa serata! Justin Bieber!” esclamò la giornalista, suscitando urla e applausi del pubblico.
Justin entrò nello studio televisivo, e lo osservò con stupore: era molto spazioso per essere di una trasmissione locale. Il pavimento era beige chiaro ed era molto lucido; c'erano due sedie bianche al centro dello studio, una per la giornalista, che in quel momento si era alzata per accoglierlo, e c'erano le poltrone del pubblico su tre lati della stanza, e erano tutte occupate da ragazzine, ma anche donne e uomini, tutti alzati ad accoglierlo con un caloroso applauso.
Dopo aver guardato tutto il pubblico con un enorme sorriso, Justin si accomodò accanto alla giornalista.
“Allora Justin, come stai?” chiese subito la giornalista.
“Molto bene e tu?” rispose, mostrando ancora, il suo miglior sorriso.
“Anche io sto bene. Girano voci che stai pensando di registrare un nuovo CD” continuò la donna, ricambiando il sorriso.
“Sì, ci stiamo pensando” rispose lui, alludendo a Scooter.
“E avete già pensato a quando inizierai a lavorarci?” chiese lei, fingendo interesse.
“È ricominciata la scuola solo da una settimana, quindi devo riabituarmi a questi ritmi, ma credo che mi metterò a lavoro tra pochissimo” rispose lui, continuando a sorridere.
Dopo una piccola pausa, la giornalista si girò verso uno dei grandi schermi presenti nello studio.
“E che mi dici di questa ragazza? Ci sono numerose foto di voi sul web”
Una foto occupava l’intero schermo.
“Le voglio molto bene, è importante” rispose, non togliendo gli occhi dalla foto.
Non sapeva cos’altro dire, Scooter e Joseph non gli avevano dato suggerimenti su ciò che doveva dire per sembrare più credibile.
“State insieme?” chiese ancora, e a quella domanda calò il silenzio nello studio, tutti in attesa della risposta.
“Non proprio” rispose.
Sapeva che in queste situazioni era meglio essere vago, non poteva mettere su un piatto d’argento tutti i particolari della sua vita privata, veri o finti che fossero.
“Bene, Justin, non sei venuto qui solo per rispondere alle domande, ma ti abbiamo invitato soprattutto per sentirti cantare. Che canzone ascolteremo?”
“Ho deciso di cantare Mistletoe” disse, alzandosi e avvicinandosi all’asta con il microfono, che alcuni operatori avevano appena portato al centro dello studio.
 
Come ormai succedeva da quando erano tornati a scuola dopo le vacanze, Justin e Jennifer entrarono insieme, in quel grande edificio pieno di ragazzi.
Dagli sguardi che ricevevano man mano che procedevano nel corridoio, entrambi capirono che tutti gli studenti avevano visto l’intervista di Justin della sera precedente o ne erano venuti a conoscenza in un modo o nell’altro.
“Ciao ragazzi!” esclamò Matt con un sorriso raggiante, raggiungendoli vicino agli armadietti.
“Hai per caso vinto alla lotteria?” Jennifer aggrottò la fronte, era già abbastanza seccata a causa di tutte quelle attenzioni da parte degli altri studenti.
“Non sarei qui, se avessi vinto!” esclamò, facendole l’occhiolino, poi s’affretto ad aggiungere: “Non avrei mai immaginato che usciste allo scoperto così presto, e l’avete anche annunciato in tv”
“È stato Justin, non parlare al plurale!” esclamò la ragazza.
Era stata una settimana di scuola abbastanza irritante e stancante, sul piano psicologico, per Jennifer.
Joseph aveva deciso che la cosa migliore era che si facessero vedere sempre insieme, quindi era stata costretta a stare sempre al fianco di Justin, soprattutto quando camminavano nei corridoi, e ogni volta che incrociavano la squadra di basket non poteva fare a meno di sentirsi a disagio poiché aveva gli occhi di tutti addosso. Il comportamento di Trevor, inoltre, metteva a dura prova il suo autocontrollo, infatti, quando si trovavano nello stesso corridoio, il ragazzo cercava sempre di intralciare il suo cammino e finiva sempre per colpirla con 
violente spallate .
Justin non notava niente, e Jennifer non aveva intenzione di dirglielo, consapevole di meritare anche peggio delle spallate, ma quella situazione iniziava a stancarla.
“… di geografia. Ci vediamo a mensa, ciao ragazzi!” esclamò Matt, distogliendo la ragazza dai suoi pensieri.
Mentre Matt si allontanava, Jennifer incrociò lo sguardo di Justin.
“Che ha detto Matt?” gli chiese.
“È andato a lezione. Jenny tutto bene?”
Justin aveva un’espressione incuriosita ma anche preoccupata, e iniziò ad avvicinarsi per poterle accarezzare una guancia.
“Certo. È suonata già la campanella?”
Jennifer non riusciva a distogliere lo sguardo dagli occhi di Justin.
“Sì” rispose, poi si avvicinò al viso della ragazza, e si fermò.
“Scusa” sussurrò prima di avvicinare le sue labbra a quelle della ragazze e baciarla dolcemente.
Durante l’ultima settimana si erano scambiati numerosi baci, ma Justin continuava a chiederle scusa.
Jennifer ricambiò, non poteva di sicuro spingerlo via e doveva abituarsi a quel genere di contatto, ormai tutti sapevano che stavano insieme.
Appena il ragazzo si allontanò, lei gli sorrise e disse: “Andiamo in classe” per poi intrecciare la mano con quella del ragazzo, e iniziare a camminare verso la classe.
“Bieber! Evans! Finalmente siete arrivati, temevo che eravate scappati insieme!” esclamò la professoressa di storia, appena i due ragazzi aprirono la porta della classe.
Tutti gli studenti presenti in classe iniziarono a ridere rumorosamente.
Justin li fulminò tutti con lo sguardo, e quando le risate cessarono, il suo sguardo incontrò quello della professoressa.
“Oggi c’è lo sciopero dei mezzi pubblici, abbiamo rimandato la nostra fuga a domani!”
“Bieber, non ha nessun diritto di rivolgersi a un’insegnante in questo modo. Preferisce un giro dalla preside o una punizione pomeridiana? O magari entrambe le cose?” chiese la professoressa, con un sorriso cattivo disegnato sul viso.
“Se questo mi permette di non segu..
“Professoressa, credo che Bieber sia dispiaciuto per come si è rivolto alla sua persona” disse Jennifer, prima che Justin riuscisse a peggiorare la sua situazione.
La ragazza sapeva che la professoressa aveva un debole per lei, poiché era una dei suoi migliori studenti, e sapeva anche che quella vecchia megera adorava il rispetto e le buone maniere.
“Bene signorina Evans, prendete posto. Possiamo finalmente iniziare la lezione” come volevasi dimostrare, la vecchia si calmò e, come se Justin non avesse detto niente, iniziò la sua noiosa lezione.
“Cosa ti è saltato in mente?” sussurrò Justin a bassa voce.
“A me? Dovresti fare questa domanda a te stesso” bisbigliò Jennifer, prendendo un quaderno e una penna per prendere appunti.
“Non la sopporto questa professoressa” si giustificò, alzando le spalle, per poi guardare la figura posizionata dietro la cattedra, senza però prestare attenzione alle parole che pronunciava.
Restarono bloccati in classe quattro ore con quella professoressa, storia, filosofia e poi due ore di italiano, era davvero un orario da suicidio. Quando suonò l’ultima campanella prima della mensa, la professoressa chiese a Justin di restare con lei in classe, poiché doveva parlargli.
Jennifer, invece, andò a posare i libri nell’armadietto e poi si recò a mensa, dove, dopo aver fatto la fila e aver preso il proprio pranzo, inevitabilmente incontrò il suo caro e simpatico migliore amico.
“Yo yo Jennifer! Come mai sola soletta?” ridacchiò, accomodandosi accanto alla ragazza.
“E tu come mai sempre così felice?”
“È successo qualcosa?” Matt si fece improvvisamente serio.
“Niente, sono semplicemente stanca”
“Va bene” disse lui, poco convinto, poi guardo in tutte le direzioni “E Justin? Strano che non sia già qui a mangiare”
“La professoressa l’ha trattenuto in classe, credo che stia ricevendo una bella ramanzina” rispose lei, respirando profondamente per cercare di tornare calma, e iniziò a mangiare.
Matt annuì, continuando a non incrociare lo sguardo dell’amica.
“Non dovevi dirmi qualcosa? Stai rimandando da due settimane!” esclamò la ragazza, sorridendo.
“Io?! Cosa dovrei dirti?”
“Forse dovresti dirmi chi è la ragazza con cui stai uscendo”
“Non te l’ho detto?” chiese lui, sorridendo, tornando a guardare l’amica.
“Credo che non vuoi dirmelo intenzionalmente, non vuoi mai dirmi con chi esci” sussurrò lei, mettendo il broncio.
“Le poche volte che ti presento una ragazza con cui esco, mi fai fare un numero illimitato di figuracce”
“Non è vero! Sei bugiardo!”
“Sono bugiardo?! Ma se inizi a parlare di tutte le stupidaggini che facevo da piccolo, che ti ha raccontato mia madre!”
“Ehm. Mi arrendo, sono colpevole!” esclamò lei, alzando le mani in segno di resa, iniziando a ridere, e suscitando la risata di Matt.
“Hai mangiato la pasta?” le chiese lui, appena vide il piatto vuoto nel vassoio della ragazza.
“Si. Il mio personal-trainer ha detto che devo mangiare pasta” rispose lei.
“Miracolo! Devo congratularmi con questo tizio!” esclamò lui ridendo.
“Certo certo!” disse lei, scuotendo la testa.
Il suo cellulare iniziò a vibrare e Jennifer lo prese dalla tasca. Le era arrivato un messaggio da parte di Justin.
< Ti aspetto all’entrata. Scooter sta venendo a prenderci! >
Jennifer aveva dimenticato che doveva andare all’addestramento, tutta colpa di Matt e delle sue chiacchiere.
“Matt, scusa. Devo andare in palestra” disse, alzandosi e dirigendosi velocemente fuori scuola.
Raggiunse Justin, che appena la vide, le si avvicinò e la abbracciò.
“Ci siamo visti poco fa” sussurrò lei, mentre era ancora tra le sue braccia.
“Lo so, ma quella professoressa mi ha detto tante di quelle cose brutte che adesso mi serve solo un po’ d’affetto”
Jennifer ricambiò l’abbraccio, posando le braccia sulla sua schiena.
Era vero che la vecchia gli aveva fatto una ramanzina piuttosto velenosa, ma era anche vero che le era mancata quella ragazza. No, non era innamorato di lei ma le voleva bene, le si era affezionato in poco tempo, e le era mancata perché negli ultimi giorni passavano tutto il tempo insieme.
“Ragazzi potete abbracciarvi anche dopo, adesso dovremmo andare!” Scooter, li interruppe, ridendo. Era arrivato da qualche istante e si era fermato a guardarli.
I due ragazzi si staccarono e poi raggiunsero l’auto, entrambi troppo imbarazzati per riuscire a mettere insieme una frase di senso compiuto.

Arrivati alla palestra, prima di entrare, Scooter aprì il portabagagli, prese due borsoni e si diresse all’entrata. Dalla tasca del suo cappotto prese una specie di scheda, la inserì in un apertura vicino alla maniglia, e la porta fece un ‘tac’ per poi aprirsi e lasciare che l’uomo e i ragazzi entrassero.
“Scooter perché questi borsoni? E perché hai aperto la porta in quel modo?” chiese Justin, appena furono dentro.
“È tutta una decisione di Joseph, deve dare alcune spiegazioni anche a me” rispose Scooter, con un espressione rabbuiata, proseguendo verso la loro palestra.


Spazio autrice:
ciao ciao ciao *saluta con la manina*
come promesso sono di nuovo qui dopo una settimana, yeeeaah
se il capitolo è un po' corto, mi scuso, ma l'ultima parte che faceva parte di questo capitolo devo scriverla meglio, quindi la inserirò nel prossimo.

sinceramente non ho niente da dire su questo capitolo, credo di aver spiegato tutto al suo interno. ma se c'è qualcosa che volete che io chiarisca basta chiedere.
Se c'è qualche errore, chiedo umilmente scusa. se me li fate notare, correggerò al più presto.
Grazie a voi che recensite e che leggete questa misera (?) storia.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate di questo capitolo, della storia, e dei capitoli precedenti. insomma sarebbe bello leggere tutte le vostre opinioni e critiche, così posso migliorare e scrivere capitoli migliori.
alla prossima.

baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** First 'mission' ***


Capitolo 18
First 'mission'
“Scooter non essere arrabbiato se ho fatto alcune modifiche senza consultarti”
Joseph parlò appena Scooter, Jennifer e Justin entrarono nella sala che utilizzavano per gli addestramenti.
“Vorrei solo spiegazioni” ribatté Scooter, con calma.
“Adesso che hanno annunciato al mondo intero la loro relazione, siamo stati costretti ad aumentare le misure di sicurezza. Non vogliamo che le decine di paparazzi, che li seguono ogni giorno di nascosto, riescano ad entrare qui. Per questo motivo abbiamo munito tutte le persone che frequentano la palestra di scheda per entrare” spiegò Joseph, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“E i borsoni? I ragazzi si cambiavano sempre qui, eri tu che tenevi le loro tute, perché non volevi che le loro madri le vedessero”
“Infatti ogni borsone contiene una tuta, ma non quella che utilizzavano e non quella che utilizzeranno. È solo per scena. Tutti si aspettano un borsone per andare in palestra” ridacchiò Joseph.
Justin e Jennifer ascoltarono tutta la conversazione guardandosi intorno.
“Ragazzi potete anche andare a cambiarvi, le tute sono lì dove le avete lasciate. Lavate, stirate e profumate” esclamò Joseph, sedendosi sulla sua adorata sedia, mentre Scooter appoggiava i borsoni a terra e si accomodava accanto all’uomo.
Appena sia Justin che Jennifer ebbero indossato la propria tuta, Joseph si rialzò e iniziò a parlare, sorprendendo tutti, soprattutto Scooter.
“Da oggi si cambia tipo di addestramento e verrete qui ogni pomeriggio”
“Che addestramento dovremmo seguire da oggi?” chiese Justin, con la fronte aggrottat.a a causa della curiosità.
“Alterneremo giorni in cui continuerete a lavorare sulla massa muscolare a giorni in cui vi dedicherete a una specie di corsa ad ostacoli, improvvisata qui dentro, oppure corsa con vari pesi sulla schiena” rispose Joseph, sorridendo.
“Quindi questo è un percorso ad ostacoli” Jennifer iniziò a camminare verso il centro della palestra.
“Sì, simile a quello dei militari, iniziate a riscaldarvi!” esclamò Joseph liquidandoli con un segno della mano.
Justin e Jennifer iniziarono a correre lungo il perimetro della palestra, come ormai facevano in ogni incontro, aumentando man mano la velocità.
Dopo un paio di giri, Joseph comunicò ad entrambi che il primo a iniziare con la corsa ad ostacoli fosse Justin, che si avvicinò all’inizio del percorso.
Prima di iniziare a percorrerlo, Justin osservò attentamente tutti gli ostacoli, e appena partì, Joseph iniziò a urlare consigli o rimproveri.
“Su Justin! Mettici un po’ d’impegno!”
“Bravo così! Cerca di essere più veloce!”
Joseph aveva deciso che Justin fosse il primo poiché era convinto che, grazie alla sua particolare abilità nello sfuggire ai paparazzi, il ragazzo fosse capace di correre e contemporaneamente stare attento agli ostacoli, quindi avrebbe potuto mostrare a Jennifer come doveva muoversi, ma a quanto pareva, si era sbagliato.
“Guarda dove metti i piedi!” urlò esasperato Joseph.
In quel momento Justin era appena inciampato in una corda, ritrovandosi a terra, con le gambe all’aria.
“Sei un caso perso” decretò l’uomo, passandosi una mano sul viso, per poi sospirare rumorosamente.
“Se, magari, non mi mettessi fretta, riuscirei a superare gli ostacoli senza cadere” esclamò Justin, con una nota di fastidio nella voce, mentre si rimetteva in piedi.
“E, magari, durante una futura missione omicida, chiederai ai tuoi inseguitori di rallentare perché sei peggio di una femminuccia” gli urlò Joseph.
“Scusa, come hai detto?” chiese Justin, spalancando gli occhi.
“Sei peggio di una femminuccia, e anche sorda” Joseph alzò gli occhi al cielo.
“Gliela faccio vedere io la femminuccia” mormorò Justin, tornando al punto di partenza del percorso, sotto lo sguardo incuriosito e il sorriso compiaciuto di Joseph.
Iniziò a correre e ad evitare gli ostacoli, che nei primi metri erano davvero pochi; e con grande sorpresa di Joseph, Justin continuò a tenere la stessa velocità anche quando gli ostacoli iniziavano ad aumentare.
Infine, però, non riuscì a superare, di corsa, la stessa corda della volta precedente, e questa volta si ritrovò disteso a terra.
Joseph, sorridendo, si avvicinò a lui con l’intenzione di rassicurarlo, ma anche per sfidarlo ancora un po’.
 “Hai fatto qualche miglioramento” fece una paura, per aspettare che Justin alzasse il viso per guardarlo. “Anche se continui ad essere una femminuccia”
Joseph non gli diede tempo per ribattere perché, rivolgendosi a Jennifer che era stata in un angolo a guardare, disse:
“Adesso è il tuo turno, vediamo se sei più capace del tuo amichetto”
Jennifer andò a posizionarsi all’inizio del percorso, fece un paio di respiri profondi per calmare il tremolio alle mani, aveva un po’ paura di sbagliare e di cadere.
Guardò il percorso che aveva davanti per memorizzarlo più di quanto non lo avesse già memorizzato durante la prova di Justin, poi iniziò a correre: superò i primi ostacoli, poi il percorso con le ruote, poi altri ostacoli disposti in modo disordinato, poi arrivò alla parte dove c’erano tutte le corde da evitare e superare.
Stava per tirare un sospiro di sollievo per aver superato quella parte, quando un piede le rimase incastrato nell’ultima corda.
“JENNIFER! Stavi andando bene, anche meglio di Justin!”
La ragazza, che si era stancata di tutte gli urli dell’uomo, si alzò e iniziò a urlagli contro.
“Senti, cervello di gallina, è la prima volta che facciamo questo tipo di cose! Non puoi pretendere che concludiamo il percorso senza cadere o sbagliare!”
“Mi aspetto solo un po’ di impegno in più, chiedo troppo?” Joseph strinse un pugno, per cercare di mantenere la calma.
“E ci stiamo impegnando!”
“Per oggi basta così, state diventando impossibili. Andate a cambiarvi, a lavarvi e a fare tutto quello che fate voi dopo gli allenamenti, dopo tornate qui che devo parlarvi!” esclamò, infine, andando a sedersi accanto a Scooter.
 
Dopo essersi cambiati, i ragazzi si avvicinarono ai due uomini seduti vicino la porta d’ingresso. Joseph, che nel frattempo aveva riacquistato la calma, fece segno ad entrambi di sedersi a terra.
“Devo parlarvi di una cosa, è importante” disse, appena i due si furono seduti, e dopo una breve pausa, continuò:
“Si tratta del vostro amico, Matt”
“Cosa è successo a Matt?” chiese Jennifer quasi urlando.
“A lui niente. È la ragazza che sta frequentando a preoccuparmi!” rispose Joseph, con un espressione abbastanza seria.
“Non credo che il nostro compito sia controllare la vita privata di un adolescente” disse Justin.
“Non dovete controllare la sua vita privata, dovete controllare la ragazza”
“Joseph se magari ci spieghi il motivo, facciamo come dici tu” lo interruppe Jennifer.
“Pensiamo che la ragazza si sia avvicinata a Matt per poter arrivare a voi” disse Joseph.
“A noi? Ti dispiace essere più chiaro?” chiese Jennifer, iniziando a muoversi per l’agitazione.
“Ci sono cose che non posso dirvi” Joseph si passò una mano sugli occhi.
“Allora perché hai iniziato questo discorso?” chiese Justin.
Joseph fulminò Justin con uno sguardo poi, riferendosi ai suoi superiori, continuò.
“Sono preoccupati che qualcuno possa scoprirvi”
“Non credo che una ragazzina sia interessata a cosa nascondiamo” disse Jennifer.
“A meno che non c’è qualcos’altro dietro, qualcosa che tu non vuoi dirci” continuò Justin, mentre incrociava lo sguardo della ragazza.
Joseph rimase qualche istante zitto a pensare, poi, dopo aver sospirato rumorosamente, disse:
“C’è un’organizzazione che la CIA sta cercando di contrastare da anni, ma sempre con risultati negativi. Ogni missione per smascherarli è fallita, e a ogni fallimento la CIA era costretta ad assegnare questo compito a squadre nuove. In qualche modo, però, quest’organizzazione riusciva a conoscere le identità di tutti gli agenti a cui veniva assegnato il compito” fece una pausa, per riprendere fiato.
“Inoltre erano, e credo che lo siano ancora, ben documentati su tutte le spie della CIA: come se avessero schedato ognuno di noi, indagando su tutti i nostri punti deboli, e le nostre vite”
Jennifer e Justin ascoltarono tutta la storia, con la stessa attenzione che hanno i bambini quando gli viene letta una fiaba.
“Anche tu hai partecipato a una delle missioni contro quest’organizzazione?” chiese Jennifer, incuriosita da tutta quella storia.
“Ero a capo di una delle prime missioni e ho fallito, proprio perché conoscevano i punti deboli di ogni componente della squadra” rispose Joseph, e Jennifer riuscì a vedere il velo di tristezza nei suoi occhi.
“Sanno anche di noi? Me e Jennifer” chiese Justin, spaventato.
“No, i superiori temono che ci sia una talpa che spiffera ogni decisione presa, quindi solo gli agenti che sono stati vittima di quest’organizzazione conoscono la vostra identità”
“E perché non cercano di scoprire chi è la talpa?” chiese Jennifer.
“Sono un paio di anni che la CIA ha smesso di assegnare missioni contro di loro, perché aspettava che voi due cresceste e perché non vuole creare nessun sospetto di nuove missioni. C’è un alto rischio di mettervi in pericolo prima che siate pronti, e non può perdere altri agenti”
“La ragazza di Matt, quindi, c’entra qualcosa con quest’organizzazione?” chiese Justin.
“È una di tanti sospettati”
“Ma è solo una ragazza, non può già essere alleata con un’organizzazione del genere” esclamò Jennifer, spalancando gli occhi per la sorpresa.
“Anche voi siete solo ragazzi” constatò Joseph.
“Ma noi stiamo dalla parte del bene, tutti dovrebbero essere dalla parte del bene” affermò Justin.
“Se non ci sbagliamo, la ragazza è stata addestrata fin da piccola per essere una spia di quest’organizzazione segreta. Lei pensa che ciò che fa è giusto, perché è quello che le è sempre stato insegnato” continuò Joseph, evitando il commento di Justin.
“Addestrata fin da piccola?” ripeté Jennifer, osservando l’espressione di Joseph per cercare di capire se stesse mentendo “Stai scherzando spero!” s’affrettò ad aggiungere.
“Vorrei, ma questa è la verità” rispose l’uomo, guardando Jennifer, poi rivolgendosi ad entrambi disse: “Abbiamo dei filmati che riprendono alcune vecchie missioni, e c’è una delle spie ‘cattive’ che somiglia molto a questa ragazza. Se i nostri sospetti sono fondati, la ragazza è una vera macchina da guerra, utilizza le armi e uccide come se fosse la cosa più naturale del mondo”
I due ragazzi inorridirono al pensiero che un’adolescente come loro potesse essere capace di tutto ciò.
“E conosce molte tecniche di combattimento superiori a quelle che potreste imparare voi” concluse.
“E tu vorresti mandarci contro questo carro armato?” chiese Justin, cercando di nascondere lo spavento.
“Ecco la mia femminuccia preferita!” ridacchiò Joseph, con l’intenzione di alleggerire un po’ l’atmosfera, poi diede una pesante pacca sulla spalla di Justin. “Jennifer è molto più coraggiosa di te” disse infine, guardando la ragazza che aveva un’aria pensierosa. Poi, proprio lei, alzò lo sguardo verso gli altri due e disse sospirando:
“Quindi vuoi che scopriamo se la ragazza di Matt è la spia cattiva che ci hai appena descritto”
Joseph annuì, permettendo alla ragazza di continuare:
“Ho solo una domanda: come facciamo? È una cosa abbastanza pericolosa, se lei capisce qualcosa saremmo abbastanza vulnerabili, se lei usa le armi, potremmo morire prima di metterci in salvo..”
“Suvvia Jennifer! Non essere sempre pessimista e drammatica!” esclamò Joseph, interrompendola, sorridendo.
“Ci aiuterai tu, vero?” chiese lei.
“Sono qui per questo, e poi la nostra superstar ha bisogno di qualcuno che gli spieghi le cose per bene” rispose Joseph, indicando Justin con un cenno del capo.
Jennifer annuì, sentendosi un po’ più sollevata e ottimista.
“Come li aiuterai?” chiese Scooter, che fino a quel momento era rimasto in disparte ad ascoltare.
“Devo prendere delle cose che gli saranno molto utili” rispose Joseph, alzandosi, e allontanandosi per andare a prendere chissà cosa.
“La cosa si sta facendo eccitante” esclamò Jennifer. con un sorriso a trentadue denti.
“Ti sei bevuta il cervello per caso?” chiese Justin, lanciandole un’occhiataccia.
“Dai Justin!” rispose lei, passandosi una mano in fronte. Il ragazzo la guardò interrogativo, e lei riprese a parlare:
“Da quando è iniziato tutto questo, questa sarà la prima cosa che faremo che si avvicina un po’ a quello che fanno le spie. Non mi dire che questa cosa non ti intriga, altrimenti sei davvero strano”
“Basta chiacchiere, devo spiegarvi ancora alcune cose!” li interruppe Joseph, mentre occupava di nuovo la sua sedia.
Appena ottenne la massima attenzione dei ragazzi, che iniziarono a guardarlo incuriositi, iniziò a spiegare, tenendo in mano una specie di telefono.
“Questo è un dispositivo che vi permetterà di entrare in qualsiasi cellulare attraverso una connessione Bluetooth, potete copiare qualsiasi file, messaggio o numero in rubrica” posò quell’oggetto super tecnologico e ne prese un altro, per poi iniziare a spiegare le funzionalità di quest’ultimo.
“Questo, invece, vi permetterà di intercettare chiamate e messaggi dei cellulari che tenete sotto controllo”
“E scommetto che infrangeremo un miliardo di leggi” intervenne Justin, con uno sguardo serio e la mascella tesa.
Una smorfia di disapprovazione si insinuò sul viso di Jennifer, ma la ragazza non riuscì a parlare poiché Joseph la precedette.
“C’è una minaccia che grava sulle nostre teste, e tu pensi alle leggi?”
“Non vorrei finire in carcere!” ribatté il ragazzo.
“Tu, in questo momento, spiegami come finirai in carcere” Joseph lo osservava, cercando di soffocare una risata.
“Se ci scoprono è inevitabile che ci arrestano”
“A volte mi chiedo se hai lasciato l’intelligenza nell’utero di tua madre!” scoppiò Jennifer “Siamo quasi spie, lavoriamo per la CIA, un’organizzazione del governo, e utilizziamo tecnologie del governo. Nessuno ci scoprirà, altrimenti non potremmo fare gli agenti segreti”
“Jennifer! Sempre più intelligente” sorrise Joseph.
“E immagino che io sia quello cretino” affermò Justin, sospirando.
“Direi che tu sei la femminuccia cretina, piena d’ansia” ridacchiò Joseph.
A porre fine al momento di scherzo fu Scooter.
“È quasi ora di cena, devo riportarli a casa”
“Devo dire solo un’ultima cosa, poi potete andare” disse Joseph guardando Scooter, poi si girò verso i ragazzi e disse:
“Dovete iniziare ad agire da domani, quindi spero che stasera decidiate come e cosa fare. Buona serata!” aspettò che i ragazzi e Scooter uscissero dalla palestra, per poi chiuderla a chiave.
 
“Allora? Che avete intenzione di fare?” chiese Scooter, appena iniziò a guidare verso casa.
“Dopo mangiato potresti venire da me, così decidiamo” disse Justin, rivolgendosi alla ragazza seduta accanto a lui.
“E se invece venissi tu a casa mia? Mia mamma potrebbe opporre resistenza a lasciarmi venire da te”
“Va bene, quindi vengo da te subito dopo mangiato!” esclamò il ragazzo sorridendo.



Spazio autrice:
spero davvero che questo capitolo vi piaccia, mi sono impegnata tantissimo a scriverlo e a dare un senso a tutte le cose nuove che ho introdotto attraverso Joseph.
mi ero stancata della piega che stava prendendo la storia, e ho deciso di iniziare a introdurre un po' d'azione, anche se credo sarà presente dal capitolo successivo. sinceramente non ne ho idea, non l'ho ancora scritto, quindi non prendetemi in parola.
in fin dei conti mi è piaciuto scrivere questo capitolo, e poi mi sono divertita a rompere le scatole a quel povero Justin, servendomi di Joseph uu
come mi è stato suggerito, ho modificato il formato :)
beh che dire.. ringrazio tutti voi che continuate a seguire questa storia, anche se non è il massimo. e ringrazio soprattutto chi ha recensito e chi ha messo la storia tra le seguite/ricordate/preferite.
spero di ricevere qualche opinione riguardo questo capitolo, e vorrei sapere che ne pensate della prima 'missione' di Jennifer e Justin.
spero di riuscire ad aggionare per questo fine settimana o per la settimana prossima.
baci, simo.
P.s.: come sempre, se ci sono errori mi scuso :)

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** The copy ***


Capitolo 19
The copy

 
“Mamma sono tornata!” urlò Jennifer appena rientrò in casa.
“Jennifer sono in cucina”  disse la madre.
“Dopo cena viene Justin a studiare” disse la ragazza, raggiungendola.
“Non è tardi dopo cena per studiare?” chiese la donna, scrutando l’espressione della figlia. Fortunatamente negli ultimi mesi aveva imparato a mentire bene.
Alzò mentalmente gli occhi al cielo a causa dell’invadenza della madre, prima di rispondere alla sua domanda.
“Domani abbiamo un compito, e vogliamo ripetere meglio” e prima che la madre potesse aggiungere altro, si affrettò a uscire dalla cucina per raggiungere la sua stanza.
Mentre saliva le scale, però, si scontrò con il padre, che invece scendeva al piano inferiore.
“Ehi Jenny, dove corri?” la richiamò l’uomo, che si fermò al centro delle scale per bloccare la sua salita.
“Non chiamarmi anche tu così!” esclamò la ragazza, rivolgendo al padre uno sguardo omicida.
“Il tuo ragazzo-cantante può farlo in diretta nazionale, e io non posso farlo in diretta casalinga?” chiese il padre, ridacchiando.
“C-COSA?” urlò Jennifer, diventando rossa come un pomodoro per l’imbarazzo.
“Non le guardi le sue interviste?”
“N-non tutte” balbettò lei, abbassando lo sguardo.
“In una ti ha chiamato Jenny” spiegò con calma notando l’imbarazzo della figlia, poi esclamò:
“Non mi dire che stai andando a chiuderti in camera!”
“Era proprio quella la mia intenzione” Jennifer rialzò gli occhi per incontrare lo sguardo del padre.
“Vieni con me in salotto, così mi racconti di te e Justin” passò un braccio dietro le spalle della figlia e la costrinse a seguirlo.
Appena misero piede nel salotto, Charlotte li raggiunse e appena li vide insieme il suo viso si illuminò di sorpresa.
“È pronta la cena”
Jennifer ringraziò il tempismo della madre.
Stavano facendo finta di stare insieme, ma si sarebbe sentita troppo in imbarazzo a parlare di Justin con il padre.
 
Durante la cena, Charlotte ruppe il silenzio con una domanda, rivolta a Jennifer.
“Che materia dovete ripetere?”
“Matematica, ho qualche problema con il nuovo argomento” rispose lei, continuando a mangiare con lo sguardo sul piatto.
“Dopo?” chiese il padre, che non era stato avvisato dei piani della figlia.
“Dopo cena viene Justin. Devono ripetere per un compito di domani” rispose la madre, precedendo la figlia.
Charlotte, poi, si alzò e iniziò a sparecchiare la tavola.
“Ripetere” sussurrò il padre, guardando negli occhi Jennifer per farle capire che non aveva creduto alla sua storia.
Bussarono alla porta e Jennifer, prima di uscire dalla cucina per andare ad aprire, consapevole che il padre non sbagliasse a dubitare, disse con tono di sfida: “Sì, dobbiamo ripetere”
 
Dopo varie occhiatacce del padre e un discorso di ospitalità della madre, Jennifer e Justin riuscirono a raggiungere la stanza della ragazza.
“Perché hai preso il libro di matematica?” chiese Justin, affiancando Jennifer, che si era seduta sul letto.
“Ho detto ai miei che ripetevamo per il compito di matematica”
“Ma..”
“Lo so, dovevo inventare qualcosa” lo interruppe la ragazza, aprendo il libro di matematica e appoggiandolo sul letto.
“Non era meglio se venivi a casa mia? Scooter poteva darci una mano”
“Non ci arrivi proprio da solo?” chiese lei, e dato che Justin assunse un’espressione interrogativa, aggiunse:
“Vediamo se con un piccolo aiutino ci arrivi: io sono una ragazza e tu un ragazzo”
“Ecco che arriva Jennifer Capitan Ovvio Evans” esclamò Justin ridacchiando, interrompendola.
“Mi fai finire di parlare?” disse lei, dando un leggero pugno sulla spalla di Justin.
“Noi due, chiusi in una stanza con un letto. Ti viene in mente niente?”
Justin aprì talmente tanto gli occhi che sembrava gli uscissero fuori dalle orbite.
“Jennifer non credo sia una buona idea. Insomma, la nostra è solo una coper..”
“Che hai capito? Ho solo detto quello che potrebbero pensare i miei!” esclamò lei, iniziando a ridere.
“Quindi se stiamo qui possono controllare che non facciamo niente” concluse Justin, con un sospiro di sollievo per aver capito male.
“Finalmente hai messo in moto l’unico neurone che non è scappato dal tuo cervello”
Justin sorrise, per niente divertito da ciò che aveva appena detto la ragazza, e nel giro di pochi secondi le si avvicinò e iniziò a farle il solletico sui fianchi e sulla pancia.
“Vediamo se adesso hai il coraggio di insultare il mio povero neurone solitario!” esclamò lui ridacchiando.
“No! Il solletico no!” disse lei, quasi urlando, tra una risata e un’altra.
“Chiedi scusa” affermò lui, continuando con il solletico.
“Ok ok. Scusa”
“La smetto solo perché sono troppo buono” disse lui, guardandola negli occhi.
Si erano involontariamente avvicinati di molto, tanto che i loro nasi quasi si sfioravano.
Jennifer ricambiò il suo sguardo, fin quando il suo imbarazzo lo permetteva, poi si allontanò un po’, e disse:
“Dovremmo metterci a lavoro”
Lui annuì e tornò a sedersi accanto a lei, entrambi appoggiati al muro e con le gambe stese sul letto.
“Hai qualche idea?” le chiese.
“Dobbiamo scoprire come si chiama” rispose lei, iniziando a pensare.
Justin annuì di nuovo e poi disse: “Potremmo copiare la lista dei contatti dalla rubrica di Matt”
“E cosa ce ne facciamo di un elenco di numeri?” Jennifer alzò un sopracciglio.
“Intercettiamo le sue chiamate e i suoi messaggi. Prima o poi deve parlare con la sua ragazza!” esclamò Justin, con un sorriso vittorioso.
“Allora non sei tanto cretino!” esclamò lei, ricambiando il sorriso.
“Mi sottovalutate!” affermò lui, fingendosi offeso.
“Justin Sono Un Genio Bieber, come facciamo ad accendere il Bluetooth del cellulare di Matt?”
Justin mise una mano sotto il mento iniziando a pensare, sotto lo sguardo divertito di Jennifer.
“Potresti non guardarmi? Mi fai deconcentrare”
“E va bene!” esclamò lei sbuffando, girando il viso in direzione della porta.
 
“Ho trovato!” urlò Justin dopo qualche minuto, spaventando la ragazza. “Usher mi ha inviato alcune sue canzoni inedite, gliene inviamo qualcuna. Matt adora la musica!”
“Dimentichi che Matt non ha un Iphone, quindi non puoi inviargli niente”
“Usiamo il tuo telefono” continuò il ragazzo, continuando a sorridere.
“Lo ammetto: è un bel piano”
“Ma lo usi tu quel coso per copiare!” esclamò Justin, alzando le mani per allontanare metaforicamente l’oggetto da se stesso.
“E dovrei lasciarti usare il mio telefono?!” ribatté lei, alzando le sopracciglia.
“Non è un problema dato che devo tenerlo tutta la notte, altrimenti come metto le canzoni?”
“Maledetto il giorno in cui hai comprato un Iphone!” sussurrò lei.
“Ehi! Così lo offendi!” esclamò Justin, che prese il suo cellulare dalla tasca e iniziò ad accarezzarlo, sussurrando: “Non te la prendere, Jennifer è cattiva e non capisce niente”
“Hai finito di amoreggiare con il telefono? Dobbiamo lavorare!” lo interruppe la ragazza, ridacchiando.
“Ancora? Prendiamoci una pausa!” Justin si sdraiò definitivamente sul letto, portando le mani sotto la testa.
Jennifer alzò gli occhi al cielo, poi disse: “Una volta scoperta la sua identità, dovremo avvicinarci a lei”
“Potrei fare io qualcosa” disse Justin con un sorriso malizioso.
“Hai già fatto troppi danni” disse Jennifer, maledicendo poi la sua linguaccia.
“Che intendi?” chiese il ragazzo, mettendosi a sedere di scatto.
“Io? Niente. Non ho detto niente” Jennifer distolse lo sguardo dal viso di Justin.
“Pensi che sia stupido? L’ho notato che lui ti piace ancora” disse Justin con una tranquillità innaturale.
“L-lui?”
“Sì lui. Trevor! Non è colpa mia se vi siete lasciati in quel modo” disse lui, prendendo il mento della ragazza, girando il suo viso per guardarla negli occhi.
“Mi dispiace” disse infine il ragazzo, abbracciandola.
“È stato meglio così, non avrei mai avuto il coraggio di lasciarlo” disse lei, restando tra le braccia del ragazzo.
“Non voglio che Matt si lasci con la sua ragazza a causa nostra” aggiunse poi, mentre si staccavano.
“Possiamo organizzare un’uscita a quattro!” esclamò Justin, per poi aggiungere:
“Lo chiedo io a Matt domani. Non potrà dirmi di no, sono irresistibile!”
 
Il giorno dopo Jennifer e Justin si incontrarono per andare a scuola insieme, entrambi un po’ ansiosi.
“Hai portato vero quell’aggeggio per copiare?” sussurrò Justin.
“Ho portato entrambi gli aggeggi che ci ha dato Joseph” rispose lei, con la voce bassa.
“Dobbiamo chiedergli come si chiamano. Non possiamo continuare a chiamarli cosi”
“Non credo sia importante il loro nome” esclamò Jennifer, quasi urlando.
“Tu hai portato il mio cellulare con le canzoni?” chiese, poi, la ragazza.
“Certo, per chi mi hai preso?!”
“Per Justin Sono Incapace In Tutto Bieber” rispose lei.
Continuarono a camminare in silenzio fino alla scuola.
“Mettiamo in atto il piano a mensa, giusto?” chiese Jennifer, mentre entravano a scuola.
“Certo, non ne parliamo più, qualcuno potrebbe sentirci” rispose Justin, mettendo un braccio sulle spalle della ragazza per cercare di calmarla.
Trascorsero le cinque ore che li separavano dall’ora di pranzo in evidente tensione: a Jennifer tremavano le gambe e Justin aveva la mascella serrata.
“Dobbiamo calmarci” sussurrò Jennifer, appena suonò l’ultima campanella.
“Un po’ di tensione è lecita. È la prima volta che facciamo una cosa del genere” disse Justin, seguendo la ragazza fuori dall’aula.
“Se qualcuno sente questa conversazione potrebbe pensare male” sussurrò Jennifer, sorridendo, per allentare la tensione.
Justin la trascinò in un corridoio vuoto e iniziò a parlare a bassa voce.
“Ripassiamo il piano: dico a Matt di avere alcune canzoni inedite di Usher e gliele invio con il Bluetooth e tu fai la tua parte con quell’aggeggio”
“Sembri una femminuccia isterica al primo appuntamento” esclamò Jennifer, scoppiando in una fragorosa risata.
Justin si limitò ad alzare un sopracciglio e a guardarla con uno sguardo omicida.
“Anch’io ho tantissima ansia, ma il piano lo conosco a memoria. L’abbiamo ripetuto ieri sera tantissime volte, e non è difficile. Muoviamoci altrimenti potremo non incontrare Matt” disse Jennifer a bassa voce, poi afferrò la mano del ragazzo e lo trascinò verso la mensa.
“Sempre molto ottimista eh?”
“Sono solo realista” esclamò Jennifer, alzando gli occhi al cielo, continuando a camminare e guardare davanti a sé.
“Adesso cerchiamo Matt” Jennifer si bloccò sull’uscio della mensa.
“Gli ho detto di andare al nostro solito tavolo. Io sembro una femminuccia al suo primo appuntamento ma tu sembri una pazza isterica” esclamò Justin, abbandonandosi a una lunga risata sotto lo sguardo infuriato di Jennifer.
“Hai finito? Ti sembra questo il momento di mettersi a fare i comici?”
Justin annuì, sperando che la ragazza si calmasse, trattenendo a stento una risata.
Si diressero al ‘loro tavolo’ dove Matt li stava già aspettando.
“Ehi Justin! Jennifer!” esclamò, salutandoli con un sorriso, appena i due lo raggiunsero, per poi chiedere: “Allora? Cosa è successo di così urgente?”
“Niente di urgente. Usher mi ha mandato alcune canzoni inedite chiedendomi un parere, ma io sono di parte” iniziò a spiegare Justin, guardando l’amico.
Jennifer nel frattempo aveva preso lo strumento per copiare, iniziando ad accenderlo e poggiandolo nel vassoio con il cibo, per poi iniziare a mangiare cercando di avere un’espressione normale.
“E io che c’entro?” chiese Matt, prima di dare un morso a una mela.
“Tu sei sempre molto critico per quanto riguarda la musica. Potresti ascoltarle e mi fai sapere” rispose Justin, sorridendo.
“Sono canzoni inedite? Di Usher?” chiese Matt con gli occhi spalancati dalla sorpresa.
“Sì, l’ho detto prima” rispose Justin, aggrottando la fronte.
“E dove sono queste canzoni? Cavolo! Amo Usher, e lo sapevi. È per caso uno scherzo?” chiese Matt, con un sorriso a 32 denti.
“Non è uno scherzo, è una delle poche volte in cui sono serio”
“Dove sono le canzoni?” chiese Matt, non riuscendo a frenare l’entusiasmo.
“Ehi ehi calma! Accendi il Bluetooth e te le passo” rispose Justin, continuando a sorridere. Jennifer guardava la scena aspettando il momento in cui Matt avrebbe dato il via per farsi inviare le canzoni.
“Ma tu hai un Iphone, come fai?”
“Le ho messe sul cellulare di Jennifer” ripose Justin, cercando di non far notare all’amico il fastidio che stava provando a causa di tutte quelle domande.
“Ok. Adesso accendo il Bluetooth” esclamò Matt che iniziò ad armeggiare con il suo cellulare.
Jennifer guardò Justin, il quale ricambiò lo sguardo per poi tornare a guardare il ragazzo che aveva di fronte.
“Ecco fatto. Puoi inviare!” esclamò Matt, sorridendo.
Jennifer iniziò, con discrezione, a ricercare dispositivi bluetooth.
Justin selezionò sei canzoni e, dopo aver ricercato i dispositivi Bluetooth, chiese a Matt quale fosse il nome del suo cellulare poiché c’erano numerosi altri dispositivi.
Jennifer, che sapeva benissimo come l’amico aveva chiamato il suo cellulare, lo collegò subito al suo strumento e iniziò a copiare sia i contatti della rubrica sia i messaggi.
copia in corso… 1%
Justin iniziò a inviare le canzoni qualche istante dopo l’inizio della copia.
Sia Justin che Jennifer avevano le gambe che tremavano. Speravano di finire di copiare tutti i file prima che tutte le canzoni fossero trasferite.
Fu Matt a rompere il silenzio, chiedendo all’amica:
“Jennifer come mai così silenziosa?”
La ragazza prima di rispondere guardò il display dello strumento che aveva nella mani.
copia in corso…34%
“Sono solo un po’ stanca” rispose.
“L’avevo notato. Siete entrambi stanchi. Avete fatto le ore piccole?” Matt continuò con le domande, e sia Justin che Jennifer si scambiarono un’occhiata, poi iniziarono ad arrossire.
“No, certo che no!” esclamò Jennifer, che non sapeva cos’altro dire.
“Abbiamo solo ripetuto matematica” si affretto ad aggiungere Justin, pentendosi subito di aver aperto bocca.
“Ripetuto matematica?” chiese Matt, sorridendo, senza nascondere la sua sorpresa.
copia in corso…67%
“Certo. Abbiamo ripetuto a casa mia” rispose Jennifer.
“Scommetto che avete ripetuto sul tuo letto” affermò Matt, iniziando a ridere rumorosamente.
“Ss-no!” esclamò Jennifer, correggendosi anche se troppo tardi.
Matt scrutava l’amica con uno sguardo indecifrabile.
“Matt, non abbiamo fatto niente! La professoressa di matematica oggi interrogava a sorpresa e abbiamo ripetuto insieme” si giustificò la ragazza, notando in un secondo momento che aveva cambiato versione della storia.
“Va bene, mi fido!” esclamò Matt.
“E fai bene!” disse Jennifer sorridendo.
copia in corso…82%
“Ha interrogato uno di voi due?” chiese Matt.
“No. Sai quanto è lunatica quella prof! È venuta in classe e ha iniziato a spiegare!” rispose Jennifer, riuscendo a riprodurre un tono seccato, provocando una risata nell’amico.
“Justin, ci vuole ancora molto per queste canzoni?” chiese Matt al ragazzo che osservava il display del cellulare di Jennifer.
“Non è colpa mia se sto presunto telefono è più lento di una lumaca!” esclamò Justin.
“Non tutti abbiamo l’ultimo modello di Iphone!” ribatté Jennifer, fulminandolo con lo sguardo.
“Non litigate! E Justin? Il telefono di Jennifer può prendersi tutto il tempo che vuole. Non ho fretta!” li interruppe Matt, osservando divertito i due ragazzi che continuavano a guardarsi male, per poi aggiungere:
“Non ho voglia di guardare mentre vi baciate, quindi smettetela di fissarvi!”
copia in corso…99%
Jennifer tornò a rivolgere la sua attenzione al dispositivo, che continuava la sua copia e Justin guardò Matt, per poi dire:
“Lei ha tutto il diritto di offendere il mio bell’Iphone e io non posso dire niente sul suo cellulare. È ingiusto!”
“Sembrate due bambini che litigano per una merendina!” esclamò Matt iniziando a ridere.
Il dispositivo nelle mani di Jennifer fece un ‘bip’  sul display comparve la scritta: ‘copia completata’ così Jennifer lo spense e lo ripose nella sua borsa.
“Cos’era quel coso?” le chiese Matt, indicando la sua borsa.
“Oh quello? Me l’ha prestato mia madre poiché Justin aveva il mio cellulare” rispose lei, alzando le spalle, inventando la prima bugia che le veniva in mente.
“Finalmente ha finito di inviare tutte le canzoni!” esclamò Justin, poggiando il cellulare sul tavolo che Jennifer prese subito.
“Non vedo l’ora di ascoltarle! Adesso vado, tra poco inizia il corso pomeridiano e non posso fare di nuovo tardi!” esclamò Matt, alzandosi, e dopo averli salutati si allontanò.
“Secondo te dobbiamo seguirlo?” chiese Justin, una volta rimasti da soli.
“Credo che per oggi abbiamo fatto abbastanza” rispose Jennifer, sospirando di sollievo.
“Quindi sei riuscita a copiare tutto?” le chiese a bassa voce.
“Certo! Avevi qualche dubbio?!” ribatté lei, sorridendo.
“Credo di no” disse lui, facendole l’occhiolino, per poi alzarsi e dire: “Su alzati! La giornata non è finita”
“Dobbiamo per forza andare in palestra?” chiese lei, cercando di fare la faccia da cucciolo.
“Sì, e non sei brava con le facce da cucciolo!” esclamò Justin, ridendo.
Justin prese per mano la ragazza, e insieme si diressero verso l’uscita dove Scooter li aspettava.



Spazio autrice:
ciao ciao *saluta con la manina*
so che è tardi, ma ho appena finito di scrivere il capitolo, quindi eccomi qui dopo una settimana con il diciannovesimo capitolo *applausi*
questo capitolo mi piace, anzi mi piace la trama perché sinceramente non so se scrivo bene.
amo Justin e Jennifer, in questo momento, come amici, perché sono ancora amici e non so cosa saranno in futuro.
amo anche tutte le persone che continuano a leggere la mia storia, e quelli che perdono qualche minuto per lasciare una recensione. mi fa davvero tanto piacere leggere le vostre opinioni.
siete tutti fantastici!
spero che questo capitolo vi piaccia, fatemi sapere con una bella recensione, accetto anche recensioni negative.
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Unexpected words ***


Capitolo 20
Unexpected words

 
Venerdì pomeriggio. Due giorni dopo.
 
Jennifer e Justin stavano tornando a casa, dopo essere rimasti a scuola per un corso pomeridiano.
Il giorno precedente, all’addestramento, Joseph aveva deciso di sospendere l’allenamento e di riprenderlo la settimana successiva, per dare ai ragazzi più tempo da utilizzare per indagare sull’identità della ragazza di Matt, poiché da quando avevano copiato la rubrica del ragazzo, due giorni prima,  non erano riusciti a scoprire niente.
“Spero che Joseph, quando ritorneremo in palestra, non ci faccia allenare di più” esclamò Jennifer all’improvviso.
“È  stato lui a decidere di rimandare alla settimana prossima” disse Justin.
“Mh”
“E si è anche complimentato per come abbiamo copiato i file dal cellulare di Matt” esclamò Justin, sorridendo.
“Questo ti rallegra, vero?”
“L’idea è stata mia, quindi sì” rispose, gonfiando il petto. Le rivolse un sorriso radioso e intrecciò la mano a quella della ragazza.
Jennifer sorrise a quel contatto, che le trasmetteva sicurezza e diede una leggera stretta alla mano di Justin.
“Perché sorridi?”
Justin si era bloccato a osservarla, costringendola a fermarsi e ricambiare il suo sguardo.
“Uhm.. niente”
“Aspetta” sussurrò Justin, che aveva distolto lo sguardo per guardare un punto dietro le spalle della ragazza, iniziando ad avvicinarsi lentamente al suo viso.
“Cosa?” il sussurro di Jennifer, lo obbligò a incrociare il suo sguardo confuso.
“Mi sembra di aver visto un fotografo dietro quell’albero” sussurrò in risposta, regalandole un leggero sorriso, mentre le accarezzava una guancia arrossata, non solo a causa del freddo.
Impiegarono qualche secondo per guardarsi intensamente negli occhi, poi Justin avvicinò velocemente le labbra a quelle della ragazza e iniziò a baciarla dolcemente.
Si staccarono lentamente, entrambi in cerca di aria, e Jennifer lo guardò prima negli occhi, poi iniziò a scrutare la strada, il marciapiede dall’altra parte della strada, gli alberi e i recinti delle case.
“Dove hai visto questo fotografo, precisamente?” chiese, poi, tornando a guardarlo, con la fronte aggrottata e le labbra piegate in un sorriso accennato.
“Si mimetizzano bene” rispose lui, alzando le spalle, e riprese a camminare.
“Non c’era nessun fotografo, eh?” Jennifer lo seguì.
“Credo che domani, se non stasera, parleranno tutti del nostro bacio” ridacchiò Justin, cercando di cambiare argomento.
Circondò le spalle della ragazza con un braccio e iniziarono a camminare abbracciati.
“Vuoi che tutti conoscano la tua vita privata?” Jennifer alzò il viso per poter osservare l’espressione di Justin.
“No, sai che odio quando non parlano della mia musica”
“E perché mi hai baciato?”
“Stiamo insieme, e non ci facciamo mai vedere in pubblico” spiegò e, avvicinandosi a un orecchio della ragazza, aggiunse, in un sussurro: “Potrebbe saltare la copertura e, personalmente, non vorrei subire l’ira di Joseph”
 
Arrivarono sul vialetto della casa di Jennifer dopo qualche minuto, si salutarono con un bacio sulla guancia, e ognuno si diresse verso la propria casa.
Appena Jennifer aprì la porta di casa, la madre, con gli occhi lucidi la travolse.
“Jennifer, cara. Sei davvero rimasta a scuola per un corso pomeridiano?”
“Sì, mamma” Jennifer alzò gli occhi al cielo, poiché aveva pensato che fosse successo qualcosa di grave.
“E non sei andata in palestra?” chiese la donna, continuando a trattenere la figlia sull’uscio di casa.
“Scooter non poteva accompagnarci” spiegò, ripetendo le parole che Joseph aveva ordinato, sia a lei sia a Justin, di dire.
“E che corso ha..
“Mamma, scusa, parliamo a cena. Devo studiare letteratura per domani” la interruppe, afferrando le spalle della donna per spostarla dal corridoio e, quando riuscì a passare, si diresse velocemente in camera sua.
“Certo certo. Vai a studiare” la voce della madre le arrivò alle orecchie quando aveva appena raggiunto il piano superiore.
Jennifer si diresse nella sua stanza, lasciò lo zaino a terra vicino la scrivania e andò a stendersi sul letto, intenzionata a riposare per qualche minuto. Intenzione che fu infranta dal suo cellulare che iniziò a squillare.
“Justin, hai per caso perso la tua intelligenza sul vialetto di casa?” chiese dopo aver accettato la chiamata.
“Davvero spiritosa” esclamò il ragazzo all’altro capo del telefono.
“Ci siamo salutati cinque minuti fa, che è successo?” chiese lei, chiudendo gli occhi.
“Ho dimenticato di dirti una cosa”
“Sarebbe?”
“Ho trovato il modo di conoscere la ragazza” rispose lui.
“Ti dispiace essere più chiaro?” chiese lei.
“Uscita a quattro!” esclamò trionfante.
“Quindi sei riuscito a convincere Matt” affermò lei, alzandosi dal letto.
“Avevo detto di essere irresistibile” esclamò Justin, ridacchiando.
“E quando dovremmo uscire?” chiese ancora lei, sedendosi dietro la scrivania.
“Domani sera” rispose distrattamente lui.
“È sabato. Sai che odio uscire il sabato sera” esclamò lei, sospirando rumorosamente, mentre apriva il libro di letteratura.
“Non puoi passare tutti i sabato sera chiusa in casa a studiare. E poi da bravi fidanzati dobbiamo uscire e farci vedere in pubblico, sono pur sempre una superstar. Non posso sembrare un forever alone”
“Scommetto che adesso hai la tua solita espressione trionfante”
“Aspetta che controllo!” esclamò Justin ridendo.
“Fai poco il cretino. Adesso lasciami studiare letteratura” disse lei chiudendo la chiamata, per poi iniziare a leggere distrattamente il primo paragrafo da studiare.
Dopo circa due ore, in cui la ragazza aveva continuato a studiare ininterrottamente, qualcuno bussò alla porta della sua stanza, e Jennifer, pensando fosse la madre, urlò:
“Mamma sto ancora studiando. Puoi entrare”
“Ma che studentessa modello” disse una voce maschile, che sicuramente non era della madre.
“Matt! Che ci fai qui?” esclamò lei, senza nascondere la sorpresa nel suo tono, e andò ad abbracciare l’amico.
“Avevo voglia di passare del tempo con la mia migliore amica”
“Come ai vecchi tempi?” chiese lei sorridendo.
“Come ai vecchi tempi” annuì lui.
Entrambi, poi,  andarono a stendersi sul letto, iniziando a guardare il soffitto.
“Domani è sabato” disse lui, dopo un po’.
“Sei molto perspicace”
“Domani sera usciamo tutti insieme” continuò lui, evitando il commento della ragazza.
“Lo so”
“E hai accettato di uscire di sabato sera. Strano” concluse il moro.
“Justin ha deciso senza consultarmi, ho dovuto accettare” affermò lei, continuando a guardare il soffitto. Matt non disse niente, così lei aggiunse:
“E poi non mi farà male uscire un po’. Magari ci divertiamo”
“Justin ti ha detto dove intende portarci?” chiese lui, dopo aver annuito alle parole della ragazza.
“No, a te ha detto niente?”
“Mi ha solo detto che è una sorpresa” rispose lui pensieroso.
Restarono in silenzio per qualche minuto, poi Matt riprese la parola.
“Promettimi che non sarai antipatica con la mia ragazza”
Jennifer aggrottò la fronte, non riusciva a capire il motivo di quella promessa perché non c’era bisogno di una cosa del genere.
“Ho accettato la tua storia con Trevor, e adesso con Justin anche se ho sempre paura che potresti soffrire. Cerca di accettare la mia ragazza, come ho fatto io con te” spiegò lui.
“Co-cosa stai insinuando?” Jennifer si alzò di scatto a sedere  sul letto, gli occhi fissi in quelli del ragazzo.
“Non voglio che rovini la mia storia con lei solo perché..”
“Perché cosa? Perché dovrei non volere che tu stai con qualcuno?” lo interruppe, urlando, alzandosi in piedi per allontanarsi dall’amico.
Matt si alzò dall’altra parte del letto e disse: “Non lo so! Non vorrei che tu sia gelosa perché non trascorro più molto tempo con te da quando sto con lei”
“Pensi davvero che sarei capace di una cosa del genere?” sussurrò Jennifer, riservandogli uno sguardo metà tra il deluso e l’arrabbiato.
Matt non riuscì a sostenere lo sguardo della ragazza e abbassò gli occhi a terra, così Jennifer, alzando la voce, aggiunse:
“Pensi davvero che sarei così egoista?”
“Non lo so, negli ultimi mesi sei cambiata” rispose lui, deglutì e tornò a incrociare il suo sguardo.
Sentire quelle parole per Jennifer fu come ricevere mille pugni nello stomaco.
“Bene” la voce di Jennifer fu forte e chiara, a differenza del suo stato psicologico. “Se non ti dispiace, devo studiare per un’interrogazione importante. Saresti pregato di lasciare la stanza”
“Jennifer senti..
“Devo studiare. Esci dalla mia stanza!” lo interruppe, con la voce improvvisamente più alta, distogliendo lo sguardo per nascondere gli occhi lucidi.
“Va bene” mormorò lui, lasciandola sola.
Jennifer, che fortunatamente aveva quasi finito di studiare, andò a stendersi sul letto. La delusione che provava era immensa, non si sarebbe mai aspettata parole del genere pronunciate dall’unica persona che poteva vantarsi di conoscerla bene.
Le parole dell’amico iniziarono a vorticarle nella mente, e non poté fare niente per bloccare le lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento. Calde gocce di acqua salata  iniziarono a rigarle le guance, finché non si ritrovò a singhiozzare, sprofondando la testa nel cuscino per non permettere a quei suoni di dolore di raggiungere l’esterno della stanza.
Restò con il viso nel cuscino anche dopo che aveva versato fino all’ultima lacrima, poi si voltò per mettersi sdraiata sulla schiena e iniziò a osservare il soffitto.
Si addormentò in quella posizione senza preoccuparsi di sfilare la coperta per coprirsi, anche se stava congelando.
Si svegliò, poi, a causa della vibrazione del cellulare che la avvisò dell’arrivo di un sms, ma restò sul letto, ignorandolo.
Dopo qualche minuto sentì un gran baccano provenire dal piano inferiore: un misto di risate e frasi dette a voce più alta del normale. La curiosità di Jennifer vinse sulla volontà di sprofondare nel materasso e si alzò, stava per uscire dalla stanza quando il cellulare vibrò ancora, così si decise a leggere il messaggio.
- Jenny, tua mamma ci ha invitato a cena da voi. ci vediamo tra poco. Justin -
Ecco svelato il mistero di tutte quelle voci.
Tornò a sdraiarsi, ma questa volta ebbe il buon senso di infilarsi sotto le coperte, e iniziò di nuovo a scrutare il soffitto. La sua mente, libera dal suo controllo, iniziò inevitabilmente a rivivere la discussione che aveva avuto con Matt, a ricordarle ciò che le aveva detto. E, inevitabilmente, nuove lacrime iniziarono a lasciare i confini dei suoi occhi per riversarsi sulle guance.
Cambiò posizione, mettendosi su un fianco, così da essere di spalle alla porta.
Voleva che se qualcuno fosse entrato, avrebbe pensato che stesse dormendo e l’avrebbe lasciata in pace.
Joseph le aveva insegnato ad affrontare tutto a testa alta, senza paura e senza lacrime. Ma, soprattutto, era riuscito a farle cancellare quel suo brutto vizio di stare sempre male per tutto ciò che le provocava dolore.
In quel momento Jennifer dimenticò Joseph e tutto quello che aveva imparato da lui. Nella sua mente rimase solo Matt, il suo migliore amico e i pensieri che le provocavano la fuoriuscita di altre lacrime.
Rimase immobile  in quella posizione, con le lacrime che continuavano a scendere, per un tempo che le sembrò interminabile.
Scoprì che Justin era entrato nella stanza solo quando il ragazzo si intrufolò sotto le coperte, dietro di lei, circondando la sua vita con un braccio e appoggiando la testa a una sua spalla.
Jennifer asciugò le guance cercando di nascondere che aveva pianto, ma da quello che, poi, le disse Justin non ci era riuscita.
“Stavi piangendo?” accarezzò una guancia della ragazza per avere una conferma.
“Cosa è successo?” le sussurrò, continuando ad accarezzarle la guancia.
Jennifer si girò, così da poter vedere bene il viso del ragazzo, fece un respiro profondo e rispose, lasciando che altre lacrime le bagnassero le guance.
“Oggi ho litigato con Matt”
Justin la guardò con espressione interrogativa, e lei aggiunse.
“È venuto qui, e mi ha chiesto di non rovinare il suo fidanzamento”
“E perché dovresti rovinarlo?”
“Ha detto che sono cambiata e che si aspetta di tutto” fece una piccola pausa per respirare profondamente, poi continuò: “Ci siamo allontanati e ha ragione, posso aver cambiato le mie abitudini ma non è cambiato il mio carattere, sono sempre io: Jennifer!”
Justin la avvicinò a sé, le fece appoggiare la testa sul proprio petto e l’abbracciò; poi le sussurrò:
“Sei la stessa Jennifer che ho conosciuto il mio primo giorno di scuola, forse solo un po’ più coraggiosa e più forte”
Le alzò il viso in direzione del proprio e asciugandole una guancia, le disse:
“Ci sono io, anche se sono cretino, non ti farei mai soffrire”
Jennifer sorrise e questa volta fu lei ad abbracciarlo, stringendosi al suo petto.
Justin iniziò ad accarezzarle i capelli e poi, a bassa voce, disse: “Jenny, ti voglio bene”
Lei mormorò un “anch’io” e restarono abbracciati ancora per qualche minuto, fin quando Justin non riprese la parola:
“Ehm, Jennifer?”
“mh”
“Sai che sono un ragazzo, vero?”
“Sì, certo” rispose lei, guardandolo con la fronte aggrottata.
“ehm beh” aggiunse lui lanciandole un’occhiata eloquente, sperando che lei capisse al volo.
“Oh cavolo” esclamò lei allontanandosi, per poi chiedere, in pieno imbarazzo: “Non dirmi che si è svegliato. Il tuo amico lì giù”
Justin arrossì violentemente, colto di sorpresa, poi, con un sorriso divertito stampato sulle labbra, rispose: “No, meglio evitare di svegliarlo. Potrei non controllarmi”
“Adesso mi fai paura”esclamò Jennifer, ridacchiando. Si alzò dal letto e disse:
“Quindi puoi scendere dal letto”
“Sì, posso” rispose lui.
“Sono le nove e mezza. Strano che non ci hanno ancora chiamato per la cena” disse Jennifer, avviandosi verso la porta.
“Forse non è ancora pronto”
“Ecco che torna Justin SonoUnGenio Bieber!” esclamò lei, fermandosi sull’uscio per guardarlo.
“Se non vuoi morire a causa del solletico, ti conviene uscire dalla stanza!” disse lui, avvicinandosi per aprire la porta, poi aggiunse, accompagnato da un gesto con il braccio: “Prima le signore”



Spazio autrice:
ciao ciao ciao ciao! sono in ritardo lo so çç dovrei andare all'anagrafe e aggiungere “ritardo” come secondo nome. allora.. ventesimo capitolo. oh mamma! e pensare che non volevo neanche scriverla questa storia, e invece sono già arrivata al ventesimo capitolo *si emoziona*
se non avete capito qualcosa e volete qualche chiarimento, sono qui. chiedete e spiegherò tutto c:
il capitolo precedente ha avuto sette recensioni. ancora non ci credo. siete fantastici. grazie mille per tutte le belle recensioni e grazie che seguite ancora la mia storia.
spero di ricevere qualche vostra opinione su questo capitolo c:
alla prossima jasghskjfgh
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** We are a team ***


Capitolo 21
We are a team

La serata con Matt e la sua ragazza era andata piuttosto bene, e si erano anche divertiti.
Matt ogni tanto lanciava qualche occhiata dispiaciuta verso Jennifer, ma quest’ultima cercava di evitare il suo sguardo, consapevole che, a un minimo contatto visivo con il suo migliore amico, non sarebbe stata capace di mantenere la calma.
Justin li aveva portati in un ristorante e, per trascorrere una serata in tranquillità aveva prenotato l’intera sala.
Avevano parlato molto durante la cena ma i protagonisti delle discussioni amichevoli erano stati soprattutto Justin, Jennifer e la ragazza di Matt, che si scambiavano domande su domande.
Alla fine della serata, quando avevano lasciato il ristorante e salutato Matt e la ragazza, Jennifer e Justin presero posto nella macchina di Scooter, convinti di tornare a casa.
“Sapevo che la serata non era ancora finita!”esclamò Justin, appena si rese conto che Scooter aveva tutt’altra intenzione che andare a dormire.
“C’era da aspettarselo!” aggiunse Jennifer, alzando gli occhi al cielo.
“Non è colpa mia, sono solo ordini”
“È quasi mezzanotte! Cosa vuole da noi anche a quest’ora?” Justin si fece scappare un o sbuffo.
“Sapete che Joseph non vi convoca mai per cose futili!”
“Poteva almeno aspettare domani!” esclamò Jennifer.
“Forse è qualcosa che non può aspettare domani” esclamò di rimando Scooter, che aveva iniziato a tamburellare le dita sul volante per trattenersi dall'urlare.
“Quindi tu sai il motivo di questa riunione notturna” disse Justin.
“Non è proprio una riunione” disse invece Scooter, parcheggiando l’auto davanti l'edificio, poi, seguito dai due ragazzi, si diresse nella palestra in cui si svolgevano gli addestramenti.
Joseph era già lì, e camminava con lo sguardo fisso sul pavimento, e la mente occupata da chissà quali pensieri.
“Finalmente siete arrivati!” si rianimò appena li vide.
“È inutile per me chiedervi se avete trascorso una buona serata, perché ho in qualche modo assistito a tutta la cena” sorrise.
“La prevedibilità è un tuo difetto o pregio, dipende dai punti di vista” lo provocò Justin.
“Quindi, dato che sono prevedibile, sai già il motivo per cui stanotte siete qui?”
“Non sono un veggente”
“No, ma sei una femminuccia cretina” esclamò di rimando Joseph, sorridendo divertito dall’espressione stampata sul viso di Justin.
“Se non vi dispiace, vorrei andare, al più presto, a dormire, quindi smettetela!” esclamò Jennifer, visibilmente irritata.
“Prenditela con il tuo amico sbarra fidanzato che mi provoca” rispose Joseph, alzando teatralmente gli occhi al cielo.
“Adesso vi dico perché siete qui: svolgere la vostra prima vera missione” aggiunse poi.
“COSA?” esclamarono insieme i ragazzi.
“Non siamo neanche spie a tutti gli effetti” aggiunse Jennifer.
“Siete sottoposti a delle prove per testare il vostro valore. Adesso avete una vera occasione per dimostrarci che, per il momento, siete in grado di affrontare una semplice missione”
Ci furono alcuni istanti di silenzio, in cui lo sguardo incredulo dei due ragazzi saettava da Joseph a Scooter, poi una voce risuonò nel corridoio.
“JOSEPH! SEI QUI?”
“Sì, avanti sbrigati. Ti stavo aspettando”
Nella palestra entrò un ragazzo, probabilmente 
aveva la stessa età di Jennifer e Justin: alto, capelli biondo chiaro alzati con il gel, occhi castani scuro che risaltavano sulla carnagione chiara del viso.
“A quanto pare sono in ritardo” disse il ragazzo, guardandosi intorno.
“No, sei in perfetto orario. Non ho ancora detto niente a loro due” gli disse Joseph, indicando Justin e Jennifer con un cenno della testa.
“Lui è Oliver, e farà parte della vostra squadra” Joseph lo presentò.
“Squadra? Sono l’unica qui che pensa che non siamo ancora spie?!” Jennifer aggrottò la fronte, e fulminò Joseph con lo sguardo.
“Prima o poi sarete spie e avrete bisogno di una squadra. Oliver è l’ultimo componente” rispose Joseph.
“Solo noi tre?” chiese Justin.
“Sul campo sarete solo voi tre. Ma anche io e Scooter facciamo parte della squadra” rispose Joseph.
“E qual è il vostro compito?” chiese ancora Justin.
“Lo scoprirete presto. Adesso ci sono cose più importanti di cui parlare” esclamò Joseph, per poi rivolgersi a Oliver: “Allora, com’è andata?”
“Mi sono casualmente scontrato con la ragazza, e casualmente ho messo un microcip sul suo vestito” rispose Oliver, con un sorrisetto sulle labbra.
Prima che qualcuno potesse fare qualche domanda, Joseph si affrettò a spiegare.
“Abbiamo motivo di credere che quella di stasera era una missione anche per la ragazza. Quindi per favore, collaborate e ditemi le domande che vi ha fatto”
“Ma hai detto che hai assistito a tutta la cena!” esclamò Jennifer.
“Dovreste smetterla di contraddire  ogni mio ordine”
I due ragazzi si guardarono, e Jennifer iniziò il suo resoconto.
 
“Ragazzi lei è Ashley. La mia ragazza” esclamò sorridente Matt, mostrando la sua ragazza.
Aveva lunghi capelli biondi, e occhi verdi. Ad altri poteva sembrare semplicemente una ragazza magra, ma Jennifer e Justin, che conoscevano la verità, notarono subito che possedeva un fisico ben allenato.
Dopo le presentazioni, i quattro si diressero all’interno del ristorante e un cameriere li accompagnò al loro tavolo, aspettando le ordinazioni.
“Frequenti la nostra scuola?” chiese Justin, appena il cameriere si era allontanato con le ordinazioni.
“No, frequento un istituto privato” rispose lei, con fare sbrigativo.
“Come vi siete conosciuti?” intervenne Jennifer, aggrottando la fronte.
“Ci siamo conosciuti durante le vacanze di Natale. Sua nonna abita di fronte ai miei genitori” rispose la ragazza, sorridendo verso Matt.
“E voi due, Matt mi ha detto che state insieme” disse poi, tornando a guardare i due ragazzi.
“Sì.” risposero in coro.
“È strano pensare che una superstar lasci Selena Gomez perché non voleva una relazione stabile e poi si impegna con te” continuò la ragazza, arricciando le labbra in un sorrisetto di sfida. Sorriso che, però, abbandonò subito il suo volto per lasciare spazio a un’espressione sorpresa.
“Non volevo più una relazione con la Gomez. È inutile mandare avanti una relazione quando non ci sono più sentimenti” rispose Justin, regalandole un sorriso falso quanto le parole che aveva appena pronunciato.
“Allora forse ho capito male ciò che intendevi nell’intervista” disse ancora Ashley, intrecciando lo sguardo con quello di Justin, per poter cogliere anche un solo tentennamento nella versione dei fatti raccontata dal ragazzo.
"Non posso rivelare tutti i particolari e i motivi delle mie decisioni ai media, ho bisogno anch'io di un minimo di pivacy" ribatté Justin, con lo sguardo fisso in quello di Ashley.
“Ragazzi?! Ragazzi! Abbiamo finito di parlare della Gomez?” chiese Jennifer, afferrando la mano di Justin e stringendola con fare possessivo.
“Gelosa, amore?” chiese Justin sorridendo divertito, per poi avvicinare la ragazza a sé e abbracciarla.
“Quindi.. parliamo d’altro?” chiese ancora Jennifer, accennando un timido sorriso finto.
Justin annuì leggermente, poi si voltò di nuovo verso Ashley.
“Quindi, che istituto frequenti?”
“È un istituto fuori città”  rispose, ancora una volta, sbrigativa.
Né Justin né Jennifer ebbero il tempo di chiedere altro poiché arrivò il cameriere con la cena.

 
“Siete stati sufficientemente bravi, pensavo avreste combinato un disastro” esclamò Joseph sorridendo.
Oliver si fece avanti e iniziò a parlare:
“Facendo un riassunto: ha detto di frequentare un istituto privato ma non vi ha detto quale…
“Quindi non sapeva cosa rispondere perché non conosce nessun istituto privato della zona. Questo potrebbe essere spiegato con il fatto che forse non si aspettava il vostro grande interesse nei confronti della sua vita privata ” lo interruppe Joseph, per poi lasciare di nuovo la parola a Oliver.
“Inoltre sono passati mesi da quando Bieber ha lasciato la Gomez, è passato, quindi, molto tempo da quando ha fatto un’intervista in cui parlava della loro relazione. Ciò significa che, almeno su questo, si è documentata”
“Abbiamo fatto centro!” esclamò Joseph, lasciando trasparire dal sorriso, la felicità che provava per quella notizia.
“Non ho sprecato un microcip a vuoto”concluse Oliver, sorridendo a sua volta.
“Ci spiegate a cosa serve il microcip, e perché siamo qui stanotte?” chiese Jennifer, che aveva iniziato a torcersi le mani per la poca pazienta che aveva scoperto di avere.
“Il microcip, precisamente è un localizzatore satellitare. Dato che, come ho detto prima, quella di stasera potrebbe essere anche una sua missione, voi la seguirete” spiegò Joseph, continuando a sorridere.
“Seguirla? Non m’interessa sapere dove 
abita Ashley!” esclamò Justin irritato.
“A volte mi stupisco della capacità di giudizio dei miei superiori!” dopo aver alzato gli occhi al cielo, continuò: “Razza di idiota, certo che non andrà a casa! Proprio come voi, in questo momento si sta dirigendo dai suoi superiori” spiegò Joseph.
Jennifer guardò il suo vestito e le scarpe con il tacco, poi guardò Joseph.
“Spero che non mi manderai a fare un inseguimento così vestita” esclamò Jennifer.
“Infatti, velocemente, vi cambierete entrambi” disse Joseph, lanciando sia a Justin che a Jennifer una busta.
Uno alla volta, nella stanzetta dove si cambiavano per gli allenamenti, indossarono le tute nere e le scarpe da ginnastica contenute nelle buste.
Una volta tornati tutti nella palestra, Scooter disse:
“Io e Joseph resteremo qui, e comunicheremo con voi attraverso questi auricolari solo per dirvi cosa fare” per poi porgerne uno a ogni ragazzo.
“Justin, tu sarai l’autista. C’è una Range Rover nuova di zecca qui fuori” aggiunse poi, lanciando un mazzo di chiavi al ragazzo, che sussurrò un “Mitico” sorridendo.
“Oliver, tu invece sarai il navigatore” continuò Joseph, porgendogli un tablet.
“E una volta arrivati a destinazione che dobbiamo fare?” chiese Oliver, guardando prima il display del tablet e poi Joseph.
“Ogni cosa a suo tempo. Pensate prima ad arrivarci” rispose Joseph, allontanandosi.
“Ragazzi, un’ultima cosa. Probabilmente ci sono telecamere a sorvegliare il posto. Prima di scendere dall’auto dovrete indossare questi passamontagna” disse Scooter, dando a Jennifer tre passamontagna neri.
“Dobbiamo proteggere le nostre identità” affermò la ragazza in un sussurro, riuscendo solo a capire l’importanza e la pericolosità di quello che Joseph stava chiedendo di fare ad entrambi.
“Esattamente. Bene. Buona fortuna” disse poi Scooter salutandoli con un cenno del capo, per poi seguire Joseph, e scomparire nel corridoio.
I tre ragazzi, quindi, uscirono dall’edificio senza proferire parola.
Una volta entrati nell’auto, però, Jennifer ruppe il silenzio:
“Tu se l’autista, tu il navigatore. E io faccio la bella statuina!”
Justin si girò dietro a guardarla, le sorrise e poi disse: “Vedrai che assegneranno un compito anche a te”
“Sì sì” sbuffò lei, iniziando a guardare fuori al finestrino.
Justin mise in moto, e iniziò a guidare seguendo le indicazioni di Oliver, che sul tablet vedeva la posizione di Ashley.
“Strano” si lasciò sfuggire Oliver.
“Cosa?” chiese Justin, continuando a guardare la strada.
“Si sta muovendo, e anche molto velocemente” rispose Oliver, pensieroso.
“Forse Matt l’ha trattenuta fino a poco fa, e ha fatto tardi per l’appuntamento con i suoi superiori” disse Jennifer, sbucando con la testa tra i sedili degli altri due.
“Hai anche detto di essere una bella statuina? Sei un genio!” esclamò Oliver, regalandole un sorriso raggiante.
“Certo che è un genio. Eri l’unico a non saperlo” si intromise Justin, alzando gli occhi al cielo.
Jennifer lo notò e, con un sorriso, disse: “Non mi conosce”
“Certo certo! Adesso dove devo andare?” chiese, cambiando bruscamente argomento.
“Gira a destra” rispose Oliver, tornando a guardare il display del tablet.
Circa una decina di minuti dopo Oliver annunciò che erano arrivati a destinazione, dicendo che Ashley si era fermata.
Si trovavano nella periferia di Stratford, la parte famosa per i criminali.
“Il segnale indica che la ragazza si trova in quell’edificio” disse Oliver, distogliendo lo sguardo dal tablet per guardare la costruzione che avevano a circa 20 metri di distanza.
“Più che edificio mi sembra un capanno abbandonato” esclamò disgustata Jennifer.
“Abbandonato non può essere. Hanno appena acceso una luce” ribatté Justin, osservando con più attenzione la costruzione.
“Ragazzi, sono Joseph, mi sentite?” la voce proveniente dagli auricolari, li riportò alla realtà della missione.
“Sì” risposero in coro i tre.
“Per prima cosa indossate i passamontagna” continuò la voce, fece una pausa per permettere ai ragazzi di fare come aveva ordinato,  per poi aggiungere:
“Devo dirvi alcune cose che non vi ho detto prima per questioni di tempo. Uno di voi deve restare in macchina”
“Perché?” lo interruppe Justin.
“Perché se ci scoprono e dobbiamo scappare, deve esserci qualcuno che mette in moto e che è pronto a partire. Così si perde meno tempo” rispose Oliver.
“Giusto. Oliver, tu resterai in macchina. Per quanto riguarda gli altri due, voi dovrete avvicinarvi al capannone e, se ci riuscite, dovrete entrare e ascoltare la conversazione tra la ragazza e l’altra persona. Cercate di non farvi scoprire perché non potete difendervi” concluse Joseph, e dopo un leggero bip, capirono che la comunicazione era stata interrotta.
Justin e Jennifer si guardarono per un attimo, poi scesero dall’auto e insieme si diressero silenziosamente verso l’edificio.
“Nervosa?” sussurrò Justin.
“Come potrei non esserlo?” rispose lei a bassissima voce.
Erano appena arrivati vicini a una delle grandi finestre da cui usciva luce, quando da un angolo sbucarono due uomini enormi.
Per fortuna lì vicino c’era una grande cassa di legno, dietro la quale i due ragazzi si nascosero.
“Non capisco perché dobbiamo fare la guardia. Chi potrebbe mai venire da queste parti?” esclamò uno di quelli, aveva una voce roca, abbastanza inquietante.
“La sicurezza non è mai poca” esclamò l’altro, per mettere fine ai lamenti del compagno.
Appena i due uomini svoltarono l’angolo, i due ragazzi tirarono un sospiro di sollievo e si riavvicinarono al finestrone, sperando di riuscire a vedere e sentire qualcosa senza dover per forza entrare.
Iniziarono a guardare all’interno, cercando di controllare anche l’esterno.
Videro Ashley che, a qualche metro da loro, camminava avanti e dietro, visibilmente molto nervosa. Dopo qualche minuto arrivò un uomo, che probabilmente aveva l’età di Joseph.
“Allora? Cos’hai scoperto?” chiese l’uomo, con il tono autoritario che Justin e Jennifer avevano sentito solo all’agente della CIA che li aveva accolti alla base quando la ragazza fu messa al corrente della verità.
“Solo che sembrano due ragazzi normalissimi” rispose lei, che non aveva osato, nemmeno per un attimo, incrociare lo sguardo dell’uomo, tenendo gli occhi fissi sul pavimento.
“A noi servono certezze. Devi essere sicura che sono due ragazzi normali!” esclamò l’uomo, scandendo bene tutte le parole.
“Lo so” sussurrò Ashley.
“Quindi hai fallito! Conoscevi l’importanza di questa serata, dovevi scoprire se sono loro le nuove reclute della CIA, così da scoprire anche se hanno scoperto della talpa” urlò l’uomo, scagliando un pugno contro un muro.
“Ne sono consapevole, non mi sono spinta troppo oltre, sono stata sulla difensiva, perché non potevo mettere a rischio la mia copertura” Ashley si lasciò sfuggire un tono di voce un po’ più alto di quello che le era concesso.
Il suo superiore la osservò con un cattivo luccichio negli occhi, poi riprese a parlare.
“La tua missione non è ancora terminata, devi continuare ad indagare su quei ragazzi”
Quando l’uomo ebbe abbandonato la stanza, Ashley alzò finalmente lo sguardo per fissarlo sulla porta che aveva appena sbattuto, poi uscì dalla porta opposta.
Un rumore di passi, e poi il rumore di un auto, avvertì i ragazzi che Ashley aveva appena abbandonato quel luogo.
“Direi che possiamo tornare alla nostra auto, non c’è più niente da vedere qui” sussurrò Justin.
Jennifer annuì, e afferrò la mano del ragazzo, intrecciando le dita alle sue.
Prima di muoversi controllarono in tutte le direzione, non dimenticando l’apparizione di quegli omoni, poi ripartirono velocemente verso l’auto.
Appena furono seduti, al sicuro, tirarono entrambi un sospiro di sollievo.
“Qualcuno vi ha visti?” chiese subito Oliver, con tono preoccupato.
“Per fortuna no. Metti in moto, allontaniamoci da qui” rispose Jennifer con un sospiro, sdraiandosi sui sedili.
Prima che Oliver potesse muovere un muscolo, Justin lo bloccò.
“Non accendere i fari. Ci sono degli uomini a sorvegliare il perimetro”
Quando furono abbastanza lontani, tolsero i passamontagna, che avevano tenuto per sicurezza.
“Com’è stata la vostra prima missione pericolosa?” chiese Oliver con un sorriso, calcando volutamente il tono sulla parola ‘pericolosa’.
“Credo che darò le dimissioni prima ancora di essere presa in servizio” rispose Jennifer.
“Eravamo entrambi troppo tesi, avevamo paura di essere scoperti e uccisi all’istante. Penso che sia una cosa comprensibile” disse, invece, Justin, che aveva chiuso gli occhi abbandonandosi al sedile, appena Oliver era partito.
“Se nessuno vi ha visti, non è andata tanto male” esclamò Oliver, con un sorriso incoraggiante, senza però togliere gli occhi dalla strada.
“Spero che tu stia scherzando” sussurrò Jennifer.
“No, sono serissimo. Nella mia prima missione dovevo smascherare una banda di contrabbandieri di armi, avevo un solo compagno di squadra che era rimasto in macchina, e mi aiutava con l’auricolare”
Il tono con cui Oliver racontò la sua prima missione era stato così naturale che Jennifer scattò a sedere e incrociò lo sguardo di Justin, sorpreso quanto lei.
“Beh sì, la nostra a confronto è stata una passeggiata”
 “Tu hai anche avuto un addestramento diverso, noi non abbiamo ancora finito, e non eravamo armati” esclamò, invece, Justin.
“Sì, hai ragione. Joseph mi ha contattato mentre eravate lì fuori, ha detto che dobbiamo tornare lì per fargli un resoconto, perché vuole decidere subito il comportamento da adottare” aggiunse Oliver.


Spazio autrice:
è tornata Simona la ritardataria :o chiedo umilmente scusa, ma questo capitolo è stato abbastanza impegnativo da scrivere quindi ci ho messo un po' di tempo.

all'inizio volevo scriverlo un po' più movimentato, aggiungerci anche una specie di inseguimento, ma è presto. e mi dispiace per Jennifer e Justin. erano già troppo impauriti.
spero che oltre a piacere a me, questo capitolo piaccia anche a voi, ci ho messo davvero tanto per scriverlo.
se non si era capito: la parte in azzurro è il flashback e le battute scritte in marrone è la voce di Joseph che i ragazzi sentono attraverso gli auricolari.
vi ringrazio tutti per le recensioni, e ringrazio tutti coloro che leggono questa storia in silenzio. siete tutti adorabili!
aspetto vostre opinioni, mi rende felice leggere le recensioni perché siete davvero tanto gentili.
alla prossima!
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** ... ***


Capitolo 22

Justin e Jennifer stavano passeggiando mano nella mano, come veri fidanzati, nello stesso parco in cui avevano trascorso il giorno di Natale, quando i paparazzi avevano scattato le loro prime foto insieme.
“Come stai?” le chiese Justin, all’improvviso.
“Justin, sto bene. È la miliardesima volta che me lo chiedi da stamattina!” esclamò la ragazza, ridacchiando.
“Sì, scusa.” aggiunse lui, con aria pensierosa.
“Che è successo?” Jennifer si fermò per poterlo guardare negli occhi mentre rispondeva.
“Ti devo dire una cosa, che probabilmente non ti piacerà”

“Va bene, sono tutt’orecchi”
“Devo partire” disse tutto d’un fiato.
“C-cosa?” Jennifer si lasciò sfuggire un urlo.
“Devo andare a Los Angeles, a lavorare al mio nuovo cd”
“E mi lasci qui, da sola?”
“Non puoi venire con me, ci vorrà un bel po’ di tempo, non posso allontanarti dalla tua vita” spiegò osservando l’espressione spaventata che aveva assunto la ragazza, poi iniziò ad accarezzarle con il pollice il dorso della mano per calmarla.
“Non sarai da sola, anche se mi secca dirlo, ci sarà Oliver”
Jennifer abbassò lo sguardo, non riusciva a guardarlo negli occhi, sarebbe scoppiata a piangere da un momento all’altro.
“Ehi, guardami” le prese il mento delicatamente per alzarle il viso “Ci sentiremo tutti i giorni, e cercherò di tornare qui per il fine settimana”
La ragazza annuì, e cercò di sorridere per scacciare le lacrime, ma quello che venne fuori fu una smorfia indecifrabile.
“Ho chiesto a Joseph di non assegnarvi nessuna missione nel periodo in cui non ci sarò. Ricordi? Dobbiamo affrontare tutto questo insieme” continuò lui, sorridendole.
“E l’addestramento? Tu come farai?”
“Andrò in palestra lì, credo. Non so come Scooter e Joseph si siano accordati”
“Quando partirai?” sussurrò Jennifer, sperando fosse il più tardi possibile.
“Domani mattina”
Jennifer spalancò gli occhi per la sorpresa.

“Potevi parlarmene domani sera” esclamò, riempiendo ogni parola pronunciata di sarcasmo, e scostò bruscamente la mano dalla presa del ragazzo.
“Non ho avuto tempo, avrei voluto parlartene ieri sera, ma siamo dovuti andare lì e c’era quell’Oliver”
“Sì, adesso diamo la colpa a Oliver, alla scuola e anche al presidente Obama” urlò lei, prima di riprendere a camminare con le braccia incrociate sul petto.
Quando a separarli c’erano un paio di metri, Justin la chiamò, con un mezzo sorriso disegnato sulle labbra.
“Mh” mugugnò in risposta lei, rallentando il passo.
“Stiamo litigando?”
“Dipende dai punti di vista” Jennifer alzò le spalle prima di fermarsi.
“Per quanto ancora mi terrai il muso?” chiese Justin, avvicinandosi.
“Per tutto il tempo necessario”
Restarono immobili per qualche minuto, in cui Jennifer continuava a dargli le spalle.
“Allora? È finito questo tempo necessario?” chiese, poi, Justin, portandosi faccia a faccia con Jennifer.
“Va bene” ridacchiò la ragazza, lanciandosi ad abbracciarlo.

“Finalmente!” esclamò lui, con il viso sprofondato nei capelli di Jennifer.
“Credo che mi mancherà vederti ogni giorno” sussurrò lei.
Justin intrecciò lo sguardo con il suo poi, insieme, si avvicinarono, uno alle labbra dell’altra.
Iniziarono a baciarsi, non uno dei baci che si erano scambiati in passato, uno di quei baci finti che si scambiavano a causa dei paparazzi, adesso era stata una cosa del tutto naturale.

Era un tacito dirsi di aver bisogno l’uno dell’altro.

Perché, forse, inconsciamente sapevano che il loro rapporto si stava evolvendo, che ormai andava oltre la semplice amicizia.
 
La mattina dopo Jennifer uscì presto per dirigersi a scuola, guardò verso la casa accanto e ebbe un colpo al cuore non vedendo l’auto di Scooter parcheggiata accanto al marciapiede.
Si voltò e iniziò a camminare, velocemente, fin quando non arrivò a scuola.

La prima cosa che notò di diverso fu lo strano comportamento della popolazione femminile dell’istituto: c’era uno strano via vai di ragazze che attraversavano la strada guardando solo ed esclusivamente a destra. Seguì i loro sguardi e scoprì che l’oggetto della loro attenzione: una Range Rover nera o, meglio, il ragazzo appoggiato al fuoristrada.
“Che ci fai qui?”

Jennifer, sotto lo sguardo incuriosito di tutte le ragazze, gli si era velocemente avvicinata.
“Vengo a scuola, e ti stavo aspettando. Bieber?” chiese il ragazzo, guardandosi intorno, con uno sorrisetto innocente.
“Sai meglio di me che è partito” rispose, voltando le spalle per entrare nella scuola senza neanche aspettarlo.
“Lavoreremo meglio senza lui che ti distragga” la voce di Oliver le rivelò che il ragazzo si trovava proprio dietro di lei.

“Non parteciperò a nessuna missione senza Justin. Mettitelo in quella testolina vuota che ti ritrovi” gli sussurrò Jennifer, quando Oliver le fu accanto.
“Non è quello che pensa Joseph”
“Mi accompagni tu in palestra?” chiese, appena arrivò all’armadietto.
“Sì” rispose.
Non aggiunsero altro perché furono distratti dalla figura di due uomini, fin troppo robusti, che passavano al centro del corridoio, a pochi passi da loro.
“Chi sono quei due?” chiese Oliver, appena quegli uomini furono abbastanza lontani.
“Penso di averli già visti” esclamò Jennifer a bassa voce, e dopo aver pensato per qualche secondo, mise a fuoco il ricordo.

“Erano gli stessi che sabato facevano la guardia fuori il capannone!”
“Sei sicura?”

“Ho osservato la loro schiena per secondi interminabili, sono loro”

“Che ci fanno qui?”
Jennifer si guardò intorno per cercare qualcosa o qualcuno di sospetto poi si girò verso Oliver e alzò le spalle.
“Dobbiamo seguirli” affermò lui, posando la borsa con i libri nel suo armadietto.
“Tra due minuti suona la campanella, non possiamo” disse, invece, Jennifer restando immobile, incrociando le braccia al petto.
“Jennifer ci sei dentro, ormai non puoi fare finta di niente solo perché il tuo ragazzo non è presente!” esclamò Oliver, senza lasciare trasparire il fastidio che stava provando.

Jennifer serrò la mascella, ma aprì l’armadietto e vi posò la borsa, proprio come aveva fatto il ragazzo.
“Non voglio tirarmi indietro, solo che non voglio cacciarmi nei guai”
In quel momento la campanella suonò, e i due ragazzi aspettarono che tutti gli studenti entrassero nelle classi, per iniziare a percorrere il corridoio.
Dopo una decina di minuti, li trovarono che camminavano nella zona ovest, quella con i laboratori e l'archivio dove il preside teneva i documenti, poi arrivati alla fine del corridoio si fermarono e si girarono, probabilmente stavano aspettando qualcuno.
“Oliver? Sicuro che non è una trappola?” sussurrò Jennifer all’orecchio del ragazzo.
“Bene bene! Cosa ci fate voi due qui?”
Jennifer si girò a guardare la persona che aveva parlato, poi, dopo l’attimo di sorpresa si ricompose e ribatté: “Tu, Ashley cosa ci fai qui?”
“Non devo dare nessuna risposta a te. Su alzatevi!” ordinò, ma quando restarono immobili, cacciò una pistola, che teneva nei jeans.

Jennifer lanciò un’occhiata a Oliver, poi si alzarono nello stesso tempo.

“Camminate!”
Li spinse nel corridoio in cui c’erano i due uomini e poi chiuse la porta alle sue spalle.
“Cosa vuoi farci?” chiese Oliver, con tono minaccioso.
“Sta zitto ragazzo, neanche ti conosco! Dov’è Justin? L’hai già rimpiazzato?” chiese Ashley rivolta a Jennifer.
“Non lo so dov’è” rispose Jennifer, deglutendo.
“Non mentirmi e rispondi alla domanda” le ordinò, avvicinandosi di qualche passo, sempre con la pistola puntata su Jennifer.
“Tenete il ragazzo fermo!” ordinò, all’improvviso, ai due uomini, che subito afferrarono le braccia di Oliver. Il ragazzo cercò di divincolarsi dalla presa, ma gli uomini erano troppo forti.
“Te lo chiedo per l’ultima volta, dov’è Justin?” Ashley scandì per bene tutte le parole.
“E io ho detto che non lo so” rispose Jennifer, si guardò intorno in cerca di una via d’uscita da quella situazione, poi, per guadagnare un po’ di tempo, chiese: “Hai davvero intenzione di usare una pistola in un luogo pubblico?”
“Non sei esperta di armi vero?” Ashley la osservò con le labbra arricciate in un sorriso cattivo. Vedendo l’espressione interrogativa della ragazza, alzò gli occhi al cielo e iniziò a spiegare.
“Questo” indicò un cilindro di circa 20 centimetri, posto davanti la pistola “È un silenziatore. Nessuno può sentire il rumore dello sparo”
Jennifer spalancò gli occhi, ma nel giro di pochi secondi cercò di assumere un’espressione che non sembrasse spaventata.

Iniziò a guardarsi intorno, cercando un modo per riuscire a disarmarla.

Oliver era bloccato e non poteva esserle d’aiuto. L’unica soluzione possibile era attaccarla e cercare di impossessarsi dell’arma, oppure restare immobile, aspettando che Ashley avesse fatto qualsiasi cosa dovesse fare.

In entrambi i casi, però, poteva partire un colpo in direzione della sua testa, quindi non poteva e non voleva rischiare. Pensò velocemente a come attaccarla e scoprì di avere a suo favore l’effetto sorpresa. Con quell’ultima consapevolezza, i muscoli del suo viso si rilassarono e tornò a guardare Ashley,  che non aveva smesso neanche per un secondo di controllare i suoi movimenti.
“Non hai vie di scampo, questo è quello che succede a chi intralcia la mia strada” esclamò Ashley, con un sorriso tanto cattivo da risultare quasi inquietante.

“Non mi sono messa sulla tua strada, sei tu che non dovresti essere qui”

“Tu hai seguito i miei uomini”
“Non ho seguito proprio nessuno”
“Vi ho visti entrambi, ti stavo controllando”
“Quindi tu hai seguito noi”
“Non rigirare la frittata!” Ashley si rivolse ai suoi uomini, che continuavano a tenere Oliver per le braccia.

“Li avete visti che vi stavano seguendo, vero?” Il tono con cui pronunciò quella domanda non ammetteva repliche, quindi Jennifer capì che gli uomini non avrebbero mai contraddetto le sue parole.
Jennifer pensò che quello fosse il momento giusto e le si avvicinò velocemente.
Ashley, con la coda dell’occhio percepì il movimento e si voltò di scatto solo per ritrovarsi il gomito di Jennifer nell’attaccatura tra il naso e la fronte. Qualche istante dopo, era bloccata al muro dal corpo e dal braccio di Jennifer.
“Ma che…

“Zitta” le ordinò Jennifer, che aveva afferrato il polso della mano armate per stringerlo forte.
“Lascia la pistola” disse a denti stretti, iniziando anche a far pressione sul gomito.
Ma Ashley non aveva nessuna intenzione di farsi dare ordini e cercò di muoversi per liberarsi.

“Ho detto lascia la pistola” le ordinò di nuovo, questa volta, però, accompagnò l’ordine con una ginocchiata nello stomaco.

Ashley allentò la presa, lasciando l’arma cadere sul pavimento, e iniziò a tossire forte, sputacchiando gocce di sangue.
Velocemente, Jennifer afferrò la pistola e si mise in una posizione tale da tenere sotto controllo tutte le persone presenti in quel corridoio.
“Lasciate Oliver!” ordinò agli uomini, puntando la pistola nella loro direzione.

Appena Oliver poté muoversi, si avvicinò a Jennifer e le sussurrò un “mantieni calma”.

“Sono calma infatti” ribatté a denti stretti la ragazza, prima di rivolgersi a Ashley, che nel frattempo si era avvicinata ai suoi uomini.
“Perché sei venuta a scuola? Cosa cerchi?” chiese Jennifer, ben sapendo che la ragazza non poteva dirle tutta la verità.
“Non sono affari tuoi!” rispose l’altra, con tono minaccioso.
“Non sei nella posizione per fare provocarmi. Sono anche affari miei dal momento che questa è la mia scuola”
“Dovevo prendere dei documenti dall’archivio” rispose Ashley, continuando a mantenere l’espressione dura.
“Che documenti?”
“Su te e Justin. Come hai fatto?” Ashley cambiò argomento così rapidamente da sorprendere Jennifer.

“Come ho fatto a fare cosa?”

“Disarmarmi”
“Ti sei distratta e io ho improvvisato, guardo molti film d’azione” Jennifer si strinse nelle spalle per far sembrare la recita più vera.
Ashley non era convinta di quella risposta, le era scritto in faccia, ma non fece altre domande.
“Perché volevi rubare i miei documenti e quelli di Justin dall’archivio?”

Jennifer continuava a puntare la pistola contro il terzetto alla fine del corridoio.
“Non posso dirtelo”
“Vai via, e non farti più vedere, e lascia in pace anche Matt. Se ti vedo di nuovo in giro non ci metto niente a chiamare la polizia!” esclamò Jennifer, in un moto di rabbia improvvisa.
Ashley e i due uomini si affrettarono ad uscire da quel corridoio, e poi dalla scuola, seguiti a distanza da Oliver e Jennifer.
Una volta rimasti soli, in uno dei corridoi adiacenti all’ingresso della scuola, Jennifer abbassò la pistola.

“Sai che la tua minaccia non li terrà lontani, vero?” Oliver, la stava osservando attentamente.
“Lo so, ma dovevo inventarmi qualcosa”
“Il tuo comportamento ha innalzato i loro sospetti” aggiunse, un rimprovero nascosto nel tono di voce.
“Preferisco i sospetti a una pallottola nel cranio” affermò la ragazza, bruscamente.
Oliver, che non poté dire altro, iniziò a camminare verso gli armadietti, seguito da Jennifer che teneva la pistola a distanza

“Dobbiamo nasconderla”
Una volta arrivati agli armadietti, Oliver aprì il suo, che era a solo un armadietto di distanza da quello di Jennifer.

“Togli il silenziatore” le ordinò. Jennifer tolse il cilindro dalla punta della pistola e lo consegnò al ragazzo, che lo nascose nella borsa che aveva precedentemente posato nell’armadietto.

Oliver l’aveva osservata mentre maneggiava con cautela l’arma, quindi decise di non costringerla a togliere il caricatore, che per mani inesperte poteva sembrare una cosa pericolosa.

Dopo aver scaricato l’arma, nascose il caricatore nella borsa di Jennifer, poiché riteneva più sicuro tenere i pezzi separati, poi restituì l’arma alla ragazza.

Jennifer lo guardò con espressione interrogativa, e lui le ordinò di infilare la pistola sotto la felpa, nei jeans, così da poter tenerla sempre sotto controllo.

Aveva paura di poterla perdere.
“Adesso aspettiamo la seconda ora e poi andiamo in classe” disse Jennifer, dopo aver fatto come le aveva detto Oliver.
Al suono della campanella, ognuno si diresse nella propria classe, dopo essersi accordati nel rincontrarsi a mensa.
Quando anche l’ultima campanella ebbe suonato, Jennifer, come tutti gli studenti, si diresse fuori la classe.

All’improvviso qualcuno le afferrò il braccio con forza, e lei serrò l’altro braccio sulla vita per poter tenere ferma la pistola. Fu trascinata in un corridoio vuoto, e iniziò ad andare in panico, fin quando non riconobbe Trevor, che la guardava scuotendo la testa.
“Che diavolo ti è preso?” esclamò Jennifer, portando di scatto le mani lungo i fianchi.
“Ti ho visto” si limitò a dire lui.
“Cosa?”
“Ti ho visto con il ragazzo nuovo”
“Ah. Oliver!” esclamò Jennifer, trattenendo a stento un respiro di sollievo.
“Hai già rimpiazzato Bieber?” chiese Trevor, con un’evidente nota di disprezzo nella voce.
“Non credo che siano affari tuoi, ma no, non ho rimpiazzato Justin” Jennifer ritenne giusto rispondere, perché non voleva che iniziassero a girare cattive voci sul suo conto.
“Lui dov’è?” Trevor aggrottò la fronte, continuando con le domande.
“Probabilmente è a fare qualche intervista”
“È andato a Los Angeles” disse con naturalezza, osservandola con un’espressione incuriosita.
“Perché lo chiedi a me?” Jennifer non riuscì a parlare con un tono infastidito.
“E Oliver chi è?”
“Un amico di Justin. Abbiamo finito con l’interrogatorio?” lo guardò con un sopracciglio alzato.
“Ero solo curioso.” Trevor si strinse nelle spalle, e la sua espressione tornò ad essere naturale.
“Posso andare o devi dirmi qualcos’altro?”chiese Jennifer,con un sorriso finto.
“Una cosa ci sarebbe”
“Avanti, spara” esclamò lei, prima di rendersi conto che il verbo ‘sparare’ era il quanto meno appropriato da usare, data la presenza di una pistola sotto la sua felpa, quindi cercò di trattenere una risata.
“Credo di dovermi scusare con te per come mi sono comportato”
Jennifer restò a guardarlo per qualche secondo, spalancando gli occhi per l’incredulità.
“Non dici niente?” Trevor parlò di nuovo, dopo aver aspettato che la ragazza dicesse qualcosa, ma lei era rimasta zitta.
“Non me l’aspettavo” disse lei, continuando ad essere sorpresa.
“Scusa accettate?”

Jennifer annuì sorridendo.

“Scuse accettate. Andiamo a mangiare”
Entrarono insieme nella mensa, ma si separarono subito poiché Trevor si avvicinò al tavolo con tutti i suoi amici, e Jennifer cercò con lo sguardo Oliver, prima di raggiungerlo.
“Dove sei stata?” il tono di Oliver era preoccupato.
“Trevor, un mio compagno di classe, mi ha chiesto i compiti e ho perso tempo a darglieli” mentì lei, poiché non aveva nessuna voglia di condividere tutta la sua vita privata con Oliver.
 
Appena Trevor si fu seduto al tavolo, tutti i suoi amici lo fissarono, tutti avevano un’espressione interrogativa disegnata in viso.

Il ragazzo alla sua sinistra appoggiò una mano sul suo braccio, prima di porre la fatidica domanda.
“Dove sei stato?”
“A parlare con Jennifer”
“Quindi hai accettato la scommessa!” sussurrò l’altro, lasciandosi sfuggire un sorriso a trentadue denti.
“Quando mai ho rifiutato di scommettere?!” esclamò Trevor, guardando tutti gli amici con un sorrisetto.

Spazio autrice:
ehm.. ehm.. ehm.. scusate tanto. sono stata un sacco di tempo a pensare a cosa scrivere. e se volete farmi male, vi capisco e.e
caaaapitolo nuovo, yoo! allora? come vi è sembrato? spero che vi sia piaciuto, perché mi sono scervellata per scrivere un capitolo decente e.e
Justin se ne è andato, Jennifer e Oliver hanno un incontro ravvicinato con Ashley, e poi c'è Trevor. chissà cosa vuole. sinceramente non ci ho ancora pensato AHAHAHAHAHAHAHAHAH
però il confronto Trevor-Jennifer era in programma da quando litigarono, quindi voilàà!
spero di aggiornare presto e.e
grazie per tutte le belle recensioni che mi lasciate, siete davvero fantastiche!
spero di leggere anche in questo capitolo i vostri pareri, belli o brutti che siano.
se per caso vi va di seguirmi su twitter, per chiedermi qualcosa della storia, sono
@arthursheart ricambio a tutti C:
alla prossima !
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Who are you? ***


Capitolo 23
Who are you?


Circa un mese dopo la partenza di Justin per Los Angeles, egli era ritornato a Stratford solo un paio di volte. Parlava spesso a telefono con Jennifer, ma anche le telefonate stavano diminuendo molto, a causa dei suoi numerosi impegni con la realizzazione del cd, e delle sedute di addestramento sempre più lunghe e faticose di Jennifer.
Joseph aveva deciso di aumentare le ore di allenamento a causa dello spiacevole incontro con Ashley, e aveva obbligato Jennifer a non parlarne con Justin.
Le risuonavano nella testa ancora le parole che l’uomo le rivolse, appena lei e Oliver gli ebbero raccontato l’accaduto.
“Avete avuto fortuna, anche se tu, Jennifer, ti sei esposta troppo. Adesso avranno qualche sospetto fondato sia su di te che su Oliver. È stata una fortuna che Justin non fosse presente, non sarà oggetto di sospetti. Meglio non dirgli niente per la sua sicurezza”
 
Jennifer era appena tornata e entrò lentamente in casa, con il borsone in spalla.
“Jennifer sei tu?” urlò la madre dalla cucina.
“Sì, sono io” urlò di rimando, salendo le scale.
Una volta in camera, appoggiò il borsone accanto l’armadio e poi si diresse velocemente in bagno per rilassarsi con una bella doccia calda.
La sessione di allenamento di quel pomeriggio era stata abbastanza pesante, come lo erano state le precedenti. L’unica cosa bella del nuovo tipo di allenamento era che Joseph le faceva fare pratica con le armi da fuoco.
Dopo aver fatto una bella doccia calda, la ragazza andò a stendersi sul letto. Aveva tutti i muscoli indolenziti. Ringraziò il cielo che il giorno dopo fosse domenica così da poter riposare tutto il giorno.
Aveva appena chiuso gli occhi che sentì un sonoro ‘bip’ provenire dal comodino accanto al letto.
- 5 chiamate perse – tutte di Justin.
La ragazza lo richiamò, restando sul letto con gli occhi chiusi. Justin rispose subito, con tono preoccupato.
“Jenny finalmente! Mi hai fatto preoccupare”
“Scusa, stamattina ho dimenticato il cellulare a casa”
“Sei tornata così tardi?” chiese lui.
“Torno sempre così tardi dall’allenamento. Tu che fine hai fatto? È qualche giorno che non rispondi alle chiamate”
“Scusa, sono stato abbastanza impegnato”
“Va bene” sospirò lei, accennando un sorriso.
“Che hai fatto durante questa settimana?”
“Niente di che. Scuola, palestra, casa. Abbastanza noioso” mentì lei.
Erano molte le cose su cui gli stava mentendo, ma non poteva certo dirgli che si era ‘riavvicinata’, come amica, a Trevor, quindi giustificava, a se stessa, il suo comportamento con il fatto che non sapeva più come chiamare il rapporto che aveva con Justin,
“Domani è domenica” disse lui, con un tono che presagiva una brutta notizia.
“Mi mancavano le tue frasi da capitan ovvio” ridacchiò lei, cercando di non pensare a quello che poteva sentire da un momento all’altro.
“Non torno questo fine settimana”
Per Jennifer fu come ricevere un pugno nello stomaco: erano quasi due settimane dall’ultima volta che Justin era tornato in città.
“Scusa..” aggiunse subito il ragazzo, in un sussurro appena percettibile.
“Non preoccuparti, è tutto apposto” Jennifer lo interruppe bruscamente, riprendendo il controllo di se stessa.
Qualcuno bussò alla porta della sua stanza, e prima che Justin potesse aggiungere altro, Jennifer lo liquidò con un “mamma mi sta chiamando” e dopo averlo salutato, interruppe la comunicazione.
Quando andò ad aprire la porta, c’era la madre ad aspettarla.
“C’è un ragazzo giù che chiede di te, l’ho fatto accomodare in salotto”
Jennifer, non avendo invitato nessuno a casa, si diresse velocemente al piano terra, seguita dalla madre.
Si bloccò sull’uscio della stanza, incredula.
“Ciao, Jennifer” la salutò il ragazzo alzandosi dal divano.
“Trevor! Che fai a casa mia?” chiese lei, forse con tono maleducato, ma non si aspettava quella visita.
“Beh” si limitò a rispondere, guardando un punto al di là della spalla di Jennifer che, notando quello sguardo imbarazzato, si girò per capire cosa avesse rubato l’attenzione del ragazzo.
Sua madre si era appostata sull’uscio della porta, curiosa di ascoltare la loro conversazione.
“Andiamo a parlare in camera mia” esclamò lei, regalando alla madre un’occhiata gelida.

“Allora?” chiese lei, una volta arrivati nella sua stanza, chiudendo la porta.
“Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere uscire un po’. Oggi è sabato” spiegò Trevor, accennando un sorriso.
“Uscire? Dove vorresti andare?”
“C’è una specie di festa a casa di Megan” rispose lui, con gli occhi che vagavano nella stanza.
“Chi è Megan?” chiese Jennifer, tenendo d’occhio ogni suo movimento.
“La migliore amica di Cristine, la capo cheerleader” rispose lui, accompagnando quella frase con un sorriso timido e un’alzata di spalle.
“Non penso di poter accettare l’invito” esclamò lei.
“Dai Jennifer! Neanche si accorgeranno della tua presenza, e so che ci va anche Matt, e la sua ragazza” disse lui, prendendo un peluche dal letto e iniziando a guardarlo da vicino. “Carino questo orsacchiotto” aggiunse poi, voltandosi a guardarla, con un sorriso a trentadue denti.
“Matt ha una ragazza?” chiese Jennifer.
Aveva ordinato ad Ashley di lasciarlo in pace, ed era impossibile che lui l’avesse già rimpiazzata.
“Sì. La bionda mozzafiato che è sempre con lui. All’inizio neanche io potevo credere che a una come lei interessasse quello sfig..” si bloccò subito, ricordando che stava parlando con la migliore amica dello ‘sfigato’.
“In fin dei conti non è poi così sfigato. Lui ha una ragazza mozzafiato e tu no” ridacchiò lei, cercando di non far notare al ragazzo l’improvvisa attenzione che aveva nei confronti della ragazza di Matt.
“Allora? Vieni sì o no?” chiese lui, occupando la sedia accanto la scrivania.
“Va bene! Dammi dieci muniti, devo vestirmi, sono in pigiama” esclamò Jennifer, che si diresse all’armadio per prendere un jeans, una maglia nera a collo alto e una felpa blu.
Andò a vestirsi in bagno e quando tornò nella stanza, trovò il ragazzo intento a leggere qualcosa dal suo quaderno di letteratura.
“Stavo guardando come avevi svolto i compiti” disse lui, chiudendo di scatto il quaderno.
“Non sai come farli, vero?” gli chiese lei, accennando un sorriso, mentre si allacciava le scarpe seduta sul bordo del letto.
“Mi hai scoperto” ammise lui, ridendo.
“Sono pronta, possiamo andare” esclamò lei, prendendo un cappotto dall’armadio e poi il cellulare dal letto.
“Non devi avvisare qualcuno di questa tua uscita improvvisa?” chiese lui, seguendola fuori la stanza e poi giù al piano terra.
“Mamma vado a una festa con Trevor, torno prima della mezzanotte” disse, entrando in cucina.
“Chi ti accompagna?” le chiese la madre.
“Trevor, ha la macchina” rispose lei.
“Va bene. Mi raccomando” le disse la donna, lanciandole uno sguardo pieno di raccomandazioni.
Uscirono di casa, e entrarono nell’auto, che era parcheggiata accanto al marciapiede.
“Con qualcuno non intendevo tua madre” disse Trevor, dopo che ebbe iniziato a guidare.
“Chi intendevi?” chiese lei, distogliendo lo sguardo dal finestrino e iniziando a guardare il profilo del ragazzo.
“Justin, state ancora insieme, no?” continuò lui, continuando a guardare la strada.
“Uhm”
Jennifer si rifiutò di rispondere e tornò a guardare le case che sfrecciavano al lato della strada. Sapeva bene chi intendeva Trevor con quel ‘qualcuno’, ma non aveva voglia di parlare di nuovo con Justin sapendo che non l’avrebbe rivisto prima di una settimana.
Restarono in silenzio per un bel po’, fin quando il cellulare di Jennifer iniziò a squillare.
“Oliver” rispose lei, salutando il ragazzo all’altro lato del telefono.
“Dove sei?” chiese subito Oliver, con un tono preoccupato.
“In macchina, perché?”
“Perché non sei a casa tua, dove stai andando?”
“Ad una festa”
Jennifer alzò gli occhi al cielo, stanca di essere controllata.
“Con chi? E lo so che hai alzato gli occhi al cielo, ma sono solo misure di sicurezza”
“Con Trevor”
“Quel Trevor? Joseph mi ha raccontato tutto. Vuoi che vi segua?” il tono di Oliver divenne allarmato.
“No” sussurrò lei.
“Justin sa che sei uscita con questo Trevor?”
“No” rispose lei, sospirando per il fastidio.
Odiava gli interrogatori.
“Se Trevor chiede qualcosa, sono venuto a casa tua per il libro di matematica” disse Oliver, prima di chiudere la chiamata.
Jennifer ripose il cellulare nella tasca del cappotto e tornò a guardare la strada dal finestrino.
Trevor distolse per qualche secondo lo sguardo dalla strada per guardarla, poi le chiese: “È successo qualcosa con Justin?”
“Niente. Lui è a Los Angeles e io sono a Stratford”
“Siamo arrivati” esclamò lui, parcheggiando di fronte a una villa enorme, la più grande che lei avesse mai visto.
Appena scesi dall’auto iniziarono a camminare verso l’entrata, da cui proveniva una musica assordante.
Jennifer si sentì un po’ fuori luogo e si bloccò sul vialetto, a qualche metro dalla casa. Trevor, che nel frattempo aveva fatto un paio di passi in più, tornò indietro, per prenderle la mano e guardarla bene in viso.
“Vuoi restare qui fuori?”
“Non so se è una buona idea, magari mi riaccompagni a casa” sussurrò lei, abbassando gli occhi sul pavimento.
Improvvisamente ci fu qualche istante di silenzio, come se avessero spento la musica.
Jennifer sentì alcune voci provenire dal giardino, accanto a un lato della casa.
Poi la musica ripartì subito, come se non si fosse mai fermata.
“Vieni con me, ma non parlare” ordinò al ragazzo che la guardò interrogativo, ma fece come le era stato ordinato.
Lentamente arrivò in quel giardino, dove la musica si sentiva appena, e si nascose dietro un muro, affiancata da Trevor.
Jennifer riuscì a sentire distintamente le parole di un ragazzo: “Vuoi lasciarmi?”
“Matt” sussurrò, più a se stessa che a Trevor, spalancando gli occhi.
“Hai capito bene. Ti sto lasciando” esclamò la ragazza, che da quel che Jennifer riusciva a vedere da suo nascondiglio, era di fronte a Matt.
“Questa invece è la bionda” sussurrò Trevor.
“Ashley” aggiunse Jennifer, mantenendo un tono di voce basso.
“Almeno posso sapere il perché?” chiese Matt, e Jennifer riuscì a percepire una punta di rabbia nella sua voce.
“Non volevo dirtelo all’inizio, ma è colpa di Jennifer” 
Jennifer si immobilizzò per qualche istante, il tempo per immagazzinare le parole di Ashley, poi decise di uscire dal nascondiglio per ucciderla, ma Trevor fu più veloce e le bloccò le braccia dietro la schiena, trattenendola, poi le sussurrò a pochi centimetri dall’orecchio: “Non puoi irrompere durante la loro discussione, aggraverai solo la tua posizione”
“Non ho fatto niente” sussurrò lei di rimando, anche se sapeva che questa non era la verità.
“Lo so, ti credo”
Nel frattempo Matt aveva chiesto alla bionda cosa avesse fatto la sua migliore amica, e lei rispose: “Ieri mi ha bloccata fuori scuola e mi ha urlato contro che dovevo lasciarti. Ha detto che è gelosa e mi ha anche minacciato”
Jennifer sentì chiaramente Ashley fingere di soffocare un singhiozzo e la vide buttarsi tra le braccia di Matt.
“La uccido” esclamò Jennifer, a denti stretti, cercando di liberarsi dalla presa di Trevor.
“Tu non uccidi nessuno, sta calma!” ribatté Trevor, serrando la presa sulle braccia di Jennifer e trascinandola indietro di qualche centimetro.
Entrambi ringraziarono mentalmente la musica proveniente dalla casa che copriva i loro sussurri.
“Domani parlo con Jennifer, non preoccuparti. Possiamo stare insieme, Jennifer non è nessuno” disse Matt, accarezzando la schiena di Ashley per cercare di calmarla.
A quelle parole, Jennifer spalancò al massimo gli occhi, e si lasciò scivolare a terra.
Un altro pugno nello stomaco in meno di un’ora.
“Non possiamo stare insieme, non quando una tua amica mi aggredisce e mi minaccia. Addio Matthew” esclamò Ashley, per poi iniziare a camminare verso Trevor e Jennifer.
“Su Jennifer, alzati. Dobbiamo nasconderci” Trevor trascinò la ragazza per qualche metro, poi sentì i passi di Ashley troppo vicini e la appoggiò al muro, si avvicinò al suo viso per fingere di baciarla e quindi nasconderla con il suo corpo.
“Shh, non muoverti” le sussurrò, avevano i nasi che quasi si sfioravano.
Restarono in quella posizione fin quando non sentirono anche i passi di Matt.
Alla fine, Jennifer si lasciò scivolare di nuovo a terra, con lo sguardo fisso davanti a sé.
“Vuoi ancora che ti riporti a casa?” le chiese Trevor, porgendole la mano per aiutarla a rialzarsi.
“Sì, grazie”
Durante il tragitto di ritorno, nessuno dei due parlò e, quando arrivarono a destinazione, Jennifer salutò il ragazzo con un bacio sulla guancia accompagnato da “Grazie, sei un amico” e poi scese dall’auto.
 
Trevor fu colpito da quelle parole, e maledì mentalmente se stesso per aver accettato la scommessa, circa un mese fa. Velocemente prese il cellulare e digitò un numero.
“Trevor come mai non sei alla festa?”
“Non posso continuare. Dimentichiamo la scommessa”
“Sapevo che alla fine non ce l’avresti fatta. Lunedì pagherai pegno” ridacchiò il ragazzo, chiudendo la chiamata.
 
Jennifer aprì la porta di casa con le sue chiavi e, sentendo la forte voce di Pattie dal salotto, si precipitò nella stanza sperando in qualcosa che sapeva essere troppo.
Ma lui non c’era.
Era una delle solite sere in cui Pattie cenava a casa sua per non stare da sola.
“Buonasera” 
Jennifer, accennò un sorriso con gli occhi colmi di lacrime, poi, prima che alcune di queste iniziassero a bagnarle le guance, aggiunse:“Vado in camera mia”
Corse su in camera, chiuse la porta e si appoggiò a essa prima di sedersi a terra.
Non si preoccupò di accendere la luce, quindi non poteva sapere che c’era già qualcuno lì, sul suo letto.
Infine non riuscì più a trattenere le lacrime, che iniziarono silenziosamente ad abbandonare copiosamente i suoi occhi: aveva voglia di vedere Justin, che inevitabilmente le mancava molto, e voleva non aver sentito la conversazione tra Matt e Ashley.
Troppe cose in una sola giornata.
Il telefono squillò dalla tasca dei suoi pantaloni, interrompendo il silenzio della stanza e il pianto silenzioso della ragazza, e rispose senza neanche controllare chi fosse.
“Jennifer, sono Matt” una voce gelida riecheggiò dal ricevitore.
“Che succede?” sussurrò la ragazza, cercando di controllare la voce, anche se sapeva bene cosa era successo.
“È successo proprio quello che volevo evitare. Hai fatto scappare Ashley. Grazie”
“Co-cosa ho fatto?” balbettò, con il cuore che sprofondava ancora di più nel petto.
“La tua gelosia ti ha portato a minacciarla, e sinceramente non capisco 
il perché. Hai un ragazzo, perché non volevi che anch’io avessi una ragazza?”
Matt continuava a parlare con un tono gelido, e Jennifer capì che qualsiasi cosa avesse detto, il ragazzo non l’avrebbe creduta, ma provò comunque a cercare di discolparsi.
“No-non ho fatto niente” sussurrò, mentre altre lacrime si aggiungevano a quelle già cadute.
“Mi dispiace, non ti credo” esclamò, infine, Matt, interrompendo la comunicazione.
“Matt! No, no! MATT!” urlò Jennifer, togliendo il telefono dall’orecchio per guardare il display.
Jennifer iniziò a sussurrare continui “No”, poi presa dalla rabbia si alzò e lanciò con violenza il telefono a terra. Quando il rumore dell’impatto telefono-pavimento fu svanito, ci fu un rumore altrettanto chiaro proveniente dal letto.
Jennifer si fece subito attenta, e voltandosi in quella direzione, urlò: “Chi sei?”
Arretrò lentamente verso la parete e con una mano cercò l’interruttore, ma non riuscì ad toccarlo poiché qualcuno, anche se la stanza era completamente al buio, era riuscito a bloccarla.


Spazio autrice:
so che vorreste uccidermi per il mio ritardo, ma (come sempre) mi scuso. mi dispiace non aver aggiornato prima.
beeh. capitolo 23. spero davvero che piaccia, perché a me non convince per niente.
grazie a tutti voi che continuate a seguire la mia storia zjfhjksfhkjafhkjsd
beeh. ho già iniziato a scriver
e il capitolo 24, quindi penso che riuscirò ad aggiornare in settimana.
fatemi sapere se vi è piaciuto questo capitolo.
ciaao, alla prossima.

baci, simo.
arthursheart on twitter c:

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** I missed you, is it the same? ***


Capitolo 24
I missed you, is it the same?


Arretrò lentamente verso la parete e con una mano cercò l’interruttore, ma non riuscì a toccarlo poiché qualcuno, anche se la stanza era completamente al buio, riuscì a bloccarla.
“Perché eri con Trevor?” le chiese subito, a qualche centimetro di distanza.
“Tu chi sei?” chiese lei, spaventata.
“Non riconosci la mia voce?” ribatté il ragazzo con, quello che la ragazza non riuscì a vedere, un sorrisetto compiaciuto stampato sulle labbra.
“N-no” sussurrò lei.
“Meglio. Allora? Perché eri con lui?” chiese, iniziando a stringerle leggermente il braccio.
“Sono andata a una festa, ma lui mi ha riaccompagnata subito a casa” spiegò Jennifer, anche se non sapeva perché non avesse mentito.
C’era qualcosa nella voce del ragazzo che le era vagamente familiare.
“Da quanto tempo avete iniziato a frequentarvi di nuovo?”
“Non ci stiamo frequentando! Io sto con Justin” esclamò lei, scuotendo il braccio per liberarsi, e poi si allontanò di un passo, fino ad aderire alla parete.
Prima che Jennifer potesse fare qualcosa, un sussurro a pochi centimetri dal suo viso la bloccò.
“Era quello che volevo sentirti dire”
La baciò improvvisamente, accarezzandole la guancia.
Dopo i primi attimi di sorpresa, Jennifer riconobbe le morbide labbra e i gesti gentili che potevano essere fatti solo da una persona sul pianeta, e non si sottrasse a quel tocco che le era mancato tantissimo.
La paura, ma anche la rabbia e tristezza che aveva provato a causa di Matt, erano quasi scomparse.
“Hai finalmente capito chi sono” sussurrò lui, staccandosi dalle labbra della ragazza, ma di poco.
“La tua voce è strana”
“Penso sia colpa di un po’ di raffreddore”
“Volevi farmi prendere un colpo, vero?!” esclamò lei accennando un sorriso, e provocando una risata al ragazzo.
“Non potevo festeggiare il mio compleanno lontano da te” esclamò, invece lui, abbracciandola.
“Quindi la tua è una sorpresa. A me è sembrato più uno scherzo per impaurirmi”
In un primo momento Jennifer non ricambiò l’abbraccio.
“Sei davvero arrabbiata?” chiese lui, restando con la testa sulla sua spalla.
“No” ridacchiò, per poi abbracciarlo.
 “Mi erano mancati i tuoi abbracci”
“A me eri mancato tu, è lo stesso?” Jennifer lo strinse di più a sé.
“Penso di sì”
“Devi partire di nuovo?” chiese lei, staccandosi all’improvviso.
“Domani sera” rispose lui, per poi aggiungere: “Non starò a lungo via. Scooter mi ha assicurato che riuscirò a tornare tutte le settimane, non sappiamo quanto ci vuole”
“Hai ancora molto lavoro da fare?” chiese lei.
“Dobbiamo continuare a registrare, ma non preoccuparti. La parte più impegnativa è passata”
Jennifer sorrise, sapeva che non stava mentendo. Andò ad accendere la lampada sul comodino accanto al letto, e poi esclamò, sempre sorridendo: “Meglio con la luce”
“Il tuo letto è davvero comodo, adesso so perché ti svegli sempre più tardi del normale” disse, invece, lui mentre andava a stendersi sul letto.
“Anche tu sei sempre in ritardo” esclamò lei, affiancandosi al ragazzo.
“Lo so” disse e poi le fece la linguaccia. La avvicinò a sé per abbracciarla, e Jennifer appoggiò la testa sul suo petto.
Sentirono la porta d’ingresso chiudersi, ed entrambi capirono che Pattie stava tornando a casa.
“Devi andare?” chiese lei, alzando lo sguardo per incontrare i suoi occhi.
“Dovrei, ma posso tornare a casa anche più tardi” rispose lui sorridendo.
Il suo sorriso di Justin, però, aggiunto al pensiero di restare sola, soprattutto dopo l’ennesimo litigio con Matt, le provocò solo agitazione,
“Se invece resti qui? Non voglio restare da sola, non stasera” chiese, con un tono quasi implorante.
“Mi piacerebbe, ma tuo padre?”
“Lasciamo la porta aperta, così vedono che stiamo solo dormendo” Jennifer accennò un sorriso.
“Fa bene Joseph a non sottovalutare la tua intelligenza”
Justin picchiettò leggermente con il pugno chiuso sulla testa della ragazza.
Continuarono a restare in quella posizione per un po’, fin quando Justin, come se avesse avuto un’illuminazione, le chiese: “Stavi urlando a telefono prima, con Matt. Che è successo?”
Dopo qualche secondo di incertezza, gli rispose,omettendo di raccontare il suo ruolo nella vicenda.
“Mi ha accusato di essere la causa della fine della storia tra lui e Ashley, di averla minacciata”
“La prima volta che avete litigato era proprio per questo” pensò lui ad alta voce.
“E adesso è ancora più convinto del mio cambiamento” lo interruppe lei.
“Gli passerà appena capirà che sei innocente”
In quel momento Jennifer si sentì divorare dai sensi di colpa perché non era innocente ed era una bugiarda, così si alzò dal letto e andando ad aprire la porta della stanza, disse: “Dai, su, adesso dormiamo.”
Si misero entrambi sotto le coperte e si addormentarono stretti in un abbraccio.
 
La mattina dopo Jennifer si svegliò a causa di Justin che continuava a sussurrarle di svegliarsi.
Aprì gli occhi e iniziò a guardarlo restando in silenzio. Justin invece sorrise e le baciò una guancia.
La ragazza si avvicinò al corpo che aveva accanto, e lo abbracciò, poi appoggiando la testa sul suo petto  disse: “A quanto pare ti dispiaceva farmi dormire un po’ di più”
“Non possiamo sprecare il tempo di questo giorno speciale” disse lui, facendo il vago, per poi aspettare la reazione della ragazza.
Ci volle qualche istante affinché Jennifer ricordasse che giorno fosse. Poi si mise di scatto a sedere e, girandosi a guardarlo, urlò: “Auguri diciottenne!”
“Sei abbastanza ritardata di mattina a capire le cose” ridacchiò lui, per poi aggiungere un grazie e ricambiare il forte abbraccio della ragazza.
“Appena sveglia non connetto subito” esclamò lei, mettendosi sulla difensiva e provocando una risata al ragazzo. “Che programmi hai oggi?” chiese poi, alzando lo sguardo verso i suoi occhi.
“In mattinata dobbiamo andare da Joseph”
“Ma è domenica” protestò lei, interrompendolo.
“Non possiamo disubbidire, lo sai” disse lui, diventando improvvisamente serio.
Lei notò il cambiamento e si affrettò a chiedere: “È successo qualcosa?”
“No, no. Pensavo” sussurrò in risposta, poi aggiunse, con tono di voce un po’ più alto: “Non ho proprio voglia di rivedere Joseph dopo tutto il tempo che gli sono stato lontano”
“Pensa al lato positivo: c’è Oliver” esclamò lei, ridacchiando.
“Davvero positivo” esclamò lui, sarcastico.
“Alziamoci, abbiamo una visita da fare” disse Jennifer contro voglia, mettendosi in piedi.
“Tu inizia a prepararti, io vado a cambiarmi a casa. Ci vediamo dopo” la salutò con un altro bacio sulla guancia.
Justin uscì dalla stanza, lasciando la porta così com’era rimasta tutta la notte: aperta.
Jennifer si sedette sul letto, ripensando agli avvenimenti della scorsa notte, al ricoinvolgimento di Trevor nella sua vita, alla ramanzina di Joseph e a quella di ..
“Cosa ti è saltato in mente?” urlò la madre entrando come una furia nella sua stanza.
“Non urlare, donna!” esclamò lei, coprendosi le orecchie con le mani.
“Non chiamarmi donna! Adesso mi spieghi perché è rimasto a dormire qui” continuò ad urlare la madre.
“Perché gliel’ho chiesto io!” urlò a sua volta Jennifer.
“Gliel’hai chiesto tu?! GLIEL’HAI CHIESTO TU?” urlò ancora più forte.
“Abbiamo dormito. Sai cosa significa dormire? E abbiamo lasciato anche la porta aperta!” esclamò, sospirando rumorosamente.
“Ti stai prendendo troppa libertà” affermò la donna, riprendendo la calma.
“Quella che da sempre cerchi di togliermi!” urlò la ragazza, stanca del comportamento della madre.
“Adesso hai esagerato” disse la madre, con calma, guardandola con occhi furenti. Si incamminò verso la porta della stanza, prese la chiave presente nella serratura interna e disse: “Oggi resti a casa. Non uscirai di qui fin quando non lo decido io”
Quando Jennifer capì cosa la madre volesse fare, era già troppo tardi: aveva appena chiuso la porta della stanza, con una mandata di chiave.
Si precipitò alla porta, scuotendo la maniglia per cercare di aprirla. Ma fu inutile.
Iniziò a dare pesanti pugni sulla porta accompagnati dai suoi urli.
“Non puoi chiudermi in camera! Non sono la tua Cenerentola! Apri questa cazzo di porta!” urlò, sfoggiando tutta la sua rabbia.
Non era il tipo che utilizzava termini del genere, ma in questa situazione la madre l’aveva mandata su tutte le furie, inoltre stare a stretto contatto con Trevor, le aveva dato il modo di apprendere un bel numero di parolacce.
“Devi imparare la lezione” disse la madre dall’altro lato, era rimasta lì per vedere la reazione della figlia.
“Non ho nessuna lezione da imparare! Apri questa porta! Subito!” continuò a urlare lei, colpendo la porta con più forza.
Sentì la madre scendere le scale molto lentamente. Fu attraversata da un moto di rabbia.
“Apri la porta! Non andartene!” urlò ancora, intenzionata ad abbattere la porta con i suoi pugni.
Si inginocchiò a terra, appoggiando la testa alla porta, e iniziò a pensare a un modo per aprire quella porta. Strinse i pugni ancora più forte. In quel momento se avesse avuto Ashley a poca distanza l’avrebbe uccisa nel giro di pochi minuti.
Prima di iniziare ad aprire la porta, perché aveva trovato un modo per cercare di farlo, decise di prepararsi.
Si alzò in piedi e tolse i vestiti che aveva tenuto tutta la notte, per poi indossare un jeans e un maglione.
In quel momento ringraziò mentalmente di avere il bagno in camera, così andò a lavarsi e poi pettinò i capelli, che lasciò sciolti. Prese una forcina e ritornò nella stanza dove, prima di avvicinarsi alla porta, prese una borsa in cui mise il portamonete, il cellulare e qualche pacchettino di fazzoletti, poi indossò una giacca pesante.
Si avvicinò alla porta a cui appoggiò un orecchio per sentire se ci fosse qualcuno nel corridoio o nelle camere accanto alla sua. Sentì solo rumori provenienti dal piano inferiore, così si abbassò all’altezza della serratura e iniziò ad armeggiare silenziosamente con la forcina. Dopo qualche minuto sentì un rumore all’interno della porta, girò la maniglia e la aprì  lentamente con un enorme sorriso stampato in viso. Sbirciò sul corridoio per poi uscire dalla stanza e, continuando a fare meno rumore possibile, scese le scale. Prima di raggiungere la porta d’ingresso, sbirciò all’interno della cucina e vide la madre, intenta a sciacquare chissà cosa,  di spalle, colse l’attimo e in punta di piedi raggiunse la porta.
La aprì lentamente, per poi chiuderla con tutta la forza che aveva nelle braccia, per spaventare la madre.
Davanti casa sua c’era già Justin in macchina, che l’aspettava. Corse verso l’auto e mentre si sedeva avanti, accanto al ragazzo, vide la madre uscire di casa e guardare verso loro, con un’espressione indecifrabile.
“Vai, su! Parti!” esclamò Jennifer, con un tono di voce troppo alto.
Justin fece come gli era stato urlato: partì subito.
“Che è successo con tua madre?” chiese lui, ridacchiando.
“Mi aveva chiuso in camera, ma sono riuscita a scappare” esclamò lei, con un sorriso trionfale stampato sul viso.
“Joseph e Oliver stanno avendo una cattiva influenza su di te” ridacchiò Justin, tenendo lo sguardo puntato sulla strada.
Jennifer si rabbuiò, purtroppo Justin aveva ragione, ma nascose i suoi pensieri fingendosi offesa.
“Puoi riportarmi a casa così torno in camera mia a fare la Cenerentola”
“Certo che no! Non posso trascorrere il mio compleanno senza la mia ragazza” disse lui, sorridendo.
Jennifer si entusiasmò, giusto il tempo, però, di riflettere meglio sulle parole utilizzate da Justin, che tornò a rabbuiarsi.
“Giusto, i paparazzi” disse, infatti, volgendo lo sguardo all’esterno.
Justin stava per negare, stava per dire che non aveva minimamente pensato ai paparazzi, poi si bloccò ricordando il discorso che gli aveva fatto Scooter prima del suo ritorno a Stratford.
Restarono in silenzio durante tutto il tragitto, e non parlarono neanche quando scesero dall’auto per dirigersi nel piccolo edificio dove abitualmente si svolgevano gli addestramenti, e dove c’erano già Oliver e Joseph ad aspettarli.
“Justin! Da quanto tempo” esclamò Joseph, in segno di saluto appena i due ragazzi entrarono nella sala.
“Passerà un altro po’ di tempo prima che mi vedrai di nuovo” disse Justin, con lo stesso entusiasmo con cui Joseph l’aveva salutato.
“Non ci scommetterei. Come sta andando il tuo addestramento?”
Jennifer nel frattempo, dopo aver salutato Oliver, si era affiancata a Justin.
“Molto bene, è davvero molto meglio allenarmi lontano da te” esclamò Justin, con un sorriso di sfida.
“Ok, va bene. Basta” urlò Jennifer. “Non sono scappata di casa per assistere ai vostri odiosi litigi!” guardò prima Joseph e poi Justin e rivolta a Joseph, aggiunse:
“Perché ci hai voluto qui?”
“Devo parlare con Justin di una cosa” rispose l’uomo.
“Va bene, ti ascolto” disse Justin, tornando serio.
“C’è stato un cambio di programma. Dovrete diventare al più presto delle spie, quindi appena finirai di registrare il cd dovrai subito tornare qui per riprendere l’addestramento” spiegò Joseph, rivolgendo un veloce sguardo a Jennifer.
“Quindi..
“Quindi rimanderai l’uscita del cd, si tratta di qualche mese” disse Oliver, interrompendo Justin.
“Ti concedo solo una settimana, dopodiché devi assolutamente tornare per l’ultima parte dell’addestramento” finì Joseph.
In quel momento squillò il cellulare di Justin, che si allontanò di qualche metro dopo aver detto “Scusate, è Scooter”.
Jennifer iniziò a guardare Joseph dritto negli occhi, per cercare di capire i suoi pensieri, ma lui la rese partecipe nel momento in cui disse: “Domani devo parlarti, cerca di essere puntuale”
“Sono sempre puntuale” esclamò lei, mettendo il broncio.
“Non da quando hai ricominciato a parlare con Trevor” disse lui, guardandola con sguardo severo.
“Lo so che ho sbagliato a riavvicinarlo. L’ho messo di nuovo in pericolo” esclamò lei, cercando di mantenere il tono di voce abbastanza basso da non farsi sentire da Justin, poi con un filo di voce aggiunse: “Sono già piena di sensi di colpa, non aggiungerne altri”
Joseph sorrise a quelle parole, comprendendo la situazione in cui si trovava della sua ‘allieva’. Non aggiunse altro, e aspettarono che Justin finisse di parlare a telefono.
Quando Justin ritornò accanto a loro, disse rivolto a Jennifer: “Ti saluta Scooter”
La ragazza sorrise e fece un cenno con il capo.
“Prima che tu iniziassi a parlare a telefono stavamo parlando di cose serie!” esclamò Oliver con un tono tra l’arrabbiato e l’irritato.
“A me sembrava che Joseph mi avesse detto tutto quello che avevo bisogno di sapere” ribatté Justin cercando di mantenere la calma.
“Sì, gli avevo detto tutto. Oliver non ti scaldare, sono io che detto le regole qui” esclamò Joseph, volgendo il viso nella direzione di Oliver.
“Possiamo anche andare, adesso?” chiese Jennifer: ne aveva abbastanza dell’atmosfera che si era creata tra Justin e Oliver.
“Sì. Justin domenica prossima ti rivoglio a Stratford. Jennifer noi ci vediamo domani” rispose Joseph, rivolgendo ad entrambi un sorriso.


Spazio autrice:
mi odiate vero? quanto è passato dall'ultimo capitolo? due settimane? tre? non mi ricordo. e mi dispiace tantissimo per questo ritardo. ma ho iniziato a rifrequentare regolarmente la scuola, e i miei mi hanno mandata a ripetizioni per farmi studiare. quindi avevo tempo zero per scrivere. scusaaaate.
avete avuto paura della figura misteriosa eh?
Justin è toornato. un piccolo regalo per voi, che avete detto che vi è mancato u.u
non ricordo chi, nella recensione, era dispiaciuta per le bugie che Jennifer dice a Justin. beh come Jennifer ha le sue bugie, anche Justin ha qualcosa da nascondere. quindi don't worry (?) lol
non preoccupatevi: Justin ci sarà ancora nel prossimo capitolo u.u devono trascorrere insieme il suo diciottesimo compleanno.
ammetto che non ho idee per il prossimo capitolo, quindi non posso anticipare niente neanche se lo volessi.
Grazie mille a tutti voi che leggete, che recensite e che mettete le storie tra le seguite/preferite/ricordate. vi amo ogni giorno di più!
spero che vi piaccia, quindi fatemi sapere i vostri pareri su questa specie di capitolo.
inoltre spero davvero di aggiornare presto.
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** I'm sorry ***


Capitolo 25
I'm sorry


Avevano lasciato la palestra da 5 minuti, che velocemente divennero 10 minuti.
Silenzio.
C’era solo silenzio in quell’auto.

Justin guidava senza sapere dove andare e Jennifer era attenta ad evitare il ragazzo che aveva a meno di un metro di distanza. Era felice che fosse tornato, ma la motivazione del suo ritorno non le era piaciuta: aveva detto che lui voleva trascorrere il suo compleanno con lei per i paparazzi, ma lui non si era degnato di smentirla. Era certa, dunque, che la sua rabbia e delusione fossero giuste.
Justin, invece, non riusciva a capire perché lei non parlasse e perché fosse diventata fredda, anche se aveva un sospetto e, stanco dell’insopportabile silenzio, accostò l’auto al marciapiede, in un posto libero tra altre due auto, e si voltò per fronteggiarla.
“Allora?” chiese e, appena Jennifer si fu voltata nella sua direzione, aggiunse: “Che ti è successo?”
Jennifer finse di non capire e assunse un’espressione interrogativa, e pensò anche di essere diventata una brava bugiarda poiché Justin aveva creduto alla sua espressione. 
“Sei troppo silenziosa” rispose lui, alla tacita domanda della ragazza.
Lei si strinse nelle spalle, non sapendo davvero cosa dire.
“Ho detto o fatto qualcosa di sbagliato?” chiese, ancora, lui, avvicinandosi così da poter cogliere tutti i cambiamenti di espressione della ragazza.
Jennifer ebbe un attimo di esitazione, sorpresa dipinta in viso per qualche attimo, poi si ricompose, assumendo un’espressione neutra.
“No, sono solo sovrappensiero, scusa” mentì lei, anche se consapevole di aver usato un tono per niente credibile.
Justin sorrise, le si avvicinò e l’abbracciò.
“Non puoi mentirmi, Jennifer. Dovresti saperlo” le sussurrò nei capelli, stanco di essere all’oscuro di tutti i particolari della vita di Jennifer, da quando era dovuto partire per Los Angeles.
“Che intendi?” chiese lei, temendo di essere stata scoperta.
“Intendo tutto. Ho visto gli sguardi che vi lanciate tu e Joseph, mi state nascondendo qualcosa” rispose lui, sciogliendo l’abbraccio per prendere il viso della ragazza tra le mai.
“N-noi..
“Ti ha mandata in missione senza di me?” chiese lui, interrompendola, intenzionato a scoprire tutta la verità.
“No, certo che no” rispose Jennifer con decisione.
“E allora cosa? Cosa mi stai nascondendo?” chiese ancora, quasi supplicandola di dirgli la verità.
“I-io..” si bloccò perché il cellulare iniziò a vibrare, segno dell’arrivo di un messaggio.
Guardò prima Justin, poi allontanò il viso dalle sue mani, prese il cellulare e aprì il messaggio che scoprì essere di Oliver.
- Devi decidere tu se parlargli e dirgli la verità. –
Sospirò rumorosamente leggendo quelle parole e sussurrò un ‘ Vi odio ’ in modo che Oliver e Joseph, che li stavano ascoltando, lo sentissero.
Decise, quindi, di raccontare a Justin tutto ciò che quei due le avevano vietato di dirgli.
“È ancora intero il tuo cellulare?” chiese Justin, ridacchiando e alleggerendo l’atmosfera che si era creata tra loro.
“In realtà si è spaccato il display, ma funziona ancora” rispose lei, accennando un sorriso.
Il momento in cui rialzò lo sguardo sul volto di Justin, il sorriso le scomparse dal volto.
A una quindicina di metri da loro, su quello che sembrava un prato, c’erano alcune persone, tra cui riconobbe un uomo, che era semi-girato nella loro direzione: era uno dei due scagnozzi di Ashley, che erano con lei quel giorno nella sua scuola.
Tirò subito il braccio di Justin verso il basso, così da farlo abbassare. Un’espressione confusa si disegnò sul volto del ragazzo, ma si abbassò subito, proprio come aveva fatto lei.
“Che succede?” sussurrò lui, guardandola negli occhi.
“Ci sono delle persone, vestite di nero. Penso di sapere chi sono” rispose lei, cercando di calmarlo.
“Resta abbassato” gli sussurrò lei, prima di alzarsi lentamente per controllare se quelle persone si fossero spostate.
Riconobbe Ashley, che dava ordini ai quattro uomini, i quali si diressero, correndo, due a sinistra e due a destra. Jennifer si riabbassò subito, prima che Ashley si girasse nella loro direzione. Quando si rialzò a guardare sul prato, la vide correre nella direzione opposta alla loro.
Sospirò di sollievo, tornando all’altezza di Justin.
“Dobbiamo andarcene” sussurrò convinta lei.
Il ragazzo annuì anche se non capiva cosa l’aveva spaventata così tanto.
Jennifer si rialzò lentamente, guardando prima a destra e poi a sinistra per accertarsi che gli uomini di Ashley non ci fossero, e poi controllò se la ragazza fosse tornata indietro.
“Non hanno notato la presenza della nostra auto poiché ce ne sono altre due” sussurrò lei.
Justin continuava a stare abbassato, aspettando che Jennifer gli dicesse cosa avrebbe dovuto fare.
“Dobbiamo andarcene” sussurrò di nuovo lei.“Dobbiamo approfittare che non c’è nessuno per mettere in moto l’auto e fare lentamente le manovre per uscire da questa trappola di parcheggio”
Jennifer abbassò lo sguardo per incrociare quello di Justin.
“Alzati così come sto io, non troppo in alto né troppo in basso e metti in moto l’auto mentre io controllo che nessuno torni”
Justin annuì ancora, iniziando ad alzarsi lentamente. Accese l’auto e iniziò a fare lentamente le manovre necessarie per uscire dal parcheggio, mentre Jennifer continuava a spostare lo sguardo verso destra e sinistra.
Aveva una paura tremenda. Aveva paura che qualcuno degli uomini tornasse indietro e li vedesse. Aveva paura di essere trovata da Ashley, perché lei avrebbe pensato che la stessero seguendo e spiando.
Guardò per un istante Justin che continuava a guidare lentamente l’auto.
In quel momento capì.
Capì che non le interessava se Ashley l’avesse trovata.
Voleva solo che lei non trovasse Justin.
Non voleva mettere lui in pericolo.
Era la stessa ragione per cui gli stava mentendo.
“Jenny” sussurrò lui, distraendola dai suoi pensieri “Adesso possiamo andarcene”
Jennifer annuì, così Justin si posizionò meglio sul sedile, e iniziò ad allontanarsi aumentando man mano la velocità.
Jennifer, a sua volta, sprofondò con la schiena nel sedile, sospirando e aspettando l’interrogatorio che non tardò ad arrivare, quando ormai erano molto lontani da Ashley.
“Chi erano?” chiese, infatti, Justin, non staccando lo sguardo dalla strada.
Jennifer si girò a scrutare la sua espressione, notò la mascella tesa e lo sguardo duro.
“Ashley e alcuni uomini che ho già visto” sussurrò Jennifer, dicendo finalmente la verità.
L’auto si fermò bruscamente.
Jennifer saltò a causa dello spavento, e iniziò a respirare affannosamente mentre osservava la strada deserta.
“Dove li hai visti?”
Justin continuava a guardare la strada, anche se erano fermi, e iniziò a stringere il volante con le mani.
“Q-qualche settimana fa… E-ero con Oliver..
“Quindi ti ha mandato in missione?” urlò interrompendola, facendo scattare la testa nella sua direzione.
“No, no” esclamò lei, disperata. “Eravamo a scuola, prima dell’inizio delle lezioni e ho visto due uomini camminare nel corridoio” iniziò a spiegare, continuando a sussurrare.
Justin continuò a guardarla, aspettando che lei continuasse a parlare.
“Li seguimmo e ci nascondemmo a spiarli” prese un respiro profondo e abbassò lo sguardo sulle sue mani prima di continuare.
Nel frattempo Justin aveva rimesso in moto l’auto, iniziando a dirigersi di nuovo verso il centro, ascoltando attentamente il racconto della ragazza.
“Ashley ci scoprì perché era dietro di noi. Aveva una pistola e ci ordinò di entrare nel corridoio in cui erano i suoi uomini”
Justin trasalì, un espressione di terrore si disegno sul suo volto, stava per chiederle di continuare, quando lei, dopo un altro respiro, lo anticipò.
“Riuscii a disarmarla mentre era distratta, e mi impossessai dell’arma”
Justin aprì la bocca per la sorpresa, girandosi a guardarla solo per un attimo, ma non potè incrociare il suo sguardo poiché Jennifer continuava ad avere lo sguardo basso.
“Quello che Ashley  ha detto a Matt, che io l’ho minacciata è vero. Le ho ordinato di non farsi vedere più e di lasciare Matt, solo per proteggerlo” rispose lei, abbassando man mano la voce.
Al ricordo della sua minaccia nei confronti della bionda spia, le tornarono in mente le parole di Matt. Si strinse nelle spalle e sprofondò ancora di più nel sedile.
Erano arrivati, da qualche minuto, nel centro della città.
Justin parcheggiò l’auto nel primo posto libero che trovò, si voltò a guardarla e capì subito che c’era qualcos’altro che la turbava. Non voleva essere arrabbiato con lei perché gli aveva mentito, poiché non conosceva il motivo. Gli sfuggì un sorriso per la sua stupidità, poiché sapeva molto bene di non riuscire ad essere arrabbiato con lei.
“È stato Joseph a dirti di non raccontarmi questa storia, vero?”
Jennifer annuì, non voleva guardarlo e vedere la rabbia nel suo sguardo, quindi continuò a guardare le sue mani.
“Se c’è qualcos’altro che ti turba, puoi parlare con me” disse lui, avvicinandosi e prendendole il mento per poter guardarla negli occhi.
“A causa di Ashley ho perso il mio migliore amico. La ucciderò”
Jennifer diede sfogo al pensiero che la stava divorando dalla sera precedente, che detto a voce non le sembrò più così grandioso.
Justin si lasciò sfuggire un risata, finendo per contagiare anche la ragazza.
Le si avvicinò e le diede un leggero bacio sulle labbra.
“Ti va di fare una passeggiata?” le chiese poi, allontanandosi e uscendo dall’auto.
Jennifer fece lo stesso raggiungendolo sul marciapiede e appena furono vicini, Justin le prese la mano e iniziarono a camminare uno accanto all’altro.
“Non sei arrabbiato?” chiese Jennifer, alzando lo sguardo per guardarlo dritto negli occhi.
“No, non potrei essere arrabbiato con te, ma cerca di non mentirmi più” disse l’ultima frase quasi supplicando, ricambiando lo sguardo e regalandole un sorriso.
Camminarono per un bel po’ di tempo, guardarono le vetrine dei negozi, parlarono, risero, Justin ogni tanto faceva qualche autografo o qualche foto e Jennifer lo osservava sorridendo.
Verso l’ora di pranzo Justin si fermò bruscamente facendo quasi cadere all’indietro Jennifer.
“Cosa ca..ca…cavolo fai?” disse lei, correggendosi all’ultimo momento.
Justin la guardò aggrottando la fronte. “Da quando usi quei termini?”
“Non uso nessun termine” rispose lei, guardandosi intorno.
“Jennifer” la richiamò lui, affinché lei tornasse a guardarlo.
Lei lo guardò con un’espressione angelica stampata sul volto, suscitandogli una risata.
“Andiamo a mangiare” disse infine lui, continuando a ridacchiare.
Andarono a mangiare in un ristorante, poi lui la portò al parco lì vicino.
Camminarono un po’, mano nella mano, osservando tutte le altre persone che come loro stavano passeggiando.
“Scusa” sussurrò all’improvviso Justin.
Jennifer lo guardò con un espressione confusa, non riuscendo a capire il motivo di quelle scuse.
Justin si fermò, bloccando anche la ragazza. Guardava dritto davanti a sé e dal suo viso non traspariva nessuna emozione, anche se al suo interno era in atto una battaglia.
Sentendo lo sguardo di Jennifer sul viso, Justin iniziò a camminare verso una panchina per prendere un po’ di tempo in più da dedicare alla sua decisione. Una volta seduti sulla panchina, Justin continuò a guardare dritto davanti a sé, con un’espressione indecifrabile sul viso.
L’aveva giurato a Scooter. Gli aveva giurato che lei non avrebbe saputo niente. L’aveva giurato perché tenerla all’oscuro di quel piccolo ma importante particolare avrebbe facilitato il loro compito di spie.
Non poteva mettere entrambi in pericolo.
Non poteva mettere 
lei in pericolo.
Si girò all’improvviso verso la ragazza seduta accanto a lui e accennò un sorriso quando vide che lei gli stava stringendo le mani.
Prima che lei potesse dire o fare qualsiasi cosa, le prese il viso tra le mani e la baciò.
Un groviglio di labbra e di lingue in cui lui cercò di trasmetterle tutto ciò che a parole non poteva dirle.
In cui lei cercò di sentire più vicino possibile il ragazzo che aveva accanto.
Perché Justin sapeva già quali fossero i sentimenti che provava.
Perché Jennifer invece non aveva ancora dato un nome alle emozioni che quel ragazzo le provocava.


Spazio autrice:
beh, che dire. per scusarmi dell'enorme ritardo ho scritto un capitolo incentrato più sui sentimenti che 'sti due provano. vi manderà fuori di testa, lo so lol
penso che si capisca tutto, anzi lo spero. non ho voluto spiegare bene ciò che Justin e Scooter nascondono, ma penso che alla fine si capisca. se non capite io sono qui, chiedete qualsiasi cosa c:
ringrazio tutte voi che nonostante i miei ritardi state ancora seguendo la mia storia, vi sono grata.
beh. che dire. spero di leggere anche in questo capitolo le vostre stupende recensi0ni.
Una cosa che volevo dirvi è che sto rivedendo i primi capitoli, infatti tra un po' penso di fare qualche piccola modifica al primo e al secondo capitolo. la trama dei capitoli che modificherò non cambia, cambia solo la forma c:
alla prissima!
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** I’m going to help you ***


Capitolo 26
I’m going to help you

 

“Ci vediamo a mensa”
Così aveva salutato Oliver, dopo il suono della campanella. Avrebbe dovuto raggiungere la sua classe, come aveva fatto il ragazzo, ma, dato che aveva alcuna voglia di ascoltare la noiosa e interminabile lezione di storia, perdeva tempo gironzolando per i corridoi.
Stava camminando a testa bassa quando sentì qualcuno correre nella sua direzione. Alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere due amici di amici di Trevor fermarsi accanto a lei.
“Ti dobbiamo parlare, è importante”
Jennifer li guardò, aggrottando le sopracciglia.
“Siamo amici di Trevor, io sono Lucas, lui è Kyle. Sabato ti abbiamo visto con lui”
Jennifer annuì, aspettando che uno dei due iniziasse a spiegare la situazione.
“Ieri come tutte le domeniche, siamo andati a casa sua e la madre ci ha mandati via dicendoci che non potevamo più vedere suo figlio” raccontò Kyle, mentre Lucas annuiva, per poi continuare il racconto.
“Trevor abita in un appartamento a piano terra, così noi abbiamo fatto il giro della casa per vedere se era in camera” Lucas si fermò a fissare Jennifer.
“L’avete trovato in camera a dormire?” chiese Jennifer, sperando in una risposta affermativa.
“Non c’era nessuno nella camera, sembrava disabitata da anni”
“Forse avete guardato nella stanza sbagliata” esclamò lei, con un tono di voce un po’ alterato, sperava solo che Trevor stesse bene.
“Conosciamo bene la stanza di Trevor, e quella era la sua camera” disse Kyle, indurendo il tono di voce e fissando i suoi occhi azzurri in quelli castano scuro della ragazza.
“Volevamo che ci aiutassi a capire dove potrebbe essere andato” disse Lucas, che invece sembrava più disponibile al dialogo dell’altro.
“Certo. Potete contare sul mio aiuto” esclamò Jennifer con un sorriso, mentre cercava di evitare di pensare a Joseph e al fatto che sarebbe stato contrario.
“Raccontaci cosa avete fatto sabato alla festa” chiese Kyle, piegando la testa di lato.
“Siamo andati a casa di Megan, ma dopo un po’ non mi sono sentita bene e mi ha riaccompagnato a casa” spiegò lei, non aveva intenzione di rivelare tutta la verità.
“Quindi quando ti ha chiamato, non era con lei” disse Kyle, rivolto a Lucas.
Jennifer li guardò, curiosa di sapere di cosa stessero parlando.
“Dopo che ti ha riaccompagnato a casa non l’hai più visto?” le chiese Lucas, accennando un sorriso.
“Lucas, ha passato tutta la giornata con Justin Bieber, non aveva bisogno di Trevor” esclamò Kyle, senza lasciar trasparire la sua rabbia.
“Cosa? Che hai detto?” esclamò Jennifer, facendo un passo avanti. Avevano entrambi una maschera di rabbia in viso.
“Ti sei riavvicinata a Trevor solo perché non c’era il tuo fidanzatino.” rispose Kyle, facendo a sua volta un passo in avanti.
Passarono alcuni istanti in cui si guardarono, poi Jennifer lo afferrò per la maglietta e con forza lo sbatté contro gli armadietti che erano alla loro destra.
“Ripeti quello che hai detto” sussurrò a denti stretti.
Erano a pochi centimetri di distanza con le punte dei nasi attaccate.
“Hai solo usato Trevor quando eri sola” sussurrò lui, continuando a guardarla negli occhi.
Lucas si immobilizzò, non sapeva come comportarsi. Erano entrambi sorpresi dalla reazione della ragazza.
Jennifer stava per dare a Kyle un pugno in faccia, quando sentirono una porta di una classe chiudersi e poi una voce.
“Che succede qui?”
Si girarono verso colui che aveva parlato e che adesso stava avanzando nel corridoio.
Jennifer si staccò da Kyle, e fissò i suoi occhi in quelli azzurro mare del ragazzo che guardavano proprio nella sua direzione.
“Da quando fai a pugni con i bulli della scuola?”
“Da quando non ho più il mio migliore amico a difendermi” rispose prontamente lei, stringendo un pugno mentre continuava a fissarlo.
Il ragazzo, che ormai si trovava di fronte a lei, notò il suo gesto di rabbia, si avvicinò e la strinse a sé.
Jennifer si rilassò lentamente, ricambiando quel gesto di affetto.
“Sono stato un coglione” le sussurrò nei capelli, mentre le accarezzava la schiena. “Non avrei mai dovuto dirti quelle cose, avevo bevuto un bel po’ e Ashley mi aveva detto quelle cose, ho perso la ragione”
Matt appoggiò la sua fronte a quella della ragazza, e quasi supplicando, sussurrò: “Mi perdoni?”
Jennifer lo guardò negli occhi, e in quell’azzurro vi lesse solo sincerità e tristezza, azzurro che in quel momento era lucido, a causa di lacrime che minacciavano di uscire.
Jennifer lo abbracciò di nuovo limitandosi a dire “Mi sei mancato”
Il suono di un colpo di tosse riportò i due alla realtà ed entrambi si voltarono verso gli altri due ragazzi che erano ancora lì.
Lucas osservò Jennifer aspettando che lei dicesse qualcosa, Kyle invece fissava il pavimento stringendo i pugni.
“Ragazzi, finiamo di parlare a mensa, okay?” disse lei, rivolgendosi più a Lucas che a Kyle.
Lucas fece un cenno con la testa, e prendendo il braccio di Kyle, si allontanò trascinandolo, per lasciare Jennifer e Matt da soli.
“Che volevano?” chiese Matt, facendo un cenno verso il corridoio ormai vuoto.
“Mi hanno solo chiesto se ho visto Trevor” rispose lei, scrollando le spalle.
“E perché stavi per dargli un pugno?” chiese ancora lui.
Jennifer lo osservò per qualche secondo, poi iniziò a ridere.
“Non cambi mai, vero?”
Matt la guardò, cercando di capire a cosa di riferisse.
“Il fare domande su domande” esclamò lei, sorridendo.
“Mi preoccupo per te” rispose lui, ricambiando il sorriso.
“Usciamo un po’ fuori?” chiese lei, e senza aspettare la risposta prese la sua mano e lo trascinò fuori dall’edificio.
Si sedettero sulle scale all’ingresso, e per un po’ osservarono le auto sulla strada.
“Ieri ho visto te e Justin in tv” sussurrò Matt.
Jennifer si voltò per guardarlo. Il ragazzo aveva la mascella serrata e lo sguardo fisso davanti a sé.
“Non voi, erano alcune foto” fece un sospiro, poi disse ancora “Era un servizio su voi due”
La ragazza non riusciva ancora a capire a cosa volesse arrivare. I giornalisti ormai guadagnavano soprattutto con notizie riguardanti loro due, ci era abituata.
“Mi dispiace se in quest’ultimo periodo mi sono comportato male con te” concluse il ragazzo, avvolgendo un braccio sulle spalle della ragazza per avvicinarla a sé.
“Matt, guardami” esclamò lei, aspettando che il ragazzo le rivolgesse tutta la sua attenzione.
Quando non ebbe nessun segno da parte sua, lo costrinse a girare il viso verso di lei, e a guardarla negli occhi.
“Non pensare al passato, adesso siamo qui, come se non avessimo mai litigato”
Matt annuì e la abbracciò.

Trascorsero tutta la mattinata in giro per la scuola.
Jennifer non si presentò in classe, invece Matt, che era maggiorenne e aveva già seguito la prima ora, mentì di avere un forte mal di pancia e saltò il resto delle lezioni.
Era ormai l’ora di pranzo, così insieme raggiunsero la mensa.
Aprirono la porta della sala mensa, e mentre entravano Jennifer fu affiancata da Oliver.
“Ciao” esclamò lei, regalando al ragazzo un sorriso raggiante.
Matt, che non aveva notato l’arrivo di Oliver, disse a Jennifer che sarebbe andato a prendere da mangiare anche per lei.
Appena si fu allontanato, Jennifer prese per un braccio Oliver e lo portò in una parte della sala dove c’erano ancora poche persone.
“Devi aiutarmi” esclamò con un tono non troppo alto, per non farsi sentire da altre persone.
Oliver la guardò, facendole esortandola a spiegare.
“Trevor. I suoi amici non sanno dove sia” spiegò lei.
“Forse è solo a casa sua e sta..
“No!” urlò lei, interrompendolo.
“Sono già andati a casa sua, non c’è traccia di lui, come se non fosse mai vissuto lì”
La ragazza lo guardò negli occhi per cercare di capire cosa lui stesse pensando, ma non ci riuscì.
Oliver aveva sempre la solita espressione, una maschera difficile da interpretare e da capire.
“Mi serve l’attrezzatura di Joseph” disse, infine, lei, sussurrando.
“Quale attrezzatura?” sussurrò lui, in evidente disagio.
“Sai di cosa parlo. Quella che usa per controllare me e Justin. La conosci bene”
Oliver la afferrò per le spalle, costringendola, così, a guardarlo dritto negli occhi, poi esclamò: “Dimentica Trevor, hai cose più importanti a cui pensare”
“Devo sapere che sta bene, se gli fosse successo qualcosa non riuscirei mai a perdonarmelo mai” sussurrò lei, guardando il pavimento.
Poi fissò i suoi occhi in quelli del ragazzo e, a denti stretti, sussurrò: “Lo troverò con o senza il tuo aiuto e quello di Joseph”
Oliver sospirò rumorosamente, lasciandola e passandosi una mano tra i capelli.
“Se non cambi idea, sono costretto ad aiutarti. Devo assicurarmi che tu sia al sicuro”
“Bene, perché dobbiamo iniziare da oggi” esclamò lei, iniziando a camminare verso l’uscita.
“Dove corri?” chiese, afferrandola per un polso, quando lei fu di nuovo rivolta nella sua direzione, continuò: “Sei in punizione, e Joseph non vuole avere altri problemi con tua madre, quindi vuole rispettare i suoi orari”
Stava per dire che non avevano mai rispettato le regole della madre, ma Oliver la bloccò.
“Devi completare l’addestramento il prima possibile, non possiamo avere rallentamenti”
“E allora andiamo subito da Joseph” esclamò lei, riprendendo il suo cammino verso l’uscita.
Vide da lontano Matt, seduto a un tavolo, e, dopo aver detto a Oliver che l’avrebbe raggiunto all’auto, si diresse dal suo migliore amico.
“Eccoti” esclamò il ragazzo, sorridendole. “Non ti trovavo più”
“Lo so, Matt, scusa. Sono in punizione e devo tornare a casa alle quattro, quindi ho anticipato la palestra” spiegò lei, dicendo solo la verità.
“Tua madre?” chiese lui, sospirando, anche se già sapeva la risposta. “Non preoccuparti, ci vediamo domani”
“Grazie Matt” disse lei infine, dando al ragazzo un bacio sulla guancia.
“Ci vediamo domani” aggiunse mentre correva verso l’uscita della sala.
Stava per aprire una delle porte dell’ingresso della scuola, quando sentì una mano appoggiarsi sulla spalla.
Prima che potesse difendersi, sferrando, magari, un bel pugno in faccia, la anticipò esclamando: “Sono Kyle”
Quando si girò definitivamente nella sua direzione, vide che aveva le mani alzate.
“Stavate per picchiarvi di nuovo?” chiese Lucas, che li aveva appena raggiunti.
“No” rispose Jennifer, che non aveva intenzione di distogliere lo sguardo da Kyle.
“Allora? Dove stai andando?” le chiese Kyle, con uno strano sorriso sulle labbra.
Jennifer sapeva benissimo cosa stava facendo qual ragazzo: voleva trovare un modo per poterla incastrare e per poter liberamente accusarla di aver solo usato Trevor.
Prima di rispondere, sorrise leggermente, consapevole di coglierlo di sorpresa.
“Mi avete chiesto aiuto per capire dov’è Trevor, o sbaglio?”
A quel punto Kyle aprì la bocca per parlare, ma la richiuse subito.
“A questo proposito, dobbiamo parlarti di una cosa” iniziò Lucas.
“Non credo sia necessario, ormai ha deciso di aiutarci” lo interruppe subito Kyle.
“Invece sì, deve sapere tutto, e adesso”
Jennifer restò ferma lì, aspettando che il litigio tra i due ragazzi finisse.
Alla fine, rivolse lo sguardo verso Lucas, quello che riteneva più simpatico tra i due.
Quest’ultimo, dopo aver preso un respiro profondo, iniziò a spiegare.
“La sera della festa di Megan, Trevor mi chiamò. Da quello che hai detto stamattina, immagino che l’abbia fatto dopo averti riaccompagnata a casa”
Lucas fece una pausa, scrutando l’espressione della ragazza. Non voleva farla arrabbiare così da farle cambiare idea e non aiutarli più.
Jennifer per far sì che continuasse, sussurrò un “sì” annuendo anche con la testa.
“Mi chiamò e mi disse di non poter continuare con una scommessa”
“Che gli avevamo proposto un po’ di tempo fa” finì Kyle, anticipando Lucas.
Si poteva leggere, dalla sua espressione, lo stupore che Jennifer stava provando in quel momento. Non aveva idea di cosa quei due ragazzi stessero parlando.
“Di che scommessa si tratta?” chiese infine, incrociando le braccia al petto.
“In pratica, ogni componente della squadra avrebbe dovuto dargli dieci dollari, se Trevor fosse riuscito ad ottenere un appuntamento con te” rispose Lucas, sussurrando.
“E non come amici” sottolineò Kyle, aggiungendo il suo solito sorrisetto antipatico.
Jennifer li guardò, cercando di capire dalle loro espressioni se quella fosse la verità.
Erano stati sinceri.
Sussurrò un “no” lasciando cadere le braccia, così da farle combaciare ai fianchi, per poi abbassare lo sguardo sul pavimento, non sopportando più gli occhi indagatori dei ragazzi, che scrutavano ogni suo movimento.
In quel momento riuscì a capire perché Trevor le si fosse riavvicinato e perché si comportasse come un perfetto amico.
Avrebbe dovuto capire che c’era qualcosa che non andava.
“Gli ho anche detto che era un amico” sussurrò ancora lei, incapace di credere a quella storia.
Restò ancora con gli occhi bassi, consapevole che loro, soprattutto Kyle, erano attenti al suo comportamento e a ogni sua esitazione.
“Ti capiamo se non voi più aiutarci a capire perché Trevor non è più a casa sua” Lucas le si era avvicinato e le aveva poggiato una mano su un braccio.
Per un piccolo istante, pensò di non essere obbligata ad indagare, pensò di lasciare Trevor dovunque fosse e con chiunque fosse.
Ma fu proprio quel ‘con chiunque fosse’, l’incertezza, il non saperlo al sicuro che le diede la forza di alzare lo sguardo e fissarlo in quello di Lucas.
“Vi aiuterò” furono le uniche parole che pronunciò.
Diede un’ultima occhiata ai due ragazzi, poi uscì dalla scuola e raggiunse l’auto nera parcheggiata proprio lì davanti.

 
Qualsiasi cosa Trevor avesse fatto, non avrebbe mai potuto evitare la sua scomparsa.

Spazio autrice:
cosa dovrei dire a questo punto? oh sì, scusate. ma, sapete, la scuola. sto studiando ogni pomeriggio per riuscire a non essere bocciata, quindi non riesco a scrivere.
ho scritto un capitolo bello lungo luuuungo.
penso che l'idea di Trevor scomparso piaccia a un paio di persone, che di sicuro mi odieranno perché lascio che Jennifer vada a cercarlo. eeeeeeeh non fa niente.
Justin non c'è in questo capitolo, e non so in quanti altri capitoli sarà assente cwc
se fa così tanto schifo, accetto qualsiasi tipo di verdura o frutta mi lancerete.
detto questo, spero che ci sia ancora qualcuno che continua a leggere la mia storia nonostante i ritardi che si fanno sempre più lunghi.
spero che qualche buon anima mi lasci anche una piccola recensione, mi farebbe felice.
anche se l'ho scritto in un sacco di tempo, mi sono impegnata per non fare un lavoraccio, quindi merito un commentino negavito o positivo, no?
beh, spero di aggiornare al più presto.
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** « You have to learn to repress your feelings » ***


Capitolo 27
« You have to learn to repress your feelings »
Jennifer
Non riusciva a credere ai suoi occhi.
Si era immobilizzata a circa un passo avanti l’uscio che aveva appena varcato, e osservava la stanza con gli occhi sbarrati dall’incredulità, e la bocca dischiusa, sorpresa aumentata dal fatto che la stanza era nella semioscurità.
Era sicura che il caro Joseph nascondeva qualcosa di grosso, qualcosa bisognoso di una copertura grande quando tutto l’edificio della palestra, ma quella stanza, e tutto ciò che conteneva, era al di là delle sue aspettative.
Aveva iniziato ad avere sospetti sulla natura del luogo in cui Oliver la stava portando nel momento in cui era stata costretta a voltarsi per permettere al ragazzo di immettere il codice di ingresso, ma anche prima, quando aveva attraversato quei corridoi scuri che avevano risvegliato in lei ricordi che avrebbe preferito non rivivere.
E proprio a causa dei ricordi della giornata in cui tutto iniziò, nacque in lei la paura di rincontrare un qualche agente della CIA, vestito in nero.
Fortunatamente, però, l’unica cosa sorprendente che si era ritrovata davanti era quel paradiso tecnologico, sorpresa da non sottovalutare.
Una parete della stanza era occupata da fin troppi display, tre più grandi erano posti al centro e i due laterali erano stati posizionati in modo trasversale così che fosse più comodo per la persona seduta a quella postazione di consultarli.
Ripresasi dalla sorpresa iniziale, scrutò con più attenzione le immagini che trasmettevano, e con qualche secondo di ritardo capì che provenivano da telecamere, la cui esistenza le era ignota.
I tre display grandi erano divisi in alcuni quadrati, che trasmettevano diverse immagini, e Jennifer scoprì il modo in cui Joseph riuscisse a controllare sia lei che Justin: dallo schermo centrale provenivano immagini della sua scuola, quello a destra di casa sua, e quello a sinistra riprendeva immagini di un luogo a lei sconosciuto ma capì che era legato a Justin perché c’era il suo nome su una targhetta posta sotto il display.
Fu distratta dalle sue riflessione da un rumore alla sua destra, che la fece sobbalzare, costringendola ad allontanare lo sguardo dalle immagini.
Oliver era rimasto accanto a lei, in realtà aspettava sempre l’arrivo di Joseph in piedi a causa della professionalità e del rispetto delle regole che il suo severo addestramento gli aveva impartito, anche se lo stesso Joseph lo avevano invitato numerose volte ad abbandonare il tono formale.
Era silenzioso e consapevole di aver agito contro le regole portando Jennifer alla ‘base’, e solo in quel momento riuscì a pensare alle conseguenze e alla reazione di Joseph, e quando sentì il rumore della porta dell’appartamento in cui Joseph viveva, avvertì tutti i muscoli tendersi, e capì che si era appena guadagnato una bella punizione, oltre al fatto che avrebbe dovuto sopportare la rabbia di Joseph e le sue frecciatine, che non erano mai poche.
“Oliver, come mai sei qui a quest’ora?” la voce di Joseph era solo un sussurro, poiché proveniva da una porta alla destra degli schermi, nascosta proprio da questi ultimi.
Oliver fissava il punto in cui Joseph sarebbe comparso nella stanza nel giro di pochi secondi, incapace di nascondere il nervosismo che gli stava mangiando l’anima; Jennifer, invece, era semplicemente curiosa e scrutava il punto da cui proveniva la voce.
Un improvviso fascio di luce si riversò nella stanza, ma fu questione di pochi secondi poiché la porta aperta per permettere a Joseph di entrare, era stata subito chiusa.
Nel momento in cui stava per ripetere la domanda, le parole gli morirono sulle labbra, e rimase a fissare prima Oliver e poi Jennifer, poi chiuse gli occhi e li riaprì, convinto di aver avuto una visione.
“Che ci fa lei qui?” urlò, poi, constatata la veridicità di ciò che gli occhi gli mostravano.
“Mi ha costretto” sussurrò Oliver, senza abbassare lo sguardo, ma con un’espressione dispiaciuta disegnata sul volto.
“Tu..” urlò ancora l’uomo, rivolto a Oliver, concedendosi una pausa per riflettere sulle giuste parole da usare “è troppo presto, dovresti saperlo!”
“Avrebbe compromesso l’addestramento se non l’avessi portata qui, ho fatto solo ciò che ritenevo giusto per portarlo al termine al più presto!” esclamò Oliver, alzando di poco la voce per poter farsi sentire da Joseph.
L’uomo sembrò calmarsi un po’, ma continuava ad avere un’espressione contrariata.
“Che è successo?” chiese, dopo qualche istante, caricando le sue parole di, fin troppo evidente, finta gentilezza, come se volesse sottolineare che non era affatto d’accordo con quella decisione.
“A quanto pare non si hanno più notizie di Trevor” rispose prontamente Oliver, ritornato ad assumere il solito tono e la solita postura professionale.
“E tu hai disobbedito agli ordini perché un semplice ragazzo non da sue notizie?” chiese Joseph, urlando, per poi andare a sedersi sulla sedia di fronte agli schermi.
“Dovrei sollevarti dall’incarico solo per questo” borbottò dopo qualche istante.
“È stata colpa mia, speravo potessi aiutarmi a capire dov’è” sussurrò Jennifer, con lo sguardo basso.
Aveva agito seguendo l’istinto, come ormai le stava capitando troppo spesso, e non aveva pensato alle conseguenze, e non le sembrava più una buona idea perché non voleva che Oliver avesse dei guai a causa sua. Ormai, però, erano lì, e l’unica cosa che poteva fare era cercare di indirizzare la colpa su se stessa e non sul ragazzo.
Joseph si alzò improvvisamente e le si avvicinò nel giro di pochi secondi, iniziando a parlare fissandola negli occhi, per il gusto di osservare tutte le espressioni della ragazza.
“Per quale motivo dovrei farlo? Non fa parte della missione, e da quando è entrato nella tua vita non ha fatto altro che causarti dolore”
Come una freccia che arriva dritta nel bersaglio, così le parole di Joseph la colpirono nel petto, ma, più di tutto, fu colpita dalla loro veridicità.
Ricambiò lo sguardo di Joseph, cercando di mascherare al meglio le sue emozioni. Capì che non ci era riuscita a causa del sorriso vittorioso dell’uomo, e del suo sguardo di sfida.
E, improvvisamente, si ritrovò a pensare che avesse sottovalutato il suo addestratore, e le cose che egli conoscesse sulla sua vita.
Un lampo di paura le attraverso lo sguardo al pensiero che conoscesse e potesse rinfacciarle davanti a Oliver il suo più grande segreto, quello che cercava di nascondere con cura e che solo Matt conosceva.
Una sola volta, prima di quel momento, aveva avuto paura di quello che Joseph conosceva, ed era stata la prima volta che l’aveva visto, quando aveva deciso di sottoporre lei e Justin a un questionario, e quella volta Joseph le fece solo poche domande su informazioni superflue.
L’uomo notò la paura che trasmettevano gli occhi della ragazza e la sua espressione intimorita, e il sorriso sparì dal suo volto.
“E controlliamo che fine ha fatto quel bastardo” esclamò, poi, passandosi una mano sul volto e poi nei capelli.
Andò a sedersi in una delle due poltrone, che Jennifer non aveva notato fino a quel momento, quella di fronte ai tre display grandi, e fu subito affiancato da Oliver che occupò quella alla sua destra.
Jennifer restò immobile, registrando lentamente l’improvviso cambiamento di Joseph, e i suoi pensieri furono interrotti proprio dalla voce dell’uomo.
“Allora, quali sono le ultime cose che sappiamo di lui?”
La ragazza scosse la testa, per allontanare tutti i pensieri che le affollavano la mente, e si avvicinò, posizionandosi dietro Joseph.
“I suoi amici mi hanno detto che ieri, come ogni domenica, sono andati a casa sua e la madre li ha cacciati, quindi sono andati alla finestra della sua stanza e hanno avuto l’impressione che quella stanza fosse vuota da anni”
Joseph annuì, e accese un display collegato a un computer, e iniziò a scrivere e aprire pagine.
Infine sul display grande centrale cambiarono immagini e Jennifer riconobbe, in uno dei piccoli quadrati di nuove immagini, la strada e il prato in cui il giorno prima si era fermata con Justin, dove aveva visto Ashley; gli altri otto quadrati riprendevano un palazzoe una strada.
Impallidì, non riuscendo a capire il motivo di quelle immagini.
“Qui è dove Trevor vive” disse Joseph, girando la poltrona per poter osservare l’espressione di Jennifer.
L’uomo sapeva cosa il giorno prima i suoi allievi avessero visto, e in quel momento stava capendo anche il motivo per il quale Ashley fosse, in pieno giorno, impegnata in quella parte della città.
“Adesso controllo se ci sono registrazioni di ieri mattina” aggiunse, ritornando a scrivere.
Qualche istante dopo, la schermata del display divenne un’unica immagine, e i nove quadrati di immagini registrate si erano trasferiti sul display del computer, così da permettere a Joseph di controllare meglio le registrazioni e offrire una migliore dinamica della registrazione.
Le immagini partirono dall’entrata del palazzo, che dopo qualche istante si aprì e un ragazzo, Trevor, uscì; indossava una tuta e una felpa, e aveva gli auricolari nelle orecchie.
“Quindi verso le nove, Trevor è uscito per fare ginnastica” la voce di Joseph risuonò nella stanza.
La scena cambiò, e Jennifer rivide il prato e l’arrivo di un fuoristrada dal quale scese una ragazza bionda, che riconobbe essere Ashley, e cinque uomini vestiti di nero.
Vide la mascella di Ashley muoversi e gli uomini che di disperdevano alla ricerca di qualcosa.
“Vediamo la stronza che dice”
Jennifer guardò Joseph, sorpresa di sentirlo parlare in quel modo.
“Non ci far caso, quando lavora e c’è di mezzo la squadra infernale dice sempre parolacce” la rassicurò Oliver, sorridendo divertito.
“La squadra infernale?!” ripeté lei.
“Sì, non ve ne ha parlato? La squadra di spie che negli ultimi anni ha provocato un bel po’ di danni alla CIA” spiegò Oliver, alzando le spalle e tornando a osservare le immagini.
Jennifer ricordò il racconto di Joseph riguardo ciò per cui erano stati scelti, e per cui la CIA aveva registrato numerosi fallimenti e perso numerosi validi agenti.
“Ecco!” esclamò Joseph.
Jennifer guardò il display, su cui c’erano alcune parole.


Trovate il ragazzo

“Non arriviamo a conclusioni affrettate, continuiamo a guardare” aggiunse Oliver, lanciando un’occhiata preoccupata verso Jennifer.
Continuarono a osservare le immagini, e arrivò il momento in cui sul display comparve l’auto di Justin, e Jennifer rivisse, da spettatrice esterna, tutti i momenti che conosceva fin troppo bene.
Poi, quando sia l’auto di Justin sia Ashley e i suoi uomini erano fuori dalla visuale della telecamera, sul limite del prato arrivò Trevor intento a continuare la sua corsa mattutina.
Seguirono le immagini di Trevor, e nel momento in cui lui era arrivato sull’uscio del palazzo e stava per entrare, due uomini lo bloccarono e lo voltarono.
Arrivò Ashley, che iniziò a parlargli.
Joseph riattivò il dispositivo che permetteva la lettura delle labbra e appena finì la conversazione tra Ashley e Trevor, quando entrambi bussarono alla porta di casa del ragazzo, Joseph fermò le immagini e riapparvero alcune parole sul display.


- Ciao, Trevor. Io sono Ashley.
- Cosa volete da me?
- Solo parlare. Sei un amico di Jennifer, vero?
- Non conosco nessuna Jennifer!
- Oh davvero? Se non collabori, le farò molto male. Allora? La conosci?
- Sì, la conosco.
- Devi venire con me.
- Dove vuoi portarmi? Io devo restare qui con mia madre!
- Parlerò anche con lei. Le diremo che ti abbiamo proposto un addestramento militare, che tu hai accettato. Non abbiamo tempo da perdere.

“Ha rapito Trevor” sussurrò Jennifer, incredula “Non posso credere che sia arrivata a tanto”
“L’ha fatto sicuramente per colpire te, ma userà Trevor soprattutto contro di te” disse Joseph.
“Che intendi?” chiese Jennifer, massaggiandosi gli occhi.
“Intendo dire che farà in modo che ti odi, così tu avrai paura a batterlo perché non vuoi fargli del male, e lui, invece, non si farà nessuno scrupolo a farti male” spiegò, con un sospiro, per poi alzarsi e dirigersi verso la porta dalla quale Jennifer era arrivata con Oliver.
La aprì, e fece cenno a Oliver e a Jennifer di seguirlo.
Una volta arrivati nella loro palestra, Oliver si allontanò, iniziando a preparare la palestra per l’addestramento giornaliero, Joseph, invece, si accomodò a terra e aspettò che Jennifer lo affiancasse per iniziare a parlare.
“Il tuo problema è che ti fai condizionare troppo dai tuoi sentimenti”
“Era un mio amico, è normale che mi faccio condizionare” esclamò lei, senza pensare a quello che diceva.
“Hai ragione: era un tuo amico. Adesso dimentica Trevor e tutto ciò che conoscevi riguardo a lui, non esiste più la persona che conoscevi.”
Jennifer annuì debolmente, deglutendo la poca saliva che aveva in bocca.
“Una cosa che devi imparare a fare al più presto, per essere una brava spia, è reprimere tutti i sentimenti positivi che provi. Non puoi farti condizionare”
La ragazza lo guardò mentre si alzava e le tendeva la mano per aiutarla a fare la stessa cosa.
“Adesso inizia a riscaldarti, poi mi fai vedere come te la cavi a combattere contro Oliver.”
 
Justin
 
“Va bene, Justin, per oggi basta, sei stanco e non riesci a cantare al massimo” esclamò
Scooter, dall’altra parte del vetro.
Justin sospirò rumorosamente, passandosi una mano sul volto, mentre si alzava e usciva dalla stanza di registrazione.
Era tornato a Los Angeles durante la notte, e la mattina successiva Scooter l’aveva buttato giù dal letto e costretto a stare l’intera giornata nella sala di registrazione, con il risultato di sole due nuove canzoni completate, più circa una decina che aveva già registrato nelle due settimane precedenti al ritorno a Stratford.
Raggiunse, con Scooter, l’auto nel parcheggio in silenzio, scortato dalla sua fedele guardia del corpo che, però, non lo seguì in macchina.
Scooter si diresse al loro hotel, e durante tutto il tragitto restarono in silenzio, entrambi troppo stanchi per parlare, ma entrambi consapevoli che non potevano ritardare il momento delle ‘chiacchiere’.
Arrivati nella camera, che in realtà era simile a un appartamento, che dividevano, Justin si precipitò sul letto, sprofondando la testa nel cuscino, Scooter invece andò a sedersi sul divano e accese la tv.
“Hai visto le prime pagine dei giornali di oggi?”
“No, sono stato tutto il tempo chiuso nello studio, se l’hai dimenticato”
“Siete davvero carini tu e Jennifer! Non mi avevi detto della gita al parco” continuò Scooter.
Justin si alzò velocemente e lo raggiunse nel salotto, trovandolo a osservare un paio di riviste sparse sul tavolino.
“Non penso di doverti riferire tutti i miei spostamenti” esclamò il ragazzo.
“Penso che la situazione ti sia sfuggita di mano” disse Scooter, alzando gli occhi per osservarlo.
“Non mi è sfuggito niente di mano!” urlò Justin, ne aveva abbastanza degli ordini di quell’uomo.
“Invece credo di sì! Guarda qui come la guardi!” esclamò, lanciandogli una delle riviste.
Justin la prese al volo e iniziò a sfogliare le pagine e a guardare le numerose foto che i paparazzi avevano scattato il giorno prima.
“Ti avevo avvisato”
“Sì, e io ricordo perfettamente quello che mi hai detto” lo interruppe Justin, sospirando rumorosamente.
“C’è qualcos’altro che devi dirmi riguardo ieri?”
“No, sai tutto, l’unica cosa che avevo omesso l’hai scoperta grazie ai paparazzi”
Justin andò a sedersi sul divano accanto a Scooter, che non aveva mai distolto lo sguardo dalla figura del ragazzo.
“Se l’hai baciata per i paparazzi, mi congratulo con te” esclamò all’improvviso l’uomo, con l’intenzione di alleggerire l’atmosfera.
“Sappiamo entrambi che non è per questo” sussurrò il ragazzo, prendendosi la testa tra le mani.
“Non ti e sfuggito niente di mano? Ma davvero?” chiese Scooter, ma era una domanda retorica, anche se Justin si affrettò a dargli ragione.
“Lo so, lo so. Ho sbagliato tutto”
“Stai mettendo in pericolo sia te stesso che Jennifer”
“Ti ho detto che lo so! Non voglio metterla in pericolo, altrimenti le avrei confessato tutto ieri! L’ho baciata per questo, perché stavo per metterla a corrente dei sentimenti che provo!”
“Che ti avevo detto riguardo i sentimenti?” chiese l’uomo, passandosi una mano nei capelli.
“Ti ho detto che lo ricordo!” esclamò ancora Justin.
“Non posso farmi condizionare dai sentimenti positivi che provo, e quindi devo reprimerli”

Spazio autrice:
no, non sono fuggita in una qualche isola caraibica, sono ancora qui dopo quasi due mesi.
mi dispiace tantissimo per il gran ritardo, ma ho avuto un bel po' di materie da recuperare, quindi non sapevo dove trovare il tempo.
ma dato che adesso è finita la scuola, penso di ridure i tempi di scrittura dei capitoli.
ho deciso di non scrivere più i dialoghi in grassetto, non chiedetemi il motivo perché non lo so, e aggiusterò tutti i capitoli precedenti man mano che li riscrivo.
dato che nel capitolo precedene Justin è mancato a qualcuno, ho pensato di dividere il capitolo in due parti.
Spero che nessuno di voi mi odierà per il ritardo, tanto meno per questo capitolo.
In realtà spero che ci sia ancora qualcuno che ricordi questa storia, e quindi continuare a seguirla e recensirla.
Aspetto qualche vostro parere!
alla prossima!

baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** What's happened? ***


Capitolo 28
What's happened?


Da quando aveva saputo di Trevor, Jennifer era arrivata a una sola soluzione plausibile: non poteva più farsi prendere di sorpresa e, soprattutto, non voleva farsi trovare impreparata. E questo, per lei, significava aumentare le ore e l’intensità dell’allenamento.
L’aveva proposto il giorno dopo aver scoperto che Ashley avesse arruolato Trevor, sorprendendo non poco Joseph, il quale, tuttavia, ne fu felice.
“Devi insegnarmi a combattere” aveva detto lei, dopo aver espresso il desiderio di aumentare il ritmo dell’addestramento.
“Sai già combattere” le aveva, invece, detto Joseph, con le braccia incrociate al petto e un sorriso compiaciuto.
“Conosco tutte le tecniche di combattimento esistenti, ma fino ad ora non mi hai mai permesso di metterle in pratica”
“Quindi..”
“Quindi da oggi voglio iniziare a combattere” lo interruppe, poi si voltò verso il ragazzo che affiancava Joseph “contro Oliver” concluse sorridendo.
Joseph non poté fare altro che accontentare la sua richiesta.
C’erano, però, alcune note negative che il caro vecchio Joseph non aveva preso in considerazione. La prima era il conseguente abbassamento dell’attenzione durante le ore scolastiche.
La diligente studentessa Jennifer Evans aveva totalmente messo da parte i suoi primari doveri: non era più in grado di seguire le lezioni, troppo occupata a ripensare a questo o quella tecnica o strategia di combattimento.
Il voler migliorare a tutti i costi era diventato, per la ragazza, un’ossessione.
Un’altra nota negativa era l’impazienza che la ragazza aveva nel voler allenarsi. Impediva a Oliver di fermarsi alla mensa, utilizzando sempre la scusa di mangiare un panino durante il tragitto; il panino, però, non era mai stato mangiato, e Jennifer continuava a saltare i pasti.
 
Il sabato mattina di quella stessa settimana, Jennifer si svegliò con l’ormai conosciuto dolore ai muscoli. Si preparò velocemente, e scese al piano inferiore per avvisare la madre che, anche quella sera, sarebbe tornata dopo cena.
Era appena entrata in cucina quando la madre, che era di spalle, la precedette con un tono serissimo.
“Devi fare colazione”
“La farò al bar vicino la scuola, mi sta aspettando Matt” mentì prontamente, anche se era curiosa di conoscere il perché dello strano comportamento della madre.
Non aveva voglia di mangiare, voleva solo che quella mattinata passasse in fretta per poter andare ad allenarsi.
“Matt continuerà ad aspettare, siediti” ordinò con un tono che non ammetteva altre repliche, poi si voltò per riporre in un piatto le uova strapazzate e il bacon, che aveva appena finito di preparare.
“Non le mangio quelle cose”
La donna le lanciò un’occhiataccia per poi iniziare a parlare, mantenendo un tono calmo.
“Ieri sera, quando sei tornata e sei andata a rifugiarti in camera tua, il tuo amico, quello che ti accompagna a casa dalla palestra, è venuto a parlarmi”
“L-lui ha fatto co-cosa?” balbettò la ragazza, incredula.
“Mi ha detto che non stai mangiando alla mensa scolastica, perché ti precipiti in palestra” continuò la donna, mettendo il piatto pieno di cibo sul tavolo, avanti alla figlia.
“Non è vero!”
Charlotte per la prima vera volta quella mattina, incontrò il suo sguardo, accompagnato da un sopracciglio alzato.
“Ti sei guardata allo specchio ultimamente?” fece una pausa per osservare l’espressione sorpresa che si stava disegnando sul volto della figlia.
“Stai scomparendo. Non voglio essere chiamata dall’ospedale o dalla scuola perché sei collassata” concluse, poi, tornando a trafficare con le pentole.
Jennifer afferrò il piatto e lo fece più vicino.
“Non hai mai cucinato queste cose” pensò a alta voce.
“Il tuo amico mi ha anche consigliato cosa hai bisogno per rimetterti in forze”
Osservò il cibo per qualche secondo, poi iniziò a mangiare silenziosamente e velocemente per poter uscire e andare a scuola, dove avrebbe affrontato Oliver: un conto era che la controllassero e cercassero di darle ordini, un altro era che coinvolgessero la sua famiglia.
 
Uscì di casa qualche minuto dopo e grazie alla rabbia che provava in quel momento, riuscì a raggiungere velocemente la scuola. Prima di entrare nell’edificio, fece un respiro profondo per calmarsi, poiché non aveva nessuna intenzione di apparire agitata, e poi si immerse in quei corridoi affollati di studenti.
Arrivò al suo armadietto e si appoggiò ad esso con la schiena, intenzionata ad aspettare Oliver lì, per riuscire a parlargli dopo il suono della campanella, quando il corridoio sarebbe stato deserto.
Era intenta ad osservare il pavimento nel mezzo del corridoio, quando l’armadietto accanto al suo fu aperto, e una voce la fece ritornare alla realtà.
“È interessante il pavimento?”
Jennifer si voltò giusto in tempo per vedere Oliver girarsi di spalle, intenzionato ad allontanarsi per raggiungere l’aula.
“Aspetta un attimo” esclamò, quindi, lei, afferrandolo per la giacca.
Oliver ritornò a guardarla, negli occhi, con un sorriso innocente disegnato sul volto. “Che succede?”
La campanella suonò in quell’istante, e i molti studenti che si erano attardati a chiacchierare si dileguarono in pochi minuti, lasciandoli da soli.
Continuarono a guardarsi negli occhi fin quando sentirono anche l’ultima porta chiudersi.
“Com’era la colazione?” chiese Oliver, continuando a sorridere innocentemente.
Lo sguardo di Jennifer si indurì, e afferrò Oliver per le spalle e bloccandolo tra il suo corpo e gli armadietti.
“Cosa diavolo ti è saltato in mente? Parlare con mia madre..” fece una piccola pausa per ridacchiare e poi continuò. Vivere a stretto contatto con Oliver e Joseph le stava facendo prendere anche molte delle loro abitudini, come, in quel caso, la teatralità.
“Non devi intrometterti” scandì, avvicinando il suo viso a quello del ragazzo.
I nasi quasi si sfioravano.
Rimasero a osservarsi per qualche istante, Oliver non tradiva alcuna emozione, e continuava a sorridere. Con un colpo di reni, però, rovesciò la situazione portando Jennifer con la schiena sul suo armadietto, poi appoggiò le mani sugli armadietti adiacenti, bloccandole ogni via di fuga da quella posizione.
“Io devo intromettermi” sussurrò, sottolineando con il tono di voce il ‘devo’.
“Non puoi continuare così, senza forze non servi a molto”
Jennifer stava per ribattere, quando alcuni passi risuonarono in uno dei corridoi adiacenti.
“Stai al gioco” le sussurrò Oliver prima di allontanarsi di qualche metro.
A voce più alta, per farsi sentire da chiunque stesse arrivando, disse: “Jennifer, ti senti bene?” poi iniziò a riavvicinarsi lentamente.
Le appoggiò una mano sulla fronte, e con l’altra le strinse una spalla per farla abbassare un po’. Tutto sotto lo sguardo curioso e indagatore della ragazza che non sapeva cosa avesse intenzione di fare.
Qualche istante dopo la voce del vicepreside rimbombò in tutto il corridoio.
“Perché voi due non siete in classe?”
“Professore.. buongiorno” Oliver sorrise e fece un cenno col capo verso l’insegnante.
“Sono arrivato in ritardo, e ho trovato Jennifer appoggiata agli armadietti. Ha appena finito di dirmi che ha avuto un capogiro”
La ragazza osservava il professore con una certa ansia, sperando che la recita fosse verosimile. Appena Oliver finì di parlare e, quindi, Jennifer fu messa a conoscenza del suo ‘piano’, il vicepreside li scrutò con un sopracciglio alzato.
Jennifer cercò di fare un’espressione sofferente, cosa che le riuscì abbastanza bene sia perché in quel momento era nel panico, e non aveva bisogno di una punizione di sabato pomeriggio, sia perché aveva il viso pallidissimo; poi, come se il suo corpo avesse percepito la situazione di ‘pericolo’, sentì le gambe cedere e la vista si offuscò, prima che toccasse terra, Oliver la afferrò e la prese in braccio passandole un braccio sulla schiena e uno sulle gambe.
Il vicepreside si avvicinò velocemente e i rumori dei suoi passi risuonarono in tutto il corridoio.
“Jennifer “ la chiamò Oliver sussurrando, e osservando con preoccupazione il volto della ragazza.
“È svenuta” esclamò il vicepreside, guardando da vicino l’allieva.
“La porto a casa” disse, invece, Oliver e senza aspettare la risposta affermativa del professore si avviò verso l’uscita continuando a controllare con lo sguardo il viso dell’amica.
Delicatamente, Oliver la posizionò nell’auto e abbassò il sedile per farla stendere, non se la sentiva di stenderla su quelli posteriori poiché voleva tenerla d’occhio mentre guidava.
Andò a sedersi al posto del guidatore e prima di partire, cercò di svegliarla scotendole una spalla, poi le accarezzò una guancia.
“Che ti è preso, eh? Mi stai facendo spaventare” sussurrò, sorridendo.
Si sentiva in colpa, sapeva che Jennifer era in quella situazione perché lui non era riuscito a controllarla.
Mise in moto l’auto e iniziò guidare.
Dopo qualche minuto, con la coda dell’occhio, intravide il corpo di Jennifer fare piccoli movimenti, poi udì la sua voce, forte e chiara:
“Perché non sono a scuola?”
“Sei svenuta, devo portarti a casa” rispose con naturalezza, pur conoscendo la reazione che avrebbe avuto la ragazza.
E, infatti, Jennifer iniziò a urlare.
“No! Devo andare a scuola, ci devo andare”
“Per fare cosa? Imbambolarti durante le lezioni a osservare il vuoto?” ridacchiò Oliver.
La ragazza iniziò a muoversi nervosamente sul sedile, mentre cercava un modo per sfuggire al ritorno a casa, che significava anche dire addio all’allenamento di quel pomeriggio.
“Adesso chiamo mia mamma, così non c’è bisogno che mi porti a casa”
“Hai fatto colazione stamattina?” chiese, invece, Oliver, evitando ciò che aveva appena detto la ragazza.
“Sì, ho mangiato tutto quello che tu hai imposto a mia madre di cucinare” rispose lei, senza nascondere il fastidio che stava provando in quel momento, sia perché non era stata minimamente considerata sia per la colazione che non aveva potuto evitare.
“Ma sei svenuta” sussurrò l’altro, corrugando la fronte.
“Allora? Posso chiamare mia madre?” cambiò argomento, pensando che fosse la cosa migliore da fare.
“Dille che sei svenuta e che adesso ti porto a mangiare per compensare il tuo calo di zuccheri”
Jennifer stava per ribattere, stava per dire che non era quello che aveva pensato di raccontare, ma restò zitta e chiamò la madre, accontentandosi di ascoltare una ramanzina per aver fatto un giorno di assenza a scuola, di sopportare i numerosi ‘lo sapevo che saresti svenuta’, ma poter comunque andare ad allenarsi nel pomeriggio.
 
Oliver la portò prima in un bar, e le fece fare una seconda colazione con cornetto e cappuccino.
“Meglio evitare un altro calo di zuccheri” le aveva detto quando Jennifer gli aveva riservato uno sguardo omicida.
Trascorsero il resto della mattinata nell’auto, a girare senza meta per le strade di Stratford, aspettando il pranzo.
Non parlarono molto, anche perché Jennifer continuava a guardarlo in cagnesco.
Verso l’una, prima che Oliver potesse dire qualsiasi cosa riguardo il secondo pasto fondamentale di una giornata, Jennifer parlò, interrompendo il silenzio all’interno dell’auto.
“Non mi costringerai anche a pranzare” esclamò, infatti, distogliendo lo sguardo dai palazzi  che sfrecciavano ai lati della strada e puntandolo per l’ennesima volta sul viso sempre troppo rilassato del ragazzo al volante.
“Non sei nella posizione di dettare regole” si limitò a dire, senza degnarla di uno sguardo.
L’aveva spiazzata, non c’erano dubbi, ma la ragazza non aveva intenzione di mollare.
“Sono io a decidere per me, non sei mia madre”
“Come hai deciso in tutta questa settimana? Arrivando al punto di svenire?!” urlò il ragazzo, continuando a tenere gli occhi sulla strada.
“Tu non capisci” sussurrò lei, lanciando una veloce occhiata fuori al finestrino.
La macchina frenò improvvisamente, facendola sbalzare in avanti. Quando si voltò per capire cosa fosse successo, incontrò l’espressione parecchio arrabbiata di Oliver.
“Davvero? Cosa c’è da capire? Non mangi. All’inizio pensavo che fosse una cosa senza importanza, che l’unico pasto che saltavi fosse il pranzo, poi ho iniziato a vedere sintomi di stanchezza, il tuo viso sempre pallido, ti affanni per niente, sei dimagrita troppo in fretta e ho capito che non salti solo il pranzo. Non puoi continuare così! Devi pensare alla tua salute” disse tutto d’un fiato, trattenendo la voce per non urlare troppo.
“So quello che faccio” si limitò a dire lei, non distogliendo lo sguardo dal viso del ragazzo.
“Ti stai uccidendo, ecco cosa stai facendo” continuò lui, urlando a causa della frustrazione.
“No! Io devo dimagrire” esclamò Jennifer, pronunciando la parola ‘dovevo’ con più enfasi.
“E di grazia, per quale fottuto motivo? Eri nella norma!”
“Io..” sussurrò con incertezza.
“Cosa?” la interruppe Oliver con tono duro, scrutando ogni mutamento di espressione della ragazza.
“Non lo so” sibilò, infine, con sguardo basso.
“Andiamo a pranzo” concluse Oliver, riprendendo a guidare.
 
Circa mezz’ora dopo, Oliver stava parcheggiando di fronte la palestra e Jennifer osservava l’edificio terrorizzata, poiché se Oliver le avesse urlato contro, Joseph avrebbe fatto di peggio.
Stavano per entrare nella sala dove si svolgevano gli addestramenti, quando Oliver si bloccò, costringendo anche la ragazza a fermarsi.
“Non ho detto niente a Joseph del tuo saltare i pasti, non farmi pentire di non aver rispettato le regole.”
 
Aveva appena finito la serie di esercizi di allenamento giornalieri, che dall’inizio della settimana era di circa un’ora e mezza, quando Joseph, che era stato in silenzio per la maggior parte del tempo, parlò.
“Vediamo se questa prima settimana di combattimenti è servita a qualcosa” poi fece cenno a Oliver di avvicinarsi, e si allontanò dal centro della sala per poter dare più spazio ai due ragazzi.
“Ce la fai a combattere?” le sussurrò Oliver, che in quel momento distava dalla ragazza solo un paio di passi.
“Perché non dovrei?” chiese lei di rimando, con un sorriso di sfida disegnato sul volto.
Iniziarono con i colpi base di un combattimento, solo per iniziare a prendere il ritmo: pugno di Oliver, parato dal braccio di Jennifer; calcio di Jennifer, parato da entrambe le mani di Oliver.
Ritmo che aumentava ogni secondo.
Oliver le afferrò un braccio e iniziò a torcerlo, costringendola a girarsi per evitare una frattura all’arto; appena Jennifer gli diede le spalle, il ragazzo la avvicinò e le passò un braccio sul bacino per tenerla stretta e con poche possibilità di liberarsi.
“Voglio vedere cosa inventi per liberarti” le sussurrò all’orecchio.
Jennifer non ci pensò due volte, agì d’impulso e buttò la testa all’indietro colpendo con forza il punto tra la fronte e il naso del volto del ragazzo.
Approfittando del momento di sorpresa, si allontanò velocemente, e si voltò per poter osservare l’espressione di Oliver.
Il ragazzo sorrideva, anche se gli occhi tradivano la sorpresa che aveva provato, e si asciugò con un braccio il sangue che gli stava uscendo dal naso.
Sperando di coglierlo ancora di sorpresa, Jennifer si avvicinò velocemente con l’intenzione di sferrare un pugno, ma Oliver fu più veloce.
La forza dell’impatto le voltò il viso verso destra, e serrò la mascella per non urlare dal dolore.
Jennifer abbassò lo sguardo mentre si portava una mano sulla guancia sinistra, poi fece due passi indietro.

Spazio autrice:
eccoooomii. sono di nuovo in ritardo, ma questa volta, in parte, non è colpa mia. a casa sono rimasta senza internet e l'unica possibilità che ho di aggiornare è il pc di mia cugina a casa di mia nonna. e poi, dato che sono senza intenret, ho scritto questo capitolo al rallentatore.
avevo detto che in questo capitolo sarebbe tornato Justin, ma mi è venuto troppo lungo e non ho avuto la possibilità di inserirlo.
ma ho già iniziato a scrivere il prossimo, e la nostra bella superstar (per citare una delle frasi preferite di Joseph) ritornerà dall'inizio.
e farà un'entrata in scena da fuochi d'artificio. BOOOOM. lol
sinceramente non vedo l'ora di scriverlo AHAHAHAH
ringrazio voi che continuate a leggere questa mia storia, nonostante i ritardi e lo schifo che scrivo. ringrazio voi che recensite, e soprattutto voi che leggete in silenzio.
amo tutti voi.
al prossimo capitolo. baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Don't be afraid of me ***


Capitolo 29
Don't be afraid of me
Per la prima volta, durante l’ultima settimana, quella notte Jennifer riuscì a dormire profondamente senza che nessun incubo, con protagonista Trevor in veste di assassino, la svegliasse in un bagno di sudore. L’unica cosa che le diede un po’ fastidio fu il dolore alla guancia sinistra che, però, nel sonno percepiva più come un lieve pizzico.
Quando si svegliò, la domenica mattina, a causa di un sussurro, ci mise un bel po’ di tempo  per risvegliare i sensi e scoprire di aver dormito schiacciando il lato sinistro del viso sul cuscino.
Maledetto Oliver.
Avvertì, poi, un lieve movimento nella stanza e sperò che non fosse chi pensava che fosse. In normali condizioni sarebbe stata felice, felicissima, di vederlo, ma quella mattina l’ultima cosa che voleva era un confronto con..
“Jennifer” un altro sussurro a pochi centimetri dall’orecchio destro e una carezza sulla guancia intatta.
“So che adesso sei sveglia”
A quel punto soffocò una risata con un sorriso. Aprì l’occhio che non era nascosto nel cuscino e si ritrovò di fronte il volto sorridente del suo ‘fidanzato ufficiale’.
Lo guardo, sorridendo, calcolando mentalmente quante possibilità aveva di nascondergli il livido che aveva sulla guancia.
Nessuna possibilità.
Maledetto Oliver.
La sera precedente la pelle era iniziata a diventare rossa, tendente al viola, e non osava immaginare in che stato si trovasse in quel momento. E la scusa “Ho sbattuto la guancia a terra quando sono svenuta” che i genitori si erano bevuti, con Justin non sarebbe bastata, anche perché avrebbe scatenato altre domande, sullo svenimento.
“Non merito un abbraccio per essere definitivamente tornato?” la riportò alla realtà e Jennifer, abbandonandosi all'istinto, si alzò velocemente e gli circondò il collo con le braccia, stringendolo a sé.
“Anche tu mi sei mancata” ridacchiò il ragazzo.
Restarono qualche istante in silenzio, assaporando la vicinanza e la sicurezza, che era mancata a entrambi.
“Che hai fatto in questa settimana?”chiese Justin, cercando di sciogliere l’abbraccio.
Jennifer, però, lo strinse a sé con più forza appoggiando, involontariamente, alla spalle del ragazzo la guancia sinistra. Le sfuggì subito un gemito di dolore che, aggiunto al prolungato silenzio in cui si trovava, allarmò Justin.
Maledetto Oliver.
Il ragazzo fece leva con le braccia e con un minimo di forza riuscì a allontanare il corpo della ragazza quel che bastava per guardarle il viso.
Jennifer, a suo favore, aveva la velocità e la prontezza dei riflessi, infatti voltò leggermente il volte verso sinistra permettendo ai capelli di ricaderle sul viso e, quindi, coprire entrambe le guance.
La confusione di Justin fu espressa subito dalla sua voce, che però trasmetteva una dolcezza assurda.
“Perché non mi guardi? È successo qualcosa?”
La ragazza si limitò a deglutire e continuare a tenere lo sguardo basso, sapeva che stava sbagliando ma tutto il coraggio che possedeva, in quel momento, sembrava essere andato in vacanza; trasalì quando Justin iniziò ad accarezzarle proprio la guancia sinistra e, quando il ragazzo tentò di scostarle i capelli, gli afferrò prontamente la mano, premendola con troppa forza sulla pelle del viso, proprio nel punto in cui il dolore era più forte.
Questa volta, però, la smorfia di dolore, che cercò di nascondere, non passò inosservata e Justin strabuzzò gli occhi, ritirando velocemente la mano.
Maledetto Oliver.
Il religioso silenzio in cui erano immersi fu disturbato, di nuovo, da Justin.
“Cosa ti è successo?” il panico si impossessò della sua voce, mentre riportava di nuovo la mano sul viso di Jennifer per forzarla a girarsi.
Appena riuscì a vedere le reali condizioni in cui si trovava la ragazza, gli mancò il fiato.
“Chi è stato?” sussurrò, infatti, con le dita ferme in aria, a pochi centimetri dal livido violaceo, aveva paura di farle male.
“Nessuno” soffiò lei, scrutando le espressioni di Justin, sapeva che qualsiasi  risposta gli avesse dato, lui avrebbe reagito malissimo.
“Non mentirmi” disse con un tono fin troppo fermo. “Questo è un livido da pugno”
Maledetto Oliver.
Rimase spiazzata, guardandolo con gli occhi spalancati e intimoriti, regalandogli solo una conferma della sua convinzione. Jennifer era in difficoltà, e il suo amato autocontrollo andava a farsi fottere in presenza di Justin.
“Allora? Chi è stato?” continuò alzandosi, urlando e stringendo i pugni lungo i fianchi.
“Nessuno” urlò lei di rimando con fin troppo nervosismo, alzò gli occhi con l’intenzione di provare a rifilargli la bugia dello svenimento e della caduta ma, quando incontrò i suoi occhi infuriati, riuscì solo a balbettare.
“Lo uccido” esclamò lui e, dopo un’ultima occhiata al viso della ragazza, si precipitò fuori.
Jennifer non se lo fece ripetere due volte e lo seguì prima al piano terra e poi fuori sul vialetto di casa. Fu investita da un venticello freddo e, anche se indossava solo il pigiama, non se ne curò.
“Dove stai andando?” lo bloccò prima che potesse aprire lo sportello della sua nuova macchina.
Erano distanti solo un passo quando Justin si girò per fissare le sue iridi in quelle della ragazza.
“A uccidere chi ti ha fatto questo” rispose, con la mascella tesa.
Alzò il braccio sinistro e, finalmente, riuscì ad avvicinare le dita alla guancia per accarezzare il livido.
“N-no..”
“Non so chi è stato?” la interruppe, tirando a indovinare cosa la ragazza stava per dire, e si liberò in una risata nervosa.
“Invece penso di saperlo” concluse, ritornando a dare le spalle a Jennifer per poter entrare nell’auto.
Prima che riuscisse a metterla in moto, la ragazza aprì la portiera e occupò il posto accanto a quello di Justin.
Il viaggio fu silenzioso, troppo, e l’unico rumore udibile era il rombo dell’auto che continuava ad acquistare velocità.
Jennifer riconobbe la strada dopo un po’, poiché era troppo intenta a alternare lo sguardo dal tachimetro al profilo di Justin.
Un attimo prima che parcheggiasse, il ragazzo la chiamò. Si scrutarono per qualche istante, fin quando Justin si decise a parlare, gli occhi che trasmettevano sofferenza.
“Non sopporto di vederti così” e di nuovo portò la mano sinistra a sfiorare la guancia della ragazza.
Poi, così come aveva velocemente parlato, si affrettò a scendere dall’auto e avviarsi verso l’edificio, lasciando Jennifer immobile nell’auto.
La ragazza si sentì tremendamente in colpa per la brutta sorpresa che gli aveva riservato e per non essere stata in grado di dargli una spiegazione, sospirò, e poi si ricompose, uscendo dalla vettura e permettendo al ragazzo di chiuderla con il telecomando.
Fu costretta a correre per stargli dietro, poiché Justin non si era fermato ad aspettarla e aveva raggiunto velocemente la palestra degli addestramenti.
Di sicuro non erano passati inosservati sia perché Joseph amava sorvegliarli, sia perché era impossibile che non sorvegliasse la sua palestra.
Quando Jennifer lo raggiunse e trovò Justin di spalle nel centro della sala.
La ragazza dovette appoggiare una mano su un muro e piegarsi leggermente per riuscire a riprendere fiato, chiuse gli occhi per cercare di bloccare l’ennesimo capogiro e evitare un altro svenimento. La sera prima aveva di nuovo saltato, intenzionalmente, la cena, voleva solo avere una piccola rivincita su Oliver, dopo il pugno ricevuto.
Dopo qualche minuto, sentì alcuni passi nel corridoio, e poi Oliver e Joseph fecero il loro ingresso nella palestra.
“Jennifer” sussurrò Oliver, correndo nella sua direzione, abbassando la testa per osservarle il viso.
“S-sto bene” balbettò in risposta, alzando lo sguardo prima sul viso di Oliver, poi guardò oltre le sue spalle per incontrare lo sguardo furioso di Justin che li fissava.
“Cosa hai intenzione di fare?” urlò Justin, attirando tutta l’attenzione su se stesso.
“Oh. È tornata la superstar con i suoi modi arroganti”  esclamò Joseph, alzando gli occhi al cielo.
“Tu stanne fuori!” ringhiò Justin, fulminandolo con lo sguardo.
Joseph spalancò gli occhi, alzando le mani per tirarsi indietro, l’ombra di un sorriso gli aleggiava sul volto, e si fece più vicino a Jennifer.
“Justin” esordì Oliver, sorridendo. “Ti trovo bene”
Justin serrò la mascella e strinse i pugni, continuando a guardarlo negli occhi.
“Sto. Per. Ucciderti” scandì bene, mentre con un paio di passi si portava a poca distanza da Oliver e afferrava la sua maglia alzandolo da terra di un paio di centimetri.
“Che c’è Bieber? Torni dopo tutto questo tempo e vuoi dettare regole?” disse Oliver, parlando con fin troppa calma.
Justin inarcò un sopracciglio, poi con forza fece scontrare la schiena di Oliver con il pavimento, continuando a tenere le mani sulla maglietta.
“Non puoi proteggerla per sempre” sussurrò Oliver, con una smorfia di dolore sul viso.
Justin si sedette di peso sullo stomaco di Oliver e sferrò il primo pugno.
Si sentì un gemito provenire da Jennifer, la quale stava per avvicinarsi e intervenire per farli smettere, ma Joseph la bloccò, intimandole con lo sguardo di non intervenire.
“Hai ancora voglia di parlare?” gli sussurrò a pochi centimetri da suo viso, fissandolo negli occhi.
“Ti fa male sentire la verità, Bieber?” continuò Oliver, con un sorriso sarcastico stampato sul volto.
“Bene” si limitò a dire Justin.
Un altro pugno.
Justin si avvicinò di nuovo al volto di Oliver.
“Non devi più farle male, coglione”
“Era parte dell’addestramento”
Un altro pugno, il naso di Oliver iniziò a sanguinare.
“Non sapevo che l’addestramento prevedeva colpi tanto forti”
Jennifer, ormai, si agitava, bloccata dalle braccia di Joseph, che le teneva anche una mano sulla bocca.
Oliver iniziò a ridere, poi riuscì a togliere Justin dal suo torace e si alzò.
Justin sorrise, sapeva che Oliver l’aveva lasciato fare per poter studiare la sua forza e, per sua sfortuna, si era trattenuto dallo spaccargli il naso. A loro insaputa, Justin conosceva il cambiamento di addestramento di Jennifer e, sempre a loro insaputa, anche lui era stato sottoposto a un aumento degli esercizi, e a sessioni di combattimento.
Si scrutarono per qualche istante, distanti circa un metro.
“Avevo previsto questa tua scenata” Oliver interruppe il silenzio. “Questo è il motivo del pugno tanto forte”
“Ti spacco la faccia, bastardo” urlò Justin, avventandosi contro Oliver, con una velocità che spiazzò tutti in quella stanza, e scaraventandolo contro il muro.
Lo colpì allo stomaco, un pugno dopo l’altro. Due. Cinque pugni.
Lo afferrò per i capelli e lo scaraventò a terra.
Oliver teneva una mano allo stomaco, e con l’altra stava cercando l’equilibrio per alzarsi, inspiegabilmente continuava a sorridere.
Justin lo scrutava per non essere preso di sorpresa da una mossa improvvisa, mentre riprendeva fiato.
Una volta in piedi, Oliver parlò, sorridendo a mo’ di sfida.
“Ti hanno addestrato bene, non dai tempo al tuo avversario di reagire. Peccato che in questo caso, il tuo avversario ha già colpito il tuo punto debole”
Oliver fece un cenno con il capo nella direzione di Jennifer mentre pronunciava le ultime due parole.
La rabbia che Justin stava provando, aumentò improvvisamente e si avventò di nuovo contro Oliver.
Jennifer riuscì a liberarsi dalla presa di Joseph e, giusto in tempo, sbarrò la strada a Justin, spingendolo indietro. Il ragazzo la guardò, sorpresa e incredulità riuniti in uno sguardo.
“Jennifer..” sussurrò.
“Non è stata colpa sua!” esclamò Jennifer, guardandolo negli occhi. “Mi stavo allenando”
Justin assunse di nuovo la sua espressione furiosa.
“Non mi interessa, non doveva farti male” ribatté, avvicinandosi.
Quando le fu vicino e stava per accarezzarle il livido, Jennifer fece un passo indietro, lasciando la sua mano a mezz’aria.
“Co-cosa?” sussurrò il ragazzo, un pizzico di panico nella voce.
“Non mi hai dato il tempo di spiegare, avevi decisamente l’intenzione di mandare Oliver all’ospedale” elencò Jennifer, con la voce strozzata.
“Dov’è il mio Justin?” concluse, e una lacrima di confusione, panico e paura, le rigò il volto.
Un lampo di paura attraverso gli occhi del ragazzo.
“Sono sempre io, non avere paura”
Joseph, che non aveva seguito il loro scambio di battute poiché era andato ad accertarsi delle condizioni di Oliver, li interruppe, avvicinandosi battendo le mani.
“Mi congratulo con te, Bieber, non mi aspettavo questo gran miglioramento delle tue abilità”
Justin non riusciva a staccare gli occhi dallo sguardo velato di lacrime di Jennifer.
“Ho avuto bravi addestratori” rispose, con tono fermo.
Joseph si voltò verso Jennifer, e la sua espressione si addolcì di poco.
“La prossima volta che mi mordi la mano, non ti alleni per una settimana” scherzò, stringendole un braccio sulla spalla, poi si allontanò per avvicinarsi nuovamente a Oliver.
“Jennifer..” un altro sussurro, e un passo avanti per avvicinarsi alla ragazza.
Jennifer deglutì e fece un altro passo indietro e, non distogliendo lo sguardo da Justin, chiamò: “Oliver?”
“Jennifer, che succede?” chiese Oliver, avvicinandosi ai due di un paio di passi.
La ragazza osservò ancora per qualche istante il volto di Justin, poi si girò nella direzione di Oliver.
“Puoi accompagnarmi a casa?”
Joseph, Oliver e Justin, contemporaneamente, aprirono la bocca e spalancarono gli occhi, la stessa espressione di sorpresa disegnata sui loro volti.
Justin si inchiodò al pavimento, incapace di parlare, osservando la schiena di Jennifer e sperando in un suo ‘stavo scherzando’, e un abbraccio.
Oliver annuì e con passi lenti camminò verso la porta, seguito dalla ragazza che non degnò di uno sguardo né Joseph né Justin.
“Ehm.. Jennifer?” la richiamò Joseph, bloccandola a pochi metri dall’uscita. “Ci vediamo domani pomeriggio”
“Forse” rispose Jennifer, che era rimasta di spalle, per poi iniziare a camminare di nuovo fuori la palestra.
La sala piombò in un silenzio assordante, con Justin che continuava a guardare il punto in cui era Jennifer prima di chiedere a Oliver di portarla a casa.
Joseph gli diede una pacca sulla spalla, riportandolo alla realtà della palestra.
“Vedrai che le passerà, ha solo bisogno di digerire ciò che ha appena visto”
“La capisco se non vorrà parlarmi più” sospirò il ragazzo, voltandosi per ricambiare lo sguardo di Joseph. “Il pensiero di Oliver che le ha fatto quel livido mi ha fatto impazzire, non ero più me stesso. La rabbia..”
“Lo so, non sentirti in colpa” lo interruppe. “È stata una settimana difficile per Jennifer, abbiamo scoperto cosa poco piacevoli e adesso arrivi tu, che senza preavviso, ti trasformi in una macchina da combattimento. Le serve tempo per abituarsi all’idea”
Justin annuì, poi preso dalla curiosità chiese spiegazioni riguardo le altre cose poco piacevoli.
Joseph sorrise e iniziò a camminare verso l’uscita.
“Seguimi, ho una registrazione da mostrarti”
 
 
 Oliver aveva appena messo in moto l’auto, quando una smorfia di dolore si disegnò sul suo volto e la sua mano sinistra corse a massaggiarsi lo stomaco.
“Riesci a guidare?” un’evidente nota di preoccupazione nella voce di Jennifer.
Il ragazzo le rivolse un sorriso veloce, poi guidò l’auto in strada.
“Ho dovuto sopportare dolori peggiori” sussurrò più a sé stesso.
“Che intendi?”
“Quando sei un ragazzino più basso della media che frequenta fin da piccolo scuole militari, è impossibile non essere preso di mira dai più grandi” spiegò, tenendo lo sguardo fisso sulla strada.
Jennifer lo guardò con sorpresa e curiosità, non aveva mai pensato al passato di Oliver ma in quel momento preferiva evitare di porgli altre domande su quell’argomento; guardò per un attimo fuori dal finestrino e poi ritornò a osservare il suo profilo.
“Perché hai lasciato che Justin ti colpisse?”
“Ordini di Joseph, ma soprattutto per buon senso”
“Buon senso? E che intendi per ordini di Joseph?”
“Aveva previsto una reazione del genere, poi ha visto quando Justin ha scoperto il tuo livido” Oliver alzò le spalle.
“Non ho reagito perché, beh, lui è Justin Bieber. Ha decine di paparazzi che lo seguono, e un occhio nero che compare all’improvviso è difficile da giustificare e spiegare”
Oliver si fermò per sospirare, e Jennifer gli diede tutto il tempo che gli serviva, non voleva immaginare il dolore fisico che stava provando.
“Sarebbe stato troppo sospetto. Con Ashley che già sa di te, l’ultima cosa che ci serve è svelare anche l’identità di Justin. Vogliamo evitare brutte sorprese durante incontri con le fan e concerti. Bisogna pensare a tutte le eventualità.”
Jennifer annuì, era grata che Oliver non avesse fatto male a Justin anche se preferiva che lui si fosse difeso e non usato come un sacco da boxe.
“Pensavo che tu non volessi che Justin si esponesse a un simile pericolo” la distrasse Oliver, continuando il suo discorso precedente.
“Ed è vero. Non voglio che lui sia in pericolo”
“Perché cercate tanto di proteggervi a vicenda?” Oliver si permise di guardarla negli occhi solo per un istante, per poi ritornare a rivolgere la sua attenzione alla strada.
Jennifer aprì e chiuse gli occhi un paio di volte, sentendosi improvvisamente vulnerabile. L’ultima cosa che voleva succedesse quel giorno era che Oliver scoprisse quali sentimenti lei aveva capito di provare.
“Senso del dovere?!” esclamò, la prima cosa che le era venuta in mente, riuscendo a mantenere un tono calmo e controllato.
“Mmh” mugugnò Oliver.
Piombarono in un silenzio assoluto e Jennifer si distrasse guardando la strada che stavano percorrendo a velocità limitata. Niente in confronto alla super velocità a cui era arrivato Justin poco tempo prima. Le sembrava passata un’eternità da quando se l’era ritrovato nella stanza.
“Perché hai reagito in quel modo?”
Jennifer portò il suo sguardo sul viso di Oliver, su cui aleggiava un’espressione pensierosa e confusa.
Non sapeva cosa rispondere.
Si era sentita confusa, sopraffatta da ciò che Justin aveva fatto a Oliver, impaurita da quel ragazzo che solo la settimana precedente era stato tanto dolce con lei.
Oliver le lanciò un’altra occhiata, e capì che la ragazza non avrebbe risposto a quella domanda, così cambiò argomento.
“Stai davvero considerando l’idea di saltare l’allenamento domani?”
Jennifer sussultò a quella domanda, poiché così come l’aveva posta Oliver suonava come una cosa negativa.
“Si” sussurrò lei.
Se durante l’ultima settimana le avessero detto che avrebbe volentieri saltato un pomeriggio di allenamento, non ci avrebbe creduto. Tuttavia, tutto quello che aveva bisogno era allontanarsi un po’ da quella palestra, da Joseph, Oliver e Justin e cercare di digerire il veloce cambiamento di Justin.
Jennifer era consapevole di dover essere felice del suo miglioramento sul piano fisico e infatti lo era, era orgogliosa dei suoi progressi, però la violenza con cui li aveva dimostrati la spaventava.
Odiava doverlo ammettere ma quel ragazzo non era il suo dolce Justin.

 

Spazio autrice:
voglio solo mettere in chiaro un paio di cose. Quando ho pensato a cosa scrivere in questo capitolo, la reazione di Jennifer non mi era minimamente venuta in mente in questo modo, quando però ho iniziato a metterlo nero su bianco, mi è venuto piuttosto naturale scriverla. e ancora adesso sono fermamente convinta che sia la reazione giusta, non so perché.
però ne è valsa la pena. mi sono divertita a scrivere la reazione di Justin, strano ma vero lol
penso che i prossimi capitoli saranno, più che altro, riassuntivi. voglio velocemente passare alla fine dell'addestramento.
beh, che altro dire? fatemi sapere che ne pensate di questo capitolo. le recensioni sono sempre ben accette!
alla prossima!
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Where is Jennifer? ***


Capitolo 30
Where is Jennifer?
Justin, la mattina dopo, si svegliò zuppo di sudore e tremolante, reazione causata dall’incubo che l’aveva accompagnato durante tutto il sonno. Rinunciò a riaddormentarsi e si concesse una bella doccia calda per rilassarsi.
Le immagini di ciò che aveva lui stesso provocato il giorno precedente erano ormai un punto fisso, ma tornarono prepotentemente nella sua memoria quando uscì da casa e il vialetto era vuoto: Jennifer non era ad aspettarlo.
Si voltò per pochi istanti verso la casa accanto, lanciando uno sguardo alla finestra della sua camera, poi si diresse velocemente verso la Range Rover nera di Scooter, che lo aspettava alla fine del vialetto, senza incrociare lo sguardo dell’uomo.
Scooter partì subito e, solo dopo qualche minuto di silenzio e di totale indifferenza di Justin nei suoi confronti, lo richiamò.
“Non sei passato a chiamare Jennifer”
“Non so se verrà a scuola” lo liquidò il ragazzo, che non aveva voglia di spiegare e raccontare niente.
Sul volto di Scooter si dipinse un’espressione sorpresa, ma si limitò a restare in silenzio fin quando non furono arrivati.
“So che non vuoi parlarmi, e lo accetto, ma devo informarti che oggi pomeriggio e i giorni a venire non potrò accompagnarvi in palestra” alzò una mano per bloccare Justin che aveva appena aperto bocca.
“Scoprirai presto cosa mi terrà impegnato, nel frattempo dovrete, tu e Jennifer, raggiungere la palestra con Oliver”
Justin alzò gli occhi a cielo e disse: “Non capisco perché non posso guidare io”
“Mi sembrava di aver chiarito questo punto un bel po’ di tempo fa” ribatté Scooter e, dopo una veloce occhiata all’espressione di Justin, lo anticipò di nuovo:
“Cerca di non giudicare male Oliver e comportati bene con lui, non puoi permetterti di averlo come nemico, perché siete nella stessa squadra. Adesso vai e salutalo” e con un cenno verso un auto parcheggiata più avanti, Scooter mise fine alla conversazione.
Justin chiuse con violenza la portiera, poi si avvicinò a Oliver, che in quel momento stava scendendo dalla sua auto.
Erano a circa due metri di distanza quando finalmente Oliver alzò lo sguardo e lo fissò sul volto di Justin, che, fingendo un sorriso, gli si avvicinò ulteriormente alzando una mano in segno di saluto.
“Ehi Oliver! Amico mio!” esclamò, con un tono fin troppo allegro.
“Justin! Sei tornato finalmente!” Oliver, si comportò esattamente come lui: stesso sorriso finto, stesso tono volutamente allegro.
Justin osservò attentamente il volto di Oliver, soffermandosi, con una morsa allo stomaco, sui lividi e sul labbro spaccato che era stato lui a causargli.
“Amico, cosa ti è successo al viso?” chiese con naturalezza, continuando la messa in scena che aveva iniziato.
Oliver stava prendendo la borsa dal sedile posteriore e, mentre pronunciava la risposta, lanciò un’occhiata più che significativa a Justin.
“È stato solo un piccolo malinteso”
Justin sorrise con un sospiro di sollievo, congratulandosi per essere riuscito a seguire il consiglio di Scooter, quello di non avere Oliver come nemico.
 
Dopo la mattinata densa di lezioni, seguita da un veloce pranzo in sala mensa, Justin arrivò finalmente in palestra, accompagnato da Oliver.
Entrati nell’edificio, Oliver lasciò che Justin andasse da solo verso la sala d’addestramento, per entrare nella porta dietro la scrivania.
Justin proseguì lungo il corridoio e, quando fece il suo ingresso nella sala, si ritrovò faccia a faccia con l’espressione seria e preoccupata di Joseph.
Il ragazzo accennò un sorriso, intimorito dagli occhi indagatori di Joseph, e aspettò in silenzio che l’uomo parlasse.
“C’è una cosa che devi fare”.
Joseph si bloccò per qualche istante, cercando le parole adatte da pronunciare.
“Avrei sperato che ci fosse anche Jennifer, ma dobbiamo agire oggi” concluse, iniziando a passeggiare per calmare il nervosismo.
Dopo un paio di minuti in cui Justin aveva aspettato pazientemente una spiegazione, lo richiamò: “Di cosa stai parlando?”
“Ieri mi hai dato prova di avere coraggio e da quel poco che ho visto posso immaginare che le tue capacità fisiche siano migliori di quelle che avevi prima del tuo periodo a Los Angeles” cominciò Joseph, bloccandosi nuovamente a un metro dal ragazzo.
“Oliver è riuscito a intercettare alcune informazioni e tra circa un’ora…”
Boom!
Joseph fu interrotto da un leggero rumore nel corridoio, che li fece voltare entrambi.
 
* 10 minuti prima *

 
“Sicura che sia questo il posto, dolcezza?” il rozzo uomo al volante accostò al marciapiede, e si voltò per ricevere una risposta.
“Sì, grazie mille” Jennifer ringraziò gentilmente e mise di forza i soldi nel palmo della sua mano, per poi abbandonare il taxi.
Si guardò intorno, chiuse meglio il cappotto e si avviò verso un bar malandato. Aveva fatto solo un paio di passi quando si voltò lentamente per controllare che il taxi si fosse allontanato.
Arrivata a un paio di metri dalla porta d’ingresso del bar, sicura di non essere seguita, Jennifer posizionò meglio la visiera del cappello davanti agli occhi e cambiò direzione, incamminandosi lungo il marciapiede, direzione ovest.
Aveva riflettuto tutta la mattinata ed era arrivata alla conclusione che non poteva permettersi assenze all’addestramento, soprattutto in quel momento, poiché il ritorno di Justin significava l’accelerazione di tutto.
Così aveva chiamato un taxi e si era fatta accompagnare a un paio di isolati di distanza dalla palestra.
 
Riuscì ad entrare facilmente nell’edificio grazie a una delle schede d’accesso che Scooter le aveva dato un paio di mesi prima ed era ormai nel corridoio antecedente la sala, quando si sentì afferrare le braccia e spingere con forza verso la parete sinistra.
“Chi sei e perche sei qui?”
Una voce fin troppo familiare le provocò un sorriso, nonostante avesse  il viso schiacciato alla parete.
“Così si accolgono gli amici?” ribatté lei, e Oliver lasciò subito la presa, liberandola.
“Che ci fai qui? Non ti avevo riconosciuto dalle telecamere di sorveglianza, il cappello faceva ombra sul viso” si giustificò, gesticolando.
Le figure di Justin e Joseph comparvero sull’uscio un momento dopo e squadrarono Jennifer con gli occhi spalancati per la sorpresa di vederla lì.
“Che c’è?! Sono mica stata licenziata?!” ridacchiò lei, sorpassando tutti per entrare nella sala.
Qualche istante dopo Joseph e Justin la seguirono, e quest’ultimo le restò lontano circa un metro, distanza di sicurezza.
“Oliver resta qui, ormai sappiamo tutto ciò che ci serve sapere e abbiamo anche la squadra al completo”
Jennifer alternò lo sguardo da Joseph a Oliver e intervenne quando l’uomo ebbe finito di parlare.
“Mi sono persa qualcosa?”
Joseph rispose prontamente, fissando il suo sguardo in quello della ragazza.
“Oggi, andrete in missione”
Un silenzio di tomba seguì le parole di Joseph.
Justin e Jennifer stavano fissando il volto dell'uomo, cercando di cogliere qualsiasi segno.
“Abbiamo ragione di credere che oggi pomeriggio avverrà qualcosa al porto. La nostra amica Ashley sarà lì” spiegò Joseph.
“Quindi cosa dobbiamo fare?” involontariamente Jennifer sussurrò, ma le parole furono sentite perfettamente da tutti, e Joseph non tardò a rispondere.
“Oliver vi accompagnerà, e si apposterà nella piazza a circa 500 metri di distanza dal porto, per non destare sospetti. Da lì comunicherà con voi controllando le telecamere per farvi percorrere la strada più sicura, quindi vi nasconderete in un punto coperto. Dobbiamo assolutamente scoprire cosa succederà oggi pomeriggio.”
L’enfasi con cui Joseph pronunciò quella frase, portò Jennifer ad annuire istantaneamente, Justin invece restò immobile e pronunciò la sua domanda.
“Vuoi mandarci in missione disarmati?”
Il sorriso, che si disegnò sulle labbra di Joseph, anticipò la sua risposta affermativa.
“Justin, spero che ti abbiano fatto fare un po’ di pratica con le armi. Non ho ancora avuto modo di parlare con Scooter, quindi non so che addestramento ti hanno fatto seguire a Los Angeles.”
“Mi hanno insegnato a usare una pistola, penso che anche Jennifer abbia fatto lo stesso” rispose Justin, lanciando un veloce sguardo alla figura rigida di Jennifer.
“Va bene” annuì Joseph, poi si voltò verso Oliver e gli ordinò di andare a prendere le pistole tenute da parte per i ragazzi.
Oliver uscì immediatamente dalla sala, e lasciò Joseph da solo con Jennifer e Justin.
“Devo chiedervi se siete disposti a portare a termine questa missione. Non sono ammesse crisi d’ansia, tensione o eccessi di rabbia, mi serve la vostra massima concentrazione e sangue freddo.” Joseph pronunciò queste parole guardando negli occhi prima Jennifer poi Justin, e viceversa.
“Per quel che mi riguarda” iniziò Jennifer, mantenendo un tono distaccato e controllato “non avrai problemi. Non penso si possa dire lo stesso di Justin, visto quello che ha combinato ieri”
Justin deglutì, ma cercò di tenere la bocca chiusa, non voleva peggiorare la sua situazione agli occhi di Joseph, poiché non aveva intenzione di lasciare andare in missione Jennifer sola con Oliver, ma non voleva peggiorare la sua situazione soprattutto agli occhi della ragazza.
“Justin, mi assicuri di non farti prendere dalla rabbia?”
Joseph pronunciò con enfasi l’ultima parola, guardando Jennifer negli occhi, con l’intenzione di farle capire cosa c’era dietro le azioni del giorno prima.
“Non mi farò prendere dalla rabbia, non potrà succedere”
La conversazione fu troncata dall’apparizione di Oliver nell’ingresso.
“Ho preparato tutto nell’auto, è arrivato il momento di muoversi”
Joseph annuì guardando velocemente le espressioni decise disegnate sui volti dei tre ragazzi, prima che questi seguissero Oliver.
 
Justin e Jennifer stavano camminando lentamente, cercando di fare meno rumore possibile, tra i container nella zona scarico merci del porto, e seguivano le indicazioni che Oliver comunicava ad entrambi attraverso un auricolare.
Oliver aveva costretto entrambi ad indossare una larga felpa nera, sotto la quale, tra il pantalone e la schiena, avevano nascosto la pistola .
“Proseguite per circa 500 mt.”
Dopo una decina di passi, però, Justin iniziò a parlare, poiché non riusciva a sopportare il silenzio tra di loro.
“Penso di aver bisogno di una spiegazione”
“Riguardo a?”
Jennifer si limitò a incontrare per pochi istanti lo sguardo del ragazzo, poi continuò a camminare guardandosi intorno: non poteva permettere a una qualsiasi tipo di emozione di impadronirsi di sé, non in quel momento.
“Quando Oliver, in macchina, ha detto che saremmo stati a volto scoperto e tu ti sei opposta, parlavi al singolare, non al plurale, e non ti riferivi a te stessa. Perché?”
Dopo qualche istante di silenzio, in cui Jennifer aveva cercato le parole migliori da utilizzare, la risposta arrivò chiara e cristallina.
“Non sono obbligata a dare a te una spiegazione”
Justin istintivamente le afferrò la mano, obbligandola a fermarsi e a guardarlo negli occhi, Jennifer, però, si liberò subito dalla presa e si allontanò di qualche passo, poi alzò lo sguardo sul suo volto.
“Qual è il tuo problema, Justin? Adesso vuoi delle spiegazioni? Ieri mattina mi è sembrato che non volessi sentire nessun'altra ragione che non fosse quella elaborata dal tuo cervello!” esclamò Jennifer, alzando di poco il tono di voce.
Justin fu colto di sorpresa ma si riprese subito, e stava anche per ribattere quando Jennifer lo anticipò, mettendo fine alla discussione.
“Non mi sembra il momento adatto per parlare, a meno che non vuoi farti uccidere”
E ripresero a camminare.
“Non voglio rovinare il vostro momento romantico, ma dovreste sbrigarvi, non aspetteranno voi per fare quello che hanno da fare” Oliver intervenne, una chiara sfumatura ironica nel tono di voce.
Un ‘va al diavolo’ da parte di Jennifer e un ‘sta zitto’ di Justin arrivarono contemporaneamente, seguiti dalla risata di Oliver.
“Rilassatevi, okay? Stavo scherzando, ma accelerate il passo. Joseph ci uccide se non scopriamo niente.”
I due ragazzi fecero come gli era stato detto e continuarono a svoltare ora a destra ora a sinistra fin quando, dopo l’ultima ‘curva
, la strada finì e il panorama si aprì sul mare con un molo d’attracco a circa dieci metri sotto di loro.
“Non fate nessun rumore e nascondetevi, perché ci sono uomini che fanno la guardia dappertutto.”
Si appostarono fra un  piccolo muretto che dava sul porto e un container abbandonato, che li proteggeva alla vista di chiunque fosse passato in quella zona, e iniziarono a guardare cosa succedeva in basso.
Nello spiazzo antecedente il molo d’attracco erano posizionati molti uomini di guardia, immobili, ognuno guardava in una direzione diversa.
Nessuno di essi si mosse quando due figure entrarono nella visuale e si diressero verso l’unica coppia di guardie rivolta verso il mare o, meglio, verso l’imbarcazione che si stava lentamente avvicinando.
Justin e Jennifer riuscirono a capire che i quattro stessero discutendo quando iniziarono a gesticolare vistosamente, indicando prima il mare, poi la direzione da cui erano arrivati gli ultimi due.
Jennifer sussultò, quando una delle due figure si voltò dando le spalle al mare, e, istintivamente, afferrò saldamente la mano di Justin.
“O-Oliver, è arrivata”
Justin guardò prima la ragazza al suo fianco, poi scrutò ancora le quattro figure.
“Ma ha i capelli rossi” aggiunse, stringendo più forte la mano di Justin.
“Oh sì, vedo” sussurrò Oliver, poi aggiunse a voce più alta “Ragazzi, vi presento il vero aspetto di Ashley”
Ashley aveva capelli rosso fuoco che arrivavano più o meno alle spalle, un’espressione di superiorità stampata in viso, e indossava una tenuta aderente nera e ai fianchi si intravedevano due pistole, tenute grazie a foderi attaccati a una cintura.
“Guardate il lato positivo” intervenne Justin “almeno adesso conosciamo la vera forma di chi ci ucciderà”
Restarono in silenzio, solo per qualche istante, guardando la figura di Ashley.
Justin, poi, distolse lo sguardo per rivolgerlo alle loro mani intrecciate.
“Jenny, perché stai tremando?”
La ragazza sussultò, di nuovo, e abbassò lo sguardo.
“Ansia”
“Andrà tutto bene, okay? Non ti succ..”
“Non è per me che sono preoccupata!” sbottò all’improvviso, interrompendolo. “Non hai ancora capito che ho paura che scoprano anche te e che ti possano fare del male?”
Justin le lasciò la mano, per afferrarle il viso.
“Non devi preoccuparti per me, okay?” le sussurrò, poiché non voleva farsi sentire da Oliver.
“Lo stesso vale per te” ribatté Jennifer, mantenendo il tono di voce basso.
“Non è lo stesso. È colpa mia se sei qui, non puoi pretendere che non mi preoccupi di te”
Jennifer allontanò il viso dalle mani di Justin, sospirando rumorosamente, e sussurrò “Sei impossibile” tornando a guardare in basso.
“Penso che l’imbarcazione sia arrivata a destinazione” intervenne Oliver, e infatti molti uomini si avvicinarono alla nave, di piccole dimensione che stava attraccando proprio in quel momento, e salirono a bordo.
Nel giro di cinque minuti riuscirono a scaricare una decina di casse, lunghe circa un metro e mezzo ciascuna. Ashley ne aprì un paio e, anche alla loro distanza, Jennifer e Justin riuscirono a identificare il contenuto.
“Sono armi” disse Justin.
“Sono troppe casse per essere solo armi” rifletté Jennifer.
“E cosa diavolo potrebbero contenere?” Justin guardò prima Jennifer, che alzò le spalle non sapendo cosa rispondere, poi si rivolse a Oliver.
“Non lo so, potrebbe essere qualsiasi cosa. Non conosciamo i loro affari, possiamo solo fare supposizioni”
“Quindi tutto questo è stato inutile” sospirò Justin, passandosi una mano tra i capelli.
“Non puoi pretendere che mettessero su un piatto d’argento i loro affari” esclamò Jennifer.
Nel frattempo, tutti gli uomini di guardia si erano mobilitati per trasportare le casse lontano da lì.
“Dovremmo seguirli” sorrise Justin.
“Ehm, ragazzi?” Oliver li richiamò, con una nota di panico nella voce. “Se non uscite subito da lì, penso che sarete in trappola!”
“Di  cosa stai parlando?” Jennifer scattò in piedi, guardando nella direzione da cui erano arrivati.
“Ci sono due uomini che si stanno avvicinando, uno da destra e l’altro da sinistra, quindi correte”
Si guardarono negli occhi e iniziarono a correre, mano nella mano per non perdersi.
“Andate a sinistra, perché c’è subito una svolta a destra”
Fecero come gli era stato detto, girarono a sinistra e trasalirono perché a cinquanta metri di distanza un uomo a volto coperto stava correndo verso di loro. Arrivarono velocemente alla svolta a destra e la imboccarono, mentre l’uomo continuava ad avvicinarsi, aumentando la velocità.
“Potevi dircelo che era dietro l’angolo” urlò Jennifer, rivolta a Oliver.
“Lui era quello più lontano. Adesso correte”
“La fai facile!” esclamò Jennifer.
Continuarono a correre e a svoltare, con i passi dell’uomo che si facevano sempre più vicini. A un certo punto Jennifer staccò la mano da quella di Justin.
“Su, corri, se ci teniamo per mano rallentiamo!”
Justin annuì, e continuò a correre, fin quando arrivò all’entrata del porto e vide Oliver scendere dall'auto e andargli incontro.
“Dov’è Jennifer?”
“Come? È dietro di me!”
Justin si girò, respirando rumorosamente, e notò con orrore che non c’era nessuno che lo seguiva.
“Devo andare a cercarla!” esclamò, subito, ma fu afferrato da Oliver.
“Justin, guardami” Oliver, aspettò di avere la sua attenzione “Arriverà presto, forse ha voluto prendere un’altra direzione per confond..”
Oliver non riuscì a finire la frase perché fu interrotto dal rumore di uno sparo.
Ci fu un attimo di silenzio, necessario ad entrambi per elaborare ciò che avevano appena sentito, poi l’aria fu invasa da gabbiani in volo.
“E-era.. Era uno sparo?!” Justin aveva gli occhi spalancati, terrorizzati.
Non aspettò, però la risposta di Oliver.
“No”
Guardò in tutte le direzioni possibili, si girò nuovamente verso Oliver, poi di nuovo verso i container.
“NO! JENNIFER!” urlò con tutto il fiato che aveva in gola.


Spazio autrice:
dopo una fine del genere, non so che dire.
ci avrei aggiunto un altro pezzo, se non mi fosse venuto così lungo.
devo scusarmi dell'enorme ritardo, perché quando mi sono resa conto che non aggiorno da luglio mi sono seriamente spaventata. e ho cercato di scrivere questo capitolo nel minor tempo possibile. devo ammettere che è stato difficile scriverlo, perché lo avevo elaborato tutto nella testa e non riuscivo a trovare le parole adatte.
adesso che finalmente ho aggiornato, spero davvero che sia rimasto qualcuno intenzionato a continuare a seguire questa storia.
che dire.
ci rivediamo alla prossima!

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** I wait for the wake up of Jennifer ***


Capitolo 31
I wait for the wake up of Jennifer

Continuarono a correre tra i container e a svoltare, con i passi dell’uomo che si facevano sempre più vicini. A un certo punto Jennifer staccò la mano da quella di Justin.
“Su, corri, se ci teniamo per mano rallentiamo!”
Jennifer continuò a correre, ma iniziava a rallentare, e non riusciva a mantenere la stessa velocità di Justin.
Ad un certo punto l’uomo la raggiunse e l’afferrò per la vita, alzandole i piedi da terra, e si diresse nella direzione opposta a quella in cui lei stava correndo, per poi entrare in una ‘strada’ laterale.
Appena lasciò che Jennifer toccasse nuovamente il pavimento, la spinse con violenza contro un container, e la bloccò appoggiando le mani accanto ai suoi fianchi.
“Ashley sapeva che saresti venuta”
Jennifer si immobilizzò, incrociò il suo sguardo e spalancò gli occhi per la sorpresa.
L’altro ridacchiò, poi mosse la mano sinistra e afferrò la pistola che Jennifer teneva dietro la schiena.
“Ancora non mi hanno permesso di usare un’arma. Tu devi essere una importante per averne una” continuò, allontanandosi di qualche passo.
“Trevor” Jennifer sussurrò, poi si schiarì la gola, per sembrare più decisa, e parlò a voce più alta “Cosa diavolo stai facendo?”
“Allora mi hai riconosciuto finalmente”
Trevor tolse il passamontagna e lo infilò in una tasca del pantalone.
“Mi sembra che tu non sia nella posizione più adatta per fare domande” disse poi, alzando la pistola, ma la riabbassò subito. “Ma oggi non voglio usare armi contro di te”
Jennifer continuò a guardarlo, immobile, aspettando una sua mossa.
“Allora.. Per chi lavori?”
Trevor aveva un sorriso di sfida stampato sulle labbra che non lasciava presagire niente di buono, nonostante questo, però, Jennifer non si lasciò intimidire.
“Non sono affari tuoi”
“Non sta a te deciderlo. Ti ripeto la domanda: per chi lavori?”
“Ti ripeto la risposta: non sono affari tuoi!”
Trevor si lasciò sfuggire una leggera risata poi, all’improvviso, sferrò velocemente un pugno nello stomaco della ragazza.
La violenza dell’impatto costrinse Jennifer a sbattere nuovamente la schiena contro il container.
“Risposta sbagliata” disse Trevor, quando tornò nella sua posizione iniziale.
Jennifer, nel frattempo, si era leggermente piegata per il dolore ma si ricompose subito e, tenendo le mani strette all’addome, si allontanò, verso sinistra, dal container.
“Vediamo se hai cambiato atteggiamento. Per chi lavori?” Trevor chiese ancora, con gli occhi fissi sul corpo della ragazza, attento a ogni suo movimento.
“E tu perché stai lavorando con Ashley?” ribatté Jennifer.
Trevor, però, non era disposto a non ricevere una risposta, infatti scaraventò Jennifer a terra, con il piede iniziò a schiacciarle lo stinco sinistro e le puntò la pistola alla testa.
“Sei sempre stata una ragazza irritante!” esclamò Trevor, facendo più forza con il piede.
Jennifer non aveva nessuna intenzione di lamentarsi per il dolore, girò il viso contro l’asfalto e iniziò a mordere l’interno della guancia.
“Ti avevo avvisata che non eri nella posizione di fare domande, adesso hai intenzione di rispondere?”
“Preferisco una pallottola nel cranio!” Jennifer urlò la risposta, a causa del dolore che stava provando alla gamba.
“Te l’ho già detto, oggi non voglio usare armi” ridacchiò.
Trevor alzò improvvisamente il piede, per poi tornare a colpire con più violenza nello stesso punto. Si allontanò, dandole la possibilità di allontanarsi, strisciando a terra, a sua volta, poi aggiunse:
“Ho davvero voglia di spaventare Justin, così ci pensa due volte prima di lasciarti andare” detto questo puntò la pistola contro un container e sparò.
“La prossima volta non andrà a finire così” aggiunse subito dopo, poi lanciò l’arma a terra, e sparì.
Jennifer si alzò lentamente e recuperò l’arma, poi iniziò a zoppicare lentamente con la mano sinistra appoggiata alle pareti dei container.
Da quando si era ritrovata faccia a faccia con Trevor aveva sperato di sentire la voce di Oliver nell’auricolare, ma continuava a essere tutto silenzioso.
Un improvviso urlo in lontananza squarciò il silenzio del porto.
“NO! JENNIFER!”
Riconobbe la voce di Justin, ma non provò a chiamarlo perché non aveva la forza di urlare così forte, quindi continuò a camminare tenendo tutta l’attenzione verso possibili rumori provenienti dall’auricolare.
Dopo qualche istante, infatti, sentì il rumore della portiera dell'auto che veniva sbattuta e la voce di Oliver
“..ta bene, adesso la cerchiamo con le telecamere”
“Oliver, Justin!”
“Jennifer, sei tu?”
La ragazza non era mai stata tanto felice di sentire la voce di Justin.
“Certo che sono io, idiota” sussurrò, sorridendo.
“Okay, Jennifer ti vedo nella telecamera. Ma..”
“Oliver, vi spiego dopo, adesso dimmi dove devo andare perché, se non si nota, sono in panico!”
“Sì, certo, continua diritto, stai andando bene”
Dopo circa cinque minuti Jennifer riuscì a uscire da quel reticolato di container, e arrivò all’entrata.
Fu travolta da Justin, che la strinse a sé in un super abbraccio.
“Dio, Jennifer. Ho avuto una paura pazzesca” sussurrò nei suoi capelli.
“Sto bene. Justin calmati”
Jennifer appoggiò il viso al collo del ragazzo e iniziò ad accarezzargli la schiena, perché stava tremando.
“Non lasciarmi più la mano, okay?!”
Justin mosse solo la testa, per riuscire a guardarla negli occhi.
“Non mi interessa se rallentiamo, almeno veniamo presi insieme” continuò, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime.
“Scusa, sono andata in panico, si stava avvicinando e stavamo rallentando a causa mia” sussurrò la ragazza.
“Non farlo mai più” ribatté Justin, e sciolse l’abbraccio per afferrarle la testa.
“Insieme, dobbiamo affrontare tutto questo insieme. L’hai dimenticato?” Justin intrecciò con violenza lo sguardo a quello della ragazza, avvicinandosi al suo viso fino a far sfiorare il naso a quello della ragazza, e lasciò che una lacrima percorresse tutta la guancia.
Jennifer scosse la testa, chiudendo gli occhi,
“Mi sei mancato” disse, poi, tornando a guardarlo.
“Cosa?”
“Sì, io.. ho capito perché ieri hai reagito in quel modo” sussurrò, con la voce appena udibile, e sorrise leggermente.
Justin restò a guardarla, immobile, negli occhi per qualche istante, quando si mosse le regalo un sorriso spettacolare e la baciò, trasmettendole tutta la paura e l’ansia che aveva provato e la felicità che stava provando in quel momento.
 
“Puoi aiutarmi ad arrivare alla macchina? Non penso di riuscire a fare un altro passo” sussurrò Jennifer.
Justin annuì, si abbassò e, passando una mano sotto le sue gambe e una dietro la sua schiena, la prese in braccio e raggiunsero Oliver che era rimasto nell’auto.
 
Justin era avanti, accanto a Oliver, ma era girato per poter guardare il volto di Jennifer, ed entrambi i ragazzi erano in silenzio, aspettando che fosse lei a iniziare a parlare.
“Oliver, puoi accelerare? Avrei bisogno di parlare con Joseph”
Oliver, annuì, per poi iniziare a parlare.
“Quindi, per il momento non ci dirai cosa ti è successo?”
“No” Jennifer sussurrò, poi distolse lo sguardo perché non riusciva a sostenere quello di Justin.
“Cosa? Jennifer ti rendi conto che c’è stato uno sparo? E poi sbuchi tu con nessuna ferita da arma da fuoco! Abbiamo bisogno di sapere cosa è successo! Io ne ho bisogno!” Justin urlò tutte le parole contro la ragazza, ma abbassò la voce in un sussurro pronunciando l’ultima frase.
“E avrete una spiegazione, appena arriviamo in palestra”
Jennifer continuava a sussurrare risposte, perché era l’unico modo per controllare la voce.
Era al sicuro, sì, ma non riusciva a stare calma, tutta la paura e la frustrazione, che avrebbe dovuto provare durante gli istanti che aveva trascorso con Trevor, aggiunte al sollievo di stare bene, si stavano presentando in quel momento ma centuplicate, e non riusciva a non tremare. Aveva, però, trovato la persona contro la quale sfogare tutti questi sentimenti contrastanti, e non aveva nessuna intenzione di fargliela passare liscia.
Appena Oliver parcheggiò davanti all’inconfondibile edificio bianco, Jennifer non aspettò che Justin l’aiutasse a scendere e a camminare. Lasciò velocemente l’auto e saltellando su un piede si avviò nella palestra.
Quando Oliver e Justin la raggiunsero, era nell’atrio, e stava prendendo a pugni la porta dietro la scrivania urlando il nome di Joseph.
“Ma cosa diavolo stai facendo?” Justin la guardò senza capire.
“Sta zitto!” esclamò.
Dopo un altro paio di pugni e un ‘Joseph so che sei lì dentro’, l’uomo finalmente aprì la porta, rischiando anche di beccarsi un pugno in pieno viso.
“Due ragazzi che non riescono a bloccare una ragazza che cerca di buttare giù una porta blindata. Questa cosa dovrò ricordarla”
“Sembra che tu non abbia visto cosa ha nella mano destra” intervenne Oliver, indicando la pistola.
Joseph, però, non lo stava ascoltando perché aveva incatenato lo sguardo a quello di Jennifer, la quale stava respirando molto velocemente per cercare di stare calma.
“TU!” urlò “SAPEVI CHE CI SAREBBE STATO ANCHE LUI!”
“Non era un’informazione importante” ribatté Joseph, con tranquillità.
“AVREBBE POTUTO UCCIDERMI!  È QUESTO CHE VOLEVI?” Jennifer sembrava aver perso ogni controllo. Alzò la pistola e continuò “Sapeva esattamente che ero armata. Avrebbe potuto uccidermi con la stessa arma che avrei dovuto usare per difendermi!”
“Ma non l’ha fatto, sei ancora con noi, no?” Joseph sorrise.
“Non grazie a te!” esclamò la ragazza, e iniziò a camminare, poggiando a terra anche la gamba sinistra.
La cosa positiva fu che Justin la stava guardando e riuscì a prenderla, quella negativa, invece, fu che perse conoscenza a causa del dolore.
“Oh Dio, Jennifer!” Justin urlò, nel momento in cui la ragazza gli cadde tra le braccia.
“Joseph..”
“Sì, portiamo Jennifer da Daniel” Joseph concluse ciò che Oliver stava per chiedergli.
L’uomo riaprì la porta da cui era venuto e guidò Justin attraverso i corridoio bui, entrarono nella stanza con i monitor, ma non si fermarono, poiché Joseph aprì la porta nascosta sulla destra della stanza, quella che portava al suo appartamento, e lo condusse all’interno.
Il ragazzo notò poco gli ambienti che attraversava poiché la sua attenzione era tutta rivolta al corpo incosciente che portava tra le braccia.
“Puoi stenderla sul lettino” Joseph lo riportò alla realtà, e Justin notò che erano entrati in una stanza che poteva benissimo essere chiamata infermeria.
Aveva appena fatto come gli era stato detto da Joseph, che un uomo li raggiunse.
“Cos’è successo?” chiese, rivolgendosi solo a Joseph.
“Il colpo che Trevor le ha dato alla gamba è più grave di quello che pensavamo”
“Aspetta.. Di cosa stai parlando? E lui chi è?” l’espressione confusa di Justin ebbe la meglio su quella preoccupata.
“Lui è l’altro agente della CIA co-proprietario della palestra. Pensavate che mandassi avanti i vostri addestramenti e l’intera palestra da solo?!” Joseph ridacchiò leggermente.
Justin annuì, poi ripensò alle parole di Joseph, e prima che Daniel potesse avvicinarsi a Jennifer, intervenne.
“È stato Trevor a trattenerla, e a sparare?”
Joseph annuì sospirando. “Adesso dovresti spostarti, perché Daniel dovrebbe controllare cosa le ha fatto alla gamba, poi magari mostro ad entrambi la registrazione.”
Oliver uscì dalla stanza, Justin e Joseph, invece, restarono appoggiati al muro vicino la porta.
Daniel ruppe il tessuto del pantalone, e storse le labbra quando scoprì la pelle violacea della gamba sinistra.
“È stato un colpo abbastanza violento. Penso che sia una contusione” fece una pausa, scrutando il livido che si stava formando, poi riprese “Joseph, mi servirebbe del ghiaccio, un’ asciugamano e due o tre cuscini”
Joseph subito uscì dalla stanza, mobilitando anche Oliver.
“Ho sempre voluto conoscervi” sorrise Daniel, massaggiando la gamba di Jennifer.
“Ma Joseph continuava a dirmi di sorvegliarvi con le telecamere. A volte quell’uomo è una gran seccatura” esclamò ridacchiando, contagiando anche Justin.
“Quando si risveglierà?” Justin cambiò argomento, poiché non voleva parlare male del capo con il capo.
“Non lo so, penso che adesso stia semplicemente dormendo, quindi lasciamola riposare per un po’.”
Appena Joseph e Oliver ritornarono, Daniel posizionò i cuscini sotto la gamba, così da tenerla alta, e poi aprì la busta di ghiaccio per metterlo nell’asciugamano, e appoggiò quest’ultima proprio sul livido.
“Justin, porto Oliver nella stanza dei monitor per mostrargli la registrazione, vieni anche tu?”
“No, Joseph, aspetto che Jennifer si risvegli”
Justin sorrise poi andò a sedersi sul letto, al fianco di Jennifer, diede le spalle alla porta e strinse una mano della ragazza tra le sue.

Passarono un paio d’ore, quando Joseph ritornò nella stanza e trovò Justin nella stessa posizione in cui l’aveva lasciato: seduto sul letto a guardare Jennifer.
“Non si è ancora svegliata?” sussurrò, facendo girare di scatto la testa di Justin nella sua direzione.
“Daniel ha detto di lasciarla riposare” sospirò il ragazzo, tornando a guardare la ragazza.
Joseph annuì, appoggiandosi alla parete accanto al letto.
“Ieri non l’avevo notato”  Justin parlò, continuando, però, a osservare l’espressione rilassata di Jennifer “dopo la mia scenata, mi hai detto che Jennifer è cambiata, ma non avevo notato il suo cambiamento fisico”
“Non posso informarti su tutto, a quel punto sarebbe invasione della sua privacy” intervenne Joseph, Justin annuì, ma l’uomo continuò “anche se ho già invaso la sua privacy costringendo Oliver a parlare con la madre”
La testa di Justin scattò, i suoi occhi confusi incontrarono quelli decisi di Joseph.
“Non mangiava, le ho dato qualche giorno, sperando che la fame avesse avuto la meglio su tutti i pensieri che la spingevano a continuare, ma non è successo. Ho dovuto fare qualcosa.”
“E la situazione è cambiata?”
“Ha mangiato sia ieri che oggi, grazie alla madre”
Justin annuì ancora, e abbassò lo sguardo sulla sua mano e quella di Jennifer.
“Ero venuto qui per chiederti di restituirmi la pistola” Joseph si staccò dal muro.
“Uh? Sì, ecco” Justin afferrò l’arma, che ancora teneva posizionata nel pantalone, dietro la schiena.
“Sai per caso se Jennifer ha ancora la sua?” appena Joseph finì di parlare, Jennifer aprì lentamente gli occhi.
“Cosa devo avere?” chiese, sbadigliando.
“La tua pistola”
“Non puoi toglierci le pistole, non dopo che hanno scoperto la sua identità!” esclamò, cercando di mettersi seduta.
“Jennifer, è meglio se resti sdraiata sul letto” sussurrò Justin, spingendola delicatamente contro il materasso.
“Ma non posso lasciarvi in giro per la città armati, soprattutto lui” Joseph indicò Justin con un cenno della testa.
“Dovevi pensarci prima! Trevor ci ha visti, ha visto lui!”Jennifer si fece rossa per la rabbia, e non riuscì a mantenere un normale tono di voce.
“Avrebbero scoperto anche Justin, era solo questione di tempo” ribatté Joseph, con la massima calma.
“Non doveva succedere oggi, è stato troppo presto, non abbiamo neanche finito l’addestramento!”
“Sai una cosa?” Joseph iniziò a parlare appena Jennifer ebbe finito “Tieniti anche la pistola, ma la responsabilità è tua!”
La ragazza non ebbe tempo di ribattere, perché Joseph uscì velocemente dalla stanza.
“Sa che hai ragione”
Jennifer incrociò lo sguardo del ragazzo, ma non disse nulla.
“Ti devo delle scuse” iniziò Justin, poi si bloccò, perché non sapeva fino a quanto poteva spingersi con le parole. Jennifer alzò le sopracciglia, invitandolo a continuare.
“Ti ho lasciato qui da sola, ad affrontare tutto questo, mentre io ero a Los Angeles a registrare un CD, non avrei dov..”
“Justin, hai solo fatto il tuo lavoro” Jennifer sorrise, incoraggiante, ma il ragazzo notò che non era proprio convinta.
“È solo colpa mia, scusa” sussurrò, poi le afferrò i fianchi e la abbracciò, costringendola ad alzare la schiena dal letto per ricambiare bene l’abbraccio.
“Non ti permettere più di non mangiare” le sussurrò tra i capelli, accarezzandole la schiena.
“Joseph continua a dire in giro quello che faccio?” ridacchiò la ragazza, con il viso contro il collo del ragazzo.
“Ho tutto il diritto di sapere cosa hai combinato durante la mia assenza” Justin mosse la testa per riuscire a guardare il volto di Jennifer.
“Ma davvero?” la ragazza sorrise, aggrottando la fronte.
“Certo, sono il tuo ragazzo”
Justin le sorrise mentre avvicinava le labbra alle sue.

Spazio autrice:
sono tornata, e questa volta con un 'ritardo' di solo diciannove giorni, li ho appena contati ahahah
abbiamo appena scoperto cosa era successo a Jennifer (yeeeah è ancora viva ahahahah) ed è ritornato sulla scena un personaggio che non piace a molte persone: Trevor. A me, personalmente, piace, forse perché mi affascinano i cattivi, non lo so lol
spero di aggiornare nel giro di un paio di settimane, ma dato che non so ancora cosa succederà, sarà un po' difficile.
grazie mille a tutte le persone che hanno letto il capitolo precedente e che hanno letto anche quest'ultimo, e grazie mille alle persone che dedicano pochi minuti del loro tempo per lasciare una recensione, siete tutti fantastici!
alla prossima!
baci, simo.

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** I'll kill him ***


Capitolo 32
I'll kill him


Justin si allontanò dal suo viso, e iniziò ad accarezzarle la guancia.
“Come va la gamba?”
“Fa ancora male, ma il dolore è diminuito” Jennifer sorrise e spostò lo sguardo sulla gamba sinistra.
“Non dirmi che Joseph si è trasformato anche in infermiere!” esclamò, non appena notò il ghiaccio e i cuscini posizionati per tenerle la gamba inclinata.
“No, l’infermiere sono io” disse, tranquillamente un uomo, entrando nella stanza.
Jennifer guardò prima Justin, poi l’uomo, con un’espressione confusa dipinta in viso.
“Sono Daniel, l’agente della CIA che aiuta Joseph a mandare avanti questa baracca” si presentò, sorridendo.
“Justin, scusami, vorrei controllare la gamba di Jennifer”
Justin annuì e si alzò per fare spazio a Daniel.
L’uomo tolse l’asciugamano bagnato dalla gamba di Jennifer e la asciugò, poi si concentrò a guardare il punto in cui era presente il livido.
“È tanto brutto?” chiese Jennifer, cercando di mettersi seduta per guardare.
“Tu non preoccuparti, e resta stesa”
Daniel la guardo con un’espressione dura, e Jennifer sorrise leggermente, prima di lasciare che la sua schiena aderisse di nuovo alla superficie del lettino.
“Comunque, sì, è bruttissimo. Adesso dimmi se ti fa male”
Jennifer annuì, poi spalancò gli occhi per il dolore appena Daniel sfiorò la sua pelle, e urlò quando le sue dita fecero una leggera pressione.
Justin le si avvicinò subito, e le afferrò una mano.
“Okay. Adesso ti metterò una pomata con una fasciatura, poi vediamo se riesci a camminare” Daniel si allontanò dalla stanza, lasciandoli di nuovo soli.
“Dubito che tu riesca a camminare senza sentire dolore”
“L’ottimismo è con te, vedo” sussurrò Jennifer, con tono sarcastico.
“Devo ricordarti che un paio di ore fa sei svenuta perché hai appoggiato il piede a terra?” il tono di Justin era duro e arrabbiato.
“Lo so cosa mi è successo un paio di ore fa!” disse Jennifer, quasi urlando.
“Me ne parlerai?” sussurrò Justin, con cautela, temendo una sua reazione.
“Perché non ho sentito nessuno di voi due nell’auricolare, mentre Trevor quasi mi rompeva una gamba? Perché Oliver non sapeva cosa mi stava succedendo? Non ci stava controllando con le telecamere?” esclamò Jennifer, di rimando.
“Non …”
“Perché qualcosa, o qualcuno, stava mandando interferenze” rispose Daniel, che si era fermato sull’uscio e che in quel momento si stava avvicinando di nuovo al letto, con in mano un tubetto di pomata e una fascia bianca.
“Come, scusa?” Jennifer chiese, in evidente stato di confusione.
“Non so come, ma sapevano che non eravate soli, che c’era una terza persona che vi teneva d’occhio e che vi guidava. Non hai più sentito la voce di Oliver nell’auricolare, quando Trevor ti ha afferrata, e Oliver non riusciva a raggiungere la telecamera che era presente dove Trevor ti ha trascinata”
“Ma tu e Joseph avete visto tutto”
“Sì” Daniel annuì guardando la ragazza, e continuò a parlare mentre applicava uno strato di pomata “penso che non abbiano mandato interferenze alla telecamera in sé, sarebbe stato troppo rischioso perché, per quanto possa sembrare strano, avrebbe allertato le autorità..”
“Sì, infatti! Dov’erano?” scattò Jennifer, alzando la schiena per guardare meglio il viso dell’uomo.
“Calmati, e resta ferma, per favore” la esortò, di nuovo. “Ti aspetti che l’autorità portuale stia ferma a guardare le telecamere? La maggior parte del tempo dormono, o stanno lontani dalle telecamere, ma se ci fossero state interferenze, sarebbe scattato un allarme, e loro sarebbero stati costretti a controllare quale fosse il problema. Devo dire che Ashley, e chiunque ci sia alle sue spalle, sa bene come muoversi”
Daniel sospirò, e iniziò ad avvolgere la gamba di Jennifer con una fascia.
“Quindi Trevor mandava interferenze al mio auricolare, in qualche modo” affermò Jennifer.
“Esatto, e in qualche modo, sono riusciti ad oscurare la visuale a Oliver” concluse Daniel.
Jennifer annuì, e guardò l’espressione preoccupata di Justin al suo fianco.
“Adesso prova ad appoggiare il piede a terra” le sorrise Daniel.
Non fu, però, una buona idea.
Appena Jennifer cercò di alzarsi, ricadde sul lettino, stringendo i denti per il dolore.
“Giuro che lo uccido se lo incontro di nuovo” sussurrò a se stessa.
Daniel ridacchiò, e quando aprì bocca per parlare, Joseph entrò nella stanza.
“È per questo che hai voluto tenere la pistola?” sorrise, ma era più un sorriso sarcastico che di divertimento.
“Cosa vuoi?” chiese Jennifer, con un tono tutt’altro che amichevole.
“Sono venuto a controllare come stai” Joseph alzò le mani in segno di resa.
“Hai controllato, adesso puoi andare via” l’espressione arrabbiata di Jennifer suggeriva che avrebbe aggredito Joseph, a prescindere dal dolore.
Joseph serrò la mascella e strinse i pugni ma, dopo aver lanciato un ultimo sguardo alla gamba della ragazza, uscì, sconfitto, dalla stanza.
“Non essere troppo dura con lui” disse Daniel, inginocchiandosi per ricontrollare la fasciatura.
“È un fottuto figlio di…”
“Jennifer..”
La ragazza spostò il suo sguardo su Justin, che la guardava intensamente.
“Cosa?”
“Smettila”
“Non fa niente, Justin” intervenne Daniel “va bene. È arrabbiata con lui perché avrebbe dovuto avvisarvi che probabilmente poteva essere presente Trevor..”
“Qualcuno che ragiona, finalmente!” lo interruppe Jennifer.
“Ma” Daniel le rivolse uno sguardo di rimprovero “non puoi andare in giro a insultarlo. È un tuo superiore.”
La ragazza alzò gli occhi al cielo, ma non disse niente.
Daniel sorrise e annuì, poi le afferrò delicatamente la gamba per piegarla e stenderla, ma il risultato fu un sospiro tremante da parte della ragazza.
“Devi camminare con un sostegno”
Si alzò e usci di nuovo.
“Dovresti calmarti” le sussurrò Justin.
Jennifer lo guardò, alzando le sopracciglia.
Davvero questo ragazzo non capiva come si era sentita? Una cosa era sapere che Trevor era stato arruolato da Ashley, un’altra era ritrovarselo di fronte, con un passamontagna, che ti afferra e scaraventa contro un container. Se avesse saputo che c’era un’alta percentuale di ritrovarselo di fronte, forse non si sarebbe fatta cogliere di sorpresa e, sempre forse, adesso non si sarebbe ritrovata con una gamba fuori uso.
Daniel ritornò nella stanza prima che Jennifer riuscisse a pensare a un modo adatto per ribattere, e le porse una stampella, guardandola negli occhi.
“Sai, Joseph sembra duro, ma non vuole che vi accadano cose del genere. Era sconvolto quando ha visto che ti avevano raggiunta, e lo è stato ancora di più quando ha scoperto che era Trevor”
Jennifer teneva lo sguardo fisso in quello dell’uomo e le sembrò terribilmente sincero, che non riuscì a dire niente, solo annuire e afferrare l’oggetto che le stava porgendo.
Si alzò, esitando, dal lettino, costringendo la gamba destra a sorreggere tutto il suo peso con l’aiuto della stampella, e mosse un paio di passi grazie ad essa.
“Mia madre ti ucciderà” ridacchiò Jennifer, guardando Justin.
“Co.. Oh cavoli!” urlò Justin, coprendosi il volto con le mani. “Avevo dimenticato tua madre!”
“Le diremo che sono caduta, o qualcosa del genere”
Jennifer scoppiò in una fragorosa risata a causa della reazione del ragazzo.
“Jennifer! Vedo che stai meglio!” esclamò Oliver, fermo sull’uscio della stanza.
“Sì” sorrise la ragazza “penso di dover tornare a casa, tra un po’ mia madre mi darà per dispersa e chiamerà i servizi segreti”
Oliver si guardò alle spalle, prima di riportare il suo sguardo sui due ragazzi.
“Scooter è qui da una decina di minuti, andrete via con lui”
“Perché non è venuto qui?” si intromise Justin.
“Joseph lo ha chiamato appena siamo tornati, gli ha spiegato la situazione, e lui è arrivato appena possibile. Adesso stanno litigando”
Oliver abbassò lo sguardo. Si sentiva in colpa perché era compito suo controllare che tutto andasse per il verso giusto e, invece, aveva perso Jennifer.
“Ehi” la ragazza si avvicinò saltellando a lui, e gli mise la mano libera sull’avambraccio “sto bene, okay?”
Oliver alzò la testa per incrociare il suo sguardo.
“Non è stata colpa tua, Daniel mi ha spiegato cosa è successo e perché non sapevi che fine avessi fatto”
Jennifer gli sorrise, poi riprese a camminare e uscì dalla stanza.
“Allora..” si voltò verso Oliver, Justin e Daniel, con uno strano sorriso dipinto in viso “dove stanno litigando? Non voglio perdermi quest’evento”
Justin fece un sorriso a trentadue denti, Oliver ridacchiò e scosse la testa e Daniel guardò la ragazza con sguardo indagatore.
“Cosa c’è?” sorrise lei, notando l’espressione di Daniel.
L’uomo si strinse nelle spalle e prima di andare via, porse a Justin il tubetto di pomata da mettere sul livido di Jennifer, poi li superò e scomparve in una delle stanze che affacciavano su quel corridoio bianco.
“Allora?” Justin si rivolse a Oliver.
“Okay, seguitemi”
Oliver li condusse attraverso il corridoio, seguendo le voci che si facevano più alte man mano che procedevano, poi attraverso l’ultima porta a sinistra.
Appena entrò nella stanza, le due voci si spensero.
“Oliver” la voce di Scooter.
Justin lo seguì, e qualche istante dopo Jennifer entrò.
“Perfetto!” esclamò Joseph, passandosi una mano nei capelli per la frustrazione.
Jennifer non ebbe il tempo di guardarsi intorno che Scooter la travolse in un abbraccio.
“Grazie al cielo stai bene” le sussurrò nell’orecchio, e la ragazza si ritrovò ad annuire, non abbastanza sicura di cosa fare.
Poi Scooter le si allontanò subito, e rivolse un’occhiata furiosa a Joseph.
“Cosa ci fate qui?” chiese quest’ultimo, osservando i tre ragazzi, poi bloccò lo sguardo sulla figura di Oliver.
“Mi sembrava di averti ordinato di farli aspettare lì dov’erano”
“Non è riuscito a fermare la ragazza zoppicante, che l’ha minacciato di colpirlo in testa con il bastone” si intromise Jennifer, alzando di poco la stampella, e sorridendo.
Non voleva che Oliver venisse punito per non essere riuscito ad obbedire a un ordine, solo perché lei e Justin volevano a tutti i costi assistere alla lite tra i due uomini.
Joseph sospirò e si lasciò cadere su una poltrona.
Jennifer spalancò gli occhi, e finalmente si guardò in giro.
Erano in un salotto, arredato con divano, poltrone, tavolino in vetro e televisione appesa alla parete.
“Sentite” Joseph ruppe il silenzio. Si alzò, spostò la poltrona in modo che fosse di fronte al divano, e fece a tutti segno di sedersi.
“So che siete arrabbiati con me, soprattutto Scooter e Jennifer, ma adesso vi siete finalmente resi conto di ciò che state vivendo, avete aperto tutti gli occhi e avete smesso di vivere nelle favole. Sono dispiaciuto e sono anche arrabbiato, ma questa non sarà l’ultima volta in cui uno di voi si ferirà, quindi è inutile urlarmi contro”
Irragionevolmente, Jennifer iniziò a ridere.
La guardarono tutti, Joseph in primis, come se avessero visto un fantasma, o un esercito di alieni.
Dopo qualche istante ritornò seria, e iniziò a parlare con un sorriso accennato sul viso.
“Okay, Joseph, va bene. Quando riprendiamo ad addestrarci? Voglio davvero fargliela pagare”
“Tu non puoi addestrarti con la gamba in quello stato” intervenne Scooter.
“Tu sta zitto” esclamò Jennifer.
Non voleva essere costretta al riposo, doveva fare qualcosa.
“Non ti per..”
“Domani” rispose tranquillamente Joseph.
“COSA?” esclamarono in coro Jennifer, con gli occhi spalancati per la felicità, Scooter e Justin con le espressioni inorridite.
“Ho detto domani. Troveremo qualcosa da fare anche a Jennifer”
“Perfetto!” esclamò Jennifer sorridendo, poi si alzò, si avvicinò a Joseph zoppicando e lo abbracciò, finendo seduta sulle sue gambe.
Justin si alzò di scatto con gli occhi spalancati e la mascella serrata.
“Adesso dobbiamo proprio andare” esclamò, alzando di molto il tono di voce, e afferrò il braccio di Jennifer per aiutarla o, meglio, costringerla ad alzarsi.
“Esatto” annuì Scooter, con l’espressione divertita, affiancando Justin “è tardi, e la madre di Jennifer vorrà qualche spiegazione”
Justin, quindi, voltò le spalle e uscì velocemente dalla stanza senza aspettare gli altri due. Scooter, invece, fece un cenno del capo in direzione di Oliver e iniziò a camminare a fianco di una Jennifer zoppicante.
“Si è davvero infastidito” ridacchiò Scooter, una volta che furono nel corridoio vuoto, e di Justin neanche l’ombra. Jennifer si limitò a ridacchiare, ma rimase concentrata a camminare per non cadere, cosa piuttosto complicata dal momento che dimenticava di non dover appoggiare la gamba a terra.
Erano usciti dalla casa di Joseph e Daniel, e avevano superato la stanza con tutti gli apparecchi tecnologici, quando Scooter le afferrò delicatamente il braccio, per fermarla.
“Vuoi reggerti a me?” le chiese,  aveva notato la sua espressione dolorante.
“No, gr..”
“Ti aiuto io”
Jennifer fu interrotta dalla voce di Justin, e qualche istante dopo la sua figura sbucò dall’ombra del corridoio. Non le diede il tempo di dire niente, perché, come aveva già fatto al porto, la prese delicatamente in braccio, e iniziò a camminare.
Jennifer appoggiò la testa al suo petto, e sorrise, sollevata sia perché camminare con quell’aggeggio era un incubo, sia perché lui era rimasto ad aspettarli e si era offerto di aiutarla.
Il sollievo, però, durò fin quando non varcò la porta di casa, camminando con la stampella, seguita da Justin e Scooter, e vide il viso paonazzo della madre.
Si guardarono per qualche secondo, e nello sguardo della madre lesse paura, rabbia, sorpresa e ancora paura.
“Che cosa è successo?” la voce le uscì con un sussurro.
“Niente di grave, mamma, sono..”
“Niente di grave? Ma ti ascolti quando parli? Hai il viso ricoperto di polvere, zoppichi e devi sorreggerti con una stampella, e cosa sono questi vestiti?” il sussurro si trasformò in un urlo.
“Io.. Fammi spiegare, okay?” esclamò Jennifer, respirando affannosamente.
Stava tentando di mantenere la calma, di non far trapelare lo sforzo e il leggero fastidio alla gamba.
“Cosa c’è da spiegare? Lui ti sta rovinando!” urlò ancora la donna, indicando Justin.
Jennifer spalancò gli occhi, e serrò la mascella.
“Non parlare di lui così!” urlò Jennifer di rimando “Non sai niente e giudichi!”
Fece un paio di passi verso la madre, ma Justin le prese delicatamente la mano.
Charlotte guardò prima la figlia, poi il ragazzo e infine le loro mani intrecciate.
“Allora dimmi quello che non so”
“Siamo andati a correre, per questo i vestiti, sua figlia è inciampata su un sasso e ha sbattuto forte la gamba” intervenne Justin, che aveva percepito l’aumento di tensione nel corpo di Jennifer.
“Non ho chiesto a te” sputò la donna, con cattiveria.
“Smettila di essere così esageratamente idiota!” esclamò Jennifer.
Poteva sopportare che la madre le parlasse in modo antipatico e arrogante, ma non accettava che lo facesse con Justin.
“Come osi?” la madre fece un passo indietro, inorridita.
“Jennifer, basta, andiamo, ti accompagno in camera”
Justin le afferrò delicatamente il braccio e, quando Jennifer si voltò a guardarlo negli occhi, le sorrise per rassicurarla.
Jennifer annuì, poi si voltò di nuovo a guardare la madre, che se ne stava in silenzio, a mezzo metro di distanza dalla figlia, e infine si avviò su per le scale, seguita da Justin.
Arrivati nella stanza, chiusero la porta a chiave.
“Sono sicuro che Scooter aggiusterà tutto con tua madre, ha sempre le parole giuste” le sussurrò il ragazzo, accarezzandole il braccio libero, per rassicurarla.
Jennifer lasciò cadere la stampella e si tuffò tra le sue braccia, stringendolo forte.
“È stato terribile” sussurrò nel suo collo, lasciandosi scappare un singhiozzo, riferendosi a tutta la giornata appena trascorsa.
“Shh” sibilò lui, stringendola a sua volta e immergendo la testa nei suoi capelli.
“Mi dispiace” si staccò solo per guardarlo negli occhi, il che era molto difficile dato il buio.
“Non preoccuparti, okay? Abbiamo sempre saputo che tua madre è un’idiota” le sussurrò, appoggiando il palmo della mano sulla guancia della ragazza, iniziando ad accarezzarla con il pollice.
Jennifer sorrise e chiuse gli occhi, appoggiando meglio la guancia alla sua mano, e Justin ne approfittò per sfiorarle le labbra.
“Hai bisogno di un bagno, siediti che te lo preparo” le sorrise, poi la aiutò a sedersi sul letto, accese la lampada e si diresse nel bagno.
Quando il ragazzo ritornò nella stanza, Jennifer non si era mossa di un millimetro, e guardava un punto fisso nel pavimento.
“Ehi” sussurrò, appena si sedette accanto a lei.
Jennifer si mosse, finalmente, e lo abbracciò.
“Non andare via” sussurrò lei, e alcune lacrime iniziarono a rigarle il viso e a bagnare la maglia di lui.
Justin si limitò a scuotere la testa e ad accarezzarle schiena e braccia.
“Trevor..” prese un respiro profondo, poi continuò “ha sparato per spaventare te” concluse, stringendo di più la presa.
“A quanto pare ci è riuscito” la voce di Justin era dura.
“Ha detto che la prossima volta ci penserai due volte a lasciarmi, e che non finirà così” si bloccò, per reprimere un singhiozzo. “Ho avuto paura, Justin, adesso che ci ripenso non so come ho fatto a non farmi prendere dal panico”
“Su una cosa siamo d’accordo, io e Trevor” Justin la allontanò per guardarla negli occhi “non ti lascerò più, non gli permetterò di farti di nuovo del male”
Jennifer tirò su col naso, e annuì, asciugandosi le guance.
“Vado a controllare l’acqua” si alzò, e sparì di nuovo in bagno.
Jennifer, invece, restò seduta e si portò una mano dietro la schiena, dove teneva ancora la pistola che Joseph le aveva lasciato tenere. La afferrò e la guardò, rigirandola tra le mani, poi tolse il caricatore, dato che non poteva tenerla in casa carica. Si alzò, quindi, e, zoppicando, si avvicinò al comodino per poggiarla nel primo cassetto. Avrebbe pensato a un nascondiglio migliore il giorno dopo.
“Il tuo bagno caldo è pronto” la voce di Justin la fece sussultare.
“Sai” aggiunse lui, avvicinandosi “ancora non ci credo che te l’ha lasciata tenere” concluse, quando ormai era proprio accanto a lei. Chiuse il cassetto, in cui Jennifer aveva riposto l’arma, le prese delicatamente il braccio, con cui circondò la sua spalla, e la condusse in bagno.
Stava per uscire, quando Jennifer lo richiamò dentro, il viso rosso per l’imbarazzo.
“P-puoi aiutarmi?” balbettò, a bassa voce, guardando il pavimento.
“Sicura?” ridacchiò lui, divertito per l’imbarazzo della ragazza.
Lei annuì, poi aggiunse, in un sussurro “resto in intimo, per entrare nella vasca, non voglio stare da sola”
“Okay” disse Justin, le si avvicino e la fece sedere sul bordo della vasca.
“Per prima cosa dobbiamo togliere la benda alla gamba” e si accomodò sul pavimento.
Jennifer si limitò a osservare il suo viso, mentre lui cercava in tutti i modi di essere delicato.
“Più guardo la tua gamba, più ho voglia di uscire, trovare quel pezzo di merda e ucciderlo”
Jennifer rise, poi ritornò seria e disse: “Invece resti con me, perché ho bisogno di te”
“È l’unico motivo per cui è ancora vivo” Justin si alzò sulle ginocchia, per essere alla sua altezza, e le diede un dolce bacio.
“Adesso tieniti a me e alzati, attenta a non appoggiare la gamba a terra”
Jennifer annuì e fece come le era stato detto, e cercò di restare in equilibrio su una gamba, mentre lui le sfilava il pantalone, e poi la aiutava con la maglia, e infine restò in intimo.
Gli occhi di lui caddero a guardare il corpo di lei, e si spalancarono subito.
“Cosa… cosa ti ha fatto?” sussurrò, la voce piena di terrore, poi portò le dita ad accarezzare la pelle violacea, all’altezza dello stomaco.
Al contatto, Jennifer si lasciò scappare un piccolo gemito di dolore.
“Perché non hai detto niente a Daniel?” le chiese ancora, incontrando il suo sguardo.
“Non pensavo fosse così viola” rispose, distogliendo lo sguardo dal suo viso, per portarlo sul suo stomaco.
“Ucciderei prima lui, e poi me per non essermi guardato alle spalle quando mi hai lasciato la mia mano” esclamò, coprendosi il viso con le mani, che poi strinse in due pugni.
Riportò lo sguardo sul suo corpo, notando solo in quel momento altri piccoli lividi e graffi sulla pancia, sulle braccia e sulle gambe.
“Puoi girarti, per favore?” le chiese, poi, sperando che la schiena fosse messa meglio.
Jennifer si lasciò scappare un respiro tremante, perché si stava rendendo conto che la gamba non era l’unico punto che le provocava dolore. C’era lo stomaco, per il pugno, e la schiena, che aveva scontrato con il container e poi con il terreno.
Si era concentrata solo sulla gamba, tanto da dimenticare il resto del corpo.
Iniziò, però, a girarsi di spalle, non aveva altra scelta, e capì che la sua schiena non era messa bene dalle dita di Justin, che sfioravano i punti doloranti.
“Domani devi farti vedere da Daniel” le sussurrò, afferrandole delicatamente le braccia per farla voltare.
Jennifer deglutì, e annuì leggermente. Non voleva contraddirlo, stava cercando di rendersi utile, e riusciva a vedere il senso di colpa che lui stava provando.
“Adesso però voglio fare il bagno” ridacchiò.
Justin la prese in braccio, per la terza volta quel giorno, e la adagiò delicatamente nella vasca piena d’acqua calda.

Spazio autrice:
quasi un anno di ritardo. Mi scuso con le persone che seguivano la mia storia, ma sono stata occupata nella mia personale missione: 'finire il quinto anno, e lasciare quello schifo di scuola'.
Comunque.. Meglio tardi che mai.. *mi nascondo*
Ho fatto del mio meglio con questo capitolo, e alla fine, dopo averlo scritto 39429382 volte, ne è uscito quelcosa di buono..
Spero che ci sia ancora qualcuno disposto a leggere..
un bacio, simo.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1191570