Tutor And Boyfriend.

di EvgeniaPsyche Rox
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Just a normal day. ***
Capitolo 2: *** Strange people. ***
Capitolo 3: *** Punishments. ***
Capitolo 4: *** Roxas Key. ***
Capitolo 5: *** The guy who holds the book. ***
Capitolo 6: *** Sweet Ice-Cream and Bad Boy. ***
Capitolo 7: *** Vanilla Twilight. ***
Capitolo 8: *** Why? ***
Capitolo 9: *** Dinner with parents. ***
Capitolo 10: *** Morning Breeze. ***
Capitolo 11: *** Soup of emotions. ***
Capitolo 12: *** Welcome to the Hell. ***
Capitolo 13: *** Whispers. ***
Capitolo 14: *** Fucking stalker. ***
Capitolo 15: *** I missed you. ***
Capitolo 16: *** A little brat. ***
Capitolo 17: *** Hot feelings. ***
Capitolo 18: *** Memories. ***
Capitolo 19: *** Nights in white satin. ***
Capitolo 20: *** Eyes. ***



Capitolo 1
*** Just a normal day. ***


                                          Tutor And Boyfriend.

1.Just a normal day.

Era una soleggiata mattina.
O una mattina soleggiata, come volete.
I primi caldi raggi primaverili davano un'aria più squisita all'ambiente e su ogni foglia vi erano piccole gocce di rugiada che brillavano sotto il cielo sereno in cui non vi era l'ombra di una nuvola.
Il canto degli uccelli risuonava nella città, quando, improvvisamente, un urlo distrusse definitivamente la quiete...
Un ragazzo con un cespuglio disordinato di capelli rossi in testa correva per la stanza, saltellando ovunque mentre si infilava, o comunque ci provava, un paio di jeans.
«Reeeeno!!», gridò appoggiando sbadatamente il piede su una maglia, facendo un volo giù per le scale e finendo così con la faccia praticamente spiaccicata sul pavimento.
Roba da tutti i giorni.Assolutamente
normale.
Il diretto interessato si voltò con la sua solita espressione allegra, la quale cambiò immediatamente alla vista del fratello minore in quello stato, lasciandosi sfuggire un lungo sospiro mentre aveva la mano appoggiata sulla maniglia della porta.
''Ma si può essere così scemi?'' Era la domanda che si poneva ogni secondo di ogni giorno, di ogni stramaledetto anno.
Tralasciamo.
«Cosa c'è, tinto?»
L'altro si rialzò con l'ultimo briciolo di dignità rimastogli, spolverandosi la maglia con fare piuttosto attento, per poi lanciargli uno sguardo omicida:
«Ho il tuo stesso colore di capelli, buffone..»
Reno sospirò nuovamente con fare esasperato dai capricci del minore, ignorando la sua evidente frecciatina:
«Allora, ti muovi o no?»
«Sì sì, un attimo!Devo essere figo; cosa credi?», replicò l'altro avviandosi davanti allo specchio, sistemandosi ossessivamente i capelli, com'era di sua abitudine fare.Dopo di chè fece l'occhiolino, mormorando la frase che lo caratterizzava: «Got it memorized?»
Era nata parecchi anni fa, quando si stava presentando a quello che, in futuro, sarebbe diventato il suo migliore amico.
«Ehy, piacere di conoscerti.Il mio nome è Axel!», si era presentato con un sorriso raggiante, sotto lo sguardo un pò imbarazzato dell'altro.
«Eh?Alex?»

«No, no, no!Axel!A.X.E.L.L'hai memorizzato?»
«Ehy!Che stile!», aveva improvvisamente sbottato, rompendo la lastra di ghiaccio dovuta al solito imbarazzo delle presentazioni, osservando il suo nuovo amichetto con sguardo ammiratorio.
«Accidenti, hai ragione!L'hai memorizzato?L'hai memorizzato?L'hai memor..», prima che potesse ripeterlo, per l'ennesima volta, venne interrotto dalla squillante voce dell'altro: «Basta, ho capito!»

«Ah, sì, sì..Però ci starebbe meglio in inglese, non credi?»
«Inglese?Cos'è, un nuovo tipo di chitarra?»
Il ragazzo sulla porta continuava a scuotere la testa, sospirando per la terza volta nell'arco della mattinata:«Sì, sì, abbiamo memorizzato..Adesso ti muovi?»
Axel fece una giravolta su se stesso e raggiunse il fratello, uscendo, seguito dall'altro che farfugliava qualcosa di incomprensibile tra sè e sè:
«Ma guarda che razza di fratello minore mi ritrovo..»
Dopo essere saliti in auto, il più grande mise in moto, mentre Axel fece partire la musica a tutto volume, ballando in modo alquanto indecente.
«Hai diciotto anni, ormai..Potresti benissimo muovere il tuo bel sederino e andare a scuola da solo, magari accompagnato da quel truzzo del tuo migliore amico.»
«Quel truzzo del mio migliore amico si chiama Demyx, sai?», aveva chiesto di rimando il minore, sollevando un soppraciglio con aria vagamente minacciosa e un ghigno malefico stampato sul volto:«E poi, sono troppo piccolo per andare a scuola da solo.»
Reno fermò l'auto di colpo, rischiando di far partire l'altro contro il vetro dell'auto, dato che, ovviamente, non aveva indossato la cintura.
«Troppo piccolo?Mi prendi per il culo?!»
Dopo un'accesa discussione tra i due, arrivarono finalmente a destinazione, dove vi era già la solita folla dei liceali.
«Muoviti e scendi.Tutte le volte mi fai tardare all'Università.», lo rimproverò Reno, spingendo Axel, il quale, aprendo di scatto la porta, finì sull'asfalato, sotto lo sguardo divertito degli altri presenti.
Certo.Ormai erano abituati alla solita scenetta tra i due 'amorevoli' fratelli, ogni mattina.
«Pagliaccio, oggi non ti posso riportare a casa.Quindi arrangiati.»
, affermò infine il più grande, chiudendo rumorosamente la porta e facendo così ripartire l'auto a tutta birra prima di subirsi le lagne del fratello minore.
«Stronzo..»,
commentò Axel tra sé e sé, rialzandosi, quando, improvvisamente, gli apparve davanti un ragazzo familiare della sua medesima età, con occhi verdi e splendenti e i capelli 'a spazzola', color castano chiaro.
Indossava un paio di scarpe da ginnastiche bianche, jeans aderenti e una maglia azzurra con strani disegnini.
«Ehy, Demyx!»
, lo salutò il rosso con il solito sorriso a trentadue denti, battendogli dopo di che il cinque.
L'amico ridacchiò, appoggiando il portachitarra macchiato di bianco sul pavimento, sotto lo sguardo divertito dell'amico.
Ogni volta che osservava quell'oggetto a lui caro, non poteva non lasciarsi sfuggire una risatina sinistra.
*Flash-Back*
«Uhm...Senti, Demyx, sei sicuro che sia una buona idea?»
, aveva chiesto un anno fa Axel con aria un pò incerta, grattandosi la testa con il pennello.
«Sì, sì, tranquillo!Il professore ha detto che dobbiamo dipingere qualcosa a cui teniamo particolarmente, no?Io dipingerò la mia amatissima chitarra!»
.
L'altro osservò imbambolato il foglio bianco davanti a sè, finchè non ebbe un lampo di genio e schioccò così le dita:
«Io potrei dipingere me stesso!Ci tengo a me, no?»

L'amico lo guardò con fare stranito, ignorando la sua affermazione sul suo evidente narcisismo, limitandosi ad iniziare a dipingere qualcosa che assomigliava lontanamente alla sua chitarra.
«Signorino Turks, cos'ha deciso di dipingere?», chiese gentilmente il professore, camminando tra i vari studenti con sguardo molto attento.
Alto e piuttosto atletico; indossava una lunga tunica bianca, macchiata di svariati colori e un paio di pantaloni neri.Aveva lunghi capelli neri e mossi che gli ricadevano dolcemente sulle spalle.La sua espressione non lasciava trasparire altro che tranquillità e perenne serenità, mentre anche il suo gesto più banale sembrava qualcosa di raffinato degno del più nobile conte.
Insomma, il classico professore amato da tutte le studentesse.
«Ecco lo spaccone..»
, aveva commentato ironicamente Demyx a bassa voce, facendo ridacchiare l'amico, il quale poi disse:
«Ho deciso di dipingere me stesso!»
, affermò con estrema sicurezza, provocando una risata generale da parte della classe.
Il professore alzò appena un soppraciglio con un'aria interrogativa che fece irritare tremendamente il rosso:
«Mi spiace contraddirla signorino Turks, ma io ho detto chiaramente di dipingere un oggetto a cui tenete.»

«Ma io non ho portato nessun cazzo di oggetto!», gridò improvvisamente il diretto interessato, mentre il professore continuò a parlare con aria serena:«Signorino Turks, il linguaggio..»
«Daì, Axel, calmati..», gli consigliò a bassa voce l'amico, mentre il rosso ringhiò qualcosa a denti stretti, prima di fare un lungo sospiro e riprendere il filo del discorso, riformulando la frase in maniera più adatta al contesto:«Ma io non ho portato nessun oggetto..».
Non che fosse veramente infuriato, si intenda; certo, l'atteggiamento perennemente tranquillo del professore lo irritava assai, ma non così tanto da permettergli di fare uscite del genere.Si era semplicemente imposto, da quando era entrato nella vita da liceale, di cercare di fare arrabbiare in tutti i modi possibile Mr Serenità.E, con sua enorme angoscia, non ci era ancora riuscito.
L'adulto continuò a sorridere:
«Ne ero certo signorino Turks, ma immagino che lei abbia il cellulare, o sbaglio?»
Adesso si che era veramente arrabbiato.Il rosso strinse i pugni: detestava il fatto che quel professore aveva sempre una dannata idea di riserva, in qualsiasi situazione.
Sarebbe venuto giù il mondo?E lui sarebbe stato il Superman della situazione, ma certo!Senza alcun dubbio.
«Sì, sì, c'è l'ho..»
Una ragazza bionda in prima fila si voltò verso il rumoroso compagno, assottigliando gli occhi con aria vagamente infastidita: «Axel, la smetti di parlare?Mi stai distraendo dal mio disegno.
», lo rimproverò con aria apatica prima di tornare a dipingere, dato che era la sua più grande passione.
«Ma vaffanculo, Naminè!»
, si lasciò sfuggire Axel, già abbastanza stressato, con occhi infiammati.Insomma, quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
«Signorino Turks, il linguaggio..»
, ripetè il professore per la seconda volta, sotto lo sguardo divertito dei ragazzi e quello infuriato delle ragazze.
Axel ringhiò a bassa voce altre svariate parolacce contro il professore, per poi avviarsi verso l'uscita dell'aula:
«Torno in classe a prendere il cellula..»,
prima di poter continuare la frase, inciampò goffamente sulla gamba di Demyx, e, con il pennello in mano, cadde sul portachitarra dell'amico, sporcandolo ovviamente di bianco.
«Ahia..La vedo male..»
, commentò deglutendo rumorosamente uno dei compagni, aspettandosi una futura rissa.
Di certo la classe sarebbe scoppiata in una rumorosa risata, se non fosse stato per il fatto che in quel momento il proprietario della chitarra aveva uno sguardo a dir poco infuriato.
Il professore battè le mani per avere l'attenzione di tutti:
«Sù, ragazzi, continuate a dipingere e lasciate che il signorino Turks e il signorino Myde risolvino la situazione tra di loro.»

Intanto il rosso si era rialzato, ignaro del pericolo, dicendo:
«Uh, Demyx, meno male che sono caduto sul tuo portachitarra, altrimenti chissà che male..»
Demyx strinse i pugni, facendo qualche passo indietro per prendere la rincorsa:
«AXEL, IO TI AMMAZZO, QUINDI è MEGLIO CHE ADESSO SCAPPI!»
*Fine Flash-Back*

 

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Beh..Salve a tutti.Buongiorno, buonpomeriggio, buona sera, buona notte, a seconda dell'orario in cui state leggendo questa storia..
Ehm, in ogni caso, non ho molto da dire..Mi sono cimentata in una fan fiction di Kingdom Hearts [Ma va?] con un lieve accenno dei personaggi di Final Fantasy, ovviamente in un Universo Alternativo.
L'ho scritta verso Marzo [Sì, e l'ho pubblicata solo adesso.] in una monotona giornata di scuola, durante l'interrogazione di francese.
Non c'è un'ambientazione particolare; nel senso, non ho la più pallida idea se sia in Germania, Inghilterra, Italia, Giappone, Giove (?!) o altro.. Insomma, non è importante l'ambientazione precisa in questa fan fiction, tutto qui.
Insomma, mi auguro che questo primo capitolo d'introduzione sia stato di vostro gradimento e, soprattutto, vi prego di commentare.
P.s. I personaggi non mi appartengono, e bla, bla, bla..
P.s.s. Ringrazio la maglietta di Wendy per avermi dato l'ispirazione al titolo 'Boyfriend.'
Alla prossima.
P.s.s.s Non sono esattamente sicura del fatto che il carattere di Reno sia quello, ma il fatto è che non ho mai giocato a Final Fantasy.Quindi mi scuso in anticipo se vi saranno vaghi segni di OOC.

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Capitolo 2
*** Strange people. ***


                                        Tutor And Boyfriend.

1.Strange people.
Non era esattamente la giornata che si aspettava: insomma, il sole splendeva così insistentemente che perfino un emo avrebbe potuto iniziare a saltellare, gridando quanto fosse bella la vita.
Eppure, in quel momento, Axel avrebbe voluto spararsi dalla noia.
Di fronte all'animata lezione di matematica e al barbuto professore, tentava a fatica di tenersi sveglio.
«Ho un annuncio da farvi.», affermò improvvisamente il professore, battendo allegramente le mani per ottenere l'attenzione, ormai persa da tempo, della classe.
Demyx, che stava ormai facendo il terzo sogno, si svegliò bruscamente, alzandosi di scatto e facendo così ribaltare la sedia all'indietro:«Gli alieni!Moriremo!Moriremo tutti!»
Per cinque minuti nessuno osò fiatare di fronte alla figuraccia del chitarrista, tranne il rosso che non faceva altro che ridacchiare.
«A-Allora, stavo dicendo..», si schiarì la voce il professore prima di continuare:«Ho un annuncio da farvi: la prossima settimana mi sposerò!»
«E chissenefrega!», gridò Axel in risposta, dato che si aspettava chissà quale notizia, concludendo così la giornata con una nota sul registro e un'allegra visita dalla preside.
E meno male che splendeva il sole.


Sospirò, mentre si metteva la cartella sulle spalle con fare alquanto stanco.
«Beh?E adesso?», la squillante voce di Demyx fece capolineo alle sue spalle, costringendolo a voltarsi di scatto.«Non ho voglia di camminare fino a casa.»
L'amante della chitarra si guardò attorno come se sperasse che comparisse improvvisamente qualcuno a dargli un passaggio e, prima che potesse fiatare, venne interrotto dal rosso: «Vado a fare una passeggiata, credo sia la cosa migliore..A domani, Demyx!»
L'amico mise in mostra un enorme sorriso a 32 denti e, dopo aver risposto al saluto, si avviò, saltellando, lungo la via.
Axel sospirò, decidendo di non fargli notare che casa sua era praticamente nella parte opposta, limitandosi così a trascinarsi fino al parco, nel centro della città.
Una volta giunto a destinazione, buttò la cartella sulla prima panchina capitata a tiro e, dopo essersi stiracchiato con una raffinatezza inesistente, vi prese posto.
«Che noia..», farfugliò tra sè e sè, lasciandosi sfuggire di tanto in tanto qualche lungo sbadiglio, guardandosi distrattamente attorno; quando, la sua attenzione, venne catturata da una figura che correva da una parte all'altra alla velocità della luce.
Axel si strofinò gli occhi e aguzzò la vista, finchè non si accorse che la misteriosa figura correva proprio verso di lui.
«Oddio..», prima che potesse dire altro, venne letteralmente travolto e, una volta finito sul prato, si sentì come se fosse stato appena investito da un tram.
«Scusa, scusa!Ti ho fatto male?Ehi, spilungone, sei vivo?», continuò a chiedere una vivace voce, scuotendo più volte le spalle della vittima, finchè quest'ultima non riaprì lentamente gli occhi.
Axel si mise a sedere, massaggiandosi la testa dolorante che aveva battuto, mentre l'altro si rialzava, spolverandosi i pantaloni.
Il rosso cerco di rimettere in ordine cronologico l'avventimento dei fatti, controllando se si ricordava il proprio nome, cognome, indirizzo e, soprattutto, di quanto fosse tremendamente
figo.
Bene, fortunatamente -O forse sfortunatamente-, si ricordava ancora tutto.
Successivamente alzò lo sguardo verso colui che avrebbe potuto mandarlo in coma, quando poi si accorse che era solo un ragazzino.
L'altro, dal canto suo, continuava a sorridere come un'ebete, ricominciando poco dopo a parlare prima di porgere la mano: «Piacere, il mio nome è Sora e ho 14 anni!»
In un primo momento Axel pensò di rispondere con qualcosa tipo ''E chissenefrega!Mi hai quasi ucciso:U.C.C.I.S.O.Got it memorized?'', ma si sforzò di sorridere, ricambiando la sua stretta alla mano:«Io sono Axel..Axel Turks..»
Eccerto.Perchè se uno dice il proprio nome e l'età, l'altro risponde con nome e cognome.
Il nuovo compagno sorrideva, fissando il vuoto, senza avere intenzione di lasciare la mano del rosso; fu proprio a quel punto che quest'ultimo si accorse di avere a che fare con un completo
idiota.
Axel si schiarì la voce nella speranza di risvegliarlo da quello stato di trance momentanea e, infatti, Sora lo scrutò attentamente, ritirando la mano prima di continuare a parlare: «Mi dispiace di averti travolto, ma, sai, quando inizio a correre, non mi ferma più nessuno!»
«Eh, ho notato..», borbottò più a se stesso il più grande, per poi analizzare attentamente ogni singolo particolare del ragazzino.
Sora aveva i capelli letteralmente sparati in aria di colore castano, occhi azzurri, mentre le guance erano leggermente sporche di fango.
'Ditemi che a 14 anni non ero così scemo.', si ritrovò a pensare Axel, sospirando.
Prima che potesse dire altro, un ragazzo dai capelli argentati e occhi verde-acqua apparve alle spalle dell'idiot di Sora, che, toccandogli una spalla, affermò con aria indifferente: «Preso.»
Il castano si voltò di scatto, assumendo un'espressione imbronciata: «Ma non è giusto!Stavo parlando!»
Il nuovo arrivato che in quel momento non si era minimamente accorto della presenza di Axel, alzò appena lo sguardo verso di lui: «Ah, ecco.Spero che Sora non ti abbia disturbato.»
Mentre il più piccolo cercava di assumere l'aria più innocente possibile, con scarsi risultati, il rosso si sforzò di sorridere, per la seconda volta.«E-Ehm..No, figurati.Comunque, il mio nome è Axel.A.X.E.L.», si presentò con orgoglio, porgendo la propria mano con allegria, la quale venne bellamente ignorata dall'altro, che si limitò ad osservarlo con aria disgustata, considerandolo chissà quale plebeo (?).
Axel ringhiò qualche parolaccia a bassa voce, ritirando poco dopo la mano, mentre l'altro si decise finalmente a parlare:«Io sono Riku.»
'Riku, lurido verme.', pensò mentalmente il rosso, trovando già un adorabile soprannome per la nuova conoscenza.


Sentire l'acqua calda che gli accarezzava la pelle lo sollevò dagli stress accumulati durante la pesante giornata.
Avrebbe voluto rimanere in mezzo all'acqua e alla propria paperella di gomma per sempre, ma la voce di sua madre che lo chiamava dalla cucina per la cena lo risvegliò da quella beata lussuria, costringendolo ad uscire dalla vasca, legandosi un asciugamano color del latte alla vita.
Appena aprì la porta sentì rimbombare l'assordante voce di suo fratello per tutta la casa, facendolo così sospirare con fare esasperato.
«Avanti, Sora, piantala di urlare.», aveva mormorato apaticamente una volta giunto in cucina, ottenendo un'occhiataccia dal diretto interessato.
Prese posto a tavola, arricciandosi una ciocca bagnata di capelli tra le dita con aria infantile, mentre il suo sguardo si posò sulla finestra ad ammirare un luogo a lui nuovo.
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E rieccomi con il 2° capitolo.
Ringrazio per le recensioni precedenti e chi segue la storia.
Anche questo capitolo scritto durante altre interrogazioni, a scuola.
Avrei voluto pubblicare il capitolo ieri, o anche l'altro ieri, ma ho potuto ricopiarlo al computer solo ora, e, tra compiti e il giornalino scolastico, il mio tempo, ahimè, si riduce.
In ogni caso, mi auguro che la lettura sia stata di vostro gradimento.
E spero che continuiate a recensire.
Alla prossima.

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Capitolo 3
*** Punishments. ***


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3.Punishments.


Il suo primo giorno di scuola.
Il suo primo giorno nella nuova scuola.
Scrutò l'edificio che sorgeva in mezzo ad un cortile con aria impassabile, mentre Sora, accanto a lui, batteva allegramente le mani.
«Evviva, la scuola!», per lo di più stava gridando come un rincoglio, come un ritarda..Ehm, insomma, gridava come un bambino.
Roxas sospirò con fare stremato, sistemandosi elegantemente il colletto nella speranza di avere un'aria più professionale, allontanandosi di qualche passo dal fratello e facendo così finta di non conoscerlo.
Il castano intanto si guardò attentamente attorno, quando, improvvisamente, sentì uno sguardo posarsi su di sè.
Si voltò di scatto, notando un ragazzo dai lunghi capelli rossi che sfidavano qualsiasi forza di gravità, con due strani tatuaggi sotto gli occhi verde smeraldo.
«Axel!», si illuminò improvvisamente Sora, correndogli incontro.
Axel, a cui in quel momento era partito il flash-back sul pomeriggio precedente, si spostò alla velocità della luce, facendo così inciampare l'altro.
Il biondo, che ovviamente aveva assistito alla nuova buffonata del fratello maggiore, alzò lo sguardo al cielo, avvicinandosi poi ai due.
I suoi grandi occhi cobalto erano puntati su Sora e la sua camminata pareva quasi severa, mentre iniziò a parlare: «Si può sapere cosa stai facendo?Vuoi farti riconoscere già il primo giorno?!»
A quel rimprovero Sora incrociò le braccia con aria estremamente infantile, gofiando le guance, assumendo così un'espressione imbronciata: «Uffa Roxas, sei il solito antipaticone!»
L'altro ignorò la sua affermazione, afferrandogli il polso per obbligarlo ad alzarsi, trascinandolo così più lontano, mentre ringhiava a denti stretti: «Lo vuoi capire o no che in questo modo manderai il mio orgoglio a puttane?!»
Intanto il pagliacc Axel si grattava la testa, non avendo capito nulla della situazione.


La giornata non poteva andargli peggio.
Soprattutto in quel momento.
Durante l'ora di pranzo, nella grande mensa della scuola, in un tavolo posto accanto alla finestra, Roxas stava osservando scandalizzato il fratello che stava mangiando come un maiale. -E no, questa volta niente barrette o censure, era un maiale e basta.
«Sora, fai schifo.», aveva così borbottato il biondo, scioccato dal modo in cui Sora stava praticamente divorando la pasta al ragù.
«Ma come ti permetti?!», ovviamente il diretto interessato, con questo urlo, aveva sputato metà del cibo dalla bocca, il quale era finito sul volto del povero fratello.
Dopo averlo mandato a quel paese mentalmente, si era asciugato lentamente il viso, e così aveva continuato:«Ma ti stai guardando?!Perfino un cane mangia in modo più normale.Fai schifo e basta.»
«Quanto la fai lunga!» e questa volta Roxas si era protetto il volto con il piatto vuoto da possibili sputi di pasta dalla bocca di Sora, e incrociò le braccia, intuendo che era inutile continuare la discussione.
Erani finiti, ovviamente, nella stessa classe.Certo, erano gemelli, solamente che Sora era nato una decina di minuti prima: e per colpa di questi stramaledettissimi minuti, che lo facevano divenire così il più grande tra i due, la madre gli permetteva di fare praticamente tutto ciò che voleva, non accorgendosi che quello più normale era sicuramente Roxas.
Certo, tralasciando il fatto che qualche volta si metteva a miagolare con i gatti -pensando di parlare il gattese-, o del fatto che qualche volta fissava per ore e ore il vuoto, o di quando si metteva a fare i suoi discorsi filosofici a tavola -I quali venivano capiti forse solamente dal padre, mentre la madre e Sora lo guardavano stralunati-, o di quando..
Va beh, sì, nemmeno Roxas era poi così normale.
Comunque, tornando al discorso di prima.
Roxas si era ritrovato il fratello in mezzo ai coglio alle scatole anche in classe, il che gli aveva fatto venire qualche istinto suicida.
Per lo di più come vicino di banco.
Era stato un vero e proprio incubo per il povero Roxas.Altro che torture di Saw-l'enigmista.
Sora parlava, parlava, parlava..Parlava di discorsi talmente idioti che Spongebob di fronte a tali argomenti sarebbe scappato via piangendo e considerandolo un matto.
E così Roxas si era completamente rincoglionito, sotto ogni punto di vista.
Per non parlare poi dei suoi compagni di classe; tutti che gli correvano incontro come una mandria di cinghiali, continuando a fare domande del tipo ''Da dove vieni?'' ''Non senti la mancanza dei tuoi vecchi amici?'' ''Ehi, se vuoi ti possiamo far' vedere la scuola, ti va?'' ''Ehi, ce l'hai Facebook?'' ''Mi dai il tuo numero di cellulare?''
E Roxas, con grande stile per giunta, a tutto questo ammasso di domande, aveva risposto con uno schietto e semplice:
«Andatevene tutti a fanculo'.»
Qualche frazione di secondo più tardi -nei quali tre il biondo stava appunto fissando il vuoto, perdendosi nei propri pensieri- , aveva rialzato di poco gli occhi, notando due nuove presenze fastidiose al tavolo.
E adesso chi sono questi coglioni?, sì, insomma, si era ritrovato a pensare qualcosa del genere.
Riuscì con enorme fatica, a causa della sua scarsa memoria, a riconoscere il ragazzo dai capelli rossi, ricollegandolo alla figuraccia che gli aveva fatto fare Sora; e, accanto a quest'ultimo, si era seduto un tipo dall'aria vagamente truzza.
Roxas si massaggiò le tempie, mentre il fratello aveva già iniziato a parlare: «Roxas, questi sono Axel e Demyx!Va bene se si siedono qui, no?Axel, Demyx, questo è mio fratello Roxas!E' timido, per questo non parla!»
Il biondo lo fulminò con lo sguardo, limitandosi ad alzarsi con dignità, allontanandosi dal tavolo.
«Roxas!Ma..Ma dove vai?Roxaaaaas!»
E il diretto interessato si bloccò improvvisamente, guardando con la coda dell'occhio il castano, per poi affermare con aria teatrale: «Lontano dal circo.»
Inutile dire che, ovviamente, Sora non aveva capito il collegamento tra lui e il circo.Anzi, lo prese per un complimento e, infatti, gli aveva gridato un ''Grazie mille, ti voglio bene anch'io!''


«Continua, dai'!», lo esortò Demyx tra una risata e l'altra, reggendosi a fatica in piedi.
«Sssh', non urlare!Non vorrai mica che ci scoprano, o sbaglio?», replicò in risposta il rosso, mentre, con il bianchetto in mano, stava scrivendo qualcosa di sconcio sul muro della classe.
Dopo una manciata di minuti, Axel aveva concluso il proprio capolavoro, e osservava così con aria fiera la scritta ben visibile.
«Sei un vero artista, Axel!Altro che Naminè!», esclamò allegramente il suo migliore amico, annuendo per dare più enfasi alla frase, mentre l'altro aveva accennato una risata.«Beh, insomma, sono il migliore!Got It...» e, prima che potesse terminare la frase, sentì la porta della classe spalancarsi.
Quando Axel e Demyx videro il preside trattennero istintivamente il fiato.
«Oh porca..», il rosso si morse la lingua, deglutendo rumorosamente nella speranza di non andare in panico.
«Io..Io non c'entro!E' stata tutta colpa di Axel, sì!Axel te l'avevo detto che non si fanno queste cose!» e questa frase fu la schiacciante dimostrazione che Demyx era un vero amico.Più amico di così si muore, ecco.
Così, dopo aver detto ciò, fuggì via dall'aula, superando il preside e investendo tutti gli studenti che gli capitarono a tiro.
«Ma guarda che stronzo.», si era lasciato sfuggire il rosso, per poi essere immediatamente rimproverato: «Signorino Turks!Esigo almeno che non utilizzi un linguaggio volgare, in mia presenza.»
Ecco, questo era il preside.
Un vecchio malaticcio -alcuni pensavano anche che fosse uno scienziato pazzo, o qualcosa del genere- che doveva aver visto sicuramente la scomparsa dei dinosauri, da lunghi capelli biondi che tendevano al bianco.
Vexen.
Si faceva chiamare così, ma nessuno, e sottolineo nessuno, conosce il suo vero nome.
Veen? Neev?Neve?Boh.
«Allora, eheh..Vexen, come butta la vita?», aveva improvvisamente interrotto il silenzio Axel, sforzandosi di sorridere, ma ottenendo solamente una tetra espressione tra l'impaurito e lo sconforto.
«Credo che non siano affari che la riguardano, signorino Turks.», affermò il preside con un sospiro, entrando nell'aula per osservare l'ennesimo casino in cui si era cacciato Axel.«Lo sai, vero, che è la terza volta che ne combini una delle tue, quest'anno?»
«Beh, andiamo..In confronto all'anno scorso, è un miglioramento, no?», tentò di ironizzare il rosso, peggiorando solamente la situazione.
«Questa volta non ti darò nè note, ne chiamerò tuo fratello», proseguì Vexen, ignorando la battuta precedente dell'altro, «Dovrò darti una punizione che riesca in qualche modo a farti rigare dritto.E ho già in mente cosa.»
Axel sospirò, roteando lo sguardo con aria annoiata; e cosa gli avrebbe fatto fare?Pulire il pavimento?Restare un'ora in più dopo le lezioni?Fare volontariato?
«Farai da tutor ad uno studente.»
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Ed ecco il terzo capitolo, con un ritardo allucinante, lo so.
Questo periodo, ahimè, non mi aiuta molto.
In ogni caso, mi auguro che sia stato di vostro gradimento.
E aggiornerò presto, cercando di non fare ritardi.
E.P.R.

 

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Capitolo 4
*** Roxas Key. ***


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                              Tutor And Boyfriend.

4.Roxas Key

 

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Axel fu preso da uno strano tic all'occhio destro, sperando in cuor' suo di aver sentito male.
Praticamente faceva già da Baby-Sitter a quel tonto del suo migliore amico; adesso doveva andare fare il tutor a qualcun'altro della scuola?!
«E'..E' uno scherzo, non è vero?», chiese il rosso, sforzandosi in ogni modo di sorridere, con scarsi risultati, dato che aveva assunto un'espressione piuttosto inquietante.
«No, non lo è.Farai da tutor al nuovo arrivato.»
«Eh?», fece Axel sbuffando, incrociando le braccia: non poteva permettersi di perdere il proprio tempo prezioso con un moccioso.
Improvvisamente egli si irrigidì, deglutendo rumorosamente; non sarà che...Doveva fare da tutor a quel ritardato di Sora?!
Al solo pensiero si sentì svenire e, infatti, si aggrappò ad un banco, respirando a fatica.
«Turks..Tutto bene?In fondo le ho solo chiesto di fare da tutor, non le ho mica chiesto chissà quale ardua impresa..», spiegò con la solita aria professionale il preside, sistemandosi gli occhiali -che, tra l'altro, lo facevano apparire ancora più orrendo- con l'indice della mano sinistra.
Senza poi aspettare qualche cenno di vita da parte dello studente, Vexen proseguì: «In ogni caso, non ti ho ancora detto chi sarà appunto colui a cui dovrai fare da tutor..»
Ti prego, fa che non sia quel tonto di Sora.Ti prego, ti prego, farò il bravo da oggi in poi.La Domenica andrò in Chiesa, mangerò le verdure, non farò più scherzi cattivi ad Halloween o durante il 1° Aprile, diventerò uno studente modello, ma fa che non sia So-
«Roxas Key.E' uno studente arrivato da poco e sembra molto bravo negli studi, ma potresti cercare di aiutarlo ad integrarsi meglio.»
In quel momento Axel avrebbe voluto abbracciare questo Roxas Key, chiunque egli fosse; poco gli importava se era un secchione o meno, lo aveva salvato dalla tortura di dover fare da insegnante a quel babbeo di Sora.
Che poi era suo fratello, ma questo, ovviamente, Axel non lo sapeva.
Ma sì, magari non sarebbe stato poi così male.Lo avrebbe aiutato un pò, tanto per fare bella figura davanti al preside e poi lo avrebbe mandato tranquillamente a quel paese.
«Uhm'..Sì, okey.», borbottò così infine cercando di assumere un'espressione convinta, infilandosi le mani in tasca e avviandosi verso l'uscita dell'aula.

«Che cosa?!», sbottò sputando metà del panino che stava mangiando Demyx, pulendosi poi la bocca educatamente con l'altra mano.«Farai da tutor ad un primino?!»
«Sì, qualcosa del genere..Che palle.», mormorò più a se stesso l'altro, assumendo un'espressione disgustata, tirando fuori la lingua.
«Beh, sempre meglio che pulire l'aula, no?», cercò poi di consolarsi e di pensare in positivo, mentre il suo migliore amico annuiva, completamente d'accordo.
Axel poi si guardò attentamente attorno, scrutando il grande cortile della scuola e gli svariati studenti che si avviavano fuori, gioiosi di aver finalmente concluso un'altra pesante giornata scolastica.
Sospirò, lasciandosi sfuggire un breve sorriso: probabilmente il clima primaverile stava contagiando un pò tutti.Perfino quel depresso del suo compagno di banco, Zexion, oggi aveva accennato qualcosa che poteva lontanamente assomigliare ad un sorriso.Forse.
Il silenzio tra i due venne improvvisamente interrotto dalla domanda di Demyx: «Ax'..Ma..Ma tu sai chi è questo Roxas Key?»
E fu così che a quel punto il sangue nelle vene del rosso gelò completamente, mentre quest'ultimo aveva assunto un'espressione indecifrabile: ecco, piccolo dettaglio che si era dimenticato.Non aveva la più pallida idea di chi potesse essere questo famoso Roxas Key.
Il ragazzo dai capelli a spazzola scoppiò spudorotamente a ridere, piegandosi in due, mentre l'altro gli lanciava uno sguardo omicida.«Smettila di ridere; vedrai che riuscirò a trovare questo Rox..Roxu..Kii..»
«Roxas Key.»
«E' uguale!» e, detto ciò, il rosso lasciò che l'altro continuasse a ridere in santa pace, avviandosi verso due figure femminili a lui, purtroppo, conosciute.
Kairi e Naminè continuavano a chiacchierare allegramente tra di loro, ridacchiando di tanto in tanto, fino a quando non si accorsero dell'indesiderata presenza del rosso.
«Salve ragazze!», salutò Axel con un sorriso radioso, sforzandosi di trattenere la voglia di prenderle per i capelli e buttarle contro qualche masso nei d'intorni dato che tra loro non era vi erano mai stati grandi rapporti.
«Che cosa ti serve, Turks?», chiese Kairi giungendo subito al dunque e sollevando un soppraciglio, sistemandosi una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio destro.
Insomma, lei sapeva perfettamente che Axel non le rivolgeva mai la parola, a meno che nei casi più eccezionali: e, soprattutto, lei cercava di essere gentile per il semplice fatto che si era presa una cotta per il fratello maggiore, Reno, il quale però sapeva a malapena della sua esistenza.
Anche perchè quest'ultimo non si era fatto una buona opinione di lei; forse perchè Axel si era limitato a descriverla con frasi come 'è una stupida oca' o ancora 'è senza cervello, però lei è antipatica.Al contrario di Demyx; lui è senza cervello, ma almeno è simpatico.'
Insomma, tutto questo discorso semplicemente per dire che Kairi non ha alcuna possibilità con Reno.
«Niente di che; vorrei solamente sapere se conoscete un certo..Uh..Accidenti', com'è che si chiamava..», borbottò improvvisamente il rosso, grattandosi la testa con aria pensierosa, schioccando poi le dita.«Ah, sì!Roxas..Roxas Key!Lo conoscete?»
Le due ragazze si lanciarono una breve occhiata, per poi annuire contemporaneamente, mentre Naminè proseguiva: «Roxas Key, sì, il nuovo arrivato insieme a suo fratello.Frequenta la 1°C.»
Axel non fece molto caso alla parte del insieme a suo fratello, limitandosi ad annuire lentamente; non gli capitava mai di avere contatti con i primini, anche perchè li trovava tutti infantili.
Intanto le due ragazze si allontanarono da lui, e, dopo aver constatato di non essere ascoltate, ripresero con i loro beati pettegolezzi.
Il rosso sospirò, infilandosi le mani in tasca, com'era di sua abitudine fare; si guardò attorno, osservando la marea di studenti che invadevano le vie.Non poteva di certo gridare a gran voce qualcosa tipo 'Chi di voi è Roxas Key?' Non ci avrebbe fatto una gran bella figura.No, assolutamente no.
Si scrollò così le spalle, decidendo che il giorno successivo si sarebbe recato in 1°C a cercarlo.
Ma poi..Che cavolo di cognome era Key?!


Reno si asciugò una lacrima dovuta alle troppe risate, picchiettando con le dita sul volante, mentre aveva abbassato il volume della musica per ascoltare la voce di suo fratello.
«Piantala di ridere, scemo!Anche quel tonto di Demyx mi ha preso in giro..», borbottò Axel, storcendo il naso in una smorfia assolutamente contrariata a tutto ciò che gli stava succedendo.
«Te la sei andata a cercare, signor Tutor.», lo prese in giro l'altro con un ghigno dipinto sul volto, accellerando nella speranza di non arrivare in ritardo.«A malapena riesci a seguire i tuoi studi, figurati fare da Tutour ad un ragazzino!»
«Ma vaffanculo.», affermò schiettamente Axel, sentendosi ferito nell'orgoglio -se mai ce l'aveva.
Il più grande si lasciò sfuggire un'altra risata divertita, sistemandosi gli occhiali da idiota, come gli chiamava il suo compagno di classe Cloud, mentre frenò, lasciando l'altro nel solito cortile.
«Magari quando torni a casa portati il piccoletto..Così lo aiuti, eh, signor Tutor.», continuò a prenderlo in giro Reno, ignorando la serie di 'Muori, stronzo' da parte del fratello minore che si stava avviando a scuola con l'aria alquanto infuriata.

La campanella era già suonata da una ventina di secondi, e lui si affrettò a raggiungere il primo piano, dove vi erano tutte le prime.
Insomma, prima faceva quel lavoraccio, e prima si sarebbe tolto quel dannatissimo peso.
Ignorò le occhiate curiose dei primini e le ragazzine che sussurravano frasi del tipo 'Oh, guarda, quello è Axel.Hai visto che carino?Chissà cosa ci fa qui..' oppure 'Awh, secondo te potrei provare a parlargli?', e alzò lo sguardo verso la porta su cui vi era scritto 1°C.
Il professore, fortunatamente, non era ancora arrivato, e Axel riuscì così ad entrare senza troppi problemi, tralasciando però lo sguardo spaesato dei presenti.
Il rosso si aggiustò i capelli e si schiarì la voce:«Salve a tutti, gente..Sono venuto qui per sapere chi è..Ehm..Rox..Roxu..Rox..Roxas Key, ehm..»
Che poi che cazzo c'era di così difficile nel nome 'Roxas.'Bah, misteri del cervello di Axel.
Tutti indicarono un ragazzino biondo seduto in terza fila, accanto alla finestra, intento a leggere un libro, il quale non si era accorto assolutamente di nulla.
«Roxaaaas, ti cercano!», gridò allegramente il ragazzo castano seduto accanto a lui, scuotendolo violentemente fino a fargli cadere il libro di mano.
«Sora, piantala, ho capito!», e, dopo averlo rimproverato, il ragazzo dagli occhi cobalto alzò appena lo sguardo verso l'ospite più grande, il quale si stava già avvicinando, porgendo infine la mano con un sorriso a trentadue denti.«Ehi, ciao.Il mio nome è A.X.E.L.».Si sforzò in ogni modo di evitare la sua classica affermazione Got it memorized? per evitare ulteriori figure di merda, dato che il biondo aveva già sollevato un soppraciglio, guardandolo storto e, per giunta, senza degnarsi neanche di stringergli la mano.
Improvvisamente Axel ebbe un dejàvu, che collegò poi all'incontro con il lurido verme di cui si era già dimenticato il nome.
«Uhm..Magari ti starai chiedendo perchè ti stavo cercando..», farfugliò il rosso ,grattandosi la testa con aria un pò perplessa, per poi continuare.«Vedi, io..», si bloccò di scatto, accorgendosi che gli occhi di tutti gli studenti erano puntati su loro due.
Merda.
Se avesse detto di fronte a tutti che doveva fargli da tutor, ci avrebbe fatto un'orrenda figuraccia.Intanto Roxas, che non gli aveva ancora praticamente rivolto la parola, continuava a fissarlo insistentemente, in attesa che proseguisse il discorso e che potesse immergersi nuovamente nel mondo della lettura.
«Ti posso parlare in privato?», chiese improvvisamente Axel, afferrando il polso del più giovane, senza attendere il suo consenso, mentre gli altri avevano già iniziato a bisbigliare tra di loro.
Intanto Sora, che non aveva capito una mazza di tutto quello che era successo, si guardò attorno con fare confuso e chiese:«Dov'è Roxas?»
«E lasciami!», si lamentò Roxas una volta giunto fuori dall'aula, spostando il proprio braccio da quello dell'altro che aveva sollevato un soppraciglio.«Ehi, be quiet, primino.Non sarei venuto qui, se non fosse stato per quel malaticcio del preside.»
Il biondo sbuffò, appoggiandosi alla parete, mentre il suo sguardo vagò nell'ambiente circostante.«Cosa volevi dirmi, si può sapere?»
Axel lo scrutò attentamente; i suoi biondi capelli ribelli li coprivano una parte dell'occhio sinistro e la fronte, e dal suo viso tondo spiccavano due grandi occhi cobalto.La sua espressione sembrava essere perennemente pensierosa con un tocco di malinconia che gli addolciva il volto.
La sua statura era minuta e sembrava essere addirittura un pò troppo magro per i suoi quindici anni compiuti da poco.
Indossava un paio di jeans chiari e una T-shirt bianca a maniche corte.
Era bello.Molto bello.
«In breve io ho combinato un casino, e il preside, per punizione, mi ha ordinato di farti da tutor.Got it memorized?», accidenti, alla fine si era lasciato sfuggire il suo marchio di fabbrica.
Roxas assottigliò gli occhi, assai perplesso; un pò per la sua affermazione, e un pò per quella domanda finale in inglese.Decise di lasciare perdere, dedicandosi al vero argomento della conversazione.«Mi stai prendendo in giro?»
«No.»
«Non ho alcun problema a scuola, quindi ti risparmio la fatica di perdere tempo.», affermò schiettamente il biondino, spostando lo sguardo verso il suo interlocutore, il quale aveva sospirato.«Con tutti i guai che ho combinato durante questi cinque anni, probabilmente i professori non si saranno fatti una buona opinione su di me, quindi devo farti da tutor per concludere in maniera decente il liceo.Conclusione: io ti farò da tutor ,che tu lo voglia o meno.», e detto ciò, il rosso si avvicinò ulteriormente al più giovane, chinandosi per raggiungere la sua altezza, cercando di decifrare la sua espressione che sembrava piuttosto confusa e spaesata.
«Tutto chiaro?», chiese dopo qualche secondo con un sorriso raggiante, mentre l'altro si scostò da lui con fare imbarazzato, avviandosi verso l'aula senza rispondere.
Che tipo strano, si ritrovò a pensare Axel. 

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E rieccomi con il 4° capitolo.
Mi auguro che sia stato di vostro gradimento, e vi prego di recensire ç.ç''
Adesso mi ritiro a studiare quella merd meravigliosa materia di latino e mangiarmi un bel gelato :3
P.s.Scusate per l'orrenda scrittura, ma non ci capisco proprio nulla dell'HTML.Utilizzo un sito che fa abbastanza schifo e, inoltre, non riesco a capire come installare questo famoso NVU o come si chiama '.'
Alla prossima (:
E.P.R.

 

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Capitolo 5
*** The guy who holds the book. ***


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                                Tutor And Boyfriend.

5.The guy who holds the book


«Mi raccomando, signorino Turks, non si dimentichi del suo allievo..», il ricordo delle parole del preside fecero risvegliare il rosso, il quale scosse la testa, sbadigliando e stiracchiandosi dopo una sana dormita in classe durante l'ora di scienze.
Il dolce suono della campanella che annunciava l'inizio della ricreazione lo svegliò del tutto, e, dopo essersi alzato, si avviò all'uscita dell'aula, dove Demyx gli si parò davanti con un ampio sorriso stampato sul volto.«Allora?Che si fa?»
Axel gli fece cenno di spostarsi, mentre l'altro corrugò la fronte in un'espressione perplessa: «Si può sapere che hai?»
«Devo andare dal mocciosetto..», si limitò infine a farfugliare con aria svogliata, infilandosi le mani in tasca, sotto lo sguardo shockato di Demyx.«Che cosa?!Anche durante l'intervallo?!Ma, andiamo, Axel!Te l'ha chiesto il preside?»
Il tutor scosse la testa, rispondendo:«No, assolutamente no..Sono io che voglio andare da lui; prima cerco di avvicinarmelo, e prima finirà questa pagliacciata..»
E senti chi parla di pagliacci.
«Ah', fa come vuoi...», borbottò infine il ragazzo dai capelli a spazzola, scrollandosi le spalle in un gesto indifferente, un pò offeso per non poter passare l'intervallo con il suo migliore amico; si avviò così verso il vasto corridoio, alla ricerca di qualcosa da combinare.
Il rosso, dal canto suo, gli fece la linguaccia di nascosto e, dopo di che, si accinse a raggiungere con passo veloce le scale, ignorando diversi suoi compagni che lo continuavano a chiamare.
Certo.Perchè Axel era un figo strapopolare.
Scese immediatamente al primo piano, trovandosi, con sua irritazione, in mezzo ai primini ed entrò nell'aula della 1°C.
Spalancò le iridi smeraldine non appena notò che il ragazzino dai capelli del colore della sabbia stava ancora leggendo, seduto sul proprio banco, rannicchiato sulla parete, accanto alla finestra, nell'aula vuota.
Il rosso rimase per diversi secondi a scrutarlo attentamente; i suoi grandi occhi cobalto erano intenti a divorare quelle parole che sembravano trasportarlo in un mondo tutto suo, mentre le piccole mani reggevano lo spesso libro che sicuramente avrà avuto almeno cinquecento pagine.
Axel temette quasi che il biondo con quelle minuscole mani, che sembravano particolarmente fragili, potessero spezzarsi di fronte al pesante libro dalla copertina argentata.
Solo dopo si accorse che la persona che stava guardando, intanto, aveva alzato lo sguardo, sentendosi insistentemente osservato, sbattendo più volte le palpebre prima di dire con fare sprezzante:«Ancora tu?»
Il più grande sobbalzò appena, scuotendosi per riprendere il controllo di sé e assumere nuovamente un portamento da gran figo, mentre gli si avvicinava, sedendosi sul banco accanto a lui come se nulla fosse: «Ehi, ciao, primino.», lo salutò allegramente, portandosi una mano tra i rossi capelli.
Il cosidetto primino si alzò di scatto, ringhiando qualche insulto contro di lui a denti stretti, mentre si avviava a passi veloci verso l'uscita.
Axel lo seguì a ruota con fare allarmato, parandosi davanti alla porta, bloccandogli così la strada.«Dove vuoi andare?»
Il più giovane sbuffò, picchiettando sul pavimento con le scarpe.
«Lontano da te.», affermò poi schiettamente e, a quel punto, l'altro era scoppiato in una risata sinistra: «Ti ho già detto che devo essere il tuo tutor.»
«E io ti ho già detto di non sprecare il tuo tempo.». replicò fermamente il biondo, stringendo il tanto amato libro al petto, come se volesse proteggersi in qualche modo.
Il ragazzo dal cespuglio rosso al posto dei capelli sospirò rumorosamente, appoggiando la schiena sulla bianca parete, incrociando le braccia.«Senti, bimbetto, abbiamo iniziato con il piede sbagl-»
«Non sono un bimbetto, stupido.», lo interruppe il biondo, non facendo caso al resto dell'affermazione, dato che poco gli importava.Voleva solo allontanarsi da lui, e anche in fretta.
Axel lo guardò un pò sgomento, sollevando poi un soppraciglio.«Certo che sei un bel rompipalle, eh?»
«Voglio solo essere lasciato in pace.», biascicò l'altro, voltandosi per tornare verso il proprio banco.
«Ti ho detto che...», il rosso non fece in tempo a terminare la frase che il suono della campanella eccheggiò in tutta la scuola, facendolo sbuffare con aria irritata.«Vaffanculo, sempre nei momenti meno opportuni.»
Intanto l'altro aveva sistemato accuratamente il libro sul banco, tirando fuori l'occorrente per la sua materia successiva, finchè Axel non gli si avvicinò, chinandosi per raggiungere la sua altezza.
Troppo vicino.Era troppo vicino per il biondo, che si sentì già andare in panico.
«Ascoltami bene, Mr 'non sono un bimbetto': oggi, all'uscita, resta fermo davanti alla scuola, va bene?» e, senza neanche attendere un cenno da parte sua, si allontanò di scatto, avviandosi verso la porta dell'aula, incrociando altri primini che lo guardavano abbagliati.
Sora, intanto, si catapultò all'interno della classe, correndo come un matto, finchè non incrociò l'imponente figura del rosso; lo salutò allegramente, per poi lanciarsi sul banco del fratello, facendogli cadere l'astuccio e il libro.
Roxas schiuse le labbra, allibito: il suo libro.Quel tonto di suo fratello gli aveva fatto cadere il sacro libro.
«Ops'..», si lasciò sfuggire il castano; per quanto fosse tonto o idiota, sapeva perfettamente quanto il biondo teneva ai suoi libri e, soprattutto, quanto detestasse che qualcuno glieli toccasse o, peggio ancora, glieli facesse cadere.
«Sora..Io..Io ti ammazzo!» e così riprese a correre tra i svariati banchi, inseguito dall'altro che aveva uno sguardo infuriato.


Troppo vicino.
Si era avvicinato troppo al suo volto, ed era riuscito addirittura a sentire il suo intenso profumo che lo aveva attirato particolarmente.
Non gli piaceva quando le persone gli si avvicinavano troppo; lo facevano sentire a disagio, in imbarazzo.Soprattutto quando erano sconosciuti o più grandi di lui.
Strinse il libro che reggeva ossessivamente tra le mani, mentre osservava l'enorme quantità di studenti che uscivano fuori dalla scuola; chi rideva, chi scherzava e chi si limitava a correre il più velocemente possibile.
Si sentiva sempre strano in mezzo alla gente.Troppo piccolo, in qualche modo.
Forse era la sua statura, un pò troppo minuta per i suoi quindici anni, o forse era lui che, semplicemente, non riusciva a capire gli altri.
Fu tentato di scappare via per evitare l'incontro con il ragazzo dai capelli fiammeggianti; com'aveva detto che si chiamava?Ah, sì, Axel.
Però decise di rimanere ad aspettarlo: almeno, in questo modo, avrebbe potuto ripetergli chiaramente che non aveva bisogno di nessuno e andarsene definitivamente via.
Se fosse stato per lui, non si sarebbe mai trasferito in quella maledetta città.
«Roxas...», una voce interruppe il corso dei suoi pensieri, facendolo voltare di scatto con fare spaventato, per poi ritrovarsi davanti una figura a lui conosciuta.
Tirò un sospiro di sollievo, allentando un pò la presa al libro; capelli argentati, sguardo fisso sul suo, Riku lo stava squadrando con estrema attenzione, nel suo classico abbigliamento piuttosto elegante per un sedicenne.
Non che a lui interessasse essere elegante o roba del genere; semplicemente gli era imposto tale abbigliamento dalla famiglia, assai ricca, e, soprattutto, doveva indossare quell'uniforme per la scuola privata che frequentava, dall'altra parte della città.
«Oh, ciao, Riku...», lo salutò il biondo, alzando appena la mano con fare svogliato, per poi sbattere più volte le palpebre.«Stai cercando Sora?»
L'altro annuì, guardandosi attorno:«Sai per caso dov'è?»
Roxas non si sentiva più a disagio di fronte alla figura dello strano ragazzo; il castano lo conosceva da parecchi anni, dato che lui e la sua ricca famiglia passavano sempre l'estate nella loro vecchia città.Inizialmente gli fu difficile accettare quella presenza perennemente in casa, soprattutto perchè lo trovava troppo misterioso e chiuso, forse eccessivamente somigliante al proprio carattere, ma poi, con il tempo, aveva imparato ad apprezzarlo e ad abituarsi a lui.Lo considerava un pò come un fratello maggiore e talvolta si divertiva a vedere come faceva da Baby-Sitter a Sora, nonostante non capisse perchè gli fosse così affezionato.
Quando i suoi genitori avevano deciso di trasferirsi nella città dove abitava Riku, Sora aveva lanciato un grido di gioia, correndo per tutta la casa, al settimo cielo.
Roxas assunse un'espressione pensierosa, quando, improvvisamente, una mano gli si appoggiò sulla spalla, facendolo sobbalzare.«Eccoti qua, primino.Ti stavo cercando dappertutto, lo sai?»
Il biondo seguì il contorno del braccio, fino ad arrivare al suo proprietario; Axel lo stava fissando insistentemente, con un lieve sorriso dipinto sul volto, che però svanì non appena notò una terza presenza.«Ma che cosa..Che cosa ci fai tu qui?!»
Il più giovane schiuse le labbra, ma, prima di formulare la risposta, venne preceduto dal diretto interessato.«Stavo per porti la medesima domanda.»
«Io frequento questa scuola!», si affrettò a ribattere il rosso, parandosi davanti al biondo, per poi sollevare un soppraciglio, mentre l'altro proseguì:«Io sono venuto a prendere Sora.»
«Si parla del diavolo e spuntano le corna...», si intromise improvvisamente Roxas, indicando il fratello che stava correndo alla velocità della luce verso i tre.«Rikuuuu!»
Sora così catapultò tra le braccia del ragazzo dai capelli argentati, il quale cercò di non perdere l'equilibrio, per poi accennare un breve sorriso.«Buon pomeriggio Sora.»
«Roxas, fratellino mio!», lo chiamò improvvisamente il castano, abbracciando allegramente anche il fratello minore che sospirò rumorosamente.«Sora, mi hai visto due minuti fa, quindi, ti prego di lasciarmi.»
Axel, che stava cercando di seguire la situazione, rabbrividì, spalancando poi gli occhi:«A-Aspettate un attimo...Ma..Ma voi due siete..Fratelli?!»
«Ma certo che sì!», rispose con un largo sorriso il maggiore, seguito dalla breve risposta di Riku: «Sì, non lo sapevi?» e dal commento sconsolato del biondo: «Purtroppo sì.»
Il rosso posò lo sguardo diverse volte sui due, per poi notare, effettivamente, una certa somiglianza, nonostante avessero praticamente il carattere opposto.
Intanto il sedicenne si schiarì la voce, ottenendo l'attenzione degli altri: «Beh, credo sia l'ora di andare; vieni con noi, Roxas?»
Il ragazzo dagli occhi cobalto fece per annuire, ma Axel rispose al posto suo.«No, non può.»
Roxas alzò lo sguardo verso il rosso, allibito: «Eh?Non posso?!Ma che caz-»
«Va bene, allora noi andiamo!Ci vediamo a cena, Roxas!», lo salutò allegramente il castano, interrompendo la sua esclamazione, prendendo per mano Riku e iniziando a camminare verso casa.
Il biondo strinse i pugni, voltandosi verso il più grande, riducendo gli occhi a due fessure: «Ma si può sapere cosa ti passa per quel cervello?!Lasciami in pace, devo tornare a casa!»
«E smettila di lamentarti, bimbetto.» e, prima che l'altro potesse replicare ulteriormente, il suo volto si illuminò.«Oh, ecco, è arrivato Reno!».
Lo afferrò così per il polso, trascinandolo verso l'automobile del fratello maggiore, per poi spalancare la porta e buttarlo dentro, mentre lui si sistemava comodamente sul sedile avanti.
Roxas iniziò ad andare seriamente in panico; che lo stessero rapendo?!Forse avrebbero chiesto un riscatto ai suoi genitori, altrimenti lo avrebbero ucciso...E chissà quali armi mostruose avrebbero utilizzato!
Intanto il ragazzo al volante si voltò, accennando un sorrisetto di sghembo.«E' lui il famoso primino?»
Axel annuì, mentre il biondo si rannicchiò nell'angolino, sentendosi seriamente a disagio.Avrebbe voluto tornare a casa con Sora e Riku, chiudersi nella propria stanza e tornare nel mondo dei libri.
«Sembra un pò spaventato...», notò Reno, scrutando le pallide labbra del giovane appena tremanti.
«Ah', è fatto così, lascia stare...», mormorò in risposta l'altro, incrociando le braccia prima di accendere la radio.
L'automobile, così, finalmente partì.
Il più piccolo strinse il libro al petto, sforzando di concentrare la propria attenzione su tutto ciò che mostrava il finestrino; case, vie a lui sconosciute, persone, automobili, alberi e parchi si ergevano di fronte ai suoi occhi, e sentì una profonda nostalgia.
«Allora, piccoletto, come ti chiami?», chiese improvvisamente la profonda voce del più grande, interrompendo il silenzio durato pochi minuti.
Il diretto interessato, per un attimo, temette seriamente di aver scordato il proprio nome, ma, dopo un pò, biascicò un:«Roxas...Mi chiamo Roxas...»


Nel quarto d'ora successivo la situazione fu praticamente la stessa; Reno e Axel litigavano, poi si zittivano, Reno faceva qualche domanda a Roxas, il quale rispondeva, poi Axel alzava la musica a tutto volume, Reno lo rimproverava, e bla, bla, bla...
In quel momento il giovane dagli occhi cobalto si era ritrovato nell'entrata della casa, perfettamente in ordine; era abbastanza grande per due sole persone, ed era tappezzata da diverse fotografie.
Reno aveva lasciato i due ragazzi di fronte alla casa, per poi ripartire a tutta birra chissà dove a divertirsi.
«Ehi, cosa fai lì impalato?Vieni!», lo chiamò improvvisamente il rosso, facendogli cenno di avvicinarsi.«Guarda che non mordo mica!»
Roxas annuì appena, raggiungendolo a piccoli passi nella sua camera da letto; se possibile, era ancora più ordinata del resto della casa.
I muri erano tappezzati da diversi poster di cantanti Pop e il colore che dominava era, senza alcun dubbio, il rosso.
«Si vede che mi piace il rosso, eh?», chiese ironicamente il proprietario della stanza, soffocando una breve risata, mentre il biondo annuì nuovamente con aria meccanica.
Dopo averlo scrutato per qualche altro secondo, il rosso gli afferrò la cartella dalle mani, appoggiandola sul pavimento.«Non mi sembra proprio il caso che rischi di spezzarti le braccia, non credi?»
«Non era così pesante...», si azzardò a borbottare in risposta il biondo, stringendosi le spalle, facendo ridere l'altro.
Axel non seppe spiegarsi il perchè, ma intuì subito che era una menzogna.
Fece finta però di non farvi caso, limitandosi ad indicare la scrivania posta alla sua sinistra.«Puoi appoggiare il tuo libro lì.»
Roxas però scosse la testa, stringendo possessivamente a sè l'oggetto a cui più teneva; gli serviva, non solo per leggere, ma anche perchè lo utilizzava quasi come una sorta di protezione.
«Non te lo rubo mica!», affermò il rosso, mostrando le proprie mani come segno di innocenza.
Niente da fare.L'altro scosse nuovamente la testa, continuando a stringere il libro.
«Mmmh..Che testardo...», mormorò così tra sé e sé, sedendosi sul letto.«Va bene, bimbetto, che vuoi fare?»
Il biondo strinse le labbra, arricciandole in una smorfia un poco infantile, facendo un mezzo passo indietro, mentre il suo sguardo era rivolto al pavimento.«Voglio andare a casa.»
Axel spalancò appena gli occhi: ciò che lo lasciò di stucco non era solamente l'affermazione, ma il fatto che stava pensando a quanto fosse dolce con quell'espressione.
______________________________________________

*Nota dell'autrice*
Ed ecco il 5° capitolo, finalmente.Volevo ringraziare tutti per le recensioni; spero che continuerete a commentare!E, ovviamente, ringrazio anche coloro che hanno messo la storia tra le seguite.
Mi auguro che il capitolo sia stato di vostro gradimento (;
Accidenti, a causa mia, oramai considerate tutti Sora un babbeo X°° Beh, in effetti, lo è.*Tossicchia*
Alla prossima!
E.P.R.

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Capitolo 6
*** Sweet Ice-Cream and Bad Boy. ***


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Tutor And Boyfriend.

6.Sweet Ice-cream and bad boy


Con un largo sorriso gli porse la vaschetta di gelato al fior' di latte.«Sono sicuro che ti piacerà.»
Il biondo afferrò lentamente il gelato con la mano sinistra, mentre con l'altra reggeva ancora possessivamente il libro; assunse così un'espressione perplessa, non trovando alcun modo per mangiare, dato che aveva entrambe le mani occupate.
«Sarebbe tutto più semplice se posassi quel dannato libro.», gli fece notare il rosso con un cenno di affilata ironia nella voce, sollevando istintivamente il soppraciglio destro.
«Non voglio.», ripetè per l'ennesima volta il più giovane, arricciando nuovamente le labbra.
Non sembrava più lo scorbutico della classe, anzi; appariva particolarmente impacciato in ogni più piccolo gesto.
Axel lo ignorò volontariamente, iniziando seriamente ad innervosirsi: allungò così la mano, prendendo il tanto amato libro sotto il suo sguardo allarmato dell'altro.
«Ehi!», sobbalzò dopo un attimo di esitazione Roxas, guardando male l'altro che stava appoggiando accuratamente il libro sulla scrivania.«Datti una calmata; non te lo brucio mica!»
Il biondo sbuffò, serrando le labbra, limitandosi così ad impugnare il cucchiaino d'argento con la mano ora libera, dedicandosi completamente al gelato, mormorando diversi insulti contro il rosso.
Quest'ultimo, intanto, si era appoggiato con la schiena schiena contro l'armadio a braccia conserte, scrutando attentamente il volto del giovane che si stava lentamente illuminando.«Te l'avevo detto che ti sarebbe piaciuto, o no?»
«E'...E' buonissimo, sì...», sussurrò appena il diretto interessato, riprendendo a mangiare, mentre la sua espressione si trasformava in una smorfia infantile, perdendosi completamente nella bontà del fior' di latte.
E Axel si sentì mancare un battito.

Fu difficile da spiegare; le guance lievemente arrossate -Forse per l'imbarazzo della situazione, o forse semplicemente perchè era una sua reazione legata al fatto che trovava il gelato delizioso-, la fragile mano che reggeva quel cucchiaino, prendendo così un pò di gelato per poi portandoselo alle labbra rosee.
Il più grande lo trovò bellissimo, sotto ogni punto di vista.
Non aveva mai avuto grandi difficoltà nell'esprimere i propri sentimenti; quando trovava qualcuno che gli faceva battere il cuore, semplicemente andava dal diretto interessato, si dichiarava e scopriva magicamente che il proprio amore era corrisposto.
Forse le ragazze amavano stare insieme a lui per essere più popolari nella scuola, anzi, era sicuramente così; ma, in fondo, poco gli importava.
«Oh...», il lieve sospiro del biondo lo fece ritornare alla realtà, notando che aveva già terminato il gelato e, soprattutto, che le sue labbra erano macchiate di bianco.
Ecco, sì.Tralasciamo i doppi sensi che vennero immediatamente nella mente di Axel.
«Ah', che impiastro...», commentò con un sorriso divertito il tutor, alzandosi di scatto, mentre tirava fuori dalla tasca sinistra dei jeans un fazzoletto, raggiungendo il più giovane e pulendogli così il volto sporco.
Roxas trasalì, afferrando immediatamente il fazzoletto di velluto dalla mano dell'altro, riprendendo ad asciugarsi le labbra, borbottando impacciatamente: «Faccio da solo, grazie.»
«Mh, fa' come vuoi...», si scrollò le spalle il fulvo, continuando però a scrutare il giovane primino che dopo qualche secondo riprese a parlare: «Voglio tornare a casa.», si alzò così di scatto prima di appoggiare la vaschetta sulla scrivania, afferrando poi il proprio libro.
«Ancora con questa storia?Si può sapere che problemi hai?Non ti stupro mica!», forse Axel avrebbe dovuto evitare di dire quella sarcastica frase, dato che il volto del biondo si era fatto pallido e in un attimo lo vide correre via dalla stanza, sentendo poi il rumore della porta che si chiudeva.
«Ma proprio un tipo del genere mi dovevano assegnare?», si ritrovò a chiedere tra sé e sé il rosso, aggiustandosi i capelli.


Si guardò più e più volte attorno, per poi illuminarsi, stringendo il proprio vassoio con entrambe le mani.
«Axel, Demyx!», li salutò allegramente, avvicinandosi al tavolo in fondo alla grande mensa.
«Oh, no, ecco il tonto...», commentò sconsolato il diavolo dai capelli rossi il giorno successivo, durante l'ora di pranzo, mentre il suo migliore amico continuava a ridacchiare.
Sora prese posto di fronte ai due, appoggiando il vassoio sul tavolo prima di iniziare a mangiare tutt'altro che elegantemente.
Il fulvo smise improvvisamente di dondolarsi sulla sedia, porgendosi in avanti verso il nuovo arrivato.«Dov'è il biondino?»
«Chi?», chiese in un primo momento Sora, non collegando il colore dei capelli con suo fratello.
«Sta parlando di Roxas, genio.», lo incalzò il terzo presente dai capelli a spazzola, infilandosi in bocca la prima cucchiaiata di riso, storcendo poi il naso in una smorfia digustata.
«Ah!», si svegliò il castano, lanciando poi un fugace sguardo alla mensa: «Oh, eccolo!»
A quel punto il tutor si alzò, abbandonando gli altri due al tavolo, dirigendosi così verso il ragazzo appena entrato; si mise le mani ai fianchi, sollevando il soppraciglio destro prima di iniziare a parlare con una cantilena che aveva un'aria vagamente rimprovera:«Si può sapere che diavolo ti è preso ieri?»
Roxas sussultò appena, voltando lo sguardo altrove con freddezza.«Lasciami in pace.»
L'altro strinse le labbra, corrugando la fronte in una smorfia irritata, schioccando la lingua.«Mi stai davvero scocciando, ragazzino.», e alzò il tono della voce, ottenendo diversi sguardi dagli altri studenti.
«E a me cosa dovrebbe importare?», replicò aspramente il più giovane, superando il fulvo con passi veloci, finchè non si senti afferrare di scatto per il polso.«Ti dovrebbe importare perchè sei tu che mi stai irritando.»
«Non te lo voglio più ripetere: lasciami in pace.», ringhiò a denti stretti Roxas, cercando in ogni modo di divincolarsi, ottenendo però scarsi risultati.
Successivamente il fulvo si chinò verso il primino, avvicinandosi al suo orecchio per non farsi sentire da persone indiscrete.«E io non voglio più ripeterti che devo essere il tuo tutor.L'hai memorizzato?»
«Non mi interessa.», ribattè il biondo tentando di nascondere il proprio imbarazzo, riuscendo finalmente a liberarsi dalla presa dell'altro che aveva accennato una risata sinistra.
«Ehi, Roxas, vieni a mangiare!», il volto raggiante e allegro di Sora si intromise tra i due, facendo scuotere istintivamente la testa al biondo.«Mi è passata la fame.Andrò in biblioteca.», e, detto ciò, si voltò, uscendo velocemente dalla sala.
Pazzesco.Quel ragazzino fino a ieri sembrava tanto fragile, mentre oggi riprende a fare lo spaccone, si ritrovò a pensare il fulvo, per poi lanciare un'occhiata veloce attorno a sè, notando il silenzio che si era creato e gli sguardi curiosi dei presenti.«Che avete da guardare?!Ammasso di sfigati...», sibiliò poi a denti stretti prima di tornare al proprio posto.

«E' una peste, ti dico!»
«Ma fammi il favore; non hai visto com'era silenzioso e timido ieri?»
«Avrà una doppia personalità o forse soffre di schizofrenia.»
«Axel, smettila.»
Il fratello minore incrociò le braccia al petto, lanciando un veloce sguardo al grigio edificio nel quale la vettura si stava fermando.
«Adesso credo sia il caso che eviti di pensare troppo a quel ragazzino e che ti limiti a concentrarti esclusivamente sull'esame.E' un miracolo che tu sia riuscito a superare quello scritto, cerca di non fare stronzate nell'esame pratico.», fu l'ultima cosa che disse Reno non appena l'altro scese dall'auto, richiudendo velocemente la porta dietro di sè prima che ripartisse a tutta birra.
«E che palle.», borbottò tra sè e sè il fulvo, stringendosi le spalle prima di avviarsi verso il cortile che circondava l'edificio, nel quale lo stava attendendo un uomo che non sembrava promettere nulla di buono.
«Sei tu Axel Turks?», chiese in tono minaccioso, come se da un momento all'altro avesse potuto tirare fuori una spada o qualcosa del genere.
«E-Eh?Ah, sìsì, sono io...», rispose balbettante il rosso, deglutendo rumorosamente.
«Bene.Io sono Xaldin e dovrò controllarti durante la prova guida.Ti auguro buona fortuna perchè non sembri molto in gamba.»
Axel sgranò gli occhi, shockato; era stato appena insultato...Da un istruttore?!
«Ma vaffan-» «Non ti conviene, ragazzo, se non vuoi avere dieci punti in meno già prima di partire.» «Bella barba.», si affrettò così ad affermare il rosso con un falsissimo sorriso dipinto sul volto, aprendo poi la porta della vettura a cui erano giunti.
Xaldin prese posto accanto a lui con un registro nella mano sinistra e una penna nell'altra, pronto a segnare ogni più piccolo errore da parte del fulvo che stava tentando di indossare la cintura di sicurezza.«Ma come si mette sta mer'...Ah', ecco.»
Certo che faticava già all'inizio, chissà cos'avrebbe combinato alla fine.
Strinse il volante tra le mani, tirando un profondo sospiro, pregando tra sè e sè prima di schiacciare l'acceleratore.



«Sei riuscito a superare l'esame?!», la mattina successiva, la squillante voce di Demyx rischiò di fargli perdere il cinquanta per cento dell'udito, ma, nonostante ciò, accennò una risata, annuendo freneticamente.«Sì!Ho la patente!P.A.T.E.N.T.E.Got it memorized?», e si picchiettò la testa, com'era di sua abitudine fare.
«E adesso cos'hai intenzione di fare?», fu la seguente domanda dell'amico, mentre sistemava accuratamente il portachitarra sulle spalle.
«Mi comprerò un'automobile tutta mia, no?Sarà fighissima, vedrai!», e gli fece l'occhiolino con fare complice, nonostante, dentro di sè, si chiedesse dove diavolo avrebbe tirato fuori i soldi.Ma a quello ci avrebbe pensato dopo.
«Ah, non vedo l'ora di salirci!Ehi, guarda, c'è Roxas!», l'esclamazione successiva di Demyx fece voltare di scatto il fulvo, costringendolo successivamente a sgranare le iridi smeraldine; ciò che lo stupiva di più non era la presenza di Roxas, ma il fatto che quest'ultimo, in quel momento, si trovava in compagnia di...Naminè?
E rimase lì, immobile, osservando il ragazzino dai capelli biondi che sembrava divertirsi particolarmente in compagnia di quella gallina della sua compagna di classe.
Si sentì improvvisamente sprofondare tre metri sotto terra.
_______________________________________________________________________________


*Nota dell'autrice, sfoghi e stupidaggini varie*
Hi people, I am here, again.
Iniziamo dal titolo; 'Sweet Ice-Cream' fa riferimento proprio al gelato mangiato inizialmente dal biondo, e dal fatto che, in fondo, egli sia un pò dolce, come il fior' di latte.Invece la parte del 'Bad boy' fa riferimento al suo lato scorbutico e acido.
Effettivamente sono un pò in ritardo proprio per aver pubblicato 'Immenso' e 'April Fool's Day-La Vendetta.'Volevo pubblicare ancora una One-Shot [O forse sarà una storia a due capitoli] per Pasqua, appunto con quest'ultimo argomento centrale; poi giuro di non postare più nulla di nuovo prima di aver terminato questa long-fic e 'Axel & Roxas in:Come passare una noiosa Domenica senza televisione.' Altrimenti si creerebbe troppa confusione.
Sono stra-piena di ispirazioni, giuro.Ieri sera ho scritto un'altra One-shot su Axel e Roxas e oggi, in classe, oltre ad aver terminato questo capitolo, ho scritto una storia su Death Note.
Questo mi sta, ahimè, distraendo un pò dagli studi; niente da fare, questa vita non fa per me '.' Vorrei scappare, viaggiare solamente con un quaderno, un album da disegno e una penna in mano T_T Tanto non mancherei a nessuno -Sì, tanto per immedesimarmi un pò in Roxas.
In questi giorni non so più dove sbattere la testa, mah!
Okey, ho finito.Finalmente.
Alla prossima *Svanisce*
E.P.R.

Ps. Qualcuno, per messaggio privato, mi ha chiesto se disponessi si msn; sì, io ce l'ho, ma non ho intenzione di dare il mio contatto semplicemente perchè sono poco presente.Mi connetto solamente durante il week-end, se va bene.Invece mi potete trovare su Facebook e, come ho già detto, ci sono i link di entrambi i miei profili negli appositi tasti sul mio account.

 

  

                            Tutor And Boyfriend.

6.Sweet Ice-cream and bad boy


Con un largo sorriso gli porse la vaschetta di gelato al fior' di latte.«Sono sicuro che ti piacerà.»
Il biondo afferrò lentamente il gelato con la mano sinistra, mentre con l'altra reggeva ancora possessivamente il libro; assunse così un'espressione perplessa, non trovando alcun modo per mangiare, dato che aveva entrambe le mani occupate.
«Sarebbe tutto più semplice se posassi quel dannato libro.», gli fece notare il rosso con un cenno di affilata ironia nella voce, sollevando istintivamente il soppraciglio destro.
«Non voglio.», ripetè per l'ennesima volta il più giovane, arricciando nuovamente le labbra.
Non sembrava più lo scorbutico della classe, anzi; appariva particolarmente impacciato in ogni più piccolo gesto.
Axel lo ignorò volontariamente, iniziando seriamente ad innervosirsi: allungò così la mano, prendendo il tanto amato libro sotto il suo sguardo allarmato.
«Ehi!», sobbalzò dopo un attimo di esitazione Roxas, guardando male l'altro che stava appoggiando accuratamente il libro sulla scrivania.«Datti una calmata; non te lo brucio mica!»
Il biondo sbuffò, serrando le labbra, limitandosi così ad impugnare il cucchiaino d'argento con la mano ora libera, dedicandosi completamente al gelato, mormorando diversi insulti contro il rosso.
Quest'ultimo, intanto, si era appoggiato con la schiena sull'armadio l'armadio a braccia conserte, scrutando attentamente il volto del giovane che si stava lentamente illuminando.«Te l'avevo detto che ti sarebbe piaciuto, o no?»
«E'...E' buonissimo, sì...», sussurrò appena il diretto interessato, riprendendo a mangiare, mentre la sua espressione si trasformava in una smorfia infantile, perdendosi completamente nella bontà del fior' di latte.
E Axel si sentì mancare un battito.

Fu difficile da spiegare; le guance lievemente arrossate -Forse per l'imbarazzo della situazione, o forse semplicemente perchè era una sua reazione legata al fatto che trovava il gelato delizioso-, la fragile mano che reggeva quel cucchiaino, prendendo così un pò di gelato per poi portandoselo alle labbra rosee.
Il più grande lo trovò bellissimo, sotto ogni punto di vista.
Non aveva mai avuto grandi difficoltà nell'esprimere i propri sentimenti; quando trovava qualcuno che gli faceva battere il cuore, semplicemente andava dal diretto interessato, si dichiarava e scopriva magicamente che il proprio amore era corrisposto.
Forse le ragazze amavano stare insieme a lui per essere più popolari nella scuola, anzi, era sicuramente così; ma, in fondo, poco gli importava.
«Oh...», il lieve sospiro del biondo lo fece ritornare alla realtà, notando che aveva già terminato il gelato e, soprattutto, che le sue labbra erano macchiate di bianco.
Ecco, sì.Tralasciamo i doppi sensi che vennero immediatamente nella mente di Axel.
«Ah', che impiastro...», commentò con un sorriso divertito il tutor, alzandosi di scatto, mentre tirava fuori dalla tasca sinistra dei jeans un fazzoletto, raggiungendo il più giovane e pulendogli così il volto sporco.
Roxas trasalì, afferrando immediatamente il fazzoletto di velluto dalla mano dell'altro, riprendendo ad asciugarsi le labbra, borbottando impacciatamente: «Faccio da solo, grazie.»
«Mh, fa' come vuoi...», si scrollò le spalle il fulvo, continuando però a scrutare il giovane primino che dopo qualche secondo riprese a parlare: «Voglio tornare a casa.», si alzò così di scatto prima di appoggiare la vaschetta sulla scrivania, afferrando poi il proprio libro.
«Ancora con questa storia?Si può sapere che problemi hai?Non ti stupro mica!», forse Axel avrebbe dovuto evitare di dire quella sarcastica frase, dato che il volto del biondo si era fatto pallida e in un attimo lo vide correre via dalla stanza, sentendo poi il rumore della porta che si chiudeva.
«Ma proprio un tipo del genere mi dovevano assegnare?», si ritrovò a chiedere tra sè e sè il rosso, aggiustandosi i capelli.


Si guardò più e più volte attorno, per poi illuminarsi, stringendo il proprio vassoio con entrambe le mani.
«Axel, Demyx!», li salutò allegramente, avvicinandosi al tavolo in fondo alla grande mensa.
«Oh, no, ecco il tonto...», commentò sconsolato il diavolo dai capelli rossi il giorno successivo, durante l'ora di pranzo, mentre il suo migliore amico continuava a ridacchiare.
Sora prese posto di fronte ai due, appoggiando il vassoio sul tavolo prima di iniziare a mangiare tutt'altro che elegantemente.
Il fulvo smise improvvisamente di dondolarsi sulla sedia, porgendosi in avanti verso il nuovo arrivato.«Dov'è il biondino?»
«Chi?», chiese in un primo momento Sora, non collegando il colore dei suoi capelli con suo fratello.
«Sta parlando di Roxas, genio.», lo incalzò il terzo presente dai capelli a spazzola, infilandosi in bocca la prima cucchiaiata di riso, storcendo poi il naso in una smorfia digustata.
«Ah!», si svegliò il castano, lanciando poi un fugace sguardo alla mensa: «Oh, eccolo!»
A quel punto il tutor si alzò, abbandonando gli altri due al tavolo, dirigendosi così verso il ragazzo appena entrato; si mise le mani ai fianchi, sollevando il soppraciglio destro prima di iniziare a parlare con una cantilena che aveva un'aria vagamente rimprovera:«Si può sapere che diavolo ti è preso ieri?»
Roxas sussultò appena, voltando lo sguardo altrove con freddezza.«Lasciami in pace.»
L'altro strinse le labbra, corrugando la fronte in una smorfia irritata, schioccando la lingua.«Mi stai davvero scocciando, ragazzino.», e alzò il tono della voce, ottenendo diversi sguardi dagli altri studenti.
«E a me cosa dovrebbe importare?», replicò aspramente il più giovane, superando il fulvo con passi veloci, finchè non si senti afferrare di scatto per il polso.«Ti dovrebbe importare perchè sei tu che mi stai irritando.»
«Non te lo voglio più ripetere: lasciami in pace.», ringhiò a denti stretti Roxas, cercando in ogni modo di divincolarsi, con però scarsi risultati.
Successivamente il fulvo si chinò verso il primino, avvicinandosi al suo orecchio per non farsi sentire da persone indiscrete.«E io non voglio più ripeterti che devo essere il tuo tutor.L'hai memorizzato?»
«Non mi interessa.», ribattè il biondo tentando di nascondere il proprio imbarazzo, riuscendo finalmente a liberarsi dalla presa dell'altro che aveva accennato una risata sinistra.
«Ehi, Roxas, vieni a mangiare!», il volto raggiante e allegro di Sora si intromise tra i due, facendo scuotere istintivamente la testa al biondo.«Mi è passata la fame.Andrò in biblioteca.», e, detto ciò, si voltò, uscendo velocemente dalla sala.
Pazzesco.Quel ragazzino fino a ieri sembrava tanto fragile, mentre oggi riprende a fare lo spaccone, si ritrovò a pensare il fulvo, per poi lanciare un'occhiata attorno, notando il silenzio che si era creato e gli sguardi curiosi dei presenti.«Che avete da guardare?!Ammasso di sfigati...», sibiliò poi a denti stretti prima di tornare al proprio posto.

«E' una peste, ti dico!»
«Ma fammi il favore; non hai visto com'era silenzioso e timido ieri?»
«Avrà una doppia personalità o forse soffre di schizofrenia.»
«Axel, smettila.»
Il fratello minore incrociò le braccia al petto, lanciando un veloce sguardo al grigio edificio davanti al quale la vettura si stava fermando.
«Adesso credo sia il caso che eviti di pensare troppo a quel ragazzino e che ti limiti a concentrarti esclusivamente sull'esame.E' un miracolo che tu sia riuscito a superare quello scritto, cerca quindi di non fare stronzate nell'esame pratico.», fu l'ultima cosa che disse Reno non appena l'altro scese dall'auto, richiudendo velocemente la porta dietro di sè prima che il fratello maggiore ripartisse a tutta birra.
«E che palle.», borbottò tra sè e sè il fulvo, stringendosi le spalle prima di avviarsi verso il cortile che circondava l'edificio nel quale lo stava attendendo un uomo che non sembrava promettere nulla di buono.
«Sei tu Axel Turks?», chiese in tono minaccioso, come se da un momento all'altro avesse potuto tirare fuori una spada o qualcosa del genere.
«E-Eh?Ah, sìsì, sono io...», rispose balbettante il rosso, deglutendo rumorosamente.
«Bene.Io sono Xaldin e dovrò controllarti durante la prova guida.Ti auguro buona fortuna perchè non sembri molto in gamba.»
Axel sgranò gli occhi, shockato; era stato appena insultato...Da un istruttore?!
«Ma vaffan-» «Non ti conviene, ragazzo, se non vuoi avere dieci punti in meno già prima di partire.» «Bella barba.», si affrettò così ad affermare il rosso con un falsissimo sorriso dipinto sul rosso, aprendo poi la porta della vettura a cui erano giunti.
Xaldin prese posto accanto a lui con un registro nella mano sinistra e una penna nell'altra, pronto a segnare ogni più piccolo errore da parte del fulvo che stava tentando di indossare la cintura di sicurezza.«Ma come si mette sta mer'...Ah', ecco.»
Certo che faticava già all'inizio, chissà cos'avrebbe combinato alla fine.
Strinse il volante tra le mani, tirando un profondo sospiro, pregando tra sé e sé prima di premere l'acceleratore.



«Sei riuscito a superare l'esame?!», la mattina successiva la squillante voce di Demyx rischiò di fargli perdere il cinquanta per cento dell'udito, ma, nonostante ciò, accennò una risata, annuendo freneticamente.«Sì!Ho la patente!P.A.T.E.N.T.E.Got it memorized?», e si picchiettò la testa, com'era di sua abitudine fare.
«E adesso cos'hai intenzione di fare?», fu la seguente domanda dell'amico, mentre sistemava accuratamente il portachitarra sulle spalle.
«Mi comprerò un'automobile tutta mia, no?Sarà fighissima, vedrai!», e gli fece l'occhiolino con fare complice, nonostante, dentro di sè, si chiedesse dove diavolo avrebbe tirato fuori i soldi.Ma a quello ci avrebbe pensato dopo.
«Ah, non vedo l'ora di salirci!Ehi, guarda, c'è Roxas!», l'esclamazione seguente di Demyx fece voltare di scatto il fulvo, costringendolo successivamente a sgranare le iridi smeraldine; ciò che lo stupiva di più non era la presenza di Roxas, ma il fatto che quest'ultimo, in quel momento, si trovava in compagnia di...Naminè?
E rimase lì, immobile, osservando il ragazzino dai capelli biondi che sembrava divertirsi particolarmente in compagnia di quella gallina della sua compagna di classe.
Si sentì improvvisamente sprofondare tre metri sotto terra.
_______________________________________________________________________________


*Nota dell'autrice, sfoghi e stupidaggini varie*
Hi people, I am here, again.
Iniziamo dal titolo; 'Sweet Ice-Cream' fa riferimento proprio al gelato mangiato inizialmente dal biondo, e dal fatto che, in fondo, egli sia un pò dolce, come il fior' di latte.Invece la parte del 'Bad boy' fa riferimento al suo lato scorbutico e acido.
Effettivamente sono un pò in ritardo proprio per aver pubblicato 'Immenso' e 'April Fool's Day Of Roxas-La Vendetta.'Volevo pubblicare ancora una One-Shot [O forse sarà una storia a due capitoli] per Pasqua, appunto con quest'ultimo argomento centrale; poi giuro di non postare più nulla di nuovo prima di aver terminato questa long-fic e 'Axel & Roxas in:Come passare una noiosa Domenica senza televisione.' Altrimenti si creerebbe troppa confusione.
Sono stra-piena di ispirazioni, giuro.-Ecco, ad esempio, in questo momento, mi è appena arrivata un'ispirazione.*Fiss*.Ieri sera ho scritto un'altra One-shot su Axel e Roxas e oggi, in classe, oltre ad aver terminato questo capitolo, ho scritto una storia su Death Note.
Questo mi sta, ahimè, distraendo un pò dagli studi; niente da fare, questa vita non fa per me '.' E' deciso, io scapperò è_é Tanto non mancherei a nessuno -Sì, tanto per immedesimarmi un pò in Roxas.
In questi giorni non so più dove sbattere la testa, mah!
Okey, ho finito.Finalmente.
Alla prossima! *Svanisce*
E.P.R.

Ps. Qualcuno, per messaggio privato, mi ha chiesto se disponessi di msn; sì, io ce l'ho, ma non ho intenzione di dare il mio contatto semplicemente perchè sono poco presente.Mi connetto solamente durante il week-end, se va bene.Invece mi potete trovare su Facebook e, come ho già detto, ci sono i link di entrambi i miei profili negli appositi tasti sul mio account .w.

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Capitolo 7
*** Vanilla Twilight. ***


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[Titolo preso da questa magnifica canzone: http://www.youtube.com/watch?v=pIz2K3ArrWk&ob=av3e ]

           Tutor And Boyfriend.

7.Vanilla Twilight


«Vaffanculo!», gridò un ragazzo dai capelli fiammeggianti e gli occhi verdi, sbattendo con violenza il bicchiere di plastica che prima conteneva il frullato sul tavolo, schiacciandolo tra la dita della mano sinistra.
Il giovane seduto di fronte a lui si sistemò gli occhiali, distaccando per un attimo lo sguardo dal libro.«Si può sapere che hai oggi, Axel?»
«Gli girano le palle, non si vede?», si intromise Demyx con fare da sapiente, annuendo energeticamente.«E' da stamattina che è in questo stato.Eppure dovresti essere felice!Hai preso giusto ieri la paten-»
«Dem', stai zitto.», lo interruppe il fulvo con aria estremamente irritata, borbottando poi altri insulti tra sè e sè.
«Secondo me ha il ciclo meustrale...», sussurrò furtivamente il ragazzo dai capelli a spazzola nell'orecchio dell'altro, il quale lanciò una fugace occhiata in alto, sotto lo sguardo infuriato di Axel: «Demyx, vaffanculo.»
Zexion chiuse di scatto il libro con un sospiro, scuotendo la testa con aria esasperata, intuendo che non avrebbe potuto continuare a leggere in santa pace insieme ai due compagni.
«Quella brutta strega...», riprese a mormorare il tutor tra sé e sé, mentre gli altri due presenti lo guardavano con fare stralunato, chiedendosi a chi si stesse riferendo.
«Oh, ma che buffa coincidenza.», fu l'improvvisa esclamazione apatica dell'amante dei libri con gli occhi rivolti alla porta trasparente.«Quello non è il ragazzo nuovo?»
Gli occhi smeraldini del rosso si illuminarono improvvisamente, per poi far immediatamente posto ad un'espressione delusa:
«Ma è quell'ameba di Sora.Insieme al lurido verme, per giunta.»
«Uh?Lurido verme?», fece eco il suo migliore amico con aria perplessa, grattandosi i capelli, mentre il terzo presente si intromise:
«Effettivamente, non sembra molto sveglio.», commento così, scrutando attentamente il diretto interessato che continuava a tirare la porta d'ingresso nonostante ci fosse un cartello enorme che diceva chiaramente di spingere.
«E' senza speranze...», mormorò Axel tirandosi una manata in faccia, mentre Riku aveva aperto la porta con un sospiro esasperato, intuendo anch'egli che Sora non sarebbe mai riuscito a collegare il cervello e la forza delle braccia.
«Ti prego, fa che non ci ve-»
«Troppo tardi.», lo interruppe il ragazzo più tranquillo, indicando con la testa il castano che stava saltellando proprio verso di loro.
«Salve gente!», fu l'allegro saluto del più piccolo, sventolando la mano sotto gli occhi di ognuno dei presenti come se fossero dei ritardati.«Che bello vedervi qui!Come state?»
Nel frattempo Riku li aveva raggiunti con il solito passo lento, stile figo di turno, ottenendo infatti diverse occhiate dalle ragazzine presenti.
«Sicuramente prima stavamo megl-», Zexion tirò una gomitata al rosso, impedendogli di continuare la frase poco carina.«Bene, grazie.»
«Allora, Sora, che cosa vuoi?», chiese improvvisamente il giovane dai capelli argentati, incrociando le braccia, ignorando volontariamente le frecciatine del fulvo.«E cerca di muoverti a decidere cosa prendere, lo sai che tua madre non vuole che Roxas resti solo a casa per troppo tempo.»
L'interesse del ragazzo dai capelli fiammeggianti si accese improvvisamente, facendolo così voltare verso i nuovi arrivati.«Roxas è da solo in casa?», si intromise improvvisamente con un sorrisetto storto dipinto sul volto.
Sora annuì energeticamente: «Sì, a lui però piace tanto stare da solo!»
Il ragazzo dai capelli più scuri si alzò improvvisamente, afferrando il proprio libro sul tavolo.«Io devo proprio andare.»
«Aspetta, Zexion, vengo con te!», squillò improvvisamente il chitarrista, aggrappandosi come un koala al braccio dell'altro: «Allora, Axel, andiamo?»
Il diretto interessato scosse lentamente la testa, affrettandosi a rispondere: «No, io resto qua con il tont, ehm, v-volevo dire, con Sora e Riku.»
Demyx lo guardò con aria stralunata, chiedendosi che cosa avesse oggi, limitandosi infine ad alzare le spalle.«Se proprio ci tieni...A domani, Axel!»
Il fulvo ricambiò velocemente il saluto con un cenno della testa, osservando i due compagni che si allontanavano all'uscita, per poi concentrare la propria attenzione sul ragazzo dai capelli argentati che aveva iniziato a parlare: «Si può sapere perchè vuoi restare qui con noi?»
«Oh, andiamo, Riku, non essere cattivo con Axy!», si intromise improvvisamente il castano con tono infantile, facendo partire uno strano tic all'occhio sinistro del più grande.«C-Come mi hai chiamato, scusa?»
«Axy!»
«Non chiamarmi più così.E' patetico.», affermò schiettamente il ragazzo dagli occhi smeraldini, incrociando le braccia e sollevando istintivamente un soppraciglio, per poi picchiettarsi la testa.«Il mio nome è Axel.A-X-E-L.L'hai memoriz-»
«Abbiamo capito il concetto.», lo interruppe bruscamente Riku con fare esasperato, afferrando poi l'amico per il braccio.«Sora, è tardi.Andiamo, muoviti.»
Il giovane si aggrappò al tavolo a cui era seduto il rosso, assumendo una smorfia imbronciata.«No!Non abbiamo neanche preso un frullato!»
«Te l'ho detto che dovevi muoverti, adesso però è tardi!Diamine, lascia la presa!», trillò l'altro iniziando a tirare Sora, il quale, però, non cennava a muoversi.«Io voglio restare qui!»
«Sora!»
«NO!»
«Se lasci la presa giocherò con te a Super-Mario!», e, dopo aver sentito ciò, il castano lasciò immediatamente la presa, facendo cadere Riku e finendo addosso a quest'ultimo.«Oh, sì, che bello!Forza, Riku, torniamo a casa!», si alzò così tranquillamente, spolverandosi i pantaloni e afferrando la mano del ragazzo, costringendolo ad alzarsi.
Il fulvo, nel frattempo, li stava osservando con fare scandalizzato, chiedendosi cos'avessero quei due al posto del cervello.Sospirò, decidendo di lasciare perdere, per poi affrettarsi ad alzarsi anch'egli.«Aspettate!»
I due si girarono contemporaneamente, mentre Axel proseguì con un largo sorriso: «Non è che potrei venire con voi?»
«Cos'è, sei un barbone che ha bisogno di essere ospitato o non hai voglia di tornartene a casa?», chiese aspramente il ragazzo dai capelli argentati, irritato dall'auto-invito del rosso, per poi essere sovrastato dalla squillante voce del castano: «Ma che bella idea, sì!Perchè non resti a cenare da noi?Tanto oggi rimane anche Riku!»
L'ultimo citato sgranò gli occhi, allarmato: «Sora, ma ti sei per caso bevuto il cervello?!», sbraitò, scocciato.Insomma, lui adorava cenare a casa dell'amico, in compagnia dei genitori e, sì, anche di quel nanerottolo dai capelli biondi.
Adorava i racconti senza senso di Sora, le risate della madre, i rimproveri del padre, i silenzi di Roxas e i suoi sorrisi appena accennati.
Non voleva assolutamente che la situazione venisse rovinata da quel diavolo dai capelli rossi che sembrava essere solamente una minaccia.
«Ma perchè, Riku?», frignò il castano, storcendo il naso in una smorfia infantile.
«Perchè è uno sconosciuto, Sora.E gli sconosciuti non si possono invitare a casa.»
«Io non sono uno sconosciuto!», trillò il fulvo, iniziando seriamente ad innervosirsi della presenza indesiderata di Riku.«Insomma, voglio solo vedere la casa di Sora, che c'è di male?!»
«E si può sapere da cosa nasce questa curiosità?», chiese incrociando le braccia Riku con aria indagatoria, sollevando un soppraciglio, mandando in crisi l'altro che si era morso istintivamente il labbro inferiore, trovandosi in difficoltà.
Effettivamente, poi, la sua domanda aveva tutte le ragioni del mondo.
Perchè voleva andare a casa di Sora?
In un primo momento la sua risposta era sicuramente una, anzi, soltanto una:Roxas.
Desiderava vederlo, chiarire, forse.Capire perchè continuasse a comportarsi così.
Eppure non si era mai interessato particolarmente a capire le ragioni delle persone; quando litigava o discuteva con qualcuno, poi lasciava sempre perdere.
E allora perchè questa volta era tutto diverso?
«Perchè voglio vedere Roxas, ecco.», ammise infine, rialzando la testa che aveva abbassato qualche secondo, mentre le sue iridi smeraldine avevano assunto un colore più acceso.
«Roxas?», ripetè perplesso l'altro.«E perchè vuoi veder-»
«Va bene, puoi venire!», si intromise il terzo presente, senza permettere a Riku di terminare l'ennesima domanda, avviandosi velocemente verso la porta e riuscendo così, miracolosamente, ad aprirla.
Il giovane dai capelli argentati sospirò, borbottando qualcosa tra sè e sè prima di scuotere la testa, affrettandosi a raggiungere anch'egli uscita, mentre il fulvo si era guardato attorno, notando che, per l'ennesima volta, aveva ottenuto gli sguardi dei presenti, probabilmente infastiditi della loro accesa discussione.
Si precipitò verso l'uscita, dove lo stavano attendendo gli altri due, e, insieme, iniziarono a camminare per le varie strade della città.
Axel alzò lo sguardo in alto, accorgendosi del magnifico tramonto che occupava l'immensità del cielo: sgranò le sue iridi smeraldine, stupito di fronte allo spettacolo che gli si presentava di fronte.
Il colore dominante, stranamente, sembrava essere il giallo che possedeva addirittura riflessi rosati, mentre l'arancione e il rosso galleggiavano in mezzo al cielo come una grande macchia, e il sole, ormai quasi scomparso dietro l'orizzonte, si preparava a lasciare il posto alle tenebre.
«E' bellissimo.», fu l'improvviso commento del giovane dai capelli argentati, intento a scrutare anch'egli il cielo, facendo voltare di scatto il fulvo, che annuì poco dopo: «Già...»
«Forza, Riku!Roxas ci aspetta a casa!», affermò improvvisamente il castano con la solita energia che lo caratterizzava, afferrando per mano il compagno e trascinandolo così dietro di sè.
Axel rimase per qualche secondo immobile, osservando i due ragazzi che si affrettavano a camminare di fronte a sé, mentre la rumorosa risata di Sora faceva eco nel viale, e Riku, nonostante sembrava essere irritato, sorrideva di tanto in tanto all'amico.
Felicità.
Fu la prima cosa che venne in mente al rosso mentre guardava attentamente il comportamento dei due giovani e, per un momento, si sentì quasi invidioso di quella spensieratezza.


La casa, effettivamente, era piuttosto lontana dal centro della città e Axel si chiese se il biondo non fosse costretto a farsi il lungo tragitto di almeno venti minuti a piedi per arrivare a scuola, ogni giorno.
«Eccoci!», gridò allegramente Sora, spalancando il cancello di legno che permetteva di entrare poi in un grazioso giardino in cui vi erano accuratamente piantate rose e altri tipi di fiori sconosciuti al fulvo.
Ciò che più sicuramente colpiva l'attenzione era sicuramente l'altalena posta al centro, su cui, in quel momento, era seduto il giovane dai capelli dorati, intento ad osservare il cielo, dondolandosi lentamente con un libro appoggiato sulle gambe, mentre la mano sinistra reggeva una piccola vaschetta.
Istintivamente Axel trattenne il fiato per un momento: Roxas gli sembrò improvvisamente così diverso.
Non gli ricordò più il ragazzo scorbutico che non faceva altro che irritarlo a scuola, ma un semplice giovane che sembrava, al contrario, essere particolarmente fragile, attratto dalla bellezza che in quel momento gli offriva il cielo.
Avrebbe voluto rimanere lì, per sempre, ad osservare ogni movimento del biondo; le labbra che lentamente si schiudevano, portandosi alla bocca un pò di vaniglia dal cucchiaio, senza staccare lo sguardo dal tramonto.
«Roxas, svegliati!Siamo tornati!», e in quel momento detestò il castano più che mai.Lo detestò per aver fatto sobbalzare il giovane, spaventato dall'improvviso urlo.Si voltò di scatto, rischiando di rovesciarsi addosso la vaschetta, mentre la sua espressione tornava ad essere impassabile come sempre.«Oh, ciao Sora.Ciao Riku.», e, prima di tornare ad osservare il cielo, sgranò le sue iridi cristalline: «E..E lui che ci fa qui, si può sapere?!»
«Ma che bel modo di dare il benvenuto agli ospiti.», commentò sarcasticamente il più grande, mettendosi le mani ai fianchi con un ghigno dipinto sul volto.
«Qua nessuno si aspettava ospiti.Soprattutto quelli del tuo genere.», ringhiò a denti stretti il biondo, voltando lo sguardo verso il fratello: «Sora, non dirmi che l'hai invitato tu?»
«Si è auto-invitato.», si intromise il quarto presente, passandosi una mano tra i capelli argentati.«Ha detto che voleva vederti.Forza, Sora, andiamo dentro.», si rivolse infine al castano, il quale annuì immediatamente, avviandosi dentro casa.
«Addirittura la sfacciataggine di auto-invitarsi.», farfugliò tra sé e sé il più piccolo, appoggiando la vaschetta di vaniglia ormai vuota sul prato, dedicandosi poi alla lettura.
Axel si sforzò di ignorare il suo commento poco carino, avvicinandosi lentamente a lui, cercando di aprire qualsiasi conversazione che impedisse altre discussioni.«Mmh..Che cosa stai leggendo?»
«Non sono affari tuoi.», fu l'aspra risposta del biondo, limitandosi poi a stringere il libro tra le mani, quasi fosse ansioso.
Assurdo.Cerco di fare il gentile e lui mi risponde così?!, si ritrovò a pensare il fulvo, irritato.«Senti, adesso basta.», affermò improvvisamente con fermezza, posizionandosi di fronte al giovane dagli occhi azzurri, chinandosi poi per raggiungere la sua altezza prima di afferrargli le spalle, ottenendo così la sua totale attenzione.«Voglio sapere cos'hai che non va.»
Roxas sussultò al suo tocco, sforzandosi però di non battere ciglio e di non mostrarsi imbarazzato com'era realmente.«Non capisco a cosa ti stai riferendo.»
Il diavolo dai capelli infuocati strinse appena la presa sulle sue spalle, proseguendo: «Voglio sapere perchè ti continui a comportare così.Non ti ho fatto niente, cazzo.»
E, dopo aver detto ciò, si stupì di se stesso: da quando si interessava così tanto di una persona che conosceva a malapena?
«Io...», iniziò il più giovane, trovandosi in serie difficoltà nel trovare una risposta accettabile; si sentì tremendamente in soggezione.Voleva che lui si allontanasse, voleva spingerlo via, voleva che non fosse così vicino.
Ma, soprattutto, voleva che la smettesse di guardarlo così insistentemente.«Io...Ti ho già detto che voglio solo essere lasciato in pace!», sbottò infine, cercando di alzarsi nella speranza di spostare il fulvo, senza però risultati; anzi, quest'ultimo rimase di fronte a lui, continuando ad osservarlo.«Sei monotono, cambia scusa.»
L'altro rimase immobile, abbassando istintivamente lo sguardo, e, prima di poter trovare qualsiasi altra giustificazione, sentì qualcosa di umido bagnarli i capelli; il rosso alzò di scatto la testa, sgranando appena le iridi smeraldine.«Ma cosa...?Adesso si mette pure a piovere?»
«Oh, no.», si lasciò improvvisamente sfuggire il giovane, scostandosi velocemente dal più grande per poi avviarsi in fondo al giardino, chinandosi verso un vaso in particolare.
«Ehi, dove vai?Dobbiamo rientrare, altrimenti ci bagneremo.», Roxas lo ignorò, appoggiando il proprio libro sul prato che lentamente iniziava a bagnarsi, spingendo poi velocemente il vaso in un angolino.
Il fulvo sollevò un soppraciglio, mentre si avvicinava al più piccolo con aria estremamente nervosa.«I capelli e il trucco mi si rovineranno se continuerò a stare qui fuori.»
«Un momento...», sussurrò a fior di labbra il ragazzo dagli occhi azzurri, sistemando accuratamente la terra nel vaso.«Il seme che deve crescere non deve prendere troppa acqua.»
«E tu come fai a saperlo?», chiese Axel mentre cercava in ogni modo di rifugiare i propri capelli dall'acqua con le mani, ottenendo una risposta dall'altro dopo qualche minuto.«Perchè mi prendo io cura del giardino.Devo saperle per forza queste cose.»
Il più grande spalancò gli occhi, stupito, lanciandosi poi una veloce occhiata attorno: «Vuoi dire che tutti questi fiori li hai fatti crescere tu?»
«Sì, certo.Non sai che faticaccia è stata trasportarli, durante il trasloco.», spiegò con aria assorta il giovane, alzandosi dopo aver preso il libro, nascondendolo sotto la felpa per evitare che si bagnasse ulteriormente.
«Hai delle bellissime mani.», bisbigliò improvvisamente il fulvo, facendo voltare di scatto l'altro presente, mentre le sue guance si tinsero appena di rosso.«S-Scusa?»
«Ho detto che hai delle bellissime mani.Devono essere perfette, se ti hanno permesso di curare tutti questi fiori.», a quel punto il diavolo dai capelli del colore del fuoco si sentì in imbarazzo, accorgendosi solo dopo di quello che aveva appena detto.

Ma che gli era preso?
«Grazie, sei...Sei gentile...», sussurrò in risposta il biondo dopo un'esitazione iniziale, avviandosi verso la porta d'ingresso, introdotta da tre scalini.
Axel analizzò attentamente il suo passo lento, mentre i suoi grandi occhi azzurri andavano ad infilarsi ovunque, divertendosi a scrutare il cielo e ogni singolo dettaglio circostante.
Sobbalzò non appena si accorse che Roxas si era voltato, sentendosi sicuramente osservato: le sue iridi cristalline erano posate sui suoi occhi verdi, e si sentì improvvisamente percosso da un brivido.
Scosse la testa, affrettandosi a raggiungerlo, cercando in ogni modo di ignorare i pensieri che si stavano annidando nella propria testa.
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*Note di Rox'*
Ed ecco a voi il 7° capitolo.Effettivamente, per ora, è il più lungo °-°
Una parte del capitolo l'ho scritto ieri sera [E anche piuttosto tardi, sì; gran' parte della serata l'ho spesa a guardare 'Alice In Wonderland' ^^'], mentre il resto, beh, l'ho appena terminato.Faccio fatica ad aggiornare per il semplice fatto che ho la testa in totale confusione, davvero.Ho troppe ispirazioni, tutte insieme, e, quindi, ahimè, non so mai quale storia continuare, quale iniziare e roba del genere.
Mah, non saprei cosa poter aggiungere...Ah', sì, sono depressa. -E quando mai non lo sono '.'-
Domani ricomincerà la scuola *Sbatte la testa contro il muro* Sarò nuovamente costretta a continuare le mie storie durante le monotone lezioni.*Sighs*
Anyway'..Mah, mi auguro che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e, come sempre, spero nelle recensioni.
Auguro un buon rientro a scuola a tutti :\
Alla prossima!
E.P.R

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Capitolo 8
*** Why? ***


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                                  Tutor And Boyfriend.

8.Why?


Scrutò con estrema attenzione la grande casa in cui era appena entrato; il soggiorno, abbellito da svariati tappeti e vasi, era sicuramente la stanza più grande, e, seduti sulla moquette, vi erano Riku e Sora che stavano giocando alla Play Station.
«Ti batterò!», tuonò il castano con aria concentrata sulla televisione, schiacciando ripetutamente i diversi tasti del proprio joistik, al contrario del compagno che, perfino mentre giocava, sembrava essere tranquillo e pacato.
«Sora, non giocare troppo ai videogiochi.», sospirò il giovane dai capelli dorati, avviandosi poi verso le scale in fondo al corridoio, mentre il fulvo continuava a guardarsi attorno; la cucina era piuttosto piccola e presentava solamente l'angolo di cottura, con le svariate mensole che contenevano le posate, i piatti e i bicchieri.
La sala da pranzo, invece, era assai spaziosa, occupata soprattutto da un grande tavolo al centro e un vaso di fresche rose rosse che lo adornava ulteriormente.Axel si lasciò sfuggire un sorriso, chiedendosi se non fosse stato lo stesso Roxas a mettere quel vaso.
«Che stai facendo?», l'improvvisa domanda del ragazzo dai capelli argentati fece sobbalzare il rosso, il quale si voltò di scatto verso la nuova presenza che stava andando in cucina a prendersi un bicchiere d'acqua.
«Non posso neanche dare un'occhiata in giro?Che scassaballe, accidenti.», commentò dopo essersi ripreso dal colpo, sollevando un soppraciglio verso l'altro che stava scuotendo la testa.«Ti terrò sotto sorveglianza, ricordalo.»
Axel gli fece cenno con la mano di chiudere la bocca, limitandosi ad avviarsi verso le scale di legno nel corridoio, affrettandosi a salirle velocemente, giungendo così al piano superiore: si guardò attorno, notando la presenza di quattro porte.
Dopo aver fatto ambaràbacìcìcoco scelse la porta in fondo, aprendola velocemente senza degnarsi di bussare, osservando poi quella che era, sicuramente, la stanza dei genitori dei due fratelli.
Vi era infatti un grande letto matrimoniale, ammorbidito da coperte color' pesca; l'armadio scuro era posto accanto ad una piccola finestra che si affacciava sul mare.
Sul comodino vi era un grande specchio, vicino ad un televisore al plasma.
Il rosso sospirò, richiudendo la porta, avviandosi verso la stanza alla sua sinistra, notando che, anche questa camera, era vuota.
Un piccolo letto attaccato al muro su cui vi erano delle pesanti coperte blu e svariati cuscini, un televisore sul comodino e numerose T-shirt che tappezzavano il pavimento; attaccata all'armadio vi era una fotografia di Riku e di Sora, il proprietario della stanza.
«Non ne azzecco una, maledizione.», borbottò tra sé e sé il ragazzo dai capelli fiammeggianti, avviandosi con fare stanco verso la porta di fronte a quella della stanza di Sora, spalancandola: sgranò le iridi smeraldine non appena notò che una chioma bionda a lui familiare si trovava in balcone, in mezzo alla pioggia che era aumentata di parecchio.
«Ma che stai facendo?!», trillò improvvisamente Axel, precipitandosi verso il giovane dagli occhi azzurri, afferrandolo per la vita mentre lo trascinava all'interno della stanza, richiudendo velocemente la finestra.
«Si può sapere dove diamine hai la testa?!Guarda, ti sei bagnato tutto!», proseguì, infuriato, con il tono della voce incredibilmente alto.«Ti vuoi ammalare o cosa?!»
Roxas, che fino a quel momento era rimasto muto come un pesce, schiuse appena le labbra, assumendo un'espressione allibita, per poi voltare lo sguardo altrove.«Mi prendi in giro?Mi stai parlando come se avessi cinque anni.Non ti deve assolutamente interessare ciò che faccio.»
«E invece mi interessa!», ribattè aspramente il rosso, stringendo il pugno sinistro, continuando ad osservare il giovane ora seduto sul letto.«Non puoi restare in balcone mentre piove!»
«Io posso fare ciò che voglio.», si limitò ad affermare schiettamente il biondo, incrociando le braccia.
Axel si mise le mani ai capelli, estremamente irritato di fronte al comportamento dell'altro, per poi chiudere gli occhi nella speranza di calmarsi.
Sospirò pesantemente, limitandosi a prendere posto accanto al giovane dagli occhi azzurri, lanciando poi una fugace occhiata alla stanza; sul comodino accanto al letto vi era una fotografia e un piccolo vaso di margherite che dava un'aria più squisita all'ambiente, un paio di jeans erano piegati in malo modo sulla sedia davanti alla scrivania, colma e stracolma di libri.
«E comunque si bussa prima di entrare.», bisbigliò improvvisamente il proprietario della stanza, abbassando lo sguardo, osservando il pavimento a pistrelle.
«Sìsì, va bene, va bene...», si limitò a tagliare corto il rosso con fare sbrigativo, facendo scivolare una mano verso la maglia del biondo.«Ti conviene cambiarti se non vuoi seriamente prenderti un raffreddore.»
L'altro si scrollò le spalle con aria poco interessata, osservando la pioggia che batteva sui vetri, assorto, mentre il fulvo lo afferrò improvvisamente per una spalla: «Roxas.»
Il diretto interessato venne scosso dai brividi, trattenendo il fiato per qualche secondo, accorgendosi che, effettivamente, era la prima volta che veniva chiamato per nome dal suo tutor.
«S-Sì?», si detestò a morte per aver risposto con una voce così soffocata e balbettante, ma, in quel momento, si sentì tremendamente imbarazzato.
La cosa peggiore era che non riusciva a capire il perchè.
«Cambiati.Non voglio che tu ti prenda un malanno.», affermò con un tono che non voleva ricevere repliche il fulvo, indicandogli con un cenno della testa l'imponente armadio di legno.
Il biondo sospirò con aria arrendevole, alzandosi lentamente prima di raggiungere il mobile e aprirlo, afferrando il primo paio di jeans che gli capitò a tiro e una felpa azzurra.
«Non capisco perchè ti interessi tanto la mia salute.», farfugliò improvvisamente, più a se stesso che all'altro, il quale, però, decise di rispondere lo stesso alla sua domanda implicita.«Un totur deve prendersi cura del suo studente, no?»
«Suppongo di sì.», borbottò in risposta il giovane, per poi sentirsi avvampare improvvisamente, stringendosi le spalle.«Ehm...»
«Che c'è?»
«Devo...Devo cambiarmi.», spiegò a fior di labbra, facendosi a malapena sentire dal fulvo che era intanto scoppiato in una risata divertita:«Ma andiamo, i boxer li tieni; non sei mica una ragazzina!»
«Sì, ma...Ma veramente, io...», si sforzò di iniziare il biondo, venendo immediatamente interrotto dal più grande.«Ma cosa?Ti vergogni?» e, nascosta in quell'ultima domanda, sembrava esserci una piccola presa in giro che costrinse a far scuotere la testa a Roxas.
«N-No, certo che no!»
Axel sogghignò, mettendosi più comodo sul letto, scrutando attentamente ogni più piccolo movimento del primino che sembrava essere particolarmente impacciato; no, non era così stupido da non aver notato il suo evidente imbarazzo, semplicemente era curioso vedere il suo corpo.
Un momento.
E perchè mai doveva avere quell'assurda curiosità?
Schiuse la bocca, pronto a dirgli che, se si vergognava davvero, poteva benissimo andarsene altrove, quando si accorse che era troppo tardi: il giovane ragazzo dagli occhi cobalto si era già tolto la maglia bagnata, seguita poi dai pantaloni scuri.
Si morse furiosamente il labbro inferiore, sforzandosi in ogni modo di voltare lo sguardo altrove e di evitare che i propri occhi si soffermassero sulle parti intime, senza ottenere però grandi risultati.
Aveva sicuramente il corpo poco formato con l'assenza quasi totale di muscoli di qualsiasi genere; al contrario, era troppo magro per i suoi quindici anni, ma, nonostante ciò, Axel non riuscì ad evitare di mangiarselo con gli occhi.
E fu perfino troppo evidente la sua delusione quando si accorse che Roxas aveva indossato i nuovi vestiti asciutti.
Ma che gli era preso?Per quale ragione l'aveva praticamente costretto a cambiarsi di fronte alla sua presenza?
Si tirò una manata in faccia, sperando, forse, di riprendersi in qualche modo e di cancellare l'immagine del biondo seminudo dalla propria mente.
L'aveva obbligato a cambiarsi per metterlo in imbarazzo, ecco.Voleva vendicarsi per il suo comportamento scorbutico.
Sì, era così.Doveva essere assolutamente così.
«Ecco fatto.», farfugliò con aria un pò impacciata il biondo, interrompendo il silenzio, per poi avviarsi verso il balcone e tornare ad osservare la pioggia.
«Roxas, ti posso fare una domanda?». il rosso si alzò lentamente, affiancandosi allo studente che si era voltato.«Me l'hai appena fatta.»
Axel sollevò un soppraciglio in un'espressione ironica.«Ah' ah' ah'!Molto divertente.»
L'altro, dal canto suo, roteò lo sguardo da una parte all'altra del soffitto, mentre il fulvo proseguì.«Conosci Naminè, non è vero?»
Il più piccolo sentì le proprie gote arrossarsi appena, tornando a scrutare il cielo.«Perchè questa domanda?»
«Rispondimi e basta.», sibilò a denti stretti il tutor, facendo suonare l'affermazione quasi come una minaccia.
«Beh, sì, la conosco...», a quella risposta imbarazzata, Axel strinse i pugni, venendo attraversato da un'improvvisa scarica di rabbia.«Non dovresti frequentarla.»
Roxas sgranò le iridi cristalline, trovandosi in un primo momento allibito. «Scusa?», fece nella speranza di aver sentito male.
«Ho detto che non dovresti frequentarla.», ripetè con autorità l'altro, assumendo un'espressione seria.
«E perchè, si può sapere?», chiese stizzito il biondo, sollevando istintivamente il soppraciglio sinistro.
Adesso si impicciava pure della sua vita?
Axel a quella domanda, nonostante fosse piuttosto lapalissiana, si irrigidì: come poteva rispondere, se la risposta non ce l'aveva nemmeno lui stesso?
Rimase immobile, limitandosi ad oservare attentamente il giovane dagli occhi azzurri, il quale lo guardava a sua volta, sempre più spazientito.
«Allora?Perchè non mi rispon-», e, prima di poter terminare la domanda, la porta della stanza si spalancò improvvisamente, facendo apparire il radioso volto di un ragazzo dai capelli castani.
«Roxaaaaas!», trillò il nuovo arrivato, stringendo la maniglia come se volesse staccarla da un momento all'altro.
«Mamma è appena tornata e ha detto che a cena arriverà nostro cugino!», dopo aver annunciato a gran voce tutto ciò, richiuse violentemente la porta, facendo cadere un quadro sulla parete accanto.
Il biondo, nel frattempo, sbiancò di colpo.«N-Nostro...Cugino?»
Axel, che si era lasciato sfuggire un sospiro di sollievo, ringraziò mentalmente Sora per aver interrotto la loro conversazione precedente che aveva iniziato a metterlo in crisi.«Perchè, cos'ha che non va tuo cugino?»
Il giovane studente, però, ignorò la domanda, precipitandosi improvvisamente verso la porta, catapultandosi così sulle scale.
«Mamma!Mamma!», chiamò a gran voce una volta giunto al piano inferiore, notando la diretta interessata che stava appoggiando i sacchetti della spesa sul tavolo della cucina.
E, prima che la donna potesse voltarsi, l'apatica voce di Riku dal soggiorno si intromise, intuendo già la futura domanda del biondo: «Mi dispiace, Roxas, ma è Vanitas.»
L'altro indietreggiò, mentre sul suo volto si dipinse una maschera di terrore.«C-Cosa?...Perchè?!Mamma, perchè inviti sempre Vanitas?!»
«Oh, su', non fare così, caro: lo sai che Ventus è in vacanza!», affermò tranquillamente la madre, abituata alle scenate del figlio non appena invitava qualcuno.
«Ma mamma, maledizione!Ventus è l'unico normale della famiglia; Vanitas è uno psicopatico!», continuò a frignare il giovane, facendo un altro passo indietro, scontrandosi così con qualcuno; una mano gli scompigliò dolcemente i capelli dorati, costringendolo ad alzare di scatto il volto verso l'alto.
«Non è carino abbandonare gli ospiti così, lo sai?», chiese retoricamente un diavolo dai capelli fiammeggianti, accennando un largo sorrriso.
Il giovane dagli occhi cristallini si affrettò ad allontanarsi, sentendo le proprie gote arrossarsi appena.
Nel frattempo la donna in cucina si voltò verso il nuovo arrivato, rischiando di far' cadere la bottiglia di latte che stava reggendo nella mano destra; vedere in casa propria uno sconosciuto dai capelli rossi impastati di gel, sparati in aria come un punk, gli occhi circondati dall'eye-liner e due strani tatuaggi verdi sul volto, non era proprio il massimo.
No, non lo era per niente.
«E lui chi è?», chiese dopo un momento di esitazione iniziale, riducendo gli occhi a due fessure.
«Un barbone.», si intromise nuovamente il ragazzo dai capelli argentati che apparse sulla soglia del soggiorno, ottenendo così un'occhiataccia dal diretto interessato.
«Piacere, io sono Axel.A-X-E-L.Got it memorized?», e, dopo aver porso la mano, si creò un'imbarazzante silenzio; Roxas si tirò una manata in faccia, mentre Riku sospirò, roteando lo sguardo con aria esasperata.
Il fulvo, intanto, si morse furiosamente il labbro inferiore, accorgendosi che, effettivamente, avrebbe potuto risparmiarsi la propria presentazione che lo caratterizzava.
La madre strinse la mano dell'altro, sollevando un soppraciglio.«Piacere, sono la madre di Roxas e Sora.»
Il tutor cercò di mostrare uno dei suoi migliori sorrisi, proseguendo la propria presentazione.«Sono un loro compagno di scuola.»
La donna annuì lentamente con aria perplessa, limitandosi a voltarsi, sistemando poi la bottiglia nel frigo.
«Non credo di andare molto a genio a tua madre.», commentò con un cenno di ironia il più grande dopo essersi accertato che la diretta interessata non lo sentisse.
Il biondo si scrollò le spalle con aria indifferente, raggiungendo il fratello in soggiorno senza proferire parola.
Axel sospirò, per poi rivolgersi al giovane dai capelli argentati.«Perchè Roxas non vuole vedere suo cugino?»
L'altro appoggiò la schiena sulla parete del corridoio prima di rispondere:«Semplicemente perchè è uno psicopatico.»
E, prima che il rosso potesse chiedere ulteriori spiegazioni, il suono della porta lo fece sobbalzare.
«E' arrivato Vanitaaaaaas!», gridò allegramente Sora, sbucando dal soggiorno mentre trascinava il fratello che era sbiancato nuovamente come un lenzuolo.
Riku sospirò, aprendo la porta e trovandosi di fronte un giovane dai capelli neri come l'ebano e un paio di iridi di un'inquietante giallo.
«Ciao.», lo salutò apaticamente il ragazzo dai capelli argentati, ottenendo un sorrisetto sghembo e un cenno della mano da parte dell'altro; a quel punto Riku si spostò, lasciando entrare l'ospite.
«Vanitas!», lo chiamò il castano, accennando un largo sorriso a trentadue denti; il moro tirò una pacca sulla sua spalla, sghignazzando non appena giunse di fronte al giovane volto del biondo.
«Come sta il mio cuginetto preferito?», chiese allungando la mano sinistra per tirargli una sculacciata sul sedere, facendolo avvampare.
«V-Vanitas, non cominciare, accidenti!»
Il diretto interessato accennò una squillante risata e, prima di poter fare o dire altro, si sentì afferrare di scatto per il braccio.«Ehi, non toccarlo.», l'improvviso tono gelido di Axel fece eco nel corridoio, costringendo Roxas a sgranare appena gli occhi.
«Uh?E questo?Sei appena uscito dal circo?», lo schernì il moro, spostando violentemente la mano, scrutando poi attentamente il ragazzo che aveva osato sfidarlo.
«Sicuramente al circo conoscono l'educazione meglio di te.», replicò senza battere ciglio il fulvo, guardandolo con aria disgustata.
«Axel...», si sforzò di sussurrare improvvisamente il giovane dagli occhi cristallini, facendo voltare di scatto il diretto interessato; gli sorrise così dolcemente nella speranza di rassicurarlo, scompigliandogli nuovamente i capelli.
Si sentì stranamente euforico ad essere chiamato per nome da quel biondino.
«Pagliaccio.», si limitò a soprannominarlo Vanitas, avviandosi verso la sala-pranzo dopo aver spintonato volontariamente con la spalla il rosso.
«Complimenti Axel; ti stai facendo un sacco di nuovi amici.», commentò con un'affilata ironia RIku, nonostante, dentro, stimasse enormemente il rosso per aver dato una bella lezione al cugino dei due studenti, avviandosi anch'egli poi in sala-pranzo.
Il castano, che nel frattempo si era limitato ad annusare le pietanze preparate da sua madre, raggiunse invece quest'ultima in cucina, saltellando allegramente e lasciando così gli altri due soli.
Il biondo incastrò il volto tra le spalle, assumendo una smorfia tremendamente imbarazzata: perchè Axel continuava ad intromettersi in qualsiasi cosa faceva?
«Si comporta sempre così?», l'improvvisa domanda del tutor lo fece sussultare appena.
«C-Cosa?»
«Quel Vanitas si comporta sempre così?», chiese nuovamente il più grande, osservandolo attentamente, mettendolo così in soggezione.
«Sì...Beh, è fatto così, ecco...», mormorò dopo un attimo di esitazione, sforzandosi di rialzare lo sguardo.
«Non dovresti permettergli di allungare le mani.», proseguì con aria severa il ragazzo dagli occhi smeraldini, facendo un passo verso l'altro.
«Non...Non ti dovrebbe interessare.», cercò di ribattere apaticamente Roxas, raggiungendo poi il fratello e il cugino; Axel, una volta solo, si infilò una mano tra i capelli fiammeggianti con aria stanca, mordendosi nuovamente il labbro inferiore.
Ma che gli era preso?
Roxas aveva ragione; a lui non doveva interessare tutto ciò.
Eppure...
«Rimani a cenare qui?», l'improvvisa voce della madre dei fratelli lo scosse dai propri pensieri.
«Sì, se non è un disturbo...», si azzardò a rispondere, ottenendo un sorriso estremamente falso da parte della donna, la quale raggiunse poi gli altri presenti con un enorme piatto di tacchino in mano, seguito da Sora che cercava di tenere i bicchieri di vetro.
Sospirò rumorosamente; possibile che il modo in cui si presentava faceva sempre sospettare gli adulti?
Sicuramente sarebbe stata una difficile cena da digerire.
Molto difficile.
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*Note di Rox'*
Ed eccomi qua con l'8° capitolo (:
Beh, mi auguro, come sempre, che sia stato di vostro gradimento e vi prego di recensire -w-
Questa volta non ho molto da dire...Mmmh, solamente di augurarmi buona fortuna, dato che oggi avrò l'incontro tra genitori ed insegnanti D: *Si nasconde con aria terrorizzata*
Va beh, detto questo, posso svanire di scena -w-
Alla prossima.
E.P.R.

 

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Capitolo 9
*** Dinner with parents. ***


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Tutor And Boyfriend.

 

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9.Dinner with parents

 

  

9.Dinner with parents

 

 

 


«Sora!», lo rimproverò la madre, tirandogli il cucchiaio sulla mano che ritirò immediatamente.
«Ahia!Ma io ho fame!», trillò il castano come giustificazione, sbuffando prima di incrociare le braccia al petto.
Il ragazzo dai capelli argentati seduto al suo fianco sospirò, roteando lo sguardo da una parte all'altra della sala.«Sora, lo sai che dobbiamo aspettare che arrivi tuo padre, prima di mangiare.»
«Tra l'altro», si intromise improvvisamente il fratello.«Non capisco come diamine tu possa avere così fame, se a pranzo hai mangiato come un maiale.»
«Non è mica una novità.», commentò di rimando Riku con sarcasmo, facendo ridere il moro, la donna e perfino il diretto interessato della conversazione, che, ovviamente, non aveva capito che si stava parlando proprio di lui.
«Beh, che cosa mi raccontante?», chiese la madre con un largo sorriso, dopo aver smesso di ridere, rivolgendosi a tutti i presenti, tranne al fulvo che si sentì bellamente ignorato.
«Ho battuto Riku a Super-Mario!», fu l'immediata risposta del castano, seguita dal commento acido del fratello: «Non l'hai capito?Ti ha fatto vincere lui, babbuino.»
«Roxas!», lo incalzò la donna, facendogli cenno di chiudere la bocca, ottenendo uno sbuffo da parte del giovane.
«Mi hanno nominato organizzatore di una gita.», si intromise improvvisamente Riku, appoggiando la schiena alla sedia.«Non capisco perchè questi ruoli li assegnino sempre a me.»
«E' ovvio, Riku, sei così responsabile!», disse la donna, annuendo con aria sicura; se c'era una persona che approvava con tutta se stessa, quella era sicuramente il giovane dai capelli argentini, il quale, in quel momento, accennò un mezzo sorriso di ringraziamento.
«Mi auguro che continuerai a frequentare i miei figli; dovresti passare anche un pò di tempo con Roxas.Sai com'è fatto, se ne sta sempre in disparte...»
«Mamma, smettila.», farfugliò con fastidio il biondo, mordendosi il labbro inferiore, irritato, mentre il fratello ridacchiò sommessamente.
Axel, nel frattempo, seguì con estrema attenzione l'animata conversazione; a braccia incrociate, si dondolava sulla sedia, ignorando le repentine occhiate rimprovere della donna, concentrandosi soprattutto sul ragazzino dagli occhi cristallini che sembrava particolarmente scocciato di trovarsi in quel luogo.
«Comunque...», affermò improvvisamente la madre, cercando di deviare argomento.«E tu, Vanitas, cosa ci racconti?»
Il moro, che stava messaggiando tranquillamente con il cellulare, punzecchiando di tanto in tanto il biondo di fianco a sé, alzò di scatto lo sguardo, accennando un sorrisetto sghembo.«Oggi mi hanno sospeso.»
La madre rischiò un infarto e si mise una mano alla fronte, sperando di aver udito male; Riku soffocò una mezza risata, al contrario di Sora che scoppiò spudoratamente a ridere, mentre Axel sghignazzò, congratulandosi con lui mentalmente.
Roxas, dal canto suo, scosse lentamente la testa.«Beh, allora è tutto normale.»
«E' proprio questo che sei il mio preferito!», tuonò improvvisamente Vanitas, tirandogli una guancia, sotto lo sguardo improvvisamente scocciato del fulvo che decise di iniziare a parlare.«E si può sapere cos'hai fatto per farti sospendere?»
Il diretto interessato si voltò di scatto verso il suo interlocutore, mentre sul suo volto si dipinse un sorriso estremamente falso e ambiguo.«Niente di che; ho solamente mandato all'ospedale il mio vicino di banco.»
Il biondo rabbrividì, nonostante già sapesse di cosa fosse capace il cugino; abbassò lo sguardo verso il piatto vuoto, finchè non sentì parlare nuovamente il tutor: «Complimenti, vedo che sai davvero come risolvere i problemi.»
«Modestamente.», commentò con altrettanta ironia il moro, sorridendo diabolicamente; nel frattempo Riku si intromise, prima che la situazione potesse degenerare: «Beh, Roxas, e tu, cosa ci racconti?»
L'interpellato sussultò appena, assumendo un'espressione pensierosa prima di rispondere: «Ho comprato un nuovo libro.»
«Secondo me leggi troppo, cugino.Tutti questi libri ti rovineranno!», fu il commento del moro, il quale gli tirò diverse pacche sulla spalla con aria saggia, quando si intromise nuovamente il più grande.«Io trovo che il suo sia un ottimo passatempo; sembra molto assorto, mentre legge.E' perso in un mondo tutto suo.», e, dopo aver detto ciò, Axel accennò un candido sorriso verso il primino a cui si tinsero appena le gote: era la prima volta che sentiva qualcuno parlargli così.Insomma, solitamente nessuno si interessava ad osservarlo, soprattutto mentre leggeva.
Davvero strano.
La madre lanciò una strana occhiata al giovane dai capelli fiammeggianti e, prima di poter dire qualsiasi cosa, il campanello alla porta la costrinse ad alzarsi.
«E' arrivato papà!», trillò con allegria il fratello castano, battendo allegramente le mani per poi alzarsi dalla sedia, superando la madre, prima di avviarsi verso la porta.
Roxas, nel frattempo, rimase immobile, osservando di sottecchi il tutor, ancora scosso dalla sua osservazione fatta precedentemente; non appena si accorse che il più grande lo stava a sua volta guardando, si voltò immediatamente, facendo finta di nulla.
«Ehilà, come stai?», l'allegra voce, anche se un pò stanca a causa dell'ennesima giornata di lavoro, di suo padre lo scosse completamente dai propri pensieri, costringendolo ad alzare la testa in alto, incrociando gli occhi dell'uomo, praticamente identici ai propri.
«Papà, ciao.Tutto bene, grazie.», e tornò ad osservare il tavolo, mentre il padre stava salutando tutti i presenti e Sora tornava a sedersi.
«Allora, vecchio lupo di mare, come butta?», scherzò gioiosamente l'uomo tirando una pacca sulla spalla del giovane dai capelli argentini, ottenendo un flebile sorriso da parte di quest'ultimo.«Come al solito, signor' Key.»
Successivamente dedicò la sua attenzione al nuovo arrivato che si affrettò ad alzarsi, porgendo la mano e mostrando così un radioso sorriso a trentadue denti.«Salve, io sono A.X...E-Ehm, Axel.Sono Axel Turks, un compagno dei suoi figli.», si affrettò a correggersi, sotto lo sguardo divertito dell'altro che ricambiò la stretta.«Il piacere è tutto mio, Axel.», e, così, si sedettero entrambi.
Il padre dei due gemelli, al contrario della moglie, era sempre ben accetto a fare nuove conoscenze, anzi; addirittura trovava più interessanti le persone particolari, quelli che, la signora Key, definiva gente strana.
«Beh, ora che ci siamo tutti possiamo mangiare, no?», chiese retoricamente l'ospite dai capelli fiammeggianti, allungando le mani verso il piatto di tacchino, tagliandosene così un pezzo, ignorando lo sguardo perplesso dei presenti e quello irritato della madre.
«Bene, Axel...», si schiarì la voce la donna, ottenendo l'attenzione del diretto interessato.«Parlaci un pò di te.Com'è la tua famiglia?Sei figlio unico?», e lo martellò di domande, com'era di sua abitudine fare.
Il biondo deglutì appena, mordendosi il labbro inferiore; conosceva bene, purtroppo, le tattiche di sua madre per cercare di liberarsi di un ospite ingombrante.Cercò così di allungare la propria gamba per tirare un piccolo calcio al fulvo, il quale alzò di scatto lo sguardo, confuso e pronto a mandare qualcuno a quel paese, quando incrociò le iridi cristalline di Roxas che gli fece cenno di togliere i gomiti dal tavolo, dato che non era il massimo dell'educazione.
«E-Ehm, ecco...», iniziò poi a parlare Axel, cercando di assumere un atteggiamento aristocratico.«Beh, i miei genitori hanno divorziato da tre anni.», spiegò con un sorriso inquietante dipinto sul volto, quasi indeciso se mostrare la propria sofferenza o meno.«Ho un fratello che ormai frequenta l'Università.Si chiama Reno e vivo insieme a lui.Ci arrangiamo un pò, anche se, effettivamente, lui è un coglio-», prima di poter terminare il proprio insulto, tornò ad osservare il giovane studente dai capelli biondi, il quale gli fece cenno di tacere.
«Ehm...E' un...E' un colibrì.», si affrettò a mormorare, sparando la prima parola che gli venne in mente, sudando freddo.
«Un colibrì?», ripetè Riku, perplesso, mentre il Signor' Key soffocò una risata, intuendo ciò che realmente voleva dire il fulvo.
«Tuo fratello è un colibrì?», chiese a sua volta la madre dei due fratelli, sollevando un soppraciglio con aria dubbiosa, immaginandosi davvero che quel giovane potesse avere un uccello come fratello maggiore.
Un silenzio imbarazzante avvolse la tavola, finchè l'attenzione di Axel non si concentrò su un'improvvisa risatina cristallina; le guance arrossate, gli occhi azzurri che brillavano di una strana luce, Roxas appoggiò una mano sulle piccole labbra, sforzandosi in ogni modo di non far' sentire a nessuno che stava ridacchiando sommessamente.
Roxas stava ridendo, sì.
Ed era stato proprio lui a farlo ridere.

Il più grande, in quel momento, si sentì stranamente felice; avrebbe voluto passare il resto della serata ad osservare il giovane volto di Roxas, illuminato dalla sua dolce risata, e, infatti, si lasciò sfuggire un sorriso ebete.
«Axel?», lo chiamò la donna, perplessa, dubitando seriamente della sanità mentale di quel matto dai capelli rossi, il quale, sentendosi interpellato, scosse la testa, tornando alla realtà.
«E-Ehm...Nel...Nel s-senso che...Che...», si grattò la testa, iniziando seriamente ad andare in panico, finchè l'apatica e calma voce del giovane dai capelli argentini si intromise: «Suo fratello è un appassionato di uccelli, soprattutto di colibrì.»
Axel sgranò gli occhi, stupito; stava forse sognando?
Si tirò di nascosto un pizzicotto alla gamba e socchiuse un occhio dal dolore: no, era tutto vero.
Quel lurido verme gli aveva appena parato il culo.
«Non è vero, Axel?», proseguì poi con fare impassabile, voltando gli occhi verso il fulvo che si affrettò ad annuire.«E-Esattamente, sì!E' davvero un fanatico dei colibrì.», e ridacchiò nervosamente, sperando che la conversazione potesse concludersi al più presto.
«Interessante...», commentò con un sorriso divertito l'uomo, non osservando nessuno in particolare; abbassò poi lo sguardo, mentre la signora Key iniziò a distribuire il tacchino a tutti i presenti.
«E come si sono separati i tuoi?», chiese spudoratamente Vanitas, intromettendosi nella conversazione, ottenendo un'occhiataccia dal cugino biondo e da Riku.
Axel si schiarì la voce, sforzandosi in ogni modo di non sembrare teso o irritato dalla domanda, affrettandosi piuttosto a rispondere.«Non si trovavano bene, ecco tutto.Si era spenta la fiamma del loro amore.Non c'era più nulla ad alimentarla.», e, in quel momento, fu istintivo per lui guardare il primino che gli era stato assegnato; lo osservò intensamente per diversi secondi, per poi continuare con un sorrisetto sghembo dipinto sul volto: «Capita, no?Non tutti gli amori vanno come si vorrebbe.»
Il moro rimase stranamente colpito da quella risposta, limitandosi a voltare lo sguardo altrove, quasi irritato; il padre annuì, continuando a sorridere, e perfino Sora smise improvvisamente di mangiare, guardando il ragazzo dai capelli fiammeggianti.
«E qual'è il tuo concetto sull'amore?», la fioca voce di Roxas ruppe il silenzio creatosi, ottenendo così l'attenzione di tutti i presenti e facendo sgranare le iridi smeraldine di Axel, il quale, dopo un momento di stupore iniziale, cercò le parole giuste per rispondere: «L'amore è...E' quando ti senti in mezzo al fuoco, non appena incroci, anzi, non appena pensi alla persona per la quale provi attrazione.», e lo osservò intensamente, cercando di decifrare lo sguardo di quegli occhi azzurri così profondi.
Si sentì un applauso, e i due voltarono lo sguardo verso il signor' Key, il quale sorrise allegramente: «Ottima definizione.Complimenti, Axel.»



«Sei proprio sicuro che non vuoi restare ancora un pò?», chiese per l'ennesima volta in cinque minuti l'uomo, ottenendo un'occhiataccia dalla moglie, la quale si affrettò però ad aggiungere falsamente: «Torna a trovarci quando vuoi.»
«Sì, lo farò di sicuro.», e, prima di poter alzare la mano in cenno di saluto, la calorosa voce del signor' Key proseguì: «Roxas è di sopra.», e sorrise con aria ambigua, indicandogli le scale.«In camera sua.»
Axel assunse un'espressione confusa, ma, nonostante ciò, lo ringraziò velocemente, precipitandosi al piano superiore; la porta della camera di Sora era semiaperta, mostrando così il castano che guardava la televisione insieme a Riku, saltellando di tanto in tanto senza alcun motivo preciso.
Dalla stanza del biondo, invece, uscì improvvisamente il cugino con un sorrisetto inquietante dipinto sul volto; superò con indifferenza il rosso, il quale si precipitò immediatamente nella camera del primino, spalancando la porta, senza bussare.
«Roxas!», lo chiamò, allarmato, trovando il diretto interessato seduto sul letto a leggere.
Tirò un sospiro di sollievo, avvicinandosi a lui con un sorriso stanco dipinto sul volto.

«Che succede?», chiese di rimando l'altro, alzando appena le iridi cristalline, sollevando il soppraciglio sinistro in un'espressione accigliata.
«No, è che ho visto Vanitas uscire dalla tua camera, così ho pensato...Beh, nulla...», borbottò infine il fulvo, stringendosi le spalle con una smorfia poco convinta, storcendo il naso.
A quella risposta vaga Roxas abbassò nuovamente gli occhi verso il libro, immergendosi nuovamente nel mondo della lettura, finchè la calda mano del tutor sulla spalla non lo costrinse a rialzare di scatto lo sguardo, imbarazzato.
«Roxas, io devo andare.Però, prima, vorrei chiederti se...Se domani hai da fare, ecco.», e lo guardò intensamente, sperando di non mostrare la propria esitazione.
Gli stava chiedendo forse di uscire?
«D...Domani?», ripetè con voce terribilmente stridula il giovane dagli occhi cristallini, cercando di divincolarsi dalla presa dell'altro.
«Sì, domani.E' Sabato e non c'è scuola, no?Che ne dici di uscire la mattina presto e fare una passeggiata?», Axel indietreggiò appena, osservando l'altro con aria supplichevole e le iridi smeraldine luccicanti.
«Io...Credo...Credo di sì.D'accordo...», rispose dopo qualche minuto di esitazione il biondo, sforzandosi di tornare a concentrarsi sulla lettura, senza grandi risultati.
Soprattutto quando il più grande gli scompigliò dolcemente i capelli, avviandosi poi verso la porta.«A domani, primino.Sarò sotto casa tua per le otto e un quarto.»
In quel momento sentì solo il proprio cuore battere furiosamente.
_________________________________________________________________________

*Note di Rox'*
E finalmente ecco il 9° capitolo; perdonate il lieve ritardo, ma non ho avuto molto tempo per scrivere, dato che sto anche tirando avanti la storia 'Months Of Life.'
Oh, e un'altra cosa; mi scuso se non sto rispondendo alle recensioni, davvero, mi sento tremendamente in colpa.Il fatto è che non ho voglia tempo, a causa di questa dannata scuola.Cercherò di rispondere alle recensioni il prima possibile, davvero!
Così come non riesco a commentare neanche le storie seguite °-° Beh, fortunatamente nè Lunedì nè Martedì ci sarà scuola, quindi, dovrei avere più tempo nei prossimi giorni -w-
Oh, e vorrei anche scusarmi se la storia sembra un pò lenta; siamo già al capitolo 9 e non è successo nulla di che, però non mi piace sveltire eccessivamente le cose.
Beh, che altro dire...Sì, ringrazio tutti quelli che hanno messo la storia tra le seguite e spero che recensiate.E spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento (:
E adesso posso lamentarmi in santa pace.
Ho il mal di gola e il raffreddore çAAAç *Si deprime in un angolino*
Va bene, basta.
Alla prossima.
E.P.R.

 

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Capitolo 10
*** Morning Breeze. ***


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Tutor And Boyfriend.

 

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10.Morning Breeze 

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Otto e un quarto?
Doveva essersi sicuramente bevuto il cervello.
Sbuffò, cercando in ogni modo di mantenere gli occhi aperti, grattandosi i capelli fiammeggianti scompigliati; sbadigliò per la terza volta, sputando il dentifricio sul lavandino prima di riprendere a spazzolarsi i denti.
«Ma che ci fai in piedi a quest'ora?Di solito il Sabato è un miracolo se ti alzi per l'ora di pranzo.», sobbalzò, sentendo l'improvvisa voce del fratello maggiore alle spalle che si stiracchiò, appoggiando la schiena alla parete del bagno.
«Devo vedermi con il primino.», spiegò con voce ancora assonnata l'altro, risciaquandosi il volto con dell'acqua fredda nella speranza di svegliarsi, voltandosi verso Reno che sghignazzò.«Chi, Roxas?Ti sei proprio fissato con lui, eh.»
«Non dire idiozie.Sono solo il suo tutor.», replicò aspramente Axel, guardandolo storto, per poi avviarsi fuori dal bagno con un certo stile, nonostante fosse in boxer.
«Ah, sì?E allora perchè ieri sera, tornato da quella cena, non hai fatto altro che parlare di quanto fosse dolce mentre rideva?», lo stuzzicò con un ghigno il fratello maggiore, scoppiando poi in una grassa risata, guardandosi attentamente allo specchio.
Axel trasalì, cercando però di non sembrare turbato in alcun modo.«Non dire stupidaggini.»
Raggiunse la propria camera e aprì l'imponente armadio; dopo un'accurata scelta durata almeno una decina di minuti, indossò un paio di jeans scuri con un teschio e una T-shirt del medesimo colore dei suoi capelli che metteva in risalto i suoi muscoli scolpiti.
Si infilò nelle tasche il cellulare, le chiavi di casa e qualche spicciolo, uscendo poi in fretta e furia, borbottando qualcosa sul fatto che lui non aveva mai parlato di quanto Roxas fosse dolce mentre rideva.
No.Assolutamente no.
Sospirò, salendo sul motorino parcheggiato di fronte casa sua; fortunatamente uno di quegli strambi amici di suo fratello gli aveva prestato la moto per tempo indeterminato, dato che egli non la utilizzava più.
Mise in moto e partì senza tante cerimonie, nonostante fosse la prima volta che guidava un veicolo da solo; durante il tragitto canticchiò qualche canzone incomprensibile, stando però attento a non provocare danni alla città e a non investire nessuno.
La cosa positiva era che a quell'ora del mattino, di Sabato, non c'era quasi nessuno per le svariate vie, se non i soliti sfigati -Come li chiamava lui- che correvano per mantenersi in forma, gli anziani in bicicletta e qualche bambino al parco-giochi.
La sua attenzione venne improvvisamente rapita da una panetteria aperta da poco e si fermò di colpo, sbattendo più volte le iridi smeraldine, estasiato dal delizioso profumo di pane appena sfornato; mugugnò qualcosa, sentendo il proprio stomaco brontolare prima di scendere velocemente dalla moto, entrando nel negozio.
Le sue narici vennero invase dal profumo, ancora più intenso, che gli ricordò di aver' saltato la colazione; si illuminò alla vista di tutte quelle pietanze che si presentavano di fronte ai suoi occhi: pane, brioches, biscotti, dolci, focacce, pizze, ciambelle e paste di ogni genere incitavano i passanti ad entrare.
Si leccò le labbra, massaggiandosi la pancia per poi appoggiare una mano sulla vetrina, assumendo un'espressione pensierosa; se fosse stato per lui, avrebbe sicuramente preso tutto.
«Desidera?», la voce gentile di una graziosa donna sulla trentina dai capelli castani legati in uno chignon lo fece sobbalzare appena, ricordandogli di non essere solo; accennò un sorriso imbarazzato, grattandosi la chioma rossa.«Ecco, uhm...Vorrei...», a quel punto si bloccò, appoggiando una mano sul mento con aria estremamente pensierosa.
L'altra presente, nel frattempo, scoppiò in una fragorosa risata, dedicando tutta la sua attenzione al fulvo: «Vuoi comprare qualcosa solo per te o c'è anche qualcun altro?»
A quella domanda Axel alzò istintivamente il volto, con gli occhi verdi luccicanti.«C'è anche qualcun altro.Vorrei che avesse la colazione più dolce del mondo.», e, a quel punto, trasalì, stupito dalle proprie parole che gli erano uscite così meccanicamente.
La donna sorrise dolcemente, tirando fuori un piccolo contenitore dorato di plastica, voltando poi nuovamente gli occhi verso il cliente: «Allora che ne dici se ti aiuto io?
Il rosso si illuminò, annuendo energeticamente; adorava le persone che gli davano subito del tu, senza troppa eleganza o roba del genere.Utilizzavano solamente la semplicità della propria anima e questo lui lo apprezzava moltissimo.
Nel frattempo la trentenne aveva sistemato accuratamente nel pacchetto una piccola brioches alla crema, accompagnata da due dolcetti alla panna e una ciambella al cioccolato ricoperta di glassa; a quel punto richiuse il tutto in un fiocco rosso, porgendolo gentilmente all'altro che aveva sgranato gli occhi, stupito dalla perfezione del lavoro.
«Io...Io la ringrazio di cuore...», farfugliò a fatica, afferrando il pacchetto con aria emozionata, stringendolo tra le mani, mentre l'altra ridacchiò appena.«Non devi ringraziarmi, davvero.»
Axel sorrise, porgendo i soldi alla donna e insistendo sul fatto che dovesse assolutamente tenere il resto; successivamente uscì con un'allegra espressione stampata sul volto, infilando la colazione nel baule della moto prima di cavalcarla.
E ripartì, aumentando la velocità rispetto a prima, terrorizzato dall'arrivare davvero in ritardo; sentì il vento schiaffeggiargli le guance, e, soprattutto, scompigliargli i capelli fiammeggianti.
Ma poi...Perchè diavolo desiderava che quel giovane dagli occhi azzurri avesse la colazione più dolce del mondo?
Si era per caso bevuto il cervello?
Scosse la chioma rossa e si affrettò a girare a sinistra, rischiando per poco di sbagliare strada; finalmente giunse di fronte al cancello di legno a lui familiare.
Frenò di colpo, spegnendo la moto per poi aguzzare la vista, accorgendosi della presenza del primino che si dondolava sull'altalena, leggendo, come suo solito, un libro.
Meno male.Almeno gli aveva risparmiato la fatica di dover' suonare il campanello, ritrovandosi magari faccia a faccia con la madre.
«Ehi, Roxas!», lo chiamò a gran voce, sbracciandosi e ottenendo l'attenzione del diretto interessato che alzò un poco le iridi cristalline; chiuse lentamente il libro, infilandolo nella piccola cartella che aveva sulle spalle, scendendo dall'altalena prima di aprire il cancello, alzando appena una mano in cenno di saluto.
«Come ti butta, vecchio lupo di mare?»
«Eh?»
Axel sospirò, scuotendo con aria esasperata la testa, infilandosi una mano tra i capelli rossi come il fuoco.«Ho chiesto come stai, primino.»
L'altro, dal canto suo, borbottò qualcosa contro il suo strano modo di esprimersi, per poi scrollarsi le spalle e rispondere meccanicamente.«Tutto bene.»
A quel punto il diavolo dai capelli fiammeggianti, dopo aver lanciato una fugace occhiata alla propria moto per accertarsi che fosse in uno stato accettabile e non fare figuracce davanti all'altro, sollevò istintivamente un soppraciglio, notando che il biondo non aggiunse altro.«Beh?»
«Beh cosa?»
«Adesso dovresti chiedermi qualcosa tipo 'E tu, come stai?'», spiegò gesticolando il tutor, incrociando poi le braccia con aria quasi offesa, sotto lo sguardo indifferente di Roxas, il quale non sembrò avere alcuna intenzione di assecondarlo.
«Va bene, ho capito, allora farò da solo:E tu, Axel, come stai?Oh, tutto bene, grazie della premura!», fece così con evidente sarcasmo e un sorrisetto sghembo dipinto sul volto, lanciando una fugace occhiata al più giovane che lo guardò storto.«Okey, ora che hai terminato il tuo show, posso sapere perchè diavolo mi hai proposto di passare la mattinata insieme a te?»
Il più grande sospirò nuovamente con aria arrendevole, assumendo un'espressione amareggiata di fronte al solito comportamento scorbutico dell'altro: eppure aveva sperato che, dopo la sera precedente, sarebbe potuto cambiare qualcosa.Almeno un pò, insomma.
Eppure ignorò la sua domanda, cambiando immediatamente espressione in un allegro sorriso, facendogli cenno di salire sulla moto.«Forza, vieni dietro.»
«Eh?», fece il biondo, perplesso.
«Cos'è, sei sordo oggi?Vieni dietro, coraggio!», lo continuò ad incitare Axel, picchiettando con la mano il piccolo sedile rialzato dietro di sé; a quel gesto, il giovane dagli occhi cristallini si avvicinò, un pò incerto, stringendo la cartella sulle spalle.
Dopo circa cinque minuti di inutili tentativi, riuscì finalmente a prendere posto dietro il fulvo, il quale, alla fine, fu costretto a prenderlo in braccio per sistemarlo sul sedile.«Adesso stringiti forte, va bene?»
«Sarei benissimo riuscito a salire da solo...», si limitò a brontolare il primino, ignorando involontariamente la sua domanda retorica, finchè la moto non partì di botto, obbligando Roxas ad aggrapparsi istintivamente alla schiena dell'altro per evitare di cadere all'indietro.
«R-Rallenta!Rallenta, ti prego!», trillò improvvisamente il giovane studente che fece scoppiare Axel in una fragorosa risata; era la prima volta che sentiva il suo tono di voce alzarsi e assumere una nota di paura ben evidente.
«Ti avevo detto di stringerti forte!», cantilenò con aria rimprovera il più grande, nonostante l'altro in quel momento si continuava a tenere a lui con più forza possibile.
«Rallenta, Axel!», ripetè gridando il biondo, nascondendo il volto arrossato sulla schiena del compagno, pensando davvero che la moto si sarebbe potuta schiantare contro qualche auto.
Il diavolo dai capelli rossi si limitò ad accennare un'altra risata, intuendo che l'altro era davvero impaurito, cercando però di concentrarsi sulla strada di fronte a sé e non sul suo contatto così ravvicinato.«Non sei mai salito in moto?»
«No...», biascicò con il volto ancora nascosto il biondo, ma, nonostante ciò, l'altro riuscì ad afferrare la risposta.
«Non preoccuparti, non ti succederà nulla.», tentò di rassicurarlo con il tono improvvisamente addolcito, sorvolando sul fatto che era la prima volta che guidava.
Sicuramente, per ora, quella era la giornata più splendente dell'anno; il cielo non era mai stato così sereno e non c'era traccia di una nuvola, ma galleggiava nell'aria solamente un sole primaverile.
La moto sfrecciò superando diverse macchine, giungendo poi in un posto più isolato, e Axel si sentì grato del fatto che a quell'ora del mattino c'erano veramente poche persone, dato che intravide subito molti parcheggi vuoti.
Nel frattempo sentì la stretta del giovane più debole e questo gli fece intuire che, dopo le sue parole, si era sentito sicuramente meglio; questo lo faceva stare bene.
«E' obbligatorio indossare il casco, teoricamente.», l'improvvisa osservazione di Roxas interruppe il silenzio, facendo sghignazzare il tutor che si affrettò a sottolineare.«Teoricamente.»
«Se ci vedevano i carabi-»
«Ma non ci hanno visti.», gli fece notare il fulvo senza permettergli di proseguire la frase, parcheggiando la moto prima di spegnerla, scendendo con un balzo per poi infilarsi una mano tra i capelli fiammeggianti.«E poi con il casco i miei splendidi capelli si sarebbero rovinati.»
«Si sono rovinati comunque a causa del vento.», commentò il ragazzo dagli occhi azzurri indicando i ciuffi rossi fuori posto dell'altro, il quale si affrettò a risistemarseli, allarmato.
A quel punto Roxas cercò di immitare il più grande, scendendo dal motorino con un balzo, rischiando però di perdere l'equilibrio finchè due braccia non gli avvolsero la sottile vita, raddrizzandolo.«Stai attento.»
«G-Grazie...», mugugnò con imbarazzo il biondo, affrettandosi a scostare le mani dell'altro dal proprio corpo, guardandosi poi attentamente attorno; di fronte a loro vi era un'immensa distesa verde, circondata da folti alberi pronti a donare un pò di ombra e a proteggere i passanti dal sole.
Delle piccole margherite davano un'aria più squisita al prato e il canto dei passerotti alleggeriva l'ambiente; il ragazzo dai capelli del colore della sabbia alzò di scatto lo sguardo verso il tutor che aveva appoggiato una mano sulla sua spalla, accennando un sorriso radioso.«E' un bel posto, non è vero?»
«Sì, molto.», rispose dopo qualche secondo di silenzio Roxas, tornando a scrutare l'immenso parco; socchiuse gli occhi, sentendo la brezza mattutina che gli scompigliò lentamente i biondi capelli e si strinse le spalle nella leggera felpa azzurra.
«Dai', vieni, ho una piccola sorpresa.», se c'era una cosa che il giovane studente aveva capito, era proprio che Axel non riusciva a mantenere il silenzio per più di dieci secondi; nonostante questa riflessione, si illuminò, cercando però di non mostrarsi incuriosito.
«Una...Sorpresa?»
L'altro annuì e, dopo aver tirato fuori dalla moto il pacchetto accuratamente infiocchettato, gli fece cenno di seguirlo, inoltrandosi nella grande distesa verde; dopo una decina di passi si guardò attorno, mettendosi una mano alla fronte per impedire al sole di accecarlo, per poi indicare un salice piangente alla sua sinistra.«Ecco, lì è perfetto.»
Il più piccolo lo guardò stranito, chiedendosi che cosa avesse in mente, ma, nonostante ciò, si limitò a scrollarsi le spalle, seguendolo a ruota fino a giungere di fronte all'albero, notando che il fulvo prese immediatamente posto sotto di esso.
«Qua è magnifico.», commentò poco dopo, facendogli cenno di sedersi accanto a lui; il primino sospirò, facendo come gli è stato chiesto.
E si stupì.
Perchè sì, era davvero magnifico.
Sentì l'aria che gli accarezzava la pelle vellutata, udì il canto primaverile degli uccelli ancora più intenso e vide il sole baciare dolcemente le candide margherite.
Alzò appena la mano sinistra, sfiorando le foglie pendenti dell'albero con aria serena, tirando un lungo sospiro rilassato prima di socchiudere nuovamente gli occhi; quando li riaprì, dopo qualche secondo, spalancò le iridi cristalline, sentendo un invitante profumino invadergli le narici.
«Buon appetito, piccoletto.», non riuscì neanche ad arrabbiarsi per quello stupido appellativo, limitandosi ad osservare le varie leccornie che si presentavano di fronte ai suoi occhi azzurri.
«Ma...Ma questa roba...Cioè, i-insomma...», balbettò stupito, come un orfanello che non aveva mai visto dei dolci; il fulvo accennò una risata cristallina, scompigliando i capelli dell'altro con aria divertita, prendendo il dolce alla crema per poi porgerglielo.
«Sssh', mangia e goditi il posto, primino.Got it memorized?»



Per tutto il tempo si era limitato ad osservare quel giovane che sembrava attirarlo particolarmente; a malapena sentì il gusto delle dolci pietanze accarezzargli il palato, troppo impegnato a divorare con gli occhi quelle labbra disegnate angelicamente che erano intente a leccare la crema dalla brioches.
E adesso, con le iridi azzurre rivolte al libro che aveva tirato fuori dallo zainetto, la schiena appoggiata contro la corteccia dell'albero e la pancia piena, non riusciva ancora a staccargli gli occhi di dosso; sembrava quasi cercare di decifrare quello sguardo così assorto e pensieroso.
Era bellissimo.
Con gli occhi tranquilli rivolti a quelle parole stampate che lo trascinavano in un mondo tutto suo, gli ricordò il cielo sereno che in quel momento galleggiava tranquillamente sulle loro teste; allungò il braccio destro, sfiorando una ciocca dei suoi capelli biondi con l'indice, per poi far' scivolare la propria mano fino a toccargli delicatamente la guancia.
Morbida.Fu la prima cosa che pensò.Seguita da Liscia e Delicata.
Ebbe quasi l'impulso di accarezzare quella pelle che sembrava perfetta, quando il diretto interessato alzò di scatto gli occhi dal libro, allarmato e spaesato al tempo stesso.«Ma che cosa...?»
Axel sobbalzò appena, scuotendosi; si può sapere che diavolo gli era preso?
Probabilmente si era scordato il significato della parola discrezione.
Insomma, se mai l'aveva imparato.
«Ecco, sei...Sei sporco qui!», si affrettò a spiegare, indicandogli la macchia bianca di crema sulla guancia, per poi toglierla velocemente con il pollice, portandoselo infine distrattamente alla bocca.«Mmh, delizioso.», commentò accennando una risata acuta, infilandosi l'altra mano tra i capelli fiammeggianti, sotto lo sguardo imbarazzato dell'altro che si affrettò a catapultarsi nuovamente nel mondo della lettura.
'Mi strinse tra le sue braccia forti e premette le labbra sulle mie.La sua lingua si insinuò nella mia bocca e, quando mi abbandonai a lui, fui attraversata da un nuovo tipo di energia.'
E, con quelle ultime righe, terminò anche il secondo capitolo; voltò lo sguardo per proseguire la lettura, finchè la voce del compagno al suo fianco lo fece sussultare.
«Ehi, Roxas, guarda!», seguì il punto indicato dalla mano di Axel e si accorse di una piccola presenza a pochi metri distante da loro; uno scoiattolo stava sgranocchiando una ghianda con tranquillità, mostrando di tanto in tanto i suoi grandi occhi neri e vispi.
«Oh...», si limitò ad esclamare il primino, stringendo delicatamente lo spesso libro tra le mani, osservando quella docile creatura intenta a nutrirsi.«E' adorabile.»
«Come te.»
«C-Cosa?!», con le gote improvvisamente arrossate e gli occhi sgranati, il biondo sbattè più volte le palpebre, pensando di aver' capito male.
«E-Eh?Non...Non ho detto niente!», cercò di dire il fulvo, mordendosi la lingua nella speranza di non mostrare la propria evidente bugia; ma si può sapere che cosa gli stava succedendo?
Probabilmente era il caldo che gli stava sciogliendo il cervello, nonostante fosse all'ombra.
«Oh', va bene.», si limitò ad affermare con tono piatto l'altro, afferrando la propria cartella prima di alzarsi, rovesciandone sbadatamente il contenuto sul prato.
«Accidenti...», ringhiò a denti stretti, e, prima di potersi chinare per risistemare tutto, il diavolo dai capelli fiammeggianti lo precedette, prendendo immediatamente la fotografia che aveva attirato la sua attenzione.
«No, lasciala, quella è mia!», tuonò allarmato il biondo, senza essere però ascoltato; l'altro aveva già voltato la foto, notando la presenza di quattro persone: Roxas, al centro, aveva dipinto sul volto un'adorabile smorfia divertita, e, accanto a lui, un giovane dai capelli biondi e due vivaci occhi marroni gli avvolgeva la spalla con un enorme sorriso a trentadue denti.Invece, vicino a quest'ultimo ragazzo, c'era un giovane dai capelli castani legati in una strana fascia, e rideva, mentre, dietro di lui, una ragazza dagli occhi verdi sorrideva dolcemente.
Tutti e quattro reggevano in mano un ghiacciolo celeste e, in basso a sinistra, con un'elegante caligrafia, vi era scritto: 'I migliori amici del mondo.'
«Ti ho detto di lasciarla!», se durante quella mattinata aveva sentito per la prima volta Roxas impaurito, ora per la prima volta lo sentì arrabbiato e addirittura amareggiato; prese con forza la fotografia dalle sue mani, affrettandosi ad infilarla nuovamente nello zaino.
«Ehi, calmati, volevo solo...»
«Non sono affari che ti riguardano!Non puoi toccare così la mia roba!», gridò in risposta il giovane dagli occhi cristallini, senza permettergli di terminare la frase; strinse poi i pugni, facendo per andarsene, quando Axel lo afferrò per una spalla.
«Si può sapere che cosa ti è preso?Calmati, accidenti!E' solo una cazzo di fotografia!», e questa volta fu lui ad urlare.
Non riusciva a seguire gli atteggiamenti di quel ragazzino.
Un attimo prima era scorbutico, subito dopo si mostrava tranquillo e sereno, mentre adesso...
Insomma, Roxas era una specie di mistero.
E, quando costrinse il giovane studente a voltarsi, notando le lacrime che sgorgavano dai suoi occhi ora arrossati e i flebili singhiozzi che tentava faticosamente di soffocare, si chiese se voleva davvero scoprire a fondo quel mistero.
Probabilmente sì.
 

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*Note di Rox'*
Ed ecco qui il 10° capitolo...*Fissa il vuoto*
E' strano pensare al fatto che questa storia l'avevo iniziata praticamente due anni fa, interrompendola per chissà quanto tempo, per poi continuarla ed arrivare ora al 10° capitolo...*Si perde in filosofie varie*
Oh, beh, non pensiate però che stia giungendo al termine.
Nein.Assolutamente no.
So', ringrazio tutti per le recensioni; mi auguro che questo capitolo sia stato di vostro gradimento.Anche perchè ci ho messo un culo così un mazzo così a scriverlo .w.
Che altro dire, mmh..Ah, beh, sì, ringrazio anche coloro che hanno messo la storia tra le seguite/preferite, like always'.
Insomma, credo di non dover' aggiungere altro.
Alla prossima! (:
E.P.R.

 

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Capitolo 11
*** Soup of emotions. ***


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Tutor And Boyfriend.

 

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11.Soup of emotions 

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Fece scorrere per l'ennesima volta la propria mano lungo quei morbidi capelli dorati, udendo solamente i suoi lievi singhiozzi che sembrarono placarsi lentamente; avvicinò furtivamente le proprie labbra sulla testa dell'altro, lasciandovi un delicato bacio.
«Ehi, tranquillo, va' tutto bene.», sussurrò dopo qualche secondo, interrompendo il silenzio durato quasi cinque minuti, facendo scivolare l'altra mano lungo la schiena del giovane.
Quest'ultimo, nel frattempo, alzò timidamente lo sguardo, mostrando i suoi grandi occhi blu cobalto arrossati; tentò di asciugarsi impacciatamente le ultime lacrime con la manica della felpa, sussurrando un veloce 'Grazie.'
Axel accennò un caldo sorriso, scompigliandogli i capelli ribelli con aria allegra; certo, vedere quel piccoletto in quello stato non gli andò di certo a genio, però, nonostante ciò, averlo stretto tra le proprie braccia per consolarlo era stato qualcosa di eletrizzante.
Sì, insomma, aveva sentito una miriade di emozioni mescolarsi dentro sé e non era ancora riuscito a capirne esattamente il motivo.

«Ti senti meglio?», chiese con dolcezza, senza staccare gli occhi dal primino che era arrossito appena, annuendo lentamente in risposta.
«Meno male.», commentò con un sospiro il fulvo, stiracchiandosi; intanto Roxas si era alzato, riafferrando il proprio zainetto prima di voltarsi.
«Dove vai?», il più grande immitò il suo gesto, analizzando ogni più piccolo movimento dell'altro che voltò di scatto lo sguardo, scuotendo la chioma bionda.«Devo...Devo andare.»
«Non mi hai ancora spiegato perchè sei scoppiato improvvisamente a piangere.», gli fece notare con un soppraciglio alzato il tutor, incrociando le braccia al petto per poi appoggiare la schiena contro la corteccia dell'albero.
«Non sono obbligato a farlo.», replicò apaticamente il giovane, sistemandosi la cartella sulle spalle dopo aver' lanciato una fugace occhiata al diavolo dai capelli fiammeggianti, il quale sospirò, infilandosi una mano tra la folta chioma.«Credo che me lo devi, dato che sono stato io a consolarti.»
«Ma io non ti avevo chiesto di consolar-», non ebbe nemmeno il tempo di ribattere nuovamente che il più grande lo aveva improvvisamente afferrato per il polso sinistro, impedendogli di andarsene; lo strattonò appena, costringendolo a voltarsi di scatto con le iridi blu sgranate e spaurite.

«Voglio sapere il motivo per cui sei scoppiato a piangere, Roxas.Non ti chiedo altro.», se c'era una cosa che il primino detestava era la velocità con cui l'altro riusciva a cambiare tono di voce, riuscendo in qualche modo ad assumere un'aria più autoritaria, facendolo sentire più piccolo di quello che già era.
Rabbrividì, accorgendosi che il vento stava iniziando a rendere l'ambiente un pò troppo freddo per una semplice giornata di Aprile; si irrigidì, cercando in ogni modo di reggere lo sguardo del rosso che non aveva alcuna intenzione di lasciare la presa.
«Allora?», e strinse un poco la presa, facendo sussultare il biondo che si decise finalmente a parlare.«Mi...Mi mancano i miei migliori amici, ecco tutto.», bisbigliò così a fior' di labbra, abbassando il volto con aria sconsolata e lasciando che la propria mente potesse immergersi in numerosi ricordi.
Improvvisamente l'espressione del rosso mutò, lasciando trapelare un lieve sorriso comprensivo; lo trascinò lentamente verso la moto, aiutandolo nuovamente a salire, nonostante la sua aria confusa.
«C'è qualcuno a casa tua?», chiese improvvisamente il tutor, controllando il trucco nello specchietto dopo essere salito, accendendo successivamente il motore della vettura.
«No, solo...Solo Sora.», farfugliò con esitazione il biondo, stringendosi le spalle; ma insomma, lo obbligava a rivelare il motivo del suo pianto e poi cambiava improvvisamente argomento?
«Bene, allora starai un pò da me.», concluse Axel con un sorrisetto sghembo dipinto sul volto, allontanandosi velocemente dal parco, sorpassando diverse automobili.
«Preferirei tornare a casa.», si sforzò di dire l'altro, stringendosi il più possibile al rosso, cercando di non mostrare l'ennesimo senso di paura a causa dell'estrema velocità del motorino.
«Oh', andiamo, non fare lo scassaballe.», lo schernì il ragazzo dagli occhi smeraldini, accelerando il più possibile, ignorando un semaforo rosso e i diversi clacson delle macchine, facendo impallidire l'altro presente che si era messo a pregare, immaginando già la sua prossima morte.



Si aggrappò ad un palo con il fiatone, gli occhi terrorizzati e il respiro affannoso.«Tu...Tu s-sei pazzo!Si può sapere chi ti ha dato la patente?!», tuonò un Roxas alquanto infuriato, lanciando numerosi sguardi omicida al più grande che era scoppiato in una grassa risata, chinando la testa all'indietro con aria fiera.
«Stai calmo, primino.Ogni tanto ci vuole un pò di velocità.V.E.L.O.C.I.T.A'.Got it memorized?», e si picchiettò la fronte con l'indice, mentre l'altro sospirò, roteando lo sguardo da una parte all'altra dell'ambiente circostante, insultandolo diverse volte a bassa voce.
La verità è che lui aveva solo desiderato avere un pò di contatto fisico con quel biondino; ogni volta che accelerava di scatto, quest'ultimo si affrettava a rafforzare la presa sulla sua schiena, tremando appena.
Il problema era capire il motivo per il quale provava quel forte desiderio.
Scosse la testa, cercando di spostare i propri pensieri altrove, preoccupandosi piuttosto di tirare fuori le chiavi di casa, infilando poi quella giusta all'interno della serratura; imprecò un paio di volte dopo aver' sbagliato direzione, sbuffando ripetutamente.
«Ri-benvenuto a casa mia!», lo accolse allegramente il fulvo dopo essere riuscito ad aprire finalmente la porta, facendo entrare per primo il biondo, il quale, dopo aver' fatto un passo avanti e alzato lo sguardo, arrossì di colpo, irrigidendosi.
Axel, nel frattempo, si tolse gli stivali con aria stanca, lanciandosi una veloce occhiata allo specchio; successivamente riconcentrò la propria attenzione sull'ospite e seguì il suo sguardo scandalizzato, sgranando poi anch'egli gli occhi.
Merda.
Sdraiato sulla sua ragazza, la quale era distesa sul divano rosso in soggiorno, Reno sembrò essere particolarmente concentrato a baciarla con estrema foga, sghignazzando di tanto in tanto mentre infilava le mani in posti proibiti.
«Ma che cazzo stai facendo?!», l'improvviso urlo di Axel fermò quello che sarebbe potuto trasformarsi in una scena hard vietata ai minori di diciotto anni, facendo voltare i due protagonisti; la giovane ragazza dai capelli castani arrossì violentemente, affrettandosi a spingere appena il petto del ragazzo che sbuffò, scocciato dall'indesiderata interruzione.
«Non si vede per caso?», chiese retoricamente con evidente irritazione, per poi spostare lo sguardo verso l'altro presente, cambiando immediatamente espressione in un sorrisetto divertito.«Oh, ma chi si vede!Roxas!»
Il diretto interessato si sforzò in ogni modo di scuotersi e di non mostrarsi shockato in alcun' modo, senza grandi risultati.«C-Ciao, ehm...»
«Ah, non preoccuparti, piccoletto; ti fa bene agli occhi guardarci mentre lo facciamo!», lo prese allegramente in giro il fratello maggiore, sistemandosi gli strambi occhiali da pilota sulla testa.«Almeno, quando arriverà il tuo momento, saprai già come comportarti!», a quelle parole il primino si sentì avvampare violentemente le guance e voltò istintivamente lo sguardo altrove, arricciando il naso e mugugnando qualcosa in segno di totale disapprovazione.
«Reno, piantala.», lo rimproverò il fulvo, riducendo gli occhi a due fessure, per poi afferrare il giovane studente per le spalle, spingendolo appena verso la propria stanza.
La ragazza del fratello maggiore, nel frattempo, tentò di ricomporsi, alzandosi velocemente dal divano per poi accostarsi al più piccolo, chinandosi verso di lui con un candido sorriso dipinto sul volto, porgendo successivamente la mano.«Piacere piccino, io sono Tifa.»
Il diretto interessato storse le labbra in una smorfia infastidita dall'ennesimo appellativo sulla propria 'altezza', allungando però a sua volta la mano, stringendo quella dell'altra.«Piacere, mi chiamo Roxas.»
«Mi dispiace di averti obbligato ad assistere ad una scena così imbarazzante.», tentò di scusarsi con aria mortificata la ragazza, accennando un sorriso impacciato, mentre il biondo scosse la testa.«Non...Non importa, davvero.»
E prima che lei potesse aggiungere altro, il diavolo dai capelli fiammeggianti afferrò il primino per il polso, trascinandolo in camera.«Adesso dobbiamo andare», spiegò con aria sbrigativa, «Cercate di non farvi sentire, voi due.», borbottò indirizzando la frase sopratutto al fratello maggiore, lanciandogli un'occhiataccia, entrando poi nella stanza e chiudendo così la porta dietro di sé.
«Ah', Reno è sempre il solito.», brontolò Axel con una smorfia, infilandosi una mano tra i capelli rossi come il fuoco, concentrando nuovamente la propria attenzione sul primino.«Bene, baby', e adesso passiamo a noi.», annunciò infilando come suo solito una parola inglese a casaccio, spogliandosi poi in un nanosecondo della propria maglietta a causa dell'estremo caldo.
Roxas, per la seconda volta in quella mattinata, arrossì come un pomodoro: voltò di scatto lo sguardo, stringendosi impacciatamente le spalle, mentre l'altro presente lo osservava con aria divertita.«Vorrei sapere il motivo per cui mi sei stato affidato, novellino.», affermò dopo qualche secondo di silenzio il fulvo, mettendosi le mani dietro la testa prima di lasciarsi cadere a peso morto sul morbido letto, osservando il soffitto con aria assorta.
«Io...Io non...Non lo so...», farfugliò con evidente incertezza il giovane dagli occhi blu cobalto, lasciando che il proprio sguardo vagasse verso la finestra.
L'altro sembrò infastidito da quella risposta dubbiosa e ringhiò qualcosa a denti stretti.«Come sarebbe a dire 'non lo sai'?»
«Sei tu il tutor, non io.»
«E questo cosa c'entra?»
«Tu dovresti sapere tutto.»
«Ma che cazz...», Axel si morse il labbro inferiore per evitare di continuare l'imprecazione poco elegante; sicuramente, se sarebbe andato avanti, avrebbe fatto scoppiare l'ennesima discussione e questa era sicuramente l'ultima cosa che desiderava; sospirò, massaggiandosi le tempie.«Poco tempo fa mi avevi detto che andavi bene in tutte le materie, giusto?»
Quell'improvvisa domanda sembrò turbare il giovane che aveva iniziato a guardarsi attorno con aria allarmata, senza degnarsi di rispondere.
«Roxas?», lo chiamò sollevando istintivamente un soppraciglio, assumendo un'espressione indagatoria.
«Che c'è?»
«Esigo una risposta.», replicò fermamente il diavolo dai capelli fiammeggianti con le braccia conserte al petto, senza distaccare lo sguardo dall'altro che, nel frattempo, cercava in ogni modo di guardare altrove.
«Roxas, sono il tuo tutor.Ho il diritto di sapere queste cose.Muoviti e rispondimi.»
Il biondo sbuffò dal naso e strinse i pugni, irritato da tutte quelle domande.«No, non vado bene in tutte le materie.»
Sul volto del fulvo si stampò un sorriso divertito e si mise a sedere sul materasso; faceva tanto il perfettino, ma, a quanto pare, anche lui aveva le sue debolezze scolastiche.«Beh?E in quali materie non vai bene?Matematica?Italiano?Inglese?Scienze?», azzardò ripetutamente, mentre l'altro aveva abbassato improvvisamente lo sguardo.
«Sai, non è un dilemma andare male in una materia.Capita a tutti, eh.», proseguì poi notando il suo disagio, aspettando ansiosamente un cenno di vita da parte dell'altro.
«Lo so.», brontolò in un sussurrio il più piccolo, stringendosi le spalle in una smorfia terribilmente adorabile, a parere di Axel; quest'ultimo però sospirò per l'ennesima volta, scuotendo la chioma rossa.«Ecco, siccome lo sai, vuoi farmi la grazia di dire in quale cavolo di materia non vai bene?»
Il primino si torturò le mani, mantenendo lo sguardo fisso sulle proprie All Star viola; si guardò nuovamente attorno con aria persa prima di degnarsi di rispondere una volta per tutte.«Nell'orale.»
«Mh?»
«Non vado bene nell'orale in generale.», riformulò meglio la frase il giovane dagli occhi blu cobalto, senza alzare minimamente lo sguardo.
«che strano», riflettè ad alta voce il rosso, «Solitamente vanno tutti meglio nell'orale.Comunque, posso sapere il perchè?»
A quella domanda l'altro serrò istintivamente le labbra, sentendosi ulteriormente a disagio; arricciò il naso in un broncio, sperando davvero che Axel cambiasse immediatamente argomento.
Era stufo del fatto che quel ragazzo continuasse a bombardarlo di domande.
«Va bene, ho capito; ti girano le palle, quindi cambiamo argomento.Che ne dici di un bel gelato?»

 

«E' la fine!La fine, la fine!Non poteva succedere niente di peggiore!Siamo finiti, rovinati, distrutti!»
Axel aveva sempre pensato che la gente in quella scuola fosse un pò ritardata mentalmente, sopratutto dopo l'arrivo di Sora in compagnia del suo fratello-schizofrenico-amante dei libri.
Ma nessuno batteva il professore di teatro.
«Il dilemma più grande della storia di questa scuola!», continuò con aria afflitta, manco fosse una tragedia di Shakespeare; si mise una mano sulla fronte, afferrando un fazzoletto per asciugarsi delle finte lacrime.
«E' finita!», ripetè infine, sotto lo sguardo stralunato dei ragazzi di quarta e di quinta.
«Questo è tutto fumato.», commentò seduto in prima fila il giovane dagli occhi smeraldini, scuotendo l'imponente chioma rossa.
«Ma povero!E' così simpatico!», affermò con sicurezza il ragazzo dai capelli a spazzola, seduto accanto al rosso, ottenendo un'occhiataccia da quest'ultimo e da Zexion, alla sua destra.
«La nostra situazione è un dramma!», proseguì gesticolando animatamente il professore, sospirando pesantemente prima di appoggiare il peso del proprio corpo sulla parete.
«Se lo ripete un'altra volta giuro che gli prendo la testa a morsi.», la minaccia di Axel sembrò essere giunta fino alle orecchie dell'uomo che si schiarì la voce, infilandosi una mano tra i capelli rosa.«Il nostro rappresentante di Istituto, ahimè, ha avuto ieri un'incidente con la moto e si è rotto la gamba», si interruppe un attimo, mentre nella sala si riempì un brusio sommesso, seguito dal raffinato pensiero di Axel: ''E a noi che cazzo ce ne fotte?''
«Poveretto.», commentò Demyx con aria afflita, mentre il rosso si limitò a rispondere con un falso ''Già.''
«E, come tutti voi sapete, l'assemblea di Istituto è tra venti minuti esatti.»
«Quindi uno di noi dovrà sostituirlo, giusto?», il giovane ragazzo amante dei libri intuì subito dove voleva parare il professor' Marluxia.
«Esattamente.Qualche volontario?», e, come aveva sospettato l'uomo, il silenzio più totale avvolse l'immensa aula.
Demyx tentò in ogni modo di soffocare una risata, immaginandosi di sentire il canto delle cicale.
«Prof', io credo che a nessuno freghi qualcosa di essere rappresentate.», si intromise improvvisamente con un sorrisetto ironico il diavolo dai capelli fiammeggianti, facendo ridacchiare i due amici.
E, dopo quella affermazione, l'uomo sospirò, afferrando cinque piccoli sacchetti; gli studenti, seduti dall'altra parte, rabbrividirono, riconoscendoli immediatamente.
Erano i piccoli sacchetti che contenevano i nomi di ognuno di loro, per estrarre durante le interrogazioni.
Li aprì accuratamente, rovesciando quei piccoli foglietti maledetti, mescolandoli con le sottili dita.«Vediamo un pò chi sarà il o la fortunato/a...», mormorò con un'allegra cantilena, accennando un sorrisetto divertito.
«Siamo fottuti.», l'apatica voce del giovane dai lunghi capelli celesti fece voltare di scatto Axel; notò dietro di sé la presenza di un suo vecchio compagno di medie, Saix, il quale lo salutò con un cenno della testa.
Eppure, nonostante la tensione fosse palpabile nell'aria, il rosso non era preoccupato; insomma, c'erano almeno una quarantina di nomi tra quei foglietti, era impossibile che uscisse proprio lui.
«Sappiate che abbiamo tutti la stessa probabilità.», Zexion sembrò aver' letto nel pensiero del fulvo, ma, quest'ultimo si limitò a fare cenno con la mano di stare tranquillo.
Si mise le mani dietro la testa, iniziando a dondolarsi sulla sedia, mentre il professore aveva afferrato un fogliettino, iniziando ad aprirlo lentamente.
«Axel, ho paura.», sussurrò con voce tremante il chitarrista, deglutendo rumorosamente.
«Non hai nulla di cui preoccuparti, Dem'; vedi, è praticamente impossib-»
«Oh, ma guarda un pò chi è spuntato fuori!Axel Turks.»
E il diretto interessato cadde rumorosamente dalla sedia, lasciandosi sfuggire un'elegante bestemmia che scandalizzò il professore, facendo scoppiare in una rumorosa risata il resto degli studenti.
«Dicevi, Axel?», lo schernì con un sorrisetto divertito Zexion, incrociando le braccia al petto.



«Signori e signore!»
«Axel, ma sei proprio sicuro che sia una buona id-»
«Sta' zitto.Stiamo già per fare la figura di merda più colossale della nostra vita, cerca di non peggiore la situazione.», sibilò a denti stretti il fulvo verso il castano, seduto accanto a lui; successivamente si schiarì la voce, ottenendo la completa attenzione dell'intero Istituto scolastico.
Nelle prime file c'erano sopratutto i ragazzi più grandi; non perchè avessero voglia di ascoltare una noiosissima assemblea, ma semplicemente perchè i posti dietro erano occupati dai più piccoli, di prima e di seconda, intimiditi da mostrarsi apertamente al resto della scuola.
«Sicuramente vi starete chiedendo dove sia finito il vero rappresentante», iniziò Axel, cercando di non mostrarsi irritato come realmente era, stringendo il microfono tra le mani.«Bene, purtroppo non è qui con noi perchè si è rotto...Boh, cosa si era rotto?Beh, si è rotto qualcosa.», borbottò con aria vaga, facendo ridacchiare qualcuno.«E, di conseguenza, la sfiga ha voluto che lo sostituissi io.»
«E io lo aiuterò!», si intromise improvvisamente il suo migliore amico, avvicinando il volto al microfono con aria allegra.
«Sìsì, va bene, va bene.», sospirò il ragazzo dagli occhi smeraldini, cercando poi di allontanare l'aggeggio e di rivolgersi esclusivamente al castano.«Sei riuscito a trovare gli appunti dove il rappresentante aveva segnato gli argomenti di cui parlare?»
«Ehm, veramente, ecco...», cercò di spiegare l'amico con aria imbarazzata, torturandosi le dita, mentre l'altro intuì già che non si era procurato nulla e si tirò una manata in faccia.«Okey, niente panico, cercherò di arrangiarmi.»
«Allora, ehm...A causa di una testa di caz-, ehm, volevo dire, di problemi tecnici non sono riuscito a trovare i veri argomenti da trattare in questa fottut, interessantissima assemblea.», si corresse successivamente con un colpo di tosse.«Quindi, vedrò di improvvisare.», e, detto ciò, si alzò, scendendo dal piano rialzato e trascinando con sé il microfono; sorpassò la parte dei più grandi, notando i volti imbarazzati dei ragazzi di seconda e, sopratutto, dei primini.
Un'improvvisa idea gli attraversò la mente; si lasciò sfuggire un allegro sorriso e si guardò attorno, alla ricerca di un volto in particolare.
«Da poco due gemelli sono entrati a far' parte della nostra amatissima scuola e avevo appunto intenzione di intervistare uno di loro.», spiegò il fulvo, senza smettere di sorridere: i suoi occhi smisero improvvisamente di saeattare da una parte all'altra dell'aula, focalizzandosi sull'esile figura del biondo che, come al solito, era intento a divorarsi un libro.
«Ehilà, Roxas!», gridò così il rosso al microfono, stordendo metà degli studenti; il diretto interessato al sentirsi chiamare, sobbalzò, chiudendo di scatto il libro e voltandosi verso il rumoroso ragazzo.
Oh, no.
«Su', coraggio, vieni qua a parlarci delle tue prime impressioni riguardo la nuova scuola!», continuò con aria gioiosa il più grande, afferrando immediatamente l'altro per il braccio, costringendolo ad alzarsi dalla piccola sedia di plastica.
«Allora?Cosa ne pensi?E' bella, fa schifo o cosa?», gli chiese scherzosamente, tirandogli una gomitata sulla pancia, mentre gli altri presenti osservavano con aria divertita e interessata la scena.
Eppure Roxas non sembrò divertirsi particolarmente.
Ma proprio per nulla.
I suoi grandi occhi blu cobalto rimbalzavano da una parte all'altra dell'immensa aula; ad un certo punto alzò lo sguardo anche verso il soffitto, che gli sembrò così alto da fargli venire un improvviso senso di vertigini.
Tremò appena, guardando ossessivamente i volti degli studenti che avevano gli occhi puntati su di lui, aspettando che dicesse qualcosa, qualsiasi cosa.
Sentì il proprio cuore martellargli violentemente nel petto; deglutì rumorosamente, temendo davvero per un momento che potesse salirgli in gola.
«Roxas?...», lo chiamò improvvisamente il tutor, osservando con aria preoccupata il giovane studente che era diventato incredibilmente pallido.
«Roxas?Roxas, ti senti bene?», abbassò il microfono, impaurito che l'altro potesse seriamente svenire sul posto, ma, fortunatamente -O forse sfortunatamente-, non fu così.
Il biondo schiuse le labbra e sembrò voler' dire qualcosa, qualcosa di importante.
Ma non disse nulla.
Semplicemente si voltò e corse verso l'uscita alla velocità della luce, lasciando la grande aula in cui si era improvvisamente creato un silenzio agghiacciante.
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*Note dell'autrice*
OhPorcaMiseriaSiamoGiàAlCapitoloUndici?!
Va bene, sì, tralasciando questo dettaglio, mmmh...Mi pare che, per ora, questo sia il capitolo più lungo in assoluto.
E chissenefrega.
Anyway, scusate per il mega-ritardo; ci ho impiegato più di una settimana a scrivere il capitolo ;_; Il fatto è che, come ho già detto nell'altra storia, sono impegnata a scrivere più fan fiction contemporaneamente D:
Allora, vorrei, prima di tutto, scusarmi; forse alcuni di voi non avranno gradito l'accoppiamento (?) di Reno & Tifa; il fatto è che quest'ultima è l'unica ragazza decente che conosco di Final Fantasy .w.
Oddio Marluxia come insegnante di teatro D:
Mah, spero che, tutto sommato, il capitolo sia stato di vostro gradimento e mi auguro di ricevere delle recensioni =w=
Alla prossima!
E.P.R. 

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Capitolo 12
*** Welcome to the Hell. ***


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Tutor And Boyfriend.

12. Welcome to the Hell 

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Ma dove poteva essersi cacciato quel piccoletto?
Sospirò per l'ennesima volta, rallentando il passo e infilandosi una mano tra i folti capelli di cui si vantava tanto; raggiunse il bagno al primo piano e vi entrò.
«Roxas?Roxas, sei qui?», notò la porta centrale socchiusa e attraverso il piccolo spiraglio riuscì a riconoscere un'esile figura inginocchiata accanto al gabinetto con aria tutt'altro che serena.
«Roxas?Ti...Ti senti bene?», chiese stupidamente, aprendo la porta senza troppe cerimonie; sbarrò gli occhi non appena si accorse che il biondo era intento a rigettare l'anima, scosso da frequenti brividi.
Tirò fuori un fazzoletto dalla tasca e si avvicinò al giovane che aveva abbassato lo sguardo, pulendogli delicatamente il mento con un sospiro. «Si può sapere che ti è preso?»

L'altro non rispose, limitandosi a mantenere lo sguardo fisso sul pavimento bianco, serrando di scatto i pugni, quasi fosse arrabbiato; Axel sospirò nuovamente, alzandosi per andare a bagnare il fazzoletto sotto l'acqua calda del lavandino. «Chiuderti nei tuoi ostinati silenzi non ti aiuterà, lo sai?»
Nulla.
Chiuse l'acqua e scosse la chioma rossa, rientrando nel bagno centrale, notando che l'altro nel frattempo si era rannicchiato contro il muro con le gambe strette al petto, mostrandosi più fragile di quello che già era.
«Oh, Roxas...», lo chiamò in un sussurrio il più grande, chinandosi verso si lui con dolcezza, strofinando poi il fazzoletto bagnato lungo le labbra lievemente sporche. «Guarda che non ti devi preoccupare per ciò che è successo prima; vedrai che nessuno ci avrà fatto più di tanto caso.Dirò a tutti che ti sei sentito poco bene, d'accordo?»
Il biondo non rispose, limitandosi a stringersi maggiormente contro il muro, nascondendo il volto sulle gambe.
«Roxas?», lo chiamò per l'ennesima volta l'altro, sedendosi accanto al più piccolo, piegando una gamba e distendendo l'altra.
«Vattene via.», parlò finalmente il quindicenne, soffocando un singhiozzo.
«Mi dispiace per te, ma ho intenzione di rimanere qui finchè non mi dirai che cosa ti turba. », annunciò con un mezzo sorrisetto il rosso, appoggiando una mano sulla spalla del biondo, sperando di confortarlo in qualche modo. «Guarda che di me ti puoi fidare. »
«Dicono tutti così.», Axel faticò molto per riuscire a sentire ciò che l'altro aveva detto; allontanò la mano dal giovane, sollevando un soppraciglio in un'espressione accigliata. «Ma io non sono 'tutti'. Io sono Axel. L'hai memorizzato?», e sperò di strappargli un sorriso con la solita domanda, senza raggiungere però il proprio obiettivo. Ringhiò qualcosa a denti stretti, tirando un calcio contro il muro per poi appoggiare il gomito sul proprio ginocchio, rivolgendosi per l'ennesima volta allo studente di fianco a sé. «Roxas, non riesco proprio a capirti. Insomma, perchè ti comporti così?»
«Non ti ho mai chiesto di capirmi.», parlò piano il ragazzo dalle iridi blu, avvolgendo le proprie gambe tra le esili braccia. «Vattene.», ripetè poi, cercando di essere più sicuro e deciso.
Eppure l'altro lo ignorò volontariamente, continuando a domandare con insistenza: «Qual'è il problema?Era tutta quella gente?Ti hanno fatto sentire a disagio?»
Roxas alzò un poco lo sguardo con titubanza, mettendo in mostra gli occhi lievemente arrossati a causa del pianto, affrettandosi poi asciugarsi il volto bagnato; rimase immobile, senza rispondere, limitandosi ad osservare il fulvo che non faceva altro che guardarlo a sua volta. «Allora?Ho indovinato?»
Decise successivamente di annuire lentamente, vuotando il sacco. «Soffro di attacchi d'ansia.»
«Attacchi d'ansia?», fece eco il rosso, come se non conoscesse il significato preciso di quel termine. «E' per questo che le interrogazioni orali ti provocano tutti questi problemi?»
Il biondo annuì meccanicamente per una seconda volta con aria assorta, appoggiando la testa sulle proprie gambe, socchiudendo gli occhi, alquanto spossato. «Dovresti tornare dagli altri. Si staranno chiedendo che fine hai fatto.»
«No.», l'improvviso tono di voce autoritario del diavolo dai capelli fiammeggianti fece sussultare appena l'altro che riaprì di scatto gli occhi. «Gli altri possono aspettare; piuttosto...Ti devo delle scuse.»
«Per cosa?»
«Se avessi saputo del tuo problema, non ti avrei di certo obbligato a parlare di fronte a tutta la scuola. Credimi, non sono così sadico.», e accennò una risata amara, inclinando il volto all'indietro fino a schiacciarlo appena contro la fredda parete.
«Ah, no?», chiese ironicamente il biondo, come se lo conoscesse da tempo.
Axel scoppiò nuovamente a ridere, scuotendo la chioma rossa. «Nah, non credo proprio.», e accennò un largo sorriso che il giovane studente apprezzò. «Scuse accettate.»
«Bene. Sai, temevo che non mi avresti più rivolto la parola.», ammise con una punta di improvvisa malinconia il tutor, osservando un punto perso nel muro di fronte a sé.
«E anche se fosse stato?», si voltò poi di scatto verso il primino. «Mh?»
«Anche se non ti avessi più rivolto la parola, non avrebbe fatto differenza, no?», Roxas distese un poco le gambe, alzando appena il volto e scrutando intensamente l'espressione indecifrabile del più grande.
«Perchè dici così?», domandò infine il ragazzo dagli occhi smeraldini, quasi volesse evitare di dare una risposta.
Roxas sollevò istintivamente un soppraciglio. «Lo sai che è maleducazione rispondere ad una domanda con un'altra domanda?»
«Ma io non ho mai detto di essere educato, baby.», lo schernì prontamente il più grande con un ghigno divertito dipinto sul volto.
«Sì, però solitamente una persona preferisce essere considerata educata che il contrario, non credi?», chiese prontamente il giovane dalle iridi cristalline, storcendo le labbra in una smorfia stranita.
Axel sembrò trovare divertente quella domanda perchè rise di cuore, mettendosi le mani dietro la testa con aria indifferente. «Probabile, ma io non faccio parte della categoria 'solitamente.'»
Il ragazzino roteò lo sguardo da una parte all'altra del bagno, borbottando: «Non sei tutti, non sei solitamente...E allora si può sapere chi o cosa sei?»
«Sono Axel e basta.», rispose con un sorrisetto sghembo l'altro, scompigliandogli i capelli ribelli.
«Sì, ma, ti prego, evita di aggiungere quella fastidiosa domanda alla fine della presentazione.», brontolò il primino, incrociando le braccia con un'adorabile broncio dipinto sul volto.
«Quale domanda?Intendi forse 'Got it memorized?'», ridacchiò il fulvo, ottenendo un'occhiataccia dal più piccolo.
«Ecco, come non detto.»
Il tutor sorrise nuovamente con aria divertita, facendo scorrere la mano tra i capelli dorati del giovane con aria assorta; lasciò scivolare l'indice tra quelle morbide punte ribelli, giocandoci un pò per poi tirarle appena, ottenendo l'attenzione del proprietario. «Mi piacciono molto i tuoi capelli, Roxas.», bisbigliò sommessamente come se fosse il segreto più prezioso del mondo.
Il diretto interessato si sentì avvampare le guance di fronte a quell'inaspettato complimento, voltando istintivamente lo sguardo altrove. «Beh...Grazie, credo.»
«Credi?», ripetè con un tono di voce canzonatorio il più grande, infilando per l'ennesima volta la mano tra i capelli dell'altro prima di afferrargli prontamente la nuca, osservandolo intensamente con le iridi smeraldine stranamente splendenti. «Non ti piace il mio complimento, Roxas?»
Il biondo rabbrividì; non sapeva esattamente perchè, ma quando Axel lo chiamava per nome si sentiva in qualche modo lo stomaco sottosopra. Sibilò qualcosa a denti stretti prima di rispondere con aria vagamente imbarazzata. «No, non è questo...»
«Roxas.», lo bloccò improvvisamente il più grande, avvicinandosi appena al volto del giovane che si irrigidì completamente. «Ti posso fare una domanda?»
Il primino annuì timidamente, mentre l'altro accennò un sorriso ambiguo; fece scorrere l'altra mano lungo il volto del giovane, disegnandone i lineamenti con aria pensierosa e schiuse le labbra, pronto a parlare, quando, improvvisamente, sentì dei passi fuori dal bagno ed entrambi voltarono lo sguardo, allarmati.
Roxas si ritrasse immediatamente con le gote lievemente arrossate, mentre il fulvo si alzò, spolverandosi i pantaloni ed osservando la porta del bagno che di colpo si spalancò. «Eccovi!», il raggiante volto di Sora illuminò il bagno, mentre, con un sorriso a trentadue denti stampato, si precipitò verso il fratello minore, avvolgendolo in un caloroso abbraccio. «Roxas, pensavo fossi scomparso!»
«Sora, sono stato via una decina di minuti al massimo...», commentò con un sospiro esasperato il giovane dagli occhi blu, cercando di togliersi di dosso il castano che invece gli si era attaccatto addosso -Manco avesse usato la colla di Art-Attack.
«Porca miseria, Sora, mollami!», trillò dopo qualche secondo il giovane studente, accorgendosi che l'altro non cennava a lasciare la presa, mentre Axel era scoppiato in una risata divertita.



«No, cioè, spiegami che diamine ci fanno loro qui.», fece per l'ennesima volta un alto ragazzo dalle iridi smeraldine, picchiettando lo stivale nero sul terreno, indicando con aria minacciosa i due giovani di fianco a Roxas, il quale sospirò per la terza volta di fila in cinque minuti.
«Ti ho già detto che Sora ha scoperto che saremo venuti qui, perciò ha deciso di auto-invitarsi, portando con sé anche Riku. Hai presente i pop-corn e il cinema?Ecco, se non c'è uno, non c'è nemmeno l'altro.», spiegò con tono piatto e al tempo stesso ironico il primino, massaggiandosi le tempie e ottenendo un'occhiataccia dal ragazzo dai capelli argentati, mentre Sora battè allegramente le mani. «Io voglio essere il cinema!»
«E tu non potevi legarli ad una sedia e lasciarli in casa?», chiese con evidente fastidio il fulvo, sbuffando più e più volte.
Riku sollevò un soppraciglio, iniziando a parlare. «Sia dia il caso che loro madre mi ha sempre assegnato il compito di controllarli. Sai, con la gente che c'è in giro...», disse poi con aria ambigua, facendo capire al rosso che si riferiva proprio a lui.
«Che cazzo intendi dire con questo?!», sbottò poi mostrandogli un pugno, ringhiando qualche altra parolaccia come 'brutto pezzo di merda' o 'lurido verme del cazzo.' «Vuoi forse dire che sono un poco di buono, eh?!»
«Esattamente.», rispose con aria apatica il sedicenne, scrollandosi tranquillamente le spalle per poi iniziare ad incamminarsi, ottenendo un'occhiata furibonda dal rosso che si stava preparando a saltargli addosso e riempirlo di botte fino a fargli cadere qualche dente, finchè Roxas si intromise, cercando di deviare argomento ed evitare una futura rissa. «A-Allora, ci muoviamo ad entrare o no?»
Axel sibilò qualche altro insulto contro l'albino, decidendo però poi di lasciare perdere. «Va bene, va bene. Andiamo.»
La settimana si era conclusa tranquillamente, tra i soliti rimproveri del professore e monotone lezioni in classe: fino a quando Venerdì, Axel, non aveva deciso di invitare il primino ad uscire insieme al Luna-Park, il sabato pomeriggio.
«Perchè proprio lui?», Reno, con un soppraciglio innalzato e un'espressione perplessa, osservava il fratello minore che si stava riempiendo i capelli di lacca e gel.
«Eh?»
«Perchè hai invitato proprio lui al Luna-Park?Voglio dire, di solito inviti quel truzzo di Demyx o qualche altro imbecille dei tuoi amici.», spiegò l'altro, appoggiando la schiena alla parete e ottenendo un'occhiataccia da Axel, il quale poi si decise a rispondere comunque.
«Ho deciso di invitare Roxas e basta. Non vedo dove sia il problema.», si guardò ossessivamente allo specchio, avvicinandosi poi ad esso per mettersi accuratamente l'eye-liner, farfugliando qualcosa su quanto fosse figo e stiloso.
«Secondo me c'è sotto qualcosa.», fece Reno con aria indagatoria, mettendosi una mano sotto il mento.
«Ma non dire stronzate, Sherlock Holmes.», lo prese allegramente in giro il minore prima di uscire in fretta e furia, accennando una lieve risata.
«Allora?Da dove iniziamo?», l'improvvisa domanda di Riku scosse Axel dai propri pensieri, il quale poi si voltò verso l'altro, sollevando un soppraciglio. «A me basterebbe che tu e l'altro tonto vi toglieste dai piedi.»
«Axel, smettila.», lo incalzò il biondo con aria esasperata, immaginandosi un lungo pomeriggio fatto di rimproveri e sguardi omicida dagli altri due.
«Lì!», si intromise improvvisamente il castano, indicando l'imponente gioco sulle loro teste prima di battere allegramente le mani.
«Le montagne russe?», chiese con una punta di inquietudine nella voce Roxas, facendo mezzo passo indietro per poi scuotere la testa. «Non possiamo fare qualcos'altro?Cioè, ci sono così tanti gioc-»
«Geniale!», lo interruppe il fulvo con un allegro sorriso dipinto sul volto, facendo strada agli altri nel luogo scelto. «Ho proprio bisogno di un pò di adrenalina!»
Riku sospirò, seguendo il rosso, affiancato dagli altri due; chi saltellava allegramente, gridando a squarciagola di quanto fosse bello il Luna-Park e chi, invece, osservava le montagne russe con terrore.
Dopo aver pagato alla cassa -Impiegandoci, tra l'altro, più di venti minuti, dato l'estremo sforzo da parte di Sora nel contare le monete-, presero tutti e quattro posto; Riku e il castano si sedettero dietro gli altri due.
«Speriamo che non sia noioso.», commentò apaticamente il ragazzo dai capelli argentati, mentre il suo vicino continuava a scuoterlo ossessivamente, strillando: «Oddio, Riku, sono così felice di essere qui con te!Insomma, non è bellissimo?Uuuh, vedrai, ci divertiremo tantissimo!»
Al contrario, il biondo stringeva con nervosismo le sbarre di metallo di fronte a sé, cercando in ogni modo di non guardare sotto, deglutendo rumorosamente. «Potevamo fare qualche altro gioco...»
«Insomma, Roxas!Non dirmi che hai paura?», Axel lo osservò con aria divertita, soprattutto quando il primino aveva scosso energeticamente la testa, cercando di essere convincente.
Si sentì il rumore degli ingranaggi muoversi e finalmente partono, sotto lo sguardo terrorizzato del giovane dalle iridi cristalline: cercò in ogni modo di concentrare i propri pensieri su qualcosa di positivo e non osservare la discesa che si ergeva di fronte a sé.
«Oh, cazzo.», si lasciò sfuggire prima di lanciare un urlo isterico, barrandosi istintivamente gli occhi non appena il veicolo aveva iniziato ad andare a velocità massima, facendo giri della morte e altre numerose discese.
In un attimo si vide passare davanti la vita, come la pellicola di un film e, soprattutto, si chiese chi diavolo lo aveva obbligato a recarsi in quel posto di matti.
Oh, ma certo. Ora ricordava.
«Ehi, Roxas!», il giorno precedente gli si era presentato il sorridente volto del fulvo che gli sventolava sotto il naso un volantino pubblicitario del Luna-Park. «Senti, volevo chiederti se domani ti andava di andare al parco di divertimenti insieme a me.»
E lui, con l'aria spossata e la testa che gli pulsava per la pesante giornata, stringeva il cellulare nella mano sinistra, gridando a sua madre che detestava gli spinaci e che voleva mangiare qualcos'altro per cena.
«Roxas?», l'aveva allora chiamato lui, inclinando il volto su un lato.
«Mamma, no, diamine, ti ho detto che...No, aspetta!No, io...Ma che razza di ingiustizia è?!Perchè Sora può mangiare quello che vuole e io no?!»
«Roxas?», e, a quel punto, ormai prossimo ad una crisi di nervi, gli aveva gridato: «Sìsì, va bene, va bene, tutto quello che vuoi!», non avendo neanche capito dove fosse l'appuntamento.
Si maledisse mentalmente e tirò un sospiro di sollievo non appena si accorse che era tutto finito; le sbarre si alzarono automaticamente, facendo scendere i presenti.
«E' stato fantastico!Vero Riku?Vero?», chiese ripetutamente il castano, tirando per la manica l'amico -O forse qualcosa di più?- che sospirò, lanciando una fugace occhiata al cielo prima di annuire meccanicamente. «Sì, certo, certo, è stato fantastico... Ma...Roxas, ti senti bene?», si rivolse poi al biondo, notando il suo sguardo perso nel vuoto e le gambe che sembrarono reggerlo a fatica.
Il diretto interessato annuì debolmente, borbottando poi qualcosa di incomprensibile tra sé e sé; il diavolo dai capelli fiammeggianti gli avvolse così la vita con un braccio, facendolo avvampare immediatamente. «Ci sediamo un attimo, va bene?Intanto voi due continuate pure a provare altri giochi, vi raggiungeremo dopo.»
«Va bene!A dopo!», salutò allegramente il castano, sventolando il braccio per poi afferrare per il polso Riku, trascinandolo verso qualche altro gioco pericoloso.
«Axel, io non ho bisogno di sedermi.», farfugliò improvvisamente il primino, incrociando le braccia e storcendo il naso in una smorfia contrariata; l'altro accennò una soave risata, ignorandolo e limitandosi ad accompagnarlo sulla panchina più vicina, costringendolo così a sedersi.
«Invece sembri molto scosso. Sbaglio o non sei abituato a queste cose?», chiese dopo aver preso posto accanto al biondo, inclinando il volto all'indietro fino a poter ammirare il cielo.
Roxas non rispose, voltando semplicemente lo sguardo altrove con aria imbronciata; il tutor sorrise con fare divertito, cercando di sedersi in maniera più composta per poi punzecchiare la guancia del giovane con l'indice, divertendosi a stuzzicarlo. «Oooh, il primino ha paura dei giochi pericolosi?»
«Io non ho paura di niente!», trillò di rimando l'altro, stringendo i pugni per poi balzare in piedi. «Ero...Ero solo stanco, tutto qui.»
«Ah, e quindi ora non lo sei più?», domandò sollevando il soppraciglio il rosso, ottenendo come risposta un cenno di no con la testa da parte dell'altro.
«Va bene, baby. Allora...», roteò lo sguardo da una parte all'altra dell'ambiente circostante, finchè le sue iridi smeraldine non si illuminarono alla vista di qualcosa in particolare. «Vediamo un pò se hai il coraggio di entrare lì dentro.», lo sfidò indicando un inquietante tunnel alla propria destra, su cui vi era un enorme cartellone che diceva: 'Benvenuti all'Inferno.'
Roxas venne scosso da un brivido lungo la schiena, ma cercò di non darlo a vedere. «Ma certo, andiamo subito.», e, dopo aver detto ciò con risoluzione, iniziò ad incamminarsi, seguito dal rosso che si era messo le mani dietro la testa con aria estremamente divertita dall'orgoglio del giovane.
«Sei proprio sicuro?Sai, mi hanno detto che fa davvero molta paura.», ghignò sadicamente, interrompendo il breve silenzio.
Vide Roxas rallentare un poco il passo, voltarsi e lanciargli un'occhiataccia storta per poi riprendere a camminare con fare sicuro.
«Non mi interessa.»
«Ah', se lo dici tu...», mormorò con aria ambigua l'altro, senza smettere di sghignazzare.
Giunsero nel luogo prestabilito e a quel punto il biondo voltò un poco lo sguardo, notando una scritta che gli sollevò l'animo per un momento. «Oh, che peccato: qua dice che possono entrare solo i maggiorenni. Va beh, sarà per un'altra vol-»
«No, tesoruccio», lo bloccò improvvisamente il più grande, continuando a leggere. «Poi c'è scritto che si può entrare accompagnati da un adulto. E si dia il caso che io sia maggiorenne.»
Merda.
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*Note di Rox'*
Okey, non mi pare di aver tardato più di tanto...Uhm', sì, più o meno.
Ed eccoci quindi qua al capitolo 12! In realtà avrei voluto infilarvi tutta la giornata trascorsa al Luna-Park, però poi sarebbe risultato troppo lungo e, così, ho deciso di dividerlo .w.
Insomma, come avrete sicuramente notato, la storia sta iniziando ad avere un certo ritmo.
Allora, ringrazio tutti coloro che hanno recensito; mi auguro che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e che continuiate a commentare (;
Vorrei poi ringraziare nuovamente anche 'xXAsheXx' per avermi aggiunta tra gli autori preferiti: e ricorda: tanto odio per Bella Culo!
Questo capitolo lo vorrei dedicare ad una persona a me cara che purtroppo oggi è stata ricoverata in pneumologia;
stammi bene, e ti prego di guarire presto. Sono tanto sciocca io che, ahimè, ammetto di non sapere neanche che diavolo significhi 'pneumologia'. Scommetto che rideresti, a questo punto. Qui c'è tanto bisogno di te. Figurati se mi dimentico di te. Manco morta!
Con questo 'passo e chiudo'; oh', beh, forse questo week-end, se riesco, aggiornerò finalmente 'La Terra Di Mezzo'. Non vi assicuro nulla, però c'è una piccola probabilità.
Altrimenti ci si sente Martedì con 'Months Of Life'.
Alla prossima (:
E.P.R.

 

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Capitolo 13
*** Whispers. ***


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Tutor And Boyfriend.

13. Whispers 

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«Are you ready, baby?»
«Eh?», fece Roxas, esasperato dalle continue domande poste in inglese da parte del ragazzo seduto accanto a sé.
«Sei pronto?», Axel incrociò le braccia con l'aria di chi la sa lunga. «Speriamo solo che ne valga la pena.»
Il veicolo iniziò finalmente a muoversi, addentrandosi in un lungo tunnel oscuro; il primino si guardò indietro con aria spaesata, non essendo più molto sicuro di essere in grado di fare un gioco del genere.
''Benvenuti all'Inferno'', una voce roca e gracchiante rieccheggiò nell'ambiente circostante, facendo rabbrividire immediatamente il giovane che deglutì rumorosamente; strani rumorsi sinistri riempirono l'aria ed egli si irrigidì contro il sedile di pelle.
«Beh? E dov'è il divertimento?», continuò a chiedere insistentemente il più grande; proprio in quel momento la velocita aumentò di scatto, costringendo il biondo ad aggrapparsi alle sbarre di metallo mentre la vettura iniziava la discesa di fronte a sé.
Axel si illuminò, alzando allegramente le braccia in alto come se stesse facendo una tranquilla passeggiata in mezzo alla natura in una giornata serena. «Yuuuhuuu!»
Il veicolo si fermò improvvisamente e altri sussurri ricominciarono ad appesantire il luogo, seguiti da figure sconosciute che si avvicinarono lentamente; Roxas sbiancò di colpo, balbettando. «Oh mio Dio, oh m-mio D-Dio...»
«Venite qui, stronzi! Vediamo cosa sapete fare!», tuonò allegramente il diciottenne, sghignazzando; il primino scosse energeticamente la testa. «A-Axel, stai zitto!»
«Oh, suvvia, piccolo: sono tutti effetti speciali! Non dirmi che hai paura, mh?», lo prese in giro il più grande, sollevando istintivamente il soppraciglio sinistro con fare divertito.
«N-No, figurati se ho pau-», non riuscì a terminare la frase perché lanciò improvvisamente un urlo, accorgendosi che le figure misteriose - le quali assomigliavano vagamente a Samara di ''The Ring'' - gli erano tremendamente vicine e stavano addirittura allungando la mano per afferrarlo; Roxas si aggrappò istintivamente alla spalla dell'altro, cercando di allontanarsi il più possibile da quelle mostruose braccia.
Axel sussultò di fronte a quell'inaspettato gesto, lasciando successivamente trapelare dal proprio volto un ghigno soddisfatto; quel gioco iniziava davvero a diventare interessante.
«Oh, non preoccuparti; adesso non potranno più prenderti.», bisbigliò accanto all'orecchio del biondino: più quelle orrende creature allungavano le mani, emettendo tra l'altro strani versi, più Roxas si stringeva al fulvo che sorrideva compiaciuto.
«P-Perché non se ne vanno via?»
«Adesso se ne andranno, tranquillo.», e, proprio mentre il giovane dagli occhi smeraldini disse ciò, la vettura riprese a muoversi, lasciando dietro di sé le mostruosità.
Un grido isterico seguito da una risata agghiacciante si persero nell'aria e il veicolo rosso si ritrovò improvvisamente immerso nell'acqua; Axel porse un poco la testa a sinistra, scorgendo diversi teschi che galleggiavano.
«O-Oddio...», il più piccolo impallidì, deglutendo rumorosamente mentre stringeva tra le mani la canotta nera del rosso che gli avvolse a sua volta la schiena tra le possenti braccia.
''Morirete presto e finirete tra le mani del diavolo'', di nuovo la stessa voce bassa ed inquietante che gelò il sangue nelle vene del quindicenne; il fulvo sembrò notare il suo disagio e fece risalire una mano tra i suoi capelli dorati per accarezzarlo dolcemente nella speranza di calmarlo in qualche modo.
La velocità aumentò nuovamente e le flebili luci che illuminavano il luogo si spensero di colpo, immergendo il tunnel nel bio più totale.
«A-Axel...», lo chiamò sussurrando il giovane, sentendo improvvisamente qualcosa di caldo appoggiarsi sulla propria fronte; Axel premette le labbra sulla sua morbida pelle con aria persa, rimanendo nel silenzio più completo.
Non aveva mai sentito così tante sensazioni contemporaneamente; paura, terrore, emozione ed imbarazzo.
In mezzo al buio e all'oblio dell'ambiente sentì solamente il violento battito del proprio cuore che sembrava minacciarlo di voler uscire dal petto da un momento all'altro.
Rabbrividì non appena si accorse di qualcosa di umido che gli attraversò l'orecchio, scivolando poi lungo il suo candido collo; socchiuse istintivamente un occhio, accorgendosi poi del respiro del tutor che gli accarezzava la pelle lattea.
Non ebbe il tempo di dire o fare altro che la sala si illuminò improvvisamente grazie alla fioca luce di numerose candele accuratamente posizionate nell'acqua, la quale si era tinta di un rosso scarlatto: Roxas si allontanò di colpo dall'altro con fare allarmato, guardandosi attorno nella speranza di prevedere un prossimo colpo che avrebbe potuto affliggergli quel posto.
Una voce infantile che ricordava vagamente una bambina di cinque anni eccheggiò nell'aria, cantando una strana ninna nanna che, effettivamente, fece venire una certa sonnolenza al fulvo; nonostante ciò, si voltò verso il compagno che stava tremando ininterrottamente, accorgendosi della presenza di un liquido rosso scivolato dal soffitto per potersi posare sulla sua morbida guancia.
«Non preoccuparti», si affrettò a borbottare, «non è mica sangue vero.», e, dopo averlo rassicurato, allungò la mano per passare l'indice sulla sua soffice pelle e togliere finalmente la macchia scarlatta.
Il canto cessò di colpo, trasformandosi in un urlo lacerante che fece accapponare la pelle del biondo; successivamente si udì il rumore di qualcosa di particolarmente fragile infrangersi chissà dove, mentre il veicolo riprese ad aumentare la velocità.
Dopo aver terminato numerose discese e salite che fecero venire la nausea al primino, la vettura si fermò di colpo e una falce di metallo passò in un attimo di fronte al volto dei giovani, sfiorando i loro nasi e ottenendo reazioni differenti; chi scoppiò in una risata divertita, chi sbiancò come un lenzuolo, temendo seriamente di svenire dalla paura.
''Siete riusciti a sopravvivere'', fu l'ultima cosa che l'agghiacciante voce disse mentre i due raggiunsero finalmente l'uscita; Axel sbadigliò con fare alquanto annoiato e alzò in un lampo la sbarra di metallo, tornando con i piedi per terra.
Fece per incamminarsi, quando si voltò di scatto, accorgendosi che il compagno, nel frattempo, stava ancora tremando con lo sguardo perso nel vuoto; accennò una soave risata, ripercorrendo i propri passi e prendendo in braccio il giovane, appoggiandolo poi delicatamente sul terreno. «Sei proprio un bel fifone, eh.»
Il biondo sembrò essersi ripreso un poco perché scosse immediatamente la testa, lanciandogli un'occhiata omicida. «Ma vai a quel pae-», non riuscì a terminare l'insulto perchè il diavolo dai capelli fiammeggianti gli afferrò immediatamente il polso, trascinandolo con sé. «Sssh, non rompere. Adesso ti compro lo zucchero filato e vedrai che ti riprenderai del tutto.»
L'altro farfugliò qualcosa di incomprensibile tra sé e sé, storcendo il naso in una smorfia imbarazzata per poi appoggiare timidamente la mano libera sul proprio orecchio, facendo scorrere lentamente l'indice fino al collo; si lasciò sfuggire un sospiro impercettibile e si affrettò a scuotere la chioma ribelle.
Molto probabilmente si era sognato quello strano contatto all'interno del tunnel. La paura doveva avergli fuso completamente il cervello con conseguenti allucinazioni.
Sì, doveva essere sicuramente così. Non c'era altra spiegazione.
«Ehi, tieni.», un'improvvisa voce lo riportò alla realtà e alzò di scatto la testa, accorgendosi che il tutor gli stava porgendo lo zucchero filato accuratamente avvolto in uno stecco da qualche secondo. «Guarda che se non lo vuoi me lo mangio io. Non c'è problema.», commentò con ironia, soffocando una risata; il più piccolo scosse energeticamente la testa, affrettandosi a prendere delicatamente il dolce. «Comunque non c'era bisogno di pagarmelo.», mugugnò poi stringendosi le spalle.
Axel non rispose, limitandosi ad osservarlo intensamente; con le mani piccole e le dita affusolate, talvolta prendeva una parte di quella nuvoletta rosa, portandosela distrattamente alle labbra sottili che non vedevano l'ora di assaggiare nuovamente lo zucchero, mentre altre volte si limitava a porgere un poco il naso per poter annusare quella dolce fragranza.
«Era davvero delizioso.», commentò improvvisamente il giovane, ottenendo come risposta un radioso sorriso da parte dell'altro che si era velocemente leccato le labbra. «Sono lieto di sapere che ti sia piaciuto.»
Il primino annuì timidamente, mostrando poi le proprie mani appiccicose a causa di quella sottospecie di ragnatela rosa. «Dov'è il bagno?»
Il fulvo lo scrutò intensamente con le proprie iridi smeraldine per poi afferrargli di scatto una mano, portandosela lentamente verso le calde labbra; Roxas arrossì violentemente non appena si accorse che il tutor aveva iniziato a succhiare delicatamente le sue piccole dita per togliere una parte dello zucchero rimasto. «Non abbiamo tempo di lavarci le mani.»
Il più piccolo allontanò di colpo la propria mano con le gote imporporate, spostando lo sguardo altrove mentre il compagno si stava guardando attentamente attorno, illuminandosi poco dopo. «Bene, andiamo lì!», esclamò indicando alcune tazze che ruotavano ripetutamente su se stesse.
Non attese neanche il consenso dell'altro che lo prese spontaneamente per mano, iniziando a correre verso il luogo deciso; l'allegro sorriso dipinto sul volto del rosso fece però immediatamente posto ad un'espressione irritata, notando la lunga fila di fronte a loro.
Sbuffò, mentre il biondo si guardò diverse volte attorno, tremendamente a disagio; Axel notò il suo sguardo impacciato e si chinò per raggiungere la sua altezza. «Ehi, che c'è? Ti danno fastidio tutte queste persone?»
Roxas sussultò appena d'innanzi alla premura del diciottenne, ma scosse timidamente la testa, sperando di essere convincente; Axel scoppiò in una fragorosa risata, consapevole della sua piccola menzogna dovuta al suo orgoglio. «Scommettiamo che riusciremo ad entrare subito?», chiese retoricamente, ottenendo come risposta una smorfia perplessa da parte del compagno.
Sorrise appena, stringendogli ulteriormente la mano prima di iniziare a correre, spintonando numerose persone ed ignorando i loro sguardi infuriati. «Scusate, scusate! C'è mia nonna davanti e dobbiamo assolutamente raggiungerla! Peeermesso gente, levatevi!», continuò ad urlare come una sirena impazzita, soffocando con estrema fatica una squillante risata, mentre il biondo tentava di stargli dietro; si voltò con aria imbarazzata, alzando la mano libera in segno di scuse di fronte ai volti irritati dei passanti.
«Beh? Che ti avevo detto?», lo incalzò il fulvo tirandogli scherzosamente una gomitata allo stomaco, pagando velocemente alla cassa.
«Sì, però non abbiamo fatto una cosa molto bel-», venne immediatamente interrotto dall'altro che lo strattonò appena, trascinandolo verso una tazza viola e azzurra. «Dai, Roxas, tocca a noi!»
Borbottò qualcosa di incomprensibile tra sé e sé mentre Axel prese posto, facendo sedere anche il biondo con un allegro sorriso dipinto sul volto; allungò le braccia verso il volante celeste, iniziando a muoverlo lentamente e facendo prendere velocità alla tazza.
«Vedrai, ti divertirai.»
«Sì, ma non andare troppo veloce.», si affrettò a raccomandare il giovane dalle iridi blu, deglutendo e ottenendo una grassa risata da parte del tutor. «E altrimenti dove sarebbe il divertimento?», e, dopo aver detto ciò, fece girare con più forza il volante che costrinse la tazza a ruotare su se stessa con maggiore velocità.
«Axel, non...», il biondo non terminò la frase che sentì la propria schiena incollarsi al sedile giallo; sbattè più volte gli occhi blu cobalto, accorgendosi che il mondo intorno a sé si stava trasformando in una macchia colorata e indistinta.
Improvvisamente si lasciò sfuggire una risata cristallina, riuscendo a distinguere solamente i lineamenti del volto del diciottenne di fronte a sé che cercò di muovere con maggiore forza il volante, accorgendosi che il compagno si stava divertendo.
«Axel, più veloce! Più veloce, ti prego!», lo incitò continuando a ridere allegramente il più piccolo; l'altro annuì immediatamente, senza riuscire a distaccare le iridi smeraldine da quel volto illuminato da uno splendido sorriso.
Bellissimo. Era davvero bellissimo.
Sorrise anch'egli involontariamente, contagiato da quella risata così soffice che gli stuzzicava l'orecchio; non appena si accorse che il turno era terminato, allontanò un poco le mani dal volante, mentre la tazza rallentò fino a fermarsi del tutto dopo una decina di secondi.
Axel scese dal gioco con un balzo, aiutando il primino, il quale stava ancora ridendo appena, a fare altrettanto.
Non riuscì a smettere di guardarlo. Era impossibile. Una dannata calamita che gli divorava gli occhi; Axel gli strinse nuovamente la mano, continuando a sorridere con calore.
Desiderò ardentemente vederlo ridere nuovamente.
Volle vederlo ridere ancora, ancora e ancora. All'infinito.
Si guardò attorno e adocchiò un altro gioco, costringendo il giovane a seguirlo.



Sentì il profumo dello zucchero filato e dei pop-corn riempirgli le narici, mentre osservò il pavimento sotto di sé con fare assorto; aveva passato una giornata strana, questo poco, ma sicuro.
Dondolò un poco i piedi per poi allungare le gambe sulla panchina, rannicchiandosi e stringendosele al petto; socchiuse lentamente gli occhi con fare spossato.
Una giornata strana e stancante. In fondo aveva diritto ad un pò di riposo.
Così tante emozioni erano in grado di rissucchiargli completamente le forze.
E, proprio mentre stava per lasciarsi abbandonare tra le braccia di Morfeo, un'improvvisa voce a lui familiare gli fece sgranare di scatto le iridi blu cobalto. «Roxas? Sei tu?»
Alzò la testa ed incrociò quegli occhi che erano così dannatamente simili ai propri; cercò di ricomporsi e accennò un flebile sorriso. «Naminè, ciao.»
La ragazza ricambiò con altrettanta dolcezza il sorriso, stringendo a sé il tanto amato album da disegno. «Non ero sicura che fossi tu perché avevi il volto nascosto tra le gambe e, soprattutto, perché non mi aspettavo di trovarti in un luogo del genere.»
Roxas si lanciò una fugace occhiata attorno, tornando poi a concentrarsi verso quel volto incorniciato da lunghi capelli dorati; sbattè più volte le palpebre, inclinando la testa su un lato. «Perché?»
La giovane si sistemò una ciocca fastidiosa di capelli dietro l'orecchio sinistro prima di riprendere la parola. «Perché tu non sei un tipo che ama il caos.», e continuò a sorridere.
Se c'era una cosa che lo aveva colpito immediatamente era proprio la maniera in cui Naminè riusciva a capirlo, senza bisogno di spiegazioni o di parole.
«E tu come fai a saperlo?», domandò dopo qualche secondo di silenzio, sempre più perplesso.
Il sorriso della bionda si spense di colpo, come una lampada bruciata. «Ti osservo, Roxas.»
Lei riusciva a capire lui, ma lui non riusciva mai a capire lei.
«Mi... Osservi?», ripetè lui con aria confusa, stringendosi istintivamente contro la panchina di legno; lei annuì lentamente, avvicinandosi un poco al ragazzo. «Non riesco a ritrarti, Roxas.», bisbigliò improvvisamente con le iridi cristalline rivolte verso il basso, facendo un altro passo fino a poter sfiorare le sue ginocchia con le proprie.
«C-Cosa?», domandò confuso il biondo, guardandola intensamente, quasi volesse cercare di decifrarla in qualche modo.
«Non riesco a ritrarti.», ripetè, alzando un poco lo sguardo prima di riprendere a parlare. «Non mi era mai successa una cosa del genere; sono sempre riuscita a dipingere qualsiasi oggetto, qualsiasi paesaggio, qualsiasi persona, anche senza bisogno di guardare il mondo direttamente. Ma con te no, Roxas. Non riesco a ritrarti, a disegnare i tuoi occhi. Nemmeno i tuoi lineamenti.», sembrò una rivelazione, perché gli occhi di lei stavano luccicando appena, ma, al tempo stesso, sembravano vuoti e a Roxas parevano riflettere solamente la propria immagine.
Non riusciva mai a capirla; era come una bolla di sapone, scoppiava sempre nell'attimo prima che lui riuscisse a toccarla, anzi, addirittura a sfiorarla.
«Naminè, io...», si sforzò di parlare, ma venne immediatamente interrotto dalla fioca voce della giovane. «Domani potremo vederci, Roxas? Vorrei ritrarti.», sembrò improvvisamente più decisa e si era messa una mano al petto, mentre con l'altra strinse con forza l'album.
Di fronte a quell'espressione che sembrava nascondere tutta la purezza più splendente del mondo, Roxas non riuscì a fare a meno di annuire meccanicamente, osservando un punto perso di fronte a sé. «Sì, io... Io credo di sì.»
Lei tornò a sorridere. «Allora domani alle 14.00. Al parco, quello vicino al lago.»
«Roxas!», una terza voce fece voltare di scatto i due giovani verso il nuovo arrivato; Axel, con le mani dietro la schiena, li osservò a sua volta con espressione accigliata. «Naminè, che ci fai qui?», chiese poi aspramente, guardando la diretta interessata con freddezza.
«Volevo solo salutare Roxas.», spiegò lei con la solita calma, tornando ad osservare il giovane di fronte a sé. «Allora ci conto.», bisbigliò poi con aria persa prima di voltarsi e correre, senza lasciare neanche il tempo all'altro di alzare la mano in cenno di saluto.
E rimase lì, immobile, a guardare il punto in cui prima vi era stata la ragazza che non riusciva mai a capire.
«Roxas.», si sentì improvvisamente chiamare e voltò di scatto lo sguardo, incrociando un paio di iridi smeraldine che sembrarono più scure del solito.
Gli parve di vederlo arrabbiato, ma non riuscì proprio a spiegarsi il perché.
Il tutor allungò le braccia che prima nascondeva dietro la schiena, mostrando un piccolo orsacchiotto dal volto sorridente; Roxas sgranò istintivamente le iridi blu, afferrando il regalo con titubanza per poi appoggiarlo sulle propria ginocchia, scrutandolo intensamente.
«Ti piace?», domandò improvvisamente il più grande, prendendo posto accanto al biondo che annuì timidamente. «Sì, molto.»
«L'ho preso per te, Roxas.», sentì improvvisamente la propria mano venire avvolta da quella calda del compagno che lo stava osservando intensamente, troppo intensamente.
Roxas voltò istintivamente lo sguardo, sperando che l'altro facesse altrettanto, ma così non fu. Continuò a guardarlo, a scrutare ogni più piccolo respiro del giovane dagli occhi blu, ogni più piccolo movimento di quelle sottili labbra rosee.
Il primino alzò appena le iridi di fronte a sé e si illuminò; in quel momento, alla vista di suo fratello e di Riku, avrebbe voluto gridare di gioia e ringraziare il Cielo per aver interrotto un momento così pesante.
«Roxas! Axel!», Sora corse verso i due, buttandosi in un attimo tra le braccia del biondo con un allegro sorriso dipinto sul volto. «Vi abbiamo cercato ovunque! Sotto i lavandini dei bagni, nei gabinetti, nel parco per bambini...», e iniziò a parlare a raffica, nominando i numerosi luoghi visitati.
Riku li raggiunse con il solito passo lento e indifferente; incrociò poi le braccia, sollevando un soppraciglio con aria rimprovera. «Roxas, si può sapere dove ti eri cacciato? Tua madre mi ha chiamato un sacco di volte, sai?»
Il diretto interessato si strinse impacciatamente le gambe, storcendo le labbra in una smorfia infantile. «Ecco, io stavo...»
«Abbiamo fatto diversi giochi, non vedo dove sia il problema.», si intromise improvvisamente il diavolo dai capelli fiammeggianti, stiracchiandosi e alzandosi. «Vi abbiamo cercato anche noi, ma non vi abbiamo trovato.», mentì spudoratamente per poi lanciare un'occhiata d'intensa al più piccolo, il quale serrò istintivamente le labbra.
«Bene, allora andiamo?», domandò poi l'albino; Sora annuì energeticamente, prendendolo per mano e trascinandolo all'uscita, ricominciando i propri discorsi senza senso; Axel, nel frattempo, si mise le mani dietro la testa, voltandosi verso il biondo che si alzò lentamente, stringendo tra le braccia il peluche. «Grazie, Axel. Sia per il regalo che per la giornata. Mi sono divertito molto, davvero.», e accennò un candido sorriso che fece perdere un battito al diciottenne.
Lo osservò a lungo e temette seriamente di potersi sciogliere sul posto.



Si strofinò gli occhi, sbadigliando prima di appoggiare la schiena contro il morbido cuscino; allungò successivamente la mano verso il libro sul comodino, accendendo l'abat jour.
In realtà la sua intenzione fu quella di divorarsi almeno un paio di capitoli, ma riuscì a leggere solamente tre pagine perché sentì il vibrare il proprio cellulare; ringhiò qualcosa, chiudendo con un tonfo il libro con aria estremamente scocciata, premendo il tasto verde prima di portarsi l'apparecchio all'orecchio sinistro. «Pronto?»
«Roxas, sono io.», all'udire quella calda voce a lui familiare, sussultò, sorpreso: lo aveva visto qualche ora fa, gli aveva dato il proprio numero di cellulare e già lo chiamava la sera stessa?
«Axel, ciao. Hai... Hai bisogno di qualcosa?», chiese con estrema titubanza, senza sapere come comportarsi di fronte a quella strana situazione.
«Veramente no. Volevo solo parlare un pò.», e il suo tono di voce si abbassò improvvisamente.
«Oh, va...Va bene, sì.», borbottò lui con aria perplessa; un soffocante silenzio calò tra i due, il che fece venire una certa ansia al biondo. Si morse istintivamente il labbro inferiore, sforzandosi di trovare qualcosa da dire, senza grandi risultati.
Ma in fondo perchè si preoccupava tanto, poi? Non era stato mica lui a chiamare, di conseguenza non era un suo dovere cercare qualcosa di cui parlare.
Lasciò vagare lo sguardo nella propria stanza, appoggiando istintivamente le iridi blu cobalto sull'orsacchiotto accano a sé, mentre con la mano libera sfiorava distrattamente la copertina verde del libro che stava leggendo poco prima, rileggendo il titolo più e più volte, come se già non lo conoscesse.
E, proprio mentre stava per inventarsi qualche scusa per chiudere l'assurda chiamata, il diavolo dai capelli fiammeggianti prese la parola. «Ieri, in bagno, stavo per farti una domanda, ma è arrivato tuo fratello e ci ha interrotti. Ricordi?», la sua voce gli sembrò stranamente tesa, ma, molto probabilmente, si disse, doveva essere l'effetto della linea che giocava brutti scherzi.
Roxas annuì meccanicamente, nonostante non fosse proprio sicuro di ricordare questa famigerata domanda. «Beh, fammela adesso.»
Gli parve addirittura di sentire l'altro prendere un respiro profondo prima di riprendere a parlare.
«Per caso c'è qualcuno che ti piace, Roxas?»
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*Note di Rox'*
Porco pinguino, finalmente sono riuscita ad aggiornare. Il fatto è che sono riuscita a terminare di scrivere il capitolo solamente ieri - Tutto ciò grazie al fatto che oggi non c'era scuola, yeah. <3
Okey, no. Non c'è niente da gioire perchè in realtà mi sono fatta un culo così per questo capitolo. E non sto scherzando; infatti proprio mentre, un paio di ore fa, avevo terminato di correggere tutto, il capitolo si è cancellato.
Ecco, sì. Tralasciando le bestemmie -E, diamine, non avevo mai bestemmiato prima d'ora è_é- e le parolacce che ho gridato da tutte le parti, mentre mia madre cercava, inutilmente, di rassicurarmi con un : ''Oh, no, vedrai che non si è cancellato!''
Alla fine, con mia enorme pazienza, l'ho riscritto, nonostante il sangue, il sudore e la fatica. Il che, ovviamente, ha tardato tutti i programmi che avevo per oggi, ma dovevo farlo, se non volevo dimenticarmi completamente ciò che ho scritto ieri sera °-°
Well, andiamo avanti.
Siamo quindi giunti al tredicesimo capitolo, dove, praticamente, il nostro caro Roxas è una specie di calamita umana per pagliacci e ragazze ambigue che amano disegnare (?).
Insomma, come al solito mi auguro che il capitolo sia stato di vostro gradimento; e, porco pinguino, vi prego di recensire. Cioè, se la gente legge senza commentare, tanto vale non pubblicare le storie, no? -Ennesima dimostrazione della simpatia della suddetta autrice-
Uhm... Che altro dire, oh, sì; vorrei ringraziare in particolare 'kalea95' e 'Endo' per avermi aggiunta tra le autrici preferite. Sono lusingata, davvero.
Spero vivamente di poter aggiornare domani La Terra Di Mezzo ;_; -Sì, dico sempre così, ma poi non faccio mai nulla D:- ; cioè, cercherò di scrivere il secondo capitolo 'sta sera :'D
Finalmente l'ultima settimana di scuola. Poi ci sarà la libertà.
Non ho altro da aggiungere. Vi auguro di passare un buon week-end.
Alla prossima.
E.P.R.

 

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Capitolo 14
*** Fucking stalker. ***


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Tutor And Boyfriend.

14. Fucking stalker

 

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 «S-Scusa?», gli aveva domandato timidamente, sperando vivamente di aver sentito male.
«Ho chiesto se c'è qualcuno che ti piace. Sì, insomma, se sei innamorato.», questa volta la sua voce gli era sembrata più sicura in qualche modo, il che lo aveva messo maggiormente a disagio.
Aveva stretto istintivamente il libro con la mano libera, mordendosi il labbro inferiore con le gote involontariamente rosse. «Sono... Sono affar-»
«Non rispondermi che sono affari tuoi.», lo aveva precedutto il diciotenne impassabile, senza permettergli di terminare la propria affermazione.
«Si può sapere perché ti dovrebbe interessare?»
«Nessuno ti ha mai detto che è maleducazione rispondere ad una domanda con un'altra domanda?», gli aveva rinfacciato sadicamente lui, facendo riferimento alla conversazione avuta in bagno.
«Molto divertente.», aveva commentato con freddezza, cercando di mostrarsi apatico come al solito e non imbarazzato com'era realmente.
«Sì, modestamente sono un comico nato.», non era ancora riuscito a spiegarsi perché si comportava in maniera così strana. Cosa diavolo passava per il cervello di quella sottospecie di porcospino dai capelli fiammeggianti?!
«Comunque», aveva interrotto poi il breve silenzio, proseguendo. «sto ancora aspettando una risposta.»
«E io sto ancora aspettando un valido motivo che mi spinga a risponderti.», se c'era un lato che apprezzava di sé era proprio il fatto che riusciva quasi sempre a trovare acide affermazioni con cui ribattere e lasciare spiazzato il proprio interlocutore.
Cosa che, purtroppo, non avveniva con il fulvo.
«Se fai tutti questi giri di parole suppongo che c'è qualcuno che ti fa battere il cuoricino, o sbaglio, eh, primino?», aveva stretto con violenza il cellulare, accorgendosi che si era morso le labbra con troppa forza, dato che avevano iniziato a sanguinare; si era passato poi velocemente la lingua su di esse, lasciandosi sfuggire un sibilio irritato.
«Allora?»
«Smettila!», aveva trillato improvvisamente sull'orlo di un attacco di panico; si era accorto di avere il respiro inspiegabilmente più pesante, oltre al fatto che il proprio cuore aveva iniziato a pompare sangue più velocemente.
Se c'era una cosa che lo aveva sempre infastidito era proprio l'indiscrezione delle persone; le loro domande, i loro sguardi addosso, il sentirsi soffocato da tutte quelle attenzioni lo divorava.
Si era sforzato di controllare il tremore alle mani, senza grandi risultati; nel frattempo, dall'altra parte della cornetta, la voce di Axel era tornata a farsi sentire. «...Mi dispiace. Non volevo metterti in difficoltà.»
«Eppure l'hai fatto.», aveva sputato spudoratamente, ringhiando qualche imprecazione a denti stretti con rabbia.
«Ti ho detto che mi dispiace.», e aveva sospirato con aria spossata. «Comunque, cambiando argomento... Sei libero domani? Sai, potremo andare a prender-»
«No.», lo aveva fermato immediatamente il più piccolo. «Domani non posso.»
«Sei arrabbiato per la domanda? Dai, guarda che non volevo ferirti in alcun modo. Domani ti offrirò un gelato per farmi perdonare.», e si era lasciato sfuggire un sorriso involontario, fremendo già dalla voglia di vedere quel piccoletto.
Eppure la sua espressione era cambiata immediatamente non appena Roxas aveva ripreso a parlare. «No, non posso, davvero. Devo vedermi con Naminè.»
«Devi vederti con... Con Naminè?», il tono di voce di lui si era inspiegabilmente alzato, facendo risuonare la domanda come un rimprovero.
«Sì...»
«Allora oggi non era passata solamente per salutarti, eh?», Axel si era lasciato sfuggire una risatina nervosa per trattenere il fastidio che si stava impossessando del suo corpo.
«E questo che cosa c'entra?», il biondo non riusciva proprio a capire i strani atteggiamenti del tutor, il quale aveva risposto immediatamente con una velenosità da far invidia a qualsiasi serpente. «Sai cosa ti dico? Spero tanto che tu ti divera domani con ... Con quella... Sì, con Naminè!», e aveva chiuso la chiamata, lasciando praticamente l'altro a bocca aperta, spiazzato.
Dopo aver passato la notte a rimurginare su quell'assurda chiamata, Roxas era arrivato alla conclusione che Axel, probabilmente, soffriva di schizofrenia o, molto semplicemente, era particolarmente nervoso per chissà quale strambo motivo.
O forse erano tutti quei capelli che si ritrovava in testa che gli appesantivano il cervello.
Ma in fondo cosa gli importava?
Si scrollò le spalle, cercando di spostare i propri pensieri altrove; doveva essere piuttosto fiero di sé, dato che era riuscito a raggiungere il parco senza perdersi o chiedere indicazioni a nessuno.
Un notevole passo in avanti data la scarsa memoria che si ritrovava, davvero.
Il parco non era poi così grande, anche se sembrava trovarsi in un mondo parallelo, visto che non c'era praticamente nessuno; si lanciò una fugace occhiata nell'ambiente circostante e si illuminò alla vista di una figura femminile seduta sulla sponda del piccolo laghetto.
Strinse il libro che si era portato tra le mani, affrettandosi a correre verso la ragazza che si era voltata appena, quasi fosse riuscita a prevedere il suo arrivo; sorrise così flebilmente. «Roxas che piacere vedere che sei venuto.»
Il giovane ricambiò timidamente il sorriso, mentre la bionda gli fece cenno di sedersi accanto a lei. «Oh, non sarei mai mancato al tuo appuntamento, non preoccuparti.», e continuò ad osservare la ragazza di sottecchi, accorgendosi solo in quel momento che alla sua sinistra vi era appoggiato accuratamente l'album da cui non si staccava mai e una manciata di pastelli.
Un silenzio soffocante galleggiò improvvisamente tra i due; Roxas si sentì tremendamente a disagio e continuò a guardare ossessivamente l'ambiente circostante, quasi fosse alla ricerca di qualcosa in particolare.
La ragazza, al contrario, sembrò essere piuttosto tranquilla, come sempre; si limitò a scrutare con intensità il ragazzino accanto a sé, senza muovere un muscolo.
Lui alzò allora lo sguardo in alto, osservando i nuvoloni grigi che sembravano voler minacciare il cielo, nonostante fosse primavera inoltrata.
«Roxas, tu hai visto più spesso la pioggia che il sole, non è vero?», la fioca voce della giovane interruppe il breve silenzio, facendo voltare di scatto il biondo verso di lei; sbattè più volte le palpebre, confuso e spaesato di fronte alla stramba domanda.
«Io... Io veramente non saprei.»
«E' così. Lo si legge dai tuoi occhi.», non smise di guardarlo; continuò a tuffarsi in quel mare che somigliava così tanto al proprio. «Però non devi avvicinarti troppo al fuoco, Roxas. Il fuoco brucia, brucia tanto.Le fiamme sono capaci di divorarti, stanne lontano.», proseguì successivamente, lasciando l'altro interdetto; insomma, gli avevano detto che lui era strano con i suoi discorsi filosofici, ma Naminè lo batteva sicuramente.
Assunse un'espressione assai perplessa; cosa c'entrava adesso il fuoco?
Scosse la testa, prendendo finalmente la parola. «Sì, io... Io so che il fuoco brucia.»
Nel frattempo la ragazza aveva afferrato l'album, prendendo il pastello rosso per poi iniziare a tracciare qualcosa di indefinito. «E allora perchè lasci che il fuoco ti sfiori, senza ritrarti da esso?»
Si guardò attentamente le mani; insomma, non presentava alcuna bruciatura. Lui non si era mai avvicinato al fuoco, ne era certo.
Lei, nonostante fosse intenta a disegnare, sembrò riuscire a leggergli nel pensiero. «Non sono sempre visibili le bruciature, Roxas.»

Il giovane dagli occhi blu cobalto appoggiò timidamente le mani sulle proprie ginocchia, come un bambino appena stato rimproverato dalla madre; Naminè smise improvvisamente di disegnare, facendo rotolare il pastello rosso sull'album fino a farlo scivolare sul pavimento formato da piccoli sassolini.
«Devi stare attento al fuoco, Roxas.», ripetè in un sussurrio sommesso, abbassando lo sguardo per poter osservare il proprio foglio bianco ora riempito dal rosso del fiamme che circondavano un paio di occhi blu cobalto.



«Allora, vedi niente?», chiese borbottando un ragazzo con due strani tatuaggi sotto gli occhi smeraldini; Axel ringhiò qualcosa a denti stretti, cercando di rannicchiarsi il più possibile dietro il cespuglio spinoso, stando attendo ad evitare di pungersi.
«Mmh...Stanno parlando.», farfugliò il compagno sdraiato accanto a lui, stringendo tra le mani un binocolo verde. «Adesso stanno ridendo. Oh, ma come sono carini insie-»
«Demyx, prova a continuare la frase e ti ritroverai senza braccia, così non potrai più suonare la chitarra.», la gelida minaccia del fulvo fece rabbrividire l'altro che deglutì, serrando immediatamente le labbra.
«E adesso? Di che cosa stanno parlando?», continuò a domandare ossessivamente il rosso, sbattendo più volte le palpebre, cercando nel frattempo di placare la propria ira; Demyx sbuffò, appoggiando il binocolo per terra. «Axel, basta! E' da venti minuti che li stiamo spiando; io sto morendo di fame!»
Era stata una vera fortuna per Axel avere numerose conoscenze nella città e in tutta la scuola; grazie al silenzioso Zexion, il quale era riuscito ad ascoltare furtivamente le conversazioni della pettegola Kairi, migliore amica di Naminè, era riuscito a capire esattamente l'ora e il luogo dell'appuntamento.
«Non mangerai finchè non avrai terminato il tuo lavoro. Non hai ancora capito che siamo in missione top-secret?», tuonò il diavolo dai capelli fiammeggianti, cercando però di mantenere un tono di voce basso. «Ti ho già detto che Naminè è una strega che vuole rincoglionire Roxas con le sue maledizioni; il nostro compito è quello di salvarlo. S. A. L. V. A. R. L. O. Got it memorized?», e si picchiettò la fronte nel suo quotidiano gesto, sperando di convincere l'amico che, infatti, si illuminò immediatamente. «Ma noi siamo una sorta di investigatori, quindi?»
«Uhm... Sì, diciamo di sì...», mormorò con fare confuso il rosso, grattandosi la nuca di fronte agli strani ragionamenti del castano.
«Io allora sono Sherlock Holmes!»
«Eh, no!», lo interruppe poi Axel, scuotendo il cespuglio scarlatto. «Sherlock Holmes sono io. Io ho deciso tutto, quindi tu sei Watson.»
Demyx arricciò le labbra in una smorfia infantile per poi sospirare con aria rassegnata. «E va bene, io sono Watson! Allora, Holmes, adesso che cosa dobbiamo fare?», chiese fermendo dall'eccitazione, immaginandosi già sui futuri libri in giallo.
«Quello che abbiamo fatto fino adesso, no? Seguire la nostra sospettata insieme alla vittima.», e, a quel punto, il ragazzo dai capelli a spazzola riprese velocemente il binocolo, inclinando il volto su un lato. «C'è un problema, capo.»
«E sarebbe?», Axel sollevò istintivamente il soppraciglio sinistro.
«Naminè e Roxas sono scomparsi.»
«Ma porca merda!», imprecò a gran voce Axel, alzandosi di scatto per poi guardarsi attorno, sibilando altre parolacce a denti stretti. «Dove si saranno cacciati?»
Demyx, nel frattempo, imitò l'amico, spolverandosi i vestiti per poi ridurre gli occhi a due fessure, annusando intensamente l'aria come un segugio. «Io so dove sono andati! Da questa parte!», affermò con estrema sicurezza, indicando la propria sinistra; il fulvo, al suo fianco, assunse un'espressione accigliata. «Come fai ad esserne sicuro?»
«Fidati di me!», cinguettò allegramente il castano, iniziando a correre verso la parte indicata, seguito da Axel che sospirava, rimurginando tra sé e sé sul fatto di aver invitato quel tonto del suo migliore amico.
Dopo circa cinque minuti di corsa -I quali fecero quasi collassare Axel, per nulla abituato all'attività sportiva, data la sua estrema pigrizia-, raggiunsero il centro della città; il fulvo si piegò sulle ginocchia con il respiro pesante e irregolare, pensando di aver fatto più sport in quei miseri minuti che in tutta la sua lunga esistenza.
«Holmes, tutto bene?», il volto preoccupato del castano sbucò di fronte a quello dell'altro che lo guardò in cagnesco. «Che domande del cazzo mi fai?! Lo sai che è l'unica volta che ho fatto motoria a scuola sono finito al pronto soccorso!»
«Oh, giusto...», borbottò con aria assorta il compagno, sbattendo più volte le palpebre innocentemente.
Axel sbuffò, rialzandosi in piedi per poi osservare l'insegna del bar di fronte a sé; ridusse gli occhi a due fessure, stringendo i pugni. «Demyx, non dirmi che mi hai portato qui solamente per riempire il tuo fottuto stomaco!»
«Ma no io... Io...», il diretto interessato si guardò attorno con fare allarmato, per poi illuminarsi; attraverso il portone trasparente riuscì a scorgere due figure dai capelli dorati e ringraziò infinitamente il Cielo per avergli dato una tale botta di culo. «Eccoli! Sono lì! Io sapevo che erano venuti qua!»
La rabbia del ragazzo dagli occhi smeraldini si placò in un attimo, facendo posto ad un'espressione sollevata. «Sei un grande, Demyx.»
«Ma io sono Watson!»
«E' uguale.», replicò distrattamente il fulvo, facendo cenno all'altro di chiudere il becco; si schiarì la voce e cercò quasi di trattenere il respiro, aprendo lentamente e con estrema delicatezza la porta di vetro del bar, entrandovi a passi felpati prima di aver fatto cenno al castano di imitarlo.
Presero posto in un tavolo abbastanza vicino a quello dei due da poterli osservare, ma, al tempo stesso, abbastanza lontano per non essere visti; Axel afferrò immediatamente il menù, cercando di nascondere almeno in parte il volto, lasciando in mostra solamente le iridi smeraldine per non staccare lo sguardo dall'ambiente circostante.
«Voglio un gelato a quattro gusti; fragola, cioccolato, crema e pistacchio. Mi raccomando, con la panna sopra!», trillò allegramente Demyx, osservando il camiere che stava annotando l'ordinazione su un piccolo blocco di foglio per poi allontanarsi a passi veloci.
«Che cazzo stai facendo?», lo rimproverò guardandolo malissimo il ragazzo dai capelli scarlatti, mentre il compagno si scrollò le spalle. «Te l'ho detto, sto morendo di fame!»
«Sì, ma ti ho già detto che noi siamo qui perc- Oh, cazzo, nemico a ore nove!», tuonò improvvisamente con fare allarmato, nascondendo completamente il volto dietro il menù; Demyx si guardò attorno con fare spaesato. «Eh? Ore nove?»
«Alla nostra sinistra. No, Demyx, la sinistra è dall'altra parte.», sussurrò poi sommessamente; il castano si voltò finalmente nella direzione indicata, accorgendosi della presenza di una giovane dai lunghi capelli dorati che si avviava verso la cassa, superando il loro tavolo senza fare caso ai due.
Il diavolo dai capelli fiammeggianti tirò un lungo sospiro di sollievo. «Per un pel- Oh, merda, c'è Roxas!», e tornò a nascondere il volto dietro il menù, osservando con la coda dell'occhio il diretto interessato che superò il tavolo, raggiungendo la giovane.
«Allora, Roxas, vuoi venire a casa mia?», propose gentilmente lei, accennando un candido sorriso; l'altro annuì energeticamente, porgendo i soldi al cassiere per poi avviarsi verso l'uscita. «Se non è un disturbo.»
«Assolutamente no.»
«Lurida strega.», ringhiò a denti stretti un Axel alquanto infuriato; lanciò per aria il menù, alzandosi rumorosamente fino a fare ribaltare la sedia all'indietro, affrettandosi ad uscire anch'egli dal bar per continuare l'inseguimento; il compagno, nel frattempo, vide il cameriere appoggiare l'enorme gelato sul tavolo. «Axel, aspetta, c'è il gela-»
«Muoviti o ti puoi scordare la nomina di Watson!», al sentire risuonare quelle parole afferrò in un nanosecondo il dolce, porgendo immediatamente i soldi al cameriere per poi precipitarsi verso la porta. «Domani le riporterò il vassoio e il cucchiaio!», gridò iniziando a mangiare, rischiando, tra l'altro, di investire una signora anziana.
Axel, non appena giunse fuori, lanciò numerose occhiate da tutte le parti, accorgendosi che i due si stavano avviando a sinistra, imboccando poi un altro viale; si affrettò a seguirli, mentre Demyx cercava di stargli dietro nonostante la bocca piena di gelato e le mani occupate a reggere il vassoio.
Girò a destra e vide i due giovani che si erano improvvisamente fermati a pochi metri da lui; Naminè stava osservando intensamente il primino che, al contrario, era particolarmente a disagio e si sforzava in ogni modo di non arrossire.
«Devo assolutamente sentire che cosa si dicono.», bisbigliò tra sé e sé il diciottenne, notando due bidoni dell'immondizia a pochi passi da loro; certo, avrebbe rischiato di sporcarsi, ma decise di fare questo sacrificio lo stesso.
Si incollò al muro nella speranza di non farsi vedere, cercando di raggiungere il luogo stabilito furtivamente, quando un'improvvisa voce a lui purtroppo familiare gli fece lanciare un urlo per lo spavento. «Axel, che cazzo stai facendo qui?»
Con un soppraciglio alzato e le iridi verdi perplesse, Reno, accanto alla propria ragazza, osservava con fare confuso il fratello che stava tentando di riprendersi dal colpo. «R-Reno! Ecco, s-stavo... Stavo...», e, mentre tentava di trovare una scusa plausibile che giustificasse il suo strambo comportamento, il suo migliore amico sbucò dai due nuovi arrivati con le labbra sporche di cioccolato. «Axel! Ma il piano non era quello di non farci scoprire da Naminè e Roxas?»
Questo perché in quel momento i diretti interessati avevano lo sguardo puntato sugli altri quattro; chi spaesata e perplessa, chi estremamente irritato e a dir poco infuriato.
Il diciottenne dalle iridi smeraldine deglutì rumorosamente, voltando appena il volto verso il giovane dai capelli ribelli. «E-Ehi, Roxas! Ma c-che sorpresa!», si sforzò di salutare con un sorriso tirato, accennando una risata nervosa.
«Si può sapere che di diavolo ci fate voi qui?», domandò aspramente il biondo; Reno alzò le mani con aria innocente, avvolgendo con un braccio la vita di Tifa. «Io stavo facendo una passeggiata con la mia ragazza, non ci vedo nulla di male.»
Tutti volsero poi lo sguardo verso il diavolo dai capelli fiammeggianti e il compagno, il quale stava tentando di pulirsi la bocca con il braccio in maniera poco elegante. «E-Ecco, noi... Noi stavamo...», iniziò Axel, venendo però immediatamente interrotto dal castano. «Stavamo facendo gli investigatori!»
«Eh?», fecero contemporaneamente Reno e Roxas, mentre il diciottenne aveva calpestato con violenza il piede di Demyx, sorridendo falsamente. «Ah, ah, ah! Molto divertente, Demyx... Il solito simpaticone...»
Quest'ultimo lo guardò malissimo e, dopo aver lanciato un urlo di dolore, per vendicarsi, proseguì. «Ma non l'ho detto per fare il simpatico! Noi eravamo in missione top-secret; stavamo seguendo Roxas per vedere che cosa gli avrebbe fatto Naminè!»
La giovane sussultò al sentirsi nominata, abbassando timidamente lo sguardo per poi stringere l'album da disegno, senza sapere che cosa dire; al suo fianco, Roxas sgranò le iridi blu cobalto, stringendo con violenza i pugni. «Tu sei fuori di testa, cazzo.», sibilò a denti stretti, riferendosi esclusivamente al diavolo dai capelli fiammeggianti; non ci aveva messo molto a fare due più due per capire che era stato lui ad escogitare quel folle piano.
«Adesso ti metti anche a fare lo stalker?!», sbraitò infuriato. «Ma che cosa ti passa per quel fottuto cervello? Sei il mio tutor, sì, e allora?! Questo non ti autorizza ad intrometterti nella mia vita privata! Sai cosa ti dico, Axel?! Vaffanculo!», concluse urlando come mai aveva fatto; infine abbassò anch'egli lo sguardo, con il respiro irregolare e il volto rosso.
Sapeva perfettamente di avere gli occhi di tutti i presenti puntati addosso; si infilò le unghie nei palmi delle mani e si morse il labbro, voltandosi per poi correre via alla velocità della luce.
Demyx deglutì rumorosamente, osservando poi con aria persa il vassoio ormai vuoto; Tifa si mise una mano al petto, non aspettandosi di certo una sfuriata del genere da parte di un ragazzino che inizialmente aveva scambiato per un bambino delle medie; Axel, al contrario, aveva le labbra e gli occhi spalancati, shockato.
La giovane dagli occhi blu si sistemò una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio, incamminandosi in avanti verso i presenti, fermandosi solamente per un attimo non appena fu accanto al diciottenne dai capelli scarlatti. «Non preoccuparti, Axel. Ci ho già pensato io a metterlo in guardia dalle fiamme.», e, dopo aver bisbigliato ciò, facendosi sentire solamente dal diretto interessato, riprese a camminare, stringendo il proprio album da disegno.
Reno sospirò rumorosamente, scuotendo la testa con aria saccente per poi interrompere il pesante silenzio. «Lasciatelo dire, Axel: sei proprio una testa di cazzo.»



Afferrò la cartella per poi stringersi il libro al petto, avviandosi verso la porta fino a quando la voce di sua madre non lo raggiunse. «Roxas, tesoro, prendi l'autobus, altrimenti ci metterai una vita ad arrivare a scuola.»
«Mamma, l'autobus è già passato.», spiegò aspramente il giovane, sbuffando prima di aprire la porta, richiudendola poi rumorosamente dietro di sé; era sicuramente di cattivo umore, e non solamente perchè detestava il Lunedì.
Chi, poi, non detestava il Lunedì?
Probabilmente il vero motivo della sua luna storta era ciò che era successo il giorno precedente; tutta colpa di quella sottospecie di riccio dai capelli improponibili. Sì, era colpa sua se ora aveva le palle girate.
Se solo avesse provato a rivolgergli la parola, gli avrebbe mollato un pugno sull'occhio e se il preside aveva da ridire sulla storia del tutor, l'avrebbe mandato a quel paese.
Sì, avrebbe mandato tutto e tutti a quel paese, in quella dannatissima città che detestava a morte.
L'unica cosa positiva in quel momento era che quel tonto di suo fratello non era in mezzo a scatole; tutto merito di Riku che talvolta la Domenica sera lo invitava a passare la notte da lui.
Chissà perché, poi.
Guardò il proprio orologio sul polso e sospirò; era praticamente impossibile arrivare in orario con tutta la strada da fare.
Pazienza. Non era di certo colpa sua se aveva passato la notte a girarsi e rigirarsi nel letto, riuscendo ad addormentarsi solamente alle 03.30.
E, proprio mentre sembrò riuscire a concentrare i propri pensieri sui lati positivi della giornata, udì il rumore di una moto sgommare accanto a sé; sibilò qualcosa a denti stretti contro quel fastidiosissimo frastuono e alzò istintivamente le iridi blu cobalto, sgranandole non appena si ritrovò il radioso volto di Axel, ovviamente senza casco.
«Ehi, Roxas, buongiorno. Vuoi un passaggio? Vedrò di non andare veloce come l'ultima volta, promesso!», lo salutò allegramente, accennando la sua solita risata squillante.
Assurdo. Si comportava come se nulla fosse?! Ah, ma certo; la tattica del evitiamo perfino di scusarci e mettiamo una pietra sopra tutto!
Detestava le persone che usavano quella tattica; le trovava assolutamente inappropriate.
Roxas si limitò ad aprire il libro, iniziando a leggere per poi riprendere a camminare con indifferenza, cercando di accelerare il passo; il fulvo sgranò le iridi smeraldine, sentendosi immediatamente male.
Diamine. E lui che sperava che la mossa del 'fai finta di nulla' funzionasse: accidenti a Demyx e ai suoi consigli del cazzo.
«Roxas, aspetta!», cercò di chiamarlo lui, seguendolo con la moto. «Guarda che ci metterai una vita a piedi. Dai, salta su! Arriveremo in un lampo con la moto, te lo assicuro.»
Le parole e il mondo creato del libro si offuscarono in un attimo; il primino sussultò appena di fronte al tono supplichevole dell'altro, sforzandosi però di non farsi impietosire.
Continuò a tenere il naso sul libro, nonostante non riuscisse più a concentrarsi sulla lettura, camminando senza sosta; Axel si morse istintivamente il labbro inferiore, imponendosi di riprovare un'altra volta. «Roxas, ascolta...»
Il biondo chiuse il libro rumorosamente, interrompendolo. «Vuoi stare zitto o no?! Lasciami in pace!»
Fu come un tonfo, qualcosa che gli colpì il cuore e gli sembrò di essere appena stato investito da un camion; eppure, nonostante ciò, si sentì al tempo stesso esplodere dalla rabbia di fronte all'atteggiamento del più piccolo. «Ma lo sai che sei proprio un cazzo di bambino, Roxas?!»
Il diretto interessato lo ignorò, limitandosi ad aumentare la velocità del proprio passo, senza risultati; l'altro infatti lo seguì con il veicolo, riprendendo a parlare. «Fai l'indifferente, eh? Sai una cosa? Non me ne frega più un cazzo. Nè di te, nè dei tuoi fottuti attacchi d'ansia. Ti diverte fare la vittima solamente per il fatto che ti sei trasferito da poco, non è vero? Bene, allora non contare più su di me.», sicuramente riuscì finalmente ad ottenere lo sguardo del ragazzino dagli occhi blu, ma non nel modo in cui desiderava; infatti, proprio da quegli occhioni del colore dell'oceano, iniziarono a sgorgare lacrime amare che bruciarono il petto del rosso.
Il biondo schiuse le labbra, intenzionato a rispondere con qualche pesante insulto, quando si accorse che la voce non voleva proprio uscire dalla gola; era lì, bloccata dai singhiozzi.
Si limitò così a coprirsi velocemente gli occhi con il braccio, trasformando i passi in un'immediata corsa; desiderò solamente allontanarsi da quel dannato ragazzo dai capelli scarlatti.
Fuggì via, per l'ennesima volta.
E Axel rimase lì, immobile; tirò con violenza un pugno sul manubrio della moto, maledicendo più e più volte il proprio atteggiamento.
Sì, era decisamente una testa di cazzo. Senza alcun dubbio.
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*Note di Ev'*
Ed ecco il quattordicesimo capitolo -w- Scritto, miracolosamente, già da una settimana :') Beh, direi che codesto capitolo è un misto di mistero -Insomma, dettato da Naminè, la ragazza ambigua (?)-, di divertimento -Grazie a Demyx & ad Axel- e il finale... Insomma, non è dei migliori. *Tossicchia*
Anyway, ringrazio tutti coloro che commentano e mi auguro che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento; come sempre, vi incito a recensire perché siamo in un sito dove ci si deve confrontare e bla, bla, bla...
Vorrei ringraziare in particolare 'Roxas_no_Imouto' e 'Mistake' per avermi aggiunta tra le autrici preferite; tutto ciò mi lusinga assai.
E oggi per me è stato... L'ultimo giorno di scuola! Finalmente *Si asciuga una lacrima di commozione* è terminato questo anno di Inferno ;__; Tralasciando il fatto che quelli di quinta mi hanno riempita di schiuma, shampoo (?), acqua, farina e roba del genere. <3
Vorrei scusarmi se non sono riuscita a rispondere ad alcune e-mail, o se non ho risposto ad alcune recensioni; in questi giorni il tempo mi è stato contro, ahimè, ma spero di poter presto rimediare.
Adesso penso di poter finalmente svanire di scena, sperando che il mio prossimo aggiornamento sia 'La Terra Di Mezzo' .w.
Alla prossima! Buon estate a tutti! <3
E.P.R.
Ps. Scusate se spesso la scrittura cambia, ma, ahimè, utilizzo un sito di merda per l'HTML e mi fa praticamente impazzire °-°

 

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Capitolo 15
*** I missed you. ***


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Tutor And Boyfriend.

 

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15. I missed you 

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«Axel, ma si può sapere perché sei così depresso?», un giovane dagli strani capelli a spazzola e il volto piuttosto preoccupato tentò inutilmente per la quarta volta nel corso della giornata di capire che cosa diavolo avesse l'amico.
Axel si limitò a sospirare per l'ennesima volta con la faccia chinata sul banco, rimurginando qualcosa di incomprensibile tra sé e sé.
«Cos'è successo? Hai finito la lacca e ti sei scordato di comprarne una nuova? Non hai portato i soldi per la merenda? Hai scoperto che la tua vita non ha alcun senso e che sei nato per sbaglio?», continuò ad azzardare ripetutamente il compagno; il fulvo rialzò il volto, lanciandogli un'occhiataccia omicida in risposta.
«Non sparare minchiate, Demyx.»
«Io sono della modesta opinione che abbia problemi in campo sentimentale; molto probabilmente sta iniziando a nutrire forti emozioni per una persona che non avrebbe mai immaginato, la quale però lo ignora bellamente.», al discorso di Zexion il castano spalancò la bocca, nonostante non avesse capito granché; il ragazzo dalle iridi smeraldine sollevò istintivamente un soppraciglio in un'espressione accigliata. «Cos'è, sei diventato un veggente per caso?»
«Uh?», il giovane dal lungo ciuffo ricadente su un occhio alzò appena lo sguardo dal proprio libro. «Stavo leggendo ad alta voce, scusate.»
Demyx si grattò la testa con aria confusa, mentre il rosso tirò un lungo sospiro esasperato, scuotendo la folta chioma; prima che potesse dire altro, il rumore scorrevole della porta fece voltare i tre presenti.
Era piuttosto strano vedere un primino intrufolarsi nelle classi di quelli più grandi durante la ricreazione; figuriamoci poi dei ragazzi di quinta.
«Chissà cosa ci fa qui...», bisbigliò a bassa voce il giovane dai capelli castani, rivolgendosi agli altri due; Zexion annuì appena, tornando alla propria lettura, mentre il fulvo neanche lo ascoltò, troppo intento ad osservare quei disordinati capelli dorati e gli occhi blu saeattare ovunque con aria spaesata.
Axel si alzò così di scatto, attirando l'attenzione del più piccolo che, alla sua vista, spalancò le iridi chiare.
«Roxas, ti devo parlare.», affermò con risoluzione e sicurezza, non ottenendo però il risultato sperato; il diretto interessato si limitò a voltare lo sguardo altrove, ignorandolo tranquillamente.
«Rox-», non riuscì neanche a chiamarlo di nuovo che la squillante voce di una giovane dai lunghi capelli rossi lo interruppe. «Oh, ciao, Roxas! Naminè credo sia andata un attimo in sala professori; la puoi aspettare per i corridoi!», spiegò accennando un largo sorriso Kairi, ottenendo un cenno con il capo da parte dell'altro. «Va bene, grazie.»
Naminè? Possibile che lui fosse venuto solamente per Naminè?
Il diavolo dai capelli fiammeggianti assunse un'espressione amareggiata; vide il biondo osservarlo con la coda dell'occhio per poi scuotere la testa sospirando prima di uscire dalla classe.
«Axel, a proposito...», sentì improvvisamente l'apatica voce di Zexion alle sue spalle. «Perché prima mi hai definito un veggente?»



Effettivamente forse era davvero diventato uno stalker.
Sì, probabilmente doveva farsi vedere da qualche strizza cervelli, proprio come gli aveva consigliato suo fratello che sembrava avere sempre la risposta pronta quando lui finiva nei guai.
Erano passate quasi tre settimane e la maggior parte della scuola sembrava essere al settimo cielo perché erano finalmente entrati nel mese di Maggio; e dico la maggior parte semplicemente perché, al contrario, quelli di quinta stavano contando i giorni che mancavano alla loro fine.
Gli esami di maturità.
«Ma sì, c'è ancora tempo per studiare!», Axel non aveva fatto altro che cinguettare questa frase per tutto l'anno, finchè, improvvisamente, in una tiepida mattina di Domenica, si era alzato dal letto, voltando lo sguardo verso il calendario e lanciando poi un urlo disperato.
«Non è possibile! Non è possibile! No, no, no! Gli esami, cazzo, gli esami! Gli esami!», aveva strillato come un assatanato per quasi un'ora e mezza, rincoglionendo completamente Reno, il quale aveva deciso quindi di uscire e lasciarlo solo con la sua più totale disperazione.
Successivamente era tornato allegro come al solito, sorseggiando una tazza di caffè in un bar, chiacchierando tranquillamente con il cameriere, ripetendo: «Ma sì, c'è ancora tempo per studiare!», ignorando la fredda vocina nella sua testa che nel frattempo sussurrava qualcosa come: «Ma sei scemo o lo fai? Tempo di cosa? Siamo a maggio, coglione! Vuoi arrivare agli orali e fare scena muta?!»
A quanto pare sì,
si rispondeva poi da solo con aria sconsolata.
Terminò di bere e pago velocemente il conto, infilandosi le mani in tasca per poi iniziare a camminare nella caotica città, perdendosi nei propri pensieri; ecco, sì, prima di cadere nello sconforto più totale, stava riflettendo sul fatto di essere uno stalker.
Infatti in quelle tre settimane non aveva fatto altro che seguire il giovane dai capelli dorati; di nascosto gli stava alle calcagne mentre tornava a casa, dopo scuola, oppure cercava in ogni modo di ascoltare ciò che diceva a Naminè, senza ottenere grandi risultati.
Non gli importava neanche più di essere visto, dato che ormai peggio di così non poteva andare.
Solitamente quando qualche personaggio dei film diceva così, scoppiava puntualmente a piovere; alzò velocemente lo sguardo in cielo e tirò un sospiro di sollievo, notando che il sole splendeva ancora nel cielo azzurro.
Non sapeva proprio come fare per rivolgergli nuovamente la parola; le aveva provate tutte, qualsiasi scusa, ogni metodo possibile, ma niente di niente. Lui si limitava a guardarlo freddamente per poi girare i tacchi e andarsene con dignità.
E intanto quel malaticcio del preside continuava a stressarlo con il fatto che i voti orali del ragazzo non cennavano ad alzarsi, il che significava che quel suo maledetto problema d'ansia non era minimamente passato.
Sospirò con fare amareggiato e tirò un calcio ad una lattina di coca-cola, la quale rotolò per qualche metro fino a toccare le scarpe di un ragazzo seduto su una panchina di legno con le braccia distese e l'aria stanca; Axel alzò un poco lo sguardo e incrociò un paio di occhi celesti che lo stavano a loro volta scrutando con estrema attenzione.
«Ma guarda un pò chi si rivede!», lo salutò con aria canzonatoria il diavolo dai capelli fiammeggianti, accennando un largo sorriso a trentadue denti, alzando un poco la mano sinistra.
Riku sollevò il soppraciglio sinistro in un'espressione accigliata per poi sospirare, borbottando. «E io stavo già sperando che non mi vedessi.», a quel dolce inizio l'altro cambiò immediatamente espressione, riducendo gli occhi a due fessure.
«Ah, ah, ah. Davvero molto gentile.»
L'albino si scrollò le spalle mentre sul volto del rosso si dipinse improvvisamente un ghigno ironico. «E' la prima volta che non ti vedo insieme a quel tonto del tuo amico.»
Il sedicenne gli lanciò un'occhiata storta e sibilò qualche insulto come ''stupido pagliaccio'' e ''stronzo'', per poi affrettarsi a rispondere con altrettanto sarcasmo. «E' lui che mi sta sempre incollato. E comunque, tu, piuttosto, ho saputo che ora non stai più molto simpatico a Roxas.»
Axel strinse istintivamente i pugni, sentendo una scarica di rabbia attraversagli il corpo; improvvisamente, però, sbollì di colpo e assunse un'espressione perplessa, ripensando alle parole del suo interlocutore.
'Ho saputo che ora non stai più molto simpatico a Roxas.'
E questo cosa significava? Che forse prima gli stava simpatico? Un pò? Almeno un pò?
O forse era lui che stava semplicemente sognando ad occhi aperti e si stava riempiendo la testa di inutili seghe mentali?
Si tirò una manata sulla fronte per ritornare in sé e sospirò, lanciando una fugace occhiata al cielo sereno prima di prendere tranquillamente posto sulla panchina, ottenendo un'occhiata irritata da parte dell'albino. «E' buona educazione chiedere prima di sedersi su una panchina già occupata.»
Axel rise, rise di cuore perché si accorse che l'atteggiamento cinico di Riku gli ricordava enormemente quello di Roxas; successivamente si ritrovò a sorridere prima di rispondere. «Ma la panchina è un luogo pubblico, perciò non devo chiedere un bel niente.»
Il ragazzo dai capelli argentati roteò lo sguardo da una parte all'altra dell'ambiente circostante con aria scocciata ed esasperata contemporaneamente; sospirò e socchiuse gli occhi dopo aver ripreso la parola. «Allora, che cosa vuoi?»
«Mh?», il più grande lo osservò con fare stralunato, non riuscendo a seguire il suo strano discorso.
«Ti ho chiesto che cosa vuoi. Insomma, se mi hai rivolto la parola e se ti sei seduto accanto a me devo supporre che devi chiedermi qualcosa. Perciò spicciati che non ho tempo da perdere.»
Il fulvo sbattè più volte le palpebre, stupito e divertito al tempo stesso; rise ancora e si infilò una mano tra i capelli fiammeggianti intrisi di lacca. «Non ti sfugge niente, eh.», Riku annuì, nascondendo un'espressione soddisfatta.
«Roxas è davvero così arrabbiato?», a quella domanda l'altro sembrò accennare un mezzo sorrisetto, dato che aveva già intuito l'argomento del rosso prima ancora che avesse aperto bocca.
«Abbastanza. Ma la sua rabbia non dura poi molto, fa solo l'orgoglioso.», spiegò apaticamente con lo sguardo rivolto verso un negozio di jeans di fronte a sé.
«Quindi...», iniziò Axel con aria speranzosa, venendo però immediatamente interrotto dall'albino. «Quindi sì, forse hai ancora qualche possibilità di rimediare al tuo danno. E dico forse perché Roxas è strano e dipende un pò da come gli girano.»
«Sì, questo l'avevo intuito.», rispose il diciottenne ridacchiando appena per poi mormorare: «Potrei provare con un regalo.»
Riku rispose con un'alzata di spalla indifferente. «Non saprei, forse.»
Il rosso schiuse poi la bocca, riprendendo immediatamente a parlare. «E tu sai per caso se c'è qualcuno che...», si interruppe bruscamente e si morse il labbro inferiore, scuotendo la testa e facendo un cenno con la mano. «Nah, niente. Lascia stare.»
L'altro sollevò per l'ennesima volta un soppraciglio e lo guardo con fare confuso, limitandosi poi a sospirare appena, guardando le nuvole galleggianti in alto. «Beh, buona fortuna.»
Axel ridacchiò nuovamente e si alzò di scatto. «Grazie. Credo che me ne servirà davvero molta.», e, dopo aver detto ciò, alzò la mano in segno di saluto, allontanandosi lentamente con aria assorta.
Riku improvvisamente sorrise.
Sorrise perché lui già sapeva.



Rabbrividì a quel contatto e si lasciò sfuggire una smorfia che presto si trasformò in un'espressione rilassata.
Non riuscì a fare a meno di sorridere alla vista dell'immensità del mare di fronte a sé.
Si divertì a schizzare un pò d'acqua con i propri piedi nudi e lanciò la cartella alla propria destra, senza neanche vedere se l'avesse bagnata o meno.
Non gli importava, ecco tutto.
Così come quella mattina non gli era importato del fatto che sua madre lo avesse sgridato per aver indossato dei pantaloncini corti; lui aveva risposto con una scrollata di spalle, spiegando che aveva caldo, molto caldo, nonostante non fosse esattamente così, anzi.
Certo, era primavera inoltrata, ma un leggero venticello soffiava di tanto in tanto.
La verità è che li aveva indossati perché aveva già deciso che dopo scuola si sarebbe recato in spiaggia.
Si chinò e afferrò una pietra accanto ai propri piedi, osservandola attentamente per qualche secondo con aria persa prima di lanciarla con forza davanti a sé; amava il rumore che facevano gli oggetti prima di tuffarsi in acqua.
Splash.
Era piacevole. Lo faceva inspiegabilmente sorridere.
La cosa più bella era che non c'era nessuno stranamente; probabilmente gli studenti si affrettavano a tornare a casa, mentre il resto della città era intenta a chiudere i numerosi negozi.
E lui era lì. Sì, era lì, tranquillo, a sentire la piacevole carezza fresca che gli provocava l'acqua sulle caviglie.
Desiderò solamente svuotare la mente per un momento. Aveva passato una giornataccia. Anche se poi, da quando si era trasferito in quella dannatissima città, non ne aveva passate di così belle.
A quanto pare la professoressa di matematica alla seconda ora era particolarmente infuriata, dato che aveva avuto la fenomenale idea di interrogare di punto in bianco; aveva sentito il proprio cuore battere così velocemente che temeva che anche il resto dei suoi compagni avessero potuto sentirlo.
Fortunatamente non era stato interrogato. Ma l'ansia era rimasta; quel maledetto groppo in gola era rimasto, come impigliato in una morsa, e gli faceva male, davvero male.
Strinse i pugni e si morse con violenza il labbro inferiore, ricacciando le lacrime dentro; scosse velocemente la testa e si chinò nuovamente, afferrando un'altra pietra per poi lanciarla in un punto lontano.
Fece qualche altro passo in avanti e sentì l'acqua accarezzargli le ginocchia, appena sotto i propri pantaloncini celesti; allungò la mano e la immerse completamente, rilassandosi del tutto.
Socchiuse lentamente gli occhi, lasciando che il sole si divertisse a scivolare tra la sua pelle; pensò che in mezzo a quel silenzio interrotto solo dal rumore dell'acqua avrebbe potuto davvero addormentarsi, quando una squillante voce alle sue spalle lo risvegliò completamente.
«Ehi, stai attento: così rischi di bagnarti i vestiti!», a causa dell'improvviso spavento fece un balzo indietro, inciampando su una pietra e cadendo rovinosamente in acqua, ritrovandosi così gli indumenti fradici.
«Ops.», commentò il nuovo arrivato, mettendosi una mano alla bocca. «Come non detto.», commentò sarcasticamente, soffocando una mezza risata divertita.
Roxas ringhiò qualche imprecazione a denti stretti e strinse i pugni con tale forza da infilarsi le unghie nei palmi; si voltò con aria omicida verso il ragazzo dai capelli fiammeggianti che nel frattempo lo stava guardando con un allegro sorriso da deficiente stampato sul volto.
«Brutto coglione!», tuonò dopo aver analizzato per qualche secondo la situazione, «Guarda che cosa hai fatto! Per colpa tua mi sono bagnato tutto!», continuò a strillare con aria infuriata, muovendo ripetutamente le braccia e provocando così numerosi schizzi d'acqua; Axel assunse un'espressione perplessa e dispiaciuta mentre si portò una mano sulla nuca, grattandosela distrattamente.
«Ma veramente era proprio quello che volevo evitare.», spiegò arricciando le labbra in una smorfia contraria, scuotendo la folta chioma rossa per poi proseguire. «Non è colpa mia se ti spaventi facilmente.»
A quell'osservazione gli parve di vedere il volto del biondo colorarsi del medesimo colore dei suoi capelli dalla rabbia; deglutì rumorosamente e si tirò un poco il colletto della maglia, accorgendosi che per scusarsi non aveva utilizzato sicuramente la tattica migliore.
«Suvvia, non c'è bisogno di incazzarsi! Anch'io mi sono bagnato parecchie volte con i vestiti, sai?», si precipitò a mormorare, facendo qualche passo in avanti per poi porgere la mano verso l'altro, cercando comunque di non avvicinarsi troppo all'acqua. «Dai, ti aiuto a rialzarti.»
Poi tutto successe in un attimo e fu stupito dall'agilità del giovane: lo vide allungare velocemente il braccio, afferrando così il suo polso in una stretta sicura prima di tirarlo verso di sé, facendogli perdere in un attimo l'equilibrio e costringendolo quindi a cadere rumorosamente di faccia in acqua.
Chiuse di scatto le iridi all'impatto e, quando li riaprì, sentì gli occhi bruciare a causa dell'acqua salata; si affrettò a tornare in superficie e si accorse solo in quel momento di essere bagnato da capo a piedi.
Ma dei vestiti poco gli importava, in fondo.
Ciò che lo fece gridare fu il fatto che i propri capelli perfetti per i quali dedicava ore ed ore della giornata per sistemarli e acconciarli, ora erano sciupati e cadevano sulle sue spalle, bagnati, tremendamente bagnati.
Come se ciò non bastasse, allungò una mano fino a toccarsi il volto, ripercorrendolo fino a raggiungere gli occhi, guardando inorridito il proprio pollice macchiato di nero.
L'eyeliner. Era. Colato.
Rimase qualche secondo ad osservare il vuoto più totale con aria ambigua, per poi rialzare lentamente lo sguardo con un'espressione inquietante dipinta sul volto, accennando un sorriso estremamente falso. «Tu... Tu hai rovinato i miei capelli. I miei bellissimi capelli e il mio magnifico trucco. Ti rendi conto dell'enorme peccato di cui ti sei macchiato?»
Questa volta fu il giovane dai capelli dorati a deglutire rumorosamente; si alzò in un attimo e si affrettò a raggiungere la riva, quando si sentì afferrare di scatto per il polso, ritrovandosi inspiegabilmente con i capelli biondi immersi nella sabbia e il sadico volto del diciottenne sopra di sé che lo stava squadrando con estrema attenzione.
Socchiuse un occhio a causa dell'improvviso impatto e si massaggiò la testa con la mano libera, sforzandosi in ogni modo di alzarsi, senza ottenere grandi risultati dato che l'altro era seduto tranquillamente su di lui.
«Lasciami, stupido! Anche tu mi hai bagnato, diamine!», sputò non appena si accorse di non avere abbastanza forza per divincolarsi; Axel accennò una risata sinistra e scosse la testa, avvicinandosi pericolosamente al volto del più piccolo che si strinse le spalle, sentendosi improvvisamente a disagio. «Ma tu non hai i capelli perfetti come i miei e, soprattutto, non ti trucchi.»
«Grazie al Cielo, aggiungerei.», commentò ad alta voce il biondo con affilata ironia; il fulvo gli lanciò un'occhiataccia e gli afferrò immediatamente anche l'altro polso, spingendolo contro la sabbia tiepida.
«E con questo che cosa intendi dire?», domandò il rosso sollevando un soppraciglio nella tipica espressione da ''Stai attento a quello che dici''.
«Nulla, semplicemente che truccarsi è da stupidi.», biascicò con aria poco interessata Roxas, voltando lo sguardo altrove; avrebbe voluto ignorarlo, ma, in una situazione simile, era praticamente impossibile.
Era piuttosto sicuro che anche se si fosse chiuso nel suo ostinato silenzio l'altro non l'avrebbe liberato comunque.
«Forse. Ma intanto non sono io quello che si spaventa per le case dell'orrore o perché una persona gli dice di non bagnarsi.», commentò con un ghigno soddisfatto della propria risposta il più grande; il primino sbuffò, soffiandosi via una ciocca di capelli dagli occhi prima di riprendere la parola. «Sei apparso improvvisamente, chiunque si sarebbe spaventato.», sibilò a denti stretti per poi aggiungere: «E comunque, non sono io lo stalker, qui.»
A quell'acida affermazione il fulvo sembrò cambiare improvvisamente espressione e le sue iridi parvero più scure; indebolì un poco la presa sui polsi del giovane e si allontanò di qualche centimetro. «Mi dispiace.»
Roxas si voltò nuovamente, tornando a guardare il ragazzo sopra di sé con aria stupita. «Ti... Ti dispiace?»
L'altro sospirò. «Sì, certo che mi dispiace. E' da settimane che cerco di scusarmi, ma non fai altro che evitarmi.»
«Non farmi passare per il cattivo della situazione.», borbottò storcendo le labbra in un'adorabile broncio il ragazzo dalle iridi blu, facendo scoppiare l'altro in una grassa risata. «Non intedevo questo, Roxas. E' che avresti potuto semplicemente ascoltarmi.»
Il suo interlocutore sbattè più volte le palpebre prima di chiedere: «Mi piacerebbe sapere il motivo per cui mi avevi seguito, Axel.»
E la domanda lasciò per un attimo allibito il rosso.
Allibito, poi, che assurdità. Doveva aspettarsi una domanda del genere; tutti al suo posto l'avrebbero posta.
Il fatto è che lui non sapeva come rispondere. Non sapeva cosa dire, perché quando nella sua testa si formava quella dannata domanda cercava sempre di spostare i pensieri altrove, ignorandola completamente.
«Io credo che...», iniziò finalmente, per poi bloccarsi di scatto, assumendo un'espressione indecifrabile. «Non lo so. Non ne ho la più pallida idea.»
A quella vaga risposta il giovane sollevò istintivamente il soppraciglio sinistro, perplesso; il diavolo dai capelli fiammeggianti si sforzò di sorridere, affrettandosi a cambiare argomento. «Comunque mi perdoni?»
«Se ti togli, forse.», alla schietta risposta il fulvo si lasciò sfuggire l'ennesima risata e si scostò dal biondo che si sedette comodamente sulla sabbia, borbottando un ''finalmente''.
Axel rimase con le gambe distese e gli occhi puntati sul primino, scrutandolo intensamente, analizzando con estrema attenzione ogni suo più piccolo movimento: possibile che quel ragazzino avesse qualche sottospecie di calamita?
E quelle iridi, così intense e terribilmente simili alle profondità marine; probabilmente i suoi splendidi occhi avevano rubato un pò del colore cristallino del mare, non c'era altra spiegazione.
«Allora?», l'improvvisa voce di Roxas e la sua espressione accigliata lo riportò alla realtà, costringendolo a scuotere un poco la testa.
«Eh?», fece lui, confuso.
Il biondo sbuffò, dato che era praticamente la terza volta che riformulava la domanda. «Si può sapere che diavolo ci facevi da queste parti?»
Il diretto interessato si grattò la testa, affrettandosi a trovare una scusa con cui rispondere; non poteva di certo ammettere che lo stava seguendo per l'ennesima volta proprio per evitare un secondo litigio.
Si guardò velocemente attorno e si illuminò. «Beh, abito da queste parti, non ricordi?», chiese retoricamente con un radioso sorriso dipinto sul volto. «Ho parcheggiato un momento la moto per... Perché volevo comprare una cosa e ti ho visto per caso.»
Il primino sembrò crederci perché tornò ad osservare tranquillamente il mare, senza chiedere altro; questa volta l'attenzione di Axel si concentrò soprattutto sui suoi capelli del medesimo colore del grano, ora leggermente bagnati sulle punte.
Lo vide rannicchiarsi improvvisamente e stringersi le gambe al petto, appoggiando il volto sulle ginocchia con aria assorta, quasi volesse proteggersi da qualcosa; lo trovò terribilmente carino in quella posa così fragile ed indifesa, così tanto che ebbe il forte impulso di abbracciarlo.
Proprio per evitare di fare un gesto del genere o qualche altra pazzia, decise di interrompere il silenzio. «Adesso tocca a te scusarti.»
Roxas voltò le iridi blu cobalto verso di lui. «Dovrei scusarmi per aver rovinato il tuo trucco da clown e per aver bagnato i tuoi capelli da porcospino?»
Il fulvo si sforzò di sorvolare sui dolci aggettivi riguardanti il proprio aspetto esteriore. «Esattamente.»
«Allora puoi anche aspettare tutta la vita.», concluse con irritante tranquillità il giovane, ritornando per l'ennesima volta ad osservare l'acqua di fronte a sé; Axel strinse i pugni e si sforzò in ogni modo di evitare di insultarlo a morte, tirando un lungo sospiro per cacciare via la rabbia.
Successivamente sussultò un poco al notare che il primino lo stava osservando timidamente con i suoi grandi occhi blu, sbattendo ripetutamente le palpebre; un lieve sorriso si dipinse sul suo candido volto. «Comunque sei divertente in questo stato.», e ridacchiò appena.
In realtà il diavolo dai capelli fiammeggianti fu indeciso se prenderlo come un insulto o un complimento, ma pensò di lasciare perdere, limitandosi a ricambiare con altrettanta dolcezza l'angelico sorriso di fronte a sé; rise anche lui e gli si avvicinò. «Visto che è colpa tua se mi sono ridotto così, come minimo potresti aiutarmi a togliere il trucco.»
Il biondo arricciò il naso e brontolò qualcosa di incomprensibile tra sé e sé, allungando la mano per afferrare il proprio zaino, estraendo successivamente un fazzoletto profumato, porgendolo poi all'altro che invece scosse la testa.
«Io non riesco a vedere dov'è colato esattamente il trucco e non ho uno specchio. Quindi, si prega sua grazia di alzare il sederino e di venire a togliermi questo casino.», commentò sarcasticamente indicando il proprio volto con un largo sorriso; Roxas lo guardò storto e sbuffò nuovamente, avvicinandosi di malavoglia al diciottenne, facendogli cenno di chiudere le palpebre prima di sfregare lentamente il fazzoletto di carta sulla sua pelle liscia.
Si ritrovò con le gote inspiegabilmente arrossate e fu enormemente grato del fatto che l'altro avesse gli occhi chiusi; strofinò ancora per qualche secondo con delicatezza sulle sue palpebre, stando attento a non fargli male in alcun modo, quando si accorse che il più grande aveva allungato un poco la mano, sfiorando la sua quasi con titubanza.
Si affrettò a ritrarsi e voltò lo sguardo altrove, indietreggiando. «Ecco fatto.», mormorò a fior di labbra mentre Axel aveva già riaperto gli occhi, sorridendogli nuovamente in segno di ringraziamento.
«Beh», ricominciò immediatamente a parlare il giovane dalle iridi smeraldine, «io credo che in questo stato non andremo da nessuna parte. Perché non vieni a casa mia? Così ti darò qualcosa con cui asciugarti.»
Roxas abbassò un poco gli occhi e arricciò le labbra, annuendo; effettivamente stava iniziando a soffiare il vento e sentiva i primi brividi di freddo sulla pelle bagnata.
«Perfetto, allora andiamo.», e, dopo aver annunciato ciò, il fulvo prese delicatamente la mano dell'altro che sussultò.
«Roxas?», lo chiamò poi improvvisamente, iniziando ad incamminarsi.
«Mh?»
«Sai, sono molto contento di essere riuscito a farmi perdonare. Mi sei mancato.»
E sentì nuovamente le proprie guance tingersi di rosso, proprio come i capelli del compagno.
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*Note di Ev'*
E-Ehm... Sì, okey, per l'ennesima volta sono in ritardo, I know ;_; Diamine, sì... Cioè, è estate, okey, ho più tempo libero, ma... Al tempo stesso è come se questo tempo libero venisse rissucchiato via (?)!
Cioè, mpfh', boh. Ho appena terminato di scrivere il capitolo, ecco. Il fatto è che... Stavo cercando di farmi venire un'idea. Solitamente mi viene un'idea, ma questa volta no. Cioè, boh. Avevo parecchie idee, ma... Ma non sapevo come svilupparle, insomma. Mi arrivano ispirazioni per nuove storie, ma qui ero un pò bloccata. Non sapevo in che modo far riappacificare i nostri due cari protagonisti. Inizialmente avevo un'idea del tutto diversa, ma poi ho deciso di utilizzare la spiaggia. Sì, sarà per il fatto che ieri sono stata al mare fino alle 20.30, ma lasciamo perdere.
Poi, quando ho iniziato a scrivere, la storia si è scritta da sé. Quando Axel ha allungato la mano verso Roxas, ero indecisa se permettere a quest'ultimo di afferrarla o meno e poi... Bum! Perché non fare che Roxas si vendichi, una volta ogni tanto?
Insomma, è okey. Credo che non sia uscita una schifezza o qualcosa del genere. Almeno spero.
Mi auguro vivamente che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e vi prego di commentare. Insomma, che cosa vi costa?!
Diamine, poi volevo... OH,PORCOCAZZOPINGUINOMAOGGIE'MARTEDì?!
Ma oggi è il giorno in cui dovrei pubblicare ''Months Of Life'' DDDDD: *Corre a suicidarsi*
Oddio, cioè, il capitolo successivo è già pronto, però, va beh, amen, pubblicherò domani DDD: Dannatissima memoria çAAAç *Sbatte la testa contro il muro*
Allora, sì, prima di tornare a dire altre cazzate, volevo chiedere se... Uhm, cioè, se qualcuno mi potrebbe spiegare come si fanno i biscotti al cioccolato, perché domani avevo in mente di farli, sperando di non provocare qualche incendio alla casa come funzionano gli esami di maturità, dato che io sono una povera primina -Anzi, suvvia, a Settembre una secondina èwè-; cioè, per Axel, ecco. Mi fareste un enorme favore :'D
Ora torniamo alle cazzate.
Cioè, fa un caldo boia D: Diamine, io adesso... Vado al mare, sì! Ecco -w-
Ehm, sì... Ohm... Ho passato questi giorni a cercare di riscrivere -Per la millesima volta, oserei aggiungere- la mia presentazione. E adesso sono finalmente fiera, penso che la lascerò definitivamente così. :'D
Allora, sì, chissenefotte, andiamo avanti.
Sto rispondendo alle e-mail, lentamente, e questa sera credo che terminerò. Spero. Oddio, non mi sono scordata di voi, giuro, non vorrei sembrare una fottuta snob o roba del genere, ma ogni volta succede qualcosa che mi impedisce di rispondere!
Basta. Ho detto abbastanza, adesso me ne posso definitivamente andare.
Alla prossima (;
E. P. R.

 

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Capitolo 16
*** A little brat. ***


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Tutor And Boyfriend.

 

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16. A little brat 

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Si strinse timidamente le spalle e arricciò il naso in una smorfia impacciata. «Grazie ancora.»
Axel rise, scuotendo la folta chioma fiammeggiante, facendo un cenno con la mano. «Se mi ringrazi ancora una volta giuro che ti ammazzo.»
Il biondo in risposta gli lanciò un'occhiataccia, come se non avesse colto l'evidente ironia della sua frase; aprì velocemente la porta del bagno, richiudendola poi dietro di sé.
«Hai già l'accappatoio accanto alla vasca.», gridò per farsi sentire il rosso, voltandosi appena per poi lasciarsi sfuggire un urlo, ritrovandosi lo sguardo insospettito del fratello di fronte a sé.
«Mi una vuoi far prendere un infarto?!», trillò mettendosi una mano sul petto. «Non pensavo che fossi già tornato a casa.»
«Sono venuto un attimo solo per prendere cosa», spiegò il diretto interessato annuendo, lanciando poi una fugace occhiata al bagno, udendo il rumore dell'acqua scorrere. «Chi c'è lì dentro?»
«Un fantasma.», ribattè ironicamente il diciottenne, osservando Reno che aveva alzato istintivamente un soppraciglio, sperando in una risposta più accettabile.
«Roxas.»
«Non avevate litigato?», domandò il maggiore, inclinando il volto su un lato; Axel accennò un largo sorriso a trentadue denti, sottolineando: «Avevamo.»
A quel punto Reno squadrò il fratello da testa a piedi, schiudendo un poco la bocca, per poi richiuderla immediatamente; rimase in silenzio per una decina di secondi e successivamente scoppiò in una grassa risata, appoggiandosi alla parete, faticando a reggersi in piedi.
Axel spalancò le iridi smeraldine, mostrandosi estremamente irritato e allibito al tempo stesso. «Cosa? Che cazzo c'è da ridere?!»
L'altro si sforzò di dare spiegazioni, inutilmente; continuò a ridere per un'altra ventina di secondi ininterrottamente, iniziando perfino a lacrimare.
«Smettila di ridere!»
Reno serrò improvvisamente le labbra; scrutò con estrema attenzione il fratello per poi scoppiare nuovamente a ridere, voltandosi. «Ma ti sei visto? Sembri un pagliaccio!», e, perfino mentre richiuse la porta di casa dietro di sé, ad Axel sembrò ancora di sentire le sue risate rieccheggiare nell'aria.
Il diciottenne così si girò verso l'imponente specchio nel corridoio, deglutendo rumorosamente di fronte al proprio aspetto; gli erano rimaste ancora alcune macchie scure intorno agli occhi e i vestiti, completamente fradici e gocciolanti di acqua, parevano più larghi di quello che erano. Prima di dare un'accurata occhiata ai capelli, si impose di voltare immediatamente lo sguardo, non avendo il coraggio di osservare il loro orribile stato; sospirò con aria rassegnata e tornò ad osservare il bagno, dal quale poi si sentì chiamare di sorpresa. «Axel!»
Sobbalzò un poco e si avvicinò alla porta, appoggiando la mano sulla maniglia. «Sì? C'è qualche problema?»
Passò qualche secondo e temette che forse l'altro non l'aveva sentito, ma, proprio mentre stava per ripetere ciò che aveva detto, udì nuovamente la voce di Roxas, questa volta più imbarazzata. «Ehm... Ecco, non... Non c'è lo shampoo...»
«Oh, che stupido!», il fulvo si tirò una manata sulla fronte e scosse la testa, mentre l'altro dall'interno proseguì: «Se mi potresti dire dov-»
«Arrivo subito!», lo interruppe cinguettando Axel, spalancando in un attimo la porta; il biondo, che nel frattempo si era alzato un poco dalla vasca per cercare il prodotto per capelli, si affrettò ad immergersi nuovamente nell'acqua calda, sentendo le gote imporporarsi immediatamente. «M-Ma che cavolo fai?!»
Il più grande si grattò la testa con aria confusa, accennando poi un sorriso malizioso. «Volevo solo prenderti lo shampoo, primino!»
L'altro sbuffò con il naso, mugugnando qualcosa di incomprensibile tra sé e sé, mentre il diavolo dai capelli fiammeggianti aveva aperto un piccolo cassetto bianco sotto il lavandino, tirandone fuori uno shampoo alla pesca. «Dovresti sentirti onorato di poterlo usare, perché è il mio preferito.», affermò con estrema sicurezza, voltandosi verso il giovane che aveva sollevato il soppraciglio sinistro in un'espressione accigliata; rise, porgendogli così l'oggetto.
«Grazie.», farfugliò il biondo dopo aver afferrato lo shampoo, aprendolo velocemente per poterselo versare sui capelli; socchiuse un occhio con fare concentrato, armeggiando con le mani tra le proprie ciocche dorate. «Hai ragione», disse poi. «ha un odore buonissimo.»
Ma Axel non lo ascoltò minimamente.
I suoi occhi smeraldini erano troppo intenti a concentrarsi sui più piccoli particolari da parte del biondo, come se avesse voluto memorizzare ogni movimento.
Adorava quelle braccia un po' troppo esili ora intente a sfregare lo shampoo tra i capelli del medesimo colore del grano; il suo sguardo si posò poi sulle spalle piccole e tonde, raggiungendo così il collo vellutato che doveva avere sicuramente una pelle tremendamente liscia.
Alzò lentamente gli occhi, scrutando con estrema attenzione le labbra, tremendamente sottili e ros-
«AXEL!»
«Mh?», il diretto interessato si scosse appena, non essendosi minimamente accorto che in realtà era la quarta volta che veniva chiamato.
«La vuoi smettere?!», tuonò il biondo con le guance che assomigliavano a due pomodori maturi.
«Di fare cosa?»
«Di fissarmi, stupido!», replicò aspramente in risposta, incrociando le braccia con fare estremamente irritato e imbarazzato al tempo stesso.
«Non ti stavo fissa-»
«Sì che mi stavi fissando, se no non ti avrei detto di smettere, non credi?!»
Axel sbattè più volte le palpebre, accorgendosi che, effettivamente, non si era nemmeno accorto di aver osservato così insistentemente il giovane. «Perché, ti dava fastidio?»
«Secondo te?!», trillò Roxas ormai sull'orlo di una crisi isterica; afferrò poi lo shampoo, puntandolo verso l'altro presente, schiacciando energeticamente il contenitore fino a spruzzarne il liquido che andò a finire sulla maglia del fulvo.
Quest'ultimo scrutò per qualche secondo la macchia trasparente che si era formata sul tessuto, sperando forse di farla svanire con la forza del pensiero; rialzò poi gli occhi verso il giovane che aveva imbronciato le labbra, immergendo tranquillamente i capelli nell'acqua, mormorando: «Sai, per me, anzi, per tutti suppongo, il bagno è un momento di massima intimità, quindi preferirei appunto rimanere solo, se non ti dispiace.»
Il diavolo dai capelli fiammeggianti strinse di scatto i pugni, ignorandolo involontariamente, sibiliando poi qualche imprecazione a denti stretti. «Ti ho detto che era il mio shampoo preferito!»
«E allora?», chiese retoricamente il biondo, soffiando via qualche bolla di sapone che si era posata sulla sua pelle.
«Come sarebbe a dire 'e allora'?!», sbraitò il fulvo. «Non dovevi sprecarlo in questo modo!», e indicò la macchia sulla propria maglia.
Dal canto suo, Roxas, si limitò ad alzare un poco le spalle nude, mostrandogli poi il contenitore. «Ma tanto adesso è finito.»
Axel spalancò la bocca, shockato. «C-Cosa?»
«E' finito. E' vuoto. Non è rimasto più nulla.», ribadì il concetto l'altro, prendendo un po' d'acqua tra le mani per poi lanciarsela sul volto.
«E adesso come farò a lavarmi i capelli?!», strillò il diciottenne, mettendosi le mani sulla folta chioma ancora bagnata.
«Avrai altri shampoo, no?»
«Non c'entra!», continuò a gridare il più grande. «Cazzo, quello era il mio preferito!»
Roxas dondolò un poco la testa a destra e a sinistra con aria assorta, non curandosi della rabbia dell'altro. «Come sei volgare.»
A quel commento Axel strinse si irritò ulteriormente e si avvicinò velocemente alla vasca, afferrando in un attimo il polso sinistro del biondo, il quale fece cadere la spugna per la sorpresa. «Ti rendi conto che oggi hai già commesso tre peccati? Hai rovinato i miei capelli, hai fatto colare il mio trucco e hai finito il mio shampoo preferito!»
Il giovane dalle iridi blu voltò lo sguardo altrove, sentendo le gote arrossarsi improvvisamente mentre mugugnava qualcosa come 'Lasciami andare' e 'Allontanati'.
Il fulvo accennò una risata sinistra, scuotendo lentamente la testa. «Prima dovrai scusarti per i tuoi peccati.»
Roxas sbuffò con il naso, cercando di spostare un poco il braccio, senza risultati. «Seh, certo, peccati. Non ho mica ucciso qualcuno.»
«Questo lo dici tu, primino.», cinguettò allegramente il rosso con un sorriso sghembo dipinto sul volto; successivamente serrò le labbra, osservando intensamente gli occhi blu del ragazzo che aveva il volto in fiamme a causa dell'imbarazzo. Con l'altra mano gli afferrò poi dolcemente il mento, avvicinando lentamente il proprio volto al suo.
Sospirò appena e fece per socchiudere gli occhi, quando fu costretto invece a sgranarli, sentendo il sordo rumore di uno schiaffo sulla propria guancia; si allontanò di scatto a bocca spalancata, lasciando immediatamente la presa sul polso del giovane.
«Ma sei scemo?!», tuonò dopo essersi ripreso dallo shock, appoggiando una mano sulla guancia arrossata. «Mi hai fatto male, cazzo!»
Successivamente si irrigidì, notando il volto un poco tremante del biondo e accorgendosi che, effettivamente, forse era stato piuttosto sfacciato. «Roxas, no, non pensare ma-»
«ESCI IMMEDIATAMENTE DA QUI!», all'urlo del giovane sobbalzò, affrettandosi a raggiungere la porta per abbandonare il bagno.

 


In fondo se lo era meritato.
Sbuffò per la terza volta e spalancò la porta di legno, stringendosi meglio l'asciugamano bianco alla vita, avviandosi poi verso il soggiorno; vi lanciò una fugace occhiata e notò che non c'era nessuno.
Andò in cucina e, dopo aver ottenuto lo stesso risultato, decise così di raggiungere la propria camera, tirando un sospiro di sollievo alla vista del giovane ragazzo seduto sul letto.
«Temevo te ne fossi andato.», ammise con un largo sorriso, sedendosi accanto a lui; quest'ultimo invece si allontanò un poco, voltando lo sguardo altrove.
«E dove vuoi che vada in accappatoio?»
Axel rise. «Comunque, per prima...», ma venne immediatamente interrotto dalla fioca voce del biondo. «Non importa. Anzi, forse ho esagerato con lo schiaffo.»
Il fulvo scosse la testa, senza smettere di sorridere. «Nah, non preoccuparti.», e, dopo aver detto ciò, abbassò le iridi smeraldine verso i lacci bianchi dell'accappatoio; allungò le mani e li afferrò saldamente, stringendoli meglio alla vita del biondo.
Non riusciva proprio ad evitare ogni tipo di contatto con quel ragazzino. Era più forte di lui.
«Ecco, così sei sicuro che non ti scivoli.», spiegò poi rivolgendo un largo sorriso al giovane che arrossì per l'ennesima volta, alzandosi velocemente e balbettando un impacciato 'Grazie'.
Si voltò poi ad osservare la piccola finestra aperta che mostrava una splendida vista davanti al mare; socchiuse appena gli occhi, lasciando che la lieve brezza serale gli accarezzasse i capelli dorati.
«Sai», iniziò improvvisamente il fulvo, «hai proprio un bel caratterino, eh.»
«Che cosa intendi dire con questo?», Roxas sollevò un soppraciglio, osservandolo di sottecchi.
L'altro accennò una mezza risata prima di rispondere. «Che oggi ho scoperto che sei anche una piccola peste.»
Il giovane dagli occhi blu cobalto arricciò le labbra in una smorfia contrariata, schioccando la lingua in segno di dissenso. «Non è vero.»
Axel si alzò ridendo e gli si avvicinò, scompigliandogli poi giocosamente i capelli dorati con fare paterno. «E invece sì, piccoletto.»
«Non mi chiamare così!», replicò il quindicenne spostandogli il braccio, infastidito.
«Allora preferisci essere chiamato primino?», lo prese allegramente in giro il fulvo, accennando l'ennesimo sorriso; Roxas sbuffò, tornando ad osservare la finestra. «Sempre meglio di piccoletto.»
«Vada allora per primino.», concluse ridacchiando il diciottenne, avviandosi poi verso l'armadio; afferrò un paio di boxer neri e dei jeans scuri.
Nel frattempo il biondo tornò ad osservarlo e notò che proprio in quel momento aveva lasciato scivolare l'asciugamano lungo il pavimento; soffocò a fatica un urlo, mettendosi velocemente le mani sul volto. «A-AXEL! Ma si può sapere che fai?!»
«Uh?», il diretto interessato voltò istintivamente le iridi smeraldine, notando le gote arrossate del giovane. «E adesso che c'è?»
«Dovevi dirmelo che ti stavi per cambiare!», trillò Roxas impacciatamente, stringendosi istintivamente le spalle.
Il diciottenne sbattè più volte le palpebre, perplesso e divertito al tempo stesso; scoppiò poi in una fragorosa risata e si infilò lentamente i boxer. «Al contrario tuo, io non mi vergogno affatto. Anzi.», e, dopo aver detto ciò con un sorriso malizioso dipinto sul volto, si avvicinò nuovamente al biondo, costringendolo a scostarsi le mani dal volto.
«Andiamo Roxas, non fare il timido!», lo incitò osservandolo intensamente, sghignazzando alla vista delle sue guance colorarsi di un rosso acceso; successivamente si allontanò, chinandosi per prendere i jeans lasciati sul pavimento.
Intanto il più giovane abbassò un poco le iridi blu, sentendosi terribilmente a disagio e imbarazzato di fronte a quella situazione; nonostante ciò, lanciò un'occhiata più accurata al petto nudo del fulvo per pura e semplice curiosità.
E a quel punto sentì il volto andare veramente a fuoco; appoggiò nuovamente le mani sulle guance, quasi volesse cancellare il rossore in qualche modo per evitare un futuro incendio sulla propria pelle. Il fatto è che era rimasto piacevolmente sorpreso dai muscoli scolpiti del diciottenne; doveva ammetterlo, aveva senza alcun dubbio un bel corpo. Anzi, bellissimo.
Si chiese se non fosse il frutto di faticose ore in palestra, anche se Axel sembrava un tipo estremamente pigro.
«Spero che non ti dispiaccia se resto così.», sentì improvvisamente mormorare dal fulvo; spostò le mani dal volto e notò che ora l'altro si stava legando i capelli bagnati in una coda ed era ancora a petto nudo. «E' che fa molto caldo.»
«N-No, fai pure...», borbottò impacciatamente il giovane in risposta, ritornando ad osservare il pavimento, sperando che non si accorgesse del proprio imbarazzo; Axel nel frattempo si girò nuovamente verso l'armadio. «Ho messo i tuoi vestiti ad asciugare, così ti presto qualcosa di mio, anche se ti starà sicuramente un po' largo.»
Roxas si limitò ad annuire, mentre il rosso tirò fuori un pigiama a pois rosso e bianco con un largo sorriso a trentadue denti. «Sei proprio fortunato, primino. Questo pigiama l'ho indossavo quando avevo sedici anni, quindi ti dovrebbe andare meglio degli altri.», e, dopo aver detto ciò, lo lanciò verso il biondo che lo afferrò al volo, guardandolo con aria stranita. «Pigiama?», ripetè, perplesso.
Axel richiuse le ante dell'armadio e sollevò istintivamente un soppraciglio. «Cos'è, per caso non hai mai visto un pigiama in tutta la tua vita?»
Roxas gli lanciò un'occhiataccia e sibilò qualche insulto a denti stretti prima di rispondere aspramente. «Secondo te come diamine faccio a tornare a casa con un pigiama addosso?»
Il diavolo dalle punte fiammeggianti sbattè più volte le palpebre per poi scoppiare a ridere, infilandosi una mano tra i capelli legati. «Non ti faccio mica tornare a casa.»
«C-Cosa?», balbettò confuso e irritato il giovane, osservando il pigiama tra le mani. «Si può sapere perché?! Sono quasi le sette e a mia madre sarà già venuto un infarto!»
«Allora dille che rimarrai a dormire da me questa notte.», affermò tranquillamente il più grande, aprendo la porta della stanza e facendo cenno all'altro di seguirlo. «Adesso forza, cambiati.»
Il giovane dalle iridi blu cobalto spalancò un poco la bocca, assumendo poi un'espressione estremamente scocciata. «Ti ho detto che devo tornare a casa.»
«E io ti ho detto di cambiarti.»
Roxas sbuffò e gli fece cenno di voltarsi prima di slegarsi impacciatamente l'accappatoio.




«Si può sapere dove sei stato tutto questo tempo?! Esigo delle spiegazioni, signorino Key!»
Deglutì rumorosamente, allontanando un poco il cellulare per evitare di perdere l'udito; detestava quando sua madre lo chiamava per cognonome perché lo faceva solo quando che era molto infuriata.
Molto, molto infuriata.
«Ecco, mamma, io...», iniziò, per essere poi immediatamente interrotto dalla squillante voce della donna:
«Stavo per chiamare i carabinieri, lo sai?! Temevo ti avessero rapito, se non peggio!», continuò a strillare, mentre Roxas sospirò nuovamente. «Mamma, ti prego, calmati, sono ancora vivo.»
«Magari questa sera avrebbero mandato la tua foto su 'Chi l'ha visto'.», Axel sghignazzò beatamente, seduto sul divano, facendo zapping con il telecomando, ottenendo un'occhiataccia dal biondo. «Stai zitto.»
«Cosa?!», tuonò la madre dall'altro capo del cellulare.
«No, mamma, non stavo parlando con te.», spiegò pazientemente il giovane, massaggiandosi le tempie. «Stavo parlando con Ax-», si bloccò improvvisamente, mordendosi la lingua.
La donna corrugò la fronte. «Con chi stavi parlando?»
«E-Ehm», iniziò a balbettare il figlio, mordendosi furiosamente il labbro inferiore, «c-con un mio compagno di classe. E-Ecco, oggi resterò a dormire a casa sua.»
«Un tuo compagno di classe?», la madre sembrò improvvisamente sollevata e, infatti, sospirò. «Oh, finalmente il mio piccolo ha fatto nuove conoscenze! E dimmi, come si chiama?»
Roxas cercò di sorvolare sul suo dannato appellativo e si irrigidì alla domanda. «E-Ehm, si chiama... Si chiama... Oh, m-mamma, scusa, devo andare, altrimenti spenderò troppi soldi! A domani, ciao!», e chiuse frettolosamente la chiamata, mettendosi una mano sul petto.
Udì una risatina e si voltò verso l'altro presente che nel frattempo si era sdraiato a pancia in giù sul divano. «Devo stare davvero antipatico a tua madre, eh.»

«A quanto pare.», farfugliò il primino sistemandosi la manica della maglia un po' troppo lunga per le sue braccia.
«Comunque stai bene con il mio pigiama.», commentò improvvisamente il fulvo con un ghigno sinistro dipinto sul volto; Roxas si limitò ad arricciare il naso in risposta, brontolando qualcosa tra sé e sé.
Axel sbadigliò, appoggiando il volto sul cuscino. «Mi fa male la schiena.»
«Stai invecchiando.», commentò ironicamente il più piccolo, lanciando una fugace occhiata al televisore acceso.
«Ehi, attento a come parli, primino.», il tutor accennò un sorrisetto sghembo, per poi continuare. «Mi servirebbe un bel massaggio.»
Roxas roteò lo sguardo da una parte all'altra del soggiorno. «Sì, poverino, avrai lavorato così tanto.»
L'altro ignorò il suo commentò sarcastico e si illuminò, lasciando trapelare sul proprio volto un sorriso sinistro. «Sbaglio o tu ami curare le piante?»
Il biondo sbattè più volte le palpebre, perplesso di fronte all'improvvisa domanda. «Sì, perché?»
«Allora devi essere molto bravo con il massaggio.», affermò con sicurezza il rosso, socchiudendo gli occhi.
«Eh?»
Axel rise. «E' ovvio. Sei abituato a tastare il terreno e roba del genere, quindi sai come muovere le mani.»
«Questa minchiata da dove ti è uscita?», chiese aspramente il giovane dalle iridi blu, assumendo un'espressione accigliata e facendo ridere nuovamente il suo interlocutore. «Dai, Roxas, che cosa ti costa? Voglio solo che mi fai un bel massaggio.»
«Arrangiati.», replicò con acidità il più piccolo, sbuffando.
Il fulvo grugnì qualcosa. «Suvvia, io ti ho fatto usare la mia doccia.»
Roxas corrugò la fronte, rimanendo in silenzio per una decina di secondi con aria pensierosa; alla fine sospirò con fare arrendevole, avvicinandosi lentamente al diciottenne che si lasciò sfuggire un sorriso soddisfatto.
«Sali sulle mie gambe.», a quell'ordine il biondo si sentì immediatamente avvampare. «C-Cosa?»
«Sali sulle mie gambe, forza. Tanto sei leggero.», il primino appoggiò così impacciatamente una mano sul divano e salì goffamente sul corpo dell'altro, aggrappandosi con l'altra mano sulla schiena del rosso.
«A-Axel», lo chiamò improvvisamente, «sei proprio sicuro ch-»
«Stai tranquillo», si affrettò ad interromperlo il tutor, continuando a sorridere. «non mi fai male, te lo posso garantire. Pesi quanto una piuma.»
Il biondo si strinse timidamente le spalle e allargò le gambe, appoggiandole all'esterno di quelle del compagno; successivamente allungò le mani, facendole aderire contro la sua schiena, sussultando non appena si accorse del calore che emanava la pelle del più grande.
In realtà, adesso che ci pensava, non aveva mai fatto il massaggio in vita sua; forse giusto una volta per un paio di minuti a suo padre, quando aveva sette anni.
Anche se, effettivamente, non aveva fatto granchè, tranne peggiorare il dolore alla schiena dell'uomo, ovvio.
Iniziò lentamente a sfregare le dita lungo la pelle del diciottenne, sentendosi immediatamente avvampare; era terribilmente imbarazzante per lui avere un contatto del genere con qualcuno.
Udì alcuni mugugni sommessi del fulvo e poi la sua voce espandersi nella stanza: «Mmmh... Cosa ti avevo detto? Sei bravissimo.», a quelle parole abbassò un poco le iridi blu, ancora più imbarazzato, continuando a passare le mani sulla sua schiena.
«Grazie, credo...», mugugnò a fior di labbra il quindicenne, allontanando poi un poco le braccia dal corpo dell'altro che assunse un'espressione contrariata. «Mh, Roxas...»
A quel richiamo il diretto interessato tornò ad appoggiare le mani sulla schiena del rosso, facendole scorrere ripetutamente lungo la sua pelle con imbarazzo; non che Roxas fosse un esperto nel massaggio, ma forse ciò che più rilassava ed emozionava Axel era sentire le morbide mani del giovane sul proprio corpo.
Il ragazzo dai capelli scarlatti sospirò con una vaga nota erotica nella voce, chiudendo le palpebre e rilassandosi completamente; il primino riprese a muovere automaticamente le dita, schiacciandole e sfregandole delicatamente sulla schiena, liberandola da diverse tensioni accumulate probabilmente dalla pesante giornata.
Axel pensò che sarebbe potuto rimanere in quella beautiduine per sempre.
«Oh, scusa.», mormorò debolmente il giovane dalle iridi blu, sentendo il leggero scricchiolio dei nervi che si stavano lentamente liberando. «Ti... Ti ho fatto male?»
Il fulvo riaprì un occhio di malavoglia, scuotendo debolmente la testa. «Mmh... No, vai avanti.», a quell'incitazione il più piccolo fece risalire le mani lungo le spalle dell'altro, riprendendo a sciogliere altre tensioni e rilassando ulteriormente il rosso che stava iniziando a farsi prendere seriamente dal sonno, quando il telefono squillò improvvisamente, rompendo il silenzio che si era creato.
Roxas allontanò timidamente le braccia dal corpo del compagno. «Aspetta, mi sposto, così puoi rispondere.»
«No, no, no», cominciò immediatamente a lagnarsi il tutor, «chissenefotte, lascialo squillare.»
Il biondo soffocò una mezza risata e scosse la testa con aria rimprovera, scendendo dal divano; Axel sibilò qualche imprecazione a denti stretti, mettendosi faticosamente a sedere per poi allungare la mano verso il comodino, sollevando la cornetta del telefono. «Pronto?», sputò così con rabbia.
«Salve, la chiamo dal servizio del-»
«Vaffanculo!», tuonò interrompendo la voce della donna, sbattendo rumorosamente il telefono al proprio posto prima di incrociare le braccia, imprecando ripetutamente a denti stretti. «Maledetti rompicoglioni.»
L'altro presente sbattè più volte le palpebre con aria piuttosto confusa, inclinando il volto su un lato, mentre il fulvo proseguì: «Hanno rovinato un momento perfetto, cazzo, fottutamente perfetto!», successivamente rimase in silenzio per qualche secondo, tornando ad osservare il biondo con un sorrisetto malizioso dipinto sul volto. «Non è che riprenderesti a farmi il massaggio?»
«No.», fece apaticamente il diretto interessato, cercando di nascondere le gote lievemente imporporate.
«'Fanculo.»
E riprese ad imprecare a gran voce.
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*Note dell'autrice* -Degne di una certa importanza, questa volta. Quindi vi prego di leggere.-
Bùbù setètè!

Okey, no. Passiamo prima alla brutta notizia degna di una certa importanza. *Fissa il vuoto*
Allora, ehm... Ahimè, il mio computer fa schifo. E' vecchio, molto vecchio. -Ci credete se vi dico che ce l'ho da otto anni? °-°- e di conseguenza è terribilmente lento. Da far schifo. Non per nulla ha ricevuto un sacco di pugni da parte mia, ma tralasciamo.
Ecco, quindi in questi giorni-, credo -E ripeto, credo- che manderò il motore a 'rinnovarsi', sperando di non cambiare direttamente tutto il computer. Ciò che mi affligge è di perdere tutte le mie storie -E oggi pomeriggio mi impegnerò a stamparle tutte, non si sa mai. Credo che mi suiciderei se dovesse succedere una cosa del genere, e non sto scherzando.-, ma non è di questo che volevo parlarvi.
Allora, ehm... Il fatto è che non so esattamente quanto ci vorrà per riavere indietro il motore. Dio, proprio non lo so.
Insomma, tutti questi giri di parole per dirvi che non sono esattamente sicura di poter postare il capitolo successivo entro determinati giorni. E questo mi spaventa a morte, cazzo.
Pregate per me, per il mio computer, per le mie storie che non andranno perdute e per Axel, che superi i suoi fottuti esami.
Poi boh, magari ci impigherà una settimana e amen. Speriamo, speriamo, speriamo. Perché, è strano, ma preferisco scrivere al computer che a mano, talvolta.
Insomma, boh... Se vedete che le mie storie non vanno avanti, avete capito il motivo. Questo capitolo l'ho scritto ieri e oggi, ma ero indecisa se postarlo o se postare il capitolo successivo di 'Months Of Life', il quale, tra l'altro, era già pronto. -Ma comunque lo posterò domani- Però amen, ho preferito postare questa storia e buona notte.
Che dirvi, boh... I due si stanno avvicinando sempre di più, e chissà cosa succederà, è_é
La parte del massaggio ce l'avevo in mente da molto tempo, e sono lieta di essere finalmente riuscita a scriverla ;A; Non appena terminerò 'Months Of Life', so già che storia successiva pubblicare. <3 *Scuoricina (?)* Anche se non c'è niente da scuoricinare, dato che sarà un bel dramma. <3
Va bene, basta. Allora, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e, please, please, please, please, vi prego di recensire. Oh, e ringrazio inoltre tutti coloro che mi hanno aggiunta tra gli autori preferiti.
Adesso vado a fare un bel pisolino, dato che sono stanca morta. Questa mattina alle 07.30 il mio compagno di classe mi ha chiamata -rincoglionendomi del tutto, tra l'altro- per chiedermi una stronzata.
Ma dico io... COME CAVOLO FAI A CHIAMARE A QUEST'ORA DEL MATTINO, DURANTE L'ESTATE?!
Okey, basta, fine.
I am very sad.
Ricordate, gente; pregate, pregate per me e per la storia ;___;
Alla prossima.
Spero.
D:
E.P.R.

 

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Capitolo 17
*** Hot feelings. ***


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Tutor And Boyfriend.

 

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17. Hot feelings 

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Axel aveva passato praticamente il resto dei trenta minuti ad imprecare e a borbottare tra sé e sé insulti contro quelle fottute compagnie telefoniche del cazzo, tirando fuori addirittura un accendino dalle tasche -Il che aveva scandalizzato a morte Roxas- e minacciando così di bruciare la casa o qualsiasi cosa che gli sarebbe capitata a tiro; al contrario, il biondo, che tentava faticosamente di non mostrarsi perplesso della sanità mentale dell'altro, beveva tranquillamente il suo succo di frutta alla pesca, cercando di capire che cosa ci trovava di bello la gente nel guardare la televisione.
«Allora», iniziò il proprietario della casa dopo essersi finalmente calmato con un largo sorriso stampato sul volto, «che cosa vuoi per cena, primino?»
La cena. Giusto.
Il giovane dalle iridi blu osservò con la coda dell'occhio la cucina dietro di sé; sbattè più volte le palpebre, chiedendosi come facessero i due ragazzi a prepararsi da mangiare senza una figura femminile presente in casa.
Beh, in fondo non serviva per forza una donna per cucinare, pensò. Lui, nonostante fosse un ragazzo, se la cavava bene con il cibo e aveva sempre ricevuto parecchi complimenti per le sue doti culinarie.
Schiacciò il contenitore del succo e lo appoggiò sul tavolo di fronte a sé. «Non lo so, per me è uguale.»
Il sorriso del fulvo si allargò ulteriormente e si avviò così in cucina, riprendendo la parola. «Oggi Reno tornerà tardi, quindi dovrò cucinare io. Non preoccuparti, sono un genio a preparare da mangiare!»
Roxas non disse nulla e si limitò a fare un cenno affermativo con la testa; afferrò poi il telecomando e iniziò a fare zapping per qualche minuto, fermandosi solamente quando vide qualcosa di giallo con le gambe muoversi frettolosamente.
Corrugò la fronte, piuttosto perplesso. «Axel!», chiamò improvvisamente, sentendo poi i passi pesanti dell'altro che lo raggiunse immediatamente. «Sì?», cinguettò allegramente; il biondo indicò la televisione prima di iniziare a parlare. «Perché c'è un formaggio che cammina e che parla?»
Axel seguì l'indice dell'altro e scrutò con estrema attenzione le figure colorate che venivano mostrate; successivamente si illuminò e accennò una risata estremamente divertita. «Non è un formaggio, Roxas. E' una spugna. Infatti si chiama Spongebob.», spiegò sorridendo.
«E cosa c'entra che si chiama Spongebob?», chiese apaticamente il più piccolo, incrociando le braccia con lo sguardo fisso sul televisore.
Il diciottenne si grattò la folta chioma rossa, assumendo un'espressione pensierosa. «Beh, perché il nome Spongebob assomiglia alla parola spugna, non ti pare?»
«Non è vero.», replicò il biondo, sbattendo più volte le palpebre. «Spongebob non assomiglia a spugna.»
Axel si sforzò di accennare l'ennesimo sorriso. «Sì invece. Le prime due lettere sono uguali. S. P. O. N. G. E. B-», ma venne immediatamente interrotto dall'altro. «Va bene, va bene. Ho capito. Non ho bisogno dello spelling.», e tornò ad osservare con estrema attenzione il cartone animato; il tutor sospirò pesantemente, tornando in cucina.
Roxas si sedette più comodamente sul morbido divano, prendendo il cuscino blu accanto a sé per poi stringerselo al petto, com'era di sua abitudine fare; ridusse gli occhi a due fessure non appena notò la presenza di un nuovo personaggio. «Axel!», chiamò poi a gran voce; udì nuovamente dei veloci passi e dalla soglia della porta apparve il volto accigliato del fulvo. «Dimmi, primino.», sibilò a denti stretti, cercando però di continuare a sorridere stupidamente.
«Che cos'è questo?», domandò il quindicenne, indicando una figura rosa dall'aria idiota. «Non ha senso. Insomma, già non ha senso che ci sia una spugna che parla e che cammina... Ma questo coso rosa che cos'è, si può sapere?»
«E' Patrick.», tagliò corto il diavolo dai capelli fiammeggianti, facendo per tornare a cucinare, quando la voce dell'altro tornò a farsi sentire. «Quello è il suo nome; io voglio sapere che cos'è.»
«E' una stella marina, dannazione!», tuonò Axel, sperando di essere lasciato in pace; rimase in silenzio per qualche secondo, accorgendosi che Roxas aveva smesso finalmente di chiedere domande stupide, quando quest'ultimo riprese la parola. «Ma com'è possibile che abbiano acceso il fuoco sott'acqua?»
Il fulvo si tirò una manata in faccia, ringhiando qualche parolaccia a denti stretti. «E' un cartone animato, Roxas: niente ha senso!»
Silenzio. Questa volta sembrò durare e Axel, borbottando qualcosa di incomprensibile tra sé e sé, si recò per l'ennesima volta in cucina.
Il più piccolo strinse ulteriormente il cuscino contro il proprio petto, mantenendo la massima concentrazione sulla televisione; da bambino non aveva visto molti cartoni animati perché non gli erano mai piaciuti più di tanto. Aveva trovato invece più interessante giocare fuori o farsi raccontare le favole da suo padre.
Per questo era seriamente perplesso dall'ammasso di idiozie che gli si presentarono davanti.
Dopo neanche due minuti schiuse un poco le labbra. «Axel!»
Il tutor tirò con violenza il cucchiaio che teneva in mano sul tavolo, avviandosi in soggiorno con lo sguardo in fiamme per l'ira, sputando un: «Che cazzo c'è ancora?!»
Il biondo sbattè più volte le palpebre, rimanendo in silenzio per darsi il tempo di formulare mentalmente la domanda; successivamente inclinò il volto su un lato, allungando l'indice. «Quello è un granchio, vero?»
Axel annuì, massaggiandosi le tempie con aria spossata. «Sì, e allora?»
«E quella è una balena, giusto?», domandò poi, mantenendo le iridi blu puntate sul televisore e ottenendo un altro cenno positivo con il capo da parte dell'altro.
«Come fa una balena ad essere figlia di un granchio?», il diavolo dai capelli fiammeggianti si tirò una manata sul volto, cercando in ogni modo di non scoppiare, senza ottenere però grandi risultati. «Che cazzo vuoi che ne sappia io?!»
Un altro breve silenzio. Lo sguardo perso del biondo e poi di nuovo la sua voce che si spargeva nell'aria: «Non sei costretto a saperlo. Il fatto è che hai la faccia di uno di quelli che guarda questi cartoni pieni di coglionate.»
Il tutor serrò istintivamente i pugni, posizionandosi di fronte al televisore con uno sguardo a dir poco infuriato; Roxas non fece una piega e si limitò a dondolare un poco la testa, cercando di continuare a seguire il cartone.
«Era una sottospecie di insulto o sbaglio?», domandò minacciosamente il più grande, incrociando le braccia.
Il quindicenne si scrollò le spalle con indifferenza. «Una sottospecie.», ripetè poi con la solita apatia; alzò poi un poco gli occhi, incrociando quelle smeraldine del compagno che sembrava essersi ulteriormente irritato. «Axel», lo chiamò dopo per l'ennesima volta. «se non ti togli io non riesco a ved-», ma non fece in tempo a terminare la frase che qualcosa lo bloccò improvvisamente.
E per l'esattezza quel qualcosa erano le labbra di Axel.
Se il rosso fino a qualche ora fa era rimasto stupito per l'agilità di Roxas, adesso la situazione si era praticamente capovolta; il giovane studente, con le gote già arrossate, aveva sgranato le iridi blu cobalto, non riuscendo più a udire altro che il battito del proprio cuore, il quale era diventato irregolare e incontrollabile.
Sentì l'odore del tutor mescolarsi al proprio; notò solo in quel momento che aveva un profumo intenso, forte e buono. Tremendamente buono.
E le labbra di Axel. Avevano un sapore strano, indescrivibile. L'unica cosa di cui era certo è che erano calde, caldissime. Emanavano calore, come un fuoco perennemente acceso.
Provò un'enorme quantità di sensazioni contemporaneamente; c'era tanta, tantissima energia in quei pochi secondi che gli parvero davvero un'eternità.
Il diciottenne sospirò sulla bocca del giovane e quelle labbra sottili furono come un calmante contro la sua rabbia; socchiuse un poco le palpebre e con l'indice sfiorò la morbida guancia dell'altro.
Tirò un poco il labbro inferiore del biondo con i denti e poi si impose di allontanarsi per evitare di farsi prendere nuovamente da quella magnifica droga; riaprì del tutto le iridi verdi, scrutando con estrema attenzione il volto scandalizzato e impaurito del più piccolo che stava perfino tremando appena.
«Almeno adesso starai zitto.», osservò ghignando il diavolo dai capelli fiammeggianti, lasciando solo l'altro nel piccolo soggiorno; Roxas rimase immobile per lunghi, lunghissimi secondi ad osservare un punto perso di fronte a sé.
Era una sensazione strana. Gli parve di galleggiare nel nulla ed era come se non ci fosse più niente di importante; solamente quel piccolo e caldo contatto che aveva avuto con Axel. Era quella l'unica cosa che contava.
Abbassò timidamente gli occhi e si tastò le labbra con le dita, quasi fosse alla ricerca di una prova concreta di ciò che aveva appena vissuto; udì il martellare incessante del proprio cuore che sembrò non volersi calmare in alcun modo, insieme allo stomaco ancora sottosopra.
Si alzò nonostante le gambe tremassero un poco e si diresse di fronte al piccolo specchio appeso al muro del corridoio, cercando di non avvicinarsi alla cucina e di ignorare la voce del diciottenne che stava canticchiando qualcosa di incomprensibile; si toccò impacciatamente le guance, accorgendosi che esse erano terribilmente rosse e accaldate. Era come se avessero rubato un po' del colore dei capelli di Axel.
Quel pensiero lo fece arrossire ulteriormente e scosse la testa, cercando di riprendere il controllo di sé; insomma, non era successo nulla.
Nulla. Niente di niente.
In fondo aveva già ricevuto un bacio, qualche anno prima. Esattamente da Riku: avevano iniziato a fare il gioco della bottiglia insieme ad altri ragazzi e ragazze, quando la bottiglia si era fermata improvvisamente di fronte a lui. In quel momento aveva sentito il cuore salirgli in gola.
Ma era stato un bacio fugace, un tocco appena percettibile tra due labbra perché il biondo si era immediatamente ritratto, scuotendo la testa prima di alzarsi e andarsene velocemente, dicendo che aveva un impegno molto importante da svolgere.
Adesso era stato diverso. Molto diverso.
Axel lo aveva baciato, ma non era quello il problema.
Il fatto è che a lui era piaciuto. Anche troppo.




Era stato un impulso più forte di lui; si era lasciato comandare dall'istinto, come faceva sempre quando era particolarmente arrabbiato.
Ma non si era pentito di ciò che aveva fatto, anzi: si congratulò addirittura con se stesso. Insomma, in fondo non aveva fatto nulla di male.
Più o meno. Si sporse un poco dalla soglia della cucina e notò che il giovane ospite era nuovamente rannicchiato sul divano con le gambe strette al petto e il volto seminascosto tra le ginocchia.
Probabilmente lo aveva scandalizzato con quel gesto così improvviso e inaspettato: il fatto è che aveva desiderato farlo da così tanto tempo...
Non sapeva esattamente il perché. O forse lo sapeva, ma non voleva ancora ammetterlo a se stesso.
Sospirò e appoggiò il piatto sul tavolo con aria assorta; in realtà l'unica cosa a cui stava pensando era la bocca di Roxas. Quelle bellissime labbra, così morbide, lisce e sottili.
Si infilò una mano tra i folti capelli rossi e osservò il piatto che stava iniziando a raffreddarsi. «Roxaaas!», tuonò così immediatamente, sbattendo poi il piede sul pavimento a piastrelle in attesa di una risposta dal diretto interessato.
«Roxas!», chiamò nuovamente dopo una decina di secondi passati nel silenzio più totale; udì finalmente dei passi appena percettibili e accennò un largo sorriso alla vista del giovane dai capelli dorati, il quale cercava di guardare tutto tranne che lui.
Si chiese se doveva parlare di ciò che aveva fatto poco prima; a quel pensiero scosse la testa, trovandola un'idea piuttosto stupida che, molto probabilmente, non avrebbe fatto altro che aumentare l'imbarazzo già piuttosto evidente nel quindicenne.
«Siediti pure; ci ho messo un po' a prepararti la cena, ma alla fine ce l'ho fatta, è questo l'importante, no?», domandò retoricamente, facendo finta che non fosse successo nulla; Roxas annuì un poco, farfugliando un impacciato 'grazie' prima di sedersi di fronte al tavolo, alzando finalmente le iridi blu verso il piatto prima di sbiancare di colpo.
«Cosa?», chiese il fulvo, notando l'espressione del biondo. «Qualcosa non va?»
Lo studente deglutì rumorosamente, mantenendo lo sguardo fisso sulla sua suddetta 'cena'. «Ehm... Quindi... Quindi l'hai preparato tu?», domandò poi stupidamente, sbattendo più volte le palpebre.
«Ma certo! Sono o non sono un gran cuoco?», Axel sorrise allegramente, mettendosi le mani sui fianchi. «Appena l'avrai assaggiato, sono sicuro che mi riempirai di complimenti.», e, dopo aver detto ciò, si infilò nuovamente una mano tra i capelli scarlatti; l'altro dal canto suo ridusse gli occhi a due fessure, scrutando con orrore quelli che sarebbero dovuti essere dei semplici spaghetti al pomodoro.
Il fatto è che avevano l'aria tutt'altro che commestibile; oltre a possedere un colorito piuttosto ripugnante, emanavano uno strano odore. Roxas pensò che, molto probabilmente, Axel voleva mandare quella sottospecie di piatto ad un film dell'orrore: avrebbe sicuramente spaventato tutti gli spettatori. «Ehm...», iniziò poi con fare titubante. «Ecco, io veramente non ho molta fame...»
Il volto del rosso si incupì immediatamente. «Ma come? Quando ti ho chiesto che cosa volevi per cena sembravi piuttosto affamato!»
«Infatti prima lo ero.», borbottò il biondo tra sé e sé; purtroppo il diciottenne lo sentì e assunse un'espressione minacciosa. «Che cosa intendi dire con questo?»
«Niente, niente!», si affrettò a rispondere Roxas, scuotendo energeticamente la testa.
«Non dire cazzate.», lo ammonì il più grande, incrociando le braccia. «Vuoi forse dire che le mie doti culinarie non ti soddisfano?»
«Doti culinarie?», ripetè il giovane facendo finta di tossire rumorosamente. «Axel, andiamo. Quella roba non si avvicina neanche lontanamente a qualcosa di commestibile.»
Il tutor lanciò lo straccio che teneva poco prima in mano sul pavimento, avvicinandosi pericolosamente al volto del compagno. «Vuoi dire che faccio schifo a cucinare?»
Roxas tentò faticosamente di non fare una piega, mantenendo lo sguardo fisso negli occhi dell'altro. «Se proprio devo essere sincero, oserei dire che sei una merda totale a cucinare, Axel.»
Il diretto interessato grugnì qualcosa di incomprensibile a denti stretti; successivamente sbuffò con il naso prima di appoggiare la propria fronte su quella dell'altro con un lieve ghigno stampato sul volto. «Sei proprio un bel maleducato, eh.», commentò dopo qualche secondo, soffiando un poco sul volto del quindicenne che si sentì immediatamente avvampare all'estrema vicinanza.
«Essere sinceri non è la stessa cosa di essere maleducati.», farfugliò in risposta, scrollandosi le spalle. «Io ti ho solo detto ciò che penso.»
«Quindi», riprese a parlare il tutor, afferrando una ciocca di capelli dorata del giovane, divertendosi ad arricciarla tra le dita con aria ambigua. «tu vuoi che una persona ti dica sempre ciò che pensa?»
Il quindicenne si irrigidì del tutto sulla sedia, udendo improvvisamente il battito accellerato del proprio cuore. «Non saprei.», bisbigliò a fior di labbra, facendosi a malapena capire dal diciottenne, il quale infatti inclinò il volto su un lato, estremamente divertito dall'imbarazzo del ragazzo.
Lo aveva sempre messo a disagio l'estrema vicinanza della gente; gli faceva venire l'ansia, una tremenda ansia.
Eppure in quel momento non riuscì proprio a parlare; tentò più volte di schiudere le labbra per chiedere all'altro di spostarsi, senza ottenere però risultati concreti. La voce gli si bloccava in gola, come un fastidiosissimo groppo.
E Axel non aiutava affatto con quel ghigno perennemente stampato sulla faccia.
Il più grande infilò improvvisamente il volto tra i ciuffi dorati del più giovane, sospirando appena. «Hai un buonissimo profumo.»
Roxas storse timidamente il naso, sforzandosi in ogni modo di parlare nonostante la voce terribilmente tremante. «E' il tuo shampoo preferito, ricordi?»
Il tutor rise. «Lo so.», sussurrò lasciando un flebile bacio sulla nuca del compagno che sussultò. «Ma io non stavo parlando del mio shampoo, ma del tuo profumo, Roxas.»
Il biondo venne scosso da un'improvvisa scarica lungo il corpo e sentì il proprio stomaco fare un salto; balbettò qualcosa di incomprensibile e si accorse che il cuore gli faceva male da quanto forte stava battendo.
«Forse è anche il profumo più delizioso che io abbia mai sentito.», proseguì improvvisamente il ragazzo dalle punte scarlatte, iniziando a strofinare un dito sulla guancia del primino, facendolo poi scorrere sulle labbra rosee. «Hai anche una pelle così morbida.», continuò a parlare poco dopo sotto lo sguardo confuso di Roxas che non sapeva più come comportarsi.
Rimase solamente a sperare che Axel si allontanasse in un modo o nell'altro, lasciandolo finalmente respirare in pace senza rischiare ogni volta di perdere il cuore a causa dell'imbarazzo; si strinse maggiormente sulla sedia sedia, borbottando qualcosa che doveva assomigliare ad una specie di ringraziamento.
In realtà si era sempre considerato un tipo piuttosto sfortunato, ma, grazie al Cielo, per una volta le sue preghiere vennero ascoltate: entrambi udirono il rumore di un paio di chiavi infilarsi nella serratura della porta e il rosso si scostò in un attimo dal giovane, sbuffando con fare estremamente scocciato.
«Salve gente, sono a casa!», cinguettò allegramente una voce dopo aver aperto la porta, richiudendola poi dietro di sé. «Siete ancora vivi?», scherzò lanciando una fugace occhiata in soggiorno, notando che non c'era nessuno; si avviò così in cucina, incrociando le braccia alla vista del fratello minore che fischiettava con aria innocente, al contrario del biondo che si osservava timidamente le mani con le gote lievemente imporporate. «Si può sapere che è successo qui?», chiese sollevando istintivamente il soppraciglio sinistro in un'espressione accigliata.
«Niente, niente.», si affrettò a rispondere Axel, mostrando entrambe le mani. «Ho solo preparato la cena per il primino.», e a quell'affermazione Reno impallidì immediatamente, osservando con aria terrorizzata il piatto di spaghetti sul tavolo. «Oh porca miseria... Roxas, ti prego, dimmi che non hai assaggiato quella merda.»
Il diciottenne lanciò un'occhiata omicida al nuovo arrivato. «Ma come ti permetti di definire in questo modo il mio capolavoro?!»
«Capolavoro del cazzo.», commentò aspramente il biondo, scuotendo un poco la testa, tornando finalmente in sé. «Hai visto? Non sono l'unico a dire che fai schifo.»
«E meno male che non hai rischiato di bruciare la casa com'è successo l'ultima volta.», borbottò Reno scrollandosi le spalle.
Il tutor roteò lo sguardo da una parte all'altra della cucina. «E' stato solo un'incidente, poteva capitare a tutti.», e, dopo aver detto ciò, afferrò la forchetta, facendola girare tra gli spaghetti. «Andiamo, non sarà così male.», mormorò sotto gli occhi inorriditi degli altri due.
Il fratello minore si portò il cibo alla bocca, iniziando così a masticare lentamente; successivamente impallidì di colpo, facendo cadere la forchetta prima di portarsi le mani sulle labbra, correndo in bagno e sbattendo la porta con un tonfo dietro di sé.
«E fu così che la carriera di Axel Turks finì nel cesso.», commentò ad alta voce il maggiore, facendo ridere il biondo.




«Bisogna ammetterlo: erano a dir poco deliziosi.», Reno si lasciò sfuggire un rutto in segno di riconoscimento al cibo e si diede due colpi alla pancia. «I migliori spaghetti del mondo, Roxas. Davvero bravo.», e lanciò una fugace occhiata al fratello che aveva già fatto fuori il proprio piatto in meno di cinque minuti. «Allora, Axel; adesso chi è il cuoco migliore?»
Il diretto interessato sibilò qualche imprecazione a denti stretti e sbuffò. «Il fatto è che io ho già troppe qualità; se sapevo anche cucinare, sarei stato perfetto.», accennò poi un sorriso sghembo.
Il biondo roteò lo sguardo con fare spossato e si alzò, prendendo il proprio piatto vuoto per poi sistemarlo nel lavandino; Reno fece per uscire dalla cucina, quando la voce del diciottenne lo raggiunse. «Dove credi di andare? Oggi tocca a te lavare i piatti.»
L'altro gli lanciò un'occhiataccia. «Stronzate. Oggi tocca a te.»
Axel scosse la testa, incrociando le braccia. «Non sparare cazzate, tocca a te e basta. Andiamo; il primino ha già preparato da mangiare nonostante sia l'ospite, mentre tu non hai fatto un cavolo.», commentò ghignando; la sua espressione però cambiò immediatamente alla successiva domanda del fratello. «Ah, sì? Perché, tu invece che cos'hai fatto? Oltre ad aver passato il tempo a guardare il culo di Roxas mentre cucinava, ovvio.»
Il quindicenne si sentì avvampare violentemente le guance e sussultò, senza sapere cosa dire; Axel spalancò la bocca per qualche secondo, indeciso su come ribattere e sconfitto dall'osservazione -Vera, tra l'altro- del maggiore. «'Fanculo.», si limitò poi a borbottare tra sé e sé, abbandonando la cucina prima di avviarsi in camera propria.
Si lanciò una fugace occhiata allo specchio e si sistemò velocemente i capelli, pensando a quanto Reno fosse un coglione; successivamente si voltò alla propria destra, notando la presenza dello zaino di Roxas.
Si chinò e iniziò a frugare sfacciatamente al suo interno; tastò svariati quaderni e libri, quando improvvisamente la sua mano sprofondò in qualcosa di morbido. Afferrò l'oggetto in questione e lo tirò fuori, sgranando immediatamente le iridi smeraldine: era l'orsacchiotto che gli aveva regalato quando lo aveva invitato al Luna-Park.
Si lasciò sfuggire un allegro sorriso soddisfatto; a quanto pare aveva davvero apprezzato il suo regalo.
Infilò il pupazzo nello zaino e riprese a guardare che cosa ci fosse al suo interno; libri, libri, libri, quaderni, quaderni, il diario scolastico... Poi qualcosa attirò nuovamente la sua attenzione e afferrò un altro piccolo quaderno; lo tirò fuori e lo scrutò attentamente, accorgendosi che era un diario.
Anzi, non era un diario. Era il diario di Roxas.
Il suo volto si illuminò immediatamente; lo osservò con estrema cura, cercando di memorizzare ogni più piccolo particolare di quell'oggetto così importante.
La copertina era dorata, proprio come i capelli del proprietario; vi era poi incollato un piccolo foglio su cui vi era scritto, con una calligrafia assai ordinata, ''Il mio diario: Roxas Key''.
Gli sembrò seriamente il tesoro più prezioso del mondo; fece per aprirlo, quando udì dei passi in vicinanza e sobbalzò, lanciando l'oggetto dall'altra parte della stanza, il quale finì sotto il letto.
Si voltò e notò la presenza del giovane quindicenne. «Ero andato ad aiutare Reno a lavare i piatti. Certo che con i lavori manuali è proprio una schiappa.», commentò con aria assorta per poi scrutare il sorriso nervoso del fulvo. «Che hai?»
«N-Niente, tranquillo!», si affrettò a rispondere Axel, cercando di mostrarsi il più naturale possibile. «Mi stavo... Mi stavo sistemando i capelli!», mentì poi infilandosi le mani tra la folta chioma, lasciandosi sfuggire una risatina ansiosa.
Roxas si scrollò le spalle con fare indifferente. «Se lo dici tu.»
Il diciottenne si sedette sul letto, facendo cenno all'altro di imitare il proprio gesto. «Allora, primino, raccontami un po' come va a scuola.», disse improvvisamente mentre il compagno prendeva posto accanto a lui.
«Eh?», fece poi, piuttosto perplesso.
«Andiamo, sono il tuo tutor e ho diritto di sapere tutto, lo sai ormai.», spiegò il più grande con un largo sorriso stampato sul volto. «Soffri ancora per le interrogazioni?»
Il biondo rimase in silenzio e abbassò lo sguardo, stringendosi nervosamente la stoffa dei pantaloni.
Axel sospirò. «Devo prenderlo come un sì, immagino.», e allungò un braccio verso la spalla del giovane, attirandolo verso di sé. «Stai tranquillo, ti aiuterò io a superare tutto.»
Il quindicenne arrossì appena, appoggiando timidamente una mano sul petto nudo dell'altro prima di alzare impacciatamente le iridi blu cobalto. «E come pensi di aiutarmi?»
«Un modo lo troverò, non preoccuparti.», si limitò ad affermare con estrema sicurezza il fulvo; e infatti fu proprio quella sicurezza a tranquillizzare in qualche modo il giovane.
«Grazie.», bisbigliò poi a fior di labbra, socchiudendo appena gli occhi.
Il rosso sorrise, raggiante. «Questo e altro per te, Roxas.»
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*Note di Ev'*
Sono in ritardo mostruoso, lo so.
Non è colpa del computer, ma mia e basta. Quindi, se volete uccidermi, fate pure. ç_ç'' Non lo so, il fatto è che in questi giorni avevo in mente altro... *Fiss il vuoto* Mi sono fatta prendere da una storia dell'orrore che spero di riuscire a pubblicare in questi giorni -w-
Anyway... Alla fine sono qui, no?
Vorrei anzittutto ringraziare tutti colori che hanno commentato; non solo il capitolo precedente, ma anche l'ultimo capitolo di 'Months Of Life'. Siete stati meravigliosi, davvero. Giuro che risponderò a tutto il più presto possibile, magari anche questa sera. **
Beh... Insomma, finalmente Roxas e Axel si danno un bacio -w- Axel è il solito coglione e non si fa scrupoli ad impicciarsi continuamente negli affaracci del biondo ;A; Reno è... Reno è sempre Reno, e, andiamo, chi non lo adora con le sue entrate in scena da coglione di turno? è_é
Che cosa conterrà il magico (?) diario di Roxas? Lo scoprirete nel prossimo episodio!
Insomma, spero vivamente che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento e vi prego di commentare. Sapete che ogni recensione mi rende immensamente felice ;A;
Che altro dire... Boh; mi auguro che stiate passando delle piacevoli vacanze estive C:
E io mi auguro di pubblicare al più presto la mia prossima long-fic ;A;
Mah, che altro dire... Ah, sì. La mia serata è andata a puttane -Un applauso a mia madre! '.'- dopo un pomeriggio passato a soffrire a causa del ciclo meustrale. *Sighs* Veramente, che tristezza. E' un miracolo che sia riuscita comunque a scrivere il capitolo ç_ç
Va beh, adesso posso finalmente svanire di scena.
Alla prossima.
E.P.R.

 

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Capitolo 18
*** Memories. ***


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Tutor And Boyfriend.

 

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18. Memories 

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Sospirò e cambiò pagina, stringendosi maggiormente contro lo schienale del letto, riprendendo poi a leggere silenziosamente; Axel, nel frattempo, seduto comodamente nella parte opposta del materasso, continuò a scrutarlo con estrema attenzione. «Per quanto tempo hai intenzione di andare avanti?», domandò così con un pizzico di fastidio.
Il quindicenne arricciò le labbra in una smorfia. «Non lo so.», si limitò a farfugliare in risposta, cercando di mantenere la concentrazione.
«E' da quaranta minuti che ripassi, contando il fatto che hai già studiato ieri per tipo due ore. O almeno, così mi hai detto.»
Roxas non rispose, continuando a tenere lo sguardo fisso sulla linea del tempo.
«Vuoi chiudere o no quel maledetto libro di storia?», chiese nuovamente il fulvo, incrociando le braccia. «Studiare troppo fa male, non lo sapevi?»
Il primino serrò le labbra per evitare di rispondere con un insulto o qualcosa del genere; alzò semplicemente il libro per coprirsi la visuale, tentando di memorizzare le numerose date.
Axel ridusse gli occhi a due fessure, estremamente scocciato; si mise così in ginocchio sul letto, avvicinandosi silenziosamente al giovane prima di allungare il braccio e afferrargli il libro da sotto il naso, lanciandolo in malo modo dall'altra parte della stanza. «Ecco fatto.», disse poi con un allegro sorriso dipinto sul volto. «Ti ho salvato la vita, dovresti ringraziarmi. Ti assicuro che studiare per più di venti minuti ti rincoglionisce totalmente. Pensa che una vol-»
«Sei un coglione.», lo interruppe bruscamente il biondo, sbattendo un pugno sul letto; sibilò qualche altro insulto a denti stretti, cercando di scendere dal materasso per riprendere il libro, quando si sentì strattonare con forza per la spalla sinistra.
«Roxas, è inutile che riprendi a studiare. Non andrai sicuramente meglio rincoglionendoti con inutili date e guerre del diavolo; è un problema di testa, caro mio.», spiegò il più grande, picchiettando con l'indice la nuca dell'altro che storse il naso, mugugnando qualcosa di incomprensibile in segno di disaccordo. «E' l'ansia che ti blocca, non il poco studio. Devi mantenere la calma, hai capito? Se domani ti chiameranno per l'interrogazione, dovrai prendere un respiro profondo e poi inizierai parlare tranquillamente. Le cose le sai; le hai ripetute così tante che quasi quasi le ho imparate anch'io!», e accennò una risata divertita, scuotendo la folta chioma fiammeggiante sotto lo sguardo perplesso del biondo che riprese finalmente la parola: «Non è così facile. Vedi, io...»
«Roxas», lo fermò il diciottenne con un sorriso gentile dipinto sulle labbra, «andrà bene, te lo assicuro.»
Il compagno sussultò un poco, sentendosi inspiegabilmente avvampare; voltò istintivamente lo sguardo altrove e sbuffò con il naso. «Lo spero.», borbottò poi, imbronciando le labbra in un'espressione adorabile, secondo il pensiero del tutor. «Sarebbe fantastico se riuscissi davvero a non farmi prendere dall'ansia.»
«Io sono sicuro che ci riuscirai.», affermò con estrema certezza il rosso, sdraiandosi con le braccia dietro la nuca. «In fondo i professori non ti mangiano mica.», a quell'osservazione il giovane dalle iridi blu gli lanciò un'occhiataccia e, prima di poter replicare in qualsiasi modo, Axel proseguì: «Anche se devi essere buono. Molto buono.»
Roxas si voltò di scatto con fare allarmato, incrociando le iridi splendenti del fulvo che non smetteva di fissarlo. «Ma piantala», lo incalzò poi con acidità. «non sono mica un dolce da mangiare.»
Il diavolo dai capelli fiammeggianti scoppiò in una grassa risata e si mise nuovamente a sedere con le gambe incrociate; scosse la testa con aria saccente e si avvicinò improvvisamente al volto del compagno fino a sfiorare il suo naso con il proprio. «Non ho detto che sei un dolce, primino. Ho detto che sei sicuramente molto buono.»
Il giovane si ritrasse, estremamente imbarazzato; si guardò attorno, quasi fosse alla ricerca di qualcosa e si alzò di scatto, avviandosi verso la porta. «Vado... Vado a lavarmi i denti.»
Axel rise ancora. «Ma non ci eri già andato prima?»
«Ho la fissa di lavarmeli due volte.», si affrettò a spiegare il biondo, sperando vivamente di essere convincente.
«Ah, se lo dici tu.», mormorò con aria divertita il più grande, nascondendo un sorriso sghembo.
Roxas si affrettò a raggiungere il bagno, chiudendo velocemente la porta dietro di sé; appoggiò entrambe le mani sul lavandino e si guardò allo specchio, notando così con orrore di avere le guance nuovamente in fiamme.
«Stupido Axel. Sì, è tutta colpa sua.», si disse aprendo l'acqua per potersi rinfrescare il volto arrossato; successivamente prese un profondo respiro e socchiuse gli occhi, cercando di controllare il proprio battito cardiaco divenuto improvvisamente irregolare.
«Accidenti a lui.», brontolò infine, chiudendo il rubinetto prima di voltarsi verso la porta e uscire, sospirando rumorosamente; raggiunse nuovamente la stanza di Axel dove trovò quest'ultimo sdraiato sul letto, per l'esattezza sotto le coperte leggere.
«Hai intenzione di dormire così?», chiese apaticamente il quindicenne, indicando il petto nudo dell'altro che ridacchiò, annuendo. «Sì, perché? Ho molto caldo, te l'ho già detto.», poi rimase in silenzio per qualche secondo, sbattendo ripetutamente le palpebre. «Allora, vieni o no?»
«Eh?», fece di rimando il biondo, assai perplesso.
Axel sbuffò, spazientito. «Dai, vieni. Tanto questo letto è praticamente ad una piazza e mezzo.»
Roxas si sentì avvampare all'istante le gote; fece un mezzo passo indietro ed indicò la soglia della porta, balbettando: «Ma io... Io veramente pensavo di... Di...»
«Di cosa?», lo incitò a continuare il fulvo, sollevando istintivamente un soppraciglio.
«Di dormire sul divano in soggiorno.», proseguì così il quindicenne con timidezza, abbassando un poco lo sguardo; il diavolo dai capelli fiammeggianti soffocò una mezza risata. «Assolutamente no: il divano è molto scomodo per dormire, ti sveglieresti con il mal di schiena. Avanti, niente storie e vieni qui.»
Ma perché situazioni così imbarazzanti capitavano soltanto a lui?
Il primino sospirò con aria sconsolata, avvicinandosi impacciatamente al morbido materasso prima di sedersi su di esso, coricandosi lentamente; rimase così ad osservare timidamente il soffitto, troppo imbarazzato per voltare lo sguardo verso il suo vicino, il quale nel frattempo stava ridacchiando appena. «Sono molto contento che tu abbia accettato il mio invito di restare a dormire qui.», interruppe improvvisamente il silenzio, accennando un sorriso.
«Mi hai praticamente obbligato, non avevo altra scelta.», osservò con acidità il giovane, stringendosi le spalle; trasalì quando sentì la mano dell'altro sfiorargli la guancia destra.
Si voltò di scatto e si tuffò nello smeraldo degli occhi di lui, illuminati dalla fioca luce dell'abat-jour.
«Roxas, tu non immagini quanto...», il tutor smise improvvisamente di parlare, appoggiando la mano sulla morbida guancia dell'altro, disegnandone i lineamenti con aria persa.
«Quanto... Quanto cosa?», domandò bisbigliando il biondo, sentendo nuovamente il cuore salirgli in gola con un balzo; rimase perfettamente immobile, non riuscendo più a staccare lo sguardo dagli occhi del diciottenne, come fosse attirato da un incantesimo.
Un magnifico incantesimo, si ritrovò a pensare.
«Niente.», disse quasi con improvvisa durezza il rosso, mantenendo però un'espressione vaga e ambigua, facendo risalire l'indice tra i capelli dorati del giovane. «Ora non è importante, Roxas. Non ora.»
«Come non è importante? Io... Io non capisco.», il giovane corrugò la fronte, perdendosi tra le parole galleggianti di Axel che si limitò a sorridere teneramente, quasi avesse improvvisamente raggiunto una serenità interiore, una dolce consapevolezza; afferrò gentilmente il mento del quindicenne e si avvicinò a lui fino a sentire il suo respiro accanto al proprio.
«Roxas», lo chiamò sussurrando Axel, come se stesse per rivelargli un importante segreto, tuffandosi nel profondo oceano di quegli occhi confusi e spaesati all'impatto di quelle strane emozioni che lo stavano divorando lentamente. «devo assaggiarti per vedere se sei veramente buono.», e, dopo aver detto ciò, si fiondò su quelle sottili labbra rosee senza permettere al biondo di replicare, limitandosi a stringergli con più forza il mento.
Tastò lentamente quelle morbide labbra, toturandole di tanto in tanto con la lingua e con i denti; aveva sempre fatto fatica a controllare i propri impulsi, ma mai aveva provato il bisogno così intenso di baciare una persona.
Si allontanò dopo qualche secondo, curioso di vedere la reazione del giovane che aveva le iridi sgranate e il corpo tremante; Axel rise appena e lo travolse ancora, lo baciò nuovamente, con maggiore passione e desiderio, trasferendo nel frattempo le carezze sul suo collo.
«Axel, aspetta...», il quindicenne dagli occhi blu spostò improvvisamente le labbra, terribilmente imbarazzato; cercò di riprendere fiato e tornò a guardare i lineamenti del volto di Axel, il quale aveva assunto un'espressione indecifrabile. «Non preoccuparti, Roxas. E' una cosa nostra, solamente nostra.», bisbigliò poi avvicinandosi all'orecchio del quindicenne prima di lasciarvi una lunga scia di baci soffici e vellutati che fecero sospirare immediatamente Roxas. «Ma... Ma perché?»
«Perché è giusto.», rispose brevemente il più grande, spostando le labbra fino a raggiungere quelle del biondo, riprendendo così a baciarle e a riempirle di attenzioni.
E Roxas si odiò a morte per non essere riuscito a respingerlo in alcun modo; si odiò per essersi lasciato andare, per essersi lasciato baciare sospirando e gemendo, abbandonandosi a quelle sensazioni così forti ed travolgenti.
Se era quello l'amore di cui tanto la gente parlava, pensò prima di addormentarsi tra le braccia di Axel, era davvero qualcosa di stupefacente e meraviglioso.



Eppure la mattina successiva non riuscì neanche a guardarlo in faccia.
Quando aveva aperto svogliatamente le palpebre, infastidito dal suono della sveglia, si era accorto di essere rimasto tutta la notte accoccolato al petto nudo del più grande e aveva soffocato così un urlo, limitandosi ad alzarsi con un balzo, andando poi a sbattere clamorosamente contro il muro sotto lo sguardo assonnato e perplesso di Axel.
Era poi corso a nascondersi in bagno, chiudendo rumorosamente la porta dietro di sé con le gote arrossate; a colazione si era limitato a borbottare che non aveva fame, aspettando così i due fratelli sulla soglia della porta a testa bassa, cercando di pensare a tutto tranne a quello che aveva passato prima di addormentarsi.
Quando aveva visto Reno avviarsi verso l'automobile, aveva cercato in ogni modo di convincerlo per portarli a scuola.
«Mi piace un sacco la tua macchina», aveva iniziato automaticamente a mentire spudoratamente, sperando di essere il più convincente possibile, «non ho mai visto qualcosa di così bello, per questo vorrei che tu ci accompagnassi in auto. Mi faresti un enorme favore, sul serio.»
A quel punto il maggiore aveva sollevato un soppraciglio, iniziando, molto probabilmente, a dubitare sulla sanità mentale del biondo; si era poi scrollato le spalle, entrando in macchina prima di sbattere rumorosamente la portiera, ignorando l'aria sconsolata del giovane e il fratello che si reggeva a fatica in piedi, ancora mezzo addormentato.
«Significa che dovremo andare in moto.», aveva concluso dopo il diavolo dai capelli fiammeggianti, stringendo la cartella tra le mani mentre raggiungeva il mezzo di trasporto, facendo cenno all'altro di seguirlo.
E così Roxas si era ritrovato per l'ennesima volta incollato alla schiena di Axel.
«Ehi, Roxas, ma sei per caso arrabbiato con me?», all'improvvisa domanda del fulvo, nel cortile della scuola, aveva sussultato, cercando di spostare lo sguardo altrove. «No, figurati.»
Axel aveva allora sorriso radiosamente, come se il sole fosse tornato a splendere in una giornata nuvolosa; e così, al suono della campanella, dopo essersi accertato che non c'era nessuno sguardo indiscreto su di loro, aveva sorpreso il primino con un fugace bacio sulle labbra dopo avergli augurato buona fortuna per l'interrogazione.
E aveva riso di cuore alla vista dell'aria spaesata e imbarazzata di Roxas mentre si avviava in classe, andando ripetutamente a sbattere contro gli altri studenti.
«Roxaaaas!», sobbalzò di scatto, interrompendo il corso dei propri pensieri; successivamente sospirò con aria spossata, massaggiandosi le tempie. «Che cosa c'è?»
Il fatto è che stava provando delle sensazioni così strane, così forti e incredibili, che per un momento si era quasi dimenticato di possedere un fratello. Un fratello molto tonto, per giunta.
Sora afferrò il tessuto della sua maglia, iniziando a scuoterlo ripetutamente. «Ieri Riku è stato cattivo e non mi ha aiutato con i compiti di matematica!», frignò infantilmente con gli occhi lucidi.
Roxas grugnì qualcosa a denti stretti, spostando le mani del fratello da sé con aria scocciata. «Non mi interessa, Sora. Tanto non copierai più niente da me.»
«Ma perché?! Sei veramente crudele, Roxas!», continuò a lamentarsi il castano, aggrappandosi all'altro come un koala. «Non puoi trattarmi così, altrimenti lo dirò alla mamma!»
Il biondo roteò lo sguardo da una parte all'altra dell'aula, appoggiando un gomito sul banco. «E che cosa le dirai? Che sono cattivo perché non ti faccio copiare i compiti di matematica?»
Sora scosse la testa. «No, le dirò quello che hai fatto ieri.»
Il minore assunse un'espressione perplessa e inclinò il volto su un lato. «Eh? Ieri?»
L'altro annuì con aria sapiente, mentre il fratello tirò fuori una bottiglia d'acqua dal proprio zaino, sospirando ripetutamente. «Sì, Riku ha detto che è sicuro al cento per cento che tu sei andato a casa di Axel e che avete...», si fermò improvvisamente, appoggiando l'indice sul labbro inferiore con fare pensieroso. «Ah, sì! Ha detto che avete sicuramente pomiciato.»
Roxas sputò immediatamente l'acqua che aveva in bocca, iniziando poi a tossire violentemente sotto lo sguardo ingenuo del castano che continuava a sorridere innocentemente. «Che cazzo ha detto Riku?!»
«Ha detto che avete pomi-»
«No, no, non ripeterlo! Ho capito, cazzo, ho capito.», lo interruppe bruscamente il biondo, ringhiando qualche altro insulto a denti stretti contro il ragazzo dai capelli argentati.
Successivamente soffocò la faccia sul banco con aria sconsolata: possibile che avesse perso la testa per un egocentrico ragazzo di quinta sbucato fuori da chissà dove? Per non parlare del fatto che non faceva altro che arrossire come una ragazzina in piena crisi ormonale.
E lui non era una ragazzina, tanto meno non aveva una cotta o roba del genere.
Insomma, era stato sicuramente il sonno ad avergli fatto fare cose strane. Anzi, lui non aveva fatto niente. Era tutta colpa di Axel; ma certo, era sempre colpa sua!
Annuì, convinto, quando la voce del fratello tornò a farsi sentire. «Roxas, che cos'è questo?», si voltò, notando che Sora aveva tirato fuori dal suo zaino l'orsacchiotto che gli aveva regalato il rosso, facendolo vedere tranquillamente al resto della classe come se fosse un fenomeno da baraccone.
«Lascia immediatamente quel pupazzo, sottospecie di ameba nata male!», e, dopo aver ordinato ciò con aria minacciosa, allungò il braccio, afferrandogli dalle mani l'orsacchiotto.



«Allora? Che cosa ti avevo detto?», sorrise allegramente, sistemandosi meglio sul morbido cuscino.
Sentì il ragazzo mugugnare qualcosa di incomprensibile dall'altro capo del telefono prima di riprendere finalmente a parlare in maniera decente. «Adesso non fare il veggente, Axel.»
Quest'ultimo scoppiò in una grassa risata e si infilò automaticamente una mano tra i capelli dalle punte scarlatte. «Non è mica colpa mia se sono anche in grado di prevedere il futuro. Sono davvero perfetto.»
Roxas sbuffò. «Scemo.», disse poi, rimanendo così in silenzio per qualche secondo; successivamente sospirò un poco e si decise finalmente a parlare. «Comunque... Io... Io volevo ringraziarti.»
Il fulvo sussultò un poco, piacevolmente sorpreso. «Ringraziarmi? E per cosa?»
«Credo sia merito tuo se oggi sono andato bene nell'interrogazione.», ammise in un timido sussurrio il giovane dai capelli dorati, stringendo nervosamente il telefono tra le mani. «Grazie ancora.»
Axel si lasciò sfuggire un allegro sorriso, sentendosi improvvisamente ed inspiegabilmente euforico. «Di niente, piccoletto. Lo sai che mi fa piacere aiutarti.»
Il biondo annuì timidamente. «Adesso devo andare a cenare. Ci vediamo domani.»
«A domani, Roxas.», salutò con una punta di malinconia nella voce il fulvo, dato che avrebbe preferito chiacchierare ancora un po'.
Rimase per qualche secondo ad ascoltare il beep-beep del telefono con aria pensierosa prima di illuminarsi improvvisamente, sedendosi a gambe incrociate sul materasso; piegò così il busto e allungò il braccio sotto il letto, afferrando un oggetto in particolare.
«Finalmente, cazzo.», borbottò elegantemente, scrutando con gli occhi luccicanti il diario. «E' tutto il giorno che non vedevo l'ora di leggerlo.», a quel punto imitò con la voce le classiche canzoni dei momenti di gloria nei film; poi scosse la testa, tirandosi una manata sulla fronte, rimproverandosi del fatto che passava troppo tempo con quel tonto di Demyx.
Prese un profondo respiro e finalmente aprì il diario, accorgendosi di avere seriamente il cuore in gola per l'emozione; spostò lo sguardo alla sua sinistra, notando che sulla prima pagina vi era scritta una citazione:
''Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?''
«Filosofico il ragazzo.», commentò tra sé e sé, voltando poi le iridi verso la pagina a destra: sgranò gli occhi, stupito dal vedere che la data risaliva a parecchi anni prima.

''Caro Diario,
ciao. Non avevo mai pensato a scrivere su un diario perché l'ho sempre trovata una cosa stupida. Anzi, in realtà erano i miei amici a trovarla stupida, secondo me potrebbe essere anche bello. Però non lo so, non ne sono sicuro.
Non so neanche come si inizia un diario. Forse dovrei presentarmi, nel caso tu non sapessi chi sono.
Mi chiamo Roxas Key, ho dieci anni e ho un fratello di nome Sora. Mi piace molto giocare insieme a lui e al suo migliore amico Riku, però qualche volta è antipatico. Fa tanto il capo soltanto perché è più grande di noi. A Sora non infastidisce questa cosa, a me invece sì, tanto. Ieri abbiamo anche litigato e ovviamente mio fratello era dalla sua parte.
Però non importa. Tanto anch'io ho i miei migliori amici: Pence, Olette e Hayner. Hayner è fantastico, è il migliore amico del mondo. Ci conosciamo dalla prima elementare e inizieremo le medie insieme.
Oggi è l'ultimo giorno di vacanze e sono agitato per domani. Ma neanche tanto, visto che con me ci sarà Hayner. Ha detto che saremo vicini di banco e che se il professore vorrà dividerci, lui lo manderà a quel paese.
Io ho riso e ho detto di sì, che l'avrei fatto anch'io.
Ma non ne sono sicuro. Non credo che è una buona idea mandare a quel paese un professore. Potrebbe mandarmi dalla preside, e io non voglio. I presidi fanno sempre paura. Forse perché comandano, e le persone che comandano non mi piacciono. Ecco perché Riku qualche volta non mi piace. Fortunatamente viene qui solo per le vacanze e poi torna nella sua città.
Adesso è ora di pranzo. Mia madre ci ha preparato la pasta al pomodoro e ha detto che quando avrà tempo mi insegnerà a farla. Poi andrò a giocare a pallone con Hayner e Pence, mentre Olette farà il tifo.
Ciao.''



Axel si sentì percosso da un brivido improvviso lungo la schiena; era strano immergersi nei ricordi di quel ragazzino, nel mondo dove prima viveva, nella sua infanzia.
Era una sensazione davvero magica.
Cambiò pagina e riprese la lettura.


''Caro Diario,
ti saluto dal parco vicino a casa mia. Mio papà è a lavoro, mia mamma sta cucinando e Sora sta giocando ai videogiochi. E' un po' triste, credo sia perché gli manca già molto Riku. Mi dispiace per lui, non è bello sentirsi soli. Comunque sono sicuro che gli passerà presto, come ogni anno.
La scuola è iniziata da sette giorni. Però qui è tutto strano. Forse mi piacevano di più le elementari. Nella mia classe conosco otto ragazzi perché facevano la mia stessa scuola alle elementari, però sono tutti diversi. Non so perché. E' come se durante l'estate qualcuno li avesse fatto una magia che li ha cambiati.
Mio papà dice che è l'adolescenza e che presto o tardi cambierò anch'io. E anche Hayner cambierà.
Sono triste. Molto triste. Io non voglio cambiare. Io voglio restare così. Anche Hayner è perfetto così.
Non è giusto.
Stupida adolescenza.
Mi viene da piangere.
Sono stanco di scrivere, quindi ti saluto.''



Voltò gli occhi a destra e riprese la lettura, come se fosse la cosa più importante da fare in quel momento.
E, in effetti, lo era davvero.


''Caro Diario,
domani è Halloween. Ho già il vestito pronto: sarò un fantasma. Però Hayner dice che vestirsi è una cosa per bambini e che dovrei imparare a crescere. Mio padre aveva ragione, sta cambiando anche lui.
Mi sento molto solo. Ieri ho pianto un sacco, il problema è che spesso non so perché lo faccio.
E' da stupidi, lo so. Non lo voglio dire a qualcuno, perché altrimenti tutti inizierebbero a prendermi in giro.
Forse è sempre questa cosa dell'adolescenza. Forse sto cambiando anch'io, non lo so.
Sto iniziando ad apprezzare sempre di più mio fratello. Non capisce ciò che provo, però mi fa sempre sentire meglio con le scemenze che fa. Lui non è cambiato, e secondo me non cambierà.
Meno male che c'è Sora.
Lui verrà con me domani ad Halloween. Ha detto che ci divertiremo un mondo e io ho annuito.
Secondo te ci divertiremo?
Aspetto una tua risposta.''



''Caro Diario,
è notte fonda, ma ho bisogno di scriverti. Oggi è stato un disastro, ha fatto tutto schifo. Vorrei tanto morire, detesto tutto e tutti. Ho visto Hayner per strada e non so perché ha iniziato a prendermi in giro insieme a quelli più grandi.
Mi ha detto delle cose orribili e ho risposto tirandogli un pugno. Lui ha risposto al pugno e abbiamo iniziato a picchiarci; poi mi ha guardato ed è scappato via.
Mi sono dovuto asciugare il sangue dal naso da solo perché se mia madre avesse scoperto tutto si sarebbe arrabbiata tanto. Ho fatto promettere a Sora di non dirle niente.
Hayner è solo un coglione. Un maledetto coglione, ecco.
Spero tanto che muoia, lo odio.
Adesso devo salutarti, che è difficile scrivere con la luce del cellulare. Mi fanno già male gli occhi.
Ciao.''



Axel interruppe per qualche secondo la lettura, guardandosi improvvisamente attorno, quasi timoroso di trovarsi davvero nell'infanzia del biondo, di sentirlo raccontare ciò che aveva vissuto.
Poi si riscosse e pensò che, se un giorno lo avesse conosciuto, avrebbe sicuramente spezzato le ossa a questo Hayner.
Riprese la lettura con un velo di malinconia negli occhi.


''Caro Diario,
oggi è il ventisette Dicembre. Fortunatamente non ho passato un Natale così brutto come temevo. Però è una gran bella rottura di palle vedere tutti i parenti che si ammassano a casa, che ti chiedono come stai e ti dicono che sei cresciuto e bla, bla, bla.
Ogni anno la stessa storia.
Sora ha ricevuto tantissimi regali; erano soprattutto giochi per la play station. Io invece ho avuto soprattutto soldi perché nessuno sapeva cosa comprarmi. Ogni volta che i miei mi chiedevano che cosa volevo come regalo, io rispondevo con una scrollata di spalle. Non mi interessa molto dei regali, sinceramente.
Mia zia mi ha fatto un regalo strano. Un libro. Inizialmente ero scocciato; tutti sanno che i ragazzi odiano ricevere libri e cose del genere, ma poi ieri, in un momento di noia, l'ho aperto e ho iniziato a leggere.
Caro diario, è stato fantastico. E' incredibile... Non ho mai provato niente del genere! E' un fantasy che parla di draghi e cavalieri. E' incredibile, pazzesco, emozionante! E' stato come essere lì, in quel mondo magico, e io ero il coraggioso protagonista che doveva trovare l'oggetto perduto.
Ha quasi quattrocento pagine e io ho già superato la metà. Ho paura di finirlo in fretta, però userò i soldi che mi hanno regalato per comprare tanti altri libri. Li nasconderò, così nessuno mi prenderà in giro per il fatto che mi piace leggere.
Ho provato a parlare con Sora del libro, però lui sembrava annoiato.
Vorrei trovare qualcuno con cui parlare dei libri.
Con Hayner non ci parlo più, e non posso neanche avvicinarmi a Pence e ad Olette perché sono sempre insieme a lui.
Qui sono tutti dei mostri. Anzi, sono dei draghi crudeli, come quelli del mio libro.
Peccato che io non ho una spada come il protagonista. Così li sconfiggerei tutti.
E' ora di cena, ma non ho molta fame. Preferirei leggere.
Ti saluto.''



''Caro Diario,
tra poco finiranno le vacanze natalizie. Non ho proprio voglia di tornare a scuola e vedere quella faccia da culo di Hayner. Penso che chiederò al professore di spostarlo di banco, così non dovrò più preoccuparmi.
Ieri mi ha lasciato un messaggio in segreteria sul cellulare (Ne ho comprato uno nuovo: è bellissimo!), dicendomi che vuole assolutamente parlarmi. Io non gli ho risposto. Non voglio più avere niente a che fare con lui.
Questa mattina mi ha anche scritto un messaggio, pregandomi di non ignorarlo. Ma io non gli ho risposto ancora.
Fa molto freddo e la mia stufa si è rotta. L'unica che abbiamo ce l'ha quel tonto di Sora che non vuole prestarmela perché è raffreddato e ha bisogno di più calore. Non è giusto. Magari farò finta di ammalarmi anch'io, così potrò riscaldarmi un po'.
Tra poco uscirò a giocare con la neve. Ho comprato dei nuovi guanti di lana rossi, mi piacciono molto. Li ho indossati anche mentre dormivo e mi sono sentito bene.
Ho comprato un nuovo libro; pensavo fosse fantasy, invece è drammatico. Il fatto è che mentre sono entrato in libreria ho visto dalla vetrina un mio compagno e così, preso dalla fretta, ho comprato il libro sbagliato.
Leggerlo mi mette tantissima tristezza, però non riesco a staccare gli occhi dalle pagine.
Quando l'ho detto a Riku (E' venuto due giorni qui per le vacanze), lui ha risposto dicendomi che sono un masochista.
Non ho ancora capito che cosa vuol dire. Cercherò sul dizionario.
Scommetto che tu
invece sai cosa vuol dire, non è vero?
Ciao, Diario.''



Passò quasi quaranta minuti a leggere; galleggiò tra i ricordi di Roxas, tra i litigi con il fratello, le incomprensioni con i genitori, i sentimenti nuovi, le parole non dette, i suoi pensieri silenziosi, il suo amore per i libri.
Talvolta non scriveva per mesi, altre volte scriveva addirittura lo stesso giorno; qualche volta scriveva poche e semplici righe che contenevano le sue emozioni più forti, altre volte parlava di tutto ciò che aveva vissuto, punto per punto, virgola per virgola.
Cambiò per l'ennesima volta pagina e si immerse nel secondo anno di medie del biondo.


''Caro Diario,
ciao. Come stai? Io tutto bene, anche se un po' confuso. Sono partito ieri e adesso sono nella stanza degli ospiti di mio cugino Vanitas. Sora è in soggiorno a guardare i cartoni animati. Sento il profumo della pizza; non vedo l'ora di mangiare, sono così affamato!
Vanitas è strano, non mi è mai piaciuto. E' mio cugino di secondo grado e si è sempre comportato in maniera ambigua nei miei confronti. Mi dedica strane attenzioni che cerco sempre di rifiutare. Mi infastidiscono molto. Spero che la smetta presto, anche perché lui è fidanzato, credo.
Non che c'entri qualcosa con le sue attenzioni con me... Però... Non lo so.
Comunque non è per questo che sono confuso. Ho appena parlato a telefono con Hayner; dice che gli manco già e che ha bisogno di me per la verifica di matematica. Come al solito non ha studiato, quel testone!
Mi perderò il compleanno di Olette. Peccato, ci tenevo molto ad andarci. Comunque le comprerò qualche regalo da queste parti; ci sono parecchi negozi e troverò qualcosa che le piacerà.
Hai presente la nuova ragazza che è arrivata in classe, Xion? Ecco, è lei il motivo per cui sono confuso. E' molto silenziosa e timida, così ho iniziato a parlarle, perché mi faceva pena vederla da sola in un angolo. Sembrava molto spaventata.
Qualche volta ci vediamo anche fuori; lei è l'unica che capisce la mia passione per i libri. Legge moltissimo anche lei e spesso ci scambiamo i libri. E' fantastico, non trovi? Ha ben quaranta libri in camera sua; mi ha detto che ha iniziato a leggere dalla quarta elementare. La invidio un po'. E' tanto buona e gentile. Sono molto felice di aver fatto la sua conoscenza.
Però... Però non lo so. Alcune ochette della mia classe mi hanno detto che hanno visto Xion scrivere ripetutamente il mio nome sul suo quaderno, con dei cuoricini vicino. Dicono che io le piaccio. Da un lato spero di sì, perché è molto carina e mi sentirei lusingato, però dall'altra parte spero proprio di no, perché io le voglio molto bene, e il nostro rapporto andrebbe in frantumi.
Tu cosa dici? Vorrei tanto che mi rispondessi, qualche volta.
Ci sei solo tu. Mio padre lavora sempre, e mia madre non capisce mai un tubo.
Che cosa devo fare? E se Xion un giorno mi rivelasse i suoi sentimenti? Non voglio ferirla, è così fragile, poverina.
La pizza è pronta. Quando Vanitas e Sora urlano insieme provocano un terremoto che scuote l'intera villa.
Tanti saluti, caro Diario!''



Axel trasalì, accorgendosi di aver involontariamente stroppicciato un po' la pagina tra le mani non appena aveva letto di Vanitas e di Xion; sospirò, cercando di mantenere in ogni modo la calma.
Si sentì quasi triste per non aver potuto vivere quei frammenti di vita di Roxas insieme a lui.


''Caro Diario,
oggi è il mio compleanno. Tanti auguri a me.
Regali e torta per me.''



''Caro Diario,
oggi è stato davvero imbarazzante. Ho fatto il gioco della bottiglia con i miei amici e... Indovina un po'? Dovevo baciare Riku! Non ce l'ho fatta; mi sono alzato e ho fatto finta di avere un impegno.
Spero che non se la sia presa, anche se non credo. Il fatto è che era troppo, troppo, troppo imbarazzante per me. Sarei arrossito come un pomodoro.
E a proposito di arrossire; Hayner si è preso una cotta per Xion.
Ho paura, mio caro Diario. Lei prova qualcosa per me, ora ne sono sicuro. Me l'ha detto una mia compagna che l'ha saputo da lei stessa. E ora che faccio?
E se Hayner si arrabbiasse con me?
Io però non ho fatto niente. Forse dovrei allontanarmi da Xion per mantenere l'amicizia con Hayner.
Però... Però così non avrei più nessuno con cui condividere la mia passione per i libri.
Sono uno sfigato, accidenti.
Ciao.''



Lesse ancora. Lesse e non sentì Reno che lo stava chiamando; non sentì il cellulare vibrare per l'arrivo del messaggio di Demyx; non sentì niente.
Lesse e basta.


''Caro Diario,
indovina? Sono appena tornato dall'esame orale di Hayner. Roba da morire dal ridere, te lo assicuro. Insomma, era fantastico il modo in cui si guardava attorno nella speranza di un suggerimento dal Cielo o qualcosa del genere. Mi sono venute le lacrime agli occhi da quanto cercavo di trattenere le risate. E' mitico, è il migliore, accidenti.
Ma comunque, tutto sommato, è andata bene. I suoi scritti sono tutti buoni e quindi supererà sicuramente l'esame. L'anno prossimo abbiamo deciso di fare anche le superiori insieme; saremo inseparabili. Roxas e Hayner. Hayner e Roxas.
Domani ci sarà l'esame orale di Xion e il mio; sono un po' agitato, ma ho studiato, quindi so che andrà bene.
Quando finiremo tutti gli orali, Hayner darà una festa a casa sua. Sarà fantastico, non vedo l'ora.
Ho finito di leggere tre libri in un mese. Uno più bello dell'altro.
Adesso vado a ripassare un po',

a presto.''



Passò poi all'estate di Roxas; la spiaggia, il mare, il sole, il divertimento, la sua felicità, i libri, le cotte e il suo sollievo nell'aver terminato le medie.
Spostò lo sguardo a destra e si immerse nei suoi quattordici anni.


''Caro Diario,
quest'anno di andare a scuola proprio non se ne parla. Qui sono tutti molto chiusi e silenziosi; meno male che c'è Hayner e siamo capitati di nuovo in classe insieme. La professoressa di scienze l'ha preso di mira e lui non ne può più. Dice che sarà un vero e proprio miracolo se riuscirà a superare l'anno senza avere un debito.
Sora... Sora è un caso perso, non lo so.
Olette l'abbiamo persa di vista; frequenta una scuola molto distante da qui, e riusciamo a vederci molto raramente. Xion è nella classe vicina alla mia e parliamo molto all'intervallo. Mi ha prestato due libri, dato che io per un po' non ne potrò più comprare. Ho finito i soldi e mia madre non si azzarda minimamente a darmene altri.
Che scocciatura.
Ho sentito i miei parlare di una cosa strana, caro Diario.
Ma credo di aver sentito male. Devo aver sentito male.
La nostra vicina di casa è morta.
Domani ci sarà il suo funerale, ma non potrò andarci perché sarò a scuola.
Forse è meglio così.
Alla prossima.''



''Caro Diario,
sono qui in lacrime e ho la mano che non smette di tremare. La disperazione si sta prendendo possesso di me, e non so dove sbattere la testa.
La cosa strana è vera. La cosa strana si sta rivelando, e non so che fare.
I miei vogliono trasferirsi. Qui non c'è abbastanza sicurezza per il lavoro di mio padre e lui ne ha trovato uno migliore in un'altra città.
Li ho sentiti parlare in soggiorno e mi sono piazzato davanti a loro con i pugni serrati, cercando in ogni modo di non singhiozzare.
Ho detto di tutto e ho anche gridato. Ho perso la pazienza e mia madre ha detto che mi sto comportando come un bambino.
Fanculo.
Che cazzo ne vuole capire lei? Io non voglio lasciare Hayner, non voglio lasciare la mia casa, non voglio lasciare Xion, non voglio.
Io non me ne andrò da qui.
Che se ne vadano loro, io resto qui a vivere da solo.
Almeno me ne starò in pace.
Sono arrabbiato, arrabbiatissimo.
E' la fine, questa.''



Axel notò poi che vi erano della pagine vuote o comunque scarabocchiate; vide parole storte e illegibili, come se le avesse scritte una mano in preda alle convulsioni; vide fogli strappati e altre linee storte che riempivano il bianco.
Poi, finalmente, una pagina scritta.
 

''Non so neanche perché ho riaperto questo coso.
Ah, giusto, Caro Diario.
Va beh, ormai me ne sono scordato, quindi chissenefrega.
Dicevo: non so perché diamine sono qui. Qui, in questo posto di merda.
Sora non fa alto che saltellare come una ballerina per la felicità, dato che potrà vedere Riku ogni fottuto giorno.
Io sto pensando seriamente la suicidio. Tu che dici? Stavo cercando una corda che possa tenere il mio peso. L'impiccagione non dev'essere così male. Tagliarsi le vene spargerebbe troppo sangue, quindi no.
Spararsi in testa, dici? E dove la trovo la pistola?
Mi chiamo Roxas Key, ho quindici anni compiuti da poco e vivo in questa città di merda, con una famiglia di merda, un fratello del cazzo e... E odio la mia vita. La mia attuale vita.
Nel trasferimento ho perso anche qualche libro. Fanculo.
Non ho più voglia di scrivere.
Ciao.''



''Mio fratello è ogni giorno più tonto, Riku sta rompendo le palle in una maniera esasperante, Hayner è sempre arrabbiato con me per il fatto che l'ho abbandonato e oggi ho conosciuto un pagliaccio.
No, non sto scherzando.
E' un tizio di quinta, mi sembra. E' venuto a cercarmi e se n'è uscito con la storia che dev'essere il mio tutor.
Il tutor di che? Solo perché non vado bene nell'orale? Io credo che siano solamente affari miei, mah.
Tutor.
Che assurdità.
Vado a leggere.
Ciao.''



Un sorriso malinconico si dipinse sulle labbra di Axel; era strano leggere del loro incontro, molto strano. Ma ciò che lo amareggiava era vedere trasparire in maniera così evidente i sentimenti di Roxas; rabbia e dolore mescolati insieme.
Si sentiva triste per lui. Ebbe voglia di correre a casa sua solamente per abbracciarlo e sussurrargli che non doveva sentirsi solo, che c'era lui a fargli compagnia.
Cambiò pagina, ignaro di ciò che lo aspettava.


''Caro Diario,
ormai è deciso. Io voglio scappare. Prenderò il treno e tornerò a casa mia, la mia vera casa. Tornerò da Hayner e Xion. Non me ne frega niente dei miei o di Sora, voglio solo stare bene.
Qui mi sembra di soffocare. Ho un'ansia terribile a scuola e ho iniziato addirittura a vomitare. Ti rendi conto? E' assurdo, cavolo!
Però per scappare ho bisogno di soldi.
E indovina? Ho già iniziato a lavorare ieri sera. Lavoro il Martedì, il Mercoledì e il Venerdì. La sera tardi, dalle dieci fino a mezzanotte, poi dipende. Sono riuscito ad uscire senza farmi vedere; dico a mia madre che sono stanco, chiudo a chiave la stanza, spengo le luci, apro la finestra e mi calo giù con una scala pronta. Poi torno, utilizzando lo stesso metodo.
Sono il barista di un locale che fa praticamente da discoteca. Lì è tremendo; sono tutti ubriachi e c'è una puzza di fumo (E forse anche di qualcos'altro) terribile.
Quindi, effettivamente, non è così fantastico.
Qualche volta la gente allunga le mani e questo mi fa salire un'ansia terrificante. Si avvicinano sempre e mi toccano anche; mi fa paura e mi infastidisce molto. Mi disgusta il loro contatto, però non posso farci niente. Il capo si arrabbia se tratto male i clienti e rischierei il posto.
Lascio correre e penso a quando tornerò a casa.
Tanti saluti.''



Axel strappò la pagina con forza.
_____________________________________________________________ 

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*Note di Ev'*
. . .
Prima di tutto, qui devo ringraziare la mia cara e vecchia Wendy che ha avuto la pazienza di starsene zitta zitta ad ascoltare la musica, lasciandomi scrivere in santa pace.
Ero ispirata per questo capitolo. Non ho fatto per nulla fatica. Ho iniziato ieri sera e ho appena terminato. E' il più lungo fino ad ora e... No, cioè, ne sono fiera. Forse anche perché nelle pagine di diario di Roxas ho vomitato una parte di me stessa. Della vecchia me stessa. Lo ammetto, ho preso un po' spunto dai miei diari delle medie, dai miei cambiamenti, da ciò che ho passato, in un certo senso.
All'inizio del capitolo vediamo i nostri due cari che si scambiano coccole e bacini -Awwh, che teneri :3-. E alla fine... Sì, finalmente Axel legge il passato di Roxas con la tragica scoperta finale del lavoro del biondo e della sua fuga futura òwò.
Non ho molto da dire... Mah, sarà che con la storia di ''Insidie interiori'', poi mi ha fatto piacere scrivere questo capitolo; questa è la storia più leggera che sto scrivendo, mi rilassa in un certo senso, anche se questo capitolo è stato piuttosto angosciante.
Ringrazio innanzittutto tutti coloro che hanno commentato; siete tanto carini :'3 Spero che recensiate anche questo capitolo, dato che siamo in un sito dove ci si deve confrontare, e non vi costa nulla lasciare un fottuto commento. <3
Alla prossima, people!
E.P.R.


Ps. Comunque la frase filosofica all'inizio del Diario di Roxas è di William Shakespeare

 

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Capitolo 19
*** Nights in white satin. ***


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[Titolo tratto dalla magnifica canzone degli anni '60 dei ''The Moody Blues'']

 

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Tutor And Boyfriend.

 

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19. Nights in white satin 

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«Non è possibile, non è possibile. No, no, ma come cavolo... No, no, non può essere vero, no!», ripetè come un disco rotto, buttando le coperte sul pavimento; si voltò con gli occhi lucidi verso i numerosi scaffali pieni di libri, i quali ora erano sparsi sul pavimento e sulla scrivania.
Afferrò per la terza volta lo zaino e vi infilò la testa dentro, sentendo poi il rumore di una matita colorata cadere sul pavimento; sospirò e posò la cartella, lanciando un'accurata occhiata alla stanza immersa nel caos più totale.
«Ma com'è possibile?», si continuò a chiedere mentre si piegava sulle ginocchia, allungando le mani sotto il letto, senza però riuscire ad afferrare qualcosa di concreto. «Come ho fatto a perdere una cosa così importante?», si sedette sul tappeto, sconsolato e afflitto; successivamente si morse furiosamente il labbro inferiore, cercando di pensare sul da farsi.
Non doveva farsi prendere dal panico. Non lui, una persona così pacata e riflessiva.
E invece sì. Proprio lui, una persona così pacata e riflessiva, si stava facendo prendere dallo sconforto più totale; si stava pur sempre parlando del diario che teneva ormai da più di tre anni, uno degli oggetti più importanti che possedeva. Il luogo dove vomitava i suoi pensieri, le sue emozioni più scavate e nascoste.
Ma, soprattutto, l'unico oggetto che era a conoscenza di ciò che voleva fare.
Appoggiò un dito sulle labbra con aria pensierosa, sforzandosi di ricapitolare tutto; due giorni prima aveva portato il diario a scuola perché in spiaggia desiderava scrivere qualcosa. Poi però aveva incontrato Axel e si era ritrovato a dormire a casa sua, quindi il diario l'aveva automaticamente portato a scuola anche il giorno dopo.
Di conseguenza...
Sospirò, alzandosi.
Quel maledetto diario o era rimasto a casa del suo tutor o era stato rubato da qualche suo compagno; in effetti, continuò a pensare, il giorno prima suo fratello aveva iniziato a frugare nel suo zaino, quindi c'era un'alta probabilità che il colpevole del delitto poteva essere lui stesso.
Ma perché mai Sora avrebbe dovuto rubargli il diario? A malapena sapeva leggere e inoltre non era un tipo del genere.
Scosse la testa, scartando immediatamente l'ipotesi.
Forse il diario era stato rubato a casa sua; se si escludeva Sora, rimanevano soltanto sua madre e suo padre. Quest'ultimo però era sempre a lavoro ed entrava in camera sua soltanto quando c'era lui, oltre al fatto che bussava alla porta per educazione.
Cancellò dalla mente il nome di suo padre e si concentrò sulla donna; certo, per essere impicciona lo era, ma davvero era in grado di cercare il suo diario soltanto per sapere che cosa gli passava per la testa?
Sì. Forse. Improbabile. Chissà. No. Impossibile.
Poi un lampo squarciò la mente del biondo che si tirò una manata sulla fronte: nessuno sapeva che lui scriveva su un diario da più di tre anni. Nessuno. Nè suo fratello, nè suo padre e neanche sua madre. Neanche Riku, tanto per citare una persona che passava un sacco di tempo a casa sua.
Nessuno.
Quel diario gli era stato regalato da Olette mentre stava mettendo in ordine la sua stanza e lui, insieme ad Hayner e a Pence, stava dando un'occhiata in giro: aveva così trovato quella sottospecie di quaderno in bianco e lo aveva mostrato alla giovane. «E questo?»
Lei aveva sbattuto più volte le palpebre e aveva sorriso appena. «Te lo regalo, se vuoi. Tanto a me non serve. Se non lo prendi, sarò costretta a buttarlo.»
Così lui aveva annuito e si era infilato l'oggetto nello zaino, ignaro che presto sarebbe diventato di fondamentale importanza.
Era molto improbabile che Olette fosse magicamente apparsa nella sua stanza giusto per riprendersi il diario; a quel pensiero assurdo scosse la testa, sospirando rumorosamente.
Aveva praticamente sprecato il suo Sabato pomeriggio a cercare quel maledetto oggetto; si massaggiò le tempie e alzò lo sguardo verso il soffitto, non sapendo più che cosa fare.
Forse lo aveva davvero preso qualche suo compagno di classe. Magari qualcuno aveva iniziato a frugare nel suo zaino e aveva trovato il diario, rubandoglielo per dispetto.
Improvvisamente corrugò la fronte; no, era praticamente impossibile.
Lui non si staccava mai dal suo zaino. Durante l'intervallo era l'unico che rimaneva in classe a leggere e durante le lezioni era ovvio che fosse seduto al proprio posto.
Allora come diavolo erano riusciti a rubargli un oggetto così grande da sotto il naso?
Poi si illuminò; e se in realtà il diario fosse scomparso addirittura prima di tornare a scuola? E se non fosse mai stato nel suo zaino, dopo la nottata a casa di Axel?
Due più due faceva sempre e comunque quattro, così come gli asini continuavano a non volare.
O il diario era diventato magicamente invisibile grazie ad una fata o a Babbo Natale, o quel pagliaccio di Axel glielo aveva davvero rubato. Se aveva avuto il coraggio di seguirlo per una giornata intera, non si sarebbe fatto sicuramente scrupoli a frugare nel suo zaino con tutta la tranquillità del mondo.
Ma non era quello a spaventarlo.
Era un'altra la cosa che aveva iniziato a farlo tremare in maniera incontrollabile: un altro pensiero.
E se Axel avesse letto tutto ciò che aveva scritto?




In realtà non aveva letto proprio tutto ciò che c'era scritto sul diario che ora teneva tra l'indice e il pollice come se fosse uno straccio sporco, sventolando a destra e a sinistra di fronte agli occhi stupiti e alla bocca un poco schiusa del ragazzo di fronte a lui.
«Ma hai capito il primino? Vuole scappare, assurdo!»
La Domenica successiva, dopo pranzo, aveva deciso di invitare Demyx a casa sua per parlare delle scoperte che aveva fatto; a Reno non poteva dire niente di niente, dato che era un fanatico del gossip fino al midollo e in meno di dieci minuti la notizia si sarebbe sparsa in tutta città fino a raggiungere le orecchie del biondo e della sua stessa famiglia.
«Oooh, il diario di Roxas, è incredibile!», commentò sordamente l'amico con le iridi luccicanti. «Potresti venderlo su e-Bay! Secondo me ci faresti un sacco di soldi!»
Axel ridusse gli occhi a due fessure, appoggiando il diario sulle proprie ginocchia. «Ma che cazzo stai dicendo? A chi vuoi che importi di uno stupido diario di un quindicenne qualunque?»
«A te è importato, per esempio.», osservò Demyx, inclinando il volto su un lato con aria ingenua; il fulvo trasalì e si grattò la nuca con aria leggermente imbarazzata. «Questo non c'entra.», borbottò poi, scrollandosi le spalle, cercando di deviare l'argomento. «Comunque, hai capito o no quello che ti ho detto?»
Il chitarrista sbattè più volte le palpebre. «Intendi quello che hai detto sulle nuove penne che si illuminano al buio?»
L'altro si tirò una manata sulla faccia, lanciando un'occhiata esasperata in alto, chiedendosi dove avesse la pazienza di sopportare una persona del genere. «No, quello non c'entra un cazzo adesso. Stavo parlando di Roxas. R. O. X. A. S. Got it memorized? Roxas, il fatto che vuole fuggire e ch-»
«Aaah!», lo interruppe immediatamente Demyx, annuendo. «Sì, Roxas e il suo lavoro del farsi toccare in discoteca!»
«Lui non si fa toccare da nessuno!», tuonò alzando improvvisamente la voce il diavolo dai capelli fiammeggianti, tirando un pugno sul tavolo sotto lo sguardo perplesso e confuso del compagno; successivamente il primo incrociò le braccia con un'espressione irritata dipinta sul volto. «E' la gente che allunga troppo le mani. Quei luridi bastardi.»
«Comunque non è una cosa carina leggere i diari degli altri.», mormorò il chitarrista, imbronciando le labbra. «E' da impiccioni.»
Axel alzò le spalle in un gesto di totale indifferenza. «Io sono il suo tutor e di conseguenza ho il diritto di sapere tutto su di lui.»
«Ne sei proprio sicuro?», chiese ingenuamente l'amico, sbattendo più volte le palpebre; il fulvo annuì, mentendo spudoratamente. «Ma certo. E poi non si accorgerà neanche che gliel'ho rubato.»
Demyx abbassò lo sguardo verso il diario e corrugò la fronte. «Ma la pagina strappata c'era già?»
«E-Eh? A-Ah, ehm... Sì, più o meno... », farfugliò impacciatamente il rosso, cercando di dare un'aria più presentabile all'oggetto. «Vedrai che con un po' di colla tornerà come nuovo.»
«Se lo dici tu...», mormorò il castano, leggermente titubante. «Ma adesso che cosa hai intenzione di fare?»
«Mi sembra ovvio, no?», domandò retoricamente Axel. «In un modo o nell'altro gli impedirò di fuggire.»
Successivamente scrutò con estrema attenzione l'oggetto che aveva appoggiato sulle proprie gambe; dopo aver letto del lavoro di Roxas, aveva chiuso con un tonfo il diario senza pensarci due volte, ignaro che, in realtà, poco più avanti, c'erano altre due pagine scritte che parlavano proprio di lui.
Demyx non disse nulla, limitandosi ad alzarsi per poi raggiungere la finestra con aria assorta, mentre il fulvo continuò a parlare: «Il problema è solo capire come impedirgli di fuggire. Tu hai qualche suggerimento? Anzi, no, lascia perdere, è meglio. Ogni volta che ti chiedo qualcosa non fai altro che peggiorare la situazione.», e fece un cenno con la mano; l'amico, però, non ascoltò una sola parola di ciò che aveva detto, limitandosi a mantenere le iridi rivolte verso il mondo esterno. «Non pensavo che Roxas fosse un tipo da bicicletta.»
«Eh? Ma che cazzo dici, Demyx? Smettila di delirare e ascoltami! Devo trovare un modo per impedirgli di fuggire.», spiegò Axel alzandosi e mettendosi una mano tra i capelli, sperando di farsi venire un'idea nel più breve tempo possibile.
«Non sembra che sia venuto soltanto per salutare.», continuò a mormorare il chitarrista sordamente; il rosso grugnì qualche imprecazione a denti stretti, estremamente irritato dalle frasi insensate del compagno. «Vuoi dirmi che diavol-», ma la domanda gli si bloccò in gola non appena voltò lo sguardo verso la finestra.
Un basso ragazzino dai capelli dorati e disordinati aveva appoggiato la sua bicicletta contro un palo, attraversando poi il marciapiede con un passo veloce e sicuro.
«Merda.», si lasciò sfuggire il tutor, alzandosi di scatto; strinse il diario tra le mani e lo consegnò immediatamente all'altro presente che lo guardò stralunato. «Nascondi questo coso. Muoviti.», e gli tirò uno spintone per condurlo in camera prima di voltarsi e raggiungere la porta d'ingresso senza lasciare tempo a Demyx di dire altro.
Proprio in quel momento si espanse il suono del citofono nella casa e il diciottenne deglutì rumorosamente, lanciandosi una fugace occhiata allo specchio per controllare il proprio aspetto esteriore; successivamente prese un respiro profondo e aprì lentamente la porta, ritrovandosi l'espressione indecifrabile di Roxas.
Strinse con nervosismo la maniglia e si sforzò di accennare un largo sorriso estremamente falso. «Ehi, Roxas! Ma che sorpresa!»
Il biondo rimase in silenzio per qualche secondo, limitandosi ad osservare un punto perso nel vuoto. «Spostati.», ordinò poi bruscamente, rialzando le iridi blu verso quelle smeraldine del tutor che corrugò la fronte. «E-Eh? Ehm, no, adesso non puoi entrare in casa.», e cercò in ogni modo di bloccare l'entrata al quindicenne. «Non immagini il disordine mostruoso che c'è!»
«Non importa. Spostati.», ripetè con più sicurezza il giovane, mantenendo lo sguardo fisso sul più grande.
«Adesso non posso farti entrare, Roxas. Se vuoi più tar-», ma non riuscì a terminare di parlare che il primino gli tirò improvvisamente una gomitata sulle costole, facendolo piegare in due dal dolore. «Ma sei scemo?! Mi hai fatto male, porca...», si morse furiosamente il labbro inferiore, stringendosi la parte colpita mentre il biondo lo superò con aria apatica, entrando finalmente in casa.
«Maledetto primino.», continuò a mormorare il fulvo, cercando faticosamente di rimettersi in piedi prima di voltarsi con fare terrorizzato, notando che Roxas si stava guardando attorno con estrema attenzione.
La sua unica speranza era Demyx.
A quel pensiero impallidì come un lenzuolo, deglutendo nuovamente; allora era certamente la fine, senza alcun dubbio.
Il giovane dagli occhi blu, nel frattempo, stava spostando tutto ciò che gli si parava davanti, aprendo tutti i cassetti possibili e guardando attentamente sotto i tavoli, i divani e le sedie.
«Insomma, Roxas!», si fece improvvisamente sentire il diavolo dai capelli fiammeggianti, incrociando le braccia. «Vieni qui senza preavviso, mi tiri una gomitata e adesso metti sottosopra casa mia? Sei proprio un bel maleducato del cazzo, eh.», a quell'osservazione il biondo si fermò un attimo, lanciandogli un'occhiata omicida prima di riprendere a cercare.
Il diciottenne allora sospirò pesantemente, affrettandosi a cambiare tattica. «Ehm, non ti andrebbe un bel gelato?»
Il primino richiuse un cassetto e si illuminò di una strana luce, avviandosi in cucina; Axel a quel punto tirò un sospiro di sollievo, mettendosi una mano sul petto.
«Reno ha comprato ben tre tipi di gelati, quindi hai un'ampia gamma di scelta.», cinguettò allegramente prima di assumere nuovamente un'espressione inorridita alla vista del ragazzo che aveva ricominciato ad aprire i cassetti, frugando tra le numerose posate.
«Si può sapere che cosa diavolo stai facendo?», chiese con finta irritazione il più grande; Roxas lo ignorò e si avvicinò al frigo, aprendolo con fare estremamente attento e indagatorio.
«Ma che caz-», sbuffò pesantemente con il naso, sforzandosi di non risultare troppo volgare. «Credi che io sia così pazzo da nascondere un diario nel frigorifero?», e non appena terminò di formulare quella domanda impallidì immediatamente, mettendosi una mano sulla bocca. «Oh, porca di quella...»
Troppo tardi. Il biondo si era già voltato, facendo cadere la lattina di Pepsi che aveva in mano prima di dirigersi con aria minacciosa verso l'altro, stringendo i pugni. «Axel, dimmi dove cazzo lo hai messo. Adesso
Il rosso si tirò nervosamente la stoffa della maglia, deglutendo per l'ennesima volta. «N-Non so proprio di che cosa par-»
«Dove cazzo è il mio diario, Axel?!», e questa volta il primino alzò il tono della voce, sentendo la rabbia ribollire dentro sé.
«Non so proprio di che cosa tu stia parlando. Io non ho nessun diario.», cercò di dire con fermezza il tutor, incrociando le braccia per sembrare maggiormente sicuro di ciò che diceva.
«Smettila di dire cazzate. Lo so che ce l'hai tu.», ribadì a denti stretti Roxas, sforzandosi di non sbraitare o mettersi a gridare come una ragazzina; Axel si limitò a scrollarsi le spalle con tutta la tranquillità del mondo.
Il ragazzo dai capelli dorati rimase in silenzio per qualche secondo, osservando un punto vuoto di fronte a sé; successivamente si illuminò nuovamente, lasciandosi sfuggire un sorrisetto sghembo prima di superare il più grande, uscendo dalla cucina.
«E adesso si può sapere dove stai andando?», chiese il diavolo dai capelli fiammeggianti al fantasma di Roxas; si massaggiò le tempie con aria spossata prima di trasalire di colpo. «Oh, merda, no, in camera mia, no, no!», trillò con fare allarmato, affrettandosi a raggiungere il quindicenne, il quale, nel frattempo, era sulla soglia della porta della sua stanza a bocca aperta.
Axel notò lo sguardo scioccato del giovane e corrugò la fronte, voltando finalmente gli occhi verso l'interno della camera: spalancò così automaticamente la bocca anche lui. «Porca miseria, Demyx, ma che cazzo hai fatto?!»
Il diretto interessato, che stava reggendo il diario tra pagine strappate, colla e scotch, alzò gli occhi verso gli altri due, grattandosi la nuca con fare impacciato. «Stavo sistemando il diario di Roxas.», spostò le iridi verso il diretto interessato e si illuminò, porgendogli l'oggetto dall'aria impresentabile. «Ecco qua, è tutto tuo!»
«Il... Il mio diario... », mormorò con aria afflitta il biondo, afferrando il quaderno tra le mani tremanti.
Demyx sorrise allegramente, pensando di aver fatto una buona azione; Axel, al contrario, assunse un'espressione preoccupata, sforzandosi comunque di parlare. «B-Beh, non è così male in fondo. Basta sistemarlo un po' e vedrai ch-»
«Axel, sta' zitto.»
«Ma no, ascoltami, ti posso spiega-»
«Chiudi quella cazzo di bocca.», scandì bene il biondo, osservando con estrema attenzione le iridi smeraldine del tutor; alzò poi la mano sinistra e gli tirò uno schiaffo senza pensarci due volte.
Il chitarrista sgranò gli occhi, mentre Axel appoggiò automaticamente il palmo sinistro sulla zona colpita, sibilando qualcosa sul tremendo bruciore; ebbe il forte impulso di ricambiare il colpo, ma poi pensò che in fondo se lo era meritato e che probabilmente quel ceffone aveva in qualche modo fatto sentire meglio Roxas.
Quest'ultimo, nel frattempo, voltò lo sguardo verso Demyx che si nascose immediatamente dietro la tenda, tremando. «Tirerei volentieri uno schiaffo anche a te, ma non lo faccio soltanto perché so che è tutta colpa di Axel.», e, dopo aver detto ciò, tornò a guardare il fulvo con un'espressione indecifrabile. «Sai, forse te ne avrei parlato apertamente. Te ne avrei parlato perché pensavo di potermi fidare di te.»
E quelle parole bruciarono molto più dello schiaffo. Gli bruciarono nel petto, gli provocarono un'ondata violenta che lo fecero irrigidere sul posto.
Rimase fermo, perfettamente immobile ad osservare un punto di fronte a sé.
Non si voltò neanche quando sentì Roxas andarsene.


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''Caro Diario,
ieri sera Axel (Il tizio che deve farmi da tutor) è venuto a cenare qui, insieme a me, Sora, Riku, i miei e Vanitas.
Lui mi osserva mentre leggo. Lo so perché ha detto che sembro assorto quando leggo. E che sembro perso in un mondo tutto mio.
Non è strano? Secondo me sì.
Poi questa mattina siamo usciti insieme e mi ha fatto una sorpresa. Mi ha portato in un bellissimo prato e abbiamo fatto una colazione splendida. Sono stato bene, anche se talvolta mi metteva un po' a disagio. Questo perché spesso mi fissa o mi si avvicina troppo. E' imbarazzante.
Poi è successa un'altra cosa strana.
Per caso ha visto la fotografia di me, Pence, Hayner ed Olette e io... Io sono scoppiato a piangere.
Quando mi sono accorto che avevo gli occhi bagnati volevo sprofondare tre metri sotto terra. Temevo che mi considerasse un bambinetto.
E invece no.
Mi ha consolato, anche se in modo un po' strano. Mi ha tenuto tra le sue braccia e mi ha accarezzato.
Mi piacciono le sue coccole.
Anche se lui è stravagante. Molto stravagante.
Successivamente mi ha portato a casa sua in moto e sono stato costretto ad aggrapparmi a lui per non cadere.
La sua schiena è molto calda.

Fuori c'è una bella arietta fresca e ci sono anche le stelle.
Mi mancano Hayner e Xion
Ti saluto.''




 

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Si disse che molto probabilmente era una di quelle persone che quando toccava una cosa la rovinava.
O la bruciava forse, chissà.
Sì, era sicuramente così. Non riusciva a mantenere niente integro. Doveva sempre combinare qualcosa, ferire le persone, soprattutto quelle a cui più teneva.
E, dopo aver passato un'ora sdraiato sul letto a fissare il soffitto, era giunto ad una conclusione schietta e semplice; lui ci teneva a Roxas. Eccome se ci teneva. Ci teneva da morire.
Il giorno precedente era magicamente scomparso. Di mattina, prima del suono della campanella, non l'aveva visto in cortile; durante la ricreazione non l'aveva trovato neanche in classe e nemmeno in bagno. Stessa cosa per la fine della giornata scolastica.
Eppure c'era. L'aveva chiesto a Sora e lui gli aveva detto che era stato presente.
Quindi, a quanto pare, era un tipo molto bravo a nascondersi; questo poco, ma sicuro.
Aveva provato a chiamarlo, ma il suo cellulare risultava sempre spento. Aveva deciso così di lasciargli un semplice messaggio in segreteria dove gli chiedeva scusa. Sperò soltanto che l'avesse ascoltato.
Sospirò e voltò la testa dall'altra parte.
Aveva pensato di andare a trovarlo a casa, ma temeva di ritrovarsi sua madre alla porta; sicuramente non si sarebbe fatta scrupoli a mentirgli, dicendogli che Roxas era fuori.
Si mise a sedere sul materasso e scrutò con aria persa i jeans che indossava.
Quella mattina, invece, era riuscito a vederlo di sfuggita all'uscita della scuola; aveva provato a chiamarlo, ma lui era subito corso via alla velocità della luce.
Non si sarebbe dato pace, di questo ne era certo. Per nessuna ragione al mondo lo avrebbe lasciato andare senza provare a parlargli, a scusarsi, a dirgli che gli dispiaceva.
Roxas era troppo prezioso e questo Axel lo aveva capito soltanto dopo quella lunga riflessione.
Guardò l'orologio digitale sul comodino e trasalì, imprecando a gran voce non appena si accorse che erano le ventidue e dieci minuti.
Si alzò immediatamente e si infilò una felpa leggera di colore nero, uscendo poi dalla stanza; incrociò Reno per i corridoi che gli fece un cenno con la testa. «Non ti sei ancora messo il pigiama?»
Axel scosse energeticamente la folta chioma scarlatta. «Io esco.»
«Eh? Cosa?», fece il maggiore, perplesso e stralunato. «A quest'ora? E dove vuoi andare?»
L'altro si limitò a scrollarsi le spalle con aria ambigua. «Devo uscire e basta.»
«Fai un po' come vuoi.», si limitò a borbottare Reno prima di avviarsi in bagno, sbadigliando; il diciottenne si affrettò ad uscire, richiudendo silenziosamente la porta dietro di sé. Raggiunse la moto parcheggiata a pochi metri di distanza e la cavalcò, accendendo il motore dopo aver lanciato una fugace occhiata nei d'intorni.
Nel quartiere non c'era praticamente nessuno e in quella notte di un fresco Martedì di metà Maggio regnava il silenzio interrotto soltanto dal rumore della sua moto che era finalmente partita.
Sentì il vento schiaffeggiarli il volto e i capelli, ma non vi fece caso; si limitò ad accelerare, iniziando a riflettere sul da farsi.
Era sicurissimo del fatto che Roxas fosse già uscito di casa, anzi; magari era già arrivato a destinazione. In fondo o andava a piedi o in bicicletta, quindi doveva pur sempre partire con un certo anticipo.
Ora il vero problema era un altro: come poteva capire qual'era il locale in cui lavorava?
Non sapeva neanche dove diavolo stava andando.
Strinse con maggiore forza i manubri, sibilando qualcosa di incomprensibile a denti stretti. C'erano parecchi locali nella città, ma, se la memoria non lo ingannava, quelli che di notte facevano anche da discoteca erano soltanto due.
E il primo era poco distante dalla casa di Roxas. Quindi c'era un'alta probabilità che quest'ultimo lavorasse proprio in quel locale.
Uno strano presagio si fece spazio nel suo stomaco e si accorse di avere il cuore che stava inspiegabilmente battendo più forte del dovuto; era agitato, doveva ammetterlo. Parecchio agitato.
E se non era quello il locale giusto? Avrebbe dovuto fare retromarcia e recarsi verso il secondo che si trovava praticamente dall'altra parte della città, perdendo così troppo tempo. Non gli restò che sperare, di avere fortuna, una volta ogni tanto.
Superò la casa di Roxas, nella quale riuscì ad intravedere le luci del primo piano accese e una lunga scala che collegava il giardino e la finestra della stanza del biondo; aumentò così ulteriormente la velocità e raggiunse il luogo prestabilito in una decina di minuti.
Sospirò pesantemente e socchiuse gli occhi per un attimo, accorgendosi di avere ancora il battito cardiaco estremamente veloce.
Spense il motore e scese dalla moto, udendo già la musica che proveniva dal locale. Iniziò ad incamminarsi con una certa lentezza, quasi si sentisse improvvisamente insicuro; e se si fosse ritrovato faccia a faccia con Roxas, che cosa gli avrebbe detto? Come avrebbe fatto a convincerlo ad abbandonare quel lavoro, se lui non gli rivolgeva neanche la parola?
Ripensò a ciò che aveva letto sul suo diario, alle ultime pagine intrise di rabbia, dolore; alla sua ansia, alle sue parole riguardanti coloro che lo toccavano in mezzo alla puzza di fumo e di alcool. Strinse i pugni, sentendo un'improvvisa scarica di rabbia attraversargli il corpo e accelerò il passo.
Semplice. Lo avrebbe costretto ad uscire da quel postaccio, anche a costo di prenderlo in braccio.
Entrò finalmente nel locale e la musica assordante che regnava gli trapanò i timpani, causandogli una fitta immediata alla testa; si chiese come diamine faceva un ragazzo come Roxas a sopportare una situazione del genere per quasi due ore.
Si appoggiò le mani sulle orecchie, iniziando a spintonare diverse persone per farsi strada; un'enorme quantità di luci colorate illuminavano l'ambiente ad intermittenza e una parte dei presenti era si stava cimentando in balli volgari, al contrario degli altri che erano seduti in piccoli tavoli o di fronte al balcone, intenti a chiacchierare tra di loro magari nella speranza di concludere la serata in maniera più accesa e infuocata.
Chiacchierare, poi. Axel era sicuro che se si fosse messo a parlare non sarebbe neanche riuscito a sentire la propria voce, figurarsi quella degli altri.
E, proprio come aveva scritto Roxas, c'era un tremendo odore di fumo e di alcool che avrebbero potuto mandare in tilt il cervello di chiunque. Nei bagni, continuò a pensare il rosso, chissà poi cos'altro c'era.
Notò una ragazza dai lunghi capelli biondi ricadenti in morbidi boccoli sulle spalle avvicinarsi a lui con un sorriso malizioso dipinto sul volto; Axel si scostò immediatamente, estremamente irritato.
Voleva solo trovare Roxas. Era quella l'unica cosa che contava davvero.
Si guardò attorno con estrema attenzione, sperando di incrociare quegli splendidi occhi blu da qualche parte. Eppure, tra tutte quelle luci, quella gente, quella musica e quell'odore risultava un'impresa quasi impossibile. Le persone sembravano mescolarsi tra di loro, formare un'unica massa che non faceva altro che peggiore la situazione.
Per non parlare del mal di testa che iniziava a farsi sentire.
Roxas. Doveva assolutamente trovare Roxas.
Sospirò pesantemente e decise di dirigersi nei bagni nella flebile speranza di trovarlo lì, quando la sua attenzione si focalizzò su una figura esile schiacciata contro il muro a causa del peso di un altro ragazzo, molto più alto di lui.
I capelli dorati che ricadevano disordinatamente sulla fronte; gli occhi di un blu intenso ora impauriti e spaesati.
«Roxas.», bisbigliò a fior di labbra, quasi sotto ipnosi; poi le sue iridi si illuminarono di una luce intensa e speranzosa, mescolata però alla rabbia che si era presa possesso del suo corpo. «Roxas!», e questa volta urlò, nonostante fosse perfettamente consapevole del fatto che il diretto interessato non l'avrebbe sentito; spintonò altre persone e corse, rischiando addirittura di inciampare, raggiungendo finalmente il giovane che però non si era ancora accorto della sua presenza.
Il ragazzo che lo stava praticamente tenendo incollato al muro era sicuramente ubriaco, dato lo sguardo vacuo e il sorriso sinistro sul suo volto. Axel non riuscì a vedere molto della suo aspetto fisico dato che i capelli erano nascosti da un buffo cappello bianco. E soprattutto perché, in fondo, non gli interessava più di tanto.
Non appena lo vide alzare la mano per toccare chissà quale parte del corpo di Roxas, lo precedette, tirandogli un pugno in pieno volto.
Fu istintivo. Non pensò nè alle conseguenze e non si interessò ad esse neanche quando vide il ragazzo cadere rumorosamente a terra con un rivolo di sangue lungo il naso.
Rimase immobile perfino quando lo guardò rialzarsi con aria spaesata ed estremamente infuriata al tempo stesso. «Ma che cazzo... Ehi, ma che cazzo hai fatto?! Sei fuori di testa per caso?!»
Axel non rispose e si limitò a voltare lo sguardo verso Roxas che aveva spalancato gli occhi e la bocca. «Sei tu che sei fuori di testa. E non permetterti più di avvicinarti a lui, tanto meno di toccarlo.», si osservò le nocche sporche di sangue e se le pulì sui jeans, avvicinandosi poi al giovane studente che sembrava essere paralizzato; gli afferrò la mano con un veloce scatto, trascinandolo nella parte opposta sotto alcuni sguardi incuriositi.
Soltanto alcuni perché la maggior parte dei presenti non si era nemmeno accorta di quanto accaduto, probabilmente abituati alle frequenti risse nel locale.
«Ehi, tu! Guarda che quello è il mio cameriere!», vide un uomo sulla quarantina bloccargli improvvisamente il passaggio con un'espressione piuttosto scocciata. «Roxas, torna immediatamente a lavorare o ti puoi scordare la paga.», il diretto interessato fece per rispondere, quando Axel lo precedette, stringendogli ulteriormente la mano con aria impassabile. «Roxas si licenzia, mi dispiace.»
«C-Cosa? Che cavol-», ma il biondo non ebbe tempo di ribattere che il tutor gli tolse in un attimo il grembiule bianco che indossava, lanciandolo addosso al padrone prima di raggiungere velocemente l'uscita.
Tirò un enorme sospiro di sollievo non appena riuscì finalmente a respirare aria fresca, pensando che essere in mezzo al silenzio notturno fu una sorta di benedizione; fece per socchiudere gli occhi, quando il giovane accanto a lui tolse violentemente la propria mano dalla sua, indietreggiando di qualche passo. «Ti rendi conto di che cosa hai fatto?! Per colpa tua ho perso il lavoro!», strillò con tutto il fiato che aveva in gola, cercando in ogni modo di soffocare i singhiozzi, senza risultati. «Sei... Sei... Sei un... Un... », venne scosso da un brivido e si aggrappò ad un muro, tremando violentemente.
Il più grande ignorò le sue precedenti lamentele, notando che era improvvisamente impallidito. «Roxas? Ehi, Roxas, stai bene?»
Il diretto interessato scosse la testa, circondandosi le spalle con le mani. «Io... E' successo tutto così in fretta.»
Si lasciò sfuggire un flebile singhiozzo e abbassò automaticamente lo sguardo, accorgendosi di essere preso dallo sconforto più totale. Aveva perso il lavoro e con esso si era sfumata la sua unica possibilità di tornare a casa da Xion e Hayner.
Ma davvero ci teneva così tanto a rivederli? Anche a costo di aver accettato quello sporco lavoro? E se Axel non fosse venuto, che cosa gli sarebbe successo?
Quest'ultimo pensiero in particolare lo fece scoppiare immediatamente in lacrime, costringendolo a coprirsi il volto tra le mani tremanti; rimase in silenzio ad ascoltare i propri singhiozzi finché non si sentì avvolgere da un caloroso abbraccio.
Alzò timidamente le iridi arrossate e incrociò il premuroso sguardo di Axel che gli stava accarezzando delicatamente la testa, stringendolo al proprio petto. «Roxas, adesso ascoltami. Ho sbagliato a prenderti il diario. Anzi, ho sbagliato a frugare nel tuo zaino, così come avevo sbagliato a seguirti quando sei uscito con Naminè. Vorrei tanto dirti che non lo rifarò più, ma sarebbe una bugia.», si interruppe per qualche secondo, permettendo al quindicenne di riflettere sul discorso iniziale prima di proseguire. «Io... Io penso che se dovessi tornare indietro nel tempo lo rifarei. Dimmi pure che faccio schifo, ma è così. Sono.... Sono un po' confuso attualmente, però io ci tengo a te. Ci tengo tantissimo, per questo sono qui, per questo ti ho portato via.»
Desiderò solo vomitare via tutto, tutti i pensieri e le emozioni che aveva provato insieme a lui. Non gli importò delle conseguenze; volle soltanto che Roxas sapesse.
Era l'unica cosa che contò davvero in quel momento.
Il biondo si ritrovò a stringere tra le mani la felpa del tutor, mentre quest'ultimo riprese la parola. «Non mi scuserò per averti fatto perdere il lavoro, sappilo. Non mi pento di nulla, niente di niente.», fece scorrere una mano fino alla schiena del giovane, prendendo ad accarezzarla con estrema delicatezza, quasi fosse timoroso di spezzare quel corpo così fragile di fronte al suo. «Quando ti avevo seguito l'ho fatto soltanto perché... Beh, perché mi dava fastidio vederti con un'altra persona. Per questo quando ho letto del tuo lavoro mi sono arrabbiato, ed eccomi qui, Roxas. Non ti libererai di me tanto facilmente, non adesso che ti ho detto tutto questo.»
Roxas avrebbe tanto voluto dirgli di stare zitto, di smetterla di alimentare quel fiume in piena di parole, di chiudere la bocca per un po', di lasciarlo in pace. Si sentì la testa scoppiare e gli sembrò che dentro di sé ci fosse in corso una sorta di guerra tra emozioni e sentimenti. Era tutto a soqquadro, tutto in disordine, un'esplosione mescolata a chissà cosa.
Eppure dall'altra parte desiderò ardentemente che non smettesse di accarezzarlo, riempiendo la sua anima di quelle rivelazioni così forti e travolgenti da distruggerlo. Distruggerlo anche in senso positivo. Distruggerlo perché stava crollando tutto per essere rimpiazzato da qualcosa di nuovo, più forte.
«Sarai un po' scosso», interruppe il breve silenzio Axel, notando che l'altro non cennava ad aprir bocca. «ma almeno lascia che ti dica un'ultima cosa.», gli afferrò con dolcezza il volto con entrambe le mani per potersi tuffare in quello splendido oceano ora in tempesta.
E se Axel non fosse arrivato in tempo, che cosa gli sarebbe successo?
«Sei incantevole.»
Successivamente sorrise e Roxas ebbe paura che presto o tardi sarebbe scoppiato.



 

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''Caro Diario,
ieri è stata una giornata orribile; ho fatto una figuraccia davanti a tutta la scuola, durante l'assemblea di Istituto.
E' stato tremendo. Dovevo parlare di fronte a tutti e sono scappato via a causa dell'ansia.
Sono proprio uno stupido, non è vero?
Sono corso in bagno e dopo un po' è arrivato Axel a consolarmi; è stato... E' stato molto gentile.
Così tanto che mi sono fatto coraggio e gli ho parlato del mio problema legato all'ansia; temevo che mi prendesse per matto, invece è stato comprensivo. Non lo facevo così... Così... Ecco, così, insomma.
Invece oggi siamo andati al Luna-Park. Axel ha invitato solamente me, ma sono venuti anche quel tonto di mio fratello insieme a quel rompipalle di Riku.
Non credo che Riku e Axel si vogliano molto bene. Non fanno altro che litigare come due bambini. Sono veramente irritanti, diamine.
Comunque, è stato... Strano. Dopo aver fatto le montagne russe (Ho rischiato di morire dalla paura, te lo assicuro!) io e Axel ci siamo allontanati da Sora e Riku; lui mi ha sfidato ad entrare in un tunnel dell'orrore e io, da bravo scemo, ho accettato.
Sono uscito sotto shock, sul serio. E' stato a dir poco spaventoso. Ma si può sapere chi è l'idiota che ha inventato quel gioco del diavolo? Meno male che c'era Axel insieme a me, altrimenti credo che sarei seriamente svenuto dalla paura.
Poi mi ha comprato lo zucchero filato e mi ha portato in tantissimi giochi. E' stato davvero divertente, era da un po' che non passavo così il tempo. Io credo che Axel sia una persona espansiva, forse anche troppo, dato che non fa altro che avvicinarsi a me nei momenti più inopportuni. Non è che mi dia fastidio, però... Però mi crea molto imbarazzo.
Alla fine della giornata ho incontrato Naminè che mi ha invitato a stare un po' con lei domani. Non vedo l'ora. E' una ragazza particolare. Credo che mi capisca. Per certi versi mi ricorda un po' Xion.
Chissà se a lei piace leggere, anche se non credo. Non fa altro che disegnare; perfino la mattina, nel cortile della scuola, quando non parla con Kairi (Una sua compagna), si mette a dipingere. E' molto brava. Spera di diventare un'artista e io glielo auguro con tutto il cuore.
Ad Axel penso che Naminè non gli stia molto simpatica; non appena la vede fa una faccia strana, quasi arrabbiata. Comunque poi lui mi ha regalato un pupazzo a forma di orsacchiotto: è bellissimo, mi è piaciuto un sacco.
Axel è davvero gentile con me, anche se io non lo tratto molto bene. Forse dovrei fare qualcosa per ringraziarlo, tu cosa dici?
Adesso vado a cenare e tra poco leggerò un po'.
Domani dovrò lavorare e solo il pensiero mi soffoca. Però devo farlo. Devo farlo se voglio tornare a casa.
Tanti saluti.''

   

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Rientrò silenziosamente nella stanza, chiudendo la porta dietro di sé.
Tirò un sospiro di sollievo, asciugandosi le labbra bagnate prima di focalizzare la vista verso la figura scura accanto al letto; successivamente si avvicinò al morbido materasso, coricandosi prima di socchiudere gli occhi.
Axel lo aveva accompagnato a casa con la moto, salendo poi nella sua piccola cameretta grazie alle scale per fargli compagnia; lui non aveva opposto più di tanta resistenza, dato che quella notte non se la sentiva proprio di stare solo in mezzo alle tenebre.
No, quella notte proprio no.
«Spero di non avere più l'odore dell'alcool addosso perché mi sono lavato una decina di volte con il sapone.», brontolò improvvisamente, sbuffando con il naso; udì l'acuta risata del tutor espandersi nella stanza e se lo immaginò scuotere la testa, com'era di sua abitudine fare. «Nah, non puzzi più di alcool, non preoccuparti.»
«Meno male.», riaprì del tutto le palpebre, spostando lentamente il volto alla sua sinistra, quasi timoroso di vedere Axel andare via. «Ho sonno.», disse poi, sospirando appena; il rosso ridacchiò nuovamente, sedendosi sulla sponda del letto per poi allungare il braccio verso la guancia del quindicenne, accarezzandogliela con gentilezza. «Beh, è normale, sai? Tutti di notte hanno sonno.»
«Ma dai? Non lo sapevo.», mugugnò ironicamente Roxas in risposta, rilassandosi immediatamente alle attenzioni del tutor.
Axel gli aveva fatto un sacco di rivelazioni, no? Perché non poteva provare lui per una volta ad esporre il suo pensiero?
«Axel?»
«Se mi chiedi di raccontarti una favola, la risposta è no, te lo dico già.»
Il biondo si lasciò sfuggire un flebile sorriso divertito e scosse timidamente la testa. «Volevo... Volevo solo chiederti se potevi rimanere qui con me.»
Il diavolo dai capelli fiammeggianti sorrise a sua volta tra le tenebre, chinandosi verso il volto del più piccolo. «Ma certo che sì. Ti prometto che resterò qui fino a quando non dormirai profondamente.»
Roxas si sentì immediatamente sollevato e cercò la mano del diciottenne per poterla stringere impacciatamente, lasciandosi sfuggire un sospiro impercettibile. «Axel, mi potresti dire ancora quella cosa?», interruppe nuovamente il silenzio con la voce impastata dal sonno.
Il diretto interessato inclinò il volto su un lato, perplesso. «Uh? Quale cosa?»
«La cosa che mi hai detto prima.»
Axel rise ancora. «Ti ho detto tante cose prima.», osservò con aria divertita.
L'altro dal canto suo parve piuttosto deluso e infatti imbronciò un poco le labbra, brontolando qualcosa di incomprensibile ad occhi chiusi; il fulvo sembrò riflettere per qualche secondo e se ci fosse stata la luce Roxas avrebbe visto improvvisamente le sue iridi smeraldine illuminarsi di uno strano luccichio.
Si avvicinò ulteriormente al biondo fino a sfiorare il suo orecchio sinistro con le proprie labbra. «Sei incantevole, Roxas.»
Quest'ultimo avvampò immediatamente e sorrise una seconda volta, sentendo il proprio cuore fare un salto di gioia.
E fu ancora più felice non appena Axel spostò le proprie labbra sulle sue per potergli regalare un candido bacio intriso di desiderio e passione; ebbe il forte impulso di ricambiare con altrettanta tenerezza, ma la stanchezza glielo impedì.
Gli piacevano le attenzioni di quello stravagante ragazzo. Eccome se gli piacevano.
Gli piaceva Axel. Tanto, tantissimo.
Stava per abbandonarsi tra i deliziosi sentieri di Morfeo, quando udì lo scricchiolio della porta che lo costrinse a spalancare di scatto gli occhi, facendogli salire il cuore in gola con un violento balzo.
E questa volta non fu a causa della gioia.
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*Note di Ev'*
Salve gente. Oddio, siamo già al capitolo diciannovesimo, assurdo. E i capitoli stanno diventando piuttosto lunghi, uhm. Mi auguro vivamente che non risultino pesanti in alcun modo.
Ma perché ogni volta faccio queste entrate in scena a dir poco penose?
Boh.
Allora, sì. Questo capitolo è diviso in quattro parti; un Roxas che cerca ossessivamente il proprio diario -Facendosi parecchie seghe mentali stile C.S.I per capire chi il colpevole-, un Axel e un Demyx che parlano allegramente prima dell'arrivo del biondo che fa il culo a tutti, poi di nuovo Axel che decide di salvare il nostro Roxey e, infine, il primino che si lascia coccolare dal suo tutor :'33
Sì, si lascia coccolare prima di sentire il sinistro rumore della porta. è_é Vi ho lasciati sul più bello, nh? Sono proprio una stronza, lo so.
Io... Io non lo so. E' un po' sdolcinata come cosa, o sbaglio? Non lo so perché mi escono queste cose ;_; Però, andiamo, dopo tutti quegli schiaffi, un po' di tenerezza ci voleva, uhm.
Che altro dire, ehm... Ah, sì; come avrete notato, come contorno (???) ci sono anche le altre due famigerate pagine di Roxas che Axel non ha letto. Che sfigato. <3
Avrei voluto pubblicare prima, ma desideravo ardentemente dedicarmi alla storia di ''Evanescenti giornate incorniciate da sguardi indiscreti''. E la prossima pubblicazione sono quasi sicura che sarà di ''Insidie interiori''.
Cioè, oddio, è un bel casino avere tutte queste storie in corso, però non riesco a trattenermi molto dal pubblicare ogni volta ç_ç'' Io e le mie strane fissa, già. Come quella di aver speso la mattinata cambiando per la millesima volta la mia presentazione. *Sospira con fare rassegnato*
Ma tralasciando questo, uhm... Sì, insomma, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e vi prego di lasciare una recensione. Non immaginate quanto esse mi rendano felici. Sapete quanto tenga io a sapere i pareri altrui.
E ora vi lascio, sperando che voi stiate passando delle vacanze piacevoli.
Alla prossima.
E.P.R.

 

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Capitolo 20
*** Eyes. ***


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Tutor And Boyfriend.

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20. Eyes

                                                                                                                                                                                                          20 Maggio.
Caro Hayner,
immagino che tu abbia già intuito chi sono. Forse dalla scrittura, forse dall'indirizzo.
O forse non l'hai capito proprio, ma quello è un altro discorso che riguarda principalmente la tua stupidità illimitata.
O ancora, forse l'hai capito e quindi non hai neanche aperto questa busta. Magari l'hai bruciata direttamente, anche se, con questo caldo, non credo che ti converrebbe molto. Comunque, se davvero l'hai fatto, questa lettera sarebbe andata a vuoto. Anzi, no, sarebbe andata a fuoco. (Oggi sono in vena di battute. Io ti ho avvertito)
Però, non so perché, ho la vaga sensazione che tu non la butterai. Perciò ho deciso di scriverti in ogni caso.
Come stai? E' una domanda banale, molto banale, lo so... Però... Però io voglio sapere sul serio come stai.
A scuola tutto bene? La prof di scienze ti odia ancora? E con Xion? Ti piace ancora? Lei come sta? Olette l'hai più vista? Pence si è deciso a mettersi a dieta? Hai più pagato il negoziante vicino alla piazza per il vetro che gli hai rotto?
Sei scomparso di punto in bianco.
O meglio, io me ne sono andato e tu di conseguenza sei scomparso.
Hayner, perché? Lasciatelo dire, hai fatto una stronzata assurda. E senza senso, tra l'altro.
Perché, si può sapere? Diamine, io non ne ho colpa. Cosa avrei dovuto fare? Bucare le ruote dell'auto di mio padre? Avrei voluto, certo, ma, insomma, non siamo mica in un film. (Anche se non sarebbe una cosa così negativa, in fondo. Non credi?)
La prima settimana ho deciso di non contattarti semplicemente perché sapevo che eri arrabbiato, data la scenata che mi hai fatto prima che me ne andassi. Sembravi un ritardato, scusa se te lo dico (Ma perché mi scuso? E' la verità!). Anzi, uno sclerato. In quel momento, lo ammetto, ti ho odiato un po' (Un po' tanto). Mi hai fatto girare altamente le palle e hai reso tutto più complicato, come se già non lo fosse abbastanza.
Poi ho provato ad inviarti un messaggio.
Niente, non mi hai risposto.
Magari eri senza soldi, ho pensato logicamente. Dovresti smetterla di andare su Internet con il cellulare; i computer servono a qualcosa, sai?
Un altro messaggio il giorno dopo. Ancora niente. Forse eri in punizione e non ti avevano fatto la ricarica, mi sono detto (Che tentativi penosi di nascondere la verità, lo so).
Hayner, ti ho chiamato e non hai mai risposto. Io ci ho provato, giuro, ma tu sei una testa di cazzo (Magari per te è anche un complimento, quindi... Quindi sai cosa ti dico? Sei una persona fantastica e sexy. Ecco, adesso ti sei offeso, eh? Vai, vai a piangere dalla mamma!).
E così mi sono finalmente deciso a fare tutto alla vecchia maniera. Spedirti una lettera. No, non utilizzando un piccione viaggiatore, fortunatamente le poste esistono ancora (Anche se mio fratello dice che un giorno verranno sostituite da maghi che trasporteranno le lettere sulle loro scope volanti nelle notti di luna piena. Ma è un bel problema, eh; mica la luna c'è sempre, diamine! Comunque credo che Sora guardi troppo Harry Potter. E' più ritardato di te, pensa un po').
Io spero che tu ti sia dato una calmata perché ne è passato di tempo da quando me ne sono andato. E se non mi rispondi mi darai un'enorme delusione. Oltre a dimostrare che non hai mai tenuto veramente a me, ovvio.
Parlo come una ragazzina del diavolo, lo so, però credo sia ora chiarire e di essere schietti. Una volta ogni tanto, cavolo.
Insomma, sì, hai capito. Io sono uno sfigato e tu sei un imbecille. Questo era risaputo, quindi non c'è bisogno di sottolineare ripetutamente il concetto.
Qui è un mezzo schifo. Prima era uno schifo intero, poi è diventato mezzo e adesso è di nuovo intero. Cioè, è un periodo di alti e bassi.
Perché? Te lo spiego subito.
All'inizio era uno schifo intero perché... Beh, è ovvio. I trasferimenti fanno sempre schifo (Poi dipende dalle situazioni, certo. Magari per qualche idiota i trasferimenti sono uno spiraglio di speranza. Anzi, più che idioti sono degli sfigati che sono nati in un posto di merda e di conseguenza non vedono l'ora di andarsene. Peccato/fortunatamente questo non era il mio caso) e io sono stato malissimo; ho provato una nostalgia che non ti dico. Adesso non voglio entrare nei dettagli perché risulterei palloso e a quel punto so che tu butteresti davvero la lettera nel cesso (Anche se non te lo consiglio. Si intaserebbe, e poi sarebbe un bel problema. Saresti costretto a correre nel bar più vicino solo per andare in bagno), quindi, andiamo avanti.
Poi è diventato un mezzo schifo perché ho conosciuto un ragazzo che mi ha aiutato molto. E' successo di tutto e di più con lui. Ho anche scoperto che c'è una pizzeria migliore di quella di Tony. Dovresti provarla: è fenomenale! Se potessi, te ne avrei spedito una fetta per posta.
Ma credo che si sarebbe raffreddata e quindi non ne sarebbe valsa la pena, a meno che a te piaccia la pizza gelata.
Comunque adesso sono tornato allo schifo intero perché mia madre ha scoperto una cosa che non doveva sapere.
Io ho iniziato a lavorare in un locale. Ho iniziato e ho smesso, purtroppo. Però ho guadagnato un po' e... E io voglio tornare lì, Hayner. Voglio tornare da te, ed è questo il principale motivo per cui ti ho scritto questa lettera. Voglio tornare a casa, la mia vera casa.
'Fanculo a tutti. Non mi interessa.
Il problema è che non ho abbastanza soldi, accidenti. Devo comprare i biglietti per i due treni che dovrò prendere per raggiungerti, immagino tu l'abbia capito.
Prendimi per pazzo o per folle, ma io qui non ce l'ha faccio più. Stavo per rinunciare all'idea, ma dopo questa storia di mia madre mi sono deciso. Qui non posso più vivere. E sono schifosamente confuso. Se non mi fossi trasferito, tutto questo non sarebbe successo.
Rispondimi per favore.
Anche una breve risposta, una riga in cui mi mandi a cagare. Va bene lo stesso, basta che mi rispondi.
Per favore.
Il tuo migliore amico ha bisogno di te.
                                                                                                                                                                                                              Roxas K.
Ps. Lo sai che la mia professoressa di inglese è identica alla signora Scott? Diamine, io speravo che, trasferendomi, me la sarei tolta dai piedi per sempre!
Pss. Ho scoperto che esiste un cartone animato che parla di un formaggio. Aspetta, no, non era un formaggio: era una spugna. Roba da matti! Pensa che fa pure il cuoco in un ristorante e c'è un granchio che ha dato luce ad una balena.
E poi dicono che i cartoni non rincoglioniscono i bambini.
Ora capisco perché sei uscito così male.


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Attaccò il francobollo e infilò la busta nella cassetta rossa delle lettere, sospirando pesantemente prima di appoggiare la schiena contro il muro, socchiudendo gli occhi.
Era andata finalmente. Si era svegliato quasi all'alba e aveva buttato giù la lettera in fretta e furia, intenzionato a riallacciare i rapporti con il suo migliore amico; aveva iniziato a scrivere numerose righe per poi stropicciare la carta e buttarla via; aveva iniziato a scarabocchiare; aveva strappato diversi fogli; aveva disegnato linee senza alcun senso, ma, alla fine, nonostante tutto, era riuscito a tirare fuori qualcosa di accettabile. Non voleva risultare troppo sdolcinato; insomma, non era mica una ragazzina e non voleva sottolineare eccessivamente il fatto che gli mancava e che aveva sofferto soprattutto a causa sua. Però non voleva sembrare neanche troppo freddo o stronzo: non avrebbe avuto alcun senso. Tanto valeva non scrivergli nemmeno, no?
Dopo aver buttato nel cestino anche il quarto foglio, pensando con una certa angoscia al fatto che stava uccidendo indirettamente numerosi alberi, aveva sentito improvvisamente una mano toccargli la spalla sinistra e si era voltato di scatto con il cuore in gola a causa dello spavento.
Si era così ritrovato il volto leggermente assonnato di Axel; i suoi lunghi capelli fiammeggianti erano legati in una coda assai disordinata e parve reggersi con estrema fatica in piedi, dato che aveva appoggiato l'altra mano sulla parete.
«Che cosa stai facendo?», aveva chiesto borbottando il più grande, facendosi a malapena capire da Roxas che si era limitato a scuotere un poco la chioma bionda, stringendo la biro nera tra le mani. «Sto scrivendo una lettera d'amore.», aveva risposto così con evidente ironia, la quale però non venne afferrata dall'altro. «Mi auguro che sia per me.»
Dopo un battibecco durato quasi dieci minuti, nei quali Axel si era svegliato anche troppo, il biondo aveva sbattuto un pugno sul tavolo con una certa irritazione, sbuffando sonoramente. «Non so proprio da che parte iniziare.»
Il fulvo aveva sospirato, cercando di riprendere la calma persa già di prima mattina; poi si era sistemato in malo modo la coda e si era chinato verso il nuovo foglio bianco del compagno, appoggiando una mano sulla sua nuca con fare paterno. «Sii il più naturale possibile. Scrivi ciò che senti.»
«E questa frase idiota da film ti sembra un consiglio adeguato?», gli aveva chiesto aspramente il primino, lanciandogli un'occhiataccia; Axel era scoppiato così a ridere e gli aveva scompigliato scherzosamente i capelli, avviandosi verso la porta. «Vado a mangiarmi qualche biscotto visto che ormai sono sveglio.»
L'altro aveva risposto con grugnito scocciato; anche se Axel avesse voluto rimanere insieme a lui, lo avrebbe costretto a lasciarlo solo. Non voleva di certo che leggesse l'ultima parte della lettera dove parlava della sua fuga.
Non gli importava che lui lo sapesse.
Successivamente era tornato ad osservare il foglio con sguardo perso, ripensando nel frattempo al suddetto 'consiglio' di Axel; si era rigirato ripetutamente la penna tra le mani e poi aveva finalmente iniziato a scrivere, cercando semplicemente di trasferire i propri pensieri su un pezzo di carta.
Infatti poi quello fu l'unico foglio che non strappò né stropicciò.
«Ciao Roxas.», alzò di scatto le iridi e incrociò l'oceano degli occhi di una giovane ragazza bionda; Naminè indossava, come la maggior parte delle volte, un vestito bianco che le copriva le ginocchia e tra le mani stringeva delicatamente il suo amato album da disegno.
Da quando Axel gli aveva detto che provava una sorta di gelosia nei suoi confronti aveva iniziato a guardarla in modo diverso. Non nel senso che si comportava male o che cercava di ignorarla, no, non si sarebbe mai permesso di avere un simile atteggiamento. Semplicemente si sentiva un po' a disagio, quasi fosse ansioso di trovare Axel nei paraggi pronto a fargli una scenata da pagliaccio.
Nonostante tutto, abbozzò un flebile sorriso. «Ciao Naminè. Che cosa ci fai da queste parti?»
La giovane si sistemò una ciocca dorata di capelli dietro l'orecchio sinistro, stringendo con maggiore forza l'album, come timorosa che qualcuno glielo avesse potuto rubare da un momento all'altro. «Ho già terminato i compiti per domani e quindi desideravo rilassarmi un po' andando a disegnare.»
Roxas fece un cenno positivo con il capo. «Sì, capisco. Sarai sotto pressione per gli esami, immagino.»
«Abbastanza», ammise la ragazza, accennando un sorriso indecifrabile. «Ricordi quando ti avevo detto che avrei voluto disegnarti?»
Il quindicenne annuì nuovamente; certo che se lo ricordava, eccome. Soprattutto perché poi erano stati interrotti dalla fenomenale entrata in scena del suo tutor.
«Sai, mi piacerebbe ancora ritrarti.», la bionda abbassò un poco lo sguardo verso il marciapiede, intimidita dalla propria richiesta. «Sempre... Sempre se tu sia d'accordo, ovvio.»
Il primino sorrise allegramente, allontanando la schiena dalla parete color pesca. «Ne sarei lusingato, davvero.», e, dopo aver detto ciò, vide splendere un barlume intenso di luce negli occhi di Naminè, come se un faro avesse improvvisamente illuminato l'oceano in cui si era persa, permettendole di ritrovare la strada di casa.
Lo fece stare bene vederla così felice per una sua semplice risposta positiva.
«Possiamo andare nel parco qui vicino. Mi piace molto disegnare da quelle parti, mi rilassa assai.»
Roxas annuì nuovamente e la ragazza iniziò a camminare, facendogli strada.
Era una tipica giornata primaverile, forse addirittura un po' troppo calda; il sole picchiava forte sulle schiene dei passanti e nel cielo non galleggiava neanche l'ombra di una nuvola.
Erano circa le cinque del pomeriggio e lui, dopo scuola, aveva pregato Axel di lasciarlo un po' solo; quest'ultimo non sembrava averla presa molto bene, dato che aveva sollevato un soppraciglio con aria contrariata. «E perché mai vorresti stare un po' solo? Se è per la lettera, ti posso accompagnare io alla cassetta.»
Ma il più piccolo aveva scosso la testa, alzando poi la mano in cenno di saluto. «Preferisco così. Non farò tardi, a dopo!»
Sapeva comunque che non appena sarebbe tornato a casa sua Axel avrebbe iniziato a riempirlo di domande idiote e indiscrete; gli avrebbe chiesto perché ci aveva messo così tanto, con chi era, dov'era stato e bla, bla, bla...
Si scontrò improvvisamente con la spalla di una donna e per un attimo rischiò addirittura di perdere l'equilibrio; si voltò e fece un cenno di scuse, rimproverandosi mentalmente per il fatto che era troppo assorto nei propri pensieri.
Accelerò il passo per raggiungere la ragazza. «Naminè, ma tu quando hai iniziato a disegnare?»
Avrebbe voluto chiederglielo da un po' e quella era l'occasione perfetta, anche per rompere il breve silenzio che si era creato.
La giovane sembrò leggermente stupita dall'improvvisa domanda perché sgranò un poco le iridi prima di accennare il solito sorriso intriso di dolcezza. «Ho iniziato da piccola, come facevano tutti i bambini. E' normale amare il disegno a quell'età. Soltanto che io, già a quei tempi, quando lo facevo mi sentivo... Mi sentivo bene, molto bene. E' una sensazione indescrivibile.», si appoggiò una mano al petto e per un attimo socchiuse le palpebre, quasi avesse voluto catturare le emozioni di cui stava parlando. «Mi sono appassionata immediatamente al disegno.»
Roxas fece un cenno positivo con la testa. «Capisco.», si limitò a farfugliare, pensieroso. A quanto pare, quando si giungeva all'argomento riguardante i disegni e i pennelli, Naminè avrebbe potuto parlare per ore e ore. Era come se in quel momento il fiore dentro di lei si apriva del tutto, mostrando il suo prezioso contenuto.
Però nel frattempo il ragazzo si accorse di non sapere molto di lei, della sua vita in generale; era una compagna di Axel, frequentava la sua stessa scuola, amava disegnare... E poi?
«Hai sorelle o fratelli?», chiese nuovamente, incuriosito.
Naminè scosse lentamente la testa, spostandosi una fastidiosa ciocca dorata dalla fronte. «E tu?»
«Beh, ho quel tonto di mio fratello gemello.», mormorò in risposta il biondo, storcendo il naso in una smorfia disgustata; l'altra accennò una soave risata, mettendosi una mano sulle labbra rosee. «Giusto, mi ero scordata di lui.»
Successivamente lei si illuminò, indicando il cancello di legno di fronte a sé. «Eccoci, siamo arrivati.», annunciò poco dopo, entrando finalmente nel piccolo parco verdeggiante.
Roxas si guardò attorno con estrema attenzione; vi erano due altalene blu vicine tra di loro, un paio di scivoli colorati e altri giochi che non aveva mai visto in tutta la sua breve esistenza. Forse però si era già ritrovato una volta da quelle parti a causa di suo fratello che volevo a tutti i costi andare in ginocchio sull'altalena e tentare in ogni modo di salire lo scivolo al contrario nonostante avesse ormai quindici anni suonati.
«Potresti sederti lì?», chiese con una punta di imbarazzo la ragazza, interrompendo il silenzio; Roxas seguì il punto da lei indicato e notò solo in quel momento la presenza di una betulla in fondo al parco.
Si avviò così verso l'albero e si sedette sotto di esso, appoggiando la schiena contro il tronco. Successivamente alzò le iridi blu e vide che Naminè lo aveva già raggiunto, sedendosi a pochi metri di distanza da lui.
«Spero davvero che tu non ti annoi.», disse lei con una lieve timidezza, aprendo il proprio album da disegno e tirando fuori la matita. «E' che ci tengo davvero moltissimo, te lo assicuro.»
Roxas in risposta sorrise con le gote leggermente imporporate a causa dell'imbarazzo. «No, non preoccuparti, non mi annoierò, anzi. Ho proprio bisogno di stare un po' tranquillo e questo parco è perfetto.»
Questa volta fu lei a sorridere; non era però un sorriso pieno, illuminato e radioso come quelli di Axel, no, assolutamente no. Era un oceano tranquillo all'alba, una brezza leggera di prima mattina, una sensazione che ti sfiora appena, che senti soltanto in mezzo al silenzio.
Naminè sorrideva con dolcezza e con una serenità quasi malinconica, un timore di vedere le nuvole dietro l'orizzonte e a Roxas ricordava sempre Xion.
«Ti piace leggere, Naminè?», chiese lui, sperando in una risposta positiva che però non arrivò.
La giovane artista, che aveva già iniziato a muovere la mano, tracciando linee leggere con la matita, fece un cenno quasi impercettibile con la testa, estremamente concentrata sul proprio lavoro. «Io le storie le disegno, non le leggo. Ognuno ha la propria passione.»
Roxas annuì, completamente d'accordo, anche se un po' dispiaciuto. Ecco qual'era la verità, l'amara verità. Desiderava soltanto trovare dei punti in comune con la sua vecchia vita, quella tranquilla, il cielo sereno in mezzo a volti familiari. Desiderava convincersi che non si era mai trasferito, che non era successo niente, che quello era solo un incubo, un orribile incubo.
Ma non era così.
«Puoi muovere la testa, non preoccuparti.», disse improvvisamente la ragazza, soffocando una risata divertita alla vista del giovane perfettamente rigido contro il tronco dell'albero.
«Oh, meno male. E' che di solito nei film gli artisti impongono sempre di rimanere fermi come delle statue, anche nelle posizioni più assurde.», osservò con una punta di ironia il biondo, facendo ridere nuovamente la ragazza che riprese a disegnare con aria assorta.
Roxas si voltò alla sua sinistra, osservando di sfuggita le piccole figure dei bambini che si dondolavano sull'altalena con aria allegra e spensierata. Il cielo dell'infanzia era quasi sempre soleggiato, sereno, senza nuvole. E le notti erano piene di stelle, le più luminose e splendenti accanto alla luna.
«Posso farti una domanda?»
Lei annuì, senza però distaccare lo sguardo dal foglio su cui si potevano già vedere i primi lineamenti della betulla. «Certo.»
«Perché proprio io? Cioè, sì, ricordo che mi avevi parlato del fatto che non sei mai riuscita a ritrarmi, ma... Ma non credo di capire bene.», tornò ad osservare la giovane artista che sembrò smettere improvvisamente di disegnare.
La vide assorta, quasi triste. «Non devi rispondere per forza.», si affrettò poi ad aggiungere, sentendosi terribilmente a disagio per aver oscurato il suo volto chiaro con quella domanda inaspettata.
Naminè alzò lo sguardo e incrociò il blu degli occhi di lui, mentre sul suo volto si dipinse un sorriso che aveva una traccia sottile di grigiore. «Non preoccuparti, hai tutto il diritto di chiedermelo.», successivamente impugnò con più forza la matita, riprendendo a creare la sua storia sul foglio. «Vedi Roxas, tu mi hai subito colpito. I tuoi lineamenti, i tuoi occhi, tutto. Mi sei sembrato molto triste, un ragazzo complesso. Ho provato immediatamente l'impulso di disegnarti, davvero.», spiegò lentamente e la sua voce parve galleggiare nell'aria; sembrò quasi appartenere ad un suono della natura, al vento che sussurrava tra le foglie degli alberi.
«Sei molto particolare, Roxas, e penso che tu già lo sappia. Se riuscissi a ritrarti, credo che sarebbe il mio disegno più espressivo. I tuoi occhi dicono tutto.»
Una breve pausa e Roxas non parlò, sorpreso e abbagliato da quelle parole.
«I tuoi occhi attirano molto e infatti hanno attirato perfino il fuoco», proseguì poco dopo lei, finendo di disegnare i capelli dorati del giovane di fronte a sé che si irrigidì improvvisamente. «io l'ho capito, Roxas. Ti ha già bruciato.»
Il biondo si strinse le spalle e si accorse di avere il battito cardiaco inspiegabilmente accelerato; successivamente si guardò le mani che non mostravano alcuna cicatrice o bruciatura e finalmente capì.
Questa volta capì, ma rimase comunque in silenzio.
Naminè prese un profondo respiro e iniziò a disegnare i grandi occhi del giovane. «Però tu puoi raffreddare il fuoco. Sono sicura che puoi. Sei particolare, ricorda.», lanciò poi una fugace occhiata di fronte a sé e sorrise appena alla vista delle gote tinte di rosa di lui.
Aveva capito immediatamente che per loro era giunta una nuova alba piena di colori.
«Grazie.», bisbigliò il ragazzo, udendo le lontane risate dei bambini che stavano salendo sullo scivolo.
Naminè non lo sentì, ma riuscì comunque a capire ciò che aveva detto leggendo il movimento delle sue labbra; terminò finalmente di disegnare e appoggiò accuratamente la matita sul prato, aprendo la scatola dei pastelli.
Una lieve brezza si divertì a scompigliare i capelli dei due giovani e Roxas riprese nuovamente la parola. «Hai già in mente quale università frequentare? Qualcosa legato all'arte, immagino.»
La parola 'università' gli sembrava così lontana, inafferrabile, e non riusciva ancora a sfiorarla, fortunatamente. Andare all'università equivaleva ad un altro cambiamento e ormai aveva già compreso che i cambiamenti non facevano altro che rovinargli la vita.
La ragazza fece un cenno positivo con il capo, impugnando il pastello marrone per poi iniziare a colorare. «Ho già mandato l'iscrizione e mi hanno accettata; frequenterò un'ottima università in una città ad una ventina di chilometri da qui.»
Roxas sentì un tonfo al cuore e incastrò il volto tra le spalle, sentendo una tremenda angoscia trascinarlo via.
Lontananza. Trasferimenti. Cambiamenti. «E non ti mancheranno le tue amiche?», chiese con un filo di voce, a disagio.
Naminè alzò lo sguardo per catturare il colore degli indumenti che indossava, quando notò che i suoi occhi blu si erano improvvisamente fatti più scuri e nascondevano un'enorme voragine di nostalgia. «Probabilmente sì, ma ognuno deve seguire la propria scia di colori, non credi?»
Il ragazzo non rispose e lei proseguì. «Kairi invece frequenterà una scuola di estetica.», quel pensiero sembrò divertirla perché sorrise appena. «Fortunatamente la sua università non sarà molto lontana dalla mia, quindi, chissà, magari riusciremo anche vederci.»
«Lo spero per te.», mormorò il ragazzo con la voce quasi spezzata, pensando al suo allontanamento obbligatorio che aveva avuto con Hayner.
«Scommetto che Demyx frequenterà qualche corso di musica.», continuò a parlare poco dopo, cercando di spostare i propri pensieri altrove; la bionda annuì, continuando a colorare con estrema cura e attenzione. «Sì, è molto bravo a suonare la chitarra.»
«Spero che l'amicizia tra lui e Axel non finisca.», commentò poi il quindicenne, ottenendo la completa attenzione della ragazza che alzò lentamente lo sguardo verso i lui; Naminè scrutò i suoi occhi blu cobalto che mostravano il terrore che provava nei confronti della lontananza e, al tempo stesso, il luccichio al pensiero del diavolo dai capelli scarlatti.
In effetti, adesso che ci pensava, non sapeva neanche che scuola aveva intenzione di frequentare Axel. Forse non aveva ancora deciso; sì, molto probabilmente era così. A malapena si preoccupava degli esami, figurarsi poi se pensava all'università.
Però un brivido gli percorse la schiena, un lampo gli squarciò la mente e sul suo volto si dipinse improvvisamente un'espressione preoccupata: e se anche lui se ne sarebbe andato? E se avesse scelto una scuola lontana, come quella di Naminè? Si sarebbe trasferito e lo avrebbe lasciato solo?
Quel pensiero lo fece stare male e Roxas strinse con forza la stoffa della propria maglia, corrugando la fronte. No, non voleva soffrire di nuovo. Non sarebbe stato giusto, non dopo tutto quello che aveva passato. Eppure non poteva certo impedirgli di fare ciò che voleva; in fondo si parlava pur sempre del suo futuro, il che non era una cosa da poco.
Scosse la testa tra sé e sé. Non gli avrebbe impedito di scegliere, ma non voleva di certo soffrire. Forse l'unica soluzione era davvero scappare; tornare a casa, la sua vera casa, da Hayner, e riprendere in mano la vecchia vita. Cancellare tutto ciò che aveva passato, in modo da non soffrire per un futuro trasferimento di Axel.
Appoggiò la testa sul tronco e socchiuse gli occhi; Naminè lesse in lui una profonda stanchezza. «Tu che cosa faresti se... Insomma, se senti di fare una cosa che però in un certo senso è sbagliata... Come dire, avresti il coraggio di dirlo ad una persona a te importante?»
A quella domanda piuttosto confusa la ragazza assunse un'espressione leggermente perplessa, iniziando poi a colorare i capelli del ragazzo. «Glielo direi se la scelta avesse a che fare in qualche modo con il nostro rapporto.»
Roxas annuì, pensando che fosse ragionevole. Quindi, però, questo significava che avrebbe dovuto dire ad Axel della sua futura fuga, nonostante non fosse ancora certo di essa, dato che non aveva abbastanza soldi.
Sospirò pesantemente e tornò ad osservare i bambini dall'altra parte con aria assorta; e come l'avrebbe presa? Lo avrebbe capito? Improbabile. Piuttosto si sarebbe infuriato e lo avrebbe legato ad una sedia per impedirgli di fuggire.
Ma doveva rischiare. In fondo aveva tutto il diritto di sapere.
«Stai passando un periodo molto complicato, non è vero?», questa volta fu la giovane artista a chiedere e Roxas fece un cenno positivo con il capo, lasciandosi investire da un violento tornado di emozioni.
E aprì gli occhi sulla cruda e triste realtà. Finalmente li aprì, dopo aver passato due giorni con le palpebre serrate, ignorando la situazione.
Prese un respiro più profondo degli altri e gli sembrò di sentire una fitta al petto. «Soprattutto a causa di mia madre.», non fu esattamente sicuro di essere riuscito a parlare in maniera comprensibile, perché la voce parve spezzarsi nella sua gola.
Pensò che forse sarebbe stato meglio tenere gli occhi chiusi e infatti così fece.
Non voleva più riaprirli. No, non voleva più.
Naminè continuò a disegnare e lui capì che era tutto inutile perché la sua mente aveva già cominciato a ricostruire ciò che era successo; vide nuovamente il volto scioccato di sua madre sulla soglia della porta e la paura nel suo stesso sguardo, l'orrore negli occhi di Axel che aveva deglutito rumorosamente.
Lei non si era arrabbiata e non aveva gridato. Era semplicemente scoppiata in lacrime, chiedendosi dove aveva sbagliato: e proprio a quel punto lui sentì il mondo crollargli addosso, sotterrandolo completamente.
Sua madre lo considerava un errore, uno sbaglio e questo lo aveva praticamente fatto a pezzi.
E non aveva più udito nulla. Non aveva sentito Axel che cercava di spiegare, non aveva sentito la disperazione di sua madre e non si era nemmeno accorto del tutor che poi lo aveva preso in braccio, portandolo via da quell'inferno.
Lo aveva sistemato a casa sua e gli aveva detto di stare tranquillo, gli aveva detto che non era successo niente di grave, che lui non avrebbe smesso di proteggerlo.
Il giorno dopo suo padre lo aveva chiamato e aveva cercato di consolarlo, dicendogli che tutto si sarebbe presto sistemato, ma lui non gli aveva creduto. Non aveva risposto e aveva chiuso la cornetta, rimanendo in silenzio. Non voleva più tornare a casa, non voleva più rivedere sua madre.
Dopo aveva deciso di chiudere gli occhi, una volta per tutte. Di fare finta di niente, di ingoiare e di non pensarci più, mai più.
Ma aveva già infranto la sua stessa promessa e ormai era troppo tardi perché aveva vissuto nuovamente tutto ciò che era successo.
Naminè amava disegnare e Roxas lo sapeva, ma lei non gli aveva detto che in realtà adorava anche leggere. Soltanto che non leggeva le pagine profumate dei libri; lei leggeva lo sguardo della gente, mentre dipingeva.
Roxas aprì gli occhi e si accorse di avere la vista improvvisamente appannata; sbatté le palpebre e la figura della ragazza gli parve stranamente confusa, quasi lontana. Gli sembrò addirittura di annegare.
Naminè temperò la matita blu e iniziò a colorare i suoi occhi, aggiungendo poi delle lacrime lungo le sue morbide guance, udendo in lontananza le gaie risate dei bambini.




Avanti, non stava mica andando ad annunciargli la morte di suo fratello.
Prese un profondo respiro e cercò di autoconvincersi, senza ottenere però grandi risultati; strinse il libro tra le mani e fece per aprire la porta della sua classe, quando essa venne improvvisamente spalancata, mostrando un radioso sorriso a trentadue denti.
«Roxas, eccoti qui! Sempre chiuso a leggere, eh?», Axel si mise le mani sui fianchi, sollevando istintivamente il soppraciglio sinistro con un'espressione alquanto divertita. «Non immagini che noia è stata la lezione di matematica. Anzi, a dire il vero sono sempre tutte estremamente noiose», iniziò immediatamente a parlare, andando a sedersi sul banco del quindicenne, appoggiando le gambe sulla sedia di fronte a sé. «diamine, i professori non fanno altro che rompere i coglioni parlando degli esami. Insomma, lo sappiamo che ormai sono alle porte; non c'è mica bisogno di ripeterlo ogni santa volta!»
Il biondo deglutì rumorosamente, avvicinandosi timidamente all'altro che proseguì con le sue lamentele. «Appena faccio qualcosa di sbagliato mi sbattono in faccia una frase tipo ''Signorino Turks, lo sa che se continua così all'esame non verrà neanche ammesso?'' e bla, bla, bla... Ma vaffanculo! Cazzo, io mi sto impegnando, cioè, sto cercando di farlo...»
«Axel», cercò di farsi coraggio Roxas, venendo però ignorato dal compagno che non smetteva di muovere le labbra. «Anche Demyx non riesce più a reggere la situazione; stavo seriamente pensando di andare a protestare contro gli esami, credo sarebbe un'ottima idea»
«Axel», si sforzò di chiamarlo nuovamente il primino.
«magari si decideranno finalmente ad abolire questi cazzo di esami e io non dovrò fare la fatica immensa di aprire i lib-»
«Axel!», tuonò il giovane, interrompendo il discorso del tutor che si voltò di scatto, perplesso. «Uh? Cosa?»
Roxas incrociò le braccia al petto con un'espressione accigliata, sbuffando sonoramente con il naso; a quel gesto il fulvo sembrò preoccuparsi immediatamente perché si precipitò verso il biondo, prendendolo velocemente per le ascelle prima di farlo sedere delicatamente sul banco. «Oh, Roxas, mi dispiace veramente tanto. Non ho fatto altro che parlare a raffica e non ti ho nemmeno lasciato dire una parola.», sospirò pesantemente per poi tornare a sorridere con premura. «Allora, come stai? Hai avuto qualche interrogazione?»
Il quindicenne si strinse le spalle, spaesato di fronte alle attenzioni del più grande. «Sì, ho... Ho avuto l'interrogazione di inglese.», mormorò poi, gonfiando infantilmente le guance; Axel si avvicinò ulteriormente al volto niveo del ragazzo, appoggiando la propria fronte sulla sua. «E com'è andata?»
«Bene», farfugliò impacciatamente il primino, voltando istintivamente lo sguardo altrove. «non mi sono fatto prendere molto dall'ansia; ho cercato di sembrare il più tranquillo possibile.»
Gli occhi verdi del diciottenne si illuminarono di una radiosa luce e Axel avvolse il giovane in un caloroso abbraccio, appoggiando una mano sulla sua nuca bionda per poterlo stringere maggiormente a sé. «Questa è una notizia magnifica! Hai visto? Te lo dicevo io che saresti riuscito a superare il tuo problema!»
E fu a quel punto che Roxas sentì qualcosa spezzarsi dentro; un suono impercettibile, dei frammenti sparsi sul pavimento della sua anima e la sua espressione improvvisamente amareggiata, macchiata di tristezza.
Alzò lentamente lo sguardo e si tuffò nello smeraldo degli occhi di lui; si tuffò in quelle iridi splendenti e nel suo sorriso dipinto sulle labbra.
Come poteva avere il coraggio di dirgli che voleva andarsene? Dove lo doveva attingere questo suddetto 'coraggio'? Perché lui l'aveva già perso ancora prima di utilizzarlo.
«Roxas?», lo chiamò improvvisamente Axel, inclinando il volto su un lato. «Tutto bene?»
Il quindicenne annuì.
Non aveva abbastanza coraggio. Non ancora, almeno.
«Sì, sto benissimo», disse poi, «comunque, che cosa mi stavi dicendo riguardo i tuoi esami?»

 

 

Era proprio un idiota.
E non era il massimo dirselo da solo, si ritrovò poi a pensare durante la corsa.
Cercò di aumentare la velocità e finalmente arrivò a destinazione; si fermò di fronte al cancello di legno e si voltò verso la piccola cassetta grigia.
Si era scordato di scrivere ad Hayner l'indirizzo della casa di Axel e quindi, nel caso avesse risposto, la sua lettera sarebbe finita a casa sua. E chissà cosa sarebbe successo se i suoi l'avessero letta.
Da qualche giorno, così, non faceva altro che correre avanti e indietro per controllare la posta. E ogni volta che trovava la cassetta vuota era terrorizzato al pensiero che suo padre avesse già ritirato la posta.
Prese un profondo respiro dopo essersi guardato ripetutamente attorno e tirò fuori le sue chiavi di scorta dalla tasca dei jeans, facendo scattare immediatamente la serratura della cassetta che si aprì all'istante.
Con il cuore in gola infilò la mano per afferrare le quattro buste presenti; le strinse furiosamente tra le dita e iniziò a farle scorrere sotto gli occhi.
Bolletta della luce. Bolletta dell'acqua. Pausa. Respiro irregolare e battito accelerato. Lettera di suo zio per suo padre. Trattenne il respiro e scrutò l'ultima lettera; il suo volto si illuminò e dentro sé sentì un tornado di emozioni contemporaneamente.
Soffocò a fatica un grido di gioia e sistemò disordinatamente le altre tre buste nella cassetta, chiudendola a chiave prima di voltarsi alla sua sinistra e iniziare a correre il più velocemente possibile.
Superò diversi passanti, rischiando addirittura di investire una donna con il passeggino, e alla fine imboccò una strada a sinistra, raggiungendo un'automobile parcheggiata; aprì lo sportello e prese posto sul sedile posteriore.
«Dalla tua espressione si direbbe che finalmente ti ha risposto.», Axel si voltò e accennò un sorriso sghembo verso il biondo che continuava a stringere la busta tra le mani come se fosse un tesoro dal valore inestimabile.
Roxas non disse nulla, limitandosi ad osservare l'oggetto tra le mani con gli occhi illuminati; l'altro rise e scosse la folta chioma fiammeggiante con aria divertita, mettendo in moto l'auto.
Era davvero emozionato. Anzi, emozionato e agitato, ecco.
Emozionato perché gli aveva risposto; agitato perché temeva ciò che gli aveva scritto. E se si era limitato ad insultarlo? E se gli aveva dato del pazzo per la storia della fuga? E se gli aveva semplicemente scritto di lasciarlo in pace? E se...
Cercò di mantenere la calma e prese un profondo respiro, aprendo lentamente la busta con le mani tremanti e il battito cardiaco ancora irregolare; socchiuse gli occhi per un attimo e finalmente si tuffò nella lettura.

 




Vai a cagare.
Aspetta, no, le lettere non si iniziano così.
Caro Roxas,
vai a cagare.
Ecco, così è più stiloso.
Non sono antico come te, bello mio: io uso la potente tecnologia del computer {Così ti ho anche dimostrato che non serve soltanto ad andare su Internet. A proposito, la parentesi graffa è fighissima, vero? Anche se mi ricorda quelle orribili espressioni di matematica. Brr, roba da film dell'orrore} per scrivere. Così mi segnala anche gli errori e non devo sudare per prendere il dizionario nella speranza di evitare di fare figure di merda con te. Poi mi basterà premere sul tasto 'stampa' e il gioco è fatto. Rinnovati, ragazzuolo! Non so perché mio nonno ha sempre avuto la fissa di dire ''ragazzuolo'' invece di ''ragazzo''. Il suo cervello funzionava in modo un po' strano.
Che voglia di scrivere che hai. Io sarei collassato alla terza riga se va bene. Pensa che mi sto già stancando di schiacciare questi tasti neri che mi fanno venire il mal di testa.
Quindi cercherò di essere veloce e di riassumere il più possibile.
Avevo già capito chi eri. Dalla scrittura, perché all'indirizzo non ci avevo fatto caso. E perché sei l'unico idiota che inizia ancora le lettere con ''Caro e bla, bla, bla...''
Rinnovati, ragazzuolo!
Non ho pensato a bruciarla né altro, dico davvero. Cazzo, resti pur sempre il mio migliore amico.
Anche se in questo periodo ho cercato di negarlo.
Ragazzuolo mio, io non ti ho risposto non perché ero incacchiato con te, ma perché ho cercato di dimenticarti. {Fa tanto film romantico, cazzo, che schifo}
Il tuo trasferimento mi ha provocato uno shock emotivo. Roba da sotterrarsi, te lo assicuro. Hai presente quando la prof di francese ha rischiato un infarto perché credeva che suo figlio fosse crepato? Ecco, stessa cosa.
Cioè, woh, no, cazzo. Io, il grande Hayner, non potevo cadere in depressione soltanto perché quello svitato {Scusa vecchio mio, ma tu hai insultato me, e io insulto te. E' il regolamento} di Roxas si è trasferito in una città più grande e figa di questa che è inculata al mondo.
Che poi avrei anche potuto fare l'amico leccaculo di turno e dirti roba tipo ''Divertiti e fai nuove conoscenze; non pensare a me! Non ti dimenticherò mai e bla, bla, bla...'' Insomma, dai, non è nel mio stile. E' naturale che io mi sia incazzato, cerca di capirmi. La mia prima parolaccia l'ho detta a te: questa sì che è vera amicizia, cazzo!
Questa lettera si sta dilungando troppo. Troppo.
Ho cercato di trovare un tuo sostituto, un nuovo migliore amico, insomma. Un buco nel culo {O forse si dice un buco nell'acqua?}, niente. Roxas, credo che mi ricovereranno in terapia intensiva dopo quello che ti sto per dire, ma... Porca miseria, sei unico.
Mi manchi, e che cazzo.
Ho fatto a schifo a non risponderti, quindi scusami. Proprio in questi giorni stavo pensando di lasciarti un messaggio in segreteria, giuro. Non potevo rompere così i nostri rapporti.
Qui gira bene, vecchio mio. Quella di scienze l'ho sistemata e ho preso un sei e mezzo {Credo che quel giorno si sia aperto il Cielo. Una sorta di miracolo, hai presente?}. Xion? Ragazzuolo, le manchi parecchio. Ci siamo avvicinati proprio perché abbiamo provato entrambi una grande nostalgia per te {Che merda di motivo per fare amicizia}. Quindi adesso la vedo un casino come un'amica e credo che va' bene così, per ora. Ha ancora un libro che le avevi prestato.
Olette si è fidanzata e Pence se n'è uscito con la storia che da grande vuole diventare pasticcere. Negoziante? Eh? Ma stai scherzando? Me n'ero completamente dimenticato; alla fine si è arreso e si è arrangiato, quel vecchio rompipalle.
Io ti ammazzo, mi stai facendo scrivere troppo. E' la prima volta che scrivo più di dieci righe senza avere l'impulso di vomitare.
Io la pizza l'ho appena mangiata e ho fatto un rutto che credo l'abbiano sentito perfino in Alaska.
Maghi? Oh, bello mio, tuo fratello è più suonato di mio nonno.
Sì, mi sono offeso per la storia dell'essere fantastico e sexy perché io sono molto di più. Io sono un Dio!
Adesso però andiamo alle cose serie, eh. Stai nella merda, Rox, lasciatelo dire. Da come descrivi la tua situazione sembra davvero che tu sia morto, resuscitato, e poi morto di nuovo. Comunque mi spiegherai tutto quando verrai, no?
Guarda bene dentro la busta, perché troverai anche dei soldi. Eh, sì, ho iniziato a lavorare pure io.
Volevo cercare di riempire il mio tempo il più possibile per evitare di pensare a te. Faccio delle consegne per un negozio e si guadagna davvero bene. Ho messo tutti i soldi da parte per quando ne avrei avuto bisogno e... Ecco, il momento è arrivato. Accettali e usali per tornare qui, razza di idiota. Giuro che se me li rimandi indietro verrò io lì e ti staccherò la testa a morsi. E non iniziare con i discorsi tipo ''Ma no, non li merito, e gnè, gnè, gnè'' perché mi fanno solo venire la nausea.
Te li ho mandati e voglio che li usi per pagarti i biglietti.
Lì stai di merda tanto, no? Quindi torna qua e basta. Ti stiamo aspettando tutti.
Ti sto aspettando io.
Adesso stacco che devo andare in bagno. Non sembra un buon motivo per smettere di scrivere, lo so, ma per me ti assicuro che lo è.
A presto, Roxas.
Ps. Che sfiga di merda!
Pss. Si chiama 'Spongebob', babbuino. Ehi, aspetta, ma che intendevi dire con il fatto che sono uscito male? La tua è tutta invidia per me, ammettilo!
Psss. Quando ho ricevuto la tua lettera ho iniziato a saltellare per tutta la stanza come una scimmia e a gridare come tuo fratello quando vince una partita contro Riku alla Play Station.

Il tuo vecchio amico Hayner.

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«Eccoci arrivati.»
Roxas alzò di scatto lo sguardo dal foglio, guardandosi attorno, spaesato e confuso di fronte all'improvviso scontro con la realtà. Le mani ancora tremanti e le lacrime che bussavano ai suoi occhi, chiedendo il permesso di poter uscire per liberarsi di quel peso enorme; ricacciò tutto dentro e chiuse le palpebre per qualche secondo nella speranza di riprendere il controllo di sé.
Quando riaprì gli occhi sussultò appena, accorgendosi che Axel lo stava osservando intensamente con un'espressione indecifrabile. «Ehi, tutto bene?»
Il biondo annuì meccanicamente. «Sono solo un po' emozionato per la lettera, scusa.», si mise di scatto una mano alla gola, accorgendosi di avere la voce spezzata e quasi incastrata a causa dei singhiozzi; Axel sembrò trovare la cosa divertente perché accennò un sorriso e apri lo sportello dell'auto, uscendo in mezzo alla brezza notturna.
Il quindicenne si affrettò a sistemare la lettera nella busta, sentendo poi uno scroscio al suo interno; questo significava che Hayner gli aveva davvero dato dei soldi. Un profondo senso di colpa mescolato alla gioia di tornare a casa lo investì e chiuse la busta, infilandola nel suo zainetto.
Udì lo sportello dei sedili posteriori aprirsi e vide il volto sorridente di Axel mentre si sedeva accanto a lui, mettendogli una mano sulla spalla. «Allora? Ti piace?»
«Cosa?», chiese il biondo, ancora scosso per l'eccessiva quantità di emozioni che aveva provato.
Il fulvo accennò una soave risata e indicò il cielo stellato che si vedeva dal vetro dell'auto, insieme al mare che sembrava essere risucchiato dall'oscurità della notte. «Ci tenevo a fermarmi un po' qui.»
Roxas sbattè più volte le palpebre, assai confuso e perplesso; era convinto che sarebbe tornato a casa di Axel. Era piuttosto stanco e il giorno successivo avrebbe avuto una verifica scritta di storia.
«Sì, è molto bello.», si sforzò poi di dire, ottenendo in risposta un'acuta risata da parte del più grande. «Non sembri convinto.»
«Sono solo un po' confuso; oggi è stata una giornata pesante per me.», cercò successivamente di spiegare il quindicenne, appoggiando la testa sullo schienale; sentì Axel ridacchiare nuovamente e si accorse che aveva allungato la mano per potergli accarezzare delicatamente il collo con aria ambigua. «Sì, immagino.», disse poi con un sospiro strano.
Forse quello era il momento adatto per parlargli della sua fuga. In fondo ormai essa era sicura, dato che aveva addirittura i soldi necessari.
Sì, lui aveva tutto il diritto di sapere.
«Axel, senti...», fece per iniziare il proprio discorso quando l'altro lo interruppe immediatamente con un sorriso dipinto sul volto, facendo scorrere l'indice sulla sua guancia. «Sai, ieri ho ascoltato una canzone molto bella.», disse improvvisamente, sfregando il proprio naso contro quello del giovane che si irrigidì contro lo schienale. «Il testo mi è piaciuto molto. C'era una parte che diceva una cosa tipo ''la prima volta che ti ho visto ho pensato che il sole sorgesse nei tuoi occhi''», un'altra pausa e un altro sospiro; Axel lasciò un fugace bacio sulle labbra del giovane prima di proseguire. «e ho pensato immediatamente a te, davvero. E' una frase perfetta per descrivere le mie emozioni.», rise nervosamente e afferrò la soffice mano del ragazzo per poterla stringere a sé mentre lo faceva sdraiare lentamente sui sedili, continuando a sorridere. «Sì, è una frase perfetta.»
Roxas tremò e gli parve di aver perso improvvisamente la cognizione del tempo; gli sembrò quasi di galleggiare nel vuoto, tra le proprie emozioni, in quella notte stellata e nel cielo eterno.
Non riuscì a parlare. Ogni cosa si bloccò nella sua gola, tutte le parole, le frasi, tutto. Ingoiò la propria anima e deglutì, sforzandosi però di schiudere le labbra scosse da un forte brivido; volle forse emettere un suono, uno qualsiasi, per dimostrare a se stesso di esistere ancora, di essere lì, presente, vivo e vegeto, quando Axel si coricò su di lui, prendendo possesso della sua bocca con dolcezza e desiderio.
Cos'è che doveva dirgli? Non se lo ricordava più. Era tutto confuso, offuscato, come in un sogno lontano e irraggiungibile.
Inclinò la testa all'indietro e sospirò quando Axel gli lasciò una lunga scia di soffici baci sul collo.
Ricordò solo vagamente che doveva dirgli una cosa importante, molto importante. Ma cosa? Forse il fatto è che non gli interessava più e, di conseguenza, la sua mente aveva rimosso tutto.
Riuscì soltanto a vedere i movimenti del tutor mentre si toglieva la maglia per poi tornare a riempirlo di calde attenzioni che gli annebbiarono completamente il cervello; socchiuse gli occhi e si lasciò privare dei jeans.
«E sai cosa diceva poi la canzone?»
Il biondo scosse la testa; l'espressione persa a contemplare gli occhi verdi di lui, i suoi lineamenti perfetti e il suo sguardo pieno di amore e passione.
Cos'è che doveva dirgli? Qualcosa legato ad una fuga? Ma quale fuga? Fuggire, dove? Quando? Non se lo ricordava, non voleva ricordare; come poteva farlo? Come poteva dirglielo?
Non in quel momento. E dopo? Come avrebbe fatto dopo, dopo la passione infuocata, dopo la notte e le stelle. Come poteva essere così crudele da spezzare la luce e l'amore di quegli occhi verdi come il prato abbellito dalla rugiada di prima mattina?
Si strinse le spalle quando Axel lo spogliò anche della maglia, avvicinandosi poi al suo orecchio. «''E che la luna e le stelle fossero dei doni che tu avevi fatto al cielo oscuro e vuoto''»
Tremò ancora, questa volta più forte di prima e si alzò sui gomiti, porgendo il volto in avanti per poter ricevere un altro bacio che non tardò ad arrivare.
Non poteva dirglielo. Non poteva, non voleva, non ora, non dopo.
Lo chiamò, lo chiamò una seconda e una terza volta con la voce spezzata in gola in un sussurro impercettibile; sospirò e avvolse la sua calda schiena per stargli il più vicino possibile.
Il suo ultimo pensiero andò a Naminè. Pensò a quanto fosse stupida a credere che i suoi occhi blu fossero bellissimi e pieni di emozioni. Pensò che sicuramente lei non aveva mai visto quelli di Axel in quel momento, traboccanti di amore e desiderio. Pensò che, anche se li avesse visti, non avrebbe mai potuto disegnarli. Sarebbe stato impossibile.
Poi chiuse le palpebre e si lasciò investire dalla notte.
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*Note di Ev'*
''E fu così che dopo ben un'ora e mezza Evgenia Psyché Rox riuscì finalmente a sconfiggere la dura battaglia contro l'HTML, uscendone gloriosa, nonostante i gravi danni riportati al cervello. -Parte la canzone ''Now we are free'' del Gladiatore-
La sua vita non fu mai più la stessa, ma ormai aveva finalmente capito che il vero senso della vita era la serenità interiore e...''


Un'ora e mezza veramente, eh.
No, parliamole, perché è stata una faticaccia. Il capitolo in realtà l'ho terminato ieri pomeriggio e volevo pubblicarlo immediatamente, ma dopo trenta minuti ho mandato tutto a quel paese e ho rimandato alla sera. Sì, dopo un'ora ce l'ho fatta e ho finito alle 23.49 -Come sono precisa, eh-, però non ne valeva la pena di pubblicare così tardi ed eccomi qui.
Il fatto è che ho utilizzato appunto tre scritture diverse e ho dovuto addirittura usare due siti HTML differenti, ma lasciamo perdere.

Salve a tutti.
Il ventesimo capitolo, un bel traguardo, devo ammetterlo.
''Occhi.'' Il titolo credo sia azzeccato. E' perfetto così. Insomma, si parla di occhi per tutto il tempo (?); prima Naminè con il disegno e poi Roxas alla fine. Inoltre, in un certo senso, si può considerarli anche nelle lettere; in fondo, sia Hayner che Roxas, non vedono l'ora di rivedersi.
Probabilmente non vi aspettavate per nulla un inizio del genere e il mio intento era proprio quello; in un primo momento, ovviamente, avevo pensato a continuare da dove avevo interrotto nel capitolo precedente. Ovvero: chi è quel/la coglione/a che ha osato interrompere i nostri due protagonisti?
Però poi, ripensando a numerosi libri che avevo letto, nei quali appunto viene terminato un capitolo nella scena piena di tensione, ho notato che nella pagina successiva non viene ripreso l'ultimo avvenimento e questo lascia una sorta di 'ansia '-O almeno, io provavo codesti sentimenti.- al lettore. Perciò ho deciso anch'io di usare questa 'tattica'.
Quindi, sì, il capitolo inizia con una lettera. Per l'esattezza, una lettera di Roxas per Hayner dove gli racconta un po' ciò che ha vissuto e del fatto che desidera fuggire. Successivamente il biondo incontra Naminè, con la quale ha un lungo diagolo e si scopre, attraverso i suoi pensieri, che cosa è realmente successo due notti fa; la cogliona era appunto la madre [ E complimenti per chi è riuscito ad indovinare subito la sua presenza è_é ] che poi ne ha fatto una sorta di dramma. [Tra parentesi, mi auguro vivamente che voi non pensiate che sia un'esagerazione cacciare il figlio di casa dopo aver scoperto una sua storia omosessuale; purtroppo, ho letto storie del genere e quindi fa anche parte della triste realtà.]
Anche se poi, comunque, la donna non ha propriamente cacciato Roxas di casa. E' Axel che lo ha portato via [Awwh, il Superman della situazione. <3] per evitare altre scenate e quindi adesso il nostro biondino vive a casa sua, anche per aspettare che la situazione si calmi un po'.
Nella parte centrale, piuttosto breve, voglio semplicemente mostrare il fatto che Roxas comunque ha provato a parlare della propria fuga al rosso; probabilmente, dopo l'esperienza della discoteca, egli ha deciso di aprirsi maggiormente con il tutor.
Però non riesce a dire nulla [Che sfigato di merda] a causa dell'estrema gentilezza di Axel che gli impedisce di trovare il coraggio.
Passiamo poi alla scena successiva; Roxas che corre appunto a vedere la cassetta delle lettere di casa sua e... Olà! Trova la busta di Hayner che tanto aspettava [Andiamo, è sempre così sfigato, un po' di culo se lo meritava, no?].
E inizia così a leggere la lettera -Estremamente raffinata, vorrei aggiungere-, scoprendo di avere finalmente la possibilità di poter tornare nella sua vecchia e cara città.
Ma ovviamente le cose si devono complicare; proprio quando Roxas si decide a rivelare l'amara verità al nostro Axey, a lui viene la fenomenale idea di... Di... Di fare quella cosa in auto, impedendo così al primino di dire ciò che si teneva dentro da così tanto.
Inizialmente l'ultima scena non volevo metterla in questo capitolo, perché altrimenti si sarebbe dilungato troppo; però poi mi sono accorta che così stava meglio, anche perché nel capitolo successivo Roxas inizierà una sorta di maturazione interiore (?).
Okay, poi è ovvio che scrivere l'ultima parte è stato estremamente imbarazzante per me, ma lasciamo perdere.

Mmmh... Boh... Spero che il capitolo sia stato nel complesso di vostro gradimento e vi prego di commentare, porco pinguino. Insomma, dopo tutto il culo che mi sono fatta per scrivere, io ESIGO delle recensioni, e che cavolo.
Ps. Le parole terribilmente romantiche che Axel dedica a Roxas fanno parte della canzone ''The First Time Ever I Saw Your Face''.
Pss. Dimenticavo, vorrei ringraziarvi di cuore per le recensioni lasciate nel capitolo precedente. Io spero di rispondere ad esse il prima possibile, ma vi assicuro che sono state incantevoli perché mi hanno quasi commossa.
Alla prossima, gente.
E.P.R.

 

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