L' aquila e la tigre

di madoka94
(/viewuser.php?uid=104605)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1° ricordo: la piccola aquila e il cucciolo di tigre ***
Capitolo 2: *** 2° ricordo: l' amicizia è solo un nome ***
Capitolo 3: *** 3° ricordo: adolescenza ***
Capitolo 4: *** 4° ricordo: solo la luna lo sa ***
Capitolo 5: *** 5° ricordo: silenzio d' Autunno ***
Capitolo 6: *** 6° ricordo:ricordi di neve ***



Capitolo 1
*** 1° ricordo: la piccola aquila e il cucciolo di tigre ***


1° ricordo: la piccola aquila e il cucciolo di tigre

 

Ammirazione.
Non c' erano parole per descrivere ciò che si provava nel vedere quei umani destreggiarsi con le loro armi, a restare in equilibrio come gatti selvatici sui tetti, vederli volare come uccelli quando saltavano dai punti alti del maniero di Masyaf.
Per un bambino dell' età di dieci anni, come il piccolo Malik Al-Sayf, erano come gli eroi degli antichi poemi greci che sentiva nominare dai vecchi saggi che s' aggiravano per Alamut parlando di filosofia e saggezza tra di loro.
Certo, non potevano mai essere come quel semi-dio che era invulnerabile a qualsiasi cosa tranne per il tallone, quell' Achille, oppure come quell' altro che aveva una forza sovrumana, il grande Eracles, in latino Hercole, però valevano molto più di qualsiasi essere divino nonostante fossero uomini.
Loro erano angeli che proteggevano le vite degli abitanti che combattevano contro quelli cattivi, i Templari.
Erano Hashasshin.Assassini.
Questo era quello che pensava mentre li guardava seduto su una panchina in pietra e accanto a lui c' era suo fratello minore, Kadar.Aveva sei anni e mezzo ed ogni volta voleva restare a fianco di suo fratello maggiore, anche al piccolo piaceva guardare di tanto in tanto i novizi più grandi allenarsi nella piazzetta ma ancora non sapeva cosa provare al vederli come faceva Malik.
-Voglio diventare come loro.-diceva di tanto in tanto il maggiore, più a se stesso che verso il minore.-Voglio essere un Assassino.-
-Perchè Malik?-chiedeva Kadar gurdandolo curioso con i suoi occhi sfumati tra il grigio e l' azzurro.
Malik ci pensò su, in verità non sapeva bene il perchè lo volesse.Forse perchè gli piaceva come si muovevano e come facevano tutte quelle cose che per gli altri non era normale.Poi guardò suo fratello, così tanto piccolo con quei occhi grandi e i capelli così simili ai suoi e a quelli di sua madre, neri come la notte più buia.
Si ricredette e riflettè più come un adulto che come un bambino della sua età, ripensando proprio a lei quando Kadar nacque e lo vide tra le sue braccia mentre veniva allattato.
Pensò che sarebbe stato un problema con lui che era venuto alla luce, che non avesse più avuto le attenzioni che aveva di solito con sua madre, poi capì col tempo che era diventato prezioso più dei tesori dei Quaranta Ladroni.
Le aveva fatto una promessa e la voleva mantere per tutta la vita.
Quindi gli carezzò la piccola chioma ribelle sorridendogli raggiante.
-Per proteggerti, ovvio!-
-Allora anche io diverrò un Assassino, così ci proteggeremo a vicenda e saremo insieme.-disse il più piccolo con un sorrisone ancora più grande del suo, con le piccole guance carnose che diventavano rosee.
Malik rise sommessamente, non per prenderlo in giro, solo per il semplice fatto che era così tanto innocente che lo prendeva poco sul serio.Per quanto cercasse di essere più grande, sapeva che nemmeno lui comprendeva cosa comportasse a scegliere quella vita.Era pur sempre un bambino, in fondo.
D' un tratto sbucò di punto in bianco alle loro spalle un ragazzino della sua stessa età con un abbigliamento grigiastro da novizio fatto su misura per lui, con il cappuccio a coprirgli il volto.Poi ne venne un altro che gli stava affianco ma con il cappuccio calato alle spalle, coi capelli corti castani scuri.
Malik li riconobbe all' istante: il primo era Altair Ibn-La' Ahad, il secondo Abbas Sofian.
Altair era conosciuto per essere il figlio di Umar Ibn-La' Ahad ed essere già chiamato con un nomignolo che i più grandi gli avevano affibiato, "piccola aquila".Sembrava essere molto taciturno e poco socievole con gli altri al di fuori di Abbas.
Quest' ultimo invece aveva la fama di dire cose che delle volte facevano irritare gli altri, infatti ad aprir bocca fu lui che aveva ascoltato la conversazione tra i fratelli Al-Sayf.
-Tu un Assassino?Ma se a malapena riesci a stare in equilibrio su un asse!-lo schernì con un ghigno.
A Malik si erano già accesi due fuochi nei suoi occhi, stava per ribattere quando a prendere parola fu Kadar che saltò giù dalla panca mettendosi fra loro.
-Mio fratello è molto più bravo di te!E non gli viene la tremarella come a qualcuno appena deve fare un grande salto!-
-Kadar!-lo riprese il maggiore mettendolo dietro a se.
-Tsk!Il tuo caro fratellino ha la lingua fin troppo lunga...-disse il Sofian irritato.
-Meglio della tua, forse.-senteziò Malik e guardando Altair gli sembrò di vedere un mezzo sorriso, di sicuro era stata una piccola allucinazione causata dalla calura di quel giorno.
-Cosa vorresti dire con questo?-
Abbas prese per la collottola la veste di Malik confrontando i loro sguardi che si minacciavano.
-Che è meglio se ci lasci in pace e di non riferirti più in quel modo a Kadar in mia presenza.-
-Oh, fai il duro?!-
-Abbas ora basta.Il maestro ci starà sicuramente aspettando.-si intromise ,con la sorpresa di tutti, la piccola aquila che per la prima volta fece sentire la sua voce.
Sofian lo guardò un attimo di sottecchi per poi ritornare a fissare Malik che in definitiva lo lasciò andare dalla sua presa.
Si stavano allontanando, dandogli di spalle, finchè Abbas non si fece sentire di proposito a una tonalità della sua voce ciò che aveva detto che anche l' Al-Sayf era riuscito a percepire .
-Tanto siete pur sempre figli di una cagna!-
A quel punto Malik non era più in sè e come una piccola tigre gli si scagliò addosso con un ruggito.
Putroppo Altair l' aveva preceduto con i suoi artigli rotolando a terra come due piccole belve.
Uno cercava di scrollarselo di dosso mentre l' altro cercava di tenerlo fermo più che poteva.A differenza di Altair, Malik non era per niente allenato per il combattimento corpo a corpo ma faceva ciò che con gli altri coetanei faceva spesso quando si accendevano delle baruffe.
Lo mordeva alle mani, gli tirava ginocchiate allo stomaco, eppure l' Ibn-La' Ahad sapeva ben resistere.
-Lasciami!Non è affare tuo!-gli continuava a gridare cercando di colpirlo.
-Non lo era prima che avessi cercato di attaccarlo alle spalle!-gli sbottò Altair che finalmente era riuscito a bloccarlo puntando le mani contro le spalle di Malik.
Poi, d' un tratto, s' intromise qualcuno che aveva una forza ben superiore alla loro tirandoli su per il colletto.Si accorsero persino che avevano attirato l' attenzione di alcuni novizi, altri Assassini e persone normali che avevano assistito alla scena.
La persona che li aveva fatti alzare si rivelò essere un vecchio sui cinquant' anni con una veste scura.Aveva una barba abbastanza lunga e una cicatrice a segnare l' occhio destro che guardava i due ragazzi deluso e arrabbiato.
Entrambi erano intimoriti della sua presenza perchè sapevano benissimo chi era quel signore.
Al Mualim, capo dell' Ordine degli Assassini e di Masyaf.
-Chi di voi mi spiega questa baruffa!-eruppe furioso più che mai.
All' inizio nessuno emise un fiato finchè non si sentì la voce stridula di Abbas che intervenne subito.
-è stato lui! L' ho visto con i miei occhi!-disse puntando accusatorio il dito contro Malik .
-Non è vero!Ha cominciato lui!-eruppe invece il piccolo Kadar che venne fermato subito dal maggiore facendo segno di "no" col capo.Fu la prima volta che il piccolo guardò Malik in malo modo.
-Altair, almeno tu mi puoi spiegare il motivo di tutto ciò?-chiese pazientemente alla piccola aquila che aveva il capo chino a terra.
Altair non aprì bocca per una manciata di secondi, fin quando non prese un gran respiro e stringendo i pugni lungo i fianchi si mise a raccontare l' accaduto.
-Abbas e io ci stavamo recando da lei quando li abbiamo incontrati, solo che l'ha preso in giro sul fatto che non sarebbe diventato mai un Assassino e...altre cose.Quindi lui ha cercato di attaccarlo e io ho cercato di evitarlo.-
Terminata la sua testimonianza guardò in modo molto severo Sofian chiedendogli se era vero e lui lo affermò silenziosamente guardando con ira l' Ibn-La' Ahad.Il Gran Maestro si voltò poi verso Malik cambiando la sua espressione.
-Tu sei Malik, il figlio di Tamir, vero?-
-Sì, Maestro, e lui è mio fratello Kadar.-disse fermo e deciso mettendo il fratello minore davanti a lui con le mani sulle spalle.Il piccolo era molto impaurito a guardare quel vecchio signore così tanto alto e pauroso.Stessa cosa si poteva dire di Malik.
-Dimmi figliolo, perchè vorresti essere un Assassino?-chiese il vecchio inginocchiandosi verso di lui con un lieve sorriso che riuscì a rassenerarlo un poco.
-Voglio proteggere le persone che più mi stanno a cuore, signore.Noi siamo gli unici rimasti della nostra famiglia..-
Pronunciando quell' ultima frase a Malik venne a ritrovarlo di nuovo la tristezza che si era insinuata nel suo cuore, stringendo appena il fratello e quest' ultimo sentì la pressione sulle spalle farsi sempre più maggiore.
Altair guardò quella scena sentendosi quasi estraneo, lui non comprendeva cosa significasse perdere qualcuno che si amava, per il semplice fatto che quando perse sua madre lui non aveva ancora aperto gli occhi per poterla vedere mentre nasceva.Per fortuna aveva ancora suo padre...se fortuna si poteva chiamare quella, dato che non rispettava quel ruolo come si aspetterebbe un figlio.
Scacciò un attimo quel pensiero rivolgendo lo sguardo ad Abbas.Ora non lo perdonava per non averlo coperto, entrambi però sapevano che Al Mualim non accettava le menzogne da parte dei suoi allievi, in cuor suo sapeva che avrebbero fatto pace fino a che non si sarebbe sbollita tutta la sua rabbia.
Il Gran Maestro osservò il quartetto in silenzio, in verità aveva assistito anche lui mentre scendeva per vedere il lavoro dei suoi allievi.Si accorse che il piccolo Al-Sayf aveva le stoffe per diventare un Assassino nonostante fosse stato goffo il tentativo di togliere di mezzo il giovane figlio di Umar che aveva tentato di difendere l' amico.Compiaciuto si alzò mettendo leggermente una mano sulla spalla sinistra di Malik.
-Se tanto lo desideri potresti fare delle prove con gli altri bambini che sono nel gruppo dei giovani novizi.Può partecipare alla lezione anche il tuo fratellino.-
Entrambi i fratelli si guardarono, sorpesi e felici allo stesso tempo di quell' invito.
-Sarebbe un onore, Maestro!-risposero in coro.
-Molto bene, Altair accompagnali verso la loro nuova stanza.Abbas, vorrei parlarti un attimo.-
Mentre Al Mualim e Abbas si allontanavano Altair e Malik si guardarono per un istante che non sapevano neppure loro quanto era durato.Si scrutavano, l' uno negli occhi scuri dell' altro.
Nessuno dei due erano riusciti a comprendersi o a capirsi, l' unica cosa che sapevano era che la giovane aquila aveva trovato come avversario un degno cucciolo di tigre.
-Seguitemi.-disse solamente il piccolo Ibn-La' Ahad avviandosi verso le camerate.

 

 

 

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

 

Ciao a tutti, spero di non avervi annoiata con questo capitolo e che sia stato di vostro gradimento.Come già spiegato è solo un piccolo esperimento.Non vedo l' ora di ricevere qualche giudizio da parte vostra, positivo o negativo che sia (le accetto tutte)

Ora vi lascio.

Buona notte!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2° ricordo: l' amicizia è solo un nome ***


2° ricordo: l' amicizia è solo un nome

Era passato un anno e Malik riusciva già a maneggiare bene la spada e stava imparando a lanciare con precisione i coltelli, anche l' equilibrio era migliorato e riusciva ad arrampicarsi come una lucertola esperta.
Cercava sempre di essere un passo avanti ad Altair, ma la piccola aquila sapeva sempre volare più in alto della piccola tigre e questo non riusciva a tollerarlo .
L' Al-Sayf lo considerava il suo acerrimo rivale, si chiedeva spesso se Ibn-La'Ahad l' avesse capito o cercava di ignorarlo volontariamente.Finchè in un tiepido giorno di Ottobre a Masyaf non si venne a sapere della morte di Umar.
Malik stava camminando lungo i corridoi del castello quando lo seppe, aveva ascoltato la conversazione senza farlo apposta.Al Mualim discuteva con uno degli Assassini in un altro corridoio, proprio mentre uscivano dalla stanza di Altair.
-In questo momento non possiamo fare niente per lui, il tempo potrà fare il resto. -disse il vecchio all' Assassino con il cappuccio grigio.
-Eppure non sembrava che ne avesse patito.Ha visto suo padre morire davanti ai suoi occhi e non ha battuto ciglio.-
-Questo vuol dire che impara in fretta.-
Ciò che intendeva dire era che i suoi allievi imparassero a non avere sentimenti, perchè questi erano un' ostacolo per il successo delle missioni.Ma cosa potevano sapere dei bambini, troppo innocenti e creduloni per capire, e il piccolo
Al-Sayf, come tutti gli altri, era tra questi.
Lasciando che i due uomini passassero per un altro corridoio, Malik andò verso sinistra rimanendo fisso a guardare la seconda porta.Lì s' era rintanata la piccola aquila.
Aveva uno strano stimolo di voler bussare e chiedere se stesse bene, ricacciò più volte quel pensiero.Che aveva in testa?Era un suo rivale.Che interesse aveva nei suoi confronti?
Sentiva che gli tremava la mano, la tentazione era davvero tanta.
L' alzò debolmente quando finalmente la porta si aprì, rivelando il vero volto del suo rivale.
Con il cappuccio abbassato si poteva vedere le linee morbide del suo viso fanciullesco, i cortissimi capelli castano chiaro differenti da quelli dei loro coetanei, gli occhi d' oro nero che al solo vederli ne rimanevi incantato.
Era rimasto semplicemente pietrificato da quel viso, così incantevole che anche un ragazzino come Malik stesso poteva perdere un battito.
Altair rimase a guardarlo assottigliando gli occhi con freddezza.
-Volevi qualcosa?-
-No, ecco...solo chiederti...-stava tergiversando, che gli prendeva?
-Ho capito, vuoi lanciarmi una sfida.Era ora che lo facessi!-esclamò duro l' aquila mentre l' oltrepassava mettendosi il cappuccio sul muso.
Malik non sapeva che altro dire, era stupito nel vedere che faceva ancora il presuntuoso nonostante quella tragedia.E si era anche accorto delle sue continue sfide finalmente!
Lo seguì fino a un campo d' erba, dove si allenavano per il lancio dei coltelli e gli esercizi di equilibrio e corsa.
-Allora, cosa consiste la sfida?-disse Altair sbrigativo.
Al-Sayf dovette trovare subito qualcosa se voleva accontentare entrambi.Però si chiedeva perchè l' aquila avesse ipotizzato che lui volesse sfidarlo, forse per scrollarsi il lutto del padre.Anche lui aveva fatto una cosa del genere quando morirono entrambi i genitori, si era messo in giardino a strappare l' erba e intanto guardava Kadar dondolare sulla piccola altalena legata sul ramo del loro ulivo.In fondo capiva più o meno come si sentisse.
Si guardò un attimo intorno e non fu proprio difficile scegliere il tipo di sfida.
-Corsa lungo il campo, arrampicata sul muro fino alla torretta e si salta da lì, dopodichè si ritorna sino a qui.-
Altair si accigliò incredulo.
-Tutto qui?Pensavo che miravi a qualcosa di più.-
-Magari mi viene qualcosa in mente dopo...-disse con tono spavaldo Malik girandogli intorno, studiandolo per bene.
-Non chiedo di meglio...-sorrise l' altro imitandolo.
Per l' ennesima volta si stavano confrontando l' uno di fronte all'altro, non c' era nessun maestro ad assisterli ne ad intervenire, solo loro due. L'aquila che dispiegava le ali minacciosa contro la tigre agguattata, pronta per catturare la preda.Ma chi dei due era il predatore?
Dopo un ultimo scambio di sguardi Malik prese un coltello dal fodero della sua cinda in cuoio, scattando verso Altair che per difendersi fece lo stesso e in quel momento si potè sentire solo il rumore delle loro lame cozzare all' unisono.
Continuarono così per un pò di tempo, tra un affondo e una parata, finchè il piccolo Al-Sayf non si stancò e gli tirò apposta il coltello scattando lungo il campo.Uno stupido diversivo, pensò l' Ibn-La'Ahad, però allo stesso tempo stimolante.Schivò l' arma e lanciò il suo contro l' altro che evitò anch' egli con fortuna.
Iniziarono la corsa lungo il campo, Malik arrivò al muro e cominciò a mettere le mani su alcune fessure.Si guardò in dietro, notando che Altair lo stava già raggiungendo, era davvero veloce.
Non si soffermò più di tanto e salì il più velocemente possibile, il percorso dei loro esercizi in equilibrio era composto da un' asse messa in cima al muro di cinta che collegava ad un altro.La lunghezza era di cinque metri di distanza e se si falliva quel tratto ti aspettava un bel salto nel vuoto che comprendeva venti metri.Per fortuna i maestri avevano ancora un pò di sale in zucca da pensare che dei ragazzini così giovani non davessero perdere la vita in quel modo così idiota, quindi avevano messo delle reti di protezione per chi sbagliava.
Subito dopo quel pezzo di strada c' erano delle assi sospese in aria da delle carrupole che facevano dei ponticelli per poterci saltare sopra, in seguito c' era la torre alta più di trenta metri.Arrivati in cima non c' erano altri modi per scendere se non saltare nel vuoto e atterrare su un carretto di paglia.Chiunque avrebbe pensato che era un impresa per pazzi, ma per un Assassino era ben diverso il discorso.
Ormai il piccolo Malik aveva imparato bene quel percorso, forse il suo unico ostacolo sarebbe stata la torre, doveva ancora imparare bene a saltare da un appiglio più alto ad un altro e Altair lo sapeva già fare.
Quanto gli dava i nervi sapere che restava sempre un passo in dietro a lui, per una volta voleva fargli vedere che sapeva farsi valere.Almeno una!Non chiedeva tanto.
Nel frattempo aveva percorso l' asta e stava per saltare sulla prima asse, si guardò di nuovo indietro, scoprendo che l' Ibn-La' Ahad era a un passo da lui.
-"Ma come fa quel maledetto!"-
Non doveva perdere tempo a imprecare, doveva andare avanti, a qualsiasi costo!
Saltò tutte le assi fino all' ultima e arrivò alla torre, il suo ultimo traguardo.Il fiato si stava poco a poco accorciando e i muscoli stavano chiedendo pietà, il suo orgoglio parlava al loro posto dicendogli di dover continuare e far vedere a quel pennuto spelacchiato chi era.
Si arrampicò sul primo appiglio facendosi leva con le braccia e le gambe per poter saltare su quello sopra alla testa e così via.Era arrivato a metà e questa volta non riusciva ad andare oltre, i bicipiti tremavano come i polpacci e le cosce, dovette quindi restare fermo in quella posizione senza scendere ne salire.
-Perchè ti sei fermato?-chiese Altair che gli era affianco.
-Ri..riprendo fiato un attimo!-sbottò cercando di non far vedere la fatica sul suo volto.
Ma la piccola aquila non era così sciocca da farsi tradire in quel modo, lo vide dalle braccia e le gambe tremolanti capendo subito che cosa gli stava succedendo.
-Senti, se non te la senti allora lascia perdere.Credo che il Maestro non vorrebbe vedere un suo allievo conciato in questo modo.-gli consigliò il piccolo Ibn-La'Ahad ma l' Al-Sayf non era di tale opinione.
-Lasciare perdere cosicchè tu vinca?!Mai!Te lo scordi che lo faccio!-sbraitò puntandosi.
-Non essere testardo Malik!Tremi come una foglia e se continui finirai per...-
-Ma sentititelo, parla come se fosse il Maestro in persona!Ti credi più bravo degli altri solo perchè sei il suo prediletto, vero?Io non voglio cedere davanti alla persona che più detesto per niente al mondo!-gridò con tutto il fiato che aveva rivelandogli ciò che sentiva nei suoi confronti.
Ci fu un attimo di silenzio in cui i due ragazzi si guardavano negli occhi, mentre un aquila sorvolava il cielo emanando il suo grido per tutta la zona circostante.
Altair fece una smorfia contrariata, senza lasciar passare altre emozioni sul suo viso si issò su una pietra, continuando a salire.
-Va bene!Resta lì a marcire allora!-
Malik aveva sbarrato gli occhi da un pò di tempo, sin da quando aveva pronunciato quella frase. Cosa gli diceva il cervello?Perchè dirgli tutte quelle cose?Delle volte aveva veramente il tocco di un elefante!
-Ohi!Aspet...!-
Appena si mosse gli fecero male entrambi le mani e cedettero subito, lasciando che il corpo cadesse nel vuoto.
Com' era stato ridicolo.Morire giovane soltanto per uno stupido capriccio come quello.Avrebbe voluto tornare in dietro e rivalutare le parole del compagno, dargli ascolto per un momento e lasciare perdere l' orgoglio, davvero, sarebbe bastato così poco...
Vide un ombra saltare e cercare di raggiungerlo, per un attimo gli sembrò si vederlo.Il padre di Malik che volava per raggiungerlo.
Chiuse gli occhi, dimenticandosi tutto ciò che lo circondava, aspettando di sentire il corpo cadere sulla roccia viva.
-"Eppure avevo promesso di proteggere Kadar..."-questo fu l' ultimo pensiero del giovane.

Quando li riaprì si accorse di sentire qualcosa di morbido e caldo sotto di sè.Era il corpo di Altair che l' aveva protetto nella caduta ed erano atterrati esattamente sulla paglia.Non ci credeva!L' aveva salvato!
-Tutto bene?-chiese Altair all' amico tirandosi su per guardarlo.
-S..sì.-disse la piccola tigre ancora sioccata.
-Te l' avevo detto che saresti caduto, idiota!-
In quel momento Al-Sayf vide per la prima volta il volto dell' Ibn-La'Ahad preoccupato per qualcuno e, cosa ancor più strana, delle lacrime gli solcavano gli occhi.Non ci volle molto perchè anche l' altro se ne accorgesse.
Infatti si tirò su, lasciando che anche Malik lo facesse, dandogli abbastanza spazio.
Altair era rimasto ancora più incredulo, si toccava le guance inumidendo le dita e continuava a guardarle stranito.
Finalmente poteva sfogare tutto ciò che si teneva dentro.I bambini non riescono a trattenere tutto il dolore accumulato per l' eternità, non erano come gli adulti che ormai erano diventati razionali e freddi da poter sopportare, dovevano ancora crescere. Altair ebbe la conferma di ciò.
Al-Sayf non sapeva proprio che fare.Quella reazione sapeva che l' aveva innescata lui, però non sapeva come rimediare a quell' errore.A guardarlo gli faceva stranamente male il petto.
-Cos' è questo...?-domandò la piccola aquila innocentemente, come se stesse parlando con un genitore e lui fosse ancora troppo piccolo per capire.
-Lacrime...-affermò Malik paziente.
-Oh.-
-Non hai mai pianto?-
A quella domanda non ci fu risposta, solo una clamorosa risata che rimbombava facendo l' eco, come se fosse stato un pazzo.Un altro modo per dar sfogo a ogni cosa."Ridere per non piangere", come si dice, giusto?
Malik era rimasto immobile come un sasso a guardarlo.
-Certo...che è stata una caduta da paura, eh?-

-Già.- decise di lasciare che si sfogasse in quel modo.

A quel punto anche l' altro rise con tutto il fiato che aveva nei polmoni come sottofondo, una pazza risata senza fine dopo aver scampato per un soffio la morte che sarebbe stata loro amica nei giorni futuri, quando avrebbero imparato il vero mestiere dell' Assassino.
Qull' attimo fu interrotto da Altair, che ritornò a essere quello di prima, con i muscoli della bocca che si rilassavano, asciugandosi per quanto poteva quell' acqua biricchina che scorreva dalle sue iridi nere.
-Non diciamo a nessuno quanto è successo.D' accordo?-
-Nemmeno ad Abbas?-
Altair si guardò i piedi, togliendosi dalla testa qualche filo di paglia.No, neppure lui doveva sapere che aveva pianto come una femminuccia, l' avrebbe preso in giro a vita altrimenti.
-Neanche ad Abbas.-
-Ma voi non eravate amici?-
-Amici?-
-Sì, insomma, state sempre insieme...-
Erano amici loro, di questo ne erano tutti certi...o sbagliavano?
Perchè, pensava la giovane aquila, tutti si basavano su quella parola senza alcun significato?Loro due si frequentavano, niente di più, niente di meno. Abbas sembrava essere l' unico con cui riusciva a colloquiare decentemente senza pensare a quell' uomo che non riusciva nemmeno a chiamarlo padre, se ci fosse stata vera amicizia tra quei due se ne sarebbe accorto. Dato che non sentiva niente che si avvicinava a quel sentimento, perchè quindi pensarci?
E poi Al Mualim gli aveva spiegato bene cos' era quella parola. Ancor meglio di un vero padre.
-Amicizia è solo un nome.Avere quel tipo di legame non può fare altro che compromettere la mente degli uomini e accecarli, indebolendoli sempre più, così come l' amore e tutti gli altri sentimenti.-
Malik restò ad ascoltarlo, erano le stesse parole che aveva pronunciato il Maestro un giorno, quando erano seduti in cortile a far lezione con gli altri suoi allievi.Ogni volta ci pensava e nella sua mente vorticavano molte domande.
-Allora perchè mi hai chiesto di tenere questo momento segreto, tra me e te?-chiese con qualche dubbio a ronzargli in testa.
-Perchè non voglio che si sappia troppo in giro.Tutto qui.-
-E perchè mi hai salvato?-
Altair si alzò issandosi il cappuccio sul capo e spolverandosi dove era necessario.
-Istinto.-
Mentiva.Sapeva benissimo che non era stato solo l' istinto a portarlo a compiere un azione del genere.Era stato qualcosa che neppure lui sapeva cos' era in realtà.Ma dovette tenersi quel pensiero per se.
Malik sbuffò non credendo a quelle parole, era certo che un giorno sarebbe riuscito a far rivelare il suo vero volto, togliendo quella maschera che si stava costruendo con le sue stesse mani.
-Nulla è reale...tutto è lecito.-bisbigliò, certo delle sue parole.
L' aquila l' aiutò ad alzarsi facendo finta di non aver sentito e a condurlo attraverso un ponte che dava sul cortile.
Da quel giorno entrambi non parlarono più di quel che era successo e ben presto tutti quanti dimenticarono la morte di Umar.Al-Sayf però restò l' unico a sapere ciò che aveva provato veramente Ibn-La'Ahad, anche se non lo aveva mostrato a parole.I mesi trascorsero e tutti seppero che il padre di Abbas era morto suicida. Tali voci erano state sparse da Altair stesso, dicevano gli altri confratelli.I due ragazzi litigarono e Sofian lo odiò con tutto se stesso.
Erano in giardino a picchiarsi, due maestri li avevano separati e subito dopo aver subito entrambi la punizione Altair e Malik si incrociarono lungo le scale che portava al piano superiore della torre in cui stava l' ufficio di Al Mualim, si guardarono per pochissimi istanti ma bastarono per far sì che l' aquila comunicasse  alla tigre, con un leggero sorriso amaro, la conferma di ciò che si erano detti.Come se avesse voluto dare una dimostrazione.
-"Visto?L' amicizia non è niente altro che un nome."-
Il piccolo Mailk capiva che quel ragazzo stava diventando un misterioso pericolo per se stesso.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3° ricordo: adolescenza ***


3° ricordo: adolescenza


Si dice che i sedici anni siano i più complicati nella fase di crescita dell' essere umano.
A quell' età la voce di un ragazzo cambia, il corpo cresce più in fretta, il carattere è difficile da gestire perchè indomabile, la voce muta, e per ultimo, la più bella ma delle volte anche la più spiacevole, l' infatuazione. In parole povere quello che chiamano il colpo di fulmine per un altra persona, quindi entra in gioco l' amore che per questa età diventa piuttosto...complicato.
Questa è l' adolescenza.
Sperimentarono questo fatto i nostri piccoli amici Assassini novizi che, come vedete, ora camminano per Masyaf con gli altri fratelli; solo Altair restava dietro al gruppo.
Li seguiva di nascosto, nonostante si era detto che non gliene fregava niente di quel che facevano gli altri al di fuori della fortezza e nemmeno ci teneva tanto a saperlo, l' unico motivo che aveva scatenato la sua curiosità era Malik.
Da quando l' aveva salvato cinque anni fa aveva innescato in lui un certo interesse.Probabilmente era per il fatto che non era come gli altri, era diverso in qualsiasi cosa.
-"Se continui così diventerai un vero asociale!"- gli aveva detto quando aveva cercato di invitarlo a uscire con il gruppo e lui aveva risposto a un altro secco: -"No."-
Un altra cosa di cui non si preoccupava minimamente, almeno, così credeva.
Ormai era abituato sin da prima che morisse Umar a essere solo e non considerato, o, come avrebbe detto qualcun altro, amato.
Come aveva già detto una volta l' amore e l'amicizia sono solo dei stupidi sentimenti che compromettono la ragione dell' uomo, come tutto il resto.
Non ne sentiva affatto la mancanza, non ne aveva bisogno. Chi aveva bisogno di amici?Chi aveva bisogno di qualcuno a cui affidare anima e corpo?Lui no di certo.Era un aquila solitaria, il figlio di nessuno...e di nessuno aveva bisogno.
E allora, si chiedeva, perchè stava facendo quella sciocchezza?Perchè seguire di nascosto l' Al-Sayf ?
Mentre era assorto nei suoi pensieri continuava a camminare cercando di evitare le portatrici di giare e confondersi con l' andirivieni degli abitanti; notò che passarono prima per il Suk, dove erano esposte le bancherelle che mettevano in mostra i prodotti che i mercanti avevano da offrire.
Si fermarono in una dove vendevano armi interessanti, probabilmente ci avrebbe fatto un salto più tardi, in quel momento gli interessava di più seguire con lo sguardo Malik che si allontanava un attimo dal gruppo per andare da tutt' altra parte.
Si fermò a guardare nella parte delle cesellature in metallo, dove vi erano riposti diversi ogetti tra cui collane, bracciali e altri ornamenti sia per uomo che per donna.
Il ragazzo sembrava interessato a qualcosa in particolare però esitava, dopo un pò lo vide allungare la mano e dargli del denaro dopodichè il cesellatore gli porse un sacchettino in pelle.
-Malik, vieni a vedere questa lama!-lo richiamò uno degli amici.
-Arrivo!-
Dopo che li raggiunse, l' Ibn-La'Ahad, senza che si accrogessero della sua presenza, andò verso la bancherella dove era stato prima l' Al-Sayf chiedendo informazioni al commerciante.
-Mi perdoni, sa per caso dirmi cosa ha venduto al ragazzo di prima?-
-Mi spiace ma non rivelo al vento ciò che vendo agli estranei.-disse con tono diffidente l' omone che lo guardava dall' alto al basso.
-Non voglio perdere tempo in discussioni inutili, signore, voglio solo sapere quali di questi ogettini ha venduto a quel mio coetaneo.-
-Bada a come parli, giovanotto!Questi non sono solo degli "ogettini" come li chiami tu, queste sono delle piccole opere d' arte.-
-E va bene...allora riformulo la domanda..-disse l' aquila cercando di trattenersi nel voler mettere la lama del coltello al collo di quell' uomo-..quale di queste "opere d' arte" ha venduto a quel ragazzo?-
-Come ho già detto, non rivelo al vento i miei affari.-si puntò l' omone incrociando le braccia al petto.-Magari se vedi qualcosa di interessante...-
Quel disgraziato stava facendo perdere la pazienza al povero novizio e lui non ne aveva così tanta.
Dovette quindi rassegnarsi al fatto che doveva per forza negoziare con lui.
Guardò in fretta la merce spostando qua e la gli occhi, li puntò poi su un oggetto in particolare dove ne rimase altamente affascinato.
Era semplice, però la cesellatura lo rendeva unico al mondo: era un bracciale in bronzo e inciso sulla superfice c' erano degli intrecci che portavano al centro il disegno della testa di una tigre.Non sapeva il perchè ma il suo sesto senso lo induceva a prenderlo.
-Questo qua, quanto viene?-indicò Altair.
-Cinque pezzi.-
-Lo prendo ed ora ditemi l' informazione.-gli diede il denaro e all' omone gli brillarono gli occhi nel vedere quei dobloni scintillanti.
-è un piacere fare affari con te ragazzo, sai avete dei gusti simili te e quall' altro con le tue stesse vesti.-
-Gusti simili dice?- si accigliò ghignando sotto il cappuccio.
-Già...il bracciale che gli ho venduto aveva delle incisioni simili a questo, ma leggermente diverso.-commentò mentre gli dava il borsellino con dentro l' acquisto e intanto controllava se erano veri masticandoli.
Dopo che salutò l' omone, riprese a seguire il gruppo di Malik mettendo il sacchetto nella borsa attaccata al cinturino.
Pensava a come disfarsi del bracciale, appena aveva l' occasione l' avrebbe venduto a qualcun altro, che cosa se ne faceva di un oggetto come quello?
Ma ci avrebbe pensato più tardi, adesso doveva continuare a seguire la combricola e questa volta l' avrebbe fatto sfruttando i tetti.

Il sole pulsava continuamente sulle teste degli abitanti, provocandogli un caldo soffocante.
Per lo meno avevano la possibilità di rinfrescarsi alla fontanella che c' era in piazza, come avevano fatto Malik e i suoi amici.
Altair invece, stando sempre a una lontananza tale da non farsi scoprire, si mise dietro alla parete di una casa che con l' ombra celava ancor di più la sua figura.
Tutti quanti i ragazzi si misero a bere dalla fontana, anche l' Al-Sayf, mettendo la testa nell' acqua e tirandola fuori subito dopo scuotendo la piccola chioma nera, facendo danzare nell' aria le goccioline che brillavano alla luce del giorno per poi ricadere sulla terra.I capelli ormai bagnati ricadevano leggermente sulla fronte nonostante le ciocche fossero cortissime, le perle cristalline scivolarono sulla sua pelle percorrendo gli occhi color dell' onice che si chiudevano più volte per non far entrare l' acqua, gli zigomi delle guance che stavano cominciando a diventare più marcate, dalla punta del naso a cadere sulle labbra e scivolare sul mento.
La scia continuava fino alla gola, raggiungendo il pomo d' Adamo che si faceva già vedere, fino a bagnare delicatamente il petto.
Altair distaccò lo sguardo di scatto, con gli occhi sbarrati, portando la mano alla bocca con il petto che si alzava e abbassava in corti respiri.Si perse a guardare la parete che gli stava davanti, sentiva ancora più caldo di quanto lo sentisse prima e il cuore stava martellando troppo forte per i suoi gusti.
Con grande stupore aveva pensato per un attimo...anche solo per un attimo di essere quelle goccioline, di toccare lui quel corpo che, ormai aveva notato da qualche tempo, stava crescendo a vista d' occhio rendendolo un uomo completo che aveva ancora bisogno di svilupparsi fino a una certa età. Non aveva mai sfiorato un idea simile, mai in vita sua! Nemmeno guardando gli altri confratelli era arrivato a realizzare tali pensieri.Solo in quel momento guardando Malik.
Nonostante fosse stato sempre una persona con la testa sul collo,concentrato sul suo obiettivo e rimanendo a sangue freddo , l' Ibn-La'Ahad era per la prima volta disorientato, perso nei suoi pensieri e domande che vorticavano nel cervello tutte in una volta sola.
Era strano come delle goccie d' acqua avessero innescato in lui un simile tormento.
E se non fossero state quelle?Se fosse stato l' Al-Sayf stesso?
In tal caso c' era un problema e grosso anche!
Lui era un maschio e come tale doveva seguire le ragazze, non un altro maschio.Eppure ha fatto tutto l' incontrario venendo meno ai suoi principi da perfetto maschilista che stava diventando.
Dopo essersi ripreso ritornò a guardare il gruppo che in quel momento, a quanto capiva, si stava sciogliendo.
-Ragazzi io devo andare.-disse uno di loro.
-Oh, andiamo 'Adel, cosa c' è di più importante che stare con noi?-chiese Malik scherzoso.
-Beh...-
Dietro 'Adel c'era una ragazza dai lunghi capelli corvini raccolti da una treccia che aspettava qualcuno, chiunque avrebbe immaginato chi.
-In tal caso...allora non farla aspettare e divertiti!-disse Malik sorridendo dandogli una sonora pacca alla spalla.
-Ci vediamo.-
E così se ne andò da lei.
-Ehm, Malik, anche noi dovremmo...-dissero gli altri due con delle gemelle che li aspettavano poco più avanti.
-Fadi, Hassan! Anche voi?-
-Ci spiace, davvero, ma avevamo promesso loro di fare un giro.-
Questa volta l' Al-Sayf era un pò dispiaciuto, però gli sorrise comunque dicendo di non preoccuparsene.
Il ragazzo fu solo, da quattro che erano lui e i suoi amici.
Altair quindi decise di uscire dall' ombra e raggiungere la sua figura, non sapendo nemmeno il perchè volesse farlo.
Forse era per il semplice fatto che per una volta, dopo tanto tempo, voleva stare vicino a qualcuno.
Si mosse con passo felpato, senza emettere alcun minimo rumore.
Quando gli fu abbastanza vicino volle divertirsi a prenderlo di sorpresa.
-A quanto pare ti hanno lasciato da solo.-gli mormorò all' orecchio con tono profondo e tagliente.
Malik si girò di scatto allontanandosi da lui coprendosi l' orecchio dove aveva appena sussurrato l' altro.
-A..Altair!Ma sei matto?!Per poco non tiravo fuori il coltello!-sussultò rosso in volto.
-Scusami, sembravi così assorto nei tuoi pensieri che non sono riuscito a trattenermi.-ghignò soddisfatto Altair.
-Tsk!Sei proprio uno stronzo.-schioccò la lingua in modo amaro.
L' aquila osservò il saccheto legato alla cinda del compagno dove sapeva che conteneva il bracciale comprato poche ore prima al Suk. Chissà come era fatto e per chi era, perchè, sicuramente, un oggetto simile lo si prendeva per qualcuno ed era molto curioso di sapere chi era la fortunata.
Sicuramente l' Al-Sayf era innamorato di qualcuno e non poteva dichiararlo, per questo aveva preso il bracciale, almeno, così supponeva.
-Però sei uno che si contraddice qualche volta.-esclamò la tigre con sorriso soddisfatto del tipo che ha trovato un punto debole.
-Perchè?-
-Ti avevo invitato a fare un giro fuori con gli altri e tu sei uscito lo stesso, va' a vedere che ci hai pure seguito di nascosto!-
Delle volte aveva un intuito formidabile quel ragazzo, lo doveva ammettere, ma Altair non era tipo da ammetterlo così alla leggera.
-Solo perchè non voglio uscire con voi non significa che non voglio uscire per conto mio.-disse atono con le mani ai fianchi che esprimevano la sua superiorità.
-Ceeerto...come dici tu.-
-Ma tu, per caso, non hai una ragazza a cui corri dietro?-chiese improvvisamente l' Ibn-La'Ahad lasciando l' Al-Sayf di sbieco.
-Io a correre dietro una ragazza?Delle volte dici delle vere sciocchezze!-disse irritato l' altro andandosene.
Ma Altair volle seguirlo standogli di fianco a tormentarlo con le sue domande.
-Dici così perchè non ti piacciono le ragazze?-
-Non è per quello!-
-E dimmi, quindi, se non è per una ragazza per chi è questo?-
-Questo che...?-
Malik si bloccò quando vide il sacchetto nelle mani del confratello.
-Ladro!Ridammelo!-ringhiò cercando di riprenderselo ma l' altro lo evitava facilmente.
-Se lo dici te lo restituisco.-fece un sorriso bastardo l' aquila mentre si scansava dai tentativi della tigre di riavere l' oggetto.
-Mi rifiuto di cedere a un simile ricatto!-
-Allora digli addio.-
Altair corse via con scatto bruciante tra i tetti e Malik gli corse dietro.
Saltando tra un tetto e l' altro l' Al-Sayf tento il tutto e per tutto a farlo cadere, anche a tirargli dei sassi tra cui uno riuscì a beccarlo e a farlo fermare su una trave che collegava ad un altro tetto.
-Stai cercando di uccidermi per caso?!-
-Se per riavere quel sacchetto devo passare alle maniere forti non trovo altra scelta!-
Malik si fiondò contro di lui utilizzando le tecniche di combattimento corpo a corpo che era stato insegnato da tutti gli allievi della fortezza.
Gli fiondò diversi pugni che l' altro riuscì a parare perfettamente mantenendo un equilibrio eccezionale.
Provò quindi a farlo inciampare e lui invece saltò con scatto felino.Purtroppo non aveva previsto il secondo calcio a rotazione che gli avrebbe rifilato allo stomaco facendolo cadere giù.
Per un attimo Malik aveva creduto che stava commettendo un omicidio, ma si ricredette quando vide un telo steso sopra a una bancherella su cui Altair ci saltò comodamente sopra saltando poi a terra in un attimo.
-Altair!-ringhiò saltando anche lui sul telo.
Dopo un pò si rese conto che il confratello lo stava portando al di fuori di Masyaf, infatti avevano già oltrepassato le porte e le guardie li avevano notati con facce interrogative.Andarono verso un boschetto che era nei dintorni, man mano che vi si addentravano diventava sempre più buio.
-Altair fermati!Torniamo in dietro!-
Ma l' Ibn-La'Ahad era troppo lontano per poter sentire, quindi doveva per forza continuare ad andare avanti togliendo davanti i rovi che gli bloccavano il passaggio.
Decidendo di usare il coltello per tagliare i ramoscelli alla fine trovò uno spazio libero e fermo in un punto c' era la sua preda che fissava da tutt' altra parte.
-Ti ho preso!-e si fiondo per l' ennesima volta su di lui braccandolo alle spalle.
Entrambi caddero al suolo, rotolando per avere il sacchetto.
-Dammelo!-
-Fermo!-
Altair si ribellò dalla sua stretta ed ebbe la meglio prendendo i polsi di Malik portandoli al di sopra della sua testa.
-Quando ti ci metti..sei proprio una belva!-sottolineò l' aquila mentre riprendeva fiato.
-Per forza!Con uno come te come ci si deve comportare?-strillò l' altro sotto di sè.
Doveva dire che l' Ibn-La'Ahad si stava divertendo a stuzzicarlo e che, quando si innervosiva, Malik prendeva un espressione davvero carina.
Cercò di togliere dalla testa ciò che aveva appena pensato e mollò la presa.
-Era ora che mi lasciassi razza di...!- bloccò la strigliata l' Al-Sayf quando vide davanti ai suoi occhi qualcosa che non aveva mai visto ad Alamut.
Il cielo si era colorato di un rosso abbagliante, mentre il sole si tuffava nel mare accoccolato tra le onde, ritraendo il suo riflesso sulle onde che si frastagliavano tra gli scogli e loro due erano su uno di questi.
-Questo è il mio posto preferito.-confesso il compagno mentre si calava il cappuccio alle spalle.
Per l' annesima volta Malik rimase stordito dal viso dell' aquila che oramai aveva cambiato aspetto radicalmente dall' ultima volta che l' aveva visto: i suoi occhi d' oro-nero si erano assottigliati, il naso più pronunciato, le labbra ora erano segnate da una leggera cicatrice che si era procurato qualche tempo fa, nonostante quello lo rendevano ancora più irresistibile, poi gli zigomi si erano assottigliati rendendolo mascolino.
Anche lui si era accorto che cresceva in fretta diventando un vero uomo.
Si voltò da tutt' altra parte vergognandosi di provare certe cose per una persona dello stesso sesso.
Perchè sì, ormai erano già delle notti che lo sognava, che voleva parlargli più di quanto lo facesse, di poterlo avere accanto...in tutti i sensi.
In fondo aveva capito che era come tutti gli altri e faceva lo scontroso allontanandosi perchè non aveva mai provato cosa significasse avere vicino un vero amico o una persona da amare.
Quello che lo turbava era che tutto ciò era completamente e assolutamente sbagliato.
-Sai...-cominciò a dire la tigre-...non ho una ragazza perchè a me non interessa averne, le trovo insopportabili e non stanno quasi mai zitte. Mi piace stare in un posto tranquillo dove pensare come questo e leggere un libro.-
-Beh, non è che venga qui per leggere un libro.-puntualizzò Altair sbuffando.
-Sicuramente per riflettere.-
-Nemmeno quello.-
-E allora perchè?-
In quel momento stette in silenzio, continuando a guardare il sole che calava e tingeva di sangue il mare.
-Solo...per stare con me stesso.Anche se, ultimamente, ci vengo raramente qui da quando...-
-Da quando?-chiese ancora più incuriosito l' altro.
-...da quando ci sei te che mi tormenti ogni volta che vuoi invitarmi a uscire congli altri.-disse con tono profondo.
In risposta Malik sbuffò grattandosi la nuca infastidito.
-Dicendo così allora quello non te lo meriti.-
-Cosa?-
-Il sacchetto idiota!è per te!-indicò il sacchetto che teneva il compagno e questo sgranò gli occhi sorpreso.
-Per me...?-chiese ancora più incredulo.
Ma per quale motivo fargli un regalo se a momenti non si sopportavano?Perchè?
-Che aspetti non lo apri?-
Nonostante sapesse già il contenuto esitava nell' aprirlo, poi però si decise sfilacciando i fili che chiudevano il sacchetto.
Vide il bracciale che era quasi come quello che aveva acquistato dallo stesso mercante, solo che al posto della testa di una tigre c' era quella di un aquila ben fatta.Era rimasto senza parole, nessuno era stato tanto gentile a tal punto.
-Ma...è...-balbettò, anche se non era da lui comportarsi in quel modo.
-Non ti montare la testa, è solo un rigraziamento per quella volta che mi hai..salvato la vita.Ho saputo anche che oggi è il tuo compleanno e vedendolo ho pensato "Questo è per Altair!Gli si addice."-
Tutto quanto il suo mondo si era frantumato in un solo istante ascoltando quelle parole sincere.Si era pure ricordato che quel giorno era il suo compleanno, cosa che nemmeno ad Al Mualim gli aveva mai fregato, lui che ormai lo considerava in tutto e per tutto come un padre.In quel momento ad Altair non gliene fregava niente se era per mettere alla pari quel conto, era, stranamente, felice di ricevere un' attenzione particolare come quella, soprattutto da parte di Malik.L' unica persona che si era avvicinato tanto a lui veramente in quel modo.E non gliene importava se gli sarebbe saltato addosso per abbracciarlo forte, nonostante non era mai stato tipo che andava a parole o a fatti.
E così fece, lasciando stupito l' amico.
-A...Altair...che cos..-
-Tu sei...l' unico che abbia fatto una cosa del genere per me.-
-E-ehi, vacci piano!è solo un piccolo pensiero..-
L' aquila si allontanò, guardandolo in quei occhi color dell' onice che in quell' istante erano illuminato dalla luce del sole rendendoli più belli, anche Malik pensò la stessa cosa mentre guardava i suoi che brillavano da quelle gocce che fuoriuscivano rigandogli il volto una seconda volta.
Altair gli prese il viso, ormai aveva messo da parte la ragione ed era comandato dall' istinto, o più che altro, dal suo stesso cuore.
-Per me, anche se piccolo, è immenso la cosa che sei riuscito a farmi.-
-Ma, credimi non ho fatto nie..-
Malik si fermò a pronunciare la frase, anche perchè la sua bocca non poteva dire alcun chè.Non riusciva a credere a ciò che stava succedendo, il suo rivale, la persona che non sopportava fino a quel punto, lo stava baciando.
Sentiva benissimo tutto il calore che emanavano quelle labbra, così tanto che aveva la tentazione di lasciarsi sprofondare in esse.
Ma non poteva, era sbagliato.Era tutto sbagliato.
Lo spinse via alzandosi in piedi, riprendendosi dallo schok momentaneo.
L' Ibn-La'Ahad era rimasto impietrito da quell' azione e anche lui si era reso conto che aveva lasciato troppo correre alle sue emozioni.
-N..noi non siamo come quelli che sono attratti dallo stesso sesso.Non siamo omosessuali!-gridò l' Al-Sayf confuso.
-Ma..Malik...io..-cercò di dire l' altro ma fu di nuovo interrotto.
-A..ascolta...è meglio...è meglio dimenticare...è stato solo un malinteso.-
-Mi dispiace...io non..-
-Non ti preoccupare, è tutto a posto. Ci vediamo domani e buon compleanno.-
Disse infine per poi scappare rosso in volto, Altair cercò di fermarlo ma era troppo tardi, si era già addentrato nella foresta.
Era diventato ancora tutto più confuso e allo stesso tempo più nitido.
Ora capiva perchè l' amore era un ostacolo nella setta degli assassini; per un attimo ti sembra dolce come un frutto appena colto dall' albero, ma alla fine diventa amaro e marcisce sotto i tuoi occhi.
Sulle sue labbra si disegnò un acido sorriso maledicendosi di quello che aveva fatto.Da quel giorno in avanti non avrebbe mai più fatto vedere il suo vero se stesso.
-Anche quest' anno festeggio il compleanno da solo...come sempre..-
Mentre guardava le onde scontrarsi contro le rocce, sentiva una leggera stretta al petto.
Entrambi i giovani avevano sperimentato un altro fatto dell' amore adolescenziale: avere il cuore frantumato in tanti piccoli pezzi a causa della paura, del non essere accetati o, nel caso del figlio di nessuno...ricambiati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Salve a tutti!Finalmente sono riuscita a postare il terzo capitolo!

spero vi sia piaciuto e che il tema non sia troppo superficiale^^

ringrazio anche :

 Vanny2003

 sasuke lastdragon

Altair chan

 Satiel

che hanno recensito, messo nelle preferite e seguite la storia.

Ed ora vi lascio!Ci si vede!!!!!!!!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4° ricordo: solo la luna lo sa ***


4° ricordo: solo la luna lo sa



Lo odiava...con tutto se stesso.
Odiava quell' uomo che in quel momento dormiva mentre era beatamente steso sul tappeto e sui cuscini nella zona di riposo, che era anche l' unica entrata del Covo di Gerusalemme.
Odiava Altair Ibn-La'Ahad.
Quanto tempo era passato dopo quella volta che aveva perso tutto?Pochi mesi non di più?
Sì, avete capito bene, ora la tigre non aveva più niente per cui combattere, per cui vivere.Niente di niente.
E tutto questo era solo per colpa di quella superficiale, egoista, presuntuosa, incosciente e arrogante aquila.



Altair e Malik avevano raggiunto i venticinque anni d' età, erano finalmente dei Assassini completi,  il primo però aveva il titolo di Maestro Assassino che equivaleva a un grado in più di superiorità e valeva quanto il Gran Maestro.
Da quando aveva ottenuto quel titolo (anzi no, ancor prima) era cambiato radicalmente.
Se prima lo definivano soltanto un asociale menefreghista, ora gli davano del blasfemo del loro Credo.
Aveva più volte disobbedito agli ordini non seguendoli alla lettera e facendo di testa sua, violava uno o due dei tre principi fondamentali su cui era basato il loro Ordine non badando ai rimproveri di Al Mualim.Come poteva quell' uomo anziano tirare tanto le briglie al suo allievo prediletto?
Ormai tutti lo vedevano come il principe della morte in persona e lo temevano.
Per questo nessuno osava dirgli ciò che pensava su di lui in faccia.
Per quanto riguardava l' Al-Sayf si era allontanato da lui quando avevano sedici anni, davanti a quel tramonto, ed era pure il giorno del suo compleanno...
Era certo che era per quel fatto che era mutato in quel modo.Quindi che doveva fare, assodalrsi lui la colpa?
Altair aveva compiuto quel gesto, non Malik.Altair!
Eppure, nonostante il suo orgoglio in questi anni, non riusciva ad ammettere che se l' avesse accetato e imparato ad ascoltare il proprio cuore sarebbe rimasto come un tempo e non peggiorato.
Una sera, dopo che tutti ebbero finito la cena, Malik fu chiamato da Al Mualim nel suo studio.
Molto probabilmente era per una missione.
Mentre attraversava i corridoi si imbattè in quel che non aveva mai più voluto averci a che fare.
-Salute e pace...Altair..-salutò mandando giù la saliva nel pronunciare quel nome.
L' altro non rispose, rimanendo col capo abbassato.Ormai non riusciva nemmeno a guardarlo dopo quella volta.
-Anche tu vai dal Maestro?-chiese atono.
-Sì.-
A quella risposta l' aquila fece un piccolo ringhio, aveva già capito che il vecchio li aveva convocati per una missione e l' idea non gli piaceva affatto.
Si voltò dirigendosi per le scale con passo svelto, cercando di stare il più lontano possibile da lui.
-Ehi, vai piano!-
A quella richiesta l' Ibn-La'Ahad non rispose e andò più veloce.
-Ma mi stai a sentire?!-questa volta Malik lo prese per il braccio e subito venne respinto con un solo brusco movimento.
-Non toccarmi.-
Quelle parole le disse mettendoci tutto il veleno che aveva in corpo, lasciando il compagno di sbieco.
Non era più l' Altair che conosceva, era proprio cambiato.
Restarono in quei gradini ad osservarsi per molto tempo, finchè l' Al-Sayf non decise di fare il primo passo.
-Per caso...è colpa mia?-
-Riguardo a cosa?-chiese indifferente.
-Lo sai.-questa volta non esitava più come in passato e quando c' era qualcosa da dire la diceva subito.
Altair lo guardò con delle lastre di ghiaccio al posto degli occhi, per poi distogliere lo sguardo e dargli di spalle.
-Le persone cambiano col tempo, Malik, e si cresce.-
-Parli di crescita? Tu che trasgredisci il Credo?-
-Io faccio ciò che Al Mualim ordina di fare, solo a modo mio.-
-Così ci metterai tutti in pericolo un giorno!-
Entrambi notarono che Malik aveva alzato il tono di voce al punto da far rischiare di essere sentito per tutto il maniero.
-Ascolta, se è un modo come un altro per evitarmi o addossare la colpa fa pure, ma sappi che se continuerai sarà per colpa della tua arroganza ed egoismo!-
-Mi dai dell' egoista?-la tigre non previse la presa di Altair sulla collottola della maglia per farlo avvicinare pericolosamente al suo viso-Proprio tu che ancor prima mi hai evitato e allontanato più di tutti?Tu che hai pensato solo a te stesso?-
Ancora una volta l' aveva avvelenato colpendolo nell' animo, ma cercò di non darlo a vedere mantenendosi calmo e freddo.
-E poi non avevi detto che dovevamo dimenticare?Che era...un malinteso?O mentivi?-
L' aquila si mosse lentamente facendo avvicinare i loro nasi, questa volta giocava, voleva vedere se si rimangiava quelle parole o meno.
-Non...!-
La tigre era stata troppo lenta a reagire, troppo ingenua ed in quel momento le labbra del confratello gli impedirono come in passato di dire altro.
Non era come il primo bacio che si erano dati, era più forzato, privo di sentimento, disperato in fondo.E per completare il supplizio, tra quelle fessure, l' Ibn-La'Ahad volle introdurre la lingua attraversando i denti del compagno in un baleno.
Malik si sentì in trappola e fuori di sè appena percepì la punta di quella carne a contatto con la sua.
Il corpo di Altair spinse con forza l' altro contro la ringhiera in pietra nonostante questi continuava a ribellarsi cercando di spingerlo via.
Alla fine la tigre ebbe la meglio tirando una zampata al muso dell' aquila, lasciandola frastornata per un attimo.Il rapace non aveva ancora capito che i felini sono difficili da dominare.Ci voleva ancora tempo.
Mentre l' Al-Sayf riprendeva fiato, pieno d' ira nei suoi confronti, il ragazzo con la cicatrice si pulì il rivolo di sangue che gli usciva dalla parte sinistra della bocca con il dorso della mano, con sguardo assente e privo di alcuna emozione.
Anche sta volta si rese conto di aver esagerato, ma l' aveva fatto volutamente.
-Penso che non abbiamo più niente altro da dirci.-disse atono per poi ritornare sui suoi passi con la schiena curva in avanti.
Quando lo vide svanire dietro le scale che portavano al secondo piano, Malik tirò un pugno alla ringhiera rischiando di spezzare tutte le ossa della mano.
Era successo di nuovo, l' aveva respinto pensando alla paura e senza cercare di comprenderlo.Dannazione!
No...anche di questo non aveva colpa.Si era legittimamente difeso, così erano andati i fatti.
Mentre si autoconvinceva di questo, un morboso sorriso si fece strada sulle labbra, intanto stringeva freneticamente il petto, dove vi era situato il cuore.
-"Perchè mi fa male...?"-pensò stringendo ancora di più quella parte, quasi da strappare via la carne.
Dopo essersi ripreso raggiunse lo studio di Al Mualim che diede ai due confratelli una missione riguardante a un manufatto che si trovava al Tempio di Salomone e i Templari volevano possederlo.
Lavorare in coppia era l' idea peggiore che al vecchio gli era venuta in mente in tutti quei anni.
Così pensarono sia l' aquila che la tigre.
Ma non era finita, per quell' ingaggio dovevano esserci tre Assassini.
-Ad affiancarvi ci sarà tuo fratello Kadar, sarà una sottospecie di prova per vedere se ha le stoffe di diventare un Assassino a tutti gli effetti.Ovviamente su questa parte non dovrai riferirgli parola.-disse il Gran Maestro riferendosi a Malik orgoglio di uno dei suoi allievi che aveva raggiunto l' età di passare da adolescente ad adulto.
Malik rimase sorpreso alla notizia, pensare di avere il fratello minore al suo fianco lo angosciava. Non che pensava che non avesse la capacità di combattere, anzi, l' aveva visto lui stesso nei suoi allenamenti che sarebbe stato pronto alla sua prima e vera missione uno di quei giorni, ora come ora gli sembrava troppo presto e immaturo.
Quel che gli preoccupava ancar di più era che Kadar s' ispirava a diventare come Altair e se lui gli insegnava quel che sapeva nel peggiore dei modi l' avrebbe perso prima ancora che iniziassero la missione.
L' Al-Sayf guardò di sottecchi l' Ibn-La'Ahad con sguardo divoratore e questi ricambiò allo stesso modo.
-Altair, confido in te che compi questa missione con la massima cautela e discrezione possibile.Mi raccomando.-lo avvertì il maestro.
-Sarà fatto.-
Dopo che furono congedati e scesero fino ad arrivare al corridoio che portava alle camerate, Malik prese per la spalla Altair sbattendolo contro il muro sonoramente.
-Se provi ad avvicinarti a mio fratello o a anche solo gli succede qualcosa a causa tua, giuro che ti farò rimpiangere di esistere.-gli sibilò avvicinandosi per farsi capire solo da lui.
-è tuo fratello quello che non si deve avvicinare troppo a me, visto che mi prende come un esempio da seguire.-controbattè l' altro scrollandolo di dosso.
-Perchè non sa chi sei in realtà!-
-E chi sarei dunque?-
-Un incosciente.-
Il figlio di nessuno ghignò dandogli di spalle.
-Comunque sia, vedete di non intralciarmi.Non ho voglia di portarmi pesi inutili.-detto ciò andò verso la sua stanza lasciando l' altro sempre più incattivito di prima.
La tigre voleva ribattere ma se avesse ancora continuato in quella discussione non ne sarebbe più uscito.
Lasciò quindi che se ne andasse definitivamente, nonostante l' avesse rivisto il mattino seguente.




Quel giorno si ricordava che Kadar era felicissimo di partecipare alla missione e ne era onorato, non poteva sapere che nei giorni seguenti, quando sarebbero arrivati al tempio dove i loro nemici stavano già cercando di prendere il tesoro, il cosidetto Frutto dell' Eden, non avrebbe più partecipato a missioni di alcun ché.
Altair era stato uno stolto a pensare di sconfiggere tutto da solo Roberto De Sable e fu a causa sua se Malik aveva perso il braccio sinistro e l' unica persona che riusciva a farlo andare avanti.
Ora era diventato il Rafiq di Gerusalemme, la voce e le orecchie della città, un grado molto importante dicevano gli altri.
Però quel lavoro lo faceva sentire inutile, in effetti era per gli Assassini che non potevano più compiere gesti acrobatici o assassinii perfetti, per gli scarti della società che aiutano quelli che possono.
Si sentiva uno scarto in tutto e per tutto.
E tutto questo era colpa dell' aquila.
Lo stava fissando piazzato al di sopra di lui e in mano aveva la sua spada che l' aveva accompagnato in mille battaglie, che prima l' affilava dietro al suo balcone.I loro corpi illuminati dai raggi lunari che passavano tra le fessure della grata che stava al di sopra delle loro teste.Altair era raggomitolato su se stesso come un gatto.
Era da molto tempo che ci pensava: poter eliminare la fonte dei suoi problemi, la malattia che aveva preso la vita di suo fratello.
Certo, avrebbe trasgredito gli ordini di Al Mualim e sarebbe stato processato per mano sua, ma era sbagliato avere  della giustizia personale?Potere vendicare Kadar e dargli pace?
Quel novizio non meritava di avere una seconda possibilità, non bastava che fosse degradato...non doveva più vivere.
Quindi, se il Gran Maestro non gli dava la possibilità, ci avrebbe pensato lui stesso.
Bastava solo un colpo al cranio, uno solo e tutte le sue torture sarebbero finite.
Deciso come non mai alzò l' impugnatura in alto, ormai preso dalla follia e dalla vendetta.
-"Addio Altair, spero che raggiungi presto l' inferno!"-
Stava per colpirlo quando ad un certo punto la sua vittima mormorò qualcosa.
-Ma..lik...-
A quel punto fermò la lama proprio al di sopra del capo, tra la spalla e l' incavo del collo.
Per un attimo temeva di essere scoperto, invece si accorse che parlava nel sonno.
-Malik...perdonami...-
Sbarrò gli occhi a sentirgli dire quella frase, l' aveva già sentito dire qundo si erano rincontrati ma non l' aveva preso seriamente, ascoltando di più il suo orgoglio ferito e la sua rabbia nei suoi confrionti.
Vedendolo in quello stato, mentre una lacrima nascosta dal suo cappuccio scivolava sulla sua guancia, gli prendeva una strana morsa al petto. La stessa che aveva già sentito più volte.
Poi quella goccia si frantumò sulla superficie fredda del bracciale che teneva la lama celata e lì sotto vide qualcos' altro che lo lasciò ancora più disorientato.
Al polso c' era il bracciale in bronzo che lui stesso gli aveva regalato quel giorno di dieci anni fa.
L' aveva tenuto...dopo tutto quel tempo e ciò che avevano passato provava ancora qualcosa nei suoi confronti.
Scosse fortemente la testa, non doveva cedere assolutamente.Non c' era più posto per i sentimentalismi nel suo cuore, non provava più niente.Kadar doveva essere vendicato e niente e nessuno poteva fermarlo.
Ne aveva la possibilità, era proprio lì a portata di mano.
Però la sua mano tremava e non accennava a fare alcun movimento.Sentiva che era del tutto molle e la spada molto pesante.
E fu a quel punto che cadde sonoramente a terra ai suoi piedi.
Malik si nascose dietro il balcone, con la vergogna che lo aggravava sulle spalle.Si guardò la mano che poco prima impugnava l' arma, la portò alla fronte e dei sonori singhiozzi si fecero strada nella sua gola e il viso bagnato da quelle odiate lacrime.
Non c' era riuscito.
In quel momento non poteva stare peggio di quanto era già.
Anche se l' odiava non poteva nascondere che c' era una briciola del vecchio se stesso che sentiva ancora il bisogno della presenza di Altair.Dell' averlo accanto, sentire ancora che entrambi si cercavano, che si volevano...aveva timore a dirlo, ma anche che si amavano.
Parte di se si sentiva ripugnante, provare ancora cose simili lo rendevano debole.Eppure non poteva farne senza.
Alla fine voleva perdonarlo, ma ancora non si fidava.
Di quello che era successo quella notte nessuno l' avrebbe saputo.Solo la luna ne era testimone. Solo lei poteva sapere.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Eccomi qua con il quarto capitolo!Come promesso ho postato subito ^^  so che è corto e forse vi aspettavate di più, ma spero che vi sia piuciuto lo stesso e ho cercato di fare meno errori possibili.Ovviamente se c' è qualcosa che non va ditemelo subito che vedrò di rimediare.

Ringrazio le seguenti persone:


Smell


Narjis


sasuke lastdragon


Vanny2003


Hikari B Uchiha


Altair chan


Satiel

 

che continuano a seguire e a recensire la storia qui presente, vi ringrazio immensamente.

Bacioni a tutti voi,

 

madoka94

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5° ricordo: silenzio d' Autunno ***


5° ricordo:silenzio d' Autunno


Le nuvole ricoprivano il cielo della Città Santa e nell' aria si sentiva il leggero freddo dell' Autunno.
Malik quel giorno doveva far spese e quindi si ritrovava a percorrere le innumerevoli strade affollate della città, tra gente comune, i malati di mente e i soldati che circolavano da una parte all' altra; per questo si era calato il cappuccio sul capo.
Un altro giorno come gli altri alla fine, ma con qualcosa di diverso.
I tempi erano cambiati, si scoprì che Al Mualim aveva tradito l' Ordine rivelandosi il Gran Maestro dei Templari, il suo dominio era finito. Sulla doltrina c' era Altair e comandava bene la confraternita.
L' Al-Sayf l' aveva aiutato perdonando ogni suo peccato commesso.Era passato un mese da quel giorno e ancora non si erano detti parola, nemmeno si erano più visti.
Sapeva che giravano voci sul fatto che l' Ibn-La'Ahad avesse un infatuazione per una donna di nome Maria Thorpe che era ancor prima l' amante di Roberto de Sable, ormai deceduto per mano dell' aquila.
Sospirò a tali pensieri, infondo se lo aspettava che sarebbe successa una cosa simile.
Quale donna non andava dietro a un pezzo d' uomo come lui, anche se non gli piaceva tanto il fatto che fosse una ex Templare.
Quel che gli importava era che fosse felice, con una famiglia e che avesse accanto qualcuno da poter amare liberamente.
Ogni volta che ci pensava, nonostante tutto, un' amaro sorriso gli si dipingeva sulle labbra sentendo una tristezza insormontabile crescergli nel petto.
Purtroppo le voci restano solo voci se non vengono confermate.
All' improvviso sentì qualcuno prendergli la borsa a tracolla, era pronto a prendere il coltello che portava davanti all' addome ma si fermò subito quando si accorse che era l' unica persona che gli avrebbe fatto prendere un colpo.
-Provi di nuovo a rubarmi qualcosa, novizio?-chiese con voce ironica sorridendogli.
-Adesso aiutare è diventato un furto?-rispose Altair con altrettanta ironia.
Il giovane uomo lo osservava dalla testa ai piedi: aveva sempre la sua andatura slanciata e la testa china col cappuccio che copriva metà del volto, aveva dei gradi in più che lo faceva distinguere dagli altri Assassini anche se sapeva che partecipava ancora ufficialmente alle missioni, soprattutto a quelle più importanti che riguardavano direttamente i Templari.
Dai suoi modi di fare si vedeva un leggero cambiamento, era diventato più disponibile e umile verso le persone nonostante avesse ancora l' orgoglio che portava sin dalla tenera età.
Dall' ultima missione era maturato parecchio e di questo ne era compiaciuto.
-Ti ringrazio, ma non ho bisogno che tu mi aiuta.Ce la faccio anche da solo.-
-Sicuro?La tua lista dice che ne avrai di cose da prendere.-disse l' altro sventolandogli il foglietto su cui aveva scritto le cose da prendere.
-Non perderai mai questo stramaledetto vizio!-
L' Al-Sayf riprese il foglio dalla mano del confratello e a quel contatto sentì volare le farfalle nello stomaco.
-Sul serio Malik, è meglio se ti dò una mano.-
Il Rafik sbuffò; ripensandoci quella era un opportunità per stare insieme e poter parlare, ne avevano di cose da dire.
-Vieni, dobbiamo passare prima dal bibliotecario, poi dal fruttivendolo e...-stava elencando accettando l' aiuto del compagno.
Passarono tutta quanta la giornata in quel modo, parlandosi, qualche volta battibeccandosi e alla fine ridendo dei tempi passati di quando erano ancora piccoli.
Era piacevole sentire ancora quel legame che entrambi credevano di aver perduto.
Dopo aver fatto spese, verso il mezzodì, si misero a sedere su di una panca vicino a uno delle mura collegate all' arco dove portava nel distretto dei poveri, proprio sotto ad un albero che ormai stava diventando spoglio delle sue foglie diventate gialle e marroni.
-Sai, sono contento di averti incontrato.-disse sincero l' aquila.
-Anche io.-asserì la tigre sorridendo.
All' improvviso Altair mise la testa  sulle gambe del Rafik come se fossero state cuscini, portando le mani intrecciandole tra di loro in grembo.
-Perdonami...ultimamente non dormo da giorni.-
-Ehi, non sono mica il tuo letto!Alzati!-
Purtroppo la strigliata dell' Al-Sayf era servita poco niente dato che l' altro si era appisolato come un pupo nella sua culla.
Il menomato si rassegnò e meno male che non c' era nessuno che passava di lì, le guardie erano a riposo e la gente rintanata in casa a consumare il pasto della giornata.Si poteva sentire nell' aria il profumo della carne dell' agnello cucinato sulla brace e di altre leccornie che anche lui era intenzionato a mettere sui denti se non fosse per quel peso morto sulle gambe.
Un altro odore si aggiunse fra gli altri ed era piuttosto vicino.Erano datteri appena colti e mandorle.
Si voltò verso l' Ibn-La'Ahad, capendo che apparteneva a lui.
Ecco, stava capitando di nuovo, la sensazione che ogni volta provava nell' averlo vicino o di poterlo toccare, la stessa che l' aveva accompagnato per anni e mai lasciato.
Lo guardò di nuovo, il volto così rilassato illuminato dalla luce del sole leggermente libero dal cappuccio, la cicatrice che l' aveva tormentato in tutte le sue notti insonni segnava profondamente quelle labbra giovanili.
Il respiro regolare era coordinato con il tamburellare del suo cuore, così forte che pareva il battito d' ali di una libellula.  
Aveva sopportato anni d' irritazione, incertezze, odio, pianti racchiusi nel silenzio della sua stanza, sogni irrealizzabili che avevano più volte scomposto le lenzuole del suo letto e provocato la debole mente del Rafiq istigandolo con pensieri molesti e contorti.
Ed ora, in quello stesso istante, anche senza che l' altro lo vedesse, voleva liberarsi di tutto quel peso che portava dentro.
Senza pensarci portò la mano sul petto dell' altro, riusciva a percepire chiaramente il lento "tum tum" che provocava.
Preso dall' emozione si avvicinò lentamente al suo viso e, come quelle foglie che cadevano leggere a terra senza far alcun minimo rumore, poggiò le  labbra delicatamente sulle sue.
Un tocco che nemmeno si percepiva.
Si allontanò guardandolo ancora e per un attimo non svegliava quel dormiglione di Assassino per l' ilarità del momento.
Sul naso di Altair era caduta una fogliolina gialla e lui sorrideva beatamente.
Quanto era buffo!
Con discrezione gli tolse la fogliolina, ad un tratto percepì una mano salda sulla presa alla sua nuca fino a spingerla di nuovo sulla bocca del compagno restando con gli occhi spalancati.
-"Quel furfante di un Ibn-La'Ahad!Si era svegliato, accidenti a lui!"-pensò vergognoso l' Al-Sayf con il rossore che tingeva la pelle ambrata delle sue gote.
Nella sua mente vorticarono tanti pensieri da mettergli ancora più in confusione.
Questa volta però non volle allontanarsi subito, anzi, per una volta volle restare in quella posizione per un pò, tanto gliel' avrebbe fatta pagare comunque a quell' aquila arrogante.
O forse se ne sarebbe scordato nelle prossime ore a susseguirsi.
Come in passato, sentiva il calore di quelle fessure bruciargli fin dentro l' anima, ma la vera scottura fu quando per l' ennesima volta Altair fece spazio tra quelle labbra la lingua senza permesso.
Malik per un attimo ebbe un fremito lungo tutta la spina dorsale, sentiva l' esigenza d' ossigeno e quindi di allontanarsi un attimo dal confratello, scorgendo i suoi occhi d' oro-nero che  scrutavano il suo volto spiazzato mentre una mano lo accarezzava, giocherellando con un pollice il suo pizzetto che si era fatto crescere.
-Altair...dovremmo...dovremmo tornare al Covo.-disse il Rafiq cercando di riprendere fiato.
-Già, dovremmo.-asserì l' altro sospirando.
Il giovane Gran Maestro si alzò recuperando i vari rotoli di pergamena attendendo il menomato che prendesse la sua borsa con tutte le cose che avevano comprato pochi istanti prima.
Si diressero nel luogo convenuto con la tristezza del proprietario che lo tormentava a ogni sospiro che dava.
Sapeva che di lì a poco, passando per l' entrata che portava al suo balcone, dove ogni saltuario giorno svolgeva il suo compito, avrebbero scambiato quattro parole sul prossimo compito e l' Ibn-La'Ahad se ne sarebbe andato senza farsi rivedere per chissà quanto tempo.
E questo, dopo tutto ciò che aveva passato, lo sconsolava.
In verità, ora che ci pensava attentamente, non gli aveva riferito il vero motivo della sua visita.
Ma non poteva che essere riferito sulla missione che doveva compiere o su dei novizi che dovevano passare di lì, sicuramente.
Come al solito, appena ebbero valicato la porta all' interno del Covo, Malik passò dietro al suo balcone posando la borsa e Altair lasciò le pergamene sul ripiano di lavoro facendo si che mettesse lui stesso i rotoli dove convenivano esser messi.
Il Rafiq restò in attesa di ascoltare ciò che gli doveva dire l' amico mentre metteva a posto i vari oggetti e preparandosi con uno dei suoi registri da mettere sul ripiano, con il calamaio e la penna alla mano.
-Non mi hai riferito il motivo della tua visita-cominciò l' Al-Sayf ormai spazientito di non sentire la voce dell' altro-avanti, cosa ti porta qui?-
Il ventiseienne non emise un suono, al posto della voce parlarono i suoi muscoli che si mossero veloci verso il suo corpo prendendo il braccio e attirandolo di nuovo a se a tradimento.Le labbra di nuovo a contatto fra di loro ormai abituate a quei tocchi improvvisi.
-Tu.-disse il figlio di nessuno all' orecchio della tigre, tremando un ennesima volta a quella voce roca e puramente sensuale allo stesso tempo come i fili d' erba scossi dal vento.
-Al...Altair...-
-Sono passati anni, Malik, troppi e ho atteso abbastanza per poterti dire ciò che penso veramente.-lo interruppe baciandogli la guancia.-Quindi vorrei che per una volta mi prestassi orecchio, non chiedo altro.-
L' ex Assassino restò immobile acconsentendo alla richiesta dell' altro.In fondo anche lui richiedeva la stessa cosa.
-Quando eravamo piccoli ti ignoravo, pensavo che fossi un altro rompiscatole invidioso che prima o poi ci avrebbe lasciato la pelle, invece ero così cieco da non accorgermi che in qualche modo, anche se inconsciamente, volevi starmi vicino.Crescendo ho capito di sentire qualcosa che andava oltre il semplice rapporto tra confratelli...-
Mentre raccontava, il giovane Gran Maestro scese dalla guancia al mento, poi alla gola tormentandogli il pomo d' Adamo che sin da quel giorno di quando erano ragazzi l' aveva sempre affascinato.
In verita gli piaceva il suo collo in tutto per tutto, così lungo e delicato da stare a baciarlo per ore.
-...fino a quando...-all' improvviso s' interruppe, posando la fronte sulla sua spalla.
L' Al-Sayf sapeva benissimo a cosa stava riferendo, era ancora la ferita che si portava da quel giorno di agosto, quando il fratello minore Kadar aveva perso la vita.
Una ferita che avrebbe accompagnato entrambi fino alla loro morte.
-Non c' è più nulla da dire su questo, ormai è finito.-lo consolò accarezzandogli la corta chioma castana scura.
-Lo so, ma sento che non sarà mai così.Ti ho fatto troppo del male...-
Altair strinse la manica del braccio mancante di Malik, colpevole come un bambino che aveva rotto un vaso.
Il Rafiq gli prese il volto guardandolo di nuovo negli occhi, deciso a chiarire una volta per tutte.
-Ci siamo fatti del male entrambi, io ne ho fatto a te ancor prima.Ricordi?-
-A quei tempi eravamo degli sciocchi.-
-Parla per te, prego!-disse ridendo il moro e il castano lo seguì con un lieve sorriso nostalgico.
-Questo è l' Altair che conoscevo.-
-Mi conosci davvero così bene?-
Questa volta l' Ibn-La'Ahad fece uno sguardo malizioso, portando le mani ai fianchi dell'altro spingendolo contro il  ventre per sentire il corpo aderire con il suo.
-Pensavo di sì.-
Da lì in avanti non ci furono più altre parole, solo gli occhi dell' uno che si rispecchiavano in quelli dell' altro, complici, in attesa in quella stanza silenziosa ove l' ombra predominava sulla fievole luce delle finestre.
Ci furono baci, all' inizio timidi per poi diventare fugaci, divoratori, passionali.
Entrambi erano insaziabili delle proprie bocche, le lingue ad intrecciarsi fra loro come morbida seta rossa, le ali dell' aquila scivolare lentamente sul corpo ancora possente della tigre, consapevole di poterla finalmente avvolgere a se.
Finalmente, potevano essere quel che erano, il resto del mondo era fuori dalle loro menti.
Altair si fermò un attimo guardando ancora gli occhi color dell' onice di Malik, così profondi da poter sprofondarci dentro, così lucidi che non riusciva a resistergli a lungo.
Sentiva di aver bisogno di lui più di quanto si aspettasse, ogni fibra del suo essere, ogni sua boccata di ossigeno, ogni pezzo della sua carne...tutto ciò che lo componeva.Aveva bisogno di lui e basta.
Lo prese per mano, trascinandolo verso la zona di riposo nell' entrata dove c' erano tutti i cuscini di vari colori posizionati a dovere, Malik aveva intuito le sue intenzioni e per un attimo ebbe il timore di quello che sarebbe successo a breve.
Per precauzione chiuse la grata, tanto nessuno sarebbe passato in quel momento.
Ritornò verso il compagno riprendendo a baciarsi, stendendosi sui cuscini.Lentamente l' Ibn-La'Ahad lo aiutò a spogliarsi delle sue vesti, accarezzando ogni parte del suo corpo, stuzzicarlo con i suoi morsi e lasciare ogni traccia del suo passaggio con la lingua facendolo gemere sotto al suo corpo.
Entrambi furono liberi delle stoffe e per un attimo, dopo varie effusioni, Altair si fermò a contemplarlo.
Non riusciva a credere che quel corpo ancora così perfetto di Malik, nonostante il suo stato di fermo, fosse tra le sue braccia: la sua pelle bagnata del proprio sudore, le gote imporporate tra cui anche le orecchie, le labbra diventate rosse come due petali di rosa selvatica, il petto che si alzava e abbassava affannosamente.
Il Rafiq non era mai stato così  tanto bello come in quel momento.
Deciso a non volersi fermare gli alzò le gambe aprendogliele vistosamente, facendo combaciare i loro bacini, sentendo premere contro i loro sessi bisognosi di essere soddisfatti.
Il moro spalancò gli occhi dalla sorpresa, non era ancora pronto a questo!
-Che...che stai...?!-sussultò cercando ancora di riprendere fiato, mentre percepiva l' intenso rumore del battito cardiaco che gli rimbombava persino nei timpani.
-è come con le donne, Malik...solo un pò diverso nel nostro caso.-balbettò l' altro cercando di spiegargli con parole semplici che era tutto normale.
L' Al-Sayf sapeva bene che cosa stava accadendo, solo che non sapeva come comportarsi.
Come sarebbe stato?Piacevole?Doloroso?
Come a leggergli i pensieri, Altair si chinò su di lui accarezzandogli il volto mentre lo baciava intensamente, con gli stessi timori che lo torturavano allo stesso modo.
-Se tu non vuoi posso anche fermarmi, non siamo obbligati.-
Quelle parole gli gonfiarono il cuore nonostante l' orgoglio combatteva nel restare il più lucido possibile, ma come si poteva fare in un momento come quello, dove la ragione non conta più niente.
E poi Malik voleva la stessa identica cosa del giovane che gli stava sopra, voleva appartenere a lui quanto lui volesse appartenere all' altro.
Ci aveva messo anni a capirlo e non voleva sprecare un opportunità come quella.
Ora che capiva cosa provava nei suoi confronti.
-Continua, te ne prego.-lo supplicò abbracciandolo, sussurrandoglielo all' orecchio.
Quel soffio candido sul lobo sembrò al giovane Gran Maestro la lama di un coltello, puro e affilato come non mai.
Gli diede un candido bacio sulla fronte e lo guardò cercando di trasmettergli tutta la sicurezza possibile.
-Farò piano, lo prometto.-
Dette tali parole si alzò ritornando alla posizione di prima e poco per volta entrò dentro il suo compagno, cercando di farlo abituare a quella presenza estranea.
Malik spalancò del tutto gli occhi aggrappandosi con le unghie alle spalle larghe del confratello, gemendo con tutta la voce che aveva in gola.
Faceva male, molto male.Un dolore indecifrabile che faceva vibrare tutto quanto il corpo.
Non sapeva se imprecare o meno ad ogni spinta che l' altro dava, l' unica cosa che poteva fare era concentrarsi a ogni spasmo che si liberava nelle sue orecchie, ogni fiato mozzato che gli scaldava il collo beandosi dell' odore che emanava l' atto sessuale.
Forse, pian piano, ci si sarebbe abituato.

Passarono ore, tra gemiti e sussulti.Tra impecrazioni e  nomi liberati nel silenzio di quel bureau dove non esisteva nessun' altro che loro.
In quel momento quel luogo era come un nido e una tana, fatta solo per loro due.
Entrambi i giovani uomini restarono svegli, abbracciati. I corpi stremati stesi sui tappeti e sui cuscini, scaldandosi contemporaneamente fra loro, sembravano ritrarre due statue greche.
Altair si alzò un attimo, lasciando malvolentieri l' abbraccio di Malik e andò a rovistare qualcosa nel suo borsello.
-Che combini?-chiese incuriosito il Rafiq.
-C' è una cosa che volevo darti da parecchio tempo.-
Nelle mani congiunte a coppa teneva un oggetto avvolto da un fazzoletto in pelle.
L' Ibn-La'Ahad lo scoprì cercando di stare attento a quel che faceva, come a rivelare una preziosa reliquia.
Il menomato si stupì di vedere quel bracciale in bronzo con la cesellatura che disegnava la testa di una tigre, sapeva di averlo già visto tempo addietro in quella bancherella dove vendevano ornamenti, durante quel fatidico giorno del sedicesimo compleanno del giovane che gli stava innanzi a lui.
Non aveva parole di quel dono.
Altair gli prese il polso dolcemente infilandogli il bracciale, gli calzava a pennello.
-Quando l' ho preso ho pensato: "Questo è per Malik!Gli si addice."-
-Copione!-sbuffò l' altro fingendo di essere permaloso, ma un sorriso appena abbozzato faceva subito intuire la bugia mal riuscita.
Stringendogli la mano l'altro gli si avvicinò, scostandogli alcune ciocche sulla fronte ancora umida.
-Voglio che resti al mio fianco per sempre.Ritorna con me a Masyaf.-
A quella richiesta non ci fu alcuna risposta, perchè era celata negli occhi scuri dell' Al-Sayf, le parole non servirono.
Semplicemente annuì.
Finalmente l' aquila poteva restare accanto alla sua tigre, combattendo insieme a lei, proteggendola, amandola.
E restarono su quei cuscini sfatti, nessun suono a infastidire quel magico momento.
Ad assecondarli c' era il silenzio che regalava l' Autunno.

 

 

 

 

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Buona sera a tutti!!Finalmente siamo arrivati al penultimo capitolo!Eh già, preparate i fazzoletti che il prossimo sarà molto, ma moooooooolto triste.

Di sicuro vi state chiedendo: come mai ha messo raiting arancione di colpo?

Risposta semplice:in verità le mie intenzioni sullo sviluppo della storia erano assai diverse, ma dato che si è evoluta in questo modo e che sono una pervertita coi fiocchi (soprattutto su questa coppia) il mio cervello e le mie dita non si sono trattenuti a scrivere questa roba ed eccoci qua XD

Come vi è sembrato il cap?sicuramente noioso dato che non sono abituata a scrivere cose peccaminose -_-' (è la prima volta che ne faccio una così!!! >///<)

Ovviamente continuo a ringraziare:


Smell


Narjis


sasuke lastdragon


Vanny2003


Hikari B Uchiha


Altair chan


Satiel


Volpotto


GiadaJoestar

 

che seguono e recensiscono questa storia scritta da una povera malata di mente quale è la cosiddetta autrice.

Ed ora vi lascio nella speranza di ricevere qualche rec.

Ci vediamo al prossimo cap!

Ciaooooooooooooooooooo!!!!!

 

 

madoka94

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6° ricordo:ricordi di neve ***


6° ricordo:ricordi di neve


C' era la neve, c' era tanta neve.
Un immensa coltre bianca che si estendeva su tutta quanta la montagna, ne erano ricoperti i tetti delle piccole abitazioni dei popolani di Alamut, ne era ricoperta l' immensa e, ormai, vecchia struttura del maniero di Masyaf.
All' interno di quelle mura un vecchio si ergeva in piedi, fermo come i pilastri che tenevano saldo l' Ordine degli Assassini, sempre vigile come un aquila solitaria, osservava il panorama che si estendeva sotto di esso in quel suo ampio studio e le ampie finestre che facevano entrare quel poco di luce che la stagione offriva.
Non sarebbe mancato poi tanto al momento propizio, pensava di tanto in tanto mentre dal paesaggio i suoi occhi si spostavano a una scatola che custodiva una chiave dove avrebbe racchiuso i suoi ultimi ricordi, un sacchetto in cuoio pregiato che conteneva la Mela dell' Eden e un vecchio tomo usato in passato come contenitore di memorie trascritte con l' inchiostro.
Si decise dopo un poco di spostarsi da quella posizione statuaria al tomo posando le sue dita ringrizzite, una volta forti da poter tenere ben salda una spada, accarezzando con estrema delicatezza la copertina disegnando dei piccoli cerchi immaginari.
L' aveva trovato in un cassetto di un vecchio scrittoio al Covo di Gerusalemme, immerso tra la polvere e la solitudine.
D' altronde si sentiva esattamente come quel tomo: vecchio, stanco e solo.
All' improvviso sentì dei passi svelti salire le scale e subito smise di fare quel che faceva mettendo entrambe le mani dietro alla schiena.
-Padre.-salutò suo figlio chinandosi.
-Darim.-salutò il vecchio sorridendogli leggermente.-Sei ritornato presto dal tuo viaggio a Costantinopoli.è andata tutto per il meglio?-
-Sì, i Polo sono al sicuro.-
-Hai fatto un ottimo lavoro figlio mio...-ad un tratto si sentì leggermente mancare e si lasciò cadere sulla doltrina.
Il figlio avanzò verso di lui preoccupato, non era la prima volta che suo padre avesse degli svenimenti di quel tipo o gli faceva male il petto.La cosa non gli piaceva affatto.
-Papà...-
Altair guardò il suo volto, scrutando gli occhi così simili ai suoi.Anche Darim era invecchiato velocemente, aveva su per giù sessantacinque anni.
-"Dio, quanto passa velocemente il tempo!"-
Dopo quel pensiero riprese piano il respiro e dopo un pò si calmò, poggiando la mano con l' anulare mancante sulla spalla del suo primogenito.
-Sto bene, non angosciarti.-cercò di rassicurarlo.
-Ne siete sicuro?Ultimamente non riesco a stare tranquillo da quando avete questi acciacchi.-rispose l' uomo guardandolo con le sue iridi d' oro-nero, la celata gentilezza e l' ostinatezza che aveva ereditato dalla madre Maria.
Il vecchio Mentore aveva bisogno di liberare la mente e rinfrescare i polmoni, ne aveva l' estremo bisogno.
-Fa una cortesia a questo vecchio indolenzito, potresti portarmi al campo di allenamento?-
-Con questo tempo?Vi prendereste un malore e poi altro che acciacchi!-
-Te lo ordino come Mentore.-insistette il vecchio alzando leggermente la voce e il figlio voltò gli occhi al cielo scuotendo la testa.
Ormai conosceva fin troppo bene quel vecchio testone e nulla e nessuno sarebbe riuscito a fargli cambiare idea, anzi, si ricordava che solo uno ci riusciva ma in quel momento non poteva essere presente.Non più ormai.
Così lo aiutò ad alzarsi e l' altro prese il tomo stringendoselo sotto braccio, come a voler proteggere una reliquia.
Darim all' inizio non chiese niente per non infierire su cose che probabilmente riguardavano di persona il padre, poi quando giunsero nel cortiletto dove si allenavano una volta per i lanci di coltelli, frecce e corsa, fece per aprir bocca curioso.
-Dove avete ripescato quel libro?Vi apparteneva?-
A quelle parole il vecchio Ibn-La'ahad sussultò leggermente stringendo l' oggetto di più a se, in seguito un leggero sorriso pieno di malinconia si disegnò sulle sue labbra increspate.Sospirò un attimo prima di rispondere.
-Non apparteneva a me, era di Malik.-
-Sono le sue memorie, vero?-
L' anziano alzò il capo celato dal cappuccio al cielo, perso nei ricordi, quegli stessi momenti che alcune volte attanagliavano il suo spirito recandogli un grande dolore.Per l'annesima volta Darim s' era reso conto di aver toccato un tasto dolente, come in altre occasioni che si era ritrovato a fargli domande sullo zio Malik.
-Sai-cominciò a dire la vecchia aquila-è qui che io e lui ci siamo battuti per la prima volta.-
Anche sul suo viso si disegnò un sottile sorriso nostalgico.
-Ricordo che me ne avevate parlato una volta, vent' anni fa.-
-Vero.-
-Ma ricordo anche che quand' ero un ragazzo zio Malik mi raccontò di quanto foste sbruffone e impacciato.-asserì il figlio ridacchiandosela.
-Sbruffone e impacciato, eh?Guarda te quella vecchia tigre furbona cosa andava a dire ai miei figli dietro alle mie spalle!-
rise a sua volta il vecchio ironico.
-Però era molto paziente e di gran cuore.-
-Non sai quanto...-riprese ad accarezzare il dorso del volume, immaginando quasi di accarezzare lui stesso.
Darim comprese che era meglio tacere dato come era tornato a soffermarsi su quel diario.
Sapeva che Altair e Malik erano grandi amici, oltre che quest' ultimo fosse il suo braccio destro.Sapeva anche che il legame che avevano era indissolubile nonostante i caratteri differenti tra loro, erano fratelli, non di sangue ma nell' anima, in tutto e per tutto.
Ricordava ancora di quanto l' Al-Sayf gli era stato vicino, quando litigavano, quando doveva badare a lui o a Sef mentre l' altro era via in missione ed era in ansia più di quanto lo potesse essere Maria cercando di non darlo a vedere, quando in rari momenti ridevano per delle stupidaggini.
Riusciva quasi a toccare con mano quel filo che legava l' uno all' altro, quello stesso filo che era inaccessibile agli occhi degli altri componenti della famiglia.
Non comprendeva quanto profondo doveva essere quel legame nonostante fosse una delle persone a cui ha voluto bene ad entrambi e forse non l' avrebbe fatto mai.
Però gli si appensantiva il cuore a vedere il genitore così debole e triste.
E sapeva che da un momento o l' altro sarebbe toccato anche a lui ad andare tra le braccia della morte loro amica.
Al solo pensiero...non riusciva proprio ad accettarlo.
-Lasciami solo, per favore.-ordinò Altair facendo librare nell' aria una nuvoletta provocata dal suo fiato.
-Come preferite.-chinò il capo il figlio senza protestare.
Capiva che aveva bisogno di prendere una breve pausa, quindi lo salutò facendo un inchino e si dileguò tra le mura del maniero.
Quando fu lasciato nel campo, Altair si incamminò verso una panchina lì vicina, scostò la neve e si sedette su di essa con il diario sulle ginocchia.
Lì accanto risiedeva un piccolo altare dove ci erano posati dei fiori diventati ormai secchi.
-Ciao tigre, quanto tempo...-salutò da solo il vecchio come a parlare con un fantasma, forse era proprio quello che stava facendo-...sono stanco sai?Oramai ho ottantadue anni, Darim sessantacinque.Speravi che lasciassi tutti prima del tempo, vero?Queste sarebbero state le tue parole se fossi stato qui, ridendomi in faccia chiamandomi ancora novizio.Sono sicuro che l' avresti fatto.-rise sommessamente a immaginare che il suo vecchio compagno l' avesse deriso a crepapelle.
Prese due respiri, non aveva mai riso così tanto in tutta la sua vita...da solo.
-Mi manchi fratello, mi manchi tanto.-riprese con la malinconia ad accompagnare la sua voce.
-Delle volte penso che sarebbe stato facile per noi se non fossi stato così codardo a voler rimanere con Maria dopo ch' ebbi saputo che aspettava nostro figlio, dovevamo essere solo io e te...ma come ti avevo cercato di spiegare in passato le volevo fin troppo bene da doverla lasciare da sola con un pupo a carico.Non sarebbe stato giusto nei confronti di entrambi.Non lo era comunque per te e questo lo sapevo da tempo.-
Mentre parlava da solo, a quell' altare, ricordava di quando una volta lui e l' Al-Sayf avevano litigato di brutto per, appunto, Maria.
Altair voleva molto bene alla donna ma l' aveva espresso nel peggiore dei modi, causando un secondo dolore al rafiq e rischiando che la loro storia si sgretolasse di tutto punto.
Per non metterlo in difficoltà Malik decise di lasciarlo andare e non fare più ritorno nel suo cuore.
Ma negli anni seguenti i due uomini, nonostante si erano detti più e più volte di non arrecare altri danni di quanto se ne potevano creare, si incontravano in attimi sfuggenti di nascosto:nello studio del Gran Maestro, in biblioteca, nella stanza del rafiq, dove nessuno li vedeva.
Ma quando l' aquila commise un terzo sbaglio con l' arrivo di Sef, Malik gli diede l' ultimatum.
-"Scegli!O io o lei!"-
Era stato crudele come l' aveva detto ma i fatti erano quelli, l' Ibn-La'Ahad doveva scegliere.
E aveva scelto...la famiglia e Maria Thorpe.
Fu chiaro come il sole quando partì per una missione che comprendeva i Mongoli insieme a lei e Darim, ormai grande e già un Assassino esperto.
Passarono gli anni e seppe dell' uccisione di Sef da parte della tigre, sapeva che non era stato lui, non gli avrebbe mai causato tanto dolore a tal punto.
Era stato un altro Assassino per ordine di Abbas, quel traditore che aveva ancora la rabbia repressa nei suoi confronti diede la colpa all' amico, lo imprigionò e poi...si ricordò che nonostante il tentativo di liberarlo aveva visto la testa decapitata del rafiq.
Gli Assassini traditori gliela mostravano con la faccia a terra come a dire: "ecco il frutto dei tuoi peccati!Guardali e soffri come ha fatto questa povera anima morta a causa tua!SOLO TUA!".
Visse i suoi anni di vecchiaia con questa colpa assoldata nel cuore, nel silenzio, nella solitudine, nei suoi pensieri.
Poi però gli ritornarono alla mente quei giorni felici di quando erano giovani, quando avevano vissuto prima l' antagonismo tra i due, poi l'amicizia, infine l' amore.
Gli sembrava di vederle lì, quei bei ricordi, passargli davanti in un attimo.
Subito dopo quelle figure create dalla sua immaginazione si smaterializzarono, portate via dal gelido vento dell' inverno.
Si ricordava ancora di quanto la sua giovane mente era manipolata dagli insegnamenti di Al Mualim, freddi, meccanici, privi di tatto umano.Imparava tutto alla lettera, poichè era diventato il suo unico punto di riferimento, colui che considerava veramente un padre.
A quei tempi non capiva quanto stava perdendo la ragione quel vecchio folle e non sapeva del tradimento.
Se non fosse stato per Malik a insistere sui sentimenti che non devono essere repressi, con quell' innocenza che dimostrava a quei tempi e la sua forza d' animo, non sarebbe mai riuscito a uscire da quello spiraglio che l' avrebbe portato a tramutarsi in una macchina perfetta per uccidere, senza alcun rispetto per la vita altrui.
In parte era diventato così ma tramutò l' opinione che aveva sulle sue vittime, cercando di ascoltare le loro ultime parole prima di espiare l' ultimo respiro.
Tutto questo era grazie a quell' uomo e non l' avrebbe mai ringraziato abbastanza.
-Ho preso questo al tuo vecchio bureau-riprese Altair con un tenero sorriso a disegnargli le labbra-l' ho letto tutto.Lo so, non avrei dovuto farlo ma avevo sentito la necessità di leggerlo e...non me ne pento assolutamente.è stato come conoscerti di nuovo, anche da defunto riesci a mettermi in moto tante cose che fanno farfugliare questo vecchio stomaco che qualcun altro avrebbe detto che erano le farfalle che vengono quando si prova qualcosa per una persona che riteniamo speciale.Sono diventato smielato, perdonami, colpa di Darim e i suoi romanzi sull' amor cortese che mi legge ogni sera.In verità è anche colpa mia che lo incito a raccontare ad alta voce.-
Interrompendosi si alzò piano con qualche fitta alla schiena mettendosi davanti all' altare e leggere le scritte che vi erano incise.
Non era un semplice altare, era la tomba della persona che più aveva rispettato e amato.
Malik Al-Sayf, 1165 - 1227.
Posò a terra il tomo guardando quel freddo pezzo di pietra che gli stava davanti.
-Te lo restituisco...-
Voleva poter dire altro, voleva dire "ti amo" ma sapeva in cuor suo che con lui non cen' era mai stato bisogno, lo sapeva già da se anche quando avevano deciso di separarsi.
E poi dirlo non sarebbe servito a niente, perchè la tigre ora stava volando in alto, in punti in cui all' aquila erano ancora sconusciuti ma ben presto sapeva che non sarebbe stato così.
Lo sentiva dal debole battito del suo cuore.
-Padre!-lo chiamò Darim che era tornato da lui di corsa.
-Cosa succede?-
-I Mongoli...ci stanno attaccando.-
Il Gran Maestro restò muto, dopo un lungo silenzio dove osservava la lapide e riprendendo poi a guardare il figlio che aspettava un suo comando, disse:
-Ordina a tutti gli Assassini e gli abitanti di fuggire al più presto da qui.Quando sarai pronto vieni con me alla biblioteca.-
Detto ciò entrambi se ne andarono dal vecchio campo di allenamento e Altair pensava solo a una cosa: il momento era arrivato.
L' aquila avrebbe raggiunto ben presto la tigre, come promesso.



FINE
 

 

 

 

 

 

SPAZIO AUTRICE:

Ed eccoci qua, sono tornata con l' ultimo e ansioso capitolo!

Perdonatemi il ritardo ma tra scuola e altro (soprattutto la mancanza di ispirazione) non riuscivo a concludere tanto.

Ma sono comunque felice di essere arrivata fino a qui e sono anche contenta che questa prova abbia attirato tantissimi lettori che ringrazio dal più profondo del cuore nell' aver voluto seguire questa storia.Mi vengono i lacrimoni a sapere che è finita quiiii!! T^T

Ma non temete, tornerò con una nuova storia con loro due prima o poi, lo giuro!  ;-)

E adesso passiamo a grandi ringraziamenti a tutti coloro che hanno seguito, recensito e messo tra le preferite la storia:


Smell


Narjis


sasuke lastdragon


Vanny2003


Hikari B Uchiha


Altair chan


Satiel


Volpotto


GiadaJoestar


Tsuki no Sasuke


Rika86

fuxiotta95

 

Anche se in ritardo auguro a tutti voi buone feste!E grazie di tutto!!!!!!!!

Bacioni,

 

madoka94

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1198444