You make me Crazier.

di cookiedough
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter 1 : Yes, i'm a Butler. ***
Capitolo 2: *** Chapter two : You are the same idiots ever. ***
Capitolo 3: *** Chapter 3 : Saturday night with idiots. ***
Capitolo 4: *** Chapter 4 : Memories. ***
Capitolo 5: *** Chapter 5 : What happened? ***
Capitolo 6: *** Chapter 6 : Chaz! Don’t flirt with my cousin. ***
Capitolo 7: *** chapter 7 : Chapter 7 : Empty, as if I could not have feelings. ***
Capitolo 8: *** Chapter 8 : Yes, Miami. ***
Capitolo 9: *** Chapter 9 : I can’t love you. ***
Capitolo 10: *** Chapter 10 : Do you wanna talk with me? ***
Capitolo 11: *** Chapter 11 : the truth is that I need someone to love me, love me really. ***
Capitolo 12: *** Chapter 12 : That silly game ***
Capitolo 13: *** Chapter 13 : Miami we are coming ***
Capitolo 14: *** Chapter 14 : I hope you can swim. ***
Capitolo 15: *** Chapter 15 : Can i kiss you? ***
Capitolo 16: *** Chapter 16 : I could not fall in love ***
Capitolo 17: *** Chapter 17 : I don’t wanna sleep on the sofa. ***
Capitolo 18: *** Chapter 18 : Chaz, the next time do your ‘exercises’ in another place. ***
Capitolo 19: *** chapter 19 : Clarity. ***
Capitolo 20: *** Chapter 20 : Chapter 20 : Have a drink, go out in the evening, go to the movies ... I don’t know, we're dating. ***
Capitolo 21: *** Chapter 21 : You could be more. ***
Capitolo 22: *** Chapter 22 : Atlanta. ***
Capitolo 23: *** Chapter 23 : The Shower. ***
Capitolo 24: *** Chapter 24 : Stay with me. ***
Capitolo 25: *** Chapter 25 : Tell me, hold me... ***
Capitolo 26: *** Chapter 26 : Sorry. ***
Capitolo 27: *** Chapter 27 : What a mess! ***
Capitolo 28: *** Chapter 28 : ... Just close your eyes ***
Capitolo 29: *** Chapter 29 : Are you sure? ***
Capitolo 30: *** Chapter 30 : Hope you like it. ***
Capitolo 31: *** Chapter 31 : ***
Capitolo 32: *** Chapter 32 : ***
Capitolo 33: *** Chapter 33 : I will never stop loving you ***
Capitolo 34: *** Chapter 34 : I love you like never i'll love anyone. ***
Capitolo 35: *** Chapter 35 : Time passes... ***
Capitolo 36: *** Chapter 36 : You're still the same. ***
Capitolo 37: *** Chapter 37 : Please, don't hate me. ***



Capitolo 1
*** Chapter 1 : Yes, i'm a Butler. ***


Bonjuour.
Mi presemto, anche se magari qualcuno già mi conosce.
Allora, potete riferirvi a me come Glo ;)
Mi pice scrivere e condividere con voi care lettrici :)
Perciò mi piacerebbe vedere magari ogni tanto un paio di recensioni piccoline piccoline :D
IMPORTANTE:
La storia è strutturata su 3 punti di vista : (Justin's Pov) quindi prima persona, (nome della protagonistra's Pov) prima persona, e poi un terzo punto in terza persona, quindi un narratore.
Ogni volta che troverete "I:" sarà il discorso diretto della protagonista, sia nei discorsi di Justin sia in quelli del narratore.
"J:" Sarà sempre Justin, vale la stessa regola delle battute della protagonista.

Ok, mi sembra tutto, vi lascio al capitolo uno.


Chapter 1 : Yes, i'm a Butler.

“Lucinda Destiny Hope Butler!”
Ecco, papà non si risparmia mai.
Sarà stata la millesima volta che in quella settimana il mio vecchio mi chiamò con il mio nome per esteso, lo fa solo in casi estremi, quando ne combino delle belle.
Ma cosa aspettarsi da una sedicenne?
In realtà non avevo fatto nulla, mi stavo solo opponendo ad un paio di cosette, non volevo passare il resto dell’estate in Canada.
Ok, forse sono nata lì, ma io sono una sedicenne Californiana, io vivo per il sole e il caldo, il mare e la spiaggia e proprio durante il periodo perfetto per imparare a surfare, papà viene chiamato per un importante viaggio lavorativo.
I: papà, perché non posso rimanere qui?
P: semplice Piccola Lucy, io starò via parecchio, non voglio lasciarti sola.
Misi il broncio mentre papà, mi passava la valigia che avrei dovuto riempire con le mie cose.
I: ed è per questo che mi spedisci da zio Martin?
Non che non mi stavano simpatici gli zii, anzi erano una coppia simpatica e molto socievole, non facevano mai mancare nulla quando andavo da loro, sono sempre così premurosi ed affettuosi con me.
Solo che io non vado molto d’accordo con mio cugino e i suoi amici.
Ryan è un tipo OK ma il modo in cui si comporta in presenza degli altri due scapestrati è molto, molto…MOLTO irritante.
Passavo spesso le vacanze a casa loro quando ero più piccola, quando riuscivamo a stare vicini senza ucciderci ogni volta, ma poi, i ragazzi crescono e io anche.
Non saprei spiegarmi perché da quando loro compirono i 12 anni iniziarono a diventare strafottenti e antipatici.
 
Così era arrivato il giorno della partenza.
Papà mi aveva accompagnata in aeroporto e aspettò il volo con me fino a quando non dovetti salutarlo e andarmene.
P: Mi raccomando non fare arrabbiare gli zii, non litigare con i ragazzi e vedi di non dare fastidio a Ryan. Salutami tutti. Ti voglio bene Lucy.
Adesso ero io quella che doveva lasciare in pace i ragazzi?
Andiamo Papà.
I: ciao papà, ci vediamo.
Mi baciò la guancia e poi dovetti andare verso l’imbarco.
Presi il mio IPod e mi sedetti al mio posto, mi aspettavano ore di viaggio.
Non avevo idea di ciò che avrei trovato al mio arrivo, era un sacco di tempo che non vedevo Ryan, chissà se avesse messo la testa a posto.
E i suoi due amici?
Chaz, si si chiamava così, che non avesse deciso che la vita da playboy non fosse per lui?
Era sempre stato uno sciupafemmine di prima categoria.
E poi c’era lui, il ragazzo che dalle strade del Canada era riuscito a crearsi una fama.
Ma questa è un’altra storia.
Justin, era il peggiore, il migliore, non potevo dargli una specifica descrizione.
Sapevo solo che non era più il ragazzino dolce e innocuo, il dodicenne tenero e simpatico.
Erano irrecuperabili.
Eppure quel ragazzo, Justin, aveva qualcosa…forse era quel qualcosa che lo portò ad avere milioni di fans in giro per il mondo.
Lucy, Lucy, Lucy, smettila di pensare a quegli idioti, avrai tempo per quello.
Mi addormentai e dormii per parecchie ore con la musica sparata nelle orecchie.

…Intanto a casa Butler in Canada…
Sharon: Ryan preparati che tra un po’ dobbiamo andare in aeroporto a prendere tua cugina.
Ryan muggì davanti alla TV concentrato a disputare una partita a Call of Duty insieme ai suoi impareggiabili amici Justin e Chaz.
Justin che si era preso un break dal lavoro e la fama e Chaz che passava le giornate insieme al suo compare.
C: Cugina?
R: Già.
Justin sembrò risvegliato da un coma.
J: Quella cugina?
R: Andiamo idioti, non vi ricordate davvero di Lucinda?
Gli amici si guardarono uno più confuso dell’altro e poi bloccarono il gioco per poter rimuginare meglio tra i pensieri e i ricordi passati.
C: Oddio! Quella Lucinda!?
Ryan non capiva perché i due erano così sbalorditi e sorpresi a sentire parlare di lei, insomma era solo sua cugina.
Martin: RYAN BUTLER! Muovi il CULO!
Ringhiò il padre del biondo.
J: Ryan saranno anni che non vedo Lucy…
Disse Justin lasciando in sospeso la frase.
Ryan non sapeva che i due amichetti avevano un debole per la piccola tenera Lucinda Destiny Hope.
C: Ryan posso venire con voi in aeroporto?
Ryan lo guardò un po’ storto, da quando quell’essere chiedeva cose del genere, ok, Lucy era una ragazza ma non andava d’accordo con Chaz e a pensarci bene nemmeno con Justin, soprattutto con lui.
C: Quanti anni ha tua cugina?
Justin lo ammonì con una pacca sulla schiena abbastanza sentita, si sa quanto Ryan non voglia che la cuginetta non venga toccata da dei trogloditi.
R: Mamma! Noi siamo pronti!
Sharon accorse in salotto con in mano le chiavi dell’auto e sorrise sorpresa dal fatto che anche gli amici di Ryan erano convinti di andare all’aeroporto.
S: Beh, tesoro Martin, mi sa che dovrai rimanere a casa.
Martin non era convinto, avrebbe preferito esserci lui all’arrivo della nipote, quei tre non lo lasciavano tranquillo.
M: Sharon, resta tu a casa, vado io da Lucy.
La moglie annuì e salutò il figlio, il marito e i due ragazzi.
Non vedeva l’ora di rivedere la sua ‘piccolina’.
Arrivati in aeroporto se ne stavano in piedi davanti allo sbarco del volo di Lucinda ad attendere che lei si presentasse.
Martin sentiva la mancanza della sua ‘Ragazza’ a casa, ricordava quando era piccolina e giocava con il cugino senza litigare, quando si divertiva un sacco in Canada e anche quella volta che si vestì da ragazza adulta con i tacchi della zia Sharon.
M: Ryan, ti rendi conto, Lucy ha sedici anni.
Ecco la risposta per Chaz.
R: sì. Ma che centra Papà?
Martin era un po’ commosso all’idea di quanto in fretta passasse il tempo, e non aveva idea di quanto bella si fosse fatta la sua nipotina dai capelli scuri e la frangetta.
Aspettarono ancora lunghi minuti di attesa durante i quali zio Martin cercava di immaginare un bel abbraccio, Ryan cercava di escogitare qualcosa per andare d’accordo, Chaz immaginava Lucy che da un brutto anatroccolo fosse diventata un cigno mente Justin era fisso a pensare quando lei fosse arrivata e su che faccia avrebbe fatto lei…e lui.
 
(Lucy’s Pov)

Finalmente sentii la vocetta fastidiosa dell’hostess di turno che avvisava i passeggeri che eravamo atterrati.
Così, misi cellulare e IPod con cuffie in tasca e mi diressi all’uscita.
Era tanto che non vedevo gli zii ma avrei riconosciuto Ryan di sicuro, la stessa testa di cavolo di sempre, su questo ero certa.
Arieggiai i capelli che erano spettinati e strinsi un po’ il laccio del mio top appena compratoàhttp://ak2.polyvoreimg.com/cgi/img-set/cid/54757042/id/DcPa8W_tSluN5SpTdwb1ng/size/y.jpg
Ritirai la mia valigia rosa carne e poi mi avviai verso l’area in cui mi attendeva lo zio insieme a Ryan.

Questo è il capitolo, spero vi sia piaciuto.
Ok, RECENSITE altrimenti sarò costretta a bloccare òa storia qui ;)
Alla prossima.
Baci.
-Glo.

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Capitolo 2
*** Chapter two : You are the same idiots ever. ***


Grazie Ragazze!
Che sorpresa!
Primo capitolo e già 5 recensioni?!
Vi prego rimanete così attive fino alla fine, siete magnifiche!
Ok, visto che vi interessa la FF, vi metto il secondo capitolo ;)

Chapter 2 : You are the same idiots ever.
 
Non fui sicura che lo zio e Ryan mi riconobbero, se ne stavano a guardare con lo sguardo perso verso lo sbarco dal quale sarei dovuta arrivare io.
Così decisi che sarei stata io ad andare in contro a loro.
Mi sbracciai e iniziai a chiamarli finché non si accorsero di me.
Avevano delle espressioni perse e strane.
I: Ciao Zietto! Come va?
Ci abbracciammo affettuosamente e poi mi diressi da mio cugino che era cambiato davvero moltissimo: era più altro, con i capelli più corti e gli occhi più azzurri.
I: Salve cugino.
Lo salutai con un bacio sulla guancia che lui ricambiò.
M: Sei…sei…Cresciuta.
Sorrisi e mi accorsi che con i miei parenti c’erano anche Chaz e Justin.
I: oh mio dio! Ma voi due siete Chaz e Justin?!
Mi sorrisero e li abbracciai calorosamente.
M: forza andiamo.
Ero seduta davanti e ancora non avevo aperto bocca, ero in imbarazzo, dopo tutto quel tempo passato divisi, era strano ritrovarci tutti insieme.
Continuavo a pensare ai cambiamenti fisici di quei tre ragazzi.
Non avevo mai visto Ryan così in forma, era davvero un bel ragazzo mio cugino.
Ero fermamente convinta del fatto che per attaccare bottone con le ragazze gli bastasse guardarle negli occhi, i suoi erano così blu e profondi.
Chaz invece lo trovai anche lui più alto e più magro di come ricordavo.
I suoi occhioni da cerbiatto erano rimasti tali, impareggiabilmente furbi ed espressivi, mentre i suoi capelli erano ancora quel batuffolo spettinato color castano di un tempo.
Era così buffo e carino.
E poi, c’era Justin.
Come non notare i suoi cambiamenti?
Era più alto, con i capelli più corti e con il viso che ormai non era più quello di un dodicenne indifeso, ma quello di un giovane uomo.
Le sue braccia erano più muscolose e le sue mani più grandi.
I suoi occhi non avevano più quella luce di purezza e ingenuità che trasmettevano quando era un quindicenne, adesso i suoi occhi esprimevano malizia, fermezza e ilarità allo stesso tempo.
Se qualcosa però rimase la stessa fu il cavallo fin troppo basso dei pantaloni e la mania del cellulare in mano.
Sorrisi allo specchietto retrovisore mentre scrutavo quegli esseri incompresi e poi spostai lo sguardo su zio Martin.
La sua espressione affabile non era cambiata molto, solo più invecchiata.
Anche la luce dei suoi occhi chiari, non era più profonda come quella di Ryan, era più spenta.
Ma nonostante tutto risplendeva ancora di simpatia e gentilezza.
C: Ragazzi non vedo l’ora di stasera!
Venni risvegliata dalla voce montata di Chaz.
M: in realtà signori miei, Sharon a pensato di saltare questo sabato, per lasciare che Lucy si ambientasse.
Non avevo idea a cosa si riferissero, ma probabilmente doveva essere un’evenienza importante, di routine.
Non mi andava di essere proprio io a sconvolgere i loro piani.
Ma non dissi nulla, ne volevo parlare prima con la zia.
I maschi tornarono a parlare tra loro e io me ne rimasi in silenzio fino a casa.
Quando zio Martin aprì la porta venni superata da i tre idioti che da quanto sapevo stavano andando a reclamare per la serata.
Sentii la voce di zia Sharon.
S: Ragazzi ma dov’è Lucy?
R: Mamma! È più importante tua nipote di tuo figlio?!
Rispose seccato Ryan, sempre pronto a prendermi in giro.
S: in questo istante sì.
E venne ad abbracciarmi.
S: Ciao splendore della zia!
Questi ancora non hanno capito che ho 16 anni e non 6.
Ma pazienza, mi piaceva essere coccolata.
Parlammo qualche istante quando sentii uno strano rumore provenire dalla cucina e un improvviso odore di bruciato.
La zia si spaventò.
S: Oh no! La torta!
E corse in cucina urlando ai ragazzi di accompagnarmi di sopra e mostrarmi camera mia.
Così, Chaz si occupò della mia valigia, Ryan della borsa e Justin del beauty-case.
C: scusa una cosa Lucinda, ma perché io la cosa più pesante?
I: accidenti Chaz, sei sempre il solito brontolone di una volta.
Lo sentii ringhiare qualcosa simile ad uno ‘stronza’, ma non me ne importò più di tanto.
La verità era che tutti e tre erano degli sfaticati, ovvio.
Giunti alla stanza Ryan aprì la porta e mi fece entrare con un ‘Prego Madame’, dolce il mio cuginetto.
Rimasi stupefatta, quella era la stanza dei miei sogni!
Le mura erano magenta e il letto aveva le coperte bianche in contrasto, era con la testata in legno e ferro battuto, uno stile accogliente.
Sul muro, sopra la testata del letto, c’erano delle lucine al neon davvero carine che incorniciavano una scritta “Non posso cadere addormentata, posso sognare”.
La portafinestra era luminosa e dava su un piccolo balconcino.
L’armadio era bianco di legno proprio come la scrivania sulla quale giacevano due foto : una era il quadretto di famiglia con me Ryan e gli zii, una raffigurava me, Ryan Chaz e Justin da piccini.
Adoravo quella stanza.
Mi girai verso Ryan e lo abbracciai forte ringraziandolo.
R: Ok, Ok. Ora il bagno è infondo al corridoio, sulla destra la stanza degli zii e sulla sinistra, proprio affianco alla tua, c’è la mia.
Peccato solo una cosa: il bagno era uno!
I: oh, ok.
Mi sedetti sul letto e senza che io diedi il permesso anche i tre entrarono e presero posto in camera: Ryan sul tappeto vicino al letto, Chaz sulla scrivania e poi Justin che – ovviamente- era più comodo della padrona della stanza.
Si era spaparanzato completamente sul letto…con le SCARPE!           
I: Justin.
J: dimmi.
I: sei comodo?
Mio cugino e l’altro risero appena, soffocando le risate.
J: certo.
Sempre dandogli le spalle sorrisi scazzata.
I: benone. Ora però scendi con quelle scarpe!
Rimase nella medesima posizione, senza muovere un muscolo, mi girai e lo visi con il sorriso stampato in faccia, le braccia dietro la testa, gli occhi chiusi e il cellulare sulla pancia.
Bene, a mali estremi…
Gli presi il cellulare e iniziai a correre giù per le scale seguita da tre imbecilli.
I: oh, guarda, guarda! Sei più egocentrico di quanto pensassi…che foto gente!
Justin  schiamazzava e gli altri due ridevano a crepapelle facendo da spettatori alla scena comica.
J: se ti cade me lo ricompri!
I: oh che paura! Il Sig. Bieber mi ricatta!
Corsi fuori in giardino, sul retro dove c’era la PISCINA.
Justin all’inizio non mi vide e io ridevo come una scema tenendomi le mani sulla bocca e il cellulare nella tasca posteriore dei pantaloncini.
J: Lucy!
Mi vide e io iniziai a correre attorno al bordo della piscina.
Intanto Ryan e Chaz ci avevano raggiunti per evitare il peggio.
Correvo con dietro di me Justin e voltandomi per controllare quanto vicino fosse, andai a sbattere contro Chaz che finì direttamente in acqua.
I: Scusami Chaz!
E continuai a correre stremata.
Il secondo a finire in acqua fu Ryan, ma per colpa di Justin.
Io me la ridevo allegramente mentre Justin si teneva i calzoni che man mano correva gli calavano.
I: Justin non ti credevo così lento!
J: Lucinda fermati dai!
Risi in faccia a quel pivello e saltellai fermandomi a bordo piscina.
I: ti – avevo il fiatone – stanchi subito!
Estrassi il cellulare e lo mostrai a Justin che rizzò le antenne.
I: lo vuoi?
J: ovvio no?
I: vieni a prendertelo!
Lo vidi partire alla carica, quasi come un toro alla corrida e appena mi fu vicino, mi scansai…SPLASH!

Penso che questo capitolo sia abbastnza stupido, ma non mi importa, mi piace ...
e a voi?
Beh, fatemelo sapere con le recensioni ;)
Posso chiedere 3 recensioni o è troppo?
Bye Bye.
Baci.
-Glo.
 

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Capitolo 3
*** Chapter 3 : Saturday night with idiots. ***


Ciao Ragazze!
Grazie mille per le tante recensioni ricevute!
Graie, grazie mile.

Solo che sto pensando ad alcune cose...
Questa storia è un po' scontanta, almeno, non mi piace come si sta evolvendo.
Sul pc sto scrivendo, sono già all'ottavo capitolo - mi porto vanti io :3 - ma non mi piace come sta andando.
Non so se la finirò, non so se pubblicherò altri capitoli di questa storia.
Stavo pensando al fatto di fermarmi, riordinare le idee e scrivere una storia decente.
Oggi pomeriggio avevo voglia di elimiare il tutto senza spiegazioni, ma poi ho pensato a voi, alle mie lettrici adorate.
Almeno spiegarvi la situazione.
Babbeh, dopo questo dramma, vi lascio al terzo capitolo ;)

Chapter 3 : Saturday night with idiots.
 
Ridevo come una pazza mentre mi godevo la scena a bordo piscina con in mano il cellulare di Justin che appoggiai saggiamente sul dondolo.
I: Oddio! AHAHAH!
Se ne stavano a galleggiare con i vestiti bagnati addosso guardandomi male.
J: Ok, ho sbagliato a mettere i piedi sul tuo letto e a non darti ascolto, ma ora aiutami ad uscire.
Annuii ancora ridendo e appena afferrai la mano di Justin, al posto di tirare fuori lui, finii in piscina anche io.
No, non è stato divertente.
I: Ma io ti affogo!
Esclamai.
La faida in piscina andò avanti tra tutti e quattro un bel quarto d’ora finché gli zii non vennero a sgridarci con delle salviettone e un cambio asciutto.
Si fermarono tutti a cena e rimasero alcuni minuti.
Me ne stavo in camera mia ad ascoltare della buona musica mentre mi mettevo un cambio adatto, ovvero non una maglia oversize di Ryan – che mi aveva dato la zia dopo l’incidente in piscina – quando la porta si aprì ed entrò zia Sharon.
I: ehi Zia.
Si accomodò sul letto osservandomi mentre piegavo la maglia di mio cugino.
S: ogni sabato sera i ragazzi fanno una ‘Riunione Maschile’ da noi, giocano all’Xbox, mangiano schifezze, fanno gli stupidi, cose da Maschi. Mentre io e tuo zio ci prendiamo la serata fuori in una camera d’hotel per la nostra ‘intimità’.
La guardai maliziosa e le feci un occhiolino d’intesa.
S: ma stasera io e tuo zio abbiamo pensato che i ragazzi potessero rim-
Non la feci finire.
Non volevo essere io, la cugina rompiscatole di turno, se volevano fare questa loro mini-festa tra buzzurri, beh non sarei di certo stata io la causa che avrebbe rovinato i loro piani.
Così sorrisi alla zia che mi fece parlare con calma.
I: non preoccupatevi per me ok? Andate e tornate quando ne avete voglia. Io ho il computer, la mia musica, il cellulare e poi, ci sono tre ragazzi maggiorenni – che lecchina – non potrebbe succedermi nulla.
Dico teneramente.
Era ingiusto che ad impedire agli zii la loro intimità che con gli anni andava a quel paese fossi proprio io.
Sorrise e mi ringraziò per la comprensione e poi se ne andò.
Sentii presto un vociare esultante provenire dai piani bassi e feci un sorriso compiaciuto, già mi odiavano per il semplice fatto che dovessi passare con loro la fine dell’estate, figurarsi se gli avessi impedito la festa.
 
Erano le dieci meno venti e io ero molto annoiata.
Era presto per dormire ed era tardi per dire agli zii che avrei accettato di mandare a casa Justin e Chaz.
Me ne stavo a rimpinzarmi di canzoni con le cuffie dell’IPod nelle orecchie e una stupidissima maglia extra-large comprata a Los Angeles che mi faceva da pigiama.
Adoravo quella maglia però.
Era nera con la scritta “ I’m a DREAMER not a STUPID” che sembrava essere stata scritta con dei pezzi di cielo stellato, non so come rendere l’idea.
Avevo i lunghi capelli raccolti in uno chignon spettinato, alla buona e sbuffavo di continuo guardando il soffitto chiaro della stanza.
Nemmeno mi accorsi del persistente bussare alla porta; mi trovai Bieber in pigiama dentro camera mia.
No, ma perché non mio cugino?
Mi levai frettolosamente gli auricolari per stare a sentire cosa avesse da dire di così importante.
J: Lucy, Ryan e Chaz mi hanno chiesto di chiederti se ti va di unirti a noi…sai, sei tutta sola.
Lo scrutai e ci pensai qualche istante.
Non avevo nulla da perdere, andiamo.
I: ok…
Mi alzai dal letto accompagnata dal sorriso di Justin.
J: bella maglietta.
Gli sorrisi mentre scendevo le scale e lo ringraziai.
I: anche la tua è stilosa.
Era viola con delle Supra bianche al centro, tipico di Bieber.
Quando fui in salotto mi resi conto di ciò che la zia aveva accennato.
A terra c’erano due materassi, il divano e la poltrona erano base di dolciumi e schifezze varie, le bibite erano accanto alla console e alla TV era in gioco una gara di automobili comandata dai tre compari.
I: WOW.
Dissi sarcastica.
Mi creai un posticino sul divano e afferrai il primo pacchetto di caramelle che vidi…uhm, gommose alla frutta, le mie preferite.
Iniziai ad ingozzarmi di quelle dolcissime e odiosissime caramelle impedendo alla noia di prendere il sopravvento.
Era sbagliato ingozzarsi di dolci per soffocare la noia?
Sì, terribilmente sbagliato.

I: ragazzi, ma voi vi divertite così?
Ryan stoppò il gioco e si girò verso di me osservando la mia postazione.
R: beh Tesoro, se vuoi possiamo metterci lo smalto a vicenda.
Sempre molto simpatico mio cugino, impagabilmente simpatico.
La sua presa in giro verso di me venne seguita da risolini strozzati dei suoi amici che si ammutolirono quasi subito.
I: e dai. Ry dico sul serio, facciamo qualcosa di divertente.
Scoraggiati e un po’ impietositi spensero la console, presero i popcorn e mi diedero ascolto.
C: sentiamo che vuoi fare?
Misi in bocca un vermiciattolo fuxia al sapor di ciliegia e li guardai come per lasciare a loro la parola.
C: okkei…giochiamo ad obbligo o verità.
Pessimo gioco, pessimo.
Si guardarono e annuirono tranquilli e poi diedi io il consenso.
Ma sì Lucinda, fatti smerdare il primo giorno no?
J: D’accordo comincio io: Parto da Ryan, poi Chaz e infine Lucy.
Bene, sarei stata l’ultima, così avrei avuto modo di pensare bene a cosa aspettarmi.
J: Ryan: obbligo o verità?
Ci pensò.
R: Verità.
Vidi Justin sorridere malizioso…non era buona cosa.
J: ti “vedi” – mimò le virgolette con le dita sopra alla parola ‘vedi’ – ancora con quella biondina da sballo?
Ryan imprecò e lanciò un cuscino a Justin che ebbe la sua risposta : No, brutto stronzo.
Bene.
Fece un obbligo a Chaz, davvero divertente, insomma vedere Chaz con il rossetto e il mascara non è cosa da tutti i giorni.
E poi arrivò il mio turno.
J: obbligo o verità, Lucy.
Lo guardai pensando bene: se avessi scelto obbligo avrei rischiato di fare una delle cose più stupide ed imbarazzanti della mia vita, se avessi scelto verità…non avevo idea della domanda che mi avrebbe fatto.
I: verità.
J: ok…vediamo – fece finta di accarezzarsi la barba inesistente – se il cantante dei tuoi sogni ti chiedesse di star con lui e il ragazzo che ti piace da molto ti facesse la stessa domanda tu chi sceglieresti?
Che accidenti di domanda era?
I: probabilmente sceglierei il ragazzo che mi piace.
Annuii e andammo avanti con il gioco.
 
Ok, questo è quanto.
Spero vi sia piaciuto almeno un pochino e nulla...recensite!
Baci baci.
-Glo.

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Capitolo 4
*** Chapter 4 : Memories. ***


Ciao Ragazze.
Sapete, ci ho pensato, tanto anche, ho meditato, letto e riletto le vostre dolci recensioni e sono iunta ad una conclusione.
Scommetto che la volete sapere, beh, ho deciso di continuare la storia.
Voglio dire, che senso avrebbe avuto tagliare così la corda?
Vabbeh.
Non pretendo molte recensioni, anche perchè magari vi site stufate di aspettarmi ma, vi prego, se leggerete questo e i prossimi capitoli...Lasciatemi una recensione.
Grazie :)

Chapter 4 : Memories  
 
Tra cose stupide, risate, caramelle e salatini, ci troviamo all’ultimo giro del gioco, quello che sembrava non arrivasse mai a causa delle continue risate di un po’ tutti.
Toccava a Chaz fare la domanda agli altri.
Justin era fuori dal gioco dopo uno stupidissimo obbligo quale ripetere << io, Justin Bieber, sono proprio uno stupido, con un cervello stupido, una faccia stupida, su una testa stupida, e lo stupido è il mio colore preferito >>.
Mentre Ryan fu costretto ad uscire di casa in mutande e urlare che aveva un caldo tremendo.
Io optai per Verità, non avevo voglia di dire che ero stupida, né di uscire in mutande.
C: Ok, fammi pensare.
Lo guardai e iniziai ad imitare il ticchettio delle lancette di un orologio.
C: ci sono!
I: ma davvero?
Mi guardò con aria di sfida, e poi si decise.
C: secondo me sei vergine 
Ok, tasto dolente quanto imbarazzante.
Ryan gli tirò uno scappellotto e Chaz fece spallucce come per scusarsi.
Non avevo la forza morale per dire di sì, primo perché non era vero, secondo…perché avrei mentito anche a me stessa.
Vivevo nella convinzione – ormai da anni – che quella serata non fosse mai esistita, mi sbagliavo.
I: se ti dicessi di sì, sarebbe una bugia.
Mi alzai e me ne andai in camera mia.
Non avevo la forza di piangere, non avevo la forza di fare nulla se non starmene a fissare il vuoto mentre quelle fottutissime immagini mi passavano davanti agli occhi.
 
-Flash Back-
<< E dai Thomas, non rompere le scatole>>
Ero brilla, parecchio.
Era quasi plausibile dato che mia madre ci aveva lasciato la settimana prima.
Thomas era il ragazzo che frequentavo in quel periodo
Non era un bravo ragazzo e lo sapevo anche io, ma per lo meno con lui mi sentivo viva.
Strano detto da una ragazzina di 13 anni.
Ero piccola mentre lui aveva già diciassette anni.
Quella sera mi aveva invitato al festino di uno dei suoi amici grandi, con me c’era solo lui.
Ci ero andata per prendermi una bella sbronza sperando di cadere in coma etilico per il resto della mia schifo di vita.
Heggià, quel periodo non era poi così luminoso.
Volevo dimenticare l’incidente in metropolitana che portò via mia madre da me e papà.
Ovvio, ero stupida e a tredici anni, dopo tutte parole delle mie amiche, la soluzione ‘più ragionevole’ era una sbronza.
E fu proprio quello che feci, certo, non fu una sbronza normale.
Se solo fossi stata più intelligente, non mi sarei mai messa con uno come Thomas, era il tipico ragazzo tanto bello quanto morto di figa.
Ero ubriaca, perfetto per lui.
I miei sensi erano attutiti dall’alcol che avevo ingurgitato, ma non scorderò mai il male che mi fece.
Era semplice per lui, provava solo piacere e poi lui si scopava tutte le verginelle, una cosa “normale”.
Non lo era per me, che quella sera divenni una delle tante.
Già, avevo perso la mia amata verginità da ubriaca con uno stronzo.
E per chiudere il quadretto drammatico, mi aveva scaricata la stessa sera, lasciandomi con le lacrime agli occhi seduta sui gradini di casa mia.
 
Fine Flash Back.

 
Papà non denunciò nessuno per stupro, nessuno mi avrebbe ascoltata, ero ubriaca.
Di questa storia ne erano al corrente solo papà, gli zii e Ryan.
Già, Ryan.
Ero talmente assolta e spaventata da quel ricordo che non badai alle dolci carezze che mio cugino mi stava regalando per rassicurarmi.
R: non ci pensare. Chaz è un coglione. Non doveva nemmeno uscire quel discorso.
Infondo io e Ryan ci volevamo bene.
Ma Chaz non aveva colpa di nulla, non poteva saperlo, era ovvia una domanda simile uscita proprio dalla sua bocca.
Nemmeno una lacrima era uscita dai miei occhi, erano solo spalancati, fissi nel vuoto.
Non avevo più lacrime per quell’accaduto, ne avevo già gettate abbastanza per Thomas.  
I: Ryan, perché sei qui? Dovresti essere giù con gli altri.
Sorrise e mi fece un po’ di solletico per farmi ridere.
R: Cugina batte amici.
Lo guardai con faccia interrogativa.
R: senti, non posso dire di capire ciò che hai provato ma almeno posso consolarti?
Lo abbracciai e lo ringraziai.
Scendemmo e Chaz era seduto a gambe incrociate sul divano a parlare con Justin, continuando a chiedersi il motivo per il quale ero andata via così.
Non lo biasimavo.
C: Oh, Lucy, tutto ok?
Gli sorrisi.
I: certo Chaz, non fa nulla…non potevi sapere.
Sussurrai l’ultima parte della frase.
Non volevo che loro sapessero, non era di certo qualcosa di cui andare fiera.
C: scusami Lucy, per qualsiasi cosa abbia potuto ferirti.
Era dolce quando voleva quel rompipalle.
I: dai, abbracciami.
E mi diede un caloroso abbraccio.
Passammo il resto del tempo a parlare e inconsciamente ci addormentammo tutti e quattro su un divano stretti, stretti.
 
Mi svegliai di soprassalto, ovvio, ero finita per terra.
I: che male accidenti.
Avevo battuto il ginocchio sul pavimento, non era morbido, per nulla.
Mi tirai in piedi e notai quanto teneri fossero i tre ciccini addormentati.
Mi intenerii ed andai a prendere il cellulare, il mio adoratissimo I-Phone che mi aveva regalato papino per i sedici anni.
Li immortalai ma dimenticai di togliere il flash, beh, come avrei fatto se no a fare la foto al buio.
Sperai invano che nessuno si svegliasse.
J: che acciddent-
Sorrisi a Justin che con quella faccia da sonno si guardava in giro spaesato.
Feci segno di stare zitto e sibilai uno ‘shh’.
Si alzò e un po’ infastidito mi prese per il braccio e ci allontanammo in cucina.
J: che cavolo hai fatto?
Sbuffai mentre mi prendevo del succo dal frigo.
I: eravate così teneri.
J: certo, certo. Ora eliminala.
Lo guardai male.
Non era mia intenzione, era un buon ricatto per le prossime monellerie che quei tre avrebbero escogitato contro di me.
I: te lo puoi scordare, anzi, la imposterò come sfondo.
Si mise una mano in fronde non dando peso alla faccenda, tranquillo, presto o tardi ti importerà.
J: meglio tornare a dormire.
I: non so tu ma guardali…
Senza di noi si erano stesi l’uno accanto all’altro impossessandosi di tutto il divano, erano carini, ma avevano occupato tutto il divano.
J: esiste l’altro.
Lo guardai come per fargli capire che non avrei dormito appisolata a lui.
I: ciao Bieber, me ne vado in camera.
Sbuffò e andò a sdraiarsi sull’altro divano, più piccolo e più scomodo.
Risi e me ne andai di sopra, nel mio lettuccio morbido e comodo.
Guardai l’ora e mi resi conto che erano solo le tre meno dieci del mattino.
Dormi Lucinda.
Non mi addormentai subito, anzi, ci misi un bel dieci minuti pieni.
Pensavo ancora a quella sera di tre anni fa.
Dovevo uscirne in qualche modo, ma come?
Eppure, mi ero ripromesse di non impazzire per un ragazzo, mi ero messa in testa che l’amore è per gli stupidi.
Io non ero una stupida…lo diceva anche la mia maglietta.

Come avrete capito, la nostra Lucinda non ha un passato semplice.
Sembrava così spumeggiante, ed energica.
La verità è che Lucinda prova a soffocare i suoi dolori morali con l'indifferenza, rimanendo il meno emotiva possibile e scherzando su ogni cosa.
Bene, il personaggio di Lucy, non è semplice da capire, quindi, seguite e RECENSITE!
Un bacione!
-Glo.

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Capitolo 5
*** Chapter 5 : What happened? ***


Salve mie adoratissime lettrici!
Ok, si muore di caldo D:
Io non so se riuscirò a sopravvivere cavolicchio (?).
Caldo a parte, siete meravigliose!
Vi amo un fracco(?) per le recensioni!
Bene, vi lascio al capitolo ma...RECENSITE!


Chapter 5 : What happened?

…La mattina dopo…
 
I primi ad alzarsi furono Chaz e Ryan che al posto di trovare Justin e Lucy, trovarono Martin e Sharon con la colazione per quattro.
C: dov’è Lucy?
R: e Justin?
Ryan iniziò ad andare su tutte le furie.
Non riusciva a pensare altro che a ‘brutte’ cose.
Cominciò a girare per la casa innervosito quando si decise ad andare di sopra per coglierli in flagrante.
Chaz invece, venne preso da una strana voglia di strozzare Justin, Lucy doveva essere sua.
Chaz la trovava attraente e molto simpatica, diciamo che si era preso una bella sbandata dai tempi delle medie.
Ryan aprì la porta della camera dei suoi genitori con una faccia indemoniata.
R: becc-
Il letto era immacolato, la stanza vuota e tutto ciò gli sembrò molto strano, era convinto che fossero lì.
Ma non si arrese.
Aprì così la camera di Lucy.
R: TROVATI!
Lucy si svegliò di spavento e non si aspettava nulla del genere come buon giorno.
 
(Lucy’s Pov)
I: Ma Buongiorno anche a te Ryan, trovati chi?
Lui fece la solita faccia da imbecille patentato e si scusò tornando giù per la colazione.
Mi lasciai cadere con la testa nel cuscino pensando che Ryan fosse impazzito, totalmente fuori di testa.
Guardai l’ora, bene, le 10.
Mi alzai e presi un cambio per poi dirigermi in bagno. ---> http://ak1.polyvoreimg.com/cgi/img-set/cid/55086659/id/rEJJ1TBEQteaOLFpOuYCzA/size/y.jpg
Mi levai il pigiama, ovvero la mega maglia, e mi rimisi il reggiseno per poi rinfrescarmi il viso con un po’ d’acqua fresca.
Mi girai  per prendere l’asciugamano appeso alla porta e…mi ritrovai per terra con Justin spalmato sopra di me.
COSA?
Mi faceva un po’ male la testa e realizzai di averla sbattuta contro la porta.
I: non si usa più bussare?
J: come?
Accidenti questo era ancora nel mondo dei sogni!
I: alzati che pesi.
J: si..
Si attaccò con la mano alla maniglia della porta e fece per rialzarsi quando scivolò sugli schizzi d’acqua sul pavimento e cadde – di nuovo – su di me.
Cos’era, un Dejavu?
Sta volta non fu la porta a farmi male, ma Justin con tutto il suo peso.
I: Cazzo Justin!
Sbraitai e dei passi veloci sulle scale ci fecero eco.
Mi ritrovai a vivere questa scena: Justin che imbranato com’era tentava di alzarsi dal mio povero corpo spalmato al pavimento e Ryan con una faccia sconvolta a dir poco.
R: Che cazzo sta succedendo?!
Justin finalmente si alzò e io fui libera di riprendere a respirare.
J: Scusami Lucy.
Ryan aveva la faccia color di un pomodoro maturo e lo sguardo puntato su di me, era un po’ arrabbiato.
Ah, ero ancora in intimo.
R: Lucinda.
I: Dimmi cugino.
Nel frattempo Justin non mi toglieva gli occhi di dosso, ma ero troppo occupata ad ascoltare le urla di mio cugino.
R: ora tu mi spieghi cos’era ciò che ho visto…e COPRITI!
Quando si accorse dello sguardo fisso di Justin sul mio corpo lo prese per la maglia e lo portò fuori.
Appena chiusero la porta mi trattenni dal ridere, mi uscirà un bel livido.
Vestita, truccata e pettinata uscii dal bagno e scesi in salotto dove le facce sconvolte di Justin, Ryan e Chaz mi fissavano.
Feci come nulla e mi presi un po’ di pane con della nutella, ottima colazione.
Tornai in sala e mi sedetti tra Chaz e Justin, presi il telecomando e, sempre sotto il loro sguardo critico, scelsi il programma.
In due minuti Ryan aveva il telecomando e la TV spenta.
I: oh andiamo!
R: devi dirmi nulla?
Lo guardai e diedi un morso alla fetta di pane e nutella.
I: dove sono gli zii?
R: spesa. Nient’altro?
Justin era ancora in pigiama, Chaz invece era bello vestito, probabilmente ignaro della situazione.
I: che dovrei aggiungere?
Quella mattina non era iniziata molto bene.
R: ma non lo so, forse un motivo valido per trovarti incollata tra il pavimento del bagno e il corpo di Justin?!
Chaz saltò in piedi e con lui Justin.
Chaz guardava me e Justin Ryan.
Justin era tipo : io non ho fatto nulla!
E Chaz : Tu che cosa?
R: e ciliegina sulla torta! Eri in INTIMO!
C: Tu che cosa?!
J: Già…
Li guardai e poi scattai in piedi anche io, oh, mi avrebbero sentito.
ECCOME!
I: Allora saputello! Io mi stavo tranquillamente girando verso l’asciugamano per asciugarmi la faccia e in due secondi e mezzo mi sono ritrovata quest’imbecille – guardai Justin assassina – addosso. Sai, in bagno io potevo anche essere nuda!
C: oh, davvero?
Lo guardai ovvia.
R: tu, tu…
Le mie palpebre facevano su e giù ad un ritmo velocissimo e il mio viso era contorto in una smorfia simile ad un sorriso compiaciuto.
Mi allontanai e prima di sparire in cucina per un succo misi la mano sulla spalla di Ryan.
I: Ry, Guarda il lato positivo…non ero nuda!
Lui diventò viola dalla rabbia e io ridendo saltellai in cucina.
Finalmente potevo fare colazione in pace, sì, insomma, nessun ragazzo che ce l'aveva con me per aver fatto involontariamente qualcosa di “terribile” .
Ryan era fumato ecco.

Sono in palla con una canzone che si chiama STRIP !
YOOOOH!
No, ok, sono normale (Convinta u.u) :)
Spero comunque che vi sia piaciuto e...dato che ho esaurito le parole di una persona normale...CIAO!
Vi amo.
PS: RECENSITE CHE CONTINUO!

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Capitolo 6
*** Chapter 6 : Chaz! Don’t flirt with my cousin. ***


Hey là!
Grazie per le regensioni anche se sono state solo due...
Forse la storia non piace?
Ad ogni modo, ho deciso di aggiornare, non avevo nulla di costruttivo da fare così ho pensato alle mie fansette ;)
A proposito.
Sappiate che nonstante voi non siate 27 milioni, mi rendete felice...sempre, con le vostre recensioni.
Ok, tutta questa dolcezza ci renderà diabetiche a chi andrà bene con un paio di carie :3
Beh, direi che un GRAZIE a grandezze esorbitanti non basterebbe.
Bene, il capitolo non si legge da solo ;)
Buona lettura, noi ci sentiamo a fondo pagina.

Chapter 6  : Chaz! Don’t flirt with my cousin.
 
La questione “Pavimento-Io-Justin” era risolta e io me ne stavo tranquilla in camera mia.
Gli amici di mio cugino se ne erano andati a casa finalmente quindi la casa era tranquilla.
Gli zii erano tornati e avevamo pranzato assieme.
Quel primo pomeriggio era più che tranquillo ed erano anche le quattro.
Ero assonnata e parecchio debole, causa del Jetleg in ritardo?
Mi stesi sul mio letto e cercai di rilassarmi a tal punto da addormentarmi, le intenzioni erano più che buone ma da realizzarsi…
La mia porta si aprì di scatto e da quella entrarono Ryan e gli altri due.
Se ne erano appena andati!
Ma perché non se ne andavano da Bieber?
Ero pronta a scommettere che nonostante la sua casa fosse più grande e con più cose da fare, venivano da Ryan per rompermi la scatole.
I: e ora che avete?
Justin sorrise felice e mi strizzò l’occhio, che cosa gli prendeva?
J: andiamo Lucy! Non puoi passare la tua vita chiusa in quattro mura, mettiti un bikini e vieni giù in piscina.
Roteai gli occhi al cielo e annuii.
Di certo non avrei indossato un bichini, non mi andava di fare il bagno, al massimo avrei immerso le gambe standomene seduta al bordo della piscina.
Presi l’IPod e le cuffie per dirigermi prima in cucina e poi in giardino.
Presi dal frigorifero le bibite : Fanta, Sprite, Coca Cola.
I: ragazzi ho portato le bibite.
I tre esultarono e mentre io me ne stavo con le gambe a penzoloni nell’acqua gli altri giocavano a basket in piscina.
Quel pomeriggio era caldo ma ventilato, si stava molto bene.
Mi alzai dalla mia postazione e mi sedetti su un lettino per prendere un po’ di sole quando mi arrivò – a causa del vento – la carta della coca cola in faccia.
Lessi di sfuggita qualcosa del tipo “ hai vinto una vacanza per quattro persone”.
Subito mi fermai e non gettai quella confezione.
Girai il volantino che c’era all’interno che suggeriva di collegarsi al sito di Coca Cola, per verificare la vincita…lo avrei fatto più tardi.
Misi in tasca il volantino e tornai al mio sole.
 
C: cosa si fa stasera?
Ero assente in quel momento.
Era tutto il pomeriggio che pensavo alla presunta vacanza vinta con Coca Cola.
Se fosse stato vero, chi sarebbe andato?
Oh Lucinda, quante paranoie.
J: sta sera c’è una festa in discoteca. Potremmo andare.
I tre si guardarono e poi guardarono me.
C: Verrai?
Esordì Chaz.
Io, che sembravo in coma resuscitai senza capire una mazza.
I: eh? Dove?
R: Lucy, sono le sei del pomeriggio, non del mattino! Sveglia.
Justin sorrise teneramente mentre giocava all’I-Phone…aveva proprio un bel sorriso.
Lucy?
Scossi la testa per eliminare quel pensiero strano e mi concentrai su gli altri due.
I: sì, a che ora?
J: le otto. Vi passo a prendere io.
Sorrisi di rimando e lui ricambiò.
R: Credo che voi dobbiate andare…
Li accompagnammo alla porta e prima che se ne andassero Justin mi baciò la guancia mentre Chaz mi accarezzò il braccio e con fare principesco mi baciò la mano.
C: sarai bellissima…
Ryan spalancò la bocca e Justin s’incupì.
Rimasi un po’ a bocca aperta, non me lo aspettavo, insomma, cosa stava succedendo?
Smisi di pensare a Chaz e mi concentrai sul fatto che non ero mai andata in discoteca.
Imbarazzante vero?
Vivevo a Los Angeles e non ero mai andata in discoteca in tutti i miei sedici anni.
A tutto ciò c’era una semplice e abbastanza importante spiegazione.
Primo: Papà, dopo l’accaduto con Thomas a tredici anni mi faceva uscire solo con in borsetta lo spray al peperoncino.
Secondo : IO, avevo paura.
Ma quella volta sarebbe stato diverso, me lo sentivo, con me c’era Mio cugino e sarei stata al sicuro.
Con me e Ryan ci sarebbero stati anche Justin e Chaz.
Prima di prepararmi però, o di cenare, andai in camera mia e mi collegai con il PC al sito web della coca cola.
Controllai bene ed immisi il nome e la password scritta nel volantino della vincita.
Lessi ciò che diceva l’articolo – se così si poteva definire – e mi resi conto che avevamo vinto DAVVERO un viaggio.
Guardai la meta e…PORCA PUZZOLETTA!
Miami?!

Cacchio.
Avevamo vinto – per puro caso – con semplici bottiglie da qualche ml di Coca Cola, un soggiorno in un modesto - come diceva il sito - Hotel a Miami.
Dovevo dirlo, ma quando?
Di sicuro entro – guardai il tempo a disposizione – domani?
Accidenti, il soggiorno era prenotato per una settimana a partire da Mercoledì.
Considerando che era Domenica, non avevamo molto.
Ne avrei parlato domani agli altri.
 
Eravamo tutti e quattro nell’auto di Justin, tutti troppo silenziosi.
Fu Chaz, il primo a rompere quel silenzio così fastidioso.
C: Trovo che Lucy stia un incanto sta sera…
Era l’ennesimo complimento che ricevevo da Chaz in un tempo davvero ristretto, in quei pochi 10 minuti di auto era riuscito a complimentarsi per almeno 10 volte.
Ciò significava circa, un complimento a minuto.
I: grazie Chaz…
E io, per cortesia mi limitavo a rispondere con un sorriso ed un Grazie.
Poco prima di trovare parcheggio, notai una coda abbastanza noiosa fuori dal locale e non potei fare a meno di notare che le ragazze – differentemente da me (http://ak1.polyvoreimg.com/cgi/img-set/cid/55251776/id/qtQsZ4_iRCSMqTM5Pdw49w/size/y.jpg) – indossavano vestitini succinti e che all’immaginazione lasciavano veramente poco.
Mi sentii a disagio ancor prima di mettere piede in quel posto, solo a guardarle mi sembrava di essere sempre più un nulla.
Evidentemente Chaz notò la mia strana ansia e mi cinse le spalle con il braccio accarezzandomi la spalla con la mano.
C: sei molto meglio delle altre, non hai bisogno di abiti minuscoli per essere sexy.

All’udire quelle parole divenni paonazza, ero talmente imbarazzata, in auto c’erano altre due persone le quali avevano sentito tutto.
Ryan sembrò esplodere, me lo sentivo, già al primo complimento di Chaz il ticchettio della bomba aveva iniziato il conto alla rovescia, erano minuti che ormai mio cugino si conteneva ma ora sì che sarebbe scoppiato.
La reazione di Justin invece, mi lasciò parecchio perplessa, lui che sembrava sempre così indifferente si era irrigidito di punto e serrava i pugni.
R: CHAZ! Non provarci con mia cugina!

Eccomi qui!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, insomma, i primi capitoli sono sempre molto noiosi e non molto coinvolgenti :/
Se vi va di sapere quali altri casini combineranno questi imbecillotti che ami un sacco, beh, non vi resta che RECENSIRE e CONTINUARE A SEGUIRE LA MIA STORIA :)
Much Love per voi e Bacini!

-Glo
 

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Capitolo 7
*** chapter 7 : Chapter 7 : Empty, as if I could not have feelings. ***


Ciao Lettrici!
Grazie per le recensioni, siete sempre molto carine ;)
Anche se so che lo spazio dell'autrice non lo legge quasi nessuno (xD) ci tengo a dire che se leggete il capitolo, un commento è sempre molo gradito.
Critica, complimeni o persino consigli a me vanno molto bene, mi piacerebbe vedervi più 'attive'.
Due recensioni mi fanno un po' intristire, ma ringrazio comunque chi si è preso quei due tre minuti per scrivermi.
Ok, basta melodrammi e vi lascio al capitolo...forse un po' di dramma centra xD.
Bene, hope you like it.

Chapter 7 : Empty, as if I could not have feelings.
 
Quel lunedì mattina mi svegliai alle 10.
Non avevo alcuna fame, mi sentivo solo stanca e parecchio confusa.
La sera precedente Chaz aveva provato infinite volte ad allacciare con me un contatto, ma io riuscivo solo a respingerlo o a far finta di non ricevere segnali.
Chaz era carino, simpatico e a volte persino dolce, ma con lui non c’era nulla.
Probabilmente era per la mia fobia di provare sentimenti per qualcuno che provavo da quella volta.

Era andata bene alla fine la serata, io non feci altro che starmene sui divanetti in velluto blu a guardare Chaz che mi mandava segnali d’amore, Ryan rimproverarlo e Justin provarci con una biondina da due soldi.
C’erano momenti in cu sembravo la persona più socievole di tutti altri invece, in cui chiudermi in me stessa diventava la mia specialità.
Ero un controsenso vivente, un cubo di Rubik mentale.
Nessuno sapeva mai cosa pensassi davvero.
Vivendo nel caos di LA, papà non si era accorto della mia strana personalità, lui faceva un lavoro che gli portava via molto tempo, forse troppo.

Si occupava di una rubrica molto interessante su una rivista importante.
Non sapevo bene di preciso che cosa facesse, so che alle volte portava a casa mucchi e mucchi di tavole da disegno.
Le prendeva in prestito dalle scuole, ma non le superiori come la mia, andava nelle accademie.
Era una rubrica che si occupava di quanto i ragazzi potessero avere sensibilità verso l’arte.
Amavo disegnare.
E anche scrivere a dir la verità.
Tornando al lavoro di papà.
Fotografava i disegni per poi stamparli e scannerizzarli per applicarli alla rivista.
Già, una specie di ricerca di talenti.
Mamma diceva che io di talento ne avevo.
Avevo disegnato tante volte il volto di Rosemary – mia madre – dopo la sua morte, volevo che il suo viso non se ne andasse dalla mia mente.
Ma li stracciai tutti, dalla rabbia, dal dolore.
Ricordo ancora, l’ultima frase che sentii pronunciare da mamma << Charlie, tesoro, starò via solo pochi minuti.>> e poi, prima di uscire per andare a comperare del disinfettante nuovo e dei cerotti mi urlò dalle scale <>
Non tornò più.

Quella volta l’avevo fatta grossa.
Avevo tredici anni e quella sera tornai dal campo estivo con un taglio enorme sul polpaccio.
Era stata tutta colpa di quel cretino del mio compagno di scuola che mi aveva fatto cadere vicino a dei vetri dandomi uno spintone durante una litigata.
Charles era mio padre anche comunemente chiamato Charlie.
Dopo che la mamma se ne andò, mi chiusi in me stessa, non parlavo più con nessuno, non avevo più amici.
Crescendo però sono ‘migliorata’, ho ricominciato a parlare di più ed essere più solare ed allegra.
Ma mi rendo conto di essere piatta.
Non provo più le emozioni che provavo prima, e non provo le emozioni che dovrei provare.
Non me ne resi conto ma ero seduta nel letto a pensare guardando il vuoto.
Mi capitava spesso.

“Ryan Ciao! Dov’è tua cugina?”
Quella era la voce di Chaz, ma perché era tanto ostinato?
Dopo le buche della sera prima, io mi sarei rassegnata.
E poi Ryan non tollerava tutto ciò.
Me lo ritrovai in camera sorridente e con un vassoio pieno di cose da mangiare.
C: Buongiorno Bella addormentata, il sole è alto, gli uccellini cantano e tu devi risplendere.
Come no.
I: ciao Chaz.
Mi pregò di mangiare almeno mezzo cornetto alla crema e un po’ di spremuta d’arancia, così lo feci felice.
C: oggi abbiamo deciso di andare tutti e quattro al parco marino, vieni?
L’idea mi piaceva e poi non avevo voglia di rimanere da sola.
I: ok. Per che ora si parte?
Chaz sorrise felice della mia risposta positiva e poi mi rispose con voce allegra.
C: tra tre quarti d’ora, il tempo che tu ti prepari e che noi maschi prepariamo il resto.
Annuii e lo cacciai via per potermi vestire.
Mi andava di passare una giornata al parco marino, anche perché ci ero stata solo una volta, in California con papà.
Volevo vestirmi semplice, senza troppe preoccupazioni, giusto un paio di shorts a vita alta in jeans chiaro, una canotta bianca, cintura e scarpe marroncine e una collana così, per completare il tutto. http://ak2.polyvoreimg.com/cgi/img-set/cid/55382645/id/NkpiNmFGRJ67fNJvrGciFQ/size/y.jpg
Capelli raccolti una coda ed ero pronta.
Scesi saltellando le scale e raccattai le mie cose mettendo tutto in una borsa capiente, una delle mie preferite.
Color panna di Chanel, i sedici anni si festeggiano solo una volta…ma ne vale la pena ;).
I: buon giorno zietti
M: giorno Lucy, come stai?
I: bene.
Vidi la zia abbastanza indaffarata a ripulire e sistemare la cucina, in effetti c’era un bel casino.
I: dove sono i ragazzi?
S: dovrebbero arrivare a momenti.
Sorrisi e andai a sprofondare nel divano morbido.
Presi il telecomando con le intenzioni di accendere un po’ di MTV ma arrivarono quegli scapestrati ad interrompere tutto.
Peccato.
C: Ehi, sei favolosa!
Risi allegramente, un po’ mi faceva pena.
I: Già, lo so.
R: Chaz, smettila di tormentare mia cugina e dammi una mano con la borsa dei panini.
Grazie Ryan.
Chaz non si risparmiò un occhiolino rivolto alla sottoscritta e se ne andò.
I: bella la vita, vero Superstar?
Odiavo il modo di comportarsi di Justin.
Era così abituato ad essere servito e riverito che se nessuno diceva nulla lui poteva marcire nel dolce far niente.
E poi era sempre assente, con la testa tra le nuvole, o meglio nel suo cellulare.
J: già.
Completamente inespressivo.

Ma da che pulpito Lucinda.
I: perché ti comporti così?
J: così come?
Roteai gli occhi al cielo implorando aiuto ma nulla, nessun segnale.
I: sei indifferente ad ogni cosa. Qualcuno potrebbe baciare la tua ragazza di fronte a te e tu…NULLA.
Lui mi guardò qualche secondo e poi riportò lo sguardo ad angry birds facendo un risolino stupido.
J: in realtà io non ho la ragazza, l’ho lasciata giusto un mese fa.

Perfetto.
I: era per dire Justin. Comunque VEDI COME FAI?!
Sospirò e mise via il cellulare.
Mi guardò arrabbiato, come se avessi toccato un tasto tanto dolente.
J: vuoi sapere una cosa Lucinda cara?
Incrociai le braccia al petto ero a tutt’orecchi.
I: forza spara.
J: ti dico solo, prova a guardare un po’ te stessa, voglio dire, chi è quello inespressivo? Ma ti vedi? Ci sono momenti in cu sembri essere su un altro pianeta! Ti parliamo e sembra che tu nemmeno ci sia. Pensi solo a giudicare gli altri per paura di giudicare te stessa! Ma vai a casa a piangere da mammina!
Si alzò e se ne andò fuori di casa.
La zia venne da me e mi abbracciò, mi abbracciò forte.
Aveva sentito probabilmente, anzi, ne ero sicura, Justin mi aveva urlato in faccia.
In quel momento volevo piangere.
Piangere fino ad esaurire le lacrime ma non ci riuscivo.
La mia espressione era come al solito assente.
Persa.
Fissa nel vuoto a cercare qualcosa che non c’era.

S: oh, cara. Non ti preoccupare. Justin  è un po’ impulsivo alle volte e spesso irritabile.
I: zia, puoi lasciarmi sola.
Annuii e se ne tornò in cucina a discutere con zio su qualcosa che riguardava probabilmente il mio comportamento.
Ma Justin in parte aveva ragione.
Ero vuota, come se non provassi alcun sentimento.
Forse era per quello che non riuscivo a piangere?
Forse avevo pianto troppo in passato?

Mi alzai e decisi che chiedere scusa a Justin sarebbe stato opportuno, magari lui avrebbe cambiato idea sul mio conto.
Ma alla fine cosa me ne fregava di ciò che lui pensava di me?

Questo è  quanto.
:D Beh, spero che abbaite apprezzato e che magari...anche solo tre paroline di recensione, me le lascere.
Dai, me ne vado che è meglio.
Ciaoo!
Baci baci, vi amo fansette ;)
-Glo

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Capitolo 8
*** Chapter 8 : Yes, Miami. ***


Accidenti!
Mi avete fatto sorridere moltissimo con le vostre recensioni!
CINQUE?!
Vi siete superate ragazze mie u.u
Vi amoooo!
Aggiungerei altre 'o' ma poi sarei troppo ripetitiva e poi non suonerebbe bene.
No, ok.
Dato che oggi mi sento particolarmente Buona, dolce e gentile, vi pubblico anche un'altro capitolo.
Insomma, avete dimostrato di essere attive ora vi meritate un premiO.
Mi raccomando, rimanete così...è talmente carino sapere che qualcuno apprezza.

Bene, mi tolgo dalle scatole, vi ringrazio ancora e ci vediamo a fondo pagina.

Chapter 8 : Yes, Miami.
 
Ormai eravamo in auto da un bel pezzo, ma non con quella di Justin.
Zio Martin aveva prestato a Ryan la sua monovolume per noi quattro.
Non avevo ancora parlato con Justin, Chaz non me ne dava mai l’occasione parlava e parlava.
I: Chaz, i tuoi discorsi sul basket sono interessanti ma la musica mi chiama, scusami.
Lui annuì e mi baciò la guancia.
Presi il l’IPod e mi estraniai da tutti, proprio come aveva deciso di fare Justin.
La musica mi aiutava, sempre, in ogni caso : a riflettere sulla cosa giusta, su quella sbagliata e poi a scegliere.
Mi aiutava a percepire emozioni, già ma questo non accadeva più da un, po’.
Ormai era solo…musica.
Papà mi aveva consigliato di riprendere a disegnare, mi aveva messo in valigia il mio album e il mio astuccio.
Diceva che avrebbe stimolato la mia sensibilità.
Avevo smesso di disegnare da tre anni.
Forse avevo pure scordato come si faceva.
Mi consigliò anche di fare un diario di viaggio, mi sarei esercitata così, a scrivere per poi rientrare a scuola.
Già, per quanto volessi iscrivermi a dei corsi concentrati sull’arte, mi iscrissi a dei corsi di letteratura.
Infondo scrivere mi piaceva.
Ma anche quello avevo smesso di farlo, se non fosse per i compiti.
Non avevo intenzione di riprendere…pensavo.
Forse, non scrivevo più perché non c’era più nulla su cui scrivere.
Forse, non disegnavo più perché non c’era più nulla da disegnare, copiare, o immaginare.
Forse non provavo più sentimenti perché non ne sentivo più il bisogno o semplicemente perché non volevo.

 
(Justin’s Pov) 
Cosa c’era di male a non manifestare interesse, sensazioni, emozioni?
Che ne sapeva lei di come io stavo davvero?
E poi, voglio dire, era lei la prima ad essere completamente assente.
Quella ragazzina aveva qualche complesso nel cervello per caso?
Perché non si faceva i fatti suoi?
Eppure c’era qualcosa in lei, forse il modo in cui sorrideva, forse solo il fatto che fosse così assente mi attirava.
Forse perché sembravamo molto più simili di ciò che appariva.

Non avevo un preciso motivo per essere così…totalmente vuoto.
Forse sì.
Con Selena avevo rotto ormai da un sacco e le scappatelle non mi davano più soddisfazione, insomma, che senso aveva ridursi a un coglione che si fa la prima che passa cercando emozioni perdute?
Che poi emozioni.
Con Selena non c’era praticamente nulla, voglio dire era solo una bambola sexy con cui scopare e farsi vedere sui giornali.
Io cerco una ragazza vera.
Una che mi capisca, una che non pensi solo alla mia fama, che veda anche il mio essere me stesso.
Anche più grande, anche più piccola o della mia età, ma che mi capisca e che mi sappia amare davvero.
Forse era per quello che risultavo una persona insensibile, non amavo la prima sotto tiro e ovviamente nessuno ricambiava uno stronzo.
Mi girai a guardare il sedile posteriore, Lucy cercava solo un po’ di pace da Chaz, lei era così dolce infondo.
Se solo avessi saputo cosa realmente nascondesse, cosa realmente fosse accaduto nel suo passato.
Avevo sentito tante volte i genitori di Ryan discutere sul fatto che le fosse morta la mamma, ma non ci credevo molto.
Ryan smentiva sempre, ogni volta che glielo chiedevo.
E se fosse vero?
Forse è per questo che Lucy si comportava così.
Ma con quale coraggio avrei potuto chiederle se veramente sua madre fosse morta in un incidente in metropolitana.

Mi levai dalla mente quei pensieri e levai anche le cuffiette.
Di una cosa ero più che certo, dovevo venire fuori dalla mia sorta di depressione.
Eravamo arrivati.
Non era grande il parco marino di Toronto ma pur sempre bello.
Ci ero venuto un paio di volte da bambino, era molto che non mi ci perdevo.
Entrati, dopo una lunga coda, ci dirigemmo – sotto volere di Lucinda – alla vasca dei delfini.
Si appoggiò alla vetrata e rimase a guardare con il viso illuminato solo dalla luce dell’acqua azzurra.
Sembrava una bambina.

Chaz andò subito da lei, odiavo tutto ciò, senza nemmeno sapere il perché.
Non poteva essere gelosia, sapevo solo che lei NON doveva stare con Chaz.
Sì, era un grande amico ma ci sono cose che nemmeno lui può avere.
R: ultimamente sto odiando Chaz.
J: già…
Ryan si voltò e mi guardò circospetto.
R: come?
Avevo detto quel ‘Già’ a voce alta vero?
Bene, benissimo.
Ryan odiava il fatto che i suoi amici coglioni potessero provarci con sua cugina, la considerava una delle cose a cui teneva di più.
Soprattutto dopo che erano accadute ‘certe cose’ delle quali solo lui sapeva, non voleva che soffrisse di nuovo.
I: ragazzi! Devo dirvi una cosa importante.
Sorrisi a Ryan che mi guardò di sottecchi avvicinarmi a Lucy.
 
(Lucy’s Pov)
Ce ne stavamo lì vicino alla vasca dei delfini mentre io raccontavo loro della vacanza vinta.
Inizialmente non ci credevano ma poi, li convinsi.
R: davvero? Miami?
Annuii.
J: io dico di andare.
C: Già, non abbiamo nulla da perdere, anzi…
Mi rivolse una strana occhiata, quel ragazzo iniziava a spaventarmi.
Era così ossessionato da me una cosa davvero impressionante.
Perché proprio io?
I: bene, così, basterà solo dirlo agli zii, vero Ry?
R: sì.


Penso...non penso in realtà.
ahah!
Beh, spero vi sia piaciuto il capitolo :)
Se è così, fatemlo sapere con una recensioncina, se invecie non vi è piaciuto...lo stesso, ditemlo ;)
Taglio la corda amate fansette, ci si sentee!
XO XO

-Glo

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Capitolo 9
*** Chapter 9 : I can’t love you. ***


Ciao Fansette!
Siete veramente uniche, meravigliose, speciali!
Ogi volta che leggo le vostre calorose recensioni mi si scalda il cuore e mi fa davvero piacere che vi piaccia la storia, avevo prorpio bisogno di motivazione ;)
Grazieeee!

Bene, oltre a richiedervi di recensiere facedomi sapere che ne pensate del capitolo che state per leggere, non so che altro aggiungere...
Buona lettura ciccine ;)

Chapter 9 : I can’t love you.
 
I: Zia, dici che dovrei dirlo  Ryan?
Erano le otto e mezza e avevamo appena finito di cenare.
Non avevo spiccicato parola durante la cena, continuavo a pensare al fatto che non mi ero ancora scusata con Justin, alla bella giornata passata all’acquario e a Chaz, che mi aveva chiesto di uscire.
Avevo accettato.
Come potevo dirgli di no?
L’ho fatto più per cortesia che per vero interesse, lui non fa per me.
S: penso di sì.
Rimasi in silenzio ad asciugare i piatti che la zia mi passava.
I: Allora possiamo andare a Miami?
Sì, avevo parlato di Miami anche agli zii che erano rimasti scettici.
Lei sospirò e mi sorrise.
S: Martin!
Chiamò lo zio, che dalla sala, a passo annoiato, ci venne vicino chiedendo perché l’avessimo interrotto dal suo programma preferito.
M: Sharon, sai bene che questa è la mia ora.
La zia rise e gli diede un bacio vicino alle labbra.
Erano carini.
S: Lucy chiede di Miami.
Lo zio mi guardò severo e poi si sedette al tavolo facendo segno di sedermi sulle sue ginocchia.
M: ascolta bene, se dovesse capitare qualcosa, qualsiasi cosa…non farti scrupoli a chiamarci.
Sorrisi e lo abbracciai.
I: grazie zietto.
Rise e se ne tornò da dove era venuto.
S: Lucy, se Chaz non ti piace dovresti dirglielo.
Sospirai.
I: lo so zia.
Andai di sopra e sentii farneticare Ryan.
Mi preoccupai, insomma, ok che era stupido ma parlava veramente da solo?
Guardai dentro camera sua e stava animatamente litigando con l’Xbox.
Aveva perso di nuovo.
Decisi che sarebbe stato inopportuno parlargli della mia uscita in quell’istante.

Mi catapultai in camera per scegliere cosa indossare.
Non volevo sembrargli troppo disponibile, ma non volevo nemmeno uscire in tuta.
Optai per una gonna a righe bianca e blu a vita alta, canotta bianca e cinturina arancio abbinata ai sandali. http://ak2.polyvoreimg.com/cgi/img-set/cid/55447288/id/rxF85hYRS9GCOQl-XQI5gA/size/y.jpg
Feci in fretta una doccia tiepida, mi truccai e poi pensai a Ryan.
Origliai a camera sua.
Bene, non parlava con la console, avevo via libera.
Bussai e sentii un ‘entra’ strascicato.
Tirava una pallina da tennis contro il muro e la riprendeva, il tutto svaccato sul letto.
I: Ryan.
Appena mi notò vestita in quel modo iniziò a ridere.
Ero così pessima?
R: perché sei vestita così? Tra un po’ vai a letto.
Certo Ryan, prendimi in giro in ogni attimo libero.
I: veramente sto uscendo…
Mi sedetti affianco a lui e gli presi la mano.
I: ti assicuro che lui non mi piace e che non succederà nulla, ma ora…Chaz mi aspetta.
Sgranò gli occhi e saltò in piedi di fronte a me.
R: CHAZ?
Annuii, lo baciai sulla guancia lasciandogli il lucidalabbra e me ne andai.
Salutai gli zii ed uscii di casa.
Chaz mi aspettava di già con il suo motorino rosso.
Mi porse il casco e me lo fece indossare, per poi salire dietro a lui.
C: dove la porto Madame?
Si aspettava davvero che gli rispondessi ‘su una stella’ ?
Andiamo.
I: in realtà…in gelateria, ho voglia di gelato.
Rise ed acconsentì.
 
C: uno dei gelati migliori di Stratford che dici?
Lo guardai.
Era felice, molto felice, glielo si leggeva negli occhi che era felice.
Non me la sentivo di dirgli ciò che non provavo per lui, sarei stata crudele, ma non potevo andare avanti a fingere.
I: già…
Guardavo a terra cercando di evitare il suo sguardo, con quegli occhioni grandi da cagnolino indifeso.
Lo sentii sospirare, aveva quella vena di amarezza quel sospiro, mi sembrò così triste.
C: Io lo so che non ti piaccio.
Lo guardai e sorrideva, sorrideva comprensivo.
I: ma Chaz…
Mi fece segno di lasciarlo finire di parlare, capii che qualunque cosa avessi provato a dire sarebbe stata sbagliata.
C: non so cosa ti faccia paura. Non so cosa senti ma so che io non ti piaccio. Ero fermamente convinto di amarti. Ma poi, sta sera mi sono reso conto che sei solo una bella ragazza, particolare e brava persona. Scusami per essere stato così insistente.
Lo abbracciai forte e in quel momento sentii il mio cuore battere per qualcuno da tanto tempo.
E no, non lo sentii scalpitare come se in battibaleno mi fossi innamorata del biondo che avevo di fronte, ma in quel momento capii che gli volevo bene.
Provavo qualcosa.

C: mi sei sempre piaciuta, anche da bambini, eri sempre così dolce e allegra, ed ero così eccitato all’idea di vederti che mi sono lasciato trasportare.
Sorrisi e gli diedi un bacio sulla guancia.
I: non fraintendermi. Sei carino e simpatico e dolce ma non posso amarti. Non ti amerei e non ti tratterei come tu tratteresti me. Mi sentirei uno schifo. Ma sappi che ti voglio bene.
Sorrise e mi abbracciò lui, sta volta.
C: amici?
Gli strinsi la mano.
I: amici.
Mi accompagnò a casa e ci salutammo con un bacio sulla guancia e un ‘buona notte’.
Avevo trascorso una bella serata alla fine, insomma, a parte quando Chaz mi lusingava per ogni cosa.
Aveva ragione, uno dei gelati migliori.
Quando aprii la porta mi trovai un Ryan furibondo di fronte.
I: ciao. Non è successo nulla. Gli ho chiarito le idee. Non ci siamo tenuti per meno, non ci siamo baciati. Buona notte.
Me ne andai in camera, mi svestii, mi struccai e indossai la mia magliettona pigiama.
Mi coricai e mi addormentai quasi subito.
 
…Martedì mattina dai Butler…
 
Erano le nove e Ryan era già sveglio e pimpante.
Martin e Sharon se ne stavano a tavola insieme al figlio a fare colazione con Pan-cakes alla nutella e cappuccino.
Ryan adorava i Pan-cakes che gli faceva sua madre, li riteneva i migliori, ma ne avrebbe avanzati alcuni anche per Lucinda che dormiva ancora beata nel suo letto.
M: Come sta Lucy?
Chiese Martin al figlio.
Ryan sospirò poco convinto, sapeva che non stava questo granché, sapeva della sensazione di vuoto che Lucy si portava dietro, sapeva quanto provasse ad aprirsi agli altri.
R: papà, come ti sembra che stia?
Sharon guardava la schiuma del suo cappuccino mentre pensava a qualcosa da dire, non voleva dire la cosa sbagliata.
M: non capisco come mai non si sia ancora ripresa.
Sharon scuoteva piano la testa a destra e a sinistra, dissentiva.
R: non lo so, so solo che rivoglio mia cugina, la Lucinda Destiny Hope Butler che conosco da quando aveva cinque anni.
Ma Sharon sapeva – intuiva – come mai Lucy aveva quel comportamento.
Lucinda non era mai stata una ragazza semplice da capire, era da sempre una bambina, ragazzina e ragazza complicata, non riuscivano mai a capire cosa volesse davvero.
Quando era una bambina, l’unica cosa che poteva davvero volere erano gli amici, altri bambini con cui giocare serena.
Non fu un problema, amava socializzare.
Quando fu una ragazzina desiderava piacere ai ragazzi, anche lì non ci furono problemi, di bellezza non le mancava e poi era sempre stata una che la sapeva lunga.
Poi la catastrofe.
Sua mamma e poi quel Thomas.
Poi ebbe sedici anni e ciò che desiderava più di ogni altra cosa, ciò che l’avrebbe aiutata era solo ed esclusivamente qualcuno che l’amasse, così com’era.


I DON'T WANNA SEE NO MORE...NO MERE...NO MORE!!
Ahahah scusate ma la stavo ascoltatndo e boh, mi è preso di scriverlo...
Sto impazzendo me lo sento, lo dice anche mia cugina che sono da ricovero.
Vabbè, anche se non ve ne fregherà un  ciufolo  sapete che ho tagliato i capelli?
Che dramma, odio tagliare i capelli !
Anyway, vi voglio veramente bene e alla prossima!
RECENSITE SENNò NON CONTINUO...è una minaccia xD

Baci bacini!
-Glo

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Capitolo 10
*** Chapter 10 : Do you wanna talk with me? ***


Ciao Ragazze!
Scusatemi davvero se non ho aggiornato in questi 2 giorni ma non ho potuto, dato che i miei mi odiano.
Sì, diciamo che sono in una specie di punizione che mi costringe ad usare il PC solo in determinati spazi di tempo.
Odio questa situazione.
Ad ogni modo.
Spero che non ve la siate presa troppo per l'assenza di Justin nello scorso capitolo, ma tutto ha il suo tempo.
Mi piacerebbe vedere qualche recensione i  questo capotolo, fatemi sapere che ne pensate insomma ;)

Loove ;)
 
Chapter 10 : Do you wanna talk with me?
 
(Lucy’s Pov)
 
Mi svegliai a causa di un persistente vociare proveniente dal salotto degli zii.
Mi stiracchiai per bene e poi scesi.
Ovviamente a casa c’erano Chaz e Justin che complottavano qualcosa con Ryan.
I: buongiorno popolo.
Mi salutarono svelti.
Andai in cucina e non trovai gli zii.
Così, tornai in salotto.
I: Ryan dove sono gli zii? E la nutella?
I ragazzi risero, probabilmente per la nutella.
R: sono usciti, devono fare alcune commissioni. La nutella è in quello scaffale – indicò il mobiletto delle scorte che stava in salotto – dovrebbe esserci.
Mi avviai e senza pensarci due volte aprii lo sportello : ciao Nutella ora sarai mia.
Mi alzai sulle punte dei piedi e allungai un braccio per prendere il tanto sognato barattolo.
R: Lucinda!
Mi sentii in pochi secondi avvolta dalle braccia di Ryan che con le mani abbassava la mia maglietta.
R: Justin smettila di guardarle il lato B e prendile le nutella. E tu vatti a vestire.
Mio cugino faceva troppe storie, sotto mica ero nuda!
Cioè, sotto la maglia non portavo il reggiseno ma avevo un paio di culottes.
Mentre salivo al piano superiore per vestirmi sentivo mio cugino rimproverare i suoi compari sul fatto che i loro occhi, le loro mani e le loro ‘appendici’ dovessero stare totalmente alla larga da me.
Come potevo non ringraziarlo?
Ryan esagerava, sarei rimasta zitella a causa sua dato il suo comportamento con i ragazzi.
Andiamo, non ero stupida, ero solo chiusa in me stessa, non stupida.
Anche se però era dolce nei miei confronti preoccuparsi così tanto.
R: tanta o poca schiuma nel cappuccino?
Urlò da sotto.
I: tanta!
Risposi io cercando qualcosa da mettermi. àhttp://ak1.polyvoreimg.com/cgi/img-set/cid/55542947/id/pHAzchgwQHaOtcONQrXCmg/size/y.jpg .
Mi vestii e truccai, scesi e ad aspettarmi trovai tre pan-cakes alla nutella e il mio cappuccio.
Mi avvicinai a Ryan e lo baciai sulla guancia lasciandogli il rossetto rosa sulla guancia.
R: senti cugina cos’è tutto questo love?
Gli sorrisi.
Ero concentrata sulla mia colazione quando un “vaffanculo” mi sorprese.
Justin era il tipico fine della situazione.
Cosa si poteva dire, avrà probabilmente perso all’Xbox.
Tornai ai miei pan-cakes e quando alzai lo sguardo Justin era svaccato di fronte a me con il broncio.
I: tutto bene?
Non rispose e non era intenzionato a farlo.
Regnava il più totale silenzio in cucina mentre in salotto sembrava quasi che si stessero ammazzando, ma ormai ero abituata.
Finii in pace la mia colazione, ma Justin era ostinato a rimanere su quella sedia.
A pensarci, io non avevo ancora parlato con lui dopo quel fatto.
I: Justin, ti va di parlare?
Mi guardò e annuii.
I: ehm, volevo scusarmi per il comportamento…il modo in cui ti ho giudicato.
Sorrise e non rispose.
Tutto ciò mi dava fastidio, insomma, gli avevo chiesto scusa e lui si era limitato a sorridere.
Mi ero stufata e mi alzai rumorosamente, dalla sedia e sbattendo i piedi come fanno i bambini salii le scale per andare in camera mia.
Era un ragazzo intrattabile.
Mi lanciai a peso morto sul letto e presi il mio fedele IPod per poter ascoltare, fidata musica.
Justin era presuntuoso, strafottente, egocentrico e ‘sotuttoio’ eppure c’erano momenti in cui non riuscivo a smettere di pensare a lui, o di stargli attorno.
Era qualcosa di simile ad una calamita, non mi spiegavo tutto ciò.

Con le cuffiette nelle orecchie mi diressi alla scrivania e presi un foglio, completamente bianco, un pennarello rosso e iniziai a scrivere.
Lo stavo davvero facendo?
Non che scrissi chissà che, mi limitai a qualche parola: <>
 
(Justin’s Pov)
Tornai in sala con uno strano peso sullo stomaco.
Chaz mi vide e mi fece segno di andare da lui.
C: vieni un secondo, Ryan non deve sentire.
Ci ‘appartammo’ e Chaz iniziò a torturarsi i capelli dal nervoso, faceva sempre così.
C: sei un coglione. Ok, con me non è andata, ma si vede che ti piace.
Ma che stava farneticando quell’idiota?

Scossi la testa a destra e a sinistra come per dissentire ciò  che stava dicendo, a me non piaceva Lucy.
Come negarlo, era una bella ragazza ma il suo modo di essere era veramente insopportabile.
Guardai male Chaz, che gli saltava in mente a quello.
J: senti, non hai capito un cavolo.
Lui sorrise scaltro, aveva quell’espressione così ambigua sulla faccia.
Non la smetteva di fissarmi, sapevo già che per colpa sua mi sarei trovato in situazioni imbarazzanti.
Sbuffai e controvoglia salii le scale per andare da Lucinda.
Quando bussai non trovai risposta.
Così decisi che l’unico modo per entrare sarebbe stato varcare la sua porta anche se non autorizzato.
Così feci.
Era lì, sdraiata a pancia in giù, che ascoltava musica probabilmente a tutto volume.
Era dolce.
Mi dava la schiena e le sue gambe si muovevano a tempo della sua musica.
Così, piano e quatto com’ero entrato, mi avvicinai a lei posandole un mano sulla schiena.
Sentii che al mio tocco rabbrividì e si girò sorpresa.
Tolse le cuffie e mi guardò stranita.
I: tu che fai qui?
Esitai, volevo che fosse lei ad invitarmi a parlare o comunque a stare in sua compagnia.
Roteò gli occhi versò l’alto – segno di esasperazione? – e si sedette a gambe incrociate per farmi spazio sul letto.
I: forza che vuoi?
Era abbastanza scorbutica come ragazza.
J: in realtà sarei stato io a dovermi scusare, le cose che ti ho detto non erano molto belle, soprattutto l’ultima frase…
Azzardai, avevo deciso che volevo scoprire ciò che nascondeva, se fosse stata vera la morte della madre e magari anche il perché della strana reazione alla domanda di Chaz durante “obbligo o verità”.
I: ok…accetto le tue scuse ma, perché dici così?
Mi morsi il labbro, non volevo essere diretto.
J: senti, ho sentito un po’ di volte dire dai tuoi zii che tua madre è…
Mi interruppe.
I: morta.

E' tutto anche per oggi insomma.
:D
Ricordatevi di dirmi che ne pensate lasciando una piccola recensione ;)
Vi amo tanto Fansette mie, ci sentiamo ;)

Baci baci.
-Glo

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Capitolo 11
*** Chapter 11 : the truth is that I need someone to love me, love me really. ***


Scusatemiiiii!
Davvero, chiedo immensamente scusaaa!
Mi inginocchio e chiedo perdono per essere sparita per così, per gioni.
Vi avevo avvisato ma non è una scusa.
Sta di fatto che però vi aodro, vi amo, io...io sono sempre più senza parole.
Mi sostenete sempre e le vostre recensioni sono sempre adorabili.
Per qusto vi imploro di leggere il capitolo che segue e magari di scrivermi che sono stata una stronza a non farmi più sentire.
O se volete anche come trovate il capitolo...non so, fate voi.
Love


Chapter 11 : the truth is that I need someone to love me, love me really.

(Justin’s Pov)
Non dissi nulla, ma rimasi veramente esterrefatto.
Non mi aspettavo una simile reazione, anzi, mi aspettavo una sberla o lacrime o qualsiasi altra reazione ma non quella.
Deglutii pesantemente.
I: sì.
Corrugai la fronte, perché Ryan non voleva dire la verità?
J: Ryan, smentiva sempre.
Sorrise.
I: Ryan mi vuole bene, e non vuole che io soffra o venga presa di mira per ciò che successe, non vuole nemmeno che gli altri siano compassionevoli. Per questo non ti ha mai detto la verità.
Scommisi che ciò che Ryan faceva per lei erano sue richieste.
Non potevo dire di capirla, non potevo minimamente immaginare cosa si prova a perdere un genitore.
Ma volevo sapere come successe, volevo essere sicuro di non dire più nulla che la ferisse.
Aprii la bocca per parlare ma non ne uscii nulla.
Vidi Lucy stringersi le ginocchia al petto e appoggiarci il mento.
Sospirò e posò lo sguardo fisso sulla prima cosa che vide.
Non toglieva lo sguardo dalle mie mani, le muovevo imbarazzato, anche se in realtà lei non guardava le mie mani, guardava il vuoto.
I: successe circa 3 anni fa. Quella sera ero tornata dal campo estivo con la gamba ferita e non avevamo più disinfettante. La prima farmacia stava ad una fermata di metro. Uscì di casa velocemente, dicendo che sarebbe ritornata presto… - singhiozzava, avrebbe pianto da un momento all’altro e io mi sentivo completamente impotente in quel momento. – rimasi i minuti, con un batuffolo di cotone imbevuto di quel poco disinfettante rimasto sul fondo del flacone appoggiato alla ferita sanguinante… - la sua voce si spezzò ancora una volta, da un singhiozzo e una lacrima che le percorse rapida il viso. – non tornò più. Non venni a sapere subito dell’incidente. Fu papà, che me lo disse. Piangeva. Non avevo mai visto quell’uomo piangere e, e… - non riuscì più a dire nulla, i suoi singhiozzi erano troppi e la abbracciai di colpo.
Quando me la portai al petto e le circondai il busto con le braccia, proprio quando il suo viso si nascose sulla mia maglietta sentii come tante scosse elettriche invadermi.
Piangeva così forte, piangeva coprendosi il volto e singhiozzando tantissimo, così la strinsi di più, le baciai la fronte e iniziai a sentirmi una strana forza che diceva di proteggerla e di rassicurarla.
J: Lucy…non piangere. Ti prego. Non era mia intenzione.
La sentii muovere le braccia e portarle al mio collo stringendomi e ricambiando l’abbraccio, mi sentii così bene tra le sue braccia, quanto desideravo sapere se per lei era lo stesso, se anche io le facevo quello strano ma bellissimo effetto.
I: J-Justin, è la prima volta dopo tre anni che piango di nuovo per mia mamma.
Non avevo idea di ciò che potesse significare, sapevo che il suo fiato pesante sul mio collo, le braccia che mi stringevano, il suo corpo appiccicato sul mio, mi facevano provare una sensazione bellissima, non le classiche farfalle nello stomaco, qualcosa di più forte, di più speciale.
I: Justin, non voglio la tua  compassione.
Sciogliemmo l’abbraccio e le baciai una guancia umida.
J: lo so, però non posso stare a guardare mentre tu soffri così.
Mi alzai dal letto e raggiunsi i fazzoletti che stavano sulla scrivania e prendendone uno le pulii il viso che era inondato di trucco colato.
Si calmò e sorrise.
I: grazie.
La strinsi ancora una volta e le sorrisi di rimando.
I: solo una cosa.
J: certo.
I: non dire nulla.
Annuii.
Restammo attimi infiniti incantati l’uno negli occhi dell’altra.
I suoi occhi erano talmente scuri, eppure ci vedevo l’infinito, erano di un colore intenso, unico.
Non era il tipico castano scuro, erano color nutella, erano qualcosa di estremamente dolce, erano così espressivi, attraverso i quali potevo leggerle l’anima.
“Gli occhi sono lo specchio dell’anima”.
Caro Signorinventaproverbi, ci aveva preso.

Sentivo finalmente, dopo mesi passati a vagare nel vuoto, un battito provenire dal mio cuore, ma non un battito comune, di quelli silenziosi, no.
Era un battito da corsa, come se avessi appena finito di correre alle olimpiadi, il cuore scalpitante che cerca di uscire dal petto, la sensazione di scombussolamento nello stomaco, il fiato corto.
Cos’era?
Sapevo cos’era, era la prova che ero tornato a provare qualcosa, qualcosa chiamata amore.
Ero tornato a provare sentimenti.

La verità era che avevo bisogno di qualcuno che mi amasse, che mi amasse davvero.
 

(Lucy’s Pov)
 
Sarei rimasta a guardare gli occhi di Justin per il resto della mia esistenza, erano così limpidi, così talmente sinceri.
Non potevo ancora credere a ciò che avevo sentito nel momento in cui Justin mi aveva preso tra le braccia, il momento in cui mi ero liberata di lacrime tenute per me per troppo tempo.

<>
Avrei voluto uccidere Ryan in quel momento.
I nostri sguardi si persero in un attimo, non avevo esitato a tornare alla imbarazzante realtà, quella in cui ci stavamo fissando come due pesci lessi.
Lui guardò la porta leggermente aperta di camera mia lasciando il mio sguardo a perdersi nella stanza.
J: credo, di dover andare.
Sorrise, quel suo sorriso talmente rassicurante.
Non dissi nulla assentii solo con un cenno della testa, lasciandolo alla sua vita con mio cugino e Chaz.
Scese goffamente dal letto e mi lasciò seduta lì, a fissare il punto in cui lui era seduto fino a minuti prima.
Lucinda, cosa ti stava succedendo?
Presi il cellulare e dopo bene tre giorni di permanenza a casa degli zii mi decisi a mandare un messaggio a mio papà, che nemmeno lui si era fatto vivo.
<>
Papà non lo faceva apposta a non farsi sentire, lo conoscevo.
In questi anni ha sempre cercato di essere il più presente possibile, ma lui adora me quanto il suo lavoro e spesso si prestava di più al suo lavoro.
Lui però mi vuole molto, molto bene e senza aggiungere altro è il papà migliore del mondo.
Sentii degli schiamazzai provenire dalla finestra che dava sul giardino, così mi affacciai e notai mio cugino che litigava con Chaz.
Cosa stava succedendo?
Justin teneva mio cugino fermo dal picchiare Chaz, le cose stavano degenerando e gli zii non erano a casa, così senza pensarci troppo corsi in giardino per farli smettere.
I: ehi! Basta! Che sta succedendo?
Vidi Ryan dare uno strattone e Justin e venire con irruenza verso di me, mi fissava con uno sguardo deluso e arrabbiato.
R: sei una bugiarda Lucinda!
Lo guardai senza capire e spalancando gli occhi.
I: non…non capisco.
Lui sbuffò.
R: ah, non capisci?! Allora prova a spiegarmi com’è la lingua di Chaz infondo alle tue tonsille!
Io cosa?
Non capivo più un accidente, perché Ryan pensava che mi ero baciata con Chaz?
Non avevo più avuto rapporti così con un ragazzo da Thomas, non mi passava nemmeno per l’anticamera del cervello di baciare Chaz!
I: io non ho baciato Chaz e tu lo sai!
Guardai Chaz e mi allontanai da Ryan e raggiunsi Chaz, lo guardai negli occhi, sperando di creargli dei sensi di colpa ma nulla, perché aveva detto una cosa del genere?
I: dimmi perché?
Mi guadò e si morse il labbro per poi roteare gli occhi al cielo distogliendo lo sguardo da me.
C: volevo far vedere a Ryan e Justin che per una volta non mi era andata male. E che soprattutto ero capace di essere dolce e che non scopo così…alla cavolo.
Sbuffai e guardai Ryan e Justin, me ne andai.
Da una parte mi sentivo così in colpa per Chaz, era così dolce con me, ma io non ero una falsa, io non sarei stata la sua ragazza se non provavo nulla, Chaz doveva imparare una cosa, proprio come me : doveva imparare ad amare la persona giusta.
Ero arrabbiata, con Chaz e con Ryan, Chaz aveva sbagliato ma mio cugino anche.
Non avrei mai voluto che a causa mia quei ragazzi, amici da una vita finissero per rischiare una rissa tra loro.
<>


Ecco tutto, vi ricordo comunque di lasciare una recensione, positiva, negativa, critca, neutra, come volete!
Ok, vi mando tante scuse quanti baci ok?!

Al prossimo capitolo:)
xo xo
-Glo

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Capitolo 12
*** Chapter 12 : That silly game ***


Scusatemi ragazze!
Non so spiegarmi quali forme malvagie mi hanno impedito di non pubblicare:
-Mi si era cancellato tutto quanto.
-Non si apriva Efp.
E come se non bastasse...
-Internet mi ha abbandonato letteralmente oggi!
Ok, spero che il capitolo vi piaccia ;)
Sapete, sono rimasta un po' delusa dalle DUE recensioni, sapete di solito siete più attive, ho fatto qualcosa di sbagliato?
Ditemelo!
Vi Lovvo! (?)




Chapter 12 :  That silly game.
 
Grazie a dio quel pomeriggio lo passai a spasso con la zia, dovevo rifornirmi di abiti per la Florida.
Mi piaceva, mi è sempre piaciuta Stratford, ma quel giorno d’agosto, così pieno di sole ed allegria me la faceva piacere ancora di più.
Le stradine piccole e sempre affollate dalle persone del posto mi ridavano allegria, vitalità.
S: bello tornare alle origini vero?

Risi leggermente e annuii alla zia che anche lei fu presa da un risolino divertito.
S: penso che avrai bisogno di un paio di costumi…sai Miami.
Annuii di nuovo e ci precipitammo accompagnate dalle buste dei negozietti già girati, dentro un negozio di intimo e costumi.
La zia Sharon non mancava mai di ironia, spesso pessima, ma pur sempre ironia.
S: Tesoro! – mi voltai abbandonando la scelta del Bikini perfetto – Secondo te staranno bene a Ryan?
Scoppiai a ridere nel bel mezzo del negozio, ma subito dopo mi contenni.
Insomma, mia zia stava sventolando davanti un paio di mini boxer azzurri con gli orsetti.
I: se avesse otto anni sì, ma lui ne ha diciotto Zia!

Lei alzò le spalle.
S: sarà sempre il mio bambino, prendo questi.
In quel preciso momento immaginai il viso di Ryan contorto in una smorfia di pena e vergona, povero cugino mio.
Guardavo, sfogliavo ogni bikini di quel negozio ma non trovavo nulla di perfetto.
Non sapevo esattamente perché, a cosa mi servisse avere un bikini perfetto, un abito, una borsa, qualsiasi cosa, ma volevo che fosse tutto perfetto.
Z : allora? Ancora nulla che faccia colpo su…Justin?
Sussurrò quel nome vicino al mio orecchio, in modo che fosse qualcosa che potessimo sapere solo noi.
A me non piaceva Justin, non in quel senso, era un amico, un amico carino, ma solo un amico.
Probabilmente assunsi una strana espressione perché la zia si mise a ridere.
S: eddai, scherzavo! Guarda questi due.
Mi passò un paio di costumi davvero carini, molto. (ECCOLI SE VI INTERESSANO : 
http://24.media.tumblr.com/tumblr_ma5k3aLidE1r9u59po1_400.jpg E http://25.media.tumblr.com/tumblr_ma5k2gGccS1r9u59po1_400.jpg )
Entrambi di colori fluo, mi piacevano un sacco : semplici e particolari allo stesso tempo.
Li provai e mi sentii bene indossandoli, li presi entrambi.
Il pomeriggio con la zia passava veloce, non c’era tempo di una sosta per un gelato che già era ora di riprendere il giro, e tra un negozietto e l’altro, un bikini e un abitino beh, si fece l’ora di tornare a casa.
Eravamo in auto e trasmettevano una canzone molto bella, aveva un bel ritmo e le parole mi piacevano molto, era una voce che già avevo sentito ma non la riconobbi.
I: bella, mi piace molto questa canzone.
La zia sorrise.
S: quando saremo a casa, se Justin ci sarà ancora, potrai dirglielo direttamente.
Era davvero di quel citrullo?
No, le parole erano troppo dolci, erano troppo rassicuranti, e non parlava di sesso.
I: non lo facevo così…profondo?
La zia rise di gusto.
S: oh, sì tesoro, lo è eccome. È un cascamorto di prima qualità è solo che non con tutti tira fuori il meglio di se, per le sue fans invece…le adora, senza loro non sarebbe nulla. Non ce la fa a non essere dolce e sfacciatamente carino con le Beliebers.

Ridemmo insieme e arrivammo a destinazione.
Vidi zio Martin correre incontro all’auto con le mani sulla testa, come se fosse disperato.
La zia parcheggiò e poi gli andò in contro.
Io invece scesi tranquilla e con i miei 5 sacchetti pieni, raggiunsi Ryan, Chaz e Justin che stavano sull’uscio.
Chinai il capo e li guardai circospetta.
I: perché zio Martin è disperato?
Risero.
R: abbiamo sfrattato , di nuovo, gli zii : sta sera festa!
Risi, che stupidi.
Mollai a Ryan il sesto sacchetto, quello più piccolo dell’insieme : conteneva i boxer che gli aveva comprato la zia.
I: sono per te, sappi che io ero contraria ma la zia non voleva sentire ragioni.

Rimasi a guardarlo mentre estraeva dal sacchetto quel capo di biancheria.
I suoi amici soffocarono una risata e io anche.
Povero Ryan.
R: Ridete vero? Bene, ride bene chi ride ultimo.
E se ne andò con i boxer in mano.
 
Magicamente e con chissà quale incantesimo  gli idioti erano riusciti a togliere dalle scatole gli zii, convincermi a cenare con una pizza – buona – fatta da loro, insieme a loro.
C’era da scompisciarsi, Justin era troppo buffo!
Avevamo riso come dei dementi.
Tutti e quattro.
Justin non smetteva di guardarmi, per tutta la serata non aveva occhi che per me, e la cosa mi creava disagio ma anche piacere.
Giocherellavo con il bordo del bicchiere mentre ascoltavo senza molta attenzione  discordi dei ragazzi, non era molto invitante sapere quanto sia idiota un compagno di Basket di mio cugino, eppure continuavano ininterrottamente a parlare delle cretinate che combinava questo Rick.
I: credo…credo che andrò di sopra, sapete…i vostri discorsi. Vi lascio.
Fortunatamente riuscii a togliermi di torno, così avrei potuto concentrarmi su qualcosa che non siano i capelli pieni di ketchup dell’allenatore.
In quel momento avevo voglia di un bagno caldo, musica e sapone rilassante.
Presi le mie cose ovvero intimo e pigiama e andai diretta, spedita in bagno, ma quando feci per chiudere la serratura mi resi conto che era rotta.
Sbuffai buttando la testa all’indietro, imprecando.
I: Vaffanc…
Dovevo calmarmi, avevo una soluzione.
Scesi saltellando sulle scale con l’intenzione di avvertire i ragazzi che io sarei rimasta in bagno per un bel po’ : non li trovai.
Era strana la situazione, era tutto buio, le luci spente e non ronzava una mosca.

I: Ryan?
Lo chiamai e non ricevetti risposta, mi guardavo intorno, era buio.
Dopo vari secondi di silenzio e buio, sentii lo scricchiolio di una porta, sospirai spaventata.
I: Ragazzi…so che è uno stupido gioco.
Ero sicura che non fosse la porta principale, era…non era il rumore di una porta era lo scricchiolio di un’anta di un armadio.
Ancora buio e silenzio.
Poi un respiro pesante, tipo quello del cattivo di star wars.
I: Ryan?
Di nuovo quell’inquietante silenzio e buio.
Ancora, ancora quello scricchiolio.

Capii che veniva dall’armadio dello sgabuzzino, così lo raggiunsi.
Provai ad accendere la luce ma senza successo, era come se fosse saltata la corrente.
Così, andai a tentoni, toccando il muro e ciò che stava davanti a me.
Arrivai all’armadio : anta socchiusa.
Ero spaventata, ma decisi di aprirlo stesso.
Uno.
Due.
Tre.
I: AAAAAAAAH! 

Eccoci a fondo pagina!!
Mi scuso per la mancanza di alcune frasi del capitolo precedente, ma Efp, non legge i discorsi dentro queste : <>
Vabbeè, drammi delle virgolette a parte!
Spero vi sia piaciuto, lasciatemi una recensione e nulla...
Vi è piaciuto?
Ditemelo.
Faceva schifo?
Ditemelo.
Richieste?
Fatemele.
Consigli?
Datemeli.

Bacio bacio!
-Glo

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Capitolo 13
*** Chapter 13 : Miami we are coming ***


Ciaooo!
Ok, ho capito che probabilmente mi odiate.
O odiate la storia.

Putroppo ho la sensazione che questa FF non vi piaccia, o meglio, da un paio di capitoli.
Lo so, lo so, sono una che tenta ad annoiare la gente ma, io ci speravo in voi.
Grazie comunque alla recensione ricevuta, mi ha fatto piacere.
Spero leggerete questo capitolo, spero recensirete, insomma, che costa?

Due minutini?
neno?
Boh.
Lololove.


Chapter 13 : Miami, we are coming.
 
Erano le otto del mattino e io ero veramente stanca, stavo finendo di fare le valigie, mancava poco all’ora della partenza.
Quella notte non avevo dormito molto, insomma, con quei cretini che mi facevano impazzire.
Quella mattina ero completamente fuori di me, ero in piena crisi : in pigiama a preparare due fottutissime valigie nelle quali non ci stava un tubo!
Ero affaticata e non vedevo l’ora di finire anche perché avevo fame.
Ok, mancava da preparare solo la borsetta dei trucchi, che avrei sistemato una volta pronta.
Benissimo, le valigie erano quasi pronte, infilai le ultime canottiere colorate e chiusi.
Mi ci dovetti sedere sopra per potermi assicurare che le cerniere combaciassero.
Quando – ancora in pigiama e con una coda di cavallo – scesi per la colazione mi resi conto che
Non ero l’unica in tenuta da notte, voglio dire Ryan era così tenero con quei pantaloncini azzurri.
Per non parlare della maglia…il simbolo di Superman regnava al centro del suo petto rendendo il mio cuginone dolcissimo.
Aspettai che si girasse per raggiungere la cucina e senza farmi vedere ne sentire, gli saltali sulle spalle.
Lo spaventai.
R: CAZZO!
Stavo ridendo come una scema attaccata a koala alla schiena di mio cugino.
R: Lucy, accidenti!
I: eddai Ryan, portami in cucina ;)
Fece un risolino strano e si decise a sorreggermi per le cosce per scortarmi in cucina dove Chaz sembrava un morto vivente che mangiava una ciambella, e Justin era più bello del sole senza maglietta.

No, che cosa avevo pensato?

Mi strinsi al collo di Ryan e schiusi appena le labbra, come stupita.
I: porca put…
Stavo per tirare giù un bel parolone quando mi resi conto che stavo parlando a voce alta.
R: Cugina?
Non risposi e mi limitai ad osservare Justin che – ignaro dei miei pensieri su di lui – addentava una ciambella con una sensualità al quanto sovrumana.
R: se sei viva batti un colpo.
Disse Ryan spazientito.
Così gli diedi un colpo sul ginocchio con il piede, rianimandomi e scendendo goffamente dalla sua schiena.
Ingoiai la mia saliva e mi diressi a prendere una ciambella, del succo e poi il mio posto.
J: Ryan, perché il culo di tua cugina è così stupendo?
Tutti lo guardammo.
Avvampai, improvvisamente mi sentii le guance andare completamente a fuoco.
R: Bieber mani, occhi, pensieri, ma soprattutto ‘appendici’ lontano da mia cugina!
Tipico di Ryan, sempre esageratamente protettivo verso di me.
R: chiedile scusa.
Chaz rise, probabilmente trovava buffo il fatto che un ragazzo dovesse chiedere scusa ad una ragazza per averle guardato il culo.
In effetti, era una situazione abbastanza ridicola, per Justin, quanto per me.
J: scherzi amico?
Ryan dissentì con un veloce cenno del capo.
Justin rise  ma lo vidi incupirsi, come se si stesse arrabbiando.
I: ehm, Ryan, Cugino, Orsacchiottino adorato…non fa niente ok?
Le acque si placarono.
Passammo l’intera colazione in silenzio, l’unico rumore era quello delle stoviglie.
Avevo mangiato una ciambella in un tempo assai prolungato, non riuscivo ad evitare di posare lo sguardo su Justin, sul suo viso contorto in una smorfia inespressiva, gli occhi brillanti ma persi, e poi mi tentava, mi tentava di continuo.
Aveva il vizio più sexy dell’universo, si mordeva il labbro ogni tre per due.

Se ne stava lì, a contemplare il nulla mentre – senza una maglia addosso – addentava la sua brioche.
Non erano normali le sensazioni che stavo provando, non era normale che dopo una sacco di tempo passato senza nemmeno sentirci mi faceva stare così.
Non mi era mai piaciuto Justin…o forse sì?
Insomma, fin da piccola passavo i nostri pomeriggi a non badare alle attenzioni di Ryan e Chaz, ma bensì ad osservare quel caschetto biondo sulla testa di quel ragazzo.
Passavo spesso i miei momenti di solitudine ad immaginare il suo viso sorridente e i suoi occhi profondi, la sua vocetta insopportabile.
Ma non avevo mai preso in considerazione che potesse interessarmi davvero.

Mi alzai di scatto cercando di svignarmela e di pensare ad altro.
I: vado…vado a vestirmi. ---> 
http://ak1.polyvoreimg.com/cgi/img-set/cid/56795416/id/mXgvq5ufTOW6Tq3Qc7yViw/size/y.jpg
Salii le scale piano, come in una fase di trans, ero spiazzata.
Justin non poteva davvero piacermi.
 

… La partenza …
L’immagine era davvero strana : erano tutti lì, con i loro bagagli, pronti per una meravigliosa vacanza, ma nessuno sembrava aver voglia di parlare.
Lucy, era nei suoi pensieri contorti sulle probabilità che le piacesse Justin, tant’è che nemmeno badava alla signorina che le chiedeva i bagagli per il check-in.
I: sì, mi scusi.
Si limitò a farle un sorriso del tutto distaccato e incurante.
Ryan era pensieroso e turbato dal fatto che i suoi migliori amici potessero provarci con la cugina.
Teneva moltissimo a lei, era come la cosa più preziosa, ma così facendo era solo avido.
Non avrebbe mai ammesso che lei finisse succube di qualche inaspettata cotta, lui non credeva molto all’amore.
Ryan era fatto così, sembrava più un fratello nei confronti di Lucinda, soffriva lei soffriva anche lui.
Dolce sì, ma opprimente per una farfalla che voleva iniziare a volare da sola alla scoperta della vita.
Chaz invece era completamente concentrato su una futura ragazza della Florida, voleva divertirsi e basta, e per divertimento sappiano tutti cosa intendeva, infondo lui e Justin si assomigliavano se non per il particolare che Justin ogni volta che si scopava una nuova, ci stava male.
Justin aveva smesso di fare il Playboy, voleva trovare l’amore, aveva solo una vaga, non ancora chiara idea di dove trovarlo.
Anzi, il problema era che non voleva ammetterlo a se stesso.

Andiamo, Miami li stava aspettando, avrebbero passato una bella vacanza, relax, mare, sole…e magari anche qualche chiarimento in amore?
Era uno di quei tipici momenti in cui bisognerebbe urlare con euforia : Miami stiamo arrivando!
Ma no, preferivano stare tra i loro cupi pensieri.


Non so cosa dire, solo che tengo alla mie Fansette davvero tanto e se fossero belle attive, le amerei ancor di più.
Se vi va potere seguirmi su Twittah.

@GloBelieber http://twitter.com/GloBelieber 
Niente Vi Adoroo!
XO

-Glo

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Capitolo 14
*** Chapter 14 : I hope you can swim. ***


Hello!
Ragazze mie!
Vi amo un sacco sapete?!
Oggi è stato untrauma ve lo dico.
Sono entrata in EFP e ho risposto ad alcune recensioni antricipando che avrei pubblicato il capitolo a 'breve'.
Era nelle mie intenzioni fidatevi.
Ma sapete, si chiamano compiti, e quando sei del liceo artistico, le tavole sono un po' lunghe.
Finiti i compiti apro il pc, mi collego, clicco sul sito di efp:Irraggiungibile.
Fino ad ora.
Ad ogni modo, spero di non avervi rotto troppo, tra attesa e scuse :/, eeeee niente, buona lettura, ci vediamo a fondo pagina!
 
Chapter 14 :  I hope you can swim.
 
(Lucy’s Pov)
 
Da Toronto a Miami non ci voleva molto, circa tre ore…due abbondanti.
Eravamo su quell’aereo da solo un’ora e Ryan dormiva come se non avesse dormito per una settimana, Justin e Chaz non erano da meno.
Me ne stavo così, annoiata e senza qualcosa da fare perdendo lo sguardo fuori dal finestrino.
Ogni tanto scavalcavo con lo sguardo il corpo di Ryan e Chaz per arrivare a quello di Justin, era magnifico, dormiva come un angelo.
La testa era teneramente appoggiata alla spalla di Chaz, le palpebre accuratamente adagiate sugli occhi e le labbra schiuse appena.
Sentivo, ogni volta che gli rivolgevo uno sguardo, il mio cuore accelerare, non potevo credere che Justin mi piacesse, non ci avevo mai pensato.
Eppure, era chiaro.

Dopo aver contemplato Justin riportai lo sguardo al finestrino guardando giù.
Mancava ancora abbastanza per farsi una dormita, mi girai ed appoggiai la testa alla spalla di Ryan cercando il sonno perduto.
 
I: Cavolo! Sul volantino diceva ‘alloggio modesto’, guardate un po’!
Ci trovavamo davanti ad un hotel di dimensioni molto più che modeste, era veramente enorme!
Sulla spiaggia di Miami beach.
Ero estasiata, il mare pareva una meraviglia, la piscina pure e da ciò che stavamo osservando, l’alloggio non sarebbe stato meno.
Justin mi venne di fianco e portandomi un braccio sulla spalla iniziò a guardare l’immenso edificio.
J: sono stato in posti più grandi.
Risi e contagiai anche lui togliendomi il suo braccio dalla spalla.
Era sempre pieno di sé il ragazzo, non si smentiva mai.
R: certo, certo, ora. Evitiamo le sceneggiate da Superstar ed entriamo.
Ridemmo in coro e ci dirigemmo alla reception.
Compilammo vari, parecchi documenti e ce ne diedero in altrettanta quantità.
Ci accompagnarono alla stanza, la numero 216.
Era grande, disposta di salottino con tv al plasma e un comodo divanetto in pelle, la vetrata sulla spiaggia, due bagni e due camere.
X: ecco tutto, queste sono le camere, spero non sia un problema se i letti no sono singoli.
Certo, il tipico inconveniente.
Ryan mi prese sottobraccio e mi strinse lanciando occhiatacce a Chaz e Justin.
Bene, avrei dormito con Ryan.
R: grazie mille e a rivederci.
Ryan scansò il ragazzo dell’hotel e si buttò a capofitto sul divanetto.
I: ragazzi vi dispiace se dò un’occhiata alle camere?
Mi lasciarono campo libero, avrei scelto la migliore, ovvio.
Sbirciai in entrambe ma una, la più grande mi piacque.
Era luminosa, con un grande lettone matrimoniale rivestito di candide e immacolate lenzuola bianche, i cuscini erano tali mentre i mobili e la spalliera del letto erano di legno.
Un legno chiaro che nonostante fosse di Larice, trasmetteva quel calore di casa.
Era un’atmosfera candida e rilassante.
I: Ry! Ho trovato la stanza!
Non ricevetti risposta.
Con le mie due valigione feci capolinea al centro della camera e abbandonando i miei bagagli al pavimento, io mi gettai a capofitto sul letto morbido.
Mi accoccolai tranquilla,  nella freschezza della stanza; i condizionatore faceva in modo che la temperatura ideale fossero 20 gradi.
Si stava talmente bene.
R: Ehi cugina io e Chaz andiamo in spiaggia ad accalappiare. Justin è stanco e rimane qui. Tu?
Ci pensai un po’.
Probabilmente in spiaggia mi sarei abbronzata, crogiolarsi al sole?
Fantastico.
Ma le mie forse erano azzerate, completamente senza batteria.
Avrei voluto farmi una dormita rigenerante.
Pensai anche che in piaggia avrei potuto fare da spettatrice a decine di ragazzi carini, abbronzati e in costume, quasi mi stavo convincendo.
Feci per alzarmi ma sentii il dolce richiamo del letto.
I: me ne rimarrò qui. Sono a pezzi.
Mi squadrò, e se avesse pensato che avessi scelto di rimanere in camera per Justin?
Nah, non era affatto così.
Io ero molto, molto stanca.
I: Ciao Ryan.
Chiuse la porta ma riuscii a sentire comunque l’ingesso aprirsi e poi richiudersi.
Silenzio.
Adoravo quella sensazione di pace e liberà, quella serenità così appagante.
Avevo imparato ad amare la solitudine ed il silenzio negli ultimi anni, avevo imparato che spesso, il silenzio e la solitudine potevano essere i migliori amici di una persona ferita.
Passarono lunghi minuti, credo, prima che un leggero bussare arrivò alle mie orecchie.
I: Justin?
“Sì”.
Sentii da fuori.
Entrò e si sedette comodamente sul letto vicino alle mie gambe.
J: Chaz mi ha scritto che ha convinto Ryan a rimanere in spiaggia a mangiare…non mi va di raggiungerli.
Lo guardai spaesata.
I: che ora è?
Guardò il suo – tanto amato – cellulare e poi mi rispose.
J: l’una e un quarto.
I: ah. Wow.
Ci guardammo qualche eterno secondo e poi decisi di stiracchiarmi per bene e mettermi seduta.
Justin fece un risolino e scosse la testa.
J: dormivi?
I: sonnecchiavo.
Annuì e di colpo lo vidi avere un’idea.
Lo percepii dalla scintilla nei suoi occhi colo caramello e dal meraviglioso sorriso che gli si dipinse in viso.
J: ti va di farci un giretto nella piscina interna? A quest’ora non c’è nessuno, mangiano tutti.
Risi, mi allettava l’idea di una piscina all’interno dell’hotel in cui sguazzare felice, soprattutto se quasi completamente vota, ma l’immagine di me e Justin in costume mi imbarazzava da morire.
Se fossimo stati con gli altri due, forse, sarebbe stato meno imbarazzante ma così, noi due soli…mi sentivo a disagio.
I: no.
Arrossi.
Si sedette di fronte a me e iniziò a fare la tipica faccia da cagnolino bastonato.
Non avrei ceduto, non questa volta.
J: solo un tuffettino. Poi mangiamo un panino.
Che scemo aveva fatto la rima!
Scossi la testa in negazione e lui attaccò con il labbruccio.
Risi, era troppo adorabile.
I: solo poco ok?!
Si lascò cadere all’indietro esultando.
Mi avvicinai alla valigia e ne estrassi il bikini fuxia.
Mi voltai e Justin era ancora sul letto a gambe incrociate con l’I-Phone in mano.
I: ti spiace…
Mi guardò e scosse le spalle rimanendo lì.
I: Justin!
Fece velocemente due più due e  se ne uscì.
 
(Justin’s Pov)
Pochi minuti dopo, andai a chiamarla in camera sua; il mio costume era un figo.
Aprii distrattamente la porta della camera di Lucy e la vidi alle prese con la maglietta che, appena mi vide, abbassò velocemente dandomi la schiena.
L’avevo già vista in intimo, quella ‘lontana’ mattina in cui le scivolai sbadatamente addosso…comico.
J: pronta? Sai, spero tu sappia nuotare.
Annuì dolcemente e iniziò a seguirmi fuori dal nostro alloggio; ci dirigemmo all’ascensore e scendemmo al piano -1 : ciò significavano 4 piani.
La mia claustrofobia era pronta ad entrare in azione appena le porte blindate dell’ascensore si chiusero davanti ai miei occhi.
Mollai la salvietta a terra e appena la lucetta segnava che eravamo scesi di un piano mi incollai a Lucy, mi venne così automatico.
I: claustrofobia he?
Risi.
J: ti spiace?



Eccomi qui!
Grazie, Grazie, Grazie mille delle recensioni, beh, i recensori sono stati ringraziati direttamente, ma ringrazio anche i lettori.
Mi chiedeo solo cosa puù costare una recensione.
Leggi il capitolo?
Ti piace? no?
Dimmelo ;)
Detto ciò, spero di trovare altre recensioni tenerelle come quelle precedenti ;)
Fansette vi amo!
XO XO
-Glo

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Capitolo 15
*** Chapter 15 : Can i kiss you? ***


Questa scuola mi distrugge! D:
Non trovo più un buco per pubblicarvi i capitoli, mi mancate tanto, voi e le vostre recensioni ;)
Siete sempre così carine e pazienti, io invece non faccio altro che farvi penare i capitoli uno dietro l'altro.
Susatemi, davvero.
Se ci fosse qualsiasi modo per chiedere scusa...
Non vi anticipo nulla, dico solo che succederà qualcosa che tutte aspettate da un po'.
Chedo solo di farmi sapere che ne pensate del capitolo :)
Se avete voglia di prendermi a parolacce fate pure u.u.


Chapter 15 : Can i kiss you?

(Justin’s Pov)
 
Rise tenera e mi strinse a sua volta.
I: se servirà a non farti morire di claustrofobia…no, non mi dispiace.
Restammo così ancora pochi secondi e poi il ‘tiin’ dell’ascensore segnò l’arrivo a destinazione.
I cartelli erano chiari : Piscina a destra, cinema a sinistra e sala giochi dritto lungo il corridoio.
J: forza!
Camminavo veloce e Lucy mi stava appena dietro mentre si guardava intorno, osservando cose che ai miei occhi sembravano non esistere.
Il mio obbiettivo era scaraventarla in acqua facendogliela pagare per ciò che aveva fatto a casa.
Cattivo vero?
Appena arrivammo entrambi rimanemmo abbastanza folgorati da quanto la piscina potesse essere bella, grande e azzurra.
Sorrise stupita…il suo sorriso era così dolce.
Accidenti, sembravo uno stupido ragazzino invaghito.

In piscina erano rimasti un paio di ragazzi sulla mia età e una tenera coppia di anziani che al nostro arrivo stava uscendo per il pranzo.
Feci strada a Lucy fino alle sdraio bianche poggiandoci sopra le nostre salviette.
La temperatura dell’ambiente era molto piacevole, era mite.
Lucy mi guardò senza parlare e si sedette su uno delle due sdraio.
Avevo voglia di un bagno, non mi sarei fermato ancora a contemplarla nella sua inutile insicurezza.
Levai la maglietta per poi sistemarmi i capelli passandomi velocemente una mano tra il ciuffo.
Sentivo lo sguardo di Lucy addosso, era una bella sensazione.
Mi voltai e la sorpresi con le guance arrossate…infondo però era talmente cucciolosa.

J: ti sei incantata?
Risi e lei sospirò.
I: no, stupido…
J: dai avanti, non abbiamo tutto il giorno.
Sbuffò e si fece una coda di cavallo ai capelli che le ricadde composta sulla schiena.
I: Girati e quando senti ‘splash’ ti rigiri.
Stava scherzando per caso?
Sbuffai a mia volta e mi girai aspettando che ‘MissMiVergogno’  si tuffasse…se certo.
La sentii camminare lentamente, come per farlo apposta, e si avvicinò al bordo.
Justin è l’occasione perfetta.
Di scatto le corsi vicino e le presi in bracciò a ‘sposa’ per gettarla in acqua.
Feci per lanciarla ma lei era totalmente incollata al mio collo che finimmo in acqua entrambi.
Arrivammo in superficie ancora avvinghiati l’uno all’atra e mi sembrò la sensazione più bella del mondo.
Il suo viso era così carino pieno di goccioline d’acqua, una strana smorfia – collera e divertimento – era sulla sua faccia.
Ci fissammo per pochi secondi, quali usai per perdermi nel viscoso colore dei suoi occhi.
I: giuro che ti ammazzo.
Lo disse con un velo di voce, come se non volesse dirlo.
Eravamo così vicini da poter assaporare a vicenda i nostri respiri.
Perché sentivo uno strano nodo allo stomaco?
E come mai il mio cuore stava pregando di uscire per non soffocare?
Avrei voluto baciarla :
quelle labbra così magnifiche, bagnate dall’acqua della piscina, appena schiuse, rosee e non troppo carnose, mi chiamavano.
J: poss..
X: BUYAH!
Ci distaccammo all’udire l’urlo di quei due ragazzi che facevano da spettatori – incuranti – alla scena.
Mi sentii così imbecille.
I: eddai, per caso non sai nuotare?
Ridemmo e quando provai a prenderla per stritolarla lei fuggì veloce sott’acqua.
Prevedibile.
La seguii vicino alla cascatella della piscina.
Lei ci passò attraverso rintanandosi sotto quel tettuccio dal quale sgorgava l’acqua.
Sembrava una sottospecie di grotta artificiale, ma pur sempre carina.
La raggiunsi e mi appoggiai alla parete tiepida della ‘Grotta’.
Mi guardai in giro e i ragazzi di prima parevano essersi dileguati, perfetto.
Lei mi era molto vicina e osservava il mio viso sorridente.
Allungò le mani e lasciandola fare, mi ritrovai una specie di cresta in testa.
Rise.
La sua risata cristallina fece eco nella grande stanza, coprì il rumore rilassante delle ondine dell’acqua contro il bordo.
I: dai non è così male, sei carino.
Disse arrossendo.
Di nuovo quegli sguarda fugaci, quegli sguardi assurdi e attenti ai movimenti di entrambi.
Le accarezzai una guancia facendola sorridere, era davvero dolce.

Con l’altra mano le andai a sfiorare il fianco sott’acqua avvicinandola a me, facendo combaciare perfettamente i nostri bacini.
Rabbrividii e lei anche.
Eravamo complici l’uno dell’altra ormai.
Stavo facendo un’idiozia, probabilmente lei non era interessata al sottoscritto e poi era la cugina di Ryan, sarei morto se lui avesse saputo tutto ciò.
Ero andato oltre i limiti di Ryan dal momento in cui le chiesi di scendere in piscina con me.
J: Posso baciarti?
I: … sì.

Sorrisi e con entrambe le mani le presi il viso avvicinandolo al mio e dolcemente feci combaciare le nostre labbra.
Altro che Selena.
Ciò che stavo provando era qualcosa di assurdo, qualcosa di cui non avrei più potuto fare a meno.
Le sue labbra inesperte indugiavano sulle mie senza andare troppo oltre, senza entrare nel passionale, rimanendo su quella soglia tra dolcezza e sensualità.
Adoravo tutto ciò, le sue labbra accarezzavano le mie in maniera discreta ma altrettanto eccitante.
Si lasciava trasportare da me, dai miei movimenti, senza però lasciarmi troppo comando.
Non ero più abituato a gestire il gioco, insomma, Selena e le sveltine per dimenticarla cercando l’amore, non erano paragonabili a tutto ciò.
Quelle ragazze erano spesso al comando del gioco e io risultavo la macchia da sesso succube del piacere e da donne fin troppo esperte per me.
Non feci in tempo ad assaporare tutto il momento, godendomi ogni dolce carezza delle labbra di Lucy, che si staccò da me.
Sorrise flebilmente e svelta scappò via.
La osservai leccandomi le labbra ancora impregnate del suo sapore, mentre nuotava veloce verso l’uscita.
Scavalcò con una spinta di braccia il bordo e prese il suo asciugamano.
Nascose subito il suo corpo bagnato  e infreddolito.
Non sapevo perché lo faceva, era così unica.
Non aveva un fisico da modella, ma era talmente perfetta.
Ero stufo del solito fisico asciutto con una mezza taglia di tette e un culo inesistente.
Lei era perfetta, non troppo magra non troppo in carne, aveva delle belle curve davanti e pure dietro.
Non era la tipica ragazza con l’autostrada al posto delle gambe, ma poi che autostrada è se non ha curve?

Ok, forse Lucinda non era alta quanto Selena o quanto le puttane che mi ero fatto in passato, ma di certo era alla mia altezza, anzi, forse meritava di più.
Era sbagliato che lei pensasse di non essere all’altezza delle altre ragazze, era sbagliato che pensasse che coprire il suo corpo avrebbe coperto la sua vergogna, che poi, se fossi una ragazza la invidierei…insomma a parte il caratterino tutto pepe era una ragazza fantastica.
Lucinda.

Eccomi qui.
Sopero con tutta me stessa che vi sia piaciuto!
Ah, giusto, volevo farmi un po' gli affari vostri chiedendovi un paio di cosette:
- Di dove siete?
- Andrete a Bologna il 23 Marzo?
- Quanto siete felici che il Believe Tour è iniziato?!
Ahahahah mi dileguo.
Rispondetemi pure con una recensione ;)

Byyyye!
Glo


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Capitolo 16
*** Chapter 16 : I could not fall in love ***


SWAG!
Oggi Otto Ottobre Duemiladodici è il primo giorno della Settimana di Bieber.
Lo sapevate no?
Vabbeh, Bieber Week a parte.
Ci tengo a ringraziare le recensioni che ho ricevuto, non molte, anzi, solo un paio purtroppo.
Sapete quanto ci tengo alle vostre recensioni, siete sempre così carine e vedere i vostri commenti è bello.
Comunque.
Mi scuso per i tempi di aggiornamento ma sono un po' impegnata ultimamente.
:/
Vorrei poter trovare un po' più tempo per voi care Fansette.
Ok, mi sembra di aver Parlato anche troppo, che dite?
Spero di trovare delle recensioni in questo capitolo ;)
Ci vediamo alla fine del capitolo e buona lettura :)

Chapter 16 : I could not fall in love.
 
(Lucy’s Pov)
 
Stupida, scema, cretina, deficiente, idiota!
Stupida, scema, cretina, deficiente, idiota!
Stupida, scema, cretina, defi…
J: Lucy!
Deficiente, idiota!
J: oh, andiamo so che sei lì dentro!
Iniziò a bussare freneticamente alla porta della mia stanza, e io avevo mal di testa e mal di pancia.
Non sapevo spiegarmi se tutto ciò fosse a causa della fame tremenda o della morsa di piacere provata mentre baciavo Justin.
Cavolo, non potevo dirgli semplicemente ‘No Justin’, no, dovevo complicarmi la vita!
Avevo capito bene che c’era qualcosa in me che non andava, nel senso, avevo capito che qualcosa, di più forte di semplice amicizia mi legava a lui.  
Volevo sapere se avevo ragione e soprattutto se avessi avuto una possibile e remota chance.
Beh, ora sapevo che sì, qualcosa di forte mi legava a lui e che soprattutto quella possibilità svolazzava davanti al mio naso.
Ma non potevo, non potevo innamorami.
Non di lui.
Non potevo innamorarmi, non volevo più soffrire per amore, eppure quando Justin mi stava attorno era tutto completamente migliore, e così era sempre stato.
Con lui attorno, le mie estati passate da mio cugino erano più dolci e accettabili, una partita di basket persa con lui o contro di lui era una partita magnifica, i compiti di matematica fatti in gruppo, se lui c’era erano migliori, persino il rapporto tra me e Ryan con lui era migliore.
Forse rendeva migliore me.
J: Lucy sono quasi le due e tuo cugino con Chaz ci aspettano di sotto, vogliono pranzare con noi.
Non risposi subito ero ancora persa tra i miei pensieri, quel bacio era stato il migliore di tutta la mia vita.
Avrei potuto giurare di aver sentito il mio cuore, fermo da tempo, risvegliarsi e fare una capriola su se stesso, il mio stomaco ruggire e il mio cervello andare in un completo black-out.
I: non scendo!
Justin era molto spazientito, lo sentivo da come camminava avanti e indietro per la stanza.
Aveva ragione poverino.
Gli avevo dato via libera per baciarmi e poi, dopo un bacio meraviglioso, me ne scappai via in preda delle paranoie.
E ora, non volevo scendere nemmeno con gli altri, non volevo nemmeno vederlo.
J: finché non esci da questa fottuta camera io rimango qui.
Lo sentii scivolare con la schiena lungo la porta.
Così mi sentii costretta ad asciugarmi e mettere un intimo per poi farmi un bello chignon.
Rimisi i vestiti di prima e con un po’ di trucco ero pronta.
Aprii piano la porta e ritrovai Justin in piedi, vestito come prima anche lui.
Cercai di evitare il suo sguardo e camminando dietro di lui ci trovammo a prendere le scale.
C: yo! Siete qui!
Annuii e con me Justin.
Ryan ci guardava scettico, ero totalmente incurante di ciò che succedeva nello spazio circostante, c’eravamo solo io e le immagini del bacio con Justin.
Pregai comunque che Ryan e la sua astuzia non capissero nulla, altrimenti Justin era una Popstar morta e io una cugina sedicenne obbligata agli arresti domiciliali.
Ci dirigemmo appena fuori dall’hotel – come diceva Chaz – per raggiungere un buon locale in cui poter pranzare.
Non avevo alcuna fame, stranamente avevo lo stomaco completamente chiuso, avrei preferito passare il resto della mia giornata spaparanzata sul lettone morbido di quella stanza fresca.
Per la mente avevo solo Justin, il bacio e ancora Justin.
Più lo guardavo – di sottecchi ovviamente – più mi rendevo conto quanta bellezza potesse avere quel ragazzo, più ascoltavo la sua voce mentre parlava, più pensavo che fosse una melodia e più sentivo la sua risata più mi convincevo che fosse la perfezione.
Quel trancio di pizza che avevo davanti era invitante ma non lo toccai per nulla al mondo, ciò fece preoccupare mio cugino che subito si avventò su di me con un terzo grado.
R: perché non mangi? Stai male? Vuoi tornare su? Che ti ha fatto Justin?
Odiavo gli scatti che Ryan faceva quando era preoccupato o geloso di me, faceva domande a macchinetta e parlava alla rinfusa spesso senza nemmeno dare senso a ciò che diceva.
Le parole gli uscivano dalla bocca velocemente e gli occhi diventavano una fessura, tendeva le orecchie pronto a qualsiasi mia risposta.
I: Non ho fame. Tranquillo sto bene.
Sorrise e prese più di metà della mia fetta di pizza.
R: quella la mangi.
Era un ordine, ma anche una supplica.
Ryan non poteva essere sminuito da nessuno in nessun modo, era il cugino perfetto, se non per quegli attacchi da padre apprensivo, lui faceva di tutto per me, era sempre stato così, ma amplificò il tutto dopo l’accaduto di mamma e Thomas.
Vigilava su di me come un avvoltoio e ciò era talmente dolce da parte sua, ma era opprimente alle volte.

Basta, la mia testa stava scoppiando, così, mi abbandonai alla pizza.
I: che faremo domani?
Mi guardarono un po’ e poi si consultarono con sguardi ingenui.
R: a te la scelta. Organizza tu un itinerario.
Finalmente una buona notizia, la sottoscritta aveva libera scelta sul da farsi del giorno seguente, beh, di certo non avrei risparmiato sulle ore di shopping.
A proposito dell’attività migliore del mondo, ne avevo davvero bisogno, non andavo a fare VERO shopping a prima di partire per il Canada.
Spesso passare tra le vie dei negozi di Los Angeles mi metteva di buon umore, mi piaceva la moda, ma era un giro troppo esclusivo per farne parte; mi limitavo a fare la spendacciona per i capi e gli accessori con più stile.
 
Nel pomeriggio decisi che mi sarei concessa al sole di Miami Beach insieme ai Tre Moschettieri.
Era bella la spiaggia, bianca con ombrelloni grandi e di paglia, il mare sembrava perfetto, azzurro cristallino per poi correre verso largo con sfumature del verde fino al blu più scuro.
Sarebbe stato un bel dipinto.
Era pomeriggio inoltrato, diciamo quasi le cinque ma il sole batteva ancora.
La gente si ritirava mentre io e i miei amici eravamo ancora in balia del relax.
Justin dormicchiava sul telo da mare facendo diventare la sua schiena ambrata grazie al sole, Ryan era in acqua insieme a Chaz che giocavano con un pallone da beach volley.
Non sapevo che fare, le spalle mi bruciavano per aver preso fi troppo sole nel primo pomeriggio e ora me ne stavo all’ombra tranquilla, sdraiata a pancia in giù con gli occhi semi chiusi rivolti a Justin e le orecchie impregnate del rumore delle onde.
R: Lucy!
Urlò mio cugino dall’acqua per richiamare la mia attenzione.
Mi alzai in piedi e osservai i due uomini schizzarsi; li raggiunsi sul bagno-asciuga per sapere che voleva mio cugino.
I: dimmi._ç
R: io e Chaz ci facciamo una nuotata a largo e poi torniamo in su, voi che fate?
Mi guardai indietro, Justin aveva cambiato posizione, stava supino con le gambe un po’ divaricate ma rilassate.
Era quasi da ritratto…mi venne un’idea.
I: Ryan, Justin sta dormendo, voi fate come volete…non ti dispiace se gli tengo compagnia?
Ryan mi osservò da capo a piedi con gli occhi che rese fessure, poi guardò verso Justin rilassato al sole.
R: appena si sveglia tornate in hotel.
Sorrisi e lo ringraziai per avermi dato fiducia.
Aspettai che i ragazzi se ne tornassero in hotel prima di tirar fuori dalla mia borsa l’astuccio e l’album dei disegni.
Osservai Justin, lo osservai bene: i capelli spettinati appena mossi dal venticello, il viso rilassato con gli occhi  chiusi adornati dalle lunghe e folte ciglia dorate, il nasino perfetto che faceva dolci chiaroscuri sulla sua pelle, le labbra…quelle labbra che avevo avuto l’onore di assaggiare, morbide e carnose appena schiuse, il suo corpo perfettamente adagiato sul telo da mare, i pettorali appena accennati, l’addome piatto ma leggermente scolpito da quelle poche ore fatte in palestra, la V che delineava i fianchi per scendere poi nel basso ventre.
Era tutto un susseguirsi di linee ed ombre, la perfezione.
Presi in mano la matita più morbida che avevo, anzi no, una mina morbida ma non troppo, una mina adatta a tracciare le linee della perfezione.
Scelsi una 3B per iniziare.
Fu veramente unica la sensazione che provai nel far correre la matita con movimenti decisi e fluidi sul foglio, tracciare le linee che definivano il corpo di Justin fino all’addome.
Non avevo perso la passione per il disegno, non avevo dimenticato come si faceva, ma d'altronde come avrei potuto dimenticare?



SWAG!
Di nuovo.
Ahahah.
Sono andata.
Bene, mi auguro che il capitolo sia piaciuto e che magari mi lascerete una recensioncina piccolina ;)
Al prossimo!
XO XO 
-Glo

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Capitolo 17
*** Chapter 17 : I don’t wanna sleep on the sofa. ***


Wella!
Come state belle mie?!
Allora, Diciamo che mi state un po' mandando in depressione...
...Dove sono le mie recensioni!? D:

Sto seriamente pensando che sta storia faccia schifo...
D': 
Comunque, chissà che in questo capitolo avrò più recensioni ;)
Vi amuu!

 
Chapter 17 : I don’t wanna sleep on the sofa.
 
L’itinerario era completo, ci avevo lavorato la sera precedente, avevo studiato bene il tempo.
Erano le otto e mezza, io ero già pronta un top con stampa americana ed un paio di shorts a vita alta [
http://ak2.polyvoreimg.com/cgi/img-set/cid/57288897/id/HzUhUOdDTOC_4vSkc0ADrg/size/y.jpg], i ragazzi invece stavano ancora nel mondo beato dei sogni.
 
Svegliai Ryan che mi mandò a quel paese; gli ricordai che mi aveva dato libertà all’itinerario.
Svegliai successivamente anche gli altri due e nel frattempo che i trogloditi si vestivano io finivo l’applicazione del mascara.
I: Ragazzi miei questa mattina..
Chaz si intromise.
C: questa mattina io mi esilio, me ne starò solo soletto.
Lo guardammo male…sapevamo bene che intendeva fare il pagliaccio con qualche bella ragazza con un niente da fare.
Decisi che lo avrei lasciato bearsi dei rifiuti che avrebbe ricevuto dal gentil sesso presente a Miami.
I: non importa; Ryan e Justin…questa mattina fino alle 12 sarete destinati ad accompagnare la sottoscritta a fare shopping.
Sbuffarono ma alla fine li convinsi, mi volevano bene.
Per andare al centro commerciale più vicino avremmo dovuto usufruire di mezzi pubblici o di un taxi, Justin ovviamente scelse un taxi.
Il centro commerciale non era poi così enorme ma la scaletta dei negozi prometteva più che bene: H&M, Forever21, Pimkie, Victoria’s Secret e tanti altri negozi.
Quella mattina era molto soleggiata e l’aria era calda, dentro al negozio si stava più che bene, perciò Ryan e Justin da una parte non si potevano lamentare.
Non era affollato, quasi per niente, la gente che passava spesso guardava Justin che aveva – perennemente – gli occhiali da sole scuri, cercava di intravedergli il viso sotto la visiera del cappello, ma era impossibile non riconoscerlo.
Solo Justin Bieber poteva permettersi di portare i pantaloni della tutta larghi arricciati fino al ginocchio, solo lui poteva permettersi di portare un vistosa collana con un ciondolo di diamanti, solo lui avrebbe potuto agghindarsi in ogni modo e non sfigurare.
Però nessuno l’aveva fermato per una foto, autografo o un semplice abbraccio, i suoi fans alla fine sapevano bene quali fossero i momenti adatti.
Era quasi finita la maratona dello shopping, avevo girato parecchi negozi e avevo riempito i ragazzi di sacchetti…no scherzo.
Justin teneva quattro sacchetti diversi mentre Ryan solo un paio.
J: Ti prego Lucy, sediamoci.
Annuii e sedemmo alla prima panchina disponibile.
R: e così è per questo che ci hai portati con te? Per i sacchetti?
Lo guardai e feci un sorso alla mia bottiglietta di acqua frizzante, la mia preferita.
I: no, solo da una parte. Non capisco, pensavo che anche voi avreste voluto comprare qualcosa.
Si guardarono e sorrisero a me senza capire il perché.
Dopo vari minuti di relax sulla panchina del corridoio del centro commerciale, ci alzammo e io iniziai a camminare decisa verso il negozio di Victoria’s Secret.
I: cugino, ti piace l’intimo di Victoria’s Secret?
Guardò me e poi Justin.
R: e chi è?
Roteai gli occhi al cielo e poi guardai Justin in cerca di salvezza.
J: oh, è un negozio di intimo, ha bella roba, ma anche…Porca put!
Mi guardò con gli occhi spalancati, aveva alzato gli occhiali da sole per farmi vedere la sua strana espressione.
J: tu non ci entri.
Risi.
I: perché no?
Oh, aspetta, quella marca era molto famosa anche per la lingerie sexy, tranquilli gente, non avrei comprato roba da Escort.
Mi servivano un paio di reggiseni nuovi e carini, un po’ più di classe rispetto quelli colorati.
Papà a LA, quando mi portava a fare compere mi faceva sempre evitare quel negozio, ci eravamo entrato solo una volta, ma ci uscimmo subito.
Il mio papà non voleva che portassi ‘quella roba’, era convinto che avessi bisogno solo di reggiseni e slip colorati,  niente roba nera, niente roba color carne, niente roba con pizzo ,niente perle o Swarovski.
Al massimo potevo permettermi un reggiseno bianco senza spalline.
I: tranquillo Justin, voglio solo un paio di reggiseni che non siano rosa confetto.
Sorrise forzato e mi accompagnarono.
Facemmo un giro non tanto ampio, giusto per capire quali fossero i reparti ragazza e lingerie da evitare.
Fortunatamente feci in fretta a trovare ciò che cercavo, nulla che osasse troppo, solo qualcosa di nero e qualcosa color avorio, qualche merletto ma nulla di trasgressivo.
Le facce di Ryan e Justin erano imbarazzanti, non avevano nemmeno guardato le commesse in faccia, non toglievano lo sguarda da terra.
I: Ryan, lungo il corso c’è un negozio di intimo per ragazzi, se ti va ti regalo un paio di boxer che non abbia orsetti o pinguini con gli occhi a cuore.
Justin iniziò a ridere come un deficiente mentre Ryan divenne rosso.
Trascinandolo con la forza riuscii a convincerlo che un paio di boxer neri o grigi o che ne so io, avrebbero potuto servirgli, gli orsetti sulle mutande sono adorabili…finché non compi 13 anni però.
Ryan ne aveva diciotto.

Pagò la sottoscritta, così la zia al massimo avrebbe ‘incolpato’ me di aver aperto gli occhi al suo bambino.
I: Ok, possiamo andare a prendere Chaz e poi a mangiare.
Furono più che felici della mia decisione.
R: che si fa oggi pomeriggio?
I: direi che rilassarsi in spiaggia non suona male.
 
E così, dopo una lunga e spassosa giornata con Chaz – stranamente – per gli affari suoi, ci ritrovammo nella nostra ‘modesta’ camera per quattro davanti al televisore.
Indossavo la mia solita – pulita e profumata – magliettona da notte e i ragazzi, Ryan e Justin un misero paio di pantaloncini da basket, vecchi come la Terra, ma pur sempre solo pantaloncini.
Il gelato mi confortava, il programma che dava MTV faceva pena, noioso troppo lungo e ad ogni pubblicità spuntava la faccia di Justin che ripeteva di comprare il suo nuovo album.
Irritante.
J: sono stufo di guardare me stesso! E in genere non no ho mai abbastanza di me allo specchio.

Nascose il viso dietro la mia schiena appoggiandosi interamente, ma Ryan lo rianimò subito…tipico.
I: Gelato?
Justin fece il labbruccio e io gli infilai una cucchiaiata di gelato variegato al coccolato in bocca.
I: ora ridammi il cucchiaino, apri le fauci.
Me lo rese e continuai a godermi la mia vaschetta di gelato davanti alla TV, con i miei due ‘angeli’ custodi a fianco fino a quando un irruento Chaz entrò in camera pomiciando apertamente con una rossa da strapazzo che, al posto delle tette, aveva due angurie.
C: ragazzi lei è Denise. Denise, i ragazzi…scusa Justin ma sta notte dormi sul divano.
Justin si alzò in piedi e vidi un esplicito interesse negli occhi di quella Denise farsi avanti per Justin mezzo nudo.
J: come?
D: scusa popstar, ma il tuo amico qui mi ha promesso che mi avrebbe fatto divertire…se vuoi unisciti a noi.
Il biondino la guardò disgustato dalla sua affermazione e affermò un categorico ‘no’, sedendosi di nuovo accanto a me.
C: ook, noi andiamo a farci un po’ d’esercizio fisico.
Non li degnammo di un minimo e li lasciammo varcare la soglia della stanza da letto avvinghiati come due cozze.
J: non voglio dormire sul divano.
Piagnucolò. 

Piaciuto il capitolo?
Spero di sì ;)
Ok, me ne vado và.
Ciaooo!
XO XO
-Glo.

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Capitolo 18
*** Chapter 18 : Chaz, the next time do your ‘exercises’ in another place. ***


Hello!
Ragazze ma quanto vi amo!?
Ok, facciamo che sono presa abbastanza bene dalle gif (non le ho scoperte ora ma le adoro) ;D
Va bene, sto uscendo pazza.
Occhei, volevo solo RINGRAZIARVI per le recensioni molto carine che mi avete lasciato.
Sono sempre felice di leggerle, ormai sapete quanto contate per me ;)

Vio ho visto più attive o sbaglio?!
Spero che anche il prossimo capitolo vi piacerà, spero che mi lascerete una recensione e nulla...
A fondo capitolo!

Chapter 18 : Chaz, the next time do your ‘exercises’ in another place.
 
Colpi, gemiti, rantoli.
Pausa.
Rantoli, colpi, gemiti.
Pausa.
Gemiti, rantoli, colpi.
Ero stretta al petto di mio cugino che sembrava essere immune al rumore degli ‘esercizi fisici’ tra Chaz e la sua amichetta.
Era impossibile dormire con quei due che ci davano dentro come conigli e proprio quando sembrava che lo strazio fosse finito, ecco che ricominciano a sentirsi strani versi e colpi.
Tutto ciò mi disgustava, voglio dire, perché non si era portata Chaz nel suo di letto?
L’aveva rapito per tutto il giorno.
Avevo bisogno di latte, o acqua, qualunque cosa pur di dormire.
Mi tolsi il lenzuolo bianco e guardai Ryan dormire, era così tremendamente dolce; gli diedi un bacio sulla fronte e mi alzai senza fare rumore.
Camminai in punta di piedi e aprii la porta con delicatezza per richiuderla – una volta fuori dalla camera da letto – con i medesimi movimenti.
Raggiunsi il mini-frigo che stava proprio lì, vicino alla TV, lo aprii e trovai a mia fortuna un tetrapak del latte.
J: non riesci a dormire?
Sobbalzai, mi ero scordata che Justin fosse sul divano e per di più sveglio.
Mi voltai, presi il latte e richiusi il frigo.
I: no…
Indicai la stanza di Chaz.
Bevvi un sorso di latte, anche bello grande senza guardare Justin che probabilmente si stava chiedendo quanta finezza non avessi.
I: posso?
Annuì e mi sedetti accanto a lui, appoggiando il cartone di latte sul tavolino di fronte e raccogliendo le gambe al petto per occupare meno spazio.
I: tu non hai sonno?
Rise piano, usando lo stesso tono con cui io avevo pronunciato le mie parole.
J: sì. Se solo riuscissi a dormire.
Mi guardò dritta negli occhi e in quel momento giurai di aver perso un battito, di aver sentito mancarmi il respiro e la voce morirmi in gola.
Si avvicinò lentamente con quel mezzo sorriso sul viso, così dannatamente sexy e dolce allo stesso tempo.
Raggiunse il mio viso e mi baciò una guancia, così, senza un valido motivo.
Poi avvicinò alle mie labbra il suo pollice e appoggiandosi con la mano al mio mento fece scivolare il pollice sul mio labbro superiore strofinando leggermente.
J: avevi un baffetto di latte.
Sorrisi e abbassai lo sguardo imbarazzata.
J: no, guardami ti prego.
Alzai gli occhi e li incrociai con i suoi, ogni volta era un colpo.
Nonostante fosse buio potevo ben distinguere il loro luccichio, la loro pienezza, il loro color caramello e quella linea verde attorno all’iride che puoi vedere solo se gli sei molto vicino.

Aveva parlato quasi solo lui, ma la cosa non mi recava fastidio o imbarazzo, era piacevole sentire la sua voce roca e bassa, sussurrata per non farsi sentire.
J: adesso vorrei baciarti. Posso?
Esitò, passando lo sguardo dai miei occhi scuri alle mie labbra fini schiuse appena.
Guardai le sue che si stava mordendo e senza resistere gli presi il viso tra le mani e mi ci fiondai letteralmente, sulle sue labbra.
Erano morbide e calde, così soffici, perfette, il suo alito che si confondeva con il mio  e le sue mani sulle mie, sensazioni indescrivibili.
Scosse elettriche lungo tutta la mia spina dorsale, lo stomaco era così in subbuglio a fare quasi male, il cuore che non sentivo nemmeno più per quanto battesse veloce.
Pensavo solo che Justin riuscisse a farmi sentire bene, completa.
Fece correre la sua mano lungo il mio fianco e quando provò a infilarla sotto la mia maglia mi scansai.
I: ehi, mani a posto…
Sorrise e si scusò dandomi un bacio sul naso.
I: posso dormire qui? Con te?
Annuì e sorridendoci ci sdraiammo lungo il divano facendoci stretti e vicini.
La mia schiena adagiava contro il petto nudo di Justin che sentivo alzarsi ritmicamente, quasi in sincrono con il mio respiro.
Mi circondò con un braccio e mi baciò il collo scoperto.
J: buona notte.
Chiusi gli occhi e stringendomi a lui sorrisi, prima di addormentarmi.
 
… La mattina seguente, al risveglio …
 
La luce del sole di metà mattina aveva già fatto capolinea nella candida stanza di Ryan che dormiva beato avvinghiato ad un cuscino.
Forse era convinto di avere di fianco la cara cuginetta, inconsapevole che la signorina avesse passato la notte avvinghiata qualcun’altro.
Come farle una colpa, nemmeno Justin riusciva a dormire con Chaz e Denise che facevano festa.
Ryan aprì piano gli occhi cercando disperatamente il corpo della adorata – piccola – cuginetta, rendendosi presto conto che affianco a lui non c’era niente più che un cuscino.
R: Lucy?
Disse con la voce ancora impastata da sonno, non che fosse presto, anzi, erano di già le dieci  e mezza della mattina eppure, in quell’alloggio dormivano tutti.
Si alzò di fretta e scaraventò il lenzuolo dall’altro lato del letto.
Marciò convinto verso la porta, l’aprì e si diresse verso il divano per svegliare Justin e chiedergli di Lucy.
Arrivò davanti a lui anzi, loro e rimase ad osservarli pochi secondi.
Sapeva che sarebbe successo, sapeva che Lucy si sarebbe invaghita di Justin, e Ryan non voleva, conosceva Justin e per quanto gli volesse bene, conosceva i suoi fottuti vizi.
Conosceva quello strano istinto animale che da quando aveva lasciato Selena lo portava a farsi la prima che passava, eppure, caro Ryan, dovevi riconoscere che aveva smesso.
Da parecchio ormai.
Ma non poteva tollerare altro dolore morale per Lucinda, le volveva troppo bene, lui infondo era l’unico che la capiva davvero, l’unico – oltre al papà di lei – a cui Lucinda avesse raccontato della notte con Thomas.
La vera notte con Thomas.
Gli altri sapevano solo che lui aveva cercato di portarsela a letto con la forza ma che fortunatamente se l’era risparmiata, Ryan sapeva la verità, ovvero che Thomas avesse strappato alla piccola e tredicenne Lucy una delle poche cose ancora importanti per lei.
Ryan voleva il meglio per Lucy, voleva che imparasse ad amare e voleva che gli altri imparassero ad amare lei, e non giudicarla come una ragazza disturbata.
Perse la pazienza e ormai il suo viso era paonazzo, Justin aveva sbagliato, voleva avere Lucinda, beh avrebbe dovuto parlare con Ryan.
E non sarebbe stata una conversazione tanto tranquilla.
R: Lucinda Destiny Hope Butler!
Urlò Ryan svegliando Lucy che ruzzolò giù dal divano picchiando il sedere sul marmo duro e freddo del pavimento.
I: Cavolo Ryan, che vuoi?
Si sistemò i capelli, strofinò gli occhi e vide suo cugino arrabbiato come lo aveva visto solo poche volte.
R: Justin Drew Bieber!
Disse poi con il medesimo tono con cui aveva svegliato Lucy.
Justin si coprì il volto con le mani e tossì un paio di volte prima di riprendersi dal sonno.
J: ehi Ryan, ma sei pazzo? Ho pensato di essere a casa di mio padre.
Si lamentò il ragazzo dai capelli arruffati.
R: Lucy, Justin, spiegatemi.
I ragazzi lo guardavano spaesati, poi si guardarono tra loro e sorrisero imbarazzati.
R: sto aspettando.
Ryan aveva quel tipico tono fermo e deciso da padre sulla difensiva, Lucinda odiava quel tono, lo considerava una provocazione, ma doveva rimanere tranquilla.
Si alzò da terra, si sistemò la maglia e sbuffò in direzione del cugino.
I: Ryan, non è successo nulla di male. Chaz e Denise non mi facevano dormire con la loro ‘Ginnastica’ e così sono andata a prendere un sorso di latte trovando Justin sveglio per il mio stesso motivo.
Ryan la guardò per incitarla a continuare, erano credibili le spiegazioni di Lucinda eppure non capiva perché si fossero addormentati così vicini.
I: e poi io mi sono seduta affianco a lui e mi sono addormentata…
J: appoggiata alla mia spalla. Ci siamo messi più comodi. Scusa Ryan.
Lucy guardò Justin e gli sorrise, era stato dolce.
Aveva passato una bella manciata di minuti, e anche la nottata non era stata male, accoccolata al petto di Justin.
Chaz arrivò appena in tempo per prendersi anche lui una sfuriata.
R: Cazzo Chaz, la prossima volta fate i vostri ‘esercizi’ da un’altra parte!




Ma che idolo scemo abbiamo?!
AS LONG AS YOU DUCK DUCK DUCK DUCK DUCK DUCK DUCK DUCK DUCK DUCK DUCK ME.
WTF!?
O.O
Lo amo comunque ;)
Ok Fansette, al prossimo capitolo...RECENSITE!

XO XO ... GossipGirl...

No, ok. 
Loooove.
-Glo

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Capitolo 19
*** chapter 19 : Clarity. ***


Ciao Ragazze!
Come state bellezze mie!?
Devo ringraziarvi per le recensioni, come sempre siete molto gentili e carine.
Ho un annuncio un po’ importante da fare, facciamo così, vi leggete il capitolo, e poi LEGGETE il mio spazio A FONDO PAGINA.
MI RACCOMANDO, POTREBBE INTERESSARVI!

 
Chapter 19 : Clarity
 
(Lucy’s Pov)
La situazione era davvero imbarazzante, no anzi, era molto più che imbarazzante.
Così, decisi di togliermi di mezzo, l’ultima cosa che volevo era che Justin e mio cugino litigassero per me.
Ma le persone che litigavano non erano loro, a mia sorpresa erano Chaz e Ryan.
Davo ragione a mio cugino, non perché fosse mio parente ma perché Chaz era stato un coglione patentato a portare Denise.
Andai in camera, mi vestii e poi uscendo non trovai nessuno. [ 
http://ak1.polyvoreimg.com/cgi/img-set/cid/57507379/id/bqGtgpRYQ0mEOQloO6PatA/size/y.jpg ]
Mi squillò un messaggio : Ryan.
"Lucy io e gli altri siamo andati in piscina, non ti volevamo disturbare. scusami".
Non mi andava di stare con loro quella mattina, dovevo chiarirmi le idee, insomma, avevo baciato Justin ben due volte.
“Tin Tin”
Parli del diavolo e spuntano le corna "Sono Justin, volevo chiederti di uscire. Sta sera. Ci troviamo alla hall per le 9."
Non risposi, ma non avrei potuto ignorare il suo invito, infondo voleva solo una possibilità, la diedi a Chaz, perché non a Justin?
Camminavo tranquilla e decisa verso l’uscita dell’hotel, sarei andata in spiaggia, avrei fatto due passi in riva al mare per schiarirmi idee e sentimenti.
Cosa provavo io per Justin?
Non potevo dire di amarlo, era prematuro, però era forte l’emozione che provavo ogni volta che si avvicinava a me, o solo quando mi parlava.
Mi sentivo avvampare solo sapendo che il suo sguardo era posato su di me.
Avevo bisogno di parlare con qualcuno, volevo che qualcuno che ne sapesse più di me mi aiutasse a capire qual era la cosa migliore da fare, volevo chiarezza.
Era bello camminare sulla spiaggia umida, appena più sopra di dove toccavano le onde, le scarpe in mano e l’altra mano in tasca, i capelli sciolti mossi leggermente dalla brezza marina, l’odore salmastro nelle narici, gli schiamazzi della spiaggia e il rumore delle onde.
Era talmente rilassante, camminai per molto, arrivai inconsapevolmente in un pezzetto di spiaggia vuota, dominato per la maggior parte dagli scogli.
Mi sedetti su uno di essi e presi il cellulare dalla tasca, guardai le chiamate , i messaggi ma nulla, papà non aveva risposto.
Ero abbastanza disperata che controllai anche i messaggi in segreteria ce n’era uno, sperai con tutta me stessa che fosse papà.
Aprii il messaggio e lo ascoltai.
Era papà : "Ciao amore. Scusami se non mi sono fatto sentire. Vorrei parlarti, mi manchi tanto adesso devo andare, ci sentiamo."
Mio papà mi mancava come l’aria, era l’unico uomo che amavo davvero e che avrei amato per sempre.
Avrei chiesto aiuto a lui; digitai il suo numero a memoria sui tasti touch del mio I-Phone e aspettai che rispondesse dall’alto capo.

P: pronto cucciola!
Aspettai.
I: ciao papà…come stai?
P: bene amore e tu?
Non risposi subito, mi faceva male la testa, volevo digli di Justin, chiedergli consigli, ma avevo paura della sua reazione, volevo poter implorare per un aiuto, poter sperare che ciò che provavo io fosse ricambiato sinceramente.
I: papà ho baciato Justin.
Non ci  fu una risposta, solo un ‘oh’ stranito, probabilmente non si ricordava che il Justin di cui parlavo fosse lo stesso bambino di nome Justin che amava giocare a basket con un pallone più grande di lui, e che divenne famoso all’età di quindici anni.
P: quel Justin? Justin Bieber? Il ragazzino che giocava sempre con te, Ryan e Chaz?
I: ehm, sì.
Lo sentii tossire e sospirare.
P: cosa dovrei dirti? Non sono bravo in queste cose…
Sospirai.
I: voglio solo una mano. Io con lui sto bene e provo qualcosa di paranormale, di totalmente bello e sensazione di pienezza, felicità…com’è possibile che due baci mi abbiano fatto innamorare di lui.
Papà ci mise un po’ ad assimilare un discorso da sedicenne confusa, ma poi attaccò a parlare.
P: credo che tu lo amassi già, voglio dire, che ci fosse già qualcosa di più che ti legava a lui. Te ne sei accorta ora, forse, se non vi foste rivisti ti sarebbe successo perché ti sarebbe mancato. O magari avresti scoperto i tuoi sentimenti troppo tardi.
Sbuffai e iniziai a torturare un pezzo di roccia, ero frustrata.
I: quindi…
P: quindi se Justin è cresciuto come bravo ragazzo e ti fidi di lui, se lo ami o qualcosa di veramente simile, beh, fatti avanti.
Avrei dovuto darmi una possibilità di avere un rapporto con un ragazzo che non fosse parentela o amicizia?
Era ora che provassi a lasciarmi andare, ero chiusa dentro una bolla da tre anni, volevo uscire, ma avevo paura, paura di farmi male e finire di nuovo nella mia bolla.
P: tesoro ora devo scappare, ti voglio bene, fammi sapere come va con Justin.
Chiuse.
Guardai in alto e mi resi conto che la bella e soleggiata mattinata si stava trasformando in una specie di nuvole scure minaccianti pioggia.
Il sole era alto ma presto sarebbe stato oscurato da nuvole cupe.
Era il terzo giorno di vacanza e al contrario delle mie aspettative ero molto confusa e stressata, strano, avrei giurato che quella vacanza sarebbe stata un’opportunità  per rilassarmi.
Che poi, combattevo contro la mia mente per convincermi o meno di dare a Justin una semplice opportunità, mi sentivo così stupida e infantile.
La verità era che tutto ciò che avevo sempre – e inconsciamente – desiderato era lì. Per me. Servito su un piatto d’argento.
Quel faccino da cucciolo che sognavo nei miei pomeriggi estivi d’infanzia, quella vocetta così odiosa ma melodica al tempo stesso, quei capelli che ti facevano venir voglia di spettinarli, era tutto lì, davanti a me.
Adesso però, il faccino da cucciolo era solo un vago ricordo, al suo posto c’era il viso perfetto di un giovane uomo che stavo agognando da un po’, la vocetta non era più così acuta, era modellata in toni più gravi e seducenti, i capelli non erano più quel caschetto  particolare, erano a spazzola, con un ciuffo talmente spettinato da sembrare perfetto.
Quel ragazzino che faceva parte dei miei pensieri più dolci era diventato il ragazzo dei miei desideri.
Se solo Ryan avesse saputo che la sua cuginetta era cotta già allora del suo migliore amico, cosa avrebbe pensato?
E se Ryan scoprisse tutto ora, io, Justin cosa saremmo?
Quella mattina non avevo trovato chiarezza, solo molta più confusione.
Mamma sarebbe stata in grado di aiutarmi, e sicuramente mi avrebbe saputo dare una risposta unica, senza doppie uscite.
Certo, papà ci provava, ma in  certe cose, non era il massimo.

Il tempo stava peggiorando e io non avevo voglia di prendere della pioggia, così scesi dalla roccia e iniziai a camminare svelta verso l’hotel.
Iniziò a piovigginare ed io ero solo a metà strada, accelerai il passo, e fortunatamente riuscii ad arrivare in albergo prima che potessi diventare un spugna.
Infilai le scarpe che avevo tenuto in mano durante la passeggiata e mi feci avanti nella grande hall.
L’ascensore era pieno e io morivo di freddo, ero pur sempre vestita con abiti umidi e l’aria condizionata non mi stava aiutando.
Decisi di fare le scale, mi sarei evitata la parete ghiacciata dell’ascensore contro la schiena e altre sei persone addossate alla sottoscritta.
Appena fui in camera tirai un sospiro di sollievo, erano le 12.30 e i ragazzi non c’erano.
Dovevo cambiarmi, o avrei rischiato un raffreddore. 
 
We!
Spero con tutta me stessa che il capitolo vi sia piaciuto, passiamo alle cose serie!
Allora, ho pensato al fatto che mi ci vorrebbe un po’ di pubblicità, insomma, mi piacerebbe che la mia storia venisse recensita da un po’ più di persone.
Così, ho fatto un paio di ragionamenti e sono riuscita a trarre vantaggio sia per me, sia per voi lettrici e scrittrici.

Allora, PROMETTO SOLENNEMENTE CHE DA OGGI A SABATO PUBBLICHERO' OGNI POMERIGGIO INTORNO ALLE QUATTRO.
In questi giorni (Oggi-Sabato) mi prenderò la briga di leggere almeno un paio di FF tra di voi, vi posterò il link scrivendo
“questa fanfiction mi ha colpita, mi piacerebbe farle un po’ di pubblicità : qwertyuidcfghjk” .
Allora, per essere pubblicizzate queste a seguire sono le “REGOLE”.
1: Pubblicizzo solo FF su Bieber.
2: Sceglierò FF con un numero di recensori non troppo alto, ovvero quelle che ne hanno più bisogno.
3: Dovreste mettere il link della vostra FF nelle recensioni ai miei capitoli.
4: RICAMBIATE.
Penso sia tutto.
Già da oggi metterò un link Questa FF mi ha colpita, le farò un po' di pubblicità : 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1244368 
ok, ditemi che ne pensate della mia idea, se vi piace, se non vi piace…
Recensite!
Bacini Bacini.
-Glo

 
 

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Capitolo 20
*** Chapter 20 : Chapter 20 : Have a drink, go out in the evening, go to the movies ... I don’t know, we're dating. ***


Hey ragazze!
VI RINGRAZIO moltissimo per le recensioni che ho ricevuto, siete sempre molto carine ;)
Beh, mi è dispiaciuto non trovare i link delle vostre storie...
Ho indagato tra i vostri profili e ho notato cone siete molto scrittrici, più che altro lettrici.
Beh, se in futuro pubblicherete qualcosa, sarò ben disposta a farvi pubblicità.
Se avete una pagina Facebook su Justin va bene comunque, se vi va potrei mettere il link tra gli spazi autore dei miei capitoli...
Boh, fate voi.
Godetevi il capitolo.
;D

Chapter 20 : Have a drink, go out in the evening, go to the movies ... I don’t know, we're dating.
 
Avevo ordinato il servizio in camera, avevo fame ma non avevo voglia di andare al ristorante dell’hotel da sola.
Così, un semplice piatto di pasta, davanti al televisore, era straziante, lo ammetto : più cercavo di non pensare a Justin più mi perseguitava.
MTV era da evitare, Justin spopolava su quel canale, ed io non avevo intenzione di sorbirmi le sue facce tremendamente ridicole ma dolci allo stesso tempo.
Finito il mio pranzo mi spostai in camera, era l’una ed i ragazzi ancora non si erano fatti vivi.
Fu solo nel momento in cui decisi di dormire che degli sghignazzi mi arrivarono alle orecchie.
Decisi di non andare a salutarli, erano loro quelli in ritardo.
In ritardo per cosa?
Sospirai e diedi le spalle alla porta, cercando di addormentarmi.
R: andiamo Justin, o ti sei fidanzato o sei diventato gay, come hai fatto a rifiutare quella brunetta!
Sentii Justin ridere e cercare di interagire nella discussione che Ryan stava intraprendendo da monologo.
C: Cazzo Ryan, lascia parlare Justin!
Rise di nuovo, adoravo la sua risata, era una melodia veramente perfetta, e il modo in cui arricciava sempre il suo nasino perfetto, era qualcosa di unico; peccato solo che non avrei potuto vederlo.
J: Primo, non sono né gay, né fidanzato. Secondo, è complicato. Terzo, ho visto come la guardavi mentre parlava con me, Tania è simpatica, intelligente e anche sexy, ma non è il mio tipo. So che ti piace.
Ok, quel ‘e anche sexy’ poteva risparmiarselo, mi sentii così inferiore e ferita, ma noi due non stavamo insieme, certo io provavo per lui qualcosa di importante ma non era il mio ragazzo, perché esserne gelosa.
Eppure a sentirgli pronunciare quella frase faceva male, male pensare che lui potesse non ricambiare o che potesse invaghirsi di altre ragazze.
Però mi aveva sollevato il resto della frase, per lo meno.

J: se ti va potrei organizzarti qualcosa per sta sera.
Continuai ad ascoltare, era sbagliato origliare le loro conversazioni, ma come evitarlo, lui mi piaceva e ci divideva solo una fottuta porta.  
R: se non ti è di disturbo.
J: No, facciamo che ora la chiamo, e le dico di spettarti alle sette meno un quarto al ristorante, poi fai tu.
Ryan non rispose, ma chi tace acconsente.
Venni interrotta dai miei pensieri dalla porta che di colpò si aprì.
R: ah, sei qui!
Mi girai facendo la finta ‘appena sveglia’.
I: già…
Mi stiracchiai un po’ scrutando Ryan nei suoi impacciati tentativi di scegliere dei vestiti.
I: cugino è tutto ok?
Lui esitò un po’ e si appoggiò addosso una camicia disgustosa posando davanti allo specchio.
Lo guardai male, quella camicia era tremenda!
R: è tanto orrenda?
Annuii profondamente con gli occhi sbarrati, facendolo preoccupare.
R: aiutami. Sta sera esco con una ragazza…
Sorrisi, e mi alzai in piedi mostrando il mio abbigliamento “ho freddo non rompere”.
R: e tu critichi me? Con quale coraggio?
Lo squadrai.
I: avevo freddo, e un tuo felpone con dei leggins mi sembravano la scelta migliore.
Rise capendo che avevo preso la pioggia.
Cercai tra le sue cose qualcosa di paragonabile ad un capo alla moda, o comunque che non ti distruggesse il senso dello stile.
I jeans sono sempre ben accetti dalle ragazze, soprattutto se portati a vita bassa, t-shirt indaco e giacca nera.
Perfetto.
I: ok Ryan dovrai solo indossarli.
Sorrise e mi baciò una guancia.
 
Ryan era uscito da poco, io stavo finendo di prepararmi all’appuntamento con Justin, non avevo la minima idea di cosa facesse lui.
Sentivo solo un chiacchiericcio generale provenire dalla stanza di Justin.
Ero agitata, molto più che agitata.
Ormai il temporale era finito e il cielo si era schiarito, allontanando tutte le nubi per dar spazio ad un romantico tramonto.
Non sapevo come comportarmi, erano anni che non uscivo con un ragazzo che mi piaceva da soli, era davvero parecchio che non mi fidavo dei ragazzi.
Certo, con Chaz l’avevo considerato una specie di appuntamento, ma con lui era più semplice, con Justin invece...
Erano quasi le sette e io avevo appuntamento a quell’ora esatta nella Hall dell’hotel con Justin.
Quando ebbi finito di prepararmi, decisi che averi dovuto smetterla di tormentare la mia mente con inutili paranoie, di prendere la borsa e scendere.
Così feci.
Salutai Chaz che, evidentemente sapeva tutto, e mi diressi a prendere l’ascensore, non avevo voglia di farmi tre piani di scale.
Quando fui proprio al centro dell’entrata, mi sistemai la catenina della borsa e mi girai un attimo su me stessa guardandomi intorno, alla ricerca del viso di Justin.
Dopo svariati secondi a fissare la gente che mi passava accanto, mi arresi al tempo e guardai l’orologio.
Erano le sette in punto.
Aspettai ancora un po’, quando sentii che da dietro, due mani mi coprirono gli occhi.
Sorrisi e misi le mie sopra quelle di Justin cercando di scostarle.
J: no, prima dimmi chi sono?
Storpiò la voce e mi venne da ridere.
I: Justin, non scherzare dai.
Levò le mani dai miei occhi e mi fece fare una giravolta, per osservarmi.
J: sei molto bella.
Sorrisi e probabilmente arrossii, iniziando a torturarmi la cinturina che avevo in vita, imbarazzata. [ 
http://ak1.polyvoreimg.com/cgi/img-set/cid/55459443/id/LjwZTIX5TFSXbEkmQHQQbg/size/y.jpg ]
Mi prese per mano e uscimmo incamminandoci silenziosamente verso l’atro lato della strada, sul lungo mare.
Non volevo parlare, stavo così bene, il rumore delle onde in lontananza, il battito frenetico del mio cuore, la mano di Justin che stringeva delicatamente la mia e le nostre spalle a stretto contatto.
Camminammo ancora per qualche metro, quando ci fermammo davanti ad un piccolo ristorante che dava sulla spiaggia.
Non avevo le forze di parlare, e nemmeno Justin, scambiò solo qualche parola con il cameriere che ci accompagnò la nostro tavolo.
I: è tutto così crino, e romantico…
Dissi l’ultima cosa sottovoce, non ero sicura che lo pensasse anche Justin.
J: già, hai ragione.
Aveva forse sentito?
Non parlammo molto durante la cena, eravamo parecchio imbarazzati e ci limitammo a renderci idioti l’un l’altra chiedendoci a vicenda come procedeva la serata.
Finalmente la cena era giunta al termine e Justin dopo aver offerto il tutto, mi scortò fuori dal locale.
I: potevamo dividerci il conto.
J: tranquilla, non torniamo più sull’argomento ok?
Annuii e mi lasciai prendere la mano.
Camminammo fino all’entrata della spiaggia e Justin si accasciò a terra levandosi scarpe e calze, lo imitai levandomi i tacchi chiari.
Si sistemò l’orlo dei pantaloni per evitare di riempirli di sabbia e iniziò a correre, ma era per caso scemo?
I: JUSTIN?!
Iniziai a corrergli dietro sentendolo ridere, ok, era andato.
Corsi veloce, fino a raggiungerlo non capivo quale fosse il suo scopo, insomma, non poteva essere davvero così stupido.
Fu quasi un attimo il quale usò Justin per bloccarsi di colpo facendomi cadere su di lui.
Ridemmo come due bambini, ma poi vidi Justin diventare serio.

Aveva il ciuffo spettinato e delle ciocche erano posate sulla sua fronte, gliele scostai.
I: tu sei matto.
Avevamo ancora il fiatone, il suo petto sotto al mio si alzava e si abbassava velocemente.
Non rispose e sorrise.
I: che facciamo? Voglio dire, noi.
Sorrise più apertamente.
J:  potremmo, prendere da bere, uscire la sera, andare al cinema…non so, ci frequentiamo.



Eccomi qui.
Ci tenevo a dirvi un'ultima cosa, se state leggendo qualche FF che vi piace ma che magari non ha molti recensori, se volete farò bubblicità anche a loro ;)
Mi dileguo.
Baci.
Ciaooo!
-Glo.

PS : VI AMO! 

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Capitolo 21
*** Chapter 21 : You could be more. ***


SCUSAAAATEMI!
Volevo dirvelo ieri ma me ne sono dimenticata!
Al venerdì io ho il pomeriggio a scuola e sono tronata circa due ore fa, avevo un sacco di compiti per domani e così non ho potuto aggiornare in orario.
Vi chiedo immensamente perdono!
Vabbeh dai, facciamo che vi leggete il capitolo e mi dite che ne pensate?
Love Love Love.


Chapter 21 : You could be more.

Era passata troppo velocemente la serata con Justin.
Avrei voluto fermare il tempo e vivere di quella serata per sempre.
Erano le undici meno un quarto, che avremmo detto a Ryan?
Ci trovavamo davanti alla nostra stanza, non osavamo entrare insieme.
Ma non volevo che finisse così com’era iniziata, la serata si sarebbe conclusa meglio.
I: e se mio cugino è già rientrato?
Justin era molto nervoso, continuava a passarsi le mani tra i capelli, non volevo che si sentisse a disagio, o comunque che si preoccupasse, evitava di guardarmi e di parlare, ma il tempo scorreva e veloce anche.
I: Justin.
J: che c’è? – mi guardò – non lo so. Non saprei come giustificarmi, non lo so, vorrei solo che fosse tut..
Non lo lasciai finire che mi sporsi verso di lui, prendendogli il viso con le mani e serrandogli la bocca con un bacio.
Non mi spiegavo dove avevo tirato fuori quell’improvviso coraggio.

Lui rimase leggermente spiazzato ma poi mi assecondò e rispose al mio bacio, adoravo quel nostro incastro prefetto di labbra.
I: tranquillo ok?
Annuì e mi strinse a sé.
Presi il cellulare e mandai un messaggio a Chaz : “C’è Ryan ?”
Pochi secondi e Chaz mi aveva risposto con un “Via libera.”
Justin tirò un sospiro di sollievo, infondo anche io ero agitata, e non poco.
Quando entrammo Chaz era sdraiato comodamente sul divano che sorseggiava un po’ di latte.
Sentii Justin silenzioso baciarmi il collo da dietro e salire sino all’orecchio : “fammi compagnia…”
Disse scatenandomi un brivido lungo tutta la schiena.
Baciò il mio lobo e poi, senza che avesse una risposta sbuffò spiacente e si ritirò nella sua stanza seguito da Chaz.

Ero ancora lì impalata nella speranza che Justin uscisse dalla camera da letto per un bacio, ma come potevo pensarlo, sapevamo che Ryan sarebbe tornato a momenti era da stupidi rischiare.
Mi rintanai velocemente nella mia stanza, infilai il pigiama, e poi me stessa sotto il lenzuolo.
 
-Mattina-
Mi svegliai grazie ad un tepore piacevole che riscaldava le mie gambe, il sole entrava dallo spiraglio che le tende creavano.
Mi girai e non seppi dire perché ma al posto del viso di Ryan, vidi affianco a me quello di Justin.
Così lo abbracciai (Mio cugino) e mi accoccolai a lui, schiacciandomi contro il suo petto caldo.
Non era sveglio e il viso di Justin era così dolce, avrei voluto mangiarlo di baci.
Appena posai una mano fredda nell’incavo del suo collo, Ryan-Justin si svegliò.
R: Che stai facendo?
Mi allontanai di scatto da Ryan e realizzai ciò che avevo appena combinato.
I: nulla…ehm.
Mi guardò strano e poi fissò l’orologio : le dieci.
Oramai era Sabato, il quarto giorno di pura vacanza, oddio, avrei sperato in qualcosa di più rilassante, ma dal momento che io e Justin avevamo deciso di frequentarci di nascosto.
Beh, ero sicura i giorni a venire non sarebbero stati molto leggeri.
Soprattutto a partire da quel momento preciso.
Dovevo trovare una scappatoia, sapevo che con Ryan nei paraggi non avrei resistito troppo lontana da Justin.
Poi ora che mi aveva dato il via libera, avrei insomma, ok.

R: Farò finta di non aver sentito, visto nulla.
Sorrisi e iniziai a scervellarmi, dovevo trovare una via di fuga.
Allora, cosa potevamo fare a Miami che potesse comprendere una ‘casuale’ sparizione di due persone su quattro?
Saremmo potuti andare fuori Miami.
Ma dove?
Nel frattempo che il mio cervellino ino, lavorava mi arrivò un SMS da Justin.
Mi spaventai perché il cellulare, avendo la suoneria in vibrazione, emise un rumore sopra al comodino di Ryan.
Mi alzai dal letto più veloce di Flash e raggiunsi il cellulare.
Lessi il messaggio “Buon giorno Polpettina xD No, sono andato. No, sono felice perché ho un piano. Se sei sveglia rispondi.”
Mi misi a ridere, insomma “Polpettina”?
Così, gli risposi : “ Sono sveglia. Buon giorno anche a te Justino Panino. Dimmi tutto. ”
 
(Justin’s Pov)
 
Adoravo il fatto che non mi avesse preso per idiota, e doravo mio padre.
Lui si era preso un po’ di riposo dalla calda California venendo a stare qualche giorno nella casa di Atlanta, quella mattina mi aveva chiamato chiedendomi di andare a trovarlo e  di portare i miei amici con me.
Era l’occasione perfetta, avrei rivisto papà, avrei rivisto Jazzy e Jaxon e avrei sfruttato a mio favore la questione, per rimanere solo soletto come la mia futura ragazza .
Saremmo partiti il giorno stesso, giusto il tempo della colazione e di fare un borsone.
Uscii dalla camera e lasciai Chaz dormire, mi appostai sul divano e mandai un SMS a Lucy : “ Polpettina, vieni sul divano”.
Senza ricevere risposta, me la ritrovai affianco a me, tutta tenerosa, appena svegliata.
I: che dovevi dirmi?
Sospirai, ero abbastanza agitato, insomma, come le avrei detto che avremmo trascorso un paio di giorni ad Atlanta, magari lei avrebbe preferito rimanere lì, a Miami.
J: beh, mio papà, si è preso una pausa dal caldo della California e ha deciso di passare qualche giorno ad Atlanta…
Mi fermai e mi assicurai che lei stesse capendo ciò che le avrei detto da lì a poco.
Evidente non ci arrivò immediatamente, così, mi fece cenno di continuare il discorso.
J: beh, mi ha detto di portare con me i miei amici, dice che staremo una notte da lui…insomma, ti andreb…
Non mi lasciò finire la frase che mi bloccò con un dolce, tenero e casto bacio a stampo.
Sul suo viso c’era disegnato un bel sorriso, uno di quelli che lascia intendere parecchio, uno di quelli che solo lei sapeva fare.
Mi persi qualche secondo infinito nel suo sguardo caldo e da cerbiatta, adoravo starla a guardare negli occhi, mi piaceva la sensazione che le trasmettevo, lo vedevo benissimo: ogni volta che catturavo il suo sguardo faceva fatica a staccarlo dal mio, sorrideva e la sua pelle si riempiva di piccole scosse elettriche, comunemente chiamati pelle d’oca.
E per me non era meno.

Il mio corpo ne ‘risentiva’ quando ero con lei, in bene ovvio, ma spesso mi chiedevo come resisterle.
I: quando si parte?
Le sorrisi e la baciai sulle labbra velocemente.
J: oggi stesso.
Mi abbracciò, stavamo così bene insieme, l’uno nelle braccia dell’altra, era così una bella sensazione.
Venimmo interrotti da Chaz, che nonostante non fosse Ryan ci spaventò, non eravamo una coppia ufficiale, lo eravamo solo per noi stessi.
Tranquilla Lucinda, presto sarai la mia ragazza ufficiale.
I: ok, Justin, spiega il programma a Chaz, io ti chiamo Ryan.
Fece per darmi un bacetto a stampo ma lo sguardo fisso di Chaz la bloccò.
C: scusatemi, devo ancora abituarmici.
Si voltò e il sottoscritto ricevette il suo sonoro bacio.
A passo deciso e sculettante, scomparve dentro la camera da letto.
Intanto iniziai a spiegare a quell’ottuso di Chaz, il mio piano, piano che sarebbe dovuto rimanere segreto.
Vidi Ryan uscire in pigiama ed arrancare fino al divano.
Chaz gli spiegò la situazione – omettendo la parte mia e di Lucy – mentre io pensavo a come poter dare un minimo di indizi a Lucy su ciò che sarebbe successo.
Tornò vestita e pronta per la colazione [ http://ak1.polyvoreimg.com/cgi/img-set/cid/59153294/id/HrwE39d3TC_ppJImrDzdnA/size/y.jpg  ].
Presi il cellulare e con molta discrezione scrissi a Lucy : “Potresti essere di più…”
 


Hey bellezze mie!
Spero con tutto il cuore che il capitolo sia piciuto e ninete...
Ci sentiamo domaniii!
Vi voglio bene bene bene!

-Glo

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Capitolo 22
*** Chapter 22 : Atlanta. ***


Ciao Ragazze! 
Grazie mille per le recensioni, mi hanno fatto piacere ;)
Sono molto felice che questa storia vi stia appassionando, che la seguite.
Mi scuso se sabato non ho aggiornato, ma ero a casa di mio padre e lì non ho il computer...scusatemi :/
Spero che leggerete il capitolo a seguire e che magari mi farete sapere che ne pensate.
A dopo!

Chapter 22 : Atlanta.

(Lucy’s Pov)
 
“Potresti essere di più…”
Che cavolo voleva dire?
Era stupido ok, ma dico, queste frasi così, senza un filo logico, senza una conclusione, con i puntini?!
Il mio cervello stava andando in pappa volevo sapere cosa stava nascondendo, cosa stava escogitando.
Ci trovavamo in aeroporto.
Erano le due del pomeriggio.
Grazie alla magnifica idea di Justin di andare ad Atlanta, mi ritrovai ad invaligiare il cambio per ben due tre giorni.
Ero piuttosto assonnata, senza un valido motivo e avrei tanto voluto appoggiarmi alla spalla di Justin, ovviamente non potevo, Ryan era affianco a me e se solo provavo ad appoggiarmi si scansava.
Odiavo le file d’attesa.
Te ne stai lì, in piedi ad aspettare.
Ma finalmente anche dopo l’ultima coppia felice di fidanzatini in partenza, ci trovammo davanti alla signorina vestita di blu.
Tipica routine da aeroporto no?
Check-in ai bagagli, file interminabili e finalmente i biglietti d’imbarco.
L’hostess era scorbutica e civetta, ci mise una vita intera solo a strappare il biglietto di Chaz, e ci credo, non guardava ciò che faceva!
No, guardava Justin!
Guardava il mio quasi ragazzo!
Ok, basta, sbrigati brutta … strappagli quel maledetto biglietto.
Lunga, lunga quanto la fame!
I: scusi, sa, ci siamo anche noi. Di questo passo perderemo l’aereo.
Justin si voltò verso di me e lo vidi sfoggiare uno strano sorriso.
La ragazza dei biglietti si sbrigò e così, tutti riuscimmo a prendere l’aereo.
Purtroppo ero capitata tra due sconosciuti, una dolce coppia di anziani.
Era imbarazzante il fatto che si parlassero e al centro dei sedili stazionavo io.
Sul lato opposto alla fila di sedili dove mi trovavo io c’erano Justin, Chaz e Ryan.
Osservavo la strana capacità di cadere nel sonno all’istante che avevano Chaz e Ryan: Appena fummo saliti in quota quei due avevano iniziato a ronfare!
Justin invece no, ci metteva più tempo ad addormentarsi, cambiava posizione continuamente, appoggiava la testa all’indietro, sulla mano, sulla spalla di Chaz.
Gli occhi rimanevano socchiusi e il viso rilassato.
Al contrario, io di dormire non ne volevo sapere.
Non ero certa del fatto che Justin dormisse, e a prescindere da quello, puntai il mio sguardo sul suo viso.
Era bellissimo, qualcosa che rappresentava la perfezione.
Justin non era il tipico ragazzo con i tratti duri e mascolini, Justin non aveva barba, Justin non aveva addominali scolpiti o pettorali mozzafiato, Justin non aveva la voce da uomo maturo.
No, Justin aveva tratti semplici, fini, dolci e armoniosi, Justin aveva la pelle del suo viso liscia e morbida, Justin era minuto, aveva i muscoli leggermente scolpiti grazie alle ore di ballo e degli esercizi per il fisico, Justin aveva una voce calda, roca, sensuale.
Eppure, per me era perfetto.
Adoravo starlo a guardare dormire, il suo viso assumeva espressioni buffe e dolci.
Sentii un leggero picchiettio sulla mia spalla che mi riportò alla realtà di quel Sabato pomeriggio.
Mi girai verso l’anziana signora che avevo alla mia destra e le sorrisi.
I: mi dica.
X: Sei pazza di lui vero?
Arrossii e mi limitai ad arrossire vivacemente.
Rise leggera e poi tornò a guardarmi.
Mi sorrise e poi posò lo sguardo su un Justin dormiente.
X: è bello.
Risi io, questa volta.
Era bello, sì, lo era.
X: sei la sua fidanzata?
Ci guardammo qualche secondo, che le avrei detto?
I: non ufficialmente.
Annuì.
X: chi ve lo impedisce? Sembrate così in sintonia.
Era strano il fatto che una vecchina si interessasse agli affari miei, ma d’altro lato era dolce.
I: mio cugino, il ragazzo verso il finestrino. Odierebbe a morte qualsiasi ragazzo ci provasse con me, si considera quasi un fratello. Mi vuole bene, ma a volte è opprimente.
Mi sorrise di nuovo e poi tornò ad appoggiare la testa allo schienale del sedile socchiudendo gli occhi.
Iniziò a pensare e poi a parlare.
X: mio fratello Bill odiava Harold. Non sopportava il fatto che io e lui ci frequentassimo. Ogni volta cercava di farmi sfigurare davanti a lui per convincerlo che fossi una perdente. Non avevamo intenzione di lasciarci a causa di Bill. Ci amavamo. Harold mi ha sempre voluta bene, ed io anche. Certo, Bill ci mise un po’ ad assimilare il fatto che io e mio marito eravamo ufficialmente fidanzati, ma poi lo accettò. Si rese conto di quanto Harold fosse un bravo ragazzo. Ora è mio marito.
Sorrisi al racconto della signora.
X: oh, devi scusarmi dolcezza ma non mi sono presentata, sono Anita. Piacere.
Le strinsi la mano e mi presentai a mia volta.
I: piacere mio. Sono Lucy.
Parlammo per un po’, senza svegliare il signor Harold alla mia sinistra.
Parlammo finché non mi addormentai con la testa a penzoloni.
Sognai.
*io. Justin.
Intorno a noi il più totale silenzio di una radura soleggiata in un bosco.
J: Ti amo Lucinda.
Disse flebile stringendomi nel suo abbraccio caldo.
I: Ti amo Justin.*
 
Ryan era diventato davvero irrequieto, non faceva altro che lamentarsi per il fatto che la sua valigia non era ancora passata sul nastro.
Eravamo tutti lì a tranquillizzarlo, ma lui non ne volle sapere, almeno fin quando una valigia blu e verdone non ci passò davanti.
La recuperò e finalmente fummo liberi di andare verso l’uscita, ove il papà di Justin ci aspettava. 
Vidi Justin partire in quarta riconoscendo il padre e i fratellini.
Mollò il borsone a Chaz e andò ad abbracciare la sorellina.
C: Grazie Amico!
Mi scappò una risatina.
Ryan si precipitò da me e mi disse i nomi dei bambini.
J:Ragazzi, venite!
Ci presentammo un po’ tutti, nonostante mio cugino e Chaz già conoscessero la famiglia di Justin.
Jeremy – il padre di Justin – ci parlò molto durante in viaggio verso casa sua, e lo vidi come un padre molto indaffarato, Jaxon e Jazzy non gli davano tregua.
Menomale Justin faceva da aiutante!
La casa di Jeremy era grande, molto grande.
Possedeva un enorme giardino con piscina e se il fuori prometteva così bene, non vedevo l’ora di entrarci.
Justin continuava a sorridere per chissà quale motivo.
Quando entrammo rimasi abbastanza sbalordita, non ero mai entrata in casa di Justin in Canada,  o al massimo quando ero piccina.
Non ricordavo.
La casa di Jeremy/Justin era davvero una di quelle tipiche case da ricconi americani!
Era una reggia!
Jer: Justin accompagna Lucy e i ragazzi nelle camere, io penso alle pesti.
Justin ci accompagnò nelle rispettive camere, evidentemente Ryan e Chaz erano destinati a formare una coppia : Camera condivisa.
Io  invece venni trattata quasi come una regina: la camera che Justin mi assegnò era magnifica, sui toni del lilla e ciliegina sulla torta…Letto Rotondo!
J: Gente, sta sera mio papà ha pensato di preparare una grigliata in giardino.
Annuimmo tutti insieme.
Justin ci lasciò alle prese con i pochi bagagli portati e se ne andò al piano sotto.
Aspettai di sentire silenzio, chiusi la porta della stanza, presi una bella rincorsa e mi lanciai a capofitto sul letto.
Era comodo come…come… non saprei.
Chiunque abbia scelto il letto è un genio!




Spero con tutta me stessa che vi sia piaciuto ;)

Davvero, è importante per me sapere che ne pensate .
Me ne vadoo!
Ciao belle mie!
-Glo

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Capitolo 23
*** Chapter 23 : The Shower. ***


Salve belle ragazze!
è un po' che non aggiorno, mi scusooo!
Sapete una cosa?!
Ultimamente sono un po' giù di morale, sarà per il tipo che mi piace e che non mi caga...boh.
Vi voglio bene.
AH, voglio dirvi che questo capitolo è davvero esilarante, mi sono divertita davvero un sacco a scriverlo.
Spero sia di vostro gradimento.
Recensite e ditemi la vostra ;)


Chapter 23 : The shower.
 
(Justin’s Pov)
 Era veramente tanto tempo che non passavo qualche giorno da mio papà, e quella casa mi mancava, mi mancava la mia camera stile etnico.
Aveva davvero SWAG.
Ovvio, la scelsi io.
No, modestia a parte.
Erano minuti, lunghi minuti che me ne stavo sotto le leggere lenzuola del mio letto grande e morbido.
Erano le prime ore del mattino, l’alba si intravedeva appena dalla vetrata e nonostante fosse una domenica di vacanza, non avevo la minima intenzione di continuare a dormire.
Era strano da parte mia, sapevo di essere pigro almeno come un bradipo, ma quel giorno mi sentivo attivo.
Uscii da camera mia in punta dei piedi – nudi ovviamente – e senza fare rumore mi intrufolai in camera dei miei fratelli : dormivano.
Camminai lungo il corridoio verso la camera di mio padre : ronfava ancora.
Poi passai a quei cretini dei miei amici che passavano ancora il tempo a dormire…avevano ragione, erano le sei.
Raggiunsi l’ultima camera, quella di Lucy.
Sbirciai piano, e notai le tende aperte; pensai fosse sveglia.
Così entrai e di soppiatto mi avvicinai al letto, notai che dormiva tranquilla.
Meno male.
Così le lasciai un bacio sulla fronte e me ne  andai.
Tornai in camera mia e presi i vestiti per poi andare verso il bagno della doccia.
Iniziai a scaldare l’ambiente con la stufettina da bagno, aprii l’acqua e la feci scorrere nel box doccia.
L’acqua calda era un po’ un optional a casa di papà, tre ore per un po’ d’acqua calda.
Lasciai il bagno e mi diressi sotto per mangiarmi un paio di biscotti, quelli a forma di animaletti che mangiano i miei fratellini.
Sono buoni, non sfottete.
Mi sedetti in veranda con la scatola di biscotti in mano per qualche minuto, giusto il tempo di dimenticarmi dell’acqua.
 
(Lucy’s Pov)
 
Quando aprii gli occhi mi accorsi dell’ora : era presto, solo le sei e un quarto.
Ero piuttosto rimbambita, avevo bisogno di una rinfrescata, o comunque di una sveglia.
Come mio solito avevo dormito con la mia magliettona accompagnata da semplici culottes.
In modo quatto mi presi tutto ciò che mi serviva per una doccia, non vedevo l’ora di provarla dalla sera prima.
Le porte delle stanze erano tutte chiuse così, mi precipitai in bagno.
Trovai l’acqua aperta e il vapore farsi spazio nella stanza.
Esitai all’inizio, poi pensai di aver avuto solo fortuna.
Mi posizionai davanti all’immenso specchio – tipico di Justin – e mi levai ciò che avevo addosso.
MI assicurai di avere a portata di mano un asciugamano e poi, mi infilai dentro quella nuvola di tepore caldo.
L’acqua tiepida inondava la mia pelle di una sensazione di benessere.
Iniziai a canticchiare – a bassa voce ovvio – e ignorai ciò che mi stava attorno insaponandomi i capelli con quello shampoo che sapeva di Justin.
 
(Justin’s Pov)
 
Guardai l’ora e mollai lì dove stavano i biscotti di Jaxon e Jazzy.
Corsi su per le scale e prima ancora di arrivare in bagno avevo già levato i boxer che finirono sul pavimento, cazzo ora sarà bollente l’acqua.
Mi fiondai incurante del vapore dentro la doccia e feci a tentoni quei due passi per raggiungere il bagnoschiuma.
Non c’era.
Mi voltai di scatto e urtai qualcosa…qualcuno oserei dire.
Mi presi un colpo e spensi il getto dell’acqua caldo per attivare quello freddo che annullò quasi completamente il vapore acqueo.
OH MERDA!
I: AAAAAAAAH!
Lucinda si catapultò fuori dal box doccia e si avvolse più veloce di flash nel MIO asciugamano con gli orsetti!
Mentre io rimasi lì, come una triglia completamente nudo con l’immagine di Lucinda senza vestiti addosso nella mia testa.
Si voltò verso il muro e aspettò che io trovassi qualcosa con cui coprirmi: tesoro, il mio asciugamano lo hai tu.
Pensai.
Ero completamente entrato in trans.
Non rispondevo più dei miei impulsi, l’avevo vista completamente nuda?!
Fu una visione a dir poco magnifica.
Quei tre secondi mi bastarono per far svegliare “L’amico mio” , e una volta sveglio, chi lo gestisce più.
I: sei ancora nudo?!
Strillò irritata e gocciolante.
Non risposi.
Si innervosì di più e pestò un piede a terra.
I: cazzo Justin!
Le stavo per rispondere ma la porta si aprì di scatto e i miei fratellini
 sgattaiolarono all’interno della stanza.
Mi sentii molto più che a disagio, mi sentii costretto a nascondere con le mani il così chiamato Jerry.
Lucy si girò e guardò prima i bambini, poi me.
I bambini, poi me.
Jaz: Papà! Justin e Lucy sono in bagno insieme.
NO, cazzo, no!
Quella bambina era una peste, e pensare che non potevo nemmeno gesticolare altrimenti…
J: uscite. Immediatamente! E non dite nulla!
Loro eseguirono gli ordini e corsi alla serratura della porta per chiuderla.
Sospirai e incurante e a mio agio mi avvicinai a Lucy.
J: non li sopporto quando fanno così.
Lei mi squadrò da capo a piedi e poi mi guardò negli occhi.
I: Justin…
Disse con voce magnetica.
J: dimmi.
Lei esitò qualche secondo e poi, con una malizia incredibile disegnata sul suo volto concluse la frase.
I: sei tutto nudo.
Probabilmente divenni paonazzo, me ne ero completamente dimenticato.
Lei iniziò a ridere mentre se ne andava verso la doccia, ancora con un po’ di vapore.
I: ora vattene.
Disse prima di farsi un’altra risata.
Così, al sottoscritto  toccò prendersi la maglia per coprirsi e raggiungere la camera.
Avrei voluto odiarla.
Diamine!
Era ingiusto il fatto che io avessi assistito ad una scena simile e che lei mi abbia liquidato così.
Me ne stavo sdraiato sul letto, aspettando che il rumore dell’acqua cessasse, per poterle dare il cambio e farmi la mia beneamata doccia.
Accidenti però.
I miei pensieri erano fin troppo confusi, perché la desideravo così tanto?



Eccoci qui!
Mi auguro che vi sia piàciuto!
Fatemi sapere un po'.
RECENSITE! :)
Vi Amo!

-Glo.

PS:  Stavo girando su youtube e ho trovato questa cover di cui mi sono innamorata, mi piacerebbe condividerla con voi.
Ecco il link, sicuramente è una canzone che conoscete ma mi piace di più questa versione dell'originale : http://www.youtube.com/watch?v=0kx_BLOx968

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Capitolo 24
*** Chapter 24 : Stay with me. ***


Ciao Ragazze!
Finalmente mi sono decisa, ho preso un pezzetto del mio tempo e l'ho usato per aggiornare.
Purtroppo con la scusa della scuola e un po' il resto, beh, sono un po' meno presente.
Vorrei tanto poter esserci di più.
Vabbeh dai, non facciamo un dramma, l'importante è che adesso sto aggiornando.
Spero mi fare sapere se vi è piaciuto, e niente.
RECENSITE!


Chapter 24 : Stay with me.
 
(Lucy’s Pov)
 
Jeremy quel pomeriggio era strano.
Era primo pomeriggio ed io e i ragazzi stavamo decidendo sul da farsi.
Chaz e i bambini volevano andare al parco dei divertimenti acquatici, Ryan diceva che avrebbe voluto farsi un rilassante giro per la città, così, centro, negozi, gelaterie.
Jeremy prese da parte Justin e non avevo idea di ciò che si dicevano.
R: Cugina? Che vuoi fare tu?
Venni interrotta dai miei viaggi mentali e dovetti rispondere a Ryan.
I: non so…
Jazzy e Jaxon erano molto dolci e avevano un rapporto stupendo con Justin, ma alle volte erano delle pesti.
Quei due erano da minuti in braccio a Chaz che si comportava come uno di loro, erano teneri.
Jax: Chazzinu! Mi porti sulli civoli d’acqua?!
E il più “grande” li assecondava ridendo e rispondendo come loro.
Mi venne da sorridere.
Che scemo.
J: Ragazzi, oggi ce ne stiamo qui, in centro.
Jazzy s’arrabbiò subito e si mise davanti al fratello con le braccia conserte.
Batteva il piede a terra in cerca di spiegazioni, ma Justin sembrava abbastanza puntato sulla decisione.
Jaz: Justin, Justin, Justin. Sai una cosa?
Lui fece no con la testa.
Jaz :dirò tutto a papà.
Justin sbiancò di colpo, la prese in braccio e iniziò a farle il solletico.
J: tesorino, che ne dici se al parco dei divertimenti ti ci porto un altro giorno? Dai fai la brava.
Jazzy cedette dopo veramente poco.
Jaz: sei cattivo!
 
Atlanta era una bella città, non ci ero mai stata e mi piaceva.
Non era movimentata quanto Los Angeles, ma aveva la sua bella vita.
Avevamo girato per negozi, avevamo fatto un po’ di spese e ci divertimmo molto.
Ma venne il momento della stanchezza e ci dirigemmo al primo bar vicino.
Era un bel posto, accogliente.
Justin ordinò per tutti e passammo minuti tra chiacchiere.
Jax: Al mio fratelone non piace il cicolato.
Scoppiammo a ridere e io non riuscivo a smettere, lo giuro.
J: smettetela di ridere, è solo una stupida frase.
Rideva per il fatto che si era sporcato peggio di Jaxon – quattro anni – mentre Justin ne aveva diciotto.
Ryan prese un tovagliolo e glielo appiccicò alla bocca facendo innervosire Justin che fece il medio a mio cugino.
Era esilarante.
Adoravo quel suo modo di essere.
C: sono sazio!
Ridemmo ancora.
“Ehi, usciamo da qui. Facciamo gli asociali e rimaniamo indietro alla ciurma. Andiamocene a casa. -Justin. ”
Appena lessi il messaggio sorrisi, lo guardai senza dare nell’occhio e iniziai a scrivergli.
Era buffo, eravamo l’uno di fronte all’altra eppure ci scambiavamo SMS.
“Mi piace come idea. –Lucy.”
Sorrise di rimando.
Avremmo fatto i trasgressivi!
LOL.
J: che ne dite se portiamo i bambini sulle giostre? Qui vicino hanno messo delle attrazioni carine per i bambini.
I Piccoli esultarono e Jazzy ringraziò il fratello con un bacio sonoro sulle sue labbra.
J: Jaz, non in pubblico!
La scherzò Justin.
Jaz: Senti è!
Ci dirigemmo verso quel piccolo complesso di giostre e bastarono proprio pochi minuti e i due Stupidoni con i bimbi erano già in un’atra galassia.
Io e Justin ci mandammo uno sguardo di intesa.
Mi prese la mano ed iniziò a correre verso una viuzza, dove si fermò per prendere fiato e alzarsi i pantaloni.
J: senti un po’…
Mi avvicinò al murò con la schiena e mise le mani ai lati della mia testa “bloccandomi”.
I: mi dica.
J: ma non è un po’ troppo che non ci baciamo?
Avvampai, sentii le guance ribollirmi, e chi se lo aspettava?

Lo vidi avvicinarsi e il suo respiro pizzicarmi le labbra in attesa delle sue.
Era piuttosto sadico, si fermò ad esattamente un centimetro dalla mia bocca che lo desiderava vogliosa dei suoi baci morbidi.
Ma prima di perdermi completamente nel suo profumo dolce, mi venne in mente un’idea.
Mi abbassai leggermente e sgattaiolai via dalla sua presa correndo verso la fine del vicolo arrivando al centro di una piazzuola vuota.
I: sei lento Justin!
Ovviamente era solo una insulsa e infantile provocazione, e soprattutto non vera.
Ritrovai il suo respiro affannato per la corsa a pochi centimetri dal collo, mi voltò e come fosse già pianificato unì le mie labbra alle sue con uno dei baci migliori di sempre.
Mi staccai io per prima, non mi andava di starmene lì, insomma, era strano.
I: che ne dici se andassimo a casa?
Sorrise ed annuì.
Ci tenemmo per mano durante tutto il tragitto ovvero quei 10 minuti di strada da lì a casa sua.
Era bello poter camminare per strada mano nella mano con Justin, insomma, nessun cugino iperprotettivo verso di me.
Me ne stavo appiccicata a lui, era così una bella sensazione.
Arrivati a casa trovammo un biglietto attaccato alla porta “Sono uscito, torno per le 5.30 –Jeremy”.
Considerando che erano le quattro del pomeriggio avevamo un’ ora e mezza di totale libertà.
Justin mi guardò e capii immediatamente il suo sorrisetto cosa prometteva.
Aprì la porta con le chiavi tintinnanti e appena fummo in casa, mi saltò letteralmente addosso, facendomi cadere sul divano spazioso.
Iniziai a ridere a causa delle sue mani che esercitavano del solletico sui miei fianchi.
Diventammo seri per qualche istante, istanti in cui mi persi negli occhi di Justin, istanti che lui usò per catturare le mie labbra e farle sue.
Era sdraiato a cavalcioni su di me ed era praticamente inevitabile che non mi accorgessi che Justin avesse qualche ‘problemino’ ai piani bassi.
Mi sfuggì un leggero sorriso del quale lui si accorse, staccandosi da me.

J: scusami, ma…sai com’è.
Risi e ripresi a baciarlo con dolcezza, non volevo che fraintendesse.
Si bloccò ancora e mi guardò negli occhi attentamente, scrutando bene il mio sorriso.
J: posso chiederti una cosa?
Annuii incurante e per nulla preoccupata di ciò che avrei sentito.
J: stai con me.
Non era una domanda.
I: sono qui Justin…
Sorride e mi baciò il naso.
J: quanto sei dolce? Ti prego, ti sto chiedendo di STARE con me.
Feci velocemente due più due e capii che mi stava chiedendo ufficialmente – o almeno per me – di stare insieme a lui.
Sorrisi e gettai le mani al suo collo, lo trascinai vicino al mio viso e pochi istanti prima di baciarlo gli soffiai sulle labbra un dolce ‘sì’.
Sorrise e riprese da dove aveva lasciato baciandomi con mai aveva fatto prima.
Adoravo il modo in cui faceva le mie labbra sue, me le accarezzava in maniera sensuale senza il minimo sforzo, senza la minima ombra di timidezza.
Era sicuro e deciso, era sexy, era un fuoco.
Che dico, io ero un fuoco, quel fuoco che da un po’ mi si era creato dentro, che bramava Justin nella maniera più proibita.

Ma in cuor mio sapevo di essere precipitosa, e non gliela avrei lasciata così semplice…la questione.
Scese a baciarmi il collo facendomi provare dei brividi nemmeno immaginabili, il modo in cui lui sapeva muovere le labbra, le mani, era qualcosa di magnifico.
Ma la sensazione più bella fu sentire chiaramente i nostri respiri diventare una cosa sola, ma sapevo bene che non troppo tardi anche i nostri corpi sarebbero diventati un unico.




Allora, eccoci!
Vorrei tanto, tanto, tanto sentire una vostra opinione.
Un vostro commento.
Anche solo per dirmi che sono stata molto cattiva.

Un bacio!
-Glo

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Capitolo 25
*** Chapter 25 : Tell me, hold me... ***


We we.
Ho vistio che avete apprezzato il capitolo precedente.
Sono contenta.
Solo, se non è di troppo dsturbo, potreste scrivermi un paio di paroline nelle recensioni per dirmi che ne pensate?

Vabbuono dai, vi metto il seguito.

Chapter 25 : Tell me, hold me ...
 
Il contatto deciso che ebbe con i miei fianchi fu una sorpresa.
S’insinuò sotto la mia maglietta e iniziò a palparmi con delicatezza i fianchi morbidi, le sue dita mi facevano il solletico, mi accarezzavano soavemente ma tutto ciò mi creava disagio.
Sapevo dove stava andando a parare, ma non gli avrei detto di sì, non in quel momento.
Non su un divano.
Non così.
Sentivo che c’era molto di più del desiderio carnale tra noi, ma non riuscivo a lasciarmi andare, e far sì che il piacere ci rapisse completamente.
Le mani Justin girovagavano sulla mia schiena e appena lo sentii cercare il gancetto del reggiseno iniziai a dimenarmi per scansare colui che era da qualche minuto il mio ragazzo.
I: Just…
Soffiai tra le labbra di lui.
Lo fraintese e lo interpretò come supplica.
No.
Ancora tentò di sciogliere il reggiseno ma questa volta mi alzai di scatto scansando le sue mani, le sue labbra e il suo peso dal mio corpo.
Stavo provando una strana sensazione, mi venivano in mente tutte quelle scene vissute con Thomas, mi rannicchiai al divano guardando fissa il viso di Justin che tramortito e preoccupato se ne stava lì, impassibile.
 
Flash back.
T: Dai piccola Lucy, ti va di divertirti?!
Ero ubriaca fradicia e ovviamente risposi di sì, senza oppormi o creare dei dubbi.
E lui non aspettava altro.
Mi spogliò di fretta, con quella foga che non dava per nulla sicurezza, era avido con la mia pelle giovane.
T: Ti va di scopare un po’ ?
Sapevo solo ridere e annuire come un’ochetta di quelle che si portava a letto ogni sera che io rifiutavo di farlo.
Ma quella sera ero un’altra persona.
Le sue mani, le ricordo come fossero sberle, le ricordo me fossero dardi taglienti.
I suoi sguardi, li ricordo come fossero pietre scagliatemi contro.
Quel suo modo di parlarmi, quel suo modo di darmi ordini, il modo che usò per levarmi i vestiti.
Ricordai i ghigni, i suoi ansiti ancora prima di deflorarmi.
Ci fu persino un momenti di mia rivolta, lo implorai anche, di fermarsi.
I: ti prego Tom, fermati, non mi va, ho paura.
Così ansimando lo eccitai ancora di più e si liberò delle mie lamentele da verginella inesperta con uno schiaffo tagliente che arrivò dritto sulla mia guancia.
Entrò di colpo, senza preliminari, senza delicatezza, senza esitazione.
Solo con il bisogno i trombarsi qualcuna, solo con il bisogno della carne calda che una ragazza vergine avrebbe potuto dargli.
 Fine flash back.

 
Tremavo e nemmeno ne ero cosciente, mi trovavo tra le braccia di Justin.
J: scusami, non volevo.
Mi abbracciò e mi strinse forte al petto, mi rassicurò come dei dolci baci sulla fronte, come un padre avrebbe fatto a sua figlia.
J: sono stato un egoista. Scusami, dovevo pensare ai traumi da prima volta…
Era tenero infondo, almeno cercava di scusarsi traendo le conclusioni più semplici, quelle più plausibili.
I: Justin io non sono vergine.
Si irrigidì e lo sentii tremare per un mezzo secondo.
J: ah…
Avevo deciso che avrebbe dovuto saperlo.
I: ho fatto sesso per la prima volta a tredici anni.
Tremò di nuovo.
J: sai, penso che sia meglio chiuderla qui…
Lo interruppi, volevo che sapesse, non volevo che pensasse che fossi una bambina con la fobia della prima volta…anche se in un certo senso lo ero.
Mi vennero le lacrime agli occhi, vederlo agitato e completamente su di giri per ciò che gli avrei  detto mi faceva star male.
I: ascoltami, ti prego…
Dissi con un soffio di voce.
Lo vidi calmarsi ed assumere un’espressione comprensiva e dolce…rassicurante.
J: ok…
Presi un respiro e cacciai in dietro le lacrime, facendomi forza e cercando di non farmi morire le parole in gola.
I: circa tre anni fa persi mia madre. Ero diventata strana, completamente insensibile a tutto, volevo trovare lo stimolo della vita, in qualsiasi modo. Avrei dato di tutto per continuare a trovare la gioia di vivere.
Mi interruppe e mi fece capire che era una storia già sentita.
Era vero, già gli avevo detto di mia madre, ma se non avessi iniziato così, come avrei potuto intavolare il discorso?
J: non sei obbligata a ripetermelo, so quan…
I: fammi finire Justin.
Non si oppose più e mi lasciò continuare il discorso.
Gli dissi della mia storia con Thomas, dei miei tentativi per ritrovare la voglia di vivere.
Gli parlai di quella sera, del fatto che avrei voluto ubriacarmi, che sperare di morire di coma etilico era l’unica soluzione.
Gli dissi quanto mi sentii sporca e usata, dopo quella volta.
Justin ascoltava, eppure non riusciva a trovare il filo logico della mia confessione.
Forse pensava che le sue mani potessero ricordarmi quelle di Thomas…si sbagliava.
J: ma perché me lo racconti?
Sorrisi amara.
I: perché di te mi fido. E perché ho paura.
Mi abbracciò forte e mi sospirò nell’orecchio, un soffio caldo e melodioso, nonostante fosse solo aria.
J: stringimi forte…
Lo disse come per convincermi che così facendo mi sarei sentita meglio, trattata meglio.
Così lo strinsi, e capii che aveva ragione, che quel suo abbraccio mi stava rigenerando.
Percepii il suo profumo invadermi le narici e successivamente i polmoni, riempiendomi di lui.
J: parlami, ti prego.
Sorrisi e gli baciai la mandibola.
I: che devo dirti?
J: come ti ho fatta sentire…toccandoti.
Persi un colpo.
I: bene. Ma impaurita. Nonostante le tue mani fossero carezze, mi ricordai in pochi millesimi di secondo che le ultime mani che mi avevano toccata così erano…schiaffi.
Lo sentii irrigidirsi.
J: continua…
Gli sussurravo nell’orecchio come per paura che qualcuno potesse sentirci, quando di fatto, nessuno – a parte noi – era in casa.
I: le sue mani facevano male. Sembravano taglienti dardi pronti a sfigurarmi. Le sue spinte facevano male. Cercava il suo piacere in ogni modo, in ogni istante. Ed io ero stupida, e troppo brilla per ribellarmi. Non so dire dove fossimo, forse in un motel. Ma allora perché nessuno mi aiutò sentendomi urlare?
Ero talmente immersa in ciò che ricordavo da trovarmi con le lacrime agli occhi, se solo fossi stata meno stupida, meno sbronza, forse avrei potuto evitare.


Probabilmente ho deluso le vostre aspettative.
Già.
Ma non potevo farli andare in azione subito.
Ok, spero vi abbia soddisfatte comunque e spero in qualche recensione.
Baciotti ;)

.-Glo

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Capitolo 26
*** Chapter 26 : Sorry. ***


Ciao Ragazze, sono esattamente le 23.15 e io non ho sonno.
Ho letto le vostre dolicssime e bellissime recensioni...
Io non ho parole!
Davvero, siete così tenerelle!

Ok, mi sto emozionando!
ahah.
Spero di non deludervi con il capitolo seguente, spero che lo leggiate e che magari lo commentiate ;)
hope you like it.


Chapter 26 : Sorry.

(Justin’s Pov)
 
Mi sentivo così in colpa.
Mi sentii un verme schifoso,
mi sentivo davvero male, avevo provato a violare i confini più proibiti e nemmeno sapevo se fosse pronta o no.
Passò quasi tutto il resto del pomeriggio chiusa in camera sua, e mi sentii davvero orrendo.
Avrei potuto fare di più, ma no, io avevo deciso di rimanere a rimuginare su quanto le fosse accaduto.
Erano le sei e i miei fratelli, Chaz e Ryan non erano ancora tornati.
Mio padre era tornato da circa una mezz’ora ed era spazientito.
Jer: quanto è vero che mi chiamo Bieber io ammazzo i tuoi amici sta volta!
Grazie al cielo non passò molto prima che Ryan e gli altri rincasassero.
Ryan era incazzato.
Mi venne incontro con la più totale irruenza che avesse in corpo facendomi spaventare.
R: che hai fatto a mia cugina!?
Lo guardai e una specie di scarica elettrica mi pervase i muscoli, mi sentivo davvero un viscido.
Non ebbi il coraggio di dirgli la verità, anche perché dirgli che stavamo insieme in quel momento sarebbe stata la scelta più stupida della mia vita.
J: non stava bene…mi ha chiesto di accompagnarla…sai, è una ragazza.
Cercai di inventare la scusa più plausibile e credibile del mondo.
Ryan ringhiò un “Ti uccido” ma poi si dileguò nella sua stanza.
Mi sarei fatto perdonare da Lucinda, dovevo.
 
…Durante la cena…
 
Il pomeriggio non era stato dei migliori per Lucy, insomma, ricordare quella notte non era una delle sue attività preferite, ma aveva fatto la cosa giusta.
Justin doveva saperlo.
Da parte sua, Justin si sentì davvero uno stupido e abbastanza verme da autocommiserarsi per il resto del pomeriggio.
Erano tutti intorno al tavolo a gustare una buona cena a base di pizza, ovviamente nessuno sapeva del piccolo grande segreto che Lucy e Justin nascondevano, nessuno si accorse degli sguardi complici dei due.
A tavola con la famiglia Bieber non si poteva evitare di ridere, Justin era un buffone nato.
Lui, i suoi amici e i suoi fratellini facevano divertire Lucy davvero molto, Justin adorava vederla ridere.
J: Già, ero al Mc-Drive e presi il cono gelato dalla parte del gelato, cioè! Era uno scherzo e la cassiera era tipo “Questo è scemo!”
Tutti risero, Chaz rischiava di soffocare e Ryan ancor peggio ricordando di aver filmato il tutto.
Ma ovviamente si passava da argomenti sobri come un gelato ad argomenti molto ambigui.
C: sì, sì, quale “Cono gelato”!
Rimasero tutti un po’ in silenzio tranne la lieve risata di Ryan che ancora si tratteneva dal racconto precedente.
C: eddai, era una battuta!
I: ovvio…
Rimasero tutti un po’ in silenzio mangiando la loro pizza, quando Jazzy arrivò con una delle sue magnifiche idee.
Jaz: Papy mi compri un nuovo Ken? Non né ho abbastanza, le mie barbie devono condividersi i fidanzati…
Jeremy da bravo papà, l’accontentò annuendo ignaro con la testa.
Justin rischiò quasi di morire strozzato con un po’ d’acqua.
J: Papà! Jazzy fa fidanzare le sue Barbie?!
Jeremy alzò di colpo il capo annuendo.
Jer: Può essere…
Lucy entrò nella conversazione.
I: anche io da piccina le facevo fidanzare.
Justin rimase sconcertato e iniziò a farsi circolare nella mente i film mentali più assurdi ed improponibile dell’universo.
J: come! Altri Ken?!
Ci furono risate generali.
 
(Lucy’s Pov)
 
Cenare con i Bieber e amici era sempre esilarante, fin da quando Justin ed io eravamo bambini era divertente.
Con loro si parlava di tutto, e spesso uscivano battute squallide delle quali Justin va molto fiero.
Ma avevo voglia di relax, quindi mi dovetti esonerare e rintanarmi in camera.
Mi stesi sul letto, senza calze, e chiusi gli occhi.
Cercai di non pensare a nulla che non fosse Justin, il suo sorriso e a quanto potesse farmi star bene.
Mi concentrai su di lui e mi resi conto di poter sognare senza dormire.
Stavamo insieme, forse, ma per ora quel rapporto mi piaceva, era bello sapere che almeno una persona avrebbe dato tutto per me.
Justin era da sempre il ragazzino perfetto, forse non il figlio perfetto, ma era davvero unico.
Non avrei mai pensato però di poter davvero innamorarmi di lui.
Cavolo, ero davvero innamorata di lui.
Probabilmente quello sarebbe entrato a far parte nella storia della mia vita come “Il primo, colossale, vero, amore.”
Adoravo quell’atmosfera surreale che riuscivo a creare isolandomi dal resto, c’ero solo io e i miei pensieri più belli.
Avevo fatto parecchia pratica, avevo passato molto tempo sola.
In certi casi non si può far altro che crearsi un mondo mentale ne quale rifugiarsi, ero brava.
Venni distratta da un bussare persistente alla porta.
I: avanti.
Entrò Justin, bello come sempre, con un sorriso mozzafiato.
Mi misi seduta.
J: volevo farmi perdonare per il casino di stamattina…
Trattenni un risolino al ricordo di ore prima.
Annuii.
J: c’è un bagno con la vasca…fidati, nessuno ti disturberà sta volta.
Mi baciò l’angolo della bocca e se ne andò.
Basta, dovevo vedere quel bagno, l’acqua calda di un bagno rilassante mi chiamava.
Presi le mie cose, e andai alla ricerca del bagno perduto.
Trovai la porta del bagno di quella mattina e notando una porta accanto l’aprii.
Rimasi un po’ basita…in senso buono però.
La stanza non era troppo grande e dispersiva, ma nemmeno troppo piccola e soffocante.
L’atmosfera era calda, dolce, l’aria sapeva di vaniglia e rose, le fiammelle delle candele che contornavano i mobili ondeggiavano e rendevano l’ambiente romantico.
Mi avvicinai alla vasca che traboccava di acqua calda e petali di rose.
Chiusi la porta a chiave e trovai un biglietto attaccato ad essa : “ meriti il più totale relax”.
Justin sapeva essere davvero dolce.
Mi svestii e mi pucciai nella vasca da bagno.
Raccolsi i capelli in uno chignon spettinato per non bagnarli e iniziai a passare sul mio corpo la spugna inzuppa di acqua e sapone.
L’acqua profumava davvero un sacco, i Sali minerali disciolti al suo interno avevano un effetto esfoliante per la pelle e al passare della spugna la sensazione era molto più che piacevole.
Rimasi lì dentro per parecchi minuti, poi decisi di uscire, asciugarmi e mettermi il mio pigiama.
Quella sera andai a letto rilassata e stanca.
Erano circa le dieci quando mi sdraiai serena nel letto scostando le lenzuola lilla, mi adagiai al cuscino morbido.
Capii solo dopo pochi minuti che qualcuno mi alitava sul collo facendomi solletico.
Mi voltai spaventata e trovai Justin senza maglietta con addosso solo i pantaloni del pigiama.
I: che fai qui?
Dissi assonnata.
J: coccole?
Mi fece il labbruccio e io lo baciai sulla guancia.
I: a mezzanotte te ne vai, se ci trovano siamo fottuti.
Ridemmo a bassa voce e ci abbracciammo stretti.
Non saprei dire se Justin si addormentò, io ero caduta nel sonno praticamente subito, ero sicura del fatto che Justin avesse dato ascolto al mio consiglio, perché la mattina seguente, non c’era più.
Dormii bene.
Sognai di rimanere bloccata in quell’estate per sempre, sempre fissa in quel sentimento così vivo così sentito.



Eccomi qui, vi RINGRAZIO TUTTE per le RECENSIONI.
Vi VOGLIO BENE, un BENE DELL'ANIMA!

Sappiate che anche se realmente non vi conosco, beh, 
Virtualmente vi mando lo stesso un caldo e grande abbraccio!
Vi amo!

-Glo

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Capitolo 27
*** Chapter 27 : What a mess! ***


Ciao Ragazze!
Grazie grazie grazi mille per le recensioni, siete sempre così dolciose <3
Sono così felice che la storia vi stia appassionando!
Davvero, vi sono molto grata per continuare a spronarmi nel pubblicare i miei capitoli :)
Vabbene dai, basta con le sdolcinerie e passiamo al capitolo!
Spero di trovare anche in questo molte recensioni come nei precedenti ;)

Chapter 27 : What a mess!
 
I giorni passavano e purtroppo i ragazzi dovettero tornare in Canada e consumare la loro fine-estate a casa tra scherzi, uscite, serate in discoteca e tutto ciò che degli adolescenti farebbero per finire al meglio l’estate.
Justin e Lucy ormai erano sempre più uniti, nessuno però sapeva ancora della loro relazione che si stava evolvendo da ‘ più che amici’ a ‘quasi fidanzati’.
Ryan non sospettava nulla, era completamente ignaro di ciò che la cugina combinava con il baldo giovane canterino.
Per quanto riguardava Chaz invece era completamente dalla parte degli innamorati, tanto che li aiutava con le uscite di nascosto.
Ma quanto sarebbe durata quella messa in scena?
 
(Lucy’s Pov)
 
Mi trovavo a casa di Justin, avevamo passato un bel pomeriggio.
Casa sua era quasi sempre vuota e noi due eravamo molto felici di ciò.
Justin ed io avevamo vari modi per divertirci, erano banali e infantili ma dolci.
Lui mi aveva insegnato a giocare all’Xbox così ci sfidavamo facendo i cretini e ridendo come matti.
Passavamo anche le ore a parlare tranquilli accoccolati l’una all’altro sul suo divano bianco e morbido, mi piaceva stare tra le sue braccia, stravaccata al centro delle sue gambe con la schiena contro il suo petto, mi sussurrava all’orecchio e io lo adoravo.
Pomiciavamo mica male, ma quella era una cosa che inserivamo in qualsiasi attività che sceglievamo.
Ma la cosa che preferivo fare in sua compagnia era starcene chiusi nella sala degli strumenti.
Lui al piano, io seduta affianco a lui ad ascoltare ciò che quel pomeriggio avrebbe suonato per me, ad ascoltare le dolci parole che uscivano dalla sua bocca, la sua voce perfettamente accordata con il suono del pianoforte.
E sorrideva, sorrideva davvero quando stava al piano a cantare, concentrato su ciò che faceva.
Quel giorno ero proprio lì, accanto a Justin mentre finiva di suonare Fall.
I: adoro questa canzone.
Sorrise e mi baciò per lunghi secondi.
Ci rendemmo presto conto però che io sarei dovuta rientrare o Ryan mi avrebbe scoperta.
Mi accompagnò a casa e alle sei in punto ero in camera mia ad aspettare che Ryan – come sempre – venisse a salutarmi prima di ficcarsi sotto la doccia per lavarsi il sudore da allenamento di basket.
Sentii la porta di casa sbattere violentemente e un rumore tonfo farsi largo in casa, come se il borsone di Ryan fosse stato scagliato a terra con forza.
Poi dei passi pesanti su per le scale.
R: Lucinda Destiny Hope Butler!
Urlò Ryan incazzato.
Aprì la porta con forza e lanciò all’interno della stanza una rivista “Vanity Fair”.
R: dimmi che quella non sei tu!
Disse deluso.
Io non capii.
Raccolsi il giornale che ritraeva in copertina una foto di Justin e come titolo Bieber e la sua nuova girlfriend. Chi sei ragazza misteriosa? Pag.9-10”.
Andai alle pagine e vidi le foto di Miami.
Le foto di quel pomeriggio in cui siamo scappati dagli altri.
I baci, le nostre mani intrecciate i sorrisi sinceri.
Mio cugino era scivolato a terra con la testa sulle ginocchia.
I: scusami.
Seppi dire solo quello.
Scosse la testa e destra e sinistra per dissentire e poi si alzò in piedi.
Mi diede le spalle.
Avevo paura di tutto ciò da quando scelsi di essere la ragazza di Justin.
Mio cugino era l’unico che non avevo mai tradito sulla fiducia, era l’unico che non mi aveva lasciata sola.
Mi vennero le lacrime.
R: dimmi da quando va avanti.
Rimasi in silenzio per un po’ e poi gli risposi.
I: ci siamo baciati per la prima volta il primo giorno di vacanza a Miami.
Confessai con la voce tremante.
Mi guardò severo e scosse la testa con un’espressione amara e delusa sul volto.
Volevo parlare, spiegargli come le cose stavano, ma ogni volta che il mio cervello formulava una frase mi sembrava stupida.
Si accomodò poi sul mio letto e iniziò a parlare.
R: sai, un po’ me lo aspettavo, sapevo che prima o poi ci saresti cascata. Sei così ingenua che cadresti ancora nelle braccia di Thomas se venisse a scusarsi…
Mi stava provocando?

Voleva sentirmi sire che Justin era uno sbaglio, voleva solo che io ammettessi di esserne solo cotta e non innamorata.
Non lo avrei fato, mai e poi mai.
I:Ryan le persone crescono. Non sono più la ragazzina indifesa e ingenua di una volta. E no, se Thomas tornasse da me prenderebbe solo calcioni nelle palle.
Dissi sospirando.
Si alzò e con rapidità mi spintonò  per la spalla facendomi barcollare verso il muro.
R: perché Justin?!
Mi ringhiò.
Rimasi in silenzio.
R: tu non sai nulla di lui! Non sai come ha trattato le ragazze prima di conoscerti, e che ne sai che non vuole solo portarti a letto? È il mio migliore amico sì, ma ho visto come si comportava.
Lo spinsi via da me e iniziai a ribattere.
I: non importa del suo passato! Hai detto bene, PRIMA di conoscere me!
Gli urlai con le lacrime sul filo dell’occhio.
Come poteva parlare in quel modo di Justin?
Lui non sapeva quanto fosse diverso da come lo descriveva, mio cugino non immaginava minimamente quanto Justin fosse meraviglioso.
R: Lucinda, tu non lo conosci.
Disse arreso.
I: sì! Che lo conosco! – singhiozzai – da quando avevo 5 anni ricordi? C’eri anche tu. – singhiozzai ancora – forse ha fatto delle brutte cose, ma la gente cambia, continuamente!
Lo fissai e notai in lui una nota diversa, quasi di resa, forse stava capendo.
R: Lucy, io non voglio che tu ti faccia del male…so che Justin è cambiato.
Lui guardai incredula, quasi facevo fatica a credere che lui l’avesse capito o che comunque volesse negare l’evidenza.
I: non potrò vivere per sempre in una gabbia di vetro, Ryan.
Sbuffò rassegnato e mi sorrise.
R: parlerò con Justin.
Lo lasciai andare sotto la doccia in pace, mentre io mi raggomitolai sul mio letto sentendomi in colpa.
Colpa per cosa?
Per essermi innamorata della persona sbagliata forse?
Ma allora, perché si dice che l’amore prende all’improvviso se c’è sempre qualcuno che ha da ridire?
Non capivo perché ci si innamora della persona sbagliata.
Ma che poi, esiste la persona sbagliata?
E quella giusta?
Non ci capivo nulla.
Che casino era l’amore!
Non avevo ancora detto a Justin ‘ti amo’ ma non perché non fosse ciò che sentivo, ma per pura codardia.
Era difficile far uscire quelle due parole dalla mia bocca quando me lo ritrovavo di fronte in tutta la sua perfezione.
Glielo avrei detto certo…solo no
n sapevo quando.



Et voilà !
Mi auguro che vi sia piaciuto!
Magari, ditemi che ne pensate in una recensione ok?

Ciao e alla prossima ;)
-Glo

PS: VI AMO!

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Capitolo 28
*** Chapter 28 : ... Just close your eyes ***


Ragazze!
So che mi odierete a morte, ma purtroppo sono finita in un casino un po' antipatico.
Sono tecnicamente in punizione a causa di un rendimento non troppo soddisfaciente a scuola.
Quindi, non ho potuto aggiornre.
Ma ora, sono clandestinamente in internet e quindi vi scrivo ;)
Ci tengo a dirvi che ho finito questa FF, tra una decina di capitoli giungerà al capolinea.
Nuuuu!

Love.

Chapter 28 : ...Just close your eyes.

(Justin’s Pov)
 
Erano le otto dello stesso giorno in cui riportai Lucy a casa di Ryan che mi ritrovai il mio migliore amico proprio al cancello della mia abitazione.
Era parecchio incazzato, glielo leggevo in faccia, con me ovvio.
Per una cosa o per un’altra Ryan riusciva sempre ad incazzarsi con me, non capivo perché.
J: ciao Ryan, che vuoi?
Lui mi aggredì.
R: ah, ti disturbo? Stavi per caso fottendo la prima che passa?
Lo feci entrare in casa e lo vidi perlustrare le stanze del piano terra mentre io me ne stavo con espressione confusa in piedi vicino al salotto.
Non facevo caso ai suoi atti da segugio solo finché non esclamò un “ah-ah!”
Che aveva trovato ora?!
J: che hai trovato Ryan? Non fumo più da un sacco ormai!
Lui sogghignò.
R: questo lo so caro Justin, solo spiegami cosa ci faceva la canottiera di mia cugina tra le pieghe del tuo divano?
Cazzo!
Lucinda prima o poi mi farai sclerare.
La maglietta che si era macchiata di coca-cola oggi pomeriggio, le diedi una delle mie ma la sua evidentemente era rimasta qui.
E ora, come avrei risolto?!
J: senti. C’è una spiegazione. Sappi che io tua cugina non l’ho sfiorata!
Piccola balla.
Diciamo che io e Lucy non avevamo ancora fatto il grande passo ma comunque ci baciavamo parecchio.
R: oh, lo so Justin. So anche che voi state insieme da un bel po’.
Mi accigliai e capii che qualcosa non andava.
J: co…come?
Annuì e si sedette sul mio divano con la canotta di Lucy tra le mani e uno strano sorriso.
R: ascolta, voglio vedere mia cugina felice, se con te lo è…avrai campo libero.
Sorrisi e ci abbracciammo.
J: grazie amico.
Ridemmo.
R: solo, non farla stare male…
Feci no con la testa e lo accompagnai alla porta.
Prima che se ne andasse però si girò ancora.
R: Domani è sabato, tu e Chaz venite da noi ok?!
Annuii.
 
I: Ciao zii, divertitevi allora hè!
Finalmente Ryan e Lucy erano riusciti a cacciare via i genitori di Ryan e lasciarci la casa per noi quattro scemi pronti a far baldoria.
Ovviamente ci divertimmo come sempre, erano le serate che più preferivo, anche se io e Lucy non osammo scambiarci effusioni davanti a Ryan che come un poliziotto stava sempre a sorvegliarci.
Ci lanciavamo occhiatine sagaci e sguardi d’intesa.
R: ok, ho in mente una cosa, potremmo sbronzarci un po’, vi va?
Ridemmo, che male c’era a scolarci un paio di short tra amici?
R: ok, facciamo un gioco, prepariamo 2 domande a testa, non troppo intime, con risposta. Chi la sbaglia paga pegno.
Eravamo tutti d’accordo.
Beh, non ricordo più molti particolari, solo che andammo a letto piuttosto brilli, felici, e completamente stanchi.
 
Fui il primo a svegliarmi, avevo il mal di testa a causa della vodka bevuta la sera prima, era presto, probabilmente erano le 6 o giù di lì.
Dormivano tutti quanti accasciati l’un sull’altro.
Lucinda era collassata sul divano con un braccio a penzoloni e le gambe che uscivano dal divano
Sorrisi e mi incantai davanti alla sua espressione rilassata.
La presi in braccio senza svegliarla e la portai in camera sua adagiandola sul letto.
Mi sedetti di fianco a le e le baciai la fronte prima di realizzare quanto l’amavo.
Allungai il mio corpo accanto al suo abbracciandola da dietro, e cullandola al mio petto.
Dormimmo per altro tempo a me sconosciuto.
 
I: Justin…
Sentii un dolce sospiro al mio orecchio rendendomi conto che probabilmente era ora di alzarmi.
Mugolai e mi girai dall’altro lato facendo sbuffare Lucy.
Sentii presto le sue labbra sulla mia mascella salire verso l’orecchio di cui rapì il lobo, imprigionandolo in una presa dolce ed eccitante tra i suoi denti.
I: so che sei sveglio…
Sussurrava nel mio povero orecchio.
Non volevo cedere, almeno fino a prossimo ordine.
I: stai giocando troppo…
Baciò il mio lobo e scese a baciare il mio collo mordendolo e tirando la pelle con i denti.
Con uno scatto piuttosto goffo a causa dei muscoli assonnati mi trasferii sopra di lei.
J: chi è che gioca troppo?
Sorrise sonora e allungò il collo in cera delle mie labbra che le avrei ceduto sicuramente.
Iniziammo a baciarci, baci inizialmente casti e a fior di labbra presto tramutati in baci pieni di desiderio.
J: Chiudi gli occhi.
Lei fece quello che le dissi ed io mi sporsi verso una meta ancora inesplorata della sua carne.
La canottiera che indossava aveva una bella scollatura che, senza reggiseno, non lasciava molta immaginazione.
La baciai partendo dalla clavicola a scendere fino al centro dei suoi seni coperti da una stoffa così morbida e leggera.
Eravamo così complici, così in sintonia
fino ad un ripetuto bussare alla porta.
M: Tesoro, posso entrare? Devo lasciarti un paio di cosette.
I: sì, zio!
La maledissi con gli occhi ma poi mi venne in mente un piano di vendetta.
MI appiattii sotto al lenzuolo appoggiando il mento sul suo ventre.
I: z…zio appoggia pure sulla scrivania. Grazie.
Sollevai la sua maglietta e le baciai l’ombelico facendola sussultare.
M: vi siete divertiti ieri sera?
I: c…certo zio.
Passai le mani sotto la sua schiena accarezzandogliela soavemente.
M: bene, ti lascio allora.
Le morsi la pancia.
I: SI! Ok, c-ciao.
Appena sentii la porta chiudersi uscii dal lenzuolo baciandole la guancia.
J: sbaglio o quel “Si” – la imitai – era un “Ti prego ancora”?
Lei sbuffò e si mise seduta sul letto, con la schiena alla testiera.
Le andai vicino gattonando e notai un riso maligno e sexy sul viso di Lucinda, cosa aveva in testa?
Mi avvicinai al suo viso a pochi centimetri, giusti abbastanza per farle perdere il controllo e trovarmela schiacciata addosso che mi mordeva la spalla.
Gemetti di dolore.
J: ahi Lucinda!
La sentii ridere.
Mi ritrovai sotto di lei con la testa dalla parte opposta dei cuscini a maglia alzata.
I: ora mi vendico.
Come un felino si fionda sulla sua preda lei si fiondò sul mio petto, mi baciò lasciando una scia umida fino all’elastico dei pantaloni del pigiama.
Per tornare su e mordermi un capezzolo, mi stavo eccitando mica poco.
Appena sentii i suoi denti fiondarsi su quel punto così sensibile mi lasciai sfuggire un gemito, di piacere questa volta.
J: ah…Lucy!
Lei rise ancora e mi lasciò lì allibito e insoddisfatto mentre lei si recò a prendersi un cambio.
Quella ragazza era furba.
Arrossendo e lanciandomi una strana occhiatina, se ne andò in bagno per cambiarsi.
Sbuffai e sorrisi guardando il soffitto e abbassandomi la maglietta.
Mi alzai dal suo letto e mi sistemai i capelli con una mano osservandomi allo specchio.
Quando scesi per la colazione, Ryan mi osservava sospettoso mentre Chaz non fece altro che farmi l’occhiolino per farmi capire ciò che loro avevano capito.
No, che stupidi!
Mi fiondai su di loro e ringhiai un “scemi” a denti stretti.
Mi avvicinai a Ryan : Sia chiaro, io e Lucy non abbiamo fatto nulla, chiedilo a lei se non mi credi.



Qui finisce il capitolo 28 mie care ;)
Spero vi sia piaciuto, nonostante sappia che un capitolo non compensa un'assenza come la mia.
Mi farò perdonare PROMESSO!
Vi amu.
RECENSITE? :3

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Capitolo 29
*** Chapter 29 : Are you sure? ***


Ciao Ragazze ;)
Come è andata la giornata? 
Io tutto a posto, mia mamma si sta facendo buona e mi lascia il computer ogni tanto :)
Sono un po' stanca, ma il tempo e la forza per pubblicarvi un capitolo c'è.

Chapter 29 : Are you sure?

(Lucy’s Pov)
 
Non so che mi fosse preso quella mattina, ero stata presa alla sprovvista da una strana sensazione, come se tutt’un tratto i miei ormoni si fossero svegliati da un lungo letargo.
Mi resi conto di non capire come feci a stare così “lontana” dal corpo di Justin così a lungo.
Io e Justin ormai era un po’ che stavamo insieme, senza contare che ci conoscevamo da una vita, ero attratta da lui, dal suo corpo ma non avevo ancora pensato D A V V E R O alla possibilità di poterlo toccare, baciare così.
Almeno, non fino a quella mattina.
Quando lui aveva provato l’avevo allontanato per pura insicurezza, ma dal momento in cui avevo assaggiato la sua pelle avrei voluto averne per sempre.
Avevo sedici anni compiuti, ero pienamente consapevole di ciò a cui sarei andata in contro, e soprattutto, ero abbastanza convinta che Justin fosse quello giusto.
Eppure avevo bisogno di svago, di fare qualcosa che mi tenesse fuori dai guai almeno fino a prossimo ordine.
Oppure avevo solo bisogno di qualcuno con cui parlarne.
Oh, insomma!
Avevo la testa che scoppiava.
Dovevo uscire.
Punto della situazione : Ryan era agli allenamenti, Justin era a casa a discutere di qualcosa riferito al nuovo Album con Scooter  e Chaz…Chaz!
Mi affrettai e corsi a cambiarmi, velocemente mi vestii, mi truccai e mi sistemai i capelli.
I: Ciao Zio, Ciao Zia!  Io esco!
Non fecero in tempo a dire nulla che io ero già fuori, che camminavo spedita verso la casa di Chaz che distava un paio di isolati.
Quando mi trovai di fronte al portoncino della sua villetta fui combattuta, sapevo che forse parlare con lui di ciò che avevo in mente non sarebbe stata una delle migliori cose da fare, ma in quel momento, mi sembrava il più indicato.
Così bussai e presto un Chaz con i capelli più in disordine del solito venne ad aprirmi.
I: ciao…
Salutò con uno sguardo e mi fece entrare sistemandosi la chioma e chiudendo la porta dietro di se.
C: dimmi…sembri piuttosto sconvolta.
Sconvolta?!
Io non ero affatto sconvolta…ansiosa, stranita, forse spaventata ma non  sconvolta.
I: ho preso l’ardua decisione di usare la carta di credito che papà mi aveva lasciato per l’estate, mi accompagneresti a fare shopping?
Mi guardò circospetto.
C: Tu. Quanto shopping?
Lo guardai supplichevole senta parlare.
C: cosa trami? Che devi dire, forza sputa il rospo.
Nel frattempo aveva già le chiavi dell’auto in mano, la giacca addosso e le scarpe a posto.
I: quanto tempo hai?
Sbuffò e mi prese a braccetto, ridendo mi accompagnò alla macchina e successivamente al centro commerciale.
 
Passai una bella mattinata, insomma, Chaz non era proprio un ragazzo con dei bei gusti in fatto di abiti, ma pur sempre simpatico.
Ci fermammo da McDonald’s a mangiare qualcosa verso l’una, ma io ancora non gli avevo detto nulla.
Così decisi di usare la tattica del saper raggirare le persone, pur non sapendo come funziona.
I: hai mai fatto sesso?
Chaz quasi si strozzò.
Sapevo la risposta, ma faceva parte del mio piano malefico.
C: che, che ti salta per la testa?
Lo guardai e sorseggiai un po’ della mia coca cola.
I: faresti mai sesso con me?
Mi guardò ancora più sconvolto, poi cambiò espressione.
Chaz sembrava entrato in una strana fase di trans e la sua faccia lasciava immaginare ciò che ambiguamente pensava.
I: Chaz, anche se tu volessi non ti darei mai la possibilità.
Si riprese facendo l’offeso…gli passò al suono della mia domanda successiva.
I: Justin ha mai fatto sesso?
Lasciò sul tavolo il bicchiere e si concentrò su di me pensando che io stessi delirando.
C: Primo, smettila di dire continuamente quella parola con la ‘S’. Secondo…sì, troppe volte forse.
Mi sentii un po’ delusa dalla risposta, insomma, sapevo che Justin era già a conoscenza dell’esperienza, ma non mi aspettavo una risposta così.
C: perché queste domande?
Si fece più serio, quasi avesse intuito le mie intenzioni, quasi volesse proteggermi.
Sapevo cosa volevo, sapevo che non avrei corso alcun pericolo con Justin, sapevo quello che facevo.
Non sarebbe stata la mia prima volta fisicamente, ma lo sarebbe stata sentimentalmente.
Se avessi avuto un rapporto con Justin ovviamente sarebbe stato per amore.
Sospirai e misi le mani sul viso quasi vergognandomi dei miei stessi pensieri.
I: stamattina è successa una cosa un po’, un po’ strana. Non so cosa mi sia preso, so che avrei voluto levare ogni vestito a Justin e andare oltre.
Lui fece una faccia un po’ disgustata, ovviamente non gli importava delle mie crisi ormonali, tantomeno di ciò che io e Justin facevamo.
C: Beh, io la trovo una cosa piuttosto normale.
Sorrisi e sorrise lui, era così tenero.
I: pensi che se io gli lasciassi campo libero, sarebbe una decisione affrettata?
Inspirò profondamente e da quella strana reazione ne trassi la risposta, ovviamente pensava che fossi affrettata, ma era tanto ormai che io e Justin stavamo insieme, non sembrava nemmeno a me.
Lasciò andare l’aria che aveva preso respirando a pieni polmoni e mi rispose.
C: Non posso decidere io per te…ma tu sei sicura?
Risi.
Chi lo è?
Chi sarebbe capace di dire “sì, sono sicura” senza nascondere un pizzico di paura?
Non volevo mentire a Chaz, non volevo mentire nemmeno a me stessa; avevo quella strana vocina che mi spronava a superare il passato e lasciarmi travolgere da Justin, e avevo quell’altra vocina che faceva la moralista e prudente.
Mi chiedevo se la mia coscienza fosse capace di elaborare una risposta un po’ più intermedia.
Ovviamente, no.
I: Chaz, non sono sicura di niente, ma se mi chiedi se amo Justin posso risponderti il sì più sincero della mia vita.
Non azzardammo più il discorso era davvero imbarazzante parlarne con Chaz, non mi piaceva metterlo a disagio perché avrebbe implicato il mio…di disagio.
Così decisi di tornare a casa durante il pomeriggio.
Avevo comprato un po’ di cose carine e trascorsi il mio tempo a metterle a posto fino a che il telefono non suonò.
Mi fiondai a cercare il cellulare che avevo lasciato in giro nella mia stanza inondata dal casino.
Lo trovai e risposi senza nemmeno stare a guardare il nome sullo sfondo.
I: pronto?
J: Ehi…che fai?
Sorrisi come un’ebete, non mi aspettavo una sua chiamata.
Justin.

Questo è quanto.
Spero mi farete sapere che ne pensate con una recensione picolina piccolina ;)
Love.

Glo.

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Capitolo 30
*** Chapter 30 : Hope you like it. ***


VI AMO!
VI AMO UN SACCO GENTE!

Siete sempre così carine e dolci nelle recnsioni !
MI avete reso la persona più felice di sto mondo cavolo!
Mi auguro che il capitolo a seguire, vi possa piacere come quello precedente ;)
Beh, bando alle ciance...

Chapter 30 : Hope you like it.
 
Mi stavo preparando ormai da un bel po’.
Non sapevo come vestirmi, come truccarmi, come atteggiarmi…mi sudavano le mani.
Non avevo idea di come acconciare i capelli, probabilmente la cosa migliore sarebbe stata lasciarli sciolti.
Avrei dovuto depilarmi?
Certo, ceretta alle gambe assicurata.
Guardai l’ora : evidentemente il tempo non era mio amico.
Avevo due ore e mezza per essere perfetta.
Così decisi.
La prima cosa da fare sarebbe stata la ceretta, poi la doccia, poi i capelli e così via.
Presi la cera, le strisce e con le mani tremanti portai tutto in camera mia.
Come volessi dimostrare, cadde tutto a terra causando un tonfo.
I: Cazz!
Nel tempo che stavo impiegando a raccogliere il tutto a zia Sharon era già di sopra ad aiutarmi.
Z: vuoi darti una calmata? È mezz’ora che continui ad agitarti. Spiegati!
Respirai profondamente e presi a parlare, doveva sapere.
I: ormai sai che io e Justin stiamo insieme…
Mi interruppe.
Z: sì, mi sfugge da quanto ma…sì.
Iniziai a torturarmi una ciocca di capelli, coraggio Lucinda, sputa il rospo.
I: sta sera mi ha invitata…ha casa libera fino a domani.
La zia storse il capo.
Sapevo che avrei dovuto evitare, sarebbe partito il discorso del sesso e tutte quelle cose che già sapevo.
Sarebbe diventato imbarazzante.
Z: beh…ok.
Ok?
La guardai strana, incitandola continuare.
Z: Mi sembra inutile farti la lezione, sono cose che già sai da un bel po’ immagino… - sospirò – solo, non fare ciò che non vorresti.
Ci abbracciammo, e iniziammo  a parlare, quasi come madre e figlia.
Nel frattempo delle chiacchiere, la Zia mi fece la ceretta, e infine mi aiutò a scegliere come vestirmi.
Aveva detto di rimanere sul casual, una cosa sobria, un tipico abbigliamento da appuntamento.
Normale. ( 
http://ak1.polyvoreimg.com/cgi/img-set/cid/62498735/id/J4lk0VDbQjyGclS4RK22Tg/size/y.jpg )
Capelli sciolti, un trucco leggero, un buon profumo e un comportamento del tutto ingenuo e normale.
Parlavo come una scema davanti allo specchio del bagno cercando di non esercitarmi troppo sul normale, o sarebbe sembrato tutt’altro.
 
Finalmente ero pronta, infilai la giacca, le ballerine, presi le mie cose ed uscii di casa, lasciando Ryan e lo zio ignari di tutto.
La casa di Justin era vicina, facile da raggiungere a piedi, buon tempo da impipare per scaricare la tensione.
In un lampo ero già davanti al porticciolo.
Bussai.
Justin mi venne ad aprire tutto sereno e pimpante, come sempre del resto.
Ci baciammo e poi mi accompagnò sul retro, nella veranda che dava sulla piscina.
Un tavolino apparecchiato per due a lume di candela, i colori quasi tutti abbinati, le posare, i piatti messi bene.
J: spero ti piaccia…sai non sono un grande cuoco.
Mi lasciò ed entrò andando verso la cucina.
Tornò con un vassoio coperto.
I: ho paura, che c’è lì sotto.
Sorrise ed appoggiò l’unica portata.
J: semplicissimi Hot-Dog e patatine fritte.
Ridemmo e ci accomodammo.
La cena passò stranamente ad un ritmo veloce, e tranquillo.
Era stato dolcissimo.
Forse come cena galante non fu il massimo, ma almeno aveva cucinato lui senza nemmeno una patatina bruciata.
Apprezzai davvero il gesto così tenero.
 
Ormai eravamo a fine estate e quindi il freddo, durante la sera, scendeva prima, così fummo costretti a rientrare e spaparanzarci sul divano.
J: sei così carina sta sera.
Mi baciò a stampo e io ricambiai dolcemente.
Sorrisi imbarazzata e lasciai che lui si allontanasse verso la cucina.
I: non ci credo, abbiamo appena finito e tu hai di nuovo fame?!
Lo sentii ridere ed io mi aggiunsi alla sua risatina.
J: oh, fidati un po’
Mi accomodai meglio sul divano, levando le scarpette e distendendo le gambe.
Tornò armato di fragole, panna e nutella.
Era incorreggibile.
J: ok, panna per me e cioccolata per te! Via!
Non avevo molta fame, forse il blocco allo stomaco a causa della tensione costante, ma mi sforzai comunque di mangiare tre fragole di cui una con la nutella.
Guardai Justin, era un animale!
Fragola in bocca, un paio di morsi e poi a fauci aperte si sparava la panna direttamente in gola, conciandosi le labbra peggio di un bambino.
Sorrisi.
J: che c’è?
Si girò all’improvviso e con la bocca piena mi fece la domanda.
Scossi la testa e risi mente lui continuava a finire di masticare il suo boccone dolce e lasciarlo andare giù nello stomaco.
In più mi fissava come se nulla fosse.
Lo guardai e fui tentata dal rubargli quella panna rimasta vicino al suo labro, all’angolo della bocca.
Così, allungai il dito sotto i suoi occhi studiosi, rubai la panna e la portai alla mia bocca.
Avevo sedici anni e la mia prima esperienza con questo genere di cose era stata traumatica, quindi tentai di essere il più calma e sensuale possibile.
Leccai il mio indice sporco di panna tenendo gli occhi puntati su quelli di Justin , che al mio gesto, divennero languidi.
Sorrisi e sfuggii al suo sguardo eccitato alzandomi dal divano con una fragola in mano.
Mi diressi verso le scale per il piano superiore e guardai l’ora : 21 spaccate.
Sentii presto i passi di Justin che mi seguirono.
Arrivai davanti alla porta di camera sua ed esitai spalmandomici con la schiena.
Lasciai che Justin si avvicinasse al mio viso e gli avvicini la fragola alle labbra che addentò rubando un pezzo di quel frutto rosso e dolce.
Mangiai il resto e poi risi incantata dal suo sguardo perverso.
Ma ero in totale imbarazzo, non sapevo che fare, mi sembrava di essere stata fin troppo provocante.
Mentre rimuginavo non mi accorsi che Justin, senza complessi, si era avvicinato al mio collo iniziando una dolce tortura.
La sua lingua calda tracciava piccoli cerchi e le sue labbra lasciavano dolci baci sulla pelle.
Chiusi gli occhi e misi le mani attorno al suo collo stringendomi ai suoi capelli alla base della nuca.
Il suo respiro caldo mi sfiorava la pelle solleticandomi, il suo naso strusciava contro la mia mandibola.
Ogni punto in cui lui lasciava una sua traccia, baci, carezze, tocchi innocenti, la mia pelle si infuocava, diventava calda di piacere.
Non ce la feci a resistere e mi lasciai scappare un sospiro.
Lo sentii ridere e con la mano aprire camera sua, finalmente.
Mi prese per le cosce e mi sollevò portandomi fino al letto per poi appoggiarmi e riprendere a baciarmi.
Mi lasciò un bacio tenero sul labbro superiore.
I suoi baci, i suoi baci erano qualcosa di afrodisiaco, sentire la sua bocca cercare la mia in quel modo che ogni volta mi lasciava spaesata, completamente assorta.
Le mani giravano sul suo corpo e le sue sul mio, ci cercavamo l’un l’altra, qualcosa di inspiegabile.
Mi prese i fianchi e mi spostò verso i cuscini.
Le sue mani, maliziose,  mi spinsero le spalle fino a farmi toccare con la schiena il materasso.
Un mugolio giunse al mio udito, fu profondo, per niente stizzito, che accompagnò Justin ad adagiarsi sopra di me.
Mi staccai leggermente da lui e lo guardai negli occhi, cercai di far trasparire la maggior sicurezza possibile.
Mi sorrise ed i suoi occhi, bellissimi, brillarono.  
Quegli occhi così possessivi, languidi, luminosi…eccitati.
Mi fissava con naturalezza, come se si sentisse in dovere di farmi sentire protetta, al sicuro e calma.
Era proprio quello che cercavo, uno sguardo rassicurante, una parola o una carezza.



That's all!
Non datemi fuoco se faccio fatica ad aggiornare costantemente :( ma i miei genitori ultimamente mi "odiano"
Vabbuò.
Love Love :)
Glo.

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Capitolo 31
*** Chapter 31 : ***


Ciao Ragazze :)
Come state?
Devo ringraziarvi per le recensioni così carine ;)
Mi aspetto lo stesso calore anche nei commenti di questo capitolo...se ce ne saranno, ovvio ;)

Non mi dilungo :)

Chapter 31 : “I'm stuck in the moment with you.”
 
Feci io la prima mossa, e ne fui molto indecisa.
Afferrai i suoi fianchi e feci salire la sua maglietta fino alle spalle, che mi aiutò a sfilare.
Poggiai le mani sul suo torace che si innalzava a ritmo del suo respiro affannato, mentre la sua mano vagava in cerca della mia felpa; la sfilò.
Troppi strati dividevano il suo petto dal mio, ma non me preoccupai molto, perché non appena finii di pensarlo la mia canotta era già da chissà quale parte.
C’era uno strano silenzio nella stanza.
Il gancetto saltò ed il mio reggiseno color vinaccia scivolò lungo le mie spalle per finire leggero sul pavimento.
In un attimo il contatto tra la mia pelle nuda e sensibile con quella  fresca di Justin mi fece rabbrividire, ma subito mi rilassai quando sentii le sue labbra accarezzarmi il collo, la clavicola, il petto.
Si fermò, eppure avrei tanto voluto sentire le sue labbra lambire ogni singolo millimetro del mio corpo.
Così mi spinsi oltre i miei limiti di insicurezza.
Gli accarezzai il bacino e gli presi la fibbia della cintura, ci lavorai un po’ ma finalmente riuscii a slacciarla.
Gli sfiorai la chiusura dei jeans solo per avere la soddisfazione di farlo impazzire, di sentirlo gemere nel mio orecchio.
Così successe.
Il suo alito caldo e la sua voce strozzata riempirono le mie orecchie facendolo andare in TILT, portando me – di conseguenza – a bramarlo ancora.
Gli aprii i jeans e glieli sfilai con mano ferma e sicura, mi ero abituata all’idea di noi nudi l’un sull’altra e il mio istinto chiedeva di più.
Presto i miei leggins si trovarono a terra a far compagnia al resto dei nostri indumenti.
Adoravo le sue mani, erano belle, grandi, morbide e possedevano dita lunghe ed affusolate, le sue carezze erano piacere unico, erano una sensazione divina.
Lo sentii indugiare sul mio seno ed affondare le dita nelle mie curve morbide.
Gemetti sul suo collo.
Rise, percepii quel risolino perfido e sadico.
Le sue labbra chiusero il sorriso andando a soddisfare il mio precedente desiderio, lambendo il mio seno sinistro.
Uno stridulo urletto uscì dalla mia gola, rendendo il mio respiro più veloce e più pesante.
In quel momento una voce dentro di me pregava di spogliarlo e concedermi a lui.
Ignorai quella voce, altrimenti sarei sembrata una pazza maniaca.
 
Nudi completamente eravamo ancora in vena di coccole sensuali e di sospiri accennati, raggirammo il tutto alla grande; fu strano.
Poi, con ben poco preavviso lo sentii, lo sentii scivolare senza fatica dentro di me, lo sentii mugolare mentre io mi aggrappavo alla sua schiena e alle sue spalle muscolose.
Solo in quel momento mi resi conto di quanto avevo bramato il suo corpo, il suo piacere.
Le sue braccia circondarono la mia vita e con un colpo d’anche capovolse la situazione, facendomi trovare seduta sopra di lui, ancora uniti.
Si appoggiò sui cuscini e muovendo il bacino in sincronia  del mio creava movimenti frenetici seguiti da alcuni lenti e sensuali.
Le sue mani furono perennemente incastrate sui miei fianchi aiutandomi a rimanere dritta davanti ai suoi occhi.
Ma non mi piaceva.
Mi osservava e per quanto la cosa potesse eccitarlo, a me creava imbarazzo.
Il suo viso era totalmente abbandonato al piacere, gli occhi liquidi puntati nei miei, e le labbra aperte.
Mi appoggiai al suo petto che faceva su e giù insieme al suo bacino, in quel modo gli diedi più spazio e quasi me ne pentii.
Ansimai sul suo collo e quando sentii – appunto – una sua spinta più fonda gli morsi la pelle.
Mi aggrappai alla sua nuca e lo tirai su di me tornando nuovamente sdraiata sotto di lui.
J: Lucy…
Non risposi, mi limitai ad accompagnarlo fino allo sfinimento quando gemette forte e si spostò improvvisamente da me travolto da convulsioni provenienti dal suo centro.
Non se ne rese conto ma arrivammo al culmine insieme, fu una sensazione più che appagante.
Avevo fatto l’amore con Justin.
Mi girai e gli diedi le spalle rannicchiandomi su me stessa, aspettando le sue braccia a cingermi la vita.
Le sentii quasi subito.
Respirava ancora con l’affanno…era così dolce.
Il suo abbraccio era così caldo, così morbido e fatto apposta per me.
J: vorrei bloccare questo momento con te.
Oh se lo amavo.
Glielo avrei detto, ormai ne ero più che certa, avevo passato la notte più bella della mia vita.
I: Justin…
Lui mi baciò la guancia.
I: io ti amo.
Lo sentii sorridere sul mio orecchio e prima che potessi cadere nel più profondo sonno, i miei timpani udirono quelle cinque lettere.
J: Ti amo.
 
Aprii gli occhi e la prima cosa che vidi fu il mio reggiseno a terra.
Sorrisi ricordando ciò avevo fatto.
Mi voltai ed il letto era vuoto, mi spaventai all’inizio, ma poi sentii un caldo profumo di caffè.
Le lenzuola verdine di Justin erano completamente scompigliate.
Mi alzai, mi stirai, raccolsi le mie mutandine, le indossai e poi indossai il lenzuolo.
Scesi le scale di casa di Justin e quando arrivai in cucina, lo trovai davanti ai fornelli a tener d’occhio del caffè e un po’ di latte.
Sorrisi.
Era lì che canticchiava felice con addosso solo i boxer arancioni e una maglietta bianca.
I: Buongiorno.
Si voltò e mi sorrise apertamente, mi venne incontro e mi abbracciò.
J: ti sei svegliata!
Annuii e gli baciai una guancia.
Mi accomodai su una sedia.
J: oh, aspetta…
Si levò la sua maglietta e me la porse notando che avevo addosso solo il lenzuolo.
Così, mi alzai, gli diedi le spalle e lasciai cadere il panneggio che mi copriva infilando poi, la sua t-shirt.
Mi voltai e lo vidi con una mano su “Jerry”, e la bocca leggermente aperta.
Risi e andai ad abbracciarlo.
I: Ti amo, Justin.
Il mio umore quella mattina era molto più che buono, ma Justin non approfittò di tutto ciò.
Passai la mia mattinata a casa sua, in balia delle sue coccole dei suoi giochi spastici da idiota.
Ci fu persino un momento in cui riuscì a rimanere serio, voglio dire, per lui è stata un’impresa.
Un momento in cui stavamo per rifarlo, un momento in cui avrei voluto picchiarlo a sangue dopo che mi aveva fatto il solletico.
Insomma.
Ma purtroppo non potevo vivere attaccata a lui, non avrei potuto stare 24 su 24 ore da lui, così mi riaccompagnò a casa.
Ci baciammo sulla sua macchina e – da gentiluomo – aspettò che entrassi prima di andarsene.
Quando rientrai, il clima in casa era molto strano.
Zio seduto sul divano che era intento a fissare ogni mio singolo movimento con aria severa, la zia tranquillamente in poltrona a sorridermi, la tv accesa ma ad un volume davvero minimo, e come ultima cosa – non meno importante direi – le urla di mio cugino spastico che scendeva dalle scale.
Sarei morta tra…
Tre.
Due.
Uno.
R: Lucinda, Destiny, Hope, Butler!




Ecco qui :)
Non so che dirvi...
Allora, non vedo l'ora di ascoltare l'album acustico di Bieber ;)
Spero che il capitolo sia stato gradito...quindi : Mi eclisso gente :D

Glo.

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Capitolo 32
*** Chapter 32 : ***


We come va?
Devo ringraziarvi tutte quante per le numerose recensioni ;)
Spero di non essere stata troppo indiscreta ;D
Grazie ancora, e spero che questo capitolo vipiaccia almeno quanto il precedente :D
Mi aspetto qualche commento ok?

Chapter 32 : Today you’re with me, but tomorrow?
 
Mi trovavo a Los Angeles ormai da una settimana, la scuola sarebbe iniziata presto, mio papà era a casa…tutto normale.
Ma io sentivo la mancanza di Justin, di Chaz e perfino di mio cugino Ryan.
Justin mi aveva accompagnato fino a Los Angeles per salutare mio papà, ma il giorno dopo il mio ritorno a casa lui partì.
Il lavoro lo chiamava, Scooter lo chiamava, le Beliebers.
E lui amava tutti quanti, troppo da poter rifiutare un tour mondiale.
Ne fui davvero felice, anche perché, promesse di portarmi con se durante qualche tappa.
Non potevamo dire di non amarci, non potevo dire di essere infelice : ci sentivamo sempre, per telefono, internet, via chat, o video-chat.
Spesso però mi mancava il suo profumo, il suo calore, la sua voce sussurrata all’orecchio.
Ma non dovevo preoccuparmi.
Justin mia amava e io pure.
Avrei solo dovuto tenere duro per tre mesi, e poi, per Natale e capodanno lui ci sarebbe stato.
Forse due settimane non avrebbero compensato tre mesi ma chi troppo vuole nulla stringe.
Sarebbero venuti a LA anche Ryan e Chaz, così da festeggiare in grande stile all’ultimo dell’anno.
 
25 Dicembre 2012.
Natale.
 
I: papà!
Mio padre accorse subito in camera mia preoccupato visibilmente, sì, beh, lo avevo chiamato come se fossi in stato di panico.
Era così.
I: mi aiuti con la zip del vestito?
Sbuffò e poi mi aiutò con il vestito.
Volevo essere perfetta, volevo potermi guardare allo specchio e rimanere stupefatta, volevo tutto ciò per Justin.
Era un sacco che non ci vedevamo, e volevo che la sua rimpatriata fosse splendida.
Ormai sarebbero stati qui a momenti: lui, sua madre, Chaz, i miei zii e mio cugino.
Ovviamente solo Justin sarebbe rimasto fino al 31.
Stavo finendo di arricciarmi le ultime ciocche di capelli quando fui sorpresa da un’entrata di mio papà che mi chiedeva aiuto con la cravatta.
Lo aiutai e poi si fermò a guardare la figura che lo specchio rifletteva.
P: Sei bellissima.
Arrossii e ripresi con la piega ai miei capelli.
Rise e scese le scale.
Quando ebbi finito anche con il make up, andai in camera mia e mi sedetti all’angolo del letto, guardai fuori dalla finestra e pensai.
“Un altro Natale senza di te Mamma. Sai, mi manchi. Mi manchi un sacco, papà fa sempre di tutto per me, ma spesso mi domando come sarebbero andate certe cose se tu fossi stata qui. So che ci sei, dentro il mio cuore, ma avrei bisogno di te anche solo una volta, per poterti salutare. Buon Natale, ti voglio bene Mamma.”
Sospirai e guardai il cielo quando sentii il trillare del citofono.
Senza nemmeno infilarmi le scarpe mi precipitai a tutto gas giù dalle scale rischiando anche di farmi male ed avere uno scontro diretto con mio padre, lo sorpassai e corsi ad aprire la porta impaziente.
Mi trovai di fronte mio zio.
Delusione.
M: Ciao Lucy!
Sorrisi, lo abbracciai, e così feci anche con la zia.
Salutai Ryan che fu davvero felice di vedermi, abbracciai Chaz e infine pure Pattie.
Ero felice di averli con me, ma avevo bisogno di vedere, stringere Justin.
Appena tutti furono a loro agio, le loro giacche a posto, mio padre pensò che fosse stato il momento perfetto per i regali.
I: ma…non possiamo aprire i regali : manca Justin.
Pattie mi venne vicino e mi strinse le spalle dando mi conforto.
Conforto per cosa?
Cosa non mi avevano detto?
Stavo entrando nel panico, non sapevo come comportarmi, mi ero preoccupata e stavo rischiando un tonfo al cuore.
Pat : purtroppo Justin ha avuto un contrattempo lavorativo…non sa se potrà esserci.
I: oh…ok.
Trattenni le lacrime e mi diressi all’albero di Natale.
Era tradizione.
Nonostante abitassi a Los Angeles e il clima Natalizio non è proprio come si immagina, beh, l’albero era comunque d’obbligo.
Iniziammo a scambiarci i regali e fu un bel momento, ma c’era quello strano buco nel mio cuore, forse sensi di colpa per non aver aspettato Justin.
P: Hey Lucinda, zio Martin ti ha fatto un regalo speciale, andiamo a prenderlo.
Annuii e mi sedetti a gambe incrociate sul tappeto ad aspettare.
Se ne andarono tutti e d’un tratto la luce si spense, mi spaventai.
Così mi alzai per raggiungere la porta e andare dagli altri, ma prima che potessi fare qualsiasi  cosa, un paio di braccia forti mi avvolsero la vita, pensai che fosse Ryan che aveva voglia di scherzare così tentai di scansarmi
?: Perché scappi da me?
Riconobbi quella voce roca e calda sussurrata alle mie orecchie, era davvero lui?
Mi voltai subito e li avvinghiai al suo collo annusando il suo profumo dolciastro e accarezzandogli la nuca.
I: non ci credo…
Mi accorsi di averlo detto con un tono di voce troppo elevato quando mio cugino irruppe nella stanza accendendo la luce e sorprendendomi con Justin.
R: Credici invece.
Era veramente parecchio che io e il mio ragazzo non passavamo insieme del tempo e dei momenti per noi, riaverlo tra le braccia era una sensazione davvero rassicurante; dopo pranzo infatti avevo deciso di portare Justin in un posto speciale.
Durante la sua assenza avevo ricominciato, spinta dall’amore per lui, a disegnare e a dipingere, così avevo creato una specie di rifugio ancora incompleto nella mansarda di casa mia.
Non era grandissima, ma il punto forte di quel posto era il terrazzo esterno : eravamo praticamente sul tetto.
Ridipinsi i muri interni ed esterni, avevo iniziato ad arredare l’interno e una parete era già completa : uno sfondo color magenta spatolato d’argento e dall’angolo vicino alla vetrata partiva un’edera verde dipinta direttamente sul muro e sostituendo a delle foglie alcune foto scattate dalla sottoscritta.
C’era appoggiato alla parete un divanetto vecchio stile morbido e spazioso color antracite con i bordi lucidi e una poltrona corredata.
Il resto della stanza era una confusione di mobili e barattoli di vernice ancora da sistemare.
Oltre alla parte interna avevo iniziato anche l’esterno e dopo aver levigato e imbiancato i muretti avevo iniziato a dipingerci le frasi che più avevano significato nella mia vita.
Mi sarei presto procurata di un salottino in vimini da esterno, ma per ora, mi bastava sedermi su una coperta ed ammirare le stelle pensando a Lui.
Sarebbe stata la sorpresa per Justin, sarebbe stato battezzato come il nostro posto.
Sarebbe stato anche suo.
I: Justin, ho preparato una sorpresa per…noi.
Mi sorrise e io lo presi per mano portandolo fino al piano più alto della casa.
Gli diedi la chiave e lo incitai ad aprire.
Lui fece come intuito e fece girare la serratura e aprendo la porta sorrise e inspirò profondamente il profumo della vernice asciutta da pochi giorni.
Mi voltò e sorridendomi fece una strana espressione interrogativa.
J: cos’è questo?
Sorrisi e avvicinandomi alla vetrata guardai quel pezzo della mia Los Angeles che potevo ammirare.
I: volevo farti una sorpresa. Volevo solo avere un posto che sapesse dell’amore che provo per te, volevo un posto mio…tuo…nostro.
Mi abbracciò appoggiando il mento sulla mia spalla, baciò il mio collo.
J: Grazie. È magnifico.
Lo vidi avvicinarsi alla parte finita e studiare il disegno, guardare attentamente le foto e riconoscersi in una di esse.
I: c’è una cosa che vorrei mostrarti da un po’.
Lo lasciai qualche minuto solo e corsi a prendere il suo ritratto che in vacanza gli avevo fatto sulla spiaggia.
Quando tornai gli porsi il foglio che avevo accuratamente fatto incorniciare, per nasconderlo successivamente da occhi indiscreti.
J: quando l’hai fatto?



Letto?
Com'era?
Potreste farmelo sapere in un commento :)
Alla prossima, per ora devo evaporare ;)
Glo.

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Capitolo 33
*** Chapter 33 : I will never stop loving you ***


Hi Girlss!
Mi chiedevo come butta?!
Chi di voi belle mie ha già tra le sue belle manine "Believe Acoustic"?
Iu non ancora, devo avere pazienza ;)
Beh, devo ringraziarvi per le belle recensioni, e spero che recensirete anche questo sgorbio di capitolo.
LOL

Chapter 33 :  I will never stop loving you.
 
Passare il Natale con i miei più cari mi portò ad un ottimo umore, e sapere che avrei potuto godermi Justin, Ryan, Chaz e ancora Justin fino alla fine dell’anno beh, mi rendeva la ragazza più felice dell’universo.
La giornata era passata più velocemente di quanto pensassi e anche la sera era arrivata così, Pattie, gli zii, Chaz e Ryan ci salutarono per raggiungere l’hotel che avevano prenotato.
Justin invece sarebbe rimasto da me, avremmo passato una bella serata.
Lo sistemai nella camera degli ospiti e ci cambiammo mettendoci in pigiama per poi trovarci di sopra con una ciotola di popcorn.
Quando salii in mansarda lui era già lì, con addosso un paio di pantaloni di una vecchia divisa e una t-shirt, seduto sulla coperta che lasciavo lì per me, e i popcorn tra le mani.
I: allora straniero, che hai fatto in 3 mesi ?
Lui mi sorrise e mi baciò la fronte.
J: tante cose, sai, ho viaggiato, ho cantato, ho incontrato anche tanta gente. Tu?
Risi.
Andiamo, davvero voleva sapere cosa avevo fatto in questi 3 mesi?
Era lui la superstar, io ero una comune cittadina di LA che viveva la sua vita.
I: beh, scuola, noia, questo posto e…ti ho pensato un sacco.
Lo vidi avvicinarsi pericolosamente al mio viso, speravo con tutta me stessa che mi baciasse, non era ancora successo da quella mattina.
I: ti prego fallo.
Avevo bisogno delle sue labbra sulle mie, davvero, volevo solo sentire ancora quel suo sapore dolce.
J: fare cosa?
Mi leccai le labbra e in un attimo ero a cavalcioni su di lui e le nostre bocche avevano annullato ogni tipo di distanza.
Mi accarezzò i fianchi facendomi provare brividi lungo i tratti che le sue mani percorrevano, infiltrò una mano fredda sotto la mia canotta e mi toccò la pelle calda.
Gemetti sentendolo sfiorarmi i seni nudi : non portavo il reggiseno.
Lui si staccò da me e mi guardò.
J: co-come mai niente reggiseno?
Sorrisi maliziosa e ripresi a baciarlo sulle labbra, questa volta però scesi anche sul collo.
Dovevo essere parecchio eccitante quella sera, sentivo già sotto di me la pressione di lui.
Sorrisi sul suo collo compiaciuta e gli morsi la pelle facendolo gemere.
Gli feci una carezza sulla guancia morbida e lo baciai a stampo spostandomi.
I: scusami Macho-man ma sta sera non mi sembra il caso di far trasparire i nostri bollenti spiriti…Di a Jerry di stare giù.
Lui divenne rosso e io mi riempii la bocca di popcorn per evitare di ridere come una cretina.
Una volta fatta passare la voglia a Justin ci accoccolammo vicini e iniziammo a parlare di un po’ di tutto.
Stavamo così bene.
Adoravo ascoltarlo ma i miei occhi divennero non troppo tardi pesanti e mi si chiusero facilmente abbandonandomi ad un sonno tranquillo con la testa sulla spalla di Justin.
 
(Justin’s Pov)
Mi sentii tamburellare una spalla e così mi svegliai trovando Charlie, il padre di Lucy, che ci guardava teneramente.
Charlie: Justin, penso sia meglio che andiate a dormire…dentro casa.
Sorrisi, aveva ragione o ci saremmo ammalati.
Annuii e subito mi alzai prendendo Lucy imbraccio e scortandola fino a camera sua dove, dopo averla stesa sul letto, le rimboccai le coperte.
J: Buona notte amore mio…
Me ne andai lasciando la porta della sua camera socchiusa e sdraiandomi stanco e assonnato nel mio letto, cadendo nel sonno.
 
Quando sentii il tenero calore di raggi solari penetrare tra le tende e arrivare alle mie gambe aprii gli occhi e stiracchiandomi sbadigliai.
Passai una mano tra i capelli spettinandoli…ma li avrei sistemati.
Mi misi su un fianco e tentai di bearmi ricordandomi la prima notte di me e Lucy…subito sorrisi.
Erano solo le nove ma starmene in dormiveglia era più bello del solito.
Quasi come se potesse sentirmi chiamarla, mi ritrovai Lucy accoccolata sulla mia schiena.
Iniziò a lasciare un’immensa scia di bacetti sul mio collo e al quinto gemetti.
I: allora sei sveglio…
Mi voltai e le feci il solletico ai fianchi facendola ridere di gusto per poi fermarmi e guardarla negli occhi che ancora ridevano.
J: certo.
I: allora cosa stai aspettando?
La guardai con aria stranita, non capivo cosa alludesse.
Rise sottovoce.
I: baciami, scemo.
Così le sue labbra si impossessarono delle mie che, senza esitazione la accolsero.
Era così buona, così dolce anche di mattina appena sveglia, anche con i capelli raccolti in un buffo chignon, anche con gli occhi ancora assonnati.
Avrei voluto stare abbracciato a lei tutto il tempo.
Adoravo quando prendeva posizione da un momento all’altro, mi faceva capire che nonostante lei fosse completamente mia, non avrei potuto romperla, non avrei potuto fare del male, non lo avrebbe permesso.
E in quel momento era l’ultima cosa che avrei voluto, probabilmente nemmeno se lei me lo avesse chiesto.
Le sue labbra erano sempre così morbide e le sue mani sempre così soddisfacenti, adoravo quando mi accarezzava i capelli dalla base della nuca fino al punto più alto del mio capo, mi eccitava parecchio…lei lo sapeva.
Ma quella mattina non era certo il momento migliore per concederci l’un l’atra di nuovo.
Avremmo aspettato, o meglio, io…avrei aspettato.
Venimmo interrotti dal bussare incessante della porta.
Lucy si sedette composta mentre io mi ricomposi velocemente.
Charlie entrò e nonostante la sua espressione dicesse tutto, ci diede il buongiorno con un sorriso.
Charlie : la colazione è in tavola…se vi va, scendete pure.
Appena se ne andò, Lucy scoppiò in una risata piuttosto irritante, cosa aveva da ridere ora ?
J: spiegami che c’è da ridere?
Le sorrisi e per due secondi lei smise con quella ridarella fastidiosa…per poi riprendere cozzando sulla mia spalla.
I: dov-dovevi vede-re la t-tua faccia!
Ora capivo, io ero quello esilarante.
 
31 Dicembre 2012, 20 secondi al nuovo anno.
 
Eravamo tutti insieme, esattamente come quest’estate.
In circa 15 secondi la mia estate passò veloce nel mio cervello e mi fece sorridere.
Lucy e i miei amici erano esaltati, dal nuovo anno, forse io ero l’unico che in quel momento non pensava a buoni propositi per l’anno a venire, ma ripensare alle belle cose  dell’anno che mi stavo lasciando alle spalle.
La mano di Lucy intrecciata alla mia era qualcosa di speciale, qualcosa che mi dava la garanzia che il nostro legame sarebbe durato a lungo…meglio : per sempre.
Questa era la mia convinzione, io e lei eravamo uniti da un legame incancellabile, duraturo.
Salutavo senza rimpianti il 2012, sperando in un 2013 altrettanto meraviglioso per poi sperare negli anni a seguire.
“CINQUE, QUATTRO, TRE,  DUE, UNO! Buon 2013! ”
Venni subito preso per il viso e le mie labbra sorprese da quelle di Lucinda, che con un bacio firmava l’inizio di un nuovo giorno, un nuovo anno e una nuova vita.
Ci abbracciammo e con il sorriso sulle labbra mi sussurrò all’orecchio : Ti amo.
J: anch’io.
Festeggiammo ancora per due ore…forse tre ma poi, decidemmo di riposare, mente e corpo, per un 1Gennaio non troppo pesante.
Chaz e Ryan erano ubriachi, parecchio anche, così toccò a me e la mia ragazza riportarli in hotel.
Ma fu una specie di favore.
Grazie a quei due esseri, mi trovavo nel posto giusto : avevo prenotato la suite per me e Lucy.
Un grande, spazioso, comodo, morbido letto matrimoniale avrebbe presto accolto me e Lucy per una nottata di sonno interminabile.



Giunta al termine, spero vi sia piaciuto questo capitolo e ...
Mi dileguo ;)
RECENSIIITE ;D
Love Love Love



Glo.

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Capitolo 34
*** Chapter 34 : I love you like never i'll love anyone. ***


Ciao Ragazze ;)
In questi ultimi giorni non sono stata granchè bene D: 
Ma mi sono ripresa alla grande devo dire ;)
Le recensioni nell'ultimo capitolo sono state un po' carenti...spero non vi stia annoiando la storia...
Proprio ora che siamo quasi alla fine non potete abbandonarmi D:

Vabbè, ecco un'altro capitolo, fresco fresco ;)

Chapter 34 :  I love you like never i'll love anyone.
 
(Justin’s Pov)
 
J: sono esausto. Penso che dormirò per ore e ore.
Dissi svaccandomi senza scarpe né giacca sul lettone.
Chiusi gli occhi per riaprirli immediatamente non sentendo risposta da Lucy.
Da sdraiato, la vidi levarsi i tacchi a spillo troppo alti, le auto reggenti color pelle e infine slacciarsi la zip laterale del vestitino blu che indossava.
Mi sorrise maliziosa e subito ebbi un sussulto.
L’abitino cadde ai suoi piedi e rimanendo in un sexy intimo bianco di pizzo, si avvicinò a me gattonando sul letto.
Venni rapito dalla dolcezza dei suoi baci caldi sulle mie labbra e lasciai che con una manina fredda mi levasse la maglietta antracite che indossavo.
Le permisi campo libero sul mio corpo, lasciandola divertirsi a farmi impazzire mentre baciava il mio petto vibrante.
Ero eccitato parecchio, avevo sonno, sì, ma con una situazione tale…non si può rifiutare.
Sarà stato l’effetto dei bicchieri di champagne bevuto poche ore prima, ma quella notte Lucinda stava davvero superando i suoi limiti, pur avendo 16 anni cavolo, sapeva darci dentro.
Passò la mano proprio sopra quel punto dei miei jeans neri a sigaretta per procedere slacciando il bottoncino e la zip.
Dovetti trattenere un gemito perché la pressione delle sue mani mentre mi slacciava lentamente i pantaloni era così estasiante.
Slacciati, anche quelli finirono ai piedi del letto.
Si mise a cavalcioni sul mio bacino e ancorò le sue mani alle mie spalle, chinandosi sul mio addome, lambendo con le labbra ogni centimetro della mia pelle arrivando sino all’elastico dei miei boxer azzurri.
La mia eccitazione non la trattenevo più accidenti!
J: fermati Lucy…
Biascicai tra una sospiro ed un altro.
Era un “ti prego”  sott’inteso.
Lei accolse le mie preghiere e rotolò sdraiata a pancia in su aspettando una mia reazione.
Così l’attirai a me e la sovrastai con il mio corpo ansimante.
J: che hai?
Lei abbassò lo sguardo mortificata, non aveva capito…a me facevano piacere le sue attenzioni.
I: forse, è perché ti amo come mai amerò nessuno…
La dolcezza di quella ragazza mi sorprendeva ogni volta.
J: Lucy…sei la miglior cosa che mi sia mai capitata.
Allungò le braccia e afferrando le mie guance mi baciò a fior di labbra.
I: ti voglio Justin.
Sorrisi e baciandole la punta del naso la accarezzai un fianco, salendo per rintracciare il gancetto del reggiseno.
Era la seconda volta che lo facevo con lei, ma per lei era solo la seconda volta che lo faceva.
Spingevo piano sul suo corpo tremante e sciolto appena dal piacere, beandomi di ogni sospiro che emetteva vicino al mio orecchio.
I: Justin. Di più…
Di più?
Ero convinto di farle male.
Esitai ad accontentarla, ritmicamente aggiunsi forza e velocità ai miei movimenti portandola a sospirare più pesantemente e a sentire la sua voce strozzata in gola.
Quella notte nessuno dei due aveva voglia di esitare, andammo dritti al punto, senza troppi contrattempi o lusingherie, entrambi avevamo bisogno del nostro amore carnale.
Eravamo avvolti dal piacere, avvolti a un’aura dolce, sensuale e calda, solo il rumore dei  nostri respiri con l’affanno, niente di più.
E fu proprio qualche secondo rima di raggiungere l’apice che mi resi conto che con tutta la nostra frenesia mi ero dimenticato le precauzioni.
Così, fui costretto ad abbandonarla sul più bello, lasciandola rapita completamente dalla sua vetta di piacere, mentre io dalla mia.
J: scusa.
Scosse il capo e mi sorride rassicurandomi.
Si fece piccola piccola mentre aspettava che io l’avvolgessi.
Appoggiò soddisfatta la testa sul mio petto che ancora si alzava a ritmo del mio respiro corto.
J: Ti amo Lucy.
Ci addormentammo così, beati e soddisfatti.
 
(Lucy’s Pov)

Febbraio 2013.

Odio gli addii.
Odio dire anche solo “arrivederci” e sapere che prima di rivedere una determinata persona passerà del tempo.
Per questo, non mi piace ricordare il momento in cui dovetti salutare Justin.
Dalla sua partenza è passato solo un mese, e mi sembra una vita intera, il tour lo impegna un sacco e nonostante ciò riesce a ritagliare del  tempo da dedicarmi.
Tra una pausa e l’altra, tra un’intervista ed un’altra, trova sempre il tempo di un sms o di una chiamata veloce.
E non posso lamentarmi.
Lo sento sempre.
E anche quando non lo sento, lui c’è.
Iniziare la scuola fu pesante,  perché avevo passato le migliori vacanze di Natale della mia vita ma, soprattutto perché ero  con il cuore e la mente impegnati per Justin.
Vagavo sola per i corridoi con le cuffiette e le sue canzoni.
Le lezioni le frequentavo perché dovevo e studiavo per lo stesso motivo.
Ma avrei voluto tanto, tanto essere con la persona che più mi importava al mondo.
Ovvio, non potevo fermare la mia vita perché lui era dall’altro capo del mondo, non potevo entrare in un temporaneo letargo in attesa del suo ritorno.
Mi torturavo la mente cercando di pensare a che stava facendo in quel momento.
Lui era presenti in ogni mio gesto, sorriso, parola…lui non se ne era mai andato.
 
Marzo 2013.

Precisiamo, 21 Marzo 2013.
Era il mio compleanno.
Eppure, non ero felice come avrei dovuto essere.
Insomma, Justin era ancora via, e sapevo che sarebbe stato via ancora per parecchio tempo.
Mi alzai dal letto con fatica e guardai fuori dalla finestra.
Il sole splendeva a Los Angeles – come sempre del resto – gli alberi che contornavano i profili delle strade erano verdi – come sempre del resto – gli uccellini cinguettavano, le persone erano già sveglie ed arzille.
Io no.
Avrei voluto poter rimanere nella mia depressione, tranquilla nel mio lettone morbido.
P: Tesooooro! Di chi è il compleanno oggi? Della mia splendida principessa!
Mugugnai con la faccia nel cuscino e pregai che papà rimanesse dov’era.
Ma, ovviamente, no.
Aprì la porta, le finestre, e con un muffin versione gigante addobbato di candelina “17” mi svegliò del tutto.
P: Auguri Fiorellino.
Lo guardai, soffiai le candeline e mi rigirai.
I: grazie.
Sentii papà sbuffare.
P: andiamo festeggiata, alzati e risplendi! È una giornata magnifica.
I: ok…
Così, mi vestii [http://ak1.polyvoreimg.com/cgi/img-set/cid/68832487/id/swNqkwg_TsqCrh2NPZrubQ/size/y.jpg ] e, per nulla motivata, mi incamminai verso scuola.
Camminavo e non sapendo bene che fare, oltre ad ascoltare la musica nelle orecchie, mi misi a contare i passi che stavo facendo.
In poco arrivai a scuola, le persone erano uguali al giorno prima, e sarebbero state uguali quello seguente.
Sembravano tutti conformi ad una strana normalità, vivi a LA tesoro, ok vai a scuola, ma è sempre LA!
Guardandomi attorno, passando ogni figura con disattenzione, mi bloccai vedendo chi non avrei mai pensato di vedere nella mia scuola, il mio compleanno.
Justin.



Wella ;)
Spero vi sia piaciuto, e spero che troverete il tempo per dirmi com'era :)
me ne vado pipol. 
Glo.

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Capitolo 35
*** Chapter 35 : Time passes... ***


Ciao Belle!
Ringrazio tutte quate per le recensioni generose.
Davvero, mi rendete sempre felice quando vedo i commenti che mi lasciate.

Bene, ormai siamo agli sgoccioli, la storia è quasi al termine D:
Ma non disperate ;)

Chapter 35 : Time Passes…
 
Trattenni il fiato.
Non poteva essere.
Mi sorrise e rimanendo nella stessa posizione di due secondi prima capii cosa stava succedendo.
Automaticamente portai una mano alla testa tenendo il cappello, e di corsa percorsi quei 5 metri che ci dividevano finendo tra le sue braccia.
Lo strinsi forte, consapevole del tempo, che passava.
I: mi sei mancato così tanto!
Rise e mi strinse ancora di più, poi lo lasciai.
J: sbaglio o qualcuno compie 17 anni?
Risi e mi indicai.
I: dimmi che non hai il regalo.
Lui storse le labbra in una smorfia e estrasse qualcosa dalla tasca del suo giubbino leggero.
I: io, io ti uccido.
J: ma come? Sono appena tornato…
Ridemmo insieme e mi porse la scatolina in vellutino blu.
Quando l’aprii trovai al suo interno una catenina e per ciondolo “L&J” scritto in argento.
Lucinda e Justin.
Era troppo dolce.
I: è troppo bella…
Lui mi abbracciò e nemmeno mi resi conto di quanto desideravo baciarlo.
Lo fissai un secondo, giusto il tempo di perdermi un’altra volta nel suo sguardo di miele e caramello, per poi alzarmi sulle punte dei piedi e annullare la distanza tra le nostre labbra.
Quel bacio fu aria, ossigeno puro.
Dovetti farmelo bastare perché la campana della scuola era suonata da un po’, e Justin insisteva che io entrassi.
Passai il compleanno più bello della mia vita.
Nonostante solo alcune ore, passate con lui furono le migliori.
La sera dovette prendere un altro aereo e tornare al suo lavoro.
Mi salutò con un bacio, un lungo, dolce, sensuale e al contempo malinconico bacio.
Io ricambiai, ma a differenza sua, mi lasciai scivolare sulla guancia una lacrima, che prontamente venne asciugata dal suo pollice liscio.
Quando lo avrei rivisto?
 
Giugno 2013
La scuola stava per finire ed era dal mio compleanno che non vedevo Justin, ci sentivamo spesso sì, ma non era come stare insieme.
Mi mancava davvero molto.
Le video chat non ci permettevano di abbracciarci, non ci permettevano di scambiarci tenerezze, nulla.
Ma dovevo andare avanti.
Dovevo essere forte.
Avrei passato le vacanze da Ryan, in Canada.
Forse mio cugino avrebbe riscaldato la mia anima.
Mi mancava ogni tanto quello squilibrato di Ryan, lui e le sue cavolate.
E anche Chaz un pochino.
Forse passare l’estate dai miei zii mi avrebbe fatto tornare di buon umore, avrei dimenticato la distanza…ed il tempo.
 
Dicembre 2013.
Era l’ultimo dell’anno, e mentre le persone normali – perfino mio padre – festeggiavano, io ero a casa, con un bel film.
Avevo in programma di aspettare che Justin chiamasse da New York.
Era a Time Square, doveva esibirsi per capodanno.
Ero così fiera di lui.

Passai anche quel momento senza di lui, solo dopo delle ore, ricevetti la telefonata che tanto stavo aspettando e finalmente riuscii ad augurare anche a lui un buon 2014.
 
Un rapporto a distanza non è facile.
Presto Justin cominciò ad avere sempre più impegni, sempre più lavoro e sempre meno tempo da dedicare ad una telefonata, ad un sms, ad una chat.
Lucinda inizialmente sapeva a ciò a cui era sottoposto il suo ragazzo, ma ben presto, iniziò a stancarsi della situazione.
Smisero di sentirsi, smisero si inviarsi sms, chiusero.
Lucinda stava crescendo e doveva andare avanti con gli studi, uscire dalle superiori, frequentare i 3 anni di università che si era imposta, cambiare e magari farsi strada nel lavoro.
Justin non sarebbe mai scomparso dal suo cuore, solo l’aveva temporaneamente accantonato.
Doveva reagire e andare avanti con la sua vita.
Se c’era una cosa che non cambiava mai, era che anno, dopo anno, ad ogni suo compleanno, Justin le inviava una cartolina a seconda di dove si trovasse, che fosse in tour, o a casa, comprava una cartolina del posto, la indirizzava a Lucy e prontamente lei la riceveva.
Era snervante, sapere che lei era sempre nel cuore di lui, ma che non fosse più come prima.
C’erano entrambi ma senza saperlo.
 
(Luy’s Pov)
 
Avevo finito le scuole superiori.
Avevo dato la maturità.
Avevo frequentato l’università.
Avevo preso la laurea.
Avevo iniziato a richiedere lavoro.
Erano passati sette anni dall’ultima volta che vidi Justin.
Avevo quasi 23 anni e finalmente avevo trovato un lavoro.
Insegnavo alle scuole superiori, non quelle che frequentai anche io, un altro istituto.
Insegnavo letteratura.
Adoravo il mio lavoro, adoravo il contatto con le persone e con gli adolescenti.
Era appagante, riconoscevo di essere brava nel mio lavoro e gli altri lo sapevano.
Ormai da sette mesi insegnavo, marzo era ormai più che iniziato, il mio compleanno era alle porte.
Stavo per compiere 23 anni eppure non ero per nulla esaltata: avrei ricevuto la mia solita cartolina che veniva da chissà quale parte degli USA, con degli squallidi auguri.
Mio papà mi avrebbe regalato qualcosa di semplice e che mi avrebbe legato a lui.
Io…io mi sarei regalata probabilmente un appartamento, uno tutto mio, in affitto, ovvio, ma pertanto bastava.
 
21 Marzo 2020
Il mio ventitreesimo compleanno.
Nonostante fossero passati sette anni ero ancora nella mia camera, con il mio letto, a casa del mio papà.
E come sette anni prima, papà mi venne a svegliare anche quella mattina.
P: bambina mia! Sveglia forza, devi andare al lavoro…
Mi rigirai nelle coperte e cercando un po’ di buon umore rimastomi decisi di alzarmi.
Papà mi aveva portato un vassoio con il solito muffin gigante con la solita candelina “23”  ed una cartolina, da dove arrivava quella volta?
Hollywood.
Ciò significava che era a  LA.
Spensi la candelina e mi impegnai per scegliere l’abbigliamento migliore. [http://ak1.polyvoreimg.com/cgi/img-set/cid/68785371/id/fYAW1F8BRyOlw0IUQ1xBEQ/size/y.jpg]
Ormai non ero più la ragazzina sedicenne che adorava indossare colori sgargianti, pantaloncini inguinali o magliettone stile ragazzo.
Ero cresciuta.
Ancora mi piacevano i colori, ma ero una ventitreenne laureata e con un lavoro, dovevo attenermi a ciò che ero quando mi vestivo.
Quindi, per andare a scuola, mi sembrava molto buona come scelta.
Mi truccai leggera, con il mio amato mascara sulle ciglia e un bel contorno occhi.
Scarpe non troppo alte, con un tacco a spillo raffinato, che mi permettesse di non sembrare troppo sgualdrina.
Come un’adolescente raggiungevo la scuola tramite i mezzi pubblici ed una volta arrivata mi piaceva trattare i miei allievi come degli amici…certo, con adeguata riservatezza.
 


Salve di nuovo!
Spero tanto, tanto che vi sia piaciuto almeno un pochino.
Fatemi sapere magari ;)
Love.
Kiss.
Peace.

Glo.

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Capitolo 36
*** Chapter 36 : You're still the same. ***


Ciao Ragazze!
Devo ammettere che sono stata davvero sorpresa dal fatto che abbiate apprezzato il capitolo precedente...
All'inizio non ero sicura di come si stesse evolvendo la storia, mi veniva voglia di cancellare tutto e riscrivere.
Poi ho pensato che non era un passaggio che vi sareste aspettate e - nonostante il timore di trovarvi in disaccordo - mi sono convinta a pubblicarlo.
Sono DAVVERO FELICE che vi sia piaciuto. :D
Cone sempre RINGRAZIO davvero moltissimo ogni recensione,
e spero che in questo nuovo capitolo ce ne sia altrettante.

Leggete!
LOL

Chapter 36 :  You're still the same
 
(Justin’s Pov)
 
Erano passati ben sette anni.
Odiavo me stesso per aver troncato la mia relazione con Lucinda così, senza spiegazioni.
Ebbi molti litigi con Ryan, credo che mi odi ancora per ciò che feci.
Ma a volte pensi che certe scelte siano davvero quelle giuste.
Non nel mio caso.
Finisco sempre per fare cazzate.

Ma ero cresciuto, e la mia testolina da scapestrato diciottenne era diventata una testolina da venticinquenne.
Probabilmente l’età non mi aveva cambiato del tutto, insomma, le mie fans erano rimaste con me e si ostinavano a dire che ero rimasto quel ragazzino di cui si innamorarono ai tempi.
Forse avevano ragione, la mia testa da cretino era rimasta la stessa.
Mi ero promesso una cosa però.
Sarei tornato, sarei tornato da Lucy, io non smisi per un solo giorno d amarla.
Le cartoline.
Quelle non erano altro che una garanzia.
Era un messaggio che cercavo di inviarle, volevo che capisse ciò che significassero, ognuna di esse significava il mio ritorno.
Forse ero solo un illuso, ma tentar non nuoce.
C’era solo una cosa di cui avevo paura, avevo paura che lei non mi volesse più.
Il tempo era passato, e quanto.
Se fosse cambiata?
Se non avesse più voluto al suo fianco un coglione come me?
Ma quel giorno non potevo essere negativo, dovevo avere pensieri felici e tornare per lei, sorprenderla.
Sapevo che insegnava, Ryan aveva fresche informazioni ogni volta che gliele chiedevo, sapevo anche dove insegnava, cosa insegnava.
Pensai che tornare il giorno del suo compleanno fosse una bell’idea.
O no?
Così, pochi giorni prima, presi il primo volo per Los Angeles.
Mi recai ad Hollywood e comprai la cartolina per spedirla.
Chissà se fosse arrivata in tempo.
Ero senza fantasia : “Auguri. Le persone cambiano, le mie abitudini no. Love. Justin.
Tipico da me.
 
Erano le 10 della mattinata, mi trovavo a LA, proprio davanti all’istituto in cui Lucy insegnava.
Presi un respiro e mi avviai all’entrata.
I corridoi erano vuoti, le aule chiuse, solo qualche ragazzo che si incamminava ai bagni, o ritardatari.
Cercai la presidenza, ma senza risultati.
Così, mi guardai intorno e vidi un ragazzo appoggiato alla porta di un’aula.
Mi avvicinai e con il viso di chi le combina grosse mi guardò, quasi sfidandomi.
Ma che voleva?
J: scusa, sai dov’è la presidenza?
X: Non sei un po’ cresciuto per iscriverti?
Che noia.
Ti ho fatto una domanda, non devi rispondermi con un'altra domanda, pensai.
J: davvero, mi serve sapere dov’è la presidenza.
Lui sbuffò.
X: è proprio alla fine del corridoio…
J: grazie.
Presi la direzione che mi aveva indicato il pischello e mi trovai di fronte ad un ufficio.
Bussai e subito un signore sulla cinquantina mi venne ad aprire la porta chiedendomi cosa mi servisse.
J: cerco la signorina Butler…è possibile farle visita?
X: Di solito non lasciamo questi permessi agli insegnati, o a chi desidera vederli, ma ho molto a cuore Destiny, da subito si è presentata come la miglior persona assunta…perciò sì. Mi segua.
 
(Lucy’s Pov)
 
Nella mia aula, c’era quel solito chiacchiericcio da classe, tipico del cambio dell’ora.
Volevo un gran bene a quei ragazzi, dopo sette mesi mi ci ero affezionata.
E la terza ora era appena cominciata, quindi…
I: ok, Ragazzi, ho compilato il registro, ora…
Venni interrotta da Simon, il rappresentate della mia classe.
S: Signorina Destiny, siamo tutti molto, molto onorati di confessarle che lei una delle nostre migliori insegnanti, per questo ed altri motivi…
Un coro di “AUGURII!”  si levò ed io ero così lusingata.
Quasi quasi non li avrei interrogati.
I: grazie ragazzi, siete sempre così dolci. Dai, prendiamo la nostra ultima lezione. Volevo interrogare, ma…farò un altro giorno.
Non feci in tempo a sedermi per riprendere la spiegazione che bussarono alla porta.
I: avanti.
Il preside in persona si presentò e avvicinandosi a me mi fece capire di dovermi parlare.
I: scusate un secondo ragazzi.
X: Destiny, hai una visita.
Rimasi un po’ sorpresa, chi chiedeva di farmi visita?
I: oh, ok. Scendo tra pochi minuti…
X: no, no. È proprio qui fuori. Io torno in ufficio.
Annuii e spiegai la situazione ai miei ragazzi, assegnai loro le pagine da leggersi – che ovviamente non avrebbero letto – ed uscii.
Mi guardai intorno, ma non riconobbi nessuno, ovvio, c’era lezione per tutti, i corridoi erano vuoti.
Se non per una figura maschile di spalle, che guardava fuori da una vetrata.
I: scusi…
Azzardai.
I: è lei che ha chiesto di vedermi?
J: Certo, Lucinda.
L’uomo si girò e davanti a me mi si presentò un Justin un po’ cresciuto da come lo ricordavo.
Non riuscii a dire nulla.
Il mio cervello era resettato, non ci capivo più nulla, insomma, che voleva dire?
Mi soffermai a guardarlo e notai qualche piccolo segno del temo.
Era più alto, più muscoloso.
Aveva il viso diverso, ma uguale allo stesso tempo, i suoi tratti adolescenziali non erano scomparsi, solo si erano sommati ad alcuni da uomo.
I suoi capelli erano sempre gli stessi, corti ai lati e con il ciuffo perfettamente tirato su , come avesse ancora diciotto anni.
Aveva il viso liscio, senza traccia di barba, non gli era mai piaciuta la barba incolta.
I suoi occhi erano gli stessi però : splendenti, profondi, liquidi e attraenti.
Le sue labbra in quel momento piegate in un accenno di sorriso, uguali, anche quelle rimaste invariate, rosee, carnose, a cuoricino.
Era davvero LUI.
I: cosa ci fai qui?
J: non hai ricevuto le mie cartoline?
Disse con una nota di felicità.
Feci un ghigno di disprezzo.
I: vuoi dire quegli squallidi auguri che per anni mi hai inviato tramite dei fottuti foglietti? Sì, li ho avuti.
Subito s’incupì.
Cosa credeva, che se fosse tornato – prima o poi – con un bel sorriso io sarei caduta ancora tra le sue braccia?
No.
Credevo di no.
J: lo so. Lo so, sono stato un codardo, uno stronzo di prima categoria. Avrei dovuto chiamarti. Darti spiegazioni…
I: ma non l’hai fatto.
Ci fissammo per qualche secondo interminabile.
Lo vidi spegnersi completamente, lo vidi cadere nella sua insicurezza.
Non sapevo quale sarebbe stata la mia reazione nel rivederlo.
Non ci avevo mai pensato, nemmeno contavo più sul suo ritorno.



Giunto al termine anche questo capitolooo!
Belle mie ora devo prorpio eclissarmi...
VI AMO UN SACCO!
Glo.

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Capitolo 37
*** Chapter 37 : Please, don't hate me. ***


Ciao Ragazze :)
Ci tengo a dirvi che siete state tutte davvero davvero carine e dolcissime seguendo la mia storia.
Sapete, adoro scrivere...anche fesserie e anche cose che non siano FF, ma non è facile lasciarsi andare e far leggere ciò che si scrive alle persone.
Ma qui, qui posso farlo, nessuno sa quale sia davvero la mia faccia, nessuna di voi probabilmente avrà modo di conoscermi, mi sembra di essere in una strana dimensione parallela, nella quale è tutto più semplice.
Grazie, vi devo solo ringraziare, perche per merito vostro (e x quello dell'esistenza di EFP) posso essere apprezzata per la Belieber e la pseudo-scrittrice che mi ritengo.
Dai, love.
Spero che non mi abbandonerete nonostante questo capitolo sia l'ultimo della storia.
Ma non disperate, mi prendo solo una pausa e presto torno alla carica ;)

Grazie ancora :)
VI AMO!


Chapter 37 : Please, don’t hate me.
 
J: Lucy io…pensavo che una relazione a distanza ti facesse soffrire. Per questo ho troncato senza chiamare.
Si avvicinò a me eravamo ad una ventina di centimetri.
Non riuscivo a credere che le mie gambe tremassero ancora, nonostante tutto.
Ero certa che pur di trovarsi una scusante avrebbe inventato di tutto, voglio dire, se pensavi mi facesse soffrire…perché non me lo aveva mai chiesto?
I: cosa ti fa pensare che io stessi male perché tu eri distante?
Mi sorrise comprensivo e avvicinandosi più del dovuto, mi accarezzò una guancia.
I: ti ho fatto una domanda.
Dissi fredda, distaccata e convinta delle cose che sparavo.
J: so che ci stavi male. Ogni santa chiamata, lo sentivo. E farti soffrire per una cosa che in quel momento non sarebbe cambiata, mi spezzava. Pensai che tagliando i ponti, te ne saresti fatta una ragione.
Annuii senza guardarlo negli occhi.
I: e forse una speranza…vero? Era questo il tuo piano.
Lui si irritò.
J: Quale piano, Lucinda!
Urlò disgustato, quasi.
Sapevo che saremmo finiti in una lite, era inevitabile.
Aveva appena iniziato ad alzare la voce e già speravo che finisse.
I: non urlare Justin. Sei in un liceo.
Gli consigliai dura.
A  proposito, io stavo facendo la mia lezione, come si era permesso di arrivare qui, più grande, più bello e più convincente e chiedermi di amarlo?
Probabilmente aveva ragione lui, io non avevo mai smesso di amarlo, ma non avrei ceduto così facilmente.
J: non c’era nessun piano. Era come sarebbe dovuto andare…non mi aspettavo un cambiamento così radicale da parte tua.
Mi stava anche accusando forse?
I: Ovvio. La colpa è mia…faresti meglio a sparire dalla mia vista Justin.
Feci per andarmene ma mi trattenne ancora.
J: vorrei solo una cosa da te.
Puntai un tacco a terra e incrociai le braccia sul petto.
I: Ok, non ho nulla da perdere.
Si avvicinò, vicino quasi come se volesse baciarmi, mi afferrò le guance costringendomi a fissarlo negli occhi, nei quali avrei giurato di vedere l’universo intero.
J: Guardami negli occhi e dimmi che non mi ami.
Cosa?
Non capivo bene quello che mi aveva chiesto di fare, la mia testa era una casino.
Lo fissai in quegli occhi con le labbra schiuse cercando di dire qualcosa, anche una stupidissima parola, ma nulla.
Non riuscivo a parlare.
J: come pensavo…senti-
Mi levai dalla sua presa e lo guardai titubante.
I: senti un bel niente Justin. Non ho né il tempo né la voglia di ascoltarti adesso.
Lui mi guardò serio.
J: ok. Troviamoci al bar qui fuori appena finisci di lavorare. Se ci sarai vorrà dire che mi darai una possibilità di rimediare…va bene?
Non ci pensai troppo, non volevo perdere altro tempo.
I: e va bene.
Sibilai.
Non lo salutai nemmeno e rientrai in aula sbattendo la porta.
Li trovai tutti in perfetto silenzio, seduti, composti.
Nessuno fiatava, nemmeno i miei ragazzi.
Appoggiai le mani alla cattedra e abbassai il capo guardandola.
Fissai quel piano liscio, color del legno, chiaro e lucido, fino a quando non ci vidi finire sopra una piccola impercettibile gocciolina d’acqua salata.
Non mi ero mai fatta troppe immaginazioni su come sarebbe stato rivederlo, non mi aspettavo nulla del genere, sapere che non ha mai smesso di amarmi mi scalda il cuore, ma sono passati sette anni.
Singhiozzai e altre due lacrime caddero dai miei occhi umidi che bruciavano.
Il mio Justin era tornato.
Per me.
X: Va tutto bene signorina Destiny…o Lucinda?
Già, Alice e tutti gli altri conoscevano solo uno dei miei tre nomi.
Da quando iniziai a crescere, a frequentare l’università e poi a lavorare, mi presentavo come Destiny, un nome che nessuno aveva mai usato per riconoscermi.
Un nome che Justin non aveva mai usato.
Asciugai in fretta le lacrime e mi ricomposi.
I: Certo…solo, una scheggia del passato è venuta a farmi visita.
Annuirono tutti e ripresero a rimanere in silenzio.
I: ma è tutto ok. Riprendiamo da dove avevamo lasciato.
 
Salutai gli studenti che in massa uscivano dall’aula facendo intoppo sull’uscio.
Sorrisi loro prima che se ne andassero raccomandando di studiare.
Quando di loro non ci fu più tracce, mi sedetti in cattedra e iniziando a sistemare le mie cose nella borsa.
Quando fui pronta incalzai il mio cappottino primaverile firmato, e con una strana espressione in viso, uno strano presentimento in testa e il pensiero di alcuni temi da correggere mi diressi verso l’uscita della scuola.
Fortunatamente dopo la 3° ora, i ragazzi che avevano “assistito” al mio sfaso cambiavano aula, materia e docente.
Così, ebbi tutto il temo di 2 ore tranquilla alla mia cattedra, mentre la mia quarta svolgeva un tema.
Erano le 12.30 a.m. ed io avevo fame, ma prima mi aspettava decidere se presentarmi o no.
Camminavo già da un be po’ con i pensieri confusi, quando realizzai che ero già di strada per quel bar.
Pensai che sotto, sotto Justin stava facendo proprio quello che avevo sperato : rimettere a posto il casino.
Quando aprii la porta del localino, lo riconobbi subito, con il viso immerso in una tazza di caffè, probabilmente aveva appena mangiato.
Scattò in piedi praticamente appena mi vide, facendomi sedere e levandomi il cappottino con galanteria.
J: non ti ho lasciata per farti stare male…o meglio speravo che lasciandoti saresti stata meglio.
Lo guardai strano, insomma…convinto lui.
I:Hai ragione. Eri lontano, stavamo insieme e ci stavo di merda.
Fece il solito sguardo da “te lo avevo detto”, poi però mi guardò per incitarmi a continuare il discorso.
I: Ma quando hai smesso di chiamarmi, scrivermi…sono caduta ancora più in basso.
Lui abbassò la testa mortificato, come per scusarsi, ma di fatto “scusa” ancora non lo aveva detto.
J: io, lo avevo fatto con le migliori intenzioni. Forse sono stato stupido, ma in quel momento mi sembrava la cosa più ragionevole.
Stesi un velo pietoso sulla sviolinata “sono uno stupido”, perché già lo sapevo.
I: io, non capisco. Cerchi di mettere a posto le cose complicandoti la vita, cercando di spiegare tutte le tue idee ottuse, quando la chiave è una sola.
Mi alzai, stufa di un Justin megalomane, mi rimisi il soprabito, lo salutai e me ne andai.
Uscii di fretta, dirigendomi verso la prima fermata di un fottuto autobus che mi avrebbe portata a casa mia.
Me ne stavo lì, con la borsa pesante sulla spalla, incavolata con me stessa, con Justin e con il passato.
Avrei tanto voluto essere già a casa tra le braccia di papà, ma al pullman mancavano ancora 15 minuti.
Quindici minuti che avrei passato contando le auto che mi passavano davanti.
“lo avevo fatto con le migliori intenzioni…” un corno!
Mi dava i nervi, lui era quello giusto, quello incompreso, quello che fa le cose giuste e sbagliate senza pensarci perché lui può, lui è Justin Bieber, quindi può trattare tutti di merda per poi scusarsi con una cavolo di smielata.
Ma io non ero ‘tutti’.
Finalmente l’autobus stava arrivando ed io ero pronta a dire addio a Justin, quel pullman mi avrebbe portata dritta verso casa, verso un papà pronto a capirmi e coccolarmi.
Giuro, stavo per salire quando “Lucy!”
Mi voltai e lo vidi, vidi un 25enne correre tenendosi il cavallo dei Jeans perché erano fin sotto le chiappe, con il ciuffo biondo al vento e il visino allarmato.
Che voleva ancora?
Lasciai che mi  raggiunse e che mi dicesse le ultime cavolate.
J: Ti prego, non odiarmi.
I: perché mi sei cors-
Venni interrotta dalle sue labbra carnose che avvolsero le mie in un bacio.
Meglio di ciò che mi aspettavo – non aveva perso la capacità di baciare da dio – sinceramente.
Non feci altro che rimanere bloccata in quel momento per più tempo possibile.
Dopo sette anni avevo voglia di riassaggiare quella bocca della quale non avevo dimenticato nulla, forse il sapore, che all’epoca al massimo sapeva sempre di caramelle o bevande frizzanti e dolci, mente ora era amara, con un aroma di caffè.
Era sicuramente la certezza che qualcosa di forte come il nostro rapporto non si spezza, né per della distanza, né per una litigata o – se fosse stato necessario – uno schiaffo sul viso.
Ciò di cui ero certa in quel momento era solo una cosa : Lui mi rendeva pazza, forse più di quanto non fossi mai stata.
Mi amava ancora e io anche, ed era tutto ciò, che in quel momento mi bastava.
 

The End.


Eggià, è prorpio la fine ;)
Spero che non mi odierete per non aver avvisato D:
Pensavo di metterci altri due capitolo, ma poi ho conclusi così, mi sembrava più adatto.
Non c'è un finale preciso : cosa faranno adesso Lucy e Justin?
Questo lo lascio immaginare a voi, vorreste vederli sposati con una famigliola?
Sta a voi.
Oppure pensare che questo sia stato il loro ultimo bacio, lui ha la sua vita e lei ormai non ne può far più parte...non lo so.
Decidete voi ;)
Io penso che questo finale sia il migliore che avrei potuto trovare per questa Fanfiction poii boh.
Vi voglio bene, mando un abbraccio ad ognuna di voi...baciii!


Glo.

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