Sono qui con te

di sonsimo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prigioniero ***
Capitolo 2: *** Fedeltà ***
Capitolo 3: *** Dubbi ***
Capitolo 4: *** Fuga ***
Capitolo 5: *** Rabbia... e saggezza ***
Capitolo 6: *** Affrontando la verità ***
Capitolo 7: *** Per compassione, per amore ***
Capitolo 8: *** Comprensione ***
Capitolo 9: *** Promessa per il futuro ***



Capitolo 1
*** Prigioniero ***


fanfic HP1

 

Capitolo1: Prigioniero

 

 

 

Lentamente, con estrema cautela, provò ad aprire gli occhi. Non ricordava nulla di ciò che gli era successo, si sentiva solo confuso. L'unica cosa di cui era consapevole era il dolore che attraversava senza pietà le sue membra, che lo faceva rabbrividire ed allo stesso tempo gli dava un lieve senso di sollievo. Era ancora vivo, questo era certo, altrimenti non avrebbe provato dolore.  Quando finalmente, con non poche difficoltà, riuscì a sollevare le palpebre pesanti, si rese conto che la sua testa ciondolava inerte e che non riusciva in nessun modo a tirarsi su. Debolezza, e dolore. Ma che cosa stava succedendo? Tutto ciò che riusciva a vedere era un pavimento sudicio e scuro. Il luogo in cui si trovava era in penombra, un pallido raggio argenteo rischiarava debolmente il pavimento, facendo leggermente scintillare una macchia rossastra che a poco a poco sembrava divenire sempre più grande. Harry non riusciva a capire che cosa fosse quella macchia, vedeva tutto molto sfocato, come se fosse stato circondato da una sottile nebbiolina. Si rese conto di non avere più addosso gli occhiali, ma capì che con ogni probabilità, anche se li avesse avuti, non sarebbe riuscito ugualmente a focalizzare lo sguardo, dato che si sentiva completamente vinto da quella debolezza che aumentava di minuto in minuto. Sentì qualcosa di freddo e duro sotto di sé, e capì di essere seduto sul pavimento. Provò a muovere le braccia, che, chissà perché, erano sollevate sopra la sua testa e appoggiate alla parete alle sue spalle, ma sentì un cigolio e qualcosa di rigido stringersi dolorosamente attorno ai suoi polsi, togliendogli completamente il controllo dei propri arti superiori. Ansimando per lo sforzo, riuscì ad inclinare la testa quanto bastava per vedere le catene che trattenevano le sue braccia. Diede un altro debole strattone, e dovette mordersi le labbra per non urlare dal dolore. Evidentemente le catene erano stregate, e il metallo freddo si stringeva attorno alla carne se essa si agitava troppo. Harry vide che anche attorno ai suoi piedi erano strettamente avvolte delle catene magiche. Ma come aveva fatto a cacciarsi in una situazione del genere? Chi era che lo teneva prigioniero? Si guardò intorno. La debole luce che penetrava nella cella fredda proveniva da una stretta feritoia nella parete alla sua sinistra, mentre alla sua destra vi era una pesante e spessa porta di legno, ed Harry riuscì a percepire alcune voci aldilà di essa. Si concentrò al massimo, lottò contro la debolezza che gli stava quasi facendo perdere i sensi, e si sforzò di ascoltare. Una voce fredda e strascicata risuonò nelle sue orecchie, trapassando la sua mente come una lama affilata:

"Ero certo che non potesse essere così difficile catturare un ragazzino di diciassette anni. Pensa a come mi ricompenserà il Signore Oscuro! D'ora in avanti ci saranno solo onore e gloria per Lucius Malfoy, che ha messo a tacere per sempre il famoso Harry Potter!".

Lucius Malfoy. Harry non riusciva a credere di essere stato catturato dal mangiamorte. Ma come era potuto accadere? La sua mente era ancora così confusa, non ricordava nulla. Riportò lo sguardo sul pavimento, su quella macchia rossastra rischiarata dalla pallida luce lunare, e con un brivido di orrore si rese conto che si trattava del suo stesso sangue, che gocciolava sul pavimento da un profondo squarcio sul suo fianco. Ecco spiegato il motivo di quella debolezza, il suo corpo si stava lentamente dissanguando. La sua maglia era lacera e sporca, e sulla ferita non era stato messo nemmeno un tampone. Harry pensò con rabbia che Malfoy era stato davvero uno stupido a ferirlo in quel modo. Se non si affrettava a consegnarlo a Voldemort avrebbe tolto al suo signore il piacere di uccidere il suo acerrimo nemico, che in quelle condizioni non avrebbe resistito a lungo e sarebbe morto per la perdita di sangue. Probabilmente sarebbe stato molto meglio così, meno doloroso. Harry si riscosse e si rimproverò mentalmente. Non poteva lasciarsi andare in questo modo! Doveva assolutamente reagire, non riusciva a sopportare l'idea di essere nelle mani di quel mostro di Lucius Malfoy, ma non aveva idea di cosa fare. Era incatenato, rinchiuso dentro una cella, gravemente ferito e disarmato. Prigioniero. il semplice suono della parola gli metteva i brividi. Si sentiva inerme e indifeso, e non vedeva via d'uscita. Harry cercò di calmarsi, respirando profondamente, e chiuse gli occhi per concentrarsi sui propri ricordi e comprendere che cosa gli fosse successo. E a poco a poco, rivisse nella propria mente quei terribili momenti.

 

.

 

Era solo, il vento fischiava nelle sue orecchie e gli scompigliava i capelli già incredibilmente disordinati. Il profumo dell'erba gli riempiva le narici, mischiato al lezzo dei fiori marci e appassiti abbandonati presso le lapidi attorno a lui. Le lapidi che aveva davanti agli occhi,  invece, erano completamente disadorne,  ricoperte di polvere e terriccio e di tutto ciò che il vento aveva potuto depositare su di  esse negli anni. Era evidente che quelle due tombe non erano state la meta di visitatori per molto tempo. Harry biasimò se stesso per non aver portato nemmeno un fiore, dopotutto aveva progettato a lungo di recarsi lì, come aveva potuto trascurare un particolare così importante? Allungò una mano verso una delle due lapidi, e con un lembo del mantello ripulì l'incisione  nera che spiccava sul marmo bianco. Lily Evans in Potter. Lo stesso fece con l'incisione sulla tomba del padre, quindi rimase immobile, inginocchiato sull'erba, e si permise di fare quello che per tanto tempo aveva accuratamente evitato. Lasciò scivolare lacrime silenziose lungo le sue guance, che non si curò nemmeno di asciugare. Aveva fatto proprio bene a convincere Ron ed Hermione a rimanere in albergo e a non accompagnarlo al cimitero di Godric's Hollow. Quella era una cosa che doveva fare da solo, aveva detto ai suoi due migliori amici. A nulla erano servite le suppliche di Hermione e le minacce di Ron, Harry era stato irremovibile. Aveva permesso ai due Grifondoro di accompagnarlo, non senza una certa riluttanza, in quel viaggio colmo di pericoli, sapeva che i suoi amici non avrebbero mai desistito dal desiderio  di aiutarlo. Ma il dolore che avrebbe provato in quel cimitero, doveva affrontarlo da solo.

Adesso, immerso nel silenzio del cimitero, sapeva di aver fatto la cosa giusta. Perlomeno poteva piangere senza imbarazzo, dato che nessuno avrebbe visto quelle lacrime tranne due blocchi freddi di muto marmo. Harry si lasciò andare al suo dolore, che pur era molto composto. Il suo pianto era silenzioso, inframmezzato da lievi sospiri. Era una malinconia particolare che non aveva mai sperimentato prima, ben diversa dal dolore rabbioso che aveva fatto seguito alla morte di Sirius, poco più di un anno prima. Era strano piangere  per qualcuno di cui non si avevano ricordi.

Un rumore di ramo spezzato catturò la sua attenzione, ed Harry si voltò di scatto, mentre la mano destra scattava sotto le vesti in cerca della bacchetta. L'aveva appena afferrata, quando se la sentì scappare tra le dita. Di fronte a lui, la bacchetta levata e il volto ghignante, Lucius Malfoy.

Il mangiamorte aveva disarmato Harry tramite un incantesimo non verbale, e adesso si godeva la propria supremazia sul ragazzino che lentamente si rimetteva in piedi. "Non dirmi che non ti avevo avvertito, Potter. Qualche anno fa ti avevo detto che un giorno avresti fatto la stessa brutta fine dei tuoi genitori. Molto astuto da parte tua venire a piangere sulle loro tombe senza portarti dietro una bella scorta di Auror. Ti sei praticamente messo nelle mie mani. Era da tempo che sorvegliavo questo posto, ero certo che prima o poi saresti venuto. Una scena davvero commovente, il povero piccolo orfano Potter in lacrime. Ma sono certo che il Signore Oscuro sarà clemente con te e ti permetterà di rivedere presto i tuoi genitori".

Harry strinse i denti, mentre un crescente senso di panico prendeva il sopravvento su pensieri più razionali. Solo adesso si rendeva conto di essere stato uno sciocco ad andare da solo. Si era messo in trappola da solo, e  adesso sarebbe stato davvero difficile uscirne. Sapeva che Malfoy era fuggito da Azkaban qualche mese prima, ma cercò di prendere tempo. Inoltre desiderava con tutte le forze che il mangiamorte  la smettesse di parlare dei suoi genitori.

"Lei dovrebbe essere ad Azkaban".

Lucius rise: "Quel posto, privato dei dissennatori, non vale niente. Ho aspettato il momento giusto per fuggire a lungo, e dopo la morte di Silente non c'era più motivo di restarmene lì. Senza di lui, l'Ordine della Fenice non ha alcuna speranza di vincere, o anche solo di combattere ad armi pari, contro le forze del Signore Oscuro. Chi guida l'Ordine adesso? Tu? Un ragazzino di diciassette anni che non sa nemmeno badare a se stesso? Hai avuto molta fortuna in questi anni, ma adesso è finita, non c'è nessuno ad aiutarti".

Harry strinse i denti e cercò di pensare in fretta ad una via di scampo. La bacchetta era finita poco lontano, doveva cercare di distrarre Malfoy se voleva tentare di recuperarla.

"E Voldemort non è arrabbiato con lei per il fiasco al Ministero dell'anno scorso? Non credo proprio che l'abbia riaccolta a braccia aperte".

Malfoy rabbrividì al suono del nome del suo signore, e mentre stava per rispondere, Harry decise di tentare il tutto per tutto, anche perché in quel momento non poteva fare altro. Si tuffò a terra verso la bacchetta, e stava quasi per raggiungerla, quando fu colto da un dolore lancinante e iniziò a contorcersi al suolo.

"Avevi già sperimentatola Cruciatus, non è così? Un ragazzo così giovane!".

Le parole di Malfoy arrivavano alle orecchie di Harry come da una distanza infinita, infrangendo la barriera creata dal dolore. Quell'uomo era spietato, non esitava nemmeno per un attimo a fare del male a un ragazzo della stessa età di suo figlio. Ma probabilmente non avrebbe esitato nemmeno se si fosse trattato di suo figlio stesso. Il dolore cessò improvvisamente, mentre la risata di Lucius, in piedi accanto al corpo inerme di Harry, riecheggiava per il cimitero silenzioso.

"Sono molto colpito, Potter, hai imparato a non urlare dal dolore. L'ultima volta che ti ho visto sotto Cruciatus hai quasi rischiato di risvegliare i morti. Che strana coincidenza, anche allora ci trovavamo in un cimitero. Dev'essere senz'altro un segno, è il cimitero il tuo posto, ragazzino. Magari l'Ordine ti costruirà una bella lapide accanto a quelle dei tuoi genitori".

Con uno sforzo immane, Harry si rimise in piedi, e prima di riuscire a comprendere quello che faceva, vinto dalla rabbia, colpì Malfoy con un pugno dritto nell'addome. L'uomo si lasciò cogliere di sorpresa ma si riprese immediatamente e sollevò la bacchetta. Spinse nuovamente il ragazzo, ancora dolorante per la Cruciatus, a terra, e sollevò la bacchetta accingendosi a colpire. Harry riuscì  a rotolare sul fianco e a evitare di ricevere il colpo in pieno, ma la frusta incandescente lo colpì al fianco scoperto ed esposto al nemico, lacerando dolorosamente la carne. Non riuscì a trattenere un gemito di dolore, quando Malfoy lo rimise  in piedi afferrandolo per un braccio.

"Adesso ti conviene non opporre resistenza,  Potter".

Harry cercò disperatamente di liberarsi dalla stretta ferrea dell'uomo, che per tutta risposta lo strattonò con maggiore violenza facendolo cadere in ginocchio.

"Smettila di agitarti ragazzino, stai macchiando tutti i miei vestiti del tuo lurido sangue sporco".

 Puntò la bacchetta nuovamente contro il ragazzo indifeso, e per Harry  divenne tutto buio.

 

continua...

 

Nota dell'autrice: spero vi sia piaciuto questo inizio, se vorrete lasciarmi dei commenti sarò felicissima di rispondervi alla fine del prossimo capitolo, nel quale inoltre entrerà in scena Piton. Salvo imprevisti, aggiornerò la storia sabato. Questa è la mia prima fanfic di Harry Potter, finora mi sono dedicata soltanto al fandom di Dragon Ball, spero davvero che vi piaccia. Non sarà molto lunga, credo quattro capitoli in tutto. Al prossimo capitolo!Sonsimo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Fedeltà ***


Fanfic HP1: secondo capitolo

 

Capitolo2: Fedeltà

 

Era stato schiantato, non c’era altra spiegazione, e poi Malfoy lo aveva portato nel suo castello e lo aveva incatenato. E adesso attendeva impaziente che Voldemort andasse a prenderlo per terminare il lavoro che Lucius aveva già iniziato su di lui. Non c’era speranza, l’Ordine non sapeva nemmeno che era stato catturato, nessuno sarebbe arrivato in suo soccorso. Chissà per quanto tempo era rimasto svenuto dentro quella cella, probabilmente Ron ed Hermione avevano già iniziato a preoccuparsi per la sua lunga assenza. Harry aveva quasi voglia di urlare dalla rabbia. Si era fatto cogliere alle spalle come un pivello, e adesso che ne sarebbe stato di lui? Chissà come sarebbe stato deluso Silente nel vederlo in quello stato. In quel momento arrivò alle orecchie di Harry qualcosa che aumentò a dismisura il suo desiderio di urlare. Una voce che conosceva fin troppo bene proveniva dall’esterno della cella, oltre la porta di legno. Harry sentì il proprio corpo tremare per la rabbia, oltre che per il dolore.

“Voglio vederlo, Lucius. Fammi entrare nella sua cella”.

Malfoy rise: “E’ comprensibile che tu voglia vederlo sconfitto, dopo averlo dovuto sopportare per sei anni senza potergli torcere un capello. Ma almeno di Silente ti sei vendicato. Entra pure ma non strapazzarlo troppo, il Signore Oscuro lo vuole vivo, ricordatelo”.

Piton non replicò. La porta della cella si aprì improvvisamente e la stanza fu inondata dalla luce proveniente dall’esterno, che ferì gli occhi di Harry e lo costrinse a voltare il capo dall’altra parte. Piton si rivolse a Malfoy: “Lasciami da solo con lui per qualche minuto, Lucius”.

“Come vuoi Severus, ma ricorda quello che ti ho detto”.

La porta si richiuse, e Piton accese con la bacchetta due torce che si trovavano sulle pareti, illuminando la cella. Quindi camminò verso il ragazzo immobile sul pavimento e rimase silenzioso, in piedi di fronte a lui, ad osservarlo. Harry cercò di raddrizzarsi il più possibile e di guardare l’uomo negli occhi con fierezza, mentre sentiva il proprio sangue ribollire di odio ricordando il corpo privo di vita di Silente, ai piedi della torre di astronomia. Il ragazzo non riusciva però ad assumere il contegno che avrebbe voluto, il dolore e la debolezza gli facevano inclinare la testa e curvare la schiena. Parlò, e si stupì del suono della propria voce, rauca e debole, poco più di un sussurro:

“Lo spettacolo è di tuo gradimento, Piton?”.

“Non parlare, Potter -rispose l’uomo, un’espressione indecifrabile nei suoi occhi, che indugiavano sul fianco squarciato di Harry- quand’è che hai iniziato a darmi del tu?”.

Harry fece una smorfia, e riuscì a parlare e ad aumentare il tono della propria voce: “Adesso, sporco assassino”.

“Ti ho detto di non parlare”.

“Non prendo ordini da te. Goditi la scena e poi vattene, non sopporto la tua vista” Harry volse il capo e allontanò lo sguardo dall’uomo. Non sapeva davvero che cosa fare in quel momento. Ritrovarsi in quella situazione con Piton di fronte a lui era quanto di peggio potesse capitargli. Non riusciva a tollerare di essere completamente indifeso di fronte a quel traditore, aveva immaginato per tanto tempo il loro incontro, pensando che avrebbe potuto vendicarsi, ma mai aveva pensato di non potersi nemmeno muovere. Sperava solo che se ne andasse al più presto.

“Potter, adesso esigo che tu mi ascolti”.

Harry lo guardò con un’espressione insieme stupita e infuriata, e alzò ulteriormente la voce: “Io non ho nessuna intenzione di ascoltarti. Vattene!”. Lo sforzo per quelle urla gli costò caro, ed Harry non riuscì a trattenere un gemito. Mostrarsi così sofferente di fronte a Piton lo fece infuriare ancora di più.

Piton sollevò la bacchetta e la puntò contro Harry: “Silencio”. Harry spalancò la bocca ma non riuscì più ad emettere alcun suono. In preda alla collera, iniziò ad agitarsi, incurante della stretta dolorosa delle catene. Quell’uomo stava cercando di umiliarlo, stava sicuramente provando un’incredibile soddisfazione nel prendersi la rivincita sul figlio di James Potter, non gli bastava vederlo ridotto in quello stato.

Piton guardò negli occhi verdi del ragazzo, e cercò dentro di sé le parole che tanto tempo prima avrebbe dovuto pronunciare. Cercò di concentrarsi sul verde intenso di quello sguardo, per trovare la forza di dire quello che doveva, e di non lasciare cadere lo sguardo sui lineamenti e sui capelli arruffati di Harry, che gli avrebbero riportato alla mente brutti ricordi e probabilmente avrebbero cacciato via i suoi buoni propositi. Se solo Potter avesse smesso di comportarsi come un ragazzino, ma poteva forse biasimarlo per questo? Dopotutto, lui era un ragazzino. Ma doveva cercare in qualche modo di calmarlo, perché comportandosi così il ragazzo non faceva altro che peggiorare la sua già precaria situazione.

“Se non la smetti di agitarti sarò costretto a pietrificarti. Ascolta quello che ho da dirti e poi ti libererò dal silencio. Quello che sto per dirti è molto importante, e avrei dovuto farlo tanto tempo fa -Piton sospirò, prima di continuare- è il motivo per il quale Silente si è sempre fidato di me”. Nell’udire pronunciare il nome dell’ex preside da colui che lo aveva ucciso, Harry si agitò ancora di più, ma iniziò a sentire dentro di sé il desiderio di ascoltare. Non poteva fare niente per impedire a Piton di parlare, quindi tanto valeva ascoltarlo. Piton riprese a parlare, osservando il ragazzo dritto negli occhi, pronto a cogliere ogni sua più piccola reazione.

“Sono stato io a rivelare a Voldemort parte della profezia che lo ha spinto a dare la caccia a te e ai tuoi genitori”. Harry lo fissò con odio, ma si limitò ad annuire. Piton si stupì della sua reazione composta, si sarebbe aspettato di vedere il ragazzo che tentava di spezzare le catene che lo trattenevano per scagliarsi contro di lui.

“Cosa… tu… lo sapevi già?” chiese Piton. Harry annuì di nuovo, mentre una smorfia di dolore contraeva il suo viso. Prima di proseguire con il suo discorso, Piton sollevò di nuovo la bacchetta e la puntò contro il fianco del ragazzo, che chiuse gli occhi aspettandosi di venire colpito dalla Cruciatus. Invece Harry percepì solo un lieve formicolio sul fianco ferito, e portando lo sguardo in quella direzione vide con stupore che la ferita aveva smesso di sanguinare. Perché Piton aveva fatto una cosa del genere?  Harry si disse che era senz’altro per assicurarsi che Harry rimanesse in vita fino all’arrivo di Voldemort. Il mago oscuro si stava certamente muovendo con estrema cautela per giungere al castello dei Malfoy eludendo la strettissima sorveglianza degli Auror. Harry era inoltre certo che quel luogo fosse protetto da potenti incantesimi che impedivano di materializzarsi o smaterializzarsi al suo interno. Piton riprese a parlare, sempre senza distogliere i propri occhi da quelli del ragazzo:

“Mi sono pentito profondamente di quel gesto e ho deciso di avvisare l’Ordine -Piton vide che Harry si agitava nel chiaro tentativo di parlare- e va bene, ti libero dal silencio, ma non costringermi con le tue urla a stregarti di nuovo. Non dobbiamo attirare l’attenzione di Lucius”. Harry lo guardò scettico, ma ancora si limitò ad annuire. Una volta liberato dall’incantesimo si rivolse a Piton con voce tremante per la rabbia:

“Ho saputo dalla Cooman quello che hai fatto, Piton, e ne ho parlato con Silente la sera in cui… -Harry fece una smorfia prima di continuare- so che hai detto a Silente di esserti pentito, e lui ti ha creduto –Harry alzò leggermente la voce- ed ha sbagliato, dato che poi non hai esitato ad ucciderlo!”.

Piton distolse lo sguardo per un momento dagli occhi furiosi del ragazzo, e poi riprese con voce leggermente alterata: “Silente non ti ha detto tutto. Lui non è stata la prima persona da cui sono andato dopo aver abbandonato Voldemort. La prima persona da cui sono andato è stata… tua madre”.

Harry lo fissò attonito, a bocca aperta. Che cosa significava questo? Dove voleva arrivare Piton? Stava forse cercando di sconvolgerlo, di fargli del male psicologico, dato che non poteva procurargli dolore fisico, nel timore di incorrere nella rabbia di Voldemort? Se era così, non glielo avrebbe permesso. Harry distolse lo sguardo dall’uomo, fissando intensamente un punto alle sue spalle, per quanto gli era concesso dalla sua vista sfocata: “Basta così, non ascolterò un’altra parola delle tue menzogne. Vattene via, ne ho abbastanza”.

Piton fissò intensamente quegli occhi, scorgendovi un dolore e un’amarezza davvero troppo profondi per un ragazzino di diciassette anni. Ma non poteva andarsene, doveva costringere Potter ad ascoltarlo. Si avvicinò ulteriormente al ragazzo, che per tutta risposta si ritrasse verso la parete, e si chinò davanti a lui per poterlo guardare negli occhi più facilmente, dalla stessa altezza.

“Forse è meglio che prima ti spieghi che cosa è successo con Silente”.

“Io ho visto tutto Piton. Silente mi aveva pietrificato ed ero sotto il mantello dell’invisibilità. Non devi spiegarmi proprio niente, se non come hai potuto essere così vile verso chi aveva piena fiducia in te, e comunque non credo che riuscirei a comprendere una spiegazione del genere. Lasciami in pace. Avete vinto, Voldemort sta arrivando e presto vi sarete liberati di me. Che cosa vuoi ancora? Vendicarti delle angherie di mio padre? Non ti sei già vendicato abbastanza? E’ morto per causa tua!”.

Piton si raddrizzò, il volto fortemente contratto per la rabbia, e non riuscì a trattenersi dal pronunciare parole cariche di collera e risentimento: “Non sarà mai abbastanza! Non dopo tutto quello che ho dovuto subire a causa di quell’arrogante di tuo padre e quell’idiota del tuo padrino!”. Harry si agitò con maggiore veemenza contro le catene che lo soggiogavano: “Non nominare Sirius! Lascialo fuori da questa sto…”. La voce gli morì in gola, ed Harry si accasciò contro la parete alle sue spalle, mentre la stanza cominciava a vorticare attorno a lui. Nonostante avesse smesso di perdere sangue, era ancora dolorante e soprattutto molto debole, e le urla contro Piton gli stavano togliendo le già scarse energie residue. Con un movimento brusco, l’uomo davanti a lui si chinò e lo afferrò per i capelli, sollevandogli il volto: “Adesso stai zitto e fermo finché non avrò finito con te, o te ne pentirai. E soprattutto non riportarmi alla mente il ricordo di quel farabutto di tuo padre”. Harry non riuscì a reprimere un brivido di terrore nel ritrovarsi il volto di Piton così vicino al proprio. Era un coraggioso Grifondoro, ma fin dalla prima volta che lo aveva visto non aveva potuto fare a meno di avere paura di Piton, anche se per niente al mondo si sarebbe mai tirato indietro di fronte alla possibilità di un confronto diretto con lui. Piton mollò la presa e riprese a parlare, la sua voce notevolmente scesa di tono era quasi un bisbiglio:

“Devi sapere la verità sulla morte di Silente, non basta quello che hai visto sulla torre. Quella notte io ho solo eseguito un ordine che mi era stato impartito dall’unico uomo a cui ho mai prestato fedeltà assoluta, da molti anni a questa parte”. Harry non riuscì a trattenersi:

“Voldemort non è un uomo. E’ un mostro”.

“Infatti non è a Voldemort che mi riferivo. Io sono stato fedele sempre e solo a Silente, e lo sono anche adesso che lui non c’è più”.

Harry sbarrò gli occhi: “Che-che cosa stai dicendo? Sei solo uno sporco traditore? Gli sei stato tanto fedele che lo hai ucciso!”.

“Esatto. Quella è stata la massima prova della mia fedeltà”.

continua...

Nota dell'autrice: grazie mille per i commenti a

-Kagome chan: ma povero Harry, non è vero che non gli succede mai niente, e poi un po' di fortuna ogni tanto se la merita pure, dopo aver vissuto coi Dursley... Grazie mille per i complimenti, troppo gentile. In realtà non so ancora dire con esattezza quanti saranno i capitoli, ma comunque tra quattro e sei. Spero bastino!

-Astry_1971: Anch'io adoro Piton, ma diciamo che non lo considero proprio "buono". Dalla parte dei buoni, questo è certo, e credo che anche lui abbia un cuore, ma sa essere cattivo, quando vuole. Per il confronto tra Piton e Lucius, dovrai pazientare ancora un po'. E grazie per i complimenti!

-Morgan Snape: anch'io amo moltissimo le storie che hanno per protagonisti proprio Harry e Severus, anzi vorrei che ce ne fossero di più!

-Michi90: Grazie infinite, troppo gentile. Spero che continuerai a seguire la mia storia!

Un grazie a tutti coloro che hanno letto e appuntamento a venerdì per il terzo capitolo! Nel frattempo, se voleste commentare questo... Ciao e alla prossima!Sonsimo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** Dubbi ***


Fanfic HP1: terzo capitolo

 

Capitolo3: Dubbi

 

 

Harry era attonito. Fissava l’uomo di fronte a sé ad occhi sgranati. Per un attimo, data l’assurdità di quella situazione, pensò che fosse tutto soltanto un sogno, ma non poteva essere così. Il dolore che percorreva le sue membra era troppo reale, da mozzare il fiato. Tentò di dare un’altra scossa alle catene, ma era tutto inutile. Era lì, alla mercè di due folli mangiamorte, ad attendere l’arrivo dell’assassino dei suoi genitori, e come se non bastasse Piton tentava di confondere la sua mente già terribilmente offuscata dalla debolezza. Non poteva lasciarlo fare, doveva rimanere lucido almeno fino all’arrivo di Voldemort. Sapeva che sarebbe stato impossibile fuggire, ma se doveva, voleva soccombere a testa alta. Probabilmente Voldemort lo avrebbe sfidato nuovamente come aveva fatto in quel cimitero alla fine del Torneo Tremaghi, gli avrebbe reso la bacchetta e lo avrebbe costretto a combattere contro di lui, ed Harry non si sarebbe tirato indietro. Sapeva di non avere alcuna possibilità, non si era ancora messo alla ricerca degli Horcrux mancanti, aveva progettato di farlo dopo la visita a Godric’s Hollow.

Avrebbe combattuto con tutte le sue forze, questo era certo. Se doveva morire, lo avrebbe fatto -come aveva detto allora Voldemort?- dritto e fiero, come suo padre. Quel padre tanto odiato dall’uomo che ora stava di fronte a lui.

“Vattene, Piton. Non ti sono bastati sei anni di scuola per tormentarmi? Non credo ad una sola parola di quello che hai detto. Hai ucciso Silente davanti ai miei occhi, dannazione! Come fai a parlare di fedeltà?”.

“Te l’ho detto Potter, proprio averlo ucciso è stata la massima prova della mia fedeltà. Ho eseguito gli ordini. Io non sono mai tornato dal Signore Oscuro, sono tuttora dalla parte dell’Ordine della Fenice. Il vero problema è che l’Ordine non lo sa, e continua a darmi la caccia. Adesso fai silenzio e lasciami parlare, se ci tieni alla tua vita”.

Harry alzò nuovamente la voce: “Tu non mi fai nessuna paura, è inutile che mi minacci. Inoltre so bene che non puoi uccidermi, Voldemort te la farebbe pagare cara per avergli tolto questo piacere!”.

Piton, che aveva ormai perso la pazienza, si chinò verso il ragazzo incatenato e lo afferrò per la maglia, sollevandolo leggermente dal pavimento. La sua voce era di nuovo molto bassa, e di tanto in tanto gettava occhiate sospettose verso la porta: “Non intendevo questo. Devi farmi finire di parlare, perché poi dovrò portarti via di qui. Sono qui per salvarti, ma tu stai notevolmente complicando le cose con il tuo atteggiamento”.  

Harry guardò negli occhi di quell’uomo con rabbia. Come quando erano ancora a scuola, Piton si stava approfittando della sua posizione di superiorità per fargli del male, perfettamente consapevole del proprio vantaggio sul ragazzo che non poteva difendersi. Ma che insano piacere poteva mai trarre dal raccontargli quelle assurdità? Harry cercò di controllare con tutte le sue forze la voce tremante:

“Perché ti prendi gioco di me in questo modo? Sei la persona più vile e meschina che abbia mai conosciuto”. Piton continuò a tenere Harry sollevato, guardandolo impassibile, avvertendo il tremito del corpo del ragazzo. Sentiva la collera divampare nei confronti dell’arroganza del moccioso, ma si sforzò di continuare: “Hai mai sentito parlare del Voto Infrangibile?”.

“So tutto del voto che hai stretto con la madre di Malfoy. Ho origliato quando hai parlato con lui l’anno scorso, la sera della festa di Lumacorno”.

Piton lo trafisse con un’occhiata penetrante e un’espressione incollerita, e lo lasciò ricadere sul pavimento. Il suo solito, arrogante e totale disprezzo per le regole. Quel ragazzo si meritava davvero una bella lezione, ma purtroppo in quel momento l’insegnante sapeva di non potersi permettere questo piacere. Doveva spiegare le sue ragioni al ragazzo, doveva portarlo via di lì prima dell’arrivo di Voldemort.

“Adesso basta, Potter. Ti scaglierò di nuovo il silencio e ti spiegherò esattamente quello che è successo. Ti conviene ascoltare attentamente, non mi piace ripetere le cose. Se non vuoi farlo, peggio per te, agirò con o senza la tua collaborazione”.

Harry fissò l’uomo negli occhi in silenzio, per qualche secondo. Si sentiva molto combattuto. Non era pronto a credere alle parole di un uomo che lo aveva tormentato per tanti anni, ma il dubbio cominciava ad insinuarsi nella sua mente. Sembrava che Piton stesse facendo davvero un incredibile sforzo su se stesso per controllarsi.

“Va bene, ascolterò. Il silencio non è necessario. Mi basta solo che tutto questo finisca presto”.

Piton percepì distintamente il tono amaro del ragazzo, ed avvertì una strana sensazione, come una leggera stretta al petto. Era forse… compassione? -No, tu lo odi come odiavi suo padre, non ha importanza quello che hai dovuto fare per lui in questi anni, avevi i tuoi buoni motivi -si disse Piton.

“Molto bene, perché dobbiamo fare in fretta. Silente… lui sapeva del Voto Infrangibile, sapeva che il Signore Oscuro aveva chiesto a Draco di ucciderlo, probabilmente per vendicarsi del fallimento di Lucius al Ministero -Piton notò il leggero velo di tristezza che passò davanti agli occhi del giovane Potter nel ripensare agli avvenimenti di quella notte di circa due anni prima, che avevano condotto alla morte del suo padrino- Silente mi ha detto che avrei dovuto rispettare il mio Voto, in qualsiasi circostanza. La mia copertura non doveva saltare, perché era fondamentale avere una spia tra i mangiamorte. Mi disse che avrei dovuto ucciderlo, se fosse stato necessario, perché il mio compito non era ancora concluso, sia come spia sia…” Piton si bloccò, incapace di continuare, e fissò gli occhi adirati e colmi di scetticismo di Harry.

“Sia? Continua!” lo incitò il ragazzo. Piton sembrò riflettere per qualche istante, e stava quasi per riprendere il discorso, quando un distinto rumore di passi in avvicinamento lo bloccò. Lucius stava tornando.

“Quello che ti ho detto deve bastarti per adesso, Potter. Ascoltami attentamente: il Signore Oscuro non sarà qui che per l’alba. Prima di allora, tornerò a prenderti e ti porterò via di qui. So come eludere la sorveglianza di Lucius”.

Harry sembrava esterrefatto: “Portarmi via? Cosa… io non… perché dovrei fidarmi?”.

“Perché non hai altre possibilità! -ringhiò Piton- Saprai tutto il resto una volta che saremo andati via di qui. Ora -Piton puntò di nuovo la bacchetta verso il ragazzo- sappi che non sto facendo questo per piacere personale, ma è fondamentale che Lucius continui a fidarsi di me, e sarei poco credibile se me ne andassi senza torcerti un capello”. Piton agitò la bacchetta verso la guancia di Harry, sulla quale comparve una brutta scottatura. Harry continuava a fissarlo ad occhi sgranati, quando la porta della cella si aprì e Malfoy fece il suo ingresso. Lucius guardò prima Piton e poi il suo prigioniero, che ricambiò sprezzante lo sguardo, e sembrò alquanto compiaciuto alla vista della nuova bruciatura sul suo volto. Poi i suoi occhi si posarono sul fianco del ragazzo, che aveva smesso di sanguinare, e si volse interrogativo verso Piton.

“E’ necessario che rimanga vivo fino all’arrivo del Signore Oscuro. Si stava dissanguando” rispose Piton. Lucius sembrava contrariato, ma non obiettò e si limitò ad annuire. Poi, senza alcun preavviso, allungò una gamba e sferrò un potente calcio al volto di Harry, che gemette. Lucius rise mentre il ragazzo inclinava la testa verso il proprio braccio per asciugare il sangue che adesso colava dal labbro spaccato. Harry lanciò un’occhiata a Piton, e quello che vide lo stupì. L’uomo stringeva i pugni e osservava Malfoy con quella che sembrava rabbia trattenuta. Ma che cosa stava succedendo? Poteva Harry davvero… fidarsi di lui? Lui ha ucciso Silente e ti odia, odia il figlio di James Potter. Ma che cosa aveva voluto dire l’insegnante quando aveva nominato sua madre?   

La voce di Malfoy lo distolse dai suoi pensieri: “Povero piccolo Potter. Non riesci nemmeno a ripulirti il volto dal sangue. Vuoi che ti aiuti?” Lucius si chinò verso Harry, afferrò il suo volto e lo sfregò rudemente con la sua mano, mentre il ragazzo cercava invano di ritrarsi e le catene si stringevano sempre di più. Harry odiava quel senso di impotenza, odiava non poter reagire in nessun modo a quel mostro!

“Non toccarmi”. Per tutta risposta, Malfoy rise ancora, beffardo, ma si raddrizzò quando Piton parlò:

“Andiamo Lucius, sono stanco della sua voce petulante e del freddo di questa cella” Piton si avviò verso la porta e Lucius, pur sembrando riluttante, lo seguì. Una volta sulla soglia, l’uomo puntò per l’ultima volta i suoi occhi grigi su Harry: “A più tardi, Potter” spense le torce e sbattè la porta alle sue spalle.

Solo e immerso nell’oscurità, Harry ripensò a quello che era appena successo, a tutto quello che Piton gli aveva detto. Si sentiva ancora più confuso di quando si era risvegliato e si era ritrovato incatenato, e quasi provava senso di colpa per questo. Non avrebbe dovuto avere dubbi su Piton, dopo quello che gli aveva visto fare, dopo tutto quello che gli aveva fatto passare, lui era un mangiamorte a tutti gli effetti.

-Silente si è sempre fidato di lui, e tu ti sei sempre fidato della saggezza di Silente. Può essersi sbagliato così clamorosamente su Piton?- Era tutto così assurdo, Silente che diceva a Piton che non avrebbe dovuto esitare ad ucciderlo, Piton che diceva che sarebbe tornato a prenderlo per salvarlo. Harry non poteva crederci, ma d’altro canto, riflettendo lucidamente, si chiedeva perché  Piton avrebbe dovuto raccontargli quelle menzogne, proprio quella notte in cui ormai lo avevano in pugno. Forse voleva semplicemente sottrarlo a Malfoy e consegnarlo a Voldemort personalmente, per prendersi tutto il merito e l’onore che ne conseguiva agli occhi del suo tanto adorato Oscuro Signore? Dopotutto non aveva esitato a colpirlo alla guancia -ma sembrava arrabbiato quando Malfoy ti ha colpito, e l’anno scorso non ha permesso ai mangiamorte di torturarti-. Ma ciò che più impensieriva Harry era il fatto che Piton avesse nominato sua madre. Il ragazzo ripensò a quel poco che sapeva sul rapporto tra sua madre e il giovane Severus: nel pensatoio aveva visto Lily difenderlo dalle angherie di suo padre James, e come ringraziamento Piton l’aveva insultata per le sue origini babbane. Decisamente, non dovevano essere amici. Harry sospirò per la frustrazione. Se le catene glielo avessero permesso, avrebbe affondato la testa tra le braccia. Invece, immobilizzato in quella scomoda posizione, chiuse gli occhi e, vinto dalla spossatezza, si lasciò andare a un leggero e agitato sonno, carico di incubi su Malfoy, Piton e Voldemort.

 

continua...

 

Nota dell'autrice: grazie mille a Lake, IdraelenV e zizela per le loro recensioni... siate state gentilissime, spero vi sia piaciuto anche questo capitolo. Per Lake: inizialmente mi sono spaventata leggendo la tua recensione... Al prossimo capitolo! Sonsimo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Fuga ***


 

Capitolo4: Fuga

 

Era circondato, non una sola speranza di fuggire. I mangiamorte incappucciati ridevano attorno a lui e continuavano a schernirlo, mentre cercava disperatamente di proteggersi da Voldemort. Ma ormai era perduto. La bacchetta era spezzata, era ricoperto di sangue, stava per morire, e Voldemort non smetteva di torturarlo. Ondeggiò contro il muro formato dai mangiamorte, e urtò contro uno di loro. All’uomo cadde il cappuccio, ed Harry riuscì a vederne il volto freddo ma felice, la bocca contratta in un orrendo ghigno. Piton.

“Muori, Potter. Adesso”. Le mani dell’uomo lo avevano afferrato saldamente per le spalle, e lo scuotevano violentemente. Harry non poteva fare niente contro di lui.

“Adesso, Potter…”

“Potter!”. Harry aprì gli occhi di scatto, ritrovandosi a pochi centimetri dal volto dell’uomo che era appena stato uno dei protagonisti principali del suo tremendo incubo. Piton era chino su di lui, che si era addormentato appoggiato a quella maledetta parete e grondava sudore. Le mani dell’uomo lo tenevano per le spalle, proprio come era successo nel sogno, e la stretta era molto dolorosa per il suo corpo debilitato. Harry stava per cacciare un urlo di terrore, ma Piton glielo impedì tappandogli la bocca con una mano: “Sarebbe davvero un grosso errore. Dobbiamo andarcene di qui e alla svelta. Mancano ancora due ore all’alba, ma dobbiamo allontanarci a piedi dal castello prima di poterci smaterializzare, e non sarà così facile. Sono riuscito a schiantare quei due idioti di Tiger e Goyle di guardia alla tua cella, ma non dobbiamo attirare l’attenzione di Lucius. Contro di lui non sarebbe così semplice”. Piton aspettò che il volto terrorizzato di Harry si rilassasse, prima di togliere la mano dalla sua bocca e rimettersi in piedi.

“Sei pronto per andare?” chiese al ragazzo, che non accennava a muoversi e lo fissava sbalordito, l’espressione sconvolta di chi si è appena svegliato di soprassalto.

Harry non riuscì a fare altro che balbettare: “Io… io non…”.

Tu non cosa, Potter? -sbottò Piton- non ti fidi di me? Mi dispiace per te, ma non hai altra scelta, adesso non abbiamo tempo per le spiegazioni!”. Piton levò la bacchetta verso il ragazzo, la agitò e le catene scomparvero. Harry avvertì un immediato senso di sollievo, abbassò le braccia stanche e doloranti, e prese a massaggiarsi i polsi feriti, senza distogliere lo sguardo da Piton. L’uomo sembrava impassibile, come sempre, ed Harry non sapeva davvero che cosa fare. Se davvero era dalla sua parte, avrebbe almeno potuto essere un po’ più gentile, giusto per rassicurarlo… Harry si rimproverò mentalmente per questo suo stupido pensiero da ragazzino. Piton non era certo adatto per le rassicurazioni ed Harry, in tutta onestà, non credeva che l’uomo, anche volendo, ne sarebbe stato capace. Harry sentiva una morsa attorno al cuore. Che cosa avrebbe dovuto fare adesso? Andarsene in giro con l’assassino di Silente, o aspettare buono nella sua cella l’arrivo del suo aspirante assassino? Le opzioni non erano davvero un granché.

Piton, dal canto suo, leggeva chiaramente la confusione e la paura nella mente del ragazzo. Ancora una volta, cercò di concentrarsi sugli occhi di Potter, solo su quegli occhi verdi, e tentò di evitare che la sua voce assumesse un’intonazione minacciosa: “In piedi, Potter. E’ ora di andare!”.

Harry non si mosse, e Piton lo afferrò rudemente per un braccio e lo mise in piedi. Il ragazzo era però davvero troppo debole, e non riuscì a mantenere l’equilibrio. Barcollò pericolosamente, ma l’insegnante gli impedì di cadere, afferrandolo saldamente per la vita. Harry lo guardò negli occhi, sperando di trovare in fondo a quel nero baratro un appiglio, una qualsiasi espressione di solidarietà per lui che gli permettesse di avere fiducia, ma negli occhi di Piton non c’era niente di tutto ciò. Solo la stessa espressione che Harry aveva visto per anni, quel profondo sguardo di disprezzo che Severus riservava solo al figlio di James Potter. Harry distolse lo sguardo, portandolo sul pavimento, tristemente. Qualunque cosa pensasse di Piton, in quel momento non aveva importanza. L’uomo lo teneva in pugno, Harry non poteva fare niente contro di lui. Non era nemmeno in grado di stare in piedi da solo.

“Sei pronto?” chiese Piton, lo sguardo che cercava quello del ragazzo.

Le parole sussurrate di Harry erano più che altro una constatazione rivolta a se stesso anziché al professore: “Non ci riesco”.

“A fare cosa, Potter?” il tono di Severus era esasperato. Harry lo guardò nuovamente negli occhi, con profonda amarezza: “A fidarmi di lei”.

Piton osservò il ragazzo che stava reggendo, che sentiva completamente privo di forze, per qualche secondo. Suo malgrado, si rendeva conto che quello che Harry stava vivendo era davvero troppo per un diciassettenne. Cercò delle parole rassicuranti da dirgli, ci provò davvero, con tutte le sue forze, ma non ci riuscì. Nonostante il tono amaro e lo sguardo completamente diverso, nonostante si rendesse ormai conto, dopo anni, delle grandi differenze tra i due, ancora non riusciva a non vedere l’odiato James rivivere in Harry Potter. Non potè trovare parole migliori di queste: “Non è un problema di cui posso occuparmi in questo momento. Non puoi semplicemente essere grato per il fatto che io ti porti via di qui? O preferisci che ti lasci al Signore Oscuro?”.

“Non so davvero che cosa sia meglio per me, signore” un altro sussurro da parte di Harry. Piton notò che il ragazzo era ritornato al tono formale, con lui. Questo non poteva che essere un buon segno. Almeno, un po’ di rispetto glielo doveva, quel moccioso, dato che stava mettendo a repentaglio la sua incolumità per salvargli la vita. Piton osservò quel volto in silenzio per qualche secondo. I capelli disordinati grondavano sudore, gli occhi erano arrossati ed evidentemente sotto sforzo per l’assenza degli occhiali, la pelle pallidissima faceva sì che la cicatrice spiccasse ancora più nitida sulla fronte impregnata di sudore, e le labbra, sporche di sangue a causa del colpo inferto poco prima al ragazzo da Malfoy, avevano assunto un poco sano colorito violaceo. Il ragazzo aveva urgente bisogno di cure. L’insegnante notò come Harry si sforzasse il più possibile per impedire al proprio corpo di tremare, ma non riusciva ad evitarlo del tutto. Per un attimo, Piton sentì nel proprio cuore una sottile punta di ammirazione nei confronti di quel diciassettenne che sopportava tanto stoicamente il dolore fisico.

Harry sollevò ancora una volta gli occhi verso Piton:

“Che cosa stava dicendo su mia madre? Voglio saperlo adesso” Harry notò un leggerissimo, quasi impercettibile tremito sul volto di Piton, e se ne chiese la ragione. Poteva davvero essere il ricordo di Lily Evans a fargli quell’effetto?

“Adesso non è il momento, dobbiamo andare via di qui prima che…” Harry non lasciò che Piton terminasse:

“Non vengo da nessuna parte se prima non  mi dà le spiegazioni che voglio!”.

Piton, infastidito dal tono arrogante terribilmente familiare del ragazzo, si lasciò vincere dalla rabbia, e senza riflettere spinse Harry contro la parete con violenza, tenendolo per le spalle e facendogli battere la testa:

“Non sei nella posizione di dettare condizioni, sciocco ragazzino! Tu adesso farai tutto quello che ti dirò, o te la farò pagare cara!”. Piton si pentì immediatamente del suo gesto avventato. Vide gli occhi verdi offuscarsi, mentre le gambe del ragazzo non reggevano più il suo peso. Harry gli crollò praticamente addosso, e Piton lo scrollò impedendogli così di perdere i sensi. Lo accostò di nuovo alla parete, questa volta con maggiore delicatezza, e aspettò che il suo respiro ritornasse regolare prima di parlargli: “Stai bene?”

Harry lo fissò con odio. Che razza di risposta avrebbe dovuto dargli? Lo aveva appena sbattuto contro il muro come se fosse stato un fantoccio inanimato, come se già non bastasse tutto ciò che aveva subìto quel giorno, e sosteneva di essere lì per salvarlo. E se anche fosse stato così? Una volta lontani dal castello di Malfoy, chi lo avrebbe salvato da Piton? Tutto quello che gli aveva dato finora quell’uomo, da quando lo aveva conosciuto, era stato dolore. Fisico e psicologico. Come poteva accettare il suo aiuto, sempre ammesso che si trattasse davvero di aiuto?

Dal canto suo, Piton non insistette per ricevere risposta da Harry, ma riprese: “Ti spiegherò tutto una volta che ce ne saremmo andati di qui. E’ una storia lunga -e dolorosa, pensò Piton- e adesso non ne abbiamo il tempo. Dobbiamo andare”. Vedendo che il ragazzo rimaneva appoggiato alla parete immobile, Piton stava per spazientirsi nuovamente, quando ebbe un’improvvisa idea per convincere il giovane. Prima di tornare nella cella di Harry, aveva recuperato la bacchetta che Lucius aveva sottratto al ragazzo, per restituirgliela dopo averlo liberato. Adesso decise di modificare leggermente il piano e rendergliela immediatamente. Probabilmente, con la bacchetta tra le mani, il ragazzo si sarebbe sentito più sicuro e avrebbe accettato senza tante storie di andare con lui. Severus frugò con una mano nella sua veste ed estrasse ciò che cercava. Harry abbassò lo sguardo verso l’oggetto e poi, stupito, fissò nuovamente il volto di Piton, che fu il primo a parlare, tendendo la bacchetta verso Harry: “Prendila, avanti”. Harry allungò una mano leggermente tremante, e afferrò la bacchetta. Piton riprese: “Sei pronto adesso?”.

Harry guardava la bacchetta senza parlare. Avere di nuovo la sua arma tra le mani poneva tutto sotto una luce diversa. Improvviso, caldo e rassicurante, sentì un fiotto di speranza farsi strada nel petto. Adesso poteva rischiare, poteva seguire Piton, se qualcosa fosse andato storto e l’uomo si fosse rivelato un bugiardo non sarebbe stato disarmato alla sua mercè, avrebbe potuto difendersi. Essenziale era non abbassare la guardia e non lasciarsi cogliere impreparato da un eventuale attacco alle spalle da parte del professore. Harry alzò lo sguardo: “Sono pronto” disse, più debolmente di quanto non desiderasse, in realtà. Avrebbe voluto apparire più forte agli occhi di Piton, fargli capire che qualsiasi cosa avesse in mente, aveva a che fare con un osso duro. Non con un ragazzino che si reggeva in piedi a fatica. Quindi mosse un passo avanti, staccandosi dalla parete, ma ancora una volta vacillò instabile. Piton lo afferrò per un braccio e cominciò a trascinarlo poco cerimoniosamente verso la porta, mentre Harry continuava a stringere la bacchetta con l’altra mano e faticava a tenere il passo, ma si sforzava di trattenere ogni più piccolo lamento.

Piton aprì la porta lentamente e spinse il ragazzo alle proprie spalle, quindi si sporse sulla soglia della cella per controllare se la via fosse libera. Gli unici rumori erano quelli dovuti alla respirazione delle due guardie che Piton aveva schiantato poco prima. Nonostante l’apparente quiete, l’uomo sapeva che avrebbero dovuto fare in fretta. Probabilmente Lucius non avrebbe resistito e sarebbe tornato di lì a poco, per divertirsi un altro po’ con Harry prima di consegnarlo a Voldemort. Piton si mosse verso il corridoio e spinse Harry accanto a sé. Il ragazzo si divincolò: “So camminare anche da solo”. Piton lo fissò dall’alto in basso, e mollò bruscamente la presa sul suo braccio, lasciando intenzionalmente che il ragazzo si sbilanciasse fin quasi a perdere l’equilibrio, prima di afferrarlo ancora più rudemente e accostarlo maggiormente a sé.

“In questo momento non sembri proprio in grado di camminare, Potter. Smettila per un attimo con questo atteggiamento arrogante e non farmi perdere altro tempo, sciocco ragazzino”.

Harry non rispose, ma abbassò lo sguardo. Si sentiva profondamente umiliato, e non poteva non pensare che a Piton facesse un immenso piacere vederlo in quelle condizioni e poter disporre di lui come meglio credeva. La situazione era davvero insostenibile. Harry era stremato, nel corpo e nell’animo, e tratteneva le lacrime puramente per orgoglio. Non avrebbe concesso a quell’uomo orribile anche la soddisfazione di vederlo piangere. Doveva essere forte, doveva resistere… Si sentì spingere nuovamente da Piton, e lo seguì lungo il corridoio freddo e buio senza ulteriori indugi, e ancora fuori dal palazzo, rabbrividendo alla fredda aria notturna, con l’unico conforto della bacchetta stretta tra le dita, e la mente che ripercorreva le ultime ore febbrilmente. Il flusso di pensieri si interruppe quando Piton si arrestò improvvisamente, ed Harry alzò lo sguardo per vedere che cosa avesse provocato quell’interruzione. Si gelò alla vista del volto infuriato e rosso di collera di Lucius Malfoy.

“Severus, che cosa stai facendo?!” -Malfoy urlava, la bacchetta tesa dinanzi a sé, e formulò la stessa ipotesi che poco prima si era affacciata anche alla mente di Harry- vuoi prenderti tutta la gloria, non è così? Vuoi consegnarlo al Signore Oscuro al mio posto! Non te lo permetterò, lui è mio! Expelliarmus!”.

Piton si scostò rapidamente, evitando l’incantesimo, ma nella foga si dimenticò di Harry, che venne disarmato. La bacchetta del ragazzo volò tra le dita protese del mangiamorte biondo, che non l’aveva notata e la fissò con stupore.

“Perché gli hai reso la bacchetta? –Lucius si voltò verso Piton, e lo fissò inorridito, realizzando improvvisamente quello che per anni gli era sfuggito- tu… sei un traditore! La pagherai cara! Crucio!”.

Piton evitò abilmente la maledizione. Nel frattempo, Harry fissava la scena stupefatto. Non avrebbe mai creduto di assistere a un duello tra quei due. Lo scontro proseguì in un turbinìo di bacchette e incantesimi che mancavano il bersaglio. I due combattenti inizialmente sembravano sostanzialmente alla pari, ma a poco a poco Piton pareva acquistare vantaggio rispetto al suo avversario. Harry avrebbe voluto intervenire invece di starsene immobile a guardare, ma senza la bacchetta non poteva fare nulla.

Improvvisamente, senza nemmeno rendersene conto e senza poter fare nulla per impedirlo, Harry vide il viso di Malfoy a pochi centimetri dal suo.

“Spostati, Potter!”. L’urlo di Piton arrivò troppo tardi. Malfoy si portò bruscamente alle spalle di Harry e gli strinse un braccio attorno al collo, puntandogli la bacchetta alla gola. Il ragazzo cercò di divincolarsi, ma la stretta dell’uomo era ferrea. Malfoy gli assestò una potente gomitata tra le costole, ed Harry rimase senza fiato e si accasciò contro il corpo del suo nemico, quasi privo di sensi. Perse quasi completamente percezione di ciò che avveniva intorno a sé, pur continuando ad udire le parole del mangiamorte.

“Arrenditi, Severus. Lasciami il ragazzo e ti permetterò di andartene. Sarà il Signore Oscuro a pensare a te, dopo essersi occupato di Potter. Ora abbassa la bacchetta”.

Il tono di Malfoy era vagamente disperato. L’uomo si era infatti reso conto di non avere alcuna speranza di avere la meglio su Piton in un duello, e adesso stava tentando il tutto per tutto con quella mossa. La voce di Piton era calma come sempre: “E se non dovessi accettare la tua proposta?”. Malfoy urlò: “Ucciderò Potter in questo istante se non farai quello che ti dirò! Sbaglio o volevi salvarlo? Perché poi hai deciso di tradire il tuo Signore, Severus? Non ti credevo così sciocco! Che cosa credi di fare contro di Lui?”.

Piton lo fissò con scherno: “Sei tu lo sciocco, Lucius. Se dovessi fare come hai detto tu, Potter morirebbe comunque, lo consegneresti al Signore Oscuro. Quale vantaggio ne trarrei io?”.

Lucius riprese: “Tu puoi andartene! Puoi salvarti per il momento, finché Lui non inizierà a darti la caccia. O preferisci morire per questo ragazzino?”. Piton non distolse lo sguardo da Malfoy, e cercò di pensare velocemente ad una soluzione. Non poteva rischiare che Lucius colpisse davvero Potter, e non poteva fare mosse avventate finché il ragazzo aveva una bacchetta puntata alla gola. E inoltre i minuti scorrevano velocemente, e l’alba era ormai prossima. Severus non vedeva via di scampo. Portò lo sguardo su Harry, e notò con stupore che il ragazzo, che credeva svenuto, aveva riaperto gli occhi, e stava fissando con la coda dell’occhio qualcosa.

Harry, con le urla di Malfoy, si era ripreso. Aveva cercato di raddrizzarsi, quando qualcosa aveva attirato il suo sguardo. Dalla tasca di Malfoy, in vista lateralmente poco dietro il suo fianco, pendeva la bacchetta che gli era stata sottratta poco prima, proprio accanto al suo braccio libero. Quella era l’unica possibilità. Harry chiuse di nuovo gli occhi, per un istante, e radunò tutte le proprie energie. Quindi, con uno scatto improvviso, cogliendo Malfoy di sorpresa ed impedendogli così qualsiasi reazione, afferrò la bacchetta e la puntò alle proprie spalle, urlando: “Expelliarmus!”. Vide cadere a terra dinanzi a sé la bacchetta dell’avversario che, colpito con violenza dall’incantesimo scagliato a quella distanza ravvicinata, perse l’equilibrio e cadde all’indietro, perdendo i sensi e liberando in tal modo Harry. Il ragazzo, stremato per lo sforzo, cadde in ginocchio sull’erba.

Piton era stupefatto che Potter avesse trovato in sé l’energia per fare una cosa del genere, dopo tutto quello che gli era successo in poche ore. Scattò in avanti verso il ragazzo per rimetterlo in piedi e riprendere la fuga, ma vide che ormai Harry era privo di forze e le sue gambe non erano più in grado di reggere il suo peso. Colse lo sguardo stupito e insieme spaventato del ragazzo quando lo sollevò e se lo caricò su una spalla, cominciando a correre verso il cancello di ferro.

Harry chiuse gli occhi e si lasciò trasportare, anche se avrebbe voluto urlare e fuggire da quell’uomo di cui ancora non riusciva a fidarsi. Dopo una breve corsa, Piton si fermò, ed Harry avvertì la classica sensazione dovuta alla smaterializzazione.       

 

continua... 

 

Nota dell'autrice: prima di passare ai ringraziamenti, vi segnalo che ho pubblicato una one-shot, molto breve e incentrata sui sentimenti di  Harry, dal titolo "Avrei voluto". Inoltre, domani ne pubblicherò un'altra su Lily, a cui tengo particolarmente, "Uno sguardo dal cielo". Se vi fa piacere, leggetele e fatemi sapere che ve ne pare!     

Risposte alle recensioni per il terzo capitolo:

-Summers84: grazie mille, come vedi Harry finora non ha avuto molta scelta, ma vedremo cosa accadrà nel prossimo capitolo...

-Piccola Vero: sono molto contenta che la mia storia ti piaccia! Spero che un aggiornamento a settimana sia sufficiente, purtroppo non posso fare di più.

-Astry1971: non preoccuparti, in questa fic Piton non ha nessuna intenzione di adottare Harry! Anche se ti confesso che mi piace quel genere di storia, forse l'unico tipo di OOC che riesco a tollerare... Comunque spero di riuscire a mantenere il nostro Severus IC fino alla fine!

-Lake: ti ringrazio di cuore per i tuoi complimenti, sei troppo gentile, ma ci tengo a precisare una cosa: questa fic NON E' SLASH! Che cosa te lo ha fatto pensare? Spero comunque che ti piaccia lo stesso e che continui a seguirla!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Rabbia... e saggezza ***


Fanfic HP1: capitolo cinque

 

 

Capitolo5: Rabbia… e saggezza.

 

Una vecchia casa, logora e macilenta, accolse Piton e il suo fardello in seguito alla smaterializzazione. Era solo una catapecchia puzzolente, ma in quel momento si trattava del migliore rifugio che Severus potesse offrire al ragazzo. In fondo sarebbe stata solo una sistemazione temporanea, possibilmente della durata di poche ore, il tempo necessario per permettere al giovane Potter di rimettersi in forze e riconsegnarlo all’ordine. Piton attendeva con impazienza il momento in cui avrebbe potuto sbarazzarsi del ragazzino, ma il pensiero di ciò che prima avrebbe dovuto fare gli faceva quasi desiderare che Potter, che aveva perso i sensi, non si risvegliasse più. Pur sapendo che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, e che soltanto il buon cuore e la sensibilità di Silente gli avevano permesso di rimandarlo così a lungo, Severus era convinto che non si sarebbe mai sentito davvero pronto. Andava contro la sua natura, quella natura che gli permetteva di essere uno dei più abili occlumanti mai esistiti, aprirsi e mostrare la verità, mettere a nudo la parte più intima e profonda della propria anima, rievocare quell’unico ricordo che riusciva contemporaneamente ad addolorarlo e consolarlo, ogniqualvolta riaffiorava nella sua mente. E tra tutti, doveva farlo proprio per Harry Potter, quel ragazzo arrogante, presuntuoso e insopportabile che tanto detestava. Quel ragazzo che fece scivolare dalla propria spalla ed afferrò per le braccia, pronto a lasciarlo cadere con poca grazia sul pavimento. Severus si fermò appena in tempo e rimase per qualche secondo immobile a sorreggere Harry e osservare il suo viso pallido e le sue labbra contratte, pur nell’incoscienza, in una smorfia di dolore. Sembrava così fragile ed indifeso, ed era così giovane, così dannatamente ed ingiustamente giovane perché la vita si accanisse in questo modo contro di lui -è il figlio di James Potter, non puoi provare compassione per lui, non la merita. Non merita niente.- Ma era davvero così? Quel ragazzino indifeso non meritava di vivere? Perché certamente non gli era stato concesso di vivere, finora. Esistere, piuttosto, ed andare avanti cercando di non deludere le aspettative degli altri, le speranze di un intero popolo sulle proprie spalle… -a lui piace essere al centro dell’attenzione, sentirsi speciale, esattamente come James. Eppure, dopo aver visto l’angoscia, il dolore, la disperazione negli occhi del ragazzo, anche per Piton era arduo rimanere impassibile. Aveva sempre pensato che Potter godesse e si approfittasse della situazione in cui si trovava, ma i suoi occhi, quella sera, avevano detto tutt’altro.

Piton scosse la testa e si avvicinò ad un vecchio divano dalla fodera strappata in più punti, e vi adagiò il ragazzo. Prima Potter si fosse ripreso, prima avrebbe potuto liberarsi di lui, e di certo sarebbe stato meglio su quel giaciglio che non sul freddo e duro pavimento. Piton si disse che era solo per questo motivo che aveva cercato di essere delicato verso il ragazzino, non certo perché sentisse il dovere di essere gentile verso qualcuno che proprio non lo meritava -qualcuno che ha sofferto così tanto, proprio come me-. Dopo aver disteso il ragazzo, l’uomo agitò la bacchetta in direzione del camino facendo comparire un bel fuoco, quindi si dedicò alle ferite di Potter. Se doveva fare in fretta non era soltanto perché voleva sbarazzarsi di lui, dopotutto.  Spinner’s End, nonostante gli incantesimi che Piton aveva lanciato sulla casa prima di condurvi Harry, non sarebbe stato a lungo un luogo sicuro. Presto Voldemort avrebbe trovato Malfoy svenuto, e Lucius, una volta risvegliatosi, gli avrebbe raccontato ciò che era successo, ormai la sua copertura nei confronti del Signore Oscuro era saltata… improvvisamente gli occhi di Piton si illuminarono, e il mago capì che aveva ancora una possibilità di cavarsela. Soltanto Malfoy era al corrente di quanto accaduto, oltre a se stesso e Potter. Tiger e Goyle non avevano visto chi li aveva schiantati. Inoltre era passato solo qualche minuto da quando aveva portato via il ragazzo, Malfoy doveva essere ancora privo di sensi. Severus strinse con rinnovata energia la bacchetta e si smaterializzò per comparire nuovamente nei pressi del castello di Malfoy, con l’intenzione di modificare la memoria di Lucius.

Il crepitìo delle fiamme fu l’unico rumore avvertito da Harry, che lentamente ritrovava coscienza di sé. Aprì gli occhi e si ritrovò a fissare un soffitto sporco e rovinato, con l’intonaco annerito che cadeva a pezzi. Harry si sollevò e si guardò attorno, confuso. Si sentiva ancora debole, ma il dolore era svanito quasi completamente e tutte le sue ferite erano in via di guarigione. Si schiarì la mente e si ricordò della fuga dal castello di Malfoy, dello scontro, di Piton… possibile che quell’uomo che tanto lo odiava gli avesse davvero salvato la vita? Harry si strofinò gli occhi e si mise seduto, cercando il suo ex-professore con lo sguardo. Tirò un sospiro di sollievo notando la sua assenza, perlomeno avrebbe potuto riflettere indisturbato per un po’. Non si fidava affatto di Piton, questo era certo. E, del resto, come avrebbe potuto? Certamente il fatto di non risvegliarsi incatenato e rinchiuso in un’altra cella era un buon segno, ma quell’uomo era imprevedibile, ed Harry non aveva ancora capito a che gioco stesse giocando. Sull’odio di Piton nei suoi confronti non c’erano dubbi, nonostante ciò che aveva appena fatto per lui. L’odio e il disprezzo erano sempre incisi sul volto pallido dell’uomo, quando i suoi occhi neri ed impenetrabili erano puntati su di lui. Persino quando lo aveva trovato incatenato e mezzo morto per il dolore. Dalla sua esperienza nel pensatoio Harry conosceva la ragione di quell’odio. Il comportamento di suo padre nei confronti di Piton lo aveva ferito profondamente, più di quanto Harry avrebbe osato ammettere perfino a se stesso. Perché si sentiva quasi in colpa nei confronti dell’uomo che lo aveva messo al mondo a simpatizzare per Piton. Aveva idealizzato il padre così tanto che era inaccettabile anche solo il pensiero che il suo eroe avesse potuto, pur se durante l’adolescenza, comportarsi in maniera tanto meschina. Era stato un duro colpo davvero, ed aveva fatto traballare le sue già pericolanti certezze su quella famiglia di cui non serbava alcun ricordo. E adesso, Piton avrebbe dovuto rivelargli qualcosa che riguardava addirittura sua madre. Sospirando, Harry si chiese quanto ancora avrebbe dovuto scoprire sui suoi genitori, quanto ancora gli era stato taciuto, come se non avesse il diritto di sapere… Era talmente immerso nei propri pensieri che non si accorse del ritorno di Piton finché quest’ultimo non gli rivolse la parola, facendolo sobbalzare:

“Vedo che ti sei svegliato, Potter”.

Harry si voltò di scatto verso l’uomo, tentando di focalizzare lo sguardo, e scattò in piedi, tesissimo. Piton riprese:

“E’ meglio procurarti un nuovo paio di occhiali, quello sguardo miope ti fa sembrare ancora più stupido di quanto tu già non sia, e questo è tutto dire”. Agitò la bacchetta in direzione del volto di Harry con fare beffardo per un paio di volte e gli occhiali nuovi, perfettamente graduati e identici ai precedenti, comparvero sul naso del ragazzo. Ora che le immagini erano di nuovo limpide, Harry si rilassò leggermente, almeno finché non si rese conto con orrore di non avere più con sé la propria bacchetta. Piton, che lo osservava dritto negli occhi, non gli lasciò il tempo di formulare la domanda:

“La tua bacchetta è nelle mie mani. Te la restituirò prima di riconsegnarti all’Ordine della Fenice, tra poche ore. Per questa notte non ti serve, devi solo riposarti per recuperare le forze e…”

“E cos’altro?” chiese Harry sospettoso. Piton sospirò prima di riprendere, ma stavolta distolse lo sguardo: “E lasciare che io termini la spiegazione che avevo cominciato quando eri rinchiuso in cella. Ora siediti, Potter”.

Harry non aveva alcuna intenzione di obbedire a quell’uomo, né di starsene di fronte a lui indifeso, privo della propria bacchetta. Cercò di assumere un tono intimidatorio, ma era profondamente scosso e la sua voce suonò più tremante di quanto non desiderasse: “Mi renda la mia bacchetta, prima”.

Piton rispose sprezzante: “Mi credi davvero così sciocco, Potter? Conoscendoti, chissà che guai potresti combinare, nello stato di agitazione in cui ti trovi, con una bacchetta tra le dita!”. Piton gli si avvicinò, ed Harry, istintivamente, mosse qualche passo indietro, pur cercando il più possibile di non mostrarsi intimorito.

“Mi dica quello che deve, ma faccia in fretta”.

“Ti ho appena salvato la pelle, Potter, potresti almeno mostrare un briciolo di rispetto. Ma forse è chiedere troppo al figlio di James Potter…”. A quelle parole, Harry non riuscì a trattenere oltre la propria rabbia e la propria frustrazione, e le lasciò esplodere, non rendendosi nemmeno conto che si era messo ad urlare e che le unghie si erano conficcate nei palmi delle mani: “La smetta! Lasci fuori mio padre da questa storia! Non è perché sono suo figlio che non ho rispetto per lei! Io non potrò mai, mai rispettare l’uomo che ha ucciso Silente, e soprattutto che ha causato la morte dei miei genitori!”.

A quelle parole, Piton avvertì un profondo dolore squarciargli il petto, anche se il suo volto rimase impassibile come sempre. Tutt’altro si poteva dire invece del volto del più giovane dei due, contratto e paonazzo. L’ex-professore notò che gli occhi del ragazzo erano lucidi e arrossati. Quel moccioso sciocco si stava sforzando di non piangere… Per un istante, per la prima volta nella sua vita, Severus cercò di mettersi nei panni di Harry, di immedesimarsi in lui per comprenderne lo stato d’animo. Il ragazzo era appena scampato ad una certa quanto orribile fine, e si trovava adesso, debole e disarmato, insieme ad un uomo che negli anni passati non gli aveva mostrato altro che disprezzo, e non aveva mai esitato a rendere la sua vita ancora più difficile di quanto già non fosse. Onestamente, poteva pretendere rispetto da parte sua? Piton cercò di mantenere con lui un tono, se non proprio gentile, perlomeno non ostile, ma con Potter era sempre così arduo trattenere la rabbia! E il fatto che il ragazzo non facesse il minimo sforzo con la propria rabbia certo non migliorava le cose! Ma dopotutto nominare il padre era stata una provocazione bella e buona, nonché un colpo basso decisamente scorretto, e Piton sapeva che doveva avergli fatto molto male. Se voleva che Potter, almeno per quella sera, gli mostrasse un briciolo di fiducia, non era saggio riportargli alla mente il motivo principale di odio nei suoi confronti. Ma Piton non era certo il tipo adatto per scusarsi, così questa fu la sua unica replica:

“Controllati, Potter, sei ancora debole per infuriarti”.

“E’ lei che mi fa infuriare!” la voce del ragazzo si spezzò quasi alla fine dell’affermazione. Gli eventi di quella sera lo avevano portato al limite della sopportazione, ed improvvisamente Piton capì che tutto ciò di cui Harry aveva bisogno in quel momento era sfogarsi. Finché non lo avesse fatto, non avrebbe potuto parlargli. L’uomo era riluttante anche solo all’idea di ritrovarsi da solo con uno stressato diciassettenne in lacrime, ma era essenziale che la mente di Potter fosse sgombra da qualsiasi altro pensiero per poter accettare ciò che Severus gli avrebbe rivelato quella notte. Immerso in questi pensieri poco piacevoli, Piton si sorprese notevolmente al successivo gesto di Harry. Il ragazzo si sedette improvvisamente sul divano, e sospirò profondamente, tentando di rasserenarsi, di avere la meglio sulla propria rabbia. Quindi rivolse all’uomo uno sguardo penetrante: “Sono pronto. La ascolto”.

Piton replicò, stupito: “Ne sei certo, Potter? Fino ad un attimo fa sembravi sul punto di esplodere e adesso sei pronto?”. L’espressione del ragazzo non era più infuriata, ed in fondo ai suoi occhi la collera aveva ceduto il posto alla tristezza, e ad una luce che Piton si stupì di riscontrare in quello sguardo. Saggezza?

Harry rispose semplicemente: “Voglio sapere di… mia madre. Nient’altro è più importante per me, in questo momento. Spero solo che lei non stia cercando di ingannarmi”. 

Qualche secondo di silenzio fece seguito alle parole del Prescelto. Perché dietro quella breve frase si celava, Piton lo sapeva bene, un intero mondo di emozioni represse, di dolore, di solitudine. Harry non sapeva quasi nulla dei suoi genitori, e ciò doveva essere davvero molto doloroso per lui, se lo spingeva addirittura a dare ascolto alle parole di un uomo che detestava, pur di carpire qualche preziosa informazione. Piton si schiarì la gola, ma si rese conto che cominciare quel discorso era ancora più difficile di quanto si era aspettato. Distolse gli occhi da quelli di Harry, ma anche questo gesto non fu di alcun aiuto. Tradurre in parole ciò che doveva comunicare al ragazzo era impossibile, e così Piton decise di ricorrere ad un altro mezzo. Sapeva che successivamente se ne sarebbe pentito, ma non poteva fare altrimenti. Si avvicinò ad uno scaffale e trasse un basso e vecchio bacile che poggiò sul tavolo al centro della stanza. Un vecchio pensatoio che non veniva utilizzato da tempo, ricoperto di polvere. Harry osservò stupito l’ex-professore che, guardandolo nuovamente negli occhi, sfilò uno scintillante ricordo argenteo dalla propria mente e lo lasciò cadere nel pensatoio. Il ragazzo si alzò e si avvicinò al tavolo.

“Dopo di te, Potter” disse Piton indicando il pensatoio.

continua...

Nota dell'autrice: mille grazie a Piccola Vero, Lake, Piccola Prongs e Kagome-chan per aver recensito il capitolo precedente. Non vi garantisco l'aggiornamento per la prossima settimana perché non so se avrò la possibilità di connettermi al sito (sono una studentessa universitaria fuori sede e non sempre torno a casa nel fine settimana), comunque sappiate che siamo quasi alla conclusione della fic! Nel frattempo, mi farebbe piacere che leggeste anche le altre mie storie. Ciao e alla prossima!Sonsimo

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Capitolo 6
*** Affrontando la verità ***


FanficHP1: capitolo sei

Capitolo 6: Affrontando la verità

 

Piton dovette quasi trattenersi dal sorridere beffardo dello stupore innocente di quegli occhi sgranati puntati sul Pensatoio. Potter sembrava persino intimorito da quell'oggetto. Recuperò la bacchetta del ragazzo dalle pieghe della veste nera e la tese verso di lui, poiché essa era necessaria perché Harry potesse accedere al ricordo che, finalmente, Piton aveva trovato il coraggio di mostrargli. Ma Potter non sembrava affatto entusiasta di tutta quella situazione. Vedendo che il ragazzo non accennava a muoversi, Piton lo afferrò per il gomito e gli ficcò la bacchetta in mano. Ciò sembrò scuotere il giovane Potter, che si liberò immediatamente con uno strattone e fece un passo indietro. Ora Piton non aveva più dubbi: il coraggioso e impavido Grifondoro, che era stato in grado di sfuggire al Signore Oscuro per ben cinque volte -esclusa quest'ultima- era intimorito sul serio, all'idea di infilarsi dentro un Pensatoio insieme a lui. La situazione sarebbe persino stata divertente per l'ex-insegnante, se non fosse stato che anche lui era terribilmente teso all'idea di ciò che il ragazzo avrebbe visto. 

"E adesso che cosa c'è che non va, Potter? Per quanto ne so, sai benissimo come funziona quest'oggetto -Piton indicò il Pensatoio- non credo tu abbia bisogno di spiegazioni". Il sarcasmo nella voce di Piton fece tremare Harry. Era evidente che il professore stesse ripensando all'ultima -nonché unica- volta in cui Harry si era immerso nei suoi ricordi per mezzo di un Pensatoio, e le sensazioni di quell'esperienza erano ancora perfettamente vivide. Harry pensò disperatamente che in quel momento di profonda confusione l'ultima cosa di cui aveva bisogno era di assistere ad un'altra scena con protagonista uno sprezzante e terribilmente insopportabile James Potter contro un indifeso Severus Piton.  Sarebbe stato il colpo di grazia ad una giornata già assolutamente orribile. Harry cercò il più possibile di controllarsi, ma suo malgrado il suo tono suonò decisamente implorante, fastidioso persino alle proprie orecchie:

"Professore, io non... non è necessario, ho capito che mio pa-padre... per favore" Harry abbassò lo sguardo, sconfitto, incapace di fissare gli occhi gelidi dell'uomo dinanzi a sé un minuto di più. E così facendo, non si accorse dell'improvviso mutamento nell'espressione  dell'insegnante. Gli occhi non si addolcirono e il volto rimase piuttosto freddo, ma un attento osservatore si sarebbe reso conto comunque del mutamento. Le parole di Harry colpirono Piton profondamente, mentre il loro significato più nascosto lo assaliva con l'impeto di una rivelazione sconcertante. Esistono verità che possono rimanere celate, proprio davanti ai nostri occhi, per anni e anni, prima che noi ce ne rendiamo conto. Ma quando ciò avviene, l'effetto è devastante, sull'orgoglio di chi tale verità non è ancora in grado di accettarla. E il rimorso iniziò lentamente  a fare breccia nell'animo dell'uomo, così come la compassione aveva fatto poco prima. Non che Piton non avesse mai provato rimorso nei confronti di Potter, anzi era fn troppo consapevole di essere la causa del fatto che il ragazzo fosse orfano, ma il rimorso di quell'istante era d'altro tipo. Non era dovuto ad una particolare azione della propria vita di cui l'insegnante si rammaricava, né ad un preciso momento. Era la consapevolezza di aver compiuto un terribile, imperdonabile errore di valutazione, e di averlo fatto nei confronti di un ragazzino, all'epoca, di soli undici anni. Aveva scambiato il giovane Potter con il padre, e lo aveva trattato di conseguenza per ben sei anni di scuola. E adesso, la profonda amarezza di quegli occhi verdi, quei gesti timorosi e sconfitti, e soprattutto quelle poche parole, parole di comprensione, parole di un bambino che sa che cosa significa l'abbndono, lo scherno, la solitudine, parole di un bambino che vuole continuare ad illudersi di aver avuto un padre perfetto, gli avevano finalmente indicato, senza più alcuna incertezza, la verità su colui che aveva di fronte. E quelli che prima erano solo sospetti si erano trasformati in dolorose certezze. Harry non era James Potter, e non si distingueva dal padre soltanto caratterialmente. Le esperienze della vita avevano forgiato il suo animo e indirizzato la sua indole in maniera completamente diversa rispetto a ciò che le coccole e gli agii avevano fatto con il padre. C'era da chiedersi, a quel punto, se non fosse stata preferibile una maggiore somiglianza col genitore. Perlomeno, pensò Piton con amarezza, questo particolare senso di colpa gli sarebbe stato risparmiato. Osservò pensieroso il giovane Potter, che aveva ancora gli occhi fissi sul pavimento e se ne stava immobile, il leggero tremito delle mani come unico segno della tensione che lo attanagliava. -Non merita tutto questo, e non merita il mio scherno. 

Rivolgendosi al ragazzo, Piton cercò di non suonare minaccioso, ma a giudicare dalla successiva reazione di Potter il suo tono non era poi così rassicurante: "Tuo padre non è presente nel ricordo che voglio mostrarti. Ora poche storie e vieni qui, tra poche ore dovremo contattare l'Ordine e per allora è necessario che tu sia convinto della mia lealtà, Potter, perchè dovrai convincere anche gli altri". Harry sollevò di scatto la testa, furioso: "Che cosa? Io non ho nessuna intenzione di..." Harry non riuscì a completare la frase, perché in un attimo Piton aveva aggirato il tavolo su cui era appoggiato il Pensatoio ed era di fronte a lui, a un palmo dal suo naso: "Ho detto POCHE STORIE, POTTER! Ti ho salvato la vita e ti sto solo chiedendo di osservare qualcosa coi tuoi occhi prima di giudicare! E non devi farlo per te stesso o per me, ma perché ti sarà necessario il mio aiuto per sconfiggere l'Oscuro Signore, e quindi la mia collaborazione con l'Ordine della Fenice è indispensabile!". Quasi senza rendersene conto, per l'ennesima volta in poche ore Piton aveva rudemente afferrato il ragazzo per le spalle, scuotendolo con furia. Solo quando udì il gemito soffocato di Harry si rese conto di ciò che stava facendo. Il ragazzo era ancora molto debole e Piton, rendendosi conto che gli stava facendo del male, lo lasciò andare bruscamente come lo aveva afferrato, ed Harry, sbilanciato, cadde sul pavimento, tremante. Spaventato, l'ex insegnante fece un passo indietro, ma quasi tirò un sospiro di sollievo quando vide Harry, pur faticosamente, rimettersi in piedi. 

"Hai il potere di farmi perdere la pazienza in un attimo, Potter. Adesso muoviamoci, prima di ulteriori incidenti". Harry bisbigliò con rabbia e sarcasmo la parola incidenti, ma finalmente si convinse. Stranamente, le parole di Piton suonavano molto simili a delle scuse. Harry si avvicinò al Pensatoio senza guardare l'uomo, ed espirò profondamente per tranquillizzarsi e farsi coraggio. Quindi sfiorò la superficie argentea con la punta della bacchetta, ma prima di immergersi si rivolse un'ultima volta a Piton, ma senza guardarlo: "Lei viene con me?". "Certamente, Potter". Harry chiuse gli occhi e si lasciò risucchiare dal ricordo.  

 

La prima cosa che Harry notò fu l'intenso e inebriante profumo di fiori, e guardandosi velocemente intorno vide che si trovava nel ben curato giardino di un grazioso, piccolo cottage di campagna. Dopo pochi istanti Piton del suo tempo era accanto a lui, mentre poco più avanti, sulla soglia della casetta, vi era -Harry lo riconobbe all'istante grazie agli inconfondibili capelli e al naso aquilino- il Piton di quel tempo. Era un giovane di poco più di vent'anni, vestito di nero, un'espressione imperscrutabile dipinta sul volto. Harry si concesse qualche secondo per studiare il Piton accanto a sé, e vide che l'uomo era ancora più palido del solito. Sembrava molto teso, anche se certamente la sua tensione non era percepibile come in qualunque altro essere umano, poiché un certo alone di freddezza lo avvolgeva costantemente. Ma per Harry, che lo aveva osservato per tanti anni, era sufficiente il leggerissimo tremito di un muscolo sulla guancia per cogliere lo stato d'animo dell'uomo. Nel frattempo, il ragazzo sulla soglia sembrava esitare. Sollevò la mano in direzione del campanello, ma per qualche secondo la tenne così, sospesa in aria, in attesa di chissà che cosa. 

Dal canto suo, Piton si stupiva del fatto che rivedere quelle immagini gli desse esattamente le stesse sensazioni che aveva provato allora. Ricordava perfettamente la voglia di fuggire da quel giardino, da quel profumo di fiori che quasi graffiava le sue narici così abituate, ormai, a ben altri odori. Era molto giovane allora, ma l'odore del sangue lo conosceva già fin troppo bene. E ritrovarsi lì, consapevole della tremenda verità che era venuto a portare in quel piccolo paradiso fiorito, gli faceva venire un'immensa voglia di scappare. Riusciva quasi a vedere le delicate e abili mani che si erano occupate di quei fiori, che avevano potato con amore quelle piante... Non sarebbe forse stato meglio andare via, lasciare tutto così com'era, lasciare che chi ormai era condannato potesse almeno vivere in pace, serenamente, l'ultimo periodo della propria vita? Piton ricordò di aver pensato sul serio, per un attimo, di voltarsi e correre via, ritornarsene silenziosamente nel proprio inferno e lasciare quel piccolo paradiso incontaminato e puro, anche se per poco. Perché quei fiori sarebbero presto stati calpestati, e quelle mani non avrebbero più potuto prendersene cura, non avrebbero più potuto prendersi cura di niente. Dopotutto, che differenza faceva se il condannato a morte era a conoscenza della propria condanna oppure no? Ad ogni modo, alla fine sarebbe morto comunque. Eppure, quel giorno di circa quindici anni prima, Piton scelse di restare. Se fosse esistita anche una sola, seppur minima possibilità di salvare quel piccolo paradiso, lui non poteva tirarsi indietro. Perché solo i vigliacchi si tiravano indietro, e Severus Piton non era un vigliacco. 

Il ragazzo sulla soglia scosse la testa, come per riscuotersi dai propri pensieri, e suonò il campanello, una sola volta. Quindi rimase di nuovo immobile, in attesa del destino, in attesa di vedere gli occhi che lo avrebbero certamente condannato al rimorso eterno, mentre la porta, cigolando, si apriva con cautela, come se la persona aldilà di essa non si aspettasse visite.

Harry lo aveva capito. Fin dall'inizio. Sapeva esattamente dove si trovava e a chi appartenevano quella casa e quel giardino. Lo sapeva con certezza assoluta quanto inspiegabile. Eppure, nonostante questa consapevolezza, la sensazione che provò non fu meno forte. Un' improvvisa commozione strinse il suo cuore in una morsa mentre osservava quei capelli rossi, quegli occhi verdi brillanti e stupiti della visita, quelle braccia avvolte attorno ad un piccolo fagotto stretto al petto. Quello di Harry fu solo un bisbiglio, ma perfettamente udibile per il professore di Pozioni accanto a lui, che non avrebbe mai più dimenticato l'universo di sentimenti celato dietro quella semplice parola: "Mamma...". 

continua...

Nota dell'autrice: alla fine, la storia mi sta venendo più lunga di quanto non avessi previsto, spero non sia un problema... La prossima settimana non potrò aggiornare perché lunedì 16 ho un esame, mi dispiace! Comunque spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento!  E adesso passiamo ai ringraziamenti:

Piccola Vero: sei sempre gentilissima, spero di non deludere le tue aspettative e continuare a farti apprezzare la mia storia!

Lake: ti piace proprio farmi paura, eh? Sto scherzando, grazie mille per l'affetto con cui segui la storia e per le tue recensioni sempre puntuali e presenti!

LCassieP: sono sempre molto felice quando mi vengono fatti dei complimenti, oltre che per la storia in sé, per il modo in cui è scritta, quindi ti ringrazio di cuore! E per quanto riguarda il lieto fine... vedremo...

Akiremirror: hai colto esattamente l'immagine che ho voluto dare dei due protagonisti, e questo non può che rendermi felice. In fin dei conti ciò che sto scrivendo non è altro che quello che vorrei leggere nel settimo libro (per grandi linee ovviamente). Spero davvero che Piton si renda conto di quanto è stato ingiusto nel giudicare Harry. Grazie per il tuo commento, e spero continuerai a seguire la fic.

Concludo augurando buona Pasqua a tutti i lettori, e al prossimo aggiornamento!

 

             

 

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Capitolo 7
*** Per compassione, per amore ***


FanficHP1: capitolo7

 

Capitolo 7: Per compassione, per amore

 

 

 

 

Gli occhi verdi di Lily erano sbarrati per la sorpresa, e la donna, inconsapevolmente, strinse a sé maggiormente il bimbo appena nato che aveva tra le braccia. Harry deglutì faticosamente osservando se stesso, da piccolo, teneramente avvolto nell’abbraccio della madre. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter ricordare, anche solo vagamente, ciò che aveva provato allora, e sentì i propri occhi bruciare. Inconsciamente, fece un passo verso la donna che se ne stava immobile sull’uscio a guardare il suo inatteso ospite, ma la voce di Piton (il Piton adulto accanto a lui) lo bloccò:

“Ricordati che non può vederti, Potter”.

Piton aveva osservato con attenzione la reazione di Harry alla vista di Lily, soprattutto per distogliere il proprio sguardo dalla donna. Rivivere nella propria mente, giorno dopo giorno, il momento in cui aveva visto quegli occhi così puri e innocenti puntati su di sé, sulla propria anima indegna e macchiata dei più orrendi delitti, era già fin troppo doloroso, ma mille volte peggiore era la sensazione di ritrovarsi la donna davanti ancora una volta, in carne ed ossa.  Eppure si rese conto di aver fatto la scelta sbagliata. Perché la vista del sincero sbigottimento, dell’angoscia soffocata a malapena del ragazzo accanto a sé non era meno straziante. Il dolore che il giovane Potter stava provando in quel momento era quasi palpabile nell’aria, e in netto contrasto con l’allegria multicolore di quel prato fiorito. Fuori luogo apparivano, immersi in quel tripudio di fiori, i suoi sentimenti, così come erano stati fuori luogo quelli del giovane Piton. La voce titubante di Lily fece tremare il cuore degli spettatori non visti di quella scena.

“Ma… tu sei Piton… che cosa ci fai qui?” Lily sembrava molto spaventata, anche se pareva sforzarsi di mantenere il massimo contegno. I suoi occhi cercavano lo sguardo del ragazzo dinanzi a sé, che dal canto suo sembrava evitare accuratamente il contatto visivo. La voce di Piton fu quasi un sussurro, ed Harry dovette sforzarsi per carpire quelle parole:

“Ho bisogno di parlarti, Evans. Fammi entrare”.

Se possibile, Lily parve ancora più turbata. Aggrottò la fronte e sembrò riflettere per un momento, ma infine si fece da parte e lasciò entrare Severus nella sua casa. Harry e il Piton adulto si affrettarono a seguirli.

Chiudendo la porta, dando le spalle a Severus, Lily disse: “Mi auguro che tu non abbia in mente brutti scherzi. James sarà a casa tra poco”.

Severus rispose sprezzante: “Non temere, non ho alcuna intenzione di avere ancora a che fare con quell’impiastro arrogante di tuo marito”. Harry vide la madre mordersi le labbra, nel tentativo di trattenere la rabbia. E poi notò che lo sguardo del giovane Severus era puntato sul bambino tra le braccia di Lily. E dipinta sul suo volto, c’era esattamente la stessa espressione che l’uomo gli aveva rivolto da sempre. Profondo disprezzo. Harry si voltò verso l’uomo accanto a sé, e non riuscì a trattenersi: “Mi odiava ancora prima che imparassi a camminare e a parlare”. Il ragazzo pronunciò queste parole con tono neutro, senza alcuna particolare inflessione nella voce, ma per Piton fu peggio che se gliele avesse urlate. E si ritrovò incapace di rispondere a tono, con parole beffarde, come avrebbe fatto in un’altra occasione, come faceva sempre.

“Odiavo tuo padre” fu tutto ciò che l’uomo riuscì a dire. Harry si voltò di nuovo verso la madre, che osservava il vecchio compagno di scuola con crescente preoccupazione.

“Bene, dimmi perché sei qui”.

Il giovane Severus alzò lo sguardo dal bambino per incontrare gli occhi verdi della donna. E l’uomo accanto ad Harry non potè trattenere un tremito, ricordando perfettamente ciò che stava per fare. Lentamente, il ragazzo dai capelli neri alzò un braccio, ed arrotolò la manica scura fino al gomito, scoprendo l’orribile marchio tatuato a fuoco sulla propria pelle. L’urlo di Lily svegliò di colpo il piccolo Harry, che si mise a piangere, terrorizzato, avvertendo appieno la tensione che attraversava il corpo della sua mamma in quel momento. Persino l’Harry del presente sussultò.

Lily indietreggiò di diversi passi, e tenne il bambino in equilibrio con un braccio solo, mentre con l’altro cercava disperatamente di raggiungere la bacchetta nascosta tra le pieghe della veste.

“Non sono qui per farti del male”.

“Tu sei uno dei suoi… dei suoi… stai lontano da me e da mio figlio! Che cosa vuoi da noi? Vuoi vendicarti di James, non è così? E’ per questo che sei qui! Vuoi uccidere sua moglie e suo figlio per vendicarti! Sei solo un vigliacco!”. Severus strinse i pugni e abbassò lo sguardo, bisbigliando tra i denti stretti:

“Non sono un vigliacco. Se fossi un vigliacco non sarei qui adesso. Sono solo uno stupido”.

Lily sembrò colta di sorpresa da quelle parole. Non abbassò la bacchetta, che nel frattempo era riuscita a recuperare, ma smise di indietreggiare e accarezzò leggermente il bimbo, per tentare di tranquillizzarlo. Per la seconda volta ripetè a Piton la propria domanda, ma stavolta le sue parole erano cariche di disprezzo:

“Dimmi perché sei qui”.

Per qualche secondo, il silenzio fu intollerabile. Harry poteva percepire chiaramente la paura della madre e la tensione del suo futuro insegnante nell’aria ormai diventata pesante dentro quella stanza. Sembrava che il tempo si fosse fermato per i due giovani che si scrutavano in silenzio. E poi, improvvisamente, senza alcun preavviso, Severus cadde in ginocchio, gli occhi e le labbra serrate, il volto contratto in quello che pareva dolore. Sia Harry che Lily sgranarono gli occhi a quella scena, perché entrambi non avevano mai visto l’uomo palesare in tale maniera i propri sentimenti. Harry era sbalordito, e la voce di Lily gli mostrò che la madre provava esattamente la sua stessa sensazione.

“Severus… che cosa fai?”

Piton ricordò come il velo di compassione percepito dietro quelle parole lo avesse fatto sentire ancora più sporco, in quel momento, perché si sentiva assolutamente indegno di tale compassione, soprattutto da parte della giovane che con ogni probabilità ( e adesso sapeva con certezza che era proprio così) aveva condannato a morte. E ricordò lo sforzo immane a cui sottopose se stesso per pronunciare le parole successive.

“Il Signore Oscuro vuole uccidere tuo figlio”.

Severus pronunciò queste parole con lo sguardo rivolto verso il pavimento, con un tremito nella voce che Harry non aveva mai percepito prima in lui. Il ragazzo volse lo sguardo verso la madre, e si sentì stringere il cuore nel vedere come quella donna, che poi era ancora poco più che una ragazzina, era rimasta folgorata da quelle parole. La stretta sul bambino, che nel frattempo era riuscita a tranquillizzare, si fece quasi convulsa.

“Il mio Harry… come può essere vero… perché?”

“E’ stata fatta una profezia sul bambino. Il Signore Oscuro è convinto che possa rappresentare un ostacolo per lui, per questo motivo ha deciso di eliminarlo”. Le parole di Piton erano un sibilo tra i denti digrignati. Ad ascoltarle sembrava che il giovane stesse provando un immenso dolore, come se ciascuna di quelle parole fosse una lama affilata che penetrava dritta nel suo cuore. Harry si voltò verso il Piton del suo tempo, e notò le sue mani strette in pugni, le labbra contratte in una linea sottile, gli occhi quasi chiusi. E si scoprì con stupore a provare compassione per lui. Poi volse lo sguardo verso la madre, che stava osservando se stesso da bambino, e non riuscì a trattenere oltre quelle lacrime che minacciavano di andare giù dai suoi occhi sin dall’inizio di quella scena terribile. L’espressione dipinta sul volto di Lily era lo specchio perfetto dei sentimenti che turbavano l’animo della strega in quel momento. Anche i suoi occhi erano colmi di lacrime, mentre erano puntati sul piccino che tendeva sorridente una manina paffuta verso di lei, contento di riavere la sua attenzione. L’espressione addolorata della propria madre permise ad Harry di comprendere che la giovane donna, in quel momento, aveva capito perfettamente quale terribile destino era stato tracciato per il proprio piccolo, di quante

sofferenze sarebbe stata costellata la sua vita… stranamente, Harry sentì alleggerirsi il peso che aveva sul cuore a quella vista, quasi come se per la prima volta si sentisse davvero compreso fino in fondo. Davvero crudele era il destino che gli elargiva una tale sensazione di sollievo tramite chi era ormai morto da sedici anni, tramite chi era morto proprio per lui, e per garantirgli di vivere quella vita sofferta, di adempiere al proprio terribile fato.

Harry notò il modo assolutamente opposto di affrontare il dolore di Severus e Lily. La donna, pur in piedi e in posizione composta, lasciava che il proprio dolore e la propria paura alterassero i lineamenti del suo volto, non faceva alcuno sforzo per evitarlo. Invece l’uomo inginocchiato sul pavimento stava evidentemente spendendo ogni singola energia nel tentativo di trattenersi, unico segno di ciò che stava provando i pugni stretti appoggiati dinanzi a sé sul pavimento di quella casetta, felice fino ad un attimo prima, finché lui non vi aveva messo piede.

Dopo quello che parve un tempo interminabile, Lily distolse lo sguardo dal piccolo e lo riportò sul mago prostrato. L’angoscia e il dolore avevano adesso lasciato il posto, sul suo volto, ad una pacata, triste determinazione. Il Piton adulto accanto ad Harry si accorse di quanto l’espressione dipinta sul volto di Lily in quel momento somigliasse a quella che poco prima aveva visto sul viso di Potter, quando il ragazzo aveva smesso di opporsi a lui e si era preparato ad ascoltare ciò che il suo ex-professore aveva da dirgli.

- Come ho fatto a non rendermi conto prima d’ora di quanto sia più forte nel ragazzo la presenza della saggia, passionale e dolce Lily, che quella del gradasso e arrogante James?-

La voce della donna risuonò per quella camera silenziosa, piuttosto calma, solo leggermente spezzata alla fine della frase: “Non capisco come tu possa dire che non sei qui per farmi del male. Dovrai passare sul mio cadavere prima di riuscire solo a sfiorare mio figlio”.

Il giovane mago ventenne alzò lo sguardo, tremando ormai in modo incontrollabile. Eppure, non una sola lacrima bagnava le sue guance. Persino in un momento del genere il giovane Severus era in grado di trattenersi, di relegare in un piccolo angolo del proprio cuore i suoi sentimenti. In quel momento realizzò che la donna sarebbe morta per quel bambino, e che lui non avrebbe potuto fare nulla per impedirlo.

“Non voglio uccidere tuo figlio. Non voglio… non voglio che la tua famiglia venga distrutta per la mia stupidità!”. Nel pronunciare queste parole Severus battè violentemente i pugni per terra.

Lily era senza parole. Aveva dinanzi a sé non soltanto un mangiamorte, ma un uomo che aveva sempre odiato (e non a torto, doveva ammetterlo) suo marito, nonché padre di suo figlio, e quell’uomo continuava a dire di non volerle fare del male. Ma allora, per quale motivo era lì? Possibile che volesse avvisarla? Che fosse pentito della strada intrapresa? Dopotutto, aveva solo vent’anni, e la sua vita, per quel poco di cui Lily era a conoscenza, non era stata molto felice… aveva subito ogni sorta di angherie, e probabilmente era stata proprio la sofferenza, il desiderio di riscatto, a spingerlo su quel pericoloso sentiero. Improvvisamente Lily capì che di quell’uomo in ginocchio, che in quel momento appariva tanto sofferente, tanto addolorato, poteva fidarsi. Ma c’era ancora qualcosa di poco chiaro.

“La tua stupidità?”.

Piton parlò con voce colma di rabbia, tremando violentemente, ma ancora con gli occhi asciutti:

“Sono stato io. E’ colpa mia”.

“Non capisco… che cosa è colpa tua? Che cosa hai fatto?”

“Io ho…-Severus abbassò per un momento lo sguardo, come in cerca delle forze necessarie per terminare quella frase, il cui significato non riusciva ancora ad accettare pienamente- io ho rivelato al Signore Oscuro della profezia. Io l’ho spinto a dare la caccia alla tua famiglia – Piton vide Lily sussultare, ma proseguì- ma non sapevo –un altro, violento pugno sul pavimento- non sapevo a chi la profezia facesse riferimento! Non sapevo di condannarvi! Non sapevo di condannarti!”.

Lily si concesse qualche secondo per assorbire appieno il significato di quelle parole. L’uomo dinanzi a sé aveva messo in grave pericolo la sua famiglia. E quello stesso uomo stava in quel momento mettendo in grave pericolo se stesso, esponendosi all’ira del proprio signore, che l’avrebbe senz’altro ucciso se avesse saputo ciò che stava facendo. E quell’uomo era ora attanagliato dal dolore, incapace di smettere di tremare, e ancor peggio incapace di piangere, di abbandonarsi all’angoscia che provava.

Lily era una persona pura e buona, lo era sempre stata. Non tollerava le ingiustizie, non tollerava che si facesse del male ai più deboli, agli indifesi. Era una donna saggia, ma anche molto impulsiva, capace di grandi slanci, incapace di trattenersi quando sentiva che quello che stava per fare era la cosa giusta. Per la giustizia, avrebbe dato tutta se stessa, così come per le persone che amava. E in quel momento, il suo cuore già colmo di dolore per la situazione in cui era stata posta la propria famiglia, era abbastanza grande anche per provare compassione per il mago dagli occhi neri, che l’amore di una vera famiglia, forse, non lo aveva mai avuto, che viveva immerso nell’oscurità a cui aveva deciso di appartenere, ma a cui in realtà il suo cuore si ribellava. Lo aveva dimostrato con quel gesto che, Lily ormai aveva capito, era un gesto d’amore. Non sapevo di condannarti.     

 Senza riflettere, con il bimbo ancora stretto tra le braccia, la donna avanzò verso Piton e si inginocchiò sul pavimento dinanzi a lui. L’uomo sembrò completamente spiazzato da quel gesto, sussultò e si tirò indietro di qualche centimetro. Ma poi fissò lo sguardo negli occhi verdi della donna, e vi lesse comprensione, perdono, amore. Non l’amore carnale di una donna per un uomo, ma l’amore fraterno di un essere umano per un altro. Un amore che Severus non aveva mai sentito su di sé, e che lo spinse a pronunciare le parole che avrebbero sconvolto la sua vita, che lo avrebbero legato indissolubilmente alla donna dinanzi a sé e al bambino tra le braccia di lei.

“Ascoltami, Evans. Se il Signore Oscuro dovesse prendere te e tuo marito, io… io ti prometto che proteggerò il tuo bambino a costo della mia vita. Io non sarò mai più un mangiamorte. Voglio stringere con te il Voto Infrangibile”.

Severus afferrò bruscamente una mano della donna, stringendola nella sua, pronto a fare ciò che aveva appena detto. Ma l’improvviso, triste sorriso sul volto di Lily lo stupì di nuovo, e le parole della donna  lo spinsero sull’orlo delle lacrime ancor più di quanto già non fosse:

“Non è necessario, Severus. So già che lo farai. Mi fido di te”

Severus chinò il capo, e non riuscì a trattenere un gemito. Ma ancora, non permise alle lacrime di sgorgare. Lily lasciò la sua mano e gli appoggiò la propria sulla spalla, avvicinandosi a lui e tenendo il bimbo con un braccio solo. Gli strinse leggermente la spalla.

“Non vergognarti del tuo dolore. Sei stato molto coraggioso, e ti chiedo perdono se prima ti ho dato del vigliacco, perché non lo sei. E adesso non trattenere oltre il dolore. Non è necessario. Non sei solo, ci sono io. Sono qui con te”.

E Severus, finalmente, e per la prima volta dopo anni, lasciò cadere le proprie difese, e lasciò scendere le lacrime sul proprio volto. Quella fu l’ultima volta che si concesse una cosa del genere.

Dopo qualche minuto, Lily parlò di nuovo:

“Adesso, la cosa migliore che possiamo fare è contattare Albus Silente. Lui ci aiuterà a trovare una soluzione”.

 

continua...

Nota dell'autrice: Rieccomi qui! Vi informo che probabilmente il prossimo capitolo sarà l'ultimo, e ancora una volta vi chiedo di avere pazienza perché non so se mi sarà possibile aggiornare la prossima settimana, ma vi prometto che farò del mio meglio! Nel frattempo mi faccio un po' di pubblicità: subito dopo questo capitolo posterò una one-shot, dal titolo "Una sola lacrima", con protagonisti Harry e Zia Petunia... mi farebbe un immenso piacere che la leggeste! E adesso, i ringraziamenti:

LCassieP: La tua idea corrisponde? Beh, comunque immagino di sì! Grazie come sempre per la tua gentilezza!

Lake: E' molto semplice: questa storia rappresentas un po' ciò che mi piacerebbe leggere nel settimo libro. Se alla fine si scoprisse che Piton è dalla parte di Voldemort ci rimarrei davvero troppo male, non voglio nemmeno pensarci! Grazie e alla prossima!

Akiremirror: Sì, mi sa che Severus lo vediamo esattamente nello stesso modo! E a proposito, ho iniziato a leggere la tua fic, "Harry Potter e la chiave dell'amore". Mi porto un po' avanti con la lettura e poi ti lascio il mio commento, ma ti dico fin d'ora che il tuo stile mi piace molto!

Summers84, Piccola Vero: Grazie mille ad entrambe per i vostri complimenti, mi farete arrossire così!

Arrivederci a tutte e a presto! Sonsimo

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Capitolo 8
*** Comprensione ***


FanficHP1: ottavo capitolo

Capitolo 8: Comprensione

 

Anche dopo tutti quegli anni, Severus Piton non si era preoccupato di dare un nome al sentimento che aveva provato nei confronti di Lily, che lo aveva spinto, quel giorno di circa sedici anni prima, in quella casa. Ricordava con chiarezza il momento in cui aveva preso la decisione che aveva poi completamente cambiato la sua vita. Le parole del suo Signore Oscuro, nel giorno in cui gli aveva riferito quella dannata profezia a metà, erano ancora ben chiare nella sua mente, così come chiaro e nitido era il ricordo di ciò che aveva provato in quel momento il giovane Severus. Aveva sentito il proprio cuore spezzarsi. Aveva provato un'immensa vergogna per se stesso, e per la prima volta dopo tanto tempo, dopo aver fatto scorrere tanto sangue e aver ascoltato tante urla di dolore, si era reso conto fino in fondo di che cosa significasse essere un Mangiamorte al servizio di un folle assassino senza alcuno scrupolo. Con davanti agli occhi l'immagine di se stesso e Lily Potter inginocchiati sul pavimento di quella casa e nelle orecchie il respiro appena spezzato dal pianto e i singhiozzi trattenuti di Harry Potter, Piton si lasciò andare a quell'altro, terribile ricordo.

...

Il giovane Severus non riusciva a non rivolgere all'amico Lucius, accanto a sé, un sorriso di trionfo. Era ancora inginocchiato ai piedi del proprio Signore, aveva appena terminato di raccontare al mago ciò che aveva scoperto alla Testa di Porco, e già immaginava i grandi onori, i privilegi che avrebbe ricevuto per la sua importantissima rivelazione. Colse una punta di invidia nello sguardo di Malfoy, e se ne compiacque. Adesso, finalmente, avrebbe ricevuto tutto ciò che gli era stato negato dalla vita. Per troppo tempo era stato costretto a nascondersi tra le ombre, a vergognarsi di se stesso, del proprio aspetto non avvenente come quello degli altri giovani della sua età, della propria natura cupa che non gli aveva mai permesso, sin dai tempi della scuola, di essere popolare come avrebbe voluto. Ma adesso, il suo Signore lo avrebbe ricoperto di gloria. Adesso avrebbe ricevuto tutto ciò che gli spettava di diritto da sempre, si sarebbe goduto la sua rivincita su chi più lo meritava.

Voldemort, con uno scintillio pericoloso negli occhi rossi, fece cenno a Severus di rimettersi in piedi, e rivolgendosi ai Mangiamorte che lo circondavano, intimò loro con lo sguardo di sforzarsi nell'interpretazione di quelle parole,  fedelmente riferite dal proprio servo.

Fu Lucius, dopo qualche istante di riflessione, a farsi avanti: "Mio Signore, ci sono due bambini nati quest'anno alla fine di Luglio da membri dell'Ordine. Si tratta del figlio dei Paciock e del figlio dei Potter".

Una prima fitta di dolore attraversò il petto di Severus, mentre un orrendo sospetto cominciava a farsi strada nella sua mente. Lentamente, volse lo sguardo da Lucius a Voldemort, in attesa della risposta di quest'ultimo. L'esitazione del Signore Oscuro fu di breve durata.

"Potter. Mezzosangue, figlio di una lurida Sangue-sporco. Preparatevi a festeggiare sul sangue di quei due arroganti e del loro unico figlio, miei fedeli Magiamorte".

Una stretta dolorosa attorno al petto, l'aria che sfuggiva dai polmoni e le gambe che si piegavano, come se spinte da una forza inesorabile. Per la prima volta nella sua vita Severus sentì che le forze lo avrebbero abbandonato e sarebbe svenuto lì, dinanzi al suo Signore e ai suoi compagni. In un attimo, Lucius fu accanto a lui, mentre decine di occhi lo fissavano stupiti per quella strana manifestazione di dolore.

"Severus, cosa ti succede? Stai male?".

Con gli occhi annebbiati, il giovane Piton si volse verso il suo amico da sempre, da tutta una vita, e si ritrasse al contatto del braccio di quest'ultimo. Non voleva essere toccato da lui in quel momento. Non voleva essere toccato da nessuno. Voleva soltanto andarsene via da lì. Voldemort ruppe il silenzio:

"Se sei stanco, Severus, puoi andare. Mi sei stato molto utile oggi. Saprò ricompensarti a dovere, una volta eliminati i Potter".

Piton sentì l'improvviso impulso di rigettare, così si affrettò ad annuire e congedandosi si smaterializzò. 

...

Severus ricordò la terribile notte che aveva fatto seguito a quel colloquio con Voldemort, il dolore che aveva provato e del quale si era stupito. Non avrebbe mai ritenuto possibile di poter soffrire in tal modo per una delle tante vittime che aveva condotto alla morte. Ma con un'amarezza quasi sconcertante si rese conto che Lily Evans non era per lui una delle tante. Non lo era mai stata. Né adesso né allora Piton avrebbe saputo dire se era o meno innamorato di quella ragazza, di quella donna. Non riusciva a definire ciò che provava per lei.

Ai tempi della scuola era convinto di detestarla. Non sopportava i patetici tentativi della ragazza di proteggerlo, perché Severus Piton non aveva bisogno della protezione di nessuno, e tantomeno di una Grifondoro figlia di babbani. Se c'era una cosa che Severus odiava ancora di più dello scherno gratuito e insopportabile dei giovani Black e Potter, era proprio il fatto che spesso le sue pubbliche umiliazioni avevano come testimone la giovane strega dai capelli rossi. Quella giovane i cui occhi brillavano di comprensione per lui. Ma a quell'epoca, Severus non sapeva che cosa fosse, la comprensione, e aveva commesso l'imperdonabile errore di scambiarla per pietà. E così, ogni giorno, faceva di tutto per evitare quegli occhi verdi, quasi come se la loro vista lo ferisse. Perché quel bagliore di purezza e di ingenuità nello sguardo della ragazza provocava in Severus una reazione che non riusciva a spiegarsi, che lo spaventava. Un fremito nel cuore di cui non conosceva la ragione, e sul quale non aveva alcun controllo. E il giovane Piton, così profondamente immerso nello studio delle Arti Oscure e delle Pozioni più potenti e sconosciute, aveva paura di ciò che non riusciva a controllare, soprattutto se si trattava di qualcosa di fortemente legato a se stesso.

Così aveva deliberatamente scelto di ignorare qualunque sensazione associata alla presenza della Grifondoro, se non la rabbia di essere umiliato dinanzi a lei. E per completare l'opera, non si asteneva dal pronunciare commenti sgradevoli sulla ragazza, quasi come se si sentisse più al sicuro nel vedere in quegli occhi così limpidi rabbia e disprezzo. Gli piaceva provocare la giovane Lily, perché era l'unico modo in cui riusciva ad avere un contatto con lei.

E poi la ragazza si era fidanzata col suo più grande rivale, il suo nemico giurato, James Potter. E Severus aveva provato una rabbia sconfinata. Si era detto e ripetuto che non gliene importava niente, che era il suo risentimento nei confronti di James che lo faceva star male, nel pensare alla felicità di quest'ultimo, che sarebbe stato esattamente lo stesso se la ragazza coinvolta non fosse stata Lily. Ma una parte del suo animo conosceva la verità, e urlava il suo fortissimo dolore con la stessa forza con cui il giovane uomo proclamava il suo disprezzo per Potter e per qualunque cosa avesse a che fare con lui. Il giorno del matrimonio di James e Lily Severus si era chiuso nell'oscurità del proprio laboratorio, e lì, immerso nelle tenebre che avvolgendolo lo facevano sentire al sicuro, aveva lavorato alacremente, chino sul calderone, per ore ed ore, nel disperato tentativo di lasciare il mondo esterno fuori dalla propria mente.

Ma in quella notte maledetta, durante la quale con le proprie parole sconsiderate Severus aveva condannato a morte la giovane coppia, non fu possibile continuare quella farsa. Piton avrebbe voluto strapparsi via il braccio su cui era tatuato il Marchio Nero, segno tangibile della propria anima ormai irrimediabilmente perduta, e si era finalmente reso pienamente conto dell'orrore che era diventata la sua vita, del male che aveva fatto e per il quale non sarebbe mai riuscito a riscattarsi completamente. Fu durante quella notte che il giovane Serpeverde prese la decisione più dura, ed insieme più coraggiosa, della propria vita. Sarebbe andato da Lily, si sarebbe rimesso al suo giudizio. Avrebbe guardato di nuovo dentro quegli occhi, certo di scorgervi un disprezzo ancora più potente di prima.

E invece quello sguardo, quella mano posata sulla sua spalla, e quelle parole così gentili gli avevano scaldato il cuore, per l'ultima volta nella sua vita, infondendogli il coraggio necessario per tutto ciò che avrebbe dovuto affrontare in seguito. La morte della donna, il processo, e dopo tanti anni il ritorno di Voldemort e ciò che ne era conseguito, dall'orrore di dover ancora fingere di essere un mangiamorte fino alla notte in cui era stato costretto ad uccidere Silente. Ogniqualvolta lo sconforto avanzava minacciando di soffocare il suo cuore, Severus chiudeva gli occhi, e sentiva ancora quel tocco leggero sulla spalla, e quelle parole che gli avevano cambiato la vita.

Sono qui con te. 

Perché con quel gesto, la giovane Lily gli aveva donato molto di più dell'amore di una donna per un uomo, amore che la ragazza provava solo per James Potter. Gli aveva dato quella comprensione e quel conforto che per tutta la vita gli erano stati negati.  

Lily si alzò, prese una manciata di polvere volante e la gettò nel camino, invocando il nome di Silente. Piton decise che ciò che Harry aveva visto era abbastanza e così, senza avvisarlo, lo afferrò per un braccio e lo trascinò fuori dal pensatoio. Il ragazzo e il professore si ritrovarono in piedi, l'uno di fronte all'altro, di nuovo a Spinner's End, e rimasero per qualche momento in silenzio. Piton guardò Harry negli occhi, e il giovane Potter ricambiò lo sguardo.

Severus non avrebbe saputo dire esattamente che cosa si aspettava di trovare in fondo a quegli occhi verdi, dopo che il ragazzo aveva assistito a quella scena. Ma certo non si aspettava di vederlo così smarrito, così sconvolto. Sembrava più impaurito adesso rispetto a quando si era risvegliato incatenato in una cella buia e fredda. Guardando quegli occhi verdi, così identici a quelli di Lily, Piton si ritrovò a riflettere sul rapporto, basato sul reciproco disprezzo, che aveva instaurato con Harry durante la scuola. Aveva utilizzato qualsiasi espediente per provocarlo, qualsiasi mezzuccio, per vedere quegli occhi brillare di rabbia. Aveva utilizzato con lui esattamente la stessa tattica che aveva approntato per Lily, lo aveva sottoposto allo stesso trattamento. Aveva riversato su un bambino innocente l'odio per il suo peggior nemico e il risentimento per se stesso, che non aveva saputo farsi amare dall'unica donna che avesse mai desiderato, e che aveva ucciso. E di nuovo, scrutato da un paio di occhi verdi ed innocenti, Severus provò vergogna per se stesso.

continua... 

Nota dell'autrice: no, non siamo ancora alla fine, ma manca davvero poco, ve lo giuro, spero non ce l'abbiate con me per avervi detto che questo capitolo sarebbe stato l'ultimo... con le long-fic non riesco mai a prevedere il numero di capitoli, è un mio limite, mi dispiace! Come al solito, grazie a chi ha recensito:

Akiremirror: le tue recensioni mi rendono felicissima perché cogli pienamente ciò che io voglio trasmettere! Scusami se non ho ancora recensito la tua storia ma durante questa settimana non ho avuto tempo di leggere, rimedierò al più presto, anche perchè mi ispira molto!

LCasssieP: doppio ringraziamento per te! Sei stata molto gentile a leggere anche la mia one-shot, e sono davvero felice che ti sia piaciuta!

Piccola Vero: hai visto? Stavolta ho fatto presto con l'aggiornamento (almeno credo). Grazie come sempre!

Lake: sono contenta di aver trovato un'altra sostenitrice dell'innocenza di Piton!

Alla prossima ragazze! Sonsimo

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Capitolo 9
*** Promessa per il futuro ***


Capitolo 9: Promessa per il futuro 

Fu Harry il primo a distogliere lo sguardo. Il ragazzo liberò il proprio braccio dalla stretta del professore e fissò il pavimento. Il suo cuore era invaso da un tumulto di emozioni contrastanti. Quasi non riusciva a credere a quello che aveva visto. L'ultima volta che aveva assistito ad un ricordo di Piton, quest'ultimo si era rivolto ad una giovane Lily Evans con parole cariche di disprezzo, mentre adesso... Quello che aveva visto era inequivocabilmente amore. Puro e semplice. Era quasi impossibile da accettare, che quell'uomo che aveva fatto di tutto per rendere la sua vita impossibile nutrisse un sentimento del genere nei confronti di sua madre. A dire la verità, Harry aveva pensato sino ad allora che Piton fosse incapace di amare. E adesso che sapeva di essersi sbagliato, non riusciva più a guardare l'uomo negli occhi, era costretto a distogliere lo sguardo. Soprattutto perché temeva che il professore potesse vedere ciò che stava provando in quel momento tramite la Legilimanzia, ed Harry non voleva assolutamente che accadesse una cosa del genere. Non voleva che il professore vedesse quanto si sentiva sconvolto, e svuotato, in quel momento. Troppe emozioni si agitavano dentro di lui. Rabbia, tristezza, consapevolezza.... invidia. Perché Piton aveva di sua madre un ricordo meraviglioso. Intriso di tristezza, certo, ma meraviglioso, mentre lui non aveva assolutamente niente di lei. Per diciassette anni aveva lasciato galoppare la fantasia a briglia sciolta, aveva immaginato di essere stretto tra le braccia della sua mamma, di ricevere da lei parole di conforto. Si rese conto che Lily era esattamente come lui l'aveva dipinta nei suoi sogni ad occhi aperti. Una donna gentile ma caparbia, bella, onesta, comprensiva, pura. E questa consapevolezza non faceva altro che accrescere in lui il senso di sconforto. Harry avrebbe volentieri scambiato diciassette anni della sua vita, per poter tenere a mente un ricordo come quello di Piton, un ricordo nel quale la madre sussurrasse quelle parole solo per lui. E si sentiva in collera col suo ex-professore. Come aveva potuto nascondergli una cosa del genere per tutti questi anni? Lui aveva il diritto di sapere! Era dunque questa la verità che Silente aveva sempre esitato a rivelargli, che costringeva il vecchio mago a cambiare argomento ogni volta che Harry gli poneva la fatidica domanda?

Ho piena fiducia in Severus Piton.

Era così difficile aggiungere a quelle parole "Perché Piton ha un debito con tua madre. Perché ha ucciso la donna che amava”?

Harry non riuscì a trattenere un fremito del proprio corpo, ed evidentemente Piton se ne accorse.

“Potter?” il tono del professore era incerto, come se l’uomo non sapesse come comportarsi con lui in quella situazione.

Harry strinse i pugni e chiuse gli occhi, cercando dentro di sé il coraggio per guardare di nuovo il volto del professore. Ma aveva paura di perdere il controllo, si rendeva conto di essere troppo sconvolto al momento, e tutto ciò che desiderava era rimanere da solo con i propri pensieri per un po’. Prima che Harry potesse decidersi ad aprir bocca però Piton, riacquistato il suo freddo tono di voce, proseguì:

“Spero che adesso ti sia tutto chiaro, Potter. Puoi parlare con gli altri membri dell’Ordine e convincerli della mia innocenza. Come ti ho già detto, il mio contributo è indispensabile per…” Piton fu costretto a fermarsi. Harry aveva finalmente trovato il coraggio di alzare lo sguardo, e gli occhi del ragazzo scintillavano di rabbia.

Come può parlare in questo modo, restare così freddo e impassibile, in un momento del genere? Dopo avermi mostrato quel ricordo? Quest’uomo non può avere dei sentimenti!

Era stata soprattutto la freddezza nella voce di Piton a riscuotere Harry. Non che avesse sperato in parole consolatorie da parte sua, ma non poteva parlare in questo modo, come se non si rendesse minimamente conto di quanto a fondo lo aveva scosso ciò che aveva visto

Lui se ne rende conto perfettamente, ma non gli importa.

Il giovane Potter stava perdendo lucidità. Piton poteva vedere chiaramente la rabbia e la frustrazione nel suo sguardo. Si stava lasciando travolgere dai sentimenti, come sempre. Il suo più grande difetto, e insieme il suo maggior pregio, un cuore troppo grande, troppo aperto, e quindi troppo vulnerabile. Sarebbe stato quel cuore che gli avrebbe permesso, alla fine, di avere la meglio sull’Oscurità, quello stesso cuore che adesso lo faceva soffrire. E Severus non era capace di alleviare in alcun modo la sofferenza del ragazzo, ma non desiderava discutere con lui, non in quel momento. Ricambiò impassibile il suo sguardo, aspettando che fosse Potter a rompere quel silenzio così scomodo anche per lui.

Harry aveva in mente migliaia di insulti diversi da urlare in faccia a Piton, e quando lo aveva sentito parlare poco prima era davvero intenzionato a farlo. Ma adesso che lo stava guardando negli occhi, non ne ricordò nemmeno uno. Perché nonostante la freddezza assoluta delle sue parole e l’espressione impassibile del volto, in fondo agli occhi dell’uomo era nascosta una sofferenza profonda, un’amarezza che andava ben aldilà delle semplici parole, e che pertanto sarebbe stato quasi sacrilego manifestare ad alta voce. Harry sentì svanire la propria rabbia, e sentì il proprio cuore svuotarsi, mentre suo malgrado i suoi occhi si riempivano di lacrime.

“Lei non avrebbe dovuto… poteva…”

“Che cosa stai farneticando, Potter?” il tono freddo di Piton, ormai, era talmente in contrasto con i sentimenti dell’uomo, che feriva le sue stesse orecchie. Il ragazzo stava piangendo, e il mago adulto sapeva che il giovane Potter avrebbe dato qualsiasi cosa per evitare di piangere dinanzi a lui. Conosceva il suo orgoglio, e inoltre lo aveva provocato così tante volte negli anni passati, in modi che avrebbero fatto scogliere in lacrime con facilità ragazzini della sua età solo un po’ più deboli di lui, che non poteva non credere nella sincerità di quelle lacrime. E sapeva anche che non erano lacrime di debolezza, ma di dolore autentico.

Non c’è vergogna nel piangere di dolore. A me lo ha insegnato proprio tua madre.

Harry deglutì, cercando inutilmente di ricacciare indietro le lacrime.

“Non avrebbe dovuto comportarsi con me come ha fatto, in tutti questi anni. Non avrebbe dovuto odiarmi”.

Piton non credeva alle sue orecchie. Ma perché adesso Potter gli stava dicendo una cosa del genere? Si sarebbe aspettato che il ragazzo lo rimproverasse per non avergli mai rivelato prima la promessa che aveva fatto a sua madre, non che gli rinfacciasse il suo comportamento! Le parole del giovane Grifondoro erano assolutamente fuori luogo. Ed assolutamente veritiere. Piton lo aveva odiato senza un valido motivo, ed Harry aveva solo undici anni la prima volta che lo aveva incontrato. E l’odio gratuito e ingiustificato faceva molto male, Severus lo sapeva per esperienza personale.

Come ti sentiresti al suo posto, in questo momento?

“Lei ha promesso a mia madre di proteggermi”.

Le parole di Piton furono solo un sussurro, che sarebbe parso pericoloso in altre circostanze:

“E’ quello che ho fatto”.

“L’odio è peggiore della morte”.

Questa volta fu Piton a distogliere lo sguardo, mentre un brivido percorreva la sua schiena. Un ragazzino di appena diciassette anni non poteva conoscere delle verità così grandi e potenti, e così dolorose. Verità che uomini molto più maturi e apparentemente più forti di lui si rifiutavano di accettare. Se Voldemort potesse essere definito un uomo, dato che era a lui che Piton stava pensando. Lo stesso sentimento di colpevolezza provato di fronte a Lily fu nuovamente avvertito dall’uomo.

Ho infranto la promessa che ti avevo fatto, Lily. Non ho protetto tuo figlio da me stesso, e dalla mia stupidità.

Harry si voltò, dando le spalle a Piton, e credendo di non essere visto, si asciugò gli occhi. Si sentiva terribilmente patetico, in quel momento. Non avrebbe mai voluto pronunciare quelle parole, né tantomeno farsi vedere in lacrime. In poche ore, si era sentito per troppe volte vulnerabile di fronte a quell’uomo che avrebbe potuto fargli male in mille modi diversi. Era davvero difficile da credere che lo scopo di Piton era sempre stato quello di proteggerlo, anche se Harry doveva ammettere che in più di un’occasione il suo intervento era stato provvidenziale. Ma ciò non faceva altro che aumentare l’infelicità di cui il ragazzo si sentiva preda in quel momento. C’erano già così tante persone che lo odiavano, senza che lui avesse fatto niente per meritarlo. Possibile che dovesse farlo anche chi avrebbe dovuto proteggerlo? Chi addirittura aveva amato sua madre? Come poteva difendersi da un odio di questo tipo, che faceva molto più male, colpiva molto più in profondità, dell’odio dei Mangiamorte e dello stesso Voldemort? Harry non riuscì a trattenersi, e si volse di nuovo verso Piton di scatto.

“Perché deve essere tutto così complicato?”

Guardando negli occhi del ragazzo, Piton era consapevole che la cosa giusta da dire in quel momento era un semplice “Mi dispiace”. Consapevole, ma non per questo pronto a farlo.

“Non pormi domande a cui non so rispondere, Potter”.

Pochi istanti di silenzio, seguiti dalle parole di Harry, inframmezzate da un singhiozzo ormai inevitabile:

“Mi dispiace”.

No! Dovrei essere io a scusarmi,  non questo ragazzino che non ha nessuna colpa, che ha pagato per errori che non ha commesso. E’ così… ingiusto.

“Che intendi dire, Potter?”.

“Mi dispiace per quello che le è successo, per quanto ha sofferto a causa dei miei genitori –Harry abbassò di nuovo lo sguardo– forse non ne ho il diritto, ma mi scuso per loro”.

Il groppo nella gola di Severus era ormai divenuto intollerabile. Le parole del ragazzo avevano toccato il suo cuore, come non succedeva da tempo. Doveva allontanarsi in fretta da Potter, o avrebbe ceduto ai propri sentimenti dinanzi a lui.

“Adesso… adesso è meglio se riposi un po’, Potter, prima che ti riporti al Quartier Generale. Ho modificato la memoria di Malfoy, quindi sei al sicuro, il Signore Oscuro non verrebbe mai a cercarti qui. Seguimi”. Piton diede le spalle ad Harry e lo precedette lungo uno stretto corridoio fiocamente illuminato da alcune vecchie candele quasi del tutto consumate, conducendolo in una camera per gli ospiti. Harry lo seguì silenziosamente, senza alcuna obiezione. Riteneva di aver già parlato abbastanza per quella sera, non aveva intenzione di rendersi ancora più ridicolo di così. Si aspettava che Piton si rivolgesse a lui con parole aspre da un momento all’altro, ma non accadde niente di tutto ciò. Per fortuna, perché Harry non era assolutamente in grado di controllare le proprie emozioni, al momento.

Piton spinse una porta cigolante sui cardini e lasciò entrare Harry in una stanza impolverata, che odorava di muffa. La camera era sobriamente arredata, con pochi mobili essenziali e tarlati qua e là, che Harry non notò nemmeno. Una volta dentro, il ragazzo annuì al professore che gli disse che lo avrebbe chiamato tra un paio d’ore, e chiuse la porta alle proprie spalle. Quindi, esausto e incapace di trattenersi più a lungo, si appoggiò con la schiena alla porta e si lasciò scivolare sul pavimento, lasciando le lacrime finalmente libere di scorrere.

Dall’altro lato della porta, Piton appoggiò le mani sul legno e piegò la testa, e per la prima volta dopo sedici anni si concesse un momento di debolezza, ignaro di essere in quel momento solo a pochi centimetri dal ragazzo che stava ospitando.

Avrebbero potuto affrontare insieme quel dolore, se non fosse stato per il duro legno tra le mani dell’uno e la schiena dell’altro. E per il freddo e cieco orgoglio intriso di rancore che era così difficile accantonare, che li separava, pur se fisicamente così vicini e spiritualmente così affini, come una barriera impenetrabile.

 

 

“Potter, andiamo”.

Al suono della voce del professore, Harry si rimise in piedi e cercò frettolosamente di darsi un contegno. Osservò il proprio riflesso nello specchio scheggiato appeso alla parete, e si rese conto di avere un aspetto orribile. Era evidente che non si era riposato affatto, non sarebbe riuscito a nasconderlo, e gli occhi erano rossi e gonfi, i capelli arruffati come non mai. Piton fece il suo ingresso nella camera e osservò il ragazzo con un sopracciglio alzato.

“Sei pronto? A quest’ora Voldemort saprà già che gli sei sfuggito di nuovo”.

Harry annuì lentamente e si preparò a smaterializzarsi. Si schiarì la voce prima di parlare:

“Andiamo a Grimmauld Place?”.

“Certo, Potter. Chi è il nuovo Custode Segreto dell’Ordine?” Piton sapeva che dopo la morte di Silente sarebbe stato necessario ripristinare l’Incanto Fidelius e nominare un nuovo custode.

“Sono io, signore”.

Certo, avrei dovuto prevederlo. L’Ordine avrà deciso di nominare Potter all’unanimità. Dopotutto, se dovessimo perdere lui, saremmo perduti tutti quanti, e il Quartier Generale non avrebbe più motivo di esistere.

“Bene, non avremo problemi ad entrare, allora. Sei in grado di fare da solo o dobbiamo usare di nuovo la smaterializzazione congiunta?”.

“Faccio da solo. Ho già fatto l’esame, signore”.

Piton utilizzava il suo solito tono distaccato, mentre la voce di Harry era poco più di un sussurro.

 

 

“Harry! Che cosa ti è successo? Siamo stati così in pena per te!”. Senza nemmeno capire come, Harry si ritrovò tra le braccia di Hermione. Lei e Ron, non vedendo tornare Harry dopo tutte quelle ore, avevano fatto ritorno al Quartier Generale e contattato l’Ordine, che adesso era raccolto lì a Grimmauld Place, chiedendosi che fine avesse fatto Harry Potter. Nella foga di riabbracciare l’amico per il quale si era tanto preoccupata, Hermione non si era accorta dell’uomo accanto a lui, ma non così gli altri occupanti della casa. Decine di bacchette erano puntate contro Severus Piton. Tra lo stupore generale, Harry disse di abbassarle ed iniziò il proprio racconto, desiderando soltanto di terminare presto ed essere lasciato in pace. Quando giunse alla parte del ricordo, Harry gettò un’occhiata obliqua al professore, e decise di non scendere nei dettagli, di limitarsi al racconto della promessa che Piton aveva fatto a sua madre. Severus tirò intimamente un sospiro di sollievo per la delicatezza del ragazzo.

Non fu facile calmare gli animi. Soprattutto Moody non sembrava affatto convinto delle spiegazioni ricevute, e una volta che Harry ebbe terminato, cercò di convincere tutti gli altri che il ragazzo era sotto Imperius, e ordinò aspramente a Piton di consegnargli la bacchetta. Harry dovette ricorrere a ogni più piccola briciola di pazienza che aveva in corpo per non perdere le staffe, ma alla fine, dopo diverse ore e grazie al sostegno di Lupin che per fortuna aveva pienamente afferrato la situazione, riuscì a convincere anche i più scettici e in seguito a sgattaiolare non visto di sopra, in cerca del meritato riposo. Piton rimase insieme a Lupin per aggiornarlo sulle ultime imprese dei Mangiamorte e di Voldemort e per accordarsi con lui per il suo futuro di spia, pur se restio a collaborare con il licantropo.

 

 

Prima di lasciare Grimmauld Place, Piton decise di cercare Harry. Salendo al piano superiore, attraverso una porta socchiusa, scorse il ragazzo seduto a gambe incrociate su un letto, lo sguardo serio, intento a fissare quello che pareva un libro aperto dinanzi a lui. Harry non si accorse dell’insegnante finché quest’ultimo non parlò, facendolo sussultare.

“Potter”.

Harry alzò la testa di scatto. Piton era molto vicino, e per puro istinto il ragazzo si spostò leggermente indietro.

“Cosa… cosa c’è, signore?”.

Severus respirò profondamente prima di proseguire.

“Volevo ringraziarti per la tua… discrezione”.

Harry lo fissò per qualche secondo, prima di annuire. Poteva comprendere lo stato d’animo dell’uomo, il desiderio che i sentimenti che aveva provato per sua madre rimanessero un segreto. Harry si accorse troppo tardi che lo sguardo di Piton si era posato sull’album di foto dei suoi genitori che aveva in grembo, e non fece in tempo a chiuderlo.

Severus vide mutare l’espressione sul volto di Potter. Il suo sguardo era insieme impaurito ma anche provocatorio, quasi a voler sfidare l’uomo a dire qualcosa di sgradevole sulla sua famiglia. Ma il professore si limitò a guardare in silenzio la giovane coppia che lo salutava con la mano dalla foto, e per la prima volta, nello scorgere un’immagine di Lily, non pensò al proprio dolore, ma solo a quello del ragazzo ora proprietario di quelle foto. Non trovò niente di meglio da dire che questo:

“Erano molto giovani”.

Harry, non sapendo cosa rispondere, riportò di nuovo lo sguardo sulla foto, leggermente imbarazzato per lo strano atteggiamento dell’uomo. Piton proseguì, e le sue parole gli fecero guadagnare uno sguardo sinceramente esterrefatto da parte di Harry.

“Sei molto giovane anche tu, Potter”.

Harry non sapeva cosa dire:

“Io…”.

“Hai paura?”.

Harry sgranò gli occhi. Perché gli chiedeva una cosa del genere?

“Di che cosa, signore?”.

“Di quello che ti aspetta. Della missione che devi compiere”.

Il ragazzo era totalmente spiazzato. Scosse la testa e si voltò. Non poteva mostrarsi debole, non gli era concesso, e l’uomo lo avrebbe certamente biasimato se lo avesse fatto.

Biasimato, o compreso?    

Piton si voltò e si diresse verso la porta, credendo che il ragazzo non avesse più intenzione di parlare con lui. Ma quando stava ormai per uscire, la voce di Harry lo fece voltare.

“Sì, signore. Ho paura. Mi dispiace”.

Voltandosi, Piton vide che Harry si era messo in piedi, e fissava il pavimento, a capo chino. Si avvicinò a lui e gli posò le mani sulle spalle, delicatamente questa volta, non con irruenza come aveva fatto diverse volte poche ore prima. Il ragazzo alzò gli occhi e incontrò quelli del professore.

“Non devi scusarti. Non c’è vergogna nell’avere paura, non ti rende meno coraggioso, o meno valoroso. Resti ugualmente un insopportabile Grifondoro, anche se provi un po’ di paura”.

Harry sorrise debolmente, e lasciò continuare il professore.

“Ma non devi avere paura della battaglia che dovrai affrontare, perché non combatterai da solo, Potter. Ci sarò io. Sarò lì con te”.

Harry si sentì avvolgere da una sensazione di calore che non aveva mai provato prima. Quelle erano praticamente le stesse parole che aveva sentito dire da sua madre a Piton, solo che adesso non costituivano, come allora, un semplice sostegno per il presente, ma erano una promessa per il futuro. Una promessa che lo rassicurava e lo riempiva di speranza.

“Grazie, signore”.

Piton lasciò andare le spalle del ragazzo e si allontanò, voltandosi verso di lui un’ultima volta prima di andarsene. E quando il loro sguardo si incrociò per l’ultima volta, Harry capì che la volta successiva in cui avrebbe visto gli occhi dell’uomo sarebbe stato su un campo di battaglia, tra l’odore del sangue e della morte. Capì che avrebbero combattuto fianco a fianco, con le bacchette in pugno, proteggendosi l’un l’altro in virtù di una promessa stretta molti anni prima che li avrebbe tenuti indissolubilmente legati per sempre.

 

FINE

Nota dell'autrice: Finita! Bene, nonostante quelli che all'inizio dovevano essere quattro capitoli sono diventati nove, direi che siete stati fortunati! La mia long-fic precedente doveva essere composta da otto capitoli e alla fine sono diventati diciassette! Comunque sia, sono molto contenta di aver completato questa prima long-fic su Harry Potter, e sono felice per tutte le belle recensioni che mi avete lasciato finora. E soprattutto sono felice di aver scoperto che ci sono così tante ammiratrici di Piton come me, non l'avrei mai detto! Grazie a tutti coloro che hanno recensito la storia, o che l'hanno semplicemente letta (e ovviamente sono ancora in tempo per farmi sapere che cosa ne pensano, e mi renderebbero in tal modo molto felice!), grazie a chi ha recensito fedelmente sin dall'inizio, come Lake e Piccola vero, grazie a chi è arrivato a metà strada ma mi ha commentato lo stesso, come LCasssieP e Summers84, grazie ad akiremirror che voleva commentare alla fine e non ha saputo resistere e mi ha lasciato recensioni meravigliose che ho apprezzato tantissimo, grazie a Kira7 che ha commentato lo scorso capitolo e grazie a chi ha commentato i primi capitoli, anche se poi ha smesso, come Astry1971, Piccola Prongs, Zizela, MorganSnape, KagomeChan, IdraelenV, Michi90, nella speranza che la storia sia ancora di vostro gradimento, e che mi diate un'opinione adesso che è terminata. E grazie anche a tutti coloro che avranno letto questa storia in futuro, a distanza di tempo dalla sua pubblicazione (e vi ricordo che un commento fa sempre un immenso piacere, anche se su una storia datata!). E infine, grazie a tutti coloro che vorranno commentare quest'ultimo capitolo, nella speranza che siate numerosi! Per le ultime recensioni risponderò sul forum, sul mio topic autore ("Fanwriter per passione"), o se preferite, firmate la recensione e chiedetemi di rispondervi via mail (sempre se desiderate che vi risponda!)

Basta, la pianto perché con tutti questi ringraziamenti mi sto commuovendo!

Un bacio a tutte! Sonsimo

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