DayDream.

di marenRamen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sogno che ti prendo. ***
Capitolo 2: *** Carry on, carry on ! ***



Capitolo 1
*** Sogno che ti prendo. ***


L' odore che sento è quello della legna da ardere, della cera per il pavimento, della birra al malto in fermentazione dentro alle anfore, di patate arrosto, di dolci di mele appena sfornati, di vesti pesanti ed invernali, di polvere accumulata, anche di sudore, e di composizioni di fiori messe a marcire sopra ai tavoli.
I rumori che sento sono quelli dei tacchi delle signore, delle risate di ragazzi, di boccali che cozzano insieme, di forchette che cadono sul pavimento di legno, delle panche che vengono spostate, e delle voci delle persone che chiacchierano insieme.

Quando apro gli occhi, lo spettacolo che mi presenta davanti è quello di un locale nel centro della mia Copenaghen, ci sono stato centinaia di volte, lo conosco come le tasche della mia giaccia a vento, ma adesso mi ci ritrovo senza capirne il motivo; addosso porto i miei soliti vestiti giornalieri.

La luce gialla delle lampadine appese alle pareti mi illumina il volto, ed io resto fermo al centro della stanza, mentre camerieri e persone mi sfrecciano accanto e mi sorridono per chiedere permesso; io ricambio incondizionatamente, arrossendo sopra alle guance, sentendomi fuori posto.

Ho le labbra secche, quindi corro a leccarmele con la lingua umida di saliva, hanno un sapore salato, e bruciano, se le tocco con la punta delle dita; pure la gola la sento secca, soprattutto se guardo quei meravigliosi boccali di vetro, dal manico sottile, riempiti di liquido color miele, venir serviti ai tavoli, da ragazze allegre.

Ho sete.

 

Piego la testa di lato, sto per muovere qualche passo, forse dovrei sciogliere il cuore e lasciarmi andare a questa pazzia, a questo sogno, mischiarmi tra la gente, fingere di essere uno di loro e fingere di sapere dove mi trovo e perché mi trovo qui.

Qualcuno mi viene addosso ed io mi volto di scatto, scusandomi, perché del resto, ero nel mezzo. 
Un figura piccina, che mi accoglie con una risata.

 

:- Mathias !

Una ragazza mi sorride, ha i capelli rossi e gli occhi che alla luce diventano gialli come spighe di grano, non la conosco ma lei conosce me a quanto sembra, accetta le mie scuse e mi prende a braccetto. Sensazione strana, di calore, di dolcezza, di amore, anche.

Sorrido a mia volta all'eroina che è venuta a salvarmi, e mi accompagna saltellante ad un tavolo, la sua risata è squillante e mette allegria, mi scalda le viscere, mi accende il pensiero.

Prende un boccale di profumata birra sotto e me lo ficca sotto al naso, costringendomi a sedere sopra ad una panca, insieme ad altre persone; sono tutti belli ed allegri, come lei, eccetto un ragazzo.

Automaticamente la mia attenzione si concentra sopra di lui, sopra al suo faccino terso e scuro, gonfio, come è gonfio il cielo quando è pieno di nubi e sta per mettersi a piovere.

Tiene un biscotto tra le dita, un biscotto al burro, e lo maneggia con tantissima delicatezza, con le sue mani affusolate e leggere.

Si sente fuori luogo almeno quanto me, eh ? Forse anche lui, come me, qui dentro ci è finito come se ce lo avessero buttato, e non per suo volere, per sua scelta.

Dalle mani passo ad osservare nuovamente il suo volto oscurato, gli occhi bassi sono del colore del mare aperto, indaco, quando lo illumina bene il sole

E le labbra ? Due petali di rosa di velluto spiaccicati insieme. Naso dritto, cosparso di lentiggini chiare, quasi invisibili sopra alla pelle pallida.
Il mio cuore batte come un tamburo senegalese.

 

Si accorge della mia presenza solo dopo qualche minuto, alza la testa, si scosta un ciuffetto ribelle dalla fronte ed annuisce nella mia direzione. 

 

:-Mathias.

 

Pronuncia il mio nome, voce bassa, soffusa, calda come formaggio fuso.

Io gli sorrido, stendendo le labbra, se mi facessero alzare crollerei subito a terra, perché mi sento le gambe fatte di crema pasticcera. I suoi occhi si conficcano nei miei, sento il respiro mancare, le budella attorcigliarmisi nella pancia come tanti lombrichi.
Sa il mio nome, mi conosce, anche lui. 

Si alza, facendo scricchiolare la panca, viene verso di me e prende la mia mano, la destra, stringendola con delicatezza; la maneggia poi, nella stessa maniera in cui teneva quel biscottino tra le dita.
Io lo guardo ancora, attorno a noi il tempo si è come improvvisamente fermato, sono spariti gli odori, le voci, è rimasto il silenzio, e solo il suo profumo mi pervade.
Ha quell'odore di mare che portano addosso i vecchi marinai, che gli resta appiccicato alla pelle.
Mi domando chi sia, come faccia a conoscere il mio nome. E' bello come una viola, come posso io avere a che fare con lui, in qualsiasi maniera ?

 

Prende anche l' altra mia mano, e mi fa alzare. Non riesco a staccare i miei occhi da lui. Passiamo tra le persone immobili, io che inciampo e lui che agile come un felino mi porta al centro della pista da ballo.
La sua mano è calda, ora che ci penso, ma non sudata, come invece lo è la mia.

Ci mettiamo al centro, in uno spazio vuoto, e, come per magia, il tempo riparte, la musica ricomincia, con un enorme frastuono, un' esplosione di energia.
La gente danza intorno a noi e danziamo anche noi. Io scoppio a ridere, non posso farne a meno, non ho mai conosciuto tanta leggiadria e felicità nella mia vita.
Anche se mi sento confuso quello che provo è bellissimo e nitido : contentezza da bambino.
Il corpo del ragazzo sembra fatto di aria, non so il suo nome, e provo a chiederglielo, ma le fisarmoniche sono troppo alte e lui guarda confuso il movimento che faccio con le labbra, senza riuscire a captare le mie parole.
Scuoto la testa e lascio stare, riprendendo a muovermi circolarmente, facendo schioccare i tacchi sopra al pavimento, come fanno tutti.
Il suo volto rimane serio, anche durante il divertimento, ma i suoi sguardi intensi mi fanno capire che gli piace far ondeggiare le anche e far roteare il corpo come sta facendo.
La passione che ci mette è palpabile, infuocata, come sono infuocati i suoi occhi ed il cuore mio, mentre lo osservo dimenarsi.
Sento i piedi leggeri, potrei ballare con lui per sempre senza avere mai sonno. Potrei restare qui per sempre senza sentire il desiderio di andarmene.
Ho trovato il mio posto, allora ?

 

Non voglio andarmene, se è un sogno, non svegliatemi.

Solo che arriva il mattino.

E mi accorgo che il mio era un sogno davvero.

La stanza, e le persone, diventano mano a mano trasparenti, mentre apro i miei occhi alla luce della mattina, che entra dalla finestra con le imposte alzate.
Confusione, panico, consapevolezza e rabbia, sono le emozioni che mi si susseguono dentro.

Il mio era solo un sogno; troppo bello per essere tutto vero; mi passo una mano sulla fronte sudata e mi tolgo nervosamente le coperte di dosso, fissando con rabbia il sole, che sta sorgendo, scavalcando un gruppo di case dal tetto rosso.



{ Angolo autrice : avevo già scritto una cosa del genere ma non mi soddisfaceva proprio per niente. I protagonisti sono ovviamente Danimarca (Mathias) e Norvegia (Henrik). 
Credo che tra poco dovrò aggiungere il rating rosso. <3 }

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Capitolo 2
*** Carry on, carry on ! ***


Le lenzuola del mio letto sono talmente attorcigliate che nemmeno un marinaio esperto avrebbe saputo creare un simile intreccio di nodi, mi avvicino per sistemare il copriletto, ma una mano, sulla spalla, mi induce a fermarmi. Non aspettavo un simile contatto, e non sospettavo la presenza di nessuno alle mie spalle, così  sobbalzo e mi volto di scatto, arretrando di qualche passo : la mia coinquilina sorride e si lecca le labbra, in maniera molto ammiccante.
Ignoro le sue maniere, che non mi stregano; lei, non mi piace nemmeno un pochino, non mi piace più o forse non mi è mai piaciuta, non ricordo; non mi piace il suo sorriso, non mi piace l' espressione e la cattiveria dei suoi occhi, non mi piace quella sua frivolezza, non mi piace quella sua ignoranza ostentata, eppure continuo a permetterle di starmi intorno; per paura di rimanere troppo solo probabilmente; io ho sempre detestato la sensazione di solitudine.
Ho sempre avuto paura, di rimanere solo.
 
La guardo, alzando un sopracciglio ed augurandole il buongiorno con voce apatica, detestando la sua presenza qui, nella mia stanza, quando non vorrei far altro che restare da solo, adesso, sdraiato sul materasso, a pensare al sogno, al sogno che ho fatto stanotte e al vuoto immenso che ha lasciato dentro di me, e alle mille domande che ora ronzano nella mia testa.
Detesto il modo in cui osserva il mio corpo semi nudo, facendo saettare gli occhi da una parte all'altra del mio petto.
La detesto tutta.
Eppure lei è qui ancora qui, mi sorride, sbatte le ciglia, dice, con voce così forzatamente dolce che la colazione è pronta, e mi aspetta in tavola, ed io non ho il coraggio di dirle che non ho fame, che deve starmi lontana.
Mi chiedo come abbia potuto accettare la presenza di una simile stronza, nella mia vita, sono davvero stato persuaso, in passato, da questa tipa che mi chiama '' amore '' e dice di ''amarmi'', e che ogni sera va per locali, ed ogni sera si trascina un tipo diverso nel bagno, per scoparselo ?
Non la tocco più, non ho  più sete dei suoi baci, e non mi importa del suo amore, e non mi importa neanche del sesso; il nostro è un rapporto che è nato stanco, la passione consumata già prima che si accendesse.
Siamo scesi insieme a compromessi, io avevo bisogno di qualcuno che mi facesse compagnia, rendendomi contro troppo tardi che, insieme a lei, mi sentivo più solo che mai; e lei non so, forse aveva bisogno di sentirsi più sicura.
Non trovo il coraggio di dirle che non voglio stare insieme a lei.
 
 
A testa bassa, trascinando i piedi la seguo in cucina, dove c'è odore di pancake caldi alla marmellata e burro fuso in padella, ma nemmeno il profumo dolce del cibo riesce a zuccherarmi la giornata, ormai sono guasto.
Sono guasto da un bel po' di tempo e non me ne ero mai accorto, è così che mi rendo contro che la mia vita è paurosamente vuota e spenta, che tutto ciò che mi circonda non mi piace, e che vorrei essere altrove, con qualcuno di diverso da lei.
La guardo e faccio una smorfia, alzandomi da tavola senza nemmeno iniziare a mangiare quello che mi ha messo sotto al naso, mi viene da vomitare solo al pensiero di introdurre qualsiasi alimento dentro alla mia bocca, voglio semplicemente restare da solo.
Mi allontano e sento il suo sguardo pungente sulla schiena, so che mi sta fissando con i suoi occhi cattivi, e sento di non poterne proprio più : corro via in camera e mi chiudo la porta alle spalle, sbattendola con forza e chiudendo a chiave rabbiosamente, dando la bellezza di tre mandate.
Le lacrime iniziano a pungermi occhi e gola, quando con le ginocchia sfioro il bordo del materasso e poi mi lascio cadere con la faccia in avanti, atterrando sul piumone morbido.
Non riesco a togliermi dalla mente quel ragazzo, quello del sogno che ho fatto stanotte; vorrei essere insieme a lui in questo momento, e l' idea che sia solo frutto delle mie fantasie mi ferisce molto, sento male al petto allo stomaco se ci penso...
E mi sento nuovamente stanco dopo tutti questi pensieri negativi.
Che resto sveglio a fare se la vita reale mi fa schifo ? Se non succede niente di nuovo, e bello ? Se tanto non riesco a fare andare le cose ?
Tanto vale lasciare che il sonno mi porti via con sé, sperando di sognarlo ancora, quel ragazzo tanto bello, da esser riuscito a farmi innamorare in una notte sola.
Cado addormentato, come un bambino stanco, con le lacrime che mi rigano verticalmente il viso adagiato tra  lenzuola morbide.
 
 
 
 
 
Il profumo del grano maturo sotto al sole, ed il fruscio delle spighe il cui stelo è piegato dolcemente dal vento, quando apro gli occhi una luce accecante mi costringe a serrare nuovamente le palpebre, e a sfregarmici i pugni sopra, per adattarmi progressivamente a tutta quella luminosità.
Finalmente riesco a vedere : un campo dorato che si stende fino all'orizzonte, un cielo così azzurro da sembrare dipinto.
Cammino piano, non riesco a stare fermo e prendo a muovermi, schiacciando ed appiattendo il grano sotto alla suola dei vecchi scarponi, con un rumore secco.
Il sole picchia sopra alla mia testa, ma provo solo una sensazione di piacevole tepore.

:- Mathias.

Mi sento chiamare, dalla sua voce, con il suo accento; mi giro ed ho il migliore sorriso che riesco a fare; è lui, è lui, non riesco a crederci.
Lui è davanti a me e mi guarda, con i suoi occhi viola ed intensi, e lucenti al sole. Porge a me le sue mani, ed gliele afferro senza pensarci nemmeno un secondo.
 
:- Tu.
Non so il tuo nome, e ti ho cercato..
Ti ho cercato tanto.
Perchè...

Inizio a dire, ma lui mi zittisce, premendo l' indice sopra alle labbra.
 
:- Non parlare, ascolta..

Resto in silenzio come mi dice, tendendo le orecchie, cosa dovrei ascoltare ? 
Sento una musica giungermi lontana, una melodia di fisarmoniche e violini, il giovane stringe la mia mano e si mette a correre attraverso le spighe, velocissimo, tanto che gli sto dietro a malapena.

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