un legame, uno specchio sull'anima di Pleasance Carroll (/viewuser.php?uid=34896)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I Dark Angel ***
Capitolo 2: *** solitudine ***
Capitolo 3: *** il viaggio ***
Capitolo 4: *** fiducia ***
Capitolo 5: *** il piano ***
Capitolo 6: *** rivelazioni ***
Capitolo 7: *** torture ***
Capitolo 8: *** trofeo ***
Capitolo 9: *** risorgere dalle ceneri ***
Capitolo 10: *** vantaggi e rischi ***
Capitolo 11: *** vantaggi e rischi(parte 2) ***
Capitolo 12: *** vantaggi e rischi(parte3) ***
Capitolo 13: *** vantaggi e rischi (parte4) ***
Capitolo 14: *** passaggio ***
Capitolo 15: *** la gabbia dorata ***
Capitolo 16: *** spiraglio ***
Capitolo 17: *** spiraglio (parte2) ***
Capitolo 18: *** confidenze e complotti ***
Capitolo 19: *** salvataggio ***
Capitolo 20: *** carte scoperte ***
Capitolo 21: *** scelte ***
Capitolo 22: *** libertà ***
Capitolo 23: *** bisogno ***
Capitolo 24: *** doveri e piaceri ***
Capitolo 25: *** perdere se stessi ***
Capitolo 26: *** ritrovarsi ***
Capitolo 27: *** volgersi al passato rischiara il futuro (parte 1) ***
Capitolo 28: *** volgersi al passato rischiara il futuro (parte 2) ***
Capitolo 29: *** l'angelo salvatore ***
Capitolo 30: *** l'erede di Vrael contro Eldest ***
Capitolo 31: *** speranza ***
Capitolo 32: *** sfuggente come il vento ***
Capitolo 33: *** la casa è dov'è il cuore ***
Capitolo 34: *** Le Amazzoni ***
Capitolo 35: *** l'amore che risplende attraverso le avversità ***
Capitolo 36: *** l'amore che risplende attraverso le avversità PARTE 2 ***
Capitolo 37: *** Epilogo ***
Capitolo 38: *** ringraziamenti ***
Capitolo 39: *** AVVISO ***
Capitolo 1 *** I Dark Angel ***
Un
legame, uno
specchio sull’anima
Capitolo 1
I Dark Angel
Tutti, nei territori
dell’Impero, li chiamavano Dark Angel.
Di loro si tramandavano
principalmente leggende: qualcuno
ipotizzava vivessero al di là del deserto di Hadarac, per
altri erano una sorta
di spiriti. Poche verità si conoscevano su di loro: erano
sorti per rendere
giustizia ai Cavalieri dei Draghi e per impedire che Galbatorix
acquisisse
troppo potere. Infatti, grazie a loro Alagaesia aveva potuto scoprire
la
nascita di un nuovo cavaliere, accompagnato da un drago dalle squame
color
zaffiro.
La notizia aveva fatto gioire ogni
angolo di quella
meravigliosa e spaventosa terra, ed ora tutti gli oppressi dal malvagio
tiranno
potevano sussurrare il nome di quella schiera di angeli ribelli, sicuri
che la
fiamma della speranza fosse di nuovo viva nei loro cuori.
Galbatorix li odiava. Si sarebbe
scagliato contro di loro
con tutti gli eserciti di cui disponeva, anche in prima persona se
fosse stato
necessario! Perché rappresentavano un simbolo di resistenza
al suo dominio e
infatti, ispirati dalla loro crociata contro di lui, molti popoli, come
gli
elfi o i Varden, avevano osato opporsi alla sua tirannia(tanto che, si
mormorava, il capo dei Varden, Agjiad, discendesse da quella fiera
progenie).
Tuttavia, nessuno- neppure il Re-
conosceva la loro reale
ubicazione perché i Dark Angel erano un popolo eterogeneo,
composto da nani,
elfi, Varden, umani e stregoni che erano andati ad ingrossare le loro
fila a
seguito delle notizie appresesi in Alagaesia sulle loro imprese;
quindi, non
avevano segni distintivi, di conseguenza non potevano essere
riconosciuti da
estranei, infatti, poteva capitare che qualche Dark Angel facesse parte
di un
esercito elfico o che comandasse qualche spedizione per distruggere una
roccaforte di Galbatorix. Sapevano però, riconoscersi tra
loro e condividevano
il segreto del loro nascondiglio: oltre il mare, presso la grande isola
di
Vroengard, che un tempo era stata gloriosa patria dei cavalieri dei
draghi.
Isis era nata nella capitale,
Dorù Areaba, tuttavia, mai una
volta aveva varcato le porte della città, preferendo invece,
assieme a tutto il
suo popolo, vivere a contatto con l’asprezza armoniosa e
selvaggia della natura
in cui, sin da bambina, aveva subito duri addestramenti e, mentre gli
stregoni
aprivano la sua mente nutrendola con compendi di matematica, fisica,
storia…i
nani miglioravano la sua tempra fisica per i combattimenti e per
sopportare le
intemperie; invece, dagli elfi apprendeva le buone maniere, il rispetto
ed il senso
di reciproca appartenenza con la natura.
Ogni sera, a lei come a qualsiasi
altro membro giovane del
gruppo, veniva raccontata la triste storia della Caduta dei Cavalieri
dei
Draghi, ma, mentre negli altri suoi coetanei, l’udire quel
racconto suscitava un
velato odio nei confronti di Galbatorix, Isis veniva spesso sopraffatta
dalle
lacrime perché vedeva davanti ai suoi occhi, come fosse un
ricordo che le apparteneva e che
stesse rivivendo in
prima persona, la caduta dell’ultimo dei Rinnegati, il che le
ricordava sempre
come alcuni individui, seppur appartenenti ad una nobile stirpe,
fossero stati
facile preda dell’arroganza e della corruzione, arrivando
così quasi a
defraudare i veri, valorosi
Cavalieri
dei Draghi delle loro nobili gesta e della loro generosità.
Quel giorno, il giorno del suo
diciottesimo compleanno, la
giornata si svolse diversamente per Isis, perché
quell’età segnava il suo
passaggio alla vita adulta.
Come ogni mattina si alzò
sul far del giorno e, mentre
osservava l’alba che lambiva le onde del mare, tingendole di
mille colori,
raccolse tutte le erbe boschive che trovò, distinguendole in
medicinali e
velenose, certa che, una volta che le avesse consegnate agli elfi ed
agli
stregoni, loro le avrebbero insegnato come ricavarne altrettanti veleni
e
rimedi curativi.
In seguito, andò ad
allenarsi in una splendida radura
circondata da alberi dall’odore della menta, nel tiro con
l’arco e nella
scherma, arti in cui i suoi mentori la elogiavano per la sua
rapidità e
fluidità di movimenti. Quando poi il suole giunse allo
zenit, fu accompagnata
dai suoi due migliori amici in riva all’oceano, ed insieme
passeggiarono scalzi
sulla battigia, carezzati dalle onde.
Crys, una bellissima elfa dalla pelle
bianco-latte, grandi
occhi di zaffiro ed una lucente chioma biondo-miele, prese le mani tra
le sue e
con un sorriso radioso disse:
-
amica mia, abbiamo
condiviso molto insieme e sono fiera
di te perché oggi diventi ufficialmente una guerriera Dark
Angel. Sono certa
che ci renderai molto onore. Chissà se per mano tua
Galbatorix non dovesse
cadere?- la sua voce somigliava alla melodia di un’arpa e ad
Isis sfuggì una
lacrima di gioia per quelle belle parole, tanto che quasi non si
accorse che
l’amica, mentre l’abbracciava con slancio, le
metteva in spalla una faretra ed
un arco intagliato con intrecci di foglie d’acanto e di vite.
La ragazza
sciolse l’abbraccio di scatto, confusa e guardò
l’amica:
-
è il
mio regalo per te, è di fattura elfica. Ma…non
sono l’unica a doverti dare qualcosa…-
sussurrò l’elfa e così dicendo
afferrò
Isis per le spalle e la girò, perché potesse
guardare negli occhi il ragazzo
che era con loro:
Aaron aveva un anno più di
lei ma i due ragazzi si
conoscevano sin dal primo momento di cui lei avesse memoria, spesso
avevano
anche giocato assieme e quando avevano iniziato ad approcciarsi alle
armi, tra
loro era nata quella sana competizione che li spingeva a confrontarsi
in uno
scontro armato ogni giorno.
Tuttavia ora, notò Isis
osservando il suo volto dai
lineamenti bambini, stranamente rilassato, c’era qualcosa di
diverso nel modo
in cui la guardava, i suoi profondi occhi grigi brillavano animati da
centinaia
di sogni, e le sue labbra rosse sorridevano in maniera un po’
impacciata quando
disse:
-
questo,
è uno dei miei doni per il tuo compleanno, dolce
Is.-
la ragazza sorrise a quel nomignolo e
con delicatezza gli
sfiorò i ricci color pece. Lui rimase interdetto,
paralizzato…un secondo dopo
però, le depositò tra le mani un pugnale
dall’elsa nera, semplice e dalla lama
leggermente ricurva, di cristallo.- lo chiamano “lo specchio
dell’anima” perché
il cristallo fatato di cui è fatta la lama, oltre ad essere
in grado di
tagliare ogni cosa, può vedere le decisioni che si trovano
nel tuo cuore, e
mostrarti se sono sbagliate-in
questo
caso la lama assumerebbe una sfumatura onice-o giuste,
allora la lama avrebbe una sfumatura bianca- si affrettò a
spiegarle il ragazzo.
-
è molto
bello, grazie.- sussurrò affascinata, mentre lo
legava alla cintola di cuoio dei pantaloni, attenta a non tagliarsi la
camicia.
Fece per abbracciare Aaron, ma lui la fermò.
-
Non è
finita qui!- disse- ho un’altra cosa per te…-
quindi, le consegnò uno specchio in argento dalla forma
circolare e con un
grosso manico.- dentro puoi
vederci…cos’è per me il mondo.- le
confessò infine.
Isis lo sollevò e vi
scorse il volto dai lineamenti dolci di
una giovane donna dalla pelle color nocciola, con grandi occhi verde
acqua, dal
taglio esotico, incorniciati da una liscia chioma castana con una
frangia che
le copriva interamente la fronte. Quello…era il suo riflesso. Era di lei che Aaron stava
parlando!
Dischiuse le labbra sorpresa,
spaesata e, senza sapere cosa
replicare non potè fare altro che inalare grandi boccate di
iodio proveniente
dal mare.
Cosa significavano davvero
le parole del suo amico? Una dichiarazione d’amore, forse?
A salvarla da quei dubbi
arrivò, proprio in quel momento, un
corteo di Dark Angel. Alla testa- dall’alto dei loro cavalli,
e tenendo le
briglie del destriero nero di Isis- c’erano i comandanti ed i
capitani che si
occupavano di addestrare tutti, ogni giorno; alle loro spalle, a piedi,
c’era
l’intero popolo che, si aprì in due ali per
lasciar passare Isis una volta che
lei riuscì a montare a cavallo, realizzando che quello era
un modo per
festeggiarla.
Intonando canti nell’antica
lingua, giunsero tutti alle
rovine della strada lastricata che conduceva a Dorù Areaba.
La percorsero fino
ad arrivare alle porte, per la prima volta aperte, della
città e, nonostante
gli occhi e i cuori di tutti si rattristarono vedendo i resti di quelle
che un
tempo erano state le alte e solide mura della città, o i
bianchi torrioni
diroccati; nessuno smise di cantare, perché quel canto e
quei gesti erano colmi
di speranza e di significato: ogni nuovo guerriero Dark Angel poteva
porsi come
continuatore e custode delle orme dei Cavalieri, ed avrebbe dato il suo
importate contributo contro Galbatorix.
Isis scese da cavallo e si
inginocchiò a terra, con gli
occhi chiusi – come aveva visto fare durante le altre
Cerimonie di Passaggio
cui aveva assistito- al centro di una radura che un tempo doveva esser
stata
una piazza.
Nel buio sentì il rumore
di qualcosa che le veniva posato
accanto e, mentre il profumo inebriante del loto le saliva alle narici,
seppe
che qualcuno le stava inclinando all’indietro la testa per
bagnarle la fronte
con dell’acqua. Due voci basse e profonde, che Isis conosceva
benissimo,
intonarono delle preghiere di benedizione, cui tutti i Dark Angel
risposero
prontamente.
Poi, quelle due voci si fecero dolci
e le mormorarono di
alzarsi, di aprire gli occhi ad una nuova fase della sua vita. Isis
obbedì e si
trovò davanti agli occhi Phot e Nigetal, i sue Saggi, elfi
millenari dalle
chiome argentee e la bianca pelle di creta che avevano fondato i Dark
Angel.
-
Benvenuta
ufficialmente tra noi, Isis. Ora ti
riconosciamo come guerriera a difesa del nostro popolo, rispettosa e
parte
dell’unità che ti circonda. Da ora in avanti
potrai batterti per rendere
giustizia ai gloriosi Cavalieri dei Draghi. Ci auguriamo che il tuo
Passaggio
possa aiutarci a sconfiggere il tiranno Galbatorix.- esordì
Nigetal, solenne.
-
Poiché
sei nata qui a seguito della caduta di Vrael, ti
facciamo dono dell’Eldunarì del suo drago,
perché possa aprirti a maggiore
conoscenza, forza, saggezza e coraggio.- alle parole di Phot, il cuore
di Isis
quasi si fermò: era rarissimo che i saggi donassero un cuore
dei cuori di un
drago ad un guerriero Dark Angel! Era un dono inestimabile che poteva
davvero
rendere migliore una persona. Era l’essenza ultima di un
drago, la sua anima,
che sopravviveva persino dopo la morte del suo cavaliere, in piena
forza,
esperienza e conoscenza, anche se in estrema solitudine.
La ragazza prese con stupore, tra le
mani che le tremavano,
quel gigantesco cuore bianco composto da tante sfaccettature da
somigliare ad
un diamante. La superficie era tiepida ed emetteva una luce soffusa,
come una
lanterna su cui fosse stato posato un velo. Pulsava di vita e nel
momento in
cui lei aprì la mente per porgergli i suoi rispettosi
ossequi, per poco non
rischiò di cadere per via
dell’intensità della tristezza che la
investì. Era
un’emozione così totalizzante da sembrare solida e
ne rimase profondamente
impressionata.
Mentre in città i Dark
Angel allestivano un falò per
festeggiare Isis, la ragazza fu mandata in riva al mare, in solitudine
per
poter comunicare meglio con l’Eldunarì che le era
stato donato. Ma durante le
prime ore, con i nervi a fior di pelle per la tensione, non fece altro
che
camminare avanti e indietro sulla battigia: era leggermente avvilita
perché non
aveva idea di come iniziare, né i Saggi avevano potuto
insegnarle qualcosa dal
momento che- le avevano spiegato- il legame che si fosse creato con un
cuore
dei cuori sarebbe stato diverso ed unico rispetto a qualsiasi altro.
Questo in
particolare la spaventava e la innervosiva ancora di più.
Sarebbe stata in
grado di assolvere a quel compito?
Finalmente, animata da una sorta di
calma improvvisa, si
decise a tirar fuori dalla sacca che aveva con sé,
l’Eldunarì del dragò di
Vrael e, inginocchiatasi lo tenne tra le mani.
Drago, il
mio nome è
Isis, della progenie dei Dark Angel e, anche se mi spaventa un
po’ parlarti,
dal momento che è una cosa che non ho mai fatto prima,
voglio che tu sappia che
la nostra missione, la mia missione, è detronizzare
Galbatorix e rendere giustizia
ai prodi Cavalieri che tu hai avuto l’onore
d’incontrare. Spero che sarò
all’altezza di questo compito e che tu vorrai essere mio
maestro e guida, in
questo cammino… si fermò, augurandosi
di non aver fatto o detto nulla di
sbagliato
I miei
ossequi a te,
giovane Dark Angel. Non hai di che temere, ho visto il tuo cuore, ed
è puro e
pieno di coraggio. Sarò ben lieto di essere tuo maestro e
compagno di viaggio.
Replicò il drago con tono dolce ed equilibrato tanto che
Isis fu pervasa dalla
sua saggezza e dalla sua calma; tuttavia, assieme a queste emozioni
percepì la
solitudine che lo affliggeva e gli promise che si sarebbe impegnata con
tutte
le sue forze per alleviarla.
D’un tratto la vista le si
annebbiò e, come emergendo da un
lungo tunnel buio, scorse la figura di un uomo calvo e barbuto seduto
su un
fastoso trono in legno- alle cui spalle stava acciambellato un possente
drago-
che impartiva l’ordine di attaccare
e
distruggere…, a qualcuno che stava inginocchiato
al suo cospetto, con una
spada dalla lama cremisi legata al fianco ed il viso celato in un
cappuccio…
La ragazza riemerse da quella visione
col cuore che le
pulsava follemente in gola ed il fiato corto; man mano che rimetteva a
fuoco il
mondo che la circondava, riconobbe il viso deformato dalla
preoccupazione di
Aaron, ad una spanna dal suo.
-
Isis, amore mio,
come ti senti? È successo qualcosa?-
le domandò, agitato.
Il piacevole choc causato da quelle
dolci parole, le fece
quasi dimenticare di chiedere al suo maestro se avesse avuto anche lui
quella
stessa visione, se fosse stato lui a mostrargliela o se avesse mai
visto prima
i due uomini che ne facevano parte.
L’uomo
barbuto era
Galbatorix, e stava ordinando ad un suo Cavaliere- che non ho mai visto
prima-
di attaccare e distruggere qualcosa… intervenne il
drago di Vrael e lei
subito tradusse quei pensieri in parole.
-
Aaron, ho appena
avuto una visione: Galbatorix ha dalla
sua parte un Cavaliere cui ha ordinato di attaccare distruggere
qualcosa…devi
aiutarmi. Dobbiamo avvertire tutti, e riuscire a fermarlo!- nonostante
una
lieve debolezza per il dispendio di energie, Isis balzò in
piedi con l’agilità
di un gatto e, afferrata la mano di Aaron se lo trascinò
dietro, nella speranza
di arrivare presto ad avvertire i Saggi.
A metà strada dalla
capitale, accadde qualcosa che lasciò
entrambi a bocca aperta: il cielo scuro del tardo pomeriggio era
rischiarato a
giorno da roventi fiamme che, provenienti da un luogo indefinito,
stavano
facendo strage, senza differenze di uomini, animali ed alberi.
Nell’imbrunire
tuonò un ruggito spaventoso, poi si avvertì
un fortissimo spostamento d’aria, e fu solo dopo che Aaron si
gettò su di lei
per spingerla a terra, che Isis realizzò che per un soffio
non erano morti
bruciati.
La poderosa figura di un drago dalle
squame rosse era
planato su di loro, comandato da un Cavaliere che brandiva una spada
dalla lama
cremisi. Di nuovo Isis non vide il suo volto ma dalla sua arma lo
riconobbe
come l’uomo della sua visione!
-
era noi che
Galbatorix voleva attaccare! Non credevo
avesse scoperto il nostro nascondiglio!- ansimò,
terrorizzata.
-
Non importa
più ormai! Dividiamoci: io cercherò di
organizzare una difesa. Tu va’ dai Saggi e cerca un
nascondigliò per gli
Eldunarì. Sono sicuramente quelli che Galbatorix cerca!-
Aaron rubò un bacio
veloce dalle labbra carnose di Isis, poi corse via, brandendo la
propria spada.
La ragazza rimase per un secondo
confusa, le labbra le
bruciavano e le orecchie erano piene di grida di dolore e di ordini che
venivano impartiti urlando. Fortunatamente trovò la forza di
reagire e,
ringraziando il proprio fisico snello e slanciato si gettò
in una corsa che in
un batter d’occhio la fece irrompere nello studio dei Saggi.
-
Galbatorix ci ha
scoperti, il suo Cavaliere ci sta
trucidando. Bisogna nascondere gli Eldunarì!- fece, rapida e
trafelata.
Phot e Nigetal, a dispetto della loro
veneranda età,
reagirono con movimenti agili e veloci: dopo aver ordinato ad Isis di
togliere
la camicia perché potessero fasciarle il petto in modo tale
da ricavare una
sorta di “tasca” dietro la schiena della ragazza,
dove avrebbe potuto
nascondere e proteggere il suo Eldunarì; riposero gli altri
in loro possesso
nella sua sacca di cuoio. Quindi, le ordinarono di consegnare quel
tesoro
inestimabile agli stregoni perché lo nascondessero in quella
cavità a
strapiombo sul mare in cui spesso lei aveva giocato a nascondino, e ne
sigillassero l’entrata con potenti incantesimi.
In breve fortunatamente,
riuscì a portare a termine quel
compito poi però, incapace di restare ferma e nascondersi
come le aveva
consigliato l’Eldunarì di Vrael, tornò
indietro per andare ad unirsi ad Aaron e
Crys, nella radura della città.
Fu tutto inutile però. Il
fuoco e la morte toccavano ormai
ogni cosa e persona tanto che Isis credette di trovarsi in un Inferno
sulla
terra. Nulla infatti, potevano gli incantesimi dei maghi rimasti,
contro quello
sconosciuto e spietato Cavaliere, inoltre, l’ampio spazio che
avevano scelto
per battersi, era altamente svantaggioso per i Dark Angel
perché non offriva
protezioni dalle fiamme del drago rosso che quindi condannavano tutti,
inesorabilmente a morte.
Le urla di disperazione e dolore, gli
ordini che venivano
impartiti, i ruggiti del drago e il calore insopportabile delle fiamme,
stordirono
Isis facendole perdere concentrazione, e di nuovo realizzò
che sarebbe potuta
morire da un momento all’altro…se Crys non
l’avesse attirata a sé, salvandola,
e mettendola al sicuro dietro un gigantesco pino.
Le due amiche si guardarono mute, ed
una scintilla di
felicità le rasserenò anche se attorno a loro gli
altri continuavano a morire.
Poi l’elfa bionda uscì dal suo nascondiglio, tese
l’arco in direzione del drago
cremisi e scocco una freccia…all’animale
però, che l’aveva già scorta oltre le
fronde profumate, bastò un semplice respiro per disintegrare
la sua freccia e
ridurre lei ad un mucchio morente di carne annerita.
Isis, che un attimo prima aveva
sorriso con lei per essere
sfuggita alla morte trovandosela davanti morente, avrebbe voluto
urlare, ma il
suo corpo reagì smettendo di vedere, di sentire qualsiasi
cosa che non fosse
l’immenso dolore che provava per quella perdita. Tutto
ciò che riuscì a fare fu
prenderla tra le braccia ed accostare l’orecchio alle sue
labbra:
-
amica mia, ti
voglio bene…salvati…- poi più nulla.
Era
morta, ed Isis si sentiva paralizzata, china su quel corpo nel
tentativo di
proteggerlo non riusciva neppure a fermare le lacrime.
Isis, non
c’è tempo
per piangere! È uno scontro impari, morirai se non ti metti
in salvo!
Con uno sforzo disumano la ragazza
riuscì ad ascoltare ed
obbedire a quanto l’Eldunarì le aveva consigliato,
quindi iniziò a correre in
direzione del mare…
Molti Dark Angel seguirono il suo
esempio, li sentì dietro
di sé, come sentì anche che il cavaliere ed il
suo drago li stavano
seguendo…avrebbe dovuto gettarsi a terra, ma se
l’avesse fatto sarebbe morta
calpestata…
Poi, all’improvviso, senza
volerlo cadde, perché era inciampata
su qualcosa…o qualcuno:
Aaron, steso a terra,
ricoperto di sangue respirava a fatica, eppure, non appena la vide gli
si
illuminarono gli occhi.
-
Isis…mettiti
in salvo…ti amo, non sopporterei di
vederti morta…-ansimò.
Stava morendo. Isis poteva
riconoscere lo spettro della
morte sul suo viso dai tratti improvvisamente sofferenti e dal colorito
terreo.
Altre lacrime calde le bagnarono le guance mentre prendeva una mano del
ragazzo
tra le sue e gliela baciava.- amore mio, ti prego…raccogli
il mio
ultimo…respiro tra le tue labbra…- la
pregò lui. Il suo migliore amico le stava
chiedendo un bacio l’ultimo bacio della sua vita: questo era
il suo unico
desiderio. La ragazza si asciugò le lacrime e premette le
labbra sulle sue: fu
un bacio dolce, delicato che raccolse davvero
l’ultima scintilla di vita di Aaron.
Su ordine
dell’Eldunarì di Vrael, Isis riuscì ad
alzarsi
ancora in piedi, tremando questa volta. Era stata addestrata a
sopportare
qualunque dolore fisico ma sapeva che nessuna ferita avrebbe mai potuto
superare il senso d’impotenza, sconfitta e perdita che
sentiva dentro.
Alzando gli occhi al cielo vide che
lo sconosciuto Cavaliere
dal drago cremisi era appena atterrato vicino la grotta in cui erano
stati
nascosti gli Eldunarì. Servendosi della propria spada e di
incantesimi
nell’antica lingua stava uccidendo gli ultimi elfi e stregoni
Dark Angel
rimasti…
Senza riflettere e senza ascoltare il
cuore dei cuori che
l’accompagnava, con un pugno distrusse lo specchio che le
aveva regalato Aaron
e ne tirò le poche, grandi schegge affilate contro le zampe,
le ali o il ventre
di quel drago assassino; e quando questo, ferito gravemente si accorse
di ciò
che stava accadendo e costrinse il suo cavaliere a voltarsi per
difenderlo,
Isis si fece trovare pronta: scoccò una freccia che
andò a conficcarsi nella
spalla del Cavaliere il quale, colto di sorpresa, urlò.
Il drago dalle squame rubino,
sentendo quel dolore come suo,
reagì prontamente e la fiamma che uscì dalle sue
narici mancò la ragazza solo
perché si era gettata repentinamente dalla scogliera, per
trovare rifugio in
acqua.
Ora sei al
sicuro,
Dark Angel. L’acqua ci proteggerà da quei folli e
dovrai solo aspettare che se
ne saranno andati per tornare a riva. Il tono paterno
dell’Eldunarì la
rincuorò, eppure dentro provava una rabbia immensa, tanto
che non credeva
potesse essere contenuta tutta nel suo cuore.
Il cuore dei cuori del drago di
Vrael, vedendo che non
rispondeva e che, invece, si stava chiudendo in se stessa, le permise
di
ascoltare, attraverso di lui, cosa stava facendo quel Cavaliere al
servizio di
Galbatorix.
Gli ultimi membri di quel popolo
ribelle, giacevano ai suoi
piedi, senza vita. Servendosi degli occhi del suo drago,
l’uomo aveva scrutato
a lungo le onde alla ricerca del Dark Angel che lo aveva ferito, ma il
mare non
aveva tradito Isis, aveva continuato a nasconderla, così
come la grotta custode
degli Eldunarì aveva continuato a celare i suoi tesori e non
aveva intenzione
di dare segni di cedimento sotto la pressione incalzante degli
incantesimi del
Cavaliere sconosciuto.
La ragazza, quando infine, quello
sconfitto e fremente d’ira
aveva lasciato l’isola in groppa al suo drago, avrebbe voluto
esultare,
tuttavia, la morte che aveva visto, toccato e che sicuramente avrebbe
incontrato di nuovo una volta tornata a terra, non era cosa da
festeggiare.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Per festeggiare la notizia che presto
uscirà l’ultimo
capitolo del Ciclo dell’Eredità, ho riesumato e
migliorato(spero) questa storia
che avevo scritto dopo aver letto Eldest.
Che ne pensate? Troppo banale?
Spero vi piaccia, comunque attendo
esiti
Un baciotto
Marty23
|
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Capitolo 2 *** solitudine ***
Capitolo 2
Solitudine
Era scesa la notte quando Isis- gli
abiti appesantiti
dall’acqua salata- tornò a riva. Non seppe chi o
cosa le diede la forza di
restare in piedi dal momento che avrebbe voluto gettarsi a terra per la
disperazione quando dinnanzi ai suoi occhi si presentò uno
spettacolo
raccapricciante: le fiamme sputate dal drago assassino crepitavano
ancora in
ogni dove, e con tanta intensità da rischiarare quel
massacro come fosse stato
giorno.
La ragazza poteva sentire ancora
nelle orecchie il trambusto
e le urla che l’avevano circondata fino ad un attimo prima,
mentre camminava
con lentezza tra la terra bruciata. Avanzando in quel luogo ormai
deserto
dominato da un silenzio inquietante, realizzò che il drago
rosso ed il suo
cavaliere non le avevano lasciato un solo corpo da poter seppellire:
tutto e
tutti erano ridotti in cenere.
Le ginocchia le cedettero e fu
sopraffatta da un senso di
annientamento e tristezza tanto intensi da toglierle il respiro.
Come aveva potuto, dopo tanti anni di
addestramento,
lasciare che il suo popolo, i suoi amici, coloro che le avevano
insegnato tutto
e che l’avevano resa ciò che era ora, venissero
trucidati così?
Non era mai stata una codarda, eppure
si sentiva
profondamente responsabile dell’infinita desolazione che la
circondava. Quando
il suo Eldunarì tentò di consolarla lei
schermò la mente, adirata e replicò
dura, mentre una rabbia incontrollabile le montava in petto:
Maestro!
Come hai
potuto volere che io agissi così? Potevo aiutare il mio
popolo, ed avremmo
vinto!
Isis, mi
dispiace che
tu debba saggiare la solitudine che anche io provo, mi dispiace che
dobbiamo
condividere quest’immensa tristezza ma il mio gesto
è stato necessario per
salvarti: se avessi combattuto, ora saresti morta, senza- peraltro-
aver
ottenuto nulla di significativo. Preferisco invece, vederti viva-
così come
l’avrebbero preferito anche Aaron e Crys- e sapere che
combatti ancora per
detronizzare Galbatorix, magari al fianco dei Varden che sono gli unici
presso
i quali, adesso, potrai trovare rifugio. Sii fiera di quello che hai
fatto, di
quello che avete fatto. I tuoi compagni lo sarebbero.
Perché, seppur a caro
prezzo avete salvato molti dei miei fratelli e questo rappresenta
già un gesto
che ha indebolito Galbatorix.
Le sagge parole del drago, ed il
riferimento al volere dei
suoi migliori amici, alla fierezza nei propri confronti del suo popolo
acquietarono Isis, mitigando la sua rabbia, che rifluì in
una feroce
inquietudine, una necessità cieca e violenta di agire.
Le prime luci dell’alba
giunsero presto rischiarando con
un’opaca luce quel panorama terrificante.
Sembrava che l’intera
natura fosse in lutto.
Raccolta in preghiera nella speranza
che chi aveva perso la
vita lì potesse trovare la pace, Isis udì in
lontananza delle tonanti grida di rabbia…
Fu allora che lo vide: lo sconosciuto
cavaliere dalla spada
cremisi, fasciato da una lucente armatura e con il viso coperto
dall’elmo,
stava solcando i cieli per allontanarsi da quel posto, in sella al suo
drago
dalle squame di fiamma.
In quel momento la fame cieca
d’azione che Isis provava si
placò…pensava forse di potersi dire vittorioso
perché credeva di aver ucciso
tutti? Non aveva idea di quanto si stesse sbagliando.
Quell’assassino aveva
privato Isis di tutte le persone che
l’avevano amata e che da lei erano state riamate di
conseguenza avrebbe presto
sperimentato in prima persona cosa significava scatenare la rabbia e la
sete di
giustizia dell’ultima Dark Angel!
Isis, armandosi dell’ultimo
barlume di lucidità che le era
rimasto, prese la decisione che avrebbe segnato tutta la sua vita:
ripromise a
se stessa che prima avrebbe trovato i Varden ed il Cavaliere dal drago
di
zaffiro, ma poi avrebbe scatenato una vera e propria caccia per scovare
quell’omicida ed il suo drago rosso, ovunque si trovassero,
così da farli
soffrire almeno quanto stava soffrendo lei in quel momento!
Riconobbe che quella che provava era
pura sete di vendetta
e, pur sapendo che avrebbe potuto consumarla, non vi ci si
soffermò troppo col
pensiero…
Non possiamo
restare
qui a lungo Isis, altrimenti il dolore che provi ti ucciderà.
Era paura
quella che le parve di sentire nelle parole del drago?
La ragazza non aveva il coraggio di
andar via, tuttavia
riconobbe che quel luogo non aveva più i tratti della sua
casa, quindi, asciugandosi
dignitosamente un’ultima lacrima, dopo aver sistemato in una
sacca di cuoio
bruciacchiata, il cuore dei cuori del drago di Vrael assieme al suo
arco, a ciò
che rimaneva dello specchio d’argento e lo
“specchio dell’anima” che le aveva
regalato Aaron, baciò la terra che tanto a lungo
l’aveva nutrita, ascoltò per
l’ultima volta la musica della risacca delle onde ed il
fruscio rilassante del
vento fra le fronde degli alberi, consapevole che stava abbandonando
quello che
da sempre era stato tutto il suo mondo, ma che ora non avrebbe
più potuto
esserlo se non nei suoi molti, bellissimi ricordi.
Infine si gettò in acqua.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti di nuovo!
Eccomi ancora qui!
Questo capitolo(così come
il prossimo credo) è un po’ corto
perché funziona da raccordo a quello che
succederà in seguito.
Spero di essere riuscita a
trasmettere tristezza o almeno un
minimo di malinconia…o qualsiasi altra emozione…
Non so ditemi voi!
Un baciotto
Marty23
|
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Capitolo 3 *** il viaggio ***
Capitolo 3
Il viaggio
Isis riemerse a Narda, la prima
città costiera che si poteva
incontrare giungendo da Vroengard, quando il sole era alto nel cielo.
Era
consapevole di dovere molto al suo Eldunarì dal momento che,
per giungere dalla
sua isola fin lì, in così breve tempo, le aveva
infuso molta della sua forza.
Soprattutto perché era particolarmente cosciente della
propria stanchezza: non
era di tipo fisico, bensì mentale, infatti, le sembrava di
vivere un sogno.
Magari da un momento
all’altro si sarebbe svegliata per
scoprire che quella era una missione in cui l’avevano inviata
i Saggi per
indebolire Galbatorix, al termine della quale sarebbe tornata dai suoi
amici
che, sicuramente erano lì ad attenderla…
Isis, vorrei
che tu
riposassi… sussurrò il suo cuore dei
cuori con velata preoccupazione.
Mi dispiace
per questa
svista, maestro. Non preoccupatevi, non sento il bisogno di riposare,
vorrei
attraversare la Grande Dorsale
prima di notte. Replicò lei umilmente, tornando
bruscamente alla realtà.
Dal paese all’improvviso le
giunse un indistinto vociare e,
con i nervi a fior di pelle si sporse da una collinetta che si
allungava timida
verso la spiaggia, per scoprire che in quel luogo, che contava non
più di una
cinquantina di anime, era giorno di mercato.
Nonostante la sua spiccata
capacità di passare inosservata
tra la gente, in quel caso sarebbe stato praticamente impossibile, per
via del
suo aspetto e delle sue condizioni attuali, che un gruppo
così esiguo di
persone non la notasse e non si ricordasse di lei.
Respirò a fondo, lasciando
che la calma si impadronisse
lentamente di ogni fibra del suo corpo e spalancò la mente,
in
ascolto…escludendo la confusione del mercato si
concentrò sulla spiaggia in cui
si trovava finchè non riconobbe il suono
dell’acqua del mare che veniva smossa…
Magari qualcuno stava facendo il
bagno…il che significava
che doveva aver lasciato i propri abiti da qualche parte, nelle
vicinanze…un
attimo dopo, affinando maggiormente i sensi, distinse il fruscio del
tessuto
che batteva contro il ramo di un albero.
Con il passo che suonava un
po’ più sicuro, Isis si affrettò
ad appropriarsene e si cambiò velocemente nascosta dietro un
basso cespuglio. Stivali,
pantaloni e camicia le stavano un po’ grandi ma
cercò di sistemarseli addosso
alla meglio. Utilizzò i suoi abiti bruciacchiati ed umidi
per asciugarsi,
infine, si gettò addosso il mantello di canapa, troppo lungo
per lei, lasciando
che il cappuccio le ricadesse sulle spalle.
Il baccano quasi festoso di quel
villaggio di pescatori
aiutò Isis ad assumere un’andatura più
disinvolta che- nonostante la
stravaganza del suo abbigliamento- riuscì comunque a farla
passare inosservata
dal momento che il mercato per quel paesino rappresentava la vita: lo
scambio
di merci, l’andirivieni di commercianti e cacciatori la
resero praticamente
invisibile e nel frattempo lei, non smise mai di stare coi sensi
all’erta,
pronta ad osservare ed ascoltare…
Finalmente notò un giovane
mercante che, standosene un po’
in disparte, sospirava sognante, con gli occhi fissi su una giovane che
cantava
sorridente mentre intrecciava corone di fiori nei capelli delle sue
sorelline.
La leggera distrazione
dell’uomo avrebbe costituito un
vantaggio per Isis che, comunque, decise di nascondere il volto nel
cappuccio,
per precauzione.
Gli si avvicinò e,
mantenendo un tono di voce ipnotico lo
convinse a scambiare il manico del suo specchio(dal quale, gli
assicurò,
avrebbe potuto ricavare lingotti d’argento della grandezza
della sua mano, da
regalare alla sua amata)per un cambio d’abiti, un mantello da
viaggio, qualche
provvista ed un cavallo dalle zampe robuste, in groppa al quale,
concluso
l’affare, ripartì al galoppo, veloce come il vento.
Sfortunatamente, a compensare quel
vantaggioso scambio,
furono i calcoli sbagliati della Dark Angel, che non riuscì
a superare la Grande Dorsale
prima di tre
giorni, durante i quali, aiutata dalla forza del suo
Eldunarì- mentre seguiva
la linea frastagliata della costa- si faceva sempre più
adirata con se stessa
per quello stupido errore di valutazione commesso.
Finalmente, sul far della terza sera
costeggiando il corso
del fiume Toark riuscì a valicare la maestosa catena
montuosa. Era sera quando
giunse nell’umida città di Dras-Leona, affacciata
sul lago più grande che Isis
avesse mai visto.
Cavalcare veloce, fino a quel
momento, l’aveva aiutata a non
pensare. Ora però, ammise a sé stessa che-
poiché in linea d’aria Uru’Baen era
abbastanza vicina- avrebbe voluto continuare il suo viaggio: magari col
favore
delle tenebre sarebbe giunta non vista ai cancelli della
città poco prima
dell’alba e…tuttavia, ascoltando il suo corpo ed
un velato richiamo del suo
Eldunarì, riconobbe che la stanchezza iniziava a pesarle
sulle palpebre.
La notte, posandosi sulle sue spalle
come un secondo
mantello, la nascose agli occhi curiosi di quella cittadina
semiaddormentata e
lei potè muoversi invisibile come un’ombra
finchè non entrò nella piccola e mal
messa locanda al limitare del paese.
La porta di legno cigolò
ed entrarono parecchi spifferi, ma
nessuno del capannello di uomini raccolti attorno al camino al centro
della
stanza, notò la sua entrata, presi com’erano dalla
storia che qualcuno stava
raccontando loro con voce suadente.
Persino la locandiera fece caso a lei
solo quando le si parò
davanti: era una donnona bonaria e corpulenta, dai capelli argentei,
raccolti
in un’unica treccia; che sgranò gli occhi azzurri
quando Isis le diede ciò che
restava del suo specchio d’argento in cambio di una stanza,
un piatto di
minestra calda ed un cavallo con cui ripartire la mattina seguente.
Con la bocca ancora spalancata per lo
stupore, la donna
condusse la Dark
Angel
nella stanza migliore di cui disponeva e, dopo averle consegnato il
cibo che
aveva chiesto si chiuse rispettosamente la porta alle spalle,
lasciandola sola.
Nonostante la stanchezza, dopo aver
consumato velocemente il
suo pasto, Isis riuscì ad osservare quella stanza semplice,
eppure accogliente:
la piccola finestra sotto cui stava il letto aveva persino delle
tendine, che
la ragazza si preoccupò subito di chiudere per togliersi gli
abiti rubati a
Narda. Lasciò che bruciassero nel modesto camino che si
trovava nella camera e
li osservò mentre venivano divorati dalle fiamme, gli occhi
persi, la mente
altrove perché in quel fuoco rivedeva tutti i suoi amici e
mentori, morire.
Un’ondata di rabbia la
invase quando le fiamme crepitarono
leggermente e tra esse, a prendere il posto dei suoi compagni, fu il
volto
coperto dall’elmo dello sconosciuto cavaliere dalla spada
cremisi.
Senza più forze, neanche
per provare ira, Isis si lasciò
sopraffare dalla malinconia, con un
unico pensiero in testa: quell’assassino l’aveva
privata di ogni cosa, del suo
mondo, sarebbe riuscita a portare a termine la sua missione?
Rannicchiata attorno al cuscino,
sotto le coperte di quel
letto duro, come una bambina, sentendosi persa scoppiò a
piangere e le lacrime
non si fermarono finchè non si assopì.
Il mattino seguente rinvigorita dalla
notte di sonno, dopo
un veloce bagno gelido che la tonificò, risvegliandola del
tutto, Isis si
affrettò a raccogliere le sue poche cose e qualche provvista
nella sacca di
cuoio, e si allontanò al galoppo da Dras-Leona, senza
neppure fare colazione.
Le occorsero altri due giorni
perché il suo Eldunarì- che
decisamente conosceva Alagaesia meglio di lei- potesse dirle di essere
in vista
del Surda, ed in effetti, solo allora, a seguito a quella lunga,
estenuante
cavalcata attraverso terreni aridi e sconosciuti, la ragazza
avvertì che le
membra le si rilassavano: finalmente poteva dirsi al sicuro, tra amici.
Rallentò
l’andatura al trotto, concentrandosi sul proprio
respiro che si faceva più calmo mentre si permise per la
prima volta di osservare
il panorama che la circondava: il terreno era piuttosto arido,
costellato di
piccoli cespugli, anche se in lontananza scorreva, placido, un
fiumiciattolo.
Un timido sorriso le si
disegnò sulle labbra quando realizzò
che sembrava che lei stessa avesse portato sulle proprie spalle
l’imbrunire
color prugna della sera alle porte dell’alta palizzata in
legno
dell’accampamento dei Varden.
Guardandosi bene attorno- senza
però mai togliere il
mantello o abbassare il cappuccio- ringraziò le stelle
perché quel luogo
brulicava di vita, particolare che si rivelò vantaggioso per
lei, perché le
permise di oltrepassare i cancelli semiaperti di quel luogo assieme
agli ultimi
soldati che avevano vegliato sui confini, che proprio allora stavano
rientrando
all’accampamento.
Dopo aver legato il cavallo
iniziò a girare attenta per il
campo, osservandolo: era strutturato in padiglioni per i comandanti in
capo-
dai tendaggi di colore diverso a seconda del grado di chi vi
alloggiava- ed in
capanne in cui abitavano artigiani, spadai, arcieri, e tutte le persone
che
andavano a costituire i piccoli “ingranaggi”che
garantivano che quella sorta di
grande “macchinario” potesse continuare a
funzionare.
Isis riconobbe che non somigliava
affatto a ciò che i Dark
Angel avevano realizzato in Vroengard, in perfetta simbiosi con la
natura che
li circondava, sembrava che dovesse ancora abituarsi alla reciproca
appartenenza con ciò che gli stava intorno, ma ne rimase
comunque affascinata:
chissà quante battaglie dovevano esser state decise in quei
luoghi!
Improvvisamente, sobbalzando, la
ragazza si ritrovò
circondata da dodici elfi, ed uno strambo, eterogeneo gruppo di sei
persone
composto da Urgali, umani…alla cui testa stavano un uomo
tozzo e dai capelli
scuri ed un elfo con il corpo interamente ricoperto da una folta
pelliccia blu
notte che sembrava nera, con l’avanzare
dell’oscurità.
Possibile che non li avesse sentiti
arrivare, o che loro
l’avessero notata subito?
-
altolà!
Chi sei? Cosa cerchi tra noi?- fece l’uomo.
-
Non avete di che
temere da me, il mio popolo e i Custodi…sono
sempre stati amici. Cerco
il Cavaliere dal drago di zaffiro.- spiegò cercando di
apparire tranquilla,
nonostante la voce le tremasse mentre cercava di tenersi stretta la sua
sacca
di cuoio.
-
Non mi pare di
aver udito il tuo nome, “amica dei
Varden”. Perché mai questa tua ricerca?- le chiese
incalzante l’elfo, le cui
unghie delle mani, si accorse Isis, erano artigli ricurvi.
-
Non posso
dirvelo…- confessò lei. Allora i brillanti
occhi gialli dell’elfo la fissarono come se avessero voluto
leggerle nel
profondo dell’anima.
Era comprensibile la loro diffidenza
tuttavia, non appena
l’attraente elfo dai tratti animaleschi tentò di
forzare le difese della sua
mente, Isis reagì senza pensare e tentò di
opporre resistenza.
Quella prova di forza fu un tentativo
vano però, perché
l’elfo aveva molta più forza di quanta lei
disponesse così, in breve tempo,
attorno ad Isis tutto si fece buio e perse i sensi…
ANGOLO AUTRICE
Riciao a tutti!
Altro capitoletto breve!
Che ne pensate?
L’avete riconosciuto
l’elfo alla fine?
Un baciotto
Marty23
Ps lo sapevate che Varden,
nell’antica lingua significa
custodi?
|
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Capitolo 4 *** fiducia ***
Capitolo 4
Fiducia
Isis si riprese presto ma non era
sicura di essere sveglia
quando riacquistò i sensi. Fece per aprire gli occhi ma
scoprì che non ci
riusciva dal momento che una benda glieli copriva: era attorniata da
una pozza
di buio pesto che minacciava di ingoiarla non appena non appena si
fosse fatta
prendere dal panico.
Coi nervi a fior di pelle per la
tensione e per il forte mal
di testa che le martellava le tempie, tentò di muovere le
mani e stendere le
gambe, per assicurarsi di essere ancora tutta intera, ma ben presto
scoprì che
un fastidioso formicolio le si estendeva da quelle appendici in tutto
il corpo,
rendendoglielo pesantissimo, quasi estraneo.
Dopo qualche respiro
realizzò che era costretta a terra, in
posizione supina da spesse corde che bloccavano i polsi dietro la
schiena, e le
serravano le caviglie, impedendo quasi la circolazione del sangue.
Provò con
tutte le forze che aveva ad allentarle, ma presto comprese che vi era
stato
gettato sopra un incantesimo perché non si sciogliessero.
Per non darsi per
vinta, quindi, sollevò il collo più che poteva e,
dopo qualche altro respiro
che, sperò, contribuisse a calmarla, spalancò la
mente e si pose in ascolto,
cercando di percepire qualsiasi rumore o la più piccola
forma di vita che le
fosse accanto.
Nulla.
Sembrava che fosse completamente
isolata dal resto del
mondo, che galleggiasse in un limbo vuoto e senza tempo. Quella
prospettiva le fece
tremare il cuore ma, con la poca razionalità che le era
rimasta si chiese se
non fosse stato gettato un incantesimo anche attorno al luogo in cui si
trovava?
Maestro?
Tentò di
chiamare, ampliando quanto più possibile la mente. Ma
neppure in quel caso
ottenne risposta.
Fu allora che scivolò
nello sconforto: una paura
intensissima le strinse le membra in una morsa, serrandole la gola.
Aveva già
provato una paura simile, quando il suo popolo era stato sterminato
tuttavia,
era un tipo di paura che derivava dalla consapevolezza di non essere in
grado
di salvare tutti, di avere dei limiti
e dalla concreta possibilità di morire.
Ciò che sentiva ora, non
solo nel cuore ma anche in ogni
fibra del corpo, era puro terrore:
era giunta tra i Varden convinta di poter trovare in loro degli
alleati, ma
proprio come le era capitato durante il viaggio per raggiungerli, aveva
commesso un errore; altrimenti perché mai si trovava legata
in un posto pieno
di incantesimi? E, a causa di quello sbaglio, non stava solo mettendo
in
pericolo la sua vita, la sicurezza della sua mente, ma addirittura
l’Eldunarì
del suo maestro, che temeva di aver perso!
Non le era mai capitato prima di
fallire in modo così
misero…chissà dov’era ora il cuore dei
cuori del drago di Vrael? Immaginò che
dovesse essere grandemente deluso da lei, per non averlo protetto
meglio…
Sentendosi una fallita, inutile e
stupida, si lasciò
sfuggire una calda lacrima da sotto le palpebre
e…immediatamente, quasi fosse
stata udita, sentì qualcuno che entrava a squarciare il suo
buio muto, quasi
correndo, spostando con irruenza quella che, dal suono, sembrava una
tenda.
Isis quindi, avvertì una
presenza accanto a sé, china su di
lei e, un attimo dopo, una piccola mano dalla pelle morbida che le
sfiorava una
guancia, facendola sussultare e spingendola a raggomitolarsi con le
ginocchia
al petto.
-
no…non
temere: non voglio farti del male. Riesco a
percepire il dolore che provi e voglio farti star meglio
ma…è qualcosa di così
intenso, di così profondo e radicato, che l’unico
modo che ho per aiutarti è
alleviare la tua paura.-
La ragazza rimase stupita dalla voce bambina che aveva al fianco: da lei
doveva esser venuta una
ragazzina di non più di dieci anni, eppure, il suo tono era
tanto sofferente,
tanto sinceramente deciso a lenire il dolore che provava- e reso triste
dal
fatto che, per la sua intensità, avesse dovuto ripiegare
sulla paura di Isis-
da dimostrare molti anni in più.
-
grazie…-
sussurrò la Dark Angel.
Le mani della bambina sconosciuta le
stavano asciugando le
lacrime quando Isis percepì l’entrata elegante e
più silenziosa, quasi di
soppiatto, di un animale. La ragazza seppe che si trattava di un gatto
nel
momento in cui l’animale portò il muso ad una
spanna dal suo viso; la bambina
invece, si accorse di lui solo quando questo iniziò
a…cantare.
Isis ne rimase affascinata
perché non credeva che un gatto
fosse in grado di cantare, ma soprattutto perché aveva la
sensazione che
l’animale stesse cantando proprio per lei quella canzone
lenta, dai toni tristi
che parlava della forza dei Cavalieri, e della loro ammirevole
capacità di
prendere decisioni giuste anche nei momenti più critici.
-
che buffo! Non
avevo mai sentito Solembum
emettere miagolii così lamentosi…-
constatò la bambina col tono che nascondeva
un sorriso.
-
Quali miagolii?
Non senti che sta cantando?- le fece
notare la Dark
Angel,
lievemente spaesata.
La bambina si alzò in
piedi di scatto: fece guizzare
sconcertata lo sguardo dalla ragazza legata a terra al gatto dal pelo
rossiccio
e gli occhi cremisi che lei non riusciva a sentir
“cantare”; poi, dopo averlo
presto tra le braccia, uscì di corsa da quella che ormai
Isis aveva capito
essere un padiglione, e si chiuse alle spalle la tenda che aveva
scostato per
entrare lasciando la Dark Angel
di nuovo sola.
Sebbene la reazione della bambina
l’avesse lasciata senza
parole, la sua visita e le sue parole le avevano fatto scendere sul
cuore un
velo di calma che la portò ad essere speranzosa e fiduciosa
nei confronti della
figura che entrò nel padiglione con passi pesanti. Questa si
caricò Isis sulle
spalle con malagrazia incurante del fatto che lei tentasse di
dimenarsi,
pregando di essere lasciata andare. Nonostante la ragazza rabbrividisse
di
paura, bendata e legata come un capretto non appena fu trascinata via
dal suo
isolamento silenzioso, si calmò perché
percepì di essere rientrata in contatto
con il mondo circostante: le sembrava di essere al centro di un
impetuoso
vortice che l’assorbì rendendola partecipe della
sua bellezza: infatti, la Dark Angel
fu immediatamente colmata
dall’odore caldo, allegro e brulicante di vita della sera che
trascinava con sé
i primi profumi di cibo. Dunque, dedusse che non doveva essere
trascorso molto
tempo da quando aveva perso i sensi.
Isis non seppe dire quando fu
bruscamente riportata alla
realtà: poteva essere passata un’ora, un secondo o
forse un’intera giornata,
comunque venne scaricata a terra, senza troppe cerimonie e
finì col viso nella
polvere di un luogo sconosciuto, che non doveva essere molto distante
dalla sua
strana cella e che era vivo, pervaso di sussurri che tentavano di
essere più
impercettibili possibile perché lei non li captasse.
Improvvisamente le venne tolta la
benda dagli occhi ed il
suo mal di testa si intensificò, il fragile equilibrio che
era riuscita a
trovare, senza il supporto della vista andò in fumo ed una
nuova fitta di paura
la fece irrigidire. Avrebbe voluto rannicchiarsi ancora con le
ginocchia al
petto e farsi piccola piccola, così da essere invisibile ma,
decisa ad impedire
che i suoi amici fossero morti invano ed a rimediare
all’errore commesso, si
mise in ginocchio, sforzandosi di alzare la testa e fissare negli occhi
il
folto gruppo di persone che le stava davanti: al centro
dell’immenso padiglione
rosso in cui si trovavano tutti, quasi fosse stata il perno di ogni
cosa, il
punto di riferimento per ognuno lì dentro, seduta su uno
scranno intagliato,
stava un’affascinante donna dalla pelle d’ebano, i
capelli scuri e gli occhi
neri che, illuminati dalla luce propria di un comandante, la fissavano
implacabili ed indagatori; era circondata da sei soldati
dall’aria protettiva
ed inesorabile, nei quali Isis riconobbe i due umani, i due Urgali ed i
due
nani che l’avevano circondata non appena era entrata
nell’accampamento. Alla
destra della donna dall’aria da comandante stava un
eterogeneo gruppo ed annoiato
di quelli che, a prima vista ad Isis sembrarono maghi, armati in
maniera
stramba, ma la ragazza non si soffermò troppo a studiarli,
convinta dalla
sensazione che si trovassero lì solo perché
dovevano e non perché fossero
realmente interessati.
Alla sinistra della donna dalla pelle
d’ebano stavano dodici
elfi, tra i quali la Dark Angel riconobbe
quello che le aveva fatto perdere i sensi,
avvolto in una folta pelliccia blu e dagli occhi gialli che la
fissavano
incuriositi; un’elfa dagli occhi verdi e i capelli neri,
stava ritta,
consapevole di potersi nascondere ed allo stesso tempo di spiccare nel
piccolo
gruppo di suoi simili: era vestita come un’avventuriera fiera
ed impavida, e la Dark Angel
ipotizzò che
potesse essere una sorta di ambasciatrice degli elfi, tra i Varden.
Al fianco della splendida elfa stava
un ragazzo strano, che
doveva esser diventato da poco un uomo eppure Isis non
riuscì a capire bene se
fosse un umano oppure un elfo. Sembrava piuttosto un ibrido tra le due
razze,
infatti il suo viso largo dalla mascella pronunciata era un curioso
connubio di
particolarità proprie degli umani e degli elfi: di la massa di capelli
castani copriva a
malapena la sua fronte sporgente ma non nascondeva affatto le orecchie
a punta,
tipiche degli elfi. Gli occhi a mandorla scuri, la fissavano
rassicuranti.
Isis non comprese il
perché di quello sguardo fin quando lui
non le mostrò la sua sacca di cuoio, abbandonata ai suoi
piedi, e fugacemente
non aprì la mano, per lasciare che lei intravedesse lo gedwëy ignasia.
Il cuore di Isis mancò un
colpo. Non riuscì più staccare gli
occhi da lui quando comprese che era il Cavaliere del drago di zaffiro!
Nonostante la sua
felicità(perché aveva trovato chi il suo
cuore dei cuori le aveva chiesto di cercare) la tensione nel padiglione
stava
diventando pesante, quasi fosse qualcosa di tangibile.
Uno dei sei soldati che attorniavano
la donna dalla pelle
d’ebano fece per avvicinarsi a lei, e probabilmente le
avrebbe intimato con
malagrazia di parlare se proprio in quel momento qualcuno non avesse
fatto
irruzione nel padiglione e non avesse abbracciato con slancio Isis, da
dietro.
Gli occhi di tutti, che sino ad un
attimo prima erano stati
fissi sulla Dark Angel, ora guardavano allibiti la bambina dai folti
capelli
neri che le incorniciavano gli occhi pervinca illuminati da uno strano
sfavillio.
-
Elva, Angela!
Spiegatemi.- disse la donna dalla pelle
d’ebano, la cui maschera di durezza era stata incrinata dallo
sgomento.
Immediatamente una donna dalla
camminata flessuosa ed elegante,
spuntò dalle spalle di Isis e si diresse verso colei che
aveva parlato,
scostandosi da davanti gli occhi la scura nuvola di ricci per chinarsi
al suo
orecchio mentre lasciava andare a terra il gatto dal pelo rossiccio e
gli occhi
rubino che aveva cantato per Isis. Tuttavia, la bambina chiamata Elva,
non
accennò a voler sciogliere quell’abbraccio.
Trascorsero pochi, infiniti momenti
durante i quali la
ragazza dagli occhi verde acqua osservò tesa come
l’affascinante comandante
seduta sullo scranno, dopo aver chiamato a sé anche il
Cavaliere del drago di
zaffiro, aveva congedato tutti dal padiglione, eccetto il Cavaliere,
l’elfa
mora, l’elfo dalla pelliccia blu, la piccola Elva e la donna
chiamata Angela.
-
Elva, lascia
respirare la nostra ospite. Ora non ha di
che temere poiché può parlare liberamente.- la
donna dalla pelle scura parlò
alla bambina con tono quasi scherzoso, ma era chiaro che le sue parole
nascondevano un cauto invito nei confronti di Isis.
Il Cavaliere disse poche,
indecifrabili parole nell’antica
lingua e subito le corde che la Dark
Angel
aveva ai polsi ed alle caviglie caddero a terra; tuttavia, nonostante
fosse
libera, la ragazza non si alzò in piedi, sbalordita
com’era: cosa poteva aver
scoperto il Cavaliere di tanto importante su di lei da indurre la donna
a
definirla “ospite”, appena un attimo dopo averla
fissata con durezza?
-
vi prego di
perdonarmi se il mio arrivo tra voi ha
creato allarme e paura, riconosco che questi tempi non sono sicuri, ma
non
avevo altro posto dove andare.- Isis abbassò gli occhi al
dolore lacerante che
le provocarono le sue ultime parole.
-
per favore,
alzatevi.- la invitò la donna seduta sullo
scranno ma, dal momento che la ragazza non si mosse, quella si
alzò e, dopo
essersi chinata su di lei, le posò le mani sulle spalle,
aiutandola a mettersi
in piedi.
-
Il mio nome
è Nasuada. Sono a capo dei Varden. Siete
giunta tra noi in cerca di alleati e li troverete, non abbiate paura,
primi tra
tutti i presenti in questo padiglione, poiché sono tra i
miei consiglieri più fedeli.
-
Perdonate il mio
silenzio e la mia riservatezza, lady
Nasuada ma ciò che ho necessità di dire
è diretto a pochi fidati.- spiegò Isis,
piegando le labbra in un debole sorriso specchio della sua
tranquillità.- il
mio nome è Isis e sono una Dark Angel.- a quelle parole
Elva, ed Angela
sussultarono.
-
Credevo si
trattasse di un popolo leggendario!- esclamò
affascinato il Cavaliere mezzo elfo, dando voce anche allo stupore
delle due
donne.
-
No Eragon. Fu
assieme ad un gruppo di Dark Angel che
riuscii a rubare l’uovo di drago che è giunto a
te.- gli raccontò l’elfa mora,
mentre fissava Isis con ammirazione.
-
Anche noi
pensavamo che il far credere a tutti di
essere esclusivamente parte di leggendari racconti, ci tenesse al
sicuro. Ma
Galbatorix è riuscito a scoprire che il nostro nascondiglio
è…era
l’isola di Vroengard e ci ha
attaccati…sterminati ed
io ora vengo
tra voi perché sono l’unica
sopravvissuta della mia gente.-
Nell’udire quella
rivelazione l’’elfa mora si morse un
labbro e, con gli occhi lucidi per le lacrime si portò una
mano davanti alla
bocca.
-
tutti i popoli che
lottano contro Galbatorix, per la
libertà piangono una grande perdita a questa notizia, Isis
svit-kona. Lascia
che mi presenti: il mio nome è Arya e sono ambasciatrice
della regina Islanzadi
in questa terra.- Arya, si inchinò leggermente, in un saluto
rispettoso.
-
Arya svit-kona, le
tue dolci parole sono di grande
conforto per me. Ho temuto che quando tutto il mio popolo è
passato oltre,
fossi rimasta sola, ma ora so che non è così, ora
so di potermi fidare di voi e
oso dire che non devi temere che la lotta contro Galbatorix non si
fermerà, dal
momento che gli insegnamenti ed il credo del mio popolo sopravvivono in
me.-
replicò lei, commossa dalla solidarietà che
riceveva.
-
Lady Nasuada,
voglio offrirvi il mio aiuto, la mia
conoscenza, le mie armi, nella resistenza al tiranno.-
continuò Isis, sincera.
A Nasuada sfuggì un
sorriso dolce mentre incontrava lo
sguardo di Eragon e gli faceva segno di restituire la sacca di cuoio
alla Dark
Angel.
- Isis, vi prego di perdonarmi, ma
quando siete stata
catturata dai miei Falchineri ho dato ordine che la vostra sacca
venisse
ispezionata dal mio vassallo e dall’elfo Blodhgarm uno dei
dodici maghi
migliori della sua razza.-
Isis emise un sospiro spaventato
mentre i suoi occhi,
illuminati dal terrore inchiodavano quelli di Eragon.
-
Isis, immagino che
questo possa causarvi dolore
ma…potreste parlarmi meglio dell’attacco che avete
subito?- le domandò il
Cavaliere, guardandola.
-
È stato
terribile…non abbiamo avuto modo di
difenderci…siamo stati attaccati da un Cavaliere a cavallo
di un drago dalle
squame cremisi…non ne conosco il nome, ma so per certo che
è al servizio di
Galbatorix.- iniziò a raccontare la ragazza, con gli occhi
lontani, a quella
strage.
Nell’udire quella
descrizione Eragon rabbrividì, fissò Arya,
con espressione tesa e complice ed infine incrociò lo
sguardo di Nasuada, alla
quale sfuggì una lacrima.
-
siamo stati
svantaggiati dal fatto che quel Cavaliere,
pur brandendo una spada dalla lama cremisi, ci ha attaccati
dall’alto,
servendosi delle fiamme sputate dal suo drago per decimarci, senza
darci una
reale possibilità di difesa. Inoltre, siamo rimasti sorpresi
perché nessuno
sapeva che Galbatorix possedeva un altro uovo di drago…-
continuò Isis, con tono
triste.
-
In
realtà il tiranno possedeva tre uova di drago: una
è
giunta ad Eragon, l’altra si è schiusa per il
Cavaliere dal quale siete stati
attaccati…e…e l’altra, purtroppo
è ancora in suo possesso.- la informò Arya,
grave.
-
Isis, non avete
idea del perché Galbatorix abbia
ordinato al suo Cavaliere di attaccarvi? Pensate cercasse qualcosa,
sulla
vostra isola?- le domandò Nasuada, dopo un breve silenzio in
cui Isis aveva
cercato di comprendere appieno il significato delle parole
dell’elfa.
Immediatamente, la ragazza si
girò verso il capo dei Varden
e la scrutò intensamente: era saggia e accorta,
un’abile politica che sapeva
più di quanto desse a vedere. Sarebbe stato saggio parlarle
degli Eldunarì, o
mostrarle che ne aveva uno con sé, nella sacca di cuoio ai
suoi piedi(anche se
sicuramente, Eragon, ispezionandola doveva averlo trovato)?
-
no, lady Nasuada.
Immagino che, dal momento che da
sempre abbiamo costituito una spina nel fianco per Galbatorix, non
appena ha
scoperto dove ci nascondevamo, ha voluto farcela pagare.-
mentì la Dark Angel.
-
Molto bene. Sono
tremendamente dispiaciuta per la
vostra sorte e se siete ancora intenzionata ad unirvi ai Varden per
detronizzare Galbatorix, sarete la benvenuta.- mormorò lady
Nasuada, dopo un
breve silenzio.
La ragazza annuì, e dopo
essersi inchinata lievemente a
tutti i presenti nel padiglione, uscì accompagnata da Elva
ed Angela che, su
ordine del capo dei Varden, le mostrarono la tenda dove avrebbe
alloggiato.
Isis si aspettava
l’avrebbero lasciata sola, invece, non lasciarono
la sua tenda neppure un secondo, l’aiutarono persino ad
indossare il semplice
abito bianco che Nasuada le aveva fatto recapitare(sotto il quale le
fecero
nascondere “lo specchio dell’anima”), e
quando reputarono fosse pronta, la
fecero sedere al piccolo tavolo accanto al letto, Elva sedette sulle
sue gambe
ed Angela prese posto davanti a lei.
-
Elva mi ha
riferito che hai sentito Solembum cantare…-
disse, con un sorriso enigmatico sul giovane volto.
-
È
così…- ammise la Dark
Angel, un po’ a disagio.
-
Non vergognartene,
dovresti esserne fiera invece,
perché è una cosa che non capita spesso. E quando
capita so che posso osservare
il tuo futuro nelle ossa di un drago…-
Elva fece un sorriso entusiasta,
mentre le carezzava i
capelli.
Senza attendere che Isis reagisse,
l’erborista estrasse un
sacchetto di velluto dalla cintura che aveva legata attorno alla vita,
e ne
vuotò il contenuto sul tavolo: Isis scrutandole, riconobbe
le ossa della zampa
di un drago, sulla cui superficie erano incise delle rune…
Non ebbe il tempo di soffermarsi a
pensare cosa le avrebbe
detto il suo maestro perché subito, la riccioluta Angela
iniziò a parlare, con
tono più profondo e monocorde, ipnotico; gli occhi
più intensi quasi fossero
persi nel vuoto di una trance.
-
a lungo sei stata
attesa giovane Dark Angel, circondata
da amore e giustizia, ed anche se non conosci i tuoi natali, porti con
fierezza
sulle spalle il glorioso passato del tuo popolo e quello dei Cavalieri
dei
Draghi…ma il tuo cammino non sarà affatto
semplice, costantemente sospeso tra
la vita e la morte…il tuo destino è intrecciato a
quello di un Cavaliere…perciò
scegli bene le tue mosse perché basterà un passo
falso, basterà che ti lascia
accecare dall’irrazionalità e tutti, non solo tu,
ma anche il Cavaliere e tutti
noi saremo condannati…-
-
spero
d’esserti stata d’aiuto! Ora forza, è
tempo di
mangiare.- continuò l’erborista, tossicchiando. Il
suo tono era tornato normale
e non sembrava ricordare una parola di ciò che le aveva
predetto. Questo
spaventò ancora di più Isis che, persa
com’era nelle sue riflessioni, lasciò
che Elva le prendesse una mano, quasi fosse una bambola di pezza, e che
la
conducesse fuori dalla tenda…
Isis sobbalzò, colta di
sorpresa quando trovò, dinnanzi alla
sua tenda Eragon, alle cui spalle stava uno splendido, aggraziato e
possente
esemplare di drago dalle squame blu. La ragazza, seppur con
difficoltà spalancò
la mente e salutò rispettosamente entrambi.
È
un onore conoscervi,
Isis, il mio nome è Saphira. Mi rammarico per la sorte che
è toccata al vostro
popolo e vi giuro che la prossima volta che incontreremo
quell’assassino,
troveremo il modo di fargliela pagare.
Isis, non stentò a
credere- viste le lievi fiammelle che
uscirono dalle narici di Saphira- che quella femmina di drago fosse una
combattente
implacabile.
Eragon, che sino a quel momento era
rimasto come
paralizzato- forse per la vista di quella splendida ragazza- si
risvegliò
improvvisamente dai suoi pensieri e dopo aver lanciato uno sguardo di
rimprovero alla sua dragonessa, porse il braccio ad Isis e,
conducendola ad uno
dei falò sparsi nell’accampamento, attorno al
quale sembravano riuniti tutti,
la invitò a sedere accanto a lui ed a consumare insieme la
cena. Elva non volle
rinunciare al privilegio di sedere accanto a quella che ormai aveva
eletto a
sua nuova amica, mentre Nasuada la presentava benevolmente a tutti, ma,
nonostante la ragazzina le stesse parlando emozionata ed il capo dei
Varden le
avesse assicurato una calda accoglienza, Isis non riusciva a
concentrarsi su
una parola di ciò che diceva perché troppo presa
dall’atmosfera che la
circondava e da ciò che le era capitato quel giorno.
Quella condivisione del cibo attorno
al fuoco, con la volta
stellata ad osservarli le ricordava tremendamente le usanze del suo
popolo e
per poco una fitta di dolore al petto non la fece scoppiare a piangere.
Certo, era lieta che tutti la
conoscessero e che ora la
considerassero un’alleata ma…sospettosa
ripensò alle parole di lady Nasuada, al
suo atteggiamento ed a quello di Arya ed Eragon quando aveva parlato
loro del
Cavaliere dal drago rubino: era possibile che Nasuada conoscesse il
segreto
degli Eldunarì? O che le poche persone nel padiglione alle
quali aveva rivelato
i suoi segreti, conoscessero il Cavaliere al servizio di Galbatorix? Ma
certo! Altrimenti
perché mai la dragonessa Saphina l’aveva definito
“assassino” e le aveva
promesso di punirlo la “prossima volta” che
l’avesse incontrato?
Isis lasciò ad Elva- che
sembrava avere una gran fame quella
sera- la sua razione di cibo e seguì, seppur sospettosa, il
Cavaliere che la
condusse in giro per l’accampamento, presentandole
l’intero Du Vrangr Gata-
l’insieme di maghi e incantatori che la ragazza aveva visto
nel padiglione di
Nasuada, ma che giudicò nient’altro che un gruppo
di fannulloni attaccati al
potere che quel ruolo portava loro; in seguito i dodici maghi elfi che
l’avevano circondata al suo arrivo tra i Varden. Di loro Isis
apprese che erano
stati inviati dalla regina Islanzadi per essere d’aiuto ad
Eragon ed alla sua
dragonessa nella battaglia contro il nuovo Cavaliere di Galbatorix.
Furono
estremamente cortesi con lei, come imponevano le usanze elfiche che la Dark
Angel aveva imparato, ma Isis ormai
era distante da quegli ossequi, dalle scuse dell’avvenente
Blodhgarm per aver
invaso la sua mente, ma- disse- era stato necessario…
perché comprese che tutti-
tranne lei- conoscevano il
Cavaliere che aveva attaccato i Dark Angel e si sentì
tradita. Infine, Eragon
le presentò quella che lui definì “la
sua gente”, popolani dall’aria coraggiosa
e sincera che le narrarono di esser fuggiti dalla Valle Palancar per
giungere i
salvo tra i Varden sotto la guida di…
-
mio cugino Roran,
Roran Garrowsson, il cui soprannome
“Fortemartello” vi lascerà intuire, Isis
quanto possa essere esperto come
fabbro ma ancora più utile e valoroso in battaglia, visto il
sapiente uso che
ha fatto del suo martello di recente, per sconfiggere
l’Impero.- l’uomo dai
folti capelli castani le fece il baciamano, ma sembrava distante, i
suoi occhi
scuri erano velati di tristezza. Quasi gli mancasse una parte
d’anima, notò
Isis.
Ma la preoccupazione che
provò per il cugino di Eragon ebbe
breve vita, rimpiazzata dall’informazione
di una recente battaglia con l’Impero. Dunque,
Eragon doveva essersi
battuto con il Cavaliere di Galbatorix, e doveva anche averne scoperto
l’identità…dunque…perché
non gliela rivelava?
Isis stava per congedarsi
rispettosamente, intenzionata a
riflettere sul perché nessuno le dicesse la
verità, ed a organizzarsi per
iniziare a cercare il suo maestro, -dal momento che era sparito dalla
sua sacca
di cuoio, nella quale invece, erano state lasciate le sue armi- quando
Eragon
le prese la mano tra le sue fermandola; avvicinatosi ad un suo orecchio
le
sussurrò dolcemente di seguirlo e solo in quel momento, con
Saphira alle loro
spalle, vigile, Isis sentì risuonare in testa il vaticinio
di Angela: il tuo destino è
intrecciato a quello di un
Cavaliere.
Dopo essersi chiuso la tenda del suo
padiglione alle spalle,
ne tirò su una laterale perché Saphira potesse
infilarci l’elegante muso e
parte del lungo collo, infine gettò un incantesimo
perché nessuno, dall’esterno
potesse sentire le loro parole.
-
spero che ora
sappiate che potete fidarvi di noi,
Isis…- esordì il Cavaliere mezzo elfo.
-
Non ne sono molto
sicura, Shur’tugal.- quasi lo
aggredì, in risposta, dimenticando le buone maniere elfiche
che le erano state
insegnate.- dalla mia sacca, manca un tesoro inestimabile e molti sono
i
segreti che mi nascondete: mi avete lasciato credere di non conoscere
il
Cavaliere che ha ucciso la mia gente, ma mi pare di aver capito che
voi,
Eragon, ci abbiate combattuto, perciò perché non
mi rivelate la sua identità?
Inoltre, la piccola Elva dice di poter percepire il dolore altrui come
fosse
suo, dono abbastanza insolito, a meno che…-
-
Isis, sono
sbalordito! Avevo sentito parlare
dell’intelligenza e della scaltrezza dei Dark Angel ma
credevo fossero solo
leggenda. Avete ragione però, la capacità di cui
dispone Elva è inusuale,
infatti, è frutto di una mia benedizione, errata, peraltro:
ho disposto che
fosse una protezione dalla sventura…ma
ora ho posto rimedio al mio errore e se prima era costretta ad aiutare
chiunque
soffrisse, ora può scegliere.
Inoltre, è vero: ho combattuto con il Cavaliere al servizio
di Galbatorix ed ho
scoperto la sua identità, tuttavia, non intendo rivelarvela
perché non
servirebbe a riportare indietro i vostri cari e sprechereste tempo a
conoscere
il suo Vero Nome, poi confido che quando lo sconfiggeremo lui e il suo
drago
saranno condannati alla Revoca dei Nomi.- era una sua sensazione o
nelle parole
di Eragon c’era una nota di condanna e amara tristezza?-
infine, vi rendo
volentieri il vostro Eldunarì(anche a me ne è
stato donato uno e non credevo
che i Dark Angel fossero a conoscenza di questo segreto), dal momento
che mi ha
parlato di voi molto benevolmente e mi ha descritto tutto
l’attacco che avete
subito, come siate riusciti a salvare gli altri Eldunarì di
cui disponevate e
quanta forza e coraggio avete dimostrato durante il vostro viaggio.
L’ho tenuto
con me, al sicuro, infatti nessun altro sa che ce l’avete.-
si chinò per
prendere un grosso involto sotto il proprio letto e con un sorriso
glielo
porse, in maniere reverenziale, come fosse stata una reliquia.
-
Vi chiedo perdono
per le mie maniere scortesi e vi
ringrazio per aver custodito il mio segreto…senza questo
cuore dei cuori non so
neanche se sarei qui…- gli confessò.
-
Oh, non avete idea
di quanta fiducia riponga in voi;
lui crede di sì, ed anch’io.- le rivelò
Eragon ed un attimo dopo, mentre le
guance della ragazza si accaloravano le augurò la
buonanotte, facendole il
baciamano.
Con l’Eldunarì
di Vrael tra le mani, Isis si sentiva al
sicuro, ma, a seguito delle parole e dei gesti di Eragon, che
inconsapevolmente
ricollegò alla profezia di Angela, anche vulnerabile come la
più fragile delle
foglie e leggerissima. Non aveva idea di avere la mente spalancata e
che il suo
Eldunarì potè sapere quanto le era accaduto in
sua assenza oltre che tutto ciò
che provava in quel momento.
Mia dolce
Isis, sono
così contento di essere di nuovo al tuo fianco. Nonostante
le tue iniziali
paure sono felice che tu abbia trovato degli alleati cui poter porgere
il tuo
aiuto per sconfiggere Galbatorix. Non ne sei felice anche tu?
La ragazza annuì
semplicemente e, prima di scivolare in un sonno
ristoratore realizzò che per la prima volta da tempo
iniziava a sentirsi di
nuovo a casa.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti?
Allora? Che ve ne pare di questo
chappy? Troppo banale o
lento? O ha un suo perché?
Che ne pensate della profezia di
Angela? Chi sarà il
Cavaliere cui deve essere legata?
E chi saranno i suoi misteriosi
genitori?
Accetto ipotesi di qualsiasi genere!
Marty23
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Capitolo 5 *** il piano ***
Capitolo 5
Il piano
Erano ormai settimane che Isis viveva
tra i Varden ed il
loro accampamento le era diventato familiare quasi fosse stata casa
sua. Le
persone che vi vivevano erano semplici, coraggiose ed animate da ideali
giusti
e degni di onore: erano dei veri e propri eroi che probabilmente non ne
erano
neppure consapevoli, ma non avevano nulla da invidiare ai Dark Angel.
La ragazza si stava aprendo sempre
più con loro tanto che,
nonostante dopo le sue scortesi parole avesse temuto che Eragon non
volesse più
parlarle- il Cavaliere e la sua dragonessa erano sempre al suo fianco,
accogliendo con entusiasmo qualsiasi novità proponesse per
detronizzare
Galbatorix; l’amicizia che aveva stretto con Elva, comportava
che la bambina
fosse sempre accanto a lei, pur assolvendo egregiamente al proprio
compito di
difendere lady Nasuada; e il rispetto che si era guadagnata presso
Roran le
aveva permesso di apprendere che egli appariva sempre così
triste e burbero
perché attendeva con trepidazione che il cugino capisse dove
i Ra’zac, che
avevano attaccato suo piccolo villaggio, avevano portato la sua amata.
Isis era sempre stata
d’indole umile perciò non le piaceva
che Arya di tanto in tanto, o talvolta, in privato persino lady
Nasuada, le
attribuissero il merito di aver reso più uniti i Varden;
tuttavia, anche il suo
saggio Eldunarì era della stessa opinione e non perse
occasione di farglielo
notare di nuovo quando la Dark Angel
smascherò per la prima volta un infiltrato della Mano Nera
presso i Custodi.
Fu allora che, mentre il Du Vrangr
Gata inaugurava le prime
tecniche d’interrogatorio, la ragazza realizzò per
arrivare a compiere quel
gesto- la Mano
Nera
era famosa per la sua fitta rete di spionaggio, ma nessuno si sarebbe
aspettato
di trovarne un membro tra i Varden- Galbatorix doveva davvero temerli.
Quel pensiero le fece ricordare la
sua gente, che era stata
condannata a morte proprio perché incuteva paura al re e,
temendo lo stesso
destino per i Varden, Isis si ritrovò ad essere preda di una
forte rabbia, a
provare il cieco desiderio di uccidere quel Cavaliere, di cui nessuno
voleva
rivelarle l’identità, perché non
potesse far del male anche a loro.
Attenta,
Isis. Non
lasciarti accecare dall’odio.
L’ammonì l’Eldunarì di Vrael
e lei,
vergognandosi per quei pensieri violenti, si prodigò per
mettere l’idea da
parte ed organizzare un gruppo di controspionaggio, ben addestrato che,
quando
si fosse presentata l’occasione si sarebbe infiltrato ad
Uru’Baen con
l’obiettivo di detronizzare o uccidere o danneggiare
Galbatorix.
Un giorno, dopo il suo solito, duro
allenamento contro Arya,
Eragon, e Roran Isis si ritrovò a passeggiare, prima del
pasto di mezzogiorno,
nell’accampamento. Incastrato in un cespuglio di rovi,
trovò uno splendido
falco dalla testa bianca ed il maestoso piumaggio bruno. Aveva una
zampa ferita
e non riusciva a liberarsi ma nonostante tutto, quando la Dark
Angel si avvicinò,
l’animale mantenne
la sua fierezza e tentò di attaccarla. Isis, inizialmente
spaventata si
inginocchiò al suo cospetto e gli aprì la mente,
per dimostrargli quanto
rispettasse e quanto si sentisse parte dell’eterno divenire
della natura.
Allora l’animale si
lasciò prendere tra le braccia dalla
ragazza, lasciò che lei lo curasse e nei giorni che
occorsero perché la ferita
alla zampa guarisse del tutto, Isis istaurò con quel fiero
rapace un rapporto
che la portò ad affezionarglisi.
Maestro,
pensi che
potrei adottarlo? Ipotizzò scherzosamente.
Ho visto il
tuo cuore,
Isis: fremi per confrontarti con quel Cavaliere sconosciuto, per
saperne di più
su di lui perciò penso che tu voglia addestrarlo.
Le confessò il cuore dei
cuori e lei, pur essendo profondamente scossa dalle sue parole,
riconobbe
quanta verità contenessero, e non le negò.
Una mattina, ebbe un’idea
illuminante così, senza curarsi di
essere scalza ed ancora in camicia da notte si precipitò nel
padiglione rosso
del comando di lady Nasuada e, trafelata stava per inchinarsi al capo
dei
Varden, per esporle la sua idea ma arrossì, trovandola
già occupata: dinnanzi a
lei, c’erano Arya, Roran, i cui occhi erano illuminati da una
nuova luce,
intensissima, una forte speranza, ed Eragon che erano tanto assorbiti
da
quell’udienza da non accorgersi neppure della presenza della
Dark Angel.
-
mia signora ho
scoperto che Katrina, è stata portata dai
Ra’zac presso l’ Helgrind, così vi
chiedo il permesso di andarla a liberare,
assieme a mio cugino, così che la nostra impresa non sia
solo di salvataggio ma
anche di eliminazione alla radice di quei nostri nemici, direttamente
nel loro
covo principale.- stava dicendo Eragon. Isis riconobbe che aveva
discrete doti
di oratore.
-
No! Eragon,
rifletti, Galbatorix potrebbe sapere che vi
trovate lì ed ordinare che siate catturati. Se avrete la
pazienza di attendere
il gruppo addestrato da Isis svit-kona sarete più numerosi
ed avrete più
possibilità di vincere.- disse Arya, lievemente spaventata
da quella che
giudicava una missione suicida.
-
Mi dispiace
contraddirti Arya svit-kona ma credo che
sarebbe meglio che Eragon e Roran andassero da soli, poiché
temo che se si
presentasse nei pressi dell’Helgrind un gruppo più
numeroso, verrebbe subito
notato.- intervenne la Dark Angel,
facendo sì che gli occhi di tutti si spostassero su di lei.
Eragon vedendola vestita a quel modo,
arrossì ma Nasuada la
fissava interessata così, rincuorata, continuò:
-
è molto
che rifletto e vorrei dare un contributo più
significativo alla lotta contro il tiranno, quindi vi propongo questo
piano: se
Eragon, Saphira e Roran si dirigeranno all’Helgrind,
Galbatorix verrà sicuramente
a saperlo ma se nel
frattempo, qualcuno lo “distraesse” introducendosi
ad Uru’Baen, lui sarebbe
costretto a far convergere le proprie forze in un solo luogo,
soprattutto
perché, immagino, vorrà impiegare il suo
Cavaliere ed essendo lui uno soltanto,
non potrà essere impegnato su due fronti.-
spiegò, cercando di nascondere la
voglia cieca che aveva di confrontarsi, scontrarsi e conoscere quel
Cavaliere
per poterlo punire per ciò di cui l’aveva privata.
-
Il tuo piano
è molto ben congeniato, Isis, lo
riconosco. Ma chi credi sarà tanto folle da accettare di
intrufolarsi ad
Uru’Baen con l’unico fine di offrirsi come
diversivo per Eragon e Roran agli
occhi di Galbatorix?- le fece notare il capo dei Varden mentre si
alzava dal
suo scranno e le veniva incontro, per coprirla con il lungo scialle che
indossava tutte le mattine.
-
Mi offro io per
questo compito, lady Nasuada, se non vi
dispiace. Inoltre, mi scuso ma riconosco che è stata una mia
mancanza
sottolineare che fare da diversivo non sarebbe il mio unico fine:
voglio andare
a privare il re del terzo uovo di drago che è in suo
possesso, così che un
altro Cavaliere possa sorgere libero.- annunciò, fiera.
-
Isis, le tue
parole sono degne d’onore ma…riesci a
capire che ti sei offerta per una missione suicida? Non sappiamo bene
come Galbatorix
abbia organizzato Uru’Baen: ti intrufoleresti nella Tana del
Lupo praticamente
alla cieca.- sussurrò lady Nasuada, carezzandole il viso.
Non aveva molti anni
più di lei, ma la donna vedeva in lei una ragazza che era
dovuta crescere in
fretta e perciò, forse, che non si rendeva realmente contro
cosa le sue parole
stavano condannandola ad affrontare.
-
Lady Nasuada, non
temete: sono stata abituata a volgere
la mia vita a servire scopi più alti.- la
rassicurò.
-
O forse a sacrificare
la tua vita per una pazzia. Lady Nasuada, se decreterete che Isis debba
mettere
in atto il piano che ha proposto, vi prego, lasciate che
l’accompagni dal
momento che sono stata la Portatrice
dell’uovo che fu destinato ad Eragon.- soggiunse
Arya, rimproverando prima la Dark Angel,
ma poi offrendosi di proteggerla.
Un densissimo silenzio, carico di
tensione scese nel
padiglione del comando. Lady Nasuada fissò tutti i presenti
valutando quanto le
era stato proposto…
-
e sia, Isis, ma
cerca di tornare. Arya, ti prego,
veglia su di lei.- decretò infine, dopo un attimo che parve
infinito. Le sue
parole fecero gioire Isis perché quella decisione avrebbe
consentito una mossa
che, se portata felicemente a termine avrebbe fortemente minato il
regime di
terrore istaurato dal re; tuttavia, Arya, Eragon e Roran la fissarono
con la
morte nello sguardo, consapevoli che scarse erano le
possibilità di successo.
Nasuada aveva disposto che partissero
immediatamente perciò,
Isis andò nella sua tenda a prepararsi velocemente e, dopo
aver teso l’arco, riempito
la faretra ed affilato il proprio pugnale dalla lama di cristallo, si
fasciò il
petto come le avevano mostrato i Saggi, per far sì che
dietro la schiena le si
formasse una sacca in cui avrebbe nascosto il proprio
Eldunarì che, non appena
lei aprì la mente potè essere messo a parte della
decisione che la ragazza
aveva preso.
Isis,
perché fai
questo? Non devi dimostrare nulla a nessuno. Io so quanto vali, e se ne
sono
resi tutti conto, qui. La fama delle grandi imprese del tuo popolo ti
ha
preceduta ed ha permesso che venissi accolta bene tra i Varden, ed in
queste
settimane hai fatto molto al loro fianco, nella battaglia contro
Galbatorix.
perché ora ti comporti così? So che un altro
scopo per cui vuoi andare è per
cercare quel Cavaliere che vi ha sterminati e vendicarti…
Maestro, le
mie
intenzioni sono nobili: voglio portare qui il terzo uovo di drago,
così che il
nuovo Cavaliere potrà nascere libero e non al servizio del
tiranno e, lo
confesso, se mi dovesse capitare di incrociare le lame con quel
Cavaliere
assassino, perché non dovrei battermi con lui? Sono certa
che riuscirei ad
infliggergli la giusta punizione per ciò di cui mi ha
privata. Ma se temi che
Galbatorix possa impadronirsi di te durante questa missione, ti
lascerò nelle
sagge mani di Eragon…non avere paura per la mia vita: tanto
non ho più molto da
perdere.
Non sai
quanto ti
sbagli, e rimarrò al tuo fianco per dimostrartelo oltre al
fatto che te l’avevo
promesso la prima volta che ci siamo parlati!
Seppur scossa dalle parole del cuore
dei cuori, Isis si
sforzò di mantenere un’espressione neutra quando
uscì dalla sua tenda,
tuttavia, le rimase abbastanza difficile, visto che Elva si
aggrappò al suo
collo, piangendo e pregandola di non andare perché- le
sussurrò- sapeva che in
realtà Isis voleva vendicarsi del Cavaliere dal drago
cremisi.
-
non ricordi cosa
ti ha detto Angela? La vendetta che
agogni ti rovinerà, rovinerà tutti
noi…ti prego amica mia, non andare…- la
supplicò la bambina dallo sguardo violetto con le lacrime
agl’occhi.
Ad Isis venne da piangere: con quel
tono straziato anche
quella che le sembrava la più giusta delle decisioni mai
prese, in realtà
appariva sbagliata, perciò si sforzò con tutta se
stessa di baciarle la fronte
bianca marchiata dal gedwëy ignasia mentre cercava di
tranquillizzarla.
La Dark
Angel
si era aspettata che ci fossero due cavalli ad attendere Arya e lei,
pronti per
il viaggio verso Uru’Baen, tuttavia, quando Eragon
l’aiutò a salire sulla
groppa della sua agile dragonessa, dietro a Roran ed Arya, le
spiegò il piano
che aveva in mente:
-
Saphira
accompagnerà te ed Arya a Dras-Leona, da dove
noi potremo proseguire per l’Helgrind e voi invece comprerete
due cavalli, per
dirigervi ad Uru’Baen.-
Non le venne lasciato il tempo di
replicare o annuire perché
Saphira spiccò subito il volo e, sebbene Isis non riuscisse
a godersi la
liberatoria sensazione che tutti gli altri, seppur stretti sul dorso
dell’animale, povavano- perché era troppo assorta
nella riflessione delle
parole del suo maestro o di quelle di Elva- ; riconobbe che, seppur
più lenta
perché appesantita dal troppo peso, la dragonessa aveva
impiegato solo un
giorno- molto meno
tempo di quanto non
sarebbe occorso ad un cavallo- per giungere a Dras-Leona, dove Eragon e
Saphira, prima di lasciare l’elfa e la Dark
Angel, augurarono ad entrambe la protezione da
parte delle
stelle e poi svanirono diretti all’Helgrind.
Rimaste sole, Arya si
prodigò per tessere una magia che
alterasse le fattezze fisiche di entrambe e subito dopo Isis si
servì della
conoscenza che aveva della città per acquistare due
destrieri pezzati dalle
zampe forti e resistenti così che la notte le cogliesse si
misero in marcia
alla volta di Uru’Baen.
ANGOLO AUTRICE
Ta daaaaaaaaaaaaaaaaaan!
Che ne pensate?
Fatemi sapere
Marty23
|
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Capitolo 6 *** rivelazioni ***
Capitolo 6
Rivelazioni
L’elfa e la Dark
Angel
giunsero nella campagna inselvatichita e dai tratti boschivi nei
dintorni di
Uru’Baen dopo altri tre giorni di viaggio, durante i quali il
suo cuore dei
cuori insegnò ad Isis come chiudere bene la mente
affinché il Cavaliere dal
drago cremisi non la leggesse e come, qualora fosse riuscito invece, ad
invaderla, nascondergli tutto ciò che sapeva: sarebbe stato
sufficiente creare
nella mente una barriera di ricordi provenienti dal cuore- e,
conoscendo i
suoi, l’Eldunarì le assicurò che le
avrebbero garantito una protezione
abbastanza solida- dietro la quale celare un’intensissima
emozione sempre
proveniente dal cuore, che sarebbe stata l’ultimo baluardo
per i suoi più
intimi segreti (come la sua identità o il fatto che sapesse
cos’era un’Eldunarì
oppure il motivo della sua missione nella capitale
dell’Impero.
Arya, che durante il primo giorno e
la prima notte di
viaggio aveva discusso della loro strategia, ora, man mano che si
avvicinava ad
Uru’Baen, parlava sempre meno e ad Isis parve che fosse
intimorita dalla
vicinanza con quella città, quasi come se- essendo
un’entità viva e garante di
morte- l’avesse attesa da tempo, per terminare una condanna
cui l’elfa era
riuscita a sfuggire ma che quel luogo non aveva dimenticato di doverle
infliggere; tuttavia, quando furono in vista delle alte ed massicce
mura di
Uru’Baen, Arya non si lasciò sopraffare dalle
emozioni, rimase lucida e portò a
termine il proprio compito: lasciò i cavalli in
prossimità di un laghetto (che
le due stabilirono come il punto dove si sarebbero ritrovate per
fuggire, a
missione terminata), gettando su di loro un incantesimo
affinché non dessero
nell’occhio ed allo stesso tempo le attendessero per trarle
in salvo quando
fosse tutto finito.
Ringraziando
l’oscurità della notte, che con il suo mantello
le copriva e la fina pioggerella che, cadendo, pungeva gli occhi di
tutti,
rendendole quasi invisibili, l’elfa e l’umana
salirono senza difficoltà su un
carro cui vennero aperte quasi senza controlli le porte della
città, e
tramortirono i due soldati -che, all’interno facevano la
guardia a delle nuove
spade giunte per l’esercito di Galbatorix- rubandone le
divise.
Ponendosi in ascolto, Isis dapprima
rimase lievemente
spaventata dalla pioggia che batteva sulla copertura del carro, quasi
picchiasse con violenza, poi, riuscendo a capire che i soldati
sarebbero stati
fatti entrare proprio nel castello del tiranno, sorrise, costatando che
tutto
stava andando secondo il piano stabilito con Arya, quindi, fece segno
all’elfa
di scendere non appena il carro avesse rallentato un po’,
perché esplorasse la
città(in modo da non dover essere colta totalmente di
sorpresa se qualcosa
fosse andato storto)mentre la Dark Angel
avrebbe continuato il suo viaggio fin dentro a quella che i Varden
avevano
definito “la Tana
del Lupo”.
Riuscì ad allontanarsi di
soppiatto, non vista, non appena
il carro si fermò attorno a quella che doveva essere la
piazza del Cortile
Interno del castello, tuttavia, ammise a se stessa che da quel momento
in
avanti sarebbe stata completamente cieca, così, decidendo di
affidarsi
all’istinto si mescolò, veloce come il vento ed
invisibile come un’ombra, ad un
drappello di soldati che sembravano essere diretti
all’interno della fortezza.
Il castello aveva un che di imponente
ed inquietante,
inoltre, notò Isis mentre cercava di prendere punti di
riferimento che
l’aiutassero ad orientarsi, era un vero labirinto! E lei non
riusciva ad essere
molto concentrata su altro, mentre seguiva quel manipolo di soldati,
che non
fossero le fiaccole che, appese ai muri, illuminavano tutto con intense
macchie
di luce; oppure le urla di dolore sicuramente provenienti dalle celle
nei
Sotterranei ma che, nonostante tutto riuscivano ad oltrepassare le
spesse mura
trasudanti muffa e lezzo di morte, dando alla ragazza la sensazione di
trovarsi
in una tomba.
Finalmente, notata sulla sua destra
una zona più illuminata
delle altre, si staccò dal piccolo plotone spinta dal
consiglio del cuore dei
cuori che aveva con sé, di dirigersi in quella direzione; e,
ringraziando la
buona stella che evidentemente quella sera intendeva proteggerla, si
servì dei
sicuri nascondigli forniti della folta foresta di colonne che popolava
il
corridoio e la piccola sala adiacente, per evitare i servi e le poche
guardie
che si trovavano lì.
Dinnanzi a lei ora, finalmente sola,
si stagliavano le
immense, massicce porte in legno che servivano a proteggere la Sala
del Trono, rifugio di
Galbatorix e dell’ultimo uovo di drago, cui conferivano un
aspetto ancora più
inquietante le centinaia di candele che sembrava lacrimassero cera, che
con le
loro ampolle di luce, illuminavano tutt’attorno .
Isis passò una mano sul
gigantesco drago intagliato sul
legno della porta, rabbrividì appena, ma non si perse
d’animo: forte del mantello
che le copriva il viso e della divisa che le avvolgeva il corpo, si
accucciò a
terra, sino a poter posare un occhio verde acqua contro la serratura,
attraverso la quale, non fu semplice vedere ma riuscì a
distinguere, sbirciando,
un uomo seduto su un trono che impartiva ordini a qualcuno, una figura
inginocchiata ai suoi piedi, con la testa china, al fianco della quale
era
legata una spada dalla lama cremisi…
Il cuore di Isis mancò un
colpo e fu costretta a sedersi a
terra ed a premersi con violenza una mano sulle labbra
perché lo stupore che
provava non la tradisse. Nonostante non conoscesse il nome di quel
Cavaliere,
l’aveva riconosciuto subito come colui che aveva sterminato
la sua gente!
Violenti fremiti le scuotevano le
membra e tuttavia, riuscì
ad alzarsi mentre il suo cervello ragionava speditamente…se
quello era il
nascondiglio dell’ultimo uovo di drago esistente in tutta
Alagaesia, era
necessario che lei lo sottraesse al tiranno, e per farlo bisognava che
neppure
una singola forma di vita fosse
all’interno della Sala del Trono altrimenti, lei sola, al
cospetto di due
Cavalieri dei draghi avrebbe sicuramente subito una sconfitta, a causa
dell’inferiorità numerica; di conseguenza doveva
trovare un modo per far uscire
tutti di lì!
Dopo aver quindi, fatto appositamente
cadere a terra uno dei
candelabri in ottone accanto a lei, Isis si fece trovare pronta, con
l’arco
teso ed una freccia incoccata, in attesa del piccolo gruppo di persone
che si
sarebbe radunato, richiamato da quel trambusto…la Dark
Angel li guardò tutti negli occhi:
per
la maggior parte erano schiavi e pochi soldati che sicuramente erano
stati
costretti a stare lì. Non erano nemici pericolosi,
semplicemente vite umane.
Perciò la ragazza, quando giunsero, si limitò a
ferirli alle gambe o alla
pancia, così che non potessero reagire ed allo stesso tempo
rimanessero in
vita, poi, veloce come il vento, si nascose dietro una colonna, celata
dalla
semioscurità, in attesa dello sconosciuto Cavaliere
assassino che sicuramente
sarebbe arrivato, insospettito da quel trambusto.
Tesa com’era
all’idea di doversi confrontare con colui che
senza problemi aveva ucciso la sua gente, Isis stava per farsi
sopraffare dalla
paura e colmare le orecchie dal suo stesso battito cardiaco, che
sembrava fosse
impazzito; tuttavia, serrando una mano attorno all’elsa dello
Specchio
dell’Anima, che le spuntava dallo stivale, pronta a sferrarlo
contro
quell’assassino, riuscì a ritrovare la
concentrazione e, non appena udì le
porte della Sala del Trono spalancarsi, si voltò- le nocche
bianche per la
presa ferrea sull’elsa del pugnale-, decisa ad
ucciderlo…
Fu allora che, lo sguardo le cadde
sulla lama del proprio
pugnale: era completamente nera, come la pece…
Cosa poteva significare? Stava forse
facendo uno sbaglio a
desiderare la morte di un omicida?
In quel momento, per la prima volta,
potè vedere il
famigerato Cavaliere in viso: era un uomo dal corpo muscoloso, il cui
volto
serio era incorniciato da una massa di ricci castani scrutava
tutt’attorno a
sé, gli occhi penetranti, attenti e la spada sguainata.
Con poche, impronunciabili parole
pose fine alla vita di
coloro che Isis aveva ferito, facendola sussultare, seppur a qualche
metro di
distanza, per l’implacabile crudeltà che aveva
appena dimostrato. Poi, mentre
lei tratteneva il respiro e chiudeva gli occhi, chiedendosi se quello
sarebbe
stato lo stesso destino che l’avrebbe attesa; il Cavaliere
iniziò ad avanzare nella
sua direzione…e improvvisamente, mossa da un pensiero
impulsivo, Isis rise,
attirando l’attenzione dell’uomo con quel suono
argentino che risuonò dovunque,
ed iniziò a correre col cappuccio calato
sugl’occhi, nascondendosi tra le
colonne, tra le piccole pozze d’ombra di cui la sala era
macchiata. Il corpo le
si muoveva da solo, tanto velocemente da non darle nemmeno il tempo di
pensare;
la paura che prima l’aveva quasi paralizzata ora era svanita,
per lasciare il
posto ad una strana sensazione, qualcosa che mai aveva provato prima:
per la
prima volta da quando aveva assistito al massacro della sua gente, si
sentiva
più potente, più veloce, più
intelligente di quell’assassino capace di usare la
forza bruta ma non abbastanza sveglio da capire chi si stesse prendendo
gioco
di lui. Infatti, quando la Dark Angel
di tanto in tanto richiamava l’attenzione del giovane con
sussurri o risate, le
piaceva osservarne lo sguardo smarrito su quel bel volto, adombrato a
tratti
dai ricci.
D’un tratto la ragazza
giunse ad un vicolo cieco. Alle sue
spalle c’era una finestra, ma si affacciava praticamente sul
vuoto; l’unico modo
per uscire di lì sarebbe stato correre incontro al Cavaliere
ma lui si stava
avvicinando: Isis poteva sentirne i passi, felpati ma vicini.
Col respiro corto ed il cuore che le
batteva follemente nel
petto, Isis si rese conto di essere in trappola!
Tuttavia, di colpo le sue membra si
mossero, senza prima
consultare la mente: afferrando un candelabro accanto a lei, ed
avvolgendolo
col proprio mantello, Isis frantumò il vetro che la divideva
dalla libertà:
avrebbe preferito essere morta che tra le grinfie di
quell’uomo!
A quell’inaspettato rumore
i passi del Cavaliere divennero
più veloci, ma giunse tardi perché tutto
ciò che restava dinnanzi ai suoi occhi
erano i vetri rotti di una finestra, ed un candelabro abbandonato in
terra.
Della persona che stava inseguendo non c’era più
traccia.
Il ragazzo si sporse appena dalla
finestra, con gli occhi
ridotti a fessure per la pioggia scrosciante che entrava dal vetro
rotto; quasi
subito rimise dentro il viso, serrando i pugni per la rabbia: chiunque
fosse la
persona dalla risata tanto argentina, cui era stato alle calcagna,
ormai lui
non poteva fare più nulla perchè era saltata,
consegnandosi alla morte,
esattamente come aveva fatto quello sconosciuto Dark Angel che gli
aveva ferito
una spalla.
Isis riuscì a vedere
benissimo(grazie alle candele
all’interno della sala) l’espressione di rabbiosa
sconfitta sul viso del
proprio nemico e si permise di esultare col cuore, ma non mosse un solo
muscolo. D’altro canto,dal momento che era in piedi, su di un
cornicione bagnato,
sarebbe bastata una mossa falsa a farla precipitare nel vuoto.
Rimasta finalmente sola,
iniziò a muoversi lentamente, con
attenzione, concentrata come mai prima d’allora i nervi a
fior di pelle,
tuttavia, a causa della pioggia che continuava a cadere
ininterrottamente,
rischiò più volte di scivolare.
Dopo aver percorso qualche metro si
trovò dinnanzi ad
un’altra finestra che si affacciava su una stanza che
sembrava poco illuminata
ma, nonostante non riuscisse a vedere bene all’interno, Isis
giudicò che dovesse
essere vuota, quindi, facendosi forza e cercando di agire
più silenziosamente
possibile, ruppe anche quel vetro e, aggraziata come un’elfa
si intrufolò
all’interno.
Attorno a sé, il silenzio,
spezzato solo dal picchiare della
pioggia, le porte di legno chiuse…quella doveva essere la Sala
del Trono!
Isis, rincuorata, lasciò
cadere il cappuccio del mantello,
grondante d’acqua, sulle spalle e pensò che, a
giudicare dalle dimensioni, la Sala del Trono,
somigliava
più ad una grotta, al centro della quale stava un sontuoso
trono in legno
intagliato, ed oro. Il soffitto era una gigantesca cupola di vetro
colorato che
riproduceva Alagaesia, che, a causa della pioggia, riempiva quel luogo
di
riflessi particolarmente cupi.
Ricacciando indietro la sensazione di
freddo che sentiva
dentro, Isis iniziò a girare per la cavernosa sala,
ammirando i pesanti
forzieri colmi di ricchezze sparsi un po’ ovunque, ma non le
interessava l’oro
quindi continuò finchè, ai piedi di una parete
alla quale stava appeso un
gigantesco quadro, non trovò tre cuscini, vuoti. Non
riuscendo a capire a cosa
servissero si soffermò un secondo- nella speranza di una
spiegazione- ad
osservare il dipinto che, sfiorando, scoprì esser fatto di
seta, sulla cui
superficie erano ricamate quattordici figure: i tredici Rinnegati erano
vestiti
di tutto punto, nessuno, vedendoli in quel momento avrebbe sospettato
quanto le
loro mani fossero macchiate di sangue, forse solo Galbatorix, che stava
in
mezzo a loro e li fissava compiaciuto, poteva averne un’idea.
Le dita della ragazza si bloccarono
sul viso di Morzan,
ultimo dei Rinnegati, braccio destro del tiranno, l’unico-realizzò
lei- del quale ricordava
la morte.
Maestro!
Aiutami, non
riesco a trovare l’uovo di drago che cerchiamo! Lo
chiamò lei dopo essersi convinta
che non doveva indugiare troppo su quei pensieri, e dopo aver rovistato
a fondo
in ogni angolo della sala, senza aver scovato tracce di quel prezioso
tesoro.
Era consapevole di quanto rischiasse, di quanto rischiassero entrambi
ma doveva
avere un consiglio dal suo Eldunarì, perciò
aprì la mente lasciandosi invadere
da ciò che il cuore dei cuori del drago di Vrael provava.
Non riesci a
trovarlo,
perché Galbatorix non ha più con sé,
alcun terzo ed ultimo uovo di drago.
Le rivelò amaramente il suo maestro.
La forza di
quell’affermazione la colpì in pieno petto,
devastandola. Come…? Chiese.
Guarda bene
all’interno dei cuscini sotto il quadro…
le consigliò l’Eldunarì.
Isis obbedì, e
d’un tratto mentre rovistava con foga tra le
piume d’oca, si tagliò le dita con un pezzo di
carta…era della grandezza del
suo polpastrello, ed era ancora ripiegato, cosa che, le fece credere
che né
Galbatorix né altri l’avessero mai visto. Era
scritto in elfico e senza
difficoltà Isis lesse:
“Galbatorix,
ora un altro
Cavaliere
potrà nascere libero e ci auguriamo potrà opporsi
a te e sconfiggerti.
Phot e Nigetal”
Nel leggere la scrittura elegante dei
due Saggi, ad Isis
parve che l’aria fosse stata privata di tutto
l’ossigeno.
Phot e Nigetal avevano rubato al
tiranno l’ultimo uovo di
drago? Com’era possibile? Sicuramente visto che si parlava di
“un altro
Cavaliere” doveva esser avvenuto dopo che Arya aveva preso
con sé l’ovo di
Saphira, ma…perché non gliene avevano mai
parlato? E dove potevano averlo
nascosto? Era possibile che si fosse già schiuso? Oppure si
trovava ancora
sull’isola di Vroengard ed era andato distrutto in seguito
all’attacco che i
Dark Angel avevano subito?
Traendo un sospiro di sollievo, Isis
escluse subito l’ultimo
dubbio che le si era prepotentemente annidato in testa: quando era
tornata a
riva, aveva perlustrato e scandagliato ogni pietra della sua amata
isola in
cerca di qualcuno da seppellire e sicuramente, pezzi di guscio di un
uovo di
drago le sarebbero immediatamente saltati agli occhi. Ma non aveva
notato
nulla, come non aveva trovato nessuno da seppellire…
Sollecitata dal proprio maestro- che
le rivelò che in quella
stanza riusciva a percepire la presenza di decine di
Eldunarì- stava per
lasciare la
Sala
del Trono, amareggiata dalla consapevolezza di non poterli portare con
sé se
voleva mettersi in salvo, ma rincuorata dal fatto che probabilmente
l’ultimo
uovo di drago esistente in tutta Alagaesia in quel momento era davvero al sicuro; quando
improvvisamente il viso del Cavaliere che aveva ucciso il suo popolo,
le balenò
davanti agli occhi: l’aveva profondamente scossa la freddezza
con cui aveva
ucciso gli uomini che Isis aveva ferito, e non riusciva ancora a
spiegarsi
perché la lama del suo pugnale avesse assunto quella
colorazione nera, e
tuttavia, non riusciva a togliersi dalla mente l’espressione
sconfitta di
quell’uomo, perché, ipotizzò doveva
essere la prima vera volta in cui perdeva una
sfida(se si escludeva il fatto che lei stessa gli era sfuggita
gettandosi in
mare quando aveva distrutto Vroengard, ma evidentemente lui non se ne
era
curato, credendo che l’impatto con l’acqua
l’avesse uccisa). I suoi occhi
l’avevano profondamente scossa…
Isis,
svelta! Non c’è
tempo da perdere devi metterti in salvo! La
risvegliò il suo maestro,
riportandola bruscamente alla realtà.
Fortunatamente, spegnendo il cervello
ed affidandosi solo
all’istinto ed al suo corpo riuscì ad uscire-
camminando per le strade
ciottolose a testa bassa, per non destare l’attenzione di
nessuno- da Uru’Baen,
tuttavia, non si sentì veramente al sicuro sin quando, fuori
dalle mura della
città, si concesse di correre, percorrendo quasi senza
toccare terra le poche
centinaia di metri che la separavano dal laghetto dove
l’attendeva Arya, con i
cavalli pronti a partire.
Isis attese di montare in groppa al
proprio destriero ed a
spronarlo al galoppo, prima di parlare con l’elfa mora i cui
grandi occhi verdi
la fissavano confusi:
-
Galbatorix non ha
alcun uovo di drago! I Saggi che
fondarono i Dark Angel, hanno rubato l’ultimo uovo che era in
mano al tiranno,
poco tempo dopo aver affidato a te quello destinato ad Eragon!- la
informò,
parlando a voce un po’ più alta del solito a causa
del vento sollevato dalla
corsa.
-
Cosa?- fu tutto
ciò che Arya riuscì a dire.
L’espressione sul suo viso sembrava qualcosa a
metà tra la rabbia, lo stupore e
la gioia.
-
In compenso il re
ha con sé decine di Eldunarì e, anche
se mi rattrista non esserne riuscita a salvare neanche uno, sono felice
perché
credo che Galbatorix impiegherà molto tempo a capire che
sono ancora tutti lì,
cosa che potrebbe permetterci di sferrargli qualche attacco che lo
indebolirebbe.
Ad Arya, che per un po’ era
stata impegnata a chiedersi come
facesse lei a sapere degli Eldunarì, non sfuggì
il fatto che avesse incluso
anche se stessa, parlando dei Varden, così, accarezzando
l’idea che avesse
rinunciato alla vendetta, le chiese di raccontarle le sue azioni nei
minimi
particolari.
Isis, visibilmente pervasa da una
luce più intensa negli
occhi, una nuova eccitazione le spiegò tutto: come si era
intrufolata nel
castello; come aveva spinto il Cavaliere dalla spada cremisi ad uscire
dalla
Sala del Trono; quanto fosse rimasta scioccata dagli omicidi a sangue
freddo
che aveva compiuto; il desiderio di ucciderlo che aveva provato e
ciò che era
avvenuto con il suo pugnale; come si era presa gioco di lui…
-
Isis, ti rendi
conto a quale pericolo ti sei esposta?
Quanti rischi hai corso?- la interruppe l’elfa, con tono
angosciato mentre di
tanto in tanto gettava occhiate nervose alle spalle per controllare
quanto
quella città funesta si stesse allontanando.
-
Nessuno mi ha
visto in volto!- protestò lei
-
Ma cosa sarebbe
successo se Murtagh ti avesse…cioè il
Cavaliere che ha ucciso la tua gente, ti avesse presa?- la
rimproverò Arya.
Tuttavia Isis non riuscì a notare il tono affettuoso che vi
era nascosto
dietro, concentrata com’era sul nome che l’elfa
aveva pronunciato.
-
Murtagh…è
così che si chiama? Cos’altro sai di lui?
Come lo conosci?- iniziò a domandarle, incalzante, la
ragazza.
-
No, Isis. Non
posso dirti nulla. Altrimenti ti lascerai
sopraffare dall’unico desiderio di ucciderlo, come stasera.
Ma invece devi
pensare che, seppur dalla “parte sbagliata”, resta
un Cavaliere dei Draghi.-
l’ammonì con fermezza l’elfa
-
Ora lo difendi?
Dopo tutto ciò che i servi dell’Impero
ti hanno fatto subire, ti hanno inflitto, tu ancora difendi uno di
loro?-
-
Quando mi trovavo
a Gil’ead subii torture di ogni tipo
perché rivelassi doveva avevo spedito l’uovo di
Saphira. Stavo rischiando di
impazzire. Fortunatamente però, poco prima che fossi portata
ad Uru’Baen ,a
salvarmi giunse Eragon, in compagnia…del figlio di
Morzan…Murtagh, il Cavaliere
con cui ti sei…“confrontata” oggi.- le
rispose Arya, dopo averla studiata per
qualche minuto e, anche se la sua mente si abbandonò nel
ricordo di quei giorni
dolorosi, i suoi occhi non persero mai il viso di Isis, in attesa di
una
reazione…che non tardò ad attendere: per la
sorpresa di quella rivelazione, la
ragazza quasi cadde da cavallo e, quando riuscì a
riprendersi l’animale si
imbizzarrì, richiedendo che le due si fermassero per
attendere che Isis lo
domasse.
Scossa e sudata, dopo aver fatto
calmare il proprio
destriero, Isis fu costretta a smontare dalla sella ed a inginocchiarsi
a
terra, per sciacquarsi il viso alla piccola pozza d’acqua a
pochi metri da
loro. Arya seguì il suo esempio, ma rimase in piedi, le mani
strette attorno
alle briglie dei cavalli, mentre, tesa, gettava di tanto in tanto
occhiate alla
corona di mura che ormai si distingueva solo in lontananza.
-
è per
questo che temi tanto Uru’ Baen, quindi…-
riflettè Isis ad alta voce mentre raccoglieva un
po’ d’acqua tra le mani per
bere.- non sapevo che Morzan avesse un figlio…-
mormorò, con tono lontano.
-
Neanche gli stessi
Rinnegati ne erano a conoscenza. I
Varden l’hanno appreso da Murtagh stesso, quando
partecipò alla battaglia del
Farten Dur…- le spiegò l’elfa dagli
occhi verdi.
-
Ci sono delle cose
che non riesco a capire…come per esempio...perché
vi siete fidati di questo Murtagh e l’avete fatto combattere
al vostro fianco
se sapevate che era al servizio di Galbatorix? e davvero non so come
mai ho memoria della morte di
Morzan, suo
padre? Ma anche…perché ho avuto una visione
dell’ordine che Galbatorix ha
impartito a Murtagh, di distruggere i Dark Angel, pochi attimi prima
che lui
effettivamente agisse?- mormorò Isis, confusa.
-
Sei sicura, Isis?
Hai davvero avuto la visione di cui
parli? E…come puoi ricordarti
della
morte dell’ultimo dei Rinnegati? È successo
davvero troppo tempo fa perché tu
possa averne memoria…a meno che…- Arya sembrava
visibilmente più tranquilla, o
forse era solo troppo assorbita dal reale significato delle parole
della sua
amica per curarsi del fatto che, seppur lontane, erano ancora
relativamente vicine alla capitale
dell’Impero. Così
ora, mentre i cavalli brucavano l’erba, l’elfa,
passeggiava avanti e indietro,
pensierosa, attorno alla pozza sulla quale Isis era ancora china.
– a meno che
tu non abbia della magia, in te, mia giovane amica!- il suo bel volto
etereo si
illuminò.
-
Magia?!
Cosa…? Come…?- farfugliò la Dark
Angel,
senza parole.
-
Esattamente come
quella ce ho usato per alterare i tuoi
tratti somatici. Già…prima che mi
dimentichi…- fece Arya, mentre con poche
parole nell’antica lingua scioglieva l’incantesimo
fatto tempo prima, ed il
viso della sua compagna di viaggio tornò bello come sempre.-
come ti dicevo
potresti avere della magia in te, tuttavia devi sapere che esistono
solo tre
“razze”dotate di poteri: gli elfi la cui simbiosi
con la natura è tale che da
piccoli sono in grado di far crescere i fiori con il canto; i
Cavalieri, la cui
magia proviene dai loro draghi; e tutti coloro che sono stati benedetti
da un
Cavaliere, ma i “poteri” di questi ultimi dipendono
dal tipo di benedizione che
hanno ricevuto e, se me lo permetti, vorrei verificare una
cosa…- le spiegò
l’elfa, subito dopo, si accovacciò con eleganza
alle sue spalle e con un gesto
delicato le sollevò la semplice frangia castana,
perché anche la Dark Angel
potesse vedere, attraverso il
proprio riflesso nell’acqua, che sulla sua fronte
c’era il lucente gedwëy
ignasia.
Isis rimase senza parole, ebbe la
strana sensazione di
vedere dentro di sé una persona completamente nuova,
diversa, che non conosceva
affatto e rabbrividì appena, ma tutto ciò che
realmente le frullava nella testa
erano due, assillanti domande: quale Cavaliere poteva averle mai
impresso sulla
fronte il marchio luccicante, e per proteggerla da cosa, poi? E chi
doveva mai
esser stata sua madre, per aver ottenuto tanto, per la propria bambina?
Con
malinconia constatò che nessuno avrebbe potuto risponderle,
dal momento che i
Saggi le avevano sempre raccontato che i suoi genitori erano
morti…
Non ebbe neanche il tempo di parlarne
con Arya perché nel
silenzio di quella notte profumata di pioggia ma finalmente limpida, si
udì
l’inquietante ruggito di un drago.
Nel momento in cui la consapevolezza
del fatto che Murtagh e
il suo drago si stavano avvicinando, Isis ebbe come unica reazione
quella di
spedire via la sua amica elfa, perché potesse trarsi in
salvo ed offrirsi come
esca, così da lasciar addirittura credere al Cavaliere che
fosse arrivata lì da
sola o, tutt’al più che stata accompagnata da
qualcuno che, riuscendo a
sfuggirgli, aveva portato in salvo il terzo ed ultimo uovo di drago
esistente
in tutta Alagaesia.
Quindi, nonostante le proteste di
Arya, Isis rimase ben
presto sola e si affrettò a correre al galoppo in direzione
del Cavaliere dal
drago cremisi, così da spingerlo a seguirla, forte del fatto
che la pioggia,
-che non aveva mai smesso di cadere- i toni, i lampi ed i fulmini
tingevano di
un’atmosfera bellicosa tutto ciò su cui si
posavano e, risuonando sinistri,
favorivano la fuga della ragazza schiaffeggiando attraverso il vento
che
ululava, il suo bel viso, o giocherellando con le poche ciocche di
capelli che
sfuggivano dal cappuccio.
Di tanto in tanto, infatti, guardando
verso il cielo la Dark Angel
si rese conto che il drago di
Murtagh sembrava spaventato dai fulmini e reso più lento
dalla pioggia, come se
non fosse stato abituato al proprio corpo che non rispondeva
adeguatamente a
ciò che l’animale voleva fare.
Quindi, per metterlo in maggiore
difficoltà, Isis non si
diresse verso la città bensì nel boschetto
tutt’attorno, all’interno del quale
la grande stazza del drago cremisi sarebbe stata solo
d’intralcio, e quello si
sarebbe dovuto limitare a sorvolare gli alberi.
La corsa durò molto
perché il Cavaliere non sembrava
intenzionato a desistere e faceva planare il suo immenso drago, basso
in modo
che potesse distruggere qualsiasi ostacolo incontrasse con il fuoco, o
che lui
stesso potesse colpire l’intruso cui aveva dato la caccia con
la sua spada.
Fortunatamente, Isis era sempre stata
la più veloce di tutti
i suoi compagni nella corsa e non si curò della fatica che
le causava il dover
correre in lungo ed in largo per il boschetto tuttavia, tremava per il
suo
maestro ogniqualvolta la lama della spada di Murtagh vibrava a pochi
metri
dalla sua testa, senza mai colpirla e, rischiò davvero di
cadere vittima di una
paura folle quando riconobbe una piccola, spaziosa radura che si apriva
dinnanzi a lei, in quella minuta ma protettiva foresta. Lì i
due ragazzi si
sarebbero dovuti sicuramente scontrare in maniera diretta e lei aveva
pochissime
possibilità di vittoria, se si considerava che Murtagh
poteva servirsi
dell’aiuto di un drago e della sua potentissima magia.
Il respiro di Isis si era fatto
irregolare, affannoso…una
volta giunta nella radura se fosse stata catturata o uccisa, avrebbe
condannato
al più triste destino soprattutto il suo maestro,
perciò, pensò che era di
vitale importanza dover mettere in salvo specialmente lui.
Voltandosi per fissare Murtagh negli
occhi, si fermò,
estrasse da dietro la schiena l’involto di bende che
nascondeva l’Eldunarì,
sollevandolo. Quando il Cavaliere ed il suo drago interruppero
l’inseguimento
per osservarla lei lasciò credere loro che contenesse invece
l’ultimo uovo di
drago e lo lanciò in aria
perché…venisse prontamente afferrato dalle zampe
forti
del falco che la ragazza aveva trovato nell’accampamento dei
Varden e che ormai
era divenuto il suo animale domestico.
Li vide allontanarsi sentendosi
sollevata per aver
assicurato la salvezza al proprio cuore dei cuori ma allo stesso tempo
con la
morte nell’anima.
Quindi, cercando di non perdere il
controllo della
situazione, per evitare che Murtagh decidesse di seguire il volatile e
far sì
che il suo drago ne facesse il proprio spuntino, la ragazza tese
l’arco, i
nervi a fior di pelle, e mirò alla gola del giovane
Cavaliere…
La freccia mancò il suo
bersaglio e mentre Murtagh
pronunciava un incantesimo che riuscì a far smettere di
cadere la pioggia,
quasi tutti e tre si trovassero sotto una grossa cupola di vetro, il
suo
immenso, imponente drago potè finalmente piombare nella
radura, spirando
velocemente fiamme roventi che la circondarono, impedendole di scappare.
-
finalmente ci
incontriamo…credo che tu sia la persona
che ho inseguito per i corridoi del palazzo del re proprio oggi, dico
bene?-
Murtagh era sceso a terra e, mentre il suo drago frustava
l’aria con la coda,
impaziente, lui si avvicinava, la mano sull’elsa della spada,
cercando di
distinguere i tratti del viso dello sconosciuto che aveva davanti.
Isis non rispose, né si
mosse, le fiamme- a causa
dell’attacco sferrato da Murtagh al suo popolo- erano
ciò che temeva di più e
si sentiva come paralizzata.
-
allora…cos’era
quel bel fagottino che mi hai mostrato?
Cos’hai rubato di bello, al re?- continuò lui, il
tono gelido, gli occhi che
cercavano di scrutarle l’anima mentre cercava di far
pressione con degli
incantesimi, sulla mente del suo nemico, perché potesse
leggervi tutti i suoi
segreti.
Ringraziando gli insegnamenti del
proprio Eldunarì, Isis
oppose quanta più resistenza potesse, dando fondo a tutte le
energie di cui
disponeva ed alla fine, seppur spossata, vinse: i suoi segreti, almeno
per il
momento potevano dirsi al sicuro.
Allora, il Cavaliere, frustrato per
quell’accanita
resistenza pronunciò un incantesimo che la
scaraventò contro un albero, togliendole
il respiro come se avesse ricevuto un pugno nel ventre. E Isis rimase
inerme,
faccia a terra, in attesa…quando infatti, il Cavaliere
spense le fiamme del suo
drago e si avvicinò al suo sconosciuto avversario per
smuoverlo con un piede e
costatare se avesse perso i sensi, Isis prontamente balzò in
piedi e,
servendosi del proprio pugnale lo ferì ad una mano,
così da disarmarlo.
La pressione degli incantesimi di
Murtagh continuava ma, se
dapprincipio la chiusura ferrea delle mente di Isis le avevano
consentito di
battersi con il Cavaliere- che, seppur disarmato schivava i suoi
attacchi molto
decisamente- servendosi solo dello Specchio dell’Anima, man
mano si faceva
sempre più incalzante così che, quando i riflessi
di Isis, divennero più lenti,
il Cavaliere ne approfittò per serrare la sua mano attorno
al pugnale dello
sconosciuto, mentre quello ancora lo teneva in mano e, facendo girare
il suo
nemico su se stesso,- così che gli desse le spalle- lo
forzò a puntarsi alla
gola l’arma, praticamente con le sue stesse mani.
Infine, pronunciò un
incantesimo che, pur tenendo sveglia la
sua mente, costringeva lo sfortunato avversario a non avere
più possesso del
proprio corpo, quindi, avvicinando le labbra al suo orecchio, il
Cavaliere
ordinò:
-
notevole,
temerario martire: ti batti bene…ma ora: in
ginocchio!- e premette la lama dello
Specchio dell’Anima sulla sua pelle, fino a farne uscire un
rivoletto di
sangue.
fremendo e serrando le labbra per la
rabbia, a causa dei
muscoli rigidi che la facevano muovere contro la propria
volontà, Isis si
ritrovò in ginocchio, a terra, mentre Murtagh, che le
puntava la propria spada
cremisi alla gola, le tolse il cappuccio.
I riccioli gli vennero avanti,
sugl’occhi ma nascosero a
malapena la sorpresa e lo stupore che illuminarono i suoi occhi
penetranti.
L’uomo prese poi, a girarle
attorno, guardandola,
osservandola, studiandola, quasi si aspettasse di riuscire a svelarne
l’anima.
E Isis, nonostante avesse la fronte imperlata di sudore ed il volto
contratto
in una smorfia di rabbia e dolore- perché non era certo
piacevole non poter
muovere una singola fibra del proprio corpo- per la prima volta nella
sua vita
temette che le potesse venir fatto del male, tremò di paura
perché quel
Cavaliere avrebbe potuto farle qualsiasi cosa…tuttavia, lei
si rese conto,
senza mai staccare lo sguardo dalla sua figura, che quel ragazzo
continuò ad
osservarla per alcuni interminabili minuti, come rapito.
Isis si rese conto anche che,
d’un tratto quello aveva
abbandonato la sua spada per rigirarsi tra le dita il coltello
dell’avversaria
e, di tanto in tanto ansimava: sembrava stanco per il combattimento, ma
anche
stupito e squassato da un’amara rabbia forse
perché una ragazza era
riuscita a deriderlo, a disarmarlo, a ferirlo.
-
chi sei? Chi ti
manda qui? Cosa hai sottratto al re?-
le intimò, inchiodandola a terra con lo sguardo.
-
Non lo saprai mai
dalle mie labbra!- le urlò contro
lei, dal momento che ormai la voce era l’unico strumento
rimastole per
difendersi.
-
Non temere,
riusciremo a farti parlare.- le sussurrò
lui, mellifluo, avvicinandosi tanto al suo orecchio da farle solletico
sul
collo con i ricci. Trattenne a stento un conato di vomito poi, non
appena il
Cavaliere schioccò le dita, la ragazza cadde riversa a
terra, svenuta.
Murtagh prese tra le braccia il corpo
privo di sensi della
sua sconosciuta nemesi fissandola duro, e tuttavia affascinato:
com’era
riuscito a credere che fosse morta a seguito di quel salto dalla
finestra?
D’un tratto le sue mani
indugiarono sulla pelle color
nocciola di lei…
È
davvero molto bella…costatò
il suo drago dalle squame cremisi, dando voce alla confusione suscitata
nel
ragazzo da quel semplice contatto
Sì,
Castigo. Hai
ragione. Ma ha rubato qualcosa al re e dobbiamo scoprire cosa. Non
possiamo
farci distrarre dal suo aspetto fisico. Tagliò
bruscamente corto il
ragazzo, forse perchè adirato dal fatto che sapeva che,
quando avesse fatto
ritorno senza ciò che era stato sottratto al re, sarebbe
stato punito; oppure
semplicemente perché non era stato in grado di capire,
velocemente quanto
Castigo cosa aveva causato la confusione che continuava a provare,
persino in
quel momento.
Quindi, senza altri giri di parole o
di pensiero la caricò
sulla sella del suo drago, decidendo però,
all’improvviso di appagare la strana
necessità, che gli faceva prudere le mani, di tenere la
testa di lei sulla
spalla, e di stringerle la vita con le breccia; mentre la condusse al
palazzo
di Galbatorix, dove l’attendeva un destino funesto.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Scusate se vi ho fatto aspettare, ma
finalmente sono
riuscita a scrivere qualcosa, spero che il post vi piaccia e
soprattutto che ci
si capisca qualcosa, soprattutto mi auguro sia chiaro(anche se
volutamente
vago) ciò che ha provato Isis quando ha visto Murtagh e cosa
invece ha provato
il Cavaliere quando ha sfiorato la ragazza.
Fatemi sapere che ne pensate.
Un baciotto
Marty23
|
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Capitolo 7 *** torture ***
Capitolo 7
Torture
Isis si risvegliò di
soprassalto, la testa le scoppiava, le
membra pesanti come piombo. Le sembrava di non riuscire a tenere gli
occhi
aperti, tuttavia, mordendosi con forza le labbra, si costrinse a
restare
sveglia, nella speranza di riuscire a capire dove fosse.
L’ultimo ricordo che aveva,
riguardava il fallimentare
scontro con Murtagh.
Ma…ora, dove si trovava?
Fece per guardarsi attorno, ma le
scure pareti che la
circondavano, tremarono tanto da darle l’impressione di
volersi chiudere
attorno a lei fino a toglierle il respiro, e la testa continuava a
darle così
fastidio che presto finì carponi, col respiro accelerato.
Provò ad alzarsi di
nuovo, ma seppe che non poteva muoversi dallo sporco pagliericcio che
era in
terra, quando vide i grossi anelli di metallo legati alle pesanti corde
pendenti dal muro, che le circondavano stretti i polsi e le caviglie.
Quindi, si mise seduta, quanto le
permettevano quelle
catene, e studiò attentamente la cella in cui era rinchiusa:
dinnanzi a lei,
una spessa, fitta griglia di metallo- che dal soffitto toccava il
pavimento-,
le fece capire che era in gabbia; le alte pareti tutt’attorno
erano
completamente ricoperte di pesanti lastre di pietra, tra le quali di
tanto in
tanto crescevano ciuffi d’erba che mandavano un forte odore
di muffa; la parete
alle sue spalle, lasciava spazio ad una piccola finestra con
inferriate,
attraverso la quale filtrava la luce opaca della luna.
La ragazza non aveva idea di quanto
tempo fosse trascorso da
quando aveva perso i sensi, ma non aveva molta importanza, ormai,
perché c’era
altro di cui doveva curarsi: era prigioniera ed avrebbe dovuto
combattere per
difendere la propria mente perché tutti i segreti che
conteneva non fossero
profanati.
Sentì che le forze stavano
per abbandonarla quindi, impiegò
tutte le energie che le rimanevano per nascondere, dietro una forte
paura,
un’immensa rabbia ed una spessa rete di ricordi provenienti
dal cuore, la
propria identità; la propria origine; il motivo per cui si
trovava lì; ed il
fatto che fosse a conoscenza del segreto degli Eldunarì-
come le aveva
insegnato il suo maestro.
Una strana tristezza le
pesò improvvisamente sul cuore, come
fosse stata piombo e, salendo, le serrò la gola come un
intricato intreccio di
rovi: nonostante fosse riuscita a far fuggire Arya, ed a mettere in
salvò il
suo Eldunarì, ora era completamente sola, e non era certa di
riuscire a
fronteggiare tutte le sfide che le si sarebbero presentate.
Non ebbe il tempo di ammettere a se
stessa di aver paura,
perché il sonno la colse, facendola scivolare sul
pagliericcio. Ma non ci
sarebbe stato bisogno di ammetterlo, perché nel suo cuore
poteva sentire
quell’emozione, paralizzante come mai era stata prima.
Nelle ore, o forse nei giorni, o
magari erano settimane- il
tempo non sembrava scorrere, lì dentro- che seguirono, Isis
rimase rannicchiata
a terra, continuando a scivolare in sonni brevi e agitati.
Ogniqualvolta si
svegliava, trovava una luce solare diversa a lambirle la pelle. Una
volta,
riemergendo dal sottile strato d’incoscienza, distinse nella
semioscurità la
sagoma dagli occhi da gatto di un soldato che venne a lasciarle in
cella un
vassoio con del cibo ed un boccale d’acqua.
“riporta tutto via: pensi
che non sappia che ogni cosa
potrebbe essere avvelenata?” avrebbe voluto dirgli, ma si
rese conto di avere
le labbra tanto impastate da non riuscire a parlare, e
l’arsura che provava era
diventata tale da farle sentire il sapore del proprio sangue
giù per la gola;
senza pensarci troppo, quindi, si avventò sul boccale di
legno, trangugiando
avidamente il liquido che conteneva il quale, per le lunghe sorsate che
la
ragazza prendeva, di tanto in tanto le scendeva persino lungo il collo,
bagnandole la camicia che indossava, ormai lurida.
Improvvisamente, proprio mentre Isis
tornava a respirare
normalmente, rinfrancata dal beneficio dell’acqua,
iniziò ad avvertire uno
spossante senso di nausea, ad essere scossa da violenti tremiti che,
ogniqualvolta tentava di mettersi carponi o seduta, la spingevano con
forza a
terra. Vedeva persino doppio…allora comprese di aver
commesso l’ennesimo
errore: l’acqua era stata drogata! Che stupida era stata!
Come aveva potuto
cedere? Chissà cosa le avrebbe detto il suo maestro, in quel
momento?
Non ebbe il tempo di soffermarsi su
quel pensiero, né di
farsi invadere dall’amarezza, per aver dimostrato la propria
debolezza e
stupidità, ora che era priva del proprio
Eldunarì, perché, con uno stridente
clangore metallico, la porta della sua cella si spalancò,
per lasciar entrare
un uomo che pareva un colosso, calvo, nerboruto e che alla ragazza
parve avesse
oscurato tutta la luce che filtrava nella stanzetta umida.
Approfittando del fatto che non
potesse ribellarsi perché
inebetita da ciò che aveva bevuto, quella montagna umana si
caricò Isis sulle
spalle e, con una camminata claudicante che contribuì ad
accentuare il senso di
nausea della Dark Angel, la portò in una zona più
illuminata dei sotterranei- e
la luce, dopo tanto tempo trascorso nella penombra, provocò
alla ragazza un
fastidio che la spinse a muoversi scompostamente sulla spalla del suo
carnefice, mugugnando- fino ad una sala i cui muri, costellati di
fiaccole,
erano tappezzati di strane macchie di metallo e cuoio che Isis
riconobbe come
strumenti di tortura.
Subito il suo aguzzino la
gettò a terra, le fermò i polsi
con una corda legata stretta, che poi tirò, fino a
costringerla a sollevare le
braccia sopra la testa, ed infine, le strappò la camicia con
decisione, per
iniziare a frustarle con forza la schiena, rimasta nuda.
Isis avrebbe avuto voglia di urlare,
perché la droga che le
circolava nel sangue le faceva sentire ogni cosa amplificata: lo
schiocco secco
della frusta ogni volta le sembrava le colpisse la pelle con la forza
di un
tornado o di un fulmine, somigliava ad un urlo; e poi la voce cavernosa
del suo
torturatore, le pareva fosse sorta direttamente dall’inferno,
per interrogarla,
incalzante:
-
povera stupida,
credevi di poter rubare l’ultimo uovo
di drago de Re, e farla franca?- le urlò, tra una frustata e
l’altra.
Alla Dark Angel per poco non si
fermò il cuore per la
sorpresa: udire quelle parole fu, per lei, come tornare a respirare di
colpo,
con tanta violenza da farle girare la testa. Dovevano essere davvero in
pochi,
allora- se non, addirittura, il solo Galbatorix- a sapere che il re non
aveva
più con sé da molto tempo, l’ultimo
uovo di drago! E, se il tiranno aveva
tenuto per sé questo segreto, facendo credere invece, a
tutti- persino a coloro
che si trovavano nel suo palazzo- che l’ultimo uovo di drago
era nelle sue
mani, significava che era interessato a nascondere qualcosa che
reputava molto
più importante…che si trattasse del segreto della
sua “scorta” di Eldunarì?
Isis trattenne a stento un sorriso,
capendo di essere giunta
alla spiegazione di tutto, mentre le sferzate continuavano, sempre
più
vigorose, accompagnate dal serrato interrogatorio dell’uomo
calvo; che lei però
non avvertiva più, lontana com’era, tra i suoi
pensieri:
-
chi sei? Dove hai
nascosto l’uovo del Re?-
Isis fu rigettata nella sua cella con
malagrazia ed incatenata
di nuovo, dopo che il torturatore calvo l’aveva trascinata
per i piedi lungo
tutti i corridoi dei sotterranei. Una volta lì il tempo
smise ancora una volta
di scorrere e lei non ebbe altro da fare- dal momento che
l’effetto della droga
era svanito- che osservare la luce che filtrava dalla sua finestra,
così da
poter ipotizzare che fosse ormai scesa la notte: per tutto il giorno il
suo
aguzzino l’aveva frustata, cercando di estorcerle
informazioni ed accanendosi
con maggior violenza sul suo corpo, ogni volta che lei non urlava,
rideva, o lo
scherniva, lasciandogli credere che lei avesse realmente
rubato l’inesistente ultimo uovo del Re.
Ora avrebbe voluto esultare-
perché nonostante qualche urlo
di dolore, era riuscita a non svelare nessuno dei suoi segreti, grazie
al
metodo appreso dal suo maestro- tuttavia, il dolore delle ferite era
così
intenso adesso, che non riusciva a muoversi. Quindi, iniziò
a contare quante
pietre componessero la sua cella e…d’un
tratto…senza un motivo apparente, una
lacrima d’argento le sfuggì da sotto le palpebre,
segnando un solco nella sua
guancia, fino a cadere sul pavimento: il pensiero le era
inevitabilmente corso
ad Arya, che era al sicuro; ad Eragon e Roran che, sperò,
fossero riusciti a
salvare Katrina; e a lady Nasuada, che le aveva raccomandato di
tornare, ma lei
non c’era riuscita…
La mattina seguente,
all’alba avvertì degli artigli che
grattavano il muro, in un punto indefinito molto vicino a lei; nel
momento in
cui, alzando gli occhi, riconobbe la testa bianca del suo falco, sporta
all’interno della cella, mentre teneva ancora tra le zampe
l’involto con il
cuore dei cuori del drago di Vrael; seppe che quei due suoi alleati
avevano un
piano per farla evadere.
Quando, perciò, giunse il
soldato dagli occhi da gatto, portandole
di nuovo un boccale d’acqua drogata, Isis lo
pregò, con voce roca e
supplichevole, di aiutarla a bere, perché lei- per il dolore
che ancora provava
a causa delle frustate- non ci riusciva.
Dopo un attimo di tentennamento,
quello- che, notò Isis, aveva
il viso bambino, privo anche della più piccola traccia
barba- si inginocchiò
davanti a lei e, tenendole il mento con una mano mentre teneva il
boccale
nell’altra, disse:
-
mi
dispiace…-
-
anche a me!-
replicò inaspettatamente la Dark
Angel, e si mosse così velocemente
che
il soldato non riuscì a distinguere i suoi movimenti: in un
batter d’occhio si
ritrovò a bere, forzato da quella ragazza
dall’aria innocua, l’acqua drogata
destinata a lei, mentre quella lo fissava impaziente.
Quindi, quando lo sconosciuto soldato
fu ridotto ad una
bambola di pezza inerme, ma con gli occhi che la fissavano vigili, Isis
usò le
chiavi che gli pendevano dalla cintola per togliersi le catene dai
polsi e
dalle caviglie, così, una volta con le mani libere, lo
spogliò ed indossò la
sua divisa, nella speranza di riuscire a fuggire, confondendosi
inosservata tra
le guardie che pattugliavano il palazzo di Galbatorix.
Con l’adrenalina che le
scorreva senza freni nelle vene, la
ragazza uscì dalla sua cella e si precipitò
nell’armeria, per riprendersi lo
Specchio dell’Anima…stava per lanciarsi carponi-
con il coltello al sicuro
nella cintura- in un cunicolo di scolo lì vicino, che
sicuramente l’avrebbe
condotta all’esterno, quando, improvvisamente udì
delle urla strazianti,
disperate…
Era consapevole di avere poco tempo
per fuggire, ma perché
avrebbe dovuto negare la salvezza a qualcuno che stava soffrendo come
aveva
sofferto lei?
Svoltò decisa
l’angolo e si avventò, brandendo il pugnale,
sul maiale violento che, tenendo quella che sembrava la sua serva,
bloccata
contro il muro, tentava di prenderla contro la sua volontà,
mettendole le mani
ovunque, sotto l’abito semplice, mentre la donna dai capelli
biondi si dimenava
con quanta più forza avesse.
Nel momento in cui il pugnale di Isis
gli trapassò la
colonna vertebrale, trafiggendogli anche il cuore, la sua lussuria
venne meno
e, con occhi vitrei, si girò a fissare la sconosciuta senza
volto che l’aveva
privato della vita e del piacere di quella conquista. Isis, nonostante
i
brividi provocati da quello sguardo, fissò la donna dai
grandi occhi azzurri da
cerbiatta, colmi di terrore, ed avrebbe voluto chiederle se stava bene
ma…
-
letta!-
fu
tutto ciò che udì mentre la vedeva svenire, e non
riuscì ad opporsi all’energia
che un attimo dopo la investì, scagliandola lontano, contro
il muro.
Sapeva chi aveva pronunciato quella
formula nell’antica
lingua, avrebbe riconosciuto ovunque la voce del Cavaliere dal drago
cremisi,
perciò, nonostante si sentisse stordita e dolorante, si
rialzò quasi immediatamente,
correndogli incontro per affrontarlo.
Ma Murtagh non era stato torturato,
né aveva sofferto la
fame, e a dargli forza aveva anche la magia proveniente dal suo drago,
infatti,
gli bastarono poche mosse per schivare repentinamente gli attacchi
della
ragazza, disarmarla, e fare una mezza piroetta così da
spingerla a terra ed
avvolgerle dietro il collo la lama rossa della sua spada, mentre le
puntava lo
Specchio dell’Anima alla gola- la cui lama, inaspettatamente
era divenuta
bianca!
Isis sentì le ginocchia
che le tremavano mentre tentava di
spiegarsi perché la lama del suo stesso pugnale reputava
giusto che dovesse
morire per mano di quel Cavaliere? Perché era a questo che
Murtagh stava
pensando, no?
Si fece forza, nonostante il fastidio
che le provocava
sentire il suo bacino contro il proprio, e lo guardò negli
occhi:
-
avanti, fallo.- lo
incitò, rassegnata.
Murtagh rimase un secondo interdetto
per lo strano colore
assunto dalla lama di quel pugnale e per la reazione della ragazza, ma
si
riprese quasi subito, infatti, dopo averla afferrata per la camicia, la
tirò in
avanti- sempre tenendole puntato contro lo Specchio
dell’Anima- fino a farla
praticamente sedere di fronte a lui, pur continuando a restarle seduto
sul
bacino, e bisbigliò:
-
credimi, vorrei
ucciderti, perché sei la prova vivente
del fatto che non ho portato
bene a termine il compito assegnatomi dal Re; ma non posso farlo, non
ora che ho
finalmente scoperto chi sei, Dark Angel!- il suo tono di voce era
così adirato
che Isis si aspettava l’avrebbe picchiata, ma il suo corpo
che toccava
sgradevolmente il suo, era così teso che, se non avesse
parlato, avrebbe potuto
essere scambiato per una statua.
-
Come
hai…?- balbettò persa, lei.
-
Solo i Dark Angel
sono in grado di fabbricare armi del
genere: la lama di questo pugnale può rivelare se le
decisioni di chi lo
impugna sono giuste o sbagliate, vero?- le domandò, con gli
occhi che
lampeggiarono.
Isis, sentendosi scoperta
tremò e chinò la testa per evitare
lo sguardo penetrante di quell’uomo che, da un solo indizio,
era stato capace
di leggerle nell’anima.
Un attimo dopo avvertì un
forte colpo in pieno viso…tutto
divenne buio e perse i sensi.
Murtagh rimase per qualche attimo
ancora ad osservare quella
ragazza che era sfuggita più di una volta alla lama della
sua spada: era
davvero molto bella e sembrava così tranquilla ora che
pareva dormire, ma in
realtà- e lui l’aveva scoperto sulla propria
pelle- aveva un vero fuoco che le
ardeva dentro e che, persino ora, nonostante tutto fosse contro di lei,
l’aveva
spinta a tentare la fuga.
Sai,
Castigo? Mi
aspettavo che l’avrebbe fatto. In un certo senso
non vedevo l’ora che tentasse di
fuggire…hai visto che
espressione fiera aveva, quando ha creduto che stessi per ucciderla?
Credevo
che i Dark Angel fossero solo leggenda, ma quando li ho uccisi ho
capito di
essermi sbagliato, ed ora che questa ragazza- l’ultima di
tutti i Dark Angel- è
qui, ho scoperto che sono stati davvero addestrati a sacrificare ogni
cosa per
un “fine più alto”
Penso sia
onorevole,
anche se non riesco a concepire questo modo di vivere. Però,
ciò che so per
certo è come ti senti: so bene che non vedevi
l’ora che scappasse; so anche che
non era ucciderla ciò
che hai
desiderato…come so che ne sei rimasto affascinato- prima, per…“la sua
espressione fiera” come l’hai chiamata tu ma
persino sin dal primo momento in cui l’hai vista-
perché per te lei rappresenta
una sfida… replicò Castigo, con la
mente aperta al suo Cavaliere-
nonostante la distanza che li divideva- mentre con le sue semplici
parole,
andava a toccare tutti i tasti deboli di Murtagh.
Gli occhi dell’uomo
lampeggiarono di nuovo: il suo drago
aveva ragione; era affascinato da quella donna sconosciuta, ultima di
un popolo
che lui stesso aveva sterminato, ma non solo perché
rappresentava una sfida,
bensì anche perché in sua presenza provava una
sensazione stranissima che lo
dilaniava e lo deconcentrava, facendo invece convergere tutta la sua
attenzione
su di lei.
Lasciò scorrere per
un’ultima volta lo sguardo sul corpo di
lei ed infine, si decise a prenderla tra le braccia, per portarla in
un’altra
zona dei sotterranei.
Isis avvertì che stava per
svegliarsi. Attorno a sé udiva
echi lontani di urla di dolore e rumore di catene mentre invece,
sentiva come
qualcosa di reale, un dolore lancinante, lì dove Murtagh
l’aveva colpita, e le
doleva più di ogni altra ferita. Ricordava tutto
ciò che era successo- forse
poco prima o forse giorni addietro-ma non riusciva a capire se era
stato reale
oppure si era trattato di un sogno molto realistico.
Aprì gli occhi, e subito
la sensazione di disagio svanì: era
immersa nel buio, le mani e i piedi completamente liberi dalle catene
e, sui
polsi, sulle caviglie, sulla schiena, solo delle cicatrici erano
rimaste a
testimoniare quanto avesse sofferto.
Stava per togliersi la camicia ed
accertarsi con le sue
stesse mani di quelle cicatrici sconosciute, quando,
all’improvviso…
-
brisingr!-
mormorò una voce.
Immediatamente,
l’oscurità fu illuminata a giorno da decine
di torce appese alle pareti di quella nuova, piccola stanza senza
finestre, al
centro della quale, accovacciato e con le mani raccolte in grembo,
stava
Murtagh, intento a fissare con un sorrisetto divertito, la sua
avversaria, che
tentava di coprirsi gli occhi alla meglio, per difendersi dal fastidio
della
luce.
-
allora, temeraria
Dark Angel. Ora che so cosa sei ma
non chi sei, non vorresti dirmi il tuo nome?- iniziò,
mellifluo
-
per darti
l’opportunità di controllarmi? Piuttosto, che
fine hanno fatto le mie ferite?- chiese lei, sbalordita mentre cercava
qualcosa
nello sguardo di lui.
-
Ti ho curata io.-
confessò il Cavaliere come se fosse
stata la cosa più normale del mondo, e per un secondo tra i
due scese un denso
silenzio nel quale aleggiò pura elettricità.-
e…non vuoi dirmi cosa hai rubato
al Re?- fece poi, rude.
Isis rimase interdetta per un
secondo, notando quel piccolo
particolare nelle sue parole: quel Cavaliere non aveva mai
parlato di un uovo di drago, riferendosi a ciò che pensava
lei
avesse rubato. Possibile che fosse a conoscenza del segreto degli
Eldunarì nascosti
dal Re?
Il cervello le ragionò
spedito e, mentre prendeva in
considerazione quella possibilità, studiava
contemporaneamente quella piccola
cella senza sbarre, dal soffitto troppo basso per poter stare
perfettamente
ritti in piedi. Quindi, con uno scatto inatteso si gettò sul
Cavaliere,
riuscendo ad atterrarlo sotto il proprio peso, tuttavia, quando fece
per
colpirlo, scoprì che il pugno le si era fermato ad una
spanna dal viso di lui.
Quello allora, reagì
subito e se la tolse di dosso con
malagrazia, facendola finire a terra:
-
stupida Dark
Angel, credi davvero di essere libera di
fare ciò che vuoi, senza catene? Ho gettato su questa stanza
un incantesimo che
ti impedisce di uscirne e di ribellarti in qualsiasi modo a me o al tuo
carceriere. E, a proposito, spero vi divertirete insieme.- le
spiegò,
schernendola. Un attimo dopo uscì, chiudendosi la porta di
quella cella alle
spalle, e lasciandola sola con un uomo con gli occhi tanto scuri da
sembrare
pozzi senza fondo, e così basso da poter stare in piedi
senza problemi, lì
dentro.
Forte dell’incantesimo
lanciato da Murtagh, le strappò la
camicia ed iniziò a frustarla, se possibile con ancor
più cattiveria del
precedente torturatore di Isis.
Doveva esser scesa la sera, o forse
era notte. La ragazza lo
aveva ipotizzato per spiegarsi il fatto che il suo nuovo aguzzino fosse
uscito
dalla stanza con un’espressione rabbiosa sul viso,
lasciandola sola.
Isis non riusciva quasi a respirare
per la profondità delle
ferite che le erano state inferte, ma si sforzò di
raccogliere le ultime
energie che aveva, per nascondere sotto la lastra più
piccola del pavimento, il
cuore dei cuori del drago di Vrael che, di soppiatto, il suo falco
dalla testa
bianca era riuscito a portarle un attimo prima di riuscire a mettersi
in salvo,
senza essere visto, proprio mentre Murtagh stava per entrare.
Le portò un tozzo di pane
e dell’acqua ma Isis anche
stavolta non replicò che potevano essere avvelenati,
perchè la sorpresa di
vederlo inaspettatamente lì, e lo stupore di aver nascosto a
pochi centimetri
dalle sue ginocchia, qualcosa che il Re avrebbe tremendamente agognato;
l’avevano resa praticamente muta.
-
sembri sorpresa di
vedermi qui…- costatò, mentre
tentava, invano, di abbatterle le barriere mentali che aveva.
Quindi, con indifferenza la fece
sdraiare ed iniziò a
curarle le ferite che aveva, servendosi della magia del proprio drago.
Rimase
ad osservare che si rimarginassero correttamente poi, scomparve oltre
la porta
prima che lei potesse fare domande sul perché del suo gesto.
Il giorno seguente però,
giunse abbastanza presto e la Dark Angel
riuscì ad ottenere la risposta
che cercava: ciò a cui Murtagh l’aveva condannata,
era una pena peggiore della
morte.
Isis, infatti, man mano che il tempo
passava scandito da
quella sadica routine, su sentiva sempre più simile alla
mitologica figura di
Prometeo: durante il giorno il suo aguzzino nano la torturava-
servendosi di
ferri arroventati, fruste, o immergendola in una vasca
d’acqua gelida sulla cui
superficie crepitavano roventi fiamme- e di notte, Murtagh veniva a
curarla-
facendole prudere le ferite, mentre si rimarginavano e sottoponendola
ad un
interrogatorio con falsa noncuranza- perché soffrisse ancora
di più il giorno
seguente.
Ormai era abituata ai tentativi di
Murtagh di invaderle la
mente, così come al dolore e solo in casi estremi le
capitava di urlare, senza
però, mai rivelare nulla.
Tuttavia, ciò cui non era
abituata, era essere privata a
lungo dell’acqua- cosa a cui invece, il suo aguzzino dagli
occhi neri la
condannò per vendicarsi del fatto che su di lei le sue
torture fossero
stranamente vane.
-
mio signore
Murtagh, non credo che i vostri servigi
saranno utili, oggi…- lo sentì dire, Isis, una
volta al di là della porta
chiusa della cella, mentre, senza ferite subiva
quell’infernale privazione.
-
E
perché mai?- chiese il Cavaliere, confuso.
-
Perché
da due giorni a questa parte non sto più
torturando la nostra prigioniera: l’ho invece, privata di
acqua e cibo così che
morirà se non si decide a parlare.- spiegò
quello, come se fosse stata la cosa
più semplice del mondo.
Il silenzio che si era
improvvisamente venuto a creare tra i
due, fu rotto di colpo dal tonfo di qualcosa che veniva sbattuto contro
la
porta, che tremò: Isis ipotizzò che Murtagh
dovesse avervi scagliato contro il
suo aguzzino.
-
come hai osato?
Chi pensi di essere per poter decidere
della sua vita e della sua morte? Non sappiamo chi è,
né dove ha nascosto ciò
che ha sottratto al re…- iniziò adirato, ma non
attese di completare la frase
perché un attimo dopo si precipitò nella cella.
Isis, trovandoselo davanti lo
fissò con uno sguardo carico
d’odio. Avrebbe voluto tentare ancora una volta di colpirlo,
ma per il lungo
digiuno sapeva di aver conservato poche forze, quindi, sperò
le fosse rimasta
una pungente capacità oratoria.
Murtagh, inginocchiato davanti a lei,
la fissava con occhi
luminosi…
-
dimmi il tuo nome
e saprai il mio.- tentò per l’ultima
volta, con tono persuasivo, carico però, anche di una certa
urgenza, mentre le
sfiorava attento le labbra insanguinate.
-
Io so
già chi sei, Murtagh, figlio di Morzan.- sussurrò
lei, arguta.
Colto di sorpresa il Cavaliere
tentò rabbiosamente di
leggere la mente di quella donna così scaltra, ma subito la
sentì urlare:
-
fuori dalla mia
mente, figlio di puttana!-
Di conseguenza, punto nel vivo, non
riuscì ad impedirsi di
schiaffeggiarla, facendola finire riversa a terra.
La dark Angel non riusciva a
spiegarsi come mai Murtagh era andato via
quasi correndo, lasciando addirittura la porta della cella aperta, dopo
il suo
gesto; tuttavia non riusciva a smettere di sorridere, felice di avergli
mancato
di rispetto, di aver trovato un suo punto debole.
Attese che il respiro le si
regolarizzasse e finalmente
iniziò a sentirsi al sicuro…ma un attimo dopo fu
colta da uno stupore
indicibile nel riconoscere la figura del suo aguzzino che come una
furia era
entrato nella cella e le si era gettato addosso iniziando a strapparle
la
camicia e a palparle i seni, violento, possessivo…
-
vediamo se
così riuscirò a farti vuotare il sacco,
puttana!- le urlò, sputandole addosso.
-
Togliti, porco
bastardo!- strillò lei, mentre tentava
di colpirlo, di scalciare continuando sempre ad urlare ma senza
risultato,
perché nessuno sembrava sentirla e per colpa di quel
maledetto incantesimo
lasciato da Murtagh; e il suo aguzzino quasi rise del senso
d’impotenza, nausea
e sconfinata disperazione che esplose nel petto di Isis, e
continuò
imperterrito a lambirle ventre…
La ragazza comprese ce se non avesse
fatto subito qualcosa,
lui l’avrebbe violata!
-
MURTAGH!-
urlò con tutto il fiato che aveva nei
polmoni. Era stato il primo nome che le era venuto in mente e,
dopotutto, non
poteva essere troppo lontano visto che l’aveva lasciata da
poco, no?
-
È
inutile, il tuo Cavaliere non ti salverà.- disse
l’uomo, gli occhi erano vere e proprie voragini pronte ad
ingoiarla, mentre
stava per strapparle i pantaloni…
Fortunatamente, dopo pochi
interminabili secondi, Isis
scoprì che quel porco si sbagliava: Murtagh infatti irruppe
con violenza nella
celle e, dopo aver compreso praticamente subito cosa stava accadendo,
si
avventò contro quell’uomo come un falco sulla
preda.
Lo allontanò
repentinamente da Isis e senza pensarci troppo
estrasse la spada trafiggendolo da parte a parte…
Isis si coprì gli occhi,
rimanendo impietrita…ma udì
ugualmente, poco dopo, il tonfo del corpo del suo torturatore che
cadeva in
ginocchio ed infine, con un ultimo respiro veniva spinto a terra da un
calcio
di Murtagh, finalmente esanime.
Il Cavaliere si precipitò
quindi da lei, che, notò, era
scossa da violenti tremori e singhiozzi, senza lacrime. Fece un sospiro
di
sollievo costatando che era salva, quindi, più tranquillo la
prese tra le
braccia, senza curarsi del fatto che scalciava terrorizzata, e la
portò fuori
di lì, sussurrando:
-
vieni: questo non
è un posto sicuro per te…-
Isis, avvinghiata come una bambina al
petto dell’uomo,
udendo il battito regolare del suo cuore, unito a quelle rassicuranti
parole,
si calmò di colpo e per la prima volta fu grata
che Murtagh fosse lì.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Questo capitolo è un
po’ lunghetto ma ho cercato di postarlo
quanto prima.
Spero vi piacerà
nonostante non possa dirsi esattamente a
rating verde.
Fatemi sapere che ne pensate
Un baciotto
Marty23
Ps vorrei ringraziare animegirl91
per aver
commentato il capitolo precedente =) e per aver inserito la storia tra
le
preferite e FrancyWeasley
per
aver inserito la storia tra le preferite. Non avete idea di quanto mi
fate
felice; fino a pochi giorni fa avevo pensato di sospenderla visto che
non
destava interesse…grazie davvero, significa un sacco per me
quello che avete
fatto! ;)
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Capitolo 8 *** trofeo ***
Capitolo 8
Trofeo
Murtagh aveva portato Isis
nell’ala del palazzo riservata
alla servitù, tra lo sgomento generale, ed aveva insistito
per rimanere con lei
dopo aver preteso che le venisse fatto un bagno.
La ragazza, appena immersa in una
sorta di catino, colmo
d’acqua gelida, aveva iniziato a sfregarsi le membra con
tanta forza e rabbia
da farsi diventare la pelle lievemente rossa. Al figlio di Morzan parve
avesse
improvvisamente ripreso possesso di sé e tirando un sospiro
di sollievo per la
sua repentina ripresa, ringraziò persino la serva che
l’aveva aiutata a
lavarsi.
Un silenzio sgomento calò
negli alloggi della servitù:
nessuno si aspettava che Murtagh avrebbe mai ringraziato
una serva. Fortunatamente l’attenzione generale si
spostò su Isis che, dopo aver riconosciuto in quella schiava
la donna che aveva
salvato da una violenza, giorni prima, non smetteva di chiederle come
stesse
ora, o di esprimerle la sua gratitudine per averle offerto la sua
vasca, per
lavarsi.
Le avrebbe anche chiesto il suo nome,
ma il Cavaliere
intervenne, subito prima che lo facesse:
-
Il suo nome
è Larissa, Dark Angel. Sarà la tua serva, -
vista la simpatia che hai dimostrato nei suoi confronti-chiunque
diventerà il
suo signore.- le spiegò, con una leggera nota di disprezzo
nella voce.
-
Mi dispiace,
Larissa: per te avrei preferito la
libertà.- le mormorò, prendendole una mano
affusolata tra le sue, mentre quella
distogliendo i grandi occhi da cerbiatta, le faceva infilare, con
rapidi gesti,
una tunica semplice corta al ginocchio.
Quel momento denso di dolcezza e
malinconia, durante il
quale Isis avvertì che tra lei e Larissa stava per formarsi
un legame, fu
rovinato dal reale significato delle parole di Murtagh.
-
come hai
detto…? Dovrò avere un signore?-
chiese quindi, subito, in ansia.
-
Oh sì!
Dal momento che nessuna tortura è servita a
farti rivelare qualcuno dei tuoi segreti, e che la maggior parte degli
uomini
qui, ha dimostrato di non essere immune al tuo fascino, Galbatorix
ritiene che
sarai più utile come concubina di qualche membro della sua
corte.- Murtagh sogghignava
godendosi l’espressione di terrore che deformò il
suo bel viso, mentre le
legava le mani dietro la schiena.
-
E…dimmi,
Murtagh: ci sei per caso anche tu tra questi
uomini “non immuni al mio fascino”?-
replicò la ragazza, pungente, poiché non
le era sfuggita l’espressione stupita con la quale il
Cavaliere aveva ammirato
il suo corpo sodo, completamente nudo, quando era uscita dalla vasca; e
poichè,
a causa del fresco respiro del ragazzo che, -soffiandole sul collo
mentre le
stringeva i polsi dietro la schiena con una corda- le impediva di
rendersi
realmente conto della sorte che le sarebbe toccata, facendole invece,
correre
decine di sconosciuto brividi lungo la spina dorsale.
Murtagh non rispose, e bruscamente la
spinse via di lì così
che, in silenzio la condusse per i corridoi del palazzo, lascando che
lei gli
camminasse qualche passo avanti. Aveva le mani posate sulle corde
attorno ai
suoi polsi per guidarla con maggiore facilità attraverso un
percorso
labirintico, e di tanto in tanto se, rallentava troppo il passo o si
fermava
dinnanzi ad una porta, la urtava leggermente, spronandola a continuare.
I due ragazzi oltrepassarono decine
di corridoi, porte
chiuse, persino la
Sala
del Trono(dove Isis si aspettava venisse deciso a chi sarebbe
appartenuta)ed
infine, il Cavaliere la spinse oltre una porta a due ante, al di
là della quale,
in un’immensa sala circolare dal pavimento di legno,
circondata di colonne,
erano riuniti tutti gli uomini della corte di Galbatorix.
Persino il Re era lì,
seduto sul suo trono, posto davanti ad
una grande finestra.
Come Isis aveva immaginato, Murtagh
si diresse da lui e
rimase in piedi al suo fianco dopo averla lasciata al centro della
sala, ed
aver attraversato la folla di presenti, che si era aperta in due ali
per
lasciarlo passare.
In quel momento il tiranno si
alzò e gonfiò il petto,
fasciato dal pettorale in bronzo di un’armatura:
-
miei signori,
sicuramente tutti voi hanno udito la
storia della nostra sconosciuta prigioniera, che è riuscita
a portarmi via
l’ultimo uovo di drago. Dal momento che non vuole rivelarci
nulla, la cedo a
voi, nella speranza che qualcuno in questa sala sarà in
grado di domarla.- le
sue parole erano state chiare, ma smielate e persuasive,
così che ora, Isis con
gli occhi di tutti puntati addosso, si rese improvvisamente conto di
non essere
altro che un invitante pezzo di carne che aveva risvegliato in quei
lussuriosi
nobili, l’istinto alla conquista, alla sottomissione, alla
caccia.
Non appena il re sedette, infatti, la Caccia
alla Volpe iniziò e subito
tutti i quegli uomini si fecero compatti, stringendola sempre
più in un cerchio
umano che aveva come scopo metterla alle corde; la ragazza stava
infatti, per
cedere alla paura: se davvero fosse divenuta la concubina di qualcuno
di quei
bastardi, lotte come quella contro il suo carceriere, per difendere la
propria
virtù, sarebbero state all’ordine del giorno.
D’un tratto
però, smise d’indietreggiare e fissando
implacabile, tutti coloro che le stavano davanti, si fece forza:
nonostante
avesse poche energie a causa del lungo digiuno che aveva subito, non
avrebbe
reso l’impresa -in cui tutti si erano gettati sbavando-
facile, a nessuno dei
quei nobili! Avrebbe venduto cara la pelle!
Con un agile balzo, quindi, raccolse
le ginocchia al petto e
vi fece passare con un gesto fluido, le mani, così da averle
davanti a sé; poi,
assestando un pugno ad uno dei pochi temerari che aveva osato uscire
dal
cerchio- al centro del quale si trovava la Dark
Angel- sfruttò la lama della sua
spada
per liberarsi completamente ed infine, la usò per
fronteggiare tutti coloro che
provavano ad avvicinarsi.
Mentre realizzava che le erano
necessarie un paio di finte e
di a salti per mandare fiori gioco un nobile, le sfuggì un
sorriso pensando che
nonostante la superiorità numerica, grazie a quella tecnica
stava abbattendo
molti dei suoi avversari; così, non solo lo scontro poteva
dirsi per la prima
volta alla pari, ma la ragazza osò anche credere che avesse
qualche possibilità
di vittoria.
L’euforia però,
svanì quasi subito perché non le
sfuggì lo
sbuffo del re, che, annoiato dal fatto che la Caccia
alla Volpe stesse durando troppo chiamò a
sé il suo Cavaliere e, dopo averlo fatto chinare gli promise:
-
fermala, e
sarà tua, Murtagh.-
gli occhi del figlio di Morzan
brillarono ed Isis credette
che non avesse atteso altro dall’inizio di quel sadico
“gioco”. Così, mentre
lui si faceva largo tra la folla, lei si preparò ad
affrontarlo…
tuttavia, non tenne conto del fatto
che, l’aver voltato le
spalle ai nobili l’aveva deconcentrata circa il reale
pericolo che loro
rappresentavano: non aveva infatti notato che uno di loro le era
scivolato alle
spalle…quindi, proprio mentre la ragazza stava per sollevare
la spada per
battersi con Murtagh, giunto ormai a pochi passi da lei,
trovò una lama fredda
a cingerle la gola, da un punto indefinito alle sue spalle.
Scorse il sorriso beffardo di
Galbatorix che, alzatosi in
piedi aveva iniziato a battere le mani, attorniato da un silenzio
tombale,
dicendo:
-
i miei
complimenti, lord Thelonius: è vostra.-
udire quelle parole fu, per la
ragazza come ricevere un
pugno nel ventre: le orecchie le fischiavano e non riusciva a capire il
motivo
dell’espressione rabbiosa che deformava il viso di Murtagh,
né della stretta
convulsa della sua mano attorno all’elsa della spada.
Tutto le fu però, chiaro
non appena si voltò, lentamente,
mentre dal collo le sgorgava un rivoletto di sangue: dinnanzi a lei, il
volto
barbuto e squadrato di quello che doveva essere lord Thelonuis, le
sorrideva
-dall’alto della sua stazza da vichingo- con la bocca
sdentata, dalla quale le
arrivavano fastidiose zaffate d’alchool.
Fu scossa da un violento fremito di
terrore e, mentre il
sangue le defluiva dalle guance sentiva che stava per farsi tutto buio,
attorno
a lei. Perse i sensi.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Eccomi di nuovo qui con un
capitoletto piccino piccino.
Spero che vi piaccia
Anche se immagino che tutti vi
aspettavate Isis divenisse di
Murtagh, mi aspetto qualche ipotesi circa questo misterioso lord
Thelonius. Che
cosa combinerà alla nostra Dark Angel?
Un baciotto
Marty23
Ps di nuovo grazie ad animegirl91
per il suo commento! ;)
|
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Capitolo 9 *** risorgere dalle ceneri ***
Nota: ATTENZIONE! CREDO CHE QUESTO CAPITOLO
SIA DA CONSIDERARSI A
RATING ROSSO!
Capitolo 9
Risorgere
dalle
ceneri
Era notte, finalmente. Isis
sbirciò di sott’ecchi lord
Thelonius- dal piccolo pagliericcio sul pavimento, sul quale lui
l’aveva
costretta a dormire- e, dopo aver costato che russava sonoramente,
occupando
completamente il letto con la sua enorme stazza; trattenne un altro
conato di
vomito, poi, digrignando i denti per non urlare, si alzò
lentamente in piedi-
nonostante il lancinante dolore per ciò che lui le aveva
fatto poco prima…-
cercando di non far tintinnare le catene che le tenevano le mani legate
sul
davanti. Spalancò la grande finestra che si trovava sopra di
lei, e respirò a
pieni polmoni l’aria gelida della notte e, pur provando un
lieve sollievo, non
riuscì a trattenere la lacrima che le sfuggì da
sotto le palpebre.
Sollevato quindi,
l’“abito” rosso i cui s’era
avvolta, dopo
averlo ricavato da una tenda, sedette sulla mostra- nonostante le
evidenti
difficoltà che avesse nel farlo- lasciando le gambe a
penzoloni nel vuoto.
Apparteneva a lord Thelonius solo da
quel pomeriggio e- dopo
tutto ciò che lui le aveva fatto subire- già
capiva di esser stata condannata
all’inferno. Provava il disperato desiderio di fuggirne ma,
per farlo, non vedeva
altra soluzione che non fosse…togliersi la vita.
D’altro canto, non era
sempre stato quello- sin da quando la
sua strada aveva incrociato quella di Murtagh- il suo destino?
Certo, il suo maestro
l’aveva salvata centinaia di volte e
forse, se fosse stato lì anche allora, l’avrebbe
dissuasa da quel gesto…
Le venne da piangere mentre
riconosceva a se stessa che il
cuore dei cuori del drago di Vrael aveva avuto ragione quando
l’aveva ammonita
che avrebbe avuto molto da perdere se avesse lasciato i Varden.
In effetti, da quando si trovava ad
Uru’Baen, si era resa
conto di aver realmente perso ogni
cosa: la libertà, l’integrità fisica, i
rilessi veloci, l’inventiva, persino la
dignità…
L’unica cosa che era
riuscita a preservare, durante tutto
quel tempo, era l’integrità della propria mente (e
ciò garantiva la salvezza
del suo maestro e la segretezza circa il suo nome)ma era una magra
consolazione, se col pensiero tornava a quanto fosse stato semplice per
quel
vichingo di lord Thelonius, violare la sua
virtù…e quei ricordi erano in lei
così vivi, da sembrarle impressi a fuoco nella mente e sulla
pelle, che ormai
sentiva così sporca, da
giungere a
giudicarla estranea…
Si era
risvegliata,
con la testa pesante, sul grande letto al centro della piccola stanza
di lord
Thelonius e, guardandosi attorno spaesata ed intontita,
l’aveva scoperta
arredata come un capanno di caccia: poco distante dal camino in pietra
in cui
crepitava un fuocherello da poco acceso, sul pavimento di pietra, era
distesa
la pelliccia di un orso bruno, e le pareti erano tappezzate di teste
impagliate
di sfortunati animali che si erano imbattuti in quello squallido
nobile. Isis
stava per staccarne uno e gettarlo tra le fiamme, in sfregio al rude
vichingo
che era divenuto il suo padrone,
ma,
non riuscendo a spiegarsi la fatica che faceva nel compiere anche il
più
piccolo movimento, aveva finito per scoprire di avere le braccia
indolenzite a
causa delle pesanti catene di metallo che le stringevano i polsi,
costringendola a tenerli, legati, all’altezza dei fianchi.
Mentre le
parole di
Galbatorix continuavano a risuonarle nella mente, come fossero state
urlate,
realizzò finalmente che apparteneva
a
qualcuno: era stata privata persino della propria autonomia, il diritto
che
riteneva più sacro tra tutti. Un’immensa amarezza
la pervase e si espanse come
un cumolo di pietre, pesante, dal petto sino in gola…la
ragazza avrebbe voluto
accanirsi con violenza contro tutto ciò che il suo sguardo
incontrava ma era
consapevole che nulla avrebbe placato ma…certo, nessuno le
avrebbe impedito di
urlare la sua ira.
In quel
momento,
fortunatamente, era entrata Larissa, e la sua presenza aveva subito
rasserenato
la Dark
Angel,
che era riuscita a riprendere il controllo di sé.
La donna, si
era
immediatamente gettata ai piedi della ragazza afferrandole i lembi
laceri della
camicia. Isis, sconvolta da quel comportamento, l’aveva
afferrata dolcemente
per le spalle, invitandola a rialzarsi.
“perché
fai questo,
Larissa?”le aveva chiesto, confusa.
“Signora,
voi siete
una Dark Angel, e io vi devo la vita, per avermi salvata.” Il
suo tono era
stato sincero, e sembrava davvero intenzionata a sottomettersi a lei,
per
riconoscenza, e per il fatto che fosse una Dark Angel.
“Larissa,tu
non mi
devi nulla. Il fatto che io sia una Dark Angel non mi rende diversa da
te, né
degna del fatto che ti inginocchi al mio cospetto. So che possiedi molte delle
qualità che i miei
compagni avevano: coraggio, generosità…io e te
siamo uguali. Anche perché
condividiamo la stessa triste sorte.” Le aveva spiegato Isis,
con una nota di
dolcezza nella voce.
La donna
allora, aveva
lasciato scorrere mestamente le dita sulle catene ai polsi della Dark
Angel e,
dopo aver lasciato attecchire l’idea
dell’uguaglianza che legava lei e quella
donna, l’aveva abbracciata, come una sua pari.
Le due
avevano parlato
a lungo, e mentre Larissa le spiegava che lord Thelonius le aveva
ordinato di
allestire un pagliericcio sul pavimento, sul quale la ragazza avrebbe
dormito, si
lasciava andare a qualche
lacrima, dicendosi triste per la sua sorte, perché a suo
dire, non c’era mai
stato uomo più infido alla corte di Galbatorix.
“mi
dispiace, signora,
ma lord Thelonius mi ha anche ordinato di indicarvi, come unico luogo
per
lavarvi, gli alloggi della
servitù…”aveva aggiunto poi, mentre
l’aria
frizzantina della prima sera entrava dalla finestra della stanza.
“dolce
Larissa, sarò
onorata di prendere il mio posto tra di voi, se vorrete
accettarmi…”aveva
sussurrato la ragazza, inchinandosi
lievemente ed accarezzando il volto affilato di Larissa.
La donna, aveva
posato per un secondo la mano sopra la sua, fissandola sbalordita,
perché nei
suoi occhi poteva vedere che credeva veramente
a ciò che diceva; infine aveva affermato:
“sempre”prendendole
le
belle mani dalla pelle nocciola, tra le sue.
Dopo essersi
resa
conto che a breve lord Thelonius avrebbe richiesto la sua presenza per
la cena,
Larissa aveva condotto la sua padrona-che si era dichiarata sua pari,
nulla di
più nulla di meno- nell’ala del castello riservata
alla servitù, per poi cederle
ancora una volta la sua piccola vasca, all’interno della
quale Isis era stata
costretta a farsi lavare, tenendo
le
braccia in alto perché le catene non toccassero
l’acqua fredda, e non
arrugginissero.
Le aveva
fatto
indossare, rammaricata, un “abito”consegnatole da
lord Thelonius- agli ordini
del quale, non poteva evidentemente sottrarsi-, che, aveva notato Isis,
altro
non era che due strani pezzi di stoffa nera, utili a coprirle solo i
seni ed il
bacino.
Credendosi
pronta ad
affrontare quella nuova sfida, la ragazza non aveva capito subito
quanto fosse
grande il desiderio del suo padrone vichingo di
umiliarla…tuttavia, la risposta
non aveva tardato a giungere perché non appena la Dark
Angel aveva rimesso piede- scalza, tra
l’altro- nella stanza di lord Thelonius, aveva trovato il suo
padrone disteso
sul letto, intento a strappare pezzi di carne da un pezzo di pollo che
aveva
tra le mani, a bere mentre qualche rivolo di vino gli scendeva sul
viso,
andando a macchiare il cuscino, e ad emettere sonori rutti…
Nel momento
in cui si
era reso conto della presenza della ragazza, era sceso dal letto,- con
evidente
difficoltà, visto il gonfiore del suo ventre-ed aveva
iniziato ad avanzare
verso di lei, gli occhi illuminati da una strana luce, puntati sul suo
corpo.
Isis si era
piegata in
posizione di attacco, le braccia lievemente aperte, calcolando- mentre
respirava per concentrarsi- quanto avrebbe impiegato con un balzo e,
utilizzando le catene ai suoi polsi come legacci da stringere al collo
di quel
colosso, a stordirlo…inaspettatamente però,
Larissa si era intromessa,
scagliandosi contro il nobile, e tentando di sferrargli qualche
pugno…
“voi
non toccherete la
mia signora”aveva detto. Tuttavia era riuscita a guadagnare
solo che il lord la
afferrasse per la tunica, scaraventandola contro una parete. Con un
occhio
nero.
Isis aveva
provato a
gettarsi addosso a lei, per rendere meno doloroso l’impatto
con la pietra, ma
lord Thelonius aveva repentinamente catturato entrambe le sue mani con
uno solo
dei suoi sudati palmi, e l’aveva spinta lontano dalla sua
amica, facendole
premere il viso contro un’altra parete mentre la
immobilizzava spingendo il
proprio corpo contro il suo.
“uhmm…penso
che ci
divertiremo molto stanotte, insieme, ragazzina.”aveva
considerato l’uomo, mentre, affondando il viso tra i suoi
capelli le lasciava sul collo dei viscidi, bavosi baci e faceva
scorrere le
mani sulla stoffa che copriva il petto della Dark Angel, stringendone
possessivamente i seni.
“MAI!
NON SARò MAI VOSTRA, LORD
THELONIUS!”aveva giurato quindi lei tra urla e lamenti di
disgusto, avvertendo
che le ginocchia stavano per cederle mentre il corpo veniva scosso da
violenti
tremiti di ripugnanza.
“riconosco
che se
partecipassi sarebbe più divertente, ma credo che mi
piacerà conquistarti, anche
se sei ritrosa: ho sempre trovato più gusto a domare le
puledre scalcianti!”e,
dopo una sonora risata, aveva premuto ancora di più il
proprio corpo contro
quello di lei, così da avere la possibilità di
poter muovere liberamente le
mani, per farle passare attorno al collo un laccio di velluto nero, che
aveva
infine, legato a mo’ di guinzaglio.
Quindi,
forte di
quell’insolito strumento di comando e sottomissione,
l’aveva trascinata fuori
dalla stanza ed in seguito, lungo i corridoi, dove tutti coloro che si
stavano
dirigendo nella Mensa per la cena, non avevano potuto fare a meno di
osservare
quel nobile che, tirando la sua nuova serva attraverso quel morbido
cappio, di
tanto in tanto si divertiva a farla cadere e ad assestarle qualche
calcio nel
ventre nudo.
In breve
l’aveva
strattonata fino alla Mensa, e, una volta entrati, lord Thelonius
l’aveva
ostentata come il suo nuovo trofeo, davanti a tutti i nobili della
corte di
Galbatorix,- che avevano portato con sé persino i loro servi
e qualche soldato-
tra i quali, (alla vista di quella donna scalza, seminuda, dai tratti
esotici,
e che, nonostante tutto manteneva un portamento fiero) era sceso un
silenzio
così denso che Isis poteva percepirlo come qualcosa di vivo,
sulla pelle,
assieme a tutti gli sguardi che sapeva di aver puntati addosso. Di
conseguenza,
-per non lasciarsi sopraffare dallo sconfinato senso di vergogna che
minacciava
di esploderle dal cuore ed espandersi in ogni fibra del suo corpo; e
dalla
disperata necessità di nascondersi alla vista di tutto e
tutti- si concentrò
sulla sala in cui si trovava: sul pavimento di legno erano disposte, a
cerchio,
tutte le tavole imbandite, e le sedie alle quali sedevano i nobili;
l’illuminazione era garantita da centinaia di Erisdar che
fluttuavano
all’altezza del capitello delle colonne che, girando
tutt’attorno ai tavoli,
circondavano la sala…
Il cuore di
Isis aveva
mancato un colpo nel momento in cui aveva riconosciuto quella sala come
la
stessa nella quale aveva combattuto qualche ora prima!
Era stato
allora che
Galbatorix -con un sorriso compiaciuto sul volto-, dalla lunga tavola
posta al
centro del cerchio(alle estremità della quale sedevano lui e
Murtagh, in modo
da non dare le spalle a nessuno dei presenti, ma anche da dare
l’idea che
nessuno potesse uguagliarli), si era alzato in piedi ed aveva brindato
alla
fortunata sorte di lord Thelonius. Il figlio di Morzan aveva seguito il
suo
esempio, ma la stretta della sua mano attorno al calice
d’oro, era stata così
stretta da fargli diventare le nocche bianche, ed
i suoi occhi erano arsi di un’emozione
violenta, mentre fissava la Dark Angel
e quel volgare nobile, tuttavia, non aveva mosso un dito ed era rimasto
in
silenzio mentre tutti ridevano, costatando in quanto breve tempo
Thelonius
fosse riuscito a sottomettere quella ladra sconosciuta: gli era
infatti,
bastato assestare un paio di calci negli stinchi di lei per farla
cadere a
terra e far sì che si nascondesse sotto il tavolo.
Lì
sotto, Isis,
acciambellata come un gatto e con gli occhi chiusi, si era sentita per
la prima
volta al sicuro e, anche se inconsapevolmente aveva potuto approfittare
per
ascoltare le chiacchiere della corte: la maggior parte riguardavano
complimenti
o invidie circa ciò che lord Thelonius aveva ottenuto; altre
erano ordini o
lamentele rivolte ai servi; pochissime erano circa
l’ipotetica necessità di
fornire a Galbatorix un esercito per attaccare…
Prima che la
ragazza
riuscisse a sentire quale località Galbatorix stesse
progettando di attaccare,
il suo padrone la afferrò per una caviglia e la
trascinò fuori da sotto il
tavolo, caricandosela poi sulle spalle per uscire dalla Mensa tra le
risate
generali, per i vani tentativi della Dark Angel di far sì
che smettesse di
palparle il sedere.
Aveva
serrato gli
occhi, tentando di non farsi sfuggire delle lacrime da sotto le
palpebre e dopo
un tempo che le era parso un’eternità, aveva che
lord Thelonius si era fermato,
gettandola a terra.
Vietandosi
di riaprire
gli occhi-pur non sapendo in quale stanza si trovasse- Isis sapeva cosa
le
sarebbe successo: era circondata da una strana, intensa musica il cui
ritmo
saliva e scendeva come un’onda, seguendo i sospiri ed i
gemiti di piacere di
decine, forse centinaia di persone- che per la ragazza non avevano
volto-probabilmente avviticchiate l’una all’altra,
in quella che doveva essere
un’orgia.
Mentre
cercava di far
rallentare il proprio respirò avvertì che
qualcuno la tirava su con malagrazia,
e subito dopo la faceva piegare su quello che avrebbe potuto essere un
ceppo di
legno a forma di X, legandole quindi le mani ed i piedi alle
estremità, perché
non si ribellasse…
Un paio di
mani avide
le avevano strappato di dosso i due pezzi di stoffa che indossava,
lasciandola
completamente nuda, a mostrare le natiche a lord Thelonius…
Era stata
scossa da un
violentissimo tremito di paura e di freddo, non appena si era resa
conto che il
suo padrone la sovrastava, e con le sue luride aveva iniziato a
sfiorarle le
braccia, palpandole bramosamente i seni, ed infine, afferrandole i
fianchi
mentre le insinuava prepotentemente una mano tra le cosce per tastarle
vogliosamente il sedere…
“smettila
di piangere,
stupida ragazzina! Dovresti essere felice che il tuo corpo sia
così perfetto,
dovresti essere felice di darmi così
tanto…piacere”le aveva urlato,
conficcandole le unghie nelle cosce mentre si sospingeva ancora e
ancora dentro
di lei, perché troppo concentrato a godersi il piacere che
quella sottomissione
gli provocava.
Ma Isis non
riusciva a
smettere di urlare, piangere e dimenarsi perché tutto
ciò che sentiva era un indescrivibile
dolore, il sapore del sangue in bocca e la consapevolezza che non
poteva fare
nulla per evitare che quel porco del suo padrone la violasse. Quindi,
lui
l’aveva fatta frustare. Lei aveva ancorato le unghie nel
legno, ringhiando
mentre ne avvertiva le schegge attraverso la pelle; le sue urla erano
aumentate, sovrastando addirittura la musica, che ormai la Dark
Angel non era più in grado di
sentire…
“è
inutile che ti
ribelli: io ottengo sempre ciò che voglio!”le
aveva sussurrato infine lui,
infilandole una lingua nell’orecchio…
E
così era stato.
Isis non riusciva più a
tenere gli occhi aperti: le lacrime
le avevano appannato la vista.
Come aveva potuto permettere, dopo
tanti anni di
addestramento e d’insegnamenti tra i Dark Angel, che qualcosa
di tanto prezioso
le venisse tolto con tanta facilità?
Per rimediare a quel madornale
errore, sarebbe bastata una
piccola spinta ancora…e tutto sarebbe finito…la
ragazza si ritrovò a chiedersi
se, nonostante tutti gli errori che aveva commesso, nonostante la sua
presunzione e l’immenso odio che provava verso se stessa, il
suo popolo
l’avrebbe accolta ancora, anche una volta passata
oltre…
-
Che s cosa stai
facendo, Dark Angel?-
Quella voce la riportò
bruscamente alla realtà, con un
sussulto, nonostante le fosse ormai famigliare: Murtagh, fasciato dalla
sua
armatura lucente, i capelli carezzati lievemente dal vento, stava a
qualche
metro da lei, in sella al suo possente drago che, inspiegabilmente,
l’aveva
portato fino alla finestra della stanza di lord Thelonius; ed ora non
solo
riusciva a mantenersi a mezz’aria con piccoli, ritmici
battiti d’ali,
consentendo così al proprio Cavaliere di fissare la donna
negli occhi, tanto
breve era la distanza che li separava; ma addirittura
l’animale aveva chinato
la sua gigantesca testona sotto i piedi della Dark Angel, per fermare
il suo
sconsiderato gesto.
Isis fissò entrambi,
distante, quasi se li fosse visti
apparire davanti dal nulla, o non riuscisse a capire cosa avessero
detto e non
rispose. Si sentiva così stanca, logorata e sconfitta che,
nonostante avesse
voluto urlare loro di lasciarla in pace, di andarsene,
perché ciò che stava per
fare, ciò che avrebbe fatto non doveva interessarli,
tuttavia, dopo essersi
rannicchiata con le ginocchia al petto, riuscì a mormorare
soltanto, con un
sospiro afflitto, che la portò ad abbassare il volto.
-
Cosa ci fate qui?
Credevo che ora che appartengo a lord
Thelonius, non sarebbe stato più compito vostro…vegliare su di me…-
La strana, inaspettata
fragilità che traspariva dalle sue
parole portò Murtagh a condividere con il suo drago
l’intensissima confusione
che lo pervase: non era da quella donna usare parole tanto…delicate nei loro confronti, non dopo che
avevano reciso le sue
radici(alle quali era molto legata)uccidendo il suo popolo, e non dopo
averla
fatta torturare perché rivelasse i suoi
segreti…cosa poteva esserle successo?
-
Castigo era
preoccupato per te. E direi che si può dire
che ti abbia salvata…- spiegò il figlio di
Morzan, tentando di alleggerire una
situazione che non riusciva a capire, ma della quale percepiva la
tensione a
pelle.
Si era aspettato che la Dark
Angel lo fissasse biecamente, o che
magari facesse una battuta arguta circa il nome del suo drago. Nulla di
tutto
ciò avvenne.
Quindi, sempre più
spaesato, girò velocemente entrambe le
gambe su un lato della sella e, con un leggero balzo si
ritrovò in un batter
d’occhio all’interno della camera di lord
Thelonius. Dunque, approfittando del
fatto che la ragazza non lo stesse guardando ed invece, nascondesse
sempre più
la testa fra le gambe; fece per prenderla tra le braccia, per
allontanarla
dalla finestra tuttavia, dovette desistere, sussultando, non appena si
rese
conto della reazione che aveva scatenato nella Dark Angel: Isis,
infatti,
sentendo mani sconosciute attorno al proprio corpo, era sobbalzata,
soffocando
a malapena un urlo, e poi
aveva soffiato
per il dolore che quel tocco le aveva causato, posandosi leggero sulla
schiena.
-
ti
prego…ti supplico
Murtagh: lasciami andare…- l’aveva implorato
subito dopo, quando lui, forse
poco intenzionato a demordere, l’aveva strattonata, in modo
che si trovasse in
piedi,, davanti a lui.
Il Cavaliere nell’udire
quelle parole, aveva iniziato a
muoversi sospettoso, disegnando cerchi sulla piccola porzione del
pavimento
attorno ad Isis: la stava studiando. Isis l’aveva capito, di
conseguenza iniziò
a tremare. Tuttavia non poteva immaginare che avesse reso partecipe
delle sue
riflessioni anche il suo drago scarlatto.
Castigo…c’è
qualcosa
che non va in lei…non mi aveva mai pregato, né supplicato per
qualcosa.
Ha sempre avuto un atteggiamento spavaldo, direi, ne nostri confronti,
invece.
Sembra sia
diventata…insicura: come
se di colpo avesse dimenticato la
gloriosa tradizione e gli alti insegnamenti del suo
popolo…cosa può esserle
successo, secondo te? Iniziò a congetturare il
Cavaliere, sfregandosi il
mento con una mano.
-
ti prego Murtagh,
vattene via…non capisci che non
puoi stare qui?- aveva bisbigliato
atterrita la ragazza, d’un tratto, interrompendo i
ragionamenti del Cavaliere.
Nonostante sia Murtagh sia Castigo fossero rimasti stupiti da
quell’insolito
appunto, a nessuno dei due sfuggì il gesto millimetrico che
il suo viso fece,
diventando cereo, per controllare che lord Thelonius non fosse stato
svegliato
da quel trambusto notturno.
Il figlio di Morzan
inchiodò con occhi furenti quelli della
Dark Angel, un fuoco scuro in piccole, pavide scintille verde acqua, e
lei era
arretrata di qualche passo.
Hai capito
ora, cosa
le è successo, Murtagh? Non vedi che è
terrorizzata? Non hai notato come trema? Hai
visto dove è costretta a dormire? Non
hai fatto caso alle catene che ha attorno ai polsi, ai lividi lungo le
braccia
e le gambe, o al fatto che non riesce a star seduta e a camminare bene?
Lord
Thelonius deve averla…violata. Gli aveva fatto
saggiamente notare Castigo,
mentre fissava Isis con occhi pieni di tristezza.
No! Non
può averlo
fatto! COME-HA-OSATO?! Lei è… aveva
iniziato Murtagh, fuori di sé per
l’ira.
Cosa? Tua?
No, anche
se so quanto lo vorresti, lei non è tua: appartiene a lord
Thelonius.
L’aveva anticipato Castigo, avendo in comune con lui mente ed
emozioni.
E vorrei
ucciderlo per
questo! Così la pagherebbe anche per quello che le ha fatto!
Mi basterebbe una
sua parola e potrei liberarla da questa sofferenza.
Tornò a ragionare il Cavaliere,
sempre tenendo una mano convulsamente stretta attorno
all’elsa della spada in
attesa che Isis, gli chiedesse di versare il sangue sporco del suo
padrone.
Ma la ragazza faceva guizzare lo
sguardo dal suo viso- che
veniva deformato da decine di mute emozioni- alla sua mano, -divenuta
bianca,
per la forte stretta attorno all’arma che aveva al fianco-con
il volto terreo.
Di conseguenza Murtagh fu costretto a
darsi un contegno
prima di potersi ritenere degno di prenderle le mani tra le sue e di
portele parlare,
guardandola dritta negli occhi.
-
Dark Angel, dimmi:
che cosa ti ha fatto?-
La ragazza aveva abbassato il viso,
mordendosi le labbra
carnose, e quando il Cavaliere, tormentato da quel silenzio- ansioso di
sapere
cosa le fosse capitato-aveva tentato di leggerle nella mente, si era
imbattuto
in una fittissima rete di ricordi tanto intensi da stordirlo:
l’aveva
riconosciuta, circondata dalle fiamme, china su un ragazzo steso a
terra-che
non aveva mai visto prima- mentre, stringendogli disperatamente le mani
tra le
sue, era intenta a scambiarsi un bacio…
-
Chi era quel
ragazzo che ho visto?- le chiese,
ritornando frastornato alla realtà.
In quel momento Isis parve rinascere:
sciolse bruscamente la
stretta delle mani di Murtagh attorno alle proprie; sollevò
lentamente la
testa, inchiodando implacabile gli occhi del Cavaliere ai suoi mentre
una forte
luce tornava ad animarli.
-
Ipocrita,
bastardo! Come osi chiedere cosa mi abbia
fatto il mio padrone dal momento che sai di avermi fatto subire
qualcosa di
infinitamente peggiore?! Lontano dalla mia vista, assassino!- gli aveva
urlato,
spintonandolo e, quando erano arrivati alla finestra, per poco non
l’aveva
fatto cadere nel vuoto a causa dei colpi che gli assestava in qualsiasi
parte
le capitasse a tiro.
Rimasta finalmente sola, ad Isis era
parso di tornare in vita.
Ora capiva che se si fosse tolta la vita avrebbe grandemente deluso la
sua
gente, ed il suo Eldunarì, quindi godè appieno
dell’intensità con la quale
aveva ritrovato se stessa, che sentiva come qualcosa di concreto sulla
pelle: le
sembrava di essere risorta dalle ceneri; non aveva mai respirato
così
passionalmente, prima; né mai aveva visto il mondo che la
circondava con tanta
chiarezza; o sentito il sangue pulsarle con tale forza nelle vene.
Ora sapeva cosa doveva fare, e
sicuramente, sia il suo
maestro, sia il suo popolo, sarebbero stati fieri di lei.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Mi dispiace per il ritardo!
E mi scuso anche per avervi avvisato
così del rating del
capitolo, ma non sapevo come si facesse a cambiarlo singolarmente.
Spero che vi piaccia lo stesso, e
soprattutto mi auguro che
si sia capito che la prima parte in corsivo è inerente a un
ricordo.
Un baciotto
Marty23
Ps come sempre vorrei ringraziare animegirl91 per il commento che mi ha
lasciato! Grazie! =P
Pps scusate se ci sono errori ma non
l’ho ricontrollato
prima di postarlo
|
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Capitolo 10 *** vantaggi e rischi ***
Capitolo 10
Vantaggi e
rischi
Ad Isis era bastato avere di nuovo
davanti agli occhi
l’immagine del viso di Aaron, ed osservare bene la stanza in
cui si trovava,
per avere chiaro ciò che era necessario
fare, quale fosse il suo obiettivo (nonostante inizialmente le
circostanze non
fossero state favorevoli, per lei) : non poteva permettere che lord
Thelonius
le facesse di nuovo del male, perciò avrebbe iniziato a
mettere in pratica
tutti gli insegnamenti dei Dark Angel circa la preparazione di infusi,
sieri, veleni...dopotutto,
lui era un nobile, quindi dalle sue labbra- seppur estorte- prima o poi
sarebbero dovute uscite informazioni riguardanti Galbatorix e
l’Impero, che lei
avrebbe potuto inviare ai Varden perché ne traessero
vantaggio, no?
Forte del fatto che poteva dirsi
davvero sola, dal momento
che la finestra era chiusa e che il suo padrone stesse dormendo; la
ragazza
comprese che c’era qualcosa che doveva fare subito,
quindi spalancò la mente.
Maestro?
Maestro
dove…? Fece, inizialmente titubante.
Sono
esattamente dove
mi hai lasciato, Isis! Mia dolce Isis, non sai quanto sono contento di
sentire
di nuovo la tua voce. Ma…non trovi che sia pericoloso quello
che stai facendo?
Se Galbatorix dovesse percepire che stai parlando con me…?
La felicità di
cui erano intrisi i pensieri del suo Eldunarì, quasi la
commosse, ma doveva
rimanere concentrata se non voleva farsi scoprire.
Non temere
maestro,
non ho paura di questa possibilità, e poi…non
avrà il tempo di accorgersene
perché…sto venendo a prenderti!
Replicò, con un sorriso che si poteva
nascondere difficilmente.
Quindi, con delicatezza
svegliò Larissa che, dapprincipio la
fissò preoccupata ed insistette per essere al fianco della
sua signora
qualsiasi cosa avesse in mente di fare, poi però- dal
momento che Isis disse di
aver bisogno solo di prendere un po’d’aria- si
lasciò convincere a vegliare su
lord Thelonius, per assicurarsi che non si sarebbe svegliato
finchè lei non
fosse tornata.
Una volta fuori da quella piccola
stanza la Dark
Angel si sentì più
tranquilla eppure
non leggera dal momento che la consapevolezza di ciò che
stava per fare, era
molto presente in lei, e la faceva addirittura procedere più
cautamente del
previsto tutte le volte che considerava quanto avrebbe rischiato se
fosse stata
scoperta.
Nonostante fosse notte fonda
c’era ancora qualche drappello
di uomini che pattugliava i corridoi, quindi, ponendosi attentamente in
ascolto, passò come un’ombra alle spalle di uno di
questi, e mentre si
appiattiva contro un muro, si trovò accanto ad una finestra
dalle tende tirate
ed ebbe un’idea: tirando uno dei due tendaggi neri, se lo
gettò sulle spalle,
e, anche se arrivava a terra facendole quasi da strascico, si
sentì
immediatamente più al sicuro.
Continuando poi la sua
passeggiata(perché non era sicura di
ricordare con esattezza dove si trovasse l’ultima cella in
cui era stata
rinchiusa)incontrò le porte dell’armeria e,
nonostante fosse titubante perché
si rendeva conto che fermarsi lì avrebbe significato fare
una deviazione dal
suo obiettivo attuale; riconobbe che da troppo tempo ormai le erano
state tolte
le sue armi, e come avrebbe potuto difendersi da lord Thelonius se non
con lo
Specchio dell’Anima o con il proprio arco? Di conseguenza,
spinta da quella
possibilità- ma anche dal rumore dei passi di un plotone in
avvicinamento-
varcò immediatamente la soglia di quel luogo e per qualche
secondo rimase
immobile, in silenzio, immersa nel buio di quel luogo, per abituare gli
occhi
alla penombra.
Conscia del fatto che sarebbe bastato
un passo falso per farla
scoprire, si mosse più lentamente possibile, fino ad
arrivare al muro, da dove
prese una fiaccola che accese subito, per avere la
possibilità di orientarsi e
riconoscere le proprie armi.
Ma c’erano centinaia di
armi lì, -tanto che quel luogo
sembrava una sala delle torture- ed avrebbe impiegato troppo tempo a
controllarle tutte: le asce, le mazze chiodate e varie altre stelle del
mattino
di diverse dimensioni erano appese al muro, assieme a fruste delle
più
fantasiose forme e lunghezze; accanto a torce spente; alle rastrelliere
poste
agli angoli delle quattro mura dell’armeria, stavano
soprattutto lance, archi e
balestre; sui tavoli che invece, si trovavano lungo tutte le pareti
c’erano
spade, pugnali, piccole fionde…ed Isis stava quasi per
perdere la speranza(dal
momento che non vedeva atra soluzione per controllare tutte le armi,
che
mettersi in piedi su uno di quei tavoli scheggiati; ma riconosceva che
avrebbe
fatto troppo rumore) quando un involto di stracci su uno dei tavoli
vicino a
lei, attirò la sua attenzione: scorse infatti, lo scintillio
del diamante delle
lama del suo pugnale, che reagiva con la luce che lei gli puntava
contro.
Quindi, senza pensarci due volte,
mentre sentiva il profilo
delle sue armi tra le dita, prese quel fagotto e lo nascose sotto il
proprio
“mantello”improvvisato.
Una volta fuori
dall’armeria, Isis spense la torcia, che
decise di portare con sé, e sorrise trionfante mentre
sceglieva di non far
ritorno nella propria stanza-perché altrimenti Larissa si
sarebbe insospettita-
e sentiva di non esser mai stata tanto tranquilla in vita sua;
sentì che ormai
i piedi la guidavano da soli, senza che lei decidesse dove andare,
pertanto, in
un batter d’occhio si ritrovò dinnanzi alla nera,
pesante porta di quella che
era stata la sua cella.
Fu in quel momento che per la prima
volta, si sentì mancare:
varcare quella soglia avrebbe significato rivivere, affrontare di nuovo
tutte
le torture che aveva subito. Facendosi però forza, fece un
profondo respiro e,
con i pugni serrati si ritrovò all’interno di
quella cella senza sbarre,
angusta e completamente oscura.
Con il cuore che le batteva
all’impazzata per i mesti
ricordi di ciò che aveva vissuto lì dentro,
accese la torcia che aveva con sé. Ma
ciò che vide non era ciò che si sarebbe
aspettata…la cella, infatti, non era
vuota!
ANGOLO AUTRICE
Ciao!
Scusate se posto così in
ritardo, in effetti non mi sentivo
in vena di scrivere ma mi sembrava giusto andare avanti, per chi
commenta, chi
segue o chi legge semplicemente in maniera silenziosa.
Eccovi la prima parte(piuttosto
esigua e, per come la vedo
io neppure strepitosa)del decimo cap
Spero che nonostante tutto vi piaccia
Un baciotto
Marty23
Ps vorrei ringraziare Night Cip
per
aver inserito la storia tra le seguite! J
|
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Capitolo 11 *** vantaggi e rischi(parte 2) ***
Capitolo 10
Vantaggi e
rischi
Parte 2
-
Larissa…Lara!
Svegliati…per favore, svegliati, ho
bisogno del tuo aiuto.- la donna chiamata Larissa, distesa i un piccolo
angolo
della stanza di lord Thelonius, aprì lentamente i grandi
occhi da cerbiatta,
con un lieve sorriso sulle labbra: nessuno aveva mai sussurrato
per svegliarla, né mai l’aveva accarezzata,
né tantomeno
si era rivolto a lei con un nomignolo grazioso come quello. Tuttavia,
nel
trovarsi davanti il volto contratto da un leggero dolore- ma
soprattutto da
un’urgenza indicibile- della Dark Angel che serviva, la gioia
ed il tepore di
quel momento, svanirono, spingendola a balzare immediatamente a sedere.
Era
completamente sveglia, ormai, e comprendeva la latente impellenza di
aiutare
quella donna dalla carnagione color nocciola, che per lei,
però, non aveva
neppure un nome.
-
Mia signora, come
posso esservi utile? Vi è successo
qualcosa?- le domandò Lara, improvvisamente preoccupata per
gli strani spasmi
di dolore che squassavano il corpo della Dark Angel, mentre lanciava
uno
sguardo fugace a lord Thelonius, che fortunatamente dormiva ancora.
-
Vedi…mentre
facevo la mia passeggiata sono passata
davanti alla cella in cui sono stata…in isolamento, ed ho
scoperto che non è vuota, come credevo!
C’è una donna all’interno, legata e
sofferente, e dobbiamo aiutarla: non voglio che patisca ciò
che ho passato io.
Ti prego, aiutami…- spiegò Isis, con parole
concitate ed a voce bassissima. Gli
occhi verde acqua le brillavano, ansiosi di poter agire fattivamente in
favore della
sconosciuta di cui parlava.
Lara rimase interdetta per qualche
secondo, stupita ed
affascinata dalla donna che le stava di fronte: il tono della sua
signora era
stato supplichevole in quella richiesta d’aiuto, il che
significava che la
trattava come una
sua pari a cui era
data una possibilità di scelta, e non come una schiava;
inoltre, nonostante
fosse chiaro che stesse soffrendo- sia fisicamente che
psicologicamente(altrimenti come si spiegava) il bisogno di passare
davanti
alla cella buia in cui era stata rinchiusa?)- non chiedeva aiuto per sé, ma per riuscire a
salvare qualcun altro.
-
sin da bambina ho
sempre creduto che il coraggio e la
generosità, la forza dei Dark Angel, fossero solo leggenda,
ma ora che vi vedo,
signora, scopro che non è così. Vi
aiuterò volentieri, lasciatemi solo andare a
prendere l’occorrente per i medicamenti.- la
rassicurò la donna, con voce
calda, mentre le carezzava una guancia.
E Isis rimase lì, per un
secondo, sola, mentre una lacrima
le solcava il viso: Lara era sempre stata una schiava nel palazzo di
Galbatorix, costretta a subire centinaia di angherie ogni giorno,
eppure-
mentre alla ragazza sembrava che ciò che le aveva fatto lord
Thelonius l’aveva
distrutta, ed ora si sentiva come un vetro infranto, ridotto in mille
pezzi,
senza più la forza di né la voglia di opporsi a
quel mondo fatto d’ingiustizia-
non aveva perso la voglia di aiutare e di ribellarsi.
Nell’animo era molto più
simile ad una Dark Angel di quanto credesse, forse anche più
di Isis, che
invece era stata una donna libera dalla nascita.
- signora, eccomi. Guidatemi alla
cella…- la voce delicata
di Lara, alle sue spalle la fece tornare alla realtà, con un
leggero sussulto.
La donna dagli occhi da cerbiatta
teneva l’orlo della gonna
dell’abito, sollevato come fosse una sorta di sacca in cui
aveva disposto bende
di tela nera e almeno cinque piccoli vasetti di unguenti. Con un
sorriso, Isis
si alzò, ed insieme, le due donne, percorsero con passo
lesto e felpato i
molteplici corridoi del palazzo- inquietanti nel loro mortale silenzio
misto
alle urla dei prigionieri nelle celle-, fino a raggiungere la cella
nella quale
Isis era stata rinchiusa.
Facendosi forza, la Dark Angel
aprì di nuovo quella pesante porta,
mentre teneva la mano che reggeva una fiaccola accesa, ben sollevata
sopra la
testa. Ma questa volta
lo stupore per ciò che vide fu ancora più grande:
china, sulla donna incatenata
che Isis aveva scorto prima, c’era un’altra figura-
inattesa, ora- ammantata ed
irriconoscibile, anche perché era inginocchiata a terra,
dando le spalle alla
Dark Angel.
Bastò uno sguardo
eloquente al suo indirizzo della donna
incatenata, perché quella figura senza volto, sconosciuta ad
Isis quanto a
Lara, notasse la loro presenza e vi si avventasse contro.
Prontamente Isis fece scudo a Lara
col proprio corpo, finchè
la donna non finì con le spalle al muro freddo della cella.
Solo in quel
momento la
Dark Angel
se ne allontanò, attenta a non calpestare la fiaccola che
era finita a terra,
ed estrasse- da sotto la tenda adibita a mantello, che ancora
indossava- lo
Specchio dell’Anima per fronteggiare meglio il suo
sconosciuto avversario.
Lara fissava con occhi atterriti
quello scontro, tutta
tremante: la sua signora si muoveva bene e, anche se agiva solo per
difendersi,
era agile e scattante, era chiaro che aveva impiegato la vita
nell’addestramento, tuttavia, la catena che aveva ai polsi,
il dolore fisico
che provava le faceva fare frequenti smorfie, impedendole quella
fluidità di
movimenti che altrimenti l’avrebbe resa invincibile; ed il
suo avversario,
nonostante fosse reso leggermente goffo dalla luce flebile poco diffusa
in quel
luogo, si batteva a mani nude e di tanto in tanto le fiammelle
crepitanti della
torcia rischiaravano dal pavimento le sue possenti braccia, che
somigliavano a
quelle di uno schermidore, dagli avambracci sviluppati.
Per un terribile momento Lara vide
quello sconosciuto che
afferrava la sua signora per i lembi della tenda-mantello che la
ricopriva, per
spingerla contro il muro, dove sicuramente sarebbe stata costretta a
soccombere…ma all’improvviso accadde
l’inaspettato: Isis oppose un’ultima,
disperata resistenza che impedì al suo avversario di farla
arretrare ancora,
poi gli assestò un calcio nel ventre ed infine, fece un
balzo che le permise di
ritrovarglisi alle spalle e, mentre lo sconosciuto cadeva in ginocchio
lei gli
cingeva la gola con la lama del pugnale, notando con stupore che
diventava di
un bianco purissimo e rischiarava la cella come fosse la luce della
luna.
Le tre donne, assieme
all’incappucciato trattennero il
respiro: nessuno aveva mai visto una luce tanto intensa, specie
provenire da
un’arma. E Isis non riuscì ad impedirsi di
sorridere, nonostante il respiro
affannato dallo sforzo compiuto: si sentiva più in
equilibrio con se stessa,
sapendo che persino il suo pugnale le stava dicendo di aver fatto la
cosa
giusta, difendendosi. Ma subito tornò seria, ed
asserì, al suo avversario
sconfitto:
-
ascoltami bene:
non esiterò a toglierti la vita se mi
impedirai di aiutare quella prigioniera…-
-
vogliamo la stessa
cosa allora, sconosciuta…- replicò
la figura incappucciata, da terra. Lentamente, quindi,
abbassò il cappuccio del
mantello sulle spalle, per dimostrare ad Isis di non essere armata, e
per
lasciarle ammirare il suo volto di ragazza, che, nonostante
l’aria seria
possedeva una bellezza adolescenziale, che stava inoltre sbocciando in
un’avvenenza più matura.
La Dark Angel
rimase per un secondo interdetta, poi tese una mano
verso la ragazza, per aiutarla a rialzarsi. Insieme, dunque, si
diressero verso
la donna che per tutto il tempo era rimasta con mani e piedi legati al
muro.
Isis fece anche per chiamare accanto a sé Lara, per usare
bendaggi e unguenti,
ma la donna rimase impietrita dallo stupore per qualche secondo, prima
di poter
reagire ed eseguire quella richiesta.
-
non
chiederò i vostri nomi, perché sono consapevole
che, soprattutto in un luogo come questo, è la miglior arma
e la cosa più
preziosa che ognuno di noi possiede; ma ho bisogno di sapere cosa ci
fate qui,
per potervi aiutare a dovere.- esordì Isis, mentre il suo
sguardo sincero
guizzava dalla ragazza inginocchiata accanto a lei, alla donna che era
stata
appena liberata dalle catene.
-
Perché
vorresti aiutarci? Come possiamo sapere che non
è Galbatorix a mandarvi qui, per punirci, perché
magari ha scoperto che sono
fuggita dalla mia stanza per venire ad aiutare mia madre?-
l’aggredì la ragazza
con gli avambracci sviluppati, mentre aiutava quella che aveva detto
essere sua
madre, ad alzarsi in piedi, lentamente, perché debilitata
dalle ferite- incurante
del fatto che questa le stese lanciando un’occhiata bieca per
ciò che aveva
detto, ed il suo modo di parlare.
Isis sorrise, riconoscendo in
quell’ardore tipicamente
giovanile, lo stesso che ancora animava il suo cuore. Rispose comunque
a tono:
-
perché
sono l’ultima Dark Angel. Galbatorix ha fatto
sterminare il mio popolo e mi ha presa prigioniera. Vorrei annientarlo,
ma non
mi è possibile, data la mia attuale condizione, quindi,
intendo liberare quanti
più prigionieri possibile, per ridare a voi la speranza, e
per indebolire lui.-
spiegò, con la voce velata di durezza e dolore.
-
Il vostro piano
è nobile, mia signora ma…se Galbatorix
dovesse scoprirvi…- fece per opporsi Lara, la voce rotta e
tremula dallo
spavento.
-
La vostra amica ha
ragione, coraggiosa Dark Angel, ciò
che vi proponete è rischioso e Galbatorix è in
grado di infliggere pene molto
peggiori della morte…- intervenne la ragazza con gli
avambracci muscolosi,
mentre distoglieva lo sguardo(poiché sembrava aver provato
sulla pelle ciò di
cui parlava)mentre spogliava sua madre e si faceva aiutare a
disinfettarle e
fasciarle le numerose ferite che le martoriavano il corpo.
-
Ne sono
consapevole, ma voglio essere utile,
voglio poter fare qualcosa per
detronizzare e distruggere quel tiranno…-
replicò, con la voce che le vibrava
per la veemenza delle sue convinzioni, mentre, addolorata, osservava la
donna
che aveva subito la sua stessa prigionia: era alta, con le spalle
larghe e la
pelle abbronzata, segnata dalle intemperie; la figlia aveva provveduto
a legarle
i capelli neri in un’unica, folta treccia che le ricadeva
sulla schiena; lei,
coraggiosamente nonostante provasse dolore, quando le venivano
disinfettate le
ferite, non emetteva un suono ma, di tanto in tanto, arricciava le
labbra e le
profonde rughe attorno alla bocca si facevano ancora più
marcate, segnando
tutti gli anni che portava sulle spalle.
Quella, ora avvolta in un abito rosso
scuro che doveva
essere appartenuto alla figlia, dal momento che le stava piccolo,
fissò Isis
volgendo verso di lei il suo viso, grazioso nel complesso- mentre la Dark Angel
terminava di
fasciarle gli avambracci, ed i polsi(degnati da ferite da sfregamento
causate
dalle manette) con le bende di tela nera portate da Lara- quindi, si
permise di
chiederle:
-
Sapevo che i Dark
Angel sono pervasi da spirito di
giustizia, ma non credevo fino a tal punto. Ti siamo grate per
ciò che stai
facendo per noi, e per ricambiare ti racconterò la mia
storia: fui strappata
alla mia gente quando avevo l’età di mia figlia,
divenni la schiava di lord
Hunyad e poco tempo dopo rimasi incinta. Mia figlia è stata
istruita e
addestrata nel combattimento ma tenuta lontana dalla vita di corte e
per questo
non mi ribellai mai, né tentai di fuggire; tuttavia, ora
che, come vedi, è
sbocciata e sta per diventare una donna temo per ciò che
potrebbe
accaderle(potrebbe subire il mio stesso destino), ed ho deciso di
ribellarmi,
negandomi a quell’uomo, e lord Hunyad mi ha fatta rinchiudere
qui…- raccontò la
donna, con voce addolorata e triste, e tuttavia, era pervasa da una
nota di
fierezza.
Isis la vide stringere la mano della
figlia tra le sue,
mentre la fissava teneramente.
-
chi è
lord Hunyad?- domandò allora la Dark Angel,
rivolta a
Lara, curiosa, ma con l’animo velato da una strana paura:
quell’uomo, sarebbe potuto
tornare lì in qualsiasi momento ed avrebbe potuto fare del
male a tutte loro.
-
È
l’uomo che avete ucciso per evitare che mi facesse
del male, signora.- la informò la sua schiava.
Per un secondo, tra le donne scese un
silenzio teso, carico
di qualcosa di indefinito: Lara e le altre due sconosciute, sapevano
che era
stata fatta giustizia, così come anche Isis, memore del
colore assunto dalla
lama del suo pugnale in quell’occasione; eppure la Dark Angel
non riusciva
a non sentirsi colpevole per aver tolto un padre ad una figlia.
-
per favore, andate
avanti. Vi raggiungerò più tardi.
Ora voglio restare qui, sola.- chiese la ragazza, con voce fragile, gli
occhi
bassi.
Lara e le altre due furono pervase da
una grande tristezza
tanto che la ragazza con gli avambracci da schermidore stava per andare
a dirle
qualcosa, ma la madre la fermò, e le tre fecero
ciò che era stato loro
richiesto.
Isis si sentiva sempre più
pesante, qualcosa di duro ed
insostenibile era sbocciato nel suo petto e le impediva di respirare,
di star
dritta sulle gambe; ormai aveva anche la vista appannata dalle lacrime,
ma si
impose di non fermarsi, di continuare a sollevare la pietra del
pavimento sotto
la quale aveva nascosto l’Eldunarì del drago di
Vrael finchè, non strinse
l’involto tra le braccia in un tremante abbraccio.
Maestro…
esordì
con voce spezzata dal pianto.
Isis, sono
felice di
rivederti, ed ancora di più lo sono per il coraggio che hai
dimostrato, per il
gesto che hai compiuto: la salvezza di quelle anime è
importante, però è necessario
che porti a termine il tuo compito, perciò smetti di non
sentirti degna di ciò
che sei, accettalo e non stare a crucciarti per il passato. In questo
luogo,
più di ogni altro in Alagaesia, il confine tra giusto e
sbagliato non è netto,
ma cosparso di luci e ombre. Se ti addolora ancora l’aver
dato la morte a
quell’uomo, convinciti che ciò che ti
consigliò il tuo pugnale allora, era
l’azione più giusta. Ora è necessario
che tu agisca per salvare quelle due
donne: c’è bisogno di te, non puoi tirarti indietro.
Quelle sagge e ferme parole parvero
rinvigorire Isis, che,
lesta, nascose il suo maestro sotto la tenda scura che le copriva le
spalle,
assieme all’arco ed al pugnale, così corse fuori
da quella cella, decisa a
lasciarsela definitivamente alle spalle…e quasi si
scontrò con Lara che,
seguita dalle due sconosciute che era necessario salvare, aveva deciso
di
attenderla.
La Dark Angel
le rivolse un sorriso pieno di gratitudine, poi tornò
seria e, forte degli anni di addestramento che il suo popolo le aveva
impartito, si lasciò guidare dall’istinto, e
veloce come il vento ed invisibile
come un’ombra riuscì così a guadagnare
ed a far guadagnare alle sue compagne
l’uscita del palazzo.
Le quattro si ritrovarono persino
vicine alle porte di Uru
Baen, ma l’euforia che stava contagiando tutte
svanì, sostituita dalla paura:
una guardia piantonava l’unica entrata della città
e difficilmente il piccolo
drappello di fuggiasche sarebbe passato inosservato…
-
aspettate, io quel
soldato lo conosco!- annunciò Isis,
illuminandosi, mentre indicava l’uomo a Lara con un gesto del
mento: aveva gli
occhi da gatto ed il viso bambino- l’ho messo fuori
combattimento per tentare
la fuga…potrei fare da esca mentre voi guadagnate la
libertà…- propose la Dark Angel
mentre già
piegava i muscoli, pronta ad uscire allo scoperto, lontana dalla
protezione
delle ombre notturne.
A Lara mancò il respiro.
Quella ragazza voleva forse
sacrificarsi per dare la possibilità di fuggire, anche a lei? Per quanto nobile, quel
gesto era una pura follia: come
poteva credere, quella Dark Angel, che lei l’avrebbe
abbandonata, in un tale
momento di bisogno?
- signora, sei folle? Pensi che ti
lascerei fare ciò che hai
detto? Pensi che vorrei la libertà, sapendo quanto rischi,
qui? Non ti lascerò
sola. Inoltre, farò io da esca perché, non so tu,
ma io credo che se quel
soldato ti vede, vorrà vendicarsi, e non rischierai solo la
morte, ma anche
qualcosa di molto peggiore…- la rimproverò la sua
schiava. Non lasciò ad Isis
il tempo di replicare, perché uscì allo scoperto
e camminò, fingendo di
barcollare, finchè non cadde a terra, proprio al cospetto
del soldato.
La Dark Angel
non riuscì a sentire ciò che i due si stavano
dicendo,
a causa della distanza che la separava da Lara, ma vide il soldato che
si
avvicinava alla sua amica, si chinava e la prendeva tra le braccia,
allontanandosi quindi dalle porte della città.
Approfittando di quel momento di
distrazione, le tre donne
che erano rimaste nascoste, sgattaiolarono fino alla stalla in cui il
soldato
teneva il proprio cavallo, lo presero(perché era il primo
mezzo di trasporto a
loro disposizione, e per evitare che avesse la possibilità
di inseguirle)ed
uscirono silenziosamente da Uru Baen.
Una volta fuori, Isis
aiutò madre e figlia a salire in
groppa all’animale, pregò le stelle
perché vegliassero il loro viaggio, ed
infine, prima di congedarsi, consigliò loro:
-
dirigetevi dai
Varden, nel Surda, lì sarete al sicuro…e
se incontrate il cavaliere dal drago di zaffiro, ditegli che vi ha
inviato
l’ultima Dark Angel, presso il suo popolo…- e
rimase a guardarle, mentre- dopo
averla ringraziata per il suo aiuto- le due donne sparivano al galoppo,
oltre
l’orizzonte.
ANGOLO AUTRICE
Salve a tutti!
Che ci crediate o no sono ancora
viva, ed ho riesumato dalle
ceneri questa ff, spero ci sia qualcuno che la segue ancora; spero
soprattutto
che il post vi sia piaciuto, e mi auguro abbiate riconosciuto dalla
descrizione
le due donne senza nome di cui si parla.
Non posso garantirvi
regolarità nel postaggio, ma cercherò
di non abbandonare
più questa storia
Un
ringraziamento sentitissimo a animegirl91,
FrancyWeasley, crow heart, Harmony89, Lumie, Night Cip, e a Ren92 ed ovviamente a tutti i lettori
silenziosi
|
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Capitolo 12 *** vantaggi e rischi(parte3) ***
Nota: ATTENZIONE! PER LA CRUDEZZA DI
DUE DETERMINATE SCENE, ALL’INTERNO DEL
CAPITOLO, CREDO CHE
SIA DA CONSIDERARSI A RATING ROSSO!
Capitolo 10
Vantaggi e
rischi
Parte 3
Isis tornò nella stanza di
lord Thelonius velocissima e
furtiva. Nonostante non dovette preoccuparsi per sé- dal
momento che godeva
della protezione delle ombre notturne-l’apprensione e la
paura che provava la
stavano paralizzando: non aveva più visto Lara da quando
quel soldato l’aveva
portata via con sé, tra le proprie braccia…
Che le fosse successo qualcosa?
Mia dolce
Isis, la tua
empatia è ammirevole, ma non temere, Lara sa cavarsela. Ora
non permettere che
il pensiero incerto del fatto che lei potrebbe essere in pericolo ti
distolga
da quella che hai deciso sarà la tua missione, qui. So per
certo, come lo sai
anche tu, che se si dovesse presentare la necessità di agire
per salvarla non
ti tirerai indietro La ammonì delicatamente il
suo maestro.
Quindi, con un respiro profondo che
le svuotò la mente, la Dark Angel
si mise
all’opera per nascondere sotto le pietre del pavimento, che
si trovavano sotto
il letto sul quale dormiva lord Thelonius; il suo pugnale,
l’arco, le frecce e
l’Eldunarì del drago di Vrael.
In seguito, lottando col dolore che
le pervadeva il corpo e
cercando di non far tintinnare troppo le catene che aveva ai polsi,
uscì ancora
una volta da quel luogo, dirigendosi verso la medicheria, dove
sicuramente un
erborista custodiva qualsiasi tipo di erba, fiore o infuso dalle
proprietà
curative, che usava per curare chiunque ne avesse bisogno, nel palazzo.
La ragazza dovette girare non poco,
procedeva a tentoni,
alla cieca, ma non aveva fretta perché rassicurata dal fatto
che non c’erano
guardie in giro, e sicuramente lord Thelonius si sarebbe svegliato dopo
l’alba.
In questo suo vagare
scoprì che il palazzo di Galbatorix
possedeva una Biblioteca, immensa e profumata di legno e
rose…ed una torre
alta, dalle scale a chiocciola, sulla cima della quale si era
così vicini al
cielo che si potevano contare le stelle.
La medicheria profumava di legno e
nell’aria che la riempiva
si mescolavano centinaia di odori. Le pareti erano tappezzate di
scaffali sui
quali facevano bella mostra di sé anfore di coccio e ampolle
di vetro sulla cui
parte anteriore era scritto cosa contenessero.
Isis, salendo su una delle scale
lignee che appositamente
erano agli angoli della grande stanza, prese, con mano sicura qualche
piantina,
polveri, radici, fiori e tutto ciò che riteneva le
occorresse. Un lieve sorriso
le adornò le labbra mentre compiva
quell’operazione perché quel luogo le
ricordava molto la sua isola. Tuttavia, nella medicheria che aveva
frequentato
spesso, a casa, ed in generale in tutta la Vroengard, c’era
sempre stato un
maggiore contatto con la natura, e
non la necessità di dominarla,
come
invece appariva chiaramente in quel luogo, persino
dall’arredamento di ogni
angolo del palazzo di Galbatorix.
La notte aveva iniziato a
rischiararsi quando Isis, tenendo
in mano una ciotola di legno colma di un liquido fumante- sul quale
aveva
lavorato per molte ore, anche servendosi del camino- si
avvicinò al suo
signore, addormentato, e glielo fece bere.
Quello si irrigidì appena,
mentre un po’ della bevanda gli
colava sulla barba, e per un attimo smise di respirare ma quasi subito
Isis,
facendosi più vicina disse, con voce monocorde, ipnotica:
-
sapete chi siete?-
-
lord Thelonius di
Melian.- rispose sinceramente quello,
con voce soggiogata dall’infuso.
-
Risponderete
sinceramente a tutto ciò che vi chiederò?-
lo incalzò la ragazza
-
Sì…-
promise il lord, nel sonno.
La dark Angel
sorrise, ringraziando il suo popolo per averle
insegnato a preparare e usare l’Infuso della
Verità, che faceva essere
completamente sincero chi lo beveva circa qualsiasi cosa gli si
chiedesse, ma
non lasciava alcun ricordo all’interessato, né di
aver bevuto l’Infuso, né di
aver confessato qualcosa.
Dunque, la ragazza iniziò
il suo interrogatorio e quel lord,
ignaro di tutto, confessava e spiegava e raccontava, e ad ogni parola
che
usciva dalle sue labbra, sembrava privarsi di maschere, menzogne e
segreti,
restando nudo, dinnanzi a lei, solo con la sua sincerità.
Era l’alba. Isis stava
scrivendo brevemente le informazioni
ottenute dal lord su una piccola striscia di pergamena. Non era molto,
ma
parecchio, considerato il poco tempo che la ragazza aveva avuto a
disposizione;
sperò che anche i Varden lo comprendessero, che credessero
alle sue parole, e
che il suo ruolo lì potesse risultare di qualche
utilità.
Pregandoli di non risponderle,
altrimenti sarebbe stata
scoperta, firmò l’ultima riga, forte del fatto che
nessuno conoscesse il suo
nome, eppure con la mano che le tremava dal momento che comprendeva il
rischio
che stava correndo. Se mai il biglietto fosse stato ritrovato, infatti,
quanto
tempo avrebbero impiegato Galbatorix e i suoi ad attribuirlo a lei?
Con un fischio leggero e tremolante, la Dark Angel
chiamò a sé
il proprio falco- che si era così affezionato a lei, da
commettere la follia di
seguirla, dal Surda in quella missione- e gli legò la
pergamena ad una zampa.
-
mi dispiace che tu
debba fare il piccione viaggiatore,
ma per favore…porta questo dai Varden.- lo
supplicò, carezzandogli la testa
bianca, sottintendendo che dovesse stare attento.
L’animale le
pizzicò una guancia con il becco,
affettuosamente poi, altero, spalancò le ali, spiccando un
volo regale fuori
dalla finestra, come a voler dire: “non
c’è paragone tra me e un piccione
viaggiatore” e lei, si lasciò andare ad una risata
liberatoria, comprendendolo
e sperando anche che l’animale potesse portare un
po’ di lei sulle proprie spalle
così che la ragazza potesse tornare a sapere cosa fosse la
libertà.
Proprio un attimo dopo che Isis ebbe
richiuso la finestra
dietro il suo amico piumato, Lara fece finalmente il suo ingresso nella
stanza
e Isis, a causa della gioia che le avvolse il cuore non la osservò attentamente ma le
gettò le braccia al collo e poi,
si preoccupò di guardarla.
-
Lara, sono
così felice di rivederti! Perché ci hai
messo tanto? Ero in pensiero per te…ma…stai bene?
Ti è stato fatto del male?-
le chiese, parlando a bassa voce, ma col tono e gli occhi impregnati di
sollievo.
-
Stai tranquilla,
signora. Non mi è capitato nulla di
male, anzi, direi che non sono mai stata meglio in tutta la mia vita.-
le
confessò la donna, con le guance che le si imporporavano,
mentre prendeva le
mani della sua signora tra le proprie.
Fu allora che Isis la fissò
attentamente: aveva le guance arrossate, gli occhi luminosi,
i capelli
scompigliati e l’abito sistemato alla meglio, come se avesse
avuto fretta di…rimetterlo.
Lara era stata con quel soldato. Ad
Isis venne un capogiro
ad immaginare la sua amica che, sottomessa ad un uomo, piangeva da
dolore,
soffrendo per ciò che lui doveva averle fatto subire.
Ma Lara non sembrava mostrare
sofferenza, anzi, era tutta
sorridente, di un sorriso così radioso come Isis non ne
aveva mai visti, e
forse anche desiderosa di condividere ciò che aveva provato
quella notte.
La Dark Angel
non riusciva a capire. Come poteva Lara, aver apprezzato,
l’unione carnale con
qualcuno? E come aveva fatto quel soldato a prenderla senza farle del
male?
-
Lara…temo
di non riuscire a capire cosa ti sia
successo…ti va di parlarmene?- mormorò in
proposta Isis, mentre faceva per
mettersi, lentamente(e non senza provare ancora dolore) seduta a terra.
-
Certo, signora. Se
avrai la pazienza di ascoltare. Ma
vieni con me: voglio lavarti e medicarti lo scempio che ti ha fatto
Thelonius…-
disse, portandola con sé fuori da quella stanza.
Le due amiche camminarono lente, il
tempo scandito dai
respiri e dalle confidenze fatte a bassa voce dalla donna dagli occhi
di
cerbiatta; il palazzo si svegliava attorno a loro ma quelle erano perse
nel
racconto della notte prima: Lara parlava usando i ricordi ed il cuore,
ed Isis
ascoltava, attenta, ed un po’ spaesata, perché
ciò che udiva era incompatibile con
ciò che le era stato inflitto, che aveva dovuto subire, che
aveva provato sulla
sua pelle.
Persino quando Lara la
lavò, la medicò e le fece indossare
una semplice tunica pulita, non smise di narrare di come aveva fatto
credere a
Simon- questo era il nome del soldato- di essere ferita; di come- per
continuare a distrarlo- aveva dovuto farsi cadere dell’acqua
addosso e di come
l’uomo, avesse tentato, per rispetto verso di lei, di non
guardare gli abiti
che avevano lasciato trasparire le generose forme del suo corpo,
adagiandovisi
contro, pesanti.
Simon quindi, l’aveva
accompagnata davanti al grande camino
del “Passo” la sala dal pavimento di pietra che era
attigua alle Cucine, dove
solitamente si riposavano i servi in attesa di un ordine da parte dei
cuochi,
per servire in tavola; ma che in quel momento era vuota.
Erano soli, quindi, e Simon si
sarebbe congedato per
concederle un po’ di intimità, se Lara non
l’avesse pregato di restare(per
concedere alla sua signora ancora un po’ di tempo per la
fuga, disse, ma poi
aggiunse che era stato anche perché inaspettatamente
aveva avvertito il bisogno di
averlo
vicino).
-
ho iniziato a
parlare di qualsiasi cosa mi venisse in
mente…dell’affetto che ho per voi, ma anche di
cose più semplici e lui…sembrava
rapito, non solo dalle mie parole ma anche dalla mia voce, dai miei
gesti…-
spiegò la donna, emozionata. E la Dark Angel
le sfiorò delicatamente i capelli.- d’un tratto,
mi ha fatto una carezza…i nostri volti erano sempre
più vicini e…ci siamo
baciati. È stato come se…fosse dovuto
accadere e…anche quello che è avvenuto
dopo…la nostra unione…sento che doveva
succedere. È stato dolcissimo, è
la cosa più bella che abbia mai provato in tutta la mia vita
e da allora…mi
sento sua, anima e corpo e so che non vorrò mai essere di
nessun altro.- Lara
scoppiava di felicità ma provava anche un certo imbarazzo
perché non voleva
essere indelicata nei confronti della sua signora che purtroppo non
ricollegava
l’amore all’appartenenza reciproca ed al rispetto,
piuttosto alla sofferenza che,
a causa di Thelonius, ancora pativa.
-
Lara, sono felice
per te. Sei una persona straordinaria
ed una donna bellissima. Meriti davvero un dono simile.- le
confessò Isis,
sinceramente, e pianse silenziosa mentre la sua amica
l’abbracciava felice, per
la fortuna che lei aveva avuto, e triste, per l’amarezza
generata dalla
consapevolezza che lei forse aveva potuto trovare un simile amore
mentre era
ancora tra i Dark Angel, ma ora che era tutto distrutto, era condannata
a dover
essere sottomessa ad un signore che avrebbe deciso della sua vita e
della sua
morte.
Quando Simon giunse a cercare la sua
amata, le trovò ancora
abbracciate mentre i raggi di un caldo sole mattutino ne lambivano le
belle
figure.
Il soldato baciò Lara con
passione e fece per inchinarsi ad
Isis, dal momento che, disse, sapeva essere l’ultima Dark
Angel; ma la ragazza
glielo impedì e fu lei invece, ad inchinarsi al suo
cospetto, per chiedergli
perdono di averlo tramortito durante la sua tentata fuga.
-
non vi porto
rancore, signora, né vi biasimo: nella
vostra situazione, anch’io avrei fatto lo stesso.- le
spiegò l’uomo, con un
sorriso mesto. Evidentemente- considerò Isis fissando Lara-
gli era anche
giunta voce della violenza che aveva dovuto subire da parte del suo
signore.
Isis fu la schiava di lord Thelonius
una settimana ancora,
ma non avrebbe mai potuto sospettarlo, essendo all’oscuro
dell’avvenimento che
si sarebbe verificato al termine di quel periodo di tempo; inoltre,
l’uomo la
cercava solo di notte, quando si ubriacava, ma era estremamente
semplice
allora, per la Dark Angel,
sfuggire alle sue grinfie e somministrargli l’Infuso della
Verità, per ottenere
notizie belliche che avrebbero giovato ai Varden.
Per il resto del tempo, Thelonius
l’aveva relegata agli
alloggi degli schiavi del palazzo, e questo permise ad Isis non solo di
stringere una forte amicizia con Lara e Simon ma le fece anche
guadagnare
quella di molti altri schiavi, sguattere, cuochi e stallieri che,
affascinati
dai suoi modi e dalla fama leggendaria del suo popolo, le davano del tu
ma si
rivolgevano a lei chiamandola “signora”; non
volevano facesse nulla(cosa che
invece, Thelonius aveva preteso, per umiliarla); erano sempre
disponibili ad
aiutarla, a spiegarle la struttura del castello ed a mostrargliene ogni
meandro(informazioni che poi, di notte, solerte, inviava a Nasuada ed
ai suoi
perché avessero un’idea più chiara del
palazzo se e quando avessero mai deciso
di attaccarlo) chiedendole in cambio soltanto che, ogniqualvolta le
fosse
possibile, leggesse per loro.
Fu proprio mentre leggeva, in un
giorno della fine della
settimana, che accadde qualcosa di inaspettato, che segnò
gli eventi futuri, se
non addirittura il suo destino. Mentre Lara ed altre donne lavano i
panni
presso la piccola cascata nel cortile interno, il cui accesso era
permesso solo
alla servitù, dal momento che era esattamente al centro
dell’ala del palazzo in
cui abitavano gli schiavi; Isis, seduta sull’erba, le gambe
raccolte al petto,
leggeva per loro la storia della principessa Sherazad, che per avere
salva la
vita narrava ogni notte una storia diversa a suo marito.
In quel momento l’aria
placida della mattinata fu scossa da
un deciso battito d’ali e da un possente ruggito. Castigo
atterrò senza grazia
nel centro del cortile interno- come non fosse a proprio agio nel suo
stesso
corpo- seminando il panico e scatenando una fuga generale. Soltanto
Isis non si
mosse: aveva ancora il libro aperto tra le mani ma i suoi occhi erano
fissi sul
drago(che la ragazza non potè evitare di paragonare con
Saphira, i cui
movimenti erano invece molto aggraziati)e sul suo Cavaliere che,
tenendo l’elmo
sotto il braccio, andò verso la Dark Angel,
rimasta ormai sola.
Per un attimo lei pensò di
sfoderare lo Specchio dell’Anima
che teneva nascosto sotto la tunica, ma poi, ragionando, comprese che
sarebbe
stato un gesto inutile dal momento che Murtagh equipaggiato molto
meglio di
lei, e gli sarebbe bastato poco per farla soccombere.
Diplomazia, Isis. Non
c’è momento migliore di questo per
farne uso. Si disse e, cautamente si alzò in piedi senza mai
abbandonare
Murtagh con lo sguardo.
-
Dark Angel, sai
che riesco a leggere la mente di tutti,
in questo posto? Eccetto la tua…- era forse venuto a
pavoneggiarsi?- sembra che
tutti i tuoi “amici” ti adorino. Eppure sei rimasta
sola. Come mai?- esordì il
Cavaliere, l’armatura che scintillava, colpita dal sole.
-
La vostra presenza
e quella del vostro drago incute
terrore, Cavaliere.- asserì la ragazza, con voce bassa e
dura.
Alle spalle del figlio di Morzan, il
drago dalle squame
cremisi serrò le mascelle, mostrando i denti.
-
oh, ma come sei
scortese! Castigo è molto offeso dalle
tue parole…direi che per farti perdonare dovrai dirci come
mai sei qui, e
perché ti mescoli agli schiavi. Da giorni ti cerchiamo,
sembravi sparita, ma
poi Castigo ha riconosciuto la tua voce che proveniva da
qui…- c’era qualcosa
di teatrale nel modo in cui l’uomo muoveva le mani guantate
d’acciaio, nella
sua voce una nota di disprezzo verso gli schiavi e nei suoi occhi
intensi, una
luce, nel profondo, che Isis non seppe identificare.
-
Perché
non cerchi la risposta da solo, nella mente dei
miei amici? Non ho segreti, per loro…- replicò
tagliente la Dark Angel.
-
Per me, invece, ne
hai molti…il tuo nome, per esempio,
o dove hai nascosto ciò che hai rubato al re…- le
bisbigliò all’orecchio,
facendosi vicinissimo. Isis sentì il suo respiro sul collo,
sui capelli e
tremò: un soffio di vento sarebbe bastato a scaraventarla a
terra e farla
andare in mille pezzi. Capì che in quel momento Murtagh
avrebbe potuto farle
qualsiasi cosa e né lei, né avrebbero avuto la
forza sufficiente per opporvisi,
perché lui aveva un drago dalla sua parte, e
l’arma più potente di tutte: la
capacità di seminare terrore.
Murtagh…allontanati,
falla respirare: sembra terrorizzata. Gli fece notare il suo
drago.
Ma di quel dialogo nessun altro fu
testimone, e così
dinnanzi a tutti i presenti che, come Isis erano paralizzati e
trattenevano il
respiro, il Cavaliere prese un po’ le distanza, tornando a
guardare la
Dark Angel negli occhi
ed ebbe la certezza di averla spaventata. Avrebbe per sempre portato
con sé il
ricordo della violenza subita da Thelonius, di conseguenza da quel
momento in
avanti avrebbe attentamente studiato e soppesato ogni gesto e parola di
qualsiasi componente della corte di Galbatorix, per potersene
proteggere.
Gli occhi del figlio di Morzan furono
attraversati da un
lampo di tristezza mentre serrava i pugni lungo i fianchi, colpito da
una nuova
scoperta circa quella misteriosa donna: lui e quella Dark Angel erano
davvero
simili. Entrambi erano guerrieri, che alla fine le circostanze avverse
del
destino avevano piegato.
Furente, il ragazzo
sbaragliò le deboli difese mentali della
schiava che era sempre accanto a quella ragazza dalla carnagione scura,
e
rovistò ciecamente, finchè non scoprì
il colpevole del confino della Dark Angel
nei luoghi frequentati dagli schiavi:
-
è stato
Thelonius a confinarti qui?- le chiese, e ad
Isis parve che ne fosse addolorato, seccato, come se fosse venuto a
conoscenza
delle taglienti parole con le quali il lord l’aveva relegata
lì; tuttavia, non
si lasciò fuorviare e non mancò di replicare,
eloquentemente:
-
non è
un confino, questo. Sono contenta di stare qui,
perché ho trovato degli amici le cui parole sono sempre
sincere; inoltre, ho la
possibilità di stare lontana da mio
“padrone”…- il suo tono di voce,
inizialmente rabbioso era andato via via scemando, affievolendosi
mentre
chinava gli occhi per il doloroso ricordo della violenza subita.
-
Quindi, alla fine,
Thelonius ti ha…piegata…-
mormorò il Cavaliere.
Isis risollevò
improvvisamente gli occhi e lo trafisse con
lo sguardo mentre le sue iridi lampeggiavano di furia.
-
Murtagh, sono
consapevole che tu sia venuto per
deridermi ma, come osi dire una
cosa
simile? Non hai mai osservato come il bambù si inchina al
vento e poi torna
ritto? Perché invece di concentrarti su di me non esamini il
fatto che
Galbatorix ha piegato te?- lo
aggredì
con forza, e la veemenza di quelle parole colpì
l’uomo in pieno viso, come se
fosse stato schiaffeggiato. Serrò la mano attorno
all’elsa della spada ma
Castigo lo fermò, toccandogli la mente.
Sei
soddisfatto ora?
Ti avevo chiesto di andare da lei per chiederle di leggere per me, dal
momento
che a me piace come legge, e tu adori il suono della sua voce. Ma tu
hai dovuto
punzecchiarla, ed è ovvio(dato
che lo
fanno anche gli animali per difendersi)che lei ti abbia ferito.
Non sono
ferito
Castigo, non dire fesserie. Sono furioso invece, perché non
capisco come sappia
del nostro legame con Galbatorix visto che non ha provato neppure a
sfiorarmi la mente.
Ringhiò il Cavaliere
mentre si sistemava sulla sella del suo drago. Per tutta risposta,
Castigo
ruggì con tanta potenza da far tremare le ginocchia a tutti
i presenti, nel
cortile interno.
Lara volle che Isis rimanesse al suo
fianco per tutto il resto
del giorno. Non voleva lasciarla sola- dal momento che sarebbe stata
facilmente
preda di un vortice di pensieri ed emozioni travolgenti- ma tutti gli
schiavi
che le furono attorno quel giorno non furono d’aiuto,
perché, come lei, erano
risucchiati dai pensieri e dalle emozioni suscitate
dall’apparizione
inaspettata del Cavaliere di Galbatorix tra di loro.
La Dark Angel
stava quindi, spesso zitta, come tutti, -anche in
momenti comunitari come la cena- per riflettere soprattutto su una
cosa, che
tornava e ritornava nella sua testa, perseguitandola: la durezza e la
cattiveria delle parole di Murtagh…”Thelonius ti
ha piegata” lo sentiva
continuare a ripetere, nella memoria; e quella frase la dilaniava.
Non
sentiva di esser stata piegata da lord Thelonius, ma…doveva
forse considerarsi
tale dal momento che non aveva potuto difendersi quando era stata
violentata?
-
signora, stai
bene?- le domandò d’improvviso Simon,
sfiorandole una spalla.
Isis tornò alla
realtà con un violento sussulto, e per poco
non scoppiò in lacrime:
-
sì,
grazie Simon. Nel corpo, sì…- replicò,
tornando a
respirare normalmente; e nessuno le chiese come si sentisse davvero, dentro, né cosa potesse averle detto
Murtagh per ridurla
in quello stato.
Quindi, sul far della sera Lara e
Simon la riaccompagnarono
nella stanza di lord Thelonius dove, una volta chiusa la porta alle
proprie
spalle, la ragazza si abbandonò sul letto, lasciandosi
andare ad un pianto del
quale nono conosceva il motivo ma sentiva la
necessità. Si
credeva al sicuro sola, in quella stanza, ma nel momento in cui lord
Thelonius
fece il suo ingresso lì dentro, seppe che non era
così. Non aveva scampo.
Quella montagna umana sembrava un
mostro: aveva bevuto più
del solito e sembrava affamato di
lei, dal suo sguardo, dal suo sguardo famelico appariva chiaro che si
sarebbe
preso ciò che voleva, con o senza il consenso della ragazza.
Vedendola già distesa sul
letto, si gettò pesantemente sul
materasso, ma la Dark Angel
riuscì a saltare giù sfruttando quella spinta
prima che il peso di lui la
schiacciasse. Ci
fu poi una lieve corsa nella stanza, durante la quale Isis
ebbe la
meglio…almeno fin quando le catene ai suoi polsi non si
impigliarono in
qualcosa, così che lord Thelonius ebbe il tempo di
raggiungerla.
-
puttana!- fu
l’unica cosa che lui le disse(la voce
gutturale e l’alito appesantito dal vino) e
l’ultima che lei sentì prima di
ricevere uno schiaffo tanto forte da farle perdere
l’equilibrio, battere la
testa contro il tavolo che era lì, e perdere i
sensi…
Quando si riprese, Isis
scoprì che le catene che le legavano
i polsi le erano state bloccate alla testata del letto(così
che avesse le
braccia ferme)e di essere completamente nuda.
La paura e l’ansia si
impadronirono di lei, mentre cercava
una via di fuga, invano; tanto che iniziò a respirare male.
Poi, quando le
apparve dinnanzi lord Thelonius, prese a dimenarsi, per quanto le fosse
possibile. Nel momento in cui quello le fu sopra scalciò e
si divincolò con più
forza, mettendoci tutta se stessa, dimenticando la stanchezza e tutte
le sue
debolezze; ma il suo signore la schiaffeggiò con tanta forza
che le fischiarono
le orecchie. Quindi, iniziò a piangere, ad urlare ad
implorarlo di fermarsi, ma
quello continuava a sovrastarla, a toccarla ovunque con le sue manone
luride;
mordendole ogni lembo di pelle le capitasse a tiro, graffiandola, con la barba.
Infine,
nonostante le disperate resistenze di lei, la prese muovendosi e
comportandosi
come se si trovasse ad una battuta di caccia. Le tappò
persino la bocca con una
mano incrostata di terra, per non sentire le sue urla mentre la
umiliava,
sfruttandola per il proprio piacere.
E Isis in quel momento, sentendo il
sapore del suo stesso
sangue tra le labbra, seppe di aver perso tutto, ed avrebbe voluto
essere
morta, e tuttavia, non riusciva a smettere di lottare, non accettava di
arrendersi. Così come non si arrese neppure quando Thelonius
crollò
addormentato al suo fianco.
Rassicurata dal suo sonno pesante, la Dark Angel
non si
preoccupò di non fare rumore nel togliere le manette dalla
testata del letto.
Una volta libera, (o meglio, relativamente libera)rotolò
giù dal materasso-
perché non era sicura che le gambe incrostate di sangue e
fluidi l’avrebbero
retta se si fosse messa in piedi- e si cosparse i polsi
d’olio d’oliva,
ungendoli per far sì che le manette, ancora chiuse, le
scivolassero via dalle
mani.
Tremava, Isis mentre correva fuori
dalle mura di Uru Baen, e
di certo non per il freddo della notte. Aveva indossato la prima cosa
che le
era capitata a tiro, e sulle spalle teneva una sacca che aveva riempito
con
unguenti, bende ed una tunica pulita, oltre ad avervi nascosto anche il
suo
maestro. L’Eldunarì era preoccupato
perché credeva che una sua fuga sarebbe
stata presto scoperta, ma in realtà era diretta al piccolo
lago fuori città nel
quale aveva fatto abbeverare i cavalli assieme ad Arya.
Non appena lo vide si
spogliò e vi si gettò come fosse
un’oasi nel deserto. Inizialmente, vi nuotò
felice, poi, quando il ricordo
della violenza subita l’assalì, prese a lavarsi
con foga, rabbia, veemenza,
come posseduta da una strana frenesia. Si immerse nell’acqua
gelida più volte,
completamente, sperando di poter togliere del tutto da sé,
dalla sua memoria,
dalla sua pelle, l’odore, il ricordo e la presenza del
bastardo che le aveva
portato via la virtù.
Avrebbe voluto piangere, ancora per
ciò che non aveva più ed
urlare, scagliarsi contro Murtagh perché lui aveva ragione:
Thelonius era
riuscito a piegarla. E lei si odiò per ciò che
gli aveva permesso di fare.
-
bene, bene,
bene…cosa abbiamo qui? Una Dark Angel che
spera di mutare in pesce?- la schernì una voce che la
ragazza avrebbe
riconosciuto tra mille.
Isis sollevò lo sguardo il
tempo necessario per scorgere il
viso di Murtagh ad una spanna dal proprio- dal momento che era
accovacciato
sulla riva del laghetto- poi lo distolse nuovamente perché
si sentiva incapace
di sostenere le occhiate penetranti del Cavaliere, per la prima volta
nella sua
vita.
-
Ti ho vista che
sgattaiolavi fuori dalla città ed ho
aspettato. A questo punto io e Castigo eravamo sicuri che fossi
fuggita, e
quindi pronti a darti la caccia per riportarti qui. Invece, ti ritrovo
a
sguazzare per immedesimarti in un pesce di lago. Come mai questo
cambiamento?-
Murtagh espose beffardo le sue idee ad un’Isis che si sentiva
persa e
nuovamente violata. Se non poteva avere intimità neppure
nella notte più buia,
quando mai avrebbe potuto averla?
-
Non appena
sarò uscita dall’acqua te lo
spiegherò.- gli
promise, bisbigliando, per evitare che Murtagh capisse che aveva la
voce rotta.
Il figlio di Morzan si
alzò in piedi e le porse una mano,
per aiutarla ad uscire, ma lei non si mosse e domandò ancora:
-
potresti fare
qualche passo indietro e voltarti, per
favore?-
-
per lasciarti il
tempo di rivestirti e scappare? Non
credo.- replicò l’uomo, che rimase immobile mentre
i suoi occhi lampeggiavano
d’ira.
-
Non ho la voglia
né il tempo di fuggire…per
favore…- lo implorò la Dark Angel,
con
urgenza.
Murtagh era titubante: non aveva mai
visto quella Dark Angel
così fragile e condiscendente. E sarebbe rimasto ancora
lì, turbato da quel
cambio repentino e così visibile in quella donna se il
ringhio sommesso del suo
drago, alle sue spalle non lo avesse richiamato ad osservare la
richiesta.
In parte tranquillizzata dal fatto
che non avesse più occhi
addosso quindi, la ragazza uscì quanto più
velocemente possibile dall’acqua, le
ultime goccioline che, lenitive le carezzavano ancora il corpo nudo e
martoriato dalle ferite.
Nel momento in cui sollevò
lo sguardo per scrutare attorno
in cerca della sacca che aveva portato con sé, in cerca
della tunica che vi
aveva messo dentro, si paralizzò, trovando gli occhi di
Murtagh che sfioravano
il suo fisico nudo.
Isis sentì la terra
mancarle sotto i piedi, si scoprì
fragile; avrebbe voluto rannicchiarsi su se stessa e sparire, ma quando
fece
per abbassare nuovamente lo sguardo, riconoscendo che contro quella
mancanza di
rispetto non poteva fare nulla, il Cavaliere fu più lesto di
lei: con pochi
passi coprì la distanza che li separava e le
portò una mano sotto il mento,
costringendola a sollevare il viso.
-
chi ti ha ridotto
così?- chiese, con voce adirata.
Isis sapeva che il ragazzo stava
alludendo alle decine di
ferite sul suo corpo, alle piaghe sui suoi polsi, alla carnagione
lievemente
arrossata dal tanto sfregare, quasi grattare, mentre si lavava; ma non
riusciva
a spiegarsi il perché della sua rabbia. Avvertì
un nodo serrarle la gola:
-
qualcuno che
pensava di averne diritto, dal momento che
è il mio signore; qualcuno che mi ha piegata…-
riuscì a sussurrare, dopo un
tempo che le parve interminabile.
-
Lord Thelonius
pagherà per questo, lo giuro. Ma vuoi
sapere cosa penso, Dark Angel? Non avercela con te stessa,
perché lui non ti ha
piegata: il tuo corpo mi dice che hai lottato strenuamente, per
impedirglielo.-
così dicendo quindi, si fece più vicino e la
ragazza, spaventata da quel gesto
inaspettato prese a tremare e, spinta dall’istinto animale di
sopravvivenza,
cercò di allontanarlo, per paura che volesse farle qualcosa.
Si dimenò disperatamente,
finchè non riuscì a sfuggire al
suo sguardo penetrante, ed al suo corpo, troppo vicino al proprio, ma
di nuovo
il Cavaliere fu pi veloce perché le prese una mano e la
custodì tra le sue,
rassicurandola:
-
non voglio farti
del male, Dark Angel: permettimi di
curare le tue ferite, e lascia che Castigo ti asciughi
dall’acqua. Non ti
faremo del male, hai la mia parola di Cavaliere.- Murtagh
ripetè la formula in
elfico e solo in quel momento la ragazza si calmò.
Concentrandosi sui propri
respiri per rallentare il battito cardiaco chiuse gli occhi,-
perché non sapeva
se avrebbe retto all’idea di un altro sconosciuto che la
sfiorava, e di un
drago che, spirando fiamme la riscaldava(dal momento che il fuoco era
la sua
più grande paura, proprio a causa di Castigo)- e si
abbandonò alla mercè del
figlio di Morzan e del suo drago.
Dopo un attimo avvertì le
mani callose di Murtagh che le si
posavano sulle spalle, e lo udì recitare formule di
guarigione nell’antica
lingua. All’improvviso un intenso calore la pervase,
dall’interno seguito da un
prurito fastidiosissimo, sparso su ogni singolo centimetro di pelle.
Isis serrò spesso gli
occhi, ma non un suono le sfuggì dalle
labbra: era stufa di mostrarsi preda del dolore.
Quando sentì che era tutto
finito li riaprì, per scoprire
con sorpresa che tutte le ferite che aveva si erano richiuse e le
uniche tracce
di ciò che aveva sofferto erano costituite da sottili
cicatrici bianche, lì
dove appena un attimo prima c’erano state tutte le ferite
più profonde.
Poi fu il momento di farsi asciugare
le membra. Il cuore di
Isis mancò un colpo, e senza pensare si gettò fra
le braccia di Murtagh,
voltando le spalle all’imponente figura di Castigo, che aveva
abbassato il suo
immenso muso, come a chiederle il permesso di riscaldarla.
Tremava, Isis, ed aveva sepolto il
viso nella spalla del figlio
di Morzan. In quel momento il drago ed il suo Cavaliere compresero che
la
ragazza temeva le fiamme più di ogni altra cosa al mondo.
E in quel momento sia il ragazzo che
il drago agirono in un
modo che non si sarebbero mai aspettati: Murtagh accarezzò
la schiena scura
della ragazza, senza sapere bene che altro fare per calmarla, mentre
Castigo
apriva le mascelle e spirava un fuoco caldo e gentile che non solo le
asciugò
il corpo, ma la riscaldò anche.
Finalmente la Dark Angel
mostrò di nuovo il viso ad entrambi, lambito da
uno spettro di serenità, col suo sorriso lievemente teso, ma
sincero, nella sua
gratitudine; e Murtagh si sentì autorizzato ad aiutarla ad
indossare la tunica
che aveva portato con sé, quindi, si tolse il mantello,
avvolgendoglielo tutt’attorno
al corpo; ed infine chiedendole il permesso con lo sguardo, la prese
tra le
braccia, per aiutarla a guadagnare la sella del suo drago.
Nonostante stessero tornando entrambi
al palazzo di
Galbatorix il volo su Castigo svuotò la mente di Isis da
qualsiasi altro
pensiero e la emozionò perché dovette riconoscere
che anche se si muoveva
goffamente a terra, quando era in volo era magnifico: sfruttava
delicato le
correnti d’aria, a proprio favore, poggiandovisi, leggero
come una farfalla.
E Murtagh, che aveva pregato il suo
drago di non fare virate
brusche, osservava rapito quella donna che improvvisamente sembrava
esser
tornata una bambina felice di scoprire il mondo. Come era riuscita a
mantenere
uno spirito tanto semplice e curioso dopo ciò che le era
capitato?
I tre atterrarono nel Giardino, un
luogo dall’erba
curatissima e dai bellissimi roseti, il cui profumo, giungeva fino alla
Biblioteca, vista la loro vicinanza; nel quale Murtagh e Castigo erano
soliti
allenarsi.
Il Cavaliere aiutò la
ragazza a scendere a terra, e le
procurò una coperta di lana. Quando Isis lo fissò
interrogativo, in attesa di
spiegazioni, il figlio di Morzan le rispose solo:
-
dormiremo sotto le
stelle, questa notte, Dark Angel.
Io, te e Castigo. O preferisci forse tornare a dividere il letto con
lord
Thelonius?-
ehi,
bell’imbusto! Vacci
piano! Ricordati che è appena stata violata e toccare
quest’argomento potrebbe
irritarla, o peggio, ferirla e tu potrai dire addio a quel poco di
fiducia che
sembravi esserti guadagnato poco fa, nei suoi confronti. Lo
rimproverò
Castigo, guardandolo biecamente. Poi si sistemò
sull’erba, lasciando che
Murtagh adagiasse la schiena contro la sua coda, e distendesse le
gambe; rimase
così per qualche tempo, nella speranza che la Dark Angel
capisse che
erano soliti dormire così, loro due, e se avesse voluto
unirsi a loro, sarebbe
stata la benvenuta.
-
non ti faremo del
male, Dark Angel, lo giuro.- promise
il Cavaliere, notando che ancora tentennava.
La stanchezza e l’immagine
di Murtagh con le braccia leggermente
aperte al suo indirizzo, alla fine ebbero la meglio sulla paura che
Isis
provava, così la ragazza andò a distendersi
accanto al figlio di Morzan, la
schiena poggiata contro le squame di Castigo, e si imbozzolò
nella coltre di
lana.
Ti prego,
Murtagh. Le
chiedi di leggere per me? Bisbigliò, anche se solo
con la mente, Castigo,
speranzoso come un bambino, rivolto al suo Cavaliere.
-
ehm…Dark
Angel?- la chiamò quindi quello e lei, sollevò
gli occhi stanchi, già pronti ad essere carezzati e chiusi
dal tepore del
sonno.- il mio drago pensa che tu racconti bene le storie. Ti andrebbe
di
leggere per lui?- le propose, schietto. Non era abituato a richiedere
qualcosa,
sapendo che c’era una possibilità immediata
di ottenerla.
-
Come…una
storia della buona notte?- fece lei,
sbalordita. Castigo non l’aveva mai sentita leggere, eppure
apprezzava questa
sua qualità.
La ragazza notò che, come
dal nulla era apparso “la leggenda
di Earthsea”. Fissò Murtagh con un sorriso a
labbra strette, che esprimeva
finto rimprovero e, maggiormente, divertimento.
-
va bene, lo
ammetto: ho sottratto questo libro dalla
biblioteca, ieri, perché Castigo non smetteva di dire che ti
aveva sentito
leggere per gli schiavi e che gli sarebbe piaciuto che leggessi per
lui.-
confessò il ragazzo, alzando gli occhi al cielo, esasperato.
Castigo stava per ringhiargli contro
dal momento che aveva
osato rivelare quel suo indicibile desiderio, ma Isis si
illuminò di un sorriso
radioso e la paura, la stanchezza che sentiva addosso, svanirono mentre
sfiorava il muso del drago in una lieve carezza.
-
quindi
è per questo che, veramente, oggi siete venuti
nel cortile interno? Per chiedermi di leggere?- chiese, fissando
l’animale.
Castigo mosse il grande muso in segno
d’assenso e allora la
ragazza parve rianimarsi: sembrava aver già dimenticato
l’umiliazione subita da
Murtagh quel giorno, tutta presa nella nuova avventura in cui, insieme
si
sarebbero tuffati, concentrata solo sull’idea che stavano per
aprire le porte
ad un nuovo mondo, attraverso quella storia: quindi, prese a raccontare
del
mago Ged, della sua facoltà innata di conoscere il vero nome
di qualsiasi cosa
o persona lo circondasse, facoltà che gli permetteva, di
conoscere davvero una
persona, di avere una via diretta sul suo cuore; del suo viaggio
incantato
attraverso monasteri in terre desertiche, e centinaia di altre isole.
Castigo e Murtagh, affascinati come
bambini, ascoltavano
rapiti la voce della Dark Angel creare per loro come dal nulla
situazioni,
emozioni e personaggi magnifici.
Pian piano che il tempo passava, il
drago di Murtagh si
acciambellava sempre di più su se stesso, per farsi trovare
in una posizione
più comoda quando il sonno l’avesse colto, e per
rendere più semplice ai suoi
amici lo scivolare a loro volta nel torpore; ciò di cui non
si accorse però, fu
che il suo movimento fece avvicinare sempre di più la Dark Angel
al suo
Cavaliere, tanto che lei, d’un tratto si ritrovò
con la testa poggiata sul
petto di Murtagh mentre il suo braccio le cingeva le spalle.
La ragazza tremò appena
per quella vicinanza ma non si
ribellò, perché il tepore emanato dal suo fisico,
il suo respiro, la calmavano
così come il cuore di lui, che le batteva regolare e potente
nell’orecchio,
all’unisono con il suo.
In quel momento Isis comprese che,
dopotutto, forse, lei e
Murtagh non erano poi così dissimili.
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Capitolo 13 *** vantaggi e rischi (parte4) ***
Capitolo 10
Vantaggi e
rischi
Parte 4
Isis fu la prima dei tre a
svegliarsi, la mattina seguente,
solleticata dal cinguettio degli uccelli.
Mentre metteva a fuoco il mondo,
sorrise, sentendosi leggera
come una farfalla, per la prima volta dopo tempo. Fece per distendere i
muscoli
ma Murtagh la teneva stretta a sé, in una presa quasi
ferrea, tanto che,
nonostante la ragazza volesse tirarsi su, a sedere, tutto
ciò che ottenne fu di
rimanere nella posizione semisdraiata che aveva tenuto tutta la notte,
guadagnando
però di distaccare appena il viso dal petto del Cavaliere,
per osservarlo un
po’ meglio. E a quella vista sentì qualcosa che le
si ammorbidiva dentro: il
figlio di Morzan, addormentato- il volto disteso dal torpore,
seminascosto dai
ricci, che glielo adombravano appena- sembrava innocuo, giusto, pronto
a
balzare come un leone in difesa dei più deboli e bisognosi
(vista la spada che
aveva legata al fianco)…e…in effetti- ammise la Dark Angel
con sé
stessa- era la prima volta da quando si trovava nel palazzo di
Galbatorix, che
si sentiva al sicuro, ed era strano
che l’uomo che la faceva sentire protetta
a quel modo, fosse proprio Murtagh.
Il sorriso si ostinava a rimanere
lì, sulle sue labbra
carnose ed improvvisamente Isis sentì la
necessità di dimostrare la propria
gratitudine a quel Cavaliere, per averla curata ed averle fatto
trascorrere la
prima notte senza incubi della sua vita: allungò una mano
verso il suo viso ben
rasato, ma proprio quando le dita di lei gli sfiorarono una guancia,
Murtagh si
svegliò e, grazie ai suoi riflessi fulminei le
bloccò le dita, intrecciandole
alle sue, per poi trafiggerla coi suoi occhi penetranti.
-
Che cosa stai
facendo, Dark Angel?- sibilò, con la voce
velata d’accusa.
Isis abbassò gli occhi,
arrossendo. Riconobbe che aveva
agito da stupida:
-
Io…mi…mi
dispiace. - mormorò, mortificata
-
A me no-
ribatté Murtagh. La fissava con una strana
luce negli occhi, e non accennava a lasciarle la mano, carezzandone la
pelle
ammaliato, come fosse stata di cristallo.
Isis rabbrividì per quel
gesto inatteso e il balzo che la
paura, per il repentino cambiamento di quell’uomo, le fece
compiere fu tale,
che riuscì a strappare la propria mano da quelle del
Cavaliere, ma svegliò
anche Castigo.
Il drago dalle squame cremisi,
dapprima sbuffò infastidito
ma poi, non appena riuscì a comprendere cosa stava
succedendo- vedendo la Dark Angel che cercava
di mantenere le distanze da Murtagh- sfiorò la mente del suo
compagno,
rimproverandolo.
Non vuoi
proprio
lasciarla in pace, eh? Ti è così difficile capire
che, a causa di ciò che le è
stato fatto da Thelonius, sarà per sempre diffidente?
Quel
bastardo allora
merita lo stesso trattamento che ha riservato a questa donna!
Ruggì il
ragazzo, rabbiosamente. Un’ira cieca si impadronì
di Murtagh e lui trasmise il
dubbio per quella sua inaspettata reazione al proprio compagno.
Credo di
sapere perché
ti senti così: avresti voluto averla tu, per primo; avresti
voluto farle tu,
ciò che ha subito da Thelonius.
Sentenziò Castigo.
Murtagh ebbe quasi un conato, ed una
furia incontrollata gli
sconvolse il cuore.
Cosa?! Pensi
che sarei
in grado di violentarla!? Il ragazzo tremò, per un secondo,
adirato, poi
riprese. Vuoi la verità? Ogni volta che siamo vicini vorrei
sentirla ancora più
vicina, vorrei che si addormentasse ogni notte sul mio cuore, come ha
fatto
stanotte; vorrei avvertire la carezza della sua pelle contro la
mia… confessò
il Cavaliere, praticamente denudando l’anima per il suo drago.
Finalmente!
Era
necessario scaldarsi tanto per comprendere che sei attratto da questa
donna,
che la desideri? Esultò Castigo, felice di esser
riuscito a far ammettere
al suo amico una verità che ormai era lampante e che
tuttavia, l’uomo ancora
non riusciva a vedere chiaramente.
Colpito da quella nuova
consapevolezza, Murtagh tentò di
opporvi un’ultima, flebile resistenza sicuro che se la
ragazza reagiva a quel
modo per un semplice contatto di mani, avrebbe tentato di ucciderlo se
fosse
venuta a conoscenza dei suoi desideri…
Stava quindi per fare un passo verso la Dark Angel
con le mani
alzate, a mostrare i palmi, nella speranza che quella vista la
tranquillizzasse, ma si rese conto che lei non lo guardava
più: i suoi grandi
occhi verde acqua erano fissi su qualcosa (oltre le proprie spalle) che
sembrava essere la vera causa dei
lampi di terrore che le facevano scintillare le iridi, e le scatenavano
un
violento tremore alle membra.
Proprio in quel momento, travolgente
e livido in viso come
una tempesta, stava facendo il suo ingresso nel Giardino lord
Thelonius, i suoi
passi scuotevano la terra mentre avanzava inveendo contro Isis con voce
tonante, e lei sarebbe potuta fuggire, trovando rifugio tra le braccia
di
Murtagh o tra le ali di Castigo, ma non riusciva a distogliere lo
sguardo dalle
manette dalle quali la notte prima aveva liberato i polsi e che ora le
sue
luride manone stringevano, convulsamente.
Il lord iniziò ad urlare
contro Murtagh qualcosa che Isis
non comprese (dal momento che tutto ciò che riusciva a
sentire erano i battiti
folli del suo stesso cuore) ma subito vide il Cavaliere farle scudo col
proprio
corpo ed un secondo più tardi posarle le mani sulle spalle,
ed allontanarla,
mettendola al sicuro, dietro Castigo.
Isis non seppe bene cosa avvenne in
seguito: il tremore ed
il panico per ciò che avrebbe potuto subire quando lord
Thelonius l’avesse
ripresa con sé, si impadronirono di lei, così che
non distinse altro
all’infuori del clangore di lame che cozzavano.
Poi, d’un
tratto…il possente ruggito di Castigo si
sovrappose ad ogni cosa…sollevando appena gli occhi la Dark Angel
vide
l’animale spirare dalle fauci delle fiamme che, alte,
lambirono il corpo di
lord Thelonius, fino a ricoprirlo completamente…
Il padrone di Isis si era trasformato
in una fiaccola
vivente che si dimenava in preda a strazianti tormenti e la ragazza non
poté
non udire le sue urla disumane…quindi infine, vide il figlio
di Morzan brandire
la propria arma dalla lama cremisi e calarla, implacabile, sul suo
avversario,
la cui testa senza più un volto, ormai, rotolò
lontano…
Dopo un tempo che alla ragazza parve
interminabile Murtagh
rinfoderò la spada, per poi avvicinarsi a lei:
-
È
finita, ora…- mormorò, ma la sua voce ad Isis
parve
lontanissima ed il tocco della sua mano sulla pelle la riscosse,
risvegliandola
dalla pietra in cui sentiva di essere mutata.
-
Lontano da me,
assassino!- era stato nulla più di un
sussurro, ma la durezza insita in quelle parole colpì
Murtagh come uno schiaffo
in pieno viso, facendolo sobbalzare.
E rimase lì, solo, nel
Giardino, accanto ad un cadavere
carbonizzato mentre la Dark Angel con la pelle
color nocciola si allontanava da lui, come
fosse stato un demone, correndo senza voltarsi indietro.
Isis non aveva idea di quanto tempo
fosse trascorso da
quando era fuggita dal Giardino; né se avesse incontrato
qualcuno che
conosceva, lungo il tragitto che l’aveva portata
lì. Ora se ne stava seduta sul
pavimento della stanza che era appartenuta a lord Thelonius, la schiena
contro
la parete gelida, in una sorta di stato vegetativo, a contare i propri
respiri
come unico rimedio per tenere lontani i ricordi di tutte le uccisioni
per mano
di Murtagh alle quali aveva assistito.
Tremava, ogniqualvolta ripensava
all’ultima, che aveva
portato alla morte del suo signore; perché aveva finalmente
avuto una chiara
dimostrazione di quale sarebbe stato il destino cui lei stessa andava
incontro
se avessero scoperto che passava informazioni ai Varden.
Esatto.
È la morte ciò
che troverai se dovessero scoprirti. Ora che lo sai, sei comunque
disposta a
perseverare nella tua missione, tanto giusta quanto pericolosa? La
fece
ragionare, con voce saggia, il suo maestro, al quale, dopo esser
riuscita a
portarlo in salvo con sé, Isis aveva spalancato la mente,
per mostrargli ciò a
cui aveva assistito e le emozioni che quell’avvenimento aveva
scatenato in lei.
Non
è la morte ciò che
temo, maestro…ma provo inspiegabilmente paura. Gli
confessò, senza però
riuscire a capire il motivo di quella sensazione.
È
normale, è umano
avere paura. La rassicurò
dolcemente
il suo Eldunarì
Maestro?-
riprese
Isis dopo qualche attimo di silenzio, durante il quale aveva cercato di
far sua
la calma che il suo maestro emanava- il
tuo Cavaliere, Vrael, ha mai dovuto fare qualcosa che sapeva essere
giusta, ma
della quale aveva paura?
Ci fu un momento di pausa poi, con
voce fiera anche se
lievemente dolente l’Eldunarì replicò:
Vedi, dolce
Isis,
Vrael era il capo dei Cavalieri dei Draghi, il più saggio ed
il più coraggioso
di tutti, ma nonostante questo di lui si continua anche a raccontare
che sia
stato uno dei tanti caduti preda della corruzione e
dell’arroganza che segnò il
declino dei Cavalieri. Quasi nessuno sa, però, che per
quanto riguarda Vrael il
termine “corruzione” va inteso in un altro modo
perché…si innamorò. La sua
compagna e la vita che avevano generato insieme e che, attendevano
vedesse la
luce, erano diventate tutto il suo mondo.
Tuttavia,
questo non
gli impedì di fare il suo dovere ed opporsi a Galbatorix,
salvando Dorù Areaba,
nonostante la paura di non tornare più dalle persone che
amava più della sua
stessa vita, gli paralizzasse il cuore.
Così dicendo,
l’Eldunarì aprì lo scrigno delle sue
memorie e
le condivise con quella ragazza cui era molto affezionato, e lei,
onorata da
quel gesto, se ne lasciò inondare, potendo quindi sbirciare
in quelli che erano
stati gli ultimi momenti di vita felice
dell’Eldunarì e del suo Cavaliere.
Isis vide la slanciata figura di un
elfo, la testa ricoperta
da lucenti capelli biondi, fasciata da una scintillante armatura
candida, una
spada dalla lama bianchissima gli pendeva dal fianco.
Sembrava così…perfetto
in quelle vesti, quasi fosse stato un astro destinato a rischiarare le
tenebre
più profonde, ma la ragazza sentì come sua
l’angoscia che gli stava divorando
il cuore e vide la scura luce del terrore, illuminargli gli occhi
azzurri.
Non smetteva quasi mai di portarsi
alle labbra le mani dalla
carnagione scura, che gli stava di fronte: era una donna davvero
affascinante,
la pelle d’ebano e gli occhi neri, tra i capelli acconciati
in tante trecce,
rilucevano delle perle candide quanto il suo sorriso lieve e
leggermente
triste; il lungo vestito color verde acqua che indossava metteva in
risalto il
suo ventre gonfio, e fu proprio su quello che la mano guantata
d’acciaio di
Vrael andò a posarsi, prima che questi parlasse:
-
ti amo, Esther. Vi
amo entrambi. Non vorrei partire
adesso, perché la paura della possibilità di non
tornare mi sconvolge il cuore.
Vorrei rimanere per vedere nostro figlio crescere.- stava dicendo, con
voce
bassa, dolente.
-
Mio amato Vrael,
se non andrai a difendere i tuoi
compagni da Galbatorix, non ci sarà più alcun
luogo in tutta Alagaesia in cui
nostro figlio potrà crescere come vorremmo. Credimi: la
possibilità di non
vederti più sconvolge anche me, ma non puoi lasciare che
questa paura ti
impedisca di fare ciò che devi, perché la
presenza di un solo uomo
può determinare il felice esito di una guerra,
così
come la sua assenza può significare la sconfitta.
Va’e rendici orgogliosi di te, mio
amato. E…se…non dovessi tornare
narrerò a nostro figlio quanto fossi bello,
quanto sei stato giusto, saggio e coraggioso e gli parlerò
anche di quanto ci
hai amati.- lo rassicurò la moglie, con tono fermo, le sue
certezze però, verso
la fine della sua arringa vacillarono, sotto il peso della paura di
perdere
l’uomo che amava.
Vrael la guardò col cuore
gonfio d’amore, misto ad un grande
dolore. Quindi, posò entrambe le mani sul ventre di Esther e
mormorò alcune
formile di benedizione e protezione nell’antica lingua.
-
mia saggia e dolce
amata, il tuo coraggio quasi
eguaglia il mio. Ho benedetto nostro figlio affinchè, fin
quando lo porterai
nel tuo grembo sarete protetti entrambi dalla sventura, e
perché, quando
nascerà, potrà crescere solo
in tempi
sicuri.- così dicendo la strinse a sé
in un ultimo abbraccio poi le sollevò
il viso, dolcemente e toccò le sue labbra con le proprie in
un bacio
appassionato.
Isis ebbe la sensazione di riemergere
da quella visione come
dal fumo che si dirada. Il cuore le batteva follemente, gli occhi erano
gonfi
di lacrime ed il corpo cosparso da brividi.
Maestro…il
loro
amore…ma lui non ha più visto la sua amata,
né ha assistito alla nascita di suo
figlio, vero? Quel ricordo l’aveva colpita e si
sentiva riscaldata,
rinvigorita nel cuore.
No.
Eppure,
questo non gli
ha impedito di difendere e salvare i Cavalieri da Galbatorix, di fare la cosa
giusta… la ragazza completò
al suo posto quella considerazione, di una verità che era
già nell’aria, che
lei ed il suo maestro conoscevano, e che le stava lentamente penetrando
sotto
la pelle.
Esatto. E
tu, dolce
Isis, ora che hai scoperto quale pericolo realmente corri, stando ogni
giorno
nel palazzo di Galbatorix, sei disposta a continuare nella tua folle,
giusta
missione, usando la ragione ed il cuore, la tua saggezza e la tua
forza, per
fare ciò che senti di dover fare? le
domandò allora l’Eldunarì, con la voce
saggia e ferma di un maestro, ma anche piena di premure come
può essere quella
di un familiare.
La Dark Angel
non potè rispondere subito, perché qualcuno
bussò alla
porta…
La ragazza dunque si alzò,
seppur con gambe malferme e,
aprendo scoprì che nel corridoio l’aspettava Lara,
il respiro accelerato, gli
occhi vitrei, vuoti per la paura di qualcosa di cui Isis non sapeva
nulla.
E allora Isis si spaventò:
pensò che avessero dato la colpa
della morte di lord Thelonius a lei, o a qualcun altro degli schiavi.
Stava per
posare le mani sulle spalle della sua schiava, facendola entrare, ma
quella le
annunciò, con voce tanto tremante che sembrava sul punto di
piangere:
- Signora…devi venire con
me, subito. Pare che ieri sia
venuto meno il tuo padrone, così sei stata convocata
nell’Armeria, perché qualcun
altro ha rivendicato il possesso
su di te…-
- Rivendicato il proprio possesso su
di me?- le fece eco la Dark Angel, sconvolta.
Più tempo trascorreva tra quelle mura più
scopriva che i componenti della corte
di Galbatorix, erano accomunati da un tratto distintivo: la cieca fame
di
possesso e di sottomissione, anche nei confronti delle persone.-
dovrò
sottomettermi di mia spontanea volontà o si
ripeterà uno “scontro”, come
qualche tempo fa?- cercò di sapere.
Lara nascose il viso tra le mani.
-
ti dovrai battere
con chi si è fatto avanti per
ottenerti come schiava. Non è una pratica molto diffusa ma
alla corte piace
vederti combattere.- la informò, sconfitta, la donna.
-
Non hai visto
contro chi dovrò combattere?-le domandò,
dilaniata tra due reazioni contrastanti: le tremava il cuore a causa di
ciò che
aveva saputo circa il divertimento della corte perché
sicuramente il suo nuovo
padrone sarebbe stato una sorta di nuovo Thelonius; eppure non vedeva
l’ora di
combattere, desiderosa di dimostrare che questa volta avrebbe potuto
sopraffare
facilmente il suo avversario.
-
No signora, ma ho
sentito che se rifiuterai di
combattere, così come se prevarrai sul tuo avversario, non
solo uccideranno te,
ma anche me e Simon e tutti coloro coi quali hai stretto
amicizia…- le spiegò,
la donna con gli occhi da cerbiatta, la voce tremante di paura.
Isis si irrigidì a quelle
parole, preda di un’ira cieca che
le offuscò la vista.
Galbatorix e la sua corte erano un branco di
bastardi
vendicativi, infidi ma abili strateghi: pur senza scoprire il suo nome,
della
Dark Angel avevano capito che il suo punto debole era costituito dalle
persone
alle quali teneva. Perciò non aveva scelta. La sua unica
possibilità- per la
propria salvezza e quella di coloro che avevano reso più
sopportabili le sue
giornate lì- era battersi con uno sconosciuto e…perdere.
-
non temere, Lara.
Non lascerò che vi sia fatto del
male.- la rassicurò, posandole le mani sulle spalle.- se
pensano che mi tirerò
indietro da una sfida poi, sono dei folli. Ma non l’avrei
fatto comunque, visto
l’alto prezzo tutti avreste pagato per colpa mia…-
promise, sollevando con
sicurezza la testa.
Perciò…direi
di sì,
maestro: sono pronta a continuare nella mia missione, nonostante tutti
i rischi
che comporta, dal momento che sono certa di fare la cosa giusta. Mormorò,
aprendo la mente al suo Eldunarì.
Quindi, prese per mano la sua amica e
si lasciò guidare
verso l’Armeria, chiudendosi la porta della stanza di lord
Thelonius alle spalle.
ANGOLO AUTRICE
Salve a tutti, di nuovo!
Eccovi l’ultima parte del X
capitolo. Spero vi sia piaciuta.
Ditemi cosa ne pensate.
A proposito, chi credete che sia la
misteriosa Esther,
compagna di Vrael? E che fine avrà fatto il loro bambino? E
chi sarà mai il “qualcun
altro” senza volto che ha rivendicato il possesso di Isis?
Attendo le vostre ipotesi.
Un abbraccio
Marty23
|
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Capitolo 14 *** passaggio ***
Capitolo 11
Passaggio
L’Armeria era
straordinariamente illuminata e, spogliata di tutte
le armi appese alle pareti, liberata di tutte le rastrelliere ed i
tavoli;
sembrava immensamente più spaziosa. Tanto che-
notò Isis con un moto di
disgusto- erano riusciti a ricavare abbastanza spazio da permettere al
re, col
suo scranno, ed a qualche membro della corte (che magari faceva parte
di quelli
che si divertivano a veder combattere l’ultima Dark Angel)di
assistere allo
spettacolo.
La ragazza li guardò uno
per uno negli occhi, sostenendone
lo sguardo con aria di sfida, che mantenne persino quando
incontrò lo sguardo
di Galbatorix, mentre andava verso il centro del pavimento, sul quale
era stata
posata una spada dalla lama corta, una sorta di gladio, che Isis si
divertì a
far roteare tra le mani per ascoltare il suono tagliente che la lama
produceva,
fendendo l’aria, mentre aspettava che lo sconosciuto
avversario che l’aveva
chiesta come schiava si facesse vedere.
Il tempo trascorse, lentamente e lei
sentì che stava quasi
per perdere la pazienza, cedendo a quella snervante attesa. Avrebbe
voluto
voltarsi e lanciare contro il re e la sua corte qualche battuta
pungente o
magari, addirittura la sua arma, ma poi si rese conto che sarebbe stato
un
gesto inutile, visto che lei era sola e mal equipaggiata; e dal momento
che,
ricordò, che lei stessa aveva attribuito loro la dote
d’essere grandi
strateghi…
Doveva quindi interpretare quella,
come una nuova strategia
per deconcentrarla ed indebolirla? Prese un profondo respiro e, come
rimedio,
si lasciò pervadere dal ricordo della voce dei sue Saggi
quel giorno, di una
decina di anni fa, in cui le avevano insegnato a “rendere
propria nemica
l’impazienza, qualsiasi cosa facesse”.
-
Non sai che non
devi mai voltare le spalle al re, Dark
Angel?- intervenne allora una voce che Isis avrebbe riconosciuto tra
mille,
colorita di un sarcastico rimprovero.
La ragazza si voltò di
scatto, pronta ad urlare che
Galbatorix non era il suo re, ma nel momento in cui vide Murtagh,
dinnanzi a
sé, che brandiva la sua spada, pronto a sfidarla comprese
tutto e, con un
sorriso a labbra strette replicò solo:
-
Cavaliere…ammetto
che all’inizio sono stata un
po’disorientata dalla notizia di questa sfida, ma ora
riconosco che non mi
sarei aspettata altri all’infuori di te, come avversario.-.
Qualcuno, tra i cortigiani di
Galbatorix che assistevano al
duello, sogghignò, ma nessuno dei due ragazzi lo
degnò anche di una sola
occhiata dal momento che erano incatenati l’uno allo sguardo
dell’altra ed in
quel momento non esisteva altro- per entrambi- eccetto loro due;
così lo
sconosciuto fu messo a tacere da un’occhiata del tiranno di
Alagaesia.
Quindi, Isis e Murtagh iniziarono a
muoversi lentamente, i
muscoli tesi, leggermente flessi pronti a farli balzare come leoni,
mentre
disegnavano a terra un cerchio che non li faceva mai incontrare, e nel
frattempo si studiavano, attenti, provocandosi, muti, solo con
eloquenti
sguardi che li facevano somigliare a due famelici lupi pronti a
gettarsi l’uno
sull’altro in uno scontro che avrebbe necessariamente visto un solo vincitore.
D’improvviso la Dark Angel
avvertì una pressione fastidiosa
contro la sua mente e questo parve farla risvegliare come da un sogno:
prima,
presa com’era dal suo avversario aveva smesso di usare il
cervello. Ma ora si
rendeva conto di essere di nuovo in grado di esaminare la
realtà che la
circondava: sia Murtagh che Galbatorix erano abilissimi a carpire
segreti dalle
menti altrui, invadendole. E lei, con quella costatazione che la
illuminò come
un fulmine a ciel sereno, comprese il loro piano: il tiranno di
Alagaesia- con
la complicità del suo Cavaliere, che nel frattempo si
occupava di distrarla e
di far concentrare alla Dark Angel tutte le proprie energie su di lui-
aveva
intensione di metterle a nudo l’anima di quella ragazza,
scavalcando senza
problemi le sue difese mentali!
E allora, (dal momento che nel
palazzo era risaputo quanto la Dark Angel
detestasse
il figlio di Morzan, e quando avrebbe impiegato anima e corpo per
distruggerlo)quanto avrebbe impiegato il re a scoprire tutti i suoi
segreti ed
a condannarla a morte?
Quindi, Isis, memore delle sagge
parole del suo maestro,
degli assennati insegnamenti appresi dal proprio popolo, vide
un’unica via di
scampo e compì un gesto del quale mai si sarebbe creduta
capace: gettò a terra
il gladio che stringeva tra le mani, ed annunciò:
-
Non mi
batterò con te, Murtagh.-
-
E
perché mai? Hai paura di soccombere, forse?- le
chiese di rimando lui, beffardo, tra lo stupore generale, nascondendo a
malapena la sorpresa ed un velo di delusione.
-
No, mio signore.
Il fatto è che so riconoscere un
duello il cui esito è stato già deciso.- rispose,
melliflua, con una nota di
durezza nella voce, visibile solo dallo scintillio dei suoi occhi.
Murtagh si mosse verso di lei con
passo rapido e sicuro, ma
in realtà, dentro di sé, era diffidente: aveva
vinto, ma troppo facilmente; e
non gli sembrava possibile (visto il titolo che quella donna aveva
usato nel
rivolgersi a lui) che avesse già accettato
l’autorità che avrebbe ricoperto nei
suoi confronti.
Quando ritenne di trovarsi
sufficientemente vicino, gettò un
incantesimo tutt’attorno a loro, senza pronunciarlo ad alta
voce, che li
rinchiuse in una bolla invisibile, al di fuori della quale nessuno
avrebbe
potuto udire le loro parole:
-
Noto con piacere
che sembri aver accettato il ruolo che
avrò verso di te, dimostrami
che è
così, ingnocchiandoti davanti a me, Dark Angel.- le disse,
con tono perentorio;
gli occhi che brillavano.
-
Non mi
sottometterò mai
volontariamente a te, Cavaliere.- disse, furente e
sancì la sua promessa
sputandogli in pieno viso.
In quel momento Murtagh vide il mondo
colorarsi di rosso, e
schiaffeggiò la ragazza che gli stava davanti, con tanta
forza da farle perdere
l’equilibrio, e cadere a terra. Un attimo più
tardi il Cavaliere le puntò la
spada dalla lama cremisi alla gola:
-
Pagherai per
questo affronto, Dark Angel, come anche
per avermi tolto la gioia di un duello.- le giurò, rabbioso.
-
Avanti, concludi
ciò che avresti dovuto fare mesi fa…-
lo incitò lei, senza mai perdere il contatto coi suoi occhi
scuri.
E lui, forse l’avrebbe
fatto, o forse no, ma Isis non lo
seppe mai perché proprio allora Galbatorix
annullò l’incantesimo della bolla
con uno schiocco di dita, per proclamare:
- la Dark Angel
è tua ora, Murtagh. Potrai farne ciò che vorrai,
ma suggerisco di attendere che sia condotta nelle tue
stanze…- tra l’ilarità
generale che le sue parole avevano scatenato quindi, il tiranno
batté le mani e
come dal nulla comparve Lara che, col viso mesto ed il cuore pesante
aiutò la
sua signora a rialzarsi per condurla, col volto basso, lontano da quel
luogo.
ANGOLO AUTRICE
Ta
daaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan!
Che dite?
Vi piace il chappy?
Attendo i vostri responsi!
|
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Capitolo 15 *** la gabbia dorata ***
Capitolo 12
La gabbia
dorata
Lara, accompagnata da Simon,
scortò la sua signora in un’ala
del palazzo abbastanza lontana da quella in cui aveva vissuto fino ad
allora
con Thelonius(nella quale si trovavano gli alloggi di tutti i nobili
della
corte di Galbatorix), più isolata, ma non mal collegata al
resto del palazzo, e
questo particolare spronò Isis a studiare meglio
ciò che la circondava, ad osservare
(per arrivare a scoprire,
dalla posizione della sua stanza, che Murtagh sicuramente non amava la
vita di
corte, forse se ne allontanava volontariamente, eppure doveva piacergli
essere
informato di ogni cosa) mentre nel frattempo- visto il viso cereo della
sua
schiava, e quello terreo del suo soldato- doveva anche occuparsi di
essere lei a trascinare i ragazzi
che si erano
offerti di accompagnarla, e non il contrario, come poteva sembrare.
Quindi la Dark Angel,
posando con slancio ogni suo braccio attorno alle
spalle di uno dei due, spezzò l’atmosfera funerea
che opprimeva i suoi amici:
-
Perché
queste facce, amici? Sono forse stata condannata
a morte?- li apostrofò
-
Signora…come
fai a non tremare? Sei appena diventata la
schiava dell’uomo che tutti temiamo di più, qui;
l’assassino della tua gente
e…temo che per te questa volta sarà anche
più dura che con lord Thelonius,
perché…ho visto come ti guardava, nel cortile
interno, e…non credo lascerà che
ti allontani da lui. Così…anche se noi tutti ti
saremo eternamente grati per il
tuo nobile gesto, che ci ha salvato la vita; difficilmente potremo
proteggerti
se ti terrà lontana da noi…- mugugnò,
con la voce rotta dal pianto. Aveva la
vista tanto offuscata che neppure notò lo sguardo di
rimproverò che le lanciò
il suo compagno.
Isis posò una mano sulla
spalla di Simon, e senza dire nulla
lo invitò a lasciare che la sua amata si sfogasse: sentiva
che dietro
quell’atteggiamento un po’rude, anche lui
condivideva le stesse paure di Lara
circa l’incerta sorte cui andava incontro quella Dark Angel,
tuttavia, tentava
di non far trasparire niente, per non mettere ancora più in
allarme la loro
signora.
-
Non abbiate paura
per me, miei coraggiosi amici. Avete
avuto mille premure nei miei confronti, e per questo vi sono
riconoscente.
Probabilmente non avremo sempre la possibilità di affrontare
insieme questa
nuova “sfida”, ma spero che me la saprò
cavare. Riconosco comunque che…forse
“un aiutino” non guasta.
Aspettatemi
qui, tornerò subito:
ho dimenticato una cosa nella stanza di lord Thelonius!- li
rassicurò, e un
attimo dopo era pronta a spiccare una corsa nella direzione dalla quale
era
arrivata.
-
Cosa, mia
signora?- le domandarono all’unisono Lara e
Simon, in preda al panico.
-
L’
“aiutino” di cui vi ho parlato: le mie armi.-
spiegò, poi scomparve nel corridoio, lasciandosi dietro solo
il rumore dei
propri passi.
China sotto il letto nella stanza del
suo ex signore, mentre
con una certa difficoltà recuperava l’arco, le
frecce, il pugnale e l’Eldunarì,
Isis riflettè sulle parole di Lara: per reagire a quel modo,
la donna doveva
tenere davvero a lei, ed inoltre, doveva temere molto Murtagh, pur non
avendolo
mai fronteggiato, dal momento che non ne aveva mai pronunciato il nome,
parlando.
Ritrovatasi quindi tra le mani il suo
cuore dei cuori, lei
gli aprì la mente, perché sentisse la paura che
provava, e quello replicò:
Anch’io
ho un po’di
timore per questo cambiamento, dolce Isis: Thelonius non si
è mai reso conto
della mia presenza, ma quel lord non era un tipo molto sveglio.
Murtagh,
invece, è un Cavaliere e sa benissimo
cos’è un Eldunarì, oltre al fatto che
ha
distrutto i Dark Angel perché ci cercava. Ho paura che
potrebbe scoprirmi, e
consegnarmi al suo re, dopo averti dato la morte.
Lo so,
maestro. C’è
questa possibilità, e allora non mi spaventerebbe la morte,
ma la prospettiva
di essere divisa da te, e di sapere che sei costretto a servire
Galbatorix. Ma
ti prometto che mi impegnerò al massimo affinchè
non ci accada nulla.
Con passi più veloci- dati
dalla rassicurazione che sentiva,
ora che aveva di nuovo le sue armi ed il proprio maestro con
sé; ma anche dalla
paura per la possibilità di incontrare così
facilmente la morte, al più piccolo
passo falso, ora che doveva stare con Murtagh- rispetto
all’andata, Isis fece
presto ritorno ai suoi amici che, come promesso, l’avevano
attesa lì.
Simon si permise di aprirle la porta
della stanza di
Murtagh, ma per paura, non ne oltrepassò la soglia,
(scusandosi con la sua
signora) e invece, subito la richiuse alle spalle di Isis e Lara.
-
Anche lui, come
te, ha tremendamente paura del
Cavaliere di Galbatorix e di questo posto. Ti prometto, Lara, che non
appena mi
avrai aiutata a vestirmi, ti lascerò tornare dal tuo amato.-
le giurò la
ragazza, guardando negli occhi la sua schiava.
Lara, rincuorata da quelle parole le
sorrise, sospirando si
sollievo mentre si inchinava lievemente.
Quindi, insieme, esaminarono,
criticarono, ammirarono e
misero a soqquadro quel luogo in cui tutti avevano timore di entrare.
La prima camera alla quale si
accedeva, direttamente dalla
porta d’ingresso, era spaziosa e tappezzata di grandi
finestre a vetri, che la
rendevano più ariosa e luminosa, più colorata-
come in quel momento, in cui, la
bianca coperta di un semplice letto per due persone, sembrava ricoperta
d’oro,
bagnata com’era dalle tinte calde del tramonto.
Poco distante dal letto, un cavernoso
camino di pietra
scintillava allegro- per via delle crepitanti fiammelle che, ardendo al
suo
interno, riscaldavano tutto l’ambiente- ed ai suoi piedi era
stata stesa la
scura pelle di un orso.
Sulla parete attigua al camino si
stagliavano due porte
identiche. Isis fissò Lara, con un sorrisetto ed
un’occhiata d’intesa, (quell’
“esplorazione” ormai sembrava aver catturato anche
lei che, dimentica
dell’iniziale paura, perlustrava ogni piccolo particolare
nascosto lì dentro)ed
insieme le due donne aprirono le porte nello stesso momento. La porta
di destra
nascondeva un minuscolo studiolo, arredato solo di un tavolo ed una
sedia, le
cui pareti erano tappezzate di scaffali lignei che Murtagh aveva
provveduto a
riempire esponendovi sopra uno spadone a una mano e mezza, un corno
bianco filigranato
in argento e un pugnale dalla lama ricurva. La porta di sinistra dava
su una
grande stanza da bagno, adornata con piante che scendevano
dall’alto, essenze e
profumi coinvolgenti, rilassanti, pungenti; ed al centro aveva una
vasca di
legno levigato e lucente, come Isis non ne aveva mai viste: il fondo
piatto ma
arrotondato poggiava su dei piedini; aveva forma allungata ma in alcuni
punti
era lievemente circolare, per permettere per esempio di appoggiare
comodamente
le braccia fuori dall’acqua, senza doverle quindi lasciare a
penzoloni, al
freddo; era così sproporzionata che la Dark Angel
avrebbe scommesso che vi sarebbero
entrate senza problemi, due persone.
Gettò allora, uno sguardo
a Lara che, felice come una
bambina che scopre qualcosa di nuovo, stava esaminando, curiosa quella
vasca,
in attesa solo- ancora accanto alla sua signora- che quella le
ordinasse
qualcosa.
Isis no disse nulla, ma le
bastò un cenno della testa perché
Lara scattasse, ed iniziasse a volteggiare per il bagno, prendendo sali
e
profumi, qua e là, come fosse stata una cuoca che si accinge
a creare con
fantasia e voglia di sperimentare, un nuovo pasto.
Rimasta sola quindi, la Dark Angel,
si infilò
svelta sotto il letto di Murtagh e ne sollevò, con mani
ormai esperte, qualche
pietra, per potervi riporre sotto il proprio Eldunarì e le
sue armi.
In seguito, cercò sotto
tutte le finestre una traccia del
pagliericcio sul quale immaginava avrebbe dormito (memore delle regole
ipostele
da Thelonius)ma non ne vide, e questo le suscitò un brutto
presentimento… sul
quale però non ebbe il tempo di concentrasi, dal momento che
Lara la stava
chiamando perché si lavasse.
Immersa fino alle spalle nella vasca
colma d’acqua calda,
profumata di sandalo, Isis si abbandonò completamente ai
sensi, quasi
dimenticando persino dove si trovava, mentre Lara cantava per lei,
seguendo con
una spugna i lineamenti del suo corpo cosparso di cicatrici, ma
fortunatamente
non più da ferite.
Dopo averla aiutata ad avvolgersi in
un telo di lino
candido, la sua schiava andò per la ragazza in cerca di
qualcosa che potesse
indossare, mentre le aveva consigliato di rimanere accanto al camino,
ancora
acceso, perché il suo corpo non disperdesse il calore in cui
era stato
accoccolato.
-
signora…-
annunciò Lara dopo qualche attimo, un po’
titubante- ho trovato solo questo, adagiato sul letto…- la
donna, con gli occhi
da cerbiatta leggermente preoccupati, tornò stringendo tra
le braccia un abito
color blu notte, con ghirigori dorati lungo gli orli, senza maniche e
con la
gonna a pieghe, come un peplo; che andava agganciato sulle spalle con
dei
fermagli e decorato sotto i seni e lungo il ventre con una cinta dorata.
Isis rimase senza parole: decisamente
quel Cavaliere amava
il lusso, tuttavia, a differenza di lord Thelonius, non gli piaceva
ostentarlo.
E…-riconobbe la ragazza- quel modo di vivere, di fare- col
quale era venuta a
contatto solo da poco- già…la affascinava.
-
No. No! Non
indosserò quel vestito, Lara. Brucialo.- si
oppose fermamente anche a se stessa, tuonando con voce bassa e ferma,
gli occhi
improvvisamente duri.
-
E
perché mai? Credo sia un vero peccato. Mi sarebbe
piaciuto vedertelo addosso.- osservò Murtagh, intervenendo.
Sembrava esser
comparso dal nulla, poggiato allo stipite della porta della sua stanza.
Lara sobbalzò dalla paura
per quell’apparizione improvvisa,
ma Isis non si mosse e cercò invece, di continuare ad
apparire calma, mentre
trafiggeva con lo sguardo il figlio di Morzan che le stava accarezzando
con gli
occhi scuri il corpo che traspariva appena attraverso il telo ancora
leggermente umido.
-
Lasciaci.-
ordinò bruscamente a Lara, e quella con un
altro sussulto si affrettò a chiudersi la porta alle spalle,
a testa bassa,
mentre Murtagh le toglieva dalle mani il vestito per Isis.
-
Ti prego, Dark
Angel, spiegami perché hai rifiutato di
indossare quest’abito?- continuò, chiedendole a
voce bassa e pungente, gli
occhi saettanti di rabbia.
-
Quando ero con
Thelonius sapevo esattamente qual era il
mio posto, il mio ruolo: una schiava. Tu invece, stai cercando di
abbagliarmi e
di prenderti gioco di me; mi stai mostrando questo stile di vita, fatto
di
vestiti e profumi, e sicuramente a breve mi allontanerai anche dai miei
amici,
facendomi però credere di aver agito così per
garantirmi maggiore libertà,
rispetto agli schiavi. Io però, riesco perfettamente a
vedere le tue menzogne:
vuoi farmi credere che sarò più libera, ma in
realtà mi relegherai ad una
gabbia dorata, fatta di lussi e agi, per avere più controllo
su di me; ma sarà
pur sempre una gabbia.- lo smascherò, con aria di sfida
negli occhi.
-
Che curiosa
arringa! In effetti è vero: volevo donarti
quel vestito nella speranza che in cambio mi avresti rivelato come ti
chiami…-
mormorò, con voce melliflua.
-
Mai, Cavaliere!
Non sai che conoscendo il nome di una
persona si può avere controllo su di lei?- lo
rimbeccò, ringhiando.
Murtagh rimase colpito da quanto
quella ragazza sapesse
circa i veri nomi delle persone, ma mascherò la sua sorpresa
magistralmente e
poi gettò il peplo blu notte sul letto, senza smettere di
tenere i suoi occhi
penetranti puntati sulla ragazza; quindi fece un passo verso di lei, e
poi un
altro e un altro ancora, finchè la Dark Angel-
che alla vista dello sguardo truce
del Cavaliere, trovandosi così disarmata, non aveva trovato
altra via di fuga
da lui che non fosse indietreggiare- si ritrovò con le
spalle seminude contro
una parete gelida della stanza.
-
Hai paura di me,
Dark Angel?- le domandò il figlio di
Morzan, dopo aver osservato attentamente la luce che danzava nelle sue
splendide iridi chiare, il viso ad una spanna da quello di lei.
Dopo un tempo che parve interminabile
Isis annuì e sollevò
fieramente il mento per fissare l’uomo negli occhi, mentre
gli parlava:
-
sì.
Temo te più di ogni altro, in questo palazzo.
Perché sei pericoloso, e violento, come Thelonius, ma
infinitamente più
subdolo: da come mi guardi il corpo sembra che non aspetti altro che
soddisfi i
tuoi desideri, eppure, ci sono momenti (come quando mi hai curata, per
esempio)
in cui non riesco a comprenderti con chiarezza…-
Murtagh sussultò,
sentendosi smascherato, nudo, dinnanzi a
quella donna che, pur non avendo mai neanche tentato
di invadergli la mente, né avendo mai fatto domande su di
lui ad alcuno nel palazzo, riusciva a comprenderlo forse meglio di
quanto lui
conoscesse se stesso.
Le tornarono in mente le sue parole
circa quello che aveva
detto in merito al fatto che Galbatorix lo avesse piegato, come poteva,
quella
ragazza, saperlo?
Tentò quindi, di invaderle
la mente perché sentisse i suoi
dubbi, e rispondesse alla sua domanda. Ma Isis era tanto tesa da avere
i nervi
a fior di pelle, cosa che le permise di avvertire immediatamente quella
fastidiosa pressione alla testa, che tornava a farsi sentire, e quindi
potè
reagire repentinamente, schiaffeggiando Murtagh in viso e
costringendolo ad
indietreggiare.
-
Se non indosserai
quel vestito potrei pensare che tu
non abbia voglia di cenare, stasera.- fece Murtagh, parlando del primo
argomento che gli tornò in mente, tornando a parlare mentre
si massaggiava la
guancia dolente.
-
È un
invito o un ordine, Cavaliere?- domandò lei,
beffarda.
-
È un
invito, ma potrebbe diventare un ordine se non
esegui, Dark Angel.- la minacciò velatamente Murtagh,
facendosi più vicino.
-
Non
metterò quell’abito. E poi le tue occhiate al mio
corpo mi suggeriscono che saresti più contento se venissi a
cena con te così, o
addirittura, nuda.- lo rimbeccò e il ragazzo, le
lanciò una bieca occhiata di
sfida.
Fortunatamente, i corridoi che
Murtagh fece percorrere ad
Isis erano vuoti, ma lei mantenne comunque- sotto le frequenti occhiate
del
Cavaliere, che attendeva che lei cedesse- un passo fiero ed un
portamento
altero, nonostante indossasse solo l’asciugamano.
Ma, nel momento in cui i due
varcarono la soglia della Sala
da Pranzo,- la cui lunga tavola, con una sedia ad ogni capo, era stata
riccamente imbandita- Isis sentì su di sé gli
sguardi mesti di tutti i servi
che si erano offerti- poiché la conoscevano- di servire al
suo pasto; e che,
dopo averla vista, gettavano occhiate di velenoso rimprovero su
Murtagh, il
quale, per umiliarla, l’aveva costretta a presentarsi
seminuda per la cena.
Il Cavaliere e la Dark Angel
mangiarono pressoché in silenzio, dal
momento che qualsiasi tentativo di uno dei due di fare conversazione
veniva
bloccato dall’altro ed usato per sbeffeggiare il primo che
aveva parlato.
All’improvviso
però, Isis si zittì, i muscoli tesi, mentre
avvertiva l’aria attorno a sé tremare ed una marea
che la invadeva,
trascinandola.
Chiuse per un secondo gli occhi,
nella speranza che, quando
li avesse riaperti quella destabilizzante, fastidiosa sensazione,
svanisse
assieme al capogiro che sentiva.
Ma non fu così. Riaprendo
gli occhi la ragazza scoprì(con
non poco spavento nel cuore)di trovarsi in quella stessa Sala da
Pranzo, che
però era illuminata in modo diverso, e persino le pietanze
nei piatti erano
altre rispetto a quelle che lei aveva assaggiato fino a qualche secondo
prima,
e…c’era addirittura un altro ragazzo seduto in
quello che era stato il posto di
Murtagh: era vestito in maniera diversa, più elegante; lei
si accorse che
somigliava al Cavaliere, ma non poteva dire con esattezza se fosse lui,
perché
non la
guardava. Però
gli somigliava davvero! Ma era più giovane, come se la sua
maturità di uomo non
fosse ancora sbocciata; aveva i ricci più lunghi; alcune
singole ciocche erano
decorate con piccoli fermagli dorati, mentre altre erano legate assieme
dietro
la nuca.
Quella che sembrava la voce di
Galbatorix lo chiamò e lui
voltò il giovane viso a fissare Isis, educatamente, ma non
la vedeva…il cuore
della ragazza mancò un colpo: quello che sedeva
dall’altra parte della tavola,
era davvero Murtagh, ma di qualche
anno più giovane. Come era possibile che si fosse verificato
quel salto
temporale? E soprattutto, perché lei nera al centro?
Inoltre, perché riusciva a
sentire la voce di Galbatorix dietro di sé, come
un’eco lontana, che le parlava
di un suo progetto per il rinnovamento di Alagaesia?
Isis tremò e si
alzò in piedi di scatto, decisa a dirigersi
verso il Cavaliere- quello vero o quello più giovane, non
aveva importanza, dal
momento che con uno dei due doveva pur prendersela per essere stata
intrappolata in quella specie di realtà parallela!-
tuttavia, non ne ebbe il
tempo perché sentì le forze venirle meno, le
gambe non essere più in grado di
sorreggerla ed un attimo dopo vide tutto nero, perdendo i sensi.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Eccovi il nuovo chappy, spero vi
piaccia!
Fatemi sapere che ne pensate
Marty23
Ps vorrei ringraziare yaya92
per il suo commento all’ultimo post!
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Capitolo 16 *** spiraglio ***
Capitolo 13
Spiraglio
Isis ebbe la sensazione di riemergere
dalle nebbie
dell’ignoto, quando seppe che stava per svegliarsi. Pian
piano tornò a sentire
le dita delle mani e dei piedi, formicolanti, ed un fastidioso clamore,
che le
pungeva le orecchie, seguito da un respiro affannato e teso.
Quando finalmente riaprì
gli occhi, inaspettatamente, seduto
sul letto nella sua stanza, sul quale lei era distesa, un Murtagh
“invecchiato”
rispetto all’ultimo che ricordava di aver visto, uomo, col
viso tirato da una preoccupazione
che non sembrava appartenergli.
-
Dark
Angel…- la chiamò in un sussurro agitato tinto di
sollievo, mentre le bagnava la fronte con un panno umido.- stai bene?-
si
informò, quindi, preoccupato.
Lei annuì, muovendosi
piano, allungando d’istinto una mano,
ad accarezzagli lentamente il viso, per assicurarsi che fosse vero, e
non
magari, frutto di quella realtà parallela che continuava a
tormentarla.
Murtagh inclinò appena la
testa perché la propria guancia le
riempisse la mano, e sospirò come rapito da quel gesto, ma
subito dopo assunse
un cipiglio severo:
-
si può
sapere come mai sei svenuta? Stavi mangiando, ti
ho vista…ed abbiamo mangiato le stesse cose…-
-
dovresti essere tu
a spiegarmi il perché di tutto
questo.- replicò lei, puntellandosi su una mano per tirarsi
su a sedere.
-
Che vuoi dire?-
domandò il ragazzo, mentre teneva
ancora il suo cipiglio perché certo che si stesse prendendo
gioco di lui.
-
Sei tu il
Cavaliere tra i due, sei tu che ti intendi di
magia, e tu dovresti spiegarmi
quello
che ho visto…- lo
rimproverò, anche
se la sua voce era bassa e stanca.
-
Spiegati meglio:
che cosa hai visto?- la esortò a
parlare, stringendo gli occhi mentre piegava leggermente i muscoli in
avanti,
nell’illusione che, standole più vicino avrebbe
percepito prima e meglio il
motivo del suo svenimento.
-
Io…credo
di aver percepito
un qualche avvenimento che deve essersi verificato tempo addietro in
quella
stessa sala…- fece, enigmatica mentre si appellava alla
propria memoria.
-
In che senso lo
hai percepito?
E di che avvenimento si tratta?- la interrogò, scrutandola
guardingo.
-
Non ne ho idea, ma
l’ho visto. Ho visto
quella che sembrava una cena, ho sentito Galbatorix
parlare di una visione che aveva avuto di un’Alagaesia
rinnovata, protetta da
un nuovo ordine di Cavalieri, puri. Seduto al posto che occupavi quando
abbiamo
mangiato insieme, ho visto te…ma
era
un te stesso ragazzo, più giovane, con i capelli
più lunghi…- raccontò, e
ancora una volta, spinta da un impulso irrefrenabile fece per allungare
una
mano verso la faccia di Murtagh, per inanellarsi una sua ciocca riccia
attorno
a un dito.
Questa volta però, il
Cavaliere non si lasciò ammaliare dal
tocco delicato di lei, piuttosto le scansò il braccio, rude,
come fosse stato
un insetto, e balzò in piedi, per mettere quanta
più distanza tra loro due.
-
è
successo un solo avvenimento, in quella stessa sala,
simile a quello che descrivi: Galbatorix volle mangiare con me la sera
del mio
diciottesimo compleanno, mi parlò della visione che aveva
avuto di Alagaesia,
di nuovo splendida e terribile, protetta dai Cavalieri che lui avrebbe
rifondato…ma…tu come fai a saperlo? Sono certo di
non avertene mai parlato
prima…che cosa mi hai fatto!?- la aggredì,
puntandole un dito contro, con gli
occhi ridotti a fessure dopo esser riemerso dai propri ricordi.
-
Io?!
Cosa mai
ti avrei fatto!? Dovrei invece chiederti cosa mi hai fatto tu!- ringhiò di rimando la ragazza.
Iniziò a
vedere il mondo tinto di rosso. Sapeva cosa significava: presto avrebbe
dato
fondo ai suoi istinti…
Infilandosi le unghie nei palmi delle
mani si convinse che
non aveva voglia di restare lì a discutere,
perché altrimenti sapeva che
sarebbe facilmente finita a duellare con Murtagh per stabilire chi
avesse
ragione. Quindi, lesta, scese dal letto e spiccando una corsa
guadagnò l’uscita
della stanza, lasciando da solo il Cavaliere.
La Dark Angel
camminava a passo di marcia, furiosa, per i corridoi del
palazzo da ormai qualche ora; la rabbia non l’abbandonava e
sentiva che avrebbe
potuto distruggere qualsiasi cosa le fosse capitata a tiro, a causa
dell’affronto subito: come si era permesso,
quell’assassino, di invadere la sua
mente in quel modo(e tra le altre cose, la ragazza ancora si chiedeva
come ci
fosse riuscito?); ed in seguito anche accusarla di avergli fatto
qualcosa, per
avere quella visione dei suoi ricordi?
Serrando i denti si
rifugiò senza riflettere nella grande
Biblioteca -davanti alla quale passò proprio in
quell’istante- nella speranza
che, aprire qualche buon libro, le aprisse le porte su un altro mondo,
su altre
emozioni e situazioni che forse l’avrebbero aiutata a
calmarsi.
Lasciò che la sua mano si
muovesse da sola, afferrando “il
piccolo principe” ed avrebbe voluto gettarsi su uno dei
divani che erano lì,
per assaporarlo, gustarlo, per perdercisi; ma non ne ebbe la
possibilità perché
scorse l’immenso muso di Castigo fare capolino da una delle
grandi finestre a
vetri sulla parete opposta.
Sbuffando- certa che il figlio di
Morzan avesse inviato il
suo animaletto a cercarla, a controllarla(e magari anche ad assicurarsi
che non
fosse scappata)- si diresse verso di lui, e spalancando la finestra se
lo trovò
davanti:
-
è stato
Murtagh a mandarti qui, vero? Che vuoi,
Castigo?- brontolò, seccata, senza staccare lo sguardo dai
suoi occhioni
cremisi.
Avvertì ancora una volta
l’ormai familiare presenza che le
opprimeva la mente, facendo una leggera pressione per sfondarne le
difese; ed
immaginò che Castigo volesse trasmetterle i suoi pensieri,
parlarle ma era
tanto tesa ed adirata che respinse quella presenza lontano, con
veemenza; ed
ebbe allora la certezza che la sua ipotesi era giusta,
perché il drago la fissò
mestamente, ferito.
-
allora,
Castigo…che cosa vuoi? – lo incalzò la Dark Angel,
sempre
tenendo la mente serrata.
Il gigantesco animale le
mostrò per un attimo i denti,
arrabbiato perché avrebbe voluto parlarle, ma come poteva,
se lei gli opponeva
una tale resistenza?
Così, per farsi
comprendere trovò un altro modo: iniziò a
far guizzare gli occhi scarlatti da lei al libro che teneva in mano, e
viceversa, più volte, finchè lei non disse:
-
vuoi che legga
questo libro per te?-
il drago frustò
l’aria con la coda (forse doveva essere il
suo modo di comunicarle felicità, dal momento che la ragazza
non gli apriva la
mente)mentre alzava e abbassava il testone squamoso.
Quindi, mentre lei si arrampicava
sulla finestra, sedendosi,
per iniziare a leggere per lui, il drago(che non aveva certo intenzione
di
rimanere così, a mezz’aria per ascoltare una
storia- anche se era una bella
storia) fu più veloce di lei: le afferrò un lembo
del telo che l’avvolgeva tra
le fauci, e girò appena la testa, depositandola sulla sella
che aveva sul
dorso. Poi rimase fermo, in attesa che lei si abituasse, e prendesse
coscienza
con quanto era accaduto.
Isis tremò per un secondo:
chi le garantiva che quel drago,
ora che aveva il completo controllo della situazione, non
l’avrebbe ricondotta
da Murtagh? Tuttavia, alla fine la sua passione per la lettura, la
gioia che
provava all’idea di dover leggere per qualcun altro, mentre
lo vedeva
illuminarsi dinnanzi agli scenari che lei creava servendosi solo della
voce;
ebbero la meglio e la ragazza si godè quel breve, delicato
volo che terminò
quando Castigo atterrò docilmente nel Giardino.
Lasciò che la Dark Angel
smontasse dalla sua groppa e si sistemasse contro
le sue squame, quindi, infine fece incendiare col respiro, le fronde di
un
albero che aveva accanto, perché la sua cantastorie
personale avesse abbastanza
luce per leggere bene.
La Dark Angel
gli gettò uno sguardo di divertito rimprovero, ma poi
rendendosi conto di aver risvegliato lo spirito bambino di quel drago,
lasciò
che si tuffasse insieme a lei in quella nuova avventura.
Al termine del discorso della volpe
al piccolo principe,
Isis notò che Castigo aveva scritto qualcosa in terra,
usando gli artigli:
“PRIMA TI HO SENTITA
LITIGARE CON MURTAGH. È SUCCESSO
QUALCOSA?”
Colpita dalla preoccupazione
dell’animale nei suoi
confronti, abbandonò l’iniziale rigidezza che la
bloccò e rispose, ad alta
voce.
-
mentre eravamo
nella Sala da Pranzo ho visto un suo
ricordo, l’ho vissuto, e subito dopo sono svenuta. Quando
gliene ho parlato, si
è infuriato accusandomi di avergli invaso la mente.-
spiegò, distogliendo lo
sguardo.
“ERA PER CASO IL RICORDO
DELLA CENA DEL SUO DICIOTTESIMO
COMPLEANNO, CON GALBATORIX?” Scrisse lentamente Castigo,
nella terra, con un
artiglio.
-
Sì!
Come lo sai?- replicò, voltandosi a fissarlo negli
occhi.
“PERCHè OGNI
VOLTA CHE VARCA LA SOGLIA DI QUEL
POSTO, GLI TORNA
IN MENTE QUEL RICORDO. FORSE è PER QUESTO CHE
L’HAI PERCEPITO: NON PERCHè LUI
TI ABBIA INVASO LA MENTE, MA SEMPLICEMENTE PERCHè
L’AVEVA SPALANCATA!”
-
oh,
mi…mi dispiace.
Significa che Galbatorix deve averlo soggiogato e sottomesso con
l’inganno, e
forse lui l’ha scoperto ma ora non può fare
più nulla; per questo non riesce a
dimenticare quell’episodio…- ragionò la
ragazza, sotto lo sguardo di uno
sbalordito Castigo- ma questo significa che avesse il diritto di
invadermi la
mente!- tuonò, infine.
-
Non è
propriamente giusto dire che ti ho invaso
la mente, Dark Angel. Ma
comunque, credimi: non era mia intenzione metterti a parte di un mio
ricordo.-
si intromise Murtagh, apparso come dal nulla al limitare del Giardino.
Gli occhi verde acqua di Isis si
incendiarono: di nuovo,
come quando le era stato trasmesso quel ricordo, si sentì
defraudata della
propria intimità, privata di
un’individualità.
-
Da quanto tempo
sei lì?- gli chiese poi, con finta
noncuranza, tornando a concentrarsi sul libro che aveva in grembo, per
non
degnarlo più neppure di uno sguardo; privandolo
dell’importanza che aveva
creduto di avere, con quell’entrata ad effetto.
-
Più o
meno da quando hai letto dell’amicizia tra la
volpe ed il piccolo principe…- replicò, con lo
stesso tono vago usato da lei.
La Dark Angel
fu scossa da un sussulto, vergognandosi ora che sapeva
che il Cavaliere aveva ascoltato le sue riflessioni su di lui; ma
mascherò
quell’emozione magistralmente, dietro un piccolo gesto di
sfida, con il mento.
-
Dark Angel non hai
visto come è tardi? Non sei stanca?
Vieni, andiamo a letto.- fece allora lui, preoccupato, dopo un attimo
di
silenzio in cui la sfida tra i due sembrava esser rimasta sospesa in
aria.
Il colore defluì dalle
guance di Isis come fosse stato
lavato via da un colpo di straccio. Riusciva a darsi una sola risposta
quando
si domandava il perché di quell’ordine mascherato
da proposta: dal momento che
era stato zittito dalle affilate parole di lei, dalla sua lingua
tagliente, il
Cavaliere voleva avere una sua rivincita, voleva vendicarsi in un certo
senso,
e l’unico modo al quale doveva aver pensato x ottenere
ciò che voleva era stato
di umiliarla…nel suo letto.
-
Ma…non
sono arrivata alla fine della storia…- inventò,
cercando di trovare una via di fuga, una giustificazione mentre
mostrava al
ragazzo le poche pagine restanti del libro.
-
Non importa.
Castigo deve riposare, e anche tu, Dark
Angel.- ribattè, afferrandole un polso mentre iniziava a
trascinarla via.
-
Ma…ma…non
saprei dove dormire: non c’erano pagliericci
per me in camera tua.- si difese, cercando di allentare la stretta di
Murtagh
con degli strattoni.
-
Pensavi che sarei
stato discriminatorio come Thelonius?
Dividerai il letto con me.- la informò, ridendo.
In quel momento ad Isis parve che la
terra le franasse sotto
i piedi. Ecco la conferma della sua più grande paura, di
quello che era stato
anche il timore di Lara: non avrebbe avuto scampo. E sicuramente
affrontare
quella situazione per lei sarebbe stato anche più difficile
di quando si
trovava con Thelonius.
Castigo ruggì, dinnanzi a
quella scena, e svelazzò
repentino, coprendo in un lampo lo spazio che gli era sufficiente per
pararsi
dinnanzi al suo Cavaliere e sbarrargli la strada.
Murtagh, che
cosa fai?
Cosa stai dicendo? Sei impazzito?! Non lo vedi, non l’hai
ancora capito- dopo
tanto tempo- che la più grande paura di questa donna
è…subire di nuovo quello
che le ha fatto Thelonius? Quello che tu avresti in mente di farle
subire?
Lo rimproverò, duro. Era esasperato. Come faceva il suo
Cavaliere a non
accorgersi(dopo aver visto quella donna non riuscire a star bene in
piedi; o
quasi grattarsi via la pelle per allontanare il ricordo della
violenza)che
tutto ciò che quella Dark Angel temeva era di essere di
nuovo violata?
Stai
tranquillo,
Castigo. Non le farò nulla. Sai che, nonostante la desideri,
non la prenderei
mai con la
violenza. Lo rassicurò il
ragazzo. Vorrei solo che riposasse, ma a volte fa
così…la difficile.
C’è
un altro modo per…
“tenerla sotto controllo” gli propose il
drago, cercando il suo sguardo
complice.
Già…
-…E va bene, Dark Angel,
se non vuoi condividere il letto
con me, sei libera di dormire in qualsiasi altro letto vorrai, ma
avrò bisogno
di sapere dove sei, allora, perché non potrò
certo sempre mandare il mio drago
a cercarti.-
A quelle parole, Isis si
illuminò: l’aveva scampata, per
quella volta. Subito però, il suo sorriso si spense: Murtagh
le aveva infilato
su per il braccio, quasi vicino alla spalla, un bracciale dorato, a
forma di
spirale, che aveva le fattezze di un serpente.
- Che…che
cos’è?- gli domandò, tremando.
- è semplicemente un
bracciale, ma l’incantesimo che ci ho
gettato sopra, ti impedirà di lasciare Uru Baen. Se lo
farai, il serpente si
animerà, iniziando a morderti, e tu in breve tempo
sverresti, perché quello che
ho disposto abbia nei denti, è solo sonnifero, non veleno.-
la informò, il
ragazzo mentre ancora mormorava delle parole nell’antica
lingua.
- E…il laghetto dove mi
reco di solito, fuori città? Non
potrò più andarci?- sussurrò, con la
voce in procinto di cedere all’angoscia.
Murtagh sbuffò: si era
aspettato quella domanda, ma
onestamente non capiva quale importanza potesse avere per la Dark Angel
quella
stupida pozza d’acqua.
-
Ho stabilito che
quello sia il limite ultimo oltre il
quale non potrai andare.-
Il sorriso che Isis gli rivolse,
radioso, pieno di
gratitudine per quella piccola conquista, fece fermare il cuore di
Murtagh che,
quindi, sentendosene autorizzato, prese la ragazza tra le braccia e
l’adagiò di
nuovo a terra, nel cerchio fatto dal corpo di Castigo, e si sedette al
suo
fianco.
Non ci fu bisogno di parole.
Entrambi, ormai, percepivano
che quel modo di stare tutti e tre insieme, era una sorta di rituale,
un
qualcosa di familiare, che li tranquillizzava.
Castigo fu così felice di
quell’avvenimento che si
acciambellò su se stesso, per farli stare più
vicini ed al caldo, e si
addormentò subito.
-
quindi…-
esordì d’un tratto Isis, sfiorando
distrattamente con le dita il serpente dorato dagli occhi di rubino.-
questo
bracciale fa ufficialmente di me la
tua…schiava?- gli chiese,
in un
bisbiglio.
-
Perché?-
replicò di rimando lui, sollevandole il mento
con le dita- cos’altro pensavi di essere?- i suoi occhi
penetranti
lampeggiarono.
-
Non
so…una misteriosa Dark Angel, la tua mortale
nemica, oppure la tua unica nemesi, o…- iniziò ad
elencare, enumerando gli
appellativi con le dita.
-
…l’unica
donna
che finora sia riuscita a leggermi dentro, senza invadermi la mente.-
riflettè Murtagh ma comprese quasi subito(da come si era
paralizzata la Dark Angel, con gli
occhi spalancati dallo stupore)di aver anche pronunciato quelle parole
ad alta
voce.
-
Bhè…sai…ancora
non riesco a spiegarmi come tu abbia
potuto inquadrarmi solo vedendo un mio ricordo, o fare tutto quel
discorso sulla
“gabbia dorata” , solo dovendo indossare un
vestito.- cercò di confonderla
approntando immediatamente qualche parola, ma in realtà, in
quel discorso, c’erano
i dubbi che realmente l’assillavano.
-
Vedi, Murtagh, non
mi serve invadere la mente per
“inquadrare” le persone, come dici tu. Tra i Dark
Angel mi hanno insegnato ad
essere in simbiosi con la natura, ad essere paziente, come lei e questo
rapporto di reciproca appartenenza mi ha insegnato ad osservare con
attenzione
tutto ciò che mi sta intorno, a studiarlo; ed ha sviluppato
la mia empatia, che
credo sia quella che mi ha permesso di vedere il tuo ricordo, se
è vero ciò che
dice Castigo. Perciò quello che ho ipotizzato su di te,
l’ho ricavato
dall’osservazione, non solo della tua stanza in
sé, ma anche dalla sua
posizione; dal modo di fare di Castigo, ma anche dal tuo atteggiamento,
dal tuo
comportamento. Potrei quasi dire che te l’ho letto negli
occhi, Cavaliere.- gli
spiegò, paziente.
-
È un
modo interessante per ricavarti uno spiraglio
sulla mia anima, Dark Angel. E mi spaventa non
poco…perciò mi sono appena
ricordato che io e te abbiamo lasciato in sospeso un duello!-
mormorò il figlio
di Morzan, e un attimo dopo stava trascinando la ragazza dietro di
sé,
tenendole la mano; nel palazzo, in direzione dell’Armeria.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Non credevo di poter essere
così tempestiva ad aggiornare,
ma siccome oggi avevo un attimo di tempo ne ho approfittato.
Eccovi la prima parte del capitolo
13(sarà diviso in due)
Spero vi piaccia
Attendo con ansia i vostri responsi
Un abbraccio
Marty23
Ps vorrei dare il benvenuto a titty1194, e ringraziarla per aver
aggiunto questa ff tra le
seguite!
|
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Capitolo 17 *** spiraglio (parte2) ***
Capitolo 13
Spiraglio
Parte 2
Isis inizialmente riuscì a
concentrarsi solo sulla
tranquillità che indossare di nuovo quello che poteva
definirsi un abito (dal
momento che Murtagh l’aveva condotta nella sua stanza
costringendola a mettersi
il peplo blu notte, prima di tornare a trascinarla su quello che
sarebbe stato
il loro terreno di scontro)poiché- al centro del pavimento
dell’Armeria, di
nuovo privata di tutte le sue armi e con fiaccole crepitanti ad
illuminarla,
appese ai muri- aveva finalmente preso piena coscienza del fatto che
stesse per
battersi con il Cavaliere di Drago al servizio di Galbatorix e quindi
non
sarebbero mancati scontri corpo a corpo o acrobazie; e durante le
piroette ed i
balzi, sarebbe stata decisamente più coperta, grazie a quel
vestito.
Poi le tornò in mente che
lui non le aveva parlato di un
particolare, abbastanza importante:
-
ti prego,
Cavaliere, ricordami: cosa succede se perdo?
E cosa succede a te, se invece,
vinco?- fece, preoccupandosi di serrare la mente, affinchè
lui non gliela
invadesse, approfittando della distrazione dello scontro.
-
Niente, Dark
Angel. Sta’tranquilla, non ti succederà
niente. Questo è solo un duello, quello che mi spettava di
diritto per poterti
rivendicare regolarmente, e del quale tu mi hai privato, ci hai
privati, per
fare la filosofa saggia.- mormorò, gli occhi fissi su di lei
mentre le metteva
in mano una spada.
-
Perché
dici “ci hai privati”? non voglio battermi con
te, né ora(perché potresti servirti dei miei
schemi di scherma a mio
svantaggio)né l’ho voluto mai.- disse, spaesata,
mentre stava per gettare a
terra l’arma che aveva tra le mani, presentendone
già il clangore metallico
contro il pavimento.
-
Sicura di non
averlo mai voluto? Vedo i tuoi occhi ogni
volta che mi guardi: sembri pronta a balzarmi al collo per sbranarmi, o
desiderosa di farmi partire le stesse sofferenze che ho inflitto al tuo
popolo,
per poi danzare attorno alle mie ceneri, o fare il bagno nel mio
sangue.- la
stuzzicò il Cavaliere.
Lei lo guardò, dapprima
scandalizzata, poi pian piano le sue
parole le penetrarono sotto la pelle ed il suo sguardo si fece sempre
più duro,
implacabile, ma Isis non si mosse.
E Murtagh capì che quello
era il momento di agire: si
avventò sulla Dark Angel urlando, mentre calava la sua
spada, dall’alto.
Isis parò il colpo,
fulminea, fermandolo a poca distanza dal
proprio viso, brandendo la spada che le era stata data da Murtagh, con
rapidità.
Il ragazzo le sorrise, attraverso le
lame incrociate poco
sopra i loro visi.
-
che ti succede,
ragazza? Non ricordi più come si
combatte? In questo caso soccomberai presto…-
ma la Dark Angel
non era disposta ad arrendersi così facilmente
quindi, con una sorta di urlo di guerra misto ad un ringhio,
reagì- punta da
quelle parole- facendo un leggero balzo, che le permise di far appena
scivolare
la spada dalle mani del suo avversario, il che le consentì
di allontanarsi dal
figlio di Morzan con un sospiro di sollievo.
Finalmente libera, la ragazza stava
per appendere la sua
arma al muro, ma Murtagh la richiamò, alle sue spalle.
-
perché
ti trattieni così, Dark Angel? Ho sterminato la
tua gente, distrutto il tuo mondo, e quasi ucciso anche te, e
tu…non riesci ad
odiarmi, né ad avere neppure il desiderio di batterti con
me? Io, nei tuoi
panni avrei già disintegrato un tale assassino…-
Isis, in quel momento
serrò le mani a pugno lungo i fianchi,
fino a farsi diventare le nocche bianche. Quel viscido la stava
provocando,
voleva spingerla al limite, per vedere quanto riuscisse a
sopportare…
Le ronzavano le orecchie e
l’unico rumore che riusciva a
sentire era il battito del proprio cuore che, potente, le pompava
sangue in
tutto il corpo, sangue ribollente, che la spingeva a rispondere alle
parole di
Murtagh.
La ragazza sapeva di non essere una
persona vendicativa, ma
non poteva certo nascondere tutta la rabbia che sentiva dentro, verso
quell’uomo- per avergli portato via ogni cosa- e verso se
stessa, per non aver
saputo fare nulla per impedirlo.
Così ora che avvertiva il
suo corpo mutare, ascoltare una
sorta di richiamo animale, seppe che aveva voglia di reagire, ma che
non si
stava vendicando, non si stava piegando agli insulti del Cavaliere;
bensì si
stava solo sfogando, nella speranza di attenuare o addirittura far
sparire l’ira
che avvertiva dentro di sé.
Un attimo più tardi
quindi, Murtagh gioì, vedendo che la
splendida donna dalla quale era attratto, si ribellava, assalendolo,
decisa a
battersi seriamente, adesso che sembrava aver accettato la propria
natura
selvaggia, quella di guerriera, che aveva dentro il cuore.
Furente come una pantera, Isis
attaccò ed attaccò, ancora e
ancora, finchè quello scontro non divenne una sorta di danza
tribale dalla
quale la ragazza si lasciò trascinare, fino ad udire solo il
proprio corpo
muoversi fluido, come fosse posseduto- tra il clangore delle spade che
cozzavano, ed il respiro affannato dei due avversari.
Più volte la Dark Angel
vide le loro lame sprigionare scintille,
toccandosi; anche quando lei e il Cavaliere finirono avvinti in una
serie di
abbracci “bellici”- il respiro così
terribilmente vicino ai volti di entrambi-,
mentre tentavano di prevalere l’uno sull’altro.
D’un tratto, poi,
intravvedendo una possibilità di porre
fine al duello, la ragazza eseguì una finta ed in fine una
piroetta che le
permisero di disarmare Murtagh e di puntargli la spada alla gola .
Per un secondo parve che il figlio di
Morzan si sarebbe
arreso, tanto erano accesi di stupore i suoi occhi, per quella mossa.
-
ti batti molto
bene, Dark Angel.- si complimentò- il
tuo popolo ha fatto davvero un buon lavoro, con te.-
Il Cavaliere sapeva che quel richiamo
al suo popolo le
avrebbe rievocato dei ricordi; così, approfittando della sua
distrazione,
sfoderò una piccola arma dalla cintola e, con un gesto
fulmineo, le ferì il
pollice.
Il taglio sottile fece sussultare
appena Isis, riportandola
bruscamente alla realtà, ma non ebbe il tempo di reagire,
perché tutto ciò che
avvenne in seguito, si verificò in pochissimi secondi: la
spada le cadde di
mano, finendo a terra, e lei si ritrovò l’arma di
Murtagh puntata alla gola, mentre
la spingeva ad indietreggiare, sempre più, finchè
non finì con le spalle al
muro.
Solo allora la Dark Angel
realizzò che l’arma che il Cavaliere le puntava
contro era un pugnale. Il suo
pugnale: lo Specchio dell’Anima. La cui lama era diventata bianca.
La ragazza fissò il
pugnale(spaventata dal fatto che Murtagh
l’avesse trovato, e si augurò che non avesse visto
il suo Eldunarì), poi il
ragazzo che le stava di fronte.
Era sicura che volesse ucciderla, ma
ciò che la feriva un
po’era il decreto del suo pugnale. Ma…chi era lei
per opporsi a ciò che
quell’arma decideva essere giusto?
-
avanti, uccidimi.
Fa’ciò che devi: sarebbe la cosa
giusta…- lo spronò, fissandolo.
-
Non stavo pensando
ad ucciderti, quando ho brandito il
tuo pugnale.- la riprese, con un leggero sorriso, la voce bassa, calda.
-
E
allora…cosa…?- la Dark Angel
lo fissò
interrogativa: non riusciva a capire.
-
Questo.-
Un attimo dopo Murtagh aveva gettato
a terra lo Specchio
dell’Anima, e quel gesto inatteso fece perdere
l’equilibrio ad Isis, che
rischiò di cadere; ma fortunatamente venne bloccata dalle
possenti braccia del
Cavaliere.
Ora aveva il seno premuto contro il
suo petto, infatti
poteva avvertire i loro cuori pulsare all’unisono.
Murtagh emanava un’aura
tranquilla, rassicurante tanto che
la ragazza abbozzò un sorriso al suo indirizzo e allora,
l’ultima cosa che
vide, fu lo sguardo scuro, profondo, scintillante del ragazzo.
Poi sentì le sue labbra
sulle proprie in un bacio quasi
timido, dolce mentre le sue braccia muscolose la stringevano con
delicatezza,
carezzandole le spalle, quasi chiedendone il permesso.
Isis avvertì che le labbra
le si ammorbidivano, sotto il
tocco gentile di quelle di Murtagh, mentre i loro respiri si
mescolavano e lei
traeva aria, vita dalla bocca di lui.
Inaspettatamente le braccia le si
allacciarono attorno al
collo del ragazzo, e le sue mani sembrarono muoversi da sole mentre
esploravano
i suoi ricci, in mille carezze.
Il calore emanato dai loro corpi,
quei modi delicati, quasi
spaventati, che cercavano di trovare confidenza con l’altro,
diedero ad Isis la
sensazione di trovarsi in una bolla senza tempo.
D’un tratto
però, quando Murtagh tentò di approfondire il
bacio, la ragazza sentì la bolla scoppiare e si rese
improvvisamente conto di
cosa stesse facendo, di chi stava
baciando. E si sentì disgustata da quel momento, da quel
gesto, ma soprattutto
da se stessa.
Senza grazia quindi, lei spinse
lontano da sé il petto di
Murtagh, aiutandosi con le mani, e il ragazzo interruppe bruscamente il
bacio,
confuso. Aveva mille domande, ma la Dark Angel
non erse tempo a rispondergli, e corse
via. Da quella stanza. Da quella situazione. E-ebbe la sensazione-
anche da se
stessa.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Eccomi ancora qua!
A voi l’ultima parte del
tredicesimo capitolo!
Spero vi piaccia!
Un abbraccio
Marty23
|
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Capitolo 18 *** confidenze e complotti ***
Capitolo 14
Confidenze e
complotti
Isis non rivolse la parola a Murtagh,
per tre giorni: lo
evitava, sfuggente, in momenti che inevitabilmente dovevano condividere
insieme(come la cena), non lo guardava neppure in faccia; aveva persino
smesso
di recarsi da Castigo per leggere per lui.
Non si comportava così
perché voleva farla pagare al
Cavaliere (d’altro canto, dal momento che era divenuto il suo
padrone, si era
aspettata che qualcosa di simile sarebbe successo, anche
perché lui era un
uomo, con tutti i suoi bisogni ed i suoi desideri…); il
motivo di quella
chiusura in se stessa andava ricondotto al fatto che la Dark Angel
non riusciva
a perdonarsi la propria reazione al gesto di lui. Perché
aveva indugiato sulle
sue labbra, esplorandole? Perché gli aveva carezzato i
capelli? Perché non
riusciva a togliersi dalla testa il momento in cui si erano scambiati
quel
bacio, avvertendo- ogni volta che lo richiamava alla memoria- una
sensazione di
piacere e completezza,
diffusa in tutto il corpo?
Maestro,
aiutami. Mi
sento persa e confusa… lo chiamò, un
giorno. Era così turbata che non si
curò del fatto che si trovava nella Sala da Pranzo, sola,
insieme a Murtagh.
Che avrebbe potuto scoprire che nascondeva un Eldunarì,
leggendole la mente.
Isis ti stai
torturando da troppo tempo con quel ricordo, e stai diventando
sconsiderata.
Posso solo dirti ciò che sento, dentro di te: ti
è piaciuto ricevere quel
bacio, e per questo ti stai punendo. Ma ricorda che Murtagh prima di
essere
l’assassino del tuo popolo, o il Cavaliere di Galbatorix,
è innanzitutto un
uomo.
Isis stava quindi per ringraziarlo
per le sue sagge parole,
ma la sua attenzione fu richiamata da Murtagh, che, alzandosi dal
tavolo disse:
-
Devo partire
subito, per accompagnare l’esercito. Non
sarò di ritorno prima di domani.- la informò,
freddo, diretto.
Prima che lei-colpita dalla vuota
formalità di quelle parole
come da una doccia gelida- avesse il tempo di dove fossero diretti e
per quale
motivo, il Cavaliere scomparve nel corridoio, lasciandola
lì, sola.
Isis si sentiva paralizzata. Non
riuscì a muoversi per
diverse ore dal letto del suo signore, tanto aveva la testa affollata
da
centinaia di domande. Perché le aveva comunicato in quel
modo la sua partenza?
Perché non ci aveva aggiunto altri ordini per lei, come per
esempio “non
mescolarti agli schiavi”- che lei avrebbe ovviamente
infranto? Perché era
dovuto andar via? E verso quale meta era diretto, soprattutto? Si
arrovellò per
qualche tempo nel tentativo di ricordare se lui vi avesse fatto
qualsiasi
cenno, in modo trasversale, qualche volta; ma nulla. Poi, come un
fulmine a
ciel sereno una consapevolezza la colpì: Murtagh avrebbe
potuto non far più
ritorno…
Lacrime calde le bruciarono, sotto le
palpebre.
Perché ora piangeva per la
possibile morte di quell’assassino?
E come mai avvertiva un opprimente senso di angoscia al petto?
La Dark Angel
si alzò di scatto dal materasso nel tentativo di
scollarsi di dosso quella strana ansia. Non voleva più
restare sola. Non poteva,
altrimenti sentiva che sarebbe
sprofondata in una nera voragine. Corse via, lontano da lì,
dagli unici amici
sui quali poteva fare affidamento.
Poco più tardi la ragazza
giunse trafelata, e quasi
sull’orlo delle lacrime, nel cortile interno, tra versi di
stupore di schiavi e
grida festanti, quasi fosse stata un’apparizione mentre
tornava tra i suoi
amici.
Lara scorgendola tra il caos,
comprese subito che nella sua
signora qualcosa non andava,- perché non aveva mai fatto
sorrisi falsi alle
persone per garantire loro che stava bene, quando invece non era vero-
quindi
si fece largo tra la folla, e dopo averla abbracciata, la condusse,
seguita da
Simon, al Passo, dove le offrì da mangiare, davanti al
camino acceso.
-
Signora, ci sei
mancata molto. Siamo felici di
rivederti! Ma i tuoi occhi mi dicono che stai
soffrendo…perché? È successo
qualcosa? Quel Cavaliere ti ha fatto del male?- domandò la
donna, con tono
fermo e sicuro, dopo qualche attimo di silenzio.
-
Non mi
è stato fatto del male fisico,
se è questo che intendi; ma stavo impazzendo, per questo
sono tornata qui. È davvero brutto dover stare soli, e poi
con Murtagh devo
prepararmi ogni giorno a battaglie infinitamente più subdole
di quelle che
avevo con lord Thelonius, perché il Cavaliere è
sempre lì, ad indagare, a
fissarmi guardingo, a fare mille domande o a tentare di invadermi la
mente per
scoprire il mio nome, i miei segreti. Eppure...insomma, ora che
è partito con
l’esercito dovrei sentirmi liberata- anche se non posso
scappare a causa di
questo bracciale incantato- invece, avverto un senso di oppressione al
petto,
ed ho paura che potrebbe…non tornare. Ma…davvero
non riesco a spiegarmi il
motivo di ciò che sento…- raccontò,
spiegando quello che provava, ed infine,
scoppiò in lacrime, tra le braccia della sua amica.
A quelle parole Lara e Simon si
fissarono, comprendendosi
senza parole, gli occhi erano spaventati, ma non espressero la loro
paura ad
alta voce.
Isis rimase tra gli schiavi per tutto
il periodo d’assenza
di Murtagh e, mentre quelli le rivolgevano decine di domande sul
Cavaliere,-
nel tentativo forse di sapere qualcosa per scacciare la paura che
provavano nei
suoi confronti- lei chiedeva loro se avessero novità su
nuovi nobili, su
congiure di palazzo, l’organizzazione di attacchi da parte
dell’esercito
dell’Impero, nella speranza di trovare informazioni utili per
i Varden.
E quando il Cavaliere fece ritorno,
portando con sé sulla
sella del suo drago, la seconda notte, Isis non riuscì a
spiegarsi il perché
della sua azione, seppe solo che le sue gambe si mossero da sole,
mentre
spiccava una corsa per raggiungerlo nel Giardino. Trovandoselo davanti,
nella
sua lucente armatura, il cipiglio fiero e duro( forse perchè
ancora le portava
rancore per essersi chiusa nel suo silenzio), la ragazza
pensò fosse un dio.
Avrebbe voluto gettargli le braccia al collo, quando sentì
il calore del
sollievo esploderle nel petto, ma Castigo fu più lesto di
lei: in un lampo
svolazzò oltre il suo Cavaliere, e planò sulla
ragazza, facendola finire a
terra, per poi leccarle la faccia, come fosse stato un cane che fa le
feste.
Murtagh stava per rimproverarlo,
perché non voleva si
affezionasse ad una lunatica che dopo un gesto d’affetto- che
aveva anche
ricambiato, inizialmente, pur magari non trovandolo giusto- si
trincerava nel
più completo mutismo, per giorni. Ma poi, quando le
udì ammettere, tra le risa:
-
Anch’io
sono felice di vederti, Castigo.- non sentì più
la forza di agire, né di respirare, come fosse stato colpito
al petto.
Quindi la Dark Angel,
mostrò al drago un libro e gli promise gli
avrebbe letto, dopo aver cenato con Murtagh.
Durante il pasto Isis si
stupì di quanto il figlio di Morzan
fosse diventato loquace: le parlava in fretta, anche se senza
trascurare i
dettagli della sua missione a Daret, del perché era stato
lì…poi la ragazza,
osservandolo ed ascoltandolo comprese che si comportava così
perché anche lui,
dopotutto, non aspettava altro che addormentarsi tra le spire del suo
drago,
ascoltandola mentre leggeva.
A volte tra un attacco e un altro da
parte dell’esercito
imperiale, nella città di Alagaesia, non vi erano giorni di
tregua, durante i
quali il Cavaliere potesse far ritorno dalla sua schiava dopo esser
partito, ed
ogni sua partenza poteva significare una vittoria su tutti i fronti per
Galbatorix,dal momento che la Dark Angel veniva
informata sulle città attaccate e sui
motivi degli attacchi, solo dopo
che
questi avvenivano, tramite le labbra di Murtagh. Quindi non poteva
avvisare
prima i Varden perché potessero fare qualcosa per evitare le
distruzioni e le
morti che le truppe del re seminavano.
Ma tutte le volte che sapeva che
Murtagh doveva partire,
inspiegabilmente per Isis, la morte e la distruzione di tutte quelle
vite,
passava in secondo piano, perché la ragazza riusciva a
sentire solo un immenso
senso di assenza, un oppressione al petto, terrore puro che il suo
Cavaliere
potesse non tornare. Così come, ogni volta che tornava, si
sentiva colmare
completamente, corpo e anima, di sollievo.
Tuttavia, poteva anche accadere che
tra un attacco e
l’altro, ci fosse un discreto periodo di stasi, e fu proprio
durante un
pomeriggio di uno di quei momenti di relativa tranquillità,
che Isis,
rifugiatasi nello studiolo di Murtagh, ed immersa nell’esame
di un compendio di
botanica, sentì il Cavaliere chiamarla:
-
Dark Angel, dove
sei?- la sua voce sondava l’aria vuota
-
Eccomi Cavaliere.-
disse, presentandosi un attimo dopo
al suo cospetto nella stanza da bagno. Avrebbe potuto comportarsi in
maniera
diversa ma era consapevole che se non avesse reagito immediatamente a
quella
chiamata, il ragazzo presto sarebbe venuto a cercarla, per accertarsi,
sospettoso di cosa stesse facendo.
Murtagh era sdraiato nella sua
particolare vasca di legno,
l’acqua lo copriva fino a metà petto, le braccia
distese lungo i braccioli.
Voltò la testa a guardarla- carezzando come sempre il suo
corpo, sotto l’abito
verde acqua che aveva addosso, con un’occhiata lasciva- e nel
movimento i ricci
bagnati disegnarono attorno a lui, un’aureola di goccioline
d’acqua.
-
Ho dimenticato su
quel mobile delle cose che mi
occorrono, potresti…- ma la ragazza non gli fece neppure
completare la frase,
che in un lampo fu di nuovo davanti a lui, tenendo due ciotoline di
legno, una
in ogni mano- trovate, come gli aveva indicato lui, su un lontano
mobile del
bagno- che, si accorse, contenevano, una del miele, e l’altra
noci e mandorle
sgusciate.
-
Ti piace mangiare
mentre fai il bagno, Cavaliere?- gli
chiese, mentre fissava interrogativa quei contenitori.
-
Sì.
Vuoi avere l’onore di sfamarmi?- la punzecchiò, le
labbra piegate in un ghigno.
-
No,
perché hai la fortuna di possedere delle mani.- lo
rimproverò, seccata- posso darti le ciotoline, ma al resto
dovrai provvedere
tu.-
-
Allora entra in
acqua con me. Solo questo può darmi più
piacere che mangiare mentre sono in vasca.- replicò svelto
lui
-
Assolutamente no.
Questo mai!- sibilò, gelida, gli
occhi ridotti a fessure.
-
Penso che prima o
poi cederai.- mormorò con voce bassa
e roca il figlio di Morzan.
Quindi Isis avanzò verso
di lui a passo di marcia, decisa a
non cedere a quel ricatto: stava per lasciare comunque nelle sue mani,
quelle
due scodelline(che cominciava ad odiare); ma Murtagh fu più
svelto di lei.
Infilò completamente le braccia nella vasca, si finse
dispiaciuto di non
poterle prendere, dal momento che, se l’avesse fatto-disse-
avrebbe bagnato sia
lei che il cibo.
-
Sei un bambino
viziato!- sbuffò allora la ragazza,
comprendendo che si trattava di una nuova sfida: se si fosse rifiutata
di
cibarlo, lui l’avrebbe tormentata e derisa fino allo
sfinimento, ma se gli
avesse dimostrato che poteva assecondarlo, rimanendo comunque padrona
della
situazione, forse…
Quindi la Dark Angel,
mentre il figlio di Morzan sghignazzava, tolse i
sandali, per infilare i piedi nella vasca, mentre Murtagh si era tirato
su a
sedere per farle spazio e le porgeva una mano per aiutarla ad entrare.
Tuttavia, maledicendo la propria
delusione, il ragazzo
scoprì che lei aveva agito così solo per rimanere
seduta sul bordo della vasca,
alle sue spalle, l’acqua calda che le lambiva i polpacci.
Aveva lasciato la
gonna dell’abito lievemente sollevata, sulle cosce,
perché on si bagnasse.
Il Cavaliere dunque, deciso a
spingerla al limite della
sopportazione, posò la testa umida sul suo grembo ed
aprì appena le labbra,
perché la sua schiava capisse che voleva essere imboccato.
Con le labbra strette per
l’esasperazione, Isis fece appello
a tutto il proprio autocontrollo e, paziente, prese la prima mandorla,
la bagnò
nel miele cristallino e mise con gentilezza quella prelibatezza sulla
lingua
del ragazzo. Ripeté l’operazione più e
più volte, immersa in un silenzio carico
di una strana elettricità, mentre si concentrava sui propri
respiri per non
perdere la calma.
D’improvviso Murtagh le
sfiorò distrattamente le
caviglie(ognuna ad un lato del suo petto), e lo stupore per quel gesto,
per la
ragazza, fu tale che sussultò, così che la
ciotola dalle venature di legno che
aveva contenuto la frutta secca-ormai vuota- cadde a terra.
La ragazza dovette imporsi di frenare
il tremore alle membra
per tenere fermo nel palmo il vasetto col miele, ma sfortunatamente,
assieme all’ultima,
rugosa noce(che fu obbligata a tenere con tutta la mano destra)anche
tutte e
cinque le sue dita, si cosparsero di miele.
Murtagh, notandolo,
masticò velocemente la noce, per avere
la possibilità di scattare a sedersi, in un lampo, e
prendere la mano della
ragazza, bloccandogliela- proprio mentre lei strava per sottrargliela-
così un
attimo dopo prese a succhiarle il miele dalla punta delle dita.
Isis dapprima rimase paralizzata, poi
avvertì una cascata di
brividi sconosciuti solleticarle il corpo, salirle dalle gambe alle
cosce,
facendole formicolare i seni, per addensarsi infine, nella sua gola,
trasformandosi in un’emozione bellissima, piacevole, che le
fece pensare di
essere rimasta in vita esclusivamente per attendere quello.
D’un tratto si rese conto che il Cavaliere le stava
ripulendo le dita, una ad una, carezzandogliele con la lingua, e
mordicchiandole poi i polpastrelli con i denti.
Isis sentì che quella
sensazione si faceva più intensa,
mutando in fuoco liquido, che l’avrebbe resa capace di tutto.
E un attimo dopo
gettò indietro la testa, dischiudendo le labbra per inalare
più aria (dal
momento che le sembrava di non essere più in grado di
respirare, tanto era
violento quel turbinio di emozioni) e per poco non le sfuggì
un gemito. Si morse
le labbra, sentendosi come se stesse subendo una tortura: il
più dolce dei
tormenti…
Le sue cosce ebbero un fremito, e
l’orlo della gonna del suo
abito, finì nella vasca. Non si sarebbe accorta di nulla se
Murtagh non avesse
detto:
-
L’orlo
del tuo vestito si è bagnato: toglilo ed entra
in acqua con me…-
Quelle parole la risvegliarono come
da un sogno,
riportandola bruscamente alla realtà. Cosa stava facendo?
Perché i suoi
muscoli, i suoi sensi, il suo corpo, stavano reagendo in quel modo?
Sconvolta,
sentì il corpo farsi rigido e, senza pensare, con uno
strattone sottrasse la
propria mano-completamente ripulita- dalle grinfie di Murtagh, per poi
saltare
fuori dalla vasca- mentre ogni suo movimento gettava spruzzi
d’acqua dovunque-
infilarsi i sandali e correre per allontanarsi il più
possibile da lui.
Tremava, Isis mentre vagava come uno
spettro per il palazzo
di Galbatorix, le sue gambe malferme continuavano imperterrite a
muoversi,
anche se molto lentamente; ben presto, senza rendersene conto si
ritrovò dinnanzi
all’entrata della Sala del Trono, le cui porte, erano
stranamente appena
socchiuse.
Con un gesto automatico vi si
accostò, mentre tendeva le
orecchie ad origliare, e dallo spiraglio dell’apertura
riusciva ad intravedere
Galbatorix, seduto sul suo scranno, semicoperto
dall’imponente figura di quello
che la ragazza pensò essere un vichingo- tanto erano larghe
le sue spalle(anche
da inginocchiato, infatti non riusciva a vederlo in viso) e biondi i
suoi
capelli.
Udì che il re gli ordinava:
-
Tra qualche ora il
mio esercito partirà per Dras-Leona.
Se- ma sarebbe più corretto dire
“quando”- vedrai il mio Cavaliere, che vi
accompagnerà, distrarsi o non aiutarvi, o non compiere in
qualsiasi modo il suo
dovere; crea un po’ di scompiglio tra le fila
dell’esercito, e poi dileguati
verso il lago poco distante dalla città, facendo in modo che
ti segua. Una
volta lì…uccidilo!-
-
Sì, mio
re.- biascicò quello con voce assente,
monocorde come se fosse stato vittima di un incantesimo che lo
costringeva ad
eseguire gli ordini.
-
Voglio che quel
ragazzino capisca che non può
permettersi distrazioni, che deve obbedirmi!-
La ragazza si gettò dietro
la colonna più vicina, per non
essere vista. Avvertiva una violenta sensazione di gelo al petto.
Quelle parole
continuarono a riecheggiarle nella testa per diversi minuti mentre,
improvvisamente di nuovo sveglia, si infilò quasi un pugno
in bocca per non
urlare, preda di una fortissima ansia.
Doveva forse pensare di aver scoperto
un complotto ai danni
di Murtagh, ordito dallo stesso Galbatorix? Come poteva quel tiranno
folle
pensare- dopo che l’aveva sempre servito fedelmente- che il
Cavaliere si stesse
distraendo? E con cosa, poi? Isis non aveva mai sentito il figlio di
Morzan
dire di no, al re.
Non ebbe il tempo di chiedersi altro,
determinata com’era a
fare una cosa soltanto, ormai. Doveva avvisare il Cavaliere circa
ciò che aveva
sentito, perché forse quel particolare costituiva il sottile
limite tra la sua
vita e la sua morte.
Ancora immerso nella vasca di legno,
Murtagh, seduto e con una
mano tesa dinnanzi a sé, stava facendo avvicinare un
asciugamano, servendosi di
formule elfiche per non doversi alzare e bagnare il pavimento, nel
prenderlo da
solo. Improvvisamente però, nel trovarsi davanti la Dark Angel(che
era
tornata da lui, precipitandosi nella stanza da bagno con
l’impeto di un
urgano)perse la concentrazione e l’asciugamano cadde a terra
mentre il ragazzo,
senza parole si focalizzò completamente su di lei: sembrava
esser stata animata
dalle forze della natura; aveva gli occhi gonfi di lacrime, il respiro
affannoso, ma le sue iridi sembravano un mare in tempesta,
rispecchiando tutta
la determinazione che aveva dentro.
-
Cavaliere…sei
costretto
ad obbedire a Galbatorix?- gli chiese, a bruciapelo.
L’espressione di Murtagh da
stupita- per quell’apparizione
repentina- si fece sospettosa:
-
Sì.-
disse alla fine, la voce intrisa di dolore.
-
Non ti
è mai capitato di volere
e riuscire a contravvenire,
anche minimamente ad un suo comando?- lo incalzò, stando
sempre più vicina alle
porte, il più lontano possibile da lui.
Gli occhi del figlio di Morzan si
incupirono, saettando
d’ira ed il silenzio che scese tra i due ragazzi fu
così denso e prolungato che
la ragazza pensò che il Cavaliere, invece di risponderle,
sarebbe uscito
dall’acqua, per prendere la sua spada ed ucciderla.
Ma d’improvviso lo sguardo
di lui si perse lontano ed infine
disse:
-
Sì…-
Con stupore per
quell’unica, significativa parola, la Dark Angel
abbozzò un
sorriso, che però, si spense subito. Ora veniva la parte
più difficile.
-
Se ti dicessi che
ho scoperto un complotto ordito
contro di te, mi crederesti? E…se i chiedessi, ti implorassi di restare con me, invece di
partire, la prossima volta
che Galbatorix ti chiederà di accompagnare
l’esercito, lo faresti?- lo
supplicò, gli occhi fisse nei suoi.
Sentiva che sarebbe stata disposta ad
inginocchiarsi, al suo
cospetto.
Murtagh rimase interdetto per qualche
secondo; evidentemente
stava decidendo se le parole di quella ragazza erano vere e si
riferivano alla
realtà, oppure no.
-
dipende…-
sentenziò alla fine.- potrei crederti, se
saprai essere sincera e persuasiva.-
mormorò, gli occhi che scintillavano, fissi sul corpo di lei
Isis alzò gli occhi al
cielo, esasperata. Perché non
riusciva a pensare che tutto ciò che gli stava dicendo era vero? Perché doveva rimanere
su un piano ideale, invece che
concentrarsi sulla realtà, e fare quelle esplicite,
fastidiose allusioni?
Dando poi per scontato che avrebbe
accettato di restare lì,
a dispetto degli ordini del re, a patti di avere qualcosa in cambio, lo
anticipò:
-
…E che
cosa ti persuaderebbe a restare nel palazzo,
ignorando il comando di Galbatorix?- sussurrò, temendo la
risposta, ma
pregnando il suo tono in modo da far trasparire che era disposta a
tutto pur di
ottenere ciò che gli chiedeva.
-
Tu. Ultimamente
non riesco a pensare ad altro, non
riesco a concentrarmi tanto mi brucia la pelle per il desiderio che ho
di te:
vorrai poter sapere il tuo nome, sfiorare le tue labbra carnose in un
bacio da
togliere il respiro, affondare il viso nei tuoi capelli ed inalare il
tuo
profumo, o sentirli cadere sul mio petto come una cascata, quando
faremo
l’amore.- la voce di Murtagh vibrava per la forza delle sue
parole, per la
brama che ne traspariva, ma di tanto in tanto bisbigliava, rendendosi
conto che
per la prima volta stava rivelando ciò che provava a
qualcuno, che non solo non
era il suo drago, ma era addirittura l’oggetto del suo
desiderio!
Isis si paralizzò per un
secondo, disarmata da quella
confessione; gli voltò le spalle di scatto, portandosi una
mano alle labbra.
Poi pian piano realizzò che quelle parole le stavano
penetrando sotto la pelle,
colpendola al cuore(che pulsava più velocemente)
E sia,
disse tra
sé, se servirà,
avrò tempo più tardi per
condannarmi.
- Perdonami…- disse,
tornando a guardarlo in faccia.
Strappò le spille che le
fermavano il vestito sulle spalle.
L’abito scese lentamente, seguendo le forme sinuose del suo
corpo, e finì a
terra, portando con sé anche la mascella di Murtagh, che non
riusciva a
distogliere lo sguardo, e sentiva di non poter più respirare.
Prima che avesse il tempo di
replicare o fare qualsiasi
altra cosa, vide che la Dark Angel era entrata
nella vasca, ed era in ginocchio
davanti a lui, l’acqua tiepida che le lambiva il ventre
piatto.
Senza chiedere il permesso,
né avvisarlo in qualche modo
quindi, posò le labbra sulle sue, in un bacio dapprima
timido, poi sempre più
irruento. Inizialmente, per lo stupore ad entrambi mancò il
respiro, ma presto
il bacio divenne una sinfonia di respiri, labbra, denti e lingua, che
trascinò
i due ragazzi in un vortice di emozioni coinvolgenti.
In seguito, Murtagh, dopo aver preso
confidenza con la donna
che gli stava di fronte, e aver compreso che la desiderava, che non
aveva
atteso altro che quel momento magico e senza tempo; la strinse tra le
braccia,
avvicinandola a sé con impeto. Il contatto con la sua pelle
gli fece girare la
testa, mentre lasciava scivolare le sue mani sui seni delicati di lei,
sul suo
corpo, ed allora la conobbe, mentre esplorava le decine di cicatrici
sulla sua
schiena, sul collo, sulle braccia…
Isis, a quelle carezze gentili,
delicate, quasi timide ed
insieme coraggiose, non potè far altro che dischiudere le
labbra, rapita,
soggiogata da quello che sentiva come una sorta di loro richiamo,
che voleva spingerla ad ascoltare ciò che provava,
ciò
che desiderava.
Poi, dal momento che stringeva
Murtagh in un abbraccio,
lasciò scorrere anche lei le dita sulle centinaia di
cicatrici, tagli e segni
rossi che deturpavano ogni centimetro di pelle del Cavaliere dove
potesse arrivare-
assieme anche a quella tremenda cicatrice più chiara che gli
sfigurava la
schiena- più volte, a disegnare monti, e valli, nel
tentativo di ricostruire ed
apprendere la storia di ognuna.
Di tanto in tanto si distanziava per
controllare che il
ragazzo non ne fosse infastidito, ed ogni volta era una sorpresa
trovare la sua
espressione estasiata, mentre si mentre si mordeva le labbra, la testa
reclinata all’indietro, ammaliato per ciò che
stava provando. Quando i
polpastrelli scuri di lei incontrarono la cicatrice biancastra che gli
ornava
la spalla- che gli aveva procurato lei stessa- bisbigliò:
-
di questa mi
ricordo…- e, agendo d’istinto, senza
pensarci su né preoccuparsi delle conseguenze del suo gesto,
vi posò sopra le
labbra, baciandola, ancora e ancora, e mordicchiandola mentre i pesanti
sospiri
di Murtagh le riempivano le orecchie.
Il Cavaliere le carezzò
una guancia, facendo sì che
sollevasse gli occhi lucenti a guardarlo. Era senza fiato, ed aveva
perso le
parole. Fu così che lei, per colmare quel silenzio, gli
rivelò:
-
Isis. Mi chiamo
Isis…- lo sussurrò appena, perché era
il suo tesoro più prezioso.
Murtagh le sorrise, sospirando. Forse
avrebbe ripreso a
baciarla, avrebbe carezzato con la voce quel nome, ma…non
potè, perché, proprio
in quel momento, con alle spalle due armigeri, Lara piombò
nella stanza da
bagno, annunciando- mentre cercava di dominare l’orrore
suscitato da quella
vista:
-
Si-signora…mi
dispiace disturbare…ma questi soldati
dicono che il Cavaliere che servi è stato convocato da
Galbatorix.-
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Eccovi il nuovo post! Non ho messo il
rating rosso perché
non credo che per quella scena, serva, ma se la pensate diversamente,
ditemelo
pure. Spero vi sia comunque piaciuto!
Dunque, ora passo ai ringraziamenti:
alla mia eragoniana di
fiducia, yaya92, che mi ha fatto
l’onore di un nuovo dolcissimo commento. Grazie mille.
E un altro grazie va a B_SomebodyToldMe
per
aver inserito la storia tra i preferiti!
Un abbraccio
Marty23
|
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Capitolo 19 *** salvataggio ***
Capitolo 15
Salvataggio
Isis era uscita dalla vasca
immediatamente dopo che Lara si
era chiusa la porta della stanza di Murtagh alle spalle. Il viso basso,
gli
occhi lontani, leggermente imbarazzata.
Il cavaliere si era asciugato, ed
aveva velocemente indossato
la sua lucente armatura, sembrava già distante, pronto ad
eseguire l’ordine del
re; ma il suo riflesso nello specchio non perse mai di vista la Dark Angel,
sua
schiava. Isis. Ogni volta che ne
richiamava il nome nella mente, si rendeva conto che la sua bellezza
gli faceva
tremare il cuore. Esattamente come il ricordo delle sue parole gli
mandava
brividi in tutto il corpo, facendogli arrovellare il cervello:
perché gli aveva
fatto quelle proposte, quelle suppliche, proprio un attimo prima della
convocazione
di Galbatorix? Che avesse scoperto qualcosa? E per quale motivo, poi,
aveva
detto “perdonami”? A chi chiedeva perdono? A se
stessa-per esserglisi offerta
quasi completamente? Oppure a lui, perché gli si era offerta
esclusivamente
come “merce di scambio”per persuaderlo a restare
lì, dal momento che sapeva
qualcosa circa un complotto ai suoi danni?
Tormentato da quei laceranti dubbi,
stava per voltarsi ad
interrogarla. Se necessario l’avrebbe messa alle strette per
avere una
risposta!
Ma le parole gli si incastrarono in
gola quando osservò
attentamente la donna davanti a lui; gli occhi gonfi di pianto, mentre
stringeva
le sue mani tra le proprie, come fossero state la sua unica ancora di
salvezza.
-
Ti prego, Murtagh.
Fa’ attenzione. Ritorna.- stava per
gettarsi alle sue ginocchia, come una supplice che abbia come ultima
speranza,
quel gesto. Ma il Cavaliere l’afferrò per le
spalle, cingendogliele in un
abbraccio un po’goffo; e un attimo più tardi
premette le labbra sulle sue, in
un bacio delicato, rassicurante. Quasi un semplice tocco di labbra.
-
Tenterò.-
le promise.
Poi uscì dalla stanza e,
qualche minuto più tardi, salito in
groppa a Castigo, si preparava a guidare l’esercito alla
volta di Dras-Leona.
Isis rimase accanto alle finestre
della stanza ad osservare
le colonne di uomini che avanzavano, ordinate. Quando riconobbe una
nerboruta
figura dalla chioma bionda che spiccava tra quelli, si sentì
soffocare. Era
tutto perduto, ormai. Non avrebbe più rivisto Murtagh, vivo.
Sentiva che le gambe stavano per
cederle, avvertì che la
vista le si appannava…e corse via, lontano da lì,
nell’unico luogo in cui un
tempo sapeva- ma ora sperava
semplicemente- di poter trovare ancora rifugio.
Lara fu sorpresa di trovarsi
l’orlo della gonna tirato,
stretto tra le mani di una donna che era corsa fino al cortile interno
come se
avesse avuto gli abiti in fiamme; si era gettata carponi al suo
cospetto e ora
si consumava in lacrime. Ma la sorpresa mutò in puro stupore
quando la donna
con gli occhi da cerbiatta le carezzò, tranquillizzante, la
liscia chioma
castana, dalla frangia para a coprirle la fronte; e, spingendola a
sollevare il
viso scorse, sotto quella maschera di dolore, il viso della sua
signora, Dark
Angel.
Pochi attimi più tardi
Isis, Lara e Simon- che aveva trascinato
la sua signora in braccio, fin lì- erano riuniti davanti al
grande camino del
Passo, in silenzio.
Trascorso qualche attimo la donna si
fece forza, esordendo:
-
Signora…io
mi sento…confusa. Non ti riconosco
più…ti
prego dimmi che ciò che ho visto qualche ora fa, nella
stanza da bagno del
Cavaliere di Galbatorix…è successo
perché eri vittima di un suo incantesimo che
ti impediva di disobbedirgli…- mormorò, il tono
implorante.
-
Non mi sento degna
delle tue dolci parole, Lara. Sei
sempre così bendisposta nei miei confronti. Ma non posso
mentirti…non mi è
stato mai fatto un incantesimo che mi impedisse il libero arbitrio. E,
a dirla
tutta, neanche io mi riconosco più, perché ogni
volta che Murtagh parte, mi
sento persa, oppressa dal terrore che potrebbe non far più
ritorno…- bisbigliò,
col viso basso per la forza di quella confessione.
Lara e Simon si scambiarono
un’occhiata esterrefatta, poi
lui le chiese, allibito:
-
Signora,
ma…come…? Hai dimenticato che è
l’assassino
della tua gente?-
-
No, non
l’ho dimenticato. Non lo dimentico mai. Per
questo non capisco cosa mi stia succedendo. Per esempio ora, sapere che
è
partito alla volta di Dras-Leona…mi sento morire,
perché…so per certo che non
tornerà. Ho ascoltato per caso una
conversazione di Galbatorix con un soldato, cui il re ha ordinato di uccidere il suo Cavaliere,
perché
ritiene che Murtagh non esegua più ciecamente i suoi ordini,
preso com’è da una
distrazione…per questo ero in quella vasca da bagno: gli ho
offerto un mio
bacio, un po’di…intimità, nella
speranza che fosse persuaso a restare qui,
anziché eseguire gli ordini del tiranno, condannandosi a
morte certa con le sue
stesse mani.- espose, con voce grave e dolente, sentendosi
però, lievemente
alleggerita finalmente.
Una cappa di denso silenzio scese tra
i tre, ma Simon la
ruppe quasi subito, osservando, cauto:
-
Signora, non ti
nascondo che noi lo detestiamo e
desideriamo la sua morte da quando abbiamo saputo che è
responsabile della
distruzione del tuo popolo. Ma se soffri tanto la sua lontananza e
senti di poter
essere l’unica a salvarlo , e ne senti il bisogno, devi
andare a Dras-Leona per
sventare il complotto.- la esortò infine, il soldato mentre
Lara era andata a
prenderle una camicia, dei pantaloni a vita alta, degli stivali ed una
corazza
di cuoio per proteggere il petto.
Isis aveva indossato quei vestiti e
raccolto le sue armi in
una sacca assieme all’Eldunarì, dopo aver
abbracciato di slancio quegli amici
magnifici, che l’appoggiavano senza riserve;; ed ora
cavalcava veloce come il
vento fuori dalle mura di Uru Baen. Strinse i denti quando il braccio
adornato
dal bracciale a serpente, iniziò a darle fastidio, come se
stesse subendo
piccoli morsi.
Maestro-
lo chiamò
con la mente- ti prego, ho bisogno del
tuo aiuto: presto il bracciale che ho addosso farà
ciò per cui è stato
incantato, e più mi allontanerò dalla
città, più sonnifero il serpente mi
inietterà nel sangue…
Lo so, Isis.
Ho anche
provato ad usare la mia energia per togliertelo, ma non ci riesco, solo
Murtagh
da come fare. ma non temere, rimarrò sempre con te, ti
donerò la mia energia
affinchè il tuo corpo possa
contrastare-
più a lungo di quanto non farebbe da solo-
l’effetto del sonnifero del
bracciale; e perché il cavallo possa letteralmente
volare a Dras-Leona, a salvare il tuo
Cavaliere.
Nell’udire l possessivo con
cui il cuore dei cuori aveva
connotato Murtagh, Isis arrossì, tanto che per un attimo
dimenticò il dolore
che sentiva al braccio. Ti sarò
eternamente riconoscente. Disse
Per due giorni la Dark Angel
e il suo maestro cavalcarono verso
Dras-Leona, il prurito al braccio della Dark Angel si faceva via via
più
intenso, ma lei combatteva duramente contro la voglia di accasciarsi
sulla
sella e chiudere gli occhi; in quei momenti sentiva la forza del drago
di Vrael
dentro di sé che, come una mano distesa, era costantemente
al suo fianco,
sempre pronto a sorreggerla; e riusciva persino ad avvertirla nel
destriero che
la portava, divenuto tanto veloce che lei ebbe la sensazione di
trovarsi sulle
ali di un drago.
Ci fu però, anche un
momento di difficoltà, ad un solo
miglio dalla meta: Isis provava tanto dolore che scoppiò a
piangere, mentre
implorava il suo maestro di fermarsi per lasciarla riposare.
Dolce Isis,
se ti
fermerai ora e dormirai, non ti risveglierai in tempo per portare a
termine il
nobile salvataggio che ti sei preposta, e Murtagh potrebbe morire. Non
lasciarti dissuadere, persevera nella tua missione, come fece il mio
Cavaliere.
La esortò l’Eldunarì con voce ferma ma
dolce, mentre dirottava il cavallo verso
un fiumiciattolo, per far sì che gli schizzi sollevati dai
suoi zoccoli
bagnassero il viso della ragazza, risvegliandola.
Riacquistata un po’di
lucidità, grazie a quel gesto, la Dark Angel
richiamò
alla mente l’immagine del viso di Vrael e, ricordando il suo
coraggio
nell’anteporre il dovere a quanto avesse di più
caro, si sentì subito
rinvigorita, ed una nuova voglia di continuare le avvolse il cuore.
Giunse quindi, in vista di Dras-Leona
che il secondo giorno
stava già invecchiando. Senza pensare, Isis si diresse verso
il lago e la vista
che le si parò davanti, le fece comprendere la necessità del suo intervento.
Il tramonto tingeva d’oro e
di diverse tonalità di rosa e
rosso le acque del lago a poca distanza dalla città, ma
quella grande distesa
d’acqua, di solito placida, era ora increspata da violente
onde…
Passandovi accanto la Dark Angel
notò che il gigantesco testone di un
drago cercava di riemergere, a fatica…Castigo era stato
legato e gettato nel
lago, e non riusciva a stare a galla!
Avrebbe voluto aiutarlo, ma cosa
avrebbe potuto fare di utile per un
bestione mille volte più
grande di lei? Solo Murtagh avrebbe saputo cosa fare, e questo era un
altro
motivo per aiutarlo, salvarlo.
Saltando giù dal cavallo,
avanzò tremando(tanto era avanzato
ormai, l’effetto del veleno)e correndo in maniera barcollante
verso la radura
dove il vichingo biondo(che eseguiva gli ordini di Galbatorix) stava
picchiando
e colpendo -con la sua stessa spada- in maniera incessante, incalzante,
-dopo
averlo gettato a terra- Murtagh, con una tale veemenza che il Cavaliere
non
aveva la possibilità di difendersi, né con le
armi, né con la magia.
Il tremore delle membra di lei era
sempre più violento, la
vista le si stava appannando…sentiva che stava per perdere i
sensi…mordendosi
quindi la lingua, per restare sveglia, afferrò
l’arco, scossa da fremiti, lo
tese…e scoccò una freccia…che, dopo
aver disegnato un semicerchio in aria, andò
a conficcarsi tra le scapole del vichingo biondo.
Isis lo vide accasciarsi come un
sacco morto, mentre sputava
fiotti di sangue dalla bocca.. Poi, sugli occhi della Dark Angel
scesero le
ombre…
L’ultima cosa che
udì fu il ruggito rabbioso di Castigo, ed
avvertì la presenza di Murtagh, tremendamente vicino, che
sussurrava il suo
nome.
Allora, seppe di potersi abbandonare
all’oblio, e il suo
corpo cadde a terra, un sorriso sereno sulle labbra.
ANGOLO AUTRICE
Ciao di nuovo a tutti!
Altro capitoletto per voi, spero vi
sia piaciuto!
Fatemi sapere che ne pensate!
Un abbraccio
Marty23
Ps non so se dal capitolo precedente
si è capito ma mi sono
accorta che qui può essere soggetto a diverse
interpretazioni, perciò ve lo
dico chiaro e tondo…quello che è successo tra
Isis e Murtagh nella vasca, nel
capitolo precedente, non è stato altro che un momento di
intimità un po’inconsueto,
perché i due, non hanno
fatto
l’amore.
|
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Capitolo 20 *** carte scoperte ***
Capitolo 16
Carte
scoperte
La Dark Angel
dalla pelle color nocciola riemerse dallo stato
d’incoscienza in cui era caduta, richiamata da
un’eco lontana, che ripeteva il
suo nome: Isis, Isis, Isis…
Riaprendo gli occhi mise a fuoco il
dorso di Castigo e, dalla
forza delle folate di vento del primo mattino che le scompigliavano i
capelli,
ipotizzò di trovarsi in volo sulla sua groppa.
D’improvviso
avvertì una mano callosa che le sfiorava una
guancia, d’istinto quindi, la fermò, posandovi la
propria sopra, per godersi la
sensazione rassicurante data dal calore che emanava.
-
Ben svegliata,
Bella Addormentata.- la salutò la voce
di Murtagh che, seduto dietro di lei, la sorreggeva, lasciando che
tenesse la
testa reclinata sulla sua spalla. Isis si lasciò andare ad
una risata, per quel
soprannome, memore che, giusto poco tempo prima aveva raccontato a
Castigo ed
al suo Cavaliere la storia della Bella Addormentata nel Bosco.
Quasi subito Castigò
planò in vista della terra, ed atterrò
delicato nei pressi di quello che Isis riconobbe come il laghetto poco
fuori
Uru Baen, che ormai era divenuto come una seconda casa, per lei.
Smontata la sua cavalcatura, Murtagh
le tese un braccio per
aiutarla a scendere e, dopo essersi rinfrescata il viso nel lago, la
ragazza
gli domandò.
-
Da quanto tempo
eravamo in viaggio? E dov’è
l’esercito?-
-
Viaggiavamo da
meno di un giorno. Ho chiesto a Castigo
di ripartire non appena sei svenuta. L’esercito ha fatto
ciò che doveva e credo
non avesse più bisogno della mia presenza, perciò
mi sono preso la libertà di ripartire
senza gli uomini di Galbatorix, perché senza dubbio
torneranno da soli.- le
spiegò, senza toglierle gli occhi di dosso.
Ci fu un momento di silenzio, teso,
durante il quale il
figlio di Morzan si tormentò le mani in cerca delle parole
giuste, mentre Isis
cantava, mettendo in pratica gli insegnamenti degli elfi, per far
nascere e
crescere un giglio in riva al lago.
Murtagh la osservò,
stupito, ma non si scompose più di tanto
dopo che il suo drago gli fece notare che c’erano stati anche
degli elfi tra i
Dark Angel, e forse Isis aveva appreso da loro quella
capacità. Poi, snocciolò,
improvvisamente:
-
ti ho mai detti
che penso che “Isis”sia un nome davvero
bellissimo?- la ragazza si voltò di scatto, fissandolo
interrogativa.- in
realtà …quello che volevo dire è
che…bhè, grazie.
Grazie per avermi…per averci salvato la vita. Ti
siamo debitori.- le gettò le braccia al
collo.
Era la prima
volta-riflettè Isis- che Murtagh sembrava a
disagio. Forse non aveva mai detto
“grazie”, né era mai stato in debito, in
tutta la sua vita; o aveva abbracciato
qualcuno con sincerità.
Nonostante tutto lei rimase
lì estasiata,
circondata da quell’abbraccio, a
godersi la condivisione di quel gesto semplicissimo, ma di una
travolgente
intensità, per un tempo che parve interminabile, mentre
Castigo alle loro
spalle chinava la testa, in una sorta d’inchino, in seggio di
rispetto verso il
coraggioso gesto della ragazza.
Poi, d’un tratto la bolla
di serenità dei due ragazzi
scoppiò, perché il Cavaliere sciolse
l’abbraccio di scatto, per guardare la
donna che gli stava davanti, negli occhi, come se la vedesse per la
prima
volta; osservandola, studiandola:
-
sai, Isis, ammiro
il tuo gesto perché per salvarci non
ti sei fatta fermare neppure dall’incantesimo del bracciale,
ma…dopo quello che
mi è successo( l’aggressione da parte
dell’uomo che hai ucciso), non riesco a
fare a meno di pensare che tra le ipotesi del complotto ai miei danni
di cui mi
hai parlato prima che partissi, e questo avvenimento, ci sia un
legame…- mormorò.
La Dark Angel
lo guardò di sott’ecchi: aveva sperato fin dal
principio che prendesse le sue parole seriamente, per evitare di
correre
pericoli, ma ora che aveva finalmente ricollegato le due cose, tremava,
perché
avrebbe dovuto rivelargli una verità dura, che non avrebbe
sicuramente
ascoltato, anche se era la verità.
-
Cavaliere,
io…ho tentato di avvisarti dell’attacco che
avresti subito perché qualche attimo prima avevo udito
Galbatorix ordinare a
quell’uomo di ucciderti…- gli rivelò.
Avrebbe voluto ripetere quelle parole in
elfico, per dimostrargli che non stava mentendo, ma i Phot e Nigetal le
avevano
insegnato che pronunciare o anche solo scoprire il vero nome di
Galbatorix
avrebbe significato la morte.
-
Cosa!?
È una menzogna, non ti credo, Dark Angel! Non è
vero! Non può esserlo, Galbatorix non…-
l’aggredì il Cavaliere, il cui viso era
diventato plumbeo e teso, con un cipiglio implacabile.
-
…non lo
farebbe mai?- completò la ragazza per lui,
assumendo un tono che sperò gli facesse comprendere
l’assurdità di
quell’affermazione- oh, non credo proprio. Dal momento che
esegui tutti i suoi
ordini come un cagnolino fedele, dal momento che sei il suo Cavaliere,
sembra
piuttosto che lui possa decidere della tua vita e della tua morte.- gli
fece
notare ferma, guardandolo negli occhi.
La sincerità delle sue
parole lo sconvolse- facendolo
sussultare come fosse stato schiaffeggiato- e colpì un nervo
scoperto, tanto
che l’ira che gli avvolse il cuore fu così
impetuosa da farlo diventare
paonazzo.
Con impeto, quindi, le
afferrò il braccio…trattenendo il
respiro, lei immaginò che l’avrebbe colpita,
invece, quasi urlando delle
formule nell’antica lingua, sciolse l’incantesimo
del serpente dorato ed un
attimo dopo glielo strappò dal braccio, gettandolo a terra e
calpestandolo, per
distruggerlo.
Isis ebbe la sensazione di venir
scuoiata, ma poi iniziò a
sentirsi subito meglio, come se le fosse stato tolto un peso dalle
spalle.
-
Vattene, Dark
Angel.- le ordinò il figlio di Morzan,
puntandole un dito contro.
-
Cosa?- fece lei,
allibita.
-
Una vita per una
vita: ho ripagato il mio debito. Sei
libera, ora tornatene da dove sei venuta.- gli occhi penetranti di
Murtagh la
trafissero come fossero stati dardi.
-
No.- si oppose
fermamente la ragazza.- Hai
dimenticato di aver distrutto il mio mondo? Non ho un
“dove” a cui tornare.-
sibilò, adirata
Gli occhi di Murtagh si ridussero a
fessure, mentre cercava
di mascherare di esser stato colpito ancora, ad un altro tasto dolente.
-
Togliti dalla mia
vista, ragazza. Tra gli Uomini,
quelli che non sopporto maggiormente, sono i bugiardi.-
-
Ti ho detto la
verità, Murtagh. E ti prometto che anche
se mi hai liberata, rimarrò al tuo fianco per dimostrarti
che avevo ragione, e
che l’uomo che servi è il più
menzognero di tutti.- gli giurò, sussurrandogli
quelle parole in un orecchio, dopo essersi fatta vicina, ormai certa
che quella
fosse l’ennesima sfida contro il Cavaliere.
Il figlio di Morzan la
fissò con gli occhi che ardevano di
furia, ed un attimo dopo salì in groppa al suo drago,
lasciandola sola, in riva
al lago.
Isis era lì da ore, e
camminava avanti e indietro, senza
sosta, inquieta.
Maestro, cosa devo fare? gli
domandò dopo essersi seduta, il
viso sepolto tra le mani.
Dolce Isis-
replicò lui dall’interno della borsa dove ancora
si trovava- ora sei di fronte ad una scelta:
puoi
tornare dai Varden, senza sentirti disonorata, visto il grande aiuto
che gli
hai fornito; oppure puoi scegliere di onorare la tua promessa nei
confronti del
Cavaliere. La scelta sta a te, ascolta ciò che senti, il tuo
cuore sarà la
migliore giuda, e sappi che io sarò sempre al tuo fianco,
mia coraggiosa
allieva. La rincuorò
l’Eldunarì, con pacatezza.
La Dark Angel
rimase senza parole. Era vero: la scelta era sua. Ma,
ascoltando il proprio cuore scoprì che in realtà
non aveva nessuna scelta, ma
solo un’opportunità. E si avviò verso
Uru Baen, tra le braccia del suo destino.
ANGOLO AUTRICE
Eccomi di nuovo qui, con un post
fresco fresco per voi!
Spero vi piaccia
Fatemi sapere che ne pensate
Un abbraccio
Marty23
|
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Capitolo 21 *** scelte ***
Capitolo 17
Scelta
Per prima cosa, Isis si
precipitò (dal momento che, se Murtagh avesse
dato ordine di allontanarla o
ucciderla a vista, nulla avrebbero potuto i suo favore, i suoi amici
schiavi)
nella stanza del Cavaliere, decisa a far valere le proprie parole, ma
quando
non lo trovò, dapprincipio si sentì in un certo
senso sollevata, perché fu
libera di riporre il proprio maestro e le sue armi nelle mattonelle
sotto il
letto; le nascose tutte, eccetto lo Specchio dell’Anima, (il
cui manico lasciò
le spuntasse dai pantaloni) -perché dopo
l’iniziale sollievo avvertì un senso
di disorientamento, e d’inquietudine.
Perché mai Murtagh
non si trovava lì, intento a farsi il bagno- come
soleva, ogni volta che tornava da una battaglia?
Illuminata da un’altra
idea, seppur coi nervi a fior di
pelle, la ragazza corse da Castigo. Forse il Cavaliere era con
lui…
Arrivata nel Giardino,
trovò Lara e Simon intenti a cercare
di parlare con il gigantesco drago cremisi di Murtagh, ma lui li teneva
lontani
sputando sbuffi di fuoco- anche se a fatica- e ruggendo.
-
Lara, Simon:
allontanatevi.- ordinò loro, con tono
preoccupato, comparendo alle loro spalle.
Subito quelli eseguirono,
immobilizzandosi. La donna con gli
occhi da cerbiatta le lanciò uno sguardo carico di sollievo,
e Isis comprese
che era arrivata fin lì a chiedere a Castigo sue notizie; ma
non si mosse.
Sembrava che la comparsa della Dark Angel in quel luogo, avesse fatto
fermare
persino il tempo.
Isis quindi, avanzò cauta
verso Castigo, e più gli si
avvicinava più notava che l’’animale
sembrava stanchissimo, sfinito, e che
centinaia di ferite sanguinolente gli deturpavano la corazza, assieme,
sicuramente a decine di ossa rotte.
Con una mano a coprirsi la bocca, per
lo stupore, lei si
chinò su di lui, fino ad inginocchiarsi a terra, al suo
fianco.
Sentì una lacrima rigarle
il viso mentre, tremando, avvicinò
piano una mano per carezzargli il muso; poi notò che,
nonostante lo sforzo che
doveva costargli quel gesto, il drago stava scrivendo qualcosa nella
polvere,
con gli artigli.
“ISIS…CHE CI FAI
QUI? CREDEVO AVRESTI APPROFITTATO DELLA TUA
RITROVATA LIBERTà PER METTERE QUANTA PIù DISTANZA
TRA TE E QUESTO POSTO…”
-
Castigo…se
l’avessi fatto…io…- iniziò,
tra le lacrime,
mentre si chinava su una zampa tremante dell’animale.- non vi
posso lasciare un
momento soli che…guarda che vi succede…- sembrava
un rimprovero ma in realtà
era un goffo tentativo di alleggerire la tensione, infatti il drago le
leccò
subito una guancia, ma la paura, ormai, si era impadronita di lei; ed
era terrore
puro a causa di un brutto presentimento circa ciò che poteva
esser capitato a
Murtagh.
-
Ti prego,
Castigo…- continuò- dimmi: chi ti ha fatto
questo? E dov’è Murtagh? Gli è successo
qualcosa?- gli domandò, rabbrividendo.
“GALBATORIX CI HA PUNITI
PER AVER ABBANDONATO
L’ESERCITO…MURTAGH E IO SIAMO STATI
DIVISI…LUI è STATO GETTATO NELLE
SEGRETE”
A quella notizia, Isis si
asciugò svelta, le lacrime con il
dorso della mano ed immediatamente i suoi occhi brillarono, illuminati
dalla
luce della determinazione…
Dopo aver appreso da Castigo che non
avrebbe potuto far
nulla, in quel momento, per curargli la corazza, gli promise che gli
avrebbe
riportato il suo Cavaliere. Quindi, si trascinò dietro,
diretta alle segrete,
Lara e Simon, lasciandolo solo, a leccarsi le ferite.
Lungo il tragitto per le prigioni(
che Isis ormai, conosceva
alla perfezione) la ragazza spiegò ai due amanti di aver
bisogno del loro
aiuto.
-
So ciò
che pensate di Murtagh, amici miei, ma mi serve
che Murtagh sia libero, per poter curare il suo drago. Ed ho bisogno di
voi.
Non potrei farcela da sola…- spiegò, e dopo che
quelli ebbero annuito
tacitamente, riprese- Simon, tu mi aiuterai a liberare il Cavaliere, e
nel
frattempo Lara, tu ti procurerai bendaggi e medicamenti per aiutarmi a
curarlo.
Ci ritroveremo nella stanza di Murtagh, prima possibile…-
fece, concisa.
Lara e Simon si guardarono,
consapevoli di star facendo
qualcosa che contravveniva alle loro regole personali: dopo aver visto
quale
portatore di Morte era il figlio di Morzan, si erano ripromessi di non
aiutarlo
mai, in nessun modo. Tuttavia, come potevano rifiutare la richiesta
della loro
signora, dal momento che lei aveva fatto molto per loro, e dal momento
che mai,
l’avevano vista così disperata, ed allo stesso
tempo così determinata.
Giunti davanti alla cella
dov’era stato rinchiuso il
Cavaliere, Lara si dileguò, diretta in medicheria, e Simon
rimase alle spalle
della Dark Angel, in ombra, per non farsi riconoscere dal soldato
nerboruto che
sbarrava loro il passaggio, piazzato davanti all’entrata
della cella.
-
oh, Dark Angel.-
iniziò quello, con tono irrisorio,
vedendola- Galbatorix ci ha detto che avremmo dovuto aspettarci il tuo
arrivo,
e sinceramente cominciavo a temere che si sbagliasse…fammi
indovinare: vuoi
vedere il tuo signore?- la sua voce era fastidiosa, tanto che ad Isis
prudevano
le mani.
-
Sì.-
disse, chinando il capo con un atteggiamento
sottomesso, al fine di dimostrare che erano davvero quelle le sue
intenzioni.
-
Ma…sai,
è conciato talmente male che dubito che per un
po’…potrai servirlo, perciò, se ti
faccio entrare…cosa mi darai in cambio?- la
ragazza trattenne il respiro mentre quel viscido sconosciuto le metteva
una
mano sotto il mento, per sollevarle il viso, poi, dipingendosi
repentinamente
un ghigno sul viso, replicò:
-
La morte.- con un
gesto fulmineo estrasse dai pantaloni
lo Specchio dell’Anima, e vi trafisse il soldato(che altro
non era, a suo
parere che una patetica copia di Thelonius)in un punto della coscia,
vicino
l’inguine, che gettò copiosamente sangue, prima di
farlo accasciare a terra,
morto, pochissimo tempo dopo.
Tutto quel trambusto aveva spinto
Murtagh a tirarsi su a
sedere, per vedere cosa stesse succedendo. Scorgere Isis, vederla che
si
precipitava nella sua cella come un angelo vendicatore, gli fece
sbocciare
inconsapevolmente un sorriso sulle labbra, che sperò, lei
riconoscesse, dal
momento che il suo viso doveva esser diventato un’oscena
maschera di
tumefazioni e lividi.
Dopo aver incontrato i suoi occhi e
ricambiato il sorriso,
la ragazza lo aiutò ad alzarsi in piedi e, mentre lei ed un
soldato che
chiamava Simon, lasciavano che lui si appoggiasse a loro per camminare
meglio,
uscirono dalle segrete e non si fermarono finchè non si
chiusero la porta della
stanza del Cavaliere alle spalle.
Una volta al sicuro, resasi conto
della gravità della
situazione- cosa che invece, Murtagh non riusciva ancora a fare, tanto
era il
dolore che provava, e che portava con sé non solo il suo
corpo, ma anche la sua
mente- e, animata da spirito pratico, Isis spinse il ragazzo nella
stanza da
bagno, dove gli strappò di dosso gli abiti logori, lo fece
entrare nella vasca
e lo lavò completamente, attenta a non farlo soffrire di
più, mentre gli puliva
tutte le ferite dalla terra e da qualsiasi altra cosa potesse
infettarle.
Murtagh si sentì strano
nel rendersi conto che lei non si
scandalizzava nel trovarsi a che fare con la sua nudità,
né vi prestava
attenzione. Il Cavaliere avrebbe voluto chiederle come mai fosse ancora
lì, e
perché si stesse dando tanta pena per asciugarlo, per
prendersi cura di lui…ma
ammise a se stesso che quel particolare, gli aveva mandato scosse di
sollievo
in tutto il corpo, e anche se non potè lasciare che lo
invadessero, gli sembrò
lo aiutassero a sopportare il dolore lancinante che sentiva alle
membra, che gli
mandava fitte fino al cervello.
Lei poi, fu improvvisamente distratta
dall’arrivo della sua
ex schiava- che, gli parve di ricordare, si chiamasse Lara- dalla quale
si fece
consegnare delle scatoline di legno e decine di bende(che la donna
aveva tenuto
nella gonna dell’abito) e che congedò subito dopo,
vedendo che provava disagio.
Rimasero soli quindi, la Dark Angel
e il
Cavaliere. Lui avrebbe voluto dirle qualcosa, sentiva che voleva farlo,
ma il
dolore gli faceva solo stringere i denti, e poi, la sensazione delle
mani di
Isis che gli carezzavano il corpo per cospargergli le ferite di
unguento ed in
seguito bendarle, era indescrivibile, e gli toglieva il respiro, per la
sua
bellezza.
Isis aveva fatto distendere Murtagh
sul letto; il ragazzo
aveva tante bende sul corpo da sembrare una mummia, e lei ne avrebbe
riso se
non avesse avuto tanto i nervi a fior di pelle, nella muta tensione di
chi
attende qualcosa. Per ore la Dark Angel rimase
accanto a lui, mormorando preghiere
nell’antica lingua mentre aspettava che gli unguenti
iniziassero a fargli
rimarginare le ferite. Ma quando si accorse che la situazione non era
migliorata e che, invece, il Cavaliere soffriva sempre di
più, tanto da
rischiare di svenire- scivolando in un oblio dal quale magari non si
sarebbe
più svegliato- cadde preda della disperazione.
Maestro-
lo
chiamò, con voce ansante, il respiro accelerato- ti prego, aiutami! Perché i miei rimedi
non funzionano con le ferite di
Murtagh? Puoi donarmi la tua energia, per guarirlo? Lo
implorò
Isis, le
ferite di
quest’uomo sono state rese più profonde e gravi
dalla magia di Galbatorix, e
io, che sono solo, anche servendomi di tutta la mia energia, non potrei
far
nulla per il tuo Cavaliere. Ma non disperare, - la
esortò l’Eldunarì da
sotto il letto- ricorda quello che hai
visto in questo tempo, e osserva ciò che ti sta
attorno…cosa ti dice il tuo
istinto? La spronò il cuore dei cuori.
Mi dice che
Murtagh ha
distrutto i Dark Angel perché cercava gli
Eldunarì che custodivamo, e questo mi
fa pensare che Galbatorix ne ha molti con
sé…ciò significa che probabilmente ne
ha dati alcuni a Murtagh perché potesse sfruttare la loro
energia per essere
più potente. Quindi…non mi resta che trovarli!
Quel ragionamento
rinvigorì un po’ Isis, che si gettò
nella
ricerca di quei cuori con lo stesso entusiasmo di un bambino.
Qualche ora più tardi,
dopo aver messo a soqquadro ogni
singolo palmo della stanza- facendo quel tanto di trambusto che
servì a coprire
i lamenti e le frasi deliranti di Murtagh- animata da un fuoco che le
parve le
stesse correndo, sottile, sulla pelle, trovò delle pepite
pulsanti di vita,
luminose come lucciole- che riconobbe come gli Eldunarì-
sotto il pavimento
dello studiolo del Cavaliere.
Col cuore che batteva
all’impazzata, felice di essere
riuscita, Isis aprì la mente verso di loro, ma la loro
diffidenza e la loro
tristezza la invasero, schiacciandola a terra, gettandola addosso un
forte
senso di depressione.
Per un terribile momento la ragazza
pensò di lasciar
perdere, spaventata com’era che potessero trascinarla in un
vortice senza
fondo; ma poi, memore di tutti i suoi sforzi, non si disse disposta a
mollare:
inginocchiandosi al loro cospetto fino a toccare il pavimento con la
fronte,
spalancò ancora la sua mente, e disse.
Salute a
voi, nobili
Eldunarì, il mio nome è Isis, e sono
l’ultima Dark Angel in tutta Alagaesia. Mi
dispiace dovervi disturbare, ma ho un disperato bisogno del vostro
aiuto…
Nessuno dei tre disse nulla(forse per
la paura che, a stare
con Galbatorix, si era insinuata, magari permanentemente in loro)
tuttavia,
Isis avvertì che erano bendisposti nei suoi confronti,
così si fece forza e
continuò.
Al Cavaliere
di Drago,
Murtagh, è stata inflitta una pena corporale per una colpa
futile, e Galbatorix
ha infettato le sue ferite con la magia, perciò mi
è impossibile curarle,
potreste…ma non ebbe il tempo di completare la
frase, perché dai tre cuori,
provenne un silenzio allibito.
Poi, all’improvviso uno dei
tre Eldunarì borbottò, adirato e
spaventato.
Avevo grande
considerazione dei Dark Angel, i Paladini di Alagaesia…fino
ad ora. Come puoi,
tu, o disonore del tuo popolo, parlare così in difesa d un
assassino? È un
irrispettoso bastardo che, come il tiranno che serve, ci soggioga per
un fine
utilitaristico, per servirsi del nostro potere solo per la sua
grandezza e la
grandezza del suo re. Perché lo vuoi salvare? Meriterebbe la
morte per lo
scempio che sta facendo del suo ruolo e del ruolo del suo drago!
A quelle parole dure, e secche come
frustate, Isis reagì
sussultando e tremando come se fosse stata colpita in pieno viso.
Scoppiò a
piangere, ferita ed umiliata: non era mai stata chiamata
“disonore del proprio
popolo”, neanche dai Saggi, quando sbagliava in
qualcosa…perché quei tre cuori
si prendevano la libertà di oltraggiare così il
suo onore e la sua memoria,
sentendosi giustificati dalla paura di che provavano,
d’essere usati, e
costretti a far qualcosa contro la loro volontà? Inoltre, se
si rifiutavano di
aiutarla, lei avrebbe davvero dovuto abbandonare Murtagh ad un destino
di
morte…
Prendendo profondi respiri, decisa a
far valere le proprie
ragioni anche con loro, rizzò la schiena, restando in
ginocchio e, lievemente
arrabbiata, lasciò che scrutassero i suoi ricordi, che
vedessero come Murtagh
le aveva curato le ferite; la sua delicatezza nel baciarla prima di
andare a
Dras-Leona; o la sua umiltà nel riconoscere che gli aveva
salvato la vita, e
ringraziarla.
Vedete? Sono
d’accordo
con voi nel riconoscere che questo Cavaliere sia un assassino- dal
momento che
ha sterminato la mia gente)ma visto che sono l’ultima
Paladina di Alagaesia, ed
il mio popolo ha scoperto il Cavaliere dal Drago di zaffiro, voglio salvare Murtagh,
perché per me lui è
prima di tutto un Cavaliere. Perciò, se mi aiuterete a
curarlo, a guarirlo, mi
offrirò da tramite tra la vostra energia e le sue ferite.
Altrimenti, sarete
maggiormente colpevoli rispetto a me, di non aver evitato la morte di
un
Cavaliere! Ascoltandosi, Isis condivise lo stupore dei tre
Eldunarì per le
sue stesse parole.
Quelli finalmente, senza parlare ma
trasmettendole le loro
emozioni, decisero di acconsentire alla sua richiesta. La Dark Angel
allora, li
prese tra le braccia, portandoli con sé fino al letto
dov’era disteso il figlio
di Morzan. Li depositò sul materasso, vicini l’uno
all’altro, poi, impose la
mano sinistra su di loro, e la destra sulla fronte di
Murtagh…
Immediatamente le parve di venir
attraversata dall’elettricità
di un fulmine; non le fece alcun male ma la sensazione di potere che
provò fu
indicibile. La mano destra le si faceva sempre più calda
mentre sulla pelle di
Murtagh si spandeva un bagliore pari a quello di un lampo che- si
accorse,
Isis- non fu notata dal Cavaliere, ma aveva fatto sì che
tutte le sue ferite
sparissero!
Assieme anche alla maggior parte
della sua energia, però…
Perché non si sentiva in
grado neppure di alzare la testa?
La sua fiacchezza fisica tuttavia,
passò subito in secondo
piano quando realizzò che Murtagh…era completamente
guarito! Stava quindi per stringergli una mano- felice come una
bambina- e
baciargli la fronte, ma scoprì che batteva i denti, come se
avesse avuto i
brividi e la sua pelle era tanto febbricitante che quasi si
bruciò la pelle,
nel toccarla.
Il respiro accelerato di Isis spanse
il suo dubbio per
quell’avvenimento in tutta la stanza, e fece sì
che quando gli Eldunarì lo
captarono, uno dei tre rispose.
È
accaduto tutto
perché non sei abituata a far scorrere in te un tale flusso
di magia; perché
non sei un Cavaliere. Ma non temere, Dark Angel: presto riacquisterai
le forze
e la febbre di Murtagh passerà da sé…
Isis sentiva che il corpo stava per
abbandonarla, per
scivolare via ma avvertì l’energia del suo maestro
pervaderla, risollevandola.
Mia
coraggiosa
allieva, non lasciarti andare proprio ora. Sarò sempre con
te e potrai far uso
di tutta la mia vitalità, di cui avrai bisogno. La
rassicurò. E sia le
sue parole, sia la sua forza la rinvigorirono, permettendole di riporre
quei
tre dove li aveva scovati- leggermente risentita, dal momento che non
le
avevano detto di quell’effetto collaterale- e di procurarsi
tutto l’occorrente
per fronteggiare al meglio quella situazione: del cibo- che, Lara le
assicurò
on le sarebbe mancato ogniqualvolta ne avesse avuto bisogno, dal
momento che vi
avrebbe provveduto lei, poiché sapeva che la sua signora non
se la sentiva di
lasciare solo il Cavaliere- ; un catino d’acqua fresca e
delle pezze, con le
quali inumidiva periodicamente la fronte di Murtagh.
Era pronta, quindi, a prendersi cura
di lui: lo coprì bene,
perché le sue condizioni non peggiorassero, ma non
potè far altro che
asciugargli il sudore che gli imperlava il viso, e bagnargli la fronte,
tuttavia, non appena gli metteva la pezza contro la pelle, la stoffa si
riscaldava tanto che lei riusciva a malapena a toccarla.
Furono tre giorni
d’inferno. Murtagh non smise mai di
digrignare i denti, dimenarsi, tremare, o lamentarsi in maniera
straziante, in
preda al delirio; ed Isis non riuscì ad allontanarsi da lui
per tutto il tempo.
Il suo maestro di tanto in tanto le
consigliava di riposare,
ma come poteva riuscire a dormire, con tutta la tensione che sentiva
addosso? E
la sua agitazione era tale da paralizzarla.
Non aveva mai provato quella
sensazione: seppur minimamente,
aveva sembra saputo fronteggiare qualsiasi situazione le si fosse
presentata.
Ora, invece, per la prima volta in tutta la sua vita, era dilaniata dai
dubbi:
perché non riusciva ad abbandonare quel capezzale?
Perché non poteva
semplicemente voltare le spalle e far morire quell’assassino?
Ed in quei
momenti le tornava alla mente la promessa fatta a Castigo, ed
arrivavano
lacrime sconosciute a lavare via le sue esitazioni, assieme ad una
chiarezza
che le toglieva il respiro, tanto la colpiva nel profondo: la paura che
la
pietrificava non era per il disgusto verso ciò che aveva
ipotizzato di fare, né
per sé, ma per qualcun altro,
e quel
“qualcun altro”sarebbe potuto morire da come
tremava da quanto era rovente ogni
centimetro del suo corpo. Sarebbe potuto morire per colpa sua.
Quell’idea,
l’idea di vederlo pallido e definitivamente
morto, senza aver più la possibilità di
specchiarsi nelle sue iridi penetranti,
e scorgervi la sua anima; la
terrorizzava. Ed allora comprendeva che non
riusciva a staccarsi dal suo letto, da
lui, né a smettere di pregare le stelle;
né poteva cessare di prendersi
cura di lui, per farlo star meglio; perché Murtagh per lei
era innanzitutto un uomo. Un uomo
che aveva scelto di stare
dalla parte sbagliata, ma pur sempre un uomo; un uomo che Isis non si
rassegnava ad abbandonare all’oblio ed alle tenebre per un
motivo a lei
sconosciuto, perché sapeva solo che, altrimenti, al solo
soffermarcisi con il
pensiero, le si faceva pesante il cuore.
Ed inoltre, era un Cavaliere,
perciò…se fosse morto avrebbe
portato con sé anche il proprio drago…e allora,
Eragon sarebbe rimasto l’ultimo
Cavaliere in tutta Alagaesia; e lei, la Dark Angel
che aveva giurato di far perpetuare le
tradizioni del proprio popolo, non avrebbe mai potuto perdonare a se
stessa di
aver lasciato morire un Cavaliere, anche se stava dalla parte sbagliata.
-
ti prego,
Murtagh…non lasciarmi…- bisbigliò, sul
far
del quarto giorno, ed in quelle parole lei stessa avvertì il
proprio tormento,
all’idea che quell’ipotesi si potesse verificare;
mentre gli carezzava i ricci,
delicata, e piano, gli baciava la fronte.
Fece per abbandonare la testa sul
materasso, tra le sue
stesse braccia, sentendo che le palpebre stavano per scenderle,
implacabili,
sugli occhi…
D’improvviso
però, il Cavaliere sentì quella voce chiamarlo
dall’oscurità e quei baci, quelle carezze,
riportarlo indietro, da un nulla
fatto solo del suo dolore e di quello del suo drago; quindi, riemerse
dalle
tenebre…
Isis avvertì una mano che
le sfiorava il braccio, quasi
solleticandoglielo. Sollevò la testa a fatica, tanto era
stanca…ma ciò che vide
le mandò in circolo tanta adrenalina da farla quasi saltar
su a sedere.
Per qualche secondo non
riuscì a dire nulla, aveva il
respiro incastrato in gola- convinta com’era che quello che
stava vivendo fosse
un sogno- ma i suoi occhi brillavano- come se avessero saputo che era
tutto
reale- come stelle, come mai Murtagh li aveva visti
brillare, prima. Ed anche lui rimase
senza respiro per la bellezza di quel momento: quella donna sembrava
emanare
felicità e mille altre emozioni- nonostante fosse chiaro che
ormai lottava per non farsi vincere
dalla
stanchezza- ed il Cavaliere si
lasciò
contagiare. Così, nonostante avesse i capelli incollati alla
fronte, nonostante
fosse madido di sudore, osò sfiorare con le dita, le
profonde, scure occhiaie
sotto gli occhi di Isis:
-
Devi essere
stanca…- constatò, mentre si metteva a
sedere, posando la schiena contro il cuscino.
-
Sì,
cioè no…non importa ora, perché sei
salvo, sei
guarito!- iniziò a snocciolare lei, svelta mentre si rese
conto di non riuscire
a staccargli gli occhi di dosso, né a smettere di baciargli
le mani.-
vieni…dovresti fare un bagno.- lo invitò, mentre
lasciava che si appoggiasse a
lei per camminare, ed insieme raggiunsero la stanza da bagno.
La Dark Angel
lavò il suo Cavaliere con calma, ascoltando il
ciaffettìo prodotto dall’acqua ogni volta che vi
immergeva la spugna; contava i
propri respiri ed i suoi; di tanto in tanto gli sfiorava le cicatrici
sul
petto, e seguì con la punta delle dita quella che gli
deturpava la schiena,
dalla spalla al fianco; attenta e delicata, ammaliata, mentre
tratteneva il
respiro.
E quel tocco, era così
dolce, eppure tanto intenso, per
Murtagh, da fargli girare la testa, da arrivare a sentirlo fino
all’angolo più
recondito del suo animo. Quindi, spinto dall’istinto, prese
la mano di Isis
nella sua, e se la portò alle labbra, baciandola.
Nel vedere le loro pelli accostate,
così diverse, per il
colore, il ragazzo notò anche che quella di lei era segnata
da cicatrici
biancastre, mentre la sua non riportava segni dell’ultima,
straziante punizione
inflittagli da Galbatorix? dov’erano le tracce di quella
tortura? Che fosse
stato tutto un sogno?
-
Che
strano…ricordo di esser stato punito da Galbatorix,
come anche Castigo; ma non ho cicatrici addosso…mi chiedo se
non ho sognato…-
mormorò tra sé, ma non a voce sufficientemente
bassa perché la Dark Angel non lo
sentisse. Infatti replicò, in un sussurro, dolente:
-
No, Murtagh, non
è stato un sogno. Era la verità, ed è
stato…terribile. Vederti lì, sofferente sapendo
di non poter far nulla, è
stato…straziante. Ci credi, ora, a ciò che ti ho
detto su Galbatorix?- gli
spiegò, ma si accorse che il ragazzo non la guardava.
Annuì,
assente, facendo rimbalzare lo sguardo da lei, al proprio corpo.
-
C’è
una cosa soltanto che può fare
quest’effetto…-
costatò, seguendo un suo filo di pensieri.- un
Eldunarì.- decretò infine,
trafiggendola con lo sguardo.
-
Non guardarmi in
quel modo, Cavaliere. Pensi che non
sappia che hai distrutto i Dark Angel perché cercavi i cuori
dei cuori dei
draghi del passato? Esatto: so che li custodivamo, tuttavia, non so
dove, e
anche se lo sapessi non te lo direi.- replicò dura, Isis.
Avrebbe voluto
lasciarlo lì, ma aveva i riflessi lenti a causa del sonno
perso, perciò Murtagh
non ebbe difficoltà ad afferrarle il polso e avvolgerlo in
una morsa
stritolatrice.
Stava per intimarle qualcosa, ma
Castigo lo fermò.
Murtagh, che
cosa stai
facendo? Hai perso il senno? È questa la riconoscenza che
dimostri alla donna
che ti ha salvato la vita per la seconda volta?
Castigo, non
capisci?
Siamo perduti: Isis ha scoperto il nostro segreto…
sibilò, adirato
E allora?
Non vedo la
gravità delle tue parole, nella realtà, visto che
gli Eldunarì ti hanno
guarito, annullando l’incantesimo di Galbatorix che rendeva
più gravi le tue
ferite…vergognati, stai maltrattando non solo colei che ti
ha salvato la vita
due volte, ma anche la Dark Angel che ti ha
appena dimostrato di aver ragione, circa
Galbatorix. Complimenti, Cavaliere! lo rimproverò
il drago, con tono
irrisorio e pungente.
Quelle parole colpirono Murtagh nel
profondo, tanto che ebbe
la sensazione che gli avessero squarciato il petto, mentre gli
penetravano a
fondo, sotto la pelle. Era
vero. La sua rabbia era ingiusta nei confronti del coraggioso e
lodevole gesto
di quella Dark Angel. Avrebbe potuto lasciarlo morire, e invece, non
solo aveva
vegliato su di lui, in ogni momento- il ragazzo ne ricordava le
carezze, i
baci, la sua voce melodiosa che pregava in elfico per la sua salvezza-
; ma
aveva persino trovato i suoi Eldunarì per convincerli a
curarlo.
La sua rabbia era decisamente
ingiustificata, perché lei era
Isis.
Immediatamente, il figlio di Morzan
lasciò andare il polso
della ragazza e contrito si scusò:
-
Ti prego, Isis:
perdonami.-
-
Scusami, ho
vegliato su di te per tre giorni, sono
stanca. Vorrei riposare ora.- replicò acida lei, gli occhi
ridotti a fessure
mentre si massaggiava il polso, lievemente arrossato.
Si allontanò dalla stanza
a grandi passi, ma il Cavaliere,
lesto, mosso da un impulso irrefrenabile, spaventato di aver rovinato
tutto ciò
che aveva condiviso con Isis, uscì dalla vasca con un balzo
e, repentino si
coprì, avvolgendosi un telo di lino pulito attorno ai
fianchi:
-
Isis, aspetta!-
mormorò, ansioso, ma lei non si fermò e
se ne sarebbe andata dalla stanza del Cavaliere, se lui non avesse
accelerato
il passo in una corsa, fino a riuscire ad afferrarle l’altro
polso,
costringendola a girarsi, ed infine la spinse con le spalle contro il
muro,
premendole i pettorali nudi contro i seni.
-
Isis, aspetta.-
continuò.- Ti prego scusami se ho perso
il controllo, lascia che ti spieghi: hai scoperto il segreto del mio
potere.-
le rivelò.
-
Non me ne importa
nulla del segreto del tuo potere, ma
sì, lo so, perché gli Eldunarì che hai
me l’hanno spiegato, e se vuoi saperlo,
ti detestano perché li usi senza rispettarli; infatti,
nonostante abbia appreso
dagli elfi che erano tra i Dark Angel, come bisogna comportarsi con un
drago,
non hai idea di quanto sono spaventati e di quanto, quindi, abbia
dovuto
pregarli perché ti curassero: erano molto reticenti e
volevano lasciarti
morire, ma ho offerto loro la mia energia, mi sono offerta come tramite
tra il
loro potere e le tue ferite.
Ma
non mi importa più nemmeno non
avere le forze, o aver perso giorni di sonno, perché ho
avuto una tale paura
che potessi morire, che potessi perderti, che per me ora,
l’unica cosa che
conta è sapere che tu sia salvo.- gli spiegò,
aprendogli il proprio cuore.
-
Anche
se…anche se sono l’assassino della tua gente?- le
domandò, allibito.
-
Sì,
perché anche quello non mi interessa. Il passato
ormai è passato, per me, tu adesso sei un uomo, e un
Cavaliere.- sussurrò,
guardandolo negli occhi.
Murtagh rimase senza parole per
l’intensità di quella frase.
Visto ciò di cui lui l’aveva privata, si sarebbe
aspettato che lei lo avesse
ucciso, o l’avesse fatto soffrire il più
possibile, non appena se ne fosse
presentata l’occasione. Invece, era cambiata,
dal momento che ora desiderava il suo bene, ed aveva scelto di
perdonarlo. O
forse era sembra stata d’indole buona e saggia, ed incline al
perdono, ma lui
aveva scelto di vedere solo l’odio e la rabbia che si erano
impadroniti del suo
cuore, per un po’, forse per paura di lei, perché
era troppo…perfetta.
-
Ti prego, Isis,
perdonami per prima. La verità è che,
nonostante io ti desideri alla follia, ho paura di aprirmi veramente
anche con te-
come con qualsiasi altro che non sia il mio drago- perché
sono stato tradito
troppe volte.- le confessò.
La Dark Angel
allora, lo abbracciò. Voleva che lui capisse che non
aveva nulla da temere, da lei. Sollevò quindi il viso, per
dirglielo- come
anche per assicurargli che, anche lei, a suo tempo, aveva avuto paura;
tuttavia, ciò non le aveva impedito, di rivelargli il suo
nome. Poi aggiunse:
-
Ti prego, Murtagh,
baciami, fai l’amore con me. Voglio sentirti
vicino al cuore, non potrei sopportare di nuovo la paura di
perderti…- ed il
ragazzo stava per esaudire quel suo desiderio, felice come mai si era
sentito
prima, piegando le labbra in un sorriso che trafisse il cuore della
ragazza…ma
quasi subito lei lo bloccò perché, senza curarsi
del fatto che lui fosse
perplesso, si ricordò di Castigo. Rammentò che
Murtagh ed il suo drago erano
due metà di uno stesso intero, e lei non avrebbe potuto far
nulla ad uno, senza
prima chiedere il consenso all’altro.
-
Ti prego, Murtagh,
prima di fare qualsiasi cosa chiedi
a Castigo se non ne è infastidito…- lo
supplicò, e quella spiegazione, per il
suo repentino cambio di comportamento, avrebbe fatto scoppiare a ridere
il
ragazzo, se non fosse rimasto colpito dal sommo rispetto che lei
dimostrava nei
confronti dei Draghi.
Quando perciò,
lasciò che il suo drago ascoltasse le parole
della Dark Angel attraverso di lui, quello replicò.
Sono molto
colpito dal
rispetto che mi porta, ma dille di lasciarsi andare, ed anche tu,
lasciati
andare, perché condividete gli stessi desideri.
Al Cavaliere scappò un
risolino nervoso, e distolse lo
sguardo quando riportò quei pensieri in parole, per Isis.
Lei arrossì, ma
infine abbandonò ogni resistenza, ed ogni paura e in un
batter d’occhio si
ritrovò ad avvolgere le braccia attorno al collo di Murtagh,
e premette le
labbra sulle sue, in un bacio dapprima timido, di esplorazione, di
conoscenza,
poi dolce, delicato, ed in seguito esigente, passionale…il
tutto mentre la
testa di Murtagh vorticava- perso com’era in quel vortice di
sensazioni mai
provate, tanto belle da mozzare il fiato- e sentiva la sua donna
sciogliersi
nel suo abbraccio. Per paura che le cedessero le ginocchia, la
sollevò piano da
terra, e la depositò sul materasso, senza mai interrompere
il bacio.
Con movenze lente e sensuali(che
neppure sapeva di
avere)quindi, Isis si distese sul letto, guardandolo, sorridendogli,
carezzandogli le guance e baciandogli il viso, mentre l’alba
ricopriva i loro
corpi nudi, come una coperta variopinta e tenue.
Murtagh allora, capendo che non aveva
mai chiesto altro che
vivere quel momento, iniziò a baciarle gli occhi, le labbra,
il collo ed i
seni, delicatamente, mentre esplorava quel corpo magnifico per la prima
volta.
Isis fu pervasa da centinaia di brividi caldi ed il respiro di entrambi
accelerò quando le labbra del suo uomo continuarono a
sfiorarle, in un percorso
infuocato, ogni centimetro di pelle; poi però, quando la
ragazza realizzò che
il suo Cavaliere stava per abbandonarle il ventre, per scendere
più in basso,
contrasse i muscoli dell’addome, di colpo, tirandosi su,
lievemente, e
prendergli il viso tra le mani, per bloccarlo.
-
Murtagh, cosa stai
facendo?- i suoi occhi limpidi lo
fecero sentire in colpa mentre spiegava:
-
Mia dolce,
splendida Isis, vorrei solo dimostrarti che
non ti farò del male come fece Thelonius, e che posso
invece, farti provare un
piacere immenso.- sembrò un po’ a disagio, ma
nell’udire quel dolce pensiero,
gli occhi di Isis si riempirono di lacrime di gioia, e subito
bisbigliò:
-
Murtagh, io provo
già un immenso piacere nello stringerti
tra le braccia, nel condividere con te l’intimità
di questo momento, che
rimarrà per sempre soltanto nostro, e non voglio in alcun
modo che tu ti
sottometta. Vorrei solo assaporare assieme a te,
quest’attimo, da pari a pari.-
la sua voce delicata, le sue carezze ed i suoi occhi lucenti, spinsero
Murtagh
ad interrompere quanto stava facendo, ed a tirarsi su, facendo leva
sulle
braccia, per far combaciare le labbra con quelle di lei. Infine, si
adagiò sul
suo corpo, beandosi della sensazione delle loro pelli a
contatto…sarebbe potuto
rimanere così per sempre se Isis non avesse piegato le
labbra in un sorriso
birichino, ricordando qualcosa: con un unico movimento
ribaltò le posizioni e
lasciò cadere come una cascata, i propri capelli sul torace
di Murtagh. In quel
momento credette di aver vissuto nella sola attesa di
quell’attimo, solo per
sentire il proprio nome fuoriuscire in una sorta di invocazione, dalle
sue
labbra; solo per i suoi gemiti, mentre gli solleticava il petto con la chioma. Poi
entrambi
presero a muoversi seguendo il ritmo lento della risacca del mare, che
si fece
via via più frenetico, fin quando non si accolsero a
vicenda, l’uno nell’altra,
corpo e anima.
E rimanendo per un po’
abbracciati, completi, mentre si
scambiavano qualche bacio, guardarono fuori dalla finestra, sapendo che
il
giorno che era sorto, per loro era un nuovo giorno.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Mi davate per dispersa? E invece
eccomi qua, con un nuovo
chappy!
Spero vi sia piaciuto, ma soprattutto
vorrei sapere se devo
inserire che può essere considerato a rating rosso.
Perché secondo me non lo è,
ma se pensate di sì, dite pure.
A proposito, vorrei ringraziare Renesmee94
per aver inserito la storia tra i preferiti, roby_lia
per aver inserito la storia tra le seguite e per avermi
aggiunto tra i suoi
autori preferiti; e Diosmira
per
aver inserito la storia tra le preferite.
Grazie a tutti/e! (spero di non aver
dimenticato nessuna
“new entry”)
E naturalmente un grazie va a tutti i
lettori silenziosi!
|
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Capitolo 22 *** libertà ***
Capitolo 18
Libertà
Isis, alla fine, vinta dalla
stanchezza, era scivolata in un
sonno ristoratore, a pancia in giù, serena, mentre stringeva
il cuscino. Da
qualche ora, ormai, Murtagh la osservava, e poi faceva scorrere gli
occhi sul
resto della sua stanza, sul panorama al di là delle
finestre…e più osservava,
più gli sembrava di guardare ogni cosa per la prima volta.
Si sentiva come se avesse avuto occhi
nuovi, capaci di
cogliere maggiormente la brillantezza del mondo.
Euforico, ed incapace di star fermo,
il ragazzo quindi baciò
Isis sui capelli e, dopo essersi vestito in fretta, attento a non far
rumore
per non svegliarla, uscì dalla stanza, lasciando sola la sua Dark
Angel, per andare in
esplorazione di qualsiasi cosa avesse
incontrato lungo il suo cammino.
Felice come un fanciullo, corse fino
al Giardino, dove
ritrovò il suo Castigo, e, sorridendogli, si
affrettò a curargli le ferite con
la magia.
Tra loro non ci fu bisogno di parole,
entrambi sentivano che
nell’altro c’era qualcosa di diverso,
che loro stessi si sentivano differenti.
Murtagh,
ma…cosa mi
succede? Mi sento diverso, più
leggero, più…vivo!
Ed anche più… Fece
perplesso ed entusiasta, mentre ruggiva, non per rabbia, ma come se
sentisse
per la prima volta il suo stesso verso.
…libero? Come se ti avessero tolto di dosso un peso
opprimente? È la stessa sensazione che ho avuto
anch’io, subito dopo aver fatto
l’amore con Isis…ma non riesco a spiegarmi cosa, o
come sia successo… si
confrontò con lui il proprio Cavaliere, sconcertato ma
felice quanto lui,
mentre faceva appello al suo ultimo ricordo.
Com’è
stato? Gli
domandò il drago, consapevole di quanto Murtagh avesse
atteso quel momento.
Doloroso…perché
è la
prima donna con la quale mi sono unito…ma poi ho sentito
come se…ci fossimo
fusi, completati e lei mi
è entrata
dentro…spiegò
il ragazzo, sincero,
senza alcun imbarazzo nella voce.
Credi sia
per questo
che ci sentiamo così? Ipotizzò Castigo
Non lo
so…secondo te è
possibile che Isis, con il suo gesto, ci abbia…liberati, dal giuramento cui ci ha costretti Galbatorix?
Potrebbe aver…cambiato
i nostri veri nomi- secondo la teoria di
mio fratello- in…una sola notte?
Murtagh era dubbioso, ma sia lui sia il suo drago condividevano una
latente,
recondita speranza.
Il ragazzo aveva solo due certezze in
quel momento: non si
sentiva così libero da
prima che
l’uovo di Castigo si fosse schiuso per lui, da quando era
fuggito da Uru Baen,
anni prima; e voleva condividere la
strepitosa sensazione data dalla ritrovata libertà, con una
sola persona, oltre
al suo drago: Isis.
Aspettami
qui,
Castigo! E sta’ pronto a partire! Vorrei che ci godessimo
questa libertà, tutti
e tre insieme! Gli disse, e mentre l’animale se la
rideva,nel vedere il suo
Cavaliere che correva a destra e a manca senza sosta, instancabile,
come un
grillo che avesse ritrovato di colpo tutta la sua energia; quello
scomparve
ancora una volta nel palazzo, diretto alla sua stanza.
-
Isis, Isis!
Svegliati! È successa una cosa bellissima!
Hai fatto una cosa bellissima per…noi!- Isis
sentì qualcuno che urlava,
chiamando il suo nome, e quando aprì gli occhi, riconobbe la
sagoma del suo
Murtagh, intento a saltare sul letto come un bambino. Ebbe poco tempo
per
fissarlo preoccupata, come se non l’avesse riconosciuto,
perché subito dopo lui
la trascinò per mano nella stanza da bagno, dove la
lavò, e la vestì mentre le
rubava decine di baci, intensi, impetuosi, spumeggianti, dalle labbra.
-
Murtagh,
ma…che succede?- gli domandò, con il fiato
leggermente corto mentre cercava di stargli dietro lungo il tragitto
per il Giardino.
-
Oh, è
successa una cosa bellissima, ed è tutto merito
tuo! Perciò, voglio condividere con te questa giornata e le
mille avventure che
vivremmo!- le disse, fermandosi tra l’erba mentre le prendeva
le mani tra le
sue, e la fissava con occhi intensi, sognanti.
Isis sentì che le mancava
qualcosa, ed allo stesso tempo si
sentì riempita da quel nuovo
Murtagh,
che non riconosceva più: sembrava scintillare,
aveva persino gli occhi più brillanti, ed i modi
più spigliati, come se avesse
scoperto in una notte la parte gioiosa di sé.
La ragazza non ricordava di aver mai
visto un Murtagh tanto
felice della vita, e delle sue
piccole cose…cosa poteva essergli capitato?
Ci hai
liberati, Isis!
Intervenne Castigo, atterrando proprio in quel momento alle sue spalle.
Voltandosi la ragazza notò
che anche lui aveva un che di…diverso,
di più ingenuo, più vitale, e…più libero.
La Dark Angel
rimase senza parole, contemplandolo: come mai riusciva
a capire le sue parole? Perché riusciva a sentirle
direttamente nella sua mente,
senza che lui le scrivesse a terra, o che Murtagh facesse loro da
interprete?
-
Cavaliere? Che
succede qui? C’è qualcosa che non va?
Perché riesco a capire senza problemi ciò che
dice il tuo drago? E da cosa vi
avrei liberati?- lo interrogò, gli occhi enormi, pieni di
domande.
-
Non ne voglio
parlare qui, vieni con noi, e ti
spiegherò ogni cosa!- gli promise il ragazzo. Si
guardò velocemente attorno e
poi prese il viso di lei tra le mani, lasciando sulle sue labbra un
bacio che
le fece girare la testa, e sciogliere le ginocchia; tanto che Murtagh
fu quasi
costretto a prenderla in braccio per farla montare sulla sella di
Castigo,
davanti a lui, perché un attimo dopo spiccasse il volo,
allontanandoli da quel
luogo.
Ma per tutto il giorno né
Castigo né il suo Cavaliere
accennarono in alcun modo a ciò da cui presumevano lei li
avesse liberati.
Tuttavia, la ragazza- che
dapprincipio si lasciò
punzecchiare dal dubbio e dall’attesa di una rivelazione-. Si
fece via via
affascinare maggiormente, rapire, dagli sconosciuti modi di fare di
Murtagh, e
se ne lasciò trascinare, infine, osservandolo mentre faceva
atterrare Castigo
nei boschi per cogliere dei fiori- per farne ghirlande che ornarono i
capelli
di lei-; oppure in prossimità dei fiumi dall’acqua
lucente,(per la luce del
sole) che il drago si divertiva a smuovere con le zampe per schizzare
il suo
Cavaliere, e la sua ragazza, scatenando le risate di entrambi.
Durante quella giornata idilliaca che
parve non finire mai,
i tre girarono gran parte dell’immensa distesa di Alagaesia,
tenendosi lontani
dai centri abitati. Sembrava un sogno, una magia, una bolla di
tranquillità
sorta apposta per loro, fatta di risate, coccole,
atemporalità, ed un senso di
sollievo che si diffuse tra tutti,
e
Murtagh lasciò che gli riempisse il cuore, assieme alle
sensazioni suscitate
dalla vista di Isis, che si era allontanata appena qualche metro per
cogliere
dei frutti dagli alberi; per il pranzo.
Quando tornò a sedersi al
suo fianco, Murtagh la strinse a
sé, e mentre il suo drago si acciambellava attorno a loro,
il ragazzo la baciò,
sorridendo sulle sue labbra, perché seppe che non avrebbe
mai dimenticato quel
momento: il momento in cui sapeva di aver trovato la sua famiglia.
-
Sei
bellissima…- gli mormorò in un orecchio, e gli
piacque vederla arrossire, mentre nella sua testa si vivificavano mille
immagini di lei durante tutte le occasioni in cui era arrossita,
quand’era stata
più bambina, tra i Dark Angel, e seppe che ora la conosceva. L’averla
sfiorata, amata…aveva fatto sì che ora lui la
conoscesse,
poiché durante la loro unione la mente di lei,
così come quella di lui, si
erano spalancate, ed oltre ad accogliersi l’uno nel corpo
dell’altra, avevano
anche condiviso i loro ricordi, l’un l’altra.
Ora Murtagh per esempio, sapeva che
l’uomo che aveva visto
tempo prima nella testa di Isis, colui cui lei aveva donato il suo
primo bacio,
era stato qualcuno che l’aveva amata, anche se non aveva
avuto il tempo di
dirglielo, poiché la morte l’aveva colto prima.
D’un tratto, dopo che
entrambi avevano fatto il bagno nel
mare, e Castigo aveva acceso per loro un falò, disse:
-
Isis,
c’è qualcosa che devo dirti.-
La ragazza si tirò su a
sedere, guardandolo negli occhi,
mentre dei brividi leggeri le correvano sotto la pelle: era giunto il
momento
della verità, se lo sentiva.
-
Quello che abbiamo
fatto…la nostra unione, ha fatto sì
che ora ci conosciamo nel profondo…e questo comporta anche
una conoscenza
reciproca attraverso…i ricordi.-
continuò, il ragazzo e, nel vederla irrigidirsi appena,
perplessa le spiegò meglio-
il fatto che tu ti sia concessa a me, in modo consapevole, e completo
ha fatto
sì che ora tu possegga i miei ricordi, così come
io possiedo i tuoi.- nel
vedere che ancora non replicava, e che invece si sfiorava leggermente
tesa, la
frangia, si preoccupò, quindi la supplicò:
-
Per favore,
di’ qualcosa…-
-
Ecco
cos’erano quegli strani sogni che ho fatto
stamattina! Erano i tuoi ricordi! Non hai idea di quante cose ho visto:
c’era
Morzan che ti segnava la schiena con la spada che ora porti; e poi il
tuo maestro,
Tornac, insegnarti a tirar di scherma e ad andare a
cavallo…pensavo fosse tutto
una mia fantasia…- ragionò ad alta voce la Dark Angel,
mentre gli
stringeva le mani, consapevole del dolore che doveva aver patito.
-
Esatto, erano i
miei ricordi. E visto che è tutto
merito tuo, quello che stiamo vivendo ora, è giusto che ti
dica cos’altro ha
comportato il fatto che tu ti sia donata in modo completo e spontaneo,
a me.-
-
Cosa?-
-
Mi hai liberato,
Isis. Ci hai liberati entrambi. Io e
Castigo te ne saremo eternamente grati.- le rivelò,
carezzandole una guancia.
-
Da cosa? Da cosa
vi avrei liberato?.-
-
Dal giuramento
nell’antica lingua al quale ci ha
costretti Galbartorix non appena l’uovo di Castigo si
è schiuso per me.- le
spiegò. E nel vederla turbata, allora comprese che era
giunto il momento di
parlare e raccontarle tutto, di aprirsi a lei, come lei si era aperta a
lui,
abbandonando le sue paure.
Quindi, iniziò a parlarle
dei suoi genitori, di come Morzan
avesse irretito e soggiogato Selena, e di come, in seguito, le avesse
insegnato
trucchi(che gli furono utili per usarla contro i suoi avversari) che le
avevano
fatto guadagnare il soprannome di “mano nera”. Le
narrò del fatto che quando
lei era rimasta incinta di lui, nessuno venne a sapere della sua
gravidanza del
fatto che uno dei Rinnegati avesse avuto un figlio, perché
Galbatorix fece sì
che crescesse sotto la sua protezione, e a Selena fu permesso di vedere
suo
figlio sempre meno.
Le raccontò della sua
strana morte- di come era tornata,
ammalata, dopo esser sparita per qualche tempo- ma con poco dolore,
perché
quasi non se ne ricordava; poi si concentrò sulla propria
infanzia e sulla vita
trascorsa a palazzo: tranquilla e frugale, fatta di duri allenamenti, e
del più
completo alienamento dalla vita di corte, anche se era costantemente
tenuto
informato sulle congiure di palazzo dal suo maestro Tornac(abitudine
che gli
era rimasta ancora, gli fece notare Isis, per alleggerire la tensione).
Le fece un breve riassunto della
cena- obbligatoria-
avvenuta al cospetto di Galbatorix, la sera del suo diciottesimo
compleanno-
dal momento che già conosceva quel ricordo-; ma si
soffermò di più su quanto
l’iniziale condivisione della visione di rinnovamento di
Galbatorix, circa
Alagaesia, si fosse sgretolata definitivamente quando lui, qualche mese
più
tardi, l’aveva mandato a chiamare e gli si era mostrato in
preda alla collera,
per poi ordinargli di prendere il comando di un esercito per
schiacciare una
ribellione in una provincia.
Le spiegò che quando aveva
chiesto se avesse dovuto
imprigionare i civili, Galbatorix gli aveva risposto che tutti, sia
ribelli che
civili, -donne o uomini, vecchi o bambini che fossero- avrebbero dovuto
essere
uccisi, e la zona distrutta.
In quel momento- disse Murtagh-
avendo finalmente capito che
il re non era colui che dichiarava di essere, (non un uomo che
intendeva
realizzare un progetto di pace ma piuttosto un individuo violento e
senza
scrupoli)si era deciso a fuggire con il proprio maestro d'armi, Tornac.
Tuttavia, in qualche modo(a lui
ancora sconosciuto) il re
aveva previsto le sue azioni: durante la fuga fece tendere loro un
agguato dal
quale, dopo lunghi scontri, lui riuscì a salvarsi, ma Tornac
uscì senza vita.
La notte pian piano estendeva i suoi
veli scuri, ma lui non
si fermò nel suo racconto, abbassando di tanto in tanto gli
occhi, o stringendo
le mani di Isis tra le sue, oppure incatenando il suo sguardo chiaro al
proprio; continuò a parlarle del suo passato: era strano per
lui raccontare la
sua vita a qualcuno, qualcuno che lo stesse veramente a sentire, che si
mostrasse davvero interessato a lui, e non che fosse pronto ad usare le
sue
informazioni come armi a suo favore. Nonostante il timore di aprirsi di
tanto
in tanto tornasse a punzecchiarlo, fu questo, fu il pensiero di avere
accanto a
sé Isis, che gli permise di continuare.
Riprese a parlarle, concentrandosi su
ciò che aveva fatto
quando era diventato un uomo libero: aveva inseguito i
Ra’zac, nella speranza
che lo portassero dal nuovo Cavaliere di Drago, che, secondo le voci
che
giungevano a Murtagh, stava seriamente mettendo in
difficoltà Galbatorix.
L’aveva salvato da un
attacco ed insieme- dopo che l’uomo
che era al seguito del nuovo Cavaliere, era morto- avevano intrapreso
un
viaggio per salvare un’elfa che poi li aveva spinti ad
attraversare il Deserto
di Hadarac, fino al Farthen Dur, sede dei Varden.
Cogliendo il sorriso di lei, Murtagh
si fece spiegare come
mai anche lei sapesse di Eragon e dei Varden, ed Isis fu pronta a
giurare che
lui l’avesse guardata con ammirazione nel momento in cui gli
aveva detto che
erano stati proprio i Dark Angel, assieme all’elfa- di nome
Arya-che gli aveva
detto di aver salvato, a far sì che l’uovo
giungesse a quello che sarebbe
diventato il nuovo Cavaliere di Drago.
Il ragazzo poi le spiegò
di come il capo dei Varden, venuto
a conoscenza delle sue origini, l’avesse inizialmente fatto
imprigionare, ed in
seguito l’avesse messo alla prova, nella battaglia che aveva
avuto luogo lì,
contro l’esercito imperiale.
L’iniziale passione e la
calma di Murtagh furono via via
offuscati dal dolore e per breve tempo-dopo aver spiegato che ormai si
era
guadagnato il rispetto di tutti i suoi nuovi compagni(compresa
l’affascinante
Nasuada, figlia del capo dei Varden, con la quale aveva stretto una
piacevole
amicizia)- si rinchiuse nel silenzio.
Anche Isis ammutolì.
Nessuno tra i Varden, neppure la stessa
Nasuada le
avevano mai parlato del legame tra il loro capo ed il figlio di Morzan.
E si
sentì lievemente tradita, stranamente piccata dalla gelosia.
-
Ma…ma
Murtagh, tu cosa provavi per Nasuada? E lei cosa
provava per te?- gli chiese d’un tratto, la voce minuta, gli
occhi bassi.
-
Isis, ne sei
gelosa? Non esserlo, perché non è nulla
rispetto a ciò che sento nei tuoi confronti, alla
gratitudine che sento verso
di te, per averci salvati- la rassicurò, prendendole il viso
tra le mani e
sfiorandole le labbra con le proprie.
-
Non mi hai ancora
spiegato come ha fatto Galbatorix a
piegarti al suo volere, tramite quel giuramento…- gli fece
notare lei
Il Cavaliere distolse lo sguardo,
disperdendolo lontano e
mentre carezzava distrattamente i capelli lisci della ragazza, fece,
assente:
-
Quanto sto per
dirti forse farà sì che tu mi
odi…ma…voglio essere sincero con te,
perché…vorrei dimostrare che posso
ricambiare il favore che mi hai fatto…- Isis notò
che era davvero spaventato, sentì
che aveva paura di perderla. Lo
fissò col cuore che pulsava follemente: non aveva mai visto
Murtagh così, da
ciò che aveva osservato su di lui, era riuscita a dedurre
che era un uomo
affezionato al proprio status di “nobile” alla
ricchezza che lo circondava;
molto guardingo, restio a fidarsi di chiunque, all’infuori
del suo drago. Non
lo avrebbe mai creduto capace di una paura tanto altruistica.
Spalancando quindi la mente, per scusarsi con Castigo
circa ciò cui avrebbe assistito, un attimo dopo stinse le
mani del ragazzo tra
le proprie, con convinzione, e l’attirò a
sé, baciandolo intensamente.
-
Non temere, sono
io, la stessa con cui ti sei confidato
fino a qualche secondo fa, una persona che conosci,
e che ti conosce. Perché hai tanta paura di fare
quest’ultimo salto?- ed
infine, il suo sguardo profondo, le sue maniere gentili, la sua
saggezza,
fecero crollare le ultime difese del Cavaliere, che mormorò:
-
Dopo la battaglia
del Farthen Dur, fui rapito. Dai Gemelli.
Che uccisero il padre di Nasuada e mi fecero un incantesimo, per
ricondurmi ad
Uru Baen, senza che mi ribellassi. Galbatorix mi ha fatto torturare,
punendomi
per aver rinnegato gli anni di protezione che mi aveva offerto, quando
ero
stato ragazzo. Fino ad allora, nient’altro, al di fuori del
mio corpo era mai
stato violato, la mia mente era l’ultima roccaforte salva,
che avevo. Almeno
fino a quando l’uovo di Castigo non si è schiuso
per me.- stendendo un braccio
verso il muso del suo drago, glielo carezzò, con un misto di
desolazione ed
affetto- Allora Galbatorix ha scoperto i nostri veri nomi, e ci ha
costretti a
giurargli fedeltà…nell’Antica
Lingua…- le ultime parole gli uscirono dalle
labbra in un soffio. Fissò Isis di sott’ecchi,
teso, scrutava in attesa, i suoi
occhi preoccupati, temendo che da un momento all’altro
avrebbe iniziato ad
urlargli contro, o a picchiarlo…ma la ragazza non fece altro
che guardarlo di
rimando, e d’un tratto scoppio in lacrime, rifugiandosi tra
le sue braccia.
-
Questo significa
che…non potete opporvi in alcun modo a
qualsiasi cosa Galbatorix vi ordini.- constatò. Dirlo ad
alta voce, fece
sussultare entrambi.- Questo non è possibile! Non
è giusto! Non credevo che il
Fato potesse essere tanto crudele! Ti prego, ora che sei libero
dall’opprimente
dipendenza dal re, lascia che ti aiuti: possiamo trovare i Varden
e…- il
ragazzo le posò un dito sulle labbra, ed il suo gesto si
trasformò in una
carezza mentre, piacevolmente sorpreso dall’inattesa tenacia
che Isis
dimostrava nel volerlo aiutare, forte del legame che ora avevano; le
lasciò un
bacio tranquillizzante sulle labbra, poi replicò:
-
No, i Varden mi
ucciderebbero se solo mi vedessero: ho
ucciso il re dei nani, Rothgar. Eragon mi ha detto che potrei avere una
possibilità di salvezza, se il mio vero nome cambiasse, ma
dal momento che non
sappiamo se e quanto durerà la libertà che mi hai
dato, preferisco passare
questi attimi idilliaci…in famiglia.-
mentre ancora la stringeva tra le braccia, la baciò di
nuovo, ma stavolta fu un
bacio diverso, come se avesse voluto ringraziarla di essere una delle
poche
cose belle nella sua vita; mentre Castigo di acciambellava ancora di
più,
attorno a loro.
Erano tornati ad Uru Baen a notte
fonda, tutti e tre, e Isis
e Murtagh si erano ritirati nella loro stanza dopo aver fatto
addormentare
Castigo nel Giardino. E, stretti uno nelle braccia dell’altra
erano rimasti a
fissarsi-consapevoli di non aver ormai più segreti tra loro-
finchè il sonno
non li aveva sorpresi.
La Dark Angel
tuttavia, non era riuscita ad assopirsi, poiché sapeva
che c’era qualcosa che doveva fare: ritornare a curarsi della
missione che
aveva giurato di portare avanti…
La ragazza era però
rimasta qualche tempo ad osservare il
viso del suo Cavaliere, bagnato dalla luce argentea della luna, mentre
tutt’attorno a lui si spandevano le ombre. Infine, facendosi
forza, era
scivolata lentamente fuori dal letto e, attenta a non svegliarlo, si
era chiusa
nello studiolo.
Dilaniata dai dubbi, e con le lacrime
agli occhi, rimase
come paralizzata, senza sapere cosa fare, per un tempo che le parve
interminabile: era giusto ciò che stava per fare, dal
momento che si era
guadagnata la fiducia di Murtagh e del suo drago? Ora che per loro
rappresentava la luce, nelle tenebre?
Ma il suo corpo si mosse da solo,
d’un tratto, sedendosi al
tavolo ed iniziando a scrivere su un foglio di pergamena
giallastra…
Eragon,
scusami se
ho
interrotto i contatti per un po’. Ora sono diventata la
schiava di Murtagh, ed
ho delle notizie importanti…
gli scrisse tutto, tutto
ciò che sapeva, che aveva udito,
che aveva sentito. E quando ebbe terminato rimase per qualche attimo a
guardare
il proprio falco che prendeva il volo, fuori dalla finestra,
nell’oscurità,
verso i Varden, con il suo messaggio legato ad una zampa.
Il cuore le pulsava ferocemente e
debolmente nel petto.
Perché non riusciva a liberarsi della sensazione di aver
tradito Murtagh?
Dolce Isis,
non
colpevolizzarti. Pensa se tutte le informazioni che stai passando ai
Varden li
porteranno a trovare un modo per liberare il tuo Cavaliere…cercò
di
consigliarle il suo maestro.
Asciugandosi una lacrima col dorso
della mano ed abbozzando
un sorriso, la ragazza lo ringraziò, ed subito dopo
scivolò di nuovo sotto le
coperte, silenziosa. Si raggomitolò contro il suo uomo,
sussurrandogli, mentre
dormiva.
-
Ti prego,
perdonami. Lo sto facendo per te. Io ti amo.-
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Che ne pensate di questo chappy? Vi
piace? Si è capito bene
cosa è successo tra Isis e Murtagh dopo che si sono uniti?
Fatemi sapere
Un baciotto
Marty23
|
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Capitolo 23 *** bisogno ***
Capitolo 19
Bisogno
La condizione di spensieratezza e
rinascita, di libertà di
Murtagh e del suo drago, si rivelarono essere assolutamente temporanee.
Per una settimana il Cavaliere
trascinò Isis con sé in giro
per Alagaesia, confidandosi con lei, scoprendo sempre nuove cose,
felice che la
sua donna fosse al suo fianco; continuò ad aprirsi e la
ragazza, piacevolmente
sorpresa, si detestò per averlo odiato, inizialmente,
così come per aver
tentato di ucciderlo; poiché, disse a se stessa, avrebbe
potuto abituarsi a
quel nuovo Murtagh.
Tuttavia, più il tempo
trascorreva, maggiormente lo sentiva
chiudersi in se stesso, avvertiva persino i pensieri di Castigo farsi
più
oscuri, lontani…
Non avrebbe mai sospettato
però, che quel particolare fosse
sentore che la libertà che gli aveva concesso,
fosse temporanea se, la mattina dell’ultimo giorno della
settimana, mentre era
intenta a cucire, Murtagh- di ritorno da una campagna militare contro i
Varden,
conclusasi male per l’Impero, (dal momento che Isis era
riuscita ad avvisarli,
osservando ed estorcendo qualche parola a Murtagh)- non si fosse
presentato al
suo cospetto, a pomeriggio inoltrato, irrompendo nella stanza come una
furia,
una strana luce negli occhi.
La Dark Angel,
trovandoselo davanti, avvertì l’ormai familiare
sollievo che la rinfrancava, ogni volta che faceva ritorno,
così, dopo aver
fermato l’ago tra le pieghe della gonna dell’abito;
senza pensarci due volte,
gli gettò le braccia al collo, un sorriso tanto radioso che
arrivò persino a
farle splendere gli occhi.
Il ragazzo prese a baciarla,
sfiorandole il viso mentre la
ritrovava, e lei si crogiolò nel calore delle sue carezze,
del suo abbraccio,
col cuore che le batteva più lesto, felice. Poi
però, quelle labbra si fecero
avide, bramose ed i gesti del Cavaliere divennero ingordi, mentre le
sue mani
calavano senza troppe cerimonie sui seni di lei, e le serravano la
vita, come a
volerla avere più vicina, o forse…come se non
avesse voluto lasciarla…scappare…
-
Murtagh,
aspetta…- lo interruppe allora Isis, frapponendo
una mano tra di loro, mentre posava la fronte contro la sua. Si
sentiva davvero
strana…come mai il cuore le tremava nel petto? E
perché avvertiva di aver
bisogno d’aria?
Quell’insolita richiesta,
quella supplica lo fecero
sussultare, spingendolo quindi a rispettarla. La ragazza
riuscì ad alzare la
testa, per osservare l’espressione di Murtagh, nonostante lui
tenesse il viso
basso: manteneva una postura rigida, i muscoli tesi, gli occhi
fiammeggiavano
irrequieti, come se fosse diviso, a causa di un suo dissidio interiore,
come se
stesse attaccando battaglia contro un demone sul quale non riusciva a
prevalere...
Isis fece quindi per allungare una
mano, per sfiorargli una
guancia, pronta a domandargli cosa avesse, ma il Cavaliere fu
più lesto: le
afferrò il palmo bruno con una mano e se lo portò
alle labbra; un attimo più
tardi le spinse il braccio attorno alle proprie spalle e, senza
preavviso la
sollevò da terra. Non smise mai di baciarla mentre avanzava
verso il letto,
erano baci tanto intensi che Isis non si accorse del reale pericolo che
correva, finchè non percepì la morbidezza del
materasso piegarsi sotto il peso
dei loro corpi.
-
Murtagh,
aspetta…io…non posso darti ciò che
vuoi…- gli
sussurrò, cercando di tirarsi su a sedere.
-
Perché
no? Tu mi appartieni
ora, sei mia. Non sai che non dovresti mai negarti al tuo signore?- la
rimproverò, mellifluo, pungente. I suoi occhi scintillavano
di lussuria mentre
tentava di bloccarle i polsi sopra la testa.
Le parole del figlio di Morzan la
ferirono profondamente ed
in quel momento la ragazza si paralizzò: aveva finalmente
capito che non
sarebbe mai riuscita a dissuaderlo dal prendere da lei, ciò
che voleva.
Qualche lacrima prese a scorrerle
lungo le guance: non
riusciva a spiegarsi quel repentino cambio d’umore e
d’indole, dal momento che
fino al giorno prima era stato dolce e rispettoso nei suoi
confronti…tuttavia,
nonostante si sentisse tremendamente meschina ad affrontarlo, per
impedirgli di
farle del male- poiché lo amava- sapeva che opporgli
resistenza era l’unico
modo che aveva, per salvarsi.
Perciò, anche se le
lacrime continuavano, copiose a bagnarle
il volto- dal momento che sentiva di andare contro se stessa, agendo a
quel
modo- sentì che una rabbia impetuosa invaderla, come una
marea, e si
impadroniva di lei, con la violenza di un’onda ogni volta che
le parole di
Murtagh le risuonavano nelle orecchie.
Così iniziò a
scalciare, a dibattersi, a dimenarsi, colpendo
qualsiasi suo lembo di pelle le capitasse a tiro, finchè,
dopo averlo colpito
ad un ginocchio, non scorse lo scintillio dell’ago, tra le
pieghe del vestito…lo
afferrò, con un movimento fluido e veloce- nonostante
qualche tentennamento- e
lo piantò nel collo di Murtagh…
Approfittando del fatto che lui
grugnisse per il dolore, e
fosse impegnato a raccogliere tra le mani i rivoletti di sangue che gli
sgorgavano dalla gola, Isis lo spinse lontano da sé, quel
tanto che le bastò
per rotolare giù dal letto- e quasi rischiò di
cadere- gli occhi umidi mentre
si sentiva pervasa da un fugace senso di vittoria, contaminato
però da
un’immensa amarezza.
Scacciando le lacrime col dorso della
mano, drizzò la
schiena, e disse, seppur con la voce ancora flebile:
-
Mi dispiace. Ma
oggi non avrei potuto mai darti ciò che
desideravi perché altrimenti…sarei rimasta
incinta.- confessò, con un certo
imbarazzo.- Mi ti sarei concessa volentieri in altre circostanze, ma
ciò che
hai appena fatto dimostra che non sei poi così diverso da
lord Thelonius.-
dapprima aveva tentato di tingere le sue parole di rimprovero ma, via
via che
parlava, si rese conto che erano intrise di un’amara presa di
coscienza,
un’ombra di paura e da una forte delusione.
Infine quindi, ormai anche incapace
di ascoltare la sua
stessa voce, oltre che di guardare lo scempio che aveva fatto del
figlio di
Morzan, corse via, con passi veloci ma sicuri, quasi avesse preparato
una fuga,
nonostante singhiozzasse ancora.
-
Dovete andar via,
ragazzi: ora.- stava quasi
ordinando Isis a Lara e Simon, che tenevano con
difficoltà il suo passo nervoso, spedito, mentre trascinava
un cavallo per le
redini.
-
Signora…perché
ci stai facendo…scappare?- le domandò il
soldato, tenendo le mani della sua donna tra le proprie.
La Dark Angel
non lo guardò ma abbassò il viso mentre
rallentava
appena l’andatura. Poi, improvvisamente, riaprì
gli occhi infervorata da una
veemente tenacia.
-
Perché,
mio caro Simon, in questo luogo aleggia la morte. Una
minaccia,
qui, si può trovare persino dietro il più innocuo
angolo, e detesto
profondamente l’eventualità che possiate essere in
pericolo. Principalmente
forse a causa mia, per via dell’amicizia che ci lega.- i due
amanti si
paralizzarono, immobilizzandosi nel bel mezzo del corridoio . Le parole
della
loro signora permisero loro di capire che trasudavano dolore, paura,
addirittura odio, forse…probabilmente perché
quella donna aveva sperimentato
sulla propria pelle, ciò di cui parlava.
-
Ma…ma,
signora, non…possiamo.
Non si può sfuggire al re come se nulla fosse,
non…non si può.-
si oppose flebilmente Lara, cercando di mostrarle il
grande errore che c’era, nelle sue azioni.
-
Oh, avanti Lara!
Non dirmi che non hai mai provato ad
andartene da questo posto, che non hai mai desiderato la
libertà!- la
rimproverò lievemente, fermandosi per voltarsi a guardarla.-
Credimi, potete andar via,
perché ho scoperto che
i servi, in questo palazzo sono gli unici a non esser stati costretti a
giurare
fedeltà al re, nell’antica lingua(a differenza dei
nobili e di molti altri
sottoposti di Galbatorix). Non riesco a credere che dopo tutto
ciò che avete
dovuto subire, vogliate ancora mostrare rispetto
ad un tiranno folle…ed inoltre, immagino, non vorrete far
crescere vostro
figlio in questo mondo.- quindi,
pronta, espose loro le sue ragioni, e sembrò che la terra
tremasse tanto era
forte il senso di giustizia e di verità, in esse.
Lara sussultò, con le
guance imporporate ed automaticamente
si portò una mano al ventre, sentendosi smascherata.
-
Signora
come…come fate a…saperlo?- balbettò,
sottovoce,
come stesse parlando di un tesoro inestimabile; gli occhi bassi, colmi
di
imbarazzo.
-
Oh, Lara,
l’ho visto negli occhi di Simon in questi
ultimi giorni, e lo leggo sul tuo volto, in ogni tuo movimento,
persino: non lo
sapevi che il viso delle donne si addolcisce, quando sono in attesa? E
che le
loro espressioni si fanno protettive ma bonarie, come quelle di
un’orsa che
accudisce i suoi cuccioli?- le spiegò Isis, con gli occhi
lucidi, mentre si
arrischiava appena a sfiorarle la pancia, leggermente prominente, sotto
l’abito; spingendola a risollevare il volto, ed incontrando
uno splendido sorriso.
Ormai i tre(o meglio, i quattro)erano
giunti al laghetto
poco fuori Uru Baen così, mentre Simon lasciava loro un
po’ di intimità,
facendo abbeverare il cavallo, finalmente le due donne si
abbracciarono,
commosse, avvertendo per la prima volta l’affetto che le
legava come qualcosa
di concreto.
-
Andate, ora, prima
che le ombre si facciano troppo
lunghe, o prima che possano accorgersi della vostra assenza.
Rifugiatevi dai
Varden, nel Surda; loro; sono loro alleata perciò vi
aiuteranno, se parlerete a
mio nome.- li informò, mentre aiutava la sua amica a montare
il sella al
destriero pezzato che aveva rubato dalle scuderie; dietro a Simon.
-
Grazie signora,
per tutto ciò che hai fatto per noi…per
tutti e tre noi…- fece la donna gli occhi resi ancora
più splendenti dalle
lacrime che non riusciva a fermare(notò Isis, mentre
realizzava che quella
probabilmente sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe
ammirato i suoi occhi
da cerbiatta). Carezzò, con un gesto spontaneo ed intenso,
una guancia scura
della ragazza, infine si strinse al suo uomo mentre il loro cavallo
partiva al
galoppo verso la libertà.
La Dark Angel
rimase a fissarli per tutto il tempo, finchè non
scomparvero definitivamente all’orizzonte. Sentì
il proprio corpo farsi leggero
come una piuma, mentre pensava che erano finalmente liberi, salvi(dal
momento
che non avrebbero più potuto essere usati contro di lei); ma
allo stesso tempo
desiderò poter essere fuggita con loro, poiché il
cuore le si era fatto
pesante, ad ogni loro passo; all’idea che non avrebbe
più potuto averli
accanto.
Ora i suoi amici erano al sicuro, ma
lei…sarebbe stata sola.
Sola a dover fronteggiare dozzine
di pericoli, poiché per prima cosa avrebbe dovuto rispondere
d’aver aggredito
il Cavaliere di Galbatorix, il Cavaliere che amava, ma del quale non
sapeva più
se poteva fidarsi…
Sopraffatta da emozioni contrastanti,
si abbandonò su un
masso in riva al lago, e si lasciò andare alle lacrime,
nascondendo il viso tra
le mani…
-
perché
piangi, Isis?- quel richiamo, seppur sussurrato
e tinto di una nota di curiosità, fece sobbalzare la
ragazza, qualche tempo
dopo, che subito scattò in piedi, riconoscendo la voce di
Murtagh, a poca
distanza da lei.
Sentendo le membra ridotte ad un
fascio di nervi, ed i
muscoli tesi a fior di pelle, osò alzare la testa: dinnanzi
a lei, il figlio di
Morzan, le braccia allacciate al petto, stava poggiato contro la zampa
del suo
drago, e la scrutava, in attesa. Notò con una certa sorpresa
che aveva
sospirato di sollievo dopo aver sbirciato in direzione del suo collo,
ed averlo
scoperto privo di ferite. Così, comprendendo che non aveva
intenzione di
risponderli, continuò, facendosi forza:
-
Isis…io…mi
dispiace. Ti prego, scusami. Non…- iniziò,
ma poi realizzò di…essere a corto delle parole
giuste, di non sapere affatto cosa
dire! Quindi, approfittando del fatto che la Dark Angel
gli si era
fatta più vicina, prese a mormorare, gettando un incantesimo
tutt’attorno a
loro, e subito dopo tentò di toccare la mente di Isis con le
sua.
La ragazza riconobbe la mente di
Murtagh, ma percepì che i
suoi pensieri le erano preclusi, perché oscurati da una
forza opprimente che,
come una mano, serrava attorno ad essi la propria presa ferrea.
Perciò,
turbata, si retrasse, fissandolo dura, mentre legava i suoi occhi ai
propri.
-
è…è
per questo che l’hai fatto? Che hai tentato di
prendermi contro la mia volontà? Il giuramento che hai
pronunciato a Galbatorix
torna a far sentire il peso delle sue catene…-
sentenziò, con voce malinconica
e delusa.
-
Perdonami, non
volevo farti del male ma…non ho avuto
scelta…- tentò di spiegarle lui, mentre carezzava
dolente, il muso del suo
drago.
-
Per cosa? Per il
giuramento nell’antica lingua o per
ciò che stavi per farmi?- gli ringhiò contro, con
la stessa dolcezza di un
leone.
-
Per…entrambi.-
soffiò mortificato il Cavaliere. Stava
per aggiungere qualcos’altro, ma lei non gliene diede il
tempo, perché,
sentendosi sommergere da un’accecante rabbia, lo
aggredì:
-
Ah, ora capisco:
dal momento che hai…finito la tua
“razione di libertà”, e non riesci
più a sopportare il controllo che Galbatorix
esercita su di te, hai pensato di usarmi, senza curarti di altro che
non
fosse…ottenere ciò che volevi!-
Murtagh sussultò, come se
fosse stato schiaffeggiato e
persino Castigo, abbassò il gigantesco muso. Per un
po’ quindi, tra i due
ragazzi scese un silenzio carico di accuse non urlate, colpe non
espiate;
insopportabile, dal momento che la verità e la crudezza di
quelle parole
colpirono entrambi come fossero state fuoco, su una ferita aperta.
-
Per favore, lascia
che ti spieghi…è vero, ciò che ho
fatto è imperdonabile, ma la tua presenza qui, il tuo tocco,
mi permettono di
vincere le mie paure…- le spiegò, con voce
tremante e la postura rigida di chi
teme che le sue parole gli possano essere usate contro.
-
Cosa?! Tu, il
famigerato Cavaliere di Galbatorix,
conosci la paura?- lo sbeffeggiò aspra, la ragazza.
-
Tutti gli uomini
hanno delle paure…- mormorò Murtagh,
sollevando la testa, come se stesse ammettendo un’amara
verità, nella quale,
sembrava gli pesasse di ammettere, rientrava anche lui.
Isis si avvolse le braccia attorno al
petto, strette, e
serrò le labbra:
“tu non sei un
uomo.” Stava per controbattere, acida, ma
incontrando gli occhi tristi di Castigo si sentì ferita,
colpita al cuore dal
dolore che trasudavano e bisbigliò, quasi stesse rispettando
un segreto
importantissimo:
-
Che cosa temi,
Murtagh?-
-
Per tutta la vita
ho avuto paura. Paura di essere usato.
Da Galbatorix, dai suoi nobili, perché ero il figlio di
Morzan. Poi, quando
sono fuggito, ero ormai lontano da quella rete di ipocrisie che mi
aveva
circondato da sempre, per la prima volta ero libero,
e quasi non mi importava di incontrare ostilità, a causa
dei miei natali. Il destino però, mi ha voltato le spalle
e…ho subito atroci
torture quando sono stato ricondotto qui, ma presto ci feci
l’abitudine…tuttavia…Castigo
è stato la mia vera rovina: gli voglio bene, lo
adoro, il nostro legame è lo stesso che unisce Eragon e
Saphira, ma…bhè
all’inizio Castigo era forte e non voleva cedere alle
pressioni, alle violenze
di Galbatorix…poi però, il re ha capito quanto
gli fossi affezionato e…l’ha
usato contro di me! Ero così straziato vedendolo soffrire!
E…alla fine, l’ho
tradito, cedendo: ho giurato fedeltà al re,
nell’antica lingua, e ci ho
condannati entrambi…- la confusione nelle parole di Murtagh,
non avrebbe
permesso alla Dark Angel di capire cos’era veramente
successo, se non avesse
avuto l’ausilio dei ricordi che il ragazzo le aveva mostrato
l’ultima volta che
si erano coccolati; quindi potè comprendere quanto lui,
quanto loro avessero
sofferto e quanto il Cavaliere stesse ancora soffrendo, quanto fosse
arrabbiato
con se stesso, per aver commesso un tale errore. E sentì una
tale pietà nei
suoi confronti che il suo corpo si mosse da solo, tanto che lei si rese
conto
di aver allungato un braccio per carezzargli i ricci, solo quando
avvertì la
morbidezza dei suoi capelli contro i polpastrelli.
-
Mi dispiace per
ciò che hai subito, Murtagh, ma spero
tu capisca che ciò che stavi per farmi
è…esattamente ciò che tu temi di
più…-
gli fece notare, con tono disincantato, ma pacato.
-
Hai ragione, e ti
chiedo perdono per ciò che stavo per
farti ma…ecco…ho agito così
perché…da quando ti conosco
ho provato un senso di libertà ancor più profondo
di quella
che mi ero conquistato e…dovevo dirti una cosa circa una
campagna militare che
Galbatorix sta organizzando- nella speranza di avere un tuo consiglio-
ma…la
libertà che mi hai dato si era
“affievolita” in favore del controllo che il re
esercita su di me(e, credimi, è tale che sa persino quando respiro, tanto che riesco a fare poco
senza il suo consenso…)così,
anche se sapevo che non era una cosa…giusta…ho
pensato di riprendermela, perché avevo…bisogno
di quella sensazione per parlare con te, con la sicurezza che
Galbatorix non mi
ascoltasse…- le spiegò, posando la propria mano
sulla sua, ferma
tra la sua chioma.
-
E…come
sai che non ci sta ascoltando, adesso?- fece,
preoccupata, e guardinga.
-
L’incantesimo
che ho gettato attorno a noi mi permette
di accorgermi se Galbatorix dovesse essere in ascolto. Tranquilla,
siamo al
sicuro.- la tranquillizzò, sfiorandole la guancia con la
punta delle dita.
Con sua grande sorpresa, Isis strinse
le sue mani callose
tra le proprie, gli occhi chiari illuminati da una scintilla, una
fiamma di
speranza.
-
Allora dimmi
tutto, ora: ti ascolto.- gli promise, con
un sorriso sereno che gli fece capire che sarebbe rimasta al suo fianco
anche
dopo ciò che le aveva quasi imposto.
Il Cavaliere perciò,
infine, si lasciò andare, avvertì che
le sue difese stavano crollando e, con il cuore che gli pulsava,
emozionato,
nel petto, attirò a sé Isis, e la strinse tra le
braccia. Posò il mento
nell’incavo del suo collo ed iniziò a sussurrarle
un fiume di parole
all’orecchio, informazioni che, la Dark Angel
già sapeva, avrebbe fatto arrivare ad
Eragon.
Fu un piacere per lei riconoscere che
non era cambiata, che,
mentre ascoltava, era tornata ad essere l’attento stratega
che il suo popolo le
aveva insegnato ad essere; tuttavia, pian piano che il discorso volgeva
al
termine, anche lei si faceva via via più…umana,
e, alla fine riuscì a concentrarsi solo sulla sicurezza, sul
calore che le
labbra, e le braccia di Murtagh le trasmettevano; e vi si
crogiolò dentro-
sicura di aver già perdonato l’uomo che le stava
davanti, perché lui le aveva
chiesto aiuto, ma soprattutto perché…lo amava.
-
sai,- disse il
ragazzo rompendo la bolla di silenzio
che li aveva visti restare l’uno nelle braccia
dell’altra, alla fine- non ti
nascondo che…mi piacerebbe che avessimo un figlio. Mi
incanterebbe vederlo
addormentarsi tra le mie braccia, mentre tu gli racconti delle favole;
e vorrei
avesse i tuoi stessi, splendidi occhi. Ma…mi frena la paura
che possiate
entrambi soffrire, o che lui possa subire il mio stesso destino, visti
i tempi
oscuri…- il suo tono sognante, che l’aveva
commossa, fu contaminato da una nota
di amarezza, ma Isis non permise ai suoi penetranti occhi scuri, di
incupirsi:
agendo d’istinto, avvicinò il suo viso al proprio,
tirandolo per il colletto
della camicia, e premette le labbra sulle sue, in un bacio dolce ed
appassionato.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Eccovi un nuovo post! Spero vi sia
piaciuto, anche se,
ammetto che anche ai miei occhi sembra un po’ strano.
Per favore tenete presente che
è assolutamente extra, perché
non mi aspettavo di avere il tempo di metterlo insieme e di
trascriverlo;
perciò dalla fine del capitolo 18, se ci sono rallentamenti
o blocchi
temporanei della ff, vi prego di andare a leggere l’avviso
che ho lasciato nel
post precedente.
Allora, premetto che pur avendo
comprato Inheritance, non ho
letto oltre pagina 100(sempre a causa degli impegni con
l’uni)ma l’altro giorno
lo stavo sfogliando ed ho trovato la
“confessione”di Murtagh, circa il metodo
usato da Galbatorix per fargli giurare fedeltà
nell’antica lingua; l’ho estrapolato
dal contesto del capitolo di Inheritance(che onestamente non so nemmeno
quale
sia) e un po’ cambiato ma le parole sono più o
meno le stesse. Scusate quest’
“ispirazione”(mi auguro di non aver deluso nessuno)
ma spero di aver comunque
reso bene quello che volevo intendere nel mio contesto.
Infine, vorrei ringraziare lysdance1
per aver aggiunto la ff tra le seguite e
Maestro_Luca
per aver inserito la storia tra le preferite,
e per aver commentato con tanta rapidità, ponendo attenzione
a moltissimi
particolari, e lasciandomi dei consigli che spero mi aiuteranno a
migliorare.
Un saluto
Marty23
|
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Capitolo 24 *** doveri e piaceri ***
Capitolo 20
Doveri e
piaceri
Durante i due mesi che seguirono,
Murtagh si prese cura
della sua Isis in un modo tutto particolare: di tanto in tanto la
chiamava
usando l’appellativo “mia signora”, in
segno di rispetto. Ma il fatto che lui
la rispettasse traspariva da qualsiasi suo gesto: quando facevano
l’amore,
riuscendo a fondersi in una cosa sola, il ragazzo la portava in giro
per
Alagaesia- a volte persino nelle città sotto il controllo
dell’Impero, per
spiegargliene meglio la struttura, la stratificazione di coloro che ne
avevano
il comando(quasi sempre, poco prima che da una di quelle stesse per
essere
sferrato un attacco ai Varden)- oppure si confidava con lei, o le
parlava dei
ricordi che aveva acquisito e che sentiva come suoi; quando la
sensazione di
libertà che Isis gli donava, veniva meno, il Cavaliere non
faceva mai gesti che
potessero infastidire la Dark Angel, o che
potessero farla sentire un oggetto, che lui
usava a suo piacimento; piuttosto soffriva la presenza di Galbatorix
nella sua
mente, in silenzio, continuando persino a sorridere, almeno
finché la ragazza
non interveniva di nuovo ad alleviare le sue sofferenze. Generalmente,
però,
nei periodi durante i quali Murtagh tornava a rabbuiarsi, a diventare
“proprietà” di Galbatorix, i due
restavano nel palazzo, chiudendosi per
giornate intere nell’armeria, dove il figlio di Morzan dava
alla Dark Angel
consigli e la metteva alla prova, per migliorarne le
capacità di maneggiare la
spada, il pugnale o addirittura, l’arco.
Per qualche giorno- memore degli
insegnamenti impartiti da
Morzan a sua madre- il ragazzo disse di volerle anche insegnare a
padroneggiare
qualche incantesimo, per permetterle di difendersi dai pericoli di cui
quel
luogo brulicava, e dai nobili che vi abitavano(dei quali-
scoprì Isis- Murtagh
era davvero geloso, ogniqualvolta osavano anche solo posare gli occhi
su di
lei) poiché temeva sarebbe potuto succederle qualcosa.
Con grande sorpresa di entrambi, la Dark Angel
si dimostrò
particolarmente predisposta e capace a destreggiarsi con gli
incantesimi
nell’antica lingua- che Murtagh stesso, usava- anche se,
praticarli, le
procurava ogni volta un gran mal di testa, e perdeva le energie molto
prima
rispetto a luco, così ogni volta finiva per sentirsi
spossata, debole, o con le
membra che le tremavano.
Una volta, addirittura, svenne.
Ma si risvegliò quasi
subito- l’aria nei polmoni le fece
quasi male- e realizzò di essere circondata dalle pareti
della sua stanza; capì
di trovarsi sdraiata quando riconobbe i tratti disegnati del viso di
Murtagh,
quasi sepolto nel suo ventre, dal momento che se ne stava inginocchiato
a
terra: gli occhi scuri del Cavaliere si erano fatti grandi, colmi di
paura, e
respirava male, affannosamente così come i battiti del suo
cuore erano
accelerati.
Immediatamente, trovando i suoi occhi
chiari nei propri, le
prese una mano tra le sue e ne baciò più volte la
morbida pelle scura.
-
Isis, come stai?
Mi…mi hai spaventato: non respiravi
più…- sussurrò, con voce rotta,
sull’orlo delle lacrime.
Alla Dark Angel- che non aveva
memoria di ciò cui Murtagh si
stava riferendo- osservando il terrore nello sguardo del suo Cavaliere,
quella
volta il respiro, mancò davvero: possibile che Murtagh fosse
tanto preoccupato, per lei?
Dolcemente, aprì il palmo
che il ragazzo ancora custodiva, e
lasciò che lui vi adagiasse contro la sua guancia.
Fece per mettersi a sedere,
affascinata e coinvolta da quei
momenti intimi, che scorrevano lenti, senza tempo; desiderandone una
briciola
in più. Ma il figlio di Morzan scattò in piedi,
per impedirle di fare anche un
solo movimento, apprensivo, angosciato dall’idea che potesse
capitarle
qualcos’altro…stava quindi per prenderle il viso
tra le mani, e baciarla,
quando un soldato bussò alla porta.
Il tempo tornò a scorrere,
tiranno, mentre quell’uomo comunicava
al Cavaliere che era stato convocato dal re, nella Sala del Trono.
Rassicurato dalla promessa strappata
ad Isis prima di andare(che
non avrebbe mosso un muscolo, e lui l’avrebbe ritrovata
esattamente nella
stessa posizione in cui l’aveva lasciata) Murtagh
attraversò con passo sicuro
la soglia della Sala del Trono, e chinò il capo, in segno di
rispetto in
direzione di Galbatorix; esordendo, una volta che la Corte si era
ritirata,
lasciandoli soli:
-
Mio sire, eccomi.-
-
Murtagh, Murtagh,
Murtagh…tu prego, ricordami: qual era
il tuo compito, una volta ottenuto di avere quella Dark Angel al tuo
fianco?-
sussurrò, fingendo di non ricordare, con voce melliflua ed
ipnotica,
picchiettando nervosamente le dita guantate di cuoio su un bracciolo
del suo
scranno, mentre inchiodava il suo Cavaliere con lo sguardo.
-
Sapere il suo
nome, e scoprire cosa avesse sottratto da
questo posto, quando è venuta qui…-
replicò quello, pronto, anche se a voce
bassa, pungente.
-
E…a che
punto sei con il tuo compito? Hai fatto
progressi?- gli chiese il re, falsamente interessato, intento a
lisciarsi la
barba.
Il ragazzo sostenne il suo sguardo
con aria di sfida,
intenzionato a non rispondergli.
Una cappa di opprimente, teso mutismo
era scesa sui due, e
perdurò per diverso tempo, almeno finchè
Galbatorix non fece risuonare come un
tuono la propria voce nella quiete della sala, pronunciando un
incantesimo
nell’antica lingua.
Subito dopo quel suono secco come una
frusta, Murtagh scoprì
che le gambe non lo sostenevano più, e cadde sul pavimento,
in ginocchio. Gli
sembrava di avere tutto il corpo soffocato da decine di funi
invisibili, che lo
tiravano in direzioni diverse…
Col respiro affannoso, e le vene del
collo che pulsavano, in
evidenza sotto la pelle, sollevò un’ultima volta
lo sguardo verso il re, mentre
in lontananza, nell’angolo più recondito della sua
mente, udiva il ruggito
preoccupato e sofferente di Castigo, che condivideva ciò che
lui stava
provando.
Il ragazzo cercò di
tranquillizzarlo, ma infine, no riuscì
più a trattenersi, e si lasciò sfuggire un urlo,
straziante: sentiva che
Galbatorix stava rovistando nella sua mente, derubandolo dei suoi
pensieri, dei
suoi ricordi, defraudandolo,- in un certo senso, quindi- di se stesso,
per
poter usare ciò che vedeva, ciò che sentiva,
contro di lui.
Murtagh tentò di
ribellarsi, sentendo che ogni angolo del
suo io si faceva chiaro, per il re, fluendo senza freni nella sua
mente; ma era
paralizzato, e prenda di un dolore lancinante, come fosse stato arso da
un
incendio. Perciò, non potè far altro accogliere
in sé un intenso odio, nei
confronti di quell’usurpatore.
-
Bene…-
sogghignò Galbatorix,- sono felice che ti diverta
tanto con quella tua…Isis
ma mentre la portavi in gita in
giro per Alagaesia, hai dimenticato del tutto di portare a termine il
tuo
compito…cosa credi?! Di poter disobbedire ai miei ordini?!
Ti sta rammollendo, stupido
ragazzino!
Possibile che tu non abbia imparato nulla? Come sempre basta che
tocchino il
tuo drago, e tu cadi ai piedi di chi ha trovato questo tuo punto
debole…- lo
rimproverò, con aspro scherno Galbatorix, che si era alzato
dal suo trono, ed
aveva preso a girare lentamente attorno al suo Cavaliere, senza mai
togliergli
gli occhi di dosso, come un lupo che sta per attaccare una preda
mentre- notava
Murtagh- emanava sempre più un odore di ferro.
D’un tratto si
fermò, ed afferrò il mento del ragazzo tra le
dita, per costringere i suoi occhi ad incatenarsi ai propri.
-
C’è
un unico modo per impedire che continui a
rovinarti: uccidila.- gli
ordinò,
dopo esser stato sicuro di aver monopolizzato il suo campo visivo, la
sua
mente, ogni cosa.
Al Cavaliere parve che la terra sotto
di lui stesse
franando, e lo spettro di quella paura- vista
l’incompatibilità di
quell’ordine, alle sue orecchie- emerse sul suo viso,
permettendo a Galbatorix
di riconoscerlo chiaramente.
L’uomo si
sistemò bene la corona sulla testa, e mentre
rideva, duro, sprezzante per quel particolare, unna luce perversa
brillò nei
suoi occhi: aveva scoperto un nuovo punto debole del figlio di Morzan!
-
Non vuoi farlo?-
lo derise, continuando.- Allora dovrai
scegliere se per te è più importante la sua vita,
o la tua e quella del suo
drago. Perché se non la ucciderai, sarò io a
farlo per te, servendomi delle tue
stesse mani; e subito dopo mi sbarazzerò di te e di Castigo.
A te la scelta!-
e, così dicendo lo congedò, stendendo una mano
guantata davanti a sé, mentre
mormorava una formula nell’antica lingua, che
impedì a Murtagh di avere
possesso del proprio corpo, e che, tuttavia, lo stava trascinando fuori
da
quella sala.
Non appena le porte della Sala del
Trono si chiusero alle
sue spalle, il Cavaliere avvertì che quei fili invisibili
che l’avevano portato
fuori di lì, venivano recisi di netto, ed immediatamente si
sentì stanco, ma
con la consapevolezza che l’incantesimo aveva esaurito il suo
effetto. E questo
lo rese di nuovo padrone dei suoi gesti. Tuttavia, quel particolare,
anziché
rinfrancarlo, lo svuotò, mentre, ad ogni passo cadeva sempre
più preda dei suoi
dubbi.
Cos’avrebbe dovuto fare?
Che cosa voleva
fare?
Più volte provò
a chiedere consiglio ed aiuti a Castigo, ma
quando si rese conto che piangeva, avvertì che anche il
drago non aveva idea di
come comportarsi, ed il cuore gli si fece gonfio, pesante.
Isis era colei che era riuscita a far
sì che gli tornasse a
battere il cuore, che si era presa cura di lui e di Castigo, che aveva
insegnato ad entrambi a gioire, a respirare,
ad essere veramente liberi.
Ora,- si chiese Murtagh- dal momento
che il legame che aveva
con Castigo e quello stretto con Isis, erano per lui un porto sicuro;
sarebbe
stato pronto a rinunciare al secondo, per avere salva la vita? Sarebbe
stato
disposto a sacrificare la propria vita e quella del suo drago, per
quella di
Isis?
Non lo sapeva ancora…
Isis lo vide entrare nella loro
stanza con l’espressione
tirata, tesa dalla preoccupazione, il volto cupo, quasi grigio in
effetti;
così, incurante della promessa che gli aveva fatto- di
restare distesa fino al
suo ritorno; dal momento che quel cambiamento piombava come un uragano
nella
loro tranquillità- balzò in piedi e gli si
parò davanti, decisa a chiedergli
cosa fosse successo; tuttavia, il ragazzo non gliene diede il tempo,
perché
quasi si gettò tra le sue braccia, quasi fosse stato un
bambino che torna a
casa.
E, d’un tratto, con grande
sorpresa di entrambi, il
Cavaliere versò qualche lacrima, dopo aver sepolto il viso
tra i suoi capelli
profumati, che tanto amava.
La Dark Angel
lasciò che si sfogasse, poiché sapeva che le
parole e
le spiegazioni, sarebbero giunte al momento opportuno- e che, allora,
fare
tante domande, avrebbe solo messo a disagio entrambi- poi, quando si fu
calmato, lo fece sedere accanto a sé, sul bordo del
materasso e, stringendo con
convinzione le sue mani tra le proprie, lo rassicurò, guarda
dolo con dolcezza:
-
Non temere,
Murtagh, troveremo una soluzione anche a
questo, tutti e tre noi.-
-
Perché,
Isis? Perché stai facendo questo per me, e per
Castigo?- le chiese, sentendo di nuovo scendere su di sé, il
velo del sospetto
che per tanti anni l’aveva accompagnato.
-
Perché…perché…ecco…ti
prego, non pensare che io voglia
sostituirmi al tuo drago, perché so quale affetto vi lega,
ma…è…perché io ti
amo- gli confessò, seppur con lieve imbarazzo, sentendosi
finalmente liberata
da un peso che neppure sapeva di avere.
Quelle parole parvero propagarsi
ovunque, rimanendo ad
aleggiare tra il Cavaliere e la Dark Angel,
e per un po’ entrambi rimasero in silenzio, in
attesa.
Murtagh sussultò, colpito
da quella confessione. Non sapeva
bene cosa fare, perché nessuno, l’aveva mai amato
nel modo in cui intendeva
Isis, perciò non aveva idea del suo profondo significato, e
di tutto ciò che
comportasse- anche se, ricordando come e quanto la ragazza fosse stata
presente
nella sua vita, negli ultimi tempi, anima e corpo; poteva immaginarlo.
E questo
lo gettò ancor di più nella disperazione, causata
dalle parole di Galbatorix.
Notando che si faceva scuro i volto,
e che rimaneva zitto,
Isis stava per chiedergli scusa, per averlo turbato, ed alzarsi per
lasciarlo
solo. Tuttavia, il figlio di Morzan fu più svelto: le prese
la testa tra le
mani e l’avvicinò a sé, posando le
labbra sulle sue, in un bacio quasi
rabbioso, struggente, passionale, ma anche disperato.
Poi, allontanandosi quel tanto che
bastava perché entrambi
potessero di nuovo respirare, fece combaciare la fronte con la sua, e
le disse,
facendole morire sulle labbra le mille domande che aveva:
-
Perché
non vai ad aspettarmi al tuo laghetto? Tu
raggiungo subito…- le promise e, non appena la ragazza fu
uscita, chiudendosi
la porta alle spalle, Murtagh si sentì di nuovo vuoto,
perso, confuso perché
scoppiava per via dell’indecisione che sentiva nel cuore, e
non riuscì a far
altro che nascondere il viso tra le mani, singhiozzando.
Infine,- dopo quelli che avrebbero
potuto essere pochi
minuti, o lunghissime ore- si alzò e, uscendo,
afferrò Zar’roc, la spada che
era appartenuta a suo padre.
Intenta a sciacquarsi il viso con
l’acqua del laghetto, dopo
aver camminato per diverso tempo, Isis quasi non si accorse che il suo
falco la
guardava intensamente, dondolandosi sul masso lì vicino, per
restare in
equilibrio. Gli sorrise, riconoscendolo, e, leggermente tesa e
guardinga, anche
se rassicurata dalla presenza dell’animale, lo fece salire
sul suo braccio:
-
Ti prego, trova
Eragon: c’è qualcosa che non va, qui.-
e, vedendolo volar via, maestoso, un attimo più tardi,
ringraziò che fosse già
lontano, al sicuro- come avrebbe voluto essere lei…
Poco più tardi, non
potè impedirsi di sussultare, nell’udire
il tonfo prodotto dall’atterraggio di Castigo, sul terreno.
Attese qualche
attimo ancora, prima di voltarsi verso di lui, ed il suo Cavaliere;
sperando di
essere ancora in grado di nascondere un segreto, di non far capire che
aveva
appena chiesto l’aiuto di un altro Cavaliere dei Draghi. Poi
però, comprendendo
che non avrebbe potuto rimandare in eterno il momento della
verità- durante la
quale, sperò, avrebbe sciolto tutti i propri dubbi, circa
l’oscuro
comportamento di Murtagh- si girò lentamente a guardare la
scena che le si
presentava davanti agli occhi: Castigo aveva lo sguardo triste e
mortificato,
Murtagh invece, scese dalla sua cavalcatura quasi con slancio, e solo
quando la
sua figura si stagliò interamente contro il cielo,Isis
comprese che brandiva la
sua spada dalla lama scarlatta.
Ebbe un fremito mentre sentiva decine
di brividi di freddo e
di terrore che, come lame le affondavano nella pelle; il suo cuore
tremò,
poiché temeva di esser stata scoperta, dal momento che,
ormai, il vero motivo
per cui continuava a restare lì, anche da donna libera,
fosse stato smascherato.
Tuttavia, facendosi forza, si
alzò in piedi, immobile, il
viso mutato in una maschera di cera imperscrutabile; gli occhi che no
abbandonarono mai la figura del Cavaliere, finchè quello non
le arrivò a pochi
passi di distanza. Solo allora Isis notò che aveva gli occhi
gonfi, e lucidi
per le lacrime.
-
Mi
dispiace…- fece, con la voce che sembrava un’eco
lontana- ma Galbatorix ha detto che ucciderà me e Castigo,
se non ti
uccido…e…anche se dovessi scegliere
di non ucciderti, mi ordinerà di farlo,
nell’antica lingua e, in seguito,
ucciderà comunque me e
Castigo…perciò…preferisco essere io ad
ucciderti,
piuttosto che sapere che l’ho fatto sotto
l’influsso di qualcun altro, come
fossi il suo burattino…- le spiegò, con voce
tremula, contrita.
Isis lo fissò, lo
scrutò, ed in poco tempo, sotto la propria
pelle, avvertì il titanico scontro tra l’odio e
l’amore che sentiva verso
quell’uomo. I suoi occhi chiari si fecero dapprima duri,
gelidi, poi tristi,
pieni di disprezzo e di pietà, nel constatare che,
comportandosi così, Murtagh
affermava a se stesso di essere davvero un fantoccio nelle mani del re.
-
Non sembra che tu
abbia molta scelta. In ogni caso.
Vuoi che mi batta con te, così che ti sarà
più semplice fare ciò che devi?- le
parole le uscirono dalle labbra con più asprezza di quanto
avrebbe voluto, e
vide il Cavaliere sobbalzare, come se fosse stato schiaffeggiato.
-
Non l’ho
mai avuta…- replicò flebilmente, con amarezza.
-
Non è
vero, Murtagh. Noi siamo ciò che scegliamo
di essere.- lo riprese, con
una nota di disperazione nella voce.
-
Un figlio non
sceglie il proprio padre. E non ho scelto
io di diventare un assassino; ho le mani macchiate di sangue a causa di
ordini
che ho dovuto eseguire. Non ho
chiesto io di uccidere Oromis, eppure, questo è
ciò che sono: un assassino.- le
disse, rabbioso, gli occhi che fiammeggiavano, velati però
di una leggera
tristezza.
Nell’udire quel nome, Isis
sentì che il cuore le mancava un
colpo.
-
Oromis? Il
Cavaliere? Lo Storpio che è Savio?- gli
chiese conferma, inorridita. Quando Murtagh annuì, la Dark Angel
sentì le
ginocchia che le cedevano e cadde a terra, in ginocchio. Qualche
lacrima le
rigò le guance; d’improvviso però,
rifiutando di accettare tutto ciò che aveva
udito, tutto ciò che stava accadendo, serrò le
mani a pugno lungo i fianchi, ed
i tratti del suo bel volto si irrigidirono:
-
Se
servirà alla vostra salvezza, amore mio, sono pronta
ad offrirti la mia vita, qui, adesso; così magari
sarà tutto come avrebbe
dovuto essere sin dall’inizio. Ma devi promettermi che anche
quando non ci sarò
più, ti ribellerai a tutto questo, gli opporrai qualsiasi
tipo di resistenza,
per te, e per Castigo: per la vostra libertà.-
-
Non posso. Non
posso oppormi, né rompere un giuramento
fatto usando il mio vero nome…- mormorò, con gli
occhi colmi di una profonda
tristezza.
-
Sciocchezze! Ti ho
osservato, Murtagh: ho guardato nel
tuo cuore e nella tua mente, e non sei un assassino, lo so. Ti ho visto
ribellarti a Galbatorix davanti ai miei occhi, in mille modi diversi.
Basterà
che tu tenga a mente questo, e qualsiasi altra oppressione
diverrà vana. E
chissà che…forse conquisterai da te la tua
libertà…- gli augurò, sospirando
rassegnata, anche se tentò di abbozzare un sorriso.
Murtagh sentì che la voce
ed il respiro gli morivano in
gola, ed alla sua inquietudine si sommò la tristezza di
Castigo che fluiva nel
suo cuore, poiché erano una cosa sola.
Fece quindi per rinsaldare la presa
attorno all’elsa della
spada, e l’avrebbe usata subito- pur di allontanare da
sé la vista degli occhi
di lei, pieni di paura- l’avrebbe infilata nella sua morbida
carne, perché lei
morisse in fretta, senza soffrire; se in quel momento
un’ombra gigantesca non
avesse oscurato il cielo, ruggendo.
-
Lasciala andare,
fratello.- gli ordinò Eragon, saltando
giù dal dorso della sua dragonessa quasi un attimo prima che
lei avesse toccato
terra, con grazia; e sfoderò la sua spada, dalla lama
cerulea.
-
Carina la tua
arma, fratello! Sono stati gli elfi a
donartela?- sputò, con disprezzo, mentre, per la prima volta
distoglieva lo
sguardo da Isis, per concentrarsi sulla totalità attorno a
sé, sulle sensazioni
di Castigo, e su un probabile, imminente scontro.
-
Fratello!?-
fece loro eco la Dark Angel,
non potendo credere alle proprie orecchie. Ma le sue parole rimasero
sospese a
mezz’aria, inascoltate, intrappolate
nell’invisibile rete di tensione che si
era venuta a creare; così, approfittando della temporanea
distrazione di
Murtagh si alzò in piedi, e comprese di essere l’unico ostacolo ad uno scontro diretto tra
Saphira e Castigo spirare
fuoco, per non colpirla. Così come Eragon e Murtagh.
-
Vedi, Eragon,-
continuò Murtagh, gli occhi ridotti a
fessure- non posso farlo. Se non la uccido, Galbatorix si
vendicherà su di me e
su Castigo…- gli sussurrò, in un sibilo, mentre
cominciava a giare in tondo,
seguendo un cerchio immaginario che non permise mai ai due di
incontrarsi.
-
Potresti anche
sacrificarti per lei…- gli ringhiò quasi
contro Eragon, dopo essersi avvicinato tanto da afferrare Isis per un
braccio
per trascinarla via, e metterla al sicuro. Un attimo dopo, grazie ai
suoi sensi
sottili e sviluppati, potè dedicarsi completamente ad
attaccare Murtagh.
-
MAI! NESSUNA VITA
è PIù IMPORTANTE DELLA MIA! E non
rinuncerò mai neanche a Castigo! Con questa donna mi sono
divertito finchè ho
potuto, e se mi batterai, potrai averla, se per te è
così importante che
rimanga in vita…- urlò, e la sua voce parve far
tremare le fronde degli alberi
tutt’attorno.
I suoi attacchi si fecero
più aggressivi, incalzanti, mentre
sbeffeggiava Eragon con le sue parole. Ma nessuno dei due Cavalieri, o
dei due
draghi- presi com’erano dai rispettivi scontri- si rese conto
che Isis si era
fatta da parte e, se fino ad un secondo prima si era torturata le
labbra e le
unghie, colpevolizzandosi di essere la causa del probabile
annientamento degli
ultimi due Cavalieri di Alagaesia; dopo aver udito quelle violente,
umilianti,
dissacranti parole, uscire dalle labbra di Murtagh, si sentì
morire.
Fu come se fosse stata colpita da
fasci di frecce che non
avevano mancato il loro bersaglio, nel suo petto. Sentì
qualcosa, dentro di sé,
farsi sempre più pesante- mentre percepiva il reale
senso di quelle frasi- fino ad infrangersi. Le parve che le
membra le tremassero, così come vibrava il mondo
tutt’attorno ai suoi occhi,
mentre riusciva a sentire solo clangore di spade che cozzavano e
ruggiti.
-
Allora
è questa la verità.- esordì, cercando
Murtagh
con lo sguardo, la voce rotta e lontanissima, persino alle sue stesse
orecchie.- Sin dall’inizio miravi esclusivamente a questo:
trarre piacere dal
mio corpo, senza curarti di altro…- fu costretta a
nascondere le labbra dietro
una mano, sentendosi fragilissima.
-
Di
cos’altro avrei dovuto preoccuparmi, quando ho
vicino a me un drago con cui condivido un legame unico?- quelle parole
furono
come uno schiaffo, come fiamma viva su una ferita aperta, per Isis. E
seppe che
Murtagh aveva visto la sua sofferenza, quando proseguì con
le umiliazioni:
-
Per mio padre
funzionò, perché non dovrebbe essere lo
stesso per me?- la fissò, beffardo, gli occhi che la
deridevano.
Allora la ragazza sarebbe voluta
scoppiare a piangere: era
l’unica cosa che sentiva di poter fare, mentre finalmente
capiva che tutti gli
sguardi, i desideri sussurrati, i baci, i gesti d’affetto,
oppure i consigli
che lui le aveva rivolto, per tutto il tempo avevano avuto
esclusivamente il
vile scopo di prendersi gioco di lei, di sfruttarla per il proprio
piacere.
Così, la fiamma della
possibile salvezza di Murtagh e
propria, si spegneva definitivamente, abbandonando il suo cuore; Isis
comprese
che doveva fare un’unica cosa: cercare d’impedire
che Eragon fosse ucciso, o
peggio, condotto in catene al cospetto di Galbatorix…
Avvertì che una rabbia
cruda e cieca le montava nel petto e
le pizzicarono le mani: si sarebbe voluta gettare in quello scontro, e
fronteggiare Murtagh. Ma realizzò che non aveva armi,
perché erano rimaste
nella stanza del Cavaliere.
Così, intenzionata
comunque a non arrendersi- memore di
quanto tempo avesse impiegato per padroneggiare bene la magia- tolse la
mano da
davanti le labbra per distenderla davanti a sé, il palmo
aperto, in direzione
del Cavaliere di Galbatorix.
Fece appello a tutta la sua
tristezza, all’odio che sentiva
verso se stessa per aver permesso a quel…mostro
di fare di lei ciò che voleva; ed alla furia che sentiva,
perché ormai erano
copiose le lacrime che le rigavano il viso- per alimentare
l’energia che aveva
dentro.
E, un attimo prima di pronunciare
l’incantesimo decise che
si sarebbe vendicata tramite quella che aveva scoperto essere
l’arma più forte
di tutte: la parola.
- Forse hai ragione, Murtagh.
Però ora capisco perché Selena
sia scappata, scegliendo di salvare solo tuo fratello.- sapeva che
quelle
parole lo avrebbero infastidito, o, sperava, almeno ne avrebbero
attirato
l’attenzione.
E così fu. Murtagh si
immobilizzò un attimo, per voltarsi a
guardarla, truce, come un animale ferito, e, nello stesso istante, sia
lei che
Eragon approfittarono di quella distrazione per lanciare un incantesimo
scagliò
il Cavaliere contro un albero, facendogli perdere i sensi.
Castigo ruggì, spaventato
e, scrollandosi di dosso Saphira
accorse immediatamente dal suo Cavaliere, come se in quel momento, per
lui,
nient’altro avesse avuto importanza.
Eragon si servì di quei
momenti per prendere Isis tra le
braccia- dal momento che l’incantesimo l’aveva
privata di tutte le sue energie,
ed ora giaceva a terra, riuscendo a percepire il mondo solo in tanti
scoppi di
luce, abbaglianti, ed aveva un feroce mal di testa- ed per salire in
groppa
alla sua dragonessa, che fu pronta a spiccare il volo immediatamente,
per
trascinare tutti via di lì, per portarli in salvo.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Eccovi un altro capitolo extra(non so
se, e con quanta
frequenza riuscirò a continuare a postare d’ora in
avanti)spero vi sia piaciuto
anche se so già che mi ucciderete per come è
finito, per queston colpo di
scena(che, sono sincera stupisce anche me)perché la reazione
di Murtagh…ha
rivelato ciò che pensa e prova veramente…o forse,
secondo voi, questo suo
comportamento ha una spiegazione?
A proposito, non vi sembra che manchi
qualcosa, nel
capitolo, accanto ad Isis? O meglio…qualcuno?
Aspetto ansiosa di leggere le vostre
idee,
un abbraccio
marty23
ps vorrei ringraziare Arcadia_Azrael
per aver aggiunto la ff tra i preferiti,
ed avermi lasciato uno splendido commento, che mi ha fatto immensamente
piacere.
E yuuki_love
per aver
inserito la storia tra le seguite.
Ovviamente un grazie immenso va a
tutti i lettori
silenziosi! ^___^
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Capitolo 25 *** perdere se stessi ***
Capitolo 21
Perdere se
stessi
Eragon sentiva che c’era
qualcosa che non andava. Da giorni,
lui, Saphira ed Isis erano in viaggio verso il Surda, e la Dark Angel
non aveva
detto una parola per tutto il tempo, né aveva avvolto le
braccia attorno al suo
petto, per restare ben in equilibrio in sella alla dragonessa. Non
l’aveva
neanche toccato, quindi, neppure per un secondo.
Come Cavaliere il ragazzo aveva
sempre compreso ed accolto
in sé, con amore la totalità della natura,
tuttavia, in quel momento, non riusciva
a spiegarsi il mutismo e l’atteggiamento della ragazza che
sedeva dietro di
lui.
Spalancando la mente, condivise i
propri dubbi con la sua
dragonessa che, tristemente, replicò:
Forse…devi
solo darle
un po’di tempo…
Stavano sorvolando Furnost proprio in
quel momento, e le
acque del lago Tudosten rilucevano di mille scintille pastello, colpite
dal
sole del primo mattino. D’un tratto, Isis si chinò
leggermente in avanti, sul
Cavaliere dalle fattezze d’elfo, e sussurrò, al
suo orecchio appuntito:
-
Ti prego, Eragon,
puoi chiedere a Saphira di atterrare
vicino al lago…?- la sua voce inaspettatamente roca, e
sofferente, spaventò
tutti e tre, ma il ragazzo non mancò di esaudire quella
supplica.
Una volta giunti a terra, la Dark Angel
saltò giù
dalla sella come se avesse avuto gli abiti in fiamme, senza neppure
sollevare
il viso verso Saphira o il suo Cavaliere. Sembrava agognasse
il contatto con quell’acqua, quindi Eragon, sempre
più
confuso, ma deciso ad ottenere una risposta per i suoi dubbi, le
afferrò un braccio-
ancora fasciato dalla seta bianca che componeva l’abito che
la ragazza
indossava- e la trattenne.
Isis sussultò,
terrorizzata, e prese a tremare, dopo essersi
affrettata ad abbassare ancora di più il viso per nascondere
le lacrime. Eragon
allora le posò entrambe le mani sulle spalle, e
mormorò:
-
Eka
aì fricai un
shur’tugal. Sono un Cavaliere dei Draghi, e un
amico.- e parve che quelle
parole la rassicurassero, perché la ragazza smise
immediatamente di dimenarsi
e, dopo un profondo, faticoso respiro, sollevò piano il
viso, incontrando
timidamente gli occhi a mandorla di Eragon, che subito
continuò:
-
Per favore, Isis,
dimmi che il tuo silenzio e la tua
chiusura in te stessa non sono punizioni che mi stai infliggendo per
aver
scoperto che Murtagh è…mio fratello…-
la pregò.
La Dark Angel
restò lì a fissarlo come se fosse appena arrivato
da un
altro mondo, come se stesse parlando un’altra lingua e, quasi
costringendosi a
guardarlo negli occhi, bisbigliò, con voce rotta:
-
Come puoi
pensarlo? No! Non mi importa dei tuoi natali,
perché non sono quelli a fare di noi ciò che
siamo. Perciò…il problema non sei
tu, ma…io!-
Eragon la studiò,
scioccato:
-
Di cosa parli,
Isis?- le domandò, sconvolto, e confuso
più che mai mentre tentava di sollevarle il mento con una
mano.
-
Cavaliere, come
riesci a toccarmi? Come puoi farlo?
Non ne sono degna…ed ora, ti
prego: lasciami lavare. Mi sento tremendamente…sporca…-
la ragazza provò a scansarsi, muovendosi come se temesse
che la sua vicinanza fosse nociva, per lui; e solo allora il ragazzo
dalle
orecchie a punta notò che nuove lacrime le stavano bagnando
il viso, nascendo
da uno strano, insostenibile peso che le opprimeva il petto.
-
Isis…non
capisco…che cosa stai dicendo?- le prese le
mani dalla carnagione scura tra le proprie, cercando di metterla a
proprio
agio, perché gli spiegasse tutto chiaramente, mentre cercava
il supporto di
Saphira.
-
Oh, Eragon, ti
prego! Non ti credevo così ingenuo! Non
dirmi che, dopo aver udito le parole di Murtagh, non hai capito
che…-
singhiozzò la ragazza, nascondendo il viso tra le mani.
Il Cavaliere fu pervaso da una
profonda tristezza,
vedendola:
-
Non riesco a
comprendere il perché di questa tua
condizione, ma lascia che ti spieghi cosa ho capito:
tu eri innamorata di Murtagh. L’ho visto nei tuoi occhi,
oggi,
e l’ho letto ogni giorno tra le righe dei messaggi che ci
inviavi…- le spiegò,
dolcemente.
Ma le sue parole ebbero
l’effetto opposto rispetto a ciò che
lui aveva desiderato: Isis sollevò la testa come se fosse
stata morsa da un
serpente, ed il suo corpo si irrigidì, mentre gli occhi le
si colmavano di
vergogna.
-
Non dirlo mai!
Come puoi non detestarmi- come invece
faccio io- per ciò che gli ho permesso di fare? Vorrei
potermi strappare il
vestito e la pelle a morsi, pur di togliermi di dosso il suo odore, e
qualsiasi
cosa possa ricordarmi lui!- iniziò ad urlare la ragazza, in
preda all’ira,
tanto quanto allo shock. Eragon fece per abbracciarla, sperando che si
calmasse, sentendo che lui sarebbe stato al suo fianco; ma lei prese a
dimenarsi ed a picchiarlo, colpendolo in pieno petto.
Il Cavaliere la lasciò
fare, lasciò che si sfogasse,
restando in silenzio, immobile, il cuore colmo d’amarezza.
Quando lei si
tranquillizzò- o forse sarebbe meglio dire, si
stancò- Eragon scese in terra
con lei per evitare che si sbucciasse le ginocchia al contatto col
terreno, nel
momento in cui aveva deciso di abbandonarsi, lasciandosi scivolare; e
un attimo
dopo il Cavaliere la prese tra le braccia e
l’aiutò a montare in sella a
Saphira, così che, un attimo dopo la dragonessa
poté spiccare il volo, col suo
Cavaliere e la Dark Angel
in groppa.
Isis non aveva idea di quanto tempo
fosse trascorso quando
rimise piede nella terra libera del Surda. Le sembrava di vedere il
mondo
attraverso un globo d’acqua: ogni cosa era rallentata, e le
voci non erano
altro che un insieme di echi lontani…non sentiva
più nulla, il dolore al petto
monopolizzava tutto, ogni particolare, soffocandola; facendole rombare
le
orecchie.
Avvertì la mano di Eragon
intrecciata alla sua e, dopo un
lieve sussulto, contando i propri respiri per concentrarsi su qualcosa
di
semplice, si lasciò guidare attraverso
l’accampamento dei Varden, dove,
inaspettatamente scoprì che la notizia del suo ritorno si
era sparsa
velocemente, facendo accorrere tutte le persone che la conoscevano, o
l’avevano
conosciuta(ma anche coloro che avevano soltanto sentito parlare di lei)
che si
precipitavano via via fuori dalle loro tende per salutarla, con grida
festanti
o per sfiorarla, o anche solo per guardare colei che- avevano
sentito-unica tra
molti, aveva avuto il fegato di proporsi per sabotare Galbatorix,
dall’interno.
In parte infastidita da
quell’eccessivo affollamento(oltre
al fatto che non c’era nulla da festeggiare) Isis si
costrinse ad abbozzare un
sorriso, ad ostentare serenità che- nonostante fosse falsa-
sperò compiacesse
tutte quelle persone piene di speranza nei confronti di una persona
che…sapeva
di non esserne degna.
Proprio un attimo prima che la Dark Angel
sparisse,
assieme ad Eragon, dietro il tendone rosso del comando, nel quale
risiedeva
Nasuada, incontrò lo sguardo di Lara e Simon(che tenevano
tra le braccia un
curioso fagottino)e seppe, vergognandosi di se stessa, che a loro due
non
avrebbe potuto nascondere nulla.
Lady Nasuada l’aveva
stretta al petto in un abbraccio
affettuoso e sincero, e per poco Isis era stata sul punto di scoppiare
a
piangere- sia per l’intensità di quel gesto, sia
perché, vedendola, le tornò in
mente il volto di Murtagh, ed inevitabilmente si chiese se il figlio di
Morzan
aveva fatto soffrire il capo dei Varden come ora stava facendo soffrire
lei. Ma
fortunatamente, poiché sia Arya che Eragon, si trovavano al
suo fianco, riuscì
a trattenersi.
Il capo dei Varden dopo qualche
momento aveva poi convocato
il Consiglio degli Anziani, e l’intero Du Vrangr Gata,
perché si
complimentassero con la Dark Angel per
l’eccellente lavoro svolto ed il coraggio
dimostrato(oltre che per manifestare la loro felicità, nel
vederla di nuovo lì,
ancora viva- particolare che
Nasuada
non riusciva a nasconderle); ma, come accadeva spesso quando le due
istituzioni
si riunivano, si finì per parlare di questioni politiche,
volarono insulti, e
Isis fu sottoposta ad un vero e proprio interrogatorio.
Una donna grassoccia e corta- che
sembrò aver preso il
comando- non perse quindi occasione di tartassare la ragazza di domande
sempre
più incalzanti: volle sapere quale fosse l’aspetto
di Galbatorix,(e lei fu
costretta a spiegare più volte che il tiranno aveva gettato
su di sé un
incantesimo che- pur avendolo osservato- le imponeva a dimenticarne i
lineamenti quasi subito); come aveva fatto a sopravvivere per tutto
quel tempo;
e come era riuscita ad ottenere informazioni che si erano rivelate sempre esatte. Poi, d’un tratto
sbottò,
falsamente dispiaciuta:
-
Sapete, Isis?
È un vero peccato che siate dovuta
fuggire: la vostra presenza lì ci assicurava ottime
informazioni…se foste
rimasta ancora qualche tempo, avremmo quasi potuto attaccare Uru Baen.-
la
Dark Angel sussultò,
punta nel vivo e reagì come un animale ferito, tanto che
quando risollevò lo
sguardo, il suo viso era diventato una dura, criptica, maschera di
bronzo.
-
Non sarei rimasta
in quel luogo di morte e
disperazione, un secondo di più, per nulla al mondo! Non
avete idea, di come
sia stato doversi alzare ogni giorno, con la consapevolezza che in ogni
secondo
era necessario essere pronti a combattere una battaglia più
dura di un corpo a
corpo, perché si trattava di qualcosa di più
subdolo, di mentale, fatto di
parole e tentativi di penetrare nella mia
mente, con la speranza di cogliermi
in fallo per potermi uccidere!- urlò, mantenendo una postura
rigida mentre
teneva i pugni serrati lungo i fianchi e li fissava tutti, uno ad uno,
truce.
-
Hai ragione,
Isis,- intervenne diplomaticamente lady
Nasuada, spezzando il pesante silenzio che, sceso nella tenda a colpire
tutti,
spingendo persino i membri del Consiglio a guardarla spaventati; era
parso
interminabile. E le passò una mano sulle spalle, mentre
fissava con durezza il
Consiglio, silenziosamente sdegnata.- nessuno di noi ha idea di come tu
ti sia
sentita. Perciò, a nome di tutti noi, ti ringrazio per
ciò che hai fatto, e tu
do il bentornato tra i Varden.
Capisco che ora tu possa essere
stanca, quindi, se vuoi,
puoi andare a riposare…- la congedò con pacata
dolcezza, la donna dalla pelle
color mogano.
Isis era ormai già diretta
verso l’uscita della tenda e non
riuscì a spiegarsene il motivo- dal momento che non aveva
mosso da sé le
gambe-finchè non realizzò che qualcuno la stava
trascinando fuori, e poi
continuava quasi a strattonarla, verso la tenda che sarebbe diventata
la sua
stanza; allontanando chiunque tentasse di avvicinarsi con sguardi duri
ed
ostili che incutevano paura; quasi creando, al loro passaggio, due ali
di
persone che si aprivano lungo la strada.
E la Dark Angel
si rese conto che si trattava di Elva, solo quando
la bambina-straga chiuse bene le tende della
“stanza” di Isis alle proprie
spalle, restando sola con lei.
La ragazza rimase in piedi, immobile,
nel centro della
tenda, a fissarla, muta: la strega-bambina la guardava di rimando, con
i grandi
occhi viola ed un’espressione grave e dolente. Indossava un
abito nero e
porpora, con un lungo velo di pizzo sul capo, che si mimetizzava bene
tra i
suoi capelli, per via del colore che entrambi condividevano; e che le
lasciava scoperta
la fronte, dove brullava il marchio argentato a forma di stella, molto
simile
al gedwëy ignasia di Eragon. E praticamente uguale al marchio
che anche lei
aveva sulla fronte, nascosto sotto la frangia.
Nel trovarsi Elva davanti, Isis cadde
preda di due emozioni
antitetiche: si sentì immediatamente sollevata,
perché sapeva che quella
bambina era in grado di percepire le sofferenze di tutti coloro che la
circondavano, perciò non avrebbe dovuto spiegarle mai nulla,
di ciò che le era
capitato. E tuttavia, proprio a causa di quella particolare
facoltà, che la
bambina possedeva, la ragazza si vergognò immensamente di
ciò che provava,
perché immaginò che Elva fosse anche in grado di
vedere il motivo di quel suo
malessere, e quindi deplorarla, per ciò che aveva
lasciato che Murtagh le facesse.
Sopraffatta perciò, dal
ribrezzo verso se stessa, da un
vuoto oscuro che minacciava di trascinarla giù con
sé, e dallo stesso dolore
che sapeva potessero procurare solo mille lame di pugnale- ora che le
parole
del figlio di Morzan tornavano a riecheggiarle nella testa- Isis
scivolò a
terra, in ginocchio e, mentre seppelliva il viso tra le mani,
sentì delle
lacrime bagnarle le dita.
Elva non disse nulla, e rimase
lì, per tutto il tempo, in
attesa che lei si calmasse. Eragon aveva fatto a menda al proprio
errore,
lasciandola libera ora di ignorare
determinate persone, dalle quali proveniva troppo dolore- che le
sarebbe stato
insopportabile. Ma come poteva ignorare Isis?
Come poteva voltare le spalle a quella Dark Angel, della quale in un
certo
senso, poteva considerarsi sorella-
dal momento che condividevano un marchio uguale, sulla fronte?
La bambina sentiva, con ogni fibra
del proprio corpo e della
propria anima, che la sofferenza che Isis stava patendo, era
incommensurabile,
indicibile, poiché era il dolore di una donna
che aveva rinunciato ad ogni cosa- all’odio, alla sete di
vendetta- per donarsi
totalmente e con amore,
all’uomo che
aveva scelto per sé.
Isis era finalmente andata incontro
al suo destino, ed Elva
non avrebbe potuto far altro che gioirne; eppure, a causa di un passo
falso-
non suo, tuttavia, come aveva ipotizzato la profezia di Angela; ma
dell’uomo
che aveva giurato di amare- ora la bambina non sapeva cosa fare e la
donna non
riusciva a far altro che odiarlo, scagliandosi contro di lui con male
parole,
maledirlo, o maledirsi per essersi lasciata andare; e graffiarsi, nella
speranza di riuscire a liberarsi di ogni traccia di quel crudele
destino, e di
ogni ricordo di quell’uomo, al quale però, in un
modo o nell’altro era ancora
legata e che forse- così almeno sembrava ad Elva- ancora
amava.
Soffocata dall’angoscia per
l’ingiusto destino che aveva
colpito sua sorella, la strega-bambina dagli occhi pervinca, si fece
forza ed
aiutò infine Isis ad alzarsi; vinse le folli resistenze di
lei, e spense sul
nascere le sue frasi senza senso- circa il fatto che non fosse degna di
essere
toccata- e la spogliò, gettando tra le fiamme del piccolo
braciere che scaldava
l’interno della tenda, l’ultimo ricordo materiale
di Murtagh.
In seguito la lavò, la
asciugò come fosse stata una bambola.
Ed in effetti, agli occhi di Elva, Isis lo sembrava davvero, dal
momento che
aveva tenuto gli occhi chiusi per tutto il tempo, per allontanare
l’idea che
quella bambina tanto premurosa verso di lei, nel vedere le sue membra,
potesse
odiarla, pensando a ciò che aveva permesso che Murtagh le
facesse.
Isis, al termine di tutto quel rito
dall’atmosfera
monastica, rifiutò persino di osservare il proprio riflesso-
fasciato da un
abito di velluto verde scuro- nello specchio che si trovava nella sua
stanza;
dicendo che lì, avrebbe trovato solo conferme del
marciò che già sentiva nella
propria anima.
Quindi, si gettò sulla
brandina nell’angolo e, mentre
qualche lacrima le rigava il viso, rimase ad ascoltare restò
al suo fianco, a
cantare per lei, finchè la marea del sonno non
trascinò la Dark Angel via con
sé.
Isis trascorse intere settimane in
quello stato, rischiando
quasi di annegare nelle sue stesse lacrime.
Inizialmente però, durante
i primi tempi del suo ritorno,
convinta da Elva che tutti fossero felici
di rivederla, la ragazza aveva partecipato- costantemente affiancata
dalla sua
“sorellina”- a banchetti con lady Nasuada, re Orrin
e Arya, o con Eragon ed i
suoi compaesani e, più tempo trascorreva con loro,
più sentiva che il dolore si
faceva lieve, che la maschera di finti sorrisi e falsa
serenità che indossava
per quelle occasioni, mutava i suoi tratti fallaci, in qualcosa
di…reale.
Tuttavia, una sera, Isis comprese che
il dolore non si
poteva cancellare o nascondere; era qualcosa che ormai faceva parte di
lei, e
quindi doveva stare lontana da tutto e tutti,
perché…chi avrebbe mai voluto
vicino una donna sofferente?
Dopo una cena, le fu presentata
Katrina, la donna che Eragon
e Roran avevano salvato dall’Helgrind il giorno in cui lei
era partita alla
volta di Uru Baen. E che, nel frattempo, in sua assenza, era diventata
la
moglie del cugino del Cavaliere di Saphira.
Nel vedere il viso dolce di quella
donna, incorniciato da
una fluente cascata di capelli color rame fuso, Isis comprese come mai Roran
fosse stato preda di
angosce e tormenti, la prima volta che la Dark Angel
l’aveva conosciuto. Stava per parlarne
alla ragazza, ma nel momento in cui scorse lo sguardo pieno
d’amore che lanciò
a suo marito, Isis si sentì mancare la terra sotto i piedi.
Fu impossibile
impedire al ricordo che proprio lei aveva indirizzato quegli stessi
sguardi a
Murtagh, tempo prima; di riaffiorare. Fu quindi costretta a fuggire
via, in
preda a conati ed alle lacrime, spaventata che la dolce
Katrina- che,
Isis aveva notato essere anche in attesa, peraltro- potesse soffrire
ciò che
lei stava soffrendo, a causa dell’uomo al suo fianco, che
magari non l’amava
quanto faceva lei, o forse non l’amava affatto.
Quella sera la Dark Angel
si rifugiò nella sua tenda, preda di fitte tanto
lancinanti al petto, da non darle la possibilità di
respirare, e pianse, contro
il cuscino, stanca persino di sentir scivolare le sue stesse lacrime
sulla
propria pelle.
Perciò, nelle settimane
successive, la ragazza mutò
radicalmente abitudini ed indole, poiché si
trincerò dietro una corazza fatta
di silenzi e distacco, che sperava
l’avrebbe difesa dal dolore.
Cercò quindi di evitare
tutti, allontanava qualsiasi persona
incontrasse la sua strada; fuggiva dagli elfi- poiché
riteneva di non essere
degna di stare al loro cospetto- ed addirittura da Lara e da Simon, dal
momento
che, credeva, che loro per primi, e meglio di tutti, avrebbero potuto
leggerle
nell’anima, e biasimarla; solo guardandola negli occhi.
Restare sola invece, le dava
conforto, perché le sembrava
che ogni volta che era costretta a mescolarsi alla gente- non potendo
talvolta
rifiutare, un pasto assieme a lady Nasuada- veniva giudicata, tramite i
loro
gesti, gli sguardi, e mille mute parole.
Soltanto ad Elva era permesso di
stare accanto ad Isis,
perché con lei non c’era mai stato bisogno di
parole. La bambina sentiva come
proprio il dolore che affliggeva Isis, e cercava sempre di fargliene
dimenticare, tramite le più varie trovate. Si era
affezionata a lei in modo
tale che si era promossa di propria iniziativa a guardia personale
della Dark
Angel; tanto che, le due muovevano i loro passi insieme, ed alla
strega-
bambina bastava un solo sguardo per allontanare tutti coloro che non
riuscivano
a capire che sua… “sorella” voleva
essere lasciata sola.
Più il tempo passava,
però, più la Dark Angel
si
rinchiudeva nel silenzio, celandosi dietro maschere che solo Elva
riusciva a
far vacillare, fluttuando in uno stato di apatia e di rabbia nei propri
confronti,
che pian piano sostituì le lacrime.
Una mattina, mentre Elva era intenta
ad ornare i capelli di
Isis con dei fiori, ed a legarli in un’unica treccia, mentre la Dark Angel
carezzava
piano il suo falco; Eragon e Saphira atterrarono alle loro spalle,
senza
curarsi di passare inosservati. Isis infatti, percependo lo spostamento
d’aria
e una presenza, si voltò di scatto, sussultando, spaventata;
poi notò che
Saphira grattava il terreno con gli artigli, inquieta, ed un secondo
più tardi
si ritrovò davanti agli occhi il suo Cavaliere che,
accovacciatosi al suo
fianco- dopo aver allontanato Elva, nonostante la temesse- le disse:
-
Isis…stai
bene? Siamo tutti preoccupati per te. Io sono
preoccupato per te. Arya dice che sembri morta…dentro,
che allontani chiunque tenti di avvicinarti. Sembri come
rinchiusa in una gabbia di distacco, sembra quasi che tu voglia
prendere le
distanze da noi. Perché? Cosa ti abbiamo fatto?- le
domandò, lievemente
angosciato. E la sincerità nei tratti del suo viso fece
scoppiare Isis in
lacrime, perché forse Eragon era l’unico essere di
tutta Alagaesia ad esser
stato benedetto con quella dote.
-
Voi? Nulla.
E…io no sto prendendo le distanze da…voi,
altrimenti non vi avrei mai neppure raccontato tutto ciò che
ho scoperto quando
mi trovavo da Galbatorix. è solo che…non sopporto
di essere giudicata…- spiegò,
tentando di asciugarsi le lacrime con dignità ed allo stesso
tempo provando ad
apparire più disinvolta possibile.
-
Nessuno di noi ti
ha mai giudicata. Nessuno di noi lo
fa, neanche ora.- replicò Eragon, mentre provava a
rassicurarla, mettendole una
mano sulla spalla. Isis evitò il contatto e rispose:
-
Questo lo pensi
tu, Cavaliere. Vedo il giudizio negli
occhi della gente…mi sembra di sentire ciò che
ogni persona pensa di me, quando
gli passo davanti e…mi fa male.
Per
questo me ne sto da sola.- fece, con voce rotta.
-
I loro sguardi
sono solo pieni di paura, non riesci a
vederlo? Sono spaventati perché non capiscono il tuo cambio
di comportamento. E
anch’io lo sono, per te, perché non ti riconosco
più…- le confessò il ragazzo.
Isis, colpita da quelle parole come
da uno schiaffo in pieno
viso, balzò in piedi di scatto, e fece per andarsene,
ferita, intenzionata a
lasciarlo lì, da solo, con la sua dragonessa, mentre diceva:
-
Bhè,
fanno bene ad avere paura di me, perché a volte ho
l’impressione che nel mio cuore ci sia un mostro
e…mi faccio schifo e mi sento…persa.
Neppure io mi riconosco
più…perché mi sento completamente
persa…- mormorò, gemendo e urlando tra le
lacrime. Solo dopo averle versate
tutte si rese conto che Eragon era rimasto al suo fianco e
l’aveva abbracciata-
invece di allontanarla come si sarebbe aspettata- lasciandole
nascondere il
viso nel suo petto fino a quando non si fu calmata, abbastanza da
trovare la
forza di risollevare il volto dalla bella carnagione color nocciola.
Incontrando i suoi lucenti occhi
verde acqua il Cavaliere le
sussurrò:
-
Ti va di parlarmi
di Murtagh?-
Isis lo fissò, raggelata.
Stava per spingerlo via ed
allontanarsi, per tornare a nascondersi da tutto e tutti, ma il ragazzo
dagli
occhi a mandorla la trattenne, soffrendo nel vedere come era tornata a
dimenarsi.
-
Non ti
servirà a nulla fuggire dal dolore che senti.
Anzi, penso che così facendo tu stia arrivando a rinnegare
te stessa. Perché
non vuoi aprirti? Sono certo che ti farà stare meglio.
Prometto che non ne
parlerò con nessuno, né ti giudicherò.
Hai la mia parola di Cavaliere.-
nell’udire l’ultima frase i elfico, Isis si arrese,
sospirando rassegnata: si
era aspettata che prima o poi sarebbe giunto il momento della
verità, non
poteva sfuggirgli a lungo.
Così, per prendere tempo
ed organizzare le idee, sedette a
gambe incrociate sul terreno, ed invitò Eragon a mettersi
accanto a lei, poi,
concentrandosi sul ceppo che stava loro davanti, invocò il
vero nome del fuoco,
e rimase per qualche attimo ad osservare che ardeva, mentre allegre
fiammelle
crepitanti prendevano vita dal suo cuore di legno. Godendosi il
riscaldamento
innaturale ma piacevole dell’aria del primo mattino, Isis
incrociò per un
secondo gli occhi di Eragon e, trovandolo dinnanzi a sé con
gli occhi pieni di
stupore e d’attesa; la ragazza prese un ultimo respiro e,
lasciando cadere
tutte le proprie difese, iniziò a parlare.
Raccontò ad Eragon ogni
cosa. Gli parlò dell’iniziale
rivalità sbocciata tra lei e Murtagh, che era poi sfociata
in centinaia di
sfide di vario tipo che i due si lanciavano, per stabilire chi fosse il
migliore.
Gli spiegò che credeva che
il desiderio fisico che il
Cavaliere provava nei suoi confronti, l’avesse spinto a fare
tutto ciò che
aveva fatto per lei; ma, pian piano l’iniziale pessimismo
svanì, e la ragazza
si abbandonò ai ricordi: si lasciò quasi cullare
dal pensiero di come il figlio
di Morzan l’avesse salvata da lord Thelonius; e frenetica,
con gli occhi che
brillavano parlò ad Eragon di tutto ciò che le
era capitato da quando era
diventata la schiava di Murtagh; e, non senza un certo imbarazzo
dovette poi
spiegare al Cavaliere come mai fosse tornata al palazzo di Galbatorix,
nonostante Murtagh l’avesse liberata pochi attimi prima; non
tralasciò neppure
di aver infine ceduto anche lei al desiderio che aveva sentito crescere
dentro
di sé, nei confronti del Cavaliere di Castigo, e
parlò ormai tranquilla, al
Cavaliere mezzo elfo di ciò che aveva provato quella prima
volta e tutte le
successive durante le quali si erano uniti; spiegandogli quindi anche
il modo
che aveva trovato per passare informazioni ai Varden.
Infine però, la voce di
Isis, da sognante e dolce- nel
rievocare i primi ricordi-, mutò in qualcosa di
fragilissimo, e quasi soffocò
dal dolore quando fece per riportare le ultime offese che Murtagh le
aveva
rivolto. Ma il Cavaliere mezzo elfo fu più veloce: si
tirò su, puntellandosi
sulle ginocchia e le posò un dito sulle labbra carnose.
-
Non
c’è bisogno di ripetere quelle parole:
c’ero
anch’io, ed ho sentito quanto erano taglienti…-
-
Avevo un legame
con Murtagh, Eragon. Uno legame che
sono certa mi permetterebbe ancora di identificare la sua mente tra una
moltitudine. Un legame che mi ha permesso di guardare, come attraverso
uno
specchio, nella sua anima. L’ho amato, con tutta me stessa, e
per un po’ questo
amore ha significato persino libertà, per lui, ma
poi…- la voce le si ruppe
definitivamente, ed Isis scoppiò in lacrime, ancora una
volta.
-
Isis, non hai
nulla di cui vergognarti…- stava per dire
Eragon, consolandola; la ragazza scansò la mano con cui
stava per accarezzarla
e sbottò, adirata:
-
Oh sì,
invece! Gli avevo giurato che non mi sarei mai volontariamente
sottomessa a lui, ma è
esattamente ciò che ho fatto! Gli ho permesso di…usarmi…per divertirsi,
perché avesse uno spiraglio di libertà, ogni
tanto. E mi detesto per questo!-
-
Sei accecata dalla
rabbia, in questo momento, e non
vedi ciò che vedo io, perciò, lascia che ti
spieghi: quando sei arrivata da
noi, tutto in te, era avvelenato dall’odio e dal desiderio di
vendetta; ma il
contatto con Murtagh ti ha…cambiata,
mostrandoti che la vendetta non era l’unica soluzione per
ottenere qualcosa.
L’amore ti ha mostrato una nuova via.- infastidita
dall’irrazionalità di quelle
parole, la
Dark Angel
andar via, scacciandolo in malo modo, ma Eragon, ormai certo di aver
toccato la
corda giusta, di aver iniziato finalmente a comprendere Isis,
seguì i passi
della ragazza e le afferrò un braccio, per farla voltare
verso di lui, intenzionato
a non demordere:
-
So che sei ferita
dalle velenose umiliazioni che
Murtagh ti ha fatto subire, ma che mio fratello ti abbia detto quelle
cose, non
significa nulla! Magari ha detto ciò che ha detto
perché aveva paura della
vostra relazione, che si stava facendo molto seria; o forse
perché voleva
proteggerti da Galbatorix…ci hai mai pensato? È
per questo che ti senti persa:
le umilianti parole di Murtagh ti stanno facendo rimpiangere di aver
abbandonato la vendetta; ma tu hai conosciuto
il tuo Cavaliere nel profondo, e non gli faresti più del
male. Perciò non sai
più che strada scegliere.
Ma
non lasciarti fuorviare, non
tornare sulla vecchia via dell’odio; lasciati pervadere
dall’amore che sempre
ti ha circondata, sin da quando eri tra il tuo popolo, e compi il tuo
destino,
quello che Angela ha visto per te…perché
probabilmente sei l’unica, l’ultima
speranza di salvezza per Murtagh. Non puoi lasciarlo, non vuoi, lo so:
vedo nei
tuoi occhi che lo ami ancora.- confessò, sincero, e Isis
rimase senza parole
dinnanzi all’onestà ed alla schiettezza di Eragon,
oltre che di fronte al suo
sorriso dolce, dai tratti di bambino. Per un po’la ragazza
rimase immobile poi,
quando le parole del Cavaliere le penetrarono sotto la pelle,
lentamente, sentì
che, pian piano una rabbia cieca le montava nel petto, ed attese
finchè non si
sentì più capace di trattenerla ed esplose:
-
Non dirlo mai,
Cavaliere! Come osi mancarmi di rispetto
in questo modo?- i capelli le si sciolsero in tante ciocche ondulate,
che, come
messi ondeggiavano al
vento ululante che
riuscì persino a spegnere il piccolo fuoco che la ragazza
aveva acceso poco
prima.
-
Mancarti di
rispetto? Dicendoti che hai imparato- forse
meglio di chiunque di noi- cosa significa amare?- boccheggiò
il ragazzo,
confuso.
-
Sì!
Perché ho imparato sulla mia pelle che amare
rende deboli! E non voglio
esserlo, non voglio più essere debole!- Isis lo
fissò biecamente. Sembrava che
un uragano le avesse sconvolto il cuore.
-
Ma cosa dici, Dark
Angel? Non è vero! L’amore è forse
la forza più grande che ci è dato conoscere, in
questa vita. Non mi credi?- le
domandò Eragon, che ora, per far sì che
l’ascoltasse era costretto a afferrarle
entrambe le braccia, nella speranza che smettesse di opporre
resistenza.-
Chiedi al tuo maestro, allora. Confronta i suoi pensieri con le mie
parole.- la
invitò, ormai esasperato il Cavaliere.
Un attimo dopo, non appena quelle
parole lasciarono le
labbra di Eragon, Isis si paralizzò. Il colore le
defluì in un lampo dalle
guance mentre si portava, orripilata, una mano a coprire le labbra.
Rimase così per diverso
tempo, tanto che Saphira ed il suo
Cavaliere si spaventarono nel constatare che la ragazza sembrava una
statua di
ghiaccio.
-
Isis, che
succede?- trovò poi il coraggio di chiederle,
il ragazzo, in un sussurro, dando voce anche alle preoccupazioni della
sua
dragonessa.
-
L’ho
lasciato lì! Assieme alle mie armi! E sarà tutta
colpa mia se Galbatorix lo troverà e lo
schiavizzerà!- sputò la ragazza,
emettendo un verso strozzato mentre iniziava a tremare violentemente.
-
Chi, Isis?- volle
sapere Eragon, chinandosi appena su
di lei per assicurarsi che lo shock non fosse stato troppo forte.
-
L’Eldunarì
del drago di Vrael. L’ho lasciato ad Uru
Baen, nel nascondiglio che avevo scelto per lui e per le mie armi,
nella camera
da letto di Murtagh! Non posso abbandonarlo, devo tornare a prenderlo!-
sentenziò la Dark Angel.
Sentendo
che, per la prima volta dopo molto tempo il sangue tornava a scorrerle
impetuoso nelle vene, la mente tornava a farsi sgombra e lei vedeva
chiaramente
il suo nuovo obiettivo.
-
Cosa? Tornerai ad
Uru Baen? Da sola?- boccheggiò il
Cavaliere di Saphira che fece comprendere le paure di entrambi alla
ragazza,
tramite quell’atteggiamento.
-
Certo.
Partirò oggi stesso.- chiarì, risoluta Isis.
Eragon sorrise, felice che la ragazza
avesse ritrovato la
determinazione che l’aveva sempre contraddistinta. Si
ritrovò persino a sperare
che incontrasse di nuovo Murtagh, e si augurò che, vederlo,
l’avrebbe aiutata a
comprendere che le sue parole erano vere.
Ma per quello ci sarebbe stato tempo.
Ora c’era una
questione più urgente da risolvere, perciò il
Cavaliere disse:
-
Non andrai. Non
senza di me!-
Eragon aveva corsi per tutto
l’accampamento dei Varden,
trascinandosi dietro Isis, tenendola per mano, mentre entrambi erano
diretti al
padiglione rosso del comando, la tenda di lady Nasuada.
Il capo dei Varden stava discutendo
animatamente con re
Orrin, mentre, entrambi chini sulla scrivania sulla quale era distesa
la grande
mappa di Alagaesia, erano intenti a puntare le dita contro
un’area in
particolare.
Eragon interruppe ogni cosa,
schiarendosi educatamente la
voce, quasi in maniera impercettibile, e subito si inchinò
alla sua signora, in
segno di rispetto. Ma la lady con la pelle d’ebano non gli
diede il tempo di
parlare, perché non appena tornò dritta e li
vide, riconoscendo Isis al fianco
del suo vassallo, le disse:
-
Isis, benvenuta!
Ti avrei convocata tra breve, ma,
visto che sei qui, ne approfitterò per parlarti.- la
salutò, sorridendo
cordiale, uno scintillio furbo negli occhi.
-
Ditemi, lady
Nasuada: vi ascolto.- replicò prontamente la Dark Angel,
riuscendo a
nascondere bene il lieve disappunto per aver fatto tacere Eragon.
-
Ho deciso di
muovere l’esercito in una serie di
attacchi volti ad indebolire Galbatorix. tra qualche giorno partiremo
alla
conquista di Feinster, ed i prossimi obiettivi sono Belatona, Dras-
Leona ed
infine Uru Bean. Vorrei che ti unissi a noi, coraggiosa Dark Angel.-
Isis
rimase a bocca asciutta, dinnanzi a quella proposta- che non sapeva
però se
considerare un velato ordine. Restò interdetta per qualche
attimo: sentiva che
avrebbe potuto dire di no, e nessuno l’avrebbe biasimata, ma
se l’avesse fatto
la sua strada e quella di Eragon- perché sapeva che mai il
ragazzo avrebbe
disatteso gli ordini della sua signora- si sarebbero definitivamente
divise, e
lei sapeva di aver bisogno del Cavaliere con le orecchie da elfo, per
recuperare il suo maestro.
Così, mentre Nasuada le si
avvicinava, in attesa di una
risposta, per adagiarle contro il petto la divisa con
l’emblema dei Varden- un
drago bianco che reggeva una rosa sopra una spada puntata in basso su
campo
viola- Isis le prese una mano tra le proprie e mormorò,
solenne:
-
Lady Nasuada,
sarebbe un onore per me ma un attimo fa
mi sono ricordata di aver lasciato le mie armi ad Uru Baen, e vorrei
tornare a
prenderle, se posso; perché non combatterei mai senza di
esse. Vorrei anche che
Eragon e Saphira mi accompagnassero, se per voi va bene,
perché così saremo più
veloci.- la donna rimase sorpresa dalla perspicacia della sua stessa
arringa e
trattenne appena il respiro studiando come Nasuada, in preda ad un
lieve
sconcerto valutava le sue parole.
-
E sia- la donna
accordò loro il suo permesso, con un
cenno della mano. Eragon stava quindi per trascinare fuori Isis, dal
momento
che sentiva che Saphira era pronta a partire; quando Nasuada chiese
ancora. –
Promettetemi però che vi rivedrò entrambi, vivi,
a Feinster.-
-
No, lady Nasuada,
non entrambi: lì
troverai solo il tuo vassallo, ma non me.- replicò
Isis, voltandosi a guardarla.
-
E
perché mai?- le domandarono all’unisono Orrin,
Nasuada ed Eragon, sconcertati.
-
Perché
per il momento sento di aver fatto tutto ciò che
potevo per voi, amici miei. Perciò, una volta che
avrò recuperato le mie armi,
vorrei tornare all’isola che fu la mia patria, e culla dei
Cavalieri dei
Draghi, perché mi sento…persa, ed ho
necessità di ritrovare me stessa.-
dichiarò come se la spiegazione fosse stata la
più semplice del mondo.
-
Ma
Isis…lì non troverai altro che morte e
distruzione…-
le fece notare, mesto Eragon, posandole una mano sulla spalla.
-
Già, ma
mi è stato insegnato che…volgersi al passato
è
l’unico modo che abbiamo per avere certezze sul futuro.-
concluse, abbozzando
un sorriso sincero, per la prima volta dopo
un’eternità, ricordando da quali
nobili radici proveniva quella verità.
E così dicendo si
inchinò a lady Nasuada ed a re Orrin,
trascinando Eragon con sé, fuori dalla tenda, pronta a
ripartire.
ANGOLO AUTRICE
Tadaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaan!
Eccovi un altro capitoletto extra!
Spero vi sia piaciuto,
attendo fiduciosa i vostri pareri!
Un abbraccio
Marty23
Ps vorrei ringraziare Arcadia_Azrael
per aver commentato l’ultimo post, per
avermi aggiunta tra gli autori preferiti
e per essere sempre strafiduciosa nei confronti di questa ff!
|
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Capitolo 26 *** ritrovarsi ***
Capitolo 22
Ritrovarsi
Per settimane Castigo aveva
osservato, ascoltato e studiato
i pensieri e le emozioni che Murtagh condivideva con lui, ed
ultimamente era
giunto alla conclusione che il suo Cavaliere sembrava…morto dentro da quando Isis era uscita dalla
sua, dalla loro vita.
Sembrava uno di quegli animali che
lui, dopo aver mangiato,
si divertiva a privare delle interiora. Pareva…svuotato,
e si comportava come se gli mancasse qualcosa.
Poco tempo dopo la fuga della Dark
Angel il suo Cavaliere
era tornato a fare la vita di sempre, -e Galbatorix, seppur con un
gesto di
sufficienza si era complimentato con lui per ciò che aveva
fatto- e tutti
coloro che lo vedevano, commentavano felicemente tra loro che Murtagh
era
tornato in sé, che finalmente lo riconoscevano.
Ma Castigo li reputava tutti dei
ciechi, dal primo
all’ultimo, perché solo lui sapeva di essere in
grado di cogliere l’odio
nascosto nella regione più recondita degli scuri occhi di
Murtagh.
Un odio incommensurabile, che si
manifestava sotto varie forme
nel cuore del suo amico, e che si abbatteva su tutto e tutti. Un odio
che il
ragazzo provava nei confronti di quel palazzo, che l’aveva da
sempre tenuto
prigioniero, e che persino in quel momento continuava a svolgere quel
suo
squallido compito; l’odio, in forma di ribrezzo, per le
giornate che doveva
trascorrere lì, sempre dannatamente uguali, tutte,
l’una all’altra, piatte,
monotone ed il ragazzo ne era sinceramente stufo- dover incontrare
sempre le
stesse persone, dover partecipare sempre agli stessi banchetti, dover
opporre a
Galbatorix una, seppur minima, resistenza, per tentare di evitare che
gli
leggesse dentro…
Murtagh provava odio persino nei
confronti di quella stessa
emozione, poiché gli era stata istillata dentro sin da
bambino: assieme alla
rigida educazione che aveva ricevuto infatti, gli era stato insegnato
ad
odiare.
Ed aveva sempre odiato tutto e tutti,
persino la sua sorte,
che gli aveva fatto dono di un drago, ma gli aveva anche sputato in
faccia,
deridendolo, poiché l’aveva condannato alle
pesanti catene della servitù, per
tutta l’esistenza che il Cavaliere ed il suo drago avrebbero
dovuto
condividere.
Poi però, quando per la
prima volta il destino gli aveva
sorriso, inviando nella sua vita una donna che aveva lasciato il segno
sia in
lui che nel suo drago- a causa della sua passione e della sua
vitalità; una
persona che aveva rinunciato alla propria vendetta contro di loro; che
aveva
dimenticato la propria rabbia nei loro confronti, per amarli
entrambi(dal
momento che si era presa cura di Castigo e si era invece innamorata di
lui)finendo per mostrar loro cos’era la vera vita, e che
sapore avesse la libertà- Murtagh
aveva finito per riversare il proprio anche su di lei, sulla sua Isis,
dalla
quale invece aveva ricevuto solo amore.
Pian piano che il tempo trascorreva,
Murtagh era anche
tornato a “rinsavirsi”, in un certo senso,
perché si era allontanato dalla
subdola vita di corte, che aveva sempre odiato, dal momento che per
affrontarla
si doveva sempre indossare una maschera; invece preferiva rifugiarsi in
luoghi
“sicuri” assieme al suo drago, e ricordare
Isis(anche se non tornava più nella
stanza che avevano condiviso insieme, perché in quel luogo,
sentiva di venire
sempre sopraffatto oltre il limite, dal dolore)- tuttavia, spesso
Galbatorix si
intrufolava tra quei pensieri; così il ragazzo, lasciandosi
andare al bere,
doveva accontentarsi di sognarla.
E il sogno era sempre lo stesso: la
ragazza faceva vacillare
le sue difese, distruggendo la maschera che il ragazzo inizialmente
indossava,
ed insieme condividevano e gioivano quindi, dell’atmosfera
amena che si era
venuta a creare attorno a loro; poi, Isis fissava l’orizzonte
e, iniziando a
correre, lo incitava a seguirla per non rimanere vittima della tempesta
che di
lì a poco si sarebbe scatenata; ma lui, non riuscendo a
muoversi, rimaneva
intrappolato in una gabbia senza mura, senza sbarre e che, gli
strasmettava un
insolito senso di oppressione. E l’ultima cosa che Murtagh
vedeva sempre, prima
di svegliarsi urlando, era lo sguardo ferito di lei, perso- come quello
che
ricordava di aver visto, il giorno della fuga della ragazza, un attimo
prima
che salisse in groppa a Saphira- poiché il Cavaliere in cui
aveva riposto tanta
fiducia e tanto amore, non si era dimostrato mai abbastanza ribelle, da
volerla
seguire.
Murtagh si rese conto che anche in
quel momento si era
svegliato dopo averla sognata di nuovo, solo quando, una volta
incontrati gli
occhi cremisi di Castigo, aveva realizzato che le grida che sentiva
risuonargli
nelle orecchie, erano le sue.
Di nuovo
quell’incubo,
Murtagh? Domandò il suo drago, toccandogli la
mente.
Il ragazzo si limitò ad
annuire, distogliendo lo sguardo.
Troviamola,
e faremo
in modo che ti ascolti mentre le spieghi come ti senti.
Consigliò allora
Castigo, troppo triste di vederlo soffrire a quel modo.
Sarebbe
tutto inutile:
dopo ciò che le ho detto sono sicuro che se solo mi vedesse,
mi ucciderebbe. E
poi, sai che Galbatorix ci controlla persino quando respiriamo: se la
trovassimo la condanneremmo a doversi sottomettere al re, e
sarà stato
totalmente inutile che io l’abbia umiliata per costringerla
ad andarsene, a
mettersi in salvo da Galbatorix…
sospirò il ragazzo, rassegnato.
È
proprio vero,
allora, che ci si accorge di ciò che si ha solo quando lo si
perde! Quando lei
era al tuo fianco, ti ho visto sorridere, ed
una luce splendida danzava nei tuoi occhi. Gli fece notare il
drago dalle squame scarlatte.
Manca tanto
anche a
me, ma ti prego Castigo, non rigirare l’artiglio nella piaga!
Lo implorò il
Cavaliere, per poi cadere inaspettatamente in ginocchio un attimo dopo,
piegandosi sotto il peso delle ferite lancinanti che avvertiva alla
testa.
Sentì Castigo al suo
fianco, agitarsi preoccupato, ma non
riuscì a fare nulla, finchè il dolore non
cessò; solo allora disse:
-
Tranquillo Castigo
ora sto bene. Quello era solo un
modo con cui il re ha voluto farmi capire di avermi convocato.- lo
rassicurò,
carezzandogli il muso. Un secondo dopo, consapevole di non poter
disobbedire a
Galbatorix, lasciò il suo drago solo, nel Giardino,
dirigendosi verso la Sala
del Trono.
La Sala del Trono, quella mattina era
stranamente vuota, e
nella stanza dai vetri che coprivano ogni cosa di riflessi iridescenti
infatti,
solo Galbatorix, dall’alto del suo scranno, lo fissava
indagatore.
Solo dopo che Murtagh si fu
inginocchiato al suo cospetto-
non senza tremare, dal momento che, temeva, avesse ascoltato la sua
più recente
conversazione con Castigo- il re iniziò a parlare:
-
Sai, Murtagh? Non
posso nasconderti la mia immensa
felicità per la fuga di quella stupida sgualdrina,
perché ora mi sembri più
concentrato, eppure, a volte ti sento così…perso
nei tuoi pensieri che…credo che tu abbia bisogno
di nuova compagnia femminile.-
sentenziò, ed a
quelle parole, chiamata da un gesto della sua mano, una donna venne
accanto a
lui; una donna di cui, un attimo dopo aver sentito il nome, Murtagh si
dimenticò, perché non la degnò neppure
di uno sguardo dal momento che per lui
nessuna, era paragonabile ad Isis.
Quindi, seppur a testa bassa il
ragazzo tornò subito a
rivolgersi a Galbatorix:
-
Non la voglio. Sto
bene da solo: con il mio drago.- rifiutò, e per
la prima volta- forse in tutta la sua vita- sollevò il viso
con aria di sfida.
E Galbatorix lesse nei suoi occhi che
lo credeva un tiranno
e che pensava, pateticamente di potersi ribellare al suo dominio.
Così, mentre
il Cavaliere lasciava la Sala, senza congedarsi, il re non resistette
oltre e
scoppiò in un’oscena risata di scherno nei suoi
confronti.
Murtagh fece ritorno da Castigo quasi
correndo, senza dirgli
una parola quindi, saltò in sella e gli ordinò di
spiccare il volo. I due
volarono insieme finchè il ragazzo non si fu calmato e
chiese al proprio drago
di posarsi fuori dalle mura della città, vicino al boschetto
in cui avevano
inseguito Isis, tempo prima, abbastanza lontani perché tutti
li lasciassero in
pace.
Il Cavaliere chiuse gli occhi,
accogliendo come un toccasana
il vento che soffiando forte ed ululando per annunciare una tempesta,
gli
schiaffeggiava il viso, servendosi dei suoi stessi ricci.
Tutto questo
mi
ricorda il mio sogno, sai, Castigo? Non sai quanto vorrei essere
abbastanza
forte per ribellarmi a tutto questo, come mi ha chiesto lei…
fece
tristemente.
Non so se te
ne sei
accorto, ma poco fa ti sei appena ribellato… gli
fece notare il suo drago.
Murtagh stava per replicare mentre
fece per tirarsi su a
sedere, dopo essersi asciugato una lacrima; ma la sua attenzione
richiamata in
un punto imprecisato al limitare del boschetto, dove
il vento, smuoveva implacabilmente quella che
sembrava la stoffa di un mantello.
Nonostante la vista appannata, il
figlio di Morzan fu certo
di distinguere qualcosa, seminascosto tra gli alberi: una figura
incappucciata
che lo fissava…Murtagh rimase interdetto per qualche attimo,
sospeso, a
ricambiare quello sguardo, poi una scintilla dentro di lui si accese
quando gli
parve di scorgere, sotto il cappuccio di quella figura, due occhi verde
acqua
che brillavano.
Allora, senza pensare, il ragazzo-con
un tuffo al cuore, ed
una strana sensazione di deja vu- saltò in groppa a Castigo
e si gettò
all’inseguimento di quella sconosciuta figura, che
già si era lanciata in una
corsa tanto folle da mozzare il fiato.
Il Cavaliere la seguì,
senza notare che stava tornando
indietro, verso Uru Baen, e che tuttavia, se ne teneva a distanza,
perché quel
luogo pullulava di guardie; non fece caso al fatto che la sconosciuta
stava
disegnando un largo giro per confonderlo, o forse nella speranza che si
stancasse prima di lei.
Ma Murtagh non aveva intenzione di
arrendersi, e la sua
preda senza volto lo sentiva, dal
momento che avvertiva l’aria mossa dalle ali del suo drago,
mulinare, a poca
distanza dalle sue spalle, così come gli pareva di percepire
il battito
frenetico del cuore del Cavaliere.
L’inseguimento
durò molto e ben presto preda e cacciatore si
ritrovarono più vicini di quanto entrambi si fossero
aspettati.
Erano ormai a meno di un metro
l’uno dall’altro e la preda sapeva
che se Castigo avesse piegato le ali, lei avrebbe prima visto la sua
ombra
venir ingoiata da quella del drago, e, un attimo dopo avrebbe sentito
gli
artigli dell’animale calare su di sé,
poi…
Serrando i denti bianchi
perciò, la preda, intenzionata a
non rendere a quei due la caccia facile, deviò
inaspettatamente e, continuando
a muoversi a zig zag riuscì alla fine a guadagnare il folto
del bosco, alle
spalle di Uru Baen.
Pur continuando a muoversi in quello
strano modo per
confondere chi la seguiva, la preda fu presto costretta a rallentare il
ritmo
della sua corsa per via del folto numero di tronchi che spesso
incontrava.
Così, con i polmoni in fiamme, si concesse un attimo di
calma, accovacciandosi
contro un albero, e cercando di non inalare troppa aria, per non
rivelarsi al
gigantesco drago, del quale tuttavia, non avvertiva più il
respiro sul collo.
Quindi, dopo un tempo che le parve interminabile,
l’incappucciata si permise di
trattenere il respiro, e tendere le orecchie, in
ascolto…riconobbe il battito
delle possenti ali di Castigo che si muovevano frenetiche in lungo e in
largo
sopra il boschetto e di tanto in tanto lui ruggiva frustrato,
rispecchiando ciò
che provava il suo Cavaliere.
Per due volte fu sul punto di spirare
fiamme, per
distruggere gli alberi e quindi avere la possibilità di
trovarla prima, ma
qualcosa lo fermò, e la preda senza
volto avvertì che batteva le ali per tornare indietro.
Per un secondo, su ogni cosa scese un
velo di silenzio e
lei, pur restando coi nervi a fior di pelle, gioì
silenziosamente: non riusciva
a credere che lei, sola, e forte solo della sua velocità e
della propria
capacità d’improvvisazione, era riuscita a non
farsi prendere, ed a far
addirittura perdere le proprie tracce ad un uomo che non solo era un
ottimo
segugio, ma aveva anche un drago, dalla sua!
Un attimo più tardi, le
raggelò il sangue e le si straziò il
cuore nel vedere che Murtagh, ormai certo di averla persa, si
inginocchiava
sull’erba ed urlava, per la disperazione, nella segreta
speranza che il vento
portasse le sue grida alle orecchie di lei.
ANGOLO AUTRICE
Eccovi un altro capitoletto extra!
Che ne dite?
Un abbraccio
Marty23
|
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Capitolo 27 *** volgersi al passato rischiara il futuro (parte 1) ***
Capitolo 23
Volgersi al
passato
rischiara il futuro
Parte 1
Proprio qualche attimo prima che
Saphira atterrasse nella
radura, Murtagh aveva fatto ritorno ad Uru Baen, il viso mesto, come mai Isis
l’aveva visto prima.
Ora, la Dark Angel
se ne stava in silenzio- stringendo sotto il
mantello ciò per cui era tornata lì- avvinghiata
alle spalle di Eragon, mentre
insieme sorvolavano la distesa di paesaggio sempre uguale che divideva
la
capitale dell’Impero da Dras-Leona.
La ragazza sembrava davvero non
essere più capace di
parlare, né a formulare il più piccolo pensiero,
perché tutte le sue energie
convergevano sempre in un solo punto: Murtagh. Isis non riusciva a
spiegarsene
il perché, ma era colpita, si sentiva profondamente
sconvolta per averlo
trovato in quelle condizioni: il suo viso era impallidito, e le guance
che
avevano sensibilmente aderito alle ossa sottostanti, erano ricoperte da
una
folta barba bruna. Inoltre, mai una volta, quando era stata al suo
fianco
l’aveva visto inseguire qualcosa con tanto accanimento, con
una tale
disperazione da far sembrare che ne dipendesse la sua vita. Cosa poteva
avergli
fatto subire, Galbatorix, per ridurlo in quello stato?
Dopo qualche ora di silenzio-
popolato da mille incessanti
domande circa la sorte di Murtagh- Eragon interruppe i ragionamenti
della Dark
Angel, costatando, apprensivo:
-
Sei
turbata…-
Isis non ebbe la forza di fare altro,
eccetto annuire.
-
Com’è
stato, per te…ritrovarti Murtagh davanti?- osò
chiedere ancora il Cavaliere. La sua voce le giungeva leggermente
dispersa nel
vento, perciò la ragazza impiegò un
po’a rispondere.
-
Io…non
lo so…ma è stato…straziante:
neppure una volta(persino nei momenti in cui è stato
vittima del dominio più totale da parte di
Galbatorix)l’ho mai visto così…sofferente, e non riesco a cancellare il
suo viso dai miei ricordi, né a togliermi le sue urla dalle
orecchie...-
mormorò, torturandosi le mani.
Eragon che poteva sentire il suo
corpo premuto contro la
propria schiena, ridotto ad un fascio di nervi- infatti, aveva i
muscoli talmente
tesi, che sembrava quasi tremasse- avvertiva quanto la Dark Angel
fremesse per tornare indietro e
verificare in prima persona il perché di quello strano
comportamento da parte
di Murtagh. Ed avrebbe voluto assecondarla, aiutarla, ma sia il
Cavaliere che
la ragazza sapevano bene che tornare sui propri passi, avrebbe
significato per
entrambi la cattura, da parte degli uomini di Galbatorix, e forse
addirittura
la morte; e non potevano permettersi un tale errore proprio ora che
Nasuada
aveva forse trovato un modo per detronizzare il tiranno di Alagaesia.
Ne
è ancora
innamorata, spero che ora se ne renda conto…sospirò
il ragazzo con le
orecchie appuntite, rivolto alla sua dragonessa.
Certo che
è ancora
innamorata di Murtagh, solo che ha sofferto troppo, ed ha paura, quindi
non
vuole ammetterlo, neppure con se stessa. Intervenne il cuore
dei cuori del
drago di Vrael che, dal momento che Isis gli aveva spalancato la mente,
per
trasmettergli tutto il sollievo e la gioia per aver rivisto il figlio
di
Morzan- senza però mai dire una parola-; gli aveva dato la
possibilità di
sbirciare tra i suoi ricordi, e quindi di scoprire che era stata
umiliata da
Murtagh, per poi essere costretta, subito dopo, a scappare, per non
essere
uccisa.
I miei
ossequi a voi,
nobile Eldunarì…fece Eragon, ma,
rendendosi conto quanto fosse grande la
preoccupazione nella coscienza del drago, per Isis, tornò a
concentrarsi su di
lei.
Credete che
riportarla
alla Vroengard, l’aiuterà a ritrovare se stessa?
Domandò.
Lo spero,
Shur’tugal.
Quello è stato il luogo dove Isis ha conosciuto per la prima
volta l’amore,
anche se non come il forte legame che ha con Murtagh, bensì
sottoforma di
simbiosi con la natura, e amicizia…è tutto
ciò che posso fare, adesso. Ma se
non dovesse funzionare, sarò disposto a riportarla da
Murtagh, anche se non so
esattamente cosa aspettarmi, poiché il loro legame ha
cambiato entrambi, e non
ho idea di come potrebbero reagire…
Sia Eragon che Saphira potevano
sentire sulla pelle,quasi
fosse stata qualcosa di solido, la saggezza che
l’Eldunarì emanava, così come
l’immenso affetto che provava nei confronti della Dark Angel.
Il ragazzo sorrise mentre rifletteva
sul fatto che quel
cuore dei cuori fosse anche molto protettivo nei suoi confronti, come
se la
conoscesse da un’infinità di tempo, e la
considerasse ormai, come una figlia.
Tanto che, sembrava che questo gli avesse permesso di convivere con il
dolore
per la perdita del suo Cavaliere.
Isis, ovviamente, non fece caso a
tutto ciò, anzi
praticamente non si accorse della breve conversazione avvenuta tra il
suo
Eldunarì ed il Cavaliere di Saphira; persa com’era
nella sua preoccupazione
sulle condizioni di Murtagh, e tra le mille domande che si poneva, tra
le
quali, come mai se ne desse tanto pensiero…quindi, non seppe
dire se erano
passati giorni, o solo poche ore quando sentì che Saphira
atterrava nei pressi
del fiume Toark, appena al limitare del lago di Leona.
Eragon scese assieme alla ragazza e,
per qualche attimo
rimase a guardarla, custodendo le sue mani tra le proprie, prima di
dire:
-
Qui le nostre
strade si dividono, Dark Angel: io
tornerò indietro, a Feinster, mentre tu proseguirai con quel
cavallo,-e le
indicò un destriero dalle zampe possenti, color nero pece,
legato ad un ceppo
poco distante.- fino alla tua amata Vroengard. Ti auguro di trovare
ciò che
cerchi.- le spiegò, e rimase non poco sorpreso scoprendo che
Isis aveva
lasciato scorrere il palmo aperto della propria mano, sulla sua guancia.
-
Grazie, Eragon.
Per tutto ciò che hai fatto per me. Ti
prego, di’ a Nasuada che il mio falco sarà sempre
pronto a portarmi suoi
messaggi, se vorrà tenermi informata sulla campagna militare
dei Varden. Ma non
tardare oltre, altrimenti la tua signora darà la colpa a me
per una vostra
sconfitta! Che le stelle ti proteggano, Cavaliere!- e, così
dicendo, lasciò che
Eragon rimontasse in sella a Saphira, restando a guardarlo, immobile,
finche
anche la sagoma del suo drago non fu scomparsa all’orizzonte.
Solo allora Isis lasciò
cadere il cappuccio del proprio
mantello sulle spalle, e, adagiate a terra tutte le proprie armi, se lo
tolse,
assieme alla camicia, per fasciarsi il petto un modo da creare la
“tasca” fatta
di bende, dietro la schiena, nella quale ormai era solita riporre il
suo
Eldunarì.
Dopo essersi rivestita, sentendosi
sollevata di avere di
nuovo il suo maestro così vicino al cuore,
spalancò la mente verso di lui.
Maestro,
sono così
felice di averti ritrovato! Puoi perdonare una stupida, per averti
abbandonato
al pericolo e ad un destino di probabile schiavitù? Ma
dimmi: ti è stato fatto
del male? Come hai fatto a restare nascosto? Come mai non ti hanno
trovato?
Venendo, ero pronta al peggio…gli
confessò, sinceramente.
Isis, mia
dolce
allieva, perché ti manchi di rispetto in questo modo? Non
è stata colpa tua se
sono rimasto sotto quel pavimento. Semplicemente, dal momento che il
figlio di
Morzan non ti lasciava sola, non hai avuto la possibilità di
riprendermi con
te…non te ne faccio una colpa, Dark Angel, anzi se devo
essere sincero, da ciò
che ho visto nei tuoi ricordi, credo di essere stato più al
sicuro di te, dal
momento che il mio nascondiglio non è mai stato scoperto,
poiché Murtagh non ha
più messo piede nella vostra stanza da quando sei dovuta
andar via…rivelò,
ed Isis, che stava per salire a cavallo, rimase così,
paralizzata per lo
stupore, con un piede ancora sulla staffa.
E
perché mai? Gli
chiese, curiosa e sconcertata da quell’informazione.
Non ne ho
idea, e non
voglio saperlo, perché in questo momento, chiarire questo
dubbio, ti
distoglierebbe soltanto dalla tua precedente decisione; di tornare a
casa e
ritrovare te stessa. La rimproverò, fermo,
l’Eldunarì.
La Dark Angel
quindi, chinò obbediente la testa e, riconoscendo che
il suo maestro aveva ragione, montò in groppa al cavallo che
lady Nasuada o
forse Eragon, si erano dati la premura di farle trovare lì,
perché continuasse
il suo viaggio; quindi, lo spronò al galoppo, con decisione.
Ben presto Isis realizzò
che viaggiare la calmava, la
aiutava a pensare, perché sentire sotto di sé lo
scalpitio ritmico degli
zoccoli, sempre uguale nonostante i tipi diversi di terreno da
attraversare per
giungere alla Vroengard; le svuotava la mente.
Inoltre,
avvertire dentro di sé, l’energia che
l’Eldunarì del drago di Vrael aveva
deciso di condividere con lei, per rendere il suo viaggio
più breve, era
qualcosa di conosciuto, familiare, che la metteva a proprio agio.
La ragazza perciò, grazie
all’aiuto del suo maestro, impiegò
solo due giorni per risalire il corso del fiume Toark, scavalcando
così la Grande Dorsale, e
ritrovarsi quindi a Teirm, dove, nonostante le sue insistenze. Dal
momento che
cercava di convincerlo che poteva resistere senza dormire, ancora un
giorno-,
il parere contrario del suo Eldunarì le costrinse a riposare.
La cittadina si rivelò
tranquilla, e la Dark Angel non ebbe
difficoltà a passare inosservata dinnanzi agli occhi di un
manipolo di soldati
imperiali, che stava reclutando forzatamente uomini in età
d’armi, in vista di
un imminente scontro con i ribelli del Surda.
Isis sorrise appena, sotto il
cappuccio che le nascondeva il
viso, e si rifugiò lesta come una lepre in una locanda.
Tuttavia, fu una pessima idea
fermarsi, e restare isolata.
In quella quiete, alla ragazza parve di soffocare perché le
sembrava che,
nascosta tra le lunghe ombre della sera, un’opprimente
angoscia l’avesse
aggredita non appena era rimasta sola: si sentì schiacciata
contro il
pavimento, mentre non riusciva ad impedirsi di udire nelle proprie
orecchie, le
grida di Murtagh, così come non poteva fare a meno di
chiedersi se il Cavaliere
stesse bene, e perché lei non fosse al suo fianco ad
assicurarsene.
Una volta che, finalmente, il sonno
l’ebbe trascinata via
con sé, se possibile, fu ancora peggio: Isis non fece altro
che sognare ombre
confuse, tra le quali di tanto in tanto emergeva Murtagh, urlando, in
maniera
straziante; oppure, appariva Vrael, e lei lo vedeva stringere al petto
la sua
donna, Esther, con passione, sfiorandole il ventre gonfio, mentre
ripeteva: “ nostra figlia
è benedetta: crescerà solo in
tempi sicuri…”.
La ragazza dalla pelle color nocciola
quindi, si svegliò di
soprassalto, urlante, e con la fronte madida di sudore.
L’Eldunarì al suo
fianco era preoccupato. Quando si fu calmata, dopo una decina di
respiri
profondi, realizzò che aveva ancora qualche ora prima che
sorgesse l’alba…sarebbe
potuta tornare a dormire, ma, sentendo il suo cuore tremare a
quell’idea,
comprese che temeva le ombre che sarebbero inevitabilmente sopraggiunte
ancora
una volta, con il sonno. Perciò non impiegò molto
a decidere che sarebbe
ripartita immediatamente.
Isis ed il suo maestro impiegarono
una settimana a
raggiungere Narda. Seguivano sempre il bordo frastagliato della costa,
e la
ragazza riposava di rado, spaventata com’era che
l’incubo che aveva fatto
giorni prima, potesse sorprenderla di nuovo. Tuttavia, di tanto in
tanto, la
necessità di dormire aveva la meglio, i quanto bisogno
fisiologico, e non c’era
volta che la
Dark Angel
avesse la possibilità di sottrarsi a quello strano sogno,
sempre uguale, sempre
confuso, nel mostrarle i volti di Murtagh, Vrael ed Esther come se
fossero
stati collegati…
Una volta giunti a quel piccolo
villaggio di pescatori che
la ragazza ricordava bene,-e, non potè fare a meno di
notare, non era cambiato
affatto dall’ultima volta che c’era stata- Isis non
esitò un istante a gettarsi
in acqua, così prese a nuotare con energia, senza pensare ad
altro che non
fosse il proprio corpo, circondato da un’immensa distesa
d’acqua salata. Ben
presto però, sopraggiunse la stanchezza alla quale aveva
tentato di fuggire,
non dormendo e continuando sempre a viaggiare; e si sentì
stremata, con una
strana, folle voglia di tornare indietro, da Murtagh, perché
pensava doveva
esserci per forza un motivo se aveva fatto dei sogni che lo
riguardavano…
Perciò, per andare avanti,
dovette farsi aiutare dal proprio
maestro, mentre, si faceva anche trascinare dalla corrente.
Quando finalmente riuscì a
mettere piede sulla sua sacra
isola- il cuore le pulsava così veloce che Isis
pensò, volesse uscirle dal
petto- la sua amata casa, si abbandonò tremante sul terreno,
e con gli occhi
colmi di lacrime disse, a voce, senza però dimenticare di
spalancare la mente:
-
Perché
sono qui,
maestro? Io dovrei essere al suo fianco,
perché…perché io lo amo. Io sono
innamorata di Murtagh.-
confessò,
prima di tutto a se stessa.
Non sai
quanto sono
felice che tu l’abbia accettato, Isis! Ma forse ora devi
stare qui, perché
l’hai scelto, perché sentivi di dover imparare
qualcosa…esultò
l’Eldunarì,
riprendendo subito dopo i suoi tratti di saggio.
Proprio in quel momento avvenne
qualcosa di inaspettato, che
lasciò senza parole sia il maestro che l’allieva:
il sole del primo mattino fu
oscurato da centinaia di ombre e decine di ruggiti che colmarono
l’aria, ed
iniziò a piovere.
Isis si tirò su a sedere
di scatto, distinguendo sopra la
testa le sagome di decine di draghi sulle cui groppe stavano
altrettanti
Cavalieri, armati di tutto punto, come se stessero combattendo.
Studiando i fili d’erba che
ondeggiavano inquieti attorno a
lei, la ragazza comprese che ciò che cadeva dal cielo, in
pesanti scrosci, non
era pioggia, ma scuro sangue di drago, che, nonostante scendesse
copioso, non
la toccava mai.
Maestro,
cosa sta
succedendo?! Fece quindi, la Dark Angel,
allarmata
Non lo so,
Isis! Ma
non è per opera mia che stai vedendo questo…mormorò,
sinceramente
preoccupato.
I due assistettero in silenzio a
decine di morti, simili
l’una all’altra, ad un vero e proprio sterminio di
Draghi e Cavalieri, e solo
quando Vrael ed il suo possente drago, atterrarono a pochi metri da
lei- e
subito furono attorniati dai Rinnegati- che Isis comprese che stava
rivivendo
il triste giorno della fine dei Cavalieri dei Draghi, anche se non
capiva come
mai, e neppure riusciva a spiegarsi perché nessuno la
vedesse, o nulla la
colpisse; perché fosse…praticamente invisibile.
Concentrata come mai prima
d’allora, su Vrael e l’assassino
cerchio umano che si era creato attorno a lui,- mentre sperava
segretamente che
la sua presenza avrebbe potuto mutare la mesta sorte di
quell’elfo- Isis fu
testimone di come i Rinnegati si fossero aperti in due ali, per lasciar
passare
tra loro Galbatorix. La Dark Angel
notò allora con stupore che non era cambiato da
quel momento a quando l’aveva visto ad Uru Baen, come se non
sentisse il peso
del tempo che passava; ma questo non le impedì di ammutolire
quando lo sentì
rivolgersi al Cavaliere dall’armatura bianca.
-
Vrael, uno dei
migliori Cavalieri mai esistiti, posto a
capo dell’Ordine, che cade preda dell’arroganza.-
lo sbeffeggiò, con finto
rammarico, suscitando l’ilarità generale.-
è finita Vrael. Arrenditi. Non hai
altra soluzione. Arrenditi ed avrai salva la vita.- gli propose
Galbatorix, con
velate minacce, mentre nei suoi occhi brillava la luce della follia.
L’elfo, ultimo baluardo di
speranza, si tolse l’elmo,
lasciando che i capelli gli si spargessero sulle spalle in una cascata
di raggi
di sole- ad Isis in quel momento parve più splendente di un
astro, e rimase
senza fiato nel constatare da vicino la sua bellezza, la sua sicurezza
e la
spavalderia che sembrava irradiare, quasi splendesse di luce propria-
così, la
ragazza quasi si ritrovò ad esultare quando vide il
Cavaliere tirare il proprio
elmo ad uno dei Rinnegati, riuscendo a colpirlo, tagliandogli la gola e
lasciandolo morto sul terreno, nel giro di pochi istanti.
-
Non è
vero, Galbatorix, e lo sai. Non sarà mai finita,
finchè anche uno soltanto si opporrà a te, ed
agli ignobili traditori che ti
seguono. Non sono io ad aver perso, ma tu, perché ho appena
chiuso le porte di
Dorù Areaba, impedendoti di avere gli ultimi draghi che
volevi. E non mi
arrenderò mai, non a te, perché so che le tue
parole sono intrise di bugie- lo
sfidò fieramente Vrael, gli occhi azzurri che saettavano
come un mare in
tempesta, forte del fatto che la verità fosse dalla sua
parte.
Accecato dalla rabbia, Galbatorix,
urlando mentre brandiva
la propria spada, si gettò su di lui, animato dal folle
desiderio di
combatterlo. Il capo dei Cavalieri, ringraziando i propri riflessi
fulminei di
elfo, con poche mosse riuscì a mettere in fuga i Rinnegati,
che si trovavano attorno
a lui, servendosi di alcuni incantesimi, e riuscì al tempo
stesso a parare il
mortale colpo del loro capo, proprio sopra la propria testa, con la sua
splendida spada dalla lama candida, che, colpita dal sole
scintillò di decine
di riflessi iridescenti.
Lo scontro assunse subito un ritmo
frenetico ed Isis rimase
presto rapita ed affascinata dai movimenti di Vrael, che somigliavano
ad una
danza tanto erano fluidi e veloci. Subito si ritrovò a
ridere, rendendosi conto
di quanto la grazia di quell’elfo mettesse in risalto la
pesantezza ridicola
dei gesti di Galbatorix, che somigliava ad un Kull.
Dopo diverso tempo, fu chiaro che
ormai Vrael era in
vantaggio, ed infatti, un secondo più tardi, la sua spada
brillò nell’ombra
cupa di quella folle battaglia, e la lama bianca riuscì a
ferire al collo il
suo avversario, che cadde sull’erba, atterrato.
Il capo dei Cavalieri gli punto
allora la spada alla gola,
trafiggendolo con lo sguardo:
-
Avanti:
fa’ ciò che devi, bastardo.- lo esortò
il
futuro re di Alagaesia, con aria di sfida.- O forse il più
saggio ed il più
coraggioso dei Cavalieri non vuole sporcare le sue luride mani
arroganti? O
magari detesti che la tua preziosa Vrangr debba macchiarsi eternamente
del
sangue sporco di un traditore?- lo derise Galbatorix.
In quel momento Isis trattenne il
fiato, certa che l’elfo
cui era appartenuto l’Eldunarì che ora lei aveva
con sé, avrebbe dato il colpo
di grazia al capo dei Rinnegati…ma improvvisamente si
accorse che gli occhi di
Vrael si erano fatti lontani, distanti, persi in mille ragionamenti,
via via
che le parole di Galbatorix gli penetravano sotto l’armatura,
sotto la pelle,
polverizzando le sue difese, tramite lo strisciare di centinaia di
dubbi; e fu
sicura che quella sua unica esitazione gli avrebbe fatto perdere tutto
il
vantaggio che aveva, la sua flebile possibilità di vittoria,
ed avrebbe persino
segnata la sua condanna a morte.
Per quel motivo avvertì
che le mancava il respirò quando si
accorse che il futuro tiranno di Alagaesia stava per approfittare di
quella
distrazione: lo vide, infatti, estendere una mano da un lato, lesto,
senza mai
distogliere lo sguardo da Vrael, e, con un gesto altrettanto fulmineo
riuscì a
brandire di nuovo la propria spada( dopo averla ritrovata sotto il
tocco delle
dita) e lo trafisse al fianco.
La Dark Angel
notò allora, che dal bel viso di Vrael defluiva ogni
colore mentre strabuzzava gli occhi, sorpreso, raggelato, e si
tamponava
l’armatura squarciata in quel punto, con le mani, costatando,
terrorizzato che
il sangue dilagava inesorabilmente, rischiando di contaminare le altre
candide
parti.
Forse sarebbe caduto in ginocchio, e
Galbatorix- che si
stava rialzando proprio allora- gli avrebbe fatto pagare con la vita,
gli
affronti che aveva appena dovuto subire; ma fortunatamente,
l’immenso, maestoso
drago bianco di Vrael si interpose tra loro, e fece salire il proprio
Cavaliere
in groppa, traendolo in salvo, facendolo scampare da morte certa.
Isis era rimasta distesa supina sul
terreno per un tempo
interminabile, ed indefinito- avrebbero potuto essere poche ore, o
anche alcuni
giorni- tutto ciò che la ragazza sapeva, era ciò
che riusciva a sentire: la
vista, infatti, le si era offuscata, e solo le orecchie erano di suo
supporto,
ormai. Ma non riusciva più a sentire lo scroscio della
pioggia, né il più
flebile ruggito di un drago…tutto sembrava quieto,
ammutolito, e la Dark Angel si
ritrovò a
tremare a causa di quel silenzio mortale, soprattutto
perché, oltre ad essere
diventata improvvisamente ed inspiegabilmente cieca, aveva
l’impressione di non
riuscire a muoversi, come se una forza invisibile la tenesse inchiodata
al
terreno.
D’un tratto, senza alcuna
spiegazione, così come se n’era
andata, la vista le tornò, ma il panorama che si
parò davanti agli occhi di
Isis, non era più quello ameno della sua amata e sacra
isola, bensì quello
desolato, nebuloso e freddo dell’altissimo Monte Utgard. Alla
ragazza sembrava
di volare, e man mano che si avvicinava distinse la sagoma regale del
drago di
Vrael, che preoccupato, stava acciambellato attorno al suo Cavaliere.
Ad Isis
parve di trovarsi al fianco di quell’elfo, tanto vicino che
aveva l’impressione
che se avesse allungato la mano, avrebbe potuto toccare la sua fluente
chioma
bionda.
Si inginocchiò quindi, al
loro fianco, rispettosa, mentre, cercando
di ricacciare indietro le lacrime, per non farsi sentire da quei due,
ascoltava
il capo dei Cavalieri che, - nonostante fosse ferito- aveva trovato la
forza di
pregare le stelle perché gli dessero la
possibilità ed il tempo di salvarsi e
di recuperare le forze, quella volta, per poi tornare a battersi con
Galbatorix, per fermare la follia di quel traditore; ed in seguito
pregò per la sua Esther, la sua
amata, che sperava di riabbracciare, ed ammirare quando
l’avrebbe vista per la
prima volta con il loro bambino in braccio.
Versò lacrime di gioia a
quell’ultimo pensiero, ed Isis,
rimanendo affascinata a studiarlo, si ritrovò ad amarlo, a
rispettarlo, perché,
nonostante soffrisse visibilmente, manteneva il suo contegno, ed i suoi
tratti
restavano belli come quelli di qualsiasi elfo; inoltre, il fatto che
avesse
pianto, che avesse rivolto i propri pensieri alla sua compagna,
rivelando
quanto traboccasse d’amore il suo cuore, quanto fosse viva in
lui, la fiamma
dell’umanità.
Tuttavia, la ragazza ebbe solo il
tempo di formulare quelle
riflessioni, e non potè esprimere la propria commozione,
perché dall’ombra
comparve Galbatorix, gli occhi che brillavano di follia, mentre
brandiva la
propria spada, avanzando verso Vrael. Sia la Dark Angel
che l’elfo
biondo sobbalzarono allora, ma solo il Cavaliere trovò la
forza di alzarsi in
piedi, e fronteggiare quel folle, sguainando la sua splendida spada.
-
Ma bene,
Cavaliere…cosa fai, qui? Pensavi che questo
rifugio ti avrebbe nascosto da me?- lo provocò, le labbra
piegate in un ghigno
spaventoso.
Non gli diede neanche la
possibilità di replicare, poiché
con un urlo di guerra, si gettò su di lui, in un lampo.
Vrael riuscì ad evitarlo,
grazie ai propri riflessi, e tra
loro riprese quel duello che avevano lasciato in sospeso.
Durò molto, ma
nonostante questo(come pure nonostante la profonda ferita che aveva al
fianco)
i movimenti del Cavaliere dall’armatura bianca, non persero
mai la loro grazia,
e la loro velocità, anche se l’elfo iniziava ad
accusare stanchezza.
Poi, d’un tratto,
Galbatorix compì un gesto che lasciò Isis
senza parole, e fremente di rabbia- anche se avrebbe dovuto
aspettarselo da un
pazzo simile: sferrò un calcio all’inguine del
Cavaliere che era stato il
migliore tra i Cavalieri, ed il loro capo; e quel colpo scorretto lo
fece
cadere in ginocchio, permettendo così al futuro re di
Alagaesia di sputargli in
faccia, prima di recidergli la testa di netto.
A quella vista, la Dark Angel
avvertì un fiume di lacrime bruciarle
sotto le palpebre, sentì che le forze le venivano meno,
seppe che il corpo le
si stava facendo molle, che si stava sgretolando, e nel tempo di un
battito di
ciglia, si ritrovò in un altro luogo, lontana dal Monte
Utgard, un posto che
tuttavia, ancora una volta, non era la Vroengard.
La sua ansia scomparve subito, quando
riconobbe Esther, la
compagna di Vrael, seduta dinnanzi ad uno specchio, intenta a
pettinarsi i
capelli castani, canticchiando mentre, di tanto in tanto, si carezzava
il
ventre, fattosi ancora più gonfio dall’ultima
volta che l’aveva vista- notò
Isis.
La Dark Angel
quindi, le camminò intorno, piano, inquieta, indecisa,
se piegarsi sul suo orecchio e sussurrarle ciò che aveva
visto. Ma
d’improvviso, la bolla di tranquillità che aveva
circondato Esther, esplose, e
l’espressione della donna si incupì. Per un
secondo trattenne il respiro, poi
prese ad inalare aria affannosamente, premendosi una mano sul cuore,
mentre
qualche silenziosa lacrima le rigava il viso.
Che avesse scoperto qual era stata la
sorte del suo
compagno?
Isis fu travolta dal dolore che
colmava il cuore della
donna, così come dalla sua determinazione, a non lasciarsi
andare: sapeva che
di lì a poco i Rinnegati sarebbero venuti per ucciderla, ma
lei doveva vivere, almeno per dare
alla luce
il bambino che portava in grembo!
Nonostante sapesse quale pericolo
rappresentasse per lei,
cavalcare- dal momento che avrebbe potuto partorire da un momento
all’altro-
quella donna, agli occhi di Isis, fu tanto coraggiosa, o tanto folle da
intraprendere ugualmente quello che sapeva sarebbe stato il suo ultimo
viaggio-
che la
Dark Angel
seguì dall’alto, come fosse stata un incorporeo
uccello- per salvare almeno una
delle due vite che doveva proteggere. Ed entrambe, pur senza guardarsi,
o senza
toccarsi, seppero che esisteva un unico luogo che poteva definirsi
sufficientemente sicuro per il piano che Esther aveva in mente.
La donna giunse quindi alla Vroengard
di mattina, il sole
alto nel cielo, ma Esther non ne gioì, perché le
tremavano le gambe ora che
poteva constatare di persona lo scempio che era stato fatto di quella
che un
tempo era stata la culla dei Cavalieri dei Draghi. Quella donna,
condivise
allora con Isis l’orrore e lo strazio per la violazione e la
dissacrazione di
quel luogo.
Tra le lacrime, rendendosi conto che
Esther iniziava a
perdere sangue, e quindi decisa ad aiutarla in ogni modo- nonostante
lei non
potesse neppure percepirla-; la Dark Angel
subì un vero shock nel riconoscere le slanciate,
eteree figure di Phot e Nigetal, che venivano verso di lei, e verso
quella che
era stata la compagna del capo dei Cavalieri.
Animati da un forte senso di
responsabilità verso quelle due
vite, che erano nelle loro mani, aiutarono la donna a partorire,
presero il
fagotto urlante, dalla pelle color nocciola, sul petto di Esther, e
subito,
madre e figlia ritrovarono calma e sollievo, nella reciproca vicinanza.
La compagna di Vrael
riuscì addirittura a sorridere
scorgendo una stella argentea sulla fronte della neonata.
-
Proteggetela,
Vrael l’ha benedetta: ha detto che
crescerà solo in tempi sicuri…-
mormorò. Un attimo dopo chiuse gli occhi. Per
sempre.
Riemergendo da quella che ormai aveva
capito essere una
serie di visioni, su ciò che era avvenuto in passato, Isis
sentì il disperato
bisogno di aggrapparsi all’erba tutt’attorno a
sé, per ritrovare il contatto
con la
realtà. Era
di nuovo sulla sua isola, ed il sole le carezzava le membra con calore,
per
tranquillizzarla. Era sotto shock, e non riusciva a parlare, ma si
costrinse a
trovare la forza di aprire la mante al suo Eldunarì.
Maestro, sei
stato tu
a mostrarmi quelle visioni? Chiese
No, Isis.
Credo che
ciò che hai visto, fossero i tuoi stessi ricordi. Sentenziò, pacato, con
saggezza e delicatezza.
Quindi…quella
neonata…ero…io?
E questo fa di me…la
figlia di Vrael? Fece, sconvolta. Ma
perché ho potuto vedere tutto questo solo ora?
Perché
solo ora hai
accettato completamente l’amore nel tuo cuore. Le
spiegò il maestro,
colpendola.
Allora, non
volterò le
spalle ai miei genitori, mostrerò loro quanto mi sono state
utili le loro
lezioni, il loro amore indissolubile, il loro amore ed il forte senso
del
dovere che li animava. Saranno fieri di me, sapendo che non sto
voltando le
spalle al divenire del mondo proprio ora che sta cambiando, e che anzi,
farò
qualcosa anch’io per salvare Alagaesia, e renderla una terra
migliore.
Promise.
Bene. Sono
ammirato e
fiero delle tue parole, figlia di Vrael. Poiché sei la sua
unica erede e te ne
sei appena dimostrata degna, vorrei che tu indossassi la sua armatura,
e che
brandissi la sua spada. Disse solennemente
l’Eldunarì del drago di Vrael.
Cosa? Le
armi di…di mio
padre sono qui? Domandò
sorpresa
Isis.
Piegando l’universo di
stelle che lo componeva, in un
sorriso, il cuore dei cuori annuì, e stava per condurla a
vedere la sua
“eredità”, quando il verso del falco
della ragazza, mise entrambi in allarme.
La Dark Angel
lo fece posare sul proprio braccio e, memore del fatto
che avesse chiesto che Nasuada la tenesse informata
sull’esito delle battaglie
dei Varden; si rese conto che le tremavano le dita, mentre srotolava il
piccolo
pezzo di pergamena che aveva preso dalle zampe del suo animale.
“ Isis,
abbiamo
conquistato
Feinster con successo, e poco tempo dopo anche Belatona ha subito la
stessa
sorte. Ma abbiamo un problema, e ci serve il tuo aiuto.
Nasuada”
Fu leggendo quelle ultime parole che
la ragazza temette il
peggio.
ANGOLO AUTRICE
Eccovi un altro post extra!
Il capitolo 23 comprenderà
una seconda parte ma spero lo
stesso che vi sia piaciuto.
Vorrei ringraziare Arcadia_Azrael
per
i commenti
che mi ha lasciato!
Un
abbraccio a tutti!
marty23
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Capitolo 28 *** volgersi al passato rischiara il futuro (parte 2) ***
Capitolo 23
Volgersi al
passato
rischiara il futuro
Parte 2
Murtagh aveva impiegato giorni a
trovare il coraggio di
varcare di nuovo la soglia della stanza che era stata sua e che aveva
condiviso
con Isis, ed era la prima volta dopo la sua fuga, che lo faceva, da
solo.
Da ore ormai, stava seduto sul
pavimento freddo, stringendo
al petto i libri che la sua Dark Angel-
dopo aver scoperto che erano i preferiti di Castigo- aveva insistito
per
riporre negli scaffali dello studiolo, sostituendoli a quelle che erano
state
le armi del ragazzo prima che fosse Cavaliere.
Il dolore che Murtagh provava era
insostenibile, tanto forte
e vasto che aveva la sensazione che lo stesse sommergendo ogni giorno
di più;
tanto che gli sembrava gli si stesse solidificando attorno come
un’armatura,
rendendo sempre più lontana e simile ad un’eco, la
presenza di Galbatorix.
Gli sembrava strano non riuscire
più a percepire in maniera
totalizzante l’opprimente dominio che Galbatorix aveva sempre
esercitato su di
lui, tuttavia, lo strazio che sentiva per la perdita di Isis era
così grande da
non dargli la possibilità né la voglia di curarsi
del tiranno.
Dopo l’episodio
dell’inseguimento della figura
incappucciata, però, nel cuore di Murtagh si era sommata
un’altra emozione, a
quel dolore: la frustrazione.
Era tanto accanitamente convinto che
quella sconosciuta fosse
Isis, che non riusciva a pensare ad altro tutto il giorno,
né riusciva a
perdonarsi di essersela fatta scappare.
Il suo ricordo quindi, per lui mutava
sempre più in un
baluardo che gli permetteva di percepire in modo ogni giorno
più lieve, il
controllo che Galbatorix esercitava su di lui, ma la memoria del loro
ultimo,
fugace incontro, diventava sempre più
un’ossessione.
Fortunatamente, a salvarlo dal
baratro della follia- così come
era sempre stato pronto a condividere il suo dolore con lui- in ogni
momento,
c’era Castigo, che, di tanto in tanto, squarciando
l’incessante ripetizione
dell’ultimo, fallimentare inseguimento di Isis, spingeva il
suo Cavaliere a
chiedersi, come mai avesse fatto ritorno.
D’un tratto, quando ormai
il pomeriggio aveva preso il posto
del mattino,- ed il Cavaliere era ancora lì, con i libri tra
le mani- sempre
solidale e premuroso nei confronti del suo amico, il drago cremisi,
percependo
che Murtagh era stato convocato da Galbatorix, lo esortò a
presentarsi al suo
cospetto, per non lasciar intendere al re che quasi non ne percepiva
più la
presenza nella mente.
Il figlio di Morzan, anche se di
malavoglia, seguì quel
saggio consiglio e si diresse nella Sala del Trono, seppur sorretto con
difficoltà dalle gambe malferme.
Gli pareva di vedere e sentire tutto
attraverso una massa
d’acqua, a causa dello stato di distacco a cui il dolore e
l’ossessione lo
stavano portando. Per questo non si scompose quando udì
Galbatorix urlare:
-
Ehi, ragazzino!
Datti una ripulita ed una svegliata,
soprattutto! Ti voglio pronto a partire subito, perché esigo
che catturi il tuo
fratellino, e la sua dragonessa: voglio sapere se sono interessati a
piegarsi a
me e ad essere gli strumenti che mi permetteranno di rifondare i
Cavalieri!-
Murtagh stava sellando Castigo,
controvoglia. Il suo drago
era stato felice di ritrovare le sue guance, dopo che lui si era deciso
a
rasarsi, e, durante il bagno, nonostante il parere contrario del
ragazzo- che
mai come in quel momento sentiva di avere la capacità e la
possibilità di
opporsi al re-, era riuscito a convincere il suo Cavaliere a non
disobbedire
all’ordine di Galbatorix, poiché altrimenti-
temeva- sarebbe stato chiaro agli
occhi del re, che stava capitando qualcosa che non gli garantiva
più il
controllo totale su Murtagh.
Spiccando il volo, Castigo
percepì dei venti contrari, e
aria di pioggia in arrivo.
Sento
profumo di
tempesta, all’orizzonte…fece notare il
drago al ragazzo.
Sbrighiamoci
allora. Sputò,
dopo aver sussultato, riconducendo quel particolare al sogno ricorrente
che
faceva, che aveva per protagonista Isis. Non
ho voglia di bagnarmi.
Saphira, appollaiata in bilico sui
merli delle mura del
castello di Belatona, sentiva i propri muscoli tendersi, pronti ad
obbedire non
appena fosse balzata giù, spiccando il volo.
Era felice che lei ed il suo piccolo,
dopo il felice esito
della battaglia, fossero riusciti a ritagliarsi un momento
così semplice,
eppure tanto magico, da condividere insieme.
Riusciva a percepire il formicolio
dello stomaco del suo
Cavaliere,- dovuto sia alla fame, sia alla consapevolezza
dell’imminente salto
nel vuoto- cose se lei stessa lo stesse provando. Sorrise, ed un attimo
dopo
fece sì che Eragon vedesse il mondo inclinarsi, poi,
dispiegando elegantemente
le ali,- sentendosi sempre più viva, via via che sfidava i
venti contrari ed i
borbottii sempre più vicini, di un’imminente
tempesta- si tuffò spensierata nel
denso strato di fumo che aleggiava su Belatona, come una coltre di
dolore e
rabbia.
Ma il tunnel- con il suo perfetto
buco nel fumo- che i due
si erano creati, non vide mai il foro d’uscita,
perché, avvolti da quel buio
innaturale, erano come ciechi, perciò tutto ciò
che Saphira ed Eragon udirono,
fu il ruggito di un altro drago, che era rimasto nascosto grazie al
favore di
quelle strane tenebre; poi la dragonessa sentì gli artigli
dell’avversario che
calavano su di lei, ed entrambi, preda del panico, cedettero fosse
giunta la
fine, per loro.
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Capitolo 29 *** l'angelo salvatore ***
Capitolo 24
L’angelo
salvatore
Isis si era concessa qualche ora, per
contemplare e
carezzare la perfetta, bianchissima armatura di suo padre, nella
speranza di
trovare un nuovo legame con lui, poi, aveva tenuto tra le mani Vrangr,
sfiorandola quasi con timore, come fosse stata sacra. Aveva seguito,
con i
polpastrelli l’intera fisionomia della lama candida, dai
riflessi iridescenti,
ed in seguito aveva fatto lo stesso con l’elsa, -sormontata
da un diamante
tagliato come fosse stato una rosa- in argento cesellato, a ritrarre la
forma
di un drago, che sembrava avervi attorcigliato la coda attorno;
trattenendo per
tutto il tempo il respiro, emozionata.
Ora, dopo essere tornata a terra ed
aver rubato una
cavalcatura, aveva nascosto tutta l’armatura del padre,
dividendola in pezzi,
in uno zaino di fortuna, e in un paio di sacche che aveva legato lungo
i
fianchi del cavallo. La spada di Vrael, invece, le batteva contro una
coscia,
legata al fianco, ed Isis, ad ogni contatto, non riusciva a fare a meno
di
immaginare che forse, le pacche d’incoraggiamento da parte di
suo padre, per
l’impresa che stava per intraprendere, sarebbero state uguali.
La Dark Angel
aveva la strana sensazione che per l’Eldunarì del
drago
di Vrael, la scoperta che la ragazza fosse figlia del suo Cavaliere,
avesse
significato molto, perché gli pareva sentisse che il loro
legame si era fatto
più saldo. Poteva, infatti, solo in quell’ottica
spiegarsi l’intenso vigore con
cui il suo maestro dava fondo alle proprie energie per trasmetterle a
lei, ed
al cavallo, che, portando entrambi, sembrava volare attraverso le
immense
pianure di Alagaesia.
Isis era anche meravigliata del fatto
che, nonostante le
dolci premure che il cuore dei cuori aveva nei suoi confronti, sembrava
anche
aver cambiato atteggiamento: durante quei duri giorni di viaggio,
infatti, la
spronava ad andare sempre avanti, persino di notte, fermandosi solo
quando
capiva che era strettamente necessario. In quel modo raggiunsero il
Surda in
poco meno di dieci giorni.
Mettere di nuovo piede
nell’accampamento dei Varden fu, per
Isis, un’immensa gioia, perché, nonostante avesse
in nervi tesi per il timore
di scoprire la brutta notizia che Nasuada le aveva annunciato- oltre al
fatto
che riuscisse addirittura a sentirne l’odore,
nell’atmosfera triste che
aleggiava tra tutte le tende- si fermò comunque a salutare
quante più persone
potesse, poiché finalmente era tornata a percepire quel
posto come un luogo
popolato da amici.
Non appena giunse al padiglione rosso
del comando, si rese
conto che sarebbe stato inutile entrare, dal momento che tutti coloro
che
avrebbe dovuto incontrare, si erano precipitati fuori, (ed agli occhi
della
ragazza somigliavano quindi, terribilmente ad uno strano corteo
funebre)- quasi
la negatività di quella ignota notizia fosse ancora
più pesante, insostenibile,
in un luogo chiuso.
Quando la riconobbero- aveva infatti,
avuto immediatamente
la premura di lasciar cadere il cappuccio del mantello sulle spalle- le
parve
che una ventata di luce e speranza si fosse diffusa tra quella piccola
folla,
vivificandola.
Isis cercò di apparire
rassicurante mentre avanzava,
sorridendo a tutti: ai dodici elfi guidati da Blodhgarm- che se ne
stavano un
po’in disparte; a Roran, cui la moglie stava carezzando piano
i capelli,
cercando un modo per scacciare quell’espressione mesta dal
suo viso; a re
Orrin, ed a Nasuada, che sembrava essersi spenta, gli occhi vitrei,
pieni di
decine di fantasmi e preoccupazioni.
In ultimo, percorrendo
l’immensa sagoma cerulea di Saphira
con lo sguardo, ne studiò velocemente il grosso muso e,
trovandolo rigato di
lacrimoni, comprese ogni cosa, con orrore.
Sforzandosi comunque di non cadere
preda del panico, si
fermò dinnanzi a loro salutandoli rispettosa.
-
Grazie per essere
venuta, Isis.- esordì Nasuada, la
tensione che le correva sotto la pelle era palpabile, ma la Dark Angel
trovò
ammirevole che quella donna, poco più grande di lei,
continuasse a mostrare
coraggio, dandosi un contegno quasi regale.
Mormorando che, in quanto Dark Angel,
e loro amica, si
sarebbe volentieri resa utile di nuovo, la ragazza le sorrise. Poi,
salutandola
come le avevano insegnato gli elfi, si volse verso la dragonessa,
spalancandole
la mente.
Le sembrò di essere sul
punto di soffocare quando percepì
l’immenso, straziante dolore che dilagava nel cuore di
Saphira, che la travolse
come una marea.
Salute,
Saphira
Squamadiluce. Cos’è questo spettro di tristezza
che percepisco aleggiare qui?
Le chiese formalmente.
Isis, ti
ringrazio per
esserti precipitata qui, al nostro fianco. Lascia che ti spieghi : a
seguito
della conquista di Belatona, io ed il mio piccolo abbiamo volato
insieme…
lontani dai dodici elfi il cui unico compito è … era
vegliare su di me e su di lui. La tempesta
imminente alleviandoci dal
peso di tutta la morte che avevamo causato, ma forse mi ha addirittura
resa cieca…
perché non sono riuscita a rendermi
conto
che Murtagh era con noi nascosto… almeno no
finchè il suo cuccioletto folle non
è mi è planata addosso dalla coltre di
fumo…abbiamo lottato, accanitamente,
mentre i lampi rischiaravano tutto, ma Eragon ha perso le sue energie
presto,
visto che quel traditore aveva con sé molti
Eldunarì ! E così, quando è
scivolato dalla mia sella, svenuto, Murtagh lo ha catturato. Io sono
riuscita a
mettermi in salvo, come mi ha ordinato il mio Cavaliere, ma…
è stata tutta
colpa mia non avrei lasciato cadere nelle
mani di quel traditore! E ora, chissà cosa gli
succederà ? Sara tutto
per colpa mia ! Povero piccolo mio ! Saphira
si era aperta completamente con lei,
ed il fatto che fosse straziata, sconvolta, traspariva da ogni parola :
sembrava quasi che stesse rivivendo l’accaduto attraverso le
sue stesse parole.
Grattò nervosamente il terreno con gli artigli, e frustando
l’aria con la coda
ruggì adirata con se stessa perciò che avrebbe
potuto subire il suo Cavaliere.
Isis vide che stava lasciando, pian piano che il terrore la divorasse.
La Dark Angel
gettò un’occhiata a Nasuada, per lasciarle
intendere
che aveva capito come mai avesse fatto si che fosse Saphira
a raccontarle tutto tramite un contatto mentale; e no le
aveva parlato lei stessa : se
infatti
la voce di rapimento di Eragon si fosse diffusa
nell’accampamento dei _Varden
sarebbe sceso il panico, e forse l’esercito si sarebbe
sgretolato, decretando
così la
definitiva sconfitta dei ribelli,
prima di arrivare a Dras-Leona.
Tornò a voltarsi risoluta,
verso la dragonessa dalle squame
lucenti, e le fece una fugace carezza sul muso cercando di trasmetterle
la sua
convinzione che dovesse incolparsi di quell’accaduto, mentre
incatenava quegli
occhioni blu ai propri, incendiati di una fiamma di determinazione che
era
dilagata fino al cuore.
C’è
un solo posto dove
Eragon può essere portato: Uru Baen. Se sei disposta ad
accogliermi sul tuo
dorso , partiremmo subito.
Ti prometto
che
salveremo il tuo Cavaliere, e lo riavrai indietro sano e salvo. Le
giurò ,
col cuore che pulsava potente nel petto scandendo i battiti come un
tamburo di
guerra.
Saphira rimase per qualche attimo a
studiare quell’umana
esageratamente coraggiosa per essere un’umana- ai suoi occhi
– o forse un
po’folle.
Perché
stai facendo
questo, Isis ? Non fraintendermi, sono onorata di avere una compagna
come te al
mio fianco , per compiere questo salvataggio folle…. Non
avevi detto di aver
fatto tutto ciò che potevi, per i Varden? La
interrogò la dragonessa
perplessa.
E’
vero, l’ho detto –
esordì, come se avesse ammesso una colpa – ma la
missione primaria dei Dark
Angel è sempre stata la salvaguardia dei Cavalieri e dei
Draghi, anche a costo
del sacrificio della propria vita quindi , intendo onorare le sagra
tradizioni
del mi popolo e rendermi utile per voi e per tutta Alagaesia. Anche
perché sono
in debito con voi due dal momento che avete rischiato la vita per
salvarmi la
vita giorni fa. Le
spiegò, ed in
quel momento Saphira percependo la sincerità di quelle
parole ruggì con
possanza, rinvigorita, riuscendo quasi a far tremare la terra sotto le
proprie
zampe.
I dodici Elfi capitanati da
Blodhgarm, che avevano capito le
intenzioni della ragazza piegarono i muscoli dei corpi flessuosi,
pronti a
seguirla.
Ma Isis li fermò,
sollevando una mano, col palmo aperto
davanti a sé e disse:
-
No, voi resterete
qui.- E, nel frattempo legò svelta le
sacche contenenti parte dell’armatura di suo padre, alla
sella di Saphira che,
letteralmente fremeva per spiccare
il
volo.
-
Cosa?!-
protestò Blodhgarm, e la folta pelliccia blu
sulla sua schiena si rizzò come il pelo di un gatto.- Il
nostro compito è
proteggere Eragon e Saphira…-
-
E
l’avete sempre svolto bene.- lo interruppe la
ragazza, con tono pratico- Ma questa volta devo andare io
assieme a Saphira. Non voglio mancarvi di rispetto, Alfya,
ma lo faccio perché conosco Uru
Baen come le mie tasche. E perché, credo, che la presenza di
dodici elfi
potrebbe…dare nell’occhio.-
in
seguito, dopo aver sostenuto lo sguardo adirato di Blodhgarm,
rivolgendosi
ancora a lady Nasuada, la informò:
-
Non temete: non
lascerò che ad Eragon e Saphira accada…nulla. Partirò immediatamente.
Col tuo
permesso, lady Nasuada.- e, così dicendo, si
issò, fino a sedersi sulla sella
della dragonessa, con una serie di movimenti attenti, ma fluidi.
-
Aspetta.- la
fermò il capo dei Varden.- Sei arrivata
ora, dopo un viaggio che sicuramente sarà stato estenuante.
Non vuoi
rifocillarti?- le domandò, sinceramente preoccupata per lei.
Isis si sentì confortata,
udendo quelle parole. Adesso era sicura
che quel posto pullulasse di
persone degne di essere
chiamate “amici”: Nasuada, era veramente,
sinceramente preoccupata per lei, tanto
da non curarsi affatto degli sguardi biechi che gli elfi lanciavano al
suo
indirizzo; ed Elva, che sotto lo spesso strato di apparente
ostilità, aveva
dimostrato di essere in grado di mostrare affetto,
e soprattutto un forte attaccamento nei suoi confronti; ed infine,
c’erano
Saphira ed Eragon, così teneramente legati l’uno
all’altra, da riuscire a
commuoverla ogni volta.
La Dark Angel
sorrise a Nasuada, dall’alto della groppa di Saphira,
ma il sorriso non contagiò gli occhi, la cui espressione
rimase ferma, anche se
non dura.
-
Un solo secondo
può fare la differenza tra la…vita e la
morte di Eragon.- sentenziò la ragazza, abbassando la voce
perché non tutti
sentissero l’ultima parte della frase.
Quindi, considerando quelle parole
come una sorta di
commiato, Saphira dispiegò le ali possenti con un rumore
lieve, simile al
morbido fruscio di pelle che sfiora altra pelle. Il movimento
creò un vortice
d’aria silenzioso che si propagò come una serie di
onde in uno stagno. E,
mentre tutti si bloccavano per guardare quello spettacolo, Isis
percepì l’aria
che le premeva sulla faccia, per via del vigore con cui la dragonessa
si era
staccata dal terreno.
La Dark Angel
dalla pelle color nocciola aveva spiegato più volte a
Saphira la planimetria del palazzo di Galbatorix durante i due giorni
di
viaggio che avevano condiviso insieme, per giungere ad Uru Baen.
Era notte fonda- una notte di luna
nuova tremendamente buia-
quando Isis, sorridendo per il favore delle tenebre, nascose il viso
nel
cappuccio del proprio mantello, un attimo prima di ripetere ancora una
volta
alla dragonessa che si sarebbero ritrovate dopo poche ore nel Giardino-
per
atterrare nel quale, però, avrebbe atterrare e zittire
Castigo-; e poi
scomparve, sotto il mantello delle tenebre, diretta alla Tana del Lupo.
Sembrava un’ombra, Isis,
mentre avanzava lesta nei corridoi
del palazzo di Galbatorix. Nessuno sembrava vederla- alcuni le
passavano
addirittura accanto, come se lei fosse stata invisibile-
né udirla, mentre lei continuava a cantilenare
incantesimi(che Murtagh stesso le aveva insegnato) per bloccare la rete
di
sortilegi di cui le prigioni erano intrise; e far sì che non
venisse percepita.
Dopo decine di passi sicuri, la
ragazza si bloccò, poiché i
dubbi iniziavano a divorarle la mente: come avrebbe fatto a scoprire in
quale
cella era detenuto Eragon? Era vero che conosceva a fondo Uru Baen, ma
il
favore di quella temporanea invisibilità, non sarebbe durato
a lungo. Avrebbe
avuto poco tempo, per controllare troppe celle…
A combattere la paura che la stava
paralizzando, come un
fulmine a ciel sereno, nella testa della Dark Angel si fece
prepotentemente
largo un’idea. Quindi, lievemente noncurante- nonostante
continuasse a tremare
appena- aprì piano la mente, per sondare le presenze che
erano eventualmente
accanto a lei, o nelle vicinanze.
Muovendosi come fosse stata cieca,
arrivò a posare il palmo
della mano sulla parete di una cella leggermente diversa dalle
altre…e dopo
averla riconosciuta come la cella in cui era stata detenuta durante il
secondo
periodo della sua prigionia, dove aveva inoltre incontrato la figlia e
l’amante
di lord Hunyad; sorrise appena, ma il sorriso svanì subito,
non appena percepì
due menti sveglie all’interno di essa, una delle quali,
sarebbe stato per lei
impossibile non riconoscere, persino in una folla: poiché
apparteneva a
Murtagh.
D’istinto serrò
le dita attorno all’elsa dello Specchio
dell’Anima, accecata da un’improvvisa furia,
infine, facendosi forza, dopo una
serie di profondi respiri ad occhi chiusi, si convinse a spalancare
quella
porta ed a varcarne la soglia, con passo sicuro.
-
Povero ingenuo
fratellino! Ti ostini a non credere a
Galbatorix, convinto che la tua dragonessa ti salverà; ma
non hai ancora capito
che ti ha abbandonato? E credo abbia fatto la cosa migliore, dal
momento che,
se il re dicesse vederla, sarebbe condannata anche lei, al tuo stesso
destino.-
stava dicendo Murtagh, rude, amaro.
Isis, aprendo la porta quel tanto che
bastava per passare,
ma senza essere scoperta; lo trovò seduto a terra, con la
schiena contro il
muro, le gambe raccolte al petto; in modo da poter guardare bene in
faccia
Eragon, che era incatenato alla parete opposta, il petto completamente
nudo e
pieno di ferite, percorso da involontari spasmi di dolore, il viso
spaventosamente tumefatto, e visibilmente sofferente.
-
Mi fai ribrezzo,
Murtagh.- Esordì la Dark Angel,
a quella
vista. La sua voce, che parve tuonare
nel silenzio di quella lugubre stanza, fece sobbalzare entrambi i
fratelli, che
si voltarono verso il buio attraverso il quale lei aveva parlato.
Isis emerse dall’ombra
lentamente, contemplando dura, con una
postura rigida, lo sguardo sbalordito di Murtagh fisso su di lei.
-
I-Isis…-
sussurrò, agghiacciato, come se avesse visto
un fantasma, eppure allo stesso tempo speranzoso. Si staccò
dal muro e finì
praticamente in ginocchio ai suoi piedi: ai suoi occhi, la donna che
gli stava
davanti, irradiando forza e determinazione da ogni fibra della sua
pelle; sembrava
una dea vendicatrice, venuta solo per giustizialo.
-
Mi fai ribrezzo.-
ripetè- Questo tuo provare un piacere
perverso nell’umiliare le persone, non ti rende degno del
titolo di
Shur’tugal.- lo rimproverò, aspra, mentre cercava
di concentrarsi anche sul
respiro affannoso di Eragon, anche se abbastanza distante da dove si
trovava
lei in quel momento.
Il figlio di Morzan chinò
la testa, e i ricci gli celarono
gli occhi, a nascondere la lacrima
che gli brillò sulla guancia. Cauto, eppure con
necessità- come se fosse stata
la sua unica ancora di salvezza- afferrò un lembo della
semplice tunica che
Isis indossava, e mormorò, con il tono di chi avesse avuto
l’urgenza di togliersi un
enorme peso
dalle spalle:
-
Ti
prego…Isis…ho bisogno del tuo aiuto.-
implorò.
Per un secondo, nella cella, tutti,
trattennero il respiro.
Eragon distolse educatamente lo
sguardo, per concedere loro
un po’ d’intimità; ma, né il
Cavaliere né la Dark Angel se ne
accorsero, dal momento che la reciproca vicinanza, il dover stare
l’uno al
cospetto dell’altra, di nuovo, li aveva assorbiti totalmente,
incatenandoli
insieme attraverso una strana elettricità, che aleggiava
nell’aria. Sia per
l’uno che per l’altra in quel momento non esisteva
nessun altro, all’infuori di
loro due, in tutta Alagaesia.
Isis non riusciva a credere alle
proprie orecchie, le
sembrava impossibile che Murtagh, il Cavaliere solitario al quale era
stata
vicina per qualche tempo, avesse chiesto aiuto.
Non riusciva a credere, soprattutto, che avesse chiesto il suo aiuto.
Le ginocchia della ragazza tremarono
mentre si chinava
lentamente su se stessa, fino ad arrivare all’orecchio di
Murtagh, sfiorandogli
il collo con i capelli, per bisbigliare:
-
Anche io ho
bisogno del tuo aiuto…-
Il ragazzi sollevò la
testa piano, come se stesse
assaporando ogni momento di quell’attimo senza tempo e,
mettendosi in piedi,
strinse le mani di Isis tra le proprie, mentre osservava ammirato i
tratti del
suo bel volto, che mutarono- ai suoi occhi- in quelli di un angelo
salvatore.
-
Farò
qualsiasi cosa…- le promise, con una nota di
disperazione nella voce roca.
-
Aiutami a liberare
Eragon…ed a portarlo in salvo.-
fece, decisa, gli occhi verde acqua brillarono intensamente.
Isis e Murtagh erano l’uno
davanti all’altra ora, le mani
intrecciate- come se i loro corpi fossero stati l’uno la
continuazione
dell’altro- ad ormai meno di un metro dalle catene che
costringevano il
Cavaliere di Saphira a stare in piedi, con le braccia fastidiosamente,
costantemente sollevate sopra la testa.
Murtagh rimase interdetto per un
attimo, ed abbassò gli
occhi, cincischiando.
La Dark Angel
sapeva di aver toccato un tasto dolente, e le sembrò
che, ora che avevano perso il contatto muto, che c’era stato
tra loro fino ad
un attimo prima; l’uomo, il suo
uomo,
volesse ritrarsi indietro, preferendo farsi sovrastare dal mare
opprimente
della schiavitù; un mare nel quale- sentiva la ragazza-
sarebbe annegato, se lei
non avesse al più presto teso una mano verso di lui per
offrirgli aiuto.
Così, approfittando del
fatto che il figlio di Morzan non
aveva sottratto le mani dalle sue, le strinse, con vigore e, decisa a
non
abbandonarlo, con veemenza disse:
-
Ascoltami,
Cavaliere: vuoi restare per sempre uno
strumento nelle mani di un folle, oppure vuoi lottare per la tua
libertà ?-
-
Non posso
lottare, non contro di lui, perché, a causa di
ciò che gli ho permesso di
farmi, non sarò mai libero. Poi, l’hai detto tu
stessa, poco fa, che non sono
degno del titolo di Shur’tugal.- sibilò,
risollevando la testa di scatto,
adirato ed allo stesso tempo, triste.
-
Dimostrami che mi
sono sbagliata, Murtagh! Ribellati!-
gli urlò allora, contro, per spronarlo.
Murtagh quindi, sciolse
l’intreccio delle loro mani e rimase,
per alcuni, interminabili attimi, muto, ad occhi chiusi.
D’improvviso, il ragazzo
estrasse Za’roc dal fodero,
sorprendendo e terrorizzando sia Isis che Eragon- che si erano
irrigiditi a
quella vista; anche se la ragazza sentiva di essere pronta a scattare
per
opporgli resistenza- facendo sprigionare scintille dalla lama cremisi,
quando
la fece cozzare col metallo delle catene che legavano suo fratello,
spezzandole.
Eragon sentiva di avere il corpo
pervaso da ondate di dolore
che si trasformavano in lancinanti fitte ogniqualvolta la stoffa del
mantello
che Isis si era tolta per gettarglielo addosso, veniva a contatto con
le sue
ferite, nonostante il fratello si fosse prodigato per curargli le
più profonde.
Eppure, ora, con un braccio attorno alle spalle di Murtagh, ed uno
attorno a
quelle della Dark Angel, gli sembrava di volare, mentre quei due
procedevano a
passo spedito per i corridoi del palazzo, facendosi carico del suo peso.
D’un tratto, Murtagh si
bloccò, senza alcun preavviso
dinnanzi alla grande finestra di uno dei corridoi che conducevano al
Giardino.
-
Murtagh, avanti!
Ci resta poco tempo: gli incantesimi
che abbiamo lanciato lungo il nostro cammino, per non farci vedere
né udire da
alcuno, non dureranno ancora a lungo! Cosa c’è?-
gli domandò infine, la
ragazza, dopo aver abbandonato l’iniziale tensione,
incuriosita da quel suo
strano comportamento.
-
No…è
l’alba! Questo significa che presto mi sveglierò,
e tu…svanirai.-
mormorò, con voce
straziata, persa.
Isis si paralizzò.
Dapprincipio le venne da pensare che il
Cavaliere si stesse prendendo gioco di lei, e che forse
l’aveva fatto sin
dall’inizio, così da un momento
all’altro sarebbero potuti sbucare dei soldati,
inviati dal re, che li avrebbero catturati, grazie alla
complicità di Murtagh.
Ma così non fu.
Per diversi minuti tra i tre scese il
silenzio e Isis, che
era rimasta per tutto il tempo con i nervi a fior di pelle, si decise a
chiedere, con voce confusa:
-
Tu…sei
convinto che tutto questo…sia un sogno?-
Il ragazzo si voltò verso
di lei ed annuì piano, mentre
incatenava incerto i suoi occhi chiari ai propri.
La Dark Angel
era tanto coinvolta in quel momento, in quella
confessione, negli occhi timorosi e supplichevoli di lui; che non
udì il sonoro
pugno che Eragon assestò alle spalle del Cavaliere di
Castigo, né si rese conto
che lui era caduto a terra, un secondo dopo, privo di sensi.
-
Grazie Isis, per
essere venuta a salvarmi.- le disse,
sinceramente grato.- Ma svelta ora: andiamocene, finchè
siamo in tempo!- la
esortò, e fece per strattonarla per un braccio, ma la
ragazza piantò con forza
i piedi a terra:
-
No, Eragon, ti
prego: non voglio abbandonarlo. Merita
anche lui una possibilità di salvezza. Non vuoi aiutarmi a
portarlo in salvo,
ripagando il debito che hai nei suoi confronti, ora che ti ha liberato
e
curato?- replicò Isis, gli occhi luminosi come mai il
ragazzo dal viso d’elfo
li aveva visti prima, ed un sorriso disarmante, dinnanzi al quale
Eragon non
potè far altro che arrendersi, ed esaudire la richiesta
della ragazza, dal
momento che sentiva le ginocchia tremargli:
-
Tu sei ancora
innamorata di lui. Pazzamente.- constatò,
il Cavaliere dalle orecchie a punta, pizzicandole affettuosamente una
guancia,
con un sorriso.
-
Se per
“innamorata”intendi che sono tanto folle da
essere accanitamente decisa a liberarlo, a restituirgli una vita, priva
dell’oppressione
di Galbatorix, allora sì, sono innamorata di lui!-
confessò la ragazza,
fissandolo con decisione e fermezza negli occhi a mandorla.
-
Le tue parole ti
rendono onore, Dark Angel. Ora capisco
perché il tuo popolo ti amasse tanto: rispetti e porti
avanti le vostre
tradizioni con fierezza e tanta forza che…credo salverai
tutti noi e l’intera
Alagaesia.- Eragon si era fatto improvvisamente serio, ed Isis
comprese, dai
suoi occhi, dall’intensità delle sue parole, che
credeva veramente in ciò che
le aveva detto.
Abbassando il viso per nascondere il
rossore che le dilagava
sulle guance, assieme alle lacrime di commozione che le stavano
annebbiando la
vista, mormorò, gettando a terra, con grande clamore, lo
zaino di fortuna che
aveva tenuto per tutto il tempo sulla schiena:
-
Per favore Eragon,
potresti aiutarmi ad indossarla?-
Poi, un attimo prima di abbassare la
visiera dell’elmo
bianco, che era appartenuto a suo padre, sugli occhi, si
rigirò tra le mani
Vrangr, studiandone la lunga lama bianca, mentre
l’ammonimento che il suo
maestro le aveva rivolto quando aveva visto per la prima volta
l’armatura di
Vrael, sulla Vroengard; le risuonava nella mente:
la lama di
Vrangr si
macchierà eternamente, solo se essa verserà
ingiustamente sangue…
avvertì improvvisamente la
pressione per l’arduo compito
che, inconsapevolmente, le gravava sulla testa, e si chiese se sarebbe
stata
all’altezza di quella responsabilità, ma
soprattutto, con lieve timore, se
sarebbe stata giusta, riuscendo a
mantenere pura quella spada, che era in sé simbolo di
giustizia e la sua
eredità.
Castigo, che stava disperatamente
cercando di ribellarsi
alle zampe che Saphira- l’aggraziata dragonessa del fratello
del suo Cavaliere-
aveva pesantemente posato sul suo corpo e sul suo muso, per atterrarlo;
non
appena vide Eragon entrare nel Giardino, ruggì sconvolto,
senza però riuscire a
scrollarsi di dosso la dragonessa.
Un attimo dopo, quando al suo fianco
comparve una figura,
completamente fasciata da un’armatura bianchissima- che
mostrava splendidi
riflessi iridescenti, ogniqualvolta le dita rosate dell’alba
la sfioravano- che
trascinava un’esanime Murtagh dietro di sé; il suo
ruggito si trasformò in uno
straziante grido di terrore e rabbia.
Come era riuscito, Eragon, a
liberarsi? Chi era il Cavaliere
Bianco, senza volto, accanto a lui? E cosa avevano fatto, al suo
Cavaliere?
Con un colpo di coda deciso, ed una
contrazione disperata di
tutti i muscoli, Castigo riuscì finalmente a liberarsi dalla
presa di Saphira
e, forte del fatto che ormai quel Cavaliere Bianco fosse rimasto solo,
-dal
momento che Eragon si era diretto dalla sua dragonessa per
riabbracciarla- si
parò davanti quello sconosciuto con un solo battito
d’ali, deciso a fargliela
pagare deciso a fargliela pagare per come aveva ridotto il suo amico!
Il Cavaliere Bianco non parve per
nulla intimorito dalla sua
stazza possente, anzi, sollevò il mento con aria di sfida
nella sua direzione;
poi, come se gli avesse letto nel pensiero, riuscendo a comprendere che
avrebbe
voluto incenerirlo, non appena il drago dischiuse le fauci, il
Cavaliere lo
anticipò, e, puntando la lama della sua candida spada alla
gola di Murtagh, lo
minacciò:
-
Fammi arrivare
anche solo una zaffata di calore sul
viso, e lui muore.- la sua espressione era celata dall’elmo,
e criptica agli
occhi di Castigo, perciò il drago dalle squame cremisi non
potè far altro che ringhiargli
più volte contro, per fargli capire che lo detestava,
perché l’aveva ridotto a
null’altro che un burattino, nelle sue mani, dal momento che
aveva scovato il
suo punto debole: il suo cavaliere.
Fu quindi costretto a lasciare che
quello sconosciuto
caricasse Murtagh, svenuto, sulla sua sella, e poi vi montasse anche
lui. Un
attimo dopo lo sentì dire:
-
Andiamo alla Du
Waldenvarden.-
-
Cosa?!- fece
Eragon, sbalordito, guardando il Cavaliere
dall’armatura bianca, sconvolto, dall’alto della
sua cavalcatura.
-
Sì.
È l’unico luogo dove l’occhio di
Galbatorix non
arriva, e dove, perciò, sia Murtagh che Castigo saranno
salvi.- spiegò lo
sconosciuto. Un attimo dopo, battendo piano il tallone contro il fianco
del
drago cremisi(abitudine che aveva anche Murtagh e che,
perciò colpì Castigo) lo
spronò a spiccare il volo, seguendo Saphira.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Contro
ogni
previsione eccovi un nuovo post extra!
Spero vi sia piaciuto!
Fatemi sapere che ne pensate!
Un abbraccio
Marty23
Ps: vorrei ringraziare Tesoruccio per aver inserito la
ff
tra le seguite, ed inoltre,immancabilmente, Arcadia_Azrael
per
essere sempre paziente(con il
mio ritmo lumachico di postare), sempre pronta a darmi consigli, e per
non
mancare mai con i suoi commenti a questa storia.
Grazie!
|
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Capitolo 30 *** l'erede di Vrael contro Eldest ***
Capitolo 25
L’erede
di Vrael
contro Eldest
Murtagh rimase privo di sensi per
tutta la mattinata, ed il
piccolo corteo- composto da due draghi e tre Cavalieri- si era appena
allontanato di poche miglia da Uru Baen, quando il ragazzo si riprese:
riaprendo gli occhi, nel trovarsi davanti Eragon, il sella alla sua
dragonessa,
la sua prima reazione fu di smarrimento e, un secondo dopo- riuscendo
finalmente a comprendere che era in volo anche lui, con Castigo; e che,
alle
sue spalle, in sella al suo drago, c’era un Cavaliere Bianco,
che il figlio di
Morzan non riuscì a riconoscere, dal momento che aveva le
membra completamente
fasciate dall’armatura, il viso nascosto sotto
l’elmo, e non parlava- tentò
subito di ribellarsi.
Quindi, il Cavaliere Bianco senza
volto seduto dietro di
lui, con un movimento fluido e fulmineo, strinse i suoi polsi in una
morsa
d’acciaio, annodandoglieli dietro la schiena, ed un attimo
dopo, Murtagh sentì
il suo respiro sul proprio orecchio, e qualcosa che somigliava molto
alla lama
di una spada puntata tra le scapole.
Tentò ostinatamente di
muoversi, ma quello, brandendo con
più forza la spada, emise un mormorio agghiacciante:
-
Fallo, e non
esiterò ad ucciderti.- la voce era
irriconoscibile camuffata dall’eco dell’elmo.
Straziato, il figlio di Morzan
abbassò automaticamente gli
occhi verso Castigo e, dopo alcuni, interminabili attimi, capendo
quante vite
stava mettendo a rischio con quel suo gesto, fu costretto a desistere,
e ad
arrendersi.
Eragon, insospettito dal lieve
trambusto alle sue spalle, aveva
quindi insistito per atterrare nei pressi del fiume Ramr, per
assicurarsi che
tutto procedesse come Isis aveva stabilito.
Una volta a terra, notando che suo
fratello- combattuto tra
la voglia cieca di ribellarsi, e la mesta
consapevolezza della necessità di preservare la
propria vita per salvare
il suo drago- fissasse incuriosito il Cavaliere Bianco, che aveva preso
posto
sul suo drago; tentò di imitarne l’espressione
interrogativa. Tuttavia,
inevitabilmente, quando Isis gli si avvicinò per chiedergli
di gettare un
incantesimo sull’infuso che teneva tra le mani(fatto di erbe
appena colte nei
dintorni) lui le sorrise, assecondandola. E scatenando quindi, i dubbi
di
Murtagh.
Perciò, fu anche costretto
a starle accanto per assicurarsi
che suo fratello non facesse nulla di sconsiderato, quando Isis si
avvicinò al
figlio di Morzan(che li fissava sospettoso), per porgergli
l’infuso:
-
Bevi, Cavaliere.-
lo esortò- Questo ti darà sollievo.-
e con quella promessa, fece per offrirgli una piccola scodella di
legno,
contenente una brodaglia fumante.
-
No.-
rifiutò lui, voltando il viso- Potreste tentare di
uccidermi, con quello.- sentenziò.
-
Ti
aiuterà solo a dormire.- tentò di rassicurarlo
Eragon, riuscendo a malapena a nascondere la tensione che provava, dal
momento
che aveva temuto sarebbe stato difficile tenere a bada Murtagh.
Ma subito, a trasformare i suoi toni
pacati in quella che,
alle sue orecchie a punta, sembrò una vera minaccia,
intervenne Isis:
-
Sei solo un
ragazzino viziato! Sappi che se proprio
volessi ucciderti, non mi priverei mai del piacere di un duello, con
te.-
Il figlio di Morzan, sussultando,
colpito da quelle parole,
scrutò freneticamente attraverso l’elmo bianco, a
poca distanza dal suo viso,
alla ricerca degli unici occhi che si sarebbe aspettato di vedere; alla
ricerca
dell’unica persona che
avrebbe voluto vedere; poi,
all’improvviso,
avvertì che un liquido caldo gli stava scendendo
giù per la gola, e seppe che
il Cavaliere Bianco era riuscito a raggiungerlo, facendogli bere il suo
strano
infuso…tutto attorno a Murtagh si ridusse ad un insieme di
macchie di colore,
mentre l’ultima cosa che udiva era il ruggito spaventato del
suo drago. Infine,
sui suoi occhi, scese il buio.
Castigo si era acciambellato con fare
protettivo attorno al
corpo privo di sensi del suo Cavaliere, e ringhiava contro
l’artefice di
quell’inganno, frustando l’aria con la coda,
adirato e preoccupato.
Eragon si interpose fra i due, e,
chinandosi su Isis la
rimproverò, sussurrando:
-
Non avresti dovuto
farlo!-
-
È
l’unico modo per controllarlo, e lo sai anche tu.
Poi, se è privo di sensi, o rintronato, sarà
molto difficile, per Galbatorix,
controllarlo, o, peggio ancora, vedere, attraverso i suoi occhi, dove
siamo
diretti.- in seguito, rivolgendosi a Castigo con voce un po’
più alta, sbottò:
-
È solo
svenuto, sta’ tranquillo: si riprenderà presto,
anche se quando si sveglierà sarà rintronato come
se gli fosse passato sopra un
cavallo.-
Così, mentre Eragon
rimontava in groppa a Saphira, esortato
da uno sguardo della ragazza, pronta a ripartire; la Dark Angel
nascosta
dietro la candida armatura di suo padre, avanzava cauta, ma
imperterrita verso
il drago scarlatto di Murtagh che, però, le ruggiva contro,
comunicandole il
muto ma chiaro avvertimento di non osare avvicinarsi.
Ad Isis però,
bastò posare una mano sull’elsa argentata
della spada che aveva al fianco:
-
Sai che mi
basterebbe un balzo per piombare sul tuo
Cavaliere e tagliargli la gola, vero?- gli fece notare, pungente.
Con un ultimo ringhio ostinato,
infine, Castigo cedette: si
placò, colpito ancora una volta nel suo punto debole e
rimase tanto immobile-
il muso chino e triste- mentre quell’infido Cavaliere Bianco
caricava Murtagh
sulla sua sella, e poi prendeva posto dietro di lui; da sembrare una
statua.
Il viaggio- ripreso immediatamente-
era continuato per tutto
il giorno, indisturbato. Tuttavia, - nonostante fosse più
visibile sul viso di
Eragon rispetto a quello di Isis- sia il Cavaliere che la Dark Angel,
soffrivano
nel vedere Murtagh ridotto ad un fantoccio che diceva frasi senza senso
a causa
dell’infuso che il Cavaliere Bianco, ogni mattina lo
costringeva a bere.
Il loro avanzare era quindi scandito
da quella strana
routine: il volo era sfruttato il più possibile, dal momento
che i ragazzi ed i
draghi non si arrestavano, neppure per mangiare, fino al calar del
sole; poi,
al tramonto, il piccolo gruppo di viaggiatori trovava un posto isolato
per
riposare, ascondendosi ad ogni possibile persona, uomo o donna, che
avesse
potuto vederli, ed allarmarsi o, peggio ancora, ricordarsi di loro,
semmai il
re l’avesse scovata.
Ogni sera, quando Saphira e Castigo
andavano a caccia
insieme(o forse sarebbe stato meglio dire che Saphira scortava Castigo,
per
controllarlo)l’effetto della pozione, somministrata a
Murtagh, finiva il suo
effetto; così, mentre il ragazzo tempestava il fratello di
domande- qualche
volta erano arrivati persino a far cozzare Brisingr e Za’roc-
Isis faceva il
primo turno di guardia- all’entrata della grotta, o al
limitare della cupola di
incantesimi che dovevano tessere ogniqualvolta capitava che fossero
costretti a
fermarsi in un vasto spazio aperto- e poteva finalmente togliersi
l’armatura,
facendosi dare il cambio da Eragon per rifocillarsi e coricarsi, solo
quando
Murtagh e Castigo erano scivolati nel sonno.
Il viaggio proseguì,
scandito da quell’insolita ma
necessaria routine, per circa dieci giorni. Eragon ed Isis(facendo
sì che
Castigo non li udisse, per lasciare all’oscuro anche
Galbatorix, nel caso li
ascoltasse attraverso il drago)avevano deciso di tenersi lontani dal
limitare
del Deserto di Hadarac e di seguire, invece, il corso del fiume Ramr,
per avere
un punto di riferimento, fino alla sua foce, nel lago Isenstar, nei
pressi di
Gil’ead, dalla quale poi, avrebbero potuto facilmente
accedere alla Du Waldenvarden;
dove, la presenza e la magia degli elfi, erano tanto forti da riuscire
a
rendere cieco e sordo Galbatorix.
Nonostante il piano ben congeniato
però, più le giornate
trascorrevano, più l’umore di tutti peggiorava:
anche se, grazie all’infuso
rintronante di Isis, di giorno Murtagh cadeva in uno stato di
confusione e
Castigo era docile come un agnellino; la ragazza aveva scoperto, dopo
qualche
tempo, che di notte, sia il drago cremisi che il suo Cavaliere,
diventavano
inquieti, nel sonno, e mormoravano, e rabbrividivano, a causa della
morsa
opprimente rappresentata dalla presenza di Galbatorix, nelle loro
menti(il
quale, sicuramente, aveva sguinzagliato tutte le forze imperiali per
trovarli,
una volta che si era accorto della loro fuga). In quei casi,
addolorata, si
inginocchiava sul giaciglio di Murtagh e, sfiorandogli i riccioli
castani,
sussurrava:
-
Mi dispiace, ma
presto finirà tutto, lo prometto…-
A seguito di quei momenti rubati alla
notte, di cui nessuno
sarebbe mai stato testimone, eccetto le stelle; la Dark Angel
versava
sempre qualche lacrima, chiedendosi se avesse fatto la cosa giusta,
se…stesse facendo la cosa
giusta, mettendo
a repentaglio la vita di due Cavalieri, e di due draghi, per la
salvezza, per
la libertà di due soltanto, tra quelli.
Allora, chiedeva consiglio al suo
maestro- rimasto per tutto
il tempo nella sacca di fasce ricavata attorno alle spalle della
ragazza-
spalancando la mente verso di lui. Ma una sera, quando si trovavano a
poche
miglia da Gil’ead, accadde che Eragon sorprendendo una
lacrima che rigava il
viso color nocciola di Isis, si offrì di ascoltarla, per
lasciare che si
sfogasse.
Una volta che lei gli ebbe spiegato
ciò che provava,
ringraziò Eragon per il suo interesse, la sua empatia, e lo
pregò di rivelarle
se anche lui fosse preoccupato ed avesse bisogno di aprirsi:
-
Sì,-
rivelò dopo un attimo di silenzio, in cui aveva
intrecciato lo sguardo a quello di lei- sono un po’
preoccupato. Ma non perché
credo che tu abbia fatto la cosa sbagliata, decidendo di
“rapire” Murtagh per
restituirgli la libertà, anzi, il tuo intento è
davvero nobile. In questo
momento però mi sembra di viaggiare tenendo alta una
fiaccola crepitante, una
fiaccola che Galbatorix vuole riavere a tutti i costi. E sicuramente,
pur di
riaverla, ci avrà messo il suo esercito alle calcagna.-
-
Mi dispiace di
aver esposto te e Saphira ad un così
grande pericolo…- mormorò la Dark Angel,
la voce fragile, gli occhi bassi sul piccolo falò
attorno al quale erano seduti.
-
A me ed a Saphira,
no. Ci hai salvato la vita, perciò
siamo ben disposti ad aiutarti per ripagare il nostro debito,
perché il tuo
proposito è ammirevole e mi riempie di speranza.
L’unica cosa che temo è che
Murtagh, una volta libero, sarà fedele solo a se stesso, e
non sopporterei di
vederti soffrire di nuovo, a causa sua, come è accaduto
qualche tempo fa…- le
spiegò, infine, con tono grave, come se stesse facendo una
rivelazione che gli
pesava sul cuore.
-
Ti ringrazio,
amico mio.- disse Isis per tagliar corto:
non voleva pensare a quell’eventualità, ora.
Così, sorrise mentre si piegava su
di lui per carezzargli delicatamente una guancia.
Nessuno dei due poteva sospettare che
a qualche metro di
distanza, alle loro spalle, Murtagh, disteso ad occhi chiusi sul suo
giaciglio,
stava solo fingendo di dormire.
Con la mente spalancata verso la
coscienza del suo drago,-
acciambellato attorno a lui- stava escogitando un modo per allontanarsi
da suo
fratello e dal Cavaliere Bianco, che ormai sembrava esser diventato la
sua
scorta personale.
Castigo,
dobbiamo
assolutamente fuggire! All’inizio avevo pensato che Eragon mi
stesse portando
dai Varden, da Isis, ma il paesaggio che vedo ogni sera è
diverso da quello che
ricordo, e temo mi spia invece, trascinando dagli elfi!
L’unico
modo per avere
anche una sola speranza di fuga è evitare di bere quel
dannato infuso, quella…droga
che il Cavaliere Bianco Senza Volto ti
somministra tutte le mattine. Gli spiegò Castigo,
poi, con fare tormentato
gli mostrò le immagini dei ricordi che aveva, su di lui
ridotto ad un
fantoccio.
Murtagh rabbrividì.
Sarà
impossibile
evitare di prenderlo.
Costatò il
ragazzo, ragionando. Ma potrei
fingere di berlo. Una
volta fatto ciò, con la mente lucida
potremo aspettare il favore delle tenebre, per svignarcela.
Pianificò,
concludendo, esultante.
Bella idea.
Si
complimentò il drago, nascondendo a malapena un ghigno. Ma per favore, prima di andare, sbarazzati di quel
dannato Cavaliere
Bianco: non voglio più che minacci di ucciderti, che si
serva di te,
dell’affetto che provo per te, per costringermi a piegarmi al
suo volere. Castigo
serrò le fauci, al ricordo della paura che provava, ogni
volta che quel
Cavaliere sconosciuto puntava la sua spada bianca contro il collo del
suo
amico.
Promesso.
Fece
Murtagh, rassicurante, dopo essersi incupito, udendo quelle parole.
La mattina seguente quindi, il
Cavaliere ed il drago dalle
squame cremisi, misero in atto il piano che avevano architettato:
Murtagh finse
di bere l’infuso che il Cavaliere Bianco gli
offrì, e, il tutto proseguì con
una sorta di recita, che vide il drago nei panni di un animale che
obbediva
docilmente ai comandi dello sconosciuto fasciato
dall’armatura bianca, e
Murtagh, che si calava nelle vesti di un pupazzo di pezza, estraniato
dal
mondo- mentre cercava anche di imitare la stessa aria assente che aveva
dovuto
avere quando era stato solito bere quella droga, che lo alienava.
Per tutto il giorno
perciò, il ragazzo rimase con la testa
abbandonata sulla spalla del Cavaliere Bianco, che sedeva sulla sella
di
Castigo, alle proprie spalle; poi, quando, al tramonto giunsero nei
pressi
della famigerata cittadina di dominio imperiale, di Gil’ead-
decidendo
saggiamente di tenersene a distanza-; mentre Saphira e Castigo
cacciavano nelle
vicinanze del lago di Isenstar, sforzandosi di non dare
nell’occhio, Eragon,
Murtagh e Isis si rifugiarono in una grotta- sufficientemente grande
anche per
farvi entrare a riposare i loro draghi- a pochi metri dalle rive
fiorenti e
brulicanti di vita di quella vasta distesa d’acqua.
Per la Dark Angel
fu un sollievo rendersi conto di come il paesaggio
fosse mutato: per giorni aveva viaggiato attraversando lande desolate,
paludose, piatte e mute, che si estendevano a perdita
d’occhio; ma ora, - forse
per la prossima vicinanza con la Foresta dei Guardiani- la natura era
divenuta via
via più rigogliosa e florida.
Perciò, la ragazza chiese
ai due Cavalieri il permesso di
dirigersi sulle rive del lago al quale erano vicini, con la promessa
che
nessuno si sarebbe accorto di lei, e che sarebbe tornata presto.
Isis si irrigidì,
avvertendo un’ombra dietro di sé ed una
sensazione di gelo allo stomaco che l’aveva suggestionata a
tal punto da
credere di aver udito dei ruggiti in lontananza. Era trascorsa meno di
un ora
da quando si era allontanata dalla grotta in cui erano nascosti Murtagh
ed
Eragon, per contemplare l’allegro pulsare della vita attorno
al lago; perché
mai aveva quella tensione addosso?
Che fosse colpa della notte, scesa da
pochi istanti?
Per cercare di calmarsi,
assicurandosi che fosse tutto
tranquillo, voltò la testa alle proprie spalle, restando
accovacciata sul
terreno, ma ciò che vide, invece di calmarla, ridusse il suo
corpo ancora di
più, ad un fascio di nervi: poco distante da lei, al
limitare della piccola
radura erbosa tutt’attorno, le parve di scorgere lo
scintillio di un paio
d’occhi, e di udire lo scalpiccio di un passo affrettato.
Non appena distinse il riflesso della
lama cremisi di
Murtagh, nel buio, fu come se il corpo le si muovesse da solo:
sfoderò Vrangr,
con un gesto deciso, ed urlò, al suo indirizzo:
-
Dove credi di
andare, Cavaliere?-
Sentendosi scoperto, Murtagh si
avventò su di lei, come una
furia, la spada sguainata mentre urlava, poderosamente, come usava fare
quando
scendeva in battaglia.
Ringraziando i propri riflessi
pronti, ed i lunghi anni di
addestramento, la ragazza parò svelta il suo prevedibile
affondo, così i
duellanti- dal momento che nessuno dei due voleva cedere- rimasero per
qualche
tempo con le spade incrociate, all’altezza delle rispettive
gole, misurandosi
in una muta prova di forza, mentre erano particolarmente vicini, tanto
che Isis
riusciva a sentire il respiro del ragazzo sul collo.
Il cuore della Dark Angel prese a
battere all’impazzata, ma
lei si impose di rimanere calma, concentrata: aveva già
combattuto con Murtagh,
spesso, e conosceva alla perfezione le sue tattiche; sapeva quanto
fossero
pronti i suoi riflessi; e la sua agilità, ma
l’aveva già battuto molte volte,
perché quella volta sarebbe dovuta andare diversamente?
-
Cosa stavi
facendo? Provavi a scappare, Murtagh?- gli
sibilò. Senza riuscire a nascondere lo sforzo che faceva,
per opporgli
resistenza.
-
Sì.
Castigo mi aveva pregato di ucciderti, perché
detesta che lo si minacci , servendosi di me; così stavo per
andarmene e
lasciarti vivo, dal momento che mi preme più la mia
libertà; ma vedo che ci
tieni proprio a morire…- sputò, gelido mentre la
inchiodava con gli occhi
penetranti.
-
Non mi sembra
proprio!- replicò la ragazza, che,
riferendosi a ciò che aveva detto il Cavaliere circa la
propria libertà, non lo
aveva poi ascoltato concludere il discorso.
Con uno slancio sovrumano quindi,
Isis spostò tutto il peso
del proprio copro in avanti, riuscendo a scrollarsi Murtagh di dosso,
ed a
farlo indietreggiare.
Quello però,
tornò subito all’attacco. Combatteva per
rabbia, ogni fibra del suo corpo ne era intrisa, la ragazza lo sapeva,
l’aveva
persino vista brillare nei suoi occhi.
Tuttavia, svelta schivò il
colpo, e prese invece ad
attaccare: il loro duello si trasformò in una danza che
seguiva un ritmo
serrato, incalzante, sin dal primo passo, dal primo affondo, dalla
prima
parata.
La Dark Angel
però, non smise mai di colpire, quasi lo aggredì,
infatti, incessantemente, con una serie di attacchi in rapida
successione, e
pian piano, mentre il mondo si zittiva, attorno a lei, svaniva, facendo
sì che
esistessero solo lei ed il Cavaliere, che stavano duellando; Isis
ascoltò
maggiormente il proprio corpo,- la flessione dei muscoli, la
fluidità dei
movimenti- e si azzardò a sorridere, perché la
sua tecnica, quasi pressante,
stava dando i suoi frutti: nonostante la sua tenacia, infatti, Murtagh
stava
iniziando a stancarsi, man mano che il tempo trascorreva e, anche se
parava
ogni colpo del Cavaliere Bianco, quello tornava immediatamente
all’attacco,
dandogli ogni volta sempre meno tempo per riprendersi completamente.
Questo,
non dava a Murtagh la possibilità di invadere la mente del
suo avversario, per
svelare la sua identità, e trovare un suo punto debole.
Che, tra l’altro, gli
scocciava ammettere, stava avendo la
meglio!
Poi, d’improvviso, con lo
stesso impeto con cui era
cominciata, quella sinfonia di respiri, di muscoli che bruciavano e
spade che
cozzavano, finì, perché il figlio di Morzan fu
costretto a bloccarsi,
trovandosi il collo cinto da Brisingr, la spada del fratello.
Isis sospirò di sollievo
nel vedere il Cavaliere di Saphira,
poiché, grazie al suo intervento, la sua
identità, il suo segreto, era
finalmente salvo; così, dopo che Eragon ebbe immobilizzato
Murtagh, con un
semplice incantesimo- pur lasciandolo in piedi davanti a lui con i
sensi
vigili, infatti, il ragazzo non poteva far altro che grugnire per il
disappunto
dal momento che aveva i muscoli paralizzati- si rivolse direttamente al
Cavaliere Bianco:
-
Un drappello di
guardie imperiali è vicino. Stanno
venendo qui. Dicono che Galbatorix stesso li ha avvisato che il suo
Cavaliere
si trovava a Gil’ead.- la informò, teso, il
respiro corto.
-
Sarà
successo perché tuo fratello oggi ha finto di
prendere la pozione, e quindi ha inconsapevolmente dato la
possibilità a
Galbatorix di frugargli nella mente. Saphira e Castigo sono al sicuro-
chiese,
Isis nell’armatura di Vrael, dopo aver spiegato la sua
deduzione, mentre
inceneriva Murtagh anche se lui non poteva vederlo.
-
Sì, li
ho fatti nascondere nella grotta dove ci siamo
accampati e l’ho protetta con una rete di incantesimi.- la
rassicurò Eragon,
e solo allora Isis notò che parlava in modo strana, a causa
di un labbro
tumefatto.
-
Va bene. Gettatevi
nel lago, è l’unico posto sicuro
nelle vicinanze. Io vi raggiungerò a breve.- la ragazza
impartì quella sorta di
ordini con tono sbrigativo.
Una volta che udì il tonfo
di due corpi a contatto con
l’acqua, Isis si affrettò a togliersi
l’armatura del padre, ad accatastarne le
parti in un angolo in ombra, dove nessuno le avrebbe notate, e si
gettò addosso
un mantello da viaggio, con cappuccio.
Con la tensione ormai palpabile come
qualcosa di solido,
sulla pelle, lanciò un’ultima occhiata preoccupata
alla grotta che fino a poco
prima era stata il loro nascondiglio, pregando le stelle, per la
salvezza dei
draghi di Murtagh e di Eragon. Infine, si gettò nel lago,
accogliendo come un
suono di salvezza lo sciabordio generato dal contatto con
l’acqua. Poi, il lago
Isenstar la ingoiò.
A Murtagh bruciavano i polmoni. Non
sapeva per quanto tempo
avrebbe dovuto trattenere l’aria restando in attesa, sperando
di salvarsi dalle
truppe del re; inoltre, a causa delle dita del fratello strette attorno
al
proprio polso, e degli ultimi effetti del suo più recente
incantesimo; non
riusciva a muoversi, a sottrarsi alla sua presa, non poteva far altro,
quindi,
che battere di tanto in tanto i piedi, piano.
Nonostante vedesse il mondo
rallentato, sfocato, attraverso
quell’immensa massa d’acqua, riuscì
comunque a percepire, d’un tratto, un altro
corpo che si tuffava nel lago, e, non appena quell’ignota
figura dal volto
coperto dal cappuccio gli si avvicinò, il Cavaliere
tentò di dimenarsi con
maggior vigore.
La figura avvolta da un involto di
panni, non se ne curò, e
parve addirittura non vederlo, poiché, come Eragon, aveva
gli occhi puntati
verso la superficie, dove, proprio in quel momento, stavano passando i
soldati
imperiali, scandagliando e setacciando il terreno
tutt’attorno.
Il tempo parve fermarsi e, nonostante
Murtagh avesse i nervi
a fior di pelle mentre pregava silenziosamente perché il suo
drago fosse in
salvo; per lui fu insostenibile l’idea di sopportare
quell’attimo
interminabile, estenuante, di stasi, in cui era costretto a tenere i
polmoni in
apnea.
I soldati di Galbatorix si erano
allontanati di pochi passi
quando infatti, il ragazzo iniziò a gemere, ad agitarsi
nell’acqua, alla
ricerca disperata di aria, poiché sentiva che sarebbe potuto
esplodere da un
momento all’altro.
Eragon sapeva che non potevano dirsi
ancora al sicuro, che
sarebbe bastato il più piccolo particolare perché
il drappello si insospettisse
e tornasse sui propri passi, per scovarli; quindi , tentò di
fermare il
fratello, aumentando la stretta sulla sua spalla, ma Murtagh lo
allontanò in
malo modo.
Un attimo dopo, grazie ai suoi sensi
sottili da elfo, percepì
una presenza che nuotava verso il Cavaliere, e ringraziò che
Isis fosse lì,
perché, forte del legame che aveva avuto, e doveva ancora avere con Murtagh, lo avrebbe
sicuramente compreso meglio di
lui.
Le aspettative di Eragon, infatti,
non furono deluse: la Dark Angel, che aveva
capito che Murtagh aveva necessità di aria, si
avvicinò a lui e, nonostante il
ragazzo avesse inizialmente tentato di allontanare da sé
anche la sconosciuta,
ammantata; riuscì, lesta, a vincere le sue resistenze,
chiudendogli il naso con
due dita, e posando la bocca sulla sua, per passargli ossigeno.
Il figlio di Morzan, sulle prime,
rimase sconcertato, per la
sorpresa di quel gesto, poi, non appena comprese che lo sconosciuto che
gli
stava davanti, gli stava effettivamente salvando
la vita; accettò l’aria di buon grado,
allontanando l’iniziale imbarazzo,
scaturito dall’idea che il Cavaliere Bianco fosse un uomo. In
seguito però, man
mano che il tempo passava, Murtagh ebbe la sensazione che il cervello,
i sensi,
il cuore, gli si stessero risvegliando, tanto che, quando finalmente
riconobbe
quelle labbra come le morbide, carnose labbra di Isis, che avevano
soffiato
dentro di lui la vita; strinse la ragazza a sé, carezzandole
il viso in quel
buio, e quel gesto mutò in un bacio.
Era un bacio dolce, delicato, come un
fiore che dev’essere
protetto dalla pioggia, perché Murtagh, nonostante il
sollievo, nell’averla
accanto, temeva che Isis, la sua Isis
potesse
rifiutarlo.
Ma, non appena si rese conto che la
ragazza stava facendo
sciogliere tutti i suoi nervi, e si stava abbandonando
tra le sue braccia, ed a quel bacio- come se fosse stata felice
di averlo ritrovato- tentò di approfondire il loro contatto,
sfiorandole la mente con la sua.
Fu in quel momento che Murtagh
percepì che la Dark Angel aveva
risollevato tutte le sue difese: Isis, infatti, prese a dimenarsi
finchè non
riuscì ad allontanarlo.
Riguadagnò, svelta la
superficie(certa che ormai i soldati
se ne fossero andati; ma, anche se fossero stati ancora lì,
sarebbe stata
disposta a battersi con loro pur di non restare accanto ad un uomo che
aveva
tentato di violarle la mente; e rabbrividì pensando che,
sicuramente, se
l’avesse lasciato continuare avrebbe scoperto il segreto
della sua identità!)e
Murtagh le fu subito dietro.
I due rimasero per alcuni,
interminabili istanti a guardarsi.
Isis aveva raccolto le braccia al petto, sulla difensiva, ma lui era
ansante e
troppo emozionato per la sua presenza, per notarlo: avrebbe voluto
rivolgerle
mille domande…
Perché era lì?
Quando era arrivata? Aveva per caso visto il
Cavaliere Bianco, con cui lui aveva combattuto fino a poco prima?
Ma tutto ciò che
riuscì a dire, per la forte emozione
suscitata dalla sua vista, fu:
-
Isis…-
Poi, la ragazza lo vide crollare a
terra, privo di sensi.
-
Ora siamo pari,
fratello…- sibilò Eragon, comparendo
alle spalle del Cavaliere la mano ancora stretta a pugno quando si
rivolse ad
Isis.
-
Svelta, Isis,
dobbiamo arrivare alla Du Waldendarden
prima che faccia giorno…- le sue parole giunsero alla
ragazza come in ritardo,
ma quando la
Dark Angel
riuscì a percepirle, si infilò in un lampo
l’armatura di Vrael e, aiutando il
Cavaliere di Saphira a trascinare Murtagh, insieme liberarono i
rispettivi
draghi dalla grotta.
-
Castigo, so che
hai progettato di uccidermi! Ora muoviti,
vola, seguendo Saphira fino alla Du Waldenvarden, o ucciderò
il tuo Cavaliere.-
lo minacciò, di nuovo celata dietro l’armatura di
Vrael, non appena si ritrovò
il drago di Murtagh davanti.
Castigo ruggì, sconfitto,
vedendo quella lama bianca puntata
contro la gola del suo amico; ma non si oppose a far salire sulla sua
groppa il
Cavaliere Bianco, che prese il suo solito posto, dietro il corpo
esanime di
Murtagh; e docilmente spiccò il volo, seguendo Saphira ed
Eragon, nel buio più
scuro che precede l’alba.
ANGOLO AUTRICE
Tadaaaaaaaaaaaaaaaan!
Eccone un altro! Davvero, non me
l’aspettavo di riuscire a
copiare al pc un altro capitolo!
Scusate le ripetizioni, e credo che
alcuni tratti siano un
po’ confusi, se è così, mi scuso in
anticipo, ma se vi va, comunque
segnalatemeli.
A parte questo, che ne pensate? Come
me la cavo nella
descrizione degli scontri armati? Sono incapace come penso io, oppure
posso
sperare di avervi fatto capire qualcosa
Spero comunque che il post vi sia
piaciuto!
Un abbraccio
Marty23
Ps: vorrei ancora una volta
ringraziare Arcadia_Azrael
per il suo ultimo commento! ^__^
|
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Capitolo 31 *** speranza ***
Capitolo 26
Speranza
Eragon, Saphira, Isis, Murtagh e
Castigo fecero il loro
ingresso nel mondo degli elfi varcando il confine sud-ovest della Du
Waldenvarden. Mentre erano diretti ad Osilon, la prima città
che si poteva
incontrare, vista l’estremità da cui erano
entrati, la
Dark Angel chiese ad
Eragon:
-
Perché
non divini la regina, per annunciarle che stiamo
arrivando, e che vuoi parlarle?-
-
Perché
non si può divinare nessuno che sia all’interno
della Du Waldenvarden. È per questo che Galbatorix non
riesce a penetrare qui,
in alcun modo- le spiegò, e subito dopo, il Cavaliere coi
tratti del viso da
elfo, sempre mantenendo un tono di voce basso, rispettoso, quasi
reverenziale,
narrò alla ragazza- ed anche a Castigo, anche se sapeva che
il drago era ancora
sulle sue, visto quanto lo rendeva triste sapere che il suo Cavaliere
era
ancora privo di sensi- tutto ciò che sapeva sulla gigantesca
Du Waldenvarden.
-
Questa foresta
segna l’inizio del Regno degli Elfi, il
suo nome nell’Antica Lingua, significa “Foresta dei
Guardiani” ed è tanto fitta
e rigogliosa perché ogni primavera gli elfi intonano il
Canto Dagshelgr per
rinforzare la magia di cui è intrisa, alla quale
né animali, né piante, né gli
stessi elfi, sono immuni.-
Isis gli sorrideva da sotto
l’elmo del padre, ascoltando
educatamente-, anche se sapeva quasi tutto sugli elfi e sul loro Regno;
come
gli usi elfici di cui la sua educazione(ed anche il suo sangue
poiché aveva da
poco scoperto di essere la figlia di un elfo)era intrisa.
Ammirava ogni particolare di quella
maestosa foresta con
muta meraviglia, anche se quell’emozione traspariva da ogni
fibra del suo
corpo: aveva sempre solo sentito parlare della Du Waldenvarden, da
Crys, e da
tutti gli elfi che avevano fatto parte dei Dark Angel; ma vederla, le trasmetteva centinaia di
sensazioni che andavano a
comporre un mosaico multicolore, indescrivibilmente bello, nel suo
cuore.
La ragazza stava per sfiorare un
fiore lì accanto, rapita
com’era dall’aroma che quel luogo emanava- tanto
che le sembrava brillasse di
luce propria- quando un drappello di elfi, più simile ad
un’ambasceria, viste
le loro espressioni eteree e solenni, ed i movimenti misurati e fluidi;
bloccò
il piccolo corteo, circondandolo e sbarrando loro la strada, in un
certo senso.
Isis, atterrita, si
paralizzò, chiedendosi come avessero
fatto a trovarli tanto velocemente, dal momento che non avevano
percorso
neppure un miglio, nella Foresta…
Un elfo dalla lunga chioma tanto
bionda da sembrare bianca
si rivolse ad Eragon, ed a Saphira, salutandoli con il gesto
convenzionale,
portandosi un braccio al petto:
-
Salute a voi,
Argetlam e Saphira Squamadiluce. Siamo
onorati di riavervi tra noi, a cosa dobbiamo il piacere della vostra
visita?-
nonostante i toni cortesi rivolti al Cavaliere, Isis non
potè impedirsi di
guardare quell’elfo biecamente, poiché aveva
notato le occhiate interrogative
che quello ogni tanto lanciava a lei, ed a Murtagh, in groppa a Castigo.
-
Sono venuto per
chiedere udienza alla regina
Islanzadi.- spiegò- Comunque non avete di che temere dai
miei compagni di
viaggio: questo Cavaliere dall’armatura bianca è
un amico degli elfi, mentre
l’altro…-continuò poi, visto che
neppure a
lui erano sfuggite le occhiate guardinghe del biondo e degli altri tre
elfi al
suo seguito, indirizzate ad Isis ed a Murtagh.
-
Ti siamo grati per
averci mostrato l’assassino dello
Storpio che è Savio, ma proprio perché lo porti
con te, devo dirti ce mi
dispiace, ma nessuno di voi troverà ospitalità,
in alcuna delle nostre città,
finchè non sarete giunti ad Ellesmera.- lo interruppe. E
quelle, furono le sue
ultime, lapidarie parole, poiché un attimo dopo scomparve,
con i suoi
accompagnatori, nel folto della foresta.
Eragon guardò la Dark Angel
con un sorriso forzato, triste per
quelle parole, ma attraverso il quale traspariva la voglia di non
arrendersi
che animava il Cavaliere; la ragazza non potè trattenersi
dal passare una mano
guantata tra i ricci di Murtagh- nonostante il ringhio contrario di
Murtagh-
nel tentativo di rassicurarlo, anche se lui no poteva vederla,
né sentirla.
I due Cavalieri, i rispettivi draghi,
e la
Dark Angel viaggiarono
nella Du Waldenvarden tutta la notte- la notte più magica
della vita di Isis,
poiché disse ad Eragon di essere in grado di avvertire il respiro della Foresta, ed il suo cuore
che pulsava, sotto la terra, sotto
ogni corteccia d’albero- e giunsero
nella capitale del Regno degli Elfi, Ellesmera, al tramonto del giorno
seguente.
Vedere la Foresta anche di giorno
rubò letteralmente il
cuore alla figlia di Vrael che, affascinata dal profumo di menta
piperita misto
a mille altri, e dalla sinfonia di forme, colori, e suoni che la
circondavano, scintillando, in quel
luogo; aveva la
sensazione di essere tornata bambina, quando si divertiva a scoprire e
ad
assaporare allo stesso modo, ogni particolare della sua amata Vroengard.
Inoltre, di tanto in tanto,
l’Eldunarì del drago di suo
padre, le mostrava alcuni suoi ricordi del loro addestramento in quegli
stessi
luoghi; e quell’intimità la commosse non poco.
Tuttavia, a volte,
quell’atmosfera di spensieratezza lasciava il posto, nel
cuore di Isis, ad una
lieve tensione, che vi si faceva prepotentemente largo, ogniqualvolta
le
tornavano a risuonare nella mente le dure parole dell’elfo
biondo, e allora,
l’incertezza circa ciò che li avrebbe attesi ad
Ellesmera, la assaliva, quasi
soffocandola, dal momento che lei, Eragon e Saphira, avevano con loro
un
traditore.
In quei momenti, neppure Eragon
riusciva a tranquillizzarla,
con la sua prospettiva di un futuro relativamente certo-
poiché, di certezze,
non aveva neanche lui- ed allora mentre lui cercava conforto in
Saphira, la
ragazza si rivolgeva al suo maestro.
Finalmente, poco prima di entrare ad
Ellesmera, Murtagh si
svegliò, con un forte capogiro, e, dopo aver visto il
Cavaliere Bianco, si
rinchiuse completamente
nel più denso
silenzio, aprendo la propria mente, in maniera esclusiva a Castigo.
Cos’è
successo? Dove
siamo? Cosa mi sono perso? L’ultima cosa che ricordo
è di aver baciato Isis,
sul fondo dell’Isenstar…poi più nulla.
Ricapitolò, confuso, spaesato, ed in
attesa, il ragazzo.
Io non ho
visto
affatto Isis, Murtagh. C’era di nuovo questo dannato
Cavaliere Bianco al tuo
fianco, quando sono arrivato, e ti ho trovato svenuto. Quello mi ha
ordinato,
minacciando di ucciderti, di portarvi entrambi alla Du Waldenvarden. Ed
ora, è
lì che ci troviamo. Gli rivelò
mestamente Castigo, mostrandogli alcuni dei
suoi ricordi.
Cosa?! Siamo
nella
Foresta dei Guardiani? Nel Covo degli Elfi? Sbottò,
senza parole, il
Cavaliere.
Sì,
e Eragon vuole
parlare con la regina Islanzadi, anche
se non so perché…mormorò il
drago,
leggermente preoccupato.
Immagino che
mio
fratello sia venuto a trattare: forse mi consegnerà a questi
bastardi dalle
orecchie appuntite, perché loro me la facciano pagare per
aver ucciso Oromis,
in cambio di qualche Eldunarì che lo aiuterà a
sconfiggere Galbatorix. Fece
Murtagh, rassegnato, come se avesse vissuto mille altre volte quella
situazione.
Poi, d’un tratto, mentre
avanzavano verso la reggia della
regina degli Elfi, lo sguardo scuro di Murtagh cadde sul Cavaliere
bianco, che
ora gli sembrava profondamente diverso. Non era più tutto
nervi, spada ed
infusi rimbambenti; piuttosto sembrava una farfalla che svolazzava qua
e là,
affascinato, mentre ammirava, leggiadro, le abitazioni degli elfi: un
tutt’uno
con gli alberi della foresta, che rispecchiavano il modo in cui erano
costruite
tutte le altre città elfiche, che si fondevano
completamente, ed alla
perfezione con la foresta nella quale sorgevano.
Eragon, sceso dalla sua cavalcatura,
gli si era avvicinato
e, muovendo le mani per mostrargliele meglio, gli stava spiegando:
-
Sapevi che le
abitazioni, qui, sono…“cantate”.-
-
Non credo di
capire…- fece il Cavaliere Bianco, come
per scusare la propria ignoranza.
-
Vengono generate
dalla Foresta stessa, tramite un rituale
magico realizzato dagli elfi…- le illustrò, con
tono paziente ed ammaliato.
Murtagh avrebbe voluto lasciarsi
sfuggire un verso di
sdegno, ma rimase muto, ad osservare il Cavaliere Bianco- anche
attraverso gli
occhi di Castigo- nel tentativo di capire cosa avesse determinato in
quello
sconosciuto, un cambio di comportamento e d’indole, tanto
radicali.
Il ragazzo rimase ad osservarlo ed a
studiarlo per tutto il
tempo, mentre il gruppo avanzava verso la reggia di Islanzadi,
facendosi largo
tra due ali di una cospicua folla di elfi, accorsa per guardare
l’assassino di
Oromis; e d’improvviso, contemplandone i gesti pacati,
Murtagh non potè fare a
meno di pensare che gli ricordavano tremendamente Isis, quindi, come un
fulmine
a ciel sereno, un’idea, che lo crucciò
leggermente, gli attraverso la testa e,
spalancando la mente verso il suo drago, gli chiese:
Castigo…non
hai notato
come i movimenti aggraziati del Cavaliere Bianco siano simili a quelli
di Isis?
Sai, mi sono appena ricordato che quando mi sono battuto con lui,
quello
conosciuto lottava utilizzando alcune tattiche che ho insegnato ad
Isis.
Credi…credi che abbia avuto qualche contatto con lei?
I suoi pensieri si
facevano più turbati via via che l’ipotesi che la
ragazza potesse esser stata
vicina a qualcun altro, prendeva corpo, nella sua mente.
E Castigo non seppe cosa
rispondergli: certo, dopo come il
suo Cavaliere l’aveva umiliata, non avrebbe potuto biasimarla
se si fosse
ricostruita una vita, accanto ad un uomo che sicuramente
l’amava; eppure, l’idea
di saperla legata ad un altro, qualcuno che non fosse Murtagh, lo
feriva,
perché l’avrebbe ferito vedere il suo Cavaliere
soffrire; così come gli sarebbe
dispiaciuto che lei non avesse avuto più tempo per leggere
per lui.
Non appena i tre ragazzi erano giunti
al cospetto di
Islanzadi, si erano inginocchiati nel centro dell’atrio
principale,
profumatissimo, poiché era stato ricavato nel centro di un
giardino, e, dopo un
attimo interminabile, la regina degli elfi si era alzata in piedi,
avanzando
verso di loro con passo imperioso, il corpo slanciato si
fermò a pochi passi da
Eragon, ed un raggio dell’ultimo sole colpì la
cinta dorata che le cingeva la
vita.
Isis trattenne il respiro quando la
sua elegante mano bianca
scostò il velo che le celava il viso- muovendo appena il
diadema di diamanti
che le ornava i capelli corvini, neri come la notte-; e,
sollevò timorosa, ma
curiosissima gli occhi, per ammirarla…
La trovò bella come un
tramonto d’autunno, altera ed
orgogliosa grazie al suo portamento regale, con due sopracciglia scure,
oblique
come ali piegate, e labbra rosse e lucenti come bacche di agrifoglio.
Il corvo sulla sua spalla
gracchiò, e le sue labbra si
restrinsero.
“Non deve essere un buon
segno…”decretò la Dark Angel.
Subito,
infatti, scoprì che anche la rosa più bella
è cosparsa di spine pungenti.
In effetti, dopo aver accolto Saphira
ed Eragon gentilmente,
li aveva sgridati con parole pacate, e perciò maggiormente
dure, ed ormai
andava avanti da ore con il suo soliloqui odi rimprovero, tanto che
Murtagh,
sbuffando, fu sul punto di alzarsi per abbandonare la sala.
Fortunatamente, Isis aveva serrato la
propria mano guantata
di bianco attorno alla sua spalla, impedendogli di muoversi, e quindi,
costringendolo ad ascoltare ancora una volta il rimprovero di Islanzadi:
-
Pur rispettandovi
e stimandovi grandemente, Saphira
Squamadiluce, ed Argetlam, credo che voi abbiate commesso un immenso
errore,
portando qui un uomo che è soggiogato da Galbatorix.- la
donna aveva tenuto per
tutto il tempo gli occhi puntati su quei due.
Isis serrò i denti notando
che, non solo non degnava lei ed
il figlio di Morzan di un solo sguardo, ma, inoltre, riferendosi a
Murtagh, la
regina degli elfi non l’aveva definito
“Shrt’ugal”.
-
Regina, siamo qui
entrambi, al vostro cospetto, come
supplici, per implorarvi di liberarlo da una schiavitù che
non ha voluto lui…-
replicò Eragon, rispettoso.
-
Potrebbe non
essere possibile, Shur’tugal…- fece la
madre di Arya, con tono grave.
-
E
perché mai?- domandò il Cavaliere di Saphira,
guardandola spaventato.
-
Persino i migliori
maghi tra gli elfi possono fare ben
poco per sciogliere un giuramento pronunciato nell’Antica
Lingua. L’unico che
può spezzare le catene di questa schiavitù,
è lo stesso figlio di Morzan,
cambiando il proprio Vero Nome.- gli spiegò, poi si
voltò, tenendo una postura
rigida, verso Murtagh, gettandogli addosso le sue ultime parole con la
forza di
uno schiaffo, quasi ringhiando.
La fronte del Cavaliere di Castigo si
corrugò mentre si
irrigidiva, fissando con aria di sfida il corvo appollaiato sulla
spalla della
regina, per non inimicarsi lei, in modo diretto.
La mano del Cavaliere Bianco
serrò ancora di più la propria
presa attorno alla sua spalla.
-
Regina, il figlio
di Morzan, che tu vedi davanti a te,
è un Cavaliere; non puoi guardarlo con benevolenza,
poiché ha trovato la forza
di giungere fino a qui, ed inginocchiarsi, davanti a te?- si
informò di nuovo
Eragon, i nervi tesi, mentre su consiglio di Saphira tentava di calmare
le
acque.
-
No Argetlam, per
me e per tutta la mia razza questo
traditore non è degno del titolo di Shur’tugal,
poiché ha le mani macchiate del
sangue di Oromis ed è un soverchiatore di
Eldunarì; perciò non dovrei neppure
posare lo sguardo, su di lui. Il tuo viaggio è stato
inutile, Argetlam, anzi,
sei colpevole, perché portandolo qui, non ti sei reso conto
dell’enorme rischio
cui ci hai esposti, con Galbatorix, dal momento che un “ponte
di collegamento”
con la sua mente si trova in questi luoghi.- lo accusò la
donna.
A quelle parole, Murtagh
balzò in pied, serrando le mani a
pugno lungo i fianchi. Isis sapeva che di lì a poco la sua
rabbia sarebbe
esplosa, ed avrebbe fatto scempio di ogni cosa, accecato
dall’ira. Allora,
tutti i suoi sforzi per renderlo un uomo libero, assieme al suo drago,
sarebbero andati in fumo…allora, davvero
nessuno sarebbe stato più disposto a posare lo sguardo su
Murtagh.
Per impedirgli, quindi, di scatenare
un inferno, che
l’avrebbe segnato per sempre, la ragazza lo
anticipò: si alzò in piedi e
confessò:
-
Se
c’è un colpevole, qui, sono io, regina. Ho pregato
Eragon e Saphira di aiutarmi il figlio di Morzan, e loro ci hanno
condotti in
questo luogo, perché credevano in voi.-
-
Chi sei,
sconosciuto Vimr Alfakyn. Amico degli Elfi?-
l’apostrofò Islanzadi fissando per la prima
volta i suoi occhi a mandorla su di lei.
Dopo un lungo sospiro, Isis
trovò la forza ed il coraggio di
posare le dita sotto l’elmo, e di toglierselo, lasciando
ricadere i capelli in
una fluente cascata liscia e bruna, sulle spalle.
Tutto il mondo attorno- ogni persona,
ogni elemento della
natura persino- parve ammutolire.
Soltanto Murtagh, a seguito di un
interminabile secondo, si
lasciò sfuggire, sconvolto:
-
Isis…?-
ma la ragazza non lo guardò, e invece, si
inginocchiò ancora, decisa a presentarsi, di rivelarsi
completamente, pur di
ottenere anche solo la più piccola speranza di salvezza per
il suo Cavaliere.
-
Il mio nome
è Isis, regina Islanzadi. Sono una Dark
Angel, l’ultima, visto che il mio popolo è stato
sterminato da Murtagh, per
ordine di Galbatorix.
I
due Saggi, che fondarono la mia
gente, Phot e Nigetal, mi hanno insegnato che noi abbiamo una missione
primaria, una nella quale io ancora credo: salvaguardare e far
prosperare i
Cavalieri dei Draghi. È per questo che la colpa di cui avete
tacciato Eragon è
imputabile a me. Perché, nonostante tutto, il figlio di
Morzan, qui, al vostro
cospetto, è ai miei occhi, per prima cosa un Cavaliere, e
quindi, intendo fare
qualsiasi cosa perché torni ad essere libero.-
giurò, convinta.- Di recente ho
scoperto di essere la figlia del capo dei Cavalieri, Vrael…-
proseguì.
-
Questo significa che avresti
circa…cento anni?- osservò la regina,
interrompendola; nella sua voce c’era una
leggera nota di scherno, quasi avesse voluto gettare discredito su di
lei,
facendo notare a tutti l’impossibilità nascosta
dietro quelle parole.
Isis,
sostenendo il suo sguardo,
si sollevò la frangia para con la mano, per mostrarle la
fronte, sulla quale
brillava la stella argentea simile al marchio luccicante dei Cavalieri.
-
Mio padre mi
benedì, facendo sì che potessi crescere
solo in tempi sicuri: è per questo che mi sono
“preservata”, tanto a lungo.-
riprese, sorridendo con le labbra assottigliate mentre le forniva una
spiegazione, e nel contempo la fissava, seria.- Ma se non mi credete,
signora,
potrete chiedere conferma delle mie parole
all’Eldunarì del drago di Vrael, che
è divenuto mio maestro poiché ne fui designata
custode e Portatrice, da Phot e
Nigetal, nel momento in stesso in cui divenni effettivamente degna di
far parte
dei Dark Angel.- quindi, tra lo stupore generale, mentre Islanzadi si
faceva
più vicina, Isis, estrasse da dietro la schiena il cuore dei
cuori che pulsava
di vita, emanando un leggero bagliore, come quello di una lanterna
coperta.
La regina degli elfi chiese il
permesso di averlo, e subito dopo
che la ragazza glielo ebbe passato, lentamente, quasi fosse stato
sacro,
Islanzadi rimase per qualche attimo immobile, estraniata da tutto
ciò che le
accadeva attorno, intenta com’era a contemplare
l’infinità di stelle vorticanti
che componeva il cuore dei cuore.
Quando riemerse da quel viaggio nella
coscienza
dell’Eldunarì del drago di Vrael, tutto
ciò che fece, fu restituirlo alla sua
custode, mentre annuiva, sorridendole.
-
Bene, regina, ora
che ho acquistato credibilità presso
di voi, sono pronta ad offrirvi la mia vita, in qualità di
Dark Angel, di
figlia ed erede di Vrael, di Portatrice del cuore dei cuori del suo
drago, e di
semplice donna, pur di sapere Murtagh salvo e libero dalla
schiavitù di un
tiranno folle. Ti offrirò la mia vita anche in cambio della
sua se vorrai
punirlo per la sorte che ha inflitto allo Storpio che è
Savio.- le giurò.
-
Alzati, Isis
svit-kona. Ho visto, attraverso il tuo
maestro che il tuo cuore è puro, e ti prometto, per
premiarti del tuo grande
coraggio, che i miei maghi tenteranno il Rito Heid un Vrijheid, pur di
esaudire
la tua richiesta.- disse Islanzadi, poi battè le mani, e
subito, alle spalle di
Murtagh i dodici maghi guidati da Blodhgarm- che fino a qualche tempo
prima si
erano occupati solo dell’incolumità di Eragon.
-
Isis! Isis!-
urlò il Cavaliere, chiamandola, cercando di dimenarsi, di
sottrarsi alla
stretta di Blodhgarm, e dei suoi simili, che lo stavano trascinando
via; nel
tentativo di tornare in dietro e parlare con lei.
La Dark Angel
dopo aver domandato al suo maestro come avessero fatto
quegli elfi a trovarsi lì- ed aver saputo che era
perché “le notizie viaggiano
con ali veloci”- fissò la regina degli elfi,
chiedendole un muto permesso. Solo
dopo che Islanzadi ebbe sollevato una mano, con il palmo aperto, la
ragazza
potè ricoprire, con poche falcate la distanza che la
separava dal figlio di
Morzan.
I dodici maghi di cui Blodhgarm era a
capo, si scostarono
appena, per concedere loro un po’ di intimità, e
finalmente, i ragazzi si
ritrovarono l’uno davanti all’altra, soli,
poiché ad entrambi sembrava che non
ci fossero altri, in quel momento, all’infuori di loro due.
Stare al cospetto di Murtagh e di
Castigo- poco distante,
alle spalle del ragazzo- fu, per Isis una dura prova, dal momento che
su
sentiva ignobile per…averli traditi, in un certo senso,
poiché aveva nascosto
al Cavaliere il suo vero io; eppure, allo stesso tempo, era sollevata
perché
ormai, tutte le sue difese erano cadute, i veli erano stati squarciati,
i
segreti svelati; perciò, dopo l’iniziale paura che
potessero umiliarla di
nuovo( e questa volta non a torto) percepì che il silenzio
che li circondava,
era straordinariamente colmo di paure, di promesse, ma soprattutto
della
soddisfazione della Dark Angel nel sentirsi degna di poter stare ritta
davanti
all’uomo che aveva amato, e guardarlo negli occhi, sapendo
che finalmente lui
sapeva chi lei era.
Murtagh abbozzò un
sorriso, nonostante non riuscisse affatto
a nascondere lo stupore per aver ritrovato Isis, e nello stesso tempo
di aver
scoperto che dietro il suo volto si era celato, per tutto il tempo, il
Cavaliere Bianco; quindi dopo averle sfiorato con un dito la frangia,
tornò
improvvisamente serio, tanto che, attraverso i suoi occhi, la ragazza
potè
scorgere l’immenso terrore dell’ignoto che stava
dilagando nel suo cuore.
-
Vieni con me,
Isis…-la pregò, emettendo appena un
sussurro, poiché aveva dischiuso appena le labbra.
-
Temo che tu non
possa assistere al Rito, Isis
svit-kona.- la avvisò Islanzadi,
che, nonostante fosse lontana, aveva udito ogni
parola grazie ai suoi sensi sottili.
La Dark Angel,
quindi, si affettò a chinare la testa su una delle
mani di Murtagh, per baciarne il dorso, mentre diceva:
-
Atra du
evarìnya ono varda. Che le stelle ti
proteggano…- un
secondo dopo, mentre
nascondeva il rossore, sentendosi spiata dalla regina degli elfi, vide
Blodhgarm e gli altri maghi che ricomparivano come dal nulla, attorno
al
Cavaliere, e iniziarono a trascinarlo via.
Isis si sentiva morire sempre di
più, ad ogni passo che
Murtagh faceva, allontanandosi da lei, e trattenne a stento le lacrime
una
volta che fu scomparso dietro la grande porta ad arco ricavata da un
albero,
perché, temette, quella sarebbe stata l’ultima
volta in cui l’avrebbe visto, vivo.
Si sentiva spenta e si
odiò perché le parve di averlo condannato
a morte.
Dopo un tempo che le parve
interminabile, rimasta sola, la
ragazza avvertì la presenza di Islanzadi alle proprie spalle.
-
Vieni con me, Isis
svit-kona…- stava per proporle la
regina, ma Isis la interruppe, con voce strozzata.
-
Perdonami
Drotting, ma preferisco andare a pregare
presso l’Albero di Menoa.- e le ci volle tutto
l’autocontrollo di cui era
capace per impedirsi di mettersi a correre, di fuggire da tutta quella
situazione, che lei stessa aveva creato, mentre si allontanava.
La Dark Angel
per un po’ rimase inginocchiata, con le mani giunte
alle radici dell’Albero di Menoa, per pregare, in silenzio.
Trascorsero dei momenti infiniti, che
avrebbero potuto
essere pochi minuti, o alcune ore, ma ben presto, la paura di Isis di
non
rivedere più né Murtagh né Castigo
vivi, - i suoi sensi di colpa infatti,
vennero a galla, assalendola, feroci- la soffocò,
così che lei si ritrovò
scossa da violenti fremiti e singhiozzi, col viso ridotto ad una
maschera di
lacrime.
Invano, il suo maestro aveva tentato
di rassicurarla, poiché
sapeva che il Rito di Salvezza e Libertà, proposto dalla
regina, era sempre
stato oscuro, e con poche possibilità di successo, sin da
quando lui ne aveva
memoria(dal momento che la maggior parte di coloro che vi si
sottoponevano,
raggiungevano spesso la salvezza e la libertà estreme,
attraverso la morte).
Così, Isis aveva finito
per prostrarsi completamente alle
radici dell’albero, con le braccia lontane dal corpo, ritte,
una su ogni lato.
Quella posizione- che la faceva
somigliare ad un crocifisso-
parve rilassarla, poiché il contatto con la terra, il
rapporto di reciproca
appartenenza che aveva sempre avuto con essa,
l’aiutò a sentire come proprio il
battito del cuore della terra.
Perciò, in quel momento,
un pensiero strano le attraversò la
testa, presa com’era in una situazione che le era abbastanza
familiare: nonostante
avesse da subito trovato il mondo degli elfi troppo etereo, esagerato-
a suo
parere- nella simbiosi con la natura; si ritrovò ad amare
ancora di più l’’universo
dei Dark Angel, poiché, seppur composto dalle più
varie specie d’uomini- con
tutte le loro imperfezioni- aveva imparato comunque ad amare e a
rispettare la
Natura.
La ragazza, rimase quindi
così, con la mente svuotata dalle
preoccupazioni, mentre si concentrava solo sui propri respiri, che
seguivano il
ritmo della terra, del vento, delle piante…per un tempo
tanto lungo che si
accorse a malapena che Ellesmera era ormai costellata di Erisdar,
quando Eragon
venne a chiamarla.
Il Cavaliere le porse la mano, per
aiutarla ad alzarsi,
mentre la
Dark Angel
sembrava risvegliarsi da un lungo sonno.
Poi, finalmente, Isis lo
guardò: i suoi splendidi occhi
verde acqua erano grandissimi, colmi di paura per
quell’eccessiva attesa:
-
Blodhgarm dice che
lui e gli altri non hanno potuto
fare molto, perché…- iniziò il
ragazzo, ma lei non lo lasciò finire perché,
posandogli un dito sulle labbra, abbasso subito il viso, mesta,
pensando al
peggio.
Quindi, Eragon, ridendo, le
asciugò svelto le lacrime,
attese che facesse un respiro profondo, e le rivelò:
-
…Non
hanno potuto fare molto perché Murtagh aveva già
in parte cambiato il suo vero nome! Ed io credo che sia accaduto grazie
a te,
Isis, perché, forte del legame che avevi con mio fratello,
hai capito che
l’amore può veramente cambiare un uomo, che
può mutare tutti gli uomini, e
forse persino salvare Alagaesia.- esultò, con gli occhi a
mandorla che
scintillavano di gioia.
La Dark Angel
gli gettò con slancio le braccia al collo, mentre
rideva e piangeva, allo stesso tempo: avrebbe voluto urlare la sua
felicità al
cielo, a tutta Alagaesia e, quando le tornarono in mente le parole
della
profezia di Angela sul suo destino, seppe che lo stava compiendo, che
quella
notizia, quell’avvenimento liberatorio, era una vittoria.
Molto importante per
Alagaesia, per Murtagh, ma soprattutto per lei e per l’amore
che sentì tornare
a farle gonfiare il cuore nel petto.
ANGOLO AUTRICE
Salve a tutti!
Allora, questo post è
l’ultimo dei miei capitoli extra,
perché da ora in poi non ho più scritto nulla. Ma
credo che siamo praticamente
alla fine della ff. Non so quando potrò di nuovo scrivere ed
aggiornare,
probabilmente dopo febbraio(mi auguro sarete pazienti), ma comunque per
sapere
come va a finire la storia, avrei bisogno di un vostro parere circa
ciò che
preferireste:
1)
un
finale in cui, nel giro di quattro capitoli c’è la
rappacificazione immediata
tra Isis e Murtagh
2)
oppure
un finale che NON prevede la riappacificazione immediata tra Isis e
Murtagh e
vede lei, invece che fugge dalle Amazzoni.
Scegliete, e fatemi sapere se
preferite il finale 1 o 2! ^_^
Comunque, come avete potuto vedere in
questo capitolo i
nostri eroi sono entrati in contatto con gli Elfi, e con Islanzadi(come
avrete
notato, per la descrizione mi sono ispirata a Eldest). Scusatemi se
l’ho
tratteggiata così, ma in un certo senso le volevo dare un
che di autoritario,
ed al contempo far trasparire ciò che provo per lei,
perché, dovete sapere, che
tranne Arya e Blodhgarm nessun elfo mi va particolarmente a genio.
Che ne pensate del fatto che ora
Murtagh sia libero? Cosa
succederà ora tra i due innamorati?(dovrete essere voi a
dirmelo, tramite la
scelta del finale…)
A proposito, il nome del Rito di
Salvezza e Libertà, l’ho
inventato io, la prima parola, è tedesca e significa appunto
salvezza, mentre
la seconda è olandese e sta per
libertà… spero non vi dispiaccia se ho
“inventato” un dizionario elfico
“parallelo” a quello di Paolini.
Spero che il post vi sia comunque
piaciuto,
attendo i vostri commenti,
un abbraccio
Marty23
Ps come sempre vorrei ringraziare
quella che ormai è
diventata un alfa reader di questa ff, Arcadia_Azrael,
per il suo ultimo commento! E naturalmente, tutti i lettori silenziosi
^__^
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Capitolo 32 *** sfuggente come il vento ***
Capitolo 27
Sfuggente
come il
vento
Ad Isis era stato permesso di
riposare in un’abitazione
elfica, quella notte, e lei, nonostante inizialmente si fosse distesa,
aspettando che il sonno la trascinasse lontano dal Regno degli Elfi-
concentrandosi sull’odore del pino che
l’accoglieva, sulle sue fronde possenti-
non poteva ingannare se stessa, poiché era chiaro che non
riuscisse a dormire,
a causa di un’inquietudine sconosciuta che le appesantiva il
cuore.
Per qualche ora, perciò,
pensando che fosse un efficace
antidoto contro ciò che le stava avvelenando ogni fibra del
corpo, aveva
camminato avanti e indietro in quella piccola casa-albero, tentando di
concentrarsi solo sul proprio respiro e sul consiglio del suo maestro:
restare
sorda a tutto, eccetto all’ascolto di ciò che le
stava intorno, allontanando le
preoccupazioni che le si erano annidate in testa.
Le riusciva impossibile! Le sembrava
di star impazzendo! In
quella foresta c’era troppo…silenzio!
Indossando quindi, in fretta i suoi
abiti da viaggio- un paio
di pantaloni, una camicia ed un paio di stivali- era quasi…fuggita, come se i vestiti le avessero
preso fuoco, più da se
stessa che da qualche posto in particolare.
Ricordava che Eragon, prima di
congedarsi da lei per andare
a dormire, si era raccomandato di avanzare con passo leggero, quando si
sarebbe
mossa in Ellesmera; di concentrarsi sull’odore dei pini, il
colore dei fiori e,
al mattino, sul calore dei raggi che sarebbero filtrati tra i rami,
perché
forse, se lei fosse stata gentile, ed in simbiosi con la
città, quella, con le
sue sale di foglie, le avrebbe rivelato qualcuno dei profondi e
intricati
segreti che celava.
Ma la Dark Angel
non riusciva ad “avanzare con passo leggero”, in
realtà non avvertiva nulla di leggero in sé,
anzi, le sembrava che ad ogni
passo, la disperazione che sentiva nel cuore, la trascinasse sempre
più giù,
fino a schiacciarla a terra.
D’un tratto, fu costretta a
fermarsi per appoggiarsi al
tronco di un albero, perché il suo solido appoggio la
aiutasse a restare in
piedi. Le parve di soffocare: l’ignota angoscia che aveva
preso possesso della
sua mente, del suo cuore, di ogni fibra del suo corpo, la
circondò, con tutte
le schiere armate di cui disponeva ed infine, la travolse con la forza
di un
intero esercito. E quell’attacco inatteso che aveva tentato
di evitare per
tutta la sera, fu reso ancor più sconvolgente dal silenzio
che soverchiava la ragazza. La quale,
finì per scivolare a terra, le ginocchia tremanti, il
respiro corto, gli occhi
appannati; e trovò come unica difesa da ciò che
le stava accadendo,
l’abbandonarsi ad un urlo straziante ed infine, ad un fiume
di lacrime.
Quando i singhiozzi cessarono,
l’Eldunarì del drago di
Vrael, le carezzo la mente, domandando:
Perché
piangi, Isis?
E non poté né volle nascondere la premura che
aveva nei suoi confronti.
Perché…ho
paura, maestro! L’hai detto tu
stesso che le
notizie viaggiano su ali veloci, perciò sento di aver fatto
un gesto
sconsiderato: scommetto che Galbatorix si è accorto che ora
non può più
controllare Murtagh e… Isis si asciugò
svelta i rivoletti di lacrime che
sgorgarono di nuovo, a rigarle le guance arrossate.
Liberare
Murtagh non è
stato un gesto sconsiderato, perché dettato dal tuo cuore,
ti ha invece,
permesso di salvarlo. Non ne sei felice? Murtagh, il tuo Cavaliere, è libero, finalmente!
Le fece
notare l’Eldunarì.
Non appena
Eragon mi
ha portato la notizia della liberazione di suo fratello, infatti, ho
gioito ma
poi, il pensiero di quanto sia diventata reale, la minaccia di
Galbatorix, ha
mutato tutto il mio mondo in quest’angoscia che cresce di ora
in ora, facendomi
capire di aver commesso l’errore più grande di
tutti: portando Murtagh qui, ho
messo in pericolo tutti gli elfi, poiché non possono
più contare
sull’isolamento garantito da questa foresta…presto
scoppierà una guerra- poiché
il tiranno si sarà accorto che il giuramento
nell’antica lingua, con cui teneva
Murtagh legato a sé, è stato sciolto, e
vorrà vendicarsi- e sarà stata tutta
colpa mia! Inoltre, ora che è libero, non possiamo sapere
con certezza se si
schiererà dalla nostra parte, o farà parte a
sé, facendo da spettatore, nella
battaglia che verrà… tutte le sue
paure erano condensate in quelle frasi,
eppure le sembravano enormi, insormontabili.
Come puoi
pensare una
cosa simile? Lui ti ama. La rimproverò il cuore
dei cuori, con tono
allibito.
Io credo che
abbia
amato che io mi sia concessa a lui, donandogli quella sorta di
“razione di
libertà” di cui aveva bisogno, ma adesso che
è totalmente libero, senza dover
dipendere da nessuno, temo ci abbandonerà, perché
lui stesso disse, dinnanzi a
me e ad Eragon, che nessuna vita è più importante
della sua… ricordò,
fredda e lucida lei.
L’Eldunarì del
drago di suo padre si intristì grandemente
nell’udire ciò che la ragazza pensava. Come poteva
deplorare il magnanimo gesto
che aveva compiuto? Perché non confidava
nell’amore di una persona dalla quale
si era fatta conoscere profondamente? Perché non riusciva a
capire che con la
sua ammirevole azione aveva salvato una vita, anzi, ben due, e tutti
loro,
dando quindi solide speranze a tutta Alagaesia?
Poi, finalmente, comprese: la paura
aveva deformato la mente
della sua coraggiosa allieva, ed ora la figlia del suo Cavaliere, stava
lasciando che quell’emozione la fuorviasse.
Il cuore dei cuori color diamante
stava per consigliarle di
andare a parlare con Murtagh non appena fosse sorto il sole,
così da avere la certezza che
il figlio di Morzan la
amasse, ed ora che era finalmente libero, avrebbe potuto
dimostrarglielo in
modo totalizzante.
Ma non ebbe il tempo, né
la possibilità di parlarne alla
ragazza, perché, dal tenue buio che avvolgeva ogni cosa,
emersero due figure
sconosciute, che si fecero vicine…
Non erano abbastanza veloci,
né sufficientemente agili ed
aggraziate per essere elfi, tuttavia, mentre
l’Eldunarì alzava prudentemente
tutte le sue difese, e consigliava alla sua allieva di seguire il suo
esempio,
vide che Isis scrutava quelle due persone, dai corpi slanciati e, dopo
un tempo
interminabile, quando un debole raggio di luna ne colpì i
visi, la sentì dire:
-
Cosa ci fate, qui?
Credevo di avervi consigliato di
dirigervi dai Varden, l’ultima volta che ci siamo
viste…- sembrava qualcosa a
metà tra un ragionamento ad alta voce basato su un ricordo,
e un rimprovero.
-
Anche noi siamo
felici di rivedervi, Dark Angel! Come
mai vi trovate qui? Avevamo sentito un urlo, e ci siamo
spaventate…cosa vi è
accaduto? Perché tremate? Possiamo fare qualcosa per voi?-
esordì la più
giovane delle due, il cui volto di ragazza, fresco della bellezza
adolescenziale che sembrava aver perso la sua aria seria-
notò Isis-(quasi quel
luogo le trasmettesse tranquillità) aveva un che di
conosciuto…
-
No, grazie, figlia
di lord Hunyad…- la apostrofò la Dark Angel,
(mentre
spalancava la mente al suo maestro per ricordargli che quelle due
donne, erano
coloro che lei aveva salvato, la sera in cui era venuta a riprenderlo,
da
quella che era stata la sua cella) ma quella che era stata definita
“la figlia
di lord Hunyad, abbozzando un sorriso teso, e nascondendosi dietro le
ondulate
ciocche color pece che le ornavano il viso, replicò:
-
Preferirei mi
chiamaste Tisbe, Dark Angel…- non
sembrava particolarmente fiera dei suoi natali, ma Isis, che non aveva
mai
saputo come rivolgersi a quella ragazza, grata che lei le avesse detto
il
proprio nome, ricambiò il favore, presentandosi:
-
Perdonami, se ti
ho messa a disagio, Tisbe. Anche io
però, preferirei che mi chiamiate Isis…- era
sorridente, mentre, tirandosi in
piedi-aiutata dal tronco nodoso dell’albero- rifletteva sul
significato di quel
nome: rara.
Si perse quindi, ad osservare anche
la madre della ragazza:
la sua pelle abbronzata risaltava, facendola sembrare ancora
più bella ora che
le spalle larghe e tutto il suo corpo erano fasciati da uno splendido
abito di
làmarae verde. I capelli corvini le scendevano sulle spalle
e lungo la schiena
come una lucente cascata di notte, ed Isis volle credere che quel luogo
avesse
rasserenato anche quella donna, poiché le sembrò
che le profonde rughe che ne
avevano segnato visibilmente gli anni- che aveva visto, quella notte
nella
cella- fossero sparite. Sembrava addirittura più giovane,
con quella
pettinatura e quegli abiti elfici.
In effetti, sia Tisbe che sua madre
somigliavano a creature
senza tempo, che emanavano tranquillità.
Nel momento in cui la donna
incrociò gli occhi chiari della
Dark Angel, intenti a fissarla, le fece un leggero inchino:
-
Il mio nome
è Telestri, Isis, e vorrei di nuovo
ringraziarti per ciò che hai fatto per mia figlia e per
me…- il suo sguardo
color cannella si colmò di commozione e la figlia di Vrael
fece per chinarsi su
di lei, con fare rassicurante, quando avvertì un battito
d’ali lieve, come
quello di una farfalla mentre qualcosa le sfiorava la
schiena…
Isis si voltò, per
controllare da dove provenisse quel
suono, e chi la stesse sfiorando e…si trovò
davanti un cucciolo di…drago,
grande come un agnellino, sospeso
a mezz’aria, all’altezza delle sue spalle, battendo
freneticamente le alette
esili, mentre la fissava con i suoi innocui, enormi occhi verdi, come
gli
brillavano su tutto il corpo.
Le tremavano le
ginocchia…temette che sarebbe potuta di
nuovo scivolare a terra, ma scambiando con lui uno sguardo, in quel
momento
ebbe la sensazione che il tempo si fosse fermato: avrebbe voluto dire
mille
cose, chiedere spiegazioni, urlare la sua felicità, ma
riusciva solo a sentire
le pulsazioni del suo cuore che parevano essere a tempo col battito
d’ali di
quel draghetto…sentiva che sarebbe potuta svenire per
l’emozione…il pensiero le
corse allora ai due Saggi che avevano fondato i Dark Angel: Phot e
Nigetal
avevano rubato a Galbatorix l’ultimo uovo di drago, e se
allora fossero stati
vivi, avrebbero sicuramente gioito, sapendo di essere riusciti in
ciò per cui
tutto il loro popolo si era sempre adoperato: far nascere
l’ultimo drago,
perché al suo fianco sorgesse un Cavaliere, libero, che
fosse stato simbolo di
speranza per tutta Alagaesia, contro la tirannia.
-
Isis, non temere,
non ti farà del male, hai la mia
parola di Cavaliere. Emera, per favore, vieni qui, non spaventare
quella
graziosa Dark Angel.- intervenne pacata, Tisbe, arrossendo quando
avvertì gli
occhi della ragazza dalla pelle nocciola su di sé, ed ancora
di più nel momento
in cui la vide inginocchiata al suo cospetto, mentre si portava un
braccio al
petto, girando il polso, rispettosa.
-
I miei ossequi a
te, Shur’tugal. Il mio popolo sarebbe
stato entusiasta e fiero di conoscerti, ed io, che sono la loro ultima
discendente, ti sono grata di poter essere testimone- anche in vece
degli altri
miei compatrioti- della tua nascita, come Cavaliere libero. Ti prego,
potresti
raccontarmi come il tuo drago ti abbia scelta?- la supplicò
la ragazza.
Tisbe, ancora più a
disagio per il tono formale della Dark
Angel, si avvicinò lentamente alla ragazza, la testa bassa,
quindi, dopo aver
fatto posare Emera sulla propria spalla, le carezzò la
liscia chioma bruna,
abbozzando un sorriso.
-
Per favore, Isis,
sono sempre Tisbe; sono sempre la
figlia di lord Hunyad, che hai salvato e che è in debito con
te. Sediamoci, e
ti parlerò di come sono diventata un Cavaliere di Drago.-
con gesti pacati e
con dolcezza, fece perciò segno a sua madre ed alla Dark
Angel di adagiarsi a
terra, in cerchio, mentre la luce della luna striava le loro belle
chiome,
d’argento.
-
Io e mia madre
abbiamo affrontato un lungo viaggio dopo
che tu ci hai indirizzate dai Varden e, una volta giunte tra i ribelli,
una
donna di nome Angela ha visto il nostro futuro, nella ossa che diceva
provenire
dalla zampa di un drago…- iniziò Tisbe, gli occhi
scuri erano distanti, a dei
ricordi lontani, Isis si azzardò a posare la propria mano
sulla sua, più
piccola, per rivelarle, sorridente:
-
L’ha
fatto anche con me, sai?-
-
…perciò
dopo le sue enigmatiche parole, il Cavaliere
dal drago di zaffiro, che ci avevi indicato, e che abbiamo scoperto
chiamarsi
Eragon, ci ha benedette…- continuò Telestri,
sollevando la frangia per mostrare
il marchio lucente simile a quello che ornava la fronte di Isis e la
mano di
Eragon.
-
…quindi,
un attimo dopo, l’elfa Arya, figlia della
Regina degli Elfi, Islanzadi, ci disse di avere una possibile
spiegazione,
circa il futuro che ci era stato profetizzato…- intervenne
di nuovo Tisbe, dopo
aver fatto un profondo respiro, tornando ad incontrare gli occhi verde
acqua di
Isis, che ascoltava attenta.- Dunque, intraprendemmo un altro viaggio,
al suo seguito,
per arrivare fino alla Du Weldenvarden, dove, ci disse, due Dark Angel
erano
riusciti a mettere al sicuro l’ultimo uovo di Drago,
rubandolo a Galbatorix in
persona.- riportò quelle informazioni senza celare
l’ammirazione che provava
nei confronti del popolo di cui Isis faceva parte.- Poi, quando Emera
ha aperto
gli occhi per me, mi sono sentita scelta,
rinata, amata; ho provato paura, e gioito allo stesso tempo,
perché mi è parso
di capire che rappresentiamo molto,
la mia dragonessa ed io, per tutta Alagaesia…- Tisbe parlava
con voce
consapevole, eppure più bassa, quasi provasse una sorta di
timore reverenziale
per il carico che il significato delle sue frasi comportavano.
-
Dragonessa? Emera
è una femmina?- soffiò sorpresa Isis,
che da ciò che aveva imparato da Phot e Nigetal, ricordava
che solo Saphira,
fosse l’unica femmina di drago. Tisbe annuì,
sorridente nel constatare poi che
la sua piccola dragonessa era volata fino ai piedi della Dark Angel,
per
acciambellarsi sul suo grembo, muovendosi quindi come sono soliti fare
i gatti,
per guadagnare qualche carezza.
-
Sì…è
una ragazza, la mia Emera.- il tono di
quella donna Cavaliere trasudava in maniera quasi traboccante affetto,
tanto
che Isis se ne sentì contagiata, le pareva fosse qualcosa di
solido, infatti,
non mancò di spalancare la mente, per trasmettere
ciò che provava, al suo
maestro.
-
La mia unica paura
è che non sarò all’altezza del
compito che mi è stato assegnato…- si
lamentò d’un tratto la figlia di Hunyad,
fissando addolorata quel cucciolo smeraldino.
Isis, che aveva rivisto in quella
ragazza il suo
comportamento giovanile, il suo ardore, indovinò, che ora
che non era più sola,
temesse principalmente per Emera.
-
Perché
dici questo, Tisbe?- le domandò, con dolcezza,
nonostante fosse perplessa.
-
Perché
da ragazza le è stato insegnato a battersi, con
molte armi, spade comprese; eppure quando Arya le ha chiesto di
mostrarle la
sua tecnica, l’ha definita “abbastanza
grossolana”…- ricordò Telestri, ad alta
voce, mentre soffocava a stento uno sbadiglio.
-
…per
non parlare del fatto che non conosco neppure
l’Antica Lingua!- sospirò Tisbe, seppellendo il
viso tra le mani, che, Emera,
preoccupata, venne quasi subito a sfiorare con il musetto smeraldino.
-
Telestri, credo
che tu debba andare a dormire, ed anche
tu, Tisbe. Non temere, Cavaliere, dormi sonni tranquilli assieme alla
tua
dragonessa, perché se vorrai- dal momento che sono la figlia
e l’erede di
Vrael, oltre che una Dark Angel, sono disposta a condividere con te
tutta la
mia conoscenza.- le promise Isis, solenne.
Un silenzio stupito scese come un
velo tra le tre. Tisbe era
senza parole, Telestri aveva le lacrime agli occhi, mentre Emera
emetteva
teneri versi d’apprezzamento.
La figlia di Vrael, quindi,
respirando finalmente a pieni
polmoni, si sentì come se le fosse stato tolto un enorme
peso dalle spalle.
Sorrise, mentre si inchinava un’ultima volta a quelle due
donne, augurando loro
la buona notte.
-
Ci vedremo domani
mattina, allora, Shur’tugal!- infine,
volse loro le spalle, tornando al pino dove dormiva, con passo leggero,
poiché
riusciva di nuovo a sentire attorno a sé la vita che
brulicava nella foresta.
Era bello potersi sentire ancora una volta utile, perciò la Dark Angel
lasciò che
quel pensiero, quella sensazione, la colmasse, allontanando tutto il
resto,
mentre scivolava nel sonno.
Si addormentò ricordando
il suo popolo, ed immaginandoselo
felice del fatto che lei avesse potuto assistere
a qualcosa che per loro altri, era sempre stato solo un sogno, una
speranza per
il quale si erano sacrificati fino all’estremo dono della
vita.
Il mattino seguente, svegliandosi,
Isis trovò accanto al
letto, accuratamente ripiegato, un abito di làmarae, il
tessuto che gli elfi
erano soliti usare per realizzare le proprie vesti.
La ragazza lo prese tra le mani,
osservandolo, ammirata: una
volta aveva sentito Eragon dire che sia gli abiti umani, sia quelli dei
nani
impallidivano, paragonati a quelli portati dagli elfi, e dovette
ammettere che
aveva ragione!
Svelta, quindi, si lavò, e
con attenzione, quasi fosse stato
di cristallo preziosissimo, indossò la veste che aveva
trovato: la stoffa di
colore verde, scivolò come una carezza sul suo corpo, anche
se il tessuto,
essendo lana intrecciata con fili d’ortica, non
mancò di pungere leggermente,
al contatto con la pelle. Mentre poi, si
sistemava l’abito sulle cosce, la Dark Angel
notò che,
per foggia, quella veste era simile ad un abito maschile, eppure le
donava un
che di particolare, di radioso, soprattutto perché, creando
un bel contrasto
con la sua pelle scura, ne metteva in risalto gli occhi chiari.
Isis, dopo aver celato il suo maestro
in una sacca pendente
dalla cinta di cuoio che le cingeva la vita, aveva iniziato a correre,
respirando a pieni polmoni il profumo della vitalità mistica
che Ellesmera
emanava, mentre era alla ricerca di Arya.
Trovare la principessa dagli occhi
verdi, non fu un’impresa
semplice, e proprio quando stava per demordere, decidendo invece di
dirigersi
alla sala di foglie che costituiva la biblioteca reale, per mantenere
la
promessa fatta a Tisbe; Isis si imbatté in un curioso,
eterogeneo manipolo di
persone, capitanato dalla figlia di Islanzadi, di cui facevano parte
anche
Eragon e Blodhgarm, alla testa dei maghi elfici che sempre lo
accompagnavano.
Si fece loro vicina, correndo, senza
curarsi troppo del
perché quel gruppo fosse lì, e perché
si comportasse in quel modo, quasi
nascondesse qualcosa, o scortasse qualcuno…
-
Atra
esternì ono thelduin. Che la fortuna ti assista
Arya svit-kona. Ti ringrazio per ciò che hai fatto. Ieri
sera, mentre facevo
una passeggiata, ho conosciuto Tisbe, e…- a quelle parole,
l’elfa dagli occhi a
mandorla sorrise, tesa, e prendendo Isis per mano, dopo essersi gettata
un’occhiata guardinga alle spalle, la trascinò
fino ad un albero poco lontano,
dove, cantando, pregò le sue fronde perché
proteggessero le loro parole da
orecchie indiscrete:
-
Che le stelle ti
proteggano, Isis svit-kona. Perdonami
per la mia scortesia, adesso puoi esprimerti liberamente.- la
salutò allora
Arya, i muscoli visibilmente più rilassati, anche se
continuava a guardare
dietro di sé, al gruppetto di elfi che era rimasto immobile
nella radura, ad
attenderla.
-
Non è
nulla, principessa. Volevo solo dirvi che ieri ho
avuto la fortuna di incontrare Tisbe e, dal momento che mi ha
raccontato la sua
storia…inoltre, vorrei ringraziarti, a nome del mio popolo e
mio, per aver
fatto sorgere un altro Cavaliere, libero.- il tono formale che
uscì dalle sue
stesse labbra, le suonò un po’ strano, soprattutto
perché rivolto ad Arya, ma
sapeva che la cortesia era un uso elfico considerato quasi sacro, e non
aveva
intenzione di trasgredire a quella regola.
-
Non è
mio, il merito, Isis, ma di Phot e Nigetal…- le
fece notare l’elfa, carezzandole una guancia.
Con un leggero inchino, la Dark Angel
riprese:
-
Principessa Arya,
mi accordate il permesso di poter
migliore le doti di combattimento con la spada, col tiro con
l’arco, di Tisbe,
e magari anche di d’insegnarle l’elfico, almeno fin
quando la
piccola Emera non
sarà più grande, così che il loro
addestramento passerà ad Eragon e Saphira…-
chiedere quel permesso le suonava ancora più strano,
nonostante sapesse che era
necessario.
Arya stava per dire qualcosa, forse
avrebbe acconsentito, o
forse no, Isis, tuttavia, non lo seppe mai, perché
un’immensa ombra oscurò il
sole, proprio un attimo prima che qualcosa piombasse su di
lei…
Inizialmente, la ragazza
tentò di schermarsi il viso con le
mani, per la sorpresa di essere stata gettata a terra, ed
inaspettatamente,
raggomitolò ancora di più il corpo, quando
riconobbe la melodiosa voce di
Castigo che le colmava la mente, irrompendovi con la veemenza di una
cascata.
Isis! Isis!
Sono così
felice di vederti! Io e Murtagh avremmo voluto incontrarti
già ieri sera, però
eravamo stanchissimi…volevamo ringraziarti per quello che
hai fatto per noi.
Questa mattina mi sono svegliato ed è stato come se avessi
avuto davanti agli
occhi un mondo nuovo! Non ricordavo che i fiori fossero così
colorati e
profumati, né che il sole fosse così caldo!
La felicità genuina ed ingenua
di quel drago, che le stava lambendo le mani, la travolse, tanto era
irresistibile, tuttavia, la paura che le avviluppò il cuore,
la tenne ancor più
stretta, senza permetterle di lasciarsi trascinare. Tutto
ciò cui riusciva a
pensare era che se lui era lì, allora anche Murtagh non
poteva essere lontano…
-
Castigo, lasciala
respirare!- una voce lontana, che
aveva in sé un sorriso, dopo essersi fatta largo tra il
piccolo gruppo-scorta,
di cui aveva fatto parte Arya, si stava velocemente avvicinando, e la Dark Angel
si ritrovò
quasi a tremare.
Lesta, si alzò in piedi,
ma non ebbe la possibilità di
allontanarsi, almeno non abbastanza, perché si
ritrovò Murtagh di fronte…era
più bello di quanto lo ricordasse: i riccioli castani gli
incorniciavano il
viso, carezzandogli le guance come una dolce brezza; gli occhi
penetranti
brillavano d’attesa, di speranza; il volto, solitamente
serio, velato di
sofferenza, ora era disteso in un sorriso tranquillo. Ogni singolo
particolare,
nel suo corpo(persino l’abito di làmarae che
indossava gli conferiva un che di
flessuoso) sembrava emanare una sorta di luce serena.
Ad Isis, parve allora che
l’aria le mancasse, sentì che il
mondo si stava capovolgendo vorticosamente, tutt’attorno a
lei, e quando le
forti mani di Murtagh la afferrarono, per evitare che scivolasse,
avvertì una
potente scarica elettrica, come quella di un fulmine, che le pervadeva
le
membra.
Per diversi minuti nessuno dei due
disse nulla, quindi,
quando il Cavaliere realizzò che la Dark Angel
sembrava aver perso la capacità di
parlare, lasciò scivolare le proprie mani dalle sue spalle,
lungo le braccia,
fino a custodirle le mani tra le sue, mentre diceva:
-
Isis! Non immagini
quanto sia felice di vederti! Potrei
parlarti un istante?-
-
Mi dispiace,
Cavaliere, ho già un altro impegno, cui
non posso mancare…- lo interruppe la ragazza, distogliendo
lo sguardo, e
sottraendogli quasi con uno scatto le mani, per poi fare un passo
indietro.- Un
atra mor’ranr lìfa unin hjarta onr. Che la pace
regni nel tuo cuore.- e con
quelle parole si congedò. Dopo aver salutato Castigo come si
conveniva al
costume elfico, ma apostrofandolo come “drago”, si
allontanò come se fosse
stata inseguita da un kull, e tuttavia, non le sfuggì
l’espressione sconvolta
che Castigo ed il suo Cavaliere avevano assunto, a causa della sua
reazione.
Cosa
può esserle
successo? Non mi aveva mai chiamato “drago”! Voglio
dire, conosce il mio nome,
perché non l’ha usato? Si stava
lamentando il drago cremisi spalancando la
mente, così che solo Murtagh potesse sentirlo mentre, con il
figlio di Morzan,
faceva ritorno al gruppo dei dodici maghi elfici, alla cui testa si
trovavano
Arya ed Eragon; con il muso basso per la tristezza.
Lo so, amico
mio e, se
è per questo, Isis conosce anche il mio,
di nome. Spero che sia nell’ottica degli stupidi costumi
elfici che il suo
comportamento possa avere una spiegazione, perché
altrimenti, non saprei
affatto come spiegarmi questa sua reazione. Stava
considerando, con una
vena di rabbia, Murtagh, torturandosi le mani.
Per il resto del giorno, mentre Arya
ed Eragon gli parlavano
di Ellesmera, passeggiando per la foresta, sotto lo sguardo vigile dei
dodici
maghi elfici, Murtagh non li ascoltava affatto; piuttosto, la sua mente
era
lontana, ad Isis, che ormai gli aveva occupato completamente ogni
meandro della
testa. Avrebbe voluto trovarla, e chiederle spiegazioni, in quello
stesso istante,
tuttavia, nonostante riconoscesse quanto estremamente semplice fosse
cedere a
quel desiderio, che rendeva il suo animo più inquieto, ad
ogni minuto che
passava; riconosceva anche che sarebbe stato un gesto avventato, e
forse anche
stupido. Inoltre, non lo aiutava minimamente cogliere lo sguardo di suo
fratello su di sé in ogni momento, mentre, sempre
più immerso nelle sue
considerazioni su Isis, sembrava sul punto di giungere ad una
conclusione.
Avrebbe potuto chiedere ad Eragon
cosa ne pensasse,
dell’inaspettato comportamento della ragazza, ma se ne
vergognava, perché, pur
essendo vero che Isis aveva trascorso molto tempo tra i Varden, non si
poteva
negare che avesse passato moltissimo tempo con lui, che poteva dirsi l’unico che l’aveva
veramente conosciuta, nel profondo.
O forse no?
D’altronde quale altra spiegazione poteva esserci per la
freddezza di Isis se
non quella che fosse innamorata di qualcun altro?
Il ragazzo posò gli occhi
scuri e penetranti sul suo
fratellino con le orecchie da elfo e, mentre Castigo si offriva di
andare a
parlare con la Dark Angel
quella sera stessa, Murtagh, tormentato dai dubbi, comprese che
l’unico modo
per vedere chiaro era osservare…
Durante tutto il resto della mattina,
nonostante Isis fosse
vicina a Tisbe, il cui entusiasmo era veramente contagioso, on riusciva
a
concentrarsi totalmente sulle piccole parti di testi in elfico che
leggeva al
Cavaliere, e che le faceva rileggere da sé, ad alta voce,
perché iniziasse a
riconoscere una serie di parole nell’antica lingua, ed a
capirne il
significato; perché il suo pensiero veleggiava lontano,
posandosi sempre su
Murtagh, dal quale- durante il loro incontro, che l’aveva
sconvolta- era
rimasta sinceramente attratta, eppure, al tempo stesso, terrorizzata:
cosa
avrebbe impedito, infatti, al figlio di Morzan di ferirla di nuovo,
prima di
sparire, nei cieli, in groppa a Castigo, grazie al quale avrebbe
trovato un
posto, dove, da spettatore, avrebbe assistito alla guerra tra tutti i
popoli di
Alagaesia coalizzati contro Galbatorix? D’altro canto, ne
aveva tutte le
ragioni se, ora che era tornato libero, non aveva alcuna intenzione di
schierarsi né con il tiranno, né a favore dei
ribelli, pur di preservare la sua
indipendenza, e la sua vita, assieme a quella del suo drago. E poi, che
ragione
aveva lei, di non agire come stava facendo, dal momento che un suo
attaccamento
nei confronti di Murtagh, avrebbe potuto essere considerata come
un’intromissione capace di rovinare il legame che univa il
figlio di Morzan a
Castigo?
L’Eldunarì del
drago di Vrael, la riprese, riportandola alla
realtà, mesto, per gli ostacoli e le elucubrazioni mentali
che la sua allieva
costruiva da sola, pur di non riconoscere che l’unica cosa
che doveva fare era
riunirsi al Cavaliere del drago rubino e godersi la felicità
che sarebbe
scaturita da un rapporto condiviso con lui.
Sorda a quelle idee, che le
sembravano stranissime, Isis si
decise ad allenare Tisbe nella scherma, spiegandole che gli elfi
avevano doti
fisiche che in battaglia li rendevano estremamente pericolosi,
perciò, se
avesse continuato a battersi in modo tanto…penoso,
la sua unica speranza, sarebbe stata di certo la fuga.
Punta nel vivo, la ragazza
Cavaliere,
continuò ad incrociare le lame con la Dark Angel,
finché scese la sera, tanto che poco
prima di cena, Isis riconobbe con stupore che aveva fatto enormi
progressi.
Rimase, in seguito, qualche attimo da
sola, prima di
raggiungere Tisbe che aveva iniziato ad avviarsi per la cena: non
riusciva a
spiegarsi da dove venisse la soddisfazione che provava per aver
risvegliato
l’orgoglio di quella ragazza che, animata da una vera e
propria fiamma, che ne
aveva incendiato gli occhi (la stessa che aveva sempre sentito nel
proprio
cuore, quando era stata più ragazza), aveva dato il massimo,
spingendosi quasi
al limite, rimanendo sorda alle proteste brucianti dei suoi muscoli,
pur di
ottenere dei risultati.
Isis stava per condividere quella
gioia con il suo maestro
ma, all’improvviso la possente figura cremisi di Castigo,
planò nella radura
dove la
Dark Angel
si trovava, gettandola ancora una volta a terra.
-
I miei ossequi a
te, Drago…- stava dicendo la ragazza,
con il fiato corto per la sorpresa.
Castigo avrebbe voluto ringhiarle
contro, tanto era
infastidito dall’idea che quelle parole fossero uscite dalla sua bocca, ma comprese che con la
dolcezza, forse, avrebbe ottenuto di più. Non era forse a
seguito di un gesto
dolce, d’altro canto, che era riuscito a farsi raccontare la
storia che l’aveva
fatto scivolare nel sonno, durante la prima sera, che Isis aveva
condiviso con
lui e con Murtagh, all’aperto?
Prese quindi a lambirle il viso con
la lingua biforcuta e
rasposa, scostandole con il muso le mani, con le quali lei tentava di
proteggersi.
Mi fai
sentire vecchio
se mi chiami “drago”, Isis. Ti prego, usa il mio
nome per chiamarmi, dal
momento che lo conosci. Spalancando la mente, Castigo nascose
dietro il suo
fare giocoso.
La Dark Angel,
dapprincipio scosse la testa, iniziando a dimenarsi
pur di sfuggirgli. Ma più lei si comportava in quel modo
sfuggente, più il
drago cremisi la tormentava in maniera infantile; arrivò
persino a farle il
solletico sulla pancia, servendosi di uno dei suoi artigli ricurvi,
finchè
finalmente lei, tra le risa sussurrò, aprendo uno spiraglio
mentale.
Castigo…ah,
ah ah! Ti
prego Castigo smettila!
All’improvviso il drago si
bloccò e, inchiodando gli occhi
vermigli nei suoi, chiari, replicò.
Dillo ad
alta voce.
-
Castigo…-
bisbigliò quindi la ragazza, obbedendo, senza
staccare gli occhi da quelli dell’animale.
In quel momento, nel silenzio che li
avvolse, brillò una
sensazione magica: ad entrambi parve di aver gettato un ponte, di aver
stabilito reciprocamente un contatto, bello e delicato come un fiore.
Castigo atteggiò, dopo
qualche minuto, il muso a quello che
sembrava un sorriso quindi, un secondo più tardi veloce come
un lampo, afferrò
tra i denti la stoffa dell’abito di Isis, attento a non farle
male, e se la
caricò in groppa, spiccando il volo, senza attendere il suo
permesso.
La sorpresa che la Dark Angel
provò, per quel gesto inatteso, fu
così grande, ed il volo fino alla sala di foglie dove
mangiavano tutti, tanto
breve, da non lasciarle neppure il tempo o la possibilità di
urlare, per lo
stupore.
Nel tempo di un suo respiro, infatti,
il drago di Murtagh
aveva di nuovo toccato terra, ed il
“paesaggio”attorno ad Isis era decisamente
cambiato: non c’era più la spaziosa radura dove
sorgeva il pino in cui lei
dormiva; al suo posto invece, era apparsa la nodosa entrata ad arco,
dalla
quale pendevano fiori colorati e lucenti Erisdar; l’ingresso
alla sala dei
banchetti.
La ragazza si tolse, con le mani
leggermente tremanti,
alcune foglie che le si erano depositate tra i capelli, poi,
guardò con aria di
divertito rimprovero il drago cremisi che le stava alle spalle
avvertendolo:
-
Castigo, per
favore, avvisami la prossima volta che
vorrai farmi arrivare in tempo ad un banchetto, così
avrò la possibilità di
legarmi i capelli, per evitare di ritrovarmi con qualche acconciatura
improvvisata
e strana!- rise, e l’animale le avvicinò
teneramente il muso al volto.
Questa sera
leggeresti
per me? Le chiese.
Dopo un attimo di titubanza, Isis
lasciò scorrere il palmo
della mano sulla sua schiena squamosa in una carezza, mentre annuiva.
Il drago quindi, per la
felicità, o forse perché aveva
avvertito la vicina presenza del suo Cavaliere, le diede un affettuoso
colpo di
muso, che però si rivelò troppo vigoroso, tanto
da farle infatti, perdere
l’equilibrio, farla sbucare con malagrazia da dietro i
cespugli dove Castigo si
era posato, per lasciarla mollemente cadere tra le braccia di uno
sfortunato
passante.
Quando il suo movimento privo di
grazia si arrestò, Isis
trovò la forza di sollevare lo sguardo, vincendo
l’imbarazzo che sentiva sulla
pelle…ma nel trovarsi davanti…Murtagh,
lo stato di disagio che già si era impadronito di lei, se
possibile si fece
ancora più grande, mutando in vera e propria mortificazione;
tanto che, mentre con gli occhi bassi si ripuliva
l’abito dalle foglie, così, per fare qualcosa,
sentì il cuore fermarsi, e solo
dopo quella che le parve un’eternità, - durante la
quale sarebbe voluta
sparire, sottoterra- trovò la forza di dire:
-
Mi dispiace
Shur’tugal. Perdonami. Io…io devo…- ed
i
suoi occhi svolazzarono automaticamente su Castigo-…devo
aver perso
l’equilibrio…- fece, dispiaciuta.
-
Non è
nulla. Siedi vicino a me, questa sera e ti
perdono.- propose subito il figlio di Morzan, mentre dentro di
sé la rabbia gli
pungeva le viscere, a causa degli occhi di lei, che sembrava non
osassero
guardarlo, e di quel maledetto tono formale, che era tornato come uno
spettro
tra loro.
Nonostante questo, il Cavaliere non
era intenzionato a
demordere: stava per chiederle di alzare gli occhi, posandole una mano
su un
braccio…che lei gli sottrasse quasi subito,
poiché aveva notato una figura
oltre le spalle del ragazzo, dalla quale si diresse praticamente
correndo, dopo
essersi congedata in fretta dal figlio di Morzan, con un veloce inchino
ed un
assenso fatto col capo, che sembrò costarle molto, quasi
infastidirla.
Di nuovo
quel suo
strano modo di fare…davvero non me lo spiego, amico. Isis ha
usato il mio nome,
poco fa…. E così dicendo, Castigo,
facendosi vicino, spalancò la mente al
suo Cavaliere, per mostragli le immagini dell’attimo in cui
la ragazza aveva
finalmente ceduto, pronunciando il nome “Castigo”.
A Murtagh tremarono le ginocchia nel
constatare che anche
attraverso gli occhi del suo drago, trovava la Dark Angel
bellissima.
Si accorse allora, che il cuore aveva preso a battergli più
velocemente: la
desiderava, la
amava. E
giurò a se stesso che presto o tardi glielo avrebbe
dimostrato, anche se lei
era distante.
Chissà che magari
rivelarle i suoi sentimenti (che lei aveva
sempre conosciuto, comunque…) non avesse potuto far
sì che i suoi modi glaciali
si sciogliessero?
Nel sollevare gli occhi e trovarla
sorridente mentre era
circondata da Arya, Eragon ed una strana ragazza che la Dark Angel
chiamava
Tisbe-a cui stava insegnando una filastrocca attraverso la quale
sarebbe
riuscita a mantenere la mente lucida e schermata dalla follia cui la
musica
elfica inevitabilmente conduceva, tutti coloro che appartenevano ad
altre
razze- fu come ricevere una pugnalata, per il ragazzo.
Perché con loro rideva,
e quando invece, si trovava con lui pareva avere difficoltà
persino nel
respirare?
-
Vedi, Tisbe, gli
elfi suonano arpe flauti e tamburi di
legno, divinamente, tanto che si servono addirittura del suono e del
canto, per
rendere più splendidi e perfetti i loro incantesimi; come
quelli che usano per
convincere la foresta a crescere secondo la forma che desiderano. Ma
per le
nostre deboli orecchie umane, ascoltare la musica che sicuramente
accompagnerà
il banchetto, significherebbe restare intrappolati nella follia.-
Murtagh udì
che Isis stava spiegando a quella ragazza, che contrasse gli avambracci
dai
tratti mascolini, tesa, un attimo prima di affrettarsi a ripetere la
filastrocca che la figlia di Vrael le aveva insegnato.
Poi, mentre Eragon affiancava la
ragazza dagli avambracci
sviluppati, per raccontarle dei festeggiamenti cui aveva assistito,
l’ultima
volta che si era recato tra gli elfi; quelli per la Cerimonia del
Giuramento di
Sangue; la
Dark Angel
entrava nella sala, vicina ad Aria, passando accanto a Murtagh con una
sorta di
indifferenza che la portò a fargli un leggero cenno.
Sono senza
parole,
Murtagh. Da questo suo ultimo gesto, l’unica conclusione che
posso trarre è che
la tua Dark
Angel, abbia un problema con te.
Sentenziò Castigo, poco
prima di costringerlo, a musate, ad
andare a mangiare.
Alla lunga tavola imbandita,
Islanzadi volle accanto a sé
sua figlia, che prese posto vicino a Tisbe, la quale, spaesata,
pregò Isis di
sedersi al suo fianco. Poiché i posti a sedere su quel lato
erano già stati
occupati da personalità elfiche di alto rango, Eragon e
Murtagh furono
costretti a sedersi l’uno accanto all’altro,
esattamente di fronte alla ragazza
Cavaliere ed alla Dark Angel.
Prima che la cena iniziasse, la
Regina degli Elfi si alzò in
piedi, e ringraziò pubblicamente prima Isis,
poiché aveva trovato il coraggio e
la forza di far liberare il Cavaliere di Galbatorix- ed a quelle
parole, gli
sguardi di Murtagh e della ragazza si incrociarono, non senza che lei,
tremendamente imbarazzata, avesse chinato il volto, un attimo dopo- e
poi, sua
figlia, per aver fatto nascere l’ultimo Cavaliere di Drago in
libertà,
augurandosi quindi che questi, assieme a tutta Alagaesia, avrebbe
saputo
ergersi contro la tirannia. In quel
momento, sotto la scrosciante cascata
d’applausi che seguì quel breve discorso, Murtagh
ed Eragon colti di sorpresa,
esibendo la stessa espressione che avrebbero avuto se fossero stati
zuppi
d’acqua gelida; presero a scrutare freneticamente i
commensali, nella speranza
che qualcosa indicasse loro per chi si era schiuso l’ultimo
uovo di drago. Nel
frattempo, Tisbe, in preda al panico, col respiro affannoso, tentava di
dissimulare la sua convinzione che mai sarebbe stata
all’altezza di essere un
Cavaliere di drago. Isis strinse la sua mano nella propria, sotto il
tavolo,
per farle forza, rassicurandola e nello stesso tempo per non farsi
scoprire da
Murtagh che, sentiva, le teneva gli occhi addosso; e solo allora
notò che la
ragazza aveva fasciato la mano con una benda, per nascondere lo gedwey
ignasia.
I quattro, erano così
presi ognuno dalle proprie emozioni,
da restare ciechi allo spettacolo che accadde, subito dopo: ad
Islanzadi,
infatti, era bastato battere le mani una sola volta, perché
un nuvolo di foglie
cadesse dagli alberi tutt’attorno, e mutasse in cibo, proprio
mentre toccava i
piatti in legno posati sulla tavola.
Ci fu un altro applauso, e un attimo
più tardi iniziò la
musica…Isis, Eragon, Murtagh e Tisbe si scoprirono con lieve
imbarazzo a
cantilenare la stessa filastrocca, nello stesso istante.
Ma il vero inferno, per Murtagh, fu
affrontare ciò che venne
dopo…Isis non smise mai di spiegare qualcosa di sempre
diverso a Tisbe, o di
ridere con Eragon, o addirittura di riuscire a scambiare qualche parola
in
elfico con Arya, ma non si rivolse mai
a lui. A malapena lo scrutava di sott’ecchi di tanto in
tanto…
Murtagh avrebbe voluto prorompere in
un urlo, pur di
scrollarsi di dosso la disperazione che provava! Detestava
essere…invisibile!
Perché Isis, la sua
Isis, che lo
conosceva, si comportava a quel modo? Doveva a lei la sua
libertà, perché era
così cieca al fatto che lui, adesso, volesse essere
totalmente suo? Doveva
forse pensare che l’aveva preferito incatenato ad un
giuramento infrangibile-
piuttosto che in quello stato- perché le piaceva di
più credere di avere una
sorta di controllo, su di lui?
Solo quando- un attimo prima di
abbandonarsi al desiderio di
urlare alla Dark Angel, l’ordine di guardarlo negli occhi- suo
fratello gli fece notare, tirandogli un calcio sotto il tavolo, che
aveva le
mani convulsamente serrate a pugno, tanto da essersi fatto diventare le
nocche
bianche.
Il figlio di Morzan, risvegliandosi
come da un sogno,
ringraziò il fatto che il banchetto fosse finito, quindi
approfittò della
possibilità di dileguarsi lontano da quel luogo di torture.
Castigo, che aveva avvertito il
dolore e la frustrazione che
il suo Cavaliere aveva provato in ogni istante, partecipò
della tristezza che
il ragazzo ancora avvertiva, perciò, mentre riaccompagnava a
letto Isis, quella
sera, e si acciambellava attorno a lei nella radura, non la ascoltava
davvero,
leggere.
D’un tratto, mentre la
ragazza srotolava la pergamena per
continuare quel racconto, il drago esplose, senza però
ringhiare, poiché
sentiva di voler bene anche a lei.
Perché
stai evitando
Murtagh, Isis?
Un silenzio carico di tensione
avvolse i due, allora, perché
lei raggelata si bloccò, ed impiegò un
eternità a rispondere, perplessa com’era,
sentendosi messa alle strette.
Non lo sto
evitando,
Castigo. Il tono formale che mi hai sentito usare quando ho parlato con
il tuo
Cavaliere, è richiesto dagli usi elfici. Gli
spiegò, cercando di mantenere
distacco, anche se era visibilmente a disagio.
Non
è vero che parli
con lui! Al banchetto l’hai trattato come se fosse stato
invisibile! Mentre
invece, con Eragon, che è anche lui un Cavaliere, hai fatto
delle belle
chiacchierate, e ridevi, anche! Non
mi piace che usi due differenti comportamenti con me e con lui: siamo
una cosa
sola, Murtagh ed io, perciò se rispetti me, dovresti
rispettare anche lui!
Altrimenti pretendo lo stesso trattamento che hai intenzione di
riservargli!
La aggredì, esasperato.
Basta
Castigo, ti
prego! Lo implorò Isis, indietreggiando, sulla
difensiva, gli occhi
appannati dalle lacrime.
Credevo che
tu lo
amassi! Te l’ho sentito dire tante volte che alla fine ci ho
creduto anch’io!
Perché sei così…crudele?
Continuò, incalzante, con frasi cariche di veleno.
È
ancora così,
Castigo: io sono innamorata del tuo Cavaliere.
Cercò di difendersi, con
voce flebile.
Non si
direbbe, Dark
Angel, visto che non riesci a pronunciare neppure il suo nome!
E finalmente
emise un ringhio liberatorio.
Ad Isis parve che le mancasse la
terra sotto i piedi, le
vorticò pericolosamente la testa, ed anche se non perdeva
sangue, le sembrava
di esser stata mortalmente ferita, tanto che, non riuscendo a stare in
piedi,
né a respirare, vide, come unica possibilità di
salvezza. Il rifugio nel pino
dove dormiva, un attimo dopo essersene chiusa la porta alle spalle.
La fuga è una tattica che
può essere utile una sola volta,
Dark Angel. Ma prima o poi dovrai affrontare ciò a cui ci
hai condannati. Fece,
con voce minacciosa Castigo, prima di allontanarsi, librandosi in volo.
Tutto era silenzioso ormai. Isis
però sentiva dolore
ovunque. Le riusciva difficile restare in piedi, perciò si
accasciò a terra
come un ammasso informe di stracci; le era impossibile fermare le
lacrime che,
copiose le rigavano il viso e si riversavano a terra in una piccola
pozza.
Infastidita dai suoi stessi lamenti,
non trovò altra
soluzione eccetto quella di coprirsi le labbra con una mano.
Per diverso tempo, fu scossa da forti
singhiozzi e, grazie
al suo tatto, l’Eldunarì del drago di Vrael attese
che si calmasse un po’,
prima di farle notare.
Castigo non
ha torto,
sai?
Lo so,
maestro. Ammise
la ragazza, con voce rotta.
Allora
perché ti comporti
così? Le domandò, perplesso.
Perché
ho…paura…
E, così dicendo, avvertì il velo del
sonno che le scendeva sugli occhi, tanto che si assopì tra
le sue stesse
lacrime.
Il mattino successivo, Isis non seppe
spiegarsi cosa
l’avesse fatta svegliare, aprire gli occhi, dandole la forza
di decidere che si
sarebbe gettata a capofitto nel proposito di aiutare Tisbe,
addestrandola,
condividendo con lei la propria conoscenza; facendola quindi alzare in
piedi.
Dovresti
andare a
parlare con Murtagh: dovreste chiarirvi. Le
consigliò il suo maestro,
mentre si vestiva, dopo un bagno rigenerante.
No, maestro.
Ho troppa
paura. Tagliò corto la ragazza, volgendosi invece
ad affrontare tutto ciò
che il sorgere del sole aveva deciso comportasse, per lei.
Isis dedicò a Tisbe ogni
suo momento, ogni granello di
energia, nonostante i rimproveri dell’Eldunarì del
drago di Vrael circa il
fatto che si stesse allontanando dal suo vero obiettivo, ossia
riavvicinarsi a
Murtagh; poiché invece, era fermamente convinta che aiutare
un Cavaliere fosse
anche il desiderio del suo popolo.
I giorni divennero settimane, mentre la Dark Angel
lasciava che
Tisbe usasse l’arco elfico che era stato un regalo di Crys,
con foglie d’acanto
e di vite intrecciate negli intagli; mentre le spiegava che, come tutti
gli
archi elfici, quella, non era un’arma qualunque,
poiché le sue frecce, che non
si spezzavano mai, difficilmente mancavano un bersaglio, e questo li
rendeva
molto più potenti, rispetto agli archi costruiti dagli umani.
La vide fare progressi,
finchè la figlia di Hunyad, arrivò a
non mancare mai un bersaglio a cui mirava, persino ad occhi chiusi. In
seguito,
ci fu il periodo in cui facendole montare un cavallo elfico, la figlia
di Vrael
parlò a Tisbe del fatto che quegli animali rispondessero
solo ad ordini
pronunciati nell’antica lingua, perciò, spiegando
loro- riservando a quegli
equini lo stesso trattamento che si usava con un amico-
dove volesse andare, ce l’avrebbero portata, sentendosi
onorati, come lei doveva esserli di poterli cavalcare.
Le lezioni di Antica Lingua, non
mancavano mai, come quelle
di scherma, di canto e l’esercizio nelle pose di Rimgar, che
le due ragazze
usavano per mantenersi in forma, poiché miglioravano la loro
agilità e la
prontezza di riflessi.
Nel frattempo, Emera cresceva, e solo
quando raggiunse la
stessa stazza di una mucca Isis realizzò che era tempo di
lasciare che Eragon e
Saphira prendessero il suo posto come addestratori del Cavaliere.
Quindi, un giorno la Dark Angel
convocò Arya, ed il Cavaliere di
Saphira presso l’Albero di Linnea, dove, comprendendo che
Eragon non conosceva
l’identità del terzo Cavaliere, fece capire ad
Arya che ormai Tisbe necessitava
di un altro tipo di addestramento, in coppia col suo drago; e fu
costretta ad
allontanarsi trascinandosi dietro la ragazza e la principessa degli
Elfi, per
concordare con quest’ultima e con la figlia di Hunyad, il
metodo migliore per
far capire ad Eragon quale fosse l’identità del
Cavaliere dal drago di
smeraldo, per fargli quindi accettare di allenare entrambi; oltre anche
al
fatto che forse era giunto il momento che Tisbe avesse una sua spada.
Murtagh, attese che Isis e
l’elfa dagli occhi verdi fossero
abbastanza lontane per saltare agilmente giù da uno dei rami
dell’Albero di
Menoa. Eragon, colto di sorpresa, non mancò di sobbalzare.
Si voltò lentamente verso
il figlio di Morzan,
apostrofandolo:
-
Bentornato,
fratello. Qualche giorno fa, Isis mi stava
appunto dicendo che ti credeva scomparso nel nulla. È stata
molto preoccupata
per te, come anche per Castigo.-
-
Ti aspetti che ci
creda?- gli rise in faccia, con
amarezza- Quasi un mese fa, Castigo mi ha mostrato una litigata che lui
ed Isis
hanno avuto, circa il fatto che il mio drago credesse che quella Dark
Angel mi
stesse evitando…- gli riportò, freddo, gli occhi
celati dietro i ricci scuri.
-
Questo non
è possibile: Isis ti ama! Altrimenti perché
si sarebbe data tanta cura di trascinarti via da Uru Baen, pur di
saperti
libero?- lo riprese il Cavaliere dalle orecchie a punta, sconvolto che
quella
che per lui era una sicurezza, solida come una roccia, si stesse
sbriciolando.
-
Povero il mio
fratellino elfo! Come puoi credere ancora
alle favole? Il giorno dopo aver udito le parole di Castigo, ho
iniziato a
comparire “casualmente” sulla strada di Isis, fino
ad avere la conferma che
lei, con le sue formali, vuote frasi elfiche, mi stesse effettivamente evitando.- il cuore di Eragon, ad ognuna
delle parole piene d’astio e di delusione da parte di suo
fratello, si colmava
di tristezza.
Per lui, era inconcepibile che la
fiamma d’amore -che lui
aveva sempre considerato perpetua-che sapeva ardesse nel petto di Isis,
ogniqualvolta il suo pensiero, le sue parole, ogni cosa di lei, si
volgeva a
Murtagh; si fosse estinta.
-…Così
l’ho osservata da lontano…- riprese il figlio di
Morzan, senza guardarlo, perso nei suoi ricordi.
- Cioè l’hai
spiata, Murtagh?- lo corresse Eragon, gli occhi
scuri sgranati.
- Se vuoi vederla
così…non sono riuscito ad allenarmi, o a
studiare, né a concentrarmi su nient’altro che non
fosse lei…- rivelò, con iniziale
noncuranza, mentre via via che continuava, infastidendo
l’erba che cresceva da
terra con uno stivale, si sentiva quanto la voce gli bruciasse.-
e tutto quello che ho fatto mi è servito solo a
scoprire che passa molto tempo con quella…Tisbe, e con te…e rude alle tue battute,
sta bene con te, l’ho visto…perciò ti
prego, falla felice, come avrei
voluto renderla io, sapendola al mio fianco…- lo
supplicò, dopo quel resoconto
quasi sputato fuori come se gli facesse prudere la lingua. Pregarlo, poi, che
la rendesse felice, mentre lui
si faceva da parte, gli era costato molto, e infatti, ora, mentre
abbassava gli
occhi, avvertiva il peso di un’opprimente macigno a gravargli
sul cuore.
Ad Eragon parve che nulla avesse
più senso; gli pareva che
la terra gli stesse franando sotto i piedi. Le parole di suo fratello
erano impossibili.
-
Murtagh, ma cosa
dici? La libertà ti ha reso pazzo?- il
fratello arrivò quasi ad urlargli contro quel rimprovero.
– Io non sono
innamorato di Isis, ma tu sì. Perché non glielo
confessi, ora che puoi donarle
il tuo cuore, in modo libero e totale?- continuò, posandogli
una mano sulla
spalla con fare rassicurante, mentre lo consigliava.
-
Perché
è lei a non volerlo. Mi sta evitando,
Eragon. Non te ne sei accorto?- gli fece notare il
ragazzo, rassegnato.
-
Forse ha solo
bisogno di tempo, come anche ne avete
bisogno tu e Castigo…d’altronde, quello che avete
affrontato è un grande
cambiamento.- considerò, comprensivo.
-
Tempo?! Ne ha
avuto, di tempo! È passato un mese! Da un
mese sono qui, in attesa che lei si avvicini a noi, e capisca che, il vero motivo per cui io e Castigo siamo
liberi è l’amore che lei ha liberamente donato a
me! Se ora Isis mi allontana,
non posso fare molto…- sospirò, esasperato.
-
Perché
sputi sopra il sacro legame che condividi con
Isis, in questo modo? Perché ti arrendi tanto facilmente?
Possibile che tu
sappia solo rassegnarti, senza lottare? Anche quando eri prigioniero di
Galbatorix ragionavi così! Se non fosse stato per
Isis…- lo rimproverò il
figlio di Brom, sapendo di essere stato duro, ma agendo così
nella speranza di
risvegliare suo fratello.
-
Come osi?-
urlò, fremente di rabbia, l’altro.
La mano del Cavaliere di Castigo
corse all’elsa di Zar’roc,
legata al fianco. Ci sarebbe stato uno scontro, Eragon se lo sentiva
nelle
ossa…
Ma seppe anche subito che se fosse
accaduto, avrebbe
volutamente gettato a terra Brisingr, pur di non contravvenire alla
legge
naturale che rendeva Murtagh suo fratello.
Fortunatamente, proprio un attimo
prima che il Cavaliere
potesse avvertire i muscoli del figlio di Morzan contrarsi, pronti a
scattare e
dare il via ad un cruento attacco; Blagden, il corvo dal niveo
piumaggio che
spesso si poteva scorgere in compagnia della regina Islanzadi,
gracchiò
fastidiosamente e, scrutandoli dal basso verso l’alto,
palesò la sua presenza,
beatamente posato su uno dei rami dell’Albero di Menoa, per
poi sentenziare:
-
Nonostante siate
stati benedetti dalla compagnia di un
Drago, siete i più stolti tra gli Uomini. Combattete
infatti, l’uno contro
l’altro, perché non riuscite ad ammettere di
essere ciechi.-
-
Castigo ti
arrostirà per quest’affronto, corvo!- lo
minacciò Murtagh, mentre fissava le sue piume bianche, con
le pupille in
fiamme. Eragon stava per fermarlo, avvertendolo che le parole di
Blagden,
potevano predire il futuro quando rappresentavano chiaramente un
enigma, ma
l’animale continuò:
-
La vostra
stoltezza e la vostra cecità sono tali che
non vi siete accorti che la preziosa
Dark Angel di cui
parlate, trascorre tutto
il suo tempo col Cavaliere dal drago di smeraldo, una perla
rara…- quindi, con
quelle ultime parole spiccò il volo, battendo elegantemente
le ali.
I due fratelli si fissarono. Gli
occhi di Eragon
scintillavano di curiosità, mentre quelli di Murtagh
ardevano di…gelosia,
riflettendo la tortura che straziava
ogni fibra del suo corpo e della sua anima.
Fu nello stesso momento che, animati
da ragioni diverse, i
Cavalieri con una muta intesa, formularono lo stesso pensiero: se
avessero
trovato Isis, infatti, avrebbero finalmente scoperto
l’identità del terzo
Cavaliere…
Quindi, compirono lo stesso gesto:
spalancando le menti
contemporaneamente, fu quasi possibile per entrambi avvertire il
richiamo che
l’altro rivolgeva al proprio drago.
Una volta montati in sella, Eragon fu
il solo a bearsi della
magnifica vista di Ellesmera, dalla prospettiva dei cieli, mentre suo
fratello
voltava la testa qua e là, freneticamente, quasi annaspando,
alla ricerca
dell’unica mente che sapeva sarebbe stato in grado di
riconoscere in una
moltitudine, dal momento che c’era venuto a contatto.
Quando Castigo piegò, in
direzione di una piccola radura,
con un modesto specchio d’acqua cristallina, Saphira gli
tenne dietro, ed
Eragon consigliò di nascondersi sotto gli alberi ed i
cespugli che ne ornavano
il limitare, per osservare
soltanto,
senza creare scompiglio.
Acquattati come gatti tra la
vegetazione, i due figli di
Selena aguzzarono gli sguardi, i nervi e le orecchie tesi, in attesa.
Saphira e
Castigo, alle spalle dei rispettivi Cavalieri stavano bisticciando,
perché
ognuno portava con sé una tesi diversa per spiegare il
comportamento di Isis;
avrebbero di certo rischiato di farsi scoprire se non si fossero
zittiti,
nell’esatto momento in cui udirono la voce della Dark Angel
provenire dalla
radura.
Murtagh la indicò ad
Eragon- che sembrava perso, dal momento
che aveva percepito la presenza di Arya, anche se l’elfa era
fuori dalla
visuale di tutti loro- mentre vedeva che la figlia di Vrael era avvolta
in
un’elegante, semplice tunica bianca, lunga fino ai piedi e
senza maniche. Era seduta
posatamente in riva al piccolo laghetto, ridendo, mentre carezzava la
chioma
scura di Tisbe, che sguazzava nell’acqua, rimanendo a galla,
sorridente.
D’un tratto, la ragazza
dalla pelle nocciola, intonò un
canto argentino la cui melodia esprimeva grande
dolcezza…solo dopo aver
invitato la figlia di Hunyad, a seguirla in quel canto, i due Cavalieri
nascosti in osservazione, notarono che dalle fronde
dell’albero vicino, stavano
nascendo, già intrecciate, delle colorate ghirlande.
Isis ne posò una
dolcemente sulla testa di Tisbe, dopo aver
ringraziato l’albero, e l’altra ragazza
agì allo stesso modo con la Dark Angel,
facendole
però indossare la sua corona di fiori in modo che la frangia
para fosse
sollevata, a mostrare la stella argentea che le brillava sulla fronte.
Vedendola- con quell’abito
splendido, il viso felice
decorato di fiori, il marchio dei Cavalieri a proteggerla, Vrangr
legata dietro
la schiena e lo Specchio dell’Anima che le sporgeva dalla
caviglia- a Murtagh
parve che il respiro gli si fosse incastrato in gola, così
come gli sembrò che
il suo cuore si fosse fermato. Isis era…bellissima.
Il ragazzo non riusciva a trovare le parole per descriverla, tanto era
perfetta.
Ancora più in simbiosi con la natura, di quanto lui non
l’avesse già percepita,
sembrava una divinità salvifica giunta in Alagaesia per fare
del bene.
Il figlio di Morzan fu risvegliato
dal suo sogno ad occhi
aperti, da suo fratello che, sfiorandogli leggermente una spalla,
perché lui lo
guardasse, -si accorse- gli stava porgendo una lastra di ardesia,
sorridendo
dolcemente.
-
Questa si chiama
Fairth, è una lastra trattata con
pigmenti. Con un incantesimo può custodire per sempre
un’immagine. Perché non
ritrai ciò che vedi?- gli propose.
Ed in quel momento, mentre il tempo
parve fermarsi, Murtagh
tesseva un complesso incantesimo, fissando quella lastra di ardesia,
con un
unico pensiero in mente: Isis.
Tornò alla
realtà quando Castigo, sfiorandogli la mente si
complimentò.
È
davvero magnifica,
hai colto molto del suo essere! Ma questo ritratto non spiega il
perché ti
abbia evitato per tutto questo tempo. Ti spiace se vado a
chiederglielo, io?
Domandò quel permesso con una sorta di noncuranza, ed il suo
Cavaliere, ancora
irretito, con la sua volontà lontana, rapito da quel quadro
fedele, che era
riuscito a rubare una porzione di realtà; annuì
soltanto, con aria assente…
Eragon, trascinato
dall’intensità di quel quadro- prova
lampante, per lui, che Murtagh fosse innamorato di Isis- fu riportato
bruscamente alla realtà da quel gesto, ed ebbe solo il tempo
di realizzare che
Castigo sarebbe balzato fuori dai cespugli, terrorizzando tutti, che la
sua
mente, repentina, formulò un solo pensiero: nel caos che si
sarebbe scatenato,
sentiva il dovere di proteggere
Arya.
La pace amena che Tisbe, Isis, Arya
ed Emera(accoccolata tra
le braccia dell’elfa, intenta a guadagnare qualche
carezza)stavano assaporando,
venne disturbata da un gran trambusto, che giunse come un fulmine a
ciel
sereno.
Saphira e Castigo saltarono nello
stesso momento fuori dai
cespugli che si trovavano al limitare della radura e, mentre la
dragonessa
dalle squame cerulee si gettava su Arya, seguita da Eragon-
l’elfa infatti, era
stata beatamente seduta all’ombra di un albero,
accarezzando…qualcosa-
che, con fare apprensivo,
sembrava volerla proteggere; Castigo si parava esattamente di fronte ad
Isis,
ringhiandole, mentre lei scattava in piedi, e sul suo bel viso si
posava
chiaramente la maschera dello spavento, che non riusciva a cancellare.
Murtagh lasciò il suo
nascondiglio con falsa noncuranza,
voluta lentezza, mentre avanzava con passo deciso verso la Dark Angel.
-
Perdona
l’intrusione figlia di Vrael…- iniziò
il
ragazzo, inchiodandola con lo sguardo, mentre lei si toglieva in fretta
la
corona di fiori dalla testa, per far sì che la frangia le
nascondesse di nuovo
la fronte.
-
Poco fa un corvo
dalle piume bianche, Blagden,-
continuò il Cavaliere, con
disprezzo- ci ha rivelato che trascorri molto tempo con il Cavaliere
del drago
smeraldo, e così mio fratello ed io, siamo venuti a
conoscerlo…- aveva le mani
serrate rabbiosamente a pugno lungo i fianchi, Murtagh, mentre Isis gli
si
prostrava in un leggero inchino, portandosi il braccio al petto, col
polso
girato, in un saluto rispettoso.
Tisbe fece guizzare i suoi grandi
occhi scuri, da Arya cui
il Cavaliere della dragonessa dalle squame azzurre faceva come da
scudo; alla
sua amica Isis, visibilmente sofferente in quell’inchino al
Cavaliere del drago
cremisi. Ed in tutta quella situazione, nonostante la paura la
paralizzasse,
comprese di essere l’unica in grado di sciogliere la tensione
che era scesa in
quella radura e poteva percepirsi come qualcosa di solido.
Perciò anche se provava un
immenso disagio, uscì con grazia
dal laghetto, ringraziando che le vesti che indossava, nonostante
fossero
pesanti e si adagiassero perfettamente lungo le sue forme, non
lasciavano
intravedere neppure un centimetro di pelle.
-
Sono io il
Cavaliere che cercate.- ammise, in quella
che sembrava una confessione.
Le sue parole rimasero per qualche
secondo sospese in aria,
e per tutto il tempo lei mantenne la testa alta, fissando Murtagh
dritto negli
occhi.
Le parve di avere addosso mille
sguardi mentre gli occhi di
tutti si posavano su di lei.
Nel trambusto che seguì,
temette di poter perdere i sensi,
infatti, Emera, avvertendo la sua paura come propria, guizzò
immediatamente al
suo fianco, in un lampo smeraldino, per sostenerla.
Un attimo più tardi, la
piccola dragonessa prese a ruggire,
in modo infantile, più simile ad un cucciolo di leone che
non ad un drago, contro
Castigo, mentre Eragon si avvicinava a Tisbe per salutarla, seguito da
Saphira.
Isis e Murtagh incrociarono allora
gli sguardi, sordi al
vociare festoso che li circondava, così mentre Castigo
considerava che Emera
era davvero carina, e meritava le sue scuse, per averla spaventata; il
figlio
di Morzan trovò la forza di chiedere:
-
Posso parlarti,
Isis?-
La ragazza lo seguì,
annuendo lievemente, a testa bassa,
senza dire una parola.
I due ragazzi si allontanarono dalla
radura di qualche
metro, e solo dopo aver gettato sulle fronde di un albero un
incantesimo che
proteggesse le loro parole da orecchie indiscrete, Murtagh
guardò Isis,
scusandosi:
- Mi dispiace per aver creato
scompiglio…-
- Dal momento che io ed Arya abbiamo
tenuto tanto a lungo
segreta l’identità di Tisbe, direi che ne avevi
quasi il diritto, Cavaliere.- fece
lei, abbozzando un sorriso, in risposta.
Non riusciva a spiegarsi come mai avesse i muscoli tanto tesi in sua
presenza…
Murtagh serrò le labbra,
infastidito da quell’appellativo ma
continuò:
-
Da molto
desideravo parlarti, e non ho potuto non
notare quanto tu sia stata…sfuggente, come il vento, nei
miei confronti, in
questo periodo. Se non ti conoscessi direi quasi che tu mi stia evitando, Dark Angel.- la
punzecchiò,
per sondare fin dove potesse trovarsi il suo limite.
La ragazza sussultò, come
se fosse stata schiaffeggiata,
quindi, abbassò ancor di più il viso.
-
Sono mortificata,
Cavaliere…sono stata molto occupata
con l’addestramento di Tisbe…- Murtagh
arrivò a digrignare i denti: ma bene! Si
faceva scudo di un problema più piccolo pur di non
affrontare quello che li
riguardava entrambi, decisamente più grande, che, per quanto
ne sapeva, rodeva
il cuore del ragazzo.
-
Tutto
ciò che avrei voluto fare, durante questa luna era
ringraziarti, perché…non avevo mai visto Castigo
tanto felice, da quando è
nato, né io mi sono mai sentito così…leggero.-
le spiegò, con il sorriso sulle labbra (che non poteva di
certo dissimulare,
dal momento che si sentiva sinceramente rinato, da quando le catene
della schiavitù,
che lo stavano uccidendo, erano state sciolte; nonostante
l’inquietudine ed il
dolore per l’allontanamento di Isis, gli sembrava gli
stessero precludendo la
pienezza di quella gioia) poi però, notando quanto
convulsamente la ragazza si
stava torturando le mani, proseguì.- Se non fosse stato per
te, non so se il mo
drago ed io avremmo mai assaporato la
libertà. Eragon mi
ha spiegato che non sarebbe mai stato possibile per me, conoscere tutto
questo,
se non avessi, già in precedenza, cambiato il mio vero
nome...- Isis sapeva che
avrebbe dovuto condividere con Murtagh ciò che lui sentiva,
partecipare della
felicità che le sue parole emanavano, tuttavia, la sola cosa
che riusciva a
sentire era il proprio cuore che, mancando ad ogni pulsazione
più battiti,
minacciava di fermarsi.
-
Ho riflettuto
molto sulle parole di mio fratello e, sai
Dark Angel?- proseguì lui, senza notare cosa si dibattesse
nell’animo della
ragazza.- So che devo ringraziare te, per il mio cambiamento, che mi ha
portato
alla salvezza, perché già qualche tempo prima che
Galbatorix mi spedisse a
rapire Eragon, a Belatona, sentivo che quel tiranno non esercitava
più un
totale controllo su di
me…perciò…poiché questo
è tutto merito tuo…- ma la
ragazza non riuscì mai ad udire la fine della frase,
perché le parole del
figlio di Morzan circa il proprio cambiamento,
avvenuto grazie a lei, riuscirono definitivamente a farle sanguinare il
cuore,
suonandole crudeli, quanto una pugnalata.
Ora Isis sapeva che tutte le sue
peggiori paure avevano
preso corpo: Murtagh, troppo preso a godersi la propria
libertà, ed a
condividerla con Castigo, presto l’avrebbe abbandonata,
ferendola in modo
irreparabile, distruggendola, per trovarsi un luogo solitario dal quale
assistere come spettatore, senza schierarsi, alla battaglia tra
Galbatorix e i
popoli di Alagaesia.
La figlia di Vrael ricordava ancora
le crude parole con le
quali lui l’aveva cacciata da Uru Baen, e sapeva che, in
quanto Dark Angel,
doveva restare al proprio posto, senza intromettersi nel legame che
univa
Castigo a Murtagh, ma, nonostante tutto, non poteva negare a se stessa
di amare
il figlio di Morzan, quindi, silenziosamente, nel proprio cuore,
sperò che lui
se ne accorgesse, che capisse che per tutto quel mese, lei
l’aveva allontanato
per paura che, ora che era cambiato, non avesse avuto ne voluto avere
più nulla
da condividere con lei.
Ma il Cavaliere, che aveva continuato
il proprio soliloquio,
non percepì nessuna delle speranze della ragazza, si rese
conto invece, della
cosa più spiacevole, che lo riempì di dolore,
manifestando il suo spettacolo:
Isis era a pezzi, il suo bel viso ridotto ad una maschera di lacrime,
che non
potevano essere fermate.
-…Perciò volevo
regalarti un Fairth, che ho fatto io…-
terminò, con voce sempre più incerta, ora che
vedeva la realtà.
Nasuada
sarebbe più
contenta di quel tuo dono, visto che sicuramente ritrarrà
lei! Fu tutto ciò
che la figlia di Vrael riuscì a pensare, udendo quelle
parole.
-
Dark Angel, se
soffri tanto, standomi vicino, ti
sciolgo da qualsiasi vincolo, dovere o obbligo imposto dagli usi
elfici, poiché
considero che tu mi abbia rispettato, già essendomi stata ad
ascoltare…- la
rassicurò il ragazzo, triste per il dolore che lei
visibilmente pativa.
-
Grazie
Cavaliere…- mugugnò, con le ultime forze che
aveva, gli occhi umidi e lucidi di lacrime.
Quindi, come se fosse stata liberata
da una catena, la
ragazza si inchinò goffamente al suo cospetto, e un attimo
dopo si affrettò ad
allontanarsi, come se fosse stata inseguita da un kull.
Murtagh invece, non
abbandonò la figura di lei con gli occhi
finchè quella non scomparve all’orizzonte e,
intanto, nelle regioni più
recondite del suo cuore, fremeva di rabbia, frustrazione e dolore.
Perché la vedeva ridere,
quando si trovava accanto ad Eragon, e invece non riusciva neppure a
guardare lui- un uomo che la conosceva- negli occhi, o a pronunciare
il suo nome?
Nonostante la conoscesse, Murtagh
sentiva di non riconoscere
più Isis…nel formulare quel pensiero sentiva che
avrebbe voluto maledire il
giorno in cui aveva conosciuto quella donna, così come,
quando gli venne agli
occhi il Fairth che custodiva ancora sotto il braccio, avrebbe voluto
distruggerlo, e tuttavia, riuscì ad impedirsi di compiere
entrambe le azioni,
poiché avvertiva che quel quadro custodiva l’anima
di Isis, e sentiva di essere
troppo legato a lei, indissolubilmente, per voltarle le spalle.
Così, ammaliato ancora una
volta da quella rappresentazione
su pietra, era rimasto cieco e sordo alla presenza, proprio sopra la
sua testa,
di Blagden; infatti non si rese conto che il corvo, che si era trovato
su quei
rami sin da prima che Murtagh li schermasse da orecchie esterne, era
rimasto
tutto il tempo ad assistere al confronto tra il Cavaliere e la Dark Angel,
e solo ora
che il ragazzo era rimasto solo, aveva finalmente dispiegato il candido
piumaggio, spiccando il volo.
Isis sapeva che era molto insolito
essere convocata dalla
regina Islanzadi nel cuore della notte, e ne aveva avuto la conferma
quando-
appena un attimo dopo essersi distesa- era stata ridestata da un
leggero
bussare, che aveva rivelato la presenza di Arya ed Eragon, i quali, in
piedi
davanti al suo pino, la fissavano in modo grave. Quindi, la notizia
giunse come
un fulmine a ciel sereno.
In quel momento, ormai di nuovo
sveglia, ad ogni passo la
ragazza aveva la sensazione di avanzare verso un patibolo; le sembrava
persino
che le foglie che formavano la Sala del Trono, sarebbero potute cadere
tutte
assieme, in un sol colpo, morenti, condannandola alla loro stessa sorte.
L’atmosfera notturna che
avvolgeva tutto conferiva ad ogni
cosa una certa stasi, una sorta di movimento spettrale ed allo stesso
tempo
magico, come fosse veleggiato lì da
un’ambientazione sepolcrale o sottomarina.
Attorno alla Regina degli Elfi,
sembrava aleggiare la luce
grigio perla di una tempesta, il suo volto, infatti, era severo, quasi
livido,
eppure, nonostante avesse un aspetto distaccato, etereo, quasi feroce,
manteneva sempre una certa bellezza, anche se dai tratti cupi, quasi
violenti.
Posò quindi, i suoi
begl’occhi a mandorla sulla ragazza,
trapassandola, con lo stesso atteggiamento di una fiera.
-
Mi deludi molto,
Isis svit-kona.- esordì, lapidaria.
Mentre Arya ed Eragon si facevano da
parte, ad un cenno
secco del capo, da parte della regina, Isis si inginocchiava al suo
cospetto.
-
Per non aver
tenuto segreta l’identità del Cavaliere
dal Drago di smeraldo?- iniziò ad elencare la Dark Angel,
atteggiandosi a falsa noncuranza, anche se ancora tremava al ricordo di
quella
sorta di agguato, organizzato proprio quel giorno da Murtagh. E
comunque, era sicura, a livello
mentale ed anche
fisico che quell’azione non fosse dipesa da lei.
La regina scosse la testa, ma in
maniera impercettibile,
come fosse stata di marmo.
-
Allora forse mi si
sta accusando di aver addestrato
male Tisbe? Se così fosse vi chiedo perdono, ma proprio oggi
volevo discutere
con Eragon se non fosse il momento che lei passasse sotto la sua guida,
dal
momento che…- prese a spiegare, con lieve asprezza, punta
nel vivo, poiché,
vista la passione con cui si era dedicata all’addestramento
di quella ragazza,
era persino arrivata a partecipare della sua gioia, quando progrediva.
Ma Islanzadi aveva serrato le labbra:
-
Quelli di cui hai
parlato, non sono gli unici Cavalieri
che si trovano tra le ombre della Du Weldenvarden.- la interruppe.
Gli occhi di Arya e quelli di Eragon
furono subito sulla
madre della principessa, esterrefatti: i costumi elfici, imponevano le
buone
maniere e la cortesia, quindi, era assolutamente proibito,
inconcepibile, per gli Elfi, interrompere una persona
mentre questa stava parlando. La Regina degli Elfi era una sorta di
garante di
quella regola morale, e nessuno, in sua presenza aveva mai osato
trasgredirla.
Perché adesso toglieva la
parola ad una donna, che si era
rivelata sua alleata, peraltro figlia di un Cavaliere?
I due accompagnatori di Isis
perciò, rabbrividirono a quello
strano comportamento, immaginando che il motivo che l’aveva
indotta ad agire
così, era davvero grave.
Ma cosa poteva esser mai successo se
la Regina arrivava ad
interrompere una donna nella quale aveva riposto fiducia e stima?
Eragon, stanco di torturarsi con quei
dubbi, con quelle
domande, seccato che la salvatrice di suo fratello dovesse essere
vittima di un
tale affronto, chiaro come il sole, affezionato com’era a
quella ragazza,
sentiva di non essere disposto a vederla soffrire a quel modo, quindi,
stava
per fare un passo avanti, per schermarla dall’umiliazione che
stava subendo,
pronto a ribattere; ma venne fermato da Arya, che gli sbarrò
la strada,
stendendo un braccio di lato.
Lo fissò con uno sguardo
urgente, vere e proprie fiamme
smeraldine che gli fecero comprendere che se si fosse intromesso in
quel
momento una densa pioggia di fiamme d’ira, senza, per altro
riuscire ad
ottenere nulla di ciò che si augurava.
Di conseguenza, il Cavaliere e
l’elfa, l’uno accanto
all’altra, non poterono fare altro che fissare lo sguardo su
Isis: la
Dark Angel era in
ginocchio, ma sembrava rannicchiata, più simile, nella sua
posizione, ad un
serpente velenoso, pronto ad attaccare.
-
Tu stessa, Isis
sei venuta qui e mi hai implorato di
liberare il figlio di Morzan dalla schiavitù a cui
Galbatorix lo aveva
assoggettato. Perché ora gli volti le spalle? È
pur sempre un Cavaliere e tu
devi…- stava continuando Islanzadi, ma in
quell’istante la Dark Angel
abbandonò il
suo comportamento obbediente e remissivo; sollevò il viso,
decisa dapprima
fissò lo sguardo chiaro sul corvo canuto appollaiato sulla
spalla della Regina,
poi, incenerendola con lo sguardo, ridotto ad una vampata di lingue di
fuoco
verde acqua, decisa a riprendersi la parola.
Per tutto il tempo, infatti, era
rimasta in silenzio ad
ascoltare quella donna che la criticava, senza ribattere, ed
ogniqualvolta,
quando anche solo sfiorava il nome di Murtagh, non vedeva che la paura
soffocava la ragazza, circondava le mura del suo cuore, infrangendosi
contro di
esse, come le rabbiose onde del mare sugli scogli.
Cosa ne poteva sapere Islanzadi del
terrore che lei provava,
ogni volta che la possibilità di essere di nuovo lasciata da
Murtagh, le si
affacciava nella mente, dal momento che ora era libero? O della sua
angoscia
sull’opzione che il Cavaliere potesse dare a Galbatorix- a
patto che il tiranno
lo lasciasse vivere libero- informazioni su di lei, dal momento che il
ragazzo
l’aveva conosciuta profondamente?
Per tutto il tempo di
quell’udienza era rimasta in silenzio,
in ascolto, con atteggiamento condiscendente, ma ora basta.
-
Regina.-
iniziò, interrompendola, gli occhi fissi in
quelli a mandorla dell’elfa, mentre una cieca rabbia si
mischiava alla paura
che provava nel cuore, raggelandole la pelle.- non sento di avergli
voltato le
spalle. So che il mio compito era liberarlo, e quando l’ho
portato a termine,
ho reputato più giusto aiutare il nuovo Cavaliere che stava
sorgendo,
insegnando a Tisbe tutto ciò che è stato
tramandato dal mio popolo attraverso
me. Perciò, come osate criticarmi, intimandomi di dover
portare rispetto a
Murtagh,- onore del quale l’ho sempre ricoperto, a mio
parere- quando voi
stessa, davanti a lui, prima del Rito, avete detto che non era degno
del titolo
di Shur’tugal?-
Isis aveva sferrato il suo colpo. Le
parve di esser stata
dominata da un uragano mentre le parole le erano uscite di bocca,
perché quando
la veemenza di quelle sue frasi, colpì anche lei, comprese
che ancora tremava
di rabbia, che le aveva quasi urlate, alzandosi in piedi.
Il silenzio che seguì
cadde col rombo di un fulmine nella
Sala del Trono.
Islanzadi si sollevò dal
suo scranno e, puntando un dito
contro la ragazza dalla pelle nocciola le ordinò:
-
Vattene, Isis
svit-kona. Non meriti di stare tra noi.
Tuo padre sarebbe grandemente deluso, se potesse vederti in questo
momento.
Consegnami Vrangr, la sua armatura e l’Eldunarì
del suo drago, poiché non sei
degna di quei doni, dal momento che non comprendi quale sia il tuo
ruolo, e a
chi devi rispetto. E poi lasciaci: domani mattina potrai intraprendere
il tuo
viaggio; ti sarà dato un cavallo, e con esso, senza voltarti
lascerai la
Foresta dei Guardiani.- così dicendo la congedò,
voltandole aspramente le
spalle.
Isis era stata educata alle maniere
elfiche. Ma, nonostante
questo, avrebbe voluto ancora ribattere, spiegando ad Islanzadi che
osservare
accanitamente le sue regole la rendeva ridicola, e vuota, oltre che
troppo
severa, e dura come una roccia, quasi crudele, poiché con le
parole l’aveva
ferita, ma non ne trovò la forza perché le parve
che la terra le stesse
franando sotto i piedi…
Chi era lei per decidere se fosse
degna o meno di essere
l’erede di Vrael? E perché doveva privarla del suo
maestro, della sua guida?
Su una cosa però la Regina
degli Elfi aveva avuto ragione: a
causa della paura che l’aveva sconvolta, Isis non aveva
più idea di quale fosse
il suo ruolo, da quando si trovava nella di Weldenvarden. Era una Dark
Angel?
La figlia di Vrael? O un’insulsa donna condannata a
condannare Alagaesia, con
la sua stupidità?
Senza più
un’identità, dove mai avrebbe potuto rifugiarsi?
Combattè il desiderio di
scoppiare a piangere, mentre
infine, sussurrava:
-
Così
sia.-
ANGOLO AUTRICE
Ma buon salve, signore e signori!
Mi credevate sparita? E invece eccomi
qua con un nuovo
capitoletto lungo lungo tutto per voi!
Allora, innanzitutto vorrei
ringraziarvi per la pazienza che
avete dimostrato ^_^
Comincio da coloro che hanno inserito
questa ff tra le preferite:
animegirl91, Arcadia_Azrael,
B_SomebodyToldMe, Folsense, Maestro_Luca e
Renesmee94
continuo col ringraziare Ren92
per aver messo
la storia tra le ricordate;
poi mi rivolgo alla folla che ha
inserito la ff tra le seguite:
appina, crow heart, Diosmira, Harmony89, Ketry, Lumie, lysdance1, Night Cip, Renesmee94, roby_lia, Sophiathebest, stefy_81, titty1194, yuuki_love,_lenoramethyst
un
grazie, ovviamente, è d’obbligo a tutti i lettori
silenziosi ^_^ ed
infine, di nuovo un super grazie ad Arcazia_Azrael,
per essere stata sempre puntualissima nel commentare, non aver mostrato
mai
segni di cedimento, anche quando giungevo per farmi supportare nelle
peggiori
elucubrazioni mentali; e per aver sempre tifato per Murtagh.
Ora,
concentrandomi sul
capitolo, vi chiedo scusa per eventuali ripetizioni(anche di concetti)
ma spero
che vi sia piaciuto e soprattutto che vi sia chiaro il
perché Isis si allontana
da Murtagh…a proposito, come giudicate il suo comportamento?
Giusto? Infantile?
Fatemi sapere!
Che
mi dite dell’identità del
terzo Cavaliere(il suo nome, Tisbe, l’ho inventato, e
significa veramente
“rara”)ma si è capito che, assieme alla
madre Telestri(altro nome inventato da
me, che sta per “vigorosa”) è quella
ragazza che Paolini nomina in “destini
incrociati” capitolo di Brisingr?
Che
ve ne pare di Emera?(il
suo nome, in greco antico sta per “giorno” ed ho
pensato che visto che è
l’ultimo drago, ci stava bene un nome, che da speranza in un
certo senso, non
credete?
Inoltre,
che mi dite di
Castigo, che trova carina Emera? ^_^
Infine,
spero si sia capito
bene il concetto finale dell’identità di Isis,
anche se spero di approfondirlo
nei capitoli successivi, e…bhè secondo voi, senza
più nessuno, dove andrà a
finire la nostra “eroa”?
Un
abbraccio
Marty23
|
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Capitolo 33 *** la casa è dov'è il cuore ***
Capitolo 28
La casa
è dov’è il
cuore
Isis si era imposta di non correre,
sulla via di ritorno al
pino dove dormiva, perché non voleva dare l’idea,
ad Arya ed Eragon, che fosse
una fuggitiva.
Tuttavia, davvero non seppe come era
riuscita a rincasare: i
polmoni le erano arsi ad ogni respiro, ad ogni passo le era parso di
precipitare nel vuoto, e, anche se forse, Arya ed Eragon,
riaccompagnandola
indietro le avevano domandato se stesse bene, o se le servisse il loro
aiuto;
la ragazza non udì altro che un silenzio mortale attorno a
sé, sferzato solo
dalle parole di Islanzadi, che continuavano a riecheggiare come una
condanna a
morte, nella sua testa.
Una volta chiusasi la porta del pino
alle spalle poi, si
rese conto di aver perso la parola: all’offerta premurosa, ed
intrisa di
preoccupazione, di Eragon, appena un attimo prima, di essere sempre
disponibile, per lei, se le fosse occorso qualcosa; tutto
ciò che la Dark Angel
riuscì a
fare fu scuotere la testa, mentre praticamente escludeva da
lì, così come dai
suoi pensieri, i suoi due amici.
Ora, crollata in ginocchio sul
pavimento, non capiva come
mai non riuscisse a fermare le lacrime che le rigavano le guance, e
tuttavia,
neanche si coprì il viso con le mani, perché,
avvertendo che le era impossibile
respirare, così come fare qualsiasi altra cosa, eccetto
raggomitolarsi su se
stessa; pensò che le sarebbero state più utili
per fermare i violenti
singhiozzi che le squassavano il corpo.
Finalmente, dopo quella che le parve
un’eternità- sarebbero,
infatti, potuti trascorrere minuti, ore, o magari era passato tanto
tempo, che
era già il momento di andare, per lei, essendo sorto il
giorno- si decise ad
alzarsi in piedi.
Le costò uno sforzo
disumano dal momento le sembrava di
essere sul punto di sbriciolarsi, in tanti piccoli pezzi. Arrivata al
letto, vi
depose tutto ciò che possedeva, e non rimase affatto delusa
nel constatare che,
osservando quei pochi cambi d’abiti da viaggio,
l’arco elfico e lo Specchio
dell’Anima; si sarebbe potuto facilmente dedurre che lei non
era nessuno,
nient’altro che un soffio di vento, che non avrebbe lasciato
nessuna impronta.
Come aveva potuto pensare di essere
in grado di fare
qualcosa per Alagaesia? Come avevano potuto, tutti coloro che le erano
stati
vicini, credere che lei portasse speranza?
Isis, che
succede?
Perché piangi, bambina? Le domandò
l’Eldunarì del drago di suo padre, da
sotto il guanciale del letto, dove era nascosto, poiché i
pianti della ragazza
avevano attirato la sua attenzione.
La Dark Angel,
udendo quella voce saggia, nella sua testa si sciolse
ancora una volta, e con maggiore veemenza, in lacrime, quindi, mentre
spalancava la mente alla propria guida, gli passarono davanti agli
occhi i
volti di Phot, Nigetal, Crys, Aaron, Lara, Simon, Arya, Eragon ed
infine…Murtagh, tutte le persone che l’avevano
amata, e che avevano riposto
fiducia in lei, solo perché lei finisse invece per deluderli.
Non si era resa conto che, mentre
formulava quei pensieri,
le erano riaffiorati alla mente i ricordi di quell’ultimo
mese, nella Du Weldenvarden,
con Tisbe, Emera, Castigo e col figlio di Morzan, ricordi dai quali il
suo
maestro fu letteralmente travolto, perciò, dal momento che
percepiva la paura
della sua allieva, la sua rabbia e la sua immensa tristezza, come
proprie; non
ci fu infatti, bisogno di parole, tra i due.
Solo quando finalmente Isis si fu
calmata un po’, gli occhi
rossi ancora umidi, sentendosi pronta a parlare, tra lei ed il suo
cuore dei
cuori scese un logorante silenzio, che solo
l’Eldunarì trovò la forza di
rompere.
Ti prego
Isis, dimmi
che non è vero…
Quell’addolorata implorazione, provenne dalla
profondità
dell’io di quel drago, perciò la ragazza non
impiegò molto a comprendere che il
suo maestro che aveva visto tutto, venendo a contatto con la sua mente,
perciò
doveva sapere anche che lei era stata appena cacciata dal Regno degli
Elfi.
Non posso
mentirti
maestro. Islanzadi mi ha scacciata da qui, per aver mancato di rispetto
a
Murtagh… gli spiegò, e solo allora
realizzò che le ragioni che aveva usato
per giustificare i suoi modi di fare nei confronti del ragazzo, erano
fragili
come il vetro, ed il suo comportamento era stato stupido ed infantile.
Portami
dalla Regina,
Isis. Lascia che le parli, per spiegarle che… fece
il cuore dei cuori,
sentendosi perso.
Maestro,
nessuno può
fare più nulla, ormai. Ti prego, perdonami se ti ho
deluso… Si scusò,
mortificata, inginocchiandosi di fronte al letto, dove lui era adagiato.
Non puoi
arrenderti
così! Non vedi che non hai deluso nessuno?! In tutto questo
tempo ti ho vista
compiere imprese coraggiose, folli, ma sempre degne di lode,
perché dettate dal
tuo cuore. L’ultima che hai intrapreso, la liberazione di
Murtagh e di Castigo
è la più ammirevole di tutte. Ma nessuno- neanche
tu, purtroppo- ha capito che
poiché hai conosciuto il
figlio di
Morzan, già prima di
avergli donato
la libertà; il vederlo, in un certo senso, diverso, ti ha gettato nella confusione, perché
non sei riuscita a comprendere
che quella con cui sei venuta a
contatto ogni giorno, qui, è la sua vera indole- quella che hai solo intravisto nelle notti
in cui facevate
l’amore, e che hai contribuito a plasmare, con la tua
presenza al fianco del
Cavaliere. Per questo, ora che è libero include nei suoi
pensieri anche te, e
non solo se stesso e Castigo.
Non ti sei
accorta che
Murtagh ora è l’uomo spensierato con cui sei
andata in giro per Alagaesia, dopo
che l’avevi liberato temporaneamente da Galbatorix; e di
conseguenza, la
confusione che hai provato mentre entrambi eravate in questi luoghi,
è
degenerata in paura, poiché sentivi di non riconoscerlo
più, e quindi, sei
stata fredda e distaccata, nei suoi confronti.
È
questa stessa paura
che ti ha avvelenato il cuore, che ti fa pensare di non avere
più un’identità,
adesso. Ma se tu provassi a liberartene, vedresti che non solo sei una
Dark
Angel di cui il tuo popolo sarebbe fiero, ma anche la degna erede e
figlia del
mio Cavaliere, e una donna coraggiosa, innamorata di Murtagh, il quale,
a sua
volta, è già totalmente tuo. Le
spiegò, animato da una vera e propria
fiamma di determinazione, che vivificò la sua luce, ed anche
se la sua voce era
venata di dolore, l’Eldunarì riuscì a
mantenersi lucido mentre parlava, perché
conosceva quella ragazza, e rammentava che quando lei era stata
designata come
sua Portatrice, le aveva promesso che sarebbe stato una guida, lungo il
suo
cammino, compito che stava assolvendo proprio in quel momento.
Basta
maestro, ti
prego! Tagliò corto Isis, col cuore che le
sanguinava, la voce rotta di
nuove lacrime che minacciavano di sgorgare.
Perché
non vuoi ascoltare
la verità, ragazza? La
rimproverò. Ciò che ti è detto è la
verità, ma nessuno di
voi ha voluto ascoltarla, né vederla, perché
ognuno era troppo preso a farsi
deformare la mente dalle proprie paure; perciò nessuno ha
compreso che contro
Galbatorix dovremo essere uniti, senza paure, altrimenti per lui
sarà
semplicissimo distruggerci, una volta scoperti i nostri punti deboli.
Sentenziò il cuore dei cuori. La saggezza nelle sue parole
sembrava emanare
vibrazioni verso l’esterno, quasi simile a qualcosa di
percepibile fisicamente;
Isis seppe che era dovuto al fatto che il suo maestro aveva
già vissuto una
situazione simile, nella quale, però, era stato commesso
l’errore di cui
parlava.
Ma non le lasciò il tempo
di ribattere, perché proseguì.
Io ti
conosco, Isis:
hai sempre provato paura, come ogni essere umano, tuttavia, non ti sei
mai
tirata indietro, evitando qualcosa che avevi iniziato.
Perché adesso fuggi,
come i codardi? Disse, con voce profonda.
Non sto
fuggendo,
maestro. Islanzadi mi ha ordinato di andare via, quindi sto solo
eseguendo un
ordine. Mormorò, in replica a quelle parole, che
le pungevano sulla pelle.
Se ti fosse
stato
ordinato di ucciderti, ti saresti tolta la vita?
Urlò quello, sgridandola,
nella speranza di farle notare quanto erano futili le sue parole.
La Dark Angel
sussultò, serrando gli occhi ed abbassando ancora di
più la testa; per poco non aveva perso
l’equilibrio, cadendo a terra, per
quella reazione inaspettata.
Comprese di aver fatto un passo
falso, di avere torto.
Il suo maestro, allora, percependo le
sue emozioni, riprese
a parlarle con tono più pacato e dolce.
Sono
consapevole che
forse, a seguito della morte dei tuoi compatrioti, dopo la perdita di
tutto ciò
che avevi di più caro, sei stata costretta a crescere troppo
in fretta, e che
quindi non conosci abbastanza il mondo, da poter trovare una soluzione
ad ogni
cosa. Ma lungo il tuo cammino, arduo e difficile, la fortuna ti ha
sorriso: hai
trovato l’amore, quello puro, capace di resistere alle
avversità e di
risplendere sia mentre attraversa le difficoltà, sia nei
momenti felici, come
quello che unì Vrael ed Esther. Perché non riesci
a rendertene conto? Perché
non rimani qui, apri a Murtagh il tuo cuore e lasci che entrambi
traiate forza
e felicità da ciò che vi unisce?
Seguì un attimo di
silenzio. Isis notò che l’Eldunarì suo
maestro, non aveva detto “dall’amore che vi
unisce” poiché aveva voluto
lasciarle intendere che nonostante lei cercasse di negarlo con tutte le
sue
forze, non poteva fuggire da ciò che sentiva: e
cioè, se non voleva riconoscere
che era amore, doveva comunque
accettare ed accogliere quel legame indissolubile, che le aveva
gonfiato il
cuore di gioia.
Perché…
soffiò. Perché
ho paura maestro, sento di aver
sbagliato tutto…e temo le conseguenze.
Mugugnò lei.
Pensi che i
tuoi
genitori, all’inizio, non avessero paura? Credi che non si
sentissero
totalmente sbagliati, l’uno accanto all’altra?
Le raccontò l’Eldunarì,
quindi, spalancando la mente per attingere ai suoi ricordi, e farne
partecipe
anche Isis, le mostrò suo padre, fasciato dalla sua candida
armatura che,
colpita dal sole cocente, brillava di mille riflessi iridescenti,
sparsi
tutt’attorno sulla lunga distesa di sabbia dorata, sotto i
suoi piedi.
Il Cavaliere sembrava in attesa di
qualcosa. Di tanto in
tanto gettava rapidi sguardi attorno a sé, chiedendo
consigli al suo drago,
alle sue spalle. Teneva l’elmo sotto il braccio, la mano lo
stringeva con più
forza del necessario, ed ugualmente il suo viso, incorniciato dalla
fluente
chioma bionda, sembrava contratto per la tensione.
Isis riusciva ad avvertire come
propria l’agitazione che
faceva tremare il cuore dell’elfo, ma non comprese come mai
si torturasse così
finchè non scorse l’altra sua mano, nella quale
Vrael custodiva una rosa del
deserto.
La figlia, non potè,
perciò, impedirsi di sospirare, come
una ragazzina al primo amore, constatando che quel raro minerale, altro
non era
che uno splendido regalo. Il sospiro le si trasformò,
quindi, in un sincero,
radioso sorriso quando, come dal nulla, in quella desertica distesa,
apparve al
cospetto del Cavaliere, una misteriosa figura.
Isis impiegò qualche
minuto per riconoscere sua madre, in
quella donna dallo splendido aspetto, dai tratti esotici e selvaggi.
Allora,
con stupore e sorpresa iniziò ad esaminarla: il corpo
atletico e slanciato era
seminudo, coperto solo da un corto gonnellino frangiato, da battaglia,
in
cuoio; un telo di lino mattone legato attorno al collo ed intrecciato
dietro la
schiena, a coprirle i seni, ed un paio di sandali gladiatorii ai piedi.
Da una spalla, spuntava una faretra
ma, nonostante
quell’abbigliamento mascolino, Esther, manteneva un
atteggiamento mite, quasi
timido mentre si faceva passare le dita tra i capelli, legati in tante
piccole
treccine che le scendevano lungo la schiena. Il
suo giovane volto, e le sue movenze
lasciavano intendere che fosse a disagio: di tanto in tanto, infatti,
si
sfiorava impercettibilmente il seno destro, come se
quell’appendice fosse una
novità, per lei. Passò diverso tempo a fissare
Vrael di sfuggita, di
sott’ecchi, abbozzando sorrisi al suo indirizzo.
Ed infine, quando l’elfo le
rispose, piegando le labbra in
maniera ancor più dolce, le sue guance, imporporate,
rivelarono che non era
necessario che dicesse nulla, perché le sue emozioni
parlavano per lei.
-
Che cosa ci fate,
qui?- chiese, un po’ bruscamente,
anche se Isis sentiva che sua madre e suo padre erano tanto rapiti
dalla magia
dovuta alla reciproca vicinanza, da non curarsi di quel particolare.
-
Io…io
sono venuto per darvi questa…- esordì
l’elfo, con
la voce incerta di chi si risveglia da un sogno. La Dark Angel
seppe,
grazie ai ricordi del drago di suo padre, che il Cavaliere si sarebbe
voluto
schiaffeggiare, mordendosi la lingua, per punirsi di quelle parole, di
quel suo
tono, che alle sue stesse orecchie, erano sembrati infinitamente
stupidi.
Ora mi
riderà in
faccia, dandomi dello sciocco e mi scaccerà, tirandomi
dietro questo minerale… udire
quei pensieri amareggiò molto la ragazza. Se
non avesse saputo che quello che stava vedendo
era un ricordo nel quale non poteva intervenire, si sarebbe voluta
mettere ad
urlare, per dimostrargli che non poteva pensare cose simili,
poiché lei era la
prova vivente che sarebbe andato tutto bene, tra loro.
Perché Vrael arrivava ad
ipotizzare cose tanto assurde? Non riusciva
a vedere come Esther lo guardasse? Non sentiva come anche il cuore di
quella
donna fosse timoroso,-e severo giudice di qualsiasi cosa potesse
considerar un
errore- eppure allo stesso tempo desideroso della vicinanza
dell’altro?
Per lei, quelle due persone erano
l’uomo e la donna migliori
del mondo, erano coloro che in tempi avversi si erano ritagliati un
proprio
spazio per avere la possibilità di vivere il loro amore, ma
erano stati anche
coloro che si erano battuti con tutte le loro forze, fino
all’estremo
sacrificio, per evitare che la rovina minacciasse Alagaesia. Erano i
suoi
genitori.
Perciò ad Isis
risultò impossibile
che Vrael ed Esther avessero avuto timore di sbagliare, l’uno
in presenza
dell’altra, come le aveva detto il suo drago, e come le
testimoniavano quei
ricordi- tanto che fu per lei uno shock riconoscere in
quell’emozione, la
stessa che sentiva quando aveva davanti Murtagh- ma le piacque
osservare come
l’amore stava sbocciando tra i due, aiutato da un gioco di
sguardi, sorrisi e movimenti
lenti.
Rimase a guardare Esther che si era
avvicinata al Cavaliere
con cautela, quasi guardinga come un animale spaventato ed allo stesso
tempo curioso,
nei confronti di una novità. Stando al cospetto
dell’elfo biondo tese una mano
dinnanzi a sé, mentre con l’altra si copriva, per
uno strano riflesso, il seno
destro.
Il Cavaliere pose con delicatezza,
servendosi di entrambe le
mani, la rosa del deserto nel palmo della donna. Le loro pelli vennero
allora a
contatto, e quel tocco scatenò in entrambi, sensazioni che
nessuno dei due
aveva mai provato prima.
Vrael ed Esther sollevarono quindi la
testa, di scatto, gli
sguardi incatenati l’uno all’altro,
d’improvviso il regalo che lui aveva
portato perse d’importanza perché in quel momento,
per quell’uomo e quella
donna, non esisteva nulla all’infuori dell’altro.
Il padre e la madre di Isis ebbero
l’ardore, nello stesso
istante, di tendere anche l’altra mano, per intrecciarle
insieme e finalmente
la ragazza comprese, quando l’elfo carezzò con un
sussurro il nome della sua
amata, che tra i due era sbocciato l’amore.
Isis riemerse da quel ricordo col
respiro corto, il cuore
che le batteva più veloce.
Capisci,
ora, cosa
intendo? La richiamò il suo maestro.
Sì,
grazie per avermi mostrato
questo ricordo… rispose, portandosi una mano sul
cuore, commossa.
Bene, credo
che adesso
tu debba andare a parlare con Mu… fece per
esortarla l’Eldunarì
No maestro.
Ti chiedo
perdono ma non mi sento ancora pronta. Ti ringrazio ugualmente,
però, poiché
ora so dove potrò andare, quale nuova casa potrà
accogliermi, domattina, quando
dovrò lasciare la
foresta.
Considerò la Dark Angel.
Cosa? Isis,
pensa a
quello che dici! Non sai che la casa è
dov’è il cuore? Il tuo cuore è qui con
noi, con le persone che ti amano, con me, Eragon, Arya, e Murtagh, non
nel
Deserto di Hadarac, dove tuo padre trovò tua madre!
Boccheggiò il cuore dei
cuori, sentendosi come se gli fosse mancata l’aria.
Maestro, per
ordine di
Islanzadi non posso più restare qui…non ho un
luogo a cui tornare, quindi,
perché la Vroengard è distrutta, e persino i
Varden saranno occupati a
spostarsi di città in città, l’unico
rifugio che sento di poter trovare è nel
deserto. Perché non mi lasci cercare nei luoghi dove avete
trovato mia madre?
Gli chiese, ma entrambi sapevano che dietro quelle parole non si
nascondeva una
richiesta di permesso, bensì la decisione, che la ragazza
aveva già preso da
sé, di andar via.
Non fare
pazzie, Isis1
potresti morire nel Deserto o addirittura non trovare più il
popolo di cui
faceva parte tua madre. Per favore, non lasciarmi, non andare
via… la
implorò, il cuore dei cuori.
Lasciami
tentare
maestro: mi sento fuori luogo in qualsiasi angolo di Alagaesia. Ti
prometto che
se sentirò che questa è la mia casa,
tornerò. Nel frattempo, ti affiderò ad
Eragon. Tagliò corto lei, prendendolo tra le mani,
caricandosi la borsa
sulle spalle e chiudendosi la porta del pino alle spalle, mentre
arrivava il
crepuscolo.
No, Isis, ti
prego!
Non andartene! Ho già perso il mio Cavaliere, non voglio
perdere anche te!
Pensa alla profezia di Angela: te ne ricordi? Tentò
di persuaderla in ogni
modo e, a quelle ultime parole la ragazza si paralizzò:
Angela le aveva
predetto che il suo destino sarebbe stato legato a quello di un
Cavaliere, che
lei, alla luce degli ultimi avvenimenti, aveva ipotizzato fosse
Murtagh;
avvertendola però, che se avesse fatto un passo falso,
avrebbe condannato non
solo lui, ma tutta Alagaesia.
Quella momentanea crisi di coscienza
l’abbandonò, lesta come
uno spettro, ed infine, Isis scosse la testa, decisa ad andar via ad
ogni
costo, nella speranza che avrebbe potuto trovare veramente se stessa,
in quei
nuovi luoghi.
Il mattino arrivò presto
e, con gli occhi fissi in direzione
del sole, Isis non sapeva cosa provasse: era ansiosa di recarsi del
Deserto di
Hadarac per dimostrare, soprattutto a se stessa, di essere
all’altezza del
popolo di cui aveva fatto parte sua madre, di essere la degna figlia di
Esther.
Sperava perciò che quella gente le avrebbe indicato il suo
posto, in Alagaesia.
Tuttavia, nel vedere la piccola folla
che quel giorno si era
radunata al limitare della Du Weldenvarden per salutarla, le venne
quasi da
piangere.
Quindi si avvicinò ad
Eragon, che le gettò le braccia al
collo, con gli occhi lucidi, ma solo quando lui ebbe scacciato un paio
di
solitarie lacrime dalle guance, la ragazza trovò la forza di
chiedergli:
-
Per favore,
Eragon, prenditi cura dell’Eldunarì del
drago di Vrael, in mia assenza: egli è stato il mio maestro,
e sono sicura che
te ne ricordi, perché l’hai già
custodito per me, quando sono giunta la prima
volta tra i Varden.- gli passò delicatamente
quell’enorme pepita bianca,
pulsante di vita e luminosa come una lanterna morente.- Prometto che me
lo
riprenderò quando ci rincontreremo, nella battaglia per la
caduta di Galbatorix!-
e così dicendo, nonostante il Cavaliere stesse scuotendo la
testa tristemente,
in segno di mesta disapprovazione e lei, per allontanare la sensazione
di star
facendo qualcosa di tremendamente sbagliato, parve quasi allontanarlo,
nel modo
che usò per carezzargli i capelli, un attimo prima di
montare a cavallo.
-
Ti prego, Isis
perché lo stai facendo? Non andar via!-
il viso di Tisbe comparve allora dinnanzi ai suoi occhi,
irriconoscibile,
ridotto ad una maschera di lacrime che, nonostante pareva fossero state
quasi
trattenute, erano riuscite ad uscire, sul volto di quella ragazza che
sembrava
una supplice.- Chi mi insegnerà l’elfico, adesso?-
Isis abbozzò un sorriso,
per nascondere la fitta che le
pugnalò il cuore, e fece, incoraggiante:
-
Tisbe, Cavaliere,
tu ormai conosci bene l’elfico.
Vedrai: andrà tutto bene, anche senza di me, e presto
renderai fiera tutta
Alagaesia. Ci rivedremo, non temere, non appena avrò trovato
il mio equilibrio,
sarò di nuovo al vostro fianco.- le sfiorò una
guancia, in una fugace carezza,
chinandosi lievemente in avanti, sulla sella della sua cavalcatura.
In quel momento Emera
sfrecciò accanto alla sua amica per
consolarla, dopo essere sbucata dai cespugli, abbandonando senza
pensarci due
volte, il tranquillo gioco che aveva intessuto con Castigo; e con tenui
ruggiti
la dragonessa si unì infine a Tisbe,
nell’esprimere la sua tristezza ora che
aveva scoperto che Isis se ne stava andando, tanto che non si accorse,
come
anche tutti gli altri- tanto erano presi dall’addio della
Dark Angel- che
Castigo era rimasto in disparte ad ascoltare, cercare di capire, mentre
si
scopriva preda di una sconfinata confusione, e di un’immensa
tristezza.
Col respiro affannoso,
perciò, tutto quello che il drago
cremisi fu in grado di realizzare era che doveva immediatamente trovare
il suo
Cavaliere, nella speranza che almeno lui fosse in grado di fare
qualcosa per
impedire la fuga della sua amata.
Corse, quindi, di volata dal ragazzo
e, non appena Murtagh
lo vide, quasi si dimenticò del Fairth che ritraeva Isis,
che stava ammirando;
per rivolgere tutta la propria attenzione a lui, il cui corpo era
ridotto ad un
fascio di nervi, persino i suoi pensieri erano sconclusionati.
Cosa ti
prende,
Castigo? Gli domandò, toccandogli la mente.
Murtagh…Isis,
io
l’ho…lei sta per…farfugliò
il drago, sopraffatto dalle emozioni.
Calmati,
Castigo. Non
ci capisco niente… “Isis”cosa?
“tu l’hai”, cosa? Mentre
Murtagh tentava di
ricollegare i pezzi di quel mosaico senza senso, il suo drago, che
comprese che
in quel modo entrambi stavano solo perdendo tempo, frustò
l’aria con la coda
rabbioso, e quasi ordinò al suo Cavaliere di saltargli in
sella.
Nonostante Castigo avesse battuto le
ali come un forsennato,
fermamente aggrappato alla convinzione che la sua azione avrebbe potuto
mutare
qualcosa in quanto stava per succedere, quasi credesse di poter salvare
un
condannato a morte; lui ed il suo Cavaliere arrivarono troppo tardi.
Di Isis, neanche l’ombra.
Persino la polvere sollevata dagli
zoccoli del cavallo su cui viaggiava, si era di nuovo posata.
Murtagh, nel notare attorno a
sé un alieno drappello di
volti mesti, si allarmò non poco, e quella sensazione di
disagio si amplificò
quando venne investito dall’amarezza che aveva colmato di
colpo il cuore del
suo drago. Quindi, fece guizzare senza sosta lo sguardo attorno a
sé, alla
ricerca di un qualsiasi segnale che potesse indicargli il motivo per
cui la
tristezza che sentiva lo stava minacciando, sembrava aver contagiato
tutti
coloro che erano al suo fianco. Scorgendo Eragon in lontananza,
affiancato da
Arya, che gli stringeva una mano, tenendo il braccio lungo il fianco,
mentre
entrambi fissavano l’orizzonte, quindi, si
avvicinò ai due, grato per la
presenza di quella faccia ibrida, eppure conosciuta:
-
Fratello,
perché siete tutti riuniti qui? Cosa
attendete?- gli chiese, con una nota di derisione nella voce,
nonostante si
sentisse il cuore stranamente appesantito.
Eragon voltò la testa
lentamente, verso il figlio di Morzan,
il viso terreo, mutato in una lastra d’alabastro.
Fissò a lungo gli occhi a
mandorla in quelli scuri dell’uomo che gli stava davanti.
Murtagh sostenne il peso di
quell’eloquente, atrocemente
penoso sguardo per diversi minuti, infine, quando iniziarono a cedergli
le
ginocchia, col cuore tremante, trovò la forza di soffiar
fuori:
-
Eragon,
dov’è…Isis?-
Le pupille del figlio di Brom
scintillarono, forse per la
gratitudine che Murtagh avesse capito, senza che lui si fosse dovuto
dar pena
di spiegargli quel doloroso avvenimento a parole, poi, anche quella
luce si
affievolì, rivelando probabilmente che era tardi, e che non
c’era più nulla che
lui potesse fare.
Temendo il peggio il ragazzo si
sentì dilaniato.
No! No, no,
NO! Cosa
può essere successo ad Isis, Castigo?
Spalancò la mente, alla ricerca di un
appiglio amico, -mentre si sentiva sprofondare- verso il suo drago, che
gli si
era fatto vicino in un lampo, per sostenerlo, con affettuose musate.
È andata via, la tua
donna. Ha lasciato il Regno degli Elfi…
lo informò, quasi in tono di scuse Castigo.
Aiutami! Dobbiamo riportarla
indietro! Murtagh si ritrovò
quasi ad invocare. Ma non ce ne sarebbe stato bisogno,
poiché la sella
dell’animale era vicina, già pronta ad accoglierlo.
-
Murtagh, fermati.-
intervenne il fratello,
afferrandogli un braccio. Il ragazzo ed il drago cremisi lo fissarono
biecamente.- è inutile. Lasciala andare. Inseguirla non
aiuterà nessuno di voi
due. Dalle tempo: crede di non sapere più chi è,
perciò deve ritrovare il suo
equilibrio. Se te ne andassi ora, inoltre, la Regina
Islanzadi
potrebbe pensare…- disse il Cavaliere mezzo elfo pacatamente.
-
Non mi importa di
ciò che Islanzadi penserebbe! Senza
Isis, nulla per me ha più importanza!- il figlio di Morzan
quasi lo aggredì,
svincolandosi agilmente dalla presa di suo fratello.
Le sue parole risuonarono come il
rombo di un tuono e
parvero porre fine ad ogni cosa: gli occhi di tutti i presenti
conversero sul
ragazzo, e Telestri scoppiò in lacrime, immaginando quanto
Murtagh stesse
soffrendo, per la lontananza della sua amata.
Eragon serrò i pugni, con
fermezza, determinazione, adirato.
Ora sapeva che suo fratello era realmente cambiato, che il suo cuore
era
meritevole.
Voleva bene ad Isis, ma trovava che
ultimamente il
comportamento di quella ragazza era stato un po’ infantile.
Se solo avesse
messo da parte le sue paure abbastanza a lungo da udire quelle parole
uscire
dalle labbra dell’uomo cui era legata! Ed in tutta quella
faccenda, Eragon non
sapeva spiegarsi come mai sentisse
che come Isis aveva salvato Murtagh, ora il figlio di Morzan sarebbe
stato
l’unico in grado di salvare la figlia di Vrael.
Deciso quindi, ad ogni costo a
riunire quei due, sollevò il
mento, incontrando di nuovo lo sguardo del Cavaliere che gli stava
davanti, e
con tono solenne, quasi promise:
-
Vieni, fratello.
Ti aiuterò a trovarla.-
Seduti presso le radici
dell’Albero di Menoa, i due figli di
Selena fissavano l’Eldunarì del drago di Vrael,
posto tra loro come una
lucerna, in attesa.
Murtagh ancora on riusciva a credere
a ciò che Eragon gli
aveva rivelato: quel cuore dei cuori era stato il maestro di Isis? Come
mai lui
non si era accorto che lei l’aveva avuto sempre con
sé, in tutto il tempo che
avevano condiviso insieme?
Assieme, i due fratelli, spalancarono
la mente verso quella
coscienza, convinti che, siccome l’Eldunarì era
sempre stato a contatto con
Isis, potesse sapere dov’era andata la ragazza; ma poterono
solo rimanere
allarmati da ciò che provarono: l’universo che
componeva quel cuore dei cuori,
stava collassando su se stesso. L’essenza di quel drago stava
impazzendo.
Murtagh rimase accanto a lui, deciso
a non demordere, e vide
che aveva urlato a squarciagola, straziato, perso, addolorato, quando
la figlia
di Vrael aveva deciso di andarsene. Senza peraltro, che nessuno potesse
udirlo.
Il ragazzo si rese presto conto che
l’Eldunarì ripeteva
ossessivamente sempre le stesse parole.
Tornerà,
tornerà…Isis
ha promesso che tornerà. Non appena avrà compreso
che questo è il suo posto
e che è stato inutile nascondersi
dietro
le sue paure- visto che ha già un suo equilibrio- sono
sicuro che tonerà qui.
Il figlio di Morzan provò
un immenso dolore, nel trovare,
quello che era stato il saggio maestro di Isis, in quelle condizioni,
infatti,
non riuscì a concentrarsi su nient’altro che non
fosse essere accanto
all’Eldunarì per spalancare verso di lui la sua
mente, rassicurarlo, e sperare
che gli confidasse se sapeva dove si trovava Isis.
Il cuore dei cuori diventava ogni
giorno più schivo, sempre
più convinto che da un momento all’altro la
ragazza avrebbe fatto ritorno, ma
ogni giorno, precipitava di più nella disperazione.
Era trascorsa poco più di
una settimana e la Dark Angel, figlia di
Vrael non aveva fatto ritorno. Tutti iniziavano ad essere preoccupati
perché
nessuno aveva la minima idea di dove la ragazza potesse essersi
diretta.
Murtagh, stanco di essere logorato dalla tensione che si respirava ad
Ellesmera, e dalla follia, quando era solo con
l’Eldunarì, che stava
trascinando in un baratro il cuore dei cuori. Quella mattina, a due
settimane
esatte dalla partenza di Isis, il ragazzo gli si sedette accanto e
invase la
sua solitudine, quella sorta di stato di lutto immobile nel quale il
cuore dei
cuori si era rinchiuso, e che lui aveva sempre rispettato. Ma ora
sentiva che
era tempo di fare qualcosa: iniziò col presentarsi.
I miei
ossequi a te,
saggio Eldunarì. Il mio nome è Murtagh e sono il
Cavaliere, l’uomo che
è innamorato di Isis. Voglio trovarla,
per farle capire che l’amo e che le devo ogni cosa, anche
più della mia stessa
vita. Puoi aiutarmi? Devo sapere dov’è, ma non so
da dove cominciare…
La sincerità, la veemenza
e l’amore di quelle parole,
travolse persino lui stesso, ma non si soffermò a pensarci
troppo, perché la
felicità, nel percepire che l’Eldunarì
aveva deciso di rivolgergli tutta la sua
attenzione, lo colmò.
Isis
dovrà capire che
l’amore muove ogni cosa, che è l’unica
forza che permette cambiamenti
significativi. Sentenziò quello, col tono di chi
deve impartire un
insegnamento ad un figlio.
Credo che lo
sappia
già, maestro, perché io ne sono la prova vivente.
Ma ti prometto che mi impegnerò
totalmente in quello che chiedi: qualsiasi cosa pur di riaverla.
Gli giurò
il ragazzo.
Allora sia,
Cavaliere.
Ti aiuterò a trovarla. E, così dicendo
spalancò la sua coscienza verso di
lui.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Eccomi di nuovo qua con un altro
chappy!
Spero si sia capito il concetto
dell’identità di Isis, ma
comunque lo riprenderò nei post successivi!
Spero vi sia piaciuto, fatemi sapere
che ne pensate!^_^
Approfitto per ringraziare: Mizzy per aver aggiunto la ff alle seguite; Animegirl91
e Arcadia_Azrael per aver
commentato e Stefy81 per avermi
espresso il suo
pensiero sulla ff(aggiungendo anche complimenti vari che mi hanno fatto
sciogliere, circa il mio stileJ). SUPER GRAZIE!
Spero di aggiornare presto, anche
perché volevo informarvi
che la ff prevederà altri due capitoli(29 e 30)
più un epilogo! J
Un abbraccio
Marty23
|
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Capitolo 34 *** Le Amazzoni ***
Capitolo 29
Le Amazzoni
La luce del primo mattino di viaggio
le aveva trafitto gli
occhi come una lama, e da quel momento in poi tutto ciò che
Isis aveva potuto udire,
attorno a sé, era lo scalpitio degli zoccoli del suo
cavallo. Non sapeva dove
fosse, né riusciva a concentrarsi sul paesaggio che la
circondava, né aveva
avuto il tempo di chiedersi da quanti giorni era in viaggio, o per
quanto
avrebbe dovuto proseguire, per giungere dal popolo di cui aveva fatto
parte sua
madre.
Nonostante la preoccupazione che
nutriva nei confronti della
sua cavalcatura- alla quale aveva chiesto di fermarsi solo se e quando
fosse
stato fortemente necessario; e che la invitava ad abbeverarsi assieme a
lui
sempre più spesso, via via che la vegetazione si diradava,
per lasciare il
posto al deserto arido, ogniqualvolta i due incontravano un corso
d’acqua o
un’oasi- Isis si sentiva ad ogni passo più vuota:
un opprimente senso
d’angoscia non l’abbandonava mai,
ringraziò, infatti, le poche, e soprattutto
brevi, soste che lei ed il suo cavallo erano costretti a fare, per la
paura che
nutriva, nei confronti di se stessa circa la possibilità di
voler tornare
indietro.
I discorsi del suo maestro sulla sua
paura le risuonavano
continuamente nelle orecchie, infatti, la ragazza si sentiva straziata,
dilaniata: le pareva che la lunghezza ed il silenzio di quel viaggio
stessero
minando la sua fermezza mentale.
Per un tempo interminabile- che
sarebbe potuto essere
costituito da giorni, o da un’intera settimana- le parve di
essere posseduta:
alternava violente crisi di pianto- ogniqualvolta rifletteva sulla sua fuga, che forse era stata frutto di un
gesto impulsivo- a soffocanti scoppi d’ira- attraverso i
quali, anche
picchiandosi da sola, tentava di convincersi di aver agito bene-;
aggiungendo poi
logoranti ragionamenti che la lasciavano sempre più senza
forze.
Non seppe quanti giorni aveva
impiegato per giungere nel
Deserto di Hadarac. Era stata per tutto il tempo prigioniera delle sue
colpe,
delle sue paure, delle sue emozioni e delle sue passioni, mostruose;
tanto che
fu completamente colta di sorpresa, quasi risvegliata da un sogno,
quando una
lunga lancia dalla punta aguzza le passò sopra la testa,
senza toccarla, e
subito dopo un’altra, carezzò, senza ferirlo, il
ventre del suo cavallo.
Il destriero, Morgestern, Stella del
Mattino, si imbizzarrì,
impennandosi. Solo allora, per ordinargli in elfico di andare via, Isis
abbandonò il suo… “studio”
delle ultime parole che Murtagh le aveva rivolto, e
cadde rovinosamente sulla sabbia, mentre udiva il rumore degli zoccoli
del
cavallo farsi sempre più attutito, lontano, e
contemporaneamente, ai lati del
suo campo visivo emergevano, come una nube di vociare indistinto,
sempre più
vicine, delle figure slanciate dai tratti androgini, che Isis riconobbe
come
donne solo nel momento in cui la circondarono, puntandole contro le
loro lunghe
lance acuminate, gli archi lignei e delle strane asce.
La ragazza rimase raggomitolata a
terra, ad osservarle
mentre loro le gettavano addosso i loro scuri sguardi biechi: avevano
tutte la
pelle scura, alcune come l’ebano, altre, di una pigmentazione
più simile alla
sua, come fossero state abbronzate, come aveva visto nel ricordo
dell’Eldunarì
del drago di Vrael, come sua madre, tutte erano seminude,
perché indossavano
corti gonnellini frangiati, da battaglia, tuttavia, per loro, solo il
seno
sinistro era coperto da una benda marrone, poiché quelle, al
posto della
mammella destra, che pareva non essersi sviluppata, avevano tutte un
disco di
bronzo. Ed Isis rimase perplessa, cercando di spiegarsene il motivo.
Le acconciature che quelle donne
sfoggiavano, erano tutte
uguali, i capelli scuri legati in tante treccine, annodate insieme in
una coda
di cavallo.
La Dark Angel,
completamente persa in quell’ultimo particolare, che
le ricordava moltissimo, il modo di portare i capelli, di sua madre,
nel
ricordo che il suo maestro le aveva mostrato; e perciò
totalmente assorbita
dalla soddisfatta convinzione di aver trovato il popolo di cui Esther
aveva
fatto parte; non si accorse che quelle donne le stavano parlando.
Perciò, una
le assestò senza preavviso un colpo in pieno viso, prima che
le sue compagne
iniziassero a percuoterla.
La ragazza però, quasi non
se ne rese conto: il sole cocente
del deserto, il colpo appena ricevuto, unito al fatto che da ore,
ormai, non
beveva, l’avevano completamente stordita, quindi, non
reagì quando una di
quelle donne muscolose l’afferrò per la camicia,
facendola rimettere in piedi a
forza, decisa a picchiarla ancora per farla parlare.
-
Fermati, sorella!-
le ordinò una voce poco distante, e
la donna che stava di fronte ad Isis, pronta ad assestarle un colpo in
pieno
ventre, si bloccò giusto un attimo prima di toccarla.
La donna che aveva parlato si fece
avanti fino a trovarsi ad
una spanna dal viso della figlia di Vrael, tanto che le sue treccine
ramate
solleticarono le spalle di Isis.
-
Dimmi, ragazza:
che arma è mai questa?- le domandò,
sventolandole sotto il naso lo Specchio dell’Anima, che Isis
aveva sempre avuto
nel suo stivale.
-
È
un’arma fabbricata dalla mia gente, i Dark Angel. Ha
una caratteristica: permette, a chi la impugna, di sapere se le
decisioni che
il cuore prende sono giuste o sbagliate. Per esempio, se la lama
è nera, come
adesso, significa che la decisione che hai preso è
sbagliata. Cos’è, stavi
pensando di uccidermi?- la informò, come se stesse parlando
del tempo che
mutava.
La donna con le treccine ramate la
trafisse con i suoi occhi
grigi, e le due rimasero per un’eternità
bruciante, a fissarsi l’un l’altra, la
sconosciuta nella speranza di capire se Isis stesse dicendo la
verità.
D’un tratto, allentando di
colpo la presa del suo sguardo
indagatore, decretò, rivolta a tutte le donne che le erano
raccolte intorno,
ancora guardinghe:
-
Sorelle, non
possiamo ucciderla! Portiamola alle nostre
regine: saranno loro a decidere il fato di questa…Dark
Angel.-
Isis rimase immobile per tutto il
tempo, mentre le legavano
le mani, le bendavano gli occhi, oscurando il mondo che le stava
attorno, e se
la caricarono sulle spalle, portandola verso luoghi sconosciuti, con lo
stesso
movimento ondeggiante del mare che aveva lambito la sua isola.
In quel momento, Isis sarebbe voluta
scoppiare a piangere,
maledicendo la sua stupidità e la sua paura, che
l’avevano spinta ad
abbandonare ciò che conosceva, in cui aveva trovato amore,
per un’oscurità
sconosciuta.
Un minuto o forse un’ora
più tardi, la ragazza sentì che le
spalle che l’avevano caricata la lasciavano, e veniva gettata
di nuovo nella
sabbia.
Finalmente, un attimo dopo, qualcuno
le tolse la benda e,
mentre il mondo tornava lentamente a prendere forma, nei suoi occhi,
Isis si
mise in ginocchio, all’interno di quella che riconobbe come
una capanna, della
grandezza di una caverna, fatta di legni e pelli, dal cui soffitto a
cupola
pendevano piatti di bronzo nei quali bruciava- producendo leggeri
sbuffi di
fumo- la dolce, travolgente essenza del fiore di loto.
La ragazza lasciò vagare
ancora un secondo lo sguardo
attorno a sé, benedicendo l’ombra che quella
ragazza si ritagliava, in quella
porzione di deserto; poi, fissò le due donne davanti a lei,
sedute, l’una
accanto all’altra, sui dei troni semplici, eppure bellissimi,
perché ricavati
da rami e foglie intrecciate.
Le due donne sconosciute erano
vestite e acconciate come
quelle che avevano trascinato Isis fin lì, anche se, a
differenza di quelle che
l’avevano catturata, un corto gladio pendeva dal gonnellino
di entrambe. Erano
le più belle donne che Isis avesse mai visto: il corpo
muscoloso e slanciato,
conservava tratti mascolini, con quello strano disco di bronzo al posto
del
seno destro, ma i volti severi, eppure affascinanti, perché
rivelavano una
bellezza selvaggia, quasi crudele; e fu un colpo al cuore per lei,
rendersi
conto di quanto le ricordassero sua madre, ma allo stesso tempo quanto
fossero
diverse da Esther, poiché la compagna di Vrael, grazie al
tempo trascorso
accano al suo Cavaliere, aveva mutato quella crudeltà in
dolcezza.
-
Benvenuta
ragazza.- esordì quella, tra le due che aveva
i capelli neri come la notte, interrompendo i ragionamenti di Isis. La Dark Angel
si rese
conto che era sinuosa come una pantera.- Le mie sorelle che erano a
guardia dei
confini, dicono di averti trovata mentre invadevi il nostro territorio.
Perché
sei venuta tra noi? E qual è il tuo nome?- la
interrogò, drizzando la schiena, allontanandola
dal trono.
-
Mi chiamo Isis,
sono l’ultima superstite del popolo dei
Dark Angel, distrutto da un Cavaliere di Drago che era al servizio di
Galbatorix. Non sono qui tra voi per creare scompigli, sono solo alla
ricerca
del popolo che aveva generato mia madre,
poiché…vorrei una casa, una famiglia,
da poter chiamare tale.- spiegò lei, e non riuscì
ad evitare che la voce le si
facesse triste, verso la fine, o che gli occhi le si facessero bassi,
sulle
mani.
-
Quindi, Isis, tu
sei venuta tra noi, senza sapere
neanche chi siamo?- proseguì la mora, apparentemente
sconvolta, una lieve nota
derisoria nella voce rude.
-
Esatto. Non oserei
mai chiedere per prima le vostre
identità, perché so ce in questi tempi oscuri
esse sono la cosa più preziosa
che abbiamo.- fece la figlia di Vrael, tornando a guardarla negli occhi
scuri.
-
Eppure, Dark
Angel, tu ci hai rivelato la tua senza
esitare.- le fece notare l’altra, che Isis non
poté fare a meno di paragonare
ad un ghepardo, i cui capelli erano biondi come il sole, prendendo la
parola
per la prima volta.- E questo m fa pensare che tu sia molto coraggiosa,
o…molto
stupida.- proseguì la bionda.
-
Forse sono
entrambe le cose, o forse vi ho rivelato la
mia identità perché, pur conoscendo il mio nome,
non lo sento più come mio.-
considerò, sconsolata, la figlia di Vrael.
Le due donne, mora e bionda,
scoppiarono a ridere, senza
capire appieno quel discorso, poi la bionda, serrando la mano a pugno
sul
bracciolo del trono, proruppe, con voce dura come una frustata:
-
Sappi, Isis, che
sei giunta tra le Amazzoni, il fiero
popolo di donne guerriere del quale io, Ippolita, e questa mia sorella,
Pentesilea, siamo regine. Hai commesso un errore, chiedendo una casa,
presso di
noi, perché una donna qualsiasi, anche se proveniente da un
glorioso popolo
come il tuo, non può domandare di diventare
un’Amazzone. Noi nasciamo già
tali.- quelle parole colpirono profondamente Isis che, comprendendo che
forse,
giunta al termine della sua ricerca, che non aveva dato buon esito,
sarebbe
dovuta tornare indietro. Stava, infatti, per chiedere che le venisse
dato un
cavallo, quando la regina mora, chiamata Pentesilea, riprese la parola.
-
So per certo che
l’unico popolo che abita questo
deserto è quello delle Amazzoni, e nessun altro,
all’infuori delle nostre sorelle,
conosce questo segreto, perciò, se sei venuta qui alla
ricerca del popolo di
cui ha fatto parte tua madre, significa che è stata
un’Amazzone. In virtù di
questo soltanto, ti concedo di restare tra noi, Isis: nella speranza
che le
doti di tua madre siano sopravvissute in te, sarai costantemente messa
alla
prova, per vedere se sei degna di essere considerata parte della nostra
famiglia.- le concesse Pentesilea, che aveva abbandonato il suo trono
per
avvicinarsi alla ragazza, e per iniziare a girarle intorno, come per
studiarla,
dopo averla fatta rimettere in piedi.
-
Grazie,
regine…mi impegnerò a non deludervi.- promise la Dark Angel,
con la
testa alta.
-
Vieni, ora, Isis.
Nostra sorella Elisandros ti mostrerà
dove dimorerai, e sarai sua allieva per tutto il tempo che resterai
presso di
noi.- ordinò Ippolita.
In quel momento, Isis
avvertì la presenza di qualcuno, alle
sue spalle, che insinuava lo Specchio dell’Anima tra le corde
che le legavano i
polsi, recidendole di netto per liberarla.
La Dark Angel
allora si voltò, con l’intento di ringraziare chi
l’aveva liberata ma, nel trovarsi davanti la donna dalle
treccine castano
ramate, e gli occhi grigi; esitò un momento, infine,
però, le rivolse un
sorriso.
Solo quando Elisandros si furono
allontanate dal padiglione
del comando, Ippolita prese la mano della compagna con cui regnava,
intrecciandone le dita con le sue, e disse:
-
Sei sicura,
sorella, che accogliendo quella Dark Angel
tra noi, abbiamo fatto la scelta giusta?-
-
Mi è
sembrata sincera, ma solo il tempo può
rivelarcelo. Però, sta’ tranquilla, sorella,
perché se dovesse essere una
bugiarda, non sarà difficile ucciderla, dal momento che
è sola, e noi, invece,
siamo un popolo intero.- la
rassicurò Pentesilea, fissandola con
i suoi
disarmanti occhi blu cobalto. Quindi, un attimo dopo vide Ippolita
chiudere gli
occhi verdi, e premette le labbra contro le sue, con fare confortante.
La capanna che fu indicata ad Isis
come suo alloggio, era al
centro dell’accampamento, poco distante dal padiglione dove
si trovavano
Pentesilea ed Ippolita. Quello delle Amazzoni, era un accampamento che
brulicava di vita, infatti, ad ogni passo prima di raggiungere il suo
alloggio,
Isis aveva sentito lo sguardo delle donne che vivevano lì,
su di sé.
-
Svelta, lavati e
cambiati. Inizierò subito a battermi
con te per saggiare le tue capacità. Ah, comunque,
sarà un piacere per me
essere tua maestra, Isis, e…come avrai capito mi chiamo
Elisandros.- si
presentò finalmente, la donna, un attimo prima di lasciarla
sparire nelle sua
tenda.
Era un alloggio semplice,
constatò Isis, con un letto basso
ed una piccola vasca non più grande di un catino, per
lavarsi.
Isis decise di usarla immediatamente
e sussultò quando
l’acqua gelida le tocco la pelle, ma fu felice, allo stesso
tempo, che quel
freddo avesse allontanato dalla sua mente qualsiasi altro pensiero(come
il
fatto che Elisandros si era definita sua maestra, titolo che lei
riconosceva
unicamente all’Eldunarì del drago di Vrael).
Eseguendo quindi, quello che le
era stato detto di fare, indossò subito ciò che
trovò abbandonato sul letto,
assieme al suo arco ed allo Specchio dell’Anima: il corto
gonnellino frangiato
che tutte le Amazzoni portavano, ed il tessuto che sarebbe servito a
coprirle
entrambi i seni, che Isis legò attorno al collo,
incrociandolo dietro la
schiena.
Pochi minuti dopo, tornò
all’aria aperta e fu felice che il
sole cocente del deserto stesse finendo di asciugarle i capelli,
assieme alle
ultime gocce d’acqua che le erano rimaste sul corpo: le parve
di sentirsi
rinata, rigenerata.
Per questo raggiunse immediatamente
Elisandros sul terreno
d’allenamento- sabbia spianata e bagnata perché
non si sollevasse- quasi
correndo, piena di decisione e terminazione. L’Amazzone,
infatti, la fissò in
parte soddisfatta, in parte come se fosse stata invidiosa, nel
constatare
quanto fosse simili a lei, in quegli abiti, e perciò
desiderosa di misurarsi
con quella Dark Angel.
-
Bhè,
Dark Angel, come avrai notato solo le nostre
regine- che sono due poiché una si occupa della
“politica interna” mentre l’altra
della “politica guerresca”- usano delle spade.- le
spiegò, decisa ad essere in
tutto sua mentore, sin dal primo istante.- A noi è permesso
usare solo lance.
Quando pattugliamo i confini, archi ed asce bipenne.- mentre parlava,
Elisandros camminava accanto ad Isis, per mostrarle dove venivano
tenute le
armi che aveva nominato.- Come già ti è stato
accennato, nessuno conosce la
nostra ubicazione, eccetto le componenti del nostro stesso popolo, come
è stato
per voi; infatti, nessun uomo ci ha mai battute, anche
perché si sono imbattuti
negli scontri a cavallo, in cui noi siamo maestre.- e, così
dicendo, le mostrò
la parte dell’accampamento dove le Amazzoni si allenavano
nell’equitazione.
Trattenne a stento le risate, nello
scorgere l’espressione
sconvolta di Isis: non le doveva esser mai capitato di vedere una donna
cavalcare all’Amazzone!
-
E…tu
credi che potrò cavalcare con…entrambe le gambe
su
un lato?- le chiese, boccheggiando per la sorpresa.
-
Se vuoi essere una
di noi, Isis, imparerai.- le
assicurò la donna, con voce ferma.
Andò avanti in quel modo
per tutto il giorno: Elisandros
spiegava ad Isis gli usi delle Amazzoni, il loro modo di combattere e,
talvolta, mentre le mostrava ciò di cui parlava, la lasciava
provare a
cimentarsi in quelle determinate arti.
Presto scese la sera e quelle donne
guerriere si raccolsero
attorno ad un falò crepitante, anzitutto discutendo
dell’arrivo di Isis, in
seguito suonarono i sistri, ed infine, danzarono tutte assieme.
La Dark Angel
rimase colpita dall’iniziale diffidenza di quelle
donne, nei suoi confronti, avrebbe voluto, quindi, restarsene in
disparte ma,
invitata da Elisandros, prima ad usare lo strumento, ed in seguito a
danzare;
quasi si commosse quando riuscì a farlo risuonare, argentino
e splendido, per
tutte le sue compagne; si decise in seguito, a ballare, abbandonando
l’iniziale
imbarazzo che sentiva addosso.
Fu quasi magico, per lei, muoversi a
ritmo di quella danza
tribale, non sentiva più nulla attorno a sé,
eccetto il suo cuore che pulsava a
ritmo dei tamburi, il suo corpo che si muoveva da solo, come seguendo
un
istinto che aveva tenuto sopito per troppo tempo.
Tutte le Amazzoni rimasero
affascinate dai suoi movimenti,
dai suoi capelli sciolti che ondeggiavano come il mare in tempesta,
dall’istinto e dalla passione che le vibrava sulla pelle,
tanto che la sua
danza attirò persino l’attenzione delle due regine.
-
è
decisamente nostro, il sangue che le scorre nelle
vene, sorella.- constatò Pentesilea, rivolgendosi ad
Ippolita, soddisfatta.
Isis trascorse due settimane tra le
Amazzoni.
Venute a conoscenza delle triste
sorte del suo popolo, e del
fatto che probabilmente era una loro discendente, molte altre donne
guerriere
iniziarono sin da subito, quindi, a guardarla con benevolenza. E
così ogni
giorno trovava compagne disposte ad insegnarle ciò che
sapevano, a misurarsi
con lei nel combattimento a cavallo, o nello scontro corpo a corpo-
utilizzando
i piccoli scudi a mezzaluna di cui quel popolo soltanto, disponeva,
molto
facili da maneggiare, in battaglia- o nel tiro con l’arco; e
in quell’ultima
arte, Isis quasi somigliava ad un’Amazzone, anche se quelle
donne non mancavano
mai di farle notare quanto fosse più semplice per loro,
tenderlo, dal momento
che erano prive del seno destro.
La ragazza aveva tentato
più volte di chiedere il motivo
della presenza di quel disco in sostituzione della mammella, ma le era
stato
riposto che solo le regine erano depositarie di un tale segreto, e con
Pentesilea ed Ippolita, la Dark Angel non aveva mai
avuto occasione di parlare, dopo la
loro prima udienza.
Costantemente accompagnata
dall’allenamento durante il
giorno, e solo durante la sera dedita al semplice svago della danza,
Isis si
sentiva felice: l’esercizio incessante del corpo le aveva
occupato anche tutta
la mente, dalla quale le preoccupazioni e qualsiasi altro pensiero che
non
fosse quel presente, era ormai lontano. Alla Dark Angel sembrava di
essere di
nuovo a casa, come risanata nell’animo, nel breve tempo che
trascorse con quel
popolo, perché la franchezza era la regola primaria di
convivenza. Avere
Elisandros sempre accanto- della quale Isis si era guadagnata il
rispetto, e
che le aveva consigliato di legare i capelli in un’unica
treccia, per avere un
maggiore controllo di sé e dell’ambiente
circostante, in battaglia- fu, poi, un
sollievo per la ragazza, perché le faceva piacere avere
qualcuno con cui
condividere la gioia di quella vita frugale e con la quale potersi
misurare
costantemente.
La felicità che sentiva,
pareva aver reso la Dark Angel cieca, sia
al fatto che quell’emozione le si era stesa addosso come un
velo, come lago
placido sul cui fondale tuttavia, ancora si agitavano problemi
irrisolti; sia a
ciò che le stava attorno, poiché non si rese
conto che la regina Pentesilea
aveva dato ordine di sorvegliarla, sempre più convinta- da
quando l’aveva
osservata durante uno dei primi giorni del suo allenamento- che
somigliasse ad
una sua compagna, che aveva lasciato le Amazzoni, per partire al
seguito di un
Cavaliere di Drago.
Inizialmente Isis si
allarmò quando, quel giorno le fu
comunicato che la regina Pentesilea
l’aveva convocata. Inevitabilmente, mentre
percorreva i pochi metri che la separavano dal padiglione profumato di
loto, la
sabbia che le si insinuava nei sandali gladiatorii, la mente le
tornò al
ricordo della notte in cui Islanzadi l’aveva chiamata a
sé per scacciarla,
tuttavia, le sue paure si volatilizzarono nel momento in cui
l’Amazzone mora la
salutò con gioia e la pregò di seguirla fino alla
Sala di Pietra dove- disse-
voleva parlarle.
La Sala di Pietra altro non era che
un’immensa caverna al
limitare dell’accampamento delle Amazzoni che, con le sue
pareti dipinte e
scolpite, custodiva la memoria di quel popolo, ed era, insieme, il loro
passato
ed il loro futuro.
La regina, tenendo alta la fiaccola
che stringeva in mano,
guidò Isis sinuosa come una pantera, mentre illuminava i
loro passi, fino ad un
punto apparentemente indefinito, da dove, il ritratto di una donna
dalla pelle
d’ebano e gli occhi scuri, pareva fissare le due visitatrici.
-
Sai, Isis?-
esordì allora Pentesilea- Sin da quando sei
giunta tra noi, ho avuto subito la sensazione di conoscerti.
È stata quella
sensazione che mi ha portato a consigliare di accoglierti tra noi. Da
ciò che
ho visto, durante questa settimana, direi che non hai disatteso le
aspettative
che ho riposto in te: ti sei allenata duramente, ed hai ottenuto grandi
progressi- tanto che ora sembri più simile a noi di quanto
tu creda. Infatti,
presto, quando anche Ippolita sarà d’accordo, se
lo vorrai, potremo trovare un
modo per farti dimostrare il tuo valore e la tua fedeltà nei
confronti delle
Amazzoni, così che diventerai nostra sorella a pieno
titolo.- disse la donna,
accarezzandole una guancia.
-
E…se
diventerò un’Amazzone, sarà applicato
anche sul
mio petto quello strano disco di bronzo?- si informò la
figlia di Vrael.
-
Sì.
È la nostra usanza: applichiamo quei dischi di
bronzo, arroventati, alle nostre sorelle, sin da appena nate, per
evitare che
il seno destro si sviluppi…- le illustrò la
regina, con tono sbrigativo e
pratico.
-
Perché
una tale crudeltà?- domandò Isis, cui parve di
esser stata colpita in pieno petto.
-
La privazione
degli attributi femminili, migliora le
abilità belliche di tutte noi.- tagliò corto
Pentesilea, quasi infastidita.
La mano di Isis corse automaticamente
al suo seno destro.
Sarebbe voluta scoppiare a piangere, anche se non ne sapeva bene il
perché.
Come mai, per migliorare le loro doti guerresche, quelle donne dovevano
rinunciare alla loro femminilità?
Inconsapevolmente, senza che lei
gliel’avesse chiesto, il
pensiero di Isis corse a Murtagh, assieme al quale aveva scoperto la
propria
femminilità ed al contempo, senza privarsi di nulla, aveva
migliorato le sue
doti di guerriera.
Nell’attimo in cui chiuse
gli occhi il viso di quell’uomo le
balenò davanti, e le parve di sentire le sue mani che la
carezzavano, mentre
nell’intimità del suo cuore, tornava stranamente a
farsi sentire il desiderio
di rivederlo…
-
Isis…- la
richiamò Pentesilea,
e, al suono di quella voce graffiante, la ragazza tornò
bruscamente alla realtà.-
ti prego, non distrarti con questi pensieri, adesso. Sai
perché ti ho portato
qui?- la interrogò.
Isis scosse la testa.
-
Perché
mi sembra di conoscerti, dal momento che mi
ricordi questa donna…- e così dicendo
sollevò ancora di più la fiaccola, per
far sì che la ragazza vedesse il volto dipinto della donno
che si trovava tra
loro.
Isis voltò la testa quasi
di scatto e, nell’incontrare lo
sguardo disegnato, scuro, di quella donna, sentì le
ginocchia tremarle, a causa
della durezza dei tratti di quel viso, ed allo stesso tempo, tuttavia,
avvertì
con lei, un immediato, sconosciuto legame.
-
La conosci?- le
domandò la regina delle Amazzoni,
notando che lo sguardo della Dark Angel si era soffermato molto a lungo
sul
volto di quella sua compagna scomparsa.
-
Non ne sono
sicura…raccontatemi la sua storia, regina,
per favore…- la pregò la ragazza.
Ci fu una pausa e tra le due scese un
silenzio carico
d’attesa, scandito solo dalle ampolle di luci e
d’ombre che carezzavano i loro
corpi.
-
Il suo nome era
Esther.- iniziò a raccontarle
Pentesilea.- Siamo cresciute insieme, ci siamo allenate ogni giorno,
per
constatare chi di noi due era la migliore; abbiamo cavalcato fianco a
fianco
tornando vive dalle tempeste di sabbia che imperversavano nel
deserto…l’ho
amata molto, e l’avrei scelta come regina al posto di
Ippolita, se lei non
avesse donato il suo cuore a qualcun altro…-
Isis aveva fatto immediatamente
correre il pensiero al nome
di sua madre, analogo a quello di quell’Amazzone, di cui la
regina stava
parlando, ma la nostalgia e l’affetto nelle parole di
Pentesilea l’avevano
trascinata in un vortice, che non le permetteva di pensare a
null’altro
all’infuori di quella storia, perciò si
ritrovò a domandare, dal momento che si
era interrotta:
-
…A
qualcun altro? Di cosa parlate, regina?-
-
Accadde durante
una battuta di caccia: Esther ed io, a
capo di un piccolo gruppo di nostre sorelle, eravamo sulle tracce della
nostra
cena, e tuttavia, la nostra preda, la bestia, a nostra insaputa era
stata
scelta come cena anche da qualcun altro, un gigantesco drago bianco,
che ci
planò addosso come dal nulla, e così, gettate nel
panico, ci disperdemmo. Ma
Esther era la più caparbia di tutte noi, la donna
più determinata che io abbia
mai incontrato, perciò, decisa a non demordere,
continuò ad inseguire quel
Nagra, un cinghiale gigante, da sola.
Gli abiti che noi Amazzoni
indossiamo, sono simili ai colori
del deserto, e quindi, ci rendono invisibili, fu per questo che quel
Nagra
continuò a correre, senza curarsi di Esther, ma
preoccupandosi esclusivamente
del drago che lo braccava.
Io, dopo aver messo le mie sorelle al
sicuro, seguii Esther
da lontano, preoccupata com’ero per lei, nascondendomi dietro
massi o qualsiasi
sprazzo di vegetazione trovassi. Vidi mia sorella scoccare una freccia
per uccidere
il cinghiale per prima, e rivendicarne quindi, il possesso rispetto al
drago
bianco. Ma fu una mossa errata: il Nagra sofferente per quel colpo,
caricò la
mia compagna, e la trafisse con le lunghe zanne, strappandole dal petto
il
disco di bronzo che tutte noi portiamo. Vederla coperta di sangue mi
sconvolse,
soprattutto perché riuscivo a vederla ma non potevo fare
nulla per lei. Sarebbe
morta dissanguata se il Cavaliere di quel drago non fosse
immediatamente
accorso a soccorrerla. Esther, sospettosa e guardinga si retrasse e lo
trafisse
con lo sguardo di una creatura in trappola, ma fiera e combattiva,
infine
svenne, perché il dolore era troppo, e quel Cavaliere
sconosciuto rimase
fortunatamente al suo fianco, deciso a curarla.-
Isis notò che Pentesilea
aveva le mani serrate a pugno lungo
i fianchi, il corpo scosso da violenti fremiti.
Era evidente che Pentesilea soffriva
ancora per esser stata
privata della sua amata sorella, ma Isis, non sentiva più
come suo il dolore
della regina, piuttosto riusciva solo a vedere la bellezza di quel
racconto, ed
ora, che aveva scoperto che sua madre Esther era stata
un’Amazzone, venire a
conoscenza di come i suoi genitori si erano conosciuti, le fece render
conto di
quanto fosse avida di particolari circa come fosse sbocciato
l’amore tra Vrael
ed Esther.
-
Cosa accadde,
poi?- volle sapere la Dark Angel, spezzando
di colpo il silenzio, che stava diventando pesante come una lastra di
vetro.
-
Rividi Esther dopo
due giorni. Il seno che le era stato
estirpato da piccola era ricresciuto, ed era…diversa.
Solo a me confidò che quel Cavaliere era un elfo di nome
Vrael, e che l’aveva curata. Le dissi che non doveva
più incontrarlo, ma lei
continuò a farlo, di nascosto; difatti, i suoi lineamenti
seri e duri si
addolcivano sempre più, di giorno in giorno…e
quando vidi quell’elfo regalarle
una rosa del deserto, seppi che Esther non sarebbe più
tornata da noi, che
sarebbe appartenuta a quel Cavaliere, per sempre.-
-
È stato
così fino alla morte di entrambi.- intervenne
Isis, posando una mano sulla spalla di Pentesilea, mentre completava il
racconto per lei.- Ti assicuro che non ha mai smesso di essere caparbia
e
determinata: è così che mi ha salvato la vita.-
le confidò, quindi.
-
Di cosa stai
parlando, Isis?- chiese la donna, fissando
i suoi occhi scuri in quelli verde acqua della Dark Angel, alla ricerca
di un
appiglio, una spiegazione per le sue oscure parole.
-
Regina Pentesilea,
io sono il frutto dell’amore che ha
unito Esther e Vrael. Lei era mia madre.- le rivelò, fiera,
senza distogliere
lo sguardo.
Un silenzio carico di attesa avvolse
le due. A Pentesilea
sembrava impossibile che la sua amata compagna, Esther, si fosse unita
carnalmente e per amore, ad un uomo, ma ora che studiava meglio la
ragazza che
le stava davanti, comprese che la sensazione che l’aveva
spinta ad accoglierla,
a metterla alla prova, per vedere se fosse stata degna di farsi
chiamare
Amazzone, era dovuta alle forti somiglianze che aveva scorto tra Esther
e sua
figlia.
Isis, invece, stava volgendo i suoi
pensieri in tutt’altra
direzione: la tranquillità che le aveva trasmesso la storia
dei suoi genitori
le aveva fatto comprendere quanto dovesse essere fiera dei suoi natali;
inoltre, l’aver confrontato la sua esperienza con quella
delle Amazzoni, le
fece realizzare che era stata fortunata ad aver…avuto Murtagh al suo fianco.
Di colpo, come risvegliandosi da un
sogno vide l’affetto che
aveva avuto la fortuna di ricevere sempre, e che per una stupida paura,
aveva
abbandonato e disprezzato, rifiutando di vedere, come si era rifiutata
di
riconoscere che sin da prima di giungere nel Deserto di Hadarac, aveva
avuto un
equilibrio, e un’identità.
Stava quindi per chiedere alla regina
Pentesilea che le
venisse dato un cavallo, per lasciarle la possibilità di
tornare dal suo uomo,
e dal suo maestro; tuttavia, d’un tratto un’altra
luce si unì a quella che la
regina e la
Dark Angel
avevano portato con loro nella Sala di Pietra, e una voce
risuonò nella
caverna:
-
Mia regina!
Venite, presto!-
-
Cosa succede,
sorella?- le domandò Pentesilea, mentre
le due donne tornavano sui loro passi, finchè non
incontrarono Elisandros che,
tutta trafelata era appena entrata nella caverna.
-
Mia regina
Pentesilea è appena giunto tra noi un
Cavaliere di Drago, che dice di essere stato mandato in ambasceria per
conto
dei Varden…- le stava raccontando, mentre già
Pentesilea ed Elisandros
spiccavano una corsa verso il padiglione del comando, dove si trovava
Ippolita.
-
Ha detto il suo
nome?- si informò la regina.
-
No…-
replicò l’Amazzone dagli occhi grigi, col fiato
corto.
-
Allora come sai
che è un Cavaliere?- la
interrogò Pentesilea,
con tono aspro.
-
Perché
è giunto in groppa ad un drago dalle squame
rosso sangue.- ed a quelle parole, Isis, che aveva tenuto il loro passo
solo
per ascoltare cosa si stessero dicendo, si bloccò, restando
impietrita nel
mezzo dell’accampamento senza osare entrare nella tenda
profumata di loto; il
cuore che, tuttavia, le batteva all’impazzata.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti/e!
Perdonate il mio ritardo, eccovi il
29 capitolo(ne mancano
solo due alla fine, gente!)spero vi sia piaciuto.
Mi auguro che nessuno sia stato
infastidito dal bacio tra
Pentesilea e Ippolita…perché altrimenti cambio il
rating del capitolo in rosso.
Per quanto riguarda le Amazzoni, vi sono piaciute? Ho cercato di
restare il più
fedele possibile alla mitologia greca(Ippolita e Pentesilea, infatti,
sono
state davvero regine delle Amazzoni, così come veramente
usavano quelle armi)
ma per l’abbigliamento e le acconciature, oltre che per il
nome di Elisandros(ovviamente
ogni riferimento a chi una volta mi disse che i nomi nella mia storia
erano un
tantino banali, è puramente casuale XD)ho attinto alla mia
fantasia.
Che ne pensate di come si sono
conosciuti Vrael ed Esther?
Sono stata abbastanza chiara circa la
confusione che prova
Isis?
Ah, least but not last vorrei
ringraziare 2lisa7, StarFighter
e Folsense
per aver aggiunto la
storia
tra le preferite e
Mora18,
_Lucrezia97_
e Juliet
Andrea Black
per aver inserito la storia tra
le seguite.
Spero di
non aver
dimenticato nessuno!
Comunque,
comunicazione di servizio: il 30° capitolo è in fase
di lavorazione però stiamo
facendo a cazzotti quindi non so quando posterò, e poi manca
solo l’epilogo!
Un
abbraccio a voi
tutti
Marty23
Ps. Ecco
come mi
immagino Isis e Murtagh
|
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Capitolo 35 *** l'amore che risplende attraverso le avversità ***
Capitolo 30
L’amore
che risplende
attraverso le avversità
Da ore ormai, Isis non trovava pace.
Nella sabbia su cui la
sua capanna era posata, uno spesso solco testimoniava da quanto tempo
la
ragazza stesse andando avanti e indietro, in una passeggiata senza
posa, tesa.
Sentiva che le ginocchia le
tremavano, eppure non riusciva a
smettere di camminare, il cuore che le batteva veloce, come il frullo
delle ali
di un colibrì e tuttavia, nonostante la gran
quantità di sangue che, come
impazzito- risvegliato dalla presenza di Murtagh- le circolava nelle
vene,
sapeva di avere la pelle fredda; tante piccole goccioline di sudore
gelido,
infatti, le imperlava il viso, ed ogni centimetro del corpo.
Mentre si tormentava i polpastrelli
con la lama dello
Specchio dell’Anima, rigirandosi il pugnale tra le mani, si
sentì confusa,
dilaniata. La sua mente, invasa ai dubbi, non faceva altro che
arrovellarsi sui
motivi per cui Murtagh fosse giunto dalle Amazzoni, su come fosse
riuscito a
trovarla, fino in quegli sperduti meandri del Deserto di Hadarac, e se
sapesse
che anche lei si trovava lì, se forse…fosse
addirittura giunto in quei luoghi
per lei, o, infine, se davvero- e quello fu il più folle,
tra i suoi pensieri-
l’uomo in groppa fosse stato Murtagh?
Ma il suo corpo, ogni fibra
dell’essere di Isis, si
comportava in modo diametralmente opposto. Le certezze che le dava,
funzionavano come contravveleno ai dubbi con cui la sua stessa mente la
insidiava: l’uomo di cui Elisandros aveva parlato, era
certamente Murtagh, e
doveva esser giunto lì per lei. Ma come, come era riuscito a
scoprire il suo
nascondiglio? Che avesse…seguito il
proprio cuore?
Poteva essere possibile che anche lui
avvertisse un legame
con lei, tanto forte da riuscire a riunirli?
Per fermare i tremiti che le
squassavano le membra, e
zittire i destabilizzanti dubbi nella sua testa, Isis non
trovò altra soluzione
eccetto immergersi totalmente nella piccola tinozza in cui era solita
fare il
bagno, tenendo la testa sotto, e cercando di trattenere il respiro il
più possibile.
Fu in quella posizione che Elisandros
la trovò, quando entrò
nella sua capanna.
Sentendo che una mano le sfiorava il
ginocchio, Isis,
riaprendo di scatto gli occhi sussultò, nel trovarsi davanti
la sua mentore.
-
Le nostre regine
chiedono di te. Immediatamente.- la
informò, il tono fermo e deciso che le fece quasi paura.
Perciò, per essere
presente in breve dinnanzi a Pentesilea ed Ippolita, la Dark Angel
fu costretta
a farsi aiutare, per rivestirsi e legò in un’univa
treccia, in tutta fretta, i
capelli ancora bagnati. Quindi, svelta si precipitò nella
tenda profumata di
loto, correndo, tanto che non ebbe neanche il tempo di lasciarsi
asciugare dai
raggi del sole.
Il suo ingresso nel padiglione del
comando fu accolto da un
sospiro di sollievo generale, ma la ragazza non sembrò
notarlo, troppo presa-
grazie alle capacità osservative apprese dal suo popolo-
dall’arrivo del
Cavaliere, dalla sua presenza in quel luogo, che pareva aver gettato
tensione e
disordine tra le Amazzoni. Le mancò il respiro e per poco
non le cedettero le
gambe: al centro della stanza, infatti, al cospetto di Pentesilea e di
Ippolita, che stringevano con forza le impugnature dei loro gladii;
circondato
e trattenuto da dieci donne guerriere, stava Murtagh.
Ad Isis quasi si fermò il
cuore quando, avanzando scorse il
profilo del viso di lui tra tutte quelle Amazzoni e temette che i
battiti
impazziti del suo cuore potessero udirsi tutt’attorno mentre,
chinando appena
il capo, diceva:
-
Regine, so che mi
avete fatta chiamare…- e quel rispettoso
esordio fu accompagnato da un verso di disapprovazione, proveniente
proprio da
Murtagh; suono che, tuttavia, arrivò come in ritardo
poiché il ragazzo era
rimasto incantato riconoscendo la sua
Isis, nella
donna che era entrata, che gli appariva molto diversa da quella che
ricordava;
e tuttavia, scorgere il suo corpo bagnato, e
quell’espressione in parte
indifesa, spaventata, in parte dura, come per nascondere qualcosa, che
le
ornava il viso, gli aveva ricordato la prima notte che avevano
trascorso insieme,
quando lui l’aveva seguita fino al laghetto poco fuori Uru
Baen, ed era
riuscito a sbirciare appena le sue membra emergere
dall’acqua, con la stessa
grazia di una dea. Ed ora, ugualmente, non riusciva a staccarle gli
occhi di
dosso..
-
Isis, ti sono
grata per essere venuta.- la salutò,
l’Amazzone mora, lanciando uno sguardo bieco al Cavaliere che
le stava davanti,
ed allo stesso tempo facendo segno ad Isis di avvicinarsi ai troni. La Dark Angel
eseguì,
attenta a non volarsi mai, a dar sempre le spalle a quel nuvolo di
Amazzoni,
che sorvegliava Murtagh.
-
Io un
po’ meno.- sentenziò Ippolita.- Non riesco a
smettere di pensare alle tue parole, il giorno in cui sei giunta tra
noi: un
Cavaliere aveva distrutto l’isola dei Dark Angel, hai
detto…non è forse un Cavaliere
quello che vedo al nostro cospetto? Non ti sembra strano che, dopo
appena una
settimana che ti trovi tra noi, sia giunto qui, in un luogo che non
conosce
nessuno se non coloro che lo abitano, un Cavaliere?- il tono gelido,
accusatorio, della regina, lasciava presagire qualcosa di spiacevole,
infatti,
Isis, che stava per replicare, non ne ebbe il tempo perché
l’Amazzone bionda le
tirò con forza la treccia castana e le punto la corta spada
contro il morbido
collo, esposto.
-
Tu l’hai
portato tra noi! Volevi forse che ci
distruggesse?!- l’aggredì, continuando la donna,
la mano che teneva la spada,
fermissima.
Nel vedere quella scena, Murtagh
avvertì l’ira sorgere, come
dal nulla e crescere smisurata nel suo cuore, per poi abbattersi su
ogni
centimetro del suo essere, con la veemenza di una tempesta, e non
riuscì ad
impedirsi di scattare in piedi con un balzo, sfoderando la spada.
-
Lasciatela
andare!- urlò- non osate mai più farle del
male, anche solo sfiorarla, oppure io…- stava per
minacciare, mentre nel frattempo
riusciva a lottare contro tutte le Amazzoni che lo circondavano e che
tentavano
di impedirgli qualsiasi movimento.
-
Non
servirà, Murtagh.- lo interruppe allora Isis,
parlando in elfico, la voce venata di dolore.
-
Ma…per
la tua salvezza, io…- fece il Cavaliere,
replicando, nell’Antica Lingua.
-
Il tuo gesto non
garantirà la salvezza di nessuno di
noi due. Di’ solo ciò per cui sei venuto.- lo
ammonì lei, in un consiglio che
uscì dalle sue labbra, duro, come una frustata;
meravigliandosi che, nella sua
mente fosse balenata per un secondo l’ipotesi che in
realtà il ragazzo fosse
giunto fin lì per distruggere le Amazzoni.
Murtagh, dopo un secondo di
titubanza, rinfoderò l’arma
dalla lama cremisi e, dopo aver chinato gli occhi un istante, li
risollevò
subito, con decisione.
-
è
vero,- ammise- solo stato io a sterminare i Dark
Angel. Ma non per mia scelta.- confessò, rivolto alle
regine.- Non mi trovo tra
voi per distruggervi, poiché non sono più
assoggettato a Galbatorix.- le
informò, infervorato, intenzionato a prendere le distanze
dal suo disonorevole
passato, con tutto se stesso.- Sono qui, come ambasciatore inviato dai
Varden,
per…- stava per spiegare, ma Pentesilea intervenne,
interrompendolo.
-
Ora basta.
Sorella, lascia andare Isis: ha dimostrato…molto…-
Ippolita fissò la mora
Amazzone senza capire le sue parole, e
tuttavia, lasciò subito i capelli di Isis, la quale
però, parve non accorgersi
di nulla, perché la sua mente era lontana…
-
Tu, Cavaliere, hai
avuto il tuo tempo per parlare, ma
ora è terminato.- sentenziò Pentesilea, e, ad un
suo cenno, le Amazzoni che gli
stavano attorno lo gettarono di nuovo a terra.
La Dark Angel,
spaventata da quel gesto rude, si portò dinnanzi alla
regina che aveva amato sua madre, e le chiese, mentre, sorpresa si
scopriva ad avere
il respiro corto:
-
Perché
agisci così, regina? Egli è un Cavaliere, se
avesse voluto farci del male gli sarebbe bastata una sola parola, ma
non l’ha
fatto; ha accettato di “sottomettersi” a voi, dal
momento che, fin ora,m non ha
opposto resistenza. Perché non puoi lasciarlo parlare: non
ha forse detto di
essere un ambasciatore?-
-
Perché,
dolce Isis- le disse quella, carezzandole una
guancia, uno strano, vivo scintillio negli occhi scuri.- noi Amazzoni
diffidiamo degli uomini. Perciò non posso fidarmi di
quest’uomo, anche se è qui
in ambasceria.-
-
Invece dovresti.-
la contraddisse la Dark Angel, le labbra
strette, la mascella rigida.- quest’uomo è qui
solo in veste di portatore di
notizie- tentò di difenderlo la ragazza, senza sapere
esattamente perché lo stesse
facendo.
-
È
soltanto un uomo! E come tale non ci si può fidare di
lui.- la corresse, ferma, Pentesilea, ostentando noncuranza, poi,
rivolta alle
sue sorelle ordinò:
-
Che sia incatenato
nella Sala di Pietra, ma distante
dal suo drago, così che nessuno dei due possa vedersi,
né parlarsi.- diede
disposizioni l’Amazzone mora.
Murtagh venne tirato in piedi con
malagrazia e spogliato da
decine di mani delle sue armi, privato della sua armatura, e la Dark Ange,
nel
momentaneo trambusto che risuonò nella tenda,
avvertì addirittura il rumore del
tessuto che veniva strappato con forza. Il ragazzo oppose
un’ultima resistenza,
alla fine, nella speranza di restare in quella capanna abbastanza a
lungo da
incontrare lo sguardo di Isis, che però, non accennava a
smettere di volergli
dare le spalle; perciò, infine, sconfitto da quella condanna
straziante, si
lasciò trascinare via, fino alla misteriosa Sala di Pietra,
triste all’idea che
non avrebbe potuto vedere il suo drago, ma rincuorato dalla notizia che
Castigo
sarebbe stato al suo fianco, e che forse, sarebbe riuscito a
spalancargli la
mente, a parlarci, poiché le Amazzoni non sembravano essere
a conoscenza della
loro speciale capacità di comunicare.
Isis, che aveva tenuto il viso basso
per tutto il tempo,
sofferente, per la durezza di quella decisione, non appena
udì il fruscio della
tenda d’entrata, sollevò gli occhi, implorando
Pentesilea con lo sguardo.
-
Perché
tanta…crudeltà,
regina?- le domandò.
-
Crudeltà?
Come osi…?- intervenne Ippolita, adirata, ma
la coreggente mora, alzando una man, la zittì.
-
Isis, quel
Cavaliere ha ammesso di aver ucciso la tua
gente. Dovresti essere contenta della mia decisione…- le
fece notare la donna.
-
Non lo sono,
invece, perché anche se ha ucciso il mio
popolo, egli è pur sempre un Cavaliere, e la lontananza dal
suo drago…farà
soffrire entrambi. Li…torturerà.-
spiegò alle due regine.
-
Isis, ho agito
così solo per sapere se è degno di
parlare al nostro cospetto, qualsiasi sia la notizia che porta.- disse
Pentesilea, prendendole entrambe le mani tra le sue per farne smettere
i
fremiti.
Stava quindi, assieme a sua sorella
Ippolita, per chiederle
come facesse a sapere tante cose su quell’uomo, ma in quel
momento un’Amazzone
entrò nella tenda profumata di loto, per comunicare che
l’ordine riguardante il
Cavaliere era stato eseguito. Perciò, Isis ne
approfittò per chiedere:
-
Dal momento che
nessuno sa quanto tempo potrebbe
occorrere per giudicare Murtagh, degno di parlare, ho il permesso, nel
frattempo, di portare acqua e cibo sia a lui che al suo drago?-
Gli sguardi di Ippolita e Pentesilea
si posarono,
fiammeggianti su di lei. Perché non riusciva a non dare
importanza a
quell’uomo, come facevano tutte le Amazzoni?
Perché si affannava tanto per lui?
-
E sia.-
sentenziò la regina mora, convenendo con lei dopo
attimi interminabili, considerando tra sé che le
argomentazioni di quella
ragazza non erano poi così sbagliate.
Infine, la congedò.
Isis si ritrovò, ancora
una volta a passeggiare nervosamente
avanti e indietro nella sua capanna. Sentiva di aver fatto qualcosa di
giusto,
proponendosi per portare acqua e viveri a Murtagh e Castigo,
ma…come
l’avrebbero guardata, dopo ciò che aveva fatto?
Come sarebbe riuscita, lei, a
guardare in faccia il figlio di Morzan, che aveva detto di esser giunto
nel
deserto in vece dei Varden, poiché Isis già
immaginava quanto dovesse esser
stata dolce la riconciliazione tra lady Nasuada e il Cavaliere?
Si riscoprì a temere
gli sguardi di biasimo di Castigo per la sua fuga, così come
la paura di
incontrare gli scuri occhi del Cavaliere e leggervi nel profondo, la
certezza
che…fosse innamorato di Nasuada.
Ma perché si stava
comportando in quel modo? Perché tremava
a quei pensieri? Murtagh, ormai era un uomo libero e poteva decidere da
sé chi
amare.
Scacciando con prepotenza quei
ragionamenti, che le venivano
addosso come il flusso ininterrotto di una cascata, riuscì
finalmente a darsi
una parvenza d’ordine e tranquillità solo a poche
ore dell’inizio del falò;
quindi, chiese udienza alle due regine delle Amazzoni, per informarle
che aveva
intenzione di portare da mangiare ai due
“prigionieri”nella Sala di Pietra.
Pentesilea si alzò allora,
dal trono per acquattarsi a terra
come un animale pronto all’attacco e, armata di un semplice
bastoncino, iniziò
a tracciare delle linee nella sabbia.
Quando formarono un disegno abbozzato
della grotta dove si
trovavano Murtagh e Castigo, la regina le spiegò:
- Ecco, Isis, come puoi vedere la Sala di Pietra ha due entrate: in
quella Est,
che si apre a spazi più ampi, è stato incatenato
il drago cremisi, in quella
Ovest, invece, il Cavaliere.- la ragazza stava per ringraziarla,
dirigendosi
all’uscita, quando Ippolita la fermò:
-
Aspetta Isis
vorrei che tu portassi al tuo seguito
alcune Amazzoni ogni volta che ti appresti a svolgere questo compito.-
-
Non ti fidi di me,
regina Ippolita?- la rimbeccò, col
tono semplice di un bambino curioso, mentre in realtà,
dentro, sentiva che
stava per esplodere.
-
No, non
è di te che non mi fido, ma di quel Cavaliere,
perché è pur sempre un uomo.- le disse la bionda,
come se stesse parlando della
cosa più ovvia al mondo.
Pentesilea, puntando gli occhi scuri
sulla ragazza, stava
per chiederle qualcosa, di nuovo quello strano scintillio nello
sguardo, ma la Dark Angel si
congedò
in fretta, tagliando corto con la spiegazione, che avrebbe dovuto
sbrigarsi, se
avesse voluto arrivare in tempo al falò.
Fortunatamente, quando si diresse
alla conserva, per
chiedere due grosse otri di acqua, qualche pezzo di carne essiccata,
delle
bistecche crude di Narga, e una capiente giara dove mettere
l’acqua per il
drago, loro ospite, ad Isis non occorse domandare chi avesse voluto
accompagnarla, perché subito dieci tra le più
temerarie Amazzoni, fra le quali
anche Elisandros, si offrirono per seguirla, ed aiutarla a portare
quelle cose
nella Sala di Pietra.
Per prima cosa si diressero tutte
all’entrata Est. Quattro
donne trascinavano la giara, tre portavano le bistecche di cinghiale,
Isis si
occupava delle otri d’acqua- ricavate da vesciche di animali-
mentre Elisandros
e l’ultima, come sue sorella, tenevano delle torce
crepitante, alte sopra la
testa, per illuminare il cammino a tutte le altre.
Ad Isis quasi mancò in
colpo al cuore quando scorse
l’immensa figura vermiglia di Castigo, accasciata a terra,
tanto immobile da
sembrare senza vita, il grosso muso girato dall’altra parte,
in atteggiamento
di rifiuto a tutti i rumori che sentiva, lo stavano circondando.
Quando la giara di pietra fu
posizionata a poche spanne
dall’animale, la Dark Angel
vi versò, attenta a non disperdere neppure un goccia, tutta
l’acqua contenuta
nell’otre che portava sulle spalle, ringraziando, allo stesso
tempo che le
pareti della caverna amplificassero quel suono, nella speranza che
Castigo,
finalmente si voltasse.
Isis fece poi segno, alle donne al
suo seguito di lasciare a
terra le bistecche crude, in attesa di una reazione da parte
dell’animale, ma
il drago non si mosse.
Perciò la ragazza,
nonostante comprendesse la tristezza che
Castigo poteva provare in quel momento, dal momento che era stato
separato dal
suo Cavaliere, stizzita per il suo silenzio, decise di tentare un
ultimo
approccio: prese a camminare verso di lui muovendosi di soppiatto, come
era
stata solita fare spesso, quando aveva trascorso del tempo ad Uru Baen,
ed i
due si erano divertiti a giocare, facendosi degli agguati a
vicenda(gioco in
cui Castigo aveva sempre successo, forte della sua natura animale).
Isis sussurrava il suo nome, ad ogni
passo in quel buio
macchiato di luce, perché le Amazzoni la sentissero, e nello
stesso tempo gli
carezzava la mente, per farsi riconoscere e chiedere implicitamente al
drago il
permesso di parlargli.
All’ultimo momento, dopo
lunghi, estenuanti istanti di
silenzio, proprio mentre Isis spiccava un salto per completare
l’agguato,
Castigo si sollevò di scatto, facendo rotolare a terra la
ragazza e
bloccandola, con una zampa premuta sul petto.
-
Ciao
Castigo.-
lo salutò la Dark Angel,
quando finalmente i loro occhi si incontrarono, sia a voce che con la
mente,
per farsi udire anche dalle Amazzoni che, allarmate da quello scatto
repentino,
erano accorse, tese, armate delle lance dalla punta aguzza.
Ciao Isis.
Replicò
lui, con la voce appena velata di contentezza nel vederla,
poiché era
profondamente mesto.
La Dark Angel,
sentendosi coinvolta in prima persona nella tristezza
che pervadeva il drago, decise di intervenire subito, fermando per
prima cosa
le sue compagne, che stavano per colpirlo.
-
Per favore
sorelle, potreste lasciarmi sola con questo
drago?- chiese, volgendo il viso verso di loro.
-
Gli ordini della
regina non sono questi, Isis.- la
riprese duramente Elisandros.- Non possiamo lasciarti con questo
animale: sputa
fuoco, e per ciò che ne sappiamo e che abbiamo visto,
potrebbe farti del male…-
le fece notare l’Amazzone dagli occhi grigi.
Non lo farei
mai! Ringhiò
loro contro Castigo, adirato.
Ma il risultato di quella reazione fu
esattamente l’opposto
a quanto, invece, si era sperato: le Amazzoni, sempre più a
disagio, erano di
nuovo pronte ad attaccarlo, e Isis, sconvolta per la forza di quelle
parole,
che Castigo aveva pronunciato come fossero state le più
ovvie del mondo, non
riusciva a reagire in alcun modo, tanto era lo stupore che provava.
Il fatto che quel drago avesse
risposto con tanta
naturalezza poteva significare che,
nonostante tutto, le volesse bene?
Risvegliandosi come da un sogno, Isis
si liberò dalla zampa
del drago di Murtagh, rotolando di lato, finchè non si
alzò in piedi e, con
entrambi i palmi aperti davanti a sé, disse, fermando le
Amazzoni e
rivolgendosi a Castigo:
-
Grazie Castigo per
le tue parole, ma le Amazzoni mie
sorelle non possono sentirti.- poi, fissando Elisandros,
spiegò.- Questo drago
ha detto che non mi farebbe mai del male. Ora, per favore, potresti
smettere di
continuare a volerlo ferire? Se non volete lasciarmi sola, potreste
allora
lasciarmi parlare con lui, senza intervenire? Se dovesse succedermi
qualcosa,
penso che saprò difendermi da sola finchè non
accorrerete…- le riprese tutte,
facendo notare, con un unico gesto la faretra e l’arco che le
pendevano da una
spalla, ed infine l’impugnatura dello Specchio
dell’Anima, che le spuntava da
uno dei calzari.
Quindi, nel silenzio generale, rotto
solo dal lieve crepitio
delle torce, si mise a sedere di fronte a Castigo, le gambe raccolte al
petto e
cinte dalle braccia per appoggiarvi il mento.
Castigo, per
prima
cosa lascia che ti dia il benvenuto tra le Amazzoni. Stava
per aggiungere
qualcosa, ma il drago la interruppe.
Perché
le chiami tue…sorelle,
Isis? Domandò, curioso. Loro
non sono come te: da quando sono
incatenato qui, sei la prima che è venuta, degnandosi di
portarmi da mangiare…e
poi, loro hanno quello strano disco al petto, mentre
tu...i…seni li hai
entrambi. Quell’ultima costatazione
ricoprì entrambi d’imbarazzo, e la
ragazza si cinse d’istinto il petto con le braccia.
Perché
non mangi,
Castigo? Disse lei, d’un tratto, ancora rossa in
viso, notando- tanto per
spostare la conversazione su qualsiasi altro argomento, meno
imbarazzante- che
Castigo non aveva toccato ancora nulla.
Quasi per farla contenta, il drago
quindi addentò una
bistecca, strappandone un piccolo pezzo, comunque più grande
di qualsiasi
boccone che un essere umano avrebbe potuto fare, e subito disse.
Sono…amareggiato
Isis, per questo non ho molta fame.
Isis
ed il drago cremisi si guardarono intensamente- dopo che lui ebbe mosso
tristemente l’enorme muso- per la prima volta da quando la
ragazza aveva
lasciato la Du Weldenvarden. La
Dark Angel avvertì una lieve ondata di sollievo che,
tuttavia, fu subito cancellato dalla grande tristezza che, memore delle
sue
ultime parole e, vedendola dipinta sul muso di Castigo, Isis sentiva
dilagare
nel cuore del drago, allo stesso modo che nel proprio, dal momento che
lei
avvertiva quell’emozione come sua.
Erano immobili, occhi di fiamma in
occhi d’oceano…
Perché
dici questo,
cucciolo? Gli domandò, affettuosamente.
Il drago cremisi la fissò
con ancor maggiore tristezza.
Era
un’eternità che
non mi chiamavi “cucciolo”.
Osservò. Cosa
devo pensare? le domandò, anche se- vedendola
atterrita, come sospesa tra
qualcosa che la ragazza
avrebbe voluto dire, e che tuttavia si vergognava o si vietava anche
solo di
pensare- fu lui a dar voce a quella risposta, che sembrò
materializzarsi pian
piano nell’aria.
Sono
contento di
vederti, Isis ma ti incenerirei perché non riesci a
riconoscere ce queste donne
non sono tue sorelle, eppure ti ostini a restare accanto a loro,
piuttosto che
riavvicinarti ad un Cavaliere e ad un drago che conosci, e che sicuramente sai, stanno soffrendo,
poiché non c’è pena
peggiore, per un drago, se non quella di essere allontanato dal suo
Cavaliere…perché insisti nel non voler vedere che
grazie a te io e Murtagh,
siamo stati liberati, e ora, per essere venuti a cercarti, dobbiamo
sopportare
di venire incatenati di nuovo, e…divisi…
Fece, cupo.
Isis, colpita dalle sue parole, come
da uno stiletto che le
affondava nel cuore, stava per andarsene, e tuttavia, si
bloccò come una statua
di ghiaccio e, spaesata, sussurrò.
Come…?
Per venire a
cercarmi? Murtagh ha detto che siete qui in veste di ambasciatori dei
Varden…com’è possibile che siate venuti
a cercare me…? Considerò, sconvolta
dalle parole di Castigo.
Tentò quindi, di farsi
dare maggiori spiegazioni per quelle
parole che le sembravano incomprensibili, ma alla fine, costringendosi
a
restare lucida, in realtà chiese.
Tra poco
vedrò Murtagh,
vuoi che gli porti qualche messaggio da parte tua? Riesci a parlargli,
spalancandogli la mente? Riflettè, poi.
Certo che ci
riesco!
Ma è straziante esser
incatenati e
divisi…mi sembra di essere ancora prigioniero di
Galbatorix…
Isis avrebbe voluto piangere,
avvertendo ancora una volta
come proprio il dolore che Castigo provava, osservando la sua vita, che
pareva
trovarsi nella condizione immutabile del prigioniero, era sul punto di
liberarlo; ma la fermò l’idea che decine di
Amazzoni li stavano ancora
osservando entrambi, attente.
Farò
tutto il
possibile per farti liberare, per liberarvi entrambi, te lo prometto,
Castigo. Gli
giurò, solenne.
Te ne sarei
grato,
Isis. Sai, quello che ha detto Murtagh è vero: siamo venuti
qui in ambasceria
per conto dei Varden, ma anche, e principalmente perché non
sopportavo di
vedere Murtagh in quelle…condizioni, dopo la tua partenza;
per accompagnarlo,
però, ho lasciato sola la piccola
Emera, la mia Emera…e
vorrei tornare presto da lei… le confessò.
Emera?! La
dragonessa
di Tisbe? Chiese quindi Isis, quasi sobbalzando.
La grande testa del drago rosso si
mosse in un cenno
d’assenso. Ed in quel momento, di colpo, per la ragazza fu
come se qualsiasi
altra cosa avesse perso importanza e, mentre un genuino sorriso le
sbocciava
sulle labbra, le tornò in mente si era già
inconsapevolmente accorta che, sin
dal loro primo incontro i due draghi avevano avvertito una simpatia
spontanea
l’uno verso l’altra.
Quindi,
adesso sei
diventato un… “fidanzadrago”? considerò
Isis, il mento tra le mani.
Cos’è
un
“fidanzadrago”? le domandò di
rimando Castigo, strabuzzando gli occhi,
spaesato.
Un drago
fidanzato con
una dragonessa. Gli illustrò la ragazza, con la
stessa naturalezza che
avrebbe avuto se avesse parlato del tempo.
Castigo dapprima scosse la testa,
ringhiando così piano che
ciò che uscì dalle sue fauci somigliò
ad un sibilo: perché mai quella Dark
Angel si soffermava su tali particolari, e si comportava in modo
così
infantile, anziché preoccuparsi del fatto che Murtagh fosse
arrivato lì solo
per lei?
Ma in seguito, scoppiò a
ridere, e fu strano sentire quel
suono sconosciuto, in parte nasale, in parte gutturale, ma comunque
piacevole,
avvolse ogni centimetro della Sala di Pietra. Infine, Castigo le
lambì con
dolcezza il viso.
Vai a
nutrire anche il
mio Cavaliere! Le consigliò, tra le risa che non
accennavano a spegnersi,
congedandola.
La Dark Angel
quindi, abbandonò la veste della ragazza spensierata
che aveva scoperto che un suo amico stava vivendo una storia
d’amore, non
appena uscì dal cunicolo Est della Sala di Pietra, e la sua
espressione si fece
via via più corrucciata, ad ogni passo, mentre assieme alle
sue compagne
portava acqua e cibo anche a Murtagh.
-
Isis, stai
tremando…- le fece notare Elisandros,
accostandosi a lei, la fiaccola alta sulla testa ora che erano entrate
dalla
parte Ovest della caverna.
-
Non è
nulla, è solo colpa del freddo e scuro manto
della sera, che ci sta ricoprendo velocemente…-
cercò di dissuaderla Isis,
distogliendo lo sguardo e fingendo di guardare il sole, che stava
lentamente
sparendo all’orizzonte.
-
Perché
ho come la sensazione che dovremo temere più il
Cavaliere del drago?- fece Elisandros, ad alta voce, forse rivolta al
vento,
perché non attese una risposta, e fu invece,
l’unica a proseguire con passi sempre
più sicuri, la mano che stringeva saldamente la fiaccola e
gettando
ripetutamente occhiate alla sua ascia bipenne.
Erano sole, Isis ed Elisandros,
poiché tutte le altre
Amazzoni si erano dirette al falò che stava per iniziare, e la Dark Angel
sperò di essere
ancora capace di dissimulare la paura- poiché la sua mentore
si era dimostrata
un’osservatrice tanto acuta- che provò nel
trovarsi di nuovo davanti, Murtagh:
il ragazzo era sdraiato sul pavimento della caverna, le braccia
incrociate
sotto la
testa. Non
appena vide i bagliori della fiaccola, più luminosi della
semioscurità cui i
suoi occhi si erano ormai abituati, si schermò il viso con
le mani,
raggomitolandosi sempre più, fino a ritrovarsi seduto, la
schiena contro il
muro freddo.
-
Murtagh…-
al suono di quella voce dolce, flebile, quasi
lontana, che tuttavia lui avrebbe riconosciuto tra mille, il Cavaliere
vi si
sentì carezzare. Continuò tuttavia a restare
immobile, per un tempo che parve
un’eternità, nella speranza di abituarsi alla luce.
-
Murtagh…-
ripetè la ragazza. Finalmente
gli occhi scuri del figlio di Morzan misero a fuoco il viso di Isis, e
mentre
la sua carnagione nocciola prendeva sempre più forma sotto
il suo sguardo,
avvertì che il cuore gli si gonfiava nel petto.
Avrebbe voluto parlarle, sorriderle,
allungare una mano per
sfiorarle una guancia, ma rimase ad osservarla, in silenzio: Isis aveva
le
labbra serrate, era inginocchiata davanti a lui, ma in
realtà sembrava fosse
accovacciata, in bilico, quasi fosse a disagio, infatti gli parve di
non
riconoscerla, nonostante dovesse esserle grato per aver portato dei
pezzi di
carne essiccata e una scodella d’acqua.
Chi era quella donna mezza nuda e con
i tratti del viso resi
severi dalla vicinanza con persone che avevano rinnegato la loro
femminilità?
Dov’era nascosta, in quei tratti, la ragazza dolce e decisa
che si era data
tanta cura per la sua salvezza? Non poteva essere certo quella, la sua Isis,
dal momento che
non riusciva neanche a parlargli, né a guardarlo negli occhi.
-
Isis…-
esordì Murtagh, in uno strano saluto, spezzando
l’imbarazzato silenzio che era sceso tra i due.- Ho sentito
tutto ciò che tu e
Castigo vi siete detti.- le confermò, poiché lei
non accennava a porgli nessuna
delle domande che il ragazzo poteva vederle posate, a fior di labbra.
La Dark Angel
arrossì violentemente, ed abbassò gli occhi in
fretta,
poi, tanto per fare qualcosa, per alleggerire la tensione che sentiva
sulla
pelle, mormorò:
-
Ti
lasciò l’otre qui, così se avrai
sete…- e fece per
voltargli le spalle…
-
Oh, avanti! Non
dirmi che per te è così sconvolgente
rincontrarmi, tanto da comportati come se non volessi vedermi mai
più!- la
interruppe, posandosi una mano sul ginocchio, gli occhi scuri
scintillanti nel
buio.
-
Credo di doverti
ringraziare per avermi fatto
incatenare qui, dal momento che avevo già attraversato
questo deserto con
Eragon, poiché questa grotta protegge sia me che Castigo dal
caldo cocente del
giorno e dal gelo della notte…- le disse, ma il suo tono non
ricordava neanche
lontanamente, quello grato di un ringraziamento, piuttosto pareva che
lui
volesse scatenare in Isis una qualche reazione.
Ed in effetti, la ragazza si
sentì umiliata, colpita da
quelle parole, come fossero state lo schiocco secco di una frustata e,
sollevando finalmente con decisione gli occhi, inchiodandoli a quelli
di lui,
lo interrogò, dura:
-
Cosa ci fai, qui?-
i muscoli del viso erano tirati, gli
occhi gelidi.
-
Non lo immagini,
Dark Angel?- la voce ridotta a poco
più di un sussurro, ma ferma, come se avesse voluto farla
arrivare alla soluzione
con le sue sole forze.- In tempi incerti come questi, non possiamo
ignorare che
sia giunta l’ora che ogni popolo, ogni razza in Alagaesia, si
schieri fianco a
fianco, dimenticando qualsiasi differenza, qualsiasi discordia, per
dimostrare
a Galbatorix che la libertà è il nostro bene
più prezioso, e mai saremo
disposti a rinunciare a combattere pur di non perderla. Persino le
Amazzoni,
pur essendosi nascoste a lungo, non dovrebbero tirarsi indietro ad un
tale
richiamo.-
-
Bella arringa,
Cavaliere. Vuoi che riporti le tue
parole alle nostre regine, e che le diffonda tra le mie sorelle?- gli
domandò
Isis, rimbeccandolo, mentre il suo cuore era atterrito, eppure allo
stesso
tempo sollevato, da quel discorso.
-
Isis…perché
chiami “sorelle”, donne che con te non condividono
nulla? Perché parli di “regine”? Non
ricordi che sei una Dark Angel? Non
ricordi che i due elfi che vi fondarono, vollero che il tuo popolo
fosse un
fiero vessillo di libertà? Tu non sei un’Amazzone,
Isis, non hai nulla a che
spartire, con loro. Certo, anche queste donne compongono un popolo
fiero, ma è
inutile che tu menta a te stessa, come puoi rinnegare le tue radici?- la riprese
Murtagh,
senza mai abbandonare il suo sguardo, fremendo, poiché era
chiaro che avrebbe
voluto aggiungere altro, ma non poteva, dal momento che non erano soli;
mentre
invece lei, tentava di evitare i suoi occhi scuri, che sembravano
capaci di
leggerle nell’anima, e di disintegrare le poche certezze che
si era costruita,
e dietro le quali, effettivamente…si stava nascondendo.
Repentino, un nodo strinse la gola di
Isis, come una morsa
talmente serrata che le impediva di respirare, di pensare, di fare ogni
cosa,
eccetto attivare uno strano bisogno di fuga. La ragazza infatti,
sbirciò il
viso del Cavaliere, di sott’ecchi e si affrettò a
rimettersi in piedi, mentre
faceva cenno ad Elisandros di tornare sui propri passi, verso
l’entrata Ovest;
fece quindi, per seguirla…ma d’improvviso, Murtagh
con un leggero rumore di
catene, riuscì ad afferrarle la mano.
La Dark Angel
sussultò appena, e avrebbe urlato se il Cavaliere, con
un gesto fulmineo, non l’avesse attirata a sé,
facendola cadere di nuovo in
ginocchio, e portandole addirittura una mano sulle labbra, per paura
che
potesse reagire in maniera inaspettata.
Ormai, il buio circondava entrambi,
poiché Elisandros era
lontana, e non si era accorta di nulla; Isis quindi tremò,
quando la guancia
leggermente ruvida per gli ispidi peli della barba, di Murtagh
sfiorò la sua, e
trattenne il respiro, tesa, il cuore che le battè
più veloce, nel momento in
cui le labbra del ragazzo furono sul suo orecchio:
-
Questa situazione
non mi sembra poi così diversa dalla
prigionia cui Galbatorix ti aveva condannata, ma per me, la pena
più grande è…-
le sussurrò, e Isis sentì che il respiro caldo di
lui, sul suo collo, stava
facendo sbriciolare la pietra in cui le sue membra si erano
trasformate. Poi,
quando si interruppe, il corpo di Isis si fece di nuovo rigido: senza
sapere
bene perché, si sentiva lievemente risentita; avrebbe voluto
allontanarsi quel
tanto che bastava per guardarlo in faccia, per assicurargli che lei
avrebbe
fatto tutto ciò che era in suo potere per far liberare sia
lui sia Castigo,
così che non avrebbe dovuto soffrire più alcuna
pena, causata dalla lontananza
del suo drago; ma nell’oscurità il ragazzo le
cinse i fianchi con le braccia,
per avvicinarla maggiormente a sé, quasi con uno strattone.
Isis, si ritrovò
inginocchiata tra le gambe di Murtagh, divaricate, la pelle scura del
suo
ventre a contatto col torno nudo di lui.
La Dark Angel
rimase impietrita per qualche istante. Non sapeva cosa
stesse succedendo, né come avrebbe dovuto comportarsi: la
sua mente le urlava
di opporre resistenza, il suo corpo invece, la spronava a restare, ad
aspettare, a godere del tocco gentile di Murtagh, che le stava
carezzando con
la lentezza estenuante di una dolce tortura, la schiena.
Senza neanche la forza di respirare
troppo profondamente-
consapevole che qualsiasi rumore sarebbe risuonato nella caverna,
poderoso come
un tuono.- Isis restò immobile tra le braccia del Cavaliere,
a stupirsi di come
i suoi muscoli si piegassero docilmente sotto il tocco
dell’uomo, a crogiolarsi
in quell’abbraccio che sembrava lasciarle sulla pelle scie di
fuoco sottile e
sconvolgente.
La ragazza tentò di
opporre un’ultima disperata resistenza,
perché sapeva che sarebbe bastato un altro secondo
perché cedesse all’istinto-
zittendo definitivamente le urla della ragione- e avrebbe premuto le
labbra su
quelle di Murtagh, forse avrebbe anche preso le sue mani callose tra le
proprie,
per guidarlo a scoprire il suo corpo, la sua intimità; ma il
Cavaliere, la
supplicò:
-
Ascolta, Isis.
Ascolta il tuo corpo: non avverti che anche
lui, come me, ha sofferto, per la nostra lontananza?- le fece notare,
serrandole tempestivamente le mani attorno ai polsi quando, una volta
che le
sue parole furono penetrate sotto la pelle della ragazza, lei
tentò ancora una
volta di allontanarlo, opponendogli resistenza.
-
Isis,
perché scappi? Non puoi negare ciò che
senti…-
attirandola ancor di più a sé, le posò
le labbra su una guancia, in un bacio
delicato.
-
Isis?- la
chiamò tuonando dal silenzio, Elisandros che
era poca distante, allarmata.
-
Svelta, vai, ma ti
prego prometti che tornerai a
trovarmi…Sono stato felice di vederti.- le
confessò, con la voce che nascondeva
un sorriso speranzoso.
Quindi, con un leggero rumore di
catene la aiutò ad alzarsi,
per poi sentirla correre, mentre si allontanava nel buio, diretta
all’uscita,
dove Elisandros la chiamava ancora, in attesa.
E va bene,
Cavaliere,
ti sei divertito, spero solo che il vostro contatto fisico non abbia
disorientato Isis più di quanto non lo sia già. Considerò
l’Eldunarì del
drago di Vrael, nascosto in una sacca pentente dai pantaloni del
ragazzo.
Maestro, non
sei stato
tu a dire che Isis è trincerata dietro una fittissima rete
di paura? Che l’ha
quasi isolata da tutto il resto? Castigo le ha parlato- visto che sin
da quando
siamo stati liberati, Isis sembra voler parlare solo con lui- in
maniera
sincera, mentre io ho cercato di risvegliare i suoi istinti,
perciò non potrà
restare sorda a lungo, ad entrambi, perché io la conosco,
completamente,
intensamente… replicò il ragazzo,
mangiando la carne essiccata che gli era
stata portata, non senza una certa delusione, per il gelido
comportamento di
Isis, per la difficoltà che mostrava ancora nel
guardarlo…
Perciò, fissando
l’acqua nella scodella di legno, Murtagh
divinò la ragazza, e rimase ad osservarla, stendendosi a
terra, il ventre
contro il pavimento della caverna.
Isis si era appena allontanata dalla
Sala di Pietra al
seguito di Elisandros, ed entrambe sembrava si stessero dirigendo al
gigantesco
falò che svettava in lontananza, sullo sfondo della notte.
L’Amazzone castana dagli
occhi grigi, notando che la Dark Angel era decisa a
superarla, tenendo lo sguardo basso , per lasciarsi alle spalle quanto
era
successo; l’afferrò con forza per un braccio,
arrestandone il passo, e anzi,
facendole sbattere la schiena contro uno dei pali che reggeva una tenda:
-
Isis, ti prego,
spiegami cosa è successo, poco fa?- non
era una richiesta.
La ragazza impiegò
moltissimo a rispondere, perché le
risultava difficile persino sollevare la testa:
-
Oh, nulla
Elisandros: è solo accaduto che sei stata
troppo veloce ad uscire, perciò sono rimasta al buio, e sono
stata costretta a
muovermi più lentamente…- si
giustificò, sviando l’intera faccenda.
-
Non mi riferivo a
quello, Dark Angel. Visto che hai
difficoltà a parlarne ti dico cosa ho dedotto io: tu conosci
quel Cavaliere,
altrimenti non l’avresti mai chiamato per nome, e ne sei
anche spaventata, per
di più, tanto che credo che fossi in fuga da lui, quando sei
arrivata da noi…-
ipotizzò la donna.
Isis sussultò, come se
fosse stata schiaffeggiata e si
affrettò a chinare la testa, come fosse stata scoperta a
compiere un crimine.
Quando finalmente Elisandros
allentò la presa, le due donne
si unirono alle altre Amazzoni, mangiarono tutte assieme, e parlarono-
fu
sconvolgente vederle divise per la decisione su quello che sarebbe
dovuto
essere il destino di Murtagh e del suo drago; ed Isis fu addirittura
sorpresa
di scoprirsi tra le poche che difendevano la possibilità che
Murtagh non fosse
giunto per far loro del male, e che, quindi, poteva essere lasciato
parlare- ma
quando fu il momento di liberarsi delle preoccupazioni, di rigenerarsi
attraverso
il ballo, la
Dark Angel
fu l’unica a non danzare.
Fare ritorno alla sua tenda le parve
un’impresa. Non seppe
come, ma dopo un’eternità, riuscì ad
abbandonarsi sul letto, tuttavia, restare
immobile, non aiutò affatto Isis. La mente le
rovesciò addosso una serie di
ricordi, pensieri e rimorsi che la travolsero con
l’impetuosità e la veemenza
di un fiume dalle rapide profonde e dalla corrente agitata.
Non riusciva ad impedire che le
venissero addosso, che la
dilaniassero, che la pugnalassero, anche se lei, raggomitolata come una
bambina
sotto le coperte- tirate fin sopra la testa- continuava ad agitarsi, e
a
muoversi a scatti, nella speranza di scacciare via quei pensieri,
eppure ogni
volta, loro tornavano, trascinandola nuovamente alla loro
mercè, con più forza
di prima, tanto che ad un tratto, Isis si rese conto che il nodo che
sentiva
incastrato in gola, le impediva di respirare; le orecchie non
riuscivano a far
smettere di risuonare incessantemente le parole del Cavaliere, pari ad
una
condanna; ed il suo corpo, poi, traditore! Sembrava davvero non voler
allontanare il ricordo di quelle carezze.
Rannicchiata sotto il lenzuolo, Isis
si ritrovò ancor più
appallottolata su se stessa, la pelle che le bruciava, le mani a
premerle con
forza sulle orecchie, mentre si mordeva le labbra per proibirsi di
urlare.
Le pareva di essere senza
volontà, senza forze; l’unica
possibilità di cercare di liberarsi da quel malessere
sconosciuto, e che pure
le era famigliare, perché le sembrava la stesse seguendo
come un’ombra dalla Du
Weldenvarden; fu scoppiare a piangere.
E tuttavia, mentre le lacrime le
bagnavano il viso, i
pensieri e le preoccupazioni non si arrestavano, continuarono invece,
ad
aggredirla come mille lame indagatrici, mille giudici crudeli che
stavano violando
la sua tranquillità.
Perché non si era
ribellata quando Murtagh l’aveva
abbracciata? Perché il suo corpo, le proibiva di dimenticare
il calore delle
sue carezze? Ed i suoi occhi? Perché non smettevano di farle
ricordare quanto
fosse bello, anche a torso nudo? E come si spiegava, quel desiderio
recondito,
che aveva provato di sfiorarlo? Perché poi, le aveva parlato
in quel modo
crudele? Come mai non aveva voluto riconoscerla come
“Amazzone”? E se non
apparteneva a quella schiera di donne guerriere, lei chi era?
Perché Murtagh
non riusciva a capire che voleva essere lasciata libera? Che voleva
lasciare
lui, libero? D’altro canto, cos’altro poteva volere
quell’uomo, se non il
sesso, da una donna che, aveva scoperto, su era concessa a lui solo per
dargli
la possibilità di liberarsi dalla schiavitù
impostagli da Galbatorix? sarebbe
stato un miraggio che lui fosse giunto nel Deserto di Hadarac,
perché l’amava…
Dopo il primo, profondo, coraggioso
respiro, a seguito di
quella valanga di considerazioni, Isis comprese che stava impazzendo:
quel
senso di inadeguatezza, di colpa che sperava di essersi lasciata alle
spalle,
fuggendo dalla Du Weldenvarden si era ripresentato, e le stava
divorando il
cuore, ancora più in profondità e con maggiore
intensità che mai.
Giunse alla conclusione di essere
inadatta, di non potersi
neppure permettere di sognare quell’uomo, poiché
non era alla sua altezza. E
allora desiderò svanire, sotto la sabbia, sotto la sacra
terra di Alagaesia,
per non essere più un problema, né fonte
d’imbarazzo per nessuno, neppure per
se stessa. Ma, nello stesso istante in cui espresse quel desiderio, si
rese
conto che tutta la sua vita- mentre aveva visto morire il suo popolo,
senza
potersi riunire a loro, mentre giungeva al palazzo di Galbatorix con
l’intento
di rubare informazioni, assieme all’ultimo uovo di drago,
mentre si concedeva a
Murtagh…- era stata un errore.
Ed ora che il figlio di Morzan
l’aveva smascherata,
spiegandole che non poteva nascondersi dietro
un’identità che non le
apparteneva, comprese che persino la terra di Alagaesia
l’avrebbe rigettata dal
proprio grembo, poiché non possedeva
un’identità, né si era distinta per
qualche atto nei confronti di quell’isola.
Disperata, straziata, dilaniata,
quindi, Isis si ritrovò a
spalancare la mente e ad invocare il proprio maestro, ma smise quasi
subito,
poiché immaginò di avvertire la più
pura delusione verso di lei, nella sua
essenza e non seppe se si sentiva pronta a sopportarlo.
Per la frazione di secondo
successiva, ipotizzò di recarsi
da Murtagh, per fare l’amore con lui- poiché non
poteva negare di non riuscire
a zittire il desiderio che provava, di carezzarlo, sfiorargli i
pettorali nudi,
scolpiti, e sperò che il ragazzo non l’avrebbe
rifiutata, che, anzi, sentisse
ancora qualcosa nei suoi confronti, qualsiasi cosa abbastanza forte da
permetterle di rifugiarsi tra le sue braccia, di trovarvi almeno un
minimo
conforto.
Non le importava cosa le avrebbe
fatto, se fosse arrivato il
dolore, perché forse con quell’atto sarebbe
riuscita a sparire,
nell’abbraccio del Cavaliere.
Ma poi, non fece nulla,
perché i muscoli le si erano
raffreddati di colpo, e protestavano; quindi, rimase lì,
immobile, finchè il
sole non sorse, ferendole gli occhi.
Trascorsero altri due giorni prima
che Isis trovasse la
forza di parlare con le regine della liberazione di Castigo, e
perché queste si
lasciassero persuadere.
Furono due giorni
d’inferno, durante i quali alla ragazza
parve di essere costantemente osservata, da chiunque: le Amazzoni la
fissavano
guardinghe, poiché doveva essersi sparsa tra loro
l’ipotesi che di una
relazione tra lei e il Cavaliere da poco arrivato, mentre Murtagh, la
sottoponeva ad un vero e proprio interrogatorio, quando si vedevano,
domandandole come mai non dormisse, visto che le sue occhiaie si
facevano
sempre più marcate; o come mai non lo guardasse o gli
parlasse a malapena, dal
momento che ormai erano lontani dal regno degli Elfi.
Più di una volta, durante
quel periodo che le parve
interminabile, Isis sentì che stava per crollare,
sbriciolandosi in tanti
pezzi, e tuttavia, ringraziando il fatto che Castigo, le parlasse
ininterrottamente di Emera, la ragazza trovò la forza di
alzarsi in piedi, e
parlare, la seconda sera, dinnanzi a tutto il popolo delle Amazzoni
riunito al
falò.
-
Sorelle, come
molte di voi hanno osservato, le riserve
di cibo iniziano a scarseggiare, poiché dobbiamo utilizzarle
in gran parte per
sfamare il drago imprigionato nella Sala di Pietra, quindi, propongo di
liberarlo, perché possa cacciare, nutrendosi da solo.-
disse, ed impietrì
quando, per un attimo, le Amazzoni ammutolirono, tutte assieme, come
fossero
state un solo essere.
-
Isis, sei
impazzita? Perché dovremmo liberarlo? Per
permettergli di annientarci, come accadde al tuo popolo?- intervenne la regina
Ippolita,
scandalizzata, e quando si alzò in piedi, Isis comprese di
doversi mettere in
ginocchio e tuttavia, non lo fece, perché le sue parole
l’avevano colpita in
pieno petto, raggelandola; tanto che Pentesilea, che aveva notato la
reazione
della ragazza, fece segno alla sua coreggente di usare delicatezza.
-
Regina, il mio era
solo un suggerimento, per impedirci
di morire di fame. Il drago che tanto temete è una delle
creature più nobili, e
superiore a qualsiasi altra in tutta Alagaesia; non ci farebbe mai del
male,
perché il suo unico cruccio, ora, è potersi
riunire al proprio Cavaliere, col
quale condivide i pensieri, e col quale è una cosa sola.- le
informò e, nella
regione più recondita del suo cuore, fu felice di
quell’apologia in favore di
Castigo.
-
Da come ne parli,
si potrebbe pensare che lo conosci
molto bene…- osservò Pentesilea, alzandosi in
piedi anche lei mentre la strana,
sconosciuta luce che Isis aveva già visto, le faceva
scintillare di nuovo gli
occhi.
-
È
così, regine, lo conosco a tal punto che vi assicuro
che non avrete nulla da temere: non si allontanerà dal suo
Cavaliere, lo so
perché mi ha concesso una connessione mentale con il suo io,
infatti- ed
Elisandros può testimoniarlo- quando mi reco da lui, Castigo
parla solo con me,
servendosi di un flusso di pensieri che nessun altro, quindi,
può avvertire.-
spiegò, la ragazza, non senza un certo imbarazzo,
allontanato però dalla
sincerità delle sue stesse parole, anche se, si rese conto,
era impossibile
rendere appieno il legame che Murtagh e Castigo condividevano,
così come quello
che lei aveva con il drago.
Ippolita e Pentesilea, si scambiarono
un lungo, eloquente
sguardo, infine, l’Amazzone mora decretò:
-
E sia, il drago
cremisi sarà liberato..-
-
…ma se
accadrà qualsiasi cosa, se dovesse anche solo
ferire una di noi, tu, Isis, pagherai con la vita,
quest’errore.- completò
Ippolita, minacciosa.
Quindi, nonostante la paura per
quelle parole- poiché non
poteva certo garantire totalmente per il comportamento di Castigo-
Isis, con
una strana sensazione di vittoria che le fioriva in petto, seguita da
Elisandros e da altre sorelle, si recò a liberare Castigo,
non appena sorse il
sole del terzo giorno.
Dopo alcuni minuti di dolcissime
dimostrazioni d’affetto,-
poiché Castigo atterrò Isis ed iniziò
a lambirle il volto in segno di
ringraziamento- il drago cremisi si acciambellò davanti
all’ingresso Ovest
della Sala di Pietra per sentirsi vicino al suo Cavaliere, e rimase
lì tutto il
giorno, allontanandosi per poco tempo, solo per cacciare, avvalorando
quindi,
agli occhi delle Amazzoni, la tesi di Isis secondo cui, Castigo ed il
suo
Cavaliere condividevano un legame indissolubile.
Alla vista di quel comportamento, la
mente di Isis si
svuotò: per un attimo interminabile, quel giorno, la valanga
di convinzioni
distorte dalla paura che le impedivano di ragionare, venendole addosso
in ogni
momento, svanirono, e la ragazza non riuscì a spiegarsi come
mai si sentisse
profondamente triste, percependo in prima persona
l’impossibilità di riunione
tra Murtagh e Castigo.
Quel giorno, quindi, non
partecipò a nessuna delle attività
che di solito condivideva con le Amazzoni, e trascorse, invece, tutto
il tempo
a passeggiare, lasciandosi portare dove andavano le sue gambe, mentre
la testa
era impegnata in mille machiavellici ragionamenti: anche se lei
continuava a
non sentirsi all’altezza di Murtagh, poiché era un
Cavaliere, ed il suo cuore
apparteneva già a qualcuno, il suo drago, per essere
precisi; tempo prima,
quando lui le aveva fatto notare che non era un’Amazzone, non
ne aveva
annullato del tutto l’identità, bensì
l’aveva riconosciuta come Dark Angel.
Ebbene, spinta da un moto
d’orgoglio, come tale, come
depositaria degli usi del suo popolo, avrebbe osservato la loro legge
suprema-
ossia quella di porsi al più completo servizio dei Cavalieri
dei Draghi; e
poiché ce n’era uno, incatenato nella Sala di
Pietra, decise che avrebbe fatto
di tutto per liberarlo, al fine di fargli assolvere il compito per cui
era
giunto tra le Amazzoni. La ragazza riconobbe poi la saggezza nelle
parole che
aveva udito dalle labbra di Murtagh, e sperò che dopo aver
persuaso Ippolita e
Pentesilea ad unirsi ai Varden, ed a qualsiasi altro popolo di
Alagaesia contro
Galbatorix; il Cavaliere l’avrebbe lasciata sola a cercare di
realizzarsi, in
una veste che non le apparteneva, ma pur sempre sola, lontana da lui
che, non
seppe spiegarsi perché, sembrava spingerla sempre a fare
pazzie, a dimostrare
cosa sarebbe stata capace di fare, verso un limite che lei
però, non vedeva
mai, poiché dimostrava ogni volta di essere abbastanza
coraggiosa- o forse
folle- da non aver paura di valicarlo.
Infervorata, quindi,
dall’unico obiettivo di far liberare
Murtagh, convinta che fosse ingiusto e infantile cercare di intralciare
con un
rifiuto l’imminente arrivo della guerra; Isis
spiccò una corsa che la rese
sorda a qualsiasi altra cosa, all’infuori delle proprie
convinzioni, e del
mondo che le stava attorno, ridotto ad una serie di macchie gialle,
ambrate e
calde. Giunse alla tenda profumata di loto, come una forza della
natura, col
fiato corto e guadagnò soltanto che, mentre si inginocchiava
al cospetto di
Ippolita e Pentesilea, queste la fissassero confuse, in attesa, di
chissà quale
cattiva nuova.
-
Regine,-
esordì la ragazza, senza curarsi di non essere
sola, poiché oltre alle due regine, qualche altra donna
guerriera presidiava la
tenda.- sono qui, per chiedervi la liberazione del Cavaliere che
è ancora
imprigionato nella Sala di Pietra.- disse, solenne e decisa.
Un’ondata di stupore
sfiorò tutte le Amazzoni presenti nella
tenda che, ammutolirono immediatamente.
-
Questo mai.-
decretò ferma Ippolita, le labbra serrate,
fiamme smeraldine che le incendiarono le iridi.
Pentesilea attese ancora qualche
istante, prima di parlare,
presa com’era ad osservare la nuova arrivata, che stava
ancora imparando le
loro usanze.
-
Perché
chiedi una cosa simile, Isis?- domandò, alla
fine.
La Dark Angel
sollevò gli occhi chiari, una ruga di confusione le
increspava la fronte:
-
Non capisco,
regina Pentesilea…- sussurrò di rimando.
La mora
Amazzone fissò gli occhi scuri nei
suoi, e la sua voce
graffiante giunse alle orecchie di Isis come lontana, come
un’onda che si era
infranta contro il suo essere, colpendola.
-
Perché
chiedi proprio questo, Isis? Visto ciò che ti ha
fatto, avresti potuto chiedere che fosse ucciso, invece, sei qui, per
la
liberazione di quel Cavaliere…- le fece notare, in quella
spiegazione che la
colse di sorpresa.
-
Regina, domando
questo proprio perché quell’uomo è un
Cavaliere, ed ho ascoltato ciò che vuole dirvi: è
solo un ambasciatore, perché
non dovremmo fidarci?- replicò la Dark Angel,
semplicemente.
-
Oh, no, Isis: non
è solo
un ambasciatore. Egli è principalmente un Cavaliere, e da
ciò che ho visto, da
ciò che tu stessa mi hai raccontato, credo che sia
più sanguinario di qualsiasi
suo fratello. Eppure l’ho osservato, vi
ho osservati, sin dal primo giorno in cui è giunto qui.-
spiegò la mora. Isis, avvertendo
che un velo d’inquietudine le si posava sul cuore,
aprì la bocca per replicare,
ma Ippolita, interessata al discorso della compagna, alzò
una mano, per
troncare sul nascere qualsiasi protesta.
-
In questi giorni,
Elisandros e molte altre sorelle sono
state i miei occhi e le mie orecchie.- continuò Pentesilea,
ignorando lo
sguardo perso di Isis che, a quelle parole si sentì
defraudata.- Non vuoi sapere
cosa ho capito, Dark Angel?- ma non attese risposta.- Tu e
quell’uomo
condividete un legame.- quella sentenza la colpì come una
montagna, e mai come
allora la ragazza si sentì fragile come una foglia nel
vento.- Nonostante fosse
giunto tra noi come ambasciatore, quell’uomo non ti ha mai
tolto gli occhi di
dosso, quando hai fatto la tua prima comparsa qui, né ha
esitato ad estrarre la
spada, quando gli sembrava che Ippolita fosse una minaccia, per te. Ed
è
bastata una tua parola, in quella strana lingua elfica, per zittirlo,
per
fermarlo, tanto che, nonostante il tuo animo bellicoso, si è
lasciato
docilmente disarmare ed incatenare. Eppure, ogni volta che vai nella
Sala di
Pietra per sfamarlo, so che ti poni sulla difensiva, come se lo
temessi…- le attente
osservazioni di Pentesilea, inserita in quella narrazione, lasciarono
Isis
senza parole; le parve infatti, che la sua anima fosse stata messa a
nudo, che
l’Amazzone mora fosse stata fin dall’inizio in
grado di leggerle dentro, ogni
volta che la fissava con quel suo sguardo furbo.
Mai, prima di allora Isis aveva
desiderato tanto
ardentemente raggomitolarsi a terra, fino a farsi piccola piccola,
perché
nessuno la vedesse tanto fragile, e si abbracciò il ventre,
perché d’un tratto
aveva iniziato a sentire freddo.
Avvertì una mano
sollevarle il mento e, proprio mentre stava
per cedere ad un pianto, scorgendo il viso di Pentesilea che
torreggiava sul
suo, si costrinse a ricacciare ogni singola lacrima indietro.
-
Io non lo temo.-
bisbigliò, ma non ebbe la forza di
aggiungere sono solo infelicemente…innamorata
di lui, visto che so che non sarò
mai
alla sua altezza, che non sarò mai degna di lui. Ciò
che la sua mente le
suggerì, lesta come un lampo, rimase infatti, custodito nel
suo cuore, che fu
squarciato da una fitta di dolore.
-
Bene,
perché spero che tu sia consapevole d qualcosa
che è chiaro come la luce del giorno, un potere che solo tu
possiedi…- la regina
Pentesilea
avrebbe di certo continuato se Isis, fissandola con foschi occhi, quasi
fuori
dalle orbite, non avesse scosso la testa, confessando sinceramente:
-
Regina, temo di
essere rimasta cieca, a quanto dite…-
-
Non vedi
che…sei l’unica in grado di…dominarlo? L’unica cui quel
Cavaliere obbedisce?- le fece
notare l’Amazzone
mora, facendo convergere su di sé lo sguardo di tutte le
donne presenti in
quella tenda.
Isis rimase a bocca aperta, gli occhi
strabuzzati: le parole
di Pentesilea le risuonarono nelle orecchie come echi lontane, echi
impossibili, più simili a delle filastrocche da bambini,
senza senso, piuttosto
che a delle parole di senso compiuto. Sarebbe voluta scoppiare a
ridere, ma
l’unico suono che le scivolò via dalle labbra fu
un suono strozzato, rigido,
forzato:
-
Regina, egli
è un uomo libero, non obbedisce a
nessuno…- Isis stava per completare la frase, ma Ippolita la
interruppe,
sopraggiungendo:
-
Ne sei sicura,
ragazza? Non sei stata forse tu a dire
che era schiavo del tiranno Galbatorix? E non è stato forse
lui a confermarci
che ormai è libero? Scommetto ciò che vuoi che la
sua liberazione è stata merito
tuo.- Ippolita la fissò per un lungo istante, come se stesse
indagando nella
sua anima poi, mentre si passava le dita tra le treccine bionde, legate
in
un’unica coda di cavallo, domandò:
-
Dimmi, Isis: ti ha
posseduta?-
La Dark Angel
ammutolì, il suo viso si fece cereo, serrò gli
occhi e
tenne le mani strette a pugno lungo i fianchi. Non voleva parlare di
faccende
tanto private, le parve infatti, che la stessero violando, indagando
così
profondamente nella sua intimità. Ed inoltre, finalmente
comprese che il legame
che la univa a Murtagh non poteva essere ridotto a quelle poche, crude
parole,
perché lui non l’aveva posseduta,
bensì lei gli si era concessa totalmente, anima e corpo e si
erano appartenuti
a vicenda, si…conoscevano,
tanto che
lei non appena l’aveva visto nella Sala di Pietra a torso
nudo gli occhi
scintillanti, l’aveva di nuovo desiderato, dimenticandosi del
dolore che aveva
provato quando Murtagh l’aveva allontanata da Uru Baen, tanto
che il suo corpo
si era piegato docilmente alle carezze del ragazzo…eppure, a
soffocare tutte
quelle belle sensazioni, sopraggiunsero di nuovo le ultime parole con
le quali
Murtagh l’aveva umiliata, che le risuonarono nelle orecchie
come se fossero
state urlate.
-
Non credo che
siano affari vostri…- si risolse quindi,
a replicare, dura, mentre qualcosa nel suo petto tornava a
sbriciolarsi,
aprendo una voragine, minacciando di farvi precipitare il suo cuore.
-
Ma bene, Isis.-
disse Pentesilea, abbozzando un mezzo
sorriso fissandola negli occhi, mentre i suoi, scuri, trasudavano
rispetto nei
suoi confronti; infine, l’Amazzone mora schioccò
le dita e, rivolgendosi alle
due sorelle più vicine
all’uscita,
ordinò loro:
-
Sorelle, liberate
il Cavaliere che si trova nella Sala
di Pietra e portatelo qui…- quelle due quindi, seppur
confuse, obbedirono
subito.
Isis, spaesata per quel
comportamento, fece per scuotere la
testa: le era sembrato troppo facile che con poche, sincere parole,
fosse
riuscita ad ottenere ciò che aveva chiesto. Doveva forse
aspettarsi un
tranello?
-
Avanti ragazza,
alzati.- la sollecitò la regina,
rivolgendosi ad Isis, questa volta.
La Dark Angel
fece prontamente ciò che le era stato detto, e quando
fu finalmente in piedi, la regina
Pentesilea davanti a lei, avrebbe voluto
ringraziarla
per averla esaudita, ma nel momento in cui gli occhi neri
dell’Amazzone scintillarono
sinistri, come se stessero nascondendo un segreto, la ragazza la
fissò di
sott’ecchi, rabbrividendo, i muscoli tesi, per prepararla al
peggio.
La regina delle Amazzoni prese
quindi, a girarle attorno,
camminando lentamente, tanto che alla ragazza parve di esser stata
messa alle
strette da una pantera affamata che da un momento all’altro,
sarebbe potuta
saltarle alla gola.
-
Isis, coraggiosa,
folle Isis non avevi forse espresso
il desiderio di far parte del nostro popolo, per seguire le orme di tua
madre?-
le domandò allora Pentesilea, con un lieve atteggiamento
quasi irrisorio,
incurante del brusio che andò immediatamente a fare da
sottofondo alle decine
di sguardi attoniti che si puntarono su Isis.
La Dark Angel
ne sentì il peso addosso, il bruciore sulla pelle e
tuttavia, nonostante avesse voluto chinare di scatto la testa, per
nasconderla
tra le scapole, trovò la forza di tenere gli occhi fissi
davanti a sé, per
esalare:
-
Sì…-
perché, ora temeva quelle parole?
-
Bene. Se ben
ricordi, ti dissi che saresti stata
sottoposta ad una prova, per dimostrarci che sei degna di portare il
nome di
Amazzone.- osservò la donna mora, continuando.
Isis sprofondò
nell’oceano nero delle sue iridi mentre
annuiva.
-
E sai quale prova
ho scelto per te, ragazza?-
l’apostrofò ancora, mentre le voltava le spalle
per un secondo, giusto il tempo
di incrociare gli occhi verdi di Ippolita, e farle un impercettibile
cenno
d’intesa con la testa, che le fece lanciare nelle mani della
Dark Angel una
lunga lancia dalla punta acuminata.
Isis, dopo averla afferrata quasi
senza pensare, forte dei
suoi riflessi, lasciò guizzare lo sguardo stralunato e
confuso, dalla regina
Ippolita all’arma, più e più volte,
mentre sentiva che le sembrava stranissimo,
tremendamente…sbagliato,
stringere
quell’asta tra le mani.
Proprio nell’istante in cui
stava per aprire bocca, poi,
domandando quale fosse la prova che Pentesilea aveva ideato per lei,
l’entrata
della tenda frusciò lievemente, per annunciare
l’ingresso delle due Amazzoni
che erano state inviate a liberare Murtagh. Ad Isis si
incastrò il respiro in
gola quando scorse la figura del Cavaliere, tra le due, e non si
curò del fatto
che stesse dando le spalle ad Ippolita e Pentesilea, per osservarlo,
perché i
suoi occhi sembrarono non riconoscerlo, eppure, allo stesso tempo,
sembravano
non stancarsi mai di prendere confidenza con
quell’uomo…
Murtagh venne gettato a terra dalle
due donne, con il chiaro
intento di umiliarlo, aveva le mani legate dietro la schiena nuda, ed
era
completamente disarmato, stava ripiegato sul petto scolpito e madido di
sudore.
Il viso, ricoperto da un lieve strato di barba, dovuto a quei giorni di
inedia,
sembrava stanco, striato di ombre, ora che i ricci gli erano venuti
leggermente
avanti, e tuttavia, non attese per alzare gli occhi, intrecciandoli a
quelli
verde acqua di Isis, non appena percepì la presenza della
ragazza.
-
Uccidilo, Isis.
Uccidi quest’uomo e dimostrerai di
essere valorosa quanto ogni altra Amazzone.- le ordinò
Pentesilea.
La Dark Angel
quindi, sussultò sentendosi come se la terra le stesse
franando sotto i piedi, e continuando a non distogliere lo sguardo da
lui, le
parve che le parole della regina mora risuonassero ancora e ancora
nella tenda,
propagandosi in ogni angoli come i cerchi concentrici che si formano a
pelo
d’acqua quando si lancia un sasso in un lago.
Il silenzio che scese
tutt’attorno, fece scivolare il
padiglione profumato di loto e tutti coloro che c’erano
dentro, in un attimo
senza tempo, tanto dilatato che ad Isis parve di avvertirlo sulla
pelle, fin
nelle ossa, scandito solo dai battiti frenetici del suo cuore, che
pulsava come
impazzito, spaventato di dover prendere quella decisione folle, mentre
le
sembrava di essere costretta a sostenere tutto il peso del mondo da
sola.
La mente della Dark Angel
iniziò a lavorare spedita: pensò
che spezzare in due la lancia sarebbe stata la cosa giusta da fare, o
forse
avrebbe dovuto gettarla lontano, per far correre le mani a serrarsi
attorno
allo Specchio dell’Anima; ma mai una volta sfiorò
l’ipotesi di togliere la vita
a Murtagh, poiché l’idea di vedere la luce
abbandonare gli occhi del Cavaliere,
a causa della sua mano omicida già iniziava a tormentarla,e
sicuramente
l’avrebbe dilaniata per sempre- anche se immaginava che quel
gesto, potesse
esser visto dalle Amazzoni come il giusto prezzo che Murtagh doveva
pagare per
aver sterminato i Dark Angel e seminato terrore in tutta Alagaesia, nei
tempi
passati. Inoltre, se avesse obbedito a quell’ordine senza
senso cosa ne sarebbe
stato di Castigo? Il drago cremisi sarebbe morto, e lei, Isis, la Dark Angel
protettrice
di draghi e Cavalieri si sarebbe trasformata in un’ammazza
draghi…
Comprese finalmente, che
ciò che le era sto chiesto era
totalmente sbagliato, così, anche se avrebbe voluto
nascondere il profilo del
suo viso dietro le mani, si costrinse a restare con la testa dritta,
mentre
abbandonava la lancia a terra… il suono dell’arma,
a contatto col suolo fu
attutito dalla sabbia, ma alla ragazza parve che le fosse risuonato
nelle
orecchie, terribile, come il rombo di un tuono.
-
No, regina. Non lo
ucciderò.- decretò quindi, con il
tono fermo, mentre, dopo aver incrociato per l’ultima volta
lo sguardo di
Murtagh, si voltava verso i due troni, dai quali, sia Ippolita, che
Pentesilea
si erano alzate, stupite.
-
Isis, devo forse
pensare…- stava per dire una delle
due, ma la
Dark Angel
non si concentrò su quale fosse, perché le
interruppe:
-
Dovete pensare,
regine,che dinnanzi a voi c’è un
Cavaliere di Drago.- sentiva che il sangue le si era trasformato in
fuoco
liquido mentre prendeva il controllo della situazione, stanca
com’era di quelle
prese in giro, di quelle trappole, mentre finalmente capiva,
riconosceva che
c’era qualcosa di più importante per cui
combattere, come la libertà di
Alagaesia.- Stavate per chiedermi di togliergli la vita, dimostrandovi
cieche e
sorde a ciò che vi ho spiegato su di lui. A causa della
follia di Galbatorix
quasi tutti i draghi sono stati sterminati, soltanto tre sono riusciti
a
sopravvivere, e si stanno prodigando per riportare la speranza in
Alagaesia.
Come potete desiderare la sua morte? Come potete chiedermi di
macchiarmi le
mani del suo sangue, rendendomi, quindi, simile a quel folle tiranno?
Inoltre,
non avevo forse detto che questo Cavaliere ed il suo drago condividono
un
legame indissolubile? Sono come due metà di uno stesso
intero: se il Cavaliere
morisse, infatti, morirebbe anche il drago. Ve la sentite di agire in
modo
tanto folle e crudele?- le rimproverò saggiamente, tanto che
per la prima volta
dopo tanto tempo le parve di udire nelle proprie parole la voce
dell’Eldunarì
del drago di Vrael, e
si ritrovò a
sperare che sarebbe stato fiero di lei.
Lasciò quindi scorrere gli
occhi chiari, sicura, certa di
essere nel giusto, sulla platea di uditrici che le stava davanti, che
sembravano mutate in un esercito di statue.
-
Se non mi credete,
posso dimostrarvi che il drago
cremisi percepisce persino quando il suo Cavaliere è in
pericolo.- continuò, e
si chinò a riprendere l’arma. –
Elisandros, vieni.- la chiamò, brandendo per un
secondo l’asta, e lanciandola all’Amazzone dagli
occhi grigi, che, nonostante
l’avesse afferrata prontamente, iniziò ad
avvicinarsi piena di incertezza e
confusione.
-
Dai, prova a
ferirlo.- la invitò, dopo aver richiesto
il silenzio generale.
L’Amazzone
scrutò di nuovo Isis, con gli occhi grigi
spaesati, senza capire, eppure dopo un attimo di titubanza, non
rifiutò la
sollecitazione.
Gli occhi verde acqua di Isis non
abbandonarono un secondo
la ragazza castana, né persero il suo più piccolo
movimento, tanto che non potè
impedirsi di sorridere vittoriosa, quando, un momento più
tardi, il ruggito
spaventato e minaccioso di Castigo, squarciò
l’aria, nonostante l’animale fosse
distante, facendo tremare persino la terra.
-
Grazie,
Elisandros, hai dimostrato ciò di cui parlavo.
Ora, getta l’arma, altrimenti quel drago non
esiterà a staccarti la testa, se
minaccerai ancora il suo Cavaliere.- la congedò, e mentre la
donna guerriera si
lasciava scivolar via la lancia dalle mani, fissando Isis in parte
sconvolta,
ma anche ammirata, la Dark Angel
tornò a guardare le
regine delle Amazzoni, Ippolita e
Pentesilea.
-
Condividono lo
stesso destino, persino nella vita e
nella morte?- domandò la regina bionda, leggermente ritrosa.
-
Esatto.
Perciò vi consiglio di ascoltare ciò che
quest’uomo ha da dire…- e, così dicendo
mosse dei lenti passi, fino a trovarsi
dinnanzi al Cavaliere.- Alzati.- gli ordinò, quindi, ma la
voce le tremava,
sembrava sul punto di svanire in una folata di vento.
Murtagh si mosse con una certa
fluidità, nonostante non
potesse usare le mani, suscitando lo stupore generale, e solo quando i
suoi
occhi scuri furono sullo stesso piano di quelli chiari della ragazza,
Isis si
portò alle sue spalle, ed estrasse lo Specchio
dell’Anima dal sandalo, per
insinuarne la lama tra le corde che stringevano i polsi del Cavaliere.
Il figlio di Morzan si
massaggiò piano i polsi lievemente
arrossati, fissandola con muta gratitudine con rapidi sguardi,
poiché era
tornata a comportarsi in modo sfuggente.
-
Di’ loro
ciò per cui sei venuto qui…- lo
esortò,
nell’antica lingua.- regine, per favore, ascoltatelo. Io mi
congedo, poiché già
conosco il suo discorso.- continuò poi, rivolta alle
Amazzoni che erano tornate
a sedersi sui troni. Pentesilea quindi appoggiò il mento ad
una mano, le labbra
ornate da un sorrisetto di sfida, che tuttavia Isis non potè
vedere, dal
momento che aveva già voltato le spalle a tutto, ed a tutti,
uscendo dalla
tenda profumata di loto.
ANGOLO AUTRICE
Ciao a tutti!
Eccomi con un nuovo capitolo!
È solo la prima parte del
capitolo 30(che dividerò in due, perché mi sono
accorta che verrebbe troppo
lungo)ma spero vi piacerà lo stesso, e soprattutto mi auguro
capirete, perché
rileggendolo mi rendo conto che è un tantino incomprensibile.
Il comportamento di Isis forse
è un tantino criptico, ma la
verità è che la paura la sta sconvolgendo, le sta
facendo perdere tutte le sue
certezze, persino la sua identità(a seguito della ricomparsa
di Murtagh) perché
è innamorata di Murtagh, ma visto che lui è
legato al suo drago, e visto come
l’ha trattata per scacciarla da Uru Baen,- oltre al fatto che
crede che sia
legato a Nasuada- è convinta che il Cavaliere non la
ami(cosa che invece, bhè
ditemi voi come definireste il comportamento di Murtagh…)e
quindi vorrebbe
allontanarlo, lasciarlo libero, purchè anche lei sia
lasciata in pace dagli
spettri che la inseguono da quando se n’è andata
dalla Du Weldenvarden; ma allo
stesso tempo, come Dark Angel, sente di non poter voltare le spalle al
suo compito
principale, ossia quello di proteggere i Cavalieri dei Draghi.
Spero che tutto questo si sia capito.
Detto questo aggiungo che, per la
risata di Castigo potete
tenere presente la risata di “Sdentato” in Dragon
Trainer, e poi…bhè che ne
pensate di Emera e Castigo? ^_^
Ringrazio infine, Shyel
per aver aggiunto la
storia
tra le seguite, e Mora18,_Lucrezia97_, Mizzy
e Arcadia_Azrael
per aver commentato
l’ultimo capitolo: le
vostre parole mi hanno fatto infinitamente piacere, e, tranquilli/e a
tutti/e
coloro che hanno iniziato da poco a leggere la ff, attenderò
quanto vorrete.
^_^
Ci si
legge nel
prossimo capitolo!
Un
abbraccio
Marty23
|
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Capitolo 36 *** l'amore che risplende attraverso le avversità PARTE 2 ***
Capitolo 30
L’amore
che risplende
attraverso le avversità
Parte 2
Isis aveva vagabondato ore per
l’accampamento, anche dopo
che tutte le Amazzoni erano andate a dormire, cercando di ritardare il
più
possibile il ritorno nella sua tenda, evitando persino Castigo, per
paura di
ciò che le avrebbe detto, per non incontrare Murtagh, almeno
fino a quando non
fosse stato fortemente necessario.
Il cuore le batteva follemente, ad
ogni passo si faceva via
via più incerta perché il suo cuore ed il suo
corpo fremevano, la supplicavano
per essere di nuovo vicini a quell’uomo, ma la sua mente, le
proibiva di andare
da lui e partecipare dell’umiliazione che le stavano facendo
subire le
Amazzoni; perché sapeva che tutto si sarebbe ridotto ad una
mera unione
carnale, attraverso la quale la ragazza avrebbe solo dato al figlio di
Morzan
la conferma di non essere alla sua altezza.
Tuttavia, alla fine, quando ormai la
notte aveva già steso
il suo manto di buio su tutto il deserto, e la luna piena era alta nel
cielo,
Isis sentì che non riusciva a muovere più un
passo e, vinta dalla stanchezza si
costrinse a tornare nella sua tenda, avendo l’accortezza di
munirsi di un
piccolo vassoio con carne, datteri e una brocca d’acqua.
Lì dentro, tutto era
immerso nel buio. Solo la sottile ragnatela
argentea della luce lunare, che filtrava dall’unica
finestrella della capanna,
dava un vago profilo spettrale eppure magico a tutte le cose.
-
Isis…-
la ragazza si sentì chiamare da una voce, dalla sua voce,
nell’oscurità.
Ci fu un attimo di silenzio
intensissimo, e denso di frasi
che nessuno dei due sembrava aver la forza di dire, e che, tuttavia
erano a fio
di labbra, pieno di palpitazioni, di pause.
-
Cominciavo a
temere che non arrivassi più…-
continuò
Murtagh, col tono basso, pacato, quasi roco, mentre i suoi passi,
attutiti
dalla sabbia si facevano più vicini alla ragazza.
-
Perdonami,
Cavaliere: ti ho portato da mangiare…-
tagliò corto lei, riuscendo ad esalare quelle poche parole,
le ginocchia che le
tremavano.
-
Perché
continui a chiamarmi “Cavaliere”, Isis? Non
siamo più tra gli Elfi. Devo iniziare a pensare che hai
dimenticato il mio
nome?- l’apostrofò con un lieve rimprovero mentre
la sua voce era ancora bassa,
e questa volta il cuore della ragazza mancò un colpo,
avvertendo il respiro
caldo di lui vicinissimo al suo orecchio.- grazie del cibo.- fece
d’un tratto,
togliendole il vassoio dalle mani da dietro, con poca
grazia(poiché forse lo
considerava un ostacolo, tra loro).- Le Amazzoni hanno detto che non
potevo far
nulla senza il tuo consenso, ma spero non ti dispiaccia se mi sono
lavato e
rasato il viso.- continuò ad incalzarla, questa volta con
tono lievemente
irrisorio.
Erano così vicini, ormai,
che se Isis avesse fatto un passo
indietro, avrebbe potuto sentire contro la schiena il petto di lui che
si
alzava e si abbassava, per il respiro. Scelse perciò di
voltarsi, di modo da
poterlo guardare in viso, e anche se non poteva distinguere altro che
la sagoma
del suo corpo e lo scintillio dei suoi occhi, le mancò il
respiro costatando
quanto fosse bello, ora che si stagliava contro la luce lunare, a causa
della
quale i suoi ricci sembravano più scuri, i lineamenti del
suo viso più duri…
-
No di
certo…anzi, non avrei problemi a cederti il mio
letto, se volessi: io dormirei senza problemi sulla sabbia…-
sussurrò lei, a
disagio, mentre gli sottraeva la mano che Murtagh aveva afferrato per
portargliela sulla sua guancia ben rasata.
-
Cosa? Vorresti
contravvenire agli ordini delle tue
amate regine? Cosa racconterai ad Ippolita e Pentesilea, domani, quando
ti chiederanno
cosa è successo stanotte? Mentirai?- le parole dure,
irrisorie del ragazzo la
ferirono, tanto da spingerla a tornare sui suoi passi, andandosene. Per
sfuggire al tocco di Murtagh, che la stava circondando da ogni parte,
senza
lasciarle alcuna possibilità di fuga, infine, Isis
trovò la forza di domandare,
sforzandosi di sollevare il viso:
-
Dimmi…Murtagh,
che cosa ci fai qui?- e si rese conto di
quanto sforzo le costasse.
-
Le Amazzoni mi
hanno ordinato di stare qui, per
sottomettermi a te, poiché mi considerano solo un pezzo di
carne e pensano che
riuscirai a…dominarmi.
Dicono che
inizieranno a prendere in considerazione il messaggio che ho portato da
parte
dei Varden solo quando…bhè lo
immagini…- le riferì, sinceramente, e si sarebbe
esteso a prenderle il viso tra le mani, se Isis non si fosse retratta,
sentendosi umiliata.- Non fare quella faccia sconvolta amore mio, non
vedi che
i nostri ruoli si sono invertiti? Quando eravamo ad Uru Baen non ti sei
forse
trovata in questa situazione anche tu? Ad essere sincero, ho notato
somiglianze, con un ricordo che condividiamo entrambi, che sembra
essersi
ripetuto oggi, a ruoli invertiti, quando Ippolita e Pentesilea ti hanno
ordinato di uccidermi. Saresti diventata un’Amazzone con quel
solo gesto, non è
ciò per cui sei scappata fin qui? Perché non hai
obbedito a quell’ordine, non è
ciò che volevi?- le parole di Murtagh le arrivarono addosso
come coltelli
affilati quindi lei fece per fare un passo indietro,
sull’orlo delle lacrime,
ed il ragazzo si mosse, inaspettatamente, forse per sfiorarla,
così lei lo
allontanò, quasi con astio.
-
Perdonami,
Amazzone, non volevo spaventarti.- si scusò
allora lui.
Isis raggelò.
-
Cosa? Dopo aver
dichiarati dinnanzi ad Elisandros che
non sono un’Amazzone, ora mi riconosci come tale?- gli
chiese, confusa, la voce
incrinata, ed allo stesso tempo alterata.
-
Certo,
perché ti stai comportando come loro, non mi
riconosci più, sei gelida e dura, come mai sei stata prima
d’ora quindi, ti
esorto, ti prego di fare di me
ciò
che vuoi, ormai sono qui principalmente per soddisfarti,
perciò trattami come
un pezzo di carne, se preferisci. Sai che sarei disposto a qualsiasi
cosa pur
di averti vicina.- confessò, esasperato, apparendo quasi
fragile.
Un nodo serrò la gola
della ragazza, con tanta forza che per
diverso tempo non fu in grado di parlare, ed iniziò invece,
a scuotere la
testa, per scrollarsi di dosso le lacrime che sentiva bruciarle sotto
le
palpebre.
-
No, no, Murtagh,
questo mai. Non chiedermelo mai! Non
ti ho ucciso né ora ti sfioro perché non voglio
farti del male, ne te ne farei
mai. Perché…sei un Cavaliere e…- l’uomo
che amo, infelicemente, ma non pronunciò quelle
ultime parole, le pensò
soltanto, poiché credeva che dirle ad alta voce
l’avrebbe resa vulnerabile.-
Ciò che tu mi chiedi, inoltre, il motivo per cui le Amazzoni
ti hanno portato
nella mia tenda è un…atto che dovrebbe avvenire
solo perché…entrambi lo
vogliamo, non perché siamo costretti o guidati da un mero
istinto animale…non
voglio, non posso farti del male!- sussurrò, abbassando gli
occhi e nascondendo
il volto tra le mani.
L’uomo le
afferrò i polsi, impedendole di eclissarsi, mentre
replicava:
-
Sei sicura di non
avermene già fatto, Isis?- la
interrogò, e la sua domanda risuonò nella tenda,
maestosa e solenne come un
tuono.
La Dark Angel
sentì che quelle parole la colpivano al petto come una
pugnalata, le gambe le si fecero molli, le ginocchia le tremarono, e le
parve
che le mancasse l’aria.
-
Quindi…quindi,
sarei…stata io a
ferirti?- bisbigliò, la voce incrinata.
Avvertì che le braccia di
Murtagh le stringevano la vita,
sorreggendola, per impedirle di scivolare a terra.
Perché, perché
doveva essere così stupida e fragile? Mai,
prima d’allora si era sentita tanto vulnerabile, neppure
quando lord Thelonius
aveva abusato di lei…come mai adesso si sentiva indifesa, e
fuori luogo?
Avrebbe voluto urlare, piangere, fare
qualsiasi cosa pur di
avere uno strumento che potesse aiutarla a districarsi attraverso la
propria
confusione ed allo stesso tempo, le facesse comprendere Murtagh!
Perché doveva
essere così cieca? E perché non poteva essere
lasciata sola con la sua
inettitudine, ad avvertire il tempo che le scorreva sulla pelle?
Perché doveva
sempre affrontare situazioni tempestose, al limite della follia?
Si sentiva stanca, perciò
sollevò il viso a fatica, e
tuttavia, non poté non rimanere affascinata dal volto del
Cavaliere che le
stava davanti, ora striato d’argento.
-
Credimi, amore
mio, vederti partire da Ellesmera, mi ha
straziato, persino a Castigo sembrava di brancolare nel buio,
e…senza di te, mi
sono sentito perso, come se fossi stato privato di una parte di
me…- le
raccontò, gli occhi per un attimo lontani, rivolti ai
ricordi. E Isis avvertì
che la rabbia le montava ancor più nel petto, con maggiore
veemenza: perché
doveva essere lei ad apparire come colpevole, di una pena che lui le
stava
facendo soffrire, a causa delle sue crudeli parole?
-perciò…- continuò- mi ha
fatto tremendamente più male vederti andar via, di quanto
non ne soffrirei in
questo momento, se facessi i tuoi comodi, servendoti di me, come
farebbe
qualsiasi altra Amazzone.- quelle parole, rimasero per qualche istante
sospese
in aria, tra loro, prima di poter penetrare in profondità
sotto la pelle di
entrambi.
Murtagh respirava piano, senza mai
staccare gli occhi dalla donna
che gli stava davanti, e tuttavia, le sue frasi rivelarono persino a se
stesso
che si stava comportando come un uomo che non aveva nulla da perdere,
che si
stava facendo guidare dal suo cuore.
Ma Isis tutt’ad un tratto
si irrigidì, scossa da violenti
tremiti di rabbia, i pugni serrati lungo i fianchi, gli occhi
illuminati da
scintillanti lacrime, ridotti a fiamme verde acqua, inchiodati a quelli
di lui,
castani, resi quasi neri da quel buio tenue.
-
Smettila di
chiamarmi così! Io non sono un’Amazzone!-
sentì
la furia montarle nel petto; avrebbe voluto picchiarlo, a testa bassa,
ma un
fremito del suo cuore la trattenne.- Non so
più chi sono da quando sei entrato nella
mia vita! Ma una cosa la so: non ti userò per trarre piacere
dal tuo corpo,
come hai fatto tu! Come puoi chiamarmi “amore mio”
dopo che tu stesso hai
ammesso di avermi usata, quando mi hai scacciata da Uru Baen?!- quasi
gli sputò
addosso quelle accuse, ma parlare ad alta voce del peso invisibile che
aveva
gravato a lungo sulle sue spalle, non la fece sentir meglio, piuttosto
la paura
che provava, il senso d’inadeguatezza aumentarono e
scoppiò a piangere, senza
più la forza di poterlo sopportare.
Ormai, tutto il mondo attorno a lei,
era appannato, fosco,
tuttavia, non ebbe difficoltà a riconoscere il calore della
mani di Murtagh,
che le sfioravano le braccia, risalendo poi fino alle spalle, in una
sorta di
dolce abbraccio. Isis avrebbe voluto abbozzare un sorriso, grata del
calore che
si stava diffondendo sul suo corpo, i suoi muscoli si sciolsero,
piegandosi
docilmente sotto il tocco di quell’uomo…ed a
quella reazione, la ragazza si
irrigidì ancora di più.
Perché il suo corpo la
tradiva in quel modo?
-
Stai lontano da
me!- lo minacciò flebilmente, tentando
di allontanarlo, con scarso successo.
-
No, Isis. Non
posso. Sono stato troppo a lungo lontano
da te, e poiché ancora soffri per ciò che accadde
ad Uru Baen, devo
assolutamente spiegarti il motivo di quelle mie crudeli parole.-
decretò
Murtagh con fermezza.
-
Non penso che sia
necessario, quelle frasi si sono
spiegate da sole!- fece per ribattere la ragazza, ma il Cavaliere la
zittì,
posandole con dolcezza un dito sulle labbra e fissandola con urgenza.
-
Non sei mai
riuscita a vedere nulla dietro di esse? Non
hai capito che sono stato costretto a dirti ciò che ho
detto, a trattarti in
quel modo, perché sapevo di avere gli occhi di Galbatorix
puntati addosso e,
sapendo che avrebbe agito lui al mio posto se non avessi eseguito
l’ordine di
ucciderti, stavo cercando una qualsiasi via di fuga, anche la
più futile pur di
saperti al sicuro da quella trappola e, quando mio fratello si
è intromesso, ho
ringraziato il cielo, perché ho capito che sarebbe stato la
tua salvezza da una
situazione dalla quale altrimenti non avresti avuto scampo. Sapevo
anche, però,
che la presenza di Eragon e Saphira a così poca distanza da
Uru Baen avrebbe
attirato l’attenzione: avrebbe potuto essere catturato, e tu
con lui. Tu poi,
avresti subito un destino infinitamente peggiore: la morte. E
io non potevo
permetterlo, dovevo mandarvi entrambi via, lontano da lì, ma
ti conoscevo
troppo bene per non sapere che avresti opposto resistenza fino allo
strenuo,
che ti saresti persino sacrificata, per salvare me,
pur di sapere che ero al sicuro, lontano da Galbatorix;
così,
per salvarti la vita e far sì che Eragon ti portasse via
all’istante, ho
trovato come unica soluzione, ferirti, dicendoti cose che non pensavo,
delle
bugie, alle quali però, tu sembri continuare a
credere…- l’ammonì, con tono
dolce, colpito che Isis fosse così facilmente rimasta
vittima di quelle
menzogne, credendole la verità.- Amore
mio…- abbozzò a continuare, facendola girare
su se stessa, dopo averle bloccato i polsi con una sola mano- dal
momento che
la ragazza non rinunciava a dimenarsi- e posandole il mento su una
spalla
quando finalmente Isis le diede le spalle.
-
Smettila di
chiamarmi così! Pensi che non sappia che
non mi hai mai amata? Come puoi pretendere che io ora creda a queste
bugie?- lo
aggredì lei, interrompendole la frase e, un attimo
più tardi, grazie ad uno scatto
quasi animale del quale non si credeva capace, fu di fronte a lui,
libera.- Si
può sapere cosa vuoi da me, Murtagh? Che cos’altro
vuoi? Hai avuto ogni cosa,
il mio corpo, la mia mente e, anche se non te ne sei accorto dal
momento che
l’hai calpestato, persino il mio cuore!- Isis si
ritrovò ad urlare e presto si
rese conto di essere scossa da violentissimi tremiti di rabbia.
-
Perché
parli al posto del mio cuore, Isis? Come osi
dire che non ti amo? Come puoi anche solo pensarlo? Non capisci quanto
tu significhi
per me e per Castigo? La nostra vita, prima di te era un deserto, ma
ora la tua
presenza sembra abbia fatto nascere un fiore
dall’aridità. Io, oltre ad amarti,
sono in debito con te, poiché hai cambiato i nostri Veri
Nomi…- le rinfacciò
lui, col volto mutato in una maschera di ghiaccio, ma fragile,
perché le
emozioni che provava ne addolcirono i tratti.
-
Questa
è un’altra bugia. Per la tua libertà ho
inviato
messaggi ad Eragon e tuo fratello insieme a me, ad Arya ed ai Varden
cercava un
modo per liberarti dal giuramento che ti legava a Galbatorix. Ma, dopo
che hai
detto…ciò che hai detto ad Uru Baen, mi
è stato chiaro che…che…mi avevi solo
usata, per divertirti, per ottenere la tua libertà e che
quando l’avresti
finalmente conquistata, avresti rinnegato ogni cosa, rimanendo a
guardare lo
scontro che presto travolgerà tutti noi, forse arrivando
addirittura a
schierarti, quando tutto sarebbe finito, con il vincitore.- la durezza,
la
forza di quelle parole colpì Murtagh in pieno petto ed il
dolore, e l’amarezza
che ne derivarono si diramarono in tutto il corpo, lancinanti.
Non seppe quindi, dove
trovò la forza di restare in piedi,
né di tirar fuori la voce per dire, con fermezza, anche se
con un velo
d’amarezza:
-
Ti dirò
una cosa, Isis: sapevo ogni cosa. E io ti
conosco, e nonostante potessi fare poco a causa del controllo che
Galbatorix
esercitava su di me, ho cercato di non ostacolarti mai. E tuttavia, da
ciò che
vedo ora, da ciò che sento mi sembra che tu sia regredita,
che ti stia
nascondendo dietro paure infantili ed insensate. Devo forse pensare che
la dona
che mandava messaggi ai Varden servendosi del suo falco, che mi ha
rapito per
trascinarmi fino ad Ellesmera, fosse un’altra, diversa da
te?- fece Murtagh,
con tono inquisitorio, quasi irrisorio, poiché, disorientato
com’era non sapeva
più a cosa aggrapparsi per farla ragionare e mostrarle la
verità.
-
Forse hai
ragione.- mormorò la donna, bloccando a forza
le lacrime silenziose che avevano iniziato ad appannarle lo sguardo.-
la donna
che ti hai portato sino alla Du Weldenvarden sapeva di essere la figlia
del
Cavaliere dei Draghi Vrael, ed anche una Dark Angel. Ma
io…io non lo so più.-
-
Allora
perché quella donna avrebbe dovuto salvarmi e tu
no?- le domandò il Cavaliere di Castigo, esasperato, ma
deciso ad appoggiare
quella follia, pur di rendersi conto di quanto fossero radicate quelle
paure
nel cuore di Isis e quanto la sua mente ne fosse stata distorta.
-
Perché
quella donna forse credeva di essere innamorata
di te…mentre io, ti evitavo perché sapevo che
guardandoti avrei avuto la
certezza di ciò che in verità mi avevi
già fatto capire cacciandomi da Uru
Baen; che mi avevi usata per avere la tua libertà, e sarebbe
stata solo
questione di tempo, una volta ottenuta, che, scoppiata la guerra,
avresti
voltato le spalle a noi tutti, come avevi fatto con me, o peggio,
saresti
volato da Galbatorix per raccontargli tutto ciò che sapevi
di me-visto che mi
conoscevi- pur di essere lasciato in pace. E questa convinzione mi
faceva
perdere ogni giorno una certezza, finchè ho finito per
dimenticare chi fossi,
ed ho cercato rifugio qui, per scappare dalla mia stupidità,
anche se sapevo
che non ci sarebbe stato neppure un piccolo spazio per quella
rappresenta ciò
che sono, ed a quanto pare non sembro avere scampo da te.- gli
rivelò,
sentendosi subito dopo come se avesse appena sputato delle spine, con
la stessa
espressione di chi osservi qualcosa di mostruoso, dinnanzi a
sé.
Smettila,
con le
bugie! Non capisci che ne stai raccontando persino a te stessa, tanto
che hai
finito anche per crederci? Mi deludi molto, Isis, mi fai quasi pena,
dal
momento che Murtagh ha ragione quando dice che sembri regredita! Non
riesci a
crescere di nuovo, ed a tornare la donna che decise di infiltrarsi ad
Uru Baen?
Non ricordi che lei aveva tutto? Coraggio, determinazione,
amore… per Isis
fu un vero colpo, udire nella propria testa la voce del suo maestro.
Per un
momento si zittì, credendo di star sognando, fino a
paralizzarsi e sentì che la
rabbia, la paura che aveva nel cuore venivano sostituite da una
profonda
vergogna.
-
Il tuo maestro ha
ragione, ma secondo il mio modo di
vedere innanzitutto non sei stupida, ma ti sei solo lasciata fuorviare
dalla
paura: non sai che questa è l’arma più
forte che Galbatorix ha, ed è grazie
alla paura che semina, che riesce a continuare a regnare? Piuttosto da
come ti
comporti, mi lasci pensare che sia tu, ad essere spaventata dalla
libertà…-
sentenziò Murtagh, ma la ragazza non notò che
aveva gli occhi su di lei, perché
a causa delle lacrime che le rigavano il viso, vedeva ciò
che le stava attorno
come una macchia indistinta di colore scuro.
-
È
grazie al mio maestro che sei riuscito a trovarmi?
Dove si trova, ora?- riuscì a mugugnare, dopo un tempo che
le parve
interminabile.
-
Sì ti
ho trovata grazie a lui, che ora è ben protetto
da Castigo. Nei giorni successivi alla tua fuga da Ellesmera, io
Castigo,
Tisbe, Emera, Arya, Eragon e Saphira abbiamo raggiunto i Varden. Come
puoi
immaginare, tutti erano diffidenti nei miei confronti, a causa dei miei
natali
e delle azioni che ho compiuto su ordine di Galbatorix. Solo il tuo
Eldunarì mi
dimostrava solidarietà, ma il fatto che non fossi
più accanto a noi, lo stava
rendendo folle per la tristezza, e stava facendo impazzire me,
perché non
riuscivo a capire dove fossi andata, né come mai non
tornassi, e sentivo di
star venendo meno ala promessa fatta al cuore dei cuori, di riportarti
tra noi,
dopo averti dimostrato che no avevi bisogno di scappare per trovare un
equilibrio, perché ne avevi già uno.
Perciò, quando anche Castigo ha rischiato
di essere contagiato dalla tristezza, per causa mia, si è
offerto di
accompagnarmi in qualsiasi angolo di Alagaesia, pur di ritrovarti.
L’Eldunarì
del drago di Vrael mi ha rivelato che ti trovavi tra le Amazzoni, il
fiero
popolo di cui aveva fatto parte tua madre, nel Deserto di Hadarac. Ti
lascio
immaginare lo scompiglio e la diffidenza che la mia irruzione al
cospetto di
lady Nasuada, abbia creato, proprio nel momento in cui i Gatti Mannari,
al
seguito di re Zampamonca, erano giunti da lei per offrirle
un’alleanza; le ho
proposito di nominarmi ambasciatore dei Varden, per portare alle
Amazzoni la
proposta di unirsi, sotto il loro vessillo, a tutti gli altri popoli di
Alagaesia contro Galbatorix, e credo che saprai senza
difficoltà quanto sia stata
reticente. Fortunatamente, mio fratello è intervenuto in mio
favore…- Murtagh
stava per aggiungere qualcos’altro ma fu distratto da Isis,
che abbassava lo
sguardo, sorridendo con amarezza, e che si allontanava, dandogli le
spalle.
Un secondo più tardi la
ragazza avvertì che le calde mani
del Cavaliere le cingevano la vita, da dietro, ma questa volta non si
ribellò,
perché sentiva di essere tanto fragile che, temeva, sarebbe
potuta cadere a
terra, sbriciolandosi, se non fosse stata sorretta.
-
Cosa
c’è, amore?- le sussurrò confuso
l’uomo.
-
Nulla…-
mentì lei in un bisbiglio di risposta, mentre
ricacciava indietro le copiose lacrime che le bruciavano sotto le
palpebre, e
la voce, nonostante tutto, parve incrinata alle sue stesse orecchie.
– stavo
pensando che sei un uomo davvero caparbio, Murtagh. Nasuada
sarà sicuramente
fiera di te…-
-
Non mi importa del
parere di Nasuada, io sono venuto
qui solo per te, perché ti rivoglio al mio fianco
e…perché sei bellissima,
intelligente, determinata, e non immagino altra donna che vorrei
accanto a me
per il resto della vita, perché ti amo…- le
confessò, col cuore che pulsava più
veloce.
-
Murtagh, per
favore, non dire idiozie. Io non so più
chi sono, mentre lady Nasuada saprà sicuramente come
renderti felice.- le
faceva male la gola, a pronunciare quelle parole, eppure Isis oppose
quella
resistenza ugualmente, stupidamente, poiché sapeva di non
aver atteso altri
all’infuori di Murtagh, per tutta la vita; infatti, la sua
stessa voce le parve
flebilissima, quasi nulla.
-
Isis, ma cosa
dici!? Nasuada?! Lei, per quanto sia una
saggia governante, è l’ultima persona che
immaginerei accanto a me, nel modo in
cui desidero te. È con te che io sento di avere un legame
pari, eppure diverso
da quello che condivido con Castigo.- replicò il ragazzo,
scandalizzato.-
Guarda questo fairth, e dimmi cosa vedi…- la
invitò, in una sorta di delicata,
ultima sfida e, come dal nulla, apparve la lastra di pietra che Eragon
aveva
dato a suo fratello, quella mattina nella Du Weldenvarden, dove era
stato fissato
eternamente un ritratto, che Murtagh mostrò alla ragazza che
gli stava davanti,
posando il mento sulla spalla nuda di lei, e mormorando un incantesimo,
al
seguito del quale l’interno della capanna si
illuminò a giorno.
-
Ma questo non era
il fairth per lady Nasuada?- rifletté
Isis ad alta voce, ma la protesta le morì sulle labbra nel
momento in cui
l’immagine che si trovava sulla pietra elfica, le comparve
davanti agli occhi.
La donna ritratta in quel quadro di
pietra era seduta sulle
rive di uno specchio d’acqua, col corpo fasciato da una
bellissima tunica
bianca, e sembrava una divinità salvifica giunta in
Alagaesia per fare del
bene, tanto pareva emanare gioia, e sembrava fosse in simbiosi con la
natura:
il volto felice era decorato di fiori, e la frangia castana era
sollevata a
mostrare la stella argentea che le brillava sulla fronte; al fianco
aveva
legato una spada da Cavaliere dalla lama candida, mentre,
all’altezza della
caviglia si poteva intravedere il manico di un pugnale. Sembrava una
donna decisa,
coraggiosa che aveva ben chiaro quale fossero le sue radici e quale
futuro
aveva scelto, ma nonostante questo appariva anche dolcissima, tanto che
pareva
traboccasse amore. Ed aveva gli occhi verde acqua, che spiccavano sulla
carnagione color nocciola.
-
Ma…ma
quella…- boccheggiò Isis, senza fiato- sembro
io!- realizzò mentre voltava appena la testa per incontrare
gli occhi di
Murtagh.
-
Quella sei
tu, Isis. Sei così realmente, ed è
così che ti vedo io. E da ciò che puoi
vedere in questo ritratto non c’è una donna priva
della sua identità, ma una
simile ad un diamante, per la sua bellezza, completezza e
molteplicità…ora ti è
più semplice ammettere che non sei solo una Dark Angel di
cui il tuo popolo
sarebbe fiero, ma anche la degna erede di tuo padre Vrael, e persino,
in parte,
una valorosa Amazzone? Ma io, in questo quadro ed in te, davanti ai
miei occhi,
distinguo maggiormente una portatrice di salvezza, perché
credo che ciò che ti
distingua principalmente, ciò che ti ha dato la forza di
compiere tutte le giuste
follie che hai fatto, è che sei una donna
innamorata…di me, per mia fortuna.- quelle
parole emanavano tanta forza, da sembrare capaci di imprimersi a fuoco
sulla
sua pelle, secondo Isis, quindi la ragazza avvertì che le
membra le si stavano
sciogliendo per l’emozione, perciò si mosse
lentamente, pensando ad ogni passo
che faceva, e si rigirò a piccoli passi nel cerchio delle
braccia di Murtagh,
fino ad avere il suo viso davanti agli occhi.
Il cuore le batteva silenzioso,
emozionato, quasi sembrasse
spaventato che facendo troppo rumore, avrebbe rovinato quella magica
quiete, e
lei, con la voce che le tremava trovò la forza di dire, con
le guance
imporporate:
-
Perché
stai facendo tutto questo, Murtagh? Perché hai
scelto me?- si sentì incredibilmente stupida non appena le
sue stesse parole le
giunsero alle orecchie, ma se ne dimenticò nel momento in
cui il figlio di
Morzan le coprì una mano con la sua, vi posò
sopra le labbra, per poi
portargliela sul suo dorso nudo, facendola scorrere, sotto la sua
guida, su
tutto il petto.
Isis, il respiro incastrato in gola
per l’emozione, sentì
che quello era un gesto che avrebbe voluto compiere da mesi ed ora,
mentre i
muscoli di Murtagh si piegavano docili sotto il suo tocco, lei riusciva
a sentire l’uomo che le
stava davanti: le
decine di cicatrici sopra cui le sue dita passavano con delicatezza in
dolci
carezze, disegnavano monti e valli e una storia, che la ragazza
realizzò di
aver già conosciuto, quando aveva capito di amare quel
Cavaliere. Il tempo
parve dilatarsi mentre la donna disegnava splendidi, invisibili
ghirigori sul
petto muscoloso di Murtagh ed il ragazzo riusciva a malapena a restare
con gli
occhi aperto per l’emozione che provava e la splendida
tensione che avvertiva
sotto la pelle: la donna che gli stava davanti, che lui amava, gli era
sempre
più vicina, fisicamente ed anche in un senso etereo,
inspiegabile, più
profondo, il suo tocco si faceva via via più sicuro, sulla
sua pelle di
guerriero, costellata di cicatrici, e sembrava avesse compreso che le
sue
parole, erano state sin dal principio, la verità.
I battiti del suo cuore presero
quindi a pulsare in
sincronia con quelli della donna, scandendo lo scorrere del tempo nel
silenzio
della tenda, mentre quelle due anime simili tornavano a conoscersi,
comprendevano
che si erano sempre conosciute, divenivano uguali, l’una il
prolungamento
dell’altra, fino a gioire nel riconoscere che si erano attese
reciprocamente
per un tempo interminabile.
- Voglio te al mio fianco per il
resto della vita, dolce
Isis, perché sei stata la prima persona che è
entrata nella mia vita senza
pretendere nulla da me, donandomi, invece, amore, mentre non ti
arrendevi mai,
pur di salvarmi, di liberarmi, di sapermi felice. Sei stata la prima e
l’unica
che mi abbia mostrato la bellezza del mondo, che mi abbia insegnato a
lottare e
a non arrendermi. E sei la sola che si sia lasciata conoscere, nel
profondo,
accettando che io ti lasciassi conoscere oil io cuore ed il mio corpo.
Ogni
giorno che trascorrevamo insieme, capivo di amarti di più ed
ora sono qui per
dirti che sono innamorato di te.- le confessò, sincero e,
senza attendere si
chinò su di lei, per posare sulle sue labbra carnose, un
fugace, leggero bacio.
Il cuore di Isis mancò un
colpo per quel magnifico, semplice
gesto ed un attimo dopo posò l’orecchio sul cuore
del Cavaliere, dai battiti
così emozionati eppure rassicuranti. Le sembrava che tutto
stesse accadendo
troppo velocemente, e provò a restare aggrappata al suo
petto, come fa un
granchio quando tenta di opporsi alle alte onde scatenate da una
tempesta,
rimanendo ancorato ad uno scoglio, e tuttavia Isis, richiamata dai
battiti
potenti del cuore dell’uomo- che sembravano sussurrare il suo
nome, comprese
semplicemente che quel tempo era giusto ed alla fine si
lasciò trascinare dalla
marea di emozioni che provava, annegandovi felice.
In seguito, sollevò decisa
gli occhi chiari, resi ancora più
lucenti dalle lacrime di gioia che li illuminavano e disse:
-
Ti amo, Murtagh.-
Il Cavaliere quindi, sentì
che tutte le barriere tra loro
erano finalmente venute meno e le gettò le braccia al collo,
baciandola più e
più volte prima con delicatezza, poi con sempre maggiore
urgenza, guidato
dall’irruenza di un amore che, dopo aver dato prova di saper
resistere alle
avversità più anguste, riceveva il suo premio; ed
Isis sembrò pensarla come
lui, provare gli stessi sentimenti poiché rispose ad ogni
suo gesto,
prontamente radiosa.
Presto, i due innamorati furono
costretti a staccarsi per
riprendere fiato, e Murtagh ne approfittò per prendere la
sua dona tra le
braccia, adagiandola- dopo aver mosso alcuni passi nella sabbia- sul
letto che
si trovava nella tenda.
Il figlio di Morzan e Selena si
fermò solo un momento, per
incrociare lo sguardo della figlia di Vrael e, trovando sul suo bel
viso lo
specchio della felicità che anche lui provava, la
baciò di nuovo ed iniziò a
spogliarla con attenzione, con lentezza. Sfiorò quel corpo
come fosse stato
sacro, una volta privo di abiti, senza mai saziarsi della sua splendida
vista o
dei sospiri innamorati di Isis, ogni volta che lui ricopriva un
centimetro di
quella pelle, di baci.
Rimase sorpreso di quanto, dopo
essere rimasto nudo dinnanzi
a lei, i gesti della ragazza fossero simili ai suoi, ma anche pieni di
gioia,
addirittura di ammirazione per quella che lei vedeva come perfezione
nei
confronti della quale non aveva mai perso confidenza, i muscoli che si
piegavano docilmente sotto il suo tocco, mentre l’uomo
restava inebriato del
suo tocco dolce e sensuale, ed infine, adagiava il proprio corpo su
quello di
lei, in una sinfonia di pelli a contatto e movimenti sincronici, che
seguivano un
ritmo lento, che crebbe sempre più, scandito dai loro
sospiri, sorrisi,
sussurri o dal fuoco sottile che divampò sotto le loro
pelli, facendo ardere i
loro corpi di passione, quando sii abbracciarono, unendosi in un solo
corpo
mentre le loro anime tornavano ad accarezzarsi, dopo un lungo periodo
di
sofferta lontananza. Isis seppe allora che era stata risvegliata e le
parve
persino che in quel soffio di rinascita, che l’aveva
investita, una nuova vita,
le fosse scivolata dentro.
Isis aprì gli occhi
sentendosi incredibilmente leggera,
serena, come mai le sembrava di essersi sentita prima. Le luci con le
quali
Murtagh aveva costellato la capanna, la sera precedente, per guardarla,
beandosi
della vista della sua donna mentre facevano l’amore; erano
scomparse. La luce
del sole ne aveva preso il posto, filtrando in quel luogo con rispetto,
quindi
Isis ebbe la possibilità di ammirare il viso striato di luci
e di ombre
delicate, di Murtagh che le stava davanti, del cui abbraccio poteva
crogiolarsi, risaldandosi.
Stare distesa tra le sue braccia, le
sembrava la cosa più
naturale del mondo, tanto che non riusciva a credere che sino alla sera
prima
avesse avuto paura di lui, paura che fosse un ipocrita che, dal momento
che la
conosceva profondamente avrebbe usato le sue conoscenze contro di lei;
le
sembrava impossibile che avesse temuto che quell’uomo non la
amasse.
Ora, tra sorrisi e qualche lacrima di
gioia, si ritrovò a
ringraziare il cielo, il destino o la fortuna perché le
aveva concesso di
averlo di nuovo accanto a sé, per essere tornata a sentirsi
completa quindi,
dopo qualche minuto di avida, e benignamente ingorda osservazione di
quel viso
splendido, Isis prese ad accarezzare le guance ornate dai ricci di
Murtagh, a
baciarlo, premendo le labbra sulle sue; le piaceva tremendamente
sentire il
fuoco ardere ogni volta che le loro pelli erano a contatto, ed avrebbe
continuato a rubarne altre, di quelle coccole maliziose e dolci se
improvvisamente
non avesse avvertito che qualcosa le aveva spinto con uno scatto la
schiena
contro il materasso; e ritrovandosi davanti Murtagh, il suo
Murtagh che la sovrastava, bloccandole le mani sopra la testa,
piegò le labbra in un sorriso innocente, poi, un attimo
dopo, avviticchiò le
gambe attorno alla sua vita, e l’attirò a
sé, per strappargli il primo bacio di
quel nuovo giorno, un vortice dolce, ma anche travolgente e passionale
che la
lasciò senza fiato.
-
È anche
per questo che ti amo, amore mio, perché sei sempre
in grado di sorprendermi.-
-
Penso che ora sia
tempo di andare a parlare con
Ippolita e Pentesilea…- considerò infine,
stremata ma sorridente, Isis, quando
la sua fronte toccò quella di Murtagh.
-
So che ogni
momento è prezioso ma vorrei restare ancora
qui, stringendoti tra le braccia…- ribatté lui,
intrappolandola scherzosamente
nel suo abbraccio mentre le baciava ogni centimetro di pelle che gli
capitasse
a tiro.
-
Lo so, lo so,
anche per me è così…-
replicò lei,
iniziando a strusciarsi addosso a lui in modo da fargli mille giocose
carezze,
finchè non riuscì a liberarsi, e ad alzarsi in
piedi, potendo quindi osservare
tra le risa il finto broncio offeso che si dipinse sul viso di Murtagh.
Isis fece quindi per indossare di
nuovo gli spartani abiti
delle Amazzoni, quando il Cavaliere fu accanto a lei, per far apparire
quasi
dal nulla la semplice ma elegante tunica bianca che la ragazza aveva
indossato
la mattina del ritratto, nella Du Weldenvarden, e la spada dalla lama
bianca
appartenuta a Vrael.
-
Indossa questa
veste, simboleggerà, assieme alla spada
di tuo padre, la tua dote di saper assumere contemporaneamente
più sfumature,
inoltre, penso che Vrael sarebbe onorato se portassi Isling al
fianco…- le
consigliò, porgendole quegli involti con fare quasi solenne.
-
L’hai
ripresa dalla regina Islanzadi, per me?- chiese,
confusa ed emozionata, e fu costretta a nascondere il viso tra le mani
per
fermare le lacrime quando l’uomo annuì poi,
confusa, aggiunse- Il suo nome non
era Vrangr?-
-
Quello era il nome
che Galbatorix diede a quest’arma
perché la desiderava, come la spada che gli avrebbe concesso
il legittimo
dominio su Alagaesia, e poiché gli elfi credevano che il
tiranno l’avesse
sottratta a Vrael, anche loro la chiamano così, ma in
realtà ho scoperto è che
il vero nome di questa spada è Isling, “portatrice
di luce”, e credo che niente
sia più adatto per te, penso che questa sia la tua giusta
eredità, perché
portare la luce in Alagaesia e nel mio cuore, in particolare, ora so
che è
sempre stato il tuo ruolo.- le spiegò Murtagh, serio, senza
mai distogliere gli
occhi da lei, con la voce di un uomo innamorato.
Fu quindi costretto ad aiutarla a
vestirsi, dal momento che
le lacrime di commozione che rigarono il viso di Isis, non diedero
segno di
volersi arrestare un momento.
Finalmente, dopo un tempo che parve
un’eternità- ma
un’eternità giusta, poiché i due
innamorati avevano avuto bisogno di riprendere
confidenza l’uno con l’altra, di tornare a
conoscersi- Isis e Murtagh uscirono
all’aperto, salutati dalla luce del sole di quel nuovo
mattino e camminarono
attraverso l’accampamento delle Amazzoni, tenendo lo stesso
passo, tracciando
insieme le dita di una mano, con la testa alta, sotto lo sguardo
sconvolto di
tutte le donne guerriere che incontravano.
Varcarono insieme la soglia della
tenda profumata di loto,
con fare rispettoso ma con passo sicuro e si rivolsero direttamente ad
Ippolita
e Pentesilea:
-
Regine, siamo qui
dinnanzi a voi perché è giunta l’ora
che ascoltiate ciò che l’ambasciatore dei Varden
ha da dirvi.- iniziò, solenne,
Isis.
-
Isis,
perché tieni quest’uomo per mano? E
perché parli
al plurale? Come mai ti poni sul suo stesso piano?- domandò
scettica Ippolita,
e subito, a lei si unì la coreggente mora.
-
Devo dunque
presumere che tu sia riuscita nell’intento
che ti avevamo proposto ieri sera? E che ora hai capito che
è un uomo dego di
poter prendere la parola presso di noi?-
-
Regine, dovete
capire che mi sono resa conto che
Murtagh è sempre stato degno di fiducia, l’ho
sempre saputo perché l conosco
come non vorrei conoscere nessun altro, perché lo amo, ed ho
la fortuna di
sapere che lui ricambia ciò che sento: mi pongo sul suo
stesso piano perché ora
le nostre anime sono gemelle.- tagliò corto la figlia di
Vrael, sincera e
chiara mentre sorrideva felice.
-
Quindi hai deciso
che seguirai i passi di tua madre?-
mormorò Pentesilea, appoggiando il mento ad una mano, con un
sorriso.
Isis annuì convinta ed un
attimo dopo, scambiandosi uno
sguardo con Murtagh, fece cenno al Cavaliere di parlare:
-
Valorose regine
delle Amazzoni- iniziò quello,
stringendo la mano di Isis nella sua.- come sapete sono giunto tra voi
per
avvisarvi che è in arrivo una tempesta: i Varden stanno
radunando tutte le
popolazioni di Alagaesia sotto il loro vessillo perché tutti
siano pronti a
scontrarsi con le forze dell’Impero e con Galbatorix, che da
troppo tempo
usurpa la nostra bella terra, seminando terrore ed
ingiustizie…- l’arringa di
Murtagh riempì il cuore di Isis di soddisfazione ed ardore:
le venne
improvvisamente voglia di brandire una spada e gettarsi subito in uno
scontro
armato. Le sbocciò automaticamente un sorriso sulle labbra,
che tuttavia morì
immediatamente, non appena la donna si rese conto della postura rigida
tenuta
dalla regina Ippolita, che infatti ribattè, acida:
-
Noi non ci
sottometteremo ai Varden. Dalle tue parole
sembra che stiano per soppiantare una tirannia solo per proporne
un’altra che
vedrebbe loro come padroni di Alagaesia. Noi non appoggeremo questa
follia.-
-
Regina Ippolita,
il capo dei Varden, lady Nasuada è una
giovane donna, ma è umile e saggia perché ha
scelto di circondarsi di persone
che sanno consigliarla giustamente ogni giorno, come mio fratello
Eragon, il
primo Cavaliere di Drago ad essere nato libero; la principessa degli
Elfi, e
soprattutto Isis che, dal momento che ho avuto la fortuna di avere
vicino,
posso testimoniare come abbia realmente contribuito a cambiare
Alagaesia.
Perciò, i Varden…- stava per concludere la
Pentesilea lo interruppe,
protraendosi in avanti, sul suo trono, con atteggiamento arrogante.
-
Ma tu, Cavaliere
sei stato schiavo del tiranno, ed ora
giungi tra noi come ambasciatore di quel popolo di ribelli, quindi,
devo
pensare…- ponderò.
-
Dovete pensare,
regina Pentesilea,- soggiunse Murtagh,
intenzionato a riprendersi la parola.- che io ora sono un uomo libero,
grazie
alla mia Isis- che ha fatto sì che il mio Vero Nome
cambiasse- e che nessuno
meglio di me può capire ciò di cui sono venuto a
parlarvi. Ma principalmente,
sono qui di mia spontanea volontà, e non perché
mi sia stato ordinato dai
Varden- che non vogliono imporsi come nuovi dominatori, ma solo
ottenere un
mondo in cui tutta Alagaesia possa vivere in pace. Il mio desiderio
è riportare
con me la mia compagna, perché per me è la luce,
è uno dei motivi per cui
combatterei per creare un mondo migliore in cui vivere, e se voi
vorrete unirvi
a noi, come libere alleate dei Varden, sappiate che sarete le
benvenute, perché
giunta è l’ora, regine, che ogni razza si schieri
fianco a fianco per
dimostrare a Galbatorix che non ha fiaccato la voglia di combattere di
tutta
Alagaesia, per la sua libertà.- Isis rimase senza parole e
tutte le donne
seguirono il suo esempio, così in breve, nella tenda
profumata di loto, scese
un silenzio reverenziale.
La Dark Angel
figlia di Vrael realizzò che il Cavaliere che le stava
accanto, era ormai un uomo, innamorato di lei, divenuto saggio per via
delle
mille esperienze che aveva fatto, per aver provato sulla sua pelle
ciò di cui
parlava, tutte le ingiustizie contro le quali avrebbe combattuto nella
speranza
di un mondo migliore in cui lui, Isis e Castigo avrebbero potuto vivere
in
pace.
Sapeva qual era il pensiero delle
Amazzoni sugli uomini, ma
non le importava, non le importava se le regine li avessero guardati
con
disprezzo o pena, né le interessava se si sarebbero unite ai
Varden; Isis
sapeva già cosa sarebbe stato di lei, e sentiva di doverlo
dimostrare a
Murtagh…quindi, incurante di tutto ciò che la
circondava, dimenticandosene,
anzi, completamente, gettò le braccia al collo del Cavaliere
e lo baciò dando
le spalle alle due regine delle Amazzoni.
Murtagh rimase impietrito,
paralizzato per la sorpresa di
quel gesto e per un po’ restò ad occhi aperti,
spalancati, ma poi, parve
sciogliersi e ricambiò con tale entusiasmo e trasporto, quel
gesto d’affetto,
che avvinse a sé Isis con tanto ardore da sollevarla da
terra per permettere di
intrecciargli le gambe all’altezza della vita.
Sia Isis che Murtagh sapevano che il
loro comportamento
poteva essere considerato infantile o eccessivo ma nessuno dei due se
ne curò:
troppo a lungo erano stati divisi, non si erano comprese ed avevano
anche
rischiato di perdersi; avevano superato insieme mille ostacoli che,
solo da
poco avevano compreso che avevano rinsaldato il loro legame, e non
intendevano
perdere un solo momento ancora distanti…
Isis fu riportata alla
realtà quando il flusso di pensieri
che condivideva con il suo Cavaliere venne interrotto dalla risata
argentina
della regina Pentesilea.
-
E va bene,
Cavaliere e…sua “piccola salvatrice
luminosa”- li apostrofò, con tono che sembrava
divertito.- Piccioncini,
avvertire i Varden che saremo felici di allearci con loro, contro
Galbatorix.-
ANGOLO AUTRICE
Buonsaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaalve!
Eccovi l’ultima parte del
30 capitolo(manca solo l’epilogo
ed è finita FI-NI-TA!) spero vi piaccia anche se riconosco
che non è uno dei
capitoli migliori che io abbia scritto o che potessi mai scrivere,
forse le
azioni di Isis e Murtagh sono un tantino esagerate ed infantili ma
spero si sia
capito ugualmente come mai Isis
faceva la reticente ed aveva paura di Murtagh e perché poi
si sono
riappacificati.
Fatemi sapere cosa ne pensate J
Un abbraccio
Marty23
Ps nell’epilogo molto
probabilmente ci sarà la ripetizione
di alcuni concetti che avete già trovato qui, e mi scuso in
anticipo, ma credo
che siano punti su cui si deve insistere, perché in un certo
senso
rappresentano i punti nevralgici della storia. J
|
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Capitolo 37 *** Epilogo ***
EPILOGO
Isis aprì gli occhi quando
un raggio di sole le sfiorò il
viso. Fuori dalla piccola tenda dove dormiva, poteva sentire la carezza
delle
dita del vento, il brulicare di voci del primo mattino, ora che
l’accampamento
si stava risvegliando; era quel genere di voci che la donna aveva
già udito al
mercato di Narda, dalle quali è piacevole farsi risvegliare,
ma nel complesso
erano basse, quasi fioche, stanche.
Isis comprese senza
difficoltà il perché: da quasi tre mesi
ormai, le varie popolazioni di Alagaesia, riunite sotto il vessillo dei
Varden,
stavano combattendo assieme, in diversi assalti, attacchi di guerriglia
e
scontri frontali, conquistando, convincendo o piegando, una
città dopo l’altra,
compiendo quindi la lenta, ma inesorabile avanzata che li avrebbe
condotti ad
Uru Baen.
Al solo pensiero delle marce
estenuanti, nelle notti
trascorse in dormiveglia, avvenute durante quei mesi, anche ad Isis
facevano
male le membra, e tuttavia, il risveglio, quella mattina,
l’aveva trovata
serena, felice.
Senza sciogliere
l’abbraccio che le circondava le spalle,
perciò, si girò lentamente sul materasso, con
lentezza, nel cerchio delle
forti, calde braccia di Murtagh, finchè non trovò
il viso del Cavaliere davanti
a sé, addormentato.
La coperta gli celava metà
del petto, nudo; sulla pelle non
c’era più alcuna ferita, e restavano soltanto i
segni di poche cicatrici, tra
cui quella biancastra, circolare, all’altezza della spalla,
che lei stessa
aveva avuto l’onore di procurargli, quando ancora non si
conoscevano.
La donna on resistette:
l’impulso di sfiorargli quel segno,
in tante piccole carezze, con i polpastrelli, la vinse e nel frattempo
si perse
ad osservarlo.
Murtagh non diede segni di volersi
svegliare, quindi Isis si
ritrovò ad ammirare il suo volto disteso, nel sonno,
scoprendo di non essere in
grado di saziarsene, e rimase a studiarne ogni più piccolo
particolare, ogni
respiro. Le era già capitato di restare a guardare quel
Cavaliere, mentre
dormiva, ma le volte precedenti, aveva sempre scorto un ragazzo che era
stato
obbligato a crescere i fretta, e che si atteggiava a uomo, che nel
sonno
sembrava trovare pace- specialmente se tra le sue braccia- ma non
sempre,
perché i fantasmi delle sue costrizioni, delle sue paure, di
tanto in tanto lo
seguivano anche quando lui aveva gli occhi chiusi, e allora Murtagh
corrucciava
la fronte e qualche volta si risvegliava persino di soprassalto, la
fronte
madida di sudore.
Ora, invece, era diverso: il
Cavaliere che le stava davanti,
dormendo a poche spanne di distanza da lei, sembrava una persona
completamente
diversa; parte dei riccioli castani erano sparsi sul cuscino, mentre
altri
erano impigliati nella rada barba chiara, celandogli il viso disteso,
tranquillo ma serio, in un atteggiamento che lasciava trasparire
protezione e
calma.
Isis rimase senza fiato, quando
realizzò che il Cavaliere
aveva ormai un viso d’uomo, un uomo forte, protettivo, con le
sue certezze, che
aveva dovuto farsi avvolgere dall’oscurità per
conoscere la luce, che era
abbastanza folle da fare sempre la cosa giusta, che lei, a causa della
sue
inutili, trascorse paure, aveva rischiato di allontanare, di ferire e
di
perdere per sempre. Ma lui, nonostante l’infantile modo di
fare della ragazza, l’aveva
voluta al suo fianco.
Una lacrima di commozione le
sfuggì dagli occhi quando Isis
scostò i ricci dal viso di Murtagh in una carezza, mentre
capiva che lei o che
quell’uomo si erano sempre amati, di un amore che aveva
assunto varie forme,
sin da quando si erano incontrati al palazzo di Galbatorix e che ora
che si
conoscevano, lei poteva dire che Murtagh era il suo
uomo.
Le sembravano trascorse ore, quando
finalmente Isis decise
di alzarsi in piedi, in parte dispiaciuta di non poter restare a vedere
gli
occhi castani che, una volta aperti, avrebbero brillato più
del sole, trovando
il riflesso del viso della Dark Angel rispecchiato in essi.
La ragazza quindi, si diresse
nell’angolo della tenda dove
era stata sistemata l’armatura bianca di suo padre e, dopo
essersi lavata,
rabbrividendo appena poiché il suo corpo nudo era esposto
alla leggera
corrente, ed all’acqua fredda nel catino; salutò
l’Eldunarì del drago di Vrael
con un tono che alle sue stesse orecchie suonò strano,
simile a quello di
un’orsa protettiva e serafica.
Buon giorno
maestro.
Salute a te,
Isis. Ho
delle importante notizie da darti: stanotte, mentre tu e Murtagh
eravate…diciamo…occupati…
nonostante l’Eldunarì avesse usato il massimo
tatto, la ragazza si sentì quasi
soffocare per l’imbarazzo(le guance poi, le si imporporavano
ancora di più
all’idea che, nonostante il suo maestro fosse al sicuro in
uno scrigno ligneo
sepolto nella terra sotto il letto, la lontananza non gli avrebbe
impedito di
osservare quella reazione nella sua allieva) …come
ti dicevo, Eragon è stato convocato assieme ai capi degli
altri
popoli nella tenda del comando di lady Nasuada, ed è stato
così gentile da
aprirmi la sua mente perché sapessi che è stato
deciso il giorno in cui
marceremo su Uru Baen.
Isis provò- e
quell’emozione investì anche il candido cuore
dei cuori- una sensazione d’immenso sollievo,
poiché finalmente la libertà per
la quale lei stessa lottava da quasi tre anni, avrebbe trionfato e
tutto il
dolore, la sofferenza(che si rispecchiavano anche nella crociata che i
Varden
stavano compiendo, nell’avanzata verso la capitale
dell’Impero)e l’ingiustizia,
sarebbero cessate. E la pace, tanto agognata, anche dal suo popolo,
avrebbe
avvolto ogni cosa.
Quell’euforia, la
felicità furono in parte mitigate, quando
ad Isis tornarono in mente le immagini di morte che avevano distrutto i
Dark
Angel e, nel momento in cui si voltò a guardare Murtagh,
ancora disteso sul
piccolo letto che condividevano, il cuore della donna si strinse a tal
punto
che le parve che da un momento all’altro sarebbe potuta
precipitare in una
voragine.
Non poteva, non voleva
perderlo. Prima che gli occhi le si riempissero di lacrime, il suo
maestro
intervene, inondandola con un soffio pacificante, che riuscì
a calmarla
immediatamente.
Non temere,
mia
coraggiosa pupilla, la decisione che mi è stata comunicata,
è stata presa a
seguito di molti calcoli e riflessioni. Se Nasuada ha decretato questo,
ciò
significa che siamo equipaggiati al meglio, e le possibilità
sono a nostro
favore. Ora sarà meglio che indossi l’armatura di
tuo padre… le consigliò
l’Eldunarì, saggiamente.
Isis perciò, obbediente,
fece quanto le era stato detto e,
mentre sentiva i gambali canuti adattarsi ai suoi polpacci,
ricordò con un
sorriso che qualche tempo prima, il suo maestro le aveva rivelato che
l’armatura di suo padre le calzava a pennello
perché era stato Vrael stesso a
gettarsi sopra un incantesimo, perché il suo erede potesse
indossarla senza
difficoltà. Fu per questo che rimase quasi esterrefatta
quando si rese conto le
la cotta di maglia le stava stretta e che, la corazza in metallo
bianco, non le
entrava, e invece, le restava sospesa all’altezza del ventre!
Tentò più e
più volte di farsela entrare ugualmente,
imitando le anguille, che spesso aveva visto infilarsi anche nei
più piccoli
spazi, coi loro modi sfuggenti, ma invano. Se ne sentì quasi
offesa, colpevole,
amareggiata, anche se non sapeva cosa stesse succedendo, e soprattutto,
perché.
Improvvisamente, come spuntate dal
nulla, avvertì due mani
che, con delicatezza ma con fermezza, riuscirono a liberarla da quella
sorta di
trappola in metallo, facendole tornare a vedere a luce del sole che si
intrufolava nella tenda, quindi si strofinò gli occhi, e nel
trovarsi davanti
Murtagh, il suo Cavaliere, nonostante questi fosse sorridente, quasi
raggiante,
lei non potè fare a meno di fissarlo di
sott’ecchi, mortificata.
-
Io…io
non capisco cosa stia succedendo…- sussurrò,
riuscendo a malapena a far uscire le parole dalle labbra.
-
Io sì,
invece, lo so che ti sta succedendo…- rivelò il
Cavaliere, criptico, perciò Isis, con i nervi ancor
più tesi in attesa della
sua spiegazione, rischiò di perdere la pazienza,
perché l’uomo sembrava perdere
tempo, addirittura sviare quel momento, mentre le toglieva
ciò che era riuscita
ad indossare dell’armatura di Vrael e, prendendola in
braccio, la depositò con
attenzione sul letto.
Isis sentiva di avere i nervi a fior
di pelle: odiava non
sapere cosa aspettarsi, perché ciò comportava che
non poteva sapere come
comportarsi di conseguenza, come reagire; e non riusciva ad impedire
alle
sottili funi di preoccupazione, che avvertiva tendersi lungo tutto il
suo
corpo, di correrle rigide sotto la pelle.
Solo quando Murtagh si
chinò su di lei e premette le labbra
sulle sue, la donna avvertì che la tensione si scioglieva in
tanti soffi di
vento, le parve poi, che non l’avesse mai provata quando il
Cavaliere
approfondì il loro bacio, gesto al quale lei rispose
prontamente e con gioia,
con naturalezza, avvinghiandosi al suo collo, per attirarlo a
sé, mentre
entrambi si sorprendevano di quanto la reciproca presenza fosse in
grado di
risvegliare ogni volta in entrambi una passione che li faceva
somigliare a
ragazzini pazzamente innamorati.
-
Ti amo- si
lasciò scappare sorridendogli contro le
labbra, e sentiva che le sarebbe scoppiato il cuore se avesse tardato
un solo
attimo a dirglielo.
Murtagh, che aveva adagiato il suo
corpo seminudo contro
quello di Isis, si sollevò facendo forza sulle braccia, quel
tanto che bastava
per ammirare il bellissimo viso della sua amata, e le sorrise, mentre
gli occhi
gli si illuminavano, sorridenti anch’essi, e il cuore gli
accelerava i battiti,
consapevole del fatto che lei avrebbe capito quanto l’amava,
anche senza
parole.
-
Sai, amore mio,-
esordì quindi,- avrei voluto dirtelo
ieri sera, quando il tuo maestro e Castigo me l’hanno
confermato, dopo che Lara
e Saphira me ne avevano accennato, ma ti sei addormentata tra le mie
braccia…-
tornò a piegarsi sul corpo di lei, con lentezza, flettendo i
muscoli ed
iniziando a premere le labbra sul collo di Isis, sulle sue
spalle…
-
Cosa…ah
ah, cosa ti hanno confermato?- gli domandò, tra
le risa poiché la barba di Murtagh le faceva solletico e le
parve quindi quasi
un miracolo che riuscisse a contrarsi sulle parole del Cavaliere.
-
Che…sei
incinta.- le svelò, tirandosi definitivamente
su, per sedere tra le gambe di lei, leggermente divaricate, ora che era
distesa
sul letto.
Ad Isis mancò il respiro
quando quelle parole le raggiunsero
le orecchie, e l’espressione sconvolta, stupita, che le si
dipinse sul viso,
prese il posto di quella spensierata che aveva avuto fino ad un attimo
prima,
le pareva persino di non essere in grado di provare altro
all’infuori
dell’incredulità.
Dopo un interminabile momento di
silenzio, durante il quale
Murtagh temette che la sua donna sarebbe scoppiata a piangere,
annunciando che
rifiutava quanto le stava accadendo, dovette ricredersi
poiché Isis agì quasi
automaticamente nel portarsi una mano sul ventre pronunciato, in un
sorriso
raggiante.
Un’emozione intensissima la
travolse e on riuscì ad impedire
che lacrime di gioia le rigassero il viso, mentre diceva:
-
Davvero? Oh,
amore, non ne sei felice?- la figlia di
Vrael fece per tirarsi su, puntellandosi sui gomiti, ma il Cavaliere di
Castigo
col cuore traboccante di felicità, nel vederla tanto
contenta si chinò ancora
una volta su di lei, adagiando il proprio corpo sul suo mentre la
coccolava e
le baciava il ventre.
-
Un figlio nostro!
Murtagh, pensa! Magari sarà come
l’avevi descritto tu, con i miei occhi e sarà
bellissimo vederlo addormentarsi
tra le tue braccia mentre io gli racconto delle favole.-
continuò Isis, e il
figlio di Morzan ammise che poche altre volte l’aveva vista
così felice e
condivise la sua gioia con lei attraverso baci, sorrisi e i battiti dei
loro
cuori, che pulsavano all’unisono.
Per un po’ rimasero
abbracciati, a fantasticare sul loro
bambino,a bisbigliare i suoi possibili nomi ad immaginarne i tratti del
viso, o
il suono della voce poi, d’un tratto Isis
bisbigliò:
-
Pensi che
sarei…che saremo dei bravi genitori?- e il
suo volto coloro nocciola si oscurò per un secondo.
Il Cavaliere le prese con naturalezza
il viso tra le mani,
rassicurante e la baciò, ancora una volta.
-
Ma certo amore
mio, gli insegneremo tutto ciò che
sappiamo, e impareremo anche noi qualcosa ogni giorno, e tu sarai una
madre
fantastica perché, d’altra parte, come si
può non amarti?- la
tranquillizzò. Avrebbe
voluto spogliarla e fare l’amore con lei, ma la donna gli
fece segno di
aiutarla a tirarsi su, replicando:
-
Grazie Murtagh.
Forza, allora, per favore, puoi fare
qualche magia perché possa di nuovo indossare
l’armatura di mio padre? Oggi è
il giorno stabilito dai Varden per attaccare Uru Baen e voglio
cominciare da
subito ad essere una brava madre, facendo sì che nostro
figlio possa nascere in
una terra pacifica.-
-
Isis…vuoi…vuoi
davvero combattere?- boccheggiò l’uomo,
sentendosi perso.- Non credi sarebbe meglio se restassi al sicuro?-
-
Certo che intendo
combattere. O pensi che dovrei
rinunciare solo perché sono una donna? Una guerra, specie
una guerra simile
colpirà tutti noi, indistintamente, ci ha già
colpiti durante questi mesi, e io
non mi tirerò indietro proprio adesso, non dopo che tutto il
mio popolo si è
sacrificato per questo sogno di libertà cui siamo
così vicini, non ora che
manca così poco, perché so che, sia se scendessi
sul campo sia che restassi qui
e l’accampamento venisse attaccato, un qualsiasi soldato
dell’Impero, non si
preoccuperà di fare differenze, non mi
risparmierà solo perché sono una donna,
così come non risparmierebbe il figlio di Lara e Simon e
tutti gli altri
bambini che rimarranno nascosti qui all’accampamento, mentre
l’esercitò marcerà
su Uru Baen: perciò voglio per la nostra libertà
e la salvezza di tutta
Alagaesia.- spiegò, decisa.
Murtagh sapeva che le parole di Isis
erano intrise di
verità, eppure sentiva che il suo cuore non riusciva a
smettere di tremare, né
la sua pelle di rabbrividire perché…aveva paura.
Perciò- anche se non seppe
grazie a quale forza- si alzò in
piedi, portandosi dinnanzi alla donna, sono per cadere in ginocchio
davanti a
lei, mentre le custodiva le mani tra le sue.
-
Isis…ti
imploro, potrebbe succedere qualsiasi cosa,
potresti…non tornare…e questo non lo sopporterei,
soprattutto ora che potreste
essere in due a non fare più ritorno…ti prego, ho
paura, non voglio perderti…-
la supplicò, con voce fragile.
Alla figlia di Vrael si strinse il
cuore dinnanzi a quello
spettacolo. Sentendo parlare il suo uomo a quel modo, le parve di
rivivere di
nuovo il ricordo degli ultimi momenti che i suoi genitori avevano
vissuto
insieme, e per un attimo fu sul punto di cedere, acconsentendo, pur di
non
vederlo in quello stato sofferente; e tuttavia, trovò la
forza di opporre
un’ultima resistenza:
-
Amore, so che
c’è questa possibilità,
l’abbiamo saputo
entrambi sin dal primo momento in cui tutto questo è
cominciato, ma siamo
sembra andati in battaglia insieme, e siamo sempre tornati insieme,
perché
questa volta dovrebbe essere diverso? Se tu ora andassi da solo, e ti
accadesse
qualcosa, non mi perdonerei mai di non aver potuto fare nulla per
impedirlo, di
non esserti stata accanto. Ti prego, lasciami venire con te, abbiamo
iniziato
insieme questa battaglia, (persino questo bambino l’abbiamo
concepito insieme!)
Perciò finiamola insieme, fianco a fianco, così
quando nascerà, potremo
raccontare a nostro figlio che abbiamo reso insieme
Alagaesia un luogo libero.- aveva il fiato corto, le guance arrossate e
il
cuore che le batteva follemente, mentre teneva una mano poggiata sul
ventre
leggermente rigonfio; era rimasta in quella posizione per tutto il
tempo in cui
aveva parlato, un chiaro segno del fatto che anche lei provava paura-
come
l’aveva sempre provata la mattina di ogni battaglia-
specialmente ora che
portava un’altra vita dentro di sé
poiché sarebbe stata responsabile anche di
un altro paio di occhi sui quali, se le fosse accaduto qualcosa,
sarebbe potuta
scendere la notte.
-
Isis, figlia di
Vrael, sei la persona più folle che io
abbia mai conosciuto, e ti amo. Vi amo entrambi.- le
confessò dopo un attimo di
silenzio carico d’attesa, che Murtagh ruppe mormorando un
incantesimo che rese
la bianca armatura di Vrael adatta alla sua erede, ma Isis, prima di
andare ad
indossarla, gli confessò:
-
Anche io ti amo,
Murtagh, figlio di Morzan.- e si
sollevò appena sulle punte, per baciarlo, e tutto divenne
muto, il resto del
mondo, i preparativi per l’ultima, imminente battaglia,
divennero muti,
inesistenti. In quel momento Isis seppe che non avrebbe voluto essere
in nessun
altro luogo di Alagaesia, perché sentiva che esistevano solo
lei, Murtagh(ed il
piccolo frutto del loro amore) e sapeva che avrebbero combattuto per la
loro
libertà, per la loro felicità, fianco a fianco,
insieme.
ANGOLO AUTRICE
Eccomi qui,
o dovrei dire eccoci qui alla fine
della storia, che poi,
secondo me è la fine di un viaggio.
Spero che ora finalmente tutto
ciò che ho scritto abbia
trovato la sua degna conclusione, che la profezia di Angela abbia
acquisito il
suo significato, così come tutti gli altri spunti
disseminati tra queste
pagine.
Come avrete notato ho lasciato il
finale aperto, perché
credo che nulla di meglio di questa tipologia di finale possa
rispecchiare la
vita, perché lascio a voi la possibilità di
sognare, di immaginare ciò che
avverrà dopo, di vederla come preferite, anche se
sostanzialmente mi sembra di
aver lasciato il germoglio per un lieto fine. ^_^
Spero che questa fan fiction vi sia
piaciuta e che possiate
perdonarmi per i lunghi tempi d’attesa e le decine di avvisi
che ho messo in
itinere per sospenderne il postaggio.
Vi ringrazio davvero infinitamente
Marty23
PS ho un piccolo annuncio da farvi:
molto probabilmente,
quando avrò capito come si fa e soprattutto come si carica
si carica su
youtube, realizzerò un video
su
questa storia. Non temete, quando il progetto sarà terminato
sarete avvisati
tramite un messaggio privato qui sul sito(ah, ma vi va di essere
avvisati di
questa cosa?)
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Capitolo 38 *** ringraziamenti ***
RINGRAZIAMENTI
Buon salve,
come ormai immagino sappiate,
è mia usanza apporre i
ringraziamenti al termine di ogni long, poiché è
vero che ho scritto questa
fanfiction per mia pura soddisfazione, per migliorare e portare a
termine la
bozza che ne avevo “abbozzato” quando avevo
quattordici anni, ma non avrebbe
avuto lo stesso rilievo, la stessa luce, senza di voi, commentatori,
followers
e lettori silenziosi che l’avete fatta brillare, come una
stella in un mare
magnum e che avete riempito me di gioia, spingendomi ad andare avanti,
consigliandomi affinchè arricchissi questa storia;
perciò meritate dei
ringraziamenti, che direi, sono d’obbligo.
In primis, i miei omaggi ai commentatori che riuscivano sempre a
strapparmi un sorriso, o a
farmi riflettere su possibili svolgimenti di questa fanfiction:
animegirl91
(per
aver scoperto questa storia proprio nel momento in cui, temendo che
fosse
passata inosservata, avevo deciso di cancellarla); yaya92
(per l’attenzione ai particolari, per aver
apprezzato i miei
personaggi ed alle differenze rispetto al Ciclo scritto da Paolini); Maestro_Luca( cosa dire? Ci sarebbero
veramente mille parole che vorrei spendere, tuttavia sento che non
basterebbero, finendo solo per sminuire ciò che penso dei
suoi commenti,
messere; dunque, grazie per le tue massime, per il tuo occhio direi
quasi
clinico, per aver elogiato la caratterizzazione soprattutto emotiva che
ho dato
ai miei personaggi così come alle situazioni, ma soprattutto
grazie per avermi
fatto notare i limiti della mia fanfiction- anche se comunque, per
quanto
perfezionata, mi aspettavo li avesse, altrimenti l’avrei
pubblicata no? Spero
comunque che quando avrai tempo, e voglia, tornerai a dare
un’occhiata, per
dirmi che ne pensi della storia, nel suo complesso.); Arcadia_Azrael(
mia cara, cosa posso dirti? Innanzitutto grazie per
avermi aggiunto ai tuoi autori preferiti. J
La tua puntualità nel
commentare mi riscaldava il cuore, grazie per la valanga di complimenti
con cui
mi hai sempre ricoperta- anche se talvolta, credo, non proprio
meritati- per la
tua partecipazione, direi quasi, emotiva alla storia, che coinvolgeva
anche me,
ancora di più, e per i consigli su come continuare nei
momenti in cui ero un
po’ bloccata, soprattutto per quanto riguarda il capitolo 30,
che fin ora è
stato quanto di più arduo io abbia mai scritto. Grazie di
cuore); Mizzy(ti ringrazio per i
complimenti
che mi fai, per la tua dolcezza, sono stata felicissima che tu abbia
seguito
con tanto interesse questa storia e soprattutto ti sono grata per
avermi aggiunto
tra i tuoi autori preferiti J); _Lucrezia97_
(per avermi espresso in maniera tanto sincera ciò che pensi
della mia storia,
grazie mille davvero, sono stata felice che questa storia ti abbia
catturata in
questo modo) e Mora18(grazie mille
per la tua precisione nel commento, le tue parole sono state un balsamo
per me
^_^ hai colto alla perfezione tutto ciò che volevo suscitare
in chi leggesse.
Spero che appena avrai un attimo di tempo, e soprattutto voglia,
tornerai a
leggere questa storia).
Ora, i miei ringraziamenti a chi ha
inserito la storia tra i
preferiti:
2lisa7,
Arcadia_Azrael,
B_SomebodyToldMe, Folsense,
Maestro_Luca,
Renesmee94
e StarFighter
Ed a chi l’ha messa tra le ricordate:
Ketry, Mizzy e
Ren92
Ed infine a chi l’ha
inserita tra le seguite:
animegirl91,
appina,
crow
heart, Diosmira,
Harmony89, Juliet
Andrea
Black, Lumie, lysdance1,
Mora18,
Renesmee94,
Shyel,
(a proposito spero che appena avrai tempo tornerai
a leggere questa fanfiction ^_^), Sophiathebest(anche tu, spero che quando avrai un
secondo di tempo,
tornerai a leggere questa storia), stefy_81
(mia
cara, ti ringrazio per la tua disponibilità
nel commentare, la tua precisione nel farmi notare i mille particolari
della
storia e soprattutto per la tua dolcezza J
), titty1194, yuuki_love,
_lenoramethyst,
e _Lucrezia97_
infine, finissima(ma non per questo
significa che siano meno
importanti^_^) ringrazio i lettori silenziosi che mi hanno seguita.
Un’ultima cosa: vi
ringrazio infinitamente per la vostra
comprensione e pazienza nei miei confronti, soprattutto visto il lento
ritmo di
postaggio, e per aver dimostrato sempre disponibilità quando
vi chiedevo aiuto,
consigli…(mi rivolgo soprattutto a chi ha avuto la forza di
rispondermi anche a
notte inoltrata, circa quale dei due finali che avevo proposto per
questa
storia, preferisse)^_^
Un abbraccio e un baciotto
Marty23
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Capitolo 39 *** AVVISO ***
AVVISO
Salve
a tutti!
Chissà
se vi ricordate di
questa ff? E, sinceramente, mi chiedo se posso mettere questo avviso
qui. Comunque
scrivo a tutti coloro che ancora seguono questa storia
per…una SORPRESA!
Come
vi avevo promesso, ho
realizzato un video, su questa
fanfiction. Eccovi il link
http://www.youtube.com/watch?v=EDSJPytblGM
Spero
che vi piacerà, che
lo troverete comprensibile(la mia più grande paura
è che in realtà non ci si
capirà nulla!!) e attinente alla storia.
Siate
clementi, per favore(tenete
presente che è il mio primo video…).
Vi
ringrazio infinitamente
Marty23
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