The price to be paid

di Riddge
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Primo ***
Capitolo 3: *** Secondo ***
Capitolo 4: *** Terzo ***
Capitolo 5: *** Quarto ***
Capitolo 6: *** Quinto ***
Capitolo 7: *** Sesto ***
Capitolo 8: *** Settimo ***
Capitolo 9: *** Ottavo ***
Capitolo 10: *** Nono ***
Capitolo 11: *** Decimo ***
Capitolo 12: *** Undicesimo ***
Capitolo 13: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
Vorrei non aver mai espresso quel desiderio.
Vorrei non essere mai stata al centro degli occhi maschili.
Non saresti stata trattata a quel modo.
Desideravo solo non essere più un fantasma.
Non volevo neanche scoprire questo mondo confuso, contorto.
Forse non sarei arrivata qui così presto.
 
Non si meritava quel miracolo, non si meritava il mio amore. 
Erano solo bugie le sue, io non dovevo credergli.
Volevo solo qualcuno che mi amasse, così da sentirmi speciale.
Non se lo meritava, doveva restare in quel ospedale fino alla morte.
Lui non si meritava il mio amore.
Io non mi meritavo di morire.
 
Non so se è stato un bene, io sarei morto comunque, in ogni modo.
Sarei annegato, se non avessi espresso quel desiderio, e invece sono stato brutalmente ucciso da mia sorella.
Quale sarebbe stata la morte migliore?
 
Non avevo niente da desiderare, finché non ebbi visto il mondo perire sotto i miei occhi.
Avevo salvato il mondo, pagando con la mia anima.
Aspettavo un bambino, amavo il mio ragazzo.
Il mondo si meritava questo mio gesto?
Il mio ultimo desiderio fu essere uccisa dalla persona che più amavo.
 
Io non avevo niente da desiderare; avevo tutto, avevo lei.
Ma morì, lei e tutto quello che avevo da perdere.
Volevo solo vedere mio figlio nascere.
Desiderai vendetta, poi la morte.

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Capitolo 2
*** Primo ***


Primo

- Carry
I miei capelli biondi erano raccolti in una alta e lunga coda di cavallo, legati da un elastico di gomma, l'unico che avevo in quel momento.
I miei occhi marroni avevano assunto un bagliore argenteo e l'anello che portavo al dito medio era incandescente.
— Muori strega! — gridai, e la mia lancia si incendiò di rosso, poi si avvolse nelle fiamme.
L'essere contorto non smise un istante di ridere, con quella voce grottesca quanto acuta. Le mani lunghe si affilarono e, con uno stridio, partì all'attacco per trafiggermi. La mia lancia non le diede il tempo, la scagliai con quanta più potenza avevo.
La trafisse e questa esplose in un vortice di fuoco, gridando.
Pian piano, il mondo distorto fatto di rullini di macchine fotografiche, videocamere, foto sbiadite e videocamere, svanì assieme alla strega, bruciando tra le mie fiamme.
Un oggetto lasciò: un uovo nero e vuoto con uno spillo sopra e sotto.
— Ottimo lavoro Carry.
Un famiglio, dalle fattezze di un furetto, volò in mia direzione e si posò sulla mia spalla.
Per un secondo mi chiesi se potessi tagliarlo in due con la mia lancia; per colpa sua mi ero ridotta in questa specie di fattucchiera del fuoco, impegnata ad uccidere queste maledette streghe.
Mi trattenei.
— Tieni Egg Eater — gli porsi l'uovo, che questo divorò.
Sentii l'anello tornare normale ed i miei occhi marroni, mentre la mia lancia svanì.
Ero davanti alla stazione ed ero in ritardo per la scuola.
 

- Leslie
— Leslie aspetta!
Mi voltai e scorsi la lunga coda bionda di Carry sbatacchiare per la corsa.
Sorrisi.
— Ancora tre secondi e saresti arrivata in ritardo.
— Si, scusa. È che ho avuto il solito contrattempo — ansimò, poggiando le mani sulle ginocchia e sciogliendosi la coda.
Mi guardai intorno e guardai i ragazzi che non le toglievano gli occhi di dosso.
Erano quattro mesi che andava avanti così, che Carry divenne all'improvviso la più corteggiata della scuola. Sapevo fosse il suo sogno, ma non mi spiegavo come, da un giorno all'altro, questo si era avverato.
La guardai di nuovo e rimasi paralizzata; quello sulla sua spalla non era forse un furetto?
— Ehi guarda, quella è Clissi — mi indicò una ragazza dai lunghi e mossi capelli biondo scuro, che ci guardava con i suoi occhi verdi.
La salutai e guardai di nuovo Carry, o meglio la sua spalla; il furetto non c'era più.
 
Michael era affetto da leucemia e veniva continuamente sottoposto alle cure.
Inchiodato all'ospedale, continuava a lamentarsi di quanto quel posto fosse noioso e di quanto gli mancava correre all'aperto.
Quando entrai nella sua stanza d'ospedale, lo trovai a giocare con la PSP. Il viso era impassibile, gli occhi neri invece erano concentrati, ed i folti capelli castani erano sparsi sul cuscino.
Lo guardai con i miei occhi ambrati e sospirai.
Com'era bello, molto bello. Per me lui era tutto, lo amavo così tanto che ogni giorno perdevo quattro ore in sua compagnia, ascoltando le sue lamentele e le sue storie sugli infermieri.
Portai una mano chiusa a pugno a bussare alla porta aperta.
— Toc toc. — dissi, colpendola.
I suoi occhi neri mi videro e ghignò.
— Ciao piccola.
Sorrisi e mi avvicinai al suo letto, sedendomi sulla sedia li vicino.
Lui si alzò sui gomiti e mi baciò.
— Come andiamo oggi?
Lui ripose la PSP e prese una ciocca dei miei capelli rossi.
— Ormai lo sai.
Ammiccai ad un sorriso e mi chinai a prendere il mio zaino.
— Guarda, sono passata in libreria e ti ho trovato questi — tirai fuori quattro fumetti, di quelli che lui adorava.
Li prese e sorrise come un bambino.
— Sono gli ultimi numeri usciti! Leslie grazie, sei il mio angelo. — esclamò e mi prese il viso per baciarmi.
Sarei stata felice in quel momento, se non fosse stato per il suo sconforto di trovarsi in ospedale.
Desideravo tanto farlo uscire di lì guarito.
 
Scesi le scale dell'ospedale ed uscii da lì.
Alzai lo sguardo e pensai a lui; come doveva sentirsi lì dentro? Le uniche cose che gli davano conforto erano i suoi fumetti letti e riletti ed i suoi giochi.
Volevo che guarisse in fretta, così che potessimo uscire come una vera coppia, andare a cena insieme e fare altre cose. Poi volevo vedergli un vero sorriso, illuminato dal sole.
Lo desideravo ardentemente, avrei dato qualsiasi cosa per guarirlo.
— Proprio qualsiasi cosa?
Mi spaventai, poi mi guardai in giro.
— Chi è?
— Sopra di te Leslie.
Guardai dove indicato e trovai un furetto, bianco e dagli occhi scarlatti, fissarmi mentre fluttuava.
Gridai. — Oh santo cielo! Tu eri sulla spalla di Carry, allora non ho le allucinazioni!
— Esatto, io sono Egg Eater e posso darti ciò che vuoi.
Lo fissai, chiedendomi se non essere spaventata o curiosa.
Ciò che volevo, mi aveva detto. Quindi poteva guarire Michael, era possibile?
Mi bloccai; doveva esserci un tranello però.
— Cosa vuoi in cambio?
Il viso del furetto non mutò. — Devi diventare una Puella Magi.
— Puella Magi?
— Io ti donerò dei poteri e tu sarai in grado di dominare un elemento. Dovrai combattere contro le streghe, i demoni.
— Per un mio desiderio dei doni?
Ero sgomenta. Io gli chiedevo di far guarire Michael e lui mi donava dei poteri?
La cosa non mi convinceva, tuttavia io volevo far veramente stare bene Michael.
Dovevo pensarci.
— Fammici riflettere.
 

- David
L'impatto con l'acqua fu doloroso. Essa era gelida, mi gelava la pelle ed entrava prepotente nei miei polmoni.
Non volevo cadere da quello scoglio, non volevo morire.
— Aiuto. — le mie parole si trasformavano in tante bollicine.
L'acqua mi trascinava giù con se, mi scuoteva. Il mio sangue fluiva rapidamente dalla ferita sulla mia testa: avevo sbattuto contro uno scoglio. I miei capelli castani mi giravano attorno alla testa.
Nessuno mi aveva visto cadere, nessuno sarebbe venuto a salvarmi.
Non volevo morire, desideravo vivere ancora, avevo solo diciassette anni.
'Lo desideri?' una voce si formò dentro la mia testa.
'Si, lo desidero!'
'Esaudirò il tuo desiderio, ma in cambio tu dominerai l'acqua e ucciderai le streghe.'
'Farò tutto ciò che vuoi, ma io non voglio morire!'
Poi una luce e rinvenni sulla spiaggia, asciutto.
— Sono vivo.
Mi tastai la testa: niente ferita.
— Ricordati, da oggi sarai un Puer Magus.
Sussultai alla vista di un furetto bianco, davanti a me.
Sbaglio o aveva appena parlato?
— Un Puer Magus?
— Dominerai l'acqua.
Acqua, dominerò l'acqua.
Appena pensai all'acqua, i miei occhi verdi bruciarono e sentii qualcosa di bagnato sul mio destro dito medio.
Lo guardai e vi trovai un anello blu.
— È bagnato.
— Ricordati David, dominatore dell'acqua.
Mi guardai intorno e non lo vidi più.
— Chi sei?
— Egg Eater.
— Grazie Egg Eater, ti sarò debitore!
Ero vivo.

 
 - Clissi
— Ciao Clissi.
Mi sedetti sul letto e guardai quel bianco furetto, seduto sulla mia sedia.
— Egg Eater, non ho niente da desiderare.
— Neanche una cosa piccola? Anche una torta, e poi avrai il controllo dell'aria.
Lo guardai con la coda dell'occhio e repressi la voglia di cacciarlo di casa con un calcio.
— Non voglio il potere. — la mia risposta non mutò anche questa volta.
Perché dovevo desiderare il potere? A cosa mi serviva saper controllare l'aria.
Io non volevo cacciare queste streghe, Carry stessa mi diceva di non accettare. Io li avevo visti quei mostri, i loro mondi, cosa erano capaci di fare. A me bastava la mia vita, per quelli infondo c'era Carry, che non era male, lei sapeva come fare.
Poi cosa potevo desiderare? I miei genitori erano un po' fuori, ma non male. Leslie e Carry erano fantastiche, Evan mi amava.
— Pensaci su.
— Non ci contare. — risposi e, un secondo dopo, seppi che era sparito.
La porta suonò ed io mi precipitai giù, per aprire ad Evan.
 

- Evan
Mi sdraiai accanto a lei, felice.
L'abbracciai ed il contatto con le nostre pelli nude fu un dolce sollievo.
Le accarezzai i capelli biondi e la baciai sulle labbra.
Lei ci coprì con le coperte.
— Com'è andata l'esposizione? — mi chiese, sorridendomi con gli occhi verdi.
— Non te l'ho già detto?
— Tu hai voluto fare l'amore prima.
Risi e lei mi toccò i capelli neri.
— Bene, ci hanno dato un nove.
— Congratulazioni! — sorrise, ed io mi aspettai un abbraccio stritolatore, che non arrivò, anzi, il suo sorriso si incrinò.
— Cos'hai? — la scrutai con i miei occhi azzurri, accarezzandole uno zigomo.
Lei scosse la testa e premette le labbra sulle mie, poi si mise sopra di me.
— Che ne dici di un secondo round come premio? — sorrise maliziosa, facendo correre il suo dito sul mio petto.
La guardai divertito e stavo per rispondere quando, con la coda dell'occhio, vidi un animale bianco sul davanzale.
Mi voltai: non c'era più.
— Evan?
— Si amore?
— Se non hai voglia di fare l'amore basta dirlo. —  si sedette su di me a braccia conserte, guardandomi confusa.
Sorrisi e la riattirai a me, baciandola.
— Sei mia.

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Capitolo 3
*** Secondo ***


Secondo
 
- Leslie
Avevo litigato con Micheal, ancora.
Perché non voleva credere di riuscire ad uscire dall’ospedale? Perché non voleva credere di guarire?
Secondo lui morirà; non vedrà più il mare, non uscirà più con gli amici, niente. L’ospedale per lui era la sua meta, l’ultima tappa, dove morirà, e quella sarà la sua tomba. Ed io? Avevo provato a convincerlo, ma su questo argomento era irremovibile! Non voleva ascoltarmi quello stupido!
Non sarebbe mai guarito se non ci credeva sul serio. E se fosse morto? Io sarei impazzita dal dolore.
Non volevo, lui non doveva morire!
Lui mi aveva gridato di non andarlo più a trovare, di non far più parte della sua vita.
Piansi e scappai.
Cosa dovevo fare? Io lo amavo, lo amavo!
Dovevo lasciarlo? Forse avrei sofferto di meno.
No, avrei sofferto di più sapendo di averlo lasciato a se stesso, da solo. Sarebbe morto così, solo come un cane, senza amore, ed io sarei vissuta nel rimorso.
Lasciarlo o no?
Lasciarlo o no?
Mi afferrai la testa in preda al dolore e la confusione.
Si o no?
— Lasciarlo o no?
Sussultai e mi guardai intorno, la paura prese il sopravvento.
Gridai.
 

- Carry
— Quella non era Leslie?
Clissi si voltò si scatto e guardò in alto, verso l’ospedale.
Rabbrividii. — Sì, era lei.
Poi guardai anche io e rabbrividii.
— Carry quello non è un…
— Un Labirinto di Strega, si.
— Leslie!
Clissi mi prese per mano e cominciammo a correre in quella direzione, con la paura viva in corpo.
La sentivo, l’aura della strega; sentivo anche lei, Leslie.
— Sbrighiamoci.
I miei occhi si accesero di argento e l’anello diventò rovente. Una nuvola di fiamme si materializzò ai nostri piedi e ci sollevammo in aria, volando.
— Spero che la strega non si sia ancora schiusa.
— Si è schiusa.
Egg Eater si materializzò sulla spalla di Clissi, con i suoi occhi rossi ed il manto bianco.
— Maledizione.
Digrignai i denti e la mia lancia esplose sulla mia mano, infiammandosi.
La scagliai verso l’ospedale e questo colpì il vuoto, creando uno spacco dimensionale.
Accelerai per infilarmi dentro, ma questo cominciò ad ingrandirsi, poi scomparve.
— Cos’è successo? — esclamò Clissi al mio fianco.
Sgranai gli occhi e mi fermai di colpo, mentre il Labirinto della Strega svaniva.
— Qualcosa deve aver ucciso la strega al posto nostro.
— Guarda!
L’odore salmastro del mare mi dilatò le narici e, davanti all’ospedale, vidi Leslie svenuta in braccio a qualcuno.
— Egg Eater, cosa significa questo?
 

- David
— Leslie!
Atterrai con la ragazza in braccio, sentendo ancora i miei occhi bruciare e l’anello bagnarmi il dito.
Avevo appena ucciso un demone; quella sensazione di invincibilità era strana, eppure mi terrorizzava.
Ero un Puer Magus, potevo plasmare l’acqua a mio piacere, controllarla, ero invincibile.
Clissi corse verso di me, poi si bloccò e mi guardò con gli occhi sgranati; mi aveva riconosciuto.
— David.
— Ciao sorellina.
Anche Carrey si avvicinò a me, guardandomi sbalordita.
— Tu…
Io mi avvicinai su una panca e vi sdraiai Leslie, ancora svenuta.
— Egg Eater, cos’hai fatto!
Mia sorella si voltò verso il famiglio e lo prese per il colletto, guardandolo rabbiosa.
— Se non potevi avere me, hai preso mio fratello!
— David ha espresso un desiderio.
Carry guardava ostentatamente verso di me, ed io notai un velo argenteo nei suoi occhi.
— Anche tu sei come me.
— Sì. Cos’hai espresso? Sicuramente non sapevi a cosa andavi incontro.
Chiusi gli occhi e per un momento ricordai la sensazione dell’acqua nei polmoni.
Non volevo risuccedesse.
— La mia vita.
 

- Clissi
Smisi di guardare Egg Eater e mi voltai a guardare mio fratello, sconvolta.
Aveva veramente desiderato la sua vita, cosa significava?
— Ieri dov’eri Dav?
— In mare.
In mare, la sua vita… ieri David non era tornato a casa dopo scuola, perché doveva raccogliere qualcosa in quello scoglio in fondo alla baia.
Mi salirono le lacrime agli occhi.
— Perché non me lo hai detto?
— Ora sono vivo.
Mi avvicinai a lui ed alzai una mano.
Lo colpii sulla guancia.
— Avrei preferito piangerti da morto che piangerti così! — gridai.
Gli occhi verdi di David mutarono e tornarono normali, e mi guardarono tristi.
— Avresti voluto vedermi morto.
Piansi e poi lo abbracciai.
— Cosa ti hanno fatto?
Fu come perdere mio fratello.
 

- Evan
Mi svegliai di soprassalto.
Avevo sognato Clissi, poi un bambino corvino con gli occhi verdi.
Era mio figlio, lo sentivo. Ma cosa significava?
— Cosa desideri Evan?
Tornai con la testa sul cuscino e guardai il soffitto.
Lo avevo sognato, di nuovo.
Cosa rappresentava quella frase? Chi era quel famiglio?

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Capitolo 4
*** Terzo ***


Terzo

- Carry
Avevo tutti gli sguardi dei maschi addosso.
Ero desiderata, desideratissima.
Sorrisi; era bello sentirsi così al centro dell’attenzione. I ragazzi che si struggevano perché non potevano raggiungermi, perché io non li volevo.
La sensazione era appagante.
— Guarda, quella è Carry!
— Non è bellissima?
Risi; che magnifica sensazione.
Camminavo verso casa, passando per la scorciatoia, una strada stretta.
Ero in ritardo per il mio telefilm preferito, a momenti iniziava la sigla d’apertura.
Quella strada faceva proprio schifo piena di sporcizia e dal tanfo che faceva lacrimare.
— Guarda che bella ragazza abbiamo qui.
— Che bel bocconcino.
Rabbrividii ed accelerai il passo, cominciando ad avere paura.
Loro mi seguirono.
Non dovevo passare per questa via, mia madre me lo aveva detto che era pericoloso, ma io volevo vedere il mio telefilm… che stupida a non ascoltare mia madre!
— Ehi fermati, gioca un po’ con noi.
Mi agguantarono per un polso, ma io mi strattonai dalla presa.
— Lasciatemi.
— Che carina, è ribelle! — uno dei due ragazzi rise e mi si accapponò la pelle, — Gioca con noi.
Mi bloccarono l’uscita e due sorrisi disgustosi mi fecero rivoltare lo stomaco.
— Lasciatemi passare, per favore.
I due ragazzi sorrisero e capii i loro pensieri.
No, non volevo!
— Per favore — sussurrai in un gemito.
Ogni supplica era inutile.
Prima mi bloccarono gli arti, poi mi denudarono ed infine fecero la cosa peggiore che si potesse fare ad una ragazza.
Piansi tutto il tempo, desiderando di morire.
 

- Leslie
— Certo che voglio guarire, lo voglio più di ogni altra cosa! Non ce la faccio più a stare in questo posto, voglio uscire, vedere gli amici. Leslie, voglio uscire con te e renderti felice. Pensi che stando qua dentro possa farlo?
Lo baciai e, ordinandogli di dormire, uscii in terrazzo.
— Egg Eater, ho il desiderio!
— Dimmelo.
Mi voltai a guardare il famiglio, dalle fattezze di un furetto, con decisione.
Sì, era quello il mio desiderio, lo era fin dall’inizio, ma adesso più che mai. Non mi importava cosa fosse il prezzo, o quel che Egg Eater voleva offrirmi, avrei reso Michael libero costi quel che costi.
— Guarisci Michael dalla leucemia.
— Così sia fatto.
 

- David
Immaginai la lama rilucente della mia spada; la immaginai indistruttibile, fatta di ghiaccio, forte. Questa prese quindi forma nella mia mano, dall’elsa alla punta appuntita della lama.
Guardai il pagliaccio nero e bianco, dalla coda di pesce e le chele al posto delle mani.
Strideva, la strega, fluttuando nell’aria in allerta, non staccandomi gli occhi di dosso, due fessure a quadri vuote.
Una seconda spada si solidificò sulla mano libera e balzai all’attacco.
Un solo fendente e questa perì con rapidità, lasciando solo un il solito simbolo nero, che presi e diedi da mangiare a Egg Eater.
Le alghe ed i palloncini sparirono ed il parco tornò normale.
— Stai diventando bravo — fu l’unico commento che mi fece Clissi, usando un tono freddo e distaccato.
Tornai normale e mi affrettai a prenderla in braccio, perché la vidi traballare e staccare i piedi da terra.
— Tutto okay? — chiesi preoccupato, guardando la sua brutta cera.
Lei annuì e tornò a posare i piedi per terra, tenendomi per mano.
— Torniamo a casa, ti va? Credo che farò una torta.
Si voltò verso di me e mi sorrise, seppur fu un sorriso lieve e stanco.
Le posai le labbra sulla fronte e le strinsi la mano.
Era pur sempre mia sorella, nonostante ultimamente mi trattasse più come estraneo, ma era comunque mia sorella, e come tale le volevo un bene dell’anima.
 

- Evan
— Amore, vai a dormire se stai male.
— Mi sognerai?
Sorrisi. — Certo piccola, ti sognerò.
Sentii un silenzio leggero dall’altro capo della comunicazione, ed io me la immaginai a sorridere spensierata.
— Buona notte Evan.
— Buona notte Clissi.
— Mi manchi… — e la chiamata terminò con quelle due ultime parole.
Sospirai e mi buttai sul letto, lasciando andare il mio cellulare.
Mi mancava, mi mancava tantissimo. L’avevo vista sta mattina, ma appena l’avevo guardata negli occhi, quasi mi spaventai. Aveva un’aria malaticcia, sembrava sul punto di crollare ed aveva gli occhi rossi.
Era sempre stata così fragile, il suo cuore era talmente sensibile che stava male per poco, ma riusciva sempre a rasserenarsi all’istante, non capivo perché non fosse più così.
Avrei voluto che il suo cuore si liberasse di quelle preoccupazioni, che quel fardello, di cui non mi voleva parlare, se ne andasse e la lasciasse in pace.
— Desideralo ed io lo farò avverare.
— No, non intendo esprimere nessun desiderio Egg Eater.
Il silenzio piombò nella stanza e la presenza del famiglio svanì.
Solo lei poteva liberarsi, ogni desiderio era vano.
Non potevo desiderare niente, infondo avevo lei.

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Capitolo 5
*** Quarto ***


Quarto

- Clissi
Facevo la spesa con mia madre, quando venni improvvisamente colta da un attacco di nausea, oscurandomi la vista.
Mi appoggiai al bancone dei cereali e aspettai.
— Clissi tesoro, va tutto bene?
Annuii. — Si mamma, solo un leggero mal di testa.
— Allora dopo passeremo in farmacia.
— Grazie.
Mi rimisi in piedi quando questa scemò pian piano, poi tornai alla spesa.
Mi toccai la testa e sospirai; erano giorni che mi assalivano queste nausee, provocandomi forti cali di pressione, mancanze e vomito. Poteva benissimo essere un'influenza passeggera, infondo la sorella di Evan fu costretta a letto per questa causa.
Magari un antibiotico mi avrebbe fatto stare bene, oppure dovevo farmi visitare da un dottore.
— Tesoro, prendi degli assorbenti?
— Sì mamma.
Mi allontanai dal carrello e mi recai nell'area bagno.
Spazzolini, shampoo… assorbenti.
Mi avvicinai ed allungai una mano per prendere una confezione di tampax. Ma mi bloccai, perché quei assorbenti avevano fatto scattare un allarme nella mia testa.
Perché tampax? Cosa centravano degli assorbenti con il mio malessere?
Mi avvicinai, cercando di capire, ma… l'oggetto nero e attaccato non era un uovo vuoto con due spilli?
Sgranai gli occhi.
— No, non ora…
Una luce accecante, poi mutande di ogni genere, assorbenti chiusi e tampax, volteggiarono intorno a me, per tutto il super mercato.
Mi guardai intorno terrorizzata e lo vidi, il Labirinto di Streghe.
 
— Mamma! — gridai in preda al panico, — Mamma, dove sei?
Era tutto contorto; il sistema di scaffali e prodotti era stato sostituito da un macabro scenario di mutande e assorbenti infilzati da grossi aghi e filo rosso.
Guardai quel caos e mi chiesi cosa poter fare, non potevo chiamare ne’ Carry, ne’ David.
Aprii una porta davanti a me e trovai una culla gigantesca e dentro una donna; era incinta e stava partorendo.
Poi capii: quel che era nella pancia era certamente la strega!
Rimasi impietrita dallo spettacolo, mentre la donna gridava dal dolore e la sua pancia si ingrandiva ancora di più, talvolta deformandosi.
Mi portai una mano davanti alla bocca; stavo per vomitare.
Indietreggiai.
— Carry, David! — chiamai invano.
Arrivai al muro e non smisi di guardare la donna.
Era disgustoso, il sangue le usciva dal naso, occhi, bocca, orecchie e pure dalla vagina, imbrattando il letto di colore vermiglio.
Non dovevo guardare, perché più la fissavo e più voglia di vomitare avevo, ma quello scenario di sangue mi attraeva, aveva una sorta di magnetismo che, sapevo bene, poteva avere solo con me.
Infine la sua pancia vibrò ed esplose, schizzando sangue da per tutto, mentre delle piante crescevano dal suo grembo ed il vagito di un bambino mi risvegliò pesantemente dallo stato di semi incoscienza in cui ero.
Terrore, terrore puro mi strinse la bocca dello stomaco ed i conati cessarono.
La strega bebè mi guardo, poi stridette.
Gridai anche io e di nuovo quell'essere gridò.
Poi una vite si materializzò dal nulla ed il rumore di uno sparo mi scoppiò tra le orecchie.
— Clissi, stai bene?
Guardai l'artefice del colpo e riconobbi i lunghi capelli rossi ed il viso, ma gli occhi erano un misto tra oro e argento, inquietante.
Era Leslie.
Era in piedi su un masso fluttuante e guardava la strega, puntandole un fucile addosso.
Sparò un colpo, poi un altro ed un altro ancora, e quando questi colpirono, dei rami si crearono dal nulla, che strapparono le carni alla creatura, che gridava e gridava, perforandomi le orecchie.
Poi tutto cessò e lei tornò per terra, mentre il labirinto spariva e tornava il supermercato.
Ero appoggiata al frigo dei gelati e Leslie era davanti a quello dei surgelati.
— Leslie tu…
Ma mi fermai, alzandomi in piedi e correndo via da lì, fuori.
Mi piegai in due e vomitai; vomitai quel che prima vidi, vomitai la donna incinta e vomitai ciò che avevo provato a vederla.
Vomitai tutto.
— Clissi stai…
— Stammi lontana!
Leslie indietreggiò ed io ansimai, puntando i miei occhi su di lei.
Scossi la testa e presi un fazzoletto per pulirmi la faccia.
— Anche tu adesso…
Egg Eater era un soggiogatore perfetto, questo dovevo ammetterlo. Carry, David poi Leslie. Mancavo solo io.
— Clissi lascia che…
— Non mi interessa cosa ti ha portato ad esprimere quel desiderio, ma hai fatto male.
 

- Carry
La mia camera era così buia, le tapparelle erano abbassate ed io ero rannicchiata sul mio letto.
Non piangevo più, non sentivo più niente, ero un fantasma.
Cos'ero io? A quale scopo tutto ciò?
Mi sentivo violata, mi avevano squarciata, ero sporca.
Guardai il rasoio che avevo lasciato sul comodino.
Dovevo pulirmi, ero sporca, dovevo pulirmi.
Lo afferrai e guardai la lama brillare. Poi lo avvicinai al polso e diventò più cupa.
Dovevo pulirmi.
L'appoggiai sulla mia pelle; era così freddo.
Dovevo pulirmi.
Respirai a fondo.
Dovevo pulirmi.
Scivolò senza problemi, in modo pulito.
Dovevo pulirmi.
Vidi lo sporco scorrere via.
 

- Leslie
Aspettai davanti all'ospedale con il sorriso stampato in bocca.
Oggi lo avrebbero dimesso, sarebbe tornato libero e saremo usciti insieme.
— Sta uscendo — sussurrò sua madre emozionata.
Annuii e la porta a vetri si aprì; Michael e suo padre uscirono fuori ridendo e scherzando.
Era bellissimo, i suoi occhi erano brillanti e vivaci ed il suo sorriso illuminò tutto.
— Michael tesoro!
I due si girarono verso di noi e mi rivolse il suo sorriso, un vero sorriso.
Sua madre lo stritolò nel suo abbraccio e lui cercò di liberarsi invano.
Poi guardò me.
— Vi lasciamo soli ragazzi.
I suoi genitori portarono il borsone in macchina e lì ci aspettarono.
Guardai Michael.
Mi torturai l'anello infilato nel mio medio.
— Quindi sei guarito.
Lui sorrise.
— Si, sono guarito.
Poi si avvicinò e mi strinse in un bellissimo abbraccio.
Mi baciò.
Era libero.
 

- David
Guardai mia sorella stesa sul letto, con gli occhi chiusi.
Sembrava così serena e calma, quando invece sapevo avesse il cuore stravolto.
Mi chiesi se lei avesse cominciato ad odiarmi per quello che avevo fatto, per la mia scelta. Secondo lei era sbagliato, estremamente sbagliato, oppure c’era di più, qualcosa che lei non aveva il coraggio di dire o di pensare.
Ripensai alle sue parole di quel giorno e mi avvicinai a lei, notando che era pallida.
Le accarezzai il viso.
— Dav? — sussurrò, con la voce flebile, fragile, stanca.
— Sì piccola.
— Scusami.
— Perché?
— Mi sono comportata male con te.
Sospirai e le accarezzai i capelli biondi, rassicurandola.
— Va tutto bene, pensa solo a riposare.
Lei annuii e si girò su un fianco, verso di me; tenne comunque gli occhi chiusi.
— Dav?
— Sono qui.
— Non voglio perderti.
Le sue palpebre fremettero e mi prese una mano, quella con l'anello.
Lo sentii reagire ed il dito si bagnò, poi la mia mano si raffreddò.
Lei rise e se la portò vicino al viso.
— Sorellina devi riposare, stai male.
— Resti qui con me?
Le accarezzai una guancia e lei mi fece spazio nel suo letto, invitandomi sotto le sue coperte.
Mi sdraiai al suo fianco e lei mi abbracciò.
L’ultima volta che mi chiese di dormire con lei, erano passati cinque anni; lei aveva dodici anni ed io quattordici. In quel periodo aveva paura del buio a causa del film horror che avevamo visto.
La strinsi e le accarezzai i capelli.
— Ti voglio bene.
— Anche io.
 

- Evan
Abbracciai Clissi e la strinsi forte, per farle sapere che ero con lei.
Era sconvolta e stravolta, era bianchissima e vedevo le occhiaie scurirsi attorno agli occhi.
— Secondo te perché Carry si è spinta fino a questo punto? — la sua voce era più che un sussurro.
— Non lo so amore, ma ringraziamo il cielo per il fatto che sia ancora viva.
Lei annuì e posò la sua testa sulla mia spalla, sospirando.
— Sta andando tutto a rotoli Evan, dove andremo a finire?
— Andrà tutto bene, possiamo sistemare tutto, insieme.
Clissi mi guardò con i suoi occhi verdi e ammiccò ad un sorriso.
Vidi tutta la stanchezza e lo sconforto che provava. C'era anche la paura e l'angoscia; guardava il mondo con occhi diversi, lo capivo.
— Cosa desideri Evan? — mi ricordai delle parole di Egg Eater.
— Vorrei crederlo anche io Evan.
Continuai a guardarla negli occhi e lei rise.
Che risata stanca.
— Lo sai che ti amo.
— Lo so — sorrise.
Cercai di sorriderle in modo rassicurante e lei intreccio la sua mano alla mia, portandola sul proprio grembo e guardandosi con tristezza infinita.
La baciai, ma lei scoppiò a piangere.
— Clissi… 
Rimase a piangere in silenzio ed io la strinsi ancora di più.
Guardai Egg Eater, che era apparso dietro di lei, e mi chiesi se tutto questo non fosse colpa sua.

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Capitolo 6
*** Quinto ***


 
Quinto

- Carry
Aprii lentamente gli occhi e mi trovai improvvisamente spaesata, in una stanza non mia.
Provai a togliermi le coperte, ma le mie mani, al minimo movimento, pizzicarono.
Le guardai e le trovai fasciate, e sotto le bende sentivo la pelle spezzata.
Aggrottai la fronte, confusa, ed alzai lo sguardo appena la porta si aprii.
— Ben svegliata cara.
Un'infermiera si avvicinò al mio letto e armeggiò con una sacca con dentro un liquido vermiglio, e lo versò in un'altra, dalla quale partiva un tubicino sottile, che arrivava fino al mio polso.
— Perché mi state facendo una trasfusione di sangue?
— Non ricordi cara?
Scossi la testa e mi guardai i polsi.
— No.
— Hai perso molto sangue bambina.
Aggrottai di nuovo la fronte e guardai il viso ben disposto della giovane donna.
— Perché?
Lei sorrise compassionevole e si sedette sul mio letto, prendendomi le mani tra le sue.
— Tutti facciamo grandi sbagli, bambina. Tante cose ci portano a fare cose avventate.
Mi sfiorò l'interno dei polsi ed io capii all'istante.
— L'ho fatto da sola?
Lei annuì e mi strinse le mani.
Ora che sapevo la causa di quel bruciore, volevo sapere il motivo di un gesto così avventato.
Quale fu la causa che mi portò a tagliarmi le vene?
— Io…
— Meglio se torni a riposare, sei stata in coma per tre giorni, è naturale essere così confusi.
Coma per tre giorni?
— Che giorno è oggi?
— Lunedì.
Sprofondai mentre facevo un veloce calcolo mentale.
Lunedì meno tre… giovedì?
Chiusi gli occhi e provai a ricordare, ma non ci riuscivo. Ricordo solo il buio e basta.
Mi mossi sul letto e sentii qualcosa di vuoto tre le gambe, ma non ci badai.
Se provavo a ricordare cosa feci il giorno prima, la nube aumentava.
Accesi la tv e cercai qualcosa da guardare, finché non trovai il mio telefilm preferito.
Sgranai gli occhi mentre cominciavo a ricordare.
Il telefilm, ero in ritardo, la scorciatoia… due ragazzi.
Scoppiai a piangere.
 

- Leslie
Guardai Michael giacere al mio fianco, addormentato come un angelo.
Gli accarezzai la testa e sorrisi; sembrava un bambino.
All'improvviso realizzai cosa poco tempo fa successe: avevo fatto l'amore con lui, Michael.
Per quanto tempo avevo sognato questo momento?
Ero felice, il mio sogno d'amore si stava formando pian piano.
Lo abbracciai e mi addormentai.
 

- Evan
Fuori faceva caldo e Clissi stava meglio, molto meglio. In più le erano venute delle voglie strane, quelle che ti assalgono all'improvviso e violentemente.
Oggi le era venuta voglia di sushi e, anche se non lo dava a vedere, sembrava davvero ossessionata. Al che la portai in quel ristorantino giapponese, dove i sushi erano buoni e costava tutto a metà prezzo.
— Evan, potrei sposarti — sorrise lei, schioccando un bacio sulle mie labbra.
Sorrisi. — Allora sposami. Naturalmente ti comprerò un anello e ti farò una proposta di matrimonio da considerarsi tale.
Lei ingrandì i suoi occhi verdi e mi guardò sorpresa, dopo le mie parole.
Si mise a piangere e rise.
— Sei un pazzo Ev.
Le presi il viso tra le mani e la guardai dritta negli occhi.
— Guarda che io non scherzo.
Lei sorrise e mi baciò.
— Neanche io.
Sorridemmo entrambi e, mano nella mano, andammo a mangiare sushi.
— Cosa desideri Evan?
Potevo desiderare altro?
 

- David
Portai un mazzo di viole a Carry, non appena mi furono detti gli orari di visita.
La trovai rannicchiata sul letto a guardare il vuoto, con gli occhi vacui ed i capelli biondi terribilmente flosci.
Carry amava i suoi capelli, li considerava la cosa più bella in suo possesso; vederli così spenti e cupi davano una tristezza immensa, capace di stringere il cuore perfino a me.
Mi avvicinai al suo letto e le posai il mazzo vicino, in modo che le potesse guardare.
Vidi le sue labbra protendersi in un sorriso triste.
— Viole. Te lo sei ricordato.
Mi sedetti al suo fianco e le accarezzai una mano fasciata dalle bende appena cambiate, mentre continuava a guardare il vuoto e una sua mano accarezzò i petali viola dei fiori.
Sembrava una cieca, si comportava come se per vedere dovesse toccare, udire, odorare ed assaporare. I suoi occhi castani, solitamente vivaci, erano velati di un nero morto, come se all’interno stesse marcendo pian piano.
Era triste, solo a guardarla metteva una tristezza enorme.
— Sai Dav, sono stata violata.
Non risposi, ma le strinsi la mano. Ricambiò la stretta e le sue nocche impallidirono, così la costrinsi a trattenersi.
I suoi occhi mi guardarono, ma era come se non lo facessero sul serio.
— Cosa sono Dav?
— Sei Carry.
— Cos’è Carry?
— Tu.
Lei appoggiò la testa sulla mia mano e scoppiò a piangere.
— Morirò Dav, morirò.
— Non dirlo.
— Perché? Perché non devo dirlo? È la verità Dav, io morirò! Vorrei tornare indietro, lo vorrei tanto. Cosa sono Dav? Cos’è una Puella Magi? Perché posso controllare il fuoco, a quale scopo se non posso usarlo per bruciare chi mi ha fatto questo? Voglio morire!
Alzai una mano e le diedi uno schiaffo, che la zittì all’istante.
— Grazie. — si toccò la guancia colpita, bagnata dalle lacrime.
— Svegliati Carry, sei viva, non morta, e non morirai.
Così la lasciai, sola nella camera d’ospedale.
 

- Clissi
Con una mano stringevo quella di Evan, con l’atra accarezzavo la pancia all’altezza del ventre.
Sorrisi; mi sentivo già una famiglia, Evan, io ed il mio bambino.
Ero incinta, aspettavo il figlio di Evan da quasi due mesi. Era grandioso, mi sentivo felice, e da ciò traevo la gioia e la forza per andare avanti.
Avevo qualcosa a cui pensare, oltre a quel che mi circondava, alla magia, al desiderio, ad Egg Eater.
Ero stanca.
Questa piccola vita rappresentava la mia luce, un dolce brillio di speranza e normalità.
Quando dovevo dirlo ad Evan? Volevo aspettare ancora una settimana, volevo prepararlo, non volevo che si spaventasse, era l’ultima cosa che desideravo.
Mi voltai verso di lui e gli diedi un bacio a fior di labbra.
— A cosa era dovuto? — sorride lui.
— A tutto — ricambiai io il sorriso e mi alzai sulle punte a dargli un secondo bacio.
Lui rise e mi diede l’ultimo bacio, poi ci addentrammo nel parco, dritti verso la bella betulla in mezzo al prato, lontano dagli altri alberi.
Guardai proprio quel albero.
— Ti ricordi?
Evan mi abbracciò da dietro.
— Rinfrescami la memoria.
Sorrisi e portai le sue mano sul mio ventre, chiudendo gli occhi.
Lui si ricordava, non poteva dimenticarsi quel giorno, esattamente come me.
Ma infondo era bello raccontarlo ad alta voce, aiutava ad immaginarsi tutto.
— Io ero fradicia, tu eri fradicio. Volavano gavettoni da ogni dove, anche bottiglie e scarpe.
Evan rise. — Una di quelle era la mia.
— Già, deve avertela sfilata Ty, in qualche modo. Ed è proprio la scarpa che mi arrivò in testa.
Risi anche io insieme ad Evan, e lui posò esattamente la sua testa nel punto in cui mi colpì la scarpa.
— Mi venni in contro mortificato, chiedendo perdono in quattro lingue esatte. Io scoppia a ridere e ti restituii la scarpa, calzandotela.
— Cenerentolo.
— Esatto.
Poi lui mi baciò, nell’istante esatto in cui io mi alzai, dopo avergli messo la scarpa, proprio davanti a questa betulla.
Aprii gli occhi per guardarlo negli occhi, ma nell’istante in cui alzai le palpebre impallidii.
Sull’albero c’era qualcosa che non doveva esserci.
— Evan scappa… — sussurrai.
Indietreggiai, guardando l’uovo nero di strega.
— Scappa!
Troppo tardi, il Labirinto ci risucchiò.

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Capitolo 7
*** Sesto ***


Sesto
 
- Evan
Mi guardai intorno, rimanendo pietrificato dal macabro paesaggio di dolci, che non era più il parco.
Seppi subito cosa fosse quel posto: un Labirinto di Strega, Egg Eater me ne aveva parlato con il resto.
— Evan.
Presi la mano di Clissi e la strinsi forte, venendo ricambiato.
— Come usciamo di qui?
— Bisogna uccidere la strega.
— Abbiamo alternative?
Lei scosse la testa ed io vidi una lacrima solcarle il viso.
La raccolsi con un dito e la guardai negli occhi.
— Ehi, amore è tutto apposto, usciremo da qui.
— Tu non dovresti essere qua. Io so gestire queste situazioni, ma tu… tu…
La zittii con un bacio e le sorrisi.
— Ci sono cose che non ti ho raccontato, ma devi fidarti di me, okay? Uccideremo la strega ed usciremo da qui.
 
 
- Leslie
Oggi non sapevo dove Michael fosse andato. Lo avevo cercato a casa, al cellulare. Dopo scuola era sparito ed io non lo trovavo più.
Poi mi dissi che probabilmente voleva andare con qualche amico, e non stare sempre con me.
Ma poteva avvisarmi, così non lo avrei aspettato.
Mi rassegnai e quindi tornai a casa da sola, chiedendomi comunque dove Michael fosse in realtà.
Mentre camminavo, lo sentii. Era una sensazione famigliare, che avevo affrontato già quattro volte. Da qualche parte nelle vicinanze una strega era sul punto di nascere.
Ottimo, avevo una scusa per distrarmi.
I miei occhi brillarono e il tocco del mio anello somigliava alle carezze dei petali di fiore.
Diventai più veloce, traendo energia dal terreno.
Arrivai al parco e corsi verso una betulla, dove creai un varco sparando con la mia pistola, in cui mi infilai.
Fu l'istinto a guidarmi dalla strega ormai nata, aprendo porte e percorrendo stanze tappezzate di dolci.
Quando arrivai vidi qualcosa che sperai con tutto il cuore di non rivedere più.
Il mio cuore fermò i battiti per un istante.
 
 
- Carry
— Resta a letto, ci penso io.
— No David, ci andiamo insieme, mi dispiace.
Lo costrinsi a staccarmi da quella flebo e di passare i miei vestiti a me, così che non avrei dovuto viaggiare con parti dietro scoperte.
— Dammi la mano. — gli ordinai e lui mi ubbidì.
I miei occhi bruciarono e l'anello si infiammò, mentre sentivo le ferite protestare.
Una nuvola di fuoco si creò ai nostri piedi e volammo fuori dalla finestra, dritti al parco.
Dentro al Labirinto c'erano sia Clissi che Evan; dovevo salvarli.
 

- Clissi
Indietreggiai con Evan alla vista della strega, che sembrava così normale, un peluche rosso ed innocuo, ed era ciò che mi spaventava.
— Non sembra così spaventosa.
— Fanno più paura infatti. — gli strinsi la mano.
Finché non ci notava era un bene, sarebbe rimasta fissa sul suo trono, con quella faccetta inespressiva a non fare niente.
Dovevamo solo aspettare o Carry, o Dav o Leslie, e poi il gioco sarebbe fatto.
Sentii il sibilo di una lama, poi qualcosa di luccicante mi tagliò un secondo lo sguardo, poi vidi il trono di tronchetti tagliarsi a metà.
— Clissi, tutto apposto?
Ringraziai Carry con un sorriso e la guardai nuovamente all'opera con la sua lancia, mentre tagliava la strega, bruciandola contemporaneamente.
Guardai Dav al mio fianco e gli afferrai una mano, e lui ricambiò la stretta.
— È troppo facile — disse, guardando con quanta facilità la Puella Magi del fuoco uccideva la creatura.
La sorpresa di vedere Carry nel campo, mi fecero ricordare che lei era ricoverata in ospedale, con i polsi sfregiati.
Non potevano averla dimessa così, subito.
— Ma Carry non era…
Poi successe, quel che vidi mi lasciò gli incubi.
La strega mutilata giaceva vari metri dalla carnefice, che si stava avvicinando a noi, e il peluche esplose all'improvviso.
Diventò un fascio di ombre scure, concrete, dalla quale spiccavano due occhi rossi, dalle pupille bianche.
— Carry attenta!
Ebbi paura al solo vederla, ma la paura si trasformò presto in terrore.
Il corpo di Carry era a dieci metri da terra, mani spalancate, occhi sorpresi e capelli in aria.
Il nero le attraversava il corpo, proprio in mezzo alle costole, dal quale il sangue scendeva a fiotti incontrollati.
Leslie arrivò e gridò, mentre Evan mi sorresse per non farmi cadere dallo sconforto.
— CARRY!
 

- David
Pioveva, la pioggia bagnava il prato del parco e noi.
La mia spada ancora in mano, appena usata per distruggere la strega, veniva solcata dalle gocce di pioggia, come se stesse piangendo.
Il prato era imbrattato di sangue, e sopra la pozza Carry giaceva priva di vita.
Digrignai i denti, ma le lacrime non scesero. Lo shock mi aveva pietrificato dopo che l'adrenalina mi aveva dato la forza di uccidere l'oppressore della mia amica.
Clissi e Leslie piangevano al suo capezzale, più addolorate di me ed Evan.
Strinsi l'uovo nero.
— Dammelo.
Egg Eater apparse ancora una volta e mi guardò con i suoi occhi rossi, ammiccando verso l'uovo.
Lo guardai con odio, non scorgendo più l'essere che mi aveva salvato la vita.
Gli lanciai l'uovo poi, agilmente, la mia lama lo decapitò, facendolo cadere sull'erba.
— Brucia all'inferno. — sentii Evan dire, e non sappi cosa altro aggiungere.
— Era una perdita indispensabile, il mondo gira lo stesso.
Guardai sull'albero e lo scorsi tra le foglie e la pioggia, appoggiato ad un ramo.
Tornai normale e mi abbandonai alle lacrime.
Era questo il prezzo da pagare?
 
 
- Egg Eater
Il rubino si incrinò all’inizio, poi si ruppe in mille pezzi.
La guardai; tolta quella, ne mancavano altre quattro. 
Guardai il gruppo di ragazzi sotto la pioggia.
Sarebbe arrivato anche il loro momento.

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Capitolo 8
*** Settimo ***


Settimo
 
- Clissi
Guardai il soffitto, con il dorso della mano poggiata sulla fronte.
Avevo esaurito le lacrime, o semplicemente non volevano scendere.
Carry era morta. Il suo corpo si era dissolto e di lei non restava niente se non i nostri ricordi.
Eravamo in quattro, e due di noi non avevano ancora espresso il proprio desiderio.
Mi portai una mano sul ventre e lo accarezzai.
Bambino mio, saresti mai nato in un mondo così?
 
 
- David
Ripassai ancora una volta in quel punto, davanti alla betulla imbrattata del sangue di Carry.
Stava ancora piovendo.
Non c’era più, lei non c’era più, era morta. E noi altri cosa dovevamo fare?
Guardai la betulla e quell’orribile scena si ripresentò davanti ai miei occhi.
Io come sarei morto?
— Dav?
Mi voltai e raggiunsi mia sorella, che teneva l’ombrello in modo che ci stessi anche io li sotto.
— Devi smetterla di venire qua.
— Lo faccio per ricordare.
— Io non voglio ricordare.
Mi voltai a guardarla e notai i suoi occhi verdi velati di lacrime, mentre guardava quel albero che per lei significava tanto: vita e morte.
Le presi la mano e cercai di sorriderle.
— Torniamo a casa, mamma sarà preoccupata ed Evan sarà già lì.
Annuì e ci incamminammo verso casa.
Mi voltai per lasciare un ultimo sguardo a quella betulla.
‘Carry è Carry. Carry sei tu.’
 
 
- Carry
Stavo perdendo tutto pian piano, l’orrore di ciò che avevo visto mi stava assorbendo lentamente, dolorosamente, mentre io sprofondavo e sprofondavo, sempre più in basso.
Carry non c’era più, Carry non esisteva più.
Clissi era disperata, non la vedevo più sorridere, e adesso capivo del perché si stava opponendo così tanto, e ciò le sottraeva più energie del necessario.
Stava collassando.
Stavamo collassando.
Le mie lacrime ancora non si fermavano, si mescolavano con la pioggia.
Dove mi ero cacciata, a cosa sarei andata incontro? Che ne sarebbe stato di me?
Mi restava solo Michael, il mio Michael, il mio amore.
Tirai su con il naso e lo chiamai al telefono.
Uno; due… sette squilli.
— Michael… — cominciai disperata, ma lui mi interruppe.
Rimasi di sasso, mentre sentivo chiaramente il mio cuore creparsi.
— Leslie, scusa, ma adesso non posso parlare.
— Ma…
E poi cominciò tutto, nuova tristezza, altro dolore.
Quella voce sconosciuta di donna mi fece sprofondare nel terrore… nel terrore di perdere l’unico mio aggancio in questo mondo, in questa vita.
— Michael spegni.


- Evan
Stava degenerando tutto, ogni cosa.
Tutto cominciava a perdere senso, ma a me non importava.
— Amore.
Lei m’importava, Clissi, la mia bellissima Clissi; ero spaventato, preoccupato, angosciato nel vederla così.
Non mangiava;
dormiva poco;
piangeva spesso, troppo spesso;
vomitava l’anima.
— Sto bene.
— Non stai bene.
— Se ti dico che sto bene, sto bene — insistette dura.
Io la guardai, e mi chiesi cosa stesse realmente succedendo alla mia amata.
E poi scoppiai a piangere, abbracciandola disperato.
— Non mi abbandonare.
— Cosa desideri Evan?

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Capitolo 9
*** Ottavo ***


Ottavo

- Leslie
Chi era? Chi era quella ragazza?
Chi era quella sporca troia che si aggirava attorno a Michael?
E soprattutto, perché lui le sorrideva?
Mi presi la testa tra le mani, che stava scoppiando, mentre altre crepe incidevano il mio cuore martoriato.
— Leslie?
Clissi era vicino a me, mi prese una mano, mi chiamò per nome, e la guardai negli occhi.
Era terribile, sembravano così piatti, e lo sconforto aumentò.
Guardai di nuovo Michael con la sua nuova distrazione.
— Parlagli.
— Non se lo merita. — sibilai.
E tornai calma.
Un fulmine colpì la mia mente, e tutti i miei pensieri sparirono.
Michael e la ragazza si stavano baciando, senza sapere di essere osservati da me.
— Leslie, calmati.
La ignorai e mi incamminai nella loro direzione, da sola, con il viso calmo, piatto.
Desideravo vendetta.
 

- Evan
— Stringimi.
La strinsi, la presi con me, la baciai disperato, con tutto l’amore che provavo per lei.
Ancora piangeva, tra le mie braccia, e piangeva ancora mentre la possedevo con dolcezza, baciandole ogni lacrima, abbracciandola ad ogni singhiozzo.
— Dove andremo a finire? — pianse abbracciandomi, guardandomi negli occhi.
I suoi sembravano un campo devastato, vi leggevo tutto quanto dentro, e mi sembrava di essere in guerra, la più crudele, la più cruenta.
Singhiozzai con lei.
— Staremo insieme fino alla fine.
La sua mano calda si fece spazio, insinuandosi tra le nostre pance.
 
 
- David
— Egg Eater, sei un mostro.
Il demone neanche sorrise, il suo viso restava impassibile, ma la sua voce ghignava, e mi fece infuriare.
Clissi me lo aveva detto, tra le lacrime, lacrime che non smettevano da quando Carry era morta, da quando il caos ha cominciato a regnare incontrastato.
Lo presi per il collo e strinsi, sentendo gli occhi bruciare e l’anello congelarsi.
— Mia sorella aspetta un bambino, razza di mostro. Come hai potuto inoltrarla in tutto questo? COME! Stai distruggendo la vita di tutti. Ridacci Carry! Ridammela! — esplosi, non allentando la presa, ma lui non sembrava voler dibattersi.
Era impassibile.
Mi faceva paura.
Il mare dietro di noi si agitava, ascoltando le mie emozioni.
Il vento sibilava.
— Carry è morta per il bene del mondo, sii felice di questo — disse invece, poi continuò, — E dovresti occuparti di qualcos’altro.
Un boato si levò sopra il vento rabbioso e le onde del mare, ed io alzai gli occhi.
Un nuovo inferno si espandeva davanti ai miei occhi, mentre grossi grovigli si innalzavano su nel cielo.
Mollai la presa sul furetto demoniaco e partii.
Tutto questo doveva cessare.
 
 
- Clissi
Arrivai insieme a Evan e ciò che vedi mi fece quasi crollare.
— Leslie… Leslie cos’hai fatto? — sussurrai inorridita, guardando Michael in una pozza di sangue scura.
Guardai la mia amica, che non riconobbi più.
Il suo viso era sfigurato dalla rabbia e dal dolore, i suoi occhi sembravano due monete d’argento, e ciò mi fece venire i conati di vomito.
Poi ella rise, e l’ombra di Leslie sparì lasciando spazio a qualcosa di più oscuro.
Gridai e strinsi la mano di Evan.
Dall’anello di Leslie scaturì una giungla.
Gli intrichi che creò li riconobbi con il solito marchio, perché tutto fu distorto, in un mondo che non era nostro, un mondo terribile.
— Questo è un Labirinto di Streghe! — gridò Evan.
Da lontano, udì la risata di Egg Eater, ed i suoi occhi ci stavano scrutando.
— Doveva pagare! Non si meritava il mio desiderio! — urlò la voce di Leslie.
E poi me la trovai davanti, con quel sorriso malefico. Seduta su quel trono di spine, gli occhi vuoti, piatti, dove il suo dolore si poteva leggere chiaramente.
Ma della vera Leslie non trovai traccia.
— Leslie è morta.
Era diventata una strega.
 

- Egg Eater
Lo smeraldo brillò all’improvviso e poi si scurì.
Tutto stava andando come volevo.


__________________________________________________________________________________________________________________________

Nota Autrice:
Dunque, questa è la prima volta che uso questo spazio per parlarvi. Inanzitutto saluto tutti quelli che stanno leggendo la storia, e vi ringrazio.
Volevo solo dire che ho specificato bene i POV di ogni personaggio, dopo che uno di voi lettori (che ringrazio in particolare) mi ha fatto notare che è possibile che si confondano tra loro. Da ciò la modifica, evitando altri problemi di questo genere :)
Quindi ci 'rivedremo' (e si fa per dire) al prossimo capitolo, che posterò domani, salvo imprevisti.

Finito tutto quello che dovevo dirvi, vi ri-saluto tutti quanti e... non so che altro dirvi, non sono brava in queste cose XD
Dess.

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Capitolo 10
*** Nono ***


Nono

- Leslie
Doveva pagare.
Adesso è morto.
Doveva pagare.
L’ha fatto.
Ho ucciso la mia ultima luce.
Leslie è morta.
Il suo regno comincia.
 

- David
— Clissi! — gridai mentre puntai la mia spada contro colei che un tempo poteva essere chiamata Leslie, mentre adesso la sua anima si era sporcata, poi distrutta.
Dovevo proteggerla, dovevo farlo, era mio compito.
Era mia sorella dannazione!
Partì all’attacco, e la strega rise sguaiatamente.
— David no!
L’avrei fatto per lei, per Leslie… per Carry.
Anche a costo della mia vita.
 

- Clissi
Lo vidi combattere, e sembrava farcela, teneva testa alla strega che aveva preso il posto di Leslie.
— Non ce la farà, non ce la farà! — gridavo invece, convinta.
Era vero, perché benché i suoi attacchi fossero formidabili, David era stanco, si stava stancando.
La strega no.
— Dobbiamo fare qualcosa — mi dise Evan, ed io annuii.
— No! — gridò invece David, ed il mio cuore si fermò, straziato. — Ci penso io! Voi mettetevi in salvo!
— No, David non dire cavolate! Morirai!
Ma lui mi sorrise… sgranò gli occhi.
— David! — gridò Evan, ma io non ci vidi più.
David gemette e sputò sangue, mentre cadeva per terra, a tre metri da Michael.
La strega lo aveva ferito, gravemente; il tralcio della vite gli aveva trapassato la parte destra del petto, con un grido di vittoria della carnefice.
Egg Eater!
Dovevo porre fine a tutto questo.
 

- Evan
Venni sbalzato via da Clissi, noi unici spettatori di questo film dell’orrore.
Aveva urlato il nome di Egg Eater, e qualcosa in lei cambio.
Ebbi paura, ancora, ma questa volta sul serio, qualcosa che mi strinse le budella… il cuore.
I suoi meravigliosi occhi verdi diventarono argentei, pieni di rabbia e furore, mentre qualcosa intorno a lei si agitava vorticosamente, ed i suoi capelli biondi volteggiarono tutt’attorno, freneticamente.
— No!
Sul suo dito vi era l’anello che avevo visto a Carry, David e Leslie… e adesso lo aveva lei.
— No! Nononono! CLISSI NO!

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Capitolo 11
*** Decimo ***


Decimo

- Clissi
Mi sentivo potente, controllavo l’aria, l’intero mondo.
Terra e aria, gli elementi più vasti, quelli che controllano tutto.
E ci stavamo per scontrare.
I miei occhi bruciavano e l’anello vorticava come un ciclone attorno mio dito.
Mi appoggiai una mano sul ventre e trattenni le lacrime.
Avrei posto fine a tutto questo, io con le mie mani, e sarei morta con essi.
Era il mio compito, fin dall’inizio.
La strega smise di ridere, quando capì che tutti gli attacchi con me non funzionavano.
Poi gridò.
L’aria vorticava e disintegrava come tanti coltelli i suoi rami, poi maciullava la sua terra e deviava gli attacchi.
Mi arrabbiai ancora di più e strinsi un pugno, levandomi in aria.
— Leslie! Tu verrai con me all’inferno! — le dissi, scorgendo bagliori della mia amica, rannicchiata nella strega che gridava furente, a piangere.
La paura aveva fatto tornare la mia amica, e mi implorava, attraverso quegli occhi affondati nella sofferenza.
Le lacrime solcarono anche il mio viso, e con una mano diressi le mie lame invisibili verso di lei, che non fece in tempo a schivare.
Il terremoto scosse l’interno emisfero terrestre, mentre lei moriva pian piano, ed io piangevo.
— Perdonami — sussurrai quando lei cessò d’esistere.
Il mio disastro non finiva più.
Io non ci vedevo più.
Questa era la maledizione, perdere se stessi.
Carry, Leslie… presto anche David, avrebbero seguito anche lui questa via.
Ed il momento era arrivato anche per me.
I miei occhi bruciavano.
Gridai.
— Clissi!
 

- David
Il dolore mi toglieva il respiro, forse avevo anche i polmoni fuori uso, ma ciò che vidi mi lasciò comunque senza fiato.
Non so come ci eravamo arrivati a questo punto, e tutto quanto mi spaventava.
Avrei maledetto Egg Eater per tutta la sua esistenza, per averle fatto fare una scelta del genere.
E avrei maledetto me, la morte tanto mi aspettava, per non averla protetta.
Era mia sorella.
— Clissi!
I suoi occhi argentei si fermarono sui miei.
Era terribile.
Sembrava una dea, così bella, così terrificante, e questo non mi piaceva.
Mi ricordavano gli occhi di Carry all’ospedale, così vacui, quando si comportava come una cieca, e poi gli occhi di Leslie, disperati nonostante il ghigno perfido.
E notai solo ora che i suoi occhi erano così anche prima.
Solo che prima poteva salvarsi, ora no.
Mi avvicinai a lei, che aveva il viso imperturbabile.
— Clissi! È finito, tutto finito!
Sputai sangue; la ferita faceva malissimo, ma riuscivo a reggermi in piedi.
Raccolsi le ultime energie, calpestando il sangue di Michael.
Guardai Evan, che era pietrificato con le lacrime agli occhi, e provai pena per lui e lo capivo.
Amava Clissi, l’amava con tutto il cuore, e adesso la vedeva in quello stato, così persa.
Cominciai a piangere.
— Clissi ora basta! — gridai ancora, avvicinandomi.
Il vento si mosse e mi avvolse, sollevandomi da terra.
I suoi occhi mi imploravano.
Gemei: la stretta del vento era forte, ed io non avevo le forze per contrastarla.
— Clissi, basta! — provai ancora, ma era tutto inutile.
Sorrisi debolmente, scacciando per un attimo il dolore, e guardandola come sempre.
La mia sorellina, la mia amata sorellina.
— David… — sussurrò, e le mie lacrime continuarono a scendere.
— Clissi, ti voglio bene, ti amo, mia piccola sorellina. Raggiungimi, cominciano una nuova vita insieme, tu, io, Carry e Leslie, insieme — piansi.
Anche lei pianse e vidi la sua fronte aggrottarsi e le labbra tremare.
L'aria mi toglieva ancor più il respiro, ed io ormai ero al limite.
Le mie forze si stavano prosciugando come il sangue che colava dalla mia ferita, mentre la morsa del vento aumentava dolorosa.
— Grazie. — sussurrò, mentre sapevo che stava tornando se stessa.
Sorrisi: almeno qualcosa lo avevo fatto, qualcosa di buono.
Poi successe in fretta, e il bianco della morte mi travolse.
 

- Evan
Vidi David cadere nel vuoto, per poi dissolversi nel buio di questo giorno.
Eravamo rimasti solo noi due, io e la mia Clissi.
E la senti gridare, gridare disperata, nel suo dolore, mentre scendeva lentamente a terra con il vento le sferzava i capelli.
Gridava ed il mio cuore gridava con lei.
Appena scese, inoltrandomi nella sua tormenta, l’abbracciai stretta.
— Clissi, amore mio, sono io, sono qua, andrà tutto bene — dissi accarezzandole i capelli.
— …dimi.
Non la capì e la guardai, mentre le lacrime le offuscavano gli occhi argentei, un tempo verdi.
— Amore, che cosa?
— Evan, uccidimi.
Mi pietrificai, poi la scrollai, sperando stesse scherzando.
Ma sapevo che fosse il contrario.
— No, ma cosa stai dicendo. Troveremo un modo, lo troveremo, torneremo alla normalità, ci sposeremo…
— Lo sai anche tu che non possiamo! Lo sai anche tu che è impossibile! Guardami!, cosa sono, dimmi cosa diavolo sono! Sto diventando una strega Evan, un essere orribile, un essere diabolico! Non voglio, non lo diverrò, mai! Evan, se mi ami, uccidimi, ora! — gridò tra le lacrime, guardandomi seria, decisa.
— No, non puoi chiedermi questo! Non ti ucciderò Clissi, ucciderei me stesso!
Ma il suo sorriso mi spiazzò, così dolce, così bello, così da lei.
Per un momento ritornai sotto quella betulla dove tutto ebbe inizio, quando la incontrai per la prima volta, e lei mi calzò la scarpa.
Piansi e le presi il viso tra le mani, baciandola con la disperazione viva in corpo, mentre sapevo che quelli sarebbero stati i nostri ultimi istanti.
Clissi mi mise qualcosa in mano, e non mi chiesi neanche da dove provenisse quel coltello così affilato.
— No, nonono — piansi invano, ma il suo sorriso mi disarmava.
Era quello che desiderava, lei non poteva vivere una vita così maledetta.
E neanche io sarei riuscito a vederla con quel dolore vivente.
— Poni fine a tutto questo, amore mio — le sue lacrime erano così cristalline.
— Ti amo — dissi disperato e brandii il coltello.
— Ti amo anche io. Insieme fino alla fine, ricordi?
Cercai di sorridere.
Poi lo feci, le ferii il cuore mortalmente, e la sentii gemere, mentre un rivolo di sangue le scendeva dalla bocca, sempre incurvata in quel sorriso che amavo tanto.
— Evan ti amo, ti ho amato con tutta me stessa, e volevo veramente sposarti.
— Anche io, anche io volevo sposarti, passare la mia vita intera con te.
Cos’avevo fatto!
Avevo ucciso la persona che amavo!
Cos’avevo fatto!
Lei cadde, vomitando sangue, ed io la sorressi, piangendo lacrime che rispecchiavano le sue vermiglie.
Lei avvicinò una mano tremante al mio viso.
— Evan, amore mio…
— Sì, ti ascolto, ti ascolterò per sempre.
Il suo sorriso divenne un dolore vivo nel mio corpo, e ciò che mi disse mi accoltellò il cuore, come io avevo fatto con lei.
— Sono incinta, aspetto il nostro bambino.
Sorrisi amaramente, sbalordito, poi posai la mia mano sul suo ventre sporco di sangue.
— Un figlio… — singhiozzai, tremando.
Dentro di lei cresceva il mio seme, il frutto di ciò che provavamo l’uno per l’altro. Anche se era troppo presto, questo era un miracolo vano, reso futile dalla crudeltà di questo mondo nella quale lei non doveva entrare, nella quale nessuno doveva entrare.
La strinsi al mio petto. Poi lei mi baciò e quel suo ultimo ti amo volava nell’aria, nel suo elemento, con lei, mentre si dissolveva con mio figlio, nostro figlio.
— No, no Clissi no! Non mi lasciare!
— Ci rincontreremo amore, ci rincontreremo.
E poi sparì, e l’aria si calmò.
Per un secondo potei rivedere di nuovo i suoi occhi verdi.
Nuovo rombo fece tremare la terra: il mio dolore.
Tra le mani non reggevo niente, se non il suo anello, che io strinsi nel mio pugno, prima di infilarmelo al dito.
Questo crepitò.
Cosa desideri Evan?
— Desidero la vostra morte, tu e le tue streghe, i tuoi simili! Che voi siate maledetti! — gridai; i miei occhi bruciarono e sapevo che erano diventati argentei.
Il sorriso dell’amore della mia vita impresso ancora nella mia memoria.
Avrei fatto sparire questo ridicolo dolore.
E poi l’avrei raggiunta.
I fulmini squarciavano il cielo.
Era una promessa che feci, e la feci per Clissi.


- Egg Eater
Lo zaffiro e il diamante andarono in frantumi, ma l’ametista brillò forte.
E, per la prima volta, ebbi paura.

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Capitolo 12
*** Undicesimo ***


Undicesimo
- Evan
Grida, grida e ancora grida.
Guardai la bilancia che avevo cercato per ben sei anni, e la guardai con odio.
La bilancia dell’ordine e del caos… per quei orribili esseri.
— Intruso, intruso!
Guardai cinque grandi pietre: il rubino, lo smeraldo, lo zaffiro, il diamante e l’ametista, con in mezzo la bilancia bianca e nera.
I miei occhi bruciavano e l’anello crepitava.
Alzai una mano e la tenni aperta sulla parte del rubino.
Intorno a me gli spiriti guardiani di questo inferno mi vennero incontro, pronti a fermarmi, ma morirono, scossi dal mio potere.
Ghignai.
— È ora di fare giustizia.
E il rubino si frantumò com’era successo a Carry, colpito dal mio fulmine.
— Fermo! Così causerai la fine di tutto!
L’avevo riconosciuto, era la voce di Egg Eater, ma non era più un furetto anomalo: era di forma evanescente, luminosa.
— E fine sia! — ringhiai, rompendo anche lo smeraldo, ricordando il grido di Leslie.
— Dovete pagarla! Dovete pagarla per aver causato tutto questo ciclo di dolore! — e altri demoni morirono, scomparendo.
La bilancia vibrava, e la grotta in cui ero stava tremando.
Tremava come la terra in quel giorno.
— Fermati!
Guardai infuriato Egg Eater e un filmine calò su di esso: si dissolse in un grido acuto, per sempre, in una spira di fumo nero.
— Tu per primo.
Poi anche lo zaffiro si ruppe, e risentì l’amore fraterno di David, quello che provava per Clissi, la mia Clissi.
Guardai il diamante, il più bello tra tutti, e mi ricordai del sorriso di Clissi, della sua voce, della sua risata, del suo corpo contro il mio, il suo profumo, i suoi occhi verdi così belli…
Cominciai a piangere e puntai la mano su di esso.
— Il diamante ti stava così bene, eri proprio la dea dell’aria.
E anche il diamante si frantumò in mille pezzi, ed io ricordai il suo ultimo bacio, la sua ultima carezza… il suo ti amo impresso nel vento.
— Ti amo anche io.
Poi passai alla bilancia e, distrutta quella, ogni spirito si disintegrò di conseguenza.
Sei anni, sei anni a darvi la caccia, e finalmente la mia giustizia sarebbe prevalsa, nessun altro avrebbe sofferto come avevamo sofferto noi.
Guardai l’ametista e tirai un grosso sospiro.
— Finalmente siamo solo tu ed io.
Pensai un secondo a ciò che mi aspettava, a ciò che sarebbe accaduto. Ma alla fine decisi che sarebbe stato inutile, che non m’interessava: al di là di questa vita ad aspettarmi ci sarebbe stata Clissi, e nostro figlio.
Quel bambino corvino con i suoi occhi verdi che avevo sognato.
Volevo solo riaverli.
L’ennesima lacrima mi solcò il viso e la feci finita.
L’ametista esplose, ed io cessai d’esistere.
 
— Papà!
Mi guardai intorno e venni colto da un improvviso abbraccio.
Ai miei piedi, un bambino con i capelli neri e gli occhi verdi mi sorrideva; gli mancava un dente.
Sorrisi intenerito.
Era così meraviglioso, così bello, e mi assomigliava in modo incredibile.
Lo presi in braccio e lo baciai tra i capelli.
— Sei bellissimo.
— Perché è tuo figlio.
Da lontano una figura si avvicinava sempre di più, e poi la vidi, bella, bellissima come noi mai, con i capelli biondi così lunghi e gli occhi verdi, gli stessi di mio figlio, di nostro figlio.
— Clissi.
Lasciai nostro figlio e le corsi incontro abbracciandola, stringendola, baciandola felice, come non mai.
— Sei qui, ti ho ritrovata.
Clissi pianse, ed il suo sorriso fece sussultare il mio cuore.
Mi sembrava che i sei e lunghi anni senza di lei non fossero mai esistiti.
— Sono qui amore mio. Insieme fino alla fine, ricordi? — sorrise baciandomi ancora ed ancora.
— Ti amo, non sai quanto.
— Ti amo anche io — e tornai a baciarla.
Era lì, con me, di nuovo, e questa volta non l’avrei lasciata per nulla al mondo.
Qualcosa mi tirò i pantaloni e il mio bambino volle essere preso in braccio.
Lo accontentai con un sorriso.
Clissi lo baciò sulla guancia, provocando le sue risa.
— Insieme, tutti e tre.
— Sì, la nostra famiglia.
Presi la mano di Clissi ed insieme ci incamminando verso un nuovo futuro.
Un futuro luminoso ed eterno.

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Capitolo 13
*** Epilogo ***


Epilogo
Mi dispiace!
Le ero corso incontro, dopo che la mia scarpa era volata sulla sua testa.
Ero mortificatissimo, non sapevo che fare.
Ty mi aveva fatto fare un tale figuraccia!
Ma lei rise e me la restituì, anzi, me la calzò
Ecco a te, Cenerentolo.
Risi e la guardai bene per la prima volta.
Il mio cuore ebbe un sussulto, fece un grande salto, e lei inconsapevolmente lo catturò.
Avevo davanti ciò che rappresentava il mio futuro felice.

Guardai i suoi stupendi occhi azzurri e lo baciai, dopo che lui aveva baciato me.
Sì, sìsìsì! Voglio essere la tua ragazza Evan!
Ero così felice che niente lo avrebbe cambiato.
Lui rise ed intrecciò la sua mano alla mia.
Qualcosa di nuovo stava cominciando, con lui.
Qualunque cosa con lui.
Ed io lo amavo.

Era il mio regalo per l’undicesimo compleanno per lei, avevo visto quel campo e non ero resistito dal portarla.
Senza farlo apposta inciampai e la urtai, così lei cadde tra i petali viola.
Viole! — aveva esclamato meravigliata, dopo aver tirato la testa fuori dai fiori.
Buon compleanno!
Avevo sorriso contento, ed imbarazzato per la magra figura. Ma non ci pensò due volte ad avere la sua vendetta: caddi anche io.
Io mi cosparsi del loro profumo mentre lei rideva.
Presi qualche fiore e, ricordando le giornate passate ad intrecciare fiori con mia sorella, le feci una coroncina.
Era tutto perfetto.

Vedevo Clissi ed Evan, erano felici insieme.
Io ero da sola, e per me andava bene.
A me non importava di ragazzi, a me andavano bene le mie amiche, e non ero invidiosa.
Loro erano fatti per stare insieme, e se da qualche parte nel mondo ci sarebbe stato il mio Evan, bé, sarebbe stato bellissimo.
Ma adesso no, non volevo nessun ragazzo, stavo bene da me.
Ero spensierata.
Senza preoccupazioni se non la scuola.
Con gli occhi seguii un velocissimo colibrì, che volava libero.

Carry, sei il tesoro più bello abbiamo.
Carry, sei bellissima con quel vestito.
Sei stupenda.
I miei genitori, i miei amici, e lui.
C’erano tutti, era bellissimo, ed ero bella ai loro occhi, loro mi guardavano.
Non c’era niente da cambiare, era tutto perfetto.
Per i miei genitori ero il più bel tesoro loro capitato, anche se eravamo poveri, facevano tutto per me.
Clissi, Leslie… loro erano il massimo, e lo sarebbero state per sempre, e io per loro.
Eravamo belle insieme.
David, lui, che da piccolo mi aveva fatto cadere in un campo di viole senza farlo apposta, ma senza farlo apposta mi aveva fatto amare quei fiori, con la quale riuscì a farmi una coroncina.
Ero una principessa.


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Nota Autrice:
Bene, e con questo chiudo la storia, il mio esordio qui su EFP.
Devo dire che è stato abbastanza difficile farla (l'avevo già finita prima di pubblicarla), anche perché per un momento ho proprio abbandonato la penna dato che non riuscivo a scrivere ciò che volevo, benché avessi in mente gli avvenimenti e la fine. E ammetto senza vergona di aver pianto come una fontana scrivendo gli ultimi capitoli xD non è facile far 'mancare' i propri personaggi, se non tutti. O almeno non lo è stato per me.
Volevo riusare questo piccolo spazio per fare un po' di ringraziamenti, che non sono molti:
Ringrazio inanzitutto una delle mie più care amiche, perché è grazie a lei se sono riuscita a ritrovare l'ispirazione;
Volevo anche ringraziare una canzone in particolare (incentivo anche del mio 'scoppio' di lacrime), che s'intitola "And I'm Home", sempre presa dall'anime di Madoka, che mi ha aiutato a buttare giù le parole che non riuscivo a scrivere in precedenza;
Poi naturalmente ringrazio voi lettori, in particolare chi è arrivato fin qui, all'ultimo capitolo. Grazie veramente per aver speso il vostro tempo a leggermi.
Dunque, questa è la fine.
Un caloroso saluto a tutti ed un buon prosseguimento delle vostre vacanze estive o della vita in generale :)
Arrivederci!

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