Il patto col Diavolo

di Peppe_P
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il giorno in cui nacque il Demonio ***
Capitolo 2: *** Notti insonni ***
Capitolo 3: *** Indietro non si torna! ***
Capitolo 4: *** Il rituale: parte 1 ***
Capitolo 5: *** Il rituale: parte 2 ***
Capitolo 6: *** Il giorno in cui si risvegliò il Demonio ***
Capitolo 7: *** Il patto è infranto! ***



Capitolo 1
*** Il giorno in cui nacque il Demonio ***


Titolo: Il patto col Diavolo
Autore: Peppe_P
Trama: Tutti vorrebbero realizzare i propri desideri, ma sareste disposti a stringere un terribile patto col diavolo pur di ottenere ciò che volete? Questa è la storia di un ragazzo che ha scelto di rendere reali i propri desideri...


Stava già suonando la sveglia, segno che un altro giorno stava per iniziare. Per molti un nuovo giorno vuol dire attimi du gioia, felicità, ma anche paura, ansia. Emozioni. Quel che fa capire di essere vivo. Per Ethan un nuovo giorno significava solo altre ventiquattro ore da aggiungere nella lista ore inutili.
-Ethan scendi o farai tardi!
Sua madre, precisa come sempre. Per quel che Ethan ricordava non aveva mai fatto tardi ad un appuntamento. Suo padre gli raccontava che quando lui e la madre erano ancora fidanzati, doveva sempre anticiparsi di molto, per non correre il rischio di far aspettare la sua innamorata.
Un mugolio, ecco tutto ciò che Ethan riuscì a dare come risposta alla madre mentre si alzava da quell'alto e morbido letto e si dirigeva verso il bagno in camera sua.
-Forza, Ethan, ho preparato i pancakes, e ho preso lo sciroppo d'acero... So che è così che ti piacciono.
In effetti era così che gli piacevano. Quella donna lo conosceva davvero bene, non solo perchè era sua madre, ma anche perchè lui era davvero un tipo prevedibile, un abitudinario, quel tipo di persona che crede di non essere apprezzata se fa dei cambiamenti.
Dopo essersi lavato e vestito Ethan si precipitò al piano di sotto, dove fu accolto da un magnifico profumo di dolce, che proveniva dalla cucina; dopo aver preso un piatto si sistemò al suo solito posto, tra la sorella e il fratello.
-Dev'esserci un evento speciale oggi, i pancakes sono per i giorni festivi. Cosa si festeggia, mamma?
Disse mentre si versava dell'aranciata nel bicchiere.
-E' il compleanno di tua sorella! Come fai a scordare tutte le date? Credo ti servirà qualche cosa per aiutare la memoria, oggi andrò dal medico, vediamo cosa ne dice lui...
Sua mamma si preoccupava subito, e al primo accenno di qualcosa, anche di banale, correva dal medico.
-Dai, mamma, sai che non tengo mai a mente le date degli eventi speciali. Comunque buon compleanno Hailey!
-Grazie fratellone!
Ethan amava quella bambina, avevano gli stessi occhi marrone chiaro, ma lei aveva i capelli lunghi molto scuri, lui invece li aveva corti e chiari; il fratello più grande invece, di nome Seth, aveva preso da suo padre, aveva i capelli biondi, ed era alto, ma come tutti in famiglia, aveva degli occhioni marroni.
-Allora, hai finalmente compiuto dieci anni!
Il volto di Hailey si illuminò, e sulla facci le si formò un sorriso gigante.
-Allora ricordi che regalo farmi, vero?
Un paio di anni prima Ethan le aveva promesso di portarla a cavallo non appena avesse compiuto l'età giusta, adesso era arrivato il momento di accontentare il suo desiderio.
-Certo che ricordo...
Rispose mentre ingoiava l'ultimo pezzo dei tre pancakes che si era concesso.
-Ora scappo, alla prima ora ho lezione di scienze, non ho intenzione di perdermela. Ci vediamo più tardi!
Andò a prendere la bici, poi si diresse verso la scuola.
Gli piaceva studiare, infatti passava molto del suo tempo a scuola, oltre alle materie obbligatorie che sono: storia canadese, inglese, francese e geografia; frequentava dei corsi di scienze, fotografia e matematica; inoltre andava anche ad alcuni corsi extra-curricolari come teatro e computer. Voleva apprendere quanto più possibile, per realizzare il suo sogno di diventare ricercatore; gli sarebbe piaciuto trovare cure per le grandi malattie che affliggono il mondo.
Girò l'angolo e vide l'ampio giardino, in cui c'erano due alti pali, uno con un bandiera bianca con una foglia d'acero sopra, la bandiera del Canada, l'altra bandiera era rossa con una bandiera del Regno Unito in alto a sinistra e uno stemma in basso a destra, la bandiera della sua regione: l'Ontario.
Dopo aver posato la sua bici si avvicinò all'entrata, dove vide la più bella ragazza della scuola: Paige Adam. Anche lei doveva averlo notato, infatti si girà verso un gruppo di amiche verso e tutte si misero a ridere, e sentì anche qualcuno dire:
-Piccolo Tremblay!
Alcuni lo chiamavano così, ma lui non sapeva perchè, non era piccolo; in ogni caso non gli interessava.
Entrò in classe pensando che quell'ora di scienze sarebbe stata probabilmente la cosa più bella che gli sarebbe capitata quel giorno, visto che solo il giorno dopo avrebbe portato sua sorella al maneggio.
 
****** 
 
Era tornato da un bel po', ed era a casa da solo, poichè i festeggiamenti di Hailey si sarebbero tenuti a casa di un'amica. Lui aveva preferito non andarci, e alla sorella stava bene così, anche perchè si sarebbe festeggiato anche quella sera a casa.
Noia. l'unica cosa che provava in quel momento. Se solo fosse riuscito a fare qualcosa di eccitante. Magari un viaggio. Aveva sempre desiderato visitare l'Italia e l'Inghilterra. Ma quello era uno dei suoi assurdi desideri, uno dei tanti irrealizzabili, ma che avrebbe fatto di tutto per far diventare realtà, uno di quelli a cui pensava nei momenti di noia come quello che stava attraversando.
Un improvviso rumore lo fece trasalire, e gli fece distogliere la mente dal bellissimo Mar Mediterraneo. 
Il rumore proveniva dal piano di sopra, quindi Ethan andò a vedere. Passò prima nel bagno che dava sul corridoio: niente; si diresse verso camera dei suoi genitori, ma neanche lì niente; aprì piano la porta di camera sua, e scorse una figura di spalle, intenta a frugare in un cassetto. Un ladro. Ma lui non aveva niente di valore, o almeno non in camera sua, quindi perchè era là? Iniziò a varare alcune ipotesi, ma nessuna lo convinceva, così decise di chiederlo al diretto interessato.
Si diresse verso camera di Seth e  prese la sua mazza da hockey, poi andò in camera sua brandendola.
-Chi sei? E che ci fai in casa mia?
La figura di spalle si voltò. Era un uomo, poteva avere circa trent'anni, alto e con i capelli neri, vestito di nero, ma con un dettaglio inquietante: aveva dei terribili occhi del colore del fuoco; non erano rossi, ma avevano varie sfumature che ricordarono ad Ethan il fuoco del camino che c'era in salotto.
-Calmati Ethan Tremblay. Sei tu vero, Ethan?
Non sapeva che fare, era sotto shock, così annui semplicemente.
-Bene, non aver paura... Io sono Kematian, io sono un demone.
Aveva capito, era solo uno scherzo dei suoi pseudo-amici.
Che sciocchezze!
-So che non mi credi, così te ne darò una dimostrazione...
quello strano uomo estrasse una sfera dalla tasca, la poggiò per terra e pronunciò alcune parole che Ethan non capì.
La stanza si fece buia, ed entrambi furono trasportati su una collina di terra nera, con un solo albero, anch'esso nero, e bruciato.
-Ti piace? Questo è l'inferno, qui vengono puniti i malvagi, coloro che sono stati felici in vita, ma non virtuosi! Questo è un luogo di sofferenza, e dove ti auguro vivamente di non andare a finire.
Il ragazzo era sconvolto, non aveva parole. Non poteva essere uno scherzo.
-Bene, ora che mi credi torniamo a casa tua e passiamo alle spiegazioni.
Di colpo si ritrovarono nella sua camera, l'uno difronte all'altro, si guardavano negli occhi, si scrutavano, finchè Kematian fece segno di sedersi per parlare.

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Capitolo 2
*** Notti insonni ***


Erano le 3:00, eppure Ethan non riusciva a dormire. Pensava al motivo per il quale Kematian era andato da lui: voleva stringere un patto. Un patto strano, senza alcun vantaggio per quel demone che era venuto a cercarlo. Gli aveva detto che avrebbe potuto esprimere dei desideri, e lui li avrebbe avverati. Quando Ethan si insospettì e gli chiese perchè lo stesse facendo la creature venuta dagli inferi gli rispose semplicemente:
-Perchè mi annoiavo!
Veramemte troppo strano. Ora gli aveva lasciato del tempo per pensarci, e quando il ragazzo si sarebbe convinto, perchè Kematian sapeva che si sarebbe convinto, doveva pronunciare una frase per chiamarlo a se.
Sarebbe stata una notte insonne, stava pensando a tutti i pro e i contro, anche se di contro non ne vedeva. Ethan era un ragazzo intelligente sapeva che c'era un trucco dietro, ma non riusciva a scovarlo, non riusciva a capire come sarebbe potuto essere raggirato. 
E se non ci fossero inganni? 
Era uno dei pensieri che gli frullava in testa.
Forse potrei provare. Si desidererò una cosa semplice, che non possa portare ad effetti negativi. Bene, ho deciso, domani lo chiamerò...
Ora era più tranquillo, ma non vedeva l'ora di fare il suo esperimento.
I minuti passavano, ma lui riusciva a dormire, così decise di uscire in giardino, non solo per prendere una boccata d'aria, ma per chiamare quello strano tipo.
-Kematian saya sembah anda untuk membuat pakatan.
Stava leggendo la formula di invocazione da un foglio, l'aveva scritta, la riteneva troppo strana da ricordare.
Si guardò intorno, ancora un po' scettico. Nulla. Era tutto perfettamente uguale a prima. Si sentì un rumore che gli ricordò quello sgradevole suono che fa il gesso sulla lavagna. Si voltò verso casa, dal retro veniva un bagliore cremisi. Mentre si avvicinava vide piccole ombre danzare all'ombra di quella luce, infine lo vide. Era su un grosso buco nero che emanava la luce che aveva visto in precedenza; il buco si andava chiudendo, e il demone si avvicinò al ragazzo, si sedette sui tallonni e con l'espressione di chi ha appena vinto qualcosa disse:
-Sapevo che non avresti resistito. La tentazione è troppo forte, e lo sarà sempre.
Ethan trasalì a quelle parole, come se fino a quel momento non si fosse accorto di lui. Lo guardò negli occhi, poi  decise che doveva tagliare corto.
-Allora, lo stringiamo questo patto Kematian?
Il demone assunse un'aria divertita.
-Sono qui per questo, tu ne sei proprio sicuro? Guarda che non puoi ripensarci...
-Sicurissimo. Procediamo!
Kematian girò intorno al ragazzo descrivendo una circonferenza, poi gli si mise accanto ponendo una ano sulla spalla, e iniziando a parlare una strana lingua, probabilmente quella della formula dell'invocazione.
Una voragine si formò sotto i loro piedi, ma lievitavano, Ethan guardava in basso, e riconobbe la collina sul quale era stato il pomeriggio precedente, quella con l'albero bruciato. Si vide planare lentamente verso quel luogo. Il demone gli si avvicinò e con un amuleto rovente raffigurante una stella capovolta in un cerchio lo marchiò di fianco al collo. La carne gli bruciava, il giovane sentiva le lacrime rigargli il viso, e all'improvviso tutto divenne nero.
 
******
 
Ancora una volta fu svegliato dall'irritante suono della sveglia sul suo comodino, ogni mattina sembrava più fastidioso! Decise che avrebbe dovuto comprarne un'altra con un suono migliore, meno irritante. Come al solito la madre dal piano di sotto gli ricordava che doveva affrontare un'altra giornata, praticamente identica a quella precedente.
-Ethan, scendi o farai tardi!
Quella mattina si svegliò con un emicrania assolutamente fuori dall'ordinario, così chiamo sua madre, e non appena lei salì in camera capì che c'era qualcosa che non andava.
-Mamma, non mi sento troppo bene, credo sia meglio che resti a casa oggi, che ne dici?
-Certo tesoro, resta a letto, riposa, tra un po' ti porto la colazione, intanto sdraiati e chiudi gli occhi.
La donna gli voltò le spalle e mentre chiudeva la porta alle sue spalle  disse fra sè:
-Lo dicevo io che era meglio chiamare il medico ieri!
Preoccupata come sempre. Anche se era un mal di testa più forte delle altre volte sarebbe sopravvissuto, non c'era bisogno di prenderla così sul serio.
Qualche minuto dopo la signora Tremblay tornò in camera di suo figlio, con in mano un vassoio contenente succo d'arancia, due fette di pane tostato, burro d'arachidi, e bacon. Una sorta di colazione Newyorkese, anche se mancavano alcuni cibi per esserlo veramente.
Ethan si alzò, e si appoggiò allo schienale del letto, la madre gli pose il vassoio sulle coscie.
-Tu mangia, io torno tra un po', accompagno tua sorela a scuola e torno, oggi lo scuolabus non passerà!
-Va bene mamma, non essere in pensiero per me!
L'ultima frase era del tutto inutile, la madre si sarebbe preoccupata sempre e comunque, ma ora doveva andare, così a malincuore scese di sotto lasciando il suo amato figlio da solo in camera.
Aveva mal di testa, ma anche fame, così Ethan in pochissimo tempo spazzolò fino all'ultima briciola. Si alzò dal letto con calma, per non far cadere il vassoio, ma soprattutto per controllare che le gambe reggessero il suo peso, non ne era sicuro, quando se ne accertò andò in bagno per lavarsi. Si levò la maglietta, e si diresse verso il lavandino, quando notò una cosa strana. Sul fianco del suo collo, dove si trova lo spazio fra le ossa, c'era una sorta di tatuaggio nero. Lo scrutò con attenzione, non capiva cosa i facesse lì, poi guardando meglio riconobbe in un cerchio una stella capovolta, e gli tornarono in mente gli eventi della notte precedente. Cercò di fare un'elenco mentale di tutto ciò che era successo.
Quel demone di nome Kematian è venuto, mi ha trasportato giù nell'inferno, poi mi ha impresso questo simbolo, come per suggellare il nostro patto indissolubile. Ricordo che mi ha detto qualcosa dopo, ma cosa? Dai, forza cerca di ricordare, non è difficile... Cosa ti ha detto? Una frase, ma non ricordo. Il foglio, quello dell'altra volta, potrei usare quella!
Cercò il foglio di carta con la frase, poi pronunciò di nuovo quelle misteriose parole.
-Kematian saya sembah anda untuk membuat pakatan.
Niente! Ma doveva esserci qualcosa, qualcosa che non ricordava. Improvvisamente gli venne in mente. Bastava troncare quella frase
-Kematian saya sembah anda!
Sembrava funzionasse perchè in camera sua apparve subito il demone con un ghigno malefico stampato in faccia.
-Bene, vedo che ricordi ancora come si fa! Ok, ora che mi hai evocato potrai esprimere tutti i desideri che vorrai, basta solo mettere la mano sinistra sulla parte destra del collo dove si trova il simbolo, dopodichè devi solo dire cosa desideri. Io vado a fare altro, ricorda però che ti osservo! Divertiti.
Era praticamente senza parole, però doveva chiedere a quell'essere alcune cose.
-Fermo, aspetta! Devo farti due domande, la prima è: quali sono i limiti dei desideri?; la seconda è: se ti volessi chiamare ancora, potrei farlo?
Il demone sembrava divertito dalla sua ingenuità
-I limiti sono pochi, basta rimanere nel realizzabile! Mi spiego: puoi desiderare di andare in un qualsiasi posto, anche su altri pianeti, ma non puoi desiderare che, per esempio, si formi una colonia di umani sulla Luna. La risposta alla seconda domanda è affermativa, ma non rompere le scatole! Hai altre domande o posso andare?
Il ragazzo scuotè la testa, pensando al primo desiderio da far esaudiire.
-Kematian ti saluta!
Disse prima di scomparire nel nulla.
Aveva già il suo primo desiderio. Era una fortuna che si fosse svegliato col mal di testa, avrebbe potuto iniziare con tranquillità!
Portò timidamente la mano sinistra sul collo, poi la fece scendere delicatamente sul simbolo.
-Voglio che questo mal di testa passi!
Il marchio bruciò leggermente, ma dopo il mal di testa era passato, e non sembrava essere successo nulla di male, forse avrebbe potuto sfruttare quel patto a suo vantaggio.
 
******
 
Durante quel pomeriggio avrebbe dovuto portare sua sorella al maneggio, ma decise di fare altro, desiderò per lei un cavallo come regalo del suo compleanno. Hailey ne fu felicissima, e  subito salì in groppa al cavallo e dimostrò di avere un talento nel domarlo. Era davvero emozionata, e ciò rendeva entusiasta anche Ethan, che aveva provato qualche momento di gioia, trasmessogli da sua sorella. Ma quella gioia era già passata. Voleva fare un'altra richiesta, ma decise di apettare il giorno seguente.
 
******
 
Dopo cena Ethan non vedeva l'ora di addormentarsi per far passare in fretta la notte, visto che il giorno dopo si sarebbe potuto divertire. Era da molto tempo che non era impaziente per qualcosa. L'ultima volta era stata quando partì per la California, non vedeva l'ora, e la notte prima la passò in bianco, fino all'alba, quando si mise in viaggio con la famiglia; aveva solo otto anni allora.
Si mise a letto, e solo dopo pochi minuti cadde tra le braccia di Morfeo.
Una donna, era in macchina, stava attraversando un passaggio a livello quando la macchina si fermò. Provava in ogni modo a scendere, ma non ci fu nulla da fare. Purtroppo iniziarono ad accendersi le lampadine rosse alternate, che segnalavano l'arrivo del treno, e si sentiva il rumore di una campanella, anch'essa annunciava l'imminente arrivo del treno. Le portiere finalmente si aprirono, ma era troppo tardi. La donna scese dall'auto, ma il treno colpì il veicolo, che a sua volta investì la proprietaria. Una morte orribile, ed estremamente dolorosa!
Un incubo, è soltanto un incubo, era molto, molto reale, ma è finto! Calmati Ethan, va tutto bene.
Provò ad autoconvincersi, poi si girò su di un lato e riprese a dormire.
Un ragazzo, era con la fidanzata sulla parte alta di una cattedrale, sembrava felice, gli piacevano il panorama, e quelle antiche strutture, si guardò intorno sorridente, strinse la mano alla giovane, poi la lasciò e la ringraziò per essere andata con lui. All'improvviso una folata di vento sovvertì la situazione. Il ragazzo scivolò, e cadde giù da quell'imponente struttura, schiantandosi al suolo.
Il giovane che fino a qualche momento prima era felice ora giaceva con gli occhi vitrei, e con tutte le ossa rotte, ed il cranio spappolato. Un'altra morte dolora e spaventosa.
Cosa succede? Un altro incubo, calmo, resta calmo.
Non ci riuscì, infatti dovette andare in cucina a prendere un bicchiere di latte, e guardare la TV, per aspettare che il sole sorgesse, poichè sapeva che pur andando a letto avrebbe passato una notte insonne.

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Capitolo 3
*** Indietro non si torna! ***


Doveva avere delle risposte. Due incubi nella stessa notte. Di solito nemmeno si ricordava di sognare, e forse fu proprio questa cosa a fargli capire che quelli non erano semplici incubi.
Aveva ancore un'ora prima che le sveglie in casa comminciassero a suonare.
-Kematian saya sembah anda.
Una figura ammantanata comparve, si abbassò il cappuccio, ed il viso di Kematian comparve.
-Cosa c'è, ci hai ripensato? Sai che non puoi farlo vero?
-Non ci ho ripensato, voglio solo farti una domanda: Ho fatto dei sogni strani, ne sai qualcosa?
-Quanto strani?
Sembrò incuriosito, era teso, come se aspettasse la conferma di qualcosa.
-Gente che muore, ecco quanto strani.
Il demone scoppio in una risata che rischiava di far svegliare qualcuno al piano superiore, poi si calmò e guardò dritto negli occhi di Ethan. Alzò un sporacciglio.
-Credevi davvero che il marchio sarebbe stato un dono? Io ho parlato di patto, non di regalo.
-Di cosa diavolo parli?
-Hey, modera i termini, il mio superiore non ama essere disturbato... Comunque parlo del fatto che ogni tuo desiderio ha un prezzo!
-Quale?
-Ogni volta che tu esprimi un desiderio, una persona in giro per il mondo, perde la vita, una a caso, e cade lì sotto.
Indicò il pavimento.
-Poi tu sogni la sua morte di notte! C'è solo un modo per smettere di sognare: l'abitudine!
Il ragazzo aveva l'aria sconvolta, si passò la mano tra i capelli, poi sulla faccia.
-Quindi sono diventato una sorta di mietitore, ti regalo le anime! Non è possibile! Non è possibile! A causa mia sono morte due persone innocenti! Due persone che avevano famiglia, amici, qualcuno che li aspettava a casa! Non posso crederci!
-Sei patetico! Li conosco i tipi come te. Ora sai la verità, ma non riuscirai a fermarti. 
-Si invece! Vivrò la mia vita senza usare quel dono demoniaco!
-Vita, è così che la chiami, vita? Tu non vivi, passi la maggior parte del tuo tempo chiuso in un'alua, quando sei a casa tieni il nso sui libri, in pratica non fai altro che studiare e svolgere alcune funzioni vitali indispensabili, che se potessi saresti capace di evitare!
Aveva ragione, lui non viveva, passava ogni giorno alla stessa maniera.
-Meglio che essere un assassino!
-Tecnicamente non sei l'assassino, sei la causa della loro morte. Comunque fai come ti pare, se riesci a resistere alla tentazione, tanto meglio per te!
Aveva capito tutto di lui. Ethan aveva così pochi stimoli che resistere alla tentazione lo avrebbe logorato, così prima o poi avrebbe espresso un'altro desiderio.
-Io me ne vado. Ciao sciocco!
Il ragazzo era arrabbiato. Non solo con Kematian, ma con sè stesso, per non essere stato più cauto e più responsabile. Ma ora era troppo tardi, ormai già due persone erano avevano perso la vita a causa sua, e come se non bastasse li aveva spediti negli Inferi. Magari lo meritavano, erano cattive persone, ma chie era lui per decidere?
Avrebbe voluto rimediare. Come? Come avrebbe potuto rimediare? Forse con un'altro desiderio... 
Sarebbe potuto tornare indietro nel tempo, e non far accadere nulla, o magari avrebbe potuto non accettare il patto. Si avrebbe fatto così.
La sua mano sinistra si piazzò in modo deciso sul simbolo infernale.
-Vorrei non aver stretto il patto con Kematian.
Sembrava non fosse successo niente, ma all'improvviso il demone comparve, cose se fosse stato chiamato.
-Lo sapevo, volevi tornare indietro vero?
Il giovane annuì
-Bene, mi sembrava di averti già detto parecchie volte che non puoi. Ah, ho un'altra cosa da dirti. ricordi che i tuoi desideri saranno avverati nei limiti giusto?
Annuì nuovamente.
-Ecco, nei limiti c'è anche un'altra restrizione: non puoi andare contro di me, il mio capo oppure a favore della gente che popola l'Inferno.
Un'altro tranello, doveva aspettarselo, eppure aveva sbagliato ancora.
-Ora che succederà?
Chiese Ethan
-Una persona verrà sacrificata ugualmente, se è questo che intendi...
-No! Non farlo!
-L'ho già fatto...
Con quelle parole scomparve, lasciando Ethan da solo col senso di colpa.
La sua famiglia sarebbe scesa di lì a poco, così andò a letto.
Non dormì, ma si promise che non avrebbe usato mai più quel potere.
 
******
 
Stava per cominciare la lezione di storia Canadese, si stava dirigendo in classe, quando Nick e i suoi due amici gli andarono in contro. Sapeva che a chi aveva a che fare con loro non capitava mai nulla di buono. Iniziò a correre nella direzione opposta. Svoltò il corridoio a destra, poi salì le scale, appena su urtò per sbaglio qualcuno, che non sembrava averla resa bene dal modo in cui si lamentava; quei tre erano ancora dietro di lui, così si rifugiò in ascensore. premette il tasto per far scendere l'ascensore fino al parcheggio sotterraneo riservato ai professori. Quando giunse in quel luogo impregnato dall'odore di umidità, contò fino a dieci, poi salì al piano terra; uno dei due compari di Nick era appostato lì fuori, così fu costretto a scappare ancora, era sfinito, non aveva nemmeno dormito, quindi doveva rifugiarsi da qualche parte. L'ufficio del preside!
Si diresse lì, scansando gente e talvota porte ed armadietti aperti. Finalmente arrivò fuori della porta con su scritto PRESIDE. Era in salvo, gli bastava entrare, ed infatti così fece.
-Salve preside!
-Salve giovanotto.
-Scusi se sono entrato così, senza nemmeno bussare, ma ci sono tre ragazzi che mi inseguono.
-Chi sono, e cosa vogliono?
-Sono Nick Forrester e due dei suoi compagni. Non ho idea di cosa possano volere...
-Bene, ora gli chiediamo perchè ti inseguono allora!
Il presideera un uomo sulla sessantina, ma era molto alto, e sembrava facesse palestra dal suo fisico, molti uomini perdono i capelli alla sua età, invece lui ne era pieno, aveva i capelli corti e grigi, unico segno distintivo della sua età.
Uscirono in corridoio, non c'era nessuno. Nessun pazzo andava a disturbare fuori della presidenza, quella era la zona più tranquilla di tutto l'istituto.
Camminarono, fino ad arrivare in un'aula di spagnolo. Alla loro entrata tutti si alzarono. Erano alla lezione dove si trovava Nick.
Il preside doveva tenerlo d'occhio, era un ragazzo pericoloso, ed era già stato arrestato una volta; quindi conosceva i suoi orari a memoria.
-Accomodatevi ragazzi.
Si rivolse al ragazzo al suo fianco.
-Allora giovanotto dimmi, chi ti ha disturbato?
Ethan indicò i tre che prima lo inseguivano.
-Bene, grazie.
Ora si rivolse ai tre inseguitori:
-Voi tre mi avete stufato con le vostre bravate, dovete smetterla, quindi meritate una punizione esemplare, due settimane di sospensione!
Per Nick Forrester fu la fine! Anche se avesse continuato a studiare a causa di quella sospensione avrebbe perso l'anno. Bocciato, ancora una volta. Tremblay doveva pagarla!
 
******
 
Correva, non aveva più fiato, non poteva scappare ancora, ma da solo non poteva affrontare quei tre! Era un bel problema, doveva inventarsi qualcosa, un ostacolo o magari una distrazione. Ma ormai lo braccavano, era quasi fatta; Sembravano instancabili, stavano correndo sin dall'uscita da scuola, ed avevano percorso almeno 6 chilometri. Una corsa sfiancante, tra gli alberi del bosco cittadino, dove nessuno poteva aiutarlo.
Saltava buche ed evitava rami caduti, radici troppo in superficie. poi Ethan cadde, era finita. 
Forrester approfittò della caduta, e con uno sprint inaspettato riuscì quasi a raggiungerlo, mentre si avvicinava estrasse un coltello dai suoi pantaloni, aveva una protezione, ma la tolse rivelando una lama all'apparenza molto tagliente. Voleva forse ucciderlo? Adesso il povero inseguito era più motivato che mai a seminarli, ma era certo di non poterlo fare. 
Sono morto, sono morto, devo correre! Ma che dico, non posso farcela, sono stanchissimo, mi tremano le gambe e se cado di nuovo rischio di non alzarmi più. Questo è un brutto posto per morire, non voglio morire! Ma come posso scappare? Forse potrei usare il marchio... Sarebbe giusto salvare la mia vita a discapito di qualcun altro? Forse no, ma io sono così giovane... 
Ethan si portò la mano sulla stella capovolta che Kematian gli aveva fatto.
-Voglio che i miei tre inseguitori si rompano tutte le ossa nelle gambe.
Il marchio gli bruciò mentre si voltava indietro, giusto in tempo per vedere Nick e i suoi cadere in preda al dolore. Stavano soffrendo davvero tanto, ma lui era felice, Si era liberato dagli inseguitori, e gli aveva dato una bella punizione, non avrebbe neanche chiamato i soccorsi, di sicuro non li avrebbero trovati lì in mezzo a quel dedalo di alberi ed arbusti, li avrebbe fatti soffrireper tutto quello che avevano fatto, non solo a lui. Gli stavano chiedendo aiuto, li imploravano, ma indietro non si torna, pensò Ethan. Si sentiva potente, forte, imbattibile. Si sentiva un DIO!

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Capitolo 4
*** Il rituale: parte 1 ***


Saliva in silenzio, il cuore gli martellava in petto, non aveva proprio paura, non sapeva descriverla, ma doveva farlo. 
Salì sulla piattaforma più alta, e guardò tutti quelli che si erano presentati per le selezioni della squadra di nuoto. 
Ethan era bravo a nuotare, ma non aveva mai avuto il coraggio di buttarsi dal trampolino, da tre metri, figurarsi da quell'altezza, ora che era ad almeno dieci metri da terra. Avrebbe potuto esprimere il desiderio di entrare in squadra, ma dopo l'ultimo, aveva deciso di servirsi del suo dono solo in caso di emergenza, quindi doveva farcela da solo.
Si avvicinò al bordo, si diede le spalle alla piscina profonda cinque metri e poi saltò.
Fu più breve e semplice di quanto si aspettasse, ma l'impatto con l'acqua lo fece trasalire, così inspirò molta acqua. Non riusciva a risalire, e i polmoni rischiavano di riempirsi, così accortosi della difficoltà del giovane l'allenatore si tuffò per salvarlo.
-Tutto bene ragazzo?
Non riusciva a parlare, gli bruciava la gola, e continuava a sputare acqua, così si limitò ad annuire.
-Bene! Allora avanti il prossimo, e per quanti ti riguarda, bhe, credo sia superfluo dire che ti conviene tentare l'anno prossimo!
Era finita! Non sarebbe entrato mai a farne parte, ma ormai non gli importava, era troppo stanco.
Sarebbe andato a dormire, erano tre notti che non chiudeva occhio, doveva riposare, così si diresse verso gli spogliatoi, per farsi una doccia ed andare a casa.
Sulla panca di fronte al suo armadietto c'era Shawn Johnson, un tipo strano, chiuso ed inquietante, che non aveva amici, e non sembrava avere passioni, se non per il nuoto, infatti anche lui come Ethan provava ad entrare in squadra ogni anno, ma veniva sempre scartato.
-Hey Tremblay, bel tuffetto!
Aveva una voce squillante, che Ethan non aveva mai sentito, ma quelle prime parole che udì lo irritatono. Un tipo che non parlava mai ora lo prendeva in giro! Si stava arrabbiando.
Di scatto si girò verso Shawn, e gli tirò un pugno sulla mascella; questo colse alla sprovvista il regazzo dalla voce squillante, che cadde all'indietro. 
Era con la schiena contro il pavimento, si massaggiava la parte della faccia dove aveva ricevuto il colpo, ma rideva.
-Dai, non fare l'idiota, io e te siamo dalla stessa parte!
Tremblay non capiva di cosa stesse parlando, e l'altro lo aveva capito, infatti gli spiegò:
-Parlo del tatuaggio che hai sulla spalla, bello! Anche io sono mmhm... diciamo... "della tua stessa chiesa", anche io credo nel tuo stesso "signore".
La stessa chiesa! Non poteva crederci, aveva finalmente capito la causa di tanta stranezza, Shawn era un satanista!
-In realtà io non sono proprio "della tua stessa chiesa".
-Dai, non c'è bisogno di fingere con me, ti ho detto che siamo dalla stessa parte, o sbaglio?
Si alzò da terra, e mise una mano sul simbolo che Ethan aveva. 
-Per dimostrarti che non mento, ti invito ad una "riunione", che, per tua fortuna, è giusto questa sera, quando ci sarà la luna piena...
-Dove?
-Vediamoci alle 23 fuori dalla scuola, poi andremo insieme. Ma ovviamente segretezza Tremblay, segretezza!
Dopo questo invito Shawn se ne andò, ridendo ancora fra se.
 
******
 
Era un po' in anticipo, era un misto tra timore, curiosità ed impazienza. Ma anche Shawn doveva essere impaziente considerato che era già lì.
-Ciao Johnson!
-Ciao!
Il satanista voltò le spalle al suo ospite, e mentre s'incamminò disse:
-Ora dobbiamo andare nel bosco, lì ci sono gli altri. Questa sera assisterai al rito del sacrificio. Sai di cosa parlo, vero?
Non sapeva affatto di cosa stava parlando, lui non faceva riti, non faceva parte di un gruppo o una setta o qualcosa del genere!
-In realtà non ne ho idea, ma credo che lo scoprirò presto...
Arrivarono all'entrata del bosco, e seguirono un sentiero, poi si distaccarono da esso; quegli alberi che si intrecciavano, le foglie che frusciavano a causa del vento freddo di quella notte, la luna piena, pallidissima che li guardava dal cielo limpido, Ethan trovava tutto estremamente inquietante, passò accanto ad un ruscello in cui si riflettevon le stelle, vide l'acqua muoversi, c'era un pesce, nuotava tranquillo tra quelle deboli correnti che lo spingevano chissà dove, quasi lo invidiava, così Tremblay si perse a guardare quel pesciolino argenteo, per distoglierela mente da quel che stava accadendo; ormai l'ansia aveva avuto la meglio sulla calma, gli tremavano leggermente le mani, e lui era sicuro non fosse solo per il freddo di quella notte.
Shawn si fermò. 
-Mettiti questo.
Disse passandogli una busta.
-E' un segno di riconoscimento: nella nostra setta noi non ci chiamiamo con i nostri nomi, ma con una sorta di nome in codice che si acquista in base al grado. Tu oggi sarai novizio. Io sono Adepto superiore.
Assunse un aria serissima mentre gli dava queste informazioni, ma si poteva notare l'espressione compiaciuta sul suo viso.
-Io mi distinguo perchè ho una stella, come quella che ti sei tatuato, tutta rossa con il cerchio intorno d'oro, si trova sulla mia schiena. Inoltre indosseremo i cappucci, sui quali sono scritti i nostri nomi. Se vorrai entrare a far parte della "Setta dei dannati" dovrai dimostrarti fedele con delle prove, ma per questa notte sei qui in funzione di osservatore, in seguito potrai decidere.
Oltrepassarono il laghetto nella quale finiva il ruscello che avevano seguito, gli girarono attorno, poi entrarono di nuovo negli alberi, che lì sembravano più fitti di prima; si intravedeva una luce che danzava attraverso quei tronchi proiettando lugubri ombre sul paesaggio notturno già spettrale di suo. Si scorgeva un fuoco con delle ombre intorno, sedute per terra, in cerchio.
-Stai qui, parlerò con il Superiore, poi ti chiameremo noi, fino a quel momento non muoverti. Siamo intesi?
Ethan annuì leggermente, rapito dal gioco di luci ed ombre a cui stava assistendo, si accorse appena che il suo accompagnatore era andato avanti fino oltre agli alberi.
Si sentiva urlare.
-Cosa hai fatto?
-Si, scusa, ma era da tempo che non conoscevo uno nuovo, uno di noi!
Shawn aveva un tono impaurito, e teneva da quello che si vedeva aveva la testa bassa, come se d'un tratto l'erbetta per terra fosse diventata interessante.
-Comunque vedremo, lo terremo sotto controllo, poi si deciderà...
-Allora lo teniamo per stasera?
-Abbiamo già il sacrificio, quindi possiamo farlo quantomeno guardare.
Il tono era divertito, si era sciolta la tensione formatasi poco prima, e adesso anche Shawn sembrava più a proprio agio.
Ci fu un movimento rapido. alcune pesone si alzarono in piedi, e Jonhson andò a rendere posto tra due persone.
La persona che prima aveva doscusso ora si stava schiarendo la voce.
-Siamo qui in questa notte di luna piena come ogni mese per un rituale speciale, ma questa sera per la prima volta dopo tanto tempo ci sarà un osservatore, questa persona professap la nostra stessa religione, quindi diamogli un benvenuto alla nostra maniera. Venga avanti l'ospite.
Ethan sentì un vuoto allo stomaco, una sensazione molto simile a quando si va sulle montagne russe, non riusciva a muoversi, era nel panico più totale, aveva la nausea, stava seriamente prendendo in considerazione l'idea di scappare via e tornare a casa, ma le sue gambe si mossero automaticamente, stava avanzando, indossò la veste che aveva nella busta, si alzò il cappuccio ed oltrepassò l'ultima fila di alberi. 
Si trovò in una radura non molto ampia al centro della quale si trovavano delle figure ammantanate, Ethan ne contò tredici, cinque in piedi e le altre sedute,sembravano spiriti, erano in cerchio, anzi erano su un cerchio, era disegnato per terra, e conteneva una stella come quella che lui aveva sulla spalla, Nel pentagono centrale c'era una sorta di altare di legno, molto semplice, ma con della scritte intagliate, e con delle giare sopra, alle spalle di quell'ara c'era un fuoco, l'unico punto da cui proveniva la luce che formava quelle ombre spettrali.
All'improvviso tutti gli spiriti che erano seduti presero a battere le mani sulle coscie, poi quello che per Ethan doveva essere il capo parlò ancora:
-Giovane osservatore, benvenuto tra noi, se veramente condividi il nostro credo osserverai ossequioso la cerimonia che sta per avere luogo, potrai partecipare di tanto in tanto quando te lo sarà chiesto, e se lo riterrai opportuno. Ora prendi posto tra noi.
Indicò un posto vicino alla versione fantasma di Shawn, Ethan si mise a sedere. Ormai tutta l'ansia si era dissolta, anzi fremeva per vedere cosa sarebbe successo.
Le cinque persone sulle punte della stella iniziarono a pronunciare delle formule che segnarono l'inizio della messa nera. Assomigliava molto ad una messa normale, con formule che si recitavano, e prediche che si dovevano ascoltare, solo che quello era il "lato oscuro".
Il rituale andò avanti fino a quando il Superiore non decise di passare ai fatti.
-Ed ora siamo arrivati al momento che tutti aspettavamo. Quello che viene una volta al mese. Il momento della grazia.
Il momento della grazia? Ethan si chiedeva di cosa stessero parlando. Fino a quel momento aveva assistito in silenzio, ma quello doveva essere l'evento di cui parlava Shawn quello che avveniva alla luna piena.
-Cominciamo col sacrificio, andate a prenderla...

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Capitolo 5
*** Il rituale: parte 2 ***


Due delle persono in piedi andarono dietro un gruppo di alberi, poi tornarono con una ragazza in spalla. Si vedevano i capelli neri, che pendaveno, da quello che si distingueva la ragazza aveva la pelle scura, e poteva avere tra i venticinque ed i trent'anni, aveva dello scotch sulla bocca, e doveva essere sedata visto che dormiva; la posarono sull'altare al centro del cerchio che formavano e le due figure incappucciate tornarono ai loro posti.
Il capo andò vicino alla ragazza, poi con una coppia di schiaffi la svegliò, lei sgranò gli occhi, ed iniziò a dimenarsi, mentre le venivano tolti i vestiti e veniva lasciata in intimo.
C'era un certo tumulto nella radura, ma Ethan non capiva il perchè.
-Solitamente l'onore di fare il sacrificio viene dato ad uno dei quattro adepti superiori, ma questa sera vorrei che facessimo una sorta di rito d'iniziazione. Pregherei l'ospite di avvicinarsi.
Ethan fu assalito nuovamente dalla nausea, ma non poteva tirarsi indietro, quindi pur non sapendo cosa avrebbe fatto si avvicinò all'altare. 
-Ora è il momento di passare dal ruolo di osservatore ad adepto, quindi vorrei che fossi tu a fare il sacrificio mentre il pronuncio alcune formule. Ora uno degli adepti superiori di spiegherà tutto.
Shawn si avvicinò, e gli sussurrò all'orecchio.
-Devi ucciderla Tremblay, sarà semplice, ti daremo un coltello, non fare casini, o ci finisco anche io nei casini... Mi fido di te!
Le ultime parole avevano un tono arrabbiato. Gli porse un coltello dalla lama molto lunga, poi ritornò al suo posto.
-Bene novizio, ora che sei istruito avvicinati e compi il sacrificio.
Ethan si avvicinò alla ragazza con il cltello in mano, tremava, avrebbe voluto uccidere il capo di quei pazzi piuttosto che quella ragazza innocente, ma doveva farlo, in fondo non era una cosa del tutto nuova se considerava i suoi desideri, anche quelli uccidevano, certo non direttamente, ma uccidevano, così lui era comunque un assassino.
Cercava di distrarsi, sentiva il calore del fuoco accanto a lui, guardò la luna pallida e tranquilla in cielo, poi mise la mano sul collo caldo della ragazza, che alla vista del coltello cominciò a piangere e a dimenarsi ancora di più, Ethan chiuse gli occhi, sospirò e poi colpì la ragazza; la colpì sul collo, sentì la carne che si squarciava, ed il sangue caldo che gli schizzava sulla mano, poi si allontanò gettando il coltello nel fuoco.
-Il sacrificio è compiuto!
Ricominciò il Superiore
-Come ogni volta possiamo chiedere un favore al nostro signore. Questa notte, discepoli dell'oscuro, vorrei che rinunciassimo al nostro egoismo, uno di voi mi ha chiesto di poter guarire un suo parente da un grave male. Mi accingerò quindi ad esaudire la sua richiesta.
Girò intorno all'altare, intinse le mani nel sangue che usciva fuori dal collo, poi infine disse alcune parole, bisbigliava, per questo Ethan non capì niente, ma aveva intuito cosa stava succedendo...
 
******
 
Ethan si svegliò presto, non aveva dormito molto, ma a piccoli intervalli forse aveva raggiunto le due ore. Era davvero sconvolto. Cominciava ora a rendersi conto dell'importanza della messa nera della notte precedente. Dopo che la cerimonia fu finita Shawn gli spiegò che alla prima notte di luna iena del mese loro si riunivano per avere una grazia. La loro grazia somigliava molto a quello che lui aveva la possibilità di fare senza alcun rito, il desiderio della setta però, non si avverava tempestivamente come i suoi, ma dovevano passare alcuni giorni. 
Quelli dovevano riunirsi una volta al mese per avere un desiderio, inoltre dovevano sporcarsi le mani. Sentiva che il dono che aveva ricevuto era sprecato, chiunque altro non si sarebbe fatto problemi ad usarlo, ma capì che doveva smetterla di fare il moralista ed approfittare della situazione, prima che magari il dono gli fosse tolto. 
Scese in cucina senza nemmeno lavarsi la faccia. Si ficcò due fette di pane tostato in bocca e tornò in camera. Si guardò allo specchio e poi disse alla sua immagine riflessa:
-Caro Ethan Tremblay, oggi sprecherai il giorno a dormire, ma ti prometto che da domani si inizia a vivere!
Tornò a letto, e dopo un po' cominciò a dormire, mentre i sensi di colpa svanivano...

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Capitolo 6
*** Il giorno in cui si risvegliò il Demonio ***


La città dove viveva era carina, tranquilla, si stava bene, ma vivere all'ombra del Big Ben era assolutamente grandioso. Si sarebbe volentieri trasferito lì, ma prima doveva concludere la lista di cose da fare che aveva stilato. Era a Green Park, stava camminando sui verdi prati che davano il nome al parco, appena uscito dalla puntualissima metropolitana londinese si trovò all'ombra dei grandi alberi che riempivano il parco. Si stava dirigendo verso Buckingham Palace, voleva ammirare la residenza della Regina.
Una volta arrivato fu meravigliato dalla grandezza del palazzo reale, ma restò deluso dalle guardie: aveva sempre pensato che dovessero rimanere immobili, ma non era così, non erano completamente fermi, forse si poteva accettare, in fondo erano umani, ma per lui crollò una sorta di mito. 
Avrebbe tanto voluto vedere la residenza dall'interno, e forse poteva...
-Voglio essere in uno dei bagni di Buckingham Palace.
Improvvisamente tutto diventò buio, poi quando la luce tornò si trovava in un bagno. Come aveva previsto era competamente vuoto, non c'era anima viva, così potè guardardsi intorno per bene. Era solo un bagno ma era splendido, enorme, secondo lui l'area di quella stanza era equivalente al piano di sotto di casa sua, c'erano il bagno, il lavandino, ed una vasca da bagno gigante. Per terra c'erano mattonelle nere con inserti in oro, ma la cosa meravigliosa era che gli inserti in oro erano praticamente ovunque. I tappeti erano rossi, con lo stemma imperiale sopra. Era un bagno meraviglioso, che grazie alla luce che filtrava dalle finestre semichiuse sembrava incantato, ma quello era solo un bagno, uno dei tanti del palazzo, una stanza secondaria, dove non si accoglievano ospiti, quindi non curata alla perfezione. Figurarsi le altre stanze! Doveva muoversi per vederne quante più poteva. 
Ma se le guardie fossero arrivate? Non voleva correre rischi; non per il fatto di farsi scoprire, perchè sarebbe potuto scappare in qualsiasi momento, ma ciò gli avrebbe fatto perdere tempo, e lui non intendeva perderne, quindi doveva escogitare qualcosa. Le guardie sarebbero dovute essere come nella sua immaginazione.
-Voglio che le guardie, i poliziotti, e tutti coloro che lavorano qui si paralizzino.
Ora si sentiva più sicuro. Era rilassato. Non sentiva neppure il bruciore quando dava un ordine, le cose stavano migliorando. Uscì dal bagno, e si ritrovò in un corridoio molto lungo, ma soprattutto molto largo. C'erano quadri ovunque, e tappeti, e arazzi, tutto con stemmi imperiali, dal soffitto pendevano dei lampadari enormi, da come brillavano sembravano essere di cristallo, erano davvero stupendi, ma d'altronde tutto lo era, gli sembrava di essere in un altro mondo per quanto lusso c'era lì. Si sarebbe volentieri portato alcune di quelle cose a casa, ma non avrebbe avuto spazio, quindi decise di prendere solo una delle tante armature che erano appoggiate alla parete, ognuna con un'arma diversa in mano, che appoggiava sulla spalla destra.
-Voglio che a casa mia si crei una soffitta da cui si entra solo dalla mia camera, e poi voglio che l'armatura che sto per toccare vada lì.
Nessuno se ne sarebbe accorto, aveva praticamente sigillato la sua stanza con un desiderio.
Avanzò lungo quel corridoio, osservando tutte quelle porte, che nascondevano un dedalo di corridoi e stanze nel quale era difficile orientarsi, Ethan credeva che la Regina stessa non avesse visto tutto della sua residenza.
Era tutto troppo bello, ma iniziava a scocciarsi di tutto quel lusso, pensò che doveva essere noioso vivere tutti i giorni lì, sotto controllo a tutte le ore del giorno e della notte, senza oter essere veramente liberi, magari i nobili attuali si erano abituti, ma forse avrebbero voluto essere liberi da quella "schiavitù nascosta".
-Voglio che l'Inghilterra diventi una repubblica, e che gli attuali nobili qui risiedenti diventino cittadini comuni, senza però dimenticare le loro origini, per godersi appieno la loro nuova vita.
Non si vide nessun cambiamento effettivo, almeno per ora. Aveva fatto quella che lui riteneva una buona azione, ma ora aveva reso tutte quelle guardie disoccupate! Si ricordò improvvisamente di aver paralizzato le guardie, ed ora che voleva andarsene doveva farle tornare alle loro mansioni, anche se avrebbero presto scoperto di non aver più un lavoro, anche se magari alcuni di loro sarebbero potuti rimanere lì per pura tradizione.
-Voglio che le guardie tornino a muoversi.
Ormai era diventato padrone del suo dono, anche perchè aveva espresso il desiderio di non dover più mettere la mano sul simbolo quando dava un'ordine.
Si sentirono dei passi, doveva andare via. Ormai aveva visitato tutta Londra, quella era l'ultima tappa, ora doveva andare in Italia, sarebbe andato in tre città che lui conosceva: Napoli, Milano, ed infine la città eterna, quella che lo affascinava da sempre, Roma. Corse nel bagno in cui si era trovato prima, lì era al sicuro, o almeno sperava di esserlo. Sarebbe andato prima a Napoli, poi avrebbe visitato il resto, ma per ora voleva lasciare un segno del suo passaggio lì dentro, ma non con un desiderio, con un gesto manuale. Prese un pacco di fazzoletti dalla tasca, poi lo svuotò, ed infilò tutto il suo contenuto nello scarico della stupenda vasca da bagno, poi ne aprì il rubinetto. Avrebbe allagato Buckingham Palace, ma alla velocità con cui scendeva quell'acqua non avrebbe mai finito.
-Voglio che la velocità e la portata del flusso d'acqua che scende da quel rubinetto d'oro siano pari a quella di un idrante.
Subito il rubinetto sembrò allargarsi, e scendeva davvero molta acqua, in quel modo in non più di cinque minuti la vasca avrebbe iniziato a perdere acqua. Ora poteva andare, non gli restava che aspettare la notizia dell'allagamento in TV. Sapeva dove doveva andare ora, aveva studiato per bene le città e le loro strade, quindi sapeva dove si trovava la prossima tappa.
-Voglio andare a Piazza Dante, a Napoli, in Italia.
Tutto diventò buio per qualche istante...
 
******
 
Era veramente troppo caldo, era primavera, ma in Canada non faceva così caldo nemmeno in estate, così Ethan quasi rimpianse il nuvoloso e freddo clima inglese di qualche ora prima. Era in una delle strade principali di Napoli: Via Roma. C'era tantissima gente, e tantissimi turisti, per non parlare poi dei negozi, ne vedeva a decine, ma lui ormai era già entrato in tutti quanti, ora fremeva per andare a vedere il mare. Lui era nato nell' entroterra, ed il mare era ad almeno cinque ore di macchina da dove abitava, quindi non lo aveva mai visto. Certo era stato ad un lago, ma non era la stessa cosa.
La strada era prevalentemente in discesa, anche se Ethan camminando lungo quella via, aveva notato che tutte le strade alla sua destra erano notevolmente in salita, ci doveva essere un punto panoramico lì, in mezzo a qualle strade da qualche parte, ci sarebbe andato dopo, prima voleva provare la sensazione di avere la sabbia fra i piedi. Arrivò in una piazza, con al centro una fontana, sapeva esattamente dove si trovava, aveva già visto quel luogo su internet tante di quelle volte, che in pratica lo conosceva già, attraversò la piazza fino a ritrovarsi in un altro grandissimo spazio, che si estendeva da un palazzo rosso, con le finestre incorniciate di nero fino ad una chiesa gigantesca, non ne aveva mai viste di così grandi; si avvicinò al palazzo rosso, quello che un tempo era la dimora dei reali napoletani, era davvero bella, ma molto più anonima rispetto alla ex dimora reale che si trovava in Inghilterra. Ormai mancava poco, doveva solo percorre all'incirca 500 metri, poi avrebbe visto quell' immensa distesa blu che era il mare. Si ritrovò in cima ad una discesa, c' era una zona riparata dal sole, creata dagli alberi che aveva alla sua sinistra, ma la ricerca dell'ombra non gli interessava più, il suo sguardo era fisso sull' enorme e sconfinata macchia d' acqua che aveva d'avanti. Corse a rotta di collo lungo la discesa, ammirando la luce del sole che si rifletteva sul mare, inspirò a fondo l'aria che profumava di iodio, ma rimase enormemente deluso nel vedere che non poteva ancora toccare l'acqua, era in un punto sopraelevato, e sotto di lui c'erano degli scogli, e anche se c' era gente là sopra di sicuro non era scesa dal punto in cui si trovava lui. 
Voleva arrivare alla spiaggia, era stanco di camminare, lo stava facendo da già due ore, e quel calore lo stava facendo quasi sciogliere.
-Voglio arrivare alla spiaggia meno affollata che c'è nelle vicinanze.
Dopo qualche secondo di buio si ritrovò su un piazzale, dietro ad un chiosco, in un luogo dove non lo avrebbero visto; sentiva ancora l'odore di iodio, così si girò e vide una spiaggia di fronte a lui, scese i qualche scalino, poi si levò le scarpe ed i calzini; sentiva la sabbia tra i piedi, era una bella sensazione, ma corse a mettere i piedi in acqua, ansioso di vedere cosa avrebbe provato. Entrò in acqua e si bagnò fino al ginocchio, vedeva gli scogli sulla sua desta, ed una strada con un parco a sinistra, era felicissimo, tutt'a un tratto un enorme bruciore lo assalì, sentiva il collo, la spalla ed il braccio in fiamme, cadde in ginocchio, schizzandosi l'acqua addosso, ed inzuppandosi i vestiti. Era ormai da due giorni prima, quando toccò per la prima volta il suolo inglese che non gli bruciava il marchio, eppure era stato un bruciore lieve, neanche la prima volta fu così doloroso. Gli venne un forte capogiro, ormai confondeva l'acqua col cielo; dovette strisciare fino agli scogli per sedersi. Una sagoma gli si stava avvicinando, ma non riusciva a capire chi fosse, aveva la vista offuscata, e non capiva ciò che gli diceva. 
A poco a poco il mondo tornò fermo e nitido come lo era sempre stato, e il bruciore passò, si rese conto che c'era un uomo più o meno sulla cinquantina che lo stava osservando, dalla sua prospettiva sembrava alto, aveva i capelli bianchi, ma molto folti, portava un paio di occhiali dalla montatura nera, molto sottile, erano appoggiati su un naso molto schiacciato, gli ricordò quello di alcuni cani, stava parlando, ma Ethan non capiva, così parlò in inglese.
-Non parlo italiano, lei parla inglese?
-Non troppo bene, ma dimmi, come stai? Ti ho visto cadere in acqua.
Ethan capì che anche se lì non c'era troppa gente i passanti lo avevano visto, ma non poteva dire la verità, avrebbero dovuto controllare il braccio, e di conseguenza avrebbero fatto domande sul "tatuaggio" che sentiva ancora caldo, quindi mentì:
-Sto bene, è solo che non sono abituato a questo caldo, sono canadese, quindi dalle mie parti fa freddo, dec'essere stato questo!
Quell'uomo dal naso canino non aveva l'aria troppo convinta, ma annuì
-Forse è meglio che tu vada a riposare ragazzo, quindi torna in albergo, o dovunque altro tu alloggi!
-Certo, ci vado subito. Grazie mille per l'interessamento.
L'uomo fece un cenno con la mano
-Ciao
Si allontanò, Ethan lo scrutava da dietro, era stato gentile, ed aveva ragione, sarebbe dovuto andare in albergo per chiedere a Kematian cosa diavolo fosse successo; si rimise le scarpe senza nemmeno indossare i calzini, poi si diresse verso il piazzale, alla ricerca di un posto lussuoso dove alloggiare.
 
******
 
Ethan era steso sul letto gigante che aveva in camera, sorseggiando un succo di frutta trovato nel minibar, guardava tutti gli affreschi che c'erano sotto il soffitto della camera, lanciando di quando in quando un occhiata alla finestra che dava sul mare, da lontano il mare era spendido, ma preferiva vederlo da vicino. Ormai erano le 23.00, Kematian non era venuto, e lui era davvero stanco, non vedeva l'ora di addormentersi, per visitare il resto della città il giorno dopo, l'indomani avrebbe anche dovuto chiamare sua madre, che lo credeva in gita scolastica. Chiuse gli occhi, ormai non aveva paura degli incubi. Dopo un po' si addormentò, ma aveva sbagliato a non avere paura degli incubi, perchè quella notte tornarono.
C'era un uomo vestito di nero, con il passamontagna, dava l'idea di quello che stava per succedere, entrò in un ristorante, insieme a due suo compagni ugualmente mascherati, avevano dei fucili a canne mozze, e li puntavano su quella gente, su tutte quelle povere famiglie che c'erano lì, uno dei tre rapinatori si diresse alla cassa, e iniziò a prendere i soldi da essa, nel frattempo gli altri due tenevano a bada la folla, nessuno parlava, c' era un silenzio agghiacciante, poi un rumore, il cigolio di una porta ed una risata, una risata infantile, una bambina dai capelli lunghi e neri uscì, poi si voltò e sul suo voltò comparve l'orrore più assoluto, un grido uscì dalla sua bocca, il rapinatore gli intimò di fare silenzio, intanto uscirono i due genitori, la bambina non smetteva di gridare, così il rapinatore più vicino sparò un colpo, uno solo, ma colpì la bambina, poi si voltò e scappò insieme agli altri due senza nemmeno prendere l'incasso del ristorante.
Ethan si svegliò col cuore che gli sbatteva forte nel petto, minacciava di uscire dalla gabbia toracica, gli facevano male le tempie, si portò le mani al volto mentre il viso si rigava di lacrime ed un urlò uscì dalla sua di bocca, era solo un nome, ma faceva malissimo: -HAILEY!

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Capitolo 7
*** Il patto è infranto! ***


Non poteva credere a quel che era successo, la creatura che lui più amava su tutto il pianeta era morta, e a causa sua. Era una cosa davvero dolorosa, non aveva mai pensato che sarebbe potuta morire Hailey, Ethan era completamente distrutto.
Era in camera sua, aspettava che se ne andassero tutti quanti prima di scendere; erano venuti tutti per il funerale di sua sorella, ma lui non voleva scendere, tutti avrebbero cercato di tirarlo su, ma nessuno sapeva che era praticamente impossibile, lui aveva ucciso quella bambina e non se lo sarebbe mai perdonato.
-Kematian saya sembah anda
Dal nulla apparì il demone, che aveva l'aria soddisfatta, e guardava il ragazzo seduto sul suo letto, con le scarpe arancioni e blu dell' Adidas su quella coperta a striscie grigia e blu che era la preferita di Hailey.
-Cosa può fare questo umile demone per te?
Ethan puntò lo sguardo sulla creatura infernale, nei suoi occhi c'era il fuoco, bruciava di rabbia, non solo nei confronti di Kematian, ma anche nei confonti di sè stesso, infatti la colpa era tanto del demone quanto sua, perchè era ceduto alla tentazione di vedere i suoi desideri esaudirsi.
-Voglio ridarti questo potere.
Kematian scoppiò a ridere
-Sai che non si può, ricordi? Indietro non si torna... E' per quello che ho marchiato il simbolo sulla tua spalla, perchè un marchio è indelebile, ciò significa che devi resistere alla tentazione, oppure devi semplicemente imparare a fregartene dei morti che provochi.
Ethan avrebbe voluto ucciderlo, peccato che non poteva.
-Ok allora vattene, non mi servi, ti chiamerò più tardi se ne avessi bisogno...
Kematian sparì com' era arrivato: all'improvviso.
Ethan si ritrovava ancora una volta a fronteggiare i sensi di colpa, voleva fare qualcosa, ma cosa?
-Voglio che Hailey torni in vita!
Gli venne un bruciore alla spalla, più leggero di quello che gli venne a Napoli. Aspettò per dieci minuti qualcuno che gli venisse a dire che sua sorella era resuscitata, ma nessuno bussò alla sua porta; anche se forse se sua sorella fosse resuscitata sarebbero morti tutti gli altri dallo spavento.
Aveva ucciso un' altra persona, per provare a far tornare in vita la sua amata sorellina.
-Voglio che tutto torni alla normalità
Non successe niente, lui aveva ancora quel marchio, ed intanto aveva ucciso un' altra persona innocente. 
Improvvisamente si pose una domanda: 
Se Hailey non fosse in Paradiso?
Hailey aveva appena compiuto dieci anni, non era possibile che fosse finita all' Inferno, non lei, era una bambina ubbidiente, gentile, educata, una bambina da Paradiso; ma se Kematian l'avesse portata con se per divertirsi?
-Kematian saya sembah anda!
Il demone apparì ancora una volta senza alcun preavviso.
-Cosa vuoi, rompiscatole?
-Voglio sapere se Hailey è in Paradiso o all' Inferno.
Sulla faccia di Kematian apparve un sorriso maligno, oscuro.
-No, bastardo! Perchè lo hai fatto? Non ti bastava prenderla? Non potevi farle vivere la sua vita ultra-terrena in pace?
Il sorriso demoniaco sulla faccia di Kematian divenne una risata, poi sparì.
Cosa voleva dire quella risata? Stava forse scherzando? Aveva frainteso? Doveva saperlo.
-Voglio sapere se mia sorella è in Paradiso. Se la risposta è positiva voglio che la mia sveglia cada e si rompa, se la risposta è negativa voglio che il cassetto della mia scrivania si apra e che tutto quello che c'è dentro cada.
Attese per un po', ma non successe niente. Arrivò alla conclusione che forse non gli era dato sapere. In effetti come punizione era l'ideale, perchè Ethan stava soffrendo.
Sarei dovuto essere punito io, non lei, quel bastardo l' ha uccisa, ed io non posso più rimediare, non posso più far niente, ho strappato a mia sorella la sua giovane vita, come ho potuto essere così egoista? Come ho fatto ad essere così sciocco? Non dovevo farmi ingannare, dovevo resistere alla tentazione, dovevo essere intelligente e non farmi corrompere dal potere. Come vivrò con questo rimorso? Da oggi in poi la mia non sarà più vita, ma sofferenza. Ho ucciso decine di pesone, e ne sono veramente pentito, forse sarebbe stato meglio rimanere con la mia inutile vita precedente, almeno non avrei fatto del male a nessuno! Da oggi non potrò più vivere normalmente. Anzi da oggi non voglio più vivere questa pseudo-vita.
Ethan si alzò dal letto, deciso, con l'idea di cancellare il suo inutile ricordo dalla mente di tutti.
-Voglio che tutti dimentichino che esisto, e che tutte le prove della mia esistenza svaniscano.
Adesso non avrebbe più provocato dolore, sarebbe scomparso nell'ombra. 
Non aveva addosso un completo nero, ma era rimasto con un paio di jeans, una T-shirt e le sue scarpe. Aprì l'armadio, ma scoprì che non c'erano più i suoi vestiti, così decise di scendere senza cambiarsi. Arrivò al piano di sotto, c'erano tutti i suoi parenti, ma nessuno dava segno di conoscerlo, così continuò a camminare nell'anonimato. Arrivò alla bara, gli tremavano le mani. Sua sorella era lì dentro, pallida, con un vestito nero, ed i capelli ordinati che erano aperti dietro alla sua testa, era splendida, sarebbe stata pronta per andare ad una festa, ma purtroppo nessuna festa l'avrebbe più ospitata. Baciò la fronte fredda di Hailey, esitò per qualche secondo con le labbra sulla fronte di quella bambina, poi si alzò:
-Ti voglio bene Hailey!
Si voltò ed andò dai suoi genitori. Lo guardavano senza sapere chi lui fosse, così Ethan gli fece le sue condoglianze e salutò entrambi un' ultima volta. Fece lo stesso con Seth.
Alla fine uscì di casa in lacrime, il passo svelto di chi vuole lasciarsi qualcosa di tremendo alle spalle, rivolto verso il bosco cittadino.
 
******
 
Era in una delle tante radure dell'enorme bosco cittadino, aveva camminato almeno un'ora prima di arrivarci, sicuramente aveva oltrepassato il confine della città andanto in quella al suo fianco; da dove si trovava vedeva una caverna, decise di entrarvi.
Era abbastanza luminoso, ma se si fosse messo nel fondo sarebbe quasi diventato invisibile.
Io dovevo essere punito, non Hailey, quindi adesso le devo almeno questo, almeno così avremmo una punizione pari. Di sicuro non la raggiungerò, sono sicuro che lei si trovi in Paradiso, io sono un assassino, andrò a farmi torturare da Kematian, non voglio desiderare di andare in Paradiso, non merito un posto lì dopo quello che ho fatto. Voglio dissolvere il patto, ma secondo le regole non posso, quindi farò a modo mio. E' arrivato il momento di salutare questa terra, è arrivato il momento di lasciare questa vita. E' arrivato il momento di infrangere il patto!
Prese il pungnale che aveva nascosto sotto la maglietta, lo aveva preso prima, dove era sicuro di trovarlo: dove fecero il rito satanico. 
Si accucciò sul fondo della caverna, si distese su un lato recitando una preghiera, e maledicendosi allo stesso tempo per il fatto di essere arrivato a quel punto.
La mano che stringeva il pugnale si avvicinò velocemente alla gola colpendola, facendo cadere un rivolo di sangue, poi mentre il pugnale ruotava nella ferita Ethan Tremblay pronunciò le sue ultime parole: -Addio!
Quelle parole racchiudevano tutta la sua disperazione, ed il suo dispiacere per quello che aveva fatto.
Stava perdendo le forze, così smise di muoversi, ed il suo corpo esanime restò in quella caverna nascosta da tutti.

******

Nota dell'autore
Comincio col dire che tutto quello che avete letto è solo frutto della mia fantasia, quindi del tutto originale. 
Ci tenevo a precisare che non conosco nulla del mondo che è stato narrato in questa storia, quindi i riti e le e altre cose sono tutte inventate.
Ogni riferimento a fatti o cose è del tutto casuale.
Mi scuso per eventuali errori, o incoerenze.
Se questa storia vi è piaciuta vi consiglio di leggere "Dreaming a normal life..." scritta da me, ma con uno stile differente da "Il patto col Diavolo"   http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1104993
Spero di non aver deluso nessuno, e ringrazio veramente di cuore tutti coloro che mi hanno seguito in quest'altra avventura, un ringraziamento particolare va ad Alex917hOpE che con le sue recensioni mi ha spronato a continuare la pubblicazione, evitando di farmi cestinare questa storia.
Giuseppe P.

 

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