Beware, the Animal Liberation Front is coming.

di Ale666ia
(/viewuser.php?uid=63231)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduction ***
Capitolo 2: *** Beer ***
Capitolo 3: *** Collision ***
Capitolo 4: *** Dolly ***
Capitolo 5: *** News ***
Capitolo 6: *** Desire ***
Capitolo 7: *** Guests ***
Capitolo 8: *** Malaise ***
Capitolo 9: *** Liberation ***
Capitolo 10: *** Anger ***
Capitolo 11: *** Tips ***
Capitolo 12: *** Anxiety ***
Capitolo 13: *** Dance ***
Capitolo 14: *** End ***



Capitolo 1
*** Introduction ***


ANGOLO DELL'AUTRICE
 
Buongiorno‭ ;) 
Ebbene sì,‭ ‬dopo aver spulciato per circa un mese tutte le fiction del fandom,‭ ‬finalmente ho partorito anche io una piccola bimba Farrelletiana.
Ordunque,‭ ‬in questa storia Jared è un supervegano.‭ ‬Uno di quelli con le palle di‭ ferro.‭ ‬Dovete sapere che io stessa sono vegana,‭ ‬è la convinzione più forte della mia vita e passerò il resto dei miei giorni con questo meraviglioso ideale saldamente ancorato al cuore e all'anima.
Spero che questo racconto‭ (‬a proposito,‭ ‬diventa sempre più lungo ogni giorno che passa‭! ‬La mia testa è così piena di idee che ho dovuto appuntarle su un quaderno‭)‬,‭ ‬oltre a soddisfare la voglia di Farrelleto che abbiamo tutte quante,‭ ‬vi aiuti a capire‭  ‬meglio‭ (‬o a conoscere,‭ ‬in caso non ne aveste mai sentito parlare approfonditamente‭) ‬il veganismo.‭ ‬E,‭ ‬naturalmente,‭ ‬i vegani in generale.‭ 
 
Se devo essere sincera questo inizio mi fa schifo,‭ ‬l'ho riletto tremila volte e continua a non piacermi:‭ ‬a mio parere,‭ ‬è dal secondo capitolo che la storia si fa più interessante.‭ ‬Questa è,‭ ‬come dice il titolo,‭ “‬un'introduzione‭”‬.
Il POV è di Jared.‭ 
‭Ecco come immagino i ciccini: ‬Cole
E per quanto riguarda la foto di Jared... Boh. Lui è sempre uguale da vent'anni a questa parte. Per cui non credo ci siano problemi. (ok, non sono riuscita a trovare una foto decente)
Buona lettura ;)
 
Disclaimer:‭ ‬Colin Farrell e Jared Leto non mi appartengono,‭ ‬non scrivo a scopo di lucro.
 
 
 
 
 
 
 
Volo per le strade di San Francisco in sella alla mia bicicletta.
Il calore prodotto dal sole che picchia sulla pelle è alleviato dal vento che sferza il mio viso.‭ 
Freno,‭ ‬sterzo,‭ ‬spingo le ruote sull'erba soffice delle aiuole per tagliare ulteriormente il percorso.‭ ‬Svolto ancora e mi accoglie un rettilineo interminabile che percorro a velocità folle:‭ ‬non vedo l'ora di gettarmi sul divano.‭ 
È con l'allettante pensiero di una bevanda ghiacciata che faccio l'ultimo sforzo.‭ ‬Spingo con più decisione sui pedali per arrivare in cima alla piccola salita dove si trova la mia‭ (‬nostra‭) ‬casa.‭ 
 
Ed eccola,‭ ‬finalmente.‭ 
Spicca tra i colori sobri del vicinato nelle sue assi di legno dipinte d'azzurro.‭ 
Mentre salgo sul marciapiede tiro fuori dalle tasche il telecomando del garage,‭ ‬dove,‭ ‬una volta aperto,‭ ‬mi infilo dentro assieme alla bicicletta‭ (‬che appoggio alla parete‭) ‬e apro la porta che da sulla sala da pranzo/cucina.‭ 
Con due rapide falcate raggiungo il frigo e mi verso più o meno mezzo litro di spremuta di arancia in un bicchiere,‭ ‬quando un movimento colto con la coda dell'occhio cattura la mia attenzione.‭ 
 
“Ehi‭!” ‬una voce dal marcato accento irlandese.‭ ‬È Colin,‭ ‬il coinquilino‭ “‬Non credevo tornassi per quest'ora.‭”
Scolo il contenuto del bicchiere‭ “‬Mh,‭ ‬abbiamo finito prima del solito infatti.‭” ‬e poi lo sciacquo‭ “‬Tu invece‭? ‬Non avevi qualche corso da seguire oggi pomeriggio‭? ‬Tipo...‭ '‬essere-o-non-essere-è-questo-il-dilemma‭' ‬o roba del genere‭?”
Alza le spalle‭ “‬Beh...‭ ‬sì,‭ ‬ma praticamente no.‭” 
Lo guardo interrogativo,‭ ‬mentre getto la giacca sulla prima sedia che mi capita a tiro.‭ 
“Avevo una lezione sui monologhi‭” ‬spiega‭ “‬Ma io sono già bravo.‭”
Un sorriso scettico si dipinge sul mio volto e mi appoggio al muro della cucina.
‭“‬Certo.‭ ‬Un giovane Amleto‭” ‬lo schernisco divertito.‭  
Mi guarda indignato e parte alla carica.‭ 
“Ehi signorino,‭ ‬non mi guardi in quel modo‭! ‬Sembra proprio che lei non voglia riporre un becco di fiducia nelle mie doti artistiche.‭ ‬Si ricreda:‭ ‬la Farrell‭ & ‬Co.‭ ‬si occupa di produrre dialoghi in solitario dal lontano‭ ‬800,‭ ‬è una tradizione millenaria.‭” ‬parla con l'aria di un esperto venditore,‭ ‬le labbra incurvate in un sorriso che invoglierebbe chiunque a comprare la merce che sta presentando.‭ “‬Monologhi come nostri non li fa nessuno‭! ‬Ecco perché il sottoscritto non ha bisogno di seguire stupide lezioncine da quattro soldi per incrementare le proprie abilità.‭ ‬L'arte del parlare da soli è genetica.‭ ‬O ce l'hai o non ce l'hai.‭ ‬Modestamente,‭ ‬io me ne intendo...‭ ‬e non poco‭!”  
Tutto il discorso mi strappa una piccola risata.‭ 
Il suo sorriso costruito lascia spazio ad uno più genuino‭ “‬Comunque Jay,‭ ‬so che sei appena tornato,‭ ‬ma io avevo una mezza idea di andare a fare rifornimenti al market,‭ ‬visto che il frigo è praticamente vuoto.‭ ‬Se vuoi ti aspetto e andiamo insieme,‭ ‬oppure puoi rimanere qui a riposarti...‭ ‬come vuoi tu.‭”
“No Cole,‭ ‬vengo con te.‭ ‬Dammi cinque minuti.‭” ‬In verità non è che ne abbia molta voglia,‭ ‬ma cosa farei chiuso da solo dentro casa‭? ‬Assolutamente nulla.‭ ‬Anzi,‭ ‬peggio:‭ ‬mi annoierei.‭ ‬Quindi mi faccio forza,‭ ‬raccatto una‭  ‬maglietta decente,‭ ‬la borsa con cui esco e sono pronto per andare alla ventura.‭ 
Mentre usciamo di casa gli faccio un sorriso cattivo.‭ “‬Ricordati che ogni tuo acquisto sarà monitorato dal Nazi-Vegan‭!”
Rotea gli occhi‭ “‬Ah,‭ ‬già,‭ ‬che palle.‭” ‬Scherza.‭ 
Io gli do una gomitata nelle costole‭ “‬Ehi‭! ‬Potrei partire in quarta con una filippica filosofica in qualsiasi momento,‭ ‬per cui modera i termini,‭ ‬Farrell‭!” ‬mi metto le mani in tasca e comincio a camminare verso il mercato‭ 
“Dovrei preoccuparmi delle minacce di un erbivoro‭? ‬Voglio dire,‭ ‬se ti fa piacere posso simulare un po‭' ‬di paura...‭”  
 
Io e Colin frequentiamo la stessa accademia‭ (‬Academy of Arts University of San Francisco‭)‬,‭ ‬ma seguiamo corsi separati:‭ ‬quello di cinematografia io,‭ ‬quello di recitazione lui.‭ ‬Ecco perché viviamo assieme.‭ ‬Abbiamo trovato questa casa che dall'accademia dista circa un quarto d'ora di macchina‭ (‬tradotto a piedi:‭ ‬un'ora,‭ ‬tradotto in bici:‭ ‬mezz'ora‭) ‬ad un prezzo ridicolmente basso e ne abbiamo subito approfittato,‭ ‬incitati dai nostri familiari.‭ 
Non sapevamo nemmeno se saremmo andati d'accordo:‭ ‬non è che avessimo mai avuto chissà quanti contatti in precedenza.‭ ‬Giusto qualche parola alle scuole superiori,‭ ‬nulla di più.‭ ‬Ma,‭ ‬fortunatamente,‭ ‬tutto è andato per il meglio.‭ 
Anche adesso che io ho cambiato radicalmente la mia vita attraverso il veganismo.‭ 
Sorrido quando le mie orecchie captano altre affettuose prese in giro da parte sua.‭ 
Se fosse stato un altro probabilmente lo avrei già preso a calci nei coglioni,‭ ‬ma Colin,‭ ‬a differenza di altri,‭ ‬mi rispetta.‭ 
Evita di mangiare determinate cose quando gli sto vicino,‭ ‬non decanta il sapore del bacon e non fa commenti odiosi sulla mia ideologia.‭ ‬Apprezzo il fatto che abbia deciso di rispettarmi.‭ 
Ha accettato tutto senza problemi.‭ 
Di solito invece alla gente non piacciono i vegani.‭ 
Perennemente incazzati col mondo:‭ ‬è questo il motivo più diffuso.‭ 
È difficile dover mantenere ogni giorno la calma di fronte alle prese per il culo,‭ ‬alle domande che ti vengono poste solo per infastidirti.‭ ‬È difficile ripetere in continuazione le stesse cose senza arrivare all'orlo dell'esaurimento nervoso,‭ ‬è difficile sorridere a chi ti sbafa un kebab sotto il naso.‭ ‬Chi prima era un santo si rivela un enorme pezzo di merda,‭ ‬le amicizie si sgretolano in poco tempo,‭ ‬il disgusto e la voglia di isolarsi a volte ti fanno desiderare che il mondo imploda in se stesso.‭ 
Ma soprattutto,‭ ‬vivere con la consapevolezza che milioni di esseri viventi vengono assassinati senza motivo ogni secondo che passa...‭ ‬Beh,‭ ‬questo è decisamente disarmante.‭ 
 
Perso nella mia mente,‭ ‬mi sono irrigidito.‭ ‬Colin lo nota.
‭“‬Jay‭” ‬dice dolcemente,‭ ‬lo sguardo basso‭ “‬Siamo arrivati‭” ‬apre per me la porta del supermercato.
‭'‬Fresh and Easy Neighborhood‭'‬,‭ ‬dice l'insegna.‭ 
“Grazie‭” ‬cerco di scacciare quei pensieri.‭ ‬Cerco di crearne di più sereni e positivi.‭ 
 
La positività sta nel fatto che io sono umano.‭ 
L'ideologia vegana è seguita dagli umani,‭ ‬che in quanto tali,‭ ‬come qualsiasi essere vivente sulla faccia del pianeta,‭ ‬hanno giornate no.
Fortunatamente,‭ ‬queste scompaiono sempre.‭ ‬Tutto passa.‭ 
Se un giorno vogliamo spaccare la faccia a mezzo mondo,‭ ‬quello successivo ci svegliamo armati con i migliori buoni propositi.‭ ‬E così,‭ ‬alle domande stupide rispondiamo con metodo e calma,‭ ‬lasciando l'importunatore di stucco‭; ‬alle domande omologate snoccioliamo le nostre migliori risposte tecniche‭; ‬l'umanità riacquista punti di fronte alla certezza che chiunque un giorno possa cambiare‭; ‬la consapevolezza che un giorno nessuno conoscerà più il significato della parola oppressione ci fa star meglio.‭ 
 
Sollevato,‭ ‬comincio a guardarmi intorno.
‭“‬Cosa vuoi mangiare stasera,‭ ‬Cole‭?” ‬capisce che qualsiasi cosa avessi per la testa poco fa è andata via.‭ 
“Boh,‭ ‬pensaci tu.‭” ‬si stringe nelle spalle‭ “‬Vado a fare un giro,‭ ‬magari trovo qualcosa di interessante‭” ‬e scompare tra gli scaffali.‭ 
A quanto pare anche stasera mangeremo entrambi gli stessi piatti,‭ ‬considerando il fatto che mi ha dato carta bianca...‭ ‬Esulto internamente.‭ 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Beer ***


 

ANGOLO DELL'AUTRICE
Sono di nuovo qua.
Questa notte (o dovrei dire 'mattina'?) ho finito di scrivere l'ottavo capitolo.
E' UNA B O M B A.
Per ora ne sono molto soddisfatta, poi probabilmente tra qualche giorno mi farà schifo, perché sono sempre alla continua ricerca del meglio: è utile... ma decisamente frustrante. La cosa positiva è che rileggendo questi primi capitoli noto che già dal terzo capitolo gli arrugginiti ingranaggi della mia vena da scrittrice si stanno oliando per bene.
Grazie per le recensioni e tutto il resto... e buona lettura a chiunque vorrà leggere :)
 
 
 
 
 
 
Domani è sabato.
Niente corsi.
Niente lavoro per entrambi.
Solo ozio.
E questo venerdì sera lo passiamo qui, nella nostra cucina.
A guardarci negli occhi
come due coglioni
a ridere.
“Cazzo Jared” ride “Sei un... un... cazzo. Non lo so.”
Ad essere brilli.
“Cole” esordisco, sguardo vacuo, sognante, lontano. “Potremmo parlare, non lo so, della borsa.”
“Del tempo.”
“Dei quadrilateri.” e, dio, come mi fa ridere questa parola... scoppio in una risata che sembra non voler finire mai.
Lui ignora la mia ilarità.
“Quello che volevo dire...” cerca di mantenere un contegno, un'aura di rispettabilità che viene meno a causa delle parole strascicate “Insomma, volevo dire che sei un cazzo di mostro”
Scosso ancora da risatine stupide, lo guardo. “Che vuol dire?”
“Che sai far tutto.” riprende, dondolandosi con la sedia.
“Elenca le mie qualità!” lo invito, catturando il mio labbro inferiore tra i denti, posizionando la testa tra le mani e dondolando i piedi sotto la sedia.
Come un bambino.
“Allora.” inizia, con difficoltà.
“Le mie qualità sono talmente tante che non riesci a ricordale. Oh, Cole!” rido ancora, e ancora...
Lui mi ignora.
“Sai cantare.”
“Sì” spalmo il viso sul tavolo.
“Sai disegnare”
“Mh”
“Stai studiando quella roba lì, dei registi, o come si chiama...”
“Mh-mh”
“Sai anche recitare!”
“Naaaah, solo perché mi hai visto improvvisare qualcosa per un progetto di classe, che cazzone che sei.” e gli tiro addosso un'oliva rimasta nel mio piatto.
Lo colpisco sulla maglia ma lui mi ignora, fissandomi.
“Sei un cazzo di ballerino...”
“Bah.” sbuffo “Come prima, mi devo ripetere Cole.” giocherello con la bottiglia di birra svuotata del suo contenuto.
“E sai anche cucinare!” davanti a lui gli avanzi della cena: crespelle di farina di ceci, carote alla Julienne, pomodori a pezzi con basilico, zucchine saltate in padella e qualche oliva, giusto per sfizio.
“E' stato un lauto pasto, devo ammetterlo... I miei complimenti al cuoco!” mi crogiolo nella vanità.
Alza il tono della voce per coprire le mie frasi quasi sconclusionate.
“E sei di una bellezza disarmante.”
Rido ancora.
“Adulatore!” sventolo la mano con finto imbarazzo, la verità è che essere osannato mi piace... e non poco. 
Pagherei per avere plotoni di gente che osanna ogni secondo della mia vita.
“Jay, te l'ho sempre detto. Sei un fico. Su questo non ci piove.” si alza, traballa un po' e comincia a togliere i piatti dal tavolo.
Lo aiuto, gettandoli malamente nel lavello.
“Ohi! Attento!” mi rimprovera “Non romperli.”
Ridacchio e mi trascino nel balcone, due sdraio di plastica marce piazzate lì alla bell'e meglio.
Lui mi raggiunge, si lascia cadere pesantemente su una di esse e porta le braccia dietro la testa, contemplando il cielo privo di stelle.
“Maledetto inquinamento luminoso” biascico, e anche io parcheggio il mio corpo su uno di quei triclini del ventunesimo secolo “Che fai domani?”
“Boh, nessuno mi ha ancora proposto nulla...”
Spalanco gli occhi, scattando sull'attenti (per quanto me lo possa permettere l'alcool).
“Ehi! E se venissi con me?” propongo.
“Dove? A fare che?” chiede sospettoso, sopracciglio sinistro inarcato.
“Dai Cole, vieni con me!” mi sporgo verso di lui, le mani giunte in una tacita supplica “Ti divertirai, Cole!”
“Ok, ma non so nemmeno cosa mi vuoi prop-”
“Io e gli altri vegani dell'accademia abbiamo organizzato un banchetto informativo visto che, sai, domani ci sarà la fottuta sagra del granchio, vaffanculo.” le mie dita medie fanno un giro di 360 gradi “E allora se vuoi venire sei il benvenuto, un aiuto in più fa sempre comodo.” finisco di mandare al diavolo l'intera cittadina e lo guardo speranzoso.
Silenzio.
“Non lo so Jay...” biascica, il sonno lo sta prendendo “Non conosco nessuno di quei tizi-”
“Ma conosci me! Ti farò da Cicerone!”
“E lo sai quanto io mi trovi a disagio in mezzo a quelli che non conosco...”
“Sono tutte persone simpatiche. Li conosci tutti di vista!” dico eccitato “Ci sono Emilie, Carrie...”
“Jar”
“...Davey...”
“Jar.”
“...Frank, Natalie, Anne, Alicia-”
“Jared!”
Interrompo la sequela di nomi, sorpreso.
“Jared, è inutile che me li elenchi tutti. Credo di aver capito chi sono solo le ultime tre che hai nominato... dovremmo fare lo stesso corso, o qualcosa del genere...”
“Sì Cole! Quelle ragazze sono forti. Sai...” porto le mie mani sul cavallo dei miei pantaloni “...delle donne con i controcoglioni!”
Lui ride. Smette di guardarmi e torna a cercare le stelle.
“Vedremo, Jar... sono un po' riluttante.”
“Che parolone.”
“...però potrebbe essere un'esperienza. Sai, trovarsi in mezzo ad un branco di erbivori è una cosa che non capita tutti i giorni.”
Allungo stancamente il braccio cercando di tirargli un pugno, ma alla fine desisto: troppo faticoso. Mi limito ad apostrofarlo con un insulto random.
“Quindi non dannarti l'anima. Ci penseremo domani.” taglia corto lui.
Torna il silenzio.
L'allegria provocato dall'alcool nel frattempo ha lasciato il posto ad un fastidioso giramento di testa.
Cerco di ignorarlo -prima o poi passerà- quando mi accorgo che i respiri del mio coinquilino si sono fatti più profondi e regolari.
Morfeo reclama anche me, così decido a malincuore di alzarmi.
“Cole” lo scuoto un po', lui apre gli occhi “Stai dormendo, andiamo a letto.”
Un mugugno di approvazione è la sua risposta.
Lo guardo dirigersi a passo incerto verso la sua stanza, le ciabatte che strascicano per terra.
Chiudo gli sportelloni del balcone e prima di andare a dormire mi appoggio alla porta del bagno, dove Colin si sta lavando i denti. Si accorge che lo sto fissando grazie allo specchio che mi riflette e, notando il mio ghigno malefico, sospira.
“Jay, per favore. Probabilmente domani verrò con te, non c'è bisogno che mi stressi. Contento?”
Il mio ghigno diventa un sorriso aperto, sinceramente carico di aspettative.
Lui rotea gli occhi.
“Ma c'è sempre quel 40% di probabilità che io decida di non seguirti nel tuo party da squinternati...” si diverte a prendermi in giro.
Fingo di essere stizzito. “Sai una cosa? Meglio pochi ma buoni.”
“Seh, è arrivato il dispensatore di perle di saggezza.” si stiracchia, sbadigliando. “Buonanotte, Jay.”
“'Sogni d'oro Cole. Spero che la notte ti porti consiglio~” e mi chiudo nel cesso, con i denti che bramano dall'essere ripuliti da ogni residuo di verdura e la vescica che (me ne rendo conto solo ora) implora pietà per via dell'alto tasso di liquidi che sta sopportando.
Cinque minuti dopo mi ritrovo a respirare dolcemente -come un pargolo- tra le lenzuola del mio letto, perso nel mondo dei sogni.
 
 
 
 
 
 
ANGOLO DELL'AUTRICE: IL RITORNO.
Dai, sotto con le ipotesi: chi sono tutti quei vegani citati lì sopra? Chi li indovina tutti vince... boh, nulla, ma è divertente :D
Non appena scriverò il nono capitolo pubblicherò il terzo, dove la storia comincia a prendere un ritmo più sostenuto ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Collision ***


ANGOLO DELL'AUTRICE
Okay,‭ ‬ecco il terzo capitolo,‭ ‬abbastanza lunghetto rispetto al solito.
Ecco come immagino i personaggi:‭ 
 
Buona lettura,‭ ‬ho bisogno di conforto perché il nono capitolo non è tutto questo gran ché‭  ‬:‭(
 
 
 
 
Qualcosa mi ha svegliato.‭ ‬Qualcosa di fastidioso,‭ ‬insistente,‭ ‬elettronico...‭ ‬vibrante...
Spalanco gli occhi,‭ ‬il sonno scacciato improvvisamente via dal mio corpo.‭ 
“Cazzo‭!” 
Prima parola della giornata.‭ 
Il telefonino sta reclamando la mia attenzione.‭ ‬L'avevo appoggiato sul comodino,‭ ‬mi ero perfino dimenticato di spegnerlo‭ (‬e per fortuna‭! ‬Altrimenti avrei fatto una gran bella figura di merda col resto del gruppo‭)‬.‭ ‬Riesco a prenderlo prima che la vibrazione lo faccia cadere sul pavimento,‭ ‬e senza nemmeno controllare chi sia,‭ ‬premo il tasto di risposta alla chiamata.‭ 
“Jared,‭ ‬qui ci siamo tutti...‭ ‬Manchi solo tu.‭ ‬Dove sei finito‭?” ‬una voce familiare,‭ ‬femminea.‭ 
“Eh,‭ ‬te lo racconto dopo‭” ‬è difficoltoso parlare al telefono mentre tenti di infilarti dentro a dei vestiti‭ “‬Arrivo subito,‭ ‬dammi un quarto d'ora,‭ ‬venti minuti al massimo‭!”
Sento un sospiro provenire dall'altro lato del cellulare‭ “‬Okay...‭ ‬muoviti però.‭”
Ma che ora è‭? ‬Il display segna le‭ ‬15‭ ‬e‭ ‬13.‭ ‬Dovrei essere lì entro due minuti‭ ‬-cosa tecnicamente impossibile.‭ ‬Merda,‭ ‬ho dormito tanto.‭ ‬Troppo‭! ‬Chissà a che ora mi sono buttato nel letto ieri sera.‭ 
Corro in cucina e mi verso un po‭' ‬di latte di soia in un bicchiere,‭ ‬ci aggiungo qualche cereale e sciacquo tutto molto velocemente.‭ 
I piatti di ieri sera sono ancora nel lavello‭ ‬-ci penserà Colin.‭ ‬Mi blocco un attimo,‭ ‬rattristandomi del fatto che non verrà con me a questo evento.‭ ‬Sta ancora dormendo,‭ ‬non mi va di svegliarlo,‭ ‬considerando il fatto che era riluttante a venire.‭ 
Mi stringo nelle spalle.‭ ‬Sarà per la prossima volta.‭ 
Afferro una banana che ficco senza tante cerimonie nella borsa,‭ ‬prendo la bicicletta dal garage e finalmente imbocco le strade asfaltate di San Francisco,‭ ‬cercando di fare il più in fretta possibile.‭ 
 
Li vedo.‭ 
Era da tempo immemore che non facevo una corsa così folle.‭ 
Eccola lì,‭ ‬la mia salvezza,‭ ‬due tavoli di plastica circondati da vari cartelloni che da questa distanza mi risultano illeggibili,‭ ‬un paio di ombrelloni aperti per cercare un po‭' ‬di refrigerio sotto il sole cocente di questa città,‭ ‬e svariati ragazzi.‭ 
Che distribuiscono volantini,‭ ‬informano sporadici passanti,‭ ‬conversano tra di loro.
Smonto dal sellino mentre la bici è ancora in movimento e una ragazza mi viene incontro.‭ 
“Ehi Jared‭! ‬Ti stavamo aspettando‭!”
Sto per salutarla quando mi raggiunge un'altra ragazza‭ “‬Jared‭! ‬Finalmente‭!” ‬e poi,‭ ‬un'altra,‭ ‬un altra ancora,‭ ‬si avvicina tutto il gruppo in un festoso vociare.‭ 
“Ecco il ritardatario‭!”
“Colui che organizza i banchetti ma poi non si presenta‭!”
Mi sento in imbarazzo.‭ 
“Ciao gente‭” ‬faccio‭ “‬Scusate ma ieri sera mi sono preso una sbornia e sono andato a letto tardi‭” ‬appoggio la bicicletta al muro,‭ ‬proprio dietro i tavoli allestiti‭ “‬Spero possiate perdonarmi.‭” 
“Sì sì,‭ ‬bravo il nostro campione‭” ‬la voce è quella di Natalie,‭ ‬una delle colonne portanti del nostro gruppo‭ “‬Dai ragazzi,‭ ‬ora che JJ è arrivato,‭ ‬direi che possiamo continuare a darci da fare.‭” 
Le persone si disperdono,‭ ‬tornando alle loro occupazioni.‭ 
Lei mi guarda scuotendo la testa,‭ ‬un muto segno di rimprovero.
‭“‬Lo so Nat,‭ ‬lo so‭! ‬Non farmi sentire ancora più in colpa del dovuto‭” ‬la supplico‭ “‬Ormai sono qui,‭ ‬no‭?”
“Jay,‭ ‬le cose non stanno andando bene.‭” ‬raccoglie i lunghi capelli castani in una coda di cavallo‭ “‬Sono già capitati diverse volte dei provocatori,‭ ‬e lo sai che Emilie e Frank non riescono ad ignorare o a liquidare con calma quelle...‭ ‬merde.‭” ‬stringe i pugni‭ “‬Non vorrei che si arrivasse alle mani.‭ ‬Ci è già capitato,‭ ‬e lo sai.‭”
Incrocio le braccia,‭ ‬fissando l'entrata della sagra.‭ ‬L'hanno organizzata nello spiazzo cementato di un enorme centro sportivo in disuso.‭ ‬Gli stand gastronomici si allungano ai lati della strada,‭ ‬lo spazio centrale occupato da una lunga fila di tavole dove i paganti si possono accomodare per consumare il pasto.‭ ‬Ora è tutto relativamente deserto,‭ ‬ma più tardi ci sarà una moltitudine di gente ad intasare questo posto.‭ 
Per la sera è previsto un concerto‭ ‬-qualche sconosciuta cover band.
‭“‬Non ti preoccupare Nat.‭ ‬Al limite legheremo Emilie e Frank ad un palo della luce.‭”
Lei mi sorride,‭ ‬poi si avvicina al tavolo,‭ ‬indicando una pila di fogli.
‭“‬Okay Jay,‭ ‬qui abbiamo la petizione contro la vivisezione sui pesci...‭”
“Quante firme abbiamo raccolto fin'ora‭?”
“Una trentina credo...‭ ‬è un buon numero considerando il fatto che abbiamo allestito tutto solo un quarto d'ora fa,‭ ‬non trovi‭?” ‬non attende una mia risposta e continua a parlare.‭ “‬Qui abbiamo i volantini sul veganismo in generale e qui quelli più specifici riguardo lo sfruttamento della fauna marina.‭ ‬I cartelloni...‭” ‬e ne indica uno,‭ ‬raffigurante un granchio che supplica silenziosamente pietà per la sua vita‭ “‬...ce li ha fatti Alissa.‭”
“Scusa,‭ ‬chi è Alissa‭? ‬Quella nuova‭?”
“Sì,‭ ‬la White-Gluz,‭ ‬quella lì con i capelli rossi.‭” ‬ed indica una ragazza che sta parlando con dei passanti,‭ ‬vestita con jeans strappati e una maglietta altrettanto strappata.‭ ‬Il labbro inferiore è forato da un piercing.‭ 
“Com'è‭? ‬È convinta oppure dobbiamo lavorarci su‭?” ‬indago.‭ 
“Non ci ho parlato molto,‭ ‬ma da quello che ho capito è una di quelle con le palle.‭ ‬Nel complesso sì,‭ ‬ho avuto una buona impressione.‭” ‬dice Natalie,‭ ‬sistemando simmetricamente le penne per firmare la petizione.‭ “‬Fa la cantante in una band.‭”
“Forte‭! ‬E che musica fanno‭?” ‬chiedo eccitato.‭ 
“Non lo so Jay.‭ ‬Puoi andare a parlarle,‭ ‬se vuoi.‭” ‬risponde Natalie,‭ ‬pratica come sempre.‭ 
“Sì,‭ ‬in effetti hai ragione.‭” ‬e mi dirigo verso l'ultimo acquisto del gruppo,‭ ‬che nel frattempo ha smesso di parlare con i passanti.‭ 
“Ciao‭!” ‬le porgo la mano‭ “‬Sono Jared‭!”
“Ciao Jared‭! ‬Io sono Alissa.‭ ‬Dovresti essere il fondatore del gruppo...‭ ‬un pezzo grosso,‭ ‬insomma.‭” ‬sorride,‭ ‬entusiasta.
‭“‬Sì‭” ‬rido‭ “‬Che corso frequenti all'accademia‭?”
“Grafica,‭ ‬ho fatto i cartelloni con i granchi per l'occasione.‭”
C'è un momento di silenzio,‭ ‬la conversazione cade.‭ 
“Natalie mi ha detto che canti in una band...‭”
Le si illuminano gli occhi.‭ “‬Oh,‭ ‬sì‭! ‬Ci chiamiamo i The Agonist,‭ ‬facciamo roba death metal...‭ ‬growl,‭ ‬scream...‭” 
“E tu canti in growl‭?” ‬sono sinceramente allibito‭ 
Annuisce.‭ 
“No,‭ ‬non ci posso credere.‭ ‬E‭' ‬la prima volta che incontro una cantante growl.‭”
“Reagiscono tutti così.‭” ‬sorride.
‭“‬Spero di avere l'onore di sentirti presto all'opera.‭ ‬Quando farete un concerto fammelo sapere.‭” ‬annuisce‭ “‬Anche io suono in una band.‭” ‬butto lì.‭ 
“Davvero‭?”
“Sì...‭ ‬Però ora siamo un po‭' ‬bloccati,‭ ‬col fatto che gli altri componenti del gruppo vivono a Los Angeles e,‭ ‬beh,‭ ‬io sono quassù a San Francisco.‭ ‬Si tira avanti.‭” ‬mi stringo nelle spalle‭ “‬E‭' ‬già tanto che non mi hanno sbattuto fuori e che abbiano deciso di aspettarmi‭!” ‬rido.‭ 
Mentre parlavamo la strada ha cominciato a riempirsi di gente.‭ 
“Beh,‭ ‬ti lascio al tuo lavoro...‭ ‬vado ad implorare i passanti di mettere una firma per la fine della vivisezione.‭” ‬ci sorridiamo,‭ ‬e io torno da Natalie,‭ ‬aiutandola nello spiegare alla gente che,‭ ‬sì,‭ ‬adesso quei simpaticoni dei vivisettori vogliono capire lo sviluppo di un dolore cronico nel corpo umano inducendo malattie,‭ ‬traumi e lesioni nel corpo di una specie che non è la nostra:‭ ‬che simpatici cazzoni,‭ ‬penso amaramente.
 
Sono le nove di sera passate.‭ ‬Abbiamo staccato un attimo verso le sette per mangiare e ci siamo rimessi al lavoro.‭ ‬Queste sono le ore più brutte,‭ ‬visto che la gente comincia ad ubriacarsi e purtroppo il solito attaccabrighe c'è sempre‭ ‬-e spesso non si limita all'uso di parole poco gentili.‭ 
Ecco perché quando tra la folla riesco chiaramente a distinguere due tizi palesemente ubriachi lerci‭ (‬il che mette molta tristezza visto che sono solo le nove e mezza‭) ‬mi allarmo.‭ ‬Non è detto che siano degli importunatori,‭ ‬ma-
‭“‬Ehi,‭ ‬qui c'è scritto che i granchi sono tristi tristi quando li ammazzi...‭” ‬come non detto.‭ 
Li ignoro:‭ ‬sostenere una conversazione intelligente sarebbe impossibile visto il tasso di alcool nel loro corpo,‭ ‬e spero che il resto del gruppo faccia lo stesso.‭ 
“...ma i granchi sono cooooosì buoni‭!”
Vedo chiunque attorno a me irrigidirsi.‭ 
“Emilie e Frank.‭” ‬dice Natalie a bassa voce.‭ 
Li cerco con lo sguardo,‭ ‬e mi rilasso un po‭' ‬quando noto che sono entrambi abbastanza lontani da non aver sentito lo sproloquio degli ubriachi.‭ 
Diciamo che Emilie non ci penserebbe due volte a spaccare la faccia ad un onnivoro molesto,‭ ‬mentre Frank la aiuterebbe nell'opera bloccando braccia e gambe a quest'ultimo.
La tensione se ne va definitivamente quando gli ubriachi si allontanano ridendo tra loro per chissà quale motivo.
‭“‬Pensa,‭ ‬Nat,‭” ‬esordisco stiracchiandomi‭ “‬quanti altri ne dovremo sopportare questa sera‭!”
Lei si porta un dito sulle labbra,‭ ‬chiudendo gli occhi.‭ 
“Non.‭ ‬Farmici.‭ ‬Pensare.‭ ‬L'unica consolazione è che ci sarà la musica.‭ ‬Almeno attutirà il rumore degli sfondoni che dovremo sentire.‭”
Sorrido.‭ 
Lei continua a parlare,‭ ‬imitando con le mani una bocca che parla:‭ “‬Ma come fai a pensare agli animali con tutti i problemi che ci sono al mondo‭! ‬Ma noi DOBBIAMO mangiare carne e pesce perché siamo onnivori‭! ‬Vedi questi canini‭? ‬Vuol dire che i tuoi argomenti sono invalidi‭! ‬Smettila di imporre le tue convinzioni agli altri‭!” ‬sospira sconsolata‭ “‬Potrei continuare all'infinito,‭ ‬ne ho sentite talmente tante...‭”
“Beh‭” ‬dico‭ “‬almeno noi non siamo soli.‭ ‬Pensa a tutti quei vegani che sono ostacolati dalla famiglia,‭ ‬che non hanno amici empatici,‭ ‬che devono sopportare le discriminazioni dalla mattina alla sera...‭” ‬ringrazio un signore che nel frattempo si è fermato per firmare la nostra petizione‭ “‬...noi non siamo soli.‭ ‬Per fortuna.‭”
Passano dei minuti di relativa calma.‭ 
Quando,‭ ‬naturalmente,‭ ‬comincia ad andare tutto storto.‭ 
Sento un vociare che aumenta d'intensità ad ogni secondo che passa.‭ 
Sono i due tizi di prima.‭ ‬Il fatto è che non sono più soli.‭ 
Il fatto è che hanno un granchio tra le mani.‭ 
Un granchio vivo.
Le chele bloccate da elastici stretti.‭ 
E lui si dimena.‭ 
E questi lo portano a spasso,‭ ‬lo sbattono ovunque...‭ ‬lo trattano alla stregua di un oggetto.
Probabilmente all'interno della sagra c'è un acquario dove sono stipati dei crostacei,‭ ‬così che il cliente possa scegliere l'esemplare da ammazzare.‭  
Mi alzo in piedi.‭ ‬Senza pensarci due volte,‭ ‬mi avvicino a loro.‭ 
“Guarda un po‭' ‬chi c'è.‭” ‬mi apostrofa uno di quelli.‭ 
“Il granchio.‭ ‬Dammi quel granchio.‭” ‬la mia voce è ghiaccio.‭ 
I ragazzi del nostro gruppo si avvicinano,‭ ‬formando una parabola attorno a me.‭ ‬Li vedo tutti.‭ ‬I veterani Hunter Burgan e Davey Havok‭; ‬la lega delle donne cazzute formata da Natalie Portman,‭ ‬Anne Hathaway e‭   ‬Alicia Silverstone‭; ‬gli attaccabrighe Frank Iero ed Emilie Autumn‭; ‬i nuovi arrivati che devo ancora inquadrare:‭ ‬Toby Maguire,‭ ‬Kristen Bell ed Alissa White-Gluz.
‭“‬Per favore.‭” ‬aggiungo.
‭“‬Tu sei uno di questi animalisti del cazzo,‭ ‬vero‭?” ‬dice quello che ha il granchio tra le mani,‭ ‬la voce resa pastosa dal troppo alcool‭ “‬Quindi se io faccio questo,‭ ‬tu in teoria ti dovresti mettere a piangere‭”
Ed è come se il tempo si dilatasse.
C'è solo lui che porta una di quelle sue putride appendici sulla zampa del crostaceo.
Posso sentire il sibilo del vento che si infrange contro la sua pelle,‭ ‬la scia di malignità che lascia quel gesto.‭ 
E quando i suoi artigli si allacciano attorno ad una delle zampe dello sfortunato,‭ ‬capisco che è troppo tardi per fermarlo,‭ ‬che io non posso far niente per evitare lo spezzarsi dei legamenti,‭ ‬che piccoli brandelli di carne fuoriescano dal carapace.‭ 
Non posso impedire a quegli occhi‭ ‬-a detta di molti inespressivi-‭ ‬di chiedermi nel mezzo di un dolore atroce il perché di tanta malvagità.
E non provo alcun rimorso quando la mia mano si ritrova serrata attorno al braccio dell'inutile pezzente.‭ ‬Stringo e giro,‭ ‬stringo e giro fino a quando non lo ritrovo inginocchiato davanti a me,‭ ‬ansimante dal dolore,‭ ‬il braccio forzato in un'angolazione innaturale.‭ 
Vedo di sfuggita che ora il granchio si trova tra le braccia di Carrie.
Emilie è accanto a me e guarda con disprezzo quel relitto umano piegato dalla mia rabbia.‭ ‬Sposta lo sguardo anche sull'altro.‭ 
“Non ti conviene,‭ ‬coglione‭” ‬ringhia,‭ ‬capendo che il tipo stava rovistando nel suo microcefalo per trovare una vendetta adeguata‭ “‬Siamo tanti se non te ne sei accorto.‭ ‬Porta la tua inutile esistenza da qualche altra parte‭” ‬vede che ho lasciato andare il braccio del tizio‭ “‬E fatti accompagnare da quest'altro imbecille del tuo amico.‭”
La gente si era fermata a guardare.‭ ‬Abbiamo creato un blocco nella strada.‭ 
Gli ubriachi se ne vanno mormorando insulti nei nostri confronti,‭ ‬questo fa sì che il traffico riprenda a scorrere.‭ 
Lo spettacolo è finito.
‭“‬Jay,‭ ‬mi hai rubato il lavoro‭” ‬la voce di Frank,‭ ‬che mi ha raggiunto per guardare i provocatori sempre più distanti,‭ ‬mi riporta alla realtà‭ “‬Di solito queste scene le faccio sempre io‭!”
Ridiamo un po‭'‬,‭ ‬piano.‭ 
Sono un po‭' ‬scosso.‭ ‬È raro che io arrivi alle mani con qualcuno,‭ ‬ma di fronte ai soprusi mi sono sempre rifiutato di non agire.‭ 
“Jared‭” ‬questa invece è Carrie‭ “‬Lui dove lo portiamo‭?” ‬chiede,‭ ‬riferendosi al granchio.‭ 
“Mh.‭ ‬Beh,‭ ‬io direi di liberarlo in mare.‭ ‬Purtroppo non saprei come aiutarlo con quella zampa mancante...‭” ‬il mio tono ora è amaro.
Lei annuisce mestamente.‭ “‬Non credo che comunque la sua esistenza verrà compromessa più di tanto.‭ ‬Voglio dire...‭ ‬meglio una zampa in meno ma una vita in libertà,‭ ‬piuttosto che morire in pentola e prigionieri.‭”
Io e Frank annuiamo.‭ 
“Non lontano da qua c'è il Candlestick Park,‭ ‬che da proprio sul mare.‭ ‬Se volete ce lo porto io.‭” ‬propone Frank‭ “‬Voi rimanete qua ad aiutare a mettere a posto tutto...‭ ‬ormai credo che sia arrivato il momento di smontare le tende.‭”
“Infatti‭” ‬Natalie si avvicina a noi‭ “‬Se già alle nove girano per strada gli ubriachi,‭ ‬non voglio immaginare cosa sarà questo posto tra un paio d'ore.‭ ‬Jay...‭” ‬mi guarda,‭ ‬con un largo sorriso,‭ ‬cercando qualcosa da dire‭ “‬...wow‭! ‬Sei proprio un duro‭!” ‬ride,‭ ‬abbracciandomi brevemente.‭  
 
Dopo aver salutato Frank ed aver augurato silenziosamente una nuova vita al granchio azzoppato,‭ ‬ci diamo da fare per smantellare la nostra postazione.‭ ‬Carichiamo tavoli,‭ ‬ombrelloni e cartelli nella macchina di David.‭ ‬Le firme della petizione se le porta a casa Natalie,‭ ‬rassicurandoci sul fatto che le avrebbe recapitate a chi di dovere.‭ ‬Affidiamo a lei questo genere di incarichi perché,‭ ‬oltre ad Anne,‭ ‬è la più pratica,‭ ‬precisa ed affidabile del gruppo.‭ 
Ci salutiamo,‭ ‬concordando sul fatto che a breve organizzeremo un altro evento del genere,‭  ‬e tutti se ne tornano alla propria dimora,‭ ‬chi in macchina,‭ ‬chi a piedi.‭ 
Ed‭ ‬ora,‭ ‬nel bel mezzo del sabato sera,‭ ‬cosa faccio‭? ‬La gente esce,‭ ‬sento urla e schiamazzi ovunque,‭ ‬la cover band che dovrebbe suonare alla sagra si sta sistemando sul palco.‭ 
Vado a prendere la bici che è rimasta dove l'avevo lasciata questo pomeriggio,‭ ‬appoggiata al muro.‭ ‬Inforco il sellino e comincio a pedalare verso la nostra casa,‭ ‬mia e di Colin.‭ 
Ah,‭ ‬già.‭ 
Chissà che avrà fatto Cole.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Dolly ***


 

Dopo qualche decina di minuti mi ritrovo a metter dentro al garage la bicicletta. Sento dei rumori provenire dall'interno della casa, aria di festa.
“JAY!” appena la mia figura oltrepassa la soglia di casa vengo investito da un caloroso saluto. “Signori, mia moglie è tornata!”
Altri ragazzi che conosco solo di vista mi salutano, chiassosi. Forse so perfino il nome di qualcuno, ma sono informazioni segregate nel profondo del mio inconscio. L'unica cosa che so è che frequentano il corso di recitazione -lo stesso di Cole, che, tra parentesi, è brillo anche stasera. Forse un po' più di ieri.
“Ma che dici?” rido, un suo braccio ora mi ha circondato le spalle “E poi non ti fa bene ingurgitare tutto questo alcool troppo spesso. Anzi... l'alcool non fa MAI bene.”
“Come siamo premurosi!” mi stringe a sé “La vuoi?” mi offre una lattina di birra.
“No, grazie... Sai che una tira l'altra, e io domani devo andare a lavorare presto” spiego “Anzi, credo che andrò a letto.” continuo, staccandomi dalle sue braccia e dirigendomi verso la mia camera.
Si alza un verso di disappunto.
“Jared, non andare a dormire con le galline, ti prego, rimani qui con me!” dice Cole con un'intensità che fa sembrare questa richiesta un ordine.
Sospiro, e torno accanto a lui, scavalcando un individuo ubriaco lercio già a quest'ora.
La gente chiacchiera, ha perso interesse per me, e Colin ne approfitta per chiedermi com'è andato il mio pomeriggio. Gli racconto tutto, si indigna nella parte del granchio maltrattato e i suoi occhi si allargano quando gli dico di come mi sono arrabbiato con quei tizi.
“Mi sarebbe piaciuto vederti in azione, Jay” e porta lo sguardo al pavimento “Mi sento in colpa per non essere venuto, sai? Voglio dire... Ti avevo praticamente promesso che ti avrei accompagnato, e poi non ci siamo mai visti oggi.”
“Non ti preoccupare, sarà per la prossima volta” gli sorrido “In più non mi avevi dato la conferma di nulla.”
Guardare tutta quella gente trangugiare liquidi mi ha fatto venire voglia di bere qualcosa di sfizioso, quindi tiro fuori dalla credenza il mitico frullatore. Nel frattempo mi si avvicina un ragazzo dai capelli biondicci. Se devo essere sincero, a pelle mi sta abbastanza sul cazzo.
“E insomma” mi apostrofa “Colin ci ha detto che sei vegano...” bingo.
Ho lo splendido dono di capire in quale modo le persone influenzeranno la mia vita, e questo sembra il solito imbecille che vuole solo attaccare briga.
Decido comunque di ignorare il campanello d'allarme e di rivolgermi a lui con fredda educazione. “Sì. Sono vegano.” confermo.
“Ah, non sai cosa ti perdi...”
Alzo gli occhi verso il soffitto, aspettando che le lame del frullatore riducano in poltiglia i pezzi di banana, pesca, avocado e noci.
“E' una questione di decenza, non di stomaco.” gli rispondo.
Lui mi guarda stralunato “Ma lo sai che è una cosa naturale? Animale grosso mangia animale piccolo, lo sanno tutti. È la catena alimentare.”
“Senti cocco, sei ubriaco, non ho voglia di immergermi in una conversazione di cui probabilmente domani non ricorderai nemmeno l'esistenza” taglio corto.
“No, no, e invece ne parliamo.” appoggia il bicchiere pieno di birra sul lavandino, scopre i denti ed indica i suoi canini “Li vedi questi? Sono la prova che potresti smettere di rinunciare a prelibatezze come le salsicce per una stupida questione di decenza. Noi siamo O N N I V O R I.”
Gli rido in faccia. “Quindi secondo te queste incredibili zanne tritatutto che ci ritroviamo in bocca sono la prova del nostro carnivorismo...” scuoto la testa “Dio, quante volte ho sentito questa cazzata.”
Mi sto innervosendo. Sarà perché prima ho avuto un incontro ravvicinato con due stronzi orgogliosi di infliggere sofferenza agli animali, ma non ho proprio voglia di parlare con questo tizio che vuole infastidirmi senza immergersi in un vero e proprio scambio culturale.
Se un onnivoro viene da me con le migliori intenzioni del mondo io sono ultra felice di parlarci: ho avuto un sacco di belle conversazioni con gente intenzionata a capire il mio codice morale.
Ma ho incontrato altrettanti imbecilli come quello che mi sta davanti.
“E lo sai che non assorbiamo la cellulosa? Lo sai che non abbiamo più di uno stomaco come le mucche?” continua “Voi vegani siete una specie di setta che è capace solo di fare falsa informazione.”
“Sono molto preso dal tuo discorso. Devi aver studiato tanto sull'argomento.” le mie parole sono false, il mio tono di voce annoiato.
Mi ignora, intenzionato a sputarmi addosso tutto l'astio che prova nei confronti del veganismo. “E le medicine? Quando ti ammali che fai?” Non perdo nemmeno un secondo a rispondergli perché non me ne da il tempo e continua imperterrito “E ce li hai gli animali domestici? Non è maltrattamento pure quello? Immagino che se hai un gatto lo nutri con sedano e carote. Bell'esempio di amore nei confronti di un carnivoro. Secondo me dovresti passare più tempo a pensare ai problemi dell'umanità piuttosto che a quelli di quattro vacche da carne.”
Questa volta è il mio turno di ignorarlo. Mentre sorseggio il mio frullato, mi avvicino a Colin che si trova nel bel mezzo di una discussione sull'ultimo film horror uscito al cinema.
“Ohi, bambolina” dice lui con un gran sorriso.
“Cole, cosa sono questi soprannomi? Quando bevi non ti regoli!” rido, poi torno serio “C'è il tuo amico qui che mi sta facendo una filippica su quanto i vegani siano cattivi.”
Il tizio mi è effettivamente rimasto appiccicato, con lo sguardo ora perso nel vuoto.
“Ah, quello è Daniel” spiega Colin “Daniel, smettila di importunare la bambolina di casa.” gli fa, e non riesce a sopprimere una risatina.
Da un anno a questa parte Colin ha cominciato ad affibbiarmi degli strani soprannomi. C'è stato un periodo in cui mi chiamava 'diva', poi 'moglie', e a quanto pare ora è il turno di 'bambolina'.
“Perché 'bambolina'?” gli chiedo.
Si avvicina e me e mi sussurra in un orecchio che sono dotato una bellezza sovrumana, è per questo che da ora in poi mi chiamerà così.
Lo allontano con uno spintone, ridendo “Ma levati, và!”
“Jay, non ferire i miei sentimenti.” mi arpiona le spalle con un braccio e mi tiene stretto a se, come ha fatto poco fa.
Nel frattempo questo certo Daniel-il-Rompicoglioni cerca di tornare all'attacco. “Cole, ma non ti da fastidio che uno ti voglia per forza spingere a cambiare? Voglio dire, non ti senti costretto?”
“Daniel, Jay non mi ha mai costretto a far nulla. Ogni tanto mi fa sapere le ultime news sulle porcate che facciamo agli animali e visto che non sono un essere senza cuore cerco di migliorarmi. Purtroppo non è ancora scattata la molla che mi fa diventare vegano.” risponde Colin. Lo guardo con affetto.
“Bah, io non vivrei mai con un vegano. Voglio dire, lo dice anche la bibbia, no? C'è un posto per tutte le creature di dio, e il posto degli animali è nel mio stomaco.”
Ride sguaiatamente, contento della battuta che ha fatto.
“Anzi, ti dirò di più: per ogni animale che non mangi io ne mangerò tre!” e ride, le sue odiose risate invadono la stanza, la riempiono.
Io gelo. “Sei di una pochezza impressionante.” affermo, disgustato.
“Vallo a dire anche ai leoni che mangiano le gazzelle. Divorano dei poveri animaletti, dovrebbero essere di una pochezza impressionante anche loro.”
Io non ho più nulla da dire, da quanto sono allibito. Mi avvicino a lui con uno sguardo di ghiaccio, lo afferro saldamente per le spalle e gli sussurro in un orecchio.
“Evito di ridurre quella faccia di merda che ti ritrovi in una pozza di sangue per il solo fatto che sei ubriaco e non capisci un cazzo di quello che stai dicendo. Ma sappi che quando un giorno ti ritroverai su un letto d'ospedale, mentre muori consumato lentamente da un tumore, beh, sappi che quella sarà la vendetta di ogni singolo animale che ti sei vantato di assassinare durante il corso della tua inutile vita. La feccia come te deve solo smettere di rubare ossigeno a gente più rispettabile.”
Lo lascio andare all'indietro con uno scatto e vado in camera mia.
 
Sono sdraiato nel mio letto.
Il petto racchiude una rabbia immensa, non posso fare nulla, mi sento impotente, ho anche una vaga voglia di piangere, ma mi trattengo.
Merda. Perché esistono dei parassiti umani a questo mondo?
Rimango abbracciato al cuscino per non so quanto tempo, quando sento la porta della mia camera aprirsi.
E' Colin. Ancora un po' brillo. “Ehi, bambolina” dice a bassa voce “Li ho mandati via. L'ho fatto per te.”
Si sdraia sul letto. Il peso del suo corpo fa inclinare me e il materasso verso di lui.
Circonda la mia cassa toracica con un braccio muscoloso e io non faccio altro che sorridere mestamente, un po' sorpreso da quest'improvvisa intimità.
Ci godiamo in silenzio questa situazione che è talmente strana per quanto piacevole.
Dopo un'infinità di tempo in cui non ha fatto altro che tracciare con il pollice dei piccoli cerchi invisibili sul mio avambraccio, è lui a spezzare il silenzio.
 
“Alla fine siamo andati lo stesso a dormire con le galline.”
 
Sorrido, anche se non può vedermi.
 
“Buonanotte Colin.”
“'Notte Jared.”
 
 
 
 
 
 
ANGOLO DELL'AUTRICE
Ebbene sì, cliché dei cliché, anche io mi sono ritrovata a far pronunciare a Colin la parolina magica:”BAMBOLINA”. È un cliché così adorabile :3
Ah, ci tenevo a dirvi che fino a metà della prossima settimana non potrò aggiornare: ho dei parenti che sono venuti da lontano a casa mia, e quindi non avrò il tempo per scrivere l'undicesimo capitolo (ormai avrete capito che la mia politica è: scrivo uno, pubblico l'altro).
Quindi ci si risentirà prossimamente... questo capitolo dovrebbe lasciarvi soddisfatte, ahah!
A proposito, secondo voi corro troppo? Dovrebbe essere più lento l'intrecciarsi delle vite di Cole e Jay? Boh, mi pare un po' fuori luogo questo finale :/
Attendo vostri consigli/risposte, au revoir :)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** News ***


 

Metto subito a tacere la vibrazione del cellulare che questa mattina ha svolto la funzione di sveglia. Sono le 8, devo essere al ristorante per le 9 e mezza, quindi qualche minuto in più di ozio posso concedermelo.
Mi giro dall'altra parte, ma c'è qualcosa di terribilmente fastidioso che punta conto la mia schiena.
E, beh, l'immagine di Colin che dorme completamente stravaccato si palesa davanti ai miei occhi: probabilmente si è staccato da me quasi subito questa notte, lui è uno di quelli che si muove in continuazione, che si attorciglia nelle lenzuola.
Però ha voluto mantenere un minimo di contatto fisico sfiorandomi la schiena con la punta delle dita.
Sorrido.
E provo una strana sensazione.
È durata un attimo.
Dimentico quello stato d'animo in pochi minuti, mentre mi alzo con lentezza estrema dal letto per non svegliarlo. Cerco dei vestiti puliti, prendo la divisa da cameriere (camicia bianca e pantaloni neri) e dopo essermi fatto una doccia ingurgito del cibo. Infilo qualche frutto nella borsa, monto sulla bici (non so con quali forze potrò pedalare al ritorno, ma questo è l'unico mezzo che ho per spostarmi. Ok, non è del tutto vero, ci sono i mezzi pubblici, ma sono sempre strapieni) e sono pronto per andare a guadagnare qualche dollaro.
 
Ecco un altra nota dolente nella vita di un vegano: il lavoro nel campo della ristorazione. Se sei fortunato vai a fare il cameriere in un ristorante vegetale al cento per cento, o in un ristorante macrobiotico, vegetariano, biologico...
Ma l'unica offerta che ho trovato è stata questa: servire pizze condite da wurstel, salsicce, prosciutti e formaggi in un locale gestito da una famiglia italiana.
Per superare il disagio che mi crea vedere che sto portando in giro per la sala i cadaveri di chi sto cercando di salvare mi immagino di servire tofurstel, seitan, affettati vegetali e mozzariselle a simpatiche famiglie vegane, entrate nella pizzeria vegetale di Giovanni per consumare un pasto all'insegna della giustizia e della pace nel mondo.
Un quadretto idilliaco che svanisce non appena entro in cucina e trovo la coscia di un maiale appoggiata accanto all'affettatrice, ma tant'è.
Quando è così, l'unica cosa da fare è distogliere lo sguardo velocemente e confidare nella fine dell'orario lavorativo.
 
Il servizio scorre bene, ed alla fine, dopo aver ricevuto il pagamento dal mio capo mi ritrovo a pedalare nuovamente verso casa. Sono stremato, le gambe mi fanno male. Ho lavorato ininterrottamente per nove ore, facendo avanti e indietro dalla cucina con braccia e mani carichi di piatti pesanti. In più ho anche sparecchiato tutto, spazzato per terra, messo a posto le sedie ed asciugato piatti, bicchieri, coltelli e forchette. Per fortuna il capo mi ha mandato via prima, soddisfatto del lavoro che ho svolto.
Proprio mentre mi faccio coraggio per imboccare la salita finale, mi devo fermare per rispondere ad una chiamata proveniente dal telefonino.
 
“Pronto Shan” ansimo un po'.
“Ciao fratello!” mi saluta lui allegramente “Che stavi facendo?”
“Tornavo a casa, ho appena staccato dal lavoro.”
“Allora sarò breve. Beh, fratellino, assicurati di avere accanto a te un sostegno a cui appoggiarti perché devo darti una fantastica notizia!”
“Sentiamo.” sorrido.
“Io, Shannon Leto... ho deciso di portare i 30 Seconds to Mars a San Francisco!”
“EH?” sono allibito, questa dichiarazione mi ha colpito con una forza terribile.
“C'è un evento che si chiama Out of Time.” spiega “L'iscrizione costava 50 dollari a componente e-” alza la voce perché io mi sono indignato, come possono far pagare così tanto?? “Sai che non spenderei mai tutti questi soldi se la posta in gioco non fosse alta!”
Io sbuffo. “E quale sarebbe questa posta in gioco? Shan, spero che non sia un concerto-bufala perché non ho così tanti soldi da spendere... Riesco a malapena a pagare la retta scolastica!” Un sacco di dubbi e domande si affollano nel mio cervello.
“Stai tranquillo” mi liquida lui. “Alla giuria ci saranno persone che di musica se ne intendono... e i vincitori... Indovina! ...Riceveranno un contratto discografico!”
Silenzio da parte mia.
“E... vogliono solo cinquanta dollari? Ci dovrebbero essere un sacco di partecipanti!” esclamo.
“Jay... Spaccheremo i culi.” lo sento sorridere “...Io ho fiducia in noi. Ho fiducia nei marziani.”
“Ma sei sicuro che dovremmo buttarci in un evento del genere?” mormoro, un po' preoccupato “Voglio dire, non proviamo da un sacco di tempo.”
“Tranquillo. Non credere che io e Tomo siamo rimasti con le mani in mano: suoniamo ogni giorno da quando ti sei trasferito, sia in solitario che assieme. Vedrai, spaccheremo i culi!” ripete.
Io assimilo le informazioni velocemente. “E le prove?” insisto “Quando le facciamo? Come?”
“Beh. Veniamo su da te. L'evento è previsto tra un mese esatto, direi che tra una settimana e mezza avrai ospiti in casa...”
“Fammi parlare di questa cosa con Colin... Non credo avrà problemi, ma chiedere il permesso è buona educazione.”
“Okay, fratello. Comincia a scaldare la tua ugola d'oro, io ti saluto~”
“Mh-mh... Ciao Shan.”
Chiudo la telefonata con l'euforia che invade completamente il mio corpo.
Un concerto.
Dopo tutto questo tempo...
Ommioddio!!
 
“Colin!!” urlo, appena oltrepasso la porta di casa “Devo assolutamente raccontarti una cosa!”
Non mi giunge alcuna risposta, segno che è uscito, e quindi ne approfitto per farmi una doccia. Sotto l'acqua canto qualche canzone: cliché dei cliché. Sono così euforico che davanti allo specchio mi ritrovo a lanciare innumerevoli sguardi sexy ad una videocamera immaginaria, fantasticando sulle riprese di un ipotetico videoclip musicale. Non riesco a smettere di saltellare in giro, di fare piroette come un perfetto idiota.
Verso l'ora di cena comincio a cucinare qualcosa: le carote si trasformano in microfoni.
Apparecchio per due ed aspetto.
Aspetto che Colin torni da me per raccontargli questa bellissima notizia.
Sono arrivate le nove di sera e io ancora aspetto.
Aspetto fino a quando gli occhi non mi chiedono pietà.
Non ho nemmeno i soldi nel telefono per poterlo chiamare.
Sono preoccupato, probabilmente non ho neanche un reale motivo di farlo.
Mi tranquillizzo convincendomi che è uscito con qualche amico.
Che ora se ne sta dentro ad un bar.
O magari lungo il corso principale della città.
Non voglio arrendermi al sonno, devo assolutamente raccontargli la fantastica notizia.
E mi ritrovo a pensare a ieri sera, a come abbiamo dormito assieme.
A tutte le volte che mi chiama 'bambolina'.
Penso a tutto questo in modo nostalgico.
Per un attimo bramo intensamente di rivedere il suo viso.
 
Scuoto la testa.
“Jared, tutti quei soprannomi ti hanno confuso le idee.” dico a me stesso... ma lo faccio con poca convinzione.
Guardo l'orologio.
E' tardi, sono stremato e domani devo anche andare all'accademia.
Prendo un foglietto dove scrivo Ti ho lasciato la cena sul tavolo.
Mi alzo e, deluso, vado a cercare conforto nel mondo dei sogni. 





ANGOLO DELL'AUTRICE
Buonasera care, volevo solo ringraziarvi per le recensioni che mi lasciate e chi mette questa storia tra le seguite, tra i preferiti e anche chi legge e basta.
Mi rendete euforica ;3;
Ci si sente al prossimo capitolo!

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Desire ***


 

La prima cosa che faccio quando mi sveglio è andare a controllare se è tornato.
Apro piano la sua porta, poi mi ricordo che anche lui deve andare all'accademia e me ne infischio della delicatezza.
“Cole!” esclamo, col cuore decisamente alleggerito dopo averlo trovato in una posizione assurda, quasi avesse fatto la lotta con le lenzuola “Dove sei stato ieri?” La mia voce è roca, d'altra parte mi sono appena alzato dal letto.
“Mmmmh” mugugna lui “Perché, Jay?”
“Ti ho aspettato fino a tardi ma tu non tornavi mai.” rispondo semplicemente.
“Che pensiero carino... Anche quello di lasciarmi la cena sul tavolo” sbadiglia “Sono stato in giro con alcuni amici.”
Annuisco “Okay, io vado di là... muoviti. O faremo tardi.”
Vado in cucina e riempo due tazze con latte vegetale e cereali. Ormai il controllo del cibo nella casa è completamente passato in mano mia senza che avessi mai detto nulla.
“Ah, ti avevo aspettato perché ti volevo dire che tra un mese suono col gruppo ad un evento musicale qui a San Francisco” butto lì quando Colin mi raggiunge “La prima band classificata vince un contratto discografico!” l'euforia è tornata, un po' meno di ieri sera.
“Complimenti Jay” mi sorride Cole “Vi verrò a vedere e minaccerò i giudici con un manganello se vorranno darvi un giudizio negativo.”
E' così serio che per un attimo ci rimango di stucco, poi mi metto a ridere e continuo a mangiare.
“Anzi, sai una cosa? Sarò la tua groupie” punta il cucchiaio contro di me “Arriverai perfino a scrivere una canzone chiamata 'Colin'... Come Clapton fece con Layla.”
Sorrido “Sì, ed in cambio pretenderò le grazie del tuo corpo.”
Alza le sopracciglia e si morde il labbro inferiore, in una maniera a dir poco sensuale: mi ritrovo a fronteggiare un pensiero poco casto.
Quando me ne rendo conto la sorpresa è così forte che mi strozzo con i cereali, e corro nel balcone per evitare che veda il prodotto della sua espressività facciale: è imbarazzante rapportarsi con qualcuno mentre ti esce latte di soia dal naso.
 
Nei giorni in cui seguiamo corsi differenti ma che si svolgono durante le stesse ore prendiamo i mezzi pubblici per tenerci compagnia.
Oggi ho lezione di illuminazione, storia del cinema e produzione.
Arriviamo all'accademia e ci separiamo per andare in classi diverse,
(“A dopo bambolina.” “Dio, Cole, adesso anche quando non sei ubriaco mi chiami così? A più tardi”) prendo posto nella prima postazione vuota che mi capita a tiro. Tobey Maguire, il ragazzo che stava banchetto informativo ieri sera, segue il mio stesso corso, e si viene a complimentare prima dell'inizio della lezione per la performance contro l'importunatore molesto. Lo ringrazio ridendo, e quello è l'ultimo contatto verbale che ho con qualcuno per le seguenti due ore, dato che il professore è entrato in classe per spiegare la noiosa teoria della luce. Non seguo assolutamente nulla, sono troppo perso nel rimuginare le strane sensazioni che ho provato verso Colin stamattina.
 
Durante la pausa, vedo Natalie corrermi incontro, urtando svariate persone visto che c'è una ressa incredibile nel corridoio.
“Jared” ansima un po' appena mi raggiunge “Ho fatto una corsa terribile per venire qui, mi sono fatta tre rampe di scale” prende fiato “Ma non importa. Voglio assolutamente parlarti di un'idea che mi frulla in testa da qualche giorno. Peccato che abbiamo solo un quarto d'ora...”
“Potresti venire a pranzo da me. Colin lavora, quindi rimarrei da solo e mi annoierei tantissimo.” le dico, facendo sbattere le ciglia in un gesto adorabile.
“Colin...?” mi mi chiede, spaesata “Ah, già! Il tuo coinquilino. Segue il mio corso, vero?” annuisco “Okay, a me va bene. Ti aspetto nell'atrio quando finiscono le lezioni. Non voglio anticiparti nulla adesso!” E si allontana, raggiungendo un gruppo di ragazzi.
 
Dopo circa quattro ore sono seduto al tavolo della mia cucina, davanti ad un piatto di pasta al pomodoro e basilico fumante. Di solito non la cucino mai -non so neanche io il perché-, ma oggi ho deciso di fare un'eccezione.
“Allora...” dico, infilzando alcune pennette con la forchetta “Cosa volevi dirmi?”
Lei mi fissa intensamente.
“Tre parole, Jared.” Il tono della sua voce è solenne. Deciso. “Animal. Liberation. Front.”
 
Silenzio.
 
“...Azione diretta?” sussurro, incredulo, un sorriso che si allarga sulle labbra.
“Sì. Sì Jared.” i suoi occhi sono fuoco “Voglio fare di più. Non riesco a starmene qui, a mangiare verdure e legumi, a far banchetti informativi per un pubblico ignorante mentre so che qualcuno potrebbe cominciare una nuova vita se io mi decidessi a prendere in mano delle cesoie e tagliare le reti delle prigioni.” Il mio sorriso è sempre più largo. “Ci stai?”
“Nat, è ovvio che ci sto!” esclamo, euforico. Cavolo, ieri il concerto, oggi questo... wow! “Hai pensato ad altro? L'obiettivo, o cose del genere?”
“No, ma basta fare un giro in macchina nell'estrema periferia della città per ritrovarsi davanti ai peggiori allevamenti della California. Direi che però, se vogliamo veramente fare una di queste azioni, dovremmo prima rivolgerci a pesci piccoli. Per far pratica. In seguito potremmo prendere in considerazione l'idea di fare irruzione in qualche immenso lager.”
Non posso credere che qualcuno stia parlando con me di questo argomento... nel petto ho leone che ruggisce fieramente, da quanta emozione sto provando.
“Penso che dovremmo coinvolgere qualcun altro” propongo.
“Sì, anch'io. Qualcuno che abbia una macchina, ma soprattutto, che conosciamo bene.”
“Che ne dici di Anne?”
 
Ci muoviamo verso la campagna.
Abbiamo concordato che ognuno pagherà la propria parte di benzina.
Giriamo in lungo e in largo fino ad arrivare ad un microallevamento di galline ovaiole parzialmente coperto dalla vegetazione. Poco lontano c'è la casa di chi ha deciso di fare i propri soldi tramite lo schiavismo e lo sfruttamento.
Hanno lasciato la porta aperta per far entrare un po' di sole, e dalla macchina, che abbiamo parcheggiato in cima ad una collina coperta dagli alberi, riusciamo a vedere le galline, piccoli puntini bianchi che ripetono in continuazione lo stesso movimento: su e giù, su è giù, in un perpetuo mangiare.
“Sicuri?” chiede Anne ancora una volta, i capelli neri mossi dal vento leggero.
“Certo.”
“Fino alla fine.”
“Okay” dice lei “Credo sia necessario stabilire alcuni punti fondamentali. Innanzitutto: l'Animal Liberation Front è un'associazione anonima poiché, se gli attivisti vengono scoperti, vengono sbattuti in galera.”
Io e Nat annuiamo.
“E' per questo che non dovremo parlare con nessuno di questa operazione. Mamme, fratelli, amici, fidanzati e fidanzate: tutto deve rimanere avvolto nell'ombra. Neanche una parola. Le persone non si conoscono mai abbastanza, l'amichetto del cuore potrebbe voltarci le spalle e andare a raccontare tutto alla polizia. Il secondo punto fondamentale è: l'ALF non ha mai fatto del male a nessun animale, che fosse umano o non umano. Niente randellate in faccia al contadino se mai qualcosa dovesse andare storto, massima delicatezza nel liberare i volatili. Il terzo punto...” si rabbuia “...è il più tosto. L'ALF infligge danni economici. Sia liberando i prigionieri, sia radendo al suolo prigioni come quella” ed indica il piccolo edificio “Cosa vogliamo fare? Spacchiamo tutte le gabbie? Oppure optiamo per una bella bomba?” ride.
“Considerando il fatto che questa gente non farebbe altro che comprare nuove galline una volta scoperto che queste sono state rapite, io voterei per l'esplosivo.” dice Nat “Ma sono dubbiosa...”
Annuisco “Mh, anche io non sono sicuro di cosa voler fare. Far esplodere la struttura sarebbe una gran cosa, più efficace.” mi stringo nelle spalle “Ma, voglio dire, è il nostro primo atto di liberazione. Siamo sicuri di riuscire a fare una cosa del genere?”
Se ci fosse qualcuno in ascolto rimarrebbe sconvolto dalla naturalezza con cui parliamo di tutto questo.
Rimaniamo in silenzio per alcuni minuti. È Anne a prendere di nuovo la parola.
“Facciamo una cosa. Noi entriamo e prendiamo tutte le galline (a proposito, bisogna trovare un furgone che le contenga tutte ed un posto dove liberarle). Spacchiamo le gabbie e gli lasciamo una bella dedica sul muro del pollaio, qualcosa di minaccioso tipo 'se ci riprovi torneremo' accanto ad una meravigliosa frase sulla liberazione animale. Magari fungerà da deterrente. E se ci riprova, lo facciamo esplodere!” scoppia a ridere.
Concordiamo su questa soluzione ed Anne ci dice che verrà qui ogni notte a prendere confidenza con il posto.
 
I giorni passano lentamente.
Non accade nulla che sia degno di nota fino a quando il telefonino non comincia a reclamare la mia attenzione squillando incessantemente, proprio mentre stavo per buttarmi sul divano in preda alla noia totale.
Controllo il display.
“Pronto, Anne.”
“Jay, ti andrebbe di uscire adesso?” chiede “E'... urgente...”
Capisco che si sta riferendo al colpaccio che stiamo organizzando, quindi mi muovo velocemente per andare a prendere la borsa con cui esco, saluto Cole che tra poco deve andare al negozio in cui lavora (“A più tardi bambolina” “COLIN!”) e mi ritrovo in macchina con lei.
“Ho trovato la sistemazione per le galline.” mi dice subito, appena siamo lontani da orecchie indiscrete.
“Dove?”
“Ho i miei contatti... che forse potresti conoscere anche tu, visto che sei un musicista. Conosci gli Anti-Flag?”
“Mh... No.”
“Beh, sono un gruppo punk-rock composto da soli vegani ed ognuno di loro ha dato la propria disponibilità per ospitare almeno 30 galline. Vivono tutti in aperta campagna.” spiega.
La guardo un po' di sbieco perché lei era stata la prima a vietare di parlare con qualcuno di questa faccenda.
“Non mi guardare così Jay, li conosco di persona, e poi supportano pubblicamente l'azione diretta!”
“Bene.” mi rilasso “E per il furgone?”
“Ho scovato un noleggiatore di auto che ha un veicolo adatto a noi. E' abbastanza capiente -a proposito, dobbiamo procurarci delle lastre di legno per creare vari piani in cui far stare le galline durante il viaggio, altrimenti è facile che muoiano soffocate dal peso dei loro corpi.”
Annuisco. “Vedrò cosa posso fare.”
Per un attimo ci guardiamo negli occhi, poi scoppiamo a ridere: sappiamo entrambi che alla fine sarà lei a risolvere questo problema.
Non posso farci nulla se questa ragazza è un mostro in termini di organizzazione.
 
ANGOLO DELL'AUTRICE
Sì, gli Anti-Flag esistono per davvero e sono per davvero tutti vegani :)

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Guests ***


 

Sono passati quindici giorni da quando Natalie mi ha confessato quello che voleva fare, ed adesso ne mancano altri quindici per passare dalla teoria ai fatti.
Ogni giorno ci vengono in mente dei consigli e degli accorgimenti che scriviamo in un quaderno custodito da Nat, in modo che non corra il rischio di essere perso e che nessuno lo legga.
Oggi, oltre ad aver consumato metà del tempo che separa le galline dalla libertà (o noi tre dalla prigione, ma non voglio essere pessimista), è anche la data in cui Shannon e Tomo si stabiliscono fino alla data del concerto nella nostra casa.
Ne avevo già parlato con Colin e lui non ha avuto problemi ad acconsentire.
Li faremo dormire nella stanza degli ospiti. È un buco, ma meglio di niente.
 
Che giornata piatta. Né io né Colin abbiamo qualcosa da fare: niente lezioni, niente lavoro. Per di più, nonostante sia pomeriggio inoltrato ed il sole cominci a calare, è ancora caldissimo, e questo ci fa desistere dal fare qualsiasi cosa.
“Quand'è che arrivano?” mi chiede Colin, con addosso solo dei pantaloni corti, sdraiato sul divano ed un polpaccio appoggiato allo schienale.
“Dovrebbero essere qui a momenti” rispondo, seduto su una sedia in cucina, stravolto dal caldo “Sono partiti più o meno sei ore fa...”
“Ah.” e c'è un che di deluso nel tono della sua voce, ma non riesco a chiedergli nulla perché sento un clacson strombazzare proprio sotto alla nostra finestra.
Mi alzo con il telecomando del garage in mano, sorridente, ed esco dall'entrata principale.
 
“LETO JUNIOR!” mio fratello urla più forte, sovrastando la nota continua che emette il clacson.
Tomo si sporge dal finestrino e mi rivolge un blando saluto militare, che ricambio.
Poi si suggerisce a Shannon “Ehi, forse dovresti staccare quella roba. E' una zona abitata...”
E infatti ci sono alcuni dei nostri vicini che hanno cominciato a curiosare fuori dalle finestre. Alcuni stanno perfino inveendo contro il disturbatore.
“Scusate se ho portato un attimo di vita in questo quartiere dimenticato da dio” grida Shan, alterato, parcheggiando nel garage che ho aperto “SCUSATE!”
Mi metto a ridere.
Quando scende mi saluta con un abbraccio caloroso “Fratellino! Caldo, eh?” dice, schifato “Hai sudato così tanto che sei viscido come un'anguilla.”
“Così impari a importunare la gente.” gli rispondo, falsamente acido.
“Jay, tuo fratello non dovrebbe neanche avere il diritto di parlare, visto che per tutto il viaggio si è lamentato di puzzare come una capra.” si intromette Tomo.
“Ti piacciono proprio questi paragoni con gli animali non-umani, eh?” dico divertito.
“Sono divertenti.” risponde lui, entrando nella cucina, che è collegata al garage “Ciao Irlanda!” esclama, non appena vede Colin. È rimasto in sala, probabilmente voleva darmi un attimo di intimità con gli amici.
 
Abbiamo cenato nel balcone.
Con della verdura, naturalmente, in quanto il frigo dispone solo di quello.
“Okay, fratellino” esordisce Shannon, mentre si stiracchia sulla sedia “E' giunto il momento di raccontarti tutta la verità.”
Io lo guardo, confuso, ancora di più quando Tomo gli chiede “Ma perché, non gli hai detto tutto?”
“Certo che no! Volevo averlo davanti agli occhi per dargli una notizia di questo calibro.” dà una pacca sulla schiena al croato e poi continua a rivolgersi a me. “Fratellino. Io non ti ho detto che per partecipare a questo concorso, questo 'Out of Time', c'era un limite di partecipanti.”
Mentre parla la sua voce aumenta di volume.
“Partecipanti che venivano scelti tramite delle selezioni.”
Comincio ad allargare gli occhi.
“E che queste selezioni le passavi se inviavi agli organizzatori un demo della durata massima di sei minuti.
E che c'erano altre 50 band che partecipavano.
E che ne sono state scelte solo 10.
E che la canzone che ci ha portato qui è stata Buddah For Mary!”
 
Shannon ha pronunciato queste parole e l'alcool, come per magia, è apparso.
Ci sono non so quante lattine di birra vuote sulla tavola -a quanto pare, in questa casa l'alcool non manca mai.
Colin sta raccontando a mio fratello qualcosa che non riesco a comprendere.
Mi accascio sul tavolo con un sorriso beato e do voce ai miei pensieri: “lalalalalaaa”, ma nessuno mi calcola, e continuo a ridacchiare da solo come un coglione.
“IO PROPONGO” esclama Tomo all'improvviso, alzandosi di scatto dalla sedia “DI FARE UN BRINDISI”
Interrompiamo le nostre occupazioni per fare una standing ovation, brindando “A BUDDAH E A MARY, SENZA I QUALI NON SAREMMO QUI CODESTA SERA”.
Scolato l'ennesimo bicchiere di birra, Tomo si mette a cercare delle stelle in questo cielo schifoso (“maledetto inquinamento luminoso”, biascico).
Decido di ascoltare Cole e Shan.
Questa è la voce sexy di Farrell: “E insomma questa mucca viene fatta resuscitare e il re dei folletti la regala al povero Sean e alla sua famiglia” sta raccontando con orgoglio delle leggende irlandesi, ma io gli smorzo tutto perché sono un vegano e dico che io non ho sentito tutta la storia, ma fa schifo perché è estremamente specista.
Loro non sanno nemmeno cosa voglia dire questa parola -Cole sicuramente sì, gliel'ho spiegato, ma probabilmente vogliono continuare la conferenza su folletti e unicorni e arcobaleni “così GAAAAAAYYYY” …mi ritrovo a dar voce ai miei pensieri e non so nemmeno perché, troppo alcool, troppo alcool.
Tomo dice qualcosa sulle fiabe croate che sono piene di animaletti e ce n'è una che si chiama 'l'uccellatore e il corvo'.
Appena sento queste parole mi viene da ridere perché mi sono immaginato uno che per lavoro prende tutto quello che gli capita davanti a colpi di uccello, lo racconto agli altri e ridiamo fino a morire.
Torna il silenzio e dopo un po' Shan spara un bel “vaffanculo”, così, senza motivo, e questo riaccende l'ilarità generale; penso ai cavalli, al grano, agli angolari e agli I-Pod.
Dopo un'infinità di pensieri stupidi, sento Shannon darci dei cazzoni, poi ci augura la buonanotte e dice che lui se ne va a letto.
Dopo un po' anche Tomino fa la stessa cosa, solo che non ci chiama cazzoni, ma ci informa che in croato 'cazzo' si dice 'jebati'.
“Buonanotte Leto Junior”
“Buonanotte Leto Senior”
“Buonanotte Irlanda”
“Buonanotte Shannon”
“Buonanotte Jareddino”
“Buonanotte Jebati.”
“Buonanotte Colin”
“Buonanotte Tomo”
E dopo questa enorme sequela di saluti finalmente io rimango da solo con Cole, e penso che probabilmente se fossi stato sobrio avrei chiuso i pensieri omosessuali che sto formulando da un po' in un angolo della mente, ma dato che sono ubriaco ho la licenza di poter fare quello che mi pare senza sentirmi immediatamente in colpa.
Lo fisso intensamente, mi sento proprio sexy, spero di esserlo sul serio e di non apparire attraente quanto una mattonella incrostata di sporco.
“Ehi, bambolina.” mi sussurra lui, seduto di fronte a me.
Gli sorrido beato, allora non sono una mattonella!
“Mi piace quando mi chiami così, anche se da sobrio mi lamento sempre.”
“Lo so.” con l'indice della mano sinistra segue il contorno della lattina.
È cosi sensuale.
“Perché non porti quel dito sulle mie labbra?”
Dio, l'ho detto per davvero? Sono proprio senza ritegno.
Alza lo sguardo, sorpreso, poi fa un ghigno cattivo. “No, bambolina... non lo farò.”
“Cosa?? E perché? Io ti do la possibilità di fare una cosa del genere e tu mi scacci?”
Si limita a stringersi nelle spalle.
Per un po' stiamo in silenzio, e siccome sto facendo dei pensieri impuri il mio simpatico pene si è pigramente svegliato.
Poi mi lamento: “Dai Cole, dimmi perché non vuoi farlo! Io lo desidero!”
Quelle labbra sono così sensuali. Gesù, non riesco a smettere di guardarle.
Lui si avvicina e mi sussurra in un orecchio. “Perché dopo non riuscirei più a trattenermi dal baciarti.” il suo alito sa di birra “E dato che sei sbronzo, domani non ricorderesti nulla.”
Sono stordito, gesù, quanto sex-appeal in un solo ragazzo... o uomo... o quello che è.
“E tu, non sei sbronzo?” biascico.
“Io sono irlandese e questo vuol dire che reggo l'alcool meglio di te.”
“Che cazzata” sussurro.
Le nostre fronti si toccano, rimaniamo in questa posizione, a respirare birra e a guardare l'uno il cielo, l'altro la terra. Penso che i nostri occhi si completano.
“Io sono più grande di te” affermo, guardando quelle pupille scure “quindi devi eseguire.”
“Sei un ripetente, quindi i tuoi ordini valgono zero.”
“Che razza di regola è? E poi non è colpa mia se quando ero piccolo vivevo in Francia. Pensa che schifo: mi sono trasferito qui e non spiccicavo una parola di americano, ergo mi hanno bocciato. Maledette professoresse.”
Non dice nulla e continuo a rivangare il passato.
“E poi ero povero, quindi non potevo andare a scuola perché non avevo nemmeno un soldino. E poi mi sono rotto una gamba -o qualche altra parte del corpo, non ricordo- ed ecco che ho perso tre anni della mia vita scolastica.” Lo sfido. “Sono più grande io. Di ben tre anni.”
“Bravo Jay, finalmente hai imparato la matematica.”
“Maledizione, questo è un affronto. Che fottuto provocatore.”
Annuisce ed interrompe il contatto fisico staccando la fronte dalla mia, stiracchiandosi.
Disapprovo enormemente.
“Bhe, io me ne vado a dormire.”
“Cosa? No! Cole, dammi un bacetto.” supplico.
“No.”
“Ma perché? Io reclamo la tua bocca!” dico.
Si avvicina pericolosamente al mio viso, e lo sento parlare, respirare piano sul mio collo. “Perché dovrai ricordare ogni singolo movimento che faranno le mie labbra sulle tue. Dovrai ricordare il modo in cui ti accarezzerò i fianchi.” Ho la schiena percorsa da brividi, quanto vorrei che mi toccasse ovunque. “Dovrai ricordare tutto, nei minimi particolari.” Le sue labbra si muovono, sfiorano impercettibilmente la mia pelle. Vorrei morire. “Dovrai ricordare nei più piccoli dettagli come ti farò impazzire. Ma...” e si allontana improvvisamente, lasciandomi con un senso di vuoto assurdo ed una sensazione di strettezza decisamente poco piacevole nei pantaloni “...ma stasera non saresti in grado di ricordare nulla, Jared.”
“Cole...” lo supplico, di nuovo “Cazzo Cole! Non puoi andartene così. Eddai.”
“Buonanotte, bambolina.” si avvicina per lasciarmi un umido e lascivo bacio sulla guancia prima di dirigersi verso la sua camera.
E io rimango lì, con lo sguardo spaesato ed una terribile tensione sessuale irrisolta che posso benissimo sentire nei miei boxer.
Credo che questa pulsione primordiale dovrò metterla a tacere da solo.
 
ANGOLO DELL'AUTRICE
Oh, beh.
Povero Tomo, non lo conosco molto e nonostante ho guardato alcuni video sui Mars, ancora non riesco ad inquadrare il suo carattere. Purtroppo rimarrà un personaggio abbastanza marginale.
E povero Jared, rimasto così... senza il becco di un misero bacio.
Massima comprensione per lui :)
P.s. Aggiornare così velocemente mi fa  sentire una persona orribile, ma anche non aggiornare quando ho finito l'ennesimo capitolo. Per cui, ecco qua. Invoco perdono. 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Malaise ***


 

ANGOLO DELL'AUTRICE
Non voglio rovinarvi le sensazioni che spero vi lascerò alla fine del capitolo, ergo vi saluto quassù! Innanzitutto, troverete dei cambiamenti nella formazione dei Mars. Mi sono concessa questo lusso perché la storia si svolge in un AU. Ergo, tutto regolare :)
Grazie mille per le recensioni, e volevo dire che se c'è qualche lettore che rimane nell'anonimato sarei felice se avesse voglia di lasciare qualcosa nelle recensioni! Mica è un obbligo, ma è un'emozione fantastica sentire critiche costruttive :D
Non smetterò mai di ringraziarvi per leggere questa storia: vi adoro ;3;
alla prossima :D :D :D
 
 
 
 
Sto facendo colazione da solo.
Tendo sempre a svegliarmi più presto degli altri, e quindi ho il tempo e la tranquillità necessarie per riflettere su ciò che è successo ieri sera.
Ho un vago mal di testa -nulla di preoccupante.
Anche se fosse stato più forte, non avrei preso neanche una tachipirina: le medicine vengono testate sugli animali, dalla prima all'ultima; a parte quelle omeopatiche... e lì bisogna stare attenti e controllare che non contengano ingredienti come fegato d'oca o roba del genere.
Mentre sgranocchio qualche noce mi viene in mente che questa mattina mi sono svegliato con i boxer abbassati. Segno che ho fatto qualcosa di poco casto, stanotte.
Sorrido. È la natura, no?
Ultimamente il sesso è l'ultimo dei miei pensieri, quindi mi chiedo con curiosità a chi stessi pensando, ma non riesco a ricordare nulla.
Mentre sto sgombrando la tavola dalle poche cose che ho utilizzato, sento un rumore e vedo Colin uscire dalla propria stanza.
Si stiracchia, sbadigliando e grattandosi la nuca. Ha delle sopracciglia enormi e si è accorto che lo sto guardando.
“Ciao... bambolina.” dice con un ghigno.
È una mia impressione o la sua voce si è abbassata di un tono, mentre pronunciava l'ultima parola che ha detto?
“Ciao Cole. Quando la smetterai di chiamarmi in questo modo?”
“Sicuramente non presto. Per cui abituati.” e si siede al tavolo, dopo essersi riempito una tazza con del latte di mandorle.
C'è qualcosa di strano nel modo in cui mi tratta.
È... spavaldo, ma non capisco perché.
Come se fosse sicuro di ottenere qualcosa.
Boh.
Mi stringo impercettibilmente nelle spalle, scaccio quel pensiero e mi siedo accanto a lui, facendogli compagnia ed aspettando che Shannon e Tomo si sveglino.
Anche oggi è uno di quei giorni liberi, per cui abbiamo deciso di andare a fare le prove e spolverare gli ingranaggi in disuso del gruppo.
 
Il pomeriggio, infatti, vede noi tre in una delle sale prove del Centro Aggregazione Giovani del quartiere. La batteria è mezza scassata, il materiale isolante si stacca dalle pareti e dobbiamo suonare con la finestra chiusa nonostante il caldo per non disturbare il vicinato, ma non mi interessa: è troppo bello sentire il peso del mio basso che grava sulle spalle mentre un microfono mi sta davanti, ben ancorato all'asta che lo sorregge.
Shannon e Tomo hanno portato da Los Angeles chitarra, batteria (che utilizzeremo solo nel giorno del concerto), basso, jack, pedali, accordatori e tutto il necessario per suonare.
“Mi dispiace che Irlanda non sia voluto venire con noi” dice mio fratello, posizionando i vari componenti della batteria nella maniera più adatta a lui.
Mi stringo nelle spalle.
“Ha detto che avrebbe avuto altro da fare.”
“Seh, ascoltare musica celtica.”
Sorrido, mentre vedo Tomo alzare gli occhi al cielo.
Quando siamo tutti pronti, i miei compari mi informano che, com'era prevedibile, c'è un limite di dieci minuti per esibirsi al concorso, ed è possibile presentare solo tre canzoni.
“Noi due avevamo pensato” dice Tomo “di portare 'Welcome to the Universe', 'Oblivion' e 'Capricorn'.”
“Okay” annuisco “Queste tre sono le mie preferite.”
“Che culo!” esclama Shannon, ridendo.
“Siamo tutti pronti?” chiede Tomo, sorridendo “Allora direi di cominciare.”
E poco dopo la stanza si riempe con la nostra musica, che striscia sotto la porta, si infila tra gli spifferi della finestra e attraversa il soffice materiale spugnoso incollato alle pareti, invadendo l'edificio e le strade lì attorno, perdendosi nell'immensità di San Francisco.
 
Sono contento. Abbiamo provato per più di due ore (non solo le tre canzoni scelte, ma tutto il nostro repertorio). Abbiamo ritoccato alcune cose, cambiato delle note e apportato delle migliorie alle nostre creazioni.
Era da molto tempo che non mi sentivo così appagato, poter suonare i prodotti della propria mente è una cosa meravigliosa.
Siamo tutti felici e sudati da far schifo.
Usciamo dalla sala con tutta la nostra attrezzatura e torniamo a casa verso le cinque.
 
Manteniamo questa routine per tutta la settimana.
Colin lo vedo solo a pranzo e a cena, anzi, ci sono dei giorni in cui non lo vedo affatto.
Ogni momento libero che non è occupato dall'accademia o dal lavoro lo passo a cantare e a strimpellare il basso, devo assolutamente essere al massimo della forma per il concerto... anche se credo che qualche giorno di riposo dovrò prenderlo, soprattutto ora che comincio a sentire la tensione per il colpo che io, Natalie ed Anne stiamo organizzando.
Il quaderno su cui appuntiamo la dinamica dell'azione si è riempito di aggiunte, asterischi e frasi sottolineate tre volte.
Gli accorgimenti non sono mai troppi in operazioni come questa, soprattutto quando ne va della tua libertà: chiuso nella cella di una prigione non puoi fare molto per aiutare gli animali, è meglio rimanere a piede libero.
 
Il tempo scorre inesorabile, in questi ultimi giorni non sono riuscito a dormire un granché.
La preoccupazione mi attanaglia lo stomaco.
Sono le undici e tre quarti di sera, mancano quindici minuti prima di entrare ufficialmente nel giorno X e io mi rotolo nel letto, cercando il sonno che non trovo.
Sono qui, vestito solo della mia pelle, boxer e sudori freddi.
Shannon e Tomo sono usciti da soli, visto che domani ho lezione all'accademia e quindi mi devo svegliare presto.
Colin è in camera sua, credo.
Cazzo.
Porto le mani sulla faccia, tirando la pelle verso il basso e spalancando gli occhi.
Vado in cucina, bevo un bicchiere d'acqua, esco nel balcone ma l'immensità di quel cielo senza stelle serve solo a farmi sentire più male.
Apro la porta della camera del mio coinquilino irlandese.
“Cole!” esclamo, ho la voce che trema un po'. Mi sento proprio male. “Dormi?”
Si volta verso di me. È sdraiato a pancia in su, vestito solo dei boxer, le lenzuola aggrovigliate ai piedi del letto perché è un caldo boia.
“Che c'è Jared?” mi chiede. È preoccupato. “Stai male?”
Non posso dirgli nulla, per cui mi limito ad un semplice “Non riesco a dormire.” Beh, è la verità. “Posso stare con te per un po'? Magari se parlo con qualcuno riesco a prendere sonno.”
“Certo.” e si sposta un po' più in là. “Che succede, Jay?”
“Non lo so...” mento. Mi sento in colpa. Ma non posso dirgli nulla, ripeto a me stesso. Cerco comunque di spiegargli il mio stato d'animo. “Non so se hai mai provato questa sensazione, ma a me da piccolo capitava spesso di pensare alla fine del mondo, sai... asteroidi, tsunami, terremoti... queste cose qui.” gli dico, mentre mi sdraio sul suo letto.
“Che infanzia piacevole” ridacchia.
“Quando pensavo a queste cose... sentivo un gran bruciore qui, sullo sterno” e porto la mia mano sinistra sulla parte anatomica appena menzionata “Non ci dormivo la notte! E adesso sto provando quelle stesse sensazioni... Come se la mia vita fosse appesa ad un filo, come se qualcosa di terribile potesse capitare da un momento all'altro...” finisco di raccontare tutto con lo sguardo perso nel vuoto, verso il soffitto.
Volto la testa verso di lui, cercando il suo sguardo.
“A te non è mai capitato?” chiedo.
“Sì, qualche volta... Quando uscivano da non si sa dove quelle profezie del cazzo...”
Distolgo lo sguardo dai suoi occhi.
Perché devo stare così male?
Mi giro completamente verso di lui.
“Mamma per calmarmi mi faceva prendere la valeriana.” gli racconto, sorridendo mestamente. “Sapeva di insalata. Insalata liquida. Uno schifo. La prima volta che me ne somministrò un paio di gocce, queste hanno agito così in fretta che mi è quasi mancato il respiro e per poco non mi mettevo a dormire sul pavimento della cucina.”
Se solo avessi un po' di quella roba.
Maledizione, sento gli occhi pizzicare.
“Jay, quelle sono lacrime?”
Non gli rispondo, ma chiudo gli occhi per impedirgli la vista della mia debolezza.
“No.” dico dopo un po', la voce tremante.
“Oh, Jay...”
Colin si avvicina, circondando la mia cassa toracica con un braccio.
Comincia ad accarezzarmi la pelle tra le scapole mentre con l'altra mano, delicatamente, solleva il mio mento, facendo in modo che i nostri visi arrivino alla stessa altezza.
“Jay, mi concedi l'onore di perdermi nei tuoi splendidi occhi?”
Faccio un sorriso sghembo, e con una lentezza terribile riesco a mostrargli due pozze d'acqua.
“Dio... sono come il mare d'Irlanda.” ha uno sguardo rapito, ed io riesco a vedere solo due immensi pozzi neri, perché sì, ho la vista completamente annebbiata da questo fiume di paura.
“Cole” tiro su col naso, e riesco ad abbozzare un tono sinceramente divertito, nonostante la voce tremi ancora “Ma queste frasi da romanzo rosa te le insegnano a scuola?”
“No,” sussurra “questa è improvvisazione.”
Ora mi sento accarezzare anche sul viso.
Cristo, Colin, ti direi tutto.
Ma non posso, e questo mi fa star male.
“Colin...” mi stringo ancora di più a lui, il naso che respira la pelle del suo petto, e lui mi accoglie, intrecciando le gambe con le mie.
Lo sento affondare nei miei capelli, respirando lo shampoo della doccia che ho fatto qualche ora fa.
“E' buono.” dice.
Sorrido un po'.
“E' buono perché non è testato sugli animali.”
“Mh...” espira, le labbra increspate in un sorriso.
Lo sento baciare la mia testa.
La mia fronte.
Il punto esatto tra le sopracciglia.
Il setto nasale, la punta del mio naso.
Ha gli occhi socchiusi e rapiti dalle mie labbra.
Io lo guardo, le palpebre un po' più aperte delle sue, le pupille che passano lentamente ad esaminare prima le sue iridi di corteccia, poi quelle labbra perfette, ora le une, ora le altre.
Quando i nostri sguardi si incontrano il tempo si dilata.
Con una lentezza indescrivibile posso sentire gli occhi di entrambi chiudersi in un tacito accordo.
E mentre sento che la distanza tra di noi si sta annullando del tutto, tutti i pensieri razionali vengono annientati, uno ad uno.
 
Le tue labbra morbide sigillano le mie.
Rimaniamo così collegati per non so quanto tempo, in una stasi temporale.
Fino a quando non decidi di portarti sopra di me, riprendendo subito il contatto interrotto, come se questo bacio fosse il tuo ossigeno.
Ora io sono sotto di te, e continuiamo a baciarci, a regalare l'un l'altro questi meravigliosi baci che per me sono valeriana, una valeriana dal sapore assuefacente.
Sei appoggiato sui gomiti e con una mano giocherelli con i miei capelli, l'altra lasci che accarezzi il mio viso.
Io tengo tra le mani il tuo, e continuiamo a sovrapporre le nostre labbra in un gesto casto e puro.
Apro i miei occhi e tu pensi che siano i cieli del paradiso o qualche altra romanticheria.
Ti sorrido dolcemente ed avvicino nuovamente il tuo viso al mio.
Voglio baciarti fino a quando l'universo intero cesserà di esistere.
Ad un tratto sento qualcosa di più umido e bagnato chiedere il permesso di entrare.
La tua lingua vuole venire a conoscere la mia, e si presenta, un po' timida, un po' imbarazzata, tracciando lentamente il contorno delle mie labbra, quasi avesse paura di un rifiuto.
Io le apro e tu entri.
Le nostre lingue bagnate si salutano con circospezione, per poi gettarsi in una conversazione pacata ma interessante, che le tiene impegnate per molto tempo.
Faccio scorrere le mani sulla tua schiena, tra i tuoi capelli, lungo i tuoi fianchi e mi aggrappo con forza alle tue spalle, non voglio lasciarti andare.
Forse i muscoli delle braccia ti fanno male, perché ora sono io che mi trovo sopra di te.
Sono seduto sul tuo bacino e quell'improvvisa interruzione mi fa smaniare per tornare ad assaporarti.
Fai scorrere l'indice della mano destra lungo la mia fronte, fino alla punta del naso.
“Sei così bello, Jared.” mi dici.
Non mi lasci il tempo di replicare che alzi il busto, baciandomi ancora, delicatamente.
Ora siamo entrambi seduti, le nostre gambe ci circondano, i talloni di entrambi sfiorano la pelle del bacino semicoperta dai boxer.
“Dimmi che domani non farai finta di niente.” mi dici “Che non farai l'indifferente. Che non mi eviterai.”
Sei sinceramente preoccupato.
“Colin...” ti bacio “...non potrei mai” e ancora “fare una cosa del genere.” e ancora.
Sento il peso sul tuo cuore sollevarsi.
Ci baciamo dolcemente per tutta la notte, fino a quando le labbra non prendono fuoco e i muscoli si indolenziscono, fino a quando non ci addormentiamo l'uno tra le braccia dell'altro.
Siamo braccia che si intrecciano contro schiene, mani che reclamano il possesso reciproco e gambe che si strofinano pigramente tra loro.   

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Liberation ***


 

Vibrazione.
Fastidiosa.
Insistente.
Forse un segnale di qualcosa...
Forse un promemoria.
Forse una sveglia.
...Sveglia...
 
“MERDA!” scendo dal letto in fretta e furia, svegliando all'improvviso l'irlandese con cui ho passato la notte e lanciando maledizioni a nessuno in particolare. Non posso assolutamente far tardi oggi, mi ero messo d'accordo con Nat ed Anne che ci saremmo incontrati prima dell'inizio delle lezioni per darci un po' di supporto e ripetere per l'ennesima volta lo svolgimento dell'operazione, ed ecco che di nuovo sto per tradire la fiducia di qualcuno... maledetto me!
Sento Colin mugugnare qualcosa, probabilmente il mio nome.
“Cole, muoviti! Abbiamo solo dieci minuti di tempo prima che passi l'autobus, e dobbiamo anche arrivare alla fermata!” infilo i primi vestiti che trovo nella stanza (roba di Colin, visto che sono in camera sua e che soprattutto mi va decisamente larga, ma non me potrebbe importare di meno), poi vado in cucina, preparo la colazione per entrambi e, tempo sette minuti, stiamo aspettando che passi la navetta alla fine della via dove abitiamo.
“Siamo anche arrivati in anticipo” Colin si stiracchia “Tanto casino per niente.”
“No, invece, perché l'autobus sta arrivando proprio ora.”
“Quindi c'è ancora un po' di tempo per darsi il bacio del buongiorno...”
Non faccio in tempo a stupirmi che lui appoggia dolcemente le sue labbra sulle mie, facendo dimenticare al mio cuore di battere per qualche secondo.
Le mie palpebre si socchiudono e rimango con un espressione da perfetto imbecille che mi rimane addosso quando il morbido e piacevole contatto fisico si interrompe.
Saliamo sul mezzo di trasporto (sono quasi sicuro che l'autista ci ha lanciato un'occhiata al cianuro) e mi lascia il posto a sedere.
“Ma che galantuomo” lo prendo in giro, ancora con la faccia da ebete.
“Arriverei in capo al mondo per lei, madamoiselle... Cederle un posto sul bus è una quisquilia.” mi sorride lui affabilmente.
Gli sfioro timidamente una mano e percorriamo il resto del viaggio in silenzio.
Quando scendiamo dall'autobus gli faccio: “A proposito Colin... io questa sera non sarò a casa, avevo preso un impegno con Natalie ed Anne da tempo...” per facilitarmi la vita ho deciso di accantonare (senza tanto successo) il disagio che mi provoca il non dirgli nulla della liberazione di stasera.
“Okay.”
“E visto che il pomeriggio lavori, non ci vedremo affatto... quindi, beh... buonanotte in anticipo...?” il tono di voce è incerto, il sorriso imbarazzato.
“Okay.” ripete. “Buonanotte...” si avvicina a me con noncuranza, in modo che possa sentire quel “bambolina” sussurrato.
Poi se ne va, lasciandomi in balia dei brividi che percorrono la mia schiena.
 
Nel pomeriggio torno a casa, che trovo (fortunatamente) deserta.
Mi cambio i vestiti, cercando qualcosa di più adatto alla situazione. Non bisogna dare nell'occhio indossando cose sgargianti ma nemmeno destare sospetti andando in giro completamente vestiti di nero. Niente maglie particolari, niente braccialetti, collane, orecchini, piercing. I tatuaggi devono rimanere tassativamente coperti e l'ideale sarebbe munirsi di occhiali da sole o maschere da sci, ma non dispongo di nessuna delle due cose.
Infilo nella borsa un passamontagna artigianale ricavato dalla manica di una vecchia maglia che non indossavo più e mi siedo sul divano, aspettando che Anne mi venga a prendere.
Non avendo nulla da fare l'ansia è tornata alla carica, ma cerco di scacciarla: o la va o la spacca. Ormai sono qui e non mi tiro certo indietro all'ultimo. Anche perché per una mia debolezza condannerei a morte qualcuno, ed è l'ultima cosa che voglio fare.
Comunque, prima di mettere in atto l'operazione, abbiamo deciso di stare un po' insieme, fare qualcosa di rilassante tipo guardare un paio di film.
Il campanello suona, prendo un bel respiro profondo e mi incammino verso l'illegalità.
 
Vedere la strada da quest'altezza fa un certo effetto: il furgone è bello grosso.
Ce ne stiamo tutti e tre in silenzio, i visi completamente tesi.
Abbiamo paura di dare nell'occhio, ma nessuno fa caso ad un anonimo veicolo come questo. Non abbiamo di che preoccuparci, mi ripeto in continuazione.
Ad un certo punto la strada si fa più dissestata.
Stiamo salendo sulla collinetta coperta dalla vegetazione dove ci siamo fermati a discutere quando abbiamo perlustrato il luogo la prima volta.
Il motore si spegne.
Silenzio.
Poi Natalie espira fortemente.
“Okay. Siamo qui.”
È lei a dover fare la prima mossa: forzare la serratura del micro-allevamento con le forcine per i capelli. Ha imparato a farlo proprio per l'occasione, dopo ore e ore di pratica.
Scende dal camion, in mano due sacchetti neri con cui oscura la targa anteriore e posteriore onde evitare di essere riconosciuti da qualcuno, poi torna da noi, appoggiandosi al finestrino dalla parte del guidatore, cioé Anne.
“Ora vado. Se mi sentirete strillare o se mi vedrete correre verso di voi... vorrà dire che tutto è andato in fumo. Auguratemi buona fortuna.”
Approfittando del fatto che nessuna macchina stia passando nelle vicinanze comincia a correre, fino a fermarsi davanti alla porta.
Io ed Anne riusciamo a vederla per quel che l'oscurità permette.
Passano i minuti e lei continua ad armeggiare con la serratura, la tensione è palpabile.
Tutti tacciono, perfino i grilli.
Ad un tratto la vediamo muovere le braccia in un segnale incoraggiante.
Sollevati, accendiamo il motore, i fanali spenti. Scendiamo dalla collinetta e ci imbuchiamo nella strada sterrata che conduce al pollaio.
Il cuore mi batte in petto come non mai.
Anne mantiene il sangue freddo e fa manovra, in modo che la parte posteriore del camion sia rivolta verso l'entrata.
Io e lei scendiamo dal veicolo lasciando le portiere aperte per agevolare una fuga improvvisa, e ci portiamo accanto a Natalie.
“Pronti?”
In un tacito accordo indossiamo i nostri passamontagna, e i suoi polpastrelli fanno una leggera pressione sulla porta metallica.
L'accecante luce dei neon colpisce i nostri occhi e ci precipitiamo all'interno per non attirare l'attenzione su questo bagliore improvviso.
 
La prima cosa che sento è un terribile odore di ammoniaca, così tanto forte e pressante che mi lacrimano gli occhi. Il pavimento è ricoperto da uno spesso strato di escrementi, la maggior parte completamente solidificati. Fissate al muro vi sono le gabbie: tramite un apposito sistema di scivoli posizionato al di sotto di esse, le uova appena deposte finiscono all'interno di alcuni contenitori che ne faciliteranno il trasporto.
E poi ci sono loro.
Le galline.
Le eterne prigioniere, schiave, denigrate e sfruttate fino all'osso.
Mentre le più giovani si schiacciano verso il fondo delle gabbie, spaventate da quest'improvvisa irruzione di sconosciuti all'interno della loro 'casa', le più anziane colpiscono la mia attenzione. Le riconosco perché sono quasi completamente glabre.
La grata di ferro che ha da sempre negato loro la libertà si è presa penne e piume, lasciandole nude, vulnerabili e ridicolizzate.
Leggere chiazze di sangue rappreso lungo il corpo.
Mi guardano, con quegli occhi terribili, senza vedermi realmente.
Occhi vuoti, privi di aspettative.
La vita è stata risucchiata dal degrado e dalla monotonia.
Per quanto io mi avvicini, non si muovono. Continuano a fissarmi in quello stato di rassegnata apatia, la testa che sbuca dalla prigione.
Spogliate dalla loro identità, irriconoscibili.
Anne mi risveglia da questa orribile contemplazione, ha appena scattato una foto per testimoniare la condizione di queste poverette. Poi si rivolge a Natalie, mentre le porge la macchina fotografica.
“Nat, hai la torcia?”
“Certo.”
“Bene, vediamo di spegnere le luci.” la vedo dirigersi verso l'interruttore da cui spuntano dei fili elettrici che percorrono tutto il soffitto fino ad arrivare al neon ronzante. Si mette dei guanti di gomma che teneva nelle tasche dei pantaloni, prende un paio di tronchesi con cui recide i fili in un unico gesto e tutto viene inglobato dall'oscurità.
Il chiocciare delle galline si è interrotto, spaventate da questa condizione che raramente hanno sperimentato: l'assenza totale di luce per loro è una cosa pressoché sconosciuta.
Il bagliore proveniente dalla torcia di Natalie ci fa riemergere dalla cecità.
“Ok” sussurra “adesso apriamo nuovamente la porta e cominciamo a trasferire le galline.”
Sul retro del camion sono stati allestiti quattro ripiani in legno con delle grate di ferro posizionate nelle aperture. Cominciamo a stipare le galline, qualcuna riluttante, la maggior parte completamente passiva ed indifferente a quello che sta succedendo, all'interno di questi pseudo cassetti.
Dobbiamo fare molta attenzione, le unghie di alcuni volatili sono cresciute a dismisura andando ad ancorarsi alla gabbia, altre sono spaventate a morte, altre ancora non riescono a reggersi sulle gambe.
Se inizialmente avevo paura, ora questa ha lasciato il posto ad una fredda determinazione. Le mie mani toccano decine e decine di galline, ognuna di esse infestata da migliaia di parassiti bianchi che corrono sulle loro penne.
Con movimenti meccanici e veloci, le gabbie si svuotano, il camion si riempie.
Anne si dirige verso i sedili anteriori, tira fuori una borsa abbastanza grossa e la porge a me.
“Ora io vado. Vi aspetto sulla collina.”
Abbiamo stabilito che lei sarebbe tornata al punto iniziale una volta terminata la liberazione: in caso qualcosa andasse storto nella fase successiva, le galline avranno comunque la certezza di cominciare a vivere nelle loro nuove case.
Ci promettiamo che tutto andrà bene e rimaniamo solo io e Natalie nella semi oscurità, il suono del motore accesso che si affievolisce sempre più.
Uno sguardo d'intesa, un “Cominciamo.” sussurrato con decisione.
E con furia cieca, dopo aver estratto dei lunghi ferri dalla borsa, ci avventiamo su tutto.
Dalle mangiatoie agli scivoli per le uova.
I contenitori.
Il ferro stride e si deforma sotto i nostri colpi secchi, sotto la nostra rabbia.
Le uova stesse vengono schiacciate da una serie di mattoni estirpati dal muro, stacchiamo il neon dal soffitto e trituriamo i cavi elettrici, accartocciamo il metallo delle gabbie.
Per completare l'opera estraiamo dalla borsa una bomboletta di vernice spray e scriviamo sul muro.
Scattiamo ancora una foto con la macchinetta fotografica e ce ne andiamo con circospezione, chiudendo dietro di noi la porta come se nulla fosse accaduto quella sera.
L'allevatore domani avrà una bella sorpresa.
 
Sono più o meno le tre del mattino quando torno a casa.
Le galline sono state lasciate con successo nelle abitazioni in campagna dei quattro amici di Anne, più o meno una trentina per ognuno.
Forse avrei dovuto assaporare di meno le emozioni che mi hanno dato tutte quelle chiocce che per la prima volta nella vita toccavano i soffici fili d'erba.
Perché se avessi prestato più attenzione al mondo circostante, mi sarei accorto in largo anticipo di Colin Farrell che mi guardava sconvolto, fissando i pidocchi che correvano sulla mia pelle e le piume attaccate ai miei vestiti e il passamontagna che tenevo tra le mani.
Oh, e non posso dimenticarmi del fatto che annusasse il pungente odore di ammoniaca che emanavo.
Era proprio schifato.
 
 
 
ANGOLO DELL'AUTRICE
Tun tun tun tuuuuuuuuuuunnn, colpo di scena!
Allora, io aggiorno adesso considerando il fatto che si sta avvicinando un temporale e la connessione ad internet potrebbe anche darmi l'addio definitivo in questa occasione.
Soprattutto, vorrei che guardaste il seguente video:
È un'azione diretta dell'ALF avvenuta in Svezia questo luglio.
È commovente, e soprattutto potrete vedere in condizioni vivono le galline negli allevamenti. Non fraintendete le mie parole, ma secondo me avete l'obbligo di guardare se consumate le uova che trovate al supermercato e tutti i prodotti che ne derivano.
In più, a casa mia sono arrivate 5 galline reduci da un allevamento! Eccone qui una:
Alla prossima donne, e grazie tremila volte per le recensioni :) :) :) siete così carine :) :) :) 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Anger ***


 

No. Questo non sarebbe dovuto accadere.
Merda.
“Dove sei stato?”
Rimango in silenzio, il sangue che si è gelato nelle vene.
“Jay, dove sei stato fino ad ora?”
Non posso dirgli nulla.
Ma non posso neanche far finta di niente.
“Jared, rispondimi.” se il suo tono prima era preoccupato, adesso è diventato duro.
“Colin, io... non posso...” non so proprio cosa dire.
Mi sfila il passamontagna dalla mano.
“E questo?”
“Cazzo Cole, non sei mica mia madre.” rispondo, improvvisamente stizzito. Cerco di infilarmi nella stanza da letto ma Colin mi afferra un braccio, ponendo fine alla fuga.
“Dove sei stato?” insiste, scandendo le parole una ad una.
Ormai mi ha in pugno... Tanto vale dirglielo.
“A scarcerare qualcuno... Illegalmente.”
I suoi occhi si sono allargati all'inverosimile, e all'improvviso si mette a ridere.
È una risata cattiva, di scherno.
“Ma che cazzo dici Jared.”
Lo fisso in silenzio, allibito.
“Mi stai prendendo per il culo?” sono scandalizzato “Stai sminuendo quello che ho appena detto con una frase da mercatino della pochezza?”
Mi ignora. “E cosa avresti fatto?”
“Ho dato la vita a cento galline. Ho distrutto la loro prigione.”
Colin è freddo e meschino, esattamente come chiunque altro.
Questa consapevolezza mi rende il cuore pesante.
“Sei fissato.” sbuffa, sempre con quel sorriso di merda stampato sulle labbra.
“Senti, non me ne frega un cazzo di quello che pensi, Colin. Ho fatto quello che per me era giusto. Anzi, ho fatto quello che era giusto per loro. Per le galline. Evita di rompermi i coglioni ulteriormente.” faccio per andarmene in camera, ma pronuncia una frase oscena.
“Jared, stai parlando come un fanatico.”
Gelo.
“Tutta questa faccenda del veganismo ti ha fottuto il cervello.”
Mi volto lentamente. Il mio petto brucia dalla rabbia.
“Tu non sai nulla.” scandisco “Non provare mai più a sputare merda su faccende di importanza globale. Non ti permettere, perché non sai assolutamente nulla.”
“Che cazzo dovrei sapere, Jared? Che le mucche muoiono per fare il filetto? Che il latte esce dalle loro mammelle? Grazie tante, sono cose che già so. Ma da qui a far saltare per aria un pollaio ce ne vuole.”
“Sai una cosa? Lo avrei fatto, se solo questa non fosse stata la prima liberazione.”
“Deduco quindi che ne vuoi fare altre?”
“Il tuo microcefalo ti permette di capire le allusioni più elementari. Bravo.”
Ignora la mia presa in giro.
“Non lo farai, Jared.”
“Non darmi dei cazzo di ordini. Ti ho già detto che non sei mia madre e soprattutto non sai cosa passano quegli animali in quelli che tu chiami stupidamente pollai.”
“Che cazzo vuoi che facciano? Mangeranno un po' di grano nell'intervallo di tempo che passa tra un uovo e l'altro.”
Ti odio, Colin. Sono sicuro di odiarti, in questo momento.
È con questo pensiero che mi avvicino velocemente a lui, prendendolo per le spalle e sbattendolo contro il muro.
“La tua ignoranza mi sta proprio sul cazzo.” ringhio. Sono leggermente più basso ed ho una massa muscolare decisamente meno pronunciata, ma lo tengo comunque ancorato alla parete. “Anzi, sai una cosa? Ora smetti di sparare stronzate e vieni a fare un giretto con me.”
Decide di schernirmi, per nulla preoccupato del fatto che l'ho inchiodato al muro.
“Andiamo a trovare le tue amiche galline?”
“Colin, mi hai proprio rotto i coglioni.”
Un attimo dopo il mio pugno destro incontra uno dei suoi zigomi con una forza di cui non mi pento affatto.
Lui mi guarda allibito, portando una mano sulla parte offesa.
“Vedi di smetterla con queste stronzate. Adesso andiamo a visitare l'inferno.”
 
Non so come, sono riuscito a farlo montare nella macchina di mio fratello.
Shannon ha lasciato le chiavi nel cruscotto e quindi la partenza è stata immediata.
Il viaggio si svolge nel completo silenzio, lui è ancora shockato dal pugno ricevuto. Probabilmente non credeva che potessi arrivare a tanto. Forse quel gesto mi ha per sempre condannato ai suoi occhi come un pazzerello fondamentalista, ma adesso non importa.
Dopo circa mezz'ora di viaggio parcheggio la macchina in una radura.
Poco più avanti c'è un secondo pollaio scovato da Anne in uno dei suoi viaggi esplorativi: è completamente isolato, l'unico problema è che si trova vicino alla strada e questo particolare rende difficoltosa una liberazione di massa come quella di qualche ora fa.
Scendo e comincio a dirigermi verso il carcere, perché altro non è che questo.
Non mi curo neanche di controllare se Colin mi stia seguendo o meno.
Quando arrivo davanti alla porta e noto che è chiusa da un semplice chiavistello, sorrido. Questa è fortuna.
Colin mi è arrivato accanto, ora sul volto comincia a delinearsi un ematoma scuro.
“Sei pronto a conoscere le mie amiche?” sfotto. E senza aspettare risposta, apro la porta.
 
Il ronzio costante del neon acceso.
L'incessabile chiocciare.
Becchi che ingurgitano grano in continuazione.
Un'infinità di uova.
Sguardi opachi, sguardi spaventati, apatici, rassegnati.
Occhi spenti, morti.
Il degrado.
L'ammoniaca.
Il sangue che fuoriesce da piccole ferite, corpi glabri, corpi parzialmente spennati, becchi recisi.
La merda, le ragnatele, il costante soffocare di queste vite.
La consapevolezza che questa volta non le posso salvare.
 
Allargo le braccia, e a questo movimento le galline si schiacciano sul fondo delle gabbie, terrorizzate.
“Colin!” esclamo, la voce è cattiva “Ecco le mie amichette! Guarda, quella è Gwen” ed indico una vecchia chioccia che sta lentamente morendo, accasciata sulla grata di ferro “quella è Tracy” una giovane a cui le compagne di gabbia hanno già cominciato a strappar via le penne “ed ecco Edith!”
“Queste sono le mie amichette” continuo “come puoi vedere, sono MOLTO felici di passare tutta la loro breve vita dentro a queste gabbie! Sono molto confortevoli, sai? Vivere all'interno di uno spazio grande come un foglio A4 è il massimo del comfort, soprattutto se ci vivi con altre quattro inquiline! Queste adorabili gabbie” il tono della mia voce si fa via via sempre più amaro “sono talmente tanto strette che non riescono a muoversi, ecco perché le loro unghie sono cresciute a dismisura, ecco perché non riescono ad aprire le ali atrofizzate, ecco perché quella là sta crepando dal terrore alla nostra vista ma non riesce a muoversi: perché è incastrata.
Dentro a questo pollaio si raggiungono dei livelli di stress così alti che si comincia a diventare aggressivi e cannibali. Lo sai cosa fa l'allevatore per limitare questa cosa? Fa tagliare loro il becco. E fidati, in questa operazione conta la quantità, non la qualità. Potrai notarlo tu stesso guardandoti attorno... Guarda tutti quei becchi mozzati, senza un bel pezzo di punta, lunghi quasi la metà di quanto dovrebbero essere realmente. Gli operai sono andati a tagliare la parte viva del becco... è come se uno ti recidesse un unghia dalla base.”
Alzo le braccia, indicando i neon ronzanti attaccati al soffitto.
“Qua dentro la luce è sempre accesa perché le galline non hanno diritto al riposo, devono produrre in continuazione, all'infinito. Sputano fuori dal culo il loro ciclo mestruale -sì Colin, tu ingurgiti mestruo di gallina quando al bar ti compri un croissant fumante- in continuazione.”
Continuo a snocciolare le informazioni.
“Sai quanto vivono le galline in natura? Dieci anni.
Sai quanto vive una gallina qua dentro? Due anni.
E lo sai perché?”
Colin scuote leggermente la testa, gli occhi sbarrati, guardandosi attorno febbrilmente.
“È ovvio che non lo sai. Per lo stress, le galline dopo due soli anni di vita cominciano a produrre meno uova. E cosa si fa dopo due anni, dopo che si è stati spremuti e sfruttati fino all'ultimo? Beh... si dice addio alla propria vita.
Un bel giorno arriverà un camion che porterà tutte le prigioniere con un minimo di carne sulle loro ossa al macello.
Saranno assassinate, e non potranno fare nulla per difendersi.
Le altre, quelle più racchie, verranno considerate alla stregua di rifiuti. Saranno lasciate morire dove capita e poi le loro carcasse verranno bruciate. Oppure finiranno in un trituratore, diventando bocconcini per cani e gatti.”
Riprendo fiato, cercando di riordinare le idee.
“A proposito di trituratori, sai cosa non ti ho detto? Che il calvario comincia anche prima. Ti sei accorto che queste sono galline? Ed intendo calzare sul fatto che sono tutte di sesso femminile. Dove finiscono i maschietti, secondo te?”
Silenzio.
“Circa uno, due anni fa, tutte queste galline, all'epoca pulcini, si trovavano su di un nastro trasportatore. Immagina miriadi di piccoli pulcini gialli che pigolano tutti in coro, mentre un nastro trasportatore li porta in giro per uno stabilimento. Ad ogni numero preciso di metri si trova un dipendente. Cosa fa? Controlla il sesso dei pulcini. E a velocità spasmodica ne esamina il più possibile. Se sono femmine le lascia scorrere. Se sono maschi li lancerà in un tubo. Indovina dove finisce questo tubo.”
Stringo i pugni.
“In un trituratore.”
Più forte.
“In un cazzo di trituratore.”
Provo solo odio.
“Pulcini, cuccioli, bambini triturati vivi, la cui unica colpa è esser nati maschi. Le lame ruotano incessantemente, e loro terminano la corsa mentre le ossa si spezzano e le viscere fuoriescono dal corpo e il sangue si mescola agli intestini.”
Fisso il pavimento con le lacrime che annebbiano la vista.
La mia voce è rotta.
“Ora prova a dire che sono un estremista, Colin. Prova a dire che ho sbagliato a voler sovvertire questo sistema basato sullo sfruttamento e sulla denigrazione di esseri senzienti, capaci esattamente come me e te di provare dolore. Dotati di raziocinio, di aspettative e desideri. PROVACI” urlo, mentre le lacrime cominciano a rigarmi le guance.
Il dolore che provano queste galline attorno a me è infinitamente superiore a quello che provo io, ma non riesco a smettere di piangere.
Ad un certo punto mi faccio forza e apro una gabbia, sollevando delicatamente una di quelle galline apatiche, stringendomela al petto.
“Voglio che ne prenda una anche tu.” dico. “Hai mai sentito quel detto 'chi salva una vita salva il mondo intero'? Beh, non possiamo salvarle tutte, ma almeno un paio potranno cominciare a vivere grazie a noi. Se sei con me... Se tutto quello che ti ho appena raccontato ti ha minimamente colpito... apri una gabbia e salva una vita.” singhiozzo. “Per favore.”
 
Quando torniamo a casa, non siamo più in due... Bensì in quattro.
Durante il viaggio ho avvolto le galline -entrambe morte dentro- con un asciugamano trovato nel bagagliaio, poi le ho sistemate dietro i sedili anteriori, in modo da attutire eventuali scossoni dati dalla strada dissestata.
Abbiamo sistemato le chiocce nel piccolo pezzo di terra che abbiamo sotto il balcone -dovrò contattare qualcuno per trovare una sistemazione più azzeccata a questi volatili.
Nel frattempo, meglio uno sputo di terra piuttosto che una gabbia: è da quando le abbiamo lasciate libere di muoversi che si fanno dei bagni di terra. Per le galline equivalgono ad una nostra immersione in una vasca ad idromassaggio... una goduria infinita. È così che si puliscono dai parassiti.
Il cielo comincia a schiarirsi, segno che il sole sta sorgendo.
Ci stiamo entrambi beando della felicità delle chiocce quando ad un certo punto decido di rompere il silenzio tra noi.
“Dopo aver visto con i tuoi quello che succede in un allevamento mi aspetto come minimo un radicale cambiamento del tuo stile di vita.” la mia voce è ancora un po' dura.
“Io...” lo sento dire “Io non credevo fosse così. È... osceno. Mi sembra scontato che cambierò, Jay.” mi sorprende sentire che è tornato a chiamarmi col mio nomignolo.
“Bene.” gli dico con un sorriso sincero, tuttavia ancora restio a dargli chissà quanta confidenza. “Ah, e poi un'altra cosa, decisamente meno terribile e sanguinolenta. Io... volevo chiederti scusa. Sai, per... per il pugno.”
“Oh.” Colin porta una mano sullo zigomo dolorante “Scusami tu. Me lo sono meritato.” sospira “Ho detto un sacco di cazzate, prima. Non so proprio perché mi sono comportato in quel modo.”
“Capisco che agli occhi di chi non sa cosa succede all'interno di un allevamento le liberazioni sembrano atti da estremisti... estremisti cattivi.” lo guardo “Comunque voglio chiederti un'altra cosa.”
“Credo di sapere dove andrai a parare...”
“Che cosa significava quel bacio, Cole?” .
Lo guardo aprire la bocca nel tentativo di far uscire parole che non trova, visibilmente imbarazzato.
“Voglio dire... Io non so cosa vuoi fare con me, Colin. Non so se è stato un semplice bacio di conforto considerando il fatto che stavo per avere una sorta di attacco di panico... oppure se è stato un gesto dettato dalla semplice attrazione fisica... oppure se quel bacio è stato la premessa di una relazione... seria...” Vorrei sprofondare, ma decido di partire in quarta: voglio mettere in chiaro le cose definitivamente, trovo fastidioso lasciare questioni del genere in sospeso.
“...voglio dire, io non ho problemi con l'omofobia e lo sai bene perché sono contro ogni forma di discriminazione, ma sappi che se così fosse, se vorrai avere una relazione con me, non sarà facile. Per te, intendo. Io sono un... un supervegano.” mi scappa un risolino isterico “Tra la serata di coccole e il presidio sceglierò sempre il presidio. Anteporrò sempre il bene degli oppressi al mio egoismo o a quello di qualcun altro. Potrei finire in prigione da un momento all'altro senza provare rancore, potrei sporcarmi la fedina penale. Potrei crepare di sciopero della fame o schiacciato da un camion che trasporta vitelli al macello.”
Riprendo fiato.
“E soprattutto non potrei mai e poi mai stare con un onnivoro. Nel senso che se sono convinto di riuscire a convertirti, sì. Ma tu hai visto cosa succede. Se lascerai perdere il veganismo, lascerai perdere anche me. Non è una minaccia, è un semplice dato di fatto. Nonostante questo... tu accetteresti di stare con me? Sempre che tu voglia. Sempre che quel bacio abbia significato qualcosa. Per te.” sono rossissimo in viso, per fortuna ancora il sole non è sorto.
“Jared... dovrai farmi da Cicerone del veganismo.” mi risponde Colin, sorridendo dolcemente.
Arrossisco ancora di più quando lui mi passa una mano attorno alla schiena, stringendomi a sé. Ormai quel minimo di astio che provavo nei suoi confronti se n'è andato definitivamente.
“Addirittura parli di relazione seria...” mi dice piano, con quello sguardo dolce “Quand'è che ti ho -per dirlo volgarmente- fottuto il cervello?”
Lo guardo, non so cosa dire perché non conosco la risposta alla sua domanda. Probabilmente da quando ha cominciato a chiamarmi 'moglie' svariato tempo fa, ma non ci metterei la mano sul fuoco.
“Non lo so... e poi quest'ultima frase era proprio una caduta di stile.” lo liquido io, ridacchiando. “Comunque è tardi ed ho proprio bisogno di una doccia.”
“Mh-mh... dopo di te la faccio anche io.” avvicina la sua fronte alla mia e rimaniamo così per un po', cullati dal lieve chiocciare delle pollastre.
“Dovrò spiegare a Shan e Tomo il perché di queste nuove inquiline...”
“Digli che le hai trovate per strada.”
“Sì...”
“Che sono cadute da un camion diretto al macello.”
“Mi sorprendi Cole...” strofino esitante il mio naso contro la sua guancia destra “Stai entrando nella logica vegana...”
“È solo che apprendo in fretta...” sussurra sulle mie labbra.
 
ANGOLO DELL'AUTRICE
Allora, ieri sono andata ad un presidio contro il circo (ho le braccia a pezzi perché ho tenuto un cartellone sollevato in aria per ore intere, ma ne è valsa la pena!) e sono rimasta schifata nello scoprire quanta gente ancora lo consideri un fantastico e meraviglioso svago: non credevo che i circhi andassero così forte visto che siamo nel 21esimo secolo e dovremmo avere un minimo di decenza in più rispetto ai tempi del medioevo.
Perdonate l'acidità, ma ogni tanto ho bisogno di esternare i miei pensieri negativi, sennò esplodo.
Ci si sente prossimamente!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Tips ***


 

Non so con quali forze ci siamo riusciti, ma siamo rimasti alzati fino alle 11 del mattino.
Abbiamo bevuto caffè in continuazione, parlando del più o del meno.
Ok, era una menzogna: abbiamo bevuto caffè e ci siamo baciati in continuazione, fino a quando non ci siamo ritrovati seduti l'uno accanto all'altro sul divano, in preda al delirio e con delle occhiaie allucinanti.
Abbiamo aspettato che Shannon e Tomo si svegliassero e dopo avergli rifilato la storia delle trovatelle reduci da un viaggio verso la morte, li ho liquidati andandomene a letto.
Nel MIO letto, ovvio.
Ho anche specificato che naturalmente quest'oggi non sarei riuscito a fare le prove.
E chi ce l'avrebbe fatta in queste condizioni?
È per questo che, alle sei e mezza del pomeriggio, dopo aver dormito pesantemente ed aver servito alle donne di casa (le chiocce) dei cereali schiacciati, io e Colin ci stiamo per parcheggiare nuovamente sul divano.
Non faccio in tempo ad appoggiarmi sulla stoffa che mi colpisce una consapevolezza: il frigo è vuoto, dannatamente vuoto.
 
Mentre oltrepassiamo la soglia del nostro fidato minimarket, Colin decide di assimilare qualche informazione.
“Allora...” mi dice “...questa lezione sul veganismo?”
“Eh.” Lo guardo, fermandomi per un istante: non so da dove potrei cominciare. “Ehm... che ne dici di... un po' di storia?”
“Mh-mh. Ok.” Si mette le mani in tasca e mi fissa, aspettando che io parli.
Comincio a camminare più lentamente mentre snocciolo informazioni.
“Beh. Devi sapere che, naturalmente, tutto è cominciato col vegetarianismo. Un bel giorno, un gruppo di persone si sono riunite e si sono dette: 'cavolo, se mangio carne uccido qualcuno senza che ce ne sia alcun bisogno in quanto posso vivere bene campando di sole verdure, latte e uova'. Poi però, verso il 1944, si sono accorti che anche consumando i derivati dei prodotti animali si infliggono sofferenze inutili. E da qui nacque la Vegan Society. Ci sei?”
Siamo arrivati di fronte ad uno scaffale che espone miriadi di uova inscatolate.
“Certo.” lo vedo rivolgere lo sguardo a quelle uova. “Ah, Jay, volevo chiederti una cosa.” E' un po' scosso, come me, del resto. Il ricordo degli sguardi rassegnati delle galline è ancora vivo.
“Dimmi.”
“Adesso ci sono queste chiocce in casa nostra... sono ovaiole, e in quanto tali fanno uova dalla mattina alla sera. In questo caso, ti faresti una frittata?”
“No.”
Mi guarda allibito. “Come mai? Adesso stanno bene...”
“Certo. Ma, innanzitutto, l'uovo è un loro prodotto. Io non ho il diritto di andare lì e toglierglielo da sotto il -volgarmente- culo.” noto la sua faccia stranita, e mi affretto ad continuare la spiegazione.
“So che questo è un concetto strano per una persona alle prime armi, quindi ti darò altre motivazioni.
Punto primo: quando le galline depongono le uova, sono sottoposte ad uno stress fisico non indifferente, ecco perché se vai in campagna vedrai che alcune chiocce si rimangiano l'uovo appena fatto. Per loro è una specie di barretta energetica.
Punto secondo: le galline soffrono emotivamente la perdita dell'uovo. Lo depongono, si allontanano due minuti per andare a bere, tornano... e non lo trovano più. E si chiedono: 'Cazzo! Ma dov'è finito? Un attimo fa era qui! Ora ne dovrò deporre un altro, maledizione!'”
Colin ride, e gli sorrido di rimando.
“Punto terzo: l'unico colesterolo buono per il nostro corpo è quello che auto-produciamo, le uova sono bombe di colesterolo cattivo. Quindi, perché dovrei ingerire un cibo che a lungo andare diventa velenoso?
Punto quarto: l'uovo è mestruo di gallina.”
Rabbrividiamo assieme. Bleah.
Mi riscuoto dall'immagine oscena e continuo a parlare. Siamo di fronte al reparto latticini ed infilo un un paio di confezioni di latte di soia nel carrellino che abbiamo preso all'entrata.
“Per quanto riguarda il latte, potrei parlartene ora... Ma non è una cosa piacevole. Vuoi che ti racconti adesso quello che so?”
“Sì, dai. Tanto prima o poi ne verrei a conoscenza.”
“Ok... Beh, innanzitutto una mucca in libertà vive più o meno trentacinque anni. Un ciclo vitale di tutto rispetto. In un allevamento vivono sei, sette, otto anni al massimo. Otto anni durante i quali, come le ovaiole, vengono sfruttate e denigrate.
La faccenda delle mucche da latte viene spesso correlata al femminismo -poi dopo la gente si arrabbia perché dice che paragonare una mucca ad una donna è un'oscenità, e qui si passa al termine 'specismo' di cui ti avevo già parlato tempo fa: lo specismo è una forma di discriminazione secondo la quale la nostra specie è giustificata a prevaricare tutte le altre infischiandosene dei loro diritti fondamentali.
Allora. Perché industria casearia e femminismo sono intersecati? Perché mucche e donne sono entrambe femmine i cui diritti vengono calpestati. Le mucche vengono inseminate artificialmente con un attrezzo chiamato 'ruota dello stupro'. Al termine della gravidanza, le madri hanno a malapena il tempo di leccar via la placenta al piccolo che se lo vedono sottrarre da sotto il naso. Spesso lo portano via con una carriola. Altre volte lo trascinano per le gambe.”
La violenza sui cuccioli mi fa letteralmente schifo ed avere davanti agli occhi il latte che è stato rubato a loro mi infastidisce non poco.
“Le vitelle vengono separate dalla madre e nutrite con un surrogato di latte materno fino a quando non saranno diventate abbastanza grandi da poter essere sfruttate anche loro. I vitelli, invece, hanno due possibilità. O li rinchiudono all'interno di box strettissimi in cui non riescono neanche a girarsi, alimentandoli con una dieta particolare che mantenga la loro carne anemica fino a quando non verranno sgozzati al macello. Oppure li gettano via. Dentro ai cassonetti dell'immondizia. Li sotterrano vivi. Li lasciano morire sul ciglio della strada. Perché magari l'allevatore non ha il denaro o la voglia o il tempo per trasformarli in carne.
Le mucche piangono, piangono per giorni, chiamano il vitellino che non vedranno mai più. Poi se ne fanno una ragione. E per sette volte nella loro vita subiscono questo trauma immenso.
Poi cosa posso dirti... Ah, che le mammelle delle mucche, grazie alle pompe che succhiano il loro latte, si feriscono e contraggono la mastite-”
Mi interrompo perché Colin mi sta rivolgendo uno sguardo interrogativo.
“E' una malattia in cui il latte esce con difficoltà e dolore dal seno, la prendono anche le donne umane. Insomma, la mastite fa sì che le mammelle secernano sostanze schifose come pus e sangue. Il governo americano ammette una goccia di pus per ogni bicchiere di latte.”
Ha una faccia schifata e mi viene da ridere amaramente.
“Già! Cosa non ci dicono quei simpaticoni che stanno al potere, eh?” Scuoto la testa.
“Alla fine del loro breve ciclo vitale, le mucche sono così provate, stanche e ferite che spesso non riescono a camminare: questi esemplari, in gergo, vengono chiamate 'mucche a terra', e per spostarle in giro per lo stabilimento utilizzano ruspe e montacarichi. La fine della loro vita si conclude al mattatoio.”
Espiro.
“Una vera merda.”
Rimaniamo in silenzio per un po', poi decido di riprendere le redini della conversazione.
“Naturalmente anche i pesci sono esseri senzienti e quindi non si mangiano.” dicendo questo indico il banco pescheria.
“Ho un'altra domanda da farti. Perché spesso nei libri di cucina vegetariana ci si trovano ricette con gamberetti e alici?” mi chiede Colin.
“Perché quella è gente che non sa cosa sia il vegetarianismo. Se mangi pesce sei un pescitariano. E onestamente, non riesco a capire quale sia la linea che tracciano per decidere chi mangiare e chi no.”
“In che senso?”
“Beh, il vegano non mangia esseri senzienti, cioè in grado di provare dolore. Il fruttariano credo dia valore alla vita in sé, non alla senzienza, è per questo che non uccide neanche l'insalata o la cicoria -ma non ne so molto, ti sto esponendo i miei pensieri e non prendere per oro colato quello che dico. Ma il pescitariano? E il pollitariano? Già, esistono anche dei tizi che mangiano solo pollo! Bah, che senso ha tutto questo? Non comprendo affatto.”
Annuisce.
“Bene. Facciamo una cosa, adesso sarai tu a scegliere cosa comprare... Vediamo quanti errori farai!” gli dico, ridendo.
Mi guarda con aria di sfida.
“Neanche uno, bambolina.”
“Cazzo, Cole!” sussurro, arrossendo.
Lo sguardo che mi lancia è totalmente innocente, e si dirige verso il reparto cereali, prendendo un pacco di biscotti che appoggia all'interno del carrellino.
Faccio un verso di disapprovazione.
“Non hai letto l'etichetta! I prodotti animali sono nascosti ovunque, anche dove meno te lo aspetti. E infatti...” dico, leggendo “Qui c'è del miele. Bocciati!” ripongo i biscotti nello scaffale.
“Ah, anche il miele?” mi chiede, sorpreso.
“Certo! Non abbiamo bisogno di rompere i coglioni agli insetti per vivere.” spiego “Noi vegani non utilizziamo neanche la cera d'api, la propoli, l'Alkermes (perché è prodotto schiacciando un insetto chiamato cocciniglia), la seta... A proposito, sapevi che il miele è il vomito delle api? E che la propoli è la cacca? Tutto questo è... come dire... insano.”
L'esame continua, e quando arriviamo al reparto dei prodotti per l'igiene io gli suggerisco di controllare sempre che questi abbiano stampato da qualche parte l'immagine di un coniglio con le stelle, simbolo che il prodotto non è stato testato.
Gli racconto delle 'multinazionali della morte', gli dico di utilizzare solo medicine omeopatiche, niente lenti a contatto, niente sigarette (a parte un'unica marca) gli raccomando anche di non comprare MAI e poi MAI un animale, che sia un cane o un pesce rosso: pagandolo, gli darebbe il valore di un oggetto e soprattutto lucrerebbe sulla sua vita.
Mi fermo per riprendere fiato.
“Ommioddio. Ci sono così tante cose da dire sull'argomento, Colin! Gli animali domestici carnivori, il veganismo che risolve il problema della fame nel mondo e come la nostra salute migliora visibilmente quando ci nutriamo con i prodotti della terra, le implicazioni ambientali, la teoria dell'umano frugivoro... potrei parlarti perfino dei preservativi!” sorrido “Ma la maggior parte di queste cose le imparerai da solo nel corso della vita. Io ti posso dare l'infarinatura iniziale... sta a te approfondire il tutto.”
 
Nel frattempo siamo usciti dal minimarket, e ci stiamo dirigendo verso casa, quando sento una voce decisamente familiare.
“Ma guarda chi si vede!” E' Shannon che, stranamente, non è affiancato da Tomo. “Coloro che fanno festa tutta la notte e si svegliano all'ora di cena. Che roba avete comprato?” si appropria letteralmente del sacchetto per la spesa che tenevo in mano e ci fruga dentro. Dopo qualche secondo me lo porge, deluso. “Ma che palle! Neanche un dolcetto o cose del genere...”
“Shan, quelli sono a casa, basta che guardi negli scaffali in cucina.” gli ricordo.
“Ma io voglio quelle cose che fanno vedere in tv. Quelle porcate stragonfie di cioccolata e diabete, quei biglietti più o meno gratis per il lavaggio gastrico all'ospedale, quei meraviglios-”
“Ommioddio Shannon, ho capito!” lo blocco, vagamente esasperato.
“Come osi interrompermi, santerellino salutista!” mi fulmina con lo sguardo “Piuttosto, ricordati che domani abbiamo quel benedetto concerto, quindi vedi di andare a letto presto. Non urlare, copriti per bene così non perdi la voce e soprattutto ripassati i testi delle canzoni.”
“Ma le so a memoria! Da sempre!”
“Non importa. Tu vedi di fare il bravo e andrà tutto bene. Anzi, comincia a pensare già da subito a come ti vestirai, dobbiamo fare colpo sotto ogni aspetto. Che hai fatto alla faccia, Irlanda?”
“Eh? Io...” Colin tentenna per un attimo, in effetti il livido che gli ho lasciato è ancora abbastanza visibile e probabilmente gli rimarrà sullo zigomo per qualche altro giorno. “...io... Sono andato a sbattere contro una colonna perché... ero... ubriaco lacero e sai, quand'è così non ti accorgi degli... ostacoli... che hai davanti...”
Shannon lo fissa.
“Guarda che se bevi così spesso ti si rovina il fegato, poi ti viene la pancia da ubriaco e poi muori.” sentenzia, e io scoppio a ridere.
“Sì, in effetti dovrei smettere...” dice Colin, imbarazzato.
“Vedi di farlo, Irlanda. Le tue radici d'oltreoceano non ti proteggono dall'alcolismo anonimo.”
“Ma che dici, Shannon?” ridacchio “Piuttosto, dov'è Tomo?”
“E' a casa, l'ha chiamato la ragazza e non smettevano più di parlare. Mi sono rotto le palle di sentirlo fare picci-picci e sono uscito senza una meta. Poi ho incontrato voi che siete stati a fare la spesa come l'ultima coppia di fidanzati conviventi al mondo. Fine della storia.” Nella parte dei fidanzati io e Colin ci siamo vagamente irrigiditi, ma per fortuna lui non si è accorto di nulla. Continua parlare, passando un braccio attorno alle mie spalle e cominciando a dirigersi verso casa.
“Ti ho stilato un programmino con le contropalle stasera Jay: prepari la cena per tutti, mangi... e te ne vai subito a letto! Sono un fratello così premuroso. Merito un premio, ma non ti scomodare, non sono un egoista.”
“Certo, certo. E io dovrei cucinare per voialtri.”
“Sei l'unico in grado di fare una cosa del genere. Davanti ad una padella io, Tomo (e sono certo che anche Irlanda sarà come noi) ci trasformiamo in uomini di Cromagnon.”
 
Non appena entriamo in casa mi spedisce con uno spintone davanti ai fornelli, ridendo e blaterando qualcosa a proposito della mia condizione di schiavetto.
Oh, Shannon, assaporerò la vendetta quando ti troverai nel piatto duecento meravigliosi grammi di tofu scondito e immangiabile.
 
 
ANGOLO DELL'AUTRICE
Ok, questo era un capitolo abbastanza piatto, giusto per dare un po' di respiro dopo fughe rocambolesche, risse e atti sovversivi.
Dal prossimo si riprende, mi farò perdonare per questa noia mortale. Anzi, mi sembra anche poco leggibile questo schifo qua sopra :/
Bye bye ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Anxiety ***


 

È stato fantastico vedere come gli occhi di quel simpatico individuo che risponde al nome di Shannon Leto si sono allargati con un espressione di disgusto profondo alla vista dell'insipido tofu languidamente sdraiato sul suo piatto... mentre io, Cole e Tomo ci gustavamo una splendida insalata con rucola, pomodori, olive, carote, cipolla e sedano. Seguita dalla dissetante e cornucopiosa macedonia di pesche, fragole, anguria e melone.
Sì, ok, questi aggettivi sono inutili, ma rendono meglio l'idea dello scazzo di mio fratello.
Naturalmente questo scherzo è durato tipo cinque minuti perché sono stato preso dalla compassione ed ho sminuzzato il suddetto formaggio vegetale nell'insalata.
Il mio altruistico gesto non è affatto servito a placargli l'animo adirato.
Mi ha spedito in camera, ha chiuso la porta a chiave
(“Shannon, ma se c'è un terremoto? Un incendio? Io morirei qua dentro!”
“Non fare il fatalista che stasera non succede proprio un cazzo, chiudi il becco e dormi.”)
e mi ha lasciato nella completa solitudine.
Dopo svariate ore di contemplazione del soffitto mi stavo per addormentare quando ho sentito la chiave nella toppa girare con lentezza esasperante, e -indovina un po'!- quel simpatico ragazzo irlandese chiamato Colin Farrell mi ha letteralmente spinto sul letto reclamando il possesso delle mie labbra.
A quanto pare l'ultimo trend del giorno era 'spingere Jared Leto qua e là'.
“Cole, Cole, ma ci sono Shannon e Tomo da qualche parte, e se ci scoprono?” gli ho sussurrato tra un bacio e l'altro.
“Non ti preoccupare che non arriva nessuno.” ha replicato lui a occhi chiusi, possedendo le mie labbra con foga.
Tra i trend del giorno c'era anche 'essere completamente sicuri che non succederà qualcosa di preoccupante', così Colin ha continuato a strusciare il suo viso contro il mio.
 
È per questo che il letto di Jared Joseph Leto questa mattina non deve sopportare il peso di un solo corpo.
Mi giro verso di Colin, con un sorriso da ebete sulle labbra, e quando incontro le sue iridi scure mi prodigo in uno squillante “Buongiorno!”
Mi sorride, felice “Ciao Jay” poi mi da una pacca sulla schiena “Gran bella notte di sesso.”
Lo fisso scandalizzato.
“LEI E' UN PERVERTITO! Si allontani subito da me!” esclamo prima di scoppiare a ridere, la voce distorta in un tono femmineo.
“Non era quello che dicevi fino a poche ore fa, ragazzo, quando la luna si affacciava sul... sul...” si blocca con la bocca aperta, cercando parole che non trova “Ok, non so dove si affacciava la luna. Non mi viene in mente nulla.”
Mi appoggio su un gomito, ignorandolo. “Faresti meglio a dire qualcosa tipo 'gran bella notte di pomiciamento'. Bleah, non ti fa schifo questa parola? P O M I C I A R E... io trovo che abbia un suono terribile.” blatero, lo sguardo rivolto al soffitto.
Perché no, noi non abbiamo fatto sesso... o l'amore... o quello che è.
Ci siamo baciati fino a sentire un dolore lancinante ai muscoli facciali, ma non abbiamo esplorato l'uno il corpo dell'altro. Maledizione, c'era un sacco di tensione sessuale nell'aria, ma nessuno dei due ha fatto nulla. Credo che abbiamo entrambi il timore di un rifiuto, oppure è la semplice paura del sesso che non abbiamo idea di come fare, o di tutti i tabù che la nostra società omofoba ci impone fin da piccoli...
In ogni caso, non è stato affatto male.
Tutt'altro.
Mi riscuoto da queste riflessioni e salto giù dal letto.
“Quanta energia, signor Leto” mi schernisce lui.
“E' che oggi c'è il concerto! Voglio dire... non aspetto altro da giorni e giorni e giorni. Sono euforico, credo morirò prima di questa sera!”
Apro la porta e la richiudo di scatto con uno sguardo di terrore puro negli occhi.
“Cazzo, scendi subito da quel letto e fai finta di soffocarmi con un cuscino perché c'è Shannon in sala e sta venendo da questa parte e si incazzerà come una bestia per via della porta che non è chiusa a chiave e porcoddinci fallo e bast-”
Mi ritrovo con un cuscino in bocca nello stesso istante in cui mio fratello entra in camera.
La sua espressione prevedibilmente incazzata lascia spazio ad un prevedibile urlo di gioia prima di gettarsi nella mischia:
“TOMO, CORRI, C'E' UN PARTY NELLA CAMERA DI LETO JUNIOR!”
 
L'Out of Time lo hanno organizzato nella spiaggia del lato ovest di San Francisco, vicino ad uno chalet per ricchi sfondati: stasera faranno un sacco di soldi tra cibo e cocktail, ci sono già svariate persone (per lo più giovani) che gironzolano nelle vicinanze aspettando l'ora fatidica in cui si aprirà il concerto.
Siamo arrivati con un'ora d'anticipo perché dovevamo fare il sound check, che, tra parentesi, è una cosa che odio. Quando arriva il momento di testare il microfono non so mai cosa dire e mi ritrovo a snocciolare filastrocche e scioglilingua, sono proprio un simpaticone. Comunque è una cosa obbligatoria se si vuole dare il massimo nella performance, quindi non ho neanche tanto motivo di lamentarmi. Anche perché dura solo dieci minuti... che sono già passati.
Adesso, infatti, me ne sto con Tomo e Shannon a camminare sulla sabbia.
“Dio, che fastidio...” ringhia Shannon “Sabbia di merda...”
“Perché?” chiede Tomo, i capelli vagamente scompigliati dal vento leggero.
“E' faticoso camminare su questi merdosi sassi sgretolati” si lamenta “mi fanno male i polpacci, e dopo devo suonare... Sono sicuro che mi prenderà un crampo nel mezzo di Capricorn!”
“Esagerato.”
“Cazzo, è come se a te facessero muovere le dita in continuazione prima di dover suonare, scommetto ti metteresti a piangere per il dolore che proveresti alle articolazioni!”
“Vuoi che ci fermiamo, principesso, così riposi i tuoi regali polpacci?” lo schernisce Tomo, prendendogli la mano in un gesto galante, e a me viene da ridere.
“Questo giullare di corte mi ha letto nel pensiero!” cinguetta mio fratello stando al gioco, prima di tornare con la sua faccia incazzata “Tomo, mi prendi per il culo? E se poi sbaglio le battute? E' una cosa seria, cazzo! C'è un contratto discografico in palio!”
“Calmati, cocco. Andrà tutto bene.” Tomo gli da una pacca sulla schiena, serafico come sempre, solo per sentirsi nuovamente abbaiare contro qualche insulto: mio fratello è proprio una rottura di coglioni quando si agita.
La mia attenzione si focalizza su una sagoma familiare che si avvicina a noi, e quando riesco a distinguere i lineamenti del viso riconosco che è Natalie. In una delle rare occasioni in cui si mette qualche vestito da party.
Mi rivolge un gran sorriso correndomi incontro e noto che ha dei fogli tra le mani.
Quando mi raggiunge mi salta letteralmente addosso.
“Jay! Cavolo Jay, tra poco suonerai! Non vedo l'ora di sentirti... sono più euforica di te!”
“Tranquilla, è che la mia euforia va a scatti. Stamattina credevo di rimanerci secco da quanta ne avevo.”
“Cazzo Jared, hai la ragazza e non me la presenti?” Shannon si è intrufolato fra me e lei ed ora la sta guardando con tanto d'occhi perché sì, Natalie è proprio bella. Soprattutto quando ride, cosa che sta facendo ora.
“Ah, ma io sono solo un'amica di Jay!”
“Ma che cazzo dici, non può essere. Ci sono due ipotesi: o Jared ha inclinazioni omosessuali... o ha inclinazioni omosessuali, ed entrambe spiegano il perché sei sua amica e non la sua ragazza o qualcosa del genere. A proposito, mi chiamo Shannon, sono il batterista del gruppo nonché il fratello di questo gay, faccio un uso spropositato di parole come 'cazzo' e 'merda' e se la mia allusione alla tua bellezza ti ha infastidita chiedo venia.”
“Non ti preoccupare, non mi hai affatto messa a disagio.” sorride lei, stringendogli la mano “E comunque mi chiamo Natalie.”
“Ah, e questo tizio taciturno è Tomo, il chitarrista. Avanti Tomo, dì qualcosa alla signorina.” Shan lo porta accanto a sé con un gesto brusco e gli stringe le guance in una morsa, mimando una parlata inesistente.
“Ehm, shao...?” farfuglia lui, impossibilitato dal proferire parola grazie a quel rompicoglioni di mio fratello.
“Dì qualcosa di più profondo, Tomino!”
“She 'on mi laschi--- CASSHO, Shannon! Oh, finalmente. Boh, non mi viene in mente nulla di più profondo, e non credo le interessi la storia della mia vita, quindi lasciami stare.”
“Sei proprio indisponente.”
“E tu sei una rottura di coglioni quando sei in ansia per qualcosa!”
Aver fatto alterare Tomo è una cosa da Oscar, quindi mi metto in mezzo per sedare i bollenti spiriti.
“Ok, gente... calmatevi, sennò al concerto faremo schifo. Shannon, se vuoi andiamo allo chalet qui vicino e ti pago una camomilla, così magari ti calmi. Tomo, lascialo perdere che è meglio, sennò non finisce più di rompere. Adesso io e Natalie ce ne andiamo un attimo più in là perché le devo chiedere una cosa personale, voi rimanete qui e fate la pace.”
Per tutta la durata del mio discorso Shannon si è comportato infantilmente, roteando gli occhi e battendo ritmicamente un piede per terra, a braccia incrociate.
Quant'è cretino quando fa così... ed è anche più grande di me! Uno si aspetta la maturità da un tizio che dovrebbe essere maturo, e invece...! Bah.
“Sono simpatici.” commenta Natalie, sorridendo.
“A dir la verità Shannon è una molletta nello scroto quando fa così, se ci parli dopo il concerto è meglio. Comunque... cosa sono quei fogli?”
“E se non fossero per te?” chiede, col tono di chi la sa lunga.
“Beh, sarei solo un emerito ficcanaso. Un impiccione. Una persona orribile, insomma.”
“Non martirizzarti.”
Me ne porge uno. È la stampa di una pagina internet, più precisamente il sito dell'ALF, dove vengono pubblicate tutte le imprese di liberazione (ma anche le azioni simboliche e i singoli danni economici) che vengono messe in atto in giro per il mondo.
Eh, beh, in questo pezzo di carta c'è scritto:
 
San Francisco, 15 agosto.
Blitz dell ALF in un allevamento di ovaiole.
Liberate circa 100 galline da una vita di sfruttamento. Al luogo di tortura
sono stati arrecati considerevoli danni economici, come si può vedere
dalle foto allegate.
 
E proprio sotto il breve articolo ci sono le foto che Anne ha scattato quando ci eravamo infiltrati in quel postaccio di merda. Ha recapitato le informazioni al 'quartier generale virtuale' tramite una mail anonima. Fa un certo effetto vedere gli effetti del nostro passaggio in un modo così immediato.
Mi soffermo sulla foto post-liberazione.
L'illuminazione è scarsa visto che il neon è andato a finire in paradiso, e lo si può notare da qualche cavo che penzola dal soffitto. Le gabbie arrugginite sono ora totalmente accartocciate ed il pulviscolo sollevato dalla nostra furia è impresso nell'immagine grazie alla luce del flash. Sul muro in fondo al corto corridoio si può leggere una scritta.
 
Se ci riprovi, torneremo.
Vogliamo gabbie vuote, e le vogliamo subito.
-per la liberazione animale,
GO VEG
GO ALF
 
“Ne hanno anche parlato sul giornale locale, guarda.”
Mi porge un altro foglio, questa volta la pagina di un quotidiano, e leggo il trafiletto striminzito che hanno dedicato alla notizia.
Sollevo lo sguardo dai fogli e le rivolgo un gran sorriso “Beh... abbiamo fatto un lavoro coi fiocchi, direi.”
“Già” replica lei, felice “Ora però basta. Non parliamone mai più: è accaduto, abbiamo fatto la cosa giusta e porteremo questo segreto con noi nella tomba.”
“Sì...” rispondo, un po' a disagio. Non sa che io il segreto non lo porterò nella tomba da solo, e probabilmente lei non saprà mai che io ho rischiato grosso dicendo una cosa del genere a Colin.
A proposito, prima di andare al concerto mi aveva detto che sarebbe venuto a vederci più tardi con un gruppo di amici. Spero non ci sarà il tipo dell'altra volta, quel certo Daniel-il-Rompicoglioni. Poco male, sfoggerò con orgoglio i miei braccialetti di gomma con su scritto 'Go vegan'.
Ogni occasione è buona per fare pubblicità al veganismo!
Sì, lo so che pensare continuamente in questo modo è triste, ma non posso più evitarlo.
Ergo, amen.
 
L'ora fatidica sta arrivando, e l'ansia comincia a farsi sentire anche su di me.
“E se mi dimentico le parole?”
“Non lo farai.” cavolo, Tomo è così tranquillo.
“E se... e se cominciano a tremarmi le gambe?”
“Ti prendi cinque minuti di pausa e cominciamo a suonare un po' più tardi. Non è un problema.”
“E se... ommioddio! E se stono??” sono inorridito da questa eventualità, maledizione!
“Jared, non siamo dei cazzoni che scrivono canzoni non adatte alla voce del cantante. Sei sempre stato perfetto e non vedo perché dovresti steccare proprio oggi.”
“Chi è il rompicoglioni adesso?” sghignazza Shannon, interrompendo la conversazione che stava avendo con Natalie.
Lo ignoro: un fratello cazzone è l'ultima cosa di cui ho bisogno, in questo momento.
Mi torturo le mani. “Era da un sacco di tempo che non avevo tutta questa ansia addosso.” dico, poi ci rifletto un attimo e penso che no, non è vero. Ho provato un malessere molto più terribile quando sono andato a liberare le galline, e solo il bacio con Colin mi è stato d'aiuto.
 
Guardo l'orologio e scoprire che manca solo un quarto d'ora all'inizio del concerto mi fa perdere quattro anni di vita. Credo di essere sempre più pallido e devo sedermi per porre fine al tremore delle mie gambe.
La spiaggia si sta riempendo di gente.
Cazzo, ma sono troppi, troppi spettatori.
Io non voglio, io mi vergogno.
Se Colin non arriva presto giuro che canterò di merda, e per di più incazzato nero.
Dov'è quell'irlandese ubriacone, cazzo?
Ommioddio, basta, mi sto comportando come un ragazzino capriccioso. Che cazzo pretendo da Colin? Bho. Il cervello sta andando in tilt e sto pensando ad un sacco di stronzate.
Prendo un respiro profondo e riordino le idee.
Ok, penso, Colin non ha ufficialmente dichiarato di stare con me, ma me lo ha lasciato intendere, e poi-
“Ciao gente.”
Ommioddio, sono sicuro che mi siano venuti gli occhi a cuore non appena i miei padiglioni auricolari hanno captato questo meraviglioso e marcato accento irlandese, oh, come sono felice, che gioia!
Mi alzo di scatto, probabilmente un'espressione da ebete ha rimpiazzato quella tormentata che avevo prima e credo anche di avere due splendide guance rosse.
“Ciao” esalo io, sentendo le mie ciglia fendere il vento alla grande. Saranno diventate grandi più o meno come quelle del cerbiatto Bambi. E probabilmente sto emanando un sacco di feromoni (sì, non testosterone): mi sento proprio come una di quelle ragazze innamorate che fanno vedere nei cartoni giapponesi.
Ma che cavolo mi sta succedendo? Sono passato dal nervosismo totale alla pace dei sensi... totale.
Inutile ripetizione, ma il mio cervello si è liquefatto non appena ho posato gli occhi sul Colin. Poi mi rendo conto che devo riprendere un po' di contegno, soprattutto dallo sguardo di sfottimento che mi rivolge il suddetto.
“Ehm, sì, ciao.” dico, guardando ovunque tranne che nei suoi occhi.
Sono proprio un pirla.
 
Passa qualche minuto e sento un rumore di microfono importunato provenire dalle casse.
Merda.
Sul palco c'è una donna vestita in modo semplice (niente fronzoli tipo abito da sera o tacchi) che sta blaterando qualcosa su questo Out of Time, un evento organizzato per far emergere i giovani gruppi, per stimolare la creatività, scoprire talenti sconosciuti e altre cazzate che interessano solo a chi le ha scritto il discorso.
Spero non smetta mai più di parlare così potrò crogiolarmi nella sicurezza che nessuno dovrà mai sentire la mia voce.
Letteralmente, sto gelando. Sto gelando dal terrore, ho una paura fottuta che aumenta ancora di più quando la gente sotto il palco applaude perché la tipa sta elencando i nomi di questi fantomatici giudici che stasera si atteggeranno a dio, dispensando permessi per oltrepassare i cancelli del paradiso o condanne all'inferno.
Ogni nome me lo dimentico nel giro di mezzo secondo, forse anche meno.
“Shannon, quando dobbiamo suonare?” piagnucolo.
“Stasera.”
“Sei un coglione, sai cosa intendevo chiederti!”
“Siamo i terzultimi, fratellino.” mi sorride pieno di compassione, pizzicandomi una guancia come si fa ai bambini piccoli.
“Ah, ok.” mi allontano apaticamente, le sue parole mi hanno appena distrutto. Dovrò passare non so quanto tempo con questa cazzo di sensazione oscena nel corpo. Guardo in faccia tutti quelli che mi circondano -fortunatamente mi ignorano, farei preoccupare qualcuno con la cera che ho.
Mi avvicino al bagnasciuga, cercando conforto nel rumore della risacca.
Come sono poetico!, penso. Forse dovrei condividere questi pensieri con qualcuno.
Oh, gesù, adesso stanno presentando il nome della prima band (qualcosa tipo eaaybkrflash, non ho sentito bene) e stanno dicendo che i tizi sconosciuti suonano rockabilly. Fanno un paio di domande al frontman e lui comincia a snocciolare la storia della sua vita, così, fuori di me, torno dal gruppo di gente da cui mi ero staccato e mi metto a cercare Colin.
Non appena lo vedo lo afferro per un braccio, trascinandolo via e fregandomene del fatto che fosse o meno immerso in una conversazione con qualcuno.
Lo porto nel punto in cui mi trovavo prima e la mia voce isterica dice: “cerco conforto nel rumore della risacca, fammi compagnia!”
Mi fissa vagamente preoccupato prima di darmi una incerta risposta affermativa.
“Ok.”
“Bene.”
Ce ne stiamo a guardare le onde, immobili come due salami vegetali.
Poi sbuffo rumorosamente, gli arpiono il viso con le mani e mi incollo alle sue labbra, in un lungo bacio che da isterico diventa rilassato.
Non me ne frega niente se qualcuno ci vede... Stupidi omofobi, penso, e subito dopo torno in me, interrompendo violentemente il contatto fisico.
“Scusa.” gemo, le mani sulle labbra “Scusa, scusa, scusa, scusa. Io... io non so che mi prende. Scusa.”
“Non ti devi scusare... e poi lo sai cosa ti prende.” lui mi da un leggero pugno sulla spalla sinistra.
“Sì, lo so, è per il concerto” adesso devo alzare la voce perché hanno cominciato a suonare una roba che ti fa venir voglia di ballare -e infatti la gente sotto il palco si agita, tutta felice “ma baciarti mi fa star meglio.”
“Allora continua, no?”
E ci baciamo di nuovo, a lungo. Benedetto sia questo ragazzo con cui condivido l'appartamento. Quando ci stacchiamo avvicino la bocca alle sue orecchie e sovrastando la musica gli dico che lui è il mio antistress personale. Sto decisamente meglio.
Mi sorride felice e sento un urlo decisamente familiare... praticamente, il dolce vocino di Shannon.
“JARED, MA CHE CAZZO FAI LI' DA SOLO CON IRLANDA? VIENI QUA! E PORTA PURE QUEL BARILE DI GUINNESS AMBULANTE!”
Si allontana farneticando qualcosa a proposito del fatto che io sia un castrasballo.
“A proposito Cole, niente più Guinness per te!” gli urlo.
“Perché??”
“Perché la Guinness non è vegana!”
Lo prendo per mano mentre mi infilo nella folla, senza notare la sua espressione shockata.
 
 
ANGOLO DELL'AUTRICE
Mi dispiace se ci sono eventuali errori, ma non avevo proprio voglia di rileggerla per l'ennesima volta. Alla prossima :)

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Dance ***


 

Il sole è calato completamente e la spiaggia è illuminata dai riflettori del palco e dai lampioni dello chalet e da quelli stradali.
Praticamente, dopo che le band suonano, i giudici danno qualche dritta, sganciano il peso dei loro pensieri sui musicisti senza però dare il minimo indizio riguardo all'ipotetica vincita del contratto discografico, poi congedano tutti con sorrisi più o meno tirati.
Infine, si riuniscono parlottando tra loro per circa quindici o trenta minuti.
È una tortura.
Nel giro di qualche ora mi sono sorbito i più disparati generi musicali: dal rockabilly al math-rock, fino all'emo per poi passare al metalcore.
E adesso tocca alla nostra musica post-grunge/neoprogressive/nu-metal, per citare la tipa che ci sta presentando, ed ogni passo che mi avvicina al microfono mi fa morire sempre più.
Insomma, questa donna ci chiede a turno i nostri nomi, e posso distinguere chiaramente la voce di Natalie che strilla come se fosse l'ultima groupie al mondo: “VAI JARED” non appena io le rivelo il mio. 
Le racconto da dove veniamo e qualche altra robaccia tipo 'con la nostra musica vogliamo trasmettere questo e quello'. Il tutto, naturalmente, con l'espressione di uno che deve fare l'ultima camminata lungo il miglio verde.
“Signori e signore, ragazzi e ragazze, ecco a voi i 30 Seconds to Mars!” la donna ci lascia soli sul palco.
Applausi e grida.
Sento i jack far crepitare gli amplificatori quando io e Tomo li inseriamo nei nostri strumenti: siamo andati a tirarli fuori dalla macchina qualche minuto prima che ci invitassero a salire sul patibolo. La batteria di Shannon invece è rimasta chiusa nel bagagliaio perché gli hanno vietato di portarla sul palco con il pretesto che montarla e smontarla avrebbe rallentato i tempi dell'esibizione, suscitando l'ira di mio fratello.
Non hanno avuto tutti i torti, a parer mio.
Il brusio si cheta sempre più, il pubblico è silenzioso ed inquietante e io sto tremando.
Sul serio... mi tremano le gambe. Spero non si noti poi così tanto.
Da quassù posso vedere chiunque.
La folla è immensa.
Non la paragono a Woodstock, ma c'è comunque un sacco di gente.
Natalie si è posizionata proprio sotto il palco. Accanto a lei c'è Anne -chissà quando è arrivata- che mi guarda raggiante. Ci sono Frank e i componenti del suo gruppo, i Pencey Prep. Ci sono Carrie, Emilie, gli AFI al completo, c'è Alissa, circondata da gente cazzuta. C'è Colin, che mi guarda gasato, aspettando che io faccia una mossa, accanto ai suoi amici.
Ci sono tante persone che conosco a malapena, gente che ho incontrato una sola volta in vita mia, miriadi di sconosciuti.
Sistemo meglio la fascia che sorregge il mio basso, e avvicino le labbra alla testa del microfono. Chiudo gli occhi.
E canto dolcemente, senza musica.
 
So I'll run...
 
E' quasi un sussurro
 
...and hide...
 
Ci sono solo io che scaccio la paura dal mio cervello
 
...and tell myself...
 
Allungo la nota finale, lasciando tutto quanto in sospeso, trovando la pace che cercavo.
Io sono Jared.
Sono Jared Leto.
Sono un cazzutissimo figo che sa cantare, suonare, recitare, filmare e disegnare.
E adesso questo microfono se la vedrà con me, e questa gente andrà in visibilio perché io, noi, siamo una band con i controcazzi.
“CAPRICORN” urlo al pubblico, aprendo gli occhi di scatto, e loro mi rispondono, e dio, è la sensazione più bella del mondo.
È come se ci fosse una sorta di campo energetico che io, Shannon e Tomo riusciamo a far scontrare sul pubblico in un flusso senza fine.
Il plettro di Tomo che batte sulle corde, le bacchette di Shannon che gemono ad ogni colpo che ricevono sbattendo sulla plastica tirata, le mie dita che scivolano sul ponte del basso e la mia voce, dio, la mia voce che accarezza tutto e tutti, che si insinua strisciando come un rettile nella mente e nell'anima di chiunque.
È come fare l'amore.
È come affondare con lussuria nel corpo di qualcuno, è come il migliore degli orgasmi, solo che non dura qualche secondo.
Questo è un orgasmo che dura dieci minuti, mentre accarezzo il microfono, mentre le mie mani si aggrappano saldamente all'asta portandola sotto di me, reclinando la testa, socchiudendo le palpebre.
Mi affaccio sul pubblico e canto di occhi che scrutano nell'infinito.
Allargo le braccia nel tentativo di abbracciare il mondo intero quando immagino se tutto attorno a me crollasse.
Inarco la schiena e spingo il bacino in avanti con lentezza indescrivibile, accusando qualcuno di aspettare nel cielo.
Il resto è solo musica.
 
Finisce tutto troppo presto.
Rido istericamente quando mi rendo conto che prima non volevo salire sul palco ed adesso non voglio scendere.
Sorrido raggiante a tutti, ciao pubblico, lo so che mi adorate.
Li saluto pure con la mano!
Simpatica adrenalina, ahahah.
La gente continua a fare versi strani tipo 'WOOOO' e 'FIUT FIUT' (tecnicamente urla e fischi, ma è più divertente presentare il concetto attraverso le onomatopee), ed io continuo ad avere un sorriso a 32 denti che mi deforma il viso anche quando, assieme a Shan e Tomo, mi inchino, ricevendo una sottospecie di boato pieno d'eccitazione per risposta: roba da far venire la pelle d'oca.
Sono un sacco emozionato.
La tipa di prima torna sul palco: “Wow!” esclama “Che energia, ragazzi. Signori giudici, volete dire qualcosa a questi baldi giovani?”
I giudici le sorridono, scuotendo la testa all'unisono. Hanno tutti quanti delle enormi facce da cazzo, e questo pensiero mi strappa un'altra risata che riesco a soffocare malamente infilando la testa nell'incavo del collo di mio fratello.
“Ok, visto che i giudici non hanno nulla da dire, potete scendere dal palco. Ancora un applauso per i 30 Seconds to Mars!” e ci congediamo, lanciando baci e saluti in stile 'Ave-Cesare' al pubblico.
Scendo velocemente le quattro scalette di ferro col basso ancora allacciato attorno al corpo, e vengo investito da una marea di gente. La cosa che più mi stupisce è che ci sono anche degli sconosciuti che mi vengono a stringere la mano e a darmi pacche sulla schiena! C'è anche qualche ragazza ubriaca (e anche qualche ragazza sobria) che ci vuole provare palesemente con qualcuno di noi. Più o meno con tutti e tre.
Prevedibilmente, Shannon approfitta subito della situazione infilando le braccia attorno alla vita di due pretendenti, mentre io e Tomo corriamo a rimettere gli strumenti nelle loro custodie per non perdere i festeggiamenti.
“Jared!” quando torno nei pressi della folla sento una voce che mi chiama “Jared, io non ho parole!” è Frank, mi è venuto incontro, ultra gasato.
“Perché non hai parole?” sorrido alla grande.
“Cazzo, sembravi tipo il dio del sesso. La lussuria in persona!” è sconvolto, ha i capelli vagamente appicicati al viso dal sudore. “Ho praticamente avuto un'erezione!” e scoppiamo tutti e due a ridere, euforici.
“Sì, mi sentivo un po' pornodivo...” sospiro quando riprendo un minimo di autocontrollo.
“D'ora in poi anche io ai concerti con i Pencey Prep farò il porcello. E quando sarò famoso nelle interviste dichiarerò che sei stato tu ad insegnarmi tutte queste cose perverse. Tipo, che so, strusciarsi contro l'asta del microfono o leccarlo, o fare le cose contemporaneamente- CRISTO! E' STATO FANTASTICO!” urla alla fine gettando le braccia verso l'alto e ridendo come un bambino. “Okay, devo darmi un po' di contegno... andiamo a vedere il prossimo gruppo!”
Annuisco felice e torniamo assieme in mezzo alla folla, cercando di sovrastare la voce della tizia senza nome: ha cominciato a presentare il prossimo gruppo, che a quanto pare suonerà musica electropop. Ci facciamo largo tra la gente continuando a ridere come coglioni, e dopo un po' raggiungiamo gli altri. Tutti mi saltano addosso, Natalie mi stritola il collo, Anne la cassa toracica, e mentre mi guardo attorno per cercare Colin mio fratello mi da una gran pacca sul culo, così forte che strillo dal dolore.
“CAZZO, SHANNON! MI HAI FATTO MALE!” grido, massaggiandomi la chiappa offesa. Che stronzo.
“Eeeh, e che sarà mai. Sicuramente il tuo culo ha dovuto sopportare cose peggiori visto che ti circondi di splendide donne ma non ci provi neanche con una di loro...” e rivolge un sorriso galante alle mie amiche criminali (perché agli occhi dello stato potremmo essere dei vandali/rapinatori/terroristi). Loro rispondono con frasi fatte, fingendo per scherzo un imbarazzo che non provano.
All'improvviso mi si illumina la famosa lampadina sul cervello. “E se fossi gay?” chiedo indignato “Qualche problema?”
Non attendo una sua risposta e continuo a cercare Colin. Lo trovo poco lontano da noi, immerso in una conversazione che a quanto pare deve trovare terribilmente noiosa, infatti smania dalla voglia di venire a complimentarsi con me... o almeno credo.
Dio, sono proprio un narcisista.
Mi dirigo a passo di carica verso di lui, deciso a strapparlo dalle grinfie di chiunque gli stia rompendo le palle, e per la seconda volta nella serata non me ne importa nulla se quest'ultimo trovi il mio gesto sgarbato.
“Grazie Jay” lo sento dire “Non ne potevo più, mi hanno incastrato in una discussione inutile sul corso di recitazione e non la volevano smettere di parlare, ma questo non è importante perché Jay, sei stato fantastico! Anzi, siete stati fantastici... ma tu di più! Cioè, forse è perché le attenzioni si concentrano sempre sui cantanti ai concerti e allora bho, o forse è perché mentre ti guardavo fare sesso con l'asta del microfono sentivo una certa costrizione nelle mutande e...” si blocca, ignorando la gente che lo urta in continuazione, fissando il cielo e schiarendosi la voce “...scusa, è che sono un po' brillo. Ho una specie di problema con l'alcool, mi sa che da grande finirò per entrare negli Alcolisti Anonimi. E comunque non ho comprato la Guinness, ma un'altra marca.”
Mi avvicino a lui, cingendogli i fianchi con le mani “Bravo il mio... ragazzo.” dico esitante.
Ricevo per risposta un sorriso a 3200 denti, il peso che avevo sul cuore si alleggerisce e penso che Colin sia proprio bello. Quest'ultimo pensiero mi aiuta a trovare le forze per tornare da Shannon evitando di baciare le splendide labbra dell'irlandese che sto trascinando con me.
“Ehi, fratellino” adesso devo alzare ancora di più la voce perché quelli sul palco hanno cominciato a far volare le dita sulle tastiere o su qualsiasi altro strumento stiano suonando “Fratellino caro, guarda che grado di omosessualità riesco a raggiungere!”
E detto questo comincio a muovere il mio splendido culetto fasciato dagli stretti pantaloni neri che indosso, mandando a quel paese il contegno ed affidandomi totalmente al ritmo primordiale che pompa fuori dalle casse.
Per facilitare il processo di perdita delle inibizioni chiudo gli occhi e quando sento le urla di approvazione (per lo più femminili) sorrido, mordendomi il labbro inferiore.
Continuo a sculettare in modo osceno e socchiudo gli occhi per lanciare uno sguardo di sfida a mio fratello.
“Jay, questo non si chiama 'omosessualità'. Questo si chiama 'ballare'.” mi urla, e lo sento a malapena perché siamo molto vicini alle casse.
“Lo so, infatti l'omosessualità è questa!” rispondo, e allaccio all'improvviso il mio bacino a quello di Colin. La mia schiena inarcata struscia leggermente contro il suo petto, faccio scorrere le dita lungo il collo del ragazzo, i gomiti sollevati in aria.
Non so che faccia abbia l'irlandese, perché io sto fissando negli occhi quel simpaticone di mio fratello che inorridisce sempre più.
E quando lo vedo arrossire all'inverosimile porto le mani sulle anche di Colin, piegandomi leggermente in avanti, strusciando in maniera oscena contro il suo amichetto lì sotto.
Attraverso le palpebre semichiuse vedo Tomo fischiare a rifilare una gomitata a Shannon, ridendo. Anne e Natalie fendono l'aria con i pugni chiusi, entusiaste -un sacco di ragazze hanno questa strana inclinazione per guardare gente omosessuale che fa cose zozze ed io non ho mai capito il perché.
Sento che Colin porta le sue mani sui miei fianchi, e mi giro verso di lui, portando le braccia attorno al suo collo. Io mi muovo come l'ultima ballerina di striptease al mondo e lo sento biascicare nelle mie orecchie che sarebbe meglio smettere perché mio fratello ci sta guardando ed io rido nelle sue, gli dico languidamente di non preoccuparsi e di concentrarsi sulla musica.
Le nostre fronti schifosamente sudate si toccano e scivolano vagamente prima di trovare un punto stabile. Chiudo gli occhi, sorridendo quando sento qualcuno dire “Cazzo, una seconda erezione” o roba del genere... sicuramente è stato Frank, e mi viene un'idea malsana.
Continuo a sfregarmi spudoratamente contro il corpo di Cole fino a quando la musica non si interrompe, lasciandomi vagamente interdetto.
“Frankie” cinguetto “vieni a placare la tua dolorosa erezione assieme a noi!”
Lui si mette a ridere, ma rifiuta gentilmente, forse preso da un improvviso attacco di decenza.
“Ci ripensi se ti rivelo che Colin, questo simpatico ragazzone, è vegano?”
“COSA?” urla Shannon “E da quando?”
“Da quando sta con me” sento Cole irrigidirsi a queste parole, ma poi si rende conto che Shannon di certo non mi prenderà sul serio, quindi si rilassa. “Vuoi unirti a noi, fratellino?” trillo io.
“Bleah, no, non vorrei che i germi dell'omosessualità e del veganismo mi contagino.”
“Non sai cosa ti perdi, Shanny” starnazzo, sovrastando la musica che è ripartita con un ritmo, se possibile, ancora più veloce a quello di prima.
Mio fratello sa essere proprio uno stronzo insopportabile a volte, quindi tutti questi lunghi minuti di disagio se li meritava alla grande, però adesso mi sta facendo un po' pena. Mi slaccio a malincuore da Colin (che rimane lì spaesato fino a quando non arriva Natalie a scuoterlo dal coma in cui era caduto, tentando di fare conversazione/ballare) e gli rifilo una pacca immensa sulla schiena.
“Visto quanto posso essere omosessuale?”
“Imbarazzante, oserei dire.”
“Nah, l'ho visto che ti è piaciuto... se vuoi posso ripetere la performance con te! Anzi, adesso facciamo un panino, vero, Tomo?”
“Appoggio in pieno, Jay!”
“Cosa? No, cazzo, dai, mi vergogno!”
“Ma di che ti vergogni? Sono tutti ubriachi fradici e poi ci divertiamo!”
Detto questo io e Tomo cominciamo a ridere sguaiatamente, bloccando Shannon nella morsa dei nostri corpi.
Credo che mio fratello voglia morire.
O finire sottoterra, o sparire nel nulla.
E a me viene da ridere perché forse sono una persona un po' spregevole.
 
 
 
ANGOLO DELL'AUTRICE
Mi si stringe il cuore a leggere le vostre recensioni perché mi pare di aver capito che sperate questa storia duri ancora a lungo... e invece, questo è il penultimo capitolo.
Quindi: “ciao paperini! L'appuntamento è sempre qui a Go-Kart Mattina!”

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** End ***


 

I gruppi hanno finito di suonare, i giudici hanno cessato le loro chiacchieratine professionali ed il pubblico attende in un leggero brusio eccitato che venga proclamato il vincitore. In pratica, l'euforia ha lasciato nuovamente spazio all'ansia.
Mi sto torturando le mani, credo che se tutta questa tensione non sparisce subito mi spezzerò le falangi una ad una.
Guardo la tizia sul palco prendere in mano il microfono per l'ennesima volta ed invitare tutti i musicisti a raggiungerla, e mi dirigo verso di lei in uno stato di trance totale, come se fossi fatto di qualche droga immaginaria. Sono consapevole solo a metà del fatto che Tomo e Shannon siano al mio seguito.
Quando ci troviamo tutti quanti sul palco, a debita distanza gli uni dagli altri per sottolineare l'aria di competizione che aleggia nell'aria, la donna riprende il suo discorso fatto di rimandi al premio in palio, congratulazioni, eccetera eccetera.
“I giudici hanno già deciso chi si aggiudicherà l'incisione del disco sotto l'etichetta discografica Immortal Records. I parametri secondo i quali i vincitori sono stati scelti erano questi: tecnica musicale, presenza scenica, aspetto esteriore...” La sua voce si perde nei meandri del mio cranio momentaneamente vuoto. Sto fantasticando un po' ovunque, tentando di scacciare quella pressione immensa. Vorrei solo che quella stronza -perché altro non è che questa- rivelasse immediatamente il nome dei vincitori invece di farci penare da morire... mi sembra di stare in uno di quei concorsi televisivi, dove il conduttore lascia persino spazio alla pubblicità prima di far sapere l'esito della trasmissione al concorrente, magari lasciandolo anche di merda perché anziché vincere un milione di dollari non ha vinto neanche il becco di un quattrino.
Per fare lavori del genere bisogna avere forti inclinazioni al sadismo, penso.
Sento le mie mani stringersi in una morsa che non è la mia, bensì quella di Shannon e quella di Tomo. Mi hanno preso le mani e mi sembra di avere attaccati due di quegli attrezzi che misurano la pressione... mi viene da ridere e dal mio naso esce una specie di grugnito soffocato.
Decido di sintonizzare le orecchie sulle parole della tipa: “Vi ringrazio ancora per essere rimasti con noi a questo particolare evento culturale promosso dalle associazioni culturali di San Francisco...”
E che coglioni, ma quanto parla?
“...ed ora, il nome dei vincitori.”
Alla buon'ora!
“I ragazzi...”
Bene, tra poco sapremo tutto.
“...che hanno vinto la nostra sfida delle band...”
Decido di non farmi troppi film mentali.
“...e che si aggiudicheranno...”
Potrei morire dalla delusione se tutto non andasse per il meglio.
“...un contratto discografico...”
Tipo, se io dovessi abbandonare tutte quelle fantasie sulla piscina che costruirò dietro casa, sui mega concerti in giro per il mondo...
“...con la Immortal Records...”
Sulle magliette con stampato il logo della band, sui fan che mi chiederanno gli autografi-
“...Sono...”
Ecco, lo sapevo, adesso non appena pronuncerà il nome dei cosi, dei fhdsikajgfjakFLASH andrò ad affogare nel mare per alleviare il dolore.
“...I...”
Stupido Jared, ti sei fatto i filmetti mentali paradisiaci e adesso impari la lezione.
“30 Seconds to Mars!”
Karma, tutta questione di karma.
Eh? Aspetta. Che ha detto?
“Eh?”
“Oddio.”
“Ma l'ha detto veramente?”
“Oddio sì.”
“Ma-”
“ODDIO JARED ODDIO” e strillando come due superchecche, Shannon e Tomo circondano il mio corpo in un abbraccio così stritolante che se non mi escono dalla bocca tutti gli organi interni è una fortuna.
Sono stordito e sospettoso... non ci credo che hanno scelto noi.
Ignorando il casino che proviene dalla folla in visibilio e dai gruppi apparentemente scartati che si vengono a complimentare (o a lanciarci maledizioni, dipende), mi dirigo verso la donna e le chiedo per l'ennesima volta se è sicura, se si è confusa con qualcun altro o se c'è stato un errore.
“Ragazzo, che fai, non mi credi?” mi sorride lei.
“E' che io... E' troppo bello per essere vero, non trova?” deglutisco, a disagio.
Lei continua a sorridermi, aspettando che il bordello sollevato dalla dichiarazione scemi almeno un pochetto. “Signori giudici, il fortunato frontman sembra avere dei dubbi riguardo la scelta della band! Volete gentilmente dissolverli?”
Ora tutto è tornato calmo e tranquillo, la gente è shockata dalla mia titubanza. Sento qualcuno dei ragazzi alle mie spalle gridare che se il premio non lo voglio tanto vale che io scenda dal palco e lo consegni a gente più meritevole.
“Ma... Io vorrei solo... Vorrei solo sapere perché è successo a noi...” balbetto, trovandomi il microfono tra le mani.
Una delle donne nella giuria mi guarda, scettica.
“Lo dici come se fosse una disgrazia...” sfoglia alcune scartoffie appoggiate davanti alla sua postazione, fermandosi ad una che mi sembra riporti il nostro logo “...signor... Jared Leto.”
“No... no, io...”
In che razza di situazione mi sono messo. Sono proprio un idiota.
Oltre ad essere un idiota sono anche emotivamente fragile, perché sento un groppo in gola mentre gli occhi cominciano a riempirsi di lacrime.
“Sono curioso anche io di sapere perché avete scelto proprio noi.” sento mio fratello avvicinarsi e circondarmi le spalle con un braccio e Tomo sfiorarmi impercettibilmente il fianco sinistro. Sono immensamente grato ad entrambi per queste gesta solidali, probabilmente se non fossero accorsi sarei scappato via autocommiserandomi.
Qualcuno grida di ritirare il contratto e toglierci dalle palle, al che Shannon, senza neanche girarsi, alza in aria le dita medie rivolgendole alla voce senza volto, continuando a fissare i giudici. Tutto questo scatena l'ilarità in chiunque, perfino in me.
Uno degli uomini, sorridendo affabilmente, decide di elencare i motivi della loro scelta.
“Beh, diciamo che la vostra musica ha una che di... spaziale. Azzeccatissimo quindi il nome che vi siete scelti. Ci avete presentato tre canzoni diverse tra loro ma accomunate da questo filo conduttore che è il cosmo: la prima terribilmente energica e accattivante, la seconda dolce e malinconica, la terza misteriosa. In più avete un'ottima presenza scenica, utilizzate sapientemente lo spazio che vi offre il palco, trasportando con voi il pubblico senza annoiare mai. Infine, purtroppo nell'arte del far musica di questi tempi conta anche l'esteriorità per fattori commerciali, e su questo non abbiamo assolutamente nulla da dirvi. È triste dirvelo, ma qualsiasi produttore di musica vorrebbe mettere le mani su di voi. Con la giusta campagna di marketing, guadagnereste ingenti cifre in un attimo. Tutto qui, ragazzi.”
Finalmente qualcuno ha estinto i miei dubbi!
“Grazie, io non volevo essere inopportuno ma-” comincio a farfugliare.
Lui mi blocca con un gesto della mano.
“Guarda che non sei stato inopportuno. È naturale avere dei dubbi, non si scherza con un contratto discografico.”
Gli rivolgo un sorriso immenso e la tizia dotata di microfono ci invita a stringere la mano ai giudici, informandoci che nel giro di qualche giorno ci avrebbe contattato l'Immortal Records per firmare tutte le scartoffie firmabili ed impegnarci nella sala di registrazione più o meno sette giorni su sette.
“DAI JARED!” sento strillare “BUTTATI! DAI CHE TI PRENDIAMO NOI, I TUOI AMICI DEL CUORE! DAI!!”
Mi volto improvvisamente, con un sorriso gigante stampato sulle labbra “Natalie, ma sei ubriaca?”
Porto lo sguardo sulla ragazza: ha i capelli scompigliati, le guance splendidamente rosse ed è completamente accaldata.
“Jared, non tutti hanno la fortuna di avere un amico che diventerà famoso!” mi risponde raggiante.
“Esagerata!” dico, con un gesto della mano “E comunque non mi fido.” e mi dirigo verso le scalette di ferro, pronto a smontare.
Proprio mentre Natalie comincia a lamentarsi e ad appellarmi con epiteti tipo 'sciupafeste', faccio uno scatto da centometrista.
E mi getto dal palco, ridendo.
Sollevando il mio corpo nel vuoto prima di cadere a peso morto su tutte quelle persone che mi guardano sconcertate (probabilmente stanno inorridendo visto che non sanno se qualcuno mi afferrerà o no, salvando le mie ossa da eventuali fratture e il mio cranio da una commozione cerebrale).
Poi atterro in un soffice letto di polpastrelli e prima che me ne possa accorgere razionalmente parlando, mi ritrovo con i piedi saldamente ancorati a terra.
 
Qualche minuto dopo una lattina di birra è magicamente apparsa nella mia mano.
Oh, gesù. Perché c'è sempre dell'alcool in giro per il mio corpo?
Forse farei bene a diventare un Vegano Straight Edge, quelli che non hanno alcun tipo di contatto con fumo, liquore, e altra roba... ma non ho mai capito bene cosa sia tutto questo movimento, per cui mi stringo nelle spalle e continuo ad ingurgitare il liquido ambrato, con le palpebre semichiuse grazie agli effluvi della birra e una faccia da coglione e il viso che probabilmente è rosso da far schifo.
Tiro fuori dalle tasche il cellulare... sono le tre e mezza. Del mattino.
La spiaggia si è un po' svuotata, i più attempati se ne sono tornati nelle loro case a far compagnia ai materassi e noi siamo ancora qui.
“Quindi...” esordisce Shannon rivolto a Colin, seduto per terra (come tutti, del resto) “quindi tu studi recitazione. Forte.”
Colin annuisce pigramente.
“Shannon!” esclamo io “Te lo avrò raccontato milioni di volte! Come fai a non ricordarti una cosa del genere?”
“Zitto fratello minore. La mia era una tattica.” dopo avermi rivolto uno sguardo di fuoco torna a rivolgersi a Colin. “Dai, irlandese, facci vedere quello che sai fare.”
“Eh? No... No, io mi vergogno. E poi non ne ho proprio voglia.”
“Dai Colin!” si intromette Natalie.
Lui risponde con dei mugugni poco umani, nascondendo il viso nella maglietta.
“Nooo~”
“Che carino.” dico, guardandolo con affetto.
Mio fratello sbuffa qualcosa di poco simpatico e io gli rivolgo il dito medio.
E lui mi dice che posso infilarmelo in un posto dove sono consono infilarci grossi falli maschili.
Ed io gli chiedo perché deve sempre essere così volgare.
E lui si stringe nelle spalle.
Shannon di merda.
“Io” dice solennemente Frank “ho una proposta! Facciamo il gioco della bottiglia. Così prima o poi qualcuno obbligherà Colin a recitare.”
Il mio adorabile druido prende una manciata di sabbia e la lancia svogliatamente a Frank, facendolo scoppiare a ridere.
Tra il consenso generale andiamo a posizionarci su uno dei tavoli dello chalet ed ordiniamo una bottiglia di birra -l'ennesima- che ci dividiamo tutti amabilmente, come una grande famiglia hippy. Dopo averla scolata la posizioniamo al centro del tavolo e diamo ufficialmente il via al gioco.
 
Faccio ruotare la bottiglia e questa ferma il suo collo su Tomo.
Gli rivolgo un sorriso inquietante.
“Ciao, Tomino.”
“Ehm... ciao, Jay... ?”
“Bisogna che ci dici una verità, Tomino.”
“Lo so. Jared.”
“Uhm. Vediamo. Hai... cazzo. Non so cosa chiederti.”
“Eh.”
“Ecco, ho trovato! Hai mai composto una canzone nei tuoi primi dieci anni di vita? Se sì, ce la canteresti?”
Lo vedo arrossire. Tanto. Segno che sì, ha inventato una canzone a meno di dieci anni e probabilmente è imbarazzante.
“Ma... Ma devo proprio?”
“Tomo. Non farti pregare.” gli rispondo, sbattendo le sopracciglia.
Sospira con un'espressione da martire.
“Sigh. Ok. Ma... Non ridete. Perché è imbarazzante.” E comincia a cantare.
 
Fai un motivetto,
Piccolo e perfetto,
Piccolo e nanetto,
Eccoci qua.
Se lo fai su Miramare
Non devi star proprio male,
Se lo fai sul cielo azzurro
Devi avere due nuvole di burro,
Se lo fai sulla vecchia fattoria
Non devi avere il permesso di tua zia.
 
Quando esala le ultime parole, scoppia il caos.
Gente che si rotola sul tavolo, gente che ha i crampi alla pancia, gente che muore.
“Ecco, che gioco di merda!” povero Tomo, rosso ancor più di prima!
“Cazzo Tomo!” sghignazza mio fratello “Adesso i testi delle canzoni li facciamo scrivere a te!” e continua a ridere sguaiatamente, come tutti del resto.
Dopo due minuti buoni, ci calmiamo.
“Sì, sì, avete riso, stronzi. Adesso farò fare una figura di merda a chiunque mi capiti.” e detto questo, afferra la bottiglia e la fa ruotare.
 
Siamo passati da Tomo a Frank, da Frank ad Amico-Di-Colin-Senza-Nome, e da Amico-Di-Colin-Senza-Nome a Shannon. E adesso quest'ultimo sta pregando in aramaico per far sì che la bottiglia si fermi su Colin.
“SI!” urla, battendo le mani e scattando in piedi “SI! TI HO PRESO! Adesso, caro il nostro celtico, ci reciti qualcosa.”
Colin, seduto accanto a me, sbuffa rumorosamente. E mentre si stiracchia dice: “Ok, adesso vi mostrerò una cosa. Ovvero: come girare a proprio favore una situazione imbarazzante, mettendo alle strette il simpaticone che l'ha creata.”
Mio fratello lo guarda, confuso.
“L'hai voluto tu, Shannon.” gli risponde semplicemente.
 
È per questo che adesso mi ritrovo in piedi, con lui inginocchiato di fronte a me.
E la sua voce è incrinata da un pianto che credo sia pura finzione.
“Oh, Jared!” esclama a gran voce “Adesso che hai vinto il contratto discografico diventerai un famoso musicista... sarai acclamato da milioni di persone, le ragazzine ti moriranno dietro, scriveranno libri e gireranno documentari sulla tua vita: quello che voglio chiederti è... come farò io? Come farò a sopravvivere senza te? Chi mi terrà compagnia ogni mattina a colazione, con chi andrò a fare la spesa al supermercato, chi terrò per mano passeggiando nei soleggiati viali di San Francisco? Chi intratterrà le mie notti più o meno bollenti? Sono sicuro che tutte le malsane novità in cui incapperai ci divideranno... Ed io non voglio, perché da quando ti ho conosciuto la mia vita risplende di una luce meravigliosa, e quella luce sei tu! Prima di incontrarti ero solito rinchiudermi nei bagni a tagliarmi le vene, rimuginando sul completo fallimento che è stata la mia vita. Ma ora non più! Tu mi hai tirato fuori da quel pozzo nero che era la spirale della depressione, mi sei apparso come un angelo portatore di salvezza... E puoi capire da solo che senza di te sono perso. Ovviamente, Jared, se vuoi inseguire il tuo sogno da rockstar non ti tratterrò... Chi sono io per mettere i bastoni tra le ruote ad uno splendido ventenne? Voglio solo sperare che vorrai condividere la tua vita con me: spero di poter diventare la musa delle tue canzoni, ti aspetterò trepidante ogni volta che partirai in tournée con tuo fratello e Tomo (a proposito, spero proprio che Shannon riesca un giorno ad accettare il fatto che siamo coinvolti in una meravigliosa e passionale storia d'amore)... Io mi farei anche mettere incinto, per te, se solo avessi un apparato riproduttivo femminile!
Ti prego, amore mio, dissolvi ogni mio dubbio!”
Sono violentemente arrossito nell'ultima parte del discorso... per fortuna che è buio.
Mi guarda trepidante e io gli reggo il gioco. Ovviamente tentenno un pochino, visto che nella recitazione non sono sciolto come lo è lui. Quindi prendo un bel respiro e tento di fare un monologo.
“Non ti preoccupare Colin, tu per me sarai sempre la colonna portante della mia vita, la roccia che non si scalfisce mai, la nave inaffondabile. Non importa se starò in giro per il mondo a cantare per anni interi, o se le ragazze getteranno i loro reggiseni sul palco... Io ti sarò sempre fedele. Ogni volta che tornerò nel costosissimo attico che ci saremo comprati nella campagna della California, la prima cosa che farò sarà riempirti di bac-”
“Allora vediamo di passare ai fatti.”
E all'improvviso mi ritrovo completamente sbilanciato all'indietro, sorretto solo dalle braccia di Colin attorcigliate attorno alla mia schiena, le sue labbra sulle mie.
L'espressione di sorpresa dipinta sul mio volto se ne va quando il bacio comincia ad approfondirsi, a diventare qualcosa di passionalmente intimo.
La sua lingua guizza contro le mie labbra, ed io le apro, e sento un'immensa ondata di calore a livello del petto e del viso, accentuata dalle ovazioni provenienti dal tavolo.
Ad un certo punto la foga si alleggerisce e lui si stacca da me gradualmente, facendo sì che tanti piccoli baci stampati sulle mie labbra diminuiscano il dolce dolore del distacco.
Lo guardo negli occhi, vagamente brillo per via di quest'improvvisa dimostrazione d'affetto.
“Colin, se vuoi un bambino sappi che possiamo sempre adottarne uno da qualche orfanotrofio...” sussurro.
“Giusto, non ci avevo pensato.” mi sorride lui, poi si rivolge a Shannon, alzando la voce perché gli altri hanno cominciato ad applaudire e a fischiare.
“Allora Leto Senior, come ti è sembrata la mia performance?”
Porto gli occhi su Shannon, decisamente rosso in volto.
“Questo era per tutte le volte che mi hai chiamato 'Irlanda'... come se non avessi un nome. Sono proprio un grande attore... Tra un paio d'anni sentirete parlare di me!” ridacchia Colin, staccandosi definitivamente da me e tornando ad occupare la sua sedia. Seguo il suo esempio e continuo ad esaminare Shannon.
“Ehi fratello. Riprenditi.” gli dico, dandogli un lieve pugno sulla spalla destra.
Lui si scosta, con un urletto strozzato “Non mi toccare, mostro!”
Mi metto a ridere.
“Voglio sperare che quelle cose non le pensate realmente!”
“Mh, hai ragione...” risponde Colin.
“Grazie a dio.”
“...Prima di conoscere Jared non ero solito chiudermi nei cessi a tagliarmi le vene.”
E quest'affermazione scatena un attacco d'ilarità in tutti, ed un lamento terribile a mio fratello.
“Jared” mi dice Colin, sorridente “facciamo vedere a Shannon che non ci vergogniamo di essere ciò che siamo.”
“Certo, caro!” ed intreccio le sue dita nelle mie, tenendoci per mano e scatenando ancora la vergogna in Leto Senior.
“Ommioddio, secondo me, tu Jared sei gay per davvero. Anzi, rispondimi... Jared, sei gay? Sei attratto da Colin? Ti piacciono gli uomini? Sei bisessuale?”
“Quante domane, fratellone. Dovresti prima girare la bottiglia per sapere la verità.” rispondo serafico.
Porta le mani sul viso, disperato “Voglio disconoscerti come fratello. Voglio essere figlio unico.”
Frank, che già da un po' di tempo lo stava guardando con aria vagamente infastidita, decide di intervenire “Ma che... sei omofobo?” chiede, sospettoso.
“No... è che mi fa strano vedere mio fratello in certi atteggiamenti.”
“Bah, se si fosse trombato una ragazza qui sul tavolo non avresti detto niente. Cerca di lavorare su questa cosa, Shannon. L'omofobia è una cosa brutta.”
“Lo so, sono una persona orribile... ma è più forte di me.”
“Lavoraci.” sentenzia mortalmente il più piccolo.
“Gran bell'idea quella di fare sesso sul tavolo, Frank!” interviene Colin, sporgendosi in avanti per battergli il cinque “Adesso io e Jared sappiamo cosa fare!”
“Oh, è un piacere, Colin.” risponde lui, raggiante.
“Sesso? SESSO?” esclamo scandalizzato “Cole, credevo che la nostra fosse una storia d'amore!”
“Perdonami, bellissimo!” e mi stampa un bacio a fior di labbra, e sento Natalie esultare, e Shannon che tenta di trattenere uno sbuffo, e Tomo che gli rifila uno scapaccione sulla nuca.
E io rido con me stesso perché sono l'unico a sapere che non c'era nulla di recitato nella performance di Colin.
 
 
 
 
ANGOLO DELL'AUTRICE
:') è finita :')
So che probabilmente vi aspettavate una super mega notte di sesso infuocato tra i nostri simpatici uomini, ma proprio all'ultimo non me la sono sentita di scrivere una cosa del genere.
In questa fanfiction c'è molto di me. Ci sono esperienze che ho vissuto, pensieri che mi passano per la testa, sensazioni che ho provato sul mio corpo. E far passare Jared e Colin da 'adorabili inquilini' a 'ragazzi che si piacciono' è stato facile... Ma passare al sesso dopo solo qualche bacio mi sembrava una forzatura perché io, appunto, non ho mai sperimentato un rapporto sessuale così immediato come quello che avrebbero potuto avere loro... e quindi sono sicura che avrei scritto un sacco di fregnacce :/
MA NON PREOCCUPATEVI DONNE, RIMEDIEREMO PRESTO A QUESTA MANCANZA!
Ora, il dubbio è: tolgo il rating arancione e metto quello giallo o lo lascio così?
Passiamo alle cose belle!!! :D
C'è UN SEQUEL nella mia testolina! Ho già tutte le idee in mente, ora si tratta solamente di trasferirle su carta virtuale. Solo che ho pensato anche a questo: uniamo TOTALMENTE l'utile con il dilettevole. Avete delle domande, dubbi, curiosità sul veganismo? Ditemeli, e nel corso della storia inserirò le informazioni che volete. Un connubio felice: slash e notizie utili! Così almeno saprò rispondere a tutti i vostri interrogativi.
A presto, care, attendo vostre risposte :3 :3 :3

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1205435