Vincolo (di genere opposto!) di zenzero (/viewuser.php?uid=61068)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un gelido risveglio ***
Capitolo 2: *** Fuga disperata ***
Capitolo 3: *** Battaglia nel parco ***
Capitolo 4: *** Due clandestine da un altro mondo ***
Capitolo 5: *** Uno spiacevole problema ***
Capitolo 6: *** Dove stiamo andando? ***
Capitolo 7: *** Una nottata fredda ***
Capitolo 8: *** Una pausa ***
Capitolo 9: *** A ciascuno il suo avversario ***
Capitolo 10: *** Riunione di famiglia ***
Capitolo 1 *** Un gelido risveglio ***
Un gelido risveglio
Di nuovo
quello stupido incubo.
Non
era la prima volta che gli capitava di sognarlo, ma questa volta era
più definito e angosciante. Due persone che correvano, come
se fossero inseguite, e una di queste aveva il volto di Roberta. Il
ricordo della sua ex-ragazza gli mandò un’onda di
fastidio. Milo si drizzò bruscamente dal letto, notando di
avere dormito vestito. Naturale... si era steso sul letto
credendo di riposarsi per pochi minuti, e invece si era addormentato,
per ore. L’orologio della camera segnava le venti meno un
quarto, quindi gli rimanevano circa dieci minuti per prendere
l’autobus, e raggiungere la palestra per la sua lezione di
karate. Non male.
E
poi, suo padre irruppe nella stanza. Si guardò attorno con
fare sospetto. - Beh, questo è il modo di mettere a posto?
Milo
lo guardò stancamente, cercando inutilmente di pettinarsi i
corti capelli neri. - Me lo avevi chiesto, forse?
-
Sì, - dichiarò lui seccato, - e anche di fare le
valigie.
-
Cosa?
-
Partiamo stasera, per andare da zia, no?
-
Non me l’avevi detto...
-
Sì che te l’ho detto!-urlò lui, - solo
che non mi ascolta nessuno in questa casa!
-
Io i bagagli li ho fatti... - affermò
un’altra voce maschile. Era Leo, fratello minore di Milo.
-
Tu non t’immischiare! - ribatté il ragazzo. In
quel momento odiava suo fratello, e il fatto che riuscisse sempre a
essere così ordinato, il suo esatto opposto.
-
Invece lo faccio! - disse lui di rimando.
-
Fatela finita! - urlò il padre, - Leo ha già
fatto le valigie, e non ha lasciato il porcile che hai provocato tu,
Milo.
Lui
sbuffò.
-
Cos’hai fatto fino ad adesso?
-
Ho dormito, va bene? - esclamò lui, sgarbatamente.
-
Non ti rivolgere a me con quel tono! - gridò il padre.
-
Fa male, addormentarsi di pomeriggio, non dovresti farlo, -
infierì il fratello con calma.
Anche
il fatto che Leo rimanesse sereno mentre lui era nervoso lo faceva
imbestialire.
-
Quello che faccio sono cazzi miei, tu cosa vuoi? - sbottò, e
notò che il colorito di suo padre si faceva sempre
più acceso.
-
Sì? Anche le crepe sul muro?- richiese lui, e con una mano
scostò le tende mostrando un’infossatura nella
parete, proprio sotto la finestra di Milo. Il ragazzo lo aveva
provocato involontariamente, spingendo la scrivania in avanti.
Il
padre sgranò le occhi, ma, stranamente, non alzò
la voce. Anzi, quando prese parola, il suo tono fu pacato, e freddo.
-
Bene. Direi che hai fatto più che abbastanza. - e detto
questo, sollevò la propria valigia.
-
Io non ti accompagnerò dalla zia. Verrai tu da solo.
-
Cosa?
-
Ormai sei abbastanza grande e autonomo, no? Ci raggiungerai quando ti
pare e come ti pare, a tue spese.
Il
giovane rifletté un attimo. La zia abitava in
un’altra città, a un paio d’ore rispetto
a casa loro, e finora l’aveva sempre raggiunta facendosi
accompagnare da qualcuno. Non aveva la minima idea di come compiere
quel viaggio da solo.
-Ti
arrangerai, - disse suo padre, come leggendogli nel pensiero, e se ne
andò seguito da Leo; questo gli rivolse una sorta di
sorrisetto divertito. Milo stava per compiere qualcosa di cui si
sarebbe pentito, quando improvvisamente udì lo scampanio
della chiesa situata vicino a casa sua. Le otto di sera. Rischiava di
perderlo. Agguantò il borsone da ginnastica e si
precipitò fuori di casa senza salutare.
Lo
aveva perso. Cavoli. L’autobus gli era scivolato accanto con
tutta la sua mole sonnacchiosa senza nemmeno vederlo. Milo diede un
calcio a un lampione. Non era la prima volta che gli capitava, e
stavolta era stata colpa della lite che aveva avuto. Da quando si era
lasciato con Roberta, in effetti, era sempre più nervoso e
teso, e tendeva a sfogarsi in improvvisi scatti di rabbia che in
seguito lo facevano sentire in colpa. Inoltre gli capitava sempre
più frequentemente di sentirsi stanco e apatico, e di
addormentarsi appunto nel pomeriggio. Per tenersi in moto si era
iscritto a un corso di arti marziali, ma anche questo le causava dei
fastidi. Era l’iscritto col grado più basso.
Questo, unito alla sua corporatura minuta tendeva a farlo sembrare
più debole, e si sentiva sottovalutato dai suoi compagni.
Queste ultime lezioni non le poteva proprio perdere; di lì a
un mese, infatti, si sarebbe svolto l’esame del passaggio di
cintura e doveva tenersi in allenamento. Doveva trovate un percorso per
raggiungere la palestra in un tempo decente.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Fuga disperata ***
Fuga disperata
Sangue.
Era la prima volta che ne vedeva tanto. Sparso dappertutto, anche sul
suo corpo, unito a quel nauseante odore di zolfo. E non ricordava
l’ultima volta in cui aveva corso per tanto tempo.
La
ragazza dai candidi capelli riprese a correre, in mezzo alla boscaglia,
subito seguita da un’altra, di poco più adulta ma
molto più robusta di lei. Quest’ultima la spinse.
-
Andatevene! Subito! - gridò, ma la sua voce era stanca. Non
avrebbe dovuto impartirle ordini, pensò la ragazza, ma era
fin troppo spaventata per ribattere, perciò corse via.
L’erba
alta le frustava le ginocchia, i rami e i rovi s’impigliavano
nella treccia, ma doveva andare avanti. Finché non cadde in
terra, vittima di un crampo. Maledisse la sua pigrizia.
E
poi, lo udì ancora. La terribile gracchio, che nessun
uccello normale avrebbe potuto produrre.
Sapeva,
infatti, a chi appartenesse.
Un
demone, dalla forma di un volatile, enorme e ripugnante, il suo corpo
sembrava essere ricoperto da stracci logori piuttosto che piume. La
giovane si accorse di stare sudando freddo. Il demone corvo
spiccò il volo e le fu addosso in un attimo, gli artigli
sollevati pronti a ghermirla.
Sapeva
che non sarebbe stata in grado di scansarsi. Gli artigli furono
però deviati.
L’
aveva salvata Sara, come al solito. Dopotutto, era il suo dovere. La
volto della guardiana era contratto dallo sforzo, atto a bloccare il
mostro con il suo enorme e pesante spadone. Zampilli di
sangue uscivano dalle grinfie del mostro, dove la spada le bloccava; la
guerriera ne era ricoperta.
-
Vi... ho detto di scappare! - esclamò
quest’ultima.
Voleva
indurla a fuggire; si capiva che non avrebbe trattenuto la creatura per
molto.
-
Tu mi rimproveri? Non sia mai! - scherzò la giovane, - ora
proverò a evocare un mostro capace di battere il nostro
amicone.
-
Cosa? Signorina, non avete mai tentato!
-
Non è mai troppo tardi, no? - esclamò questa,
anche se la guerriera aveva avuto ragione.
L’evocazione
era una tecnica piuttosto difficile. Si dovevano concentrare
tutte le proprie energie, nella creazione di un portale che apriva
l’accesso al mondo spirituale. Da esso, teoricamente sarebbe
dovuto uscire un essere, teoricamente anch’esso disposto a
prestare il suo aiuto. Non aveva ancora appreso bene il procedimento e
non era sicura di ricordarsi tutte le parole, però non aveva
altra scelta. Così provò.
Prese
con due dita l’anello che teneva al medio per un paio di
volte. Sentì la magia fluire nel suo corpo, cosa che non
avveniva da parecchio. Da lì, congiunse la punta delle dita
e fece uscire l’energia, che si concentrò fino a
formare un piccolo globo di luce...
“Aiuto,
ci serve aiuto” pensò solo la
ragazza”Non importa cosa ne verrà fuori,
purché sia disposto a lottare!”
Aumentò
la distanza tra le dita, e la sfera divenne un poco più
grande.
Udiva
intanto i gracchi del corvo e gli strepiti di Sara, con la coda
dell’occhio si accorse che la guerriera era stata ferita a un
braccio.
“No...
devo concentrarmi su ciò che sto facendo” si
rimproverò mentalmente.
Concentrati.
Ancora, e ancora. Come ti hanno sempre insegnato, anche se finora non
lo hai messo in pratica seriamente. E la sfera raggiunse la dimensione
del suo braccio. Poi aumentò ancora.
“Forza”
Sempre
di più.
Le
dita cominciavano a farle male ma continuò.
Non
bastava
Sentì
un grosso bolo di magia e dovette liberarlo tutto d’un colpo,
e la sfera divenne enorme, alta il suo doppio, leggera. Si teneva
sospesa nell’aria. La giovane si allontanò di
qualche passo, ammirando il suo lavoro. Ne sarebbe sicuramente uscito
un essere bello grande. Sicura di sé, corse verso il demone,
e gli lanciò un sasso. - Hey, tu! - gridò, -
è me che cercavi, giusto?
Detto
questo colpì il demone con un sasso ancora più
affilato.
Sara
sembrava contrariato ma ormai le era difficile muoversi per via delle
ferite.
Il
corvo volse subito la sua attenzione sulla giovane, che
d’altra parte attendeva impaziente che l’evocazione
avesse effetto. Nessuna creatura sembrava volesse uscire, mentre il
demone si faceva sempre più vicino. La ragazza
tentò di avvicinarsi alla sfera ma la mostro
s’interpose. La giovane si sentì perduta. Quando,
improvvisamente, il globo cominciò a emettere luce, sempre
di più, e insieme a questo, un rumore come di risucchio.
L’aria era attirata nella sfera, talmente velocemente da
essere visibile. Le foglie morte erano immediatamente risucchiate
svanendo, e anche il demone cominciava a retrocedere verso di essa.
“Ho
invertito l’effetto” pensò la giovane
“Invece di evocare qualcosa da un altro mondo...
siamo noi, a essere evocati dall’altra parte!”
L’attrazione
diveniva sempre più potente. Il corvo tentava in tutti i
modi di svincolarsi, ma già diverse penne si staccavano
dalla schiena. Retrocedette ancora. La ragazza avrebbe dovuto
allontanarsi da tutto questo, ma le sue gambe tremavano e il suo
sguardo non voleva staccarsi dal terribile spettacolo. Un’ala
del mostro finì nel risucchio
Sentì
che anche lei, di lì a poco, sarebbe stato travolto, la sua
misera resistenza non sarebbe bastata.
Finalmente
si alzò, mentre l’altra ala del demone era
trascinata. Il corvo cominciava a perdere anche la presa sulle zampe,
che artigliavano disperatamente il terreno.
La
ragazza rimase un attimo di troppo a guardare quello che stava
succedendo.
-
Principessa! Spostatevi! Subito!
La
ragazza trasalì. Stava per obbedire quando
avvertì un’orrenda, gelida stretta attorno alla
vita.
Gli
artigli dell’essere le cingevano i fianchi, facendoli
sanguinare.
La
mostro, afferrando la sua preda, ormai certo della sconfitta aveva
anche lasciato la presa sul terreno; la sua testa scomparve nella luce.
-
No! - urlò la guerriera, afferrando le braccia della sua
protetta.
-
Sara... - sussurrò questa. Non voleva che facesse
la sua stessa fine; voleva svincolarsi da lei, ma non ci
riuscì. Con un’ultima sferzata di energia, la
sfera inglobò a sé l’orrido essere, e
con esso le due giovani donne.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Battaglia nel parco ***
Battaglia nel parco
“Diamine”
si disse Milo.
Il cielo si faceva sempre più nuvoloso, ed era quasi buio.
La verità, era che non capiva bene dove si trovasse. Visto
il suo possibile ritardo, aveva pensato di passare per quella che
credeva una scorciatoia, cioè il parco. Era piuttosto grande
e dismesso e tutto in salita, non molta gente ci veniva per divertirsi;
le panchine scrostate, l’erba alta e i giochi pieni di
scritte e distrutti avrebbero mandato via chiunque.
Ancora si chiedeva perché ci fosse passato, ma dopotutto era
sulla strada; ma provò un brivido lungo la schiena per un
pensiero che solo in quel momento gli era affiorato in mente. Se la
gente comune evitava quel posto, sicuramente i tipi poco raccomandabili
lo avrebbero considerato invece un luogo di ritrovo perfetto
…. E lui era da solo. Stava per fare dietrofront (al diavolo
la lezione di karate) quando improvvisamente, i lampioni del parco si
spensero, uno dopo l’altro.
- No, accidenti! - protestò. Tirò fuori
il cellulare dalla giacca e tentò di fare luce, ma ottenne
scarsi risultati.
Improvvisamente sentì una goccia fredda cadergli sulla
fronte.
- Ci mancava solo questa - brontolò, aprendo il
borsone ed estraendone l’ombrello. Stava per aprirlo quando,
aldilà di una lunga fila di alberi, vide una luce.
Forse, c’era qualcuno. Come per dimostrarlo, sentì
una sorta di gemito, delle urla soffocate. E distintamente, un grido,
“Aiuto”. Avrebbe decisamente dovuto tornare a casa,
senza avvicinarsi alla luce. Ci sarebbero potute essere delle
conseguenze notevolmente gravi, ma non ci pensò.
Seguì il suo istinto, e si mosse in direzione della luce.
Non sapeva neanche il perché, e corse.
Una quercia. Una quercia enorme, altissima e vecchia. Non
riuscì a staccarle le occhi di dosso.
Non che non ne avesse mai viste, di querce …
Era la quercia, a emettere luce. Era di un colore rosato, e, appunto,
luminosa.
Milo avrebbe giurato di sentire anche un calore provenire da essa, e lo
appurò toccandola. Era tiepida, sembrava palpitare, e per un
attimo il suo cervello sembrò non volersi concentrare
dell’assurdità della situazione. Sarebbe rimasto
molto a lungo ad ammirarla, quando improvvisamente udì un
gracchio acutissimo.
Trasalì, e si voltò.
Alle sue spalle, un corvo era poggiato a un ramo della quercia. Ed era
enorme, arrivava a un metro buono d’altezza, con
un’apertura alare spaventosa. E lo fissava.
Continuava a piovere, faceva sempre più freddo.
Per un lungo istante l’animale lo studiò, per poi
attaccarlo.
Milo spaventata agì d’impulso; premette il
pulsante alla base dell’ombrello pieghevole e
l’asta scattò, colpendo l’animale
all’addome. Questi non si diede per vinto e cercò
di beccarlo ancora, e ancora. Era difficile respingerlo, il ragazzo
dovette retrocedere. - Vuoi lasciarmi in pace? - le
urlò, anche se sapeva che non poteva capirlo. Le
scagliò contro un’ombrellata più forte
delle altre.
L’uccello gracchiò, innalzandosi in aria e
rimanendo della stessa altezza.
Milo decise di andarsene, e scattò verso il suo borsone.
La creatura le venne addosso, sollevando le artigli.
“Ce l’ha con me” si disse il ragazzo
prima di essere colpito “Non ne capisco il motivo”.
Sara non sapeva cosa aspettarsi quando capitolò fuori dal
portale. Finì su dell’erba umida, sembrava molto
alta. Era buio.
Doveva essere notte. Non che la cosa li avvantaggiasse di molto,
poiché il demone avrebbe potuto fiutarle. Nella
semioscurità vide che la Principessa tremava, di freddo e
paura. Sembrava comunque che non ci fosse traccia della strana
creatura. Stava per dirlo alla sua protetta, quando improvvisamente
sentirono la terra tremare, ritmicamente. Dalla boscaglia comparve
quello che sembrava un umano, ma era gigantesco, alto quasi tre volte
più di loro. Sembrava però non essersi
minimamente accorto della loro presenza. Lasciò a terra una
strana sacca. E poi, venne il demone e lo attaccò.
Questa era una fortuna, avrebbero guadagnato tempo per fuggire;
però le prospettive non sembravano così rosee. Il
gigante combatteva malissimo; la strana arma che utilizzava non pareva
fare effetto. Sara notò che la Principessa si stava
innervosendo. - Calmatevi, - disse, - aspetteremo il momento giusto e
poi fuggiremo.
Questa scosse la testa. - No… pare che quel mostro stia
vincendo. Dobbiamo nasconderci dove non potrà attaccarci, -
sussurrò. Le tremavano le gambe e la voce. Il guerriera
stava per chiedere dei chiarimenti ma la ragazza prese a correre,
nascondendosi nell’enorme borsa abbandonata a terra.
“E quello, sarebbe un posto sicuro?” si chiese la
guerriera, ma capì che la sua Principessa era stata presa
dal terrore e non ragionava. Il corvo però si accorse del
movimento della ragazza. Le venne incontro, sollevando le artigli,
diretto alla borsa. In quel momento però l’enorme
essere umano si interpose, cercando di difendersi. Non aveva scampo.
Milo si schermò con le braccia, usando la parata alta,
pronto agli artigli, ma non sentì niente.
Solo un rumore, come di un tonfo, e vide una luce attorno a
sé. Abbassò le braccia e vide quella che sembrava
una parete trasparente. Era interposta tra lui e l’uccello,
che non riusciva a colpirlo. Stava cercando di capire cosa fosse,
quando essa scomparve.
L’essere era già pronto a colpirlo, ma stavolta
Milo era ben preparato, e lo colpì al ventre, con una tale
forza da sbilanciarsi. Cadde a terra, facendosi male e sporcandosi di
fanghiglia.
Aveva sbattuto il naso che gli doleva, intontendolo.
Stava per alzarsi quando sentì un peso sulla spalla destra,
come se un piccolo animale si fosse arrampicato su di lui. Si
innervosì, e stava per voltarsi, quando udì una
voce.
- Alzati e guarda dritto davanti a te.
Milo era talmente confusa che obbedì.
Il volatile intanto si era nuovamente innalzato di fronte a lui, pronta
a colpirlo con la solita tattica.
La... cosa... sulla sua spalla si aggrappò ai capelli. Il
corvo attaccò, e la cosa... saltò. Letteralmente.
Saltò contro il nemico. Sembrava una massa di stoffa, come
se portasse il mantello. L’affare colpì il mostro
sul collo con quella che sembrava una spada. Non ne uscì
sangue, bensì quello che sembrava un miasma nero,
dall’inconfondibile tanfo di zolfo.
L’animale emise un urlo orribile, poi si dimenò
furiosamente, scagliando l’aggressore lontano da
sé. Non era ancora finita.
Lottando contro il disgusto, Milo afferrò
l’ombrello con entrambe le mani.
“Prima che sia troppo tardi, devo farla finita”.
Quello, si disse, non era un animale normale; doveva essere
un’allucinazione, un incubo portato nella realtà.
Così sollevò le braccia, e lo finì
colpendolo in testa.
Il mostro levò altri stridii acuti, e poi sembro
dissolversi; anzi lo fece davvero, divenne sempre più
trasparente fino a scomparire. Spaventato, il ragazzo si
appoggiò alla quercia, riprendendo fiato. Sentiva di essere
stanco; lampi di luce gli ballavano nell’occhio. Non aveva
una visione nitida. Gli capitava spesso, quando l’ansia e la
stanchezza prendevano il sopravvento.
“Devo allontanarmi da qui il più presto
possibile” si disse, e si rialzò, buttò
l’ombrello nel borsone e lo richiuse. Sembrava più
pesante rispetto a prima, ma forse questo era dovuto alla stanchezza
che provava. Si allontanò ripromettendosi di non tornare ai
più in quel parco.
Sara era abituato ad atterrare correttamente e quando cadde dal mostro
non si fece troppo male. Piuttosto, era preoccupata per la Principessa.
A fatica, si trascinò nella grossa borsa; la ragazza si era
rannicchiato tra quella che sembrava stoffa, e tremava.
Cercò di farla uscire, ma era troppo spaventata. E,
improvvisamente, l’enorme proprietario del rifugio
allargò l’apertura, e vi buttò dentro
un grosso oggetto bagnato, che piombò sulla schiena di Sara;
già debole per le ferite. La guerriera svenne sulla sua
Principessa; mentre la sacca fu sigillata completamente lasciandole al
buio.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Due clandestine da un altro mondo ***
Due clandestine da un'altro mondo
“Che
abbia sognato tutto?”, si chiese Milo per
l’ennesima volta. Era riuscito a tornare a casa in un tempo
notevolmente breve, avendo fortunosamente incrociato un autobus che
veniva nella sua direzione. Ora era in camera sua, ancora sconvolto.
Sua padre e sua fratello erano già partiti, era solo in
casa. Il corpo, che fino ad allora non aveva ancora mostrato lamentele,
finalmente si svegliò, la sua pancia produsse un
equivocabile gorgoglio dovuto alla fame. Poi ne udì un altro.
“Cavoli, devo avere proprio fame!” si disse.
Capì che il rumore non proveniva da lui. Prestando
attenzione, si accorse che sembrava un animale che strusciava tra della
stoffa.
Si spaventò un poco.
Forse, il corvo non era morto? No, non era possibile! Il rumore era
appena accennato.
Milo capì che proveniva dal suo borsone di karate.
Dopotutto, aveva lasciato la sacca aperta per molto tempo, doveva
esserci entrato qualche animale.
Si fece coraggio e la aprì, ma non vi trovò
né uccellini né roditori.
Nella sua borsa c’erano due esseri umani. Piccoli, alti una
cinquantina di centimetri, o forse sessanta, ben proporzionati. Con le
occhi chiusi. Una ragazzina piccola e vestito di verde, con lunghi
capelli bianchi, e una giovane donna un po’ più
massiccia che aveva capelli di un rosso scuro e intenso tenuti in una
coda di cavallo e indossava quella che sembrava un’armatura.
Pensò immediatamente a delle bambole, anche
perché non potevano essere altro. La cosa assurda era che
non capiva come potessero essere finite là dentro.
Non aveva visto alcun giocattolo, nella foresta; ed era improbabile che
sull’autobus qualcuno gli avesse aperto la borsa per
introdurvi due pupazzi; nonostante lo shock subito se ne sarebbe
accorto.
“Deciderò cosa farne quando sarò
più lucido” si disse, e sollevò la
più piccola, per guardarla meglio. Era tutta inzuppata di
pioggia. Sembrava... ... morbida, quindi non era fatta di porcellana,
forse il materiale era gomma o qualcosa del genere.
Il costruttore aveva fatto un’eccellente lavoro; i lineamenti
del volto erano precisi e definiti nei minimi particolari; i capelli
sembravano veri.
Doveva essere un oggetto di lusso, quelli che chiamano giocattoli
artistici, oppure modellini di qualche personaggio di un film, anche se
non ricordava di averne visti con simili personaggi.
Stava per poggiarla sul letto, quando si accorse che dove teneva la
presa avvertiva dei fremiti, delle vibrazioni, come se il pupazzo si
muovesse. Capì all’istante che quelle non erano
vibrazioni ma respiri.
Il pupazzo respirava.
Perché era vivo.
Aprì un occhio inequivocabilmente vivo e azzurro.
Si guardarono per un lungo istante, poi l’incanto si
spezzò e urlarono entrambi, spaventati.
- Sei…viva? - urlò lui, anche se era
ovvio.
- Sei... altissimo! - urlò lei,
stupidamente.
Milo era scioccato.
- Lasciala andare, - disse l’altra, con voce ferma.
Il ragazzo riconobbe quella voce. L’altra ragazza si era
intanto alzata e ... impugnava una spada dalla larga lama,
che puntava verso di lui.
“Vuole combattere?”si chiese Milo.
Per risolvere ogni controversia, posò la piccola ragazza sul
letto e poi sollevò le braccia mostrando loro le palme delle
mani, come aveva visto fare nei polizieschi in televisione.
- Non volevo farvi del male, davvero… sono solo
stupito della vostra presenza, tutto qui, - si giustificò,
lievemente imbarazzato.
- Tutte scuse! -gridò la ragazza - Non hai
giustificazioni, demone dalle sembianze umane! Hai sconfitto il corvo e
ci hai rapito per divorarci!
- Cosa?
- Sara, devi ucciderlo prima che ci aggredisca!
Milo non poteva credere alle sue orecchie; la situazione sembrava
essersi ribaltata.
La piccola guerriera lo osservava, forse pronta a obbedire.
Se era stata capace di trafiggere il corvo, lui sarebbe stata un
bersaglio ben più facile. - Davvero, non voglio combattere.
E poi sei ferito, cosa credi di fare?- disse, mentre la voce gli
tremava.
- Non osare sottovalutarmi - rispose questa, ma la sua voce
era stanca.
Milo scosse la testa. - Sei... stata tu, a infliggere il
colpo a quel demone. Mi hai salvato.
Sara esibì un tenue sorriso. - Dovevo difendere la mia
Principessa.
- Quale Principessa? - chiese lui.
La ragazza dai capelli argentati rise. - Ti facevo più
intelligente. Naturalmente, sono io, la Principessa Kirin. E lui
è la mia guardiana, Sara.
La situazione si faceva sempre più assurda.
- Bene... Principessa... ma temo sia altrettanto
stupido scatenare un’altra battaglia, adesso.
- Forse sei tu a non esserne capace. La mia scorta invece
può benissimo affrontarti.
Improvvisamente, però, le ginocchia di Sara cedettero, e la
guerriera gemette.
Premette una mano sulla spalla, e mostrò un palmo sporco di
sangue e terra.
Milo impallidì. Si era ferita più del previsto.
Senza pensarci troppo, afferrò le due donne e le
gettò nella borsa, che portò in bagno.
Cercò frettolosamente tra le scaffali.
- Che intenzioni hai? - chiese la Principessa, sulla
difensiva ma Milo aveva già trovato quel che le serviva e
aprì la borsa.
Aveva con sé una boccetta e un batuffolo di cotone, che
intinse di liquido e posò sulla spalla della guerriera. Dopo
pochi istanti questa urlò.
- Cosa le stai facendo?! - chiese la piccola Principessa.
- Disinfetto la ferita, ovvio - rispose lui, - E poi dovrò
fasciarla con una garza.
- Ah, - sbuffò la Principessa, – a cosa serve
questo, quando si ha la magia?
Lui trasalì. La ragazza capì di aver detto troppo
e si tappò la bocca.
- Magia?- mormorò Milo, incredulo - Sapete ... usare la
magia?... Ma certo! - ricordò improvvisamente, - tu... mi
hai protetto quando stavo per essere aggredito dal corvo! Hai creato
una barriera o qualcosa del genere!
Kirin voltò la testa, sprezzante. - In realtà
l’attacco di quell’essere era rivolto a me, quindi
mi sono difesa … è solo perché eri
vicino che la mia barriera ti ha protetto.
Milo stava per ribattere qualcosa quando la guerriera
vacillò debolmente, fu allora la Principessa ad avvicinarsi
a lei. Il ragazzo la lasciò fare, allibito, mentre questi
posava i palmi delle mani sulle ferite della sua guardaspalle.
Un fiotto di quella che sembrava luce totalmente bianca ne
scaturì fuori e si tuffò nel corpo della
guerriera, che trasalì come se fosse attraversata da un
forte brivido.
Dopo pochi istanti Kirin si staccò da lei, asciugandosi la
fronte col dorso del braccio.
Sara sollevò il busto, contrariata. - Altezza non
c’era alcun bisogno di...
- Fa silenzio! - esclamò questa.
Calò un silenzio imbarazzato.
Milo non sopportava queste situazioni. - Avrete fame, immagino! E vi
sentirete stanche! Nessun problema! - e detto questo chiuse nuovamente
la borsa prima che loro potessero protestare e si diresse in cucina.
Il padre in un ultimo gesto gentile gli aveva lasciato della carne in
un pentolino.
Milo posò la borsa sul tavolo, ma quando pose le mani per
aiutarli a uscire questi la respinsero con forza.
- Non siamo pupazzi, sai? - ribatté sdegnosa la
Principessa.
Ci misero un poco a uscire. La ragazzo aveva già distribuito
due piattini e stava già tagliando la carne, notando che le
due rabbrividivano osservando i movimenti del coltello, che doveva
sembrare loro enorme! Kirin, però, rifiutò il
cibo. Stando a quanto diceva, infatti, poteva essere avvelenato.
-Sei l’unica a pensarla così, -
commentò Milo.
Sara fece un segno di diniego . - Stavamo scappando da quel mostro,
abbiamo rischiato la vita. E’ insolito e sospetto che uno
sconosciuto mostri tante premure per noi, soprattutto se ... ecco...
non offre valide motivazioni per farlo.
In effetti, neanche lui se lo era chiesto, e non credeva di sapere una
risposta. Era accaduto tutto così in fretta! E poi,
improvvisamente, se ne ricordò. Si ricordò del
sogno che aveva avuto, prima di uscire. Era assurdo, eppure …
- So che non mi crederete, ma io... vi ho sognate.
Più di una volta. Tutte e due. In una foresta. Scappavate da
quel mostro, e ne eravate spaventate. Poi - e indicò Kirin -
tu... gli hai lanciato un sasso... al mostro, intendo... hai battuto le
mani, ed è comparsa una luce molto forte… come se
si accendesse una luce …
Le due piccole donne trasalirono, perché quella
scena era effettivamente accaduta.
- Ma… è assurdo, - riuscì a
dire la Principessa, meravigliata, - se... qualcun altro di questo
mondo dovesse avere queste capacità … potrebbe
scoprire il nostro!
- Non lo dirò a nessuno, prometto, - fece lui,
posando la mano destra sul cuore. Poi si concentrò
sull’ultima frase che aveva udito dalla ragazza.
-Voi... provenite da un altro mondo? – chiese
ingenuamente.
Le due ragazze trasalirono ancora.
- Non era difficile da indovinare, - ridacchiò
Milo, - anche se è strano. Perché vi trovate qui?
E come ci siete finite?
Kirin scattò improvvisamente in piedi, rossa in volto. -
Cosa può importarti?
- Scusatemi... volevo solo…
- Sara, ce ne andiamo subito! - urlò, rivolta alla
sua guardiana.
Questa sembrava stupita dal comportamento della ragazza. - Signorina,
dovremmo almeno...
- Abbiamo aspettato abbastanza! - gridò lei, e
batté le mani.
Improvvisamente, dalle dita della Principessa fuoriuscì un
fiotto di luce simile a quello che Milo aveva visto utilizzare nella
cura; stavolta però era più denso, e sembrava
concentrarsi in un globo.
Kirin allargò la sfera, sempre di più.
Avrebbe presto raggiunto la dimensione ottimale per fare da portale.
Improvvisamente, la luce del soffitto ammiccò e si spense, e
così fece quella del corridoio che era rimasta accesa.
Fu una cosa improvvisa. Milo però sapeva di non aver
sovraccaricato il contatore di energia; cosa poteva essere accaduto?
E poi, vide i volti delle due compagne impallidire.
- Non è possibile, - disse Kirin, con un filo di
voce, - Ci ha trovate. Aspettava solo il momento giusto.
Un istante dopo udirono l’inconfondibile gracchio della
creatura, e un forte sentore di zolfo.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Uno spiacevole problema ***
un problema spiacevole
Il corvo fa la sua comparsa ma
stavolta i tre ragazzi sono preparati ad affrontarlo e lo sconfiggono
definitivamente. Dopodichè la principessa crea un portale e
lo attraversa assieme alla sua guardiana.
Ma anche Milo viene
attirato nel portale e ne viene fisicamente risucchiato dentro, assieme
al suo borsone sportivo.
- Gli somiglia, vero?
- Sì, in una maniera incredibile...
- Lo sai che non può essere…
Le voci, familiari, già udite, si confondevano ad immagini
indistinte, sfocate. Si confondevano al sogno, lo spazio e la
realtà percettiva.
Non ricordava bene cosa le fosse accaduto, ma le tornarono in mente
delle strane immagini... due piccole ragazze... Il braccio
bruciava ancora un poco, sentiva la schiena dolere, poggiata su una
superficie irta e ruvida. Sollevò la testa, e i suoi occhi
furono invasi dalla luce.
- Finalmente si è degnato di svegliarsi! -
esclamò una voce decisamente stizzita, che sembrava
rimbombare nella testa, ma era reale.
Aprì le occhi e vide le due donne di prima; la
Principessa e la sua guardaspalle.
- Allora? - chiese, confuso, - il varco dimensionale, o
qualunque cosa fosse, non ha funzionato?
- Ha funzionato, eccome!- confermò Kirin,
– peccato che ti sia venuta la bella idea di seguirci!
- Io non ho voluto un bel niente! –
gridò Milo, arrabbiato, – quel varco mi ha
risucchiato senza che potessi evitarlo!
“Calmati, su.”, si disse. Prese un lungo respiro.
- Quindi... mi trovo in un altro mondo!- esclamò
poi, rivolgendo lo sguardo attorno incuriosita.
Capì di trovarsi in una foresta, guardandosi in giro vedeva
solo alberi. Avrebbero dovuto essere imponenti, ma solo alcuni
riuscivano a superarlo in altezza.
- Questo è il nostro mondo, - precisò
la principessa, ma il ragazzo non l’ascoltava.
- Ci hai provocato solo fastidi, finora. E adesso vorresti
rimanertene qui? Non è che sotto i tuoi atti gentili, in
realtà sei una spia mandata dai nostri nemici?
- Come spia sono decisamente fuori misura! -
scherzò lui, – e non ho neanche idea di chi siano
i “nemici”... comunque sia... preferirei tornarmene
a casa.
- Saggia scelta,- commentò la Principessa.
Batté le mani, e per l’ennesima volta
ricreò il portale. Poiché si era riposata,
impiegò poco tempo.
Quando fu abbastanza ampio, Milo vi si accostò.
- Non è che andrò a finire in qualche
altro strano mondo parallelo?
Kirin alzò le spalle. - Quel che ti accade non è
affar mio.
- Addio, allora. Fingerò che sia stato tutto un
sogno.
- Lo stesso vale per noi, - rispose Kirin, sprezzante.
Milo fece un altro passo verso il portale ma non avvertì
alcuna forza attrattiva che lo spingesse verso esso. Anzi, qualcosa
attraeva il suo braccio, ma era alle sue spalle.
Senza volerlo, retrocedette.
- Adesso... che succede? - chiese, lievemente preoccupato.
- Come posso saperlo? - gridò la Principessa, che
invece veniva tirata in avanti.
Il varco svanì. Il ragazzo cadde
all’indietro, mentre il suo braccio sinistro ricominciava a
pulsargli, diveniva caldo e pesante. Milo dovette voltarsi per
seguirlo. Notò che alla Principessa accadeva lo stesso,
veniva attirata ma nella direzione opposta. Il ragazzo fu spinto a
terra, cadendo a sedere.
- Cosa... succede? - urlò la dama, mentre il suo
braccio veniva spinto contro il braccio di lui. Milo pensò
alla forza attrattiva tra due cariche opposte. I loro arti rimasero
attaccati per un bel pezzo, poi l’attrazione si sciolse.
- Cavoli, - fece Milo, - anche questa sembra magia. Non
è che hai sbagliato incantesimo?
- Certo che no! Non ho idea di cosa sia accaduto.- disse la
principessa, stizzita-Di certo però, non compio errori su
questo genere di cose, - ribatté, e facendo leva con i piedi
si staccò da lui.
- Ad ogni modo, mi sono stancata di creare varchi. Dovremo
cominciare a cercare una strada per tornare a palazzo. Forse, siamo
vicini.
Detto questo, la Principessa si alzò, cominciando a
camminare con naturalezza.
Sara la seguì.
- Cosa? Mi lasciate qui? – urlò Milo.
Neanche si voltarono a rispondergli.
- Ah, la mettete così? Allora me la
caverò da sola. Non ho certo bisogno di voi!
Era così arrabbiato che non pensava nemmeno a dove stesse
andando, ma si stava allontanando dalle due compagne.
Non aveva compiuto neanche un centinaio di passi, che sentì
nuovamente il braccio pulsargli.
-No, non di nuovo! – implorò
il ragazzo, ma fu inutile.
La forza misteriosa e potente lo trascinava via, a ritroso, lungo il
percorso che aveva già tracciato. Tentò di
aggrapparsi agli alberi, ma fu inutile, i rami inoltre gli si
impigliavano tra le abiti.
Kirin gli si riappiccicò al braccio, imprecando insulti
inenarrabili. Sara spuntò dalla selva, ansante. Aveva dovuto
correre, per raggiungerli.
- Tutto a posto, mia signora?
- Osi anche chiederlo? - gridò lei. Poi, diretta a
Milo, urlò: - Ma che accidenti hai combinato?
- Non saprei. Mi sono semplicemente allontanato di qualche
passo, quando siamo stati nuovamente attirati l’uno
all’altra.
La Principessa diede un calcio al tronco di un albero, imprecando di
nuovo.
- Accade ogni volta che tento di allontanarmi da voi due, -
osservò Milo.
- Magia arcaica, senza dubbio, - affermò la
Principessa, - di cui non so molto. Forse è collegata al
fatto di aver compiuto un viaggio tra le dimensioni.-
sbuffò, stizzita,- Ora, dovremo portarcelo con noi.
Milo si era stufato. - Evita di parlare come se non fossi presente. E
poi, anch’io ho un nome, ed è Milo. Mettitelo bene
in testa, piccoletta.
- D’ora in poi, è bene che ti rivolga a me con
appellativi ben più appropriati.
- E per quale motivo, di grazia?
- Perché adesso sei mia sottoposto, Milo.
- Non credo proprio! - fece lui.
- Non c’è altro modo... a meno che...
- Cosa?
- Se sono le braccia, a tenerci legati, sarebbe sufficiente che tu
rinunciassi al tuo. In questo modo potresti tornare da dove sei venuto,
gigante...
- Privo di un braccio?- urlò il giovane, scioccato, - Ma sei
fuori di testa?
Sara gli scoccò un’occhiata indecifrabile,
mettendo le mani all’elsa della spada. - Se vuole, posso
occuparmene io.
- No! - gridò Milo, scandalizzato.
- Allora, farai quel che deciderò io. Sarai mio
guardiano, ci seguirai e non ci sarai d’intralcio, - riprese
Kirin.
Milo sospirò. - Suppongo di non avere scelta. Sono
d’accordo. Però, tu... voi... Principessa
... - e nel dirlo si chinò, guardandola negli
occhi, - dovete promettermi che farete in modo che io ritorni a casa!
La Principessa sostenne il suo sguardo, e annuì. - Non ho
certo bisogno di uno stupido gigante sempre tra i piedi!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Dove stiamo andando? ***
Dove stiamo andando?
(altro
capitolo tagliato, nel quale il gruppo viene attaccato da un enorme
serpente, demoniaco come lo era stato il corvo. Riescono ad ucciderlo
ma prima di morire la creatura morde Milo, che rimane avvelenato. La
principessa non è sicura di riuscire a guarirlo ma Sara la
sprona e la ragazza, dopo aver dato fondo a tutte le sue riserve di
magia, riesce a salvare il ragazzo, per poi perdere conoscenza)
Dalle
ampie tende bianche filtravano ampi e soffici raggi di sole. Cominciava
a fare caldo già di prima mattina, e nonostante la
ricca stanza da letto fosse parecchio ampia la calura si faceva
sentire. Non era stata però la temperatura a far
svegliare Kirin. Immerso nella dormiveglia e nei propri
pensieri la giovane rimaneva immobile e del tutto distaccata dalla
realtà che le si profilava. Non udì, quindi, i
colpi bussati sulla sua porta, e colui che voleva entrare
entrò. Era una donna alta, sulla quarantina.
Portava un’ampia veste di seta verde che ne svelava
rango sociale. I capelli, lunghi e lisci erano lasciati sciolti sulle
spalle.
La
donna, con portamento regale ma fermo si avvicinò al grande
letto a baldacchino, al centro della stanza e ne aprì le
tende. La Principessa non si mosse.
-E’ ora, – disse la donna pacatamente.
Senza
compiere altri movimenti il ragazzo aprì le occhi azzurri e
lo guardò, con fermezza. - Lo so, - disse infine.
- Sembrate pronto.
-Non sono nemmeno riuscito a dormite, - mormorò il giovane,
sollevando il busto. La donna le offrì un aiuto per alzarsi
ma questi rifiutò.
- Manca quasi un’ora, avete del tempo, - proferì
la donna mentre il giovane si avvicinava alla porta.
- Per cosa? – chiese questi.
- Dovreste per lo meno porgere i dovuti saluti a vostro padre, e a
vostra padre….
A
quell’ultima parola il giovane sembrò trasalire.
- Non è mio padre….
–mormorò, cupo, e uscì dalla sua stanza.
Si
ritrovò nell’ampio corridoio, da sola. Non era
abituato ad alzarsi così presto. Cominciò a
camminare, indecisa sulla direzione. Sapeva che le si prospettava una
giornata lunga e avrebbe dovuto mangiare qualcosa, ma lo
stomaco si era bloccato. Ogni tanto, dei cortigiani, per lo
più cuochi o camerieri, le passavano accanto, frettolosi,
avendo cura però di inchinarsi ossequiosamente. Kirin era
talmente abituata a tali formalismi da non farci ormai quasi
più caso. Alla fine, decise di entrare nella sala da pranzo
per rimediare qualcosa. Inizialmente le sembrò vuota, ma poi
vide che c’era una persona, all’
estremità del lungo tavolo. Per un istante la
scambiò per sua padre, ma poi si accorse che ne portava solo
il vestito, e in lui si accese un moto di fastidio.
L'uomo si accorse della presenza della ragazza e la invitò ad
avvicinarsi con un gesto della mano, e questa non poté
rifiutare. Prese posto nella sedia accanto. - Buon giorno, -
disse lui, – prevedevo che ti saresti svegliata a
quest’ora, così ti ho fatto preparare qualcosa da
mettere sotto i denti.
La
giovane non diede nemmeno prova di avere sentito, guardando dritto
davanti a sé. L'uomo non si scoraggiò. - Non
credevo che questo giorno sarebbe arrivato così presto. Ma
ormai, sei una donna. Sei cresciuta moltissimo.
Detto
questo, avvicinò una mano affusolata alla testa della
Principessa, per accarezzarle i capelli, ma questa sussultò,
e gli scansò il braccio in modo brusco.
-
Non devi essere scortese. Dopotutto, sono sposato con tua madre da
quasi tre anni. Sono tuo...
-
Non siete mio padre, - ribatté la ragazza, alzandosi.
L’uomo
abbassò la testa. Non era la prima volta che gli toccavano
discorsi simili. - Se non volete assumere cibo, vi consiglio allora di
porgere almeno i vostri saluti a vostra madre, - disse lui, con un tono
che aveva perso tutto il calore di prima.
-Lo
farò, - ribatté lei, e si accomiatò in
silenzio.
Il
cameriere entrò in quel momento nella sala con la colazione,
ma ormai non c’era nessuno a riceverla…
Il
ricordò svanì, fumoso come era apparso. E Kirin
si svegliò sul serio. Aveva recuperato energie
più rapidamente del previsto. Si scrollò di dosso
la coperta e le foglie secche, stiracchiandosi. Aveva ancora nausea, si
sentiva uno straccio, come se non avesse dormito affatto.
“E’
colpa di questa dannata luce, se mi sono svegliata.”
pensò, seccata, lanciando una tetra occhiata al sole. Ci
mise un po’ a capire che c’era un’ombra
proiettata su di lui. Vide che si trattava di Milo, che la osservava.
-
Ehi! Hai intenzione di farmi prendere un colpo? Cosa vuoi?
Il
ragazzo sembrava non avere alcuna voglia di litigare. - Grazie per quel
che avete fatto, - mormorò, e chinò la testa
nella sua direzione.
Nonostante
la Principessa ricevesse inchini da chiunque e in ogni occasione, in
quel momento si sentì realmente rispettata come non accadeva
da tempo. Non c’era alcuna traccia di scherno nel gesto del
ragazzo, ma pura e semplice riconoscenza. Gli aveva anche dato del Voi.
Nonostante
tutto non era dell’ umore giusto per essere gentile.
– Se tu avessi sconfitto subito il demone niente di questo
sarebbe accaduto e non avrei dovuto sprecare il mio potere per te. Ma
come al solito, pur essendo grande e grosso, ti sei dimostrata
un’inietto.
Milo
ci mise un po’ ad elaborare le parole che aveva sentito. Ma
non c’era alcun dubbio. La Principessa si comportava come suo
solito.
La
riconoscenza di prima si tramutò in rabbia, che
scaricò con un pugno sul terreno.
-
E io che provo anche ad essere gentile! Ma chi me lo fa fare!?-
esclamò, stizzito.
-
Non c’è bisogno di agitarsi tanto. Di prima
mattina, poi... - infierì la Principessa.
-Quindi
non dovrei agitarmi? - gridò lui inferocito, –Vi
seguo da giorni, e non so nemmeno dove stiamo andando!
-
No, ecco... - mormorò Sara.
-
Al mio palazzo... - cominciò Kirin.
-
Sì, ma perché? Cos’è tutta
questa riservatezza?
-
Non hai il diritto di saperlo...
-
Diritto? Non ho il diritto? Però ho il diritto di rischiare
la vita per voi! - gridò lui, puntando il dito nel punto in
cui era stata morso dal serpente.
Kirin
impallidì. - Suppongo che... in effetti... tu ti sia
guadagnato tale diritto. Però è una storia un
po’ lunga.
-
Abbiamo tutto il tempo, - disse Milo. La Principessa sospirò.
-
E va bene. Prima di incontrarti io e Sara stavamo eseguendo la prova
d’iniziazione...
-
Che cos’è? - chiese il ragazzo, prontamente.
Kirin
parve stupito dalla domanda. - Beh... strano che tu non lo
sappia... E’... come posso dire... una
sorta di esame, che un giovane compie per dimostrare di essere adulto.
Milo
stavolta annuì. Ne aveva sentito parlare, come rito
appartenente a culture diverse dalla sua.
-
La prova, - continuò la dama, - consiste nel raggiungere un
santuario, che dista a qualche giorno dal mio palazzo, e ottenere un
potere, detto il “Dono”, posto
all’interno dell’edificio. Credevo che sarebbe
stato sin troppo facile, dopotutto mi è stato concesso di
portare con me il necessario per il viaggio, e ad assistermi
c’era Sara. In teoria, avrei dovuto sostenere la prova da
sola, ma forse visto che sono la princi…
-
Vai avanti, - la incitò Milo.
-
D’accordo. Come dicevo credevamo non ci fossero problemi, ma
improvvisamente è apparsa quella creatura... e valutando la
situazione ci siamo resi conto che da sole non saremmo riusciti a
sconfiggerla.
-
Quindi, vi siete trasportate nel mio mondo…
-
Non era quel che volevo. Io avrei voluto eseguire
un’evocazione, ma l’effetto si è
invertito...
-
Evocazione?
La
Principessa si spazientì.
-
Devo proprio spiegarti tutto?
L’evocazione
è un incantesimo di livello piuttosto alto. Grazie ad esso
si apre un portale, per richiamare una creatura da controllare per la
propria difesa. Ne conoscevo la formula e le effetti solo per averli
letti, e non avrei dovuto provarci, ma la situazione era disperata...
così ho congiunto le mani e ho chiamato aiuto, sperando che
dal varco dimensionale potesse uscire un essere disposto ad affrontare
il demone…
-
Sperando?
-
A volte la creatura evocata non è così
bendisposta nei confronti dell’evocatore, e magari le
si rivolta contro… chi esegue
un’evocazione deve possedere un potere piuttosto
forte per dominare l‘essere chiamato.
“Che
lei non ha”, pensò Milo.
-
Insomma, devo aver sbagliato qualcosa, poiché
l’effetto si è invertito e tutto quel che era
accanto al varco è stato portato dall’altra
parte….Così siamo finite nel tuo mondo...
“In
effetti, nel parco mi era sembrato che qualcuno chiamasse
aiuto”, si disse Milo, sempre più strabiliato.
-
Il mio mondo però non appartiene agli “esseri
dell’evocazione”,-obiettò Milo.
-
Già... avendo sbagliato formula, non so come siamo riuscite
a trasportarci... però inizialmente non sapevamo cosa
aspettarci. Temevamo che il mondo in cui eravamo finiti fosse
abitato... ecco...
-
Da mostri? - completò lui.
-
Sì… abbiamo davvero creduto che avessi sconfitto
il corvo solo per appropriarti di noi... temevamo volessi...
divorarci...
-
E spero che tu non lo pensi ancora,- disse lui, scoccandole una
terribile occhiataccia.
-
Va bene, non sei un mostro,- ammise la Principessa, - Al momento,
però, le nostre preoccupazioni ruotano a ben altro...
-
Ad esempio?
-
Da dove sia venuto il mostro dalle sembianze di corvo. Il mio sospetto
è che non si tratti di una creatura semplicemente inviata
per metterci in difficoltà durante la prova; quel demone
corvo voleva assolutamente ucciderci. E anche la serpe di prima,
apparteneva alla stessa categoria. Delle creature maligne.
-
Non ti seguo.
Kirin
prese un ampio respiro.
-
Temo che qualcuno stia cercando di eliminarci. Ha sfruttato la prova,
in cui non ero del tutto protetto, per mandare il corvo, e non
riuscendo nell’intento ha inviato anche la serpe.
Milo
guardò il terreno, pensieroso.
-
Credi davvero che si tratti di veri attentati? Proprio a te, poi?
Kirin
annuì, decisa. - Ne sono certa. Perché
è già capitato, tre anni fa. Sono sopravvissuta
solo per puro caso.
Milo
avrebbe voluto chiederle i particolari ma notò che sia lui
che Sara avevano assunto un atteggiamento molto grave, come se il
pensiero di quegli avvenimenti portasse molto dolore.
-
Posso chiederti... chi pensi sia stato... ?
-
Un regno nelle vicinanze. L’amministrazione di mio
padre è sempre stata ottima, ma ha fallato solo
nella scelta di potenze alleate. Già mio nonno aveva evitato
di congiungere le sue forze con i regni meridionali perché
lo riteneva sin troppo aggressivo. Mio padre tuttavia è
stato costretto dal Consiglio; ma neanche lui poteva prevedere quel che
sarebbe accaduto. Avendo ottenuto il nostro appoggio i nostri nuovi
alleati se ne sono serviti per occupare una cittadina, Torza, che era
rimasta neutrale. Gli abitanti però non erano affatto
favorevoli a questa insediamento e si sono ribellati. I soldati allora
hanno eseguito una esecuzione di tutti coloro che erano ritenuti
contrari al loro regime, dichiarando di averlo compiuto per ordine di
mio padre. E lui, che in quel periodo era gravemente ammalato, non ha
potuto dimostrare la sua innocenza, e nemmeno cessare
quell’occupazione. Perciò temo si siano formati
dei piccoli gruppi estremisti, che stiano cercando in tutti i modi di
colpire la famiglia reale, in questo caso me. A causa di questo
problema negli ultimi anni non mi è praticamente mai data
l’occasione di uscire da palazzo, e anche questa prova era
conosciuta solo nel mio paese, ma devono averlo scoperto. Ed
è anche il motivo per cui non possiamo dare troppo
nell’occhio.
Kirin
frugò nella borsa, traendone fuori una vecchia mappa.
-
Trasportarci da una dimensione all’altra ci ha inviato in
questo punto,- disse puntando il dito su di una zona boscosa, - Ora ci
troviamo in un territorio straniero, di cui non conosco la lingua, ma
per fortuna presto saremo vicino ai confini dei nostri territori
… Lì dovremmo essere al sicuro, qualcuno
dovrà pure aiutare la Principessa...
-
“Dovremmo”... ?
-
Temo che i pericoli aumenteranno sempre di più... Vuoi
davvero continuare il viaggio con noi, ragazzo?
Milo
sbuffò.
“Quanti
problemi! E io che mi lamentavo di quanto odiassi la vita di casa
mia!”
-
Tanto non ho altra scelta, e la mia sopravvivenza è legata
alla vostra. Ma ricordatevi, Principessa, di avermi promesso di farmi
tornare a casa. Anche questa è una prova. Se non riuscite ad
esaudire la richiesta di un semplice cittadino, non vedo come potreste
governare un intero regno...
La
Principessa annuì.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Una nottata fredda ***
Una nottata fredda
Nei
giorni successivi fu difficile tenere il conto delle volte in cui Milo
avrebbe preferito non incontrare le due ragazze nel parco. Ormai,
certo, si era abituato alla vita girovaga, ma la maledizione che
affliggeva lui e la Principessa impediva loro di allontanarsi troppo
l’una dall’altro. Indubbiamente questo impediva
loro di perdersi ma rendeva difficili le operazioni che richiedevano un
po’ di privacy. Milo si accorse inoltre che la distanza
concessa loro a volte diminuiva e a volte aumentava, senza alcuna
spiegazione.
Dopo vari giorni di cammino giunsero infine nei territori del regno
della giovane nobile.
Questo era un bene, la Principessa si sarebbe fatta riconoscere e fatto
portare, possibilmente scortata, di nuovo al palazzo. Milo non avrebbe
più dovuto nascondersi poiché Kirin avrebbe
spiegato la sua presenza a tutti. Così, almeno, speravano.
Arrivarono in un piccolo villaggio quando ormai la notte era inoltrata.
Trovarono una locanda e bussarono con forza, ma nessuno aprì
loro.
-Insomma, quanto vogliono farmi aspettare? –
borbottò la Principessa, stizzita.
Dopo innumerevoli minuti giunse un locandiere. Era sulla sessantina.
Indossava una camicia da notte e i baffi e la barba erano flosci, come
se avessero bisogno di dormire. Del resto, anche lui sembrava parecchio
assonnato.
- Dite... ?- mormorò lui, strabuzzando le occhi
chiusi dal sonno.
- Che bisogno hai, di chiedere? Vogliamo una camera,
ovviamente!,- esclamò la ragazza.
L’uomo impiegò un poco ad immagazzinare
le informazioni. Alla fine, scosse la testa.
- Non ne abbiamo più,- disse, e stava per chiudere
la porta, ma Kirin la bloccò con un piede.
- Come sarebbe a dire?
- Quello che ho detto. Le camere sono tutte occupate.
-Non è possibile,- urlò la ragazza, ma
l’uomo non le prestò attenzione e chiuse loro la
porta in faccia.
- Ma che modi sono, questi! Apri, apri subito! Sono la
Principessa, hai capito!?,- urlò, battendo i pugni sul
legno, ma con sua somma sorpresa Sara le posò una mano su
una spalla.
-Lasciate perdere, vi prego.
-No! Abbiamo bisogno di una camera, e io sono una nobildonna,
che cavolo,- esclamò questa, mostrando il suo anello.
La guardiana scosse la testa. – Se le camere sono tutte
occupate, non ha senso continuare a stare qui.
La ragazza si svincolò dalla presa di Sara e
continuò a battere i pugni sul portone.
- Non m’importa chi dovrà sloggiare, ma
io voglio una camera, capito? Una camera! Adesso!
Continuò così per un bel pezzo finché
qualcuno non gettò loro da una finestra dell’acqua
fredda, mancandole per poco.
-Sarà meglio andare. Anche perché non
credo che anche se venissimo ospitate potremmo subire
un’accoglienza migliore di questa.
Kirin era ancora arrabbiata, ma seguì il consiglio del suo
guardiana, limitandosi solo a serrare i pugni. Uscirono dalla
cittadina, trovando Milo ad aspettarle.
- Allora? Niente scorta per la regale Maestà? - la
punzecchiò il ragazzo, notando l’espressione
irritata della dama.
Lei si limitò a ringhiargli, e borbottò qualcosa
di incomprensibile.
“Caspita, è davvero arrabbiata
stavolta!” constatò lui, e decise di non
commentare oltre. - Credo di aver trovato un posto adatto per dormire,
- comunicò invece, - Al coperto.
Le guidò ad una grotta scavata nel fianco di una grossa
roccia. Il ragazzo l’aveva scelta perché riusciva
ad entrarci in piedi, chinando appena la testa. Sara esaminò
il posto e sembrò approvare.
- Sembra adatto, - confermò infine, dopo una
ricognizione, - Non c’è troppa umidità
e nessun animale selvatico... Credo vi abitassero degli orsi, ma devono
essersene andati molto tempo fa.
Kirin continuava a tenere un muso corrucciato. Ignorandola, Milo accese
la torcia e preparò i vestiti per coprirsi.
Constatò che avessero bisogno di una bella lavata. Se mai
fossero passati accanto ad un torrente, avrebbe imposto alle sue
compagne di fermarsi, per un bucato e una ripulita. Si coprì
con il pezzo superiore del karateji e si poggiò ad una
parete rocciosa, tentando di dormire. Ma il sonno tardava ad arrivare,
e il ragazzo si accorse che la colpa era del freddo. Prima non lo
sentiva perché era in movimento, ma ora gli penetrava nelle
ossa, gelido. Eppure nei giorni precedenti la temperatura non si era
mai abbassata così tanto.
Non fu l’unico a soffrirne.
La Principessa si frizionava le braccia nervosamente. - Si gela, qua
dentro …
- Temo che peggiorerà nelle prossime ore, -
annunciò Sara, cupamente. Il respiro si condensava fuori
dalla sua bocca.
La guerriera provò ad accendere un fuoco, usando dei rami in
un angolo della caverna, ma erano ricoperti da uno strato di brina e
umidi, e si limitarono a crepitare per poi spegnersi dopo qualche
minuto.
- Maledizione! - imprecò la Principessa, sempre
più nervosa.
- Credo che esista un modo per riscaldarci, - propose invece
Sara con la sua solita calma.
- E quale sarebbe?
- Dovremmo dormire... abbracciati. Lei, Milo, se posso permettermi,
potrebbe produrre molto calore se ci stringesse.
Il calore del ragazzo era defluito sul volto. - Certo... potrei,
però…
- Non se ne parla neanche!- sbottò la Principessa
ancora più rossa, - Che razza di metodo è?
- L’unico che ci impedisca di gelare, - rispose il
ragazzo, altrettanto imbarazzato.
- Se ci tenete tanto, cominciate pure, ma senza di me! -
esclamò Kirin, e imboccò l’uscita della
grotta.
- Dove vai, adesso?
- Alla locanda di prima, naturalmente. Hanno il dovere di ospitare la
loro Principessa!- gridò, e scomparve.
Milo sospirò. - Ma che diavolo le prende? So di non esserle
simpatico, ma fino a questo punto…
- La prego di perdonarla, - disse Sara, –
è un comportamento che adotta quando si sente insicura...
- Allora è perennemente insicura! - fece lui, -
Oppure ha qualche risentimento nei miei confronti?
Sara scosse la testa. - Si comporta in questo modo con ogni ragazzo...
la colpa è di un avvenimento accaduto in passato.
- Posso ... chiederti quale?
La guardiana abbassò la testa.
- Suo padre ... il Re... morì, qualche anno
fa... La Principessa ne soffrì moltissimo, ne
soffre tuttora. Inoltre è ormai in età per
sposarsi, e i suoi fidanzamenti vengono scelti in base alla ricchezza
della famiglia, e considerato il suo caratterino, gli unici ragazzi che
le stanno accanto sono interessati ...
-Alla sua posizione sociale, - completò Milo.
La guardia del corpo annuì. - Perciò
non si fida di nessun ragazzo, temendo che voglia unicamente usarla, o
prenderla in giro.
- Questo spiega molte cose, - mormorò Milo, -
Però non l' autorizza a comportarsi come una bimba viziata!
Quindi la riportiamo qui!
Sara annuì di nuovo e lo seguì nella foresta.
La cercarono, chiamandola a gran voce.
Era completamente buio, e la torcia del cellulare serviva poco.
Capirono però che doveva trovarsi nelle loro vicinanze,
poiché l’incantesimo sulle loro braccia non si era
attivato. Forse, si era persa. E poi, sentirono un urlo.
La voce apparteneva al Principessa, poco ma sicuro. Preoccupati, i due
compagni di viaggio si diressero nella direzione da cui proveniva
l’urlo. Mano a mano che si avventuravano provavano sempre
più freddo.
- Qui dovrebbe esserci un lago, - si ricordò Sara.
Superarono le ultimi cespugli e lo trovarono. Era totalmente gelato,
coperto da una spessa parete di ghiaccio...
E sopra di esso vi era la Principessa, ma non da sola. Alle sue spalle,
una donna la teneva stretta per i polsi. Era molto alta,
magra, sulla trentina, con capelli lunghi e neri legati in una coda di
cavallo, e vestita da un abito dello stesso colore.
Si accorse della loro presenza e sorrise, non ricambiata.
Sara infatti sembrava stesse per ringhiarle contro, e Milo la guardava
con odio.
Infine, la sconosciuta parlò. - Buonasera a voi, - disse con
voce affabile, - Attendevo il vostro arrivo. Avete impiegato meno tempo
del previsto.
La compostezza che caratterizzava Sara venne a meno - Tu, chi saresti?
- chiese, brusca, - Come ha fatto, il lago, a gelarsi? E cosa hai
intenzione di fare colla Principessa?
L’interpellata sorrise.
- Quante domande. Ma comunque è un onore avervi
qui! Tu sei la famosa guardia del corpo del Principessa,
Sara, detto anche il “Diavolo Rosso”... e
inoltre è accorso anche il gigante di cui si parla di
recente!
- Sono un ragazzo, prego… - ribadì
Milo, teso.
- Dettagli, - disse la donna, - temo però che per
colpa vostra non riuscirò ad eseguire il lavoro per cui sono
stato inviata …
- Quale lavoro? - gridò il ragazzo gigante, ma la donna
non lo ascoltò e agì.
Con la punta di un piede tracciò un cerchio sul ghiaccio,
cerchio che includeva sé stessa e la Principessa.
Poi si scansò velocemente lasciando la sua prigioniera, ed
il ghiaccio sotto la ragazza si spaccò, facendola
precipitare in acqua.
Sia Milo sia Sara scattarono in avanti, mentre la donna si
defilava in fretta. Però i due non le badarono, la loro
priorità era la Principessa.
Il ragazzo dovette gattonare per non spaccare il ghiaccio.
Raggiunsero il buco rapidamente. Milo fece luce con la torcia ma il
buio era assoluto. - Se infilassi il braccio all’interno del
buco...
- Il lago è piuttosto profondo...
potrebbe non trovarla... Ci andrei io, ma non so nuotare molto bene.
Milo rifletté un attimo. - Se però ti tenessi per
le gambe, non avresti problemi, giusto?
La giovane annuì, e si fece calare nell’acqua
gelida.
Quando avrebbe avuto risalire, gliel’avrebbe fatto capire, ma
per il momento era intenzionata solo a raggiungere il fondo.
Ma stava passando troppo tempo. Milo fece per sollevare le braccia,
quando il ghiaccio attorno a lui si spaccò del tutto, e lui
cadde in acqua, lasciando la presa su Sara. Il lago non era poi
così profondo, l’acqua gli arrivava giusto
all’ombelico, ma era decisamente fredda. Sentì
qualcosa lambirgli la schiena e la sollevò, era la
Principessa. Si agitava e sputava acqua a tutto spiano, e Milo si
accorse di averla afferrata per le gambe. Almeno, non era assiderata.
Sara riemerse, qualche secondo dopo. Emise un enorme sospiro di
sollievo nel vedere la Principessa.
- Ringrazio il cielo... temevo di avervi persa.
- Finiscila. E tu, gigante, lasciami andare!
- Ne hai di energie, per esserti fatta un bagnetto
nell’acqua gelata, - commentò il ragazzo.
Abbassò il braccio e lasciò cadere Kirin su una
lastra di ghiaccio ancora intatta.
La Principessa si rialzò, strizzando la treccia fradicia . -
Naturale. Col mio potere, mentre cadevo ho creato una barriera che mi
ha protetto dall’acqua. Non ho rischiato né di
annegare né di congelare.
“Quindi i nostri tentativi sono stati inutili” si
disse il ragazzo.
Tornarono al loro accampamento velocemente. Milo si cambiò,
sfilandosi i pantaloni per sostituirli con quelli da ginnastica. Kirin
invece non sembrava aver alcuna intenzione di cambiarsi i vestiti, pur
tremando come una foglia. Non voleva spogliarsi di fronte a loro.
- Signorina, vi ammalerete se rimarrete con abiti bagnati, -
disse Sara, levandosi a sua volta la divisa e rimanendo in sottoveste.
Il suo corpo era robusto, ma tremava incredibilmente. Si avvolse nel
pezzo superiore del karateji di Milo. - Questa ...
è una tenuta da combattimento, - constatò,
osservandola.
- Esatto, - confermò il ragazzo, stupito da come
se ne fosse accorta con una sola occhiata.
- Dunque, anche lei combatte.
- Diciamo di sì, - asserì lui, ma poi
notò che il colorito della guardiana era pallido. Le labbra
erano inoltre decisamente livide e continuava tremare …
- Tutto a posto? – chiese il ragazzo, preoccupato.
- Naturalmente, - dichiarò lei, noncurante, - Temo
che potranno avvicinarsi altri nemici. Vado a montare di guardia.
Stava per staccarsi dall’abito, quando Milo la
bloccò. - Tu non vai da nessuna parte, - disse, e
riavvolgendola meglio nella stoffa la strinse a sé.
- Direi che al momento puoi anche venir meno al tuo compito
di guardia. Anzi, saresti più efficace come mia coperta,
dato che come te tremo dal freddo. Sempre che la Principessa non abbia
nulla da obbiettare.
Kirin scosse la testa. - Va bene, te la cedo... ma solo per
stasera...
Milo sorrise.
- Immagino di non avere scelta, allora … -
sospirò Sara, lievemente imbarazzata.
- Esatto, non ce l’hai.- commentò la
Principessa.
- Non mi resta che rimanere immobile.- disse la guardiana, e
così fece.
Milo sorrise, distendendosi su un fianco. Di lì a poco si
addormentò. Sara avrebbe voluto restare sveglia, ma il
torpore e la stanchezza ebbero il sopravvento.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** Una pausa ***
Una pausa
(continuando
a viaggiare, Milo scorge in lontananza un tempio. Vorrebbe
passare la notte lì, ma Kirin non è d'accordo e i
due cominciano a litigare. Sara alllora propone di far scegliere al
fato, con il metodo del lancio della moneta. Kirin sceglie la testa e...)
La
moneta usata era uno spicciolo di poco valore. Su di un lato era
stampata l’immagine di un fiume, sull’altro una
montagna
innevata.
-
Non vale, - disse la Principessa, guidando il cavallo per la
salita, - non sapevo avessi usato una moneta che non recava nemmeno una
testa!
-
Scherzi del fato, - commentò la sua guardiana, superandola.
Milo
era a vari metri davanti a loro, pimpante. Gli era sempre piaciuto
aggirarsi nelle costruzioni antiche. E quell’antico tempio
apparteneva addirittura ad un’altra civiltà.
-
Finalmente, un edificio! Non una stalla o una grotta o un
cespuglio... questo è un edificio VERO!
Il
ragazzo non dovette nemmeno chinare la testa per entrare,
poiché il portone d’ingresso era piuttosto ampio.
Si
chiese comunque perché una struttura simile fosse stata
abbandonata. Mostrava segni di deterioramento, era vero, ma solo
perché nessuno doveva averlo curato da tempo. Era composto
da un
grosso corpo centrale, e altri due piccole torrette ai lati, e i
mattoni avevano un colore verde-acqua, dovuto ad un particolare
materiale che Milo non conosceva. L’interno anche, presentava
lo
stesso colore. La luce filtrava da un’ enorme apertura
circolare
sulla sommità del tempio. Alle pareti figuravano grosse
statue,
forse di divinità, e ancora più grossa era nel
centro
esatto dell’edificio, esattamente sotto il foro.
Una
figura aggraziata di donna, nell’atto della preghiera.
Emanava una calma solenne. Milo si scoprì ad ammirarla.
-
E’ molto bella, vero? - disse Sara, interrompendo i suoi
pensieri.
-
E’ stupenda... Ma questo posto... come mai non viene
più utilizzato? Non mi sembra sia in pessimo stato.
Fu
la Principessa a rispondergli. - Questo luogo è stato
vittima
di un sisma, qualche anno fa. Come noterai, non ha subito danni
pesanti, a parte qualche crepa... ma c’è
un motivo
che rende questo tempio poco frequentato.
Detto
questo, lo condusse fuori. Fecero il giro dell’edificio, e
Milo finalmente comprese il motivo. Nella facciata posteriore, proprio
in cima alla collina, si presentava uno strapiombo, largo e molto
profondo.
-
Sembra come se...
-
La collina fosse stata spezzata in due, vero? - lo interruppe
la Principessa, - beh, secondo me è colpa del terreno, sin
troppo franabile... noterai che nelle vicinanze non ci sono
molti
alberi...
Lui
annuì.
-
Eppure molti hanno creduto che questo fosse stato un
avvertimento da parte del cielo,- proseguì la dama,
-Inoltre, poiché alcune scosse
si sono ripresentate durante l’esecuzioni di riti, questa
credenza si è ulteriormente diffusa.Così hanno
preferito recarsi da qualche altra parte.
-
Da come parli di queste cose, non sembri molto credente.
La
ragazza scosse le spalle, lievemente infastidita. - Non lo sono,
infatti... La Divina Fanciulla non mi ha mai dato alcun aiuto.
-
La Divina Fanciulla?
Senza
rispondergli, Kirin tornò nel tempio.
Ebbe
ulteriori informazioni da Sara.
-
E’ l’essere superiore che ha creato
tutto...
- spiegò la guerriera, - una divinità,
incarnatasi in una
giovane dalle grandi dimensioni. Lei...
-
Gli darai lezioni di religione in un’altra occasione. Siamo
stati qui più del dovuto, ora andiamo, - concluse la
Principessa.
Milo
scosse la testa. - Dove pensi che andremo? Ormai è buio!
Sara
era d’accordo. - Altezza, questo posto è
sicuramente
più riparato, e conoscendo bene i dintorni posso dire che
non ne
troveremo di simili facilmente. La cosa migliore è rimanere
qui.
La
Principessa indicò Milo -E’ colpa tua. Sei tu che
ci
hai trascinate qui. Sono disposta a rimanere. A patto che tu, Milo,
faccia la guardia di fuori.
Il
ragazzo la guardò stupito un secondo. - Cosa? Che
c’entra questo, adesso?
-
Sara ha vegliato sui nostri sonni durante tutte le notti...
Direi che ha fatto abbastanza, e non vorrei che si affaticasse
ulteriormente. Quindi stanotte lo sostituirai.
-
Risparmiami la predica. Sei l’ultima persona al mondo che si
preoccuperebbe della salute dei suoi subordinati.
Kirin
strinse i pugni. - Hai ragione, - sibilò, e il tono si
fece sempre più duro, - la verità è
che non ti
voglio più tra i piedi. Mi hai stancato, e sei solo di peso
per
il nostro viaggio.
Milo
si accese. - E allora me ne vado fuori! Stupida riccastra viziata!
In realtà se non avessi questa maledizione non esiterei un
attimo ad abbandonarti!
-
Lo stesso vale per me. Da quando ti ho incontrato mi sono accadute solo
disgrazie!
-
Sei l’ultima a dover dire così! - le
urlò
il ragazzo, e abbandonando al pavimento il suo borsone
uscì dal tempio.
Kirin
rimase un istante interdetta, poi scagliò un calcio alla
parete.
-
Come diavolo si permette, quello? - borbottò, rabbiosa.
Sara
sospirò. - Con due caratteri simili come i vostri
è
difficile non litigare. Certo, Principessa, non dovreste litigare in
modo così rozzo, e dopotutto quel ragazzo non ha
tutti i torti ad arrabbiarsi, considerando tutto quel che ha passato.
Se fosse un po' più gentile...
-
Non ci penso proprio, - commentò la ragazza.
Improvvisamente,
si udì uno schianto. Dal foro del soffitto
cadde una corda, e da essa scivolarono giù due persone, che
atterrarono poi con grande abilità sul pavimento.
Milo
prese a calci la quercia accanto a lui. Aveva voglia di urlare ma si
trattenne
“Da
quando ti ho incontrato mi sono capitate solo disgrazie...
Sei un peso per noi... !” Le parole della Principessa le
rimbombavano ancora in testa.
“Non
è che sia stato facile, per me, viaggiare con
loro!” si disse ”Prima di parlare, dovrebbe
riflettere un
po’. Almeno, stando qui, non devo andare a scuola. Proprio
una
bella vacanza!”
Presa
dai suoi pensieri, trasalì quando udì una voce
che
gridava. Era acuta e strillante, e invocava aiuto. Si chiese da dove
provenisse; dopotutto non c’erano abitazioni nei paraggi.
Seguendo gli strilli Milo ne riuscì a trovare il
proprietario.
Nella radura c’era un albero abbattuto e sotto di esso si
dibatteva una bambina, intrappolata.
-
Aiuto! Non riesco a muovermi! Non respiro! - continuava a gridare.
Milo
dimenticò la rabbia di prima. - Calma! Non avere paura,
piccola, ci penso io! - esclamò, chinandosi.
L’albero
nonostante fosse possente aveva per lui le dimensioni di un grosso
ramo, che scansò senza troppe difficoltà.
La
bambina lo guardò senza mostrare alcun nervosismo nei suoi
confronti.
-
Tutto a posto? - le chiese.
La
bimba sorrise. - Certo. Ma non credevo che sarei davvero riuscita ad
intrappolarti così facilmente.
Milo
non capì a cosa si riferisse. Notò
però che la ragazzina indossava una singolare divisa nera, e
nonostante il volto
fosse semi-nascosto da un cappuccio vide che il suo sorriso presentava
un’insolita sfumatura maligna.
Accadde
tutto troppo in fretta.
La
sollevò un dito con un gesto solenne, e il tronco che l'
aveva imprigionata prese a levitare.
-
Come è possibile?- farfugliò lui, ma poi si
ricordò che dopotutto viaggiava con una Principessa che era
capace di passare da una dimensione all’altra e guarire le
ferite. Tutto grazie a...
-
Usi la magia? - chiese, anche se dopotutto conosceva la risposta.
-
Esattamente, - confermò la bimbetta, e muovendo il
braccio gli spedì addosso il tronco a tutta
velocità. Fu
colpito allo stomaco.
I
due sconosciuti atterrati sul pavimento con grande abilità.
Kirin si accorse che una dei due la conoscevano già. Era la
donna glaciale che l'aveva preso in ostaggio sul lago.
L’altra
figura era un ragazzo. Aveva lunghi capelli bruni, incredibilmente
ricci, e indossava un abito ampio e privo di maniche, che sembrava
essere composto da leggiadri veli neri. La donna li guardò
allegramente.
-
Buonasera a voi. Ci si incontra di nuovo.
Il
giovane al suo fianco ridacchiò. - Io vi sto
incontrando solo in questa occasione, ma temo abbiate sbagliato nello
scegliere un luogo così caratteristico come nascondiglio.
-
Certo, non è stata una mia idea, - ribatté Kirin,
- ma credo che colui a cui è venuta verrà presto
a
picchiarvi.
-
Alludi forse a quell’enorme ragazzo? - domandò il
riccioluto, e rise ancora, - in questo momento temo che
sarà...
per così dire... occupato nel conoscere un nostro
amico.
Nel frattempo, Principessa, vi sarei grato se ci seguiste.
Completò
la frase con un inchino di scherno.
-
Finalmente qualcuno che si comporta gentilmente con una nobile
del mio rango. La sua compagna non è stata altrettanto
cortese ,- commentò la Principessa.
La
donna dall’uniforme nera finse un’aria dispiaciuta.
- Non avrei dovuto agire con tale ardore, perdonate la mia scortesia,
Altezza. Ma se avrete la compiacenza di seguirci senza altri indugi vi
prometto che non causeremo più dolore a nessuno.
Kirin
stava per ribattere ma Sara aveva già estratto la spada e
si era messo davanti a lei. - Mi spiace, gentili signori, ma sua
Altezza non è incline ad accettare la vostra proposta.
-
Allora, insisteremo, - disse la donna, e pose le mani sul
pavimento scintillante... che scintillò ancora di
più, poiché si ricoprì di uno strato
di ghiaccio.
Da
esso uscirono delle stalattiti piuttosto appuntite, e si creavano
vicino a loro, pronti a colpirle, ma Sara fu più
lesta e
con una spinta portò sé stessa e la Principessa
fuori
dalla traiettoria. - Altezza, andatevene, - le intimò la
guardiana, rialzandosi.
-
Come osi, darmi un ordine diretto? - chiese la Principessa.
La
guardiana sbuffò. Kirin riusciva ad essere estremamente
irritante anche in situazioni pericolose come quella.
-
Allora, fingete che sia... un caloroso suggerimento, -
riprese la guardaspalle, bloccando nello stesso momento
quello
che sembrava un grosso proiettile di ghiaccio.
-
Va bene, un suggerimento è più che accettabile, -
disse la ragazza, - e credo proprio che lo seguirò...
Detto
questo accorse velocemente in direzione dell’uscita.
-
Dove credete di andare? – urlò il ragazzo,
inseguendola.
Sara
strinse forte la spada, preparandosi a combattere.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** A ciascuno il suo avversario ***
A ciascuno il suo avversario
Milo
sputò saliva e si portò le mani
all’addome, attendendo che il dolore finisse. Quel tronco gli
aveva fatto davvero male.
- Telecinesi... - mormorò, incredulo.
- Esatto, - applaudì ammirata la ragazzina, - per
essere un ottuso essere proveniente dalla dimensione demoniaca conosci
molte cose sulla magia.
Milo si rialzò. - I bambinetti a quest’ora
dovrebbero andare a letto.
- Non sono una bambina! - strillò lei.
Batté le mani , facendo scuotere il terreno. Poi, qualcosa
si sollevò. Milo capì che si trattavano di
pietre. - Credi che questi mi faranno male?
- Non ancora, - rispose la bimba, e compì dei
movimenti circolari con le braccia.
Le rocce, che fino a quel momento le sembravano solo sassolini
aumentarono velocemente di dimensioni. Milo trasalì.
- Visto? Oltre alla telecinesi, sono capace di modificare le
dimensioni di qualunque corpo. Posso ingrandire o rimpicciolire piante,
edifici, e persino esseri viventi, senza che si modifichino le loro
proporzioni. Notevole, non trovi? - chiese, e gli scagliò le
rocce con disinvoltura.
Milo stavolta era preparato, e valutando la traiettoria degli oggetti
li respinse. La bimba sbuffò e gli inviò altri
oggetti ma ottenne risultati simili, anche perché non
riusciva a farli salire più in alto delle spalle di Milo.
Forse sollevare pesi con la magia aveva a che fare con la
gravità, ed era faticoso inviare oggetti pesanti verso
l’alto. Il ragazzo scansò l’ultimo
oggetto, un altro sasso, che tornando indietro per poco non
colpì l’aggressore. Questi imprecò in
modo decisamente inconsueto per una bambina, e abbassò le
braccia, riprendendo fiato.
- Anche senza magia, sei parecchio potente, -
costatò poi, - Perché non ti unisci alla nostra
causa?
- Sei impazzita? – chiese a sua volta Milo, colpito
da una domanda così inaspettata.
- Oh, naturalmente non vuoi. Si vede che la tua
fedeltà nei confronti della Principessa è forte,
- osservò. Senza farsi accorgere mosse un braccio, facendo
sollevare da terra un macigno, alle spalle di Milo.
- Fedeltà? Scherzi? Quella è per Sara,
non certo per me. Io non c’entro niente con questa storia.
Ma in quel momento fu la pietra, a centrargli la nuca. Il colpo lo
stordì, facendolo cadere sulle ginocchia.
- Sembra invece che tu sia invischiata sino al collo,
gigante, - ribatté la bambina, ma non poté dire
altro, poiché Milo, arrabbiato per il colpo subito la
schiaffeggiò con forza. La bimba cadde a terra,
boccheggiando.
- Credevo che non ti avrei mai colpito, visto che eri
piccola... Ma mi sembravi così solo
perché ti vedevo dall’alto. Hai una vocetta
infantile e gli arti proporzionati , ma sei solo una donna di piccola
statura e con la voce da bambina, - gli disse Milo, sprezzante.
Questa annuì. - Non ho mai sopportato che qualcuno mi
sottovalutasse per la mia altezza... ma immagino che dal tuo
punto di vista siamo tutti non troppo alti.
- Direi di sì.
- Visto che mi hai sconfitto, finisci l’opera e
uccidimi.- disse l’avversaria aprendo le braccia.
- Sei matta?- esclamò lui, inorridito...
- La mia signora mi ha ordinato di renderti
inoffensivo... Ora che ho fallito sicuramente non posso
tornare da lei, ma comunque verrò sicuramente punita con la
morte... Tanto vale finirla, combattendo.
Milo storse il naso. - Se è un altro dei tuoi trucchetti ...
- No, stavolta...
Improvvisamente Milo udì un urlo, appartenente alla
Principessa.
“Devono esserci altri aggressori, quindi!”, si
disse. Dimenticò la sua avversaria sconfitta e
risalì la collina.
La Principessa stava rallentando la sua corsa. Il tipo dai capelli
ricci correva come un ragazzo normale e non sembrava averla raggiunta.
Ma si sbagliava. Qualcosa la agguantò improvvisamente per la
gola. - Volevi nasconderti, dunque? Rendermi tutto più
difficile?
Era il suo inseguitore, che la teneva stretta e la fissava con sguardo
privo di ogni pietà. Kirin provò a liberarsi con
tutte le sue forze, ma non ci riuscì. Il braccio del suo
carceriere non voleva staccarsi dal suo collo, come se…
- Ti sembra incollato, vero? - chiese lui, ridacchiando.
Mollò improvvisamente la presa e le diede un calcio. La
Principessa cadde indecorosamente in avanti.
- Ovviamente, le mie abilità non sono quelle di un
normale ragazzo, - dichiarò, con una punta di orgoglio, e
spalancò le braccia. Braccia che sembravano incredibilmente
lucide, e che parvero secernere una sorta di liquido, denso e
trasparente.
- Quella è colla? - chiese la Principessa.
- Allora non siete così stupida come sembrate, -
la elogiò il giovane, e la colpì di nuovo alla
sprovvista. Kirin notò di stare retrocedendo, proprio in
direzione della scarpata, ma non riusciva ad evitarlo. -
Cosa... volete da me, tu e il tuo amico?
- Diciamo che ti... staremo incollati,
finché non cederai...
- Cosa? - chiese la Principessa. Non apprezzava i giochi di
parole, in quella situazione.
- Ci seguirai dalla nostra signora, - spiegò lui,
spazientito, - Dopotutto, ora sei solo una semplice suddita, dal
momento che lei ha preso il potere.
- Non so di cosa parli!- gridò la cittadina in
questione, sempre più innervosita. Si era infatti accorta di
trovarsi a soli pochi metri dal burrone.
- Presto scoprirai a cosa mi riferisco... Basta che
tu ti consegni spontaneamente a noi.
Una parte di Kirin avrebbe voluto veramente dirgli di sì,
davvero. Ma possedeva ancora quello stramaledetto orgoglio da
Principessa, e fu appunto questo a prendere il sopravvento.
- Non lo farò mai! Mai, hai capito? -
gridò, come se non fosse stato abbastanza chiaro.
- Bene, - ribatté il giovane sorridendo, - vediamo
se riesco a farti ragionare con la testa.
Detto questo, con una spinta più forte delle altre,
la buttò nel precipizio.
Ma prima che cadesse del tutto fece in tempo ad afferrarle la lunga
treccia, e toccarle la schiena. Le sue mani produssero quindi una forte
carica adesiva, che fecero in modo che la sua presa fosse ben salda.
Kirin si trovò quindi sospesa in aria, con le
gambe penzolanti sull’abisso, e sorretta da
filamenti di colla, attaccati unicamente alla schiena e ai
capelli. Ed essere sospesi solamente da due punti del corpo le causava
parecchio dolore. Così urlò. Milo la
udì, e accorse all’istante. Era relativamente
vicino, e dall’alto aveva assistito alla scena.
- Principessa! - gridò infatti, allarmato.
- Milo! - rispose questi di rimando, continuando a gemere.
Doveva farsi venire un piano. Il tipo riccioluto
sembrava piuttosto pericoloso , e se Milo fosse intervenuto
fisicamente avrebbe rischiato di farla cadere, da una lunga
distanza…
Distanza, ma certo!
“Sono geniale!” pensò, modestamente.
- Potrei sempre cadere, gigante. Certo, è una
bella distanza, ma aumenterà se te ne andrai.
- Eh? Non capisco… - disse il ragazzo.
- Diamine, corri, vattene subito, più lontano che
puoi, e potremmo farcela. Così aumenterà la
distanza fra noi. Non ti ricordi?
Milo finalmente capì e corse a tutta velocità
giù per la collina.
L’aggressore parve furibondo .
- Cosa gli hai detto? Cosa significava? - gridò,
scuotendo la colla.
Kirin capì di non farcela più, e
fiduciosa in Milo, estrasse dalla tasca un piccolo pugnale
che solitamente teneva come decorazione. Almeno, era
tagliente.
- Cosa vuoi farci, con quello? - urlò il giovane,
allarmandosi.
- Un nuovo look, - esclamò la Principessa, e senza
esitazione passo la lama sull’attaccatura della treccia, si
sfilò la giacca e precipitò nel vuoto.
Il ragazzo urlò. Aveva ricevuto l’ordine di
catturare la Principessa e portarlo viva, e questa si suicidava!
Perché tutte le disgrazie capitavano a lui?
Lasciò cadere la giacca e i capelli, e sporse la testa sul
crepaccio. Sarebbe stato meglio se non lo avesse fatto. Vide un paio di
gambe risalire dal dirupo ad una velocità incredibile. I
piedi di esse lo centrarono in volto; il
giovane cadde all’indietro e svenne mentre la
Principessa veniva trainata dalla potenza
dell’incantesimo. Lo stesso accedeva a Milo, che retrocedeva
velocemente in salita. Kirin le fu praticamente sparata
addosso, ma il ragazzo aveva ormai sviluppato una certa pratica nelle
difensive e valutando che la traiettoria di costui fosse diretta sul
suo braccio riuscì ad afferrarla al volo senza che
nessuno dei due si facesse troppo male. Poi si sedette, stravolto,
mentre la piccola Principessa riprendeva fiato. Aveva visto
il fondo del precipizio ad un palmo dal naso, e non lo aveva affatto
gradito.
Era confortante sentirsi l’uno accanto all’altra.
Poi, Sara emerse dal tempio.
L’armatura e lo spadone erano coperti da macchie di sangue, e
non si capiva se queste appartenessero a lei o all’avversaria
, inoltre in alcune zone dell’armatura erano ghiacciate.
Doveva essere stata una battaglia violenta.
- Ora ti degni di arrivare, dunque. - la
rimproverò Kirin, - Ho rischiato grosso, lo sai?
- Perdonatemi, signorina, ma è stato difficile
sconfiggere quella donna. Inoltre, mi sembra che voi due stiate bene...
anche se sembrate incollati.
Quella frase li colse piuttosto inaspettatamente, ed entrambi
scoppiarono a ridere senza ritegno, scrollandosi di dosso anche la
tensione accumulatasi. Sara li guardò senza capire. Ma non
era ancora finita. La donna risparmiata da Milo, nonché
l’ultima avversaria rimasta si
trascinò di soppiatto sino all’enorme ragazzo e
gli sfiorò una gamba. - Non fallirò. Ci ho
pensato a lungo e ho trovato un modo, per renderti inoffensivo .
Come se una mano più gigantesca di lui l’avesse
afferrato, il ragazzo si sollevò da terra, facendo cadere la
Principessa.
- Cosa vuoi farmi? – chiese lui spaventato , mentre
si innalzava sempre più in alto, - Ricordati che mi devi la
vita!
- Non l’ho certo dimenticato, - rispose questa, e
si dileguò tra gli alberi e il buio.
In quell’istante anche l’incanto su Milo si
sciolse, e il ragazzo precipitò. Mentre cadeva gli
sembrò che tutto l’ambiente circostante divenisse
estremamente più grande, ma forse era l’effetto
della discesa. Vide che Sara si faceva avanti per bloccargli la caduta.
Era impazzita ? L’avrebbe sicuramente schiacciata ! La
guerriera lo bloccò di un poco ma lui
finì comunque a terra, picchiando la testa e perdendo i
sensi.
La Principessa si accostò al giovane, svenuto. Sembrava allo
stesso tempo preoccupata e divertita. Sara gli
controllò i battiti con attenzione. - E’ solo
svenuto , mia signora.
- Bene... Certo, però, che non
mi aspettavo esistessero incantesimi simili... Temo non lo
gradirà molto.
Si rialzò, facendosi seria. - Non possiamo rimanere
qui... il palazzo di mio zio è
a solo un paio d’ore, e la nostro amico non
avrà nulla da contestare se andremo veloci.
La guardiana annuì. - Lo porterò io,
sul mio cavallo.
- Naturalmente.- asserì la nobile pulendosi la
gonna, sporca di terra,- Credo non pesi poi più di tanto, ma
è comunque un peso morto.
Così, sellarono i cavalli e partirono a gran
velocità.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Riunione di famiglia ***
Si trovava
in una stanza ampia. Milo dovette sbattere più volte le
palpebre per scacciare la polvere... Il ragazzo avanzò
cautamente, finché non udì piangere.
Guardò meglio, e capì che era un ragazzina , a
piangere. Era seduta ad un lato di un letto e si copriva il volto con
le mani, singhiozzando. Di fronte a lei, seduta su una sedia,
c’era una donna. Era sulla trentina, vestita elegantemente di
una sorta di uniforme, ampia ed elegante. Teneva sciolti i lunghi
capelli biondi e aveva un volto raffinato. La donna stava cercando di
consolare il ragazzina, scuotendola dolcemente, ma non otteneva
risultati. Milo avrebbe dovuto allontanarsi da una situazione simile,
ma avvertiva una certa attrazione per quella scena. Ebbe inoltre la
strana consapevolezza che la sua presenza non sarebbe stata sgradita,
poiché risultava invisibile alle due occupanti della sala.
La ragazzina improvvisamente scoprì il volto, e Milo la
riconobbe; era Kirin. Ma sembrava appunto, molto più
piccola, adolescente ma più vicina all’infanzia
che all’età adulta. Si passò una mano
sul volto, e parlò, con voce lamentosa.
-
Ecco, le ho detto tutto, Maestra, - gemette rivolta alla donna, - E non
ho la minima idea di come fare! Sono incredibilmente preoccupata! Temo
che finirà per farsi del male!
La
donna annuì, con comprensione.
-
Altezza, - disse con voce calma, - non avete preso in considerazione
l’idea di ... sostituirla con una persona più
degna?
La
Principessa scosse energicamente la testa. - Questo, mai. Sono legata a
lei, da un debito d’onore. Inoltre, sono ormai capace di
prendermi la responsabilità dell’accaduto...
-
Dunque, qual è il motivo per cui mi avete fatto chiamare?
La
giovane prese un ampio respiro. - Lei, Maestra, ha la
capacità di intervenire suoi pensieri e sulla memoria.
Vorrei quindi che modifichiate la sua.
La
maestra parve scettica. - Intendete quindi farmi cancellare
l’intero accaduto dalla sua…?
La
Principessa scosse la testa. - No, non cancellare... Solo sostituire...
con qualcosa di diverso. Avrebbe comunque il ricordo di quel che
è accaduto, ma senza che sentisse la
responsabilità su di lei.
La
maga parve capire. - Certo, potrei farlo… Vi avverto,
però, che non sono capace di valutare con esattezza gli
esiti futuri di una simile operazione. In futuro, potrebbe ad esempio
capitare qualcosa che risveglierebbe i suoi veri ricordi... e in questo
caso...
-
Mi assumerò la responsabilità di quello che ho
fatto, - affermò la giovane Principessa con decisione, -lo
giuro.
La
maga annuì, convinta. - Direi allora di cominciare subito...
Ma
improvvisamente la luce cominciò ad affievolirsi, i contorni
a sfumarsi. Milo riacquistò sempre più
lucidità, rendendosi conto che quello a cui aveva assistito
non era altro che un sogno...
Si
risvegliò finalmente in un letto, di grandezza normale. E
già, la cosa era strana; dopotutto non dormiva su coperte e
materassi da più di una settimana. Forse, tutte quel che
aveva vissuto sinora era stato solamente un sogno? Ma in ogni caso,
capì di non trovarsi nella sua camera. Il letto infatti era
a baldacchino e ampi tendaggi lo circondavano, impedendogli di capire
dove si trovasse. Guardando con attenzione riuscì ad
individuare le sagome di un paio di individui, che parlottavano e
gesticolavano, ma il ragazzo non riusciva a capire cosa stessero
dicendo. Si tolse le coperte di dosso e stava per alzarsi, quando le
tende vennero improvvisamente scostate.
-
Credo si sia svegliata, - annunciò la persona che le apriva.
Milo si spaventò di quel gesto inaspettato e la
colpì con uno schiaffo .
Osservando
meglio capì infine di aver centrato la Principessa Kirin.
C’era anche Sara, che osservava la scena alquanto stupita, e
in parte divertita.
-
Cosa cavolo ti è preso? - urlò la Principessa
inferocita, massaggiandosi la guancia colpita.
-
Scusami, davvero... Ti sei affacciata così velocemente che
io…
Ma
in quel momento si accorse che c’era qualcosa di diverso,
nelle sue compagni di viaggio. La Principessa, ad esempio,
era alta all’incirca quanto lui e aveva...
-
Ti sei tagliata i capelli! - esclamò il ragazzo, stupito.
Kirin
avvampò velocemente. Si passò una mano dietro la
testa, come se potesse trovarvi ancora la sua lunga treccia, ma poi vi
rinunciò.
-
Bè,... non è solo questo! - ribatté,
imbarazzata, - Non noti altri cambiamenti nelle nostre persone?
-
Certo, siete enormi! Come... avete fatto a modificare le vostre stature?
La
ragazza rise. - Guarda, che qui l’unica che ha cambiato la
sua statura sei tu.
Milo
trasalì. Dovette ammettere che la Principessa aveva ragione.
La
nana che aveva affrontato gli aveva detto di volerlo rendere
inoffensivo, la sera prima... e in effetti ci era riuscita.
Ora aveva le dimensioni degli abitanti di quel mondo. Il ragazzo rise,
nervosamente. - Ora capisco tutto. E’ stato uno dei nostri
avversari, a rimpicciolirmi … ma di certo ci sono degli
aspetti positivi. Almeno potrò muovermi agevolmente, senza
terrorizzare altra gente, mangiare come si deve... e dormire in un
letto decente.
Kirin
sorrise. - Cavoli, l’hai presa bene... Ci immaginavamo
chissà quale scenata isterica mentre aspettavamo che ti
risvegliassi...
-
Siete ... rimaste in questa stanza? -chiese, con una punta di
imbarazzo.
-
Sicuramente non per tutta la notte, - ribatté la
Principessa, anche lei piuttosto imbarazzata, - Sai, se stai fermo tu
devo rimanervi anch’io...
-
E per portarmi qui?
La
Principessa sbuffò. - Non sei certo più
così ingombrante... Sara, per
l’esattezza, mi ha riferito che sei leggero come una piuma.
Milo
avvampò. - Quindi mi hai... preso in braccio, -
costatò diretto alla guerriera.
Questi
annuì e si alzò, e il ragazzo notò che
Sara era decisamene imponente… Se ne era accorto anche
prima, confrontandola con la Principessa, ma ora che era delle loro
dimensioni notò che la guardaspalle lo superava di una
spanna abbondante... .Per un istante si sentì stranamente
indifeso.
-
Comunque... adesso, dove ci troviamo? - chiese, per cambiare
argomento.
-
Nella villa di mio zio, Teodoro…L’abbiamo
raggiunta l’altra sera.
In
quel momento la porta si aprì, e Milo vide entrare uno degli
uomini più strani che avesse mai visto. Indossava un vestito
di un giallo sgargiante pieno di trine e pantaloni aderenti
rossi . Il volto era truccato e incipriato, al punto che non
si riusciva a carpirne l’età reale, e i capelli
ricci e bianchi lo incorniciavano come una criniera.
-
Ti sei svegliato! - esclamò la strana figura con una voce
squillante e acuta. Si diresse al letto e abbracciò il
ragazzo con una foga non comune. - Io sono Teodoro, lo zio di
questo giovanotto, - squittì, arruffando i capelli di Kirin.
-
Sì, mi è già stato
riferito... - sussurrò Milo cercando di respirare.
L’uomo
continuò a parlottare e a far battutine sulla sua nipotina
finché un cameriere non annunciò che la colazione
era stata servita. Nell’ampia sala da pranzo lo zio
concentrò tutte le sue energie sul ragazzo. Gli
offrì qualunque cosa fosse presente nel buffet e
non smise un attimo di parlare.
-
La mia nipotina non mi ha detto nulla, sai? E’ arrivato a
notte fonda con te svenuto, dicendomi che mi avrebbe spiegato tutto
più tardi, ma non l’ha fatto...
-
Beh... è una lunga storia, quindi...
-
Comunque, tu sei straniero vero? - lo interruppe il signore,
mettendogli sul piatto un cioccolatino - dopotutto, hai un’
insolito taglio di capelli, e anche dei tuoi vestiti sono strambi.
Però parli bene la nostra lingua, senza accenti buffi.
-
Veramente, ecco...
-
Oh, ma che dico? Che sciocchezze! Comunque sei celibe .-
indagò, schiaffandogli in mano una cialda fumante
-
Sì, ma...
-
Oh, certo... così giovane... e così
grazioso... devi venire da una ben nobile famiglia!
Si
avvicinò a Milo e abbassò il tono.
-
Ho notato che hai istaurato un buon rapporto, colla mia nipotina, e nel
caso questa ti interessasse...
In
quel momento la Principessa si intromise fra loro. - Zio, ti prego.
Milo è ancora un po’ spaesato. E poi, è
meglio che non mangi così tanto, o si rovinerà la
linea.
-
Cosa?!- esclamò il ragazzo, ma Kirin gli prese la mano.
-
Dobbiamo andare, adesso. Per... discutere di quella cosa importante che
avevamo deciso, ricordi?
Milo
rimase un istante interdetto ma poi capì. E si
alzò.
-
Oh! – esclamò l’uomo, - me lo porti via?
Ma che maliziosa che sei!
-
I miei omaggi zio, - disse la ragazza, e dopo avere eseguito quello che
sembrava un sorriso
“malizioso”uscì dalla sala con Milo.
Sara,
che per tutto il tempo era rimasto immobile alla parete, fece una sorta
d’inchino e li seguì. Kirin lo condusse in quella
che sembrava una sorta di magazzino, badando che nessuno li seguisse.
Chiuse
la porta tirando un sospiro di sollievo.
-
Finalmente, me ne sono liberato. Non lo reggevo più.
-
Beh, sarei io a doverlo dire, - rispose Milo, - ma mi è
parso... come dire... strano.
-
Strano? Direi che come aggettivo è riduttivo...
Fin da quando sono piccola ricordo che si è sempre
comportato in modo un po’ insolito, ma è purtroppo
peggiorato quando sua moglie è morta di malattia. Inoltre ha
avuto diversi battibecchi con mio padre, suo cugino, per via di alcune
concessioni territoriali... e gli è rimasto solo questo
castello... Non è così ricco come vuole far
credere... ... non ha affrontato bene la morte di sua moglie,
e si è quindi ritirato nel suo mondo...
Vedi,
era innamorato di lei, ma gli piacciono al tempo stesso anche gli
uomini. Non esce quasi mai dalla sua dimora e non riceve quasi mai
visite, né notizie dal mondo esterno. Io stessa non lo vedo
da mesi. Credo quindi che non sappia che io sia scomparsa dalla corte,
ed è meglio non informarlo su questo. Comunque, non
è totalmente svampito. La sua personalità
è rimasta uguale... con me è stato sempre
incredibilmente premuroso, e ovviamente lo è di
più ora che sono vicino all’età per le
nozze.
Milo
sollevò un sopracciglio.
-
Dovresti... sposarti? Ma sei...
-
Troppo giovane? Naturalmente, ma le esigenze di stato vengono prima di
tutto... e mia madre è piuttosto malata... Così
il mio caro zietto ha pensato che preparando un proficuo matrimonio per
la sua pupilla in futuro sicuramente trarrà da questo
più di un beneficio... Ovviamente, la cosa
più importante è che il candidato abbia una
cospicua dote, e che se lo renda simpatico...
Milo
era lievemente disgustato. - Ma io... non sono nobile, eppure mi ha
“puntato”
-
Perché non sa ancora niente di te. A proposito, forse
è meglio se ci inventiamo qualcosa sul tuo facoltoso padre e
sull’immenso regno che andrebbe a unirsi al mio.
-
Ma perché mentire? Non credo nasceranno problemi se gli
dirò che sono… ecco... normale...
Kirin
scosse la testa. - Hai visto dove ha fatto mettere Sara? Era in piedi,
e scommetto che non ha ancora mangiato nulla. Anche i pochi ospiti che
riceve, se non appartengono ad una famiglia nobiliare, non possono
accedere alla sua tavola...
-
Beh... io non pretendo certo un trattamento di riguardo.
-
Ovviamente. Però, se scoprisse che tu fossi solamente un
semplice ragazzo, temo che ti sbatterà fuori, o magari negli
alloggi dei servi, a pelare le patate... per non parlare del fatto che
ci ha visti insieme, ed è come se l’avessi
ingannato su quella faccenda dei fidanzamenti per interessi... si
vendicherebbe con ogni mezzo.
-
Cavoli... - riuscì a dire Milo.
-
Dobbiamo inventarci qualcosa, e in fretta...
Fu
solo nel pomeriggio, stanco e lievemente stordito del succedersi degli
eventi, che Milo cominciò a chiedersi che fine avesse fatto
la sua borsa. Non l’aveva trovata, nella stanza in
cui aveva riposato. Non che al momento gli servisse, ma conteneva
comunque le oggetti che aveva sempre portato con sé. Il
cellulare magari non poteva utilizzarlo, ma al pensiero di non averlo
con sé lo faceva quasi agitare. E nel suo
portafoglio teneva tutti i suoi documenti. Non appena riuscì
a trovare un momento libero, lasciò la Principessa e suo zio
e andò a cercare Sara. La trovò nel corridoio
accanto, e le confidò le sue preoccupazioni. Questa
sembrò non battere ciglio.
-
La borsa? E’ rimasta nel tempio, naturalmente.
-
Cosa?! - chiese lui, stupito.
-
Pensava che l’avessimo portata con noi? Mi spiace, ma le
dimensioni di quell’oggetto sono esagerate... non avevamo
modo di trasportarla. Anche perché è decisamente
pesante.
Milo
capì che aveva ragione; dopotutto le due
“piccolette” ci si erano nascoste dentro.
Però ne aveva bisogno almeno di assicurarsi che non fosse
stata rubata, e avrebbe voluto recuperare almeno qualche oggetto. -
Saranno importanti, per quando giungerò a casa.
-
Sempre che riuscirai a tornarci, - si introdusse Kirin apparendo da un
corridoio, - Comunque, la vedo difficile.
-
Se andassi personalmente...
La
Principessa scosse la testa. - No, apparirebbe troppo
sospetto... E se andassimo insieme, quell’uomo pretenderebbe
di venire con noi... Ora che sono venuta a fargli visita, non mi
lascerà certo un solo minuto. Tanto vale pensarci
più tardi, quando ce ne saremo andati.
Milo
sospirò. Sperò che nel frattempo i suoi effetti
personali non venissero rubati.
Un
domestico corse verso di loro, trafelato. – Mia signora...
siete qui, dunque! - disse, riprendendo fiato.
-
Cosa c’è? - chiese la Principessa
-
La cena è stata servita...
-
Ma è ancora pomeriggio, - costatò Kirin.
-
Durerà a lungo, - rispose questi, evidenziando come questo
non dipendesse dalla sua volontà. E non lo si poteva evitare.
Cercarono
di impiegare più tempo possibile per arrivare tardi, ma non
potevano sicuramente saltare del tutto l’incontro, e
così vi andarono decisi. Come al solito, Teodoro si sedette
accanto a Milo. Sembrava entusiasta. Gli colmò il bicchiere
di un denso liquido ambrato che Milo sospettò fosse
alcolico.
-
Finalmente la mia piccina si è degnata di parlare, -
mormorò, puntando addosso i suoi occhietti vivaci, - mi ha
confidato che sei l’erede di un regno lontano!
La
notizia spiazzò completamente Milo. La Principessa doveva
aver ideato bene il suo falso passato... E a lui, toccava
improvvisare. Così, parlò della città
in cui era nato e vissuto come se la possedesse.
-
E poi, sei scappato di casa, - lo interruppe la nobildonna.
Velocemente
, lui si adattò a quell’ultima informazione.
Però, non gli veniva nulla da dire.
-
E’ così. I suoi genitori volevano obbligarlo a
sposare una vecchia rospa, - si introdusse Kirin, salvandolo, -
così, si è travestito da donna ed è
fuggito da solo su di una nave, approdando nel nostro paese. Io e Sara
l’abbiamo sorpreso mentre vagava per i boschi, e…
-
Non si interrompono i discorsi altrui, - lo sgridò il
signore, interrompendo il discorso della nipote, -Avanti, Mirco,
raccontaci bene quel che è accaduto. Esigo ogni dettaglio,-
ordinò, e gli versò altro liquido
d’ambra nel bicchiere.
-
Mi... chiamo Milo, signore... Dovete perdonarmi, ma non ho la forza di
raccontare ancora il mio orribile passato. Tutto quel che desidero,
è trovare il sostegno di qualcuno, una donna forte che mi
tenga al suo fianco. E forse, se la trovassi, mio padre si
ravvedrebbe lasciandomi andare. Vostra nipote è
stato davvero un barlume di speranza nella mia oscurità!
Teatralmente,
Milo lasciò andare un sospiro, e si coprì il
volto con le mani, non prima di aver notato un guizzo di soddisfazione
nel volto dell’uomo.
-
Perdonatemi, ma temo di non sentirmi molto bene, - gemette, fingendo un
singhiozzo, e si alzò da tavola.
-
Milo, caro, - improvvisò Kirin, - avete bisogno
d’aiuto?
-
No, Principessa, non seguitemi... - sospirò lui, e
uscì veloce dalla stanza.
-
Non vi allontanate! - esclamò la ragazza, e con quello che
sembrava un impeto amoroso seguì Milo fuori.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1206153
|