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di Shikayuki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- Mary 1 ***
Capitolo 2: *** 2- Jared 1 ***
Capitolo 3: *** 3- Mary 2 ***
Capitolo 4: *** 4- Jared 2 ***
Capitolo 5: *** 5- Mary 3 ***
Capitolo 6: *** 6- Jared 3 ***



Capitolo 1
*** 1- Mary 1 ***


Ancora mi stavo chiedendo che cosa diamine ci facessi io lì, in mezzo ad una scatenata orda di fan sfrenate che spaziava in una fascia di età compresa tra i sedici anni scarsi e la mezza età abbondante e tutte più o meno vestite a tono con la band, ovvero capelli tinti (alcune imitavano il cantante, e non parlo solo delle ragazzine) e maglie più o meno cosparse di teschi o i simboli della band stessa.
Mi sentivo spaesata con i miei capelli rosso tiziano (naturali), la carnagione pallida e il viso spruzzato di lentiggini e la mia polo verde smeraldo firmata su un paio di semplici jeans e converse nere. Eppure non potevo prendermela con nessuno: ero stata io stessa a cacciarmi in questo casino. Era giunto il venticinquesimo compleanno di Elena, la mia migliore amica, e volevo fargli un bel regalone, così avevo optato per due biglietti, uno per lei e uno per il suo ragazzo (fan scatenato a sua volta), comprensivi di pass per il backstage, per il concerto della sua band preferita: i 30 seconds to mars. Tutto il problema è sorto quando il giorno prima di partire, Davide è stato chiamato dal lavoro per una cosa urgente riguardo ad un progetto importante o che so io e davanti alla faccia in lacrime della mia amica che sola non voleva andare non ho assolutamente avuto il coraggio di dirle di no e distruggerle un sogno. Risultato: adesso sono qui, spersa nella follia collettiva, al concerto di una band sentita solo di nominare dalla mia amica e della quale non so nientaltro se non il nome e che il cantante è un ex attore strafigo. Bah, io non ho mai capito perché gli attori che non sono in grado di sfondare ripiegano sulla carriera da cantanti…
Comunque fatto sta che il concerto inizia e sento subito un attacco di batteria seguito a ruota da un giro di chitarra… e questa sarebbe musica? Per me è rumore! Il concerto prosegue così con gente che urla, luci stroboscopiche, chitarre e batterie a manetta e un ‘cantante’ che saltella sul palco urlando, che mal di testa! Praticamente passo un’ora rintanata nel mio angoletto in fondo alla sala mentre cerco di individuare Elena in mezzo alla folla che turbina a suon di musica davanti a me, ogni tanto riesco ad intravederla, grazie ai suoi capelli tinti di rosa shocking, anzi no, scusate color pomegranate (sennò si arrabbia e si offende!): è quasi sotto al palco e in visibilio. Sono contenta per lei, era da mesi che mi parlava di questo concerto e non stava più nella pelle una volta ricevuto i biglietti e poi in fondo almeno una delle due si sta divertendo!
Tra questi pensieri siamo arrivati a metà concerto e parte tipo una specie di momento acustico e sul palco restano solo il cantante che ora imbraccia una chitarra acustica e il chitarrista, che adesso è fornito di violino e tastiera. Fanno tre o quattro canzoni e io finalmente mi fermo ad ascoltarli: il cantante ha una voce dolcissima che ti culla mentre devo ammettere che il chitarrista è proprio un mago con il violino. Dopo poco mi ritrovo a canticchiare le melodie sottovoce e mi piacciono molto, si avvicinano di più al mio stile… Ma il momento magico passa e mi ritrovo catapultata per un’altra mezz’ora nel tragico mondo degli urli, delle schitarrate folli e della batteria malmenata. Finalmente arriviamo alla fine del concerto, il cantante saluta con un ultimo urlo e dopo un inchino si ritirano nel backstage. Le luci si riaccendono e subito mi metto a cercare Elena in mezzo alla folla. Dopo poco la trovo e ci riuniamo avviandoci verso la porta del backstage con i nostri pass al collo e ben in vista. Ci sono accalcate moltissime ragazze che tentano di corrompere i buttafuori con tutti i mezzi possibili e immaginabili, ma non riescono a smuoverli, noi invece mostriamo i pass e veniamo ammesse in un coro di invidia da parte delle escluse. Potevano affrettarsi a comprare il pass invece di stare qui a dare spettacolo, penso con una punta di fastidio. Veniamo introdotte in una stanza drappeggiata con bandiere che riportano i simboli della band e anche loro foto in cui vi è un tavolo stracolmo di cibo e bevande. Ci dicono di servirci a piacimento mentre aspettiamo la band che momentaneamente si sta dando una sistemata dopo il concerto. Le altre ragazze, circa una quindicina e Elena sono troppo nervose per mangiare, bere o fare altro così se ne stanno lì, ma io sonno assetata, così afferro un bicchiere e mi servo dell’acqua minerale ghiacciata, do un’occhiata intorno e poi torno da Elena che ora sta parlottando concitata dei suoi idoli con le altre fans in visibilio. Alzo gli occhi al cielo, ma non avendo meglio da fare mi metto in ascolto e effettivamente colgo stralci anche di altre conversazioni:
«Secondo te chi sceglie?» sta dicendo una bassa e tarchiata bionda tinta ad altra bionda tinta, che però è alta e statuaria, magrissima, con una quarta di reggiseno, risaltata dalla maglietta di rete nera con reggiseno in pizzo in tinta (uao, anni ’80 che passione!) e gambe perfette risaltate da una mini di pelle nera e anfibi… neri.
«Beh, io spero scelga me! Non me ne vorrete ma sono perfetta per lui, ho tutti i requisiti che cerca e poi conosco certi giochetti…» e fa un occhiolino molto pieno di sottointesi alla sua interlocutrice che inizia a ridacchiare per la battuta che io, non essendo fan, di sicuro non ho colto. In quel momento una terza, capelli viola, si inserisce nel discorso:«Io ho sentito che se non trovano niente che il aggrada qui nel backstage, vanno a cercare nelle fan che li aspettano all’uscita e che se non trovano niente anche a lì, fanno a pagamento…» Quest’ultima cosa la sussurra e io tendo l’orecchio per capirla, ma di cosa stanno parlando? Non ho il tempo di chiedere spiegazioni ad Elena, perché un gridolino collettivo scuote le ragazze annunciando l’entrata dei tre… musicisti. Mi ritiro in un angolino con il mio bicchiere e lascio tutto il piacere a loro, che per lo meno sentono davvero di dover essere in questa stanza. Dopo un’oretta di convenevoli, autografi, foto e curiosità poste dalle fan, con l’intermediazione di un traduttore, ci dicono che è ora di andare. Mi riscuoto dal mio torpore e do un’occhiata alla band… beh, non sono male in fondo. Il batterista, vestito solo con un paio di jeans neri lascia poco all’immaginazione: ha un fisico scolpito, dei bei capelli e una faccia affascinante che dice ‘sono un cattivo ragazzo e mi piace giocare’, peccato sia basso per i miei gusti…
Il chitarrista ispira devozione con i lunghi capelli e barba, mi fa pensare ad una rappresentazione di Gesù, mentre il cantante… uao. È davvero stupendo, non me lo sarei mai aspettato. Capelli castani più corti sui lati e più lunghi e disordinati sopra, faccia d’angelo con due occhioni di ghiaccio e un fisico che sembra stupendo sotto agli aderenti vestiti neri. Però c’è qualcosa che non mi convince, sembra troppo un bravo ragazzo… infatti dopo un po’ il batterista se gli avvicina e gli sussurra in un orecchio:«Bro scegli adesso o mai più, se ne stanno andando! C’è quella biondona lì, che se non la prendi tu…» e gli fa un occhiolino d’intesa. La biondona in questione era maglia di rete mini in pelle che prima smaniava e che ora ammiccava con i suoi occhioni azzurri bistrati di nero in direzione della band. Il cantante sembra pensarci su un attimo e poi scuote la testa:«Tutta tua bro, non c’è nessuna che mi interessa…».
In quel momento esco dal mio angoletto facendo finta di nulla per riunirmi ad Elena che si sta riavviando verso la porta con aria triste ed abbattuta. Le metto un braccio sulle spalle per consolarla, anche se non so di cosa e proprio in quel momento sento una voce:«Hey you! You with the red curly hair, wait!»
Faccio finta di nulla e continuo a camminare con nonchalance verso la porta, forse se lo ignoro mi lascerà in pace, ho capito che tipi sono questi… musicisti, e non voglio avere nulla a che fare con loro.
Il mio piano non funziona e dopo poco sento una mano battermi sulla spalla:«Hey, I was talking with you, red! Maybe you don’t understand me… I can call the translator!»
Ero tentata di far finta di non capire per poterlo ignorare, ma non volevo dargli la soddisfazione di credermi ignorante, così mi volto e lo fisso dritto nei suoi disarmanti occhi azzurri. Verde smeraldo contro azzurro, lago di montagna misterioso contro ghiaccio trasparente. E posso vedere il torbido in quegli occhi che a tutti sembrano dolci e innocenti. «I can understand you, what do you want?» gli sputo in faccia con il mio miglior accento. «Uao che pronuncia perfetta, mi sarebbe servita per Mr Nobody!» scherza, ma torna subito serio vedendo la mia non reazione a quella che per una fan sarebbe stata sicuramente una fonte di lacrime da risata. «Comunque volevo chiederti se ti andava di venire a bere qualcosa con me!»
Silenzio in aula, non vola una mosca, sento solo Elena sussultare. Mi volto a guardarla e la vedo che mi fissa ammirata con gli occhi sgranati, annuendo impercettibilmente, come a suggerirmi la risposta.
Non ci penso su neanche un attimo:«No.» Mi volto e mi dirigo all’uscita accompagnata da un coro di offesa da parte delle fan e da un sussulto sconvolto da parte del cantante. Di sicuro non è abituato a sentirsi dire di no, soprattutto in un dopo concerto… ma non aveva mai fatto i conti con chi si trovava ai concerti solo per accompagnare una sua amica ignorando totalmente la band.
L’ultima cosa che sento è Elena chiamarmi con voce strozzata:«Mary!»
Ma non mi fermo e non mi volto, niente potrà farmi cambiare idea, perché so cosa voleva quell’essere, ed è una cosa che vogliono tutti i sacrosanti ragazzi su questa terra, ma questo in particolare la voleva solo per una sera e per potersi vantare di aver provato un’italiana o un’ennesima fan. Ipocrita schifoso, faccia d’angelo che nasconde le corna da diavolo.
 

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Capitolo 2
*** 2- Jared 1 ***


Ciao! Eccomi con un nuovo capitolo! Scusate il ritardo, ma in questi giorni il lavoro non ha dato tregua!O.O Comunque volevo dirvi che in corso d’opera ho deciso di cambiare un po’ le cose, per questo il rating è passato da verde ad arancio e forse slitterà a rosso, ancora non so… a quanto pare la mia storia ha vita propria e si crea da sola costruendosi la trama di volta in volta!^-^ Comunque in corso ho deciso anche di inserire i punti di vista personali, così da dare più introspezione alla storia, così saranno proprio i personaggi a dirci cosa provano…
Beh, ho detto tutto, non resta altro che augurarvi Buona lettura!!!
 
 
Jared 1
 
«No.»
Secco, risoluto e deciso.
Sento il mio sorriso accartocciarsi mentre la vedo voltarsi e sparire in un turbinio di ricci di fuoco. I suoi occhi verdi e duri come degli smeraldi: ancora riesco a vedermeli davanti mentre mi fissano cattivi.
Non mi era mai successa una cosa simile, in genere le fan smaniavano per un’occasione del genere, a volte se la litigavano pure… Chi era quella ragazza che aveva osato rifiutarmi con tanta risolutezza? Non poteva essere una fan, ma allora cosa ci faceva nel backstage?
«Mi… mi scusi tantissimo, anzi la scusi tantissimo!» quelle parole che non capivo mi riportano alla realtà dai miei pensieri.
«Ehm… what? I don’t understand you! Where is the translator?» dico osservando la ragazza che sfoggia dei lunghissimi capelli pomegranate e un visino niente male per non parlare del fisico… e poi la riconosco, è la ragazza che ha urlato dietro alla sconosciuta, forse è una sua amica. Arriva il traduttore e lei finalmente puo’ esplicarmi i suoi pensieri.
«Ti chiedo di scusarla, in genere Mary non è così dura! Era solo stanca e poi lei non è una vostra fan, era qui soltanto per accompagnare me… e poi è una ragazza seria, non va con il primo che capita, non era sua intenzione comportarsi così, ha un’etica molto rigida…» continua a balbettare in pieno imbarazzo e confusione.
Io la ascolto, ancora assorto da ciò che è accaduto. Scuoto la testa:«Non preoccuparti, non fa nulla…»
Poi la osservo meglio e decido di chiedere a lei se avesse voglia di divertirsi, una piccola vendetta sulla sua amichetta:«A te andrebbe di uscire con me?»
Sgranò gli occhioni marroni stupita e ci fu di nuovo silenzio in aula, le fan che erano rimaste per assistere alla scaramuccia di prima, non volevano perdersi anche questa, forse erano ancora speranzose di essere loro le prescelte.
Ripresasi dallo shock la ragazza scuote la testa e con un sorrisetto mesto dice:«Mi dispiace ma sono fidanzata… se non ero già impegnata avrei accettato volentieri. Ora scusami ma devo scappare e tornare da Mary…»
Lancia un ultimo sguardo ai suoi idoli e sparisce attraverso la porta, sulla scia della sua selvatica amica.
Okay, ora ero incazzato nero, anche se grazie alle mie doti di attore non lo davo a vedere. Due rifiuti in una sera non li posso reggere. Già mi dispiace per la malcapitata che accetterà di passare la notte con me, in fondo ho una parte da mantenere, e i bravi attori non cedono mai…
Un ultimo sguardo alla sala e scelgo la terza vittima rimpiangendo di aver lasciato la panterona a mio fratello. Gli occhi mi cadono su una gotica: capelli viola, trucco pesante e bustino steccato in pizzo nero su gonna di tulle… mmm una specie di gothic lolita, mi piace l’idea. Faccio la proposta anche a lei chee non se lo fa ripetere due volte. Rivolge un sorriso trionfante alle altre echelon, che ora hanno tutte un’aria incazzata e delusa, ignara di quello che le capiterà di lì a poco. Le tendo una mano e lei l’ afferra convinta di aver fatto tredici e inconsapevole che sta per scendere all’inferno.
 
Andiamo nella mia camera d’albergo e ordiniamo dei drink dal servizio in camera. La gotica, che ha detto di chimarsi Elisa, Elisabetta, Isabella o qualcosa di simile gironzola per la stanza facendo commenti di apprezzamento alla mia suite con letto king size in un inglese improbabile, che comprendo appena. Ma non m’interessa, in mente ho ancora lei: la gatta selvatica dagli occhi verdi e il pelo fulvo. E poi per quello che mi serve la sua irrisoria comprensione dell’inglese mi basta e mi avanza. Arrivano i drink, li sorseggiamo guardandoci negli occhi: i suoi sono carichi di aspettativa, i miei di impazienza e rabbia. Pagherà lei a causa della gatta. Finisce il suo drink e poggia il suo bicchiere sul tavolinetto di cristallo con un tonfo cristallino, poi mi fissa con i suoi occhi neri e penetranti:«Ho sentito molti racconti interessanti sul tuo conto dal punto di vista di amante e sono pronta a tutto. Sono pronta ad accettare tutto quello che vorrai farmi. Il mio scopo è il tuo piacere.»
Sono stupito da quelle parole, dette perfettamente e con risolutezza, di sicuro era un discorso preparato in previsione di un mio approccio. Ma non sa quello che mi sta chiedendo, non sa quello che la attende veramente, o forse sì. Forse lo immagina, conoscendo la mia fama, e vuole avere un assaggio di quello che posso fare, da fan devota quale è. Ma non sa che voglio servirgli tutto il pasto.
Mi muovo repentino: butto il mio bicchiere svuotato in un sorso sull’altro divano e le salto addosso, schiacciandola contro lo schienale del divano ed infilandole direttamente una mano sotto la gonna, senza tanti complimenti. La bacio con foga e senza tante cerimonie mentre la mia mano continua a frugare e già la sento gemere contro le mie labbra, ma è troppo presto. Mi stacco da lei e mi tiro in piedi:«Sei troppo vestita.»
Le sfilo la gonna lasciandola in bustier, mutande di pizzo nero e anfibi. «Ancora non va, mettiti queste.» le dico lanciandole un paio di décolleté di pelle nera con tacco vertiginoso. Le indossa ma ancora non è come la voglio. «Voltati e appoggia le mani sul muro» le dico. Lei esegue con un sorrisetto. La sculaccio, non troppo forte e geme di piacere. «Sssh…» le sussurro in tono minaccioso «Hai un bel culo sai?». Poi le slaccio un poco i nastri del bustier e glieli stringo di nuovo, solo molto più stretti di prima e il risultato è divino: la vita sembra più sottile, mentre il seno più prorompente:«Mmmmm, così vai bene, ora possiamo giocare sul serio…»
«Oh si ti prego!» mi implora, ma quelle parole scatenano un altro schiaffo sul suo sedere.
«Ho detto sssh!» le intimo e in quel momento i suoi occhi neri sembrano in fiamme, facendomi venire in mente un altro fuoco, ma verde, di rabbia… scaccio dalla mente quel pensiero e torno a concentrarmi su questa ragazza.
«Che ne dici di divertirci sul balcone? Siamo al quindicesimo piano, quindi abbastanza in alto, nessuno puo’ vederci, basta che non urli e tutto passerà inosservato…»
Lei annuisce in risposta, non emette un suono per paura di un nuovo schiaffo.
«Brava bambina.» La guido sul balcone e la faccio inginocchiare davanti alla ringhiera e le dico di rimanere così, inginocchiata con le mani sulla ringhiera. Torno in camera e recupero dal mio armadio i ferri del mestiere e torno da lei. Le faccio vedere cosa ho portato:«Guarda cosa ho portato, ti va ancora di continuare o te ne vuoi andare?» Annuisce. «Vuoi restare?» Annuisce. «Brava bambina.»
Le lego i polsi con le manette alla ringhiera e poi mi appresto a metterle in bocca il morso per cavalli in gomma, così da scongiurare grida e quant’altro. Poco prima di infilarglielo vedo i suoi occhi dilatarsi:«Sono gli oggetti di scena di Hurricane!» le sfugge dalle labbra. La mia reazione è immediata: le do uno schiaffo e la ammonisco :«Per il tuo bene continua a fare la brava bambina…»
Certo che per riconoscere gli oggetti di scena di Hurricane è proprio una fan scatenata… comunque continuo con il mio giochetto: le infilo il morso e poi i paraocchi.
La accarezzo per tutto il corpo, posandole baci ovunque e sentendola rabbrividire e gemere, poi, inizio il mio gioco.
 
La mattina dopo mi sveglio sul king size con la ragazza dai capelli viola accanto a me. Siamo entrambi nudi, così la osservo meglio. Le sono rimasti addosso solo pochi segni: un lieve cerchio rosso dove battevano le manette, dei lividi sui fianchi dove mi ero aggrappato per spingere meglio e qualche segno di morso qua e là, ma niente di permanente o preoccupante.
I sensi di colpa mi assalgono come sempre dopo una notte di sesso così. Perché ho fatto questo ad una ragazza che in fondo ha un animo dolce? Perché ho fatto questo ad una echelon, una componente della mia grande famiglia, talmente tanto affezionata da accettare di subire questo solo per soddisfarmi?
Mi viene voglia di svegliarla, chiedere scusa per tutto, cercare di conoscerla e magari innamorarmi di lei e mettere una pezza su quello che le ho fatto e alzo una mano per eseguire, ma lei mormora qualcosa nel sonno e si volta e io torno in me. Cosa mi è venuto in mente? Ho una parte da recitare e mantenere e devo fare di tutto per riuscire nel mio scopo, così mi vesto, le lascio dei soldi accanto a lei con un biglietto, poche righe incisive: Puoi restare finché vuoi, utilizzare tutto ciò che vuoi e sfruttare il servizio in camera, è tutto pagato. Eccoti dei soldi per tornare a casa, puoi tenere il resto.
Freddo, impersonale e distaccato, ecco come devo essere. Esco dalla stanza e mi rifugio in camera di Tomo, dove è sicuro che non troverò nessuna ragazza in fase dopo sesso, ma solo un amico che mi conosce per quello che sono con cui sfogarmi.
Un pensiero però continua a battermi in testa insistente da ieri sera e mi ha accompagnato durante tutta la notte, specialmente nei momenti più cruenti, è stato quel pensiero ad alimentare il mio fuoco interiore e a suggerirmi cose: la gatta dagli occhi smeraldo e il pelo fulvo.
 
 
Uao ragazzi! 34 visite e una recensione! Sono stupita! Grazie a tutti quelli che hanno letto anche solo di sfuggita la mia prima storia e un grazie speciale va a Angel30 che mi ha recensito!*-*
Continuate a seguirmi e a recensirmi, e dato che è la mia ff, sono apertissima anche alle critiche, in fondo sono quelle che fanno migliorare, non solo i complimenti!^-^
 
 

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Capitolo 3
*** 3- Mary 2 ***


Finalmente tornata alla normalità dopo il casino del concerto e una bella strigliata da parte di Elena, in cui mi accusava di aver maltrattato uno dei suoi idoli e altre cose senza senso. L’ho ascoltata senza dire una parola, con un espressione neutra, cercando di farle capire che quello che mi stava dicendo non mi faceva ne caldo ne freddo, ma lei continuava imperterrita. Se non fosse stata la mia migliore amica fin dall’asilo…
Questa mattina mi sono svegliata come tutte le mattine, mi sono vestita e mentre andavo al lavoro mi sono fermata al mio bar di fiducia per prendere il solito: due cappuccini a portar via, un cornetto alla nutella per me e uno alla ciliegia per Chiara, la mia fidata assistente, e poi mi sono diretta all’atelier: non ho tempo da perdere il lavoro è molto e già ho perso tempo per quello stupido concerto. Il concerto… due torbidi occhi di ghiaccio che dietro nascondono un mondo… no. Basta pensarci, un essere del genere non merita nulla da me, neanche un pensiero di più.
Dal bar all’atelier sono solo pochi minuti di camminata veloce, infatti quando arrivo la colazione è ancora bollente. Entro, tirando un sospiro di sollievo alla vista di tutti gli attrezzi di lavoro già pronti all’utilizzo e il modello già messo sul manichino. Chiara sa il fatto suo e sa come muoversi per facilitarmi il compito e velocizzare i tempi.
Il mio lavoro consiste nel creare capi su commissione, dagli abiti dei bambini ai vestiti da sposa, passando per costumi, pigiami e quant’altro. Ho iniziato lavorando dai diciannove anni fino ai ventuno insieme ad un’altra sarta per affinare la tecnica che mi avevano insegnato mia madre e le mie nonne, dopodiché mi sono messa in proprio aprendo La rose Atelier, ora vengono anche dall’estero per commissionarmi capi su misura. A volte anche alcuni stilisti famosi mi mandano alcuni dei loro clienti più esigenti e per le mie mani è passata anche qualche star tra le più famose. Non è raro che qualche vip passi per farsi un’idea di quello che so fare, avendo sentito di me da qualche amico, e poi rimasto stupito mi commissiona qualcosa. Le foto autografate dei loro abiti sono tutte appese su una delle poche pareti libere dell’atelier.
In questo preciso momento sto lavorando su un vestito commissionatomi da una ricca futura sposina italiana, che sposandosi in riva al lago ha ben deciso di desiderare un vestito che la faccia sembrare una ninfa del lago e alla mia precisazione «Intende dire una Limnìade?» ha ben risposto con occhi sognanti:«Sisi, il modello che ti pare, basta che sembro una cosa eterea e perfetta…»
Grazie al cielo, essendo un’appassionata di miti greci, l’ispirazione non mi è mancata e due giorni dopo avevo già pronta la base dell’abito, la cosa difficile è la decorazione: tutte goccioline di swarovsky sul corpetto e sulla fine della gonna. Sotto il sole dovrebbero sembrare come tante goccioline di acqua, così che la sposa sembri appena emersa proprio dall’acqua. Devo dire che è uno dei vestiti più belli che io abbia mai creato, anche se l’applicazione manuale degli strass è una cosa che mi sta richiedendo molto tempo, e tra sole quattro ore arriverà la sposa per la prova finale… rabbrividisco al pensiero di quella gallina bionda che non trova il suo vestito pronto e con uno sbuffo chiamo Chiara, che di sicuro è affaccendata in magazzino:«Tesoro! È arrivata la colazione!», non se lo fa ripetere due volte e pochi secondi dopo in un turbinio di ricci biondi arriva la mia assistente preferita. «Grazie, ma sbrighiamoci, altrimenti ci tocca ascoltare la gallina isterica anche oggi!» e alza gli occhi al cielo con rassegnazione. Le regalo un sorrisetto complice e poi ci buttiamo sulla colazione, consce che passeranno almeno altre sei ore prima che possiamo toccare altro cibo a causa del lavoro.
Ci mettiamo all’opera e noto che in mia assenza Chiara ha fatto da sola:«Uao sei stata bravissima! Neanche un errore o una sbafatura, tra un po’ mi ruberai il lavoro!» le dico entusiasta strizzandole l’occhio.
Lei arrossisce e si schernisce:«Con una maestra come te è difficile non imparare e poi, ho dovuto farlo, altrimenti per oggi non sarebbe mai stato pronto in tempo!Mi è bastato seguire il disegno che avevi già fatto tu… a proposito, come è andato il concerto? Racconta un po’!»
Un velo nero deve adombrarmi gli occhi perché la vedo tirare il fiato e dire subito:«È successo qualcosa di strano? Ti prego, dimmi tutto!»
Con un sospiro un po’ teatrale mi metto al lavoro con ago, filo, colla e strass e inizio il racconto. Le racconto tutto, dalle mie impressioni sulle fan, sulla band, sulla musica, sui componenti della band, al fattaccio e poi taccio in attesa della sua risposta.
«Hai fatto bene così tesoro, non ascoltare Elena! Lei dice così solo perché di parte, non ci si regala così al primo galletto che si pensa di essere un dio solo perché orde di donne arrapate gli sbavano dietro, ma chi si crede di essere? Spero di non trovarmelo mai davanti!» snocciola velocemente con le guance in fiamme e gli occhi accesi per il fervore… ah si, Chiara è una fervente femminista, convinta che gli uomini sono tutti bastardi, e su questo ultimo punto di vista sono in pieno accordo…
Mi stringo nelle spalle, facendo vedere che non mi interessa per porre fine al discorso e mi rimetto al lavoro sull’abito, mentre Chiara si dedica a risistemare gli appuntamenti della settimana e all’organizzazione del lavoro e degli eventi… tra due mesi abbiamo anche una piccola sfilata privata per pochi fortunati ed è ancora tutto da preparare!
Ci vuole tempo per sistemare tutti gli strass, ma una volta preso il ritmo, il lavoro scorre veloce e dopo due ore mi ritrovo quasi alla fine del lavoro. Chiara invece ha terminato e si alza dalla scrivania stiracchiandosi:«Vado a dare una sistemata al magazzino, che è un completo disastro, ti dispiace se nel frattempo accendo la radio? Mi piace lavorare con un po’ di chiacchiericcio di sottofondo e tu sei troppo presa per parlare!»
Mi stiracchio anch’io, concedendomi una breve pausa per sgranchire le braccia:«Nono, fai pure, non mi dispiace avere un po’ di sottofondo!»
Accende la radio e mi rimetto al lavoro, non prestando orecchio a quello che stanno passando. Dopo un po’ capto qualche parola e riemergo dalla bolla che mi creo in genere quando lavoro:«Ed ora ecco il nuovo  singolo dei 30 seconds to mars, ascoltatelo e godetevelo!» dice entusiasta l’annunciatrice.
Oh no, adesso devo sopportarmeli anche qui! Parte la canzone e dopo un po’ irrompe la potente voce del cantante. Mi stupisco nell’accorgermi che sono presa da quella musica: devo ammettere che è molto bella, chissà se l’hanno fatta al concerto… No, argomento proibito. Torno al lavoro, ma è una tortura, perché ogni singolo strass che posiziono mi fa pensare al ghiaccio e il ghiaccio a… no, basta così. Cerco di concentrarmi di nuovo e quando finisce la canzone grazie al cielo ci riesco di nuovo.
Un’ora e mezza dopo ho finito di lavorare e posiziono l’abito sul manichino di presentazione ad asciugare, tra una mezz’ora dovrebbe arrivare la gallina.
Passa la mezz’ora e puntuale come un orologio la bionda entra starnazzando:«Dov’è il mio splendore?» La faccio accomodare e le mostro il vestito indossato dal manichino, beandomi della sua faccia stupita. «È stupendo, devo assolutamente provarlo… è perfetto, come lo volevo io.» Sembra in trance così la accompagno in camerino e la aiuto a provarlo. Devo ammettere che le sta d’incanto, anche perché fisicamente è perfetta, se non fosse per l’assenza di cervello…
«Questo è come l’ho pensato e sei perfetta, ma se vuoi essere ancora più ‘brillante’ ho pensato che posso anche farti un coprispalle in tulle trasparente ricoperto degli stessi strass dal vestito, così sembrerai totalmente ricoperta di gocce di rugiada… oppure ci sono degli strass particolari che si possono applicare direttamente sulla pelle, sono ancora più d’effetto a mio avviso, parlane con il tuo truccatore o estetista di fiducia… per quanto riguarda i capelli puoi abboccolarli e lasciarli sciolti, preparerò io stessa dei fermagli a tema da applicare qui e lì sempre per mantenere l’effetto gocce di lago…»
Lei mi ascolta ma solo a metà, troppo presa dal suo abito da sposa. Lacrime di gioia le solcano il viso:«Oddio, è perfetto grazie… Hai realizzato un sogno!» e mi butta le braccia al collo piangendo dalla gioia, ci sono abituata, con le spose è routine…
«Ok, grazie per i complimenti, ma ora basta, altrimenti lo rovinerai prima del tempo!» le dico indulgente, passandole un fazzoletto di seta, li teniamo apposta per queste occasioni.
Finito il teatrino la sposa se ne va e io mi accingo a rimettere apposto l’abito, quando Chiara esce di getto dal camerino e dice:«Provalo ti prego! Da quando lo hai fatto ho pensato che fosse l’abito perfetto per te, devi assolutamente provarlo e farteci una foto, più o meno è anche la tua taglia no?»
La guardo stupita:«Ma cosa dici? È il vestito di una cliente, non posso farlo!»
«Ti prego! Per una volta sola! Il tempo di una foto e via!» mi fa gli occhi dolci e non so resisterle, in fondo è la mia creazione migliore forse, nonostante la sua semplicità, e vorrei quasi che la sposa lo avesse rifiutato per poterlo tenere per me…
«Ok, ma una cosa veloce, mi raccomando!» cedo con un sorriso.
«Siiiiiii! Tanto abbiamo tutto il tempo che vogliamo, per oggi non abbiamo più appuntamenti!» sembra una bimba nel giorno di Natale e mi strappa un sorriso tenero. Mi segue nel camerino e mi aiuta ad indossarlo. La seta argentea sulla mia pelle è una carezza lasciva… per riuscire ad abbottonarlo devo togliermi il reggiseno, per fortuna l’ho strutturato in modo che il corpetto ha anche questa funzione all’occorrenza. Ancora non so come sto, ma la faccia ammirata di Chiara è già un segnale rivelatore. Infilo i tacchi di prova ed esco nell’atelier, dove c’è l’unico specchio di tutto il negozio a parete intera. Salgo sulla pedana e poi ho il coraggio di guardare il mio riflesso e… resto senza fiato. Quasi non mi riconosco. Il vestito a taglio impero si sposa perfettamente con le mie forme, dall’arricciatura sotto al seno che me lo risalta alla lunghissima gonna che parte subito sotto e si prolunga in uno strascico che mi slancia, per non parlare del colore poi, di un argento puro, che risalta i miei colori naturali: la pelle di porcellana spruzzata di lentiggini, gli occhi verdi e i ricci tiziano. Gli strass sono perfetti e sembrano veramente gocce di rugiada… non riesco a staccare gli occhi dalla me riflessa, che sembra così diversa dalla me stessa originaria, nonostante è la stessa persona.
Sono assorta e solo lo scampanellio della porta che si apre mi riporta alla realtà:«Buonasera, so che non ho un appuntamento, ma mi trovavo in città e ho deciso su consiglio di un amico di venire a dare un’occhiata, avrei bisogno di uno smoking importante…» è la voce di un uomo, bellissima e americana… ci rifletto un attimo e mi sembra di averla già sentita… prima urlante e poi sexy, sommessa…
Oh no.



Terzo capitolo, parla Mary e abbiamo scoperto qualcosa di più sul suo conto, io insieme a voi! Chissà cosa accadrà nel quarto!
Comunque volevo ringraziarvi, perché se state leggendo questo vuol dire anche che avete letto i capitoli precedenti e che quindi avete trovato la storia interessante, quindi a te che stai leggendo: GRAZIE di cuore!
Inoltre volevo fare un ringraziamento speciale a chi ha messo la mia ff tra le seguite e soprattutto a TataLoveBSGD30 che mi ha messo tra le preferite, grazie mille! Non mi aspettavo proprio di finire tra le preferite di chicchessia al secondo capitolo della mia prima ff! Siete mitici!!!



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Capitolo 4
*** 4- Jared 2 ***


Un lampo infuocato ed argentato, una moltitudine brillante e poi quegli occhi verdi che subito si piantano nei miei.
«Tu.» una parola, mille accuse, mille significati e mille stilettate al cuore, anche se non capisco il perché.
Recupero la mia maschera fredda:«Di nuovo tu», la soppeso bene da capo a piedi e devo ammettere che è davvero mozzafiato, con l’abito che indossa, aspetta… ma è un abito da sposa.
«Ah e così sei una novella sposina», sento il gelo insinuarsi nella mia voce: si deve sposare ed è per questo che mi ha rifiutato, non ho diritti su di lei.
Un lampo di non so che cosa le brilla negli occhi verdi:«Si, mi sposo la settimana prossima, qualche problema?», c’è sfida nella sua voce, ma vedo la ragazza bionda che la sta aiutando (gran bel bocconcino) sgranare gli occhi e trattenere il fiato. Lei le lancia un’occhiata inteneritrice, ad intimargli di tacere. Poi le si rivolge in italiano, dicendole veloci parole per me incomprensibili e si ritira nel camerino, forse per cambiarsi.
«Mi scusi, desidera qualcosa?» mi dice la ragazza bionda in un inglese appena accettabile.
«Si, volevo vedere alcuni dei vostri modelli per farmi un’idea e forse ordinarne uno. Parto tra una settimana, se dovessi ordinare oggi, sarà pronto per quella data?» le dico parlando lentamente e scandendo bene le parole per aiutarla a comprendermi. Non sembra aver afferrato tutto, ma il senso generale si, quindi si apre in un sorriso e mi dice:«Prendo subito il campionario signore, e comunque in una settimana di solito ne facciamo anche quattro di completi… è un completo che vuole, giusto Mr… ?»
«Mr Leto grazie, mi chiamo Jared Leto, piacere di conoscerla. Comunque si, ho bisogno di un completo, tra meno di un mese ho una festa molto esclusiva e vorrei essere impeccabile. Ho sentito parlare molto bene del vostro atelier, dicono che la donna che lo dirige abbia le mani d’oro, e a giudicare da quel vestito da sposa di prima, ci credo.» le rispondo con cortesia sorridendole, ma noto che non mi sta ascoltando, è concentrata su altro. «Piacere di conoscerla Mr Leto, io sono Chiara e sarò la sua assistente» dice tendendomi la mano, ma stando con la testa da un’altra parte. Io la stringo e quando la lascio una scintilla di comprensione le attraversa il volto, subito sostituita da un’espressione arrabbiata:«E cosi tu saresti quel Jared Leto, il cantante pervertito! Ecco perché Mary ha reagito così! Ma non ti vergogni neanche un po’ eh…» e da qui è passata all’italiano e io non ci capisco più nulla, anche se sono convintissimo che mi abbia rifilato una sfilza interminabile di insulti molto coloriti. Non so cosa fare, l’unica cosa è stare zitto e alzare le mani in segno di pace all’altezza del petto, così magari se decide di attaccarmi a schiaffi so come ripararmi. Dopo un minuto buono di incasso insulti, finalmente la rossa riemerge dal camerino con addosso una paio di semplici jeans e una t-shirt nera. «Chiara! Smettila, ora! Non si tratta così un cliente, qualsiasi cosa egli abbia fatto!» la riprende in italiano e poi in inglese per farmi capire qualcosa anche a me. Poi con un sorriso finto e freddo si volta verso di me:«Allora Mr Leto, cosa posso fare per lei? Aveva già qualche idea in mente, anche solo sommaria?»
La guardo interdetto, ma non era solo una sposina? Sorride indulgente, come si sorride ai bambini che non capiscono ciò che gli si sta dicendo, un sorriso che però le incurva solo lebbra e non le tocca gli occhi, rimasti freddi e impassibili:«Mi scusi, mi permetta di presentarmi: sono Maria La Rosa, fondatrice, proprietaria, stilista e prima sarta di questo atelier.» Mi tende la mano e gliela stringo, sentendola fredda, proprio come i suoi occhi.
Mi schiarisco la gola:«Volevo un completo per una festa elegante in maschera, è una cosa molto chic, vorrei fare un’ottima impressione…»
Mi guarda pensierosa:«Ho già in mente un’idea… comunque se desidera noi creiamo anche gli accessori, in questo caso la maschera, oppure la ordiniamo su commissione dal nostro artigiano di fiducia, non è la prima volta che ci viene fatta questa richiesta…»
La guardo con un sorriso, cerco di ricominciare da capo il nostro rapporto:«Sono curioso di vedere cosa hai in mente». Mi sorride di rimando e questa volta il sorriso raggiunge gli occhi, ma capisco che non è per me, ma è per l’eccitazione della sfida.
«Dammi cinque minuti e ti preparo il modellino su carta. Nel frattempo puoi accomodarti sul divano in pelle nell’angolo, Chiara, la mia assistente, provvederà ai suoi bisogni» dice sedendosi ad una scrivania stile vittoriano di un bel colore azzurro cielo e prendendo il materiale da disegno. Si sistema e poi aggiunge qualcosa rivolta alla sua assistente in italiano, che ovviamente io non capisco. Si mette al lavoro a testa china, sembra imperturbabile. Subito Chiara mi si avvicina offrendomi qualsiasi cosa da bere e da mangiare e io accetto solo una tazza di thè, che sorseggio osservando la stilista all’opera. Cinque minuti dopo alza la testa trionfante e appende i disegni ad un sostegno verticale:«Allora, questa è la mia idea: completo nero semplice dal taglio moderno con cravatta sottile e camicia rosso sangue e questo è lo schizzo della maschera…», me lo porge e lo osservo per un attimo, è nera dal taglio classico, ma sono i dettagli a renderla speciale: intorno ai buchi degli occhi c’è una fila di swarovsky neri, che una volta addosso aiuteranno a rendere i miei occhi ancora più azzurri e glaciali, e poi schizzate qua e là ci sono chiazze di rosso di grandezze variabili, che simboleggiano come… sangue. «Un vampiro…» mormoro sorpreso.
«Si esatto è quella la mia idea, e poi cambiando gli accessori, il completo sarà riutilizzabile», mi guarda in attesa. Non so come abbia fatto, ma in cinque minuti ha captato perfettamente l’idea che avevo in mente, sono stupito, gliela devo dare vinta. «Lo adoro, è semplice ma particolare allo stesso tempo, con un tocco chic, è proprio quello che avevo in mente, lo prendo.», mi sorride e questa volta veramente.
«Bene, e allora in camerino per le misurazioni!» non mi da il tempo di ribattere e mi trascina in camerino, mi fa togliere la giacca, la felpa e le scarpe, cercando di togliere più strati possibili tra il metro e la pelle e poi tira fuori un elegante metro nero tacchettato bianco. In questo atelier anche il metro ha carattere, penso sogghignando. «Stia fermo per favore» mi minaccia l’artista.
«Dammi del tu per favore…» ci riprovo e subito la sento irrigidirsi. La sua mascella si contrae e i suoi occhi, per un attimo caldi, tornano due smeraldi ghiacciati. «La prego, non mi costringa a rinunciare a questo progetto, in quattro anni che sgobbo in proprio non mi è mai accaduto.» ha un tono di rimprovero.
Ok, proprio non vuole darmela vinta… ma ho una settimana per sfiancarla e deve essere mia, ancora deve esistere la ragazza che mi dice di no.
Finisce di prendere le misure ancora tesa e poi mi congeda velocemente, come a levarmisi di torno:«Ci vediamo tra tre giorni per la prova generale, dovrebbe essere pronta anche la maschera, a quel punto un altro giorno e il completo sarà tuo. Il prezzo lo stabilirò in questi giorni e te lo farò sapere alla prova…»
«Aspetta! La mia offerta per un drink è ancora valida, ti andrebbe di accettare per favore?» la sua pelle di porcellana si arrossa per la rabbia e alza un dito indicandomi la porta.
«Ci vediamo tra tre giorni, buona serata e grazie per aver scelto La Rose Atelier», il ghiaccio è l’inflessione principale della sua voce.
Ho corso troppo e me ne pento. In questo preciso istante vorrei stringerla tra le braccia, vestirla di nuovo di quello splendore argenteo e portarla nei posti più belli del mondo e poi portarla nel mio letto ed amarla dolcemente, dischiudere le sue labbra e i suoi pensieri più profondi, comprendere la sua freddezza e magari guarire le sue ferite nascoste riempiendola di baci e d’amore… no. Non posso e non posso neanche pensarci un secondo di più a queste cavolate dolci, devo mantenere la mia maschera, che forse è molto più tenebrosa e intrisa di sangue di quella che le sue mani hanno creato apposta per me. La mia maschera mi fa pensare diversamente, ora vorrei prenderla, trascinarla per quei capelli  di fuoco nella mia stanza e punirla, punirla per i suoi sguardi freddi, per la sua indifferenza, per i suoi rifiuti, perché mi tratta male. Non gliela farei passare liscia, ma ci giocherei ampiamente utilizzando tutti i giochetti che mi porto dietro.
Sento la familiare freddezza che accompagna la maschera insinuarsi dentro di me, controllare i miei pensieri, instillandomene di terribili. Sento la freddezza spandersi dentro di me, nel mio cuore, nel mio corpo, nella mia mente, nel mio viso… nei miei occhi. La guardo e la vedo rabbrividire per la prima volta da quando mi sta sfidando. Non credo che sia riuscita a vedere il torbido che si nasconde dietro il mio viso angelico, forse è solo una reazione ai miei occhi, ghiacciati ulteriormente dalla maschera che mi acceca.
La guardo dall’alto in basso per qualche secondo aspettando che lei abbassi il dito, ripensandoci e dicendomi di sì impaurita dalla mia reazione, ma quell’attimo vacillante è passato. Vedo la determinazione riconquistare i suoi occhi, vedo la sua testa alzarsi in gesto di sfida, qui comando io sembra dire. E infine, vedo i suoi occhi incendiarsi di un fuoco smeraldo, determinato e implacabile. Per questa volta decido di arrendermi, così saluto l’assistente, troppo presa da telefonate di lavoro per ordinare le stoffe e i materiali per il mio vestito tanto che non si è accorta della nostra scaramuccia per lo più silenziosa, che mi risponde con un cenno appena cortese del capo e poi mi dirigo alla porta, non prima però di aver sussurrato alla diretta interessata:«Non finisce qui…»
 



Uao, quarto capitolo e Jared diventa uno squilibrato, chissà cosa succederà nel quinto! Ci saranno nuovi sviluppi? Boh, staremo a vedere!
Comunque colgo di nuovo l’occasione per ringraziare chiunque mi abbia messo nelle ricordate, seguite e soprattutto preferite, per non parlare poi di chi mi ha recensito, grazie mille veramente e tutti voi!^^
Ultima cosa!^^ Vi chiedo per favore di recensire, qualsiasi sia il vostro giudizio! Accetto anche le critiche, anzi forse più dei complimenti, in fondo è da esse che si impara e io voglio perfezionarmi il più possibile!!!
Beh se stai leggendo questo, vuol dire che hai letto anche i capitoli dietro e ciò vuol dire che sei un grande!Grazie mille per il supporto!<3

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Capitolo 5
*** 5- Mary 3 ***


Ok ragazzi,no,non sono morta,quindi non ho scuse per l’immane ritardo della consegna di questo capitolo!è stato un capitolo molto difficile da scrivere in quanto ha preso una piega molto molto diversa da quello che avevo in mente,praticamente si è scritto da solo,ma non in senso che è stato facile da scrivere,ma in senso che ha deciso lui cosa dovesse raccontare!Vabbè,al di là di tutto spero vi piaccia! Buona lettura!^^




-Non finisce qui…- mi sussurrò andandosene.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso e mi salì una rabbia assurda che sfogai mettendomi subito al lavoro sul suo vestito e sulle rifiniture dell’abito da sposa lavorando tutta la notte e fermandomi solo per fare incetta di caffè o per andare in bagno. Il risultato fu che il giorno dopo, arrivando al lavoro, Chiara mi trovò stanca morta e con due occhiaie spaventose,risaltate ancor di più dalla mia carnagione naturalmente pallida. Almeno la rabbia era passata e per un po’ avevo dimenticato quei glaciali occhi azzurri che passavano dalla dolcezza alla durezza nello spazio di un battito di ciglia.
-Tesoro vai a casa a riposarti,in fondo sei già a buon punto!- disse porgendomi la colazione (facevamo a turno a prenderla) e indicando il coprispalle,i fermagli e la camicia di seta rossa già finiti e i vari pezzi del completo già tagliati e pronti per essere assemblati.
Stavo per risponderle che avrei schiacciato un pisolino dietro al magazzino,dove c’era un letto apri e chiudi apposta per quelle occasioni (mi capitava spesso di fare nottata in atelier),quando entrò il postino. -Buongiorno signorina Maria,signorina Chiara!-
-Buongiorno signor Pietro!Che cosa mi hai portato oggi di bello?Scommetto… bollette!- gli risposi con un sorriso. Il signor Pietro era sempre stato così gentile e premuroso con me che lo consideravo il nonno che non avevo mai conosciuto,e poi era anche la prima persona che avevo conosciuto quando mi ero trasferita ed avevo aperto l’atelier,dopo quel periodo buio al quale non volevo pensare mai più.
-Uhm,vediamo un po’… bolletta… bolletta… bolletta… busta misteriosa!- disse consegnandomi le buste una ad una e dandomi per ultima una busta rossa bella pesante, chiusa con della ceralacca nera. La osservai bene e riconobbi il simbolo impresso sulla ceralacca:era l’invito ad un ballo,quel simbolo era inequivocabile.
-A quanto pare questa lettera era stata recapitata per sbaglio alla signora Maddalena,che era in vacanza ed è tornata solo ieri!Mi scuso per il ritardo,ma il nuovo postino ancora non è molto esperto e a quanto pare ha fatto solo danni durante il mio giorno di riposo!Spero non fosse urgente!- disse agitato e sconsolato allo stesso tempo.
-Non preoccuparti,non è colpa tua!Piuttosto ti andrebbe un bel cappuccino con un cornetto?Volevo sgranchirmi un po’ le gambe e cosa c’è di meglio che una bella passeggiata verso il bar?- gli risposi con un sorriso dolce per fargli capire che non c’erano problemi e la faccenda lettera smarrita era chiusa. Lui accettò, sollevato dal fatto che non fossi minimamente arrabbiata. Uscendo rivolsi uno sguardo di scuse a Chiara per non aver mangiato la colazione che mi aveva portato,ma lei mi sorrise e mi fece l’occhiolino:ero perdonata. Mentre percorrevamo il breve tragitto verso il bar,sentivo lo sguardo indagatore del signor Pietro addosso e fui sicura stesse osservando le mie occhiaie:appena arrivati al bar mi sarebbe toccata una bella ramanzina riguardo alle mie straballate abitudini lavorative.
A quel pensiero mi si stampò un sorrisone ebete in faccia e la mia giornata subito migliorò:era bello sapere che qualcuno che non condivideva i tuoi stessi geni si preoccupava per te quando neanche alla tua famiglia importava più niente…
Facemmo colazione e io mi subii la predica in silenzio,riconoscendo le mie colpe,ovvero una tendenza allo stacanovismo e all’alienazione dal mondo all’aria aperta. Non potevo ribattere,era vero, ma quella era l’unica cosa che mi permetteva di andare avanti,di non cadere di nuovo nel mio passato. Dovevo lavorare,tenermi occupata,organizzare cose in un modo quasi maniacale,non potevo farne a meno. A volte guardandomi nello specchio mi vedevo pallida e smunta,con gli zigomi che volevano quasi bucare la pelle,soprattutto durante i periodi delle sfilate o quando avevo ordinazioni consistenti. In quei momenti provavo pena per il mio povero corpo che un tempo era sempre perfetto,con la giusta quantità di carne a coprire le ossa e una salutare sfumatura rosata sulle guance che risaltava le lentiggini che vi avevo sparse. Ero bella lo stesso,ne ero consapevole (in fondo spesso gli stilisti mi chiedevano di fare la modella d’eccezione per loro ma io rifiutavo sempre) ma era una bellezza triste in confronto a quella che ero un tempo,con un sorriso sempre sulle labbra e la voglia di credere nell’amore e nel prossimo che mi infiammava dal di dentro e mi spingeva a fare e a provare al massimo delle mie possibilità qualsiasi cosa mi passasse per la testa. Ero uno spirito libertino, facevo quel che volevo ed odiavo sentirmi ingabbiata,infatti non capivo come avevo fatto a ridurmi in quello stato… anzi no,lo capivo,ma non volevo ammetterlo,il mio passato era troppo opprimente e triste per continuare a pensarci e quindi a renderlo attuale. Nel mentre che mi perdevo in quei meandri spaventosi il signor Pietro aveva finito la sua predica e ora mi guardava preoccupato,vedendomi persa chissà dove:-Maria…-
Con un battito di ciglia tornai in me e prontamente mi stampai un finto sorriso radioso sulla labbra:-Scusami,stavo riflettendo sulle tue parole!hai ragione dovrei prendermi una bella pausa e credo proprio che lo farò!-
Gli sorrisi di nuovo,sinceramente quella volta però,poi finii il mio cappuccino e lo salutai,tornando poi a passo svelto all’atelier:avevo un piano.
Appena rientrai chiamai Chiara e le dissi di controllare tutti gli appuntamenti per le prossime due settimane e annullarli tutti tranne quelli strettamente inderogabili:fortunatamente solo uno era urgente e poteva sbrigarlo tranquillamente lei,dato che si trattava solo di un colloquio preliminare per un altro abito da sposa.
Dopodiché recuperai la busta rossa e la aprii,anche se in fondo già sapevo il suo esatto contenuto.

Non accetto No.
A.


Alexis era sempre puntuale e scriveva sempre le stesse identiche cose da ormai quattro anni,quindi quella busta rossa non era più una sorpresa per me,anzi,mi aiutava a ricordarmi che un altro anno era passato senza che io neanche me ne rendessi conto.
Insieme a quel succinto messaggio vergato a mano nella sua splendida calligrafia, nella busta c’erano anche: il bigliettino da visita di un hotel di Los Angeles;due biglietti aerei andata e ritorno sempre per L.A. e l’invito vero e proprio alla festa.
Altro anno,stessa storia… ormai ero ospite fissa della festa più esclusiva e ricercata di tutto il mondo dello spettacolo,alla quale venivano invitati solo gli attori,cantanti,stilisti e chiunque altro di famoso se lo fosse davvero meritato. La lista contava solo cento persone,la creme de la creme,e a quanto pare per Alexy,l’organizzatore della festa,lo ero.
Alexy era il mio mentore, uno degli stilisti più famosi del mondo,anche se nessuno,al di fuori del mondo della moda lo conosceva,perché lui non aveva una propria etichetta,ma lavorava con gli stilisti più famosi per aiutarli a creare le loro collezioni. Era lui che dettava le nuove mode e tutti gli altri stilisti,si adattavano ai suoi comandi. Era il regista e tutti gli altri gli attori.
Non avevo molta voglia di andarci,odiavo essere al centro dell’attenzione con tutti che mi si contendevano per avermi come collaboratrice,stilista di punta,modella d’eccezione,fiamma di turno… avevo sempre preferito starmene per conto mio,lavorare nel mio piccolo atelier,che comunque mi fruttava abbastanza,e continuare tranquilla la mia esistenza,ma avevo bisogno di una vacanza,me lo sentivo proprio nelle ossa che era il momento di staccare un po’, e cosa c’era di meglio di un bel viaggio pagato in un hotel di lusso di Los Angeles?
Erano cinque anni che non mi prendevo una vacanza,da quando avevo aperto l’atelier,e ora il mio corpo agognava riposo. Inoltre,c’era un biglietto in più a nome di Chiara,quindi lei sarebbe potuta venire con me,almeno per la settimana della festa,ed avrebbe potuto sorbirsi lei al mio posto tutte le persone che volevano parlare con me,per poi tornare e amministrare l’atelier in mia assenza nella seconda settimana.
Alexy aveva pensato proprio a tutto questa volta,sembrava quasi che si fosse sintonizzato con i miei pensieri…
-Chiara,che te ne pare di L.A.?- le chiesi un po’ sovrappensiero.
-La adoro,ho sempre desiderato visitarla…perché?- mi chiese incuriosita.
-Bene,allora prepara le valigie,tra una settimana spaccata partiamo!-
-CHE COSAAAAA???-urlò entusiasta come una bimba.
-Si,anche quest’anno Alexy mi ha invitato,ma a quanto pare ha pensato anche a te stavolta!- e le feci vedere il biglietto a nome suo.
Chiara andò fuori di testa e per tutto il giorno continuò a cantilenare:-Andrò a LA,andrò a LA!-
Il suo entusiasmo catturò anche me e così finii di lavorare al completo di Jared senza risentimento,la felicità per quella vacanza mi aveva tolto tutti i pensieri negativi che mi avevano attanagliato dal concerto.






Ok,se state leggendo qui presumibilmente avete letto il capitolo,o forse no e state solo leggendo questo!XD Comunque,se avete letto,come al solito vi dico che se non vi è piaciuto demolitemi,se invece lo avete gradito mi piacerebbe avere la vostra opinione,quindi recensite please!<3

p.s. Come avrete notato c’è stato sia un cambio di stile della scrittura che una maggiore attenzione agli errori e quantaltro e ciò perché contro ogni mia aspettativa la storia è piaciuta,quindi ho deciso di dargli più valore e non continuare a maltrattarla come invece stavo facendo! Noterete anche un impaginazione migliore e ciò è dovuto al fatto che io in realtà ho studiato l'html e sono una maga con esso,il problema era la mia sfaticataggine e la semplicità dell'editor html di efp!XD

-Mary

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Capitolo 6
*** 6- Jared 3 ***


Ebbene si, questa snaturata di pseudo-scrittrice è tornata tra voi con un nuovo capitolo dopo la bellezza di 3 mesi e mezzo di assenza! *si para da pomodori e altre cose che le arrivano* Chiedo umilmente perdono ragazzi, ma la mia ispirazione si è sparata un bel colpo in testa coadiuvata da università e esami vari! Spero mi perdoniate!
Nel frattempo che sbollite la rabbia eccovi il mio nuovo parto (e già, ogni capitolo di questa storia è peggio di un parto per me!) e ringraziate o maledite pure Shomlove (autore qui su Efp) per la mia ricomparsa sulle scene!XD Buona lettura!^^


Uscii dall’atelier arrabbiato come non mai, così mi misi a camminare senza meta per quella città sconosciuta riuscendo a pensare solo a quegli occhi duri come degli smeraldi che mi fissavano con odio.
Ok,magari non mi ero comportato al massimo delle mie capacità galanti,ma che senso aveva per trattarmi con così tanto odio?
C’era stato un momento, mentre era presa per l’entusiasmo del modello, che avevo visto un sorriso disegnarsi su quelle labbra, e non era un sorriso professionale, ma un sorriso vero, che le aveva illuminato il viso ,ammorbidendone le forme e rendendola ancora più bella. Avrei voluto averla con me in giro per quella città e farla sorridere di nuovo a quel modo,di una spensieratezza che la illuminava dall’interno, ma non potevo. Avevo preso una decisione e dovevo essere coerente.
Perso in quei pensieri i miei piedi mi portarono fino ad un parchetto con uno splendido laghetto, sembrava un posto incantato, così decisi di sedermi su una panchina vicino alla sponda e godermi quei raggi di sole di inizio marzo, ancora indecisi tra il freddo invernale e il tepore primaverile, che filtravano tra le fronde degli alberi circostanti il laghetto.
Una folata di un venticello gelido mi sfiorò strappandomi dai miei pensieri e riportandomi alla realtà, allora iniziai a guardarmi intorno con curiosità. Ai piedi degli alberi c’erano ancora delle tracce di neve residue e qua e là c’erano delle pigne sparse. Un sentiero di terra battuta passava lungo il lato più assolato del laghetto, invaso di foglie di ninfee e altre piante acquatiche. Poco più in là c’era un piccolo parco giochi con uno scivolo,delle altalene e altri giochi, dove dei bambini stavano giocando insieme ai loro genitori, che di sicuro avevano approfittato di quei timidi raggi di sole per passare del tempo all’aperto con i loro figli.
Amavo i bambini, in loro vedevo la speranza per il futuro e la purezza uniti alla loro ingenuità tipica e ciò mi commuoveva sempre, non per niente nei video che giravo per la mia band c’erano sempre dei bambini: in tanta miseria erano un raggio di sole.
Sentii un sorriso incresparmi le labbra e continuai ad osservare i bimbi giocare:mi davano un senso di pace. Un bimbo con i capelli lisci e castani, di massimo tre anni, stava in piedi sullo scivolo sbracciandosi e urlando con la sua vocetta qualcosa che a me arrivava attutito, e che comunque non avrei capito, e dopo si lasciò cadere e scivolare sullo scivolo. Poco prima che i suoi piedi toccassero terra però fu prontamente preso da una giovane donna con i lunghi capelli ramati, che gli diede un rapido bacio sulla fronte e dopo lo lanciò in alto ridendo. Il bimbo lanciò un gridolino gioioso e poi ricadde tra le braccia della mamma felice. Lei lo strinse forte e si voltò verso un uomo castano che era indubbiamente il padre del bimbo e quindi suo marito. Lui sorrise a entrambi e dopo li abbracciò, baciando teneramente la donna.
Subito immaginai me e Mary felici, con un bel bimbo a scaldare le nostre vite, ma fu un pessimo errore. Quell’immagine mentale mi cancellò il sorriso dalle labbra, facendomi salire un groppo alla gola e scaraventandomi di nuovo nel baratro dei pensieri tetri.
Rinforcai i miei Ray-ban,alzai il cappuccio per non farmi riconoscere dai tanto odiati paparazzi e a passo svelto tornai all’hotel.

-Tomooooooo!!!Apriiiiiimiiiiiii!!!- erano ormai cinque minuti che stavo bussando alla porta del mio collega, nonché mio migliore amico, senza ottenere risposta. -Dai Tomo,su!- Sicuramente era impegnato in una delle sue giornaliere telefonate mielose con sua moglie Vicky, che momentaneamente era dovuta rimanere a casa a causa del duo lavoro.
Sconsolato mi sedetti a terra con la schiena appoggiata alla porta: prima o poi sarebbe dovuto uscire.
-Hey bro, che cosa stai facendo lì a terra?- a quanto pare Shannon era appena rientrato da un giro in moto. -Niente fratello, aspetto che Santo Tomo si degni di darmi udienza! Avevo bisogno di chiacchierare un po’…- -Certo che siete proprio due adolescenti voi due! Sempre a chiacchierare e chiacchierare! Vieni con il tuo fratellone, che ci pensa lui a risistemarti, altro che ciarlare!- mi afferrò per un braccio rimettendomi in piedi e trascinandomi verso la mia stanza.
-Hai mezz’ora per prepararti per uscire, hai capito? MEZZ’ORA, trenta minuti, milleottocento secondi, né uno di più né uno di meno! Non fare i tuoi soliti ritardi epici perché i tuoi capelli non sono in riga, fregatene e tra mezz’ora ti voglio pronto!- e se ne andò nella sua stanza a prepararsi.
Shan che parlava così tanto era una rarità, sicuramente aveva individuato un nuovo locale che lo attirava talmente tanto che ora si sentiva come un bambino che doveva scartare un regalo. Ormai, dopo una vita insieme lo conoscevo.
Mi preparai molto più velocemente del solito dato che non prestavo la solita attenzione a capelli e abbinamento di vestiti: non avevo voglia di portarmi una donna in camera quella sera.
-Bro, scommetto che non sei pronto, muoviti!- disse Shan entrando nella stanza e restando stupito subito dopo –Uao, signori e signore, Jared Leto è pronto in orario!-
-Ok adesso basta! Già non ho voglia di uscire, non ci metto niente a bidonarti e a mettermi a letto!-
-Uhhh la signorina ha le sue cose!!!-
-Ok, adesso basta davvero!- mi ero arrabbiato, sul serio. Spinsi uno Shan stupito dal mio insolito scoppio di rabbia fuori dalla mia camera e sbattei la porta, iniziando subito a spogliarmi e infilandomi a letto.
Tempo di accoccolarmi sotto le coperte e subito una serie di colpi si abbattè sulla povera porta della mia stanza: Shan doveva essersi ripreso dallo stupore iniziale dovuto al mio insolito comportamento.
-Jared aprimi subito oppure sfondo la porta, è una promessa e sai che la manterrò!- la sua voce era a metà tra il frustrato e l’arrabbiato.
Lo ignorai.
-Ah, la principessa fa l’offesa? Bene, l’hai voluto tu, al tre sfondo tutto.- ci fu silenzio e poi –Uno…-
Lo scandì con lentezza, con quel suo tono minaccioso che mi faceva drizzare i peli dalla paura. Il suo tono già normalmente cavernoso assumeva una gravità che voleva solo dire ‘Stai in guardia, ti sto per spezzare in mille pezzettini’.
-Due…- mi districai velocemente dalle coperte e corsi alla porta, così com’ero: in mutande.
-Tr…-
Aprii appena in tempo, trovandomelo davanti in posizione da rugbista, pronto a dare una possente spallata alla povera porta della mia stanza.
-Ok, hai vinto: entra pure e tartassami di domande.-
Shannon generalmente non si impicciava molto della mia vita, a lui bastava captare le mie emozioni con il nostro speciale radar tra fratelli. Ero io che in genere gli raccontavo tutto ciò che volevo infilandomi nella sua stanza e parlandogli per ore. Lui preferiva così, voleva essere informato spontaneamente e non sottoporre ad interrogatori: era una persona riservata e rispettosa degli altri.
Però quando captava che c’erano problemi non esitava a mettermi sotto torchio e ad estrarmi tutti i più singoli dettagli, per poi discuterne e aiutare ad interpretare ogni più singolo dettaglio. Era un processo che aiutava molto, dando diversi punti di vista, ma in quell’istante non volevo essere aiutato, né tantomeno essere messo davanti ad un punto di vista razionale della realtà, essere messo davanti alla verità e alle mie emozioni reali nude e crude.
Preferivo tenermi le emozioni dentro, ben mascherate come solo l’attore che era in me sapeva fare.
Entrammo in camera in silenzio, Shannon si accomodò sul letto e con il telefono ordinò qualcosa dal servizio in camera, non sapevo cosa, ma sicuramente si trattava di roba forte. Nel frattempo che lui parlava con la reception io frugai nel mio guardaroba e ne tirai fuori una delle mie t-shirt preferite: bianca, stracciata su una spalla e con la scritta ‘TOO MUCH PRESSURE’ sul petto. Me la infilai e poi andai a sedermi accanto a mio fratello, in silenzio, pronto all’intensa seduta psicologica che mi stava attendendo.

Passò qualche minuto e Shannon stranamente ancora non aveva iniziato il discorso, mentre io continuavo a permanere nel mio silenzio, sicuramente non ansioso di confrontarmi con i miei dubbi e le mie paure.
Arrivò il servizio in camera e mio fratello non si mosse, così infilai un paio di pantaloncini e andai a ritirarlo io: erano i miei dolci preferiti, due bottiglie di vodka, una di whiskey e un secchiello con il ghiaccio.
Come al solito aveva capito tutto della situazione e si era premunito per affrontarla.
Addentai un dolce e versai due bicchieri di vodka, in uno misi tre cubetti di ghiaccio e un altro lo lasciai liscio. Porsi la vodka liscia a lui, che finalmente si mosse per prendere il bicchiere con un cenno affermativo e l’altro lo tenni per me.
Shannon tirò un sorso pensoso dal suo bicchiere poi con la sua voce bassa disse:-Allora, vuoi spiegarti oppure devo costringerti a parlare con la forza?-



Bene, come sempre se state leggendo qui forse avete letto tutto il capitolo oppure gli avete dato una scorsa veloce oppure lo avete bellamente ignorato, non so!XD Comunque mi piacerebbe sapere le vostre impressioni, sia positive che negative, che i vostri suggerimenti, quindi lasciate una recensione, che aspettate? Alla prossima!^^

Un bacio,
Mary

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