Il volo del corvo

di poison_pen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Tra le tenebre ***
Capitolo 2: *** Gli artigli del corvo #01 - Non disturbare ***
Capitolo 3: *** Gli artigli del corvo #02 - Non sono cattiva ***



Capitolo 1
*** Prologo - Tra le tenebre ***


E... si riparte.

Prima di tutto, un milione di scuse agli utenti che avevano messo questa storia nelle preferite, nelle ricordate o nelle seguite. Sono davvero, davvero mortificata.

L'ho riletta poche ore fa e mi sono messa a ridere da sola. Sul serio, io avrei scritto questa cosa? Ora, al di là delle recensioni positive ricevute, personalmente ho trovato decente solo l'introduzione. Il resto era del tutto inverosimile, collegato male e i dialoghi poco convincenti. Ora voi direte, che bisogno c'era di cancellarla, quando potevi solo modificarla? Giuro, ci avevo pensato, inizialmente, ma alla fine ho deciso di dare un taglio netto, dal momento che sarebbe stato estremamente frustrante e in un certo senso imbarazzante modificare a pezzettini l'intera trama ed invitarvi a rileggerla. Insomma, immaginate un attimo, pubblicare l'ennesimo capitolo e dire: “Ehm, per favore rileggetevi la storia, perché l'ho cambiata quasi completamente a causa della mia schizofrenia”.

Che posso dire, purtroppo mi metto molte volte – troppe – in discussione e ritorno quasi sempre sulle decisioni prese, specie in questo periodo. Mi auguro e vi auguro che questa sia la volta buona e che riesca a procedere con la trama che avevo in mente senza intoppi.

 

Per rispetto di chi stava seguendo la fan fiction di prima, ho mandato un messaggio ad ogni utente che, in un modo o nell'altro, la stava seguendo. Non pretendo che piaccia allo stesso modo e non sto tentando di ottenere nuovamente lo stesso numero di recensioni o di preferiti, sia chiaro. Ho solo pensato di avvertire chi aspettava il seguito, dai lettori invisibili a quelli più “attivi”, di questa svolta. Da brava fangirl, vorrei solo rendere omaggio ad un cartone che ha fatto parte di quei giorni spensierati della mia infanzia e a due personaggi che personalmente ho apprezzato moltissimo e che avrei tanto voluto vedere insieme. Per riuscirci, però, devo essere soddisfatta io, per prima.

 

Passando alla fan fiction, ho lasciato il prologo praticamente identico. I prossimi capitoli narreranno gli eventi precedenti a quanto scritto sotto e, in seguito, quello che accade dopo. Parlerò anche di qualche personaggio poco citato nel cartone, giusto per complicarmi la vita.

La storia non tiene conto degli eventi narrati nella quarta e nella quinta stagione, ma è ambientata durante la terza serie. Niente Trigon, quindi (foooorse). Come sempre, sono devota alla credibilità dei personaggi, dei dialoghi e di tutto ciò che scriverò. La parola d'ordine è IC.

 

Senza ulteriori indugi, buona lettura!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

~ Prologo - Tra le tenebre ~

 

 

 

«The flame is dying by shivery winds of jet black skies

It reflects hatred in my eyes»

Children Of Bodom, Downfall

 

 

 

 

 

L'ombra fu strappata al Cocito(1) con forza. In procinto di salire su un obolo, con biglietto di sola andata per l'Ade, l'umanoide fu abbrancato da una mano calda e fulgida. Poi, tutto cambiò, come il giorno e la notte.

Buio.

Riemerse dalle tenebre, per scrutare un altro orizzonte anonimato. Con una piccola differenza: il suono. Languidi tintinnii e strani sospiri furono i primi segni di un ambiente concreto. Era troppo lontano, però, per essere riconosciuto.

Poi, anche la sua coscienza di rianimò, incoraggiando l'unico senso in funzione. E provando a far agire gli altri.

La vista era quasi assente. Le palpebre non si schiudevano, non provavano nemmeno a sollevarsi. Troppo pesanti, nonostante barlumi di luci baluginavano in quello sfondo monocromo.

Il tatto era come se non fosse mai esistito. Il corpo era completamente immobile.

Intanto, il confine fra silenzio e rumore divenne sempre più sottile. Riusciva persino a sentire delle voci.

«BB! BB, svegliati! Riesci a sentirmi? Ragazzi, venite qui!»

Stella. Stella Rubia.

Altri passi. Passi affannati.

«Oh, no, amico! Cosa hai fatto?»

Cyborg.

Singhiozzi. Probabilmente di Stella.

«Come hai potuto?»

Robin. Sembra arrabbiato.

«I-io non...»

Una voce. Non riesco ad identificarla.

«Bisogna portarlo alla torre, Robin»

No, sto benissimo. Devo solo... Datemi un secondo.

Riuscì a captare il suono di qualche voce. Poi la sua testa si isolò nuovamente.

Forse se ne stava andando.

Lui, il ragazzo verde, il fastidioso ragazzo verde, se ne stava andando.

Ragazzi, dove siete?

Non sapeva neanche se lo stesse gridando o pensando.

Lentamente le voci scomparvero, una dietro l'altra, risucchiate da una forza sconosciuta.

Cadde nuovamente nelle tenebre. Forse per sempre.

 

 

 

 

NOTE:

(1)Il Cocito è, nella mitologia greca, il fiume che separa il regno dei vivi da quello dei morti. 

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Capitolo 2
*** Gli artigli del corvo #01 - Non disturbare ***


Ok, so benissimo di avervi procurato un trauma con il prologo. L'immagine di BB morto non piace nemmeno a me. So che mi odierete ancora di più quando scoprirete che ho messo da parte quel povero ragazzo morente, per far spazio ad altro, ma... che posso farci? :D

*fugge terrorizzata*

 

Gli eventi narrati da qui in poi si riferiscono esclusivamente a prima di quanto narrato nel prologo. Ho deciso di dividere la trama in blocchi. Ogni blocco avrà un titolo a sé stante. Il primo l'ho intitolato “Gli artigli del corvo”, alludendo a quell'eterna maschera composta che Corvina indossa, per non esternare i suoi sentimenti.

 

Le frasi interamente in corsivo, in prima persona, sono i pensieri, mentre quelli in terza persona sono flashback.

 

@BeeMee: purtroppo questo capitolo non è di 15 pagine, mi spiace, ma di appena 7. Credo che la lunghezza da me citata nella recensione riuscirò a raggiungerla, ma non stavolta :(

 

Vi lascio alla lettura. Alla prossima,

poison_pen

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

~ Gli artigli del corvo #01 - Non disturbare ~

 

 

 

«Lo splendore dell'amicizia non è la mano tesa, né il

sorriso gentile, né la gioia della compagnia: è

l'aspirazione spirituale quando scopriamo che

qualcuno crede in noi ed è disposto a fidarsi di noi.»

R.W. Emerson

 

 

 

 

 

«Ragazzi, sentite questa! Due cassaforti si incontrano ed una fa...»

BB si affrettò a coprirsi la bocca, prima di cominciare a sghignazzare. Gli occhi verde scuro si riempirono di lacrime, senza rigargli il viso.

Cyborg, per una volta, si stava mostrando interessato a quella che, poco prima, era stata definita la battuta del secolo. Certo, non era la prima volta che una simile descrizione passasse per la bocca del ragazzo verde. Nemmeno la seconda.  Forse la ventesima. Ma, per qualche strano motivo, quella sera il robot aveva terminato in anticipo il suo solito giro in officina, pareva di buon umore e aveva voglia di ascoltare i suoi discorsi deliranti.

Stesso discorso per Robin. Il ragazzo dai capelli perennemente cosparsi di gel si era addirittura piazzato al centro del divanetto circolare della Main Ops Room, con un sorriso pacato, le braccia conserte e uno stivale sul tavolino. Al suo fianco, l'immancabile Stella, la dolce ragazza di Tamarian, che avrebbe tanto voluto far contento  il suo amico e ridere di gusto alle sue barzellette. Lo si capiva dai suoi sorrisi forzati, ogniqualvolta BB terminava una frase. Purtroppo non riusciva quasi mai a capirne il nesso. Evidentemente c'erano troppi riferimenti a modi di dire terrestri che lei non aveva mai sentito.

«Scusate, scusate.» riuscì a dire, tra un ghigno e l'altro. «Ma è troppo divertente.»

«Aw, andiamo.» mugugnò il robot. «Non puoi ridere prima ancora di aver finito.»

Il giovane fece appello a quel poco autocontrollo che gli era rimasto e si ricompose.

«Due cassaforti si incontrano ed una fa: toh, che combinazione.»

BB ricominciò a ridere, seguito a ruota da Stella. «Oh, sì, questa l'ho capita anche io! È divertente, perché i terrestri, quando si incontrano, dicono proprio quella frase!»

«Hn, grazie per la spiegazione, Stella Rubia.» replicò sarcastico Cyborg. «E questa sarebbe la battuta del secolo? L'avrai sicuramente copiata da un cabarettista da quattro soldi.»

Fece un sorriso beffardo e l'occhiataccia di BB non tardò ad arrivare.

«Andiamo, Cyborg.» lo rimproverò Robin, in tono rabbonito. «Copiata o no, era carina.»

«Carina? Quando sentirai la mia, allora, cadrai all'indietro con tutto il divano.»

Il robot fece per alzarsi, ma una delle mani piccole e ossute del ragazzo verde si frappose tra il sé e il salottino.

«Scusami? Amico, il tuo turno è passato.»

Lo guardò interdetto, grattandosi il capo. «Non stiamo ricominciando il giro?»

Scosse la testa. «Non è finito.»

Il ragazzo rivolse il capo verso l'immensa vetrata che affacciava su Jump City. Vide di striscio che gli altri fecero lo stesso. Era una splendida serata: la luna si levava alta sul mare, illuminando le onde che battevano ritmiche sulle coste della città. Le luci dei palazzi facevano compagnia alle stelle, senza offuscarle. Non c'era l'ombra di una nuvola, così come erano completamente assenti anche il rombo delle auto e il rumore dei clacson. Un bel panorama, esente da qualsiasi rumore molesto; un qualcosa di raro, oggigiorno. Erano i vantaggi di vivere sull'isola dove si protendeva l'imponente T-Tower. Vantaggi ai quali una certa ragazza dai capelli viola a caschetto non sembrava poter fare a meno.

Corvina fluttuava davanti alla finestra, rannicchiata nella sua consueta posizione per meditare.

Di spalle.

Non disturbare, sto meditando, sembrava suggerire. Anzi, voleva dire proprio quello.

Lei odiava essere interrotta e i suoi amici lo sapevano benissimo, perciò avevano sempre rispettato questa suo divieto.

«Ehi, Corvina!»

Quasi sempre, almeno.

BB avanzò di qualche passo, immaginando il viso arcigno dell'amica. «E' il tuo turno.» disse spazientito.

 

 

 

Cyborg, Robin e Stella lo osservarono in lontananza, ancora seduti sul divano.

«Dopo tutto questo tempo, ancora non l'ha accettato.» si stiracchiò il robot, intento a gustarsi quello che si preannunciava un inevitabile bisticcio.

«Ma perché insiste tanto, se sa che Corvina gli dirà di no?» chiese Stella.

«E' testardo come un mulo.» intervenne Robin. «BB, andiamo, lascia perdere.» aggiunse, alzando il tono di voce.

 

 

 

Ma il ragazzo aveva tutte le intenzioni di ignorare quel consiglio spassionato. Quando si portò completamente al fianco dell'Azarathiana, sporse timidamente il viso oltre il mantello blu notte. Si fece coraggio e provò a chiamarla ancora una volta.

«Dai, Corvina, ti stiamo aspettando.»

La ragazza aggrottò le sopracciglia, prima di aprire gli occhi.

Non disturbare, sto meditando.

Ovviamente, per il ragazzo verde, era la serata giusta per sgarrare quell'impegno.

«Passo.» scandì in tutta calma.

Richiuse gli occhi.

«Ehi, oggi toccava a me decidere cosa fare e ho decretato che fosse la serata delle barzellette.» le fece notare. «Non è un caso se la chiamano “serata tra amici”. Bisogna che partecipino tutti. Non potresti fare un'eccezione per me?»

Riaprì gli occhi.

«No.»

Li richiuse ancora.

«Oh, andiamo. Per favooooore. Se è un problema di barzellette, te le posso suggerire io. Ho un repertorio praticamente infinito.»

«Io non racconto barzellette.»

Stavolta gli occhi li tenne chiusi.

Non disturbare, sto meditando.

Non disturbare, sto meditando.

Non disturbare, sto meditando.

BB era determinato a infrangere quel muro tra serietà e divertimento che Corvina aveva eretto tanto abilmente.

«C'è sempre una prima volta. Ti pregooooooo.»

 

 

 

Ci provava. Ci provava davvero ad andare d'accordo con lui, ma con scarsissimi risultati. E dire che più volte le era sembrato di aver smussato sufficientemente i lati più spigolosi del suo carattere per andare incontro ad una convivenza pacifica. Ma non era mai bastato. Certo, nemmeno BB si era mai mostrato cooperante. Anzi. I primi giorni nella T-Tower, era invadente, curioso, rumoroso, all'occorrenza disgustoso, infantile e caparbio.

«Corvina, puoi meditare in un altro momento, ora è tempo di ridere.»

Non era cambiato di una virgola, come se lo appagasse cozzarsi con lei una volta sì e l'altra pure.

Le sopracciglia le pulsarono ossesse, quando riaprì nuovamente gli occhi e sfiorò con i suoi stivaletti il pavimento in linoleum. BB fece d'istinto due passi indietro. La ragazza avanzò verso di lui a pugni chiusi, visibilmente irrigidita. Gli si avvicinò al viso, con lo sguardo arcigno. BB rimase immobile, a bocca semiaperta.

«Ho detto di no.» sibilò. «E non insistere più.»

Si allontanò velocemente, per poi dirigersi alla porta a grandi falcate, sotto gli occhi esterrefatti di tutti i Titans, seduti e non.

 

 

 

Quando le ante a pressione del portone principale si chiusero, un silenzio tombale era già sceso tra quelli rimasti. Silenzio che, ovviamente, solo una persona in particolare aveva la capacità di spezzare.

«Ragazzi, ma è possibile? No, ora ditemi voi se questo» ed indicò l'ingresso. «è normale. Perché per me non lo è per niente.»

I tre sul divano rimasero impassibili a quelle parole. Ovviamente. Era una scena che, ormai, si ripeteva ogni mese e dare spiegazioni era diventato superfluo. Semplicemente Corvina e BB non potevano fare a meno di scontrarsi, ma ciò non significava che non si volessero bene.

Vi volete bene... certo, a modo vostro, aveva provato a spiegargli una volta Stella Rubia, in uno dei suoi goffi tentativi di consolarlo. Quella frase non l'aveva mai capita. A ripensarci, era una delle tante frasi che lo facevano sentire incredibilmente stupido. Ancora di più se, poi, ad affermarla era stata un'aliena che, quando avvertiva un languorino, si mangiava un barattolo intero di mostarda. Forse non le erano chiare alcune usanze terrestri, ma i sentimenti degli abitanti sì.

«Beh,» Stella fu la prima a rispondere. «tu sai che Corvina non ama questo genere di cose. Non avresti dovuto continuare a chiederglielo.»

«No?» BB sgranò leggermente gli occhi. «Invece continuerò a farlo. Glielo chiederò anche la volta successiva e quella successiva ancora. Lei non può, non può continuare ad isolarsi in quel modo. Insomma, ragazzi, lo fa tutte le volte che sono io a decidere cosa fare.»

«BB, non puoi farci niente. E' fatta così.» intervenne Cyborg.

«Lei è nostra amica.» aggiunse Robin. «E se non intende raccontare barzellette, è liberissima di farlo. E noi dobbiamo rispettare la sua scelta.»

«Invece no. Perché, quando lei decide di noleggiare un film di paura, che io detesto, io l'accontento e partecipo alla serata? Quello è rispettare una scelta.»

Il ragazzo verde sbuffò, ostentando afflizione.

«La verità è che, se dipendesse da lei, io sarei già fuori dalla squadra. Mi detesta.»

«No, non dire così.» Stella si alzò di scatto e corse ad abbracciare l'amico. «Ti vuole bene. Ti vuole bene, sicuramente, ma quello è il suo atteggiamento. Non possiamo cambiarlo.»

«Almeno lo dimostrasse di più.» disse imbronciato, appoggiando il mento sull'incavo della spalla della rossa.

«Non aspettarti che venga ad abbracciarti come Stella.» ridacchiò Cyborg, mettendosi in piedi. «Non lo farebbe mai e poi mai.»

Dici?

Invece lo aveva fatto(1).

La sua mente lo portò inevitabilmente a quel ricordo. Quell'abbraccio stretto, carico di frustrazione, di dubbi e, al contempo, di gratitudine.

Quell'abbraccio...

Il gesto più autentico e sincero che Corvina avesse mai compiuto. Almeno, in sua presenza.

Quell'abbraccio...

Per un momento, solo per un momento, quella maschera di compostezza che era solita indossare si era incrinata, mostrando tutta la sua fragilità.

Quell'abbraccio...

E quando BB si era staccato bruscamente da lei, si era reso subito conto che avrebbe voluto non farlo, ma era stato colto dall'urgenza di guardarla negli occhi. Di contemplarla nella sua versione umana.

Sapeva che una cosa del genere non si sarebbe ripetuta mai più. E forse, in un certo senso, era meglio. Perché, infondo, era la sua rarità che la rendeva speciale.

«A me basterebbe anche un piccolo gesto. Ad esempio, tra due settimane sarà il mio compleanno. E lei non se lo ricorderà, se non grazie a voi.»

«Magari invece lo farà.» Robin incrociò le braccia. «Chi può dirlo?»

«Non ci giurerei.»

Proruppe un silenzio imbarazzante, quasi ineluttabile, in cui era evidente che nessuno sapesse esattamente cosa dire.

«Allora,» Cyborg si fece avanti, stizzito da quell'atmosfera deprimente. «era il mio turno, o sbaglio?»

 

 

 

Dopo quella breve discussione, la serata era proceduta senza altri intoppi. Nessuno aveva più chiesto il cambio, da dopo che Cyborg si era proposto per sfoggiare il suo registro di battute, perciò quella che si era annunciata una lunga serata all'insegna della risata, si era invece consumata subito. Gli sguardi dei ragazzi, infatti, presto persero quell'euforia iniziale, illanguiditi in parte dalla stanchezza. Era bastata la proposta del ragazzo-meraviglia di giocare alla console dei videogiochi, per far riaccendere l'entusiasmo della ragazza di Tamarian e del robot, ma non di un certo giovane che si trovava affianco a loro, ancora assorto nei suoi pensieri.

BB era rimasto a fissare distrattamente lo schermo per diversi minuti, prima di alzarsi dal divano e riferire che andava nella sua stanza. Dopodiché aveva varcato la soglia della Main Ops Room a testa bassa, con passi brevi e lenti.

Era stanco. Visibilmente stanco. Prima di dare il cambio a Cyborg, era stato un'oretta in piedi, a gesticolare peggio di un italiano, convinto che i gesti rendessero la battuta più divertente.

In più, a tediarlo, si erano aggiunti i sensi di colpa.

Sensi di colpa... per cosa? Aw, ragiona, BB. Non hai fatto proprio niente per sentirti in colpa.

Niente che implicasse cattivo odore o parolacce. Si era solo preoccupato di coinvolgere un'amica in una serata alternativa. Cosa c'era di sbagliato, infondo? Lei aveva esagerato, lei si era rivolta male e, di conseguenza, lei si doveva scusare.

Lei, non io. Non fare il debole, come al solito.

Quando intravide la porta con la scritta nera RAVEN – non poteva evitare di passarci(2) –, rallentò d'istinto, con un'unico fardello nella sua mente.

Scusarmi o non scusarmi?

Finì per arrestarsi completamente davanti ad essa.

Non cambierai mai, BB, pensò, lasciandosi sfuggire un sospiro.

Contemplò quella fredda porta di latta, poi tirò fuori dalla tasca il T-Communicator.

Le dieci e un quarto. Non poteva già dormire.

Allungò la mano per bussare e, nel mentre, catturò parte del labbro inferiore con i denti. Era agitato, come tutte le volte. Chiedere scusa, per il ragazzo verde, era già di per sé complicato, ma farlo con la persona più scontrosa che avesse mai conosciuto era anche peggio. L'avrebbe perdonato o no? Ogni volta era come la prima e ogni volta non se la sentiva di fare previsioni.

BB diede un paio di colpi secchi alla porta, mentre cercava di sfoggiare un sorriso amichevole. Il sorriso, nel bene e nel male, sarebbe stato sempre la sua miglior arma. Non avvertì alcun rumore, dietro quell'anta, nemmeno quando poggiò uno dei suoi lunghi orecchi a punta su quella superficie fredda. Più passava il tempo in quella posizione, più sentiva il sangue alla testa. Non era mai capitato che Corvina non gli aprisse. Forse aveva letto nel pensiero le sue intenzioni e non aveva voglia di vederlo. Evidentemente considerava le scuse futili, come chi gliele porgeva.

Non mi vuoi aprire, Corvina? Beh, leggi questo pensiero, allora: asociale complessata! Anzi, te lo ripeto a voce, così sono sicuro che senti.

«Sei solo un'asociale complessata!» urlò.

Girò i tacchi e si diresse verso l'ascensore, alla fine del corridoio. Premette il pulsante per chiamare la cabina più volte, per sfogare con i polpastrelli la sua collera. Quando le ante si schiusero e lui entrò dentro la cabina, i passi si fecero più pesanti. Il diaframma si alzava e si abbassava in modo evidente. Stava quasi per esplodere.

Così non va. Respira, BB, gli suggeriva una vocina sconosciuta. Forse la sua coscienza.

Il ragazzo verde pompò avidamente aria nei polmoni e la rigettò con degli sbuffi, più rumoroso di un bufalo. La luce dei vari piani gli illuminava di volta in volta il viso, contratto in una smorfia arcigna. Mentre respirava, tentò di concentrarsi sui numeri che scorrevano repentini al di sopra della porta. La mente, annebbiata da quel momento di sfogo, cominciò a schiarirsi, mostrando al giovane cosa fosse effettivamente successo, come frammenti di un'immagine.

Ho appena... insultato Corvina?

Si tastò d'istinto ogni centimetro del suo corpo. Era ancora tutto intero e si trovava alla T-Tower. Strano che ancora non fosse in un'altra dimensione. La porta si schiuse in quel mentre, mostrando le coste rocciose di Titans Island, e la figura di BB si scosse leggermente, emettendo un fremito. Uscì dalla cabina tentennante, incerto sul da farsi. Tornare su a scusarsi, rischiando sicuramente un viaggio di sola andata in una realtà sconosciuta, o restare lì, a rimuginare su quanto accaduto? A pensarci bene, era una buona occasione per far pronunciare a Corvina la parola scusa.

Ora si destreggiava tra le rocce scure di Titan Island con più sicurezza.

Sì, quella volta Corvina avrebbe ceduto. Non lui. Non il ragazzo verde. Non il tonto di turno.

Pensa che, solo perché faccio lo scemo, sia davvero scemo. È questa la verità.

Il mare era calmo, quella sera. Lo strascichio delle onde sembrava quasi una musica di accompagnamento, in una sinfonia di indecisioni e di rabbia repressa.

Quando raggiunse il limite della costa, BB si accucciò, senza sedersi. Le rocce, da vicino, parevano sassolini raggrumati. Iniziò a tastare la superficie ruvida, cercando un ciottolo che non facesse parte di quell'ammasso scuro e, dopo qualche istante, ne scovò uno. Era appiattito e spesso, l'ideale.

Si rimise in piedi e, con tutta la forza che aveva, lo scagliò in acqua. Dentro c'era tutto: Corvina, la scritta RAVEN, “Non disturbare, sto meditando”, “E' fatta così”... tutto.

Prima di affondare, il ciottolo fece sette salti. Il suo record era di sei.

Almeno da questa serata ne ho ricavato un nuovo record.

Sorrise tra sé, soddisfatto, quando un crepitio dietro di lui lo fece voltare fulmineamente.

«Oh.» disse sorpreso.

«Mi auguro che quel sasso non fossi io.»

Corvina si fece strada tra le rocce, a testa bassa, cercando di mantenere l'equilibrio con le braccia.

«E-Ehm... ecco...» si grattò la testa imbarazzato, poi rise nervosamente. «Qual buon vento?»

La ragazza alzò il capo e lo osservò un attimo. Poi, in un paio di salti, arrivò allo stesso suo punto.

«Io vengo quasi sempre qui, prima di andare a letto. Mi aiuta a concentrarmi.»

«Oh, se è così, ti lascio la tua postazione. Non volevo disturbarti di nuovo.» rispose, senza celare una punta di sarcasmo.

E litigare di nuovo.

«Resta pure. Non intendevo concentrarmi a meditare, ma a dormire.»

«Questa mi è nuova. Soffri di insonnia?»

Lei fece un sospiro sommesso e BB capì subito dove voleva andare a parare.

«Ok, ho capito, niente domande.» disse stizzito.

Entrambi si scrutarono. Lei inespressiva, come al solito. I suoi occhi bluastri non trasmettevano alcuna emozione precisa. Non sembrava arrabbiata per ciò che era successo. Nemmeno afflitta, tanto che BB si domandò se avesse sentito cosa le aveva detto, dietro la porta.

Corvina distolse lo sguardo e superò il giovane, sedendosi sulla scogliera. BB, invece, rimase in piedi, incerto se andarsene o restare.

«Capisco la tua curiosità.» disse ad un tratto la ragazza. «Ma credo che tu ormai abbia imparato quanto sia difficile cogliere tutti i miei» sospirò, prima di aggiungere parola. «complessi.»

Il senso di colpa tornò a farsi sentire. Il messaggio era stato ricevuto appieno. Forse chiamarla asociale complessata era stato un colpo troppo basso, specie se un mesetto prima l'aveva rassicurata sul fatto che poteva sempre contare su di lui e che non sarebbe mai stata sola.

BB sbuffò a sua volta e si sedette accanto a lei. «A volte sì, è difficile.» bofonchiò.

Lei annuì, ma la sua espressione non si scompose minimamente.

«Ma concorderai con me che più volte hai dimostrato di volerti aprire con noi.»

«Sì, hai ragione.» ammise, senza opporre resistenza.

«Io non sono uno psicologo, ma forse tu inconsciamente ancora non ti fidi.»

«Non mi fido di cosa?» il suo tono si fece più scettico.

«Di me.» replicò con fare sommesso. «Di noi.»

«Non è di voi che non mi fido, ma di me.»

Il sorriso di BB ricomparve e non riuscì a trattenere una debole risata. «Questa un giorno me la spiegherai.»

Lei lo fulminò con lo sguardo. «Spero di non dovertelo spiegare mai, invece.»

«Quindi mi stai dicendo che per vederti giocare di nuovo al gioco della palla puzzolente, dovrò aspettare che un altro mostro spunti da uno dei tuoi vecchi libri?»

Corvina si irrigidì visibilmente. «Quello è stato un momento di...» parve pensarci un attimo.

«Divertimento?» le venne in soccorso.

«No, di follia.» sibilò.

«Che c'è, ti da fastidio, per caso?»

Il BB infantile sembrava aver preso il posto di quello collerico. Del resto, non era nella sua natura serbare rancore troppo a lungo. Si stava comportando come se non fosse mai accaduto niente, ignorando tutto ciò che aveva detto o fatto quella sera.

«Sei insopportabile.» biascicò.

«Andiamo, non vedevi l'ora anche tu di spezzare questa eccessiva serietà.» la rimproverò.

«E rovinare uno dei nostri pochi bei momenti? Devo ammettere che hai un vero e proprio talento in questo.»

«Che posso dire?» BB si portò entrambe le mani alla nuca. «Non sopporto queste atmosfere troppo rigide, mi fanno venire l'ansia e non portano da nessuna parte, specie con te.»

Corvina abbassò gli occhi e fissò l'acqua schiumosa sotto di loro. BB fece lo stesso.

«Forse è giusto così, infondo.» disse ad un tratto il ragazzo verde, sorridendo tra sé. «Forse è meglio scoprirti pian piano.»

Sentì il bisogno di guardarla, mentre pronunciava quelle parole, come se volesse cogliere nuovamente quel lato umano che aveva visto settimane prima. Lei continuava inerme ad osservare l'acqua, ma il suo colorito aveva qualcosa di insolito: sembrava più roseo, all'altezza delle guance. Il suo sguardo glaciale, invece, ancora era lì.

BB sorrise ancora, soddisfatto di quanto aveva osservato.

«Beh, credo sia ora di andare.»

Senza aspettarsi una risposta, si alzò da terra e si diresse verso l'ascensore in tutta calma.

«Ci sono lati di me che è meglio non scoprire.» sentì dire alle spalle.

Spalancò leggermente gli occhi e si voltò confuso. Corvina aveva lo sguardo costernato. Lui serrò le labbra e aggrottò le sopracciglia.

«Io...» iniziò a dire, ma una luce vermiglia baluginò, colorando di rosso la pelle diafana di Corvina. Proveniva dal talismano incastonato nel suo mantello e significava solo una cosa: guai. Qualcosa stava minacciando Jump City e i Teen Titans dovevano intervenire tempestivamente. Corsero entrambi a rotta di collo, diretti nel medesimo luogo: la Main Ops Room.

 

 

 

Sei solo un'asociale complessata!

Lo aveva rigettato con disgusto, grattandolo via dai suoi intimi pensieri, sicuro che l'avrebbe sentita. E aveva ragione.

Il mantello fluido era l'unico mezzo che le impediva di ghiacciarsi la schiena contro quella porta di latta, mentre scivolava su di essa e si lasciava cadere a terra. Ginocchia piegate, schiena curva, mento nascosto dagli avambracci incrociati; con una sola frase era letteralmente crollata, smontata, al sicuro nelle quattro mura della sua stanza.

Patetico. La figlia di Trigon era stata sconfitta da cinque parole messe insieme in un momento d'ira. E non erano nemmeno parole di una formula magica. Era solo la verità; un'abbagliante verità.

Sei solo un'asociale complessata!

Gli occhi le si inumidirono all'istante, ma lei prontamente scosse la testa. No. Non lei. Non in quel momento. Non in quel modo.

Fece leva sulle ginocchia, per alzarsi. Il rumore delle onde, probabilmente, l'avrebbe calmata.

 

 

 

 

 

NOTE:

(1)L'episodio citato è “Spellbound”, ovvero “Magia Nera”. In un certo senso, capisco la povera Corvina. Sedotta e abbandonata. Caspita, se la capisco. Se non avete visto questo splendido episodio, vi invito a farlo. Basta andare su YT e scrivere il titolo in italiano. Intanto, eccovi il link con l'abbraccio. Come sono belli *___* 

(http://maybelletea.tumblr.com/post/22522728618) 

 

(2)Secondo la cartina della T-Tower, BB e Corvina hanno la stanza situata nella stessa ala della struttuta. Almeno credo. Non sono mai stata brava a leggere le cartine :D

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Capitolo 3
*** Gli artigli del corvo #02 - Non sono cattiva ***


Tadan! Nuovo capitolo, nuovo capitolo, nuovo capitolo!

Ok, ricomponiamoci.

Salve, gente! Vi ricordate di me? Scusate se vi ho fatto attendere tanto per questo nuovo capitolo, ma purtroppo questi sono state settimane dure. Ho iniziato l'università e, come tutte le studentesse fuori sede, la mia vita ha avuto bisogno di un forte rallentamento per riadattarmi a una nuova casa, una nuova città... COMPLETAMENTE SOLA! Ma vabbè, questi sono dettagli insignificanti. Sotto con il capitolo!

 

In questo capitolo mostro la mia attitudine alla descrizione di un combattimento, che non posso dire sia ben affinata. Nella prima parte, il punto di vista sarà di Iella, ma poi torneremo ai nostri adorabili Corvina e BB.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

~ Gli artigli del corvo #02 – Non sono cattiva ~

 

 

 

«Il mondo è diviso in buoni e cattivi.

I buoni dormono meglio la notte,

i cattivi se la spassano meglio di giorno»

Woody Allen

 

 

 

 

 

Mancavano solo due ore, prima che il sole ricomparisse ad Est, tra gli alti grattacieli di Jump City. Il firmamento era ancora nel pieno della sua oscurità, quando un grugnito inquietante si disperse tra i cantieri desolati della zona vecchia della città. Le bobine arrugginite di quell'area erano ancora funzionanti e ruotavano frenetiche, sibilando un fruscio inquietante. Quei suoni si mischiarono, bordeggiando prepotentemente gli orecchi verdi di BB, che soffocò un brivido lungo la schiena.

«E' possibile che non abbiamo mai a che fare con un ladruncolo con la maglia a strisce e la mascherina sugli occhi?»

Strinse i denti, inghiottendo tutto d'un fiato quel sapore amaro di una consapevole paura: Plasmod gli aveva sempre dato i brividi e combatterlo di notte non gli conferiva certo un aspetto migliore. Robin era accanto a lui e con una mano scacciò quella domanda ironica, intimandolo a rimanere in silenzio; poi tornò a guardare, nascosto dal buio delle casse all'ingresso, l'orrida bestia melmosa che, poco più avanti, si stava nutrendo di rifiuti tossici. Quella scena somigliava sempre più ad un film horror e il ragazzo verde fece fatica a trattenere un conato di vomito.

Orribile.

Cyborg, alla sua sinistra, aveva il cannone laser spianato contro la bestia ed attendeva scalpitante gli ordini del ragazzo-meraviglia, mentre Corvina si limitava ad osservare Plasmod, con le mani ben nascoste nel suo mantello.

«Che facciamo, Robin?» sussurrò Stella.

«Ricordatevi, non attaccatelo a viso aperto. Colpitelo velocemente alle spalle.»

Il giovane frugò nella sua cintura e tirò fuori tre dischi congelanti. Con quei congegni serrati tra le dita, si levò in piedi con fierezza.

«Titans, addosso!»

Il mostro si voltò in uno scatto fulmineo, mugugnando qualcosa di incomprensibile, ma che aveva un'aria piuttosto interrogativa. I Titans si sparpagliarono immediatamente, mentre Robin gli scagliò contro i suoi gadget; ma il ghigno intrepido che il ragazzo-meraviglia mostrava in viso, fu subito soppiantato da un verso di stupore. Non appena i dischi congelanti sfiorarono quella superficie vischiosa, la figura di Plasmod vibrò, mostrando la sua natura. La parete opposta si congelò all'istante.

«Un ologramma?» il tono di Robin era a metà tra sorpreso e scettico.

Gli altri quattro si bloccarono e si guardarono intorno circospetti.

«E' una trappola.» replicò fosco Cyborg.

«Esatto, sottospecie di scarabeo stercorario!»

Una voce, alquanto squillante, si levò tra le casse avanti a di loro.

Coso si fece avanti, spiegando le ali del suo dispositivo per volare. Lo seguirono Iella, che si esibì in una serie di acrobazie, fino ad atterrare nello stesso punto, e Mammut, il quale, non trasparendo la stessa delicatezza della ragazza, si fece strada tra le casse di legno, fracassandole.

BB fu l'unico a trarre un profondo sospiro di sollievo. «Meno male, sono solo gli High Five.» disse sollevato, ma sentendosi addosso gli sguardi accusatori degli amici, aggiunse: «Che c'è, voi preferivate riempirvi le scarpe di liquami?»

 

 

 

«Taci, scarafaggio verde!» Coso esibì un ghigno malefico. «Siamo qui per vendicarci contro il vostro misero tentativo di distruggere l'Alveare.»

«Stavolta non falliremo.» biascicò Iella, affianco a lui.

«E vi ridurremo in polvere.» aggiunse Mammut, indicandoli.

I tre si irrigidirono all'unisono, mettendosi in guardia. «Schema di attacco beta.»

 

 

 

Mammut si lanciò subito contro il calzamagliato della situazione.

Prevedibile.

L'omaccione aveva sempre nutrito una particolare predilezione per Robin. Era sempre impaziente di combattere con lui e questo aveva fatto nascere in Iella la necessità di capirne il perché. Forse suscitava in lui un senso trasverso di ammirazione – disgustoso – o forse aveva semplicemente intenzione di sconfiggerlo in astuzia, pregio per cui il ragazzo-meraviglia era ben noto. Mammut non era mai stato un genio in scaltrezza e questo i suoi amorevoli – bastardi – compagni di squadra glielo avevano sempre fatto notare. Iella, però, non aveva mai immaginato Mammut tanto sensibile da vivere un'ovvia constatazione come un complesso di inferiorità. Fino a quel momento.

Debole. Sei solo un debole.

Non la sorprendeva il fatto che l'omaccione fosse il combattente più carente tra i tre migliori studenti dell'Alveare. Fratello Blood lo aveva sopravvalutato, certo. Succedeva anche nelle migliori scuole. I raccomandati erano ovunque.

Lei invece?

Era bella, aggraziata, letale, cattiva. Cosa si poteva avere di più? Era senza dubbio lei la migliore del trio. La migliore della scuola. E catturare i Titans costituiva solo l'ennesima occasione per dimostrarlo.

Iella si sporse in avanti con uno scatto e, arrivata vicino Cyborg, si diede una spinta per balzare in aria ed eseguire una capriola volante. Nel mentre, il calore del laser col quale il robot tentò di colpirla le carezzò piacevolmente la schiena.

«Finalmente vi siete decisi a cambiare lettera. Lo schema alfa era diventato una routine.»

Sentì i suoi occhi puntati addosso, fin quando non atterrò. Scagliò immediatamente qualche calcio, talmente veloce da sembrare un fendente di spada, ma Cyborg prontamente parò i colpi con le braccia.

Roccia...

Quando ripensava a quella volta in cui stava quasi per essere fregata da un Titans, avvertiva istantaneamente la rabbia annebbiarle la mente. Non aveva faticato a tramutare la tenerezza che provava per Roccia nel disprezzo che provava per Cyborg.

«Ora sarebbe il caso di sferrare qualche colpo fatto bene, non trovi?» domandò con sussiego al robot, senza scomporre di molto il suo tono suadente.

«Spiacente, io non picchio le ragazze.»

Gemette, aumentando faticosamente la frequenza delle percosse, ma Cyborg non sembrava avere interesse a contrattaccare. Il suono delle sue braccia di latta che soccombevano ai suoi colpi si insinuò nelle sue orecchie con insistenza e, ad ogni botta, il volume sembrava quasi aumentare. All'improvviso, Iella lo calciò con entrambi i piedi, usando il suo petto per darsi una spinta ed allontanarsi di pochi centimetri.

Riprese un attimo fiato, scrutando di sbieco il suo avversario, che la ricambiò con un sorriso irriverente.

Maledetto.

Si stava prendendo gioco di lei.

Maledetto, maledetto!

E nessuno poteva prendersi gioco di lei.

Stava quasi per riprendere la sua carica di colpi, ma qualcosa attirò la sua attenzione. Sbirciò oltre le possenti spalle di Cyborg e intravide Coso scivolare flemmatico dietro di lui. Non poté fare a meno di rivolgere all'uomo bionico un ghigno trasverso e soddisfatto quando, subito dopo, udì uno stridio di ingranaggi.

«Oh, no!» fece in tempo a dire il suo avversario, prima di fluttuare a mezz'aria.

«Oh, sì. Bottone antigravità. Hasta la vista.» Coso gli fece un cenno di saluto e si voltò verso la ragazza dai capelli rosa, ma non prima di notare il ringhio liberatorio di Cyborg.

«Appena mi libero, ti tolgo le batterie, piccoletto!» lo intimò invano, ma il ragazzino lo ignorò completamente.

«Fuori uno. Ne mancano quattr... Woah!»

Un lampo verde si accese a pochi centimetri da lui, squarciando il firmamento in cui era avidamente avvolto. Si voltarono all'unisono verso la direzione opposta all'impatto: due occhi di colore simile brillavano e fissavano in cagnesco.

Era l'aliena, ovviamente.

«Tranquilla, dolcezza, ce n'è per tutti.» il ragazzino azionò il dispositivo spara-laser che aveva incorporato dietro la schiena e cercò di colpire Stella. Lei prontamente schivò i colpi uno dopo l'altro, senza troppe difficoltà, e non perse tempo a rispondere all'attacco con alcuni di quei dardi di luce verde.

Iella indietreggiò con alcune capriole in aria e, nel mentre, non si risparmiò a sprigionare la sua energia negativa, attraverso onde di luce rosa. Alcune casse di legno impattarono a terra, con gran clangore, ma nessuna di esse colpì la ragazza rossa. In compenso, Coso ne fu quasi travolto da un paio.

«Iella, iettatrice da strapazzo! Mi hai quasi ucciso.»

La solita storia: il suo piccolo compagno di squadra che, come sempre, si lamentava dei suoi metodi.

Nanerottolo, come ti permetti?

Proprio mentre stava per rispondergli per le rime, qualcosa la afferrò per le gambe. Qualcosa di oscuro ed etereo, che la gettò per un attimo in un baratro di incertezza. Per un attimo non vide più nulla, ma si rifiutò di considerare l'idea di stare per morire. Si sentì come sospesa in aria, poi le tenebre si diradarono e lei impattò su una superficie solida.

Si guardò intorno circospetta, ingerendo la saliva viscosa e una leggera, quanto consapevole, inquietudine. Un corridoio di casse di legno, disordinatamente accatastate le une sulle altre, si stanziava attorno a lei.  Era in un magazzino del tutto simile a quello in cui si trovava poco prima, ma di Coso e quella patetica alienetta zuccherosa non c'era traccia. Nelle vicinanze, però, poteva avvertire i gemiti e le urla inconfondibili di Mammut e del ragazzo-meraviglia, accompagnati da versi animali. Stavano ancora combattendo, oltre quel muro di casse. Mentre era impegnata a realizzare dove si trovava, la figura di un corvo si levò alta dinanzi lei e da esso ne uscì Corvina.

«Oh, ma guarda un po'.» Iella inclinò la testa, incuriosita. «La tenebrosa.»

La pelle diafana e le labbra sottili erano ben evidenti, anche sotto il cappuccio. Lo stesso non poteva dire delle sue iridi viola, di certo la parte più interessante che aveva.

«A proposito, non ho ancora avuto occasione di dirtelo. Dovresti cambiare look. Sei piuttosto monotona nel vestire.»

Non sembrò reagire a nessuna di quelle provocazioni. Non c'era minimamente gusto a stuzzicare una persona la cui asetticità era superata solo dalla sua odiosità.

La ragazza da capelli rosa si mosse fulminea verso di lei e, con una scivolata, le andò alle spalle; ma, prima che potesse colpirla, un campo di energia nera si frappose tra lei e Corvina.

I suoi occhi rosei guizzarono verso il gancio libero di una gru da trasporto che, con un unico gesto, fece in modo di azionarla. Per la prima volta, quella notte, intravide gli occhi viola di Corvina, mentre quest'ultima si voltava per schivare il suo colpo basso. Profittando del suo momento di distrazione, Iella la sgambettò, strappandole un gemito. Il mantello blu notte, impattando a terra, sollevò una gran quantità di polvere, ma ciò non impedì alla ragazza di piantare uno stivale sul petto della sua nemica, per poi fissarla da sopra a sotto con un ghigno di soddisfazione a pieno viso.

Dai suoi occhi non trasparì nulla che somigliasse a paura o a terrore; erano solo marcate occhiatacce.

«Credevo potessi darmi più soddisfazioni. Quasi mi annoio.»

Tornò a guardarsi intorno circospetta. Alla fine di quel corridoio c'era un impianto elettrico che, evidentemente, controllava qualche macchinario di quel magazzino. Un enorme cartello intimava a non toccarlo a mani nude. Ghignò fra sé, in preda ad un'idea che perfino Coso avrebbe trovato brillante.

«Cosa racconterò agli altri High Five? Cosa penseranno i Titans di te?»

«Non hai ancora visto niente.» sputò l'altra, con disprezzo.

Le iridi viola non c'erano più. Un'aura bianca si impossessò di loro e le mani pallide di Corvina presto sprigionarono quell'energia oscura, più volte argomento di discussione nella mensa dell'Alveare.

Ultimamente nella base si era sparsa la voce che alcuni High Five avessero assistito al racconto di uno strano tizio sulla Titan. Il suo nome era Eddy Gloss, o qualcosa del genere, barbone di quartiere, un tempo super criminale, finché Corvina, in preda a chissà quale crisi, non gli incasinò il cervello.

C'erano mormorii confusi riguardo quella presunta crisi, ma tutte concordavano con una sola conclusione: che, quella volta con Eddy Gloss, la ragazza avesse mostrato la sua vera natura.

Era cattiva, tremendamente cattiva, solo che lei voleva negarlo a sé stessa, con tutte le sue forze.

Le voci di corridoio, a Iella, non erano mai piaciute, ma doveva ammettere che a volte faticava ad immaginarsi la tenebrosa buona. Per cui, forse, quei pettegolezzi non erano del tutto falsi.

Di nuovo, quel pesante gancio di ferro tornò indietro, investendo Iella, che cadde rovinosamente a terra. Assieme a grandi quantità di polvere, inalò anche la consapevolezza di avere in mano la strategia vincente. E questo la fece ghignare di gusto, tanto che, per un attimo, ebbe paura che Corvina capisse il suo piano.

Si rialzarono all'unisono, ancora sepolte da un consistente muro di scatole di legno ed ambizione. Si studiarono con lo sguardo assorto di due gladiatori, pronte a scagliare il prossimo colpo.

«Come pretendi di battere la magia con la magia?»

«Non sai neanche il significato di magia.»

«Mi hai preso per quel maghetto insulso che se ne va in giro a rapinare banche e nasconde i soldi nel cappello? Io sono una maga, proprio come te.»

Una strega. Una malvagia strega.

«Ho solo un particolare in più.» Iella strinse i denti e tese le braccia in alto. «So fare anche a botte.»

Spiegò le labbra in un sorriso prepotente, mentre eseguiva un paio di capriole in avanti, per poi atterrare sopra Corvina. La ragazza, prevedibilmente, incrociò le braccia sopra la testa per parare il colpo, ma, subito dopo, dovette competere con la serie di pugni e calci con cui, poco prima, Iella aveva fronteggiato Cyborg.

Più volte rischiò di essere colpita in viso, ma, tutto sommato, la tenebrosa se la cavava bene con le schivate.

Perfetto.

Era solo questione di tempo, allora.

Rosa contro blu: la resa dei conti.

Bel titolo. Suonava bene.

Con grande soddisfazione, Iella vide Corvina indietreggiare, ormai oppressa da tutte quelle schivate. Passo dopo passo, il sapore della vittoria pungolò la giovane maga ad aumentare la velocità dei colpi.

Più vicino, più vicino.

I muscoli pulsavano ossessi, ma l'ambizione era più forte.

Ancora un po'.

All'improvviso arrestò il pestaggio e, prima del colpo di grazia, diede una fugace occhiata oltre le spalle di Corvina. Subito dopo, l'afferrò per il torace, e, con tutte le forze che le erano rimaste, le assestò una spinta.

Andò a sbattere proprio in quel punto. E solo in un secondo momento, Iella realizzò di aver vinto.

Per la prima volta sentì la tenebrosa dei Titans urlare di dolore. Stridere come una dannata che brucia nelle fiamme dell'Inferno.

Le scintille facevano da cornice, in quel quadro di discordia e a Iella non restava che godersi lo spettacolo.

Pochi secondi che si erano tramutati in pochi minuti. Il tempo aveva rallentato per lei.

Quando Corvina cadde a terra, l'odore di carne bruciata era ormai forte nell'aria.

Iella era a pochi centimetri da lei e scrutava il suo corpo supino e immobile senza sentirsi tediata da alcun senso di colpa.

«Che spreco.» Iella si chinò su di lei e avvicinò la bocca al cappuccio. «Lo sai cosa si dice in giro? Che tu sia una persona cattiva. Estremamente cattiva. E sai una cosa? Anche per me sei dalla parte sbagliata. Tu sei cattiva, Corvina.»

Un'aura bianca circondò la figura di Corvina, illuminando le sue ferite. Iella si allontanò sorpresa, ma subito si ricompose.

«Io non sono cattiva.»

 

 

 

Soltanto quando Cyborg, furioso, afferrò Coso dalle spalle e lo spogliò di tutta la sua tecnologia, BB iniziò a familiarizzare con l'idea di aver vinto.

La luce tenue dell'alba filtrava dai vetri sul cornicione e stendeva un velo rossiccio su tutto ciò che incontrava: gli scatoloni, i vari ganci sul soffitto, i rocchetti, i visi dei Titans alla stregua tra serenità e stanchezza.

Avevano vinto. Di nuovo. Tutti insieme.

Tutti e...

Quattro?

«Dove è finita Corvina?»

Procedette con lo sguardo vacuo di una battaglia appena conclusa verso gli angoli più remoti della stanza, ma non riuscì a vederla. Né lei, né Iella.

E l'angoscia fece sentire la sua presenza con un brivido caldo lungo la schiena.

Un urlo in lontananza increspò quel pesante silenzio generato dalla consapevolezza che fosse accaduto qualcosa. BB non capì perché, ma nella sua anima saettò un profondo senso di responsabilità.

«Corvina!»

«BB, aspetta!» si sentì dire alle spalle da Robin.

Non seppe dire se gli altri ebbero la stessa reazione. E non gli importava. Corse a rotta di collo verso la fonte di quel verso, disperdendo parte del suo buon senso.

Ci sono lati di me che è meglio non scoprire.

Piombò nella sua testa quasi nell'istante in cui si mise a correre e rintoccò nella mente come l'unica spiegazione di quel senso di inquietudine.

Chi sei tu?

Arrivare prima degli altri sarebbe servito a scoprirlo. Ne era certo.

 

 

 

Il sorriso di Corvina trafisse istantaneo il suo viso. Fu una cosa istintiva. Sorridere mentre il nemico soccombeva inerme. L'aria di sangue accarezzava le narici, mentre il vento sollevava i lati del suo mantello monocromo e solleticava i suoi capelli corti.

Era una sensazione strana. Ma le piaceva.

Scrollò il capo, soddisfatta.

«Fermati! Basta!»

Iella, intanto, aveva finito gli appigli a cui aggrapparsi. Usava le unghie. Sul pavimento.

«E perché mai?»

Il suo timbro monocorde era sparito.

Questa non sono io.

«Hai paura?»

Non sono io.

«Hai vinto, fermati!»

Io.

Fu inghiottita. La chioma rosa e composta di Iella non c'era più. Era scivolata sotto di lei. Sotto il suo mantello “fuori moda”.

«Hai paura?!»

«Corvina, fermati!»

Ma...

Fu strappata via con forza da un'oscurità che non era la sua. Era fin troppo tetro il mondo che aveva toccato con mano, perfino per lei. La vista era ancora appannata, quando con il palmo tastò una superficie morbida e pelosa.

È verde?

Interruppe quel contatto con lo stesso istinto secondo il quale la mano si scotta sotto il fuoco.

Lui, proprio lui.

Sei solo un'asociale complessata!

Il gorilla verde la adagiò sul pavimento senza attendere un suo cenno. Poi mutò la sua forma, come Corvina aveva visto fare altre migliaia di volte. Gli occhi color smeraldo continuarono a fissarla con sguardo truce e lei chinò d'istinto il capo, per evitarli.

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