Sindrome di Dragana (/viewuser.php?uid=11964)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sindrome ***
Capitolo 2: *** Psicologia di coppia ***
Capitolo 3: *** Il nuovo tatuaggio ***
Capitolo 4: *** La busta ***
Capitolo 1 *** Sindrome ***
Note
iniziali:
questa è, a tutti gli effetti, la fanfiction di una
fanfiction. Anzi, di una serie di fanfiction: queste, di vannagio. Senza prima averle lette non
è che si capisca molto, e comunque leggetele che son
bellissime; a chi invece le conoscesse già, buona
lettura… spero di essere stata all’altezza!
SINDROME
-Sì,
mamma, adesso però ti saluto che devo scaricare i panni
dalla lavatrice… sì, ho capito… mamma,
onestamente, dei capelli di Peggy non me ne frega un cazzo. Ciao, eh?
Ciao.
Jade spense il
telefono sbuffando. Si chiese perché sua madre dovesse
sempre fare così. Non si accontentava di dirle “i
tuoi capelli sono opachi e sfibrati e hanno un colore che non si
può vedere”, no. Lei doveva rimarcare che invece
sua cugina Peggy era andata da quel nuovo coiffeur bravissimo, quello
da cui vanno tutte le ragazze più avanti della
città, e si era fatta fare un taglio molto moderno e molto
particolare con delle meches rosse e bionde che devi vedere come sta
bene. A Jade facevano schifo, le meches.
Però
in effetti i suoi capelli erano opachi. E sfibrati. E con le doppie
punte.
Oh, e
vaffanculo. Tanto a chi importa? Bruce di certo aveva troppe cose per
la testa (il 90 per cento delle quali erano seghe mentali, ma
tant’è) per preoccuparsi dei capelli sfibrati
della tizia che si portava a letto.
Anche
perché probabilmente era l’unica che gliela desse,
in questa arida terra desolata.
Non pensarci,
si disse, goditi il momento, prima o poi tutto finisce,
l’unica cosa certa della vita sono la morte e le tasse, ma tu
non pensarci, carpe diem. Và che utilità la
laurea in Social Studies: un motto colto per ogni occasione. Per il
resto, pura carta da culo.
Scarica
questa fottuta lavatrice e smettila di pensare, si disse.
Aprì
l’oblò, scaricando con rabbia in una cesta tutti
gli asciugamani rosa in dotazione ai dipendenti dello SHIELD. Ora
doveva solo metterli nell’asciugatrice e poi pensare alle
lenzuola… momento. Da quando in qua gli asciugamani in
dotazione erano
rosa?
Erano sempre stati bianchi. Quando li aveva messi dentro erano bianchi,
e poi di sicuro Thor non si sarebbe asciugato il petto da bronzo di
Riace e i bicipiti da David di Michelangelo (Social Studies, oh yeah!)
con un asciugamano rosa. Tony Stark sì, avrebbe detto che
nessun colore avrebbe potuto attentare alla sua prorompente
virilità, ma comunque…
Esaminò
il contenuto della cesta con un’orrenda sensazione nel petto.
Non poteva essere possibile, vero? No, dai, no. No.
E invece
sì.
Ben nascosta
in mezzo a un telo da doccia c’era una t-shirt rossa.
Di sicuro il
proprietario aveva appallottolato tutto assieme e l’aveva
messo nel cesto dei panni sporchi senza accorgersene. Oppure magari
l’aveva fatto apposta. No, non aveva senso, perché
fare un dispetto a lei, una stupida e brutta lavandaia? Magari
però era stata qualcuna che era gelosa del fatto che lei
avesse una relazione (ma era poi una relazione? Cioè,
trombavano, ma mica due che trombano vuol dire che hanno una relazione,
al giorno d’oggi) con Bruce Banner, quel figone di.
Il fatto che
la maglietta fosse da uomo non significava nulla. In una base di agenti
segreti cosa vuoi che sia prendere una maglietta da uomo e infilarla in
un telo? Ah, ma allora se vogliamo giocare giochiamo in due, si disse
Jade. Questa è una base segreta e io ho una sorta di
relazione con Bruce? Allora gli porto questa maglietta e me la faccio
analizzare, sarà pure rimasto incastrato del DNA da qualche
parte, ti inchiodo il culo, brutto/a stronzo/a!
Poi si
afflosciò su se stessa. Ma
che cazzate sto dicendo? Pensò. Le
venne da piangere.
Sempre
così. Si sentiva gonfia e le stava spuntando un brufolo sul
mento che le faceva un male cane, e inoltre aveva i capelli sfibrati,
le occhiaie e un tremendo colorito verde Hulk. Probabilmente al
successivo attacco alieno, nella confusione, qualcuno
l’avrebbe scambiata per un mostro e l’avrebbe fatta
fuori.
-Ti chiedo
scusa-, disse una voce femminile dietro di lei. Jade strillò
e lasciò cadere il telo e la t-shirt rossa.
Si
girò. E sarebbe stato molto meglio non averlo fatto.
Natasha
Romanoff, aka la Vedova Nera, aka la più bella figa che mai
abbia calcato questi fottuti pavimenti, le era arrivata alle spalle
senza fare il minimo rumore. Ora, o voleva assassinarla (cosa che Jade
non pensava perché in questo caso adesso sarebbe
lì a supplicare San Pietro di farla entrare, per piacere,
non era stata poi così cattiva) o la sua era deformazione
professionale.
-Oh, scusa, ti
ho spaventata.- Natasha la guardava con un mezzo sorriso sarcastico, il
sopracciglio disegnato da un maestro calligrafo leggermente alzato in
un’espressione di vago divertimento.
Se
non fossi Natasha Romanoff aka la Vedova eccetera eccetera ti
spaccherei la faccia.
-Si figuri.
Sono ancora giovane, le coronarie sono lì apposta. Desidera?
Notò
che Natasha aveva appoggiato al fianco una cesta di panni sporchi.
Gliela porse con un’espressione da gatto di Shrek, falsa come
Giuda ma tremendamente efficace. E lei era una donna etero.
-So che il
giorno del bucato è domani, solo che domani…
diciamo che non posso essere qui a portarle la cesta. È un
grosso problema se la lascio oggi?
Jade non
riuscì a trattenersi e sbuffò, prima che il suo
cervello le comunicasse che incazzarsi ogni volta con dei supereroi non
era una mossa molto intelligente. –Signora
Romanoff…
-Signorina. O
agente.- Sì,
certo.
-Signorina
agente Romanoff. La prassi è che il bucato si porta il
mercoledì, e se qualcuno non riesce può sempre
affidarlo a qualcun altro che lo porterà al posto suo il
mercoledì. Non siamo soli su questa base. Mica per lei,
guardi… è che se tutti iniziano a fare
così…
-Tony Stark fa
così. So benissimo che lui le porta il bucato quando gli
pare, in cambio di piccoli favori. Ora, questa lei la definisce prassi? No, perché
sa, noi in Grande Madre Russia la chiamiamo corruzione. Tuttavia,
chiudiamo un occhio tenendo presente che sa come si dice, una mano lava
l’altra. Dove appoggio il cesto?
Maledetta.
Puttana.
Certo che
anche tu, Jade, si disse. Metterti a rompere le palle a una che fa la
spia, l’assassina e chissà che altro. Fece un
cenno alla Vedova, che appoggiò il cesto della biancheria
con un sorrisetto e se ne andò sculettando. Anche
io ho due gambe e due chiappe. Perché il risultato
è così diverso? Si chiese Jade,
sbuffando.
Caricò
le lavatrici, cercando di pensare a cosa fare con quegli asciugamani
rosa.
Si
sentì brontolare lo stomaco. Di solito verso
quell’ora passava Bruce e le portava un hot-dog come piaceva
a lei, grasso e pieno di mostarda. Gli hot-dog la mettevano talmente di
buon umore (o era Bruce che passava a salutarla? Comunque aveva
l’hot-dog, è un dato di fatto) che poi lei
diventava spregiudicata e una volta avevano quasi rischiato di mettersi
a fare l’amore sopra una delle lavatrici.
Solo che quel
giorno Bruce non sarebbe passato. Era a non si sa che conferenza con
Tony Stark, le aveva detto che non poteva sottrarsi, ma
chissà se poi era vero. In fondo lo sapeva bene, Jade, con
chi si accompagnava Tony Stark. Oh, certo, adesso era fidanzatissimo,
ma tutte quelle amiche modelle le aveva lo stesso e insomma, sua mamma
diceva sempre che è facile rimanere vergine se non te la
chiede nessuno, il difficile è quando cominciano a
chiedertela in cento. Ossia, è facile tenersi la lavandaia
cessa fino a che è l’unica che ti si fila, Bruce
è pur sempre un uomo e anche ammettendo che non gli
piacessero le ragazze stupide (cosa non vera, dato che stava con lei
che era solo una stupida lavandaia con una stupida laurea inutile),
Jade era pronta a scommettere che di modelle intelligenti e colte ce ne
fossero più di quanto la gente immagini. E se
c’erano, Tony Stark le conosceva. E adesso erano con Bruce e
di sicuro gli sorridevano e lo facevano stare tranquillo e sereno.
Perché
c’era anche quello da considerare. Che lei aveva un carattere
di merda. Glielo diceva sempre sua madre, “per forza non
riesci a tenerti neanche un uomo, ma poveretti, cosa sono, dei martiri?
Guarda tua cugina, lei sorride sempre!”. Sua madre
dimenticava di aggiungere “ed elargisce pompini al primo
venuto con una certa facilità”, ma a parte il dato
di fatto della evidente zoccolaggine di Peggy, sul resto aveva ragione.
E Bruce non era un martire. Era un supereroe amico di un altro
supereroe con le amiche supermodelle. Cazzo. E lei da quando lo
conosceva non aveva praticamente fatto altro che insultarlo, quindi le
sarebbe anche stato bene che lui la lasciasse.
Non
ci pensare e fai il tuo lavoro.
Per un
po’ le lenzuola la distrassero. Poi però
arrivò alla conclusione che l’unica soluzione, con
gli asciugamani, era lavarli di nuovo con lo sbiancante: quindi
straordinari e nemmeno pagati, dato che l’errore era stato
suo. Avrebbe dovuto almeno controllare, gliel’avevano detto,
mi raccomando, controlla sempre, perdi un minuto e ti eviti un sacco di
casini, ma lei no, si annoiava a controllare gli asciugamani.
“Sei una tragedia, Jade, a nessun uomo può piacere
una tragedia come te!”. Piantala,
mamma,
pensò.
L’orologio
aveva passato le sei da un pezzo quando finalmente Jade finì
con gli asciugamani. Aveva una fame da lupi e nessuna voglia di andarsi
a prendere da mangiare. Voleva solo andare a piangere sotto la doccia e
vedere un film con talmente tanti spari ed esplosioni da risultare
comico. E poi sarebbe andata a prendere da mangiare e avrebbe trovato
solo le schifezze precotte da mettere in microonde e si sarebbe
pentita, e avrebbe ripiegato sui nachos con sopra il formaggio fuso che
la faceva solo ingrassare, ma chi se ne frega, tanto era già
brutta di suo, poteva anche completare l’opera e diventare un
cesso completo.
Stava
rimuginando questi pensieri quando vide venirle incontro Bruce, con
ancora il cappotto addosso.
-Jade! Ti
cercavo, non eri nella tua stanza e pensavo potessi essere in
mensa…
-Certo: se non
sono in stanza sono a mangiare, bella considerazione che hai di
me… che ci fai qui?
-Tony voleva
portarci tutti a una festa in un locale alla moda, così sono
venuto via. Mi innervosisce tutta quella gente che mi sbatte addosso, e
non mi sembrava il caso di innervosirmi troppo.
-Oh, a Hulk
non piacciono i fighetti che gli sbattono addosso?
-No, in
realtà a Hulk piacciono. È quello il problema.
Jade, cos’hai? Mi sembri… ehm…
-Particolarmente
cessa, è questo che stai per dire?
-No! No,
volevo dire… nervosa?
Lei voleva
ribattere qualcosa di tagliente, ma le veniva quasi da piangere. Era
una tragedia.
-Credo di
avere bisogno di coccole.
Jade gli aveva
raccontato per filo e per segno il dramma degli asciugamani rosa,
mentre lui la teneva tra le braccia, accoccolato sul suo lettone.
-Stupidi
asciugamani-, commentò sistemandosi gli occhiali.
-Stupida io,
dovevo controllare… Invece tu?
-Ah, fino alla
conferenza tutto bene, c’erano degli scienziati che hanno
presentato risultati molto interessanti, e Tony quando parla di lavoro
e non di stupidaggini è davvero geniale. Il buffet era
ottimo e la compagnia stimolante. Poi, io pensavo che la sera ci fosse
una cena con i suddetti scienziati, e invece no. Appena ho sentito Tony
dire “e adesso basta con questi vecchi baborgi, vamos a
bailar!” sono fuggito più veloce di Flash.
-E Tony te
l’ha lasciato fare?
-Ha cercato di
convincermi alludendo al privè e alla boccia di sciampo da
sciabolare. Non ce l’ha fatta.
-E alle fighe
nude, scommetto.
Lui sorrise,
aggiustandosi ancora gli occhialini. –No, Jade, quello no.
Penso che in fondo Tony sia meglio di quello che appare: sa che ci sei
tu, e ci rispetta. Senti, invece, ehm… dovrei chiederti un
consiglio, posso?
-Dimmi.
-Ti ricordi
l’… ah-ehm… l’invito al
matrimonio di Betty, la mia ex?
Jade si
irrigidì. Si sciolse dall’abbraccio, sentendo
nell’aria la disgrazia come quelli che fiutano
l’arrivo dei cicloni.
-Mi ricordo.
-Ecco, secondo
te… dovrei andarci?
Bruce al
matrimonio di Betty. La sua ex. La sua ex scienziata strafiga, per
essere precisi.
La scena si
snodò dietro agli occhi di Jade con la precisione di una
pellicola cinematografica.
Betty
è sull’altare, bellissima nel suo abito bianco, di
fianco a un tizio che adesso lei non è che ricordasse
benissimo, ma tanto è solo una comparsa. Il prete pronuncia
la fatidica frase “se qualcuno è contrario a
questo matrimonio, parli ora o taccia per sempre”. Bruce fa
un passo in avanti e parla, bellissimo anche lui nel suo completo
antracite e con i suoi occhialetti. Ha un’espressione
risoluta e innamorata.
“Ti
ho sempre amato, Betty. So che anche tu mi ami. Non sposare lui, sposa
me, fuggiamo insieme!”
Lei
lo guarda, gli occhi le brillano, due lacrime solcano gli zigomi alti
(perché ha pure gli zigomi alti, quella lì, mica
come lei che li ha normali) e cadono a terra. Primo piano sulle lacrime
luminose che cadono a terra.
“Bruce…
quanto ho sperato che lo dicessi… anche io ti ho sempre
amato!”
Gli
corre incontro al rallentatore, le lacrime sono una scia luminosa
dietro di lei. Si baciano, la telecamera li riprende girandogli
intorno, poi si guardano negli occhi e fuggono via, fuori dalla chiesa,
mano nella mano verso il domani.
“Oh,
sai la bella novità? Ho anche scoperto che possiamo
scopare!”, esclama lui, mentre scompaiono
all’orizzonte.
-Certo. Il
matrimonio di Betty. Ottima idea, Bruce, se ci tieni tanto vai pure,
sia mai che ti impedisca di andare al matrimonio della tua
ex…
-Ah…
Jade… non è che ci tenga, in realtà.
Non ho… ecco… questa voglia matta di rivederla.
Solo che mi chiedevo se non sarebbe stato scortese non andarci. Solo
questo.
Certo che non
aveva voglia di rivederla. Vedere la sua ex che sposava un altro,
pensare che avrebbe potuto esserci lui al suo posto…
-E allora non
andarci. Se pensi che vederla sposata a un altro spezzerà il
tuo fragile cuoricino stai a casa.
Fosse
per me, libererei Hulk e gli farei spaccare tutto, roba che alla fine
la chiesa la portano via con scopa e paletta e la gente con i
cucchiaini e le buste di plastica, pensò.
-Jade…-
Bruce si aggiustò gli occhialini sul naso e
intrecciò le mani. Parlò senza guardarla in
faccia, fissandosi ostinatamente i piedi. -Betty è una donna
di cui sono stato innamorato e con la quale è andata
malissimo. Magari per colpa mia, non so, non ha più
importanza. Le auguro tutta la felicità del mondo, ma non
capisco che senso abbia andare al suo matrimonio. Lei mi ha invitato
per farmi capire che non ce l’ha con me e io ci andrei per
farle capire che non ce l’ho con lei. Passerei una giornata
noiosissima in un posto in cui non conosco nessuno, senza contare che
rischierei di innervosirmi perché insomma, è
facile innervosirsi se ci si annoia, lo sai, no? E tutto per cosa? Per
delle convenzioni che potrei risolvere con una telefonata in cui le
faccio le congratulazioni e le dico che sono felice per lei. Non sapevo
cosa fare e volevo un consiglio, mi spiace di averti fatta arrabbiare.
Non avrei dovuto coinvolgerti, stai vedendo cose che non esistono e non
so come convincerti…
Lei lo
abbracciò di slancio.
-Scusami.
Scusami, scusami, sono una stupida cretina e ho esagerato e invece di
essere contenta che tu sia qui ti ho solo aggredito…
dovresti diventare Hulk e spaccarmi la faccia, avresti ragione, e
invece…
-Non lo dire
nemmeno per scherzo, Jade!
-Scusa. Non
andarci al matrimonio, falle un bel regalo e telefonale e magari valla
a trovare da solo, se vuoi- (glielo
sto dicendo sul serio?) –ma non
c’è bisogno che tu ci vada. Non ce
n’è motivo.
Lui le
affondò le mani tra i capelli. Profumavano di shampoo.
-Non
andrò a trovarla. Basterà una telefonata.
-Non lo fare
per me, non ce n’è bisogno, lo so che non
è che io conti più di tanto…
Bruce la
fissò sbattendo le palpebre.
-Come?
-Niente,
lascia stare. Dicevo, fai quello che…
-Jade, posso
sapere cosa ti prende? Io non so come comportarmi con te, non so come
fare a farti capire…
-Scusami.-
Jade si sciolse dal suo abbraccio e gli diede le spalle.
–Credo sia la sindrome premestruale-, borbottò.
Lui
scoppiò a ridere come un matto. –E adesso posso
sapere che cazzo ridi?-, strillò lei.
-Rido
perché è vero, mi avevi avvisato! E io non ci
avevo proprio pensato! Jade, non mentivi, sei davvero peggio
di… ehm… dell’Altro!
-Ma…
ti ricordavi di questa cazzata?
-Mi ricordo di
tutte le cazzate che mi dici, Jade. E anche delle cose serie, e di
quelle così così. Tanto per farti capire quanto
tu non
conti per
me.
Lei lo
abbracciò di nuovo e scoppiò in singhiozzi.
Maledetta
sindrome,
si disse.
Note: Storia scritta in un momento
di sindrome perché avesse una funzione catartica, e
pubblicata il mese dopo per il medesimo motivo. Pensate che le
paranoie, le depressioni e gli sbalzi d’umore di Jade siano
eccessivi? Beati voi, avete tutta la mia invidia.
Ringrazio vannagio che mi ha suggerito la cura e
i personaggi, permettendomi di usare la sua Jade, e mi ha pure betato e
sopportato. E mia madre, autrice di tutte le frasi messe in bocca alla
madre di Jade. Comprese quelle sulla cugina; ebbene, ho una cugina con
cui Madre fa confronti di continuo, ma assicuro che suddetta cugina
è una bravissima ragazza ed è anche molto
simpatica, anzi, è una delle mie cugine preferite. Tranne
quando Madre fa i confronti, ovvio.
Grazie a tutti coloro
che passeranno di qui, anche se so che la storia fa schifo e io sono
una cessa e questo si trasmette persino nel font stesso della storia e
nessuno mi ama e… ok, la finisco!
Un bacio a tutti!
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Capitolo 2 *** Psicologia di coppia ***
A Vannagio,
che diventa un anno più vecchia
ma non deve preoccuparsi,
perchè
più passa il tempo e più SPAKKA!
PSICOLOGIA DI COPPIA
(Manuale pratico del dr.
Loverboy)
-Allora, è vero che se ti trasformavi in Hulk quando
c’era Betty, a lei non facevi nulla?
Bruce sospirò leggermente e si sistemò gli
occhiali sul naso.
-Jade, non mi piace parlarne, né dell’Altro né
di Betty…
-Ah, non ti piace? Beh, senti, neanche a me piace parlare del mio
ultimo ex fidanzato…
-Quale ultimo ex fidanzato?
Jade fece un sorriso che era a metà tra un ghigno e
un’espressione di trionfo. –Quello che mi ha
lasciato, anzi no, non si è nemmeno disturbato a lasciarmi,
l’ho scoperto che mi faceva le corna con una mia amica,
quindi l’ho lasciato io e loro due si sono fidanzati, felici
e contenti. E sai com’era lei? Era una fottuta bionda
svenevole bisognosa di protezione a cui andava sempre bene tutto,
preparava torte fatte in casa, e assomigliava a Putin!
Bruce cercò di trattenersi, ma durò due secondi.
Scoppiò a ridere.
-A Putin?
-Giuro. Dovevi vederla di profilo. Comunque, come vedi, ti ho appena
parlato del mio ultimo ex fidanzato, anche se non mi piace farlo.
Quindi, dicevamo, com’è che Hulk non spaccava
Betty?
Bruce si portò le mani alle tempie. –Vorrei tanto
sapere chi te l’ha detto, Jade.
-Siamo in una base segreta di portinaie. Cosa importa chi me
l’ha detto?
-Così, solo per sapere a chi dovrà correre dietro
Hulk la prossima volta…
-Allora non ti disturbare: me l’ha detto Bree a cui
l’ha detto Barton che l’ha saputo dalla Romanoff, e
so che Hulk le è già corso dietro, quindi siete
pari.
Bruce sgranò gli occhi. –Bree a cui l’ha
detto Barton…
-Che l’ha saputo dalla Romanoff, che sa anche quante volte
vai al cesso, suppongo. Allora?
-Allora, niente. Non capisco le cose che fa l’Altro. Non lo so
perché si fermava. Perché l’amavamo
entrambi, suppongo.
-Che romantico. E a me, mi amate entrambi?
-Io di sicuro. L’Altro
credo che ti tema, invece!
-Ha ha ha, che divertente. Lo vorrei tanto sapere, se Hulk mi
attaccherebbe o no.
Lui si fece serio. –Non dirlo neppure, Jade.
Lei annuì, ma fu quello il momento in cui decise, in modo
irrevocabile e definitivo, che nei giorni successivi lo scopo della sua
vita sarebbe stato uno solo: scoprire se Hulk l’avrebbe
attaccata.
-Jade, cosa stai facendo?
Bruce era uscito dalla doccia, avvolto solo da un asciugamano rosa (in
origine era bianco, ma lui l’aveva tenuto per ricordo da
quella volta che Jade aveva tinto per sbaglio un carico di asciugamani
con una maglietta rossa). Lei lo guardò con un sorriso
innocente e la sua migliore faccia da culo.
-Oh, niente. Ti stavo controllando il cellulare, ma non ci capisco
nulla!
Lui rimase perplesso per un attimo, poi le si avvicinò.
-Per forza, non è un modello in commercio… me
l’ha fatto Tony, diceva che il mio era già
obsoleto ai tempi di Capitan America… guarda, basta toccare
qui e qui…
-Oh, bene. Così?
Jade premette sullo schermo come se volesse trapassarlo.
-Ehm… magari con un po’ più di
delicatezza…
-Ok. E dove sono i messaggi e le chiamate?
-Qui, guarda…
Le toccò una mano, e Jade si sentì una merda. Lui
le prese il dito e le mostrò dove toccare lo schermo. Quando
si era illuminato, Jade aveva visto una foto di lei mentre dormiva.
-Se vai più giù ci sono anche i
giochi… io vado matto per il Tetris, Tony non lo voleva
mettere, ma ho insistito!
-A proposito di Tony: hai ancora i numeri di tutte quelle modelle?
-Ah… non saprei proprio, Jade, forse qualcuno che ho
dimenticato di cancellare…
Qualche goccia d’acqua sgocciolò dai capelli di
Bruce sulle sue spalle. Lui gliele asciugò con le mani.
Dal momento che sembrava tutto fuorché arrabbiato e che le
sue dita sul collo erano così invitanti, Jade
lasciò perdere quello stupido telefono e si
inarcò contro di lui.
Bruce alzò gli occhi per la terza volta dalla frase che
stava leggendo. Jade gli si era seduta in braccio e aveva cominciato a
leggere a voce alta il suo articolo (“Curva di accrescimento
dei raggi gamma in densità neutronica”),
sbagliando la metà delle pronunce dei nomi scientifici.
–Sei davvero intelligente, Bruce, te l’ho mai
detto? Io non capisco una parola, qui!
-Per forza, Jade, questa è roba da…
-Oh, certo, è roba da cervelloni, non certo da lavandaie
laureate in Social Studies!
-Ma che discorsi… sono certo che non so nemmeno un quarto
delle cose che sai tu, abbiamo solo, ehm, specializzazioni
diverse…
-Sì. Con la differenza che la tua ti porta a essere uno
scienziato e un supereroe, la mia a essere una lavandaia cessa!
Bruce sospirò. –Uno scienziato e un supereroe?
Guarda, se l’avessi saputo avrei preso Social Studies anche
io e avrei fatto il lavandaio cesso… e comunque non sei
cessa. Per niente.
Jade borbottò un “certo, come no”. Poi
si assicurò che lui fosse ben concentrato sui suoi appunti e
si diresse verso la lavagnetta.
Bruce ci mise un bel po’ a rendersi conto di quello che lei
stava facendo; e quando se ne accorse, invece delle formule chimiche e
degli schemi molecolari, sulla suddetta lavagna figurava un bellissimo
paesaggio con una casetta, il sole, gli alberi e molti gattini.
-Ma cosa… Jade! Ma si può sapere
perché l’hai fatto?
Lei lo guardò con espressione serafica.
-Non so… guardavo la lavagnetta e all’improvviso bam!, tra tutte
quelle H e quelle I e quelle altre formule strane ho visto
un’immagine. Suppongo la si possa chiamare ispirazione
artistica!
Bruce sospirò e si tolse gli occhiali.
-Suppongo la si possa chiamare “Bruce mi
trascura”… basta, per oggi pomeriggio ho fatto
anche troppo. In quella adorabile casetta c’è
anche una stanza da letto, per caso?
Il sorriso malizioso di Bruce rendeva chiarissimo che no, decisamente
Jade non era riuscita a farlo arrabbiare.
-Comunque se c’è una cosa che mi offende
profondamente, come gay ma anche come essere umano, sono le persone che
non fanno i pompini. Li riconosco dalla faccia, proprio!
Jade scaricò una lavatrice.
-Perché, che faccia hanno?
-È lo sguardo, da bellissima delle favole che aspetta il
principe azzurro. E tutti quelli così nel letto son
più pudici di un frate, maschi e femmine. Dai retta alla zia
Bree, il principe azzurro lo si cerca, lo si scopa, e lo si conquista!
Jade ridacchiò. Poi sembrò pensare a qualcosa di
serio; fissò Bree e gli chiese –ma pompini a
parte, cos’è che ti farebbe incazzare da morire,
se fossi in coppia?
-Beh…- Bree ci pensò un attimo. –Per
esempio che il mio lui mi facesse le corna con un bel fustacchione e
non mi chiamasse a partecipare. Sarebbe inaudito, maleducato e orribile.
-E a parte questo? Cose più normali?
-Normale… cosa vuol dire al giorno d’oggi
“normale”? Definiscimi il concetto di
normalità.
-Tra un po’ti definisco un calcio nei denti, va bene lo
stesso?
-Sei peggio di una lesbica. Dunque, cose che mi fanno
arrabbiare… oh, sai quelli tutti “decidi tu,
facciamo quello che vuoi tu”, e allora tu proponi, e a loro
non va mai bene niente? Quello. Oh, e poi quelli che si fanno tutte
quelle smancerie in pubblico, a meno che ovviamente non siano a un gay
pride, che allora fanno bene. E odio, detesto, aborro, quelli che
mescolano due fantasie diverse con la scusa che sono stravaganti e
radical chic!
Jade sollevò un sopracciglio. –E perché
mai questo dovrebbe farti arrabbiare?
-Perché offende il mio lato estetico ed è una
provocazione. E come dice il dr. Loverboy, tentare di provocare l'altro
è un gioco perverso da interrompere.
-Chi?
-Il dr.Loverboy, detto anche Splendore, noto terapista di coppia e
soprattutto mio mai troppo rimpianto ex. Lui sì che faceva
dei pom…
-Grazie,
Bree. Adesso vai fuori dalle palle, che io qui sto cercando di lavorare.
-Allora, Jade, domani è il tuo giorno libero…
cosa vuoi fare? Sono aperto a ogni possibilità!
Lei si imbronciò. –Non lo so, Bruce, proponi
qualcosa tu, una volta tanto… fai sempre decidere a me!
-Faccio decidere a te perché a me va bene tutto…
-Anche a me va bene tutto. Sul serio, dimmi tu quello che vuoi fare!
Lui rimase pensieroso per un attimo. –Che ne dici di un bel
giro al parco, in tranquillità, poi andiamo a mangiare
shawarma in quel posto che fa orario continuato?
Lei fece una faccia poco convinta. –Al parco? Ma è
freddo… e poi lo shawarma è pesante…
-In effetti… se non ti va, niente. E se invece mangiamo la
pizza e poi andiamo al cinema?
-A vedere cosa? Non c’è niente, solo quelle
stupide commedie o quei film strappamaroni che poi lo sai che mi
addormento…
-Allora… un giro al museo di storia naturale? Ti ricordi di
quando mi hai detto che saresti voluta tornarci,
perché…
-Ma no, non domani, che palle! Ci saranno tutti i mocciosetti in gita
scolastica, poi lo sai che mi innervosisco!
Lui si incupì. Jade si sentì a un passo dalla
vittoria. Bruce non parlò per qualche secondo, poi
però sorrise con una faccia da “Bingo!”.
-Ci sono! Andiamo a giocare a paintball, e poi a mangiare alla
steakhouse texana dove fanno le grigliate! Eh?
Jade ci provò a dire di no, a sbuffare, a fare finta che non
le andasse bene. Ma era il paintball. Poteva sparare come se non ci
fosse un domani, sfogarsi come non si sfogava da tempo e, se si metteva
male, c’era sempre l’attacco suicida a qualsiasi
cosa si muovesse urlando frasi tamarre prese da film famosi. E poi la
grigliata. Texana. Con la birra. E a quel punto la conclusione della
serata sarebbe stata così ovvia e assieme irresistibile che
si sentiva già eccitata al pensiero.
Fece un sorriso enorme.
-Affare fatto… non vedo l’ora di far diventare
Hulk verde d’invidia!
-Posso farle una domanda, agente Romanoff?
L’espressione tra lo stupito e il perplesso con cui la
guardò Natasha Romanoff Ce L’Ho Solo Io E Una In
Uganda Che Sta Morendo, stile “perché, parli
anche?”, fece venire voglia a Jade di mandarla direttamente a
Wakanda per direttissima. Resistette.
-Quella volta, sa, di Loki, quando Bruce si è trasformato in
Hulk e le è corso dietro… ecco, lei esattamente
cosa aveva fatto per farlo arrabbiare?
Natasha Romanoff la fissò con sguardo penetrante.
-Perché lo vuole sapere?
Ok, Jade era preparatissima. Non aveva nemmeno per un secondo pensato
di improvvisare davanti alla super spia russa Mata Hari Mi Fa Una Sega.
Sostenne il suo sguardo.
-Perché condivido quasi tutto il mio tempo libero con Bruce
Banner. Ci vado a letto, come lei sa benissimo. Quindi sa
com’è, sono cose che vorrei sapere…
anche per la mia stessa sicurezza.
Funzionò. Tiè,
Mata Hari, ti ho raggirato! Natasha annuì, ma
si strinse nelle spalle.
-Capisco, ma non posso aiutarla. Quella volta ha inseguito me
perché ero con lui, ma a farlo arrabbiare è stato
l’attacco portato dagli uomini sotto il controllo di Loki.
Fortunatamente per lei, sono circostanze difficilmente ripetibili.
-Eh, sì, un bel culo, eh?
-Oh, non sa quanto, Jade. Mi creda, non è una scena che si
ha voglia di vedere una seconda volta.
Jade rimase pensierosa. Per un attimo si chiese se non fosse un pochino
troppo rischioso cercare di fare arrabbiare Bruce.
-Mi spiace averla spaventata, ma d’altra parte me
l’ha chiesto lei. Sono stata onesta.
Jade le fece un sorriso radioso. –Spaventata? Agente
Romanoff, per spaventare me ci vuole ben altro… questa
macchia, per esempio. Si può sapere che roba è?
Anche Natasha le fece un sorriso esagerato. –Mi creda, quello
non vuole saperlo. Un consiglio: si metta i guanti.
A Bruce dava fastidio ammetterlo persino con se stesso, ma si stava
vergognando come un ladro.
Jade di solito non faceva così, anzi, era lui che doveva
insistere perché stessero un po’da soli; invece,
appena avevano messo piede nel diner Apollo lei, al posto di sedersi a
tavola con gli altri, gli si era avvinghiata al braccio e aveva
miagolato -no, dai, stiamo da soli noi due.
Dopodiché, invece di sedersi di fronte a lui, gli si era
seduta accanto e aveva continuato a tenerlo abbracciato e a dargli dei
bacetti, prestando a malapena attenzione a Jo che, con sguardo
perplesso, era venuta a prendere le ordinazioni.
Ma il colmo era stato raggiunto quando erano arrivate la bistecche;
Bruce si stava giusto chiedendo come avrebbe fatto a mangiarla dato che
Jade continuava a tenerlo per mano, invece lei lo aveva guardato e gli
aveva detto (testuale): -Amore, ti taglio la ciccina?
Per fortuna però ( e a Bruce spiaceva pensare quel
“per fortuna”, ma allo stesso tempo non riusciva a
impedirsi di farlo), lei era dovuta andare al lavoro e quindi
l’aveva salutato con molti bacini e lagne su fatto che
sarebbero stati tanto tanto lontani, per poi chiedergli cinque-sei
volte “ma mi penserai? Ma mi vuoi bene? E quanto
bene?”. Appena Bruce si sentì sicuro che Jade
fosse ragionevolmente lontana, era andato a sedersi con gli altri e
aveva chiesto a Jo un caffè.
-Oggi quella ragazza era strana-, aveva detto Clint. E lo aveva detto
in un modo che sottintendeva qualcosa tipo “sicuri che non
sia posseduta da Loki”?
-Sarà solo stanca. O nervosa-, minimizzò Bruce.
Loki aveva tanti difetti, ma di certo non le avrebbe fatto dire
“ti taglio la ciccina”.
-Magari ha paura di te? Ieri mi ha chiesto cosa avessi fatto per farti
arrabbiare.
Bruce guardò Natasha un po’ perplesso.
–Ma tu non hai mai fatto nulla per farmi arrabbiare!
-È quello che le ho detto.
Jo versò il caffè. –Più che
avere paura, mi sembra che sia lei che sta cercando di farlo
arrabbiare! Insomma, si innervosirebbe anche Steve… almeno
credo. Tu Clint ti innervosiresti, no?
Clint annuì. –Penso che partirebbero frecce in
mezzo agli occhi-, aggiunse Natasha come per sottolineare il concetto.
-Sì, non ha molto senso che stia cercando di farlo
arrabbiare, però. Insomma, sarebbe una pazza.
Bruce strinse la sua tazza di caffè. –No, direi
che proprio non ce l’ha, un senso. E sarebbe pazza,
decisamente.- Assunse un’espressione concentrata. Poi si
alzò di colpo, senza bere il caffè.
-Devo andare… grazie Jo, ragazzi, alla prossima!
I tre lo guardarono, perplessi.
-Ehm… ciao, Jade. Ti disturbo?
Lei sorrise. Ogni giorno Bruce passava a trovarla in lavanderia, ogni
giorno le portava il suo hot dog con la mostarda, e ogni giorno le
chiedeva se la disturbava.
-Mi disturbi tantissimo. Passi a portarmi del cibo e un po’di
compagnia, che qui ormai parlo solo con le lavatrici, e mi chiedi se mi
disturbi… a proposito, dici che tu e Tony potreste mettere
un'intelligenza artificiale a una lavatrice? Che ti prende?
Bruce aveva un’espressione seria. Le allungò il
panino scrutandola intensamente attraverso le lenti degli occhiali.
-Devo farti una domanda: stai cercando intenzionalmente di farmi
arrabbiare?
Ora, Jade era sempre stata della scuola “negare sempre,
negare comunque e negare soprattutto l’evidenza”.
Era un metodo che aveva assicurato ottimi risultati, in passato. Quindi
si preparò alla sua espressione più innocente e a
dire qualcosa tipo “chi, io? Ma scherziamo?”, solo
che si scontrò con gli occhi di Bruce e non
riuscì in nessun modo a mentirgli, ma nemmeno a dire la
verità. Rimase lì, a bocca aperta, con il suo
panino in mano, come una cretina.
-Tu… Io non ci volevo credere, tu stavi seriamente tentando
di… ma perché, Jade?
Lei provò a rispondere, ma non ci riuscì. Dal
nervoso strinse troppo il panino, la mostarda cadde a terra.
-È per via di Betty. Di quello che mi hai chiesto su Betty?
Dimmi che non è per quello, Jade. Mentimi.
Jade ci provò seriamente, ma le sue corde vocali si
annodarono in gola. C’era una sola frase che le risuonava in
testa, e questa frase era “sei una tragedia, Jade”,
con la voce di sua madre.
-Ti rendi conto di quello che hai rischiato? Sei pazza? No, ma a te non
frega un cazzo, vero, non ci pensi… ti sei fermata un
secondo a chiederti come mi sarei sentito io, se ti avessi fatto del
male? Non capisco dove finisca la tua insicurezza e dove cominci
l’egoismo e… Mi volevi fare arrabbiare? Ci stai
riuscendo adesso!
-Bruce…
-Senti, Jade, stammi lontana per un po’. Ti cerco io. Buon
lavoro.
E detto questo, si girò e se ne andò di corsa,
sbattendo la porta. Jade si trovò a singhiozzare su una
divisa sporca, senza aver neppure mangiato il suo panino.
-Signor Stark-, ringhiò Jade, -Non mi spiego come mai un
genio miliardario eccetera non riesca a mettersi in testa che il
maledetto giorno del bucato è il…
-Mercoledì,
certo, lo so benissimo. Tuttavia, oggi sono qui per elargire un
po’della mia saggezza e solo secondariamente per
lasciare le mie magliette sporche.
-Non credo di essere dell’umore…
-Jade, lei non è mai dell’umore, quindi non vedo
cosa cambi. Dicevo… sa, a volte mi succede, quando sono in
giro con Pepper, che ci siano donne bellissime che vengono a
importunarmi. Immagino che non accettino il fatto che una donna sola
possa bearsi della mia compagnia… riesce, con uno sforzo, a
immaginare la situazione?
-Appoggi pure la cesta, signor Stark. E se ne vada, sto lavorando.
-Bene, ora: è forse colpa mia, se sono irresistibile? Sono
stato forse io a chiedere di essere nato così? Con uno
spiccato senso dell’umorismo, un fascino irresistibile e
un’intelligenza brillante? Certamente no. E Pepper lo sa
benissimo, quindi non mi fa certo una colpa se ammalio le donne.
-Io so che lei vuole arrivare da qualche parte, ma che mi prenda un
colpo se ho capito dove vuole andare a parare…
-Ma, e mi ascolti bene, se fossi io ad andare da tutte queste donne,
allora Pepper avrebbe ragione ad arrabbiarsi con me, non trova?
-Io mi arrabbierei per molto meno. Trovo che Pepper abbia diritto alla
santità. E continuo a non capire.
-Quello che le sto dicendo, Jade, è che
l’adorabile Betty Ross non faceva mai arrabbiare Bruce. Il
dottore diventava Hulk per altri motivi, mai per lei.
Perché, mia cara, se l’avesse fatto trasformare
lei, trovo che Hulk sarebbe stato giustificato nel schiccherarle via la
testa… capito, adesso, sì?
-Signor Tony Stark, grazie mille per il preziosissimo consiglio. Adesso
potrebbe gentilmente levarsi dai coglioni, sì?
-Secondo me, avete bisogno di rilassarvi entrambi. Siete una coppia
troppo nervosa, mia cara Jade!
Tony chiuse la porta della lavanderia appena un attimo prima che delle
mutande sporche arrotolate lo colpissero in pieno.
Bruce si sentiva meglio. Anche se la rabbia era scemata, per sicurezza
si era fatto una bella sessione di yoga e poi era andato con Steve a
prendere a pugni un sacco da boxe, e adesso le nocche gli facevano
malissimo perché insomma, non c’era abituato.
Pensava anche di averci lasciato un polmone, sul pavimento della
palestra. Di sicuro era troppo stanco per arrabbiarsi e Jade gli
mancava, però ritenne che per la sua sicurezza fosse meglio
non rischiare e dormirci su un’altra notte. Domani ne
avrebbero parlato con calma. Le avrebbe fatto capire, con il
ragionamento e la pazienza, quanto fosse stupido quello che aveva
fatto. Domani…
Bruce aprì la porta della sua stanza e ammutolì.
Jade era dietro la sua scrivania, aveva addosso la maglietta di Harley
e smise di rosicchiarsi le unghie appena lo vide entrare. Aveva messo
un cd di musica finto-indiana rilassante e aveva apparecchiato il suo
piano di lavoro con incensi, stoffa colorata e tazze. Sul suo
fornelletto, al posto del becher, c’era una teiera.
Bruce scoppiò a ridere fino a farsi lacrimare gli occhi.
-Se questo è l’ennesimo tentativo di farmi
arrabbiare, Jade, ti avviso che…
-Veramente doveva essere una cosa carina, ma tu no, tu ridi. Ha ha ha.
Ridi adesso, perché è la prima e ultima volta che
lo faccio.
-Che fai cosa? Trasformarmi la stanza in una casa dell’oppio
di Nan-Tun?
Jade si incupì. –Non è oppio.
È sandalo… o patchouli, non lo so, una cosa
così. La commessa del negozio di esoterica mi ha detto che
sono rilassanti. E poi ho comprato della camomilla, e della melissa,
e… insomma, siamo una coppia che ha molto bisogno di
rilassarsi. Io più di te.
Come se avesse detto anche troppo, si girò verso il
bollitore e versò l’acqua nelle tazze. Nonostante
la maglia con Harley Quinn e i movimenti non troppo aggraziati, a Bruce
sembrò una geisha. Si sedette alla scrivania.
-Sono contento che tu abbia capito, Jade. Perché tu hai
capito, vero?
Lei si strinse nelle spalle. Intinse due o tre volte la bustina di
camomilla nella tazza.
-Ho capito che sbagliavo metodo, non ha senso farti arrabbiare. Betty
mica ti faceva arrabbiare, eri già arrabbiato per conto tuo.
-Jade…
-E poi lo psicoterapeuta di coppia dr.Loverboy dice che tentare di
provocare l'altro è un gioco perverso da interrompere.
-Chi?
-Il dr. Loverboy. È un ex di Bree. Insomma, vuoi la
camomilla, la melissa o il finocchio? Però il finocchio non
è rilassante, l’ho preso per me, per la
cellulite…
-Jade, ho bisogno di sapere che non lo farai più.
Promettimelo.
-Che non ti farò più arrabbiare? Posso
prometterlo, ma lo sai, io ho un caratteraccio…
-Che non lo farai più intenzionalmente.
-Prometto. Sono una scema, e poi non sai quanto mi sono vergognata
quella volta nel diner. Mi sarei picchiata da sola.
-Ehm… lì più che arrabbiato ero
shockato, a dire il vero…
-E poi mi sei mancato. Lo so che sembro scema, perché non
è che siano passati sei mesi, insomma,
però…
-Anche tu mi sei mancata.
Lei fissò la sua tazza. –Questa cazzo di tisana
scotta.
Lui si alzò e la raggiunse dietro la scrivania, posandole
una mano sulla nuca. -È vero, scotta. Inganniamo il tempo
intanto che si raffredda?
Jade sorrise, e intrecciò le sue dita a quelle di lui.
-Inganniamolo, quel maledetto.
Note: Come fare a, non dico
sconfiggere, ma almeno tramortire temporaneamente il famigerato Blocco?
Facile: basta che una delle vostre amykette più amykettose
compia gli anni!
Non so cosa sia
uscito, ma è stato divertente avere la storia fatta e
lamentarmi in chat che non riuscivo proprio a scrivere…
Giò, non ci riesco davvero, mi sono sforzata tantissimo solo
per te! <3
Detto questo: Jade ha
molto in comune con me ma appartiene a vannagio, anche se si fa rubare
volentieri. Le sue avventure sono qui.
Che Hulk non
attaccasse Betty, la (nel nostro canon ex!) fidanzata del dottor
Banner, è canon. Se qualcuno si fosse chiesto “ma
quindi, alla fine, Hulk attaccherebbe Jade o no?”, la
risposta è in questa storia. Enjoy.
Wakanda pare sia, nel
canon della Marvel, la Mistica Montagna in cui è andato
Capitan America a farsi riallineare le molecole di vibranio di cui
è composto il suo scudo. State ridendo tantissimo anche voi,
vero?
Il diner Apollo e Jo
compaiono
in questa serie.
Alcune frasi di questa
fanfiction sono state realmente pronunciate da gente viva. Ringrazio
tale gente viva per essere così splendidamente riciclabile.
E giusto per inorridirvi abbastanza, “ti taglio la
ciccina?” è una di queste.
Detto ciò,
grazie mille alla mia beta OttoNoveTre, che sopportarmi durante la
stesura di questa cosa non dev’essere stato semplice. E
grazie a chiunque passerà, leggerà,
riderà da qui.
Jade spakka!
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Capitolo 3 *** Il nuovo tatuaggio ***
A Fila,
che
convincerò a tatuarsi,
prima che i compleanni
siano troppi!
Auguri!
IL NUOVO TATUAGGIO
-Sono in
ritardo, sono in ritardo, la regina mi taglierà la testa!
Anzi, me la taglierà Fury in persona… cazzo,
cazzo, DOV’È IL REGGISENO?
Bruce
cercò a tentoni gli occhiali sul comodino. Sempre
così. Jade puntava la sveglia in orario perfetto per potersi
preparare con tutta la calma del mondo, poi quando suonava la
posticipava fino a ridursi a dover fare tutto sul filo dei secondi.
Ovviamente ogni minimo imprevisto la mandava nel panico.
-Ce
n’è uno rosso qui per terra…
-Oh, quello
bordeaux.
Non volevo quello, ma andrà bene lo stesso… tu ci
vai oggi da Stark, giusto?
-Sì,
dopodomani però sono qui. Davvero.
-Bene,
così vedi il tatuaggio nuovo.
-Certo,
Jade… che cosa? Che tatuaggio?
Lei si
infilò le scarpe e acchiappò un foulard da
mettere al collo.
-Ho
l’appuntamento oggi pomeriggio dal tatuatore, devo avertelo
detto, o forse mi ero dimenticata… Comunque non vedo il
problema, ti piacciono i miei tatuaggi, no?
-Ehm…
sì, certo, è che non so nemmeno cosa ti stai per
tatuare e mi sembra strano, tutto qui.
-Bruce, ero
davvero convinta di avertelo detto, scusa! È che sono in
ritardo a partire da ora, ne parliamo quando torni! Salutami Stark!
Bruce rimase
lì a fissare la porta chiusa e a chiedersi quale delle mille
cose che a Jade sarebbe piaciuto tatuarsi avesse avuto la precedenza.
Sperò ardentemente che il teschio di coyote con le pistole
incrociate fosse stato scartato senza esitazione.
-È
bello il verde, sai, non me lo chiedono in tanti, sono contento di
usarlo.
JD, il
tatuatore, tamponò l’eccesso di inchiostro sulla
pelle e guardò con occhio critico come stava venendo il
lavoro. Aveva un’espressione soddisfatta.
-È
uno dei miei colori preferiti. E poi ci stava con il soggetto, no?
-Eccome.
Poteva essere solo verde-, approvò JD.
JD era un
artista. Era un artista di quelli non troppo noti, che lavorava in una
zona di New York piuttosto brutta, chiedeva un prezzo onesto e in
cambio eseguiva tatuaggi che lasciavano senza fiato. Amava il suo
lavoro, amava chi arrivava da lui con delle buone idee, e aveva una
vera e propria idiosincrasia per i tatuaggi scemi che doveva fare
perché solo con l’arte non si arriva a fine mese.
In
particolare, stava dicendo, quello era il periodo degli ideogrammi
cinesi o giapponesi (-Tanto
è la stessa cosa, mi dicono. Capito?
Per loro Cina e Giappone è la stessa cosa!-) e soprattutto,
cosa che sembrava mandarlo ai matti, le
iniziali dei nomi in ideogrammi.
-Ma non ha
senso-, aveva ribattuto Jade, forte delle sue conoscenze miste apprese
a forza di studiare materie inutili per una laurea inutile.
–Un ideogramma mica è una lettera, è
una sillaba.
Lui aveva
smesso un attimo di lavorare e l’aveva fissata.
–Vedo che cogli il punto-. Avevano riso.
Jade aveva
sempre avuto una fissazione per i tatuatori. Li trovava sexy, e poi le
piacevano le persone che facevano lavori delicati con le mani; Bruce
non lo sapeva, ma lei rimaneva incantata quando lo trovava in
laboratorio, a maneggiare sostanze a gocce con precisa perfezione. Jade
aveva anche fatto più di un pensierino su JD;
all’inizio si era trattenuta perché era un
conoscente del tizio con cui stava, poi si era accontentata di farsi
tatuare e basta, perché uno come JD non avrebbe mai guardato
una cessa come lei, era evidente. JD non era bello come un modello,
affatto. Non era Thor. Era bello come uno che la prima volta lo guardi
per le braccia piene di tatuaggi, con quei bicipiti lunghi, nervosi, e
poi per come si muove, mai a scatti, sembra lento e tranquillo anche
quando è veloce, e poi gli guardi gli occhi, che sono
intensi e si vede che sono quelli di un artista, che ti guarda e ti
vede tatuata, e dopo un po’non puoi più smettere
di guardarlo e devi convenirne, JD è bellissimo.
Non ci aveva
nemmeno mai provato, se l’era messa via, nel mezzo
c’erano state un paio di teste di cazzo, e ora Bruce. Che
anche lui era bellissimo non subito, dopo un po’, ma
definitivamente.
-Ma senti, JD,
non conosci nessuno che sappia il giapponese?
Lui non aveva
nemmeno alzato gli occhi. –Sì che ne conosco,
perché?
-Potresti
farti scrivere frasi tipo “rosticceria Shogun aperto tutto
l’anno” o “mi inculo le pecore”
e dire che significano “forza e coraggio” o cose
così.
JD
incurvò le labbra in un sorriso (“Madonna
che figo. Non ci pensare, Jade, sei impegnata”). –Chi ti
dice che non l’abbia già fatto?
Jade
scoppiò a ridere. –Che merda! Sei una merda! A chi?
-Non ho mica
detto che l’ho fatto sul serio. Potrei, come no. E non
ridere, cerca di stare ferma, sto tatuando!
-Scusa.
-Sei un buon
soggetto, Jade, sai? Non hai idee banali, e non mi rompi le palle
perché senti male. Una cliente perfetta.
-Dovrei dirlo
a mia mamma: non sono una disgrazia, sono la cliente perfetta di un
tatuatore. Poi, il dolore fa parte del ciclo della vita: niente viene
al mondo senza dolore, no?
-Ecco, questo
me lo faccio scrivere in ideogrammi cinesi, e lo attribuisco a Confucio.
-Ha ha.
Comunque non fa molto male.
-Ci sono
ragazze che quando le tatuo lì piangono, credimi.
-Stupide
fighette.
-E il tuo
nuovo ragazzo? È tatuato?
Tipico di JD.
Non “chi è”, “cosa
fa”, “sei contenta con lui”. No. Vuole
sapere se la gente è tatuata.
-Si chiama
Bruce, fa il ricercatore e non ho ancora capito cos’abbia
trovato in me. Non è il tipo da tatuaggi, ma ha apprezzato
il tuo lavoro in più di un occasione, soprattutto quello
sopra il sedere, non so se mi spiego.
-Erzulie sa
fare bene il suo mestiere, quindi. Sono stato molto attento quando ho
eseguito il suo vevé, non si sa mai che
possa offendersi.
-Lo ha fatto
fin troppo bene, credimi!
Le venne da
sorridere. Mandarle un uomo perfetto e normale non è da
divinità voodoo, troppo noioso per gente che si fa venerare
ballando. Le venne in mente che Hulk era un po’come un loa: se Bruce lascia
aperti i canali, se non sta attento a mantenere il controllo, lui lo
possiede e fa quello che gli pare. Chissà come si dice
“Hulk spacca” in creolo.
-Questo gli
piacerà?
-JD, non
può non piacergli. Va bene, è un’altra
cosa rispetto agli altri due, magari all’inizio
resterà un attimino spiazzato, ma gli piacerà
moltissimo. In caso contrario dovrò rendergli noto che non
capisce un cazzo!
Lui sorrise.
Fece, le disse, gli ultimi ritocchi. Si vedeva che era soddisfatto.
-E a te piace?
Jade si
fissò allo specchio, pensando a cosa avrebbero detto sua
madre, Peggy, Greg e Wilma e soprattutto Bruce. Qualsiasi cosa
dicessero, ne valeva solo una: -È proprio il mio, JD.
Quasi
dispiaciuta di doverlo coprire, Jade pagò (Darla, quella che
prendeva i soldi, come al solito la fissò a malapena.
Stupida troia.) e uscì. Uscendo incrociò tre
ragazzi enormi e bellissimi, uno con gli occhi azzurri, uno con i
capelli rossi e uno pieno di piercing e con un tatuaggio sotto
l’occhio che gridava “se non ti serve un lavoro
normale per sopravvivere sono una figata atomica”.
Jade
adorava
gli studi di tatuaggi.
Bruce era
leggermente inquietato. “È solo un
tatuaggio”, continuava a ripetersi. “E lei
è Jade. Se anche si fosse fatta il teschio di coyote,
è comunque Jade”.
Il fatto era
che due sere prima, quando l’aveva contattata in webcam, lei
si era rifiutata categoricamente di fargli vedere alcunché.
–Un nuovo tatuaggio si guarda dal vivo, Bruce, mica via
webcam. Diciamo che, se ti lascio la curiosità, magari torni
davvero dopodomani invece di fermarti per fare le robe slash con Tony
Stark.
Non aveva
indagato su cosa fossero “le robe slash”; intuiva
solo che c’entrassero poco con il chitarrista dei Guns
N’Roses.
Quando Jade
gli aprì la porta, aveva addosso la maglietta di Harley e un
paio di calzoncini blu: braccia vuote, gambe vuote. Ok. Restava tutto
il busto.
-E quindi
questo nuovo tatuaggio? Adesso posso saperlo,
cos’è?
-Troppo
facile. Devi indovinarlo, usa il tuo cervello ipertrofico: cosa potrei
essermi tatuata?
-Ehm…
Non era mica
facile. Jade aveva sempre mille idee per i tatuaggi, che andavano da
frasi di poesie che le piacevano a calavera messicane, pavoni e
sirene, velieri e rose e geishe art déco e un sacco di altre
cose.
-Ti do un
indizio: è verde.
-È
verde.
-Sì.
Molto verde.
-Non ti sarai
mica tatuata… ehm…
-Esatto! Mi
sono tatuata Hulk, che è simbolo di possenza, e la scritta
“bentornato!”
Bruce era
costernato. Genuinamente. La fissava a bocca aperta.
–Bentornato? Possenza? In che senso bentornato?
Jade aveva uno
sguardo malizioso e un sorriso che le andava da un orecchio
all’altro.
-In che senso
lo scoprirai appena vedrai dove me lo sono
tatuato…
Infilò
i pollici nell’elastico dei calzoncini. Li tirò
giù lentamente, fissandolo negli occhi.
Sempre
più giù. Quando arrivò alle mutandine
e cominciò a tirare giù anche quelle, Bruce si
sentì in dovere di dire qualcosa.
-Jade, ti sei
tatuata Hulk e la scritta “bentornato”
sulla…
-Sulla patata,
certo. Non è un’idea bellissima? Ti piace? Pensa
come ti sentirai potente quando faremo roba!
-Io…
io non so cosa…
Jade non ce la
fece più. Scoppiò in una risata improvvisa, di
quelle incontrollate, da farsi venire i lacrimoni.
-Ma ci stai
credendo? Sul serio? Ma ti pare che faccia una cosa del genere? Che
faccia hai fatto! Dovevo filmarti, perché non ti ho filmato!
Bruce si
sentì travolto da un’ondata di sollievo.
Scoppiò a ridere anche lui, una risata enorme, liberatoria.
-Jade, sei
una… una… Se era un modo arguto per farmi
apprezzare il teschio di coyote con le pistole, sappi che adesso lo
apprezzerò tantissimo!
Lei
lasciò che finisse di ridere. Poi lasciò
scivolare lentamente la maglietta di Harley sulla spalla, e si
girò.
Era un drago,
sulla scapola destra. Un drago cinese, leggerissimo ed elegante, dalle
spire sinuose. Anche alla luce artificiale della camera i colori del
tatuaggio erano splendidi, vivi, quasi traslucidi. Chi
l’aveva eseguito era un vero artista.
-Anche la
giada è verde, sai, mica solo Hulk.
Glielo disse
piano, quasi trattenendo il respiro.
Jade aveva un
drago di giada sulla scapola. Un drago di giada viva, pensò
Bruce quando vide il tatuaggio seguire con armonia il movimento dei
muscoli di Jade che si era stretta nelle spalle, parlando.
Si sentiva
quasi ipnotizzato. Gli sembrò che anche l’Altro si
fosse incantato a guardare quel drago. Magari ci vuole una bestia per
domare una bestia, pensò, e Jade adesso aveva un drago e,
vista la maglietta di Harley scivolare alle sue caviglie, non aveva
paura di usarlo.
Jade aveva un
drago. Un drago verde.
Note: Storia scritta per il
compleanno di Fila, che spero apprezzi tutta
questa gente tatuata che le ho confezionato! Auguri cara, e ricordati
che la “V” mi sembra sempre un’opzione
molto valida! JD è un personaggio che compare spesso nel
verse allargato creato con le mie amykette. Potete conoscerlo qui, e innamorarvi di lui anche
voi.
Ebbene, JD
l’ha già fatta sul serio, quella cosa dei tatuaggi
giapponesi. L’ha già fatta qui.
Erzulie è
una divinità voodoo (i loa sono le divinità
voodoo), per la precisione la divinità dell’amore,
della passione e della vanità. I simboli delle
divinità voodoo si chiamano vevé. Perché Jade abbia
il vevé di Erzulie tatuato sopra al
culo… beh insomma, non è bellissimo? Lo so io il
perché, ecco! XD
Chi riconosce i tre
tizi che incrocia Jade uscendo dallo studio avrà in regalo
un quore ENORME e SPROPOSITATO.
Jade ha scoperto qui
l’esistenza delle fanfiction slash tra Bruce e Tony.
Come sempre ringrazio
le mie sexy beta, una tatuata e l’altra no, OttoNoveTre e Vannagio.
E ringrazio tantissimo
chi di voi è qui, ha letto, e magari ha sbavato un pochino
sui bicipiti di JD; grazie per ogni vostra goccia di bava, e grazie
anche ha chi si è limitato ad apprezzare senza perdere la
dignità!
|
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Capitolo 4 *** La busta ***
Note
iniziali: questa
storia è stata scritta assieme a OttoNoveTre, e va letta dopo "Il
siero del supersoldato".
LA BUSTA
-Jade,
c'è una busta per te!
-Con la
fortuna che ho, sarà un avviso di garanzia.
-Devi aver
combinato qualcosa di grosso allora... sembra venire dalla Cina.
Jade prese la
busta che suo padre le porgeva. Se la rigirò tra le mani.
Nessun mittente.
-Jade..?
Magari se la apri scopri chi è che ti scrive.
Lei
annuì. Poi prese un coltello da cucina. La aprì
lentamente, come se dovesse contenere dell'antrace, o una bomba, o...
Conteneva un
piccolo drago di giada.
E un
biglietto, scritto con una grafia precisa, inconfondibile.
"Buon Natale,
Jade."
Note:
essendo
la drabble che io e OttoNoveTre abbiamo scritto nel biglietto
di auguri per vannagio, questa storia è
praticamente un apophoreta. Ok, ora smetto con le cazzate, è
il pranzo di Natale che mi ottunde il cervello… insomma,
niente. Solo, tantissimi auguri di Buon Natale a tutti voi!
E grazie mille di
tutto!
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