Dentro di Te

di FairySweet
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non piangere Mamma ***
Capitolo 2: *** Smettere di Pensare ***
Capitolo 3: *** Verso di Te ***
Capitolo 4: *** Ti difenderò Io ***
Capitolo 5: *** Batte Forte ***
Capitolo 6: *** Farai Parte di Noi? ***
Capitolo 7: *** Era un Segreto ***
Capitolo 8: *** Due persone come Tante ***
Capitolo 9: *** Ti Aspettiamo Qui ***
Capitolo 10: *** Troppo Presto ***
Capitolo 11: *** Hai detto una Bugia ***
Capitolo 12: *** Le Ombre non fanno Paura ***
Capitolo 13: *** Papà ti Ama ***
Capitolo 14: *** Fantasmi ***
Capitolo 15: *** Non è stata colpa Tua ***
Capitolo 16: *** Aiutami a Proteggerlo ***
Capitolo 17: *** Non puoi farlo di Nuovo ***
Capitolo 18: *** Ciao bambino Mio ***
Capitolo 19: *** Profumi di buono Mamma ***



Capitolo 1
*** Non piangere Mamma ***


Dentro di Te 1                   Non piangere Mamma




... Perché stai piangendo mamma? Hai paura? Anche io ho tanta paura sai? Perché sento solo il battito del tuo cuore, ti sento piangere e non posso fare niente per farti stare bene perché sono piccolo piccolo.

Forse mamma non è sbagliato, forse, non tutto per voi grandi dev’essere per forza così.
Io non so nemmeno com’è il mondo lì fuori ma penso che dev’essere davvero spaventoso e cattivo perché fa piangere le persone.
Non piangere mamma non aver paura ...


Le mani strette attorno alla testa e calde lacrime a percorrerle il viso, a pochi passi da lei quel maledetto test di gravidanza, positivo, così positivo da toglierle il respiro.
Non poteva essere vero, non poteva, non ora, non voleva figli, non facevano parte della sua visione del futuro ma ora ne aveva uno.
Chiusa nel bagno, lontano dal mondo frenetico dell’ospedale con la consapevolezza di dover fare una scelta, di dover liberare la mente e fare lunghi respiri profondi ma riusciva solo a restare lì, a piangere, a pregare chiunque ci fosse lassù di risvegliarla da questo sogno che non aveva chiesto e non voleva.
Posò la testa contro il muro sospirando, una mano a sfiorare qualche secondo il ventre “Mi dispiace” un lacrima a scivolarle sulle labbra, il respiro rotto dai singhiozzi e quel tremore violento che si stava velocemente prendendo ogni piccolo pezzo della sua razionalità “Mi dispiace davvero tanto”  

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Capitolo 2
*** Smettere di Pensare ***


Dentro di te 2                                     Smettere di Pensare




Sai cosa sto facendo? Penso a qualcosa di allegro e divertente, alla luce che vedrò se mi terrai, al sapore della cioccolata che tu mangi tanto, penso a tante cose perché se smetto di pensare vi sento urlare.

Urlate per me, perché sono apparso all’improvviso e ti ho sconvolto la vita, mi dispiace, mi dispiace davvero tantissimo mamma, non volevo farti del male ...


“Un bambino non è come ordinare una pizza! Non puoi chiedermi di avere un figlio se non ...” “Cosa!” urlò picchiando violentemente il pugno sul tavolo “Se non lo vuoi? Se è apparso all’improvviso? È mio figlio, nostro figlio e io lo voglio! Lo voglio davvero e se solo ti fermassi a pensare, capiresti che non tutto nella vita è lavoro e chirurgia!” trasalì indietreggiando di colpo “Ho giurato di amarti Cristina! L’ho fatto non per gioco o perché era una stupida formula da recitare, l’ho fatto perché ci credo davvero, perché ti amo probabilmente più di quanto ami la mia stessa vita ma tu continui a prendermi in giro!” “Davvero è questo che pensi?” “Che altro dovrei pensare? Viviamo esattamente come vuoi tu e lo sai, non ti ho mai negato niente perché sei meravigliosa, perché sei così maledettamente speciale da farmi incazzare!” si passò una mano in viso cercando di calmare i battiti violenti del cuore “Ma ora, ora non parliamo più solo di noi, ora parliamo di una famiglia! Di quello che ho sempre sognato e che ora, per un tuo stupido capriccio rischio di perdere!” “È questo per te? Un capriccio?” domandò confusa tra le lacrime “Non volevo dire ...” “Avanti spiegami allora cos’è! Avere un figlio, cambiare la mia vita, ripartire ancora da zero, cambiare il mio carattere per fingere che d’improvviso la chirurgia diventi inutile e stupida solo per far piacere a te!” si bloccò di colpo incatenato a terra dagli occhi di sua moglie “Te l’ho già detto! Non odio i bambini, li rispetto ma meritano dei genitori che li vogliono, entrambi i genitori Owen perché non puoi avere mezzo bambino” “Perché diavolo non riesci ad accettare questa fottutissima idea? Perché non provi a pensare che magari, da qualche parte lì dentro anche tu hai un cuore!” il silenzio a spaccare le lacrime “Non volevo dire ...” “No, va bene così” sollevò appena lo sguardo cercando di trattenere tutte quelle emozioni ma più ci provava, più il cervello aiutava gli occhi  non vedere “Aspetta” una mano stretta attorno al suo polso così forte da farle male “Ti prego aspetta” ma lei non rispose, sfilò la mano trattenendo un singhiozzo “Me ne vado” furono le ultime parole che riuscì a sentire, un tremito violento ad accompagnare i pensieri mentre l’unica ragione della sua vita lo abbandonava.

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Capitolo 3
*** Verso di Te ***


dentro di te 4                                         Verso di Te





“Ma che fai?” si voltò di colpo, il viso di Meredith a mischiarsi a quello degli altri passeggeri “Dove credi di andare?” “Ti ha mandato lui?” ma il volto della ragazza era già di per sé una risposta “Vado via” “Sei impazzita?” “Credi? Io penso di no” “Cristina” esclamò stringendola per le spalle “Stai scappando con suo figlio” un debole sorriso a colorarle il volto “Per ora è solo mio figlio, e non sto scappando, sto semplicemente facendo una vacanza” “In Florida?” sorrise annuendo leggermente “Stai andando ad un colloquio di lavoro e se andrà bene non tornerai più! Mi credi davvero tanto scema?” “E secondo te perché non ti ho detto niente? Sei l’unica che poteva capirlo” “Perché?” domandò Mer stringendole una mano “Perché lo fai?” “Perché mio marito pensa che io non abbia un cuore. Crede davvero che sia un automa ma non lo sono!” “Lo so” “Perché tutti lo pensano? Perché non posso semplicemente essere una ragazza?” “Lo so” un debolissimo sorriso a colorarle il volto “Lo sai perché non volevo questo bambino?” pochi secondi di silenzio, la mano di Mer a stringersi più forte attorno alla sua “Lo so, non hai bisogno di spiegarmelo però vedi, forse tuo marito ha diritto a quella spiegazione perché sta diventando matto” l’altoparlante a spezzare i loro discorsi, afferrò la valigia sospirando “Ho bisogno di allontanarmi da lui Meredith perché altrimenti mi autodistruggo nella commiserazione e non posso farlo, non più” la giovane annuì sorridendo “Tieni il cellulare acceso e fammi sapere appena arrivi” la tirò tra le braccia stringendola con forza “Non gli dirò niente non preoccuparti” un debole grazie ad uscire dolcemente dalle sue labbra “Cristina?” si voltò di nuovo “Lo terrai?” un sorriso appena accennato, qualcosa di invisibile eppure così lampante per lei da scaldarle il cuore “Allora ci vedremo molto presto” non rispose, si limitò ad annuire incamminandosi lentamente verso il gate, verso una vita nuova che la terrorizzava da morire.


... È vero mamma? Davvero mi tieni? Non stai solo giocando vero? Perché giocare è bello ma se giochi con me allora non so se è bello o no.
Non so tante cose, non conosco il tuo mondo ma se davvero mi tieni con te allora prometto che imparerò tutto quello che vorrai ...

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Capitolo 4
*** Ti difenderò Io ***


dentro di te 4                                                                     Ti difenderò Io





Aveva mangiato, fatto una doccia e perfino trovato il tempo per guardare uno stupido programma di quiz in televisione.

Trovare un lavoro per lei non era mai stato difficile, era brava, maledettamente brava e terribilmente forte e forse, piegarsi per una volta ad una scelta nuova, ad una scelta spaventosa e diversa poteva mostrarle che il mondo, il mondo delle persone normali non era poi tutto orribile e contorto.
Si voltò lentamente dall’altro lato, un braccio posato sotto alla testa e la mano a sfiorare tremante il ventre “Ehi” mormorò nel buio “Non so nemmeno se puoi sentirmi, non so come stai o cosa pensi. Non so niente piccolo ...” un sospiro a rompere il silenzio mentre quelle carezze leggere continuavano a toglierle ogni briciolo di ragione “ ... non sono sicura di essere una buona madre sai? Ho lasciato il tuo papà senza dargli modo di capire, senza dirgli dove sono o cosa sto facendo o come stai tu. L’ho lasciato e basta” una perla d’argento a sfiorarle la pelle del viso “Ce la caveremo vedrai, ce la caveremo e io imparerò a cambiare pannolini e a preparare biberon” un debolissimo sorriso a sfiorarle le labbra “Dovrai essere paziente con me piccolo perché so  a malapena immaginare pannolini e biberon ma ti prometto che imparerò, che diventerò una brava mamma e che sarò in grado di dividere il mio  tempo tra te e il lavoro” chiuse gli occhi ricacciando indietro un singhiozzo “Sei arrivato come un fulmine a ciel sereno piccolo. Non ero pronta a te e probabilmente, non ti avrei mai nemmeno cercato. Sono un chirurgo, un ottimo chirurgo e lavoro tanto ma troverò il modo di non farti mancare niente vedrai” parole confessate al silenzio della notte, parole che sperava davvero arrivassero a suo figlio che di colpe non ne aveva “Forse non sono tanto brava a parlare con i piccoli umani però una cosa la so: il mondo è pieno di draghi cattivi e di mostri che ti fanno male e si divertono a giocare con te ma tu non devi aver paura ok? Perché ti prometto che quei draghi non si avvicineranno mai a te” il respiro regolare e la dolcezza della notte a trascinarla nel sogno ...

Ti sento mammina e non devi aver paura. Diventerò grande e forte te lo prometto e ti difenderò io da quei draghi, prenderò la spada e con il cavallo andrò a cercarli e gli farò male perché sei la mia mamma e nessuno può farti piangere.
Non mi importa se non ho un papà, non mi importa quello che ti ha detto o quello che ha fatto, io non sono suo, io cresco dentro di te mamma.
Respiro solo se lo fai tu e mangio quello che mangi tu, dormo al sicuro cullandomi con i battiti del tuo cuore e questo, è molto più bello del papà o del tempo che passa.
Lo sai, nessuno sa fare la mamma, io non so nemmeno fare il bambino, però imparerò, diventerò grande e imparerò a parlare e a camminare e a vestirmi da solo e imparerò a cavalcare e a usare la spada. Ti difenderò io mamma ...

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Capitolo 5
*** Batte Forte ***


dentro di te 4                                                                 Batte Forte



Era stupido, a tratti perfino folle ma ogni volta che operava, ogni volta che si sedeva o che riposava cercava nel mondo i lineamenti di quel bambino che ormai cresceva dentro di lei.

Già, gran bel cambiamento per una ragazza abituata a pensare solo a sé stessa e alla chirurgia “Allora?” sollevò lo sguardo dal piatto sorridendo “Che ci fai qui?” “Ti avevo detto che sarei venuta a trovarti no?” esclamò allegra Meredith abbracciandola “Come stai?” “Oh tutto bene, Derek diventa sempre più scontroso e Owen sta diventando matto” “Si già, non mi interessa, ti ho chiesto come stai tu” la ragazza sorrise sedendosi di fronte a lei “Sto bene, tutto bene e tu?” “Mangio tantissimo” sorrise sollevando leggermente la forchetta dal piatto “Mangio, opero, bevo e faccio pipì, tantissima pipì” “Uao, hai una vita piena” mormorò Mer rubandole dal piatto una patatina “Hai fatto l’ecografia?” guardò qualche secondo l’orologio prima di tornare a concentrarsi sul piatto di fronte a sé “Non ancora” “E perché no?” “Ti calmi?” ribatté sarcastica “Perché sto mangiando e ce l’ho tra un’ora circa” d’improvviso il volto di Meredith si colorò di allegria e serenità “Si! Sapevo di arrivare in tempo” “Se lo sapevi allora perché me l’hai chiesto?” “Perché così è più divertente” si limitò ad annuire ignorando quel sorrisetto “Dicevo davvero prima, lui sta impazzendo” “Non è un mio problema” “Cristina sei sua moglie” “E?” “E quindi è normale che si preoccupi per te! Ti ama ! Sono passati due mesi e non ha mai smesso di cercarti. Non ti chiama e non lo vedi perché ha paura, ha paura di farti altro male o di spezzare questa sorta di equilibrio che ora hai ma gli manchi, gli manchi così tanto da costringerlo a prendere un aereo, arrivare fino a qui e poi tornare indietro, e l’unico premio è averti vista qualche secondo” posò la forchetta sospirando “Devi parlare con lui, devi parlare con lui e spiegargli tutto perché ne ha il diritto” “Davvero?” gli occhi piantati nei suoi “E io non  avevo il diritto di scegliere? Non avevo il diritto di pensare a me stessa?” “Ma non l’hai fatto!” esclamò Mer afferrandola per un polso “Hai tenuto questo bambino e così facendo hai tenuto lui inchiodato a te! Davvero non lo capisci? L’hai costretto a restare Cristina!” silenzio gelido a spaccare a metà i pensieri “Ho comprato una culla, un passeggino e ciucci, biberon e pupazzi colorati che profumano di menta e fragola. Ho comprato una casa nuova, una macchina più grande e body colorati e così piccoli da ...” si fermò qualche secondo, un movimento leggero a toglierle il respiro, posò la mano sul ventre, movimenti leggeri appena accennati ma vivi “ ... si è mosso” Meredith sorrise trattenendo il respiro, quasi come se respirare potesse rompere la magia di quell’attimo.
Immobile, concentrata sui movimenti leggeri di quella nuova vita che ora, per la prima volta, sembrava reale “Ho comprato una vita nuova Mer e non posso tornare indietro, non posso farlo” “Gli stai negando una famiglia, gli neghi il poterti restare accanto in questi momenti” un debolissimo si a riportarla alla realtà “Guardami negli occhi e dimmi che ne sei sicura” sollevò lo sguardo, gli occhi chiari e profondi della ragazza ad accoglierla “D’accordo, allora resterò con te” “Sei impazzita? Hai un lavoro e ...” “E per due settimane sono in vacanza. Abbiamo scelto, sei la mia persona, io sono la tua e quindi abbiamo scelto” un debole sorriso a colorarle il volto, si alzò in piedi massaggiandosi il collo “Andiamo?” “Cosa?” “L’ecografia” Meredith sorrise seguendola, un braccio avvolto attorno al suo, esattamente come ai vecchi tempi, esattamente come quando erano solo loro due.

Lo sai mamma che ho un cuoricino anche io? Batte forte forte, più veloce del tuo però c’è.  Mi piace mamma, mi piace sentirlo, mi piace ascoltare la tua voce ... mi piace la mia mamma ...

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Capitolo 6
*** Farai Parte di Noi? ***


Dentro di te 6                                                                                    Farai Parte di Noi?







“Siamo a casa piccolo” chiuse la portiera dell’auto ridendo, parlava davvero da sola? Nel silenzio della notte solo il suono ritmico dei suoi passi, i tacchi che picchiavano dolcemente sul selciato, la mente libera da qualsiasi pensiero e tra le mani un sacchettino colorato, ennesimo regalo del capo per quel bambino che ancora non parlava e non camminava.

“Ora mamma si toglie questo stupido vestito e si fa una bella doccia, che ne dici piccolo? Ti va?” girò lentamente la chiave e quel tenue calore la invase dolcemente.
Non aveva mai fatto troppo caso alle sensazioni che poteva emanare la casa, il silenzio, il profumo leggero di vaniglia e poi quel ticchettio costante e rassicurante, posò le chiavi sulla mensola sfilandosi le scarpe, il vestito cadde dolcemente al suolo, un passo, un altro ancora fino al bagno, a quello specchio che ora rifletteva un’immagine che faticava a riconoscere.
Il corpo a cui era abituata non c’era più,  al suo posto, una visione, semplice, leggera, un ventre arrotondato custode del regalo più bello che poteva fare al mondo.
Sorrise posandovi una mano “Uao, stai crescendo davvero tanto piccolo mio”
  ... Ho imparato a girarmi mamma! Mi senti vero? Senti come mi muovo? ... inclinò leggermente la testa di lato concentrandosi su quei movimenti, su quel continuo via vai di emozioni.
Indietreggiò lentamente fino ad incontrare il letto “Lo sai tesoro ...” la testa abbandonata sul cuscino e le mani strette attorno al suo bambino “ ... in fondo il mondo non è poi tanto brutto”  Davvero? ... ... “Ci sono un sacco di cose belle qua fuori. Il sole, le nuvole, l’erba fresca, i giochi. Vedrai, ti divertirai davvero tanto a scoprire cose, a cercare di capire da dove viene il suono dei sonaglietti ”  ... Cos’è un sonaglietto? ... “Scoprirai quant’è buono il gelato e com’è divertente correre” sorrise al soffitto silenzioso “Imparerai a camminare, a parlare e riderai tantissimo e avrai una zia meravigliosa e uno zio con i capelli vaporosi e lo sguardo da Stranamore” poi un sospiro, una certezza che cancellò il sorriso ... Perché sei triste? Se il mondo è così bello non devi essere triste ... “Eh si piccolo mio, mi manca il tuo papà. Mi manca davvero tanto” chiuse gli occhi trattenendo un singhiozzo insolente  ... Non devi piangere mammina, ci sono io qui con te ... un’altra leggera spinta a riportarla alla realtà “Scusami tesoro, a volte i grandi hanno bisogno di ripensare alle cose”  ... ma questo non importa sai? Io sono piccolo ancora però posso pensare, posso parlare anche se so che non mi sentirai mai e ti dico una cosa mammina: ora la colpa non esiste più. È andata via come quando nascondi un cioccolatino dietro alla schiena e poi sorridendo dici “Dov’è?” perché è così mamma, non è colpa di nessuno ... si asciugò il viso sospirando “Chissà cosa pensi lì dentro. Cosa stai facendo piccolino?”  ... Ti ascolto, mi muovo un po’ e ti ascolto perché sei l’unica voce che mi fa riposare e non so come faccio, non so perché posso pensare però ti ascolto ...  “Spero solo che tu stia bene” si alzò lentamente ridacchiando “Ora ci facciamo una doccia e poi mangiamo un po’ di frutta ti va?” abbassò leggermente lo sguardo, quella linea ormai ben visibile ad accoglierla “Lo prendo per un si” afferrò il telecomando dello stereo, pochi secondi e una musica folle e divertente ad accompagnarli in quella tranquillizzante routine.


Se ne era accorta per caso, probabilmente, se non fosse finita la canzone non si sarebbe nemmeno accorta del campanello.
Afferrò un asciugamano avvolgendoselo velocemente attorno “Arrivo” urlò come se l’ospite al di fuori potesse sentirlo “Mi dispiace, stavo ...” ma si bloccò di colpo paralizzata da quegli occhi di ghiaccio che cercavano di sorridere “Owen?” ”Ehi” un leggero imbarazzo a colorargli la voce mentre i suoi occhi continuavano a studiarla “Perché sei qui?” “Possiamo parlare?” si mordicchiò leggermente un labbro combattuta tra la voglia di abbracciarlo e quella di mandarlo via “Entra” mormorò infine aprendo di più la porta.
Era una bella casa, una casa rassicurante e piena di profumi diversi, accanto al caminetto una carrozzina e poi pupazzi e giochini ordinatamente riposti sulle mensole  “Come stai?” domandò titubante sedendosi sul divano di fronte a lei “Sto ... sto bene” si strinse nelle spalle cercando di nascondere il loro bambino ma come diavolo poteva nasconderlo? “Perché sei qui?” “Mi manchi” trattenne il respiro qualche secondo, probabilmente, se non ci fosse stato il divano sarebbe caduta per terra “Sono stato un’idiota, non volevo dire quelle cose e non ...” “Owen, non puoi apparire dal nulla” “Non sono nel nulla, sono qui, di fronte a te, ti sto chiedendo scusa e ti prego, ti prego, ritorna da me” “Ho un lavoro” “Ne hai uno anche a casa” ma lei scosse leggermente la testa, i capelli bagnati a disegnarle teneri riccioli sulle spalle “Mi hai fatto del male, mi hai fatto soffrire per uno stupido litigio!” doveva solo respirare e tutto il resto sarebbe arrivato di conseguenza “Sai perché non volevo questo bambino?” non rispose, non si mosse di un centimetro “Al secondo anno, durante un intervento ho avuto un aborto spontaneo” abbassò lo sguardo cercando di concentrarsi su qualcos’altro  che non fosse quel ricordo “Ho perso il bambino e una tuba nel giro di pochi minuti. Ho rischiato di morire e indovina di chi era quel bambino?”  “Cristina io non ...” “Già” sospirò abbozzando un leggerissimo sorriso “Era di Burke, non l’avrei tenuto ma è successa quella cosa” alzò lo sguardo incontrando finalmente i suoi occhi, era spaventato, arrabbiato con sé stesso e terribilmente combattuto “Non volevo riportare in vita quel ricordo, non volevo riportare in vita lui” “L’hai tenuto” annuì debolmente posando le mani sul ventre “Già, l’ho tenuto” un fremito leggero a zittirla di colpo “Stai bene?” domandò preoccupato inginocchiandosi davanti a lei “Cristina?” quel tocco delicato a cui ormai non era più abituata.
Si sottrasse dalla sua carezza schiacciandosi completamente contro lo schienale “Scusami, io non volevo ...” “No è solo ... si muove parecchio tutto qui” lo sguardo a posarsi lentamente sul suo ventre, su quelle mani intrecciate attorno al loro bambino.
Che diavolo doveva fare ora? Era lì, inginocchiato davanti a lei con il terrore folle di fare qualsiasi cosa e lei, confusa, indecisa, spaventata dalla scelta che aveva davanti.
Chiuse gli occhi qualche secondo cercando di riordinare i pensieri poi la mano a muoversi da sola, si strinse attorno alla sua tirandola dolcemente verso di sé “Cristina” “Ascolta” un sorriso a cancellare ogni razionalità, le mani intrecciate sul suo ventre a spiare i movimenti di quel piccolo umano “Ascoltalo Owen” ma era confuso, irrigidito, lontano da quel contatto così forte “Va tutto bene, non preoccuparti, sto bene e si, non ho dimenticato niente di quello che vorrei dirti ma ora ...” sospirò “ ... ho bisogno di riposare perché non è stata una giornata facile” e finalmente quella visita inaspettata, quel movimento che da qualche minuto stavano aspettando, lo vide sorridere mentre gli occhi si riempivano di commozione, sentiva la sua mano tremare e poi quell’espressione sognante dipinta in viso “Oddio” gli sfiorò il volto ridendo “Sta bene”   ... Sono stato bravo mammina? Mi sono mosso hai visto? Me l’hai chiesto e io l’ho fatto, solo per te. Lo sai che posso sorridere? L’ho imparato adesso mamma però non so quando si può sorridere e quando invece devo piangere. Mi hai sentito papà? Posso muovermi ancora se vuoi e lo so che tu hai fatto piangere la mamma, tu eri un drago cattivo e io ti avrei picchiato con la spada perché nessuno può fare del male alla mia mamma.
Io non ti conosco, non sono tuo ma se resti con noi allora forse lo diventerò, però papà,  se la farai piangere ancora io mi arrabbierò tanto e ti metterò in punizione perché si fa così con i bimbi cattivi ...

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Capitolo 7
*** Era un Segreto ***


Dentro di Te                                   Era un Segreto






“Hai ... hai dormito qui?” domandò confusa strofinandosi gli occhi, Owen sorrise stiracchiandosi sulla poltrona “Dove altro sarei potuto andare?” già, la risposta più ovvia del mondo “Come ti senti?” “Sto ... sto bene” un altro sbadiglio a interromperla, sollevò le braccia verso il cielo cercando di rilassare ogni muscolo, la maglietta si sollevò leggermente scatenando in lui un sorriso enorme “Vuoi qualcosa? Caffè? Succo di frutta?” “Mettiti seduta, credo di ricordare come si prepara una colazione” lo sguardo a seguirlo in ogni movimento, ogni gesto che ricordava alla perfezione “Dove tieni i cucchiaini?” tremò leggermente riportata di colpo al presente “Nel secondo cassetto” pochi minuti e l’aroma intenso del caffè a spargersi per la stanza.
Fecero colazione assieme esattamente come se fosse un giorno qualsiasi, ma quello, non era affatto un giorno uguale agli altri “Vuoi che ti accompagni in ospedale?” scosse leggermente la testa addentando una fetta di pane tostato “Questa mattina non ho interventi, anzi, a dire la verità, non li ho per il resto della settimana” “E perché?” la voce colorata da curiosità “Per il bambino” rispose ridendo “Non posso stare troppo tempo in sala operatoria, a quanto pare ...” trattenne un sorriso inclinando leggermente la testa di lato “ ... a lui non piace granché” ma posò una mano sulle labbra trattenendo il respiro, gli occhi incatenati ai suoi  “Che c’è?” si mordicchiò le labbra stampandosi in viso un sorrisetto pieno di imbarazzo “Beh ecco, fino a questa mattina avrei voluto picchiarti con un mestolo fino a farti sanguinare” “Uao” ribatté sarcastico sorseggiando il suo caffè “Ma ho riflettuto, ho riflettuto davvero tanto e vedi, non ti impedisco di avere un figlio solo, ho bisogno di tempo Owen” posò la tazza concentrandosi su di lei “Ho bisogno di un po’ di tempo per elaborare tutto, per riconsiderare ogni cosa perché ho ricostruito la mia vita e ora, devo trovare un punto d’incontro tra il passato e il presente” un debole sorriso sul viso dell’uomo a darle il coraggio di proseguire “Avevo deciso di non dirti niente, di tenerlo nascosto ma, beh ecco, poco fa ho praticamente svelato tutto e a questo punto ...” “Cristina?” “Si” lo vide sorridere come se tutto quel discorso non l’avesse minimamente toccato “Ho capito, non hai bisogno di spiegarmelo ogni volta. Hai bisogno di tempo e ti darò tutto il tempo che vuoi” “È un maschio” la tazza bloccata a mezz’aria e un’espressione idiota dipinta sul viso “Sta per avere un bambino maggiore!” “Uao” scoppiò a ridere divertita “Già, e siccome è qualcosa che abbiamo in comune, beh, mi chiedevo se per caso ti va di scegliere il suo nome assieme a me” ma non fece in tempo a rispondere, la vide sorridere, incrociare le gambe sulla sedia cercando una posizione più comoda e poi di nuovo i suoi occhi “Facciamo così dottore, tu scegli il suo nome e io lo faccio nascere. Che ne dici?” “Sei sicura?” “Sei suo padre, se scelgo io un nome e poi a te non piace come facciamo? Dovrà portarlo tutta la vita quindi è meglio che sia un bel nome, niente che provenga da cereali o pasticcini” si strofinò gli occhi alzandosi “Ora, mentre tu rifletti io vado a fare la doccia, mi vesto e poi vado a comprare la carrozzina e tu vieni con me” annuì debolmente, il cucchiaio ancora a mezz’aria e il cuore che urlava “Grazie” con una forza incredibile.

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Capitolo 8
*** Due persone come Tante ***


Dentro di te                                                                                        Due persone come Tante








Era un sogno, un bel sogno che lo trascinava in un mondo nuovo e diverso. Il braccio di Cristina avvolto attorno al suo mentre il profumo di quel negozio gli inebriava i sensi, una bella coppia che aspetta un bambino, ecco quello che sembravano.
Due persone come tante altre, come tutte quelle coppiette che passeggiavano allegramente  indicandosi a vicenda un vestitino o un giocattolo, quelli sguardi sognanti, quella specie di mondo nuovo e diverso che aveva sempre desiderato ora iniziava ad essere più chiaro e nitido.
La mano della ragazza abbandonò lentamente la sua, la seguì con lo sguardo fino a quelle scarpine minuscole, così piccole da fare tenerezza “Ti piacciono?” non riusciva nemmeno a risponderle, concentrato sul suo viso, sul suo sorriso e su quella bellezza che ora era esplosa violenta.
Era sempre stata bella ma ora, così, lo era ancora di più “Non ti piacciono?” “No, no sono bellissime” “Davvero?” annuì appena avvicinandosi “Sono solo, beh, non sono abituato a tutto questo” “Mi hai fatto del male per questo” eccola lì, diretta, ironica, tagliente.
Non rispose, non poteva farlo, in fondo, l’aveva costretto lui a fare una scelta e ora, non poteva far altro che incassare quei colpi senza reagire.
Le camminava accanto tentando di riconoscere in lei la stessa ragazza di una volta, concentrata sulla chirurgia, così maledettamente testarda e arrogante da vincere ogni sfida e ora, aveva davanti una ragazza diversa.
Una donna meravigliosa, con lo sguardo sognante perso su quei vestitini così piccoli, una mano a sfiorarsi dolcemente il ventre, quasi come se quel bambino potesse risponderle ogni volta che parlava, che si muoveva e poi quel sorriso luminoso che non abbandonava nemmeno per un secondo le sue labbra.
Ci aveva messo un po’ a convincere il cervello, lei era sua moglie, la stessa che aveva sposato, la stessa che non era mai uscita nemmeno per un secondo dai suoi pensieri “Owen?” si voltò di colpo attratto dalla voce della ragazza “Stai bene?” domandò confusa inclinando leggermente la testa di lato “Si, si non preoccuparti, stavo solo pensando” bel salvataggio davvero “A che pensavi?” sorrise sfiorandole il viso “Al nome per il nostro bambino” “Non voglio saperlo, ti ho rovinato una sorpresa ora sarai tu a farla a me, però io ho il diritto di veto sui nomi idioti chiaro?” scoppiò a ridere divertito da quell’esplosione di allegria “D’accordo” “Mi aiuti a scegliere la carrozzina?” la seguì lungo il corridoio ridacchiando "Non ne hai già presa una?" "Si ma non va bene" era una bugia, una bugia bella e buona ma dargli la possibilità di scegliere assieme a  lei l'avrebbe in qualche modo aiutato a comprendere “A me sembrano tutte uguali” “Davvero?” le sorrise posando la mano su un enorme pupazzo “Davvero” “Beh, anche a me, però una dovremo prenderla no? Altrimenti come lo portiamo a spasso?” giusta obiezione, in fondo, una carrozzina poteva essere davvero utile.
Passarono un’ora circa a girare lì dentro, a scherzare, a sorridere come se tutto fosse “normale”  eppure, sapevano entrambi che non c’era proprio niente di normale “Questa?” si avvicinò a lui posando una mano sulla sua spalla “E non ci scivola via da lì?” “No, a meno che non esca dalla tua pancia con le istruzioni per smontare una carrozzina credo che ci starà piuttosto comodo” “Ah, non fa ridere” mormorò ironica passandosi una mano tra i capelli “D’accordo”  “Posso aiutarvi?” domandò sorridente una giovane commessa dagli occhi verdi, sembrava sbucata dal nulla, messa lì apposta come un'avvoltoio per accalappiare i clienti “Oh noi, volevamo prendere una carrozzina e l’abbiamo trovata” balbettò confusa  “La portate via subito?” si voltò verso di lui cercando un modo per mandare via la commessa psicopatica apparsa dal nulla  “Oh va bene, la portiamo via subito”  la ragazza sorrise “D’accordo, ve la faccio portare direttamente alla macchina”.
Un leggero cenno della mano e  un ragazzo alto dall’aria svampita li raggiunse “Mike puoi portare questa all’uscita laterale” annuì debolmente sollevando la scatola “Se lo chiami Mike ti uccido” sussurrò avvicinandosi leggermente a suo marito “Ma io non ...” “Non chiamarlo così” sorrise stringendola dolcemente tra le braccia “Avete bisogno anche del passeggino?” si voltò di colpo riportata al presente dalla voce della ragazza “No, quello per ora non ci serve” “Di quanti mesi è?” domandò sorridente soffermandosi qualche secondo sul suo ventre “Cinque” “Uao, e sa già cos’è?” “Un maschietto” “Però, il papà ne sarà davvero molto fiero” ma Owen scosse leggermente la testa ridacchiando “Non fa differenza, basta che stia bene, per il resto sono solo molto felice” “Si vede” sussurrò la giovane “I padri sono sempre molto orgogliosi, di solito comprano tutine e giocattoli, riempiono carrelli interi e poi tornano il giorno dopo a prendere altre cose” "Uao" mormorò ironica stringendosi più forte a suo marito "Ok, andiamo" la prese per mano tirandola dolcemente verso l'uscita.

Mezz’ora per raggiungere casa e solo due minuti per capire quanto quell’uscita l’aveva stancata, era pallida, aveva lavorato come una matta per i primi quattro mesi e ora, ogni sforzo in più la sfiniva più di quanto lei non volesse mostrare “Hai bisogno di riposare un po’” “Devo passare in ospedale, controllare i miei dottori e capire cosa stanno combinando con le mie ricerche” ma Owen sorrise togliendole dalle mani le chiavi della macchina “Non azzardarti ad uscire dalla porta”  sorrise sciogliendosi dolcemente dal suo abbraccio, una mano a giocherellare con i capelli mentre l’altra si insinuava lentamente tra le sue “Prometto che sarò a casa il prima possibile” le chiavi di nuovo tra le  sue mani “Cristina non ...” ma lei stava già correndo verso l’uscita, il rumore delicato dei tacchi a rompere il silenzio “Almeno non correre” ma la voce si perse nel silenzio abbandonandolo ad un dolcissimo sorriso.

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Capitolo 9
*** Ti Aspettiamo Qui ***


Dentro di te 9                                                                                                                                                 Ti Aspettiamo Qui










Non si era resa conto di quanto stancante potesse diventare reggere un bisturi, sorridere mentre quelle fitte lancinanti la costringevano a trattenere il respiro.

Lo faceva da giorni ormai, sorrideva, si nascondeva dietro ad una stupida maschera evitando gli sguardi preoccupati delle infermiere, di suo marito che la seguiva ovunque impedendole di fare idiozie.
Nemmeno lui poteva continuare così insomma, viaggiare continuamente, starle vicino, occuparsi di un ospedale e fingere di essere riposato e tranquillo per non allarmarla, ma conosceva bene quello sguardo, la paura che si nascondeva dietro ad un “Va tutto bene non preoccuparti” e poi quel continuo via vai di emozioni ogni volta che la vedeva sospirare, stringere con forza le mani attorno al bordo del tavolo “Sei pronta?” sollevò lo sguardo dalla cartella “Perché sei qui?” “Perché non saresti mai tornata a casa prima di otto ore, aveva altra scelta?” scosse appena la testa massaggiandosi il collo “Hai bisogno di riposare” “Ho bisogno di un intervento che mi occupi la mente” “Hai bisogno di mangiare qualcosa, di riposare e di lasciar stare la chirurgia per un po’ sei entrata nel sesto mese, hai bisogno di tranquillità e non è qui dentro” la tirò dolcemente per mano aiutandola ad alzarsi  “Coraggio” le sfiorò il viso sorridendo “Andiamo via dottoressa se no sarò costretto a prenderla in braccio” le sfilò il camice soffermandosi qualche secondo sul suo viso, sull’espressione dolce e tenera dei suoi occhi “Domani torno a Seattle” “Davvero?” la voce incrinata dalla preoccupazione e dalla delusione “Davvero” sorrise infilandole il cappotto “Devo controllare i miei medici, il mio ospedale, i miei pazienti” la mano posata sul suo ventre e sotto le dita i movimenti di suo figlio  ... Perché vai via? Avevi promesso che saresti restato per sempre papà ...  “Tornerò presto” “Lo so” mormorò stringendo la mano attorno alla sua “Vedrai che me la caverò bene. Ci sono riuscita fino ad ora, cosa potrà mai esserci di diverso?” “Niente solo, beh, abbiamo comprato cose, preparato una cameretta, pensato e nomi e io ...” sorrise sollevandogli dolcemente il viso “Ci troverai qui come sempre”  ... Allora è per questo che vai via? Per lavorare? Non preoccuparti papà, resto io con la mamma, la proteggo io da tutto e da tutti e se qualcuno vuole rubarla allora diventerò un principe forte e coraggioso e la salverò ...  “Ti va di mangiare una pizza?” lo vide sorridere, annuire debolmente mentre la pioggia sul vetro cancellava ogni preoccupazione.
Non era il restare sola che la terrorizzava,  ma piuttosto, la consapevolezza di aver lasciato entrare di nuovo nella sua vita quell’uomo  grande e forte, quell’uomo che era anche padre e che amava suo figlio e lei come se al mondo non avesse altro.
Sarebbe ripartito, sarebbe stato via per settimane ma questo lo sapeva,  lo sapeva bene eppure, non riusciva a cacciare quel fastidioso pensiero dalla mente.


“Torna a casa alle tre ogni giorno, non litigare con gli altri bambini e non ammazzare nessuno con il bisturi chiaro?” sorrise stringendo più forte il suo braccio mentre, come tanti, camminavano in quell’aeroporto “Non sto scherzando! Segui gli orari del dottor Fellon, non operare più di ...” “La smetti?” mormorò ironica ridacchiando “Non succederà niente di brutto promesso” “Davvero?” gli occhi inchiodati ai suoi e le mani posate dolcemente sulle sue spalle “Davvero. Io e Julian staremo bene”   ... Hai visto papà? La mamma ha scelto, ho un nome ...  “Non ti piaceva” mormorò confuso “Non è vero” “Ma se ...” “Non potevo dartela vinta subito no?” si strinse appena nelle spalle mentre la risata di suo marito le entrava nell’anima “Informiamo i signori viaggiatori che il volo 44869 per Seattle sta per imbarcare i passeggeri”  sollevò lo sguardo da terra incrociando i suoi occhi “Se hai bisogno di qualsiasi cosa devi solo chiamarmi e sarò qui in men che non si dica” “Tu pensa solo al tuo lavoro e ad evitare che Alex eviri un’altro poveretto col catetere” la strinse tra le braccia sospirando “La carta di credito è sulla mensola della cucina, accanto ai biscotti e ho comprato un grosso cesto di frutta, è nel frigo ok?” un debole sorriso a colorarle le labbra “Buon viaggio maggiore” una mano posata sul suo viso e poi le labbra sulle sue e un bacio così dolce e delicato da stordirlo.
Da quando era tornato da lei, non si era mai nemmeno sognato di fare una cosa del genere e ora che quel bacio diventava reale, si rendeva conto di quanto in realtà gli fosse mancata “Come faccio ad andare via ora?” sorrise posando la fronte contro la sua poi la mano a scendere dolcemente su quella pancia ormai evidente “Mi raccomando piccolo mio, prenditi cura della mamma” un movimento leggero, delicato a farlo sorridere ... te l’ho già detto papà. Mi prenderò cura io della mamma ...  la staccò dolcemente da sé cercando di sorridere, di non lasciare alla preoccupazione “Ti chiamo appena arrivo” un debolissimo si ad accompagnarlo fino al gate e la rabbia a colorare ogni altra emozione.
“Le auguriamo buon viaggio signore” esclamò il giovane riconsegnandogli il biglietto, annuì leggermente voltandosi, il viso di sua moglie, il suo sorriso, il movimento ritmico e delicato della mano, ogni particolare ad imprimersi nella memoria prima di lasciarsela alle spalle di nuovo.

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Capitolo 10
*** Troppo Presto ***


Dentro di te 10                                                                                                                  Troppo Presto








“Ehi maggiore” sorrise sfilando dal pacchetto un grissino “Com’è Seattle?” lo sentì ridere, parlare qualche secondo con un medico, probabilmente uno specializzando “Come stai?”  “Sto bene” “È passata la febbre?”  si guardò attorno pregando Dio che nessuno le chiedesse aiuto per qualsiasi stupida procedura medica “No, resiste ma è molto più bassa” “Sei a casa vero?” “Certo che si” l’infermiera le passò un foglio ridacchiando “Mi dai un secondo?” “Per cosa?”  posò una mano sul cellulare “Il paziente del letto otto può essere dimesso” “Subito dottoressa” “Puoi controllare anche il signor Mason? Ho paura che i miei stupidi dottorini combinino qualche casino” la ragazza annuì posandole davanti una bottiglietta di succo “Scusami, dovevo prendere il computer” Che strano, e io che pensavo dovessi controllare i tuoi medici” chiuse gli occhi sospirando “Mi hai sentito?” “No, però ti ho beccato”  sbuffò ridacchiando “Non opero, non sto in ospedale più di cinque ore e non faccio corse folli e disperate, mi limito solo a controllare che i miei stupidi medici non uccidano qualcuno” “Hai la febbre, dovresti essere a casa a riposare e non lì”  “Sto bene, è solo un po’ di influenza”  poi una fitta violenta a toglierle il respiro, chiuse gli occhi stringendo con forza il bracciolo della sedia “Cristina?”  “Si ... scusa sto ...” riprese fiato cercando di trattenere ogni briciolo di dolore “ ... sto leggendo una cosa” Sicura che vada tutto bene?" sorrise mentre lentamente l’aria entrava nei polmoni “Si, non preoccuparti, ero solo concentrata su una cosa” lo sentì sospirare, probabilmente se l’avesse avuto davanti i suoi occhi non si sarebbero fermati un secondo, avrebbero cercato in lei ogni traccia di bugie o anche solo sensazioni “Owen sto bene davvero” un’altra fitta, un altro sforzo immenso per trattenere tutto, si morse le labbra concentrandosi sulla pressione che i denti esercitavano sulla pelle massacrandola “Devo ... io dovrei ...” “Tu dovresti spiegarmi come mai continui a ...” “Dottoressa chiedono di lei nei laboratori” quella richiesta improvvisa arrivò come aria pura “Arrivo subito” ma gli occhi della giovane non si scollavano da lei “Vuole che le porti una ...” “No” continuava a respirare, ne era certa perché altrimenti come poteva parlare e muoversi? Sentiva la voce di Owen, preoccupato, confuso da quel leggero caos che al momento nasceva in lei “Puoi portare al signor Wallas una sedia a rotelle? Deve fare la tac e non può fare sforzi, meno cammina meglio è” la ragazza annuì correndo via veloce “Cristina cosa ...” “Niente davvero. Il mio paziente è stato operato ieri per un ... un difetto della valvola cardiaca e ora ha bisogno di una tac e i miei specializzandi sono degli idioti” una risata leggera a stemperare la preoccupazione “Ora vado, prometto che ti chiamo più tardi” “Aspetta non ...”  ma chiuse il cellulare picchiando con forza la mano sul ripiano fresco “Ci sono dottoressa” il viso dell’infermiera di nuovo di fronte a lei “D’accordo, e ora?” domandò confusa aiutandola a sedere “Ora chiami il dottor Fellon e lo fai correre al secondo piano alla velocità della luce” l’altra annuì tremante spingendo la sedia a rotelle “Cosa gli ...” “Digli che se non si muove, mio figlio nascerà su una squallida sedia a rotelle!”  che diavolo le era saltato in mente? Perché non aveva detto ad Owen la verità? Perché non l’aveva trascinato lì, accanto a lei.

“Ok calma, stai andando bene” “Davvero?” sbottò ironica sollevando appena la schiena dal letto “Mio figlio è di sette mesi scarsi, non può nascere prematuro e ...” “Non c’è motivo di allarmarsi! Abbiamo tutto sotto controllo, starete bene” “È così piccolo ... lui non ...” la mano del medico a stringere con forza la sua “Ascoltami bene ...” un sorriso tranquillizzante e sereno sul volto “ ... non accadrà niente di brutto al tuo bambino chiaro? Non lo permetterò quindi, considera semplicemente la possibilità di dormire un po’ e di fare quello che normalmente fanno le donne a sette mesi di gravidanza” annuì leggermente cercando di rilassare ogni muscolo del corpo ma c’era un unico pensiero a vorticarle nella mente.
Chiuse gli occhi sospirando “Non puoi nascere prima tesoro, proprio non puoi” mormorò posando una mano sul ventre afferrò il cellulare, gli occhi persi sui numeri, combattuta tra la voglia matta di chiamarlo e quella di tenerlo il più possibile lontano dalla paura e dal dolore “Che faccio piccolo?”
  ... Ho paura mamma, ho tanta paura perché qui sento tanti tanti rumori e non so cosa sono ...... Puoi aiutarmi a dormire mammina? Puoi cantarmi una ninna nanna? Perché ho tanta tanta paura ... un movimento leggero, un battito del cuore che la riportò di colpo alla realtà poi quella spinta più forte, forse un pugno o un calcio che il suo bambino usava per comunicare, per farla scattare liberandola dai blocchi quasi come fosse un atleta in attesa dello sparo.
Pochi secondi di silenzio e poi di nuovo la sua voce “Stavo per chiamarti io” si portò una mano alle labbra tossicchiando leggermente “Owen devo dirti una cosa”  Che riguarda?” “Tuo figlio e lo so, mi dispiace e avrei dovuto ....” ma si bloccò di colpo trattenendo il respiro “Secondo te perché sto per salire su un aereo?”  “Cosa?” balbettò confusa stringendosi nelle spalle Sto venendo lì e ti conviene avere una scusa valida e credibile e non le solite che usi per sviare i discorsi”   un debole sorriso a colorarle le labbra “Come ti senti?” “Sto, beh ecco, sono solo un po’ stanca tutto qui” sentiva le voci dell’altoparlante e poi la gente e il caos dell’aeroporto “E Julian?”  strinse più forte la mano attorno al ventre ridacchiando “Fa un po’ di capricci, ogni tanto mi da un pugno e poi torna tranquillo” “Davvero?”  un debolissimo si a colorare il silenzio “Puoi restare in un letto fino a quando non arrivo? Pensi di farcela?” annuì appena convinta che quel debolissimo assenso potesse arrivare fino a lui “Cristina?” “D’accordo, promesso” e di nuovo il silenzio ad interrompere quell’attimo di normalità.
Fece un bel respuro concentrandosi sul battito veloce del suo bambino “Papà sarà qui tra poco, che ne dici piccolo? Lo aspettiamo?”  di nuovo un calcio, di nuovo un sorriso “No, direi che questo è un no ma vedi tesoro, dobbiamo aspettarlo perché è troppo presto ancora” 
... Per cosa mamma? ... “Non puoi nascere adesso”  ... Perché? ... sospirò asciugando velocemente una lacrima dal volto “Sei troppo piccolo Julian e se nasci ora forse .." si voltò leggermente verso il monitor dove quella linea forte e veloce le mostrava quel piccolo cuoricino “ ... la mamma ha bisogno che tu sia forte. Ho bisogno che tu resti al caldo e al sicuro ancora per un po’ perché qui fuori c’è ancora troppo freddo ed è tutto triste e buio”  ... E dopo no mamma? ...  “Ma se aspetti un pochino, allora verrà papà a portarci tanti giochi e una pasta al cioccolato e anche un po’ di luce per mandare via tutte le ombre”  ... Hai paura delle ombre mamma? È per questo che piangi? Anche a me fanno paura le ombre però se chiudo gli occhi non le vedo più ...
Conosceva bene i rischi di un parto prematuro, sapeva che farlo nascere adesso, all’inizio del settimo mese era rischioso, troppo rischioso e provava in ogni modo a cacciare via i ricordi degli anni di medicina “E ci porterà anche un pupazzo nuovo, l’ha comprato ieri sera in un negozio pieno di mamme, di papà ed era contento perché presto ti porterà in quel negozio ma devi restare qui ancora un po’ piccolo mio” si voltò su un fianco sospirando, una mano nascosta sotto il cuscino e l’altra ad accarezzare il ventre
... Non voglio andare in quel negozio, non voglio andare via da te e se questo ti fa male mamma allora ti chiedo scusa, non andrò mai via da te ... chiuse gli occhi abbandonandosi al dolce tepore di un sogno che lentamente si frantumava davanti ai suoi occhi.

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Capitolo 11
*** Hai detto una Bugia ***


dentro di te 11                                           Hai detto una Bugia




Immobile, lo sguardo perso su di lei, sulla sua mano abbandonata dolcemente accanto al viso, sorrise stirando i muscoli della schiena.

Aveva viaggiato per un giorno intero, fatto una doccia e poi era corso in ospedale incurante della stanchezza, del riposo che avrebbe dovuto concedersi e che invece, veniva cacciato via dalla preoccupazione.
Solo il battito di suo figlio a cullare ogni pensiero “Mi hai fatto prendere davvero un bello spavento” mormorò avvicinando dolcemente le labbra al suo ventre “Stavo per fare un’operazione e poi la voce della mamma è diventata diversa ...”  ... La sua voce diventa sempre diversa quando ha paura non lo sapevi papà? ...  sorrise posandovi una mano  “ ... avevo paura di arrivare troppo tardi sai? Di essere qui quando ormai tu eri nato e invece no” sentì il suo bambino muoversi, ne immaginava il volto e le espressioni “Lo so che hai tanta voglia di venire al mondo amore mio però devi aspettare ancora un po’”  ... Ma adesso ci sei tu, mamma voleva solo che il mio papà fosse qui per mandare via le ombre e ora ci sei. Non sai come si mandano via? ... inspirò a fondo lasciando che l’aria entrasse nei polmoni poi la mano della ragazza a posarsi dolcemente sulla sua “Ehi” “Perché non mi hai svegliata?” sorrise stringendola con forza “Semplicemente perché non volevo. Allora? Come ti senti?” la vide sorridere, strofinarsi gli occhi cercando una posizione più comoda sul letto “Continua ad avere qualche sbalzo ogni tanto ma direi che tutto sommato va bene” “Ho parlato con il dottor Fellon” “Davvero?” ribatté ironica stiracchiandosi “E spero che almeno a te abbia dato un opzione migliore del: va tutto bene!” sorrise abbandonandosi contro lo schienale della poltroncina “Owen è troppo piccolo per nascere adesso” “Lo so” “Non può nascere, sono entrata nel settimo mese due giorni fa e lui è così piccolo” non rispose, si limitò ad annuire appena cercando di sembrare più vivo possibile ma non era facile “Starà bene vedrai” ma lei sbuffò passandosi le mani tra i capelli “Come mai dite tutti la stessa cosa? Starà bene! Non starà bene! È piccolo, troppo piccolo per uno stress del genere e la maggior parte dei bambini nati prematuri hanno ...” “Lo so!” la voce più alta e quella nota di rabbia a colorargli lo sguardo “Scusami io ... è solo che sto cercando di capirci qualcosa tutto qui. Sono stanco e l’ultima cosa che vorrei adesso è dover pensare di perdere mio figlio per uno stupido problema di giorni!”  ... Non mi sono perso mamma, sono qui, dove mi hai chiesto di essere ... ma l’espressione terrorizzata sul viso della ragazza lo bloccarono di colpo “Scusa davvero io non ...” “Oh certo perché invece per me è tutto semplice vero? Hai ragione! È stata colpa mia, mia e del mio lavoro!” “Andiamo non volevo dire questo lo sai” “E allora cosa Owen!” urlava, sapeva di farlo ma non riusciva a bloccare nessuna di quelle stupide reazioni “Sto impazzendo chiusa qui dentro, cerco in tutti i  modi di non farlo nascere ma sono sfinita e presa a calci da queste fottute scariche ormonali!” si passò una mano in viso cercando di riportare i battiti del cuore ad un livello accettabile “Lo so che hai paura, che sei spaventato e stanco ma non è da te che uscirà e non sarai tu a sentirti in colpa se passerà mesi interi dentro un’incubatrice con le flebo attaccate” gli occhi persi sul suo viso e in quell’azzurro che ora, sembrava l’unica cosa viva in quella stanza “Puoi fermarti un secondo e ...” “No!” esclamò stringendo con forza il lenzuolo “Non posso fermarmi, non posso smettere di pensare, di capire come posso tenerlo qui dentro ancora per un po’! Non posso farlo!” lo vide sorridere, scuotere leggermente la testa alzandosi di colpo “Ho bisogno di aria fresca” “Oh certo” ricadde dolcemente sul cuscino nascondendo il volto, allontanandosi dal suo sguardo il più possibile “Vuoi che ti porti qualcosa? Hai fame?” un leggerissimo no a spezzare il silenzio ... Hai detto una bugia mamma ... si abbandonò al silenzio allontanando per l’ennesima volta suo marito da tutto quello che al momento le passava per la testa.

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Capitolo 12
*** Le Ombre non fanno Paura ***


Dentro di te                                                                                          Le Ombre non fanno Paura










Dormi mammina, non aver paura dei mostri, ti proteggo io. Li manderò tutti lontano, dove non ci sono le caramelle e gli umani si nascondono nell’armadio.

Non so come si usa una spada però posso raccontarti una favola così fai dei bei sogni e le ombre vanno tutte via ...  una lacrima a scendere silenziosa nel buio ... Tanto tempo fa, viveva in un mondo lontano un bambino che aveva tanta paura di imparare a nuotare. La sua mamma e il suo papà provavano in tutti i modi a farlo entrare in acqua ma ogni volta lui si spaventava perché sai mamma, l’acqua è profonda e toglie il respiro ... com’era difficile riuscire a pensare, riordinare la mente e trovare una via d’uscita, per lei, per quel bambino che non voleva e che ora, era sempre nei suoi pensieri ...  Però una notte, mentre le stelle giocavano a nascondino con la luna, il piccolo bambino vide una fatina seduta sopra ad una foglia di castagno e le chiese “Perché sei qui?” allora la fatina rispose “Ho paura di volare” “Ma hai le ali” e quell’esserino piccolo piccolo sorrise “A te non capita mai di aver paura di qualcosa?” “Io ho paura dell’acqua, però io non ho le pinne come i pesciolini ma tu hai le ali, sei fatta per volare via” ... stava perdendo tutto, ogni punto fermo nella vita, ogni ragione per andare avanti, litigare con suo marito? Beh, forse quella era solo l’unica cosa certa che aveva ... La fatina sorrise “A volte, anche se si hanno le ali fa paura perché il cielo è così azzurro e da lassù tutto è piccolo e lontano. È come l’acqua, fa paura perché è profonda e scura e a volte anche cattiva” “E allora come faccio a non aver paura?” “Devi fare un bel respiro e poi tuffarti perché la paura passa solo se la prendi per mano, allora si spaventa e scappa via” ...  non riusciva a trovare un solo motivo valido per far nascere suo figlio. Terrorizzata dal poter in qualche modo fargli del male riusciva solo a restare lì, sospesa tra la realtà e la fantasia ... Tutti abbiamo paura mammina, io ho paura di tante cose, del freddo quando sarò lì da te, della voce delle persone così diverse dalla tua e ho paura di non essere bello come vuole papà però, se ci penso tanto divento triste e allora chiudo gli occhi e faccio dei bei sogni ... “Papà è un po’ arrabbiato amore mio” mormorò posando una mano in fronte “Ma non è arrabbiato con te, no, è solo spaventato”  ... Anche tu ma lui può scappare, può andare via se vuole e tu invece devi restare qui e decidere per me, perché sei tutto quello che ho mamma e anche se fa paura, anche se è come l’acqua profonda e buia, devi scegliere per me ...“Se ti faccio nascere, se lascio che tu venga al mondo sarai abbastanza forte da lottare assieme a me?” un debole sorriso a colorarle il volto, come poteva risponderle il silenzio?  ... Se mi lasci nascere mamma ti prometto che lotterò per te, e se non lo farò, non devi piangere perché ti voglio bene, anche se sono piccolo piccolo e ti prometto che non mi arrabbierò con te ... “Oddio, parlo con te sperando che tu mi risponda” mormorò ironica alzando gli occhi al cielo “Hai ventotto settimane e probabilmente sei grande quanto la mano di Owen, come puoi rispondermi?”  ... L’ho già fatto mamma e solo che non mi senti ancora, però, se nasco forse puoi sentirmi, forse non ti faranno più paura le ombre, allora forse mamma dovresti lasciarmi nascere ...fece un bel respiro profondo, solo il cuore a battere, a dimostrarle che era viva, che poteva scegliere perché se la natura l’avesse fatto per lei si sarebbe portata via il suo bambino “D’accordo” una mano posata sul ventre e l’altra ad asciugare le lacrime “D’accordo Julian, puoi nascere, la mamma non si arrabbia con te” allungò una mano verso il comodino afferrando il cellulare, pochi secondi e la voce del medico a farla sorridere “Dimmi solo che le voci che sento sul tuo conto sono vere” “Dipende a quali ti riferisci” esclamò allegro l’uomo “Possiamo ritardare il parto?” lo sentì sospirare “Al massimo qualche giorno ma non di più, il distacco della placenta era sotto controllo ma hai la pressione piuttosto bassa e vorrei evitare la sofferenza fetale quindi, si dottoressa, sono molto bravo nel mio lavoro”  chiuse gli occhi riprendendo fiato “D’accordo, va bene allora, fai nascere il mio bambino”

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Capitolo 13
*** Papà ti Ama ***


Dentro di te                          Papà ti Ama




Dove sei mammina? Ho paura, è tutto freddo e tu non sei qui ...
il suono costante del macchinario a rompere il silenzio mentre i minuti passavano terribilmente lenti ... Farò il bravo mamma, te lo prometto, continuerò a respirare però ti prego, prendimi in braccio perché non sento più la mia ninna nanna, non sento più il tuo cuore che batte ... “Lo so che hai paura piccolo mio” sospirò posando le mani sul vetro gelido “E so anche che ti abbiamo tirato fuori prima di quanto tu volessi ma ...” tremava, tremava e non faceva niente per nasconderlo.

Aveva costretto Cristina a riposare, l’aveva costretta a restare chiusa in quella maledetta camera separandola da suo figlio.
Chiuse gli occhi qualche secondo cercando di riordinare i pensieri, Julian doveva ristabilirsi perché il parto aveva accentuato i problemi che già aveva.
Un’emorragia celebrale che lentamente, troppo lentamente si riassorbiva, i valori sballati e la difficoltà di respiro, sapeva che la maggior parte di quelle complicazioni erano normali, i bambini nati prematuri presentavano una soglia molto bassa di resistenza allo stress e emorragie di quel tipo erano comuni ma non voleva che Cristina lo vedesse così perché era certo, che se le avesse permesso una cosa del genere lei non si sarebbe più staccata dalla terapia intensiva.
Si sarebbe scordata perfino di mangiare e di dormire e non poteva permetterle una cosa del genere “Papà ha fatto una cosa davvero brutta tesoro” staccò dolcemente una mano bloccandosi a metà tra l’aria fresca e l’incubatrice poi qualcosa scattò dentro di lui, la consapevolezza che un piccolo umano l’avrebbe chiamato papà e si sarebbe stretto a lui, uomo grande e grosso, quando le ombre della notte spaventavano i sogni.
Un contatto delicato, la manina di Julian si strinse attorno al suo dito “Sei così piccolo amore mio”  ... Sei tu papà? ...  inspirò a fondo ricacciando indietro le lacrime, la paura, ogni dannata emozione cercando di lasciare solo quei nuovi sorrisi a scaldargli l’anima ... Puoi portarmi dalla mamma? ... “Devi essere forte Julian, devi lottare e diventare grande perché ci sono un sacco di cose belle che ti aspettano” tirò lo sgabello fino a lì senza staccare un secondo la mano dal bambino “Una cameretta tutta tua, con un bel lettino caldo e tanti giochi colorati e poi la mamma ...” un debole sorriso a colorargli il volto “ ... lei è la cosa più bella del mondo grande e freddo in cui ti abbiamo scaraventato”  ... So che è bella, è la mia mamma, sarà sempre bella ...  “Non è colpa sua, lei sarebbe corsa qui due minuti dopo aver partorito ma ha bisogno di riposare, proprio come te” percorse con un dito il braccio del bambino, un corpicino così piccolo da terrorizzarlo, pesava appena quattrocento grammi, era sottopeso e indebolito dallo stress ma avrebbe lottato, l’avrebbe fatto perché la voglia di vivere scorreva violentemente nelle sue  manine, nella presa forte e decisa che incatenava il suo dito “Ti prometto che la vedrai presto Julian però tu devi avere la forza di respirare, di lottare perché altrimenti io e la mamma piangeremo tanto”  ... Perché papà? Non si piange quando un bimbo chiude gli occhi ma quando vive senza mai poterli aprire. La mamma dice sempre così. Ha paura, tanta paura ma ne ho anche io e ora voglio solo sentire il suo cuoricino ... sentiva le lacrime spingere violentemente contro le palpebre, il respiro rotto dall’emozione e quel maledetto pensiero a vorticargli nella mente : Hai separato una madre dal proprio figlio, hai costretto tua moglie a rinunciare a metà del suo cuore quando, l’unica cosa che continua a chiedere è solo vederlo. Come le spiegherai il perché di questa tortura? Già, come le avrebbe spiegato il perché quando a malapena riusciva a capirlo lui? Il silenzio soffocante riempiva le orecchie, i pensieri, la mano sempre posata accanto al suo bambino e la consapevolezza di aver sbagliato per l’ennesima volta, l’unica consolazione era forse il sedativo che al momento al costringeva a riposare “Il papà ti ama davvero tanto Julian”  ... Anche la mamma? ... sorrise ripensando a poche ore prima, quando, fuori dal reparto un padre con un piccolo angelo tra le braccia camminava avanti e indietro per i corridoi.
Aveva invidiato da morire quel padre perché poteva stringere suo figlio, poteva baciarlo, ascoltarne il respiro mentre lui doveva solo aspettare eppure ora, seduto davanti a Julian sentiva quella stessa invidia scomparire nel nulla, inghiottita dagli occhietti chiusi del suo bambino, dalla sua pelle chiara e da quelle manine che si aggrappavano con forza ad ogni cosa, un altro sorriso a colorare quelle lacrime insolenti  “Il tuo papà ti ama”

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Capitolo 14
*** Fantasmi ***


dentro di te 14                                                                          Fantasmi






La luce tenue del tramonto a giocare con le ombre di quella stanza “Hai voglia di mangiare qualcosa?” ma lei non rispose, continuava a fissare il vuoto, o almeno, era quello che immaginava perché i suoi occhi erano persi sul vetro della finestra.
Sospirò passandosi una mano tra i capelli “Cristina hai bisogno di mangiare altrimenti ...” le sfiorò il viso, un leggero tremito a colpirlo con la violenza di un uragano, ritrasse la mano di colpo preoccupato da quell’improvvisa reazione “Posso?” domandò il dottor Fellon chiudendosi la porta alle spalle “Come stai oggi?” ma Owen scosse leggermente la testa, lo sguardo sfinito e carico di malinconia.
Passava le ore dividendosi tra la terapia intensiva neonatale e sua moglie, era stanco, massacrato da quel silenzio creato apposta per allontanare.
Gli esami di Cristina iniziavano a tornare nella norma ma Julian faticava a respirare “Posso parlarti un secondo?” annuì appena allontanandosi di un passo dal letto “Come sta?” “Sta meglio, decisamente meglio. La pressione è accettabile e gli esami buoni ma deve mangiare, non può continuare così” “È arrabbiata con me” lo sguardo confuso del medico lo costrinse a continuare “La costringo a restare qui, a non vedere Julian e ...”  “Cosa?” un leggero sorriso a colorargli il volto “Già, sono proprio uno stronzo” gli occhi persi oltre il vetro “Voglio solo evitare che soffra, Julian è troppo debole e se lo vede così ... ha passato gli ultimi mesi a parlare con lui e ...” “È una cosa normale Owen” “No” l’altro sorrise ascoltandolo con attenzione “Lei non ha mai voluto un figlio e poi è successo qualcosa, non so nemmeno io cosa e ora sono padre, ho un bambino che per otto mesi è stato tutta la sua vita e ora non è più dentro di lei” “Non è più dentro di lei è vero ...” mormorò affabile il medico “ ... ma è comunque parte di lei. È il suo bambino, l’ha portato dentro tutto questo tempo e si,  Julian non sta molto bene ma è un combattente, è forte, vuole vivere” “Non può vederlo, lei è troppo debole” “Sta abbastanza bene per ...” “Non può camminare fino a ...” “Owen!” esclamò l’altro  afferrandolo per le spalle “Non puoi tenerla lontano da vostro figlio perché così la uccidi! Non mangia quasi niente, è debole per questo, non per le complicazioni del parto. Se non può camminare la porteremo con la sedia a rotelle ma devi accompagnarla da Julian. È la sua mamma, ha bisogno di vederlo, di sapere che è vivo e respira e che continua a lottare altrimenti smetterà di farlo e lei crollerà” lo sentì tremare sotto le mani, gli occhi a posarsi qualche secondo sul corpo della ragazza, immobile, quasi un fantasma nei loro pensieri, un fantasma che non aveva nessuna intenzione di diventare parte di quei discorsi.

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Capitolo 15
*** Non è stata colpa Tua ***


dentro di te                                          Non è stata colpa Tua





Gran bella idea portarla fino a lì e ora? Come avrebbe fatto ad evitarle altre lacrime? Come le avrebbe spiegato che quel piccolo corpicino pieno di tubi e cerotti in realtà era il suo bambino, lo stesso esserino che per sette mesi e mezzo era rimasto al sicuro sotto al suo cuore ”D’accordo” sussurrò inginocchiandosi davanti a lei “Promettimi solo che continuerai a respirare, che starai tranquilla e che se ti dovessi sentire male ti lascerai aiutare” gli occhi persi sul suo viso, su quello sguardo lontano che faceva più male di una coltellata in pieno petto “Cristina tu ...” “Sto bene” un debole sorriso a rassicurarlo “Perché non dovrei? In fondo, mi hai solo tenuta lontano da lui per tre giorni, se moriva che differenza poteva fare?” un brivido gelido a paralizzarlo mentre si alzava da quella sedia, tremava, era debole e probabilmente sfinita da quella distanza che lui le aveva imposto.

Un respiro profondo prima di aprire la porta e poi il cuore a martellare violento nel petto.
Davanti a lei solo quell’incubatrice illuminata dalle luci blu della lampada ultravioletta e il suo bambino, così piccolo, così indifeso e solo, lontano da lei e da tutto quello che fino ad ora aveva conosciuto.
Si sfiorò le labbra trattenendo il respiro, solo pochi passi a separarla da lui ma quant’era difficile convincere il cervello a fare quello stupido movimento “Stai bene?” domandò preoccupato Owen sfiorandole il viso “Cristina” la sentì tremare, ritrarsi da quel tocco delicato “È così piccolo” posò una mano sul vetro gelido dell’incubatrice, quel debole contatto la costrinse a sorridere, il suo bambino era lì davanti a lei, era vivo e lottava per lei, per restare con la sua mamma.
Il visino nascosto dalla maschera protettiva e tutti quei tubi ad avvolgerlo “Starai bene amore mio” sussurrò trattenendo le lacrime “Vedrai che starai bene”  ... Mammina sei tu? ...  “Passerà presto Julian, ti porterò via da qui te lo prometto” gli sfiorò una manina cercando di ignorare quei maledetti giramenti di testa.
Owen accanto a lei, le braccia abbandonate lungo i fianchi e gli occhi persi su di loro, unici gioielli che il suo cuore avrebbe chiuso a chiave nei ricordi  ... Papà diceva che saresti venuta, sono bravo mamma vedi? Sto respirando. È difficile e fa male però lo sto facendo per te, perché le promesse si devono mantenere se no poi ci sono tante punizioni brutte e io non voglio vedere le cose brutte, voglio solo vedere la mia mamma ...  i suoi ricordi, attimi che per anni aveva sognato e che ora, dopo tanto tempo aveva davanti agli occhi.
Era doloroso, così doloroso da togliere il respiro eppure, quello non era uno di quei sogni che tormentavano le sue notti, quella non era una donna diversa, quella era sua moglie, una ragazza forte e testarda e ostinata che d’improvviso, sembrava così simile a quel piccolo corpicino nascosto dai tubi da spaventarlo.
“Ho parlato con Mike mezz’ora fa ...” sussurrò avvicinandosi a lei “ ... è più forte rispetto a ieri e inizia a prendere peso. L’emorragia si sta riassorbendo, lentamente, molto più lentamente di quanto vorremo ma ci sta provando” “Era troppo piccolo” una lacrima a scendere insolente sul suo viso “Era troppo piccolo per nascere subito, potevo tenerlo ancora qualche giorno e invece ...” “No, ehi, guardami” esclamò afferrandola per le spalle “Non è stata colpa tua, non hai sbagliato” ma quegli occhi pieni di lacrime lo massacravano “Non sarebbe cambiato niente, doveva succedere tesoro e va bene così. Julian è forte, sta lottando ti prego, non lasciarti andare” un debole sorriso a spaccare quel pianto gelido poi il viso nascosto sul suo petto e il calore di un corpo che per mesi aveva sognato.
La strinse a sé ringraziando Dio per avergli restituito metà del suo cuore “Ce la farà, ce la faremo” gli occhi persi sul suo bambino mentre i singhiozzi di sua moglie si spegnevano lentamente nel silenzio.

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Capitolo 16
*** Aiutami a Proteggerlo ***


Dentro di te                                                                                                                     Aiutami a Proteggerlo




“Ehi amore mio” sfiorò il corpicino di Julian sorridendo “Stai diventando grande sai?” strinse la sua manina, era così piccola da terrorizzarlo, se l’avesse stretto troppo forte l’avrebbe rotto “Devi resistere, mi senti amore mio? Devi essere forte ancora per un po’ perché tutto questo passerà e allora saremo solo noi, io e te e la mamma. Ce ne andremo a casa e dimenticheremo tutto il male che in questi giorni ci passa sopra” “Ehi” si voltò di colpo spaventato da quell’improvvisa interruzione  “Mi dispiace, non volevo, stavo solo ...” “No, no va tutto bene” il viso di Meredith a colorarsi di sorrisi e preoccupazione “Oddio, è così piccolo” si avvicinò all’incubatrice, le mani posate sulle labbra nel tentativo folle di trattenere l’emozione “Quando sei arrivata?” “Cinque minuti fa” mormorò distratta senza staccare gli occhi da Julian “Sono stata da lei ma si era appena addormentata. Mike mi ha detto che sta meglio, che mangia di nuovo” annuì appena passandosi una mano tra i capelli “Lo so che allontanarla da Julian è stata una scelta orribile ma l’ho fatto per lei, per evitare di ...” “Owen non ho detto una parola” “No ma l’hai pensato” gli occhi a fondersi con i suoi “Possiamo evitare di litigare?” domandò ironica slacciando il cappotto “Come va Julian?” sospirò avvicinandosi al bambino “Lotta, è un combattente” “Sua madre lo è altrettanto, non poteva essere diverso da quello che è” “Già” si lasciò cadere sulla sedia, gli occhi persi nel vuoto e milioni di pensieri a vorticargli nella mente, pensieri che avrebbe voluto cacciare via, il più lontano possibile da lui e dal suo bambino e che invece, continuavano a restare ancorati a quella culla, a loro , troppo stanchi per continuare a lottare.



La luce tenue ad illuminare ogni angolo di quel posto silenzioso e pieno di pace. Si inginocchiò stringendo le mani davanti al volto “Ho bisogno di Te” parole leggere, parole sussurrate al silenzio “Ho bisogno della Tua parola, di sentirti vicino perché non so cosa fare” gli occhi a sfiorare il crocefisso e milioni di parole a spingere per uscire “Ho studiato medicina, ho dato la mia vita intera agli altri e dopo anni passati a salvare vite, non sono in grado di salvare il mio bambino” una lacrima insolente a correre lungo il viso, fece un bel respiro chiudendo di nuovo il dolore dietro ad un muro invisibile “Non posso salvarlo io perché la mia medicina non riesce ad aiutarlo. Sono solo un uomo, sono un padre che vorrebbe stringere il suo bambino, portarlo via da qui assieme alla sua mamma e invece, posso solo restare a guardare mia moglie distruggersi lentamente, cerca cure, resta sveglia la notte accanto a Julian e non mangia quasi niente ...” un respiro profondo ad alleggerire la pressione dell’anima “ ... non posso aiutare mio figlio, non posso aiutare mia moglie ma Tu puoi, Tu fai i miracoli no? Ti prego, Ti prego non portarmi via il mio bambino” le lacrime scoppiarono violente travolgendo ogni briciolo di ragione “ Se lo porti via, se le togli Julian allora ti prenderai una parte del suo cuore e crollerà ... Ti prego, ti prego ridammi il mio bambino” la mani caddero dolcemente sul legno nascondendo il viso e quei singhiozzi violenti che non davano tregua “Prenditi cura di lui perché io non ... è il mio bambino, è una parte di me, è tutto quello che sarà di me ... Ho bisogno di vederlo sorridere, ho bisogno di sentire la sua voce e le sue manine, ho bisogno di guardarlo negli occhi per capire che non tutto quello che ho fatto nella vita è sbagliato” di nuovo i singhiozzi, di nuovo quelle lacrime violente a massacrargli l’anima “Non portarmi via il mio bambino ... Aiutami a guarirlo, tienilo al sicuro e non ... Io ho vissuto, ho provato ogni stupida emozione che la vita aveva da offrire ma Julian è ... lui è così piccolo” provava a respirare, provava a controllare i battiti del cuore ma ormai non c'era più un briciolo di ragione dentro di sé "È una punizione? È questo? Punisci me, io ho sbagliato, io le ho fatto del male, io l'ho lasciata da sola ... se vuoi punire qualcuno allora prendi me, portami via, allontanami dalla vita, puniscimi come più credi, se questa è la Tua volontà allora che sia ma ti prego ... Ti prego lascia qui mio figlio" strinse più forte la testa tra le mani abbandonandosi al pianto.
Nel silenzio della chiesetta solo lui a raccontare ad un Dio lontano il suo dolore, che altro avrebbe potuto fare? Non poteva piangere davanti a lei e non poteva farlo nemmeno davanti a Julian perché, anche se intubato e sedato, era in grado di ascoltare e se l’avesse sentito piangere? Non aveva bisogno di persone deboli ma della sicurezza che solo quell’uomo grande e grosso poteva dare, il suo papà, l’unica persona che avrebbe dovuto proteggerlo, l’unico uomo che poteva stringerlo e baciarlo, che avrebbe dovuto proteggere la sua mamma tenendola lontana dal male del mondo  e che ora, nel silenzio della notte, piangeva inginocchiato davanti ad un crocefisso silenzioso.

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Capitolo 17
*** Non puoi farlo di Nuovo ***


dentro di te 17.2                         Non puoi farlo di Nuovo




“Ciao amore mio” un debolissimo sorriso a colorarle le labbra mentre la manina di Julian si stringeva con forza attorno al suo dito “La mamma è qui con te”  Sono tanto stanco mammina, mi fa male respirare e non riesco a vederti  “Non devi aver paura, andrà tutto bene, lo so che stai male, che sei stanco ma non puoi andare via Julian, non puoi lasciarmi da sola” Perché?  Trattenne il respiro qualche secondo cercando di riordinare i pensieri, cercando di fingere che tutto fosse normale ma non c’era proprio niente di normale in quella stanza, solo una madre in lacrime accanto al suo bambino “È stata colpa mia Julian, io ti ho fatto nascere troppo presto e non ... puoi farcela amore mio, devi lottare”  Non è stata colpa tua mammina, non sarà mai colpa tua ... Ti vorrò sempre bene  e sarai sempre la mia mamma, anche se non posso vederti, anche se volo via lontano lontano. Non sono arrabbiato con te mamma, non è stata colpa tua  la mano tremò leggermente e una stupida lacrima a spezzare il silenzio, sorrise asciugandola “Sono stanca anche io amore, sono tanto stanca e papà sta impazzendo. Continua a restare qui, continua a fingere che i mostri e il buio non lo sapventino, cerca di essere il papà che resiste anche ai colpi più violenti ma la mamma sa bene quanto dolore sta provando ...” sospirò passandosi una mano tra i capelli “ ... è solo troppo preoccupato per ammetterlo. Non piangerà mai davanti a noi Julian e lo sai perché? Perché è un combattente, proprio come te” un sorriso a illuminare di nuovo il vuoto “È un bravo papà, sarà un bravo papà perché è un uomo meraviglioso. Ti porterà al parco, ti insegnerà la vita e quando sarai stanco o avrai paura, sarà lì a cullarti e a cacciare via i mostri dall’armadio ... ”  E tu mamma? Dove sarai tu?  “ ... esattamente come farà la mamma” la voce spezzata dalla malinconia “Ci sono tante cose belle che ti aspettano amore mio ...” sussurrò inclinandosi leggermente verso l’incubatrice “ ... ci sono giochi, dolcetti colorati e libri, pupazzi, una nuova casa e poi una famiglia. Avrai tante cose belle piccolo mio ma devi lottare per averle”  Sono tanto stanco mammina, puoi lottare tu per me?  Sollevò gli occhi dal suo bambino, un battito più lento degli altri a toglierle il respiro “Devi lottare amore mio, non può farlo la mamma per te ma posso restare qui, posso restare vicino a te tutto il tempo che vuoi” l’infermiera controllò il monitor “Chiamate il dottor Fellon” il medico corse via alla velocità della luce e lei, immobile accanto a quella piccolo culla, paralizzata con le mani sul vetro e il respiro bloccato in fondo alla gola “Julian devi continuare a respirare, la mamma è qui, non ti lascia da solo”  Fa male mammina, fa tanto male respirare  “Allora che diavolo succede?” sbottò Michael afferrando lo stetoscopio “Il battito è rallentato dottore”  “D’accordo, aumentiamo l’ossigeno, somministrare altra epinefrina, deve ritornare a livelli normali”  “Epi in circolo dottore” gli occhi sollevati, piantati sul monitor, attimi gelidi, lunghi come ore intere poi di nuovo quella linea continua, quella linea di salvezza che le restituì aria pura “Cristina!” le mani di Owen a sorreggerla impedendole di crollare per terra “Ehi, avanti guardami” la voce rotta dalla preoccupazione, tremava, sapeva di farlo ma come poteva controllare il suo corpo? Come poteva evitare anche a lui la paura che ora si stava trascinando via il suo bambino “Non può farlo di nuovo” i singhiozzi a spaccarle a metà il respiro “Non può farlo ancora  Owen” la strinse tra le braccia allontanandola da quella maledetta stanza, da quel dolore che velocemente si stava risucchiando ogni attimo di tranquillità.

Attimi confusi, solo il rumore dei passi nel corridoio e poi la voce di Meredith “Che ... che è successo?” stringeva tra le mani due bicchieri di caffè, il fiatone a mozzarle il respiro “Owen che è successo!” “Julian ha avuto una crisi respiratoria” i bicchieri caddero nel vuoto mentre le mani reggevano con forza la sua persona “Cristina andrà bene, mi senti? Andrà bene!” “Non posso rifarlo Mer, non posso restare lì mentre lui ... non può farlo di nuovo”  “Lo so” esclamò stringendola con forza tra le braccia “Lo so ... però esiste qualcuno lassù, voglio dire, deve esistere altrimenti tutti i pazienti che salviamo chi ringraziano guardando il cielo?” Owen chiuse gli occhi qualche secondo cercando di nuovo quella calma che tante volte gli aveva salvato la vita “Vai da lui, resto io qui” solo uno sguardo a rispondere, un semplice sguardo che in realtà racchiudeva un mondo di parole.

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Capitolo 18
*** Ciao bambino Mio ***


dentro di te                                                Ciao bambino Mio





Aveva passato la notte sdraiato su quella maledetta poltroncina, chiuso in terapia intensiva, lontano dalle lacrime di sua moglie e da tutto il resto.

Era stanco, sfinito, aveva bisogno di allontanarsi qualche ora da quel posto ma dove altro sarebbe potuto andare? Allungò le braccia cercando di stendere ogni muscolo della schiena, Julian aveva passato una notte tranquilla, le crisi respiratorie erano passate e il battito cardiaco era tornato forte e regolare “Owen” “Shepard?” mormorò confuso strofinandosi gli occhi “Che ci fai qui?” l’altro sorrise raggiungendolo “Zola voleva la mamma e così siamo partiti” “Oh, fantastico, e chi dirige ...” “Webber”  tirò una sedia fino a lui sorridendo “Hai bisogno di un amico” “Già” “Cristina si è addormentata cinque minuti fa” “A cosa serve?” Derek socchiuse gli occhi voltandosi verso di lui “Tanto tra mezz’ora sarà di nuovo qua dentro” “È sua madre Owen” “Si sta sgretolando pezzo dopo pezzo! La vedo scomparire lentamente davanti agli occhi e non posso fare niente per aiutarla perché non me lo permette” la mano dell’uomo a stringersi con forza attorno alla sua spalla “Continua a sorridere, continua a dire di si ogni volta che le chiedo di riposare ma continua a tornare indietro”  “L’ha portato dentro per sette mesi, l’ha avuto sotto il cuore per tanto tempo, ha parlato con lui per tutto questo tempo ... Si sente in colpa Owen e non puoi cambiare questa cosa perché è madre, perché nonostante tutto, nonostante i miglioramenti e i sorrisi, si sentirà sempre in colpa” gli occhi a sfiorarsi qualche secondo e poi un bel sorriso a colorare il viso di Derek “È biondo”  “Cosa?” mormorò distratto tornando ad appoggiarsi allo schienale “Tuo figlio ha i tuoi colori amico mio” “È vero” uno sprazzo di serenità in mezzo al buio “Prega Dio che abbia anche il tuo carattere perché se eredita la testa della mamma siamo rovinati” scoppiarono a ridere allontanando tutto il caos di quei giorni passati “Pensi di potercela fare a reggere due caratterini del genere?” “No, direi proprio di no” “Beh amico mio, credo proprio che tu debba abituartici perché questo piccolo angelo ha una forza terrificante” gli occhi fieri di un padre a spiare quel piccolo corpicino “Chissà cosa farà nella vita” “Magari diventerà un medico” esclamò divertito giocherellando con un pupazzetto colorato “O forse diventerà un avvocato” “Non importa, può fare tutto quello che vuole, può diventare ciò che vuole” ma il respiro si bloccò di colpo “Oddio” Derek si alzò lentamente dalla sedia avvicinandosi all’incubatrice “Shepard lui ... ha ... Julian ha ...” “Ha aperto gli occhi” “Ehi piccolo” mormorò tremante inginocchiandosi di fianco alla culla “Hai aperto gli occhi? L’hai fatto vero?” la testolina a voltarsi lentamente verso di lui e quel battito di ciglia a restituirgli aria pura “Oddio” si portò le mani alle labbra sorridendo “Ciao amore mio” Shepard corse fuori dalla stanza e loro, soli nel silenzio, gli occhi fusi assieme e i cuori a battere all’impazzata.


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Capitolo 19
*** Profumi di buono Mamma ***


dentro di te                                             Profumi di buono Mamma







Il sorriso sul volto del medico era l’unica cosa che riusciva a vedere “Risponde bene alla terapia, se continua così, potremo staccare il respiratore a breve” “Sta bene?” si voltò verso di lui sorridendo “Sta bene Owen” chiuse gli occhi lasciando che quelle parole gli scorressero dentro come aria pura “Resterà in incubatrice fino a che non peserà due chili e mezzo almeno il che, a mio parere, accadrà presto” una pacca sulla spalla a restituirgli coraggio e poi quella domanda bella come la vita stessa “Vuoi prenderlo in braccio?”  “Non ... forse è meglio che ...” “Oh andiamo” mormorò Mike aprendo il lato della culla “Il respiratore si può allungare e lui ha bisogno di un po’ di calore” sollevò dolcemente Julian coprendolo con un panno azzurro “Ehi guerriero, c’è il papà qui sai?” tremava, sapeva di farlo ma come poteva pretendere di controllare anche quello? Aveva tra le braccia il suo bambino, per la prima volta da quando era nato poteva stringerlo, baciarlo e sorridere perché finalmente, l’orrore di quegli attimi sembrava cancellato.

Shepard al suo fianco non smetteva un secondo di sorridere, le mani posate sulla culletta vuota e gli occhi pieni di gioia “Ciao Julian” la manina del piccolo si strinse dolcemente attorno al suo dito “Te la cavi bene sai Owen?” “Dici? Ho il terrore di romperlo” l’altro scoppiò a ridere sedendosi accanto a lui “Non farlo cadere e vedrai che tutto andrà bene” “Si, molto incoraggiante davvero” poi la voce di Cristina a farlo tremare “Owen?” un debole sorriso a colorarle il viso “C’è la mamma Julian” le mani posate davanti alla bocca nel tentativo folle di trattenere l’emozione e poi quei gesti così naturali che lui non possedeva.
Julian si aggrappava con forza al petto della sua mamma, stretto a lei con il terrore di venirne separato e quelle carezze delicate che lo aiutavano a riposare “Grazie amore mio” mormorò posando le labbra sulla testolina di Julian  Profumi di buono mamma, profumi di amore   e d’improvviso ogni preoccupazione, ogni paura, ogni stupido pensiero venne cancellato, sostituito da quella meravigliosa sensazione che li avrebbe accompagnati per tutta la vita.

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