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di iseasy_believe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. buon concerto principessa. ***
Capitolo 2: *** 2. Io cercherei te. ***
Capitolo 3: *** 3. Karen reagisci! ***
Capitolo 4: *** 4. proposte. ***
Capitolo 5: *** 5. 'alla nostra fuga'! ***



Capitolo 1
*** 1. buon concerto principessa. ***


Mi strinse a se e raggiunsi il settimo cielo. Mi lascio andare via e precipitai sulla terra. 
La notte prima l'avevo sognato. Era la trentunesima notte di fila che lo sognavo, e non avevo intenzione di smettere. Lui che mi stringe i fianchi, io che gli accarezzo i capelli e la sua voce che mi sussurra 'tu, sei la mia persona'. Insomma un sogno bellissimo. Meraviglioso rispetto ai miei soliti sogni standard tipo la sveglia che non suona e io che tardo a scuola o io e mia madre che ci urliamo contro. Si, litighiamo anche nei miei sogni, o meglio, nei miei incubi. Lei non sapeva niente, non sapeva che sarei andata al concerto,  e che stavo per realizzare il mio sogno. Perchè avrei dovuto dirglielo ? Per permetterle di rovinare tutto, un altra volta ? Non sarei stata così stupida.
Erano mesi che aspettavo quel giorno, e adesso era così vicino. Incredibile.
 
L'inizio della giornata non era stato per niente dei migliori. Il telefono mi si era scaricato e quindi la sveglia non aveva suonato, solo che questa era la realtà non uno dei miei incubi. Ai ritardi a scuola ormai non ci facevano caso più neppure i prof. Si erano arresi al fatto che qualunque sforzo sarebbe stato vano, io sono una ritardataria, punto. Non si possono cambiare le persone, e apprezzavo il fatto che l'avessero capito. Si ma solo quello. Per il resto li consideravo un branco di frustati mentali che scopano troppo poco e di conseguenza devono consumare le energie in qualche altra maniera, tipo rompendo i coglioni agli alunni. A me in particolare. Mettendo quindi da parte il ritardo, che non era una tragedia per una come me, passiamo al dramma vero e proprio. Dopo aver preso un bicchiere di latte e il mio Eastpack, veloce come la luce scesi in garage per prendere la macchina e volare a scuola, ma, sorpresa, la macchina non partiva. 'E che la sfiga sia sempre con me' dissi tra me e me. Chiamai una mia amica per farmi venire a prendere da lei, ma era troppo tardi, già era a scuola. Restava solo una soluzione e optai per quella: restare a casa. Certo, mi dispiaceva saltare scuola quanto mi dispiaceva comprare scarpe, e c'è da considerare che le scarpe sono il mio indumento preferito. Ma non era mica colpa mia se ero sfigata.
Così tornai in casa, presi una birra dal frigo e mi tuffai sul divano. Accesi il computer e dopo dieci minuti riuscì a disincantarmi dal guardare lo schermo, o meglio la loro foto che avevo come sfondo. Aprì la cartella in cui raccoglievo tutte le mie storie, cliccai su quella che dovevo finire e iniziai a scrivere. Lo facevo sempre quando avevo un po' di tempo libero.
Scrivere per me è uno sfogo, mi rilassa. Quando scrivo divento un altra, una sensibile, una che prima di pensare agli altri pensa a se stessa, una che prende in mano la situazione e sa di essere al comando. Nella realtà non è così, non che io mi faccia mettere i piedi in testa, ma me ne sto per conto mio, non sento la necessità di fare gruppo con gli altri e tipo uscirci insieme o cose simili.
Avevo solo qualche amico. In fin dei conti, meglio pochi ma buoni no ? Una di questi amava quei cinque ragazzi meravigliosi e infatti il giorno dopo sarebbe venuta al concerto con me. Tra una riga e l'altra, passo la mattinata.
A ora di pranzo prima che mia madre tornasse dal lavoro me ne andai in camera mia, così che quando sarebbe venuta avrei fatto finta di dormire e non avrei dovuto dargli tante spiegazioni. Si poteva rimandare.
L'idea era quella di fingere soltanto di dormire, l'idea. Mi svegliai dopo ben quattro ore e mezza, alle cinque in punto. 'Solo altre 24 ore, solo altre 24' pensai. Sono una persona molto impaziente, una di quelle che le cose le vuole subito. Aspettare e mantenere la calma non è il mio forte. Decisi di scendere. Tanto per cercare di far credere a me stessa che il tempo stava passando più velocemente.
Andai al parco. Iniziai a passeggiare e dopo un po' mi sedetti su una panchina a riflettere. Ad un tratto due mani mi coprono gli occhi. Spaventata mi alzai di scatto, e cercai di fuggire, ma l'unico posto che raggiunsi furono le sue braccia.
Era lui, Carter. Il mio amico di sempre. Lui si che sapeva farci con me. Eravamo amici da dodici anni, e per un periodo credo di essermi presa una bella cotta per lui. Ma me la sono fatta passare. Il nostro rapporto è unico e non volevo rovinare tutto.
 
«Ehi Karen» mi disse «Dove cerchi di scappare?».
«Mi hai spaventata!» risposi in tono alterato.
«Ma per piacere, quale ladro idiota ti metterebbe le mani davanti agli occhi prima di rapinarti?» ribatté ridendo.
Risi anche io. La sua risata era la cosa più bella che avessi mai visto, la più bella che avessi mai sentito. Mi faceva stare bene, mi metteva a mio agio. Era una risata speciale. Come lui d'altronde.
«Vieni con me a fare una passeggiata?» mi chiese con quella sua voce maledettamente dolce e il sorriso ancora stampato sulle labbra.
«No Carter, si sta facendo tardi, devo andare a casa a preparare la cena» gli risposi, mentendo.
«Lo so che è una bugia, dai, solo cinque minuti!».
Nemmeno il tempo di ribellarmi che le mie dita già erano intrecciate alle sue e i miei piedi seguivano il suo ritmo. 
Nei momenti come questo mi sentivo in colpa. Perchè quando accarezzavo i suoi capelli, sognavo di accarezzare quelli di Harry. Perchè quando ridevo con lui, sognavo di ridere con Louis. Perchè quando lo abbracciavo, sognavo di abbracciare Liam. Perchè quando strimpellavo la chitarra con lui, sognavo di farlo con Niall. E perchè quando mi mostrava tutta la sua autostima, fingendosi un duro, sognavo lo stesse facendo Zayn. 
Loro, i miei idoli, sono sempre nella mia mente, non posso farci niente. Provo a mantenere in due posti separati del mio cervello la realtà e i sogni, ma non sono una che raggiunge molto spesso i suoi obiettivi. 
«Domani ho il concerto, sai?» gli dissi.
«Certo che lo so, io so tutto di te, ogni singolo particolare, ogni movimento che fai, ogni azione che compi, io so t-u-t-t-o.» mi rispose guardandomi con un accenno di malizia negli occhi.
«Ah si ? Bene, sentiamo allora, Mr. io-so-tutto, che concerto ho domani?» ribadì ridendo.
«Quello di quei cinque per cui impazzisci» rispose sorprendendomi.
Lo fulminai con lo sguardo. 
«One Direction, hanno un nome».
«Si vabbè fa lo stesso».
«Ora devo andare sul serio... Il pollo non si mette in forno da solo..» protestai, e sciolsi la mia mano dalla sua presa. Sembrano fatte apposte per essere intrecciate, le nostre mani. 
«Ti accompagno, è buio e non ti lascio andare da sola».
«Ma se sono le sette appena ?!».
«Dai, fatti accompagnare, che ti costa?» mi supplicò.
Non potetti fare a meno di accettare, e così facemmo la strada fino a casa mia insieme. Passare il tempo con lui era la cosa che illuminava le mie giornate. Quando non lo vedevo per tanto tempo mi sentivo persa. Avevo bisogno di lui e sentivo che lui aveva bisogno di me. 
Arrivati fuori casa mia mi strinse a se come solo lui sapeva fare e mi sussurrò all'orecchio «Buon concerto principessa». Risi e mi diressi verso la porta, lui era ancora li, aspettando che io entrassi in casa, così mentre chiudevo la porta sfoggiai il mio sorriso a trentadue denti e dissi 
«Grazie oh mio principe».

 

 

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Capitolo 2
*** 2. Io cercherei te. ***


Non ero mai stata così felice di sentire l'odioso rumoraccio che produceva la mia sveglia. Il giorno che aspettavo da tanto, quello in cui avrei realizzato il mio sogno, era arrivato. 
Saltai giù dal letto e iniziai a preparare tutto freneticamente, nonostante mancassero ancora 9 ore al concerto. Improvvisamente una telefonata mi interruppe. Era lui. Non potevo non rispondere.
≪Parlo con quella bella ragazza che volevo derubare ieri al parco?≫ disse con un tono decisamente irritante.
≪No, parli con Karen stupido≫ gli risposi acidamente.
≪Beh non importa, volevo solo sapere se mi degnerebbe di cinque minuti del suo tempo prima del concerto, signorina≫. 
≪No Carter, non posso proprio uscire...≫ gli dissi andando contro la mia volontà e il mio cuore.
≪Bene, perchè sto venendo io li da te≫. 
Questo non avrebbe dovuto farlo. Sapeva che la porta di casa mia era sempre aperta per lui, che non avrei mai potuto negargli di venire. Ma sapeva anche che sul serio non avevo tempo da perdere. 
≪Ti odio≫ la bugia più banale che potessi dirgli.
≪Tranquilla arrivo in un batter d'occhio≫ mi rispose e sapevo che in fin dei conti non desideravo altro.
Dovevo almeno riordinare la mia stanza e rendermi decente prima del suo arrivo, dovevo... Tempo due minuti dopo aver chiuso la telefonata e lui bussa alla porta di casa mia. Gli aprì lo stesso. Mi aveva visto in stati peggiori, non si sarebbe di certo scandalizzato. 
Mi abbracciò. E desiderai che quel momento durasse in eterno. Come era solito fare, dopo l'abbraccio mi diede un bacio sul naso. Mi voltai per chiudere la porta alle mie spalle e lui nel frattempo volò al frigo e in un momento riempì due bicchieri del vino rosso di mio nonno che gli piaceva un sacco. 
≪Ecco a lei signorina≫ disse e sfoggiò quel sorriso sghembo che amavo.
≪Smettila di chiamarmi così!≫ mi ribellai mentre prendevo il mio bicchiere dalla sua mano.
≪Ok, mi scusi signorina≫ mi prese in giro e gli scappò una risata. ≪Allora, chi dei cinque cercherai di conquistare oggi? Il ricciolino? O forse quello col bel culo? Guarda che anche il mio è carino≫.
Scoppiai a ridere. 
≪Nessuno, ci saranno migliaia di ragazze, sul serio credi che mi degneranno anche solo di uno sguardo?≫.
≪Io lo farei. Io cercherei te anche fra miliardi di ragazze. Perchè tu sei speciale, e non c'è bisogno di conoscerti per saperlo, ti si legge negli occhi. Tu sei diversa. Quello che racchiude il tuo cuore, è puro, e non esiste al mondo qualità migliore di questa. Io sceglierei te, sempre e in ogni caso. Non ti farei mai del male, perchè non lo meriti. Proverei solo a farti sentire speciale, amata. Proverei a realizzare ogni tuo desiderio, e a renderti felice ogni giorno della tua vita. Perchè il tuo sorriso, quel meraviglioso sorriso che compare sul tuo volto quando sei felice, è l'ossigeno del mio cuore≫.
Le sue parole mi spiazzarono. Non sapevo cosa fare, non sapevo cosa dire. Avevo gli occhi gonfi di lacrime, ma se avessi pianto lui avrebbe interpretato sicuramente male le mie lacrime, quindi le trattenni. 
Una tentazione mi travolse. Cedetti. Lo baciai.
Aspettavo quel momento da 16 anni, le sue labbra erano sempre state un richiamo così forte per le mie. Ero nelle sue mani, ero sua. E probabilmente lo ero sempre stata, dovevo solo rendermene conto.
Si staccò per un secondo da me e sentì un vuoto dentro, un vuoto incolmabile.
 
≪Aspetta Karen≫ disse piano a bassa voce.
≪Scusa. Scusa non avrei dovuto. È solo che tu mi hai detto tutte quelle cose e io, io non ce l'ho fatta a resistere. Non so cosa mi abbia preso, in quel momento ti ho desiderato. Ti ho desiderato così tanto che non sono riuscita a controllarmi e..≫.
In un secondo le sue labbra furono di nuovo sulle mie, ad interrompere le mie parole, inutili e superflue. Era chiaro, anche lui provava ciò che provavo io. Anche lui mi aveva desiderata. E ora ci appartenevamo. 
Interruppi il bacio per prendere aria, ma lui non si fermò,  continuo a baciarmi il viso, fino ad arrivare all'orecchio. 
≪Non sai quanto ti ho voluta≫ mi sussurrò con un tono più dolce di quello usuale.
≪Beh, so che ora non hai più bisogno di farlo. Ora sono tua≫.
Con le sue mani morbide sfiorò i miei zigomi e i nostri occhi si incontrarono. Nonostante li avessi osservati svariate volte non avevo mai ben capito di che colore erano. C'erano delle sfumature di blu e alcune addirittura di grigio. I suoi erano gli occhi più belli che io avessi mai visto. 
≪Cosa c'è?≫ mi chiese vedendomi pensierosa.
≪Niente, solo che, ormai sei la persona più importante della mia vita e vorrei che tu mi facessi una promessa... solo se vuoi ovviamente≫.
≪Mi dica signorina, cosa dovrei prometterle?≫ riabbattè accennando una risata.
≪Promettimi che ci sarai per sempre. Che non andrai mai via. Promettimelo ti prego≫.
≪Te lo prometto≫.
≪Lo sai vero che 'per sempre' è un sacco di tempo....≫ sussurrai nella speranza che la sua risposta accontentasse le mie aspettative, anche se in me sapevo che l'avrebbe fatto sicuramente.
≪Tutti lo sanno≫ disse e mi diede un altro breve bacio sulle labbra.
Aspettative accontentate.
Ma nonostante i suoi baci fossero la cosa più dolce che le mie labbra avessero mai assaggiato e nonostante in nessun posto e con nessuno mi sentivo più al sicuro che stretta tra le sue braccia io avevo un concerto, a cui non avrei rinunciato per nessuna ragione al mondo, e lui mi stava portando via troppo tempo.
≪Sai vero che è tardi e che devi andare...≫ gli dissi, e le mie parole sembrarono calpestare il mio cuore.
≪Perchè? Non posso restare qui mentre ti prepari?≫ propose in un modo a cui non seppi dire di no.
≪Sei capace di preparare qualcosa per cena per mia madre mentre io mi preparo?≫ gli chiesi quasi come se lo stessi sfidando.
Mi venne vicino e mi prese i fianchi.
≪Io per te farei tutto. Non ti assicuro che sarà cibo da ristorante a cinque stelle, ma ci provo≫.
≪Bene, sai dove sono le cose, mettiti all'opera!≫ risi e andai verso la mia stanza. 
Prima di iniziare a prepararmi mi stesi sul letto per riflettere su ciò che stava succedendo. Su ciò che IO stavo facendo succedere. 
Senza volerlo improvvisai un sorriso. Un sorriso del tutto naturale e spontaneo, di quelli che lui dice di amare tanto. Erano soltanto cinque minuti che non eravamo nella stessa stanza e già mi mancava. Che casino. Mi ero messa in un bel gran casino. 
Dopo il concerto ne avrei parlato con la mia amica. Non sarebbe riuscita a leggermi negli occhi come faceva lui, ma mi avrebbe capita. Mancava poco ormai all'ora del concerto, quindi iniziai a darmi da fare.
≪Mi sa che tua madre stasera mangerà cinese!≫ mi urlò dalla cucina. 
La cosa era al quanto drammatica, perchè a mia madre il cinese non piace, ma non potetti fare almeno di scoppiare a ridere. Bussò alla porta della mia camera. 
≪Posso entrare?≫ chiese.
≪Certo che puoi≫ ribattei io.
≪Scusami, sul serio, ci ho provato, ma non sono riuscito a tirar fuori qualcosa di commestibile..≫.
≪Non fa niente, tranquillo≫ e questa volta fui io a interrompere lui che stava per dire qualcosa.
Mi strinse al suo torace e sentì i battiti del suo cuore. Lo strinsi più forte. 
≪Ora vado piccola, a domani≫ e alle sue parole seguì un bacio di quelli che mi dava sempre dopo gli abbracci. 
≪Ti accompagno alla porta≫.
≪Guarda che la so la strada≫ disse e soffocò una risata che sapeva non avrei gradito.
Ero una con un carattere abbastanza particolare. E sapevo di essere una rompiscatole, ma non ci avrei mai neppure provato a cambiare per fare un piacere agli altri.  
≪Come vuoi....≫ dissi scontenta.
≪Non vorrai mica mettermi il broncio? Vabbè dai... Prego, mi mostri il cammino signorina≫.
Sorrisi in segno di approvazione e lo presi per mano. Ci salutammo con un breve bacio. Mi affacciai al balcone per vederlo mentre andava via, ma era come scomparso. 
Cinque minuti dopo mi arrivò un suo messaggio.
Mi chiesi cosa provavo per lui; nessuna risposta. Mi chiesi se era giusto quello che stavo facendo; nessuna risposta. Mi chiesi se anche io potevo dire di sentire quello che mi aveva scritto; ancora nessuna risposta.

'Già mi manchi. Ah, e può sembrare banale, ma, ti amo'. 
Lo amavo anche io?

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Capitolo 3
*** 3. Karen reagisci! ***


Non era tardi, eppure sentivo di dovermi sbrigare. Probabilmente avevo solo la necessità di confidarmi con Isabelle. Scesi in garage, sperando che il meccanico avesse fatto un buon lavoro e che la macchina partisse. Giornata fortunata. Uscì velocemente dal viale di casa e raggiunsi la mia amica in piazza.
≪Salta su veloce!≫ le dissi mentre suonavo il clacson ripetutamente.
≪Smettila!≫ mi urlò contro.
Odiava quando suonavo il clacson. Ai suoi occhi attirava troppa attenzione e lei odiava essere al centro dell'attenzione. Cercai di tenermi l'argomento 'Carter' per quella sera, tanto avrei dormito da lei dato che i suoi erano fuori per lavoro, ma il mio sorriso annunciava esplicitamente che mi era successo qualcosa di bello.
≪Hmhmhm, e questo sorrisone? C'è solo una persona capace di farti sorridere in questo modo... hai passato la mattinata con Carter... giusto? Dettagli, dettagli!≫.
Non riuscì a mentire, non a lei.
≪Dio, si vede così tanto? Vuoi la verità?≫.
≪Certo che voglio la verità! Solo la verità, nient altro che la verità≫.
Mi scappò una risata. Era sempre così eccentrica, così felice e soddisfatta di come le andavano le cose, anche se magari non le andavano un granché. La invidiavo. Magari fossi stata come lei....
≪È venuto a casa mia e abbiamo iniziato a parlare, e poi mi ha detto delle cose.. e io l'ho baciato. Non so cosa mi sia preso, l'ho fatto e basta. E lui ha ricambiato, e mi ha detto che mi desiderava da tempo, e io, io ho lasciato che questa cosa andasse avanti, forse troppo avanti... non so neppure se lo voglio≫.
≪L'hai baciato? Stai scherzando, vero? No ma sei impazzita o cosa?!≫. Sapevo che mi avrebbe risposto così. In effetti era quella la risposta che mi meritavo.
≪Si... non lo so cosa mi passava per la testa, non ero io... vabbè, possiamo andare al concerto felici e contente e magari riparlarne dopo?≫.
Fece cenno di si con la testa, e io tirai un sospiro di sollievo. Mi piaceva stare con lei, ma certe volte proprio non la sopportavo. A sedici anni ognuno è libero di prendere le sue scelte, e io stavo prendendo le mie, e nessuno sarebbe riuscito a corrompermi per farmele cambiare. 
Non impiegammo molto per arrivare all'arena dove si sarebbe tenuto il concerto, il problema fu riuscire ad entrare. Per una come me che odia la confusione quello era un suicidio vero e proprio.
Solo alla vista del palco, quello su cui sarebbero a breve saliti LORO il mio cuore iniziò a battere all'impazzata. Non ci credevo, il mio sogno stava diventando realtà.
≪Se è un sogno svegliami adesso, o credo che inizierò a piangere≫ dissi con gli occhi gonfi di lacrime a Isabelle. 
Giù le luci. Sia a me, sia a Isabelle, che a tutte le altre directioners in sala sembrò impossibile non urlare. Era un modo per scaricare l'adrenalina, e nessuno ci avrebbe rinunciato.
Il mio cuore raggiunse una velocità a cui non era mai andato prima. Neppure le sensazioni che avevo provato quella mattina erano paragonabili a quelle che stavano per stendermi adesso.
Partì More than this, la loro canzone che preferivo in assoluto. Le lacrime scendevano una di fila all'altra. Avrei voluto cantarla con loro, ma mi tremava la voce. Mi tremavano le mani. Mi tremavano anche le gambe. 
Avevo immaginato quel momento così allungo... eppure, le mie aspettative erano state di gran lunga superate. Era una vita che sognavo di incontrarli, e ora loro erano li, a pochi metri da me, e non mi sembrava vero.
Durante Up all night e Everything about you ci scatenammo particolarmente. Con Moments le lacrime scesero ancora più velocemente. Ma poi arrivò l'ultima canzone, What makes you beautiful, e...  quella era la canzone con qui li avevo conosciuti, e tutti i ricordi mi riaffiorarono alla mente.
Iniziai a pensare a tutte le volte in cui mi ero chiusa nella mia stanza e avevo iniziato a piangere, perchè loro erano dall'altra parte del mondo, perchè non avrebbero mai saputo della mia esistenza e perchè avrei dato tutto, sarei scesa ad ogni compromesso per passare un giorno con loro, ma probabilmente non sarebbe servito a niente. A quelle volte in cui invece ero così felice perchè magari loro notavano le directioners italiane o perchè vincevano un premio. A quelle volte in cui l'attessa mi consumava, e che quei 10 minuti che mancavano ad una loro esibizione che avrebbero trasmesso in tv sembravano un eternità. A tutto l'amore, quello che provavo nei loro confronti e che avrei dedicato sempre e solo a loro.
Purtroppo arrivò la fine del concerto. Fortuna che c'era ancora il Meet&Greet. Un abbraccio era tutto quello che desideravo. Avrei cercato di ottenerlo.
Ci dirigemmo subito nella sala che era stata assegnata all'evento e dopo aver preso Isabelle per mano la trascinai con me tra la folla. Attesa, attesa e ancora attesa. Quando arrivò il nostro turno mi resi conto che stavo per svenire. Eravamo lì, davanti a loro, a più o meno mezzo metro di distanza. 
Improvvisai qualche mezza frase, ma la mia voce tremava così tanto che quasi non capì neppure io cosa volevo dire. Harry mi guardò negli occhi e si lasciò prendere da una piccola risata. 
Seppure stessi piangendo non potetti fare a meno di sorridere. I suoi occhi mi ipnotizzarono, sarei potuta restare lì a guardarli anche per l'eternità. Mi chiese come mi chiamavo e la sua voce risuonò nelle mie orecchie così dolcemente da mandarmi quasi in estasi.
«Mi, mi c-chiamo Karen» mi sforzai di sussurrare. 
«Oh, Karen... che bel nome. Un nome degno di una bella ragazza come te. Tieni Karen» disse mentre mi passava il mio cd che era stato appena autografato con quel suo sorriso meraviglioso ancora stampato sulle labbra.
«Io, io ti amo. Tu non sai quanto ti amo. Oh mio Dio, l'ho detto. E' tutta la vita che desidero di potertelo dire e ora, ora...» un attimo dopo ero tra le sue braccia. Avrei potuto viverci. Erano così accoglienti, e il mio corpo sembrava essere perfetto per essere stretto da esse. Solo un altra persona mi faceva questo effetto. 'Traditrice', pensai. Ero lì ad abbracciare il mio idolo e pensavo a lui. Quale razza di idiota farebbe una cosa simile? Eppure mi sembrava di essere scorretta, scorretta nei confronti delle braccia che mi avevano stretta quella mattina. Le stavo tradendo con altre. E mi stava anche piacendo.
Quel momento, così breve eppure così perfetto, riportò tutti i miei dubbi a galla. Sapevo di provare qualcosa di profondo per Carter, ma Harry, Harry era il ragazzo che avevo sempre sognato, quello che invadeva i miei sogni, quello che si era impossessato della mia mente dal primo momento, quello che fino a quella mattina avevo creduto di amare più di ogni altra cosa. Io per lui avrei rinunciato a tutto, perchè sapevo, sentivo, che con lui sarei stata la donna più felice di questo mondo.
Mentre scioglieva l'abbraccio le sue labbra sfiorarono il mio orecchio.
«Ti ho scritto il mio numero, se ti va chiamami più tardi...» credetti di sognare.
«Sappi che non esiterò a farlo» ribattei io quasi in modo provocatorio. 
Volevo giocarmela al meglio. Era arrivato il mio turno. Quello era il mio momento, e questa volta non avrei esitato, non avrei lasciato che qualcun altro lo vivesse al mio posto.
«Ne sono felice» disse e sciolse del tutto la presa. 
Ci scambiammo un ultimo sguardo dopodichè Isabelle si sforzò di trascinarmi fuori di lì. Sebbene lei fosse sbandata a causa di tutte quelle emozioni tanto quanto me riusciva ancora a controllarsi. Io avevo perso ogni cognizione. Tempo, spazio, mi sembrava di vivere in uno dei miei sogni.
«Karen, Karen reagisci!» mi urlò contro, per cercare di far tornare la mia attività celebrare a livelli normali.
«Io, io...» provai a dire qualcosa, ma in quel momento formare una frase mi sembrò un impresa impossibile.
«Tranquilla, ora andiamo in macchina e mi spieghi tutto. Respira.».
«Ci provo, ma non ti assicuro di riuscirci». Rise e quasi spingendomi riuscì a portarmi fino alla macchina. Ci sedemmo e mi sentì già leggermente meglio. Adesso almeno le mie gambe non dovevano preoccuparsi di reggermi in piedi.
«Allora?» chiese e nella sua voce si sentiva la presenza della sua solita curiosità.
Tentai di formare nella mia testa un paio di frasi per spiegarle in breve ciò che era successo, ma non ci riuscì. Così presi il cd e glielo porsi. Non fece commenti, ma un sorriso comprendente tutti e 32 i denti le invase il volto. Un sorriso sincero, pieno di eccitazione e di gioia.
«Tu, ora, mi dai il tuo telefono. Non è una richiesta, è un obbligo.» disse pronunciando chiaramente ogni parola.
La guardai negli occhi, e lei ricambiò lo sguardo. Non ci fu bisogno di parole, i nostri occhi parlavano per noi. 
Le passai le chiavi della macchina, mise in moto e iniziò a guidare in un modo molto più prudente del mio fino a casa sua. 
Non riuscivo ad immaginare cosa sarebbe successo nelle ore che seguivano, ma nella mia testa c'era solo lui.
«Ho bisogno di parlare con Carter» furono le uniche cose che riuscì a dire.

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Capitolo 4
*** 4. proposte. ***


La mia richiesta di parlare con Carter era paragonabile a chiedere di far guidare me anche se ero in quello stato anomalo tra la paralisi e il coma; non me l'avrebbe mai permesso.
≪Ti prego, ho bisogno di sentire la sua voce. Per piacere≫ chiesi implorante a Isabelle.
≪No. Non è che voglio proibirti di parlare in lui, ma stasersti solo peggio≫ mi rispose senza degnarmi neppure di uno sguardo, il che però era plausibile dato che stava guidando e che non era spericolata come me.
≪Se vuoi farmi stare meglio devi lasciarmi parlare con lui. Lo sai che riesce a farmi toccare il cielo anche solo pronunciando il mio nome≫.
≪Cazzo, ne sei proprio innamorata≫.
≪No. Non lo sono≫ le dissi con un tono così acido da farle capire che dicendomi quella cosa mi avrebbe messo ancora più in confusione.
≪Ok, lo chiami quando arriviamo a casa≫ ribatté lei senza scomporsi neppure un po'.
Aveva una determinazione e un ostinatezza da far paura. Se decideva una cosa, manteneva il suo pensiero fino alla fine. In questo ci somigliamo, anche io sono così, ma proprio perchè io non la do vinta a lei e lei non la da a me litighiamo spesso. Ma questa cosa non mi preoccupa, i litigi tra amiche a mio parere sono la cosa più normale di questo mondo.
≪Adesso≫ insistetti. Non avrei ceduto. 
≪Tieni! Chiamalo! Fai quello che vuoi, non so che dirti≫ disse e mi gettò il telefono sulle gambe.
Composi quel numero che sapevo a memoria in meno di un istante. Isabelle mi lanciò uno sguardo, e capì, che seppure non parlando, voleva chiedermi di non schiacciare il verde. Ma dovevo chiamarlo, dovevo. 
Così schiacciai il pulsante, misi il telefono in vivavoce e dopo neppure mezzo squillo la sua voce rimbombò più dolce che mai nelle casse del mio telefono. Stava aspettando la mia chiamata. Forse anche lui aveva bisogno di me come io ne avevo di lui. 
≪Ehi principessa, com'è andata?≫.
≪Ciao Carter, bene, è stato meraviglioso≫ risposi, lasciando che la mia voce mi tradisse.
≪C'è qualcosa che non va? E non rispondermi di no, lo sai che a me non puoi mentire. Io lo sento quando c'è qualcosa che non va≫.
≪No, non c'è niente, è solo che... mi manchi≫ mentì. Non ero pronto per la verità. Non lo ero neppure io. E quella fu la scusa più plausibile che mi venne in mente al momento. 
≪Anche tu. Avrei voluto chiamarti prima, ma avevo paura di disturbarti, e quindi... sei sicura che è solo questo?≫. Non ero brava a mentire, figuriamoci se lui mi avrebbe creduta.
≪Si, volevo solo sentire la tua voce≫ e questa volta era la verità. 
≪Se ti va puoi venire a stare da me per il weekend, tanto mio padre è a casa della compagna..≫. La sua proposta mi lasciò senza parole. Andare a stare da lui per il weekend avrebbe significato fare un enorme passo avanti e io non ero pronta, o meglio, semplicemente non volevo.
≪Non lo so Carter≫ risposi fingendomi dispiaciuta.
≪Dai, fai il possibile e cerca di venire... ci sentiamo domani, ora devo andare, ok? Scusa principessa, ciao. Ah, ti amo≫. Sebbene mi aspettassi che lo dicesse, quel 'ti amo' mi spiazzò. Come potevano delle parole dette con così tanta dolcezza da poter essere paragonate a petali di rose suonare alle mie orecchie pesanti come sassi? Mi sentivo in colpa per ciò che stavo facendo, ma seppure non sapevo se provavo anche io la stessa cosa, restare in silenzio mi sembrò la cosa meno opportuna da fare, quindi sussurrai un 'ti amo anche io'. Chiusi la telefonata, e mi sentì come se dopo molto, troppo, tempo avessi ripreso a respirare.
≪Tu ti rendi conto vero che in questo momento ti meriti solo di essere definita una grandissima stronza? No ma mi chiedo, lo sai che gli farai solo ancora più male se continui così? Karen devi decidere una volta per tutte cosa fare di questa storia. Non puoi continuare così≫.
Non dissi niente. Aveva ragione, e io lo sapevo. Qualsiasi cosa avrei provato a dire a mia discolpa sarebbe stata una stronzata. Ero dalla parte del torto e non c'era nessuna ragione per cui poter affermare il contrario.

Appena arrivammo a casa Isabelle prese il mio telefono e digitò il numero scritto sul cd, senza neppure preavvisarmi. Presi il telefono e misi la chiamata in vivavoce in modo che avremmo potuto seguire entrambe tutta la conversazione, come avevamo fatto con quella precedente con Carter. 
Iniziò a squillare; sperai che non rispondesse. Rispose; mi sentì la persona più felice al mondo.
≪Ehi Kaaaaren! Sono felice che tu abbia chiamato≫ disse con quella sua voce maledettamente meravigliosa.
≪E io sono felice che tu mi abbia risposto≫ risposi ridendo.
≪Ma dai, come avrei potuto non rispondere ad una ragazza stupenda come te? Sarebbe stato un reato... Più tardi c'è una festa, che ne dici di venire? Così ci conosciamo un po' meglio...≫.
≪Bene, cosa si festeggia?≫ chiesi anche se in fin dei conti, non mi importava neanche minimamente.
≪Ma boh, si festeggia e basta! Sai noi famosi, siamo persone così egocentriche... Ovviamente porta anche la tua amica con te, la biondina del Meet&Greet...≫ e ora rise lui.
≪Ok, ci saremo, mandami un messaggio con l'indirizzo≫ risposi cercando di nascondere l'ansia che mi stava travolgendo.
≪Allora a più tardi. Ah, e non dovrei dirlo probabilmente, ma sai, non vedo l'ora≫ e il suo tono mi parve parecchio provocatorio. 
≪A più tardi≫ fu il meglio che riuscì a rispondere.
Io e Isabelle ci guardammo per svariati secondi, dopodiché contemporaneamente ci lasciammo prendere dall'eccitazione. Anche in questo ci somigliavamo, eravamo due eccentriche.
Mi promisi che almeno per quella sera avrei evitato di pensare a Carter e alla situazione in cui mi trovavo.
Di certezze non ne avevo. Era ancora tutto da vedere. Ma sapevo, che io ero una pedina con cui i miei sentimenti stavano giocando. Mi muovevano secondo le loro tattiche e non sarei riuscita a fare a modo mio. I manipolatori erano loro. Io avrei dovuto cedere a tutto.
E non mi importava se questo mi avrebbe distrutto, io sarei sopravvissuta perchè quello era il mio 'gioco'. Avrei desiderato soltanto che Harry e soprattuto Carter non ne facessero parte. Che i giocatori li tenessero fuori.
Ma come puoi chiedere al tuo cuore di tenere fuori da una partita così importante le due persone che se lo contendono?

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Capitolo 5
*** 5. 'alla nostra fuga'! ***


Nonostante fossi una a cui la confusione non piace affatto per un evento del 
genere avrei fatto un eccezione. La mia macchina come sempre nel momento del bisogno ci lasciò a piedi, così prendemmo quella della madre di Isabelle e volammo alla festa.
Parcheggiai e non appena ebbi spento il motore lui si avvicinò alla mia porta 
e mi prese per mano per 'aiutarmi' a scendere. Liam era dall'altro lato ad accogliere la mia biondina che probabilmente aveva fatto colpo su di lui.
≪Sei bellissima, lo sai?≫ mi sussurrò mentre il suo braccio abbracciava il mio fianco. Sorrisi. Io non mi reputavo neppure carina, figuriamoci 'bellissima', ma di certo non l'avrei contraddetto. 
Ci dirigemmo all'entrata tutti e quattro e appena entrammo la musica mi distrusse l'udito. Harry si avvicino al mio orecchio proprio come aveva fatto quel pomeriggio e un brivido mi percorse.
«Vado a prendere qualcosa da bere ok? Aspettami qui torno subito». Per riuscire a farmi sentire avrei dovuto urlare, così mi limitai a fare cenno di si con la testa.
Liam e Isabelle erano praticamente scomparsi. Iniziai a scutare tutti i presenti nella sala in modo scrupoloso e critico mentre con lo sguardo cercavo loro due.
Ad un certo punto una mano mi accarezza la spalla, una mano sconosciuta. Avrei riconosciuto le sue mani anche ad occhi chiusi tra quelle di milioni di persone. Quando prima mi aveva abbracciato il fianco avevo sentito il suo tocco, tanto delicato ma allo stesso tempo anche fermo e possessivo.
Mi girai di scatto e vidi un ragazzo sulla ventina di fronte a me. La sua mano stava per accarezzare il mio volto quando la mia arrivò dritta sulla sua guancia. Cazzo se ero stata violenta... ero quasi certa di avergli lasciato il segno. 
«Brutta troia» disse lui e mi prese il braccio per fermarmi mentre indietreggiavo velocemente per sfuggirgli.
Per un attimo ebbi paura. Tanta paura. Poi arrivò lui, che con un pugno lo stese. Era a terra, ma lo vedevo deciso a rialzarsi e rispondere all'agressione (se così si poteva chiamare) quindi tirai con forza Harry fuori dal locale, lo presi per mano e iniziammo a correre per allontanarci da lì.
Quando fummo abbastanza al sicuro mi lasciai cadere a terra e lui fece lo stesso. Ci guardammo negli occhi e con il respiro ancora affannato iniziammo a ridere come se fossimo ubriachi. Non so bene perchè ridevamo, ma gli avrei chiesto di smettere neppure morta. La sua risata era così fottutamente bella.
Mi porse una delle due birre che aveva ancora in mano. 
«Heineken! La mia preferita» dissi con la voce ancora tremante per le risate.
Avvicinò la sua alla mia e 'brindammo'.
«Alla nostra fuga!» esclamò.
«Alla nostra fuga» ripetetti io e portai la bottiglia alla bocca.
Eravamo seduti uno accanto all'altro, e la sua mano pian piano si avvicinò alla mia. D'un tratto la mia birra volò in aria. Lui mi prese il volto e mi baciò. 
Non paragonare quel bacio a quello che c'era stato tra me e Caren fu impossibile. Lui era stato delicato, dolce. Nei suoi baci c'era affetto, amore forse. In questo invece più che altro c'era passione. Harry mi stava baciando con davvero tanta passione. Lo sentivo.
Le sue labbra si intrecciavano con le mie freneticamente. Tremavo. Non perchè non mi sentissi al sicuro tra le sue mani. Tremavo perchè quel momento l'avevo sognato, e ora avevo paura di svegliarmi nel mio letto e non ritrovarmi seduta li terra con lui. 
≪È una vita che ti aspetto≫ mi sussurrò mentre spostava le sue labbra dietro il mio orecchio e poi sul mio collo. Lo fermai. Non insistette e si tirò leggermente indietro. Mi guardò negli occhi e mi accarezzò il viso. 
«Scusa» mi uscì spontaneamente.
«Tranquilla piccola» rispose lui cacciando via ogni mia preoccupazione.
Squillò il suo telefono, e dal nome capì che era Louis.
«Ma dove sei finito?!» lo sentì urlare.
«Sto arrivando, mi sono allontanato un attimo ma ora sto tornando. Due minuti e sono lì» ribattè lui con un tono che avrebbe rassicurato chiunque in qualsiasi momento.
Chiuse la telefonata e si alzò in piedi. Mi porse la mano, mi aggrappai a lui e tirò su anche me. Iniziammo a tornare verso il locale e quando fummo arrivati notai che quel posto si era svuotato almeno del 70% delle persone che c'erano prima. 
Probabilmente era passato parecchio da quando eravamo 'scappati'. Senza rendercene conto avevamo trascorso più di quanto credevamo lì nascosti ed estraniati dal resto del mondo.
Quando ci vide Louis saltò addosso ad Harry e lo stese per la troppa forza con cui l'aveva fatto. Mi scappò una risata. Vederli lì per terra, stesi, abbracciati l'uno all'altro. Era strano, ma era anche divertente. Quei due si volevano veramente bene. 
Mi si avvicinò Isabelle e mi chiese dov'ero stata. 
«Dopo ti spiego tutto...» le dissi e le feci un occhiolino. 
Imrpovvisamente un senso di colpa mi pervase. Salutai Harry con un bacio sulla guancia, dissi a Isabelle che dovevo andare via e che le avrei spiegato tutto più tardi, corsi in macchina e partì ad una velocità che andava ben oltre i limiti prescritti.
Quando arrivai parcheggiai la macchina non curandomi che fosse fuori dalle strisce e bussai subito il citofono. 
«Sono io apri ti prego» dissi prima che avesse il tempo di pronunciare il tipico 'chi è?'.
Non esitò e mi aprì. Mi venne in contro nelle scale. Nel vederlo scoppiai a piangere. Non lo so perchè, ma mi fece quell'effetto. 
Non lo lasciai parlare. Baciarlo fu la prima cosa che mi venne in mente, e probabilmente fu anche la migliore che avessi potuto fare. Ricambiò il bacio, ma poi mi fermò.
«Aspetta Karen, che ti è successo?» mi chiese preoccupato.
«Niente».
«Non ci credo».
«Niente ti ho detto!» gli urlai mentre le lacrime scendevano ancora più freneticamente.
Mi strinse così forte nel suo abbraccio che quasi non riuscivo a respirare. Ma non avrei mai opposto resistenza, non verso le sue braccia. 
«Continua a stringermi ti prego» furono le uniche cose che riuscirono a uscire dalla mia bocca. 

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