Rain Of Bright Feathers_Rise Of The Elements di Lelaiah (/viewuser.php?uid=214259)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cap. 1 Veglio, dunque sono ***
Capitolo 3: *** Cap. 2 Veglio, dunque creo ***
Capitolo 4: *** Cap. 3 Destini lontani ***
Capitolo 5: *** Cap. 4 Uscita d'emergenza ***
Capitolo 6: *** Cap. 5 Sensazioni e paure ***
Capitolo 7: *** Cap. 6 Conoscersi... ***
Capitolo 8: *** Cap. 7 L'altro volto di Blaking ***
Capitolo 9: *** Cap. 8 I sussurri della foresta ***
Capitolo 10: *** Cap. 9 Nel Regno del Nord ***
Capitolo 11: *** Cap. 10 Tensioni ***
Capitolo 12: *** Cap. 11 Vivere a palazzo ***
Capitolo 13: *** Cap. 12 Responsabilità ***
Capitolo 14: *** Cap. 13 Scontro notturno ***
Capitolo 15: *** Cap. 14 Sosta forzata ***
Capitolo 16: *** Cap. 15 Dietro la facciata c'è un cuore innamorato ***
Capitolo 17: *** Cap. 16 Progressi...? ***
Capitolo 18: *** Cap. 17 Rivolta ***
Capitolo 19: *** Cap. 18 Fuga ***
Capitolo 20: *** Cap. 19 Nelle paludi ***
Capitolo 21: *** Cap. 20 Meraviglie nascoste ***
Capitolo 22: *** Cap. 21 Il passaggio è chiuso ***
Capitolo 23: *** Cap. 22 Tentativo ***
Capitolo 24: *** Cap. 23 Aiuto inaspettato ***
Capitolo 25: *** Cap. 24 La Locanda dei Fiori ***
Capitolo 26: *** Cap. 25 La danzatrice ***
Capitolo 27: *** Cap. 26 Il covo ***
Capitolo 28: *** Cap. 27 Il tempio dell'Acqua ***
Capitolo 29: *** Cap. 28 Rivelazioni ***
Capitolo 30: *** Cap. 29 Partire ***
Capitolo 31: *** Cap. 30 Verso Sud ***
Capitolo 32: *** Cap. 31 Primi dissapori ***
Capitolo 33: *** Cap. 32 La strada è lunga... ***
Capitolo 34: *** Cap. 33 Ospiti indesiderati ***
Capitolo 35: *** Cap. 34 Oltre la barriera ***
Capitolo 36: *** Cap. 35 Il Sacerdote Elementale ***
Capitolo 37: *** Cap. 36 Di nuovo insieme ***
Capitolo 38: *** Cap. 37 Cambiamenti ***
Capitolo 39: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
La storia che segue è stata scritta senza nessuno scopo di lucro.
Il tema del viaggio e della lotta contro un potere oscuro prende
liberamente spunto dall'opera "Il Signore degli Anelli" di J.R.R.
Tolkien. Altre fonti sono le creature della mitologia nordica.
Il prologo e il primo capitolo risalgono ai tempi delle medie, quindi
spero che il cambiamento di stile narrativo non sia traumatico xD
Buona lettura!
Rain Of Bright Feathers
- The rise of the Elements -
Prologo
Regnava il più completo caos, nulla
aveva una forma precisa, uno scopo, una vita. Cinque forze, dai poteri
incontenibili, lambivano il groviglio di tenebre che sovrastava il
nulla.
Già, proprio così, il Nulla.
Perché allora non si poteva dare un nome a quel luogo.
Si rincorrevano senza sosta, ognuna ambiva ad avere il controllo sugli
altri, si univano in un’unica grande massa di energia come
per formare una forza più grande e si disperdevano
continuamente, finchè un giorno uno squarcio di luce si fece
spazio, dilaniando la massa informe e spezzando le volontà
degli Elementi.
Gli Elementi erano le forze che in quell’Era spadroneggiavano
sul Nulla, perché ovviamente non c’era niente e
nessuno su cui esercitare una forma concreta di potere. Essi erano
costituiti di pura energia ed ognuno comandava una forza della natura:
l’elemento della luce: il Tuono; l’elemento del
potere: il Fuoco; l’elemento della saggezza: il Vento;
l’elemento della forza: la Terra e per finire
l’elemento della vita: l’Acqua.
Tutti avevano capacità sorprendentemente sviluppate, erano
capaci di fare del bene, ma anche di scatenare il male.
C’è da sapere però, che due di essi
avevano qualcosa in più degli altri, dentro di loro
c’era una forza ancora più grande che, fondendosi,
avrebbe potuto spazzare via gli altri tre elementi.
Fuoco ed Acqua erano l’uno l’opposto
dell’altra e per questo inscindibili ed estremamente potenti
insieme.
Quando la luce divise definitivamente gli Elementi, detti anche i
Cinque, essi vennero scacciati in differenti direzioni: al Fuoco
toccò il Sud, all’Acqua venne designato
l’Est, il Tuono venne guidato a Ovest ed infine il Vento si
diresse al Nord.
Ne rimase uno solo a fluttuare pigramente sul Nulla, senza uno scopo
apparente, ma quando questo venne colpito da un fascio di luce
iniziò lentamente a calare verso le nubi tetre che lo
sottostavano.
L’Elemento chiamato Terra si posò al suolo, senza
provocare nemmeno un rumore, era pura energia e si dissolse spargendosi
nelle viscere del Nulla, raggiungendo i quattro punti in cui gli altri
suoi compagni erano scomparsi.
Lentamente il buio si dissolse e i raggi di luce raggiunsero
ogni angolo dimenticato in cui albergava ancora la notte e la
scacciarono, degli scricchiolii annunciarono il sopraggiungere di
qualcosa… misteriosamente arrivarono “dal
nulla” masse di terra, rocce e sassi, che si unirono
compattandosi per formare così una piattaforma di terreno su
cui poggiare.
Fu così che nacque, in tempi ormai
scordati, Suran, l’antico pianeta dei Cinque Elementi.
A quel tempo, Suran poteva benissimo essere paragonato ad un groviglio
di lana: era in tutto e per tutto un inerte ammasso di terra, senza
vita né energie che la potessero garantire.
Fu la fusione del Primo con la luce a dar vita alla vita stessa, che
permise al pianeta di popolarsi.
Lentamente, dalla terra fecero capolino teneri germogli di piante
sconosciute: alcuni erano di un colore verde smeraldo, altri purpurei,
altri ancora d’un aureo colore. Lentamente crebbero in
piccoli mazzi, poi in gruppi sempre più grandi fino a creare
immense macchie di colore. Pian piano iniziarono a germogliare i fili
d’erba, erba soffice e verde, che radicò in poco
tempo e ricoprì l’intero pianeta; crebbero anche
piccoli alberi neonati, che, purtroppo, rimasero secchi e raggrinziti
perché non avevano nulla di cui nutrirsi.
Fu allora che tra i Cinque si stabilì un nesso
singolare, che li saldò l’un l’altro.
Mai più nessuno di essi avrebbe potuto esistere
autonomamente, perché se uno solo di loro avesse spezzato il
contatto, quella catena che manteneva la loro unione, tutti gli altri
avrebbero cessato di esistere.
Successe, quindi, che nei solchi profondi lasciati dalla Terra,
l’Acqua fece sgorgare e scorrere limpida acqua, ricca di
vita; questa si divise successivamente in corsi più piccoli:
ruscelli, canali, rivoli, torrenti, andando a bagnare tutta la
superficie del pianeta.
Quel fiume di speranze divenne poi un immenso lago azzurro ed infine i
suoi bracci si allargarono come per cingere Suran in un forte e
amorevole abbraccio, che altro non era se non il vastissimo mare.
Fu la volta del Fuoco, che creò le stagioni e
quindi il tempo, stabilendo che la neve scendesse in inverno e i fiori
sbocciassero in primavera. Venne il turno del Vento, che
creò l’aria, le brezze, la pioggia, insomma tutti
gli eventi climatici e così Suran fu quasi ravvivato.
Alla fine entrò in gioco il Tuono, che inserì
l’ultimo tassello del puzzle: diede vita al giorno, governato
dal Sole e alla notte, che mise sotto il controllo della Luna.
Infine donò l’anima ad ogni forma di vita che
sarebbe poi nata sul pianeta.
Contemporaneamente a queste creazioni, in ognuno
dei punti in cui si era precedentemente disperso un Elemento, apparvero
delle strane luci, quasi fossero lucciole.
Dalla terra emersero come esseri di granito, per ogni punto e per ogni
Elemento, cinque pietre, che stavano a simboleggiare: la forza, lo
spirito, la lealtà, la bontà e la vita.
Tutte le gemme erano perfettamente ovali e ogni gruppo portava seco un
colore distintivo:
Rosso: gemme del Sud
Blu: gemme dell’Est
Giallo: gemme dell’Ovest
Argento: gemme del Nord
Verde: gemme della Terra
Le pietre si disposero in cerchio, come a formare una sorta di stella.
Nessuna di esse poggiava a terra, aleggiavano a mezz’aria e
rimanevano immobili, finchè un raggio di luce non
andò a colpire il centro del loro disegno e vi impresse un
segno, come una runa, una sorta di marchio. Così che ogni
Elemento ebbe, da quel momento, il proprio simbolo, ognuno aveva una
lettera runica incisa nel terreno con la propria iniziale.
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Capitolo 2 *** Cap. 1 Veglio, dunque sono ***
Cap. 1 Veglio, dunque sono
Come
suggeritomi in una recensione, ho cercato di snellire un po' la parte
descrittiva. Nonostante tutto, però, non ho potuto eliminare
completamente tutti i particolari perchè la mia intenzione, sin
dall'inizio, era offrire un quadro completo di tutti e cinque i
Cairansis.
Spero possiate passarmi queste prime parti di pura e semplice descrizione e che decidiate di proseguire il viaggio con me :)
Buona lettura!
Cap. 1 Veglio, dunque sono
I segni che formavano le lettere runiche si empirono di una
sostanza incolore, ma rilucente, che emanava una strana forza
magnetica. Sembrava che una fonte d’acqua sotterranea stesse
colmando quegli incavi nella roccia.
Lentamente dalle rune emersero cinque sfere luminose, che si misero a
volteggiare all’impazzata a mezz’aria, ricordando gocce
giganti che cercavano senza sosta di tornare al mare. I globi presero a
contorcersi su se stessi, percorsi da spasmi di energia che
innescò in loro un mutamento.
Iniziarono ad assumere forma animale: da loro spuntarono quattro lunghi arti, poi un corpo ed infine una creatura.
I Veglianti di Suran erano finalmente nati e, fatto più
straordinario, erano stati i loro stessi poteri a deciderne il destino.
Furono loro la prima forma di vita vera e propria sul pianeta e a loro venne affidata la sua custodia.
Diedero vita ognuno a un popolo, somigliante a loro in un
aspetto fisico, ma completamente libero da ogni loro sofferenza o
apprensione, libero di sognare o di impazzire nei suoi stessi affanni.
I Cairansis altro non erano che lupi, non lupi come quelli che vivono
sulla Terra, ma canidi in grado di comunicare telepaticamente e
creature dotate di grande saggezza e intelligenza. Lupi a cui fu
affidato il controllo sui futuri abitanti del pianeta, esseri
indifferenti ai dolori di un uomo solo, ma completamente consci dei
lamenti di un intero popolo. Loro vegliavano, ma niente di
più…
O forse sì…
Ognuno di loro aveva il simbolo runico del proprio elemento impresso
sulla fronte, le loro dimensioni superavano di gran lunga quelle di un
animale normale: le loro zampe erano più possenti, i loro
artigli più affilati e il loro manto aveva colorazioni inusuali.
Il Cair del Fuoco aveva il pelo sul dorso, sulla coda e sulla
testa di un intenso color rosso rubino, con mille sfaccettature e
altrettante gradazioni.
Al contatto con la sua pelliccia, i peli soffici sembravano caldi e
parevano braci, come fossero fiamme di un fuoco che arde, e solo per
volontà del Vegliante stesso lo si poteva sfiorare senza
ustionarsi. I suoi occhi erano d’un colore aureo, frammisto a
pagliuzze color rame.
Il Cairansis dell’Acqua aveva il manto di un intenso
colore blu acqueo, che ricordava le profondità del mare. Al
contatto il suo pelo sembrava pura acqua fresca, sfuggente al tatto e
limpida alla vista.
Gli occhi del lupo apparivano come stelle di ghiaccio, il loro colore
azzurro gelo dava loro un senso di fragilità e durezza, come i
cristalli di una grotta.
Parlando del Cair del Tuono, ogni singolo pelo che formava la
sua pelliccia riluceva di luce propria ed era color dell’oro, di
quello puro. Se si incontrava questo Cair di notte, lo si poteva
scorgere anche da molta distanza perché irradiava luce, quella
che aveva immagazzinato durante la giornata stando a contatto col sole.
Le iridi dei suoi occhi non avevano un colore preciso: potevano essere
azzurre nelle giornate limpide o sfaccettate durante il tramonto, in
pratica rispecchiavano i colori del tempo.
Il manto del Vegliante del Vento, a differenza degli altri, era
di un intenso colore argenteo, proprio come il metallo, e a piacimento
della creatura i pelami che lo componevano potevano mutare, divenendo
simili alle ali di un’aquila. Viravano dal grigio al bianco
sporco ed erano due volte più grandi di quelle di qualsiasi
uccello.
Una particolarità lo distingueva dagli altri, possedeva due
occhi meravigliosi: erano rossi, rossi come due rubini dotati di
volontà, erano vivi e nessuna pietra che portava quel nome
poteva reggere il confronto con quell’intensa colorazione.
Per finire, la pelliccia del Primo era dello stesso colore del
terreno che veniva calpestato dalle sue zampe. In cima, sulla testa, la
colorazione era più scura, più cupa e rassomigliava molto
un campo bruciato dalle fiamme, man mano che lo sguardo percorreva il
suo manto, questo schiariva. Se si accarezzava questo lupo si udivano
le voci di tutte le piante, di tutti i fiumi e se si ascoltava con il
cuore, anche quelle di tutti gli esseri viventi che popolavano Suran;
inoltre la sua pelliccia profumava come un immenso prato fiorito, ricco
di odori delicati e affascinanti.
Nei suoi occhi regnava la più completa energia vitale,
che si mostrava di un color ruggine, che a volte appariva chiaro, a
volte sembrava scuro e remoto come la notte, vicino alla sua pupilla
c’erano frammenti di foglie, il cui colore ricordava
contemporaneamente quello degli ulivi e quello delle nocciole.
Questi erano i Cinque Veglianti di Suran.
Non appena furono usciti dalle sfere che li affacciarono alla
vita, i Veglianti si crearono la loro fissa dimora, dove avrebbero
potuto vegliare sulle loro genti e, in caso di necessità, essere
consultati da chi ne avesse bisogno.
Al posto delle rune, ora, c’erano cinque piume tutte bianche,
fatte di soffici filamenti che sfarfallavano cullati dalla brezza e che
mostravano la vita di ogni Cair (nel caso in cui anche una sola di
essere fosse annerita, il Cair cui apparteneva sarebbe morto), inoltre
esse erano la fonte dei loro poteri, troppo potenti per essere
contenuti tutti in un semplice involucro di carne. Da lì,
quindi, il lupi attinsero le loro forze per crearsi una dimora.
Fu così che quello del Fuoco diede vita ad una fiamma con
un semplice soffio: sarebbe arsa anche sotto la pioggia e sarebbe stata
contenuta in un catino di cristallo.
Il lupo dell’Acqua creò, sotto le cinque gemme, un immenso
lago cristallino, che sarebbe stato popolato dal suo popolo; il
Vegliante del Tuono decise di vivere in una spirale di luce che nasceva
direttamente dalle gemme e saliva in alto fino a raggiungere i
cinquanta piedi d’altezza. Il Custode del Vento fece gemmare una
roccia, alta e conica su cui riposare e l’avvolse con una nebbia
molto fitta e per finire, l’ultimo di loro decise che avrebbe
vissuto su di una quercia secolare, che avrebbe prosperato nelle Ere
avvenire grazie al potere delle gemme.
Dopo aver creato la propria dimora, i Cair si riunirono sotto la
quercia secolare, casa del Vegliante della Terra, per discutere
della creazione dei popoli di Suran.
Ognuno dei Custodi aveva una propria idea sulle genti che avrebbero dovuto popolare Suran.
Tutti volevano dire la propria, tutti volevano avere ragione.
Era una vera e propria babele di idee e tutte confuse e mal pensate.
Alla fine prese parola il “padrone di casa” e cioè
il Primo (il Vegliante della Terra), che con voce pacata espresse la
propria volontà.
-Amici, Cair degli Elementi, siamo qui riuniti per decidere e compiere
il futuro del nostro pianeta Suran che, come avrete sicuramente notato,
è ancora privo di forme viventi.- s’interruppe per
lasciare spazio ad una breve risata dei presenti. -Per questo motivo
vorrei trovare un accordo, visto che le nostre idee, da quello che ho
appurato, sono in evidente contrasto.- concluse così e si
andò a sedere al suo posto, che aveva abbandonato per recarsi al
centro.
Dei mormorii concitati percorsero il cerchio.
Tutti annuivano al fatto che si dovesse giungere ad un comune accordo.
Lentamente si spensero i sussurri, compresi quelli telepatici e
piombò su di loro un silenzio pesante, quasi di tomba.
Infine il Cair del Fuoco, secondo in saggezza solo al Primo, ruppe gli
schemi e si pose al centro del cerchio, scrutò nervoso i
compagni, ma non pronunciò parola.
I suoi occhi indugiarono sul Cair della Terra e dopo aver ricevuto un
gesto di assenso, raccolse il proprio coraggio e si accinse a parlare.
-Concordo con il Primo.- iniziò, dopo aver inspirato
profondamente. -Secondo me bisogna prima esporre tutte le nostre idee e
poi, dopo averle udite tutte, allora si potranno prendere decisioni
giuste e logiche.- i suoi occhi si posarono ancora una volta sul
Custode della Terra, come per cercare un suo consenso, come se non
volesse recare offesa in nessun modo a quel lupo così saggio.
Tornò a sedere. Altri mormorii.
I componenti dell’assemblea si scambiavano sguardi obliqui,
pensieri e incessanti sussurri percorrevano ogni lupo, come un brivido
di freddo che scendeva giù, percorrendo la schiena di tutti i
presenti. Alla fine ognuno si ritrovò ad annuire col capo e,
voltandosi, vedeva il proprio vicino fare lo stesso.
-Così è stato deciso!- confermò ad un tratto il
Primo, l’unico, a quanto pare, a cui fosse concessa
l’autorità di rompere il silenzio. -Ognuno di noi
esporrà la propria idea e spiegherà come mettere in
pratica la possibilità di donare parte di sé, come
riconoscimento, al suo popolo, ma…- si bloccò e
raddrizzò le spalle, gonfiando il petto. -Deve giurare di non
maltrattare mai, e sottolineo mai, le genti del suo popolo, né
con la forza né con le parole e nemmeno con i propri poteri!
-Sì!- risposero all’unisono tutti i Cair.
-Bene, allora possiamo cominciare. Tu, Custode del Fuoco, esponi la tua
idea.- ordinò il lupo, il tono della sua voce era calmo. Con un
rapido movimento del capo bruno chiese al compagno di raggiungerlo al
centro del cerchio, un’ultima volta.
-Grazie. Come custode del Fuoco, io voglio offrire al mio popolo la
possibilità di creare, in ogni momento, il calore e di poter
scaldare anche il corpo di altri.- dichiarò solennemente, ma
senza presunzione e riprese il suo posto.
-Io…- cominciò il Cair dell’Acqua. -Donerò
alla mia gente la capacità di controllare ogni elemento sotto
forma liquida e in particolare l’acqua, inoltre avranno la
capacità di respirare e di vivere, se lo vorranno, sotto la sua
superficie.- concluse.
Il Cair del Tuono si alzò e lentamente prese posto al centro,
come i precedenti, i suoi passi erano silenziosi, attutiti dal terreno.
-La mia gente potrà assorbire la luce durante il giorno e
utilizzarla a proprio piacimento durante la notte, divenendo anche
interamente luminosa.- rivelò convinto. La sua coda si mosse
leggermente, come se fosse nervoso.
Senza farsi condizionare dagli altri, il Cair del Vento esternò
il proprio pensiero. -Ogni singolo individuo della mia gente
avrà la capacità di volare libero come un uccello, come
me, inoltre potrà rendersi invisibile a occhi altrui, solo in
caso di pericolo o di estrema necessità.- disse.
S’inchinò davanti al Primo, come segno di rispetto, e
tornò al suo posto.
Infine parlò proprio colui che, per il profondo rispetto tributatogli dai compagni, viene detto il Primo.
-Donerò la capacità di guarire le ferite, di vedere il
futuro e di trasformarsi in animale a tutti i miei protetti.-
annunciò loro. Esitò un attimo poi aggiunse:-Per finire
vi dico: andate e compite quel che deve essere fatto!- e detto questo
scomparve, inghiottito con un lieve risucchio dall’albero.
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Capitolo 3 *** Cap. 2 Veglio, dunque creo ***
Cap. 2 Veglio, dunque creo
Attenzione: revisionati alcuni aspetti delle razze.
Dopo il suggerimento di una lettrice ho spezzato il primo capitolo, dato che era un sovraccarico d'informazioni...
Buona lettura!
Cap. 2 Veglio, dunque creo
Dopo che il consiglio si fu sciolto
ogni Vegliante ritornò al proprio luogo d’origine,
cioè ad ogni punto cardinale, e cominciò a edificare
vite, palazzi, case.
Dovunque si guardasse tutto il pianeta era al lavoro, tutti erano impegnati nei preparativi.
Nell’aria si poteva percepire il forte scuotimento.
A sud, patria del lupo del Fuoco, si stabilirono i Doslor, la gente del Fuoco.
Questo popolo dalle abitudini
pacifiche amava il calore e fare scherzi alle persone. I Doslor
apparivano come piccoli individui alti non più di trenta
centimetri, con la carnagione scura, i capelli scarmigliati e di vari
colori, dal nero corvino al giallo platino; i loro occhi erano grandi e
vispi e possedevano un piccolo paio d’ali color rosso rubino,
colore che con una semplicità elementare poteva essere associato
al Cair del Fuoco.
Vivevano in involucri simili alle
crisalidi delle farfalle ma, a differenza dei bozzoli di quegli
insetti, questi irradiavano luce durante la notte, divenendo simili a
piccole lanterne.
All’Est, nella
terra
dell’Acqua, nacquero gli Spiriti Blu, antichi progenitori di
quelle che più tardi furono le Fate. Essi prosperavano sulla
superficie del lago Daika, che era situato sotto la dimora del loro
Custode, e nell’immenso mare. Le loro case erano semplici
palafitte, nel caso vivessero immersi nella natura, ma avevano anche
delle città, dotate di una parte sommersa, perché
potevano respirare senza
emergere continuamente. La loro statura era uguale a quella degli
uomini (a differenza dei Doslor, che rappresentavano l’unico
popolo in miniatura di Suran ed erano gli antenati della Fate Custodi e
delle Fate della Luce); avevano la pelle di una particolare sfumatura azzurra, i capelli, blu come
le profondità del loro lago e le immensità del cielo,
scintillavano come fossero perennemente bagnati, ricadendo fino alle
ginocchia dello Spirito, ma solo quando questo superava la veneranda
età di cento anni.
Si dice tutt’oggi che
gli Spiriti Blu fossero le creature più belle, sotto forma
umana, dell’intero pianeta. Non possedevano ali, ma i loro
avambracci e le loro cosce erano ricoperti di squame per produrre meno
attrito nell’acqua: quando nuotavano riuscivano a gareggiare coi
pesci più veloci. Inoltre i loro occhi, il cui colore variava
dal grigio all’azzurro ghiaccio, erano in grado di vedere anche
nella più profonda oscurità, soprattutto di quella del
lago in cui dimoravano.
C’è da dire che gli
Spiriti si dividevano in due gruppi, a seconda che abitassero nel lago
o nel mare: quelli che dimoravano nel lago venivano detti comunemente
Fey, cioè Spiriti del Custode e gli altri, quelli che dimoravano
nelle acque marine venivano detti Yons o Figli delle Onde.
L’Ovest venne popolato
dai Nun, gli antichi antenati dei Nani. A differenza dei Nani, i Nun
non erano bassi e non avevano la barba, escludendo gli anziani, che di
barba ne avevano fin troppa. Il membro più anziano della
comunità manteneva stretti rapporti con il loro Custode. Essi
adoravano le gemme, i cristalli, insomma tutto ciò che luccica.
Vivevano dentro case fabbricate da
loro stessi, impastate con fango e polvere di cristalli, usata come
legante. Vestivano con abiti fatti con fili
di gemme e pietre preziose, che venivano pazientemente lavorate dalle
donne, maestre in quell’arte, fino a diventare sottili come un
filo per cucire. Tutti i Nun avevano la pelle chiara rispetto agli
altri abitanti di Suran, i loro capelli erano per lo più
bianchi, nel caso dei maschi, e argentati, nel caso delle femmine.
Avevano occhi color dell’oro:
si credeva che il primo Nun avesse guardato negli occhi del Vegliante e
fosse stato talmente abbagliato da quel colore, che questo gli rimase
impresso nella mente e che gli si fosse poi trasferito alle iridi.
Di notte si potevano scorgere Nun
che vagavano per sentieri nascosti, illuminando il cammino con la luce
prodotta dal loro stesso corpo.
Amavano molto la compagnia e
soprattutto gli animali magici, solitamente ne avevano uno domestico,
con cui crescevano e che li abbandonava per un po’ quando
diventavano grandi, così da potersi accrescere e diventare un
animale adulto, acquisendo i suoi pieni poteri.
Per finire, a Nord nacque il
popolo dei Ferift. Avevano gli occhi principalmente azzurri e i loro
capelli erano biondi come il grano in estate, erano creature molto
belle e nei testi antichi, custoditi nella Libreria del Tempo, che si
trova a Murhkna, la capitale di Suran, si crede che questi diedero vita
al popolo delle sirene, anche se poi si seppe che potevano farsi
spuntare le ali e quelle ali erano coperte di piume,
ciò li accomunava di più agli angeli.
La loro pelle, ogni volta che
il
tempo mutava, cambiava leggermente tonalità, virando dal bianco
al rosa, fino ad un tenue grigio. Durante la veglia notturna il loro
corpo
diventava freddo rispetto al normale per limitare la perdita di calore,
che sfruttavano per
non far intirizzire le piume delle ali mentre volavano, soprattutto se
si scontravano con un fronte temporalesco.
Nel Cuore nacque tutta la
fauna di Suran, perché lì si concentrava tutta
l’energia magica del pianeta e gli animali erano gli esseri
più potenti. Una volta nati si sparsero per tutto il pianeta,
diffondendo il potere della Quercia.
Su ogni foglia della quercia
secolare apparvero dei segni, alcuni più grandi e altri
più piccoli, in quantità tale che l’albero poteva
essere visto da ognuno dei quattro angoli del pianeta, che distavano
parecchi chilometri.
Le rune vennero inglobate
dalle foglie e diedero vita ognuna ad una specie animale: nacquero
Fenici dalle ali color delle fiamme; poi Unicorni di vari colori;
cavalli alati ai quali crebbero, anche se erano una piccola minoranza,
i corni; divenendo così Krel.
Presero vita anche i Draghi,
immense creature dalle lunghe fauci e dagli occhi penetranti, fonti di
grande saggezza ed equilibrio interiore. Tra di essi ve ne erano alcuni
più grandi, ai quali sulla mutria crescevano lunghi baffi;
questo loro aspetto li fece essere protagonisti di molte leggende,
soprattutto per il loro aspetto “divino”.
Anche le Arpie divennero parte
della vita, anche se vennero sempre evitate, perché si credeva
che fossero portatrici di sfortuna, anche se, pur avendo un carattere
schivo, non vennero mai dominate da nessuna fonte oscura e la figlia
della loro Regina divenne primo Consigliere del Cair della Terra.
Nacquero anche i Centauri,
splendide creature, metà cavallo e metà umano. Erano
esseri dotati di straordinaria intelligenza e si dilettavano nella
lettura delle stelle.
All’inizio le creature
magiche non si allontanarono dal Cuore e dalla quercia, ma col passare
del tempo decisero di stabilirsi in altre dimore pur restando sotto il
controllo del loro Vegliante.
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Capitolo 4 *** Cap. 3 Destini lontani ***
Cap. 2 Destini lontani
Ed ecco che arrivano finalmente i protagonisti... o almeno, una loro presentazione!
Dal prossimo capitolo si entrerà nel vivo della storia, buona lettura :)
Cap. 2
Destini lontani
La leggenda della creazione di Suran è sempre stata un
mistero per i suoi abitanti. Ma si sa, le menti umane tendono a voler
spiegare anche l’ignoto e fu così che, nel corso
dei secoli, nacquero diversi racconti.
Tra questi il più famoso era quello dei Balhia,
i cinque cavalli degli Elementi.
Secondo alcuni essi erano stati i primi figli dei Cair,
secondo altri avevano dato vita ai Veglianti stessi. Una cosa era
certa: tutti credevano alla loro esistenza, pur negandola fermamente.
D’altronde la loro storia era molto
affascinante…
Quando
Aibell ebbe partorito i suoi cinque figli, quella stessa notte, in
sogno le apparve il marito, morto in battaglia, che le disse:-Dona ai
nostri figli una parte della tua bellezza, così facendo
garantirai la loro sopravvivenza anche quando il male
arriverà ad impossessarsi del tuo palazzo!- la sua voce si
spense come un’eco e l’uomo svanì nel
buio, come un fantasma di Ere passate.
Aibell si
svegliò tremante, la sua fronte era imperlata di sudore
freddo, si tastò il grembo e solo allora si
ricordò che dentro di sé non aveva più
la sua progenie. Voltò il capo e al suo fianco
trovò poggiato, su un panno di velluto, uno specchio
finemente lavorato.
Il suo
specchio.
Lo prese con
delicatezza e lo sollevò fino a potersi specchiare: la sua
immagine appariva luminescente. Il suo viso era pallido come la luna, i
suoi capelli erano neri e lunghi la notte di ignoti mondi e infine i
suoi occhi erano verdi come gli smeraldi, ma freddi come la dura
roccia. Era una donna austera e sola.
Lasciò che
lo specchio riflettesse le sue sembianze, per poi scaraventarlo
lontano, ma senza infrangerlo. Si alzò e si diresse verso
un’ala buia del palazzo.
Chiamò un
servitore e si fece condurre dai propri figli, che dormivano nella
stalla, quando mise piede nella scuderia, cinque cavalli, grandi come
cani di grossa stazza, le andarono incontro, felici.
Quelli erano i suoi
cinque figli, nati dall’unione di uno Spirito di un Dio morto
e una Dea viva, nel qual grembo però, si era insediato un
crine di cavallo, da cui dipendeva l’aspetto equino dei suoi
figli.
Quei cinque
cavalli sarebbero diventati i cinque Balhia!
La Dea
carezzò uno per uno i cavalli e il suo sguardo si
intenerì per la prima volta dopo tanto tempo, ma
tornò subito dopo a essere freddo e assente.
Scostò le mani dai manti degli animali e le levò
alte, rivolte al cielo, chiuse gli occhi e subito davanti a lei
apparvero lo specchio e un pugnale, intarsiato di gemme e con dei segni
misteriosi sull’elsa. La donna li afferrò entrambi
e, tenendo con la mano sinistra lo specchio, afferrò
saldamente il manico dell’arma e ne conficcò la
punta al centro della superficie riflettente.
Il prezioso oggetto
venne attraversato da diverse incrinature e si ruppe. Subito ne
fuoriuscirono una miriade di petali di pesco bagnati dal sangue della
Dea, che fluiva caldo giù dalla linea di frattura del
monile.
La donna cadde a terra,
immobile nella sua morte.
I cavalli rimasero
impotenti di fronte alla scena e non poterono far altro se non piangere
sulla sagoma inerme e senza vita della madre, che si era sacrificata
per garantire la loro sopravvivenza. I cinque pezzi in cui si divise lo
specchio si conficcarono nel petto di ogni cavallo. I cinque fuggirono.
Passarono degli anni e
i Balhia erano cresciuti, divenendo forti e possenti. Avevano vissuto
sempre insieme, per paura di dimenticare, con la loro separazione, la
loro madre.
Quando, negli anni
avvenire, il Male si impossessò del castello della loro
defunta genitrice, per proteggere la sua tomba i cinque cavalli
lottarono contro quella forza oscura.
Riuscirono a prevalere
sulle forze del Male e dopo aver salutato per l’ultima volta
quella tomba a loro cara, svanirono. Di loro non si seppe
più nulla e l’unica traccia che lasciarono furono
cinque involucri, al cui interno dormivano cinque sfere di energia pura
e un albero ai cui rami erano appese cinque gemme a forma di lacrima,
che nascosero gelosamente in un luogo inaccessibile.
Con la loro
assenza il palazzo e tutta la verde vallata in cui abitavano
inaridirono e successivamente si sgretolarono.
Da allora si
dice che i Balhia vivano nascosti nel loro dolore, ma decidere dove,
sta a voi che leggete questo testo, ma sappiate che i loro poteri
possono essere ricongiunti solo da chi ne avrà veramente
necessità e avrà saputo trovarli seguendo il
cuore. Quando saranno ritrovati, i cinque Balhia potranno liberare dal
Male i cuori o esaudire un desiderio.
A primo impatto la leggenda poteva essere considerata solo
una bella storia, ma nessuno sapeva che essa legava a sé il
destino di diversi abitanti di Suran.
Azmara, città della pianura
del Cuore.
Una donna se ne stava seduta nell’erba, a gambe
incrociate. Davanti a lei stava una bambina, dai capelli color mogano e
gli occhi dorati. Alle loro spalle le mura dei giardini che
circondavano la città.
-Concentrati, Gizah… senti il flusso della
terra.- mormorò la donna, chiudendo gli occhi.
Inspirò ed espirò qualche volta, cercando la
concentrazione.
La piccola rimase a fissarla, perplessa.
–Mamma… come…?- chiese.
Sua madre riaprì un occhio. –Fai come
me.- le suggerì e tornò a concentrarsi. Gizah
allora raddrizzò le spalle e chiuse gli occhi.
Cercò di svuotare la mente e sentire i fili
d’erba che le solleticavano i piedi.
Frugò nella terra e nell’aria, alla
ricerca di una scintilla di potere.
Improvvisamente qualcosa le risalì lungo le
braccia, diffondendosi a tutto il suo corpo. Era qualcosa di caldo e
avvolgente.
-Lo senti?
-Sì.- disse in un sussurro.
-Focalizzati sul potere e poi pensa a quello che vuoi
diventare.- la istruì.
La piccola annuì, facendo svolazzare i suoi
lisci capelli. Strinse gli occhi, quasi come se potesse aumentare la
propria concentrazione e catturò il potere, lo
accudì e lo fece crescere.
Quando sentì di averne il controllo, lo
liberò.
Aprì gli occhi di colpo e si alzò in
piedi. –Tranquilla, è tutto normale.- sua mamma la
imitò, rialzandosi.
Gizah allora cercò di calmarsi, ma sentiva che
il suo corpo stava cambiando e non era sicura di come sarebbe stato,
dopo.
Improvvisamente le sue gambe furono avvolte da una luce
dorata e calda.
-Mamma!- urlò spaventata mentre i suoi arti si
trasformavano in quelli di un cavallo.
Finita la metamorfosi la luce se ne andò,
così com’era arrivata.
La donna la guardò e si mise una mano davanti
alla bocca. –Un centauro…- mormorò.
La piccola si fissò la parte inferiore del
corpo, alzando una zampa. Aveva il manto color panna e, come
poté notare voltando la testa, la coda color nocciola.
-Sono… perché sono così?-
chiese alla madre, confusa.
-Oh, be’, suppongo che sia normale, considerato
che tuo padre è un Doslor.- ridacchiò lei.
–Comunque sei stata molto brava. Nonostante tu abbia solo
quattro anni riesci già a trasformarti.
Anche se non aveva capito bene cos’era successo,
Gizah fu orgogliosa di essere riuscita nell’impresa.
***
Villaggio di Lenora, patria dei Doslor del Sole.
La giornata si prospettava calda ma, nonostante questo,
tutti gli abitanti erano già al lavoro. Vivendo vicino ad un
territorio vulcanico, i Doslor di quella zona dovevano stare sempre
all’erta, per evitare che le loro abitazioni e i fiori da cui
traevano i fili di luce non venissero danneggiati. La maggior ricchezza
di quella regione, una delle più estreme del territorio del
Fuoco, erano i tessuti ricavati dalla lavorazione degli stami di
particolari fiori neri, che crescevano solo in prossimità di
terreni ricchi di ceneri vulcaniche.
La colorazione dipendeva dalla consistenza
vetrosa dei petali, che avevano lo stesso processo di formazione
dell’ossidiana.
Zahira era la capovillaggio già da
qualche anno e, nonostante ciò, ancora non vi era abituata.
Ogni giorno si svegliava prima degli altri, usciva dalla propria casa
ed aspettava l’alba.
Nonostante avesse già un’ottantina
d’anni era ancora molto vispa e ripeteva sempre che sarebbe
vissuta ancora molto, per torturare quel pover’uomo di suo
marito.
Sirio era un uomo calmo, posato e un gran lavoratore. Era
a capo dei raccoglitori ed ogni mattina usciva con la sua squadra per
il raccolto. Prima di diventare la persona più importante
del villaggio, Zahira era stata una tessitrice.
Si erano incontrati molto giovani e non si
erano più lasciati. Purtroppo la sterilità aveva
impedito alla Doslor di avere figli e la loro famiglia non si era mai
allargata, biologicamente parlando. Ovviamente la donna considerava
figli suoi tutti i bambini di Lenora.
-Ho un brutto presentimento…-
sussurrò ad un certo punto, rabbrividendo. Anche quella
mattina si era alzata ed era uscita ad aspettare l’alba; suo
marito si era avviato a lavoro poco dopo.
Ma aveva una strana sensazione addosso.
-Zahira, le piante stanno appassendo… abbiamo
bisogno di acqua.- le disse una donna, affiancandola.
-Tranquilla, la luna è quasi piena.
Pioverà tra poco.- la rassicurò. Quella fece un
inchino col capo e se ne andò, rassicurata.
L’anziana sospirò, ravviandosi i
capelli, bianchi come il latte. Il fatto che fossero sempre stati di
quel colore attestava la sua discendenza mista: suo padre, infatti, era
un Nun delle terre dell’Ovest. L’avevano presa in
giro, certo, ma lei ne era sempre andata orgogliosa.
Ad un certo punto vide un getto di fuoco raggiungere il
cielo. L’aria crepitò per l’eccessivo
calore.
-Zahira, Zahira! C’è stato un
incidente ai campi!- un uomo risalì urlando la collina che
portava al villaggio. Lei lo raggiunse con qualche battito
d’ali.
-Cos’è successo?- domandò.
-E’ terribile… i raccoglitori stavano
lavorando e… Sirio… lui è…
si è buttato su alcuni dei ragazzi…- la voce gli
si spezzò.
La donna sbiancò e si precipitò a
rotta di collo verso il campo.
Quando arrivò trovò una buona parte
annerita dall’esplosione di poco prima.
***
Tutto il Regno degli Elfi del Nord stava
trattenendo il respiro.
Undine, la regina, era appena entrata in travaglio.
L’annuncio della sua gravidanza aveva portato un gran fervore
in tutti i villaggi e nella capitale.
Era da tanto che la dinastia regnante non aveva figli da
un re in così avanzato stato d’età.
Alla notizia dell’imminente
paternità, sir Holean aveva ordinato che si facesse festa la
prima settimana di ogni mese, per tutti i nove mesi della gravidanza
della consorte.
Finalmente il tempo dell’attesa era finito ed
era arrivato il travaglio.
-Mia regina, dovete spingere.- la esortò la
levatrice.
La donna urlò, stringendo convulsamente le mani
di due serve. Il parto era iniziato da un’ora e ancora il
bambino non era nato. La donna aveva la fronte imperlata di sudore.
-Lo vedo…!- si sentì esclamare.
La regina si bloccò un attimo, poi riprese a
spingere. Finalmente, dopo numerosi sforzi, suo figlio venne alla luce.
La levatrice tagliò il cordone ombelicale e lo
sollevò, in modo da poterne vedere il sesso alla luce delle
candele.
-E’ un maschio.- annunciò.
-Un maschio…- ripetè Undine,
contenta e stremata. Appoggiò la testa contro i cuscini e
riprese fiato.
-Avvertite il re.- disse qualcuno e una serva si
allontanò dalla stanza.
-Bene, adesso dovreste farvi un bagno. Noi ci occuperemo
del piccolo.- l’anziana donna sorrise alla sua regina.
Quella fece per annuire quando avvertì una
forte fitta al basso ventre. Gemette, piegandosi su se stessa.
-Cosa succede?- la nutrice accorse subito.
Controllò le condizioni della sovrana e sbiancò.
–Mia… mia regina… i bambini sono
due…- annunciò.
-Due? Due gemelli?
Annuì e si affrettò a ripulirsi le
mani in un catino d’acqua, pronta per il secondo nascituro.
–Non accadeva da moltissimo tempo che nascessero due gemelli.
Mia regina, un ultimo sforzo.- le disse.
Nuovamente la donna si rimise a spingere per agevolare il
parto.
Far nascere il secondo dei suoi figli fu molto
più facile e in poco ecco che udirono i suoi primi vagiti.
-E’ un maschio… due maschi.- sorrise
l’anziana donna e lo mostrò ad Undine.
-Dite a mio marito che è diventato padre di due
maschi.- ansimò lei. I lunghi capelli biondi, che aveva
precedentemente legati in una treccia, le si erano incollati al viso e
al collo.
-Sarà fatto. Ora voi risposate.
Senza farselo ripetere due volte si lasciò
andare contro i cuscini, chiudendo gli occhi. Attorno a lei le serve si
davano da fare per ripulire i bambini e la loro regina.
-Udite, udite! Il re e la regina annunciano la nascita dei
loro primogeniti!- Undine si addormentò sentendo il
banditore dare l’annuncio al Regno.
***
Kephas, città
dell’Ovest.
Una giovane coppia di sposi stava seduta su un dondolo, di
fronte casa.
La donna aveva lunghi capelli castani e orecchie
leggermente a punta, il suo compagno era in tutto e per tutto un Nun.
-Credi che sarà maschio?- chiese lei,
accarezzando teneramente il proprio pancione.
Lui le mise una mano sul ventre e sorrise. –Di
qualunque sesso sarà, lo amerò comunque.- promise.
-C’è qualche nome che ti piace?-
s’informò la futura mamma.
-Mhm… Drew. Se fosse maschio vorrei chiamarlo
Drew.- le rispose, dopo averci pensato un po’ su.
-Drew… sì, mi piace.- sorrise lei,
dopo aver assaporato il suono del nome.
-Spero prenda da te.- lui la strinse, dandole un bacio
sulla guancia.
-Zevan, Sibeal!- un Nun abbastanza in là con
gli anni venne loro incontro. Aveva una bella barba grigia, che gli
arrivava quasi al petto.
-Papà, che ci fai qui?- domandò
l’uomo, accogliendolo con un abbraccio.
-Sono venuto a vedere come sta la futura mamma.- sorrise
quello, salutando la nuora.
-Sto bene, tra poco ci siamo.- sorrise lei.
-Avete bisogno di qualcosa, ragazzi?- si
premurò di chiedere.
I due si guardarono. –Di un cucciolo, magari.
Sai che è tradizione del nostro popolo.- rispose suo figlio.
-Un cucciolo, giusto! Andrò a vedere su nelle
montagne, il clan degli Ippogrifi dovrebbe esser pieno di nuovi
nascituri.- l’anziano fece loro l’occhiolino.
-Un Ippogrifo?- ripetè Sibeal, spaventata.
-Tranquilla. Sono animali gentilissimi e socievoli.- la
rassicurò suo marito. Lei non parve comunque convinta.
–Andiamo… dovresti fidarti degli animali, tu
appartieni al popolo della Terra!- le fece notare subito dopo.
La donna ci pensò un attimo poi disse:-Hai
ragione.
-Bene, allora andrò a vedere. Ah! Ho saputo che
cercano qualcuno alla bottega di paese.- disse il padre di Zevan.
-Papà, ma ho già un lavoro.-
protestò suo figlio.
-Sì, ma il tuo datore non mi piace.-
replicò quello, poco convinto.
-E cosa ci guadagnerei?- domandò Zevan.
-Più soldi per la tua famiglia.- fu la risposta
di suo padre.
-Ci penserò.- concesse.
-Fallo in fretta, potreste metterne in cantiere un altro,
tra non molto.- ridacchiò.
-Oh, non così in fretta.- assicurò
Sibeal, ridendo.
***
Neith, capitale dell’Est.
Una donna si nascose tra l’ombra di due edifici,
cercando di non farsi vedere. Indossava un cappuccio che le celava il
viso e stringeva tra le braccia un piccolo fagotto.
Fece per muovere un passo, ma poi si bloccò ed
abbassò lo sguardo. Scostò leggermente un lembo
della piccola copertina e svelò una neonata, che dormiva
pacifica.
-Piccola mia…- mormorò.
Al sentire la voce della madre la bambina aprì
gli occhi. Si guardò attorno e poi si focalizzò
sul viso di lei, facendo una piccola smorfia.
La donna sorrise.
-Mi dispiace che sia andata così…
tuo padre è stato ucciso da quel vigliacco di Kone. E io non
ho la possibilità di crescerti… non
posso…- le sussurrò, sfiorandola una guancia.
La piccola continuò a fissarla, senza rendersi
veramente conto di quello che le stava dicendo. Nonostante avesse
già un anno non poteva comprendere le dinamiche del mondo.
-Diventerai una donna stupenda, lo so.- le sorrise.
–Forse potresti avere le ali…
Il padre di quella bambina era un Ferift, un abitante del
Nord. Sua madre l’aveva incontrato durante un viaggio e i due
si erano perdutamente innamorati, nonostante lei fosse stata promessa
dalla famiglia ad un altro, uno Spirito Blu.
Dopo una breve esitazione la donna celò
nuovamente sua figlia e si immise nella strada, cercando di mescolarsi
tra la folla.
Conosceva una persona, nella capitale, che avrebbe potuto
prendersi cura della sua bambina. Doveva solo raggiungerla.
Lentamente si fece strada tra le persone, stando attenta a
non urtare nessuno.
Quando alla fine arrivò davanti alla porta di
legno dell’abitazione era sudata e ansante. Liberò
un braccio e si mise a bussare.
-Insomma, arrivo!- disse una voce dall’interno.
Poco dopo la porta si aprì, rivelando una Spirito Blu molto
corposa. Imponente, a dir la verità.
–Sì?
-Sono… sono Leliana.- disse timidamente la
donna. –Ti ricordi di me?
La matrona la soppesò con lo sguardo.
–Oh, sì! La piccola cantante. Cosa ci fai qui?
-Vorrei… vorrei chiederti un favore.-
mormorò, nervosa.
-Ossia? Io non faccio la carità.-
l’avvertì.
-Vorrei che ti prendessi cura della mia bambina.- disse,
mostrandole la neonata.
-Cosa?!- esclamò l’altra, sconvolta.
-Io non posso mantenerla! Suo padre è stato
ucciso e non… non posso…- disse
sull’orlo delle lacrime.
-E io che dovrei farmene di lei?- fu la domanda.
-Crescerla. Darle un tetto sulla testa, un po’
di affetto.- supplicò la madre.
La sua interlocutrice rimase in silenzio per un
po’, pensosa. –D’accordo. La
prenderò con me.- accettò infine.
-Grazie, grazie mille!- esclamò la donna,
sollevata. –Io… tornerò a
trovarla.
E detto questo diede un bacio sulla fronte alla piccola.
-Ciao, Nive.- la salutò. Trattenne le lacrime
e, dopo un breve saluto alla matrona, se ne andò.
-Potresti tornarmi utile.- disse quella, prima di
rientrare in casa.
***
Cretos, isola madre del Regno del Nibbio.
Assieme ad una estesa e rigogliosa penisola faceva parte
delle marche occidentali delle terre del Cuore. In quella zona si erano
stabiliti molti Elfi, creati dalla magia del Primo.
Cretos apparteneva alla famiglia dei Kite da generazioni.
L’attuale marchese, ser Vaughn, era molto amato dalla sua
gente.
Aveva una famiglia numerosa, composta da
quattro figli maschi. La moglie, purtroppo, era morta dando alla luce
l’ultimogenito.
-Padre, devo recarmi da ser Holland per delle questioni
urgenti. Puoi badare tu ai ragazzi?- domandò il marchese,
montando a cavallo.
Suo padre, un Elfo abbastanza anziano, molto saggio e
profondo conoscitore dell’astrologia, lo guardò ed
annuì. –Non ti preoccupare.- gli disse, dandogli
una pacca sulla gamba.
-Bene. Sarò di ritorno tra due giorni.- e
partì, accompagnato da una scorta di uomini fidati.
L’anziano attese di veder scomparire la sua
figura al di là del ponte, poi si voltò e
chiamò a gran voce i nipoti.
I primi ad arrivare furono i gemelli, poi il figlio
maggiore ed infine l’ultimo nato.
-Vostro padre sarà assente per i prossimi due
giorni. Quindi sarete sotto la mia responsabilità. Che ne
dite di studiare un po’ e poi dare un po’ di
spada?- propose loro.
Tutti urlarono entusiasti, accettando.
Stavano già correndo via, quando
l’uomo afferrò il più piccolo per il
colletto. –Roving, aspetta.
-Cosa c’è, nonno?- domandò
il bambino. Aveva solo tre anni, ma era molto sveglio per la sua
età.
-Ti sei occupato dei cani?- gli domandò.
-Sì. Gli ho dato da mangiare e li ho puliti.-
rispose, orgoglioso.
-Bravo. È importante che impari a dialogare con
gli animali. Loro possono esserti d’aiuto, se dovessi
trovarti in difficoltà.- gli ricordò.
-Lo so. Posso andare adesso?- chiese, impaziente.
-Sì, ma ti ricordo che anche oggi userai la
spada di legno.- fu la risposta.
Al sentire ciò il bambino mise il muso. Sapeva
di essere bravo e si era stufato di dover combattere contro un
fantoccio inanimato. Voleva lottare coi suoi fratelli!
-Ma io…
-Niente ma. Non voglio che ti succeda niente di male.- lo
zittì.
Sbuffò. –D’accordo, nonno.
-Bravo bambino. Se ti va, stasera potremo vedere le stelle
dalla torre.
Roving alzò la testa di scatto.
–Davvero?!- esclamò.
Amava osservare le stelle con suo nonno: lui sapeva
così tante cose su quelle luci lontane che rimaneva sempre a
bocca aperta. Gli era stato detto che anche a sua mamma piaceva
osservare gli astri perché era una Doslor della Luna.
Al di là dei retaggi famigliari, a lui piaceva
cercare di comporre le figure del cielo. Era sempre emozionante.
-Certo. Te lo prometto.- sorrise il nonno.
***
Ferend, piccola cittadina nei pressi
di Ghijlea, capitale dell’Ovest.
-Alec, sai benissimo che io non sono una Ferift!
A parlare era stata una donna, alta, slanciata, dai
capelli color del grano maturo e gli occhi grigi.
-Laurana, per favore. Nessuno lo sa.- l’uomo
chiamato Alec l’afferrò per le braccia,
costringendola a guardarlo negli occhi.
-Lo scopriranno. Prima o poi lo scopriranno e allora
cercheranno di farle del male.- protestò lei.
-Come fai a sapere che è una lei?- le chiese,
accarezzandole il pancione, bello rotondo.
-Lo so e basta. È una sensazione fortissima. E
so anche che sarà come me.- rispose, guardandolo spaventata.
-Tu sei bellissima.- le rispose.
-Solo tu pensi questo… ma io sono il peggio del
peggio per loro!- esclamò.
-Non mi importa cosa pensano gli altri!-
ribattè suo marito, cocciuto.
-A me sì! Quando scopriranno che sono una
Doslor con discendenze elfiche e Fey sarà la fine! Sono
convinti che i matrimoni tra razze diverse ci rendano impuri!- gli
ricordò.
Alec scosse energicamente la testa. –No, Laurana
smettila.
-Dobbiamo proteggerla.- insistette lei.
L’uomo allora sospirò e
lasciò la presa su di lei. –Sapevo che avresti
detto così… per questo ho preparato un rifugio.-
le rivelò.
-Un rifugio?
-Sì. Ho trovato una grotta, vicino al confine
con l’Ovest. È molto grande e ha delle aperture
che comunicano con l’esterno.- spiegò.
-E cosa…?- iniziò lei.
-L’ho resa sicura e ci ho portato dei mobili.
Nel caso avessimo bisogno di nasconderci.- la guardò.
Al sentire quelle parole, la donna si commosse.
–Oddio, Alec… è meraviglioso! Potremo
proteggerla!- lo abbracciò.
-No. La rinchiuderemo in una gabbia.- replicò
lui, amaro.
Lei si staccò e lo fissò negli
occhi. –Non permetterò a nessuno di farle del male.
-Nemmeno io. Morirei, piuttosto.- rispose lui, dandole un
bacio. –Aspetteremo la sua nascita e, se sarà come
tu temi, allora andremo a vivere lì dentro.
Lei annuì, accarezzando la pancia.
-Sarai al sicuro, piccola.
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Capitolo 5 *** Cap. 4 Uscita d'emergenza ***
Cap. 3 Uscita d'emergenza
Finalmente
entrano in scena alcuni dei protagonisti e la storia inizia ad
ingranare (speriamo)! Per Ethelyn mi sono ispirata al nuovo cartone
Disney "Brave"... mi piaceva troppo il look di Merida xD
Buona lettura!
Cap. 3 Uscita d’emergenza
L’aria della grotta era fresca, piacevole.
La luce, debole e soffocata, le
impediva di leggere come e quanto voleva. Si era abituata a sedersi
sotto le piccole aperture che davano sulla cascata, cercando di
approfittare del chiarore che vi filtrava.
Ma, nonostante questo, spesso era costretta ad accendere delle candele.
Aveva a disposizione tantissimo
spazio, ma nessuno con cui condividerlo. Anche lo spiazzo per
l’allenamento diventava inutile, dopo un po’, se non si
aveva nessuno con cui misurarsi.
Ethelyn sospirò, scoraggiata.
“Sono qui dentro da tredici
anni, ormai. Tra quanto mi faranno uscire?”, si chiese,
sfogliando svogliatamente un libro.
L’estate era alle porte, lo
poteva sentire nei profumi trasportati dal vento e dal calore che le
scaldava la mano, quando la appoggiava sulla roccia.
Avrebbe tanto voluto poter
uscire, assaporare il mondo che c’era là fuori. Ma i suoi
genitori avevano dovuto nasconderla in quel luogo per evitare che la
uccidessero.
Sapeva com’era il mondo oltre
la grotta, poteva riviverlo nei suoi ricordi di bambina. Aveva
trascorso i primi sei anni di vita con la famiglia, nel piccolo
villaggio di Ferend.
Giocava coi bambini, usciva a far
compere con la mamma e si faceva portare sulle spalle dal papà
come qualsiasi altra bambina della sua età.
Ma un giorno i suoi capelli erano
diventati troppo rossi, troppo poco Ferift per far sì che sua
madre le permettesse di andare a scuola o semplicemente di uscire in
giardino.
E così, una notte,
suo padre l’aveva rubata al caldo riparo del suo letto. Lei si
era spaventata, ma lui le aveva assicurato che sarebbe andato tutto
bene.
Si erano inoltrati nella foresta fuori l’abitato ed erano entrati in un posto buio.
-Rimani qui, aspettaci fino a
domani.- le aveva detto e poi l’aveva lasciata sola. Aveva
atteso, rannicchiata tra cuscini che non conosceva.
La mattina successiva, come
promesso, i suoi genitori l’avevano raggiunta. Le avevano
spiegato la triste verità e avevano confessato di averla uccisa.
Non per davvero, certo.
Avevano inscenato la sua morte, così da poterla salvare.
Nonostante avesse appena sei anni, Ethelyn si era sforzata di capire e di non fare domande.
E da allora viveva lì dentro.
Sua madre e suo padre la venivano a trovare nel cuore della notte, quando erano sicuri che l’intero villaggio dormisse.
Ogni volta si scusavano con lei, mortificati per averla obbligata a quella prigionia.
E lei, come sempre, scuoteva la testa, ormai rassegnata.
“So che non è colpa
loro…”, pensò, chiudendo il volume e gettandolo
sopra il letto. –Vorrei tanto volare un po’…-
sospirò, sfiorandosi la schiena.
Quando aveva compiuto undici anni le erano magicamente spuntate un paio di bellissime ali.
Suo padre le aveva detto che era normale, perché lei era una Ferift.
Aveva imparato a sue spese che, per
controllarle, doveva impiegare tutta la concentrazione di cui era
capace. E quando era spaventata era praticamente impossibile volare o
anche solo planare.
-Potrei allenarmi…- si
disse, gettando un’occhiata al corridoio che portava allo spiazzo
per la lotta. Aveva a disposizione dei bersagli, dei fantocci imbottiti
e una rastrelliera, contenente diverse armi.
All’inizio aveva
voluto provare con l’arco, l’arma preferita di sua madre,
ma non si era rivelata una gran scelta. Allora aveva optato per i sai,
piccoli pugnali d’origine orientale. Erano stati creati dai Fey
ed erano utilizzabili sia per difendersi che per attaccare.
Quelli che possedeva lei erano
stati realizzati appositamente da suo padre, che lavorava nella bottega
di un fabbro. Avevano inciso, lungo lo stelo, alcune frasi nella lingua
nelle lingue di tutti i popoli di Suran.
Lei parlava correttamente i dialetti del Nord e quelli del Sud, mentre aveva difficoltà con gli altri idiomi.
Dato che aveva parecchio tempo
libero, aveva imparato a maneggiare le lame come fossero un
prolungamento del suo stesso corpo ed era diventata una poliglotta
molto abile.
Chissà, un giorno le sarebbe potuto essere utile.
-Oppure morirò qui dentro.-
afferrò un pugnale e lo lanciò contro il bersaglio
anellato del tiro a segno, colpendo uno dei cerchi mediani.
Notando il risultato sbuffò, insoddisfatta.
-Prima o poi impazzirò, ne
sono sicura!- esclamò, urlando. A volte lo faceva per sfogarsi,
altre volte semplicemente per spaventare i pipistrelli che si
annidavano nelle parti più recondite e buie della grotta.
Si mise le mani ai fianchi, osservando l’ambiente attorno a sé.
Cosa poteva fare per ammazzare il tempo?
La foresta era silenziosa e gli animali si aggiravano nel sottobosco in piena tranquillità.
L’estate aveva colorato le
foglie degli alberi e la luce del sole, rendendo tutto più
brillante. Tutto più reale.
A Drew piaceva quella stagione,
anche perché era quella che gli offriva le maggiori
possibilità di andare a caccia.
Tirare con l’arco era tutto,
per lui. Quando riusciva a colpire un cervo e portarlo a casa per cena
si sentiva veramente utile, molto più di quando lavorava in
miniera con suo padre.
Per carità, setacciare la
terra alla ricerca di pietre preziose era eccitante, ma nulla comparato
allo stare nella foresta, agli appostamenti e agli inseguimenti.
Scavalcò un tronco morto e si guardò attorno.
-Secondo te il Primo ci ascolterà, Blaking?- domandò.
Poco più avanti un Ippogrifo
si fermò, voltandosi a guardarlo. Aveva il manto completamente
nero e le piume delle sue ali erano simili a quelle dei corvi,
rilucevano di verde e viola.
-Perché non dovrebbe?- domandò l’animale.
Sì, sapeva parlare.
Il ragazzo afferrò un
ramoscello e lo spezzò. –Non lo so, forse perché
siamo un ragazzino e un Ippogrifo che ha appena raggiunto la maggior
età?
Blaking accigliò. –Gli portiamo notizie importanti.- replicò, calmo.
Il ragazzo lo raggiunse e lo
guardò. I loro occhi erano praticamente alla stessa altezza.
–Il fatto che nel nostro villaggio non nascano bambini da cinque
anni non vuol dire che succeda così anche nel resto del paese.-
brontolò il ragazzo.
-Già il fatto che questa cosa stia accadendo nel nostro villaggio è grave!- gli fece notare l’altro.
-Perché? I Nun non sono in via d’estinzione.
La bestia scosse il capo piumato.
–La fertilità è il dono più importante che
ci hanno dato i Cair. Se noi non siamo più fertili potrebbe
significare che il Cair del Tuono… non lo so… potrebbe
esserci qualcosa che non va.- ammise.
-Tipo? Una malattia?- chiese Drew.
-Non sono sicuro che possano ammalarsi, però sì, qualcosa del genere.- concesse.
Il Nun ci ragionò su un attimo e poi scosse la testa. –Ok, ma perché proprio io?- volle sapere.
L’Ippogrifo lo guardò coi suoi occhi azzurro ghiaccio. –Non lo so.
-E questo mi preoccupa. Se nemmeno tu sai cos’hai in mente mio padre, siamo messi male.- sospirò il giovane.
-Dovresti pensare positivo! Hai la possibilità di vedere Suran.- lo rimbrottò l’amico.
-Fantastico.- fece quello, ironico,
beccandosi un’occhiataccia. –Ok, ok. La smetto. In effetti
è una cosa grandiosa.
-Su, sbrighiamoci a trovare un posto per riposarci. Mi fanno male le zampe.- lo esortò.
-Hai anche le ali, ti ricordo.- gli fece presente Drew.
-Qui al Nord cacciano gli Ippogrifi.- fu la risposta eloquente.
-Oh. Non lo sapevo.- mormorò, imbarazzato.
-Vieni, su.- gli diede un colpettino con becco e si avviò, muovendosi agilmente tra i cespugli e i rami bassi.
Teneva le ali ripiegate contro il corpo, per evitare di farsi male.
-Potrei cavalcarti?- chiese dopo un po’ il ragazzo.
-L’ultima volta mi hai quasi strozzato.- gli ricordò l’altro.
Lui alzò gli occhi al cielo. –Non l’ho fatto apposta, ti ho chiesto scusa!- disse.
Blaking lo fissò, senza dire niente. –Ok… ma dopo che ci saremo riposati.- acconsentì.
-Evviva!- esultò il Nun.
Giunsero ad un tratto in salita e presero a seguire un piccolo sentiero, buono solo per le capre.
Avanzarono lentamente, stando
attenti a dove mettevano i piedi. Drew scrutava il sottobosco,
all’erta. Aveva l’arco impugnato e una freccia incoccata,
pronta per essere scagliata.
Blaking si confondeva difficilmente
con l’ambiente, ma non per questo era sprovvisto di difese: un
colpo dei suoi artigli e un suo calcio ben assestato potevano fare
molto male.
Ad un certo punto l’Ippogrifo lo afferrò per il colletto della giubba.
-Ehi!- protestò il ragazzo.
-Rumore di acqua.- si giustificò quello.
-Bene, andiamo!- Drew si
gettò in spalla l’arco per potersi arrampicare più
agevolmente. L’ultimo tratto era abbastanza impervio.
Al termine della scalata si ritrovarono ad ammirare un lago cristallino, in cui si gettava una cascata di considerevole portata.
-Ecco il tuo luogo per riposare.- disse il ragazzo, facendo un segno col braccio per abbracciare tutto l’ambiente.
-Mhm, mi piace.- approvò l’amico.
Ridacchiando si avviarono verso il centro della piccola radura.
Il Nun si tolse gli stivali di pelle ed immerse i piedi, godendosi la piacevole carezza dell’acqua.
-Cavoli, è fredda!- esclamò, reprimendo un brivido.
Blaking si avvicinò e bevve un sorso. –E’ buona.- commentò, rialzando la testa.
Drew non lo stava più
ascoltando: si era messo a sguazzare come un bambino, inseguendo i
piccoli pesci che nuotavano nel laghetto, appena sotto la superficie.
-Cacciane qualcuno, già che
ci sei.- gli suggerì, sedendosi per terra e dispiegando le ali.
Alzò lo sguardo e vide alcuni scoiattoli allontanarsi,
spaventati. Sapevano che per uno come lui potevano diventare cibo.
Chiuse gli occhi ed agitò leggermente le remiganti, godendosi i caldi raggi del sole.
Ad un certo punto la radura si fece silenziosa.
L’Ippogrifo aprì di
scatto gli occhi ed iniziò a guardarsi attorno, alla ricerca del
suo compagno di viaggio.
-Drew!- azzardò a chiamare.
-Qui!- la voce del Nun proveniva da qualche parte dietro la cascata.
Perplesso si alzò e
planò verso l’acqua in caduta. I suoi occhi di ghiaccio
scandagliarono le rocce, rese scivolose dal muschio.
Stando attento a non bagnarsi, allungò il collo nella penombra.
-Che stai facendo?- chiese, dopo aver identificato l’amico.
-Vieni, vieni.- lo esortò a raggiungerlo.
L’animale allora colmò
la distanza che li separava. Quando fu giunto alle spalle di Drew vide
che era chino davanti ad una botola.
-Ma cosa…?
-Strano, vero? Chissà dove porta.- fece l’altro, eccitato all’idea di una nuova avventura.
-No, non voglio saperlo. E nemmeno tu.- Blaking lo tirò per la manica, cercando di convincerlo a lasciar perdere.
Ovviamente il ragazzo non si schiodò.
-Giuro, se è qualcosa di
pericoloso torno subito indietro.- promise. L’apertura era troppo
piccola per permettere ad un Ippogrifo di passarsi attraverso, era
sicuramente stata fatta per i bipedi.
-Ho promesso a tuo padre che…- iniziò.
-Sì, che mi avresti protetto. Lo so.- terminò l’altro. –Non mi succederà niente.
In risposta ebbe un sonoro sospiro.
“Che ragazzo testardo.”, pensò mentre lo osservava
scassinare la serratura. Quasi sicuramente si sarebbero cacciati in un
bel guaio.
-Fatto. È stato facile.-
commentò Drew, aprendo la botola. –Augurami buona fortuna.
Magari troverò un tesoro.
E detto questo si
calò all’interno, stando ben attento a non danneggiare
l’arco. L’aveva intagliato ed oliato personalmente e ne
andava orgoglioso.
Reggendosi alla piccola scaletta di
corda attaccata alla roccia scrutò nella penombra, cercando di
capire dove si trovava.
“Che diavolo di posto è questo?”, si chiese, notando la presenza di mobili.
Una volta assicuratosi che non ci
fosse nessuno di guardia all’ingresso appoggiò i piedi per
terra. Estrasse il piccolo pugnale che portava nello stivale sinistro e
si mise ad avanzare.
Man mano che proseguiva si
ritrovò a dover salire parecchie rampe di gradini e a superare
diversi snodi che conducevano chissà dove.
Stava camminando all’interno
della più grande caverna che avesse mai visto. Ad esclusione di
quelle in cui lavorava, ma quelle erano artificiali.
Lì non c’erano pietre preziose.
“Sembra abitato…”, realizzò, osservando la moltitudine di oggetti cui passava accanto.
Con la coda dell’occhio
notò un piccolo tunnel che si apriva su uno spazio ampio e
illuminato naturalmente dall’alto. Curioso deviò dal
percorso principale.
Una volta dentro si
ritrovò ad osservare uno spiazzo sabbioso, in cui facevano bella
mostra di sé diverse armi, un bersaglio e un fantoccio per gli
allenamenti. A giudicare dalle impronte doveva essere stato usato di
recente.
Proprio mentre realizzava questo
sentì uno spostamento d’aria alle proprie spalle. Si
girò di scatto ed alzò il braccio armato, per riflesso.
Le lame cozzarono insieme, stridendo.
-Non mi ucciderai tanto facilmente!
A parlare era stata una ragazza,
all’incirca della sua età. Aveva una massa di ricci che
viravano dal castano ramato al rosso intenso. Il suo viso, leggermente
troppo piccolo, aveva una piacevole ed effimera sfumatura tendente al
bronzo e metteva in risalto un paio di occhi talmente verdi da
ricordare il colore dei prati montani.
L’espressione della proprietaria di quel bel volto, però, stonava nettamente con l’insieme.
-N-non sono qui per ucciderti…- replicò Drew, colto di sorpresa.
Il dubbio si fece strada sul viso
di lei, ma poi la determinazione lo spazzò via. Caricò il
proprio peso e liberò una delle sue armi.
Il ragazzo non aveva mai visto pugnali simili, che si usavano in coppia e avevano una guardia simile ad una C.
Evitò l’affondo per un pelo, ma la sua giubba non fu così fortunata.
-Non voglio farti niente!- tentò ancora, portandosi fuori tiro.
La sua avversaria si mise in
posizione di difesa, le armi posizionate all’altezza del volto e
dello stomaco. –Cosa vuoi?- chiese allora.
-Ah… io… ho trovato la botola. Ero curioso.- disse, come se quello spiegasse tutto.
Lei soppesò la sua risposta.
All’inizio non ci aveva fatto
caso, ma ora che lo guardava bene si rendeva conto che non era
assolutamente un Ferift. Aveva capelli castano chiari, portati lunghi
fino alle spalle e occhi grigi, simili al mare d’inverno, ma
erano i vestiti ad indicare che apparteneva al popolo dell’Ovest.
Finemente lavorati, fatti di cuoio e fili di gemme, molto resistenti e
flessibili.
-Sei un Nun…- mormorò, abbassando leggermente la guardia.
Lui annuì, chiedendosi cosa ci facesse una ragazza sotto terra dato che, a ben guardarla, non era un bandito.
O meglio, non lo sembrava: a quanto
sapeva i fuorilegge non indossavano abiti con le maniche a sbuffo e la
gonna lunga fino a terra.
-Tu sei… una Ferift?-
chiese, confuso. Non aveva mai sentito parlare di abitanti del Nord coi
capelli color del fuoco, quelli semmai erano i Doslor.
-Perché ti interessa? Sei
stato assoldato da qualcuno del villaggio per farmi fuori?-
domandò lei, avanzando di un passo.
-Quelli del villaggio? Non so di
cosa tu stia parlando.- confessò. –Sono appena arrivato
dal confine con le terre dell’Ovest.
-E cosa fai qui a Nord?
-Sono affari miei.- rispose, brusco.
La ragazza socchiuse gli occhi, infastidita dal suo tono. –Se vuoi rubare qualcosa, sappi che non te lo permetterò.
-Sei una ragazza, come potresti
impedirmelo?- la provocò. Se riusciva a distrarla poteva provare
a coglierla di sorpresa e ad avere la meglio.
-Sei un po’ sessista, non credi?- replicò, offesa.
Fece spallucce. -Sono realista. Non sono ancora stato battuto da una donna.
Iniziarono a girare intorno, scrutandosi.
Drew non aveva intenzioni ostili, ma non voleva nemmeno rimetterci le penne per qualcosa che non aveva fatto.
Ethelyn sapeva che non doveva e non poteva fidarsi di nessuno, eccetto i suoi genitori.
Era una situazione di stallo.
“Devo attaccare.”, decise la Ferift e si slanciò verso l’intruso.
Drew, dal canto suo, si preparò a proteggersi.
I due caddero e rotolarono a terra,
cercando di bloccare gli affondi l’uno dell’altra. Quando
si fermarono, senza fiato, il Nun aveva avuto la peggio: Ethelyn gli
era seduta a cavalcioni sul petto e gli aveva messo i sai al collo.
-Cosa dicevi sulle ragazze?- domandò, riprendendo fiato.
-La verità. Osserva.
La rossa abbassò lo sguardo e vide il pugnale puntato contro il proprio stomaco.
-Oh…- mormorò solo.
-Bene, adesso abbiamo due scelte: ucciderci a vicenda o rialzarci e parlare.- il Nun fece il punto della situazione.
Lentamente, anche se con riluttanza, la Ferift si alzò.
-Grazie.- disse lui, massaggiandosi il collo. –Come ti chiami?
-Come sei entrato?- chiese lei.
-Dalla botola. L’ho trovata
per caso e l’ho aperta.- rispose. –Io sono Drew, comunque,
piacere.- allungò la mano, sorridente.
-Ethelyn.- si presentò la ragazza.
-Perché sei qui?- volle sapere, curioso.
Lanciò un’occhiata alle proprie spalle. -Non… dovresti andartene.- disse invece.
-Perché? Cos’è questa storia che qualcuno vuole ucciderti?- chiese ancora.
-Quante domande fai.- borbottò.
Lui abbassò lo sguardo, imbarazzato. –Sì, me lo dice sempre anche Blaking.- ridacchiò.
Ethelyn aggrottò le sopracciglia. –Blaking?
-Il mio compagno. È il mio migliore amico, è un Ippogrifo.- spiegò.
La Ferift lo fissò con tanto d’occhi. –Gli Ippogrifi sono pericolosi! Vanno uccisi a vista!- protestò.
-Cosa?! Ma sei matta?-
esclamò l’altro. Lei allora riassunse la posizione
d’attacco. –Ecco, ci risiamo…
-Qui al Nord cacciamo gli Ippogrifi.- rispose lei. –Rubano il nostro bestiame, per poi squartarlo e lasciarne le carcasse.
-Con bestiame intendi le mucche?-
domandò Drew. Lei annuì. –Gli Ippogrifi mangiano
per lo più scoiattoli, procioni e altri animali del genere. Al
massimo le capre di montagna. Non possono mangiare un bue intero, se no
non riuscirebbero a volare.- le rivelò.
Ethelyn arrossì fino alla
punta dei capelli, sentendosi immensamente stupida per aver mostrato la
propria ignoranza ad uno sconosciuto.
“Che carina…”,
pensò lui, osservandola. Il rossore metteva in mostra la leggera
spolverata di lentiggini che aveva sul naso.
-Drew, tutto bene?- Blaking
iniziava a preoccuparsi. L’amico era via da troppo tempo e
sentiva strani rumori provenire dalla grotta.
All’udire quella voce la ragazza si spaventò ed attaccò nuovamente il Nun.
Il primo colpo andò a segno,
ferendolo all’altezza del bicipite. Imprecando, il ragazzo
menò diversi fendenti.
Uno stracciò parte della
gonna, rivelando la sottoveste al di sotto e un altro lasciò un
segno rosso tra le clavicole della ragazza.
Il sangue prese subito a colare, sporcando parte del corpetto.
-Fermati, non vogliamo farti del
male!- tentò di convincerla. In risposta lei gli diede un calcio
che lo mandò a sbattere contro la parete di roccia.
“Picchia duro, la ragazza!”, pensò, evitando un colpo del tirapugni.
-Voi volete rivendermi a qualcuno, uccidermi o che so io!- strepitò lei, continuando ad attaccare.
-Non è vero!- Drew l’afferrò e la bloccò tra sé e il muro.
Entrambi ansimavano visibilmente e nessuno dei due voleva darla vinta all’altro.
-Non voglio minacciarti.- le disse
lui, esitando a puntarle il pugnale alla gola. Non avrebbe voluto
ferirla, ma ci era stato costretto.
-Lo stai già facendo.- gli fece notare lei, prendendo fiato.
“Devo liberarmi!”, la mente di Ethelyn lavorava a briglia sciolta.
Nonostante non sembrasse un
mercenario o un bandito o qualsiasi altro genere di furfante che uno
dei suoi compaesani avrebbe potuto assoldare, non si fidava.
E doveva liberare le braccia, dannazione!
Iniziò a tastare la superficie scabra della roccia, alla ricerca di un appiglio, di qualcosa che potesse aiutarla.
Le sue dita corsero sulle asperità della pietra, trovandovi polvere e terriccio.
Niente di utile.
-Allora, che vuoi fare?- le chiese Drew.
Lei lo guardò dritto negli
occhi e non vi lesse minaccia. Il dubbio allora s’insinuò
in lei e si chiese se lui non stesse veramente dicendo la verità.
-Non vuoi uccidermi…?- chiese in un sussurro.
Lui scosse il capo. –No.
Fece per dirgli di liberarla,
quando sentì un brivido attraversarle il corpo. Improvvisamente
le sembrò di sentire la pelle bagnata, come dopo una nuotata.
Si guardò intorno, confusa.
Certo alle loro spalle la cascata si gettava da dieci piedi d’altezza, ma la grotta era asciutta.
“Che diavolo succede?”, si chiese.
-Ehi… qui c’è
dell’acqua.- fece il Nun, stupito. Ethelyn abbassò lo
sguardo e vide che i loro piedi erano a mollo. –Sei stata tu?-
rialzò la testa, guardandola.
Scosse la testa, confusa.
Il ragazzo si allontanò, osservando preoccupato il livello dell’acqua, che stava salendo rapidamente.
La rossa rimase appoggiata alla roccia. Iniziava a spaventarsi.
Drew tornò ad intrappolarla con le braccia e la fissò, chiedendole spiegazioni con lo sguardo.
-Non sono io, giuro!- disse lei, scuotendo la testa.
L’acqua prese a sgocciolare anche dalla roccia, bagnando i capelli di Ethelyn.
Rapidamente tutto l’ambiente
si riempì e la pressione era talmente forte che,
all’improvviso, la parete allo loro spalle cedette.
Caddero nel vuoto con un urlo, l’aria sferzava il loro visi e gonfiava i loro abiti.
-Blaking!!- urlò il Nun, disperato.
La Ferift era troppo terrorizzata
per riuscire a spalancare le ali, per cui cambiò il verso
d’impugnatura del sai e lo conficcò nella parete di roccia.
Sbatté diverse volte
il viso e il busto, mentre la lama sprizzava scintille. Con la coda
dell’occhio vide un’ombra scura sfrecciare attraverso la
cascata, in una virata molto pericolosa.
Cercò di appigliarsi con le mani, disperata.
“Non voglio morire, non voglio morire!”, pensò terrorizzata.
Era bagnata fradicia e il muschio le impediva di mantenere una presa salda su qualsiasi spunzone riuscisse ad afferrare.
Il cuore le rimbombava nelle
orecchie mentre cadeva sempre più in basso, fino a quando non fu
scaraventata su una sporgenza, simile al vecchio nido di un uccello
predatore.
-Ahi…- gemette, rotolando sulla schiena.
Provò a rimettersi in piedi, ma la sua mano tastò il vuoto e per poco non perse l’equilibrio.
Guardò in basso: le mancava ancora un bel salto per arrivare al laghetto.
Lentamente strisciò verso la parete alle proprie spalle, sperando di riuscire a calmarsi abbastanza da poter volare.
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Capitolo 6 *** Cap. 5 Sensazioni e paure ***
Cap. 5 Sensazioni e paure
Ecco un nuovo capitolo! La storia inizia a complicarsi... e andando avanti sarà anche peggio, mi sa xD
Mi rendo conto che è un po' lungo, ma non ci sono descrizioni
quindi dovrebbe essere sopportabile. In caso contrario (ma anche per
altri motivi), aspetto commenti!
Cap. 5 Sensazioni e paure
L’aria aveva uno strano sapore.
E gli faceva formicolare il pelo sulla collottola.
“Sta succedendo qualcosa…”, pensò il Cair del
Vento. Quel giorno era iniziato come tutti gli altri, ma ora avvertiva
qualcosa di nuovo nell’ambiente. E non sapeva decidersi se era
qualcosa di positivo o no.
Radagast, il suo più fidato amico, gli aveva riferito che
suo fratello, il Cair della Luce, stava male. Da alcuni giorni la
spirale che lo ospitava si era indebolita e la piuma che scandiva la
vita del Vegliante aveva assunto una sospetta sfumatura grigiastra.
Il Primo ne era stato ovviamente informato, ma non sapeva come
comportarsi e aveva chiesto agli altri di stare vigili, ma di attendere.
Dopo quella notizia, Fenris era sicuro che non sarebbero arrivate altre.
Ma il vento gli stava sussurrando qualcosa e lo chiamava verso il
confine con l’Ovest. Alzò il muso al cielo e
osservò le nuvole, niente più che stralci bianchi.
Spiegò le ali, saggiando le correnti d’aria e poi
si lasciò sollevare gentilmente da quella più calda.
Quando ebbe raggiunto una certa quota si gettò a capofitto verso
le pendici della sua dimora, diretto a sud-ovest.
***
“Pensa, Ethelyn, pensa…”, si stava sforzando di
concentrarsi, ma l’unica cosa che le veniva in mente era che era
bloccata lì.
Non riusciva proprio a calmare i propri nervi e la cosa la stava innervosendo.
Inoltre le faceva male la faccia: doveva aver sbattuto diverse volte.
-Sicuramente mi verranno dei bei lividi…- mormorò, sospirando.
-Ethelyn!- sentì chiamare il suo nome.
Alzò la testa e si guardò attorno. Quella voce apparteneva a Drew, il ragazzo che era entrato in casa sua.
Se quello che le aveva detto era vero, aveva per complice un Ippogrifo.
E lei non voleva assolutamente essere uccisa ad unghiate.
Perciò si rannicchiò il più possibile, cercando di diventare tutt’uno con la roccia.
-Ehi, rispondi!
Serrò gli occhi, nascondendo il viso tra le ginocchia.
Ad un certo punto venne investita da uno spruzzo d’acqua che le appiccicò ulteriormente i capelli al corpo.
-Eccoti!- la voce ora era più vicina. Troppo. –Ehi… dammi la mano, ti aiuto a scendere da qui.
-Posso benissimo farlo da sola.- replicò lei, senza sollevare il capo.
-Ma sei ancora spaventata, stai tremando.- replicò lui.
-E’ il freddo.- tagliò corto.
-E’ quasi estate, non c’è freddo.- fece il Nun, perplesso.
-Stai bene…?- le chiese allora Blaking.
All’udire quella voce sobbalzò e scattò in piedi, appiattendosi contro la parete rocciosa.
Si ritrovò a fissare un Ippogrifo completamente nero con un paio
d’intensi occhi color ghiaccio. Il suo piumaggio era inquietante,
soprattutto perché di notte lo rendeva perfettamente invisibile
alle sue prede.
-Stammi lontano, non sono cibo…- disse con voce strozzata.
L’animale inclinò la testa. –Cibo? Mica mangio le persone.- replicò, sentendosi offeso.
Lei non seppe cosa dire e si limitò a guardarlo, basita.
-Non ti farà niente, è innocuo.- cercò di
rassicurarla allora il ragazzo. La rossa scosse la testa, testarda.
–Ok… noi siamo qui sotto, se hai bisogno di qualcosa.
E detto questo planarono verso il basso.
-Chi è?- volle sapere Blaking.
-Si chiama Ethelyn. A quel che ho capito ha dei problemi con quelli del
suo villaggio… credo per via del suo aspetto.- rispose il suo
compare.
-Be’, sembra una Doslor.- annuì l’altro. –Sicuramente ha sangue misto.
-E allora? Che c’è di male? Anche io sono un mezzosangue.-
gli ricordò. I due si scambiarono un’occhiata.
-Io sono nero… e quando mai si è sentito di un Ippogrifo nero?- scherzò la creatura.
-Sei fantastico!- Drew gli accarezzò il collo, strapazzandogli alcune piume.
Atterrarono poco distanti dalla riva del laghetto e il ragazzo smontò, barcollando leggermente.
-Secondo te scenderà? Mi sembrava un po’ spaventata.- chiese dopo un po’ l’Ippogrifo.
Drew alzò lo sguardo verso la cascata. –Ha paura di te. A
quanto pare qui al Nord uccidono gli Ippogrifi perché sono
convinti che rubino loro il bestiame. Quasi sicuramente saranno dei
Grifoni.- disse.
-Noi non rubiamo il bestiame!- si schermì l’amico.
Gli diede una pacca sulla spalla. –Lo so.
-Ti sei fatto male?- Blaking gli si avvicinò, esaminando la ferita al braccio.
-Come? Oh, no, solo un graffio.- sorrise, leccando via il sangue. –Visto? Guarito.
-Che metodo barbaro. Se avessi il pollice opponibile te la curerei io.- commentò la creatura, ridacchiando.
Drew fece spallucce, divertito dalla risposta dell’amico. -Sono pratico.
-Mi metto di guardia, va bene?- l’Ippogrifo cambiò
improvvisamente argomento. Il ragazzo lo fissò, all’erta.
–Credo che tra un po’ farà qualcosa.- concluse,
alzando gli occhi verso la cascata.
Ethelyn, infatti, era riuscita a calmarsi un poco.
Ma tanto bastò per permetterle di farsi spuntare le ali. Voleva
in tutti i modi evitare di bagnarle, ma doveva nuotare dietro il flusso
d’acqua per non farsi vedere dall’Ippogrifo, quindi sarebbe
stato difficile.
Lentamente e con attenzione iniziò a risalire, un po’ volando e un po’ arrampicandosi.
Quando finalmente mise piede dentro la stanza degli allenamenti si lasciò cadere a terra, senza fiato.
“Sono salva!”, pensò, sollevata.
Restò a fissare il soffitto, riprendendo lentamente fiato.
Quando si fu riposata si rimise in piedi e puntò verso camera sua, intenzionata a fare un fagotto e scappare.
I suoi genitori non l’avevano nascosta lì dentro perché divenisse cibo per uccelli.
Aprì l’armadio, estraendone diverse cose e cacciandole a
forza in una borsa di cuoio. La chiuse e poi si liberò del
vestito che aveva indosso, sostituendolo con un paio di pantaloni, una
camicia e un corsetto di pelle, che le arrivava sotto il seno, generoso.
Afferrò la cintura con le custodie per i sai e se la
assicurò alla vita, infilandovi poi le armi. Infine legò
i capelli in una coda bassa, fatta alla belle meglio.
-Cibo…- si ricordò. Entrò in cucina ed infilò il possibile in un tascapane, che nascose nella borsa.
Recuperata anche una borraccia si bloccò, fissando
l’ambiente attorno a sé. Da quando suo padre ce
l’aveva portata, tredici anni prima, non aveva mai osato uscire.
Aveva diciannove anni, ora, ma si sentiva ancora spaventata dal mondo e
dalle persone che lo abitavano. “Soprattutto dagli
Ippogrifi.”, pensò.
-Forse dovrei scrivere qualcosa…?- si chiese. Aveva intenzione
di allontanarsi il tempo necessario per evitare i due che la stavano
aspettando di sotto… oppure no?
Si morse il labbro inferiore, pensosa.
La verità era che voleva andarsene da lì, voleva vivere
davvero. Il ruolo della principessa nella torre non le si addiceva per
niente.
Prese un respiro profondo, recuperò un pezzetto di carta e un carboncino, abbandonato sul piano della cucina.
“Papà, mamma… al vostro ritorno non mi troverete.
Ho deciso che è ora di affrontare il mondo.
Vi amerò sempre, Ethelyn.”
Scarabocchiò quelle poche righe e le mise nella camera
dei suoi genitori, sul letto. Non l’usavano quasi mai ma,
cercandola, sarebbero passati anche per di lì.
Si concesse un momento per mandare a memoria gli odori e i colori della
grotta, di casa sua. Sentì una fitta all’altezza del
cuore, ma trattenne con tutte le forze le sue lacrime.
Era cresciuta nella convinzione che piangere fosse sconveniente
perché metteva estremamente a disagio le persone e se stessi.
Ethelyn le reputava un lusso, qualcosa cui lasciarsi andare quando
sapeva di essere veramente sola. E solo quando necessario. Come se
potesse controllare così facilmente le proprie emozioni…
Scosse la testa, schiarendosi la mente e poi si avviò nuovamente verso lo spiazzo dove era solita allenarsi.
Si caricò la borsa in spalla e chiuse gli occhi, concentrandosi.
L’aria satura d’acqua le sferzava il viso, colpendola fisicamente come il rumore della cascata.
Spiegò le ali, lentamente e si preparò al volo.
Nel mentre Blaking fece un cenno a Drew e se lo caricò in groppa. –Che cos’hai visto?- domandò il Nun.
-La tua amica sta per tentare la fuga.- gli disse, alzandosi in volo.
Raggiunsero rapidamente l’apertura nella roccia, approfittando della fitta nebbia creata dall’acqua.
Così, quando la Ferift aprì gli occhi si ritrovò a fissare i due amici.
Fece per allontanarsi dal bordo, ma Drew si sporse in avanti e
l’afferrò per un braccio, caricandola di peso su Blaking.
-Cosa fai? Mettimi subito giù!- iniziò ad agitarsi lei.
-Ehi, buoni o cadrete.- la rimproverò l’Ippogrifo. La
ragazza non gli badò e continuò ad agitarsi, inutilmente
trattenuta dalle braccia del Nun.
-Smettila! Così cadremo!- tentò lui.
Ethelyn non si fermò, anzi, gli morse un braccio e si gettò letteralmente nel vuoto.
-Oddio!- esclamò Blaking, stupefatto. –Questa è matta.
Si gettò a capofitto verso la Ferift, che stava cercando in tutti i modi di farsi spuntare le ali.
“Niente paura, niente paura!”, si ripeteva.
Ma non sentiva il famigliare formicolio sulla schiena.
E il fondo del lago si avvicinava sempre di più.
-Ethelyn, dammi la mano!- la voce del Nun le suonò preoccupata e pressante.
Si contorse, cercando di capire cosa stesse facendo.
Nel momento esatto in cui lo fece lui l’afferrò.
Per evitare di schiantarsi al suolo Blaking dovette frenare bruscamente, impiegando tutta la forza che aveva nelle ali.
Il contraccolpo sbalzò il suo compagno di sella e mandò i due ragazzi direttamente a bagno.
Virò con un movimento secco e si fermò a mezzaria.
-Drew!- chiamò.
Vedeva le loro sagome attraverso la trasparenza dell’acqua.
Preoccupato scese di quota, fino ad atterrare sulla riva. Stava per
entrare nel lago quando l’amico emerse, trascinando con sé
il corpo della giovane Ferift.
-Ha battuto la testa! Aiutami!
Lo raggiunse ed afferrò la camicia della rossa, tirandola verso lo spazio erboso in prossimità della cascata.
L’appoggiarono attentamente a terra, evitando di farle subire altri colpi.
-Controlla se respira…- disse il Nun, agitato.
Blaking gli lanciò un’occhiata e poi si chinò sul
petto di Ethelyn, per controllare il battito. Il cuore era a posto,
l’unica ad essere incosciente era la sua proprietaria.
-Sta bene, dobbiamo solo aspettare che si svegli.- dichiarò.
Al sentire ciò il ragazzo lasciò uscire un sospiro di sollievo e si sedette a terra, frizionandosi i capelli.
-Che tipa cocciuta. Credeva davvero che volessi mangiarla?-
l’Ippogrifo le sfiorò una spalla, controllando eventuali
reazioni. –Sono buono come il pane…- proseguì,
quasi come se volesse convincerla a fidarsi di lui.
-Glielo spiegheremo non appena starà meglio.- lo rassicurò il compare.
-Secondo me potrebbe tentare qualche altro scherzetto, una volta
sveglia.- ragionò la creatura. –Meglio disarmarla.-
aggiunse, indicando con becco le armi.
Drew allora allungò le mani ed estrasse i sai dalle loro
custodie. –Che strani pugnali…- commentò,
osservandoli.
Blaking si avvicinò per guardarli più da vicino.
–Sono sai… un’arma usata dal popolo dell’Est.-
spiegò, stupito.
I ragazzo lo fissò. –E perché ce li ha lei?
L’altro scosse il capo. –Come faccio a saperlo?- replicò.
“Giusto… però sono interessanti…”,
pensò il Nun, rigirandosi le lame tra le mani. –Li usa sia
per difendere che per attaccare…- mormorò, riportando
alla mente lo scontro di poco prima.
-Sì, sono fatti apposta.
-Perché sai tutte queste cose?- gli chiese, divertito.
-Perché teoricamente dovrei esserti d’aiuto, in questo viaggio.- rispose, ridendo.
-E’ vero!
Mentre ridevano non si accorsero che la ragazza aveva ripreso i sensi.
Ethelyn aprì gli occhi e li richiuse subito dopo, abbagliata
dalla luce del sole. La feriva fisicamente, come un colpo di spada.
-Che male…- gemette, portandosi una mano alla testa.
Drew, accortosi del suo movimento, si avvicinò per prestarle aiuto. –Ehi, ti sei svegliata! Come stai?
Lei spostò lentamente gli occhi su di lui e lo fissò senza dire niente.
-Riesci ad alzarti? Credo che dovremo curare quella ferita…- continuò lui, solerte.
La Ferift alzò una mano per allontanarlo, ma poi vide l’Ippogrifo.
Sbiancò completamente e s’irrigidì.
Senza perder tempo portò le mani alla vita, sicura di trovare le
sue armi. Quando trovò i foderi vuoti lasciò uscire un
singulto.
-Sì… te le abbiamo tolte. Non volevamo che iniziassi ad
agitarle a destra e a manca.- spiegò il Nun, leggermente
imbarazzato.
-Allontanalo da me…!- ordinò, indicando Blaking.
-Senti, signorina, io sono innocuo. Ma se continui così potrei
anche avermene a male.- le disse, chinando la testa per poterla
osservare da vicino.
Lei si ritrasse, spaventata.
-Non… non sei pericoloso…?- s’azzardò a chiedere con voce tremante.
L’altro scosse il grande capo piumato, lentamente. –E ora
fatti controllare quella ferita alla testa. Sanguina già da un
po’.- le disse.
Si tastò nuovamente il capo e ritrovò la mano sporca di sangue.
-Ti aiuto.- senza che gli fosse stato chiesto Drew l’aiutò
a mettersi seduta. Ethelyn rimase a guardarlo, stordita. –Tutto
ok? Hai le vertigini, nausea…?
Scosse lentamente la testa.
Lui allora le scostò i capelli dalla fronte per osservare la
ferita. Imbarazzata fece per scacciarlo: poteva fare anche da sola.
-Non ti faccio niente.- le disse, cercando di essere il più
rassicurante possibile. Di solito era abbastanza impulsivo, ma non
voleva spaventarla ulteriormente.
-Come ti chiami?- le chiese Blaking, per distrarla.
Lei tornò a guardarlo, riuscendo a non sgranare gli occhi.
–E-Ethelyn…- la voce le si impigliò in gola.
Non era abituata ad essere accudita da qualcuno che non fosse i suoi
genitori, quindi si sentiva estremamente a disagio. E poi, davanti a
lei c’era un Ippogrifo per niente rassicurante.
-E’ un bel nome.- se fosse stato umano quello sarebbe stato un bel sorriso, sincero.
-Tu… come ti chiami?- domandò allora lei, tentando di essere cortese.
-Blaking.
-Vieni dall’Ovest anche tu?- lanciò un’occhiata a Drew, alle prese col taglio che aveva alla tempia.
Aveva un’espressione diversa, tutto concentrato sul suo lavoro.
L’Ippogrifo annuì. –Sono cresciuto con Drew.- spiegò.
-Oh… giusto… la tradizione del compagno…-
mormorò lei, ricordandosi di quello che aveva studiato. I Nun
erano soliti affiancare ai nascituri un cucciolo della razza che
preferivano, affinché diventasse compagno di giochi (e poi per
la vita) del bambino cui era affidato.
Blaking lanciò un’occhiata all’amico e poi le chiese:-Tu vivi… dentro quella grotta?
Lei lisciò una piega dei pantaloni e poi annuì. –E’ complicato.
-Ora cosa farai…?- volle sapere Drew.
Lei si voltò a fissarlo, scostandosi leggermente. –Che intendi dire?- domandò.
-Be’, mi hai detto che quelli del tuo villaggio ti
ucciderebbero… per colpa del tuo aspetto, credo. Quindi non
penso vorrai rimanere qui…- ragionò.
“Ha capito che non sono pura!”, pensò lei con un
tuffo al cuore. –Voglio andarmene…- ammise. Non poteva
assolutamente andare dai suoi genitori, li avrebbe messi in pericolo.
-Vuoi venire con noi?- le chiese il ragazzo, di punto in bianco.
-Cosa?! Drew, ma sei impazzito?!- scattò Blaking.
Il Nun lo fissò, calmo. –No, perché?
-Lo sai che lei ritiene che io possa mangiarla e tenterà di
uccidermi alla prima occasione, vero?- strepitò, agitando le ali
in un moto d’irritazione.
Ethelyn non riuscì a trattenere un urlo e si riparò immediatamente il viso.
Per quel gesto l’animale si beccò un’occhiataccia
dal compagno. Allora si calmò e mormorò qualche parola di
scusa.
-Tutto ok, Ethelyn.- la rassicurò, cercando di farle togliere le mani dalla faccia.
-Non voglio unirmi a voi… non ce n’è bisogno. Posso arrangiarmi.- disse, respirando profondamente.
-Non credo che tu conosca così bene Suran.- fu la risposta
scettica del giovane. Questa volta fu lui a beccarsi un’occhiata
di rimprovero. –Scusa… ma mi sembra che tu sia stata
là dentro per molto tempo.- si giustificò.
-Sì, ma non sono stupida. Ho studiato.- replicò,
infastidita dalle sue insinuazioni. “Solo perché ho
vissuto tredici anni in una grotta non ho il quoziente intellettivo di
un orso!”, aggiunse mentalmente.
-Drew, non possiamo portarla con noi.
-Perché no? Potremo aiutarci a vicenda.- protestò, convinto.
Ethelyn fece per intervenire quando Blaking alzò improvvisamente la testa, fissando un punto imprecisato nel cielo.
-Che succede?- gli domandò Drew, all’erta. Anche la ragazza aveva sollevato gli occhi.
-Sta arrivando qualcosa… qualcosa di grosso…
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo confuso, dato che non avevano una vista così acuta da poter scrutare le nuvole.
Istintivamente l’Ippogrifo indietreggiò, fino a coprirli con le proprie ali, spalancate a mo’ di barriera.
-Non muovetevi.- ordinò.
La Ferift si stupì tantissimo del suo comportamento. Considerato che l’aveva accusato di volerla uccidere.
Rimasero immobili per diversi istanti, i cuori che martellavano nei loro petti come impazziti.
Poi le fronde degli alberi attorno a loro frusciarono, sussurrando
parole sconosciute. L’acqua del lago s’increspò,
producendo piccole onde.
-Oddio…- mormorò stupefatto Blaking.
-Che succede?- il Nun cercò di aggirare la sua ala per poter vedere cosa stava accadendo.
-Salute a voi, abitanti di Suran.- li salutò una voce solenne.
Nell’udirla parve loro che il vento sussurrasse una melodia lontana, che parlava di casa e oceani.
-Blaking, insomma, fammi ve…- Drew si bloccò a metà del gesto.
Davanti a lui c’era il Cair del Vento.
Se ne stava ritto in tutta la sua magnificenza, osservandoli coi suoi occhi rossi come rubini.
“Cavoli, è alto come Blaking!”, pensò, percorrendo cogli occhi il corpo agile e muscoloso del lupo.
Il suo pelo si muoveva al ritmo dell’aria, che solleticava anche
le piume delle sue ali, maestose e grandi come quelle delle aquile.
-Salute a te, Cair del Vento, protettore dell’Ovest.- l’Ippogrifo ricambiò il saluto, inchinandosi.
All’udire ciò Ethelyn sgranò gli occhi ed
uscì dal riparo offertole dalle piume dell’animale. Rimase
a fissare il Cairansis a bocca aperta.
-Ragazzi…- Blaking richiamò la loro attenzione. I due
sobbalzarono, ma si affrettarono a chinare il capo in segno di rispetto.
-Non c’è bisogno.- li rabbonì il Vegliante.
Lentamente si rialzarono, cercando di assumere un’espressione che non li facesse apparire stupidi.
-Cosa ci fanno un Nun, un Ippogrifo e una Ferift nelle terre del Nord?- volle sapere.
-Ci siamo incontrati per caso…- si fece avanti Drew. Tenne lo
sguardo basso, evitando d’incontrare gli strani occhi del lupo.
-Non posso pietrificare le persone, quindi sentiti libero di guardarmi negli occhi.- disse quello, divertito.
Arrossendo, il ragazzo fece come gli veniva detto. –Io e Blaking
siamo in viaggio verso le terre del Cuore. Abbiamo incontrato Ethelyn
per colpa della mia curiosità.- continuò.
-La curiosità non è una colpa, va solo dosata.- fu la risposta. –Come mai cercate le terre del Primo?
-Ci hanno incaricati di chiedergli udienza. Nel nostro villaggio, Kephas, ci sono dei problemi.- spiegò Blaking.
Fenris si accigliò, perplesso. –Che genere di problemi?
I due amici si scambiarono un’occhiata.
-Non abbiamo più nascite tra i Nun, da cinque anni.- rivelò Drew.
All’udire ciò Ethelyn spalancò gli occhi.
Com’era possibile che non avessero bambini da cinque anni a
quella parte? Era impossibile!
La notizia sconvolse anche il Cair del Vento. I muscoli delle sue zampe
s’irrigidirono e prese ad agitare la coda, nervoso. –Questo
è male…- commentò.
-Ci hanno mandato in missione. Dobbiamo riferirlo al Cair della Terra.- disse l’Ippogrifo.
-Ci sono altri villaggi con questo problema? Sapete qualcosa della
capitale?- s’informò il lupo. “Il fatto che ognuno
badi ai suoi territori non giustifica questa mia ignoranza.”,
pensò, infastidito dalla propria negligenza.
-Non lo sappiamo. Ci sono parecchie ostilità tra i vari clan di Nun.- ammise Drew, rammaricato.
Ethelyn lo fissò confusa. Perché un Cair permetteva
inimicizie o scontri tra le genti del suo popolo? C’era qualcosa
che non andava, decisamente no.
Il Vegliante li scrutò attentamente. –Dovete avvertire
subito il Primo. Io mi occuperò degli altri Veglianti e
cercherò notizie di mio fratello, il Cair della Luce.- decise.
I tre lo guardarono, smarriti.
-Come… come possiamo…?- Blaking non sapeva da dove cominciare.
-Il fatto che non ci siano nascite indica che la vita del Vegliante
è minacciata da qualcosa o qualcuno. O che lo sarà.
Dobbiamo impedire che succeda il peggio.- fu la risposta. –So che
non ho il diritto di chiedervelo, ma ho bisogno del vostro aiuto.
-Del nostro aiuto?- ripetè Ethelyn, stupita.
Il lupo la guardò, alzando le orecchie. –Sì,
Ethelyn. Ho bisogno del vostro aiuto. Parti con loro.- le disse.
-Come fa a sapere che…?
Quello sorrise, mostrando leggermente le zanne. –Leggere nel pensiero ha i suoi vantaggi…- commentò.
-Io non c’entro niente con tutto questo.- gli fece notare lei.
-Chi può dirlo? Magari fai parte di un disegno più
grande.- le si avvicinò, sovrastandola con la sua mole. La
ragazza fu tentata di tirarsi indietro, ma s’impose di rimanere
immobile. –Potresti trovare le tue radici, piccola Ferift
dall’aspetto di fuoco.
-Io…
-Non temete, non c’è nessun pericolo immediato.- disse
Fenris, cercando di convincerli. –Ma non posso e non voglio
comunque obbligarvi…
-E’ normale che… che un Cair si ammali o muoia?- chiese innocentemente Drew.
Il grande lupo lo guardò dritto negli occhi. –No. E
nemmeno il fatto che nessuno di noi si sia accorto dell’assenza
di bambini lo è.- rispose, con voce rammaricata.
Il Nun allora si voltò a fissare l’amico, chiedendogli
cosa dovesse fare. L’Ippogrifo ricambiò lo sguardo,
combattuto.
Mettersi in viaggio per conto del Vegliante del Vento era un onore, ma
anche rischioso: se l’ipotetico nemico l’avesse scoperto
avrebbe tentato di ucciderli.
-Dovrete viaggiare rapidi, di giorno e di notte. Non dovrete farvi
scoprire da nessuno.- fu come se il Cair gli avesse letto nel pensiero.
-E se trovassimo degli alleati?- domandò Blaking.
Fenris meditò un attimo poi disse loro:-Andate nel Regno degli Elfi del Nord. Cercate dama Undine.
I tre si guardarono, confusi.
-Lei è una delle mie Ninfe dell’aria, una delle mie prime
figlie. Potete fidarvi di lei e della sua famiglia.- li
rassicurò.
Mentre stavano parlando un’aquila dalla grande apertura alare planò attraverso la cascata, diretta verso di loro.
Il Cair alzò gli occhi rossi come sangue, senza scomporsi. –Radagast… che notizie?- domandò, calmo.
-Ci sono disordini nella capitale! Sembra che alcuni cani enormi stiano
diffondendo il panico.- spiegò l’animale, appollaiandosi
sul ramo di un albero.
-Cani neri? Sono segugi?- domandò.
L’altro scosse la testa, mentre i ragazzi e Blaking lo fissavano senza parole.
“Un mutaforma…”, pensò l’Ippogrifo. Probabilmente apparteneva al popolo del Cuore.
-Va bene, andiamo. Ragazzi… confido in voi. So che avete
già preso una decisione.- e detto questo spalancò le ali,
piegò le zampe posteriori e prese il volo. –Buona fortuna.
L’uccello lanciò loro un’occhiata e poi si affrettò a seguire il Cair.
-Quello che è appena successo era un sogno, vero?- chiese Drew, allucinato.
Blaking scosse la testa. –No, era tutto vero.
-E noi abbiamo veramente accettato di aiutare il Cair del Vento a salvare quello della Luce?- domandò ancora.
Ethelyn gli si avvicinò. –Portatemi con voi.- disse solo.
I due la fissarono, stupiti. –Potrò allontanarmi da qui
e… aiutare.- si giustificò.
-Potrebbero ucciderci…- ragionò Blaking. –O peggio.
-Io correrò il rischio.- asserì la Ferift. “Spero solo di non pentirmene.”, aggiunse mentalmente.
Nonostante mostrasse una facciata da dura, era una persona estremamente insicura.
-Drew…?- l’animale si voltò a guardarlo.
Il ragazzo sospirò. –Suppongo di dover venire. Se no mi
considererete per sempre un codardo e non lo sono.- disse, esibendo un
sorrisetto.
-Bene, allora. Raggiungiamo il Regno del Nord.- decise la rossa. Poi si bloccò. –Voi sapete dove si trova, vero?
I due scoppiarono a ridere. –Certo. Seguici.
***
Fenris arrivò nei pressi della piazza di Ghijlea.
Le persone fuggivano, urlando e calpestandosi nel parapiglia. Il Cair
scese verso la strada, cercando d’individuare i cani.
Radagast fu presto al suo fianco. –Uno era vicino alla
biblioteca, altri due presso una delle porte principali.- riferì.
-Scendo a controllare. Riassumi sembianze umane e cerca di fermare
quello nei pressi della biblioteca. Raccogli più informazioni
possibili. Se oppone resistenza uccidilo.- ordinò.
-Agli ordini!- e l’aquila sparì oltre i tetti delle case.
Il Vegliante sapeva che avrebbe recuperato le sue cose da
un’alcova nel campanile cittadino, dove le lasciava ogniqualvolta
dovesse cambiare forma.
Si trasformava sempre in un rapace, perché era la forma animale che gli si addiceva di più.
-Fermatelo! Il mio bambino!- la voce di una donna si levò in mezzo al baccano.
Il lupo virò verso il basso e si diresse verso le mura, non
molto distanti. Quando ebbe individuato la malcapitata atterrò e
le si avvicinò.
-Cos’è successo?- chiese.
Quella, nel vederlo, sbiancò completamente e si affrettò a fare una riverenza.
-Cosa succede qui?- ripetè.
-Uno di quei grossi cani… ha preso… il mio bambino
è stato preso da uno di loro!- riuscì a dire, tremando
leggermente.
Senza perdere tempo si slanciò in mezzo alle persone, fendendo
la folla come una freccia d’argento. Svoltò un angolo e si
ritrovò davanti i due animali.
Erano più grossi dei normali segugi allevati nella regione e
avevano un inusuale color nero, troppo profondo per sembrare vero.
Il loro pelame ricordava le notti senza luna, illuminato solo da un debole lucore di riflessi più chiari.
Nonostante il colore e la mole leggermente sopra la media, non avevano
nulla di particolare. Non fosse stato che erano privi d’ombra.
“Com’è possibile?”, si chiese Fenris.
Mentre li osservava loro si accorsero della sua presenza. Quello che
aveva in ostaggio il bambino mollò la presa e si aggregò
al compagno.
Il Cair digrignò i denti, pronto allo scontro.
Nessuno poteva minacciare il suo popolo. E questo valeva anche per dei segugi neri.
Dalla sua destra giungeva rumore di combattimento: sicuramente Radagast aveva ingaggiato uno scontro con l’altro cane.
Rassicurato della riuscita del suo piano, si gettò addosso ai suoi avversari.
Iniziarono a combattere selvaggiamente con unghie e denti, mordendo e
graffiando ogni centimetro di pelle che capitava loro sotto tiro.
Il Vegliante fu costretto ad alzarsi in volo per schivare un assalto
più poderoso degli altri, poi piombò loro addosso
dall’alto.
Azzannò alla gola quello più vicino, aprendogli la
giugulare. L’animale cadde riverso a terra, iniziando a versare
caldo sangue sul selciato.
L’altro balzò indietro, ringhiando.
-Ucciderò anche te.- gli disse il lupo, avanzando.
Dopo una breve esitazione l’animale si accucciò, tirando
indietro le orecchie. Fenris lo sovrastò e ottenne la resa,
pancia all’aria e tutto il resto.
Si concentrò sul collo del canide ed in poco ecco
comparire una catena di solido acciaio. Il Cair del Vento poteva
manipolare l’aria e darle la forma che più desiderava,
purché non abusasse di questo suo potere.
In quel caso era necessario impedire al cane di scappare.
-Fenris! Ho catturato il cane!- un Elfo dai lunghi capelli castani
raccolti in una treccia lo raggiunse, trascinandosi dietro il suo
bottino.
Pur avendo già superato i duecento anni, Radagast aveva ancora
un aspetto giovane e, ovviamente, attraente. Gli Elfi della Terra erano
uno dei popoli più longevi di Suran, ma la longevità era
una cosa soggettiva, che dipendeva dalla tempra delle persone e degli
animali.
-Ben fatto. Anche io ne ho uno.- il lupo fece un cenno col muso alla bestia, accucciata a terra.
-Inizio subito le ricerche.- disse Radagast.
-Scopri perché non hanno ombra.- si raccomandò il Cair. Quella era la questione che più gli premeva.
-Sarà fatto.
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Capitolo 7 *** Cap. 6 Conoscersi... ***
Cap. 6 Conoscersi...
Già al sesto capitolo, wow! o.o Che dire? I ragazzi inizieranno i primi approcci, ma qualcosa li interromperà...
Stranamente sto scrivendo capitoli abbastanza corti (per i miei standard xD), spero abbiano
abbastanza fluidità e azione da sopperire alla lunghezza
nella media.
Buona lettura! :)
Cap. 6 Conoscersi…
Una luce brillava nell’oscurità, fluendo all’infinito verso l’alto.
Al centro di quella spirale luminosa galleggiava una piuma. La sua piuma.
Provò ad avvicinarsi al simulacro della sua stessa vita, ma
qualcosa lo bloccava. Abbassò gli occhi e vide mani
d’ombra strette attorno alle sue zampe.
Cercò di liberarsi, ma ne spuntarono altre, che gli artigliarono la gola.
E davanti a lui il candore della piuma svaniva rapidamente, inghiottito dalle ombre.
Shunka aprì gli occhi di soprassalto.
Fu come riemergere dalle profondità di un lago ghiacciato dopo interminabili minuti d’apnea.
Osservò il cielo sopra la sua testa, ruotando le orecchie per captare la presenza di una di quelle creature malefiche.
Faceva quel sogno da anni. Ormai aveva perso il conto.
“Ho bisogno d’aiuto…”, realizzò, mettendosi faticosamente a sedere.
Non sapeva com’era successo, ma sapeva di essere malato. Da
parecchio tempo non riusciva a muoversi come prima, quasi fosse
invecchiato tutto d’un colpo e sentisse il peso dei secoli su di
sé.
Chiazze del suo pelo erano scolorite, assumendo sempre più un colore cinereo.
La spirale di luce in cui viveva si era abbassata. Era scossa da
pulsazioni sporadiche e dolorose, che colpivano fisicamente il Cair.
Se la sua dimora cercava di respingerlo non c’era da stupirsi che
la sua stessa vita gli stesse scivolando via dalle zampe.
Sospirò stancamente e salì le scale fino alla cima.
Osservò il mondo attorno a sé, godendo della calda brezza
primaverile che gli accarezzava la schiena.
Anche il sole gli sembrava meno luminoso… o era una sua impressione?
-I miei occhi m’ingannano…- mormorò, chiudendoli.
Assaporò il calore dell’astro, meditando per l’ennesima volta sul perché fosse solo.
Gli altri Cair non si facevano vivi da parecchio tempo, ma lui stesso non aveva mai provato a contattarli.
“Perché…?”, si chiese, confuso. Cosa gli impediva di chiedere aiuto?
In risposta alla sua domanda inespressa, la spirale gli trasmise una vibrazione, che gli salì attraverso le zampe.
Abbassò gli occhi verso il basso e ridiscese. Una volta giunto al catino si sedette, stanco ed osservò la piuma.
Galleggiava placida, indifferente al resto del mondo.
“E’ progredito.”, constatò, osservandola.
Metà di essa era annerita, quasi come fosse stata bruciata. E
mentre la fissava sembrava che il processo andasse avanti, lento ma
inesorabile.
“Devo fare qualcosa!”, fu il suo pensiero, prima d’allontanarsi.
***
-Ci servono delle provviste. Ne hai?- Drew si voltò a fissare Ethelyn.
Lei alzò lo sguardo ed annuì. –Nella grotta.
-Andiamo a prenderle.- disse, facendole un cenno col capo.
-No, vado io. Ci metterò meno.- lo fermò. Chiuse gli
occhi, richiamò la sua energia magica e, quando sentì il
famigliare formicolio alla schiena, si fece spuntare un meraviglioso
paio di ali.
-Wow! Sono… enormi!- esclamò il ragazzo, sorpreso.
La ragazza non rispose, ma lo obbligò gentilmente a farsi da
parte. Saggiò le correnti d’aria e poi spiccò il
volo.
-Quante ve ne servono?- chiese, fermandosi a mezz’aria.
-Tutte quelle che riesci a racimolare.- le disse Blaking. Lei
annuì e sparì dietro il flusso d’acqua della
cascata.
-E io che credevo di trovare un tesoro…- scherzò il Nun,
chinandosi sul suo zaino. Lo aprì ed iniziò a stipare le
sue cose, per far posto alle vettovaglie.
Non che fossero a secco, ma era meglio avere la bisaccia piena di cibo che la pancia d’aria.
L’Ippogrifo gli si avvicinò. –E questo cosa vuol
dire? Che ti fa piacere averla trovata…?- gli domandò con
una punta di malizia.
L’altro sollevò lo sguardo e poi lo riabbassò
subito dopo, arrossendo. –Dico solo che abbiamo fatto una buona
azione.- bofonchiò, imbarazzato.
-Ti ricordo che questo viaggio è importante, ora più che
mai. Non c’è tempo per le romanticherie.- lo
redarguì l’amico.
-Lo so, lo so.- sospirò l’altro.
-Razionalmente sì… ma non è il tuo cervello che mi preoccupa.
Stavolta Drew lo guardò con tanto d’occhi. –Ehi, io non ragiono con le parti basse!- si schermì.
L’animale ricambiò lo sguardo, stoico. –Mi riferivo al tuo cuore.
Rimasero in silenzio per qualche istante e poi scoppiarono a ridere, proprio nel momento in cui Ethelyn faceva ritorno.
-Perché ridete?- volle sapere, curiosa.
-Niente.- si affrettò a dire il ragazzo e tornò ad occuparsi delle sue cose.
-Cos’hai trovato?- Blaking le si avvicinò.
Lei posò a terra diverse bisacce e le aprì.
–Frutta, carne essiccata, diversi tipi di semi, farina,
pane… ah, delle borracce!- elencò, allineando il tutto
sull’erba. –Ho recuperato anche delle coperte… non
si sa mai. Qua al nord fa freddo, la notte.
-Ben fatto.- si complimentò l’Ippogrifo.
-Oh… ehm… grazie.- rispose lei, presa in contropiede. Ora
che ci aveva scambiato qualche parola non sembrava affatto un essere
spaventoso, divoratore di ignari Ferift.
-Bene, dividiamocele.- il Nun afferrò le varie cose ed iniziò a ficcarle a forza nel proprio bagaglio.
Ethelyn lo fissò, confusa. –Ho fatto qualcosa di male?- domandò.
-No, nulla.- rispose brusco lui. Quello che gli aveva detto Blaking,
sul fatto che non poteva controllare i suoi sentimenti, l’aveva
infastidito.
La Ferift non aveva colpa, ma non gli importava. Non volevano che
facesse sciocchezze? Bene, allora si sarebbe tenuto lontano da lei.
-Oh, va bene.- la risposta della ragazza suonò leggermente piccata.
“Bene, mi sono fatto un’amica.”, pensò, ironico.
Ormai la frittata era fatta.
Blaking lanciò un’occhiata all’amico.
Forse aveva sbagliato a dirgli che non doveva farsi coinvolgere: sicuramente farsi odiare non giovava a nessuno di loro.
Sospirò e poi si rivolse alla rossa. –Riempiresti le borracce mente io mi facci caricare come mulo?- le chiese.
-Ok.- disse solo lei e si chinò nei pressi dell’acqua, riempiendo i contenitori di pelle.
L’Ippogrifo ne approfittò per avvicinarsi al compagno.
-Drew, non ti ho detto che devi farti odiare.- gli sussurrò.
Quello lo ignorò, dando in una scrollata di spalle.
“Ed ecco a voi un Nun offeso.”, pensò la creatura,
alzando gli occhi al cielo. Quando s’intestardiva così
avrebbe tanto voluto dargli un colpo in testa per farlo rinsavire.
Mentre ragionava su quel detestabile particolare del carattere di Drew,
il Nun gli caricò in spalla i loro bagagli, ossia le coperte e
alcune delle provviste.
Ethelyn li raggiunse e distribuì le borracce: ne avevano
quattro, quindi due sarebbero finite nelle scorte sulla schiena di
Blaking.
-Bene, andiamo.- il ragazzo si alzò, gettandosi sulle spalle lo zaino.
La rossa lo imitò e tutti e due guardarono l’Ippogrifo.
Lui annusò l’aria per qualche istante e poi indicò
loro lo strapiombo da cui si gettava la cascata.
-Dobbiamo passare dall’altra parte e ridiscendere.-
annunciò. Si piegò sulle zampe anteriori, in modo che i
due ragazzi potessero salirgli in groppa.
Drew non se lo fece ripetere due volte, ma Ethelyn indietreggiò.
–P-preferisco volare, se non è un problema.- disse.
Gli occhi color ghiaccio dell’animale la scrutarono, mettendole
addosso una certa apprensione. Prima se n’era dimenticata,
distratta dalle diverse mansioni.
-D’accordo.- disse infine lui, sgranchendo lentamente le ali color pece.
Viaggiarono per il resto della giornata, accampandosi solo quando il sole era tramontato da un pezzo.
Avevano percorso più miglia possibili, cercando di coprire la
distanza che li sperava dal Regno del Nord che, a dispetto del nome, si
trovava molto vicino al Cuore.
Fortunatamente il tempo aveva retto, cosa non scontata considerando che si trovavano in montagna.
A pomeriggio inoltrato Drew aveva anche ucciso un paio di lepri,
rubando la preda ad Ethelyn, che si era preparata a scagliare le sue
armi.
A parte quell’avvenimento non c’era stato niente di
rilevante: il loro tempo era stato scandito da soste e camminate.
Il tutto nel più religioso (e snervante) silenzio.
Sentendo addosso tutto il peso della giornata, la Ferift si lasciò cadere vicino al fuoco che lei stessa aveva acceso.
Si tolse gli stivali e si massaggiò i piedi, doloranti.
Drew stava pulendo le prede e Blaking era andato a controllare che lì intorno non ci fossero pericoli di nessun genere.
Il Nun aveva ormai sbollito l’arrabbiatura e voleva
scusarsi con Ethelyn ma, quando aprì bocca per farlo, il suo
compagno di avventure ritornò nel campo, annunciando che era
sicuro.
L’occasione sfumò e lui decise di lasciar perdere.
La ragazza, dal canto suo, avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma non
voleva essere invadente. E in più non sapeva da dove iniziare,
era un po’ arrugginita per quanto riguardava le dinamiche sociali.
Lanciò un’occhiata al Nun e poi disfece il suo sacco a pelo, sistemandolo parallelamente al fuoco.
-Mangiamo e poi corichiamoci. Domani dovremo partire all’alba, se ci riesce.- disse Blaking, sedendosi.
Ci furono mormorii d’assenso da parte dei ragazzi, ma null’altro.
“Santa pace…”, pensò lui, trattenendo un sospiro.
La luna era ormai sorta da parecchio quando si sdraiarono e chiusero gli occhi.
Così com’era arrivata, la notte se ne andò,
lasciando spazio ad un nuovo giorno, leggermente più caldo del
precedente.
Il primo a svegliarsi fu proprio l’Ippogrifo, che diede poi la sveglia ai compagni.
Smontarono il campo e si rimisero in marcia.
Esattamente come il giorno prima camminarono, si riposarono, e
camminarono nuovamente. Attraversarono il versante di una montagna per
inerpicarsi su un’altra.
Essendo una persona pratica, la Ferift approfittò
dell’assenza di conversazione per godersi il paesaggio e
conoscere il luogo in cui era nata.
Drew, invece, si tormentò per buona parte del viaggio, cercando di distrarsi in qualsiasi modo.
Poco prima di sera incapparono in un crepaccio bello profondo. Blaking
disse che dovevano attraversarlo, perché il sentiero che stavano
seguendo (sentiero che solo lui conosceva) continuava davanti a loro.
Avrebbero potuto fare il giro, ma avrebbero allungato di un giorno.
Senza discutere Drew gli era salito in groppa ed Ethelyn li
aveva seguiti volando, non fidandosi ancora dell’Ippogrifo.
-Oddio, sono stanchissimo!- Drew si lasciò cadere pesantemente a terra.
Il burrone che avevano dovuto attraversare aveva prosciugato loro tutte
le forze perché era attraversato da diverse correnti
d’aria, molte delle quali contrarie al loro verso di moto.
Quindi, sia per Blaking che per Ethelyn era stato faticoso avanzare.
Drew, dal canto suo, aveva dovuto nascondere sotto il proprio corpo le
bisacce e le coperte, per evitare che il vento le strappasse via.
La Ferift gli lanciò un’occhiata. –Non abbiamo perso
niente, vero?- volle sapere. Lui scosse la testa, facendo
l’inventario con una rapida ispezione visiva.
-Blaking, come stai?- chiese il Nun, tirandosi su e avvicinandosi
all’amico. I muscoli delle sue zampe tremavano visibilmente per
lo sforzo. Il ragazzo s’inginocchiò e prese a
massaggiargliele, per favorire la circolazione sanguigna.
-Grazie…
Ethelyn non aveva bisogno di essere accudita, sapeva che le bastava
fare alcuni esercizi per ritrovare la sensibilità. Così
si allontanò un po’ e si sedette sul bordo del sentiero,
le gambe penzoloni nel vuoto.
Sotto di sé poteva vedere le cime di innumerevoli abeti e
larici. Qualche ricciolo di nebbia lambiva le pendici dei monti,
più a nord.
Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi, concentrandosi sulla propria respirazione.
-Hai bisogno di una mano?- la voce del Nun la colse di sorpresa.
Sobbalzò, ma cercò di non darlo a vedere. –No, grazie.- rispose con voce atona.
“E’ arrabbiata.”, constatò lui. Abbassò
lo sguardo a terra, fissandosi i piedi. –Senti…
ehm… l’altro giorno… non volevo esser sgarbato. Ce
l’avevo con Blaking, tu non c’entravi.- si scusò,
impacciato.
Lei allora si voltò a guardarlo. –E perché te la sei presa con me?- domandò.
-Avevo bisogno di qualcuno su cui dirigere la mia irritazione.- mormorò, imbarazzato.
-Non è un bel modo per presentarsi, sai?- gli fece notare lei, massaggiandosi le spalle e le braccia.
Il Nun prese coraggio e le si sedette di fianco, beccandosi un’occhiata non molto amichevole.
-Ti… ti andrebbe di ricominciare da capo?- le domandò, allungando la mano.
Lei soppesò il gesto e poi lo fissò. –D’accordo…- si concesse un rapido sorriso.
Blaking, che era appena tornato da una piccola battuta di caccia allo
scoiattolo, li vide appartati e sorrise, contento che quel testardo del
suo migliore amico si fosse deciso ad appianare le cose.
-Io sono Drew, figli di Zevan.- si presentò.
-Ethelyn, figlia di Alec.- gli strinse la mano, contenta di poter chiarire il malinteso.
-Io e Blaking veniamo da Kephas, si trova vicino al confine con la regione del Nord.- continuò.
-Oh, davvero? Io sono nata a Ferend, o almeno i miei genitori mi hanno detto così.- replicò.
All’udire quella risposta il giovane le chiese:-Quanti anni hai?
Lei toccò una delle piume della sua ala destra, nervosa. Era la
prima volta che qualcuno le chiedeva del suo passato e non sapeva come
comportarsi. In un certo senso si vergognava della vita che aveva
condotto, perché era stata nascosta agli altri; certo lo avevano
fatto per proteggerla, ma a volte si chiedeva se non era perché
i suoi simili l’avrebbero trovata… troppo diversa da loro.
-Io… ho diciannove anni…- disse in un sussurro.
-Davvero? Anche io!- esclamò Drew. All’udire il suo
entusiasmo lei si voltò a fissarlo e fu colpita dalla
spontaneità del suo sorriso.
-Oh… bene…- non seppe cos’altro cosa dire.
-Scusa, a volte metto a disagio le persone con la mia… esuberanza.- si scusò, avendo notato il suo disagio.
-No, tranquillo.- mormorò. “Stupida! Penserà che tu
non sappia nemmeno fare conversazione come una persona normale!”,
si rimproverò.
Dal canto suo, il Nun stava pensando che l’aveva sicuramente
messa a disagio e doveva trovare un modo per recuperare. Ma era troppo
curioso di sapere qualcosa in più su di lei e questo poteva
volgere a suo sfavore.
Si tormentò per un po’, ma alla fine le chiese:-Per quanto
tempo hai vissuto nella grotta? E i tuoi genitori… ti hanno
abbandonata lì?
Ethelyn abbassò lo sguardo. Sapeva che prima o poi quelle domande sarebbero arrivate.
-Se non vuoi rispondere fa lo stesso!- si affrettò ad aggiungere lui.
Lei si lasciò sfuggire un sorriso. –Ormai hai chiesto. E
comunque pare che dovremo stare insieme per un po’, quindi tanto
vale dirtelo.- commentò. –I miei genitori mi hanno
rinchiusa lì dentro quando avevo sei anni e poi venivano a
trovarmi quanto più spesso riuscivano.
-Oh… e adesso…?
-Ho lasciato loro un biglietto.- lo interruppe.
-Sei pentita di essertene andata?- chiese.
Non aveva intenzione di rispondere, quindi cambiò argomento. –Come hai conosciuto Blaking?
Il Nun sbatté le palpebre, preso in contropiede.
–Be’… mio nonno è andato su al Picco e ha
chiesto se c’erano dei cuccioli disponibili. Avevo pochi mesi,
credo. Poi è tornato giù con lui e ricordo che per prima
cosa gli ho tirato le piume delle ali. Lui mi ha beccato sulla fronte
in risposta e da allora siamo sempre insieme.- sorrise, ricordando
tutte le marachelle che avevano combinato.
-E non vi separerete più? Da quel che ho letto so che i compagni
se ne vanno, ad un certo punto.- chiese, lanciando un’occhiata al
campo. Dell’Ippogrifo nemmeno l’ombra.
-Sì, è vero. Ma hanno il libero arbitrio, quindi possono
anche scegliere di rimanere.- sorrise il ragazzo. –Mi piacerebbe
molto che Blaking rimanesse con me.
La Ferift abbassò gli occhi, nascondendo il viso dietro alcuni
ciuffi di capelli. Nello sguardo del ragazzo c’erano ricordi ed
emozioni che lei non aveva mai potuto avere, perché nessuno si
era mai fatto avanti per essere suo amico. Probabilmente i ragazzi e le
ragazze della sua età nemmeno sapevano della sua esistenza.
Però, cavolo, non c’era motivo di deprimersi. Ora aveva
conosciuto loro due, quindi poteva recuperare il tempo perduto.
-Sai… Blaking, lui non è pericoloso.- le disse Drew, distogliendola dai suoi pensieri.
-Mi hanno insegnato che gli Ippogrifi attaccano le persone. È
difficile eliminare anni di pregiudizi.- confessò, imbarazzata.
-Quelli che rubano il vostro bestiame non sono Ippogrifi, ma Grifoni, quasi sicuramente.- replicò.
-D’accordo… lo terrò a mente. Comunque non farò mai del male a Blaking.- promise.
-Ti fanno ancora male i muscoli?
Ethelyn alzò la testa e si ritrovò a fissare i suoi occhi
grigi. In effetti, ora che ci pensava, si era completamente dimenticata
dei dolori muscolari.
Scosse la testa. –Me n’ero dimenticata.- ammise. Al che il Nun scoppiò a ridere, divertito.
-Dovresti farti fare uno dei suoi massaggi… fanno miracoli.- esordì Blaking, aggregandosi alla conversazione.
I due sobbalzarono, colti di sorpresa.
-Non c’è bisogno.- disse la rossa, guardando il grande
animale. Nell’oscurità era quasi invisibile, solo gli
occhi luccicavano, simili a lucciole.
Reprimendo un brivido, la Ferift si alzò. -Vado a lavarmi… se volete potete mangiare senza di me.
-N-no… ti aspettiamo.- fece Drew, spiazzato. Quando la ragazza
fu scomparsa dietro alcuni cespugli, diretta al vicino laghetto, il
ragazzo scambiò un’occhiata con l’amico.
-Non chiedere a me, non ho esperienza con le donne.- rispose quello.
“Ancora una volta non ho saputo cosa dire…
dannazione!”, pensò Ethelyn, mentre slacciava la fibbia
del cinturone.
Lo tolse e lo depose a terra con attenzione.
Sfilò il nastro dai capelli e li fece su, fermandoli sulla nuca
a mo’ di chignon. Sbuffò quando la solita ciocca di
capelli sfuggì alla presa, ma ormai ci era abituata.
Stava per iniziare a svestirsi quando alle sue spalle sentì un
basso ringhio. Si voltò lentamente, tenendo d’occhio le
proprie armi.
Doveva evitare di innervosire l’animale, di qualunque
razza fosse. Anche un cervo avrebbe potuto ferirla perché le
loro corna erano armi ben più che potenziali.
Scrutò attentamente tra la vegetazione, ma non riusciva a scorgere nessuna sagoma.
“Mi serve un riparo.”, decise. Un nemico invisibile era ancora più pericoloso se si restava senza protezione.
Con uno scatto afferrò la cintura e si buttò dietro una
roccia. Nell’istante esatto in cui finiva per metà a
mollo, la bestia uscì dal suo nascondiglio.
Impugnò in fretta i sai e si preparò all’attacco.
Si rialzò ed ebbe appena il tempo di gettarsi sull’erba
per evitare una zampata.
Urlò, spaventata.
Drew e Blaking voltarono la testa di scatto. –Ethelyn!
Si precipitarono verso la fonte del rumore. Sbucarono nei pressi del
laghetto e la trovarono a terra, sovrastata da un orso enorme.
-Colpitelo!- urlò lei, dimenandosi.
Drew tornò indietro, recuperò l’arco ed incoccò una freccia.
-Drew, fai luce!- Blaking si levò in aria, pronto ad attaccare.
Il Nun si concentrò ed iniziò ad emanare un discreto
lucore. –Anche sulla freccia!
Trasmettere la luminescenza agli oggetti era una cosa molto più
difficile. –Non sono abbastanza concentrato!- protestò.
-Fallo!
Serrò gli occhi, prendendo un respiro profondo.
La Ferift, intanto, riuscì a ferire l’animale ad una
zampa. O almeno sembrava una zampa, non riusciva a vedere nulla con
quel buio.
Il ragazzo aprì gli occhi e vide la freccia davanti a sé
irradiare luce. Tese la corda dell’arco e scoccò.
La freccia colpì l’orso sulla schiena, facendolo infuriare.
Lanciò un ruggito e si voltò verso il giovane. Blaking
approfittò del momento per attaccarlo, avventandosi su di lui
con gli artigli delle zampe posteriori.
Ethelyn si affrettò a togliersi dalla traiettoria.
Si controllò brevemente per accertarsi dell’assenza di ferite e poi rinsaldò la presa sui sai.
-Drew, un’altra freccia!- e si avventò sull’animale.
Scivolò sotto il corpo possente e tastò il pelo, alla
ricerca del battito del cuore. L’aveva quasi trovato (grazie alla
luce emanata dalla freccia, che le permetteva di distinguere qualcosa)
quando l’orso la colpì con gli artigli, lasciandole una
brutta ferita su un braccio.
-Lasciali stare!- Drew scagliò un’altra freccia, che accecò la bestia.
-Più luce!- supplicò l’Ippogrifo. Nonostante avesse
i geni di un rapace, la sua specie cacciava prevalentemente di giorno e
la sua vista notturna non era sviluppata come quella di altri animali.
Quella bestia immonda era ancora più invisibile di quanto
avrebbe mai potuto esserlo lui, nel buio della notte.
“Concentrati, concentrati!”, iniziò a ripetersi il
Nun. Sentiva le urla dei suoi compagni e i ringhi dell’orso
tutt’intorno a sé. Concentrarsi era pressoché
impossibile!
-Drew!- questa volta fu Ethelyn ad urlare.
“Ci sto provando, ci sto provando!”, se avesse gridato avrebbe perso la presa sul suo potere.
Era quasi riuscito a raccoglierlo quando venne investito da una luce improvvisa.
Sgranò gli occhi e si ritrovò ad osservare la foresta
illuminata a giorno. Cercò la Ferift e l’Ippogrifo con lo
sguardo: trovò lei in ginocchio, che si reggeva un braccio, ma
di Blaking neppure l’ombra.
-Blaking!- sentì il terrore attanagliargli le viscere.
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Capitolo 8 *** Cap. 7 L'altro volto di Blaking ***
Cap. 7 L'altro volto di Blaking
Cavoli, inizio ad essere a corto di capitoli da pubblicare xD Devo scrivere!!
Comunque... guai in vista, gente! Vi dico solo questo...
Quasi dimenticavo! L'albero con le foglie rosse è direttamente
ispirato all'albero diga di Grande Inverno della saga "Le Cronache del
Ghiaccio e del Fuoco" di Martin. Piccola ispirazione, ma meglio citarla
xD
Buona lettura! :)
Cap. 7 L’altro volto di Blaking
“Cosa mi sta succedendo?”, Blaking non riusciva a pensare ad altro.
Un attimo prima stava
attaccando l’orso e l’attimo dopo era stato avvolto da una
luce accecante, potente ma anche confortante.
Non capiva.
-Blaking!- Drew urlò il
suo nome e da qualche parte sentì il ruggito dell’orso.
L’intensità luminosa lo stava ferendo, bruciandogli la
cornea degli occhi.
Aprì il becco per parlare, ma non ne uscì nulla.
Provò a guardarsi
attorno, ma non vedeva altro che luce. Era tutt’intorno a lui, lo
avvolgeva come la crisalide avvolge il bruco.
“Voglio vedere, voglio parlare! Cosa sta succedendo?”, pensò, agitandosi invano.
Stava fluttuando nonostante le sue ali fossero immobili, distese nell’imperante e luminoso bianco.
Tentò ancora una volta
di muoversi e gli sembrò di avvertire una vibrazione attorno a
sé, quasi come se il potere che lo stava avvolgendo avesse una
propria volontà.
Capì che doveva calmarsi.
Doveva fidarsi.
Ethelyn raggiunse Drew, incespicando nell’erba.
L’orso si stava contorcendo dal dolore, accecato dall’improvvisa luce.
Anche loro due facevano fatica a vedere e una mano sugli occhi non bastava per proteggerli da quella luminosità.
-Che diavolo succede?!-
esclamò il Nun, spaventato. Blaking era lì dentro, da
qualche parte e non sapeva se stava bene o meno.
Probabilmente tutto quel potere era dalla loro parte, dato che aveva accecato la bestia, ma non ne era pienamente sicuro.
“Oddio!”,
pensò la Ferift, sconvolta. Quel fulgore era talmente grande e
incontenibile che neppure la fantasia del più fervido scrittore
avrebbe mai potuto partorirlo.
-Vedi Blaking?- sentì il tocco del ragazzo su un braccio, quello ferito.
Voltò lentamente la
testa, stando attenta a non esporre lo sguardo. –No, non vedo
nulla con tutta questa luce!- rispose.
Drew allora chiuse gli occhi e
tentò d’imbrigliare quella fonte luminosa. Dovette
stringere i pugni fino a far sbiancare le nocche solo per ottenere una
lieve oscillazione del flusso. Sentiva il sangue rimbombargli in testa.
Avendo notato che il compagno
stava cercando di fare qualcosa, Ethelyn cercò di fermarlo.
Tutto quello era al di là delle loro possibilità.
Lo afferrò saldamente per un braccio e lo strattonò, fino a quando lui non fu costretto ad aprire gli occhi.
-Smettila! Non puoi controllarlo!- lo ammonì.
Si liberò della stretta. -Devo provarci!
-No! Non lo senti? Non vuole
essere combattuto! Vuole essere accolto.- replicò lei.
Com’era possibile che non sentisse quella sensazione strisciante
che le aveva invaso il corpo?
Era iniziata quando lui aveva
tentato di forzare la luce e stava via via crescendo, diventando calda
e protettiva come una coperta o l’abbraccio di una madre.
Vedendo l’espressione della ragazza, Drew si calmò ed ascoltò il proprio corpo.
Era vero!
La sentiva anche lui, distinta come un oggetto tangibile.
-Che dobbiamo fare, secondo te?- le chiese.
-Non lo so. Aspettiamo.
“Lo sento! Sento qualcosa!”, Blaking non riuscì a trattenere un brivido.
Il potere era penetrato in lui e sentiva che era in atto un cambiamento positivo.
Tremendamente positivo.
Decise di abbandonarsi al contatto della luce e si sentì invadere da tante piacevoli fitte.
Quelle scariche di dolore
sembravano volersi concentrare nel suo petto, all’altezza del
cuore e per un attimo temette di star per morire.
Quando avvertì il potere sprigionarsi in lui non ebbe più dubbi.
Spalancò gli occhi e sgretolò il bozzolo di luce con un solo, poderoso colpo d’ali.
Rimase immobile per qualche istante, mentre il vento lo sorreggeva.
-Ragazzi!- esclamò, dopo averli individuati. I due sobbalzarono nel trovarsi davanti l’amico.
No, un attimo… quello non era affatto Blaking!
L’animale che galleggiava elegantemente a mezz’aria non era un Ippogrifo, bensì un cavallo alato.
-Lo vedi anche tu…?- domandò Drew, sconvolto.
Aveva un manto chiaro, simile
alla nebbia che si addensava nelle valli nelle tiepide mattine
d’estate. La criniera pareva intessuta d’aria e ghiaccio:
mutava ad ogni singolo movimento della creatura, riverberando come se
fosse fatta di cristalli. Le ali erano composte da piume che viravano
dal grigio al bianco ghiaccio.
Gli occhi che fissavano i due
giovani erano l’unica cosa che apparteneva veramente a Blaking e,
dietro di essi, si scorgeva chiaramente la presenza
dell’Ippogrifo.
-Blaking…?- la prima a riprendersi dallo stupore fu la Ferift.
Il cavallo annuì e planò dolcemente verso di loro.
-Ma com’è…
Non ci fu tempo per le
risposte perché l’orso tornò all’attacco.
Nonostante fosse stato ferito, la rabbia era più forte della
semi cecità.
Scavò il terreno con gli artigli e si slanciò in avanti, puntando al gruppo di amici.
Blaking fu rapido a girare su se stesso, pronto a fronteggiare il nemico.
Drew incoccò una nuova
freccia, guidato prevalentemente dall’istinto invece che da una
piena consapevolezza di quello che stava succedendo.
Ethelyn modificò la posizione delle sue armi, tenendo le lame puntate verso l’alto.
Il terribile schianto che
tutti si aspettavano non arrivò mai, perché il cavallo si
gettò sull’orso, colpendolo diverse volte con gli zoccoli.
Nonostante non avesse più gli artigli, Blaking (o almeno, quello che speravano fosse Blaking) sapeva ancora farsi valere.
Il grande animale finì a terra, schiacciando l’erba per diversi metri.
-State pronti, non è finita.- li avvertì.
Infatti la bestia si
rialzò, schiumante di rabbia. Si issò sulle zampe
posteriori e li scrutò coi suoi occhi iniettati di sangue.
La Ferift dovette trattenere un brivido, spaventata dalla sua mole.
-Drew… mira al cuore. Io devo tentare di fare una cosa.
Il ragazzo guardò il
cavallo, smarrito. Com’era possibile che avesse la voce del suo
migliore amico pur non avendone l’aspetto?
-Drew!
-S-sì!- si riscosse ed inclinò l’arco, pronto.
Blaking chiuse gli occhi e
richiamò le correnti d’aria fredda che strisciavano lungo
le pareti delle montagne, lambendo con la loro carezza le piante e gli
animali.
Le concentrò, mescolandole come fossero una pozione in un calderone, ed infine ottenne quello che voleva.
Spalancò le ali
nell’esatto momento in cui l’orso d’ombra si lanciava
a capofitto verso di lui. Ora aveva un unico obiettivo: uccidere il
nemico che lo aveva menomato. Glielo diceva l’istinto e quello
non sbagliava mai.
Drew ed Ethelyn si affrettarono a formare un semicerchio, allontanandosi da Blaking.
-Ora, tira!- urlò, lanciando un nitrito.
Il Nun scagliò, ma mancò il bersaglio di qualche spanna.
-Dannazione!- imprecò.
Recuperò un altro dardo e fece per incoccarlo, ma Blaking frustò l’aria con diversi colpi d’ala.
Le correnti fredde si smossero e divennero tanti cristalli di ghiaccio, che andarono a conficcarsi nell’orso.
I due si fecero indietro, sbalorditi.
L’animale
continuò a lottare, avanzando carponi o con balzi disperati, ma
stava diventando un puntaspilli e presto sarebbe ritornato nel buco che
l’aveva sputato fuori.
“Solo uno!”, pensò il cavallo, mantenendo la concentrazione.
Richiamò
un’ultima volta il potere dell’aria e lo scagliò
contro la bestia, conficcandogli nel cuore un pezzo di ghiaccio grande
come un’ascia.
L’orso lanciò un basso verso gutturale prima di stramazzare al suolo, morto.
Sia Drew che Ethelyn non poterono evitarsi di fare un salto indietro, spaventati dalla caduta di quell’immenso corpo.
Entrambi avevano il cuore in gola e l’adrenalina in circolo.
Blaking sospirò e scese a terra, sollevando una leggera nuvola di polvere.
-Che cosa… come ci sei riuscito?- farfugliò il Nun.
La creatura si voltò a
guardarlo, lasciando frusciare la criniera come vento tra le foglie.
–Ragazzi, state bene?- domandò, ignorando la domanda.
Ma il ragazzo non si lasciò distrarre. –Tu sei Blaking? Non puoi essere lui!
-E chi dovrei essere…?-
replicò con un lieve sorriso. L’incredulità del suo
compagno era quasi divertente, se solo non lo avesse spaventato
così tanto da indurlo a sorrisi nervosi.
-Un Balhia.- fu il sussurro della rossa.
Tutti e due si voltarono a guardarla, uno stupito e l’altro compiaciuto.
-Andiamo… quelle sono favole per bambini.- sbottò Drew.
-No, Ethelyn ha ragione.- lo corresse Blaking.
-Vorresti dirmi che tu non sei
un Ippogrifo, ma uno dei leggendari Balhia? Certo, come no. Ora dimmi
dov’è Blaking.- ribattè, acido. Non ci stava
capendo più niente, ma di una cosa era sicuro: quello non era
l’amico con cui era cresciuto. Anche se aveva i suoi occhi e la
sua voce.
L’animale scosse lentamente la testa. –Drew… devi credermi.
-No! Tu non sei lui!- protestò, testardo.
Ethelyn voleva dire qualcosa, ma quella era una faccenda che riguardava solo loro due.
Il cavallo mosse qualche
passo, guardingo. –Sono Blaking, guardami.- disse, cercando di
suonare il più incoraggiante possibile.
Il ragazzo scosse la testa, convinto di quello che gli mostravano i suoi occhi.
-Guarda col cuore!- sbottò allora l’amico, colpendo il terreno con lo zoccolo in un moto di frustrazione.
L’altro sobbalzò, ma fece come gli veniva chiesto.
Socchiuse gli occhi e si mise
ad osservare attentamente l’animale che aveva di fronte. A prima
vista era un cavallo alato, ma le sue movenze avevano qualcosa di
famigliare: la postura, dritta e fiera era quella di Blaking,
così come quegli occhi azzurro ghiaccio.
Quello era Blaking, semplicemente sotto un’altra veste.
-Blaking…- sussurrò, scioccato dalla scoperta. La sua mente aveva finalmente visto.
-Sì, sono io.- gli si
avvicinò e gli sfiorò la guancia col muso. Sentì
le braccia dell’amico circondargli il collo, tremanti. –Non
devi aver paura. Non ti abbandonerò mai.
All’udire ciò
Drew accentuò la presa ed affondò il viso nella sua
criniera. La trovò stranamente fredda e viva, come se si
muovesse con le correnti d’aria.
Ethelyn, nel vedere quella
scena, s’intenerì. “Tutto è finito
bene…”, pensò, sollevata.
Se i due avessero deciso di combattere sarebbe stato un disastro!
-Tu… mi hai nascosto una cosa importante.- mormorò dopo un po’ il Nun.
-Non te l’ho nascosta. Non la sapevo nemmeno io. La conoscenza è arrivata con la luce.- spiegò.
Il ragazzo sciolse l’abbraccio per guardarlo negli occhi. -Come?
-Non sapevi di essere un
Balhia?- s’inserì la ragazza. Blaking scosse la testa,
sincero. –E com’è possibile che tu esista?
-Venite con me. Devo mostrarvi un luogo.- disse, voltandosi verso la fine del sentiero.
-Venire dove?- volle sapere Drew.
-In un luogo più sicuro, dove potrò darvi delle risposte.- rispose, paziente. –Su, salite.
Subito Ethelyn si fece indietro.
La creatura lo notò e
si voltò a mezzo, per poterla guardare negli occhi. –Non
ho mai voluto farti del male e non voglio fartene adesso.- tentò
di rassicurarla.
-So che non vuoi farmi del male, ma tu sei…- iniziò lei.
-Un Balhia.- la fermò.
Al che lei deglutì,
vagliando le varie possibilità. Era vero che in quel momento
era, in tutto e per tutto, un cavallo alato (per di più
leggendario), ma nulla poteva cancellare dalla sua mente la sua forma
precedente e le storie che le avevano raccontato.
“Devi fare un tentativo.”, le disse una voce dentro di sé. –Non mi sbalzerai di sella…?
-Cavoli, devo proprio parlare coi tuoi genitori. Ti hanno terrorizzata a dovere!- brontolò, divertito.
La Ferift si lasciò sfuggire un sorriso e si avvicinò.
-Andiamo, tra non molto sarà giorno.- li esortò ancora una volta.
Drew salì in groppa con
un agile salto e tese la mano alla compagna. Lei esitò un
attimo, sentendosi una bambina goffa e imbarazzata, ma poi
accettò l’aiuto.
Era stato gentile, quindi perché rifiutare?
“Almeno una volta posso fingere di essere una fanciulla in difficoltà.”, si disse.
-Reggetevi forte. Ora sono
molto più veloce.- fece loro l’occhiolino e poi si
buttò a capofitto verso il basso.
L’aria cercò di
subito di strapparli alla loro cavalcatura, ma Drew era esperto e non
perse tempo: afferrò la rossa e la tirò giù con
sé, contro il corpo di Blaking.
Il vento fischiava loro nelle orecchie e i lunghi capelli della Ferift sembravano una fiamma impazzita.
Le chiome degli alberi si stavano avvicinando rapidamente e il Balhia non accennava a virare.
Ethelyn iniziò a sudare
freddo e si strinse con più forza al suo compagno. Drew, dal
canto suo, non poté fare a meno di sentire uno strano tuffo al
cuore.
Blaking evitò la cima di un larice per un pelo, sfiorandola con le remiganti delle sue ampie ali.
Aveva virato all’ultimo momento, intercettando una corrente ascensionale.
Non sapeva ancora quali erano
le sue reali capacità e testarle gli era sembrata una buona
idea. Forse i due ragazzi non avevano apprezzato, in particolare
Ethelyn.
Be’, si sarebbe scusato dopo.
Adesso doveva assolutamente portarli in quel
luogo. A dir la verità nemmeno lui ne conosceva l’esatta
ubicazione, ma qualcosa nel suo istinto sembrava guidarlo.
-Blaking, ho perso dieci anni della mia vita!- lo rimproverò Drew, tirandogli alcuni crini.
-Stavo facendo un test delle mie abilità.- ridacchiò lui.
Il ragazzo scosse la testa. –Ethelyn, tutto ok?- domandò poi. La sentì annuire contro la sua schiena.
Per confortarla le strinse una mano, diventata fredda per la tensione.
A quel gesto lei sobbalzò, stupita e cercò di ritrarla senza farsi notare, ma la presa del Nun era salda.
In poco risalirono lungo il fianco della montagna, sorvolando il loro campo.
-Dovremo recuperare le nostre cose, più tardi.- fece notare la ragazza, pratica.
Senza una parola il cavallo
salì ancora, fiancheggiando il sentiero che li aveva condotti
allo spiazzo dell’accampamento.
Più salivano e
più gli alberi sempreverdi prendevano il posto delle latifoglie.
La terra divenne roccia e l’aria si fece pungente.
Blaking scrutò il territorio sotto di sé, alla ricerca di un segno che gli dicesse dove atterrare.
All’improvviso lo vide.
S’inclinò verso sinistra e prese a scendere con un movimento a spirale.
I suoi compagni di viaggio si stavano guardando intorno, confusi. –Cos’hai visto?- domandò Ethelyn.
Di nuovo non rispose e si limitò a planare tra gli alberi, stando attento a non impigliarsi nei rami bassi e resinosi.
L’atterraggio fu
abbastanza lungo e dovette galoppare per qualche metro prima di potersi
fermare, ma tanto meglio, erano arrivati a destinazione.
Davanti a loro si ergeva,
solitario, un enorme acero dal tronco contorno. Le foglie, di un
intenso color vermiglio, sembravano tinte di sangue alla luce della
luna.
La pianta cresceva su una
piccola isoletta al centro di un lago, dalla forma sinuosa.
Tutt’attorno all’acqua e alle radici dell’acero erano
sparse foglie stellate.
-Wow! Che bello!- sussurrò Ethelyn, rapita.
Fece per muovere un passo, ma Blaking le bloccò la via con un’ala.
-Devo entrare prima io…
o potrebbero esserci dei problemi.- le spiegò. Se gli avessero
chiesto come lo sapeva avrebbe solo potuto rispondere che quella
consapevolezza era affiorata nella sua mente all’improvviso, come
se qualcuno ve l’avesse infilata a forza.
Si sentiva una brocca riempita da qualcosa diverso dall’acqua e la cosa lo straniva.
La ragazza non protestò e rimase dov’era, accanto a Drew.
In silenzio osservarono
Blaking muovere un passo, esitante. Subito l’atmosfera si
cristallizzò e piccoli fiocchi di neve iniziarono a volteggiare
attorno a loro.
I tre alzarono lo sguardo, perplessi.
-Forse è un benvenuto?-
ipotizzò il cavallo. –Non è opera mia.-
s’affrettò ad aggiungere, vedendo l’espressione dei
due giovani.
Tornò a concentrarsi
sull’albero. Qualcosa, dentro di lui, gli disse di continuare a
camminare e di non tentare il volo.
Non appena mise uno
zoccolo in acqua questo incontrò la scabrosità di una
roccia sommersa. Abbassò lo sguardo e vide il fugace riflesso
della pietra, appena sotto la superficie del piccolo stagno.
Rassicurato prese ad avanzare con più convinzione.
Quando finalmente fu giunto ai
piedi dell’albero, l’intera area era imbiancata. Ma non
c’era freddo, solamente silenzio. Quel misterioso e ammantante
silenzio che crea la neve.
-Possiamo… entrare?- chiese Drew.
Blaking alzò la testa a scrutare le foglie dell’albero e poi fece un cenno col capo.
I due camminarono uno dietro
l’altro, attenti a non scivolare. Una volta arrivati a
destinazione si sedettero, dato che c’era abbastanza spazio per
tutti e tre.
Non appena l’ebbero fatto, le loro ferite si richiusero spontaneamente, lasciando solo rimasugli di sangue secco.
Dopo un’occhiata
stupefatta, i due decisero di non chiedere. Probabilmente faceva parte
delle potenzialità di Blaking o di quell’albero.
Dopo essersi guardata attorno, la Ferift si concentrò sul cavallo. -Questa sarebbe…?- iniziò.
-La mia dimora. Il luogo in cui sono fuggito quando il nostro regno è perito.- spiegò.
-Con “nostro”
intendi anche gli altri tuoi… fratelli?- proseguì lei.
Drew sembrava aver perso l’uso della parola oppure la cosa lo
aveva scioccato a tal punto da non lasciargli spazio per le domande.
Il cavallo annuì. –Sì, gli altri Balhia.- confermò.
-Qui siamo al sicuro?
-Sì, il luogo è
protetto.- confermò, abbracciando l’intorno con uno
sguardo carico di stupore. Nonostante tutto non si capacitava ancora di
possedere così tante informazioni su qualcosa che, fino a
qualche ora prima, aveva considerato parte di una leggenda.
-Sai dove sono gli altri?
Abbassò lo sguardo, fissando il terreno. –No, non lo so.- ammise.
La ragazza fu un po’ delusa: sperava di scoprire qualcosa che nessuno prima di lei aveva saputo.
-Rimarrai per sempre così?- chiese d’un tratto il Nun.
Blaking lo guardò.
–No, posso tornare normale. Ma è più facile
rispondere alle vostre domande in questa forma: le parole escono da
sole e non devo sforzarmi di cercarle.- disse.
-Cavoli… Quindi prima
tu non sapevi di essere un Balhia e ora sai tutto della loro storia!-
commentò la rossa, impressionata.
-Ok, tutto questo è molto affascinante. Ma perché adesso?- il ragazzo interruppe le sue fantasie.
L’amico spostò lo
sguardo su di lui, il mare invernale si scontrò coi ghiacci
delle montagne. –Di questo non sono sicuro. È come se
avessi la risposta, ma non sia ancora il momento per conoscerla.-
ammise. –Comunque… credo che c’entri con
l’orso.
-Con l’orso? Perché mai?
-Non era un orso normale.
Quando abbiamo attraversato il campo in volo, il suo corpo era sparito.
Si era dissolto come ghiaccio al sole. E gli orsi normali non
svaniscono, non così.- le spiegò.
-Credi che c’entri con quello che ci ha detto il Cair?- domandò timorosa la ragazza.
-Temo di sì.
-Allora dovremo stare doppiamente attenti. E dovremmo dirglielo.- intervenne Drew.
-Come?- Ethelyn lo guardò, scettica. Nessuno di loro era telepatico.
-Posso farlo io. Detenendo il
potere sullo stesso elemento possiamo comunicare per immagini.- Blaking
dedicò loro un sorriso equino.
-Davvero?
-Sì. Ora è
meglio dormire, credo che ci convenga stare qui. Domani recupereremo le
nostre cose e continueremo il nostro viaggio.- il Balhia
organizzò le loro successive mosse.
-Potresti tornare normale?- Drew gli sfiorò la fronte.
Lui allora si alzò e
strofinò la schiena contro il tronco dell’acero.
Lentamente il suo pallido manto scomparve, lasciando posto a quello
nero da Ippogrifo.
Quando la trasformazione fu
finita il Nun lo abbracciò ancora una volta, lieto di rivederlo
nelle sue sembianze originali.
-Mi raccomando, non dovete dirlo a nessuno!
La prima a svegliarsi fu Ethelyn.
Fece vagare lo sguardo tutto
attorno a sé, ricordandosi solo in quel momento che si erano
addormentati sull’isoletta.
Si alzò lentamente, lasciando che la coperta le scivolasse in grembo.
Drew e Blaking dormivano pacificamente, la testa del ragazzo era poggiata sullo stomaco dell’Ippogrifo.
Sentì una spiacevole
fitta allo stomaco e capì che li invidiava. Anche lei desiderava
poter trovare qualcuno con cui condividere i momenti della sua vita,
non importava che fosse umano o animale.
“Be’, ci sono
loro..”, si ritrovò a pensare. In effetti poteva provare a
costruire qualcosa coi due amici, anche se non avrebbe mai potuto
raggiungere il loro affiatamento.
Si lasciò sfuggire un sorriso amaro e poi sospirò.
L’aria le penetrò nei polmoni, pungente.
Sbadigliò,
stropicciandosi gli occhi e si alzò. Ravviò i ricci
capelli ramati, trovandoli già pieni di nodi.
Trattenne a stento uno
sbadiglio, cercando di non pensare al fatto che non aveva portato con
sé una spazzola. Ok, era una cosa molto femminile, ma odiava
avere i capelli annodati.
Lasciando perdere quel problema arrotolò la coperta e il sacco a pelo, poi si avviò verso il percorso di sassi.
Appoggiò la punta del
piede, aspettandosi che si sollevassero muri d’acqua pronti ad
impedirle di lasciare il luogo, ma non avvenne nulla di ciò.
Sollevata superò il
piccolo ponte con passi leggeri, controllò che i due dormissero
ancora e poi si fece spuntare le ali.
“Ok, andiamo a dare un’occhiata…”, si disse, spiccando il volo.
Blaking era andato a
recuperare tutti i loro averi prima che si coricassero, ma lei voleva
indagare circa quello che era successo.
Da dove veniva quell’orso?
Stando attenta a scartare i
rami degli alberi puntò verso il basso, dove ricordava essere il
loro precedentemente accampamento. Non era sicura di poter ritrovare lo
stagno, ma prima o poi i ragazzi si sarebbero svegliati e le sarebbe
bastato urlare o lanciare un segnale diverso.
Quando, con la coda
dell’occhio, scorse lo spiazzo si abbassò ulteriormente,
atterrando poco dopo vicino ai resti del fuoco.
Controllò che non ci
fosse nessuno nei paraggi e si addentrò tra i cespugli, diretta
verso la polla dove era stata attaccata.
Staccò un rametto che
le si era impigliato nelle braghe e poi cercò il punto in cui
l’orso era caduto a terra, morto. Sul terreno c’erano
ancora i segni della lotta, ben evidenti.
Si chinò, iniziando ad avanzare accucciata.
Tastava l’erba attorno a
sé, alla ricerca di un indizio. Improvvisamente trovò un
punto in cui l’erba era schiacciata.
“E’
questo!”, esultò, proseguendo. Quando trovò un
enorme porzione di sottobosco schiacciata capì di aver raggiunto
il suo obiettivo.
Toccò l’erba,
tentò di captare un qualche odore rivelatore, ma sembrava non
esserci nient’altro che l’orma dell’enorme corpo.
Ritentò più volte, ma ad un certo punto si diede per vinta.
Sospirando scoraggiata si rialzò, spazzolandosi i pantaloni di cuoio dalla polvere.
Con la coda dell’occhio, però, colse un luccichio.
Si chinò con uno scatto
ed afferrò la fonte di quel piccolo baluginio. Portò il
palmo della mano vicino al viso e si ritrovò ad osservare una
piccola particella di luce.
Sembrava quasi polvere fatata oppure la scheggia di una pietra preziosa.
Com’era possibile che un orso d’ombra, come l’aveva chiamato Blaking, potesse lasciare tracce luminose?
“Ho trovato qualcosa!”, pensò esultante.
Si voltò, intenzionata
a raggiungere gli altri, ma si ritrovò davanti un altro orso.
Questo non aveva il pelo di un nero assoluto, ma il marrone della
pelliccia era cosparso di chiazze più scure, che non
riflettevano la luce.
Istintivamente Ethelyn si abbassò, nascondendosi tra i cespugli. L’animale sembrava non averla vista, per fortuna.
“Devo
aggirarlo…”, decise. Abbassò la mano alla cintura,
per prendere le sue armi, ma le custodie erano vuote. Abbassò lo
sguardo e constatò l’assenza dei sai.
“Cretina!”, si rimproverò.
Li aveva lasciati allo stagno.
Ma non aveva tempo per insultarsi, doveva tornare dagli altri e riferir loro cos’aveva scoperto.
Lentamente iniziò a spostarsi di lato, attenta ad ogni singolo movimento.
L’orso era intento ad annusare quel che rimaneva del loro accampamento, probabilmente alla ricerca di una pista.
Approfittando del fatto che
aveva gli occhi puntati a terra, la ragazza lo aggirò quasi
completamente, riuscendo a rimanere all’ombra dei cespugli di
biancospino ed azalee.
L’animale stava procedendo verso il luogo in cui era morto l’altro orso.
“Adesso!”, si disse.
Spiegò le ali e poi si lanciò a capofitto verso il sentiero, sollevandosi da terra poco dopo.
Non si voltò a guardare indietro, aveva troppa paura di vedere l’orso inseguirla.
Quando fu sicura di poter
essere scambiata per un qualsiasi animale della montagna, poggiò
i piedi a terra e si mise a correre.
Non era allenata per corse sulle lunghe distanze, ma la paura fa miracoli.
Ad un certo punto girò attorno al tronco di un grande albero e per poco non si scontrò con Drew e Blaking.
-Ethelyn!- esclamò il ragazzo, afferrandola istintivamente per un braccio.
Lei sollevò lo sguardo, senza fiato. –Ragazzi!
-Ma dov’eri finita? Quando ci siamo svegliati non c’eri.- la rimproverò l’Ippogrifo.
-Ho scoperto una cosa!- disse, ansimando per lo sforzo.
-Siamo sicuri che non possa trovarci qui dentro?- domandò la Ferift, ancora agitata.
Nonostante avesse ingurgitato buona parte delle sue riserve d’acqua era ancora vistosamente affannata.
Blaking annuì. –Dicci cos’hai visto.- la esortò.
-Ero andata a cercare qualche
indizio all’accampamento, dove abbiamo ucciso l’orso.-
iniziò. L’occhiata della creatura le disse che non era
contento del suo gesto. –Ho trovato il punto giusto, ma poi
è arrivato un altro orso.
-Un altro? Come quello di ieri?- domandò Drew, preoccupato.
Lei scosse la testa.
–Non proprio. Non era nero come l’altro, ma sembrava sul
punto di diventarlo. Aveva delle chiazze più scure sulla
pelliccia.- spiegò.
-C’è una
trasformazione in atto… le creature stanno cambiando. Ma
perché? Cosa le fa cambiare…?- mormorò
l’Ippogrifo, più a se stesso che a loro.
-C’è dell’altro.- annunciò lei.
I due la guardarono, in attesa. Sarebbero state notizie belle o brutte?
Abbassò lo sguardo
sulle proprie mani, cercando quel piccolo frammento di luce.
Fortunatamente aveva i palmi sudati e le era rimasto attaccato alla
base del dito indice.
-Guardate.- glielo mostrò, sollevando la mano.
-Cos’è?- chiese il Nun, aguzzando la vista.
Anche Blaking si era avvicinato. –Sembra polvere di fata… o i resti di un incantesimo di luce.- ragionò.
Ethelyn fece una smorfia. –Allora potrebbe appartenere alla freccia di Drew.- disse, abbattuta.
L’Ippogrifo le annusò il palmo, concentrato. –No, non ha l’odore di Drew.- replicò.
-Sul serio?! Be’,
l’ho trovato nel posto in cui è morto l’orso.-
rivelò la rossa, esaltata. Aveva veramente scoperto qualcosa di
utile!
-Dobbiamo parlarne col Cair!
Ma dobbiamo anche andarcene da qui, non è sicuro. E il rifugio
non può ospitarci per sempre, è debole.- Blaking
agitò le ali, scostandosi dal gruppetto.
-E’ debole?- ripetè la giovane, perplessa.
-Ho dormito per troppo tempo
al suo interno, deve ritrovare i suoi pieni poteri.- spiegò
spicciò. –Ora muoviamoci!
Si affrettarono a caricargli in spalla tutte le cose e, una volta recuperati le loro bisacce, gli salirono in groppa.
Ethelyn si meravigliò
di quanto era riuscita a fare: in primo luogo aveva trovato un indizio
potenzialmente importante, secondo era montata in groppa alla creatura
senza esitare.
-Pronti?
-Pronti.- confermò Drew, non appena sentì la presa della compagna attorno alla vita.
Blaking abbassò la
testa e partì al galoppo tra gli alberi. Seguì un
percorso abbastanza rettilineo, acquistando man mano velocità.
Quando il terreno finì sotto le sue zampe spalancò le ali e spiccò il volo, puntando verso le nuvole.
-Sto per contattare il Cair. Vi aggiornerò non appena possibile.- li avvertì.
Sentì una pacca sulla spalla, segno che avevano capito.
Lentamente si rilassò,
lasciandosi cadere in uno stato di trance cosciente, che gli permetteva
di mantenersi comunque in volo.
Giungere ai pensieri del
Vegliante non fu semplice perché dovette scartare moltissime
altre menti e, non ultime, le barriere psichiche attorno alla sua
dimora.
Quando avvertì la mente del lupo si bloccò, cercando di stabilire un contatto.
Fenris, da parte sua,
capì da chi arrivava il tentativo e abbassò le proprie
difese mentali. Radagast, accanto a lui, si mantenne in posizione di
risposo, le braccia incrociate dietro la schiena.
Blaking tentò di trasmettere tutto quello che avevano scoperto attraverso le immagini.
Quel che vide il Cair non era un buon auspicio.
“Manteniamoci in
contatto, io mi occuperò delle indagini. Mi raccomando,
raggiungete il Primo al più presto. Io non riesco a farlo e
difficilmente riuscirò a contattare i miei fratelli, ma ci
proverò.”, disse.
All’udire quelle parole
l’Ippogrifo fu scosso da un brivido. Tentò di chiedere
spiegazioni, ma la comunicazione venne interrotta.
Ritornò al presente con
un singulto che riscosse anche i ragazzi. Evitò per poco una
coppia di aquile e si abbassò leggermente di quota.
-Che cosa ti ha detto?- vollero sapere.
-Era preoccupato. Ha detto di
mantenerci in contatto con lui.- riferì, concentrandosi. Lo
scambio d’informazioni era stato faticoso. –Mi ha parlato
di difficoltà nel contattare gli altri Cair… qui
c’è decisamente qualcosa che non va.
Drew ed Ethelyn si scambiarono un lungo sguardo, preoccupati.
Quello che doveva essere un viaggio impegnativo ma sicuro, si stava rivelando pieno di pericoli.
E presto non sarebbe stato solo un problema del Nord, ma di tutto Suran perché, lo sentivano, qualcosa era in atto.
Qualcosa di grosso.
***
-I ragazzi sono stati
attaccati da un orso d’ombra, molto simile ai cani che abbiamo
trovato nella capitale.- riferì Fenris.
Il suo fedele consigliere gli lanciò un’occhiata preoccupata. –Hanno scoperto altro?- volle sapere.
Il lupo gli lanciò uno sguardo penetrante. –Hanno trovato delle tracce di
polvere luminosa sotto il cadavere dell’animale. Ma è un
controsenso.
L’Elfo si fece
pensieroso. –I segugi che abbiamo catturato sanguinavano e non
mostravano nessuna traccia di polveri.- ammise.
-Non mi hanno parlato di
sangue, probabilmente è stata una morte pulita. Ma quello che mi
preoccupa è qualcos’altro.- rivelò, avvicinandosi
al limite della sua dimora.
-Cosa?
Non rispose subito, facendo
spaziare lo sguardo sotto le nuvole, sopra i tetti di Ghijlea. Da
lì poteva scorgere i suoi abitanti affollarsi per le strade,
affaccendati.
-Il Balhia del Vento si è risvegliato.
All’udire quelle parole,
Radagast trattenne il respiro. Essendo a servizio di Fenris da parecchi
anni aveva la piena consapevolezza che Suran era un pianeta popolato da
creature plasmate dalla magia, ma sentirsi dire che una delle
più grandi leggende della loro storia era diventata
realtà… be’, era incredibile!
Il Cair gli aveva narrato di
quando, da un piccolo rimasuglio del loro potere, era nata la dea
Aibell. Dopo di lei erano venuti al mondo altri esseri, altre
divinità che i popoli avevano iniziato a venerare come e
più dei Veglianti stessi.
Ma presto la loro fonte di potere si era esaurita ed erano scomparsi, lasciandosi dietro templi vuoti e circoli di pietra.
Tutti i Cairansis credevano
che la stessa sorte fosse toccata ai figli della dea, ma evidentemente
erano abbastanza reali e radicati nel flusso del pianeta da esser
sopravvissuti.
Fenris stesso stentava a crederci, ma non c’era tempo per lo stupore.
Il risveglio di quella creatura significava solo una cosa: pericolo.
Immediato. Potente.
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Capitolo 9 *** Cap. 8 I sussurri della foresta ***
Cap. 8 I sussurri della foresta
Ed ecco un altro capitolo!
Mentre lo scrivevo, più o meno verso la mezza/l'una di notte, ho
finito per autosuggestionarmi anche io. Le soluzioni sono due: o sono
riuscita a trasmettere l'atmosfera che volevo o sono proprio una fifona
XD
Buona lettura! :)
P.S.: Per i prossimi due giorni (spero siano al massimo due) dovranno
fare dei lavori alla linea telefonica vicino a casa mia...
cercherò di aggiornare appena possibile!
Cap. 8 I sussurri della foresta
Era passata una settimana da quando Blaking si era rivelato, mostrandosi nella sua vera natura di Balhia.
Avevano attraversato quasi tutto il territorio del Nord, marciando dall’alba al tramonto.
Da quando erano stati
attaccati avevano deciso di comune accordo di stabilire dei turni di
guardia, in modo da non esser colti di sorpresa.
Il loro rapporto si stava lentamente evolvendo e si sentiva profumo di amicizia.
Ethelyn aveva ormai superato
la sua paura degli Ippogrifi e spesso si ritrovava a dormire accanto a
Blaking, almeno quando Drew era di guardia.
Tra i ragazzi le cose erano
ancora un po’ difficili, soprattutto perché nessuno dei
due aveva avuto molti rapporti con l’altro sesso, che fossero di
confidenza o più profondi.
Drew aveva dalla sua anni di
lotte e giochi coi bambini del suo villaggio, Ethelyn nemmeno quello.
Solo le fantasie della sua mente.
Nonostante questo stavano
cercando in tutti i modi di far funzionare le cose. Dovevano rimanere
uniti e instaurare un’amicizia era una buona strategia per
riuscirci.
Superarono
silenziosamente un branco di Dahu, animali simili alle capre di
montagna, con lunghe corna spiraliformi e zampe anteriori più
corte di quelle posteriori, per potersi inerpicare anche sui sentieri
più impervi.
Dopo esserseli lasciati alle spalle, Blaking si bloccò, sbarrando la strada ai ragazzi.
-Che c’è?- domandò Drew.
L’altro non rispose ed
annusò l’aria. –Siamo vicini alla foresta del
Mentore.- mormorò, voltandosi a guardarli.
-Siamo già arrivati al confine con le terre del Cuore?!- fece la Ferift, stupita. L’Ippogrifo annuì.
-Ora che si fa? Sai come arrivare nel Regno del Nord?- s’informò il ragazzo, abbassando lo sguardo.
Sotto i loro piedi si
estendeva una delle foreste più grandi di tutto Suran. Iniziava
alle pendici della catena di montagne che avevano appena superato, le
Kolen, e continuava a perdita d’occhio, fino a penetrare nei
territori posti sotto il controllo del Primo.
La parte che apparteneva al
Nord era caratterizzata da conifere: abeti, larici e diversi pecci. Il
verde bottiglia si stemperava in tinte più chiare o più
acide, fino al rosso aranciato e al bianco sporco di alcuni pini che
spiccavano per la loro propensione all’altezza.
-Noi dovremmo addentrarci lì dentro?
Blaking si voltò a
guardarlo. –Sì, Drew. Il Regno del Nord è nascosto
proprio lì dentro.- confermò.
-Come fai a sapere che è proprio lì?- volle sapere lui, per niente convinto.
-Ho studiato la morfologia del
pianeta. E poi, non è molto distante dal nostro territorio,
quindi dovresti saperlo anche tu.- gli rispose.
-Oh… giusto. Dovrei iniziare a leggere di più.- ridacchiò il Nun.
Ethelyn si lasciò
sfuggire un sorriso. –Io ho letto qualcosa… so che
è impossibile penetrare nel regno degli Elfi a meno che loro non
lo vogliano.- disse.
L’Ippogrifo
annuì. –Sì… dovremo prestare attenzione a
quello che facciamo. Tendono a catturare i malintenzionati e i
criminali e a sviare i viandanti. Non vogliono essere trovati. Non
dopo…- ma si bloccò.
I due ragazzi lo guardarono, perplessi.
La creatura valutò
l’espressione della loro nuova compagna, cercando qualche segno
rivelatore. Il fatto che lo stesse osservando in attesa di una
risposta, gli fece capire che non sapeva.
“Forse è meglio non dirglielo, per ora.”, stabilì.
-Blaking?- Drew cercò la sua attenzione.
-Niente, scusate. Stavo
dicendo… ah, sì! Dovremo stare vicini e assolutamente
concentrati: la foresta stessa tende a ricacciare indietro le persone.
E so che l’accesso è uno solo.- concluse.
-Cosa vuol dire…?- fece la ragazza, accigliata.
-Incontreremo diversi ponti.
Ma solo uno è la porta per il Regno. Gli altri portano fuori, ai
margini del bosco.- spiegò.
-Quindi potremo ritrovarci
buttati fuori?- il Nun era alquanto stupito. –Dannazione! Il Cair
avrebbe potuto dircelo.- aggiunse, leggermente infastidito.
L’amico scosse la testa,
lanciandogli un’occhiata di rimprovero. –Ci sono questioni
più pressanti.- gli ricordò.
-Sì, ma ha detto che dobbiamo assolutamente avvertire la regina!- protestò.
-Lo so. Adesso calmati.- gl’ingiunse.
Lui sbuffò ed inspirò a pieni polmoni, ritrovando la calma.
“Non è un ragazzo
paziente.”, considerò Ethelyn. Subito dopo chiese:-Ci sono
animali, dentro la foresta?
Blaking la fissò perplesso. –Sì…
-Possiamo cacciarli?-
continuò lei. Non avevano molte provviste e, considerato che
avrebbero potuto girare intorno per un bel po’, forse era
il caso di rifornire le bisacce.
La creatura diede in una
leggera scrollata di capo, facendo arruffare le piume che aveva alla
base del collo. –E’ vero, non ci avevo pensato. Forse
sarebbe meglio fare rifornimento qui. Non so quanto ci convenga
cacciare nella foresta.- ammise, lanciando un’occhiata alle cime
degli alberi.
Sembrava tutto silenzioso, quasi come una fortezza inespugnabile prima di un grande attacco.
-Allora andiamo a caccia?-
Drew si tolse l’arco dalla schiena, lisciando distrattamente il
manico, levigato dal frequente uso.
I tre si scambiarono un’occhiata e poi s’incamminarono in tre direzioni diverse.
Anche se nessuno l’aveva
detto a parole, era tassativo stare attenti a qualsiasi creatura
avessero incontrato. Meglio, dovevano evitare di incontrare creature
come gli orsi d’ombra.
Drew scavalcò un tronco morto, controllando la zona intorno a sé.
Sopra la sua testa sentiva muoversi alcuni scoiattoli e qualche cornacchia, intenti a procacciarsi il cibo.
“Ho bisogno di qualcosa di più grosso.”, si disse.
Si fermò,
accucciandosi. Voleva cercare qualche impronta nella terra umida del
sottobosco, giusto per vedere se doveva continuare su quel sentiero o
sceglierne un altro.
Ad un certo punto sentì
un rumore alla sua sinistra: si voltò di scatto e notò la
chioma rossa di Ethelyn tra i tronchi degli alberi.
Deglutì, calmando il proprio cuore.
Dopo aver recuperato il controllo tornò ad alzare lo sguardo, ma lei era sparita.
“E’ così
indipendente…”, si ritrovò a pensare. La ammirava
per il suo coraggio: non era da tutti decidere di abbandonare la
sicurezza della propria casa per mettersi in viaggio con due
sconosciuti.
E poi affrontava tutto di petto. Non sembrava una ragazza, sotto certi aspetti, anche se aveva un bell’aspetto.
“Drew!”, si
rimproverò per quello che aveva pensato. Non doveva lasciarsi
distrarre da riccioli ramati e occhi verde prato.
Si diede una scrollata, quasi come fosse un cane, e riprese la sua ricerca.
Sapeva come muoversi senza far
rumore, sia grazie a Blaking che grazie agli insegnamenti di suo padre.
Era uscito spesso a caccia con entrambi e aveva sempre cercato di
imitare i loro movimenti, fluidi e silenziosi come solo gli animali
potevano esserlo.
Superò alcune radici e
notò che gli abeti iniziavano a diradarsi poco più
avanti. Senza fretta raggiunse il limitare della vegetazione e
sbirciò oltre.
Si ritrovò ad osservare un altopiano abbastanza ampio, cosparso di fiori montani e qualche sporadica roccia.
“Questo posto potrebbe andare…”, si disse.
Il più lentamente
possibile si sdraiò pancia a terra ed incoccò una
freccia, tendendo orizzontalmente l’arco. Se fosse stato paziente
avrebbe ucciso qualche gallo cedrone.
Quando i tre amici si riunirono poterono appurare di aver avuto fortuna.
Blaking aveva catturato alcuni
scoiattoli per sé, più un paio di poiane e una lepre.
Ethelyn aveva scovato delle martore, mentre Drew aveva fatto incetta di
galli cedroni.
-Nessun cervo…?- fece il Nun, deluso.
-Non avremmo saputo come trasportarlo.- gli fece notare l’Ippogrifo.
-Vero.- confermò, appoggiando a terra gli uccelli.
Ethelyn, poco più in
là, rovistò nella propria bisaccia, in cerca di quello
che le occorreva. Non aveva mai cacciato prima d’ora e non si era
curata di accertarsi che le sue prede fossero effettivamente morte,
quando le aveva raccolte.
Così uno degli animali
l’aveva morsa, lasciandole un brutto segno sulla mano, vicino
all’articolazione del pollice.
Non voleva che gli altri vedessero la ferita, perché si sarebbe sentita inetta e imbarazzata.
Quando ebbe finalmente trovato
il sacchetto contenente le foglie d’aloe, che suo padre si era
fatto portare dalle terre del Sud, sospirò.
-Ethelyn, vieni a darci una
mano. Dobbiamo pulire gli animali.- la chiamò Drew.
S’affrettò a trattare il morso e poi li raggiunse.
–L’hai mai fatto?- le chiese lui.
-No, ma posso imparare.- disse, sbrigativa.
Il lavoro avrebbe richiesto un po’ di tempo, considerando che non potevano trasportare le cose crude.
Quando finalmente ebbero finito era ormai troppo tardi per addentrarsi nella foresta.
-Domattina partiamo all’alba, mi raccomando.- disse Blaking, prima di coricarsi e chiudere gli occhi.
L’alba li
trovò in volo, diretti circa cinquecento metri più in
basso rispetto a dove si erano accampati.
Dalla foresta salivano
riccioli di nebbia, che rilucevano quando colpiti dalla luce. Molti
animali si stavano lentamente svegliando e il richiamo di alcune
ghiandaie li accompagnò per buona parte della discesa.
Quando finalmente le cime
degli alberi non erano più una meta lontana, Blaking
allargò le grandi ali e scese lentamente di quota, controllando
la discesa con pochi e poderosi colpi.
Atterrò su un letto di
muschio, senza produrre il minimo rumore, ma la loro presenza
bastò a zittire tutta la fauna che c’era nei dintorni.
-Bene… siamo arrivati.
Ora dovete sapere alcune cose… le ultime che so riguardo la
foresta, perché nessun viaggiatore ha mai pensato di scriverne
un resoconto.- li informò. Tenne la voce deliberatamente bassa,
per poter ascoltare meglio i rumori dell’ambiente.
Sicuramente c’erano occhi vigili che li stavano osservando e orecchie pronte a captare la minima parola di minaccia.
I ragazzi si strinsero attorno a lui, in attesa.
-La foresta del Mentore ha una
volontà propria. Cercherà di allontanarci in due modi:
spaventandoci con delle visioni mostruose o attirandoci con dei
miraggi. Quindi, mi raccomando, guardate con la mente.- li
osservò negli occhi, mortalmente serio.
I due annuirono. –Conoscete qualche incantesimo per proteggerci?- chiese Ethelyn.
-No, nessuno.- ammise Drew.
L’Ippogrifo scosse la testa. Non era prerogativa degli animali
quella di saper recitare incantesimi.
O almeno, non sarebbe riuscito a farlo in quella forma. Nell’altra, chissà.
-Ci affidiamo solo alla nostre
volontà? D’accordo.- concluse la ragazza, rabbrividendo
leggermente. “Spero di averne abbastanza.”, si
augurò.
-Manteniamo sempre il contatto visivo tra di noi. Se possibile anche quello fisico.- aggiunse Blaking.
-Ho una corda.- disse Drew, tastandosi la bisaccia. Ma l’amico scosse il capo.
-No, dobbiamo poter avere
spazio di manovra. Basterà una mano sulla spalla ogni tanto.-
gli sorrise brevemente, per incoraggiarlo.
-Capito… andiamo.
Presero tutti un respiro profondo e poi iniziarono ad addentrarsi attraverso il rigoglioso sottobosco della foresta.
Sotto i loro piedi
s’intervallavano rocce e radici, tappeti di muschio e altri
licheni. Le felci erano abbastanza rade, così come i cespugli di
biancospino e ginepro.
Alzando lo sguardo, la Ferift
notò che la luce penetrava a sprazzi, creando improvvise zone di
luce. La differenza d’illuminazione rendeva l’ambiente
indistinto ed era difficile distinguere una roccia ricoperta di muschio
da un possibile animale.
“C’è
un’umidità pazzesca!”, pensò avanzando dietro
a Drew. Probabilmente dipendeva dal fatto che era ancora mattino
presto, ma le sembrava che l’impalpabile nebbiolina le penetrasse
nelle ossa, facendola rabbrividire.
-C’è un
sentiero.- annunciò ad un tratto il Nun. Affiancò
l’amico e glielo indicò. Quello considerò la
scoperta per qualche istante, poi annuì e fece loro segno di
seguirlo.
Chiamarlo sentiero era
un’esagerazione, considerato che era una traccia indistinta e
volubile che si snodava tra le rocce, ma era meglio di niente.
Percorsero parecchie centinai di metri, salendo e scendendo a seconda dell’andamento del terreno.
Verso metà mattinata
non avevano ancora incontrato esseri umani. C’era stata solo
qualche sporadica apparizione da parte di alcuni tassi.
Il caldo iniziava a farsi sentire e i ragazzi stavano sudando già da un po’.
-Fermi.- disse improvvisamente Blaking. Sia Drew che Ethelyn non poterono evitare di finirgli addosso.
-Cos’hai visto?- domandò lei.
Lanciò loro
un’occhiata e poi indicò con un cenno del capo il sentiero
davanti a sé. I due allora sollevarono gli occhi e si
ritrovarono a fissare un ponte di pietra, ricoperto in buona parte di
muschio.
Scavalcava il sentiero, che si
era notevolmente ingrandito da quando avevano iniziato a seguirlo. Ma
sembrava che nessuno lo utilizzasse più da tanto tempo.
-Siamo già arrivati…?- domandò la rossa, perplessa.
-Non credo.
-E allora cos’è?- il Nun scambiò uno sguardo perplesso con entrambi.
-La foresta potrebbe essere presidiata. Non sarebbe una cosa insolita.- ammise l’Ippogrifo.
-Quindi, che si fa?-
domandò l’amico, guardandosi attorno con circospezione.
Quel luogo gli metteva addosso una certa ansia, come se avesse lo
sguardo di qualcuno perennemente puntato addosso.
-Sentite qualcosa? Tracce magiche, vibrazioni…?- domandò l’altro, avvicinandosi di qualche passo.
I due si concentrarono ed espansero i loro poteri, alla ricerca di qualche indizio magico.
A parte la presenza stessa della foresta non trovarono nulla.
Riaprirono gli occhi, scuotendo la testa.
-Bene, non è la porta. Proseguiamo.- risolse e si rimise in cammino.
Si muovevano con circospezione, stando attenti a non far rumore.
Gli intrusi avevano appena attraversato uno dei tanti ponti all’estremità settentrionale del Regno.
Un Elfo, appartenente alla
casta degli Ulver, seguì con lo sguardo i tre individui. Non
erano Elfi come lui ma, a parte l’Ippogrifo, non avrebbe saputo
distinguere la razza di appartenenza. I loro capelli e il loro
incarnato erano inusuali.
La cosa lo fece accigliare: di
solito riusciva sempre a capire a che popolano appartenevano quelli che
s’inoltravano nella foresta.
Stando attento a non
far rumore abbandonò la posizione, rimettendosi in piedi ed
allentò la presa sulla freccia. Facendo sì che si
mantenessero nel suo campo visivo, seppur limitato alla coda
dell’occhio, lanciò il richiamo del picchio rosso.
Dalla postazione più vicina gli rispose la ciancia, segno che avevano ricevuto il messaggio.
Persone non identificate vagavano per la foresta.
All’udire quei richiami Blaking s’irrigidì, drizzando il capo.
Non si sentivano picchi tamburellare contro le cortecce degli alberi e men che meno aveva visto delle ciance.
“Devo stare
all’erta.”, si disse, scrutando all’intorno senza
dare nell’occhio. I suoi sensi animali stavano cercando di dirgli
che qualcosa non andava.
-Tutto ok…?- sussurrò Drew, vedendolo più guardingo di prima. –Hai sentito qualcosa?
-No… per ora no. Ma state all’erta.- rispose.
Il ragazzo si voltò e
sfiorò una mano ad Ethelyn. Lei annuì, segno che aveva
ascoltato il breve scambio di battute.
Passarono sotto un abete, il
cui tronco era caduto sopra il sentiero a causa di un fulmine, finendo
per formare un ponte naturale.
Sotto il suoi rami l’odore di resina era pungente e il terreno era cosparso di aghi verdi.
La Ferift stette attenta ad
evitare quella sostanza viscosa e si affrettò a seguire i
compagni al di là, ma quando rialzò lo sguardo qualcosa
attirò la sua attenzione.
Si fermò e rimase a
guardare, immobile, diverse rampe di gradini che s’inerpicavano
su per il terreno. Avevano un aspetto consunto e anche antico. Qualche
lastra era stata divelta dalle radici degli alberi.
-Ragazzi!- chiamò,
cercando di essere il più discreta possibile. I due si voltarono
e poi tornarono indietro. –Sicuri che qui non ci vivesse nessuno?
Blaking la guardò e poi
fece spaziare lo sguardo sugli scalini. –Non ne sono sicuro.-
ammise. “Forse c’erano dei piccoli villaggi, costruiti
durante la faida…”, ipotizzò.
-Forse dovremmo andare a vedere…?- propose lei.
-No, non farlo. Non lasciamo
il sentiero.- la fermò, prendendola per la cintura. Si
scambiarono un lungo sguardo, ma alla fine l’ebbe vinta.
-Scusate. Rimettiamoci in marcia.
Dopo quel primo avvistamento ce ne furono numerosi altri e non ultimo quello di un circolo di pietre, spezzato.
Tutti e tre avevano iniziato a chiedersi se non stessero attraversando i resti di un insediamento umano.
Mezzodì era già passato da un pezzo quando decisero di accamparsi per riposare un po’.
Blaking bevve dalle mani di
Drew, non fidandosi ad allontanarsi per cercare una polla
d’acqua. Dissetatosi, si mise a scrutare i paraggi, circospetto.
La sensazione che aveva avuto qualche ora prima permaneva.
-Fermiamoci lo stretto necessario.- disse.
-Stavo per dirlo io.-
annuì il Nun. Anche Ethelyn si trovò d’accordo: sia
lei che il ragazzo condividevano la stessa sensazione dell’amico.
Così, dopo la breve sosta, ripartirono.
Quando s’imbatterono in un altro ponte, Blaking li fece fermare nuovamente.
Alzò gli occhi alle
cime degli alberi, cercando di scorgere qualcosa tra i rami. Ma le
ombre erano troppo fitte ed ingannevoli.
Sospirando, mosse leggermente la coda, frustrato. -Cerchiamo qualche indizio…- mormorò solo, avvicinandosi.
Questo, a differenza
dell’altro, aveva avuto un piccolo crollo strutturale su un lato
del parapetto. Le macerie giacevano dimenticate a lato del sentiero.
-Non sento niente.- disse dopo poco Drew.
Ethelyn fece per confermare quando vide qualcosa tra gli alberi, sulle pendici che affiancavano il sentiero.
Aguzzò la vista, cercando di capire che cosa fosse.
Lentamente, dai fitti rami di more selvatiche, emerse un enorme orso. La ragazza sbiancò, sgranando gli occhi.
“Non un altro!”, pensò.
Cercò le sue armi e le impugnò senza esitare. Poco dopo ecco comparire un altro animale.
Drew, che aveva notato lo strano comportamento dell’amica, le si avvicinò. –Che succede?- chiese.
Lei gli indicò il
pendio. Lui alzò gli occhi e si ritrovò ad osservare i
lupi più grandi che avesse mai visto.
-B-Blaking!- chiamò, con voce leggermente alterata.
Sentendosi chiamare,
l’Ippogrifo li raggiunse. Vedendoli armati e pronti allo scontro
fece per chiedere cosa stesse succedendo, ma la sua attenzione fu
catturata da una figura ai lati del suo campo visivo.
Voltò di scatto la testa e si ritrovò a fissare un Grifone dal pelo color nocciola.
-Ragazzi, state indietro!- li
spinse alle proprie spalle con le ali, preparandosi allo scontro. I
Grifoni erano nemici mortali degli Ippogrifi e lui non poteva
permettere che facesse del male ai ragazzi.
Ethelyn, dal canto suo, sapeva
che doveva farsi spuntare le ali per avere più vantaggio sui
suoi avversari. Se fosse riuscita ad alzarsi in volo avrebbe potuto
anche attaccarli con la magia.
Dipendeva tutto dalla sua concentrazione.
Drew, accanto a lei,
tese l’arco e lo inclinò verso l’alto, pronto a
colpire. Blaking gli aveva spiegato che poteva manipolare la luce e
scagliarla contro i suoi nemici, ma non si era mai sentito portato per
quel genere di cose. Prediligeva l’arco, anche se in molti gli
avevano rinfacciato come quella fosse un’arma da codardi
perché non portava ad un corpo a corpo.
Ognuno di loro stava vedendo una cosa diversa, là dove non c’erano altro che alberi e rocce coperte di muschio.
I loro nemici si fermarono a fissarli con sguardi rossi come braci.
L’attacco arrivò all’improvviso.
I tre compagni raccolsero il coraggio ed andarono incontro ai loro avversari, urlando.
Iniziarono a combattere, menando fendenti a destra e a manca.
Drew colpì in pieno uno
dei lupi, ma questo ignorò il colpo ricevuto e proseguì
la sua corsa. Blaking beccò la creatura vicino ad un occhio, ma
non ne uscì sangue. Credendo di non averci messo abbastanza
forza alzò gli artigli, pronto a colpire.
Ethelyn colpì di striscio uno dei due orsi, senza che quello emettesse un suono.
Stavano combattendo isolati nei loro mondi, o meglio nelle loro menti, e nessuno prestava aiuto all’altro.
La lotta era serrata e gli avversari incassavano tutti i colpi, senza nemmeno versare una goccia di sangue.
La Ferift sentiva le braccia
dolerle per lo sforzo, ma non poteva cedere. Le due bestie la stavano
fissando, ansimando pesantemente.
Doveva evitare che una delle due l’attaccasse alle spalle.
Improvvisamente il più
grosso scattò verso di lei e le si gettò addosso,
mandandola a terra. Scalciando e agitando i sai riuscì a
liberarsi, per poi gettarsi a terra con un tuffo nel tentativo di
evitare l’attacco dell’altro.
Rotolò per terra,
schivando gli affondi delle enormi zampe. Quando riuscì a
rialzarsi si mise a correre in una direzione imprecisata.
I grossi lupi che stava
combattendo Drew scomparvero di colpo, mutando in enormi orsi.
Notò che contro di loro stava combattendo Ethelyn. Lanciando un
urlo scoccò una freccia, che colpì quello più
vicino a lui.
La vide cadere e rialzarsi, per poi scappare via.
-Ethelyn!- urlò e le corse dietro.
Blaking evitò per un
pelo il becco del Grifone, assestandogli poi un calcio sul muso. Quello
barcollò leggermente, ma non si scompose.
Ruotò su se stesso e lo sfregiò con gli artigli: tre graffi netti e puliti.
Ansante, rimase a guardare, in attesa del sangue.
Ma quello non arrivò. E allora qualcosa dentro di lui scattò.
“Non è reale!”, pensò.
Subito dopo aver formulato
quel pensiero la sua mente si schiarì e i suoi occhi tornarono
ad osservare la foresta, silenziosa e ammantata di colori estivi.
-Ho avuto
un’allucinazione…- realizzò, sconvolto. Si
voltò per avvertire i ragazzi del pericolo, ma non li
trovò.
In lontananza gli parve di sentire la voce del suo migliore amico.
-No… no! Drew! Ethelyn!- tentò di richiamarli, urlando con quanto fiato avesse in gola.
Sconvolto per essersi lasciato
ingannare come un sempliciotto, si scrollò di dosso gli ultimi
rimasugli dell’allucinazione e spalancò le ali, pronto a
spiccare il volo.
Doveva seguirli, non potevano rimanere separati.
“Non voglio che rimangano feriti.”, pensò, iniziando a correre lungo il sentiero.
Aveva ormai raggiunto la
velocità necessaria quando sentì un peso piombargli sulla
schiena. Per poco non incespicò, ondeggiando pericolosamente in
avanti.
Mantenne l’equilibrio
aiutandosi con le zampe anteriori e poi frenò di colpo.
Voltò la testa quel tanto per vedere che un Elfo era seduto a
cavalcioni su di lui e stava cercando d’afferrargli le ali.
Iniziò ad agitarsi,
tentando in tutti i modi di disarcionarlo. In risposta, quello si
aggrappò ai suoi fianchi, stringendo i talloni.
-Lasciami andare!-
l’Ippogrifo lanciò un verso acuto, facendo schioccare il
becco a pochi centimetri dal viso dell’uomo.
Come risposta ottenne un breve fischio.
“Sta chiamando rinforzi!”, realizzò, iniziando a scalciare con ancora più forza.
Girò su se stesso,
sollevando un gran polverone, ma qualcosa lo colpì alle zampe:
queste si piegarono e lui crollò in avanti, sbattendo il muso.
Osservò la corda che gli legava gli arti e tentò di romperla col becco.
Mentre era impegnato in quel
tentativo di liberarsi, gli piombarono addosso altri due Elfi e quello
sulla schiena gli fermò le ali, trattenendole in verticale sopra
la sua schiena.
Si lasciò sfuggire un verso di protesta, sentendo le articolazioni dolere.
-Calmati, non vogliamo farti
del male.- nel suo campo visivo apparve uno dei tre uomini. Era
completamente vestito di verde e marrone, colori perfetti per
mimetizzarsi nella foresta.
-Mi state legando… non
ho fatto nulla di male.- protestò lui, mentre gli
immobilizzavano definitivamente le ampie ali grigie.
-Sei entrato nella foresta
senza il nostro permesso, ma non sei un criminale. Sento che stai
cercando qualcosa.- rispose l’Elfo.
Mentre parlava i suoi uomini avevano costretto Blaking a terra, su un fianco.
-Mi ha mandato il Cair del
Vento. Devo conferire con la vostra regina.- spiegò. Dire la
verità era l’unico modo per riuscire ad entrare nel Regno
del Nord.
Il suo interlocutore si accigliò, fermandosi.
-Cosa facciamo...?- domandò una voce alle spalle dell’Ippogrifo. Era l’uomo che gli aveva legato le ali.
-Portiamolo dal re.- decise. Probabilmente quello era il loro capo. –Dite a Zefir di catturare gli altri due.
-No! Non fate loro del male!- all’udire quelle parole Blaking si agitò.
-Fa’ silenzio, per
favore. O saremo costretti a serrarti il becco.- le sue grida avevano
infastidito il capitano. Nessuno poteva dargli torto: erano acute come
quelle di qualsiasi rapace.
Decise che era meglio fare
come gli avevano ordinato. Non voleva essere ucciso dalle guardie prima
di aver potuto trasmettere il suo messaggio.
-Ethelyn!- Drew ripetè ancora una volta il suo nome, cercando di farla fermare.
Lei si voltò un attimo
indietro, ma quella piccola distrazione bastò per farla
inciampare in una radice e cadere a terra.
Rotolò per qualche metro, seguendo il terreno in leggera pendenza.
Il ragazzo la raggiunse più veloce che poté.
-Oddio! Stai bene?- le domandò, aiutandola ad alzarsi.
-Sì, sì ma
dobbiamo scappare!- si liberò delle sue mani e recuperò
le sue armi. Lui sollevò l’arco, pronto a scagliare la
freccia.
Si misero schiena contro schiena, per proteggersi.
Attorno a loro non si udiva
nessun rumore d’inseguimento, nessuno schianto che facesse
presagire l’arrivo degli orsi.
Mantennero la posizione fino a quando i muscoli delle braccia non iniziarono a tremare per lo sforzo.
-Sono… scomparsi?- s’azzardò a chiedere la Ferift.
Il compagno le lanciò
una rapida occhiata, per poi tornare a puntare gli occhi sugli alberi.
–Senti qualcosa…?- le domandò, dopo qualche attimo
di silenzio.
-A parte i nostri cuori che rimbombano, no.- ammise.
Drew allora si rilassò,
lasciando uscire un sospiro di sollievo. Abbassò l’arco,
puntando il dardo verso il basso.
Ethelyn esitò un altro
po’, ma alla fine lo imitò. Si voltò a guardarlo e
si deterse il sudore dal viso. –Era solo un’illusione.-
disse, realizzandolo solo in quel momento.
Gli occhi dell’amico si riempirono di consapevolezza e si diede del cretino, dandosi una pacca sulla fronte.
Lei rinfoderò i sai e si guardò intorno. –Dov’è Blaking?- chiese, improvvisamente allarmata.
Drew sollevò la testa e
si mise a scrutare l’intorno. Girò su se stesso parecchie
volte, cercando di scorgere il piumaggio nero dell’amico.
-Non lo vedo. L’abbiamo lasciato indietro!- esclamò, agitato.
-Dobbiamo ritrovarlo.-
replicò la rossa, cercando di mantenere la calma. Lasciarsi
andare al panico non sarebbe stato d’aiuto.
-Come? Non sappiamo da che parte siamo venuti.- le fece notare lui.
Ethelyn gli lanciò
un’occhiata dubbiosa e si mise ad analizzare quello che avevano
intorno. Si trovavano su un sentiero abbastanza largo, fatto di terra
battuta e aghi di pino. Alla sua destra se ne dipanavano altri due,
più piccoli e meno evidenti. Infine ce n’era un altro alle
loro spalle.
-Fantastico.- commentò, sconfitta.
-Non sei una telepate, vero?- le chiese Drew. Lei scosse la testa. –Bene… potremmo… aspetta! Tu hai le ali!
La guardò come se fosse una divinità scesa in terra, pieno d’aspettative.
La Ferift alzò lo sguardo, facendolo vagare tra l’intrico di rami. –Sì, posso volare. Hai ragione!
Si sfilò di dosso la
bisaccia, che miracolosamente non aveva perso nella fuga, e
gliel’allungò. Si assicurò invece la cintura coi
sai, accertandosi che non si aprisse.
Chiuse gli occhi, si concentrò e si fece spuntare le ali.
Senza poterne fare a meno, il Nun le sfiorò una piuma, trovandola candida e soffice.
La ragazza gli lanciò
un’occhiata, a metà tra l’infastidito e
l’imbarazzato, poi spiccò il volo. Si mantenne il
più possibile lontana dai rami secchi, che si trovavano nella
parte bassa degli alberi, dove non giungeva abbastanza luce.
Aiutandosi con le mani si fece strada tra le fronde, fino a quando non sbucò alla luce del sole morente.
Si guardò intorno,
facendo spaziare gli occhi su tutta la vastità della foresta del
Mentore. Sperava di poter trovare qualcosa che le indicasse la presenza
di Blaking, o magari di vederlo volare, impegnato nella loro ricerca.
Fece per ridiscendere quando
con la coda dell’occhio notò le montagne: si trovavano
alla sua destra e per poco non dava loro le spalle.
“Puntiamo verso le
montagne!”, si disse, scomparendo all’interno delle chiome
delle conifere. Ridiscese molto lentamente, stando attenta a non
danneggiare le ali.
-Trovato qualcosa?- le domandò Drew, vedendola di ritorno.
-Le montagne… puntiamo verso le montagne. Dobbiamo andare ad est.- disse, atterrando.
-Giusto! Buona idea!- approvò.
-Ma dobbiamo sbrigarci, tra qualche ora farà buio.- aggiunse.
-Dobbiamo fermarci. Non
è prudente aggirarsi di notte per una foresta, soprattutto se
non la si conosce.- affermò Drew.
Ethelyn, poco più avanti, si voltò a guardarlo. –Ma tu sei un Nun, puoi…
-No, non posso. Se facessi
luce potremmo essere visti. Se Blaking non è ancora riuscito a
trovarci può significare solo che è stato trattenuto.-
replicò. –Non sono così ingenuo da credere che i
confini del Regno del Nord non siano presidiati. E poi… chi ci
dice che quelle visioni non corrispondano a realtà e che quegli
animali esistano?
La ragazza non ebbe nulla da obiettare alle sue supposizioni. –Cosa suggerisci?- volle sapere.
-Troviamo un posto in cui accamparci. Domani riprenderemo le ricerche.- propose.
Lei annuì, iniziando a guardarsi intorno.
Il crepuscolo aveva invaso
tutto il bosco ed era diventato difficile anche distinguere i colori,
virati tutti a tonalità bluastre e violacee.
Era comparsa addirittura qualche lucciola, tra i cespugli di biancospino.
-Ethelyn, mi sembra
d’aver visto qualcosa.- disse ad un tratto il giovane. Si
voltò verso di lui e gli si affiancò. Senza pensarci le
prese la mano ed iniziò a condurla verso il lato destro del
sentiero.
Quel contatto la mise a disagio, ma evitò di darlo a vedere.
Facendo luce con i palmi delle
mani, Drew salì su una roccia e poi si affrettò ad
aiutarla. Lei fece per protestare, ma lui la sollevò di peso e
la issò al suo fianco.
-Mi dici cos’hai visto?- chiese, sottovoce.
-Delle scale.- rispose lui, continuando ad emettere quel debole bagliore.
La rossa cercò di identificare i gradini, ma non ci riuscì.
Decise di lasciarsi guidare e si rese conto che non aveva nemmeno ripreso la sua bisaccia.
Ad un certo punto i suoi piedi incapparono in una superficie liscia e dura.
-Ehi, c’è
qualcosa in cima…- annunciò Drew, mostrando il suo
entusiasmo per la scoperta. Si fermò un attimo, controllando che
la compagna stesse bene e poi si affrettò a proseguire.
-Posso camminare da sola.- disse lei, ad un certo punto. Erano quasi arrivati alla fine della rampa di pietra.
Lui si fermò, guardò le loro mani e sciolse il contatto. –Scusa.- mormorò, imbarazzato.
Dopo quella breve sosta, ripresero il cammino.
Finalmente giunsero a quello
che sembrava un grande spiazzo di roccia. Ma era difficile dirlo,
considerato che era stato completamente invaso dal muschio.
Si guardarono intorno e Drew individuò un’apertura sul fianco della collina su cui si erano arrampicati.
Chiamò la Ferift per mostrargliela.
-Credi che sia un’abitazione?- le domandò.
Lei la osservò,
cercando di scrutare all’interno. Somigliava alle case dei suoi
antenati, quelle di cui le aveva parlato suo padre: blocchi di pietra a
formare i muri, paglia e terreno per il tetto. Erano studiate per
essere resistenti alle intemperie e per camuffarsi all’interno di
aree boschive o comunque in mezzo al verde.
Non si poteva mai sapere quando gli animali avrebbero deciso di attaccare.
Pensando ai nemici dei Ferift, le venne in mente Blaking.
-Chissà se sta bene…- mormorò.
-Sono sicuro che se la
caverà. È in gamba.- la rassicurò il ragazzo,
avendo perfettamente capito a chi si stava riferendo. –Che ne
dici? Passiamo qui la notte?- domandò.
Finalmente si erano fermati.
Li avevano inseguito per buona parte della giornata, sin da quando avevano avuto quella visione.
Loro erano ormai avvezzi agli
scherzi della foresta e non ne risentivano più. Non ha senso
temere la propria casa, non quando questa ti protegge e sa proteggersi.
Mantenere il contatto visivo coi due ragazzi non era stato difficile, ma si erano stupiti di quanto avessero corso.
Arun se n’era
andato con l’Ippogrifo, lasciandogli il compito di inseguire i
restanti membri del gruppo. Si era portato dietro tre compagni, giusto
per essere in superiorità numerica.
Si erano addentrati tra i tumuli e, se non li avessero portati via da lì, gli spiriti sarebbero usciti a reclamarli.
Non che fossero violenti o
pericolosi, ma avevano la brutta abitudine di gettare la gente nella
disperazione più cupa. Qualche mente debole a volte cedeva ed
impazziva.
E loro non potevano permettersi ciò, non prima di aver capito cosa volevano dalla loro regina.
Sistemò l’arco sulla schiena ed impugnò un pugnale con l’elsa d’osso.
Fece segno ai compagni di seguirlo.
Si calarono giù dagli alberi e circondarono il piccolo spiazzo su cui erano i giovani, senza mostrarsi ancora.
Alzò due dita, li indicò e poi fece un gesto circolare con la mano. Dovevano catturarli, non ucciderli.
-Credi che ci siano degli spiriti, qui?- chiese Drew, mentre allestivano il campo.
Ethelyn smise di svolgere il suo sacco a pelo e soppesò la domanda.
Sentiva una strana sensazione
di gelo provenire dall’ingresso della casa e non era sicura che
dipendesse dalle pietre di cui era fatta.
-Non lo so… ma faremo meglio a fare dei turni di guardia.- disse, sottovoce.
L’altro si trovò d’accordo.
Stavano per andare a raccogliere la legna per il falò quando apparvero i fuochi fatui.
I due amici si bloccarono, interdetti.
Quelle piccole fiammelle
azzurre erano innocue, il più delle volte, ma popolavano i
cimiteri o luoghi in cui c’erano state delle morti violente.
“Ecco il perché di quella sensazione…”, si disse la ragazza.
Era meglio allontanarsi
fintantoché non sembravano interessati a loro. Fluttuavano su e
giù per le scale e più in basso, dove giacevano i resti
di alcune colonne di granito.
Lentamente, la rossa si
avvicinò al Nun e gli tirò la manica della casacca.
–Andiamocene lentamente.- sussurrò.
Quello annuì e mosse un passo verso le scale, stando attento a non far rumore.
Erano quasi giunti al primo
gradino, quando dalle gradinate opposte apparve la figura eterea di un
uomo. I suoi piedi si perdevano nel buio e non toccava terra.
Poco dopo ne comparvero altri.
Istintivamente Ethelyn si tappò la bocca. Non doveva urlare.
-Sono spiriti?- domandò Drew.
-Spiriti dei morti. Lasciamoli in pace.- e lo strattonò. –Meglio se ci allontaniamo, e in fretta!
Senza una parola di più presero a correre.
Erano arrivati a metà
rampa quando una figura si parò loro davanti, bloccando la
strada. La rossa, che era davanti, gli sbatté contro e
finì a terra, portandosi dietro il compare.
Lo sconosciuto estrasse una spada, che emise un debole bagliore riverberando la luce dei fuochi.
La ragazza trattenne il respiro mentre Drew la tirava indietro e le si parava davanti, pugnale sguainato.
-Chi sei?- lo apostrofò.
-Potrei fare la stessa domanda.- replicò l’uomo.
La Ferift si era rialzata e aveva estratto i sai. Era pronta a combattere, nel caso.
-Non abbiamo cattive intenzioni, dobbiamo vedere la regina.- rispose il Nun, senza staccargli gli occhi di dosso.
-Drew! Taci!- lo rimproverò lei.
L’ultimo arrivato fece
un cenno col capo e qualcuno l’afferrò da dietro,
stringendole le braccia attorno al corpo.
Presa dal panico, tentò di piantare la punta delle sue armi nello stomaco dell’aggressore.
-Ehi, lasciala stare!- il
ragazzo si voltò, intenzionato ad aiutarla, ma dovette
difendersi da un colpo frontale. Sollevò il pugnale appena in
tempo.
-Non combattete. Sarà più facile per tutti.- disse loro la guardia.
-Neanche per sogno!- Ethelyn
rifilò una testata all’uomo che l’aveva imprigionata
e riuscì a liberarsi. Si slanciò in avanti e finì
addosso all’altro sconosciuto, buttandolo a terra.
Caddero per diversi metri, sbattendo contro i gradini di pietra.
Quando atterrarono la ragazza si ritrovò disarmata.
Annaspò alla cieca, cercando le sue armi, ma si ritrovò una lama puntata alla gola.
-Non ti muovere.
Deglutì lentamente e s’immobilizzò.
-Bene.- l’uomo si chinò e le legò mani e piedi senza tante cerimonie.
Poco dopo Drew venne portato alla base delle scale, ridotto come lei. –Tutto ok?- le chiese, preoccupato.
-Sì…- rispose solo.
Le guardie erano
quattro e si disposero attorno a loro. Dopo qualche minuto
d’attesa, dal buio apparvero quattro enormi lupi spettrali, dagli
occhi d’azzurra brace.
I ragazzi si ritrassero, spaventati.
Senza esitazione ognuno degli
uomini montò un animale, disponendosi a losanga, e loro vennero
gettati di traverso sulla groppa dei due spettri centrali.
Drew si era aspettato di affondare, ma avevano una consistenza solida, quasi reale.
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Capitolo 10 *** Cap. 9 Nel Regno del Nord ***
Cap. 9 Nel Regno del Nord
Siamo finalmente arrivati a destinazione!
In questo e nei prossimi capitoli ci sarà più spazio per
le parole, anche se ci saranno comunque momenti d'azione :)
Spero vi piaccia, buona lettura!
Cap. 9 Nel Regno del Nord
L’unica cosa che
entrambi videro, durante il viaggio, furono le zampe dei lupi spettrali
che sfioravano appena il terreno.
Erano caricati sugli animali come dei sacchi, in modo che non potessero identificare il ponte d’accesso al Regno.
Durante lo spostamento nessuno dei quattro Elfi parlò, limitandosi a seguire il sentiero.
Sia Ethelyn che Drew si ritrovarono
a dover combattere con la nausea e il sangue che affluiva alla testa in
un fastidioso ed incessante pulsare.
Se non li avessero rimessi in posizione eretta al più presto, avrebbero perso i sensi.
Ad un certo punto sentirono qualcosa scivolare sulla loro pelle: era vivo, pulsante e aveva una consistenza quasi viscosa.
Era magia, una potente magia difensiva.
“Siamo al portale!”, realizzò la ragazza, cercando di non rabbrividire al tocco di potere.
Il Nun, dal canto suo, si sentiva pizzicare da tanti aghi ed era nervoso.
Capirono di essere passati dall’altra parte quando avvertirono uno strappo che li lasciò liberi.
-Portiamoli a palazzo.- disse
l’uomo a capo del gruppo. Probabilmente era il comandante o
comunque quello al comando della spedizione.
Dopo una breve sosta, in cui li fecero sedere in groppa ai lupi, ripresero il cammino.
Drew cercò la compagna con gli occhi, per accertarsi che stesse bene.
Quando la vide, legata mani e piedi ma illesa, sospirò di sollievo.
Chiuse gli occhi, per scacciare la sensazione di vertigine e poi li riaprì, per guardarsi intorno.
Ethelyn aveva i capelli davanti al viso e avrebbe tanto voluto scostarli.
“Se solo avessi le mani libere.”, pensò, infastidita. Pazienza, si sarebbe accontentata.
Voltò lentamente la testa, per dare un’occhiata.
Non si trovavano più nella
foresta, o meglio, gli alberi e le rocce erano ancora al loro posto, ma
il paesaggio era diverso.
Gli alberi non coprivano il cielo e abbracciavano completamente diverse alte colline.
Era ancora notte inoltrata e le stelle ammiccavano dall’alto, trapunte nella volta celeste come diamanti.
Quando iniziarono ad inerpicarsi su
uno dei piccoli rilievi, sentì i lievi ticchettii provocati
dalle unghie degli animali. Abbassò lo sguardo e vide delle
grandi pietre piatte lastricare il sentiero.
Alla sua destra, alla base della
collina più alta, c’erano i campi, coltivati a mezzo di
fossati. Da qualche parte doveva esserci un torrente, lo sentiva
scrosciare.
-Ethelyn, guarda!- il ragazzo richiamò la sua attenzione.
Volse lo sguardo verso ciò
che stava indicando e vide gli ingressi di numerose abitazioni, che
entravano per una parte sotto terra. La tecnica di costruzione era
simile a quella delle rovine che avevano visto nel bosco.
Al loro passaggio, però, nessuno uscì a dare un’occhiata.
-Dove sono tutti?- domandò la Ferift, senza nemmeno sperare in una risposta.
La guardia che l’aveva in custodia esitò un attimo, poi disse:-A palazzo.
“Suppongo che dovrò farmela bastare, come risposta.”, si disse, continuando a guardarsi attorno.
Non avrebbe saputo dire quante
persone abitassero lì, ma sicuramente era una convivenza
pacifica. Ogni tanto s’intravedeva qualche piccola piazzetta,
decorata con fiori montani e zampilli d’acqua.
Ad un certo punto comparvero le fiaccole.
La strada fu praticamente illuminata a giorno e Drew dovette chiudere gli occhi, infastidito.
“Speriamo che Blaking sia a palazzo.”, si augurò, stando all’erta.
Ethelyn sembrava stranamente calma,
mentre lui aveva addosso tutta l’agitazione del mondo. Ok, non li
avevano picchiati o cose del genere, ma li stavano portando a palazzo
come prigionieri.
Non era una bella prospettiva.
Decise di accantonare quei pensieri
e concentrarsi su quello che vedeva, per mandarlo a memoria e sapere
come muoversi nel caso avessero dovuto fuggire.
Era un abile osservatore e non
mancò di notare la comparsa di alte mura di pietra. Erano vicini
al castello, sede del re e della regina degli Elfi del Nord.
Strani rampicanti dalle foglie a
stella crescevano lungo le fortificazioni. Le piante erano in piena
fioritura, a giudicare dai petali iridescenti che spuntavano qua e
là.
Quando giunsero in
prossimità di un cancello, la guardia in testa diede
l’alt. I lupi si fermarono senza il minimo rumore.
Il ragazzo gettò un
rapido sguardo a quello che si trovava al suo fianco. L’animale,
sentendosi osservato, spostò gli occhi su di lui, inespressivo.
Subito s’affrettò a distogliere lo sguardo.
Il freddo gelo che emanava da loro lo faceva rabbrividire.
-Fatevi riconoscere.- disse una voce.
I ragazzi alzarono al testa di scatto e si trovarono davanti un uomo armato di spada e scudo.
-Sergente Simar, secondo del capitano Arun.- fu la risposta.
Ora che lo guardava bene, Ethelyn si accorse che non poteva essere tanto più vecchio di lei e Drew.
Non poteva ancora dirlo per certo,
non avendolo visto per bene in volto. L’unica cosa di cui era
certa riguardava il colore dei suoi capelli, argentei come i raggi
della luna.
-Oh… mi scusi… non
l’avevo riconosciuta. Potete entrare.- la guardia
s’affrettò a farsi da parte, abbassando il capo.
Il sergente doveva essere una persona veramente importante per suscitare una reazione del genere.
L’Elfo in questione lanciò un’occhiata ai propri compagni e poi fece loro cenno di proseguire.
Entrarono solennemente all’interno delle mura del palazzo.
Quello che saltò subito
all’occhio erano gli enormi abeti rossi e bianchi che crescevano
lungo la cerchia muraria, così alti e fitti da precludere la
vista.
Drew pensò che fosse un
controsenso mettere degli alberi vicino alle linee difensive: se fosse
arrivato un nemico, i difensori non avrebbero potuto individuarlo.
Fece per esporre i suoi dubbi
all’amica, ma si fermarono nuovamente. Si guardò intorno,
rendendosi conto di trovarsi davanti alle porte del palazzo.
Il loro cammino li aveva condotti su un enorme spazio circolare lastricato con diversi tipi di marmo.
Esattamente al centro v’era
la statua, a grandezza naturale, di un Unicorno. L’animale era
nero come l’ossidiana e aveva due topazi al posto degli occhi.
-Wow!- esclamò, stupito.
Anche Ethelyn rimase incantata. Non
aveva mai visto dal vivo una di quelle creature e quella era la cosa
che più vi si avvicinava.
-Scendete.- ordinò il sergente.
La rossa fece per protestare, ricordandogli che li avevano legati, quando venne sollevata di peso e messa a terra.
Si ritrovò a dover stare in
equilibrio su una superficie d’appoggio molto stretta, con
l’imbarazzante aspetto di un salame a grandezza umana. Drew, al
suo fianco, se la passava leggermente meglio.
-Slegate loro i piedi, così che possano camminare.
Detto fatto. Ringraziando il cielo poterono allargare le gambe e ristabilire un rapporto non conflittuale coi loro piedi.
-Stiamo per entrare a palazzo. Non
parlate se non siete interpellati.- li avvisò il sergente. Disse
il tutto senza voltarsi verso di loro.
“Sgarbato.”, pensò la Ferift. Anche se erano prigionieri erano pur sempre persone civili!
Vennero condotti attraverso corridoi interminabili, decorati in modo elegante ma sobrio.
I pavimenti di pietra erano stati coperti con dei tappeti, per riscaldare gli ambienti.
I due ragazzi vennero fatti
avanzare fino ad una grande porta di legno, intarsiata con una
bellissima scena rituale. I battenti, uniti, davano forma ad un grande
albero, attorno a cui erano disposti degli Unicorni. Nell’aria
volteggiavano quelle che sembravano stelle.
Al di là della soglia si potevano udire molte voci e rumori.
-Stiamo per entrare nella sala del trono.- annunciò l’Elfo dai capelli d’argento.
-Dov’è Blaking?-
domandò Drew. Aveva pensato e ripensato più volte di
chiederlo, durante il tragitto, ma non aveva trovato il coraggio.
-Lo scoprirete.- e detto questo, la porta scivolò silenziosamente sui cardini, aperta da due servitori in livrea.
Quello che i due giovani si trovarono davanti non era quello che si erano aspettati.
Dopo aver fatto le più
terribili ipotesi su una loro possibile e futura dipartita, trovarsi
nel bel mezzo di una festa li spiazzò.
Inoltre, il loro arrivo aveva fatto
girare la testa di tutti i presenti, impegnati a ballare o a servirci
al ricco buffet sistemato in un angolo della sala.
Il silenzio calò come un velo di morte, interrompendo la musica e le chiacchiere dei commensali.
Ethelyn si alzò in punta di
piedi per poter vedere oltre la folla di persone. Drew, invece,
iniziò a scrutare tutti i presenti, cercando Blaking.
-Venite.- il sergente li invitò a precederlo all’interno della sala.
Deglutendo nervosi, i due amici si affiancarono.
-Hai visto Blaking…?- chiese lei, cercando di non farsi sentire. L’altro scosse la testa.
Iniziarono ad avanzare lentamente.
Il Nun non poté impedirsi di scandagliare l’enorme salone,
mentre la Ferift mantenne lo sguardo fisso davanti a sé.
Mentre avanzavano la gente si scostò per lasciarli passare, sussurrandosi domande.
Chi erano quegli stranieri? E cosa ci facevano lì?
Quando si trovavano più o
meno a metà del loro cammino, la folla si aprì in due
ali. Tutti abbassarono il capo.
I due si fermarono, interdetti.
La figura che si stava affrettando
verso di loro, vestita di gemme e seta, altri non era che Dama Undine,
la regina degli Elfi del Nord.
Nel vederla i due sgranarono gli occhi e poi s’affrettarono ad abbassare la testa.
-Simar! Sia ringraziato il cielo,
perché sei uscito nella foresta? Avevo detto ad Arun di
esentarti dal servizio, per questa sera!- la donna si fermò
davanti a loro, rivolgendosi al capo della squadra di Elfi.
Quello rimase in silenzio per un
po’, ma alla fine replicò:-Mi dispiace, madre. Non credevo
che i miei servigi fossero indispensabili, stasera. E recentemente
abbiamo avuto problemi sui confini a Nord.
Ethelyn s’azzardò a
sollevare leggermente il capo e poté notare l’occhiata di
biasimo che la regina rivolse a suo figlio.
Un attimo. Suo figlio?! Il sergente degli Elfi era il principe del regno?
“Oddio!”, pensò, sentendosi male.
Avrebbero potuto impiccarla solo
per aver osato attaccarlo. Drew, notando la sua espressione, fece per
allungare una mano, ma si ricordò di essere legato e
digrignò i denti, impotente.
-Questa sera è importante per tutta la nostra famiglia. È il matrimonio di tuo fratello.- gli rinfacciò.
All’udire la parola “matrimonio” i due ragazzi si sentirono ancora più a disagio.
Fantastico. Avrebbero anche potuto accusarli di aver rovinato una celebrazione importante.
-Mi dispiace. Vado subito a cambiarmi.- fu la risposta.
-Non ce n’è bisogno.
Puoi assistere anche in questi abiti. Vieni, salutiamo gli sposi,
lasciandoli alla loro prima notte. Poi parleremo con questi stranieri.-
li aggirò ed allungò una mano verso il figlio.
-Slegateli e date loro da mangiare.- aggiunse la donna, prima di condurre Simar con sé.
Ad un cenno della sovrana, la musica e le danze ripresero, come se non fosse successo nulla.
La guardia che aveva avuto in custodia la Ferift si avvicinò e slegò loro i polsi.
Ethelyn non riuscì a non
notare la sua giovane età. Rimettendosi in piedi si avvide che
tutta la squadra di guardie che li avevano scortati fino a lì
era composta da giovani.
-Venite.- il ragazzo fece loro cenno di seguirlo verso il tavolo ingombro di ogni tipo di leccornia.
Stavano per avviarsi quando una voce conosciuta urlò i loro nomi.
Blaking li raggiunse correndo, contento di vederli sani e salvi.
Gli invitati non ci curarono di lui, troppo impegnati ad accompagnare gli sposi al talamo nuziale.
L’Ippogrifo li raggiunse e li
strinse a sé, usando le grandi ali. –Sono così
felice che stiate bene.- continuava a ripetere, al colmo della
felicità.
I due ricambiarono l’abbraccio, sollevati di averlo ritrovato ed essere nuovamente uniti.
-Cos’è successo?- volle sapere Drew.
L’amico sciolse il contatto e
li guardò negli occhi. –Siamo stati ingannati da una
visione.- disse, divenendo serio.
-Sì, questo l’avevamo capito, ma dopo?- lo incitò l’altro.
-Mi hanno catturato. Mi hanno
bendato e mi hanno portato qui. Ho continuato ad insistere
affinché potessi avere un colloquio con la regina, ma me
l’hanno negato. Quando lei è venuta a sapere della mia
cattura, ha disposto che mi conducessero nelle stalle, dandomi cibo e
acqua.- raccontò.
Il fatto che l’avessero
alloggiato nelle stalle non era poi così strano, considerata la
sua natura. Lo era di più il non saperlo legato, com’era
successo a loro.
-Non ti hanno legato…?- domandò Ethelyn, stupita.
-No, ma c’erano due guardie a
controllarmi.- disse, sorridendo brevemente. –Ma, ditemi…
cos’è successo? Come vi hanno trovato?
I due si scambiarono un’occhiata.
Fu la Ferift a prendere la parola.
–Abbiamo corso fino a non poterne più. Poi Drew ha visto
delle scale e siamo saliti. Abbiamo trovato delle rovine. Dato che era
ormai notte avevamo deciso di rimanere a dormire lì, ma ci siamo
resi conto che erano abitate. Fantasmi. Poi ci sono piombati addosso
gli Elfi.- spiegò, accompagnata da cenni d’assenso del
compagno.
-Non vi siete fatti male, vero?
-No. Però io ho aggredito il principe.- confessò lei, allarmata.
-L’Elfo coi capelli d’argento?- chiese, ottenendo un cenno affermativo.
-Mi dispiace, non lo sapevo.- sentì il bisogno di scusarsi.
-Tranquilla. Adesso mangiate.- e li spinse verso il tavolo del buffet.
Lo presero in parola e si servirono
una bella porzione di tutto. Non si erano resi conto di essere
così affamati ma, probabilmente, era tutta colpa della tensione.
Trovarono una panca addossata al muro e si sedettero.
Ethelyn fece vagare lo sguardo, sollevata di non avere un cappio al collo o di esser stata sbattuta in una cella.
Gli invitati continuavano a fare un gran baccano e c’erano urla e risa, nonché un incessante battere di mani.
La ragazza li ignorò e si
dedicò alla sala. Volse lo sguardo alla propria destra e
trovò la piattaforma reale, su cui erano appollaiati gli scranni
dei regnanti e quelli dei loro due figli.
Lentamente sollevò lo
sguardo e si rese conto che sopra le loro teste c’era il cielo
notturno. Sbatté le palpebre, confusa.
Com’era possibile?
Osservò con più
attenzione e la volta celeste era ancora lì, immobile. Fece
spaziare ulteriormente lo sguardo e si rese conto che il tetto della
sala era formato dai rami intrecciati di sette querce. I tronchi,
grandi e possenti, sostenevano le ampie vetrate ogivali.
Chinò la testa e si meravigliò nel vedere ai propri piedi un tappeto di fiori, dei più diversi colori.
-Caspita…- si lasciò sfuggire, colpita.
-La sala del trono di questo Regno
è formata dalle uniche querce presenti a Nord delle terre del
Primo. Mi hanno detto che sono figlie della quercia del Cuore.- le
spiegò.
Lei si voltò a guardarlo. –Chi te l’ha detto?
-Una delle guardie. Ho fatto
amicizia.- ridacchiò. Allo sguardo della ragazza
aggiunse:-Dovevo pur passare il tempo, nell’attesa del vostro
arrivo, no?
Scosse la testa, senza riuscire a trattenersi dal ridere.
-Questo posto è
grandioso… pensa quando lo racconterò alla mamma.
Rimarrà senza parole!- intervenne Drew, esaltato.
Blaking gli dedicò uno sguardo affettuoso. –Sì, ne sarà sicuramente colpita.
La giovane tentò di
nascondere la fitta di dolore che le aveva provocato quel piccolo
scambio di battute. Lei non aveva praticamente ricordi di momenti
passati in famiglia.
Era triste che ricordasse solamente i volti tirati dei genitori, la loro preoccupazione nel non saperla salva.
-Ehi, tutto bene?- quando alzò lo sguardo si trovò a fissare gli occhi grigi di Drew.
Sobbalzò, colta di sorpresa. Quello che stava pensando era così chiaro?
Scosse la testa, per riassumere il controllo della propria espressione. –Sì… tutto bene.
“Niente sconforto!”, si disse.
-Secondo voi durerà ancora a lungo?- domandò il Nun, indicando l’altro capo della sala.
-Non credo.- rispose l’amico, facendo schioccare leggermente il becco.
Infatti non dovettero aspettare ancora molto per esser ricevuti.
Quando le due guardie,
impeccabilmente vestite nei colori blu e argento della famiglia
regnante, li raggiunsero dicendo loro che erano attesi dal re e dalla
regina, si sentirono estremamente agitati.
Avrebbero dovuto riportare le
parole del Cair, senza poter riferire loro alcuno sviluppo. Blaking non
aveva avuto tempo di ricontattarlo e non era stato ricontattato. Si
ripromise, però, di informarlo circa il colloquio con Dama
Undine.
Vennero condotti attraverso un altro lungo corridoio, su cui si aprivano numerose porte.
Infine giunsero nel vestibolo di quello che, a una prima impressione, sembrava l’ingresso agli appartamenti reali.
-La regina e il re vi attendono.- disse loro uno dei due uomini.
Blaking, che si era offerto di
essere il portavoce del gruppo, agitò la coda, nervoso. Quando
la porta si aprì fu il primo ad entrare, subito seguito dagli
altri.
-Venite, avvicinatevi.- li invitò Undine.
I tre obbedirono, leggermente esitanti, e si fermarono davanti a tre dei membri della famiglia reale.
-Mi è stato detto, dal qui
presente Blaking, che portate un messaggio da parte di Fenris, Cair del
Vento.- iniziò, con voce modulata.
-Sì, vostra maestà.- confermò l’Ippogrifo.
-Suvvia, smettetela con queste
formalità. E non fate la riverenza, per favore.- la donna li
stupì tutti, dicendo quelle parole.
Drew ed Ethelyn si scambiarono uno sguardo perplesso, ma poi si alzarono.
-Bene… ora, direi che sono
di dovere le presentazioni.- disse, soddisfatta. Lanciò uno
sguardo al marito e quello le sorrise.
Formavano una coppia inusuale: il
re era un uomo visibilmente calmo e aveva i capelli di un nero
così profondo da catturare tutta la luce della stanza; la regina
aveva lunghi capelli d’argento, così chiari da sembrare
quasi bianchi, e un viso finemente cesellato dalle labbra leggermente
troppo piene.
Gli occhi dei due regnanti
erano svegli, benevoli e non riuscivano a celare del tutto la grande
sapienza dei loro proprietari. Ma lo sguardo della sovrana aveva anche
un pizzico d’ironia, quasi si sentisse ancora una giovane donna.
Il primo a farsi avanti fu il re.
–Io sono sir Holean e sono lieto di accogliervi nel nostro Regno.
Mi scuso per… i modi utilizzati dai nostri guerrieri.- disse,
lanciando un’occhiata di sbieco al figlio.
Lui tenne gli occhi fissi sulla parete di fronte, accentuando la stretta tra le proprie mani, intrecciate davanti a sé.
-E io sono la sua consorte, Dama
Undine.- si presentò la donna. Dedicò un sorriso ad
ognuno di loro, facendo una piccola riverenza. –Lui è uno
dei nostri figli, Simar.- aggiunse, indicando il giovane al suo fianco.
-Lieto d’avervi qui.- con un
leggero sforzo riuscì ad aprirsi in un sorriso di benvenuto.
L’esser stato costretto a partecipare al matrimonio di suo
fratello l’aveva fatto ripiombare nell’umore nero che da
due settimane a quella parte lo accompagnava giorno e notte.
Non che non lo amasse, per carità, ma dopo quel che era successo…
Chiuse gli occhi, obbligandosi a rimanere concentrato.
Blaking aveva notato il comportamento del principe e sperò non fosse ostile alla loro causa.
-Come già sapete il mio nome
è Blaking, figlio di Malarn.- l’Ippogrifo si
ripresentò, a beneficio del principe.
Fatto ciò si voltò a fissare i due ragazzi: li incoraggiò con un gesto del capo.
-Io sono Drew, figlio di Zevan. Vengo dal villaggio di Kephas, nell’Ovest.- si fece avanti il ragazzo.
-Quindi sei un Nun?- fece stupito sir Holean. Lui annuì, evitando di guardarlo negli occhi. –Non lo sembri.
-Lo so. Mia madre è un Elfa, nata nelle terre orientali del Cuore.- spiegò, leggermente a disagio.
Ethelyn, che aveva già
sospettato la discendenza mista dell’amico, non poté
impedirsi di essere comunque stupita. Se avessero avuto un attimo di
tempo, le sarebbe piaciuto parlare con lui di quella cosa. Sapere se ne
aveva sofferto com’era successo a lei.
-E tu, giovane fanciulla?- la interpellò la regina.
Al sentirsi chiamare, la rossa alzò gli occhi. Senza volerlo incontrò quelli color oltremare del principe Simar.
Arrossì leggermente e poi si affrettò a dire:-M-mi chiamo Ethelyn e sono figlia di Alec. Vengo da Ferend.
-A quale popolo appartieni?- volle sapere il sovrano.
Lei fece vagare lo sguardo per la stanza, senza vederla veramente. –Sono una Ferift, maestà.- ammise infine.
All’udire ciò, Simar
sentì una rabbia profonda montargli dentro. Senza nemmeno una
parola si mosse verso la porta ed uscì, sbattendola.
La reazione del giovane la sconvolse a tal punto che sentì un brivido correrle lungo la schiena.
Undine sospirò. –Mi
dispiace per la reazione di nostro figlio, ma non amiamo
particolarmente i Ferift.- confessò.
Ethelyn si voltò a guardarla, confusa.
La spiegazione venne dal marito.
–Fino a dieci anni fa, noi abitavamo tutta la foresta a nord del
Cuore.- rivelò. –Ma i Ferift non ci volevano, dicendo che
stavamo occupando il loro territorio. Abbiamo provato a parlamentare
con loro, ma non hanno voluto sentire ragioni. È iniziato tutto
con piccole scorribande, qualche furto. Poi c’è stato il
primo morto.- si bloccò, sfiorando la mano della consorte.
Lei gli dedicò un sorriso
dolce, ma venato di tristezza. –E’ iniziata una faida tra i
nostri popoli. Pian piano siamo stati costretti ad abbandonare le case
dei nostri avi e a rifugiarci qui, a Midgard.- continuò da dove
il re si era interrotto.
-Midgard…?- ripetè Blaking. Non aveva mai sentito quella parola.
-Nella nostra lingua significa
“terra di mezzo”. Questo luogo è il cancello per le
terre del Primo. È stato lui ad offrirci questa nuova dimora e a
porre fine alla lotta coi Ferift.- spiegò.
-Io non sapevo di tutto
ciò…- rivelò Ethelyn, sconvolta. Non solo le era
stato detto che i suoi stessi simili avrebbero tentato di ucciderla, se
avessero capito che non era pura, ma si erano anche macchiati del
sangue di un altro popolo, senza che questo costituisse una minaccia
per loro.
Drew lanciò uno sguardo a Blaking, scosso. L’Ippogrifo gli rispose con un’occhiata fugace.
-Tranquilla. Non angustiarti, ma sappi solo che il nostro popolo ricorda ancora.- cercò di rassicurarla la Ninfa.
-Vostro figlio…- iniziò la ragazza.
-Lo scontro è giunto fino al
palazzo reale. Il nostro ultimogenito è stato ucciso da uno dei
guerrieri.- rivelò, chiudendo gli occhi per non mostrare il
proprio dolore. Holean le cinse la vita con un braccio, attirandola a
sé.
Lei nascose il viso nella sua spalla, per ricacciare indietro le lacrime.
I tre non seppero come comportarsi alla vista di quella ferita ancora troppo recente.
-Mi dispiace. Se la mia presenza
è un problema posso stare fuori da palazzo.- disse Ethelyn.
Vedere la reazione della coppia e quella del principe l’avevano
fatta sentire ancora più impura di quando le era stato detto
che, per la sua diversità, l’avrebbero accusata di portare
la sterilità al popolo degli alati.
Non voleva assolutamente che qualcuno stesse male per colpa sua.
Quelle parole fecero alzare il capo sia al re che alla regina. Drew e Blaking la fissarono senza parole.
La donna sciolse il contatto col
marito e le si avvicinò. –Quello che hai detto ti rende
onore.- le disse, abbracciandola.
Lei rimase interdetta, fissando il muro davanti a sé.
-Ma non ci sarà bisogno di
tutto ciò. Tu e i tuoi amici siete nostri ospiti.- aggiunse la
creatura dell’aria.
-Io non sono… nemmeno il mio
popolo mi vuole. Sono una mezzosangue.- rivelò, senza nemmeno
sapere perché. Forse voleva rassicurarla sul fatto che non aveva
niente a che fare con gli uomini che avevano ucciso il suo bambino.
Undine si allontanò, per poterla vedere in faccia. –Che cosa sei?- le chiese.
La Ferift abbassò un attimo
lo sguardo. –Mia madre è uno Spirito Blu con discendenze
Doslor.- rivelò, senza sapere se vergognarsene o meno.
-Oh… ecco il perché
di questi capelli.- mormorò, toccandole una ciocca. –Sono
molto belli.- le sorrise poi.
La ragazza non poté fare a meno di rispondere, imbarazzata:–Grazie…
-Cara, credo che dovremo dedicarci al motivo della loro presenza qui.- le suggerì il re, dopo qualche attimo di silenzio.
-Sì, giusto.- si rialzò. L’abito che indossava emise un sospiro, accarezzandole il corpo.
-Dovete giurarci che quello che vi
diremo non uscirà da questa stanza, almeno le informazioni
più pericolose.- era la condizione per non mettere tutti in
pericolo.
I due regnanti annuirono. –Lo giuriamo.
-Bene… io e Drew eravamo
diretti nelle terre del Cuore, quando abbiamo incontrato Ethelyn. Da
circa cinque anni nel nostro villaggio non si verificano nascite.-
iniziò Blaking.
A quelle parole re e regina si adombrarono, preoccupati.
-Noi abbiamo registrato un calo dei nascituri… ma abbiamo avuto delle nascite.- disse dopo un po’ Holean.
-Probabilmente il potere del Primo vi protegge.- suggerì la creatura.
-Ci hai parlato del Cair del Vento… cosa c’entra lui in tutto ciò?- domandò Undine.
-Siamo stati raggiunti poco dopo
averla incontrata.- continuò, sorridendo brevemente alla
compagna. –Ci ha detto che aveva bisogno di un favore.
La donna si accigliò: da
quel che sapeva Fenris non chiedeva favori. Il suo progenitore era un
lupo orgoglioso, anche se di indole altruista. –Che genere di
favore?
-Non lo sapete…?- Blaking non riuscì a trattenersi.
-In questi giorni è
stato… difficile rintracciarlo.- ammise. –E poi non sono
solita disturbarlo a meno che non ci siano gravi problemi.
-Bene, ci sono
gravi problemi.- confermò. Senza indugiare
sull’espressione della coppia reale, continuò il suo
resoconto. –Ci ha svelato che la mancanza di nascite non è
una cosa assolutamente normale, come non è normale il fatto che
nessuno dei Cairansis se ne sia accorto.
-Nessuno…?- iniziò il re. L’altro lo interruppe, limitandosi ad annuire gravemente.
-Ha detto che dipende dal Cair
della Luce. Se non ci sono nascite significa che è ammalato o
che sta morendo. Ci ha ordinato di raggiungere il Primo il più
presto possibile, ovviamente sapete tutti che non può essere
contattato telepaticamente per via del potere della quercia.-
guardò tutti i presenti, sentendosi gli sguardi puntati addosso.
“Non avrei mai pensato di dover essere latore di simili
notizie…”, pensò.
-Sapete altro? Avete ricevuto notizie?- volle sapere la Ninfa.
-C’è dell’altro, sì.
-Cosa? Diccelo.- lo spronò
lei, cercando di non cadere preda dell’ansia. Non bastavano i
problemi che stavano avendo ai confini del loro regno, ora venivano a
sapere che uno dei Cair stava passando a miglior vita, molto
probabilmente.
-Ci sono stati degli attacchi, a Ghijlea. E anche noi siamo stati attaccati.- svelò.
-Attaccati? Da cosa?- volle sapere sir Holean.
-Animali d’ombra. Noi abbiamo
affrontato e ucciso un orso. Dopo la sua morte abbiamo trovato tracce
di polvere luminosa. Abbiamo avvertito il Cair e ho visto che loro
hanno incontrato dei segugi, ma non hanno rinvenuto niente del genere.
Però… dai suoi ricordi mi sembra d’aver visto che
fossero senza ombra.- socchiuse gli occhi, tentando di metter a fuoco
le immagini che gli erano state mostrate.
-Il secondo orso non era senza
ombra.- Ethelyn s’inserì nella conversazione. –E non
era completamente nero. Il primo l’abbiamo incontrato di notte,
quindi non saprei dire se avesse o meno l’ombra…
Blaking si voltò a
guardarla. –Davvero? Come se… come se fosse una sorta
d’esperimento non ancora concluso?- le chiese.
Lei annuì anche se un po’ incerta. –Potrebbe essere. Sembrava un animale normale…
All’udire degli attacchi, i due regnanti si scambiarono un’occhiata, agitati.
Drew la notò. –Che cosa succede? Sapete qualcosa a proposito?- domandò, preoccupato.
I suoi compagni tornarono a volgere la loro attenzione ai coniugi.
-Recentemente stiamo avendo dei
problemi ai confini del nostro regno. Anche noi abbiamo incontrato
degli animali ombra. Un paio di guardie sono state ferite.-
spiegò il re.
-Si sono spinti fino a qui?- la notizia sconvolse l’Ippogrifo.
-Sì. Ma non possiamo darvi
nessuna informazione utile, perché non siamo riusciti ad
ottenere dei corpi.- si rammaricò l’uomo.
-I corpi si dissolvono.- disse loro Ethelyn. –Vostre maestà.- si affrettò ad aggiungere.
-Non so se i segugi catturati dal
Cair si siano dissolti. Forse no… ma il problema, ora, è
capire da dove vengono queste bestie. Sono degli animali corrotti da un
male che ancora non conosciamo? Oppure sono spuntati dal nulla?-
Blaking si mise a girare in cerchio, per quello che gli consentiva lo
spazio della stanza.
Dopo diversi minuti di
silenzio, in cui l’unico suono percepito era quello prodotto
dalle zampe dell’animale, il sovrano mosse un passo avanti.
–Blaking, vorrei che parlassi coi nostri Ulver.
Lui si bloccò, alzando la testa.
-Sono la nostra casta di guerrieri scelti. Presidiano la foresta.- spiegò brevemente.
-Oh… certo, tutto quello che volete.- accettò, dopo essersi ripreso dal momentaneo stupore.
-Mi rincresce informarvi che non ci è possibile consentirvi il passaggio.- annunciò Undine, rammaricata.
-Perché?- domandò
Drew. Lei si voltò a guardarlo coi suoi occhi ambrati,
così simili a quelli del Cair del Vento. Il Nun abbassò
lo sguardo, in soggezione.
-Per colpa degli animali ombra,
come li avete chiamati. Sono molti e finché non sapremo come
combatterli, non potremo aprire il cancello. Non possiamo rischiare che
invadano le terre del Cuore.- spiegò. –Né che ci
siano altri feriti o peggio.
-Ma noi dobbiamo assolutamente passare!- protestò Ethelyn.
Lo sguardo della donna, fattosi
improvvisamente duro, si posò su di lei. La ragazza temette di
essere rimproverata per la sua impudenza, ma poco dopo la regina
sorrise. –Devo insistere, mi dispiace. Spero vorrete farci
l’onore di essere nostri ospiti.- le disse.
Per quanto fosse bella e
all’apparenza fragile, Undine aveva dalla sua una notevole forza
di carattere e una altrettanto forte capacità persuasiva.
Le persone finivano col fare
ciò che lei voleva, quasi sempre guidate dal suo carisma e dal
rispetto che nutrivano per lei. Nei rimanenti, pochi casi era tutto
merito della sua volontà.
-Come desiderate.- la Ferift
abbassò il capo, facendo una piccola riverenza. I suoi due
compagni si affrettarono ad accettare, facendo brevi cenni col capo.
-Bene… farò preparare
per voi delle camere. Nel frattempo potete rilassarvi nelle stanze da
bagno.- sorrise loro la Ninfa.
-Grazie.- dissero, non sapendo come ricambiare la sua gentilezza.
-Blaking, tu potrai stare nel
giardino su cui affacciano le stanze dei ragazzi.- aggiunse il re.
Evidentemente aveva capito in quali alloggi li avrebbe fatti sistemare
la moglie.
-Oh… certo, sire.-
annuì, stupito. Guardò Drew e si scambiarono un sorriso,
contenti di non doversi separare.
-Vieni cara, andiamo a dormire.-
Holean le cinse la vita e la condusse alla porta, dopo essersi
congedato con un lieve cenno del capo.
Undine gli sorrise
dolcemente e augurò loro la buonanotte. Si vedeva lontano un
miglio che il loro era un matrimonio d’amore. Sicuramente
particolare, visto il carattere di lei, ma felice.
I ragazzi avevano bisogno di
stare da soli e scambiarsi opinioni su quell’incontro, ma vennero
presto intercettati da alcune serve, che li condussero ai bagni.
Le stanze con le vasche erano
private e ogni alloggio ne aveva una. Così i ragazzi dovettero
separarsi: maschi da una parte ed Ethelyn dall’altra.
Per Blaking era stato allestito un angolo coccole, dove un servitore l’avrebbe accudito.
Quando i due amici si ritrovarono
davanti quello spettacolo non poterono fare a meno di sorridere. In men
che non si dica Drew entrò nella vasca e l’Ippogrifo
trotterellò dal ragazzo, che lo aspettava con in mano una
spazzola.
-Sono tutto tuo.- gli disse,
facendolo ridere, nonostante il suo iniziale timore. In fin dei conti
aveva la stazza di un cavallo e artigli sufficientemente affilati da
poter affettare un cervo.
Ethelyn, invece, si ritrovò, suo malgrado, ad avere tre serve che le giravano attorno, come api sui fiori.
Stavano cercando di farla uscire dai vestiti per poi farla entrare nell’acqua, ma lei non voleva saperne.
Avere qualcuno che cercava di
spogliarla era oltremodo imbarazzante e non sapeva come allontanarle
senza essere scortese. Sua madre aveva smesso di vestirla
all’età di sei anni, quando l’avevano condotta nella
grotta.
A diciassette anni si sentiva pienamente in grado di svolgere quel compito da sola.
-S-scusatemi… non
c’è bisogno… posso fare da sola…-
tentò per l’ennesima volta. Aveva il viso in fiamme e
stava cercando in tutti i modi di tenere addosso il corsetto, che una
delle donna aveva iniziato a slacciare.
-Non vogliamo farti nulla di male,
solo aiutarti.- le rispose la più anziana delle tre. Era una
donna alta, dal seno generoso e coi fianchi ingentiliti dalle troppe
gravidanze.
-Ma posso fare da sola! Io… per favore…- supplicò.
Quella allora sospirò. –Va bene. Vai dietro quel paravento e svestiti.- le disse.
Non se lo fece ripetere due volte.
Si liberò di tutto in poco tempo, ritrovandosi con macchie di
polvere sulle spalle e sulle braccia.
“Ho decisamente bisogno di un
bagno.”, considerò. Coprendosi pudicamente con le braccia
uscì dalla protezione del divisorio e si calò nella vasca.
Al contatto con l’acqua calda
ebbe un brivido involontario. Sentì immediatamente i muscoli
sciogliersi, grati di quelle insperate coccole.
-China la testa, così posso lavarti i capelli.- a parlare era stata la serva che aveva tentato di toglierle il corpetto.
Obbedì, senza protestare e abbassò il capo. Una cascata di riccioli rossi la nascose alla vista, come una tenda.
Avevano preso i suoi vestiti, dandogli in cambio una larga camicia di lino e un paio di braghe.
Drew aveva chiesto di poter riavere i suoi abiti l’indomani e la serva aveva annuito, sparendo oltre la porta.
-Ci voleva proprio!- disse, entrando in camera. Blaking lo seguì dappresso, le piume lucide e splendenti.
-Sì… nessuno mi aveva
mai spazzolato così a lungo.- concordò, in estasi.
L’amico ridacchiò, vedendo la sua espressione.
-Andiamo da Ethelyn? Così
possiamo parlare…- propose Drew. L’altro annuì ed
uscirono dalla stanza. Esitarono un attimo nel vestibolo, bussando poi
alla porta che avevano di fronte.
La ragazza alzò la testa di scatto, rimanendo con la spazzola in mano. –S-sì…?
-Siamo noi, possiamo entrare?- la voce del Nun le giunse dall’altra parte del battente.
-Ah… un attimo!- disse. Le
avevano fatto indossare una stupida veste che aveva il solo scopo di
farla sentire più scoperta di quanto non fosse. Iniziò a
rovistare nella camera, in cerca di qualcosa da gettarsi addosso.
Individuò uno scialle e si affrettò ad indossarlo. Si
coprì per bene e andò ad aprire.
-Ohi, finalmente! Tutto ok?
-Sì, sì, tutto ok.- s’affrettò a dire.
-Ti va se discutiamo un po’
su quello che è successo prima?- le propose Blaking. “Devo
anche scusarmi per non averti detto della faida.”, aggiunse.
Lei annuì e si fece da parte per farli entrare.
-Com’è stato il
bagno?- le chiese il ragazzo, notando per la prima volta la sua
femminilità. L’abito che aveva addosso era reso
trasparente dalla luce che filtrava dalle finestre e metteva in mostra
piccole porzioni del suo corpo.
Non avrebbe voluto guardare, ma era
curioso come solo un ragazzo della sua età poteva esserlo. Non
che non sapesse com’era fatta una donna, ma lei aveva qualcosa di
particolare. A volte la considerava un uomo: non aveva quei
comportamenti tipici di molte delle ragazze che erano cresciute con
lui, a Kephas.
E l’apprezzava molto per quello.
Quando Blaking si accorse dello
sguardo insistente dell’amico, gli diede un colpo col muscolo
dell’ala. Lui si riscosse e lo guardò, beccandosi
un’occhiata di rimprovero.
Ethelyn, che stava accedendo alcune
candele, non si era accorta di niente. Quando ebbe animato
l’ultima stecca di cerca si voltò e disse:-Piacevole.
Stavo finendo di districare i nodi dei miei capelli.
-Possiamo sistemarci sul tappeto.-
propose l’Ippogrifo. Avrebbe dovuto fare un discorsetto a Drew e
capire cosa gli frullava per la testa.
I due ragazzi annuirono e si sistemarono, sedendo a gambe incrociate.
Quando si furono messi
comodi iniziarono a scambiarsi pareri su quello che avevano sentito,
esprimendo dubbi e suggerimenti.
Parlarono a lungo, così a lungo che Drew finì per addormentarsi tra i cuscini, esausto.
Ethelyn allora lanciò
un’occhiata a Blaking. Era il momento giusto per chiedergli della
faida di cui aveva parlato la regina.
-Blaking… posso chiederti una cosa…?- esordì, incerta.
Lui si alzò e le fece segno
di seguirlo alla finestra, dove c’era un’alcova in cui
avrebbe potuto sedersi. –Vuoi chiedermi della faida?- la
guardò, quando si fu sistemata l’orlo dell’abito.
Annuì, a disagio.
-Come ti senti…?- volle sapere prima.
Fece vagare lo sguardo fuori dalla
finestra, sulle cime degli alberi che circondavano il palazzo.
–Mi sento… amareggiata e anche mortificata.- rivelò
in un sussurro.
-Non devi sentirti in colpa. Tu non hai niente a che fare con loro.- le disse, sfiorandole una mano col becco.
-Ma perché nessuno me l’hai mai detto?- si girò a guardarlo, alzando leggermente la voce.
-Immagino che i Ferift se ne
vergognino o provino rancore. Non dovrebbero esserci nemmeno resoconti
scritti, tra il tuo popolo.- ragionò.
-E tu come fai a sapere di questa storia?- domandò.
Blaking sospirò. –I
Nun stavano per entrare nella lotta, alcuni a favore degli Elfi, altri
dei Ferift. Gli Ippogrifi li avrebbero seguiti, dato che siamo i loro
compagni animali per eccellenza.- spiegò. La ragazza lo
guardò, non capendo. –Mio padre avrebbe partecipato a
fianco del suo compagno.- rivelò.
-Oh… quindi è stato lui a raccontarti tutto?
Si limitò ad annuire.
-Sapevi del principino?- chiese dopo un po’.
-No, non lo sapevo. Evidentemente il re e la regina hanno evitato che potesse trapelare.- sussurrò.
-Mi dispiace per… per tutte
le persone che sono morte.- ammise. Anche se era insensato, si sentiva
profondamente responsabile per tutte le persone che avevano perso la
vita. Non voleva appartenere ad un popolo che aveva rinnegato la
fratellanza in nome dell’egoismo.
-Ehi…- l’Ippogrifo le
fece alzare il mento, per poterla guardare in viso. –Se vuoi
parlarne io sono qui.- le sorrise, incoraggiante.
Scosse la testa. –Vorrei non
appartenere al popolo dei Ferift. Non voglio essere come loro e mi
sento male per quello che hanno fatto.- chiuse gli occhi per evitarsi
di piangere.
Non aveva vissuto direttamente la
guerra, la sua famiglia non vi aveva partecipato ma le sembrava di
essersi addentrata in quella foresta e aver ucciso quanti più
Elfi poteva.
Fece scattare la testa, come a voler scacciare a forza quelle sensazioni.
Blaking, vedendola così
scossa, le si avvicinò e la cinse con le ali. A quel contatto
lei aprì gli occhi, stupita. –Tu non sei come loro. E
ricordati sempre che siamo noi a scegliere cosa diventare.- le disse.
Annuì, grata per le sue
parole. Fino a pochi giorni prima non avrebbe mai sognato di
condividere un momento del genere con lui, ma ora non poteva
immaginarsi senza le sue parole di conforto.
-E’ meglio andare a
letto… Drew dorme come un sasso e anche tu sarai stanca.-
sciolse gentilmente l’abbraccio.
Ethelyn annuì, lanciando un’occhiata al ragazzo. –Sono contenta di avervi incontrati.- disse.
-Anche noi, piccola.
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Capitolo 11 *** Cap. 10 Tensioni ***
Cap. 10 Tensioni
Si approfondiscono le conoscenze coi nuovi personaggi, capitolo molto discorsivo anche questo...
Ci sono alcuni riferimenti alle lingue del nord Europa...
Buona lettura! :)
Cap. 10 Tensioni
-Buongiorno dormiglione.- Blaking si affacciò alla finestra della camera di Drew, con l’intento di svegliarlo.
Il ragazzo mugugnò qualcosa, dandogli le spalle.
-Andiamo, non vorrei poltrire tutto il giorno, vero?- gli chiese, entrando con un agile balzo.
-Ancora un po’…
L’Ippogrifo si avvicinò al letto e gli tolse le coperte di dosso. Il Nun ritrasse le gambe in segno di protesta.
-Dove dobbiamo andare? Hai già chiamato Ethelyn?- domandò, tenendo ostinatamente gli occhi chiusi.
-Sta dormendo. Ieri era un
po’ scossa.- gli disse. All’udire quelle parole
spalancò gli occhi, mettendosi a sedere. –Vedo che ho
trovato un argomento convincente…
-Cosa mi sono perso?- lo guardò con uno sguardo ancora assonnato, sbadigliando.
-Mi ha chiesto della faida.- ammise, guardando un attimo il muro, come se potesse scorgerla al di là.
-Oh. E come l’ha presa…?- volle sapere.
-Si sentiva in colpa. Credo che, se potesse, cambierebbe le proprie origini di Ferift.- gli lanciò uno sguardo eloquente.
Drew abbassò lo sguardo
sul materasso, pensieroso. “Forse posso… posso provare a
parlarle…?”, si chiese, perplesso.
-No, lasciale un po’ di
tempo.- gli consigliò l’amico, avendo intuito i suoi
pensieri. In risposta ottenne solo un cenno del capo. –Allora, ti
va di fare colazione?
-Sì, ho una gran fame!-
esclamò, scendendo dal letto. Fece per andare all’armadio,
ma vide i suoi vestiti ripiegati su una sedia. –Wow! Me li ha
riportati sul serio!
-Cosa?- Blaking seguì il suo sguardo.
-I vestiti! Cavoli, che
efficienza!- si tolse la casacca di lino, indossando la sua camicia, un
po’ logora ma comoda. Recuperò il gilet e se lo mise sulle
spalle, allacciandolo in men che non si dica.
-Vado a vedere se si è
svegliata…- la voce dell’amico gli giunse da una direzione
imprecisata. Annuì, concentrato ad infilare gli stivali di pelle.
Blaking andò alla porta e bussò, discretamente, col becco.
Ethelyn era sveglia da
un’ora e aveva visto il sole sorgere oltre le chiome degli abeti,
inondandoli di una morbida luce rosata.
Aveva avuto un sonno
agitato a causa di quello che aveva appreso la sera prima. Nonostante
fosse veramente stanca, la sua mente non era riuscita a fermarsi.
Quando sentì bussare
alzò la testa e ringraziò per avere finalmente qualcosa
da fare. Si tirò su dal letto ed andò ad aprire.
-Buongiorno.- sorrise, accogliendo l’amico.
Blaking le fece un cenno del
capo. –Buongiorno anche a te. Ho appena buttato giù dal
letto Drew e ci stavamo chiedendo se volessi fare colazione con noi.-
le sorrise.
-Oh… sì, certo.- fece, leggermente stupita.
Era da tanto tempo che non si
sedeva a tavola con qualcuno, la mattina. Le rare volte in cui i suoi
genitori passavano a trovarla mangiavano un boccone al volo, per poi
tornare al villaggio. Non volevano destare sospetti non
facendosi trovare a lavoro.
Lei aspettava sempre
con ansia le loro incursioni notturne. Dormiva tutto il giorno per
poter avere le energie necessarie per giocare e parlare con entrambi.
Li amava moltissimo per quei momenti di felicità.
Scacciò la malinconia e disse all’Ippogrifo di aspettarla fuori, mentre si vestiva.
Fece vagare lo sguardo
all’intorno fino a quando non intravide un baule di legno con
pesanti borchie di ferro. Sollevò attentamente il coperchio e
sbirciò all’interno: era pieno di abiti.
Stupita ma non troppo,
scandagliò il contenuto con curiosità fino a quando non
s’imbatté in una stoffa liscia e carezzevole come
l’aria.
Estrasse l’abito e lo osservò per qualche istante.
-Ethelyn…?- la voce di Drew.
“Devo sbrigarmi.”,
si disse. Infilò il vestito dalla gonna, stando attenta a non
rovinarlo. Estrasse i capelli, li riavviò con le mani e poi
tornò alla porta. –Eccomi, sono pronta.- sorrise.
Nel vederla, i due rimasero senza parole.
L’abito che indossava sembrava tagliato apposta per lei, l’avvolgeva come un guanto.
L’indumento, di un
intenso color acquamarina, la fasciava sotto il seno, aprendosi come i
petali di un fiore. La stoffa era tenuta ferma da un gioiello e
lasciava intravedere la sottoveste bianca. Le maniche erano strette
poco sopra il gomito e cadevano a punta, morbide, sugli avambracci.
I ricci ramati erano sciolti, ancora un po’ sconvolti dal recente sonno, ma le davano quasi un’aria infantile.
Nel vedersi fissare, la Ferift
abbassò lo sguardo. Si sentiva a disagio. –Cosa
c’è…?- domando con un filo di voce.
-Nulla… siamo rimasti
colpiti dal fatto che questo abito sembri fatto su misura per te.-
Blaking fu il primo a riscuotersi.
Le sue parole la fecero arrossire. –Oh, grazie…
-Venite, andiamo.- la creatura
diede un colpetto a Drew e poi li fece uscire in corridoio. Subito un
valletto si affiancò loro, offrendosi di scortarli.
La grande sala del trono era praticamente deserta.
Avevano fatto la loro comparsa numerosi tavoli di legno, che potevano ospitare anche sessanta persone.
L’unico Elfo
presente era Simar, uno dei figli della coppia reale. Stava mangiando
in silenzio ed indossava già la sua tenuta da sergente. I
capelli erano stati intrecciati e raccolti dietro la nuca, per
impacciarlo il meno possibile. Non si accorse del loro arrivo se non
quando sollevò gli occhi dal proprio piatto per bere.
Quando li notò si
bloccò, dedicando uno sguardo carico di significati ad Ethelyn.
La ragazza abbassò subito il capo, intimorita.
-Buongiorno.- lo salutò
cordialmente Blaking. Lui sapeva essere il più diplomatico, tra
i tre ed era anche quello che sapeva trattare meglio con le persone. O
i Cair. E probabilmente con qualsiasi altro essere parlante esistente
su Suran.
-Buongiorno. Avete dormito
bene?- fu la risposta, altrettanto cortese. Dal tono, però, si
capiva che era stata ottenuta con un notevole sforzo di volontà.
-Sì, grazie, vostra altezza.
Si alzò in piedi,
facendo un gesto con la mano. –Per favore, non sono il re, qui.
Chiamatemi Simar.- disse, a disagio.
Per la prima volta mostrò un’espressione più umana rispetto a quella composta della sera precedente.
-Certo, come volete.- acconsentì il suo interlocutore. I ragazzi se ne stavano alle sue spalle, assistendo in silenzio.
-Scusate, ma devo iniziare il mio turno di guardia.- si congedò, dopo qualche attimo di teso silenzio.
Lo guardarono allontanarsi, immobili. –Devo parlare con lui…- stabilì Ethelyn.
I ragazzi si voltarono a fissarla. –Come?
-Non mi piace sapere che la
gente ce l’ha con me senza un motivo.- si giustificò,
sedendosi al lungo tavolo dove prima si trovava il principe.
-Non provocarlo.- la avvisò Blaking.
-Sì… non mi
sembra molto ben disposto nei confronti del tuo popolo.-
confermò il Nun. Fece per accomodarsi a sua volta quando
sentirono dei passi alle loro spalle.
Si girarono e si ritrovarono davanti quella che presumibilmente era la coppia di freschi sposi.
-Oh… quindi voi siete i nostri ospiti, dico bene?
A parlare era stato il
fratello di Simar. Anzi, sarebbe stato meglio dire gemello, dato che
differiva da lui solo per i capelli corvini e gli occhi, azzurro
castani.
La giovane al suo fianco
abbracciò la sala con uno sguardo, dedicando loro un sorriso.
Fece una piccola riverenza in segno di saluto.
-Buongiorno…- Blaking non seppe come terminare la frase.
-Principe Kiron. Ma potete
benissimo chiamarmi Kiron.- si presentò. Aveva modi di fare
molto più diretti e socievoli del fratello.
-Io sono Caitlin, piacere di conoscervi.- disse la sua sposa. I tre li salutarono con un profondo cenno del capo.
-Stavate per fare colazione? Unitevi a noi.- li esortò il principe.
Esitarono un attimo, ma poi li raggiunsero.
-Voi non prestate servizio
come il principe Simar?- s’azzardò a chiedere Drew. Quella
storia dei guerrieri scelti lo incuriosiva e avrebbe tanto voluto
saperne di più.
-Oh, sì. Ma ne sono dispensato, per questa settimana.- sorrise, lanciando uno sguardo complice a Caitlin.
Ethelyn sorrise lievemente,
trovandoli teneri. Sembravano legati da un sentimento profondo.
Qualcosa che sperava di poter provare anche lei, un giorno.
-Il matrimonio è stato
di vostro gradimento?- domandò la principessa. Alcuni servi
iniziarono a portar loro diversi vassoi ricolmi di dolci.
-Purtroppo siamo stati
trattenuti da alcune questioni… ma eravate molto radiosa.
Entrambi.- rispose l’Ippogrifo, cordiale.
-Come vi chiamate?- domandò Kiron, curioso. Nei suoi occhi si leggeva una vitalità quasi infantile.
-Io sono Blaking, loro sono Drew e Ethelyn.- li presentò.
-Vi chiederei perché
siete qui, ma non sono così avventato… nonostante mi sia
appena sposato.- sorrise. –Ne verrò informato da mia
madre, più tardi.
Rimasero in silenzio per un po’, fino a quando il ragazzo si azzardò a chiedere:-Uno di voi due è un Ferift?
Drew ed Ethelyn si fissarono, poi lei si indicò col dito.
Subito l’espressione del
giovane Elfo si rabbuiò. –Capisco il comportamento di mio
fratello, ora.- mormorò tra sé.
-Kiron, forse è meglio che tu vada a parlare con lui, più tardi.- gli suggerì sua moglie.
Lui la guardò, meditabondo e poi annuì.
-Vi assicuro che è la persona più gentile del mondo, solo che quella…- iniziò.
-E’ una ferita ancora aperta, lo capisco.- terminò per lui la rossa.
Al sentire la sua risposta la guardò, colpito. –Sì… ti ringrazio per la tua comprensione.- le disse.
Dopo quell’infelice argomento, mangiarono in silenzio, accordandosi su quello che avrebbero potuto fare dopo.
Caitlin si offrì di far
compagnia ad Ethelyn, mentre Kiron invitò i due amici a visitare
l’armeria e, se fosse stato possibile, incontrare qualcuno degli
Ulver.
Prima di dimenticarsene, Blaking gli riferì quello che gli aveva detto sir Holean.
Si accordarono e, finita la colazione, si separarono.
Fu così che
Ethelyn si ritrovò a passeggiare nel grande giardino che
circondava il palazzo, in compagnia della principessa.
Si sentiva un po’ a
disagio, sia per gli sguardi che dedicavano loro le guardie, sia
perché le sembrava di essere una dama di compagnia.
Non sapeva cosa si aspettasse
da lei Caitlin e aveva paura di fare o dire qualcosa di sbagliato. Le
dinamiche sociali le erano quasi sconosciute.
-Questo vestito vi dona molto, principessa.- lo disse senza pensare, provando a rompere il ghiaccio.
La ragazza le dedicò un
sorriso. –Non mi dare del voi, per favore. Non sono così
vecchia, anzi… probabilmente siamo coetanee.- le disse.
-Ho diciannove anni.- rispose l’altra, di riflesso.
-Ecco, vedi? Io ne ho venti,
quindi abbiamo praticamente la stessa età.- il suo sorriso si
allargò, disegnandole delle tenere fossette sulle guance.
Ethelyn distolse lo sguardo, a
disagio. In un certo senso invidiava la fanciulla che stava
passeggiando con lei: era bella come la luna d’estate, viveva
circondata da persone che non la volevano morta e aveva un marito che
la amava.
“Devo smetterla! Non devo invidiare le persone.”, si rimproverò la Ferift.
-Qualcosa non va?- le chiese Caitlin, vedendola silenziosa.
Lei alzò lo
sguardò e poi scosse il capo. –Stavo solo pensando…
ecco… mi piacciono i vostri capelli.- confessò per trarsi
d’impaccio.
L’altra si sfiorò
leggermente la nuca e poi le sorrise, ringraziandola per il
complimento. Quel giorno li aveva intrecciati in un’elaborata
acconciatura, che però non nascondeva la loro lunghezza: le
arrivavano alle cosce.
-A me piacciono molto i tuoi
ricci.- ammise. La rossa la guardò, stupita. –Ho sempre
desiderato averli mossi… una volta ho anche provato ad
arricciarli da sola, rischiando di bruciarmeli.
A quella confessione si misero a ridere entrambe e l’atmosfera di fece più rilassata.
Camminarono per parecchio
tempo, passeggiando tra i roseti e passando sotto gli alberi. Ad un
certo punto Ethelyn chiese:-Il vostro è stato un matrimonio
organizzato?
Caitlin si bloccò un
attimo, poi riprese a camminare. Sorrise tra sé.
–No… non direi. O meglio, fin da piccola i miei genitori
mi hanno portata in visita qui nel Regno del Nord, per farmi conoscere
i principi. Il matrimonio è stato la naturale conseguenza.-
spiegò.
Il fatto che avesse parlato al plurale e non di uno solo dei fratelli, suonò abbastanza inusuale alla Ferift.
-Ma amate il principe Kiron,
vero?- doveva saperlo. La sua domanda derivava da quel pizzico di
ingenuità che l’aveva sempre accompagnata e che
probabilmente l’avrebbe resa un bersaglio facile per truffatori e
malelingue.
Vivere in una grotta l’aveva preservata dai mali del mondo esterno, ma avrebbe dovuto imparare in fretta a difendersi.
La domanda fece
arrossire leggermente la principessa. Abbassò lo sguardo,
lisciandosi nervosamente le pieghe del vestito.
Ethelyn rimase in silenzio, in attesa. Si rese conto troppo tardi di aver fatto una domanda imbarazzante.
Stava per scusarsi quando la ragazza finalmente rispose. –Sì, amo moltissimo Kiron.
L’altra si morse l’interno della guancia, ingoiando le parole.
Proseguirono per un altro
po’ sotto il sole primaverile. La giornata era iniziata con un
po’ di nebbia, ma ora la temperatura si era alzata abbastanza da
farle sudare, se stavano troppo tempo alla luce solare.
-So che è stato Simar a
catturarvi.- esordì di punto in bianco. Si erano appena sedute
su una panchina, vicino ad una piccola fontana.
La Ferift si voltò a
guardarla, sorpresa della domanda. –Sì… credo che
ci stesse seguendo già da un po’. Mi dispiace che per
colpa nostra lui si sia perso il matrimonio.- disse.
A quelle parole Caitlin distolse lo sguardo.
-Ho detto qualcosa di male?- domandò allora la sua interlocutrice.
-No, no. Non ti preoccupare.
Il sorriso con cui lo disse
era palesemente costruito. Ethelyn si chiese come mai avesse reagito a
quel modo al sentir nominare l’altro principe.
Avrebbe tanto voluto
chiederglielo, più per genuina curiosità che per
impicciarsi, ma non ne ebbe l’occasione.
-Siete fortunati, vi
farò vedere gli Ulver in azione. E, se saremo ancora più
fortunati, potrete anche parlare con Arun.- disse Kiron, camminando
davanti a loro.
Blaking e Drew si scambiarono
un’occhiata: l’Elfo era pieno d’energie, sembrava
quasi un bambino, ma al contempo era molto attento a quello che
gli succedeva intorno.
L’Ippogrifo
notò i saluti che ricevette durante la loro visita alle scuderie
e capì che le guardie e tutto il personale del castello lo
rispettavano come persona e come futuro regnante.
-Andremo nella foresta?- domandò Drew, eccitato.
L’altro annuì, salutando con un cenno quello che sembrava a tutti gli effetti il fabbro di corte.
-Mia madre mi ha informato di
tutto. So che l’apparenza inganna, ma so essere la discrezione
fatta persona, se le circostanze lo richiedono.- disse.
-Sarebbe molto… utile.-
ammise l’animale, allungando il passo per camminargli di fianco.
–A questo proposito, noi dovremmo…
-Sì, parlare col
capitano per la questione degli animali ombra. Vi sto portando da lui,
ma mi è sembrato meno sospetto farlo passare per un giro
turistico.- gli lanciò un’occhiata. I suoi occhi
brillarono per un attimo, rivelando tutta la sua arguzia.
-Grazie.- disse l’altro, facendo un breve cenno col capo.
-C’è il rischio di incontrarne qualcuno? Degli animali ombra, intendo.- intervenne il Nun.
Il principe si voltò a
guardarlo e soppesò la sua domanda. –Abbiamo avuto
attacchi quasi sempre notturni o verso le ore crepuscolari. Mai in
pieno giorno.- rivelò.
“Quindi potrebbero non
sopportare la luce diretta del sole.”, ragionò Blaking.
Più informazioni raccoglieva, più possibilità
avevano di capire cosa stava succedendo.
-Ethelyn ha incontrato una di
quelle bestie all’alba…- meditò Drew. –Ma ha
detto che non sembrava ancora… corrotto, diciamo.
L’Elfo annuì.
–Sì, mi hanno detto anche questo. Probabilmente la luce
gli da fastidio.- e detto questo lanciò un’occhiata
all’Ippogrifo.
Erano arrivati alla stessa
conclusione, notò il Balhia. Ma il fatto che l’altro
l’avesse rivelata con tanta nonchalance diceva qualcosa sulla
fiducia che nutriva nelle proprie capacità. E su quel pizzico
d’arroganza che colse nei suoi occhi.
“Be’, non siamo
perfetti.”, pensò. Nonostante quello, gli stava simpatico
e sentiva di potersi fidare di lui, almeno fino a prova contraria.
-Mi raccomando, fate quello
che faccio io e non vi attardate. Come ben sapete la foresta si diverte
a giocare con la mente delle persone.- si fermò davanti ad un
grande e massiccio portone borchiato.
I due amici sollevarono lo sguardo per vederne la fine. Era alto più di venti metri.
-Principe Kiron.- un Elfo dalla corporatura massiccia salutò il ragazzo.
-Tùrin, buongiorno.- si scambiarono un’energica stretta di mano, segno che erano abbastanza in confidenza.
-Come mai al cancello? Ti sei già stancato della tua sposa?- gli domandò l’uomo.
-Divertente. No… sto
facendo fare un giro ai nostri ospiti, volevo mostrare loro cosa fanno
gli Ulver.- spiegò, ridacchiando per la battuta.
-Mhm… sicuro che
resisteranno alla foresta?- li scrutò, pensieroso. Probabilmente
gli erano giunte voci della loro cattura.
-Abbiamo imparato la lezione.- si azzardò a dire Drew, leggermente infastidito dal tono della domanda.
Tùrin lo guardò
in silenzio e poi scoppiò a ridere. –Ah! Mi piace il
ragazzo. Va bene, andate pure.- diede una pacca sulla spalla al Nun,
lasciandolo alquanto basito. Poi lanciò un fischio ed
ordinò che venisse loro aperto il passaggio.
-Grazie… ci vediamo più tardi, al campo.- gli disse Kiron, prima di passare oltre.
-A più tardi.
I due si affrettarono a seguire il principe, perplessi. –Chi era…?- domandò Blaking, curioso.
-Il nostro maestro
d’armi. Mio e di mio fratello, s’intende.- spiegò.
–E’ come uno zio, per noi. Ha combattuto durante la faida
al fianco di nostro padre, praticamente era il suo braccio destro.-
-Oh, cavoli… dev’essere potente, con tutti quei muscoli.- commentò Drew.
-E lo è. Dovresti vederlo mentre combatte.- gli assicurò.
Fu spiazzante passare dalla corte del palazzo alla foresta del Mentore.
Quando vi erano entrati per la
prima volta avevano avuto modo di abituarsi al suo aspetto, ma in quel
caso fu come venire prelevati a forza da un posto per essere
scaraventati in un altro.
-Cavoli…- Drew non riuscì a trattenere la sua sorpresa.
-Lo so. Anche a me faceva quest’effetto, le prime volte.- gli sorrise il principe.
-Ma se è così facile uscire…- iniziò il ragazzo.
-Non lo è altrettanto
entrare, fidati.- gli assicurò l’Elfo. Il Nun parve
leggermente imbarazzato dalla propria domanda. –Tranquillo,
è una domanda lecita.- lo rassicurò.
-In che parte della foresta siamo?- volle sapere Blaking.
-Oh… nella parte ovest,
quella che dà sulle vostre terre.- rivelò.
–E’ da lì che sono arrivati la maggior parte degli
animali.
L’Ippogrifo gli
lanciò un’occhiata, facendo poi vagare lo sguardo tra gli
alberi. “Se vengono dall’Ovest è probabile che la
loro origine sia lì. Forse dipende direttamente da quello che
sta succedendo al Cair…”, meditò.
-Blaking?- quando si
sentì chiamare si riscosse, tornando al presente. Drew e Kiron
erano parecchi metri davanti a lui e si erano fermati per incitarlo a
raggiungerli.
-Scusate.- disse e trotterellò fino a loro.
-Ditemi… avete dormito
bene, stanotte?- s’informò l’Elfo, guardandoli di
sfuggita prima di abbassarsi per evitare un ramo troppo basso.
-Sì, magnificamente.- sorrise Drew. Il suo migliore amico annuì, confermando quello che aveva detto.
-Bene, mi fa piacere. Immagino che non vi fermerete molto.- aggiunse poi.
Fu Blaking a rispondere. –No, dobbiamo raggiungere il Primo. E dobbiamo fare in fretta.
Il principe annuì, conscio del pericolo che correvano.
Dopo quel breve scambio di battute avanzarono in silenzio, stando attenti a qualsiasi suono o movimento della foresta.
Kiron si muoveva con molta
disinvoltura rispetto ai due ospiti, questo perché era stato
addestrato per conoscere a fondo la foresta e resistere alle sue
manipolazioni.
Un buon Ulver doveva essere sempre vigile, mai sotto l’effetto di un’allucinazione o di una visione.
-Non sembra nemmeno la stessa
foresta.- ammise Drew, ad un certo punto. Camminare dietro al ragazzo
dai capelli corvini era abbastanza semplice, anche perché
sembrava sapere esattamente dove andare, senza mostrare esitazioni.
-Oh sì, la foresta è molto diversa di giorno.- ridacchiò lui.
Il Nun lo guardò, accigliato. Che si stesse prendendo gioco di lui? O sapeva qualcosa che lui non conosceva?
-Immagino che non vedremo i lupi spettrali.- disse dopo un altro tratto.
Attorno a loro si sentivano i rumori degli animali in cerca di cibo o intenti a nascondersi al loro passaggio.
-No… non li vedrete.-
sorrise misterioso. “Non nella forma notturna.”, aggiunse
nella sua mente. I Fisàans sarebbero stati una bella sorpresa,
per loro.
-Mi sento osservato.- Blaking
si fermò, alzando gli occhi alle fronde degli alberi. I rami
erano molto fitti e la luce faticava a penetrarvi attraverso. Il suo
istinto, però, gli diceva che c’erano orecchie in ascolto
e occhi vigili.
Kiron si fermò. –Sì… abbiamo raggiunto la prima squadra.- confermò.
Anche Drew alzò il
capo, cercando d’individuare qualcosa. Con la coda
dell’occhio scorse un baluginio e si chiese se fosse la punta di
una freccia. –Siamo sotto tiro?- chiese, preoccupato.
-Sì. Ma non hanno intenzione di ucciderci.
“Buono a
sapersi.”, commentò il Nun. Scambiò
un’occhiata con l’Ippogrifo e notò che era
perfettamente calmo. Se Blaking riteneva non ci fosse un immediato
pericolo, lui si sarebbe fidato. Lo faceva sempre e non aveva mai
dovuto pentirsene.
-Venite, cerchiamo di raggiungere il grande capo.- disse, prima di iniziare la scalata di un grande tronco.
I due amici lo guardarono
perplessi, poi si resero conto che il fusto fungeva quasi da ponte.
Scossero la testa, ridendo della loro paura e si affrettarono a
seguirlo.
In poco si ritrovarono tra i rami del grosso abete e scoprirono un dedalo di percorsi impensabili.
Tutti i rami sembravano
collegati tra loro e dovunque l’occhio si posasse iniziava un
possibile sentiero. Le strade erano innumerevoli e Blaking non
faticò a capire come facessero a tener sotto controllo
l’intera foresta.
-Ingegnoso.- commentò.
-Sì, abbiamo apportato
qualche modifica, ma è quasi tutto merito della foresta.-
rispose Kiron, orgoglioso. –Venite.
Fece loro un cenno del capo, prima di avviarsi.
Iniziò a passare
agilmente da un tronco all’altro, i suoi piedi si posavano senza
produrre il minimo rumore e a volte sembrava galleggiare a pochi
centimetri dalla corteccia.
-Ma come fa…?- sussurrò Drew, cercando d’imitarlo. In confronto lui era goffo come un puledro appena nato.
-E’ un Elfo, loro non
sprofondano sulla neve e suppongo non abbiano bisogno di appoggiare i
piedi per poter camminare.- gli rispose l’amico, sempre sottovoce.
Se anche Kiron li aveva sentiti non diede nessun segno.
Camminarono per diverso tempo, passando tra i rami delle conifere.
Blaking si sentiva costretto e doveva tenere le ali così serrate che gli facevano male i muscoli.
In più si stava letteralmente riempiendo di resina.
-Kiron, non vorrei esser scortese, ma per me è un po’ faticoso camminare qui in mezzo.- gli fece notare.
-Siamo quasi arrivati.- assicurò.
Drew aspettò il
compagno, approfittandone per guardarsi attorno. Anche lui si sentiva
osservato e sapeva che c’erano degli Elfi, ma non ne aveva ancora
scorto uno. Certo, aveva colto lo scintillio di qualche arma e sentito
il famigliare scricchiolio degli archi, ma niente di più.
Erano dannatamente bravi a nascondersi.
Kiron, invece, sapeva
benissimo dove cercare ed intravide alcuni dei suoi compagni. I
componenti di ogni squadra cambiavano ad intervalli di un mese, almeno
fino a quando non si trovava l’assetto ideale. Allora quella
compagnia poteva dirsi completa e non veniva più modificata,
salvo per sostituire membri morti.
Intercettò lo
sguardo di Brennan, uno dei suoi migliori avversari sul campo
d’allenamento, e questi gli indicò con un cenno del capo
l’albero davanti a sé.
Annuì impercettibilmente e si affrettò.
Sapeva che i suoi due ospiti
lo stavano seguendo, era impossibile non sentirli muoversi. Facevano
abbastanza rumore ma, non essendo Elfi né Ulver, se la stavano
cavando bene.
Si fermò su un ramo ad attenderli.
-Arun si trova sul prossimo
albero.- li avvertì. –Fate parlare me, è abbastanza
schivo con gli estranei. Ma è un brav’uomo, fidatevi.
Annuirono, aspettando che si muovesse per poterlo seguire.
Blaking era leggermente
preoccupato: non voleva passare per quello che metteva il naso in
faccende che non gli competevano, ma la regina gli aveva detto di
discuterne col capitano. E così avrebbe fatto.
Saltò sul ramo davanti a sé, graffiandolo leggermente con gli artigli e poi si affrettò ad abbandonarlo.
Non ci aveva fatto caso, la
prima volta, ma le dimensioni di quegli alberi erano considerevoli.
Soprattutto perché lo facevano sentire piccolo come uno
scoiattolo.
“E io non sono certo piccolo.”, si disse, divertito dalla propria considerazione.
Quando atterrò su una
grande biforcazione, collegata agli altri alberi da tre paia di rami
grossi come il suo corpo, capì di essere giunto a destinazione.
Drew, che l’aveva anticipato, si stava guardando intorno, cercando d’individuare qualcosa.
Lui, invece, si focalizzò su Kiron.
Il principe alzò la testa e poi batté il pugno sul tronco, due volte.
Poco dopo ecco apparire un Elfo.
Atterrò
silenzioso accanto al principe, sovrastandolo di una ventina di
centimetri. Tùrin era più alto e più grosso di
lui, ma il suo fisico asciutto e scattante poteva essere altrettanto
efficiente.
Aveva una carnagione stranamente scura, quasi bronzea e capelli troppo corti, secondo le usanze elfiche.
Sembrava che fossero stati
tagliati con un colpo di spada e gli accarezzavano appena le spalle, di
un biondo così chiaro da sembrare bianchi. E gli occhi…
di un azzurro magnetico, con strani riflessi color ametista. Ma la cosa
che più attirava l’attenzione non era l’estratto di
muschio che gli permetteva di mimetizzarsi, ma la cicatrice che gli
segnava parte della guancia destra fino al mento, deturpandogli il
labbro superiore.
-Non ho tempo per le
distrazioni, Kiron.- esordì. Dal suo tono era chiaro che non
apprezzava essere distolto dal suo incarico, soprattutto mentre era di
guardia.
-Sono gli ospiti arrivati ieri, capitano. Blaking e Drew.- gli fece presente, schiarendosi la voce.
Il suo superiore lo
guardò, leggermente stupito, poi posò gli occhi sui due
amici. –Il re mi ha accennato qualcosa, stamattina…-
mormorò.
Quello doveva essere una sorta di invito a restare e svolgere il compito per cui erano arrivati fin lì?
-Esatto. Anche loro hanno incontrato quegli animali.- si scambiarono uno sguardo carico di significati.
Quell’Elfo dalla carnagione scura non era uno stupido né uno sprovveduto.
-Sono un Elfo del Cuore e so
come affrontare praticamente tutte le creature di Suran. Il problema
è che questi animali sono… diversi.- ammise, poggiando
l’arco al tronco dell’albero.
Si reggeva saldamente sulle gambe, per nulla disturbato dall’altezza o dal leggero movimento dei rami.
-Il principe mi ha detto che siete stati attaccati. Di notte o durante il tramonto, mai di giorno.- Blaking si fece avanti.
Il capitano confermò
con un rapido cenno del capo. -Anche voi siete stati attaccati, a
quanto mi hanno detto.- replicò.
-Sì. Era un orso.
Però siamo riusciti ad ucciderlo.- annuì. Non poteva
dirgli che era stato grazie ai suoi poteri di Balhia: quello era un
segreto troppo pericoloso da confidare ad estranei. Non l’aveva
detto nemmeno alla regina Undine, anche se non era sicuro della sua
ignoranza in merito.
Era pur sempre una delle figlie del Cair, no?
-L’avete ucciso facilmente?- indagò. A quella domanda Drew s’irrigidì.
-No… la nostra compagna
rischiava di esser uccisa.- rispose. –Però, col gioco di
squadra, siamo riusciti ad avere la meglio.
-Quindi… ci sono volute
tre persone? Credete che sia più saggio affrontarli in gruppi?-
chiese, meditabondo. La sua mente aveva iniziato a lavorare, veloce ed
efficiente come gli ingranaggi in una macchina.
-Sì, da soli si rischia di restare uccisi. A meno che non si sia il Cair.
-Cosa c’entra il Cair?
Quale Cair?- Arun rialzò la testa, stupito. Dalla sua
espressione si poteva capire che non sapeva di cosa stessero parlando.
-Fenris, il Cair del Vento.- s’intromise il Nun.
L’Elfo si accigliò. –Eravate col Vegliante, quand’è successo?
L’Ippogrifo scosse la
testa. –No, ma quando l’abbiamo incontrato il suo braccio
destro, Radagast, è arrivato dicendo che nella capitale
c’erano alcuni segugi che stavano seminando il panico.-
spiegò. Non appena ebbe richiuso il becco si bloccò.
–Un attimo… era giorno quand’è
successo…
Anche Drew sembrò
ricordarsene solo in quel momento e spalancò gli occhi.
–E’ vero! E poi ci ha detto che erano senza ombra!-
esclamò.
-Senza ombra? Non ricordo di averne affrontati senza ombra.- ammise il capitano.
-No? Nessuno?- domandò
Blaking. L’altro scosse la testa, chiedendo poi conferma a Kiron.
Anche lui smentì. –Che genere di animali erano?
-Animali della foresta. Lupi,
diversi cinghiali e anche un orso, sì… ma quello era
strano. Aveva il pelo a chiazze.- riferì.
-Sembra quello che ha visto Ethelyn.- disse Drew. Blaking annuì.
-Quindi non hanno problemi a spostarsi…- ragionò l’Elfo.
-Voi non sapete quale sia la
fonte di tutto ciò, vero?- domandò Kiron, accigliato. La
questione iniziava a preoccuparlo seriamente.
Dovettero scuotere la testa.
–L’orso che abbiamo ucciso, però, aveva addosso
della polvere luminosa.- disse la creatura.
-Come quella che rimane dopo un incantesimo di luce?- chiese Arun.
-Sì, esattamente.
-Quindi potrebbe aver a che fare con l’Ovest?- meditò il principe.
-Sicuramente… il Cair…- Blaking si bloccò. Avrebbe dovuto rivelarlo?
Kiron gli facilitò il compito. –Il Cair della Luce è gravemente malato.- disse.
All’udire quelle parole
il capitano degli Ulver sgranò gli occhi. –Cosa?- si
voltò verso i due visitatori, chiedendo conferma.
-Sì, purtroppo è così.
-Oddio… non è
possibile! Questa è una sciagura…- si passò le
mani sul viso, nascondendo per un attimo la cicatrice.
-Capitano, il nostro compito
è quello di respingere gli animali. Loro devono fare il resto.-
Kiron gli posò una mano sul braccio, protetto da bracciali di
cuoio.
-Lo so, ma mi fa sentire impotente.- dice, con voce incrinata dalla frustrazione.
-Fa sentire impotenti tutti noi. Soprattutto mio padre e mia madre.- dovette ammettere il giovane.
-Sarà meglio che
diffonda il messaggio agli altri gruppi. Stasera dobbiamo riunirci ed
elaborare una strategia per difendere al meglio i confini. Se volete
scusarmi.- recuperò l’arco e sparì tra i rami.
-Avete messo in movimento la
macchina Arun.- ridacchiò Kiron. Quando vide le loro espressioni
aggiunse:-Non vi preoccupate. Entro sera avrà già pensato
a tutto.
Simar si sentì chiamare a gran voce.
Era nascosto tra alcuni rami e
stava sorvegliando uno dei ponti in prossimità
dell’entrata. Aveva sentito le voci di alcuni cacciatori e doveva
assicurarsi che tornassero indietro.
Il richiamo, però, non era stato urlato. Era risuonato nella sua mente.
Da qualche mese aveva iniziato
a captare i pensieri di chi gli stava intorno e il capitano se
n’era accorto. Aveva spinto la propria volontà fino a
lambire la sua e avevano scambiato qualche parola.
Stava sviluppando la telepatia. E la cosa lo spaventava.
“E’ necessario
riunire tutte le squadre, questa sera. Lasceremo i Fisàans di
guardia.”, fu il messaggio.
“Perché?”,
si dovette concentrare per formulare quella semplice domanda. Non gli
veniva ancora naturale, come parlare o respirare.
“Ho parlato con l’Ippogrifo, dobbiamo riorganizzarci.”, fu la risposta. “Diffondi la notizia.”
Era perfettamente conscio dei
problemi ai confini con l’Ovest, ma il fatto che dovessero
riorganizzare le compagnie non era un buon segno. Significava che erano
inadatti ad affrontare il nemico nell’attuale assetto.
Sospirando, lanciò il richiamo della ghiandaia. Subito uno dei suoi compagni lo raggiunse. –Sì, sergente?
-Stasera abbiamo una riunione,
lasceremo a guardia i Fisàans. Dillo agli altri.- riferì,
lanciandogli una rapida occhiata.
-Agli ordini.- e sparì tra gli alberi.
Rimase a fissare il vuoto per
qualche secondo, poi i suoi pensieri tornarono alla sera precedente,
abbandonando per un po’ i problemi con politici e militari.
Si torturò le mani, ripensando alla sua espressione. Così felice, così innamorata.
Ancora non riusciva a capacitarsi di come si fosse arrivati a quel matrimonio. A quell’unione…
-Avrei dovuto esserci io…- mormorò, scuotendo la testa.
Ma sapeva, da quella sera di
un anno prima, che non sarebbe mai stata sua. L’aveva capito
spiando per caso la loro complicità, i loro corpi che
s’intrecciavano nel letto. Le loro mani si cercavano, avide e non
c’era posto per lui in quella stanza.
E nel suo cuore.
-Che io sia maledetto.-
digrignò i denti, scacciando quei ricordi dolorosi. Non era
più un bambino, quindi avrebbe accettato i fatti così
com’erano.
Non avrebbe sofferto.
-Da quanto fai parte degli
Ulver?- Drew era curioso circa quei guerrieri. Erano in grado di
sparire tra le ombre e gli aghi di pino, fingendosi parte della natura.
E dovevano avere una mira eccezionale. Portavano tutti un arco in spalla e non dubitava sapessero usarlo.
Kiron, intento a scambiare qualche parola con Brennan, si voltò a guardarlo.
Dopo essersi congedati da Arun
erano tornati sui loro passi. Quando avevano incontrato l’Elfo si
erano fermati, per permettere al principe di fare due chiacchiere.
I due si voltarono a guardarlo.
-A chi lo stai chiedendo?- chiese la guardia.
-Al principe.- chiarì.
-Da quando ho compiuto sedici anni.- rispose, dopo una breve riflessione.
-E… venite scelti per
le vostre doti o per altri motivi?- era veramente curioso. Da piccolo
aveva sempre desiderato diventare un eroe o un avventuriero e quei
guerrieri elfici lo affascinavano.
-Vuoi diventare un Ulver?- ridacchiò Kiron.
Drew arrossì leggermente. –No… non ne avrei nemmeno il tempo.- mormorò.
-E non potresti, comunque.- gli fece presente Brennan.
Il Nun alzò il capo,
lanciando prima un’occhiata a Blaking e poi una al ragazzo. Si
chiese se lo stesse prendendo in giro. Nel giro di poco tempo aveva
avuto quel sospetto un po’ troppe volte.
-Perché?
-Gli Ulver appartengono ad una
gilda di guerrieri molto antica, la più antica del Regno.-
spiegò. –E con questo? Non mi sembra che il capitano
appartenga agli Elfi del Nord.- ribattè, perplesso.
-Non è una questione di razza, ma di sangue. Il titolo di Ulver è ereditario.- intervenne il principe.
-Oh… quindi si passa di padre in figlio?- fece l’Ippogrifo, stupito. I due annuirono.
-Ma il capitano è un Elfo delle terre del Cuore, come…?- Drew era perplesso.
-La sua famiglia si è
insediata nel regno molto tempo fa. Lui appartiene al Nord, ormai. E
poi ha il dono.- replicò Brennan.
-Dono? Qualche dono?
Kiron si sfiorò la fronte. –La telepatia.
Sia Blaking che il ragazzo lo fissarono perplessi.
-Vedete, per ottenere il
comando degli Ulver occorre possedere la capacità di leggere nel
pensiero.- spiegò l’Elfo di sangue reale.
-Ma è una cosa ereditaria?- volle sapere il Nun.
Fu Brennan a rispondere. –No, non lo è. È una capacità personale.
-Ma perché proprio la telepatia..? Perché non altre qualità?- indagò, ancora più incuriosito.
-Essendo un telepate,
può benissimo comunicare con tutti gli Ulver. È in
perfetta sintonia con tutti noi e può gestire gli eventuali
scontri su diversi fronti. Inoltre è un vantaggio contro i
nemici.- spiegò Kiron.
-Caspita… Arun
dev’essere un Elfo in gamba.- commentò Drew, ammirato.
Avrebbe volentieri scambiato qualche parola con l’uomo, ma non
gli era sembrato troppo disponibile al dialogo.
-Lo è.- confermarono le due guardie.
-Il nome “Ulver” cosa significa?- s’intromise Blaking.
Kiron sogghignò. –Significa lupo.
L’altro lo
guardò, perplesso. –Ha a che fare coi lupi spettrali di
cui mi hanno parlato i ragazzi?- domandò.
-Sì… volete vederli?
A quella domanda il Nun
deglutì, nervoso. Ricordava ancora troppo bene lo sguardo di
brace degli animali su cui erano stati gettati lui ed Ethelyn, quasi
fossero sue sacchi.
-Tranquillo, durante il giorno non sono così inquietanti.- assicurò con una risata. Aveva notato la sua reazione.
Il ragazzo abbassò il
capo, dandosi del cretino. Perché non riusciva a passare per una
persona arguta e finiva sempre con l’esser preso in giro?
“Dannazione!”, imprecò tra sé.
Kiron gli lanciò
un’ultima occhiata prima di portarsi due dita alla bocca e
lanciare un lungo fischio. Fu abbastanza acuto da essere fastidioso.
Subito Drew si mise a scrutare il sottobosco, alla ricerca del fantomatico lupo.
-Tutti gli Ulver cavalcano un
Fisàans e il rapporto che si crea è indissolubile. Dura
fino alla morte dell’animale.- spiegò Brennan,
accucciandosi per vedere meglio.
Probabilmente doveva aver già individuato la cavalcatura del principe perché sorrise mestamente.
-Non ho mai sentito parlare di
queste creature…- ammise Blaking, leggermente a disagio.
Dopotutto lui poteva essere considerato una preda per certi animali. E
i lupi, soprattutto se grossi, potevano essere dei candidati.
-Vivono solo qui. Sono figli della foresta del Mentore e le appartengono.- disse Kiron, prima di calarsi giù.
Atterrò elegantemente, poggiando le mani sul muschio che ricopriva quasi ogni cosa.
-Non spaventatevi, Dunehin
è uno dei maschi più grossi.- li avvertì
l’Elfo, continuando a guardare in basso.
-Grosso quanto?- domandò Drew, preoccupato.
Non ci fu bisogno che la guardia gli rispondesse perché proprio in quel momento il principe fu raggiunto dalla foresta.
“No, un attimo… è assurdo!”, si disse il Nun, scuotendo la testa.
Quello che a prima vista
sembrava un pezzo del sottobosco sotto di loro era in verità un
lupo della stazza di un cavallo, con forti zampe artigliate e un manto
assolutamente sconcertante.
Visivamente sembrava avere la
consistenza della corteccia degli alberi, ma possedeva il colore del
muschio, degli aghi di pino, delle rocce, delle stesse piante che
c’erano tutto attorno a loro.
Se si fosse immobilizzato non l’avrebbero potuto scorgere.
-Potete scendere, non morde.-
assicurò Kiron, alzando la testa verso di loro. Brennan
obbedì senza esitazione, mentre i due amici si scambiarono uno
sguardo nervoso. –Non eri tu che volevi saperne di più,
Drew?
Al sentire il proprio nome il
giovane si riscosse, prese un respiro profondo e saltò
giù dal ramo, subito seguito dal compagno di una vita.
Quando appoggiarono i
piedi a terra si ritrovarono a fissare quell’enorme animale. A
differenza dei lupi spettrali, non incuteva paura era solo imponente.
Dunehin rimase immobile, fissando i suoi occhi castani su Blaking.
Per un attimo tutti
trattennero il fiato, temendo che il lupo lo potesse attaccare, ma poi
quello fece una cosa inaspettata: chinò leggermente il capo, in
segno di saluto.
L’Ippogrifo rispose con un cenno un po’ più profondo, stupendosi per quel gesto. Non se l’aspettava.
Nemmeno il principe, a
giudicare dalla sua espressione. –Dunehin è uno dei Beta
del branco. Non aveva mai ossequiato nessuno se non il suo
Alfa…- mormorò, stupito.
-Uno dei Beta? Com’è possibile?- chiese Drew, distogliendo lo sguardo da quello dell’animale, ipnotico.
-Simar cavalca il suo gemello, Nehir.- spiegò il ragazzo.
-Oh… condividono il
potere come fate voi.- commentò il Nun. A quelle parole Kiron si
adombrò un attimo. –Ho detto qualcosa di male?
-Tu l’hai incontrato, Drew.- Brennan distolse l’attenzione dal suo futuro re.
-Come?- l’attenzione del ragazzo si spostò su di lui. –Chi avrei incontrato?- domandò, confuso.
-Nehir. La notte in cui siete arrivati a palazzo.- concluse.
Drew sgranò gli occhi,
come fulminato. Gli stava dicendo che il grande Fisàan davanti a
lui altri non era che quell’inquietante spettro evanescente?
Mosse un passo indietro, incredulo.
Blaking fece per avvicinarglisi, ma l’altro gli fece capire che non ce n’era bisogno.
-I Fisàans hanno due
forme: questa è quella che mantengono durante il giorno, di
notte diventano spettri. Il loro compito è sorvegliare la
foresta ed eliminare gli spiriti maligni.- disse Kiron. –Non
volevo spaventarti…- aggiunse dopo un po’, vedendo
l’espressione del suo ospite.
Scosse la testa, riscuotendosi.
-Sanno parlare?- chiese l’Ippogrifo, curioso.
-No, ma sono creature molto
intelligenti. Non so dirvi se Arun riesca a comunicare telepaticamente
col suo, però.- rivelò.
-E come si catturano?
-Non posso dirtelo. Non sei un novizio.- Kiron scosse la testa.
-Ah, d’accordo.
-Però puoi toccare
Dunehin, se a lui fa piacere.- aggiunse, tentando di risollevargli il
morale. Era così facile intuire i suoi stati d’animo,
quasi come rubare le caramelle ad un bambino.
-Toccarlo?- il ragazzo lo
guardò, stupito. L’altro annuì. Lui allora
allungò una mano, lasciando il palmo rivolto verso l’alto
e si mise in attesa. Potevano anche crederlo un sempliciotto, ma sapeva
trattare con gli animali.
Il Fisàan lo
osservò, muovendo solo gli occhi. Poi allungò il collo e
lo annusò, soppesando la sua richiesta.
Stette in quella posizione per
un po’, ma alla fine diede un colpettino col muso alla mano del
ragazzo, dandogli il via libera. Drew parve capirlo e sorrise,
sfiorandogli leggero la fronte.
Si era aspettato di sentire il pelo ruvido al tatto, ma era soffice come quello di qualsiasi altro animale dotato di pelliccia.
-Incredibile, eh?- ridacchiò Brennan, vedendo la sua reazione.
Ethelyn era sola da più di due ore.
La principessa si era congedata a causa di un impegno di corte e lei non aveva protestato, sapendo di non averne il diritto.
Non che fossero diventate migliori amiche, quello no, ma parlare con una ragazza era piacevole.
Aveva vagato per un po’
attraverso i corridoi del palazzo, in cerca della biblioteca. Non era
riuscita a trovarla e non aveva voluto chiedere indicazioni, non
sapendo nemmeno spiegarsi il perché.
Alla fine aveva scorto
il campo d’allenamento e le era venuta un’idea. Era tornata
di corsa in camera e si era cambiata, trovando i propri vestiti sul
letto, lavati e rammendati.
Si era legata la cintura alla vita ed era schizzata fuori.
Una volta arrivata aveva
atteso nell’ombra, osservando attentamente nell’intorno.
Voleva assicurarsi che non ci fosse nessuno. Non voleva essere
rimproverata.
Fortunatamente sembrava che non ci fosse nessun allenamento in programma, per cui uscì al sole.
Estrasse le sue armi, tenendo
le lame verso il basso e chiuse gli occhi. Si concentrò,
stabilizzando la propria respirazione.
Sentiva il calore dei raggi
solari sulla schiena e il terreno sotto le suole degli stivali di
pelle. Non pioveva da un po’, per cui era abbastanza polveroso.
Quando ebbe raggiunto
l’equilibrio mentale sollevò le punte dei sai, puntandole
al cielo. Distese le braccia ai lati del corpo, all’altezza delle
spalle.
Un respiro ed
iniziò ad avvitarsi su se stessa, muovendo i polsi e le braccia
per sferrare fendenti ad un immaginario avversario. Aveva una buona
coordinazione con le gambe e riusciva a passare alla fase difensiva in
poco tempo.
Inarcò la schiena,
compiendo una capriola all’indietro e atterrò carponi,
accucciata come un animale a caccia.
-Cosa fai qui?
Si voltò di scatto e si ritrovò a fissare il principe Simar.
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Capitolo 12 *** Cap. 11 Vivere a palazzo ***
Cap. 11 Vivere a palazzo
Finalmente i primi indizi... i ragazzi si confidano e torniamo da Shunka per vedere com'è la situazione.
Buona lettura! :)
Cap. 11 Vivere a palazzo
La ragazza si alzò, lentamente.
Cambiò l’impugnatura dei sai e prese un respiro profondo, che quasi le si impigliò in gola.
Non si aspettava di incontrarlo,
non dopo il modo in cui si era comportato la sera prima. Le aveva fatto
chiaramente capire che non voleva incrociare la sua strada, nemmeno per
caso.
-Cosa fai qui?- il principe ripetè la domanda, avvicinandosi di qualche passo.
Lei lo fissò, leggermente affaticata dall’esercizio fisico.
-Non posso stare qui? Non sapevo ci
fossero zone vietate.- rispose con calma. “Non essere scortese,
non fino a quando non ti provocherà o offenderà.”,
si disse.
-Non intendevo questo. Ma sei sul campo d’allentamento.- le fece notare, facendo spaziare lo sguardo.
-Me ne rendo conto.- disse, rigida. “Non sono stupida.”
-Tra i Ferift ci sono donne guerriere?- domandò allora lui, confuso.
La domanda la prese in contropiede. –No… perché?
-Ti stavi allenando. E le donne, a
quanto mi hanno insegnato, non sono avvezze ad imbrattarsi di sangue e
polvere.- replicò. Si rese conto che quel discorso era un
po’ troppo sessista, ma non riusciva ad essere il solito Simar,
non con lei. Ogni volta che la guardava ripensava a quel dannatissimo
giorno.
-Non vedo perché una donna non possa difendersi.- la Ferift si sentì offesa dalle sue parole.
-Qui non hai bisogno di difenderti.- le disse, cercando di mantenere inalterato il proprio tono di voce.
-Questo è tutto da vedere.- mormorò lei.
Il principe la sentì, era
abbastanza vicino per poter udire il suo sussurro. –Credi che
potrei attaccarti?- suonò sorpreso anche alle proprie orecchie.
Non avrebbe mai attaccato qualcuno senza motivo, nemmeno un Ferift!
La ragazza ponderò le proprie parole. -Ieri sera non mi siete parso… contento di avermi qui a palazzo.
-E non lo sono. Mi dispiace ammetterlo. Ma non per questo vi farò del male.- ammise.
-Mi avete già fatto del
male. Il pregiudizio ferisce.- rispose lei. Si stava alterando e la sua
voce stava diventando incerta.
-Mi dispiace, è più
forte di me.- non era una scusa, ma una semplice constatazione. Voleva
mettere in chiaro che, se si fossero evitati a vicenda, non sarebbe
successo nulla di irreparabile.
-Ah, quindi non potete fare a meno di odiare senza motivo una persona?- chiese lei, quasi urlando.
Con la coda dell’occhio
scorse alcuni Elfi, fermatisi a bordo campo. Da come erano vestiti
dedusse che appartenessero alle guardie che li avevano catturati la
sera prima.
-Non odio voi, ma il vostro
popolo.- Simar digrignò i denti, cercando di non perder la
calma. Non voleva dare spettacolo di fronte agli altri Ulver.
Era un sergente: non poteva lasciarsi andare ad infantili dimostrazioni di forza.
-Quindi odiate anche me.
-Questa conversazione è finita.- tagliò corto e fece per andarsene.
Ethelyn ricacciò
indietro una lacrima, dovuta alla rabbia che provava in quel momento.
Prese un respiro profondo, sollevò il braccio destro e
lanciò il sai.
Non era riuscita a contenersi.
L’arma sibilò
attraverso l’aria, sfiorò la spalla dell’Elfo e si
conficcò a pochi passi da lui.
Il ragazzo, al vedere la lama conficcarsi nel terreno, si bloccò.
“Ha tentato di colpirmi?”, si chiese, scioccato.
-Voglio chiarire una volta per
tutte che io non c’entro nulla con i bastardi che hanno ucciso
vostro fratello. Se ora non accettate questo confronto, vi dovrò
ritenere un razzista.- sibilò, arrabbiata.
Simar si voltò lentamente a guardarla. –Non sai niente di me, non osare giudicarmi.
-Nemmeno tu sai niente di me, ma l’hai fatto.- replicò. Al diavolo il voi.
Mentre loro parlavano si era
radunata una discreta folla di curiosi. Tutti passavano gli occhi
dall’uno all’altra, in attesa della prossima mossa.
“Non mi farò insultare
così.”, decise il ragazzo. Si tolse l’arco dalla
schiena e lo depositò a terra assieme alla faretra.
Osservò le armi della sua
avversaria ed optò per i pugnali che portava sempre con
sé, uno dei quali all’interno dello stivale sinistro.
-Bene… chiariamo la questione.- disse, accettando la sfida.
Ethelyn si mise in posizione
difensiva, di tre quarti. Avrebbe avuto l’occasione per
dimostrargli che lei era diversa, che aveva dei principi morali. Voleva
fargli capire che era semplicemente una ragazza senza la minima
intenzione di ferire gli altri.
Iniziarono a scrutarsi,
valutandosi. La prima cosa da fare, quando ci si trovava di fronte un
avversario, era cercare di capire quali fossero le sue capacità
ed individuare i suoi punti deboli.
Tutti avevano punti deboli.
Simar si stupì di vederla
assumere quella posizione, significava che sapeva cosa stava facendo e
non era una sprovveduta. Non che facesse differenza, lui e Kiron erano
stati addestrati fin da piccoli all’uso di tutte le armi elfiche.
Strinse l’elsa d’osso delle sue armi, saggiando il terreno con un piede.
La ragazza rimaneva immobile, non
accennando a volersi muovere. L’Elfo allora prese a girarle
intorno, per innervosirla e cercare il punto cieco della sua difesa.
“Non troverai il mio punto
debole.”, Ethelyn aveva capito le sue intenzioni ed iniziò
a seguirlo con lo sguardo.
Quando non ne fu più capace prese a girare sul posto, mantenendo sempre la posizione.
-Sei astuta.- le disse il principe.
-Grazie.
Continuarono a scrutarsi, mentre il
ragazzo proseguiva il suo percorso. Tutti e due sapevano che stava
tracciando una spirale per potersi avvicinare a lei.
La Ferift aveva iniziato a compiere
il tragitto opposto non appena lui le si era avvicinato troppo, ma
aveva valutato male i tempi.
Con uno scatto Simar le fu
addosso e cercò di mandare a segno un fendente dall’alto.
Lo bloccò per un pelo, incrociando le lame.
Dalla folla si levò un boato ed iniziò un tifo serrato.
Ethelyn lo ricacciò indietro
e con una veloce rotazione di polso incastrò una delle lame con
l’elsa ricurva. Con quella rimasta deviò il fendente
successivo.
Per un attimo si ritrovarono molto vicini e nessuno dei due disse niente, troppo impegnato ad evitare di essere colpito.
Simar osservò il proprio
riflesso sulla lama della Ferift e non si riconobbe. Trattenne il
respiro per un attimo, chiedendosi cosa stesse facendo, ma poi
scacciò via quelle domande.
Infilò un piede tra le gambe della giovane, riuscendo a sbilanciarla.
Lei cadde in avanti e lui ne
approfittò per cercare di colpirla. Riuscì a farle un
piccolo taglio sulla guancia prima di esser sbalzato via con un calcio
nello stomaco.
Si avvitò in aria e atterrò senza danni.
Quando si voltò la trovò già pronta per combattere.
-Principe! Principe!- urlavano i presenti.
“Non è una
tenzone!”, si ritrovò a pensare. Avrebbe voluto esser solo
con lei, per non dar inutilmente spettacolo.
Ethelyn si guardò intorno, infastidita dalle urla.
Lanciò uno sguardo al suo avversario e notò che nemmeno lui ne era particolarmente entusiasta.
Almeno erano d’accordo su una cosa.
Cambiò nuovamente
l’impugnatura dei suoi sai e partì all’attacco. Poco
prima di colpire il principe deviò di lato, tentando un affondo
laterale.
Lui lo bloccò, aiutandosi
col pugnale e i bracciali di cuoio che gli proteggevano gli avambracci.
Tentò di forzare la sua difesa, ma venne respinta.
“E’ il mio turno.”, pensò Simar.
Caricò con potenza,
scagliandosi di peso contro la rossa. La mise alle strette con dei
colpi ascendenti e discendenti in rapida successione.
All’ultimo lei riuscì
a pararli e a sottrargli uno dei due pugnali. L’impeto,
però, la privò anche dell’arma che impugnava.
Si ritrovarono ambedue con una lama a testa.
Ansimando, presero le distanze l’uno dall’altra. Dovevano cambiare tattica.
Si fissarono in silenzio, ragionando.
Il tifo e le grida continuavano, incessanti ed assordanti.
Simar si stupì che non fosse
ancora giunto nessuno a fermarli: né Tùrin, né il
capitano… nemmeno suo padre o suo fratello.
“Tanto meglio.”, pensò.
Notò un piccolo movimento
della ragazza e scattò. Lo stesso fece lei, vedendosi attaccata.
Lo scontro fu violento e riverberò attraverso i muscoli delle
loro braccia.
Ethelyn cercò di sbilanciarlo, ma lui piantò i piedi, resistendo.
Andarono avanti per un bel
po’, fino a quando il principe non la fece cadere a terra.
Iniziarono a rotolare sul terreno, in un intrico di corpi. Fino a
quando non si fermarono, circondati da nuvole di polvere.
La Ferift si ritrovò in una
posizione dominante, il sai puntato alla gola del ragazzo. Ma ben
presto si accorse di avere la sua lama a contatto con lo stomaco.
Si guardarono negli occhi, arrabbiati e senza fiato.
-Sono stanca di tutto questo! Ho
passato quasi tutta la vita rinchiusa in una grotta, odiata dal mio
stesso popolo!- gli urlò in faccia.
Simar la fissò in silenzio, spiazzato. Quelle che vedeva nei suoi occhi erano lacrime.
“Cos’ho fatto..?”, si chiese ritornando lucido. Ritornando ad essere se stesso.
Fece per dire qualcosa, ma la ragazza corse via, per evitare di mostrargli il suo dolore.
Quando Drew venne a sapere di quello che era successo andò su tutte le furie.
-Potrà pure essere un
principe, ma non aveva nessun diritto!- esclamò, arrabbiato. Si
trovava in compagnia di Blaking sul campo di combattimento.
Avevano trovato tutta quella folla di persone e si erano avvicinati, trovando Simar al centro dello spiazzo.
Lui li aveva visti e si era messo
una mano sul viso, scuotendo la testa. Kiron si era congedato da loro e
l’aveva raggiunto, ma suo fratello l’aveva scacciato e si
era avviato verso il palazzo a passo di marcia.
I due amici si erano scambiati uno sguardo, perplessi e avevano chiesto spiegazioni.
Ed ora eccoli lì: Blaking stava cercando in tutti i modi di calmare un Drew letteralmente fuori di sé.
-Ethelyn non è mia sorella
né la mia fidanzata, d’accordo, ma non mi sembra giusto
che lei debba soffrire per i suoi pregiudizi!- si liberò dalla
presa dell’amico, scostando le sue ali.
L’Ippogrifo sospirò. –Drew, calmati, per favore.
-No che non mi calmo!- sbottò.
L’amico lanciò
un’occhiata alla folla, che si stava disperdendo, poi
tornò ad avvicinarglisi. –Dobbiamo lasciare che se la
sbrighino tra di loro.- gli disse, cercando di essere il più
conciliante possibile.
-Potrebbe accusarla di qualcos’altro!- gesticolò il ragazzo.
-La tua reazione è
esagerata.- lo rimproverò allora. Il Nun si fermò, lo
guardò e poi sospirò, ritrovando una parvenza di calma.
-Mi dispiace, ma ho visto il suo
sguardo, ieri… e ho avuto una stretta al cuore.- si
giustificò. –Lei è una brava ragazza e sono sicuro
che abbia tante altre buone qualità. Non merita di esser
giudicata per quello che hanno fatto altri.
-Lo so, sono d’accordo con
te. E sono sicuro che anche il principe se ne sia reso conto.- gli
diede un colpetto col muso. –Per ora, però, lasciamoli
stare. Tutti e due.
Anche se a malincuore, Drew annuì.
-Simar, dannazione! Fermati!- sbottò Kiron, esasperato.
Suo fratello lo ignorò,
continuando a puntare dritto verso la propria camera. Da un anno ormai
non condividevano più una stanza comune. Da quando era arrivata
Caitlin.
-Insomma, si può sapere che ti è presto?- finalmente riuscì ad afferrarlo per un braccio.
Lui si girò, rosso in volto. –Niente, sono impazzito, va bene?!- ringhiò.
Kiron lo guardò confuso. –Tu non sei così…- gli disse.
-E come sono?
-Tu sei quello calmo, quello
disponibile… quello che ha sempre fatto la cosa giusta.- gli
sorrise. Nei suoi occhi azzurri, però, c’era un velo di
amarezza.
Nel vederla, il ragazzo
ritornò in sé. Fu meglio di una doccia fredda. Entrambi
sapevano che il motivo scatenante di quella sua sfuriata non era solo
la Ferift.
-Mi dispiace.- sospirò Simar, vergognandosi di se stesso.
Kiron gli si avvicinò e gli
diede una pacca sulla spalla. –Senza rancore. Abbiamo avuto tempo
per picchiarci.- cercò di buttarla sul ridere per alleggerire
l’atmosfera.
-So che reagire così
è stupido e mi rendo conto che è anche inutile. So che
lei ti ama e sono felice per voi.- mormorò.
-No, tu ti stai sforzando di essere felice per noi, ma so che soffri ancora.- replicò, senza farsi ingannare.
Al che suo fratello lo guardò, colpito. Credeva di esser riuscito a mascherare meglio i suoi sentimenti.
-Di che ti stupisci? Dopotutto
siamo gemelli.- sorrise il moro. –Ora, vai a farti un bel bagno.
Poi medita come solo tu sai fare e, quando sarà il momento, vai
a scusarti con quella povera ragazza.
-Non credo vorrà più
parlarmi… ho quasi tentato di… che cretino sono stato!-
scosse la testa, incredulo.
-Tutti sbagliamo, anche tu.
-Perché ora sei tu il saggio, tra noi due?- gli chiese.
-Perché ogni tanto bisogna
scambiarsi i ruoli, no?- ridacchiò. –Su… vai. Non
vorrei che il Nun ti venisse a cercare.
Simar lo guardò perplesso. –Perché?
-Credo che Ethelyn sia una sorta di
mascotte per loro… insomma, devono volerle bene. Quindi non
saranno contenti di sapere quello che hai fatto.- spiegò.
-Fantastico. Vado a farmi questo
famoso bagno… grazie fratellino.- gli sorrise e poi
s’incamminò lungo il corridoio.
Kiron scosse la testa, orgoglioso di se stesso: per una volta era stato lui a dispensare consigli, non il contrario.
Ethelyn si gettò sul letto dopo aver sbattuto la porta.
Affondò il viso nel cuscino e, non potendosi più trattenere, diede libero sfogo alle lacrime.
Non capiva il comportamento del principe, non concepiva il suo odio indiscriminato verso di lei.
Poteva comprendere il dolore del lutto, ma quello no.
Lei non aveva fatto nulla di male per meritarsi quel trattamento. Lui non aveva il diritto di dirle quelle cose.
Per l’ennesima volta aveva
avuto la riprova che le persone erano meschine e capaci di provare
sentimenti negativi verso dei perfetti sconosciuti solo per dei
pregiudizi.
“Il pregiudizio finirà per uccidermi.”, pensò, singhiozzando.
Non voleva essere amata da tutti,
le bastava semplicemente non essere tacciata di essere una sporca
mezzosangue e un’appartenente ad un popolo di assassini.
Lei non era quello.
Ethelyn non si limitava al suo
essere Ferift o all’avere sangue misto. Era molto di più,
ma nessuno sembrava volerlo capire.
Tranne Blaking e Drew. Loro l’avevano accettata ed sarebbe stata riconoscente per il resto della sua vita.
Quel pensiero la risollevò un attimo, ma subito dopo ripiombò nello sconforto, piangendo ancora più forte.
Quella sera, a cena, incontrarono il re e la regina.
Kiron e Simar erano assenti,
impegnati nella riunione indetta dal capitano degli Ulver. La
principessa aveva scelto di mangiare in camera, aspettando il marito.
Non vedendo il principe dai capelli d’argento al tavolo, Ethelyn decise di sedersi per cenare.
In caso contrario avrebbe fatto dietrofront e sarebbe tornata in camera.
-Ho saputo che avete parlato con Arun.- esordì sir Holean.
Blaking alzò lo sguardo dal
suo pezzo di carne. –Sì, maestà. Abbiamo avuto uno
scambio d’informazioni. Crediamo che gli animali siano rallentati
dalla luce del sole.- disse.
-Interessante. So che in questo momento è in corso una riunione.- aggiunse, lisciandosi una ciocca di capelli.
L’altro annuì. –Dopo, col vostro permesso, mi unirò anche io.
-Certo, vai pure.- concesse.
-So che Kiron vi ha fatto da guida. Vi è piaciuto il palazzo?- domandò cortesemente Undine.
-Oh, sì molto. Siamo stati anche nella foresta, a parlare col capitano.- disse Drew.
-Avete visto i Fisàans?- gli sorrise.
-Sì… sono animali molto belli.- confermò il ragazzo.
-Sono i nostri guardiani. Vigilano
sulla foresta da tempo immemore e hanno deciso di aiutarci a
proteggerla. È molto difficile conquistarsi il loro rispetto.-
intervenne il re. –Ricordo ancora quando…
-Oh, caro, non annoiare i ragazzi.-
lo fermò la Ninfa. Lui la guardò e poi si scusò,
ridacchiando. –Caitlin mi ha detto che si è divertita
molto in tua compagnia.- aggiunse.
Ethelyn, sentendosi presa in causa, alzò la testa di scatto e si voltò a fissarla. –Come?
-La principessa… oggi avete passato del tempo insieme.- disse.
-Oh… sì. È una persona molto piacevole.- si sforzò di sorridere.
-Ethelyn, qualsiasi cosa abbia fatto o detto mio figlio, ti prego di scusarlo.
Aveva capito dal modo di
comportarsi della ragazza che Simar doveva aver dato sfogo alla sua
rabbia. Sapeva che aveva faticato a buttarsi il passato alle spalle, ad
accettare la scomparsa di suo fratello, ma questo non lo giustificava
dall’aggredire una persona estranea ai fatti.
La Ferift la guardò,
cercando di mascherare il proprio stupore. Poi disse:-Non vi
preoccupate, maestà. È tutto a posto.
La donna finse di crederci. Non voleva intromettersi.
La cena passò in
tranquillità e, ad un certo punto, Blaking si congedò per
raggiungere gli Ulver. Il sovrani vennero richiesti per alcune
questioni di corte, così rimasero solo Drew ed Ethelyn.
Il ragazzo voleva dire qualcosa per tirarla su di morale, ma non sapeva proprio cosa.
Ci pensò lei a toglierlo
d’impaccio. –Drew… vorrei parlare con te di alcune
cose. Ti va di andare in camera…?- gli chiese.
La guardò, stupito e poi annuì.
Lasciarono i loro piatti e poi
s’avviarono lungo la grande sala, ammirando gli scorci di cielo
che regalava il soffitto di rami intrecciati.
Lungo il corridoio nessuno
parlò. Quando arrivarono al vestibolo, la Ferift esitò,
non sapendo quale camera scegliere.
-Andiamo nella tua.- le propose l’amico.
Accettò di buon grado e lo fece accomodare, richiudendo subito la porta.
-Siediti pure dove vuoi.- gli disse, sistemando alcuni cuscini che aveva buttato a terra, durante lo sfogo del pomeriggio.
Il ragazzo si sistemò sul
letto, molto vicino al bordo. Quasi volesse esser pronto per fuggire,
nell’eventualità.
Lei lo imitò, un po’ a disagio.
-Va tutto bene…?- azzardò a chiederle. Tenne lo sguardo sulla ragazza, cercando di cogliere la sua espressione.
-Sì… tutto bene.- sussurrò, sforzandosi di sorridere.
-Ethelyn, so che…-
iniziò, ma la Ferift lo interruppe. Alzò il capo,
lasciando che i lunghi ricci color del rame le scivolassero sulle
spalle.
-Vorrei chiederti alcune cose.- gli
disse, fissandolo dritto negli occhi. Non sapeva perché, ma
aveva bisogno di quel contatto visivo.
-Certo, chiedi pure.- annuì.
Strinse la coperta, nervosa. –Com’è stata la tua vita? Come sei cresciuto?- chiese.
“Oh… allora stiamo per
fare quel discorso. D’accordo.”, si disse prendendo un
respiro. Anche lui voleva discutere con lei di quello che significava
essere dei mezzosangue, ma non aveva ancora trovato il momento giusto.
Non che fosse passato molto, solamente un giorno.
-La mia è una bella
famiglia, unita.- iniziò a raccontare. Sorrise al ricordo dei
suoi genitori. –Mia madre è un’Elfa. Abitava nelle
terre al confine con l’Ovest, ma non qui, nel Regno del Nord.
Più a sud.
-Oh… quindi tu potresti essere imparentato con qualcuno di questi Elfi.- fece lei, stupita.
Scosse la testa. –Difficile,
ma non avrei comunque tempo per appurarlo. Papà mi ha raccontato
di averla incontrata mentre era a caccia. Per poco non l’ha
colpita, scambiandola per un cervo.- ridacchiò al solo pensiero.
Sua madre doveva essersi arrabbiata moltissimo.
Anche Ethelyn cerco d’immaginarsi la scena e le venne da sorridere.
-Lei stava raccogliendo erbe
medicinali da vendere al mercato. Sua madre era un’erborista. Se
non sbaglio non è stato facile, all’inizio: credo che
mamma avesse voglia di strozzare papà dopo quel
“piacevole” incontro.- ammise, divertito.
-E allora come hanno fatto ad
innamorarsi?- volle sapere la ragazza. Se non si trovavano simpatici
perché avevano scelto di stare insieme?
-Be’, papà faceva in
modo di capitare “per caso” nella foresta, battendo la zona
vicino al villaggio di mamma. Pian piano hanno iniziato a vedersi
sempre più spesso, di nascosto e si sono innamorati.-
rivelò, guardandola. Voleva assicurarsi che quel racconto non
stesse peggiorando il suo umore. Sembrava incuriosita, invece, ma non
triste.
-Ma i suoi genitori lo sapevano?
-I genitori di mia madre? No.
Infatti non avrebbero approvato, se l’avessero scoperto. Non
perché non avrebbero apprezzato papà, ma perché
lei avrebbe dovuto sposare un suo lontano cugino. Erano indebitati e il
matrimonio era l’unica soluzione.- spiegò.
La rossa si accigliò,
abbassando lo sguardo. –Volevano sfruttare il matrimonio per i
soldi che ne sarebbero derivati?- chiese. Che cosa squallida.
Lui fu costretto ad annuire.
–I miei genitori però scapparono e andarono a vivere
presso mio nonno paterno. Lui era rimasto solo, dopo la morte della
nonna, ma aveva ancora parecchio potere a Kephas. È uno dei
consiglieri.- dalla sua voce permeava l’orgoglio per
quell’uomo.
-E lui non si è opposto?- chiese.
-No. Lui ha una mente molto aperta, non ha di questi problemi.- le sorrise.
-Oh… mi piacerebbe conoscerlo.- ammise. “Forse accetterebbe anche me.”, pensò.
-Sono sicuro che gli piaceresti.- assicurò, convinto.
Mollò la presa sulla
coperta, visibilmente più rilassata rispetto a prima.
L’allegria con cui Drew raccontava le stava facendo dimenticare
il suo cattivo umore. -Tu sei cresciuto con tuo nonno, quindi?
-Sì, ma non nella stessa
casa. Ci ha trovato un posto, non molto lontano dalla sua terra. Veniva
a trovarci praticamente tutti i giorni.- rispose.
-E Blaking?
-Come ti ho detto è stato
lui a portarmelo. A quanto pare conosceva bene il padre di Blaking e
hanno trovato un accordo. Così, all’età di pochi mesi,
mi hanno portato questo compagno di giochi.- gli venne nuovamente da
sorridere.
-Litigavate spesso, eh?- chiese lei. L’altro annuì, ridacchiando. –E i bambini del villaggio…?
-Loro? Be’, anche loro
avevano un compagno animale. Ricordo che Blaking non sopportava
l’Ippogrifo di Rodrik. Aveva ragione: erano entrambi
insopportabili.- la guardò, sperando di farla ridere.
Era bella quando rideva e i suoi occhi s’illuminavano. Ottenne solo un lieve sorriso, comunque dolce.
-Loro giocavano con te?- chiese.
-Sì.- dovette annuire.
–Mia madre si era fatta un nome, nel villaggio, vendendo erbe. Le
persone la apprezzano per quello che fa, ancora oggi.
All’udire quelle parole
Ethelyn ripiombò nella sua tristezza. Nonostante non fosse di
sangue puro, Drew era stato accettato dagli altri e aveva avuto
un’infanzia felice.
Nel vederla reprimere una smorfia, il Nun le prese una mano. –Ethelyn, ti prego.- supplicò.
-Volevo solo sapere se anche tu hai avuto delle difficoltà… come me.- ammise.
-E ne ho avute, non è stato sempre facile!- replicò, alzando leggermente la voce.
-Ah sì?
-Sì. Quando ho iniziato a
tirare con l’arco mi hanno criticato. Mi dicevano tutti che non
è un’arma da Nun, ma da Elfi. Io ho risposto che non
m’importava, anche perché ero per metà Elfo e i
miei insegnanti hanno chiamato i miei genitori. Hanno detto loro che io
mettevo a disagio i miei compagni, con le mie strambe manie.- le
raccontò, non riuscendo a trattenere quella punta di rabbia che
ancora provava nel ricordare l’avvenimento. –Non è
mai stato come quello che hai passato tu, ma sono state piccole cose
che comunque mi hanno fatto soffrire.
-Mi dispiace.- mormorò lei.
-A me dispiace per quello che
è successo a te.- le disse. Esitò un attimo, poi le si
avvicinò. Ethelyn lo fissò, perplessa. Lui
ricambiò lo sguardo e poi le sfiorò una guancia, leggero.
Subito arrossirono entrambi e il Nun ritrasse la mano.
-I tuoi genitori come si sono incontrati?- le chiese dopo un po’, per rompere il silenzio che si era creato.
-Ehm… papà è
l’aiutante di uno degli armaioli di Ferend. Ce ne sono tre,
credo. E’ molto bravo, è stato lui a forgiare i miei sai.-
li recuperò e glieli mostrò, orgogliosa.
-Sono molto belli. E particolari.- Drew passò due dita su una delle lame, attento a non tagliarsi.
-Mi ha sempre detto che sono una
buona arma di difesa, ma anche d’attacco. E sono facili da usare,
soprattutto per le donne.- sorrise, rievocando le parole del genitore.
-Be’, aveva ragione: sei
molto abile.- confermò. Lei sorrise, imbarazzata e allo stesso
tempo lusingata. –Tua madre…?
-Mamma è una maestra. È stata lei ad istruirmi.- disse.
Il ragazzo la guardò
stupita. Considerato l’aspetto della figlia, non poteva
immaginare come la madre potesse passare per Ferift.
Ethelyn intuì i suoi
pensieri. –Lei sembra una Ferift. O per lo meno, può farsi
passare per tale senza destare troppi sospetti.- rivelò, con una
profonda amarezza nella voce. Non odiava sua madre per quello, ma si
chiedeva sempre perché non fosse toccata la stessa fortuna anche
a lei. –Nel nostro popolo hanno tutti i capelli biondi o castano
chiaro. Gli occhi azzurri, grigi o qualche volta viola. Mamma è
bionda e ha gli occhi abbastanza bigi per essere Ferift.
-Ah… ma… come mai la
sua discendenza si è…- non seppe come finire la frase e
si limitò ad indicarla, imbarazzato.
Scosse la testa. –Non lo so.
Io sembro una Doslor, anche se non sono alta come una bambola. Per
fortuna non ho le squame, se no sarei abbastanza grottesca.-
tentò di buttarla sul ridere.
-Perché? Saresti… particolare. Molto esotica.- cercò di farle vedere il lato positivo della cosa.
-O un fenomeno da baraccone.- ribatté.
-Ethelyn, per favore, non dire così!- la prese per le braccia, scuotendola.
-E’ la verità! Mamma
era così terrorizzata che, quando stavo per nascere, è
andata via dalla città. Ha partorito nel bosco, aiutata da
papà. Me l’ha detto lei…- lo guardò,
spalancando gli occhi per impedirsi di piangere.
“Non davanti a lui.”, si stava ripetendo.
-Ma loro ti amano! Se no ti avrebbero abbandonata.- le fece presente.
-Lo so. E non li ringrazierò
mai abbastanza per tutti i sacrifici che hanno fatto per me. Ma sono
stati gli unici!- quasi urlò.
Senza pensare, Drew la strinse tra
le braccia, premendola contro il proprio petto. –Noi ti vogliamo
bene, ti accettiamo per quello che sei.- le sussurrò.
Si aggrappò a lui, ingoiando il groppo che aveva in gola. –Non mi conoscete nemmeno.- disse.
-Mi basta aver visto il tuo
sguardo, ieri. E averti guardata mentre ascoltavi le mie storie.
L’unica cosa che vuoi è essere accettata. Vuoi solo essere
amata.- prese ad accarezzarle la testa.
Lei annuì, senza poter negare.
-Se quell’odioso di un principe dovesse fare o dire ancora qualcosa, giuro che gli spacco il muso.- promise.
-Drew!- si staccò,
guardandolo scandalizzata. Poi, non riuscendo a trattenersi,
scoppiò a ridere. –Lo faresti sul serio?
-Sicuro.- assicurò.
Sorrise e tornò a stringerlo, commossa. Lui era la prima persona, oltre ai suoi genitori, ad averla a cuore.
Poteva quasi considerarlo suo amico.
-Noi cosa siamo?- gli chiese di punto in bianco.
Lui smise di accarezzarle i
capelli, fulminato dalla domanda. “Cosa siamo?”, si chiese.
Non lo sapeva nemmeno lui, o meglio, non sapeva quale rapporto voleva
che ci fosse tra di loro. Era un po’ confuso, soprattutto in quel
momento, con lei stretta tra le braccia.
-Amici…- mormorò infine.
A quella parola lei sorrise nuovamente e lo ringraziò.
Drew si diede del cretino, ma non fiatò.
Iniziarono a raccontarsi tantissime cose, scambiandosi aneddoti sulla propria vita.
I due giorni seguenti Blaking fu spesso assente.
Drew lo salutava alla sera,
osservandolo planare nel giardino su cui affacciava la sua camera e lo
rivedeva la sera del giorno dopo.
Gli Ulver l’avevano preso in
simpatia e, cosa non meno importante, il capitano voleva che lui desse
qualche consiglio alle guardie.
Aveva chiesto di poterlo accompagnare, ma gli avevano detto di no e così aveva rinunciato, costretto a palazzo.
Ethelyn si era ritrovava
senza una compagna, perché Caitlin era andata per qualche giorno
in visita dai suoi genitori. La volevano vedere per sapere del
matrimonio, dato che non avevano potuto presenziare.
Così i due ragazzi iniziarono a passare sempre più tempo insieme.
Finirono anche per allenarsi,
giusto per fare qualcosa di diverso. La Ferift era veramente molto
abile. Lui, invece, si sentiva un po’ spaesato senza il suo arco,
ma non era molto utile nel corpo a corpo. Certo, poteva usarlo per
sferrare dei colpi, anche dolorosi se ben assestati, ma era
un’arma adatta alle lunghe distanze.
Spesso finì a terra, battuto dalla ragazza. Ma non si diede mai per vinto, rialzandosi ogni volta.
In un’occasione Tùrin
si era fermato ad osservarli, incuriosito. Ogni tanto aveva dato loro
qualche suggerimento e la tecnica di Drew ne aveva notevolmente giovato.
Senza nemmeno rendersene conto, i
due ragazzi si avvicinarono molto, saldando il loro rapporto
d’amicizia, ancora tenero come un germoglio.
-Sai, Ethelyn, sei una bella
persona.- disse Drew, mentre si riposavano dopo l’ennesimo
scontro. Lei si voltò a fissarlo, scostando alcune ciocche di
capelli dal viso.
-Davvero…?- chiese, colta di sorpresa.
Lui annuì, sincero.
–Sì. Mi piace stare in tua compagnia e non mi accorgo
nemmeno del tempo che passa.- le sorrise.
-Oh… be’, grazie.
Anche io sto bene con te.- non sapeva cosa dire. Cosa si doveva
rispondere ad una dichiarazione del genere? Per Ethelyn era una cosa
nuova.
-Anche se è strano essere
battuto da una ragazza. Appena lo verrà a sapere, Blaking mi
riderà sicuramente dietro.- ridacchiò, divertito dalle
proprie parole.
Arrossì. –Scusa, mi dispiace.
Si tirò su a sedere, la
schiena sporca di terra. –No, no! Non era un rimprovero, dicevo
solo che sei forte con quei… quei sai.- chiarì, indicando
col capo le sue armi.
-Non sono così forte. Per poco quell’orso non mi ha uccisa.- distolse lo sguardo.
-Quello non era un orso normale. E
ci sono voluti i…- si bloccò, guardandosi attorno.
–…i poter di Blaking per sconfiggerlo.- concluse a bassa
voce.
-Ti fa strano, pensarlo come un…- iniziò, ma lui le tappò la bocca.
-Non dirlo.
-Non stavo per dirlo. Volevo farti
intendere la fine della frase.- disse, leggermente infastidita. Non era
così sprovveduta.
-Scusa, ma ha detto che non dobbiamo farlo sapere a nessuno.- si giustificò.
-Lo so, non ti preoccupare.
Però è stato bello… lui era molto bello.- si
rifece la coda, ravviando i capelli, leggermente umidi a causa del
sudore.
-Era la prima volta che cavalcavi?- le domandò, curioso.
Lei abbassò un attimo i suoi
meravigliosi occhi verdi e poi li rialzò. –Sì, non
sono mai salita su un cavallo.- confessò.
Lo sguardo del ragazzo
s’illuminò. –Vuoi provare? Sono abbastanza bravo.-
si alzò in piedi, allungandole una mano.
-Ma non abbiamo un cavallo…- protestò lei.
-Possiamo chiedere a Tùrin di farci usare quelli nella stalla. Non usciremo da palazzo.- le disse.
Convinta, afferrò la sua mano e si fece tirare in piedi. –Andiamo!
Si diressero velocemente verso le
scuderie e cercarono il maestro d’armi. Gli fecero la loro
richiesta e lui si dimostrò ben felice di poterli aiutare, anzi,
si offrì pure per delle lezioni.
Nonostante l’assenza di
Blaking, Drew ed Ethelyn avevano trovato un buon modo per passare il
tempo. Era piacevole, divertente e, non meno importante, un buon
allenamento per il futuro.
Il principe Simar, fortunatamente,
non si fece mai vedere, salvo i rari momenti della cena. Un’altra
cosa che andò a loro vantaggio.
***
“Più potere… mi serve più potere.”
La piuma pulsò, come attraversata da un tremito. Shunka giaceva lì accanto, gli occhi chiusi.
Era stanco, molto più stanco del giorno prima.
Gli era parso di sentire, qualche
tempo addietro, il potere di uno dei suoi fratelli ai margini della sua
dimora. Aveva provato ad estendere la sua aura, ma qualcosa glielo
aveva impedito.
E l’occasione era sfumata.
“Ancora più potere.”
Si voltò a fissare
l’oggetto che lo tratteneva in vita. Iniziava a temerlo e
avvertiva strane emanazioni provenire da esso. A volte aveva creduto di
captare dei pensieri.
“Ombre, crescete…”
Un altro spasimo, questa volta più forte. Il Cair sollevò leggermente il muso, confuso.
“Shunka.”, questa volta lo sentì distintamente.
Qualcuno aveva appena pronunciato il suo nome. Era una voce sconosciuta e gli era penetrata nella testa come una lama.
Serrò gli occhi dorati, cercando di scacciarla.
“Non hai il potere di scacciarmi. Non più.”, fu la replica beffarda al suo tentativo.
-Chi sei…? Cosa vuoi da
me…?- sussurrò, tentando di alzarsi sulle zampe, ormai
troppo malferme per reggere il suo peso.
“Sono l’ombra. Sono una parte di te.”
A quelle parole digrignò i
denti, avvertendo spire di potere scorrergli addosso. Rizzò il
pelo della collottola, emettendo una debole luminescenza.
“Non serve
combattermi… non ha più senso. Lasciati andare.”,
un sussurro suadente, invitante che gli strisciò nella testa.
Guaì, provando dolore. –No!- riuscì a dire.
“No…? Ti dimostrerò che non puoi niente contro di me.”
Improvvisamente il lupo si
sentì schiacciare a terra, come bloccato da un peso inamovibile.
Tentò di liberarsi racimolando le poche forze che gli erano
rimaste. Ringhiò, facendo scattare le fauci un paio di volte.
Si sentiva impotente. Debole.
La risata rimbombò tra i suoi pensieri fin nel più profondo del suo essere. Avrebbe voluto ribellarsi, doveva ribellarsi, ma i suoi poteri di Vegliante erano stati intaccati e quasi prosciugati.
La corruzione che aveva annerito la
piuma stava lentamente prendendo anche lui. Il processo non sarebbe
stato completo fino a quando non fosse stata completamente nera, ma era
ormai oltre la metà.
“Ho vinto io.”, a
quelle parole Shunka s’immobilizzò. Gli sembrava di udire
la sua stessa voce, ma al tempo stesso gli era estranea.
Artigliò il terreno in un
ultimo sforzo, ma il peso scomparve all’improvviso.
Boccheggiò, libero. Subito dopo, però, la spirale di luce
che lo ospitava tremò, come scossa dall’interno.
Dal flusso si staccarono dei fasci luminosi, che si protesero verso di lui.
-Fermati!- arretrò, riuscendo a rimettersi in piedi.
Quei serpenti di luce si fermarono a mezz’aria, fluttuanti e in attesa.
“Non mi servi più.”
Fu come se quelle parole fossero il
segnale: il potere della spirale si rivolse contro il suo stesso
creatore, catturandolo e inglobandolo.
Il Cair della Luce tentò di
lottare con le forze che gli rimanevano, ma venne presto bloccato. La
luce lo invase, riempiendo il suo corpo. Non fu una sensazione di
potere, si sentì quasi affogare.
Mentre lui artigliava il suo stesso
elemento, disperato, dalla piuma iniziò ad emanare
un’energia oscura, potente e vibrante.
Sgranò gli occhi.
Lentamente l’oscurità
avviluppò se stessa, contorcendosi e pulsando, viva. Da
quell’ammasso informe si delineò una figura, sempre
più nitida. Nere gocce d’ombra accarezzavano quel nuovo
corpo, sparendo nel terreno.
“Ahh! Finalmente alla vita.”
Quando anche l’ultimo
frammento di oscurità si fu dissolto, Shunka poté vedere
l’incarnazione di quella voce. Del potere che lo aveva
imprigionato.
Mani nervose sfiorarono una pelle
diafana, lasciandovi rossi graffi in rilievo per poi immergersi in una
lunga chioma corvina, più scura di una notte senza luna. Forme
toniche, scolpite che terminavano in un viso affilato, impreziosito da
due occhi color dell’oro fuso.
Uguali a quelli del Vegliante, non fosse per la pupilla verticale, da rettile.
L’uomo si voltò
lentamente, facendo scorrere su di sé una carezza d’ombra.
Fronteggiò Shunka coperto da un mantello impalpabile ed effimero.
-Chi sei tu?- gli domandò con un filo di voce.
-Anrekres.
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Capitolo 13 *** Cap. 12 Responsabilità ***
Cap. 12 Responsabilità
In questo capitolo ci saranno diversi colpi di scena, buona lettura! :)
Cap. 12 Responsabilità
Undine riemerse dal sonno bruscamente. Qualcuno la stava scuotendo con abbastanza forza da farla sobbalzare.
-Mhm… amore, che succede?- mugolò, dopo aver riconosciuto la stretta del marito.
-Chiama Celine, mi serve la medicina.- le disse agitato.
La Ninfa recuperò tutta
la sua lucidità in men che non si dica e si mise a sedere,
scostando le coperte. –Senti molto dolore?- gli chiese.
-Chiamala, per favore.- la pregò, trattenendo a stento una smorfia.
Lei annuì e si
avvicinò alla porta. La aprì e sporse fuori la testa,
parlando con Devon. Era un Elfo abbastanza giovane, ma godeva della
loro massima fiducia. Quando avevano bisogno di discrezione era lui che
chiamavano, lo stesso poteva dirsi per qualsiasi altra situazione
critica.
-Maestà…?- l’uomo sobbalzò vedendo la propria regina tutta scarmigliata.
-Chiama Celine.- disse semplicemente.
Annuì e sparì al di là della porta del vestibolo.
Allertata la guaritrice,
tornò a voltarsi verso il marito. –Come ti senti?- gli
chiese, sedendosi accanto a lui sul letto.
-Male… le ferite mi
stanno tormentando.- le rivelò, stringendole una mano. Senza
tanti preamboli la donna lo scoprì fino al petto. –Undine,
non…- tentò di fermarla.
Lei passò la mano sulla
brutta cicatrice che aveva poco sotto al polmone destro. Socchiuse gli
occhi, cercando di scacciare i ricordi di quel giorno e
l’espressione di dolore sul viso di Holean.
-La gamba…?- chiese dopo un po’.
-Come il resto.-
sospirò lui. Le fermò la mano prima che potesse
controllare anche quella. –Non sto morendo.- le disse.
-Ma stai soffrendo.- replicò lei, guardandolo negli occhi. –Se no non mi avresti svegliata.
Il re distolse lo sguardo, annuendo stancamente. –Sì… non sono più quello di una volta.- ammise.
Fece per chiedergli il motivo
di quelle parole quando un discreto bussare annunciò loro
l’arrivo di Celine. –Entra.- la invitò l’Elfo.
La porta si aprì,
rivelando una donna piccola e agile. Fece un rapido inchino alla coppia
e poi si approssimò al letto, facendo scostare gentilmente la
regina.
Undine non si oppose, sapendo che non sarebbe potuta essere d’aiuto.
-Come vi sentite, maestà?- domandò, premurosa.
-Le ferite… fanno male
come il primo giorno.- confessò. Era stata l’Elfa stessa a
prestargli soccorso, la prima volta.
-Ho la medicina, non vi preoccupate.- gli disse ed estrasse un contenitore da sotto il lungo grembiule che indossava.
Tolse l’involto e lo
aprì, lasciandone fuoriuscire un odore acre ed intenso. Holean
storse il naso, non riuscendo ad impedirselo.
-Brucerà un po’, come ben sapete.- lo avvertì prima di iniziare a spalmare il cataplasma sulle cicatrici.
Quelle orribili ferite se
l’era procurate durante gli anni di lotta che avevano scosso il
Regno, quando i Ferift avevano deciso che non erano abbastanza simili a
loro per poter vivere nella loro stessa terra.
Era stato colpito da
una spada sotto alle costole mentre respingeva un attacco alle mura. La
freccia, che gli aveva lesionato i tendini del ginocchio destro, gli
aveva impedito di salvare il loro ultimogenito dalla morte.
Spesso si ritrovava ad
ascoltarlo mentre nel sonno gemeva, invocando perdono. Undine era
consapevole del fatto che si ritenesse responsabile per quella morte e
non sapeva come lenire il suo dolore.
Quando Celine ebbe
finito il suo lavoro estrasse una piccola boccettina. Fece per
stapparla, ma il re la bloccò. –No, non voglio il latte di
papavero.- le disse.
Lei lo guardò, pronta a
protestare, ma qualcosa nello sguardo dell’uomo le fece cambiare
idea. Fece un breve cenno col capo, si rialzò e si
congedò.
Appena la porta si fu richiusa
dietro la guaritrice, il sovrano lasciò uscire un lento sospiro,
appoggiando la testa ai cuscini.
La moglie gli tornò accanto, osservandolo.
-So cosa pensi e so di essere
responsabile.- le sue parole non la colsero di sorpresa. Avevano
vissuto insieme così tanto tempo che potevano capirsi con un
solo battito di ciglia.
La Ninfa scosse la testa.
–Vorrei farti capire che non è giusto quello che stai
facendo. Non devi incolparti per quello…- iniziò.
Lui le mise due dita sulle labbra, fermandola. –Non dirlo.
-Holean…- provò nuovamente, testarda.
-Amore, no. Non mi farai cambiare idea.- le sue labbra si stirarono in un sorriso.
-Sei testardo.- lo rimproverò.
-Anche tu. Non ci amiamo forse per questo?
Di nuovo, lei scosse la testa.
A volte le sembrava lo stesso Elfo di cui si era innamorata anni or
sono, altre diventava il saggio re che tutto il popolo amava e
rispettava. Aveva così tante sfaccettature dentro di sé
che non avrebbe saputo dire quale amava maggiormente.
Forse il suo lato paterno.
-Ho preso una decisione.- annunciò ad un certo punto, circondandole la vita con un braccio.
La donna lo fissò, in
attesa. Questa volta non avrebbe saputo dire cosa avesse in mente. Per
cui si limitò a stringersi a lui.
-Voglio abdicare e lasciare il
regno a uno dei nostri figli.- la guardò. Lei fece per
replicare, ma glielo impedì. –Prima che tu possa
protestare, voglio dirti che ho meditato a sufficienza. Non sono
più quello di una volta, te l’ho detto. Questo pericolo
incombente rende necessaria la presenza di un re in grado di condurre
il suo popolo, non solo spiritualmente, ma anche fisicamente.
-Tu non sei storpio o infermo.- protestò.
-No, ma non sopravvivrei ad una lotta in prima fila.- confessò, guardandola negli occhi.
Lo sguardo che si scambiarono fu molto intenso e Undine capì, senza bisogno di altre parole, le motivazioni del marito.
Lo avrebbe supportato anche in quello, si disse.
Si chinò per dargli un
bacio sulle labbra. Lui accentuò la presa sulla sua vita,
dandole modo di accoccolarsi contro il suo fianco.
-Fammi sentire un uomo integro.- le sussurrò.
-Tu non sei spezzato.- disse lei, scivolando sotto le coperte con lui.
Simar si ritrovò nel grande salone principale, deciso a far colazione in fretta e raggiungere il capitano Arun
Avevano ancora diverse cose da
discutere e l’assenza di Kiron pesava abbastanza, ma non avrebbe
disturbato il fratello in quella settimana.
Il ragazzo aveva deciso di non
uscire dal Regno per la luna di miele, quindi il minimo che gli doveva
era sollevarlo dalle preoccupazioni derivanti dal suo incarico di
sergente.
Sospirò, lanciando uno
sguardo alle grandi finestre. L’alba era ormai vicina e si
sentivano i primi uccelli risvegliarsi.
C’era molta pace
in quel momento e a lui non dispiaceva rimanere solo in
quell’ambiente così vasto. Da piccolo ricordava ancora il
senso di soggezione che sentiva addosso ogni volta che vi entrava.
Ogni tanto lo provava ancora.
Si avvicinò alla pedana
su cui erano collocati i seggi reali e li osservò in silenzio,
pensieroso. Aveva una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Non
era esattamente spiacevole, ma era abbastanza pressante.
“Il trono… quante
responsabilità.”, meditò, accarezzando
distrattamente uno dei braccioli della poltrona di suo padre. Non
avrebbe saputo dire se si sentisse pronto per governare, ma fin dalla
più tenera età lui e suo fratello erano stati consapevoli
che quell’eventualità sarebbe arrivata, prima o poi.
“Non ho nemmeno una sposa.”, il suo pensiero andò a Caitlin, ma si affrettò subito a scacciarlo.
Scosse energicamente la testa,
passandosi una mano tra i lisci capelli d’argento. –Meglio
mangiare…- si disse.
Si voltò e fece per sedersi, ma notò una presenza. Alzò gli occhi e si trovò davanti Drew.
Lo sguardo del ragazzo non era dei più amichevoli.
-Buongiorno.- lo
salutò, cortese. Aveva passato un’intera nottata meditando
sul suo comportamento, su come aveva trattato quella povera ragazza.
Era stato ingiusto e sì, anche molto stronzo.
Avrebbe voluto scusarsi con
lei, ma non aveva ancora trovato l’occasione giusta. E poi
sarebbe stato difficile col Nun nelle vicinanze. Gli sembrava
abbastanza ostile.
Il ragazzo rispose al suo saluto con un cenno del capo, poi fece per andarsene.
-Non rimarrò molto, puoi restare.- gli comunicò il principe.
Drew allora prese posto su una panca, lentamente. –Come mai siete già in piedi?- gli chiese, circospetto.
-Devo incontrata il capitano.- fu la risposta.
-Per la questione degli animali ombra?- volle sapere. L’altro si limitò ad annuire.
Un paio di servi si fecero avanti e portarono loro la colazione.
Mangiarono in silenzio per un
po’, poi il Nun posò il coltello con cui stava spalmando
il burro e tornò a fissare l’Elfo. –Dovresti
scusarti.- disse solo.
Simar rialzò lo sguardo. –Ne sono consapevole.- replicò.
-E ti suggerisco di abbandonare quell’aria…
-Simar.- Dama Undine fece il suo ingresso nel salone, indossando un leggero abito di seta verde.
-Madre.- la salutò il giovane.
-Scusami Drew, ma ho bisogno di parlare con mio figlio.- la donna si rivolse all’altro ragazzo.
Lui si alzò e chinò il capo. –Capisco, maestà.
Fece per congedarsi, ma l’Elfo replicò:-Non ho tempo, ora. Arun mi aspetta.
Drew esitò, aspettando la risposta della regina.
Lei sospirò e gli
appoggiò una mano sul braccio, leggera come una farfalla.
–Allora raggiungimi nei miei giardini privati. Io e tuo padre
dobbiamo parlare con voi.- gli disse.
-Anche con Kiron? C’è qualche problema?- domandò, perplesso.
-Non ora. E non qui.- lo ammonì.
Il Nun, sentendosi di troppo,
si affrettò ad andarsene, ma non prima d’aver sentito il
principe sospirare e rispondere affermativamente alla richiesta della
madre.
Quando tornò in camera trovò Blaking ed Ethelyn.
La ragazza stava gentilmente lucidando le piume del suo amico.
-Oh, bentornato.- lo accolse l’Ippogrifo.
-Che state facendo?- domandò lui, chiudendo la porta.
-Ci stiamo preparando per la colazione. Tu dove sei stato?- rispose la Ferift.
Abbassò il capo, arrossendo leggermente. –A fare colazione. Scusate, avevo fame.- si giustificò.
-Fa nulla. Volevo anche
discutere con voi di alcune cose.- Blaking scosse leggermente il capo.
Se ne stava placidamente accucciato a terra, come fosse un grosso cane
da guardia. Poteva essere scambiato per un animale domestico, ma lui
era qualcosa di più. Molto si più.
Drew si affrettò a raggiungerli, sedendo accanto ad Ethelyn sulle mattonelle di marmo.
-In questi giorni sono stato nella foresta con gli Ulver.- iniziò.
-Sì, lo sappiamo. Ci hai abbandonati.- brontolò il ragazzo.
-A quanto ho saputo avete
trovato altro da fare.- replicò l’altro, dandogli un
leggero colpetto col capo. Il Nun sorrise, annuendo. –Bene,
quindi non vi siete annoiati. Comunque… Arun mi ha chiesto di
poter rimanere ancora qualche giorno, almeno fino a quando non
avrà approntato tutte le difese. Non so perché, ma
secondo lui io sono un pozzo di sapienza.
-Be’, lo sei.- disse la rossa.
-Ok, so molte cose. Ma ho incontrato quelle bestie solo una volta!- protestò.
-Forse la tua conoscenza
deriva da… dall’altro te stesso.- ipotizzò il
ragazzo, abbassando la voce per paura di esser sentito.
Blaking scosse la testa. –Non credo. A voi sta bene rimanere un altro po’? So che dovremmo sbrigarci, ma…
-Tranquillo. Non
c’è problema.- lo interruppe Ethelyn. Si guardarono e lei
gli sorrise, riprendendo poi il suo lavoro.
Era stata una sua idea quella
di poter spazzolare l’Ippogrifo così avrebbe potuto
prendere maggior confidenza con lui. Rispetto al loro primo incontro
aveva fatto passi da gigante.
-Ho incontrato il principe, prima.- esordì Drew.
I due si voltarono a guardarlo, stupiti. Prima che potessero chiedergli quale dei due lui aggiunse:-Simar.
Vide la Ferift abbassare il capo nel tentativo di nascondere la propria espressione.
-Gli ho detto che deve scusarsi con te.- le disse.
Ethelyn rialzò la testa di scatto, facendo ondeggiare i lunghi ricci. –Cosa?!
Lui annuì. –Sì. È il minimo dopo quello che ha fatto.
-Ma… Drew, non… lui…- farfugliò, agitata.
-Non mi interessa se è un principe, deve farlo.- replicò lui, convinto. E con questo la mise a tacere.
Lei si era opposta
perché credeva che, obbligandolo a scusarsi, si sarebbe ottenuto
l’effetto contrario. Le andava benissimo essere ignorata, non
voleva che le cose peggiorassero.
-Tranquilla. Tra poco ce ne andremo.- le mise una mano sulla spalla, sorridendole incoraggiante.
Lei annuì, rispondendo al sorriso.
-Mi raccomando, quando sarò occupato nella foresta, allenatevi.- intervenne Blaking.
-Agli ordini.
Era appena mezzogiorno,
ma Simar era già stato convocato ben tre volte. La prima dal
capitano degli Ulver, la seconda da sua madre e la terza da
Tùrin, capo mastro e suo maestro d’armi.
Si era occupato di Arun e
della richiesta di armi, ora doveva affrontare sua madre. Stranamente
aveva più paura di quell’incontro che degli altri. La
donna che lo aveva messo al mondo era una madre amorevole e presente,
ma sapeva anche essere decisa e molto persuasiva.
Stava per varcare il piccolo cancello che conduceva ai giardini privati della regina, quando fu raggiunto dal suo gemello.
-Ehi, anche tu qui?- gli disse, a mo’ di saluto.
-Kiron. Sì… nostra madre ha detto che vuole parlarci. Credo ci sia anche nostro padre.- rispose.
L’altro annuì. –Sai di cosa vogliono parlarci?
Scosse il capo, oltrepassando
il piccolo arco d’ingresso. La luce del sole li investì
con tutta la sua potenza, abbagliandoli per qualche istante.
Sapevano che avrebbero trovato
la regina sotto il grande salice, circondato da innumerevoli canali
d’acqua, scavati nel terreno per tracciare un labirinto. Attorno
vi crescevano le più disparate specie di fiori.
La presenza dell’albero
era abbastanza inusuale, considerato che il simbolo del Regno del Nord
era un abete bianco. Ma Undine era figlia del vento e le foglie del
salice cantavano al più flebile soffio d’aria, leggere ed
effimere come Ninfe.
Sotto i suoi rami si sentiva a casa, sulla rupe del Cair.
Affianco a lei stava il re, le mani intrecciate dietro la schiena e lo sguardo fisso su un oggetto lontano o su eventi passati.
-Eccoci.- si annunciarono i ragazzi.
La donna si alzò, andando loro incontro. –Venite.- li prese per mano e li condusse al riparo dal sole.
Holean si voltò, sorridendo brevemente ai suoi figli.
-Perché siamo qui?- volle sapere Kiron.
-Perché ho un annuncio
da fare.- rispose suo padre, ritto come un fuso. Aveva sempre avuto una
postura impeccabile, risultato di anni di addestramento militare.
Il cataplasma di Celine aveva ancora effetto, quindi non gli costava nessuno sforzo mantenere la schiena in tensione.
I due fratelli si scambiarono un’occhiata, preoccupati.
-Siamo sotto attacco?- domandò allora Simar.
-No, no.- Undine scosse il capo per rassicurarli. –Ascoltate vostro padre.
Obbedirono, in attesa.
-Come ben sapete questi sono
tempi difficili e abbiamo alle porte un potenziale nemico di cui non
sappiamo nulla. Per fortuna sono arrivati quei tre viaggiatori, mandati
dal Cair del Vento e ci hanno avvertiti.- iniziò.
“Dove vuole andare a parare?”, si chiese il moro, impaziente.
-Se la situazione non
migliorerà o se non cacceremo chi manovra quegli animali, si
potrebbe arrivare ad una guerra.- li guardò negli occhi,
valutando le loro reazioni. Nessuno dei due mostrò segni di
sorpresa: li aveva educati bene. Sorrise, soddisfatto, apprestandosi a
continuare. –Io non sarò in grado di combatterla, non come
vorrei.
A quelle parole Simar fece un passo avanti, pronto a protestare, ma sua madre lo fermò con un semplice sguardo.
Si morse la lingua, tornando al proprio posto.
-Le mie ferite non sono guarite e mai lo saranno. Per questo ho deciso di abdicare e lasciarvi il trono.- concluse.
I due ragazzi sgranarono gli occhi, non riuscendo a contenere lo stupore.
-Abdicare? Ma… padre…- Kiron sbatté le palpebre, confuso.
-Sì, avete capito bene. Non voglio obbligare nessuno. Quindi consultatevi tra di voi.- replicò l’Elfo.
-Dovremmo… dovremmo scegliere noi?- si fece avanti Simar, incredulo.
-Sì.- fu l’unica risposta.
-Ma è una pazzia! Noi
non sappiamo niente di governo e politica!- sbottò il moro. Suo
fratello non poté che essere d’accordo con lui.
-Imparerete. Come ho fatto io e i miei predecessori.- tagliò corto il re.
-Madre, voi siete d’accordo con lui?- chiese Kiron.
-Sì, lo sono.- confermò.
Allora il ragazzo
sbuffò, senza parole. Erano ammattiti di colpo tutti e due? Come
potevano pretendere che uno di loro diventasse re, dopo appena tre anni
di servizio presso gli Ulver e nemmeno una battaglia?
-Kiron, calmati.- sentì la presa del fratello sul braccio.
-Tu sei d’accordo con loro?- gli chiese in un sussurro.
-No… ma dobbiamo
discuterne tra noi.- gli disse. Lui allora prese un respiro profondo ed
annuì, ritrovando il controllo di se stesso.
-L’incoronazione sarà stanotte.- annunciò la regina.
-Stanotte?
-Ora andate. Avete molto su cui riflettere. E non abbiate paura.- li congedò sir Holean.
Senza la possibilità di dire altro, i due principi si ritirarono.
Non erano nemmeno arrivati alle stanze di Simar, che suo fratello esplose.
-Perché non hai detto nulla, dannazione?!
Lui lo guardò, fermandosi.
-Non mi sembra il luogo adatto.- replicò, indicandogli col capo alcuni servi poco distanti.
-Allora muoviamoci.- disse sottovoce l’altro.
Si affrettarono e in poco furono al riparo da orecchie indiscrete.
Senza nemmeno chiedere il
permesso, Kiron si sedette sul grande letto a baldacchino. Be’,
era sempre stato così: se non riusciva ad ottenere qualcosa
chiedendo, lo prendeva comunque, in un modo o nell’altro.
Un atteggiamento molto… regale.
-Perché vuole lasciarci la corona? Credi che sia impazzito?- domandò il moro.
Simar si mise a misurare la stanza a grandi passi, pensieroso.
Aveva osservato suo padre, di
sottecchi, cercando di non esser scoperto. Voleva prima capire il vero
motivo di quella richiesta: non aveva senso rifiutare o accettare
quando si era in balia delle emozioni.
-Da come si appoggiavano i nostri genitori, deduco che ne abbiano parlato a lungo.- esordì.
Suo fratello raddrizzò
la schiena. Ecco che Simar iniziava le sue congetture. Quando avevano
un problema erano soliti analizzarlo insieme, confrontando le loro
opinioni e scambiandosi ragionamenti più o meno ponderati.
Kiron era quello istintivo, Simar era molto più riflessivo.
-Ok… ti seguo. Vai avanti.- lo esortò.
Lui gli lanciò un’occhiata coi suoi penetranti occhi blu come il mare.
-Nostro padre stava troppo
composto. Probabilmente…- si bloccò. Si voltò a
guardare il gemello e gli sembrò d’aver capito.
-Simar?
-Ho capito. Credo di aver capito.- mormorò.
Kiron scattò in piedi. –Allora? È impazzito, vero?- chiese.
Scosse la testa.
–No… non è impazzito. È colpa delle ferite.-
rispose. L’altro lo fissò perplesso. –Quelle che si
è procurato durante gli anni della faida.- aggiunse.
Al che anche il secondo
principe iniziò ad elaborare le notizie che gli erano state
date. –Ci sta lasciando il regno perché non è
più in grado di combattere come prima?- domandò.
Simar annuì, trovandosi
d’accordo col suo ragionamento. -Ha paura di non poter difendere
la sua gente.- confermò.
-Ma ci siamo noi! Ci sono gli Ulver.- protestò.
-Lo conosci. Per lui essere re
vuol dire stare in prima fila, sia per le questioni politiche che per
quelle militari. E probabilmente è arrivato alla conclusione che
sarebbe un peso, in una battaglia.- gli disse.
-Quindi è tutta una questione di onore?- fu la domanda.
-No. Vuole che il nostro
popolo abbia per re un Elfo in grado di rappresentarli totalmente. E
che sia il primo a versare sangue, nel caso ci sia da combattere.-
spiegò, paziente.
Suo fratello si lasciò
cadere sul letto. –Ho capito… ma noi non siamo pronti
per… per tutto questo.- mormorò fissando le coperte.
Simar lo raggiunse e gli si
sedette accanto. –Lo so. Ma dobbiamo prendere una decisione. Ti
va di prenderla con me, fratellino?- gli sorrise incoraggiante.
Lui rialzò gli occhi e non poté fare a meno di ricambiare il sorriso. –D’accordo.
Drew ed Ethelyn erano tornati sul campo d’allenamento e stavano discutendo con Tùrin.
Era un Elfo abbastanza
anziano, ma non per questo meno qualificato degli altri per svolgere il
mestiere che gli era stato affidato.
Aveva dato loro moltissimi
consigli utili e lo stava facendo anche in quel momento, dando
istruzioni al Nun su come usare al meglio il suo arco.
Mentre parlavano, però, notarono una certa confusione attorno a loro.
-Che succede?- chiese la ragazza.
Il maestro d’armi fermò un garzone e gli chiese:-Louis, che succede?
-Tùrin! Oh… ecco… stiamo facendo i preparativi.- disse, la voce leggermente in affanno.
-Preparativi per cosa? Non c’è nessuna festa in questo periodo.- fece, accigliato.
Il ragazzo lanciò un’occhiata ai due ospiti, indeciso.
-E’ una questione di stato?- lo esortò l’Elfo.
-No… stiamo preparando la cerimonia d’incoronazione.- rivelò infine.
A quelle parole tutti e tre sgranarono gli occhi.
-Cerimonia
d’incoronazione?!- ripetè. L’altro annuì e
poi si scusò, scomparendo dentro le scuderie. –Che mi
venga un colpo!- Tùrin si batté una mano sulla fronte.
-Ehm… è tutto a
posto?- domandò Drew, esitante. Ovviamente non lo era,
perché la sorpresa che aveva letto negli occhi dell’uomo
era troppa.
-No, per niente.
Un’incoronazione a sorpresa non è mai una bella cosa!-
rispose. –Scusatemi, devo andare a palazzo.
-Sì, sì certo.- dissero loro, lasciandolo passare.
-Pensi che il re sia malato?- chiese Ethelyn, osservando il trambusto tutto intorno a loro.
Il ragazzo si voltò a guardarla. –Sinceramente? Non lo so.
-Ehi, voi due!- si sentirono chiamare.
Si voltarono e si trovarono davanti un’Elfa molto attraente, con lunghi capelli castani e un seno generoso.
-Sì?
-Se non avete niente da fare
venite con me. Bisogna preparare il salone.- e detto questo prese a
spingerli verso il palazzo. A nulla valsero le loro proteste e in poco
si ritrovarono a spostare sedie e pulire vetrate.
Senza sapere bene come, i due amici si ritrovarono a lavorare con la servitù per preparare il grande evento.
A pomeriggio ormai inoltrato Blaking li raggiunse e gli venne chiesto d’aiutare.
Li guardò perplesso e loro si limitarono a dirgli:-E’ per l’incoronazione.
Ai tre amici vennero consegnati degli abiti.
Erano tutti sulle tinte del
rosso e del bianco, probabilmente i colori simbolo del Regno. A Blaking
vennero fatte recapitare delle stinchiere di oro bianco, da portare
come gioielli.
Dopo averle indossate, l’Ippogrifo si osservò le zampe, leggermente perplesso.
-Non sono strano…?- domandò ai due compagni.
-No. Tu almeno non sei interamente vestito di rosso.- gli fece notare Drew.
Alzò la testa. –Perché? Ti sta bene.- disse.
L’altro scosse il capo, finendo di sistemare i polsini della camicia.
-Qualcuno potrebbe aiutarmi con il corpetto?- Ethelyn uscì dalla sua stanza gettando i capelli su una spalla.
-Con cosa?- chiese il Nun, perplesso. Non era pratico di abiti femminili.
-Con questo.- la ragazza gli
mostrò la schiena, nuda fino a metà. –Sono riuscita
ad abbottonare fino a qui, oltre non ci riesco.- spiegò,
indicando con un dito il punto in questione.
Drew e Blaking si scambiarono
un’occhiata e l’Ippogrifo ricordò solo in quel
momento che doveva fare un certo discorso all’amico.
-T-ti aiuto.- si offrì proprio il giovane.
-Grazie.- mormorò lei,
raddrizzando le spalle. Prese il primo piccolo bottone di perla e lo
fece passare nell’asola.
“Drew,
concentrati.”, s’impose. Mentre proseguiva nel suo compito,
le sue dita sfiorarono la morbida pelle della Ferift e questo gli
causò qualche scompenso ormonale.
Non si era mai sentito
così scombussolato da… be’, da sempre. Non gli era
mai capitato di sentirsi così strano. E accaldato.
Con la coda dell’occhio vide che Blaking lo stava tenendo d’occhio e si affrettò a finire.
-Ecco.- disse, staccandosi. Si
osservò le mani, quasi temendo di ritrovarle bruciate. Ethelyn
si girò e gli fece un sorriso di ringraziamento.
-Forse dovremmo sbrigarci.- suggerì l’animale. I due annuirono ed uscirono dal vestibolo.
-Stai molto bene, Blaking.- gli sussurrò lei.
Lui si voltò a guardarla e le sorrise, per quanto potesse sorridere un Ippogrifo.
Lungo i corridoi non
c’era nessuno, segno che erano veramente in ritardo, ma quando
uscirono da palazzo si ritrovarono in mezzo ad una folla di persone.
C’era tutto il popolo.
-Raduniamoci presso la radura delle stelle. La famiglia reale ci raggiungerà lì.- si sentì urlare.
-Radura delle stelle?- ripetè la rossa.
I due amici alzarono le spalle.
Senza dire altro si mescolarono alla moltitudine di Elfi, facendo attenzione a non separarsi.
Costeggiarono le mura
per un bel tratto, fino a quando non giunsero ad una porta. Aveva un
lucchetto, almeno da quello che poté vedere Drew, in piedi sulla
schiena di Blaking.
Ethelyn era rimasta giù, non era il caso di salire dato che indossava un abito.
-Stanno aprendo… ehi,
ma quello non è Tùrin?- fece il ragazzo, stupito.
L’amico sollevò leggermente la testa per poter avere una
visuale completamente sgombra.
Essendo alto come un cavallo non faticava a vedere sopra le teste di tutti i presenti.
-Sì, è lui.- confermò.
-E cosa sta facendo?- volle
sapere la giovane. Era persa in una marea di abiti rossi e bianchi, non
vedeva altro se non schiene e lunghe chiome intrecciate.
L’Ippogrifo voltò la testa per guardarla. –Sali sulla mia schiena.- le disse.
-Ma… non posso…- sollevò leggermente la gonna.
-Basta che ti siedi.
Così non ti perderemo in questa confusione.- le fece
l’occhiolino. Lei esitò un attimo, ma poi annuì.
Drew si voltò e l’aiutò a montare in groppa
all’amazzone.
-Hanno aperto. Muoviamoci.-
annunciò poi lui. Scosse la coda, infastidito dall’estrema
vicinanza con troppe persone e si mise in moto.
In poco eccoli
attraversare un sentiero lastricato, illuminato da pallidi fiori
luminescenti. Si erano lasciati alle spalle le torce già da un
po’, ma la notte era tutt’altro che tenebrosa.
-Che belli…- mormorò Ethelyn, sfiorandone uno.
Il Nun le sorrise senza farsi vedere, perdendosi un attimo ad osservare la sua figura, resa esile dall’abito bianco.
-Manca poco, stiamo rallentando.- annunciò Blaking, osservandosi attorno.
Infatti percorsero altri cento
metri e la folla si aprì in due ali, disperdendosi. I tre amici
si bloccarono all’imboccatura della radura, senza parole.
La pallida luminescenza dei fiori arrivava fino a lì e descriveva un ovale, inglobando sette grossi alberi.
Al centro del luogo si ergeva
un tempio di pietra, fatto di colonne possenti e dalla forma circolare.
L’architrave era sostenuto da sette arcate e guardava il cielo.
Tutt’attorno i fiori creavano giochi di luci e strani disegni.
Sei delle grosse conifere
avevano gli aghi rossi come la ruggine, uno, il più grande, era
candido come la neve e s’intravedeva nella notte.
-Wow! È stupenda.-
Ethelyn non riusciva a staccare gli occhi da tutto ciò. Era la
prima volta che vedeva un luogo del genere: sembrava uscito
direttamente dalle favole che le raccontava sua madre quand’era
piccola.
-Questo dev’essere un
luogo sacro, per loro.- mormorò Blaking, spostandosi di lato per
non intralciare il passaggio.
Si trovarono un posto
discreto, tra due alti Elfi dai capelli chiari come l’alba. I due
ragazzi smontarono e si misero ai lati del loro compare.
-Kiron, smettila di torturare quella cintura.- lo rimproverò sua madre.
Il principe le lanciò
un’occhiata, in tralice. –Scusate, madre, non mi capita
tutti i giorni di presenziare ad un’incoronazione.- rispose un
po’ acido.
Lei sorrise. –Ricordo ancora quella di vostro padre…
-No, non vogliamo saperlo. Ci
mancherebbe pure questa: essere paragonati al re nostro padre.- la
fermò Simar, impegnato a sistemarsi la camicia.
Avevano indossato i colori cerimoniali: a Kiron era toccato il rosso e a lui il bianco.
Lo faceva sembrare quasi etereo, come fosse uno spirito.
Suo fratello invece sposava
magnificamente quella tinta. Non smetteva un secondo di agitarsi,
proprio come un fuoco scoppiettante.
-Andrà tutto bene.- il re li raggiunse. A lui era concesso indossare entrambi i colori, in quanto reggente in carica.
-Dovremo solo… solo
cambiare la nostra vita.- disse il moro. Simar gli diede una pacca
sulla spalla, cercando di rassicurarlo.
-Andrà bene.- gli disse.
-Perché quando me lo dici tu finisco sempre per crederci?- gli domandò, stupito.
-Non lo so.- alzò le spalle, ridacchiando.
-Perché vi fidate
l’uno dell’altro.- sorrise Undine. Li guardò,
orgogliosa e non poté trattenersi dall’abbracciarli
entrambi.
I due giovani rimasero immobili nell’abbraccio della madre, troppo agitati.
-Dobbiamo andare.- annunciò sir Holean.
Si scambiarono un’occhiata e poi si voltarono verso il padre, drizzando le spalle.
-Sono fiero di voi, ragazzi.
Non mi importa chi avrà la corona, sono comunque orgoglioso.-
dedicò loro un sorriso sincero, prima di avviarsi lungo il
corridoio decorato a festa.
Sarebbero dovuti arrivare alla radura delle stelle e lì si sarebbe compiuta la cerimonia d’incoronazione.
Poco prima che
varcassero la soglia del palazzo, Devon si presentò al loro
cospetto, reggendo tra le mani lo scettro del re.
Era un semplice ramo di abete,
che all’estremità si diramava in più braccia e
avvolgeva un rubino grande come un pugno. Quella gemma non aveva valore
economico, ma conteneva un grande potere, quello di risvegliare gli
alberi a guardia della foresta.
E ovviamente, serviva per il loro rito.
Holean lo impugnò saldamente, il suo palmo vi si adattò senza problemi, riconoscendo il legno sotto di esso.
-Andiamo.
Undine lo affiancò e si
scambiarono uno sguardo d’intesa. Un istante prima di uscire, la
donna si sporse e posò un tenero bacio sulla guancia del marito.
Lui la guardò stupito, ma poi sorrise.
Simar e Kiron li seguirono in
silenzio, sentendo i loro cuori battere come impazziti. Quel pomeriggio
avevano preso la loro decisione, ma non avevano il coraggio di pensarci.
Stavano scacciando quel pensiero dalle loro menti con ostinazione, cercando di fingere che fosse tutto un sogno.
-Il re e la regina fanno ora
il loro ingresso.- annunciò il banditore. La sua voce era
squillante e raggiungeva senza problemi tutto il popolo.
Impresa non da poco, considerato che era composto da centinaia di persone.
A quelle parole tutti s’inchinarono in un unico fruscio collettivo.
I due Elfi indugiarono un
attimo all’ingresso del circolo, ma poi proseguirono. Erano due
figure eleganti e sembravano sfiorare appena l’erba.
-I principi ed eredi al trono fanno ora il loro ingresso.
A quelle parole i ragazzi
azzardarono un’occhiata e li videro: se ne stavano affiancati,
l’uno accanto all’altro.
Erano sicuramente nervosi, anche se era difficile dirlo da quella distanza.
Presero coraggio ed avanzarono nella radura, i piedi scalzi a contatto con suolo.
Raggiunsero i genitori nei pressi del tempio e si voltarono verso il popolo. –Alzatevi.- ordinò il re.
Come un sol uomo la marea umana obbedì.
-Secondo te chi verrà incoronato?- domandò Drew.
La Ferift si voltò a guardarlo e poi lanciò un’occhiata ai due fratelli. –Non lo so.- ammise.
-Ok, stiamo a vedere.- decise il ragazzo, tornando a dedicarsi alla cerimonia.
-Fratelli e sorelle, popolo
tutto, siamo qui riuniti per officiare il rito
dell’incoronazione.- esordì il re. La sua voce era ferma e
baritonale. –E’ tempo di richiamare le stelle.
Ethelyn sollevò le sopracciglia, perplessa. Cosa c’entravano le stelle in tutto quello?
La risposta le venne proprio
da sir Holean che, sotto lo sguardo avido di tutti i presenti,
sollevò al cielo il lungo bastone che reggeva tra le mani.
Ogni Elfo presente alzò gli occhi e così fecero anche i tre amici, curiosi.
La notte era limpida, ma senza luna. Le stelle brillavano nel cielo, vestite di diamanti come giovani spose.
Il rubino sullo scettro pulsò, lanciando il proprio richiamo.
Gli astri rimasero immobili.
Un’altra pulsazione e nella radura si poté avvertire sulla pelle il suo potere.
A quella seconda richiesta, quelle luci lontane si staccarono dalla volta, galleggiando verso la terra come fiocchi di neve.
I ragazzi sgranarono
gli occhi alla vista di quella miriade di stelle. Sembrava una pioggia
di brillanti, talmente luminosa da rischiarare l’intera radura.
Osservarono in silenzio la
loro danza, vedendole avvitarsi su se stesse in spirali armoniose.
Richiamate dalla gemma, la avvolsero completamente, avide del suo
potere.
Il re roteò una volta
il bastone in un gesto molto lento e quasi impercettibile, ma tanto
bastò a disperdere gli astri, che finirono per fluttuare sopra i
fiori, attratti dalla loro luce.
-Le stelle accettano i candidati.- annunciò la regina.
Gli occhi di tutti si puntarono su di lei, abbandonando le stelle. Undine sembrava rilucere.
Abbracciò la folla con uno sguardo e poi si voltò verso i suoi figli.
Sorrise loro e li fece avanzare all’interno del cerchio formato dalle colonne di pietra.
Quello era il segnale per l’ingresso di altre creature.
Dalle profondità degli
alberi apparvero quelli che, a prima vista, sembravano spettri. Ethelyn
non riuscì a trattenersi dal sobbalzare, colta di sorpresa.
-Sono fantasmi…?- chiese, preoccupata.
Blaking strinse gli occhi,
concentrandosi sulla figura evanescente di un uomo poco lontano da
loro. –Alcuni. Le donne sono Ninfe dell’aria.-
rivelò.
I ragazzi lo guardarono. –Le… le figlie del Cair?
-Le figlie e i figli delle figlie.- annuì.
-Sono qui perché le ha chiamate la regina?- chiese il ragazzo.
-Probabile.- rispose.
La Ferift stava per chiedergli altro, ma un Elfo li zittì, infastidito. Si scusarono e tornarono a seguire la cerimonia.
-Gli spiriti dell’aria
sono arrivati. Siate i benvenuti.- disse Undine. Gli ospiti appena
giunti fecero un lieve cenno col capo in segno di saluto.
-Ora chiamo le creature
più preziose della nostra foresta. Entrate nel cerchio.- Holean
affiancò la moglie, allargando le braccia.
Simar e Kiron, alle loro spalle, si scambiarono uno sguardo, visibilmente tesi.
-Gli Unicorni?- domandò il moro.
Suo fratello annuì.
-Ho paura. Si può avere
paura degli Unicorni?- gli chiese. L’altro dovette trattenersi
dal ridere per la sua espressione.
-Ragazzi.- li ammonì la madre.
Loro si affrettarono a tornare seri e a puntare lo sguardo davanti a sé.
Con la coda dell’occhio
videro emergere dal buio sette cavalli. I loro zoccoli producevano un
lieve rumore, attutito dall’erba soffice.
Si fermarono appena entrati, sollevando la testa e agitando le code.
“Sono nervosi.”,
realizzò il re degli Elfi. -Venite avanti, non abbiate
paura.- li chiamò, addolcendo il tono di voce.
Dopo un’altra piccola esitazione gli animali avanzarono.
Tra tutti i più
spettacolari erano quelli che componevano la coppia dominante: la
femmina era candida come la neve e il suo corno era color del gattice,
il maschio era più nero della notte, col rostro
d’ossidiana.
Avevano occhi così pallidi da sembrare ciechi.
-Incredibile!- si lasciò sfuggire Drew.
-Belli, vero?- Blaking gli
diede un leggero colpetto con la spalla. Lui alzò la testa ed
annuì. Ethelyn, al loro fianco, non poté che trovarsi
d’accordo.
-Non muovetevi. Aspettate che siano loro a raggiungervi.- si raccomandò Undine.
I due ragazzi annuirono, affidandosi completamente alle sue parole.
Il rito dell’incoronazione era segreto, quindi non sapevano come comportarsi. Nessuno li aveva preparati a ciò.
Il re si voltò a guardarli, dando le spalle al popolo.
Poi lanciò un’occhiata agli Unicorni, che si stavano lentamente avvicinando.
Erano quasi arrivati al tempio, quando si bloccarono. Un maschio fulvo s’impennò, lanciando un nitrito acuto.
Il re e la regina li fissarono, sconvolti. Cosa stava succedendo?
-Maestà! Maestà!
Un Elfo si fece strada tra la folla, spingendo la gente da parte.
Holean si voltò,
cercandolo tra le persone. Quando il ragazzo fu sbucato nella radura si
piegò sulle ginocchia per riprendere fiato.
Era uno degli Ulver.
-Cosa succede?- domandò il re.
-Siamo sotto attacco! Gli animali ombra ci stanno attaccando!- urlò.
A quella notizia si scatenò il panico.
Gli Unicorni scalciarono e
nitrirono, sparendo poco dopo nel fitto della foresta. Le Ninfe e gli
spiriti si dileguarono, svanendo come fumo.
-Guardie, mantenete la calma!- la voce del regnante sovrastò tutte le altre.
In men che non si dica le guardie di palazzo circondarono la radura, riuscendo a contenere il popolo.
-Non dovete temere, tornate alle vostre case. Lì sarete al sicuro.- disse.
Ci fu un diffuso mormorio.
-Tutti gli Ulver di scorta qui a palazzo si preparino per lo scontro!- ordinò poi, impugnando saldamente lo scettro.
-Padre, lasciaci combattere.- la voce di Simar lo costrinse a voltarsi.
Osservò i suoi figli e lesse determinazione nei loro occhi. –E sia, andate.- acconsentì.
-Ragazzi, andiamo anche noi!- Blaking spiegò le ali, costringendo le persone intorno a lui ad allontanarsi.
Senza farselo ripetere i due gli salirono in groppa.
Batté uno zoccolo a terra prima di partire all’inseguimento dei due principi.
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Capitolo 14 *** Cap. 13 Scontro notturno ***
Cap. 13 Scontro notturno
Capitolo pieno d'azione! Spero di non essermi persa nei meandri dei combattimenti ^^'
Buona lettura!
Quasi dimenticavo! Il nome del Fisàan di Arun deriva dal Quenya e significa "forte, vigoroso".
Cap. 13 Scontro notturno
Drew ed Ethelyn scapparono in camera per cambiarsi d’abito e recuperare le loro armi.
-Muovetevi!- li esortò Blaking.
Dall’esterno delle mura del palazzo provenivano grida e ordini urlati a pieni polmoni.
-Sì, un attimo!
La Ferift allacciò la
cintura con i foderi ed uscì nello stesso momento del Nun. Si
scambiarono un’occhiata e poi balzarono oltre la finestra, nel
piccolo giardino riservato all’amico.
Montarono in groppa e lui spiccò il volo, diretto verso il cancello che conduceva alla foresta.
Quando giunsero lì trovarono
Tùrin intento a gesticolare come un matto. Stava tentando di
armare le truppe e organizzarle in gruppi.
L’attacco era arrivato all’improvviso e alcuni degli Ulver erano stati presi dal panico.
-Tùrin!- lo chiamò Blaking.
L’Elfo si voltò a guardarli. –Che fate qui?- domandò, passando un arco ad una guardia.
-Facci passare, vogliamo dare una mano.- rispose Drew, rubando le parole di bocca all’Ippogrifo.
L’uomo esitò un
attimo, pensieroso, poi accettò. –Non fatevi ammazzare.-
si raccomandò prima di lasciarli passare.
-Promesso!
Si fecero largo tra la folla a spallate e, una volta al di là, spiccarono nuovamente il volo.
-Come facciamo a trovarli?- chiese
la ragazza, scrutando l’oscurità sotto di sé.
L’assenza di luna non aiutava in quel momento.
-Seguiamo i corni.- disse lui, scartando la cima di un abete.
Stava per chiedere a cosa si riferisse, quando li sentì pure lei. Il suono era nitido e giungeva dalla loro destra.
Blaking virò abbondantemente e aumentò la velocità. –Reggetevi!
I due ragazzi si appiattirono sul suo dorso, stringendosi l’un l’altro contro il vento.
Sentivano le grida degli Ulver alle loro spalle e rumori di battaglia davanti a loro. Erano vicini.
-Eccoli!- urlò l’Ippogrifo.
Senza aggiungere altro puntò
letteralmente verso terra, appiattendo le ali al corpo per acquistare
maggior velocità.
In poco si ritrovò a dover schivare rami su rami, completamente inghiottito dalle chiome degli alberi.
-Ti prego, rallenta!- lo
supplicò Ethelyn. Si stava aggrappando con tutte le sue forze a
Drew, gli occhi chiusi per il terrore.
Non voleva schiantarsi.
Ma l’amico sapeva il fatto
suo ed evitò abilmente uno dei grandi rami che fungevano da
passerella, avvitandosi su se stesso e facendo perno con le zampe.
Con la coda dell’occhio potevano vedere le frecce tagliare l’aria, sibilando come serpenti.
Il combattimento si stava svolgendo a terra e nessun animale aveva raggiunto le postazioni di difesa poste sui rami.
Quello andava a loro vantaggio e dovevano cercare di mantenerle il più a lungo possibile.
Blaking scese di quota, sorvolando la zona.
Quasi tutti gli Ulver si trovavano sotto di loro: lo scontro occupava una vasta zona, era abbastanza diffuso.
Riuscì ad intravedere i capelli d’argento di Simar e, parecchi metri più in là, il capitano Arun.
Stava per atterrare quando vide la
sagoma di un lupo balzare verso un Elfo ignaro, impegnato a difendere
le spalle ad un compagno.
Lanciò un grido acuto e si
avventò sull’animale, piantandogli gli artigli negli
occhi. La bestia uggiolò, cadendo a terra.
La guardia si voltò di scatto, ritrovandoselo davanti.
-Uccidetelo!- gli urlò, atterrando poco dopo. Fece scendere i ragazzi e poi tornò a dare una mano.
Drew schivò una freccia
vagante e raccolse tutto il proprio potere. C’era bisogno di luce
e lui era in grado di procurarla.
“Devo essere un sole.”, si disse. Strinse i pugni e poi liberò la luce.
Per un attimo gli scontri si
fermarono e gli alberi vennero illuminati a giorno, rivelando una
moltitudine di animali ombra.
Qualcuno gridò, salutando l’arrivo del ragazzo con urla di giubilo.
Poi tutto riprese da dove si era interrotto.
Il Nun non perse tempo e si
arrampicò su uno dei grossi rami, raggiungendo gli arcieri.
Lì trovò Brennan, per fortuna ancora incolume.
-Ehi!- l’Elfo lo guardò stupito. –Che fai qui?
-Vi faccio luce. E vi do una mano.-
disse, incoccando una freccia. –Posso illuminarla, così
vedrete meglio il bersaglio.- aggiunse, accennando all’oggetto.
-Ragazzi, seguite la freccia
luminosa. Quando colpisce un animale, scagliategli addosso tutto quello
che avete.- disse l’Ulver. I suoi compagni,
nell’oscurità, annuirono.
Drew prese un respiro, cercando di
calmare il battito del cuore. Non poteva permettersi di sbagliare mira,
quindi il suo braccio doveva restare il più fermo possibile.
Scandagliò
l’oscurità davanti a sé ed individuò quello
che sembrava un grosso, enorme cinghiale.
-Trovato!- annunciò e
scoccò. La freccia sibilò tra gli alberi, per poi
conficcarsi appena sotto la spalla del suino. Quello grugnì di
disappunto, ma non si scompose più di tanto, riprendendo a
caricare un paio di guardie del palazzo.
-Scoccate!- ordinò Brennan.
Cinque frecce fendettero l’aria, andandosi a piantare sulla
bestia. L’ultima la raggiunse al cuore e quella stramazzò
a terra, morta.
-Ben fatto.- esultò l’Elfo, dando un cinque a Drew. –Sono veramente difficili da uccidere.
-Sì, bisogna essere minimo
in tre.- confermò lui, cercando già la prossima vittima.
–Dov’è il capitano?
-Sta combattendo contro un orso.- disse.
-E i Fisàans? Perché non li vedo?- si voltò a guardarlo, confuso.
-Li abbiamo rinchiusi. Sono in
parte creature di tenebra, quindi potevano essere influenzati. Gli
unici in campo sono quelli di Arun e dei principi. Sono i più
forti del branco e sembrano immuni a questa strana magia.-
spiegò.
Il ragazzo annuì, sperando che Ethelyn e Blaking se la stessero cavando.
-Arun!- Blaking lo raggiunse
correndo, schivando alcuni Ulver impegnati a combattere. A terra
c’erano già alcuni cadaveri e sperò vivamente che
appartenessero ai loro nemici.
Quando il capitano lo individuò alzò leggermente la testa.
Al suo fianco v’era un enorme lupo spettrale, sicuramente l’Alfa del branco.
-Quello è Vëon.
È pulito, non è corrotto.- gli spiegò brevemente
il perché della sua presenza. –Tutti gli altri
Fisàans sono stati rinchiusi, per precauzione.
L’Ippogrifo annuì,
portandosi alle spalle dell’orso. Tra lui e il capitano ci fu un
intenso scambio di sguardi, poi entrambi attaccarono.
Il Balhia lo colpì alle
spalle, lacerandogli parte della schiena, fino a mettere a nudo le
ossa; Arun raggiunse quasi il cuore col suo pugnale. La bestia
ruggì, sollevandosi sulle zampe posteriori e tentò di
avventarsi sull’Elfo, ma la sua cavalcatura fu più rapida
e lo afferrò per il collo, crollando a terra con lui.
Rotolarono per qualche metro, fino a quando non si sentì uno strappo e il Fisàan gli lacerò la giugulare.
Arun prese un respiro profondo e si avvicinò per controllare che fosse veramente morto.
Cercò le pulsazioni con due
dita e, quando non ne trovò, fece un cenno col capo ai suoi due
aiutanti. –Morto.
-Bene, andiamo a farne fuori altri.- Blaking lo precedette nella mischia.
Lui montò su Vëon e lo seguì, brandendo due pugnali gemelli.
Quando giunse in mezzo al gruppo
principale, si ritrovò davanti il principe Kiron. Il suo
Fisàan si fermò giusto in tempo per non travolgerlo.
-Arun!- esclamò il ragazzo.
Aveva una leggera ferita sul braccio e ansimava vistosamente ma, a parte quello, sembrava illeso.
-Dov’è tuo fratello?- gli chiese, menando un fendente ad un lupo lì vicino.
-Non lo so, non riesco a trovarlo!-
la sua voce si perse tra i clangori metallici dei pugnali. Il capitano
allora smontò con un rapido movimento e gli si affiancò
per aiutarlo.
-Ho visto l’Ippogrifo…- il principe bloccò una zampata.
-Sì, lui e i suoi compagni ci stanno dando una mano.- rispose, ferendo un altro animale.
Erano attaccati su due fronti,
mentre Vëon si occupava del terzo. Era un essere potente e
vigoroso, ma erano in netta inferiorità numerica.
Girarono su se stessi di mezzo quadrante, cambiando posizioni. Sopra di loro volarono alcune frecce, dirette poco lontano.
Capirono che avevano fatto centro quando sentirono uno dei lupi uggiolare.
Ed ebbero appena il tempo di
evitare il secondo animale, pronto a vendicare il compare o
semplicemente guidato dalla brama di sangue.
Dovettero dividersi e, così facendo, si ritrovarono con le spalle scoperte.
Il principe divaricò le
gambe e impugnò saldamente la sua spada. Era uno dei pochi Ulver
ad usarla, ma si trovava bene con quell’arma e non avrebbe saputo
maneggiare altrettanto bene i pugnali.
-Avanti, brutta bestiaccia!-
richiamò l’attenzione del suo avversario. Quello
voltò la testa verso di lui, digrignando i denti. Sarebbe stato
praticamente invisibile se qua e là non ci fossero state le
frecce lanciate dal Nun. Poter immagazzinare la luce si stava rivelando
utile.
Se fosse sopravvissuto l’avrebbe ringraziato.
“Concentrati!”, si
disse. Con la coda dell’occhio vide Arun ingaggiare lo scontro
con l’altro lupo. Vëon era scomparso, probabilmente era
andato ad aiutare gli altri, come aveva fatto il suo Dunehin.
-Dobbiamo vedercela da soli con loro.- gli disse il capitano.
Stava per rispondere che non
c’erano problemi quando alcune frecce colpirono gli animali.
–Oppure no.- replicò il ragazzo, sorpreso.
Le braccia gli dolevano per lo sforzo.
Aveva perso il conto del numero di
fendenti vibrati. Attorno a sé sentiva le urla, i ringhi e il
clangore delle armi come fossero ovattati.
Era stato colpito in testa da uno
dei grossi cani che stavano seminando il panico tra le fila degli
Ulver. Non erano lupi, ma erano molto più sanguinari.
Avvertiva il sangue colargli lungo
la parte destra del viso, ma cercò di non farci caso. Scosse
leggermente la testa per schiarirsi la vista.
Non sapeva dove fosse Kiron e nemmeno dove si trovasse il capitano.
Nehir, al suo fianco, ansimava pesantemente. Uno di quei cani rognosi l’aveva morso ad una zampa.
Gli Ulver attorno a lui erano in difficoltà.
-Ragazzi, non mollate!- li incitò.
-Sergente, ne arrivano altri!- un
Elfo accanto a lui, probabilmente uno degli ultimi arrivati,
indicò un punto della foresta.
Si voltò per cercare di
vedere qualcosa, ma anche con la vista sviluppata tipica della sua
razza percepì soltanto ombre in movimento.
Loro stavano combattendo delle ombre e vederne altre non aiutava.
Drew era appena atterrato su
un grosso ramo nel tentativo di seguire la nuova ondata di animali che
stava arrivando da sud.
Piantò i piedi e prese un
respiro, incoccando una freccia. Era sul punto di scoccarla quando
riconobbe gli Elfi sotto di lui.
-Principe Simar!- lo chiamò. Il ragazzo si voltò, sentendosi chiamare.
Scrutò
l’oscurità attorno a lui e poi alzò la testa verso
gli alberi. Tra gli aghi di un larice intravide Drew e alcuni Ulver
muniti di arco e frecce.
-Ci serve della luce!- gli disse.
-Agli ordini!- il ragazzo
trasferì un po’ della sua essenza al dardo e poi lo
scoccò, colpendo un segugio dritto in un occhio.
Subito dopo ne lasciò partire altre tre, che si conficcarono in altrettanti animali.
-Siete in inferiorità numerica.- dovette riferire.
Vide i capelli d’argento del
ragazzo frusciare nell’aria, seguendo il movimento rotatorio del
loro proprietario. –Di molto?- chiese.
-Abbastanza!- dovette ammettere
mentre riempiva la faretra. Per fortuna alcuni degli Ulver si
spostavano per rifornire tutti gli arcieri.
-Mi serve fuoco di copertura per cinque minuti.- Simar aveva preso una decisione.
Il Nun guardò gli Elfi che
erano con lui, chiedendo con lo sguardo se fosse una cosa fattibile.
Brennan era rimasto dove si erano incontrati, dato che era uno degli
arcieri più qualificati e aveva una discreta posizione nella
gerarchia di comando.
Quando le guardie annuirono si voltò verso il combattimento. –Ok!
“Bene!”, esultò
il principe. –Mi serve un cerchio di protezione. Devo richiamare
la natura.- annunciò ai suoi sottoposti.
-Subito.- senza nemmeno
un’esitazione i quattro Elfi che erano con lui gli si disposero
attorno, sguainando entrambi i pugnali.
Davanti a loro avevano sette
animali, tra cui un lupo bello grosso. Sicuramente non si sarebbero
dati il turno ad attaccare, quindi dovevano essere pronti a tutti.
Iniziarono a camminare, lentamente, mentre Simar chiudeva gli occhi e si concentrava.
-Cosa vuole fare?- domandò Drew, perplesso.
-Il principe è in grado di comandare le piante.- gli spiegò un Elfo dagli occhi neri.
Stupito, puntò l’arco sul lupo più grosso, pronto a colpirlo nel caso qualcosa fosse andato storto.
“Ancora! Mi serve altro potere!”, pensò Simar, digrignando i denti per lo sforzo.
Sentiva la natura agitarsi e
rispondere al suo richiamo. Ma non era abbastanza, non ancora.
Richiamò altro potere, lo focalizzò nella propria mente.
“Eccolo!”, spalancò gli occhi e lasciò uscire un urlo.
Gli animali si bloccarono, confusi.
Attorno a loro si udirono strani
rumori striscianti. Poco dopo le radici degli alberi si animarono,
emergendo dalla terra e stritolando le bestie.
-Ora, attaccate!
“Non vedo nessuno, nemmeno i principi!”
Ethelyn si era alzata in volo per
potersi sottrarre alla mischia. Aveva paura di non essere abbastanza
brava per poter lottare là in mezzo, ma da lassù poteva
sicuramente fare qualcosa.
Era una Ferift, no?
Bene, avrebbe manipolato l’aria.
Virò a sinistra per
abbassarsi sul campo di combattimento ed unì le mani,
comprimendo le particelle d’ossigeno e anidride.
“Ok… allora…
cosa mi può servire…”, si chiese, concentrandosi.
Doveva ferire e se possibile uccidere. "Lame!”, aveva trovato la
soluzione.
Lentamente manipolò
l’aria, fino a darle la forma che voleva. Si abbassò
ancora, stando attenta a non incappare in qualche ramo basso e ad
evitare le frecce.
Individuò alcuni Ulver
impegnati in un corpo a corpo con due orsi. Non erano molto grossi, ma
bastavano per tener impegnati sei Elfi.
-Abbassatevi!- urlò e
scagliò le lame, liberando il potere. Era la prima volta che lo
faceva, ma suo padre le aveva spiegato come fare.
Quando le sue armi colpirono i bersagli si levarono ruggiti di dolore.
-Centro!- esultò. Le guardie si rialzarono e si avventarono sugli animali, sopraffacendoli.
Scansò una freccia vagante e decise di rialzarsi in volo.
Non l’avesse mai fatto!
Quando si voltò per
controllare a che altezza fosse arrivata, vide una figura alata
piombarle addosso. Da principio pensò fosse Blaking, ma quando
l’animale le arpionò un’ala dovette riformulare la
sua ipotesi.
Lanciò un urlo ed estrasse uno dei suoi sai per poi conficcarlo nella zampa artigliata che la tratteneva.
La creatura proruppe in un grido acuto, da rapace e mollò la presa.
Si ritrovò a cadere, una
sola delle sue ali era ancora pienamente funzionante. Tentò di
richiamare il suo potere, ma la paura l’aveva completamente
prosciugata.
Senza poter fare altro, urlò.
-Ethelyn!
Si contorse su se stessa, cercando
di capire da dove provenisse la voce. La conosceva, ne era quasi
sicura. Ma il dolore all’ala era così pressante che non
avrebbe potuto giurarlo.
Improvvisamente atterrò dolorosamente su qualcosa di morbido.
Riaprì gli occhi e si guardò intorno.
-Blaking!- esclamò, sollevata.
-Stai bene?- le domandò, scendendo rapidamente verso gli alberi.
-No… io… qualcosa mi ha ferita all’ala…- farfugliò, confusa.
L’Ippogrifo azzardò un’occhiata alle proprie spalle. –Un Grifone!- fece schioccare il becco.
La ragazza impallidì. –Cosa?
Ma lui non le rispose ed accelerò. Penetrò tra gli alberi come un proiettile lanciato a folle velocità.
-C’è un Grifone!- iniziò ad urlare.
Tutti gli arcieri sugli alberi si
voltarono verso di loro e poi puntarono lo sguardo in alto. Blaking
atterrò su un ramo, rischiando di travolgere alcuni Elfi.
-Resta qui, trova gli altri. Dovete uccidere gli animali. Io mi occuperò del Grifone.- le disse in fretta e furia.
La rossa scosse la testa. –No… non… sei impazzito?
-Ragazzi!- Drew li raggiunse correndo. –Che succede?- chiese poi, vedendo l’ala dell’amica.
Lei lo guardò. –Un Grifone mi ha attaccata.- spiegò.
Il Nun spostò lo sguardo
sull’amico. –Vengo con te. Non ti azzardare ad andare a
combatterlo da solo.- gli intimò.
-No, Drew, è troppo pericoloso.- protestò.
-Non discutere.- lo zittì.
-Se continuate a discutere non
esisterà più il problema di chi attaccherà chi!-
li avvertì. Si voltarono nel punto indicato da Ethelyn e videro
la creatura.
Stava piombando dritto su di loro.
-Tutti giù!- fece in tempo ad urlare Blaking.
Il Grifone si abbatté su di
loro con forza, rastrellando il ramo con le zampe uncinate. Caddero
tutti di sotto, sbattendo violentemente contro le rocce del sottobosco.
Blaking si mantenne in volo e puntò verso il cielo, cercando di convincere l’avversario a seguirlo.
Niente di più facile: gli Ippogrifi erano le sue prede.
-Cosa succede?- il capitano Arun li raggiunse, seguito a ruota dal suo Fisàan.
I ragazzi si rialzarono, storditi.
-Siamo stati attaccati…- rispose Drew, massaggiandosi la testa.
-Da cosa?
-Da un Grifone. Blaking l’ha riportato in alto.- concluse.
-Si farà ammazzare.- sentenziò l’Elfo.
-Allora è meglio se facciamo
fuori gli animali qui sotto. Così poi potremo dargli una mano.-
disse Ethelyn, impugnando le sue armi.
-Cercate i principi. Aiutate loro.- disse, prima di gettarsi all’inseguimento di un cinghiale.
I due annuirono e presero a correre in una direzione imprecisata.
-Quanta luce hai ancora a disposizione?- domandò la Ferift.
-Tutta quella che vuoi, non mi esaurisco. Almeno fino a quando riesco a rimanere in piedi.- le rispose con un mezzo sorriso.
-Bene, non vedo niente.
Fu presto detto: il Nun concentrò il proprio potere sulle mani e poi lo diffuse alla parte superiore del corpo.
-Grazie.- disse lei, evitando per un soffio il cadavere di un cane.
-Simar era con un gruppo abbastanza isolato, l’ho visto prima.- ricordò improvvisamente il ragazzo.
-Suo fratello?- domandò.
-Non lo so, non l’ho visto. È difficile vedere qualcuno coi capelli neri.- replicò.
-Va bene, lo cercheremo. Prima andiamo da Simar.- decise.
Accelerarono, superando diverse
guardie impegnate in altrettanti combattimenti. Gli animali sembravano
spuntare dall’oscurità come funghi.
Evitarono per un pelo il fendente di un Elfo, diretto ad un lupo troppo veloce per poter essere colpito.
Ethelyn lo colpì coi sai prima di proseguire la sua corsa.
Infine raggiunsero Simar. Era rimasto con tre compagni, il quarto giaceva morto a terra.
-Oddio…- mormorò la ragazza.
-Principe!- uno degli Elfi li avvistò. Il ragazzo distolse lo sguardo dalle creature e li mise a fuoco.
-Che fate qui?- domandò, affaticato. Aveva del sangue rappreso sul lato destro del viso.
-Siamo venuti per dare una mano.-
spiegò Drew, estraendo i pugnali. L’arco sarebbe stato
inutile, da quella distanza.
-Grazie… ci farebbe comodo.-
forse per la prima volta da quando l’aveva incontrato, la Ferift
vedere il giovane sorridere.
Non era un sorriso di gioia, ma sempre meglio del solito muso lungo che esibiva in sua presenza.
-Avete visto mio fratello?-
domandò, sferrando un calcio ad un segugio. Erano praticamente
accerchiati e la loro unica speranza era di non rompere la formazione.
C’era da dire che nemmeno le bestie erano al massimo della forma. Alcune sanguinavano copiosamente.
-No, ma il capitano è andato a cercarlo.- rispose Drew.
-Bene, allora vediamo di far ballare questi nuovi amichetti.- disse, facendo roteare i pugnali tra le mani.
-Con piacere.- risposero i due.
Blaking stava avendo la peggio.
Il Grifone era più grosso di lui e inspiegabilmente più forte. Troppo forte.
Probabilmente la misteriosa magia
che l’aveva reso d’ombra, l’aveva anche dotato di una
forza che non gli apparteneva.
Evitò per poco un affondo
delle sue zampe anteriori e gli rifilò un calcio dritto nello
stomaco. L’animale sibilò, arretrando
leggermente.
Si fissarono per qualche
istante, mentre l’Ippogrifo vagliava tutte le sue opzioni.
L’unica che avrebbe potuto riservargli la vittoria era attingere
ai poteri da Balhia.
Ma non sapeva quanto fosse sicuro tentare.
Sinceramente non aveva nemmeno idea
di come poterli richiamare. La prima volta era successo per caso e non
per sua volontà.
-Chi ti ha mandato?- domandò.
Il suo avversario socchiuse gli
occhi, sospettoso. Era quasi certo che fosse in grado di parlare.
Solitamente Grifoni ed Ippogrifi erano dotati della parola, almeno
lì al Nord.
-Non lo so. Ma che importa? So come
finirà tutto questo.- replicò con voce ringhiante. Il suo
corpo di felino era massiccio e strascicava le parole come se stesse
trattenendo a stento un ruggito.
-Non sono la preda di nessuno.
E detto questo Blaking si lasciò cadere verso il basso. Strinse le ali al corpo, affidandosi completamente al vento.
I Grifoni erano più lenti
nelle manovre di volo, in quanto più grossi e più
pesanti. Contava di poter sfruttare la cosa a proprio vantaggio.
Quando era a poco più di dieci metri dalle cime degli alberi ruotò su se stesso e sparì tra i rami.
Come previsto l’altro non riuscì a spostarsi in tempo ed impattò con un abete.
-Spostatevi lì sotto!-
urlò agli Elfi che si trovavano esattamente sulla traiettoria
della creatura. Quelli si affrettarono ad obbedire, scendendo
dall’albero.
Atterrò sul soffice muschio
del sottosuolo, aspettando il suo nemico. Lo sentiva districarsi tra i
rami coperti di resina e vedeva le fronde agitarsi, scosse dalle sue
poderose ali.
Quando infine raggiunse terra lo fece in modo scomposto.
Recuperato l’equilibrio si guardò attorno, leggermente spaesato e poi si focalizzò su Blaking.
Gli Ulver presenti
s’immobilizzarono. Probabilmente era insolito per loro vedere un
Grifone: abitavano sulle montagne e non si avventuravano nelle foreste.
I pochi animali
d’ombra superstiti indietreggiarono e poi sparirono nel folto
degli alberi, spaventati dal nuovo venuto. Rimasero solo gli orsi e
qualche lupo.
-A noi due.- grugnì la creatura, abbassando le lunghe orecchie piumate.
Fece per scattare verso
l’Ippogrifo quando un Fisàan gli balzò sulla
schiena. Affondò le zanne sulla sua groppa, tentando
d’immobilizzarlo.
Il Grifone lanciò un verso
di disappunto e si contorse, cercando di scrollarselo di dosso. Blaking
ne approfittò per attaccarlo frontalmente.
Gli si gettò addosso
e lo colpì tra le clavicole, strappandogli un po’ di piume
dal collo. Quello tentò di allontanarlo con una zampa artigliata
e, allo stesso tempo, di sgroppare il lupo spettrale.
Girò su se stesso, sollevando pezzi del tappeto di muschio che ricopriva le rocce.
-Vëon!- urlò qualcuno.
L’Ippogrifo vide il capitano
Arun farsi spazio tra i presenti. Quello doveva essere il suo fidato
compagno, l’Alfa del branco.
Fece per urlargli di non
intervenire, ma l’Elfo corse verso di loro. In quell’esatto
istante il Grifone colpì il Fisàan con la coda,
facendogli perdere la presa.
Con un ringhio lo spettro franò a terra, travolgendo il suo cavaliere.
-Sono io il tuo avversario!-
Blaking cercò di riguadagnarsi la sua attenzione per poter
permettere agli Ulver di trarre in salvo il loro leader.
-Con piacere.- sogghignò quello.
Attese qualche istante, poi si lanciò nella foresta, presto seguito dal suo nemico mortale.
Stavano per uccidere l’ultimo animale rimasto quando sentirono del trambusto provenire dal folto della foresta.
Non si vedeva niente, anche col Nun presente.
-Che succede?- chiese Ethelyn. Il sudore le colava lungo la schiena, inumidendole i vestiti.
La ferita all’ala doleva e non era certa che avesse smesso di sanguinare.
Ma ci avrebbe pensato più tardi.
-Dobbiamo uccidere il lupo!- li richiamò Simar.
Fecero per tornare ad occuparsi della lotta quando vennero travolti da un gruppo di segugi in fuga.
Erano tutti neri come la pece e
avevano occhi di brace. Si tolsero dal sentiero il più in fretta
possibile, ma i cani non erano interessati a loro.
Non appena si furono dileguati alzarono la testa, confusi.
-Stavano scappando…?- chiese il principe.
-Sì. Ma da cosa?- la Ferift si rialzò, togliendosi la polvere di dosso.
-Da quello!- Drew indicò un
punto alle loro spalle. Nell’istante stesso in cui si voltarono
per vedere, Blaking si schiantò al suono, sollevando mucchi di
terra.
I ragazzi si misero in guardia, subito affiancati dalle guardie.
Quando videro il Grifone emergere nella notte ebbero paura. Anche l’aria sembrava ritrarsi di fronte alla sua potenza.
L’Ippogrifo si rimise faticosamente in piedi. Non appoggiava la zampa posteriore sinistra, segno che era ferito.
Senza nemmeno pensarci Drew gli si
piazzò davanti, alzando l’arco e puntandolo dritto contro
il cuore dell’animale che, a quella vista, si mise a ridere.
-Drew, no!- l’amico tentò di tirarlo indietro, ma l’avversario fu più veloce.
Con una zampata spazzò via
l’arma del ragazzo, mandandola a volare tra i cespugli e poi lo
colpì con una crudeltà inaudita.
Ethelyn vide il Nun
scaraventato per aria come fosse una bambola di pezza. Si sarebbe
sicuramente rotto l’osso del collo, atterrando, se un lupo
spettrale non fosse comparso all’improvviso e avesse attutito la
sua caduta.
-Bravo Nehir!- gli disse Simar.
Il Fisàan digrignò i denti, segno che non apprezzava la presenza del volatile.
-Fuori uno.- disse il Grifone.
La ragazza voleva correre
dall’amico, ma un’occhiata del principe la distolse dal
farlo. Serviva lì, contro quell’essere.
Deglutì e rinsaldò la presa sull’impugnatura dei sai.
“Ti prego, fa che sia
vivo!”, supplicò Blaking, lanciando un’occhiata in
direzione di Drew. Lo vide muovere debolmente la testa e trasse un
impercettibile sospiro di sollievo. –Non toccherai nessuno di
loro.- sibilò, infuriato.
In risposta ebbe solo un ghigno divertito.
Kiron stava correndo a più non posso.
Suo fratello era in pericolo, lo sentiva in ogni fibra del suo corpo.
Scavalcò alcune radici e continuò a correre.
Quando aveva raggiunto il capitano
l’aveva trovato sepolto sotto Vëon. Preoccupato si era
avvicinato, ma lui gli aveva assicurato che stava bene. Aveva solo una
spalla lussata.
Aveva poi visto i segni sul terreno e aveva puntato lo sguardo verso est.
-Non farlo, Kiron!
La voce di Arun gli era scivolata
addosso mentre decideva di correre in soccorso di Simar. Non avrebbe
permesso a nessuno di uccidere una parte di sé.
Lungo il tragitto non aveva incontrato nessun animale ombra, salvo quelli impegnati negli ultimi scontri con gli Ulver.
Ora sentiva i rumori di uno
scontro, non molto più avanti rispetto a dove si trovava.
Affrettò il passo, aspirando dolorosamente aria nei polmoni.
Quando sbucò sul sentiero si
ritrovò davanti una scena apocalittica: Blaking era avvinghiato
in un corpo a corpo con un enorme Grifone.
Tutti i presenti avevano le armi in
pugno, ma non osavano attaccare per paura di poter ferire
l’Ippogrifo. In lontananza vide Nehir, chino su qualcosa. O qualcuno.
“Simar!”, fu il suo unico pensiero.
Senza pensare si mise a correre verso il lupo, non si guardò nemmeno intorno per controllare se si era sbagliato.
Girò alla larga dai due combattenti.
Aveva quasi raggiunto il
Fisàan quando i due si separarono, lanciando grida di dolore.
L’Elfo s’immobilizzò.
Il Grifone fece per scagliarsi
nuovamente sull’avversario quando notò con la coda
dell’occhio il ragazzo. Nello stesso istante Simar scattò
in avanti, avendo riconosciuto il gemello.
-Kiron!
Fu un attimo.
L’animale si preparò a
colpire il principe, senza che l’intervento di Blaking potesse
fermarlo. Kiron stava osservando la scena paralizzato, quasi al
rallentatore.
Non aveva sentito l’urlo del fratello.
La zampa si abbatté al suolo, ma il ragazzo non avvertì dolore.
Riaprì gli occhi e si
guardò intorno. Si tastò lo stomaco e le braccia: era
illeso. Allora si alzò a sedere e sgranò gli occhi.
-S-Simar…- davanti a lui
stava la persona con cui aveva trascorso tutta la sua vita. Era riverso
a terra e giaceva in una posizione innaturale.
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Capitolo 15 *** Cap. 14 Sosta forzata ***
Cap. 14 Sosta forzata
Vi avevo lasciati con una domanda, qui troverete la risposta. E anche qualcos'altro...
Buona lettura :)
Cap. 14 Sosta forzata
Il tempo sembrò fermarsi.
Nessuno aveva visto il principe correre in soccorso del fratello e quando se n’erano accorti era troppo tardi.
Il Grifone l’aveva colpito in pieno.
Kiron si sollevò sulle ginocchia, gli occhi fissi sul corpo del gemello. Gli tremavano vistosamente le mani.
Di fronte a quella scena il pensiero comune fu di uccidere quell’immonda creatura.
Con un urlo Ethelyn si
scagliò contro il Grifone, subito seguita da Blaking e dagli
Ulver. Gli si avventarono addosso come un’onda che
s’infrange sugli scogli.
Iniziarono a colpire ogni centimetro di pelle che trovavano, conficcando le lame in profondità.
L’animale se li scrollò di dosso una volta, con rabbia.
L’Ippogrifo fu il primo a
rialzarsi, seriamente intenzionato a svelare a tutti la sua vera
natura. Non gl’importava nulla di esser scoperto, non poteva
tollerare che due ragazzi fossero in fin di vita per colpa di quella
creatura.
Chiuse gli occhi, concentrandosi, ma la voce della Ferift lo bloccò. –Non farlo!
Riaprì gli occhi e la vide puntare le mani contro il Grifone, le dita contratte come se volesse catturare l’aria.
La fissò confuso. –Che stai facendo?- domandò.
Il loro avversario si erse in tutta la sua altezza, spiegando le grandi ali nere.
“Devo riuscirci, devo
riuscirci!”, si disse la ragazza. Quello che stava tentando di
fare era difficilissimo, praticamente impossibile.
Suo padre gliene aveva parlato, ma l’aveva anche messa in guardia dall’utilizzare quel particolare potere.
Ma la situazione era disperata e lei voleva ucciderlo.
Come se si fossero accorti della magia che stava richiamando, le guardie si erano fermate, aspettando che si manifestasse.
Sentiva il sudore colarle lungo il
viso e stava digrignando talmente i denti da sentirli scricchiolare.
L’aria non le ubbidiva, non ci stava riuscendo.
Le tremavano i muscoli di gambe e braccia.
Blaking le si avvicinò e,
vedendola in difficoltà, le posò il capo sul braccio.
Voleva trasferirle parte del suo potere.
Quando Ethelyn avvertì quel nuovo afflusso lo guardò senza parole.
Lui le sorrise e tornò a fronteggiare il Grifone.
-Che volete fare?- chiese quello, perplesso. Erano tutti immobili e nessuno osava attaccarlo.
Alle sue spalle Kiron si era
rialzato e aveva impugnato la spada, finita a terra nella caduta.
Voleva piantargliela in corpo, ma sapeva che non ce l’avrebbe
fatta senza un po’ d’aiuto.
Decise di aspettare la mossa della rossa.
“Lo sento!”, esultò lei.
Prese un respiro profondo e spinse in avanti il potere, facendo vibrare l’atmosfera.
Subito il Grifone sgranò gli occhi, irrigidendosi. L’aria attorno a lui si era fatta pesante, densa.
Scosse la testa per scacciare la sensazione, ma quella si intensificò.
-Che mi sta succedendo?- domandò con voce strozzata. Cadde in ginocchio, la vista annebbiata e il respiro ansante.
-Non so per quanto tempo
resisterò, fate qualcosa!- urlò Ethelyn. Era come se
qualcuno le stesse risucchiando le forze.
Alle sue parole il principe si riscosse e si lanciò contro il Grifone con un urlo.
Gli saltò in groppa e
piantò la lunga lama della sua spada alla base del collo,
inchiodandolo a terra. L’animale si dibatté, cercando di
ribellarsi alla magia della Ferift e all’arma dell’Elfo, ma
venne assalito anche dagli altri.
Pochi colpi ben mirati e smise di opporre resistenza, finalmente morto.
-Ce l’abbiamo fatta…-
la rossa si lasciò cadere in ginocchio, spossata. Blaking fece
per raggiungerla, ma lei gli indicò Nehir col capo.
-Drew!- l’Ippogrifo lo raggiunse.
Il Fisàan gli lanciò
un’occhiata e poi si scostò, rivelando il suo prezioso
tesoro. Il ragazzo aveva la parte sinistra del corpo ricoperta di
sangue, non si distingueva nemmeno più il colore degli abiti.
Lì dove gli artigli della creatura erano penetrati aveva la
carne lacerata.
Ma la ferita più brutta era quella alla gola. Spillava troppo sangue: bisognava fermare l’emorragia.
Il Nun tentò di parlare, ma si strozzò col suo stesso sangue.
-Non parlare.- lo ammonì.
Alcune delle guardie lo raggiunsero, le altre erano andate dai
principi. –Serve un curatore!
-Nessuno di noi può curare
delle ferite così estese, non siamo Elfi del Cuore, il nostro
potere non basterebbe.- gli disse uno degli Elfi.
-Allora chiamata qualcuno che possa farlo!- supplicò con voce incrinata.
-Dobbiamo occuparci prima del
principe.- fu la risposta di un arciere. A quelle parole Blaking fece
per scattare, ma si limitò a voltarsi verso i due fratelli.
-Va… da lui…- Drew gli sfiorò leggermente una spalla.
Lui lo fissò con tanto d’occhi, scuotendo la testa.
In quell’esatto istante tutto il resto degli Ulver li raggiunse, primo fra tutti il capitano.
-Cos’è successo qui?- domandò, guardandosi attorno sconvolto.
-Capitano! Il principe!- gli urlò qualcuno.
Arun allora si voltò e vide i
due eredi al trono, l’uno vicino all’altro. Kiron stava
ascoltando il respiro del fratello, sul viso un’espressione di
agonia.
Senza perdere tempo li raggiunse.
-Fammi vedere, ragazzo.- lo
spostò gentilmente ma con fermezza. Simar aveva una brutta
ferita alla testa e una gamba rotta in più punti. I segni di un
graffio erano chiaramente visibili sul suo torace, ma non sembravano
troppo profondi.
Chiuse gli occhi e gli posò una mano sulla fronte. –Ha perso conoscenza. Portatelo a palazzo.- sentenziò.
Il sollievo sul viso del principe fu palese.
-Arun!
L’Elfo voltò la testa
ed individuò un nutrito gruppo di persone attorno al
Fisàan del principe Simar. Si avvicinò rapidamente.
–Che succede?
-Ferma il sangue, per favore!- lo supplicò Ethelyn. Aveva raggiunto Blaking e si era nuovamente accasciata al suolo.
Senza una parola, l’uomo si
inginocchiò davanti a Drew. Osservò le sue ferite per
qualche istante, poi gli posò la mano sulla gola.
Dal suo palmo si sprigionò una luce dorata, calda e rassicurante.
Quando la rimosse l’uscita di sangue era cessata e il Nun ritornò a respirare normalmente con un singulto.
-Ha bisogno di essere curato e di
punti.- disse rivolto a Blaking. –Portatelo a palazzo!- si
rivolse poi agli Elfi che erano giunti con lui.
Simar era già stato trasportato via e quattro di loro si avvicinarono con una barella, pronti a sollevare il ragazzo.
-Siete stati molto coraggiosi.- commentò il capitano.
-Sì, ma a quale prezzo?- replicò l’Ippogrifo.
-Voi siete feriti?- domandò, lanciando un’occhiata all’ala della giovane.
-Solo qualche graffio.- disse lei, coprendo il sangue con la mano.
-Abbiamo avuto delle perdite?-
s’informò uno degli Elfi della scorta di Simar. Il
capitano si alzò e lo guardò per qualche istante.
-Abbiamo perso tre guardie. Nessun
Ulver è morto.- rispose. –Torniamo a palazzo. Dovremo
raccontare al re cos’è successo.
Furono tutti d’accordo e si incamminarono lentamente. Arun si pose a capo del gruppo com’era suo diritto.
-Come stai?- Ethelyn affiancò
Blaking. L’Ippogrifo si voltò a guardarla e le sorrise,
stanco. Lei allora indicò la sua zampa, preoccupata.
-Tranquilla. Non è grave… passerà.- sdrammatizzò. –Tu, invece?
-Passerà.- si concesse un
sorriso, usando le sue stesse parole. L’amico le diede un leggero
colpetto con un’ala, felice che non fosse andata peggio.
Quando giunsero finalmente a palazzo Tùrin corse loro incontro.
Si fermò davanti ad Arun e i
due scambiarono alcune rapide parole. Si congedarono con una pacca
sulla spalla e poi le guardie si dispersero. Qualcuno andò alla
ricerca di un curatore, altri puntarono verso il villaggio,
probabilmente per tornare dalle proprie famiglie.
Vedendoli in disparte, l’Elfo li raggiunse.
Dedicò loro una lunga occhiata. –Come state?- chiese infine.
-Non ti preoccupare. Hai visto Drew,
per caso?- la Ferift sbirciò oltre le sue spalle, alla ricerca
di una qualche tenda d’emergenza o qualcosa di simile.
-Lui e il principe sono stati
portati a corte. Il re ha chiamato subito Celine.- spiegò.
–Non so se ringraziare la Terra per aver risparmiato quei due
oppure maledirla per come sono stati conciati.
-Oh, io ringrazierei. Sicuramente.- suggerì Blaking.
Il maestro d’armi
annuì. –Venite, la regina vuole vedervi.- si voltò
verso il grande portone d’ingresso, pronto a scortarli.
Per il resto del tragitto nessuno aprì bocca.
Infine Tùrin li lasciò
nel vestibolo delle stanze reali. Ethelyn esitò poi
bussò. Subito venne loro incontro Dama Undine in persona.
Si bloccò sulla porta, guardandoli con tanto d’occhi e poi li abbracciò, lasciandoli senza parole.
-Meno male, state bene!- sospirò.
Nessuno dei due si era aspettato quella reazione, quindi attesero che fosse la donna a sciogliere il contatto.
-Entrate, mando subito a chiamare un
curatore.- disse, spingendoli all’interno delle sue stanze.
–Devon, va’ a cercare Sirus, per favore.- si rivolse a
quello che probabilmente era il suo servo di fiducia.
L’Elfo fece un breve cenno col capo e poi sparì oltre la porta, lasciandoli soli.
-Sedetevi.- li invitò.
La Ferift non se lo fece ripetere
due volte e crollò su una poltrona, troppo spossata per reggersi
in piedi. Blaking le si avvicinò, rimanendo però in
posizione eretta. Teneva la zampa ferita leggermente sollevata,
distribuendo il peso sulle altre.
-Vi prego, raccontatemi tutto. Holean è quasi impazzito quando ha visto Simar in quelle condizioni.- li pregò.
Il fatto che fosse lì, a
parlare con loro, e non al capezzale di suo figlio faceva capire quanta
forza c’era in quella Ninfa dall’aspetto così
delicato.
I due compagni si scambiarono un’occhiata intensa e poi Blaking iniziò il resoconto.
Quando finalmente la regina li congedò, avevano ricevuto tutte le cure del caso e molti, forse troppi ringraziamenti.
-Io vado da Drew… ammesso che me lo facciano vedere.- annunciò Blaking, una volta fuori dalla porta.
Ethelyn lo guardò, stanca.
–Io vorrei prima darmi una sistemata… sono tutta sporca di
sangue.- mormorò stringendo tra le mani la camicetta, ora di uno
strano color terra.
L’Ippogrifo annuì. –Ti aspetto da lui.- mormorò prima di avviarsi.
-Ok, a dopo.
Lo osservò percorrere il
corridoio, zoppicante e col capo chino. Se per lei era stata una
sofferenza vedere il Nun ridotto in fin di vita, cosa doveva esser
stato per lui?
Ricacciò indietro una lacrima e si avviò verso la propria camera.
La sua ala non era grave, ma il
curatore le aveva dato un impacco da applicarvi, prima di coricarsi la
sera. Nonostante questo aveva potuto ritrarla, riassumendo il suo
solito aspetto.
Quando aprì la porta del bagno trovò le serve che la aspettavano, l’acqua già pronta.
Le guardò stupita.
-Siamo contente che stiate bene.- le dissero, sorridendo impacciate.
-Oh… grazie.- mormorò, sentendo uno strano groppo in gola.
-Vi lasciamo al vostro bagno.- non tentarono di aiutarla ad uscire dai vestiti, semplicemente si inchinarono e uscirono.
La ragazza rimase a fissare la porta ancora più stupita di prima. Era successo qualcosa, durante la sua assenza?
O l’aver partecipato alla battaglia aveva fatto cambiare alle donne la loro opinione su di lei?
Scosse la testa, decidendo che non le importava in quel momento.
Si svestì e scivolò
nella vasca, reprimendo un gemito quando il liquido caldo le
lambì la pelle, lì dove si era procurata delle
escoriazioni.
Cercò di impiegare meno tempo
possibile, ma passarono comunque venti minuti. Una volta uscita
trovò ad attenderla la più giovane delle donne che si
occupavano di lei.
Si bloccò, non sapendo che dire.
-Vi aiuto a vestirvi. Così potete andare dal vostro compagno.- disse solo.
-Grazie.- per la seconda volta in poco tempo si ritrovò spiazzata dal comportamento degli Elfi.
Indossò la prima cosa che trovò, buttandosi sulle spalle uno scialle.
Ringraziò nuovamente la serva e corse fuori.
Sapeva dove andare perché Undine aveva riferito loro dove erano stati portarti Drew e Simar.
Raccolse la gonna e si affrettò.
-Perché hai voluto fare l’eroe? Stupido di un fratello!
Kiron stava trattenendo con tutte le sue forze le lacrime, preferendo imprecare contro Simar, ancora incosciente.
Il re suo padre era lì con lui e lo lasciava fare. Capiva quello che provava.
“Se solo fossi ancora in grado
di combattere come prima.”, pensò, serrando la mascella.
Uno dei suoi figli giaceva incosciente davanti a lui ed era tutta colpa
della sua debolezza.
Se ci fosse stata Undine
l’avrebbe sicuramente rimproverato per quei pensieri
autolesionisti, ma non poteva impedirsi di formularli.
-Quanto ci metterà a
svegliarsi?- domandò il ragazzo. Sollevò lo
sguardò e lo puntò su di lui. –E dov’è
nostra madre?
-Vostra madre sta arrivando. Voleva
prima accertarsi delle condizioni di Ethelyn e di Blaking. E
sicuramente farsi raccontare come sono andate le cose.- gli rispose.
-Perché?- chiese Kiron.
-Perché lei è fatta così. Ha bisogno di sapere.- replicò il re.
-Ma potevo raccontarglielo io…- protestò ingenuamente il giovane. Suo padre scosse la testa.
-No… non appena ti vedrà capirai perché.
L’Elfo gli lanciò
un’occhiata, perplesso, per poi tornare ad inveire contro se
stesso e il suo gemello, ancora inerme in quel grande letto.
Perché suo padre era così calmo? Perché non si stava strappando le vesti, accecato dal dolore?
“Valiamo così poco…?”, si chiese.
Holean intuiva i pensieri di suo
figlio, ma non voleva interromperli. Sapeva che avrebbe capito da solo.
Anche lui soffriva, aveva solo un modo diverso per esprimere il proprio
dolore.
E, presto o tardi, anche Kiron
avrebbe dovuto imparare a controllare la propria impulsività.
Urlare non serviva a nulla, solamente a sfiancarsi.
L’aveva appurato egli stesso quando era morto il suo ultimogenito, dieci anni prima.
Stava per riandare a quei ricordi
dolorosi quando la porta si aprì all’improvviso. Si
voltò, giusto in tempo per vedere sua moglie correre ad
abbracciare Kiron.
Il giovane principe rimase immobile, colto alla sprovvista. –Madre…- mormorò.
-Per fortuna stai bene.- disse lei, accentuando la presa.
-Mi state… potete…- cercò di farla staccare, imbarazzato da quel gesto. Non era più un bambino.
Quando finalmente Undine sciolse il contatto aveva gli occhi lucidi. Le lacrime erano lì, pronte a strabordare.
E allora Kiron capì quello che aveva detto suo padre.
Si vergognò tantissimo per le
sue lamentele e anche per aver desiderato che sua madre lo lasciasse
andare il più presto possibile.
-Sicuro di non essere
ferito…?- gli chiese, analizzando da vicino il suo viso. Lui
annuì, lentamente. –Tuo fratello si riprenderà.-
gli sorrise poi, incoraggiante.
Undine era forte, lo era sempre stata.
Ma in quel momento suo figlio vide
il dolore nei suoi occhi d’ambra. Senza nemmeno pensarci la
strinse a sé, affondando il viso nei suoi capelli.
Questa volta fu lei a rimanere di stucco.
-Mi dispiace avervi fatto preoccupare… e mi dispiace per Simar…- sussurrò con voce strozzata.
-Recriminare non serve a nulla.
Ricordati, figlio mio, che quello che non uccide ci rende più
forti.- intervenne sir Holean.
A quelle parole madre e figlio si
voltarono a guardarlo. La regina si alzò e andò a
stringersi a lui, comunicandogli al sua presenza e cercando di
trasmettergli il proprio amore.
L’Elfo appoggiò il viso sul suo capo, sorridendo sereno.
-Da quanto tempo è privo di conoscenza?- domandò lei, ad un certo punto.
-Da quando è stato colpito,
nella foresta.- riferì Kiron. –Quando Arun l’ha
toccato non era preoccupato… non ha nemmeno usato il suo potere.
-Allora non è in pericolo di vita. Mi fido del giudizio di Arun.- disse suo padre.
-Vorrei solo che si svegliasse per dirgli quanto è stato stupido.- ammise il ragazzo, tornando vicino al letto.
I suoi genitori sorrisero.
Anche se le sue parole sembravano dure, potevano leggere con chiarezza il dolore e la preoccupazione nei suoi occhi.
-Eccomi!- Ethelyn raggiunse Blaking,
trovandolo ad aspettare in un piccolo corridoio. –Come mai sei
qui?- si guardò intorno, perplessa.
L’Ippogrifo scosse la testa
con fare sconsolato. Non me lo fanno vedere: hanno detto che lo stanno
operando.- spiegò.
Senza esitare un attimo lo raggiunse
e si strinse a lui. L’animale le si appoggiò contro il
fianco, grato della sua presenza.
-Ce la farà, vedrai.- sussurrò lei. “Ti prego, Drew!”, pensò angosciata.
L’altro fece oscillare il capo
piumato, lentamente. –Lo so, mi fido di lui. So che non ci
deluderà.- si lasciò sfuggire un sorriso.
-Aspettiamo insieme, ti va?- propose
la ragazza, lasciandosi cadere sul pavimento. La guardò e poi la
imitò, stando attento a non gravare sulla zampa ferita.
Rimasero in silenzio per un
po’, persi nei propri pensieri e nella preoccupazione per il loro
compagno di viaggio fino a quando uno di loro due si decise a spezzare
quell’immobilità.
-Ti ringrazio…- disse Blaking.
La rossa lo guardò, perplessa. –Per cosa?
-Per tante cose.- le lanciò
un’occhiata coi suoi occhi di ghiaccio, ora stanchi. –Per
aver ucciso quel Grifone, in primo luogo.
-Non l’ho ucciso io.- ci tenne a precisare.
-Lo so, ma hai usato il tuo potere
in modo pericoloso. Non ho mai sentito di un Ferift che abbia tentato
di soffocare qualcuno e i pochi resoconti che esistono parlano di saggi
e sapienti.- le spiegò.
Colpita da quel complimento implicito, Ethelyn arrossì. –Be’… me ne aveva parlato mio padre.- ammise.
-Sul serio? E te l’aveva fatto vedere?- le chiese, stupito.
Scosse la lunga chioma riccia.
–No. Mi ha solo detto che c’era un modo per manipolare
l’aria… per uccidere…- non osò guardarlo,
temendo un suo giudizio.
-Se stai pensando di essere
considerata una possibile assassina o che so io, ricrediti. Oggi hai
salvato molte vite.- la guardò apertamente, fiero di quello che
aveva avuto il coraggio di fare.
-Ho solo provato tanta rabbia. Non
era giusto che morissimo lì, in quel modo, nessuno di noi.-
mormorò, abbassando lo sguardo sul pavimento. Sotto
l’ampia gonna del vestito aveva le gambe incrociate.
Non le importava nulla dell’etichetta in quel momento.
-Quando mi hai bloccato…
stavo pensando di trasformarmi.- ammise all’improvviso. Gli occhi
della ragazza si puntarono su di lui, spalancati
all’inverosimile. –Lo so, sarebbe stata una pazzia. Non
guardarmi così.
-Scusa.- si affrettò a riabbassare lo sguardo.
-Un altro dei motivi per cui ti
ringrazio è che Drew sta cambiando, da quando ti abbiamo
incontrata.- riprese in mano il discorso iniziale.
-Cioè?
-E’ sempre stato un tipo
scapestrato, sempre pronto a cacciarsi nei guai. Da quando ci sei tu
è più responsabile, è conscio di far parte di un
gruppo e si comporta di conseguenza.- sollevò un angolo del
lungo becco, in quello che doveva essere un sorriso. Era strano vedere
un’espressione del genere sul muso di un Ippogrifo.
-E sarebbe merito mio?- si indicò.
Lui annuì.
–Assolutamente sì. Chissà, sarà il risveglio
degli ormoni.- scherzò, facendola arrossire visibilmente.
“Non dev’essere così preoccupato se ha voglia di scherzare.”, si disse lei.
-E l’ultima cosa…
riguarda me. Dopo Drew e i suoi genitori, sei la prima che si affida a
me. E questo mi rende molto felice.- ammise, evitando di guardarla.
A quella confessione la Ferift si
sciolse. Appoggiò la testa contro la sua, avvolgendogli il collo
con le braccia. Le piccole penne le solleticarono la pelle.
Rimasero così per un po’, poi la presa della ragazza si allentò, segno che si era addormentata.
L’Ippogrifo la fece scivolare
lungo il proprio corpo, fino a quando non appoggiò il capo sul
suo fianco. Le sfiorò la fronte, grato che fosse lì con
lui a condividere quel momento difficile.
-Kiron… non dormire qui.- Caitlin svegliò dolcemente il marito, scuotendolo per una spalla.
Il giovane riemerse dal sonno con qualche parola di protesta ma, quando si rese conto chi aveva di fronte, sorrise.
-Ehi…- la attirò
vicino a sé, cingendole la vita con un braccio. Si era
addormentato appoggiato al letto di Simar.
-Come va?- la ragazza si chinò per lasciargli un bacio sui capelli.
-Non si è ancora svegliato.
Non capisco perché. Per il resto è stato curato.-
riferì, facendo spaziare lo sguardo sul corpo del fratello.
-Vedrai che si riprenderà a
breve.- cercò di tirarlo su l’Elfa. Lui la guardò,
sorridendole con calore.
La cosa che più apprezzava in
Caitlin, a parte il suo corpo, era la sua capacità di
riscaldarlo come un piccolo sole. Ogni volta che era preoccupato andava
da lei e tutti i problemi sembravano svanire come neve sciolta.
-Hai mangiato?- gli chiese dopo un
po’. Scosse la testa, senza cercare di negarlo. –Ti vado a
prendere qualcosa…?- si offrì.
-Come vuoi.- disse solo, tornando a guardare Simar.
La giovane restò a fissarlo
per qualche altro istante, poi uscì dalla stanza, non volendo
insistere oltre. Non capiva il suo dolore perché non ci era mai
passata, ma gli era vicino.
Kiron sospirò, stanco. Si
passò una mano sugli occhi, cercando di schiarirsi le idee
quando con la coda dell’occhio percepì un movimento.
Voltò il capo, all’erta.
-Fai impressione… la smetti?- quella frase, appena sussurrata, era stata pronunciata dal suo gemello.
Si alzò in piedi, emozionato.
Lentamente l’Elfo aprì gli occhi. –Ciao fratellino.- stirò le labbra in un sorriso.
-Per fortuna stai bene…- si lasciò cadere nuovamente a fianco del letto.
-Non dovrei?- gli chiese lui.
Non rispose, troppo impegnato a
ricacciare indietro quell’unica lacrima che premeva per uscire.
Ci era ormai riuscito quando si ricordò di tutto quello che
avrebbe voluto dirgli.
-Sei un cretino.- lo freddò.
Simar rimase a fissarlo senza
parole. –Ehm… credo di aver preso una bella botta. Mi hai
appena dato del cretino?- sollevò un sopracciglio, incredulo.
-Sì, perché lo sei.- replicò.
Il giovane continuò a fissarlo, confuso. –Ho fatto qualcosa mentre ero incosciente di cui dovrei essere informato?
Il moro scosse la testa. –No, è per quello che hai fatto prima.- svelò.
“Oh… aveva paura che
fossi morto per salvarlo…”, realizzò. Sentì
una fitta al cuore. –Ti ho visto lì, immobile… non
potevo lasciarti morire, no?- cercò di suonare noncurante. In
realtà aveva avuto una paura tremenda quando il Grifone si era
girato per colpirlo.
Non avrebbe potuto vivere senza di
lui. Il loro rapporto, in quanto gemelli, era qualcosa di più
della condivisione dello stesso sangue e dello stesso aspetto.
-Mi sarei spostato in tempo.- ribattè Kiron, cercando di suonare convincente.
-Sicuro.- gli diede ragione non riuscendo a trattenere un sorriso.
Al che suo fratello gli
afferrò la mano sinistra e la strinse forte. L’avrebbe
abbracciato se non fosse stato costretto a letto.
-Allora… com’è la situazione?- Simar tentò di dare una sbirciata al proprio corpo.
-Be’, hai una bellissima
fasciatura alla testa e la gamba destra rotta in tre punti. Più
dei simpatici graffi sul petto… potresti lanciare una nuova
moda.- ora che suo fratello era sano e salvo poteva concedersi di
scherzare come era solito fare. Poteva tornare ad essere il solito
Kiron, perché con Simar ancora sulla piazza lui tornava in
secondo piano.
Aveva sempre saputo di valere meno,
anche se nessuno gliel’aveva mai detto apertamente. Nemmeno i
loro genitori. Anzi, sospettava li amassero in egual maniera.
-Oh, giusto. Devo chiamare i nostri
boss.- Simar lo fissò perplesso. Al che il ragazzo
sbuffò. –I nostri genitori, no? Sei ancora un po’
intontito, eh? Non capisci le mie battute.
Si portò una mano alla testa, sentendo sotto le dita il contatto con le bende. –Forse sì.- concesse.
-Vado e torno, promesso.
La porta si aprì lentamente e ne uscì un’Elfa dall’aspetto abbastanza provato.
Si stava pulendo le mani affusolate in un grembiule sporco di sangue.
Blaking si alzò di scatto,
rischiando di far sbattere la testa ad Ethelyn. Fortunatamente lei era
sveglia da un po’ ed evitò il colpo.
-Allora?
La donna sorrise, rassicurante.
–E’ andato tutto bene. Ho dovuto ricucirgli buona parte del
corpo, ma si riprenderà. Non dovrete farlo muovere da quel letto
per una settimana. Man mano che le ferite miglioreranno lo
aiuterò anche con la magia.- disse loro.
-Grazie, la ringrazio tantissimo!-
Blaking la circondò con le ali, gli occhi lucidi per la
felicità. La curatrice rimase immobile, colta di sorpresa.
-Possiamo vederlo?- domandò la Ferift, avvicinandosi.
-Ora sta dormendo. È stata
dura per lui. Domattina, quando si sarà alzato.
Però… d’accordo potete entrare, se volete, ma non
fate rumore.- concesse infine.
I due amici annuirono.
Celine fece per congedarsi quando Devon li raggiunse. Lo guardò interrogativa, aspettandosi di ricevere brutte notizie.
-Il principe si è svegliato.- annunciò l’uomo.
A quelle parole tutti i presenti
s’illuminarono. –Davvero?- chiese l’Elfa.
L’altro annuì. –Oh… vengo subito. Portami da
lui.
Si fece largo tra i due amici e li superò, facendo loro un cenno con la mano.
-Be’… meno male.- disse Ethelyn.
Blaking non rispose: stava fissando la porta chiusa.
-Vuoi entrare?- gli posò una
mano sul dorso, leggera. Voleva rassicurarlo. Lui spostò il peso
da una zampa all’altra, ticchettando con le unghie sul pavimento.
Era nervoso.
-Non so… ho paura… e se fosse rimasto sfigurato? Se non potesse più parlare?- le domandò.
-La curatrice mi è sembrata
rilassata. Io non mi preoccuperei.- tentò di suonare il
più convincente possibile.
-Allora entriamo?- le chiese conferma, titubante.
La giovane si sporse ed
abbassò la maniglia della porta, aprendola. Poi attese che
l’Ippogrifo si facesse forza ed entrasse.
Voleva lasciargli un po’ di privacy. Sarebbe entrata dopo.
Blaking raggiunse il letto il più silenziosamente possibile: fortunatamente il pavimento era ricoperto di tappeti.
Con un groppo in gola si fermò ad osservare il ragazzo con cui era cresciuto.
Era l’ombra di se stesso.
“Cosa direbbero i suoi
genitori? Cosa direbbero di me?”, si chiese, in ansia. Fece
scorrere gli occhi lungo il corpo di Drew, focalizzandosi in
particolare sul bendaggio che gli copriva la parte sinistra del corpo,
fino ad abbracciare la gola.
Ricordava ancora la brutta ferita e tutto quel sangue.
Represse un brivido.
–Drew… so che ora sei troppo stanco per sentirmi, ma io
sono qui. Noi siamo qui. E ti aspetteremo, d’accordo?-
sussurrò.
In quel momento Ethelyn lo
raggiunse. Si scambiarono un’occhiata e poi lei si
concentrò sul Nun. L’intervento non doveva essere stato
facile ed era talmente esangue da sembrare uno spettro.
-Credi che possa rimanere qui…?- la creatura alzò lo sguardo, interrogativo.
La Ferift si guardò intorno,
a disagio. –Non lo so… ehm… potrei rimanere di
guardia fuori.- propose, indecisa.
-Lo faresti?
Sorrise. –Certo.
Fece per uscire, ma lui la fermò. –Rimani un altro po’.
Annuì e si sedette attentamente sul bordo del letto, sfiorando leggera la mano del ragazzo.
“Andrà bene.”, si disse.
Si risvegliò con un mal di schiena atroce.
Alzò la testa, confusa e vide solo rosso. Lasciando uscire uno sbuffo, si tolse i capelli dal viso.
Guardò fuori dalla finestra che dava sul corridoio per capire che momento del giorno fosse.
Stava albeggiando.
Si mise a sedere, cercando di
stirare i muscoli indolenziti. Aveva dormito raggomitolata sul piccolo
divanetto appena fuori la stanza di Drew.
Blaking era ancora dentro.
Sbadigliando, rimase a fissare per
qualche istante la palla di fuoco solare che faceva la sua comparsa
oltre il muro degli abeti.
Tutto era tranquillo, immobile. Come se il mondo fosse in attesa di qualcosa.
Si riavviò i capelli, ancora
mezza intontita dal sonno e aprì la porta della camera del Nun.
Sgusciò dentro, silenziosa e trovò l’Ippogrifo
addormentato ai piedi del letto.
Al fianco di Drew c’era la
curatrice che avevano visto solo la notte prima. Si bloccò,
credendo di averla disturbata.
-Buongiorno.- la salutò
l’Elfa. Lei ricambiò con un timido gesto del capo.
–Sono venuta a controllare il nostro paziente. Credo che tra non
molto si sveglierà e avrà fame. Purtroppo per un
po’ non potrà mangiare cibi solidi.- la informò.
-D’accordo… ma può parlare?- chiese.
La donna azzardò
un’occhiata al proprio paziente. –Sì, ma a bassa
voce e per tempi non prolungati.- riferì.
Ethelyn annuì, sollevata. –Grazie… per tutto.
-E’ il mio mestiere.- rispose quella.
-Il principe come sta?
Le lanciò un’occhiata,
meditando su quello che poteva riferirle o meno. –Si è
svegliato ieri sera. Le sue funzioni vitali sono stabili. Gli ci
vorrà del tempo, per la gamba, ma aiuterò anche lui con
il mio potere di guarigione.- si concesse un sorriso.
-E come l’ha presa la… famiglia?- domandò ancora.
Si sentiva inspiegabilmente in colpa per quello che era successo. Sia a Drew che a Simar.
Se avesse avuto prima la brillante
idea di soffocare il Grifone, probabilmente quei due non sarebbero
finiti confinati in un letto.
-Incolpano gli animali
d’ombra.- la rassicurò. –Ora devo andare… ci
rivedremo stasera, se sarete ancora qui.
Si avvicinò alla porta, silenziosa come solo un Elfo poteva essere.
-Arrivederci.- mormorò la ragazza.
Non appena si fu richiusa la porta
alle spalle, la rossa sentì un gemito. Si voltò verso il
letto e vide Drew muovere la testa. Cercando di non urlare come una
pazza, lo raggiunse.
-Drew!- sussurrò.
Il Nun aprì gli occhi, cercando di metterla a fuoco. –Dove sono…?
-In una camera, a palazzo. Ti
abbiamo portato qui dopo lo scontro, ricordi?- si sedette accanto
a lui, stando attenta a non disturbare Blaking.
Lui strinse gli occhi, sforzandosi
di riportare tutto alla mente. –Sì, ricordo. Come stai?
Blaking?- la sua voce era roca.
-Vuoi dell’acqua?- gli chiese,
notando una caraffa poggiata sul comodino lì affianco.
Annuì, cercando di mettersi a sedere. –No, stai fermo.- lo
bloccò.
Recuperò un bicchiere e lo
aiutò a prendere qualche sorso. –Grazie.- mormorò,
abbandonandosi nuovamente contro il cuscino.
-Eravamo molto preoccupati, sai? Blaking è rimasto sveglio tutta la notte.- gli disse.
Drew lanciò un’occhiata
alla propria sinistra, intravvedendo le piume nere delle ali
dell’amico. –Mi dispiace avervi fatti preoccupare. Voi
state bene?
-Sì, sì. Solo ferite lievi.- lo rassicurò con un gesto noncurante della mano.
-Il principe?- chiese.
-Si è svegliato ieri sera, subito dopo la tua operazione.- gli disse.
“Per fortuna.”, sospirò.
-Ora ti lascio riposare. La
curatrice ha detto di non farti parlare troppo.- si alzò,
sorridendogli. –Vuoi qualcosa da mangiare?- chiese, prima di
dimenticarsene.
Scosse la testa. –Non mi abbandoni qui, vero?- tentò di assumere un tono scherzoso.
Il suo sorriso si allargò.
–No. Ma sei in buona compagnia. Aspettati una bella ramanzina,
quando si sveglia.- lo avvertì, indicando l’amico
addormentato.
I due giorni successivi la regina non fu mai vista a palazzo.
Se ne stava tutto il tempo nella
camera del figlio, preoccupata oltre ogni dire. Lo lasciava solo per
dormire, con suo grande dispiacere.
Simar, invece, iniziava a sentirsi soffocare per tutte quelle attenzioni.
Gli mettevano ansia.
La sera del secondo giorno decise di
approfittarne per fare una cosa importante. Aveva rimandato anche
troppo e, dato che non aveva molto da fare, decise di far chiamare
Ethelyn.
Doveva chiarirsi con lei e scusarsi.
Quando la ragazza ricevette
l’invito da parte del principe, era in compagnia di Drew e
Blaking. L’Elfo che entrò nella stanza era quello che
avevano visto chiamare la curatrice, Celine, per informarla del
risveglio dell’erede al trono.
Dire che fu sorpresa sarebbe stato
riduttivo: non si aspettava certo un colloquio
nell’intimità della stanza del ragazzo.
Lanciò un’occhiata ai suoi amici, indecisa sul da farsi.
-Va’… chiarisci le
cose.- la incoraggiò l’Ippogrifo. Il Nun avrebbe voluto
protestare, ma aveva visto di persona quanto il comportamento di Simar
le avesse fatto male. Quindi non voleva impedirle quella conversazione.
Si alzò dal letto e fece un
cenno all’Elfo. Quello si congedò dagli altri due e la
condusse verso le camere del principe.
Durante tutto il tragitto Ethelyn si chiese quale espressione avrebbe dovuto mostrare in sua presenza.
-Principe, la signorina Ethelyn è qui.- annunciò Devon, entrando.
Simar sollevò la testa e prese un respiro profondo. –Falla entrare, per favore.- disse.
Il maggiordomo scomparve e al suo posto entrò la Ferift.
Notò subito che era a disagio e non sapeva dove posare lo sguardo. Si sentì in colpa, pensando fosse a causa sua.
-Vieni… siediti.- le indicò la sedia accanto a sé.
Senza una parola, la rossa attraversò la stanza e si accomodò, affrettandosi subito ad abbassare lo sguardo.
“Da dove posso
cominciare?”, si domandò lui. Era agitato e non sapeva
bene perché. Lei, d’altro canto, non voleva incontrare i
suoi occhi e leggervi l’odio.
Rimasero in questa situazione di stallo fino a quando Ethelyn non si azzardò a chiedere:-Come state?
Per poco Simar non sobbalzò.
–Non darmi del voi…- mormorò. “Non sono poi
così vecchio.”, aggiunse dentro di sé.
-Oh… scusami.
-Comunque sono stato fortunato. Devo
solo stare attento a non sforzare la gamba per un po’.- le disse,
dandosi una leggera pacca sulla coscia destra.
La giovane non poté impedirsi di seguire il suo gesto con gli occhi. –Ti fa molto male?
Scosse la testa. –No, adesso
no. Due giorni fa sì.- ammise. –Il tuo amico, Drew, come
sta?- si ricordò di chiederle.
A quella domanda lei sollevò
lo sguardo. Incontrare gli occhi blu oltremare del principe la fece
leggermente arrossire. Avevano un bel taglio ed erano molto intensi ma,
cosa più importante, erano puntati sulla sua persona.
Sembrava quasi che stesse analizzando ogni suo piccolo gesto per capire cosa fare.
-Drew sta migliorando. Si lamenta
spesso perché non può mangiare cibi solidi né
parlare troppo. Blaking sta cercando di tenerlo impegnato con esercizi
di magia e altre cose.- si lasciò sfuggire un sorriso ripensando
all’ultimo battibecco scatenatosi tra i due. Erano buffissimi
quando si davano contro, soprattutto se lo facevano col sorriso sulle
labbra.
“Sta sorridendo…”, Simar la fissò perplesso. –E la cosa ti fa sorridere?
Il suo viso perse ogni traccia di
allegria. –No… io… stavo ripensando ad un
episodio.- si giustificò. “Perché mi mette
così in soggezione?”, si chiese.
-Oh… immagino che siate molto
legati.- commentò lui. Non si poteva dire che fosse senza amici,
ma le persone su cui poteva contare davvero erano veramente poche. Tra
queste, per fortuna, c’era suo fratello. Anche se non era sempre
l’affidabilità fatta a persona.
-Loro sì. Sono cresciuti
insieme. Io mi sono aggregata al gruppo da poco.- ammise. “Adesso
arrivano le domande, lo so.”
Simar fece vagare lo sguardo sui capelli della Ferift, così insolitamente infuocati. Gli ricordava una Doslor.
-Da dove vieni?- chiese.
-Ferend. A poco più di una settimana di viaggio da qui.- spiegò. Continuava a sentirsi intimorita da lui.
-E come vi siete incontrati?- era
curioso. Ora che non la giudicava più sotto l’influenza
del pregiudizio e del dolore, voleva saperne di più. Anche
perché gli aveva fatto capire di non avere niente a che fare con
quello che era successo alla sua famiglia.
-Non credo siano affari tuoi.-
replicò lei. Quando lo vide scurirsi in volto si diede della
stupida. Non doveva essere così sgarbata.
Fece per scusarsi, ma lui glielo impedì. –Hai ragione, non è affar mio.- convenne.
-Mi dispiace, ma… insomma… non…- farfugliò.
-Sì, lo so. Non abbiamo
iniziato col piede giusto.- le disse. Lei annuì. –Ti ho
chiamata qui per scusarmi, infatti. Sono stato imperdonabile e ingiusto.
-Oh, sì, sicuramente.- gli diede ragione.
Simar ci rimase. –Hai una bella lingua, eh?- commentò, leggermente infastidito dal suo tono.
Al sentirsi dire ciò, Ethelyn
sentì la rabbia riaffiorare in superficie. –Io non mi sono
mai permessa di offendere o giudicare una persona alla prima occhiata.-
ribatté, fissandolo dritto negli occhi.
La cosa pungolò il principe,
che abbandonò la posizione difensiva per passare
all’attacco. –Non credo tu abbia mai provato quello che ho
provato io.- sostenne il suo sguardo. Il colore dei suoi occhi si era
fatto più scuro e freddo.
-Cosa vuoi saperne di quello che ho passato? Nemmeno mi conosci!- alzò la voce, non riuscendo a trattenersi.
-Io so quello che ho visto! So che
sono stati quelli del tuo popolo ad ammazzare la mia gente e mio
fratello!- anche lui aveva alzato la voce. I muscoli del suo corpo si
erano irrigiditi assieme al suo tono.
-Mi dispiace per tuo fratello! Ma io
sono innocente, non c’entro niente!- si batté un pugno sul
petto, cercando di fargli capire quella dannata verità. Lei era
appena una bambina quando quei Ferift impazziti avevano attaccato il
Regno del Nord. Era rinchiusa da poco nella grotta e non avrebbe potuto
farle del male a qualcuno neanche volendo.
-Tu sei una Ferift!
A quella frase entrambi smisero di respirare.
Simar ansimava leggermente per lo sforzo, lo stesso Ethelyn, ma per un altro motivo. Stava cercando di trattenere le lacrime.
Era arrabbiata al punto che stava
per scoppiare. –Solo perché sono una Ferift allora
significa che sono colpevole? È così che pensi di
governare questo regno, col pregiudizio?- domandò con voce
strozzata.
-Non ci sono Ferift nel Regno.- asserì.
-E mai ce ne saranno se continuerai con questa tua stupida convinzione!- gli urlò contro.
-Per poco la mia famiglia non si
è sgretolata sotto i miei occhi! Mio padre è stato ferito
a tal punto che non può nemmeno più combattere! E io ho
dovuto convivere con questo da quando avevo dieci anni!- lasciò
uscire tutta la sua frustrazione, tutte le parole non dette.
Era pienamente consapevole che lei
non aveva colpe, che non era la persona giusta con cui sfogarsi, ma
ormai aveva dato via libera alle parole.
-Mi dispiace, mi dispiace! Ma non ne ho colpa!- la giovane scoppiò in lacrime.
A quella vista Simar si
bloccò. “Oddio… cos’ho fatto…
l’ho rifatto.”, realizzò, sconvolto. Allungò
una mano per sfiorare la sua, vicina al letto, ma lei lo scacciò.
-Sei contento, adesso?- gli diede le
spalle, cercando di calmarsi. Perché era scoppiata a piangere?
Perché, dannazione?
Tentò di spostarsi, di sedersi sul bordo del materasso, ma la gamba era troppo rigida per poterla muovere.
Lasciò uscire un gemito di dolore. Ethelyn gli lanciò un’occhiata da sopra la spalla, perplessa.
-Che stai facendo? Non devi muoverti…- gli disse, allarmata.
-Volevo farti voltare verso di me.
Sono stato uno stupido: l’ho rifatto ancora.- sospirò. Lei
allora tornò lentamente a fronteggiarlo, le guance rigate dal
recente pianto. –Mi dispiace tantissimo… sono anni che ho
questi… pensieri, in testa. E non ne ho mai parlato con nessuno.
Così ho finito per aggredire te.- non era una giustificazione,
lo sapeva, ma era l’unica spiegazione che poteva darle.
-Non è il modo giusto per risolvere i problemi, sai?- gli fece notare, piccata.
Lui annuì. –Lo so, me ne rendo conto.
La ragazza esitò un attimo,
ma poi gli si sedette vicino. –La prossima volta giuro che ti
darò uno schiaffo. Non bisogna scaricare i propri problemi sugli
altri.- disse.
-Vorrei… mi farebbe piacere
conoscerti. Ho vissuto metà della mia vita convinto che i Ferift
fossero il male, anche se mia madre e mio padre mi hanno spiegato i
fatti quando sono stato abbastanza grande da capirli.- spiegò.
-E nonostante questo…?
-Nonostante questo e nonostante
tutto quello che hai fatto per il Regno, ti ho accusata comunque. Una
parte di me sa che è assurdo, ma quella istintiva, quella che mi
cova dentro come un fuoco, è più forte in questi
giorni… be’… non solo in questi giorni.-
abbassò lo sguardo, sentendosi a disagio.
Sentiva l’irrefrenabile
istinto di aprirsi con lei. Le aveva mostrato il lato oscuro di se
stesso, urlandole contro come un indemoniato. Ora voleva raccontarle di
Caitlin.
E non aveva senso, perché lui non si era mai aperto con persone incontrate da poco tempo, degli sconosciuti in pratica.
-Credo che portare rancore non
serva. Anche se sono una persona estremamente testarda.- la voce della
Ferift lo strappò ai propri pensieri. –Vorrei poter
ricominciare tutto da capo, se sei d’accordo.
Per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare, Simar sorrise. –Mi piacerebbe.
-Bene… quando vuoi parlare,
io sono nella camera di Drew. Fammi chiamare.- si alzò,
intenzionata ad andarsene. Per quel giorno aveva dato abbastanza
spettacolo e si sentiva emotivamente spossata.
-No.- la fermò il principe.
–Resta… fammi compagnia, ormai è tardi, si saranno
addormentati.- le indicò la luna, già alta nel cielo.
Ma quanto tempo era passato da quando era entrata in quella stanza?
-Oh, ma io non posso rimanere qui.- protestò.
-Voglio parlare.- le disse. –Non potrei fare altro, comunque, guarda come sono ridotto.
L’espressione dell’Elfo la fece ridere. Aveva appena fatto una battuta, con lei.
Be’, se era in grado di
scherzare con una Ferift significava che non era un ragazzo senza
speranza, doveva solo togliere i paraocchi.
“Si può fare.”, si disse.
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Capitolo 16 *** Cap. 15 Dietro la facciata c'è un cuore innamorato ***
Cap. 15 Dietro la facciata c'è un cuore innamorato
Capitolo
di... rivelazioni. Il titolo dice molte cose, spero di accontentare le
fan che si sono già schierate con uno o l'altro personaggio ;)
Avremo anche un contatto col Cair... che genere di notizie saranno?
Buona lettura! :)
Cap. 15 Dietro la facciata c’è un cuore innamorato
-Hai fatto cosa…?- per poco Drew non urlò.
Ethelyn lo fissò perplessa e anche mortificata. Perché se la stava prendendo tanto?
-Ho passato la notte col principe Simar.- rispose con un filo di voce.
A quelle parole il giovane assunse
una strana sfumatura rossa e tentò di alzarsi a sedere. Blaking
dovette trattenerlo a forza. –Hai passato… ma sei
impazzita?!
Arrivata ad un certo punto, la sua
voce si strozzò e morì in un accesso di tosse.
–Drew!- i due amici gli si avvicinarono, preoccupati.
Li fermò con un gesto della mano, facendo capire loro che era tutto a posto.
“Cos’è successo mentre dormivo?”, si chiese il ragazzo, sconvolto.
-Non posso parlare con le persone?- domandò la giovane, confusa. “Cos’ho sbagliato?”, si chiese.
-No, certo che no! Non se questo
significa “passare la notte” con lui!- ribattè,
fuori di sé. Non lo avrebbe mai ammesso, ma gli era scattato un
moto di gelosia enorme all’udire le parole della Ferift.
-Drew, perché sei arrabbiato
con me? Non ho fatto niente di male!- sbottò lei. E senza dargli
il tempo di replicare uscì a passo di marcia.
Il Nun rimase a fissare la porta, interdetto. –Bravo, complimenti.- disse Blaking, chiaramente ironico.
Lui si voltò lentamente a
guardarlo, perplesso. La rabbia era scomparsa così com’era
arrivata. Sembrava fosse evaporata.
-Ma sei fuori di testa? Ti sembra che lei potrebbe passare la notte col principe in quel senso?- lo guardò dritto negli occhi.
Non rispose, serrando la mascella e vergognandosi per la scenata.
L’Ippogrifo sospirò.
–Ieri è stata chiamata, come ben ricordi. Prima che tu ti
svegliassi è tornata e si è scusata per aver tardato. Ha
detto che si sono chiariti e hanno deciso di ricominciare da capo.
Simar si è scusato per il suo comportamento.- gli spiegò,
cercando di rimanere calmo.
Drew sembrava non voler ascoltare.
-Sei cocciuto, eh? Non credo che le
passi nemmeno per la testa di finirci a letto! Probabilmente non ha mai
veramente pensato al rapporto uomo donna in quel senso!- sbottò,
esasperato.
-Come fai a dirlo?- finalmente si voltò a guardarlo.
-Ha vissuto per tredici anni in una
grotta, secondo te quanti ragazzi può aver mai frequentato?- gli
lanciò un’occhiata eloquente.
-Oh.- si lasciò sfuggire. –Giusto…
L’animale scosse il capo,
lasciandosi sfuggire un sorriso. –Ascolta… capisco che tu
sia… preso da lei, è normale alla tua età. Ma
facendo scenate di gelosia non andrai da nessuna parte.- gli fece
presente.
Il Nun arrossì visibilmente. –Io non sono…
L’amico lo bloccò,
inclinando la testa. –Ah no? Ho visto come la guardi.- lo
tanò. Lui allora sospirò, abbassando lo sguardo sulle
proprie mani. –Non ti sto dicendo che è una brutta cosa,
ma che devi gestirla con calma.- si affrettò ad aggiungere.
-E come? All’inizio ero solo incuriosito da lei… dal suo essere così indipendente…- ammise.
-E poi?- lo incoraggiò a
proseguire. In quel momento aveva bisogno di una sana chiacchierata tra
uomini, anche se al suo posto ci sarebbe dovuto essere suo padre.
“Non ho nemmeno mai trovato la femmina della mia vita.”, si
ritrovò a pensare.
Drew lasciò uscire un
sospiro e gli lanciò una rapida occhiata, vedendolo sinceramente
interessato. –Be’… poi siamo arrivati qui.
L’Ippogrifo si fece confuso.
Non gli sembrava ci fossero stati cambiamenti nella ragazza, a parte il
vestiario. –E’ per i vestiti?- chiese infatti.
L’altro scosse la testa, poi
annuì. –Non solo. Mi sembra più rilassata…
forse è solo un’impressione. Ma è più
femminile.- arrossì leggermente ripensandola col vestito
acquamarina.
-Mhm… e tu sei ancora
incuriosito da lei?- indagò. Doveva capire se era una semplice
infatuazione dettata dagli ormoni o qualcosa di più. Non poteva
permettersi di veder disintegrare il gruppo a causa di un cuore
infranto.
Il giovane si grattò la
testa, arruffando i capelli castani. Gli si erano allungati, arrivando
a lambirgli le spalle, mentre fino a qualche tempo prima mancavano
diversi centimetri.
-Non voglio provare tanto per divertirmi. Questo no.- iniziò. Non sapeva bene come spiegarsi, ma ci avrebbe provato.
Un’occhiata dell’amico gli fece capire che doveva continuare.
-Non la conosco ancora bene, ma
quel poco che ho visto mi piace. Quando si è aperta con me,
quando si è sfogata, è stato bello. Mi sono sentito
utile.- si lasciò sfuggire un sorriso, imbarazzato per
l’aver ammesso quel pensiero così personale. –Non
sono mai stato la spalla di nessuno, al villaggio. Solo la tua e
nemmeno troppo spesso. Semmai il contrario.
-Sì… eri un frignone.- lo prese in giro, beccandosi un colpetto sul muso.
-Credo di essere abbastanza maturo
per potermi prendere cura di qualcuno. Non credi?- gli domandò,
speranzoso di ricevere una risposta affermativa.
-Sì, sei molto maturo e hai
la testa sulle spalle. Ma lei non è un cucciolo, è una
persona. E se veramente provi dei sentimenti per lei, sentimenti che
vuoi renderle noti, dovrai impegnarti sul serio.- lo mise in guardia.
Il Nun deglutì, agitato.
-Be’, credo che prima o poi
arriverà a capirlo… che mi interessa, intendo.-
ragionò. –Prima le ho fatto una scenata. Simar non va bene
per lei.
Blaking lo guardò male.
–Sei già a questo punto? Pronto a decidere cosa fa per lei
e cosa no? Non andrai molto lontano, così.
Lui allora sospirò. –E cosa devo fare, allora?- domandò.
-Fare chiarezza nella tua testa e
poi, nel caso, rivelarle quello che provi. Il resto dipenderà da
voi due.- gli sorrise, incoraggiante.
-Sembra tutto troppo facile.- commentò il ragazzo.
-Ti riferisco la teoria. Non l’ho mai messa in pratica.- alzò le spalle.
-Strano. Dovresti esser circondato da femmine pronte a metter su famiglia.- ridacchiò Drew.
-Nah… ora devo occuparmi di altro.- i suoi occhi brillarono, divertiti.
L’amico, però, si fece improvvisamente serio. –Giusto… hai avuto notizie dal Cair, per caso?- chiese.
Scosse la testa. –No…
ma vorrei chiedere alla regina se c’è un modo per mettermi
in contatto con lui.- rivelò. –Sono preoccupato. E poi
bisogna informarlo su quello che è successo.
Drew annuì. –Sì, concordo.
-Bene… più tardi,
quando sarà tornata Ethelyn o tu sarai intorpidito dal latte di
papavero, andrò a parlarle.- decise.
Lo guardò con tanto d’occhi. -Ehi, mi drogate per farmi dormire?
-Devi riprenderti il prima possibile. Prima si rimarginano le ferite, prima Celine potrà usare la magia.- gli disse.
Il giovane si limitò ad annuire, perfettamente d’accordo.
Ethelyn si allontanò il più possibile, irritata.
Proprio non capiva il motivo della sfuriata di Drew. Lei non aveva fatto niente di sbagliato.
Assolutamente.
“Ho bisogno di
sfogarmi…”, pensò, raggiungendo l’ingresso al
palazzo. Superò le due guardie davanti all’enorme portone
e proseguì oltre, diretta verso il campo d’addestramento.
Una volta arrivata si rese conto di non indossare gli abiti adatti e anche di aver dimenticato le armi in camera.
“Che stupida!”, batté un piede a terra.
-Ethelyn…?- Tùrin le si avvicinò, curioso. –Che fai qui? Il campo è occupato.- le fece notare.
Allora si guardò intorno e
si rese conto di essere circondata da Elfi appartenenti agli Ulver e
non. I veterani si riconoscevano a colpo d’occhio dagli aloni
lasciati su mani e viso dall’impasto che usavano per mimetizzare
la pelle.
Probabilmente erano reduci da un pattugliamento.
-Oh… mi dispiace.- si
scusò, facendo qualche passo indietro. Tra i presenti intravide
anche il principe Kiron e, poco più in là, sua moglie
Caitlin, intenta a discorrere con alcune dame di compagnia.
-Hai bisogno di qualcosa?- le chiese il maestro d’armi, cortese. Lo guardò, esitante. –Cercavi qualcuno?
Scosse la testa. –No…
vorrei… posso avere un arco? Ho bisogno di distrarmi un
po’.- disse a mezza voce.
-Sicuro.- le sorrise. Le fece segno
d’aspettarlo e andò a recuperarle un arco. Era una bella
arma, non eccessivamente lunga. In caso contrario avrebbe avuto qualche
difficoltà a maneggiarlo.
-Grazie mille.- disse, prendendo anche la faretra di frecce.
-Come state?- s’informò l’uomo.
-Drew si sta riprendendo. E anche
Blaking, ormai non zoppica più.- rispose, cercando di essere il
più gentile possibile. Non era con lui che ce l’aveva.
-E tu?- le riservò uno sguardo penetrante che le fece abbassare la testa.
-Sto bene. L’ala è guarita.
Lo sentì sospirare.
–Mi fa piacere. I bersagli si trovano oltre la staccionata. Mi
raccomando, rilassati e non esagerare o ti verrà un bel male al
braccio.- la avvertì.
Annuì, desiderosa di allontanarsi.
Si scambiarono un saluto e poi
ognuno andò per la sua strada. Mentre attraversava il grande
spiazzo dall’allenamento, attenta a mantenersi sul bordo, vide
che parecchi Elfi le lanciavano occhiate curiose. Altri le fecero brevi
cenni col capo.
Confusa e stupita si mise al
sicuro, raggiungendo la lunga striscia erbosa riservata al tiro con
l’arco. Dato che erano tutti impegnati nel corpo a corpo aveva
piena libertà di manovra.
Ed era un bene, considerato che non era tutta questa maestria.
L’aveva scelto apposta:
avrebbe dovuto concentrare mani e mente per evitare di far dei danni. E
quello le avrebbe permesso di farsi scivolare addosso l’episodio
di poco prima.
Non amava discutere, tanto meno con gli unici amici che aveva.
-Ok… vediamo un po’
che riesco a fare…- arrotolò le maniche del vestito fino
all’altezza del gomito e saggiò la durezza dell’arma.
Era abbastanza dura, ma ce la poteva fare.
Si mise la faretra in spalla ed estrasse una freccia, facendo attenzione a non impigliarne la punta tra i capelli.
La incoccò e tese la corda, concentrandosi sui cerchi concentrici del bersaglio.
Prese un respiro profondo e scoccò.
Il dardo compì una traiettoria parabolica per poi conficcarsi nel penultimo cerchio, verso l’esterno.
Un po’ delusa abbassò l’arma.
-Bene… almeno avrò modo di sfogarmi.- si disse, già pronta ad un secondo tiro.
Drew si era addormentato poco dopo l’ora di pranzo.
Celine aveva una dote particolare nel prendersi cura dei propri pazienti, soprattutto di quelli recalcitranti.
Blaking gli lanciò un’ultima occhiata, prima di uscire in cerca di Dama Undine.
Arrivò davanti
all’appartamento che condivideva col sovrano e si trovò
davanti un Elfo dall’aspetto famigliare.
-Devon, giusto?- disse a mo’ di saluto.
Quello annuì. –Avete bisogno di sua maestà?- chiese senza scomporsi.
-Sì… vorrei parlare con la regina, se è possibile.
-Vedo se può ricevervi.- e detto questo bussò alla porta alle proprie spalle, scomparendo poco dopo.
L’Ippogrifo rimase in attesa,
muovendo leggermente la zampa ferita per testare la guarigione. Ormai
si era ripreso perfettamente. “Per fortuna.”, pensò
sollevato.
-Potete entrare.- annunciò
Devon. Non l’aveva sentito chiudere la porta e per poco aveva
sobbalzato, colto di sorpresa.
-Grazie.- mormorò, mentre quello gliela teneva aperta. Una volta dentro si bloccò, cercando la Ninfa.
La trovò seduta ad una
scrivania, intenta a revisionare una lettera. Sollevò lo sguardo
solo quando il battente si richiuse alle spalle del suo ospite.
–Blaking.- gli sorrise.
-Salve, maestà.- fece un cenno col capo.
-Come mai qui? Ci sono problemi con Drew?- domandò, facendosi preoccupata.
Lui si affrettò a scuotere il capo piumato. –No… dovrei parlarvi. Anzi, chiedervi un favore.
-Certo, dimmi pure.- si
alzò, avvicinandosi con passo leggero. –Gradisci
qualcosa?- gli chiese prima che potesse iniziare a parlare.
-No, grazie.- accennò un
sorriso. Fece vagare lo sguardo per la stanza, tre volte tanto quella
che avevano assegnato a Drew.
-Si tratta degli animali…?- tentò d’indovinare la donna.
-Ho bisogno di sapere se avete avuto contatti col Cair del Vento.- si decise a fissarla negli occhi color ambra.
A quella richiesta lei si accigliò. –No… non lo sento da prima del vostro arrivo.- ammise.
“Brutto segno.”,
pensò l’Ippogrifo. –Penso sia il caso di
comunicargli quello che è successo. Solo che non so… la
mia telepatia non è così sviluppata.- ammise, imbarazzato.
Non voleva rivelarle chi era in
realtà, sempre ammesso che non lo sapesse già ed evitasse
di dirlo per cortesia. E avvedutezza.
-Se vuoi possiamo contattarlo ora, non c’è problema.- sorrise Undine.
Blaking la guardò con tanto d’occhi. –Sul serio?
Lei annuì.
-Sarebbe magnifico, altezza.- accettò, agitato.
-D’accordo… dammi un
attimo per concentrarmi. Vi farò da tramite. Tu fai pure a me le
domande e io ti risponderò per conto suo.- si sedette sul letto,
sistemando l’ampia gonna del vestito.
Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo.
Subito, la regina sentì che
qualcosa cercava di ostacolarla. Faticava a spingere il proprio
pensiero oltre la foresta del Mentore. Serrò gli occhi fino a
vedere macchie di colore e concentrò un altro po’ di
potere nel secondo tentativo.
“Padre… rispondi.”, chiamò.
La richiesta andò a vuoto. Senza darsi per vinta tentò nuovamente.
Finalmente avvertì il
famigliare strappo e capì che Fenris aveva risposto.
“Undine, cosa succede?”, domandò. Sembrava affannato.
“Blaking ha bisogno di comunicare con te. Non si fidava ad usare i suoi nuovi poteri.”, spiegò.
Ci fu un attimo di silenzio, in cui avvertì l’Ippogrifo muovere nervosamente un’ala.
“E’ successo qualcosa? Io mi trovo al confine con l’Est.”, rivelò infine.
La donna aggrottò le sopracciglia. –Ha detto che si trova al confine con l’Est.- riferì.
Blaking la fissò, perplesso. –Sta cercando di entrare in contatto col Cair?
“Hai contattato il Cair?”, gli pose la domanda.
Lo sentì sospirare.
“Vorrei esserci riuscito. Ho fatto qualche progresso. Purtroppo
Shunka sta lentamente scomparendo. Avverto la sua volontà
affievolirsi…”, ammise.
Undine trattenne a stento
un’esclamazione di sorpresa. –Ha detto che ha fatto passi
avanti, ma che il Cair del Tuono si sta indebolendo.
-Si sta indebolendo? Come può esserne certo? Ha detto che non riusciva a comunicare con lui.- era confuso.
“Hai comunicato con lui?”, domandò lei.
Un altro sospiro, questa volta di
rassegnazione. “No. Ma il mio potere si è indebolito. E
questo succede solo se il potere di un compagno sta svanendo.”,
fu costretto ad ammettere.
-Shunka sta svanendo…- mormorò.
L’animale non ebbe bisogno di
chiedersi a chi appartenesse quel nome, non era necessario.
–Potresti riferire che noi siamo bloccati qui a palazzo?- chiese
dopo un po’.
Vide l’Elfa annuire, sempre ad occhi chiusi.
Era surreale.
“I ragazzi saranno bloccati a
palazzo per un altro po’. Siamo stati attaccati.”,
lasciò fluire il pensiero fino al Cair.
“Siete stati attaccati?!”, la sua risposta non tardò ad arrivare. Dal tono si capiva che era allarmato.
“Sì. La notte
dell’incoronazione del Mentore. Holean ha deciso di lasciare il
Regno a uno dei ragazzi, ma siamo stati attaccati. Lupi, orsi, cani e
un Grifone.”, fece un breve resoconto.
Gli parve quasi di vederlo adombrarsi. “Un Grifone? Non si spingerebbero mai fin nella foresta.”, disse.
“Era chiaramente corrotto.
Abbiamo trovato tracce luminose su quasi tutti gli animali uccisi.
Ovviamente sul terreno dove giacevano prima di sparire.”,
rivelò.
“Ci sono state delle perdite…?”
“Tre guardie. Simar è
stato ferito gravemente assieme a Drew, il Nun del gruppo che ci hai
inviato.”, fu costretta a riferire.
“Allora non abbiamo tempo da
perdere. Falli partire appena puoi, se si verifica un altro attacco
avvertimi immediatamente. Io devo assolutamente trovare gli altri
Cair.”, il suo tono era perentorio.
“D’accordo… a presto, padre.”
“Proteggili finché sono nel Regno.”, le chiese.
“Certo.”, assicurò. Esitò un attimo. “Ti voglio bene.”, aggiunse infine.
Dopo un breve silenzio, il
Vegliante le disse di stare attenta. Si era sempre trovato in
difficoltà quando si parlava di esternare i propri sentimenti.
Finalmente la regina riaprì gli occhi, impiegando qualche secondo per mettere a fuoco gli oggetti attorno a sé.
-Ha detto di ripartire il prima
possibile. A quel che sembra la presenza del Grifone lo ha preoccupato:
come dargli torto, non era assolutamente normale. Per quanto riguarda
il Cair dell’Acqua sembrava speranzoso.- si focalizzò sul
suo ospite.
Blaking era leggermente scosso. Se
il Cair della Luce era peggiorato a tal punto da minare il potere dei
suoi fratelli, con cosa avevano a che fare?
-Non so cosa sia in atto, ma ti giuro che vi darò tutto l’aiuto possibile.- assicurò Undine.
-Grazie, ve ne sono grato. Ora è meglio che torni da Drew e mi informi circa le sue condizioni.- disse.
-Celine ha detto che tra poco potrà usare la magia.- replicò lei.
Con un cenno del capo,
l’Ippogrifo si congedò. Aveva un brutto presentimento: le
parole di Fenris facevano intuire che la situazione era più
grave di quello che appariva.
“Dobbiamo affrettarci.”, pensò.
Era rimasta fuori fino all’ora di cena.
Si era fermata poco nel salone,
giusto il tempo per mangiare qualche boccone. Poi era stata indecisa su
dove andare. Non voleva lasciare le cose in sospeso con Drew, ma aveva
paura di poter rispondere in malo modo.
La sua uscita l’aveva offesa, soprattutto perché lui aveva insinuato cose fuori dal mondo.
Sospirò, già decisa
ad andare in camera. Magari, quando Blaking fosse tornato per andare a
dormire, gli avrebbe chiesto com’era la situazione.
“Mamma mi ha sempre detto che
gli uomini sono incomprensibili… inizio a capire
perché.”, si disse, lasciandosi cadere sul letto.
Il principe non l’aveva mandata a chiamare, quindi avrebbe potuto andare a dormire ad un’ora decente.
Sollevò il capo,
ricordandosi che non poteva dormire vestita, ma poi ci rinunciò.
Appoggiò il capo sul materasso, sistemata diagonalmente rispetto
ad esso, e chiuse gli occhi.
Cadde in uno strano dormiveglia, che durò fino a quando non si sentì scuotere delicatamente da qualcuno.
Mugugnò qualcosa, ancora intontita dalle nebbie del sonno e poi si mise a sedere, convinta di trovare Blaking.
Quando si tolse i capelli dal viso ebbe una sorpresa.
-Oh, salve!- quasi sobbalzò.
L’Elfo davanti a lei fece un cenno del capo. –Mi dispiace avervi svegliata, ma il principe chiede di voi.- disse.
Lei guardò fuori dalla finestra. La luna era alta nel cielo, cosa ci faceva ancora sveglio?
-Va bene… arrivo.- represse
uno sbadiglio e scese dal letto. Lisciò le pieghe della gonna e
recuperò una stola da metter sulle spalle.
-Venite.- il servo le fece strada, anche se ormai avrebbe saputo raggiungere la camera dell’erede al trono da sola.
Il tragitto si concluse davanti alla famigliare porta. L’uomo si congedò e lei bussò discretamente.
-Avanti.- disse una voce dall’interno.
Aprì lentamente e sgusciò dentro.
-Oh, Ethelyn.- la salutò Simar. La ragazza lo fissò, perplessa. Sembrava completamente sveglio.
-Cosa fai ancora in piedi?
A quella domanda si rabbuiò. –La gamba… il dolore non mi permette di dormire.- rivelò.
-Prendi il latte di papavero.- suggerì, ma lui scosse la testa con decisione.
-No, mi annebbia i sensi. Non lo sopporto: meglio il dolore.
Aggrottando le sopracciglia, gli si
avvicinò. –Ma così non riuscirete mai a recuperare
in poco tempo… dovete terminare anche la cerimonia.- senza
rendersene conto era tornata al tono formale.
Lo vide sorridere. –Non darmi del voi, per favore. Per la cerimonia… non ti preoccupare.
-Avete già deciso chi
sarà re?- chiese, curiosa. Lui si limitò ad annuire,
senza rivelare altro. –Oh… non posso saperlo, giusto.-
ragionò lei.
-Siediti.- la invitò,
vedendola ancora in piedi. –Kiron mi ha detto che ti ha vista
giù al campo dall’allenamento.
La Ferift si bloccò a
metà del movimento. –Sì… avevo bisogno di
sfogarmi.- si giustificò, improvvisamente a disagio. Non aveva
infranto nessuna regola, giusto? Tùrin non l’aveva mai
rimproverata, per essersi allenata.
-Ha detto che sembravi… irritata.- ammise, riportando alla mente le parole del fratello.
-Sì… un po’.
-E posso sapere perché?- le chiese. Lei scosse la testa. –Ok. Ti fa male il braccio?
Lei alzò lo sguardo su di lui, poi si sfiorò l’arto. –No, è solo intorpidito.
-Quindi prima ti faceva male. È successo anche a me, prima di imparare a dosare le mie forze.- le disse, incoraggiante.
-Be’, immagino sia diverso per una donna.- commentò.
-Sì, è più
faticoso. Sai, tra gli Ulver abbiamo due guerriere.- la guardò,
sperando di poterle risollevare l’umore. Se la persona che doveva
tenerlo su di morale era irritata, non sarebbe stata molto
d’aiuto.
-Davvero? Non le ho viste, durante l’attacco.- fece, sorpresa.
-Be’… Alina era
insieme ad uno dei gruppi più a monte.- ricordò.
–Mentre Marion è in maternità, aspetta il suo primo
bambino.
-Oh… wow!- si lasciò
sfuggire la rossa. Le sarebbe piaciuto incontrarle e parlare con loro.
Doveva essere difficile sopravvivere in un gruppo composto praticamente
da soli uomini.
-Sì, sono anche molto brave.
-E tu…? Tu e Kiron siete sergenti, giusto? È un rango alto.- gli chiese, decidendosi finalmente a sedersi.
-Siamo i secondi in comando. Se
Arun dovesse essere incapace di comandare o, peggio, morto, noi
dovremmo assumere il controllo delle truppe.- rivelò.
–E’ una bella responsabilità.
-Vi hanno assegnato l’incarico perché siete gli eredi al trono?- azzardò la domanda.
La guardò con tanto d’occhi, offeso. –No! Ce lo siamo guadagnati.
Si ritrasse, imbarazzata. –Mi dispiace, non volevo dire che… ecco…- farfugliò.
Lo vide scuotere la testa.
–Tranquilla. Ma sono suscettibile su questo argomento. Sai,
l’aver sempre tutto solo perché si è figli di
re… è un cliché che non sopporto.-
confessò. Aveva riassunto l’espressione di prima, calma e
pacata.
-Come siete diventati sergenti?- tentò nuovamente, questa volta pronta ad evitare domanda scomode.
Simar sospirò.
–Avevamo sedici anni. Tutti quelli che hanno antenati Ulver nella
famiglia sono chiamati a sostenere l’esame, compiuta
quell’età. Accade ogni anno.- iniziò a raccontare.
–Veniamo sottoposti a diverse prove e, se risultiamo idonei,
veniamo accettati tra i ranghi come reclute.
-Quindi vostro padre è stato un Ulver?- domandò. L’Elfo annuì. –Non era il capitano?
-No. Diventano capitani solo gli Elfi che hanno capacità telepatiche.- spiegò.
-Ah… non lo sapevo.- ammise.
-Be’, sono i segreti del
mestiere. Ma non è una cosa così segreta.- si
lasciò sfuggire un sorriso. Ebbe un momento d’esitazione,
indeciso se confessarle o meno le capacità che stava sviluppando.
-Be’, ma quindi come avete ottenuto l’incarico? Non me l’hai ancora detto.- gli chiese, impaziente.
Il suo sorriso si allargò.
La sua curiosità era genuina, quasi quanto quella dei bambini.
–Non ti so dire come… ma nel giro di un anno avevamo
raggiunto delle capacità tali da imbatterci nei nostri
Fisàans. Sono i lupi a scegliere il momento per farsi
catturare.- le disse. –Nehir e Dunehin si sono mostrati e sono
caduti nella trappola, sospetto volontariamente. Abbiamo sempre avuto
un rapporto speciale, con loro, forse perché sono gemelli come
me e Kiron.
Vederlo parlare della sua vita era
molto bello: gli occhi gli brillavano sia quando raccontava degli Ulver
che quando accennava al fratello.
Ethelyn desiderò, scioccamente, di aver avuto un fratello o una sorella con cui condividere la propria solitudine.
-Ehi… tutto ok?- le chiese il principe, vedendola improvvisamente intristita.
Rialzò la testa.
–Come? Oh, sì.- disse, sforzandosi di sorridere. Ora che
non ce l’aveva più a morte con lei stava mostrando un lato
di sé molto premuroso. “Quasi come fosse un fratello
maggiore.”, si ritrovò a pensare.
-Se vuoi posso cambiare argomento.- le propose, cercando qualche indizio nella sua espressione.
-No… non è
necessario. Ehm… Kiron è venuto a trovarti?- si
guardò attorno, cercando tracce dell’altro erede al trono.
-Sì, verso l’ora di
cena. Mi ha riferito le ultime novità dei pattugliamenti: ha
deciso di prendere il mio posto, anche se era stato esentato dal
servizio. Ovviamente me lo farà pesare per molto tempo.-
ridacchiò alla prospettiva.
-E’ un tipo particolare, vero?- Ethelyn si aggregò a lui.
-Oh, non sai nemmeno quanto.-
confermò, divertito. Lei non poteva sapere cos’avevano
combinato fin da piccoli e non voleva rovinare la reputazione del suo
gemello. Solo perché sapeva che si sarebbe vendicato.
Si fissarono per un po’ negli
occhi, poi la giovane abbassò lo sguardo. “Posso
chiedergli del matrimonio…?”, si domandò. Credeva
di aver intuito che dietro quella cerimonia ci fossero molti più
sottintesi di quanti se ne vedessero.
Vedendola pensierosa, Simar le chiese:-C’è qualcosa che non va?
-Volevo chiederti una cosa… ma credo di poter risultare indiscreta.- mormorò.
-Tu prova. Poi vediamo.
Prese un respiro profondo e
sollevò gli occhi. –Come mai tuo fratello si è
spostato così giovane?- chiese.
“Ecco… non volevi
parlargliene, Simar? Bene, questa è la tua occasione. Forse ti
sentirai meglio.”, gli sembrò di sentire la propria
coscienza.
Fece per parlare, ma un improvviso dolore lo fece irrigidire. Non all’altezza del cuore, ma alla gamba.
Probabilmente un riflesso delle sue ultime sofferenze amorose.
La ragazza non si mosse, aspettando
che si rilassasse. Non sapeva se era stata colpa sua o meno, ma il
principe non sembrava voler aiuto.
Lentamente si rilassò, riappoggiandosi alla pila di cuscini con la schiena.
-Caitlin… è
praticamente cresciuta con noi.- iniziò a raccontare. Lei si
sistemò sul letto, cercando di non mostrare reazioni di sorta.
Dentro di sé era pentita di aver chiesto: non sembrava un
argomento piacevole.
-È figlia di nobili?- indagò.
-Sì. Alcuni conoscenti dei
nostri genitori. Non sono male, per essere dei nobili.- disse.
–Hanno iniziato a portarla con loro quando venivano in visita qui
e, con la scusa di dover parlamentare di questioni delicate, finivano
per lasciarla con noi.
-Non vi stava simpatica?- non capiva il tono di voce che aveva usato.
Scosse la testa. –Non
proprio… Kiron si divertiva a fare scherzi a chiunque e,
ovviamente, lei divenne un bersaglio perfetto. Io cercavo di
difenderla, dato che in un qualche modo mi sentivo il fratello
maggiore.- sorrise al ricordo. –Però ero più
interessato ai libri.
-Oh, ti piace leggere? Anche a me!- esclamò lei, contenta.
-Mi aiuta ad evadere.
-Ti capisco…- sorrise dolcemente, ripensando a tutte quelle belle pagine, abbandonate nella grotta.
-Pian piano siamo cresciuti.
All’età di quattordici anni Kiron rimaneva comunque il
più assennato, tra noi due. E mi confessò di essere
attratto da lei.- le lanciò uno sguardo, aspettandosi una
qualche domanda. Ma Ethelyn tacque. –Io la consideravo una
sorella.
-E lei?
-Lei stava in compagnia di tutti e due. Non credevo avesse preferenze, all’epoca.- fece spallucce.
-Poi cos’è successo?-
chiese, sempre più interessata. Le faceva piacere che Simar si
stesse confidando con lei, faceva passare la loro conoscenza ad un
piano diverso. Molto simile all’amicizia o almeno sperava.
L’Elfo le piaceva, esclusi i momenti di arroganza in cui era caduto non molto tempo prima.
-Kiron è stato preso da
un’altra ragazza… quando siamo diventati Ulver, più
o meno.- alzò gli occhi al soffitto, riportando alla mente quei
giorni passati. –Io ho iniziato a passare sempre più tempo
con Caitlin. Mi ispirava un senso di protezione molto forte.
Abbassò lo sguardo,
sentendosi in imbarazzo a rivelare così tante cose di sé
ad una ragazza appena conosciuta. Ma poteva fidarsi di lei, lo sentiva
sulla pelle.
-Vi siete innamorati?- gli chiese.
Annuì, lentamente.
–Volevo confessarglielo, ma… be’, avevo paura di
poter rovinare la nostra amicizia. Di tutti e tre.- ammise. –Che
stupido sono stato.- si mise una mano tra i capelli, scompigliandoli.
-No, perché? Secondo me sei stato… corretto.
-Sei mai stata innamorata?- le chiese.
A quelle parole lei non seppe cosa
rispondere. Ovviamente aveva la risposta ed era no, ma non voleva
dirglielo. Si sarebbe sentita stupida.
-In ogni caso… quando
finalmente avevo deciso di dirglielo, be’ è ricomparso
Kiron, con i suoi modi di fare così accattivanti, il suo
carisma, la sua disarmante sincerità…- si bloccò,
stringendo i pugni. Sentiva un po’ del vecchio rancore
riaffiorare.
E rivedeva loro due, persi nel
piacere del loro rapporto. “Perché diavolo non me ne sono
andato, quella volta?!”, si rimproverò.
Simar si era innervosito, poteva
capirlo dalla rigidità delle sue spalle e dai pugni chiusi.
–Non importa, fa niente.- gli disse.
Aprì gli occhi, di scatto e la guardò. –Come?
-Non importa che continui, non preoccuparti.- ripeté.
Si rese conto di essersi perso nei propri pensieri e nelle vecchie sensazioni che credeva di aver sopito.
“No… il mio cuor
sanguina ancora.”, smentì. –Io e Kiron abbiamo
litigato…- continuò in un sussurro. –Non volevo
presenziare al matrimonio, per questo ero di pattuglia, quella sera.
Ethelyn realizzò una cosa:
Simar le aveva scaricato addosso tutto il suo dolore per la morte del
fratello e probabilmente anche i suoi problemi di cuore!
“No, io non sono il sacco di
nessuno. Non potete prendere e scaricarmi addosso i vostri
problemi!”, pensò, arrabbiata.
-Mi hai scaricato addosso anche questo… assieme al resto?- chiese, alzandosi.
La guardò a bocca aperta, non sapendo cosa dire. Quello, almeno, non era stato intenzionale.
-Siete impossibili! Io non merito
di essere trattata così!- sbottò. I suoi occhi
lampeggiarono. Lui cercò di ribattere qualcosa, ma lei non
gliene diede il tempo.
Gli lanciò un’occhiata sprezzante e poi disse:-Buonanotte.
Girò sui tacchi ed uscì.
Per la seconda volta, in quella
giornata, era stata il bersaglio degli sfoghi emotivi di qualcuno. No,
era troppo! Lei aveva avuto un sacco di problemi, ma non per questo si
era mai scagliata contro le persone.
Simar rimase a fissare la porta. –Cretino…- si disse.
“Ho fatto un passo avanti e due indietro.”
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Capitolo 17 *** Cap. 16 Progressi...? ***
Cap. 16 Progressi...?
So che mi beccherò degli insulti, ma questo capitolo andava
scritto così. Le spiegazioni, in particolare riferite ad un
avvenimento, ci saranno nel prossimo capitolo.
Buona lettura! :)
Cap. 16 Progressi…?
Simar avrebbe tanto voluto seguire Ethelyn, ma le condizioni della sua gamba non glielo permisero.
Digrignò i denti dopo un movimento troppo brusco e dovette trattenersi dall’imprecare.
“Ok, non ci so proprio fare con le donne.”, si disse,
riadagiandosi contro i cuscini. –No… non ci so fare con
lei. Non voglio nemmeno corteggiarla e mi sono già beccato uno
schiaffo. In più l’ho fatta piangere… che
disastro.- si mise una mano sugli occhi, sprofondando sotto le coperte.
Puntò gli occhi sul soffitto, abbattuto.
Ora doveva trovare un modo per scusarsi, per la seconda volta. Quasi
sicuramente lei non sarebbe più rientrata in quella camera.
Quindi l’unica soluzione sarebbe stato andare da lei.
-Celine non me lo permetterà mai…- sbuffò.
Avrebbe tanto voluto che Kiron fosse lì, in quel momento. Era lui quello con le idee geniali, strampalate ma geniali.
Sospirò, massaggiandosi distrattamente la coscia destra. La
gamba aveva ricominciato a pulsare come monito per le sue recenti
trovate.
Non avrebbe mai pensato di poter rischiare la morte in un
attacco nato nel cuore della foresta del Mentore. Era cresciuto con
l’idea che fosse praticamente impenetrabile, grazie alle
straordinarie abilità allucinogene di cui disponeva.
Invece, lui e Kiron erano quasi morti per colpa di un Grifone. Altro
essere che, tra l’altro, non avrebbe mai e poi mai dovuto
trovarsi lì, nel loro Regno.
-Sta succedendo qualcosa di molto pericoloso…- mormorò.
Puntò lo sguardo fuori dalla finestra, trovando le stelle.
Rimase così per un po’ di tempo, perso nei propri pensieri.
Aveva preso una decisione importante. Era completamente diversa da
tutte le decisioni che aveva preso fino a quel momento, ma sentiva di
doverlo fare.
Nessuno dei suoi famigliari sarebbe stato contento. Ma avrebbe cercato di far valere le proprie motivazioni.
-Allontanarmi mi farà bene…- meditò, chiudendo gli occhi.
Come si dice: lontano dagli occhi, lontano dal cuore? Ecco, la sua strategia, in quel momento, era quella.
Gli avrebbero dato sicuramente del codardo, ma non gli importava.
Nessuno sapeva cosa c’era nel suo cuore. Ogni tanto dubitava di
saperlo perfino lui.
“E’ la cosa giusta.”, si disse.
La giovane raggiunse la stanza dov’era stato ricoverato Drew.
Era quasi sicura di trovare Blaking al suo fianco, accanto al letto a
baldacchino. Aprì lentamente la porta e sbirciò
all’interno.
Quando lo individuò gli si avvicinò, silenziosa. Si
inginocchiò e gli sfiorò delicatamente la testa piumata,
appoggiata alle zampe posteriori.
L’Ippogrifo sollevò il capo, assonnata. –Ethelyn…?- sussurrò, stupito.
Gli fece segno di parlare piano. –Ho bisogno di te.
La guardò confuso, poi il suo cervello sembrò tornare
pienamente funzionante e si tirò su, stando attendo a non fare
movimenti bruschi.
Drew si era addormentato da appena un’ora, dopo essersi sfogato con lui circa i suoi problemi amorosi.
La Ferift attese che l’amico fosse in piedi e poi gli fece segno di seguirla fuori.
-Che succede?- le chiese, fermandosi appena oltre la soglia.
Lei afferrò la maniglia e chiuse la porta. –Posso parlare con te?- gli lanciò una rapida occhiata.
-Stai male?- si fece preoccupato.
Scosse la testa, torcendosi le mani. –Ci sono problemi…
hai per caso visto degli animali ombra a palazzo?- si agitò.
Lo afferrò per il becco, leggermente infastidita dalle sue
ipotesi. –No, calmati. Non c’è nessun pericolo e sto
bene.- disse.
Blaking si calmò e sfilò il muso dalla presa della giovane. –Problemi di cuore?
Al che lei arrossì tantissimo ed iniziò a gesticolare.
-No, no, ma cosa dici?!- per poco non si mise ad urlare.
Il compagno si lasciò sfuggire un sorrisetto, divertito dalla
sua reazione. –Hai litigato col principe?- ipotizzò.
Quando la vide rabbuiarsi capì d’aver fatto centro.
-Vieni, andiamo in un posto più tranquillo.- le propose.
Lo guardò, presa in contropiede. –E dove?
Senza una parola le fece segno di seguirlo. Abbandonarono
quell’area del palazzo per raggiungere i corridoi centrali, che
davano su una delle grandi corti interne. Essendo di passaggio non
avevano finestre, ma grandi arcate che si aprivano direttamente sul
giardino.
-Sali.- le diede le spalle.
-Dove?
-Sulla mia schiena, andiamo.- la incitò.
Anche se un po’ riluttante, Ethelyn fece come le veniva detto.
Montò in groppa e si ancorò alle piume che gli decoravano
la base del collo.
Blaking salì sulla balaustra e alzò il muso al cielo.
Fece passare attentamente le ali nella luce dell’arco e poi
spiccò il volo.
Il tragitto non fu lungo, perché atterrò sul tetto. La
rossa si guardò attorno, perplessa. –Ehm… sul tetto?
Si voltò a guardarla ed annuì. –Qui non ci
disturberà nessuno.- le assicurò, facendola scivolare
sulle tegole.
Si sedettero molto lentamente sul colmo, facendo attenzione a non scivolare.
-Wow, si vede tutto da quassù!- esclamò la ragazza.
-Sì… è un buon posto per pensare.- confermò l’Ippogrifo.
-Ci sei venuto spesso?- chiese.
-No. Ma quando abitavo con Drew mi capitava spesso di salire sul tetto
di casa sua, per stare solo coi miei pensieri. Ho pensato che qui non
sarebbe stato molto diverso.- spiegò.
-Oh… be’, grazie.
-Figurati. Adesso, dimmi cos’è successo.- la esortò, sfiorandole la guancia con un’ala.
Lei abbassò lo sguardo, non sapendo bene da dove incominciare.
La rabbia se n’era andata, più o meno, ma sapeva che era
ancora in agguato, pronta a tornare al minimo accenno di
ostilità da parte di chiunque.
Si sentiva una molla pronta a scattare.
-Sono un po’ di sere che il principe mi chiama… la prima è stato per scusarsi…- iniziò.
-Mi sembrava fosse andata bene, no?- chiese.
-Sì, sì. Ci siamo chiariti, abbiamo anche parlato un
po’.- confermò, annuendo col capo. Blaking rimase in
attesa, sapeva che c’era un “ma”. –Ma lui
è… non lo so… se la prende con le persone
sbagliate.
Come temeva. –Ti ha accusata di altro?- cercò di capire la dinamica dei fatti.
La Ferift gli lanciò un’occhiata, guardinga. –Come…?
-Be’, non vedo nessun altro motivo per cui potresti avercela con
lui.- si giustificò. Lei mormorò qualcosa
d’incomprensibile, tornando ad abbassare la testa.
Usò i capelli per schermarsi.
-Mi ha raccontato di come lui e suo fratello sono diventati Ulver…- riprese. –E di Caitlin, della principessa.
-Uhm… triangolo amoroso?
-Sì!- esclamò stupita. La sua perspicacia era incredibile.
“Bene, spero non ne nasca un altro.”, si augurò.
–Non è stato difficile capirlo, basta osservare i due
principi.- disse, mascherando l’imbarazzo per l’implicito
complimento.
-Per me non era chiaro. Probabilmente perché non ne so molto.- ammise, ridacchiando. Era nervosa.
-Guarda che non è un problema… non aver avuto esperienze
in quel campo, intendo.- cercò di tirarla su di morale.
-Non è questo il punto. Il problema è che lui mi ha
scaricato addosso anche questo. Cioè, il fatto che lei abbia
scelto suo fratello.- agitò le mani per aria, tornando ad
irritarsi.
-Capisco. Ma non credo volesse veramente scaricare la sua frustrazione
su di te. Non in questo caso.- ammise. Tornò a guardarlo, in
attesa di delucidazioni. –Credo che sia stata una catena
d’eventi. Sapere che eri una Ferift ha riaperto una vecchia
ferita e fatto sanguinare quella recente del matrimonio.
Tentò di suonare il più credibile possibile, considerato
che non aveva mai parlato così a lungo col principe per poter
dire con certezza quasi fossero i suoi pensieri. Poteva solo
immaginarli.
Ethelyn rimase in silenzio, ponderando le sue parole.
-Non voglio essere lo sfogo emotivo della gente… io non faccio
così, con gli altri.- mormorò dopo un po’.
-Infatti non è giusto. Ma devi dargli la possibilità di spiegarsi.- le suggerì.
-Tu credi?
Annuì, aprendosi in un sorriso. Sospirando, lei si portò
le ginocchia al petto. Faceva abbastanza freddo, lassù.
-Devi dare una possibilità anche a quel testone di Drew…- aggiunse dopo un po’.
-Drew?- lo fissò.
Blaking la guardò in modo eloquente. –Avete discusso.- le ricordò.
-Sì, lo so.- incassò la testa tra le spalle.
-Non andremo da nessuna parte, così.- le fece notare. –Il gruppo non deve essere in disaccordo.
-Quindi devo parlare anche con lui…?- bisbigliò, reprimendo un brivido.
La creatura se ne accorse e si alzò in piedi. –Oddio,
scusami! Tu non hai le penne! Non volevo farti patire il freddo, mi
dispiace.- si scusò, mortificato.
La ragazza lo guardò stupito, poi si lasciò sfuggire un sorriso. –Non si sta così male.
-No, è fuori discussione. Vieni, torniamo dentro.- si chinò per permetterle di montargli in groppa.
-Grazie, Blaking. Tu riesci a calmarmi.- gli disse, accarezzandogli la testa.
-Figurati.- sorrise, spalancando le ali. –Appena arrivati fila a letto, ok? È tardi.
-Ok.- ridacchiò. Le sembrò di sentire sua madre.
Il giorno seguente, anzi la mattina seguente, dato che era
andata a letto abbastanza tardi, Ethelyn si svegliò molto
più rilassata.
L’aver parlato con Blaking l’aveva aiutava moltissimo e aveva deciso di andare a parlare sia con Simar che con Drew.
Non aveva senso sprecare il proprio tempo tenendo il muso alle persone.
Certo, questo non le avrebbe impedito di arrabbiarsi, in futuro.
Si vestì in fretta e raggiunse velocemente la camera del Nun, trovando Blaking fuori dalla porta.
-Che succede?- chiese, preoccupata. –Sta male?
L’amico scosse la testa. –No, Celine ha iniziato ad usare
la magia. Dice che è il momento giusto.- abbozzò un
sorriso, ma si vedeva che era comunque in ansia.
-Andrà bene, vedrai.- gli appoggiò una mano sulla spalla.
-Lo spero. Non posso sopportare un altro urlo.- distolse lo sguardo proprio mentre dalla camera si udiva la voce del ragazzo.
Stava soffrendo, era chiaro.
-Ma poi starà meglio, vero?- domandò lei.
-Sì, ma deve sistemargli le costole. E fa un po’ male
modificare la posizione delle ossa.- le spiegò, serrando gli
occhi all’ennesimo grido.
Senza sapere che altro dire gli si fece più vicina, per dargli
il proprio appoggio. Era lì e voleva aiutarlo come lui aveva
fatto con lei poche ore prima.
Passarono interminabili minuti, rotti solo dai gemiti e dalla proteste di Drew.
Per tutto il tempo l’Ippogrifo tenne ostinatamente gli occhi
serrati, come se potesse scacciare il dolore che avvertiva nella voce
dell’amico.
Quando infine Celine uscì, era accaldata e aveva il fiato corto.
-Tutto bene?- le chiesero, avvicinandosi.
Annuì stancamente. –Sì… ma il ragazzo
è stremato. Ha bisogno di mangiare qualcosa.- comunicò
loro.
-Possiamo vederlo?- chiese Blaking.
La donna lanciò un’occhiata alle proprie spalle e poi
annuì. Lui si fiondò dentro, facendo sollevare i capelli
delle due col proprio movimento.
-La ringrazio.- disse Ethelyn.
-E’ il mio dovere.- l’Elfa le fece un piccolo inchino. –Ora devo occuparmi del principe, se volete scusarmi.
-Certo… mi scusi.- si fece da parte per farla passare. Esitò un attimo e poi entrò.
Trovò Drew abbandonato mollemente sul letto, come se tutte le sue ossa si fossero liquefatte.
-Ehi…- sorrise, esitante.
Quando il ragazzo la vide si aprì in un sorriso. –Ciao…- disse, ansimando.
Era coperto di sudore dalla testa ai piedi, ma la parte sinistra del suo corpo ora sembrava nuovamente… integra.
-Ha fatto male?- domandò la rossa, raggiungendo il letto.
Lui prese un respiro prima di dire:-Da morire.
-Ora però stai meglio. È questo l’importante.- s’inserì Blaking. Aveva gli occhi lucidi.
-Vi lascio soli. Quando ti sarai ripreso potremo parlare.- la Ferift
sapeva di doversene andare. Quello non era un momento che doveva
condividere coi due. Non ancora, almeno.
Drew fece per fermarla, ma lei gli fece un sorriso di scuse ed uscì.
-Vi chiedo di tenere fermo il principe.- la voce della curatrice di corte era decisa.
Davanti a lei stavano Devon e la regina Undine.
Il re era impegnato a corte per le udienze al popolo, che si tenevano
una volta alla settimana. Non poteva abbandonare i propri doveri di
regnante, nemmeno per il figlio.
-Posso resistere.- disse Simar.
-No, non potete. Devon, per favore.- replicò la donna.
L’Elfo allora si avvicinò e bloccò la gamba destra
del ragazzo, stando attento a non far troppa pressione sul femore, una
delle parti lesionate.
-Siete pronto?- domandò Celine.
L’erede al trono la guardò e poi annuì, prendendo un respiro profondo.
Ora che l’emorragia era stata completamente fermata e non
c’era più nessun rischio d’infezione, era ora di
sistemare le ossa.
Non sarebbe stato piacevole, lo sapeva. Ricordava ancora le urla di suo
padre, quando quella stessa Elfa gli aveva curato le ferite infertegli
durante gli anni della faida.
-Simar, sono qui.- sua madre si avvicinò, prendendogli una mano e stringendola tra le proprie.
Il suo tocco era fresco e l’avrebbe aiutato a rimanere presente a se stesso.
Celine stava attendendo l’ultima conferma.
-Procedi.
Appoggiò le mani sul suo arto e da esse si sprigionò una
luce dorata, calda. Il problema era il dolore che gli causò:
sentiva ogni singolo osso rompersi e spostarsi, cercando di rinsaldarsi
nella maniera giusta.
Digrignò i denti, stritolando la mano della regina. Lei non protestò.
Devon mantenne la presa su di lui, impedendogli di dimenarsi.
Il procedimento sembrava infinto e Simar arrivò a tremare nello
sforzo di non urlare. Quando finalmente anche l’ultimo bagliore
si fu dissolto, si accasciò sul letto con un gemito.
-Bravissimo, figliolo.- sentì la voce di Undine, da qualche parte vicino alla testa.
Tentò di parlare, ma aveva la gola secca.
-Dovete farlo mangiare.- avvertì la curatrice.
-Certo. Devon, porta qualcosa al principe, per favore.- disse la Ninfa.
Simar non sentì la risposta, aveva la mente troppo annebbiata. –Mi serve un bagno…- riuscì a dire.
Si sentiva i vestiti appiccicati al corpo.
-Dopo. Prima mangia.- il tocco lieve sulla sua fronte apparteneva alla regina, senza ombra di dubbio.
Si lasciò sfuggire un sorriso. –Va bene, madre.
***
“Lo sento… sono vicino…!”
Fenris era quasi certo di aver trovato una crepa nel muro che lo divideva dal Cair dell’Acqua.
Sapeva che non sarebbe riuscito a raggiungerlo fisicamente, non in quelle condizioni.
Aveva usato molto del proprio potere per scandagliare quella strana
barriera magica che sembrava avvolgere tutti i suoi fratelli.
Era stanco e quello sarebbe stato il tentativo definitivo.
“O la va o la spacca.”, atterrò vicino al confine con le terre dell’Est.
Riusciva a percepire l’odore dell’acqua e delle piante,
perennemente umide. Quei territori erano assolutamente estranei alla
siccità.
Il potere di Manannan, il Vegliante, era così esteso da
poter controllare anche le nuvole più lontane, quelle che
volavano basse in prossimità del mare.
Il lupo chiuse gli occhi, saggiando il terreno con le zampe. Doveva rimanere saldo per poter vincere quella battaglia.
Percepiva la barriera ai confini della propria mente, pulsante. Ma non
era una magia benefica, no, sentiva la sua corruzione, la sua
innaturalità.
La scandagliò ancora una volta per tutta la sua lunghezza e poi
si fermò davanti alla crepa. Non era veramente una fenditura, ma
era il punto in cui si assottigliava maggiormente.
Avrebbe dovuto agire lì, con tutta la forza di cui disponeva.
“Fratello.”, chiamò.
La sua voce fece vibrare il guscio di potere.
Molto lontano da lì, nel grande bacino del lago Neith,
l’acqua si agitò. Ribollì, vorticando su se stessa
e poco dopo prese forma animale.
Lentamente un lupo emerse dalle profondità buie e silenziose. Si
issò sul grande tavolato di pietra che si ancorava al fondo del
lago e lasciò le proprie impronte bagnate sulla sua superficie.
Aveva sentito un richiamo.
Alzò il muso, inspirando con forza l’aria. C’era qualcosa di diverso, sentiva una strana elettricità.
“Fratello.”, quella volta distinse chiaramente la voce. Apparteneva al Cair del Vento.
Si concentrò, lasciando fluire il proprio potere. La sua pelliccia iniziò ad agitarsi come acqua mossa dal vento.
“Ti sento.”, rispose con un immenso sforzo. Qualcosa lo bloccava.
Fenris spalancò gli occhi. “Manannan! Finalmente sono riuscito a contattarti!”, esclamò.
Il Vegliante si accigliò. “Cosa succede?”, chiese.
“Sono anni che non entriamo in contatto. C’è un problema, un grave problema.”, avvertì.
Anni? Il custode scosse la testa, confuso.
Poi si focalizzò sulle parole di Fenris. “Spiegami tutto.”
Iniziarono un lungo scambio d’informazioni, al termine del quale Manannan si ritrovò confuso ed arrabbiato.
Qualcuno stava giocando con le loro menti, divertendosi a manipolarle.
Il suo obiettivo era spezzare il circolo di potere che li univa,
uccidendo Shunka, il Cair della Luce.
“Come possiamo fermarlo?”, domandò.
“Dobbiamo entrare in contatto con gli altri Cair. Ho mandato una
squadra verso il Cuore, ma sono già stati ostacolati diverse
volte.”, rivelò.
“Hai parlato con Shunka?”, iniziò a girare intorno, agitato.
“No.”, fu la risposta.
“Ci serve tutto l’aiuto possibile, intanto spiegami cos’è questa strana sensazione.”, ingiunse.
“E’ una barriera. Sono cinque anni che avvolge tutti noi:
ci ha isolati, ci ha resi ciechi e sordi. Nei nostri territori i popoli
stanno diventando sterili.”, spiegò.
“No, dobbiamo impedirlo.”, asserì, digrignando i denti.
Fenris sentì che la barriera stava reagendo. “Ora dobbiamo
evitare che il canale di comunicazione che ho creato si richiuda. Mi
serve un po’ del tuo potere.”
Manannan allora serrò gli occhi, diventati di un improvviso
grigio balena, e cercò di focalizzare il Cairansis.
Prelevò una parte del proprio potere e cercò di
inviargliela attraverso la viscosità della bolla in cui era
rinchiuso.
Passarono interminabili minuti, durante i quali i due lupi affondarono
gli artigli nel terreno, opponendosi alla forza che cercava di
dividerli.
“Lo spiraglio si chiude!”, realizzò il Cair del
Vento. Mosse qualche passo in avanti, a fatica, e vi spinse il proprio
potere attraverso.
Fu una battaglia di volontà, ma alla fine riuscì ad
incuneare parte della propria forza vitale, evitando la completa
chiusura.
“Grazie, fratello.”, disse, rivolto al Vegliante dell’Acqua.
“Bisogna avvertire gli altri. Tu occupati di Shunka e io mi occuperò del Sud.”, stabilì Manannan.
“Teniamoci aggiornati.”
***
-Ehi, finalmente non sei più rigido a letto!- fu così che Kiron salutò il fratello.
-Sei stato in perlustrazione?- gli domandò lui, facendo vagare lo sguardo sui suoi abiti. Erano sporchi di fango e felci.
-Sì, siamo arrivati fino alle pendici dei monti. Ma non abbiamo trovato tracce.- riferì. –Posso sedermi?
Simar scosse subito la testa. –No, mi sporcherai il letto.- si finse scandalizzato.
Il moro sorrise, sornione. -Ok, grazie.
Si accomodò nonostante le proteste, dicendo che le coperte si potevano sempre lavare.
-Allora… come te la passi?- domandò, dopo un po’.
-Mi annoio. Non posso nemmeno leggere.- brontolò il ragazzo.
-Non ti sei mica ferito agli occhi.- osservò il fratello.
-E’ quello che ho cercato di far capire a Devon, ma nostra madre
ha detto che non devo fare sforzi.- agitò le mani per aria,
esasperato da quelle eccessiva premure.
-Ci parlerò io.
-Con chi? Nostra madre o Devon?- lo guardò, perplesso.
-Devon, ovvio.- ridacchiò, strappandogli un sorriso. Rimase un po’ in silenzio. –La gamba come va?
L’Elfo abbassò lo sguardo. –E’ migliorata.
È quasi guarita e Celine mi ha detto che è meglio che
inizi a fare esercizio, per riprendere a camminare come prima.- sorrise.
-Meno male! È uno strazio fare doppi turni.
-Ehi, ti sei offerto tu!- gli ricordò il ragazzo. L’altro
annuì e poi sbuffò, fingendosi pentito del proprio gesto.
–Se vuoi possiamo fare cambio. Poi però voglio vedere come
riuscirai a scampare alla regina.
-Perché?- si accigliò, perplesso.
-Ha tentato di farmi il bagno. E non sto scherzando.- disse serio.
Suo fratello rimase a fissarlo negli occhi, in silenzio. Poi fece di tutto per trattenersi dal ridere, ma non ci riuscì.
Simar tentò di rimanere computo, ma finì con l’aggregarsi poco dopo.
-Avrei voluto esserci solo per vedere la tua faccia!- era finito sul pavimento, piegato in due dalle risate.
-Kiron, insomma, calmati!- tentò di farlo tacere.
-Ma è troppo… oddio!- si raddrizzò, asciugandosi
le lacrime agli angoli degli occhi. Vedendo l’espressione del
gemello, però, tornò serio di colpo. –Ok, non era
poi così divertente.
-Grazie.
-Oh, ho saputo che in questi giorni hai avuto visite!- cambiò improvvisamente argomento.
-Sì, dovevo sistemare alcune cose.- rispose, senza sbilanciarsi.
Kiron assunse un’espressione maliziosa. –E com’è andata?- gli chiese.
Distolse lo sguardo. -Non è andata.
Il moro si accigliò. –Perché? Cos’hai
combinato?- indagò. Simar sospirò, mantenendo
ostinatamente gli occhi sulla parete opposta. Suo fratello
aggirò il letto e gli si piazzò davanti.
Sbuffò, incrociando le braccia. –Le ho parlato di Caitlin.- rivelò finalmente.
-E allora? Non è niente di scandaloso. Credo che sappia come vanno queste cose…- commentò.
-A quanto ho saputo ha vissuto fino a poche settimane fa in una grotta.- gli lanciò un’occhiata penetrante.
-Ok, forse non sa come funzionano queste cose. Ma non vedo comunque il
problema: puoi sempre insegnarle.- fece spallucce, rilassato.
A quelle parole Simar sgranò gli occhi. –Insegnarle?! Ma insegnarle cosa, Kiron! Sei impazzito?
L’altro lo guardò, confuso. –Ma che ho detto…?
L’Elfo si mise una mano sugli occhi, esasperato. Scosse la testa,
cercando di non perdere la calma. –Non voglio portarmela a letto,
cretino.- sibilò. –Voglio farci amicizia. Non si limita
tutto ai bisogni fisici!
Gli occhi azzurri del suo gemello s’indurirono. –Cosa stai
insinuando? Che io restringo tutto a quel campo?- il suo tono di voce
si era fatto basso.
Simar alzò la testa di scatto e lo fissò. –No. Non stiamo parlando di te, stiamo…
-Stiamo parlando del fatto che io ti abbia rubato Caitlin e di come
questa cosa ti faccia impazzire.- Kiron lo fissò dall’alto
in basso, arrabbiato.
-Non tirare fuori questa storia, abbiamo già chiarito cercando
di spaccarci la faccia a vicenda.- anche lui assunse un tono duro.
-A quanto pare non è così. Se no non staresti qui a
recriminare e a prendertela con chiunque te ne parli.- lo
accusò. Il giovane deglutì: era andato molto vicino alla
verità.
-Vattene, non ho voglia di litigare con te.
-Con piacere. Torno da Caitlin, mia moglie.- e se ne andò sbattendo la porta.
Rimase a fissare il battente di legno per un tempo interminabile, poi
afferrò un cuscino e lo scagliò contro il muro in un moto
di rabbia.
Non bastavano i problemi a palazzo, le ferite e le
incomprensioni con Ethelyn, ora ci si metteva pure suo fratello. A
volte riusciva a concentrare in poche parole il peggio di sé.
Se nove volte su dieci lo amava per quello che era, quella faceva parte
di quella piccola percentuale in cui avrebbe voluto solo prenderlo a
pugni.
Sul serio, non metaforicamente parlando.
“Bene, vediamo di sistemare tutti questi casini. Devo imparare a
tenermi dentro i miei problemi e a gestire la rabbia.”,
scalciò via le coperte e si sedette, sporgendo le gambe fuori
dal letto.
Attese di sentire dolore, ma questo non arrivò.
Allora appoggiò prima la gamba sana e poi quella infortunata.
Lanciò un’occhiata alle stampelle che aveva accanto al
letto e, dopo una breve riflessione, le ignorò.
Prese un respiro profondo e si alzò in piedi. Da principio
barcollò un po’, ma poi trovò il suo equilibrio.
-Ok, andiamo a fare un po’ d’ordine.- si disse.
Zoppicava abbastanza vistosamente, ma era niente in confronto ai giorni precedenti.
Stringendo i denti si avviò verso l’ala riservata agli
ospiti. Non sapeva dove trovare la Ferift, ma avrebbe setacciato tutto
il palazzo, nel caso.
Al suo passaggio si voltavano tutti a fissarlo, confusi.
Certo, non doveva essere un bello spettacolo: scarmigliato, con addosso
un paio di braghe e una camicia bianca mezza aperta sul petto.
In più era scalzo e si trascinava dietro la gamba ferita come
poteva. Rispondeva al suo volere, ma era ancora abbastanza rigida.
-Principe…- un servo tentò d’avvicinarlo.
Lui lo ignorò, proseguendo oltre.
Quando era ormai sulla soglia del palazzo incontrò Tùrin.
–Simar, cosa fai fuori dal letto?- lo afferrò per le
spalle, sconvolto dal suo comportamento.
-Ho bisogno di parlare con Ethelyn, l’hai vista?- chiese.
Il maestro d’armi fece vagare gli occhi sul suo viso, cercando di scorgervi segni di pazzia.
-Allora?
Si riscosse. –Credo di averla vista dirigersi verso la radura delle stelle… cosa vuoi fare?
-Non ti preoccupare. Non dire a mia madre che sono uscito.- fece per
avviarsi. Poi si bloccò e si voltò. –Grazie.
L’Elfo tentò di fermarlo. –No, ascolta… non è saggio…
-Celine mi ha detto di esercitare i muscoli.- lo zittì con tono perentorio.
-Ma non così! Non girando come un’anima in pena per il
palazzo!- protestò, assumendo un’espressione severa.
-D’accordo. Mi farò accompagnare.- sbottò.
L’uomo lo guardò perplesso. –E da chi, scusa?
Non lo ascoltò e chiuse gli occhi. “Nehir.”,
chiamò. In un’altra occasione non si sarebbe mai azzardato
ad usare la telepatia, soprattutto perché lui stesso era
spaventato da quel dono.
“Arrivo.”, la risposta gli rimbombò nella mente.
Spalancò gli occhi e fissò vittorioso Tùrin, che continuava a guardarlo perplesso.
Poco dopo ecco comparire il suo Fisàan, in tutta il suo magnifico splendore. –Ecco il mio passaggio.- sorrise.
L’animale si accucciò e gli permise di salire in groppa
senza sforzi. –Alla radura delle stelle.- gli diede una leggera
pacca sul collo muscoloso.
Con un lieve ruggito, Nehir si avviò a passo spedito, lasciando indietro uno stupefatto Tùrin.
“Speriamo non lo dica a mio padre. Se no dovrò diventare il nuovo capitano.”, si augurò.
Lasciò che il lupo lo portasse a destinazione.
Quando sbucarono nella radura trovarono la Ferift stesa a terra, addormentata.
Simar smontò, facendo attenzione a non gravare sulla gamba
destra, e poi le si avvicinò, seguito a breve distanza dal suo
fedele compagno.
Si inginocchiò e la osservò per qualche istante.
Se il suo cuore non fosse stato occupato da un’altra persona
avrebbe potuto innamorarsi di lei, ne era quasi certo. Gli piaceva
molto il suo carattere (soprattutto la parte testarda), per non parlare
di quegli strani e ribelli capelli rossi.
Si lasciò sfuggire un sorriso, accarezzandole inconsciamente una guancia.
A quel contatto Ethelyn si svegliò.
Spalancò gli occhi e si mise a sedere di colpo. –Tu!- lo apostrofò.
-Ti prego, voglio scusarmi.- la prese per le spalle.
Lo fissò e, quando vide cosa c’era alle sue spalle,
impallidì. Simar allora si voltò e capì.
Allungò una mano verso Nehir e le fece vedere che era innocuo.
-E’ il tuo…?- domandò, ancora scossa.
Annuì. –Puoi toccarlo, se a lui non dà fastidio.-
le disse, cercando di suonare incoraggiante. Non voleva iniziare con un
morso da parte del lupo.
La ragazza lo guardò diffidente, ma alla fine allungò una
mano, imitandolo. Il Fisàan la osservò dritto negli
occhi, come se volesse scrutarle l’anima, infine si
strusciò contro il suo palmo.
Il principe riprese a respirare senza essersi reso conto di aver trattenuto il fiato. –Gli piaci.- sorrise.
-Sì…- mormorò lei, incantata.
Senza una ragione apparente, Nehir girò loro attorno e si accucciò, circondandoli col proprio corpo.
-Oh… ehm… si è offerto come panchina, credo.-
Simar lo fissò confuso. L’animale ricambiò lo
sguardo e sembrava stesse sorridendo, in un qualche modo.
-E’ normale?- domandò la rossa.
-Non lo so, ma facciamo come vuole.- rispose, appoggiandosi comodamente
contro il suo fianco. Era così grande che affondava per
metà nel suo pelo.
Ethelyn esitò, ma poi si accoccolò a sua volta.
–Con questo non vuol dire che io ti abbia perdonato.- mise in
chiaro.
Lui abbassò lo sguardo sulle proprie mani. –Lo so. Lasciami spiegare.
-Sono tutta orecchie.- le sfuggì involontariamente un tono ironico.
L’Elfo non ci fece caso.
-Quando ti ho parlato di Caitlin non l’ho fatto certo con
l’intenzione di accusarti di quello che è successo tra me
e lei.- iniziò.
-E allora perché?
Prese un respiro profondo. –Perché avevo bisogno di
confidarmi con qualcuno. So che l’ho fatto nel modo sbagliato, ma
tu sei la persona con cui io mi sono aperto di più, dopo mio
fratello.- rivelò.
Quelle parole la colpirono. Sapere che qualcuno si fidava di lei a tal
punto le fece provare una strana sensazione. Positiva, tremendamente
positiva.
Inconsciamente sorrise. –Be’… io… ti
ringrazio, per la fiducia. Ma non ho fatto niente per meritarmela.-
mormorò.
-Invece sì. Sei stata ad ascoltarmi e mi hai dato una seconda
opportunità. Che io, molto intelligentemente, ho sprecato.-
replicò, sorridendo per le ultime parole.
-Sì, l’hai proprio buttata via.- concordò. Non
voleva rendergli le cose facili, anche se con la questione della
fiducia aveva riguadagnato punti.
Dopo qualche minuto di pensoso silenzio, Simar riprese a parlare. -Io ho preso una decisione importante.
Ethelyn si accigliò. –Quale? C’entra Caitlin?- domandò.
La guardò, stupito e poi scosse la testa. –No. Voglio partire con voi.
-Cosa?!- esclamò lei.
Annuì, accennando un lieve sorriso. –Sì…
penso di poter essere più utile in viaggio con voi. E poi ho
bisogno di allontanarmi.- confessò.
-Simar, non è una cosa che si possa decidere così, su due piedi…- cercò di farlo ragionare.
-Perché? Tu quanto tempo hai avuto, per decidere?- la
fissò dritto negli occhi, trafiggendola col blu profondo dei
suoi.
La Ferift abbassò lo sguardo. –Non molto, ma…
-Niente ma, ho deciso.- la fermò.
Lei scosse la testa, già pronta ad inveirgli contro e
quant’altro. Tutto, pur di dissuaderlo. Doveva rimanere con la
sua famiglia, doveva governare il Regno del Nord.
-Ethelyn, per favore, calmati.- le afferrò un polso.
-E’ una pazzia.- disse.
-Lo so. Ora dovrei farne un’altra… per farti capire quello
che volevo trasmetterti con le mie parole.- continuò a guardarla
apertamente, anche se ora era nervoso.
-Non capisco.- ammise.
Sollevò un angolo della bocca. –Non importa. Chiudi gli occhi.
-Vuoi uccidermi?- domandò, titubante.
Rise. –No, non potrei mai.
Provò a fidarsi e fece come le era stato chiesto. Prese un
respiro profondo e cercò di calmarsi. Aveva promesso di non
farle del male, quello doveva bastarle.
Simar rimase a fissarla, combattuto. Quel gesto avrebbe potuto spezzare
per sempre quel timido legame che stava nascendo tra loro.
“Fallo.”, si disse.
Sollevò la mano e la fece scivolare tra i capelli di lei. Erano
morbidi ed incredibilmente caldi, come la fiamma da cui prendevano il
colore.
La ragazza si irrigidì. -Simar…?
-Shh.- sussurrò, a pochi centimetri dal suo viso.
Sorrise alla vista delle piccole lentiggini che le arricchivano il viso
e poi chiuse gli occhi a sua volta, posando le labbra su quelle
socchiuse di Ethelyn.
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Capitolo 18 *** Cap. 17 Rivolta ***
Cap. 17 Rivolta
Di seguito la tanto attesa reazione di Ethelyn... vi prego, non condannate Simar ^^'
Il capitolo successivo è già in fase di scrittura, non vi lascerò a bocca asciutta.
Buona lettura! :)
Cap. 17 Rivolta
Non appena sentì quell’inaspettato contatto, Ethelyn fece di tutto per liberarsi.
Simar non glielo permise e la tenne
stretta a sé. Ma non fece altro, limitandosi a rimanere con le
labbra posate sulle sue.
La ragazza sentiva un profondo bisogno emanare da lui e da quel gesto e anche l’amore che provava per Caitlin. Dolorosamente forte.
Ora era pienamente consapevole di
tutto quello che aveva passato, o per lo meno, era molto vicina a
capirlo. Quel bacio le stava dicendo molto, più di mille parole.
Peccato che il principe avesse scelto il metodo sbagliato per renderla parte delle sue pene d’amore.
Gli morse il labbro e lo fece staccare a forza.
Lui la guardò con tanto d’occhi.
-Ma sei impazzito?!- ringhiò la rossa.
-Non volevo farti niente di male! Solo farti capire cosa provo per lei…!- replicò, toccandosi la parte lesa.
La Ferift scosse la testa e lo
costrinse a terra, mettendosi a cavalcioni su di lui. Era arrabbiata e
quel gesto non era un invito a proseguire il momento appena spezzato.
L’Elfo la guardò, stupito. –Ethelyn, era solo…
-No, sono stanca di essere la tua
cavia! Se sei arrabbiato ti sfoghi con me, se hai delle pene
d’amore ti sfoghi con me, se soffri ti sfoghi con me!- ad ogni
parola si fece più vicina. Quando si trovarono a pochi
centimetri di distanza concluse dicendo:-Non sono il tuo tiragraffi.
Vai a baciare Caitlin, non me.
Esitò un attimo, ma poi decise di sottolineare le proprie parole con uno schiaffo.
Simar rimase a fissarla, impassibile.
-Be’, non dici niente?- fece, leggermente stupita dalla sua non reazione.
Scosse la testa. –No…
solo che ho finito di fare cretinate con te.- replicò, calmo.
Aveva le braccia aperte, come se si stesse placidamente godendo il sole
dopo una nuotata.
I suoi capelli d’argento erano sparsi sui ciuffi d’erba e parevano bianchi.
-Hai fatto tutto questo per… per cosa? Per farmi arrabbiare e star male?- chiese, incredula.
-No, ma dovevo fare queste cose
prima di poter seriamente ricominciare, con te.- confessò. Lei
si accigliò. –Lo so, non solo la coerenza fatta a persona.
Ma dovevo farlo.
-Tu sei fuori di testa.- commentò Ethelyn.
-Può essere. Ma dovevo
comunque farlo.- ribadì, sempre assolutamente calmo. –Ora
ti ho mostrato anche questa mia… incoerenza.
La ragazza scosse la testa, cercando di contenersi dal dargli un altro schiaffo. -Il bacio non ha senso.
-No, ha senso. È quello che non potrò mai dare a Caitlin.- mormorò, distogliendo lo sguardo.
Lei sgranò gli occhi. –E perché l’hai dato a me?!
-Per farti capire… per
liberarmi di questi sentimenti così opprimenti…-
tornò a guardarla. Nei suoi occhi leggeva confusione: non
riusciva a capacitarsi di quello che aveva fatto né di quello
che stava dicendo.
-Simar, hai sbagliato tutto.
L’unica cosa che hai ottenuto è stata quella di farmi
arrabbiare.- gli fece notare, continuando a tenerlo bloccato a terra.
-Lo so, ti ho detto che ho sbagliato.- sospirò.
-Tu hai qualche problema… nessuna persona normale agirebbe così…- brontolò la giovane.
-Sì, ho un problema: devo assolutamente andarmene da qui.
-E cosa c’entra, adesso?- lo fissò confusa.
Sorrise debolmente. –Nulla,
in verità. Però da quando è successo tutto questo
sono stato male, veramente… ho rischiato la depressione e non
riuscivo a controllare la mia rabbia. Tutti i giorni mi isolavo per
almeno due ore, sfogandomi col tiro con l’arco per evitare di
prendere a pugni mio fratello. Tutta questa storia mi ha ridotto uno
straccio. Ora va meglio, ma come vedi faccio ancora cose stupide.-
rivelò.
Le parole del ragazzo la lasciarono
sconvolta. –E perché non me l’hai spiegato in questo
modo?- domandò, sentendo la rabbia ritirarsi.
Arrabbiarsi con Simar le era molto
facile, ma inspiegabilmente lui riusciva sempre a trovare quella frase
particolare per far svaporare la sua ira.
Era strano e anche abbastanza inquietante.
-Tu hai superato… la morte di tuo fratello?- domandò esitante.
Sbatté qualche volta le
palpebre, stupito e poi abbassò gli occhi. –Non lo so.
Forse, ma non totalmente.- ammise.
-E credi che potrai mai migliorare?
-Lasciare questo posto potrebbe farmi bene.- la guardò dritto negli occhi, accennando un sorriso. Non ne era convinto.
Ethelyn sospirò.
–Prometti di non fare altre cose assurde e di parlare, se
dovessero esserci problemi?- chiese. “Questa è la terza
volta che lo perdono.”, si rese conto. E lei che credeva di
essere una persona ferma nelle sue decisioni…
Ci pensò su.
–Sì, lo prometto. Cercherò anche di lavorare sulla
gestione dei miei sbalzi d’umore.- disse infine.
-Ci conto. Perché questa
è l’ultima possibilità che ti do. La prossima volta
ti prendo a calci nel sedere.- lo avvertì.
Si lasciò sfuggire una risata, sentendosi immensamente più leggero.
Si ripromise di non combinare
più cretinate del genere. Doveva superare i suoi problemi e
abbandonare il vecchio Simar, complessato e deluso.
Soprattutto, era necessario che imparasse a spiegare quello che sentiva agli altri.
“Oh, ci sarà da
divertirsi.”, pensò, ironico. –Ti
sposteresti…?- domandò, tornando a focalizzarsi sulla
rossa.
Lei fece per obbedire, ma un improvviso ruggito squarciò l’immobilità dell’aria.
I due ragazzi sgranarono gli occhi, scambiandosi un’occhiata.
Ethelyn si mise in piedi con un balzo, sfoderando i sai, che aveva prudentemente portato con sé.
-Cos’è stato?- domandò al principe.
Simar l’affiancò, puntando lo sguardo verso il palazzo. –Sembrava un Fisàan.- mormorò.
Nehir era scomparso e non se n’era nemmeno accorto.
Lo cercò con lo sguardo tra
gli alberi, ma non lo vide. Se era in corso un attacco probabilmente
era già sul campo.
-Andiamo!- represse una smorfia e
si avviò il più rapidamente su per il sentiero. Ogni
tanto sentiva una scarica di dolore provenire dalla gamba, ma decise di
ignorarle.
La Ferift lo seguì poco dopo, non meno impacciata dal vestito.
***
“Finalmente ho abbastanza potere per corrompere le creature.”
Anrekres si lasciò sfuggire un sorriso. I canini lampeggiarono alla luce della spirale di potere.
Alzò gli occhi e lanciò uno sguardo al Cair, che giaceva immobile, avvinto dal suo stesso potere.
-Devo riuscire a scatenare delle
lotte…- meditò, passeggiando avanti e indietro. I lunghi
capelli corvini gli accarezzavano la schiena.
-Mi serve dell’odio…
voglio la sofferenza e la distruzione della vita…- si
passò la lingua sulle labbra, una luce avida gli illuminava gli
occhi.
Ad un certo punto si bloccò, focalizzandosi su un punto lontano.
Sembrava stesse vedendo qualcosa visibile solo a lui.
Sorrise.
Poteva sentire la forza di quelle creature fluire in lui, il suo potere si accresceva.
“Ancora un po’ e
sarò libero di fare quello che voglio.”, pregustava
già il momento in cui avrebbe potuto spezzare le proprie catene.
Non sapeva che la piuma da cui
traeva vita e forza era anche un vincolo, per lui. La spirale era il
suo centro di potere, perché la sua magia derivava dalla luce
del Cair.
Se si fosse allontanato avrebbe cessato di esistere.
***
-Drew, non ti muovere, rimani qui!- ordinò Blaking.
-No, non ci penso nemmeno!- protestò il ragazzo, intenzionato a seguirlo.
-Non sei ancora guarito!
-Potresti ritrovarmi morto, se le
cose che ci sono là fuori dovessero entrare.- replicò,
indossando un giustacuore e recuperando arco e frecce.
Tra loro ci fu un momento di
tensione, una battaglia di sguardi e di volontà. –E sia.
Ma non osare allontanarti da me.
Si chinò quel tanto per permettergli di montare in groppa e poi uscì dalla finestra spalancata.
-Cerchiamo di capire cosa sta succedendo e poi cerchiamo Ethelyn.- stabilì la creatura.
Il Nun si trovò d’accordo.
I bendaggi gli tiravano la pelle, ma era un dolore sopportabile. Tutto pur di non rimetterci le penne.
Sapeva che c’era qualcosa che non andava, anche se non erano ancora giunti al portone principale.
Blaking piegò a destra, girando attorno ad uno dei torrioni a guardia dell’ingresso.
La scena che si ritrovarono davanti era apocalittica.
Gli Ulver erano accerchiati e
guardavano i loro avversari, nervosi. A terra giaceva un grosso lupo,
la pelliccia simile a corteccia sporca di sangue. Gemeva debolmente.
-Sono… non è possibile…- mormorò il ragazzo, spiazzato.
-Guarda l’ombra!- esclamò l’amico. Lo fece e notò una cosa importante: non c’era.
I fedeli compagni delle guardie
elfiche erano stati corrotti dalla stessa magia che aveva portato gli
animali della foresta ad attaccarli, non molto tempo prima.
Era impossibile!
Blaking si abbassò, stando
attento a non portarsi a portata di zampa. I Fisàans erano alti
come un cavallo e sulle zampe posteriori avrebbero potuto colpire anche
un avversario in volo.
Non voleva rischiare.
Arun, che si trovava in mezzo ai suoi compagni, alzò la testa e li vide.
Urlò, richiamando la loro attenzione. Quando i due abbassarono la testa disse loro di non atterrare.
L’Ippogrifo annuì e salì leggermente di quota.
-Cosa facciamo?- domandò Drew, confuso.
-Non lo so… non capisco se siano troppo sconvolti per attaccarli o se stiano aspettando qualcosa.- ammise, perplesso.
Con la coda dell’occhio stava cercando di individuare le guardie di palazzo. Non erano insieme agli Ulver.
-Le guardie non ci sono.- lo comunicò al compagno.
Il Nun scrutò in basso. –Nemmeno Tùrin e Kiron. E non vedo neppure il re.- riferì.
“Un attacco a sorpresa?”, si chiese, speranzoso.
Presero a girare in cerchio, in attesa che succedesse qualcosa. Non volevano rompere quel fragile equilibrio.
Sentiva la gamba intorpidita, ma non ci fece caso.
Era quasi arrivato a palazzo.
Peccato non avesse con sé
nessuna delle sue armi. Si bloccò, dandosi dello stupido.
Ethelyn per poco non gli finì addosso. –Ehi!
-Non ho armi con me.- si voltò a guardarla, mostrandole la loro assenza.
-Oddio… dobbiamo muoverci, allora!- disse.
Annuì e ripresero a correre.
Avevano quasi raggiunto il cancello che dava sulla corte principale, quando si sentirono chiamare. -Ragazzi!
Voltarono la testa e si ritrovarono
ad osservare gli alberi che costeggiavano il sentiero. Simar si
accigliò, assottigliando gli occhi. E improvvisamente li vide.
Prese la ragazza per mano e la tirò all’ombra di un abete. –Tùrin!- esclamò, confuso.
-Principe, per fortuna state bene!- sospirò lui, mostrandosi.
-Ma cosa succede?- domandò
la rossa, vedendo che indossavano abiti realizzati apposta per
mimetizzarsi nella natura e avevano mani e viso coperti di pasta di
muschio.
-Siamo sotto attacco.- riferì una guardia. In totale erano una trentina, escluso il maestro d’armi.
-Chi ci sta attaccando?- chiese Simar.
A quella domanda tutti i presenti si guardarono l’un l’altro, a disagio.
L’Elfo li fissò, confuso. –E’ successo qualcosa alla mia famiglia?- si fece preoccupato.
-No.- fu la sola risposta.
-E allora cosa?- la sua voce salì di tono.
-I Fisàans. Tutti i Fisàans degli Ulver sono stati corrotti.- rivelò Tùrin.
I due sgranarono gli occhi, spiazzati.
Non era vero. Non era possibile.
Nessuno poteva corromperli, erano parte integrante della foresta del Mentore, ne condividevano il potere!
-Sei sicuro?- chiese, vacillando.
Annuì. –Stiamo cercando di accerchiarli. Arun e gli Ulver sono nella corte, circondati dai lupi.- riferì.
-“Stiamo”?
-Tuo fratello e tuo padre sono a capo di altre due compagnie.- spiegò.
“Mio padre?!”,
deglutì, spaventato. Sir Holean non era in grado di affrontare
una battaglia su campo aperto, non nelle condizioni in cui era.
Doveva fermarlo. –Mi servono delle armi.
Ethelyn, intuendo i suoi pensieri,
gli afferrò saldamente un braccio. –Non pensarci nemmeno.
Organizziamo l’attacco con loro. Niente gesta eroiche.- lo
fulminò.
Il giovane alzò la testa e
la fissò, in silenzio. “Calmati.”, si disse
prendendo un respiro profondo. Quando sentì di essere nuovamente
padrone delle proprie emozioni fece un cenno col capo.
-Abbiamo le vostre armi. Una
guardia ci ha detto di avervi visto andare verso la radura delle
stelle.- Tùrin gli porse un arco intagliato e una faretra piena
di frecce.
-I pugnali?- chiese.
L’uomo fece un cenno ad un
Elfo con una brutta cicatrice sul collo e quello si fece avanti,
recando con sé due pugnali gemelli con l’impugnatura
d’osso.
-Grazie.- Simar li prese assieme
alla cintura con i foderi. Se la assicurò in vita e poi si
guardò attorno. –Dove sono mio padre e mio fratello?
Il maestro d’armi si
chinò per terra ed iniziò a tracciare un profilo sulla
terra. Disegnò le mura e il castello. Poi segnò il
cancello vicino a cui si trovavano e gli Ulver, nella corte.
Gli altri due gruppi erano all’entrata principale e al cancello est.
-A quando l’attacco?- domandò Ethelyn.
-Dovevamo aspettare voi, altezza.- riferì uno degli uomini.
-Sono qui.
-Prendete un’armatura.- lo pregò il suo insegnante.
-Solo giacchino e protezioni per le gambe.- scosse la testa, attendendo che gli portassero quello che aveva chiesto.
Nessuno si preoccupò di offrire qualcosa alla Ferift. Il pregiudizio era una brutta cosa.
Tùrin, però, si
voltò verso di lei. La rossa sorrise e scosse la testa,
rifiutando la richiesta non espressa.
-Bene. Qualcuno lanci il richiamo.
Al che un Elfo abbastanza nerboruto
si arrampicò su un albero. Si issò su un ramo
sufficientemente grosso e portò le mani a coppa alla bocca,
imitando il verso di un uccello di bosco.
-Aspettiamo.- Tùrin li fece immobilizzare.
Attesero trattenendo il respiro. Finalmente la guardia scese, facendo un cenno affermativo.
-Andiamo.- Simar si pose al comando assieme al maestro d’armi.
Ethelyn si sistemò subito
dietro, agitata. Ricordava Nehir, il lupo del principe, e non era
assolutamente piccolo e docile.
-Blaking!- Drew gli tirò alcune penne per attirare la sua attenzione.
-Che c’è?
-Guarda! Alla tua destra!- disse.
L’Ippogrifo girò su se
stesso e capì cosa voleva mostrargli l’amico: tre
compagnie di guardie stavano raggiungendo la corte, il più
silenziosamente possibile.
I Fisàans sotto di loro non
avevano mosso un muscolo, limitandosi a lanciare bassi mugolii di gola
in segno d’avvertimento.
-Attendiamo l’attacco.
Tieniti pronto.- comunicò. Sentì il famigliare
scricchiolio dell’arco e avvertì uno spostamento
d’aria vicino alla testa, segno che Drew aveva incoccato.
-Pronto.- riferì.
Attesero, fermi a mezz’aria.
L’animale sbatteva le ali solo il minimo necessario per rimanere
in volo. Non volevano attirare l’attenzione su di sé.
Gli alleati arrivarono sciamando dentro la corte come una marea umana, urlando e agitando in aria le armi.
I lupi reagirono
immediatamente, andando all’attacco. Erano tantissimi e presto i
primi Elfi caddero, stroncati da quelli che, fino a poco prima, erano i
loro compagni.
Nella confusione dell’attacco il Nun individuò Ethelyn e Simar.
Li indicò all’amico e
quello scese in picchiata sull’animale che si era parato davanti
alla rossa. Gli artigliò la schiena, sollevandolo faticosamente
da terra.
Ma fu sufficiente per permettere
alla ragazza di conficcargli una lama in gola. Drew finì il
lavoro colpendolo alla testa.
-Grazie ragazzi!- urlò la giovane, alzando uno dei suoi pugnali.
-Non farti uccidere!- le disse il ragazzo, prima che Blaking mollasse il corpo del lupo e riprendesse quota.
-Ok… tu li attacchi e io li
distraggo, d’accordo?- gli disse l’Ippogrifo. Lo vide
annuire con la coda dell’occhio prima di buttarsi nella mischia.
Mentre scendeva su un Fisàan
scorse il re. Brandiva una lunga spada, la cui lama era finemente
decorata e già sporca di sangue.
Non trovò Kiron.
Con un urlo si
avventò sugli occhi della creatura, accecandola. Quella
lanciò un guaito, azzannando l’aria. L’Elfo che la
stava fronteggiando li ringraziò per poi saltargli in groppa e
finirla.
Ma aveva visto l’espressione sul suo viso poco prima di ucciderlo: dolore.
Doveva essere il suo compagno.
Scattò di lato, evitando i denti del lupo per un pelo.
-Dannazione!- imprecò Kiron.
Qualcosa l’aveva ferito ad
una gamba. Non ebbe nemmeno il tempo di controllare la gravità
della ferita che l’animale tornò all’attacco.
Rotolò a terra, finendogli
sotto, ma quello se ne accorse e balzò all’indietro,
evitando l’affondo della sua spada.
Dato che avevano sempre
combattuto insieme, i Fisàans sapevano come si battevano gli
Ulver. Non sarebbe stata una passeggiata, ucciderli.
Da qualche parte sentì suo
padre lanciare un urlo di battaglia. Sperò con tutto il cuore
che non si facesse uccidere.
Sua madre aveva insistito per poter
partecipare, attaccando gli avversari dalle torri, ma glielo avevano
tassativamente proibito. Non poteva mettere a repentaglio la sua vita.
Quei pensieri per poco non gli
procurarono una nuova e sanguinante ferita. Si accucciò a terra
e sferrò un calcio sul muso dell’avversario.
-Qualcuno mi dia…- ma dovette scattare in avanti per deviare la zampa del Fisàan.
Era difficile rotolare e schivare senza perdere la spada.
Stava diventando frustrante e aveva seriamente bisogno di un aiuto.
Presto detto: come se fosse sbucato
dal nulla, Dunehin si avventò sul suo simile, trascinandolo a
terra in un groviglio di denti e pelo.
Kiron lo fissò con tanto d’occhi.
Non l’aveva visto in mezzo
agli altri, ma era quasi certo che fosse stato corrotto anche lui. Si
scansò per evitarli ed attese il momento buono per colpire.
Quando l’animale corrotto fu pancia all’aria, stretto nella
morsa dei denti del Beta del branco, affondò la lama nelle sue
budella.
La sentì grattare contro l’osso, segno che aveva raggiunto la spina dorsale.
L’animale si dimenò un po’, ma poi morì.
Il principe si voltò a
guardare Dunehin, il muso sporco di sangue. Abbassò gli occhi e
vide che possedeva ancora la propria ombra. Felice come non mai, si
concesse di immergersi nel pelo della sua collottola.
Lui accettò di buon grado, strusciandosi.
Rimasero così per un
po’, fino a quando il Fisàan non se lo caricò in
groppa afferrandolo per i vestiti. Il ragazzo si ritrovò
catapultato sulla sua schiena.
-Andiamo, facciamogli vedere quello che sappiamo fare.- alzò la spada e lo incitò alla carica.
Ethelyn scorgeva la chioma di Simar in mezzo a tutto quel marasma di pellicce.
Avrebbe tanto voluto raggiungerlo, ma le si era parato davanti un lupo.
Tra le fauci aveva il corpo di un Elfo.
La ragazza spalancò la bocca, sconvolta. Guardò la guardia e notò che era ancora vivo.
Divaricò le gambe e cambiò l’impugnatura dei sai, pronta ad attaccare.
L’animale la osservò,
cercando di decidere se valeva davvero la pena sputare il proprio
bottino. Lei non gli diede tempo di decidere, perché
gli si scagliò addosso.
Sfruttando la propria
capacità di volare gli salì in groppa, reggendosi in
piedi a fatica a causa dell’abito che indossava.
Il Fisàan cercò di
scrollarsela di dosso, ma lei gli assestò un colpo alla
mascella, costringendolo ad aprire le fauci. L’Elfo cadde a terra
con un gemito. Una volta libero rimase a immobile, spezzato.
Il lupo ringhiò e riuscì ad afferrarle un lembo della gonna.
Si ritrovò con le gambe all’aria e i capelli davanti agli occhi, urlando irritata.
Tentò di contorcersi per colpirlo, ma non ci riuscì.
Stava per evocare il potere del
vento quando una freccia colpì la bestia ad un orecchio,
conficcandosi poi nel terreno con una leggera vibrazione.
La riconobbe dal piumaggio: era di Drew.
Impattò col suolo, grata di
essere ancora viva e non nella gola dell’animale. Si
rialzò, scuotendo energicamente la testa, e si preparò
nuovamente ad affrontarlo.
Accecato dal dolore, il
Fisàan la colpì con una zampata che la mandò a
rotolare diversi metri più in là.
-Ethelyn!- sentì urlare Simar.
Fece per alzare la testa, ma si
vide coprire da qualcosa di gigantesco e dotato di ombra. Poco dopo un
ringhio basso e penetrante risuonò vicino alle sue orecchie.
-Nehir!- nuovamente la voce del
principe, ancora più stupita di prima. Capì che a
proteggerla era stato il Beta dell’Elfo.
-Grazie.- gli disse, come se lui potesse risponderle.
Poco dopo lo vide spostarsi. Simar la raggiunse e la rimise in piedi. –Stai bene?- le chiese.
Era affannato e aveva una piccola ferita sulla guancia. Niente di serio.
Annuì. –La tua gamba?
-Non ti preoccupare.- le disse. –Vieni, montiamo su Nehir.
L’animale si chinò,
aspettando che gli salissero sulla schiena. La rossa fece appena in
tempo a mettersi in salvo da un attacco, cui il lupo rispose
immediatamente.
I due ragazzi dovettero aggrapparsi
saldamente per non cadere, mentre il loro compagno si scagliava addosso
all’avversario.
Tentarono di aiutarlo come potevano, le poche volte in cui riuscivano a staccare le mani dalla sua pelliccia.
-Hai visto tuo padre?- chiese la Ferift nella lotta.
-No!- urlò lui.
Alzò la testa, cercando Drew
e Blaking, ma non li vide vorticare in cielo. Allora si
concentrò, richiamò il proprio potere e lo scagliò
contro il Fisàan che aveva attaccato Nehir. L’animale ne
approfittò per morderlo alla giugulare e finirlo.
Ansante, il lupo si fermò, dando tempo ai due di guardarsi attorno.
Era una carneficina: gli avversari erano troppo numerosi e molti Elfi giacevano a terra, morti o morenti.
Con la coda dell’occhio Simar vide il capitano e, al suo fianco, Vëon.
-Amico mio, siamo circondati.- disse Arun, ansimando pesantemente.
Il lupo al suo fianco digrignò leggermente i denti.
Quasi tutti gli Ulver che erano con lui erano morti o gravemente feriti. Doveva proteggerli.
Alzò lo sguardo sull’Alfa del branco e quello abbassò gli occhi su di lui.
“Vai dal re.”, gli disse con la sua voce roca e raschiante.
L’Elfo scosse la testa. –Non ti lascio morire.
“Va’ dal re.”,
ripetè, mostrandogli i denti. Il loro dialogo era stato
difficile, all’inizio: Vëon era troppo orgoglioso per
parlare con un essere su due zampe. In battaglia non riuscivano a dare
il meglio di sé. Poi Arun si era fratturato un braccio per
salvare il lupo da un attacco, guadagnandosi il suo rispetto.
“Sono l’Alfa del branco. Mi obbediranno o moriranno.”, gli ricordò.
-No. Non sono più i tuoi
compagni, sono stati corrotti.- cercò di fargli capire che il
suo tentativo sarebbe stato inutile.
Il Fisàan allora gli ringhiò contro, subito dopo aver colpito un avversario, mandandolo a schiantarsi al suolo.
-No.
Arun era testardo quasi quanto
quell’enorme creatura che aveva per compagno. Si scambiarono uno
sguardo di fuoco, poi furono distratti dalla battaglia.
Abbatterono due lupi e ne misero in fuga un terzo, che finì abbattuto dall’Ippogrifo.
-Arun!- si sentì improvvisamente chiamare.
Si voltò e vide
Tùrin, costretto all’angolo da cinque Fisàan. Era
rimasto solo e sanguinava copiosamente da diverse ferite. Senza esitare
saltò in groppa a Vëon e lo spronò in quella
direzione.
Piombarono sulla bestia più vicina, inchiodandola al suolo.
Ma i compagni si scaraventarono su
di loro, sommergendo il capitano degli Ulver. Tentò di liberarsi
menando fendenti a caso.
Quando un fiotto caldo di sangue lo colpì in pieno viso capì di aver colpito qualcosa.
Il suo compagno si
divincolò, ma nel tentativo di sbarazzarsi degli avversarsi
finì per cadere di schiena. L’Elfo dovette gettarsi
lontano per evitare di rimanere schiacciato.
Rotolò a terra, perdendo i pugnali.
Rialzò la testa, cercandoli
freneticamente per potersi difendere da un imminente attacco. Le fauci
del lupo non si chiusero mai su di lui perché venne freddato da
Tùrin.
Si guardarono, stupiti, prima che il gigante cadesse a terra.
-Tùrin!- cercò di sostenerlo, reggendogli la testa.
-Credo di aver bisogno di una pausa.- boccheggiò, sputando sangue.
Arun allora si concentrò e
gli posò la mano sul petto. Recitò qualche parola a mezza
voce e fermò l’emorragia.
L’amico tornò a respirare con un ansito. -Grazie…
-Sire, sono troppi! Ci servono rinforzi!- urlò una guardia, al suo fianco.
Holean si tolse i capelli dagli occhi, viscidi di sangue.
Estrasse la propria spada, infilata in profondità nella gola dell’ultimo Fisàan che aveva ucciso.
L’Elfo aveva ragione: erano troppi.
Aveva ancora la metà dei suoi uomini, ma i loro avversari erano grossi il triplo di loro.
-Fatemi da scudo, voglio provare a
chiamare il potere delle sentinelle.- disse, sollevando la sua arma con
la lama rivolta verso il basso.
Le guardie si strinsero attorno a lui come un sol uomo.
Gli abeti non si sarebbero
risvegliati se non in caso di attacco, peccato che i Fisàans
facessero parte della foresta e loro non li consideravano nemici.
Doveva tentare di rianimarli.
Sapeva che quello sforzo avrebbe potuto costargli la vita, ma doveva farlo.
Si concentrò, stringendo i denti.
Iniziò a chiamare il potere il più velocemente possibile, ma sentiva che era comunque troppo lento.
Udì un lontano scricchiolio.
“Ci siamo! Ancora un po’…”, esultò.
Sentiva le piante risvegliarsi e rispondere al suo richiamo.
-Padre!
Riaprì gli occhi di scatto,
giusto in tempo per vedere i lupi scaraventare a terra lui e le
guardie. Sbatté violentemente a terra, sentendo la vecchia
ferita alla gamba pulsare.
Si portò la mano
all’arto, tentando di rimettersi in piedi. Era troppo tardi: un
Fisàan era esattamente su di lui.
Cercò a tentoni la propria arma, ma non la trovò.
“Alzati, stupido
vecchio!”, gli disse una voce dentro di sé. Fece forza con
le mani, ma la gamba non rispondeva.
Il lupo sollevò una zampa, pronto a colpirlo.
Il respiro gli si incastrò in gola mentre chiudeva gli occhi, aspettando la propria fine.
-Allontanati, bastardo!
Il colpo non era arrivato.
Sollevò la testa, confuso e si ritrovò davanti Kiron.
Aveva parte del giustacuore stracciato e poteva vedere la sua pelle.
Era nera come l’onice e dura come il diamante.
Aveva cambiato la propria composizione molecolare.
-Qualcuno aiuti il re!- il ragazzo
digrignò i denti, facendo forza con le braccia per trattenere la
bestia. Con la coda dell’occhio vide alcune guardie soccorrere
suo padre e poco dopo Dunehin fu al suo fianco.
Si avventò sull’animale e insieme lo uccisero.
“Padre, padre rispondimi!”, Undine stringeva con forza i bordi del tavolo a cui era seduta.
Sentiva le urla e il clangore delle armi, ma le era stato vietato d’intervenire.
Suo marito aveva dato ordine a Devon di non farla uscire.
“Padre!”, tentò ancora.
“Undine!”, la comunicazione iniziò all’improvviso.
“Siamo sotto attacco. I Fisàans sono impazziti!”, gli disse.
Senza un’esitazione il Vegliante decise il da farsi. “Fai scappare i ragazzi.”
La donna spalancò gli occhi. “D’accordo.”
Si alzò in piedi facendo
cadere la sedia su cui si era appollaiata e puntò dritto verso
la porta. La spalancò e si ritrovò davanti il suo fedele
servitore.
-Mia regina, sapete che…- iniziò.
-Perdonami, Devon.
Sollevò un braccio e lo fece volare per aria, intrappolandolo contro il muro grazie al proprio potere.
-Mia regina!- ignorò le sue urla.
Raggiunse le camere dei ragazzi,
afferrò le loro bisacce e le riempì coi loro averi,
aggiungendo anche delle coperte.
Poi si diresse verso le cucine. La
sua improvvisa presenza mise in allarme la servitù, già
spaventata dallo scontro in corso.
-Datemi tutto il cibo che potete. Per un viaggio.- esordì.
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Capitolo 19 *** Cap. 18 Fuga ***
Cap. 18 Fuga
Cap. 18 Fuga
-Kiron, non potrai resistere ancora a lungo!- disse suo padre.
Il ragazzo lo ignorò, respingendo l’ennesimo attacco.
Stava mantenendo il proprio corpo in una situazione di stress da molto
tempo, ormai: cambiare la propria composizione molecolare non era
semplice.
Tanto meno lo era mantenere il cambiamento.
Era innaturale, in un certo senso.
-Abbiamo bisogno d’aiuto.- il re lo prese per un braccio, dopo
essersi faticosamente alzato. Le guardie non avevano osato fermarlo.
-Padre, stai indietro!- gli ordinò il principe, impegnato a
fronteggiare un Fisàan abbastanza coriaceo. Dunehin ansimava, al
suo fianco e aveva una brutta ferita all’occhio sinistro.
-Obbediscimi.- Holean fece la voce grossa.
Kiron fece per liberarsi dalla sua presa, ma sentì un lungo ululato.
Si voltò, confuso e cercò tra la folla.
Parecchio distante da dove si trovavano, Arun stava tentando di
difendere il piccolo tratto di mura in cui l’avevano costretto.
Tùrin, al suo fianco, era stanco. Le ferite, seppur parzialmente
trattate, lo stavano prosciugando delle poche forze rimastegli.
Non avrebbe retto per molto.
“Nemmeno io reggerò ancora a lungo.”,
realizzò il capitano degli Ulver, detergendosi il sudore dal
viso.
Non aveva abbastanza potere per difendersi con la magia, per cui l’unica sua risorsa erano le armi. E Vëon.
Parò istintivamente un attacco, piantando uno dei pugnali nella
bocca di un lupo. Quello però si divincolò e l’arma
gli cadde di mano.
-Dannazione…!- imprecò.
“Spostati.”, il suo fedele compagno lo scansò prima che potesse dire addio per sempre alla vita.
L’Elfo cadde a terra, stremato.
Sbatté qualche volta le palpebre, cercando di snebbiare la vista.
“Vai dal re. Porta via Tùrin.”, gli disse l’Alfa.
-Non ti lascio qui. Te l’ho già detto e vale ancora.-
biascicò. L’animale ringhiò la propria
disapprovazione, tenendo a bada un avversario.
“Vattene!”, tentò ancora. Quell’uomo era
talmente cocciuto da dargli sui nervi. Non che a lui stessero
simpatiche molte creature.
-No. Mi rifiuto di lasciarti morire.- fu la replica.
Fece per protestare, ma due Fisàans balzarono fuori dal nulla,
lanciandosi contro i due uomini. Senza nemmeno pensare, il lupo si
gettò su di loro per proteggerli.
-Drew!- esclamò Blaking.
Non gli diede nemmeno il tempo di capire e puntò dritto verso il campo di battaglia.
Aveva visto alcuni di quegli animali gettarsi sul capitano e su Tùrin.
-Incocca!
Spalancò becco e ali, arrivando in picchiata con gli artigli
protesi in avanti. L’ignaro Fisàan che aveva puntato se lo
ritrovò sul collo, del tutto deciso a fargli del male.
Iniziò a ringhiare, dimenandosi furiosamente.
L’Ippogrifo aumentò la presa, affondando le unghie nella pelle dell’avversario.
Il Nun fece per piantargli in corpo una freccia quando vennero travolti
da una massa di pelo. Venne sbalzato di sella e cadde rovinosamente al
suolo, seguito poco dopo dall’amico.
Si rialzò in fretta e furia, recuperando l’arco e le frecce.
-Blaking!- chiamò.
-Sto bene…- disse quello, rimettendosi in piedi. Scrollò
il capo e spalancò le ali, indignato. –Adesso vede.-
caricò verso il lupo che lo stava sfidando, a testa bassa.
Lo colpì su un fianco, mandandolo a terra.
Il ragazzo, invece, si diresse dagli Elfi. –Come state?- chiese, parandosi loro davanti.
-Mai stati meglio.- ironizzò il maestro d’armi.
Lui gli dedicò un’occhiataccia. Vëon, al suo fianco, si agitò.
-Avete visto il re?- domandò Arun, faticando a reggersi in
piedi. Non sapeva se era ferito o semplicemente stanco: a quel punto
non faceva differenza.
-Sono laggiù, verso le mura. Kiron era con lui, lo stava
proteggendo.- riferì l’Ippogrifo, rifilando un bel calcio
ad un lupo.
Si sentì chiaramente il rumore dei denti che si spezzavano.
-Voi andate dal re. Noi dobbiamo occuparci di questi ragazzi.- il capo
degli Ulver raddrizzò le spalle, rafforzando la presa sulle
proprie armi. –Portate Tùrin.
L’Elfo protestò:-No!
-Sei ferito…- cercò di convincerlo Drew.
L’uomo fece per ribattere, ma il lupo di Arun lo caricò a
forza sulla schiena di Blaking. L’Ippogrifo barcollò un
attimo sotto il nuovo peso.
Vëon scambiò un’occhiata con lui, facendogli capire che dovevano allontanarsi.
-Drew, salta su!- il ragazzo non se lo fece ripetere due volte ed obbedì.
-Ma… sei sicuro che possiamo…?- chiese, perplesso. –Il capitano… e le guardie…
-Sono tutti morti, ormai. Quasi tutti quelli che erano con me sono morti.- disse con tono lugubre Tùrin.
-Mi dispiace.- mormorò il Nun. L’uomo fece una smorfia e non disse nulla.
-Ora ti portiamo a palazzo, in modo che tu possa essere curato.- gli
comunicò Blaking. Il maestro d’armi non protestò,
sapendo di essere troppo debole per combattere.
-Ecco, mia regina.- la serva le porse l’ultima bisaccia.
-Bene. Iniziate a preparare il necessario per i feriti.- disse Undine.
Tutte le donne presenti annuirono, mettendosi subito all’opera.
Esitò un attimo, accertandosi che avessero capito cosa fare, poi uscì dalle cucine molto velocemente.
-Tutti i curatori presenti a palazzo si tengano pronti.
Gli Elfi che si trovavano lungo i corridoi corsero via, alla ricerca
degli esperti delle arti mediche. Celine la raggiunse.
–Maestà!- fece un breve cenno col capo.
-Celine, tu ti occuperai di organizzare l’infermeria.- le disse, lanciandole un’occhiata.
La donna la guardò, stupita. –E voi cosa volete fare?- domandò.
-Far partire i ragazzi e aiutare mio marito.
Era risoluta.
Non sarebbe rimasta in un angolo, tremante, aspettando che qualcuno
risolvesse la situazione. Non quando quel qualcuno erano suo marito e i
suoi figli. Non poteva permetterlo.
-Ma Devon…- la curatrice era nel panico.
-Devon è stato sollevato momentaneamente dal suo incarico. Ho
dei poteri e so usarli.- la fulminò con un’occhiata.
Celine, allora, capì che era inutile discutere.
-Dove dobbiamo allestire l’infermeria?- domandò.
-Nella corte interna. Chiunque abbia il coraggio di uscire e portar dentro i feriti è ben accetto.- stabilì.
Con un cenno del capo l’Elfa scomparve in un corridoio laterale, iniziando ad urlare ordini.
“Ora devo solo trovarli.”, si disse Undine.
Non sapeva se fossero illesi, feriti o addirittura morti. Il cuore le
batteva all’impazzata se pensava all’ultima
eventualità.
Accelerò il passo, poi si bloccò. –Cavalli…-
mormorò. Avrebbero avuto bisogno di cavalcature per spostarsi
più velocemente.
Non sapeva se i destrieri fossero ancora vivi, però. Forse i
Fisàans li avevano uccisi o, più semplicemente, messi in
fuga.
“Bene, allora prima sistemerò quei lupi corrotti. Poi li
farò scappare.”, decise. Doveva risolvere il problema alla
radice. Anche se era quasi certa che l’intenzione del Cair del
Vento era farli fuggire il prima possibile, non poteva abbandonare il
proprio popolo.
Si rimboccò le maniche e raggiunse la loggia che dava in
affaccio sulla corte principale, quella dove si stavano svolgendo gli
scontri.
Lo spettacolo che le si presentò davanti fu scioccante: tutto lo
spazio antistante l’ingresso era coperto di sangue e corpi.
Si portò una mano alla bocca, cercando di trattenere un conato
di vomito: l’odore ferrigno si sentiva fino a lì.
Chiuse gli occhi, concentrandosi sui Fisàans. Poteva percepire
la loro aura, distorta e corrotta. Il problema, ora, era dirigere il
proprio potere solamente su di loro.
-Non ce la faremo mai!- urlò un uomo. Impugnava un forcone e gli
mancava un occhio, ricordo della vecchia faida coi Ferift.
-Sì, invece, dobbiamo respingerli.- replicò l’Elfo
al suo fianco, un boscaiolo abbronzato e con un lungo e massiccio arco
tra le mani.
-Ma sono troppi, Sal!- a parlare era stata una donna. In mano aveva un
pugnale. Sal, il boscaiolo, le lanciò un’occhiata e poi
tornò a voltarsi verso i campi.
Davanti a loro erano schierate due dozzine di animali, per lo
più cinghiali e segugi. Avevano sentito le chiacchiere delle
guardie circa le creature d’ombra ed ora eccoli lì, in
carne ed ossa.
Era stato un ragazzo a dare l’allarme: stava pascolando le
pecore vicino ai canali d’irrigazione. Subito la popolazione si
era recata in massa a valle.
Le donne più anziane si erano barricate in casa coi bambini.
Ora la situazione era in scacco.
Gli abitanti del Regno erano immobili, al di là
dell’acqua. Si erano armati con qualsiasi cosa potesse ferire:
dagli archi alle pale.
Gli animali si muovevano nervosi, ma non osavano attaccare. Sembravano
indecisi o forse stavano semplicemente aspettando qualcosa.
-Ok, è ora di dare una svegliata a questi esseri!- urlò
Sal, prima di scavalcare un canale ed inginocchiarsi per puntare ad un
cinghiale.
I suoi compaesani fecero per seguirlo, ma lo stesso Elfo si bloccò ancor prima di scoccare.
Scostò il viso dall’arco e guardò oltre le bestie,
tra gli alberi della foresta. Gli era sembrato di intravvedere un
movimento.
Alzò la mano, facendo segno agli altri di fermarsi.
Il tempo sembrò rallentare mentre cercava di capire
cos’avessero visto i suoi occhi.
All’improvviso un ruggito squarciò
l’immobilità dell’aria. Dalle fronde degli abeti si
levarono in volo diversi uccelli, spaventati.
Gli animali d’ombra si voltarono, confusi.
Poi, molto lentamente, un corpo si delineò tra la penombra degli
alberi. Poi un altro e un altro ancora, fino a non poterli più
contare.
-Cosa sono…?- si sentì chiedere.
Sal aguzzò la vista. –Fisàans…-
mormorò, stupefatto. –Sono Fisàans selvatici!-
alzò la voce per farsi udire.
Alle sue spalle si levò un prepotente mormorio.
I grossi lupi uscirono allo scoperto e circondarono gli avversari. Si
scrutarono a vicenda, apparentemente calmi. Fino a quando uno dei nuovi
arrivati buttò indietro la testa ed ululò.
Fu il segnale per gli altri, che si scagliarono contro segugi e cinghiali.
La lotta non durò molto, anche perché molte
delle bestie senz’ombra si diedero alla fuga, terrorizzate.
Dalle spalle del boscaiolo di levò un grido, che esplose in un’ovazione.
Uno dei Fisàans voltò la testa verso di lui e i due si
fissarono negli occhi. Sapeva di essere troppo vecchio per diventare
Ulver, quindi l’animale non lo avrebbe scelto.
-Padre!- un ragazzino di sedici anni gli si avvicinò, atterrando
al suo fianco con un agile salto. Si voltò a guardarlo.
–Andiamo ad aiutare gli Ulver, a palazzo.
Si rialzò lentamente, sistemandosi l’arco in spalla.
Lanciò un’altra occhiata ai lupi, ma notò che
quelli si erano avvicinati.
Quello che aveva ululato raggiunse lui e suo figlio, mentre gli altri disperdevano i ranghi degli altri Elfi.
Arretrò leggermente vedendosi riflesso negli occhi color ebano
dell’animale. Quello lo annusò, curioso, poi voltò
la testa verso il suo ragazzo.
-Che devo fare?- gli chiese quello.
-Nulla, Galen. Sta’ fermo e aspetta.- gli suggerì. Il giovane annuì, deglutendo.
La creatura avanzò un altro po’ e gli appoggiò il
muso su una spalla. Nell’esatto istante in cui l’Elfo
affondò la mano nel pelo della sua collottola, comparve la
classica gorgiera che dimostrava l’unione tra un Fisàan e
il suo Ulver.
Galen sgranò gli occhi. –Padre…?
-Sì, sei stato scelto. Ora muoviamoci.- gli sorrise, dandogli
una pacca sulla spalla. Quando voltò le spalle a quella scena si
ritrovò ad osservarne altre.
Anche gli altri presenti erano confusi.
-Abbiamo dei nuovi Ulver. Ora muoviamoci, andiamo ad aiutare il nostro re.- disse, sollevando il pugno per aria.
Si levò un grido e poi si mossero tutti insieme verso la collina.
-Blaking, quella è la regina!- Drew gli tirò le piume alla base del collo per farlo voltare.
L’Ippogrifo scartò bruscamente di lato, colto di sorpresa. –Dove?
-Là, nella loggia!- indicò.
Scrutò la superficie dell’edificio fino a trovare quella
piccola e ben celata rientranza. –La vedo.- e dettò
ciò puntò direttamente verso di lei.
Non appena li vide, Undine si fece indietro, dando loro la possibilità di affiancare la loggia.
-Maestà!- la chiamò il Nun.
-Tùrin, oddio, cos’è successo?- chiese lei, vedendo le ferite dell’Elfo.
Quello tentò di rimanere dritto, ma gli costò uno sforzo
enorme. –Sono troppi, mia regina…- tossì.
-Deve essere curato, subito.- s’intromise Blaking.
Lei annuì e lo trascinò oltre il parapetto con una forza
insospettata. Poi si voltò ed urlò un nome, poco dopo
fece la sua comparsa un uomo.
-Curalo.- disse solamente lei, lasciando Tùrin alle sue esperte mani.
-Avete visto mio marito e i miei figli?- tornò ad occuparsi dei due compagni.
-Kiron sta proteggendo il re. Simar dovrebbe essere da qualche parte
con Ethelyn, ma l’abbiamo perso di vista. Fino a poco fa eravamo
con Arun: è in difficoltà.- ricapitolò il ragazzo.
Aveva i capelli castani incollati al viso per colpa del sangue e del sudore.
-Cercherò di trattenere i Fisàans il più a lungo
possibile, in modo da permettervi la ritirata.- disse la regina.
–Avvertite gli altri.
-Siete sicura…?- domandò l’Ippogrifo, stupito dalla sua determinazione.
Lei annuì.
Lui allora si staccò dal parapetto e puntò in basso,
verso i combattimenti. Individuarono per prima la Ferift dai capelli
rossi: aveva il vestito strappato e chiazzato di sangue, ma sembrava
illesa.
-Ethelyn!- urlò Drew.
Lei alzò la testa, sorpresa. Senza pensarci allungò una mano e l’amico la tirò in sella.
-Stai bene?- le chiese. Annuì, anche se leggermente scossa.
-La regina sta per fare qualcosa che bloccherà i lupi. Dobbiamo avvertire tutti gli altri.- le spiegò il pennuto.
Rinfoderò i sai. -D’accordo.
Sorvolarono la corte alla ricerca del principe Simar. Lo trovarono in
groppa a Nehir, che menava fendenti a destra e a manca. Andava avanti
per forza d’inerzia.
-Simar!- urlò la ragazza. Lo vide alzare la testa di scatto.
Mise le mani a coppa per farsi sentire meglio. –Tua madre sta per
fermare i Fisàans, sta’ pronto a scappare nel palazzo!
Il ragazzo sollevò un pugnale, segno che aveva capito. Poi fece
voltare la sua cavalcatura e corse ad informare anche gli altri Ulver
sopravvissuti.
-Ecco il re!- esclamò Blaking.
Era circondato dalle poche guardie rimaste e brandiva la propria spada,
cercando di proteggere qualcosa. Avvicinandosi capirono che si trattava
di Kiron.
-Cos’è successo?
-Non lo so!- le parole di Drew vennero portate via dal vento.
-Sire!- lo chiamò l’Ippogrifo, avvicinandosi.
Gli uomini che erano con lui alzarono la testa. Lo stesso fece Holean. –Ragazzi!
-Sua moglie è sulla loggia. Ha detto che può fermare i
lupi per un po’ e permetterci di entrare a palazzo.-
riferì il Nun.
L’uomo sgranò gli occhi e si voltò verso il
palazzo. Sembrò individuare la Ninfa, perché subito dopo
annuì. –Qualcuno prenda Kiron.- ordinò alle guardie.
I ragazzi si rialzarono giusto in tempo per evitare l’affondo di un Fisàan.
Attorno a loro videro i superstiti passarsi parola. Allora si voltarono verso Undine e le fecero segno.
Lei spalancò le braccia e subito i suoi capelli vennero gettati da un lato da un vento forte ed impetuoso.
La stoffa della gonna di Ethelyn prese a frustarle le gambe, schioccando.
-Ehi, che succede?- chiese, allarmata. L’aria passava loro
accanto, infilandosi nei vestiti e giocando coi capelli. I lupi,
però, si bloccarono e vennero schiacciati e terra da una forza
invisibile.
A terra sentirono il re urlare:-Ora!!!
I portoni stavano per chiudersi quando Undine perse il controllo del proprio potere.
La magia si ruppe e i lupi furono liberi.
Mancavano solo Arun e il suo fido compagno. Erano quasi dentro.
Ma un paio di Fisàans si alzarono e si avventarono su di loro.
L’Alfa fece appena in tempo a spingere l’amico dentro il
palazzo e poi si ritrovò le bestie addosso.
-Vëon!- urlò l’Elfo, mentre qualcuno lo afferrava per impedirgli di uscire di nuovo.
Qualcosa sbatté violentemente contro il legno della massiccia
porta, facendola oscillare sui cardini. Subito dopo si udì un
latrato.
“Addio, amico.”, quelle furono le ultime parole che
Vëon pronunciò. Il capitano sentì qualcosa rompersi
dentro di sé e crollò al suolo, battendo i pugni.
Dunehin e Nehir si scambiarono uno sguardo e poi lanciarono un lugubre ululato, salutando il capo del loro branco.
Tutti i presenti abbassarono il capo.
-Perché l’avete fatto?- Arun si voltò a fronteggiare la regina.
-Per salvarti.- gli disse con gli occhi lucidi. L’uomo
restò senza parole e poi poggiò la testa sulla sua
spalla, cercando di nascondere il proprio dolore. Undine prese ad
accarezzargli i capelli.
Mentre i pochi sopravvissuti partecipavano al cordoglio per il
Fisàan, i curatori e le curatrici iniziarono a prestare i primi
soccorsi.
-Celine.- chiamò. La donna la raggiunse. –Occupati di tuo marito.
Senza una parola, l’Elfa prese tra le braccia il capitano degli Ulver e lo strinse a sé.
-Undine, ma sei impazzita?- il re si fece largo tra le guardie.
-No, ho fatto quello che andava fatto.- replicò lei, per nulla pentita.
La guardò con tanto d’occhi per poi attirarla a sé
e stringerla forte. -Tu sei una pazza.- la rimproverò.
-Holean, non c’è più tempo. I ragazzi devono andarsene.- gli sussurrò.
L’uomo sgranò gli occhi, ma poi annuì.
-Occupati tu delle strategie militari.- si congedò da lui, raggiungendo il gruppo di amici.
Erano abbastanza in disparte, vicino ai due principi.
La Ninfa dovette trattenersi dall’inginocchiarsi a fianco di
Kiron e stringerlo a sé. Doveva lasciar fare alla curatrice.
-Dovete andarvene, ora.- esordì.
-Come?- fece Ethelyn, stupita. Lei annuì, guardandola.
-Ho parlato con mio padre. Dovete andarvene o rimarrete bloccati qui.-
spiegò. Si bloccò un attimo, come se si fosse ricordata
di una cosa. –Devon!- chiamò.
L’Elfo comparve al suo fianco. –E’ tutto pronto. Le
loro cose sono lì.- ed indicò alcune bisacce.
-Ma non possiamo andarcene così! Dobbiamo combattere!- protestò Blaking.
Gli sorrise. –Vi sono grata dell’aiuto che ci avete dato.
Ma ora dovete portare a termine il vostro compito.- gli posò una
mano sul capo.
-Madre.- Simar si alzò. Lei si voltò a guardarlo, perplessa. –Io voglio partire con loro.
A quelle parole lo stupore fu generale. L’unica a saperlo era la Ferift.
La determinazione negli occhi del figlio le fece capire che sarebbe
stato inutile discutere e che lui aveva scelto la propria strada.
Chiuse gli occhi. –E sia.- accettò.
-Grazie.- il ragazzo la abbracciò, grato.
-Sei impazzito, fratello?- Kiron aprì a fatica gli occhi,
spossato. Simar si voltò a fissarlo. –Te ne vai? E mi
lasci qui tutto solo?
Si inginocchiò accanto a lui. –Non sei solo, stupido.
Si scambiarono una lunga occhiata, ma alla fine anche il gemello
sembrò capire. –D’accordo, ma vedi di tornare. Fino
ad allora ti terrò in caldo il trono.- cercò di buttarla
sul ridere.
-Grazie, fratellino.- fece per abbracciarlo, ma ci ripensò. Non voleva fargli male.
-Ci serve un cavallo…- ragionò la regina. Come se si
fosse sentito preso in causa, Nehir si avvicinò. –Nehir?
-No, non puoi venire. Sei legato alla foresta del Mentore.- si oppose il ragazzo dai capelli d’argento.
“Io sono legato a te. E voglio seguirti. Mi basterà
rimanere vicino alle piante.”, gli rispose. Il principe per poco
non sobbalzò, sentendoselo nella testa.
Undine sembrò intuire il piccolo scambio di battute tra loro e i
suoi occhi s’illuminarono. Simar sarebbe potuto diventare il
nuovo capitano degli Ulver.
-D’accordo. Ora dovete andare, però.- si riscosse.
-Ma… il re… la battaglia…- iniziò Drew.
-Niente ma.
Simar svicolò e raggiunse il padre. Lo abbracciò di
slancio, lasciandolo perplesso. –Arrivederci, padre. Chiedete
spiegazioni a nostra madre.
-Cosa…?- Holean si voltò, confuso, ma il figlio era già scomparso. –Simar!
-Devon, facciamoli uscire vicino ai confini con l’Est. Lì
dovrebbe essere più facile seminare eventuali inseguitori.-
disse, spingendoli lungo il corridoio. Il maggiordomo annuì.
Mentre si allontanavano dalla battaglia, il re riuniva le ultime forze rimaste.
-Vëon si è sacrificato per aiutarci, nonostante quelli
fossero i suoi fratelli. Vediamo di metter fine a tutto questo e
liberarli.- disse a gran voce.
Gli uomini gli risposero in coro, sollevando in aria le armi.
-Arcieri, pronti. Ci disporremo a ventaglio, voi copriteci per quanto
potete.- si voltò verso una decina di Elfi. Quelli annuirono.
–Aprite le porte.
Lentamente, il grande portone d’ingresso si spalancò,
rivelando loro il grosso corpo del Fisàan. Arun non poté
impedirsi di correre da lui e controllare se fosse ancora vivo.
Le sue speranze furono vane.
Strinse i pugni e tornò tra i ranghi, al fianco del sovrano.
Marciarono fuori e gli arcieri si inginocchiarono, pronti a scoccare.
Holean stava per dar l’ordine quando sentirono degli ululati e
delle grida.
Si fissarono, confusi.
Improvvisamente dal cancello principale apparvero i sudditi, armati di
archi, pugnali, forconi. Alzavano le armi al cielo, urlando ed
invocando il nome del proprio regnante.
Tra loro c’erano alcuni Fisàans che non appartenevano agli
Ulver: facevano parte del branco che risiedeva nella foresta.
-Cosa succede?- chiese Brennan. Era uno dei sopravvissuti.
-Sono venuti ad aiutarci…- disse il re, sbalordito. Scosse la testa. –Salvato dal mio popolo.
Quando i soccorsi misero piede nella corte si bloccarono, traumatizzati
dallo scempio che si trovarono davanti. Poi videro il piccolo drappello
di uomini vicino al grande portone d’ingresso e Sal urlò
la carica.
Si gettarono sulle bestie, urlando e brandendo le proprie armi con furia.
Poco dopo, dagli abeti a protezione delle mura, comparvero i restanti
lupi. A quel punto Holean si gettò in avanti, la spada dritta
vicino al proprio viso.
Gli Elfi si scagliarono sugli animali corrotti, aiutati dai Fisàans ancora privi di un compagno.
Quella che sembrava una lotta senza speranza li vide finalmente trionfare.
-Dovete raggiungere il Cuore il prima possibile!- si raccomandò
Undine, una volta davanti al cancello che li avrebbe condotti fuori.
-D’accordo, non preoccuparti, madre.- la rassicurò Simar.
Lei si allungò e gli accarezzò la guancia,
rattristandosi.
-Vorrei che tu non partissi…- mormorò.
-Devo farlo. Sento che devo farlo.- le rispose. Nehir, sotto di lui, si stava leccando una piccola ferita alla zampa.
La sovrana spostò lo sguardo sui compagni del figlio. -Abbiate cura di voi, mi raccomando.
Le sorrisero, rassicurandola come potevano.
-Ah, vi ho messo degli unguenti, nelle bisacce e anche un sacchettino
di foglie essiccate. Potrebbero servirvi per preparare degli impacchi.-
disse, ricordandosene. Si morse il labbro inferiore, agitata.
–Che altro…?
Simar smontò e la abbracciò. –Avete fatto tutto il necessario.- sussurrò.
Dopo una piccola esitazione lei lo strinse forte, lasciandogli un bacio sulla testa. –Mi mancherai. Ci mancherai.
Annuì impercettibilmente. –Dì a mio padre che gli
voglio bene. E fa’ le mie condoglianze ad Arun… ah,
salutami Tùrin.- disse.
-Certo. Caitlin?- chiese, scostandosi per poterlo guardare negli occhi. Quando lo vide rabbuiarsi aggiunse:-Ho capito.
-Dovremmo andare…- s’intromise Blaking. Il principe gli fece un cenno e poi rimontò sul suo fedele compagno.
-State attenti. Siate spietati con chi cerca di uccidervi ed aiutate
sempre quelli in difficoltà. Loro vi ricambieranno e vi faranno
del bene.- li ammonì.
Ci fu qualche mormorio.
-Mia regina.- la esortò Devon.
-Mi mancherete, ragazzi. Buona fortuna.- accennò un sorriso, gli occhi lucidi per l’imminente separazione.
-Anche voi. E grazie… per tutto.- le disse l’Ippogrifo.
Dopo di che si misero in marcia. Simar le dedicò un ultimo
sguardo e poi si girò. Vedere la schiena di suo figlio le
strappò una lacrima.
-Simar, forse è meglio che ci guidiate voi due.- suggerì Blaking dopo nemmeno venti metri.
Si voltò a guardarlo. Lui si riscosse ed annuì, portandosi alla testa del gruppo.
-Nessuno di noi ha ferite gravi, vero?- s’informò.
I tre scossero la testa.
-Bene, andiamo. Rimaniamo vicini al confine con l’Est e poi
cerchiamo di penetrare nelle terre del Primo.- espose il proprio piano.
Semplice e, sperava, efficace.
“Guidaci, Nehir.”, disse al Fisàan. Quello gli
lanciò un’occhiata coi suoi penetranti occhi di lupo e si
avviò a passo sostenuto.
Non trascorse molto tempo che iniziarono a sentire rumori famigliari. Ringhi e sbuffi, rumore di terra smossa.
Quando Ethelyn si voltò indietro, sulla schiena di Blaking, si
vide venire incontro degli animali ombra. –Correte!- urlò.
L’Ippogrifo e il Fisàan si guardarono le spalle, poi
presero a correre, sfrecciando tra la bassa vegetazione del sottobosco.
Nehir si distingueva a fatica per colpa del suo strano pelame, che lo
mimetizzava perfettamente. Blaking, invece, era una preda molto
più facile: il nero delle sue piume stonava nettamente coi verdi
e i marroni della foresta.
-Drew, pronto con l’arco!- disse, scartando un albero.
Senza farselo ripetere due volte il ragazzo incoccò una freccia.
L’inseguimento sembrava non voler avere fine e i segugi
arrivarono a minacciare seriamente Blaking e il suo gruppo. Simar
dovette far voltare la sua cavalcatura e tagliare la strada agli
inseguitori, per disperderli momentaneamente.
Dopodiché presero a correre ancora più forte.
“Siamo vicini.”, annunciò ad un certo punto il lupo.
–Ci siamo!- comunicò il principe. Stavano per varcare il
confine quando davanti a loro si parò un gruppo di cinghiali.
Nehir piantò le zampe nel terreno e deviò
all’ultimo, subito seguito da Blaking.
Presero a correre in una direzione imprecisata, fino a quando non
sbucarono allo scoperto. La luce arrivò così improvvisa
che dovettero chiudere gli occhi.
Si guardarono indietro, ma non c’era più traccia delle
bestie. Allora l’Ippogrifo si avvicinò, affiancando
l’Elfo.
-Dove siamo?- chiese, guardandosi attorno.
-Nelle terre dell’Est. Nelle paludi, per esser precisi.- spiegò, lanciandogli un’occhiata.
Pur non essendo un pezzo particolarmente strappalacrime, scrivendo
della morte dell'Alfa mi è venuto il magone Q_Q Spero vi sia
piaciuto... nei prossimi capitoli i ragazzi vagheranno per le terre
dell'Est :)
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Capitolo 20 *** Cap. 19 Nelle paludi ***
Cap. 19 Nelle paludi
Forse sono
facilmente impressionabile, ma non credo vedrò i villaggi di
alta montagna con gli stessi occhi di prima o.o XD
Buona lettura!
Cap. 19 Nelle paludi
Anrekres spalancò gli occhi di colpo, inspirando aria con forza.
Si guardò intorno, poi sollevò la testa verso la spirale.
Aveva cercato di staccarsi, di liberarsi dal suo influsso, ma si era
reso conto che gli era impossibile.
Lui era legato a quel maledetto posto e a quella dannatissima luce.
Lanciò un grido di rabbia, frustrato.
-Non è possibile!
Strinse ritmicamente i pugni, conficcandosi le unghie nei palmi delle
mani fino a farli sanguinare. Quando sentì i rivoli caldi
scorrergli tra le dita rilassò i muscoli tutto d’un colpo.
-Bene… allora manderò avanti il mio piano da qui. E ti
distruggerò, Shunka.- ghignò all’indirizzo del
Cair, perso in un’incoscienza profonda.
Si passò una mano tra i capelli, buttandoli dietro le spalle e
poi chiuse gli occhi. Mosse le dita, come a voler produrre note
dall’aria o per saggiarne la consistenza.
Chiamò a sé le ombre, il lato oscuro della luce ed
iniziò a plasmarle a miglia di distanza da lì. Diede loro
forma, innalzandole, avvitandole, espandendole.
Quando finalmente il processo di creazione ebbe terminò si
concesse un sorriso, che partì dagli angoli della bocca e si
allargò fino a scoprire i canini appuntiti.
In un piccolo villaggio di Ferift, molto a nord rispetto alla catena delle Kolen, la giornata stava ormai finendo.
Gli uomini rincasavano, conducendo le greggi nei recinti. Le donne
erano già davanti al fuoco, pronte a servire la cena ai mariti e
ai figli urlanti.
Non avevano bisogno di molto, per vivere. Dall’inizio della
primavera alla fine dell’estate commerciavano in lana ed erbe
medicinali con i villaggi e le città più a valle. Quando
riuscivano ad abbattere un Grifone vendevano la sua pelle e le piume
delle sue ali, tenendo le carni per sé.
Il figlio del capovillaggio era sempre l’ultimo a varcare
la soglia di casa: voleva prima appurarsi che i suoi compagni di lavoro
rincasassero sani e salvi.
Chiuse il cancello del recinto e poi richiamò il suo fido
aiutante, un cane da gregge dal pelo a chiazze. Quello gli
trotterellò accanto, scodinzolando.
-Speriamo che questa sera ci sia lo stufato.- si augurò, fischiettando tranquillo.
Ad un certo punto il suo compagno si bloccò e prese a ringhiare,
il pelo della collottola ritto. L’uomo si voltò a
fissarlo, confuso. –Ehi, che succede?
L’animale non rispose, puntando insistentemente un punto alle
porte del villaggio. Perplesso, recuperò un randello e si
avvicinò, cauto.
Scrutò nella penombra, aspettandosi di veder spuntare un qualche animale selvatico.
La freccia comparve all’improvviso, fischiando. Il Ferift
alzò l’attrezzo che aveva in mano per riflesso e
riuscì a deviare il dardo.
-Chi sei? Fatti riconoscere!- intimò. Nessuna risposta.
Poi colse uno strano bagliore e gli parve di distinguere una sagoma. Aguzzò la vista.
Ed ecco spuntare un’alta figura, armata di arco. Alle sue spalle ve n’erano altre nove.
Alzò il randello davanti a sé, mentre il cane prese ad abbaiare.
Gli intrusi avanzarono fino ad entrare nel cerchio di luce gettato dalle torce e lui li riconobbe per Elfi.
Avevano le classiche orecchie a punta, tra le mani stringevano i loro
micidiali archi. La cosa strana era che sembravano privi di colore: i
loro abiti erano grigi o neri e si confondevano con le ombre, i capelli
ondeggiavano ad una brezza inesistente, disgregandosi come cenere.
-Ci attaccano! Ci attaccano!- iniziò ad urlare.
Le porte iniziarono a spalancarsi e iniziarono a sentirsi delle voci,
molte. Gli uomini sciamarono fuori dalle proprie case, armati di
fiaccole e pugnali. Qualcuno con pale e randelli.
-Che succede?
Il figlio del capovillaggio si voltò a guardare i propri compaesani. -Elfi, sono alle porte del villaggio!
***
-Qualcuno ha mai attraversato delle paludi?- domandò Ethelyn.
Tutti i presenti scossero la testa, Simar compreso.
Drew si strinse nelle spalle. -A Kephas ci sono solo le montagne.
Blaking affiancò Nehir, facendo vagare lo sguardo su quella
distesa di acquitrini e radi cespugli che emergevano dalle pozze
maleodoranti. Ogni respiro era una zaffata di zolfo.
Ad un certo punto l’Ippogrifo spalancò il becco,
voltandosi a guardare il principe. –Io potrei portarvi
dall’altra parte!- e per avvalorare la propria tesi agitò
leggermente le ali.
Il principe lo fissò, sorpreso. –Giusto…
perché non ci abbiamo pensato prima?- fece schioccare le dita.
-Pensate che sia fattibile? Insomma, dovremmo separarci, così.- fece notare la ragazza.
-In effetti non sappiamo cosa ci sia di là. E sta diventando
buio.- considerò Drew. Blaking guardò prima la
Ferift e poi lui. Notando lo sguardo dell’amico fece
spallucce. –Ethelyn non ha tutti i torti.
“Meglio non dividersi.”, s’inserì Nehir. Simar
dovette trattenersi dal sobbalzare. “Scusa.”, aggiunse il
Fisàan.
“Non ci sono ancora abituato. È strano avere
un’altra voce nella mia testa.”, gli diede una leggera
pacca sul collo. –Nehir suggerisce…- iniziò, poi si
bloccò.
I ragazzi lo fissavano perplessi.
-Fammi capire bene… tu sei telepatico?- domandò il Nun, stupito.
Esitò un attimo, ma alla fine annuì.
-Ora potresti essere in lizza per il ruolo di capitano.- gli fece
notare Blaking. Voltò la testa per poterlo guardare negli occhi.
-Sì… ma il potere non è la mia priorità.- ammise, pacato.
-Ma di tuo fratello sì, eh?- si lasciò sfuggire il
ragazzo dell’Ovest. L’Elfo socchiuse gli occhi, cercando di
decifrare il suo tono di voce e alla fine gli concesse un sorriso.
–Scusa, ma è abbastanza evidente.- si giustificò.
-Tranquillo, non sono Kiron. Lui non è qui, quindi non
può offendersi. Ma questo non ti autorizza a dire cattiverie su
di lui.- mise in chiaro.
Annuì. –Certo.
-Bene, allora che facciamo…? Nehir può guidarci?-
domandò la rossa, riprendendo parola. Simar si chinò sul
lupo e quello piegò la testa all’indietro, cosicché
i loro occhi potessero incontrarsi. Non servirono le parole,
bastò quello.
Tornò a voltarsi verso i compagni. -Sì, può farlo.- disse infine.
-Possiamo accendere delle torce? Secondo voi è prudente?-
s’informò Blaking, lanciando un’occhiata
all’ambiente circostante. Era tutto calmo, molto.
Forse stava diventando paranoico, ma gli sembrava che tutte le creature
presenti avessero teso le orecchie per ascoltare la loro conversazione.
-Drew… tu sei un Nun, vero?- lo interrogò il principe. Il
ragazzo confermò con un cenno del capo. –Potresti farci
luce…?
-Sì, non c’è problema.- disse.
-Bene, allora sali su Nehir, per favore.- lo invitò. Il grosso
lupo si accostò all’Ippogrifo, così da facilitare
la cosa.
Il giovane, però, esitò. –Ehm… siamo sicuri?- chiese.
Simar sorrise, divertito dalla sua titubanza: il Fisàan stava
iniziando a cambiare forma. –Non ti farà nulla. Ha solo un
aspetto diverso.
-Sì, ma quando ci hai catturati sono rimasto un po’
traumatizzato.- ammise, cercando buttarla sul ridere. Con la coda
dell’occhio vide Ethelyn trattenere un sorriso.
-Andiamo, fifone. Non ti farà niente.- Blaking gli diede un colpetto col muso, cercando di farlo smuovere.
-Va bene, va bene!- protestò, scivolando dall’uno
all’altro. Una volta in groppa a Nehir appoggiò le mani
sulla sua schiena, sentendola inspiegabilmente calda. Come la prima
volta, si stupì di non affondare nel corpo dell’animale.
-Ok… luce, per favore.
Nehir si bloccò di colpo, ad un passo da un acquitrino.
Sollevò il muso spettrale e fiutò l’aria.
“Sta per albeggiare.”, annunciò. Simar, che stava
sbattendo assiduamente le palpebre per rimanere sveglio, scrollò
al testa e raddrizzò la schiena.
-Come…?- biascicò. I suoi compagni non erano ridotti
meglio: la luce emessa da Drew era ormai diventata flebile come quella
di una lucciola ed Ethelyn si dava continuamente pizzicotti per non
crollare. Blaking sembrava l’unico ancora in grado di resistere,
nonostante portasse quasi tutto il loro bagaglio.
“L’alba è vicina.”, ripetè il lupo.
Il principe allora si riprese, lasciando uscire uno sbadiglio.
–Oh. Ragazzi, Nehir dice che sta per spuntare il sole.-
riferì.
-Possiamo fermarci?- domandò la rossa. –Ho paura di cadere
e rompermi l’osso del collo. Oppure finire nella palude.
Si guardarono attorno, gli sguardi offuscati dal sonno.
-D’accordo, accampiamoci. Ma niente fuoco.- decise
l’Ippogrifo. Fece qualche passo avanti ed incontrò gli
occhi del Fisàan. Tra loro passò qualcosa ed infine
l’animale si trovò concorde con la sua proposta.
Si guardò intorno ed individuò una zona erbosa
abbastanza solida ed estesa per ospitarli. La raggiunse e si
accucciò, permettendo al suo cavaliere di smontare.
Nonostante tutto Simar non inciampò nei propri piedi.
Drew ci mise un po’ per ricordarsi di come usare le gambe, ma
alla fine fu a terra pure lui. Ethelyn dovette appoggiarsi a Blaking o
sarebbe sicuramente caduta.
Il più rapidamente possibile stesero i sacchi. -Riposiamoci un
po’.- mormorò il Nun, stendendosi sopra al proprio con un
sospiro.
Gli altri si trovarono d’accordo e in poco caddero nelle braccia dell’oblio.
“Simar… è tardi. Svegliati.”, Nehir lo scosse leggermente con una zampa.
L’Elfo balzò a sedere, trattenendo poi una smorfia per il
movimento repentino: la gamba non aveva apprezzato. Guardò il
compagno e poi alzò la testa a scrutare il cielo.
–E’ mezzogiorno…- mormorò, sistemandosi i
capelli.
Il lupo annuì, spostandosi per andare a svegliare gli altri.
Blaking aprì gli occhi non appena lo sentì vicino.
Sollevò lentamente il capo e sbadigliò. –Ci penso
io ai ragazzi. Drew potrebbe urlare.- gli disse, alzandosi.
L’animale annuì, facendosi indietro.
-Drew, svegliati. Dobbiamo rimetterci in marcia.- gli diede qualche
colpetto leggero col becco. Il ragazzo protestò, ma poi si
girò supino ed aprì gli occhi.
L’Ippogrifo allora raggiunse Ethelyn, tutta rannicchiata su un
fianco. –Svegliati… dobbiamo andare.- con lei fu
più dolce.
La ragazza mormorò qualcosa, agitando le mani. Lui allora
tentò ancora, questa volta con più decisione. Lei
spalancò gli occhi di scatto, atterrita.
-Sono Blaking, calma!
Prese un respiro profondo per calmarsi. –Mi hai spaventata.- si giustificò mettendosi a sedere.
-Mi dispiace.- si scusò, mortificato.
Si riavviò i ricci. -Che succede?
-Dobbiamo rimetterci in marcia. Abbiamo dormito abbastanza.- le
spiegò. Senza una parola si mise in piedi e fece su il suo sacco
a pelo. Quando ebbe riposto tutto nelle bisacce, si voltò a
guardare i compagni. –Vi dispiace se mi cambio? Il vestito
è scomodo.
Blaking si voltò immediatamente a guardare Drew, che aveva
leggermente sgranato gli occhi. Anche il principe ci fece caso e lo
guardò interrogativo.
-Tutto ok?- gli chiese sottovoce. Il Nun si affrettò ad annuire.
-Non ti preoccupare, noi intanto sistemiamo le ultime cose.- le disse
l’Ippogrifo. Lei annuì e sparì dietro dei cespugli,
abbastanza carichi di foglie e spine da nasconderla alla vista.
Dopo essersi accertato che non si vedesse veramente nulla,
l’animale tornò dagli altri. -Smettila, Drew. Se
continuerai così se ne accorgerà.- lo guardò male.
Simar si era allontanato e stava caricando le proprie bisacce sulla
schiena di Nehir, assicurandole per evitare che cadessero durante la
marcia.
-Voglio dirglielo.- replicò lui, convinto.
Si bloccò. –Ah. Questo cambia le cose.- ammise, colto di sorpresa. –Ma sei sicuro?
Si limitò ad annuire.
-Eccomi.- Ethelyn li raggiunse, finendo di sistemarsi la cintura con i
sai. –Ora sono pronta all’avventura.- sorrise.
-Muoviamoci. Mangeremo lungo il tragitto.- stabilì il principe. –Avete tutti del cibo, vero?
Annuirono.
Il Nun si voltò a guardare l’amico di sempre. –Mangerò alla prossima sosta.- gli disse.
-Ma non ci sono scoiattoli, qui.- replicò, perplesso.
-Mi so adattare.
La palude si rivelò ben presto ostica anche alla luce del sole.
Nonostante avessero una maggior visibilità, era difficile
stabilire dove finiva il terreno ed iniziavano le pozze di fango.
Un’indistinta sfumatura verdognola ricopriva tutto, dando ai liquidi l’aspetto di cose solide.
Più di una volta Blaking e Nehir finirono con una o due zampe
negli acquitrini. In un caso dovettero tirare fuori l’Ippogrifo a
forza perché non riusciva a sottrarsi alla melma nemmeno
sbattendo le ali.
Nel disperato tentativo di evitare le zone più pericolose
presero a zigzagare da una parte all’altra, finendo per
fiancheggiare la distesa di acqua putrida dalla parte sud.
Era inquietante come il clima fosse drasticamente diverso rispetto al
Regno degli Elfi, che si erano lasciati alle spalle da nemmeno un
giorno. Certo, erano scesi abbastanza affinché
l’umidità diventasse un problema, ma l’invasione di
zanzare ed insetti giunse inaspettata.
In poco si ritrovarono a combattere con sciami di attentatori, pronti a
bere il loro sangue. Nehir sembrava il più fortunato, dato che
la sua pelliccia fungeva da protezione contro i piccoli pungiglioni.
-Giuro che tra un po’ do di matto.- sbottò Drew.
-Non manca molto.- cercò di rabbonirlo Simar, ancora in testa al gruppo.
Il ragazzo sollevò la testa. –Ah no?
L’Elfo gli indicò una macchia indistinta all’orizzonte. –E’ una foresta, credo.
Non ne era sicuro e nemmeno le conoscenze del suo Fisàan arrivavano così lontano.
-Sì, la vedo.- s’inserì Blaking, facendo scattare
nervosamente un’ala per allontanare l’ennesimo assalto di
mosche.
-Proviamo a raggiungerla. Là in mezzo non dovrebbe essere pieno
di insetti.- propose Ethelyn. Si trovarono tutti pienamente
d’accordo.
Aumentarono leggermente il passo, il minimo consentito dal terreno infame su cui si muovevano.
Raggiunsero i primi alberi verso il tramonto.
-Non era poi così vicina.- fece notare l’Ippogrifo. Gli
dolevano le zampe, nonostante i due ragazzi fossero scesi più
volte per farlo riposare.
-Credevo che lo fosse, mi dispiace.- si scusò Simar, smontando
per sgranchirsi le gambe. –Raggiungiamo un posto riparato e poi
cerchiamo di capire dove siamo. Purtroppo ci siamo allontanati dai
confini col Cuore, ne sono sicuro.
Il Nun roteò gli occhi. –Fantastico.
La Ferift gli diede un buffetto sul braccio, cercando di attirare
l’attenzione. Lui allora si voltò a guardarla e lei gli
sorrise, incoraggiante. –Dai, resisti ancora un po’.
Le faceva tenerezza quando brontolava. Sembrava un bambino bisognoso di cure.
Quando iniziarono ad inoltrarsi tra i primi alberi fu subito chiaro che
avevano lasciato la palude, ma non l’umidità. Faceva un
caldo infernale in mezzo a quei rami ricoperti di tenere foglie.
Ad un certo punto Nehir si bloccò e Simar per poco non gli
sbatté addosso. –Ehi! Che succede?- gli chiese, perplesso.
Il lupo si voltò a guardarlo e poi chiuse gli occhi, inspirando
l’aria. “Odore di sale.”, fece, stupito.
Il ragazzo si accigliò. –Odore di sale…?- ripeté.
Blaking allora si fece avanti ed affiancò il Fisàan,
mettendosi a fiutare a sua volta. Erano una strana coppia, buffa per
certi versi e affascinante per altri.
L’Ippogrifo fece scattare la testa di lato e riaprì gli
occhi. –Ragazzi, siamo vicini al mare!- esclamò.
Lo guardarono tutti come se fosse impazzito.
-Il mare? Ma noi stavamo cercando di raggiungere le terre centrali.- osservò la rossa.
Lui annuì. –Lo so, ma siamo stati deviati. Davanti a noi c’è il mare.
Drew allora lo raggiunse e lo fissò, sconvolto. –Sul
serio?- chiese. L’amico confermò nuovamente, eccitato.
Vivendo tra le montagne non avevano mai avuto la possibilità di
vederlo, stessa cosa per gli altri loro compagni.
-Potremmo accamparci lì, che ne dite?- propose il Nun, speranzoso.
Simar ed Ethelyn si scambiarono un’occhiata per poi acconsentire.
Senza esitare il ragazzo si inoltrò tra la vegetazione, il
fidato arco sulla schiena.
Gli altri lo seguirono ridacchiando, divertiti dal suo entusiasmo.
Ad un certo punto lo sentirono esclamare qualcosa e poco dopo sentirono degli strani rumori liquidi.
-Ehm… ragazzi… questi alberi sono strani, hanno le radici
fuori dall’acqua. E qui di acqua ce n’è molta.-
esordì, perplesso.
-Arriviamo, aspetta.- gli disse Blaking.
Si affrettarono nella direzione in cui era sparito e ben presto la
terra fu sostituita da acqua. Arrivava loro alle ginocchia e diventava
sempre più cristallina man mano che avanzavano. Il problema era
evitare le grosse ramificazioni che si dipartivano dai tronchi di ogni
albero.
Il Nun non si era sbagliato: le radici erano così grosse e
particolarmente adattate all’ambiente da iniziare a circa un
metro dalla superficie, per poi ancorarsi al fondale sabbioso.
-Che strani alberi.- commentò la ragazza, appoggiando il palmo della mano su uno dei tronchi, sbiancati dal sale.
Sciaguattando, sbucarono all’aperto. Si ritrovarono ad osservare
quello che, a prima vista, era il grande delta di un fiume. Si
voltarono, cercando di capire da dove sbucasse e lo videro inoltrarsi
nella foresta di mangrovie.
Davanti a loro, al di là della baia formata dal corso d’acqua, si estendeva il mare.
La sabbia era bianca, fine e rifletteva dolorosamente la luce del sole.
Quel luogo sembrava deserto, a parte le carcasse di qualche tronco portate a riva dalla corrente.
-Bene, la cena è assicurata.- annunciò Simar.
-Pesce?- Blaking non poté trattenersi dallo storcere il naso. L’altro annuì. –D’accordo.
E così i maschi si occuparono della pesca, mentre Ethelyn si
premurò di accendere il fuoco e spostare alcuni dei tronchi per
usarli come panchine.
Il sole stava tramontando, tingendo il cielo e il mare di rosso e arancio.
Sembrava che l’atmosfera stessa si stesse incendiando.
Tirava una leggera brezza e sembrava di stare in un altro mondo, diverso da quello verde e melmoso a cui si erano abituati.
Blaking si riscoprì un amante del pesce e ne divorò ben
cinque, sputando le lische con nonchalance. Drew lo rimproverò e
i due si misero a rincorrersi.
Sia il Nun che il principe avevano appeso le proprie camice ad
asciugare, dopo che erano finiti in acqua parecchie volte prima di
riuscire a catturare qualcosa.
Era stato spassoso vederli arrabattarsi con le mani o con fiocine rudimentali.
-Non mi sembra vero di essere arrivata al mare.- mormorò Ethelyn, ad un certo punto.
L’Elfo la guardò, distogliendo lo sguardo da Nehir, impegnato ad osservare un granchio che gli zampettava accanto.
-Perché? Credevi che non saresti mai riuscita ad uscire?- le domandò.
Sapeva che si riferiva alla grotta. –Sì. Mi ero rassegnata a vivere lì dentro.- ammise.
-Be’, allora sono felice che ti abbiano tirata fuori da
lì. Guarda cosa ti saresti persa.- le indicò con un cenno
del capo lo spettacolo mozzafiato alle loro spalle.
Lei sorrise, perdendosi a guardare l’acqua.
Ad un certo punto le sembrò di vedere qualcosa muoversi sotto la
superficie. Scattò in piedi, stropicciandosi gli occhi.
-Che c’è?- le chiese Simar, guardandola.
Anche il lupo alzò la testa, voltandosi a guardarla.
-Mi è sembrato di vedere qualcosa… vicino ai rami del delta.- indicò il punto con approssimazione.
Il giovane si alzò. -Andiamo a vedere?- propose.
Lei annuì e si avviarono, i piedi nudi che affondavano nella sabbia tiepida.
Dietro di loro sentivano i passi del Fisàan e, da qualche parte,
le urla dei due amici. Si stavano ancora rincorrendo, concedendosi un
momento di svago.
“Forse ho visto male.”, si disse la ragazza, una volta
raggiunta una delle ramificazioni. L’acqua era abbastanza
profonda, sui tre metri circa.
Nonostante fosse limpida, i colori cangianti del tramonto rendevano
difficile scorgere qualcosa. Il suo compagno si mise a scrutare
l’ambiente circostante, gli occhi socchiusi.
-Cos’era…?- le chiese, dopo un po’.
Scosse la testa, non sapendo come descriverlo. Poi, con la coda dell’occhio, vide nuovamente la sagoma.
Si voltò, stando attenta a non fare movimenti bruschi, e si ritrovò ad osservare uno strano animale.
Chiamò Simar con un gesto della mano. Lui la raggiunse e lei gli indicò l’animale.
Assomigliava ad un delfino, ma aveva il becco molto più lungo e
la pinna dorsale era praticamente inesistente, nascosta in una gobba
della schiena. Sul muso c’era una strana protuberanza.
-Blaking!- si azzardò a chiamare.
L’Ippogrifo si fermò di colpo e si voltò indietro,
sentendo la voce della Ferift. Drew lo guardò perplesso e poi si
girò a sua volta. –Vieni, raggiungiamoli.
Quando finalmente si riunirono, li trovarono intenti ad osservare l’acqua.
Anche Nehir si era unito al gruppo e se ne stava seduto sulla riva,
fissando ad intervalli regolari il proprio cavaliere e le piccole
increspature della corrente.
“Che strani pesci.”, commentò ad un certo punto.
Davanti a lui stava nuotando uno di quei particolari delfini.
-Cosa sono?- domandò Ethelyn all’Ippogrifo.
Lui si mise in osservazione, silenzioso. Seguiva il moto lento e
rilassato degli animali, che ogni tanto emergevano per lanciare brevi
sbuffi d’acqua dallo sfiatatoio.
-Sono inia.- disse infine.
-Cosa?- otto paia di occhi lo guardarono perplessi.
-Delfini di fiume. Li chiamano anche delfini rosa perché molti
assumono quella particolare tonalità.- spiegò,
indicandone uno con la punta dell’ala.
-Come fai a sapere tutte queste cose?- Drew lo stava fissando allibito.
-Mio padre mi ha insegnato che, conoscendo tutti gli animali presenti
su Suran, saprò sempre cosa mangiare.- gli sorrise, divertito
dalla sua espressione.
-Meno male che non sono tuo fratello.- commentò il giovane, immaginandosi già una di quelle lezioni padre figlio.
-Sono pericolosi?- domandò la rossa.
-Non che io sappia. Mangiano pesce.- rispose, guardandola.
Lei allora si arrotolò i pantaloni fino alle cosce e, dopo una
breve esitazione, entrò in acqua, avanzando fino ad averla poco
sotto il ginocchio.
I cetacei le si avvicinarono subito, curiosi. Iniziarono a girarle
attorno e a darle piccoli colpetti col muso, per capire quale strana
specie di pesce fosse.
Lei ridacchiò, divertita dal loro comportamento.
Ad un certo punto uno dei più piccoli fece spuntare il becco
dall’acqua e fece schioccare la lingua, spruzzandola leggermente.
Aveva la pelle tendente ad un grigio abbastanza scuro, a differenza
degli esemplari più grandi.
-Ehi!- la ragazza allungò una mano e gli sfiorò la
curiosa protuberanza sulla testa. Quello batté le pinne sulla
superficie e poi s’immerse con una capriola. –Sono
socievoli.- disse, rivolta ai compagni.
Dopo essersi scambiati un’occhiata, i ragazzi la imitarono ed
entrarono in acqua. In poco iniziarono a giocare con quei nuovi amici,
supervisionati da Blaking e Nehir.
“Ho visto qualcosa!”, il Fisàan si alzò, guardingo.
Simar smise di giocare con un esemplare adulto e lo guardò, raddrizzandosi. “Cosa?”, chiese.
Il lupo continuava a puntare verso la baia, ormai tinta di viola e bordeaux.
-Blaking…- sussurrò il ragazzo, uscendo dall’acqua.
L’Ippogrifo si voltò e raggiunse l’animale,
scrutando attraverso le piccole increspature. Il principe gli si
avvicinò poco dopo.
-Non vedo nulla.- ammise la creatura, dopo un po’. L’altro scosse la testa.
“Sono sicuro di aver visto qualcosa.”, insistette il Beta.
-Oddio!
Si girarono di scatto, trovando Ethelyn seduta nell’acqua.
Davanti a lei c’era qualcosa, che fluttuava a mezz’aria.
La raggiunsero mentre Drew le si parava davanti, le mani illuminate dalla luce. –Chi sei?- chiese, all’erta.
La cosa davanti a lui ondeggiò leggermente.
Aveva una forma vagamente umana anche se era fatto completamente
d’acqua. Era trasparente e si poteva vedere al di là.
Quando gli altri li raggiunsero, la figura sparì, inghiottita
dall’elemento che la componeva. La Ferift rimase immobile
dov’era, anche se ormai era bagnata fino all’osso.
Fortunatamente non faceva freddo.
-Sembra uno spirito…- mormorò Simar.
Il Nun gli lanciò un’occhiata da sopra la spalla. –Con spirito intendi un fantasma o qualcos’altro?
-Uno Spirito Blu.- precisò.
Come se si fosse sentito preso in causa, l’essere fatto
d’acqua riemerse, mostrando solamente quelli che, ad un esame
più attento, erano gli occhi.
La giovane allungò una mano. -Non vogliamo farti del male. Chi
sei?- domandò. Le inia erano immobili e sembravano perplesse.
La figura le si avvicinò, fendendo la corrente con grazia. Quando fu a meno di due metri, emerse totalmente.
Era una donna, senza ombra di dubbio, e aveva lunghi capelli che le
fluttuavano attorno al corpo, liberando piccole goccioline ogni tanto.
L’acqua pulsava, modellando il suo corpo e i suoi abiti. Tutto in
lei fluiva, tranne gli occhi, immobili.
-Mi avete spaventata.- ammise con voce melodiosa. Sembrava il canto di una balena, soave e anche un po’ malinconico.
-Scusa… tu vivi qui?- le chiese Ethelyn. Forse parlare con una
persona del suo stesso sesso l’avrebbe messa meno a disagio.
La donna scosse il capo. –No… vivo nella foresta. La
corrente del mare è troppo forte, per me, non sono una Yons.-
spiegò.
-Intendi un’abitante del mare?- domandò Simar. Lei lo guardò e poi annuì.
-Questi animali sono amici tuoi?- la rossa le indicò le inia.
-Sì… vengo spesso a giocare qui con loro con mia sorella.
Oggi, però, lei è andata alla palude.- disse.
Blaking si accigliò. -Alla palude?
Lo Spirito lo guardò. –Da dove venite?- chiese, curiosa.
-Dal Regno del Nord.- rispose Drew.
-Oh… siete lontani da casa. Se volete posso portarvi nel luogo
in cui vivo. È vicino ad un villaggio di pescatori.- propose,
sorridente.
La Ferift si rialzò, strizzandosi i vestiti. -Sono tutti come te?
Scosse la testa, divertita. –No, non tutti. Ma non posso dirvi
altro… se volete sapere, venite con me. Però niente luce
o attirerete gli animali.
-Quali animali?
-Quelli che vivono nella foresta, no? Sono abbastanza aggressivi, ultimamente.- disse.
I ragazzi si accigliarono, pensierosi. C’erano problemi anche all’Est?
-Accettiamo il tuo invito, grazie.- le comunicò Blaking.
-Allora seguitemi. Non avrete problemi a vedermi, ve l’assicuro.
Però dovete nuotare...- si interruppe, guardando
l’Ippogrifo. –O volare.
Simar guardò Nehir. “Va bene, non ho paura di bagnarmi la pelliccia.”, disse lui.
-Blaking, ce la fai? Non sei stanco, vero?- gli domandò l’amico. Lui scosse la testa, sorridendo.
-Ok, ti seguiamo. Dacci il tempo di raccogliere le nostre cose.- stabilì il principe.
Lei annuì, immergendosi quasi completamente nell’acqua. –Vi aspetto qui.- mormorò.
Tornarono al piccolo fuoco che avevano allestito e raccolsero tutto quello che avevano estratto dalle bisacce, sacchi compresi.
Drew e Simar indossarono nuovamente le loro camicie, ancora leggermente umide.
Blaking spense il fuoco gettandovi sopra della sabbia con le zampe.
-Ok, tutto sistemato.
Si concessero un attimo per guardarsi negli occhi. –Secondo voi
dobbiamo fidarci?- Ethelyn espresse i suoi dubbi. Lo Spirito era
affascinante, ma poteva nascondere intenzioni ostili.
-Sappiamo difenderci, nel caso.- replicò il principe.
Il Balhia gli lanciò un’occhiata. -Sì, ma sulla
terra ferma. Con tutta quest’acqua potrebbe essere un suicidio.
-Tutta questa missione è un suicidio, che differenza fa?- s’intromise il Nun. Risero.
-Andiamo.
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Capitolo 21 *** Cap. 20 Meraviglie nascoste ***
Cap. 20 Meraviglie nascoste
Eccomi con un altro capitolo! :) In questo caso sosta molto breve per i nostri amici...
Anche questa volta ho usato un vocabolo Quenya: Calimë, che significa "splendente, luminosa". Lo so, lo so... il Signore degli Anelli crea dipendenza u.u xD
Buona lettura! :)
Cap. 20 Meraviglie nascoste
-Io vi precedo, seguitemi.- annunciò la donna.
Nehir entrò lentamente in
acqua, fino a quando non si ritrovò immerso fino al garrese.
Simar sollevò le gambe per evitare di bagnarsi. –Tutto
ok?- gli chiese.
Il lupo rispose con un verso di gola.
I due amici, invece, salirono
sull’Ippogrifo. Blaking aspettò che si fossero sistemati e
poi spalancò le ali.
-Bene, possiamo…- iniziò lo Spirito.
Ethelyn la fermò. –Aspetta.
Lei si voltò a guardarla,
eterea nella sua trasparenza. –C’è qualche
problema?- la loro nuova conoscenza inclinò il capo, in attesa.
-Come ti chiami?- si decise a chiedere.
Sorrise, facendo brillare leggermente gli occhi incolori. –Maja.- rispose.
-Bene… allora guidaci,
Maja.- Blaking le fece un cenno col capo, tranquillo. Non voleva che si
spaventasse, dato che sembrava esser l’unica a conoscere
veramente la foresta di mangrovie.
Lo Spirito annuì e si
avviò, scivolando sull’acqua come se fosse un timido
venticello. I suoi capelli fluttuavano, arricciandosi ad ogni suo
movimento.
Avanzava abbastanza velocemente.
Ad un certo punto, mentre
erano in viaggio già da un po’, anche l’ultimo
raggio di sole scomparve e la notte scese ad ammantarli, silenziosa e
oscura.
La luna, appena visibile nella sua forma a falce, era nascosta dalla fitta vegetazione.
Di colpo Drew abbassò lo
sguardo e si ritrovò ad osservare l’acqua. Con sua immensa
meraviglia poteva vedere i pesci nuotare tra le radici delle piante,
illuminate come piccole stelle cadute.
-Ma com’è possibile?- chiese.
Maja si voltò a guardarlo e
poi notò il suo sguardo, puntato sul fiume. Anche gli altri
stavano fissando quello strano spettacolo, compreso il grosso lupo, che
sembrava divertito dal movimento dei piccoli pesciolini variopinti.
-Di notte le radici delle mangrovie
emettono una luminescenza particolare… dipende dalla
composizione del fondale e da quella dell’acqua.- spiegò.
-Sembra illuminato a giorno. Si
vede tutto…- mormorò la rossa, sporgendosi per sfiorare
con le dita la superficie. Subito gli animali si ritirarono,
nascondendosi. Si bloccò e poi ritirò lentamente la mano
per non spaventarli ulteriormente.
-Non ci sono predatori, nel fiume,
vero?- domandò dopo un po’ il principe. Nehir nuotava in
modo abbastanza rigido, forse ostacolato dalle radici o preoccupato di
poter essere attaccato.
La donna gli lanciò
un’occhiata. –Sì, ci sono, ma non mangiano cose
più grandi di un pesce. A volte qualche crostaceo. I pericoli
non sono nel fiume.- rispose.
Fece per chiederle altro, ma lei
scomparve momentaneamente, confondendosi con le acque sottostanti.
Rallentarono, aspettando di vederla riemergere.
Ed eccola comparire poco più in là, rilucente al debole lucore sprigionato dalle parti terminali delle piante.
Blaking sbatté le ali con forza, guadagnando un po’ di terreno. -Cosa intendi?- chiese.
-I predatori sono nella palude.- disse solo.
-Che genere di predatori?- Drew si accigliò, perplesso. –Noi non ne abbiamo visti.
-E dovete esserne grati!- si
voltò di scatto a guardarli, fulminandoli. Si bloccarono e lei
si rese conto di aver esagerato. –Scusate… vi
spiegherò tutto al villaggio. Ora muoviamoci.
E detto questo ripresero a spostarsi, silenziosi e concentrati.
Erano arrivati in un punto
molto profondo del fiume, Blaking riusciva a scorgere a malapena i
pesci sotto di sé e il Fisàan avvertiva strane correnti
vorticare tra le sue zampe.
-Siamo arrivati.- annunciò Maja.
-Sul serio?- Simar si guardò attorno, perplesso. Non c’era niente lì, se non alberi e acqua in abbondanza.
Lei annuì e fece loro segno di seguirla. Fecero come era stato detto loro e poco dopo comparvero i primi ponti.
Erano fatti di assi di legno
sbiancate e pezzi di corda. Dondolavano pigramente sopra la superficie
dell’acqua, in precario equilibrio: sembravano sul punto di
rompersi.
Passarono sotto una di quelle
strade sospese e videro, abbarbicate ai tronchi delle mangrovie, delle
case. Erano semplici, i materiali erano gli stessi dei ponti, se non
fosse stato che le abitazioni affondavano sott’acqua.
Ad ogni porta era appeso un piccolo
lume, che rischiarava fiocamente lo spazio antistante. Notarono diversi
pali spuntare dal letto del fiume e, legati ad essi, delle piccole
imbarcazioni.
-Dove siamo?- sussurrò Ethelyn.
-Nel mio villaggio… o meglio, in uno dei villaggi che stiamo aiutando.- disse.
-Uno dei villaggi che state aiutando?- ripetè il Nun. –Tu e chi altri?
Fece un gesto con la mano, leggiadra. -Altri miei compagni.
Il ragazzo si guardò
intorno. –E dove sono? Qui sembra non esserci nessuno.- fece
notare, soffermandosi a guardare una rete da pesca appesa ad asciugare.
D’accordo, il posto non era disabitato, ma sicuramente in quel
momento era deserto.
-Oh, sono tutti qui. Voi non potete vederli, ma loro vedono voi.- assicurò.
Nehir appoggiò le zampe su una secca, grato di poter riguadagnare un solido appoggio.
-Perché ci hai portati qui?-
le domandò allora il principe. Lei ruotò su se stessa,
agitando leggermente l’acqua sotto di sé.
-Be’… per ospitarvi.- fece spallucce, come se quella fosse la risposta più scontata.
-Oh, grazie.
Si limitò a sorridere.
–Volete conoscere gli altri o dormire? Abbiamo delle amache, per
i visitatori.- disse, cordiale.
-Ricevete spesso visite?- volle
sapere Blaking. Scosse la testa e lui non volle indagare oltre. Si
limitò a pensare che fossero una comunità molto ospitale.
–Be’… io sono un po’ stanco, ma non posso
parlare per gli altri.
“Fatemi uscire
dall’acqua.”, scongiurò il lupo. Simar, avendolo
sentito chiaramente nella propria testa, ridacchiò.
–Gradiremmo un posto per dormire.
Dopo aver lanciato
un’occhiata a Drew ed Ethelyn e aver visto che non avevano nulla
da aggiungere, fece loro segno di seguirla. -Bene, venite.
Li condusse attraverso il villaggio
silenzioso, fino ad una piattaforma che si sviluppava attorno ad una
grossa mangrovia. Era collegata al fiume da una piccola scala a spirale
ed era abbastanza grande per ospitare anche Blaking e Nehir.
-Vi auguro buonanotte. Ci rivedremo domattina.- e detto questo scomparve, inghiottita dal fiume.
Rimasti soli, i nostri amici si scambiarono sguardi agitati.
-Sarà sicuro?- domandò la rossa.
-Nel caso, sappiamo difenderci.- ribadì Drew, togliendosi dalle spalle l’arco.
Il suo amico di sempre gli
scoccò un’occhiata d’avvertimento. -Ti ricordo che
qui c’è troppa acqua.
Il Nun fece per ribattere, ma Simar
stroncò la cosa sul nascere. –Andiamo a dormire. Domani
vedremo il da farsi, ok?
La prima ad obbedire fu Ethelyn,
che si lasciò cadere su un’amaca e si voltò sul
fianco, augurando buon risposo agli altri. L’ultimo a coricarsi
fu Drew.
Aveva troppi pensieri in testa:
quelli relativi alla missione riusciva ad isolarli, bene o male, ma
quelli che riguardavano la sua compagna di viaggio no.
Arrivavano a distrarlo nei
momenti meno opportuni e non sapeva proprio quando avrebbe potuto
parlare con lei. Forse mai, considerato che i ritmi di viaggio si
sarebbero fatti ancora più serrati di lì a poco. Con
Simar e Blaking al comando non avrebbero più battuto la fiacca,
ne era sicuro.
Si voltò supino, lanciando un’occhiata alla schiena della ragazza. Sembrava essersi addormentata.
“Quanto vorrei
dirtelo… quanto vorrei sapere cos’è, questo strano
calore che provo.”, pensò, sospirando.
-Drew, dormi.- lo rimproverò Blaking, accucciato sotto di lui.
Alzò gli occhi al cielo e diede le spalle alla Ferift. –Sì, scusa.- e chiuse gli occhi.
Simar si svegliò sentendo degli strani schiocchi.
Sollevò lentamente la testa,
il braccio destro indolenzito per averci dormito sopra.
Sbadigliò e gettò le gambe oltre il bordo
dell’amaca.
I suoi piedi incontrarono la calda pelliccia di Nehir, ancora addormentato.
Gli sorrise, vedendolo rilassato
per la prima volta da quando erano partiti, e poi notò Ethelyn
seduta sul bordo della pedana.
Sembrava stesse parlando con qualcuno.
Facendo attenzione a non svegliare
gli altri, scese e la raggiunse. Con una rapida occhiata valutò
che doveva essere da poco passata l’alba.
-Ehi… che fai sveglia?- la salutò così.
Lei si voltò, stupita e, quando l’ebbe riconosciuto, sorrise. –‘Giorno.
-Buongiorno.- disse allora lui.
-Stavo giocando con le inia.-
rispose finalmente ed indicò l’acqua. Aveva i piedi a
mollo e attorno a lei si erano affollati tre di quegli strani mammiferi.
-Ti piacciono proprio, eh?-
ridacchiò, sedendosi a sua volta. La ragazza annuì,
agitando leggermente le gambe. –Sono socievoli, in effetti.-
commentò quando il più grosso mise il muso fuori
dall’acqua e sembrò salutarlo.
La rossa sfiorò la pinna
dorsale di un cucciolo. -Credo che loro vivano qui, nel fiume. Non nel
mare.- ammise lanciando un’occhiata al compagno.
-Ah sì? Perché?
Indicò davanti a loro. –Perché aiutano i pescatori.- spiegò.
Lui allora seguì il suo
braccio e, per la prima volta, vide gli abitanti del villaggio. Le
donne più anziane erano impegnate a riparare le reti, mentre gli
uomini stavano approntando le barche.
-Non ho ancora visto Maja, quindi
non so dirtelo con certezza, ma credo che i delfini li aiutino a
pescare.- espose la sua teoria. –I pescatori non li scacciano,
anzi ho sentito qualcuno chiamarli anche per nome.
Simar restò ad osservare il
fermento mattutino, stupito. –E’ un bell’esempio di
simbiosi. Quasi come gli Ulver e i Fisàans.- commentò.
Gli lanciò un’occhiata ed annuì. –Esatto.
-Credi che siano contenti di averci qui?- le domandò dopo un po’.
Si voltò a guardarlo, perplessa. –Chi? I pescatori o le inia?- chiese.
Si lasciò sfuggire un sorriso. –I pescatori.
-Oh. Be’… qualcuno mi
ha lanciato delle occhiate, ma erano di curiosità. Credo.-
disse. –I bimbi sono ancora a letto, se si fossero avvicinati
forse avrei saputo darti una risposta diversa.
L’Elfo si accigliò. –I bambini?
-Mamma mi ha sempre detto che sono
loro ad accogliere le persone. Se i piccoli si fidano lo fanno anche i
grandi. A Ferend, il mio villaggio, i bambini non mi correvano
incontro, quando mi vedevano.- si strinse nelle spalle. Le venne un
po’ di tristezza, ma la scacciò subito.
Simar le posò una mano sulla spalla, leggero. –Mi dispiace.
-E’ acqua passata.- scrollò la testa.
Lui allora cambiò argomento,
vedendo che lei non voleva parlarne. –Svegliamo gli altri?- le
chiese, lanciando un’occhiata alle proprie spalle.
-No… lasciali dormire.
Aspettiamo Maja, poi, se non sono ancora in piedi, li buttiamo
giù dalle amache.- lo disse con sguardo cospiratore. Il ragazzo
ridacchiò a bassa voce, dicendosi d’accordo.
Rimasero ad osservare le barche
uscire lentamente dal villaggio, seguite dagli strani cetacei rosa. Si
confondevano tra le acque del fiume, molto più scure rispetto a
quelle della baia.
Ad un certo punto Simar sentì un movimento dietro di sé.
Fece per girarsi ma avvertì
qualcosa di caldo sulla spalla. Sorrise, sollevando la mano.
–Buongiorno, Nehir.- gli accarezzò il muso.
“Buongiorno a tutti e due.”, rispose lui, stiracchiandosi.
-Ti saluta.- comunicò il giovane. La Ferift lo guardò interrogativa, poi si accorse del lupo.
-Ciao Nehir. Ti sei ripreso dalla nuotata?- gli chiese.
Il Fisàan la guardò
per qualche istante, valutando se fosse seriamente interessata o avesse
buttato la frase così, tanto per fare. Annuì con la testa
e lei gli sorrise.
“Non ha paura di
me…”, fece, stupito. Simar lo fissò e lui
ricambiò lo sguardo. “Le chiederesti perché?”
-Nehir vuole sapere perché non hai paura di lui.- tradusse in parole i pensieri dell’amico.
Ethelyn guardò prima uno e
poi l’altro. –Be’… all’inizio avevo un
po’ timore dei Fisàans, ma poi ho visto cosa avete fatto
assieme a Vëon e ora vi rispetto. E poi, sei un bel lupo.- ammise,
abbassando la testa. “Ho appena fatto un complimento ad un
lupo.”, pensò imbarazzata.
Il Beta distolse lo sguardo, a disagio. “Apprezzo la sua sincerità.”, mormorò.
Il principe ridacchiò, divertito.
-Perché ridi?- gli chiese lei, sospettosa.
-E’ imbarazzato.-
spiegò. Al che il lupo gli diede un colpo alla schiena,
facendolo piegare in avanti. Lo fulminò e si allontanò in
cerca di cibo.
La rossa seguì i suoi movimenti. -Dove va?
-A cercare qualcosa per colazione. Non credo gli piaccia il pesce.- ammise.
Mentre parlavano non si erano resi
conto che Maja li aveva raggiunti ed ora era appoggiata alla
piattaforma, intenta a studiarli.
-Siete molto legati.- esordì. I due ragazzi sobbalzarono, voltandosi. –Scusate.
-Maja! Da quant’è che sei qui?- le chiese la ragazza.
Fece spallucce. -Da un po’.
-Potevi farti sentire.- la
rimproverò Simar. Lei si voltò a guardarlo, soffermandosi
per un po’ sul suo viso.
-Volevo studiarvi.- ammise, sincera.
-Hai dei dubbi su di noi?
Scosse la testa, facendo ondeggiare
la sua chioma cristallina. –No, volevo capire perché siete
in viaggio. Siete un gruppo eterogeneo.- rivelò.
-Se ci dai il tempo di svegliare gli altri, te lo diremo.- Ethelyn si alzò, intenzionata a raggiungere Blaking e Drew.
Trovò l’Ippogrifo
già desto, ma in ascolto. Quando lui aprì gli occhi per
poco non sobbalzò, colta di sorpresa. Dato che lui era a
posto, alzò la testa ed allungò una mano per scuotere il
Nun.
Il ragazzo brontolò,
cercando di scacciarla. Lei insistette fino a quando lui non si
voltò nella sua direzione, pronto a mandare a quel paese
chiunque l’avesse svegliato. Quando se la ritrovò davanti
le parole gli morirono in gola ed arrossì vistosamente.
-Alleluia! Iniziavo a temere di
doverti buttare giù.- disse lei, cercando di dissimulare
l’imbarazzo. La reazione dell’amico l’aveva presa in
contropiede.
Tornò da Simar e si sedette
accanto a Blaking, dedicandogli un rapido sorriso in segno di saluto.
Lui sbadigliò e poi sorrise a sua volta.
-Quanti Spiriti Blu…- commentò, facendo spaziare lo sguardo.
-Oh, sì. Loro vivono qui da
tanto tempo.- Maja si voltò verso il villaggio. –Sono una
piccola comunità a cui non piace la vita di città.
-Posso capirlo.- l’Ippogrifo annuì. Lui era cresciuto a Kephas, che non si poteva certo definire una metropoli.
-Vi faccio conoscere i miei
compagni. Gli abitanti non vi sono ostili, ma non si avvicineranno.- si
fermò prima di lasciarsi scivolare in acqua. –Restate qui.
E detto questo sparì sotto la superficie, a segnalare la sua presenza rimasero alcune bolle.
Nell’attesa Drew si unì al gruppo, brontolando per l’ora.
-Invece di lamentarti, portaci
qualcosa da mangiare.- gli disse Blaking. Lui lo guardò male, ma
tornò indietro a frugare tra le bisacce. Tornò con del
pane e qualche pezzo di carne essiccata di scoiattolo, reduce dalle
scorte fatte prima di entrare nel Regno del Nord.
Mangiarono in silenzio, godendosi la tranquillità del posto.
Quando lo Spirito Blu tornò,
a loro si era unito anche Nehir. Aveva il muso leggermente sporco di
sangue, segno che aveva trovato qualcosa con cui riempirsi lo stomaco.
-Bene, ci siete tutti.- trillò la donna.
Si issò sul bordo,
sedendosi. Sotto di lei si formò immediatamente un alone
d’acqua. I viaggiatori la guardarono e poi spostarono lo sguardo
sugli altri sei Spiriti.
-Bene, loro sono i miei compagni.
Non vi dirò i loro nomi, non li ricordereste tutti.
Parlerò principalmente io.- comunicò.
-Iniziamo noi?- chiese Simar. Lei
scambiò un’occhiata con quello che, a prima vista sembrava
un maschio, e poi annuì. –Blaking?
L’Ippogrifo si schiarì
la voce. –Ok. Io e Drew veniamo da Kephas, nell’Ovest.
Ethelyn da Ferend, un piccolo villaggio del Nord. E Simar è uno
dei principi del Regno degli Elfi.- iniziò.
Uno dei nuovi arrivati si
sollevò, mostrando la parte superiore del proprio corpo.
–Vostra madre è figlia del Cair, giusto?- chiese.
Simar annuì, stupito che lo sapesse.
-Stiamo cercando di raggiungere il
Cuore, per conto del Vegliante del Vento.- continuò il pennuto.
–Ci sono dei problemi e si stanno avvicinando all’Est.
Maja lo guardò, pensierosa. –Che genere di problemi?
-Animali, creature corrotte. Sono
completamente nere e senza ombra. Sono controllati da qualcuno, ma non
sappiamo chi sia né dove si trovi.- spiegò.
-Avete sbagliato strada, vi siete allontanati dal confine con le terre centrali.- osservò uno degli Spiriti.
-Sì, siamo stati inseguiti.- confermò Simar, inserendosi nel discorso.
-E’ difficile raggiungere il Primo.- mormorò Maja, dopo qualche istante di silenzio.
-Lo sappiamo. Per ora Fenris ha
allertato il vostro Cair, a quanto ne so. Bisogna ancora contattare
quello del Fuoco e quello della Terra.- disse Blaking.
Un uomo si avvicinò alla
pedana, tenendo gli occhi puntati sulla sua simile. -Potremmo aiutarli
in cambio di un favore.- propose.
Maja lo guardò e poi fissò i suoi ospiti.
-Che genere di favore?-
indagò l’Elfo. Nehir, alle sue spalle, osservava quegli
essere d’acqua in silenzio, valutando i loro atteggiamenti.
-Prima lasciate che vi racconti qualcosa di noi.- fece la donna.
Annuirono.
-Non so se lo sapete, ma gli
Spiriti Blu non sono così… trasparenti.- sollevò
un angolo della bocca, divertita dalle proprie parole.
-No, abbiamo visto gli abitanti del
villaggio.- disse Ethelyn. Mentre stavano parlando i bambini erano
sciamati fuori dalle proprie abitazioni, urlando e rincorrendosi. Non
erano interessati ai visitatori, non più di tanto.
-Anche noi eravamo così.- disse l’uomo che si era avvicinato a Maja. Aveva una voce profonda e lineamenti marcati.
-E come siete diventati… d’acqua?- indagò Blaking, stupito.
-Volevamo a tutti i costi
proteggere questi luoghi. Noi siamo nati qui, molto tempo fa.-
s’inserì una donna, i capelli le nascondevano parzialmente
il viso. Per quanto potessero celare qualcosa essendo trasparenti.
Drew lanciò loro un’occhiata stupita. -Facevate parte di questo villaggio?
-Sì.- confermò Maja. –Loro sono i nostri discendenti.
-Siamo antichi.- aggiunse uno dei suoi compagni.
-Ce ne sono altri come voi?- chiese Simar. I loro interlocutori si scambiarono sguardi agitati.
Lei lasciò vagare lo sguardo tra gli alberi. -Qualcuno.
-Maja… chiedi il favore.- la rimbrottò l’uomo. Forse era il suo compagno.
La donna abbassò lo sguardo
e gli sorrise, addolcendo i tratti del proprio viso. –Ci sto
arrivando… come mi ha ricordato mio marito, abbiamo un favore da
chiedervi.- tornò a guardare i cinque.
Blaking, nominato portavoce del gruppo, fece un cenno col capo.
-E’ da un po’ di tempo
che nella palude ci sono dei problemi.- rivelò. –Lì
ci sono dei predatori. Alcuni di loro sono cambiati, sono molto
più aggressivi.
-Assomigliano agli animali che vi abbiamo descritto?- s’informò il principe.
Esitò un attimo, ma poi
annuì. –I Kelpie non sono creature mansuete, tendono ad
attirare gli animali nell’acqua e ad ucciderli. Qualche volta lo
fanno anche con le persone.- spiegò.
-E adesso, invece?- volle sapere l’Ippogrifo.
-Hanno già ucciso tre
Spiriti Blu, senza nemmeno mangiarli. Uccisi e basta. E sono diventati
violenti, molto più territoriali.- Maja rabbrividì al
pensiero.
Si scambiarono un’occhiata, preoccupati. Cosa stava succedendo? La corruzione era arrivata veramente fino all’Est?
Supponendo che nascesse dalla piuma del Cair del Tuono, si espandeva velocemente. Troppo.
-Noi cosa dovremmo fare?- chiese
Ethelyn, preoccupata. L’idea di doversi imbattere in creature che
mangiavano le persone non l’allettava per niente.
Maja la trafisse col suo sguardo
cristallino. –Uccidere i Kelpie corrotti, se riuscite. Noi non
possiamo avvicinarci troppo al loro territorio, finiremmo per essere
contaminati e moriremmo. Abbiamo cercato di purificare l’acqua,
ma loro ci respingono.- spiegò.
-Perfetto… altre creature
che vorranno ammazzarci…- brontolò Drew, scontento. Per
carità, non voleva che proliferassero ed invadessero Suran, ma
all’inizio non era stato detto loro di ergersi a paladini della
luce.
Era pericoloso e avevano già rischiato la pelle troppe volte in poco tempo.
-Drew, calmati.- lo rabbonì
il principe. Lui prese un respiro profondo, scusandosi ed
allontanandosi un po’ dal gruppo.
-Possiamo tentare, ma non vi assicuriamo nulla.- concesse Blaking.
Maja e gli altri Spiriti s’illuminarono. –Davvero?
Annuì. –Posso chiedervi una cosa, in cambio?- domandò.
Gli si avvicinò, lasciando
impronte bagnate sulle assi di legno. Si era allungata verso di lui
senza alzarsi. –Certo.
Lui esitò un attimo,
valutando la portata di quello che le stava chiedendo. –Dobbiamo
far girare la voce. Avvertire i popoli di tenersi pronti e ci serve
tutto l’aiuto possibile per arrivare al Primo.- disse con un filo
di voce.
Lo Spirito corrucciò la fronte, indeciso. Poi scivolò in acqua e si consultò coi compagni.
Blaking scambiò sguardi preoccupati coi suoi amici.
Alla fine lei risalì e
disse:-Possiamo risalire il fiume e contattare tutte le persone che ci
vivono. Con un po’ di fortuna riusciremo a diffondere la voce.
-Sarebbe perfetto.- l’Ippogrifo raddrizzò le spalle, entusiasta. –Ci aiutereste, davvero.
-Nulla si fa per nulla, no? Abbiamo
un accordo.- allungò la mano. Simar si alzò e si fece
avanti per stringerla, dato che il compagno non era dotato di pollice
opponibile.
“Bene, un altro po’ di
movimento.”, esultò Nehir. Se c’era da combattere
non si tirava certo indietro.
-I Kelpie sono creature notturne,
vero?- domandò Blaking, dopo un po’. Maja annuì,
sorpresa che fosse in possesso di quelle conoscenze. Erano creature
poco diffuse al di fuori dei territori dell’Est e prediligevano
le paludi o zone di acqua stagnante.
-Potete provare ad attaccarli di giorno. Dovrebbero essere più vulnerabili.- suggerì uno degli Spiriti.
-Possiamo provare.- concesse Ethelyn, lanciando uno sguardo ai compagni.
-Bene, allora vi conviene mettervi
subito in viaggio. Ma prima, vogliamo lasciarvi la nostra benedizione.-
Maja scivolò nuovamente in acqua, leggera come l’aria.
Loro si misero sull’attenti,
passando gli occhi dall’uno all’altro Spirito Blu. Come
intendevano benedirli? Affogandoli?
La donna chiuse gli occhi ed
iniziò a recitare una lenta litania, subito seguita dai suoi
simili, che presero ad ondeggiare pigramente da una parte
all’altra.
Lei tracciò alcuni
segni davanti a sé e l’aria sembrò smuoversi al
passaggio delle sue dita, come se fosse rimasta incisa.
Ad un certo punto spalancò
gli occhi e tutta la sua figura tremolò. –Abbiate un
viaggio sicuro. Che l’acqua vi aiuti nei momenti di bisogno e vi
guidi. La protezione di Manannan è con voi, ora.- e detto
ciò i polsi e il collo di tutti e cinque vennero avvolti da
anelli d’acqua.
Rimasero immobili, sentendo quell’umida carezza.
L’acqua si posò sulla
loro pelle, sulla pelliccia di Nehir e sulle piume di Blaking e
penetrò dentro di loro, in modo indolore.
-Ecco. Ora avete la nostra protezione con voi. Speriamo riesca nel suo compito.- sorrise, soddisfatta e leggermente affaticata.
-Grazie.- dissero all’unisono.
Fece un cenno del capo. –Buon viaggio, stranieri. Cercate di mantenere fede alla vostra promessa.
Affondò lentamente tra le
acque del fiume e l’ultima cosa che videro di lei furono li
occhi, attenti e vivaci. Gli altri Spiriti si erano dileguati
già da un po’.
-Bene… allora ci mettiamo in viaggio?- Drew ruppe il silenzio creatosi.
-Sì, muoviamoci. Dobbiamo comunque tornare indietro.- confermò Simar, recuperando le bisacce.
***
-Ahh… sento il potere scorrermi dentro…- Anrekres chiuse gli occhi, assaporando quella sensazione.
Gli sembrava di trovarsi sulla cima più alta di Suran e poter controllare l’intero mondo conosciuto da lì.
Il Cair ormai era solo un
pallido fantasma, l’ombra di se stesso. Non avrebbe costituito un
problema. Se solo quella sensazione fastidiosa fosse scomparsa!
Avvertiva uno strano formicolio
sulla nuca e non riusciva a scacciarlo. Il suo corpo gli stava mandando
un segnale, forte e chiaro, ma lui non sapeva come interpretarlo.
Si guardò intorno, sedendosi
poi sul trono di pietra che aveva modellato lui stesso.
Abbandonò il proprio corpo contro lo schienale e divaricò
leggermente le gambe, pensieroso.
“Cosa potrà mai
essere…? Che Shunka abbia ancora potere?”, alzò lo
sguardo alla spirale. Il lupo era perfettamente immobile, sembrava
morto. Anche se lui poteva sentire il flebile battito del suo cuore.
Abbassò la testa, lanciando un’occhiata alla piuma. C’era ancora luce in essa.
“Mi respinge.”, pensò, disgustato. Era inconcepibile.
Strinse un pugno, poggiando i
gomiti sulle ginocchia. Quel piccolo oggetto fluttuante sembrava
volergli ricordare che non aveva ancora abbastanza potere per eliminare
il Vegliante.
Non poteva sottrargli la sua
magia, era impossibile, ma poteva ucciderlo in un altro modo. Sapeva,
essendo una parte dello stesso lupo, che in lui convivevano luce ed
ombra.
Quando era riuscito a sgusciare
fuori aveva assorbito il suo opposto in sé: senza quella parte
fondamentale il Cairansis sarebbe diventato sterile in poco tempo,
incapace di garantire la vita al suo popolo.
“E da lì, il passo
verso la morte è breve.”, pensò. –Se solo
riuscissi a distruggere la luce!- mormorò, artigliando i
braccioli del suo scranno.
Restò immobile per alcuni
istanti, tentando di controllare il subbuglio che aveva dentro. A volte
si ritrovava a combattere con strani sentimenti, quali la rabbia e
l’avidità. Lui era puro potere, poteva veramente provare
simili emozioni?
Mentre rifletteva su ciò si
rese conto che il sole si era spostato, nel cielo. Socchiuse gli occhi
e ne controllò la posizione.
Era fastidioso, peccato non potesse spegnerlo.
Con la coda dell’occhio
notò una cosa che lo paralizzò. Balzò in piedi con
uno scatto, ruotando su se stesso.
-Che succede?- si toccò il petto, nascosto dal lungo mantello. L’oscurità che lo componeva tremolò.
Attese un po’, poi abbassò lo sguardo. Sotto di lui c’era un’ombra. Ma era assolutamente impossibile che lui ce l’avesse!
Significava che aveva una parte di luce in sé, una parte fertile.
Si artigliò il torace, affondandovi le unghie. L’ombra si mosse con lui, ripetendo gli stessi movimenti.
-Com’è possibile!?- urlò, digrignando i denti.
-E’ possibile.- disse una
voce. Alzò la testa di scatto, confuso. Si guardò
intorno, analizzando ogni centimetro della roccia.
Ad un certo punto colse un lieve
movimento e si voltò verso un cono di luce che penetrava nella
sua dimora, filtrato da due speroni poco più in alto.
Tra i riflessi dorati si
dispiegò lentamente quello che sembrava un lungo abito
cangiante. Sbatté le palpebre, cercando di dare un senso a
quello che stava vedendo.
Poco dopo ecco che la luce si
avvitò su se stessa, voluttuosa e assunse forma umana. Lo
sgomento di Anrekres era ormai incommensurabile.
-Io esisto.
Ancora quella voce, palpitante di vita e calda. L’esatto opposto della sua, mortifera e fredda.
Arretrò, finendo per sbattere contro il trono di pietra.
-Non puoi piegarmi al tuo volere,
non te lo permetterò.- al posto del fascio luminoso comparve una
donna, avvolta completamente di luce.
Aveva lunghi capelli biondi, che le
accarezzavano tutto il corpo fino a terra e una pelle luccicante,
simile a diamanti. La cosa che più lo inquietò di
quell’apparizione erano gli occhi, neri e profondi come abissi.
Si sentì risucchiare al loro
interno e si aggrappò con tutte le sue forze all’unico
appiglio che aveva dietro di sé.
-Chi sei tu? Come osi sfidarmi?- chiese, iroso.
La donna mosse un passo verso di
lui. –Io sono la tua parte luminosa. Quella che conviveva con te
nel corpo del Cair. Quella che stai cercando di cancellare.- rispose,
fissandolo dritto negli occhi. –Sono Calimë.
-Tu sei… no, tu non puoi esistere! Ti ho assorbito dentro di me.- la additò.
-E invece esisto. E sono finalmente
riuscita a manifestarmi.- replicò, sorridendo beffarda.
–Fino a quando io sarà fuori dal tuo corpo, non riuscirai
più a creare nulla.
L’ombra sgranò gli
occhi. “Quindi posso creare i miei figli solo perché anche
io ho una parte luminosa dentro di me?”, non lo tollerava.
–Non ti permetterò di ostacolarmi!
L’abito di lei fremette quando si mise in posizione difensiva. Tra le sue mani apparve una lunga alabarda.
Anrekres aprì il palmo,
materializzando una poderosa ascia bipenne. La impugnò
strettamente con entrambe le mani, preparandosi allo scontro.
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Capitolo 22 *** Cap. 21 Il passaggio è chiuso ***
Cap. 21 Il passaggio è chiuso
Il Cuore sembra irrangiungibile... ce la faranno ad oltrepassare il confine?
Nel capitolo c'è un riferimento ad una scena del Signore degli
Anelli. Amo troppo Aragorn e le sue abilità >____< XD
Buona lettura!
Cap. 21 Il passaggio è chiuso
La donna era immobile davanti a lui. Il suo petto si alzava e si abbassava al ritmo del suo respiro, ora affannato.
Nessuno dei due era riuscito ad aver ragione dell’altro: le loro forze si equivalevano.
Anrekres digrignò i denti, furibondo.
Era inaccettabile che la parte più debole del Cair, la parte più debole di lui, fosse così forte da essersi ribellata.
-Senza di me non hai potere di creazione.- gli disse Calimë,
raddrizzandosi. L’alabarda scintillava minacciosa sotto il sole,
intonsa.
Non si erano procurati nessuna ferita, non ce l’avevano fatta.
Socchiuse gli occhi. –Perché?
-Perché io sono la parte luminosa degli esseri viventi e anche
la parte fertile. Tu rispondi alle leggi di Suran e, in questo momento,
sei sterile.- spiegò, calma.
-Io non ho bisogno di te!- urlò, puntandole contro la propria
arma. Il mantello si aprì con un fruscio per non intralciarlo.
-Lo credi davvero? Prova a creare qualcosa.- lo sfidò, salda
nella propria convinzione. Anrekres accettò la sfida e chiuse
gli occhi, concentrandosi. Non importava che forma avrebbe avuto,
contava solo che riuscisse a crearlo.
Focalizzò l’oscurità, l’ombra, nella propria mente e tentò di plasmarla.
Il primo tentativo andò a vuoto, così il secondo e i successivi. Aveva ragione lei.
Spalancò gli occhi e scagliò l’ascia bipenne a
terra con rabbia. Quella svanì come fumo portato via dal vento.
-Avevo ragione.- fu l’unico commento della creatura luminosa.
Artigliò l’aria, respirando dalla bocca. Era furibondo.
-Vorrà dire che ti riassorbirò e ti ucciderò.
Calimë si mise in guardia, pronta a difendersi.
-Fallirai in ogni caso.- gli disse. Si bloccò, cercando di
mascherare la propria confusione. –Il Cair del Vento si è
accorto della malattia del fratello e sta allertando i popoli.-
rivelò.
L’aveva visto grazie al collegamento che manteneva con Shunka.
Nonostante fosse molto debole, ormai sull’orlo della morte,
rimaneva pur sempre un Cairansis.
Questo le aveva permesso di vedere: Fenris si era messo in moto.
La voce di una creatura era nulla in confronto a quella di milioni di
esseri viventi.
Il suo obiettivo era quello di raggiungere il Primo, ma non lo disse. Non voleva dare troppe informazioni ad Anrekres.
-Come ha fatto a rompere la mia barriera?- chiese, sconvolto. Aveva
preparato la propria entrata in scena con dovizia di particolari,
convinto che nessuno avrebbe potuto ostacolarlo. “Ho fatto male i
miei conti.”, realizzò.
Lei inarcò un sopracciglio. -Ti aspetti che te lo dica?
L’ombra socchiuse gli occhi, fino a ridurli a due fessure e la scrutò in silenzio, cercando un suo punto debole.
Forse, farla parlare era la soluzione giusta. –Come sai tutte queste cose?
“Vuole distrarmi.”, pensò Calimë. Non potevano
ingannarsi a vicenda, erano la faccia della stessa medaglia. Potevano
celarsi informazioni, pensare cose diverse… forse uccidersi.
Abbassò la punta della sua alabarda. –Non condivido le mie
informazioni con te. Fino a prova contraria devo fermarti.-
replicò.
-Non ci riuscirai.- asserì, tornando ad arrabbiarsi. La
persuasione non avrebbe funzionato, ormai gli era chiaro. “Allora
userò la forza.”
Scattò in avanti, senza preavviso e la atterrò, facendole
volare di mano l’arma. Non cadde mai a terra, sparendo come aveva
fatto la sua ascia.
Si ritrovarono faccia a faccia e si immobilizzarono. Ombra e luce, onice e ambra.
I capelli dell’uomo caddero attorno a loro, nascondendoli.
Calimë aveva le mani sulle sue spalle, tentando di tenerlo il
più lontano possibile. Anrekres tentò di forzare la sua
resistenza afferrandole con forza una ciocca di capelli.
I loro respiri si mescolarono, entrambi colmi di rabbia e ostilità.
Ad un certo punto lui si chinò sul suo collo, mordendola. La
donna lanciò un grido, a metà tra il dolore e
l’estasi.
“Non possiamo respingerci.”, realizzò, avvinghiandosi ai suoi fianchi.
***
-Qualcuno sa se stiamo andando dalla parte giusta?- chiese ad un certo punto Blaking.
-Intendi per trovare i Kelpie o per allontanarcene?- il sarcasmo di
Drew era palese. L’amico gli scoccò un’occhiataccia.
–Non capisco perché dobbiamo cacciarci nei guai di nostra
volontà! Non bastano quelli che ci inseguono?- si
giustificò.
-Se non li aiutiamo il problema potrebbe diventare ancora più grosso.- gli fece notare Ethelyn.
Sbuffò. –Lo so… non fate caso a me, sono solo
irritato.- mormorò, abbassando il capo. Smontò dalla
schiena dell’Ippogrifo e si mise a camminare, affondando
nell’acqua fino alle ginocchia.
-Prima di avventurarci in epici scontri, come state?- chiese il
pennuto. Non ci fu bisogno di fare nomi: i due interpellati alzarono la
testa a guardarlo.
-Bene… provo solo un leggero fastidio ogni tanto. Mi sono rimaste alcune cicatrici.- disse il Nun.
Simar, invece, ci pensò su per un po’. –Io appoggio
il piede destro in modo leggermente diverso rispetto a prima, ma va
più che bene.- rispose.
Blaking annuì, soddisfatto.
-E la tua zampa?- si premurò di chiedergli la Ferift.
-Oh, guarita. Non era niente di che.
-Bene… ora dobbiamo capire dove stiamo andando. Sul serio.-
l’Ippogrifo si fermò, facendo inchiodare di colpo Nehir.
Il principe si chinò sul compare e gli accarezzò il pelo
sotto la gola, mentre quello lasciava uscire un verso di protesta.
“Sai dove siamo?”, gli chiese.
Il lupo si guardò intorno, scrutando tra i rami intricati delle
mangrovie. Avevano fatto molta strada e sentiva un leggero sentore di
zolfo.
“La palude è davanti a noi, leggermente ad ovest.”, comunicò.
L’Elfo annuì. –Per la palude dritto.- indicò
davanti a sé. “Per i Kelpie?”, chiese poi.
“Devo avvicinarmi. Credo di poter distinguere il loro odore, ma non li ho mai visti.”, ammise.
-Che dice?- domandò Drew.
-Ha bisogno di avvicinarsi per sentirne l’odore.- riferì.
-Allora avviciniamoci. La palude non era molto distante dai confini con
le terre del Cuore: dovremmo riuscire a prendere due piccioni con una
fava.- Blaking era fiducioso. Il suo amico di sempre un po’ meno,
ma si trattenne dal dirlo a voce alta.
-Drew… monta.- lo pregò Ethelyn.
Lui scosse la testa, concedendole un breve sorriso. -Devo sbollire un
po’. È stupido prendersela, ma mi conosco e non posso
farne a meno.- fece spallucce.
“Almeno si rende conto delle proprie emozioni. Stai diventando
bravo, Drew.”, l’Ippogrifo gli lanciò
un’occhiata, senza farsi vedere. Chissà quando avrebbe
confessato i propri sentimenti alla rossa.
Per un po’ camminarono in silenzio, ognuno immerso nei
propri pensieri. Non c’era un’atmosfera pesante, tesa. Era
una piacevole pausa di riflessione.
Il Fisàan si fermò di colpo, alzando la testa ed irrigidendo i muscoli del collo.
Simar lo fissò perplesso prima di chiedere:-Cos’hai sentito?
Nehir non rispose, scrutando oltre gli alberi.
Affiancò Blaking e annusò l’aria, cercando di
isolare gli odori del gruppo dal resto. “La palude è oltre
quegli alberi. È un tratto protetto dalla foresta, siamo molto
più a sud rispetto all’andata.”, comunicò. Le
sue capacità animali gli permettevano di sfruttare fragranze e
suoni per orientarsi.
Essere un lupo aveva i suoi vantaggi.
-Ok, ragazzi, ci siamo.- annunciò il ragazzo, nervoso.
Ormai era primo pomeriggio: ci avevano messo più del previsto a lasciarsi alle spalle il villaggio.
-Come facciamo ad attirarli fuori? Secondo voi basta passare vicino
alle pozze?- domandò Ethelyn, cercando di scorgere tracce della
fantomatica palude.
Si scambiarono uno sguardo. –Probabile.- concesse il principe, ondeggiando tranquillamente in groppa al suo fido compagno.
Mentre raggiungevano la meta, il cielo si oscurò sempre di più, minacciando pioggia.
Blaking alzò il muso, annusando l’aria. –Tra poco
verrà giù un po’ di acqua. Non so quanto ci
convenga sfidarli sotto il diluvio.- disse.
-Intanto andiamo avanti, quando arriverà il temporale
decideremo.- sentenziò Simar. I due si fissarono per qualche
istante, cercando di stabilire chi fosse il capogruppo. Alla fine il
giovane chinò leggermente il capo, riconoscendo la supremazia
dell’Ippogrifo.
“Ha un che di strano.”, commentò Nehir.
“Intendi Blaking?”, gli lanciò un’occhiata,
passandogli distrattamente la mano sulla fronte. Il lupo annuì.
“Sì, ma non capisco cosa sia.”, ammise.
Scartarono alcuni alberi e poi si ritrovarono in uno spiazzo aperto,
cosparso di bassi cespugli e pozze di acqua gorgogliante. L’odore
di zolfo stagnava nell’aria, mescolandosi a quello della pioggia.
Era fastidioso oltre ogni dire.
-Entriamo tra gli alberi?- domandò Blaking, fermandosi al
limitare della foresta di mangrovie. Era un contrasto molto strano: si
passava dall’acqua corrente, abbastanza pulita a quella stagnante
della palude.
Dopo aver ottenuto una risposta affermativa iniziarono a muoversi sul
terreno insidioso. Drew era rimontato in sella per non rimanere
indietro.
Quella volta andò meglio e non rischiarono di impantanarsi.
Raggiunsero il riparo degli alberi quando iniziarono a cadere le prime
gocce. L’agglomerato boschivo non era altro che un groviglio di
licheni e tronchi contorti, molti dei quali morti, morenti o colpiti da
un fulmine.
-Allegro qui.- commentò il Nun, guardandosi attorno. Simar non
poté che dargli ragione: per lui che era un Elfo, un posto del
genere era assolutamente inospitale.
-Attenti a dove mettete i piedi, le nuvole si sono abbassate.- li
avvisò Blaking, tenendo lo sguardo fisso sulle proprie zampe.
La pioggia cadeva così fitta che non riuscivano a vedere
oltre un metro davanti a loro. Avevano gli abiti schizzati di fango
fino alla vita e completamente appiccicati al corpo, per non parlare
delle zampe delle creature che li accompagnavano.
-Per favore, fermiamoci.- supplicò Ethelyn, stringendosi nel
mantello che aveva recuperato dalla bisaccia. Undine era stata molto
previdente.
Gli altri annuirono, trovandosi assolutamente d’accordo.
Il Nun si guardò attorno, scrutando i rami degli alberi sopra le
loro teste. Il fogliame era molto rado e per lo più soffocato
dal muschio. -Non ci sono molti ripari, qui.
-Ce li faremo bastare.- disse Simar, pratico.
Smontarono insieme, lasciando la possibilità a Blaking e Nehir
di muoversi con più agio. Il più rapidamente possibile
approntarono un tetto di rami e licheni tra due alberi abbastanza
vicini. Si stava un po’ stretti, ma poteva andare.
-Adesso?
-Adesso aspettiamo.- mormorò l’Ippogrifo, incassando la testa tra le spalle.
Per loro sfortuna l’attesa fu tutt’altro che lunga.
Il cielo era talmente scuro e greve d’acqua da aver fatto calare
una strana penombra sotto di sé. L’intera palude era
illuminata da una luce grigia e malsana, che metteva in evidenza i
colori acidi delle piante.
Ad un certo punto l’aria vibrò, attraversata da un fulmine.
Ethelyn si raddrizzò, scrutando davanti a sé.
–Ragazzi…- chiamò piano. Si misero tutti
all’erta, passando lo sguardo da lei all’ambiente
circostante.
-Cos’hai visto?- Drew le si avvicinò, cauto. Non aveva
spazio di manovra lì sotto: se fossero stati attaccati poteva
scordarsi arco e frecce.
Lei scosse la testa, i capelli appiccicati fastidiosamente al viso.
Sentirono dei rumori liquidi e videro alcune sagome uscire da una
pozza. Trattennero il respiro, mentre Nehir arricciava il naso.
“Kelpie.”, disse sicuro. Avevano un odore molto simile a
quello dei cavalli, anche se la loro carne sembrava in putrefazione.
Si mossero insieme, come fossero un solo corpo.
-Sugli alberi!- ordinò Blaking. Spalancò le ali ed
afferrò Drew per la casacca, trasportandolo sul ramo più
resistente che trovò. Con la coda dell’occhio vide Simar
appollaiarsi elegantemente su una biforcazione.
Quando voltò la testa, intenzionato ad andare a recuperare anche Ethelyn, la vide già al sicuro.
“Quel ramo è molto sottile…”, pensò.
Ma non si lasciò distrarre e si avvicinò a Nehir, pronto a tener a bada i nuovi visitatori.
Erano cinque e a prima vista sembravano semplici destrieri che avevano bisogno di una bella lavata.
Quando furono abbastanza vicini da poter sentire i loro respiri,
notarono gli occhi bianchi e lattiginosi e le criniere cosparse di
alghe e licheni.
Il Fisàan emise un rumore di gola, infastidito dal loro odore. Il pelo sulla sua collottola era ritto.
Uno dei Kelpie reagì all’odore del lupo e lanciò un
nitrito sinistro, facendo scattare la testa di lato. Ethelyn,
esattamente sopra di loro, notò che parte del muso del cavallo
era in decomposizione.
Si mise una mano sulla bocca, trattenendosi dal lasciarsi sfuggire un gemito.
Ai margini del suo campo visivo, Drew preparò una freccia e Simar estrasse i suoi pugnali dai foderi.
Lei allora si affrettò a recuperare i sai, agitata.
“Calma, stai calma.”, si disse, respirando profondamente.
Quelle creature erano raccapriccianti.
Ma, a parte quello, non sembravano intenzionati ad attaccare: pareva stessero soppesando gli intrusi.
“Non mi piace.”, disse Nehir, spostando il peso da una
zampa all’altra, nervoso. Sentiva i muscoli tesi allo spasimo.
“Nemmeno a me, ma non muoverti.”, gl’ingiunse il principe.
I Kelpie serrarono i ranghi, per nulla infastiditi dalla pioggia battente che continuava a flagellare la palude.
Ad un certo punto il ramo su cui si era rifugiata la Ferift emise uno
scricchiolio sinistro. La ragazza abbassò lo sguardo,
preoccupata e poi si sentì cadere.
La sorpresa fu tale che non poté nemmeno spiegare le ali. Cadde direttamente a terra.
Quello fu il segnale: i cavalli si gettarono su di lei, mentre i suoi compagni balzavano in suo aiuto.
Non vedeva niente, schiacciata a terra da zoccoli e corpi grondanti acqua.
Menò un fendente alla cieca, colpendo qualcosa. Uno dei Kelpie
lanciò un nitrito, sottraendosi all’attacco per qualche
istante.
Drew scagliò la sua freccia, colpendo sulla schiena uno di
quegli esseri, mentre Simar si gettò con forza contro quello che
stava cercando di calpestare Ethelyn.
Blaking e Nehir impiegarono tutta la loro potenza
d’attacco per poter liberare la compagna, ma i cavalli sembravano
intenzionati ad ucciderla.
Sentirono le sue proteste mentre tentava di liberarsi a suon di colpi, che fossero coi sai o con le gambe.
Sentì un calcio all’altezza di una coscia e in risposta
affondò la lama di uno dei suoi pugnali nella carne di uno di
quegli animali.
Non le importava di raggiungere gli organi vitali o qualsiasi altro punto mortale, voleva semplicemente liberarsi.
-Ethelyn, usa l’aria!- le urlò l’Ippogrifo, prendendo a beccate la testa di un avversario.
-Non ci riesco, non posso concentrarmi così!- replicò.
“Dannazione!”, Drew si spostò su un altro ramo,
cercando di trovare un punto migliore per tirare. Troppi rami e troppi
corpi: rischiava di colpirla.
Si tolse i capelli dagli occhi con stizza, incoccando una nuova freccia. –Ethelyn, liberati!
Lei evitò per un pelo la bocca di un Kelpie. -Ci sto provando!
Sollevò le mani, cercando di proteggere il viso da un altro attacco, quando accadde qualcosa di inspiegabile.
Attorno a lei prese forma una bolla d’acqua.
Sbatté le palpebre, confusa, mentre vedeva i suoi aggressori tentare di perforare quella pellicola protettiva.
Nehir approfittò del loro smarrimento per afferrare una delle
bestie e scaraventarla in acqua. Blaking ne artigliò
un’altra, riducendola abbastanza male.
Due Kelpie si staccarono dal gruppo, decisi a fronteggiare quei disturbatori.
“Al diavolo le frecce!”, Drew si passò l’arco
sulla schiena e fece comparire due globi di luce sui palmi delle
proprie mani.
-Lasciatela stare, stupidi cavalli melmosi!- li provocò. Uno dei
due sollevò la testa verso di lui, inchiodandolo col suo sguardo
lattiginoso.
Esitò un attimo, ma poi lanciò, colpendolo proprio sul
muso. Quello s’impennò, lanciando un nitrito di dolore.
Ethelyn, intanto, si era rimessa in piedi. La strana bolla di poco prima era scomparsa.
Rinsaldò la presa sui sai e si preparò a fronteggiare il
suo avversario. Era solo, ma sembrava del tutto intenzionato a farle
del male.
Blaking rimase a fissare per un istante le bruciature causate dal
potere del Nun. Gli venne un’idea e sperò funzionasse.
–Drew! Usa la luce!
Il ragazzo lo fissò, confuso. –Usarla come?- domandò.
-Prova a prosciugare gli animali. Vivono prevalentemente in acqua,
quindi dovrebbe indebolirli.- tentò di spiegarsi mentre teneva a
bada uno dei Kelpie. Nehir lo aiutò scaraventando
l’animale contro il tronco di un albero. Il rumore dello schianto
fu molle e raccapricciante.
-Non so se ci riesco!- ammise.
-Tu prova!- gli ordinò. Poi si voltò verso il principe. –Simar!
-Non riesco a comunicare con queste piante, mi respingono! Sono
praticamente morte.- lo anticipò prima che potesse chiedergli
qualsiasi cosa.
Trattenne un’imprecazione.
Fece per richiamare l’attenzione di Ethelyn, ma si ricordò
che non riusciva ad usare il suo potere quando era agitata.
-Ok, vada per la forza bruta.- sferrò un calcio poco sotto la
mascella di uno dei cavalli che si erano rivoltati contro di lui.
Con la coda dell’occhio vide Drew immobile, i palmi rivolti verso l’alto.
-Giuro che ti uccido.- sibilò la Ferift, fissando la grossa creatura davanti a sé.
Aveva parte del fianco destro macilenta e si intravvedevano le ossa. Trattenne un conato di vomito.
Il Kelpie, in risposta alla sua minaccia, fece schioccare i denti anneriti.
Lei si preparò ad attaccarlo, sollevando le punte dei sai. Le
impugnature erano scivolose a causa della pioggia, come il terreno su
cui poggiava, ormai diventato fango.
Si spostò leggermente a destra per controllare in che stato
fosse l’occhio della bestia da quel lato. Poteva sfruttare la
decomposizione a suo vantaggio: sicuramente avrebbe avuto riflessi
più lenti.
Il cavallo sembrò capire le sue intenzioni e si
spostò, balzando verso di lei ed affondando le zampe anteriori
tra la melma.
Si ritrasse, riguadagnando una distanza di sicurezza.
Un Kelpie era morto, il suo corpo galleggiava in una pozza, mentre
quello che aveva attaccato Blaking si stava ritirando, morente. Ne
rimanevano tre, ma erano comunque troppi.
“E io ne ho uno tutto per me.”, pensò ironica.
Le faceva paura, ma non poteva scappare urlando come una femminuccia in
gonnella. Lei non era così, suo padre le aveva insegnato a
combattere.
Prese un respiro profondo e si scagliò sulla bestia, puntando al
collo. L’animale schivò di lato, preparandosi a colpirla
con gli zoccoli delle zampe posteriori. Ethelyn si buttò a
terra, evitandoli per un pelo.
Si ripulì il viso dal fango e si rimise in piedi,
scivolando diverse volte. Il tempo di un respiro e il cavallo le fu
nuovamente addosso.
Lottarono per un tempo che parve infinito, attaccando e schivando.
Ad un certo punto la ragazza si sbilanciò e lasciò il
fianco scoperto, il suo avversario ne approfittò e la morse con
forza.
Lanciò un urlo, piantandogli la lama del sai all’inizio
della colonna vertebrale. Quello mollò la presa con un verso
stridulo e si accasciò a terra, contorcendosi in preda agli
spasmi.
Ethelyn barcollò e finì per sbattere contro un albero.
Drew, appollaiato poco più in alto, sentì tutto il potere
accumulato svanire. Spalancò gli occhi, pronto ad imprecare,
quando vide la rossa scivolare a terra, le mani al corsetto.
-Ethelyn!- si calò giù il più rapidamente
possibile, preoccupato oltre ogni dire. Al suo grido si voltarono anche
gli altri.
-Ok, facciamola finita.- Simar incrociò le braccia davanti al
viso e scaricò una serie di fendenti addosso al Kelpie che stava
affrontando. L’animale tentò di schivarli, ma
l’ultimo lo raggiunse alla giugulare e stramazzò al suolo.
Blaking si levò sulle zampe posteriori e lanciò un grido, finendo l’ultimo.
“Lo uccido io.”, disse Nehir, rivoltò al principe.
La bestia si dimenava ancora, scalciando. Arricciò il naso e poi
le azzannò il collo, soffocandola.
-Ethelyn, oddio! Fa vedere!- il Nun stava cercando di capire quanto fosse grave la ferita, ma lei non glielo permetteva.
Gli altri li raggiunsero. –Cos’è successo?- domandò Simar.
-Il Kelpie… mi ha morsa…- farfugliò, premendo le mani sul cuoio del corpetto.
Blaking si guardò intorno. –Dobbiamo andarcene da qui. Ci
serve dell’acqua pulita per trattare la ferita, la bocca di
quelle creature è piena di batteri: rischia un’infezione.
Il principe recuperò le bisacce e si mise a frugare febbrilmente
all’interno della propria. Quando trovò il sacchetto di
erbe che gli aveva lasciato la madre, esultò.
I suoi compagni si voltarono a guardarlo.
-Dovrei riuscire a preparare un impacco da applicare alla ferita. Ho qualche rudimento di arti mediche.- spiegò.
Il volto della rossa s’illuminò, speranzoso.
-Mi serve comunque dell’acqua pulita.- disse, smorzando un po’ l’entusiasmo del gruppo.
Nehir si guardò intorno, iniziando a fiutare in cerca di una
traccia. Il problema era che l’odore della palude era troppo
pregnante.
Si scrollò di dosso un po’ di acqua e si bloccò. “Simar!”
Il ragazzo alzò la testa a guardarlo. –Cosa?
Il lupo gli si avvicinò e poi si mise a fissare il cielo.
“La pioggia. È acqua pulita!”, esclamò.
Blaking fissò la scena, perplesso.
-E’ vero… ragazzi, raccogliamo l’acqua piovana!- balzò in piedi, dandosi dello stupido.
Drew si offrì di aiutarli, volenteroso. L’Elfo gli
allungò una delle borracce di riserva e lui cercò un
punto aperto, dove i rami non ostruissero la visuale.
Alzò le braccia e si mise in attesa. “Muoviti!”, pensava, in ansia.
Simar cercò di riorganizzare le idee. -Dobbiamo spostarla in un posto un po’ più asciutto…
-Posso camminare, non sono moribonda.- Ethelyn si rialzò usando
il tronco contro cui era collassata come appiglio. Poi, aiutata dal
giovane dai capelli d’argento, raggiunse il loro riparo.
Si lasciò cadere a terra, grata di avere un tetto sopra la testa che la riparasse dalla pioggia inclemente.
Il principe estrasse alcune foglie dalla piccola borsetta di pelle e poi anche una ciotola e un pestello.
“Madre, non ti ringrazierò mai abbastanza.”,
pensò, mettendosi in bocca le foglioline rosse e masticandole.
In quel modo il loro principio attivo si sarebbe liberato più in
fretta. –Drew!- chiamò.
-Ho quasi fatto!- gli rispose. Sentiva la borraccia sempre più pensante.
Blaking si avvicinò, preoccupato, mentre Nehir controllava i dintorni per evitare altre brutte sorprese.
-Posso aiutare?- chiese l’Ippogrifo.
-Convincila a farmi dare un’occhiata alla ferita. Devo pulirla
prima di applicarvi l’impacco.- gli disse, concentrato nel
proprio lavoro.
La giovane, sentendosi presa in causa, si sollevò a sedere.
Diede la schiena ai compagni e disse:-Tira i lacci, così
potrò togliere il corsetto.
Il pennuto s’avvicinò, chinandosi per poter entrare ed
afferrò col becco le due estremità, tirando. Quando il
nodo si sciolse le mani di Ethelyn iniziarono ad allargare i due lembi
dell’indumento.
-Dev’essere una cosa infernale.- commentò, impressionato.
-Sì, ma almeno mi protegge meglio di un vestito.- replicò
lei. Sentiva il morso pulsare dolorosamente e, in quella posizione, era
ancora peggio.
-Eccomi!- Drew li raggiunse.
-Ethelyn, anche la camicia.- le consigliò Simar, iniziando a pestare le foglie.
Lei arrossì fino alla punta dei capelli. –Ehm…
-Non ti preoccupare, nessuno guarderà.- la rassicurò
Blaking, lanciando un’occhiata d’avvertimento al Nun.
Quello distolse lo sguardo, facendo il finto tonto. Non avrebbe mai
sbirciato, non senza il permesso di lei.
“Drew, ma che vai a pensare!”, si rimproverò.
Lentamente, la rossa uscì dall’ultimo indumento che le
copriva la parte superiore del corpo. –Fatto…-
mormorò, sistemando un braccio davanti al seno.
-Ok, adesso stenditi. Così riuscirò a pulire per bene la
ferita.- la istruì. Fece per fare quanto le era stato detto, ma
si bloccò.
-Sai quello che stai facendo, vero?- chiese.
La guardò male. –Per chi mi hai preso?
Si morse la lingua: stava per parlare del bacio. –Ok… mi fido.
Si stese sul terreno umido e cercò di rilassare i muscoli. Lui
imbevve una pezza con l’acqua che aveva portato Drew e poi
iniziò a pulirle il morso. Era estremamente concentrato nel
proprio lavoro, quasi temesse di farle male.
-Sta iniziando ad arrossarsi, non mi piace.- commentò. –Mi servirebbe dell’alcool…
-Non credo ne abbiamo.- ammise Blaking, mettendo dentro la testa. Il ragazzo annuì, distrattamente.
-Senti dolore?- le chiese.
Annuì. –Abbastanza.- dovette ammettere.
-Non esce molto sangue, per fortuna, ma dobbiamo tenerla pulita. Ora ti
applicherò l’impacco. C’è anche la mia
saliva, così si cicatrizzerà prima.- la buttò sul
ridere, strappandole un sorriso.
Prese un po’ della poltiglia che aveva creato e gliela mise sul segno.
Subito Ethelyn s’irrigidì, aspirando l’aria tra i denti.
Il Nun le lanciò uno sguardo preoccupato, ma non disse niente.
Ci misero un po’ per la medicazione, ma alla fine la Ferift fu nuovamente in piedi, pronta a rimettersi in viaggio.
-Vediamo di raggiungere il confine, ok?- Blaking aveva lo sguardo puntato su un punto imprecisato.
-Drew, posso fare da sola.- protestò la rossa all’ennesimo
tentativo del compagno di caricarla di peso sul dorso
dell’Ippogrifo. Simar ridacchiò, divertito
dall’espressione di lei.
-D’accordo.- si arrese e la lasciò andare.
-Grazie.- si issò in groppa, trattenendo una smorfia per il
dolore. Poco dopo sentì la presenza del giovane dietro di
sé. –Non mi vorrai legare a te, vero?
-N-no…- mormorò, spiazzato dalla sua domanda.
“Muoviamoci.”, disse Nehir.
-Meglio avviarsi.- il principe stemperò il suo tono infastidito.
-Ragazzi, lo sento!- annunciò Blaking.
-Senti cosa?- chiese Drew.
-Il potere della quercia… siamo vicini al confine.- si
voltò per sorridergli, contento. Finalmente qualcosa andava per
il verso giusto.
Si fermarono e osservarono il declivio che li avrebbe condotti nelle
terre del Cuore. Le due creature si scambiarono un’occhiata e poi
si avviarono a passo veloce, impazienti.
Avevano quasi raggiunto la foresta, probabilmente un’estensione
di quella del Mentore, quando davanti a loro apparvero diversi Kelpie.
Erano lontani dalle pozze, ma sembravano aspettarli. L’Ippogrifo frenò, sdrucciolando sul terreno fangoso.
I cavalli li fissarono, sfidandoli ad avanzare.
-Sono qui per noi.- disse Ethelyn.
-Sì, sono d’accordo.- concordò Simar, lanciandole un’occhiata coi suoi occhi color oltremare.
-Che si fa?
Blaking fece vagare lo sguardo tutt’attorno e, tra gli alberi
alla loro sinistra, individuò quello che sembrava un sentiero.
Arretrò fino ad trovarsi faccia a faccia col principe.
–C’è una strada, sulla sinistra. Non voltarti.- gli
disse.
Lui annuì impercettibilmente, poi si chinò sul Fisàan. “L’hai vista?”, chiese al lupo.
“Sì, l’ho vista. Aspetto il segnale per muovermi.”, rispose, saggiando il terreno con le unghie.
-Tenetevi forte.- disse il pennuto ai suoi passeggeri.
Drew passò un braccio attorno alla vita di Ethelyn e la fece
chinare verso il collo dell’animale. Lei non protestò.
-Ora!- spalancò le ali e si mise a correre, puntando dritto verso i Kelpie.
Quelli nitrirono, impennandosi e poi partirono all’attacco.
Quando mancavano meno di dieci metri all’impatto, il gruppo
cambiò direzione. Scavalcarono rocce e tronchi, correndo il
più velocemente possibile.
La Ferift dovette trattenere il respiro, perché la ferita doleva ad ogni sobbalzo.
-Tranquilla.- sentii sussurrarle l’amico.
Con un lieve strattone superarono alcuni grossi cespugli di more e
sbucarono sul sentiero. Nehir comparve poco dopo al loro fianco.
Esitarono un attimo, cercando di capire quale direzione prendere.
Furono i cavalli della palude a decidere per loro, sbarrando la via
verso il Cuore. –Muoviamoci! Troveremo un’altra via!-
esclamò Blaking, partendo al galoppo.
Il lupo lanciò un breve ringhio e poi lo seguì.
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Capitolo 23 *** Cap. 22 Tentativo ***
Cap. 22 Tentativo
Ultimo
capitolo con aggiornamento programmato. D'ora in poi cercherò di
scrivere nei weekend o appena ho un momento libero :(
Spero vi piaccia... ci sono degli sviluppi, come dire, attesi.
Buona lettura! :)
Cap. 22 Tentativo
Corsero a perdifiato per molto tempo.
Ad un certo punto furono costretti
a rallentare, stremati. I fianchi di Blaking e Nehir si alzavano
ritmicamente e i loro respiri erano pesanti. Azzardarono
un’occhiata alle proprie spalle, ma sembrava fossero soli.
-Li abbiamo seminati.- ansimò l’Ippogrifo.
-Blaking…!- la voce di Drew
suonò allarmata. Si voltarono tutti a guardarlo.
–Ethelyn… è pallida.
La ragazza era ancora china sul collo dell’animale e non accennava a muoversi.
-E’ sveglia?- Simar
smontò rapidamente, avvicinandosi per controllare. La testa
della ragazza si mosse. –Mi senti?
Lentamente si sollevò e lo guardò con occhi vitrei. –Non mi sento bene.- biascicò, sudata.
Il principe le toccò la
fronte e fece una smorfia. –Le è salita la febbre.
Dobbiamo trovare una città, mi servono delle erbe più
potenti… anzi, un curatore sarebbe d’aiuto.-
sentenziò.
Blaking si guardò intorno. –Io non ho idea di dove siamo.- ammise.
“Più avanti
c’è un cartello.”, avvisò il Fisàan.
Simar sollevò la testa e si voltò nella direzione
indicatagli dal lupo.
-C’è un cartello,
laggiù. Dovrebbe esserci utile.- disse. Tornò a
rivolgersi alla compagna di viaggio. –Ethelyn, senti dolore alla
ferita?
Lei esitò un attimo,
cercando di dare un nome a quel fastidioso pulsare che sentiva al
fianco. –Non proprio… sembra viva, pulsa.- mormorò.
-Un’infezione. Devo aver sbagliato qualcosa.- ragionò tra sé.
Il Nun attirò la sua
attenzione. –Simar, che dobbiamo fare?- domandò,
preoccupato. La Ferift sembrava soffrire, nonostante non si fosse mai
lamentata durante la fuga.
-Raggiungiamo la città.- risolse.
Stabilito un piano d’azione
si misero in movimento. Quando raggiunsero le fantomatiche indicazioni,
scoprirono che la capitale era ancora troppo lontana. La città
più vicina era un piccolo porto fluviale, sviluppatosi sulle
rive del Volnos, il fiume che nasceva dal lago Daika e sfociava nel
mare.
Non ci fu nemmeno bisogno di consultarsi, puntarono dritto verso la cittadina.
Fortunatamente la strada era ben
visibile tra gli alberi ed era sollevata dal livello degli acquitrini,
paesaggio dominante di quella parte delle terre dell’Est.
-E’ tutto così umido.- si lamentò Drew.
-Lo so, ma non staremo qui per
molto. Dovremo raggiungere la capitale il prima possibile.- gli disse
Blaking, tentando di rassicurarlo. –Come sta…?- chiese
dopo un po’.
Il ragazzo lanciò
un’occhiata alla rossa, che si reggeva faticosamente in sella.
Entrava ed usciva da uno stato di dormiveglia molto agitato.
-Non molto bene…- ammise,
passandole un braccio attorno alla vita. Lei tentò di
scacciarlo, ma il tentativo andò a vuoto. –Tranquilla.- le
sussurrò.
La notte li colse ancora per la via.
Non era sicuro proseguire, tanto più che aveva ripreso a piovere.
-Non mi fido ad accamparmi.- il Nun diede voce ai suoi dubbi. Gli altri si trovarono d’accordo.
Nehir si mise a scrutare i
dintorni, cercando un posto quanto meno asciutto per poter riposare
senza correre il rischio di annegare.
Con la coda dell’occhio
notò una piccola lingua di terra serpeggiare tra le infime pozze
d’acqua, circondate da basse piante acquatiche. Saliva su per
quello che sembrava un pendio.
Le sue pupille si dilatarono, focalizzandosi su di una collinetta.
“Simar.”,
chiamò. L’Elfo si voltò verso di lui, smettendo di
parlare con Blaking. Si scambiarono uno sguardo penetrante e poi il
lupo gli fece un cenno col capo verso il buio. “C’è
una collina alla sinistra della strada. La vedi?”.
Simar si concentrò e
notò la sagoma scura delinearsi contro il cielo crepuscolare.
–Sì, la vedo. Ragazzi, Nehir ha trovato qualcosa.-
annunciò, sollevato.
Si voltarono tutti a fissarli: prima lui, poi il suo fidato compagno.
-Ho bisogno di stendermi…-
sussurrò Ethelyn. Sapeva di avere la febbre alta e non le
sarebbero servite le vertigini per confermarlo, purtroppo sembrava che
il suo stesso corpo si divertisse a tormentarla.
Drew, dietro di lei, si
irrigidì leggermente e lo sentì aumentare la presa contro
i suoi fianchi, temendo potesse cadere.
Una parte quasi dimenticata della sua mente ne fu molto grata e anche imbarazzata.
Ma non aveva nemmeno le forze per arrossire.
-Sbrighiamoci.- il Nun si era
eletto protettore della rossa e nessuno aveva protestato. Pur facendo
parte da poco del gruppo, a Simar era bastato poco per notare
l’interesse del giovane nei confronti della Ferift. Non ne era
poi così stupito: Ethelyn era una ragazza forte e molto bella.
“Un po’ manesca,
forse.”, si ritrovò a pensare, divertito. Scosse la testa,
relegando quei pensieri ad un altro momento, e diede una piccola pacca
sul collo a Nehir. Quello uscì dalla strada battuta per
raggiungere la collinetta.
Quando arrivarono a destinazione,
furono piacevolmente stupiti nel trovare un cerchio di pietre per il
fuoco e quello che, a prima vista, era un rozzo rifugio.
-Deve essere stato usato come luogo
di sosta anche da altri viaggiatori.- commentò Blaking. Si
avvicinò al riparo e permise a Drew di smontare.
Il giovane afferrò la
ragazza per i fianchi e la tirò giù, facendola sedere
subito dopo. Lei infilò immediatamente la testa tra le
ginocchia, sperando che quelle orribili vertigini, e il conseguente
senso di nausea, sparissero.
Avvertì una mano
sulla spalla e sospettò fosse Drew. Quando le parlò, i
suoi sospetti vennero confermati. Le chiese nuovamente come stesse e se
aveva voglia di mangiare qualcosa.
Tentò di rispondere coerentemente, ma era difficile.
Ad un certo punto qualcuno la
aiutò ad alzarsi e poco dopo sentì il contatto del suo
sacco a pelo dietro la schiena.
-Devo controllare la ferita.-
quello era senza ombra di dubbio Simar. Anche perché la sua
chioma rifletteva i bagliori del piccolo fuoco che erano riusciti ad
accendere.
Era stato Drew, probabilmente, ad innescare la scintilla. Essendo magiche, le fiamme non si sarebbero spente sotto la pioggia.
-Sì… ho bisogno di una mano…- riuscì a mettersi seduta. –Sto proprio da schifo.
Il principe si lasciò
sfuggire un sorriso. –Posso aiutarti o chiamo Drew?-
domandò. La rossa lo fissò stupita. –Ho detto
qualcosa di male?
-Perché Drew…?-
chiese. Ok, forse era una domanda stupida, considerata la premura che
le aveva dimostrato, ma si sentì in dovere di porla.
Simar sorrise. –Be’, mi
sembra chiaro che sia preoccupato per te.- rispose. “Mettiamola
in questi termini.”, pensò.
-Sì…- annuì lei. –No… puoi aiutarmi anche tu.
Lentamente gli diede la schiena e
gli fece segno di sciogliere il fiocco. L’operazione fu lunga ed
imbarazzante, nonché fisicamente stancante per Ethelyn. Quando
finalmente poté sdraiarsi, aveva rischiato di vomitare
già due volte.
Oltre il riparo offerto da quel rifugio di fortuna sentiva le voci degli altri. Stavano parlottando, forse per causa sua.
-Mi dispiace…- mormorò ad un certo punto.
Simar, impegnato a pulirle la ferita, sollevò leggermente il capo. –Per cosa?
-Be’, per la ferita e tutto
il resto.- spiegò. Quando lui premette accidentalmente la carne
attorno al morso sussultò.
-Scusa, non volevo.- si
affrettò a spostare le dita. –Comunque non ti preoccupare.
Appena starai meglio andremo dal Cair dell’Acqua, dato che
mio… nonno è riuscito a contattarlo.- ebbe una piccola
esitazione prima di scegliere con quale appellativo riferirsi al
Vegliante dell’Ovest.
-Ok… guarirò in
fretta, lo prometto.- disse. Non voleva essere un peso per nessuno.
Aveva vissuto tutta la sua vita sentendosi tale per i suoi genitori.
-Vuoi qualcosa da mangiare?
Ci pensò su. –Qualcosa di secco. E dell’acqua, per favore.- rispose.
Annuì e lo vide spostarsi a
frugare dentro alcune bisacce. Le passò quello che aveva
chiesto, aiutandola a mettersi in piedi e poi uscì.
-Drew, vai dentro. Le ho cambiato
la medicazione, appena avrà mangiato qualcosa le
preparerò un infuso per la febbre.- gli disse.
Il Nun annuì, ma non
mollò la presa sul ramo che stava trattenendo. Si erano messi a
lavorare di buona lena per ingrandire il rifugio e lasciare lo spazio
necessario ad Ethelyn. L’unico problema era il fango: restare in
piedi era un’impresa.
-Finisco io. Posso controllare le
piante, ricordi?- gli diede una pacca amichevole sulla spalla. Lui
allora gli passò il testimone e poi guardò alle sue
spalle.
-Ok… allora vado.- mormorò.
Entrò lentamente, mettendosi subito a gattoni per non ostruire l’ingresso della luce.
Ethelyn stava finendo di
mangiucchiare un pezzo di pane: sembrava si stesse sforzando. Si diede
dello stupido per non essersi accorto dello stato in cui versava.
Fece per dirglielo, ma lei lo anticipò. –Grazie per tutte le tue… attenzioni.- gli sorrise brevemente.
Le parole gli morirono in gola. –Non ho fatto niente.- mormorò.
-Cosa stavate facendo, là fuori?- domandò, curiosa.
Lanciò un’occhiata
all’esterno. Simar stava realizzando una struttura di rami
intrecciati degna del miglior architetto di palazzi.
-Ci serviva un altro tetto… tu sei malata, ti serve più spazio.- le spiegò.
Si agitò. –Ma no,
non… non fa niente, potete stare qui!- protestò, a
disagio. Lui scosse la testa, rassicurandola.
-Appena hai finito Simar deve darti un infuso. Ti aiuterà con la febbre.- le disse.
-D’accordo.- disse. “Tutto pur di migliorare.”, pensò.
Combatteva con la febbre da circa
quattro ore, ma si sentiva spossata come se fossero trascorsi giorni.
Brutta cosa, le infezioni.
Rimase in silenzio, ascoltando il
ticchettare ritmico della pioggia mentre Drew sgranocchiava qualcosa,
sovrappensiero. Attesero che gli altri avessero finito di sistemare,
poi videro Simar entrare.
-Come va?- s’informò.
-Come prima.- fu costretta ad
ammettere. Lui le sorrise, incoraggiante e si mise all’opera.
Poco dopo Ethelyn si ritrovò ad ingoiare uno strano liquido
verdastro.
Fece una smorfia, buttandolo giù tutto d’un sorso.
-Ti verrà sonno, probabilmente.- la avvertì.
Sospirò. –Almeno non avrò l’impulso di vomitare ogni volta che volto la testa.- borbottò.
Ringraziò il principe e si
stese lentamente. Aveva indossato solo la camicia, per comodità.
Nel caso fosse stata necessaria un’altra medicazione il corsetto
sarebbe stato d’impiccio.
-Sicuri che non vi serve una mano…?- si sentirono chiedere Drew e Simar.
Si fissarono e poi la guardarono. –Ethelyn, sei malata.- le disse il Nun.
-Lo so, ma voglio essere utile.- biascicò, sentendo già le palpebre pesanti. I due ridacchiarono.
-Stai tu con lei…?- chiese l’Elfo al compagno. Quello annuì, osservandolo uscire.
Poco dopo fece la sua comparsa Blaking. Lanciò un’occhiata alla giovane e poi chiese, sottovoce:-Come sta?
-Simar ha fatto il possibile.
L’infuso sta già facendo effetto.- rispose. –Mi ha
fatto venire un colpo quando si è accasciata, oggi.
-Sì, l’ho notato.- gli
lanciò un’occhiata penetrante, facendolo arrossire.
–Non fare niente di stupido, limitati ad occuparti di lei.
-Per chi mi hai preso? Non sono un animale in calore.- si schermì.
L’Ippogrifo ridacchiò,
divertito dal suo tono. –Noi siamo nell’altro rifugio, se
dovessi aver bisogno. Buonanotte.
-‘Notte.
Blaking sgattaiolò sotto il nuovo riparo creato da Simar.
Fece spaziare lo sguardo sul tetto di rami e poi disse:-Un lavoro ben fatto.
-Grazie.- sorrise il giovane.
Si accucciò, lasciando lo
spazio necessario a Nehir, sistematosi fuori di guardia. Aveva
insistito per poter fare il primo turno, probabilmente troppo agitato
per dormire.
-Ethelyn è… fuori pericolo… non rischia di…?- non finì la frase.
Simar si ritrovò a fissare
il terreno sotto di sé, alla ricerca delle parole giuste.
–Devo impedire che l’infezione si diffonda. Se riesco ad
ostacolarla fino a quando non saremo a Durna, andrà tutto bene.-
rispose.
Il pennuto annuì, confidando in lui.
-Posso… posso chiederti una cosa?- esordì dopo un po’ il ragazzo.
-Certo.
Lo guardò negli occhi. -Tu… tu sei veramente un Ippogrifo? Non sei un Elfo, vero?
-Un Elfo?- ripetè, perplesso. –Perché dovrei esserlo?
-Io e Nehir sentiamo una strana energia provenire da te.- ammise, facendo spallucce. –Ce ne chiedevamo il perché.
“L’hanno scoperto.”, pensò. –Suppongo di dovertelo dire.- sospirò.
Simar raddrizzò la schiena, in attesa.
-Sono uno dei Balhia.
Quella rivelazione, fatta a mezza
voce, lo lasciò senza parole. Era davvero possibile che quella
creatura dal piumaggio nero come la notte potesse trasformarsi in uno
dei leggendari cavalli alati?
-Ma… come…?- provò a chiedere.
-Non saprei come fartelo vedere. Mi
sono trasformato quando siamo stati attaccati la prima volta, per caso.
Nemmeno io lo sapevo, la mia memoria era stata… bloccata.-
spiegò, cercando di suonare convincente. –Lo so, sembra
assurdo.
Nonostante tutto, il giovane fu costretto ad annuire. –Sai dove sono i tuoi fratelli?- gli chiese.
Scosse il capo. –No.
Però riesco a comunicare con Fenris, se mi concentro. Non so se
può essere d’aiuto.- disse.
-Ci serve ogni aiuto possibile.- un sorriso stirò le sue labbra per qualche secondo, poi sparì.
-Non dobbiamo dirlo a nessuno.- si raccomandò.
Simar lo guardò direttamente negli occhi color ghiaccio. –Era scontato.
-Ethelyn…?
Drew si sporse verso di lei, poggiandole una mano sulla fronte. Era ancora molto calda.
La ragazza mugugnò qualcosa, ormai avvinta dal sonno.
-Hai freddo?- le chiese, vedendola stringersi addosso il sacco a pelo. Non ebbe risposta, forse non l’aveva sentito.
Allora le si avvicinò e si
stese vicino a lei, stando attento a non fare movimenti bruschi per non
spaventarla. Non voleva metterla in agitazione più di quanto
fosse già.
Gli ammalati e i feriti, poi, andavano sempre trattati con cura.
“Specialmente lei.”, si
ritrovò a pensare, osservandola. Non poteva farci niente, la
trovava bella anche coi capelli appiccicati al viso e le occhiaie.
Aveva capito di provare qualcosa di forte per lei e si riteneva anche
fortunato, perché Ethelyn era una ragazza meravigliosa.
A parte quando si intestardiva su qualcosa.
Scosse la testa, sorridendo.
Appoggiò il capo sulla mano,
puntellandosi con un gomito. Cercò di capire se la sua vicinanza
bastava a scaldarla, ma sembrava continuare a tremare.
-Scusami…- mormorò.
Le passò un braccio attorno
ai fianchi e l’attirò a sé. La sentì
irrigidirsi, ma subito dopo si abbandonò a quel contatto.
Senza rendersene conto, Drew sorrise.
“La prossima volta, quando
starai meglio, ti dirò tutto.”, si ripromise.
Appoggiò il capo e chiuse gli occhi, lasciandosi vincere dal
sonno.
Si svegliò lentamente, riscaldato dalla luce che filtrava dall’ingresso del rifugio.
Sbadigliò e si voltò a guardarla: dormiva ancora.
Sembrava essersi rilassata, ma leggeva ancora una piccola contrazione nei muscoli delle spalle.
La liberò dal contatto col proprio corpo e si alzò, uscendo.
Fece per andare dagli altri, ma si
ritrovò a scontrarsi con un’enorme massa pelosa.
Rimbalzò all’indietro, sorpreso.
Nehir si voltò a guardarlo, stupito.
-Ciao Nehir… che fai qui
fuori?- gli chiese. Il Fisàan lo guardò intensamente e
poi indicò col muso la strada. Dato che non potevano comunicare
a parole e nemmeno telepaticamente, l’unico mezzo erano i gesti.
Drew seguì il suo sguardo.
–Mhm… sono andati a controllare i paraggi?- tirò ad
indovinare. Il lupo confermò, annuendo.
L’altro annuì a sua volta, stiracchiandosi.
Il Beta si voltò verso il riparo di rami, probabilmente preoccupato per Ethelyn.
-Dorme.- gli disse il ragazzo. –Stanotte non si è nemmeno agitata troppo.
L’animale allora si
rilassò e tornò a sedersi. Drew non aveva ancora molta
confidenza con lui ed in poco tra loro calò un silenzio
imbarazzante.
Fortunatamente furono salvati dall’arrivo di Blaking e Simar, di ritorno dalla loro esplorazione.
-Oh, ben svegliato.- lo salutò l’Ippogrifo.
-Buongiorno.- rispose lui.
-Come sta?- s’informò il principe, fermandosi a qualche passo dall’entrata.
Lanciò un’occhiata
alla sagoma avvolta dal sacco a pelo. -Dorme ancora. Credo che
l’infuso abbia fatto un buon lavoro.- riferì.
Simar annuì, soddisfatto.
-Aspettiamo che si svegli, poi le cambierò il bendaggio.- disse.
Il Nun si scompigliò i capelli castani con noncuranza. -Dove siete stati?
-Ci siamo spostati lungo la strada,
verso Durna. Sembra non ci siano pericoli immediati. Anche le nubi si
sono diradate.- Blaking era speranzoso.
-Quando ci mettiamo in marcia?
-Anche subito.- si voltarono e
videro Ethelyn, in piedi, che li fissava. Si reggeva ad uno dei tronchi
che fungevano da colonna portante ed era leggermente meno pallida
rispetto alla sera precedente.
Il suo aspetto, nel complesso, era un disastro.
-Che fai alzata?- la rimproverò Drew. Lei lo guardò male.
-Non sono mica inferma.- protestò.
-Sì, ma…
-Ethelyn, non devi sforzarti. Se
l’infezione si diffonde siamo nei guai.- Simar intervenne per
salvare la situazione, dato che la rossa si stava innervosendo. Poteva
capirla: nemmeno lui avrebbe mai voluto essere un peso per il gruppo.
-Cambiamo le bende?- lo guardò. Lui annuì e rientrarono.
Il Nun sospirò, dando le spalle all’ingresso. –Non ne faccio mai una giusta, a quanto pare.- brontolò.
Blaking gli si avvicinò e
gli pose un’ala sulla spalla, come a volerlo abbracciare.
–Calma. Ci vuole calma.- gli consigliò.
Gli occhi grigi dell’amico si
puntarono sui suoi color ghiaccio. –No, mi ci vuole un manuale
d’istruzioni.- replicò.
La sua battuta fece ridere l’Ippogrifo e anche sul muso di Nehir comparve l’ombra di un sorriso.
Simar era stato così efficiente che meno di un’ora dopo erano già in viaggio.
La ferita di Ethelyn sarebbe stata
sotto controllo fino all’arrivo alla città fluviale, o
almeno era quello che si auguravano tutti.
Il sole fece timidamente capolino verso mezzogiorno e poi s’impose nel pomeriggio, facendoli sudare.
-Quasi quasi preferivo la pioggia.- si lamentò l’Elfo.
“Io no.”, gli disse il suo lupo.
Scosse la testa, divertito. Nehir
sarebbe stato bene in montagna, immerso completamente tra cespugli e
alberi resinosi. A ben pensarci, il Regno del Nord non era poi
così distante dai monti delle Kolen.
-Guardate, dei mercanti.- la Ferift
interruppe il suo filo di pensieri. Sollevò la testa e
puntò lo sguardo sulla strada.
-Non fermiamoci, a meno che non ci rivolgano la parola.- suggerì Blaking.
Quando li incrociarono, notarono
che erano Elfi del Sud. Non era strano trovarli in giro per Suran, dato
che avevano una spiccata propensione per il commercio.
Nessuno parlò e i due gruppi si limitarono a qualche occhiata curiosa, riprendendo poi per la propria strada.
Incontrarono altre carovane
lungo il percorso, ma per fortuna erano tutti troppo impegnati o troppo
intimoriti per fermarsi a fare domande.
In effetti erano un gruppo alquanto
eterogeneo: un Ippogrifo, un Nun e una Ferift che sembravano tutto
fuorché quello, un Fisàan e un Elfo.
Probabilmente molti non avevano mai nemmeno visto qualcosa di simile a Nehir.
“Poco male, sono contento di non avere altri grattacapi.”, pensò Simar.
-Dice che mancano meno di due miglia.- annunciò Drew.
-Come?
Si voltò a guardarlo.
-Durna. Leggi il cartello.- gli rispose, indicandolo. Fece come gli era
stato detto e scoprì che il compagno di viaggio aveva detto il
vero.
-Bene, muoviamoci.
Aumentarono il passo e Blaking
passò ad un trotto sostenuto, seguito senza problemi dal grosso
Beta. Si erano riposati abbastanza da potersi concedere quel piccolo
scatto.
Arrivarono in città nel tardo pomeriggio.
La prima cosa che colsero fu
l’odore di pesce, pungente e acre. Non c’era da stupirsi,
considerato che Durna viveva sul commercio fluviale. Il Volnos era
ricco di animali, in particolare pesci gatto.
-Se qualcuno osa compare del pesce,
lo uccido. Giuro.- li minacciò Ethelyn, portandosi una mano alla
bocca. Era nauseante.
-Dividiamoci. Io andrò a
cercare un curatore con la nostra ferita.- Simar s’interruppe per
ridere della linguaccia della rossa. –Mentre voi andrete a
cercare un cavallo.
Drew e Blaking si fissarono. –E con quali soldi lo dovremmo comprare, scusa?- gli chiese il Nun.
L’Elfo si frugò nella
bisaccia e ne estrasse un piccolo sacchettino. Lo lanciò al
ragazzo, che lo prese al volo. Il peso delle monete lo lasciò
stupito.
-Contrattate.- disse, rivolto a
Blaking. Sospettava potesse essere più persuasivo.
L’Ippogrifo annuì, mentre l’amico faceva sparire il
piccolo borsello, al sicuro in una tasca interna.
-Ci ritroviamo nella piazza tra un’ora, d’accordo?
Ci fu un assenso generale e poi si separarono, dopo aver fatto salire Ethelyn su Nehir.
-Come mai sei così pratico delle città?- gli domandò la ragazza.
Si era appoggiata a lui, troppo
debole per poter restare ritta. La pulsazione della ferita era
diminuita, ma c’era ancora. La pelle, in quel punto, tirava
terribilmente.
-Be’, mia madre ha tenuto
delle lezioni particolari, quando io e Kiron eravamo piccoli.-
iniziò, guardandosi attorno. –Ci metteva davanti a
situazioni molto diverse tra loro, aiutata dal nostro precettore e da
alcuni servi. Una volta eravamo in un deserto percorso da beduini,
un’altra su un passo montano, un’altra ancora in una
città sconosciuta. Diceva che era necessario sapessimo
affrontare qualsiasi evenienza.
-Undine dev’essere una persona particolare…- considerò lei.
-Oh, lo è. Ti stupiresti di
sapere di quante nozioni è affollata la mia mente. Molte nemmeno
ricordo di averle apprese, ma ci sono.- ridacchiò.
Gli lanciò un’occhiata. –Sei in gamba, Simar.
-Grazie.
Con la coda dell’occhio
notò un piccolo edificio con un’insegna elaborata sopra la
porta. Aveva un’aria umile, ma pulita. Lo fece vedere a Nehir e
lui si avviò a passo lento, scartando la moltitudine di carretti
che popolava quella parte della città. Non erano molto distanti
dalla piazza del mercato, a quanto pareva.
“Sento odore di erbe.”, annunciò il lupo, una volta fermatosi.
-Bene.- commentò il
principe, smontando. Una volta a terra allungò le braccia e fece
scendere anche la sua compagna.
Entrarono e vennero colpiti da un forte sentore di lavanda.
Ethelyn strizzò gli occhi qualche volta, sentendoli inspiegabilmente pizzicare.
-Benvenuti.- li salutò un Elfo. Si trovava dietro un bancone ingombro di ampolle e mazzetti di erbe odorose.
-Salve, lei è un alchimista o un curatore?- volle sapere Simar.
-Entrambi.- rispose cordiale
l’uomo. E, per convalidare le proprie parole, mostrò loro
il palmo destro della mano. Mostrava il tatuaggio di una piccola foglia
stilizzata alla base del pollice. Il simbolo dei curatori insigniti.
–Come posso aiutarvi?
-Dovrebbe saperlo.- lo mise alla prova il principe. La rossa fece per rimproverarlo, ma un suo sguardo bastò a zittirla.
Il curatore li raggiunse e si
fermò davanti alla Ferift. La scrutò attentamente per
qualche secondo, infine indicò il suo fianco. –Ha una
brutta ferita al fianco sinistro. Sento un principio
d’infiammazione, ma è stato trattato abbastanza bene.- e,
dicendo questo, guardò interrogativo Simar.
Lui annuì. –Sono stato io.
-Un buon lavoro.- si complimentò l’uomo. –Posso curarla per cinque monete di bronzo.
-Accettiamo il prezzo.- rispose il
giovane dai capelli d’argento. Ethelyn rimase in silenzio,
seguendo interessata la transazione.
-D’accordo. Come ti chiami, ragazza?- le chiese.
Lei esitò, poi disse:-Lya.
Gli occhi dell’Elfo
brillarono, ma non disse niente. Forse aveva capito che non era il suo
vero nome, ma non indagò. Le fece segno di seguirlo nel
retrobottega, dove c’erano due letti.
La fece accomodare e poi esaminò il morso.
-Avete avuto una disavventura coi Kelpie?- domandò, stupito.
-Sì… ci hanno attaccati.- confermò lei.
-Brutta storia. Ultimamente si sono
fatti più aggressivi. Io stesso faccio fatica a raccogliere le
erbe che mi servono, nella palude.- mormorò, posandole la mano
sulla ferita.
Anche Simar avrebbe potuto curarla
usando il potere della Terra, ma non aveva le giuste conoscenze
mediche. La magia andava di pari passo con il sapere del suo
proprietario: se quello era un curatore, poteva anche riparare le ossa
rotte, come aveva fatto Celine.
Lui, al massimo, riusciva a ricucire piccole ferite.
Per il resto, sarebbe stata un’incognita.
L’uomo non ci mise molto. I
segni dell’infiammazione sparirono e rimase solo il segno del
morso, leggermente arrossato.
-Per la febbre puoi prendere un infuso. Ma credo che tu lo abbia già bevuto.- disse, alzandosi.
-Gliel’ho preparato io.- spiegò il principe.
L’Elfo lo guardò per
qualche istante, sembrava lo stesse soppesando. –So che suona
improvviso, ma sei dotato. Ti andrebbe di rimanere qui come mio
apprendista?- chiese.
I due ragazzi lo fissarono stupiti.
Il primo a riprendersi fu proprio
Simar. –Mi dispiace, ma siamo in viaggio e abbiamo un compito
urgente da portare a termine.- si scusò.
-Sì… Maja me l’ha detto.
-Maja?! Come fa a conoscerla?- domandò la Ferift, stupita.
-Oh, è una mia amica. La
conosco da molto tempo. Mi ha avvisato della vostra presenza e di
quello che state facendo. Spargerò la voce, per quanto mi
sarà possibile.- sorrise.
-Grazie.
-Ora andate. Non perdete tempo.
Buon viaggio.- li condusse alla porta. Lo ringraziarono ancora una
volta e poi risalirono in groppa a Nehir, rimasto fuori di guardia.
Stettero in silenzio per tutto il tragitto, troppo sorpresi per parlare. Il passaparola stava dando i suoi frutti.
Quando raggiunsero la piazza, trovarono Blaking e Drew ad aspettarli.
-Avete trovato un cavallo?- domandò Simar, non vedendone uno.
L’Ippogrifo si spostò,
rivelando un bell’esemplare della varietà Isabella, col
manto ocra e i crini di un bel nero.
-Wow!- sussurrò Ethelyn, colpita. –Ed è… per me?
I due annuirono, sorridenti.
–Ti piace? Lo usavano per le gare, ma ha avuto un incidente e non
sarebbe stato più competitivo. Ce l’hanno dato ad un buon
prezzo.- spiegò Blaking.
-Mi piace.- confermò la ragazza. –Posso… posso toccarlo?
-Certo, è tuo. L’unica cosa è che… dovrai cavalcarlo a pelo.- s’inserì Drew.
Lei lo fissò, accigliata. –Come quando cavalco te?
Lui annuì. –Sì,
ma senza ali né piume.- confermò, ridacchiando. Simar la
aiutò a scendere e le permise di avvicinarsi all’animale.
Aveva vivaci occhi scuri e sembrava abbastanza docile.
Allungò una mano, timorosa e
gli sfiorò il muso. Il cavallo si mosse leggermente, ma non si
sottrasse al suo tocco.
Rimasero a fissarsi per un po’, stabilendo un contatto.
-Vi ringrazio.- la Ferift si
aprì in un sorriso. Il primo vero sorriso da quando erano stati
attaccati. Al Nun si scaldò il cuore.
-Vuoi una mano? O preferisci montare su Blaking?- le si avvicinò.
Lei si pensò un attimo, poi disse:-Dammi una mano, per favore.
Annuì e l’aiutò.
Il destriero picchiò lo
zoccolo a terra, nervoso per quell’inaspettato peso sulla
schiena. Ethelyn, però, lo rassicurò facendogli qualche
carezza sul collo e sussurrandogli parole dolci.
In poco la sincronia tra di loro fu perfetta.
-Bene… direi che possiamo
accamparci fuori città e ripartire domani, che ne dite? Con un
po’ di fortuna la febbre dovrebbe essersene andata.-
suggerì Simar.
-D’accordo.
-Ah, abbiamo comprato qualcosa al mercato.- disse Drew, mentre si stavano accampando.
Il principe lo guardò, sospettoso. –Cosa?
-Delle patate.- gliele mostrò. –E una pentola.
-Mhm… non male, ragazzi. Manderemo voi a fare le commissioni, d’ora in poi.- ridacchiò, soddisfatto.
-Ok, saremo le vostre massaie.- si unì Blaking.
-Bene, il problema, adesso, è solo uno: qualcuno sa cucinare?- il Nun si guardò intorno, imbarazzato.
Escludendo Blaking e Nehir, rimanevano i due ragazzi e la rossa.
Fu proprio lei ad alzarsi e mettere
le patate nella pentola. –Se mi date un coltello ve le preparo.
Ah, mi servirà anche dell’acqua.- sorrise.
-Sai cucinare?- fece, sorpreso, il
principe. Si beccò un’occhiataccia e alzò le mani
per discolparsi. –Chiedevo.
-Ho dovuto arrangiarmi, in questi anni. Non mi piace particolarmente, ma so fare.- spiegò, facendo spallucce.
-Ma te la senti…?- s’informò Blaking.
Gli sorrise per rassicurarlo.
–Sì, la febbre non mi dà più tutti quei
problemi. È fastidiosa, sì, ma stop.
E così si misero all’opera: chi cucinava, chi preparava il fuoco, chi approntava i giacigli.
Tempo mezz’ora e si
ritrovarono a mangiare patate e carne essiccata. Blaking ebbe uno
scoiattolo e a Nehir toccò un pezzo di gallo cedrone.
Avrebbero potuto metter su un banchetto, tanta era la varietà del cibo che possedevano.
La cena passò piacevolmente
e poi rimasero a chiacchierare vicino al fuoco, dato che la temperatura
non era eccessivamente calda.
Del primo turno di guardia decise di occuparsene Drew: aveva bisogno di pensare.
Si congedò dal gruppo e si mise in disparte, la schiena alle fiamme e gli occhi vigili, puntati sul fiume.
Sentiva l’allegro chiacchiericcio dei compagni alle proprie spalle, ma se ne isolò.
C’erano grandi aspettative
nei loro riguardi e, lui per primo, non voleva deluderle. Era conscio
del fattore tempo, soprattutto perché non potevano sprecarlo.
La notizia del curatore che aveva riferito loro Simar era stata una boccata d’aria fresca.
“Chissà come stanno, a
casa…”, i suoi pensieri andarono alla famiglia. Non sapeva
come ci era arrivato, forse ripensando al discorso di Ethelyn sul cibo.
La mente umana è un meccanismo assai complicato.
Sorrise nel ripensare alla
sua piccola cuginetta. Il fratello più giovane di suo padre
aveva messo su famiglia da meno di due anni e aveva già una
figlia. Era un frugoletto coi capelli arruffati, perennemente alla
scoperta del mondo. Lo chiamava “Diu”, perché non
era ancora in grado di pronunciare correttamente la lettera
“r”.
“Mamma sarà
preoccupata, lo so. E nonno cercherà di tirarla su con le sue
strambe maniere.”, ridacchiò. Era orgoglioso della propria
famiglia e non l’avrebbe scambiata con nient’altro. Oro,
potere, terre… tutto perdeva significato se confrontato con
l’amore che gli avevano saputo donare.
“Tornerò.
Gliel’ho promesso.”, strinse un pugno, facendo vagare lo
sguardo tra gli alberi. Era tutto silenzioso. Nessun Kelpie in vista.
Ad un certo punto sentì dei passi e si voltò, il pugnale in mano.
-Drew!- si ritrovò davanti Ethelyn. –Scusa.
Abbassò l’arma. –Non ti avevo riconosciuta.- disse.
Gli si avvicinò. -Tutto ok? Com’è la situazione?
Le lanciò un’occhiata e poi annuì, tornando a fissare davanti a sé. –Tu come stai?
-Meglio…- si sedette al suo fianco. Sembrava volesse aggiungere altro, ma esitò.
-Tutto ok?
Prese un respiro e, fissandosi le mani, disse:-Sei stato molto gentile ad occuparti di me.
Il Nun sentì il sangue
affiorare alle guance. –Oh. No, non dirlo… sei una mia
compagna, era naturale aiutarti.- spiegò.
La vide annuire.
“Ora, buttati!”, si disse. –Però… c’è anche un altro motivo.- aggiunse, cauto.
-Quale altro motivo?- chiese, curiosa.
-Vedi… mi sento un tale
idiota…- si passò le mani sul viso, cercando il coraggio
per parlare. Ethelyn rimase in attesa, osservando i suoi gesti.
–Ecco, tu mi piaci.
-Mi piaci anche tu.- sorrise, sincera.
Le lanciò un’occhiata in tralice. –Non come amica.
-Ah.- la luce del fuoco si rifletteva sul lato sinistro del suo viso e la vide distintamente arrossire.
-Lo so, non te l’aspettavi. E
probabilmente non è nemmeno il momento giusto, ma dovevo
dirtelo.- si giustificò.
-Ma non mi conosci nemmeno. E come
ben sai io non ne so niente, di queste cose.- disse, sulla difensiva.
Poteva diventare una belva se si trattava di combattere, ma in
situazioni del genere veniva fuori il suo io pieno di dubbi e tendeva a
dimostrarsi più incapace di quanto non fosse. Spesso si odiava,
per questo.
-Ma non importa. Non voglio…
non sto cercando l’esperienza. Credi che io mi sia fatto tutte le
ragazze del paese?- la guardò.
-Non lo so.- ammise, facendo spallucce.
Le sorrise, cercando di metterla a suo agio. -Considerami ignorante.
Sembrò funzionare, perché scosse il capo, divertita. Non disse niente, limitandosi a fissarla.
-Non voglio importi nulla. Ti chiedo… un tentativo.
-Cioè, vorresti provare a
stare insieme come una coppia…? Mentre stiamo viaggiando con gli
altri?!- la sua voce salì gradualmente di tono.
Drew la zittì, mettendole
una mano sulla bocca. –Non voglio mica baciarti o fare
l’amore in pubblico!- sbottò. Ethelyn arrossì
moltissimo, percepì il calore sulle sue guance. Si liberò
e lo fissò male. –Scusa, sono stato… ho esagerato.
-Ti ripeto che io non ne so niente, quindi avresti anche potuto farlo.- scandì bene le parole.
Sospirò. Era più
difficile di quanto avesse previsto. –Lo terrò sempre a
mente e giuro che non ti chiederò mai di fare qualcosa che ti
possa mettere a disagio.- promise.
-E da me cosa vuoi? Cioè, sì… posso immaginarlo, ma non so se…- la interruppe.
-Non voglio solo qualcosa di
fisico.- le disse, fissandola dritto negli occhi. Lei ricambiò
per qualche secondo, poi distolse lo sguardo: si era innervosito.
-Io non so se mi piaci… come
io piaccio a te.- voleva essere sincera. Certo, era quello con cui
aveva legato di più e aveva sentito una strana sensazione quando
lui si era preoccupato per lei, nei giorni precedenti, ma non sapeva se
potesse bastare.
-Be’, mi farò
conoscere. Ti farò vedere i miei lati nascosti e vorrei che tu
facessi lo stesso con me. Quando abbiamo un momento, quando siamo
soli.- le si avvicinò e le prese una mano.
-Iniziamo a-adesso…?- domandò, esitante.
Sorrise. –Quando vuoi. Ma
solo se te la senti.- sollevò lo sguardo dalle loro dita
intrecciate e la fissò, in attesa. Il cuore gli rimbombava nelle
orecchie tant’era agitato.
-Non voglio sbagliare e ferirti.- mormorò.
-Se dovesse succedere, te lo dirò.
Si morse il labbro inferiore e
fissò il suo volto, così aperto e sincero. I suoi occhi,
grigi come il cielo invernale, la fissavano con una dolcezza che non
aveva mai notato, prima.
Le sue labbra si aprirono in un sorriso senza che se ne rendesse conto. –D’accordo… facciamo un tentativo.
Al colmo della gioia, Drew
l’attirò a sé, stringendola. Lei si ritrovò
premuta contro il suo corpo e s’irrigidì. Il ragazzo se ne
accorse ed allentò la presa.
–Scusa, ma sono felice.- le disse.
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Capitolo 24 *** Cap. 23 Aiuto inaspettato ***
Cap. 23 Aiuto inaspettato
Ok, non so come, ma sono riuscita a scrivere questo capitolo...
Ci sono delle novità. Ah, come promesso ad una fan speciale, ecco l'immagine da cui ho preso ispirazione per Drew.
Buona lettura!
Paris. White Line © Negshin 2010
Cap. 23 Aiuto inaspettato
Una figura incappucciata si avvicinò al lago Daika, fermandosi in prossimità delle sue sponde.
L’acqua lambiva pigra la spiaggia sassosa, riflettendo la luce del sole.
-Ho bisogno di parlare col Cair.
Davanti a lui non c’era nessuno, ma sapeva di essere stato ascoltato.
Poco dopo, infatti, alcune pietre emersero dalle profondità del
lago, infrangendone la superficie. Attese che si allineassero ed
iniziò a percorrerle.
Lentamente giunse fino al centro della grande distesa d’acqua, celata alla vista da un’insolita nebbia.
-Chiedo udienza al Cair dell’Acqua.- il nuovo arrivato
s’inginocchiò, attendendo il permesso di procedere oltre.
I riccioli di nebbia vorticarono su se stessi, assumendo forma animale.
-Cosa ti porta qui, mio buon amico?- domandò una voce profonda, cristallina e affascinante come le onde del mare.
-Alcuni viandanti.- rispose l’uomo. Con la coda dell’occhio
vide due enormi zampe bianche, dotate di unghie abbastanza lunghe.
-Alzati, Conor. Non c’è bisogno di tutte queste
formalità. Ormai ci conosciamo da anni.- lo rabbonì il
lupo.
Conor obbedì e si rialzò, buttando indietro il cappuccio
che gli celava il viso. Manannan, il Vegliante dell’Acqua, lo
fissò attentamente coi suoi occhi chiari.
Era contento di vederlo, ma anche preoccupato.
-Come procedono le cose a Durna?- s’informò la creatura,
precedendolo nella propria dimora. L’Elfo lo seguì fino
alla piattaforma principale, dove li aspettavano alcune escrescenze
rocciose. Una di esse aveva la forma di una seduta, perfetta per
l’uomo.
Manannan si arrampicò sull’altra, mettendosi a sedere.
-Tutto come al solito, a parte i problemi coi Kelpie.- riferì. Gli occhi del lupo si adombrarono.
-Non ci sono stati sviluppi?- chiese.
L’altro scosse la testa.
Arricciò leggermente il naso, puntando lo sguardo sulle acque
tranquille del lago. Rimase immobile per un po’, perso nei propri
pensieri. Solo il suo pelo si muoveva, accarezzato dalla leggera brezza
che spirava da terra.
Pareva di osservare le increspature in una pozza d’acqua: era ipnotico.
-Prima parlavi di viaggiatori.- mormorò ad un certo punto, riportando la propria attenzione sul suo ospite.
Conor annuì. –Sì, li ho incontrati circa quattro giorni fa.- confermò.
-Che aspetto avevano?
-Erano i ragazzi inviati dal Cair del Vento, suppongo.- disse. Il
Vegliante si fece attento. –Hanno incontrato Maja e le hanno
chiesto di diffondere la notizia degli animali ombra. Lei mi ha
raggiunto e me lo ha riferito.
Manannan agitò leggermente la coda. -Li hai visti a Durna?
-Sì. La ragazza era ferita: era stata morsa da uno dei cavalli di palude.- spiegò.
-Qualcosa di grave?
-No, solo un principio d’infezione. Era stata precedentemente
trattata dall’Elfo che era con loro.- accavallò le gambe,
sistemandosi meglio sulla sedia di pietra.
Il lupo lo fissò, accigliato. –Un Elfo? Fenris non mi ha parlato di Elfi.- fece, perplesso.
-Se non vado errato era uno dei principi del Regno del Nord.
-Quindi hanno raggiunto Undine. Bene. Avrà sicuramente dato loro
dei buoni suggerimenti.- mormorò tra sé Manannan.
L’Elfo rimase in silenzio, lasciandolo speculare. Sapeva che non
gli piaceva essere interrotto mentre ragionava, era abbastanza
suscettibile.
-Dovrebbero essere non molto distanti da qui, se li hai visti circa
quattro giorni fa.- finalmente rialzò la testa, sollevando le
orecchie.
L’uomo annuì. –A meno che non siano stati attaccati
ancora. Non so che strada abbiano preso, anche se più ci si
avvicina alla capitale meno Kelpie s’incontrano.- commentò.
-Qui non abbiamo avuto né animali ombra né Kelpie. Non
ancora, almeno.- disse il Cair. –Mi chiedo perché.
-Forse non riescono a superare la barriera?- ipotizzò l’altro.
L’animale scese dal suo scranno e si mise a camminare in circolo. -Sarebbe troppo ottimistico crederlo.
-Posso fare qualcosa?- anche il curatore si alzò.
Il Vegliante si fermò a pochi passi da lui e lo fissò
dritto negli occhi. Essendo alto come un cavallo non ebbe problemi nel
farlo. –Stai all’erta… avvertimi subito se dovessi
vedere qualcosa di sospetto. Ora devo cercare di farli arrivare qui a
Neith. Ho bisogno del loro aiuto per contattare mio fratello.-
tornò a misurare a grandi falcate la piattaforma di pietra, di
nuovo pensieroso.
-Vostro fratello? Il Cair del Fuoco?
Annuì. –Questo strano potere che priva le creature
dell’ombra e le corrompe ci ha isolati gli uni dagli altri.
È un miracolo che Fenris se ne sia accorto e sia riuscito a
mettersi in contatto con me.- disse. La cosa lo rendeva alquanto di
malumore, oltre a preoccuparlo.
-I ragazzi hanno avuto una bella pensata, col passaparola. Presto la
notizia arriverà anche a Sud.- cercò di tranquillizzarlo
Conor.
Manannan sorrise per un attimo. –Vorrei avere questa tua fiducia.
L’uomo abbassò il capo, imbarazzato dallo sguardo che gli
era stato rivolto. –Se non avete altre istruzioni per me, io
andrei.- disse dopo un po’.
-No, per ora no. Grazie per essere venuto ad avvertirmi, ultimamente
faccio fatica a rendermi conto di quello che succede nelle mie terre.-
ammise.
-Per colpa di quel potere?- chiese l’Elfo.
-Esatto. Ora va’, devo ragionare.- lo congedò.
Il curatore non pretese altro e si avviò velocemente verso il
percorso di pietre, sapendo che il lupo si era già dimenticato
della sua presenza.
Il suo umore cambiava come il flusso della marea, ma era un saggio
governante. E Conor era orgoglioso di essere uno dei suoi fidi
consiglieri.
***
-Ragazzi, non so voi, ma sono quasi sicuro di essere già passato da qui.- annunciò Drew, ad un certo punto.
Stavano puntando verso la capitale dell’Est da un paio di giorni
ormai. Non avevano incontrato animali ombra né Kelpie,
soprattutto perché avevano lasciato le paludi alle loro spalle.
Il problema erano l’umidità e l’imprecisione dei cartelli.
Sembrava che tutti conducessero a Neith, ma nessuno di quelli che
avevano imboccato fino a quel momento li aveva indirizzati sulla retta
via.
Fortunatamente Ethelyn si era completamente rimessa e ora apriva la strada, alternandosi al principe Simar.
Lei e Brego, così aveva chiamato il suo destriero, erano entrati
talmente tanto in sintonia che la Ferift avrebbe potuto cavalcare anche
a occhi chiusi.
Drew era un po’ geloso, perché con lui non era così
spigliata. “Forse dovrei farmi spuntare la coda.”,
meditò. Poi scosse la testa, dandosi dello stupido.
-Drew ha ragione.- sentì dire Blaking. Era un po’ strano
esser tornato ad essere l’unico cavaliere dell’Ippogrifo.
Simar fece fermare Nehir, mentre la rossa percorse ancora qualche metro
prima di far voltare la sua cavalcatura e tornare indietro.
-Che si fa? Stiamo girando in tondo.- chiese la ragazza.
-Non capisco perché, stiamo seguendo i cartelli.-
protestò l’Elfo. Blaking gli lanciò
un’occhiata e poi scrutò i dintorni.
Il percorso che stavano seguendo altro non era che un insieme di ponti
e strade rialzate che si addentravano all’interno
dell’insolita foresta che cresceva in quelle terre. A differenza
di quella dove avevano incontrato le inia e gli Spiriti d’acqua,
questa era caratterizzata da alti spuntoni di roccia coronati da gruppi
di alberi.
Le mangrovie erano praticamente scomparse, raggruppandosi
a diversi metri d’altezza. Le loro radici percorrevano
l’intera lunghezza delle rocce pur di poter attingere un
po’ d’acqua.
Era un luogo magnifico, ma sicuramente infimo. Ed infestato dalle zanzare.
Proprio mentre ragionava sull’eccessiva presenza di insetti,
l’Ippogrifo sentì una puntura sulla coscia. Scattò
involontariamente, facendo sussultare Drew.
-Scusa, una zanzara.- si giustificò, tentando di allontanarla con la coda.
Nehir se la passava un po’ meglio, dato che il suo pelo era molto
più fitto, ma non si poteva dire lo stesso delle orecchie. Le
ruotava in continuazione, tentando di scampare ai fastidiosi
pungiglioni.
-Se provassimo ad andare alla cieca?- propose il Nun. Alle occhiate
stranite dei compagni si affrettò a spiegarsi. –Ormai le
abbiamo tentate tutte. E ogni strada ci ha portati o nella foresta o in
uno stupido villaggio di pescatori. Non ho nulla contro gli Spiriti,
per carità, ma vorrei arrivare a destinazione.
-La nostra direzione sarebbe da tutt’altra parte.- gli fece notare Simar.
Roteò gli occhi. –Lo so. Intendevo quella nuova.
Era ormai chiaro che non sarebbero riusciti ad attraversare i confini
col Cuore senza un po’ d’aiuto e chi meglio del Cair poteva
aiutarli?
-Propongo di fare una pausa, mangiare qualcosa e ragionare a stomaco pieno.- suggerì Ethelyn.
“La prima idea sensata da circa un’ora.”,
commentò Nehir. Il suo compagno lo fissò con tanto
d’occhi, ma dovette convenire con lui.
-D’accordo.- accettò.
Blaking e Drew si scambiarono un’occhiata e poi annuirono, grati di fare qualcosa che non fosse camminare.
-Io ho bisogno di un bagno.- annunciò il principe, slegandosi i
capelli. Li aveva raccolti in una coda per evitare che gli si
appiccicassero alla schiena.
Il Nun abbassò lo sguardo sui propri abiti: in effetti non era una cattiva idea.
-Pure io.- sentì dire alla rossa.
Sollevò la testa di scatto e cercò i suoi occhi. Lei se ne accorse e ricambiò lo sguardo, stranita.
-Bene. Accampiamoci e poi ognuno farà quello che vuole.- Blaking
prese in mano la situazione, distogliendo l’attenzione
dell’amico dagli strani pensieri che, ne era quasi certo, avevano
iniziato a frullargli in testa.
Ancora una volta trovare un posto asciutto fu un’impresa.
Fortunatamente una delle tante rocce che li circondava aveva una grossa
rientranza alla base, che la trasformava nel luogo di sosta ideale.
Non dovevano nemmeno preoccuparsi di costruire un tetto per ripararsi dal sole, quel giorno più inclemente del solito.
Disposero le loro cose molto rapidamente (erano diventati
un’efficiente macchina quando si trattava di allestire il campo)
e poi si ritrovarono al centro della grande ombra proiettata dallo
sporto roccioso.
-Ok… donne a destra e uomini a sinistra?- propose l’Ippogrifo, indicando col capo gli specchi d’acqua.
I tre interessati si dissero soddisfatti e si allontanarono.
Ethelyn girò attorno alla roccia, in modo da potersi nascondere
alla vista degli altri. D’accordo, sapevano com’era fatta
una donna, ma non voleva mostrarsi nuda.
“Soprattutto ora che Drew si è confessato.”, si
ritrovò a pensare, disfando la lunga treccia. Scosse la testa,
lasciando fluire i capelli e poi si dedicò ai vestiti.
-Allora… com’è la situazione?- domandò Simar, immergendosi fino alla vita nell’acqua.
Drew terminò di riporre le proprie cose e si voltò a
fissarlo. Si bloccò un attimo alla vista di alcune cicatrici che
gli percorrevano un braccio e parte del torace.
–Ehm… ho decisamente bisogno di un bagno, perché?- chiese, confuso.
Il principe ridacchiò. –Lo vedo. Ma non parlavo di quello.
-Ah.- il giovane arrossì leggermente. –Be’…
per ora è un po’ tesa.- ammise. L’altro
annuì, sparendo momentaneamente sott’acqua per lavare lo
sporco dai lunghi capelli d’argento.
Quando fu riemerso, il Nun gli chiese:-Come fai a saperlo?
-Be’, siete abbastanza facili da leggere. Tu, soprattutto. Per
quanto riguarda Ethelyn so prevedere solo le sue reazioni violente, per
ora.- spiegò.
L’altro si accigliò. –C’è qualcosa che dovrei sapere?
Il compare lo fissò per qualche istante, poi spostò lo
sguardo sul proprio riflesso. –No.- disse, sicuro. “Meglio
non dirgli dell’incidente del bacio.”, pensò.
-Non le hai detto qualcos’altro di spiacevole, vero?- s’informò, sospettoso.
Scosse la testa. –No, è finita la parte dei pregiudizi.- assicurò.
-Bene.
Restarono in silenzio per un po’, a disagio.
Nonostante tutto Drew non poteva dimenticare l’accoglienza che il
principe aveva riservato a quella che, strano ma vero, poteva
considerare quasi la sua fidanzata. Comunque la ragazza che frequentava.
“O che vorrei frequentare.”, si corresse. Non sapeva bene
come stessero le cose, ma relegò quel pensiero in fondo alla
testa.
-Tutto ok?- lo interrogò Simar. Rialzò la testa, smettendo di fissare l’acqua.
-Sì… stavo pensando.- disse, vago. Non gli diede il tempo
di rispondere e si immerse, nuotando per qualche metro. Sentì la
polvere e il sudore fluire via, trascinati dalla corrente.
Quando ritornò in superficie si ritrovò l’Elfo
davanti. –Non devi pensare che io possa intromettermi. Ethelyn
non mi piace da quel punto di vista, il mio cuore appartiene ad
un’altra.- lo fissò dritto negli occhi, trafiggendolo col
profondo blu oltremare dei suoi.
-Non dovresti lasciar perdere…?- gli chiese.
-E’ un amore platonico.- fece spallucce. Sapeva che non poteva
averla realmente, ma illudersi che una parte del cuore di Caitlin fosse
ancora sua lo aiutava.
Probabilmente era stupido e insensato, ma gli andava bene così.
Almeno per ora.
-Be’, immagino sia una situazione complicata.- commentò Drew.
-Sì, abbastanza. Ma non stavamo parlando di me.- ritornò
all’argomento principale. Il suo interlocutore fece una smorfia,
non sapendo proprio cosa dirgli.
-Devo aspettare. Capisco che per lei sia tutto nuovo.- disse solamente.
Aveva pazientato fino a quel punto, l’avrebbe fatto ancora.
Simar si strizzò i capelli con un gesto energico.
–Sai… se fosse nata a corte, a quest’ora forse
sareste sposati.- confessò.
-Come? Sul serio?
Annuì. –Sì. Tanto per cominciare, ci sono dei
precettori per le arti amatorie. Credo sia la lezione che tutti i
giovani aspettano con ansia.- disse con un mezzo sorriso. Anche lui
aveva atteso di poter compiere sedici anni per essere iniziato ai
grandi misteri del sesso, ma solo perché avrebbe voluto poter
amare senza vergogna Caitlin.
-Ok, ma cosa c’entra il matrimonio?- fece confuso l’altro.
-Se foste stati dei nobili e aveste iniziato questa…
frequentazione, durante il periodo delle lezioni, probabilmente a
diciannove anni sareste stati sposati.- terminò.
Il Nun rimase in silenzio. La prospettiva di essere sposato con Ethelyn
lo straniva: non ci aveva mai pensato. Era un po’ oltre i suoi
attuali progetti.
-Ammetto che sarebbe interessante, ma sono grato di non essere nato a corte.- disse infine.
-Potrei insegnarti qualcosa.- propose Simar. Ovviamente lo stava
prendendo in giro. L’espressione scandalizzata del ragazzo lo
fece scoppiare a ridere, divertito. –Non dicevo sul serio,
tranquillo.
-Non sei divertente.- gli scoccò un’occhiataccia.
-Oh, invece sì. È bello non essere quello dolce, buono ed ingenuo, per una volta.- ammise, facendosi serio.
Drew gli si avvicinò. –Kiron non è qui, ora. Ci sei tu, non compararti a lui.- lo rimproverò.
-Si vede così tanto?- sollevò un angolo della bocca.
-Un po’. Abbastanza perché potessi accorgermene anche io.- spiegò.
Simar gli diede una pacca sulla spalla. -Credo che potremo diventare amici, sai?
-Fino a quando rimarrai il principe malinconico, certo.- assicurò.
-Non ci proverò con Ethelyn, giuro.
Si fissarono e poi scoppiarono a ridere. Le loro espressioni erano encomiabili.
Blaking fu raggiunto dalle risate e sorrise, felice che iniziassero ad andare d’accordo.
Stava per tornare dagli altri, quando sentì degli strani rumori.
Si immerse completamente nell’acqua, lasciando fuori solo la testa.
-Ethelyn, sono io. Ho gli occhi chiusi e sono girato.- vide la schiena di Drew comparire tra alcuni cespugli.
-Cosa vuoi? È successo qualcosa?- chiese.
Lo vide scuotere la testa. –No… mi chiedevo se avessi bisogno di una mano.
-Ma sono ancora nuda.- gli fece notare.
“Lo so, per questo sono girato.”, pensò. –Per dopo.- spiegò.
-Oh… ehm… d’accordo. Rimani girato fino a quando
non te lo dico io, ok?- disse e si avvicinò alla riva.
-Certo.- il ragazzo incrociò le braccia, nascondendo le mani sotto le ascelle per impedirsi di torturarsele.
Non dovette attendere tanto che sentì il dito della Ferift
picchiettare sulla sua schiena. Si voltò lentamente e se la
ritrovò davanti, ancora gocciolante.
L’acqua dei capelli aveva bagnato leggermente la camicia
di cotone, rendendola semi trasparente: poteva vedere l’incavo
dei suoi seni.
Puntò gli occhi nei suoi. Lei era immobile e stava aspettando una sua mossa.
-Il corsetto?- riuscì a chiedere, dopo aver deglutito a vuoto un
paio di volte. Ethelyn si voltò e gli diede la schiena.
–Non sono molto pratico… ci metterò un po’.
-Ok, non c’è problema.- rispose, raccogliendo i capelli su una spalla per non intralciarlo.
Lui si ritrovò davanti una serie di passanti così fitti
che credette di non potercela fare. Dannazione, era un uomo, non ne
sapeva niente di corsetti!
Afferrò i due cordoni che tenevano unito il tutto ed iniziò a passarli nelle piccole asole di metallo.
Ci mise un po’, ma alla fine lo chiuse fino in cima. –Ora stringo, dimmi se esagero.- mormorò.
La rossa annuì, fissando davanti a sé. Aveva il battito
accelerato perché le mani di Drew l’avevano sfiorata
distrattamente mentre portava a termine l’operazione.
Quando lo sentì tirare per poco non lasciò uscire un
gemito di protesta. Si portò una mano allo stomaco e gli
disse:-Un po’ di meno…
-Scusa!- allentò i lacci. –Meglio?
-Sì, grazie.
Senza dire altro la ragazza si sfilò dalla sua presa e fece il fiocco da sé.
-Che capelli lunghi…- mormorò il Nun, prendendole una
ciocca. Ethelyn seguì tutti i suoi movimenti, agitata. –Ti
dà fastidio?- le chiese, vedendo come si stava comportando.
-No… è che non sono abituata a tutte queste attenzioni.- confessò.
-Oh, be’. Tendo ad essere molto presente nella vita delle persone a cui tengo.- si giustificò.
La Ferift lo trovò dolce e decise di prendere l’iniziativa. -Mi aiuteresti con la treccia?
-Certo. Quello so farlo.- sorrise.
Le prese i capelli e li divise in tre grosse ciocche, per poi iniziare
ad intrecciarle. Erano ancora abbastanza umidi, ma faceva così
caldo che si sarebbero asciugati in poco tempo.
La differenza di temperatura tra l’Est e l’Ovest si faceva sentire.
Quando ebbe finito le girò attorno e si fermò davanti a lei, per poterla guardare in viso.
-Grazie.- si portò la treccia sulla spalla e vi fece scivolare le dita.
-Figurati.
Drew esitò un attimo, poi si chinò su di lei e le
lasciò un bacio all’angolo della bocca. Non era
propriamente quello che voleva fare, ma decise che era un buon
compromesso tra le sue labbra e la guancia.
Rimase a fissarla a pochi centimetri di distanza, aspettando la sua
reazione. Non disse niente, limitandosi ad arrossire vistosamente.
-Ragazzi, siete annegati?- la voce di Blaking spezzò l’atmosfera del momento.
“Se l’ha fatto apposta giuro che lo ammazzo.”, pensò il Nun, infastidito.
-Torniamo dagli altri?- chiese Ethelyn, leggermente scombussolata dal gesto di Drew. Lui sbuffò, ma poi annuì.
Quando raggiunsero i compagni fulminò letteralmente l’Ippogrifo, che rise sotto i baffi.
Dopo aver mangiato ed essersi rinfrescati, si rimisero in marcia.
Ovviamente non avevano la benché minima idea di quale strada
dovessero scegliere. Si affidarono al caso, sperando che la fortuna li
assistesse.
Ad un certo punto, mentre stavano attraversando l’ennesimo ponte,
Nehir notò qualcosa con la coda dell’occhio.
Si bloccò, facendo fermare il resto del gruppo.
-Cosa c’è?- chiese Simar, allarmato.
“Ho visto qualcosa.”, fu la risposta del lupo, concentrato
a scrutare tra gli alberi. L’operazione era abbastanza difficile,
considerato che le rocce gli ostruivano la vista.
Mosse qualche passo in avanti, guardingo.
Gli altri, alle sue spalle, si guardavano intorno, nervosi. Il pensiero
comune di tutti era che non ci fossero altri nemici nei paraggi.
Brego teneva le orecchie basse ed Ethelyn sentiva il suo cuore
tamburellarle contro le gambe, il rumore amplificato dalla cassa
toracica.
-Vedi qualcosa…?- Drew si chinò per sussurra
all’orecchio dell’amico. Le piume del suo capo gli fecero
il solletico.
-No, nulla.- ammise, spostando gli occhi a destra e a sinistra.
“Eccolo!”, il Fisàan raddrizzò la testa,
voltandosi di scatto. Per poco Simar non ricevette una testata.
Seguì il movimento del lupo e si ritrovò a fissare quella
che, apparentemente, somigliava ad un’imbarcazione.
Difficile dirlo dato che era praticamente trasparente e non sembrava
nemmeno reale.
-E’ un’allucinazione?- sussurrò la Ferift,
incredula. Ora si trovavano l’uno di fianco all’altro, in
osservazione.
-Non saprei.- ammise Blaking, seguendo attentamente il movimento della barca.
Aveva una forma slanciata e si lasciava trasportare dalla corrente come una ballerina fa con la musica.
Restarono basiti quando, dietro alla prima, ne comparvero altre due.
Ancor di più nel momento in cui si raggiunsero la riva,
fermandosi esattamente davanti a loro.
-Sono per noi?- i ragazzi si scambiarono un’occhiata, decisamente sospettosi.
Era normale che delle barche trasparenti raggiungessero degli ignari viaggiatori nella foresta?
L’Ippogrifo le studiò per qualche istante da lontano, poi
decise di avvicinarsi. Il suo amico di sempre fece per protestare, ma
non gli diede retta.
Annusò un po’ l’aria e poi sfiorò il bordo di quella più vicina con una zampa.
La barca sussultò e il suo profilo vibrò.
-E’ acqua!- fece Blaking, stupito.
-Acqua?- Drew smontò e allungò una mano per toccarla.
Quando le sue dita la sfiorarono, affondò nel liquido
cristallino. Era fresco e decisamente umido. –Cavoli, è
vero!
Al che anche gli altri li raggiunsero e si sporsero per avere un
contatto con quegli strani oggetti. A Nehir bastò annusare
l’aria per capire che non stavano mentendo.
-Secondo voi… chi le ha mandate?- domandò la Ferift,
reggendo le briglie di Brego. Almeno quelle erano riusciti a
procurarsele.
Nessuno seppe darle una risposta in merito alle barche.
-Dovremmo… salire?- chiese allora il Nun.
Simar si accovacciò sui talloni, pensieroso. Ispezionò
per bene l’imbarcazione che aveva davanti, in cerca di un segno
rivelatore.
Ad un certo punto, sotto la chiglia, notò un simbolo famigliare.
Socchiuse gli occhi, accertandosi di non aver sbagliato.
“Cos’hai visto?”, la voce del Fisàan lo colse
di sorpresa. Sobbalzò leggermente, appoggiando una mano a terra
per non cadere. “Scusa.”
-Qui c’è il simbolo del Cair dell’Acqua.- spiegò, indicandolo.
-Sul serio?- Blaking si avvicinò per controllare. Seguì
le indicazioni del compagno e lo vide. –E’ vero!
-Quindi che si fa? Saliamo?- domandò la rossa, confusa.
-Credo che così arriveremo a destinazione molto prima.
Probabilmente il Vegliante ci vuole nella capitale al più
presto.- considerò il principe.
Dopo un breve scambio d’opinioni decisero di accettare
l’inaspettato passaggio. Si divisero a coppie (cavaliere e
rispettiva cavalcatura) e salirono sulle imbarcazioni.
Da principio Nehir temette che sarebbero finiti a mollo, ma la barca
non modificò la propria forma né sparì,
dissolvendosi.
Divaricò leggermente le zampe, comunque perplesso.
-Pronto?- gli chiese il suo compagno. Fece un cenno col muso, anche se non era molto convinto.
Non appena ebbe dato il suo benestare, l’imbarcazione
scivolò via dalla riva, riguadagnando la corrente, subito
seguita dalle altre.
Quando finalmente uscirono dalla foresta, lo spettacolo che si presentò loro dinanzi era stupefacente.
Il lago Daika, in tutta la sua interezza, rifletteva le tinte intense
del tramonto appena iniziato. L’acqua virava dal rosso al viola,
come se le sue profondità avessero incontrato il Sole stesso. Al
centro dell’enorme specchio si ergeva la dimora del Cair, celata
da una perenne nebbia, ora tinta d’oro e arancio.
Ma la cosa più spettacolare era la capitale, Neith,
profondamente incuneata nel grande cratere attorno a cui si sviluppava
il lago. Le sue acque precipitavano da altezze vertiginose in mille
cascate, per poi confluire in tanti canali disposti a raggera. Un
fossato circolare divideva la città vera e propria dalla
campagna, convogliando il prezioso liquido in tanti canali secondari
che attraversavano le case come nervature di una pianta.
Le costruzioni erano fatte di mattoni il cui colore passava
dall’ocra al bianco, per riflettere la luce solare. Nonostante la
prevalenza della pietra e dell’acqua, i giardini erano abbelliti
da piante e fiori, così come le piazze, veri e propri giardini.
-Caspita… altroché la foresta!- esclamò Blaking, conquistato da tanta bellezza.
-Sì. La fa sembrare uno scherzo, vero?- concordò Simar.
Le barche proseguirono il loro cammino, affiancando il limite del
baratro ma ignorandolo. Vennero condotti verso il centro del lago,
lì dove l’acqua era più profonda.
-Stiamo andando dal Cair?- chiese Ethelyn, in apprensione. Brego, al
suo fianco, non era a proprio agio e teneva la testa bassa, tentando di
nasconderla tra i capelli della sua padrona.
-Direi di sì.- fu la risposta dell’Elfo.
Poco dopo, infatti, si fermarono davanti ad una grande piattaforma di roccia, che emergeva direttamente dal fondo del lago.
I viaggiatori si guardarono intorno, poi si decisero ad abbandonare i loro mezzi di trasporto.
Non appena Blaking ebbe messo piede sul sentiero di pietre, le barche
si dissolsero, tornando a far parte di ciò che le circondava.
-Venite.
Si guardarono intorno, poi l’Ippogrifo prese l’iniziativa e
aprì la strada al gruppo. Teneva lo sguardo basso, facendo
attenzione a dove posava i piedi.
Ad un certo punto si ritrovarono tutti al sicuro, scambiandosi sguardi ansiosi. Non c’era traccia del Cair.
-Finalmente siete arrivati. Scusate se non vi ho mandato aiuto prima.-
Manannan comparve davanti a loro, emergendo da un vortice d’acqua.
Fenris era abbastanza inquietante per via dei suoi occhi rossi, ma
anche la pelliccia del Cair dell’Acqua aveva un che di
particolare.
Non per il colore, ma per il fatto che sembrasse viva e pulsante.
-Siete stato voi a mandare le barche?- domandò Simar, dopo essersi inchinato.
Il lupo annuì. –Conor mi ha riferito del vostro arrivo.
“Il curatore?”, fece stupito Nehir. Lui e il Vegliante avevano le stesse dimensioni e, vicini, erano impressionanti.
-Sì, giovane Fisàan, il curatore.- confermò Manannan.
Ethelyn scambiò uno sguardo col principe, stupita. Lui non era
da meno: non aveva sospettato un coinvolgimento dell’Elfo col
Cair.
-So che siete in viaggio su richiesta di Fenris, mio fratello.-
esordì dopo qualche attimo di silenzio. Annuirono. –Prima
di raccontarmi quello che vi è successo, accomodatevi.
Li condusse al centro della sua dimora ed essi trovarono giacigli e sedute di pietra ad attenderli.
Sembrava che la piattaforma potesse modificarsi autonomamente a seconda del numero di visitatori.
Manannan sorrise, vedendoli basiti. -Interessante, vero?
-Siete riuscito veramente ad entrare in contatto col Cair del Vento?-
domandò Blaking. Il lupo spostò lo sguardo su di lui e lo
fissò attentamente per diversi minuti, scavando nei suoi occhi
di ghiaccio.
L’Ippogrifo fu costretto a fissare un punto alla propria destra, a disagio.
Il Cair sembrò rendersene conto. –Mi dispiace, giovane
amico. Non volevo causarti imbarazzo.- si scusò. –Comunque
sì, io e mio fratello abbiamo parlato. Siamo attualmente in
comunicazione.
-Gli direte che siamo qui?- chiese Drew.
-Certo. Anzi… lo faccio subito.- chiuse gli occhi e serrò
la mascella, concentrandosi. “Fratello.”, chiamò.
Simar percepì lo sforzo con cui proiettava il proprio pensiero. Tentò di non ascoltare, per rispetto.
“Manannan, che succede?”, Fenris rispose dopo il secondo tentativo, preoccupato.
“Sono arrivati.”, gli comunicò il lupo.
“I ragazzi? Ce l’hanno fatta? Magnifico!”, esultò, contento.
Raddrizzò le spalle. “Secondo me dovremo cambiare i piani.
A quanto mi hanno riferito, le bestie senz’ombra hanno capito che
stanno puntando al Cuore e pattugliano il confine.”,
suggerì.
Ci fu qualche minuto di silenzio, il cui il Vegliante del Vento soppesò la notizia.
“Possiamo mandarli a Sud.”, disse infine.
“Proprio quello che volevo suggerire io.”, Manannan si
lasciò sfuggire un sorriso. All’udire quei pensieri Simar
sobbalzò e sgranò gli occhi.
Blaking lo fissò, in allerta, ma non disse nulla.
“Noi cercheremo di entrare in contatto col Primo.”,
stabilì Fenris. “Ora devo andare, ci sono dei problemi ai
confini col Regno del Nord. Altri attacchi.”, e detto questo
sparì.
-Attacchi ai confini del Regno?- il principe non riuscì a trattenersi dall’esclamare.
Il Cair aprì gli occhi e lo guardò. –Tu sei uno dei
figli di Undine, vero?- domandò, mantenendosi impassibile.
-Sì. Ma di quali attacchi parlava mio nonno?- domandò.
Aveva sempre evitato di pensare al Cair in quei termini ma, in fin dei
conti, erano imparentati.
-Un villaggio di Ferift è stato attaccato. Da Elfi oscuri.- rivelò finalmente.
Ethelyn si alzò. –Da Elfi? Ma… ma la faida…
-Non erano Elfi reali. Erano fatti d’ombra e di cenere. Almeno
questo è quello che racconta l’unico sopravvissuto.- gli
occhi di cristallo del lupo si fissarono su di lei. –Il nemico
è furbo. Vuole sfruttare le antiche rivalità.
-Quindi dietro a tutto questo c’è qualcuno…? Un essere pensante?- intervenne Blaking.
Il Vegliante confermò con un cenno.
-Voi siete stati attaccati, giusto?- domandò poi.
-Sì.- Simar rispose per tutti.
-Lui sa… probabilmente si è reso conto che vi state
muovendo con uno scopo preciso. Il suo obiettivo è tenere noi
Cairansis isolati.- disse.
-Noi possiamo raggiungere il Primo. Dobbiamo. È quello che ci è stato chiesto.- s’inserì Drew.
Manannan lo guardò, restando seduto immobile. –I piani sono cambiati.
-Vogliono mandarci a Sud.- mormorò il principe.
-Cosa, a Sud?!
-Il dono della telepatia. Interessante.- commentò il lupo. Il
ragazzo gli scoccò un’occhiata non esattamente ostile, ma
nemmeno amichevole.
-Perché dobbiamo andare a Sud?- chiese la giovane.
La creatura tornò a fissarla, dopo essersi soffermato su quello che, a conti fatti, era suo nipote.
-Io e Fenris ci occuperemo di contattare il Primo. Ci vorrà del
tempo, ma nel mentre voi potrete raggiungere Naur.- spiegò.
-Naur sarebbe… il Cair del Fuoco?- chiese Blaking.
-Sì, esatto. Ora raccontatemi quello che è successo, poi
potrete andare a riposare dovunque vogliate, in città.- disse il
lupo.
I presenti si fissarono, cercando di stabilire chi dovesse parlare.
Infine si fece avanti l’Ippogrifo, per nulla intimorito.
O meglio, non così intimorito da non riuscire a parlare.
-Inizia pure.- Manannan si accucciò, tenendo gli occhi puntati su Blaking.
***
Non sapeva da quanto stessero combattendo.
Giaceva a terra, sanguinante e col fiato corto. Il suo vestito di luce era chiazzato di rosso e risplendeva fioco.
Anrekres, poco distante da lei, ansimava pesantemente.
Nonostante l’inspiegabile attrazione che li univa, Calimë era pienamente in grado di fargli del male.
Lo stesso si poteva dire di lui.
Lentamente l’ombra riguadagnò la posizione eretta.
–Cosa mi hai fatto, donna?- chiese, la voce impastata di sangue.
Era riuscito ad assorbirla per poche ore, ma poi lei si era ribellata.
Spinto dalla rabbia, aveva afferrato la propria ascia e si era lanciato
verso la sua luminosa presenza, intenzionato ad ucciderla.
La donna si era opposta, ovviamente, ma al culmine dello scontro si
erano ritrovati avvinghiati in un bacio che sapeva di morte, ma anche
di lussuria.
Non aveva senso.
-Io non ti ho fatto nulla. Noi siamo legati, indissolubilmente legati.
Anche se vogliamo ucciderci, c’è qualcos’altro
all’opera.- disse con la sua voce melodiosa.
-Tu sei mia nemica.- ringhiò.
-Anche tu sei il mio nemico. Ma rimane il fatto che luce ed ombra sono
attratti l’uno dall’altra.- sorrise brevemente, divertita
dall’ironia della sorte.
-Farò finire tutto questo. È assurdo!- afferrò la propria arma e gliela puntò contro.
-Sono pronta.
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Capitolo 25 *** Cap. 24 La Locanda dei Fiori ***
Cap. 24 La Locanda dei Fiori
Mi scuso
enormemente per il ritardo, soprattuto con FherEyala, che è la
mia fan numero uno! Non trovavo mai il tempo per scrivere e oggi,
all'ennesimo rinvio, stavo per mettermi ad urlare come una pazza
isterica.
Spero vivamente che il capitolo valga l'attesa. Ho anche scritto un
pezzo che doveva arrivare molto più avanti, ma pazienza xD
Buona lettura! :)
Cap. 24 La Locanda dei Fiori
La conversazione col Cair fu lunga e piena di domande.
Il lupo li interruppe spesso, cercando di farsi raccontare ogni singolo
dettaglio. Erano le minuzie le cose più importanti, diceva.
Quando finalmente Ethelyn smise di parlare, tra loro calò il
silenzio. Erano tutti stanchi, nonostante avessero parlato a turno.
Manannan era stato pressante.
-Una volta riuniti, dovremo recarci ad Ovest…- esordì il Vegliante.
Blaking lo fissò. –Non sarà facile entrare.
Sicuramente quella forza, quell’essere, cercherà di
tenervi fuori.- commentò.
La creatura sorrise. –Dipenderà da quanto potere
avrà ottenuto. Ci sono cose in atto. Antichi poteri.- rispose,
inchiodandolo col suo sguardo mutevole ed ipnotico.
L’Ippogrifo sentì una parte di sé agitarsi: il Cair
stava stuzzicando il Balhia, il suo potere. Aveva capito che era uno
dei leggendari cavalli e voleva capire quante forze avesse recuperato.
Arretrò leggermente, in difficoltà.
Era come essere sommersi da litri d’acqua, si sentiva soffocare.
Manannan sbatté le palpebre e rilassò i muscoli della
schiena. –Perdonami.
-Cos’è successo?- domandò Drew, avvicinandosi all’amico. –Stai bene?- gli chiese poi.
Lui annuì, dandogli un leggero colpetto con la testa.
Il Nun non era molto convinto, ma preferì non insistere. Gli
fece un mezzo sorriso e si allontanò, ritornando al fianco di
Ethelyn.
Era facile capire che tra loro era cambiato qualcosa: bastava osservare
il modo in cui il ragazzo le stava vicino, la tensione verso il corpo
di lei, ora molto più presente.
La Ferift, dal canto suo, era ancora a disagio. Non
perché non lo volesse accanto, ma perché non le era ben
chiaro come avrebbe dovuto comportarsi. “Imparerò.”,
si disse, seguendo il filo dei propri pensieri.
-Vedo che siete stanchi e avete altro per la testa.- disse il Cair.
-Aspetti. Prima ci dica se ha capito qualcosa riguardo al nemico.- lo fermò Simar.
Il lupo si voltò a fissarlo. –Dritto al sodo, eh? Sei
proprio il nipote di Fenris.- scoprì i denti in quello che
doveva essere un sorriso.
Il principe arrossì leggermente, ma non si scompose.
–Voglio solo sapere a cosa stiamo andando incontro.-
replicò.
-Per adesso alle terre del Sud. Non appena avremo capito qualcosa ve lo diremo.- promise.
-Siete sicuri di poter contattare il Primo?- domandò ancora, per
nulla rassicurato dalla risposta. La creatura dilatò le narici,
reprimendo uno sbuffo. –Non c’è mai certezza.
Tenteremo, almeno fino a quando le nostre volontà reggeranno.-
rispose.
-Sì, ma…
-Simar. È tutto quello che possono prometterci, per ora.- gli
fece notare Blaking. Il giovane si voltò a guardarlo, deciso a
ribattere, ma poi ci ripensò.
-D’accordo. Grazie per averci ricevuti.- mormorò.
Manannan chinò la testa. –Non vi saremo mai grati
abbastanza per quello che state facendo.- sentenziò. –Ora
andate, per voi è tempo di dormire.
Non se lo fecero ripetere due volte e, in men che non si dica, si
ritrovarono a percorrere a ritroso il sentiero di pietre che portava
alla dimora del Custode.
-Qualcuno di voi conosce la città?- la domanda sorse spontanea.
E con essa anche le espressioni smarrite e i gesti di diniego.
Drew sospirò. –Fantastico. Passeremo la notte cercando di
trovare un posto per dormire. Perché non ci accampiamo?- disse.
-Non è bene rifiutare l’ospitalità di un Cair.- gli
fece presente Simar. “Soprattutto se è un tuo
parente.”, aggiunse tra sé.
Non aveva mai badato ai suoi legami familiari, ma ora era costretto a
farci i conti. Che gli piacesse o meno, lui era nipote di tutti i
Cairansis, in primis di Fenris.
Fortunatamente non era una cosa risaputa, in caso contrario la sua vita sarebbe stata un inferno.
“Non pensarci.”, gli disse Nehir. Sollevò la testa e
cercò i suoi occhi. Annuì impercettibilmente e gli diede
un buffetto sul naso.
-Vediamo di scendere in città, intanto.- suggerì Ethelyn.
Si voltarono tutti a fissarla. –Che c’è?
-E come pensi di fare?- domandò il Nun.
Lei abbassò lo sguardo verso il fondo del canyon e poi
indicò una delle tante braccia del lago, che si gettavano nel
vuoto.
Simar sgranò gli occhi. -Ma sei pazza?!
-Ehi, non voglio farci uccidere! Ma qui c’è un passaggio.- sbottò, appoggiando le mani sui fianchi.
Blaking le si avvicinò, stupito. –Davvero?
Anche gli altri lo imitarono, affiancandosi lungo il bordo di roccia.
Fecero vagare lo sguardo sui tetti della città e poi lungo la
cascata d’acqua. Ben nascosto dagli spruzzi, c’era quello
che, a prima vista, sembrava uno scivolo di pietra.
-Credo lo usino gli Spiriti… per scendere.- ammise la rossa.
–Noi ci bagneremo, ma è sempre meglio di niente.
-In effetti non hai tutti i torti. Per loro è come una corsia
preferenziale che li porta dritti a casa.- concordò
l’Ippogrifo. –Vi proporrei di planare, ma siamo troppi. Non
riuscirei a trasportare Nehir, mi dispiace.
“Non ti preoccupare.”, disse il lupo, comprensivo. Non ci
teneva a cadere da centinaia di metri d’altezza. D’accordo,
non avrebbe nemmeno voluto bagnarsi da capo a piedi, ma quello era il
minore dei mali.
-Ok… ehm… andiamo?- domandò Ethelyn, esitante.
Drew le si affiancò. –Sono dietro di te.- le sorrise,
incoraggiante. Lei annuì, lanciò un’occhiata agli
altri e poi si buttò nello scivolo, sparendo come una fiamma
estinta dall’acqua.
Il ragazzo esitò un attimo, ma poi la seguì.
-Vi aspetto giù.- disse Blaking, spalancando le ali e indietreggiando un po’ per avere sufficiente spazio.
Simar annuì e si spostò, osservandolo correre verso il bordo e spiccare il volo.
“Odio l’acqua.”, brontolò Nehir.
-Lo so, amico mio, lo so.- fece il principe, comprensivo. –Ci
vediamo di sotto. Ricordati: se venisse a saperlo tuo fratello sarebbe
peggio.
“Ehi, cosa c’entra Dunehin!?”, chiese, stupito. Ma
l’amico gli sorrise sornione e sparì tra gli spruzzi. Il
Fisàan scosse la testa e chiuse gli occhi, cercando di
concentrarsi. Se ci fosse stato il suo gemello, l’avrebbe
sicuramente canzonato dandogli del fifone. Un po’ come avrebbe
fatto il principe Kiron se Simar avesse esitato.
“Non sono un fifone.”, digrignò leggermente i denti e si tuffò.
Scivolava rapida, quasi fosse parte del veloce fluire dell’acqua.
Era una sensazione strana: le sembrava di fondersi con le gocce, di
toccare le pareti dello scivolo pur essendo esattamente al centro.
Si guardò attorno, tentando di capire a che punto della discesa
fosse. Dietro di sé vedeva il debole bagliore della luce emanata
da Drew.
Un improvviso salto le mandò dell’acqua in gola, facendola tossire.
Imprecò sottovoce, togliendosi i capelli dal viso. “Forse
non è stata una buona idea.”, realizzò, seguendo il
percorso, che piegava vistosamente a destra.
Finì sotto la superficie a causa di un tratto più
profondo. “Decisamente no.”, pensò, riemergendo.
Un’altra curva ed ecco la fine dello scivolo.
-Finalmente!- esultò. Esattamente prima di finire in un grande bacino, collegato ai principali canali della città.
Fendette l’acqua come una freccia, affondando verso il basso in
una miriade di bolle. Annaspò un attimo, agitata, ma poi si mise
a nuotare verso l’aria.
Le mancavano pochi metri quando vide altre sagome attorno a sé: dovevano essere gli altri.
Tornò a concentrarsi sulla risalita, ma ad un certo punto
l’acqua divenne molto meno impenetrabile rispetto a prima. Non la
schiacciava più verso il basso con la sua pressione, anzi.
Si bloccò, fissandosi le mani.
Le sembrò di potervi vedere attraverso, quasi fossero trasparenti.
Si spaventò e diede un colpo di gambe, puntando verso il cielo.
I capelli vennero spinti indietro dalla velocità del movimento e
poco dopo infranse la superficie con un singulto.
Sbatté le palpebre qualche volta e poi si affrettò verso il bordo, stordita.
Attorno a lei vedeva le facce stupite di molti Spiriti Blu, tutti esageratamente perfetti.
Li ignorò e si issò sulla pietra, tossendo e sputando
acqua. Si fissò le mani, preoccupata, ma le vide solamente
bagnate. Semplice pelle bagnata.
Tirò un respiro di sollievo e si accasciò a terra, riprendendo fiato.
Poco dopo riemersero anche Simar e Drew. Nehir fu l’ultimo,
palesemente provato dal bagno fuori programma. Alla sua vista, i
presenti si fecero indietro, mormorando.
-Tutto ok?- Blaking planò verso di loro, percorrendo qualche metro al passo per poter avere il tempo di rallentare.
-Sì, sì… tutto ok.- lo rassicurò il principe, andando ad aiutare il suo fido compagno.
Si rivolse agli altri due. -Ragazzi?
Drew annuì, ma non si poté dire lo stesso di Ethelyn. Lui
allora le si avvicinò e la guardò dall’alto,
interrogativo. –Sto bene.- disse infine.
Il pennuto si accigliò, per nulla convinto. Per avvalorare la
propria tesi, la giovane si mise a sedere, strizzandosi i capelli.
-Mentre voi vi riprendete, io vado a chiedere indicazioni.- disse, volgendo il capo verso la folla di curiosi.
-Ehi, sicura che sia tutto ok?- il Nun le gattonò vicino. Si
fissarono per qualche istante, poi lei sorrise, timidamente.
–Bene. Vieni, andiamo. Ci stanno guardando tutti.
L’aiutò a rimettersi in piedi e poi andarono da Simar,
impegnato a calmare Nehir. Non sembrava esattamente soddisfatto del
mezzo di locomozione.
“Mai più! Piuttosto fatemi attraversare un
deserto!”, brontolò per l’ennesima volta, stizzito.
Divaricò le zampe e poi si diede una scrollata poderosa,
inzuppando l’Elfo.
-Ehi! Scrollati da un’altra parte!
In risposta ricevette un’altra doccia e lo vide ridacchiare, divertito.
-Speriamo di non dover attraversare il mare, se no sarebbero guai.- commentò la Ferift, avvicinandosi.
Il lupo si voltò a fissarla e si limitò a starnutire.
Drew lanciò un’occhiata nei dintorni. -Ci stanno guardando tutti…
“Perché non hanno mai visto una compagnia così
strana entrare in città da uno di quei dannati cosi di
pietra.”, rispose il Fisàan.
Simar rise. –Hai ragione. Siamo una compagnia molto strana, ma tu e Blaking lo siete già di vostro.
Si beccò un’occhiata di sbieco dall’amico.
-Ragazzi, venite!- li richiamò proprio l’Ippogrifo. Si
girarono nella sua direzione e lo videro accanto ad uno Spirito Blu
abbastanza anziano, considerata la lunghezza dei capelli.
Si scambiarono un’occhiata perplessa e poi lo raggiunsero.
-Ho trovato una locanda. È nel quartiere dei viaggiatori.- disse, contento.
“Quartiere dei viaggiatori?”, Ethelyn guardò
l’amico, perplessa. Era forse una forma di discriminazione?
-Non ti preoccupare, piccola fiammella, vi piacerà.- assicurò l’uomo.
Lei si riscosse. –Come?
-Il quartiere. È stato creato per far sentire a proprio agio i
viaggiatori. Sappiamo che la nostra città può
essere… disarmante, i primi tempi.- spiegò con un sorriso
divertito.
-Oh… grazie per la premura.- riuscì a dirlo senza
sembrare troppo stupida. Era stata colta in fallo da uno sconosciuto.
“Da quando in qua sono un libro aperto?”, si chiese.
-Noi andremo, ora. Grazie per le indicazioni.- Blaking si
congedò a nome di tutti. Lo Spirito li salutò con un
cenno del capo e rimase a fissarli per qualche istante, mentre si
allontanavano in silenzio.
-Cosa sta succedendo? Quegli stranieri avevano addosso la benedizione
dell’Acqua.- si chiese, stupito. Alzò la testa al cielo,
in cerca di risposte.
Ma queste non vennero.
-Hanno addirittura un quartiere dei viaggiatori… credono di poter essere derubati?- domandò Ethelyn.
Non riusciva a spiegarsi il perché, ma le dava fastidio
l’esistenza di un luogo riservato a persone diverse dagli Spiriti
Blu. Forse perché lei stessa era stata fatta oggetto di
discriminazioni.
-Oh, non è come te lo immagini.- assicurò Blaking.
Rialzò la testa. –Ah no?
Lo vide scuotere il capo. –No… mi ha spiegato che ci sono
negozi che vendono prodotti di tutto Suran e molti degli abitanti del
quartiere appartengono ad altri popoli. Sono venuti nella capitale per
commerciare e poi se ne sono innamorati.- le spiegò.
-Davvero? Wow!- esclamò Drew, colpito. –Allora potremo trovare anche dei Nun!
-Probabile.- concesse l’amico.
“Sicuramente non dei Fisàans.”, pensò Nehir, divertito dall’entusiasmo del compagno di viaggio.
-Chi può dirlo?- sussurrò Simar, lanciandogli un’occhiata.
Continuarono a camminare, chiacchierando e guardandosi intorno, curiosi.
Neith era veramente una grande città, caratterizzata da mattoni squadrati a regola d’arte e giardini nascosti.
Ne intravidero qualcuno attraverso i cancelli di quelle che, a prima vista, erano grandi ville.
La cosa più straordinaria, a parte gli abitanti e il particolare
sistema viario, erano i suoni e i profumi. Ovunque ci si girasse si
veniva catturati dall’odore di cannella, zafferano o garofano; i
vicoli erano popolati da suonatori itineranti e gli usci delle case da
piccole fontane zampillanti.
Sembrava che la voce della città fosse mutevole come l’acqua.
E probabilmente era proprio così dato che, dopo un po’, smarrirono la via.
-Uhm… dove siamo?- domandò Simar, girando su se stesso.
Troppe strade tra cui scegliere, avrebbero sicuramente sbagliato.
Blaking alzò lo sguardo agli edifici, scrutando il cielo e poi
la strada davanti a sé. –Non dovremo essere lontani.-
disse, anche se non ne era convinto nemmeno lui.
-Cosa state cercando?- un bambino, accompagnato da un gatto, si
avvicinò loro. Ethelyn gli sorrise e si inocchiò davanti
a lui.
-La Locanda dei Fiori.- gli riferì, sperando potesse aiutarli. Quello annuì.
Li scrutò tutti, uno per uno, poi tornò sulla rossa. -Vi ci posso accompagnare. Avete un pezzo di pane?
Lei si frugò nella bisaccia e gli allungò un’intera
forma. Gli occhi del piccolo s’illuminarono. -Grazie!
Venite… seguitemi!
E così si ritrovarono a seguire il piccolo Spirito tra le vie
più tortuose di Neith, quelle usate dai lavoratori per arrivare
a casa prima o dai ladri per non farsi acchiappare.
-Eccoci.- annunciò ad un certo punto.
Si ritrovarono davanti ad un muro di cinta, chiuso da un cancello.
Fecero per chiedergli se fosse veramente sicuro del posto, ma era già sparito.
-Be’, vediamo se qualcuno ci apre.- disse Blaking, avvicinandosi alle sbarre di ferro col muso.
-Non è molto invitante.- ammise Drew, stringendosi nelle spalle.
Nonostante la recinzione non fosse più alta di due metri,
incuteva comunque un certo timore. Strano, considerato che una locanda
doveva accogliere le persone.
La porta si aprì e ne uscì una donna imponente.
-Buonasera. Stiamo cercando un alloggio.- esordì
l’Ippogrifo. Era sempre lui a prendere in mano la situazione,
dato che gli riusciva naturale interagire con le persone.
Lo Spirito Blu venne avanti, per poterli vedere più da vicino.
–Vedo… ma non posso ospitare animali.- replicò.
Nehir digrignò i denti, captando i pensieri della matrona. Simar, però, gli fece cenno di stare calmo.
-Ci basterà un giardino… questa locanda ci è stata
raccomandata, speravamo di poter essere accolti.- continuò il
pennuto, gentile.
Quella si voltò a fissarlo, pensierosa. –Da chi?
-Oh, uno Spirito Blu. Il Cair ci aveva detto che potevamo scegliere
liberamente, in ogni caso.- giocò il suo asso nella manica.
All’udire quelle parole gli occhi della donna si dilatarono e si
affrettò ad aprire il cancello. –Venite, entrate.
Il pensiero comune fu come Manannan sapeva farsi rispettare e che quella locandiera ne aveva paura.
-Grazie.
Li passò in rassegna uno per uno, gli occhi socchiusi. Quando il
suo sguardo indagatore si posò sul grosso lupo
indietreggiò leggermente, intimorita.
Il Beta scoprì di poco i denti, giusto per farle balzare il
cuore in gola. Con la coda dell’occhio vide l’occhiataccia
del principe, ma finse di non averla vista.
Il gruppo si ritrovò all’interno di una sala
particolarmente areata, che dava su alcuni portici. Probabilmente
l’ingresso della locanda fungeva da spazio funzionale e di
distribuzione.
Lo Spirito Blu li precedette dietro un bancone.
-Mi servono le vostre credenziali.- disse, posando sul piano
d’appoggio un grosso libro. Sporgendosi in avanti, Ethelyn
poté notare file e file di nomi.
“Strano… a quanto pare questo posto sembra parecchio frequentato.”, pensò, stupita.
Uno alla volta diedero i loro nomi, o qualcosa che vagamente assomigliava ad essi, soddisfacendo la richiesta della donna.
-Benissimo. Il pagamento avverrà alla fine della vostra
permanenza. Ora, se volete seguirmi, vi mostrerò il salone
principale, la corte maggiore e le vostre stanze.- disse, indicando
loro uno dei grandi archi che portava all’esterno.
Mentre camminava, la Ferift notò che aveva i polsi pieni
di bracciali, che tintinnavano ad ogni suo minimo movimento. Nonostante
fosse fuori forma, si muoveva con un’insolita grazia.
La seguirono in silenzio attraverso il portico, respirando a pieni
polmoni gli aromi dei fiori che facevano bella mostra di sé nel
giardino che stavano fiancheggiando.
-Avete fame?- domandò la matrona, rompendo il silenzio.
I compagni si guardarono, colti di sorpresa. Poi, dopo qualche
brontolio da parte di stomaci vuoti, si trovarono d’accordo sulla
necessità di mettere qualcosa sotto i denti.
Lo comunicarono alla loro guida e lei annuì, portandoli in una grande sala gremita di persone.
Davanti a tutta quella confusione i ragazzi si bloccarono. Nehir
abbassò le orecchie, infastidito e così fece anche
Blaking.
Quando gli astanti li notarono si zittirono immediatamente, non
si sentiva nemmeno il rumore dei boccali spostati sui tavoli.
-Continuate pure.- disse la locandiera con un gesto rapido della mano.
Lentamente i commensali tornarono alle loro occupazioni, riservandosi
comunque qualche occhiata.
-Ecco, sedete pure. Vi farò portare subito qualcosa.- Simar
notò che il tono della donna si ammorbidiva quando parlava con
loro. Evidentemente era terrorizzata dalle ire del Vegliante.
-Mi sento fuori posto.- ammise l’Ippogrifo.
Drew lo guardò, pensieroso. –Be’, in effetti lo
sei.- confermò, ridacchiando. In risposta ebbe una spallata, che
lo fece zittire.
“Ci sono troppe persone… e sono tutte iperattive.”,
il Fisàan spostò il peso sulle zampe, nervoso. Il suo
cavaliere lo fissò, perplesso. “Sì, tu non puoi
sentirlo. Ma è come se fossimo… nella stagione degli
amori. Ci sono molti ormoni, qui.”, si spiegò.
L’Elfo, allora, fece spaziare lo sguardo lungo la sala, cercando
di capire da cosa derivasse la supposizione del suo compagno.
Finalmente individuò la soluzione: in fondo alla stanza,
su un palco leggermente rialzato, tre ragazze si stavano esibendo in
una danza conturbante e flessuosa.
Indossavano sete e gioielli, non molto per coprirsi da sguardi
indiscreti. E probabilmente non era nemmeno quella, la funzione dei
loro abiti.
-Abbiamo anche l’intrattenimento.- commentò, attirando
l’attenzione degli altri, che si voltarono ad osservare.
-Danzatrici?- fece il Nun, stupito. La rossa gli lanciò
un’occhiata, tentando di capire se gli facesse piacere guardare
quelle ragazze, e poi spostò lo sguardo sul palchetto.
Erano molto brave, soprattutto quella al centro.
Avevano un non so che di particolare, probabilmente il colore dei
capelli. Erano lunghi e corvini, a differenza di quelli di tutti gli
altri Spiriti Blu presenti. Per quanto riguardava la sua razza, non
c’erano dubbi: le squame erano ben visibili su braccia e gambe.
Mentre la fissava, la giovane si accorse di lei e le scoccò
un’occhiata. Dapprima incuriosita, poi stupita ed infine
infastidita.
Ethelyn se ne domandò il perché, ma smise di farlo quando
arrivò la cena. Tornarono a voltarsi e si dedicarono alla carne
e alle verdure che erano state portate loro.
Chiacchierarono di cose futili, mantenendo sempre alta
l’attenzione. Qualsiasi segnale di ostilità e se ne
sarebbero andati.
Quando fu il momento di andare a letto, scoprirono di essere
stati alloggiati in modo assai strano: Drew ed Ethelyn erano in camera
insieme, Simar e Nehir pure (dato che la locandiera aveva espressamente
ordinato di tenerlo a bada) e Blaking era finito nella terrazza
comunicante.
Si trovavano ad una distanza molto piccola, avrebbero potuto
parlarsi senza problemi e senza dover alzare troppo la voce. Nonostante
non sembrasse apprezzare particolarmente la loro presenza, lo Spirito
Blu sapeva fare il suo mestiere.
Inutile dire che, tra tutti, il più contento della sistemazione fu il Nun.
-Per quanto ci fermeremo?- domandò la Ferift.
-Il tempo necessario per stabilire un nuovo percorso e comprare
l’equipaggiamento necessario.- stabilì Blaking, cercando
con gli occhi conferma da Simar.
-Sì, sono d’accordo.- disse il principe.
Drew si passò una mano tra i capelli, nervoso. -Siamo sicuri che andrà bene?
-Speriamo.- si augurò l’Ippogrifo.
“Non so voi, ma io avrei sonno.”, intervenne Nehir.
L’Elfo alzò la testa e gli diede una pacca leggera sulla
spalla.
-Be’, buonanotte allora.- disse, facendo entrare il grosso lupo nella stanza che era stata loro assegnata.
-Buonanotte.- fu la risposta.
Il pennuto seguì i due ragazzi, proseguendo poi verso la porta
finestra. Si fermò un attimo, giusto per lanciare
un’occhiata d’avvertimento all’amico. Per tutta
risposta, il giovane gli sorrise, apparentemente rilassato.
Allora scosse il capo ed uscì nella fresca notte estiva.
-Ok… scegli pure il letto. Io vado a cambiarmi.- disse la
ragazza, sbrigativa. Drew rimase con un palmo di naso mentre lei
spariva dietro un paravento.
“D’accordo…”, si disse, sedendosi sul
materasso alla sua sinistra. La scelta non era molta, comunque: il
letto era matrimoniale.
Quando Ethelyn lo raggiunse notò che si era tolta gli stivali e
il corsetto e aveva sciolto la treccia, per dare un po’ di
respiro ai capelli. Nel complesso, non aveva fatto nulla per indurlo in
tentazione.
Sospirò dentro di sé, grato di non doversi rimproverare tutta la notte per pensieri poco consoni.
“Odio gli ormoni. Sanno essere veramente molesti.”, scosse la testa.
-Tutto ok?- gli domandò lei, sedendogli accanto. Alzò la
testa di scatto e poi annuì. –Non ti cambi…?
Abbassò lo sguardo e si fissò. Sì, in effetti
avrebbe dovuto darsi una lavata al viso e togliere la casacca.
Si alzò, quasi in un gesto automatico. -Sì…
La giovane rimase a fissarlo, poi si sdraiò.
Quando sentì il materasso affossarsi capì che Drew
l’aveva imitata. Si girò verso di lui, esitò un
attimo e poi mormorò:-Buonanotte.
Stava per dargli le spalle quando lui si sporse verso di lei e le posò un tenero bacio all’angolo della bocca.
Senza una parola, gli si avvicinò e glielo restituì. Fu
un contatto breve, a fior di labbra, ma il Nun sentì un brivido.
Sorrise senza nemmeno rendersene conto e si sistemò sul
fianco, voltato verso la sua compagna. Ethelyn, allora, gettò i
capelli dietro la spalla e rimase a fissarlo, affondando la testa nel
cuscino.
Rimasero a fissarsi in silenzio per qualche istante, poi lei
abbassò le palpebre. Drew, però, le passò un
braccio attorno alla vita e l’attirò a sé, giusto
per sentire la sua vicinanza.
Faceva abbastanza caldo per volere tutto il letto per sé, ma non avrebbe rinunciato a quell’opportunità.
Dapprima lei s’irrigidì, trattenendo il respiro, poi si
lasciò andare e si accoccolò più vicina a lui.
***
Si era alzato all’alba, come tutte i giorni da quando aveva compiuto dieci anni.
Quando suo nonno gli aveva concesso
di battersi coi fratelli ne era stato così contento che aveva
costretto Kayen, il maggiore dei due gemelli, ad allenarsi con lui. Gli
esercizi si erano protratti fino a notte fonda, quando il ragazzo aveva
detto di essere distrutto e non poterne più.
Roving era rimasto a menar fendenti
all’aria, sudato e con le mani piene di vesciche, fino a quando
la figura di suo nonno non era comparsa e l’aveva trascinato nel
palazzo, rimproverandolo per l’ora tarda.
Sorrise al ricordo e terminò di vestirsi.
Sir Vaughn, suo padre, era nuovamente
assente. Sapeva che era dovere del marchese incontrare i nobili dei
regni vicini e ascoltare i bisogni e le lamentele dei sudditi, ma
avrebbe tanto voluto poter passare del tempo con lui.
“Invece posso solo vederlo
nella galleria dei quadri.”, pensò, infastidito. Non
gliene faceva una colpa, si rendeva conto che non poteva essere
altrimenti, ma a volte si sentiva trascurato.
Scosse la testa, sciacquandosi il viso per darsi una svegliata.
Recuperò i foderi dei propri
pugnali, la cui impugnatura aveva la forma dell’ala del nibbio, e
li assicurò alla cintura.
Indugiò un attimo nella stanza poi uscì a grandi passi, diretto verso il cortile interno.
A quell’ora non c’erano
molte persone in giro, salvo le guardie del turno notturno e i
servitori. La sua famiglia dormiva ancora, anche se non si capacitava
della pigrizia dei suoi fratelli.
Per carità, erano tutti ottimi
guerrieri, ma non capiva perché si accontentassero del loro
attuale livello di combattenti. Avrebbero potuto ottenere molto di
più, se solo si fossero allenati tutti i giorni.
A dir la verità, lui stesso
non aveva bisogno di un allenamento così intensivo, ma aveva
bisogno di tenersi impegnato. A volte aveva l’impressione di
dover dimostrare qualcosa, di doversi far perdonare qualcosa.
Voleva essere apprezzato per le sue
capacità, voleva che suo padre fosse orgoglioso di lui. E non
avrebbe mai voluto sapere la verità sulla morte di sua madre.
Non l’aveva mai ammesso, ma si sentiva in colpa. Se non fosse nato, probabilmente lei sarebbe stata ancora viva.
“Che idiozia.”, si rimproverò. Lo faceva ogni volta, dandosi mentalmente dello stupido.
-Buongiorno.
Si bloccò e si voltò verso il proprietario della voce che l’aveva appena salutato.
-Cosa fai già alzato?- domandò, stupito.
Dalen si alzò e posò il
libro che aveva in mano sulla balaustra di pietra, sulla quale era
stato comodamente seduto fino a pochi istanti prima. –Non avevo
sonno e sono uscito per leggere un po’.- ammise, facendo
spallucce.
Roving alzò un sopracciglio. –Sul serio?
L’altro annuì. –Io non mento, fratello.- rispose, fingendosi piccato.
-Come vuoi, ma sappiamo tutti e due che c’entra una certa persona.- fece spallucce, fingendosi disinteressato.
Dalen era l’intellettuale di
famiglia, molto più di Roving stesso. Passava ore e ore sui
libri, preferendoli di gran lunga alle armi e al sudore. Era un pozzo
di sapienza e spesso di chiudeva nella torre col nonno, per discutere
con lui dei massimi sistemi dell’universo.
Da che ricordava, non l’aveva mai visto perdere la pazienza.
Gli aveva chiesto
d’insegnargli, ma lui non era in possesso di quel tipo di
pazienza. Poteva aspettare per ore una preda oppure che la pioggia
smettesse di cadere, ma non riusciva ad esser paziente con le persone.
-Mi spieghi perché continui ad
allenarti come un forsennato? Non c’è nessuno che riesca a
tenerti testa, a palazzo.- domandò l’Elfo, aggiustandosi i
capelli dietro le spalle.
Il fratello gli lanciò un’occhiata. –Abbiamo sempre margine di miglioramento.- replicò.
-Se è per questo esiste sempre qualcuno più forte di noi.- lo canzonò l’altro.
Sbuffando, Roving si avviò verso il centro del cortile.
-Aspetta. Ho voglia di fare un
po’ di movimento.- sentì i passi di Dalen dietro di
sé, anche se erano leggeri come le ali di una colomba.
Aveva sviluppato tutti i propri
sensi, dal gusto all’udito. Era iniziato tutto quando Cyril,
padre di un marchese e nonno di futuri marchesi, aveva detto ai propri
nipoti che dovevano essere pronti a tutto: dal combattere allo
scivolare silenziosi tra le ombre.
Senza che se ne rendessero
conto li aveva addestrati per sopravvivere in qualsiasi situazione,
facendo di loro delle potenziali armi umane.
Così i quattro fratelli Kite erano diventati più ricettivi di qualsiasi animale o Elfo dell’isola di Cretos.
Roving abbandonò quelle
elucubrazioni ed estrasse i pugnali, mettendosi di tre quarti. Il suo
avversario, invece, impugnò un lungo bastone. Sapeva essere
letale, nonostante non fosse un’arma facile da maneggiare.
-Sono pronto.- annunciò Dalen.
Apparentemente rilassato, in verità era pronto a schivare ogni
colpo. Tra tutti era il più veloce, mentre il suo gemello,
Kayen, aveva dalla sua la precisione.
Roving era quello che più si
avvicinava ad essere un combattente completo: era per quello che non
era facile sconfiggerlo.
Si scrutarono negli occhi per qualche istante, poi partirono all’attacco.
Stavano combattendo già da un po’ quando, dal cancello principale, provennero delle grida.
I due si bloccarono, le armi ancora in pugno.
-Che succede? Nostro padre dovrebbe tornare tra due giorni.- Dalen abbassò il bastone e si mise in ascolto.
Il fratello, invece, rinfoderò i pugnali. –Vado a controllare.- annunciò.
-No, aspetta, avvertiamo…!
Inutile, era già sparito.
L’Elfo scosse la testa e poi si affrettò a seguirlo: non
voleva che si mettesse nei guai.
Sapeva essere davvero impertinente, quando ci si metteva. O se lo si disturbava mentre era intento a fare qualcosa.
Roving raggiunse la corte principale
passando per i tetti dell’armeria e quelli delle stalle.
Atterrò con un balzo al fianco di alcuni soldati.
-Che succede?- chiese.
Un Elfo abbastanza giovane si
voltò verso di lui. –Roving! Stanno cercando di buttare
giù il cancello!- esclamò, spaventato.
Il giovane si accigliò e poi
spostò lo sguardo sui grandi battenti di legno borchiato. Quelli
tremarono, scossi da un colpo d’ariete.
Dalen gli fu affianco poco dopo. –Ci stanno attaccando? Pensi che siano quelli del Dragone?- domandò.
I Dragoni erano un gruppo di
ribelli anarchici che voleva rovesciare il potere politico nelle isole
del Sud, per poter poi spadroneggiare indisturbati. I Kite si battevano
per impedire ciò da diversi secoli.
-Apriteci e non vi sarà fatto alcun male.- urlò una voce.
I due si fissarono. –Va’
a chiamare Kayen e il nonno.- ordinò Dalen. Roving fece per
protestare, ma lui lo costrinse a fare dietro front.
Sorpassò le guardie che
correvano a dar man forte ai colleghi e si diresse, di corsa, verso
l’ala del palazzo riservata alla sua famiglia.
Incontrò suo fratello nel
corridoio. –Ma che diavolo succede?- Kayen era molto meno posato
rispetto al gemello e Roving lo amava per quello.
-Ci stanno attaccando. Dov’è il nonno?
-Nella torre. Sta preparando degli incantesimi difensivi, credo.- rispose.
Annuì. –D’accordo, torniamo al cancello.
L’altro fece per protestare, ma non ci riuscì e fu costretto a seguirlo in silenzio.
Quando tornarono indietro trovarono
la battaglia già nel vivo. Gli assedianti erano riusciti ad
entrare e, come avevano sospettato, appartenevano ai Dragoni.
La cosa che li sconvolse
maggiormente, al di là dell’attacco, fu
l’identità di uno dei cavalieri che guidava
l’assalto: era Ghilen, il loro fratello maggiore.
-Oh, ecco la famiglia al completo!- esclamò, notando la loro presenza.
Roving estrasse i pugnali, pronto a
difendersi. Che fosse un suo consanguineo o meno, doveva essere
fermato. Non potevano permettergli di uccidere tutte le persone che
vivevano dentro le mura del palazzo.
-Gli ha dato di volta il cervello?- sentì chiedere Kayen.
Non gli rispose e si preparò allo scontro. –Fatti avanti!- urlò, rivolto al fratello.
-Roving, no!- lo ammonì Dalen,
in piedi su un carro pieno di fieno. Lo ignorò e si
avvicinò di qualche passo alla cavalcatura del suo avversario.
-Oh, fratellino… sempre in prima linea, eh? Nostro padre sarebbe orgoglioso di te, non trovi?- lo provocò Ghilen.
A sentir nominare il progenitore, l’Elfo si bloccò e lo fulminò coi suoi occhi azzurro ghiaccio.
-Che sguardo cattivo. Vediamo cosa
farai, dopo aver visto questo.- si voltò e lanciò un
fischio. Subito un destriero si fece avanti.
“Il cavallo di nostro padre.”, realizzò Roving. Sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena.
Il maggiore dei Kite afferrò
le briglie dell’animale, obbligandolo a fermarsi, e poi
sollevò di peso il sacco che portava sulla schiena. Fece forza e
lo gettò a terra.
Quello si schiantò al suolo con un tonfo sordo.
I tre arricciarono immediatamente il naso all’odore del sangue.
-Cos’è?- azzardò a chiedere Dalen.
Ghilen non rispose, limitandosi a
sorridere, maligno. Era sempre stato quello sicuro e spavaldo, ma
nessuno di loro avrebbe mai sospettato che potesse arrivare a
scagliarsi contro la propria famiglia. E per cosa, poi? Il potere?
Kayen si fece avanti,
s’inginocchiò e scostò il sacco. Distolse
immediatamente lo sguardo, serrando gli occhi. Roving ebbe il tempo di
sbirciare e sentì qualcosa rompersi dentro di sé.
Davanti a loro se ne stava riverso il corpo del marchese Vaughn Kite.
-Hai ucciso nostro padre, brutto bastardo!- Kayen partì all’attacco, deciso a far fuori il fratello.
E fu così che iniziò la lotta fratricida.
Non ricordava molto dello scontro, era tutto troppo confuso nella sua mente.
Sapeva solo che, ad un certo punto,
qualcuno lo aveva ferito ad un fianco, piantandogli una spada in corpo
e lui era crollato bocconi.
-Addio, fratellino.- la voce di Ghilen lo raggiunse, chiara e definitiva come la morte che lo attendeva.
Erano in troppi, se anche fosse
sopravvissuto a suo fratello sarebbe morto per mano di qualcun altro.
Non era così presuntuoso da credersi invincibile.
-Non toccarlo!
Un dardo di roccia grossa quanto la
testa di un bue si schiantò al suolo a pochi centimetri dai
piedi del voltagabbana. I due alzarono lo sguardo, cercando
d’individuare il proprietario della voce.
L’espressione di Ghilen
s’indurì. –Vecchio… avrei dovuto farti
eliminare subito. Ci stai dando parecchi grattacapi.- lo accusò.
Kayen e Dalen giacevano morti, caduti
nel tentativo di proteggere il più piccolo della famiglia.
Roving non aveva potuto impedirlo e non se ne capacitava ancora.
-Fermati, Ghilen. Sei ancora in
tempo.- la voce di Cyril era forte, decisa e autoritaria. Li aveva
sempre tenuti a bada con facilità, senza dover urlare come un
forsennato.
Rise, sprezzante. -Fermarmi? Guarda dove sono arrivato.
Due braccia forti lo tirarono in
piedi e si ritrovò a fissare il volto severo di suo nonno. Si
sentiva vuoto, percepiva un enorme buco al posto del cuore.
Avrebbe voluto piangere, ne aveva bisogno, ma era bloccato.
-Vattene, figliolo.- si sentì ordinare.
Sgranò gli occhi. –Ma
sei impazzito…?- chiese di rimando. L’uomo scosse la testa
e lo afferrò saldamente per una spalla.
-Vattene. Ora.
Rifiutò nuovamente, rinsaldando la presa sull’impugnatura delle sue armi. –Non posso.
Suo nonno fece per replicare, ma un
attacco di Ghilen glielo impedì. Mutò la propria
conformazione molecolare e parò il colpo con un’arma
elementale, mentre Roving colpiva il fratello al fianco.
-Bastardo!- sibilò quello.
-Roving, obbediscimi!- questa volta
il capostipite della famiglia alzò la voce, imperioso e lo
allontanò bruscamente da sé.
L’Elfo scosse la testa,
testardo e tornò indietro. Cyril, allora, spazzò il
terreno attorno a sé con una pioggia di pietre, allontanando
entrambi i nipoti e mettendo in fuga alcuni cavalli.
-Roving, vattene!
-Perché? Non sono un codardo!- replicò.
Mentre parlavano il resto degli
assedianti si avvicinò. Erano notevolmente diminuiti di numero,
ma erano comunque in superiorità rispetto alle poche guardie
rimaste. Non poteva assolutamente abbandonarli così.
-Non vuoi capirlo con le buone, lo
capirai con le cattive.- Cyril chiuse gli occhi, richiamando a
sé il potere. Quando li aprì scatenò
l’inferno: dal cielo iniziarono a piovere dardi di solida pietra
e dal terreno spuntavano enormi stalagmiti pronte a trafiggere i nemici.
Roving si sentì allontanare da
una forza più forte della sua volontà. Venne costretto a
camminare, spinto da quella mano invisibile.
Tentò di opporsi in tutti i
modi, ma alla fine venne condotto al passaggio segreto che conduceva
fuori dal palazzo, direttamente su un percorso a picco sul mare.
“Non voglio andarmene!”, pensò digrignando i denti.
Dopo un ultimo, inutile sforzo, fu
costretto ad entrare nell’ombra del tunnel. L’ultima cosa
che vide fu suo nonno circondato da tanti, troppi avversari.
Si riscosse all’improvviso, spalancando gli occhi.
Voltò la testa verso l’esterno, illuminato dal sole nascente, e strinse i pugni.
“Giuro che mi vendicherò. Vendicherò nostro padre,
nostro nonno e i nostri fratelli. Te lo giuro, Ghilen.”,
pensò con rabbia.
Restò immobile, lasciando che una muta e solitaria lacrima gli solcasse il viso.
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Capitolo 26 *** Cap. 25 La danzatrice ***
Cap. 25 La danzatrice
Non
so come, gente, ma ce l'ho fatta!! Ecco un nuovo capitolo! Quando
avrò tempo aggiornerò quelli precedenti, aggiungendo
alcuni disegni trovati in rete che rappresentano i vari personaggi.
Non dico altro... buona lettura! :)
P.S.: Scusate per la luunga attesa!
Cap. 25 La danzatrice
Si svegliò nel cuore della notte, tormentato da uno strano presentimento.
Scese dal letto e si guardò
attorno. Non vedendo il suo fido compagno pensò bene di
controllare all’esterno, quindi si affacciò alla finestra
che dava sul piccolo giardino. Sotto di sé vide Blaking dormire
in tutta tranquillità, ma non c’era traccia di Nehir.
Si accigliò e scrutò meglio tra le ombre.
“Non c’è.”, realizzò.
Recuperò il cinturone e se
lo legò in vita, poi uscì. Non si muoveva mai senza i
suoi pugnali, men che meno quando si trovava a dover camminare in un
luogo sconosciuto.
Mentre scivolava silenzioso tra le
vie della città notò che, pur essendo molto tardi, le
locande erano ancora aperte e piene di avventori. I bambini si
rincorrevano nelle piazze e coppie di innamorati passeggiavano a
braccetto, godendosi la frescura notturna.
Neith era una città molto
tranquilla e, nonostante le sue dimensioni, aveva l’anima di un
grande villaggio. Tutti conoscevano tutti, a quanto pareva.
“L’apparenza a volte inganna.”, si disse Simar.
Per sicurezza proseguì la propria ricerca lontano da sguardi indiscreti.
Ad un certo punto si ritrovò
davanti all’ingresso di quello che sembrava, a tutti gli effetti,
un parco cittadino. Scrutò oltre i primi tronchi, chiedendosi se
il suo Fisàan potesse veramente trovarsi lì dentro.
Decise di tentare e si addentrò tra le ombre.
Non ci mise molto a trovarlo, dato
che sapeva cosa cercare. Si fermò a pochi passi dal grosso lupo
spettrale che gli si presentò di fronte, per nulla intimorito.
–Nehir…- mormorò.
La creatura sollevò il capo,
lentamente. “Oh… principe. Non ti avevo sentito.”,
rispose. Gli lanciò un’occhiata e poi tornò ad
abbassare la testa sulle zampe.
-Stai bene?- il giovane si
avvicinò, accosciandosi. Allungò una mano e gli
sfiorò il pelo della collottola, morbido come il velluto.
Il Beta sbuffò leggermente. “Credo di avere un problema con le città.”, ammise.
Simar lo fissò interrogativo, prima di chiedere:-Che genere di problema?
“E’ come se mi
sentissi… mancante. Non riuscivo a stare tra tutte quelle mura
di pietra. Era soffocante.”, cercò di spiegarsi.
L’Elfo si rilassò. Aveva temuto il peggio.
-Non ti preoccupare, credo sia
normale.- gli disse. –Tu sei una creatura della foresta, non sei
adatto a vivere tra le costruzioni degli uomini, di qualsiasi razza
siano.
“Davvero? Non ci avevo pensato.”, ridacchiò tra sé.
-Posso farti compagnia?-
domandò l’altro. Nehir spostò lo sguardo su di lui,
poi si spostò leggermente, facendogli posto.
“Se vuoi.”
Il principe sorrise, divertito dal
suo finto tono altezzoso. Probabilmente si sentiva un peso, in quelle
condizioni, ma non era così. Il loro non era un gruppo governato
dalla gerarchia: nel caso in cui un membro avesse avuto bisogno
d’aiuto, si sarebbero fermati e gliel’avrebbero dato,
sostenendosi a vicenda.
Si lasciò scivolare
indietro, fino a quando non avvertì sotto la testa il familiare
contatto col corpo del lupo. –Buonanotte.- sussurrò,
chiudendo gli occhi.
In risposta ebbe solo un mugolio.
Il mattino dopo li trovò impegnati a progettare la parte successiva del loro viaggio.
Mentre parlottavano, nella grande sala comune praticamente deserta, un inserviente li raggiunse.
Alzarono tutti lo sguardo, smettendo di parlare.
-Scusate il disturbo, ma qui fuori
c’è un cavallo. Reca il simbolo del Cair… vi
appartiene?- domandò loro.
Ethelyn spalancò gli occhi.
Avevano dovuto lasciare indietro la sua cavalcatura, sperando che li
raggiungesse in qualche modo. E, magicamente, questo era successo.
Uscì nel cortile
d’ingresso e lo ritrovò al centro dello spazio,
leggermente innervosito dalle persone che gli passavano accanto.
-Ehi… ciao!- gli si avvicinò e allungò una mano per accarezzargli la criniera. –Allora stai bene!
L’animale la fissò coi suoi grandi occhi scuri ed allargò leggermente le froge.
-Devo trovarti un nome, ora che ci penso…- ragionò la Ferift.
-Ethelyn, torna dentro. Lascialo
allo stalliere.- la richiamò Drew. Alzò la testa verso di
lui, poi fissò il quadrupede. Fu costretta ad annuire e ad
affidarlo alle cure di un giovane dalle braccia muscolose e i capelli
abbastanza corti, per essere uno Spirito.
-Avete preso qualche decisione?-
volle sapere, affiancandolo. Lui scosse la testa. Tornarono insieme
nella sala e ripresero posto.
-E’ sano e salvo?- s’informò Blaking. Lei lo guardò, perplessa. –Il cavallo.- specificò.
Annuì, facendo oscillare la treccia. -Oh, sì. A quanto pare se n’è occupato il Cair. O chi per lui.
-Molto bene. Prima che venissimo
interrotti stavamo cercando di decidere quali cose dovremmo
assolutamente comprare. Qualcuno di voi è mai stato a Sud?-
Simar fece il punto della situazione.
La risposta fu negativa, all’unanimità.
-Io ho solo letto dei libri. Ma so
che, nella parte ovest c’è un deserto. Proporrei vivamente
di evitarlo.- suggerì il principe.
-Mi sembra scontato. Non voglio
morire sotto il sole.- commentò il Nun. Nehir, seduto dietro di
loro, mosse la testa, trovandosi d’accordo con lui.
-E’ una terra rocciosa e
vulcanica, per più della metà della sua estensione.-
ragionò l’Ippogrifo. Drew si torse le mani, pensieroso.
–Ci servirebbe una guida.- mormorò.
-Potremo cercarla qui in città.- propose Ethelyn.
-Oppure potremo procurarci una mappa dettagliata.- fu la controproposta.
Si voltarono tutti a fissare Simar.
“Mi sembra molto più saggio.”, il Fisàan si
dimostrò favorevole.
-Meno gente coinvolgiamo, meno
problemi avremo. Non sappiamo di chi possiamo fidarci. So che è
brutto pensarla in questi termini, ma è così. Una mappa,
se disegnata bene, non può tradire.- si spiegò,
sistemandosi i capelli dietro le spalle.
Esitò un attimo, poi decise
di legarli, in modo da trovare sollievo dalla calura. E
dall’umidità, caratteristica forte della capitale
dell’Est.
-D’accordo. Dove possiamo
trovare una mappa?- domandò Drew. –Cioè…
dobbiamo cercare dei Doslor o degli Elfi del Sud, giusto?
Il ragazzo dai capelli
d’argento confermò con un cenno del capo. –Esatto.
Ci posso andare io, so cosa cercare.- si offrì.
-Bene. Questa è fatta.-
Ethelyn depennò una voce da una piccola lista. –Ci
serviranno degli abiti adatti. E delle borracce più grandi.-
lesse i due punti successivi.
-Di questo puoi occupartene tu?-
domandò il giovane. Lei sollevò lo sguardo e puntò
i suoi occhi verdi in quelli color oltremare del suo interlocutore.
-Non c’è problema.- accettò.
-Ti accompagno.- il Nun si fece immediatamente avanti, facendola arrossire leggermente. Blaking ridacchiò, divertito.
-Dovremo imparare a muoverci per la
città e credo che sapere cosa sta succedendo in giro potrebbe
essere utile.- ragionò proprio l’Ippogrifo.
-Vai tu?- chiese Simar. Fece un
cenno col capo piumato. –Bene, allora direi di dividerci. Ci
vediamo per cena, nel caso in cui non riuscissimo a finire tutto entro
mezzogiorno.
Le sedie furono spostate
all’indietro e ci fu un po’ di trapestio. Dopo essersi
scambiati le ultime raccomandazioni, si separarono.
Non sapevano che la loro conversazione era stata ascoltata da orecchie indiscrete.
***
-Cavaliere in vista, cavaliere in vista!
La guardia scese rapidamente dalle
fortificazioni di legno ed andò ad allertare i compagni. Ci fu
un rapido passaparola e il grande portone venne aperto.
L’uomo fece qualche passo
sulla strada, attendendo l’arrivo del viaggiatore. Fece solecchio
con la mano, fino a quando non lo individuò: il destriero aveva
i fianchi madidi di sudore e si vedeva il bianco degli occhi.
-Fermatevi!- intimò, quando il cavaliere gli fu vicino.
Quello tirò bruscamente le
redini, facendo scattare all’indietro la testa della sua
cavalcatura. L’animale piantò le zampe a terra, sollevando
nugoli di polvere.
-Che succede? Chi siete?- la
guardia lo affiancò, aiutandolo a scendere. Il nuovo arrivato
era pallido come un cencio e aveva i capelli appiccicati alla fronte,
sudati.
-Qualcuno porti dell’acqua!
Il Ferift si piegò sulle ginocchia, tentando di riprendere fiato. –Siamo… ci sono…- ansimò.
-Bevi. Bevi e poi parla.-
l’uomo gli avvicinò una borraccia, preoccupato. Il
cavaliere non se lo fece ripetere due volte e prese due avidi sorsi.
Leggermente ristorato, raddrizzò la schiena. –Mi chiamo Rowan. Vengo dal villaggio di Ferend.- si presentò.
Il suo interlocutore si accigliò. –Ci sono dei problemi?- chiese.
-Siamo stati attacchi da delle bestie d’ombra.- rivelò l’altro, passandosi una mano sugli occhi, esausto.
-Bestie d’ombra?! Sono… ma allora quello che si dice in giro…?
-E’ tutto vero. Il Cair del
Vento manda un messaggio: bisogna proteggere città, villaggi e
qualsiasi agglomerato umano con incantesimi protettivi. Il loro
obiettivo è uccidere, i primi a cadere sono i bambini.- Rowan
riportò quanto gli era stato detto.
Quando Fenris era comparso nella
piazza di Ferend, annunciando che dovevano prepararsi ad affrontare
un’orda di animali inferociti, erano rimasti tutti paralizzati.
Lui stava aiutando suo padre, come
ogni mattina, a sistemare la frutta e la verdura per la vendita
giornaliera. Il grosso lupo si era voltato e gli aveva detto di correre
ad avvertire i luoghi vicini, assieme ad altri.
Aveva obbedito, ovviamente. Ed era giunto fino ai primi villaggi dell’Ovest.
Il Nun chiamò a gran voce
alcuni colleghi e spiegò loro quanto gli era stato appena detto.
Gli uomini si scambiarono commenti allarmati e poi pregarono Rowan di
entrare e riposarsi.
Ovviamente dopo aver riferito loro tutto quello di cui era a conoscenza.
***
Lui ed Ethelyn erano ritornati alla locanda prima degli altri.
Avevano reperito le borracce e gli
abiti per tutti. Comprese delle coperte per Blaking e Nehir, nel caso
fossero incappati in tempeste di sabbia o simili. E comunque, sarebbero
tornate utili di notte.
Ora il loro bagaglio era molto più voluminoso e i loro amici a quattro zampe non ne sarebbero stati entusiasti.
“Blaking si lamenterà
di essere sfruttato come un mulo.”, pensò Drew.
S’immaginò la scena e gli sfuggì un sorriso.
Si era concesso un bagno
ristoratore, per togliersi di dosso la polvere e il sudore. Ethelyn
aveva detto che sarebbe andata a leggere all’ombra del porticato
della grande corte: voleva approfittare dell’assenza di clienti
per rilassarsi.
Lui avrebbe tanto voluto
proporle di fargli compagnia nella vasca, ma si era morso la lingua
appena in tempo. Aveva visto dei miglioramenti, nel loro rapporto, ma
non tali e tanti da consentirgli quella proposta.
La Ferift ce la stava mettendo tutta per recuperare gli anni persi, ma l’amore era un corso di difficile apprendimento.
Immerse una mano nell’acqua,
pensieroso. “Dovrei… dovrei parlarle dei miei
bisogni?”, si chiese. Voleva stare con lei ogni momento possibile
e bearsi del contatto con la sua pelle. Però temeva di poter
passare per un maniaco se solo non fosse riuscito a spiegarsi bene.
-Ahh! Dannazione, perché
è così complicato?- sbottò, cacciando la testa
sott’acqua con uno scatto. Aprì gli occhi e rimase a
fissare il fondo di rame della vasca, tentando di spegnere i bollenti
spiriti.
Quando riemerse buttò la
testa all’indietro, prendendo un grande respiro. Si passò
le mani sul viso, chiedendosi nuovamente se avrebbe dovuto parlare o
tacere.
Quando aprì gli occhi si ritrovò davanti una ragazza.
-Oddio!- esclamò, facendo un
balzo indietro. Peccato che fosse in un catino e non avesse molto
spazio di manovra, quindi finì per sbattere le scapole contro il
bordo.
-Il tuo monologo era interessante. A chi stavi pensando? Alla rossa?- gli chiese la nuova arrivata.
-Chi sei?- Drew si sottrasse al suo sguardo indagatore. –Allontanati.
-Come se non sapessi
com’è fatto un uomo.- commentò con velata ironia.
Il giovane le scoccò un’occhiataccia, dimostrandole di non
aver apprezzato il commento.
Lei sospirò. –D’accordo. Mi allontano.
Fece quanto detto e mise un po’ di distanza tra loro.
-Te lo ripeto: chi sei?
Lei lo guardò per qualche istante, poi sorrise. –Sai benissimo chi sono. Ieri sera mi stavi guardando.
Drew si accigliò. “La
stavo guardando…? Ma quando…? Ah!”,
realizzò. –La danzatrice!- esclamò.
-Esatto. Vedo che hai una buona memoria.- lo prese in giro.
-Se sei qui per prenderti gioco di me puoi anche andartene.- sbottò il ragazzo, riavviandosi i capelli castani.
-Mi chiamo Nive, qual è il
tuo nome?- ignorò completamente quanto le era stato appena
detto. La Locanda dei Fiori era la sua casa e non vedeva il motivo per
non esercitare il proprio potere di padrona. Anche se in effetti lei
era solo una delle danzatrici della matrona Lucilla.
Ma il suo interlocutore non lo sapeva.
-Drew. Mi chiamo Drew.- rispose
lui, continuando a fissarla storto. Non era abituato a ritrovarsi una
donna nella stanza da bagno.
-Mhm… ti si addice.-
commentò, passandosi un dito sulle labbra, distrattamente.
–Ho un accordo da proporre a te e ai tuoi amici.
-Che tipo di accordo?
-Ho sentito quello di cui stavate
parlando, stamattina. Conosco una persona che sicuramente può
aiutarvi. Ma voglio qualcosa in cambio.- spiegò.
“Ci ha spiati? Dobbiamo stare
più attenti!”, pensò lui, allarmato.
–Permettimi di indossare qualcosa, poi possiamo discuterne.-
propose.
-Non mi scandalizzo, puoi rimanere
così.- lo fermò. In verità voleva mantenerlo in
una posizione di svantaggio, a disagio, in modo da poter pilotare la
conversazione.
Aveva uno scopo preciso e l’avrebbe raggiunto.
Drew sospirò, infastidito dai suoi modi di fare. –Sentiamo. Cosa vuoi?- domandò.
-Trovare i miei genitori. E andarmene da qui.- lo disse come se fosse la cosa più semplice del mondo.
-Sai come si chiamano o che aspetto abbiano?- s’informò lui, anche se alquanto perplesso.
-No.- fu la secca risposta.
-Bene. Allora non posso aiutarti.- risolse.
-Oh, no, lo farai.- senza
preavviso, Nive entrò nella vasca e si inginocchiò
davanti al ragazzo. Le lunghe gonne di seta le si allargarono attorno
come un fiore di loto.
Il Nun sgranò gli occhi, appiattendosi contro il bordo. –Ma sei impazzita?! Esci subito!
La danzatrice si sporse in avanti,
fissandolo intensamente. Di solito gli uomini cedevano in fretta di
fronte alle promesse della carne. Questo giovane, invece, sembrava solo
infastidito ed imbarazzato.
Poteva leggergli una punta di lussuria in fondo agli occhi, ma era quella che viveva in tutte le persone, latente.
-Se non esci subito, potrei diventare violento.- Drew passò alle minacce.
-Oh… che paura.- lo sbeffeggiò lei.
Il grigio dei suoi occhi s’indurì. –Non scherzo. Esci.
-Ok, ok.- alzò le mani
davanti a sé e si affrettò ad uscire come le era stato
ordinato. Lo fece con deliberata lentezza, cercando di scorgere qualche
segnale, ma il suo tentativo di seduzione era andato a vuoto.
Drew approfittò del momento
per recuperare un asciugamano e avvolgerselo in vita. Uscì a sua
volta dalla vasca ed andò a cambiarsi dietro il paravento che
aveva visto usare ad Ethelyn.
Poco dopo fece capolino con addosso un paio di braghe e una camicia di lino.
-Ti preferivo prima.
-Smettila, con me non attacca.
Parlami dell’aiuto che dovremo ricevere in cambio di
questo… favore.- le disse, sedendosi sul letto.
Ora che la osservava meglio, si
poté rendere conto che era uno Spirito Blu strano, ammesso che
lo fosse. Aveva setosi capelli neri, con riflessi che viravano al blu e
due magnetici e un po’ inquietanti occhi d’oro brunito.
Il suo corpo era flessuoso e la
leggerezza delle stoffe che indossava ne accentuava l’armonia.
Aveva polsi e caviglie pieni di campanelli, che tintinnavano ad ogni
suo movimento.
Era innegabilmente una bellezza, ma troppo appariscente per i suoi gusti.
-Ti piace quel che vedi?- il commento della giovane riportò la sua attenzione sulla conversazione.
-Sei bella, questo te lo concedo. Ma mi piacciono altri tipi di femminilità.- commentò, neutrale.
-Quella un po’ selvaggia,
eh?- lo punzecchiò. Si divertiva un mondo a mettere sotto
pressione le persone, era un buon modo per distoglierle dalle domande
che volevano porgerle.
Lui borbottò qualcosa, arrossendo.
-D’accordo. Parliamo di cose
serie. Mi hai chiesto cosa ne ricavereste, giusto? Informazioni per il
vostro viaggio e una mappa, sicuramente. Dettagliata.- disse.
All’udire quelle parole l’attenzione del ragazzo tornò completamente sulla sua interlocutrice.
-Sul serio?- fece, scettico.
-Oh, sì. Ma quello non dipenderà da me.- confermò.
-Devo parlarne con gli altri.
Si stiracchiò
voluttuosamente, staccandosi dal muro a cui si era appoggiata.
–Come vuoi. Incontriamoci a mezzanotte sulla vostra terrazza.-
disse, aprendo la porta.
-Perché vuoi trovare i tuoi genitori?- le chiese Drew, di punto in bianco.
Si voltò a fissarlo,
un’ombra oscurò il suo sguardo. –Perché so
solo che metà della mia eredità appartiene all’Est.
Per il resto, sono figlia di nessuno.- commentò, sparendo oltre
l’uscio in un fruscio di seta.
Quando raggiunse Ethelyn, aveva ancora i capelli bagnati.
Le si parò davanti, afferrandola per le braccia e lei per poco non lo colpì di riflesso, colta di sorpresa.
-Ehi, che succede?- chiese, vedendolo agitato.
-Siamo stati spiati.- annunciò Drew.
La rossa sgranò gli occhi.
–Cosa?! Ma è terribile!- esclamò. Lui scosse la
testa. –Non capisco… è un bene che qualcuno abbia
origliato?- si corresse.
-Si tratta di una delle danzatrici,
quella coi capelli color della notte. Dice di conoscere qualcuno che
può sicuramente aiutarci. E che ha una mappa!- spiegò,
concitato.
Lei si accigliò. –Ma… Simar è uscito…
-Lo so, lo so. Ma se fosse vero, sarebbe un bel colpo di fortuna.- la fermò.
-Sì, è vero…
ma chi ci dice che possiamo fidarci?- espresse i suoi dubbi, più
che leciti. Il Nun si fece serio e prese un respiro profondo,
fissandola direttamente negli occhi.
-Nessuno.- ammise.
-Fantastico. E cosa dovremo fare,
per avere queste informazioni?- domandò, pratica. Considerato
che la richiesta veniva da una donna, non c’era da star
tranquilli. In molti dei libri che aveva letto, i personaggi femminili
tessevano intrighi molto ben studiati.
Drew lanciò
un’occhiata alla proprie spalle, notando alcuni ospiti della
locanda. –Non qui. Vieni in camera.- le disse, abbassando la voce.
La ragazza annuì
impercettibilmente. Recuperò il libro che stava leggendo e gli
si affiancò. Lui le cinse la vita con un braccio, avvicinandola
a sé e si affrettò verso le scale che portavano alla
stanza.
Con sua grande gioia, non la sentì irrigidirsi sotto il suo tocco.
Ma non era il momento per pensare ai problemi del loro rapporto, avevano molte cose di cui discutere.
Quando furono al riparo da orecchie indiscrete, Drew le spiegò tutto per filo e per segno.
Stava finendo di raccontarle come si era comportata Nive, quando gli altri fecero il loro ingresso nella stanza.
-Oh, allora siete qui!- brontolò Simar.
Lo fissarono, perplessi per il tono
appena usato. Poi Ethelyn si rese conto che avrebbero dovuto ritrovarsi
nella grande sala al piano di sotto e disse:-Ci sono novità.
-Che novità?- chiese Blaking, entrando subito dopo Nehir.
Con l’Ippogrifo ed il
Fisàan presenti, l’ambiente sembrava molto più
stretto di quello che era in realtà.
-A quanto pare qualcuno ci ha
spiato: la danzatrice coi capelli neri. Mi ha proposto un accordo. Mi
ha detto di discuterne e poi di darle la risposta a mezzanotte, sulla
nostra terrazza.- riassunse.
-Siamo stati spiati… che stupido sono stato.- commentò il principe, mettendosi una mano sugli occhi.
-Sì, è quello che mi
sono detto anche io. Però… se lei potesse veramente
aiutarci? Non mi fido di lei e soprattutto non mi fido dei suoi modi,
ma potrebbe essere una grossa possibilità.- replicò.
Blaking si fece pensoso. –Cosa vuole, in cambio?
-Ritrovare i suoi genitori. A quanto pare è stata abbandonata… non so, non gliel’ho chiesto.- rispose.
“Sa almeno che faccia
hanno?”, volle sapere Nehir. Il suo compagno alzò la testa
e lo fissò per qualche istante, poi annuì, approvando la
domanda.
-Nehir chiede se sa almeno che
aspetto abbiano.- riportò l’Elfo. Il Nun fu costretto a
scuotere la testa, in segno di diniego.
-Ah! Questo non è un
accordo, è un modo per mettersi nei guai.- sbottò
l’Ippogrifo. Non aveva tutti i torti, in effetti.
-Simar, com’è andata la ricerca?- domandò la Ferift.
Lui la guardò e poi scosse
la testa, abbattuto. –Non ho trovato quello che cercavo. Nessuna
mappa, tra quelle che ho visto, era abbastanza dettagliata.-
spiegò.
“Io ho scoperto anche
troppo.”, pensò il pennuto, fissando di nascosto la
compagna di viaggio. Era indeciso se dire o meno ad Ethelyn quello che
aveva captato dalle conversazioni di alcuni mercanti.
-Ehi, Blaking… che
c’è?- Drew lo tanò subito. Non riusciva a
nascondergli niente, si conoscevano troppo bene. Scosse la testa,
sospirando. –Anche tu hai fatto un buco nell’acqua?
-Affatto.- a quanto pare era destino che la conversazione si spostasse sui loro risultati giornalieri.
-Oh, cos’hai scoperto?- chiese proprio la rossa.
-Cose poco rassicuranti.- ammise,
fissandola apertamente. La vide farsi preoccupata. –Gli attacchi
delle creature d’ombra si stanno diffondendo a macchia
d’olio. Fenris ha ordinato a tutto il Nord di barricarsi dietro
incantesimi difensivi. Anche parte dell’Ovest è ormai
coinvolta, mentre le difese del Regno degli Elfi sembrano tenere.-
riferì.
-Tutto il Nord…?
Annuì. –Anche Ferend è stato attaccato.- dovette rivelare.
La giovane si portò una mano
alla bocca, sconvolta. Se il suo villaggio era stato attaccato
significava che forse i suoi genitori… no, non riusciva nemmeno
a pensarci.
-Tranquilla, staranno sicuramente
bene.- tentò di rassicurarla Drew. Esitò un attimo, poi
la strinse a sé, permettendole di nascondere il viso contro la
sua spalla. Si aspettò di sentirla piangere, ma lei non
versò nemmeno una lacrima. Era una persona forte. Di se stesso
poteva solo dire che sentiva la budella attorcigliate.
-Non sono arrivati a Kephas.- gli disse il compagno d’infanzia.
-Sul serio?- chiese, speranzoso.
Blaking confermò. –Bene…- sussurrò allora,
sollevato. All’udire quelle parole Ethelyn sollevò il capo
e gli fece un sorriso d’incoraggiamento.
-Notizie dei miei genitori…?- s’inserì Simar.
-Gli attacchi al Regno sono
diminuiti. Forse perché le creature si sono rese conto di non
riuscire a contrastare i poteri dei sovrani.
-Immagino che mia madre abbia dato
fondo a tutta la sua magia.- meditò. Forse, più tardi,
avrebbe provato a contattarla telepaticamente. Non sapeva se fosse un
canale di comunicazione sicuro e non si fidava nemmeno delle proprie
capacità, ma voleva tentare.
“Vuoi contattare tua madre?”, s’informò Nehir.
Quasi sobbalzò, colto di sorpresa, ma poi annuì cogli occhi, per non farsi notare dagli altri.
“Ti posso aiutare.”
La riunione improvvisata continuò fino all’ora di cena.
La conclusione a cui giunsero
sembrava soddisfare tutti: avrebbero ascoltato la proposta di Nive,
l’avrebbero valutata e, infine, avrebbero deciso. Nulla di
più semplice e nulla che li vincolasse a loro insaputa.
Pur essendo agghindata con
l’equivalente del proprio peso in campanelli, Nive sapeva
muoversi molto silenziosamente.
Aveva imparato quando aveva deciso
di fuggire. Sin da piccola aveva mal sopportato di vivere alla Locanda
dei Fiori: in primo luogo perché non la sentiva come casa
propria e in secondo luogo perché era sempre stata trattata come
merce di scambio.
La matrona l’aveva
accolta per fare un favore a sua madre, ma l’aveva cresciuta solo
per poterla impiegare all’interno della locanda e ricavarne
denaro.
Non sapeva cosa avesse spinto la
sua famiglia ad abbandonarla, ma aveva il sospetto che era stata una
separazione forzata. Forse dovuta al suo sangue misto.
Sì, nonostante fingesse di
essere bella e stupida, sapeva come usare il cervello. Si era resa
conto molto presto che il suo aspetto differiva da quello delle
compagne.
I suoi capelli e il suo incarnato
avevano un colore diverso, sbagliato. Così come i suoi occhi,
troppo gialli per poter essere quelli di uno Spirito Blu. L’unica
cosa che aveva in comune col resto degli abitanti di Neith erano le
squame.
Il suo essere diversa aveva ben
presto iniziato ad attirare clienti e lei ne aveva approfittato per
mettere da parte una piccola somma di denaro, ogni volta che veniva
assegnata a qualcuno. Attualmente, a vent’anni appena compiuti,
possedeva un discreto gruzzolo.
“Se questo accordo va in
porto, potrò andarmene da qui.”, pensò, pregustando
già il momento. Essere ammirata per il suo aspetto
“esotico” le dava un senso di appagamento, certo, ma la
lasciava vuota.
Sognava di potersi dedicare ad
un’attività che le piaceva e di metter su famiglia. Non
chiedeva la luna, solo la normalità.
Scivolò in un angolo buio, aspettando che due commensali passassero, e poi riprese il proprio cammino.
Uscì nella piccola
corte e si avvicinò al muro. Alzò lo sguardo e, una volta
appurato di essere nel posto giusto, iniziò la scalata. Lucilla
era così fissata con l’aspetto esteriore che aveva
ricoperto la locanda con qualsiasi tipo di fiore. Se solo non
l’avesse disprezzata tanto, l’avrebbe ringraziata: passare
per il tetto sarebbe stato un tantino scomodo. Anche se non sarebbe
stata la prima volta.
Si impigliò diverse volte
per colpa di tutti i bracciali che aveva indosso e alla fine, quando si
ritrovò sulla terrazza, odorava di gelsomino.
Si guardò intorno e poi controllò a che punto fosse la luna. Non mancava molto.
Si sedette, accavallando le gambe, e si mise ad aspettare.
Ad un certo punto vide qualcosa comparire dalla camera alla sua destra.
Voltò il capo e rimase ad osservare in silenzio.
Quando lo spettro fece la sua comparsa, saltò in piedi sul parapetto, pronta a scappare.
La creatura spostò i suoi occhi di brace e la inchiodò con lo sguardo.
-Tranquilla, non ti farà
niente. A meno che non glielo dica io.- Simar affiancò Nehir,
sorridendo soddisfatto. La ragazza si era presa un bello spavento.
-Cosa sarebbe?- domandò con voce malferma.
-Un Fisàan. Un lupo della
Foresta del Mentore. La conosci?- rispose lui. Quando la vide scuotere
la testa aggiunse:-Nel Regno del Nord.
-Oh… il Regno degli Elfi.
Annuì, avvicinandosi. Poco dopo comparvero anche gli altri.
Avevano escogitato quella piccola sceneggiata per metterle paura, per scoraggiarla da qualsiasi tentativo di ingannarli.
-Nive, ti vedo pallida.- la sbeffeggiò Drew.
La danzatrice si voltò a
guardarlo e gli scoccò un’occhiataccia. –Fatelo
sparire. Non ho intenzione di contrattare con quel…
quell’animale presente.- ordinò.
“Animale a chi?”, il Beta snudò leggermente le zanne.
“A conti fatti lo
sei.”, gli fece presente Simar. Nehir lo guardò,
eloquente. “Ok, era in tono offensivo.”
-Dato che non ti conosciamo, abbiamo preso delle misure cautelari.- intervenne Blaking.
-Tu parli?- fece lo Spirito, ancora più stupito.
-Ovviamente. Ma passiamo alle presentazioni. Io sono Blaking.
-Simar.- si fece avanti il principe. –E il lupo si chiama Nehir.
-E io sono Ethelyn.- la Ferift affiancò il proprio fidanzato, per dargli man forte in caso di necessità.
-Vi facevo diversi.- commentò Nive. –Sapete cosa state facendo.
L’Elfo sollevò un angolo della bocca, beffardo. –Non siamo degli sprovveduti.- replicò.
-Siamo suscettibili, eh?- liquidò la questione con uno sbuffo. –Allora… vi interessa l’accordo?
-Prima spiegaci cosa vuoi, di preciso.- richiese Blaking.
Lei si voltò a mezzo per
guardarlo negli occhi, poi scrutò tutti i presenti uno per uno.
–Va bene, mi sembra giusto. A quanto ne so sono stata lasciata
alle “amorevoli” cure della proprietaria di questa locanda
da mia madre. Lucilla non vuole dirmi qual è il suo nome
perché sa che andrei a cercarla, ma io voglio sapere chi
è. E lo stesso vale per mio padre. Sono di sangue misto: voglio
sapere se non mi hanno voluta per questo motivo.- disse.
-Benvenuta nella compagnia.- commentò Drew, ironico.
-Quale compagnia?- fece la giovane, perplessa.
-Qui abbiamo tutti sangue misto o
caratteristiche che ci identificano come diversi.- spiegò
Ethelyn. Si indicò. –Io sono una Ferift, anche se non
sembra. Drew è un Nun, mentre Simar è un Elfo. E
Blaking… be’, ha un colore un po’ inusuale, non
trovi?
-Ma mi dona tantissimo.- si pavoneggiò l’Ippogrifo.
-Certo.- ridacchiarono i ragazzi.
-Questo per dirti che capiamo cosa provi. Almeno in parte.- concluse la rossa.
“Sono come me.”, pensò Nive, stupita. –Quindi… mi aiutereste? Ovviamente vi aiuterei.
-Come pensi di aiutarci?- volle sapere il principe.
-Conosco un gruppo di studiosi che sta seguendo da vicino i problemi con le creature d’ombra.- spiegò.
Il Nun la guardò. -Tu sai cosa sono? Le creature d’ombra, intendo?
-Sì. Alla locanda arrivano molti viaggiatori e le voci si spargono velocemente.- confermò.
-Possiamo fidarci?- fu la domanda del pennuto.
-Non mi hanno mai fatto del male.
Il loro capo è una persona molto saggia, ma anche molto gentile.
Sono la cosa più vicina ad una famiglia che io abbia.- lo
Spirito si strinse nelle spalle.
-Quando potremo incontrarli?
-Posso chiedere, anche stanotte. Dipende da loro.- rispose.
I cinque si consultarono tra loro,
parlottando fitto. Erano tutti d’accordo sul fatto che fosse
necessario stare attenti, ma che era un’occasione da non perdere.
Se avessero fallito, almeno avrebbero avuto la certezza di aver provato.
Presero la loro decisione e gliela comunicarono.
***
Manannan non era ancora arrivato.
Undine non avrebbe resistito a lungo e anche lui si stava affaticando.
-Padre… non riesco più a resistere…!- ansimò la Ninfa.
-Ancora un poco. Sta arrivando!- la
scongiurò Fenris, concentrato a tenere aperta la falla che si
era creata tra i regni del Nord e dell’Est. –Fratello!
Il Cair dell’Acqua spinse
all’esterno il proprio potere, che si schiantò contro la
barriera come un’onda sugli scogli. La membrana vibrò,
scossa e cedette il passo.
Il lupo balzò fuori con un agile balzo, atterrando davanti al fratello. –Richiudilo.- ordinò.
La regina degli Elfi non se lo fece
ripetere due volte e lasciò andare i due lembi, lasciando che la
barriera si richiudesse, lasciando solo quel piccolo spiraglio
necessario per le comunicazioni telepatiche.
-Tutto bene?- domandò il Vegliante dagli occhi rossi. La donna annuì, lasciandosi cadere a terra.
Suo marito, che era rimasto in
disparte fino a quel momento, accorse per soccorrerla. Lei gli sorrise
debolmente, lasciando che i lunghi capelli le coprissero in parte il
viso.
-Col vostro permesso, vorrei portare mia moglie a riposare.- disse il re, rivolto ai due Cairansis.
-Naturalmente. Grazie del tuo aiuto, figlia mia.- disse Fenris.
-Dovere.- fu la risposta.
-Bene… ora dobbiamo provare a raggiungere il Primo. Non sarà un’impresa facile.- sentenziò Manannan.
Il compagno lo fissò
intensamente, annuendo poco dopo. –Credo che basterebbe
solleticare uno dei rami della quercia, per attirare la sua attenzione.
Il problema è riuscire a trasmettere il messaggio.-
ragionò.
-Controlliamo il potere
dell’Acqua e quello del Vento, troveremo un modo.- fu la risposta
del lupo col pelo color del mare.
-D’accordo. Proviamo.
Si affiancarono, arrivando a
toccarsi a livello delle spalle. Chiusero gli occhi ed entrarono in
comunione, sentendo l’uno il potere dell’altro. Era come se
fossero un’entità unica e la magia fluisse dentro e fuori,
avvolgendoli.
Lentamente Manannan fece penetrare
nella barriera un sottile rivolo d’acqua. Si arricciava e si
piegava, seguendo le piccole fessure che trovava.
All’improvviso venne bloccato.
Il Vegliante dell’Acqua
piantò le zampe, affondando con le unghie nel terreno. Il potere
del nemico stava tentando di respingerlo.
Per fortuna Fenris venne in suo
aiuto e l’acqua divenne ghiaccio. Con la sua nuova forma le era
più facile perforare la barriera.
Fu una lotta dura ed estenuante, ma ad un certo punto toccarono la coscienza della grande quercia.
La pianta secolare si rese
conto della loro presenza e li aiutò a passare, buttando fuori
il potere avversario. I due Cair tirarono un sospiro di sollievo e
proseguirono nella loro ricerca, fino a giungere alle radici
dell’albero.
-Chi chiede udienza?
La voce del Primo risuonò nelle loro menti, ancestrale.
-I tuoi fratelli. Svegliati e rompi le catene del tuo stesso potere. Suran ha bisogno di te.
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Capitolo 27 *** Cap. 26 Il covo ***
Cap. 26 Il covo
Finalmente, dopo tanto tempo, sono riuscita a concludere un nuovo capitolo! Sono stra felice!! :)
Spero vivamente che vi piaccia, anche se non ci sono combattimenti o scene plateali.
I nostri amici sono finalmente riusciti ad ottenere un incontro col
capo degli studiosi, mentre i Cair hanno risvegliato il Primo. A fine
capitolo vi aspetta una sorpresa, un ritorno ;)
Buona lettura!
P.S.: Il nome Analyon significa "padrone di tutto", in quanto il Primo è quello a detenere il maggior potere.
Cap. 26 Il covo
Analyon spalancò gli occhi di colpo, sentendo il
potere scuotere la quercia in tutto il suo essere. Si riscosse dalla
propria apatia e scacciò le nebbie del sonno, facendosi vigile.
Aveva risposto al richiamo nella semi coscienza, ma ora era sveglio.
Prese un respiro profondo e fluì attraverso la corteccia,
manifestandosi in forma solida come se fosse un’emanazione
dell’albero stesso.
Quando la sua corte lo vide apparire nel grande giardino ai piedi della
quercia, furono molte le esclamazioni di sorpresa. Una donna
lasciò cadere a terra un vaso, che si ruppe in mille pezzi.
Subito venne affiancato da Xira, la sua fedele aiutante.
-Mio signore.- si inchinò profondamente, coprendo parte del
proprio corpo con una delle sue ali. Essendo un’arpia aveva gli
arti superiori piumati e quelli inferiori uncinati. Non era una
creatura facile da gestire, in particolar modo quando era arrabbiata.
Ma il suo acume e la sua capacità di smascherare i bugiardi ne facevano un’alleata insostituibile.
E poi se lui, in quanto Primo, avesse iniziato a fare preferenze tra le
razze, cos’avrebbero pensato i suoi fratelli? O il suo popolo?
Posò i suoi occhi color ruggine sulla donna e rimase in silenzio
per qualche istante, meditabondo. Non capiva bene perché, ma
sentiva di aver riposato troppo allungo, lasciando agli altri la
responsabilità di Suran.
“Perché ho abbandonato i miei doveri?”, si chiese, confuso.
-Mio signore…?- Xira richiamò la sua attenzione, raddrizzandosi e fissandolo, in attesa di ordini.
-Ho bisogno che tu mi assista.- disse solo. Lei annuì, pronta a qualsiasi richiesta.
Il lupo voltò le spalle ai presenti, ignorando i mormorii
concitati che si stavano spandendo a macchia d’olio. Avrebbe
avuto tempo per le spiegazioni, più tardi. Senza aggiungere
altro scomparve all’interno della quercia secolare, sparendo come
solo un fantasma avrebbe potuto fare.
Il suo consigliere non si lasciò impressionare e si
affrettò a spiccare il volo per raggiungere i rami più
alti dell’albero: era lì che il Cair si recava quando
doveva comunicare coi fratelli. Soprattutto se la
conversazione era privata.
Il Vegliante ricomparve in alto, alla fine della lunga spirale che
collegava le radici della pianta al cielo. Quello era il suo giaciglio,
la sua casa, fatto di rami intrecciati e perle di rugiada.
Alcune fenici gli vennero incontro, salutando il suo arrivo con
melodiose note canore e piume di fuoco, che planarono dolcemente al
suolo, aggiungendosi al tappeto già esistente.
-Eccomi.- si annunciò Xira. I volatili si affrettarono a
nascondersi, spaventati dalla presenza dell’arpia. La donna
represse una smorfia, essendoci ormai abituata.
–Cos’è successo?
“Dritta al punto.”, pensò Analyon. –I miei
fratelli mi hanno contattato. È stato un attimo, poi le loro
voci sono sparite.- spiegò brevemente.
Annuì. –Devo trascrivere la conversazione?- domandò.
-Per favore.- la bocca della creatura si sollevò leggermente, in
quello che doveva essere l’accenno di un sorriso. Si
sistemò esattamente al centro della propria dimora e
divaricò le zampe, graffiando i rami con le unghie.
Prese un respiro profondo e i peli sulla sua schiena vibrarono, come
accarezzati da una leggera brezza. Poco dopo nell’aria si spanse
un piacevole e penetrante odore di terra smossa.
Svuotò la mente e lasciò che il proprio potere
entrasse in comunicazione con quello della quercia. Era come il
naturale fluire della linfa all’interno dei suoi rami, solo che i
flussi di magia scorrevano in molteplici direzioni, pulsando.
Il primo tentativo andò a vuoto. Analyon digrignò
leggermente i denti, irritato e tornò a concentrarsi. Da qualche
parte, nel terreno, sentiva echeggiare le voci di Fenris e Manannan.
Erano lontane e flebili, come l’eco di un canto tra le montagne.
Xira rimase in disparte, attendendo in religioso silenzio. Sapeva che
non doveva disturbare il Cair mentre entrava in comunicazione con la
pianta o coi propri fratelli, perché la reazione sarebbe stata
terribile. Così come il suo elemento, anche lui aveva una forza
sovrumana e poteva scatenarla contro chiunque.
Normalmente era un animale mite, anche se autoritario, ma poteva
diventare nervoso e inavvicinabile nel giro di poco tempo, allo stesso
modo in cui un semplice sassolino poteva diventare una frana.
Un basso rumore di gola la distrasse dalle sue elucubrazioni e i
suoi occhi si posarono sulla figura dell’enorme lupo davanti a
lei. Aveva le spalle contratte e le orecchie abbassate, nello sforzo di
penetrare il potere della quercia.
Improvvisamente avvertì uno strappo e la sua mascella scattò. “Fratelli.”, disse.
“Analyon, sei davvero tu?”, domandò il Cair dell’Acqua.
Rilassò un poco la postura. “Naturalmente. Perché mi avete contattato?”
Ci fu una pausa, poi Fenris prese parola. “Siamo sotto
attacco.”, annunciò. Diretto come una raffica di vento.
Il Primo si fece confuso. “Chi ci sta attaccando? Non capisco.”, ammise.
Gli altri due Cairansis si scambiarono un’occhiata e poi iniziarono a narrargli i fatti, alternandosi vicendevolmente.
“Quindi sono rimasto assopito per tutto questo tempo per colpa di
un potere nemico?!”, il Cair della Terra era oltraggiato.
La sua ira fece scuotere i rami della quercia e anche la stessa Xira,
intenta ad appuntare ogni singola parola della conversazione.
“E’ probabile che sia stato il potere dell’albero,
nel tuo caso. Per preservarti.”, ipotizzò Manannan.
Analyon si mise a camminare in cerchio, sempre tenendo gli occhi
chiusi. Conosceva così bene la propria dimora che non aveva
bisogno della vista. “E quei ragazzi sono in viaggio?”,
chiese conferma.
“Sì, da più di un mese.”, rispose Fenris.
“Dobbiamo diramare un comunicato. Allertare tutte le genti.
Allertare tutti quelli che possono aiutarci e trovare il modo di
comunicare con Shunka.”, stabilì un piano d’azione.
“Non sarà facile.”, commentò il Vegliante dal pelo argentato.
“Nessuno può minacciare la nostra terra e la vita di nostro fratello. Non posso permetterlo, non possiamo permetterlo.”, replicò con enfasi.
Gli altri due si trovarono d’accordo. “Per quanto riguarda
i Balhia…”, iniziò il lupo dagli occhi rossi.
“Speriamo di riuscire a riaverli con noi. In quel caso avremmo
una possibilità in più. Sento che il legame che ci unisce
può essere sfruttato contro di noi.”, commentò il
Primo.
Improvvisamente qualcosa bloccò il flusso di pensieri tra i tre
lupi. Un potere oscuro, strisciante e vischioso come la pece.
“Che succede…?”, chiese la creatura dal pelo color della terra. Non ebbe risposta. “Fratelli!”
Il tempo di un battito di ciglia e la comunicazione venne
definitivamente interrotta, come se qualcuno avesse strappato il
flebile filo che permetteva loro di parlare.
Analyon spalancò gli occhi, reprimendo un ringhio. –Xira, chiama i Guardiani.- ordinò.
-Sarà fatto.
***
-Ho bisogno di parlare con Csi.- annunciò Nive, avvicinandosi al bibliotecario.
Era da poco passata l’una di notte, ma l’edificio era
comunque aperto al pubblico, dato che lavorava ventiquattr’ore su
ventiquattro.
L’uomo, un Elfo con un paio di eleganti occhiali dalla montatura
d’argento, la scrutò per qualche istante. Poi fece un
lieve cenno del capo e disse:-Molto bene. Aspetta qui, piccola
danzatrice.
Detto questo si dileguò tra gli scaffali pieni di libri.
Lo osservò accarezzare alcuni volumi in un gesto inconsapevole:
sapeva che Quintilius li amava al pari della sua famiglia, glielo aveva
detto poco dopo aver incontrato Csi.
Ricordava quella sera con chiarezza e si lasciò sfuggire un
sorriso, ripensando a come quell’Elfo l’avesse avvicinata e
sembrasse sapere tutto su di lei, anche i suoi sogni più
nascosti.
A quei tempi lei voleva solamente fuggire dalla Locanda dei Fiori, ma
lui l’aveva convinta ad aggregarsi al suo gruppo di studiosi e a
diventare i loro occhi. Le aveva spiegato che, in un posto come la sua
casa, transitavano persone provenienti da tutto Suran.
Il che voleva dire notizie fresche pressoché ogni giorno.
Così lei aveva continuato a fingersi bella, ma anche stupida, per poter ottenere quello che serviva a Csi.
Provava molto rispetto per quell’uomo e, ogni volta che
incrociava il suo sguardo, vi leggeva affetto, nonostante fossero poco
più che conoscenti.
Non sapeva quale fosse il suo vero nome né la storia che
lo riguardava, ma era quasi certa che non fosse qualcosa di piacevole.
Lui non ne aveva mai accennato, preferendo allontanare l’ombra
del passato con un sorriso gentile e Nive non aveva mai chiesto,
evitando di rompere quel tacito accordo.
-Csi è pronto a riceverti.- la voce di Quintilius la
strappò ai suoi pensieri. Sobbalzò leggermente e vide
l’angolo della sua bocca sollevarsi.
-Mi hai spaventata.- brontolò, avviandosi verso il terzo scaffale, quello contenente i volumi di storia.
-E’ che tu stai sempre a rimuginare.- la canzonò l’uomo. –Ti ricordi come si attraversa, vero?
Gli lanciò un’occhiata da sopra la spalla. –Certo.- rispose, spavalda.
Il bibliotecario si congedò con un gesto della mano e tornò alla sua postazione, lasciandola tra le scaffalature.
Raccolse una piccola lampada dal suo supporto e si inoltrò nella
penombra, iniziando a contare mentalmente i libri. Il meccanismo di
apertura era nascosto in un tomo abbastanza anonimo ed impiegava sempre
un po’ di tempo per ritrovare la sua collocazione.
“Csi sa il fatto suo.”, si disse, facendo scorrere gli
occhi sui dorsi delle rilegature in pelle. Ad un certo punto si
bloccò ed avvicinò la lampada. “Eccolo!
Chissà perché proprio un libro sui rapaci…”,
lo afferrò saldamente e fece leva.
Una parte del pavimento si abbassò, mostrando una scala a chiocciola in ferro battuto. Lo Spirito sorrise, soddisfatto.
Raccolse le sue gonne e si affrettò a scendere,
aiutandosi con la luce della lanterna. Dopo una prima discesa si
ritrovò all’interno di un corridoio di roccia: senza
esitare puntò avanti, sicura della strada da percorrere.
Alcune svolte più tardi vide il familiare chiarore e si trovò davanti Ràvion.
Nonostante fosse un Doslor, quasi mai nella sua forma miniaturizzata,
sapeva celarsi nell’oscurità come uno spirito.
Non conosceva la sua storia, così come non intendeva il passato
di molti altri appartenenti al gruppo, ma qualcosa le diceva che
quell’uomo doveva esser stato un guerriero.
-Buonasera Ràvion.- lo salutò.
Quello rispose con un rapido gesto della mano, disegnando un anello di
fuoco nell’aria. Sapeva una sola cosa sul suo conto: era muto.
E questo lo rendeva ancora più inquietante, escludendo i suoi occhi di due colori diversi.
Nive si affrettò a passare oltre e sbucò nel grande atrio centrale.
Era un immenso giardino scavato nella roccia, con al centro un grande
albero. Le sue radici si immergevano in complicati arabeschi
d’acqua, che irroravano le piante per tutta l’estensione di
quel grande spazio.
La luce arrivava dalla grande apertura che dava sul cratere, nascosta
da una cascata d’acqua. Era strano che nessuno avesse mai
scoperto quel rifugio, ma sicuramente Csi aveva preso tutte le misure
di sicurezza necessarie per evitarlo.
-Ah, piccola danzatrice. Qual buon vento ti porta qui?
Sorrise all’udire quella voce e si voltò verso il suo interlocutore, pronta a spiegare tutto.
“Tra quanto ce ne andremo?”, domandò Nehir,
stiracchiandosi. Si era rifugiato nuovamente nel parco della
città ed era tornato per svegliare il suo compagno.
Simar uscì dal letto, allungando le braccia sopra la testa ed arruffandosi i capelli. –Come…?
Il lupo gli si avvicinò ed abbassò il capo in modo da
poter avere i loro occhi alla stessa altezza. “Tra quanto tempo
partiremo per le terre del Sud?”, ripetè la domanda,
lentamente.
-Oh… appena Nive sarà tornata con la risposta dei suoi
amici, decideremo il da farsi.- rispose, prendendo coscienza di
sé.
“Ti vedo stanco.”, osservò l’amico.
-E’ la tensione… sento il peso di quest’avventura,
ma è difficile da gestire.- ammise, indossando una tunica di
lino.
“Ricorda che non sei solo, in quest’avventura.”, gli
fece presente, osservandolo aggirarsi per la stanza. L’Elfo
annuì, allacciandosi il fodero dei pugnali sul petto. Li portava
dietro la schiena, in quanto gli era più comodo estrarli.
-Raggiungiamo gli altri.- disse.
“Così armato?”, fece l’amico, perplesso.
L’altro si osservò e decise di optare per qualcosa di
più discreto. Depose i pugnali gemelli e ne infilò uno
più piccolo nello stivale.
-Andiamo.- diede una pacca sulla spalla del Fisàan e si avviò.
Non si curò di bussare alle porte degli altri, li avrebbe attesi di sotto, nella grande sala comune della locanda.
Quando raggiunse il piano terra lo accolse un piacevole
chiacchiericcio, segno che c’erano già molte persone. Si
guardò un attimo attorno e, dopo aver individuato Nehir nella
corte, raggiunse il tavolo a cui erano seduti Drew ed Ethelyn.
-Buongiorno.- salutò.
-‘Giorno…- mormorò la Ferift, mentre il Nun non disse nulla.
Simar si accigliò. –Tutto ok...?- chiese. Al che
notò che la ragazza sfuggiva il suo sguardo e aveva le guance
rosse. Lanciò un’occhiata al suo compagno e lui gli fece
capire che non era il momento. Allora si sedette e chiese:-Notizie da
Nive?
-Sì. Blaking sta parlando con lei, in questo momento. Si
è offerto portavoce, quando lei ci ha raggiunti, questa
mattina.- spiegò il giovane.
-Questa mattina?- il principe era confuso. Gli sembrava di essersi perso un pezzo di conversazione.
-Ti spiegherò dopo.- sussurrò l’altro.
“Qui è successo qualcosa… ma cosa?”, si
chiese il ragazzo. Aveva intuito che fossero coinvolti sia Drew che
Ethelyn, ma non avrebbe saputo dire altro. Meglio aspettare il ritorno
dell’Ippogrifo: la sua capacità di fare da paciere era
proverbiale, in certe situazioni.
“Danzatrice a ore dodici.”, l’avvisò Nehir.
“Non avvicinarti. Sta riferendo a Blaking… potresti
spaventarla.”, lo pregò. Lo sentì ridacchiare e
poco dopo gli disse che sarebbe uscito per una piccola battuta di
caccia.
Annuì distrattamente, cercando di richiamare l’attenzione di una cameriera per farsi portare la colazione.
-Nehir?- domandò la rossa.
-A caccia. La città continua ad andargli stretta.- rispose. Lei
annuì, poi tornò a smangiucchiare le uova che aveva
ordinato. Simar tentò di attirare l’attenzione di Drew, ma
tutte le volte lui si rifiutò di parlare.
-Vado a prendere una boccata d’aria. Sono nella corte.-
annunciò ad un certo punto Ethelyn. I due ragazzi la guardarono
stupiti, ma poi annuirono.
Non appena si fu allontanata, il principe andò
all’attacco. –Si può sapere cos’è
successo?- chiese, esasperato.
-E’ tutta colpa di Nive.- sospirò l’altro, abbandonandosi contro lo schienale della sedia.
L’Elfo alzò un sopracciglio, perplesso. –Quindi…?
-Stavamo dormendo, quando lei è entrata in camera. Io ed Ethelyn
eravamo… be’, nella notte ci siamo avvicinati ed
eravamo… sì, insomma, hai capito.- scacciò
l’improvviso rossore che gli era salito alle guance.
–Comunque, la signorina ha pensato bene di fare la spiritosa e
credo che Ethelyn sia morta d’imbarazzo. Sarebbe stato diverso se
fosse successo mentre eravamo soli, ma così… lei non
è abituata a queste cose.- terminò di suo resoconto.
-E ora è arrabbiata con te.- concluse il suo interlocutore.
-Non credo. Oppure, non solo. Anche con se stessa, credo, perché
non ha saputo reagire alla provocazione.- tentò di spiegare.
-E io che credevo fosse chissà che…- ridacchiò Simar. –Basta che ne parliate.
-Sì… appena la smetterà di esser violenta.-
brontolò l’altro. All’occhiata dell’amico
aggiunse:-Mi ha dato un bel pugno nello stomaco.
L’Elfo tentò di soffocare un sorriso, ma senza molto
successo. Quei due ci avrebbero messo secoli a trovare un equilibrio e
tentare di farlo nel bel mezzo di un’avventura non era impresa
semplice.
-Prima finiamo questa faccenda, meglio è. Quella mi mette sempre
in situazioni scomode.- mormorò il Nun. Non c’era bisogno
di tanto acume per capire a chi si stesse riferendo.
-Sono d’accordo.- concordò Simar.
Poco dopo videro Blaking camminare lentamente verso di loro, le grandi
ali ripiegate contro i fianchi. Alla sua sinistra Nive si muoveva
leggiadra, ancheggiando con disinvoltura.
Ethelyn lanciò loro un’occhiata e poi li seguì all’interno.
“Nehir, dove sei? La riunione sta per cominciare.”, lo contattò il principe.
“Nel parco. Tienimi aggiornato tu, ora ho da fare.”, e lo
escluse, senza tante cerimonie, dalla sua mente. Il ragazzo ci rimase
un attimo, perché si comportava in quel modo solo era arrabbiato
con lui o c’erano guai in vista.
Si accigliò visibilmente, sentendo una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
-Oh, Simar, buongiorno!- lo salutò l’Ippogrifo. Lui si
riscosse e sorrise in risposta, spostandosi per far spazio alla
danzatrice.
-Allora? Siete arrivati ad un accordo?- domandò Drew,
impaziente. Lo Spirito gli scoccò un’occhiata
provocatoria, ma lui la ignorò.
-Sì, abbiamo un accordo.- annuì la creatura, avvicinandosi al tavolo.
-E…?
-Stanotte. Ci accompagnerà Nive: farà da garante.- spiegò.
La Ferift le lanciò un’occhiata. –Senza offesa, ma
è sicuro?- chiese. Nonostante cercasse di vedere il buono, nelle
persone, aveva imparato a diffidare dalle apparenze. Soprattutto dalle
dolci ed ingannevoli parole pronunciate da una bocca amabile.
Nive fece spallucce. –Fate come vi pare. Io ho fatto la mia parte.- commentò, per nulla toccata dal commento.
-Ragazze, calme. Possiamo aiutarci a vicenda e Nive ha molto da perdere.- le blandì Blaking.
La ragazza stava per ribattere, ma preferì evitare, dato che il
pennuto sembrava essersi schierato dalla sua parte. Almeno per il
momento.
-Io dico di tentare.- intervenne Simar. Era ancora preoccupato per il
modo in cui il suo Fisàan si era congedato, ma cercò di
relegare quel pensiero in un angolo della sua mente.
Dopo un attimo d’esitazione anche Drew si trovò
d’accordo. Ethelyn non ne fu particolarmente contenta, ma si
disse che era la cosa migliore da fare.
-Bene, abbiamo un accordo. Incontriamoci sulla vostra terrazza, a
mezzanotte.- e con questo Nive raggiunse le sue compagne danzatrici.
-Ethelyn… io… dovrei parlarti.- Drew la prese per un polso, esitante.
Lei si fermò e lo guardò. –Non c’è
bisogno.- abbassò lo sguardo, arrossendo. Gli altri si erano
già avviati ed erano rimasti soli.
-Invece sì. Andiamo fuori.- puntò gli occhi nei suoi,
verdi come la primavera. La ragazza esitò un attimo, ma poi
annuì.
La condusse attraverso le varie corti, fino a quando non ne
trovò una molto piccola e appartata, impreziosita da cespugli
odoranti di gelsomino e da una fontana gorgogliante, al centro dello
spiazzo lastricato.
-Che bello!- mormorò la giovane, colpita.
Il Nun annuì, accomodandosi sul bordo di pietra. Ethelyn
esitò un attimo e poi lo imitò. –Io… io non
ce l’ho con te…- iniziò.
-Capisco che questa situazione sia nuova, per te. Ma devi fidarti di me
e non dare ascolto agli altri, soprattutto a Nive. Lei si diverte a
mettere a disagio le persone.- la bloccò prima che potesse dire
altro.
-Lo so. Cioè, lo capisco… ma mi sento così
stupida, in questo frangente. Non so niente di queste cose, se non che
il bacio del vero amore può risvegliare una principessa
addormentata.- replicò, leggermente esasperata.
Drew si lasciò sfuggire un sorriso. –Be’, tu non eri
addormentata, però ti ho liberata, in un qualche modo.-
commentò.
La rossa lo sguardò di sottecchi. –Ma non ci siamo baciati, la prima volta che ci siamo visti.- osservò.
Lui allora sospirò, non sapendo bene se disperarsi o buttarla
sul ridere. –Stavo cercando di essere romantico.- le
spiegò.
-Oh.- fece lei. Ridacchiò nervosamente e poi mormorò
qualcosa circa la sua “ignoranza in questioni amorose”.
Rimasero in silenzio per un po’, ascoltando la limpida voce della fontana ed il canto degli uccelli.
Erano entrambi in attesa di qualcosa, forse della mossa dell’altro, ma nessuno si decideva a compiere il primo passo.
“Ethelyn, smettila! Pensi troppo e questo ti blocca.”, si
rimproverò per l’ennesima volta. Lanciò uno sguardo
a Drew e poi inspirò profondamente. –Mi dispiace. E ti
perdono.
-C-come? Sul serio?- si voltò a guardarla, stupito. Lei
annuì, scostando una ciocca di capelli dal viso.
–Oh… meno male! Sono sollevato!- sorrise, rilassando i
muscoli delle spalle.
La Ferift esitò un attimo, poi chiese:-Nive non ti piace, vero?
Il suo compagno la fissò, cercando di capire se intendesse
veramente quello che aveva detto. A giudicare dal suo sguardo era
seria. –No. Assolutamente.- replicò, convinto.
-Nemmeno se ti si offrisse…?
-Ma per chi mi hai…- iniziò.
-Scusa, non volevo offenderti!- s’affrettò a dire. Lui
allora ingoiò le parole e stette a guardarla, aspettando la sua
prossima mossa. –Avvicinati.
Obbedì e le si fece vicino, sempre in attesa. Lei si
torturò le mani per qualche istante e poi lo afferrò per
la casacca, tirandolo verso di sé. Assecondò il movimento
e si abbassò, incontrando i suoi occhi.
Vide le sue guance imporporarsi leggermente e poi le sue palpebre
abbassarsi nell’attimo in cui le loro bocche si toccarono. Rimase
piacevolmente sorpreso dal suo imprevisto spirito d’iniziativa e
la lasciò condurre.
Il bacio fu lento e a volte incerto. E lo lasciò assolutamente
insoddisfatto: avrebbe voluto osare di più, ma sapeva che non
poteva.
Non ancora.
“E quando?”, si chiese, reprimendo il desiderio.
Chissà se anche Ethelyn sentiva quel caldo pulsare, quando stava
in sua compagnia.
Vedendola abbastanza rilassata, prese il comando. La obbligò ad
arretrare, fino a che non si ritrovò distesa con metà del
corpo sul bordo di pietra della fontana. I ricci le si sparsero attorno
al viso come una fiamma.
La vide socchiudere la bocca, pronta a domandare, ma non glielo
permise. Si abbassò e rivendicò le sue labbra, facendosi
più esigente rispetto al bacio di poco prima.
Le cose stavano andando inaspettatamente bene quando sentì Ethelyn irrigidirsi. Quello era il suo segnale.
Si staccò lentamente, le sorrise e sussurrò:-Torniamo dagli altri?
L’aiutò ad alzarsi e la prese per mano, conducendola al
piano di sopra. La giovane represse un brivido, sentendosi strana, ma
sempre e comunque molto imbarazzata.
-Ci siamo tutti?- domandò Nive, guardandosi attorno.
Si era tolta la maggior parte dei gioielli che indossava solitamente,
dato che sarebbero stati solo un’inutile modo per attrarre
l’attenzione. E, almeno in quel caso, non voleva che succedesse.
Fece scorrere lo sguardo per la terrazza, poi si fermò a
guardare Simar. Era un gran bel principe, non c’era che dire, ma
non le dava l’impressione di essere accomodante. A lei piaceva
giocare con gli uomini, un po’ come fa il gatto col topo.
Sempre col loro consenso, ovviamente.
“E quando mai si sono rifiutati?”, pensò, reprimendo un sorriso.
-Ci siamo tutti.- proprio la voce dell’Elfo la strappò
alle sue considerazioni. Alzò il capo e lo fissò confusa.
-E il lupo?
-Ci raggiungerà più tardi.- assicurò il ragazzo con un piccolo ghigno. Sapeva che la metteva in soggezione.
Annuì, sbrigativa. –Bene, muoviamoci allora.- disse e
saltò oltre il parapetto, scivolando lungo la pianta rampicante
che ne lambiva i bordi.
-Quella è pazza…- commentò Drew, scuotendo la testa.
-Be’, al di là di tutto, sa come muoversi.- dovette
ammettere Ethelyn. –E lo fa molto bene, pur essendo solo una
danzatrice.
Il Nun lesse ammirazione negli occhi della rossa e capì che la
ragazza le invidiava i suoi movimenti flessuosi e femminili. Forse… Non era sicuro al cento per cento.
-Muoviamoci.- li esortò Blaking. Spalancò le grandi ali
ed aspettò che gli montassero in groppa. Drew non se lo fece
ripetere due volte, ma quando allungò la mano verso la sua
compagna, lei scosse la testa.
Sorrise e si fece spuntare le ali. -Ho voglia di sgranchirmi un po’.
-Come vuoi. Simar, salta su!- fece allora l’Ippogrifo.
-Grazie.- il giovane si sistemò e in poco si ritrovarono fuori
dalle mura della Locanda, guidati dall’abile e silenziosa Nive.
Mentre avanzavano tra le ombre e i vicoli della città di Neith,
la si poteva intravvedere per via del suo incarnato pallido e dei suoi
veli luccicanti.
Ad un certo punto Nehir li raggiunse e Simar si spostò sulla sua
groppa. Drew non ci pensò nemmeno a rimpiazzarlo con lo Spirito
Blu.
Continuarono a proseguire, allontanandosi sempre più dal
centro della capitale. Man mano che si avvicinavano ai quartieri
periferici, caratterizzati da ampi possedimenti, le persone
diminuirono, ma rimasero comunque sempre più di quelle che si
sarebbero potute trovare in un piccolo villaggio.
Ad un certo punto la giovane si fermò ed indicò loro una
costruzione a due piani, dai volumi semplici e squadrati, con un grande
pergolato davanti alla porta d’ingresso.
Simar intravide l’insegna. –Una biblioteca? Non è molto originale.- commentò, dopo aver letto.
-Bisogna diffidare dalle apparenze.- replicò Nive, lanciandogli un’occhiata da sopra la spalla.
-E’ un riferimento personale?- la punzecchiò.
Lei socchiuse gli occhi e non rispose, limitandosi a puntare verso
l’edificio. Poco prima di entrare sia il principe che Drew
smontarono dalle loro cavalcature.
Non appena furono dentro un Elfo venne loro incontro. –Ben
arrivati.- li accolse, cortese. –Piccola danzatrice, non ci avevi
detto che i tuoi ospiti sarebbero stati così…
eterogenei.- aggiunse, dopo aver dato un’occhiata a Blaking e
Nehir.
-Non avrebbe cambiato le dimensioni del passaggio, no?- commentò lei.
-Mhm… non esattamente.
-Scusate… lei chi sarebbe?- Ethelyn li interruppe.
Il bibliotecario si riscosse e le sorrise. –Che maleducato. Io
sono Quintilius, il guardiano dell’ingresso. E un semplice
bibliotecario.- disse. –In ogni caso, ho un altro ingresso per le
due creature.- tornò a rivolgersi a Nive.
La mora lo guardò stupita. –Sul serio? E perché non ne sapevo nulla…?- chiese, piccata.
-Perché sei una novellina. Ci sono ancora molti segreti del
mestiere che ti sono ignoti.- la punzecchiò allegramente.
–Ma non perdiamo altro tempo, seguitemi.
Recuperò un paio di lanterne e, dopo averle affidate ai suoi
ospiti, li condusse attraverso le file di scaffali. Quando arrivarono
davanti alla leva, fece cenno alla danzatrice di tirarla. Lei
obbedì e poco dopo ecco comparire il passaggio segreto.
“Ingegnoso.”, pensò Simar, ammirato.
“E io dovrei passare per quel buco?”, si chiese Nehir, scettico. “Nemmeno in questa forma…!”
-Per voi c’è un'altra via.- l’Elfo sembrò
leggergli nel pensiero. Si avvicinò ad una scaffalatura di fondo
e, come per magia, ecco comparire un’apertura abbastanza grande
per far passare un cavallo.
“Molto meglio.”, fu il commento del Fisàan.
-Basta che seguiate il corridoio di pietra. Vi ricongiungerete e
poi… be’, Nive sa la strada. Spero possiate trovare quello
per cui siete venuti.- augurò loro. Esitò un attimo e poi
si congedò, tornando alla sua postazione.
-Andiamo. Ci ritroviamo di sotto.- Nive fu la prima ad iniziare la discesa.
-All’ingresso troveremo Ràvion. Non spaventatevi, è
innocuo: attacca solo gli intrusi.- disse loro, una volta riunitisi.
-Che genere di creatura è?- chiese Blaking, perplesso.
-Un Doslor.
Come se nominare una delle quattro grandi razze potesse risolvere la
questione. Non fecero altre domande, dicendosi semplicemente che
avrebbero visto coi propri occhi.
Stavano camminando da un po’ quando, davanti a loro, apparve il
tremulo baluginio di una luce. Nive non esitò e proseguì,
ben consapevole di quello che avrebbe trovato dopo la svolta.
-Ben trovato, Ràvion.- si fermò giusto in tempo per non sbattergli contro.
L’uomo le fece un cenno del capo e poi tracciò alcune
parole nell’aria, dando il suo muto benvenuto agli ospiti.
I ragazzi ringraziarono, leggermente a disagio, poi si affrettarono a
proseguire. Solo Nehir esitò, scambiando qualche pensiero col
guardiano.
Quando sbucarono nel rifugio rimasero tutti ad osservare immobili il
grande albero e la finestra sulla cascata. Blaking lanciò
un’occhiata all’esterno e capì di trovarsi nel
canyon sottostante il lago Daika.
Come potevano celarsi alla vista del Cair?
-Ho portato i viaggiatori.- annunciò Nive, fermandosi al centro del giardino.
Sembrava non esserci nessuno in giro, ma sapevano che non poteva essere assolutamente così.
Ad un certo punto ecco comparire due Spiriti dalle lunghe chiome color
oltremare. Quando passarono sotto la luce lunare le loro squame, che si
intravedevano sotto i vestiti, lanciarono timidi luccichii.
-Csi vi sta aspettando.- disse uno dei due uomini.
Nive non sapeva i loro nomi, dato che il gruppo era formato da molte persone e parecchi di loro preferivano non socializzare.
-Siamo sicuri che possiamo fidarci…?- sussurrò Drew.
Blaking lanciò un’occhiata ai loro accompagnatori, poi
dovette scuotere impercettibilmente la testa.
Aveva uno strano presentimento in corpo, ma non era totalmente negativo: assomigliava più ad agitazione che paura.
Vennero condotti verso il fondo della grotta, dove si aprivano numerosi
corridoi. Presero quello centrale, illuminato da fuochi talmente chiari
da sembrare bianchi.
-Ci sono dei Nun, qui.- commentò Drew, meravigliato.
Passarono attraverso diversi archi di pietra, scorgendo passaggi in cui si affacciavano grandi sale affollate e porte chiuse.
I due Spiriti li portarono fino ad una grande porta di legno,
perfettamente sigillata. Quello che aveva parlato per primo
bussò discretamente.
-Falli entrare.- disse una voce dall’interno.
L’uomo fece come gli era stato detto ed aprì il battente,
invitandoli ad immettersi nella stanza. Fu Nive ad aprire la strada,
dato che era l’unica a conoscere quel luogo.
-Oh, Nive. Finalmente siete arrivati.
Simar si stupì di ritrovarsi all’interno di una sala
circolare, dall’alto soffitto di vetro. Aggrottò le
sopracciglia, rimanendo a fissare le stelle.
-Quello è un vecchio trucco che ho imparato tanto tempo fa.- si
sentì rivolgere la parola. Si riscosse e si affrettò ad
abbassare lo sguardo. –La terra si apre, lasciandomi ammirare il
cielo, ma dall’esterno tutto sembra al suo posto.
La persona che aveva parlato era un Elfo, proprio come lui. Ma a
differenza del principe non era più nel fiore
dell’età e le rughe tessevano una sottile ragnatela sul
suo viso. I folti capelli castano ramati mostravano qualche ciocca
bianca, senza nulla togliere al fascino dell’uomo. I suoi occhi,
dello stesso colore del cielo, erano pronti a percepire ogni più
piccolo dettaglio del mondo che li circondava.
Al di là del suo sguardo, deciso e gentile al tempo
stesso, quello che balzava subito all’occhio era la brutta
cicatrice che sembrava deturpare tutto il lato destro del suo corpo.
Ethelyn cercò di non abbassare gli occhi, tentando di mostrare
rispetto. Sapeva che non era bello esser giudicati semplicemente dal
proprio aspetto.
-Apprezzo lo sforzo, ma capisco che possa essere difficile, i primi tempi.- commentò l’uomo.
-Come?- chiese, stupita.
-La cicatrice. Non vi preoccupate: so quanto sia brutta, a vedersi. A
volte turba ancora anche me.- le sue labbra si distesero in un sorriso,
che allentò sensibilmente la tensione. –Prego,
accomodatevi pure. Mi presento, io sono Csi.
-Vi ringrazio per aver accettato d’incontrarci.- disse Blaking, indeciso sul da farsi.
-Come potevo non farlo? Non capita molto spesso, di questi tempi, di
poter incontrare un gruppo del genere.- replicò, scrutandoli
attentamente uno per uno. –Ditemi cosa cercate. Se la vostra
è una richiesta ragionevole, potrete dirmi i vostri nomi. In
caso contrario, non intendo saperli: sarà più sicuro per
entrambe le parti.
“Mi piace.”, osservò Nehir, accucciatosi accanto a
Simar. Il giovane gli lanciò un’occhiata. “E’
sincero, sa quello che fa ed è una persona molto dotata.”,
aggiunse.
“Sì… sento una specie di formicolio lungo le braccia.”, ammise il ragazzo.
E quella sensazione era la stessa per tutti gli altri.
Dopo alcuni lunghi istanti d’attesa, tutto il gruppo si
accomodò. Nive, la più vicina a Csi, si guardò
intorno e chiese:-Dove sono gli altri?
-In ricognizione.- fu la risposta.
Solitamente l’uomo era solito farsi assistere dai suoi due fidati
compagni, l’equivalente di un Beta e di un Gamma per un branco di
Fisàans. Quella notte sembrava aver giudicato… scomoda la
loro presenza.
“Peccato… mi stanno simpatici.”, pensò la giovane, appoggiandosi allo schienale di legno della sedia.
-Nive mi ha detto che vi serve una mappa.- esordì Csi.
Blaking scambiò un’occhiata veloce con gli altri, poi confermò. –Dobbiamo andare a Sud.
L’Elfo appoggiò i gomiti sul tavolo, intrecciando le dita.
Nei suoi occhi si poteva scorgere una scintilla d’interesse.
–E perché mai?- chiese. “Mi hanno riferito che sono
stati ricevuti da Manannan, ma a quale scopo?”, meditò,
osservandoli apertamente.
Simar prese la parola. –Prima di dirvelo avremo bisogno di sapere una cosa.- disse.
“Uno dei figli di Dama Undine, suppongo.”, lo riconobbe.
“Ho sentito molto parlare di lei, ma mai dei suoi eredi.”
–Chiedi pure.- gli sorrise. Gli piaceva il suo sguardo, era fiero
e diretto.
-Qual è il vostro scopo?
Csi distese lentamente le labbra in quello che doveva essere un sorriso
di vittoria. Sapeva che glielo avrebbero chiesto. –Sono arrivato
a Neith circa due anni fa, dopo aver viaggiato a lungo. Sono sempre
stato uno studioso e i segnali che ho letto nelle stelle mi hanno
preoccupato.- iniziò.
-Quali segnali?- lo interruppe Drew.
Gli lanciò un’occhiata. –Quelli che annunciavano la
venuta di questo male oscuro.- rivelò. Tutti i presenti
trattennero il fiato.
“Lo sapeva?”, chiese Nehir, arricciando leggermente il labbro superiore.
-State calmi.- li acquietò.
Simar si alzò a mezzo, pronto a dirgliene quattro.
Un’occhiata di Ethelyn, però, lo dissuase dall’avere
una reazione violenta: aveva promesso di controllare le proprie
emozioni. –Se sapevate che tutto questo sarebbe successo,
perché non avete avvertito i Cair?- domandò, tornando a
sedersi.
-Non sapevo cosa sarebbe successo, non di preciso. Sapevo solo che
qualcosa di grande sarebbe sopraggiunto. Nessuno mi avrebbe creduto,
per quanto io potessi essere rispettabile.- rispose, pacato. –I
primi semi del male hanno attecchito, coinvolgendo persone a me vicine.
A seguito di alcuni avvenimenti che non vi racconterò, mi sono
messo in viaggio per trovare informazioni.
-Che tipo d’informazioni?- domandò la Ferift. Nive era
l’unica che non stava partecipando attivamente alla
conversazione, anche se la stava seguendo con molta attenzione. Aveva
sempre voluto sapere qualcosa di più sul conto di Csi.
-Tutte quelle che potessero essere utili alla causa. Resoconti storici,
manufatti, leggende, testimonianze… qualsiasi cosa. Così
ho deciso di radunare persone che potessero darmi una mano. A quel
tempo era improbabile che i Cair si smuovessero, l’incantesimo
era troppo forte: così abbiamo iniziato anche a proteggere la
città.- si fermò per guardare le loro espressioni. Erano
confusi, ma anche incuriositi, proprio come un gruppo di bambini mentre
ascoltano racconti di fantasia attorno al fuoco.
Blaking inclinò il capo piumato. -Siete una sorta di guardiano?
-Sì, diciamo che siamo un gruppo di guardiani.- la definizione era abbastanza calzante.
-E perché agite in segreto? Insomma, state lavorando per il bene comune, no?- s’inserì Ethelyn.
“Discendenza mista…”, ragionò il suo
interlocutore. Si soffermò sulla sua chioma di fiamma,
chiedendosi se avesse origini Doslor. –Ritengo che rivelarci al
mondo porterebbe più grattacapi che altro. Se ho bisogno
dell’aiuto di qualcuno, mi faccio vivo io. È più
comodo per entrambi.- le rispose, guardandola dritto negli occhi.
La giovane arrossì leggermente, ma sostenne lo sguardo.
-E rivelarvi al Cair?- chiese allora Drew.
-Questo potrei farlo… soprattutto ora che Manannan è di nuovo il vecchio Manannan.- mormorò, meditabondo.
-Lo conoscete personalmente?- domandò Simar, stupito.
Csi scosse la testa. –Ho avuto modo di osservarlo. Mi piace
osservare la gente, tanto quanto mi piace osservare il cielo.
Ora… vi servono altre informazioni?
Si scambiarono qualche rapido mormorio, dicendosi soddisfatti circa le
parole dell’Elfo. Mentre loro si consultavano, l’uomo
scambiò un sorriso con Nive, facendole intendere che apprezzava
quello che aveva fatto.
Lei ricambiò con un attimo di ritardo, colta di sorpresa.
-Siamo pronti a parlare.- disse infine Blaking.
“Un gruppo formato da forti personalità, discendenze miste
e guidato da un Ippogrifo che nasconde più di quello che si
vede. Mi chiedo cosa sia.”, pensò. –Vi ascolto.
-All’inizio eravamo solo io e Drew. Siamo stati scelti per andare
nelle terre del Cuore e conferire col Primo.- iniziò la creatura.
-E’ quasi impossibile raggiungere il Primo, soprattutto ora.- commentò, accigliato.
-Ce ne siamo resi conto. Ma il problema era… è grave.
Csi si sporse sul tavolo, interessato. –Continua. Che genere di problema?
-Non ci sono più nascite da cinque anni.- rivelò il Nun.
Al che l’Elfo sgranò gli occhi. Sospettava che al Cair
della Luce fosse successo qualcosa, ma non immaginava che la situazione
fosse così grave. –Ditemi tutto, vi prego.- li
incitò.
Parlarono a lungo, intervallandosi ogni qual volta ce ne fosse bisogno.
Ancora prima della fine del racconto Csi era convinto di una cosa: li
avrebbe aiutati. Non avrebbe potuto starsene con le mani in mano,
mandando avanti un gruppo di ragazzi che, per quanto volenterosi, erano
appena diventati adulti.
-Vi darò la mappa. E vi aiuterò con ogni mezzo a mia
disposizione. In cambio, però, vorrei chiedervi un favore.-
disse alla fine.
-Certo.- accettò Ethelyn. Quell’uomo le piaceva,
nonostante sembrasse scavarle nell’anima con una precisione ed
una profondità preoccupanti.
-Dato che dovrete attraversare quasi tutto il Sud per giungere alla
capitale, vorrei che cercaste una persona per me.- si voltò e
recuperò un carboncino ed una pergamena.
-Potete darci qualche altra informazione?
-Un attimo.- sollevò la mano sinistra, poi iniziò a far
scorrere rapidamente la punta nera, riempiendo di linee la carta. In
poco ebbe realizzato un ritratto. –Ecco. Sono passati cinque
anni, ma non credo sia cambiato molto. Il suo nome è Roving,
è mio nipote.
Fu la rossa a prendere per prima il foglio. Abbassò lo sguardo e
rimase stupita dalla tecnica con cui era stato realizzato il ritratto:
sembrava che gli occhi potessero prender vita da un momento
all’altro.
Nive le si avvicinò, curiosa. –Non mi avevi mai detto di
avere un nipote.- commentò, sbirciando. –Niente male, tra
l’altro.
Csi non rispose, lo sguardo perso nei ricordi.
-Csi…?
Si riscosse e deglutì, a disagio. –Scusatemi. Potete farlo?- chiese.
-Sì. E una volta trovato?- chiese Drew.
-Oh, sono certo che qualcuno di voi saprà contattarmi.- disse, lanciando un’occhiata intensa a Simar e Blaking.
I due si scambiarono un’occhiata allarmata, ma senza darlo a vedere.
-Bene. Ora, se volete seguirmi, vi darò la mappa.
Li precedette fuori dalla sala, fermandosi poco dopo per aspettarli. Il
gruppo di amici esitò un attimo, poi lo raggiunse, chiedendosi,
ancora una volta, chi fosse in realtà.
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Capitolo 28 *** Cap. 27 Il tempio dell'Acqua ***
Cap. 27 Il tempio dell'Acqua
Scusate l'ennesimo ritardo! >___<
In questo capitolo ci sarà un po' di tutto, dai preparativi per
il viaggio agli scontri. Eh sì, torna un po' d'azione :) Ne
sentivo la mancanza!
So per certo che, alla fine della lettura, vi chiederete: Ma che sta succedendo? XD
Per ora buona lettura!
Cap. 27 Il tempio dell’Acqua
Sorrise, soddisfatto.
Dopo l’ennesima, estenuante lotta, era riuscito ad aver ragione
di quell’essere luminoso. Ancora non si capacitava di come fosse
sopravvissuta, fatto sta che, almeno per il momento, Calimë non
sarebbe stata un problema.
Sentiva il suo potere premere dall’interno, come a volergli
sfondare la cassa toracica. Ma non poteva nulla, non dopo esser stata
incatenata dalla sua oscurità.
Lo strano legame di amore odio che li univa pareva essere al tempo
stesso debolezza e forza di entrambi: il punto stava nel saperlo
sfruttare correttamente.
E lui l’aveva fatto.
Aveva approfittato di un momento di debolezza della donna e
l’aveva assorbita nuovamente dentro di sé. E nel farlo
aveva avuto il lampo di una visione.
Alcuni dei Cair si erano risvegliati dal torpore che lui stesso aveva imposto loro, tornando vigili e altamente pericolosi.
Probabilmente era colpa di quel gruppo che aveva cercato di
attraversare i confini del Cuore, anche se non sapeva chi fossero i
suoi componenti. Era venuto a conoscenza della loro esistenza grazie
alle sue creature d’ombra, che raccoglievano informazioni per suo
conto.
L’aver imbrigliato le volontà degli animali gli assicurava notizie sempre aggiornate.
Il risveglio dei Veglianti, però, aveva complicato leggermente
la sua posizione. Per un attimo, un solo, breve attimo, la spirale di
luce gli si era rivolta contro, brillando di una luce che sembrava aver
ormai perso.
Nei meandri del suo potere aveva percepito la coscienza di Shunka, non
ancora vinta. Non era morto, ma viveva in una condizione vegetativa
ormai totale.
“Non così totale come avevo creduto.”, meditò
Anrekres, rabbrividendo al ricordo dell’influsso benefico del
lupo.
Aveva impiegato quasi tutte le sue energie per corrompere quella
fulgida fiamma di luce e non poteva permettere che qualcosa, o
qualcuno, rovinasse i suoi piani.
Fece scattare la testa di lato, lanciando un’occhiata in tralice
alla piuma che teneva in vita il Cairansis. Stava diventando
interamente cinerea, ma era ancora troppo luminosa per i suoi gusti.
Infastidito dal suo flebile fulgore le diede le spalle, raggiungendo il
grande trono di pietra che aveva modellato per sé.
Si abbandonò contro quel rigido sostegno, sostenendo il capo con
una mano. I pensieri si rincorrevano veloci nella sua mente, tentando
di trovare una soluzione a quell’inaspettato problema.
Non era così sciocco da attaccare direttamente gli altri
Veglianti, ma poteva far sì che le sue creature creassero
scompiglio, provocassero faide, spingessero gli abitanti di Suran a
futili e sanguinose guerre.
“I Kelpie non riescono ad avvicinarsi alle zone interne,
l’acqua è troppo pulita, lì.”,
ragionò, squadrando le pietre attorno a sé.
Nonostante gli enormi progressi fatti, il suo potere era ancora troppo
debole, ad Est. E le creature di terra non potevano avvicinarsi alla
capitale, suo obiettivo.
“Se solo potessi portarli dall’altra parte…”,
meditò. Arricciò il labbro superiore, sentendosi
vincolato dai propri poteri, quando arrivò ad una soluzione.
La sua bocca si stese lentamente in un sorriso, che divenne sempre
più un ghigno man mano che il piano prendeva forma nella sua
testa.
Avrebbe sicuramente funzionato, ne era certo.
***
-Vi ho qui riuniti, amici, perché siamo chiamati ad affrontare un grave pericolo.- esordì Analyon.
Tutti i presenti iniziarono a scambiarsi occhiate ansiose, preoccupati.
Lo sguardo del Primo era mortalmente serio e più scuro del
solito.
-So che vi starete facendo molte domande, quindi è giusto darvi
alcune risposte.- disse, zittendo gli astanti col solo ausilio della
propria voce. –Shunka, il Cair della Luce, sta morendo. La sua
dimora e la sua stessa vita sono preda di un potere oscuro, generato
dall’ombra che vive in simbiosi con la luce.
A quelle parole scoppiò il finimondo.
Era inconcepibile che uno dei Veglianti potesse trovarsi sotto attacco,
soprattutto a causa di qualcosa che, vista la sua natura, dovrebbe far
parte di lui.
-Silenzio.
La terra fu percorsa da un tremito, che scosse gli alberi fino alla punta dei loro rami e fece zittire nuovamente tutti quanti.
Si voltarono lentamente a fissare il grande lupo e tornarono ai propri
posti, ricomponendo il cerchio. Xira, dietro di lui, manteneva la piuma
d’oca sospesa sulla pergamena, pronta a riprendere la sua
attività.
-Dovete ascoltarmi. Molto attentamente.- scrutò i Guardiani con
calma, spostandosi dall’uno all’altro come se stesse
valutando i loro poteri. O il loro coraggio. –Dopo aver ascoltato
la storia, avrò bisogno di volontari: dovranno agire in fretta.
Vide molte teste annuire.
Fece per iniziare il suo racconto, quando con la coda dell’occhio
colse un movimento. –Perdonatemi, Signore.- esordì una
voce di donna.
Si voltò a guardarla, ben sapendo che a parlare era stata la
più giovane dei presenti. –Fa’ in fretta, giovane
Gizah. Non c’è tempo.- la esortò.
-Qualsiasi cosa sia successa e qualsiasi sia la minaccia, io voglio
essere d’aiuto. Tenetemi in considerazione per la missione.-
disse, fissandolo direttamente negli occhi. Per l’occasione aveva
assunto la sua forma completa, quella che rappresentava al meglio tutte
le razze di cui faceva parte: il suo corpo di centaura era color panna
e la sua coda poco più scura.
Analyon la scrutò per qualche istante, meditabondo. Sapeva perché si era offerta e non la biasimava.
Molti, all’interno dell’istituzione, consideravano
quanto meno strana la sua nomina a Guardiana ad appena venticinque
anni. Senza contare la sua discendenza mista, vista dai membri
più anziani come qualcosa di degradante.
A volte si chiedeva perché le persone fossero di così
strette vedute. A lui risultava estremamente semplice amare tutte le
creature di Suran.
Mosse leggermente il capo. –Accetto la tua offerta.- le disse.
“So quanto vali, non c’era bisogno di questa dimostrazione
di coraggio.”, la rimproverò subito dopo.
La donna abbassò lo sguardo. “Voglio far capire loro che
non valgo meno solo perché ho sangue misto. Anzi, forse ho una
marcia in più.”, rispose, ferma nella propria decisione.
“E sia. Ma mi raccomando, stai attenta.”, le disse.
Ricordava ancora il giorno in cui sua madre gliel’aveva
presentata, orgogliosa di aver dato alla luce una nuova creatura. Non
le importava che avesse il vento nel proprio sangue, le bastava
solamente sapere che era il frutto dell’amore che condivideva col
proprio compagno.
Lui l’aveva benedetta e le aveva dato un nome.
Non avrebbe saputo spiegarsi il perché, ma provava un
inspiegabile moto di affetto per quella giovane e determinata centaura.
Si crogiolò ancora per qualche istante in quelle riflessioni,
ignorando i pensieri oltraggiati di alcuni dei presenti. Prese un
respiro profondo e si accinse a parlare, deciso ad imporre le proprie
decisioni, nel caso in cui ce ne fosse stato bisogno.
***
-Vi aspetto dopodomani, un’ora prima dell’alba, per andare
al tempio.- Nive lanciò un’occhiata ai presenti e poi si
congedò, dirigendosi verso la propria stanza.
-Quanto odio quel suo tono da generale.- commentò Drew,
sbuffando. La giovane era sufficientemente lontana per non poterlo
sentire. Fortunatamente.
Blaking lo guardò con un pizzico di biasimo: a volte sapeva
essere veramente rigido nelle proprie convinzioni. –Però
ci ha portati da Csi.- gli ricordò.
-Che non ci ha ancora dato la mappa.- il Nun lo fissò coi suoi
occhi chiari, sfidandolo a replicare. Aveva una strana sensazione,
addosso, come se non stessero facendo progressi e qualcosa di molto
brutto stesse per succedere.
-Sei nervoso…- commentò l’amico.
Si fissarono per qualche istante sotto gli sguardi degli altri, poi il ragazzo annuì e si scusò.
-Tranquillo.- l’Ippogrifo gli sorrise e gli diede un colpetto col capo, facendolo ridacchiare.
Nehir, osservando la scena, spostò il proprio sguardo su Simar, meditabondo.
“Che c’è?”, chiese il principe.
Mosse leggermente le orecchie. “Nulla, pensavo.”, rispose con nonchalance.
L’Elfo gli si avvicinò, incuriosito. “E a cosa, se posso chiedere?”
Il grosso lupo lasciò uscire uno sbuffo, prima di avvicinarsi al
bordo della terrazza e guardare la luna, ormai bassa nel cielo.
Blaking, Drew ed Ethelyn se la stavano ridendo, dimentichi di loro due.
“Al nostro rapporto. A come ci siamo conosciuti… cose del
passato.”, rivelò infine, tenendo lo sguardo fisso su un
punto imprecisato.
“Il nostro legame è una cosa che appartiene al
passato?”, domandò il ragazzo, accigliandosi. Gli sembrava
di essersi perso un pezzo di conversazione.
Il Fisàan scosse il capo e lo guardò. “Stavo solo
ragionando sul fatto che noi non ci comportiamo come loro.”, si
spiegò, lanciando un’occhiata ai restanti membri del
gruppo.
“Vorresti che fossimo più chiassosi?”, Simar
alzò un sopracciglio. La sua espressione scettica fece ridere
Nehir e sentì distintamente la risata risalirgli lungo la gola,
per poi esprimersi in un gorgoglio. “A me va bene così. Mi
fido di te e so che tu ti fidi di me. Questo mi basta.”,
spostò lo sguardo in quello del lupo.
“Ti accompagnerò fino a quando avrai bisogno di me.”, assicurò il Beta.
-Allora fino alla mia morte.- sussurrò l’Elfo, affondando
una mano nella gorgiera del suo compagno. Si scambiarono
un’occhiata carica di significato, poi si voltarono per godersi
la piccola scaramuccia in atto tra Drew e Blaking.
Era bello potersi concedere qualche momento di svago, ogni tanto.
Andando avanti la situazione sarebbe sicuramente peggiorata, quindi era
meglio approfittarne per divertirsi.
Dopo aver passato un po’ di tempo a chiacchierare,
scambiandosi opinioni sulla serata, ognuno si era diretto verso la
propria stanza, augurando ai compagni la buonanotte.
Della notte in sé non rimaneva molto ormai, ma una dormita di poche ore era meglio di niente.
Drew si chiuse la porta alle spalle e vi ci si appoggiò contro, stanco.
Ethelyn, qualche passo avanti a lui, si voltò a guardarlo prima di chiedere:-Sei stanco?
-Un po’.- ammise lui, sorridendo brevemente.
-Forse è meglio andare a riposare.- suggerì,
avvicinandosi al paravento. Senza una parola il Nun le si
avvicinò e prese a slacciarle il corpetto.
–G-grazie…- fece, stupita.
Il giovane non sollevò nemmeno gli occhi, limitandosi a stirare
le labbra in un sorriso e continuò ad armeggiare coi lacci. Era
diventato abbastanza bravo con quel capo d’abbigliamento
infernale.
La Ferift esitò qualche istante, concentrandosi sui movimenti
delle mani del ragazzo e sui lievi spostamenti d’aria che
generavano. –Cosa ne pensi di Csi?- domandò.
-Mhm… sono quasi certo che ci abbia taciuto la maggior parte di
quello che sa, ma quello che ci ha detto era vero. Si starà
anche nascondendo, ma capisco le sue ragioni, come capisco che nel suo
passato ci sia qualcosa di cui non vuol parlare.- ragionò.
-Sì… deve avere sicuramente a che fare con quella
cicatrice che gli deturpa parte del corpo…- mormorò la
rossa.
Finito il proprio compito, Drew si allontanò per lasciarle la
propria privacy. –Mi auguro solo che la mappa sia quello di cui
abbiamo bisogno.- disse, levandosi gli stivali di cuoio e dandosi una
rinfrescata al viso.
Ethelyn sbucò da dietro il paravento, districando i nodi dei
capelli con le dita affusolate. Appoggiò i foderi dei sai su una
bassa cassettiera e poi si avvicinò al letto. Nonostante fossero
a Neith da pochi giorni, quello strano rito della sera era diventato
quasi una routine, per loro due.
Sembravano una coppia di novelli sposi.
Il Nun le lanciò un’occhiata, notando come il tessuto
della camicia da notte che indossava fosse rivelatore, poi si
affrettò a stendersi sul materasso. Lei gettò i capelli
su una spalla e poi lo imitò.
-Secondo me lui viene dal Sud. E la cicatrice ha a che fare con il suo
trasferimento qui a Neith e anche con suo nipote.- meditò,
pensierosa.
-Come mai ti interessa tanto?- chiese lui.
-Perché…- esitò un attimo. –Quando mi ha
guardata, sembrava sapere tutto di me, quasi come se mi stesse scavando
dentro. E mi sono chiesta se fosse solo una sua capacità o
qualcos’altro… non hai avuto anche tu questa sensazione?-
alzò la testa per guardarlo.
-Sì.- ammise. –Ma non è stata una cosa spiacevole.
La rossa scosse la testa. –No, no… non ho detto che fosse spiacevole. Solo molto intensa.
-Intensa lo era di sicuro.- concordò. –Dai, ora dormiamo.
Più tardi ci aspetterà sicuramente una giornata da
facchini, perché Blaking e Simar vorranno terminare di preparare
le cose per il viaggio.
-Insieme sono meglio di un esercito scelto.- ridacchiò lei,
appoggiando la testa sul cuscino. Drew la imitò, voltandosi
verso il centro del letto.
Stare così, chiacchierando quasi senza pensieri, gli dava una
bella sensazione. Era come se stessero pian piano approfondendo il loro
rapporto, conoscendosi e scambiandosi opinioni, in vista di qualcosa di
più duraturo.
E poi, Ethelyn era dannatamente attraente, in quella posa
completamente rilassata che assumeva solo quando era veramente stanca o
stava parlando con… be’, con lui.
Fece scorrere lo sguardo lungo la sua figura, soffermandosi sulla
morbida curva dei suoi fianchi. Lei sembrò accorgersene
perché arrossì, affrettandosi a sistemare le pieghe
dell’indumento.
Il giovane si schiarì la voce, pensando a qualcosa da dire per
togliersi d’impaccio. –Sei mai stata in uno dei templi
sacri?- le chiese.
-No.- confessò.
-Esistono in ogni città, mentre nei paesi più piccoli si
tratta solo di edicole votive.- spiegò. –Qui a Neith
c’è quello dedicato a Manannan e al Balhia
dell’Acqua. Anche se i cavalli alati sono una leggenda, la gente
li associa al Cair del rispettivo elemento.- continuò.
-Quello che c’è qui è molto grande?
Annuì. –Il più grande delle terre dell’Est.
Non so di preciso come sia fatto, ma so che c’è molta
acqua. Vi sono contenute le statue del Vegliante e quella del Balhia.-
disse.
-Oh… e le persone vanno lì per… pregare?- i suoi occhi verdi si fissarono su di lui, incuriositi.
-Anche. Chiedono benedizioni, offrono doni e li ringraziano per i
raccolti o un’epidemia mancata. Le statue sono i tramiti tra le
persone comuni e quelle due… divinità, se così
possiamo chiamarle.- concluse.
-Secondo te perché Csi ci ha dato appuntamento lì?
Corrugò leggermente la fronte, ragionando su quanto gli era stato chiesto. –Mhm… forse per il potere…
-Il tempio è protetto?- domandò la Ferift.
-Sì, i templi sono protetti da barriere magiche, quindi deduco
si possano considerare luoghi sicuri.- disse, ripescando le
informazioni dai propri anni di studi.
-Non avevo mai letto nulla sui templi…- ammise Ethelyn, avvicinando le gambe al petto.
-Oh, ma sei comunque molto intelligente.- le sorrise Drew.
Lei cercò la sua mano e la strinse. –Grazie.
-Di niente…- sussurrò, stringendola leggermente a
sé. Purtroppo faceva troppo caldo per poter stare veramente a
contatto, ma così andava più che bene.
“Dai tempo al tempo…”, si disse, prima di scivolare in un sonno senza sogni.
Come previsto Simar e Blaking organizzarono tutta la giornata successiva per i preparativi.
Come se ce ne fosse veramente bisogno, dopo tutte le ore passate a
cercare quello che avrebbe potuto servir loro, nei giorni precedenti.
I ragazzi sapevano che la loro paranoia era qualcosa di
positivo, anche se spossante. Drew, poi, si sentiva sopraffatto: aveva
sempre dovuto sopportare Blaking nei suoi momenti di “pazzia
organizzativa”, come li chiamava lui, ma col supporto del
principe il problema diventava anche peggio.
Durante la giornata Ethelyn sembrò notarlo e tentò in
tutti i modi di distrarlo, chiedendogli ulteriori informazioni sui
templi e su tante altre cose.
Dopo la chiacchierata della notte si era ricreduta sul Nun: lo credeva
un tipo svagato, più abile col corpo che con la mente.
“Quanto mi sono sbagliata.”, pensò, ascoltandolo
parlare. Era evidente che fosse una persona intelligente, che sapeva
appassionarsi a tutto quello che catturava il suo interesse.
-Che c’è?- si interruppe lui, ad un certo punto.
La rossa scosse la testa. –Niente… stavo pensando.- si
limitò a dire. Il giovane rimase a fissarla per qualche istante
poi si sporse e le posò un delicato bacio sulla guancia.
Sentì la sua pelle scaldarsi poco prima di scostare le labbra.
-E questo?
Fece spallucce, divertito dal suo imbarazzo. –Mi andava.
-Ehi, piccioncini, non battete la fiacca!- Simar li richiamò
all’ordine. Stava avvolgendosi attorno al gomito parecchi metri
di solida corda di canapa. Si era tolto la casacca, in quanto faceva
veramente troppo caldo, e aveva intrecciato i capelli in modo che non
lo disturbassero.
Nessuno avrebbe mai detto che fosse un principe.
-Mi spieghi che ce ne facciamo di tutto questo cordame?- brontolò Drew, raggiungendolo.
-Fidati: le corde sono sempre utili.- replicò.
-Mah… se lo dici tu…
Blaking ridacchiò, vedendo l’amico lamentarsi.
–Ringrazia di non avere le mani, se no saresti qui anche tu.- si
sentì dire. In risposta gli fece un sorrisetto di sfida ed
andò da Ethelyn.
-Ehi, a che punto siamo?- gli chiese lei.
-Nehir è fuori a caccia… ci sta procurando delle
provviste. Dovremo farle essiccare per poterle conservare più a
lungo. Ci servirebbero altre erbe medicinali e una bussola. Non credo
ce l’abbiamo.- meditò, facendo il punto della situazione.
Lei annuì. –Cosa posso comprare?
-Oh, la bussola, per favore.- le disse, fissandola coi suoi intensi
occhi color ghiaccio. –Chiederò a Simar di aiutarmi con le
erbe, più tardi.
-Ci rivediamo qui nella piazza del mercato?- chiese la Ferift. Al cenno
d’assenso dell’amico si avviò con passo spedito,
inoltrandosi tra i vari banchi dei venditori.
Ad un certo punto, mentre si allontanava da una bancarella di spezie,
si scontrò con un passante e finì quasi addosso alla
merce esposta nel banco alla sua sinistra.
-Mi scusi! Mi dispiace!- disse, mortificata, al rivenditore.
Quello non sembrò essersela presa più di tanto e si
affrettò a rimettere a posto la propria mercanzia con mano
sicura.
Ethelyn si chinò per raccogliere alcuni degli oggetti
caduti per terra, quando si bloccò. Tra le mani stringeva una
bellissima statuetta di legno intagliato, raffigurante uno Spirito Blu
intento a manipolare l’acqua.
-Che bella…- sussurrò, rimanendo a guardarla, colpita.
-Bella, vero? Viene dal mercato di Meridie, la capitale del Sud.- le
spiegò il commerciante, un Elfo con curiosi occhi castani.
La giovane non riusciva a staccare gli occhi da quel piccolo oggetto,
sentendosi misteriosamente attratta dalle precise incisioni lasciate
dall’artista. Era come se potesse sentire il suo potere fluire
attraverso il legno, avvolgente come i raggi del sole.
-Signorina…?
Si riscosse all’improvviso, alzando gli occhi da quel piccolo
oggetto. –Mi scusi.- mormorò, umettandosi le labbra.
L’uomo continuò a fissarla, poi indicò il manufatto. -Lo vuole comprare?
-Come…? Oh… no… mi scusi per il disturbo…
buona giornata…- si allontanò in fretta e furia, ancora
confusa.
Finalmente era arrivato il giorno dell’incontro.
Il gruppo scivolò silenzioso attraverso i corridoi per radunarsi
nella solita terrazza, dove trovarono Nive ad attenderli.
La danzatrice sbadigliò, ancora leggermente assonnata, poi li
salutò con un cenno del capo. Il sole non era altro che qualche
nastro di luce rosata all’orizzonte.
-Bene, siete pronti?- domandò, osservandoli distrattamente. Per
lei non faceva nessuna differenza, ma le era sembrato giusto chiedere.
-Possiamo andare.- confermò Blaking.
-Bene, seguitemi.
E così si ritrovarono a scivolare tra le ombre di Neith ancora
una volta, silenziosi come fantasmi. Al loro passaggio la nebbia che
aleggiava sopra i canali si avvolgeva in riccioli, aprendosi come le
quinte di un teatro.
Durante l’attraversamento della città incontrarono alcuni
pescatori, già pronti a recarsi al di fuori dei confini del
canyon, e qualche mercante. Nessuno fece domande.
All’improvviso videro una cintura di alberi davanti a loro
e si scambiarono sguardi confusi. Nehir, invece, apprezzò
grandemente la novità.
-Dove siamo?- chiese Drew.
-Ai confini del terreno che ospita il tempio. Quelli che vedete sono
gli alberi della piazza d’ingresso.- spiegò Nive,
continuando ad avanzare spedita.
I suoi sandali non producevano il minimo rumore a contatto con le
pietre e si chiedeva come facessero, gli altri, ad indossare
perennemente gli stivali. Si dedicò a quel dilemma per qualche
istante, poi tornò a dedicarsi a quello che doveva fare.
-Ci sono delle guardie?- Simar le si affiancò. Lei per poco non
sobbalzò, non avendolo sentito arrivare. Se c’era una cosa
che odiava, degli Elfi, era il fatto che fossero più silenziosi
della notte.
-No, non è presidiato. I cittadini mantengono il tempio in
ordine, mentre un sacerdote si occupa delle offerte.- rispose.
–Dobbiamo evitare di farci vedere da lui.
Il principe annuì.
In poco varcarono l’ingresso e si ritrovarono davanti una piazza
semicircolare, in cui si apriva una vasca a forma di mezzaluna. Era
direttamente alimentata dal canale principale della città, che
vi confluiva lento e pigro dopo aver attraversato numerosi arabeschi,
studiati per rallentare il suo flusso.
Esattamente al centro v’era un ponte di pietra marmorea,
che permetteva il passaggio. Lo attraversarono, silenziosi, e si
ritrovarono all’interno di un bacino cinto da mura
semicircolari. Lì, ad attenderli, c’erano
diverse barche.
Il legno di cui erano fatte proveniva chiaramente dalla spiaggia, in quanto era bianco come le ossa.
-Immagino vorrete usarle.- commentò Nive.
-Be’, non siamo nuotatori provetti come te.- le fece notare
Simar. “Anzi, non siamo proprio amanti dell’acqua.”,
sentì aggiungere Nehir.
Lei lanciò un’occhiata al grosso lupo, forse intuendo i
suoi pensieri. –D’accordo. Vi aspetto in fondo al
corridoio. Csi ci ha dato appuntamento sotto la statua del Cair.- e
detto questo si tuffò, sparendo nella calma acqua del bacino.
Gli altri seguirono le increspature dell’acqua con lo sguardo, fino a quando queste non scomparvero.
-Bene… direi di avviarci.- fece Ethelyn.
“Ma quella barchetta reggerà?”, si chiese il Fisàan, sospettoso.
Simar gli diede una pacca sulla spalla. -Finché non proverai non lo saprai.
Il compagno gli lanciò un’occhiata tutt’altro che
amichevole, poi si accinse a salire a bordo. Dopo alcuni rollii,
l’imbarcazione si stabilizzò e rimase immobile, in attesa
di altri passeggeri. Il principe si lasciò sfuggire una risata,
vedendo la malcelata espressione di stupore dell’amico.
-Direi che regge.- commentò Drew, salendo su quella vicina. Si
voltò e poi allungò una mano per aiutare Ethelyn, ma lei
era già a bordo. La guardò, stupito e poi scosse la
testa, sorridendo. –Blaking?
-Direi che posso volare… non mi sembra una gran distanza.- commentò spalancando le grandi ali.
L’Elfo fu l’ultimo a salire. Diede una leggera spinta
all’imbarcazione e quella iniziò a muoversi, lasciandosi
trasportare dalla corrente, diretta verso la statua del Cair, che si
vedeva in lontananza.
Lasciarono l’ingresso del tempio, ammantato dalla penombra
e si ritrovarono a percorrere la lunga via d’acqua che fungeva da
unica navata al tempio.
Quando uscirono all’aperto si stupirono nel vedere i raggi del
sole attraversare le grandi arcate in pietra della struttura, colpendo
l’acqua e traendone riflessi dorati. Considerata la presenza
delle mura del canyon doveva esser stato escogitato un modo per far
penetrare il sole anche nelle prime ore della giornata.
Non fu solo la presenza della luce, a stupirli: il corridoio era
chiuso da un doppio ordine di colonne, che sorreggevano archi a tutto
sesto e trabeazioni scolpite. Sui fregi superiori crescevano,
indisturbate, diverse varietà di piante, i cui rami pendevano
leggeri verso il basso.
Ad impreziosire il tutto miriadi di cascate d’acqua si gettavano nel canale, uscendo da otri di pietra.
Tanti piccoli arcobaleni facevano bella mostra di sé, mostrandosi e nascondendosi a seconda dei capricci della luce.
La copertura altro non era che il cielo, percorso da alcune nuvole raminghe.
Mentre ammiravano la bellezza del tempio videro approssimarsi la sua
fine, segnata da un catino absidale realizzato con la stessa tecnica
della navata. Davanti ad un’ampia piattaforma lastricata faceva
bella mostra di sé una conformazione rocciosa, tra le cui
stratificazioni scorreva limpida e gorgogliante acqua.
A due livelli differenti si trovavano la statua del Balhia
dell’Acqua e quella di Manannan: entrambe erano realizzate in
marmo, anche se alcune parti anatomiche erano di acquamarina, dalle
diverse sfumature di azzurro.
-Caspita!- boccheggiò Ethelyn, stupita. Drew le aveva parlato
del tempio, ma non aveva fatto cenno a tutta quella bellezza.
-Vedo Nive: è con due uomini.- Simar spezzò l’incanto, indicando davanti a sé.
“Uno è un Ferift, ne vedo le ali, l’altro è
uno Spirito.”, confermò Nehir, dietro di lui. “Non
ricordo di averli visti, nel covo.”, aggiunse, perplesso.
-Stiamo all’erta.- l’Elfo si rivolse ai compagni, che
annuirono. Blaking si abbassò leggermente, avvicinandosi alle
imbarcazioni.
Mancavano meno di cinquanta metri quando alcune forme scure passarono
sotto le chiglie delle barche. L’Ippogrifo si accigliò,
cercando di capire che genere di pesci fossero.
Non ci mise molto a trovare la soluzione, dato che tutti quelli
presenti erano scappati a rifugiarsi attorno ai basamenti delle colonne.
-Attenzione!
Fu un attimo: le imbarcazioni s’immobilizzarono prima di essere
circondate da alte colonne d’acqua, che perforarono la superficie
come dardi impazziti.
Tutti i ragazzi finirono a mollo, mentre l’Ippogrifo per poco non venne colpito da uno di quei getti.
-Nuotate verso la piattaforma!- urlò loro, tentando di trovare
un bersaglio contro cui scagliarsi. Con tutta quell’acqua non
riusciva a vedere nulla.
Si abbassò di qualche metro per poi vedersi subito costretto a riprendere quota. Era impossibile avvicinarsi!
Le sue grida allarmate, però, servirono per mobilitare i due affiliati dell’Elfo chiamato Csi.
All’improvviso la calma superficie del canale era esplosa
in miriadi di colonne d’acqua, facendo ribaltare le imbarcazioni
dei ragazzi.
Nive sgranò gli occhi, soffocando un grido di sorpresa.
-Che succede?- riuscì a chiedere.
Arkan, il terzo in comando all’interno del gruppo di studiosi, le
lanciò una rapida occhiata e le disse, perentorio:-Resta qui.
Potrai attaccare da terra.
Lei fece per protestare, dicendo che non era in grado di combattere o
di fare qualsiasi altra cosa che vi fosse lontanamente vicina, ma
l’uomo si era già allontanato.
Ren, il braccio destro del capo, la fece arretrare verso le statue
prima di sparire in acqua. Lo vide ricomparire poco prima di gettarsi
in mezzo ai getti impazziti. Il suo compare, molto più in alto,
aveva estratto i suoi pugnali, pronto a lanciarsi nella mischia.
“Oddio, cosa devo fare?!”, si chiese lei, terrorizzata.
Tutta la sua spavalderia se n’era andata e proprio nel momento
del bisogno.
Se non si fosse data una calmata sarebbe stata un peso per il resto del gruppo, altro che aiuto da terra.
Tentò di concentrarsi sullo scontro, provando ad identificare
una forma conosciuta, ma il ribollire dell’acqua precludeva molto
alla sua vista.
All’improvviso colse un guizzo con la coda dell’occhio. Si
voltò di scatto e vide quello che sembrava uno Spirito Blu
puntare a gran velocità verso di lei.
La sua parte razionale si chiese perché dei
rappresentanti della sua specie li stessero attaccando, ma il suo
istinto ebbe la meglio e in poco si ritrovò a lanciare
proiettili cristallizzati contro la creatura.
Quella si avvitò in aria, scartandoli e tornò a tuffarsi
nelle profondità del canale, ma non prima di aver dato la
possibilità alla ragazza di notare la sua pelle, di un blu
talmente scuro da sembrare nero.
-Sono Spiriti Blu! Sono Spiriti corrotti!- urlò con quanto fiato aveva in gola per avvertire i compagni.
Blaking sentì Nive urlare e capì che quelli che li
stavano attaccando erano creature del popolo dell’Acqua. Come se
non bastasse erano caduti vittima del potere che stavano cercando di
fermare.
La cosa peggiore, però, era che non riusciva a trovare un
modo per poter aiutare Drew e gli altri. Non sapeva dove fossero e non
era in grado di nuotare, sicuramente non in mezzo a tutto quel
ribollire d’acqua.
Stava per lanciarsi alla cieca quando si vide raggiungere da uno dei
due uomini di Csi. Era un Ferift a giudicare dalle ali, anche se aveva
gli occhi di una strana sfumatura ramata.
-Dobbiamo tirarli fuori da lì.- gli disse, raggiungendolo. Non si presentò, non ce n’era il tempo.
L’Ippogrifo annuì. –Ma come?- chiese, sentendosi immensamente impotente.
Arkan si mise ad osservare la scena sottostante, provando ad
individuare la sagoma di uno dei ragazzi o quella del grosso lupo che
era con loro.
-Prima il Fisàan. In acqua rischia di morire. Ren!- urlò,
rivolto al proprio compare. –Riesci a trattenere
l’acqua?
-Non lo so… ci posso provare.
-Ti aiuto!- gli disse l’altro, chiudendo gli occhi e
concentrandosi. Agguantò il potere e lo spinse
all’esterno, facendolo arrivare fino al fondo di roccia del
grande corridoio d’acqua. Una volta lì tentò di
generare un mulinello, subito ostacolato dagli attacchi dei loro nemici.
Percepì il loro potere, vischioso e malvagio, che tentava di
imbrigliare il suo. Digrignò i denti, aumentando la portata del
vortice.
Blaking iniziò a sbattere furiosamente le ali, provando ad
aiutarlo in qualche modo, mentre lo Spirito Blu loro alleato teneva le
braccia sollevate, nel tentativo di richiamare l’acqua.
-Ancora, Ren!- lo incalzò il compagno.
-E’ difficile spostare un volume del genere, te ne rendi conto?-
fu la risposta alquanto piccata. Mentre tentava di fare quanto
suggerito dal Ferift, doveva anche provare a difendersi dagli attacchi
di quelle disgustose creature.
Per il momento si stavano limitando ad ostacolarlo con l’acqua,
ma nessuno poteva dire quando avrebbero iniziato a colpire col
l’intenzione di ferire.
Improvvisamente sentì il familiare strappo e parte della
massa d’acqua si aprì, rivelando il fondo. Dei ragazzi non
v’era traccia, ma uno dei loro avversari si era ritrovato in
mezzo ed ora si guardava attorno, spaesato.
Blaking lo notò e gli piombò addosso, finendolo con gli artigli.
-Non li vedo!- disse, scrutando all’intorno. Le due ali
d’acqua fluivano con un moto continuo e la pietra attorno a lui
non gli forniva alcun indizio.
Sopra la sua testa Arkan stava tentando di mantenere salda la presa
sull’acqua, ma quella premeva con forza, aiutata dal potere degli
esseri corrotti.
Ad un certo punto uno di loro balzò fuori ed
aggredì l’Ippogrifo che, per la sorpresa, lanciò un
acuto verso di gola. Entrambi gli uomini persero la concentrazione e
l’acqua sciabordò con violenza all’interno della sua
alcova, sollevando onde di parecchi metri e schiantandosi contro le
colonne.
-Dannazione!- imprecò Ren poco prima d’immergersi per
potersi allontanare. Sott’acqua venne aggredito da uno degli
avversari e si ritrovarono avvinghiati in un feroce corpo a corpo.
Venne mandato a sbattere contro le pareti del canale, ma riuscì a soffocare il suo nemico con un cappio di bolle.
Erano stati sballottati da una parte all’altra mentre
tentavano di difendersi dagli attacchi di quegli Spiriti corrotti.
Poi, quando sembrava stessero per annegare, erano stati sollevati e si
erano ritrovati in alto. Era stato tutto così veloce che Simar
non aveva potuto fare nulla, se non rimanere sospeso a mezz’aria,
in balia della corrente.
Poco dopo, come se non bastasse, era ripiombato verso il basso con
violenza, riuscendo però a prendere una boccata d’aria.
Ora era nuovamente sott’acqua, rallentato dai vestiti e dalle
armi che aveva con sé. Non sapeva dove fossero gli altri, li
aveva intravisti solamente quando l’acqua si era schiantata al
suolo.
La cosa più importante, però, era trovare Nehir.
Lui era una creatura di terra, naturalmente debole all’acqua: se
non l’avesse soccorso sarebbe morto.
Determinato a fare ciò, prese a guardarsi attorno con frenesia,
tentando di non sprecare la poca aria che aveva in corpo.
Improvvisamente lo vide: stava scalciando come un forsennato, tentando
di liberarsi dalla presa di due Spiriti.
Con un possente colpo di reni puntò in quella direzione,
nuotando il più velocemente possibile. L’acqua si opponeva
al suo passaggio, percorsa da una miriade di correnti che parevano
serpenti in grado di mordere.
“Nehir!”, chiamò.
Il lupo lo sentì e voltò la testa nella sua direzione,
bloccandosi un istante. Poi prese a combattere con rinnovato vigore,
riuscendo a ferire uno dei suoi aggressori.
L’altro, però, lo imprigionò con catene invisibili,
che lo costrinsero ad aprire la bocca ed ingurgitare acqua.
Simar concentrò quanto più potere riuscì
mentre si avvicinava. Quando ritenne di non poter resistere oltre,
raggiunse il fondo e posò le mani sulla roccia. Lasciò
scorrere la propria magia e creò un sentiero che potesse portare
il suo compagno di sempre in salvo.
Si stava avvicinando sempre più alla superficie quando ricevette
un colpo in pieno viso, che lo mandò a sbattere con una spalla
contro il bordo di pietra. Stordito, riaprì gli occhi in tempo
per evitare un affondo e vedere i pesci del tempio circondare lo
Spirito Blu, nel tentativo di fargli guadagnare tempo.
L’essere iniziò a dimenarsi, tentando di liberarsi di quel vortice di pinne multicolori.
L’Elfo tornò all’attacco e le rocce ripresero a
salire. Vide il suo Fisàan sbalzato verso l’alto e dento
di sé tirò un sospiro di sollievo.
Ora doveva solo permettergli di arrivare alla piattaforma e non sapeva quanto fosse distante.
Nehir sentì improvvisamente i polmoni pieni d’aria. Non
ebbe tempo di prendere fiato, sapeva che doveva raggiungere le due
statue in modo da essere fuori pericolo.
-Nehir!- si sentì chiamare.
Alzò la testa verso l’Ippogrifo, ma continuò a correre. “Simar!”, pensò, spaventato.
Mentre avanzava uno dei loro nemici balzò fuori
dall’acqua, ma Blaking lo colpì con una testata,
mandandolo a sbattere contro l’intradosso di un arco.
-Sbrigati!
Stava correndo più veloce che poteva, ma aveva i muscoli e i
polmoni in fiamme. “Un ultimo sforzo!”, si disse, balzando
in avanti.
Atterrò malamente sulla piattaforma, rischiando di travolgere Nive.
“Ci sono!”, comunicò a Simar.
Il ragazzo staccò le mani dal fondo e si diede una spinta,
facendo perno sulla roccia. Infranse la superficie dell’acqua
come una freccia, inspirando a fondo dalla bocca.
Agitò una mano per farsi notare e poco dopo qualcuno
l’afferrò, tirandolo fuori. Si ritrovò ad osservare
un Ferift e subito dopo atterrò sul dorso di Blaking.
-Stai bene?- gli chiese l’amico.
Annuì, pesto e bagnato.
Non avrebbe retto a lungo, non se doveva difendere sia se stessa che Drew.
Dopo essersi ripresa dallo spavento iniziale, Ethelyn aveva fatto in
modo di poter respirare grazie al proprio potere e lo stesso aveva
fatto per il Nun.
Purtroppo mantenere le bolle d’aria e combattere allo stesso
tempo, in un ambiente a lei sfavorevole, si stava rivelando assai
difficile.
Senza contare che, quando erano stati sbalzati in aria ed erano
ripiombati dabbasso, aveva sbattuto violentemente il petto contro il
bordo di pietra del canale.
Forse aveva una costola incrinata.
Quella considerazione ebbe vita breve perché si ritrovò a
dover schivare l’attacco di uno di quegli Spiriti neri.
L’essere tentò di trafiggerla con una lancia
d’acqua, ma lei parò usando l’elsa di uno dei suoi
sai.
Il movimento le costò tantissimo, in termini di fatica. Ma non aveva intenzione di morire.
Si avvitò su se stessa e nuotò sotto il proprio
avversario, assestandogli una gomitata al centro del torace. Quello
lasciò uscire una gran quantità di bolle, ma non ne
risentì più di tanto.
Con la coda dell’occhio vide Drew tentare di liberarsi del suo
fedele arco, che in acqua risultava essere solo un impiccio.
Avrebbe voluto andare ad aiutarlo, ma venne bloccata dalla creatura
contro cui stava combattendo. Lo fronteggiò, fissandolo
direttamente negli occhi, neri come la pece.
Si mise in posizione di difesa, tentando di concentrare il proprio
potere per creare una barriera protettiva. Il problema era che non
c’era molta aria da utilizzare, sott’acqua.
Lo Spirito sembrò capirlo e si slanciò contro di
lei come un proiettile, intenzionato a conficcarle la punta
dell’arma in corpo.
Dato che il colpo non andò a segno, decise di soffocarla
sfruttando la pressione del liquido. Ethelyn si vide costretta ad un
pericoloso braccio di ferro, il tutto per impedire al suo corpo di
collassare sotto il peso dell’acqua.
Strinse febbrilmente le labbra, opponendosi con tutte le sue forze, ma sapeva che non avrebbe potuto resistere a lungo.
Improvvisamente i suoi occhi videro un’immagine abbagliante,
fatta di acqua e piume. Sollevò le palpebre di scatto, sconvolta
e perse la concentrazione.
“E’ finita.”, pensò, preparandosi al peggio.
Lo Spirito stese le labbra in un ghigno, pronto ad ucciderla, quando
venne raggiunto da un globo di luce, che lo colpì in mezzo alla
schiena.
Si voltò, infuriato, trovandosi davanti Drew.
La ragazza avrebbe voluto urlare il suo nome, ma non ne aveva
più le forze. Tentò di nuotare verso l’alto, in
modo da poter uscire, ma la testa le girava.
Annaspò alla cieca, cercando un appiglio. Ad un certo punto le
sembrò che l’acqua fosse meno densa e poté risalire
di qualche metro.
Subito dopo un proiettile lanciato a folle velocità la raggiunse
e l’afferrò per i fianchi, puntando verso il cielo.
Riemersero senza sollevare spruzzi e lei si ritrovò catapultata
in aria.
Con un rapido sguardo notò due creature alate davanti a
sé e poco dopo afferrò qualcosa. Non sapeva cosa fosse e
non le importava, fatto sta che si aggrappò con tutte le sue
forze.
-Ti ho presa.- si sentì dire per poi trovarsi sulla schiena di Blaking, le morbide piume che le solleticavano il viso.
-Ho visto il ragazzo, andiamo!- sentì urlare qualcuno.
-Drew!- si tirò su di scatto, avvertendo una fitta dolorosa poco sotto il seno.
Il pennuto non rispose, affrettandosi a raggiungere la loro ancora di salvezza, parecchi metri più in là.
“Devo uscire dall’acqua. Subito!”, pensò Drew.
Il potere di Ethelyn l’aveva abbandonato e la bolla che gli permetteva di respirare si era dissolta nel nulla.
Il problema era che davanti a lui c’erano ben tre Spiriti
e sembrava che ne stessero arrivando altri dall’imboccatura del
canale.
Alzò il capo, tentando di capire quanto fosse distante dalla
superficie e poi, all’improvviso, vide qualcuno tuffarsi. Si
scansò giusto in tempo per osservare un Ferift fargli segno di
risalire.
Lo guardò confuso e poi si voltò verso i loro avversari.
L’uomo insistette, indicando con rapidi gesti verso l’alto.
Il Nun non se lo fece ripetere ancora ed obbedì, nuotando il
più velocemente possibile.
Mentre tentava di risalire serpenti d’acqua gli passavano
accanto, facendogli fischiare le orecchie. Uno lo colpì nello
stomaco, mandandolo a fare una capriola. Quando riuscì a
guadagnare nuovamente la posizione eretta vide tutte le sue frecce
galleggiare, smarrite.
Non provò nemmeno a recuperarle, dato che non avrebbe potuto
scoccarle. Decise, invece, di riprendere la scalata verso la
superficie, ma venne nuovamente attaccato.
Questa volta si sentì avvolgere da liquide spire.
“Il pugnale!”, pensò, tentando di arrivare allo
stivale. Il suo assalitore sembrò capirlo perché
aumentò la presa, bloccandogli completamente gli arti superiori.
Il ragazzo tentò di trattenere quanta più aria poteva, ma
era difficile riuscirci mentre il suo torace subiva una compressione
pari a quella esercitata da un tornio.
Arkan colse un rapido e convulso movimento con la coda
dell’occhio e girò la testa di scatto. Il ragazzo era
stato catturato!
“Dannazione!”, imprecò, ruotando su se stesso con
una possente bracciata. Ritirò le ali e tentò di
raggiungerlo in più in fretta possibile.
Nel farlo, però, diede le spalle al suo avversario, che si lanciò al suo inseguimento, la lancia pronta a colpire.
Allungò una mano giusto in tempo per afferrare un braccio
di Drew e venir colpito alla schiena dallo Spirito che stava
fronteggiando poco prima.
Spalancò la bocca, in un gemito involontario. Poi si
voltò di scatto, come un cane rabbioso, e conficcò uno
dei suoi pugnali nella spalla dell’altro essere.
Quello sgranò gli occhi e, subito dopo, digrignò i denti, infuriato.
Nel mentre Drew era riuscito a liberarsi, facendo evaporare il serpente che lo teneva prigioniero.
Fece per riprendere la risalita quando vide un gruppo nutrito di quelle
creature nuotare verso di loro. Stavano puntando dritti sull’uomo
che stava tentando di aiutarlo.
“No!”, e senza pensare si slanciò in avanti.
Il sangue del suo soccorritore si mescolò a quello nero dello
Spirito mentre il Nun tentava di portarsi fuori traiettoria.
Afferrò saldamente il braccio del Ferift, intenzionato ad uscire
da quel dannatissimo canale, quando si sentì braccare per un
piede e tirare verso il basso. Gorgogliò qualcosa, tentando di
liberarsi.
Quando si voltò per vedere da dove arrivasse l’attacco, si
ritrovò davanti un enorme drago d’acqua. Era praticamente
su di loro e li avrebbe sicuramente inghiottiti, facendoli annegare.
“Il drago…!”, chiuse gli occhi, senza sapere bene che fare.
All’improvviso sentì uno strano calore fluire nel suo
corpo, che lo invase completamente. Subito dopo ebbe la netta
sensazione che le ossa gli si stessero spezzando e poi perforò
la superficie, sbucando all’esterno.
Ruggì, dimenando il lungo collo. Un attimo… lungo collo?
Si bloccò, abbassando lo sguardo e quello che vide lo lasciò senza parole.
Era diventato un enorme drago, dal corpo serpentino e le squame dorate. Com’era possibile?!
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Capitolo 29 *** Cap. 28 Rivelazioni ***
Cap. 28 Rivelazioni
Mi
dispiace molto che la storia vada a rilento, ma non trovo mai la giusta
disposizione mentale per scrivere più di due pagine :(
Comunque... dopo tante domande, ecco alcune risposte. Come sempre non sono mai abbastanza, lo so XD
Buona lettura!
Cap. 28 Rivelazioni
Blaking sgranò gli occhi, stentando a credere a quello che vedeva.
Cosa diavolo stava succedendo?
Perché Drew, il suo Drew,
si era trasformato in un enorme drago dall’aspetto serpentino?
Sapeva che aveva sangue misto nelle vene, ma non credeva avrebbe mai
assistito ad una sua trasformazione… era altamente improbabile
che potesse sviluppare la capacità di mutare.
“Ma quello davanti a me è un drago, non c’è
dubbio.”, pensò, spostandosi di lato per poterlo osservare
meglio.
Era enorme: la sua testa raggiungeva la cornice sommitale del tempio e
la sua coda si perdeva dentro il lungo corridoio d’acqua.
Nonostante fosse immobile, i suoi muscoli erano pronti a scattare.
-Drew!- lo chiamò.
L’amico si voltò, rischiando di travolgerli con la propria
mole. Li scrutò con un occhio grigio come il mare e
spalancò le fauci, come a voler parlare.
Non sapeva se i draghi ne fossero in grado (quasi sicuramente sì), ma lo shock era sicuramente tale da impedirglielo.
-Devi bloccare gli Spiriti, sfrutta questa trasformazione!- lo
esortò allora l’Ippogrifo. L’amico sembrò
comprenderlo ed annuì, tornando a voltarsi verso l’acqua.
Davanti a lui si ergevano due draghi d’acqua, le cui spire
continuavano ad avvilupparsi in aria, in un flusso ininterrotto.
Le tre creature si scrutarono, sotto gli sguardi attenti dei due schieramenti.
Ethelyn era piegata in due e si reggeva il costato, mentre Simar
sembrava pronto a collassare da un momento all’altro. Nehir
pareva trovarsi nelle condizioni migliori, a giudicare
dall’espressione minacciosa che aveva sul muso.
-Dobbiamo preoccuparci?- chiese Ren, lanciando un’occhiata agli
Spiriti Blu e poi al drago dorato che sbarrava loro il passaggio.
-Non è mai successo prima.- dovette ammettere Blaking.
-E non avrebbe dovuto succedere, considerato che è un Nun!- ribattè Arkan.
“Sangue misto, eh?”, pensò Nehir. Simar gli
lanciò un’occhiata e confermò la sua tesi con un
cenno del capo. “A quanto pare va di moda, in questo
gruppo.”
“Nehir…? Sei tu?”, una nuova voce si aggiunse alla loro conversazione mentale.
Sia l’Elfo che il Fisàan sobbalzarono, colti di sorpresa.
“Drew? Hai capacità telepatiche?”, fece stupito il
principe. L’enorme creatura davanti a lui si agitò
leggermente.
“A quanto pare sì… cosa diavolo è successo?”, volle sapere.
“Il tuo sangue ha richiamato il potere della Terra. Ti sei
trasformato… come un mutaforma.”, tentò di
spiegargli.
“E potrò tornare normale?”, domandò preoccupato.
Il ragazzo dai capelli d’argento sollevò un angolo della
bocca. “Oh, certo. Ma dovrai imparare a controllare questa nuova
capacità.”, rispose.
Vide il compare annuire, facendo oscillare la grossa testa su e
giù. “D’accordo. Vediamo che riesco a fare.”,
e detto questo si slanciò verso uno dei suoi avversari.
Lanciò un poderoso ruggito e protese gli artigli delle zampe, pronto a colpire.
I draghi d’acqua fecero lo stesso, soffiando a suo indirizzo. I loro occhi, di un blu intenso, brillavano foschi.
L’acqua del canale si mosse tutta d’un colpo, provocando
onde non indifferenti. Ma Drew non se ne curò e si
schiantò con forza contro il suo bersaglio.
L’impatto fu violento e fece oscillare pericolosamente i rocchi
delle colonne, mandando l’acqua a sciabordare contro le sponde di
pietra.
Il Nun avvolse il proprio corpo attorno a quello del suo contendente,
tentando di bloccargli ogni movimento. Al contempo stava cercando di
tenere a bada l’altra creatura, pronta a dargli noie.
I tre corpi iniziarono ad avvilupparsi, confondendosi in un groviglio
di spire dorate e trasparenti. Qualche movimento improvviso
testimoniava un colpo andato a segno oppure mancato.
Mentre i draghi combattevano, gli Spiriti corrotti ne approfittarono per andare all’attacco.
Fu Nive la prima ad accorgersi di loro: l’urlo le si
bloccò in gola e lanciò un dardo d’acqua senza
nemmeno pensare. Il suo bersaglio lo evitò per un pelo,
cambiando improvvisamente la propria linea d’azione.
Ma la reazione della ragazza bastò per mettere in allarme tutti gli altri.
-Ren, Nive, teneteli occupati!- ordinò Arkan. Il suo compagno
annuì senza esitazione, mentre la danzatrice lo guardò
con tanto d’occhi. Cosa si aspettava che facesse?
La risposta, ovviamente, non arrivò, perché il Ferift si
ritrovò a lanciare lame di vento contro i loro nemici.
Blaking si alzò in volo, pronto a colpire dall’alto.
Quando ebbe raggiunto una quota sufficiente, guardò in basso e
si bloccò. –Ne arrivano altri!- lanciò un verso
acuto e penetrante.
-Dannazione!- imprecò Simar, liberandosi della casacca per non
esserne intralciato. Estrasse i suoi pugnali gemelli, pronto a
combattere e cercò il contatto visivo con le piante che
crescevano sopra le loro teste, nel caso fosse servito il loro aiuto.
Muoversi gli costava fatica, ma non avrebbe accettato di farsi ammazzare lontano da casa.
-Ethelyn, ce la fai a combattere?- si sentì chiedere la Ferift.
A parlare era stato l’Ippogrifo. Sollevò gli occhi ed
annuì, trattenendo una smorfia di dolore.
-Appena avremo finito ti curerò, lo prometto.- la rassicurò il principe.
Lei lo guardò. –Ne sei in grado?
-Sì, so curare le costole incrinate.- confermò.
-Bene.- la giovane estrasse i sai ed infuse nelle lame il potere
dell’aria, rendendole trasparenti e taglienti come il vento tra
le rocce.
In tutto questo, Nive li guardò con tanto d’occhi,
indecisa se mettersi ad urlare per la paura o accusarli di essere tutti
dei pazzi suicidi.
Volevano veramente combattere contro tutti quegli Spiriti corrotti?
-Nive, concentrati!- la sua attenzione venne riportata sullo scontro.
Ren le lanciò un’occhiata e la invitò ad usare il
proprio potere per proteggere il gruppo. Lei allora chiuse gli occhi,
tentò di sgombrare la mente, e focalizzò una barriera
liquida, viva e impenetrabile.
Sentì le molecole di acqua risponderle, anche se a fatica.
-Brava ragazza!- si complimentò qualcuno, forse Arkan. Non
avrebbe saputo dirlo: attorno a sé sentiva i rumori dello
scontro e i ruggiti dei draghi.
Tutti i presenti, creature comprese, stavano lottando con le unghie e
coi i denti per proteggere la piattaforma di pietra, unica loro ancora
di salvezza.
Il problema era che loro erano in numero limitato, mentre quello dei loro avversari continuava a crescere.
Se non fossero arrivati rinforzi, se la sarebbero vista brutta.
“Non so per quanto ancora riusciremo a resistere!”, ruggì Nehir, attaccando l’ennesimo Spirito Blu.
Tutti quelli che si erano avvicinati abbastanza da poter essere
azzannati, ora giacevano ai margini della piattaforma. I loro corpi si
stavano lentamente liquefacendo, lasciando qualche rigagnolo
luminescente.
“Sono creature d’ombra, non c’è
dubbio.”, osservò il lupo, sputando un po’ del loro
strano e vischioso sangue.
-Nehir, lascia a dopo le considerazioni!- ribattè Simar. I
muscoli delle braccia gli tremavano e aveva perso il conto di quanti
avversari aveva abbattuto. La gamba che si era fratturato gli doleva ad
intervalli regolari, segno che la stava sforzando troppo.
Era riuscito a richiamare le piante, facendo sì che attaccassero
per difenderli, ma il loro potere era limitato, così come la sua
forza.
Prese un respiro profondo, detergendosi il sudore dal viso. Con la coda
dell’occhio vide Ethelyn trattenere un rantolo, sofferente.
Probabilmente la costola incrinata si trovava vicino ai polmoni: doveva
curarla al più presto o le conseguenze avrebbero potuto essere
spiacevoli.
Fece per raggiungerla, quando Blaking si schiantò davanti
a lui, lasciando un solco nella piattaforma di roccia. L’Elfo si
ritrasse con uno scatto, fissando il compagno con occhi sbarrati.
Cos’era successo?
Voltò la testa con un movimento repentino e capì: lo
scontro tra Drew e i draghi era entrato nel vivo e un colpo vagante
aveva finito per centrare l’Ippogrifo.
La Ferift gli fu subito accanto. –Blaking, stai bene?!- chiese, preoccupata.
La creatura si scrollò di dosso i detriti e sbatté
qualche volta le palpebre, confusa. Poi fece schioccare il becco con
fare infastidito e si rialzò. –Sono a posto.- rispose.
La ragazza non sembrò convinta della risposta, ma non protestò.
-Concentratevi sulla battaglia!- li esortò Arkan. –Questi dannati esseri sembrano non finire mai!
Ed era vero.
Per quanto la loro barriera fosse sufficientemente potente da
respingerne una buona parte, gli altri riuscivano ad oltrepassarla e ad
attaccare il gruppo. Per non parlare dei due giganteschi draghi
d’acqua.
-Arkan, non resisteremo ancora a lungo.- gli fece notare Ren, ormai al
limite delle proprie forze. Nive, accanto a lui, sembrava sul punto di
svenire.
Era la prima volta che la ragazza affrontava una sfida fisica del
genere e lo stava facendo sotto costrizione, cosa che peggiorava
ulteriormente la situazione.
Ma non era così codarda da abbandonare delle persone in
difficoltà. Poteva avere molti difetti, ma quello non
l’avrebbe mai fatto.
Improvvisamente uno Spirito attraversò la barriera e si
slanciò contro di lei. La danzatrice urlò, colta di
sorpresa, e fece per lasciare la presa sul potere.
L’essere si bloccò all’improvviso, gli occhi
sbarrati, prima di cadere al suolo con uno tonfo, freddato da una lama
ricurva.
Nive cercò il suo soccorritore, sicura di individuare Ethelyn.
Quando incontrò gli occhi di Arkan, il terzo elemento della
triade di Csi, restò a fissarlo stupita.
-Non distrarti.- le disse lui con un mezzo sorriso, per poi tornare a combattere.
Lei scosse energicamente la testa e fece come le era stato detto.
“Sono stanco di questo tira e molla.”, pensò Drew.
Era parecchio tempo che i due draghi tentavano di fiaccarlo, muovendosi
in cerchio e fintando col preciso intendo di fargli perdere la
concentrazione.
Ma lui non poteva continuare a giocare, doveva aiutare i suoi amici. Il
problema era che non sapeva cosa fosse in grado di fare quel suo nuovo
corpo.
Si osservò le zampe anteriori, dalla forma arcuata e
terminanti con degli uncini affilati. Sicuramente avrebbe potuto
squartare un bue senza problemi, ma in quel caso stava lottando contro
esseri d’acqua, del tutto incorporei.
“Un attimo! L’acqua evapora al sole!”, alzò il muso di scatto, colpito da un’idea improvvisa.
Lanciò uno sguardo all’intorno e vide confusione negli
occhi dei suoi avversari, che si stavano chiedendo il motivo della sua
improvvisa immobilità.
Il Nun sogghignò leggermente prima di puntare con tutto il corpo
verso il cielo. Il movimento causò enormi spruzzi d’acqua,
che andarono a colpire i suoi compagni, molto più sotto rispetto
a dove si trovava già la sua testa.
“Scusate!”, pensò.
In risposta avvertì solo il ringhio infastidito di Nehir, ma non
ci badò. Aveva cose più importanti di cui occuparsi:
doveva far evaporare due draghi.
Una volta superata l’altezza massima del tempio, chiuse gli occhi
e concentrò tutta la propria energia per incanalare quanta
più luce possibile.
La sentiva penetrargli dentro, farsi tutt’uno con le molecole del
suo corpo, ora ancora più ricettive di prima. Il potere del sole
si mise a scorrere in lui, fluendo come un’onda senza fine
attraverso le sue scaglie e il suo sangue.
Avvertiva le zampe prudergli terribilmente e non era certo di sapere quando sarebbe stato il momento per attaccare.
Decise di affidarsi al proprio istinto ed aspettare.
L’attesa non durò a lungo, perché
all’improvviso si sentì artigliare la coda e tirare verso
il basso. Cadde con un verso di protesta, perdendo la concentrazione.
Quando piombò sul fondo del canale, si ritrovò i due
esseri addosso, le fauci spalancate e dirette verso il suo collo.
Si contorse, provando a liberarsi, ma lo tenevano imprigionato sul fondo.
Tentò un’altra volta, vedendo gli Spiriti sfrecciargli
attorno come frecce. Doveva liberarsi, doveva aiutare gli altri!
Non si sa come, il suo lungo corpo fu libero e Drew ne
approfittò per risalire in superficie. Schizzò fuori
dall’acqua con un ruggito, spruzzando tutto ciò che
c’era nell’intorno.
I suoi avversari non si fecero attendere, ma lui era pronto.
Richiamò tutta l’energia accumulata e la rilasciò.
L’impatto fu violento, a tal punto che venne sbalzato indietro.
Volò per parecchi metri, per poi schiantarsi contro
l’archivolto di un arco e sputare fuori tutta l’aria che
aveva nei polmoni.
Ebbe appena il tempo di provare dolore che perse conoscenza.
-Drew!- esclamarono all’unisono Ethelyn e Blaking.
L’urlo deconcentrò tutto il resto del gruppo che, per un
momento, si ritrovò immobile a fissare il corpo del giovane.
I due lo raggiunsero, preoccupati. Simar scambiò una rapida
occhiata con Nehir, sperando che non fosse successo il peggio.
“Sento il suo battito.”, lo rassicurò il lupo.
La Ferift lo girò sulla schiena, facendo attenzione a non far
compiere strani movimenti alle sue membra. Lo osservò per
qualche istante, poi si chinò sul suo torace alla ricerca del
suo respiro.
Un rantolo e il giovane rinvenne, tossendo con forza.
-Per fortuna stai bene!- Ethelyn gli buttò le braccia al collo,
sollevata oltre ogni dire. L’Ippogrifo, alle sue spalle, si
lasciò sfuggire un sospiro.
Il Nun si lasciò stringere, frastornato. –Che
cos’è successo…? Ricordo i draghi…- disse
con voce leggermente impastata.
-I draghi sono andati: li hai sconfitti.- si sentì dire.
Confuso, si voltò verso colui che aveva parlato. Si stupì
nel vedere Ren, il braccio destro di Csi. –Sul serio?
-Sul serio. Ora vediamo di liberarci dei loro amichetti.- tagliò
corto Arkan. –Riesci a combattere?- gli chiese subito dopo.
Drew si ispezionò rapidamente, decidendo che i danni riportati
nell’urto erano di lieve entità. Si rialzò facendo
perno su un ginocchio ed estrasse il pugnale che teneva nello stivale,
pronto a dar battaglia.
-Blaking, dopo vorrei parlare con te di…- iniziò.
-Lo so. Ora concentriamoci.- tagliò corto l’amico. Gli
fece un rapido cenno del capo ed iniziò a correre lungo la
piattaforma, per poi prendere il volo poco dopo. –Posso dire che
siamo in netto svantaggio.- annunciò.
“Perspicace. A me sembrava stessimo vincendo.”, commentò Nehir, acido.
La sua ironia, però, ebbe vita breve: uno Spirito ardimentoso si
lanciò all’attacco, intenzionato a trapassarlo da parte a
parte con la sua lancia.
Il Fisàan scartò di lato, evitando la punta per un
soffio. Poi azzannò l’avversario all’altezza della
spalla e lo scaraventò sulla piattaforma. Simar gli fu
immediatamente addosso e lo freddò con un affondo preciso.
-Non resisto più…- in quel momento Nive perse la presa sulla barriera ed abbassò le braccia, barcollando.
La loro protezione s’assottigliò, alimentata solamente dal potere di Ren.
Gli Spiriti corrotti sembravano non aspettare altro perché si gettarono in massa su di loro.
Quello che seguì dopo fu il caos totale.
Ren mollò la presa e lasciò ricadere lo schermo magico,
preparandosi a combattere. Tutt’attorno ogni membro del gruppo
era impegnato a scartare, affondare e parare.
C’erano tre avversari a testa, se non di più.
Blaking planò verso il basso il più velocemente
possibile, spazzando lo spiazzo di pietra coi propri artigli e
scaraventando in acqua tre creature. Poco dopo si ritrovò a
sgroppare nel tentativo di liberarsi da un aggressore particolarmente
nerboruto.
L’essere aveva avvolto le braccia attorno alla sua cassa toracica e stava tentando di sfondargliela.
-Blaking!- Ethelyn impugnò uno dei suoi sai per la punta e lo
lanciò. L’arma volteggiò nell’aria e si
conficcò nella schiena dello Spirito, obbligandolo a lasciare la
presa.
L’Ippogrifo si voltò a mezzo e lo uccise con un colpo alla testa. –Grazie!- disse subito dopo.
-Dovere.- sorrise la ragazza. Era incredibile come si fosse evoluto il
loro rapporto: solo un mese prima lei lo temeva più di ogni
altra cosa. Ora erano buoni amici e si guardavano le spalle a vicenda.
La rossa si concesse un sorriso prima di ruotare su se stessa e parare
un colpo con l’elsa del suo pugnale. Fece pressione col braccio,
tentando di forzare la resistenza dell’avversario. La punta della
lancia si spezzò e la lama del sai trovò la via della
carne, affondando con facilità ed uccidendo lo Spirito.
Un fiotto di sangue nero zampillò dalla ferita, imbrattandole
parte degli abiti. Ethelyn rimase a fissare il corpo
dell’avversario che crollava a terra, privo di vita.
Avvertì una fitta all’altezza del cuore e percepì
un istantaneo senso di svuotamento. Nonostante sapesse che quel viaggio
avrebbe richiesto sacrifici, non si sarebbe mai abituata a compiere
quell’unico, rapido gesto in grado di togliere la vita ad
un'altra creatura.
Ne era sicura.
-Attenta!
Fece appena in tempo a voltarsi che si ritrovò il viso di un
uomo a pochi centimetri. Un paio di occhi neri, sbarrati, la fissarono
senza vederla.
Simar estrasse la lama del suo pugnale. –C’è mancato poco.- commentò, vedendola illesa.
-G-grazie…- mormorò lei.
-Di nulla.- l’Elfo saltò addosso ad un altro Spirito, evitando che attaccasse Nehir.
In tutto questo Nive era l’unica che non riusciva a trovare un
suo ritmo. Non aveva mai dovuto uccidere nessuno e il suo corpo reagiva
d’istinto: le sembrava di abitare la pelle di un’altra
persona.
Non era tagliata per quelle cose e non avrebbe mai voluto ritrovarsi in mezzo a tutto ciò.
Mentre questi pensieri attraversavano la sua mente, venne attaccata. Si
abbassò di colpo ed evitò il fendente diretto alla sua
testa.
Guardò da sotto in su il suo aggressore e lo colpì ad un
ginocchio, assestandogli un calcio. La gamba cedette sotto il peso del
corpo, facendolo cadere a terra, ma lei non ne approfittò per
finirlo.
Restò a guardarlo con le mani tremanti, indecisa.
Quell’attimo di titubanza bastò alla creatura per
riprendersi e tentare un nuovo attacco. Sollevò il braccio,
pronta a colpire, ma una lama d’aria la raggiunse, freddandola.
La giovane si riscosse con un sussulto.
-Tutto bene?- le chiese Arkan. Lei lo fissò in tralice, senza riconoscerlo.
-Arkan, sono troppi! Dobbiamo andarcene!- sentì urlare Ren. Si
voltò di scatto e si rese conto di quanto la situazione fosse
difficile: l’intera piattaforma pullulava di Spiriti Blu dalla
pelle nera come la notte.
“Dannazione!”, imprecò dentro di sé.
Erano spacciati.
-Preparatevi a scappare!- urlò a Blaking, che era il più
vicino. Il pennuto si voltò verso di lui ed annuì,
cercando con lo sguardo i propri compagni.
Lui sostenne il peso della giovane danzatrice e poi la sollevò
da terra, deciso a portarla in salvo. Con la coda dell’occhio
vide il grosso lupo caricarsi in spalla il proprio cavaliere ed
avvicinarsi a Ren.
L’amico guardò il grosso Fisàan, stupito.
Stava per montargli sul dorso quando qualcosa si schiantò contro
le pareti del tempio. La piattaforma tremò e l’acqua
sciabordò ovunque come impazzita.
-Che succede?!
-Là in fondo!- indicò Drew.
Un’enorme quantità di acqua stava avanzando verso di loro,
trasportando nel proprio flusso gli Spiriti corrotti. Si stava
ripiegando su se stessa, come una grande onda e si sarebbe schiantata
con inaudita potenza.
Evitarla era pressoché impossibile.
Istintivamente tutti i presenti chiusero gli occhi, preparandosi al peggio.
Ma non ci fu nessuno schianto, solo un vago scricchiolio. Simar fu il
primo a riaprire gli occhi e si ritrovò a fissare l’onda
completamente congelata.
L’acqua si era cristallizzata in una terribile ed affascinante
scultura di ghiaccio, al cui interno erano intrappolati i loro nemici e
tutti i pesci che abitavano il fondale di roccia.
-Non posso tollerare un attacco ai piedi nella mia dimora.-
esordì Manannan. La sua voce era immota e profonda come
l’oceano.
Tutti i presenti sgranarono gli occhi, mentre un grido di rabbia
risuonò in lontananza, perdendosi nelle immensità del
cielo.
Il Cair dell’Acqua se ne stava ritto davanti a loro, lo sguardo
fisso sull’acqua congelata. Sembrava voler sfidare gli Spiriti a
contrattaccare.
-Ci sono feriti gravi?- domandò, senza distogliere gli occhi dal risultato del suo intervento.
-No… nessun ferito grave.- rispose dopo un po’ Blaking.
Drew mosse un passo avanti. –Come avete saputo…?-
iniziò, titubante. Dopotutto stava parlando col Vegliante
dell’Est.
Il lupo sollevò un angolo della bocca, mostrando leggermente le
zanne. –Sarei uno sciocco se non mi rendessi conto di quello che
succede nella capitale. Soprattutto ora che mi avete liberato dal giogo
di quell’oscuro potere.- disse.
-Giogo di potere?- ripetè Arkan, perplesso. Stavano forse
dicendo che l’inattività del Cairansis aveva una causa
diversa dalla sua negligenza? “Devo riferirlo a Csi. Questo
confermerà i suoi sospetti.”, decise.
Manannan si voltò lentamente verso il gruppo e li osservò
uno per uno. Infine i suoi occhi si posarono sugli studiosi e su Nive.
–Due uomini di cultura dal dubbio passato ed una danzatrice. Cosa
fate qui, insieme ai viaggiatori?- chiese.
La ragazza tentò di sostenere il limpido sguardo della creatura,
ma poco dopo fu costretta ad abbassare gli occhi, intimorita. La sua
baldanza non aveva potuto nulla contro il potere del grosso lupo.
-Ci stavano aiutando.- intervenne Ethelyn.
-A fare cosa, se posso sapere? A sconfiggere gli Spiriti?- s’informò il Cair.
Simar lanciò un’occhiata ad Arkan. –Anche.
Il Vegliante sogghignò. –Anche.
Mi sembra una risposta… accettabile. Non voglio immischiarmi nei
vostri affari, ma vi pregherei di partire il prima possibile.- li
esortò.
-Eravamo qui per questo.- ci tenne a precisare il principe. Gli occhi
di cristallo della creatura si spostarono su di lui e per un attimo
sembrarono sfidarli: Manannan si comportava come il mare ed era
soggetto a repentini cambiamenti d’umore.
Più o meno come tutti gli altri suoi fratelli.
-Non sfidarmi, nipote.- lo redarguì.
Il ragazzo dai capelli d’argento irrigidì la mascella. –Non lo sto facendo.
Ci fu un momento di tensione tra i due ma poi, così com’era venuto, scemò rapidamente.
Esattamente in quel momento Csi irruppe nel tempio, accompagnato da
alcuni dei suoi accoliti. –Ragazzi, state tutti bene?!- chiese,
allarmato.
Il suo braccio destro lo guardò, stupito, prima di fare un rapido cenno col capo.
L’Elfo lasciò uscire un sospiro, sollevato, per poi
irrigidirsi subito dopo aver notato la presenza del Vegliante.
–Cair dell’Acqua.- lo ossequiò con un profondo
inchino.
-Non ce n’è bisogno. Queste persone sono ai vostri ordini?
-Se per “queste persone” intende i due Spiriti e il Ferift,
sì.- confermò l’uomo. –Gli altri sono miei
ospiti.
-Voi siete l’Elfo del Sud, non ho forse ragione?- Manannan gli si
avvicinò per poterlo scrutare in volto. Quei tratti non gli
erano del tutto sconosciuti, ma nemmeno familiari: dimenticare una
cicatrice come quella sarebbe stato difficile, eppure non riusciva ad
afferrare il suo nome.
Csi sostenne il suo sguardo, apparentemente calmo. –Sì,
sono io.- nella sua voce, però, si poteva cogliere un pizzico di
nervosismo.
-Perché quest’incontro?
-Per dar loro una mappa delle terre del Sud.- il suo interlocutore
optò per la verità. A volte era la strada più
semplice.
-Sono certo che ci sia qualcosa di cui sono all’oscuro. Se questa
cosa può essere d’aiuto nell’impresa, voglio esserne
messo al corrente subito dopo la partenza del gruppo.- sentenziò
Manannan. –Se ora volete consegnare loro la mappa…
Era chiaro che al Cair premeva saperli in viaggio il prima possibile,
ma si stava dimostrando leggermente freddo nei confronti dei ragazzi e
Blaking se ne chiese il motivo.
L’oggetto delle sue attenzioni sembrò notarlo,
perché rilassò i muscoli del muso e disse:-Scusate il mio
comportamento. Non posso tollerare un attacco alla capitale, è
una sfida alla mia ritrovata lucidità.
“La ritiene una sfida alla sua autorità. E non può
mostrarsi debole, non dopo le notizie che abbiamo portato.”,
ragionò l’Ippogrifo.
-Be’, prima ho bisogno di sapere una cosa.- intervenne Csi. Il
Vegliante lo esortò a continuare. -Nive, vuoi partire con loro?
La domanda la colse assolutamente impreparata.
Dopo l’enorme spavento della battaglia (per altro nemmeno
conclusa), ora ci si metteva anche Csi con la sua strana domanda.
Perché glielo stava chiedendo proprio in quel momento?
Era vero, non poteva negare di aver accarezzato il pensiero di partire,
ma si era resa conto che non era assolutamente tagliata per quel genere
di avventura. Poteva intrufolarsi silenziosamente nelle case, rubare
documenti o scivolare tra le vie della città senza esser vista,
ma l’idea di uccidere ancora le metteva i brividi.
Senza pensarci due volte scosse energicamente la testa.
-Ne sei sicura?- le chiese l’Elfo. I suoi intelligenti occhi celesti la stavano scrutando attentamente.
-Non sono tagliata per queste cose…- fu costretta ad ammettere.
–Posso irretire un uomo, rubare, raccogliere informazioni, ma non
uccidere ancora.
-Non è facile…- Ethelyn provò a darle conforto, ma la giovane si scostò.
-Potresti perdere la tua occasione di fuggire da quella locanda.- le
fece presente Simar, pratico. –Non è quello che vuoi?
La frecciatina raggiunse l’obiettivo. –Certo che sì!- sbottò lei.
-E allora parti con loro.- la esortò nuovamente Csi. Nive
tornò a fissarlo, senza capire il motivo di tanta insistenza.
-Perché vuoi che me ne vada?- glielo chiese.
-Perché questa esperienza ti arricchirà.- fu la semplice risposta. Il che voleva dire tutto o niente.
La danzatrice si rese conto che quello era un punto di svolta della sua
vita: sapeva che quella scelta l’avrebbe influenzata da lì
in avanti.
“Voglio veramente rimanere per tutta la vita in quel
posto?”, si chiese. Non dovette nemmeno pensarci. La risposta era
no, ovviamente.
L’idea di liberarsi della matrona la stuzzicava parecchio, ma
lasciare tutte le sue poche certezze non era per niente allettante.
-Bisogna mettersi in gioco.- osservò Manannan. –Se
l’Elfo ritiene che questa esperienza possa aiutarti a maturare,
dovresti viverla.
-V-voi credete?
Il lupo annuì lentamente, pacato.
-D’accordo. Partirò.- decise finalmente Nive.
-Sono contento che tu abbia preso la decisione giusta.- sorrise Csi.
–Ora posso rivelarti una cosa che ti sconvolgerà.
Lei rimase a fissarlo senza parole, chiedendosi se stesse malignamente
giocando al gatto col topo. Anche gli altri, che avevano assistito in
silenzio allo scambio di battute, si posero lo stesso quesito.
-E’ una cosa bella o brutta?- domandò.
-Sconvolgente.
“E’ d’aiuto.”, commentò Nehir. Non gli
piaceva quel gioco d’indovinelli, ma non per questo la sua stima
nei confronti di Csi era scesa.
Cyril lanciò un’occhiata alle proprie spalle. -Arkan.
Subito l’uomo si fece avanti, fissandolo curioso e rimanendo in
attesa di ordini. Non aveva idea di cosa stesse passando per la mente
del suo capo.
-Ti presento tua figlia.- l’Elfo indicò senza esitazioni Nive.
I due lo fissarono sconvolti, senza saper bene cosa dire, per poi fissarsi a loro volta.
Arkan spalancò le ali con uno scatto, basito.
Tutti i presenti si fecero indietro ad esclusione di Manannan, per nulla preoccupato da quella violenta esternazione emotiva.
-C-come?!
La sua espressione non era molto dissimile da quella della giovane
ragazza che aveva davanti. Erano entrambi confusi oltre ogni dire e si
scrutavano come se avessero visto un fantasma.
O un sogno terribilmente meraviglioso.
Nive tornò a guardare Csi. -Io non ho un padre. E’ morto o qualcosa del genere.- ammise.
-No, tuo padre non è morto. E no, Arkan, non lo è neppure
tua figlia. Guardatevi.- li esortò l’uomo, calmo.
Quello che doveva essere il padre della danzatrice afferrò per
le braccia il proprio superiore. –Se questo è uno scherzo,
ti giuro che non la passerai liscia, Csi.- gli disse con occhi
spiritati.
L’Elfo distese le labbra in un sorriso, che gli illuminò gli intelligenti occhi celesti.
Arkan allora si voltò verso di lei e la fissò da capo a
piedi, incredulo e meravigliato. Ora che l’osservava bene
poté notare la stessa forma del viso della donna che aveva amato.
“Leliana...”, sentì una stretta al cuore.
-A-Arkan…?- Nive si scostò leggermente, preoccupata dalla
sua espressione. Sembrava sul punto di fare qualcosa di stupido, come
mettersi ad urlare o stringerla in una presa soffocante.
Sentendo pronunciare il proprio nome, lui raddrizzò la schiena e
si diede un contegno. –Come si chiama tua madre?- le chiese.
Lei scosse il capo, facendo oscillare i lunghi capelli mori. –Non
ho una madre, sono stata cresciuta alla Locanda dei Fiori.-
spiegò.
Aggrottò le sopracciglia. –La Locanda dei Fiori? È
quella circondata da alte mura, vero? È gestita da un matrona.-
riportò alla mente l’immagine di quel luogo,
focalizzandola nei propri ricordi di gioventù. Lo Spirito
annuì. –Leliana ci andava spesso quando litigava coi suoi
genitori. Le piaceva sedersi a contemplare i fiori e cantare.
-Cantare? Alla Locanda?
-Sì, mi rendo conto che suona strano. Ora le cose sono un
po’ diverse.- ammise l’altro, leggermente imbarazzato.
-Arkan.- Csi decise di intervenire per sbloccare la situazione. Il suo
sottoposto lo guardò, attento ad ogni sua parola.
–Lasciatemi spiegare come siamo arrivati a questo.
Con la coda dell’occhio notò il Cair celare una smorfia
d’insofferenza e gli fu grato per essersi trattenuto e non aver
rovinato il momento. Comprendeva la necessità di far partire il
gruppo di stranieri, ma quello era il tempo dei sentimenti.
-Quando ti ho incontrato ti stavi dedicando al furto, giusto? Mi dissi
che lo stavi facendo per vendicarti di un uomo… Kone, se non
sbaglio.- iniziò l’Elfo.
-Giusto. Quel bastardo…- il Ferift digrignò i denti
all’udire quel nome. Nonostante si fosse preso la sua vendetta,
odiava ancora sentirlo pronunciare, con tutto se stesso.
-Mi raccontasti che era lo Spirito scelto per diventare il compagno
della donna che amavi, ma che lei non voleva sapere di sposarsi. E mi
dissi anche che lei era incinta.- continuò.
Arkan spostò lo sguardo su Nive e si lasciò sfuggire un debole sorriso. –Aspettava una bambina.
Csi annuì. –E’ lei, quella bambina. Dopo il tuo
racconto ho fatto un po’ di ricerche e ho scoperto che Leliana,
credendoti ucciso da Kone, ha deciso di affidare la bambina alla
matrona della Locanda. Sperava che avrebbe potuto vivere lontana
dall’influenza della sua famiglia.- spiegò.
-Ma io credevo…
-Kone ti ha fatto credere che Leliana e la piccola fossero morte a
causa del parto. È stata la rabbia a portarti sull’orlo
della tomba, non il tuo avversario.- lo interruppe.
-Un attimo!- Nive intervenne. Non riusciva più a seguire il
discorso, le parole le si accavallavano confusamente nella testa. Csi
ed Arkan si voltarono a fissarla. –Mi state dicendo che mia madre
è viva…?
A quella domanda anche il suo presunto padre si fece speranzoso. Dopo
aver saputo della sua morte da parte di quel codardo di Kone, si era
concentrato solo sul proprio dolore, non dubitando un attimo delle sue
parole.
Cyril fu costretto ad abbassare la testa, dispiaciuto. –No… mi spiace.
-No?! Leliana è morta…? L’ho persa un’altra
volta?- Arkan strinse le mani a pugno, sentendo la rabbia montargli
dentro.
-E’ stata costretta a prendere un altro marito dopo che tu hai
sistemato il primo. È morta di parto.- comunicò.
Nive si portò le mani alla bocca, reprimendo un singhiozzo. La
flebile speranza di poter rivedere sua madre era appena andata in
frantumi.
Arkan chinò il capo, nascondendosi dietro ai suoi lunghi capelli biondi.
-Vi lasciamo un momento da soli.- mormorò Csi, prima di far cenno agli altri di allontanarsi.
La danzatrice li osservò spostarsi e colse lo sguardo di
Ethelyn, che le diceva di essere forte e non cedere. Fu la prima volta
in cui apprezzò veramente l’interessamento di qualcun
altro.
Lentamente si avvicinò a suo padre, stando attenta a non fare
movimenti bruschi. Si fissò le mani, dubbiosa e alla fine decise
di stargli semplicemente accanto.
Nonostante non lo conoscesse, il dolore che lo scuoteva era quello che stringeva anche il suo cuore.
Arkan sentì il rumore dei passi di Nive, leggeri come
l’aria e sollevò leggermente lo sguardo. Restò a
fissarla e ancora una volta ritrovò un altro pezzetto di Leliana.
Senza poterselo impedire l’attirò a sé,
stringendola tra le proprie braccia come se fosse la sua ancora di
salvezza.
Aveva creduto di aver perso tutto molto tempo addietro, ma scoprire che
non era così era ancor più doloroso dell’averlo
pensato.
La giovane s’irrigidì immediatamente, allarmata
dall’improvviso contatto. Tentò di liberarsi, ma
capì che lui non l’avrebbe lasciata andare.
Allora prese un respiro profondo, appoggiò la fronte contro il suo petto e pianse.
Pianse come non aveva mai fatto in vita sua.
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Capitolo 30 *** Cap. 29 Partire ***
Cap. 29 Partire
Dopo l'immenso ritardo (lo so, scusate >__<), ecco un nuovo capitolo!
Si conclude la permanenza a Neith: ci saranno alcuni chiarimenti e
tanta attesa per gli eventi futuri. E' un capitolo di transizione,
quindi niente scontri, massacri e cose simili... quelli riprenderanno
più avanti XD
Buona lettura! :)
Cap. 29 Partire
-Credo dovremo concedere loro un po’ di tempo…-
suggerì Ethelyn, lanciando un’occhiata a Nive ed Arkan.
I due erano ancora abbracciati, ma nessuno dei due stava dicendo
niente: rimanevano stretti, facendosi bastare il calore dei loro corpi.
La Ferift non era cresciuta credendosi orfana, ma alcuni giorni
si era sentita tale. Avrebbe tanto voluto tornare a Ferend per
sincerarsi che la sua famiglia stesse bene e passare del tempo coi suoi
genitori, senza pensieri e preoccupazioni.
-Non abbiamo tempo.- la voce del Cair la strappò ai suoi pensieri.
Si voltò a guardarlo, scioccata dal tono di voce che aveva usato. –Permetti l’ardire, ma loro…
-Manannan, capisco l’urgenza, ma lascia loro un po’ di tempo. Si sono appena ritrovati.- intervenne allora Simar.
Il grosso lupo girò lentamente la testa e fissò i suoi
occhi di cristallo in quelli blu oltremare dell’Elfo. Si
fronteggiarono per un po’, muti, saggiando la resistenza
reciproca. Alla fine il Vegliante sospirò, arricciando
leggermente il labbro superiore in quello che sembrava un sorriso.
-Sei proprio il nipote di Fenris: stessa cocciutaggine.- commentò, divertito.
-Dovresti conoscere Kiron.- si lasciò sfuggire il giovane.
Nehir, alle sue spalle, eruppe in un rumore di gola, che morì
poco dopo a causa del dolore diffuso.
Solo in quel momento il principe sembrò ricordarsi del fatto che la battaglia aveva causato dei feriti.
Blaking sembrò leggergli nel pensiero, perché disse:-A
noi serve del tempo per rimetterci in sesto. Non vedo perché
Nive non possa usarlo per stare con suo padre.
Csi e Manannan si scambiarono un’occhiata e l’Elfo del Sud
si ritrovò d’accordo con quanto detto dall’Ippogrifo.
-D’accordo. Ma dovrete partire tra un giorno, al massimo. Nel
mentre tenterò di contattare mio fratello.- acconsentì il
lupo. Fece per andarsene, ma si bloccò e tornò a
voltarsi, puntando il muso verso Cyril. –Noi due dovremo parlare.
-Sicuramente.- convenne l’uomo.
Con un cenno del capo, la creatura diede loro le spalle.
Irrigidì i muscoli delle spalle e, poco dopo, l’acqua del
canale si sollevò, inghiottendo i resti degli Spiriti corrotti.
“La faccenda è sistemata. Ora devo capire come hanno fatto
ad entrare.”, si disse Manannan, prima di tornare nella propria
dimora.
***
Gli astanti si stavano lentamente disperdendo, ma lei non poteva
attendere. Doveva correre a casa, per dare la buona notizia.
Il più agilmente possibile scartò alcuni dei Guardiani e
si affrettò giù per il declivio su cui cresceva la grande
quercia. Qualcuno le imprecò contro e qualcun altro le chiese
dove stesse andando così di fretta: non rispose,
gesticolò soltanto.
Era quasi giunta ai piedi della collina, quando decise di concedersi un
aiuto. Chiuse gli occhi, si concentrò e poco dopo si
ritrovò a galoppare sulla tenera erba estiva.
Appena raggiunte le prime strade cittadine, il rumore dei suoi zoccoli
si fece chiaro e ritmato e le persone presero a scansarsi per farla
passare.
Ringraziò tutti e continuò ad affrettarsi.
-Maahes, Maahes!- chiamò a gran voce. –Maahes!
Raggiunse il cortile della propria abitazione e saltò la
staccionata, evitando di atterrare sui fiori appena sbocciati.
Aggirò la casa, ma non trovò nessuno.
Perplessa, si voltò verso il grande porticato che introduceva al salotto, ma non individuò nemmeno sua madre.
“Ma dove sono tutti?”, si chiese.
-Gizah! Stai cercando tua madre?- le chiese una voce.
Si voltò e riconobbe la loro vicina. –Sì…
sai per caso dov’è?- annuì, avvicinandosi.
-Dovrebbe essere in fondo alla strada, l’hanno chiamata per
un’emergenza.- le sorrise la donna. –E’ successo
qualcosa di brutto?
La giovane scosse la testa, frustandosi il viso coi capelli color della
notte. –Nulla. Cioè, nulla di preoccupante. Devo andare,
grazie mille!
Scavalcò nuovamente la recinzione e si affrettò verso il
punto che le era stato indicato. Nel momento esatto in cui smise di
correre, udì i vagiti del neonato.
Riprese fiato, concedendosi un sorriso e una benedizione per quella nuova vita. –Madre!- chiamò subito dopo.
All’interno della casa ci fu un po’ di trambusto, ma poco
dopo ecco uscire la sua copia più anziana. –Gizah, che
succede?- le chiese, accigliandosi immediatamente.
-Il Cair ha detto sì. Ha accettato!- senza potersi trattenere le
buttò le braccia al collo, contenta oltre ogni dire.
Sua madre rimase un attimo immobile, poi ricambiò
l’abbraccio. –Sono felice per te, bambina. Sono davvero
felice.
La centaura capì che qualcosa non andava. Pose fine al contatto
e fissò la genitrice negli occhi. –Non sei contenta. Cosa
c’è che ti turba?- volle sapere.
Kaneka distolse lo sguardo, tentando di mascherare i propri pensieri.
Sapeva che sua figlia aveva lavorato tanto e duramente per ottenere
quel riconoscimento, ma non voleva che si mettesse spontaneamente nei
guai.
-E’ per via di questo incarico…?- azzardò allora Gizah.
La sua interlocutrice fu costretta ad annuire. –So quanto tieni
al tuo ruolo di Guardiana, ma non c’è bisogno di…-
iniziò.
-Sì, invece. Io ho bisogno di questo riconoscimento, ho bisogno
che la smettano di trattarmi con condiscendenza solo perché ho
sangue misto.- sbottò.
-Non devi dimostrare niente a nessuno.- le ricordò la donna, tornando a guardarla negli occhi.
Lo sguardo dorato di sua figlia s’indurì. –Devo
dimostrare a me stessa che non valgo meno di loro. Voglio aiutare il
Cair e anche quei ragazzi.- asserì, convinta.
Kaneka capì che non avrebbe potuto farle cambiare idea e si
ritrovò ad abbracciarla, rassegnata a vederla partire.
–Giuro che, se ti farai torcere anche un solo capello, non ti
vorrò più a casa.- la minacciò, tentando di
mantenere salda la voce.
Gizah annuì più volte, affondando il viso tra i suoi
capelli. Le voleva un bene del mondo e l’amava anche quando non
l’appoggiava, perché le faceva vedere le cose da una
prospettiva diversa. Poco importava che lei condividesse o meno la sua
opinione, l’importante era il ragionamento che innescava nella
sua mente.
-L’hai detto a Maahes?- s’informò dopo un po’ sua madre.
-No… credevo fosse a casa, invece non c’era.
-Sai che ama il suo lavoro: anche quando non è di turno, rimane
comunque coi bambini.- sorrise Kaneka, strappando un sorriso anche alla
giovane. –Su, vai a cercarlo.- aggiunse, dandole una spintarella.
Gizah fece per avviarsi, ma si bloccò e tornò a voltarsi. –Grazie.- sorrise.
Sua madre si limitò a stringersi nelle spalle e ricambiare il
sorriso, abbracciandola con uno sguardo carico d’affetto.
-Gizah! Se cerchi tuo marito è nel cortile principale.- le disse un uomo.
La giovane annuì, ringraziando e si affrettò verso il grande portico che immetteva nel giardino della scuola.
Maahes insegnava la disciplina del combattimento ai bambini di Azmara,
in quanto era il combattente più forte della città.
Almeno tra i centauri.
A vederlo nessuno avrebbe mai sospettato la sua abilità nel
maneggiare il lungo bastone istoriato che portava sempre con sé.
Glielo aveva regalato Gizah il giorno del loro matrimonio, come dono
della sposa allo sposo.
Quando individuò la piccola folla di bambini sorrise e
rallentò l’andatura. Si mise ad osservare l’ampia
schiena dell’uomo che amava mentre mimava alcune rotazioni del
polso, utili quando si stava combattendo in un corpo a corpo molto
ravvicinato.
Li aveva quasi raggiunti quando una delle bambine la vide e la
indicò con fare eccitato. I suoi compagni vennero messi
sull’attenti e in poco la Guardiana si ritrovò sepolta dai
corpi dei piccoli alunni.
Ridendo divertita, prese a strapazzarli più che poté.
Adorava i bambini e desiderava tanto averne di propri; il problema era
che la natura sembrava ritenerla ancora troppo inesperta per generare
una nuova vita.
E la cosa la frustrava, tremendamente, rendendola spesso di cattivo umore.
-Tesoro, vuoi una mano?- Maahes le si avvicinò, ridacchiando.
Gizah riuscì a fargli cenno con una mano ed in poco si
ritrovò libera da tutte quelle mani e quelle facce urlanti.
–Grazie.- sorrise.
-Sei venuta per giocare con noi?- le chiese Eboleth, la bambina che l’aveva individuata per prima.
-No, piccola, mi dispiace. Devo parlare col vostro maestro.- si
scusò. La piccola sporse il labbro, delusa e allora lei le
lasciò una carezza sulla testolina bruna, facendole tornare il
sorriso.
-Andate ad allenarvi. Mi raccomando: non voglio altre risse.- disse suo marito, con voce calma ma autoritaria.
I bambini annuirono e si allontanarono, correndo come gazzelle in fuga.
-E’ successo qualcosa a casa?- Maahes si fece preoccupato.
Gizah gli scostò una ciocca dei lunghi capelli castani dal viso
e scosse la testa, sorridendo. –Sono appena tornata da una
riunione del Consiglio.- iniziò.
L’uomo si accigliò ulteriormente. –Ci sono buone nuove…?- azzardò.
-Sì.- confermò solo lei.
-Gizah, mi vuoi tenere sulle spine?- chiese, sollevando un angolo della bocca.
Lei ridacchiò. –Forse.
Lui allora le cinse la vita e la strinse a sé, costringendola a
piegarsi leggermente all’indietro. –Avanti, dimmelo.- la
pregò.
-Il Cair ha accettato la mia candidatura. Partirò per aiutare quei ragazzi!- rivelò infine.
All’udire quelle parole, il viso di Maahes si fece di pietra.
Poi, lentamente, i suoi occhi si restrinsero e la sua mascella si
contrasse.
La donna capì di aver appena dato una brutta notizia. –Maahes… io…
Il centauro sciolse l’abbraccio, dandole la schiena. –Mi
stai dicendo che stai per partire per una missione suicida e che ne sei
contenta?
-Non è una missione suicida!- protestò lei.
-Ah no? Non sappiamo nemmeno contro cosa stiamo combattendo: a me lo
sembra eccome.- replicò lui, tornando a fronteggiarla. I suoi
occhi verdi lampeggiarono, mentre la sua voce si mantenne sulla stessa
tonalità, senza alterarsi.
-Maahes, devi capire che questa cosa è importante, per me.- tentò nuovamente sua moglie.
-Lo so perché lo fai. Ma a me non interessa, ciò che
è importante, per me, sei tu.- la prese per le spalle,
fissandola dritta negli occhi. –Non posso pensare di poterti
perdere.
Gizah allora si aprì in un sorriso, addolcendo il proprio
sguardo. –Non mi perderai, non ho intenzione di morire.- lo
rassicurò, sfiorandogli il viso.
-Infatti, perché verrò con te.
A quelle parole toccò a lei restare di sasso. L’idea di
mettere in pericolo se stessa era tollerabile, ma non poteva
assolutamente permettere che Maahes fosse coinvolto.
-No.- rifiutò con tono categorico.
L’uomo che amava tornò ad adombrarsi e, senza una parola, la superò e tornò dai propri alunni.
***
Dopo la scomparsa di Manannan, Csi restò a fissare il campo di battaglia, silenzioso.
Il Cair sapeva, sicuramente. Forse non tutta la storia, ma avrebbe dovuto rendergli conto delle sue ultime attività.
Quel colloquio lo impensieriva, ma confidava nel fatto di poterlo affrontare a testa alta.
-Ragazzi, torniamo alla locanda.- Blaking si avvicinò a Drew ed Ethelyn, rompendo il silenzio che si era creato.
Tutti si ritrovarono d’accordo, escludendo Nive ed Arkan, ignari di quello che stava succedendo attorno a loro.
Ren, rimasto sconvolto dalla notizia della paternità
dell’amico, aveva lo sguardo perso sulle acque del canale, ora
limpide e quiete.
-Ren.- si sentì chiamare. Sollevò la testa e si
ritrovò a fissare il proprio capo. –Stai bene? Sei ferito?
Abbassò gli occhi, scrutandosi alla ricerca di eventuali ferite e poi disse in un sussurro:-No.
Le labbra di Cyril si stesero in un sorriso. –Bene… che ne dici di tornare alla base?
-E lasciamo qui Arkan?- s’informò, perplesso.
L’Elfo si voltò a guardare il Ferift e il suo sorriso si
allargò ulteriormente. Era tanto tempo che desiderava rivelare
tutto ad Arkan, ma non si era mai presentata l’occasione giusta.
–Sì, lasciamolo con sua figlia. Sono sicuro che abbiano
tanto di cui parlare.
-D’accordo.
I ragazzi, che avevano assistito a quel breve scambio di battute, si avvicinarono ai due.
-Grazie per il vostro aiuto.- ringraziò Simar.
-Se non ci si aiuta nel momento del bisogno, quando?- replicò
Csi, fissandolo dritto negli occhi. –Mi dispiace solo che siate
rimasti feriti…- aggiunse subito dopo, spiacente.
-Non c’è problema: sappiamo cavarcela.- sdrammatizzò Drew.
-Oh, a quanto ne sono tu te la sei cavata egregiamente, ragazzo.-
ridacchiò l’uomo. Il Nun lo guardò confuso, non
capendo. –Ho visto il tuo scontro con i draghi.- gli
spiegò allora.
Il giovane arrossì leggermente. –Be’…
fortuna, credo. Non capisco nemmeno io cosa sia successo.- ammise.
Blaking gli lanciò un’occhiata, per poi rivolgersi a Csi.
–Non è stata fortuna, vero? Dipende dal suo sangue.-
domandò.
Lo studioso rimase in silenzio per qualche momento, meditando sulla
risposta. Il suo braccio destro, al suo fianco, passò gli occhi
dall’uno all’altro, chiedendosi come sarebbe finita.
-Dipende dal sangue, sì.- rivelò. –Drew ha discendenze elfiche, se non erro.
Lui sgranò gli occhi. –E’… è così evidente?
-Dopo ciò che è successo oggi, sì. Almeno per i
presenti.- Cyril tentò di tranquillizzarlo anche se, a giudicare
dallo sguardo del ragazzo, non ci era propriamente riuscito.
-Potresti spiegarci…?- Blaking si fece avanti, speranzoso.
-Csi, forse sarebbe il caso di allontanarci.- gli fece notare lo
Spirito Blu. L’uomo annuì distrattamente, soppesando i
suoi interlocutori.
Se non aveva fatto una valutazione errata, avevano tutti sangue misto.
O comunque caratteristiche inusuali per le loro razze di appartenenza.
Si chiese se spettasse a lui rivelare loro cosa avrebbero potuto fare e
ritornò con la mente a diversi anni prima, quando aveva iniziato
suo nipote.
Abbassò gli occhi, sfiorandosi pensosamente il mento. Alla fine
disse:-Venite con noi al rifugio, lì vi dirò quello che
so.
I ragazzi ne furono tutti entusiasti e si scambiarono sguardi eccitati.
-Per quanto riguarda…?- iniziò Ren.
-Arkan.- chiamò Cyril. Il Ferift sciolse l’abbraccio ed
alzò la testa, guardando direttamente verso il proprio capo.
–Non rimanete qui a parlare, non è del tutto sicuro. Noi
andiamo al rifugio, ti aspetto là.
In risposta ebbe solo un cenno del capo ed un’occhiata spaesata da parte di Nive.
-Staranno bene?- si premurò di chiedere Ethelyn.
-Piangere non ha mai fatto male a nessuno.- sdrammatizzò Csi, avviandosi verso l’uscita del tempio.
Dato che tutte le imbarcazioni erano andate distrutte o disperse, non
poterono fare altro che percorrere lo stretto camminamento di pietra
che correva lungo il canale.
In poco furono all’ingresso e si avviarono verso il rifugio,
ignorando la moltitudine di persone che si erano affollate sulla piazza.
Quando non sentì più i passi dei suoi compagni, Arkan sollevò il capo.
Nive se ne accorse e lo guardò, ancora confusa dagli eventi. Una
parte di lei sapeva che si era lasciata andare ad uno sfogo a dir poco
imbarazzante, ma l’altra, la più importante in quel
momento, era concentrata sull’uomo che aveva davanti.
Nemmeno nei suoi sogni più rosei avrebbe mai potuto
immaginare di incontrare suo padre. Per di più, nonostante il
suo passato difficile, era un guerriero valoroso che combatteva per
raggiungere un obiettivo molto importante.
Senza farsi scoprire, lo studiò da sotto le lunghe ciglia,
tentando di mandare a memoria i suoi lineamenti. E trovarvi anche
qualche tratto fisiognomico condiviso.
Era strano pensare di avere un Ferift come genitore, ma quello spiegava
la sua diversità. Aveva sempre saputo che c’era una
spiegazione più che logica alla sua pelle chiara e ai suoi
capelli corvini.
-Hai finito di studiarmi?- la voce di Arkan la riscosse.
La giovane sbatté le palpebre, stupita, e poi sentì
chiaramente le guance andare a fuoco. Era stata beccata! Proprio lei
che aveva fatto della furtività la propria arma vincente.
La sua reazione lo fece ridacchiare, divertito. –Sei brava, te lo
concedo, ma puoi ancora migliorare.- le disse, per farla calmare.
-Lo so benissimo.- fu la sua risposta. Secca ed indisponente, proprio
come quando si voleva difendere dallo sguardo di qualcuno. La sua era
una tecnica passivo-aggressiva, ma spesso funzionava.
-Vedi di non usare quel tono con me, potrei indispormi più di
quanto tu non finga di essere.- Arkan la freddò coi suoi occhi
chiari.
Quel breve scambio di battute mise in luce il loro primo tratto in comune: erano persone con cui era difficile avere a che fare.
Nive si rese conto di essere stata maleducata e si affrettò a
mormorare qualche parola di scusa. Suo padre non disse nulla, ma le
diede una leggera pacca sulla testa.
Fece spaziare lo sguardo davanti a sé, fino all’ingresso
del tempio e poi tornò a guardare la ragazza. –Meglio
andare. Vieni con me.
-Dove?- chiese lei, sospettosa.
-Voglio portarti in uno dei luoghi preferiti di tua madre. Ti va?-
addolcì leggermente il tono. Ottenne una risposta molto
più che affermativa e si ritrovò a sorridere. Quella
piccola danzatrice aveva moltissimo di Leliana, ma era indubbiamente
anche figlia sua.
“Sarà divertente conoscerla.”, si ritrovò a
pensare, stuzzicato dall’idea di potersi confrontare con lei. Per
capirla ed imparare ad amarla come avrebbe dovuto saper fare da molto
tempo.
-Questo posto è molto lontano?- venne strappato ai propri pensieri.
Abbassò lo sguardo. –Come?
-Il luogo in cui vuoi portarmi è lontano? Perché non sono
sicura di poterci arrivare… non camminando, almeno.-
spiegò Nive. Aveva dimenticato tutta la fatica nel momento in
cui Csi le aveva rivelato di suo padre, ma questa era tornata a
reclamare il conto.
E sembrava essere abbastanza salato.
-Ti posso trasportare, non c’è problema.- la rassicurò.
-Dobbiamo volare?!
Arkan sollevò un sopracciglio, stupito dalla reazione.
–Sì. C’è qualche problema?- domandò,
scrutandola.
“Ok, sei mio padre… ma questo non vuol dire che mi fidi di
te.”, pensò lei. Se c’era una cosa che aveva
imparato, vivendo alla Locanda dei Fiori, era di non fidarsi di
nessuno. Nemmeno di se stessa.
E suo padre non poteva pretendere che si buttasse tra le sue braccia, fidandosi ciecamente. Proprio non esisteva.
L’uomo sembrò intuire i suoi ragionamenti, perché
replicò:-Non ti farò cadere né tenterò di
portarti chissà dove per venderti. Non sono quel tipo di persona
e, se lo fossi stato, Csi non mi avrebbe scelto come suo terzo in
comando.
Lo Spirito valutò attentamente quelle parole, tentando di capire
se l’Elfo avesse fatto una scelta oculata, prendendo l’ex
ladro sotto la propria ala protettrice.
“Finora non si è mai sbagliato e mi ha anche aiutata ad
arrivare a lui.”, si disse, puntando gli occhi dorati in quelli
azzurri del padre. –Va bene. Andiamo.- acconsentì
finalmente.
-Vedo che, dopo lo stupore iniziale, sei tornata ad essere una piccola danzatrice diffidente.- la canzonò Arkan.
Nive sgranò gli occhi. –Piccola danzatrice diffidente?!
-E’ così che ti ha definita Csi, la prima volta che vi
siete incontrati. Direi che ti calza a pennello.- replicò,
sorridendo sornione.
Capì che la stava punzecchiando e si rilassò un poco,
decidendo di dargli pan per focaccia. –Sarò anche
diffidente, ma come mai tu sei solo il terzo in comando?- chiese.
Non ottenne risposta, ma all’improvviso si ritrovò
strettamente avvinghiata al corpo del Ferift. Poco dopo sentì la
terra allontanarsi e dovette trattenersi dall’urlare per la
sorpresa.
“Calma.”, invece di dimenarsi si afferrò ancora
più saldamente, nascondendo il viso nel petto di Arkan. Lui se
ne accorse, ma non disse nulla, limitandosi a puntare verso il grande
parco cittadino.
-Prendetevi cura delle ferite dei miei ospiti, per favore. Portate cibo
e acqua.- ordinò Cyril. –Anzi, no, portate anche del vino
speziato.- si corresse subito dopo.
Il gruppo di viaggiatori rimase immobile al centro della grande
caverna, osservando il via vai di persone causato dalle direttive
dell’Elfo.
Nonostante il suo viso non incutesse particolare timore, sapeva farsi rispettare senza sforzo alcuno.
-Possiamo curarci da soli.- tentò di protestare Simar, mentre un’Elfa gli si avvicinava.
-No, siete deboli.- rifiutò l’uomo. Addolcì
l’espressione ed aggiunse:-Non vi faranno del male, tranquilli.
Ethelyn fu la prima ad accettare l’aiuto offerto, crollando sul
pavimento, esausta. Quando Drew la vide a terra fece per raggiungerla,
ma lei scosse la testa, subito soccorsa da un curatore.
In poco le loro ferite vennero trattate e si ritrovarono a sospirare
per il sollievo, grati di non essere più attanagliati dal dolore.
-Grazie mille.- Blaking ringraziò a nome di tutti.
Cyril fece loro un cenno del capo e li invitò a raggiungerlo
sotto il grande frassino che dominava l’atrio del covo.
-Per favore, lasciateci soli.- disse, non appena ebbero portato vassoi
con diverse leccornie e caraffe piene d’acqua e vino.
Tutti i presenti si congedarono con un breve inchino, sparendo nei meandri della roccia.
-Wow… impressionante.- si lasciò sfuggire il Nun.
-Mi piace l’organizzazione.- si giustificò Csi.
–Prego, prendete pure.- aggiunse, indicando con un gesto le
vettovaglie.
Nehir le osservò sospettoso, fiutando l’aria.
“Gallette col miele.”, riconobbe uno dei cibi e poi si mise
ad analizzare gli altri.
“Ne vuoi un po’?”, gli chiese Simar.
Il grosso mosse leggermente gli occhi, in segno di diniego. “Nel
caso in cui fossero avvelenati, ci deve pur essere qualcuno in grado di
portarvi in salvo, no?”, replicò, sornione.
“Vedo che stai meglio.”, il principe gli diede una pacca sulla spalla.
“Sì.”, fu l’unica risposta. Passò
qualche altro istante e poi il Fisàan aggiunse un
”Grazie.”
-Il tuo compagno gradisce qualcos’altro?- s’informò
Cyril. Il ragazzo dai capelli d’argento sollevò gli occhi,
stupito e poi scosse lentamente la testa. –Bene, ora che
siete stati curati, direi che possiamo iniziare la nostra
chiacchierata. Anche perché non avete molto tempo.
-Il Cair è impaziente di vederci partire.- convenne Blaking.
-E a ragione.- convenne l’Elfo.
Drew si fece preoccupato. -Fin dove si è spinto il nemico?
Gli occhi di Csi si spostarono su di lui, inchiodandolo con la loro
profondità. –L’Ovest ed il Nord sono i territori
più attaccati, per ora. Ma, come avete potuto appurare, la
minaccia sta giungendo anche qui all’Est.- rispose, unendo la
punta delle dita con fare preoccupato.
-E per quanto riguarda il Sud?- volle sapere Ethelyn.
Lo studioso si lasciò sfuggire un sorriso. –Il Sud e il
Cuore sono ancora troppo potenti, per lui. I Doslor saranno una spina
nel fianco per il nostro nemico, poco ma sicuro.- disse.
-Perché l’Ovest ed il Nord sono stati presi così in fretta?
-Perché le comunità sono molto più isolate. E poi,
l’Ovest non ha più la protezione del Cair.- spiegò
con voce greve.
Drew scosse la testa, abbattuto. Se solo avesse potuto esser certo
della salute della sua famiglia. La sua compagna dovette intuire i suoi
pensieri, perché gli si avvicinò, stringendogli una mano.
-So che siete preoccupati per le vostre famiglie, ma ora non c’è tempo.- s’intromise Csi.
-Spiegaci, per favore.- lo esortò Blaking.
L’altro annuì. –Correggetemi se sbaglio, ma tutti
voi avete sangue misto, giusto? Ad esclusione di Blaking e Nehir.-
iniziò. I tre ragazzi annuirono. –Drew è per
metà Elfo, Simar è il nipote di Fenris ed
Ethelyn…- si bloccò, incerto.
Aveva fatto le sue supposizioni, ma non era pienamente sicuro del risultato delle sue elucubrazioni.
-Mia madre è una Doslor, ma…- la giovane si
bloccò, a disagio. Come spiegare che metà della sua
famiglia aveva discendenza mista? L’avrebbero sicuramente
disprezzata.
Abbassò la testa, iniziando a torturarsi le mani.
-Ethelyn, puoi parlare liberamente.- le sussurrò Drew, tentando di metterla a proprio agio.
Sembrava facile, ma non lo era dato che gli occhi di tutti erano
puntati su di lei. –Ecco… mia madre… lei…
lei ha discendenze elfiche e Fey.- rivelò.
Tutti gli astanti rimasero a fissarla sconcertati.
Il primo a riprendersi fu Nehir, che le si avvicinò e
l’annusò per qualche istante. Lei lo osservò per
tutto il tempo, timorosa.
“E’ vero! Ora che ci faccio caso, lei non ha un odore
definito. È come se ve ne fossero più di uno mescolati
insieme.”, fece, stupito.
Simar lo guardò con tanto d’occhi, poi si affrettò
a riferire. –Nehir dice che Ethelyn ha un odore non ben definito,
come un miscuglio di profumi diversi.- spiegò.
-Ingenuamente credevo ci fosse solo del sangue Doslor in te, ma mi devo ricredere.- commentò Csi, meravigliato.
-Ed è un male?- domandò la giovane, preoccupata.
-No, no. Anzi.
-Perché la nostra discendenza è così importante?- chiese allora Simar.
Il suo interlocutore sorrise di rimando. -Perché potete avere una marcia in più.
In quel momento Blaking capì. –Possono sfruttare i poteri
di entrambe le razze, giusto?- balzò il piedi, esaltato,
spaventando Drew.
Cyril annuì, valutando ancora più positivamente l’Ippogrifo: la sua era una mente veramente brillante.
-Quindi… sono diventato un drago perché sono per metà un Elfo?- il Nun tirò le fila del discorso.
-Esattamente. Hai sviluppato il potere della mutazione, a quanto pare.
Se ti allenerai e te ne prenderai cura, diventerà sempre
più forte.- fu la conferma.
-Wow!- il ragazzo si voltò verso la Ferift, sorridendole. –Hai sentito, Ethelyn?
Lei rispose al sorriso con qualche istante di ritardo. Si stava
chiedendo se sarebbe diventata un fenomeno da baraccone, con la
discendenza che si ritrovava.
-Ethelyn, tu hai manifestato qualche potere insolito?- Csi notò la sua reazione.
-L’acqua… a volte mi succedono cose strane…-
dovette ammettere, vergognandosene. Se i suoi compaesani
l’avevano rifiutata per la sua discendenza Doslor, i suoi
compagni avrebbero potuto allontanarla a causa delle altre.
-Simar?
-Nessuna capacità di controllare l’aria, almeno fino ad adesso.- rispose, pronto.
-Arriverà anche il tuo momento, tranquillo.- lo rassicurò l’uomo.
“Pensa quando lo verrà a sapere Kiron…
diventerà ancora più insopportabile.”,
commentò Nehir.
Simar era conscio del fatto che il lupo trovasse il suo gemello un
po’ troppo pieno di sé, ma sapeva che non l’aveva
detto non cattiveria. “Probabile.”, concesse.
-Bambina mia, che ti succede?- Csi strappò i due alla loro
conversazione mentale. Si voltarono verso la Ferift, che sembrava
sull’orlo di collassare.
La notizia dei suoi futuri poteri l’aveva sconvolta così tanto? Eppure avrebbe dovuto essere una cosa positiva.
-Se temi di poter diventare un pericolo, non devi preoccuparti: fa
parte di te, riuscirai a controllarlo.- tentò di rassicurarla
Csi.
-Sul serio? E non diventerò uno strano… scherzo della natura?- domandò, non molto convinta.
L’Elfo fece tanto d’occhi. -Scherzo della natura? Voi, in
quanto persone con sangue misto, avete una marcia in più
rispetto ai cosiddetti purosangue!
-Oh. Davvero?
L’uomo si alzò e la raggiunse, inginocchiandosi al suo
fianco. La giovane lo fissò coi suoi grandi occhi verdi, in
attesa. –Mio nipote, Roving, ha avuto una reazione simile alla
tua. Si è sempre sentito la pecora nera della famiglia e, quando
il potere del fuoco si è manifestato, ha deciso che avrebbe
imparato a domarlo a qualsiasi costo. Si è allenato per anni e
alla fine ne è venuto a capo.- le raccontò.
-E non gli ha causato nessun problema?- fu la domanda.
-A parte qualche covone bruciato, no.- ridacchiò Cyril.
Ricordava ancora la faccia sporca di fuliggine del ragazzino, mentre
tentava di spegnere il piccolo incendio. La determinazione nei suoi
occhi era così radicata che ne aveva avuto ragione in poco tempo
e senza causare danni alla propria persona o a terzi.
-Sono curiosa di incontrare vostro nipote.- confessò lei, aprendosi in un sorriso.
-Lo incontrerete. Almeno, lo spero.- disse, rabbuiandosi leggermente.
-Dovremo aspettarci altre sorprese…?- s’inserì Blaking.
-No. Però devo chiedervi un’ultima cosa, prima di
lasciarvi andare.- l’Elfo si rialzò con un gesto fluido.
–Risvegliate i Balhia. Loro ci aiuteranno a sconfiggere il nostro
nemico.
A quelle parole i presenti si agitarono, scambiandosi sguardi allarmati.
-Fingerò di non aver visto quest’agitazione. Sappiate solo che confido in voi.- disse loro.
Cercò con lo sguardo il punto d’atterraggio e, una volta individuatolo, iniziò ad abbassarsi.
Nive non si era più lamentata da quando avevano preso il volo, limitandosi a starsene aggrappata al torace del padre.
Arkan si bloccò a mezz’aria con un unico colpo delle
possenti ali, scrutò all’intorno e poi, dopo essersi
assicurato di avere la via sgombra, riprese la discesa.
Tra gli alberi si poteva intravvedere il luccichio dell’acqua di
una delle tante polle che costellavano quello spazio cittadino.
D’altronde, Neith era una città d’acqua, quindi
questa era di casa ovunque si andasse.
-Dove siamo? Al parco?- indagò la danzatrice, guardandosi
attorno. Il suo compagno di viaggio non rispose, limitandosi a scendere
ancora di più.
Stando attendo a non strapparsi le piume delle ali, Arkan
atterrò leggero sulla piccola isola posta al centro dello
specchio d’acqua.
Lasciò andare la figlia e si concesse un momento per poter
abbandonarsi ai ricordi agrodolci che gli riportava alla mente quel
luogo.
Era lì che aveva conosciuto Leliana ed era sempre lì che i due si erano detti addio.
-Che ci facciamo qui…?- si sentì chiedere.
-Questo era il nostro posto speciale. Mio e di tua madre.- le spiegò, tentando di mantenere la voce salda.
-Oh. È… è molto bello.- ammise Nive. Si trovavano
al centro di un piccolo tempio a tholos, le cui colonne sostenevano un
architrave circolare. Non aveva copertura, se non quella celeste.
La particolarità di quel piccolo edificio non era la squisita
fattura delle colonne, ma la fragranza dei cespugli rampicanti che le
avevano rivestite, i quali davano al complesso un’aria romantica
e contemplativa.
Un piccolo bacile, sorretto da un treppiedi, rifletteva la luce solare.
-Veramente mia madre veniva qui…?- chiese la giovane, sfiorando i petali di un fiore.
Arkan sentì una stretta al cuore. Nonostante il suo
comportamento sostenuto di poco prima, ricordare l’unica donna
che avesse mai amato gli faceva venir voglia di piangere.
Si sedette su una delle panchine semicircolari. –Sì. La
prima volta che l’ho vista stava cantando… credo fosse
poco dopo l’alba. Non c’era nessuno.- mormorò,
guardandosi i palmi delle mani.
-A quanto pare il canto era la sua dote.- commentò lo Spirito Blu.
-Oh sì, era bravissima. Un vero usignolo.
Nive gli lanciò un’occhiata da sopra la spalla. -Io sono stonata.
-Però sai ballare, mi sembra. È sempre una dote artistica.- le fece presente.
Sollevò un angolo della bocca senza la minima allegria. -Buona
per spillare soldi agli stolti.- commentò ruvidamente.
-Immagino tu sia molto brava a sfruttare le persone.
-E se anche fosse?
Lei si voltò e si ritrovarono faccia a faccia. Si scrutarono per
alcuni istanti, poi Arkan distolse lo sguardo, lasciando uscire un
sospiro. –Come sei permalosa.- disse.
-Be’, sono tua figlia, no?- ribattè la danzatrice.
Il Ferift si passò una mano sul viso. -Sì, forse anche troppo.
A quelle parole, Nive non seppe come replicare. Si ritrovò a
fissarlo, senza sapere bene cosa dire. Nel cuore una paura folle di
essere rifiutata.
Vedendo che la giovane non diceva nulla, l’uomo sollevò la
testa e colse la sua espressione. –Scusa, mi sono espresso male.
Quello che volevo dire era che hai preso molto del mio carattere e so
quanto possa esser difficile avere a che fare con me.- si spiegò.
-Ti sei mai pentito di aver messo incinta mia madre?- la domanda arrivò a bruciapelo.
Nive si avvicinò così tanto che suo padre fu costretto a
piegare la testa all’indietro per poterla guardare in viso.
–All’inizio sì.- dovette ammettere.
-Bene.- fu l’unico commento.
-Ma solo perché non avevo i soldi per poter mantenere la mia
famiglia.- concluse. –Tu sei il frutto dell’amore che
legava me e Leliana, non avrei mai potuto allontanarti. Per anni ho
vagato, cercando il tuo viso in quello delle altre persone.
La ragazza distolse lo sguardo, sentendo qualcosa pizzicarle gli occhi.
-Nive.- Arkan sussurrò il suo nome, ma tanto bastò per attirare la sua attenzione. –Partirai con gli altri?
Avrebbe voluto dire di no, perché non desiderava altro che
passare del tempo con lui, ma aveva già dato la sua parola. Si
limitò ad annuire, tentando di ingoiare il fastidioso groppo che
aveva in gola.
-Allora ho poco tempo per tentare di fare il padre.- ridacchiò, tentando di alleggerire l’atmosfera.
-Non credo basti così poco.- osservò lei.
La fece sedere accanto a sé. -Nemmeno io. Ma possiamo iniziare ora e continuare quando sarai tornata.
A quelle parole, Nive lo guardò stupita. –Credi che…?
-Mi fido di Csi. E lui ha visto qualcosa in voi, in tutti voi. Quindi
sì, sono certo del tuo ritorno.- terminò la frase per lei.
Senza poterlo impedire, una lacrima le scivolò silenziosa lungo
la guancia. Si affrettò ad asciugarla, imbarazzata.
–Mi… mi racconteresti di come vi siete incontrati tu e mia
madre?- domandò dopo un po’.
-Certo, tutto quello che vuoi.- le sorrise e l’attirò a sé, facendola appoggiare alla propria spalla.
Dapprima la sentì irrigidirsi, ma poi entrambi si rilassarono.
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Capitolo 31 *** Cap. 30 Verso Sud ***
Cap. 30 Verso Sud
Ecco un altro capitolo, questa volta a tempo quasi record! XD
Farete la conoscenza di due nuovi personaggi e assisterete ai primi
scambi di parole col nuovo acquisto del gruppo, Nive. Come potete ben
immaginare, la ragazza non è affatto un tipetto facile u.u
Be', vi auguro buona lettura! :)
Cap. 30 Verso Sud
Era una giornata tranquilla e
soleggiata. La tiepida aria primaverile accarezzava le cime degli
abeti, scuotendoli con mano leggera.
Le acque del lago Lumiria, un piccolo
bacino montano, s’increspavano con ritmo cadenzato, sciabordando
verso la riva. Le sue profondità erano tinte di verde e
d’azzurro ed i pesci vi nuotavano tranquilli.
Orphen respirò a pieni
polmoni, lasciando che l’aria gli gonfiasse il petto e poi
espirò ad occhi chiusi. Odiava gli esercizi di respirazione
perché non aveva la pazienza necessaria per portarli a termine
nel modo corretto e coglierne tutti i benefici.
Spesso suo padre lo rimproverava per quello.
E a ragion veduta, considerato che il
suo addestramento avrebbe avuto termine di lì ad un anno. Per
quell’epoca avrebbe dovuto essere pronto e, soprattutto,
meritevole dell’incarico.
“So che lui ripone tutte le sue
speranze in me.”, sbuffò, dimenticando per un attimo i
suoi esercizi. Lasciò spaziare lo sguardo sulla grande valle che
ospitava il suo villaggio, soffermandosi in particolare
sull’altare di pietra posto davanti al lago.
Era stato scolpito dalla mano
di un abile lapicida, che l’aveva modellato a foggia di spirale.
Le spire si avviluppavano verso l’alto, trasformandosi in lingue
di fuoco, guizzi d’acqua, refoli di vento, raggi di luce e foglie
turbinanti.
Esso rappresentava i cinque elementi e l’essenza di quello che voleva dire essere un Sacerdote Elementale.
“Io non volevo questo.”,
il giovane si passò una mano trai capelli, rendendoli ancora
più ribelli di quanto già non fossero.
Se avesse potuto scegliere, non
avrebbe mai accettato quell’incarico e non avrebbe mai intrapreso
quell’allenamento di dieci anni.
Purtroppo non poteva combattere le tradizioni, non lì, all’interno del suo stesso villaggio.
-Orphen.- una voce richiamò la sua attenzione.
-Sì, mi sto concentrando.- fu
la laconica risposta. Chiuse gli occhi e si mise in attesa. Poco dopo
l’ombra di una figura imponente lo nascose alla luce solare,
incombendo su di lui come una minaccia. Riaprì un solo occhio.
–Non sto battendo la fiacca.
-Troppo spesso ti perdi a pensare ad altro.- replicò suo padre, burbero.
Orphen decise di usare l’ironia e, facendo spallucce, disse:-La mia mente si distrae facilmente.
A quelle parole l’uomo perse la
pazienza e l’afferrò per i capelli, obbligandolo a piegare
la testa all’indietro. Suo figlio non disse nulla, limitandosi a
fissarlo coi suoi occhi acquamarina.
Non si sarebbe fatto piegare.
-Portami rispetto, Orphen!- intimò, scandendo bene le parole.
-Sì, padre.- continuò a tenere gli occhi fissi in quelli irosi del genitore, sfidandolo a passare ai fatti.
Detestava suo padre e detestava ancor
di più il suo modo di fare. Non glielo aveva mai nascosto e mai
l’avrebbe fatto. Non aveva paura di esprimere la propria opinione.
Si tratteneva solo per sua sorella, dato che, se fosse stato allontanato, non avrebbe potuto proteggerla.
-Tra un anno sarai ordinato
sacerdote. Se gli elementi dovessero rifiutarti, io ti
disconoscerò come figlio.- lo avvertì.
L’Elfo mosse impercettibilmente il capo. –Sta bene.- rispose solo.
I due si scrutarono per qualche altro istante, poi l’uomo lasciò andare la presa, allontanandosi a grandi passi.
Orphen si concesse un momento, poi si
raddrizzò, massaggiandosi il collo. –Che tu sia dannato.-
sussurrò, irritato.
-Fratellone, fratellone!!
Orphen voltò di scatto la
testa, vedendo sua sorella correre di gran carriera verso di lui. Si
alzò, confuso e la raggiunse a metà strada.
–Kiraliaji, cosa succede?- le domandò, afferrandola per le
braccia.
La bambina ansimava pesantemente,
cercando al contempo di parlare. –Loro…
laggiù… dobbiamo aiutarla…!
Lui scosse la testa. –Aiutare chi? Non capisco.
Lei prese un respiro profondo e riuscì finalmente a dire:-L’aquila!
Solo allora il ragazzo capì
cosa stava succedendo: qualcuno stava cercando di far del male
all’aquila che avevano salvato. L’avevano trovata circa una
settimana prima, mentre saltellava maldestramente vicino alle rive di
uno dei laghi d’altura. Era stata ferita, probabilmente da un
altro predatore, e non riusciva più a volare.
Così i due fratelli l’avevano portata a casa con loro e l’avevano curata.
-Guidami.- la liberò e le fece cenno di precederlo.
Kiraliaji non se lo fece ripetere due
volte e si mise a correre nella direzione opposta da cui era venuta,
verso casa loro. Per essere una bambina di soli sette anni, aveva
un’agilità ed una velocità incredibili.
In poco arrivarono in cima allo
sterrato che conduceva alla loro abitazione e lì, Orphen vide un
gruppo di suoi coetanei intenti ad urlare ed agitare bastoni.
-Che state facendo?!- con due falcate
superò la distanza che lo divideva dal più vicino e gli
afferrò il braccio, bloccandolo.
A terra, costretta da due ragazzi,
stava l’aquila dalla testa bianca. Aveva del sangue sulle piume,
ma anche le mani dei suoi aggressori sanguinavano, lì dove il
suo becco e gli artigli avevano trovato la carne.
-Questa bestiaccia mi ha beccato!- rispose uno di loro.
-Non è vero! Tu le sei andato vicino e le hai tirato un sasso: si è solo difesa!- protestò la piccola.
-Non dire bugie, stupida ragazzina!- sbottò un altro.
Fece per avvicinarsi e strattonarla,
ma suo fratello si mise in mezzo. –Non osare toccarla, Grant. Non
osare.- lo minacciò.
-Perché, se no che mi fai?- lo sfidò il suo interlocutore.
Orphen fece per rispondere, ma il
grido dell’aquila lo colse di sorpresa. Si voltò a mezzo e
vide Kiraliaji sottrarre il volatile agli altri ragazzi.
L’animale si agitò, sbattendo le ali per liberarsi.
-Ferma! Ferma!- sua sorella tentò di trattenerla, ma stava avendo la peggio.
-Lasciala andare!- le ordinò, ma la bambina scosse tenacemente la testa, accentuando la presa.
-Adesso la sistemo io.- Grant
approfittò della distrazione di Orphen per distendere la mano e
lanciare un dardo infuocato contro il rapace.
L’aquila riuscì ad
evitarlo, avvitandosi in aria con un movimento convulso, ma
l’attacco colpì Kiraliaji ad una spalla.
Suo fratello la vide urlare e cadere
a terra, sconvolta. Diede uno spintone a quello stupido Doslor che
aveva osato attaccarla e la raggiunse.
-Fa male!- piagnucolò lei, coprendo la parte lesa con una mano.
-Calmati, fammi vedere.
Lei lo allontanò, agitandosi ancora di più. -No, fa male!
-Ragazzina, smettila di lagnarti, non è successo niente.- Grant le si avvicinò, infastidito dalle sue urla.
Allungò una mano per tapparle la bocca, sfuggendo al controllo di Orphen. Sua sorella, però,
si ritrasse e, non si sa bene come, la mano del ragazzo venne avvolta dalle fiamme.
Quello sgranò gli occhi,
tentando di scrollarsi di dosso le lingue di fuoco. –Che cosa mi
hai fatto?!- esclamò.
Sia Kiraliaji che Orphen rimasero a
fissare la scena basiti. Gli altri ragazzi, invece, stavano velocemente
arretrando, spaventati dalla piega che stavano prendendo gli eventi.
-Cosa sta succedendo, qui?- la voce
del loro unico genitore spezzò la tensione. Il ragazzo
balzò in piedi e lo fissò, quasi in tralice.
-Kiraliaji è stata colpita e…- iniziò, confuso.
Ma suo padre non lo stava ascoltando, fissando con occhi di fuoco la secondogenita.
-P-papà…?- balbettò lei.
-Hai rubato i poteri ad un’altra persona.- fu la risposta.
***
Si svegliò lentamente, riemergendo dalle nebbie del sonno.
Non sapeva bene che ora fosse, ma era certa che il sole non fosse
ancora sorto. Si girò supina e si stiracchiò, stando
attenta a non colpire la testiera del letto.
Una volta aperti gli occhi poté constatare che l’alba era
vicina e che qualcosa l’aveva svegliata. Si voltò verso la
porta finestra che dava sulla terrazza e vide Blaking.
Balzò a sedere, trattenendo un’esclamazione di sorpresa e
lo raggiunse. –Cosa fai qui? Che succede?- chiese, allarmata.
-Il Cair ci ha convocati al tempio. Ha detto che dobbiamo raggiungerlo
prima che sorga il sole.- le comunicò. –Ho già
avvertito Simar. Sveglia Drew, per favore.
Ethelyn si voltò verso l’interno, ancora un po’
assonata, e poi annuì. –Va bene…- mormorò.
-Vi aspetto nel cortile centrale tra dieci minuti. Sono sicuro che, per
allora, Simar avrà già sistemato il nostro conto con la
matrona.- e detto questo si congedò.
La Ferift rimase a fissare il cielo con aria smarrita, poi
realizzò finalmente quanto le era stato detto e raggiunse il
letto che condivideva col Nun.
Si prese qualche secondo per osservarlo e poi si chinò, del tutto intenzionata a strapparlo al sonno.
-Drew.- sussurrò.
Il giovane mugugnò qualcosa, ma non diede segno di volersi svegliare.
Lei allora lo scosse per una spalla. –Drew!- tentò ancora.
Nuovamente non ottenne nulla più di qualche brontolio di gola.
Sbuffando, decise di passare alle maniere forti. Salì sul letto,
lo afferrò saldamente per le spalle e lo scosse con forza.
-Drew, dobbiamo andare, svegliati!- il suo tono divenne impaziente.
-Uh… che c’è…?- finalmente il ragazzo rispose.
-Blaking ha detto che dobbiamo scendere subito. Il Cair ci ha
convocati.- gli spiegò lei. Lo vide aggrottare le sopracciglia,
confuso e poi aprire finalmente gli occhi.
Si raddrizzò di scatto, esclamando:-Cosa?!
La Ferift per poco rischiò di ricevere una testata e rimase a
fissarlo basita. Le altre mattine non era stato così difficile
svegliarlo. Che avesse speso troppe energie trasformandosi in un drago?
Fece per chiederglielo, ma lui l’anticipò. –Perché sei…?
Si vide indicare e fu costretta ad abbassare lo sguardo. Quando si rese
conto di essergli a cavalcioni assunse una strana tonalità
accesa.
-Ah… tu non ti svegliavi… quindi… io…- iniziò a farfugliare, imbarazzata oltre ogni dire.
Drew ridacchiò. –Mi piace questo tipo di risveglio.-
ammise, prima di attirarla a sé e baciarla con trasporto.
Ethelyn sgranò gli occhi, colta di sorpresa, e tentò di
allontanarsi. –Dobbiamo… scendere…- riuscì a
dire, prima che le sue labbra fossero nuovamente catturate da quelle di
Drew.
Lui non l’ascoltò e si prese tutto il tempo per assaporarla.
Ad un certo punto, però, metabolizzò le parole della
compagna e si staccò di colpo. –Oddio, siamo in ritardo!-
esclamò.
La tirò giù dal letto e recuperò arco e faretra.
Poi la trascinò dall’altra parte della stanza per
recuperare i loro bagagli. Fortunatamente avevano dormito vestiti,
pronti a partire in poco tempo.
-I miei sai…!- la rossa riuscì a recuperare il fodero per
un soffio, prima di venire trascinata fuori dalla camera.
Protestò lungo tutte le scale, tentando di liberarsi dalla
stretta del Nun, ma non ci fu niente da fare. Quando arrivarono
dabbasso, avevano entrambi il fiatone.
-Eccoci!- ansimò lui.
I loro compagni li fissarono perplessi, passando lo sguardo
dall’uno all’altra. –Cos’è successo?-
domandò Blaking.
La Ferift si raddrizzò, scostandosi i capelli dal viso ed
allacciandosi il cinturone alla vita. –Drew non voleva svegliarsi
e, quando l’ha fatto, ha fatto tutto di fretta.- spiegò,
lanciandogli un’occhiataccia.
L’imbarazzo per il bacio era totalmente sparito, surclassato da quella corsa fuori programma.
-Sì… ehm… scusate…- mormorò il diretto interessato, arrossendo leggermente.
-Sei incorreggibile!- l’Ippogrifo scoppiò a ridere, divertito dall’espressione dell’amico.
-Dobbiamo andare.- s’inserì Simar. Ethelyn si voltò
a guardarlo e notò che era impeccabilmente vestito, i capelli
intrecciati e raccolti in una coda. Nonostante fossero in viaggio, il
suo comportamento rimaneva quello di una persona avvezza ai fasti di
una corte.
-Che c’è?- le chiese l’Elfo.
Sobbalzò, colta il flagrante. –N-niente… stavo
notando che sei… impeccabile, come sempre.- mormorò.
Lui sorrise. –Grazie. Posso fare una cosa?
Lei annuì, lanciando un’occhiata a Drew e Blaking,
impegnati a punzecchiarsi. Il principe le si avvicinò e, dopo
averle diviso i capelli in tre grosse ciocche, iniziò ad
intrecciargliele con grande maestria.
In poco li ebbe tutti raccolti ed in ordine. La ragazza passò
una mano sulla treccia, saggiandone la trama e poi gli sorrise, in
segno di ringraziamento. –Nehir?- chiese poi, notando la sua
assenza.
-Ha detto che ci precedeva.- le disse, facendo spallucce. –Non gli piace stare tra quattro mura.
-Oh, be’… posso capirlo.- commentò lei.
Simar si rivolse agli altri componenti del gruppo, chiedendo:-Siete pronti, voi due?
-Sì, scusate.- disse Blaking, aggiustando meglio le ali contro il proprio corpo. –Possiamo andare.
E così, dopo esserci congedati rapidamente dalla matrona,
vennero accompagnati fino al cancello della Locanda da
un’inserviente.
-Nive?- domandò ad un certo punto Ethelyn.
-E’ già al tempio. A quanto ne so, questa notte è rimasta col padre.- rispose Blaking.
Dopo quel breve scambio di parole si affrettarono verso il tempio
dell’Acqua, sgranocchiando qualcosa lungo la via per riempire i
loro stomaci.
Quando arrivarono, trovarono Manannan in piedi, davanti
all’ingresso dell’edificio. Al suo fianco, a formare due
ali, v’erano Arkan, Ren, Csi, Nive e Nehir. La ragazza, in
particolare, aveva qualcosa di diverso.
–Ma come, niente vestiti da seduttrice?- la schernì Drew.
Il loro primo incontro gli era ancora impresso nella mente e se ci
ripensava, sentiva l’irritazione montare dentro: lei si era presa
gioco di lui, come fosse uno stupido ragazzino oppure uno dei suoi
clienti.
-Non sono comodi, per viaggiare.- fu la risposta.
-Oh, un po’ di buon senso, finalmente.- replicò lui,
lanciandole un’occhiata. Lo Spirito si limitò a ricambiare
con uno sguardo gelido, senza dire nulla.
Arkan fece per intervenire, ma Blaking lo precedette. –Scusate il
leggero ritardo. Siamo pronti a partire.- annunciò.
-Bene. Csi, consegna loro la mappa.- disse il Vegliante.
L’Elfo si fece avanti e la mise nelle mani di Simar, lanciandogli
una delle sue occhiate penetranti. Il giovane si affrettò a
metterla al sicuro, all’interno della propria casacca: teneva
tutte le cose preziose addosso, in modo da non essere derubato.
-Non appena sarete partiti, mi metterò in comunicazione coi miei
fratelli. Dobbiamo riuscire a contattare Naur prima del vostro arrivo
nei suoi territori.- spiegò loro il grande lupo. La leggera
brezza che spirava dal lago agitava il suo pelo, dandogli il consueto
ed intrigante aspetto liquido.
-Quanto ci metteremo per raggiungere la capitale?- s’informò Ethelyn.
-Parecchio tempo. Non sappiamo fin dove si siano spinte le creature
d’ombra, ma siamo certi che stiano pattugliando i confini. Non
riescono ad entrare nelle terre del Cuore, ma stanno facendo di tutto
per evitare che altri vi riescano.- intervenne Cyril. –Oltre a
questo, il cammino dalle terre dell’Est a quelle del Sud è
ricco di difficoltà.
Simar fece per chiedere spiegazioni, ma il Cair lo precedette.
–Dato che vi è impossibile entrare nei territori del
Primo, dovrete attraversare la zona dei canyon e la foresta di pietra.
Quelle aree sono naturalmente impervie e le ampie distese pianeggianti
che penetrano all’interno non offrono molta protezione.-
l’informò con voce oltremodo seria.
-Fantastico.- si lasciò sfuggire Drew.
-Starà tutto nelle vostre capacità.- concluse Csi.
-State attenti ai Rok.- suggerì loro Arkan. Si voltarono tutti
verso di lui, fissandolo interrogativi. –Sono grandi uccelli che
vivono in tutto il territorio che dovrete attraversare. Sono molto
territoriali e abbastanza grandi da uccidere un cavallo.- spiegò
loro dopo un sospiro.
Nive gli lanciò un’occhiata. –E come facciamo a proteggerci?- chiese, preoccupata.
Suo padre la fissò per qualche istante, rimanendo in silenzio.
–Se potete evitare lo scontro, fatelo. In caso contrario, dovrete
scatenare tutta la vostra potenza di fuoco.- disse, tornando a guardare
anche gli altri.
“Un po’ d’azione. Non vedo l’ora
d’incontrarli.”, esultò Nehir. Simar lo sentì
e gli dedicò un’occhiataccia, dimostrandogli quanto non
apprezzasse il suo umorismo. “Guastafeste.”,
brontolò il lupo.
“Se vuoi te ne cerco uno, quando siamo là. Sarà tutto per te.”, propose il principe.
“I Rok sono pericolosi, non sono uno scherzo.”, Manannan
s’intromise nella conversazione, infastidito. Il grosso
Fisàan abbassò leggermente il capo, mostrandosi pentito
per le proprie parole.
-Dato che possono mangiare un cavallo, è sicuro portarli con
noi?- domandò Ethelyn. Ebrio, alle sue spalle, muoveva
tranquillamente le orecchie, captando i rumori mattutini. Il destriero
di Nive (ammesso che fosse suo) era un bel morello agile e scattante e
non la smetteva di agitare la coda.
-I cavalli vi aiuteranno a tenere il passo. Senza, dovreste salire in
due su Blaking e Nehir. Questo li rallenterebbe, in caso di attacco.-
rispose Csi.
La rossa annuì una sola volta, lasciando una carezza sul muso del suo fido compagno.
-Credo sia ora di partire.- annunciò il Cair dell’Acqua.
Senza farselo ripetere, tutti i presenti salirono sulle proprie
cavalcature. Nive non era propriamente a suo agio sul grosso destriero
che le aveva dato Arkan, ma almeno sapeva come rimanere in sella.
Non sarebbe stata un peso.
-Passerete attraverso un tunnel sotterraneo, che vi condurrà
esattamente nella zona dei canyon. Da lì, seguite la mappa.-
disse loro Manannan. I giovani annuirono, avvicinandosi gli uni agli
altri. Il lupo li squadrò uno ad uno, rinforzando in loro la
benedizione che avevano ricevuto dagli Spiriti della foresta.
Sperò che potesse bastare per proteggerli… o almeno facilitare loro il viaggio.
-Andate, ora.
L’acqua del grande canale del tempio sembrò solidificarsi
e, in fondo all’edificio, la roccia su cui si ergeva la statua
del Cairansis si scostò, rivelando un passaggio.
La creatura fece loro cenno col capo, invitandoli a sbrigarsi. –Che la benedizione dell’Acqua sia con voi.
E detto questo svanì.
Nehir e Simar furono i primi a riprendersi e ad inoltrarsi
all’ombra del tempio. A seguire Ethelyn, saldamente in groppa ad
Ebrio. Nive la seguì poco dopo, dopo esserci congedata dal padre
e da Csi con un timido sorriso.
Blaking e Drew chiudevano la fila. Stavano per avviarsi anche loro, quando Cyril li fermò.
-Drew, mi raccomando: per imparare a padroneggiare il tuo potere hai
bisogno di tempo. Vai per gradi e non tentare più di
trasformarti in un drago, almeno fino a quando le tue capacità
non saranno sufficientemente forti.- lo redarguì, preoccupato.
Il Nun lo fissò con stupore per qualche istante, poi si riprese
ed annuì con forza. –Grazie del consiglio. Di tutto.-
mormorò.
-E trovate mio nipote, ve ne prego.- li pregò infine.
-Sarà fatto.- assicurò Blaking.
L’Elfo sorrise, grato. Diede una leggera pacca al posteriore dell’Ippogrifo, segno che potevano avviarsi.
Quando anche loro due furono scomparsi alla vista, Arkan si
passò una mano sul volto. –Dobbiamo metterci al lavoro.
Non ti perdonerò mai se dovesse succederle qualcosa.- disse,
rivolto al suo superiore.
Csi non ebbe bisogno di chiedere a chi si riferisse: lo sapeva
perfettamente. –Tranquillo. Quei ragazzi sono più forti di
quanto pensino.- lo rassicurò.
-Lo spero per te. Non posso perdere mia figlia per la seconda volta.
-Ci siamo tutti?- s’informò Simar. In risposta ebbe
diversi mormorii d’assenso. –Bene, allora muoviamoci.
Diede di sprone a Nehir e fece muovere il resto del gruppo. Per il
momento non avevano fretta, quindi decise di mantenere
un’andatura tranquilla, anche perché non sapeva cosa
avrebbe trovato alla curva successiva del percorso.
Il tunnel che stavano attraversando era molto angusto,
tant’è che Blaking doveva procedere tenendo le ali ben
serrate contro il corpo. Sopra le loro teste, la roccia saliva per
metri e metri, mostrando le linee di sedimentazione dovute al passare
del tempo.
La luce filtrava a fatica attraverso la stretta ed irregolare fenditura
sommitale, ma veniva riflessa dai colori caldi dell’ambiente,
finendo per rimbalzare contro le pareti rocciose. In alcuni punti un
raggio penetrava fino a dove si trovavano loro, colpendo il terreno
sabbioso e traendone ammiccanti luccichii.
Drew tentò di raccogliere un po’ di potere da quei fasci
di luce, immergendovi la mano e lasciandosi avvolgere dal loro calore.
“Mi sento stanco…”, pensò, mentre il sole
colpiva la sua pelle. Ricordava ancora il risveglio della mattina e la
seria difficoltà nel riemergere dalle ombre del sonno.
“Probabilmente ho consumato tutte le mie energie,
trasformandomi.”, concluse.
Doveva prestare ascolto alle parole di Csi oppure avrebbe rischiato di
uccidersi da solo. Niente più trasformazioni eroiche, almeno per
un po’.
Blaking, sotto di lui, percepì il suo stato d’animo e gli
lanciò un’occhiata. –Non ti devi preoccupare.- gli
disse, mantenendo la voce bassa per non farsi sentire dagli altri.
-Di cosa…?- fece il finto tonto.
L’amico roteò gli occhi, divertito dal suo modo di fare.
–Del tuo nuovo potere. Come ha detto Csi, ci vuole del tempo.
L’importante è che tu non voglia strafare.- si
spiegò.
-Ma se ci fosse bisogno di una mia trasformazione?- chiese, in ansia.
L’Ippogrifo si fece pensieroso e fecero alcuni metri in silenzio.
–Be’, cercheremo di evitarlo. O almeno, di evitare che tu
ti debba trasformare in qualcosa di così grosso.- risolse infine.
-Pensi che Simar potrebbe insegnarmi a controllarlo…?- domandò il ragazzo.
Blaking lanciò un’occhiata al principe, molto più
avanti. Era quasi certo che l’Elfo non riuscisse a trasformarsi
in animale, probabilmente a causa del suo sangue misto. Ma non ci
avrebbe messo la zampa sul fuoco, quello no.
-Dovresti chiederglielo.- suggerì infine. Nonostante tutto, il
principe era l’unico Elfo della compagnia e quindi aveva
sicuramente molta più padronanza del potere della Terra di
quanta potesse averne Drew in quel momento.
-D’accordo… quando ci accamperemo.- mormorò il giovane, più a se stesso che all’amico.
-E’ per questo che stamattina non riuscivi a svegliarti?- chiese
all’improvviso Blaking. Per poco il Nun non sobbalzò,
rischiando di strofinare la spalla contro la roccia del percorso.
-Ehm… sì… e perché mi sono perso a baciare Ethelyn.- ammise, leggermente imbarazzato.
-Oh. E come procede, tra di voi?- s’informò, curioso. A
volte sapeva essere davvero pettegolo, non c’è che dire.
-Stiamo andando lentamente… ma almeno non sobbalza più.-
rivelò. Gli faceva piacere che la Ferift si stesse abituando ad
avere un certo tipo d’intimità con lui ma, nonostante i
risultati raggiunti, gli sembrava di procedere sempre troppo lentamente.
Di quel passo avrebbe potuto diventare molesto.
L’Ippogrifo si concesse una breve risata. –Abbi pazienza. Per lei è tutto nuovo.
-Lo so, lo so. Me lo ripeto in continuazione per non fare cose di cui potrei pentirmi.- sospirò.
-E di Nive che ne pensi?
Drew s’irrigidì: cosa c’entrava adesso il loro nuovo
acquisto? Guardò avanti, individuando la giovane oltre un cono
di luce e la osservò in silenzio. –Non mi piace.- fu
costretto ad ammettere.
-Non ti piace… in quale modo?- Blaking aggirò
un’escrescenza rocciosa, ritrovandosi in uno slargo. Ne
approfittò per sgranchire leggermente i muscoli delle ali, priva
di doversi infilare nuovamente nello stretto tunnel.
-Sicuramente non dal punto di vista… be’, non potrei mai
averla come compagna.- tentò di spiegarsi. Non che non fosse
piacente, ma il problema stava nel carattere. –Per quanto
riguarda il resto, ancora non lo so.
-Dovremo insegnarle diverse cose.- meditò la creatura.
-Eh, sì. Per prima cosa, dovrà scegliere un’arma
oppure migliorare il controllo sul proprio potere.- convenne
l’altro.
Nive tentò di rimanere concentrata su quello che stava facendo.
Cavalcare non era assolutamente il suo forte e non voleva rischiare di
impattare col suolo, soprattutto non lì, sotto gli occhi di
tutti.
Nonostante fosse impegnata a reggersi saldamente in sella, le sue
orecchie captarono la conversazione tra Drew e Blaking, diversi metri
dietro di lei.
Sapeva cosa pensava di lei il Nun e quindi non si stupì di
sentirlo denigrare il suo aspetto. O meglio, depennarla dalla lista di
ipotetica compagna di letto.
Non che nutrisse un particolare interesse nei confronti del giovane
dagli occhi grigi. Se avesse dovuto scegliere, avrebbe sicuramente
puntato il principe.
Prima non avrebbe saputo dire perché, ma ora lo sapeva bene: i
suoi modi di fare ed il suo aspetto le ricordavano suo padre, Arkan.
Non lo avrebbe mai ammesso, ma la sua presenza la rassicurava.
Mentre pensava ciò, sentendosi immensamente stupida e
sentimentale, si vide avvicinare da Ethelyn. Il suo morello, a cui non
aveva nemmeno dato un nome, voltò la testa di scatto,
innervosito dalla presenza dell’altro cavallo.
Ah, i maschi.
Per sua sfortuna il percorso, in quel tratto, era abbastanza largo per
consentire a due destrieri di procedere appaiati. Non aveva nessuna
voglia di chiacchierare.
-Dovresti stare meno rigida sulla sella oppure avrai male dappertutto, a fine giornata.- esordì la rossa.
Lei la guardò stupita, ma non aggiustò la propria
postura. Non prendeva ordini (né consigli) da nessuno, esclusi
Csi e suo padre.
Ethelyn lo notò perché fece spallucce e commentò:-Be’, io ti ho avvertita.
-Non te l’ho chiesto.- fu la risposta.
“Detesto le persone sgarbate. Soprattutto quelle che lo sono
senza motivo.”, pensò, riducendo gli occhi a due fessure.
–Ora fai parte di un gruppo. Dovremo collaborare, se non te ne
sei resa conto.- le fece notare.
-So come funziona un gruppo: passavo informazioni a Csi.- disse, lanciandole un’occhiata.
La sua interlocutrice valutò la risposta. –Sì, ma
la situazione è leggermente diversa. Dovrai viaggiare giorno e
notte con altre persone e dare una mano in qualsiasi modo possibile. Se
no non arriveremo mai nelle terre del Sud.- disse.
-Non vedo tutta questa difficoltà.- commentò, altezzosa.
Perché diavolo stava facendo la permalosa in quel modo? Di
solito non era così acida.
-Fidati: sarà molto faticoso arrivare dall’altra parte. È stato difficile arrivare a Neith.- smentì.
Quella frase catturò il suo interesse. –Davvero?
La Ferift annuì, rilassandosi leggermente. –Drew e Blaking
arrivano da Kephas, un piccolo villaggio al confine col Nord. Da
lì sono arrivati a Ferend, il luogo dove…- esitò
un attimo. Non sapeva se rivelarle la verità o meno. Alla fine
decise di non aprirsi così tanto. -… abitavo. Abbiamo
subito i primi attacchi sulle montagne, poi nel Regno del Nord.
Attraversare il confine per arrivare nelle terre dell’Est
è stato ancora più difficile.
-C’è solo la palude, a difesa dei confini settentrionali. Dov’è la difficoltà?- chiese Nive.
-Hai presente i Kelpie?- la ragazza le lanciò un’occhiata.
Alla risposta affermativa aggiunse:-Bene, pensali corrotti.
“Uhm… forse non è stata proprio una
passeggiata.”, realizzò lo Spirito Blu. Sapeva
dell’aggressività di quelle creature e, a giudicare dalla
violenza dell’attacco al tempio, non doveva essere piacevole
incontrarli in versione corrotta. –Però siete arrivati fin
qui, no?- diede voce ai suoi pensieri senza rendersene pienamente conto.
Ethelyn sospirò. –Sì… ma a me è
rimasto un bel ricordo.- rivelò. –Non posso mostrartelo,
ora come ora, ma ho la cicatrice di un morso, sul fianco.-
indicò il punto esatto sotto il corpetto.
La danzatrice sgranò gli occhi. –E sei sopravvissuta?
-Merito di Simar e di un curatore amico del Cair.- spiegò, accennando col capo all’Elfo davanti a loro.
Nehir le aveva sicuramente sentite, ma non reagì in alcun modo, continuando ad aprire per loro la strada.
-Quindi il principino non è solo bello…- mormorò
Nive, osservando il profilo del giovane con rinnovato interesse.
La rossa le mise una mano sul braccio, riottenendo la sua attenzione.
–Non ti sto dicendo questo tanto per fare. Voglio che tu capisca
a cosa stai andando incontro.- disse, abbassando il tono per risultare
più convincente.
-Non sono stupida, lo so.
-Se davvero fossi consapevole di quello a cui vai incontro, avresti
scelto un abbigliamento diverso. È vero che il cuoio è
molto resistente, ma se si trova a proteggere il corpo: avere lo
stomaco indifeso non è molto intelligente. Inoltre, non hai
esperienze di combattimento e sarebbe saggio chiedere ad uno di noi,
chiunque di noi, di aiutarti a migliorare. Io volevo offrirti il mio
aiuto, soprattutto per solidarietà femminile, ma tu sei
così piena di te che non l’hai nemmeno capito.- e detto
questo diede di sprone ad Ebrio, in modo da superarla e mettersi tra
lei e Simar.
Nive sapeva che la loro conversazione era stata seguita da tutto il
resto del gruppo e non poté fare a meno di sentire le guance in
fiamme per la vergogna.
Diede un rapido sguardo ai propri abiti: i pantaloni le coprivano tutta
la lunghezza delle gambe, anche se erano aperti ai lati per favorirle
il nuoto, lo stesso poteva dirsi della parte superiore.
Era vero che aveva la porzione inferiore del busto priva di difese, ma
lei era abituata ad avere il bacino libero da impedimenti. Non avrebbe
cambiato il proprio modo di essere in virtù di una maggior
protezione.
Gettò i lunghi capelli dietro le spalle, stizzita.
Non le serviva nemmeno un’arma: avrebbe usato il suo potere di manipolare l’acqua.
Anche se…
Abbassò lo sguardo su uno dei tascapane ancorati alla sua sella.
Accarezzò la pelle della bisaccia e trovò il profilo del
regalo di suo padre. Le aveva detto che era un oggetto versatile,
adatto ad una persona come lei.
“E’ adatto ai miei movimenti fluidi.”, pensò,
riportando alla mente le parole di Arkan. Nonostante non sapesse come
maneggiare quell’arma, avrebbe imparato da sola, senza
l’aiuto di nessuno. Specialmente senza l’aiuto di quella
smorfiosetta dai capelli rossi.
Fermamente convinta delle proprie opinioni, si sistemò sulla
sella, aggiustando la propria postura senza rendersene pienamente conto.
“Secondo me, la piccola danzatrice ti ha puntato.”, esordì Nehir.
Per poco Simar non eruppe in un’esclamazione di sorpresa. Tra
l’altro molto colorita. –Nehir.- sibilò a denti
stretti.
“Che c’è. Lo sai che non ho il dono della
parola.”, brontolò l’amico, facendo gorgogliare la
propria voce. L’Elfo sbuffò, scusandosi subito dopo.
“Comunque, stai attento.”, aggiunse.
“Nehir, non sono interessato.”, rivelò, passandosi una mano sul viso.
“Perché? Non è male.”, commentò il
lupo, approfittando di una curva per lanciare un’occhiata alle
proprie spalle.
“Non è il mio genere. Soprattutto dal punto di vista
caratteriale.”, spiegò il principe. Lui era più un
tipo da Caitlin. Ethelyn risultava già troppo indipendente per i
suoi gusti. “Probabilmente ho la sindrome da principe su bianco
destrier.”, ironizzò subito dopo.
Il Fisàan si concesse una risatina. “Cioè?”, chiese.
“Mi piace avere qualcuno da proteggere.”, spiegò, facendo spallucce.
Il compare annuì col capo alcune volte, ma non disse nulla. Era
perfettamente a conoscenza dei trascorsi con Caitlin, perché
Simar glieli aveva raccontati da quando aveva scoperto di essere
telepatico.
“Però non puoi chiudere il tuo cuore per sempre.”, gli fece notare.
L’Elfo sospirò, affondando una mano nella morbida gorgiera
del suo lupo. Osservò per qualche istante il motivo del collare,
simbolo del loro legame. “Lo so. Ora, però, concentriamoci
su questo viaggio.”, pensò.
“Agli ordini, mio principe.”, lo prese in giro il grosso Beta.
***
-Quindi pensano di potermi sfuggire, eh?
Anrekres guardò il proprio servitore, inginocchiato davanti a
lui e col capo chino. Poteva percepire la sua paura e la cosa lo
compiaceva.
La creatura, uno Spirito Blu da lui stesso creato, era l’unico
sopravvissuto dell’attacco portato alla capitale
dell’Acqua. Sapeva che non avrebbe potuto vincere, ma aveva
bisogno di testare i propri poteri.
Se era riuscito a penetrare così a fondo, significava che stava diventando sempre più forte.
Al momento giusto avrebbe potuto fronteggiare tutti i Cair. Ed era merito del potere di Shunka, Vegliante della Luce.
Ora ridotto ad un semplice corpo in stato vegetativo.
Alzò gli occhi a fissare il lupo, pensieroso, poi li abbassò sulla piuma, sempre più scura.
-Hai detto che una parte di voi sono stati fermati prima. Da chi?- chiese, continuando il suo interrogatorio.
-Da alcuni esseri puliti.- fu la raschiante risposta.
Si voltò a guardare lo Spirito. –Che significa?- domandò, corrucciato.
Nonostante riuscisse a creare esseri viventi, questi non erano dotati
di straordinarie doti intellettive. Sospettava fosse colpa di
Calimë, dato che era la parte femminile a detenere il potere sulla
mente. Finché lei gli si fosse opposta, avrebbe dato vita a
creature a metà. Ma quello era un problema secondario, almeno
per ora.
-Spiriti trasparenti… guizzanti come delfini.- tentò di spiegarsi il suo servo.
-Spiriti Blu?- tentò allora. Quello annuì con forza.
-Anche pesci, mio signore.- aggiunse il suo interlocutore. Lo vide alzare un attimo il capo e poi riabbassarlo subito dopo.
Anrekres eruppe in una risata aspra. –Pesci? Non dirmi che siete stati bloccati da degli stupidi pesci!
Anche se con esitazione, lo Spirito corrotto annuì. –Si sono rivoltati contro alcuni di noi e li hanno bloccati, aiutando gli avversari.- rispose.
“La natura mi si oppone? Come può essere? Io sono parte della natura stessa!”, pensò contrariato.
“Tu sei la parte malvagia della natura.”, furono le parole
di Calimë. “E lei se ne sta rendendo conto, ora che Analyon
è vigile.”
All’udire quelle parole, l’essere fatto d’ombra
proruppe in un grido agghiacciante. Artigliò la testa della
creatura che aveva ai propri piedi e, con una leggera pressione, la
fece esplodere in mille pezzi.
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Capitolo 32 *** Cap. 31 Primi dissapori ***
Cap. 31 Primi dissapori
Rieccomi :) sono felice di poter aggiornare ad un ritmo molto più sostenuto rispetto al resto dell'anno.
Allora... in questo capitolo i nostri amici raggiungono finalmente un
nuovo territorio. Ma badate bene: come ha detto il Cair, arrivare nelle
terre del Sud sarà difficile.
Soprattutto con una compagna come Nive u.u
A fine capitolo c'è un pezzo interessante... sono quasi certa
che prima mi amerete e poi vorrete uccidermi :P ma tant'è, mi
diverto a torturavi xD
Buona lettura! :)
Cap. 31 Primi dissapori
Non impiegarono molto per attraversare il tunnel, ma a Simar sembrò un tempo infinito.
Nehir non la smetteva più di
punzecchiarlo, facendo fantasiose insinuazioni su lui e Nive. Non si
sarebbe mai aspettato quell’animo da pettegolo, soprattutto non
quando l’aveva conosciuto.
Ricordava ancora i primi tempi: il
Fisàan era così restio a fidarsi di qualcuno che aveva
rischiato di perdere le dita delle mani un paio di volte.
A quanto pareva, il vero io del suo
lupo stava emergendo. Oppure era tutta colpa del gruppo di persone con
cui stavano viaggiando.
Ridacchiò, divertito dai propri pensieri.
“Perché ridi?”,
chiese la sua cavalcatura. Potevano vedere l’uscita davanti a
loro, a circa cinquecento metri di distanza.
“Nulla, ripensavo ai nostri
primi tentativi di comunicazione.”, spiegò, dandogli una
pacca cameratesca sulla spalla.
L’animale gli lanciò
un’occhiata, perplesso. “E la cosa ti diverte? Ti ho quasi
staccato una mano.”, gli ricordò. Ecco, appunto.
“Sì, ma ora non lo
faresti.”, replicò. “Vero?”, chiese conferma
dopo qualche istante, notando il silenzio dell’amico.
“Chissà.”
Il principe scosse la testa,
divertito dal finto atteggiamento sostenuto. Dopo quel breve scambio di
pensieri, si voltò verso gli altri e chiese:-Tutto bene,
lì dietro?
Ci fu qualche mormorio d’assenso, ad esclusione di Nive.
Se quella ragazza non avesse imparato a gestire il proprio caratteraccio, il viaggio sarebbe diventato un inferno.
E lui non era lì per far da balia a nessuno.
La giovane si accorse del suo
sguardo, perché gli lanciò un’occhiata bieca e poi
voltò la testa, concentrandosi sulle pareti rocciose attorno a
sé.
Lui la ignorò e, dopo un breve cenno ad Ethelyn, tornò a voltarsi.
-Che ne pensi di Nive? Secondo te ci darà del filo da torcere?- domandò Drew.
Blaking, concentrato a fissare la fine del tunnel, quasi sussultò all’udire la sua voce. –Come?- chiese.
-Nive, il nostro nuovo acquisto. Come la vedi?
L’Ippogrifo si concesse una
lunga occhiata alla figura della danzatrice. –Non lo so. Non
credo sia così insopportabile come vuol farci credere ma,
attualmente, sono dell’opinione che debba imparare a gestire il
proprio carattere.- ammise.
-Be’, sicuro non sta simpatica ad Ethelyn.- commentò il Nun.
Avevano assistito allo scambio di
parole di poco prima tra le due e la reazione della Ferift non aveva
lasciato spazio a dubbi: il suo tentativo di essere cortese era stato
rifiutato.
Da quel momento in poi, quasi
sicuramente, non avrebbe più avvicinato lo Spirito Blu. Non di
sua spontanea volontà, almeno.
-Deve capire che non ha molta
scelta: adattarsi o morire. Deve collaborare con noi, dato che siamo
una squadra.- Blaking diede voce ai suoi pensieri. –Se non vuole
integrarsi sarà difficile.
-Dovrebbe scendere dal piedistallo.- mormorò acidamente il suo migliore amico.
-Già.- dovette concordare.
Per un po’ rimasero in
silenzio, poi il pennuto si ricordò di una cosa.
–Stamattina… cos’è successo?- chiese, di
punto in bianco.
Ora fu il turno di Drew di risultare sorpreso. –Stamattina?
L’amico gli lanciò
un’occhiata divertita. –Su, non fare il finto tonto.
Perché eravate in ritardo?
-Ah.- il ragazzo rimase con la bocca leggermente socchiusa. –Ho dormito troppo.
L’Ippogrifo si mostrò alquanto scettico.
-Ok, ok… ne ho approfittato per un bacio del buongiorno!- finì per confessare l’amico.
Blaking ridacchiò, vedendo il sorriso da scemo e il rossore sulle sue guance.
“So che mi state tutti analizzando.”, si disse Nive.
Poteva immaginare i pensieri di
ognuno di loro, ma non gliene importava veramente nulla. Era cresciuta
ignorando i commenti degli altri, lasciandoseli scivolare addosso come
acqua.
Alla fine dei giochi, l’unica
cosa che aveva veramente significato era la considerazione che aveva di
se stessa. Se lei stava bene col proprio io, chi erano gli altri per
giudicarla?
“E vi ritenete sicuramente migliori di me.”, aggiunse, lanciando un’occhiata alla schiena del principe.
Non aveva ancora stabilito chi
detenesse il potere, all’interno del gruppo: il dubbio era tra
Simar e Blaking. Ma qualsiasi fosse la scala gerarchica, lei non si
sarebbe adattata.
Non potevano obbligarla.
Certo, forse avrebbe dovuto
ringraziarli per quell’opportunità… ma non era
granché, considerato che stava marciando dritta verso morte
certa. O molto probabile, nella migliore delle ipotesi.
In conclusione, non doveva niente a nessuno di loro. E l’avrebbero capito molto in fretta.
“Io sono libera. Come
l’acqua.”, lanciò un’occhiata al proprio
cavallo, facendosi improvvisamente pensierosa. L’unico legame che
sentiva di avere era quello con suo padre: nonostante si fossero
ritrovati solo da un paio di giorni, l’intesa che aveva con lui
aveva dell’incredibile.
Il sangue creava legami difficili da ignorare.
Accarezzò distrattamente la
folta criniera della sua cavalcatura, ottenendo un nitrito di
ringraziamento. Si lasciò sfuggire un sorriso.
Era quasi certa che avrebbe odiato
cavalcare, ma quel destriero si stava rivelando un ottimo compagno,
aiutandola a rimanere in sella quasi senza difficoltà.
Avrebbero potuto diventare amici.
Forse.
“Ora che ci penso… non
gli ho dato un nome.”, ragionò. Si mise ad osservarlo
attentamente, scrutando il profilo arrotondato del suo muso e la curva
decisa del collo. –Mhm… che ne dici di Kieran?-
domandò in un sussurro. Non sapeva spiegarsi perché, ma
gli si addiceva.
L’animale sembrò
capire che si stava rivolgendo a lui e fece oscillare la folta criniera
diverse volte. La ragazza lo interpretò come
un’approvazione e gli lasciò un grattino dietro
un’orecchia.
-Bene… da oggi sarai Kieran.- disse solamente.
-Ehi, ci siamo!- esclamò Ethelyn.
Passare tutto quel tempo tra quelle
strette pareti di roccia le aveva messo addosso una strana sensazione
di claustrofobia. Per non parlare della divertente chiacchierata avuta
con Nive.
Diede di sprone ad Ebrio ed affiancò Simar.
L’Elfo le lanciò
un’occhiata, stupito di trovarsela accanto. Prima che potesse
chiederle qualsiasi cosa lei disse:-Vediamo chi arriva primo.
Sogghignò e poi
lanciò la sua cavalcatura al galoppo. Simar restò un
attimo interdetto, poi diede una leggera pacca sulla spalla di Nehir,
spronandolo a sua volta.
-Ma… che stanno facendo?- sentì chiedere Drew, divertito.
Lo ignorò e si chinò
sul collo del suo fido compagno. In poco più di due falcate
riuscirono ad annullare la distanza che li separava dalla rossa.
Era sempre disposto ad accettare sfide. Ed era poco propenso a perderle.
-Non vincerete.- disse lei,
guardando i due amici correrle al fianco. Ebrio, sotto di lei, correva
mantenendo un passo molto fluido.
Attorno a loro la sabbia vorticava come impazzita, sollevata dagli zoccoli e dalle zampe delle loro cavalcature.
Rimasero testa a testa fino alla
fine, quando Ethelyn si rese conto che l’apertura d’uscita
era troppo piccola per consentire il passaggio di qualcosa di
più grosso di un cavallo.
Tirò le briglie, facendo impennare Ebrio e sollevando un gran polverone.
Simar, invece, la superò con un balzo e fu fuori.
Lei rimase a fissare la luce esterna, ansimante e sporca. Attese che l’adrenalina scemasse e poi raggiunse il principe.
-Bella gara, ma ti ho battuta. Hai ancora molta strada da fare, prima di battere Nehir.- si vantò Simar.
Lei gli fece la linguaccia, dando
poi una pacca di consolazione al suo destriero. Il Fisàan eruppe
in un verso di gola, lusingato dalle parole del compare.
-Gli altri?- la Ferift si
voltò all’indietro, cercando di intravvedere le sagome
degli altri tre. Non dovettero attendere tanto che Nive uscì
allo scoperto, seguita a breve distanza da Drew e Blaking.
-Voi siete pazzi.- commentò l’Ippogrifo, divertito.
“La prossima volta voglio
sfidare Blaking.”, disse Nehir, fissando i propri occhi in quelli
chiari del pennuto. Quello sembrò capire il messaggio,
perché annuì impercettibilmente.
-Drew… mi sa che la prossima volta toccherà a te.- lo avvertì Simar, avendo intuito lo scambio silenzioso.
-Che? Cosa?- fece il Nun, spaesato.
Quella sua uscita fece ridere i
ragazzi, lasciando totalmente indifferente la piccola danzatrice.
Nonostante fosse abbastanza minuta, il suo ego era enorme.
-Allora, dove siamo, di preciso?- chiese, chetando gli animi.
Simar si affrettò a
ricomporsi e poi estrasse la mappa datagli da Csi. La srotolò
con attenzione e la scrutò per qualche istante, facendo scorrere
gli occhi lungo i tratti ad inchiostro.
“Nehir, voltati, per
favore.”, chiese. L’amico obbedì e lui alzò
lentamente gli occhi. –Be’, siamo esattamente nel bel mezzo
del canyon. Quello là sotto è il fiume che parte dal lago
Daika.- indicò un nastro azzurro molto al di sotto di dove si
trovavano loro.
Evidentemente
nell’attraversare quel tunnel, erano saliti di quota senza
rendersene conto. Oppure era il canyon a trovarsi di molto al di sotto
del livello del mare.
-Wow!- Ethelyn smontò e si
avvicinò alla fine dello sperone su cui si trovavano. Si fece
solecchio con la mano e lasciò vagare lo sguardo su
quell’immensità rocciosa.
Il colore predominante era quello
del cotto, striato da venature più chiare e più scure,
lì dove il fiume aveva eroso le pareti. Le rocce si articolavano
in forme strane, creando archi e passaggi angusti. L’andamento
sinuoso dell’acqua aveva influenzato quello del paesaggio
sottostante, rendendolo quanto mai mutevole e flessuoso.
Ma l’aspetto che prepotentemente balzava all’occhio era un altro: le dimensioni.
Nonostante fossero molto in alto, potevano affermare con certezza di essere formiche al cospetto di montagne.
-Noi dovremmo attraversare tutto questo mare di roccia?- chiese Nive, lasciandosi sfuggire un gemito.
-Sì, se vogliamo passare
dall’altra parte.- rispose Simar. La ragazza gli lanciò
un’occhiata e poi strinse le redini di Kieran, non vista. La sola
idea di metter piede in quel posto la inquietava: si sarebbe sciolta
come neve al sole.
-Ora dobbiamo solo trovare un sentiero sicuro per scendere.- commentò Blaking, scrutando all’intorno.
Lui sapeva volare, era vero, ma
avrebbero comunque dovuto far scendere Nehir e i due cavalli. Ed erano
troppo pesanti perché potesse trasportarli.
-Ragazzi, vado in esplorazione,
d’accordo?- Blaking spalancò le enormi ali, già
pronto a buttarsi nelle fauci del canyon.
Ethelyn si fece avanti. –Ti aiuto.- disse con un timido sorriso.
L’Ippogrifo la fissò
stupito, ma poi annuì. Si divisero la parete rocciosa e, una
volta pronti, si alzarono in volo.
-Torniamo tra dieci minuti, al massimo.- annunciò il pennuto, prima di sparire oltre il bordo.
La Ferift si lasciò
trasportare dalla corrente, allontanandosi dal punto da cui si era
lanciata. Si mise a scrutare con attenzione tutta la parete, tentando
d’individuare un passaggio che potesse dirsi sicuro.
Con la coda dell’occhio poteva vedere Blaking fare lo stesso, spostandosi come un’ombra nera.
Il tempo stabilito trascorse e furono costretti a tornare dai compagni.
-Allora? Trovato niente?- domandò Drew, alzandosi.
I due atterrarono e, dopo essersi scambiati un’occhiata, scossero la testa.
-Dobbiamo trovare
un’alternativa.- meditò Simar, sedendosi
all’imboccatura del tunnel. Quello era l’unico posto
vagamente ombreggiato dell’intero sperone.
Gli altri lo imitarono, raggruppandosi attorno a lui e Nehir.
Si scambiarono qualche occhiata e poi chiusero gli occhi, concentrandosi per escogitare qualcosa.
Ad un certo punto Drew se ne uscì con un:-Ho trovato!
Il suo grido fece sobbalzare Nive e anche il cavallo di Ethelyn. Gli altri lo guardarono, pieni d’aspettativa.
-Dobbiamo sfruttare i nostri poteri.- disse. Il che non era una grossa spiegazione.
-Cioè?- tentò di capire la rossa.
Lui le sorrise, poi spostò
lo sguardo sul principe. –Simar, tu controlli le piante, giusto?-
domandò. Al cenno affermativo continuò
dicendo:-Sfrutteremo questa cosa per creare una sorta di carrucola.
Blaking si fece perplesso.
–Cioè… dovremmo usare le radici come imbragature
per portare a terra Nehir ed i cavalli?- elaborò l’idea,
soppesandola.
-Cosa ci assicura che funzionerà?- domandò Ethelyn, preoccupata.
Il suo fidanzato fu costretto a stringersi nelle spalle e ammettere:-Nulla, in effetti.
-Vale la pena tentare.- Simar si levò in piedi, deciso.
-Sul serio?- fece il Nun, stupito.
L’Elfo annuì, concedendogli un sorriso
d’incoraggiamento. Era giusto che, all’interno del gruppo,
le menti collaborassero per risolvere i problemi.
-Voi che ne pensate?- Drew si
alzò e si mise ad osservare tutti gli altri. Se c’era
anche solo una voce in disaccordo avrebbero dovuto rivedere i loro
piani.
Alla fine, stranamente, si dissero tutti d’accordo.
-Bene, dicci cosa dobbiamo fare.- il principe gli si avvicinò, aspettando direttive.
Il giovane si aggiustò
l’arco dietro la schiena e poi si avvicinò alla fine dello
spiazzo, guardando di sotto. –Credo che il dislivello sia di
circa trecento metri. Ho bisogno che Simar richiami le piante dopo che
saremo arrivati a terra.- spiegò, tornando a voltarsi verso i
compagni.
-Quindi scendiamo prima noi…?- Ethelyn chiese conferma. Il suo compagno annuì, convinto delle proprie scelte.
“Mhm… non so se questa cosa mi piace.”, ammise Nehir.
Simar si girò a guardarlo ed
incontrò i suoi occhi scuri. In essi poté scorgere una
vena di preoccupazione. Gli accarezzò il muso, sorridendogli.
“Tranquillo. Mi fido di Drew.”, gli disse.
“Ci sono solo due cose su cui
scommetterei ad occhi chiusi: le mie capacità e le tue. Per
quanto riguarda gli altri ho bisogno di una conferma.”,
replicò, convinto.
“Possiamo far scendere prima i cavalli…”, propose il ragazzo.
Il grosso lupo sembrò pensarci su qualche istante, poi scosse la testa. “No, vado prima io.”, risolse.
L’Elfo sapeva che il suo
fidato compare aveva il suo orgoglio e che non avrebbe mai sopportato
di poter passare per codardo. O malfidato.
-Noi altri che dobbiamo fare?-
chiese Blaking. Sapeva di doverli trasportare a terra, ma non riusciva
a capire come avrebbe potuto aiutarli dopo.
-Un attimo… ve lo mostro.- Drew recuperò un bastoncino e si mise a tracciare alcuni segni sul terreno sabbioso.
In poco ebbe schizzato quello che,
a grandi linee, era il piano che aveva elaborato. Blaking li avrebbe
portati di sotto, assieme a tutte le provviste e le armi. Poi avrebbero
iniziato a spostare Nehir ed i cavalli. Simar avrebbe controllato la
carrucola, mentre Nive avrebbe dovuto mantenere le radici bagnate, in
modo che non si rompessero.
Ethelyn e Blaking avrebbero controllato il bilanciamento dell’imbragatura ed avvertito il gruppo di eventuali pericoli.
Sulla carta sembrava un piano perfetto. La pratica era tutt’altra cosa.
La parte più difficile fu convincere Nive a montare su Blaking.
La ragazza si era categoricamente rifiutata.
Allora Ethelyn si era offerta per
trasportarla dabbasso, ma la danzatrice aveva dato doppiamente di
matto, dicendo che sarebbe scesa utilizzando mani e piedi.
-Smettila di comportarti in questo modo!- finì per sbottare la Ferift.
-Mi comporto come voglio.- fu la
risposta di Nive. La rossa assottigliò gli occhi talmente tanto
che il loro bel verde brillante divenne fosco. –E smettila di
fissarmi così. Non mi fai paura.
“Ethelyn, calma. Mantieni la
calma, non ne vale la pena.”, si stava ripetendo la ragazza. Le
fremevano le mani dalla voglia di prenderla a schiaffi.
I maschi le stavano fissando in silenzio, non volevano finire in mezzo alla disputa. Le donne sapevano essere molto violente.
Le due si fronteggiarono in
silenzio per un po’, lanciandosi sguardi di fuoco. A prima vista
poteva sembrare uno stupido battibecco, ma non lo era. Stavano
stabilendo chi, tra le due, avesse il carattere più forte.
Ad un certo punto Simar
sbuffò ed annullò la distanza che lo separava da Nive in
tre lunghe falcate. La giovane ebbe appena il tempo di voltarsi che lui
l’afferrò saldamente per i fianchi, caricandola di peso su
Blaking.
L’Ippogrifo non attese nemmeno un secondo prima d’alzarsi in volo.
-Fammi scendere! Ho detto che
faccio da sola!- strepitò lo Spirito. Il pennuto la
ignorò, puntando verso il basso.
Intercettò una corrente e
decise di utilizzarla per scendere più rapidamente. Quando
piegò le ali contro il corpo e si lanciò a
velocità sostenuta verso il basso, Nive non poté fare a
meno di urlare e aggrapparsi al suo collo.
-Ben le sta.- commentò Ethelyn, mettendosi le mani sui fianchi.
Drew e Simar le lanciarono un’occhiata.
“Ricordatemi di non farle
sedere vicino. Potrebbero scannarsi.”, commentò Nehir,
osservando la figura di Blaking rimpicciolire sempre di più. Con
la coda dell’occhio notò l’occhiata di Simar.
“Be’, che c’è? È la verità.”, si difese.
Il ragazzo scosse la testa, trovandosi d’accordo con lui. Per un po’ sarebbe stato meglio tenerle divise.
-Scendete con Blaking? Io porto
giù alcune delle nostre sacche.- chiese la Ferift. Si era
già caricata in spalla diverse bisacce e aveva le ali spalancate.
-Sì… il resto lo
portiamo giù noi…- mormorò Drew. Lei annuì
e si tuffò nel vuoto, sparendo oltre il bordo.
–Simar…
Il principe lo interruppe. –Lo so, dobbiamo tenerle divise.- concluse per lui.
-Esattamente. E ricordami di non far arrabbiare seriamente Ethelyn.- aggiunse, reprimendo un brivido.
“Fidati: tu non l’hai vista arrabbiata.”, pensò, ma non disse niente, limitandosi ad annuire.
Mentre aspettavano il ritorno di
Blaking recuperarono i bagagli rimanenti e se li sistemarono a
tracolla. Drew fece per andare dai cavalli, ma si sentì chiamare.
Si voltò e trovò
l’Ippogrifo sospeso a mezz’aria, in attesa.
–Allora… salite o no?- chiese.
-Sei sopravvissuto?- lo punzecchiò il Nun.
-Io sì… il mio timpano sinistro no.- rispose facendo una smorfia.
I ragazzi ridacchiarono,
affrettandosi a salirgli in groppa. Prima di scendere, Simar si
voltò e disse a Nehir di stare tranquillo.
Il lupo fece un cenno col capo, sedendosi in diligente attesa.
Quando furono tutti pronti, Ethelyn tornò in cima allo sperone.
Era l’unica che poteva
aiutarli ad imbragare i loro compagni a quattro zampe, dato che Blaking
non aveva il pollice opponibile.
-Sono in cima!- annunciò ad un certo punto, sporgendosi oltre il bordo.
Simar individuò i suoi
capelli, scintillanti come fiamme sotto il sole, e chiuse gli occhi.
Frugò nel proprio essere alla ricerca del potere e, una volta
trovatolo, lo afferrò con forza.
Stabilito un contatto col le sue
abilità magiche, dovette raggiungere le piante. Nel luogo in cui
si trovavano non ve n’erano molte ed erano parecchio distanti tra
di loro.
Strisciò attraverso le
rocce, evitando piccoli topi e qualche serpente addormentato. Si
arrampicò lungo le pareti come un ragno, fino a quando non
raggiunse la prima pianta.
L’accarezzò col proprio potere, la svegliò ed ottenne il suo aiuto.
Lentamente le radici iniziarono a farsi strada tra le stratificazioni, emergendo poi all’aria aperta.
-Simar, vedo i primi tralci!- lo avvertì Drew, esaltato.
Il principe strinse maggiormente gli occhi, digrignando i denti: doveva rimanere concentrato.
Richiamare un numero sufficiente di piante richiese quasi mezz’ora e, alla fine, l’Elfo ansimava pesantemente.
-Ci… ci sono…- riuscì a dire.
-Ethelyn, puoi procedere!- le diede voce Blaking. Il pennuto si trovava a mezz’aria, pronto a qualsiasi evenienza.
-Nive, per favore, mantieni le piante idratate.- la pregò Simar, faticando a recuperare fiato.
Per una volta lei non protestò.
Trecento metri più in alto,
la rossa si affrettò ad assicurare le radici attorno al corpo di
Nehir, visibilmente scettico.
La ragazza tentò di metterci
meno tempo possibile, ma dovette anche arrampicarsi sul corpo del lupo,
quindi il suo tentativo non andò come sperato.
-Nehir, ci sei?- chiese, una volta finito.
Il Fisàan si concesse una breve occhiata, poi confermò con un breve cenno del muso.
-Potete andare!- annunciò.
I ragazzi si passarono la voce e in
poco Nehir si ritrovò sollevato da terra. La sua espressione era
abbastanza comica, ma Ethelyn preferì non farglielo notare.
Chiunque avrebbe avuto qualche dubbio, in quel frangente.
Ebrio era l’ultimo.
Il trasferimento di Nehir e Kieran era andato a buon fine, senza nessun rischio per i due animali.
In quel momento stavano
trasportando a terra il destriero della Ferift. La ragazza aveva
cercato di fargli capire la situazione e la creatura era rimasta
immobile mentre veniva assicurata alle radici.
Erano ormai a metà strada ed Ethelyn cercava di mantenere il contatto visivo con lui, rassicurandolo con la voce.
Procedevano lentamente, stando attenti ad eventuali sporgenze rocciose.
Nessuna traccia di possibili nemici.
Ad un certo punto si avvertì come uno strappo e poco dopo alcune radici si ruppero con uno schiocco.
Ebrio nitrì, spaventato e si ritrovò a cadere.
-Ebrio!- urlò Ethelyn. Senza pensare distese le braccia in avanti ed artigliò l’aria.
-Via da lì sotto!- con la
coda dell’occhio vide Blaking schizzare verso il basso, deciso ad
aiutare i compagni sotto di lei.
Gemendo per lo sforzo, la Ferift
tentò di arrestare la caduta del povero cavallo, creando una
sorta di elastico che potesse trattenere il suo corpo a mezz’aria.
-Simar, le radici!- sentì gridare Drew.
Percepì un risucchio e poi si sentì tirare verso il basso dal peso del suo destriero. Ce l’aveva fatta!
-Sbrigatevi, vi prego! Non so quanto resisterò!- supplicò, aumentando la presa sul proprio potere.
Sotto di lei c’era parecchia agitazione.
Nive aveva fatto allontanare
Kieran, legandolo ad una roccia e aveva trasportato lì vicino
quasi tutte le loro bisacce. Blaking aveva fatto allontanare senza
troppe cerimonie sia Simar che Drew.
Il principe, però, voleva
tornare indietro. –Sono troppo lontano, non riesco a controllarle
da qui!- protestò.
Nehir allora se lo caricò in groppa e gli permise di avvicinarsi prima che il Nun li potesse fermare.
-Simar, ti prego, fai in fretta!
“Ci sto provando, ci sto
provando!”, pensò. Aveva quasi perso il controllo sulle
piante e, con tutta quell’agitazione, non era facile
ristabilirlo. In più si sentiva prosciugato, tutte le zone
periferiche del suo corpo pulsavano.
Digrignò i denti fino a farli scricchiolare.
Si protese verso l’essenza
della pianta più vicina, annaspando per raggiungerla mentre
sentiva i nitriti spaventati di Ebrio.
Improvvisamente la raggiunse e l’afferrò. –Ci sono!- esclamò, aprendo gli occhi di colpo.
Le radici presero vita e si riavvolsero attorno al corpo del cavallo, esattamente nel momento in cui Ethelyn mollava la presa.
Né lei né il principe se l’aspettarono, tant’è che per poco non persero il contatto.
Blaking si slanciò in avanti
e tentò di attutire la caduta col proprio corpo. Lui, Ethelyn ed
Ebrio si schiantarono al suolo in un groviglio di corpi.
-Ragazzi!- Drew corse da loro, preoccupato. La polvere che avevano sollevato gli impediva di vedere.
Il primo ad alzarsi fu il cavallo
che, spaventato a morte, scattò di lato, impennandosi. Nive gli
si piazzò davanti, tentando di afferrare le briglie e farlo
calmare: gli si vedeva il bianco degli occhi tant’era la paura.
-Ebrio, buono!- gli gridò Simar. –Nehir, fermalo.
Il lupo non se lo fece ripetere due
volte. Con un balzo gli si piazzò davanti e si esibì in
un poderoso ruggito. La povera creatura si ritrasse di colpo, atterrita.
La danzatrice riuscì ad afferrarla per il morso e si premurò subito di calmarla, carezzandogli il muso.
Calmato il destriero, era il turno di soccorrere Blaking ed Ethelyn.
-State bene…?- chiese Drew, afferrando la Ferift per un gomito ed aiutandola a rialzarsi.
Lei annuì, stordita.
Il Nun le lanciò
un’occhiata, poi si accertò della salute dell’amico.
L’Ippogrifo si rialzò con un movimento fluido,
rimettendosi sulle quattro zampe.
Scrollò energicamente il capo e poi sbatté le palpebre qualche volta.
-Tutto ok?- Simar li raggiunse, smontando dal dorso di Nehir. –Avete fatto un bel capitombolo.
-Eh sì… Ebrio sta bene…?- la rossa si portò una mano alla testa, ancora scombussolata.
Nive le rispose semplicemente con un:-Sì.
La ragazza si disse soddisfatta.
-Riposiamoci per un po’.-
propose Drew, vedendo i compagni provati dall’esperienza.
Nonostante non fosse precipitato da cinque metri d’altezza, anche
Simar era stanco: continuava ad ansimare e aveva la fronte imperlata di
sudore.
-Solo cinque minuti. Non possiamo perdere tempo.- disse Ethelyn.
-D’accordo. Voi riposatevi, io controllo che Ebrio non abbia nulla di rotto.- rispose il Nun, avviandosi verso il cavallo.
Nive lo seguì con lo
sguardo, poi tornò a concentrarsi sugli altri. –La vostra
idea non si è rivelata poi così brillante.-
commentò.
Simar la fulminò con
un’occhiataccia, ma lei non se ne curò e si
allontanò, cercandosi un altro posto per riposare.
***
Aveva lasciato la città prima che Maahes potesse raggiungerla e fermarla.
Non voleva essere ostacolata
perché lui credeva potesse essere pericoloso. Era da tanto tempo
che voleva rendersi utile, mostrare quel che sapeva fare e
l’unica cosa che lui era riuscito a dirle era che era una cosa
troppo grande per lei.
“Al diavolo.”,
pensò, aumentando l’andatura. Essere in grado di
trasformarsi in una centaura aveva i suoi vantaggi, soprattutto
considerato che quella era la sua forma più forte.
L’eredità paterna l’aveva resa la più veloce
e anche una delle donne più abili col bastone.
L’unico che non era mai riuscito a battere era stato proprio suo marito.
Scrollò i lunghi capelli neri, stizzita per quel pensiero.
Non voleva pensarci. Non in quel momento, non quando doveva dare la priorità ad altro.
Analyon le aveva detto di
dirigersi a sud-est, dato che gli altri Cair l’avevano avvertito
della partenza del gruppo. C’era un nuovo membro, a quanto gli
aveva riferito.
Sperò fosse una cosa positiva: non sempre i cambiamenti lo erano.
Saltò un piccolo torrente
con un agile balzo e continuò a correre, approssimandosi ad uno
dei villaggi che si trovavano nella pianura che circondava Azmara.
Aveva tutto ciò che le
poteva servire, quindi avrebbe attraversato velocemente
quell’agglomerato di case. Si sarebbe limitata ad allertarli del
pericolo e a dir loro di innalzare barriere di protezione.
Se i suoi calcoli non erano sbagliati, avrebbe dovuto raggiungerli in poco più di due settimane.
Ovviamente escludendo attacchi da parte delle creature d’ombra ed altri problemi del genere.
Stava per raggiungere le prime case, quando avvertì rumore di zoccoli.
Si voltò e sgranò gli occhi.
Senza pensarci due volte deviò dal proprio percorso, puntando verso un piccolo boschetto nelle vicinanze.
Si mise a galoppare con tutta la forza che aveva nelle zampe, sperando di sfuggirgli.
Ma era pur sempre una donna e non avrebbe potuto sperare di scappargli, non a lungo almeno.
Poco dopo, infatti, se lo ritrovò davanti.
S’impennò, colta di sorpresa e per poco non cadde a terra.
-Gizah, ascoltami!
-No, Maahes.- rifiutò, decisa.
Suo marito la incalzò,
costringendola ad arretrare. Poi l’afferrò per un polso e
l’attirò a sé. –Fammi venire con te.- disse.
Lei scosse testardamente la testa. –Ho detto di no. È una cosa che devo fare da sola!- protestò.
-Ma non capisci che è troppo…- iniziò.
-Cosa, pericoloso? Perché, perché sono una donna?!- quasi gli ringhiò contro.
Lui scosse la testa. –No,
perché potrei perderti.- replicò, afferrandola per le
spalle e guardandola dritto negli occhi. “Perché sei
incinta.”, aggiunse mentalmente.
La donna spalancò la bocca. –C-come lo sai…?
Maahes addolcì la propria
espressione. –Sono tuo marito, come potrei non notare i
cambiamenti del tuo corpo o del tuo umore?- le chiese.
Gizah tentò di liberarsi. –Questo non cambia le cose.- ribattè, risoluta.
A quelle parole, il suo compagno
sgranò gli occhi. –Non cambia le cose? Vorresti mettere in
pericolo la vita di nostro figlio?!
Lei non rispose, ma gli gettò contro di peso, facendolo cadere in mezzo ad un gruppo di rovi.
-Io ti amo, Maahes e amo questa nuova vita. Ma non puoi fermarmi, devo farlo.- gli disse con le lacrime agli occhi.
Non avrebbe mai voluto lasciarlo
così, non avrebbe voluto litigare con lui. Ma sentiva, dentro di
sé, che doveva andare.
Senza esitare, si lanciò al galoppo, correndo lontano da lui.
-Gizah!
Tentò di ignorare la sua voce, ma con scarso successo: poco dopo sentì qualcosa di salato bagnarle le guance.
Fece per asciugarsi gli occhi quando notò il bracciale che aveva al polso. Era d’ambra, finemente intagliato.
L’ambra era considerata una
pietra con poteri di protezione. Maahes aveva tentato di fermarla, pur
sapendo perfettamente che non ci sarebbe riuscito.
Era per quello che le aveva donato quel gioiello.
***
Avevano camminato per tutto il giorno, bagnandosi spesso nelle acque del fiume per trovare refrigerio dalla calura.
Nonostante l’umidità del canyon non fosse nemmeno paragonabile a quella della palude, il caldo si faceva sentire.
Il sole batteva inclemente sulle loro teste, facendoli sudare.
L’unico che sembrava trarne
giovamento era Drew, perché così poteva immagazzinare
quanta più energia solare possibile.
Quando decisero di fermarsi, a
tramonto ormai inoltrato, lo fecero sotto una grande roccia, la cui
conformazione li avrebbe protetti dal vento e da possibili temporali.
-Devo farmi un bagno, subito.- brontolò Drew, cercando di spazzolar via dagli abiti un po’ di polvere.
Ethelyn ridacchiò vedendolo così corrucciato.
-Come ci dividiamo…?-
s’informò Blaking. Avevano individuato due polle,
alimentate da altrettante cascatelle, proprio ai lati del loro rifugio.
Per lui non c’erano problemi: avrebbe potuto gettarsi nel fiume e
riemergere subito dopo.
Simar fece per parlare, ma Nive lo anticipò:-Io prendo quella di sinistra.
Senza aspettare consensi o rifiuti
prese le sue cose e si allontanò. La Ferift rimase a fissare il
punto in cui si trovava e poi mormorò, ironica:-Viva la
democrazia.
-Secondo voi è prudente lasciarla da sola? Potrebbe decidere di scappare.- chiese il Nun, sottovoce.
Tutti gli altri lo guardarono, perplessi.
-Credi che potrebbe farlo…?- fece Simar, stupito. Non ci aveva proprio pensato.
Lui fece spallucce, senza dare una vera risposta.
Il principe allora si fece
pensieroso. Nehir lo fissò, in attesa, tenendo al contempo un
orecchio teso verso il piccolo laghetto in cui si era immersa la
danzatrice.
-D’accordo. Voi andate pure a lavarvi… staremo di guardia io e Nehir.- risolse alla fine.
-Ok… va bene.
Ethelyn si alzò,
intenzionata a concedersi un lungo bagno. Drew la imitò subito
dopo, giustificandosi con un:-Ti serve aiuto per il corpetto.
Lei arrossì per la sfacciataggine del suo tono, ma non disse nulla, limitandosi a fare un cenno col capo.
Si diressero insieme verso la polla, seguiti dagli sguardi dei compari.
-Lasciamo loro un po’ di privacy.- disse l’Elfo.
“Simar, sei proprio un
furbacchione.”, il Fisàan gli diede una spallata. La sua
voce suonò oltremodo maliziosa e questo fece ridacchiare il suo
compare.
-Speriamo che Drew non ne combini una delle sue.- sospirò Blaking, preoccupato.
Quando si rese conto di aver
espresso il pensiero a voce alta si bloccò, guardò gli
altri e poi scoppiò a ridere con loro.
Ethelyn si fermò sul bordo del piccolo stagno, fissando l’acqua di un azzurro intenso.
Tutt’attorno le rocce, levigate dagli agenti atmosferici, rilasciavano il calore accumulato durante la giornata.
-Ok… inizio.-
l’avvertì Drew, afferrando le estremità del nastro
che chiudeva il corpetto. Lei annuì, raccogliendo la treccia su
una spalla. Dopo un po’ di tempo passato in silenzio,
aggiunse:-Non ti sei fatta male, oggi, vero?
La sua premura la fece sorridere. –No… solo qualche graffio.- rispose.
-Bene… bene.- mormorò, continuando il proprio lavoro.
Quando ebbe finito le fece allargare le braccia e, senza minimamente pensarci, le tolse l’indumento.
-Ehm… ti ringrazio…-
la Ferift fece per congedarlo, quando si sentì avvolgere dal
corpo del ragazzo. –Drew… che fai?- chiese, già
sull’attenti.
-Ti sciolgo la treccia.- disse solo, togliendo il laccio ed iniziando a dividere quelle seriche ciocche con le dita.
-Ma posso farlo da sola.- provò a sottrarsi.
La bloccò. –Posso farlo io, non ti preoccupare. Lasciami finire.
Lei allora tentò di imporsi
di stare ferma, dandogli modo di finire quanto iniziato. Con la coda
dell’occhio osservò le sue mani muoversi agilmente, ormai
abituate a quel piccolo rituale quotidiano.
Poteva scorgere le callosità dovute alla pratica con l’arco e l’effetto del sole, che le aveva scurite.
Quando sentì i capelli
accarezzarle liberi il petto, fece per scostarsi, ma nuovamente Drew
glielo impedì. Le sfiorò il collo con le labbra e poi
raggiunse il primo bottone della sua camicia, esattamente sopra ai suoi
seni.
Senza poterselo impedire, la
giovane lo allontanò bruscamente da sé. –Cosa stai
facendo?!- chiese, rossa in viso.
Solo allora lui si rese conto di
quello che aveva intenzione di fare ed alzò le mani.
–Scusami… non ci ho pensato…- disse, arretrando di
qualche passo. –Mi dispiace.
Lei rimase a fissarlo, scossa.
Perché diavolo non le dava le spalle?!
-Devo… devo
spogliarmi…- gli fece notare. Il Nun allora tornò in
sé e si girò. Con un sospiro di sollievo, la ragazza
riprese da dove l’aveva interrotto. –Puoi andare, ora.
Quando ho finito ti darò il cambio.
Lo sentì mugugnare qualcosa.
La prese come una risposta e si
affrettò ad entrare dentro l’acqua. S’immerse
lentamente, piacevolmente accarezzata dall’acqua fresca.
-Ethelyn…- si sentì chiamare.
Si fermò. –Sì?
-Devo dirti una cosa.- ammise,
deglutendo. Ok, probabilmente stava per fare la cosa più stupida
della sua vita, ma non poteva più tacere. –Riguarda noi
due.
-C’è qualche problema?- chiese lei. “Oddio, che si sia offeso per prima?!”, pensò, preoccupata.
Fece per scusarsi, ma lui la
anticipò. –Vedi… io rispetto la tua volontà.
E non voglio metterti fretta… ma sono un ragazzo nel pieno della
sua maturazione fisica e ho veramente bisogno di… contatto.-
rivelò.
A quelle parole, Ethelyn non seppe che dire se non:-Oh.
-Già, oh. So che mi
prenderai per maniaco e quant’altro… ma potrei fare il
bagno con te? Giuro che non farò nulla di strano!- promise,
fissando davanti a sé. L’impulso di sbirciare era molto
forte, però.
-I-il bagno con me?! Qui, adesso?!
-Sì.- annuì.
“E adesso cosa gli
dico?”, si chiese lei, nel panico. Sapeva che Drew aveva certe
esigenze essendo, come aveva detto lui, nel pieno della sua maturazione
fisica, ma lei non si sentiva assolutamente pronta.
Non perché non si trovasse a
proprio agio col proprio corpo, quello le andava anche bene… il
problema era rapportarsi col corpo di Drew!
Avrebbe fatto qualcosa di sbagliato, sarebbe andata nel panico… sarebbe arrossita fino alla punta dei piedi.
“Oddio!”, si portò le mani davanti agli occhi.
-Stai bene?- si sentì chiedere ad un certo punto. Quasi sobbalzò, alzando la testa di scatto.
-Se ti dico di sì, prometti
di non fare cose strane?- sondò il terreno. In fondo non poteva
pretendere che si accontentasse dei baci per sempre.
-Giuro.
Prese un respiro profondo. –Ok… vieni.
Drew non avrebbe osato credere alle proprie orecchie.
Non in quell’occasione.
Poteva entrare e fare il bagno con lei. E il bagno si faceva nudi.
“Oddio, cos’ho fatto?
Combinerò un casino, lo so.”, questa volta fu il suo turno
di mettersi le mani sugli occhi.
-Drew…?
-Sì, arrivo!- lasciò
da parte quei pensieri autolesionisti e si affrettò a svestirsi.
Quando fu pronto, osservò la schiena della ragazza, rigida, e si
avvicinò lentamente. –Chiudi gli occhi.
Lei obbedì e chinò anche la testa.
Poco dopo sentì l’acqua sciabordare e capì che l’aveva raggiunta.
Il Nun abbassò lo sguardo
sull’acqua: era veramente limpida. Forse anche troppo,
considerato quando chiaramente potesse vedere le gambe di Ethelyn.
-Posso riaprirli?- si sentì domandare.
-No… aspetta. Girati, così posso lavarti la schiena.- le disse. Gli sembrò un buon compromesso.
Lei obbedì e gli diede lentamente le spalle.
Recuperò un pezzo di sapone
e le si avvicinò. Le scostò i capelli dalla schiena e poi
gliela bagnò per togliere il primo strato di polvere e sudore.
Ethelyn s’irrigidì
senza poter fare altrimenti. Era troppo imbarazzata e troppo
consapevole delle mani di Drew sul suo corpo.
-Ti faccio male…? Ti dà fastidio?- le chiese, timoroso.
-No, va bene.- rispose lei.
“Bene, Drew, con calma.”, si disse, continuando coi movimenti circolari ed aggiungendovi anche il sapone.
Lentamente la rossa si
rilassò, appoggiandosi contro il suo petto. Lui non
protestò e passò a lavarle le braccia.
Il segreto era concentrarsi su
qualcosa che non fosse la sua pelle dorata dal sole o la sua bocca
invitante. O qualsiasi altra cosa che potesse portarlo ad avere
reazioni… sconvenienti.
Ad un certo punto le sfuggì
un mugolio di piacere e Drew non poté impedirsi di appoggiarle
le mani sul ventre e catturare le sue labbra in un bacio carico di
desiderio.
Inaspettatamente lei non si ritrasse e lo assecondò, appoggiando una mano sul profilo della sua mascella.
Le loro lingue presero a giocare e stuzzicarsi, mentre i loro respiri si mescolavano.
Ad un certo punto Ethelyn si
girò tra le sue braccia e la ritrovò inginocchiata
davanti a sé. Spalancò gli occhi, stupito,
nell’esatto istante in cui lo faceva anche lei.
La vide arrossire, ma subito dopo riabbassò le palpebre.
Enormemente stupito delle piega che
stavano prendendo gli eventi, la strinse maggiormente a sé ed
affondò le mani tra i suoi capelli.
Percepiva il contatto col il suo
corpo e sentiva il sangue ribollirgli dentro. Tra non molto avrebbe
dovuto staccarsi o sarebbe successo qualcosa di imbarazzante, se lo
sentiva.
Lei, però, sembrava
stranamente a proprio agio e non avrebbe mai voluto bruciarsi
l’occasione per una stupida paranoia.
Abbassò le mani sui suoi fianchi, già pronto ad sistemarla sulle proprie gambe, quando si sentì un urlo.
Ed era la voce di Nive.
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Capitolo 33 *** Cap. 32 La strada è lunga... ***
Cap. 32 La strada è lunga...
Sono quasi
certa che qualcuno mi abbia mandato dei cancari, alla fine del capitolo
scorso perchè l'avevo interrotto sul più bello :P Ma devo
torturarvi un po', no?
In questo saprete perchè Nive ha urlato e verrà anche svelata la fine del ricordo di Orphen.
Buona lettura! :)
P.S.: Mi rendo conto che le parti di viaggio surclassano decisamente le
altre, ma sto cercando di integrarle con lo sviluppo dei personaggi e
dei loro rapporti interpersonali. Ma nel caso il tutto vi sembri troppo
pesante, non esistate a dirmelo.
Cap. 32 La strada è lunga…
Senza pensare, Ethelyn balzò fuori dall’acqua e
corse nella direzione da cui proveniva l’urlo della compagna.
Ignorò la voce di Drew che le diceva di fermarsi e raggiunse in
poco tempo la polla in cui si stava bagnando Nive. Quando fece la sua
comparsa, si stupì non poco nel vedere la danzatrice messa alle
strette da un grosso puma.
La giovane la individuò subito ed i suoi occhi dorati si dilatarono, in una muta richiesta d’aiuto.
-Nive, che succede?!- la Ferift sentì distintamente la voce di Simar.
-Non avvicinatevi, state indietro!- intimò loro.
Il principe si bloccò, perplesso. Non erano nemmeno arrivati
allo specchio d’acqua, si erano fermati prima e la loro visuale
era bloccata da una roccia di modeste dimensioni.
Si stavano ancora domandando il perché di quella richiesta
quando li raggiunse anche Drew, tutto trafelato e mezzo svestito.
Blaking lo guardò con tanto d’occhi.
–Cos’è successo…?!- esclamò, facendo
schioccare il becco.
-Ora non importa! Ma non possiamo avvicinarci.- disse, agitando le mani.
“E perché? Sento odore di gatto.”, fece Nehir, irrequieto.
-Drew, Nehir…- iniziò Simar.
-Ethelyn è andata ad aiutare Nive. Ma è corsa via nuda!-
esclamò finalmente il Nun, profondamente imbarazzato. Se
avessero scoperto cosa stava facendo con la rossa poco prima, si
sarebbe definitivamente seppellito per la vergogna.
Le sue parole li lasciarono tutti basiti.
Il silenzio durò per qualche altro istante, ma fu interrotto da un ruggito.
Ethelyn aveva afferrato saldamente la coda del felino, tentando di attirare la sua attenzione ed allontanarlo da Nive.
L’animale le si rivoltò contro, pronto ad allontanare
quella nuova scocciatura. Aveva trovato una possibile preda e non se la
sarebbe fatta sfuggire.
-Nive, vattene da lì!
La danzatrice scosse la testa, appiattendosi contro la roccia alle
proprie spalle. Non aveva abbastanza spazio per sfuggire alle grinfie
di quell’orribile creatura, nemmeno sfruttando le sue
abilità di ginnasta.
E poi era la prima volta che incappava in un puma: non sapeva nemmeno come difendersi!
-Nive, vattene immediatamente!
La voce di Ethelyn la fece sobbalzare. Sollevò la testa e la
vide impegnata in un serrato tiro alla fune e tutto per evitare che gli
artigli dell’animale la raggiungessero.
“Nive, datti una svegliata. È il caso di andarsene, non
credi?”, sentì la propria coscienza darle una bella
strigliata.
Deglutì e, preso coraggio, scavalcò il puma con un agile salto.
L’animale, però, riuscì a liberarsi dalla presa
della rossa e si slanciò in alto, atterrando entrambe le ragazze
col suo peso. Le due rotolarono a terra, finendo nella polvere.
Sputando sabbia, la Ferift si rimise velocemente in piedi.
Lanciò un’occhiataccia alla compagna, imitandole di fare
lo stesso e si preparò a fronteggiare l’avversario.
-Ragazze, siete sicure che vada tutto bene?- chiese Blaking,
preoccupato. I ruggiti e i rumori di lotta non erano per niente
rassicuranti.
Ormai avevano capito che l’attaccante era un leone di montagna, ma era stato vietato loro di intervenire.
-Non muovetevi!- fu la risposta perentoria della ragazza.
-Drew… ma sei sicuro che vada bene così?- l’Ippogrifo continuava ad agitare nervosamente la coda, in ansia.
-Io… io non… se interveniamo e… insomma…-
non sapeva proprio cosa dire. Anche lui era sulle spine, ma sapeva che
la sua fidanzata non l’avrebbe più guardato in faccia se
avesse contravvenuto alla sua richiesta.
-Drew, sappiamo com’è fatta una donna.- il principe lo
bloccò, artigliandogli le spalle e fissandolo dritto negli occhi.
Vide Nehir annuire con forza, anche se dubitava che il lupo avesse mai
visto una donna nuda. Al massimo una lupa gli aveva mostrato il ventre,
sottomessa.
Scosse con forza la testa. “Ma cosa vado a pensare?!”, si
disse. –Non posso. Lei mi ucciderebbe se voi…-
tentò nuovamente.
L’Elfo sospirò. –D’accordo. Ma al minimo
segnale di serio pericolo, interveniamo.- stabilì. Il giovane
dagli occhi grigi non poté far altro che annuire.
-Stupido gatto, proprio qui dovevi venire a bere?- imprecò Ethelyn.
Stava riuscendo ad avere un momento di intimità con Drew senza
morire (eccessivamente) d’imbarazzo e quel puma pensava bene di
rovinarglielo.
Chissà quando si sarebbe ripresentata l’occasione. Ed il coraggio, soprattutto!
-Vuoi dire che non vuole mangiarmi?- la voce di Nive le suonò
leggermente isterica, ma evitò di farglielo notare. Nonostante
tutta la sua baldanza era una novellina per quanto riguardava i
combattimenti.
-Non saresti incolume, se avesse voluto ucciderti. I puma attaccano
dritto alla giugulare, quando sono a caccia.- le spiegò,
sintetica.
La vide portarsi una mano alla gola e sbiancare leggermente.
L’animale, intanto, si era messo a girare in tondo, fissandole
coi suoi grandi occhi d’ambra. Era nervoso e ogni tanto soffiava:
era chiaro che le stesse studiando.
“Non devo abbassare la guardia.”, si disse la rossa. Suo
padre le aveva insegnato a riconoscere gli animali, in particolare
quelli che componevano la fauna della sua regione. Conosceva bene i
leoni di montagna, dato che si trovavano anche sulle montagne vicino a
Ferend.
-Se solo avessi i miei sai…- mormorò, contrita.
-Possiamo batterlo con la magia?- si azzardò a chiedere Nive. In
risposta ricevette un’occhiata stupita ed un circospetto segno
d’assenso.
“I nostri poteri! Non ci avevo pensato!”, realizzò.
Ormai era così abituata ad avere con sé le sue armi che,
in caso di attacco, erano lo primo strumento di difesa che utilizzava.
Meditò per qualche istante, valutando quale fosse la migliore strategia.
Alla fine ecco il lampo di genio: unire le loro abilità!
-Nive.- richiamò la sua attenzione. –Possiamo creare una
bolla d’aria attorno all’animale e riempirla d’acqua.
Non voglio ucciderlo, ma spaventarlo in modo che fugga. Ci stai?
La ragazza la guardò con tanto d’occhi. Perché
erano tutti convinti che usare i propri poteri fosse facile come
schioccare le dita?
Per lei era difficile ed odiava sentirsi impedita.
-Sai che non sono brava come mio padre.- rispose, tentando di mantenere il contatto visivo con il loro avversario.
-Questo mi sembra un buon momento per esercitarsi.- Ethelyn non volle sentire ragioni.
Sollevò le braccia davanti a sé e si focalizzò
sulla figura del puma, immaginando di poterla racchiudere dentro una
sfera. Perfetta, trasparente ed elastica.
Lentamente l’aria iniziò a condensarsi attorno al felino
che, allarmato, prese a guardarsi attorno in modo febbrile.
Le sue vibrisse vibravano come impazzite e le orecchie erano abbassate.
Lentamente la Ferift si avvicinò all’obiettivo, dando una forma sferica alle particelle di azoto ed ossigeno.
All’improvviso sentì uno strappo e capì di aver
accumulato abbastanza energia: la bolla si solidificò ed il puma
si ritrovò a mezz’aria.
Prese a graffiare la superficie come impazzito, contorcendosi e ruggendo.
-Nive, ora!
La danzatrice sobbalzò, ma fece come le era stato ordinato precedentemente.
Strinse i denti ed iniziò a riempire la sfera il più
velocemente possibile. Nonostante tutto l’impegno che ci stava
mettendo le sembrava comunque di esser lenta come una lumaca.
“Andiamo, andiamo!”, si disse, chiudendo gli occhi.
Ci era quasi riuscita quando, d’un tratto, il potere le
scivolò dalle mani. Spalancò gli occhi nel momento esatto
in cui la bolla esplodeva, schizzando acqua dappertutto.
Il puma riuscì a liberarsi con un colpo di reni, piombò loro addosso e le mandò dritte dentro la polla.
Per un attimo fu solo un groviglio di corpi e pelo, poi avvertì
un fastidioso bruciore all’altezza della gamba. Tirò una
gomitata, non sapeva nemmeno lei a cosa, e si ritrovò libera.
Le due emersero insieme, giusto in tempo per vedere scappare il felino.
Quando videro il grosso puma superarli con un balzo, bagnato fino alla punta della coda, capirono che lo scontro era finito.
Senza pensarci due volte si precipitarono dalle ragazze, Drew in testa.
-State bene?!- chiese, facendo la sua comparsa. Immediatamente Ethelyn
incrociò le braccia al petto, arrossendo. –Scusa!
Simar, Blaking e Nehir erano stati più previdenti, dando le spalle alle due. Il giovane li guardò imbarazzato.
-Non siete ferite, vero?- s’informò l’Ippogrifo.
-No… vero Nive?- la rossa lanciò uno sguardo all’altra, in cerca di conferma.
-Sì, ma non grazie a te.- fu la risposta.
La Ferift fece tanto d’occhi mentre lo Spirito usciva
dall’acqua e si incamminava con noncuranza verso il loro
accampamento.
Completamente nuda.
I presenti la osservarono superarli coi capelli gocciolanti e qualche graffietto sulla coscia destra, per nulla a disagio.
-Ah… ehm… vado a prendere qualcosa…- mormorò Drew, confuso. Nessuno lo fermò.
Quando svoltò l’angolo per andare a recuperare le cose di
Ethelyn, trovò Nive appoggiata pesantemente ad un masso.
Si fermò, interdetto e la scrutò. Lei, avvedendosi della sua presenza, si affrettò a raddrizzarsi.
-Tutto ok?- le chiese, fissandola negli occhi.
-Sì.- rispose brusca e si allontanò.
Il Nun rimase a guardarla mentre si allontanava, ma senza vederla
realmente. Ci sarebbe voluto molto tempo affinché quella ragazza
potesse integrarsi nel gruppo.
Ammesso e non concesso che riuscisse nell’impresa.
Scuotendo la testa s’affrettò verso la sua meta.
Recuperò l’occorrente per schermare Ethelyn ad occhi
indiscreti e tornò dagli altri.
Li trovò ancora girati. -Credo possiate andare…- disse loro, esitante.
Annuirono e lo superarono.
“Dacci dentro, ragazzo!”, Nehir gli fece l’occhiolino, suscitando una risata in Simar.
-Non mi ha appena fatto l’occhiolino, vero?- chiese il ragazzo,
sconvolto. Vedendo l’espressione del principe capì di aver
indovinato e divenne rosso come un pomodoro maturo.
Brontolando raggiunse in fretta e furia Ethelyn, ancora semi nascosta nella pozza.
-Ho recuperato le tue cose.- le disse, mostrandogliele.
-Grazie mille.- mormorò lei, evitando di guardarlo. Che imbarazzo! Era stata vista da tutti i componenti del gruppo!
-Loro… non hanno visto niente.- tentò di rassicurarla.
Malgrado tutto, si ritrovò a sorridere. –Apprezzo il tentativo, grazie.
-Figurati.- le disse, sedendosi e concedendole un po’ di privacy. Gliela doveva.
Lei uscì lentamente dall’acqua e si avvolse attorno al
corpo un panno. Si osservò le braccia, pensierosa, e vi
ritrovò alcuni graffi. Erano poca cosa considerato che erano
riuscite a metter in fuga il puma.
-Tutto ok?- si sentì chiedere. Non sentendo alcun rumore da un po’, Drew si era preoccupato.
-Sì, sì, tutto ok.- si riscosse.
Non convinto, azzardò un’occhiata. La trovò
fortunatamente coperta, ma notò subito i segni rossi che aveva
su gambe e braccia.
-Vieni qui.- senza pensarci la tirò verso di sé, facendola sedere di traverso sulle proprie gambe.
-Che fai?- chiese lei, sull’attenti.
Il Nun prese un piccolo pannetto e lo immerse nell’acqua. -Meglio pulirli.
-Oh… grazie.
Lui le rispose sollevando un angolo della bocca. Era concentrato a
passare la stoffa sulle ferite, attento a non farle male. Dopo alcuni
minuti di silenzio esordì con un:-Mi sono preoccupato.
Ethelyn smise di osservare i suoi gesti ed alzò il capo. I loro
occhi s’incontrarono e lei arrossì leggermente.
-So cavarmela.- mormorò, impacciata.
-Lo so. Ma mi sono preoccupato comunque.- replicò, calmo.
-Grazie.- senza poterselo impedire, la giovane si sporse in avanti e
gli lasciò un bacio di riconoscimento a fior di labbra.
“Devo imparare ad usare i miei poteri. Devo farlo.”, si rimproverò.
Si era rivestita in fretta, non volendo dare ulteriore spettacolo. Per
carità, mostrarsi nuda agli altri non le causava nessun problema
a differenza di quella là, ma preferiva farlo dietro pagamento.
E poi non voleva incontrare i loro sguardi e leggerci solidarietà.
Per cosa, poi? Per essere stata attaccata da un puma?
Era quasi certa che avessero affrontato sfide ben peggiori e che i combattimenti fossero all’ordine del giorno, per loro.
Una parte di lei, però, sapeva che i ragazzi si sarebbero
offerti di aiutarla, se solo l’avesse chiesto. Aveva collaborato
con Ethelyn, quindi quello era il primo passo verso
l’integrazione, a parer loro.
-Non sarò mai una di voi…- sibilò.
Avrebbe imparato da sola tutto quello che c’era da sapere e non sarebbe stata una palla al piede per nessuno.
“E niente cameratismo femminile, potrei mordere.”, aggiunse, lanciando un’occhiata alla coppietta felice.
Quante smancerie: erano davvero fastidiosi.
***
L’espressione
smarrita sul viso di sua sorella lo spinse ad intervenire. Il verde
acqua dei suoi occhi sembrava aver inghiottito la pupilla e le lacrime
si stavano già affacciando, prepotenti.
-Lei non ha rubato i poteri a nessuno!- protestò, frapponendosi tra Kiraliaji ed il padre.
L’uomo abbassò lo
sguardo su di lui e lo fissò con durezza. –Osi dire che io
stia mentendo?- gli chiese.
Orphen deglutì, cercando di
trovare le parole giuste. Se avesse sbagliato ed esprimersi, la sua
piccola sorellina ne avrebbe subito le conseguenze. Ed era sicuro
sarebbero state troppo grandi se confrontate con la sua età.
Scosse lentamente la testa. –Si è solo difesa…- iniziò, cauto.
-Con un potere che non le appartiene?- percepì della gelida ironia nella voce del genitore.
-Sono sicuro che Grant possa ancora
utilizzare le sue stupide palle di fuoco.- sputò con rabbia.
Perché diavolo non capiva? La colpa era di quegli stupidi
imbecilli che avevano cercato di far del male all’aquila! Il
resto era stata solo una questione di autodifesa.
-Sono certo che il consiglio non la penserà così.
A quelle parole il ragazzo sgranò gli occhi.
No!
Non poteva convocare gli anziani. Si
sarebbero consultati e avrebbero scelto una punizione per Kiraliaji.
Una punizione il più esemplare e giusta possibile, secondo i
loro canoni.
Peccato che le loro decisioni, negli
ultimi dieci anni, avessero portato all’espulsione o alla morte
del poveretto sotto accusa. E tutto grazie alla preziosa consultazione
con suo padre.
-Tu non la porterai dinanzi al consiglio.- stabilì.
L’uomo, per contro, afferrò con forza il braccio della piccola, traendola a sé con uno strattone.
-Papà, mi fai male!- si lamentò lei, tentando di liberarsi.
Orphen sentì le mani contrarsi
e chiudersi a pugno, già pronte a scagliarsi sul suo avversario.
Non gli importava nulla di perdere l’opportunità di
diventare sacerdote elementare, Kiraliaji veniva prima di tutto.
Prima della stupida reputazione di suo padre.
Prima della sua stessa vita.
Lei era l’unica cosa che gli rimanesse di sua madre e non l’avrebbe ceduta a nessuno, per nulla al mondo.
-Non ti intromettere, Orphen.
Alzò di scatto la testa,
ritornando alla realtà e, senza pensarci due volte, si
scagliò su di lui. Chiuse il pugno e colpì con forza
all’altezza dello stomaco. Il suo avversario si sbilanciò,
barcollando in avanti e portandosi il braccio libero alla parte lesa.
Il tutto senza mollare la bambina,
che ora piangeva disperata. Non capiva cosa stesse succedendo né
perché gli unici due membri della sua famiglia si stessero
picchiando.
Provò a dir loro di smetterla, ma venne sballottata di lato e si morse la lingua.
-Hai deciso di sfidarmi, dunque? Te ne pentirai.- dichiarò suo padre.
Il ragazzo lo ignorò e lo
caricò nuovamente, deciso a spedirlo a terra con un colpo ben
assestato. Non era un esperto di lotta, ma era quasi certo che
l’istinto potesse essere un buon maestro, in quel momento.
Era ormai proteso in avanti quando, all’improvviso, si bloccò, lasciandosi sfuggire un gemito di dolore.
“Cosa sta succedendo?”, si guardò attorno con fare frenetico.
-Ne hai ancora di strada da fare,
prima di potermi battere.- lo vide ridere di lui e superarlo, diretto
verso la piazza del villaggio.
Tentò di liberarsi da quelle
strana morsa che l’aveva imprigionato. –No! Non le farai
del male!- urlò con rabbia.
Ma fu tutto inutile: non si fermarono.
Li osservò scendere lungo il
sentiero ed entrare nel centro del piccolo agglomerato di case che
costituiva il loro villaggio.
E lui non poteva muoversi per impedirlo. –Dannazione!- imprecò, tentando ancora una volta di liberare un arto.
Era quasi certo che suo padre avesse
ricombinato la sua conformazione molecolare per precludergli qualsiasi
movimento. Probabilmente le sue cellule erano diventate rigide come
quelle che componevano una roccia.
Urlò ed imprecò più volte, cercando in tutti i modi di spezzare il gioco del potere.
Era ormai il tramonto quando finalmente riuscì a distruggere l’incantesimo di suo padre.
Cadde a terra, stremato e madido di sudore.
Aveva la gola secca e respirare gli faceva male, come se avesse corso per chilometri in mezzo alle montagne.
Sapeva che era il risultato di
tutti i suoi sforzi magici, ma non poteva concedersi il lusso di
riprendere le forze. Doveva salvare Kiraliaji, al più presto.
Si rialzò a fatica,
barcollando diverse volte prima di ritrovare un certo equilibrio.
Quando fu sicuro di potersi reggere sulle gambe si avviò il
più velocemente possibile lungo il sentiero.
Più si avvicinava e più vedeva le persone radunarsi in una grande folla.
Per un attimo temette che il verdetto fosse già stato emesso.
Poi scosse la testa, dandosi
mentalmente dello stupido, ed accelerò il passo. Era ormai
arrivato quando s’avvide dei grandi bracieri accesi
tutt’intorno al lago Lumiria.
“Perché i fuochi? Stanno per svolgere un rito?”, si chiese, avvicinandosi quanto più gli fu possibile.
Sapeva che i treppiedi di
bronzo venivano accesi solamente in occasioni precise: durante le
celebrazioni in onore dei Cairansis, alla nomina dei nuovi sacerdoti
elementari e per garantire maggior potere ai riti di evocazione.
Ma nessuno compiva un rito
d’evocazione da cinquant’anni, ormai. L’ultima volta
era stato per avvertire il Primo di una grossa frana che aveva quasi
distrutto un piccolo paesino in prossimità della Grande Pianura.
Ancora più confuso e
preoccupato si fece strada tra il muro umano, mantenendosi fuori dalla
portata dei fuochi. Se fosse stato riconosciuto, suo padre
l’avrebbe sicuramente fermato.
Tutt’attorno a lui la gente mormorava, stupita ed in trepidante attesa.
Riuscì a guadagnare una buona posizione e si mise in attesa, tentando di capire cosa ci fosse in atto.
Individuò suo padre, in
piedi davanti all’altare degli elementi. Indossava la tunica dei
sacerdoti, nonostante lui non ricoprisse quella carica da molto tempo.
Non vedeva Kiraliaji da nessuna parte.
Si mise a scrutare la folla ed ogni
singolo anziano appartenente al consiglio. Nessuno di loro rispettava
più gli antichi precedetti, tant’è che non erano
nemmeno dei sacerdoti elementari.
Venne bruscamente strappato ai suoi ragionamenti da un urlo.
Spalancò gli occhi e la vide:
sua sorella veniva saldamente tenuta da due uomini. Non sembrava
ferita, ma questo non lo tranquillizzò minimamente.
“Pensa, Orphen, pensa.”,
si morse l’unghia del pollice. I suoi occhi correvano frenetici
da un punto all’altro, in cerca di un aiuto.
All’improvviso qualcuno lo
spintonò e per poco non finì tra le prime file, dritto
davanti agli occhi del padre e degli anziani.
Fece per mandare a quel paese il suo
compaesano, quando venne abbagliato da una luce improvvisa. Si
coprì gli occhi, non riuscendo a vedere nulla per via della sua
eccessiva intensità. Bruciava.
-Kiraliaji, per
l’empietà dell’atto commesso, io ti condanno a
vivere nell’oblio.- tra lo sgomento generale la voce di suo padre
si levò chiara.
Orphen tentò di vedere, ma il suo corpo si rifiutava di osservare quel piccolo sole sceso in terra.
Sua sorella era a pochi metri da lui e non poteva aiutarla.
“Dannazione!”, avrebbe voluto urlare. Mosse un passo alla cieca, sbattendo contro qualcuno.
-Aiuto, fratellone!- la sentì gridare, disperata.
La voce gli rimase incastrata ad
un’altezza imprecisata del petto e non riuscì a spiccicar
parola. Quando finalmente ritrovò la forza di parlare, la luce
era scomparsa e al suo posto rimaneva solo il buio della notte.
Alzò immediatamente la testa e
davanti a sé vide una teca, un’enorme teca trasparente al
cui interno galleggiava il corpo di Kiraliaji. Pareva morta.
-Ora non sarai più un pericolo per le persone di questo villaggio.- concluse l’uomo che si riteneva suo padre.
“Io non ho un padre.”, stabilì.
Accecato dalla rabbia, estrasse il
pugnale che portava al fianco e corse fuori dalla marea umana, urlando
con tutto il fiato che aveva in corpo.
L’uomo si voltò,
stupito, ma fu troppo lento. La corsa gli aveva conferito uno slancio
tale che la lama penetrò senza difficoltà nelle carni,
conficcandosi nel cuore con un affondo preciso.
-O-Orphen…
La sorpresa nei suoi occhi lo fece
vacillare per qualche istante. Ma quando il suo sguardo trovò
nuovamente quel contenitore trasparente e l’esile figura della
sorella al suo interno, ritornò saldo nella sua decisione.
Afferrò l’impugnatura
con entrambe le mani e fece forza. –Io non sono più tuo
figlio.- sibilò dandogli la morte.
Ansante, osservò il corpo
accasciarsi al suolo, ormai privo di vita. Poi si voltò verso il
lago nel momento esatto in cui la teca veniva inghiottita dalle sue
acque.
-NO!!- urlò.
Aveva ucciso suo padre e perso sua sorella. Cosa gli restava?
Dopo interminabili minuti di silenzio, la folla scoppiò in un boato.
Orphen sollevò la testa,
confuso al pari dei membri del consiglio degli anziani. Si
guardò intorno, cercando di vedere qualcosa attraverso le
lacrime che gli offuscavano la vista.
Fece per chiedere spiegazioni, quando alcuni cacciatori uscirono dalla folla ed afferrarono con forza i consiglieri.
Quelli protestarono, tentando di liberarsi, ma vennero condotti via nell’oscurità.
-Ma cosa…?
Hughes, il maestro del villaggio, gli
venne incontro. –Mi dispiace per tua sorella. Nessuno di noi
sapeva come fermarlo.- gli poggiò una mano sulla spalla,
cercando di confortarlo.
Il giovane lo guardò senza vederlo realmente. –E siete contenti di ciò?- chiese con un filo di voce.
L’uomo scosse la testa.
–No. I nostri compaesani sono felici perché, grazie alla
morte di tuo padre, è finito il dominio del consiglio
d’anziani.- gli spiegò.
Aggrottò la fronte, perplesso. –Non capisco.
Gli sorrise. -Capirai, giovane sacerdote.
-Sacerdote? No, io… manca
ancora un anno e…- tentò di chiarire la situazione. Lui
non voleva diventare sacerdote, non l’aveva mai voluto. Avrebbe
preferito sprofondare nelle acque del lago con sua sorella, piuttosto.
-Certo, manca un anno alla fine del
tuo addestramento. Ma noi ti riconosciamo già questa carica.-
gli elargì un altro sorriso e poi si allontanò per
lasciar spazio agli altri abitanti del villaggio.
Nel giorno della morte del padre e
della scomparsa della sorella, Orphen si ritrovò ad esser
festeggiato per la sua impresa.
E ottenne la nomina (anche se ufficiosa) di sacerdote elementare. L’ultima cosa che avrebbe voluto.
***
Era passata una settimana dall’attacco del puma.
Da allora il gruppo si era fatto più vigile e molto più
organizzato. Avevano stabilito un itinerario di viaggio più
serrato e montavano turni di guardia la notte.
Nonostante il suo caratteraccio e l’assoluto rifiuto ad
allacciare qualsiasi tipo di rapporto che potesse andare oltre la
conoscenza, anche Nive si prestò a quel cambiamento.
Apprezzava particolarmente i suoi turni notturni, dato che
poteva approfittarne per esercitarsi senza dare nell’occhio.
Aveva buone capacità di ascolto derivate dagli anni in cui aveva
vissuto alla Locanda, ma non ne sapeva nulla di armi e poco più
di magia.
Iniziò tentando di impratichirsi col proprio potere.
Non avevano mai lasciato il corso del fiume che serpeggiava attraverso
il canyon, quindi reperire la materia prima non era un problema. Le
difficoltà nascevano quando voleva plasmare l’acqua per
usarla come un’arma.
Aveva iniziato con l’estrapolare piccole sfere liquide dal letto
del corso d’acqua. La cosa le riusciva abbastanza facile, anche
se non sempre la forma era quella desiderata.
“Non ho mai dovuto usare la magia, è ovvio che non sappia governarla!”, dovette trattenere un moto di stizza.
Le sembrava di non avanzare nemmeno di un passo.
Lanciò un’occhiata alle proprie spalle per controllare che
fosse tutto in ordine e che gli altri stessero ancora dormendo.
Una volta appurato ciò chiuse gli occhi, inspirò a
fondo e tentò di concentrarsi. Voleva plasmare un dardo, come
quando erano stati attaccati al tempio, ma iniziava a sospettare che
senza l’incipit della paura sarebbe stato impossibile.
Mosse le mani sul pelo dell’acqua, richiamando a sé il
potere. Quando l’ebbe in pugno iniziò a plasmarlo,
dandogli la forma che desiderava.
Sentiva l’acqua vorticare tra le sue dite, avvolgendosi in rapide
spirali. Era quasi riuscita nel suo intento quando una voce
spezzò la sua concentrazione. –Che stai facendo?
Si girò di scatto e il dardo partì senza che potesse impedirlo.
Simar lo evitò inclinando repentinamente il busto a destra.
–Quello avrebbe potuto far danni.- commentò, osservando il
piccolo foro nella roccia alle sue spalle.
-Che vuoi?- lo apostrofò lei. –E’ presto per il tuo turno.
-Non avevo più sonno.- disse, affiancandola. –Tu che stavi facendo?
Nive notò che non la stava guardando: manteneva lo sguardo fisso
davanti a sé. Si chiese il perché, sbirciandolo di
sottecchi.
Tra tutta la combriccola, lui sembrava quello più normale. Meno complessato.
Ma pensava questo solo perché non lo conosceva bene.
-Vuoi una mano ad esercitarti?- Simar abbassò gli occhi, certo
di vedere un’espressione sbalordita sul viso della ragazza.
-Esercitarmi a fare cosa?- finse di non aver capito.
-A gestire i tuoi poteri.- la stanò. –So che ti eserciti
in segreto da quando siete state attaccate dal puma.- aggiunse, prima
che lei potesse protestare.
La danzatrice dovette trattenersi dallo spalancare la bocca. Come diavolo sapeva che si stava allenando?!
Aveva forse il terzo occhio?
-C-come…?- riuscì a balbettare.
-Nehir. Quando è in forma di spirito è molto più vigile.- le fece un sorrisetto.
Lei si voltò per gettare un’occhiata al lupo, ma non lo
trovò. –Dov’è finito?- domandò,
perplessa.
-Sta perlustrando la zona. Fa un giro durante ogni turno.- le spiegò. -Sicuramente è più affidabile di te.
Gli dedicò una delle sue migliori occhiatacce. –Fino a
prova contraria non sono un animale. Il mio udito è limitato.-
si schermì.
-E’ questione di sicurezza.- rispose, facendo spallucce.
-Quindi non ti fidi nemmeno dei tuoi compagni?- Nive tentò di rigirare la conversazione a proprio favore.
-Mai detto questo. Loro lo sanno e si sono detti d’accordo. Sanno
che Nehir è quello più avvantaggiato, di notte.- disse,
calmo. “Sei solo tu quella che non vuol diventare parte attiva
del gruppo.”, pensò, ma se lo tenne per sé.
Non ottenne risposta, ammesso che parole bofonchiate a mezza voce si potessero considerare tali.
-Senti… se non vuoi integrarti, a me sta bene. Ma sapevi a cosa
andavi incontro, quando hai voluto venire con noi.- le ricordò,
passandosi una mano tra i capelli.
-Lo so.- rispose secca.
-Fantastico. Dopo questo, se non hai voglia di accettare un aiuto per gli allenamenti, torno a dormire.- le comunicò.
Nive roteò gli occhi. Un’altra conversazione inutile, in
cui le dicevano che avrebbe dovuto smettere di essere la pecora nera
del gruppo.
Non ne poteva più, quindi decise di allentare un po’ la tensione.
-Potresti aiutarmi.- sussurrò. Non voleva farsi sentire dagli altri, nemmeno dal Fisàan se era possibile.
Il principe si bloccò a metà di un passo e si volse a
mezzo per guardarla. –Mhm… ovviamente in gran segreto,
giusto?
Lei si morse il labbro inferiore. –Sì.
-D’accordo. Ma in cambio voglio una cosa da te.- contrattò.
Si accigliò. –Che cosa? Il mio corpo?- chiese con malizia.
Lui ridacchiò. –No, grazie. Voglio semplicemente che tu
dia una mano, quando c’è bisogno. Iniziamo domani,
buonanotte.- e con questo la conversazione si poté dire conclusa.
Lo Spirito rimase a fissare la schiena dell’Elfo, letteralmente
scioccata dal rifiuto appena ricevuto. Non solo le aveva detto che non
era interessato al suo corpo, ma l’aveva fatto ridendo!
“Simar, mi vendicherò.”, promise.
Trascorse un'altra settimana e il malcontento salì all’interno del gruppo.
Nonostante la cartina, si erano persi due volte, rischiando di franare
lungo il fianco di una montagna e di finire in mezzo alle rapide.
Simar era quello più frustrato, dato che era compito suo interpretare i segni su quella preziosa pelle di pecora.
-Non capisco, sto seguendo esattamente i percorsi segnati!- sbottò, stringendo febbrilmente i bordi dell’oggetto.
Blaking gli si avvicinò. –Questi luoghi sono impervi,
ricordi? Ce l’ha detto Csi prima di partire.- gli fece presente,
tentando di farlo calmare. Quand’era arrabbiato era di ben poco
aiuto, salvo in caso di attacco nemico.
L’Elfo prese un respiro profondo e poi sospirò,
lanciandogli un’occhiata. –Sì, me ne rendo conto. Ma
mi sembra di girare in tondo.- ammise.
-Vuoi lasciar provare a me? Magari riesco a vedere cose che a te
sfuggono o ad interpretarle diversamente.- si offrì Drew.
-Potrebbe funzionare.- concesse l’altro, allungandogli la pergamena.
Il Nun la prese tutto eccitato, felice di potersi rendere utile.
Ethelyn, intenta a riempire le borracce, sorrise a suo indirizzo.
Coi turni di guardia non c’era la possibilità di avere
molto tempo per stare insieme, ma la ragazza sapeva che il loro
rapporto era maturato. La stessa atmosfera che si creava quando erano
vicini era differente, migliore.
“Mentre voi ve ne state qui a confabulare, io andrei a
caccia.”, comunicò Nehir. Per poco Simar non si morse la
lingua, intento com’era a parlare. Lo fulminò coi suoi
occhi color del mare, promettendogli che gliel’avrebbe fatta
pagare. “Ops.”, fece il lupo e si dileguò.
-Tutto ok?- Blaking si fermò e lo guardò interrogativo.
Scosse la testa. –Sì. Nehir si è allontanato per
andare a caccia… se solo la sua voce non mi esplodesse nella
testa all’improvviso sarebbe molto più facile.- rispose,
scompigliandosi i capelli argentei.
-Dev’essere strano, vero?- ridacchiò Drew.
-Certo che lo è. Non ricordi?
Lui annuì. –Fin troppo bene.- dovette ammettere.
-Torniamo alla cartina, su. Non perdiamo tempo.- li spronò l’Ippogrifo.
Si stavano ormai consultando da un’ora ed il sole aveva compiuto
parte del suo tragitto nel cielo, finendo a picco sulle loro teste.
-Che ne dite di fermarci e mangiare qualcosa?- propose Ethelyn. Aveva finito di occuparsi dei cavalli e delle borracce da tempo.
I tre alzarono la testa e si guardarono. –Non sarebbe una cattiva idea.- osservò Drew.
-Proprio no.- si accodò Simar, lanciando un’occhiata a
Nehir. Se ne stava in disparte sotto una roccia, intendo a leccarsi le
zampe dagli ultimi rimasugli di sangue. La caccia doveva esser stata
proficua.
-D’accordo. Immagino che il pesce vi vada bene, giusto?- chiese,
retorica. Non aspettò nemmeno una risposta e si tolse gli
stivali, decisa ad entrare nel letto del fiume per catturarne qualcuno.
Stava finendo di arrotolarsi le maniche della camicia, quando si ricordò di Nive.
“Lei è uno Spirito Blu, potrà sicuramente
aiutarmi.”, pensò. –Nive… potresti aiutarmi?-
chiese cortesemente.
-Perché dovrei?- fece quella, infastidita.
-Perché non stai facendo nulla ed è una cosa alla tua
portata, dato che controlli il potere dell’acqua.- le rispose,
sfidandola a ribattere.
Le due si scrutarono per qualche istante in silenzio, oro e verde a
confronto. Alla fine la giovane danzatrice gliela diede vinta e la
raggiunse con un sonoro sbuffo.
-Posso mandarli a riva e tu puoi catturarli. Va bene?- le illustrò il suo piano. Semplice e, sperava, efficace.
-Perfetto.
Raccolse i capelli, in modo che non la ostacolassero e poi si
tuffò agilmente in acqua. Riemerse e scrutò i dintorni,
cercando di individuare le sagome dei pesci. Quando intravide un banco
di trote scomparve sott’acqua, lanciandosi al loro inseguimento.
Ethelyn vide la sua figura sparire sotto la superficie e poi alla sua
vista. Sapeva che gli Spiriti si fondevano con l’acqua, durante
il nuoto, ma non ne aveva mia visto uno in azione: era come se le sue
gambe fossero liquide e avesse la velocità di una freccia.
Tentò di seguire i suoi movimenti, ma le fu veramente
difficile. Capì che stava virando verso di lei quando diverse
trote balzarono fuori dall’acqua, tentando di fuggire al
misterioso cacciatore.
La Ferift si affrettò ad imbrigliarle col proprio potere e a catturarle con le mani.
La collaborazione tra le due si tradusse in una decina di pesci, boccheggianti e scivolosi.
-Sono tutti tuoi.- Nive riemerse dall’acqua strizzandosi i capelli.
-Non avrei mai osato sperare che ti offrissi per eviscerarli.- commentò, ironica.
La compagna non le diede risposta e la sorpassò per andare a
sedersi nei pressi della roccia sotto la quale avevano allestito
l’accampamento.
“Ed ecco a voi Miss Simpatia.”, pensò la rossa, infastidita dal suo atteggiamento.
Trattenne uno sbuffo e terminò di uccidere il pranzo, per poi recuperare un coltello e mettersi a lavorare.
Sfortunatamente nessuno degli uomini del gruppo andò ad aiutarla, escluso Nehir.
Sospettava che fosse più per ingordigia che per altro, ma gli
permise di togliere la pelle alle trote. L’aveva visto fare agli
orsi e il Fisàan, in quanto lupo, si rivelò altrettanto
portato.
-Grazie.- gli sorrise, mentre apriva in due l’ennesimo pesce.
Lui fece dondolare la testa, in segno di risposta. Ora che
l’aveva conosciuto (per quanto potesse dire di conoscere un
canide con cui non aveva le facoltà di comunicare), sapeva che
si sarebbe sempre dimostrato un compagno affidabile.
Se non per tutti loro, sicuramente per Simar.
Il che non era poco, considerato che erano praticamente degli
sconosciuti partiti per un viaggio dai risvolti ancora più
sconosciuti.
Meditando su quei pensieri recuperò la pentola di peltro che
avevano comprato e mise una parte del bottino a bollire. L’altra
la infilzò su bastoni e la mise a cuocere sul fuoco.
-Devo anche affumicarne o vi può bastare?- domandò, rivolgendosi ai compagni di viaggio.
Drew alzò la testa perplesso e, quando s’avvide di quello
che era stato fatto, la raggiunse rapidamente. –Potevi chiamarmi!
Ti avrei dato una mano.- protestò.
-Ma se eravate tutti impegnati a guardare la cartina?- ridacchiò lei, accennando col capo agli altri due.
Il ragazzo arrossì leggermente. –Sì,
be’… abbiamo quasi terminato il nuovo itinerario.- le
comunicò
-Bene. Giusto in tempo per pranzo.- sorrise e tornò al proprio
lavoro. Quando lo vide esitare aggiunse:-Torna da loro e finite quello
che state facendo, su.
In poco si ritrovarono tutti attorno al fuoco, a mangiare il pesce
pescato da Nive ed Ethelyn. La rossa s’informò circa i
progressi in materia geografica e anche la danzatrice prestò
ascolto, ovviamente senza farsi notare.
Stavano discutendo i nuovi turni per la notte, quando proprio Nive si
accigliò. Smise di masticare il pezzo di carne che aveva in
bocca e lo inghiottì rapidamente.
Si mise a scrutare i dintorni, cercando di capire da dove venisse.
Quando l’occhio le cadde sulla pelle della Ferift, molto
più pallida del solito, capì di non essersi sbagliata. Si
alzò in tutta fretta e andò allo scoperto, gli occhi
puntati al cielo.
-Nive, che succede?- le chiese Blaking, notando il suo strano comportamento.
Lei non rispose, troppo concentrata a guardare qualcosa oltre il punto
in cui si trovavano. In quello stesso istante anche Nehir si
alzò, il pelo della collottola ritto.
“Simar.”, richiamò l’attenzione del compare.
-Che sta succedendo?- ormai erano tutti in piedi e passavano gli occhi dal lupo alla danzatrice.
-Sta arrivando una tempesta, di quelle grosse e porta con
sé una tromba d’aria.- annunciò con sgomento la
ragazza.
A quella notizia gli occhi di tutti si spalancarono.
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Capitolo 34 *** Cap. 33 Ospiti indesiderati ***
Cap. 33 Ospiti indesiderati
Non so
voi, ma a me sembra incredibile essere arrivata al capitolo 33 o.o
considerato che questa storia era stata messa da parte causa mancanza
d'idee, sono molto contenta del risultato :) l'avventura è lungi
dall'essere conclusa, ma spero vorrete continuare il viaggio assieme a
me.
Spero non sia stata una lettura pesante e continui ad essere piacevole,
nonostante io non dia molti indizi su quello che potrebbe succedere :P
Buona lettura! :)
P.S.: Al di là delle
recensioni, c'è una cosa che mi premerebbe sapere, ossia la
credibilità dei personaggi. Dato che, come avrete capito,
sarà un racconto affollato, non vorrei rischiare di creare
persone con lo spessore di un foglio di carta. Nel caso stessi
imboccando quella via, vi prego di dirmelo. Grazie :)
Cap. 33 Ospiti indesiderati
Spronò il cavallo ancora una volta.
Ormai gli erano alle calcagna e, se non avesse accelerato, gli sarebbero piombati addosso.
-Corri, ti prego! Dobbiamo seminarli!- si chinò sul collo del
suo destriero, chiudendo gli occhi e pregando il vento di dargli la
velocità che gli mancava.
Percepiva i respiri rauchi di quelle creature e i loro uggiolii
eccitati. Man mano che si era inoltrato all’interno dei territori
dell’Ovest, quelle bestie si erano fatte sempre più ardite
e numerose.
Lo avevano inseguito per un bel pezzo di strada, tenendosi
distanti ed aspettando il momento propizio. Dopo due estenuanti giorni
di cammino, avevano deciso di attaccare.
Sia lui che il cavallo erano al limite delle loro forze, ma entrambi sapevano che non potevano mollare.
Lentamente, facendo molta attenzione a rimanere ben saldo al pomello
della sella, Rowan si voltò verso i loro inseguitori. Si
sistemò, stringendo le cosce ai fianchi della sua cavalcatura e
poi richiamò il potere dell’aria.
Chiuse gli occhi, generando movimenti concentrici con le braccia.
Lentamente una sfera trasparente assunse forma visibile davanti a lui.
Prese un respiro profondo, cercando i giusti bersagli all’interno
del branco di cani che lo stava inseguendo.
Ovviamente non erano i mastini di un qualche signorotto arrabbiato, ma
erano animali d’ombra. E in quelle terre erano così forti
che nemmeno la luce solare sembrava impensierirli.
Lanciò un’occhiata alle proprie spalle per accertarsi di
avere ancora la strada libera, poi divise la sfera con precisi colpi di
taglio: lame affilate si staccarono dall’ammasso di potere,
fischiando come frecce impazzite.
Alcuni dei cani caddero a terra con le gole tagliate, ma sapeva che non sarebbe bastato a fermare gli altri.
“Non ce la farò mai! Non so nemmeno quando manca al prossimo villaggio!”, pensò, disperato.
Avrebbe potuto usare l’arco, ma aveva un numero limitato di
frecce e non era così bravo da poter centrare un bersaglio
mentre veniva sballottato su una sella.
Mentre scandagliava febbrilmente le proprie bisacce alla ricerca di
un’arma, un’ombra passò sopra la sua testa. Il suo
cavallo nitrì, irrigidendosi ed abbassando le orecchie.
Rowan tentò di capire cosa fosse e, quando i suoi occhi
riuscirono ad appuntarsi su una sagoma, desiderò non averlo mai
fatto.
Senza pensarci si girò rapidamente, riafferrando le redini e
spronò il suo fedele compare. Se prima dovevano correre, ora
avrebbero dovuto volare.
“Un grifone!”, il pensiero rimbombava nella sua mente, rendendogli difficile pensare.
Come poteva affrontare una creatura del genere nelle condizioni in cui si trovava? Sarebbe sicuramente morto.
Se anche si fosse alzato in volo, la situazione non sarebbe cambiata: la lotta sarebbe stata impari.
Diede nuovamente di sprone, provando a concentrare le forze residue per un ultimo attacco.
Ci mise un’eternità, arrivando a raschiare il fondo dei
propri poteri come un affamato. Quando riaprì gli occhi vide,
davanti a sé, quello che sembrava un villaggio.
Un’espressione di speranza e sollievo illuminò spontaneamente il suo viso, chiazzato di polvere e sudore.
-Ancora un ultimo sforzo, bello.- sussurrò all’orecchio
del cavallo. Quello sembrò capire e, dopo una minima sospensione
delle zampe, riprese a correre con maggior slancio.
Rowan si piegò più che poté sul suo collo,
immergendo il viso nella criniera fulva. Con le orecchie, però,
poteva sentire ancora i rumori dell’inseguimento e il battito
d’ali del grifone.
Sembrava essersi avvicinato.
Quando rialzò la testa per controllare dove fosse, se lo
ritrovò improvvisamente davanti. Il destriero
s’impennò, nitrendo terrorizzato.
Lui si aggrappò con tutte le proprie forze alle briglie,
riuscendo in un qualche modo a far scartare l’animale di fianco
ed evitare gli artigli dell’avversario. Non perse tempo e riprese
la propria corsa, mentre la bestia lottava contro una nube di polvere.
-Corri, ti prego, corri!
Aveva il fiato grosso e il cuore gli batteva a mille. Con la coda
dell’occhio tentò di tener sotto controllo le mosse del
grifone, molto più pericoloso dei segugi.
Mancavano cento metri alle prime case ormai e vide qualche figura
correre nella sua direzione. Fece per istigare nuovamente la sua
cavalcatura, ma vennero nuovamente attaccati.
Il corpo dell’enorme pennuto piombò loro addosso ed
affondò gli artigli nel collo della sua preda. Caddero in un
groviglio di membra, nitriti e ruggiti. Rowan venne sbalzato a qualche
metro di distanza, mentre il suo cavallo veniva freddato dal grifone.
Si rialzò a fatica e, tenendosi il braccio destro, riprese a
correre. Non poteva affrontare nessuno dei suoi inseguitori o
l’avrebbero ucciso.
Sentiva il respiro bloccarsi nel petto e la bocca, ormai secca, aveva
un retrogusto ferroso. Ma non vi badò e s’impose di
continuare a correre.
All’improvviso qualcosa lo atterrò. Franò al suolo
con un gemito di sorpresa e si ritrovò a lottare con le fauci di
uno di quei cani infernali.
Provò in tutti i modi a tenerlo lontano dal suo viso, mentre le unghie delle zampe posteriori gli ferivano lo stomaco.
Improvvisamente un fascio di luce colpì la creatura, uccidendola
sul colpo. Ansimante e ferito, si puntellò sui gomiti per poter
guardare dietro di sé.
-Muoviti ragazzo, prima che attacchino di nuovo!- si sentì dire. Non se lo fece ripetere due volte.
-Come ti senti?- si sentì chiedere.
Si era accasciato a terra, nel vano tentativo di riprendere fiato.
Alzò lentamente la testa ed incontrò il viso
dell’uomo che l’aveva soccorso. –V-vivo…-
gracchiò.
Il Nun sorrise. Era impossibile scambiarlo per qualcos’altro:
capelli del colore della luna ed occhi dorati, magnetici. –Sono
Zevan. Benvenuto a Kephas. Cosa ti porta qui?- gli allungò una
mano per aiutarlo a rialzarsi.
Il ragazzo l’accettò e si rimise in piedi. –Mi
chiamo Rowan, vengo da Ferend. Mi manda il Cair del Vento.-
spiegò, reggendosi il braccio infortunato.
Zevan lo guardò accigliato. –Ti porterò da mio padre, ma prima curiamo quel braccio.- gli disse.
***
Prima che potessero rendersi conto di cosa stesse realmente succedendo, la tempesta fu loro addosso.
La pioggia iniziò a cadere a secchiate ed il vento era
così forte che ne scagliava immense quantità in tutte le
direzioni. Le nuvole basse e minacciose continuavano ad arricciarsi,
dando forza alla tromba d’aria.
-Dobbiamo andarcene da qui!- urlò Nive, i lunghi capelli neri a
frustarle il viso. Tutti gli altri fecero ampi gesti col capo e corsero
verso i cavalli.
Dovevano impedir loro di fuggire oppure sarebbe stata la fine: nelle bisacce c’erano tutte le loro cose.
Le due ragazze si precipitarono dai rispettivi destrieri, tentando di
calmarli. Avevano gli occhi spalancati e nitrivano impazziti, tentando
in tutti i modi di liberarsi e fuggire via.
-Com’è possibile una tempesta del genere?- chiese Drew,
cercando di arrotolare i sacchi a pelo per impedir loro di bagnarsi.
-Il canyon è molto vicino al mare. Le due correnti d’aria
che si sono incontrate dovevano avere temperature assai diverse!-
rispose Simar, aiutandolo meglio che poteva.
La gamba si era messa a dolere improvvisamente, forse per colpa della
quantità spropositata di umidità o perché erano
veramente in pericolo. –Nehir, Blaking, impedite la fuga ai
cavalli!
L’Ippogrifo non se lo fece ripetere due volte e spalancò
completamente le ali nere, formando una barriera animale. Poco dopo il
Fisàan gli si affiancò, dando un fianco al temporale.
Ethelyn e Nive stavano cercando di fare tutto il possibile, ma
Ebrio e Kieran non ne volevano sapere di collaborare.
All’improvviso la rossa si ricordò di una cosa letta tempo
addietro. Sgranò gli occhi e si mise a cercare qualcosa che
potesse far al caso suo.
La danzatrice la guardò confusa. –Cosa stai cercando?
-Una striscia di stoffa, qualcosa per coprire loro gli occhi. Li
calmerà!- rispose. Individuò la sacca delle medicazioni
del principe e tentò di afferrarla. Ma se avesse mollato la
presa su Ebrio lui sarebbe sicuramente scappato. –Drew! Dammi una
mano!
Il Nun alzò la testa di scatto e la guardò confuso. Ma
vedendo lo sguardo negli occhi della ragazza non fece domande e la
raggiunse. Lei gli indicò le briglie e lui le afferrò,
mentre la osservava chinarsi e frugare all’interno della borsa.
“Eccole!”, esultò. Estrasse il rotolo delle bende e
ne srotolò un bel pezzo, per poi strapparlo subito dopo. Si
avvicinò ad Ebrio e, carezzandogli il collo irrigidito, gli
appoggiò la stoffa sugli occhi, fissandogliela poi con un nodo.
Non aspettò per vedere se avrebbe funzionato e fece lo stesso col morello di Nive.
Per loro fortuna i due cavalli si calmarono e smise di scalciare.
-Raccogliamo le ultime cose e troviamo un riparo migliore!-
asserì Simar, finendo di arrotolare anche l’ultimo sacco a
pelo.
Parlare era quasi impossibile a causa del vento, che rubava le parole
dalle loro bocche ma, un po’ a gesti e un po’ ad intuito,
riuscirono ad organizzarsi.
Il più rapidamente possibile, in fila indiana, presero a salire
un ripido sentiero, che sembrava portare ad una specie di grotta.
Nessuno di loro sapeva quanto lunga e pericolosa sarebbe stata la salita.
Simar e Nehir guidavano il gruppo, seguiti da Ethelyn e Nive. Chiudevano la fila, ancora una volta, Drew e Blaking.
Le ragazze conducevano i destrieri a mano, tentando di calmarli con la
voce o le carezze. Nonostante fossero riuscite a farli muovere, i due
poveretti erano terrorizzati e faticavano a procedere a causa degli
occhi bendati.
“Questo posto non doveva essere caldo ed afoso?!”,
brontolò il grosso lupo, proteggendosi dall’ennesimo
assalto della pioggia. L’acqua gli era penetrata attraverso il
primo strato di pelo ed iniziava a sentirsi veramente bagnato.
E lui odiava l’acqua con tutto se stesso. Forse, in una vita precedente, era stato un gatto.
“Avrai tempo per lamentarti quando avremo trovato un posto in cui
ripararci.”, lo rimproverò il principe, chino sulla sua
gorgiera.
“Il problema è che non riesco a fiutare nulla, in mezzo a
questo caos. Potremmo finire nella tana di qualche animale.”, gli
spiegò, arricciando il naso.
Simar si diede dello stupido. “Non ci avevo pensato. Dannazione!”, imprecò.
“Smettila di lamentarti, su. Nessuno è perfetto.”,
anche in mezzo ad una tempesta del genere, il sarcasmo di Nehir non ne
risentiva. Be’, se non altro era un segno positivo.
Si beccò un pizzicotto appena sotto l’orecchio destro e
poi sentì l’Elfo ridacchiare, divertito dal suo modo di
affrontare le cose.
A fatica si voltò indietro verso i compagni e cercò di
chiedere loro se andava tutto bene. Il vento e la pioggia gli
strapparono la voce.
Ethelyn lo vide muovere le labbra, ma non riuscì a capire cosa
stesse dicendo. Gli fece una domanda con gli occhi e lui le rispose di
proseguire. Annuì e rafforzò la presa sulle briglie di
Ebrio. Lo sentiva tremare e non sapeva come altro fare per
tranquillizzarlo.
Avrebbe voluto togliergli un po’ del suo carico, ma aveva i
vestiti così zuppi che non sarebbe riuscita a muoversi.
La tempesta si era fatta ancora più potente, al punto che
il cielo si era oscurato. Attorno a loro non c’era nulla, se non
vento e acqua. La tromba d’aria imperversava lungo il corso del
fiume, agitandone le acque.
Nive procedeva col capo chino, trascinandosi dietro un recalcitrane
Kieran. Non poteva biasimarlo, d’altronde. Ma doveva aiutarlo ad
andare avanti.
Drew, in fondo al gruppo, era sceso dalla groppa di Blaking per
facilitargli il passo. Erano entrambi fradici e le ali
dell’Ippogrifo si erano fatte pesanti, al punto che iniziavano a
dolergli i muscoli.
-Blaking, vedi qualcosa?- gli chiese l’amico, il più
vicino possibile al suo orecchio. Il pennuto arrischiò una
rapida occhiata perlustrativa e poi fu costretto a scuotere la testa.
Vide lo sconforto nel viso di Drew e allora lo spinse col muso,
facendogli capire che non doveva darsi per vinto.
-Ce la faremo, vedrai!- tentò di rassicurarlo.
Improvvisamente il gruppo si ritrovò in mezzo ad una strettoia,
circondati da entrambi i lati dalla sdrucciolevole roccia rossa del
canyon. C’era un vantaggio, in tutto ciò: erano riparati
dal vento.
Simar decise di fermarsi per riprendere fiato ed attese che anche gli
altri facessero lo stesso. Quando furono bene o male riparati, scese
dalla schiena di Nehir e portò le mani alla gamba destra.
Pulsava come se fosse viva ed era una cosa tutt’altro che
piacevole.
Se prima aveva avuto dei dubbi, ora ne era certo: la ferita reagiva ai cambiamenti metereologici.
“Tutto ok?”, Nehir gli si avvicinò, preoccupato. Il
ragazzo esitò un attimo, ma poi gli sorrise rapidamente. Il lupo
non fu assolutamente convinto della risposta, ma preferì non
protestare.
-Per quanto ancora prosegue questo sentiero?- chiese Nive, rannicchiata contro la roccia.
L’Elfo fu costretto a scuotere la testa, ammettendo di non
saperlo. Non sapeva nemmeno se li avrebbe condotti da qualche parte.
-Riposiamoci un attimo e poi riprendiamo il cammino.- propose il Nun,
vedendo come l’amico di sempre faticava a regger il peso delle
proprie piume. Gli tolse di dosso le bisacce e poco dopo anche le
ragazze lo imitarono, facendo lo stesso coi cavalli.
Trascorsero un’ora nascosti in quella strettoia e la tempesta non accennò a diminuire.
Alcuni pezzi di roccia e rami di vecchi alberi volavano in aria,
trasportati dalla forza del vortice. Come un sol uomo si rialzarono,
caricarono nuovamente le bisacce e si rimisero in cammino.
Quando emersero dal passaggio tra le rocce, la forza del vento li
schiacciò contro la parete, costringendoli ad avanzare rasenti
la pietra.
Ad un certo punto Ethelyn mise un piede in fallo, rischiando di
cadere, ma Nive l’afferrò prontamente per la cintura. Si
squadrarono in silenzio e la rossa le dedicò un rapido cenno del
capo come segno di ringraziamento.
Più avanti rischiarono che Kieran si azzoppasse, mettendo il
piede in una buca abbastanza profonda. E non molti metri dopo Nehir
venne colpito alla spalla da una roccia vagante.
Emise un uggiolio di dolore e si guardò attorno disorientato.
Simar lo rassicurò, impegnandosi subito dopo per chiudere la
piccola ferita. Quando rialzò la testa individuò quella
che sembrava la fine del sentiero.
Fece per voltarsi e comunicarlo agli altri, quando vide qualcosa che lo fece sbiancare.
La tromba d’aria era uscita dal letto del fiume e stava puntando
proprio nella loro direzione. Senza poterselo impedire
urlò:-Attenti!
Il resto del gruppo si voltò e la reazione, alla vista dell’imminente pericolo, fu praticamente la stessa.
Il primo a riprendersi fu Blaking, che iniziò a spingere
ripetutamente Drew sulla schiena, in modo da farlo avanzare. Il ragazzo
si ritrovò così a spintonare Nive e il gruppo prese ad
arrancare il più velocemente possibile verso la salvezza.
Sembravano avercela ormai fatta quando l’Ippogrifo si
sentì risucchiare. Voltò il capo e, senza poterselo
impedire, si ritrovò con le ali spalancate ed in balia della
tempesta.
Tentò di serrarle nuovamente contro i fianchi, ma gli fu
impossibile. Drew se ne accorse e fece per aiutarlo, ma una raffica
più forte dell’altra lo strappò alla roccia,
gettandolo esattamente nel vortice.
-BLAKING!!!- urlò il ragazzo, cercando d’individuare la
sua sagoma. Ma l’aria vorticava come impazzita e gli impediva di
vedere.
Si sentiva soffocare, schiacciato dalla forza di quelle correnti.
Provò a riprendere il controllo del proprio corpo, ma gli fu impossibile. Era come un sassolino in balia di un fiume.
Chiuse gli occhi, temendo di poter essere colpito da un oggetto vagante
e tentò di risvegliare i suoi poteri di Balhia, nel vano
tentativo di liberarsi.
Non voleva morire così.
Non poteva morire così, molto lontano dalla fine del suo viaggio con Drew.
Se solo avesse potuto combattere la forza dell’aria, ma quella lo
sballottava in spirali irregolari, facendolo scendere e salire lungo
l’imbuto della tromba.
Numerosi rami e pezzi di roccia lo colpirono, lasciandogli abrasioni e
tagli brucianti su tutto il corpo. Provò a gridare, ma anche la
voce gli fu sottratta.
“Non posso darmi per vinto.”, si disse, ritrovando un accenno di forze.
Riuscì a ruotare su se stesso, riguadagnando
l’orientamento e la posizione eretta. Scalciò, tentando di
capire come raggiungere il centro del vortice: una volta arrivato
lì avrebbe potuto liberarsi.
Provò a muovere le zampe, ma era come avanzare nel fango. Ogni
passo era uno sforzo atroce e i muscoli presero presto a tremargli,
incontrollati.
In lontananza sentiva le grida dei suoi compagni, ma non avrebbe saputo
dire da che parte arrivavano. Venivano catturare e distorte dalla
tromba d’aria.
“Mi servono quei poteri… per favore! Mi servono!”,
stava tentando nuovamente di richiamarli, ma in quel momento si sentiva
solamente un normale Ippogrifo.
Improvvisamente vide un grosso tronco volteggiare nella sua direzione:
se non si fosse spostato al più presto sarebbe stato colpito in
pieno.
Facendo schioccare il becco, impose al proprio corpo di muoversi. Ce
l’aveva quasi fatta, ma lo stesso poteva dirsi dell’oggetto.
L’impatto fu inevitabile, ma ad esso seguì un’esplosione fortissima.
Tutto si fece immobile e, per un istante, Blaking poté chiaramente vedere la faccia di Drew, sconvolto ed urlante.
Chiuse gli occhi, sentendo una nuova forza dentro di sé.
Poi spalancò le grandi ali chiare e un’onda di potere di
propagò da esse, spezzando la cellula della tromba d’aria
ed annullandone l’effetto. Il vortice esplose dall’interno
e lui fu libero.
Ansimando, si guardò intorno e poi planò verso una
spianata, crollando pesantemente al suolo non appena raggiunta la
salvezza.
Non appena videro Blaking accasciarsi pesantemente al suolo, tutti i presenti si misero a correre verso la spianata.
Drew li superò tutti, facendosi largo a spallate.
Una volta arrivato in cima si gettò in ginocchio, le mani
tremanti e gli occhi che vagavano sul corpo dell’amico in cerca
di ferite gravi.
-Blaking! Guai a te se osi morire!- lo minacciò con voce strozzata.
L’Ippogrifo ebbe un fremito e poi riaprì gli occhi.
–Figurati se me ne vado prima di sapere come finirà tra te
ed Ethelyn.- lo prese in giro.
All’udire quelle parole una lacrima solitaria solco la guancia del giovane, subito spazzata via dalla pioggia.
-Blaking, tutto bene?- la Ferift li raggiunse, seguita a ruota dagli
altri. Anche Nive sembrava preoccupata, nonostante non stesse facendo
nulla per dimostrarlo.
Simar si fece avanti. –Sei ferito?- si premurò di chiedere.
-No… non credo. Ho solo i muscoli doloranti.- disse dopo averci pensato un po’ su.
Mentre la tensione di allentava visibilmente, il Nun si chinò in
avanti. –Hai usato i tuoi poteri?- chiese in un sussurro.
L’amico annuì. –L’avete visto?
-Be’, è stato come assistere ad un’esplosione nelle
cave.- ammise, rammentando le detonazioni dei minatori del loro
villaggio.
-Ops. Un po’ teatrale.- commentò.
Il ragazzo sorrise. –Un po’, sì.- convenne, sollevato.
-Mentre aspettiamo che Blaking riprenda fiato, suggerisco di alloggiare
qui i cavalli. Questa sporgenza va bene, per loro, ma è troppo
piccola per ospitarci tutti.- la voce di Simar s’inserì
nell’improvviso silenzio.
-Sicuro che non scapperanno?- chiese Ethelyn, perplessa.
-Cerchiamo di procurare loro una stalla confortevole.- disse il principe, già intenzionato ad usare i propri poteri.
Una volta deciso, scaricarono tutti i loro bagagli e li ammassarono
contro la roccia. Poi vi condussero i cavalli e tolsero loro la benda.
Li alloggiarono come meglio poterono, date le condizioni.
Per completare l’opera Simar richiamò le piante e
creò una parete di rami dalla parte in cui soffiava il vento. I
due destrieri sembrarono apprezzarlo.
-F-fatto.- annunciò l’Elfo.
-E ora?- domandò Nive, fissandolo. I cavalli erano all’asciutto, era vero, ma loro non lo erano di sicuro.
“Ora saliamo fino a quella grotta lassù.”, Nehir
alzò il muso, indicandola. Anche il compare lo imitò e
poi fece cenno agli altri. -Blaking, ce la fai?- Drew lo aiutò
ad alzarsi. Lo vide traballare un po’ sulle zampe, le piume delle
ali un po’ malconce.
Annuì col capo. –Sì… ce la faccio. Posso trasportare te e Nive.- suggerì.
-Non ce n’è bisogno.- rifiutò l’amico di sempre.
-Io accetto.- disse invece la danzatrice. Era stanca di tutto quel
camminare, inciampare, sporcarsi e via dicendo. Non credeva che la
libertà fosse così sporca.
-D’accordo… iniziamo ad arrampicarci.- Simar si
avvicinò alla parete di roccia. Erano appena una cinquantina di
metri, ma sarebbero stati un inferno a causa della pioggia.
Drew lo raggiunse subito dopo, mentre Ethelyn si fece spuntare le ali.
–Vi aspettiamo di sopra.- li avvertì prima
d’involarsi.
Annuirono e videro lei e Blaking salire e scomparire poco dopo dentro la bocca della caverna.
-Bene, pronti per la scalata?- domandò il principe.
“Ne avrei fatto a meno.”, pensò Nehir.
Quando mezz’ora dopo si ritrovarono al coperto, quasi non potevano crederci.
Arrivare in quella grotta era stata un’impresa, nonostante non fosse coinvolta nessuna bestia senz’ombra.
La natura sapeva essere terribile in alcune circostanze.
Si lasciarono cadere a terra, nessuno escluso e giacquero in quella posizione per un po’, in religioso silenzio.
Il primo ad alzarsi fu Blaking, ripresosi abbastanza in fretta anche
dalla precedente disavventura. Si scrollò di dosso quanta
più acqua poté, finendo col bagnare Drew.
-Ehi, che modi!- protestò lui, schermandosi il viso con una
mano. Ethelyn, sdraiata lì vicina, lanciò loro
un’occhiata e poi si mise a ridere, divertita.
Quell’attimo di spensieratezza risollevò il morale a tutti
ed in poco si misero ad allestire il campo. Dato che avevano lasciato
praticamente tutte le loro cose (armi escluse) coi cavalli, crearono
una buca per il fuoco e poi misero ad asciugare gli abiti che potevano
togliersi.
Nehir esplorò la caverna con gli occhi ed il naso, cercando di
capire se fosse abitata. “Credo che questa grotta venisse usata
come luogo di cova.”, riferì. L’odore era abbastanza
vecchio, quindi doveva essere inutilizzata da un po’.
Simar annuì, strizzando la propria casacca con forza.
“Altro?”, chiese, occupandosi poi dei capelli e lanciando
un’occhiata all’amico.
Il lupo fiutò un po’ l’aria, ma poi scosse la testa.
–La grotta è libera.- comunicò ad alta voce, in modo che anche gli altri potessero sentire.
-Che ore sono secondo voi?- domandò Drew, affacciandosi all’esterno.
Ethelyn gli si avvicinò e scrutò il cielo, ancora
oscurato da nuvole cariche di pioggia. –Mhm… dovrebbe
mancare ancora un po’ al tramonto.- considerò. Il Nun la
guardò, stupito. –Be’, sono una Ferift. Riesco a
percepire i cambiamenti nell’aria… purché non siano
troppo improvvisi.- spiegò, leggermente imbarazzata.
-Oh, sei una sorta di segnavento, allora.- ridacchiò lui,
avvicinandola a sé. La ragazza lo guardò e poi
annuì, sorridendo.
-Smettetela di tubare e venite a dare una mano.- li richiamò Nive.
Sbuffando, Drew tornò dentro, portandosi con sé Ethelyn.
Avrebbe tanto voluto appartarsi in un angolo con lei ed asciugarle i
capelli, per farla rilassare e rubarle qualche bacio. Ma c’era un
tempo per ogni cosa e quello, sfortunatamente, prevedeva di doversi
occupare del campo.
Si erano addormentati ad un’ora imprecisata, gli stomaci brontolanti ed i vestiti ancora mezzi umidi.
Avevano mangiato quel poco di carne secca che c’era nelle loro
bisacce e poi, dopo aver discusso il da farsi, si erano coricati.
Considerato che la tempesta stava ancora infuriando, avevano immaginato
che nessun animale avrebbe osato avventurarsi fin lassù.
Stavano ancora sonnecchiando, quando le nubi si squarciarono e
lasciarono spazio alle ultime stelle della notte, poco prima
dell’alba.
Una grande ombra si avvicinò alla grotta, sorvolando
lentamente il letto del fiume. Le remiganti del colore della luna si
muovevano con leggerezza, accarezzate dalla fresca aria notturna.
Virò a sinistra e poco dopo chiuse le ali per approssimarsi all’entrata.
Ruotò la testa, scrutando l’interno della grotta. Il suo
grande occhio si posò su sagome sconosciute. Arruffò le
penne del collo, infastidita e poi lanciò un grido di rabbia.
L’intero gruppo si destò di colpo, allarmato da quell’urlo animale.
Si guardarono intorno, cercando di capire cosa stesse succedendo e poi
lo videro: un grande uccello se ne stava davanti all’ingresso, il
corpo enorme a sbarrare il passaggio.
“Fortuna che doveva essere inutilizzata.”, Simar
indirizzò il pensiero a Nehir. Quello non gli rispose, troppo
impegnato a ringhiare al nuovo arrivato.
-Sbrigatevi, andiamo!- incitò Blaking, affiancando il compare a
protezione dei ragazzi. Spalancò le ali, cercando di risultare
più grande di quanto non fosse.
Le fiamme morenti del falò lanciavano sinistri baluginii,
traendo riflessi iridescenti dalle piume dell’Ippogrifo e
madreperlati da quelli del loro contendente.
Dietro di loro gli altri si stavano impegnando per recuperare le loro cose prima di essere attaccati.
Passarono interminabili momenti, in cui tutto quello che fece il
grande volatile fu fissarli. Come se stesse valutando la forza di
quegli intrusi.
All’improvviso, stanco di quei futili giochetti, il Rok
attaccò. Si fiondò all’interno della grotta come un
proiettile, investendo in pieno Nehir e Blaking. Girò su se
stesso, gridando, e spazzò l’area con le grandi ali,
gettando a terra anche il resto degli avversari.
I ragazzi tentarono di rialzarsi il più rapidamente possibile,
mentre Blaking balzava davanti al rapace, facendo schioccare il becco
in modo minaccioso.
Quello rispose allargando le piume del collo, sicuro della propria superiorità.
Nehir, nel frattempo, stava aggirando il pennuto, deciso a
portare a termine un attacco a sorpresa. Si muoveva lentamente, attento
a dove posava le zampe.
“Sbrigatevi ad uscire da qui!”, pensò lanciando
un’occhiata a Simar. Quello scosse la testa, facendogli capire
che non li avrebbero lasciati a combattere da soli.
Fece per lanciare un basso verso di protesta, quando il Rok si accorse
della sua presenza. Si voltò fulmineamente e tentò di
beccarlo, costringendolo ad avvitarsi su se stesso e balzare indietro
per non essere colpito.
Sbattendo la spalla contro la parete della grotta, il Fisàan
ringhiò, infastidito. Quel posto era troppo piccolo per potersi
muovere agilmente: il loro avversario lo occupava quasi interamente con
la propria apertura alare.
Mentre pensava ciò, Blaking gli sferrò un calcio con gli
zoccoli, facendolo barcollare all’indietro. L’uccello,
infuriato, gli si lanciò addosso con forza, intenzionato a
travolgerlo. Ma l’Ippogrifo non si fece cogliere impreparato: si
levò sulle zampe posteriori e lo graffiò sul petto.
Gridando di dolore, il grosso rapace si ritrasse.
-Uscite da qui, subito!- questa volta fu Blaking ad ordinarlo.
-No, vogliamo aiutarvi!- protestò Simar, i palmi delle mani
puntati a terra. Stava richiamando le piante ancora una volta, in modo
da poter imprigionare il loro avversario.
Ethelyn e Drew erano già armati, pronti a combattere. Nive se ne
stava sull’attenti, dubbiosa, ma comunque decisa a non farsi
cogliere impreparata.
Stava imparando.
Mentre osservava i propri compagni non si rese conto di esser diventato
il nuovo obiettivo del Rok. L’animale lo puntò e poi
aprì le grandi ali bianche.
Bastarono due battiti e tutti quanti vennero scaraventati contro le pareti della caverna.
“E’ forte!”, si ritrovò a pensare Ethelyn, scivolando scompostamente a terra.
Sbatté qualche volta le palpebre, confusa dalla botta. Poi, una
volta realizzato di essere disarmata, si mise a tastare il terreno con
fare frenetico.
Al suo fianco vide Nive protestare per il dolore alla spalla e controllare di non essersi rotta nulla.
La ragazza non vi badò e si concentrò nella ricerca, fino
a quando non toccò qualcosa di freddo. –Sì!-
esclamò, chiudendo la mano sul tirapugni dell’arma.
Il più rapidamente possibile si rimise in piedi, non volendo
essere il prossimo spuntino del rapace. Barcollò qualche
istante, poi divaricò le gambe per stabilizzare il proprio
baricentro.
Con la coda dell’occhio notò che anche gli altri (Nive compresa) erano pronti a rispondere al prossimo attacco.
Si mise di tre quarti, tenendo i sai orizzontali e fissò il
proprio sguardo sull’animale. Li stava studiando, facendo ruotare
il capo piumato senza nessuno sforzo. I suoi occhi gialli erano grandi
e minacciosi, così come il becco e gli artigli delle zampe.
Probabilmente quello era il suo nido e credeva fossero lì per
rubare l’uovo o uccidere il suo piccolo. Il problema era che per
loro era impossibile farsi capire.
Il pennuto sarebbe stato contento solo dopo averli cacciati.
Oppure, più probabilmente, dopo averli uccisi.
-Non voglio diventare il tuo spuntino.- senza preavviso balzò in
avanti e tentò di colpirlo. L’uccello, colto di sorpresa,
piegò un’ala davanti al corpo per proteggersi e la lama lo
ferì all’altezza dell’osso carpale.
La sua reazione fu violenta: spazzò l’area attorno a
sé con entrambe le ali e poi caricò in avanti,
intenzionato a beccare il suo aggressore.
La Ferift evitò il colpo d’ala, ma venne presa di striscio
dal becco. Aspirando aria tra i denti, controllò il danno dopo
essersi portata a distanza di sicurezza.
-Tutto bene?- le chiese Drew, allarmato.
Si pulì il taglio. –Sì… non è nulla
di grave.- lo rassicurò. –Però non riusciremo mai a
batterlo, non qui dentro.- aggiunse.
Blaking, in parte coperto dal corpo del Rok, si lasciò sfuggire un:-Era ora! Vediamo di muoverci ed andarcene!
All’ennesima riprova che non avrebbero potuto combattere ad armi
pari, rimanendo là dentro, l’intero gruppo decise di
lasciare la caverna.
Si affrettarono verso l’uscita mentre Nehir teneva a bada il padrone di casa.
Stavano scalando la parete il più rapidamente possibile,
tentando di raggiungere la spianata sottostante ed i cavalli.
Blaking se ne stava a mezz’aria, controllando quello che succedeva nella grotta.
Improvvisamente Nehir venne scaraventato fuori con violenza. Il
Fisàan ruzzolò per qualche metro, per poi aggrapparsi
alla roccia con gli artigli.
Purtroppo le sue zampe non erano fatte per ancorarsi a superfici
verticali, per cui continuò a perdere quota. Le unghie
producevano uno stridio sinistro mentre il lupo tentava di mantenere
salda la presa.
Se fosse caduto da quell’altezza avrebbe riportato ferite molto gravi.
-Nehir!- Simar provò a richiamare le piante, ma era troppo agitato anche solo per concentrarsi.
Intercettò gli occhi del compagno ed in loro lesse determinazione.
Fortunatamente riuscì ad arrestare la propria corsa su una
sporgenza. Appoggiò saldamente le quattro zampe e si concesse il
tempo di riprendere fiato. Sopra di sé sentì le urla di
giubilo dei compagni, grati che fosse sano e salvo.
-Blaking!- urlò all’improvviso Drew. L’Ippogrifo
alzò la testa di scatto e venne colpito in pieno da un
proiettile bianco. Si avvitò in aria qualche volta per poi
fermarsi con due possenti colpi d’ala, diversi metri più
in basso.
-Dannazione!- puntò gli occhi di ghiaccio in quelli dorati
dell’avversario. –Sembra che voglia farcela pagare.
In quel momento era l’unico in grado di fare qualcosa e sapeva
che la sua priorità era far arrivare a terra i ragazzi, tutti
quanti.
Fece schioccare il becco e saggiò l’aria con le remiganti,
cercando una corrente che potesse riportarlo in alto. Il Rok lo
aspettava galleggiando nell’aria come un enorme e minaccioso
aquilone.
Drew, qualche metro sotto di lui, stava guardando la scena. Non sapeva
se intervenire oppure scendere e, una volta coi piedi ben ancorati al
suolo, intervenire.
L’Ippogrifo sembrò leggergli nel pensiero ed
abbassò il capo per intercettare la sua espressione preoccupata.
Non ebbero bisogno di parlare: il ragazzo annuì solamente e
riprese la discesa.
Assicuratosi che quel testone del suo migliore amico non tentasse colpi
di testa, Blaking tornò a fronteggiare l’avversario.
“Devo prendere tempo. Devo tenerlo occupato.”, si disse,
osservando l’ambiente circostante. Non gli era familiare, ma
nemmeno sconosciuto. Era cresciuto in mezzo alle montagne e quelle alte
pareti di roccia rossa non erano molto dissimili.
Quello che era diverso era il vento.
Le correnti d’aria si muovevano in modo assolutamente imprevedibile, aiutate dalla forma sinuosa del canyon.
Prese un respiro profondo, valutando ancora una volta il proprio avversario, e poi partì all’attacco.
Blaking scartava con la velocità di un fulmine nero, evitando gli affondi del Rok.
Ma il rapace era due volte più grande di lui e non risentiva dei
colpi come avrebbe dovuto. All’ennesimo corpo a corpo Drew
cedette.
Quando era arrivato a terra si era imposto di aspettare, di aver fiducia nell’amico.
Ethelyn, Nive e Simar si erano precipitati dai cavalli per sellarli e caricarli nuovamente con le bisacce.
Lui era rimasto immobile, gli occhi puntati al cielo.
Ed ora, mentre i due contendenti si allontanavano per riprender fiato,
decise di intervenire. Chiuse gli occhi, richiamò il potere e lo
sentì scorrere dentro di sé con la facilità con
cui il sangue gli riempiva le vene.
Un attimo prima era sulla spianata e quello dopo volava a tutta velocità verso il Rok.
-Drew!!- urlò Ethelyn, terrorizzata.
Il ragazzo la ignorò, concentrato sul proprio obiettivo.
Sfrecciò tra i due pennuti, obbligandoli a separarsi e poi
fermò la propria ascesa, parecchi metri più in alto.
Guardò in basso e cercò di stabilire un contatto con Blaking, per dirgli di scendere e raggiungere gli altri.
Aveva assunto le stesse sembianze del rapace bianco e sapeva che avrebbe potuto sconfiggerlo.
Ne era certo.
Peccato non avesse considerato la velocità
dell’avversario. Quello puntò su di lui sfruttando una
corrente ascensionale, le ali ben strette al corpo.
Quando gli piombò addosso percepì la forza d’urto
con tutto il suo essere. Gli afferrò le zampe con le proprie,
spalancando le ali ed il becco.
Si avvitarono in aria per qualche istante, uniti, tentando di ferirsi reciprocamente.
Venne colpito poco sotto la clavicola e si liberò con uno strattone, allontanandosi dagli artigli dell’avversario.
Fece per tornare all’attacco quando sentì come uno strappo e poi si sentì cadere.
Percepì le ossa risistemarsi, vide il fiume sotto di sé e poi svenne.
Non pensò.
Semplicemente corse verso la fine della spianata e si buttò nel vuoto.
Una volta in caduta libera sbatté le ali e risalì verso
l’alto, intenzionata a prenderlo al volo. Non avrebbe permesso
che Drew cadesse nel fiume, rischiando d’affogare.
Si spinse al limite, il vento che le sferzava il viso e le spingeva indietro i capelli di fiamma.
-Drew!- lo chiamò.
Ma, come aveva temuto, il Nun aveva perso conoscenza.
Allungò una mano nella sua direzione, intenzionata ad
afferrarlo. Riuscì a stringere la mano attorno al suo polso, ma
il contraccolpo per poco non le fece mollare la presa.
Finirono diversi metri più in basso, lanciati a folle
velocità verso l’acqua. Ethelyn fece resistenza, aprendo
le ali e provando ad arrestare la loro corsa.
Per quanto potesse essere allenata, stava trattenendo il corpo di un ragazzo svenuto, del tutto abbandonato alla gravità.
Era così impegnata a non schiantarsi, che si era
dimenticata del Rok. Quando sentì un verso acuto alle proprie
spalle, si voltò lo vide lanciato in picchiata verso di loro.
Spalancò la bocca, ma la voce le venne strappata via.
Dietro le ali bianche intravide la sagoma di Blaking, purtroppo troppo indietro per aiutarli.
Tentò di togliersi dalla traiettoria del rapace, ma fu tutto
inutile: rischiò solamente di perdere la presa sul braccio di
Drew.
Sull’orlo della disperazione, le acque del fiume ormai prossime e
il Rok ancora più vicino, tentò di abbracciare il proprio
fardello per assicurargli un minimo di protezione nell’urto.
Mancavano meno di dieci metri, quando un getto d’acqua
colpì violentemente l’uccello, mandandolo a sbattere
contro una parete di roccia.
L’animale sbatté la schiena prima di scivolare verso il basso in una pioggia di sassi.
Ethelyn esultò brevemente, per poi inclinarsi quel tanto che le bastò per evitare le rocce semisommerse.
Lei e Drew bucarono l’acqua come due frecce e finirono sul fondo.
Lo afferrò saldamente per la vita e, con tutta l’energia di cui ancora disponeva, nuotò verso la superficie.
Riemerse con un singulto ed annaspò in cerca d’aria.
Provò ad orientarsi, ma non ce ne fu bisogno: Blaking la raggiunse e si abbassò su di loro.
-State bene?!- chiese, al colmo della preoccupazione.
La giovane annuì debolmente, sentendo i muscoli tremare per lo sforzo.
L’Ippogrifo si abbassò ulteriormente, sfiorando il pelo con gli zoccoli. -Aggrappati.
La Ferift afferrò saldamente la base della sua ala sinistra e si
lasciò trasportare fino a riva. Solo quando fu certa di essere
al sicuro lasciò la presa sul corpo inerme del compagno.
***
Ormai aveva seguaci nelle terre dell’Ovest, in quelle del Nord ed in quelle dell’Est.
Anche se i Cair si erano accorti del sortilegio, reagendovi, lui rimaneva comunque in vantaggio. Il vero problema era il Sud.
Fino a quando non fosse riuscito ad estendere il proprio potere su quei
territori, non sarebbe stato in grado di muovere contro il Primo.
Non sapeva se la colpa era da imputarsi al Vegliante del Fuoco o
alla popolazione di Elfi e Doslor, così affini alla sua
belligerante parte luminosa.
In ogni caso, doveva spezzare la resistenza di quell’ultimo potere elementale.
Pensieroso, si alzò dal trono di pietra per percorrere a grandi
passi la sua dimora. Il mantello frusciava attorno alle sue caviglie,
sussurrando segreti d’ombra.
Meditò per diversi minuti, gli occhi fissi sul terreno.
Poi, all’improvviso, ecco l’illuminazione.
Le sue labbra si piegarono in un sorriso compiaciuto e
ringraziò con gli occhi il buon vecchio Shunka. Grazie alla sua
connessione coi fratelli, ogni Vegliante conosceva la maggior parte
delle dinamiche delle città e dei popoli di Suran.
Il Sud sembrava un luogo perfetto, non fosse stato per una grande
organizzazione di criminali acquartierata nelle terre meridionali,
impadronitasi a poco a poco di tutto quello che valeva la pena esser
posseduto.
I Dragoni vantavano presenze in quasi tutte le città degli Elfi, capitale compresa.
Erano persone senza scrupoli, disposte a tutto per il potere.
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Capitolo 35 *** Cap. 34 Oltre la barriera ***
Cap. 34 Oltre la barriera
Rieccoci! :)
So che a voi potrebbe non sembrare, ma la storia sta andando avanti XD
mi rendo conto che questi sono sostanzialmente capitoli di passaggio,
ma mi servivano per raccontarvi di altri personaggi e farvi capire
cos'è successo al gruppo ora che è arrivata Nive.
Prima di lasciarvi alla lettura, ringrazio una cara lettrice per avermi
fatto notare alcune incongruenze circa il comportamento di un
personaggio :)
Buona lettura!
P.S.: Nel testo c'è una citazione a LOTR, sono sicura che la individuerete ;)
Cap. 34 Oltre la barriera
Simar appoggiò le
mani sul petto di Drew ed iniziò a praticargli un massaggio
cardiaco. Dovevano fargli sputare tutta l’acqua che aveva
ingerito, se no i suoi polmoni sarebbero collassati.
Fortunatamente, sia lui che Ethelyn non avevano riportato ferite gravi, a parte qualche escoriazione.
Il Rok era volato via, riconoscendosi sconfitto e lasciandoli in pace.
Il principe premette un’altra
volta, con forza e finalmente il Nun riprese conoscenza, sputacchiando
e tossendo. Lo fecero girare su un fianco, permettendogli così
di liberare le vie respiratorie.
-C-cos’è successo…?- chiese disorientato.
Si mise lentamente a sedere e si
guardò intorno, trovando tutti i compagni lì vicino.
Nive, poco distante, teneva le redini dei cavalli.
-Hai voluto fare l’eroe
quando non ne eri in grado.- lo sguardo di Blaking era molto severo,
segno che era arrabbiato con lui.
Abbassò la testa, arrossendo
per l’imbarazzo. –Mi dispiace… credevo di poter
essere d’aiuto…- mormorò, contrito.
-Cadendo da un’altezza di
cento metri? E io che mi consideravo una testa calda.- commentò
Simar, scuotendo la testa incredulo. Non ce l’aveva con lui per
il suo gesto, ma si era sicuramente spaventato.
Il problema era Blaking: lui non gliel’avrebbe fatta passare liscia.
Fece per scusarsi, quando Ethelyn
gli si piazzò davanti, fradicia. –Non azzardarti a farlo
mai più!- gli puntò il dito contro, furente.
“Forse il problema non
è Blaking.”, si ritrovò a pensare, guardandola
dritto negli occhi. –O-ok…?- provò a rispondere.
-No, devi giurarlo! Avresti potuto
ammazzarti! Hai compiuto uno sforzo magico che andava oltre le tue
attuali capacità!- la ragazza alzò ulteriormente la voce.
Aveva avuto seriamente paura di perderlo e tutto perché avevano
inavvertitamente invaso il territorio di uno stupido uccello gigante.
Csi l’aveva avvertito di non strafare, invece lui non l’aveva minimamente ascoltato.
-D’accordo, d’accordo lo giuro!- finì per dire il Nun, sconfitto.
Ethelyn sospirò e, dopo
avergli dedicato un’ultima occhiataccia, si chinò per
abbracciarlo. –Stupido.- sussurrò, affondando il viso
nell’incavo del suo collo.
Dopo un attimo di stupore, Drew rispose al contatto e la strinse a sé.
-Quando avrai finito con lei, sarai
tutto per me. E sappi che non ci andrò leggero.- lo
minacciò Blaking, prima di allontanarsi per lasciar loro un
po’ di privacy.
-Credo che non tenterà molto
presto.- ridacchiò Simar, seguendolo. Nehir, al suo fianco,
lanciò un’occhiata alle proprie spalle e poi scosse
l’enorme testa, in disaccordo.
Secondo lui il Nun ci avrebbe riprovato molto presto, eccome!
***
Era quasi arrivata alla fine della provincia di Azmara, quando si fermò di colpo.
Sapeva che Maahes non meritava quel trattamento, ma non si era potuta impedire quello sfogo.
Si rendeva
conto di aver ragionato da egoista, ma il solo pensiero di poterlo
perdere l’aveva mandata fuori di testa. Se da un lato quella era
l’occasione della sua vita, dall’altro l’aveva messa
davanti ad una scelta difficile.
Il suo cuore andava in due direzioni diverse, mentre il cervello non voleva saperne di prendere posizione.
Abbassò
lo sguardo sui fili d’erba e li osservò per diversi
minuti, combattuta. Le parole del Cair le rimbombavano nella testa e
così quelle del marito.
In un gesto inconsapevole portò la mano a coprire il ventre ancora piatto e la sua bocca si piegò in un sorriso.
“Hai
bisogno di lui.”, si disse. Lo sapeva, tutti in città lo
sapevano. Lei e Maahes erano un’unica cosa. -Ma non posso
permettere che gli accada qualcosa.- disse, dando voce alle sue paure.
Lentamente piegò le zampe sotto di sé e si sedette.
Lasciò
vagare lo sguardo attraverso la pianura e oltre, verso le colline. Era
tutto tranquillo e le nuvole si rincorrevano nell’azzurro cielo
estivo.
Sospirò, in lotta col proprio essere.
Non sapeva che
fare, chi ascoltare tra la ragione ed il cuore… ma di una cosa
era certa: non voleva farsi odiare da Maahes.
“Ammesso
che già non mi odi.”, pensò. In quel momento lo
sguardo le cadde sul bracciale che le aveva donato e sentì
nascere dentro di sé una nuova consapevolezza. Si alzò in
piedi di scatto, voltando il capo nella direzione che l’aveva
vista arrivare.
Aveva deciso.
Ci aveva messo quasi due giorni per tornare indietro.
Aveva corso il più velocemente possibile, spronando il proprio corpo a dare il massimo e oltre.
Quando
finalmente aveva raggiunto i campi d’addestramento, aveva fatto
irruzione come una furia nel bel mezzo di una lezione.
Aveva cercato
Maahes in mezzo agli studenti, ma non l’aveva trovato. Qualcuno
le aveva detto di cercarlo sul limitare del boschetto di querce,
esattamente dietro casa loro.
Ringraziando, aveva cambiato il proprio percorso e l’aveva raggiunto.
Ed ora eccola lì, immobile a fissare la sua ampia schiena.
–Vi ho
detto che per qualche giorno non sarò disponibile per gli
allenamenti.- disse lui, convinto che fosse uno dei suoi allievi.
-Maahes.- disse solo.
Lui allora si voltò, stupito e la fissò con tanto d’occhi. –Che fai qui?
Gizah chinò il capo, in imbarazzo. –Non posso partire senza di te, hai ragione.- mormorò.
-E te ne rendi conto adesso?- tornò a darle le spalle, giustamente risentito.
Si morse il labbro e poi mosse un passo verso di lui.
-Tu non puoi venire con me.- replicò.
-Ti stai contraddicendo.- le fece notare, continuando a darle la schiena.
“Come glielo dico?”, si chiese, prendendo a torturarsi le mani con nervosismo. –Maahes…
Non rispose, ma
vide la rigidità delle sue spalle allentarsi un pochino. Avrebbe
tanto voluto tirare la sua lunga treccia e costringerlo a guardarla, ma
al tempo stesso sapeva che incontrare i suoi occhi l’avrebbe
bloccata.
-Se stai cercando una scusa, sappi che non serve. Ho capito: non mi vuoi con te.- asserì dopo qualche minuto di silenzio.
Agitò la
coda, sulle spine. -Ho avuto una visione!- quasi urlò la
centaura. A quelle parole, suo marito si voltò di scatto. Sapeva
dei poteri divinatori della donna, ma era anche cosciente della loro
imprevedibilità.
-Che tipo di visione?- si alzò lentamente.
Lei prese
fiato. –Io… io… non posso…- arretrò,
improvvisamente spaventata. Più che una visione, era diventato
un incubo ricorrente. Riusciva a sbirciare brevemente nel futuro delle
persone a lei vicine, ma spesso vedeva solo immagini frammentarie.
Quel potere si
era manifestato in lei da poco e, fino a quel momento, le aveva dato
solo tre visioni. Una riguardava la madre, una la sua gravidanza e
l’ultima Maahes.
Le prime due si erano rivelate esatte. E temeva che potesse accadere lo stesso anche per la terza.
-Gizah, che
tipo di visione?!- l’afferrò saldamente per le braccia,
puntando i propri occhi verdi in quelli castano dorati di lei.
-La tua morte! Ho visto la tua morte!- la voce le uscì in un urlo strozzato.
Suo marito
allentò lentamente la presa, scioccato. –La mia… ne
sei sicura?- chiese, umettandosi nervosamente le labbra. Lei fu
costretta ad annuire.
-Ero certa che
sarei riuscita a convincere Analyon e avevo già progettato di
partire assieme a te. Ma… ma poi è arrivata la visione e
ogni notte vedevo sempre la stessa scena. Così ho deciso di
farti rimanere qui… ho voluto essere egoista ma, a quanto pare,
mi sono lasciata prendere la mano.- ammise, giocherellando col
bracciale.
-Perché non me l’hai detto?- le domandò, addolcendo il tono.
-Perché volevo tenerti al sicuro.- replicò.
-Partendo da
sola per correre tra le braccia del nemico? Hai una strana concezione
del rapporto di coppia, Gizah.- le fece notare. –Sarei stato
fisicamente al sicuro, quello sì, ma non emotivamente.-
aggiunse, sfiorandole una guancia.
-Non voglio
vederti morire davanti ai miei occhi…- ammise, mentre una
lacrima solitaria abbandonava lesta il suo occhio destro.
Maahes la
raccolse e le prese il viso tra le mani. –Abbiamo giurato di
proteggerci a vicenda, di condividere tutto. E di stare insieme
finché morte non ci separi.- le ricordò. –Io ho
intenzione di onorare quel giuramento.
-Anche io, ma…!
-Niente ma. Il
tuo è stato un ragionamento egoista, ma sono lieto che tu sia
tornata sui tuoi passi.- la interruppe. –Hai visto la mia morte,
giusto? Bene, la cosa mi terrorizza, ma supereremo anche questa.
Gizah spalancò gli occhi. -Vuoi partire con me?
-Non è
per questo che sei tornata?- le chiese, accigliandosi. Al suo cenno
d’assenso aggiunse:-E allora partirò con te. Finalmente.
***
Correvano rapidi, macinando miglia su miglia al giorno.
Ogni singolo villaggio in cui erano
stati aveva dato loro notizie sempre più preoccupanti: man mano
che ci si avvicinava ai confini con le altre terre, le incursioni delle
bestie ombra si facevano più frequenti.
Loro avevano chiesto udienza ai
capi villaggio e ai sindaci, dicendo loro di organizzare turni notturni
ed innalzare barriere per proteggere gli abitanti.
Speravano di aver allertato abbastanza persone e che quelle persone ne allertassero altre.
Il loro compito principale era
raggiungere il gruppo di ragazzi e dovevano farlo in più in
fretta possibile: Gizah avrebbe potuto aiutarli a mantenere un contatto
coi Cair.
Lanciò un’occhiata a Maahes, accanto a lei, e si perse ad osservare la sinfonia dei suoi movimenti.
Lui se ne accorse e le lanciò un’occhiata, sorridendole brevemente.
Ma quel sorriso non arrivò
ad illuminargli gli occhi e lei sapeva perché: nonostante fosse
stato felice del suo ripensamento, aveva perso parte della fiducia che
aveva nei suoi confronti.
Per tutto il viaggio si era
mantenuto cortese, ma insolitamente scostante. Odiava quella
situazione, ma sapeva benissimo di essercisi cacciata da sola.
Avrebbe riconquistato la sua fiducia e, nel mentre, avrebbe escogitato un modo per salvarlo dalla morte.
***
-Ragazzi, ci siamo quasi!- esclamò all’improvviso Simar.
Nehir, colto di sorpresa, si
bloccò di colpo. Si guardò intorno e poi lanciò
un’occhiata al suo compagno, brontolando per quell’uscita.
-Ci siamo quasi? Cosa intendi?- domandò Drew, avvicinandosi.
Il ragazzo fece per rispondere, ma Blaking sbirciò la cartina e disse:-Il confine con le terre del Sud!
Al che si avvicinarono anche le ragazze. –Davvero? Siamo al confine?- domandò Nive, speranzosa.
Non ne poteva più di vedere
tutta quella roccia. Era sempre lo stesso, dannatissimo paesaggio! E
poi faceva un caldo infernale, nel canyon.
L’Elfo annuì,
orgoglioso di se stesso. Nel bene o nel male era riuscito a condurli
fino a lì, sua madre sarebbe stata orgogliosa.
“Potresti contattarla per dirle dove siamo.”, suggerì Nehir.
“Dici? Credi che potrei
riuscire a mettermi in contatto con lei...? Siamo abbastanza
lontani.”, pensò, perplesso. Non sapeva bene come
funzionasse la comunicazione telepatica, quindi non era in grado di
misurare le proprie capacità.
“Non dipende dalla distanza,
ma dalla conoscenza che si ha dell’altro: maggiori informazioni
hai su di lui, più facile sarà stabilire il
contatto.”, spiegò il Fisàan.
Simar si accigliò. “E tu come lo sai?”, domandò.
“Vëon.”, disse solo.
-Ragazzi, mi dispiace interrompere
la vostra conversazione silenziosa, ma vorremmo sapere da che parte
dovremmo andare, ora.- Blaking li strappò bruscamente ai loro
pensieri.
Il principe sbatté qualche
volta le palpebre, disorientato e poi abbassò lo sguardo sulla
mappa. –Dobbiamo uscire dal canyon. Se i miei calcoli sono
giusti, tra poco dovremo incontrare la foresta di pietra.- disse,
seguendo il corso del fiume sulla pergamena.
-Non te l’abbiamo mai chiesto, ma sai perché si chiama foresta di pietra?- chiese Ethelyn, curiosa.
Lui fu costretto a scuotere la testa, ma al posto suo rispose Drew. –Io lo so.- disse semplicemente.
-Ah sì?- fece la ragazza, stupita.
-Cos’è quel tono?
Malfidata.- brontolò, fingendosi offeso. Blaking
ridacchiò. La Ferift si affrettò a scusarsi e a pregarlo
di continuare. –E’ simile a quella che c’è ad
Ovest, ma non esattamente.- iniziò.
-Ne avevo sentito parlare…-
ammise Simar, pensieroso. Però doveva ammettere di sapere poco e
niente di quelle parti di Suran: abitando al Nord era più
importante che conoscesse quelle terre.
-E in cosa è diversa?- volle
sapere la rossa. Le piaceva la natura e ancor di più le piaceva
non sentirsi ignorante.
-Credo che ora tu possa risponderti
da sola.- intervenne Nive. Si voltarono tutti a fissarla e lei si
limitò ad indicare davanti a sé. –La nebbia si
è diradata.
La giornata era iniziata con un
cielo ingombro di nuvole ed una cappa tremenda di caldo, che aveva
portato alla formazione di banchi d’umidità sparsi per
tutto il canyon.
Mentre viaggiavano il sole si era alzato ed ora stava facendo capolino, squarciando i cirri.
Il resto del gruppo puntò lo sguardo sull’orizzonte… e la vide.
Un’enorme distesa di verde e
grigio, dai profili frastagliati e rigidi. Il fogliame degli alberi si
confondeva con quelle che sembravano rocce dalla forma vegetale.
Ethelyn osservò tutto
attentamente, provando a dare una risposta alla propria domanda.
–Quelle sono pietre o alberi?
Drew l’affiancò.
–Sono alberi. Alcuni sono stati pietrificati da un particolare
tipo di minerale, che viene assorbito dal terreno e poi gemma sulla
pianta stessa.- le disse.
-Oh… e il minerale è pericoloso per noi?- s’informò la ragazza.
Scosse la testa. –No, anzi.
Bisogna solo stare attenti a non tagliarsi.- le sorrise. Per una volta
era contento di essere il sapiente del gruppo.
-Che ne dite di raggiungere la
foresta, invece di rimanere a chiacchierare?- domandò Nive,
impaziente. Non desiderava altro che un po’ di ombra e del verde.
-Concordo. Muoviamoci.- Simar diede
un leggero colpetto sul fianco di Nehir, precedendo gli altri
giù per il sentiero che li avrebbe condotti fuori dal canyon.
Si ritrovarono a camminare silenziosamente in mezzo agli alberi e alle rocce.
Nessuno fiatava, messo in
soggezione dall’atmosfera sospesa del luogo. Non si sentivano
richiami né rumori, sembrava che la vita, lì, fosse
cristallizzata.
Nehir e Blaking, viste le loro
dimensioni, dovevano prestare particolare attenzione: le escrescenze
minerali che ricoprivano un terzo delle piante erano appuntite come
lame di rasoi.
I cavalli camminavano rigidi, attenti a dove mettevano le zampe e con le orecchie all’erta.
Anche l’umore dei ragazzi non
era dei migliori, nonostante si trovassero fuori dall’afa del
canyon e in un ambiente relativamente piacevole.
Ma c’era qualcosa che non andava…
Scesero lentamente lungo un pendio
roccioso, attenti a non azzoppare le proprie cavalcature. Ognuno di
loro gettava sguardi inquieti tutt’attorno, tentando
d’individuare qualcosa. Non sapevano bene nemmeno loro cosa
stessero cercando, ma l’istinto li teneva in all’erta.
All’improvviso i tronchi resinosi e mineralizzati si diradarono, lasciando intravvedere un’enorme distesa di verde.
Si fermarono, stupiti, ed
osservarono quel pezzo di prateria che s’incuneava tra i rilievi
boschivi. E, per la prima volta da quando avevano messo piede nella
foresta, videro degli animali.
Un numeroso branco di
cavalli selvaggi stava pascolando tranquillamente l’erba,
indiscusso padrone di quel lembo di pianura. Lo stallone si teneva in
disparte, in un punto leggermente rialzato, pronto a dare
l’allarme in caso di pericolo.
-Ragazzi, ci sono degli Unicorni,
lì in mezzo!- fece Ethelyn, stupita. Gli altri aguzzarono la
vista ed individuarono i lunghi corni a spirale delle creature.
Erano meno di una decina e si
mimetizzavano senza problemi in mezzo agli altri destrieri. Era
insolito vederli al di fuori del riparo delle foreste, soprattutto di
giorno. Probabilmente in quel luogo si sentivano protetti.
-Potremmo provare ad attraversare… sembrano abbastanza tranquilli.- suggerì Drew.
-Non ne so molto di cavalli, ma
credo che il Fisàan e l’Ippogrifo li metterebbero in
allarme.- gli fece notare Nive, caustica come suo solito.
-Non se facciamo capire loro che siamo innocui.- ribattè guardandola storto.
Lei fece per ribattere, ma Blaking s’intromise. –Bambini, smettetela.
A quelle parole entrambi lo guardarono con tanto d’occhi ma, dopo un breve scambio di occhiate, rinunciarono alla disputa.
-Proviamo ad attraversare. Impiegheremo sicuramente meno tempo.- stabilì Simar. –Nehir, non mostrarti ostile.
“Sarò innocuo come un agnellino.”, assicurò il lupo.
Dato che mancava ancora un
bel po’ prima di raggiungere la mandria, Simar tentò di
mettersi in contatto con la madre.
Sentiva la sua mancanza e voleva
anche sapere come procedevano le cose a casa. Inoltre poteva ricevere
informazioni utili, dato che Dama Undine faceva da tramite al Cair.
Chiuse gli occhi, tentando di focalizzare il palazzo e la figura della madre.
Irrigidì la schiena e
rinsaldò la presa sul pelo della gorgiera di Nehir. Quello non
protestò, dandogli modo di concentrarsi.
All’improvviso sentì come una scossa e si ritrovò a contatto con un’altra presenza.
“Simar…? Sei tu?”, si sentì chiedere.
“Madre?”, fece, stupito.
Ci fu una pausa. “Non ci
credo! Sei riuscito a contattarmi! È meraviglioso!”,
rispose esaltata. Se la immaginò con gli occhi luccicanti
d’orgoglio e le mani che si agitavano per aria.
Si lasciò sfuggire un sorriso prima di confermare con un “Sì, madre, sono io.”
“Dove siete? È passato
tantissimo tempo da quando siete partiti. Ho saputo da mio padre che
avete incontrato Manannan e che state marciando verso Sud.”,
parlò velocemente, in apprensione.
“Piano, con calma!”, la fermò. “Vi racconterò tutto.”, aggiunse.
La Ninfa si ritenne soddisfatta e
lo pregò di iniziare il proprio racconto. E così Simar
passò la successiva mezz’ora a snocciolare tutto quello
che era successo al gruppo, incluso l’arrivo di Nive,
l’incontro con Csi e le trasformazioni di Drew.
“Deve allenarsi. Il suo potere è ancora acerbo.”, commentò alla fine del resoconto.
“Sì, madre, ne
è consapevole. Se dovesse aver bisogno d’aiuto sono certo
che lo chiederà.”, le disse, controllando distrattamente a
che punto del tragitto fossero arrivati.
Abbracciò con uno sguardo il cuneo verde e poi diede una pacca sul collo di Nehir, impegnato a fiutar l’aria.
“E Nive…? Credi che vi sarà d’aiuto?”, s’informò.
Sbuffò. “Per ora è brava a metter zizzania.”, fu costretto ad ammettere.
“Mhm… carattere difficile?”, ipotizzò Undine.
“Esattamente.”
La donna rise, divertita dal suo
tono di voce. “Be’, non si può dire che nel vostro
gruppo siate persone senza… spina dorsale.”,
commentò.
“Fortunatamente sto imparando a gestirmi…”, disse, più a se stesso che alla sua interlocutrice.
Ma sua madre si fece subito
guardinga e decise d’indagare. “Riesci a controllare la
rabbia?”, domandò, speranzosa.
Simar era sempre stato un figlio
diligente ed affettuoso, ma a volte perdeva le staffe infiammandosi
come l’alito di un drago. E diventava difficile averlo attorno,
se non lo si sapeva gestire.
“Ci sto lavorando. Ma, da
quando siamo partiti, non ho avuto scatti. Mi sembra quasi di essere
una persona nuova.”, si concesse una risatina a quelle parole.
Sperava solo che gli altri non lo prendessero per pazzo, vedendolo
ridere da solo.
“Bene, mi fa piacere. Tuo fratello mi ha chiesto di te, sai?”
Simar non fu troppo stupito della
cosa, in fondo erano gemelli. Anche se, con tutto quello che era
successo negli ultimi tempi, non aveva sentito la sua mancanza come
avrebbe dovuto. Era stato distratto… che fosse diventato
negligente nel coltivare i suoi affetti?
“E’ arrabbiato perché non mi sono fatto vivo?”, chiese.
“Precisamente. Ma sarà felice di sapere che lo saluti.”, rispose.
“Bene. Il Re come sta? E gli
altri?”, ora che ne aveva la possibilità, voleva sapere il
più possibile sulle persone con cui era cresciuto.
“Be’… ci stiamo
ancora riprendendo dall’attacco di quelle creature. Arun non ha
ancora trovato un nuovo compagno e la cosa mi preoccupa. Mentre
Tùrin si è ripreso egregiamente, per fortuna.”,
raccontò. “Tuo padre sta bene: è indaffarato come
sempre e gli manchi.”, aggiunse poco dopo.
“Bene, mi fa piacere. Per quanto riguarda i Cair…?”, domandò.
Sua madre fece per rispondere, ma
lui fu distratto da un movimento ai margini del suo campo visivo.
Nehir, sotto di lui, s’immobilizzò subito dopo, tendendo i
muscoli delle zampe.
“Madre, aspettate un
attimo.”, le disse. –Ragazzi… ho visto qualcosa.-
comunicò agli altri. Si voltò e li vide tutti quanti
ugualmente allarmati.
Anche loro dovevano aver visto quella figura scura.
Scandagliò le rocce
lì attorno, gli alberi con le loro strane escrescenze e poi la
prateria dinanzi a loro: sembrava tutto nella norma.
Poi, all’improvviso, un
segugio balzò fuori da un gruppo di arbusti, ringhiante. Il
cavallo di Nive nitrì, spaventato e scartò di lato.
-Raggiungiamo la piana, presto!-
ordinò Blaking, voltandosi e spalancando le ali con fare
minaccioso. –Vi copro, muovetevi!
Undine, percependo la paura nella mente del figlio, chiese “Simar, che succede?”
“Siamo sotto attacco. Mi dispiace, ma devo andare!”, si scusò.
“Dimmi dove siete!”, lo
pregò prima che fosse troppo tardi. Sarebbe stata
un’informazione utile per Fenris.
“Al confine con le terre del
Sud, nella foresta di pietra!”, e quello fu l’ultimo
pensiero che l’Elfo riuscì a condividere.
Non aveva le capacità per mantenere il contatto in una situazione del genere.
Quando tornò a voltarsi vide
Blaking fronteggiare alcuni di quei cani neri, che gli ringhiavano
contro rabbiosi. Drew, saldo sulla sua schiena, aveva in mano un
pugnale.
“Simar, ne arrivano altri.”, gli fece presente Nehir.
Lui allora si riscosse e si fece
portare dabbasso dall’amico, nel tentativo di guadagnare un
terreno più agevole per lo scontro.
-Ma da dove sono sbucati? E da quanto ci seguivano?- esclamò Ethelyn, azzardando un’occhiata alle proprie spalle.
I segugi si stavano riversando
giù dalle pendici, come un’orda nera. Tra di loro
c’era anche qualche grosso lupo.
-Pensa a raggiungere la pianura, le chiacchiere a dopo!- la rimproverò Nive, un po’ più avanti di lei.
Stavano spronando i cavalli a dare
il massimo, ma erano consapevoli che il terreno non li favoriva. Ormai
con le zampe tra i fili d’erba, Nehir le incitava con lo sguardo,
tenendo al contempo d’occhio la situazione.
-Forza!- urlò loro Simar, i pugnali gemelli sguainati e pronti ad affondare nella carne nemica.
I loro inseguitori erano ancora alle prese con la scalata, ma ben presto sarebbero arrivati anche sulla prateria.
Dietro di lui i cavalli stavano iniziando ad agitarsi, avendo percepito l’odore dei mastini nell’aria.
Improvvisamente Blaking li
superò tutti, balzando oltre uno sperone e planando verso il
basso. Nel saltare in aria lasciò la presa su due cani, che
piombarono al suolo con due tonfi sordi e lì giacquero.
Una volta atterrato, l’Ippogrifo si voltò ed esclamò:-Correte, sciocchi!
Senza farselo ripetere due volte,
Ethelyn e Nive si lasciarono alle spalle il pendio e spronarono le loro
cavalcature al galoppo. Nehir le imitò subito dopo,
affiancandole.
-Sta puntando dritto verso i cavalli!- urlò la Ferift.
Non capiva cosa volesse fare
Blaking, a parte far impazzire di paura gli animali. Ma quello non era
il momento delle domande e decise di affidarsi al compagno.
Penetrarono nella mandria come una lancia, mentre i destrieri si spostavano a destra e a sinistra, nitrendo spaventati.
Mentre erano profondamente all’interno del branco, qualcosa fece imbizzarrire tutti i cavalli, nessuno escluso.
Così il gruppo si
ritrovò attaccato su tutti i fronti, non potendo nemmeno
difendersi. In poco vennero separati e si persero di vista.
Si ritrovò a terra, imprigionato tra decine di zoccoli che calpestavano il terreno con la forza di mastici.
Si coprì la testa con le
braccia, tentando di proteggersi. Non riusciva a vedere nulla al di
fuori del terreno erboso e non sentiva altro che nitriti.
Non sapeva dov’era
né dove fossero i loro inseguitori. E, cosa ancor più
grave, non sapeva dove fosse Blaking.
Era stato sbalzato di sella da una giumenta pezzata, mentre l’amico veniva spintonato chissà dove.
Se lo immaginò a terra, le ali calpestate e sentì una stretta allo stomaco.
“Devo trovarlo. Devo trovare gli altri.”, si disse.
Lentamente, avendo cura di tenere
lontani i cavalli o quantomeno evitarli, Drew riuscì a
riguadagnare la posizione eretta. Una volta in piedi, però, la
situazione non si fece più chiara: vedeva solo criniere, occhi
sgranati e zampe che si agitavano.
Gli animali scattavano da una parte
all’altra, urtandosi e spintonandosi a terra, nell’unico
tentativo di fuggire. Ogni tanto si sentiva qualche ringhio ed il
nitrito di un animale ferito.
Improvvisamente un segugio
balzò sulla schiena di un morello, facendo sgroppare il
destriero. Il cane si ancorò con le unghie ma, subito dopo,
puntò il suo sguardo in quello del Nun.
I suoi occhi brillarono, pieni di una nuova consapevolezza, e saltò sulla groppa di una femmina vicina.
Drew prese a tastarsi
freneticamente, alla ricerca di un’arma da poter usare. Raggiunse
il pugnale che teneva al sicuro nello stivale e lo estrasse,
esattamente nel momento in cui la creatura gli piombava addosso.
Non ebbe nemmeno il tempo di
deviare traiettoria: si ritrovò con la gola squarciata dalla
lama. Guaì e cadde a terra, spaventando ulteriormente i cavalli,
già terrorizzati dall’incursione del gruppo di animali
ombra.
Il giovane si guardò
attorno, tentando d’identificare la sagoma nera
dell’Ippogrifo, ma vide solo corpi equini. –Blaking!-
tentò.
Stava per riprovare un’altra
volta quando venne scaraventato a terra. Scosse la testa, stordito,
prima di ricevere un pestone in pieno petto. Lo zoccolo infierì
sulle ultime due costole della parte sinistra, togliendogli il fiato e
lasciandolo boccheggiante.
Provò a guadagnare un
po’ di spazio, ma fu inutile. I cavalli continuavano a scattare
di lato oppure giravano sul posto, impennandosi.
Dovette rannicchiarsi a terra e sperare di non ricevere un altro colpo.
Si era ritrovata schiacciata tra i corpi di numerosi cavalli, impossibilitata ad avanzare.
L’avevano circondata, senza darle possibilità di fuga.
Non sapeva dove fossero finiti gli
altri né dove fossero i loro inseguitori. Si era alzata una
nuvola di polvere alta diversi metri e quello non favoriva certamente
la sua ricerca.
Provò ad
assottigliare gli occhi e scrutare nei dintorni quando,
all’improvviso, gli animali attorno a lei scattarono in tutte le
direzioni.
Volse freneticamente il capo da una
parte e dall’altra, provando a capire. La sua cavalcatura
nitrì, abbassando le orecchie.
Fece per rassicurarlo quando vide un lupo lanciato verso di lei. L’animale ringhiava, ostile ed era deciso ad atterrarla.
Nive si fece prendere dal
panico e tentò di estrarre l’arma che le aveva lasciato il
padre. le tremavano le mani e non riusciva ad aprire la bisaccia.
Con la coda dell’occhio
seguiva l’avanzata della creatura d’ombra, molto più
rapida di quanto ci si sarebbe aspettato da un animale di quella
taglia.
Quando mancavano pochi metri, il
lupo spiccò un balzo, le fauci puntate alla gola di Kieran. Il
morello lanciò un nitrito e si sollevò sulle zampe
posteriori, pronto a difendersi.
L’avversario deviò la
propria traiettoria per evitare gli zoccoli e finì sotto la
pancia del cavallo. Quello prese a pestare il terreno, tentando di
farlo uscire allo scoperto.
Durante quella strana danza
mortale la danzatrice fu costretta ad afferrare con forza le redini,
nel tentativo di non esser sbalzata di sella.
Improvvisamente il lupo
tentò di morderla, attaccando di lato. Lei si rifilò un
calcio sotto la mascella senza nemmeno pensare, facendolo uggiolare di
dolore. Mentre era a terra, stordito, Kieran s’impennò e
lo finì con un colpo alla testa.
Si ritrovarono ad ansimare,
entrambi spaventati e contenti di esser sopravvissuti
all’attacco. Tutt’attorno a loro la fuga disordinata della
mandria continuava.
Chinò il capo ed arricciò il labbro superiore, mostrando i denti.
Il suo avversario gli puntò contro il corno, raspando il terreno con lo zoccolo.
“Nehir, attento a quello che
fai.”, lo avvertì Simar, tenendo sotto controllo la
situazione con lo sguardo. I cavalli attorno a loro si muovevano
nervosi, ma avevano smesso di urtarsi. Assistevano al confronto,
sperando che l’enorme lupo venisse sconfitto.
Non c’era traccia dei
segugi, ma il principe li sentiva imperversare lungo la prateria, nel
tentativo di disperdere il resto della mandria e affondare le zanne nei
loro colli.
“Se vuoi dirmi di non
ucciderlo, sta bene. Ma non mi farò conficcare il suo rostro in
gola.”, la risposta del Fisàan lo distrasse.
-Certo che no…- mormorò perplesso. Non voleva mica che si facesse uccidere!
Nehir concentrò la propria
attenzione sull’unicorno dal manto grigio come il cielo
invernale, ben deciso a non farsi mettere i piedi (anzi, gli zoccoli)
in testa. Estrasse le unghie e saggiò il terreno sotto di
sé, per esser sicuro di avere abbastanza aderenza.
Emise un basso ringhio, iniziando a
muoversi lateralmente. Il suo contendente sembrò capire cosa
voleva fare e prese a muoversi nel verso contrario.
“Dobbiamo trovare gli altri,
risolvila in fretta!”, lo incitò l’Elfo. Gli
scoccò un’occhiataccia, infastidito.
Quando fece per spostare nuovamente
lo sguardo sul cavallo, un paio di segugi piombarono loro addosso.
Senza pensare Nehir si frappose fisicamente tra loro e Simar, salvando
così anche l’unicorno.
Venne morso all’altezza della
spalla, ma si liberò del cane con una possente zampata.
Sbilanciato, finì per rovinare al suolo.
Il principe fece appena in tempo a buttarsi a terra e rotolare via, evitando di rimanere schiacciato.
L’altro segugio tentò
di approfittare della situazione per avere la meglio sul grosso lupo,
ma si beccò un colpo in pieno muso e venne scaraventato lontano,
il cranio spaccato in due.
Simar fissò la
creatura incredulo, non credendo a quello che era appena successo.
L’animale non si era difeso perché attaccato, aveva scelto
di aiutare Nehir spontaneamente.
-Vedrai che ce la faremo, stai calmo.
Non sapeva da quanto tempo aveva innalzato la barriera, ma iniziava ad essere stanca ed Ebrio non accennava a calmarsi.
Gli stava accarezzando il collo,
tentando di rassicurarlo. Il problema era che i cavalli, spaventati dai
segugi, continuavano ad urtare la sua bolla di potere, facendola
tremare da capo a piedi. Sentiva quegli urti in modo fisico e
l’ansia del suo compagno non l’aiutava.
Dopo esser stati separati
dagli altri, Ebrio era stato investito dalla marea equina ed Ethelyn si
era ritrovata in mezzo a tantissimi cavalli lanciati a folle
velocità. Non molto lontano da lei un maschio era stato
attaccato, riportando una brutta ferita sul quarto posteriore destro.
Lentamente, creando una barriera
attorno a sé, era avanzata fino a dove era scomparso il suo
cavallo. L’aveva trovato col collo piegato verso il basso e la
zampa anteriore sollevata da terra.
Dato che non potevano allontanarsi velocemente dal pericolo, aveva deciso di aspettare che la mandria si disperdesse.
Ed ora eccola lì: stretta al
proprio cavallo e con gli occhi che si muovevano senza sosta, alla
ricerca di uno dei suoi compagni o dei nemici.
-Ebrio, tranquillo.- tentò ancora.
Ma il destriero strattonò
velocemente le briglie, obbligando il suo braccio ad un movimento
sbagliato. Avvertì l’articolazione della spalla uscire e
dovette trattenersi dall’urlare.
Fece per riafferrare le redini, quando un segugio le balzò addosso, attraversando la barriera di potere.
Finirono a terra, rotolando nell’erba calpestata.
Ethelyn incrociò le braccia
davanti al viso, tentando di tener lontana la bestia. Quella graffiava
ed ansimava, eccitata dalla caccia.
“I sai! Devo prendere uno dei
sai.”, si disse, allarmata. Se non lo avesse ucciso in fretta, si
sarebbe ritrovata con la gola squarciata.
I cavalli, tutt’attorno a
lei, non l’aiutavano per niente. Se prima erano spaventati, ora
erano letteralmente impazziti.
Improvvisamente strinse la mano
sull’impugnatura, la estrasse e la conficcò con un
movimento fluido nella trachea della creatura. L’animale
guaì e poi si accasciò su di lei.
Respirando con affanno si tolse il
cadavere di dosso e si rialzò il più velocemente
possibile. Ebrio non era fuggito, per fortuna.
Ma c’era qualcosa di strano.
Si guardò attorno e
notò che la mandria stava confluendo tutta in un punto, ad
esclusione di alcuni destrieri, rimasti nei paraggi.
Tentò di capire cosa stesse succedendo, ma era difficile.
-Drew, muoviti, salta su!- Blaking comparve improvvisamente al suo fianco.
Era completamente ricoperto di polvere e terriccio e aveva un taglio su una zampa ma, per il resto, sembrava stare bene.
Il ragazzo si alzò in piedi, stordito e lo fissò. –Cosa…?
Senza un’altra parola, l’Ippogrifo se lo caricò in spalla, girò su se stesso e si mise a correre.
Drew si guardò intorno e non capì perché la mandria di cavalli fosse davanti a loro, nuovamente compatta.
Sentiva il rumore di zoccoli
forte come un tamburo e i guaiti dei segugi. Più avanti vide
Nehir e Simar e alla sua destra Nive. Di Ethelyn non c’era
traccia.
Si raddrizzò sulla groppa del pennuto. –D-dov’è Ethelyn?- chiese, spaventato.
-E’ protetta. Non ti preoccupare.- gli disse, continuando a galoppare lungo la prateria.
-Cosa sta succedendo?
Blaking lo guardò con un suo
penetrante occhio azzurro. –Gli Unicorni stanno guidando la
mandria e stanno scacciando i segugi.- spiegò, sorridente.
Il Nun si accigliò, stupito
e tentò di vedere da sé quello che gli aveva raccontato
l’amico. Si fece solecchio e si concentrò sui cavalli.
Vide delle figure scure
correre a più non posso, le zampe che quasi non toccavano terra.
Sentiva i nitriti e ogni tanto dei latrati. Improvvisamente il corpo di
un segugio venne scaraventato in aria, per poi ricadere a terra e
sparire. Alcuni destrieri sgropparono, mentre altri
s’impennarono, lanciando potenti nitriti.
Vide il rostro di un baio sporco di sangue fino a metà della sua lunghezza, segno che era stato usato come arma.
L’inseguimento continuò per altri dieci minuti e solo pochi dei loro avversari riuscirono a darsi alla fuga.
Sparsi sull’erba giacevano i
cadaveri delle creature uccise. Moltissime macchie cremisi
punteggiavano la prateria, assieme ad altre cosparse di polvere
luminosa.
Improvvisamente Blaking
rallentò, fino a fermarsi. Attese che il principe lo
raggiungesse e poco dopo andarono da Nive e Kieran.
-Tutto a posto?- le chiesero.
Lei prese fiato e poi annuì.
I capelli stravolti e il corpo pieno di polvere erano un prezzo equo
per la propria vita, di questo ne era certa.
-Dov’è la rossa?- chiese poi.
-Credo che sia laggiù.- ammise Simar, indicando un gruppetto di sei cavalli.
Senza bisogno di dirsi altro puntarono in quella direzione.
Quando la raggiunsero, Ethelyn era
confusa e chiedeva cosa fosse successo. Ebrio, accanto a lei,
continuava a tenere la zampa sollevata.
-Ti spiegheremo tutto dopo. Tu stai bene?- le disse Drew.
Lei si passò una mano sul
viso. –Io sì. Ebrio no: credo si sia strappato un muscolo
o qualcosa del genere.- ammise, voltandosi verso il compagno.
-Non ti preoccupare. Togliamoci da
qui e cerchiamo un posto per accamparci: vedrò di aiutarlo.- la
rassicurò Simar.
-D’accordo.
Quello che credevano sarebbe
stato un percorso lungo e portato avanti alla cieca, si rivelò
invece tutt’altro.
Senza averlo chiesto si ritrovarono
scortati dall’intera mandria, capeggiata dagli Unicorni. Gli
animali li affiancarono, facendo loro scudo coi propri corpi.
Il ragazzi tentarono di protestare,
ma gli animali serrarono i ranghi e presero a dar loro colpetti col
muso. Rassegnati, si fecero guidare lungo un percorso ripido, ma
abbastanza agevole.
S’inoltrarono ancora una volta tra gli alberi di pietra e salirono di quota.
Ad un certo punto, davanti a loro
comparvero alcune formazioni minerali dalla strana forma ad arco. Le
fissarono perplessi, fermandosi. Sembrava che quella zona ne fosse
piena e, tutto sommato, aveva il suo fascino: le conifere
dall’alto fusto si alternavano a sempreverdi
-Ragazzi, avverto una strana vibrazione di potere.- disse loro Blaking.
Ebbe appena il tempo d’aprire
il becco, che furono spinti oltre una di quelle conformazioni. Quando
si voltarono si ritrovarono davanti un ponte di roccia
dall’aspetto molto fragile: era così arcuato che aveva la
forma di una semisfera, completata dal suo riflesso nell’acqua
sottostante.
-Un fiume?- fece Nive, stupita.
-E là c’è del fumo!- indicò Ethelyn, puntando lo sguardo al cielo.
Si scambiarono occhiate perplesse. –Forse siamo vicini ad un villaggio.- ipotizzò Simar.
-Andiamo a vedere.
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Capitolo 36 *** Cap. 35 Il Sacerdote Elementale ***
Cap. 35 Il Sacerdote Elementale
Scusate l'incostanza degli aggiornamenti, ma quest'anno proprio non riesco a fare diversamente: l'ispirazione va e viene :S
Comunque, in questo capitolo ritroviamo alcuni personaggi già
visti. Ovviamente ci sarà il solito finale di capitolo in
sospeso, dato che mi piace torturarvi :P
Buona lettura!
Cap. 35 Il Sacerdote Elementale
Il villaggio, che a prima vista era sembrato molto vicino, si rivelò invece piuttosto distante.
Dopo aver attraversato il ponte (non senza qualche timore), il gruppo
proseguì lungo la via. Ogni tanto qualcuno di loro si voltava
indietro, cercando di vedere la mandria, ma i cavalli sembravano
spariti.
-Ma dove sono finiti?- chiese Drew, dopo essersi voltato per l’ennesima volta.
-Abbiamo attraversato una barriera. Loro sono rimasti dall’altro
lato.- spiegò Blaking, gli occhi attenti ad ogni minimo
movimento.
-Hai una vaga idea di cosa troveremo?- Simar si affiancò ai due.
L’Ippogrifo dovette scuotere il capo. –No, ma continuo a sentire una vibrazione molto intensa.- ammise.
Il principe annuì, scrutando pensieroso l’orizzonte. Si
vedevano ancora i riccioli di fumo che avevano segnalato loro la
presenza del villaggio, ma gli alberi coprivano tutto il resto,
compresi i tetti delle abitazioni.
-Simar… penso che dovremo fermarci. Ebrio non ce la fa più.- la voce di Ethelyn li colse tutti di sorpresa.
Il ragazzo dai capelli d’argento voltò di scatto la testa
ed arrossì leggermente. –Scusami, mi era passato di mente!
Fammi vedere se posso esser d’aiuto.- smontò dalla schiena
di Nehir e la raggiunse.
Si fermarono in mezzo al sentiero, senza curarsi di appartarsi. Il
giovane Elfo s’inginocchiò e fece scorrere le mani lungo
la zampa del cavallo, tastando con cura tutti i muscoli.
Alla fine alzò gli occhi sulla Ferift e le sorrise.
–Niente di rotto. Dammi qualche minuto e tornerà come
nuovo.- la rassicurò.
-Simar… non è che potresti mettere a posto pure me?- chiese Drew, buttandola sul ridere.
Il suo interlocutore si voltò e lo fissò perplesso. –Certo. Sei ferito?
Il Nun esitò un attimo e poi disse:-Posso aspettare. Meglio farlo quando avremo trovato un posto per sistemarci.
-Sicuro?
Annuì, sollevando un angolo della bocca.
Dopo quella breve sosta ripartirono, puntando dritti verso un fitto assembramento di conifere.
-Drew… sei ferito?- gli chiese Blaking in un sussurro. Il
ragazzo quasi sobbalzò all’udire la sua voce: non se
l’aspettava.
-Ehm… no. Cioè, non è grave. Non sanguino.-
rispose. L’amico gli lanciò un’occhiata penetrante,
cercando di capire se stesse dicendo la verità o meno.
–Non sto facendo l’eroe.- assicurò.
-Ok. Comunque anche io avrei bisogno di un controllo.- replicò. –Mi fa male un’ala.
Drew fece una smorfia, cercando di trattenersi dal ridere. –E pensare che mi stavi per fare la predica.
Il pennuto ridacchiò e gli fece prendere un piccolo spavento
sgroppando lievemente. Dietro di loro, Ethelyn scoppiò a ridere,
divertita mentre Nive roteò gli occhi, considerandoli due
bambini.
Sicuramente non c’era carenza di punti di vista, in quel gruppo.
***
Dopo essere stato obbligato ad infilarsi nel tunnel, aveva corso senza mai voltarsi indietro.
Sentiva le lacrime premere per uscire
e la rabbia impadronirsi del suo corpo. Ma sapeva che, qualsiasi cosa
avesse deciso di fare, non doveva assolutamente tornare indietro.
Quando era uscito si era ritrovato sotto la luce del sole, calda ed intensa come poteva esserlo nelle estati del Sud.
Si fece solecchio con la mano
ed individuò il punto migliore per attraversare. Cretos era
un’isola, la maggiore del Regno del Nibbio, ma non era
così distante dalla costa.
E lui era un nuotatore provetto.
Si tuffò in acqua senza pensarci due volte e si mise a nuotare il più velocemente possibile verso terra.
Si issò sulla riva e si
voltò a guardare nella direzione da cui era venuto: acre fumo
nero si levava da quella che, fino a poche ore prima, era la sua casa.
Sua e della sua famiglia.
“Stanno bruciando i corpi.”, pensò con rabbia, serrando i pugni così forte da far sbiancare le nocche.
Rimase lì immobile per
un tempo lunghissimo, fino a quando non vide i cancelli aprirsi ed
uscirne dei cavalli. Si acquattò dietro alcuni scogli,
attendendo che la via fosse libera. Quando vide passare il manipolo di
cavalieri, individuò senza problemi Ghilen: la sua posa ritta e
baldanzosa era inconfondibile.
Scorse anche il nuovo bastone che
portava legato dietro la schiena, in particolare la scultura di
drago che vi si attorcigliava attorno.
“Allora sei diventato veramente
uno di loro.”, digrignò i denti. Se non fosse stata
un’impresa suicida, sarebbe balzato fuori e l’avrebbe
ucciso. Non affrontato, semplicemente ucciso.
Tenne gli occhi incollati sulla schiena del fratello fino a quando quello non sparì dalla sua vista.
La rabbia che provava sembrò
svanire con la sua persona e Roving si ritrovò a fissare la
roccia dietro cui era nascosto, attonito.
Si sentiva vuoto e non aveva nemmeno più la forza di piangere.
Era l’unico dei Kite rimasto ancora in vita. Cos’avrebbe fatto, da quel momento in avanti?
Si sedette lentamente a terra ed affondò le mani nella sabbia, osservandola poi scivolargli tra le dita.
Perse la cognizione del tempo,
lasciando vagare i pensieri come cavalli selvaggi. Quando
ritornò presente a se stesso i suoi abiti si erano asciugati,
indurendosi a causa del sale.
Si passò le mani sul viso e chiuse gli occhi, inspirando a fondo.
Sapeva cosa doveva fare, il suo cuore
era arrivato alla conclusione molto prima del suo cervello. Non aveva
paura a mettere in atto il proprio piano, ma temeva ci sarebbe voluto
del tempo.
“Poco importa: prima o poi otterrò la mia vendetta.”, pensò, deciso.
Avrebbe vendicato suo padre, suo nonno ed i suoi fratelli. Tutte le guardie uccise.
Se stesso.
Si alzò, stando attento a non far grattare gli abiti contro la pelle.
Per prima cosa avrebbe dovuto lavarsi
nell’acqua del primo torrente che avesse trovato e poi si sarebbe
diretto verso Meridie, la grande e prosperosa capitale delle Terre del
Sud.
Non aveva molto, con sé, ma se lo sarebbe fatto bastare e avrebbe barattato qualcosa nei villaggi.
Lasciò vagare lo sguardo per un po’, osservando l’orizzonte.
-E’ troppo lunga fino al delta
del Volnos, dovrò tagliare per la catena delle Sand Rocks.-
valutò. L’idea non lo entusiasmava particolarmente, ma
quelle montagne costituivano una scorciatoia per la sua meta.
Era la prima volta che si trovava a
dover far fronte ad una situazione del genere, ma confidava nelle
conoscenze che gli aveva dato suo nonno.
Sfiorò l’intrico di fili
del suo orecchino ed accarezzò delicatamente le due piume di
nibbio alla base per farsi coraggio.
-Sto arrivando, Ghilen.- sussurrò e si mise in marcia.
***
Improvvisamente il sentiero si aprì davanti a loro e si ritrovarono ad osservare un grande lago cristallino.
Sulle sue rive sorgeva un villaggio, costituito di case di legno e
pietra. Gli abitanti appartenevano per lo più alla razza degli
Elfi, ma c’erano anche alcuni Doslor.
Il loro arrivo sembrava dover passare inosservato, dato che le
poche donne presenti erano impegnate a conciare pelli di animali per
l’inverno. Gli uomini non erano in vista: probabilmente erano
fuori a caccia.
Era chiaro che quella comunità non viveva di commercio,
nonostante sembrasse godere di una buona stabilità economica.
Si ritrovarono tutti allineati alla fine del sentiero, indecisi su cosa
fare. Si scambiarono degli sguardi nervosi, lanciando al contempo
occhiate al villaggio.
-Proviamo ad uscire allo scoperto…- propose Simar, ma non sembrava convinto nemmeno lui.
L’arduo compito di rivelarsi agli abitanti fu risparmiato loro da
un uomo, che arrivò di gran lena giù da una piccola
altura.
Aveva i capelli di fiamma, di una tonalità più scura di
quelli di Ethelyn e non sembrava avere intenzioni pacifiche.
Raggiunse in fretta la base del percorso sterrato e sollevò una
mano. Al suo arrivo tutti i presenti balzarono in piedi, in allarme.
Il gruppo si agitò, non aspettandosi di essere nuovamente sotto attacco.
-Ritiriamoci!- fece appena in tempo a dire Blaking.
I cavalli delle ragazze nitrirono, spaventati e poco dopo si ritrovarono intrappolati tra due barriere di potere.
Al loro interno vorticavano scintille di tutti gli elementi e, al
contempo, sembravano composte dal nulla. L’unica cosa certa era
che non avevano le capacità per infrangerle.
-Chi siete e perché portate sventura su di noi?- li
apostrofò il nuovo arrivato. Simar si voltò a guardarlo e
rimase stupito nel vedere la tunica che indossava e, in particolare, il
medaglione che portava al collo.
-Perché ci accusate di essere portatori di sventura?- chiese
Drew, impermalito. Non avevano fatto del male a nessuno e, soprattutto,
non facevano parte dell’esercito dei cattivi. Quindi
perché incolparli per cose di cui non erano responsabili?
Il nuovo venuto lo inchiodò con uno sguardo di giada. –Un Nun…- mormorò, stupito.
-Non abbiamo cattive intenzioni. E sicuramente non portiamo sventura.- tentò di mediare Blaking.
-Sicuramente un Ippogrifo tutto nero non è segno di buon auspicio.- replicò quello.
-Quanta superstizione!- sbottò Nive, infastidita dal suo tono.
L’Elfo spostò lo sguardo su di lei e, ancora una volta,
aggrottò le sopracciglia, stupito e confuso. –Chi siete?-
chiese allora.
-Non siamo nemici. Spiegheremo tutto, ma prima vorremmo riavere libertà di movimento.- intervenne Simar, conciliante.
Il loro interlocutore li osservò attentamente, valutando il loro
aspetto ed i loro bagagli. Non gli sfuggirono anche le piccole ferite
che avevano quasi tutti.
Nel complesso, però, non sembravano appartenere alle creature d’ombra.
-E sia. Scusate la mia scortesia.- disse e le barriere si dissolsero.
-Grazie.- disse il principe, a nome di tutti. Non si erano mai
accordati su chi dovesse parlare “in pubblico”, ma lui e
Blaking sembravano a proprio agio in quelle situazioni.
Mentre parlavano, le donne ed i bambini si erano avvicinati per capire
cosa stesse succedendo. Ora molte paia di occhi li fissavano, curiosi e
anche un po’ circospetti.
-Scusate la brusca accoglienza…- aggiunse ancora l’uomo
coi capelli di fiamma. Il suo registro si era fatto improvvisamente
più colloquiale. –Benvenuti nel villaggio di Lumiria.-
concluse.
Ancora una volta i ragazzi ringraziarono.
-Se volete seguirmi, mi piacerebbe molto sapere cosa vi ha portati
qui.- disse, accennando un sorriso per sembrare più affabile.
Si voltò e fece loro strada attraverso le abitazioni. Gli
abitanti li seguirono con lo sguardo, mentre i bambini li
accompagnarono saltellando.
L’uomo li condusse fino alle sponde del lago, davanti ad un altare di pietra dalla foggia particolare.
Simar osservò l’oggetto, perplesso. Aveva una strana
sensazione, come se avesse dovuto essere a conoscenza del suo
significato, ma non riusciva ad afferrare il ricordo che
l’avrebbe portato alla soluzione.
“A cosa stai pensando?”, gli chiese Nehir, notando il suo strano comportamento.
“A qualcosa che dovrei ricordare, ma invece mi sfugge.”, ammise.
-Il mio nome è Orphen, sono il capo di questo villaggio.- si presentò finalmente il nuovo venuto.
A turno, i presenti pronunciarono i propri nomi ed i luoghi di provenienza.
-Prima di sederci a parlare, vorrei sapere se avete bisogno di cure.- chiese, scrutandoli.
-Simar può prendersi cura di noi.- rispose Blaking, dopo aver scambiato una rapida occhiata con Drew.
-Hai sviluppato il potere curativo?- fece Orphen, curioso. Era da
tantissimo tempo che non incontrava dei forestieri e la cosa
l’aveva messo in agitazione, ma anche incuriosito.
Aveva sempre desiderato viaggiare per Suran, ma i suoi doveri di Sacerdote Elementale gliel’avevano impedito.
-Sì, ma non sono un curatore.- spiegò il giovane.
-Volete che me ne occupi io?- si offrì allora.
Senza sapere bene perché, Simar si sentì offeso dalla
proposta. –No, grazie. Posso farcela.- rispose, nel tono
più cortese che riuscì a tirar fuori.
L’altro alzò le mani in segno di resa. –Procedi pure, allora.
Senza farselo ripetere due volte, s’avvicinò a Drew ed
attese che lui gli mostrasse le sue ferite. Quando si tolse il
giustacuore di cuoio e sollevò la casacca, dovette trattenere
una smorfia di dolore.
-E’ tanto grave?- chiese, preoccupato. Con la coda dell’occhio vide Ethelyn trattenere il fiato, preoccupata.
Il principe s’avvicinò e tastò l’area attorno
al livido. –No… non hai costole incrinate né rotte.
Sei stato fortunato.- gli disse. Appoggiò le mani sopra
l’impronta dello zoccolo e lasciò che da esse si
sprigionasse la familiare luce dorata.
I tratti del viso del Nun si rilassarono gradualmente, mentre il livido spariva.
-Ok. A chi tocca, ora?
Non ci volle molto tempo per curare le ferite, ma Simar lo fece il più lentamente possibile.
L’offerta di Orphen l’aveva infastidito, perché si
era sentito stupidamente minacciato nel suo ruolo di curatore del
gruppo.
Sapeva che al mondo esistevano persone più dotate e
capaci, ma era a lui che si erano affidati sin da quando erano partiti.
Avere quel ruolo gli dava un posto ben preciso all’interno della
compagnia, ancora più definito di quello che aveva a palazzo.
La cosa lo faceva sentire bene, lo faceva sentire utile. E mai e poi mai vi avrebbe rinunciato.
Quando ebbe finito si rivolse all’Elfo e disse:-Siamo pronti.
-Bene, allora potere seguirmi.
Orphen si voltò verso il lago e ne percorse una parte, fino ad
arrivare ad un sentiero di rocce piatte che sfioravano il pelo
dell’acqua.
Blaking si bloccò, stupito. “Ho già visto questo posto!”, pensò.
-Che succede?- chiese Drew, perplesso.
-Questo sentiero… non ti ricorda niente?- gli disse a voce
bassa. Il ragazzo sollevò la testa ed osservò
attentamente quello che aveva davanti a sé. Poi, dopo qualche
attimo di silenzio, annuì con forza.
-Ragazzi, ma…- Ethelyn li raggiunse, stupita al pari loro.
I due si voltarono a guardarla. –Sì. Ci assomiglia e sento
una grande energia provenire dal lago.- rispose il pennuto.
-Tutto ok?- chiese il loro ospite, voltandosi a guardarli. Li aveva
sentiti bisbigliare e aveva capito che quel sentiero risultava loro
familiare.
Quando si erano approssimati al villaggio, aveva percepito i propri
poteri formicolargli lungo le braccia, agitati da una strana presenza.
Non sapeva cosa potesse essere, ma risultava simile a quella che
percepiva nel lago da quando Kiraliaji vi era stata sepolta.
Senza dar loro l’impressione di aver origliato, li condusse con
passo sostenuto verso il centro, dove li aspettava un’isola
abbastanza grande. Su di essa cresceva un meraviglioso albero dalle
foglie d’argento, il cui tronco nodoso di avvitava verso
l’alto.
-Che posto è questo?- domandò Nive, guardandosi attorno.
-Non so dirvelo, di preciso.- dovette ammettere l’Elfo.
–Quest’isola è comparsa dal nulla quasi dieci anni
fa.
-Comparsa dal nulla?- ripetè Ethelyn, confusa. Ricordava
perfettamente lo specchio d’acqua a cui li aveva condotti
Blaking: quello era il suo luogo di potere, dov’era rimasto
assopito per lungo tempo.
Quel posto sembrava essere esattamente la stessa cosa.
-Esattamente.- le concesse un rapido sorriso. –Ma ora parliamo
d’altro: come siete arrivati fin qui? Il villaggio è
protetto.
-Sono stati gli Unicorni.- disse Blaking.
A quelle parole Orphen spalancò gli occhi. –Gli Unicorni? Cosa significa?
-E’ una storia abbastanza lunga. Ma prima di raccontarla,
dobbiamo sapere se in questo posto combattete le creature
d’ombra.- Simar prese la parola.
Puntò i suoi occhi oltremare in quelli verdi dell’altro e
rimasero a scrutarsi per un tempo che sembrò infinito. Tra i due
c’era una sorta di antipatia naturale, nonostante non si
conoscessero che da pochi minuti.
-Non le combattiamo direttamente perché la barriera ci protegge, ma non siamo loro alleati.- rispose infine.
-Bene. Adesso possiamo iniziare a raccontare.
Parlarono a lungo ed Orphen fece loro molte domande, cercando di estrapolare più informazioni possibili.
Essere protetti dalla barriera significava anche essere tagliati fuori
dal mondo e negli ultimi dieci anni erano cambiate un sacco di cose.
Era sorta quella nuova minaccia e lui non era riuscito a capire
perché.
Non aveva poteri divinatori, ma gli era stato insegnato ad
entrare in comunione con tutte le forze della natura: nonostante questo
non aveva avuto sentore dei guai ad Ovest.
-Vivere qui, lontano dal resto del mondo, non ci ha fatto sicuramente
bene. Ci stiamo fossilizzando, mi sto fossilizzando.- ammise,
portandosi una mano sugli occhi.
-Puoi darci una mano, se vuoi. Un aiuto in più è sempre gradito.- gli disse Ethelyn, incoraggiante.
-E come?- chiese, ironico.
-Be’… a giudicare da come sei vestito e dall’amuleto
che porti al collo, devi essere un sacerdote di qualche tipo.-
considerò.
A quelle parole, il ricordo che Simar aveva cercato di afferrare con
tanta fatica tornò prepotentemente a galla. Spalancò la
bocca e poi puntò lo sguardo sull’Elfo davanti a lui.
quello sembrò accorgersene, ma non disse nulla.
-Tu… tu sei un Sacerdote Elementale!- esclamò, stupito.
“Come lo sa?”, si chiese Orphen. –Io… come lo sai?- domandò, dando voce ai propri pensieri.
-Mia madre. Lei mi ha fatto studiare tutta la storia antica di Suran. E
in quei libri parlavano di voi, dei Sacerdoti Elementali!-
spiegò, eccitato. Non credeva ne esistessero ancora in carica: a
quanto ne sapeva gli ultimi si erano ritirati da tempo, sparendo da
qualche parte. –Ecco perché il tuo abbigliamento mi
risultava familiare…
-Be’, sono colpito. Che genere di donna è, tua madre, per
averti dato un’educazione del genere?- domandò.
Simar lanciò un’occhiata a Nehir e Orphen sembrò
notare solo in quel momento il grosso lupo. Balzò in piedi,
portandosi una mano ai capelli. –Voi siete… oh! Sì,
che stupido!
Lo videro agitarsi e poi ruotare su se stesso, alla ricerca di
qualcosa. Alla fine si portò due dita alla bocca e
fischiò.
Tutti i presenti puntarono gli occhi al cielo, in attesa.
Poco dopo ecco che un piccolo oggetto attraversò le nubi che si
erano addensate sul villaggio. Puntò a grande velocità
verso di loro, ingrandendosi sempre di più e rivelando di essere
un’aquila.
Orphen stese il braccio davanti a sé per offrirle un appoggio.
Il grande rapace spalancò le ali per rallentare la discesa e,
con molta delicatezza, chiuse le zampe uncinate attorno al polso
dell’uomo. Aveva un bel piumaggio bruno e la testa aveva una
sfumatura dorata.
-Sono loro?- chiese l’Elfo, rivolgendosi direttamente
all’animale. Quello girò la testa, fissando il gruppo coi
suoi grandi occhi d’ambra e poi emise un verso stridulo, tornando
a guardare verso l’uomo. I due si scrutarono per qualche istante
e poi il pennuto volò via.
-Parli con gli animali?- domandò Drew, osservando l’aquila allontanarsi con lenti battiti d’ali.
-No, non proprio. Riesco a vedere i loro ricordi… quasi come una
storia visiva.- cercò di spiegarsi. Quella era una delle
capacità che aveva acquisito con l’addestramento. Non
l’aveva mai usata su altri animali al di fuori del suo amico
rapace.
-Cosa ti ha mostrato?- volle sapere Ethelyn, affascinata. Al di
là dell’insolito colore dei capelli, molto simile al suo,
quell’uomo la incuriosiva. Sembrava serbare molta conoscenza in
sé, ma anche un profondo dolore.
Orphen la guardò. –Voi. Il vostro gruppo. Mi aveva
avvertito qualche giorno fa: credo vi abbia rintracciati nel canyon.-
spiegò.
-Quindi sapevi del nostro arrivo?- domandò Blaking.
Scosse la testa. –No, solo della vostra presenza. Speravo sareste
passati oltre.- ammise. –Non voglio guai e voi ne sembrate
portare anche troppi.
-Se non ci vuoi qui basta dirlo.- commentò Nive. Non interveniva
spesso, preferendo lasciar parlare gli altri, ma quando lo faceva
sembrava che sputasse veleno.
Parlare civilmente con le persone non sembrava essere il suo punto forte, come del resto collaborare coi membri del suo gruppo.
La sua uscita le costò un’occhiataccia da parte di Simar
ed uno sguardo molto più calmo, ma raggelante da parte di Nehir.
-Sei un bel peperino, signorina.- la prese in giro Orphen. Al che lei
gli scoccò un’occhiata truce ed incrociò le braccia
sotto al seno, facendolo ridacchiare.
-Possiamo rimanere almeno per la notte?- Blaking attirò
nuovamente la sua attenzione. –Non vuoi guai, d’accordo. Ma
ci farebbe comodo riposarci un po’, in tutta tranquillità.
L’Elfo sembrò pensarci su, ma alla fine annuì. –D’accordo.
Se avevano pensato di essere stati al centro
dell’attenzione quel pomeriggio, dovettero ricredersi. Alla sera,
quando i cacciatori riemersero dalla foresta circostante, la
curiosità salì alle stelle.
Per gli abitanti era una novità avere ospiti che venivano dal mondo esterno ed erano avidi di notizie.
Alcuni degli uomini presero da parte Drew e Simar e si misero a
parlare con loro delle migliori difese in caso di attacco. Ad un certo
punto ci furono anche proposte per alcuni scontri puramente ludici.
Nive era stata assediata dalle donne e ben presto si era ritrovata a
ballare davanti al fuoco. Non sembrava troppo dispiaciuta della cosa,
soprattutto perché, dopo tutti quei cambiamenti, danzare le
risultava ancora molto naturale.
Molti dei presenti presero a battere le mani, tenendo il ritmo e
qualcuno fece comparire degli strumenti musicali. Così
accompagnato, lo Spirito ritrovò il sorriso.
Ethelyn osservava tutto con interesse, le fiamme riflesse negli occhi.
Non aveva mai partecipato a nulla del genere e per lei era tutto nuovo,
quasi irreale. Avrebbe tanto voluto ballare a sua volta oppure
partecipare alla discussione sulle tecniche di combattimento, ma
nessuno glielo aveva chiesto.
Quindi si limitava a godersi l’atmosfera rilassata e stranamente festosa che si respirava attorno al falò.
“E pensare che questa mattina abbiamo rischiato la pelle.”,
considerò, seguendo con gli occhi Nehir. Il Fisàan era
stato preso d’assalto dai bambini, impressionati e al tempo
stesso incuriositi dalla sua forma notturna.
In principio lui ne era stato infastidito, ma poi si era accovacciato e
li aveva lasciati fare. In poco si era ritrovato sommerso da tanti
corpicini e, in quel momento, la sua espressione era davvero comica.
La Ferift scoppiò a ridere, tappandosi immediatamente la bocca per non farsi scoprire.
-Come mai tutta sola?
La voce di Orphen la fece sobbalzare e per poco non si morse la lingua. Si ritrasse e lo guardò, stupita.
-Scusami.- disse lui, notando l’espressione dei suoi occhi.
-Mi hai colta di sorpresa.- ammise lei, imbarazzata. Si era spaventata
tanto perché era assorta nei propri pensieri, proprio come
quando si trovava ancora nella grotta.
-Come mai non ti unisci agli altri?- le chiese, sedendosi sul tronco su cui stava appollaiata la giovane.
Fece spallucce. –Non ho mai assistito ad una… festa di
paese, sì. E volevo capire com’è.- tentò di
spiegare. Non voleva rivelare ad uno sconosciuto il proprio passato,
quindi aveva pensato che quella risposta fosse un buon compromesso.
-Capisco. In effetti è un po’ che non si faceva festa, qui
a Lumiria.- considerò. –I miei compaesani sono contenti
del vostro arrivo: portate notizie fresche.
Lei allora si voltò a guardarlo. –Come mai vivete segregati in questo luogo?
-Non siamo segregati. Rispettiamo le nostre tradizioni.-
replicò. –Anche se molto spesso penso che tutto ciò
sia assurdo, dato che quelle tradizioni ormai sono morte.
La rossa si fece perplessa. –Che tipo di tradizioni?- domandò.
Orphen si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli ancora
di più di quanto già non fossero.
–Be’… Lumiria ha dato i natali a tutti i Sacerdoti
Elementali.- iniziò. –Oggi il villaggio si è molto
ridotto, ma un tempo era più grande. Ogni anno arrivavano nuovi
adepti… almeno, questo è quello che riportano i libri.-
continuò.
Nive passò loro accanto, vorticando sui piedi scalzi.
-Per adepti intendi candidati al ruolo di Sacerdoti?- chiese. Lei non
sapeva niente della loro storia ma, a giudicare dalla reazione di
Simar, dovevano essere stati molto importanti in un’epoca
passata. Dato che era molto curiosa di natura e riteneva che valesse la
pena apprendere anche la più piccola nozione, stava
approfittando della disponibilità del loro ospite per capirci
qualcosa.
Orphen annuì. –Sì, esattamente. Gli anziani
addestravano i giovani, in un ciclo completo che si ripeteva ogni anno.
L’addestramento, per noi Sacerdoti, inizia al compimento di otto
anni e dura fino ai diciotto.- continuò con la propria
spiegazione, portando alla memoria vecchi ricordi.
-Dev’essere dura: dieci anni sono lunghi.- considerò lei, abbassando lo sguardo sui propri piedi.
-Sì, lo sono.- confermò.
Non sapendo cosa dire, la ragazza preferì restare in silenzio.
Lo sbirciò di nascosto e poi cercò con lo sguardo Drew,
trovandolo ancora impegnato con gli uomini del villaggio. Nehir era
riuscito a liberarsi e si era rifugiato sul tetto di
un’abitazione, ormai al limite di sopportazione.
Non aveva un carattere esageratamente espansivo, ma era un compagno di
viaggio eccezionale e lei era contenta che avesse seguito Simar.
-Quel lupo…- l’Elfo fece un cenno nella direzione della
figura spettrale. –Viene dalla foresta del Mentore, giusto?
Ethelyn tornò a guardarlo. –Sì. Fa parte del branco
che aiuta gli Ulver.- rispose, stupita del fatto che lui sapesse.
-Quindi Simar è il figlio della coppia reale?
Aveva studiato molto nei suoi dieci anni di addestramento, forse
troppo: molte nozioni erano sepolte nella sua mente ma, in caso di
bisogno, erano pronte a tornare in superficie. In quel frangente si era
ritrovato a dover rispolverare conoscenze sui quattro angoli di Suran e
sui suoi popoli.
Era insolito, per non dire impossibile, trovare un gruppo così
eterogeneo: ogni appartenente faceva parte di una realtà e di
una razza diverse.
-Conosci Dama Undine e Sir Holean?- domandò Ethelyn.
Orphen si riscosse. –Sì, non personalmente ma sì.-
rispose, fissandola dritto negli occhi. Se Kiraliaji fosse stata ancora
con lui, avrebbe avuto più o meno l’età di quella
Ferift. E forse anche un aspetto simile, considerati gli strani boccoli
ramati della giovane.
-Simar è figlio loro. Uno dei due figli.- concluse.
Senza poterselo impedire, si ritrovò a ridacchiare. –Niente è come sembra, nel vostro gruppo.
-No, pare di no.- ammise la rossa. –Tornando al discorso di prima: cosa fa di preciso un Sacerdote?
-E io che credevo di averti depistata.- commentò, tornando
serio. –Be’, un tempo molte cose. Ora mi limito a
proteggere il villaggio.
-Perché? Sei rimasto l’unico?- fece, sorpresa. Il suo interlocutore annuì. –Oh.
Lui ignorò quell’ultima espressione. –In ogni caso,
un tempo noi Sacerdoti Elementali eravamo i consiglieri e i sacerdoti
dei Cairansis.- concluse.
-E cosa significa?
-Che avevamo un ruolo attivo nelle vicende di Suran.- disse solo.
In quel momento Drew si avvicinò loro e, dopo un breve cenno,
portò Ethelyn con sé. La ragazza non capiva dove volesse
portarla e, quando si ritrovò al centro del grande spiazzo in
cui bruciava il falò, divenne rigida.
-C-che vuoi fare?- chiese.
-Nulla. Ma non volevo rimanessi sola con lui.- replicò.
-Perché? Sei geloso?- alzò lo sguardo su di lui.
Distolse lo sguardo, mordendosi l’interno della guancia. –Un po’.- ammise infine.
-Gli stavo chiedendo informazioni.- si discolpò lei. –Niente di strano.
-D’accordo. Ora ti va di ballare un po’ con me?
Lo guardò con tanto d’occhi. Ma da dove gli era venuta
quella malsana idea? Nive si sarebbe sicuramente arrabbiata,
considerato il suo grande ego e poi sarebbero risultati molto stupidi e
molto goffi.
-Non c’è nessun altro a ballare…- provò a protestare.
-Non è vero. Guarda.- le sussurrò lui, indicandole un
punto alla sua destra. Lei voltò il capo e vide due coppie che
ondeggiavano al ritmo della musica. Un’altra qualche metro
più avanti.
-Non so ballare.- optò per la verità.
Il Nun sorrise. –Nemmeno io, ma che importa?- le disse.
Vedendo che non riusciva a fargli cambiare idea, decise di
accontentarlo e lasciarsi guidare. In poco si ritrovarono a camminare
attorno al falò, ondeggiando come foglie al vento.
“Mi sento stupida.”, pensò Ethelyn, tenendo il viso
nascosto nel petto del suo compagno di danza. Nonostante
l’imbarazzo, però, avrebbe ricordato quel momento come un
momento felice.
Se ne stavano tutti attorno al falò, godendosi quell’insperato momento di allegria e di riposo.
Improvvisamente Blaking ebbe un brivido lungo la spina dorsale.
Distolse lo sguardo da Drew ed Ethelyn, già al terzo ballo, e si
voltò verso il lago. Piccole onde s’infrangevano a riva,
sciabordando silenziose.
Ma non era il rumore dell’acqua ad averlo messo in allarme.
Senza farsi notare si avvicinò circospetto ed osservò
tutt’intorno, temendo di veder spuntare nemici dagli alberi e
dalle rocce.
Stava per tornare indietro quando, con la coda dell’occhio, vide
una luce. Voltò il capo di scatto e sbatté le palpebre,
perplesso.
L’enorme albero nodoso sull’isoletta sembrava coronato da
tante piccole lucciole. Il problema era che quei bagliori erano
decisamente troppo grandi e non si muovevano.
-Ma cosa…?
Mosse un passo sul sentiero di pietre, attento a dove metteva le zampe.
Inclinò la testa di lato, riuscendo finalmente a capire cosa
stesse osservando: quelle che aveva scambiato per lucciole erano in
realtà fiori bianchi dotati di bioluminescenza.
Avevano una forma stellata e i lunghi pistilli si muovevano alla leggera brezza che spirava dal lago.
Avanzò un altro po’, sentendosi irrimediabilmente attratto da quello strano spettacolo.
Lentamente un petalo si staccò dalla corolla e cadde vorticando, fino a toccare la superficie dell’acqua.
Blaking rimase immobile ad osservare, catturato.
D’improvviso un anello di luce si dipartì dalle radici
dell’albero, raggiungendo la riva in un battito di ciglia.
L’Ippogrifo venne spinto all’indietro dalla forza
d’urto e da qualche parte si sentì un urlo.
Un secondo anello luminoso stava per spandersi tutt’intorno, ma
lui fece dietro front e corse verso riva. Saltò le ultime tre
pietre ed atterrò con le zampe nella battigia ghiaiosa,
voltandosi subito indietro per controllare cosa stesse succedendo.
-Blaking!- i suoi compagni lo raggiunsero, seguiti a ruota da Orphen ed il resto del villaggio.
-Non so cosa stia succedendo, giuro!- esclamò, scuotendo il capo piumato.
Orphen guardò sgomento quello spettacolo luminoso, senza
capacitarsi dell’improvvisa fioritura della pianta. –Non
è mai successo niente del genere…- ammise, confuso.
Dentro di lui una debole fiammella si accese e la speranza riprese
vita: che fosse un segnale di cedimento dell’incantesimo?
Mentre guardavano l’acqua prese a ribollire e le
profondità del lago vennero illuminate a giorno. I pesci
scapparono, accalcandosi verso l’oscurità della riva.
Una sagoma sembrò salire in superficie, ma era difficile distinguerne la forma in quel bagliore mutevole.
-Orphen…- Hughes gli si avvicinò, posandogli una mano sulla spalla. Anche nei suoi occhi c’era speranza.
I due tornarono a puntare lo sguardo sul lago nell’esatto momento
in cui la teca in cui era stata rinchiusa Kiraliaji ne usciva.
Trattenendo il fiato, il Sacerdote mantenne gli occhi puntati sul contenitore di cristallo.
-Cos’è quello?- chiese Ethelyn, stupita. All’interno
di quella teca di cristallo sembrava esserci una persona.
-Drew… lo sento. È il potere di cui ti avevo parlato.-
mormorò Blaking, come in trance. L’amico gli strinse con
forza le penne alla base del collo, temendo potesse fare qualcosa di
stupido.
Cercarono di ripararsi gli occhi come potevano, mentre l’oggetto sprigionava luce fredda come il ghiaccio.
All’improvviso si sentì uno scricchiolio ed il cristallo esplose in mille schegge.
Ci furono urla ed esclamazioni.
“Si è rotta. Si è rotta.”, la mente di Orphen
si era bloccata su quel pensiero, incapace di elaborare la cosa.
La piccola sagoma di Kiraliaji, perché era assolutamente certo
che fosse lei, sembrò assorbire tutta la luce circostante,
inglobandola in sé.
Pulsò qualche istante, come la crisalide di una farfalla un
attimo prima della schiusa, e poi si sprigionò nuovamente,
conflagrando come fosse composta di meteore.
Il corpo della piccola raggiunse lentamente l’isoletta, abbandonandosi sulla terra umida.
-Kiraliaji!- senza poterselo impedire, Orphen le corse incontro.
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Capitolo 37 *** Cap. 36 Di nuovo insieme ***
Cap. 36 Di nuovo insieme
Solo una settimana di lezioni e sono già mezza andata o.o poveri noi!
Spero che il rientro a scuola non sia stato così traumatico per
voi :) Come ho scritto nelle NdA, la frequenza degli aggiornamenti
calerà visibilmente, ma prometto che pubblicherò non
appena avrò un capitolo pronto.
Per ora vi lascio alla lettura di questo. Vi avverto: ci saranno alcune piccole, grandi rivelazioni.
Cap. 36 Di nuovo insieme
Mentre attraversava di corsa il sentiero di pietre non osava credere ai propri occhi.
Non osava sperare che quell’incubo fosse finalmente finito.
Sembrava impossibile.
Sentì lacrime di gioia far capolino, ma le ricacciò
ostinatamente indietro. Non poteva piangere, non era il momento.
Dietro di sé sentiva agitarsi l’intero villaggio e, più vicini, i nuovi arrivati.
Era certo di aver scorto un’espressione di sconcerto sul muso
dell’Ippogrifo. Era senza parole, sì, ma sembrava sapere
qualcosa che a lui non era dato conoscere.
Ignorò quei pensieri, balzando agilmente sul piccolo fazzoletto di terra.
-Kiraliaji!- si inginocchiò accanto a quel piccolo corpo,
l’umidità depositatasi sull’erba gli impregnò
i pantaloni. Con mano tremante la voltò supina e trattenne il
fiato. –Kiraliaji… sorellina.- addolcì il tono.
Si morse il labbro inferiore, indeciso se sfiorarla o meno. Sembrava così pallida e non accennava a muoversi.
Preso dal panico l’afferrò saldamente e la trasse a
sé, affondando il viso tra i suoi capelli castano ramati.
-Kiraliaji, parlami ti prego!- la supplicò. Non poteva essere
morta, non dopo tutti quegli anni passati divisi. “Apri gli
occhi!”, pensò, aumentando la stretta sul suo corpicino
inerte.
Sapeva di essere osservato, ma non gli importava. Potevano anche guardare, ma non avrebbero potuto partecipare al suo dolore.
Richiamò il potere della Terra, tentando di scaldare quelle
membra così fredde. La calda luce dorata che emanò dal
palmo della sua mano tremò per qualche istante e scomparve, come
non fosse mai esistita.
Spalancò gli occhi, confuso. “Perché non
funziona?”, si chiese. Che l’incantesimo evocato da sua
padre fosse ancora attivo?
Alle sue spalle, i presenti si scambiarono occhiate nervose.
Erano consapevoli del fatto che non avrebbero dovuto assistere a quello
spettacolo, ma per loro era stato impossibile non seguire Orphen.
Soprattutto per Blaking.
Avanzò timidamente, cercando le parole giuste.
Il Balhia dentro di lui sentiva una forte connessione con quella
bambina e premeva per poter uscire allo scoperto. Tenere a bada un tale
afflusso di potere iniziava ad essere difficile e dovette dar fondo a
tutta la propria volontà per non trasformarsi seduta stante.
-Stai bene…?- gli chiese Drew, allarmato.
Aprì lentamente un occhio, respirando lentamente. –No. Il
mio potere è attratto da quella bambina.- ammise, preoccupato.
L’amico fece per dire qualcosa, ma si rese conto di non avere nulla di sensato da offrirgli.
-Orphen. Ti prego… lascia che mi avvicini.- sussurrò il pennuto.
L’Elfo gli fece un cenno col capo, negandogli il suo consenso.
Inspirò a fondo l’odore familiare della pelle della
piccola ed affondò le mani tra i suoi capelli, dando finalmente
sfogo alle lacrime.
Non di gioia, ma di amarezza.
Delusione.
Blaking, però, non si diede per vinto. O meglio, la sua parte leggendaria non lo fece.
Si avvicinò ancora di qualche passo ed avvertì stabilirsi
una connessione con la piccola Elfa. Il suo potere si stabilizzò
sulla stessa frequenza di quello dell’Ippogrifo.
Improvvisamente quel corpo inerte prese a brillare, pulsando come una lucciola nelle notti estive.
Un insolito lucore investì tutti quanti, morbido come seta.
Sollevarono il capo, cercando di capire se provenisse dalla luna o da
qualche altra fonte. Quello che videro li lasciò senza parole.
-Orphen.- mormorò Blaking, piccole stelle riflesse negli occhi.
Il Sacerdote non avrebbe voluto prestargli ascolto, ma qualcosa, nella sua voce, lo costrinse ad alzare a sua volta la testa.
Sbatté le palpebre per diverse volte, incredulo.
Le infiorescenze del grande albero argentato avevano preso a splendere
e pulsare come piccoli soli, illuminando a giorno l’ambiente
circostante. La loro luce era al tempo stesso calda e fredda, pulsante
ed immobile.
-Che succede…?- si chiese Orphen, confuso.
A quelle parole, il corpo di Kiraliaji prese a scaldarsi, come se una
fiamma stesse bruciando dentro di lei. La guardò con tanto
d’occhi, ma senza lasciare la presa.
Venne nuovamente avvolta da un sudario di luce e, quando questo si fu dissolto, al suo posto c’era una giovane donna.
Tutti i presenti sgranarono gli occhi, indecisi se gridare al miracolo
oppure aver paura di quello che stava accadendo. In entrambi i casi una
cosa era certa: quella era l’opera di un grande potere.
Orphen restò a fissare quel viso nuovo e allo stesso tempo
familiare, trattenendo il fiato per non rompere l’incanto.
Era quasi certo che i suoi stessi occhi lo stessero ingannando,
che il desiderio di veder respirare sua sorella si fosse trasformato
in… be’, nel corpo che stava ancora stringendo.
Con un leggero fremito, le palpebre di Kiraliaji si sollevarono.
Dapprima cieche, si appuntarono sulla volta celeste. La vide aggrottare
le sopracciglia, chiaramente confusa. Quando voltò lentamente il
capo verso di lui seppe, senza ombra di dubbio, che l’incubo era
finito.
-Fratellone...?- gracchiò, la voce persa nei meandri del suo essere.
L’Elfo annuì, mentre un sorriso sbocciava sulle sue
labbra. –Sì, Kiraliaji.- soffiò, posandole una mano
sui capelli. –Sono Orphen.
La giovane fece vagare il proprio sguardo sul suo viso, ancora più confusa di prima. Non si capacitava del suo aspetto.
-Sei… sei grande.- riuscì a dire. –Dov’è papà?- aggiunse poi.
A quelle parole, il Sacerdote si adombrò e distolse lo sguardo.
–Ne parleremo più tardi. Ora hai bisogno di mangiare.-
rispose solo.
L’Elfa fece per replicare, ma si vide sollevare da terra e
stringere contro il petto dal fratello. Arrossì, imbarazzata:
non lo riconosceva e le sembrava di essere abbracciata da un estraneo.
Quando lui si voltò, però, vide degli estranei veri e propri e li fissò smarrita.
I loro sguardi non erano cattivi e sembravano esser lì con le più buone intenzioni.
-Fateci passare, per favore.- ordinò Orphen.
Il gruppo si aprì e li osservò avviarsi verso il villaggio, dove li attendevano gli abitanti.
Nel passare, però, la mano di Kiraliaji sfiorò Blaking ed
entrambi vennero attraversati da una fortissima scarica di potere.
Si fissarono, basiti e poco dopo il boato di un’esplosione scaraventò tutti a terra.
***
Tutti i Cair di Suran percepirono un brivido lungo la colonna vertebrale.
Anche Shunka, che tra i cinque era il meno vigile.
Fu come se nuova forza avesse preso a scorrere in loro, quasi i loro poteri fossero stati rinvigoriti da una mano amica.
Fenris era con Radagast quando accadde. Il suo fido consigliere rimase
a fissarlo per qualche istante, confuso ma conscio di quella nuova
vibrazione nell’aria.
-Cos’è successo?- chiese, quando ebbe fine.
Il grosso lupo lo fissò coi suoi occhi color sangue, stupito ed
elettrizzato. –Non so, ma credo sia opera dei ragazzi.- ammise.
“E’ come se fossi un po’ più solido, un po’ più tangibile.”, pensò.
-Volete che faccia qualcosa…?- s’informò il mutaforma.
Fece per rispondergli, ma un improvviso coro di voci esplose nella sua
testa. Per un attimo sentì i pensieri di tutti e quattro i suoi
fratelli. Alzò il muso di scatto, irrigidendo i muscoli delle
spalle e fissando dritto davanti a sé.
-Fenris?
Radagast non capiva cosa stesse succedendo, ma l’espressione del
Vegliante sembrava persa in altri mondi. Come se fosse su un diverso
piano astrale. Forse stava interagendo con gli altri Cairansis.
Decise di farsi da parte e attendere.
Nel mentre, le voci degli altri lupi echeggiavano nella mente del
Vegliante del Vento. Provò a stabilire un contatto, ma erano
inafferrabili.
Ci fu uno strappo improvviso e il sussurro di Shunka scomparve. Subito
dopo anche la presenza di Naur, un po’ più solida,
svanì.
Rimasero solo Manannan ed Analyon.
Quest’ultimo era schermato dal potere della quercia, per cui era
praticamente impossibile parlare con lui. Quindi, Fenris decise di
provare col fratello residente ad Est.
“Manannan!”, intercettò la sua presenza e stabilì un contatto.
“Fenris! Cosa sta succedendo?”, chiese quello, perplesso. Percepì chiaramente il suo potere agitarsi.
“Non lo so. Credo che i ragazzi abbiano fatto
qualcosa…”, ammise, muovendo leggermente le orecchie.
Parlare con Manannan gli risultava più facile, ora, ma doveva
comunque rimanere concentrato.
“Credi che…?”, l’altro lasciò la frase in sospeso.
“Due Balhia? Non oso sperarlo.”, concluse per lui il lupo d’argento.
Il Cair dell’Acqua si mosse sul posto. “Ma… se
così fosse… Fenris! Forse c’è una
speranza!”, esclamò.
“C’è sempre stata speranza.”, lo corresse.
“Solo per te, che sei un inguaribile ottimista.”, gli fece notare il fratello.
Fenris rimase in silenzio, inseguendo un pensiero. “Manannan,
voglio tentare una cosa. Mantieniti vigile, ti ricontatterò tra
poco.”, gli disse.
Non attese nemmeno la risposta del suo interlocutore, sapendo che avrebbe fatto esattamente come gli era stato richiesto.
Si riscosse dalla comunicazione con un fremito e si voltò a
guardare il suo braccio destro. –Radagast, dobbiamo andare da mia
figlia.- disse solamente.
Spalancò le grandi ali e saggiò le correnti usando
il tartufo. Quando ebbe individuato quella dominante corse verso il
bordo della propria dimora e si alzò in volo, seguito a ruota
dall’Elfo.
Impiegarono quasi due ore per giungere nel Regno del Nord e il loro arrivo causò non poco scompiglio.
Atterrarono davanti al grande portale a due battenti, mettendo in
allarme alcune guardie. Senza pensare, gli Elfi puntarono contro di
loro le alabarde, ma poi s’avvidero della presenza di Fenris e si
affrettarono ad abbassarle, inchinandosi.
In tutto quel parapiglia qualcuno doveva aver avvertito la coppia
reale, perché i due regnanti uscirono dal palazzo praticamente
correndo.
-Padre!- esclamò Undine, eterea nella sua bellezza.
-Figlia.- il grosso lupo le fece un cenno col capo, guardandola benevolo.
La donna gli si fermò davanti, seguita a pochissima distanza dal
consorte. –Cosa succede? Che ci fate qui?- chiese, passando lo
sguardo da lui a Radagast, che salutò con un rapido inchino.
-Buone nuove.- le disse.
-Dai ragazzi?- intervenne sir Holean, speranzoso.
Fenris lo fissò. –Credo di sì, non ne sono sicuro.
Ma ne parleremo dopo: ora voglio tentare una cosa e avrò bisogno
di te, Undine.- liquidò in fretta la domanda.
La Ninfa lo fissò un attimo smarrita, per poi riprendersi subito dopo ed annuire. –Certo.
-Bene. Ho bisogno che tu tenga aperto il varco nella barriera il più a lungo possibile.- le spiegò.
-Cosa volete fare? Comunicare con vostro fratello?- domandò. A
volte aveva delle idee che potevano benissimo definirsi suicide e
sperò che quella non corrispondesse alla descrizione.
Gli occhi sanguigni del Cair brillarono. -Puoi farlo?
Serrò la mascella ed annuì, sotto lo sguardo perplesso e preoccupato del marito.
-Bene. Iniziamo.
Padre e figlia chiusero gli occhi ed in poco stabilirono un contatto con la barriera e con Manannan.
“Fenris! Ma cosa diavolo vuoi fare?!”, lo aggredì il Vegliante dell’Acqua.
“Fratello, ora ho bisogno che tu mantenga il più stretto
contatto possibile tra le nostre essenze. Credi di poterlo
fare?”, domandò ignorando l’insulto.
Percepì esitazione nell’altro. “Sì.”, disse infine.
“Perfetto.”
Quando avvertì il collegamento diventare stabile, Fenris
concentrò tutti i propri poteri sulla figura di Manannan,
focalizzandolo nella propria mente e al di là della barriera.
Quando riuscì a vedere anche il più piccolo ciuffo di
pelo, ritirò il proprio potere. L’altro venne attirato
verso la barriera e, improvvisamente, si ritrovò
dall’altra parte.
Quando riaprì gli occhi vide davanti a sé Fenris.
-Ma… cosa…?- si guardò attorno. La sua pelliccia si contrasse, agitata da invisibili onde di potere.
-Abbiamo guadagnato un po’ di forza.- il sorriso lupesco sul muso
del Cair la diceva lunga. –Undine, puoi lasciare la presa, ora.-
aggiunse.
La regina riaprì gli occhi con un singulto e si appoggiò
stancamente al marito, provata. I suoi occhi chiari erano puntati sui
due Veglianti, increduli.
-Ora che siamo fisicamente insieme, dobbiamo provare a contattare
Analyon. Dobbiamo stabilire un contatto più forte.- disse Fenris.
-D’accordo.- disse solo Manannan. –Anche perché abbiamo poco tempo: mi sento già tirare indietro.
Si avvicinarono fino a che le loro spalle non furono a contatto, poi chiusero gli occhi ed espansero i propri poteri.
***
-Cosa sta succedendo?!- Orphen si mise faticosamente carponi, una mano a proteggere gli occhi.
Non vedeva nulla e quella strana energia lo schiacciava a terra.
Attorno a lui, i suoi ospiti non se la passavano meglio: quello che
sembrava risentire meno di quel potere era Nehir.
Tentò di alzarsi per raggiungere la sorella, ma gli fu impossibile.
-Perché non riesco a muovermi?- sbottò Nive, infastidita
dalla piega che avevano preso gli eventi. Era stufa di rimanere
accecata a causa di strani giochi di potere. Non ci stava capendo
più nulla.
Ethelyn, al suo fianco, aveva lo sguardo puntato su Drew. Il
ragazzo se ne accorse ed incontrò i suoi occhi verdi, annuendo
mestamente subito dopo. La muta domanda che era passata tra di loro
aveva trovato conferma con un semplice gesto.
Quell’esplosione di poteri era imputabile alla natura divina di
Blaking. E forse a quella, altrettanto leggendaria, della piccola
Kiraliaji.
“Cosa vedi?”, Simar si mise in contatto col suo fido compare. La luce era troppo intensa e gli feriva gli occhi.
“E come faccio a saperlo?! Sono una creatura prevalentemente
notturna, io!”, brontolò il Fisàan, digrignando i
denti.
Il principe sbuffò, infastidito. “Nehir, non sei d’aiuto.”, lo rimbeccò.
“Percepisco due poteri, molto forti. E mi par di sentire odore
di… sembra l’odore di due cavalli.”, ammise,
sconcertato dal proprio senso dell’olfatto.
“Quindi è colpa dei poteri del Balhia…”,
ragionò il giovane, tenendo ostinatamente lo sguardo puntato a
terra.
Mentre tirava le fila dei propri pensieri, la luce svanì di
colpo così com’era arrivata. La potente forza d’urto
che li aveva inchiodati al suolo perse forza e, in poco, furono
nuovamente padroni dei propri corpi.
Si rialzarono tra proteste e borbottii, senza prestar attenzione a
quello che avevano davanti. Alle loro spalle, gli abitanti del
villaggio stavano ritrovando più o meno la mobilità, dopo
esser stati vittima dello stesso potere.
La prima a rendersi conto delle due presenze fu Ethelyn.
–Drew…- afferrò con forza la casacca del Nun,
cercando di attirare la sua attenzione.
Lui la fissò, perplesso e lei gli indicò semplicemente
davanti a sé. Il giovane si voltò e rimase a bocca aperta.
-Non è possibile…!- esclamò.
A quell’esclamazione si voltarono anche gli altri e le reazioni furono più o meno le stesse.
Davanti a loro, sospesi a mezz’aria, stavano due cavalli alati.
Uno era l’altra forma di Blaking, mentre l’altro aveva il
manto simile a fine sabbia ed i crini molto più chiari. Occhi di
un intenso color ambra li scrutavano con curiosità e un pizzico
di timore.
Orphen allungò lentamente un braccio, rapito da tale visione.
Il cavallo più piccolo sembrava brillare di luce propria, come se ogni singola fibra del suo corpo emanasse energia.
-Non è vero… voi non…- il Sacerdote non riusciva a
trovare le parole adatte per smentire quello che vedevano i suoi occhi.
Aveva letto dei libri, a riguardo, ma era sicuro che quelle fossero
solo leggende. O meglio, ne era sicuro fino a pochi minuti prima.
Con fare incerto, mosse un passo verso la coppia di destrieri, intenzionato a toccarli per verificare la loro consistenza.
Ma loro si fecero indietro e venne respinto da un’altra piccola esplosione luminosa.
Quando riaprì gli occhi si ritrovò ad osservare Blaking e Kiraliaji.
Sua sorella aveva gli occhi sbarrati ed un’espressione di totale
confusione sul viso. Esitò un attimo e poi si buttò tra
le sue braccia, tremando come una foglia.
Lui l’accolse senza remore, avvolgendola in un abbraccio
protettivo. Poi sollevò gli occhi chiari su Blaking e gli
disse:-Esigo delle spiegazioni.
Evitare le domande dei propri compaesani fu difficile: si erano
radunati tutti nella piazza del villaggio, davanti all’altare di
pietra e il vociare ricordava uno sciame di api.
-Per favore, abbiate un attimo di pazienza!- tentò di rabbonirli
Orphen. Le persone si ammassarono attorno a lui, spintonandosi per
poter vedere.
-Cos’è successo? Cos’è stato? Siamo in
pericolo?- quelle erano alcune delle domande che rimbalzavano di bocca
in bocca.
L’uomo non sapeva cosa rispondere, ma trovò la forza di
rassicurare i presenti dicendo:-Non c’è alcun pericolo per
voi, fratelli. Calmatevi.
Con la coda dell’occhio notò Hughes e gli fece cenno di
raggiungerlo. Il maestro si fece strada tra i presenti e lo
affiancò, non senza lanciare occhiate stupite a Kiraliaji.
-Hughes, ho bisogno di una mano. Riusciresti a tener buona questa
folla? Devo parlare urgentemente coi nostri ospiti ed occuparmi di mia
sorella.- chiese, afferrandogli saldamente una spalla per sottolineare
la propria urgenza.
L’altro esitò un attimo, ma poi annuì con decisione.
Dopo averlo ringraziato, il Sacerdote si avviò velocemente lungo
il sentiero che portava alla propria abitazione, quella dov’era
cresciuto e che aveva condiviso con Kiraliaji.
Fece per entrare, ma la giovane si ritrasse.
-Cosa c’è?- le chiese, voltandosi a guardarla.
Lei scosse il capo. –Sono stufa di sentirmi in gabbia: voglio
rimanere qui fuori.- si spiegò, lanciando rapide occhiate al
gruppo di viaggiatori.
-D’accordo. Siediti su quel tronco.- e, detto questo, il fratello
scomparve all’interno della casa costruita con pietre e assi di
legno.
L’Elfa si ritrovò così alla presenza di
parecchi sconosciuti. L’imbarazzo era palpabile, ma lei
tentò di non badarvi ed andò a sedersi su un grosso
tronco morto, rivolta verso quella che ricordava essere casa sua.
Nessuno dei presenti tentò di rompere il silenzio, timoroso di poter spaventare la giovane rediviva.
Fortunatamente il ritorno di Orphen trasse tutti d’impaccio. Si
fece strada tra gli ospiti ed offrì pane, carne secca ed acqua a
Kiraliaji, accomodandosi poco dopo al suo fianco.
-Prendete pure posto, prego.- disse subito dopo, accennando al cerchio di pietre e ceppi.
Quando tutti quanti furono comodamente seduti, il Sacerdote esordì dicendo:-Voglio delle spiegazioni.
-Sì, sarebbero veramente gradite.- gli fece eco Nive, lanciando
occhiatacce ai compagni. Anche se era entrata a far parte del gruppo da
poco tempo, non le sembrava giusto esser stata esclusa dai grandi
segreti della combriccola. Soprattutto se riguardavano cinque cavalli
leggendari.
Blaking e Simar si scambiarono un’occhiata, dialogando senza
usare le parole. Alla fine l’Ippogrifo sospirò.
–E’ colpa mia.- confessò.
Orphen si accigliò. –Aiutami a capire cosa c’entrate
voi tutti con una leggenda vecchia di centinaia d’anni.- disse,
scrutandoli uno ad uno in cerca d’indizi.
“Ormai è tardi per mentire.”, pensò il
pennuto. –Io sono il Balhia del Vento.- confessò.
–Immagino che tu sappia di cosa sto parlando.
-Impossibile.- fu la risposta del suo interlocutore. Nive, che aveva
tutte le intenzioni di far luce su quella storia, fece tanto
d’occhi, ma preferì restare in silenzio ed attendere il
resto.
-Mi sembra stupido negare dopo quello che è successo.-
replicò Blaking, piccato. Avevano assistito a ben due
manifestazioni, dopotutto.
Il loro ospite si alzò, mettendosi a camminare avanti e indietro
sul terreno coperto di aghi di pino. –Mi state dicendo che ho
appena assistito alla riunione di due dei famosi Balhia, i figli della
dea Aileen?- domandò, ancora scettico.
Tutti quelli che erano a conoscenza del segreto di Blaking annuirono, nessuno escluso.
L’Elfo fece per sbottare, dicendo che erano tutti matti, quando la sorella lo interruppe dicendo:-Io gli credo.
Le sue parole, talmente improvvise quando sincere, lo bloccarono a
metà di un passo. La guardò incredulo, chiedendo conferma
di quanto aveva appena detto.
-A costo di sembrare stupida, io ci credo.- confermò la ragazza.
Aveva mangiato un pezzo di pane e teneva tra le mani una striscia di
carne, ancora integra.
-Ma, Kiraliaji…!
-Tu sei un Sacerdote, fratello. Dovresti essere il primo a credere.- gli fece presente.
I due si scrutarono negli occhi per diversi istanti, valutandosi. Il
primo a sorridere e distogliere lo sguardo fu Orphen. –A quanto
pare la tua mente non ha vegetato, in tutto questo tempo.-
commentò, lieto di aver trovato una donna dopo aver detto addio
ad una bambina.
-Pare di no. Solo la mia voce sembra avere qualche problema.- commentò lei, massaggiandosi la gola.
-Dovresti provare con il limone.- suggerì Drew. Kiraliaji lo
fissò, stupita, e poi gli sorrise, ringraziandolo coi suoi
grandi occhi verde acqua.
-Non distraiamoci.- Simar riportò l’attenzione
sull’argomento principale. –Dobbiamo capire se dentro
Kiraliaji c’è veramente un altro Balhia.
Orphen fece per replicare, ma la sorella lo precedette. –Credo di
sì. Sento una strana connessione con… con lui.-
indicò Blaking, dato che non sapeva il suo nome. –E poi,
ho visto il suo aspetto durante la trasformazione e ho sentito uno
strano potere dentro di me.
-Tutto questo è assurdo, lo sapete?- osservò Nive, sarcastica.
Osservando i ragazzi discutere, il Sacerdote Elementale si
ritrovò a rivivere vecchi ricordi e, all’improvviso,
alcuni pezzi andarono al loro posto. Fece schioccare le dita e
sollevò la testa, osservando con rinnovato interesse la sorella.
-Cosa succede?- chiese Blaking, vedendo l’espressione che aveva sul viso.
-Ho capito una cosa.- spiegò brevemente quello, continuando a guardare fisso la sorella. –Ora ho capito.
Lei ricambiò lo sguardo, confusa. –Cosa?
-I tuoi poteri, le tue capacità.- le disse, guardandola con
meraviglia. Non se lo sarebbe mai aspettato, assolutamente no. Vedendo
l’espressione perplessa della giovane, aggiunse:-La tua
capacità di “rubare” i poteri!
La consapevolezza si fece strada in lei. –Oh.
-Di cosa state parlando?- chiese Ethelyn, curiosa.
-Abbiamo molte cose da dirci. E credo ne avremo per un bel po’.-
rispose Orphen, tornando a sedersi ed unendo le punte delle dita.
–Io vi racconterò la nostra storia e voi la vostra.
Dopo due lunghe ore, le storie dei due gruppi erano state
assemblate ed ora la situazione acquistava una prospettiva
completamente diversa.
-Dato che sembra abbiate un certo fiuto, dovreste cercare gli altri tre Balhia.- suggerì ad un certo punto Orphen.
-Cosa? Ma non possiamo! Dobbiamo…- fece per protestare Drew.
Erano già con l’acqua alla gola, inseguiti da tutte le
creature d’ombra di Suran e lui voleva che si mettessero a
cercare dei cavalli leggendari?
L’Elfo guardò il Nun, convinto delle proprie parole.
–Se quello che mi avete raccontato è vero, i Balhia vi
aiuteranno a sconfiggere il nemico.- rivelò.
Blaking battè uno zoccolo a terra, stupito. –Come? Cosa
sai in merito?- domandò. Dato che non possedeva memoria della
sua precedente vita, non era a conoscenza delle proprie reali
capacità.
-I Balhia e i Cair condividono lo stesso tipo di energia vitale.
Entrambi sono più forti quando sono uniti: per questo dovete
trovarli. Il legame di potere dei Veglianti non può essere
ristabilito, ora come ora.- spiegò, riportando alla mente tutte
le nozioni che aveva seppellito nei propri ricordi.
-Ma come possiamo trovarli? Finora è stata questione di fortuna.- obiettò Ethelyn.
L’uomo fu costretto a scuotere la testa. –Questo non so dirvelo.
-Quindi è come cercare un Doslor in mezzo alle lucciole.
Perfetto.- commentò Nive, sprezzante. Si alzò in piedi ed
incrociò le braccia, inveendo contro se stessa per aver deciso
di partire con quel gruppo di pazzi.
-Sì, non sarà facile. Dovreste cercare anche i loro templi.- ragionò tra sé Orphen.
Simar, concentrato a studiare la figura di Kiraliaji con uno strano
interesse, si riscosse e disse:-Ne abbiamo già trovato uno. Sono
i templi dedicati ai Cair, no?
-Esatto. In essi sono nascosti piccoli artefatti legati ai Balhia. Non
so dirvi di più. Credo che, in presenza del giusto Balhia,
questi potrebbero reagire e riunirsi a lui.- ammise, accarezzandosi
distrattamente il mento.
-E non sai altro che possa aiutarli?- sua sorella gli mise una mano sul
braccio, completamente presa dalla conversazione e dalle vicende
narrate fino a quel momento.
-No, nulla.- dovette distruggere le sue speranze. La vide abbassare lo
sguardo, delusa e allora la trasse a sé, stringendosela al
petto. Lei sorrise, appoggiando la testa contro il suo torace.
Non vedeva l’ora di poter recuperare il tempo perduto.
-Tu sei l’unico Sacerdote rimasto?- domandò ad un certo punto Drew.
-Sì.- confermò Orphen. –I membri anziani facevano
parte del consiglio, ma è stato sciolto parecchio tempo fa.
Ethelyn fece per chiedere il perché ma, notando lo sguardo di
Kiraliaji, decise di desistere. La giovane le concesse un mezzo
sorriso, grata che non avesse indagato.
Era facile immaginare un collegamento tra la sua reclusione nella teca
e quella destituzione. Ma erano cose private, che riguardavano
solamente i due fratelli e non sarebbe stata lei a girare il coltello
nella piaga.
-Posso promettervi di vigilare questi confini, ma nulla di più.-
disse Orphen. Gli sembrava il minimo, considerata la grave situazione
che stava affrontando Suran. E poi, doveva loro il ritorno di sua
sorella.
-Grazie.- disse Blaking, a nome di tutti.
-Se volete, vi posso mostrare i vostri alloggi.- si alzò ed indicò loro il villaggio.
-Possiamo dormire all’aperto.- replicò Drew, scambiando un’occhiata con gli altri.
“Sicuramente.”, commentò Nehir, rimasto in silenzio
fino a quel momento. Aveva preferito ascoltare ed osservare lo strano
comportamento di Simar: sembrava che non riuscisse a staccare gli occhi
di dosso alla giovane Elfa.
E la cosa lo aveva messo in allarme, considerato com’era finita l’ultima infatuazione del principe.
-Dormiremo qui fuori, grazie.- anche la Ferift si accodò.
-Io, invece, vorrei dormire su un letto vero.- Nive si rivelò ancora una volta l’unica ad andare controcorrente.
Orphen la guardò, valutando il suo cipiglio. –Molto bene,
seguimi.- le disse solo. –Kiraliaji…- chiamò subito
dopo, voltandosi a guardare la sorella.
-Ti aspetto in casa, fratellone.- gli sorrise.
Lui annuì e si avviò lungo il sentiero, seguito a breve distanza dalla danzatrice.
Non appena fu scomparsa alla vista, Drew commentò:-Tipico.
-Le ci vorrà del tempo.- lo rimproverò Blaking.
L’amico gli dedicò un’occhiata eloquente.
–D’accordo, è una persona difficile!- si corresse.
-Scusate…- mormorò Kiraliaji. I nuovi arrivati si voltarono a guardarla. –Come vi chiamate?
Al che i ragazzi si fissarono stupiti, ma si affrettarono a presentarsi.
-Piacere!- sorrise loro la ragazza. –Spero che mio fratello non sia stato sgarbato con voi.- aggiunse.
-Non troppo.- rispose Simar, guardandola. Lei se ne accorse ed
arrossì, puntando però gli occhi in quelli color
oltremare di lui.
-Ora è meglio che vada a dormire… a domani.- si congedò in fretta, sparendo all’interno della casa.
“Simar, smettila di fissarla. La consumerai.”, lo prese in giro Nehir.
Il giovane si riscosse e lo fissò. “Come?”, fece, perplesso.
“La ragazza. La stai fissando da quando si è seduta a
mangiare.”, fece un cenno verso l’abitazione, dietro la cui
unica finestra visibile splendeva ora un tenue bagliore.
“Non è vero.”, si schermì l’altro,
allontanandosi subito. Il lupo emise un verso di gola, simile in tutto
e per tutto ad una risata.
***
-Cos’è successo...? Cos’è successo?!
Contrasse le dita ad artiglio, gli occhi spalancati sul mondo ed una
furia cieca dentro di sé. Si guardò intorno con sguardo
spiritato, cercando il responsabile.
Ma non individuò nessuno e la sua rabbia non ebbe sfogo.
Piegò la testa all’indietro ed urlò, lasciando
uscire tutta la propria voce fino a sentire la gola bruciare. Quando si
fu calmato, si accasciò a terra, sentendosi stranamente vuoto.
Affondò le dita nella terra ed ebbe la certezza di aver perso parte dei propri poteri. Dei poteri sottratti a Shunka.
-Hai fatto male i tuoi conti.- gli disse la voce fredda di Calimë.
Sollevò la testa e si ritrovò a fissarla in tutta la sua
luminosa presenza.
-Come hai fatto a liberarti?- chiese in un roco sussurro.
-I tuoi poteri hanno perso parte della loro forza: in questo momento
non sei altro che un cucciolo smarrito.- gli disse, fissandolo.
Rannicchiato a terra, il lungo mantello scuro a coprire la sua figura,
sembrava davvero un essere miserabile.
Ma la donna sapeva che era solo un’impressione. Presto si sarebbe ripreso e avrebbe tentato di riassorbirla.
Doveva impedirglielo: solo così il Cair del Tuono avrebbe avuto
una possibilità di sopravvivere. Lei era l’ultima
manifestazione tangibile del suo essere, della parte incorrotta.
Anrekres trattenne un sogghigno. -Non mi piegherai al tuo volere, non ci riuscirai mai.- sussurrò rialzandosi.
Si rimise lentamente in piedi e, quando ebbe riguadagnato la posizione
eretta, fece comparire la propria arma. Strinse con forza
l’impugnatura e si scagliò con forza su Calimë.
Luce ed ombra si unirono con uno schianto di luce, mentre le lame si scambiavano un freddo bacio.
L’ennesima lotta per il predominio aveva avuto inizio.
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Capitolo 38 *** Cap. 37 Cambiamenti ***
Cap. 37 Cambiamenti
Dopo tanto, troppo, troppissimo tempo ecco qui il nuovo capitolo.
Scusate per l'enorme ritardo, ma scrivere, questo semestre, sembra
diventato impossibile :( In più ci si mette anche il blocco
dello scrittore, dannazione!
Comunque, gli ingranaggi si stanno muovendo e i ragazzi sono vicinissimi alle terre del Sud.
Buona lettura! :)
Cap. 37 Cambiamenti
Chiuse gli occhi, focalizzandosi sulle piccole scintille di luce che poteva vedere dietro le palpebre serrate.
Il calore della fiamma alle sue spalle lo avvolgeva, rendendo l’aria crepitante e soffocante.
Ma a lui non importava.
La sua essenza era concentrata su quella degli altri, nonostante riuscisse a percepirli solo a tratti.
Si era reso conto che qualcosa non stava andando per il verso
giusto diverso tempo prima, ma non era mai riuscito a mettersi in
contatto con nessuno dei suoi fratelli. Ora, inspiegabilmente, erano
loro a cercare di stabilire un collegamento.
Aveva proteso la sua propria essenza il più lontano possibile,
fino a scontrarsi con quella che sembrava una barriera fisica e ostile.
Non sapeva di preciso cosa fosse e ne saggiò la consistenza con
un guizzo di potere: quella tremolò, ma non cedette.
Infastidito, cercò di non perdere le staffe e rimanere
concentrato. Se avesse inseguito il pensiero si sarebbe distratto e
ogni sforzo sarebbe risultato vano.
Saggiò il terreno con gli artigli ed assorbì un po’
del calore che emanava dalla grande fiamma danzante dietro di lui. Il
suo pelo sfrigolò, come fosse in procinto di bruciare.
Improvvisamente, come se un fiume avesse rotto gli argini,
percepì la voce di uno dei suoi fratelli. Per la precisione di
Manannan, il cui potere era opposto al suo.
“Fratello! Finalmente!”, esclamò quello, con un pizzico di fastidio nella voce.
“Sempre impaziente, eh, Manannan?”, lo canzonò.
Il Cair dell’Acqua arricciò il labbro superiore.
“Naur, non è tempo di scherzare. È già un
miracolo se siamo riusciti a metterci in contatto con te.”, lo
rimbeccò.
“Siamo?”
“Io e Fenris.”, spiegò l’altro.
Naur si fece stupito e, per poco, non perse il controllo del proprio
potere. “C’è anche il Primo?”, domandò
allora.
“No. Parlare con lui è molto difficile, per via del potere
della quercia.”, rispose il suo interlocutore, il suo tono
ricordava quello di un maestro.
“Perché sei sempre così tranquillo, quando parli
con me? Sappiamo entrambi che non sei così.”,
protestò il lupo dal pelo ramato.
“Naur, non è il momento. Concentrati!”, si
sentì rimproverare. Senza poterselo impedire sghignazzò,
mostrando i denti.
Dopo quel breve scambio di battute, il Cairansis si fece serio.
“Raccontami tutto per filo e per segno. Ho avuto sentore di un
cambiamento, ma non ho mai potuto confermare i miei sospetti.”,
disse.
“Ci sono stati molti cambiamenti, non ultimo l’avvento di un nemico.”, fu la risposta pacata.
“Quale nemico?!”
Manannan espirò profondamente, incassando l’ondata di
potere che gli era arrivata dal fratello. “Lascia che ti spieghi
e non bruciare come un fuoco impazzito.”, borbottò.
“Meglio che tu sia conciso.”, il Vegliante del Fuoco
irrigidì i muscoli della schiena, pronto a ricevere brutte
notizie.
***
Dormiva serena, come se quei dieci anni non fossero mai esistiti.
La osservò in silenzio, seguendo rapito il lento movimento del
suo petto. Allungò una mano per sfiorarle il viso, ma
all’ultimo esitò.
“E se questo fosse solo un sogno?”, si chiese, il dubbio a
divorargli l’anima. Aveva continuato a chiederselo da quando
l’aveva vista riemergere dalle acque del lago, avvolta in un
bocciolo di luce.
Restò a fissarla immobile, quasi temendo che potesse
sparire da un momento all’altro. Alla fine, certo che non sarebbe
evaporata come neve al sole, le lasciò una carezza carica
d’amore sulla guancia.
Lei sorrise nel sonno, provocandogli una stretta al cuore. Senza
pensarci due volte la strinse a sé, attento a non svegliarla.
Affondò la mano tra i suoi capelli e, poco dopo, vi nascose il
viso.
Serrò gli occhi con forza, tentando di non farsi vincere
dall’emozione, ma lo sforzo si rivelò vano: si
ritrovò a piangere silenziosamente, come solo un bambino avrebbe
fatto.
Diede libero sfogo alle lacrime, conscio del fatto che fossero lacrime
di gioia e non di dolore. Dopo dieci, lunghi anni poteva piangere di
gioia.
Mentre lasciava che lo sfogo avesse il suo corso, Kiraliaji si mosse
nel sonno e nascose il viso contro il suo petto, come se stesse
cercando rifugio.
Ricordò le notti passate nello stesso letto, da piccoli, stretti
l’uno all’altra come se ne andasse delle loro vite. I piedi
freddi di sua sorella lo facevano continuamente sobbalzare, ogni volta
che lei si muoveva nel sonno.
Al pensiero gli sfuggì un sorriso e desiderò che ci
potessero essere altre notti così, passate a maledirla
perché non lo lasciava dormire.
-D’ora in poi ti proteggerò sempre, lo giuro.- sussurrò, lasciandole un rapido bacio sul capo.
La giovane donna che aveva tra le braccia sembrò udirlo e sorrise a sua volta, stringendosi maggiormente a lui.
Accentuò la presa sul suo esile corpo e puntò lo sguardo
fuori dalla finestra, sul cielo terso e trapunto di stelle.
“Quei ragazzi hanno portato cattive nuove.”, meditò, tornando con la mente al pomeriggio appena passato.
Se quello che gli avevano raccontato era vero, allora doveva mettersi
subito al lavoro in modo da poter proteggere il villaggio e,
soprattutto, Kiraliaji.
“Ma cosa posso fare, a parte qualche incantesimo di protezione?”, si chiese, crucciato.
Aveva studiato per anni le leggende di Suran e tutta la sua storia,
dalla sua creazione fino ai giorni presenti, ma gli sembrava di non
ricordare nulla che potesse risultare utile alla missione dei ragazzi.
La cosa più sconvolgente era l’aver confermato
l’esistenza dei Balhia, creature ritenute molto più che
leggendarie.
Mentre inseguiva quel pensiero, un altro lo colse all’improvviso.
Quasi balzò a sedere sul letto, colpito. “Un attimo! Gli
antichi libri… i templi…!”, i suoi occhi vagarono
freneticamente per tutta la camera.
C’era una cosa che poteva fare per aiutare e, l’indomani, si sarebbe messo subito al lavoro.
Nel frattempo, almeno per un po’, si sarebbe goduto la ritrovata presenza della sua piccola sorellina.
Soddisfatto e finalmente in pace, si lasciò andare al sonno che lo vinse in poco tempo.
Si alzò di buon’ora e fece colazione con qualche fetta di pane spalmata col miele.
Mentre mangiava lanciò un’occhiata distratta verso la
finestra e vide che i suoi ospiti erano ancora nel mondo dei sogni.
Anzi, per la precisione lo erano solo i ragazzi: l’Ippogrifo e il
grosso lupo erano assenti.
“Probabilmente sono andati a cercare qualcosa da mettere sotto i
denti.”, pensò, finendo la propria colazione. Si
ripulì le mani e poi si affrettò ad andare nello studio,
che aveva costruito ampliando parte della casa in cui era cresciuto.
Aprì le imposte e si mise a scorrere con attenzione i
titoli sui dorsi dei libri. Finalmente individuò ciò che
stava cercando e lo estrasse con mano sicura, aprendolo subito dopo sul
tavolo al centro della stanza.
Sfogliò parecchie pagine, lasciando scivolare lo sguardo su
paragrafi fitti di parole. Si bloccò un paio di volte, convinto
di aver trovato quello che gli serviva, ma subito dopo si rese conto di
essersi sbagliato e proseguì.
Alla fine arrivò alla parte che gli interessava. Si sedette e si
mise a leggere con attenzione, temendo di perdere il passaggio che
conteneva le informazioni che gli servivano. Quando lo trovò
raddrizzò la schiena, facendosi se possibile ancora più
attento.
Lo lesse interamente e poi rialzò la testa, soddisfatto.
“Devo informarli.”, pensò. Non era certo della
rilevanza di quell’informazione, ma riteneva giusto doverli
informare. Grazie a loro aveva riavuto Kiraliaji, quindi era il minimo
che potesse fare per sdebitarsi.
Ripose il volume al suo posto e tornò nella grande stanza che
fungeva da zona giorno, trovandovi la sorella intenta a scaldarsi un
po’ di latte.
-Oh, Orphen, buongiorno!- lo salutò gioviale, ma ancora un po’ assonnata.
L’uomo rimase sulla soglia, colpito da quell’immagine.
Ricordava tutte le mattine passate insieme, seduti al tavolo della
cucina a parlare del niente o di cose successe i giorni precedenti.
-Che c’è?- gli chiese Kiraliaji, vedendosi osservata.
Scosse la testa, accennando un sorriso. –Nulla, tranquilla.
Lei lo scrutò attentamente per qualche istante, poi fece spallucce e tornò alla propria colazione.
-Appena hai finito di mangiare, vorrei che uscissi con me: devo parlare
ai nostri ospiti.- le comunicò, togliendosi di dosso la
nostalgia.
La giovane annuì, addentando un biscotto alla vaniglia.
Poco dopo si alzò e seguì il fratello fuori dalla porta, dove trovarono il gruppo di ragazzi intento a svegliarsi.
Li salutarono e Kiraliaji offrì loro un po’ dei biscotti con cui aveva appena fatto colazione.
-Mentre mangiate, vorrei che mi steste a sentire.- disse loro Orphen.
Simar si fece guardingo. –Di che si tratta?
-Di una cosa che potrebbe esservi utile, ma non ne sono certo.- rispose.
Al che tutti i presenti si fecero guardinghi, compresi Blaking e Nehir di ritorno proprio in quel momento.
-Stanotte, meditando su quello che mi avete detto, ho ripensato a
quanto ho letto durante i miei anni di apprendistato. Tra le cose che
ho studiato, c’è anche la leggenda dei Balhia.-
iniziò, prendendo a camminare avanti e indietro davanti ai suoi
interlocutori. –Una delle prime cose che si scopre, leggendola,
è che i cinque cavalli sono molto più potenti uniti, che
divisi.- aggiunse.
-Sì, ce ne siamo accorti.- commentò Drew, sorridendo
brevemente a Blaking. L’amico rispose con un’espressione
leggermente imbarazzata, scusandosi per i recenti disagi.
-Una cosa che forse non sapete, è che ci sono due elementi
più forti degli altri, anche all’interno di quel gruppo.-
continuò l’Elfo.
Il principe terminò il proprio pezzo di focaccia e poi, meditabondo, mormorò:-Fuoco e Acqua…?
-Esattamente.
-E questo come potrebbe aiutarci?- domandò Ethelyn, perplessa.
-Be’, prima dovrete trovare tutti i Balhia.- precisò.
–Poi, la leggenda dice che i loro poteri saranno incrementati se
“Fuoco e Acqua si uniranno”.- concluse.
A quella strana rivelazione seguirono molte espressioni perplesse,
compresa quella di Kiraliaji. I ragazzi si scambiarono occhiate
perplesse, cercando di trovare una spiegazione logica a quanto era
appena stato detto loro.
-La brutta notizia è che non so come questo possa accadere.-
ammise il Sacerdote, spezzando il silenzio e guardandoli con un pizzico
di disappunto. –Non è scritto nei testi.
-Be’, allora quest’informazione non ci è molto utile.- commentò Blaking, raddrizzando il capo piumato.
-E’ sempre meglio di niente, no?- disse invece Ethelyn, molto
più propensa a vedere il lato positivo della questione.
I presenti si scambiarono occhiate perplesse, ma alla fine annuirono, anche se non completamente convinti.
-Ho solo questo, per ora.- ammise Orphen, con un sospiro dispiaciuto.
Kiraliaji lo guardò, meditabonda. –E… e se ti aiutassi nelle ricerche?- propose, risollevando lo sguardo.
Lui la fissò con tanto d’occhi, stupito. –No!
Kiraliaji, sei appena tornata in libertà! Hai… hai
moltissimo tempo da recuperare, esperienze mancate e… no. Non
posso permettere che tu ti rinchiuda in una stanza, leggendo vecchi
libri.- rifiutò, deciso. La ragazza restò a fissarlo
senza parole, confusa da una reazione così violenta. Suo
fratello dovette accorgersene perché aggiunse:-Scusa… ma
cerca di capirmi.
-Ti capisco.- sorrise e lo abbracciò di slancio, davanti a
tutti. Il Sacerdote arrossì di colpo, imbarazzato e rimase con
le braccia sollevate, senza sapere se ricambiare o meno il gesto.
Sentendo la sorella così rilassata, però, decise di lasciarsi andare e stringerla a sé.
Dopo qualche istante, riscuotendosi dal torpore di
quell’abbraccio, il giovane uomo si ricordò di una cosa.
L’allontanò gentilmente da sé e le disse:-Me ne
sono ricordato solo ora, perdonami: c’è qualcuno che
vorrebbe salutarti.
La ragazza dai capelli fulvi si fece nuovamente perplessa. Chi poteva essere?
Era vero: non era ancora scesa al villaggio per salutare gli altri, ma
dubitava che qualcuno avesse sentito così tanto la sua mancanza.
Forse il maestro Hughes.
Vedendo l’espressione curiosa e al tempo stesso perplessa
di Kiraliaji sorrise, portandosi subito dopo due dita alle labbra.
Esitò un istante e poi lanciò un lungo fischio.
Dovettero attendere solo qualche istante per veder arrivare la grande
aquila dal piumaggio bruno. Alla sua vista, l’Elfa si aprì
in un sorriso e la guardò con tanto d’occhi, contenta. Non
credeva l’avrebbe mai rivista.
-Credevo che… per tutto questo tempo…?- chiese, fissando rapita la postura regale dell’animale.
Suo fratello annuì. –L’ho chiamato
Chrysaetos… per via del suo piumaggio.- le spiegò,
lasciando che il rapace si appollaiasse placidamente sul suo braccio.
-Chrysaetos. Posso toccarlo?
-Sì, ma avvicinati con calma.- l’avvertì.
Stava per allungare una mano quando, poco oltre il dislivello che conduceva al sentiero per il villaggio, comparve Nive.
La giovane pareva abbastanza adirata e si annunciò protestando
contro i compagni di viaggio, accusandoli ancora una volta di averla
estromessa dalle questioni importanti. Il suo arrivo infastidì
l’aquila, che arruffò le piume del collo e sbatté
qualche volta le ali.
-Bene, almeno ha ammesso di voler far parte del gruppo. È un
inizio.- commentò Drew, senza farsi sentire da altri se non da
Blaking. A quanto pare, però, anche Ethelyn riuscì a
sentirlo perché gli dedicò un’occhiata contrariata.
-Siamo stati presi da altro, ma poi ti avremmo riferito tutto.-
cercò di rabbonirla Simar. La danzatrice lo guardò male e
sembrò volerlo incenerire con lo sguardo. –E, in ogni
caso, cos’è tutto questo improvviso interesse…?-
chiese subito dopo.
Lei non rispose e si limitò a sedersi su uno dei tronchi,
mostrando a tutti la propria indignazione. Il principe scambiò
un’occhiata mortificata coi loro ospiti, scusandosi per il
comportamento della compagna di viaggio.
***
Quella mattina, all’alba, aveva scorto una strana stella nel cielo.
Socchiudendo gli occhi si era resa conto di aver sbagliato: non era una stella e non si trovava nemmeno in cielo.
Quello era il Vegliante del Sud, lanciato a folle
velocità nei pressi delle pendici del vulcano. Al suo passaggio
i campi coltivati coi fiori qara, le piante da cui ottenevano i fili di
vetro (molto richiesti per le cotte di maglia e gli abiti),
raddrizzarono le corolle e salutarono il sole non ancora sorto.
Si era chiesta per quale strano motivo il Cair stesse puntando verso i
confini con le terre del Cuore e si era fatta perplessa. Anzi,
preoccupata.
Naur non era quello che si può definire un essere socievole,
nonostante avesse molto a cuore tutte le creature che vivevano nelle
sue terre: aveva fama di essere puntiglioso e attaccabrighe.
La cosa strana però, era che il grosso lupo di fiamma non si
vedeva aggirarsi per le terre del Sud da tantissimi anni. Non
un’apparizione, non un cenno.
“Prevedo guai.”, pensò, accarezzandosi pensosa il
mento appuntito. Aveva seguito la scia della creatura fino a quando non
era scomparsa, confondendosi coi raggi del sole.
Ora se ne stava sulla soglia di casa, meditabonda, aspettando
l’inizio di un nuovo giorno. In mano reggeva una tazza ricolma di
un profumato infuso e sentiva sulla pelle i primi barbigli di luce.
Un movimento attirò la sua attenzione e Zahira si fece
guardinga. Raddrizzò la schiena e puntò lo sguardo
sull’orizzonte, pronta a cogliere qualsiasi segno di pericolo.
Quando capì che si trattava solo dei primi tessitori che
s’inoltravano nei cambi, si rilassò. Abbracciò
l’intero villaggio con uno sguardo carico di affetto e sorrise ai
piccoli che stavano correndo oltre le porte di casa per andare a
giocare.
Ricambiò i saluti che le vennero porti ed osservò l’attività iniziare frenetica.
Quel giorno avrebbe dovuto incontrare il capovillaggio di un paese
vicino, per discutere del prezzo di vendita dei fili di vetro e della
possibilità di ampliare una parte dei loro campi.
Si prospettava una normale giornata, uguale ed indaffarata come tutte le altre.
Fece per rientrare in casa, quando un urlo richiamò la sua attenzione.
Col cuore in gola e la testa invasa da ricordi che avrebbe preferito
tenere sepolti, si precipitò fuori. –Che succede?!-
chiese, allarmata.
Vide molti compaesani confluire verso il sentiero che portava alle coltivazioni e li seguì.
Una volta arrivata nei pressi del primo campo trovò un folto
gruppo di tessitori, tutti quanti chini ad osservare il terreno.
Si fece rapidamente largo tra la folla e se li ritrovò
davanti. –Cosa sta succedendo…?- domandò, questa
volta un po’ più calma.
Uno dei lavoratori si scostò e le mostrò quanto avevano trovato: impronte animali con strani residui luminosi.
Fissò quei segni con apprensione, ricordando le voci che aveva
sentito al mercato vicino: le terre dell’Ovest erano in mano ad
un potere maligno, i cui servi oscuri stavano cercando di
spadroneggiare.
“Possibile che siano arrivati fino a qui?”, si domandò.
-Che dobbiamo fare?- le chiese qualcuno.
-Per ora riprendete a lavorare, ma rimanete vigili. Ritornerete alle
vostre case un’ora prima del solito e questa notte stabiliremo
dei turni, per capire se esiste una reale minaccia.- decise, efficiente
come aveva imparato ad essere da quando era stata nominata
capovillaggio.
Le sue parole causarono un diffuso mormorio, ma nessuna protesta.
Zahira sapeva essere molto persuasiva, quando voleva.
***
Guardò fuori, oltre il grande squarcio nella parete.
Sotto di lui la vita cittadina scorreva frenetica, tra suoni, colori ed
odori. La sabbia che ricopriva perennemente le strade veniva sollevata
in ampie nuvole dai carri e dai cavalli di passaggio, ma le persone non
sembravano farci caso.
A Meridie il clima era particolarmente secco e faceva caldo per quasi
tutto l’anno, eccetto durante i due mesi che coincidevano con la
stagione delle piogge. Nulla a che vedere con Cretos, molto più
piovosa e verde.
Sospirò, riparandosi dietro il profilo scalcinato del muro.
Appoggiò lentamente il capo alla parete, fissando il soffitto
senza realmente vederlo.
L’attesa era snervante e lui non era bravo ad aspettare, non lo
era mai stato. Quella non era una caccia alla lepre, quindi non doveva
nemmeno concentrarsi per evitare di sfarsi scoprire.
Solo aspettare.
“Odio aspettare.”, pensò, passandosi una mano tra i capelli e stringendone con foga qualche ciocca.
Lanciò un’altra occhiata distratta alla strada
sottostante, tenendo d’occhio il via vai animato di gente. Se
fosse tornato, l’avrebbe visto arrivare.
Mentre imprecava mentalmente contro l’immobilità a cui il
suo piano l’aveva costretto, lasciò vagare lo sguardo per
l’enorme ambiente in cui si trovava. L’edificio presentava
finiture di pregio, intonaci di calce e decorazioni a mosaico in alcune
stanze, ma quella che aveva scelto come camera privata era molto
semplice e pulita.
Rispecchiava un po’ il suo carattere, per certi versi dai tratti manifestatamente taglienti.
Aveva cosparso una bella porzione di pavimento con cuscini d’ogni
tipo e forma, appendendo per sé un’amaca
dall’aspetto comodo, ma altalenante.
Alcuni grandi cuscini fungevano da giaciglio per il suo compare d’avventure, attualmente fuori per uno spuntino.
“Se almeno Runaway fosse qui, potrei parlare con
qualcuno.”, si disse. Ma, subito dopo, si lasciò sfuggire
un sorriso, dandosi dello stupido. Non era normale considerare dialogo
quello che aveva con la creatura, dato che quella non gli rispondeva a
parole.
Non aveva una sana conversazione con qualcuno da…
-Cinque lunghi anni.- la voce gli uscì in un sussurro amaro.
Restò a fissarsi le mani, tentando di controllare
l’improvviso moto di rabbia che l’aveva assalito.
Quando fu riuscito a domarlo, lanciò l’ennesima occhiata
all’esterno. Questa volta, però, trovò una sorpresa
ad attenderlo. Intercettò gli occhi del ragazzino appoggiato
all’angolo di una casa e gli fece un impercettibile cenno del
capo.
Il bambino scomparve.
Subito dopo qualcuno bussò contro la parete: due colpi brevi ed uno lungo.
-Entra.- disse soltanto.
Il giovane visto poco prima ora si trovava davanti a lui, trafelato ma
sorridente. Sperò che quell’espressione fosse foriera di
buone notizie. –Allora…?- chiese, con un pizzico
d’agitazione.
-Ce l’avete fatta, signor Roving. La parte est della città
è vostra!- annunciò con entusiasmo il suo informatore.
Gli occhi dell’Elfo scintillarono per qualche istante, prima che
lui si alzasse e lasciasse un buffetto sulla spalla del ragazzino.
–Hai fatto un buon lavoro, grazie. Questa sera pagherò te
e i ragazzi.- gli disse, orgoglioso del risultato.
-Grazie!- esclamò l’altro.
Esitò un attimo e poi gli disse:-Vai pure.
Il bambino si congedò con un rapido cenno del capo, si
voltò per uscire di gran carriera, ma per poco non finì
schiacciato contro il muro. L’arrivo di Runaway l’aveva
colto di sorpresa e, come ogni singola volta, il giovane era balzato
indietro, spaventato.
Come dargli torto?
Quasi tutti i suoi collaboratori avevano timore del suo fido compagno
e, da un lato, li capiva. I primi tempi quegli occhi rossi mettevano
una certa inquietudine anche a lui.
-Non ti farà niente, tranquillo.- cercò di
tranquillizzare il giovane collaboratore, impedendosi al contempo di
ridacchiare per la sua reazione.
-Mhm…- fu la risposta diffidente.
Roving allora puntò gli occhi chiari in quelli cremisi della
creatura e quella, dopo qualche istante, entrò nella stanza,
lasciando libero il passaggio. Il ragazzino non si lasciò
scappare l’occasione e fuggì a gambe levate,
salutando lungo le scale.
Sentì sbattere il grande portone d’ingresso e solo allora
si concesse di ridere. –Continui a fargli un brutto effetto.
Il compare gli dedicò una pigra occhiata, prima di sdraiarsi sui guanciali.
Il giovane allora tornò a guardare fuori dalla finestra.
“Ti scoverò, Ghilen. E, una volta stanato, pagherai per
tutto il male che hai fatto.”, promise. “La prima cosa che
perderai sarà questa città.”
***
Orphen e Kiraliaji avevano lasciato il gruppo di ragazzi a discutere.
A quanto gli era dato capire, Nive era l’ultimo membro
affiliatosi e sembrava restia a sopprimere il proprio carattere
spiccatamente egocentrico a beneficio degli altri. Sicuramente si stava
dimostrando una bella gatta da pelare, non c’erano dubbi.
Vedendolo sogghignare, sua sorella lo superò di qualche passo e gli chiese, curiosa:-A cosa pensi?
-A quanto quella ragazza sia cocciuta.- ammise, scuotendo il capo.
-La danzatrice?- fece lei, lanciando un’occhiata alle proprie
spalle. Osservando il piccolo gruppo, era riuscita a capire che lo
Spirito Blu sapeva ballare, nonostante non l’avesse vista
esibirsi la sera in cui era stata liberata.
Suo fratello le lanciò un’occhiata, stupito. -Come sai che è una danzatrice?
-Be’, li ho osservati.- ammise la ragazza, sentendosi in
imbarazzo. Le sembrava di aver fatto una cosa sbagliata, anche se non
sapeva perché.
Orphen rimase in silenzio per un po’, proseguendo verso il centro
del villaggio. –Non sono arrabbiato, se è questo che temi.
Sono stupito: non credevo avessi un tale spirito d’osservazione.
L’ultima volta che ti ho parlato eri…- s’interruppe.
Capendo il suo stato d’animo, la giovane allungò una mano
ed intrecciò le dita con quelle dell’Elfo, sorridendogli
subito dopo per rallegrarlo. Lui apprezzò enormemente il gesto,
accentuando la presa.
Camminarono in silenzio per un altro po’, fino a quando lei non
si decise a chiedere:-Com’è morto papà…?
A quella domanda, il Sacerdote alzò la testa di scatto, come se
si fosse scottato. –Come…?- gracchiò, di colpo
senza voce.
“Non dovevo chiedere.”, realizzò Kiraliaji, pentendosi subito. –Niente.- si affrettò a dire.
-Come lo sai?- si sentì chiedere.
Fu costretta a fermarsi, perché suo fratello le mise le mani
sulle spalle. Tenne lo sguardo basso per qualche istante, sentendosi
stupida: non avrebbe dovuto rivangare il passato. Soprattutto un
passato doloroso.
Però doveva sapere cos’era successo.
Deglutì a vuoto qualche volta. –Nostro padre. Ricordo di
averti visto attaccarlo, mentre venivo trascinata giù…-
ammise.
-Io…
-Orphen!- Hughes arrivò a trarlo d’impaccio.
Il giovane uomo trattenne a stento un sospiro di sollievo, grato. Non
avrebbe saputo come affrontare l’argomento con la sorella, dato
che lui stesso aveva cercato di rimuoverlo dai propri ricordi.
Non si era mai considerato un assassino e togliere la vita al padre lo
aveva privato di una parte di sé. Temeva che, rivivere quei
brevi istanti, avrebbe potuto farlo sentire ancora più sporco di
quanto non si fosse sentito allora.
Decise di concentrarsi su quanto aveva da dirgli il maestro, ma quello
non gli stava prestando attenzione: era tutto preso ad osservare
Kiraliaji, ad abbracciarla e sorriderle, incredulo.
“E’ vero: da quando è stata liberata, nessuno dei
nostri compaesani ha potuto incontrarla.”, si rese conto,
osservando la scena intenerito.
L’uomo aveva fatto da precettore sia a lui che alla giovane,
quand’erano piccoli. Ed era stato anche l’aiuto più
valido che avesse mai potuto sperare di avere durante quei dieci anni
d’inferno.
-Hai visto com’è cresciuta, Orphen?- gli disse l’Elfo, commosso.
Annuì, sorridente. Kiraliaji li fissava entrambi, imbarazzata e
a disagio. Sicuramente non aveva previsto un trattamento del genere.
-Hughes.- il Sacerdote decise di trarla d’impaccio.
–Perché mi cercavi?- aggiunse, una volta ottenuta
l’attenzione dell’altro.
Quello lasciò andare il viso della giovane dai capelli ramati e
si voltò a guardare quello che, da parecchi anni a quella parte,
era diventato il suo capovillaggio. –Ieri sera ci siamo riuniti.-
iniziò.
-Riuniti? Tu e chi altri?- domandò il suo interlocutore.
-Io e tutti gli altri abbastanza vecchi da aver capito la portata di
quello che sta succedendo.- gli rispose, fissandolo dritto negli occhi.
-E cos’avete deciso?
-Lumiria ha vissuto isolato per troppo tempo. È tempo che le cose cambino.- asserì con convinzione.
-Cosa volete fare?- chiese Kiraliaji, allarmata dal tono del maestro.
-Tranquilla, piccola. Niente di così pericoloso.- la
rassicurò, sorridendole brevemente. Poi tornò a voltarsi
verso Orphen. –Vogliamo porci a difesa del passaggio verso Sud.
A quelle parole, l’Elfo fece tanto d’occhi. –Voi
cosa?! Ma siete impazziti?! L’unico Sacerdote rimasto sono io
e…- ma venne interrotto.
-Non siamo vecchie fatine indifese, sappiamo ancora usare la magia.
È giusto aiutare Suran, dato che, come hai detto anche tu, sei
l’unico rimasto della tua casta e non è possibile cambiare
questo fatto.- fu la risposta, precisa e decisa.
-Ma…
-Il passaggio ha già una buona protezione naturale: se
aggiungiamo i nostri occhi e la nostra magia, non farà altro che
rafforzarsi.- argomentò l’altro.
-Non posso acconsentire a questa pazzia!- protestò l’uomo,
incredulo di fronte alla sicurezza dell’amico di vecchia data.
-Peccato, perché la decisione è già stata presa.
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Capitolo 39 *** Epilogo ***
Epilogo
Epilogo
-La minaccia sta diventando sempre più imponente. Non so se i
popoli di Suran saranno in grado di reggere il colpo.- mormorò
Analyon, gli occhi fissi sull’orizzonte che si vedeva oltre il
rigoglio del fogliame.
Il sole stava morendo, infiammando il cielo con l’ultima esplosione di luce della giornata.
-Non so nemmeno se stiamo agendo in tempo.- aggiunse continuando a dar
voce ai propri pensieri. Aveva congedato Xira e si era ritirato in cima
alla quercia per poter mettere ordine nei propri pensieri.
Le notizie che gli avevano portato i suoi fratelli erano preoccupanti e
temeva di aver mobilitato le proprie forze troppo tardi.
Temeva di aver fallito il proprio compito in quanto Vegliante.
“Chiunque tu sia, vorrei avere la forza per eliminarti e
preservare la pace.”, pensò con rabbia, rivolgendosi a
quel misterioso nemico che tutti stavano fronteggiando, ma nessuno
aveva visto.
L’unica cosa che sapeva del proprio avversario era che si
stava lentamente impadronendo dei poteri e della vita di Shunka, suo
fratello di potere. Ogni giorno sentiva parte della propria energia
venire risucchiata in un baratro di tenebra e non poteva fare nulla per
impedirlo, se non cercare di scovare quell’ombra il prima
possibile.
C’era stato un barlume di speranza, però.
Improvvisamente, aveva percepito come un’eco nella propria mente
e un piccolo frammento di potere si era risvegliato in lui, come un
seme che germoglia dopo un lungo inverno. Si era messo immediatamente
in contatto con Fenris e Manannan e loro gli avevano comunicato di aver
raggiunto Naur.
A quella notizia, il pensiero di tutti si era rivolto ai Balhia: solo
la riunione dei cinque cavalli leggendari avrebbe potuto sortire un
simile effetto.
Ma sperare in un miracolo del genere sarebbe stato troppo e Analyon si sentiva decisamente pessimista.
Sospirò, lasciando uscire un lungo respiro e volse le
spalle al sole, pronto a raggiungere i consiglieri ai piedi della
propria dimora.
Chiuse gli occhi, smaterializzando la propria forma canina per poter
divenire un tutt’uno con l’albero, quando avvertì
un’improvvisa tenebra attorno a sé. Sgranò gli
occhi, interrompendo brutalmente il contatto con la quercia, ma la
sensazione non svanì.
Poco dopo ebbe la sensazione di non essere solo.
Non avrebbe saputo dire dove si trovava, ma avvertiva chiaramente una presenza.
Si guardò intorno, espandendo con cautela il proprio potere per
saggiare quel muro d’oscurità che lo circondava. La
seconda entità se ne stava ai margini del suo spettro
d’energia, esitante e confusa quanto lui.
Il grosso lupo arricciò il naso, tentando di fiutare qualcosa. –Mostrati.- ordinò al nulla.
Non ottenne risposta, ma continuò a sentirsi osservato.
Serrò nuovamente gli occhi e concentrò il proprio potere
in un punto, modellandolo e rinfocolandolo come una fiamma. Quando si
sentì riempire dall’odore della terra e dalla linfa vitale
di tutti gli esseri da lui creati, lasciò che tutta la sua magia
fuoriuscisse, potente come un’onda d’urto.
Qualcosa si ruppe e il Cair colse una figura, illuminata brevemente dalla scia del potere della Terra.
La creatura lo fissò, gli occhi sbarrati. Occhi del colore dell’oro.
Analyon cercò di capire chi avesse davanti, ma i suoi sensi
sembravano bloccati e il suo cervello non voleva registrare
l’immagine che aveva davanti.
I due rimasero a fronteggiarsi il tempo di un battito d’ali, poi
entrambi vennero catapultati indietro nelle loro realtà.
***
Riemerse con un urlo di dolore.
Si guardò intorno, cercando di prendere fiato. Aveva gli occhi
sgranati e la pupilla era così piccola da sembrare solamente un
taglio in mezzo a tutto quell’oro.
Si artigliò il petto, provando a chetare quel dolore sordo che lo aveva avvinto.
Non sapeva cosa fosse successo né come fosse riuscito ad
entrare in quello strano limbo d’oscurità, ma era quasi
certo d’aver fronteggiato il Primo.
Era stato solo un istante, nulla più.
La sua pelle sfrigolava ancora al ricordo dell’ondata di potere
che l’aveva colpito, costringendolo a rivelarsi. A quanto pareva
aveva stabilito una connessione col Cair della Terra, connessione che
l’aveva quasi portato a ricevere un colpo mortale.
Si chinò sul proprio scranno di pietra, tentando di riprendere fiato.
“Com’è possibile? Come può esistere una
connessione tra me e quegli esseri…?”, si chiese. Il
fulcro del suo potere risiedeva in una barriera fisica e mentale che lo
isolava completamente dal resto di Suran, permettendogli di portare
avanti i propri piani senza interferenze.
Ma se ora quello scudo era stato infranto…
Digrignò i denti, immaginando le possibili conseguenze di tutto ciò.
Poi avvertì una nuova stilettata di dolore e cadde bocconi sulla
nuda roccia, tossendo così forte da sentire la gola bruciare.
-Che mi succede…?!- annaspò.
Tentò di rimanere cosciente a se stesso, ma sembrava che
qualcosa lo stesse consumando dall’interno. Roteò gli
occhi e tossì un’ultima volta, rigettando il corpo
luminoso di Calimë.
La creatura cadde a terra con un singulto e giacque al suo fianco, apparentemente priva di forze.
La fissò di sbieco, mentre un pensiero di faceva largo nella sua mente. –Tu…- rantolò. –Tu!
Si trascinò per qualche metro, cercando di raggiungerla. Lei se
ne stava riversa col viso rivolto al cielo, il petto che si alzava ed
abbassava senza sosta.
-Cos’hai fatto?!
Calimë lo squadrò coi suoi occhi neri come la pece e un
lento sorriso si fece strada sul suo volto. –Sto diventando
più forte…- disse con un filo di voce.
Anrekres digrignò i denti e desiderò poterla uccidere con
le proprie mani. –Tu! Tu stai cercando di sabotare i miei piani!
-Non ti permetterò di averla vinta.- replicò la donna, girandosi dolorosamente su un fianco.
La creatura d’ombra avanzò ancora un po’, arrivando
a fronteggiare la sua più acerrima nemica. Si puntellò
sui gomiti, ritrovando un po’ di forza. –Come hai
fatto…?- chiese, al limite della rabbia. –Come ci sei
riuscita!?
-La prossima volta in cui comparirai davanti ai Cair, sarà l’ultimo dei tuoi problemi.
-Ammesso che tu sopravviva.- rispose l’uomo, balzando avanti ed
afferrandole saldamente la gola con le mani. Calimë gli
afferrò immediatamente i polsi, provando a divincolarsi.
Erano entrambi allo stremo delle forze, ma l’antitesi che
esisteva tra i due era insuperabile, forte come i poli di un magnete.
Iniziarono a lottare con tutta l’energia che ancora avevano in corpo, tentando di prevalere l’uno sull’altra.
Per la prima volta, però, Anrekres si riscoprì ad aver paura.
Se il suo potere si era indebolito a tal punto da impedirgli di
proteggersi da una parte di se stesso, non era il caso di indugiare
oltre.
La guerra per il predominio doveva essere anticipata se non voleva
essere schiacciato. Doveva riprendere il controllo e, per prima cosa,
avrebbe riassorbito dentro di sé quella creatura fatta di odiosa
luce.
“Sarò io a cantar vittoria, alla fine. E tutti voi soccomberete.”, pensò, aumentando la stretta.
Calimë tentò nuovamente di liberarsi, ma era troppo debole
e la ritrovata determinazione del suo avversario la stava privando
anche delle ultime briciole di energia.
Si bloccò e, concentrandosi, sparì dentro il corpo di Anrekres.
Aveva intuito le sue intenzioni e sapeva cosa fare: doveva aiutare i Cair e svelare loro i piani del nemico.
Solo così avrebbero potuto aver ragione di lui.
Qualcuno si starà chiedendo: ma è impazzita?
No, assolutamente. La storia non
è conclusa (dopo un epilogo del genere nessuno lo penserebbe),
ma ho la necessità di interromperla per due motivi: il primo
è che stava diventando troppo lunga, il secondo è che
voglio prendermi una pausa da Suran per dedicarmi ad un altro progetto.
Non mi sembrava corretto lasciare la storia a languire, quindi ho preso questa decisione.
Non so quando inizierò la
stesura del secondo capitolo (buona parte è già nella mia
testa, ma devo trovare il tempo e la concentrazione per mettermici), ma
vi assicuro che non abbandonerò il progetto.
Assolutamente u.u
Ho ancora tante chicche in serbo per voi :)
Quindi, per ora, ringrazio tutti
quelli che mi hanno accompagnata in questa prima parte del viaggio e,
in particolare, FherEyala, mia sostenitrice numero uno (Drew ti saluta
;)).
Alla prossima (a presto, spero!),
Lelaiah
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