Auno

di Esmoi Pride
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vampiri ***
Capitolo 2: *** Ingranaggi Mancanti ***
Capitolo 3: *** 3. Versa ***



Capitolo 1
*** Vampiri ***


1. Vampiri

In un luogo non ben specificato dell'era contemporanea, c'era una collina trascurata da tutti e tutto. Lì viveva rigoglioso un boschetto che la notte diventava molto rabbrividevole, e accanto a quel boschetto vi era una villa ottocentesca, molto grande e intimidatoria. Si diceva che in quella casa vivevano dei vampiri, o una strega, o i fantasmi. Era casa dell'orrore del paese accanto. Ma mentre i bambini erano impauriti di quella villa, le altre persone sapevano bene chi ci abitava.
Il proprietario di quella grande villa vittoriana era uno scienziato, le cui invenzioni erano così strambe e geniali da aggiudicarsi il titolo di scienziato pazzo del paese benché non fosse pazzo; questo scienziato si chiamava Scelesto, e lavorava tutto il giorno nel laboratorio della villa.
Scelesto possedeva anche una famiglia all'interno della dimora. La moglie, Morba, lo scenziato si era innamorato di lei per la sua natura cagionevole e sensibile; ella era sempre molto ammalata e non poteva alzarsi dal letto. I due avevano dato alla luce un neonato, che chiamarono Anima: fu allora che lo scienziato pensò bene di utilizzare una delle sue strambe invenzioni per sè stesso.
Studiò a lungo, fece esperimenti per mesi e rilesse i libri di Isaac Asimov finché non riuscì a creare ciò che serviva loro: un androide. Questo androide era molto utile a tutta la famiglia, anche perché la famiglia aveva un grave problema; soffrivano tutti e tre la luce del sole. Perciò l'androide era capace di andare a fare la spesa, avere informazioni dal mondo esterno, oltre a fare ordine e pulizia al posto di Morba, ammalata, eseguendo anche le funzioni da madre, da insegnante, da educatore per il bambino, Anima. Era un ottimo padre, un'ottima madre, un ottimo aiutante. Non era fatto di ferraglia: era rivestito di pelle come un vero essere umano, ed era perlopiù androgino; aveva un petto maschile ma nessuno sapeva cosa rivelava il bacino. Possedeva un aspetto umano, degli occhi grigi e chiari e dei capelli corvini un pò lunghi, erano l'unica cosa che cresceva nell'androide. Una pelle chiara, che sembrava quasi cagionevole per la debolezza di Scelesto all'origine fragile della moglie, un'altezza poco modesta. Nessuno sapeva come lo scienziato pazzo era riuscito a creare una simile imitazione dell'essere umano. Dato che Scelesto aveva una vera e propria passione per gli ingranaggi, creò il cervello dell'androgino con miliardi di ingranaggi, ognuno per una sua funzione. Un ingranaggio evitava che l'androide facesse incubi o sognasse cose fuori dal comune, un altro evitava che l'androide provasse sentimenti, un altro ancora gli permetteva di muoversi, camminare, vedere, annusare, odorare, provare tatto come gli esseri umani. Il suo nome era Auno, con l'accento sulla a, perché fu l'androide numero uno che lo scienziato mai creò. Sarebbe stato quasi un vero essere umano, se solo avesse avuto un'anima.

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Capitolo 2
*** Ingranaggi Mancanti ***


2.Ingranaggi Mancanti

E' spiacente per me cominciare così presto la nostra avventura, ma sono sicura che sarete comunque soddisfatti delle ricchezze che troverete dopo questo meraviglioso incidente.
Tutto cominciò la mattina di un giorno qualsiasi d'estate, quando Morba sognava ancora presa dal sonnifero, Anima si era appena svegliato con il rumore della radiosveglia che cantava una canzone di Britney Spears, Scelesto era già da un'ora a lavorare in laboratorio e Auno si preparava per una bella lezione di antologia con il suo discepolo. Mentre Anima era in bagno, facendosi la doccia, lavandosi i denti, mettendosi i vestiti, indossando il suo ciondolo preferito e scegliendo il suo profilo migliore, Auno, che si era lavato precedentemente, raccoglieva in un codino i suoi ciuffi corvini, indossava gli occhiali da lettura con montatura nera e sottile a mezzaluna, si aggiustava i vestiti formali e osservava l'orologio per poi preparare il libro scolastico.
"Parlami dei personaggi che compongono una storia." Disse Auno all'ordine del giorno.
"Beh, c'è il protagonista... Poi l'antagonista... I personaggi secondari e le comparse."
"Spiega."
"Il protagonista è il personaggio principale della storia, l'antagonista è l'aiutante..."
"Sbagliato."
"Ah... Ma qui dice così!" Disse Anima indicando gli appunti del suo quaderno.
"Dovrai correggere" Rispose Auno con semplicità "Dov'è la tua penna?"
"L'ho lasciata in cucina quando ho fatto colazione!" Si accorse Anima rendendosi conto della sua sbadatezza.
"Vado a prenderla io, tu ripassa" Ablò gentilmente il professore-androide. Così dicendo, uscì dal soggiorno e camminò distrattamente verso la cucina, per prendere la penna.

Fu una vera sciagura, che proprio quel giorno, proprio in quel momento, proprio nel bagno e proprio davanti ad Anima, e proprio al compleanno di Gigino, un uccellino attraversò la finestra che era aperta, da questa arrivò fino al soggiorno e vedendo Anima corse verso la cucina spaventato. Anima, intuendo che quell'uccellino proveniva dall'esterno, ebbe molta curiosità e gli corse appresso per catturarlo ed esaminarlo, e poi per fargli ritrovare la via del bagno. Così mentre Auno portava la penna ignaro, e Anima ricorreva il povero uccello spaventato, i due si scontrarono vigorosamente facendo cadere Auno all'indietro, che sbattè la testa contro lo spigolo del muro. In quel trauma cranico un ingranaggio saltò fuori dal cervello, facendo svenire il povero androide. Anima urlò di terrore come una donnetta vedendo Auno accasciarsi al pavimento.

I sonni di Auno furono molto torment... Aspettate un attimo, ma non avevamo detto che Auno non sognava? Ebbene si, quell'ingranaggio aveva sbloccato i sogni dell'androide, che quella mattina furono maligni e sinistri. Beh, i sonni di Auno furono molto tormentati, fino a quando non si svegliò quel pomeriggio stesso. Si era accorto di aver sognato, e sebbene i suoi fossero stati degli incubi, non aveva intenzione di riavere l'ingranaggio... Forse proprio in mancanza di quello, aveva ben pensato di movimentare un pò la sua vita con dei sogni, talvolta. Fu per questo che decise di non dire nulla a Scelesto nè alla sua famiglia; andò al corridoio dove si erano scontrati lui ed il ragazzo, e raccolse l'ingranaggio mancante, le sue catene, buttandolo fuori dalla finestra, lontano da lui, in modo che non potesse più causargli monotonìa, e ringraziando il giorno del compleanno di Gigino.

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Capitolo 3
*** 3. Versa ***


3. Versa

Dopo pochi giorni che ebbi buttato l'ingranaggio lontano dalla mia vita, altri sogni accorsero a penetrare la mia mente mentre dormivo. Di solito gli esseri umani ricordano nulla o poco degli avvenimenti sognati la notte, eppure uno di questi me lo ricordo ancora. E' così chiaro e limpido nella mia mente che sembra reale.

Stavo dormendo nel mio letto come un comune essere umano, con i capelli gettati sul cuscino, e c'erano degli strani rumori tutto intorno. Sembrava che la casa fosse infestata da demoni; infatti uno di questi si avvicinò a me, ed il suo odore particolare mi svegliò. Aprendo gli occhi vidi questa specie di mostro antropomorfo, rachitico, dalla pelle marroncina con riflessi dorati, i capelli sporchi e grigi, pochi sul capo, gli occhi enormi e rossi, le gengive malandate, luride, anguste e i denti affilati. Sembrava sorridere, il suo viso era un ibrido tra un mostriciattolo ed un teschio. Però quando prese a parlare solo la sua voce mi stupì, una voce pulita e femminile, soave.
"Buongiorno." Disse con un accenno ironico. In effetti, la mia finestra mostrava un paesaggio ancora molto scuro e notturno. Mi alzai a sedere dal letto, e man mano che mi alzavo guardavo in alto, osservando il soffitto cieco, ma ero certo che nell'oscurità si nascondevano altri mostriciattoli che si muovevano lenti e letali pronti ad afferrare una qualsiasi preda. La mia certezza era fondata dai raggi della luna che ricadevano su una delle tante mani protese verso il basso dal soffitto, una mano verdastra con riflessi di smeraldo, di muschio che ricopre gioielli.
"Chi siete?" Chiesi al mostriciattolo che mi stava vicino, osservando la porta, chiusa, dai lati emanava gli spiragli della luce accesa nel corridoio.
"Siamo dei mostriciattoli" rispose semplicemente il mostro dorato sorridendo e mostrando maggiormente il teschio dei suoi zigomi e della sua mandibola "non lo vedi Versa?"
"Versa?" Chiesi io. Stavo per rispondere con il mio nome, ma non me lo ricordavo. Come se non fosse mai esistito.
"Si, Versa. Cosa c'è, non ricordi il tuo nome?" Disse lei, ghignando. Sapevo che non era il mio nome, lo sapevo, ne ero certo. Ma non sapevo quale fosse il mio nome. Così lasciai stare il nome, e guardai l'essere marrone.
"Perché non ti alzi? E' da tempo che dormi qui, saranno una bella decina di anni." Disse questo, dunque si allontanò verso la porta, e lì sparì, forse era troppo oscuro per vedere se era scomparsa o se si era solo fermata.
Dopo essermi dato un'ultima occhiata attorno, mi alzai dal letto, avvicinandomi alla porta; il soffitto era troppo alto perché quei mostri mi potessero torcere un capello. Non c'era niente e nessuno. Notai che fuori la porta, adesso, non usciva alcuna luce; aprii la porta e vidi il mostro marrone proprio ai miei piedi, tutto raggrinzito su se stesso, che osservava le parti del corridoio. Di fronte a noi due c'era una stanza senza porta, che non esiste nella realtà. Il mostro avanzò entrando in quella stanza ed io lo seguii. Era una stanza buia, polverosa, di ricordi e di cimeli. Accanto a delle cianfrusaglie inutili giaceva un coniglietto di pezza, mi avvicinai e lo presi esaminandolo; chiedendomi di chi fosse quella roba. Intanto il mostriciattolo dorato si aggirava per la stanza curioso, e quando si avvicinava alle mie spalle sentivo qualcosa di lui che mi minacciava; ma non mi aggredì, almeno non prima che finisse il sogno.

Adesso sono qui sul letto a pensare al sogno di ieri sera. Ed intanto guardo il soffitto illuminato dal sole mattutino; i mostri non esistono. Mi alzo, mi vesto. Mi preparo bene per un altro giorno ed esco dalla mia stanza per lavarmi. Mi fermo. Quella porta, lo so bene, non esisteva prima. Mi avvicino, tocco il pomello. Non è un'illusione tantomeno un quadro. Apro la porta, clock. La spingo.

E' la stessa stanza del mio sogno! Solo che è molto più lucente. E' tutto come l'avevo lasciato ieri sera.. Tranne il mostriciattolo marrone; mi osservo attorno, sto ancora sognando? Il mio sguardo ricade sul coniglietto di pezza della sera prima. Avanzo e mi accovaccio, lo prendo, lo esamino di nuovo. C'è una scritta che nel sogno non avevo letto, sul corpo del coniglietto, proprio sulla pancia.
"Versa".

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