Ashes to Dust

di Kodamy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ashes to Ashes ***
Capitolo 2: *** Missing the Fairytale. ***



Capitolo 1
*** Ashes to Ashes ***


Ashes to Dust

Ashes to Dust.

A c t  1                        A s h e s   to   A s h e s

 

 

“After the rain arise the sunshine
And all the same I feel weak.”

 



La piccola Moegi era stata la prima a morire in quella missione.


Le avevano tagliato la testa con un colpo secco e pulito, e la testa era rotolata sull’erba secca che ricopriva la radura.
L’avevano trafitta con la katana sporca di sangue alla base del collo reciso, e l’avevano sollevata quasi fosse uno stendardo. Uno stendardo dagli occhi vitrei.

Qualcuno aveva gridato.

La testa della Genin era stata gettata da parte, la lunga coda di capelli color carota sporca di sangue.

L’ennesima battaglia era cominciata.

 

 

.:*~°~*:.

 

 

Erano due giorni che Ino non faceva che ridere di Chouji e del suo stomaco vuoto, ed ogni volta che Sakura sentiva quella risata, una morsa le stringeva il cuore.


Sapeva che Ino metteva sempre su quella maschera di trucco e bugie, di risate tanto forzate quanto odiose.
Sapeva anche che il vero problema era che, da poco più di un anno, Ino aveva cominciato ad adorare letteralmente la piccola Moegi. Più precisamente, da quando la ragazzina l’aveva presa come modello da imitare.

Le aveva sentite chiacchierare, qualche volta, al negozio di fiori.

“Una kunoichi deve essere principalmente bella, bella da mozzare il fiato. Elegante, posata e letale” diceva spesso Moegi, con quella vocina eccitata “Io voglio diventare come te, sorellona!”
Ino rideva
, in quei momenti, con una risata sincera e cristallina.
Contenta di avere – per la seconda volta – una piccola copia di sé. Quella che Sakura, per tanto tempo, era stata.
La pettinava come lei, le sceglieva i vestiti, le consigliava ripetutamente di farsi crescere i capelli, perché i ragazzi ne andavano matti. Moegi arrossiva, pensando a Konohamaru, e si lasciava acconciare le ciocche color carota in quella alta coda di cavallo.

“Ah, Chouji, smettila di lamentarti! Magari puoi mangiare l’erba, no? Riempie lo stomaco anche quella!”
La risata – quella falsa – le stuzzicò ancora una volta le orecchie mentre si espandeva per tutto il campo.
Parecchie persone alzarono lo sguardo sul ragazzo robusto e sulla bionda.
Sakura, invece, seduta vicino alla tenda dove riposavano i feriti, chinò il capo e sospirò mestamente.

Decise che Ino doveva essere davvero distrutta, dopo aver perso la sua bambola preferita per la seconda volta.

Ma, dopotutto, erano in guerra. In un villaggio pacifico come Konoha, si tendeva a dimenticare lo scopo originario dei ninja: esperti nell’arte della guerra, dello spionaggio e dell’uccidere.
Sakura, piuttosto che averlo dimenticato, non ci aveva mai pensato.
La sua vocazione era stata quella di curare, non di uccidere. C’era una grande differenza.

Era stata troppo presa nella sua smania di salvaresalvaresalvare più gente possibile per notare un particolare piccolo come quello. Era convinta che anche Naruto non ci avesse mai pensato, dato che il suo chiodo fisso era sempre e soltanto stato diventare Hokage.
Il ricordo del ragazzo le fece sfuggire un’ulteriore sospiro, e pensò che sarebbe stata decisamente più tranquilla nel saperlo vicino.

Ma il gruppo, con quella battaglia, si era diviso. Naruto non era rimasto bloccato dalla loro parte del sentiero.
Perché coloro che non erano stati bloccati dall’imboscata - e che avevano il gruppo nemico alle spalle - avevano ricevuto l’ordine di proseguire verso l’obiettivo.
Naruto era andato avanti, così come l’ero-sennin, Shizune, Sai e troppe altre persone che Sakura non aveva ancora avuto la briga di controllare.
Era stanca, Sakura, molto stanca: dopo aver curato tutte quelle persone, non aveva neanche più un goccio di chakra. Sperava solo di riuscire a riposare quel tanto che bastava per riacquistare le energie.
Tsunade, d’altro canto, era ancora nella tenda e stava medicando il fianco di Hinata, sotto lo sguardo bianco e passivo di Hanabi Hyuuga. La kunoichi dai capelli color zucchero filato si sentì vagamente invidiosa, senza alcun motivo apparente.

La risata beffarda di Ino tornò ancora una volta a riecheggiare nel campo, distogliendola dai suoi pensieri. Stavolta Sakura non fu l’unica a sospirare: Shikamaru la seguì a ruota, accompagnando lo sbuffo ad un borbottio appena comprensibile.
Cercando di distrarsi, lasciò scorrere lo sguardo sulla radura d’erba secca, nascosta fra gli alberi, per un veloce bilancio della situazione. Kakashi-sensei, che sembrava solamente molto, molto stanco, era seduto all’ombra di un albero, assorto nella lettura: aspettava l’ordine per proseguire. Più in là, Rock Lee si stava allenando con Gai-sensei, sotto lo sguardo attento quanto curioso di Ebisu-sensei: il ragazzo faceva tanto di quel rumore che era impossibile non notarlo.
Sakura sorrise, inconsciamente.
Da qualche parte alle sue spalle, sentiva anche l’abbaiare di Akamaru; ma non si curò di voltarsi per vedere da dove provenisse. Sapeva che Kiba stava bene, dato la ferita al braccio gliel’aveva curata lei: anche Hana, sua sorella, stava benone. Di lei si era occupata Tsunade-hime in persona.
All’appello mancava solamente Anko, ma la donna aveva reso nota la sua intenzione di andar a cercare del cibo commestibile. Così aveva specificato. Forse per pietà nei confronti del povero membro del clan Akimichi. Forse perché era affamata lei – non le interessava.
L’idea di mettere qualcosa sotto i denti aveva un che di paradisiaco.
Insomma, sorvolando Moegi ed una delle kunoichi della squadra medica, il bilancio era piuttosto favorevole.
Erano sopravissuti ad un’altra giornata: lo prese in atto, sospirò di sollievo e ringraziò qualunque dio avesse deciso di vegliare su di lei in quel momento.

Poi, a parte – quasi non facesse affatto parte del bilancio di Konoha - cominciò a cercare distrattamente con lo sguardo l’Uchiha. Avendo perso gran parte della sua vita immersa in quest’attività, non faticò molto a trovarlo, abbarbicato su un ramo dell’albero sotto cui era seduto Kakashi-sensei. Nell’ombra, vedeva un rivolo di sangue colargli dal taglio sulla fronte -  è risaputo che le ferite sulla fronte, anche se poco profonde, perdono moltissimo sangue.
Ma Sakura sapeva anche che era troppo orgoglioso per andare da Tsunade e farsela medicare: e non sarebbe stata certo lei ad insistere.
Lo guardò passare la mano sulla fronte per scacciar via un po’ di sangue. In quel gesto, quegli occhi color pece incontrarono i suoi. Per qualche attimo, sostenne il suo sguardo: poi, vagamente irritata, lo scostò altrove.
Lui fece altrettanto, senza dire una parola.
Non era una persona molto loquace, non lo era mai stata.

Sì, decise: si sarebbe sentita molto più al sicuro e tranquilla, se Naruto fosse stato lì con lei.

Perché la presenza di Naruto aveva il potere di rendere normale e addirittura naturale anche la presenza di Sasuke. La rendeva sostenibile, vivibile, meno irritante e meno forzata.
Anche perchè Sasuke, da quando era a Konoha, si era rifiutato di rivolgerle la parola.

 

 

.:*~°~*:.

 

 

Naruto aveva finito le imprecazioni per la giornata, ed aveva deciso di limitarsi ad un più eloquente broncio infantile. Deliberatamente, aveva rallentato il ritmo, distanziandosi appena dal gruppo più avanti.
Non che fosse preoccupato, per carità. Se avesse cominciato a preoccuparsi, si sarebbe fatto così tante fisime mentali che la situazione sarebbe sicuramente degenerata.

Era stato molto felice di distanziarsi da Sai e Shino, entrambi in prima fila, dato che in quel momento non sapeva quanto avrebbe potuto resistere accanto ad entrambi in quelle condizioni.
O quanto loro – soprattutto Shino – avrebbero potuto essere pazienti in quella situazione.
Dipendeva dai punti di vista.

Di sicuro lui non si sentiva molto paziente, in quel momento. Per niente.
La tensione era troppa, troppa da sopportare. Sapeva che un’altra imboscata come quella di prima avrebbe potuto dividere ulteriormente il gruppo. Rimanere invischiati in un’imboscata, essere vittima di un’imboscata significava essere in svantaggio.
Essere in svantaggio significava rischiare di non farcela. Fortunatamente, l’ero-sennin era con loro; e lo era anche Shizune, che avrebbe potuto curare gli eventuali feriti.


Nonostante tutto, il pensiero tornava sempre a Sakura e a Sasuke-teme, dispersi nei meandri della vegetazione, da qualche parte, a lottare strenuamente per salvarsi la vita. Aveva detto a Sakura che l’avrebbe sicuramente protetta – e aveva accennato qualcosa del genere anche a Moegi, a dire il vero. E ad Hinata, perché l’aveva vista talmente depressa che gli aveva fatto un po’ di pena (per qualche arcano motivo, Hinata aveva rifiutato di farsi vedere in volto per i dieci minuti che avevano seguito quell’affermazione). Forse, preso dalla foga del momento, aveva detto qualcosa del genere anche al bastardo, ma non poteva esserne sicuro. Sperava ardentemente di no.

Poi, da così lontano, non poteva
fare un granché.


Si, era decisamente preoccupato per Sakura.
Perché analizzando razionalmente il comportamento dell’Uchiha negli ultimi mesi – o almeno provandoci, perché di razionale non aveva proprio nulla - dubitava che il moro avrebbe fatto molto per salvarla, se fosse stata in pericolo.

E come se non bastasse – quando non c’è limite al peggio - Konohamaru non aveva detto una parola da quando i gruppi si erano separati. Procedeva a passo sostenuto quando erano in movimento, si fermava a respirare quando si fermavano per riprendere il fiato. Rimaneva lì, con lo sguardo preoccupato disperso da qualche parte più in là, dove la vegetazione inghiottiva il sentiero nel buio.
Udon non faceva altro che tirare su col naso, o asciugarselo sulla manica della casacca.

Che razza di mocciosi che siete!” li aveva ripresi, poco prima, forzando una risata. “Moegi starà benone, e quando sentirà quanto vi siete preoccupati, vedrete come vi riderà in faccia!”
Era riuscito a strappare un borbottio da Udon e una linguaccia da Konohamaru, che aveva cominciato ad affermare di essere sicuramente più virile di lui – cosa su cui Naruto dissentiva ardentemente. Avevano bisticciato virilmente per un po’, fino a quando non avevano incrociato lo sguardo di Neji.

 

Dopodichè, avevano saggiamente preferito continuare a spostarsi in silenzio.

Naruto concluse di essere stato un grande ipocrita nel prendere in giro Konohamaru a quel modo.

Ad alta voce, però, non lo avrebbe mai ammesso.

 

 


 


 

 

A/N: E la Kodamy si invischia in una nuova longfic. I pairings saranno diversi, includeranno probabilmente SasuSaku, NaruSakuSasu, NaruHina e poi dipende da come mi gira. I personaggi dalle parti di Konoha ci son un po’ tutti.

Stranamente, riprende dalla fine del capitolo  343. Da lì in poi, è totalmente AU.  Ignorerò ogni capitolo che segue è_éE’ un What if, se vi pare. Il What if compare nel prossimo capitolo, comunque, nel quale spiegherò più a fondo ciò che ho trattato più sommariamente qui. Tipo la questione di Sasuke, o la situazione di guerra.

Ah, mi son cercata un plot più impegnativo questa volta
. E mi ha già presa sta fic. Ce l’ho in cassetto da un mese, il prologo. Risale ai tempi del trasloco. Ora, con le adeguate informazioni, son riuscita a finirlo.

 

Ah, non abbiatela a male. Odio Moegi. Anche Udon e Konohamaru. Ma mi serviva una vittima sacrificale. Capitemi u_u

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Capitolo 2
*** Missing the Fairytale. ***


Il sangue versato degli Uchiha era in fermento ed assetato di vendetta anche dopo la morte

Il sangue versato degli Uchiha era in fermento ed assetato di vendetta anche dopo la morte.
Il sangue degli Uchiha infestava il villaggio, ed aleggiava nell’aria, metallico,
 come una nube oscura che incombeva su tutta Konoha.


Erano queste le voci che giravano nel Villaggio, voci di fantasmi,
voci di voci che riecheggiavano nella cripta di quel Clan segnato dal sangue e dai tradimenti di sangue.

 

Quello che il Villaggio non sapeva, era che da mesi un vero fantasma del passato vagava in quella cripta, ogni notte.
Era un fantasma che non gridava, né si lamentava, né piangeva, né cigolava con le sue catene di rimpianti.
Era un fantasma che camminava, su e giù, ed ogni tanto si fermava per sbuffare.
I suoi rimpianti erano silenziosi.

 

Sakura passava le giornate consapevole della presenza di quel fantasma che si aggirava fra le tombe degli Uchiha.
Consapevole di non poter far nulla.
 Tristemente consapevole, perchè in parte era stata lei a riesumare quel fantasma dal passato dove apparteneva.
Nonostante, per la prima volta in tale campo, quella scrofa di Ino l’avesse superata.

 

Perché, per un caso del destino,
 – un destino che a Sakura non piaceva affatto –
era merito di Ino Yamanaka se il fantasma che restava di Sasuke Uchiha era ancora una volta a Konoha.

Ed ora, quel fantasma era silenzioso, perchè i morti non parlano.

 

 

 

 

Ashes to Dust.

 

A c t  2           M i s s i n g  t h e  F a i r y t a l e

“Are you man enough,
 carrying the load all alone
 when others have your own?”

 

 

Ino era sola.
Chouji si era gettato sul cibo portato da Anko, ed Ino era sola.
Sola.

Andava bene così.

 

Era rimasta un po’ a guardare la compagnia buttarsi sul cibo – aveva anche notato che Sasuke era rimasto in disparte, con quel broncio assurdo sulle labbra. Lei aveva preso soltanto qualche bacca di bosco, e si era allontanata dal gruppo.

Aveva sentito lo sguardo dell’Uchiha perforarle la schiena, gelido. Ma lui non aveva detto nulla, come sempre.
E lei, ormai, c’era abituata. Si ripeté che se l’era cercata.
Proseguì, senza guardarsi indietro, lontano dalla radura. Si inoltrò nel sentiero, verso quella piccola montagnola di terra segnata dai ciottoli accatastati.
 
La guardò, per un po’, pensando che era una cosa molto triste. Si inginocchiò sulla terra arida, sistemando distrattamente un ciottolo che era rotolato via dalla piccola piramide. Fu un gesto tranquillo, seguito da un sospiro.

 

Moegi.

L’aveva sistemata lei, nella terra dove ora riposava. L’aveva salutata, e le aveva chiuso gli occhi sul capo mozzato. Aveva cercato di sistemarla lì nel modo migliore, farla apparire bella per un’ultima volta, bella come lei.
Era ridotta talmente male, però, che non aveva potuto far nulla.

Ma
non importava, dato che Konohamaru non l’avrebbe vista comunque.
Non importava.

Sospirò, ancora una volta, giocherellando con il ciottolo in cima a quella piccola piramide e ripensando a quegli occhi vitrei. Strinse le labbra.

“Caro dio, non voglio morire qui.”

 

Un’espressione di plateale insofferenza le si piazzò sul viso quando sentì dei passi riecheggiare sulla terra battuta dietro di lei. Si rialzò, battendo le mani sulla gonna che le fasciava i fianchi, a cacciar via granelli di polvere immaginaria.
Un sospiro profondamente sconsolato.

“Aaah, non so quanto resisterò, davvero. Sono un di-sa-stro! Voglio fare un bagno decente, non mi sembra di chiedere molto!” si lamentò ad alta voce, facendo quindi una piccola giravolta su stessa.

Ma chi si ritrovò davanti non fu Shikamaru. Il che la deluse un po’.

Era Ebisu-sensei.
Non si preoccupò di nascondere la delusione sul volto, ma piuttosto la sostituì presto con un’aria di sufficienza.

“Mh?”

“Tsunade-hime ha chiamato tutti a raccolta. Fu tutto ciò che si limitò a dire l’uomo, sistemando gli occhiali sul naso con un gesto secco della mano.

“Oh. Okay, okay.” Sprimacciò ancora una volta la gonna, prima di stringere meglio l’elastico dell’acconciatura. “Vado subito!” cinguettò, sorriso sulle labbra, prima di voltargli le spalle.

Il sorriso scomparve in quel momento, ma l’uomo non lo notò.
Lo sguardo protetto dalle lenti era fermo ed indecifrabile sul cumulo di ciottoli.

 

.:*~°~*:.

 

“Credo di aver perso le garze.”

“Sono sotto la casacca di Hinata, l’ha lasciata qui.

“Prendimele. E l’unguento di Hui Sheng?”

“Ah, non ne ho la più pallida idea.”

 

La risposta di Sakura era stata secca e seccata, abbastanza da far sollevare lo sguardo annoiato di Tsunade. La Godaime  colse al volo la fascetta di garze lanciata dalla ragazza, battendo ciglio. Rimase lì a guardarla, per un po’, mentre la Chuunin della Squadra Medica ripiegava la casacca lasciata nella tenda da Hinata. La osservò ripiegarla con cura quasi maniacale, sprimacciando ogni piega.

 

“Sakura?”

“Mh?”

“Datti una calmata.”

 

La ragazza sollevò lo sguardo, colta alla sprovvista, prima di lasciarsi sfuggire un sospiro. Strinse le labbra, poggiando la casacca ripiegata per terra, in un angolo. Cominciò quindi a riporre meccanicamente i diversi unguenti nella sacca bianca, uno dopo l’altro.

 

“Non avresti dovuto dar loro l’ordine di continuare senza di noi.” Si giustificò flebilmente, mantenendo la voce a poco più d’un sussurro. Forse, per non render troppo plateale il tono d’accusa che la permeava.

 

“Ah, pensi sia stata una scelta sconsiderata. Commentò la Sannin, riponendo le garze nella sua stessa sacca. Un sorriso amaro era sfumato sulle labbra, amaro quanto saccente. Ma il tono, il tono era di una madre delusa della sua bambina. “Ovviamente, sconsiderata e sbagliata, non è vero?” Soggiunse, un sussurro.

 

“Non capisco che senso abbia. Non sono in numero sufficiente per fornire abbastanza aiuto al fronte. Noi, insieme, eravamo un numero sufficiente. Quando li raggiungeremo, saranno già morti tutti e neanche noi saremo abbastanza. Allora dovranno chiamare gli altri che stanno proteggendo Konoha, e Konoha rimarrà con pochissime difese, e se i nemici si dovessero infiltrare…”

 

“Quindi, al mio posto li avresti fatti rimanere a darci una mano.

 

“Ovviamente.” Fu la risposta caustica.


Il Quinto Hokage scosse il capo. “Sei di un pessimismo invidiabile.” Commentò, lasciando vagare ancora lo sguardo color nocciola all’interno della tenda, alla ricerca di quell’unguento scomparso.

 

“Sono realista.”

 

“Non l’avrei mai detto. Hai ragione, ora sul fronte moriranno tutti. Quale errore che ho commesso, mandarli avanti così, poveri, ed indifesi… ” Sospirò, andando a scostare qualche ciocca dal viso, prima di riportare gli occhi sull’allieva. “Per chi mi hai preso, Sakura?” il tono, da beffardo, diventò semplicemente più serio e severo.

 

“Sono solo perplessa riguardo questa scelta.”

“Ah, no, mi stai accusando di qualcosa di ben preciso. Rinunciando alla ricerca priva di risultati, chiuse la sacca con un gesto secco. Sollevò gli occhi su Sakura, sguardo da Hokage che non ammette repliche. “Le imboscate non sono qualcosa da prendere alla leggera, Sakura. In quel momento, non sapevamo se i ninja che vedevamo fossero davvero tutti quelli presenti nei dintorni. I ninja si nascondono nell’ombra, soprattutto quelli del Suono. Sono subdoli, come il loro Maestro. Se ve ne fossero stati altri…”

 

“A maggior ragione, sarebbero dovuti rimanere!”

“… non potevamo permetterci di rischiare di perdere tutto il nostro gruppo. Almeno una piccola parte dei rinforzi richiesti doveva arrivare al fronte. Almeno una piccola parte. Era una situazione con troppe incognite, e non sapevamo come sarebbe andata a finire. E’ stata la scelta migliore. E’ la scelta migliore che si possa fare in questi casi.” Concluse l’Hokage, con un unico sospiro.

Nel silenzio che seguì quell’affermazione, Sakura rimase a guardarla, con gli occhi verdi sgranati a metà fra l’incredulità e l’indignazione. Boccheggiò qualche parola priva di sapore, prima di deglutire. Ma quando parlò, la sua voce era un sibilo. “Hai scelto consapevolmente di lasciare che fossimo noi a rischiar di morire, allora?”

 

Tsunade sostenne quello sguardo, e per un attimo a Sakura sembrò rassegnata e semplicemente stanca.
Questo non le impediva di sentirsi semplicemente furiosa e tradita.
“Cos’altro avrei potuto fare?”

“Tantissime altre cose.” Sbottò la Chuunin, sollevando la sacca con un gesto stizzito e afferrando malamente la casacca di Hinata piegata con tanta cura, prima di scostare uno dei lembi della piccola tenda e gattonare fuori.

All’aperto. Aria.
Respira, respira.

Respira finchè sei in tempo.
Perché hai rischiato di morire e nessuno te l’ha detto.


Il suo sguardo verde incontrò quello bianco di Hinata, ferma in piedi a qualche passo dalla tenda.
Le due si guardarono, si studiarono per qualche attimo, incerte sul da farsi.

Tuttavia Sakura, con Hinata, non aveva mai veramente parlato.
Quindi, senza dir nulla, si rialzò in piedi e le lanciò senza troppe pretese la casacca.

Vide l’altra ragazza arrossire, colta di sorpresa, e quelle mani bianche e sottili annaspare per prenderla al volo.
Ovviamente, la prese.

“Sa… Sakura-san?”

“So che stavi origliando, Hinata. Non ti preoccupare. Riguardati per quel fianco.” Mormorò l’altra, con tono piatto, muovendo qualche passo fino a superarla. Il gruppo era riunito più avanti, e aspettava l’Hokage. Vide Ino pizzicare una guancia di Chouji, e ridere.

Serrò i denti.

 

“…Sakura-san?” arrivò, ancora una volta, la vocina alle sue spalle. Timida ed imbarazzata, forse, per esser stata colta in flagrante.  

 

La kunoichi si fermò e voltò la testa, dedicandole uno sguardo da sopra la spalla.
L’erede del Clan Hyuuga si limitò a spostare il peso sulle piante dei piedi, stringendo al petto la casacca. Poi, sollevò gli occhi chiari, messi in risalto dal rossore del viso.

“… io… penso solo che anche la… Godaime, ecco… sia molto stanca, Sakura-san.

 

Sakura strinse le labbra, donandole ancora una volta le spalle. Sentì Hinata sospirare appena.

“… lo so, Hinata. Lo so.” Mormorò, soltanto, prima di continuare a proseguire verso il gruppo. La Hyuuga rimase ferma, per un po’, ad osservarla allontanarsi.

Battendo ciglio, quindi, prese a seguirla con passo affrettato.

 

 

.:*~°~*:.

 

“Silenzio!”

Bastò quel sibilo da parte di Neji, e l’intero gruppo si fermò all’unisono, spostando lo sguardo sul Jounin.

 

“Oy, Neji…? Cosa…?”

Uno schiaffo dietro la nuca da parte di Tenten fu ciò che ci volle per far invece zittire Naruto, che si masticò un piagnucolio infantile e sommesso
. “Ehi!”

“Sssh!” sibilò lei.
Il ragazzo si limitò quindi a massaggiare la base del collo, guardando con risentimento la ragazza dai capelli castani.
Ma lei, da brava ragazza, aveva già spostato l’attenzione su Neji.

Il rappresentante della casata cadetta sembrava guardare un punto imprecisato davanti a sé, le vene attorno agli occhi bianchi pulsanti di vita.

“Da sudovest. Tredici… quattordici persone. Si dirigono da questa parte.”  

 

Detto questo, quegli occhi di vetro, impassibili, si fermarono su Jiraiya. Imitandone l’esempio, l’intero gruppo spostò l’attenzione sul Sannin, eccetto Naruto -  il cui sguardo ancora dardeggiava verso Tenten – e Konohamaru - che guardava un punto disperso sul sentiero battuto.

“Quanto lontani?”

“Abbastanza, per ora. Di questo passo, saranno qui tra poco meno di dieci minuti.”

L’uomo rimase
lì, labbra serrate in cipiglio pensieroso. Rifletté qualche attimo in silenzio, finchè Neji non lo interruppe.

“Sono in diciotto, ora.” Sussurrò.

“Va bene. Ci sposteremo in alto, sui rami.” Sollevò gli occhi scuri, circondati appena da qualche ruga d’espressione, verso l’alto. Sembrò fare un rapido calcolo. “Non ce la farò a ricoprire tutti con questa tecnica. Naruto?”

Il ragazzo sembrava comunque aver già capito, poiché trattenne appena un gemito.

“Prendi con te Konohamaru, Udon, Sai e Tenten. Andate su quei rami, più in alto. Voi altri, con me, da quella parte.”

“Ma… ma… ero-sennin~!” 

“Te la ricordi la tecnica che ti ho insegnato, no? Niente storie!”

Il ragazzo fece per ribattere ancora, ma l’Eremita era già salito sui rami più alti della foresta. Kotetsu fu il primo a sollevare lo sguardo e a seguirlo, imitato ben presto da Shino, Neji e Shizune.

Naruto, invece, sentiva lo sguardo di Tenten perforarle la nuca. “Quale tecnica…?”
Lo spirito della volpe si lasciò sfuggire una risatina nervosa, grattandosi il capo. “Oh, nulla, nulla! Assolutamente nulla. Muoviamoci, l’ultimo paga pegno!”

 

Tanta responsabilità era peggio dell’inferno.

Il ramo scricchiolò sotto il loro peso – sicuramente doveva essere minore, comunque, di quello dell’altro gruppo. Sapeva il motivo per cui l’ero-sennin gli aveva affidato loro, fra tutti. L’aveva – almeno quello – intuito.
La mole complessiva era di gran lunga inferiore a quella degli altri.
In tal modo, forse, ce l’avrebbe potuta fare.

Okay, okay. Venite qui, stringetevi.” Sibilò, frammentariamente, scostando lo sguardo sul gruppo. Konohamaru e Udon lo guardavano con completa e dedita fiducia; lo stesso non si poteva dire di Tenten, che sembrava contrariata sul dover dipendere da lui. Sai, tranquillamente, stava guardando verso sudovest. Silenzioso e pallido, attendeva.

 
Naruto scostò gli occhi azzurri sui rami più alti, cercando di scorgere la figura del Sannin. Ma non riuscì a trovarlo.

O la va o la spacca.

 

Scimmia. Drago. Tigre. Cane. Tigre. Scimmia.

“Kiton! Katachimori no Jutsu!”

 

Per un attimo, a Tenten sembrò che le foglie dell’albero prendessero vita. Alcune caddero dai rami più alti, tutte insieme, quasi come se qualcosa le avesse urtate. Vagamente translucide… una sembrò diventar trasparente, proprio di fronte a lei.
Fece per distendere una mano, toccarne una…

… ma il sibilo di Naruto, interrotto da una risatina nervosa e che sapeva di scusa, la fermò.

“Ehm… Tenten? …Faresti… meglio a star ferma, sai?”

Lei sollevò lo sguardo color nocciola.

“Faccio veramente schifo nelle arti illusorie, io.

 

 

.:*~°~*:.

 

 

C’era stato qualcuno che, una volta, le aveva detto che non esiste guerra senza sacrifici. Lei, a quel tempo, aveva pensato che quel qualcuno le avesse detto una cosa molto saggia. L’aveva conservata e ne aveva fatto tesoro, quasi inconsciamente.

 

Aveva pensato che era un’ottima filosofia di guerra, perché se si combattesse con l’obiettivo di salvare tutti, si perderebbe già in partenza. Era un po’ come nel Shogi. Negli scacchi. I sacrifici erano necessari.

Chi era quel qualcuno che gliel’aveva detto?

Ah, si. Orochimaru, quando erano ancora una squadra.
Era buffo vedere come, alla fine, lui sembrava sempre essere la causa di tutto.

Se avesse ricordato meglio chi le aveva detto tale frase, forse avrebbe capito che era una sciocchezza. Ma – si diceva, ora, davanti a quella tenda smontata – era stata così stanca, in quel momento.

In quel momento, aveva pensato: non si può finire tutto qui?

Lo sapeva, di non esser nata per la politica, lei. Non era stato il suo sogno, ma il sogno di qualcun altro che lei aveva preso sulle spalle, con tutto il suo peso.
 

Sospirando, la Godaime decise di lasciar lì quella tenda perché - dovendo affrettarsi ora al fronte - sarebbe stata un peso inutile. Si rialzò, battendo le mani sulle cosce, scostando qualche ciocca dal viso.

Infine, fece un piccolo giro su stessa, dirigendosi con qualche passo misurato verso il gruppo. Che, ancora una volta, attendeva soltanto una sua decisione.

Sperava solo di riuscire a concludere quella guerra – nata per colpa di un unico Uchiha - nella maniera più veloce possibile.
Era per questo motivo che aveva deciso di andare lei stessa sul fronte. Per questo motivo, aveva chiesto ancora una volta l’aiuto di Jiraiya.ra un po’ come nel Shojal colorp o i s o n.rle i nervi già logori.
 inesorabili.
e avevano perso molto.
o d'iata prendere dal p


Sapeva anche che questo era ciò che speravano tutti.

E tutti dipendevano da lei.

 

.:*~°~*:.

 

 

Sakura si era seduta ai piedi dell’albero, un po’ in disparte, con l’unica intenzione di sbollire la rabbia che le era montata dentro. Pensò che era stato molto infantile prendersela con la Godaime, nonostante tutto. La Godaime ce la stava mettendo tutta, ed era lampante. Era plateale. Lei, però, non l’aveva visto.

Attribuì
la colpa di quel nervosismo alla mancanza di Naruto, in mancanza di una scusa migliore per giustificare sé stessa.

Tsunade-hime stava raccogliendo gli ultimi attrezzi medici, e probabilmente stava anche prendendosi il tempo necessario per prendere la prossima decisone. Sakura sapeva di averla un po’ scoraggiata – e soltanto questo pensiero stava cominciando a farla sentire in colpa.

Decise che, qualunque fosse stato il prossimo piano, sarebbe stata zitta. Zitta e muta.
Avrebbe dovuto prendere esempio da Hinata. O da Sasuke.

A proposito del quale…

Lasciò scorrere gli occhi verdi sull’intera radura d’erba secca, nella vecchia abitudine di tentar di scorgere l’Uchiha all’interno del gruppo
. La solita routine, che si ripeteva ogni giorno.
Questa volta, però, non ottenne alcun risultato.

Lui non c’era.

Dov’è?

Sentì
il battito del cuore accelerare appena, involontariamente. Lentamente si alzò dalla sua postazione e fece qualche passo incerto, poi qualche passo più veloce, fino ad oltrepassare il gruppo, serrando le labbra e stringendo il pugno vicino al petto.

N u l l a.

Le sopracciglia chiare si crucciarono sugli occhi verde foglia, e fece un piccolo giro su sé stessa.
Trecentosessanta gradi, e nessuno di questi sembrava portare con sé alcuna traccia di lui.

L’ho perso di nuovo.


Merda.

Questa volta, fu il respiro ad accelerare insieme al battito cardiaco.

 

merdamerdamerdamerdamerdamerd

“Sakura?”

La voce di Ino la riscosse dai suoi pensieri, riportandola bruscamente sul piano terreno.
Fece un piccolo salto su sé stessa, colta alla sprovvista, voltandosi di scatto.
Occhi sgranati.
Ino era lì, proprio davanti al lei.

Sakura la vide sorridere, e ancora una volta questo le fece male.

“… si…?”

Stai tranquilla, non è andato via.” La bionda continuò a sorridere, chinando il capo d’un lato con il suo solito fare da diva.

Sembrava che ogni piccolo movimento fosse studiato nei minimi particolari per far riflettere nel modo migliore la luce sul suo viso. Anche Sakura chinò il capo d’un lato, ma piuttosto con una piccola dose di incomprensione.
La luce non sembrava aver voglia di giocare con lei come giocava sulla pelle di Ino.

“… no?”

 

“No, no. Pare che Akamaru abbia avuto la bellissima idea di rubargli la custodia della Kusanagi mentre la stava lucidando. Manca anche Kiba, vedi?” indicò distrattamente il gruppo, senza guardarlo, prima di battere pensierosamente l’indice sul labbro inferiore. “ In parole povere… Credo che Kiba stia inseguendo Sasuke che sta inseguendo Akamaru. E’ stata una scena piuttosto buffa, a dire il vero, ma temo per la vita di quel povero cane. Che pessima idea che ha avuto!” ridacchiò, nascondendo le labbra dietro il palmo della mano. “Quindi, non preoccuparti. C’è Kiba, con lui.”

Sakura abbassò lo sguardo sull’erba secca, serrando le labbra e crucciando appena le sopracciglia. Avrebbe voluto sospirare di sollievo, ma il cuore sembrava non volersi calmare ancora.
Sembrava non voler calmarsi affatto.

“… mi sono resa ridicola, vero?” mormorò soltanto, stringendo la tracolla della sacca medica fra le mani.
Non vide quel sorriso fittizio scomparire, lentamente, dal volto della vecchia amica di un tempo.

“Certo che ti sei resa ridicola, fronte spaziosa. fu l’unica risposta che ottenne.

Lentamente, la vergogna cominciò a lasciar spazio alla paura provata pochi attimi prima. Aveva reagito esageratamente, aveva reagito come una bambina che perde di vista i propri genitori, si era lasciata prendere dal panico solo perché…

“Temevo solo…”

 

Ma qualsiasi giustificazione avesse voluto dare per rivalutarsi un po’, fu interrotta da un gran tonfo proveniente dalle sue spalle, seguito da un piccolo uggiolio.

“Ehi, stronzo, se te la vuoi prendere con qualcuno prenditela con me, chiaro?!? E poi, sentitelo! Ha! Non è certo colpa di Akamaru se quella custodia puzza di sangue da far schifo!”

Ah, l’inconfondibile voce di Kiba.

Lentamente, Sakura si voltò. Gli occhi verdi catturarono un barlume della lama della Kusanagi, prima che l’Uchiha la rinfoderasse nella custodia. Sasuke non sembrò degnare neppure di uno sguardo l’altro ragazzo, ma si limitò a superare entrambi, uomo e cane.

Kiba decise allora di lasciarsi andare ad una serie di epiteti poco lusinghieri nei confronti dell’altro ragazzo, molti dei quali Sakura ammise essere molto, molto fantasiosi.
Comunque, avrebbe preferito non sentirli.

Le troppe volgarità la innervosivano un po’, ultimamente.

Sasuke riuscì invece ad ignorarli tutti, dal primo all’ultimo. Con la solita aria annoiata di sufficienza, continuò a camminare verso di lei – o meglio, come lei non mancò d’intendere, verso l’albero alle sue spalle.

 

“Non osare mai più fare una cosa del genere. sussurrò, mentre il ragazzo la sorpassava. “Non osare più farmi spaventare così, Sasuke.”

Sasuke si fermò, quel tanto che bastava per ricambiare quello sguardo serio con il suo, disinteressato. Schioccò la lingua, senza aggiungere nulla, prima di lasciarsi cadere alle radici dell’albero. Schiena contro corteccia, capelli spettinati.

“Ah, Sasuke-kun avrà un bel faccino ma è una persona terribile, terribile!” annuì Ino, dietro di lei, sollevando il mento e chiudendo gli occhi. La coda bionda ondeggiò, piano, con movimenti misurati.

Tutto ciò che ottenne fu il solito sguardo gelido che Sasuke riservava solo a lei.

Per un attimo, Sakura fu felice che la scrofa le avesse risparmiato l’onere di riportarlo a casa.
Con quello, le aveva risparmiato certamente quell’astio spassionato. Però…

… mentre Sasuke riportava lo sguardo su di lei, prima di abbassarlo sulla Kusanagi, pensò che avevano perso molto.

Avevano perso molto, loro due.

“Ti prego, Sasuke, non lo fare più. Va bene?” fu tutto quel che disse, alla fine.
Consapevole dello sguardo di Ino sulla sua schiena.
Consapevole dei passi della Godaime che, presa la sua decisione, si avvicinavano inesorabili.

Non ottenendo risposta, si limitò a voltargli le spalle. Eppure sentiva che quegli occhi scuri ancora non la guardavano.
Non la guardavano. La biasimava, ancora.

Probabilmente, l’avrebbe
biasimata per sempre.

Pensò che non sarebbe dovuto importarle.


Pensò che non aveva il dovere di preoccuparsi per lui.
Penso che non aveva il diritto di preoccuparsi per lui.

 

Pensò che alla fine, lui poteva fare ciò che voleva.


Pensò che, in fondo, quella guerra era colpa sua.
Pensò che, in fondo, non era davvero colpa sua.


Pensò che non le importava.

Pensò che ormai avevano rovinato tutto.


Pensò che la guerra avrebbe finito di logorarle i nervi già logori.

Pensò che le mancavano i vecchi tempi.
Pensò che Naruto non le era mai mancato così tanto.




 

A/N: Primo capitolo. O secondo, dipende dai punti di vista. Io gli indizi li ho gettati, qui e lì. Cosa c’entrerà mai Ino? Cosa sarà accaduto mai? Chi mi conosce, sa che odio spiattellare tutto all’inizio. E sa che amo la suspence XD Questo capitolo, a metà, era pronto da tanto. Ho aggiunto tecnicamente l’ultima parte.

Grazie mille a tutti, quelli che hanno commentato (di più)  e quelli che non hanno commentato (di meno).

Rispondendo in mezzo in mezzo: è una SasuSaku, si, che si prende i suoi tempi però. Se li prende anche più di Home Sweet Home, per come l’ho impostata. Quando i personaggi son tantini, ecco… La Guerra avvicina gli animi di chi la combatte sotto la stessa bandiera (8)

Ecco, la guerra
. Ho gettato l’amo anche qui, scusatemi ^^” come ho detto, continua dal capitolo 343 con spunti del 344, ma di lì in poi è totalmente AU.
Spero vogliate seguirmi anche in questo altro parto della mia mente. [Sinceramente quando ho visto 16 commenti mi è venuta l’ansia da prestazione ^^”]

Ah, si. Miyu92, che legge in anteprima – o meglio, la faccio leggere in anteprima che sennò rompe XD (scherzo u.u) –proponeva illo tempore un sasuke scomparso a causa di chiamata della natura. Anche gli emo fanno pipì?
Nell’incertezza, non sapendo rispondere a questa domanda  - chessò, magari la fanno nera e sfumature viola-morto – ho preferito evitare u_u

Prossimo capitolo… I don’t know when. Comunque, ultimamente sto davvero pochissimissimo al pc. Davvero poco. Ecco perché ci metto tanto. Ad esempio, ora sto a casa di mia zia. Dovrei studiare, ma in crisi di astinenza vengo qui a scrivere. Peccato che l’msn di zia funzioni come una pippa :S

Jem, mi son collegata ora ma tu non c’eri è_é”” Cattiva. Ora ti chiamo. Sisisi.
Ross mi manchi (L)

 

Ah, si. La frase in inglese del primo capitolo è diDust to Dust”, heavenly.
Mentre quella di questo capitolo è diMy Land”, sonata arctica.
Altra nota: la tecnica utilizzata da Jiraya e Naruto l'ho inventata io. Letteralmente, è Genjutsu. Il nome significa: "Arte del legno! Tecnica del riflesso del bosco." O dell'immagine del bosco. Qualcosa del genere. Perdonate il mio giapponese da fangirl. XD

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