Il sangue versato degli
Uchiha era in fermento ed assetato di vendetta anche dopo la morte.
Il sangue degli Uchiha infestava il villaggio, ed aleggiava nell’aria,
metallico,
come una nube oscura che incombeva su
tutta Konoha.
Erano queste le voci che giravano nel Villaggio, voci
di fantasmi,
voci di voci che riecheggiavano nella cripta di quel Clan segnato dal sangue e
dai tradimenti di sangue.
Quello che il Villaggio non
sapeva, era che da mesi un vero fantasma del passato vagava in quella cripta,
ogni notte.
Era un fantasma che non gridava, né si lamentava, né piangeva, né cigolava con
le sue catene di rimpianti.
Era un fantasma che camminava, su e giù, ed ogni tanto si fermava per sbuffare.
I suoi rimpianti erano silenziosi.
Sakura passava le giornate consapevole della presenza di quel fantasma che
si aggirava fra le tombe degli Uchiha.
Consapevole di non poter far nulla.
Tristemente consapevole, perchè in parte
era stata lei a riesumare quel fantasma dal passato dove apparteneva.
Nonostante, per la prima volta in tale campo, quella scrofa di
Ino l’avesse superata.
Perché, per un caso del
destino,
– un destino che a Sakura non piaceva
affatto –
era merito di Ino Yamanaka se il fantasma che restava di Sasuke Uchiha era
ancora una volta a Konoha.
Ed ora, quel fantasma era silenzioso, perchè i morti non parlano.
Ashes to Dust.
A c t
2 M i s s
i n g t h e F a i r y t a l e
“Are you man
enough,
carrying the load all alone
when others have your own?”
Ino era sola.
Chouji si era gettato sul cibo portato da Anko, ed Ino era sola.
Sola.
Andava bene così.
Era rimasta un po’ a
guardare la compagnia buttarsi sul cibo – aveva anche notato che Sasuke era
rimasto in disparte, con quel broncio assurdo sulle labbra. Lei aveva preso
soltanto qualche bacca di bosco, e si era allontanata dal gruppo.
Aveva sentito lo sguardo dell’Uchiha perforarle la schiena, gelido. Ma lui non aveva detto nulla, come sempre.
E lei, ormai, c’era abituata. Si ripeté che se l’era
cercata.
Proseguì, senza guardarsi indietro, lontano dalla radura. Si inoltrò
nel sentiero, verso quella piccola montagnola di terra segnata dai ciottoli
accatastati.
La guardò, per un po’, pensando che era una cosa molto triste. Si inginocchiò sulla terra arida, sistemando distrattamente
un ciottolo che era rotolato via dalla piccola piramide. Fu un gesto
tranquillo, seguito da un sospiro.
Moegi.
L’aveva sistemata lei, nella terra dove ora riposava. L’aveva salutata, e le
aveva chiuso gli occhi sul capo mozzato. Aveva cercato
di sistemarla lì nel modo migliore, farla apparire bella per un’ultima
volta, bella come lei.
Era ridotta talmente male, però, che non aveva potuto far nulla.
Ma non importava, dato che Konohamaru non l’avrebbe vista comunque.
Non importava.
Sospirò, ancora una volta, giocherellando con il ciottolo in cima a quella
piccola piramide e ripensando a quegli occhi vitrei.
Strinse le labbra.
“Caro dio, non voglio morire qui.”
Un’espressione di plateale insofferenza le si piazzò sul viso quando sentì dei passi riecheggiare
sulla terra battuta dietro di lei. Si rialzò, battendo le mani sulla gonna che
le fasciava i fianchi, a cacciar via granelli di polvere immaginaria.
Un sospiro profondamente sconsolato.
“Aaah, non so quanto resisterò, davvero. Sono un di-sa-stro! Voglio fare un bagno decente, non mi sembra di
chiedere molto!” si lamentò ad alta voce, facendo quindi una piccola giravolta
su sé stessa.
Ma chi si ritrovò davanti
non fu Shikamaru. Il che la deluse un po’.
Era Ebisu-sensei.
Non si preoccupò di nascondere la delusione sul volto, ma piuttosto la sostituì
presto con un’aria di sufficienza.
“Mh?”
“Tsunade-hime ha chiamato tutti a raccolta.” Fu tutto ciò che si limitò a dire l’uomo, sistemando gli
occhiali sul naso con un gesto secco della mano.
“Oh. Okay, okay.”
Sprimacciò ancora una volta la gonna, prima di stringere meglio l’elastico
dell’acconciatura. “Vado subito!” cinguettò, sorriso sulle labbra, prima di
voltargli le spalle.
Il sorriso scomparve in quel momento, ma l’uomo non lo notò.
Lo sguardo protetto dalle lenti era fermo ed indecifrabile sul cumulo di
ciottoli.
.:*~°~*:.
“Credo di aver perso le garze.”
“Sono sotto la casacca di Hinata, l’ha lasciata
qui.”
“Prendimele. E l’unguento
di Hui Sheng?”
“Ah, non ne ho la più pallida idea.”
La risposta di Sakura era stata secca e seccata,
abbastanza da far sollevare lo sguardo annoiato di Tsunade. La Godaime colse al volo la
fascetta di garze lanciata dalla ragazza, battendo ciglio. Rimase lì a
guardarla, per un po’, mentre la Chuunin della Squadra Medica ripiegava la
casacca lasciata nella tenda da Hinata. La osservò ripiegarla con cura quasi
maniacale, sprimacciando ogni piega.
“Sakura?”
“Mh?”
“Datti una calmata.”
La ragazza sollevò lo sguardo, colta alla
sprovvista, prima di lasciarsi sfuggire un sospiro. Strinse
le labbra, poggiando la casacca ripiegata per terra, in un angolo. Cominciò
quindi a riporre meccanicamente i diversi unguenti nella sacca bianca, uno dopo
l’altro.
“Non avresti dovuto dar loro
l’ordine di continuare senza di noi.” Si giustificò flebilmente,
mantenendo la voce a poco più d’un sussurro. Forse,
per non render troppo plateale il tono d’accusa che la permeava.
“Ah, pensi sia stata una scelta sconsiderata.” Commentò la Sannin, riponendo le garze nella sua stessa
sacca. Un sorriso amaro era sfumato sulle labbra, amaro
quanto saccente. Ma il tono, il tono era di una madre
delusa della sua bambina. “Ovviamente, sconsiderata e sbagliata, non è vero?”
Soggiunse, un sussurro.
“Non capisco che senso abbia. Non sono in numero
sufficiente per fornire abbastanza aiuto al fronte. Noi, insieme, eravamo un numero sufficiente. Quando
li raggiungeremo, saranno già morti tutti e neanche noi saremo abbastanza.
Allora dovranno chiamare gli altri che stanno proteggendo Konoha, e Konoha
rimarrà con pochissime difese, e se i nemici si dovessero
infiltrare…”
“Quindi, al mio posto li avresti fatti rimanere a
darci una mano.”
“Ovviamente.” Fu la risposta caustica.
Il Quinto Hokage scosse il capo. “Sei di un pessimismo invidiabile.” Commentò,
lasciando vagare ancora lo sguardo color nocciola all’interno della tenda, alla
ricerca di quell’unguento scomparso.
“Sono realista.”
“Non l’avrei mai detto. Hai
ragione, ora sul fronte moriranno tutti. Quale errore che ho commesso, mandarli avanti così, poveri, ed indifesi… ”
Sospirò, andando a scostare qualche ciocca dal viso, prima di riportare gli
occhi sull’allieva. “Per chi mi hai preso, Sakura?” il tono, da beffardo,
diventò semplicemente più serio e severo.
“Sono solo perplessa riguardo
questa scelta.”
“Ah, no, mi stai accusando di qualcosa di ben
preciso.” Rinunciando alla ricerca
priva di risultati, chiuse la sacca con un gesto secco. Sollevò gli
occhi su Sakura, sguardo da Hokage che non ammette
repliche. “Le imboscate non sono qualcosa da prendere
alla leggera, Sakura. In quel momento, non sapevamo se i ninja che vedevamo fossero
davvero tutti quelli presenti nei dintorni. I ninja si nascondono nell’ombra,
soprattutto quelli del Suono. Sono subdoli, come il loro Maestro. Se ve ne fossero stati altri…”
“A maggior ragione, sarebbero dovuti rimanere!”
“… non potevamo permetterci di rischiare di
perdere tutto il nostro gruppo. Almeno una piccola parte dei rinforzi richiesti
doveva arrivare al fronte. Almeno una
piccola parte. Era una situazione con troppe incognite, e non sapevamo come
sarebbe andata a finire. E’ stata la scelta migliore. E’ la scelta migliore che
si possa fare in questi casi.” Concluse l’Hokage, con
un unico sospiro.
Nel silenzio che seguì quell’affermazione, Sakura rimase a guardarla, con gli occhi
verdi sgranati a metà fra l’incredulità e l’indignazione. Boccheggiò qualche
parola priva di sapore, prima di deglutire. Ma quando
parlò, la sua voce era un sibilo. “Hai scelto consapevolmente di
lasciare che fossimo noi a rischiar di morire, allora?”
Tsunade sostenne quello sguardo, e per un attimo
a Sakura sembrò rassegnata e semplicemente stanca.
Questo non le impediva di sentirsi semplicemente furiosa e tradita.
“Cos’altro avrei potuto fare?”
“Tantissime altre cose.” Sbottò la Chuunin, sollevando
la sacca con un gesto stizzito e afferrando malamente
la casacca di Hinata piegata con tanta cura, prima di scostare uno dei lembi
della piccola tenda e gattonare fuori.
All’aperto. Aria.
Respira, respira.
Respira finchè sei in tempo.
Perché hai rischiato di morire e nessuno te l’ha
detto.
Il suo sguardo verde incontrò quello bianco di Hinata, ferma in piedi a qualche
passo dalla tenda.
Le due si guardarono, si studiarono per qualche
attimo, incerte sul da farsi.
Tuttavia Sakura, con Hinata, non aveva mai veramente parlato.
Quindi, senza dir nulla, si rialzò in piedi e le
lanciò senza troppe pretese la casacca.
Vide l’altra ragazza arrossire, colta di sorpresa, e quelle mani bianche e
sottili annaspare per prenderla al volo.
Ovviamente, la prese.
“Sa… Sakura-san?”
“So che stavi origliando, Hinata. Non ti
preoccupare. Riguardati per quel fianco.” Mormorò l’altra, con tono piatto, muovendo
qualche passo fino a superarla. Il gruppo era riunito più avanti, e aspettava
l’Hokage. Vide Ino pizzicare una guancia di Chouji, e ridere.
Serrò i denti.
“…Sakura-san?” arrivò, ancora una volta, la
vocina alle sue spalle. Timida ed imbarazzata, forse, per esser stata colta in
flagrante.
La kunoichi si fermò e voltò la testa,
dedicandole uno sguardo da sopra la spalla.
L’erede del Clan Hyuuga si limitò a spostare il peso sulle piante dei piedi,
stringendo al petto la casacca. Poi, sollevò gli occhi chiari, messi in risalto
dal rossore del viso.
“… io… penso solo che anche la… Godaime, ecco…
sia molto stanca, Sakura-san.”
Sakura strinse le labbra, donandole ancora una
volta le spalle. Sentì Hinata sospirare appena.
“… lo so, Hinata. Lo so.” Mormorò, soltanto,
prima di continuare a proseguire verso il gruppo. La Hyuuga
rimase ferma, per un po’, ad osservarla allontanarsi.
Battendo ciglio, quindi, prese a seguirla con passo affrettato.
.:*~°~*:.
“Silenzio!”
Bastò quel sibilo da parte di Neji, e l’intero gruppo si fermò all’unisono,
spostando lo sguardo sul Jounin.
“Oy, Neji…?
Cosa…?”
Uno schiaffo dietro la nuca da parte di Tenten fu ciò che ci volle per far
invece zittire Naruto, che si masticò un piagnucolio infantile e sommesso.
“Ehi!”
“Sssh!”
sibilò lei.
Il ragazzo si limitò quindi a massaggiare la base del collo, guardando con
risentimento la ragazza dai capelli castani.
Ma lei, da brava ragazza, aveva già spostato
l’attenzione su Neji.
Il rappresentante della casata cadetta sembrava guardare un punto imprecisato
davanti a sé, le vene attorno agli occhi bianchi pulsanti di vita.
“Da
sudovest. Tredici… quattordici persone. Si dirigono da questa parte.”
Detto
questo, quegli occhi di vetro, impassibili, si fermarono su Jiraiya. Imitandone
l’esempio, l’intero gruppo spostò l’attenzione sul Sannin, eccetto Naruto - il cui sguardo
ancora dardeggiava verso Tenten – e Konohamaru - che guardava un punto disperso
sul sentiero battuto.
“Quanto
lontani?”
“Abbastanza,
per ora. Di questo passo, saranno qui tra poco meno di dieci
minuti.”
L’uomo rimase lì, labbra serrate in cipiglio pensieroso. Rifletté qualche
attimo in silenzio, finchè Neji non lo interruppe.
“Sono in diciotto,
ora.” Sussurrò.
“Va bene.
Ci sposteremo in alto, sui rami.” Sollevò gli occhi scuri, circondati appena da
qualche ruga d’espressione, verso l’alto. Sembrò fare un rapido calcolo. “Non
ce la farò a ricoprire tutti con questa tecnica. Naruto?”
Il ragazzo
sembrava comunque aver già capito, poiché trattenne
appena un gemito.
“Prendi con
te Konohamaru, Udon, Sai e Tenten. Andate su quei rami, più in alto. Voi altri,
con me, da quella parte.”
“Ma… ma…
ero-sennin~!”
“Te la
ricordi la tecnica che ti ho insegnato, no? Niente storie!”
Il ragazzo
fece per ribattere ancora, ma l’Eremita era già salito
sui rami più alti della foresta. Kotetsu fu il primo a sollevare lo sguardo e a
seguirlo, imitato ben presto da Shino, Neji e Shizune.
Naruto, invece, sentiva lo sguardo di Tenten perforarle la nuca. “Quale tecnica…?”
Lo spirito della volpe si lasciò sfuggire una risatina
nervosa, grattandosi il capo. “Oh, nulla, nulla! Assolutamente nulla. Muoviamoci, l’ultimo paga pegno!”
Tanta
responsabilità era peggio
dell’inferno.
Il ramo scricchiolò sotto il loro peso – sicuramente doveva essere minore, comunque, di quello dell’altro gruppo. Sapeva il motivo per cui l’ero-sennin gli aveva affidato loro, fra tutti.
L’aveva – almeno quello – intuito.
La mole complessiva era di gran lunga inferiore a
quella degli altri.
In tal modo, forse, ce l’avrebbe potuta fare.
“Okay, okay. Venite qui,
stringetevi.” Sibilò, frammentariamente, scostando lo sguardo sul gruppo.
Konohamaru e Udon lo guardavano con completa e dedita fiducia; lo stesso non si
poteva dire di Tenten, che sembrava contrariata sul dover dipendere da lui. Sai, tranquillamente, stava guardando verso sudovest.
Silenzioso e pallido, attendeva.
Naruto scostò gli occhi azzurri sui rami più alti, cercando di scorgere la
figura del Sannin. Ma non riuscì a trovarlo.
O la va o la spacca.
Scimmia. Drago. Tigre. Cane. Tigre.
Scimmia.
“Kiton! Katachimori no
Jutsu!”
Per un
attimo, a Tenten sembrò che le foglie dell’albero prendessero vita. Alcune
caddero dai rami più alti, tutte insieme, quasi come
se qualcosa le avesse urtate. Vagamente translucide… una sembrò diventar
trasparente, proprio di fronte a lei.
Fece per distendere una mano, toccarne una…
… ma il sibilo di Naruto, interrotto da una risatina nervosa e che sapeva di
scusa, la fermò.
“Ehm…
Tenten? …Faresti… meglio a star ferma, sai?”
Lei sollevò lo sguardo color nocciola.
“Faccio veramente schifo nelle arti illusorie, io.”
.:*~°~*:.
C’era stato
qualcuno che, una volta, le aveva detto che non esiste
guerra senza sacrifici. Lei, a quel tempo, aveva pensato che quel
qualcuno le avesse detto una cosa molto saggia. L’aveva conservata e ne aveva fatto tesoro, quasi inconsciamente.
Aveva
pensato che era un’ottima filosofia di guerra, perché
se si combattesse con l’obiettivo di salvare tutti, si perderebbe già in
partenza. Era un po’ come nel Shogi. Negli scacchi. I
sacrifici erano necessari.
Chi era quel qualcuno che gliel’aveva detto?
Ah, si. Orochimaru, quando erano ancora una squadra.
Era buffo vedere come, alla fine, lui sembrava sempre essere la causa di tutto.
Se avesse ricordato meglio chi le aveva detto tale frase,
forse avrebbe capito che era una sciocchezza. Ma
– si diceva, ora, davanti a quella tenda smontata – era stata così stanca, in
quel momento.
In quel momento, aveva pensato: non si
può finire tutto qui?
Lo sapeva, di non esser nata per la politica, lei. Non era stato il suo
sogno, ma il sogno di qualcun altro che lei aveva
preso sulle spalle, con tutto il suo peso.
Sospirando,
la Godaime decise di lasciar lì quella tenda perché - dovendo affrettarsi ora
al fronte - sarebbe stata un peso inutile. Si rialzò,
battendo le mani sulle cosce, scostando qualche ciocca dal viso.
Infine, fece un piccolo giro su sé stessa, dirigendosi
con qualche passo misurato verso il gruppo. Che, ancora una volta, attendeva soltanto una sua
decisione.
Sperava solo di riuscire a concludere quella guerra – nata per colpa di un unico Uchiha - nella maniera più veloce
possibile.
Era per questo motivo che aveva deciso di andare lei stessa sul fronte. Per
questo motivo, aveva chiesto ancora una volta l’aiuto di Jiraiya.ra un po’ come nel Shojal colorp o i s o
n.rle i nervi già logori.
inesorabili.
e avevano perso molto.
o d'iata prendere dal p
Sapeva anche che questo era ciò che speravano tutti.
E tutti dipendevano da lei.
.:*~°~*:.
Sakura si
era seduta ai piedi dell’albero, un po’ in disparte, con l’unica intenzione di
sbollire la rabbia che le era montata dentro. Pensò che era
stato molto infantile prendersela con la Godaime, nonostante tutto. La
Godaime ce la stava mettendo tutta, ed era lampante. Era plateale. Lei, però,
non l’aveva visto.
Attribuì la colpa di quel nervosismo alla mancanza di Naruto, in
mancanza di una scusa migliore per giustificare sé stessa.
Tsunade-hime stava raccogliendo gli ultimi attrezzi medici, e probabilmente
stava anche prendendosi il tempo necessario per prendere la prossima decisone.
Sakura sapeva di averla un po’ scoraggiata – e
soltanto questo pensiero stava cominciando a farla sentire in colpa.
Decise che, qualunque fosse stato il prossimo piano, sarebbe stata zitta. Zitta
e muta.
Avrebbe dovuto prendere esempio da Hinata. O da Sasuke.
A proposito del quale…
Lasciò scorrere gli occhi verdi sull’intera radura d’erba secca, nella vecchia
abitudine di tentar di scorgere l’Uchiha all’interno del gruppo. La solita routine, che si ripeteva ogni giorno.
Questa volta, però, non ottenne alcun risultato.
Lui non c’era.
Dov’è?
Sentì il battito del cuore accelerare appena, involontariamente.
Lentamente si alzò dalla sua postazione e fece qualche passo incerto, poi qualche passo più veloce, fino ad oltrepassare il gruppo,
serrando le labbra e stringendo il pugno vicino al petto.
N u l l a.
Le sopracciglia chiare si crucciarono sugli occhi verde foglia, e fece un
piccolo giro su sé stessa.
Trecentosessanta gradi, e nessuno di questi sembrava portare con sé alcuna
traccia di lui.
L’ho perso di
nuovo.
Merda.
Questa
volta, fu il respiro ad accelerare insieme al battito cardiaco.
merdamerdamerdamerdamerdamerd…
“Sakura?”
La voce di Ino la riscosse dai suoi pensieri,
riportandola bruscamente sul piano terreno.
Fece un piccolo salto su sé stessa, colta alla sprovvista,
voltandosi di scatto.
Occhi sgranati.
Ino era lì, proprio davanti al lei.
Sakura la vide sorridere, e ancora una volta questo le fece male.
“… si…?”
“Stai tranquilla, non è andato via.” La bionda continuò a
sorridere, chinando il capo d’un lato con il suo
solito fare da diva.
Sembrava che ogni piccolo movimento fosse studiato nei minimi particolari per
far riflettere nel modo migliore la luce sul suo viso. Anche Sakura chinò il
capo d’un lato, ma piuttosto con una piccola dose di incomprensione.
La luce non sembrava aver voglia di giocare con lei come giocava sulla pelle di Ino.
“… no?”
“No, no. Pare che Akamaru abbia avuto la bellissima idea di
rubargli la custodia della Kusanagi mentre la stava
lucidando. Manca anche Kiba, vedi?” indicò distrattamente
il gruppo, senza guardarlo, prima di battere pensierosamente l’indice sul
labbro inferiore. “ In parole povere… Credo che Kiba stia inseguendo Sasuke che
sta inseguendo Akamaru. E’ stata una scena piuttosto
buffa, a dire il vero, ma temo per la vita di quel povero cane. Che pessima
idea che ha avuto!” ridacchiò, nascondendo le labbra
dietro il palmo della mano. “Quindi, non preoccuparti.
C’è Kiba, con lui.”
Sakura
abbassò lo sguardo sull’erba secca, serrando le labbra e crucciando appena le
sopracciglia. Avrebbe voluto sospirare di sollievo, ma il cuore sembrava non volersi calmare ancora.
Sembrava non voler calmarsi affatto.
“… mi sono
resa ridicola, vero?” mormorò soltanto, stringendo la
tracolla della sacca medica fra le mani.
Non vide quel sorriso fittizio scomparire, lentamente, dal volto della vecchia
amica di un tempo.
“Certo che
ti sei resa ridicola, fronte spaziosa.” fu l’unica risposta che ottenne.
Lentamente,
la vergogna cominciò a lasciar spazio alla paura provata pochi attimi prima. Aveva
reagito esageratamente, aveva reagito come una bambina
che perde di vista i propri genitori, si era lasciata prendere dal panico solo
perché…
“Temevo solo…”
Ma
qualsiasi giustificazione avesse voluto dare per
rivalutarsi un po’, fu interrotta da un gran tonfo proveniente dalle sue
spalle, seguito da un piccolo uggiolio.
“Ehi,
stronzo, se te la vuoi prendere con qualcuno
prenditela con me, chiaro?!? E poi, sentitelo! Ha! Non
è certo colpa di Akamaru se quella custodia puzza di
sangue da far schifo!”
Ah, l’inconfondibile voce di Kiba.
Lentamente, Sakura si voltò. Gli occhi verdi catturarono un barlume della lama
della Kusanagi, prima che l’Uchiha la rinfoderasse nella custodia. Sasuke non
sembrò degnare neppure di uno sguardo l’altro ragazzo, ma si limitò a superare
entrambi, uomo e cane.
Kiba decise allora di lasciarsi andare ad una serie di epiteti
poco lusinghieri nei confronti dell’altro ragazzo, molti dei quali Sakura
ammise essere molto, molto fantasiosi.
Comunque, avrebbe preferito non sentirli.
Le troppe
volgarità la innervosivano un po’, ultimamente.
Sasuke
riuscì invece ad ignorarli tutti, dal primo all’ultimo. Con la solita aria
annoiata di sufficienza, continuò a camminare verso di lei – o meglio, come lei
non mancò d’intendere, verso l’albero alle sue spalle.
“Non osare
mai più fare una cosa del genere.” sussurrò,
mentre il ragazzo la sorpassava. “Non osare più farmi spaventare così, Sasuke.”
Sasuke si fermò, quel tanto che bastava per ricambiare quello
sguardo serio con il suo, disinteressato. Schioccò la lingua, senza aggiungere
nulla, prima di lasciarsi cadere alle radici dell’albero. Schiena contro
corteccia, capelli spettinati.
“Ah,
Sasuke-kun avrà un bel faccino ma è una persona
terribile, terribile!” annuì Ino, dietro di lei, sollevando il mento e
chiudendo gli occhi. La coda bionda ondeggiò, piano, con movimenti misurati.
Tutto ciò che ottenne fu il solito sguardo gelido che Sasuke riservava solo a
lei.
Per un attimo, Sakura fu felice che la scrofa le avesse risparmiato
l’onere di riportarlo a casa.
Con quello, le aveva risparmiato certamente quell’astio
spassionato. Però…
… mentre Sasuke riportava lo sguardo su di lei, prima
di abbassarlo sulla Kusanagi, pensò che avevano perso molto.
Avevano perso molto, loro due.
“Ti prego,
Sasuke, non lo fare più. Va bene?” fu tutto quel che
disse, alla fine.
Consapevole dello sguardo di Ino sulla sua schiena.
Consapevole dei passi della Godaime che, presa la sua decisione, si
avvicinavano inesorabili.
Non
ottenendo risposta, si limitò a voltargli le spalle. Eppure
sentiva che quegli occhi scuri ancora non la guardavano.
Non la guardavano. La biasimava, ancora.
Probabilmente, l’avrebbe biasimata per sempre.
Pensò che
non sarebbe dovuto importarle.
Pensò che non aveva il dovere di preoccuparsi per lui.
Penso che non aveva il diritto di preoccuparsi per lui.
Pensò che
alla fine, lui poteva fare ciò che voleva.
Pensò che, in fondo, quella guerra era colpa sua.
Pensò che, in fondo, non era davvero colpa sua.
Pensò che non le importava.
Pensò che ormai avevano rovinato tutto.
Pensò che la guerra avrebbe finito di logorarle i nervi già logori.
Pensò che le mancavano i vecchi tempi.
Pensò che Naruto non le era mai mancato così tanto.
A/N: Primo capitolo. O
secondo, dipende dai punti di vista. Io gli indizi li ho gettati, qui e lì. Cosa c’entrerà mai Ino? Cosa sarà
accaduto mai? Chi mi conosce, sa che odio spiattellare tutto all’inizio. E sa che amo la suspence XD Questo
capitolo, a metà, era pronto da tanto. Ho aggiunto tecnicamente l’ultima parte.
Grazie mille a tutti, quelli che hanno commentato (di più) e quelli che non hanno commentato (di
meno).
Rispondendo in mezzo in mezzo: è una SasuSaku, si,
che si prende i suoi tempi però. Se li prende anche più di
Home Sweet Home, per come l’ho impostata. Quando i personaggi son tantini, ecco… La Guerra avvicina gli animi di chi la
combatte sotto la stessa bandiera (8)
Ecco, la guerra. Ho gettato l’amo anche qui, scusatemi ^^” come ho
detto, continua dal capitolo 343 con spunti del 344,
ma di lì in poi è totalmente AU.
Spero vogliate seguirmi anche in questo altro parto
della mia mente. [Sinceramente quando ho visto 16
commenti mi è venuta l’ansia da prestazione ^^”]
Ah, si. Miyu92, che legge in anteprima – o meglio, la faccio leggere in
anteprima che sennò rompe XD (scherzo u.u) –proponeva illo tempore
un sasuke scomparso a causa di chiamata della natura. Anche gli emo fanno pipì?
Nell’incertezza, non sapendo rispondere a questa domanda - chessò,
magari la fanno nera e sfumature viola-morto – ho preferito evitare u_u”
Prossimo capitolo… I don’t know
when. Comunque, ultimamente
sto davvero pochissimissimo al pc.
Davvero poco. Ecco perché ci metto tanto. Ad esempio,
ora sto a casa di mia zia. Dovrei studiare, ma in
crisi di astinenza vengo qui a scrivere. Peccato che l’msn di zia funzioni come una pippa :S
Jem, mi son collegata ora
ma tu non c’eri è_é”” Cattiva. Ora ti chiamo. Sisisi.
Ross mi manchi (L)
Ah, si. La
frase in inglese del primo capitolo è di “Dust to Dust”,
heavenly.
Mentre quella di questo capitolo è di “My Land”, sonata arctica.
Altra nota: la tecnica utilizzata da Jiraya e Naruto l'ho inventata io. Letteralmente, è Genjutsu. Il nome significa: "Arte del legno! Tecnica del riflesso del bosco." O dell'immagine del bosco. Qualcosa del genere. Perdonate il mio giapponese da fangirl. XD