Lo Splendore dell'Oro

di LeFleurDuMal
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - Midgard ***
Capitolo 2: *** 2 - Asgard ***



Capitolo 1
*** 1 - Midgard ***


LO SPLENDORE DELL’ORO

LO SPLENDORE DELL’ORO

 

 

 

Titolo: Lo Splendore dell'Oro
Capitolo: 1. Midgard
Parte: 1/4
Personaggi: Thor e Loki, dalla Marvel con furore.
Cose: La storia e il capitolo in origine contenevano scene sessualmente esplicite che sono state eliminate per rispetto al sito ospite. L’omissione non toglie nulla alla lettura della storia che segue, ma chi fosse interessato alla lettura integrale può trovarla QUI. Per la straordinaria interpretazione di Loki si ringrazia Shinji.

 

 

 

 

1.  Midgard

 

La contea di Nordland era bagnata da un mare plumbeo e da un cielo bianco, tinto di nubi che si specchiavano nell’acqua e trasformavano tutto in un cupo gioiello d’argento, in perenne movimento.

In mezzo si stagliava la terra.

Una landa ruvida, di rupi spezzate, fiordi e distese violente di alberi rosseggianti, con le cime sempre piegate dal vento.

Thor spinse indietro i capelli, nella raffica furiosa, e lasciò vagare lo sguardo nel buio della foresta: un gesto familiare, che aveva compiuto molte volte a caccia o quando aveva passeggiato a cavallo. La terra di Norvegia non era molto dissimile dalle pianure incolte che circondavano Asgard, la città d’oro degli dèi.

“Dove sei, Loki?” domandò a se stesso e al vento.

Si inoltrò tra gli alberi, un passo dopo l’altro, il mantello scarlatto che vibrava violento nel paesaggio gelato.

Dopo la sua presunta morte sullo spezzato ponte del Bifrost e dopo la lotta contro i Vendicatori a New York, Loki era stato giudicato da Odino in persona per la propria condotta.

Il Padre di Tutti, però, non era riuscito a essere troppo feroce con lui. Ancora lo considerava suo figlio.

E adesso Loki, allontanato da Asgard e controllato strettamente, seppur a distanza, aveva trovato rifugio a Midgard.

Lontano dagli Stati Uniti e dai luoghi che lo avevano visto contrapporsi a lui, Thor, e ai Vendicatori. In un luogo meno colorato, meno chiassoso. Più familiare.

L’Europa del Nord, la terra di Norvegia, la contea di Nordland. Così simile alle lande che circondavano Asgard.

Thor sapeva di essere vicino, mente assottigliava gli occhi in due lame azzurre per scandagliare tra il fitto dei tronchi. Indugiò con lo sguardo su una radura che si apriva tra gli alberi cercando un raggio di luce pallida dal cielo e rimase incerto.

Lui avrebbe scelto quel luogo, così raccolto e arioso. Ma Loki?

Passò il peso da una gamba all’altra. Loki avrebbe scelto l’intrico della foresta, invece. Fece una smorfia, perché avrebbe dovuto continuare a inoltrarsi.

Guardò la radura con più intensità, nella sciocca speranza che, magari, Loki Laufeyson sarebbe potuto apparire lì, se lui lo avesse desiderato con abbastanza convinzione.

Naturalmente, Loki Laufeyson non apparve e il figlio di Odino affondò tra gli alberi.

La foresta era gelida, tutt’attorno, coperta da un sottile strato di neve. Quando il vento fischiava tra i rami, urlava come una donna ferita.

“C’è del ghiaccio a terra, Odinson. Si potrebbe scivolare.”

Thor si girò appena a guardare da sopra la spalla.

Eccolo lì, suo fratello. Con l’armatura a raccogliere i riflessi di luce, lo scettro stretto in mano, avanzava silenzioso apparendo e scomparendo tra gli alberi.

“Loki. Ci ho messo secoli a trovarti.”

“Non sai dove cercare.” Sogghignò. “Come al solito.”

“Ma alla fine, ti trovo sempre.”

“Mi faccio trovare” puntualizzò.

Thor sospirò e coprì la distanza che li separava in due ampie falcate, appoggiando la mano a un tronco umido, per piegare il viso accanto a quello di lui.

“Fratello…” cominciò.

“Non lo sono, tuo fratello” sibilò Loki. “Non capisco perché tu sia qui. Come ben sai, non ho molto da raccontarti. Il luogo in cui mi trovo, le condizioni che sono state poste su di me, non mi permettono grandi attività. Con la benevolenza di Odino, ovviamente.”

Disse l’ultima frase col tono garbato che nascondeva una collera gelida e sottile.

Thor gli lanciò un’occhiataccia.

“Dovrai pur fare qualcosa” sospirò. Sedette su un tronco spezzato – il furente lavoro di un fulmine, notò – e si tolse l’elmo, passando la mano tra i capelli. “È da molto che non ho tue notizie.”

“Temi, Thor Odinson?”

Loki scomparve davanti a lui, come ingoiato dal vento. Un battito di ciglia e gli comparve alle spalle, appoggiando entrambe le mani sulla sua schiena. “Temi che stia tramando qualcosa ai danni della tua amata Midgard?”

Thor non si voltò. Che fosse un chiaro segno per Loki del fatto che non lo temeva.

“Dovrei?”

“Dovresti. Quello che non dovresti è fidarti di me.”

Adesso Thor si girò a guardarlo. Ebbe in risposta il solito vago sorriso.

“Loki. Cosa devo fare con te?”

“Ti aspetti da me una risposta? Non impari mai.”

“Neanche tu impari mai, vero?”

Fu il suo turno per un mezzo sorriso. A dire il vero se lo sentì allargare sulle labbra e se lo concesse ampio, sornione.

Un movimento rapido, economico, di uomo abituato alla battaglia. Senza nemmeno darsi troppa pena di alzarsi, ribaltò Loki sul terreno umido, morbido di muschio. Loki spalancò gli occhi verdi nella sorpresa ed emise uno sbuffo. Per un momento, fu come tornare a quando avevano dodici anni e non c’era tra loro nessuna ostilità se non la furia indomabile del gioco.

“Imbecille!” sussurrò Loki. Poi divenne vento, di nuovo, sottraendosi alla sua presa, e ricomparve qualche passo più in là, oltre il tronco, l’espressione oltraggiata di un gatto sorpreso a cadere dal tavolo.

Si spolverò i vestiti, elegantemente.

“Anche quando questa situazione avrà trovato compimento” Loki lo dardeggiò con uno sguardo, per poi abbassarlo alla propria mano, che ancora scorreva sul tessuto. “Non farò ritorno ad Asgard. Sono stanco di essere il secondo, fratello.”

Calcò sulla parola e fece un passo, allontanandosi, apparentemente distratto.

“È assurdo, Loki.”

“Assurdo?” Laufeyson scattò come un serpente, girandosi. “Che arroganza, per chi è sempre stato il preferito. Dovrei anche stare ad ascoltarti?”

Agitò il mantello, teatrale, facendo per andarsene, ma Thor gli afferrò il braccio, costringendolo a girarsi.

L’altro gli riservò uno sguardo gelido, ma con il fuoco dietro alle iridi.

“Loki, questa storia non ha fondamento e deve finire. Odino ti ama, Frigg ti ama. Le tue rimostranze sono senza valenza e troveranno chiarimento. “ Lo scosse, come se potesse servire a riportarlo in sé. Poi, come svuotato, appoggiò la fronte alla sua. “E pensare a come potrebbe essere. Tu, al mio fianco…”

“Non sarò l’attendente di nessuno. Io sono nato per essere re!”

Lo spinse via e indietreggiando appoggiò la schiena a un albero. Rimasero a fissarsi così per un tempo indefinibile durante il quale il vento piegò al proprio volere le cime degli alberi, ululando al cielo.

Piano, Loki si raddrizzò.

Cominciò ad allontanarsi, ma non parve correre via. Sembrava di più che si aspettasse di essere seguito.

Thor lo seguì.

Non aggiunse una parola, perché col tempo aveva imparato a conoscere i tempi di dialogo di Loki. Lo affiancò, in silenzio, e camminò al suo fianco nella foresta.

Loki guidò la spedizione nell’intrico dei rami, mantenendo la costa ghiacciata a lato. Impegnandosi, Thor poteva scorgere la linea plumbea del mare, in lontananza tra gli alberi, dove gli occhi di un mortale non sarebbero arrivati.

Si fermò di colpo, quando il fratello gli stese un braccio davanti, immobile.

Con quella stessa mano fece il gesto scenico di scostare qualcosa e l’immagine stessa della foresta davanti a loro si aprì, come Loki avesse sollevato un sipario davanti a loro.

Scenografico. E tipico della sua persona.

“Non avrai pensato che vivessi sotto gli alberi, mi auguro.”

Thor entrò per primo, lasciando che Loki richiudesse la foresta dietro di loro.

Era un’abitazione ampia, un soggiorno a pianta circolare sul quale si affacciavano altre stanze a raggiera, che dall’ingresso poteva vedere appena.

Per linee e arredamento ricordava i saloni di Asgard, sebbene non brillasse delle stesse tinte d’oro. Le ampie vetrate lasciavano penetrare la luce pallida di Norvegia in lame gelate, il metallo delle cromature e i marmi pregiati ne esaltavano il rigore, addolcito appena dal legno decorativo, dai tappeti e dalle pellicce morbide che tappezzavano i pavimenti. Solo il fuoco nel camino crepitava con bagliori che ricordavano lo splendore dell’oro.

“Una delle mie sistemazioni” spiegò Loki. Lasciò svanire armatura ed elmo in favore di abiti eleganti e prendendo il centro del suo soggiorno, per poi scoccargli un’occhiata.

Thor vi lesse sfida e orgoglio, tutto insieme. Gliene fu grato. Capì che con quel gesto stava cercando, alla lontana, la ricostruzione di un possibile rapporto: non si mostra un rifugio a un nemico, altrimenti, né lo si fa entrare.

 

Lo stramaledetto Odinson si spogliò dell’elmo e del mantello prima di accomodarsi accanto a lui a gambe larghe. Loki lo guardò con la coda dell’occhio.

“Vivi qui da solo?”

“Ovviamente. È la mia condizione.”

Spinse in avanti il mento, quando arrivò la mano di Thor sulla testa a scompigliargli i capelli. Ruvida, senza delicatezza, ma affettuosa.

Loki sospirò, senza resistere alla tentazione di rimettersi in ordine. Che fatica doveva fare, con quell’uomo?

Allungò una mano al basso tavolo di mogano, davanti a loro, e dischiuse le dita facendovi germogliare la magia dei ghiacci. Ne ricavò due calici di cristallo finissimo colmi di vino. Allungò la mano di più e ne prese uno.

“Bevi” sbottò. Almeno se ne sarebbe stato zitto.

Sorseggiò il liquido dorato, prendendosi il tempo per farlo girare nel calice e assaporarne l’aroma, mentre il figlio di Odino vuotava il suo bicchiere con entusiasmo e lo fracassava a terra in segno di apprezzamento.

“Ah, un vino ottimo.”

“Certo che lo è.” Loki contemplò il cristallo in frantumi scomparire dal pavimento e lasciarlo perfettamente pulito, poi si sporse all’orecchio di Thor con un sorriso crudele. “I migliori veleni sono quelli più dolci.”

Si era aspettato un’espressione allarmata sul viso di Odinson, alla prospettiva di avere bevuto vino intossicato dalla magia, ma ricevette in cambio solo un sorriso.

“È un veleno solo per chi non sa reggerlo.”

Loki boccheggiò. Era così sciocco da non avere capito l’allusione? Invece pareva averla capita benissimo, tuttavia non aveva creduto alla minaccia, e gli aveva lanciato una sfida in risposta.

Anche Loki fracassò il suo calice a terra e ne materializzò subito altri due.

“Bevi!” ripeté, astioso.

“Cosa c’è, Loki? Vuoi fare a gara?”

Loki sogghignò, ferino.

“Vediamo un po’ chi la spunta, Odinson.”

Bevvero.

Thor sospirò di piacere e si allungò sui cuscini come solo una divinità del nord avrebbe potuto. Terribilmente scomposto e terribilmente regale insieme, le caviglie incrociate e il braccio ripiegato dietro la testa.

“Un altro.”

Loki lo guardò a lungo.

“Bene” disse. Chiese alla propria magia atri due calici e alle proprie scorte dell’altro vino.

Thor vuotò il proprio e si leccò le labbra, come un gatto, piantando nei suoi gli occhi azzurri, brillanti.

Loki produsse un mezzo ringhio. Lo voleva morto.

Pensò che avvelenargli davvero il vino non sarebbe stata una pessima idea, infondo.

Avrebbe potuto farlo.

Invece bevve e poi diede il via a un altro giro.

Bevvero più lentamente. Alla fine Thor ruppe il bicchiere dove aveva mandato a infrangersi gli altri ed esso, come i calici che lo avevano preceduto, si dissolse sul pavimento dopo pochi istanti, senza lasciare traccia.

Loki socchiuse le labbra, guardandolo allentare i cordami di cuoio della tunica di Asgard, liberando il torace.

“Fa caldo in casa tua, fratello.”

“Un altro giro” sibilò, in risposta Loki, tendendosi di più e mordendosi le labbra, trovandole dolci. Passò il calice nella mano calda di Thor che si sollevava appena per alzare il brindisi, spingendogli nel movimento il ginocchio contro la coscia.

Loki vuotò la coppa in un due sorsate, senza smettere di guardarlo con rancore.

“Sei resistente.”

“Più di quanto pensi.”

Loki socchiuse gli occhi. Ma era vero che faceva caldo. Il fuoco nel camino sembrava irrorare la stanza di calore, allentare il corpo. Slacciò il colletto soltanto, non desiderando scomporsi troppo.

Ansimò leggero, mentre una goccia di vino gli scivolava sulla mascella, lungo il collo. E insieme alla goccia gelata sentì lo sguardo infuocato del figlio di Odino che la seguiva, fino all’attaccatura delle clavicole, nell’incavo lasciato tra gli abiti slacciati. Lo guardò stringere in due linee celesti, attente come se fosse pronto all’attacco, i capelli appena scomposti che disegnavano un bagliore dorato attorno alla figura.

Loki stese le labbra a metà tra un sorriso e un ringhio. Non attese che Thor finisse il vino. Gli sottrasse la coppa e la gettò a terra lui stesso, prima di afferrarlo tra le braccia in una zuffa furiosa.

Lo odiava. Come lo odiava.

 

Il mattino dopo, Loki alzò lo sguardo dalla propria tazza e sollevò un sopracciglio, tirando appena le labbra.

Esitò.

“Avanti, ricomponiti” borbottò, davanti al dio del tuono che si era mostrato nell’arcata del soggiorno, appoggiato allo stipite, nudo e con i capelli scomposti che ricordavano la criniera di un leone.

Lo guardò passarsi la mano sulla faccia e sbadigliare. Aveva dormito fino a tardi e non era ancora sveglio del tutto.

Loki sospirò. Perché se lo teneva in casa?

Thor sparì senza una parola, solo per cercare i pantaloni attillati della sua uniforme di Asgard. Vestito a metà si lasciò cadere sulla sedia di quercia lucida accanto a lui, come fosse su un trono.

Allungò la mano e gli sottrasse la tazza.

Dalla sua breve permanenza a Midgard, Loki aveva capito che amava poche cose di quel mondo di stupidi mortali. Una di queste era il caffè.

E Odinson glielo stava bevendo.

Lo dardeggiò con uno sguardo feroce, che l’imbecille si guardò bene dal cogliere, e andò a prendersene ancora, sbottando.

Dalla foresta il sole filtrava pallido e gelido, facendo brillare d’argento l’arredamento sontuoso che Loki aveva scelto per sé.

Per sé e soltanto per sé, non per sé e Thor.

Sibilò qualcosa al suo indirizzo, tornando a sedersi e guardò dall’altra parte, godendosi il caffè bollente.

Profumato, forte.

Sussultò infastidito, sentendo la mano di Thor sulla spalla.

Poi però rimase fermo, senza fare nulla perché la levasse. La sentì arrampicarsi sul collo, affondando le dita ruvide nei suoi capelli. Profumato, forte.

Si sentì in diritto di trafiggerlo con una risposta sgradevole.

“Facevi confusione anche nel sonno, Odinson.”

Scoccò. E bevve un sorso di caffè, soddisfatto.

“Che sciocchezze, Loki. Dormivo.” Lo stupido figlio dello stupido Odino gli inanellò una ciocca alle dita. “Ma ti stavo sognando.”

Loki tirò le labbra sui denti, sentendosi come un lupo sorpreso dalla minaccia del temporale. Gliele diceva con una serenità così lineare, quelle sdolcinatezze senza alcun senso, che aveva sempre il suo effetto.

“Mh. Sentimentale, come al solito” esalò. Bevve il caffè, ne bevve ancora, guardò la gelida luce radente che accarezzava il pavimento di pietra dura e le pellicce lavorate stese accanto al fuoco. Ascoltò le dita del dio dei fulmini sulla sua nuca, bevve un altro sorso e poi si maledisse, perché domandò: “Cosa stavi sognando?”

“Eri con me sulla sponda di un lago” tagliò corto l’imbecille, senza smettere farlo ammattire con la mano tra i suoi capelli. “Nella foresta, dietro il palazzo. Ad Asgard, naturalmente. Hai presente, no?”

“Sì.”

“Eravamo a caccia, forse. Era bello.”

Loki si voltò appena a guardarlo da sopra la spalla e il maledetto lo salutò con uno sguardo pulito, azzurro come il cielo. Imbecille.

“Difficile” ringhiò. “A quel lago si abbeverano pochi animali che tu ami cacciare. Avrai sognato la volta del Binglesnipe.”

“Sì.” Thor sorrise. “Sono quasi sicuro che fosse quella. Sai come sono i sogni.”

“Mescolano ricordi senza troppo significato.” Loki mosse appena le spalle e tornò a voltarsi, appoggiandosi alla mano di Odinson e sapendo bene di mentire, lui che era uno sciamano quanto lo era Odino.

“Tu che ricordi ne hai?”

“Era un mostro che ci aveva dato del filo da torcere. Lo abbiamo combattuto proprio nel lago.” Sibilò Loki, duro. “E io, infine, l’ho ucciso.”

“È stata una bella battaglia. Mi hai salvato la vita.”

Loki strinse le labbra. Sentì la risata giovanile di Thor riempire la stanza ed ebbe voglia di girarsi e mordergli la mano, da staccargli le dita.

“Esattamente” disse invece.

“Me ne ero quasi dimenticato. Dopo gli ultimi avvenimenti.”

L’affermazione colpì Loki come una stilettata.

Si girò, scattando come un serpente e piantandogli gli occhi in faccia. Il proprio sorriso era freddo e tradiva un certo orgoglio, mentre ripensava all’ultima lotta lì a Midgard che aveva visto lui, un dio, contrapporsi ai mortali, allo stesso Thor che adesso dormiva nella casa del suo esilio, e a quel male assortito manipolo di stupidi vestiti – nella migliore delle ipotesi – con le mutande sopra le calzamaglie. Gli Avengers, si facevano chiamare: i Vendicatori.

Che potessero marcire.

“Ho cura di ricordarmi le mie vittorie” disse, gelido. “Thor Odinson.”

Il maledetto gli sorrise in risposta. Più caldo del sole di Norvegia, splendente come l’oro di Asgard.

“Fai bene.” Quasi distrattamente, gli prese la mano, in un gesto affettuoso. Loki avrebbe voluto distendergli il braccio e piantargli un pugno sul naso, invece rimase a guardarlo torvo. Il principe di Asgard appoggiava le labbra sulle sue dita. “Io invece, me ne ricordo altre.”

“Di tue vittorie?” lo canzonò. “Che strano. Ne hai collezionate così poche.”

Thor sospirò.

“Di tue, Loki. Quando la smetterai con questa tua presunta inferiorità?”

Loki sibilò, tendendo i muscoli.

Aveva preparato sulla lingua una risposta tagliente, ma il biondo, forte imbecille lo aveva tratto a sé con un braccio, facendolo appoggiare al proprio petto. Loki tacque, la guancia premuta alla pelle nuda di Odinson, mentre veniva costretto a recuperare dei ricordi antichi, seguendo le parole di Thor.

“Ti ricordi la nostra prima vittoria? Avevamo dodici anni, uno più uno meno. Era una notte d’estate.”

 

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Capitolo 2
*** 2 - Asgard ***


LO SPLENDORE DELL’ORO

LO SPLENDORE DELL’ORO

 

 

 

Titolo: Lo Splendore dell'Oro
Capitolo: 2. Asgard

Parte: 2/4
Personaggi: Thor e Loki, dalla Marvel con furore.
Cose: La storia in origine contenevano scene sessualmente esplicite che sono state eliminate per rispetto al sito ospite, ma la trovate  QUI. Per la straordinaria interpretazione di Loki si ringrazia Shinji.

 

 

2.  Asgard

 

Era una notte d’estate.

Il Bifrost si rifrangeva sull’acqua, mandando riflessi cangianti che illuminavano la torre di Asgard. La luce delicata vibrava sui pavimenti e le pareti dorate trasformando la corte in una laguna di sogni ricolma dello splendore dell’oro.

Dormivano tutti, nelle stanze silenziose, nei corridoi deserti, fatta eccezione per poche guardie al grande portale che tutelava l’ingresso. Regnava il silenzio.

Per questo, quando Thor sentì i passi risonare sullo scalone, cadenzati, capì subito che era qualcosa di nuovo, di strano, di mai accaduto prima. Qualcosa di eccitante.

Si mise a sedere sul letto, spingendo via le coperte, e rimase in ascolto. Di nuovo i passi, pesanti e sempre più vicini.

Thor balzò giù dal letto, agile come un gatto.

Non corse alla porta che dalla sua stanza dava sul corridoio, ma a quella sulla parete laterale che metteva in comunicazione la camera con quella di suo fratello Loki. Si lanciò in una corsa silenziosa nella penombra e balzò sul suo letto.

Loki si dimenò, nel risveglio brusco, ma il ragazzino lo appiattì tra sé e il materasso, chiudendolo tra le gambe e premendogli una mano sulla bocca perché non urlasse.

Il fratello si dimenò d’istinto, sotto di lui.

Poi parve riconoscerlo e si rilassò e aggrottò le sopracciglia, interrogativo.

“Ssssh!” gli sussurrò, liberandogli la bocca, ma rimanendogli acquattato addosso. “C’è qualcuno. In corridoio. E non è un Asgardiano.”

Loki strinse le labbra e corse alla porta con lo sguardo.

Rimasero in silenzio entrambi, trattenendo il respiro. Sentirono i passi, ben distinti. Di una creatura enorme e pesante, non certo un guerriero di Odino. Emetteva un sibilo sottile che raschiava di certo contro delle fauci senza labbra e trascinava qualcosa di pesante che strideva appena sui lucidi marmi bianchi.

“Chi può essere?”

Thor sorrise: “Andiamo a scoprirlo.”

“Sei folle, fratello? Non sappiamo neanche chi è. Dobbiamo avvertire le  guardie.”

Thor si piegò di più sopra Loki, appoggiando la fronte alla sua, per potergli parlare più a bassa voce che poteva.

“Perché mai dovremo mettere in pericolo la gente di Asgard, quando possiamo sbrigarcela noi due? Siamo i figli di Odino! Chiunque sia, lo metteremo a tappeto subito, salveremo il regno e verremo onorati come eroi! Dai, vieni.”

“Fratello, dici cose senza sens- ouf!”

Thor gli rotolò sopra, spegnendo la protesta, e scivolò giù dall’altra parte. A piccoli passi silenziosi aveva già raggiunto la porta principale della stanza.

“Ssssh, Loki! Non fare rumore, o sveglierai nostro padre.” Esitò un momento, imbronciandosi, vagliando un pericolo ben più terribile. “O peggio, nostra madre.”

“Thor, vai piano. Piano! Non sappiamo nemmeno chi sia, come puoi sapere se puoi batterlo?”

Loki lo aveva raggiunto e gli si era aggrappato al braccio. Thor dovette sostenere i suoi grandi occhi verdi pieni di saggia consapevolezza, prima di prendere una decisione.

Le guardie, dicevano quegli occhi, avvertiamo le guardie.

Thor vagliò la possibilità nel tempo che gli ci volle per sbattere le palpebre e produrre un sorriso fiducioso.

“Posso battere chiunque. E poi ci se tu, no? Insieme siamo invincibili.”

Non lasciò tempo al fratellino per replicare.

Aprì la porta il tanto che bastava e sbirciò fuori.

Dovette spostarsi un po’ e aprire di più, quando anche Loki pretese il suo spazio e si affacciò con lui. Il corridoio si stendeva sereno da entrambi i lati. Da una parte, tutto vibrante dei riflessi del Bifrost, scivolava verso lo scalone principale del piano regale, dall’altro, più denso di buio, affondava nell’ala della stanze di loro fratello Balder, di loro padre, Odino, e della sua consorte Frigg, che dormivano indifesi e ignari della minaccia.

La minaccia che era ancora sullo scalone, ma che già proiettava tra i riflessi dorati, la sua densa ombra immensa, mentre saliva verso le camere.

“Come ha fatto a entrare qui?” sussurrò Loki.

“Non ha incontrato le guardie al portone d’ingresso o avremo sentito il combattimento.” Azzardò Thor. “Deve essere salito dalle segrete o dal seminterrato. Ma è da solo, senti?”

“Sì.”

“Andiamo o ci scapperà!”

Thor scivolò fuori, in un guizzo, correndo scalzo e senza il minimo rumore. Sentì solo, alle spalle:

“Thor, dannazione! Ma perché mi faccio sempre trascinare?”

Sorrise, ascoltandolo, sapendo che lo seguiva dappresso.

“Ssssh!” lo sgridò, ridendo, facendo molto più rumore di lui. “Guarda che ti sbudella, se ti sente!”

Loki lo afferrò per la mano e lo trascinò nel corridoio laterale poco prima dello scalone, facendolo premere al muro. Thor sentì il marmo gelato sotto i piedi nudi, ma non ci fece caso, troppo emozionato all’idea della caccia.

Anche Loki non sembrava avere freddo, il capo piegato appena sulla spalla, in ascolto della creatura.

“Di qua, allora” mormorò, spingendosi dietro le orecchie i capelli scuri e roteando gli occhi al soffitto. “Possiamo prenderlo alle spalle.”

Thor si imbronciò.

Non gli piaceva l’idea di prendere alle spalle qualcuno, anche se si trattava di un brutto mostro armato salito fino alle stanze degli Asi, dèi di Asgard.

“Non fare l’imbecille” lo scosse Loki.

“Mh. Sì.”

Ci sgusciò per primo comunque, lungo il corridoio, per fare da scudo al fratellino se ci fosse stato bisogno. Piegati sulle ginocchia si mossero insieme, sgusciando tra i fregi delle pareti e gli stemmi nobiliari della famiglia degli Asi, alle statue in pietra lucida di Odino e di Bor, padre di Odino e loro nonno.

All’angolo, Loki emise un sibilo e gli afferrò di nuovo il braccio, tirandolo indietro.

“È un troll!”

Thor osservò la sagoma imponente e mostruosa che si muoveva lenta oltre lo scalone. Passava il piede da una gamba storta all’altra, raccogliendo la luce del Bifrost sulla propria pelle ruvida e dura, come la roccia, e divorandola. Mangiavano le luci, le creature dell’ombra, con la loro sola esistenza.

Il mostro trascinava una clava rozzamente ottenuta da un grosso ramo di quercia da cui aveva fatto spuntare chiodi arrugginiti che graffiavano il prezioso marmo di Asgard.

“Sì” sospirò Thor, deluso. “È solo un troll.”

“Come solo?” sibilò il fratello.

Thor sorrise, sornione. Poi gli sovvenne un particolare piuttosto importante.

“Tu sei armato, Loki?”

Loki spalancò gli occhi e glieli piantò in faccia. Enormi e pieni di rimprovero.

“Non hai neanche una daga, dietro?” fu la domanda, in risposta.

“Non mi è venuto in mente!” si giustificò Thor, acquattandosi di più contro la parete. “Avevo fretta, pensa se si fosse trattato di Laufey…”

“Mi stai prendendo in giro, vero? Ce l’hai nascosta, una daga. O qualcosa.”

“Oh, che importa?” sbotto Thor e spinse di lato il fratello, liberandosi la via. “È solo un troll. Basterà prenderlo a pugni!”

“Ha una pelle che è spessa quattro volte la tua, Thor. Ed è armato. Ha una clava!”

Thor non lo ascoltò, lasciandolo indietro.

Andò a piazzarsi proprio in mezzo al corridoio, tenendo l’ampio scalone alle spalle e si piantò le mani sui fianchi.

“Ehi, tu!” lanciò la sua sfida all’invasore. “Girati, per Asgard!”

 

Loki guardò suo fratello sfidare il troll e impallidì.

Non puoi, Thor. Non puoi averlo fatto davvero, pensò.

Adesso vedeva meglio il mostro, alto ben più di loro padre, sebbene tenesse la schiena curva sotto il peso della clava, mentre si voltava. Nero, come fatto di roccia e di fango, con i piccoli occhi acquosi avidi e affamati.

Guardava suo fratello come avrebbe potuto guardare della selvaggina appena arrostita.

E ghignò, scoprendo due file di denti storti e marcescenti.

“Imbecille” sussurrò Loki e non si riferiva di certo al troll.

“Come hai osato salire alla dimora degli Asi?” tuonava intanto l’imbecille, scalzo e mezzo nudo nella veste da notte.

“Pensa, Loki, pensa!” si tormentò lui, scorrendo la schiena al muro, mentre faceva rapidamente marcia indietro. Avrebbe potuto fare il giro e arrivargli alle spalle, adesso che il mostro era girato, dove prima gli sarebbero arrivati di fronte. “Pensa!”

Arrivò dall’altra parte col cuore che gli martellava in gola.

Spiò nel corridoio senza vedere Thor, perché la schiena del troll occupava quasi del tutto la visuale. Si dimenticò di respirare.

Poi lo sentì.

“Torna da dove sei venuto” imperava. “O ti faccio saltare i denti!”

Loki si portò una mano alla faccia.

Di certo il troll sarebbe stato sbalordito da tanta forza d’animo e sarebbe scappato. Come no. Imbecille di un fratello imbecille.

Lo immaginò, dal di là della schiena del mostro, mentre si ergeva con stupido orgoglio, senza indietreggiare di un passo. Lo immaginò resistere fino a quando il troll non fosse arrivato abbastanza vicino da fargli volare via la testa con un colpo bene assestato della clava chiodata o da affondargli nel fianco i denti, divorandolo con gusto.

L’immagine fin troppo vivida scosse la sua determinazione.

Fece due o tre passi in direzione del troll, avvicinandosi in silenzio, mentre la bestia trascinava la clava verso Thor, pregustando il pasto imminente.

“Razza di stupido!” declamò il fratello. “Allora non hai capito!”

Loki si concentrò con un brivido, chiamando a sé il potere che aveva scoperto di poter gestire negli ultimi anni, sebbene sapesse che non era ancora completamente sviluppato.

Sapeva lanciare le rune, come loro padre. Sapeva percepire le energie del mondo animale, vegetale e minerale con una precisione che gli faceva pensare che avrebbe potuto cambiare la propria forma e quella degli altri in qualunque cosa avesse desiderato, se si fosse applicato abbastanza, semplicemente seguendo un percorso di sensazioni e di colori che si susseguivano, come era la scala di sfumature del Bifrost.

In quel momento desiderò che nelle sue mani l’aria diventasse ghiaccio e che potesse essere un’arma.

Non si chiese perché proprio il ghiaccio. Gli sembrò naturale.

Appoggiò le mani a terra.

“Ti prego” mormorò, senza sapere chi stesse invocando. “Ti prego, fa che funzioni.”

E mentre lui pregava, Thor si lanciava all’attacco, di corsa.

Da dove si trovava, Loki lo vide appena, nello spazio lasciato tra il fianco del troll e la parete del corridoio. Strinse i denti e i ghiaccio si concretizzò davvero tra le sue mani e corse in una scia sul pavimento, verso il mostro. Voleva congelarlo sul posto, ma il suo potere ancora vacillava.

Congelò solo la mazza, a terra.

Continuando ad avanzare, il troll subì un contraccolpo e rimase piantato, rifiutando di lasciare l’arma. Loki lo sentì grugnire di collera, impuntandosi. Si girò, seguendo con gli occhi stupidi e feroci la traccia di ghiaccio che puntava verso Loki.

Il ragazzino rabbrividì, ma poi vide il mostro piegarsi sul lato, infastidito, quando Thor, come dardo biondo, lo colpì con tutto il suo corpo nella pancia. Suo fratello rimbalzò indietro, cadendo di sedere sul pavimento e il troll si dimenò, tornando a concentrarsi su di lui.

“E adesso?” si domandò Loki, febbrile.

Guardandosi intorno si trovò a fronteggiare lo sguardo severo di suo padre. Un Odino di pietra che lo fissava dalla parete, brandendo la lancia sacra Grugnir.

Ci si lanciò contro e afferrò l’asta, espandendo più che poteva il suo potere infantile. Ma la magia era volontà, non era forse così?

“Ti prego ti prego” scoprì di stare pregando Odino. “Ti prego, padre, ho bisogno di prenderla. Ti prego ti prego ti prego.”

“Dicoti in guardia!” dall’altra parte del mostro, suo fratello pregava a suon di piccoli pugni divini.

Intanto l’asta di pietra parve brillare, in uno sbalzo di potere luminoso.

Loki sbatté le palpebre credendo di sognare, ma poi la vide risplendere con tanta forza che era di certo impossibile sbagliarsi. Esclamò, quando se la ritrovò in mano. Una lancia autentica, non di roccia.

Indietreggiò, sbalordito.

Aveva fatto tutto senza pensarci e adesso non credeva di esserci riuscito davvero.

Si girò verso Thor, incredulo.

Davanti a lui, il troll uggiolò sconvolto quando il piccolo pazzo del tuono gli lasciò partire un pugno da sotto in su, alla mascella.

“Fratello, attento!” strillò Loki, poi scagliò la lancia verso i due in lotta.

Thor fu rapido a vedere quello che stava succedendo e ad abbassarsi, come Loki si era aspettato. Il troll no. Il mostro venne colpito alla spalla, ma il ragazzino capì subito che il suo colpo era stato troppo debole.

Non era abbastanza forte per perforare con un lancio quella pelle spessa.

Vide la lancia rotolare a terra, lontana da lui, e il mostro fare un balzo nella sua direzione, ciondolando dolorante per la serie di colpi ricevuti dai principi di Asgard.

Loki non aveva mai pensato a se stesso come a un grande guerriero e in quel momento si sentì tale ancor meno del solito. Di certo sapeva che un mostro ferito e non ucciso era ancora più pericoloso del solito: e infatti eccolo lì, furioso, mentre gli balzava davanti, graffiando il pavimento con gli artigli.

Fece un passo indietro e, stanco per lo sforzo fisico e magico, inciampò e batté la schiena contro al muro, stringendo gli occhi.

Sentì sul viso l’alito fetido della creatura e tornò a guardare in tempo per vedere i denti acuminati vicini al proprio viso, le braccia del troll che si allargavano per afferrarlo.

Non riuscì a gridare, sicuro di essere arrivato alla fine della propria esistenza.

Il troll emise un rantolo, stralunando gli occhietti avidi. E poi la punta di una lancia gli uscì dal petto.

Emettendo un gemito, Loki sgattaiolò di lato, mentre la bestiaccia scapicollava a terra, strusciando la faccia sul muro dove poco prima era appoggiato lui.

Thor gli era balzato sulla schiena, spingendogli i piedi scalzi sulle reni e sulla testa piatta. Il troll si dimenò ancora, con un gorgoglio, ma Thor estrasse la lancia e la affondò di nuovo, spingendo con tutto il suo peso.

Non si fermò fino a quando il pavimento sottostante non fu lordo di nero sangue appiccicoso.

Poi scese, ansimando.

Con i capelli biondi scomposti, gli occhi azzurri brillanti della gioia della guerra, il fratello lo affiancò e gli afferrò le mani.

“Loki! Siamo stati magnifici!”

“Mh.”

Loki lo guardò, immobile. Sapeva di essere bianco come un cencio, perché il sangue gli era come defluito dalle guance. Il cuore gli faceva male, tanto batteva forte, di paura e di rabbia, le labbra gli pulsavano.

Non sapeva se essere vicino a piangere o a prendere a pugni suo fratello.

“Sei stato grande con la clava!” cercò di aiutarlo a decidere, l’imbecille.

Loki lo afferrò per le spalle, scrollandolo con forza.

“Ma ti sei accorto o no che stavamo per morire?”

Thor gli si aggrappò alle spalle, sorpreso.

“Lui è morto.” Indicò il troll con un cenno del mento. “Ed è la fine che faranno tutte quelle sudice creature, se pensano di venire qui e di mangiarsi la nostra gente!”

Loki lo scosse ancora, da piantargli le unghie nelle spalle.

“Pazzo scriteriato che aggredisci i mostri senza neanche un’arma!”

“Fratello! Fratello, calmati! Abbiamo vinto, io e te da soli!”

Thor aveva riso, aveva premuto la guancia contro al proprio petto e lo aveva stretto in un abbraccio avvolgente.

Loki avrebbe voluto ucciderlo, in quel momento, per lo spavento che gli aveva fatto prendere. Ma era anche così grato che fosse in vita, che lo strinse ai fianchi con forza, pregando che quel momento non finisse mai.

“Imbecille” sibilò. “Mi hai fatto preoccupare.”

Thor rise ancora, mentre dallo scalone arrivavano le guardie, attratte finalmente dai rumori. E dal fondo del corridoio arrivava anche Odino, maestoso anche appena sveglio.

“Padre!” lo chiamò Thor, senza liberare Loki dall’abbraccio. “Padre, vieni a  vedere cosa hanno fatto i tuoi figli!”

 

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