She will be loved

di madnesslight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A promise you can't keep ***
Capitolo 2: *** Alive or just breathing? ***
Capitolo 3: *** Little steps ***
Capitolo 4: *** I don't wanna only survive, no more ***
Capitolo 5: *** Knots ***
Capitolo 6: *** Beside you ***



Capitolo 1
*** A promise you can't keep ***


Ommioddio l'ansia.

Ciao a tutti! Io sono Giuls, e sono emozionatissimissimissimissa, e questa.. questa è una cosa a cui tengo davvero, davvero tanto, perchè l'ho scritta per una persona speciale e l'ho postata proprio oggi che è il giorno del suo compleanno. Per cui, Ele, tanti auguri, di nuovo :D

Sai che avrei voluto fare di più, ma ci ho messo davvero il cuore qua dentro e so che per te è la cosa che conta di più. Ti voglio bene, ma questo già lo sai.

Tornando a noi, Penserete che sia strano postare una ff sui Robsten in questo periodo ma per me non lo è, e non solo perchè l'jo scritta per il compleanno di Elena e quindi non ci sarebbe potuto essere altro giorno (anche se ammetto di averci provato a farglielo spostare di un paio di mesi .________. LOL), ma perchè io ci credo ancora. Io credo ancora in loro e nel loro amore, e scommetto anche voi, oppure non avreste nemmeno aperto, no?

Come avrete notato dal titolo a storia è stata ispirata dalla canzone dei Maroon 5 "she will be loved" (che fra l'altro è pure una delle preferite di Ele u.u quanto sono prevedibile :')), però la versione dei Boyce Avenue u.u Può sembrarvi una stronzata ma probabilmente se avessi ascoltato prima la versione dei Maroon 5 e poi quella dei Boyce avenue la storia sarebbe stata diversa. sono psicopatica, lo so. Comunque, se volete ascoltarla, la trovate QUI. E poi ditemi che i Boyce Avenue non sono ahqfjsvwqjavswf.

Vabon, vi lascio alla lettura, questo è solo il prologo ed è pure piccolino, ma spero vi piaccia ugualmente :)

 

She will be loved

 A promise you can't keep

 

A sedici anni, la mia vita era meravigliosa.  Avevo tutto. Una famiglia che mi amava, un ragazzo di cui ero follemente innamorata. Facevo il lavoro che mi piaceva. Uscivo, mi divertivo  con le amiche, mi consideravo la ragazza più felice del pianeta.

Vivevo in una bolla, una bolla di felicità.

Ma a sedici anni non mi preoccupavo di chiedermi "Durerà per sempre?", perché era scontato per me. "Certo che durerà per sempre", mi ripetevo con un sorriso spensierato. Ero convinta che sarei stata al sicuro in quella bolla per tutta la vita, che nulla l'avrebbe scalfita. Che sarebbe potuto succedere?

Non mi ero resa conto della sua fragilità fino a che non era scoppiata, devastandomi.

In fondo avrei dovuto aspettarmelo. Ero stata una stupida a credere che tutto durasse per sempre. Quello che non mi sarei mai aspettata, però erano le conseguenze di quello che non doveva essere nulla. Una bolla di sapone quando scoppia non fa rumore. Non se ne accorge nessuno. Non ci sono tragiche implicazioni per nessuno. E invece ogni cosa era distrutta, e io me ne ero accorta eccome, perché la mia vita non era più meravigliosa. Non era più nemmeno la mia vita.

Avevo smesso di uscire con gli amici. Avevo allontanato la mia famiglia. Mi ero creata un guscio intorno al cuore, decisamente più impenetrabile, più resistente di una bolla di sapone. Ma ci avevo affogato il mio cuore con le lacrime, l'avevo coperto col dolore.

Micheal non c'era più.

Trauma cranico. Era morto sul colpo.

"Almeno non ha sofferto", aveva detto uno dei medici.

Già. Lui non aveva sofferto. Io me l'ero vista brutta. Ero piena di contusioni, ma ero ancora viva, quando sarei voluta morire.

C'ero anch'io su quell'auto. Avevo visto il terrore nello sguardo di Mike quando si era accorto dell'auto che ci veniva addosso, terrore che si rifletteva nei miei occhi. E allora lo sapevo, che aveva sofferto. Forse non il tipo di dolore di cui si occupano i dottori. Aveva paura di non riuscire a salvarci, e in parte aveva avuto ragione.

Lui era morto. Ma perché io continuavo a respirare? Perché il mio cuore continuava a battere? Non ne aveva motivo. Che senso aveva continuare a vivere, se tutto ciò che dava un senso alla mia vita mi aveva lasciata?

Non volevo crederci. Non potevo crederci.

Mike non poteva essere morto, semplicemente non poteva.

Non poteva avermi lasciata, non dopo avermi promesso che sarebbe rimasto con me per sempre.

Avevo sperato che si trattasse di un incubo, o di uno scherzo di pessimo gusto, ma non era stato così.

Me n'ero resa conto nel momento in cui l'avevano seppellito, quando avvertii un forte dolore al petto che poco c'entrava con le mie ossa rotte. Un dolore del genere non puoi provarlo mentre dormi.

Non sarebbe tornato mai più.

Urlai, piansi, scalciai. Perché lui? Perché non io? Avrei preferito morire io, piuttosto che vedere il mio amore strappato dalle mie braccia. Avrei volentieri scambiato la mia vita con la sua. E invece no. Io ero ancora viva, e lui era morto, ed era peggio della morte stessa.

In un istante mi passarono in mente tutte le risate, i litigi, tutte le volte in cui avevamo fatto la pace. I lunghi silenzi, le ore spese a parlare di niente. E i baci. Gli abbracci. Le notti passate a fare l'amore. Tutti i ti amo. Non ti lascerò mai. Sei l'unico per me. Staremo insieme per sempre.

L'istante dopo, tutto era sparito.

Restava solo il dolore. L'amore. Una promessa.

Ti amerò per sempre. Giurai, a me stessa e a lui. Non ci sarà mai nessun altro. Soltanto tu, amore mio. Soltanto tu.

Quel genere di promessa che è impossibile mantenere, perché l'amore è un sentimento così irrazionale che non puoi controllarlo. E giunge quando meno te lo aspetti, quando non lo vuoi, quando non sei pronta, quando pensi di avercelo già e credi che sia abbastanza, e invece ti ritrovi a stringere niente, tranne quel nuovo amore. E per quanto tu lo respinga, prima o poi sei stanca di combattere  e alla fine ti arrendi. Ma senti comunque di aver vinto, perché come puoi non vincere quando guardi negli occhi di un'altra persona e vedi la tua anima e la sua, insieme, confuse l'una nell'altra e decise a non separarsi mai più? Quegli occhi che incroci una sola volta nella via e allora combatti perché non smettano mai di guardare nei tuoi.

E allora lo senti, lo senti forte, lo senti vivo, lo senti vero dentro di te, quando guardi negli occhi dell'altra persona e ti senti amata di nuovo.

 

Ommioddio (di nuovo). Okay. Aiuto.

Sappiate che sono tipo... Terrorizzata? Di farvi leggere questa storia perchè non è un argomento facile ma ho comunque voluto mettermi alla prova in qualcosa del genere, sperando di non fare troppo casino, e per questo ci terrei ad avere una vostra opinione sulla storia, che sia positiva o negativa (non siate troppo brutali però ç_ç).

A noi Robsten sembra strano ma se Kris è stata tutto quel tempo col Makako è perchè lo amava (orroooooooooore D:), quindi se vi aspettate che cada tra le braccia di Rob non appena lo vede vi sbagliate di grosso u.u cioè, mi sarebbe piaciuto xD ma non andrà così. Però... Però. Però avete capito soprattutto dalla parte finale che ci sarà un PERÒ. Beh ovvio, che storia sarebbe senza Robsten? È tipo il mondo senza la Nutella. Cioè, voi davvero ve lo immaginate un mondo senza la Nutella? Mi sarei già suicidata un milione di anni fa .-.

No okay basta parlare di Nutella o vado a fare un attentato alla mia dispensa, e non posso per due motivi: primo perchè ieri ne ho mangiata abbastanza con Ellipux (no cioè ommioddio ma quant'è figo avere una delle Krisbian più fighe di sempre a 10 minuti da casa tua? hsjfdcvehjvsj no okay basta, ho già sclerato abbastanza lol), secondo perchè non ho Nutella a casa -.-

Stronzate a parte. Spero davvero che la storia vi piaccia e che vi trasmetta le stesse emozioni che ha dato a me scriverla.

Sicuramente non ho detto tutto ma per il momento non mi sembra di dover agguingere altro .-.

Il prossimo capitolo arriverà più o meno la settimana prossima, perchè stasera parto per il mare, quindi giorno più, giorno meno, non avrete da aspettare. In ogni caso, metterò degli spoiler su Facebook per alleviare l'attesa (?). lol

A questo proposito, vi ricordo:

Il mio profilo facebook

Il mio profilo twitter

E il gruppo facebook dove metto spoiler e dove potere farmi domande sulle storie barra rompermi i coglioni quanto volete.

E ne approfitto pure per fare un po' di spam alle mie pagine facebook LOL

La gelosia di Kristen nel vedere il bacio fra Rob e Tay -__-

Kristen fucking Stewart ϟ

Robsten is unbroken.

Vabbbbbbbene, credo che a questo punto sia davvero tutto xD ci sentiamo su facebook così metto uno spoiler del prossimo capitolo, se volete xD

XO Giuls

 

 

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Capitolo 2
*** Alive or just breathing? ***


Si, lo so che non ci credete eppure eccomi qua. Scusate, davvero. Non avrei voluto fare tutto questo ritardo, ma cause di forza maggiore (alias io che mi scordo il quaderno col capitolo al mare *coff*) mi hanno impedito di postare quando avrei voluto ç_ç Perdonatemi vi prego u.u

Comunque, detto questo. Ma... siete sicuri? Cioè, non è che magari avete lasciato le recensioni convinti che fossero per un'altra storia? No, perchè a parte che non me ne aspettavo così tante, e poi ciò che avete scritto... Le avrò rilette tutte almeno tre volte, e ogni volta mi sono commossa. Avete avuto delle parole meravigliose per me, che davvero non penso di meritare. In ogni caso, vi giuro che farò di tutto per essere all'altezza delle vostre aspettative perchè, ripeto, tengo moltissimo a questa storia e il fatto che vi piaccia mi fa congolare che manco ve lo immaginate. LOL

AHAHAHAHAHAHAH okay, basta parlare, vi lascio al capitolo che tra l'altro è pure un po' deprimente xD ma porella, ha appena perso il suo ragazzo, concediamole almeno un capitolo di disperazione U_U

Vabbè, ciao. Buona lettura :)

Ah, e vipregovipregoviprego non ridete mentre leggete la prima parte del capitolo. Cioè io al solo pensiero muoio dalle risate ma non avevo idea di come renderlo diversamente e... Boh, niente, voi non ridete e basta u.u

 

She will be loved

 

Alive or just breathing?

 

Il finestrino abbassato. L'aria fresca sul volto in quella serata calda e afosa. Il mio sorriso, rivolto al cielo, a Mike, alle nostre mani intrecciate. La sua risata. La mia risata. Parlavamo, scherzavamo, ma non sentivo le nostre voci. Perché non le sentivo? Eppure ne ero sicura. Ci vedevo, eravamo proprio lì, di fronte ai miei occhi. Le nostre labbra si muovevano. Io risi di gusto ad una sua battuta, ma non mi sentivo divertita. Era più come se fossi una spettatrice. Era più come se fossi in un sogno.

Improvvisamente due fari mi accecarono gli occhi. Osservai attentamente la mia espressione e la sua mutare, in un misto di consapevolezza e terrore, mentre quei fari diventavano sempre più grandi, sempre più luminosi.

Gridai. Spostatevi. Maledizione, spostatevi. Ma non riuscivano a sentirmi.

E mentre le luci dei fari promettevano tutto l'orrore di cui erano capaci, fu allora che capii. Non si sarebbero spostati. Non ci saremmo spostati. Perché quelli non eravamo noi, Kristen e Micheal non esistevano più. Quello era solo un sogno, e sapevo esattamente come si sarebbe concluso.

Così iniziai a pregare. Svegliati. Ti prego, ti scongiuro, svegliati. Svegliati.

Ma non mi svegliavo. Ero costretta a rivivere tutto ancora e ancora. Non riuscivo mai a svegliarmi. A dir la verità, era come se non mi fossi mai svegliata, come se si ripetesse tutto nella mia mente milioni di volte senza che potessi farci nulla.

Osserva in silenzio, piangendo lacrime che nessuno avrebbe asciugato, mentre guardavo la fine di Mike, la mia fine, finché tutto non si fece buio.

I fari scomparvero, al loro posto una luce fioca, così tanto che credetti di immaginarla. Ma la luce si faceva sempre più intensa. Non sapevo cosa avrei trovato dopo la luce. Volevo restare lì, al buio. Il buio era confortevole, al buio sapevo che ci sarebbe stato solo il buio. Solo il dolore. Solo la sofferenza. Non era una bella prospettiva, ma almeno non avrei ricevuto sorprese.

Non sapevo cosa avrei trovato dopo la luce, eppure la seguii. Era intensa, troppo. Come quella dei fari, ma era diversa. Mi spaventava, ma non allo stesso modo.

Strinsi gli occhi quando la luce mi circondò completamente, impedendomi di vedere. Vedere cosa? Non c'era nulla da vedere. Se prima c'era solo il buio, ora c'era solo la luce. Il bianco.

Tremai. Volevo tornare al buio. Non mi piaceva, lì. Era tutto troppo bianco, E dopo il bianco, ancora bianco. E dopo la luce, ancora luce.

Non c'era luce, per me. Eravamo morti. Lo avevo visto. Avevo visto l'auto che si schiantava contro di noi, rubando tutto ciò che avevamo. Tutti i nostri sogni, le nostre speranze, i progetti. Tutto era svanito, come il buio. In mezzo a tutta quella luce non riuscivo a vedere nulla, nemmeno me stessa. Avevo perso il mio corpo, non lo sentivo più. Non sentivo altro che dolore. Ma se ancora soffrivo, allora dov'era il buio? E io? Dov'ero io? E Mike?

Tutto era svanito.

Per favore, ridatemi Mike. Rinuncerò a me stessa, ma a lui no. Ridatemelo, vi prego.

Ma lui non tornava. Nulla tornava, niente si muoveva. Era insopportabile. Mi agitai. Strinsi gli occhi ancora più forte, magari il bianco se ne sarebbe andato. Ma non se ne andava.

Tutto restò uguale per un tempo infinito, finché non sentii delle voci. Le conoscevo? Non ne ero sicura, ma non importava. Mi aggrappai a quelle voci per fuggire da tutto quel bianco. Magari mi avrebbero riportata da Mike. Quelle voci... Che si facevano sempre più nitide nella mia mente, e io facevo di tutto per non perderle.

Continuavo a tenere gli occhi sbarrati, ma non ce la facevo più. Combattevo per non aprirli, ma fui vinta dal bianco che mi circondava e aprii finalmente gli occhi.

Fu strano, come rientrare nella propria pelle dopo un'esperienza extracorporea. Era stato improvviso, ma allo stesso modo dovevo abituarmi, come se non mi sentissi ancora me stessa. Come svegliarsi da un incubo... E trovarsi dentro un'altro. Sapevo che l'incubo non era finito. Per me, doveva ancora iniziare.

Misi a fuoco e riconobbi il volto di mia madre segnato dalla stanchezza. I capelli erano in disordine, e aveva il volto scavato, come se non mangiasse o dormisse da chissà quanto.

Ma non importava. Tutto scomparve quando i miei occhi incrociarono i suoi. Non avevo mai visto degli occhi così vivi. Felici non bastava a descriverli, non gli rendevano giustizia. Ma se stava così allora forse non avevo capito niente. Forse Mike non erra stato inghiottito dall'oscurità, forse ce l'aveva fatta.

"Bambina mia. Bambina mia. Stai bene, grazie a Dio sei sveglia. Stai bene."

Io stavo bene. Non ne ero del tutto certa.

Mia madre continuava a ripetere frasi sconnesse e senza senso, a piangere, a sorridere, ma io avevo bisogno di sapere. Non mi importava di me. Dov'era Mike? Perché non era con lei?

Provai a parlare ma avevo la gola troppo secca. Lei capì e dopo aver asciugato il suo viso mi avvicinò alle labbra un bicchiere colmo d'acqua. Provai a deglutire, ma la gola bruciava.

Ignorai il dolore.

"Mamma...", biascicai.

"Oh, si amore mio. Sono qui. Non ti preoccupare, andrà tutto bene. Chiamo un medico, si occuperanno di te. Starai bene, vedrai."

Scossi la testa, o almeno ci provai. Non era ciò che intendevo.

"Mi.. Mike... Dov'è Mike..."

Le mie parole si persero nell'aria, ma capii che aveva capito. E capii anche che non avevo capito niente. Mi aveva mentito. Non sarebbe andato tutto bene, io non sarei stata bene.

Non avevo bisogno di altre conferme, l'ombra che si posò sul suo viso fu più che sufficiente, ma parlò comunque,

"Non ce l'ha fatta."

Avevo chiesto il buio ed ero stata accontentata. In un secondo l'oscurità calò su di me.

Mike era morto. Era davvero la fine.

**********

I giorni successivi al mio risveglio furono tutti uguali e tutti diversi.

Ero stata in coma per due giorni. Lo venni a sapere quando  fui abbastanza lucida quantomeno da capire ciò che mi succedeva intorno, dopo essermi risvegliata la seconda volta, quando mi avevano dovuto sedare per calmarmi. Probabilmente non volevano darmi notizie scioccanti tutte insieme. Ma il fatto di essere stata in come non mi aveva scioccata. Sapevo di essere rimasta incosciente per un po'. Volevo solo che durasse più di quel che è durato effettivamente. Per sempre mi sarebbe andato più che bene.

In compenso era tornata l'oscurità, il buio. Ma era tutto nella mia testa.

Non sopportavo l'idea di dover rimanere in ospedale troppo a lungo, così non appena stetti meglio firmammo i moduli e tornai a casa mia.

Ma casa era piena di colori. Non li volevo, mi ricordavano troppo ciò che avevo perso... Tutta la mia vita. Stridevano col mio reale stato d'animo e mi facevano stare anche peggio. Mi dicevano "Ehi, c'è un mondo intero lì fuori, fuori della tua finestra. C'è una vita intera. Che aspetti a viverla?"

Mike. Aspettavo Mike.

Anche mia madre me lo diceva sempre. Non a parole, no. Ma i suoi occhi... Quegli stessi occhi così pieni di vita al momento del mio risveglio mi imploravano di aprire uno spiraglio a quel mondo che stava fuori della mia finestra. E vedevo la vita scorrere via anche da lei, man mano che il tempo passava e io mi sentivo sempre più morta.

Come mi sentivo morta quando gli avevo detto addio.

Avevano aspettato a fare il suo funerale. Non so chi prese la decisione. Forse sua madre, che non era ancora pronta a salutare suo figlio; forse la mia, come a sperare che mi sarei svegliata presto per potergli dire addio. Mi ero svegliata, ma non potevo comunque. Non ero pronta. Nessuno lo era.

Ascoltai le parole di parenti, amici, perfino un paio di colleghi di lavoro. Avevano tutti parole così belle per lui. Ma erano così tristi. Come se fosse la loro ultima possibilità.

Tutti si facevano avanti mentre io restavo seduta sulla mia sedia a rotelle alla quale ero costretta per il momento. Respiravo a fatica, guardavo il braccialetto d'argento che mi aveva regalato per i miei sedici anni, ascoltavo.

Quando tutti smisero di parlare, strinsi il bracciale tra le dita come se fosse la sua mano.

"Kristen?"

Riconobbi il mio nome e alzai lievemente il capo per guardare dritto negli occhi del prete, che mi guardava con sguardo compassionevole.

Non risposi. Non rispondevo più a nessuno da quando mi ero svegliata.

"Vuoi dire qualcosa? Dare il tuo ultimo saluto a Micheal?"

Un conato di vomito mi bloccò il respiro per un secondo. Quello non sarebbe stato il mio ultimo saluto.

Scossi il capo iniziando a tremare.

"No.. No.. No, no. No.."

Erano le prime parole che pronunciavo da giorni.

"Non voglio. Non posso, non è un addio... Non... Noi ci amiamo. Lui tornerà da me, tornerà..."

Provai ad alzarmi ma sentii una fitta lancinante alle costole, che ignorai. Non era nulla a confronto della fitta che avevo al petto, e poco aveva a che fare con le mie ossa rotte.

Una presa decisa ma delicata allo stesso tempo mi impedì di farmi male alzandomi dalla mia sedia a rotelle.

Mio fratello si chinò e mi abbracciò con dolcezza, attento a non ferirmi, carezzandomi lievemente il capo, mentre avvertivo intorno a noi la presenza del resto della mia famiglia.

"Shh, basta. Kris, basta. È finita. Non puoi fare nulla."

Una parte di me se ne rendeva conto, ma tutto il resto semplicemente non era pronto ad accettarlo.

Mi appoggiai alla spalla di Cam e piansi.

Piansi mentre tornavamo a casa. Piansi quando andai a dormire e sognai dei suoi occhi prima che si chiudessero per sempre. Piansi quando mi svegliai e rivissi tutto nella mia testa.

Piansi, finché ormai non mi restavano più lacrime da versare.

Ma il mio cuore... Quello avrebbe continuato finché avessi avuto sangue da pompare.

Ogni battito era una pugnalata, ognuno in più del mio cuore era uno in meno del cuore di Mike.

**********

Non puoi continuare così.

Devi andare avanti.

Devi dimenticarlo.

Lui non vorrebbe questo.

Quante volte avevo già sentito quelle parole? Centinaia, migliaia di volte. Le detestavo.

Cosa ne sapeva la gente di quello che avrebbe voluto? Come si permetteva di dirmi come avrei dovuto sentirmi? Non ero un robot, non funzionavo a comando. Non potevo mettere in stand-by il cuore anche se mi sarebbe piaciuto. Non sentire niente. Sarebbe stato meraviglioso. Mille volte meglio che sentire tutto quel dolore.

Tutto ciò che volevo era riavere Mike indietro. Sarebbe stato l'unica cosa in grado di scacciare via il male che avevo nel petto, ma sapevo che non sarebbe mai successo.

A volte invece accadeva che davvero non sentivo nulla. Vuoto totale. E invece avrei voluto sentire, sentire qualunque cosa. Non c'era spazio per niente nel mio cuore. Spesso mi sembrava di non avercelo nemmeno più, un cuore, sepolto sotto lo strato di corazza che lo avvolgeva, proteggendolo da altro dolore. Quello per Mike era più che sufficiente.

Qualcuno bussò alla mia porta.

Non diedi alcun consenso, ma evidentemente quel qualcuno aveva interpretato il mio silenzio come un invito ad entrare.

"Kristen, tesoro? Vieni a mangiare?"

"Si, arrivo", sospirai.

A dirla tutta, non avevo affatto fame. Ma avevo già saltato il pranzo con la scusa di aver fatto un'abbondante colazione, che in realtà consisteva in mezzo pacchetto di cracker al riso soffiato. Non potevo saltare anche la cena.

Mi alzai e camminai svogliata verso la cucina. La sedia a rotelle era fortunatamente ormai un lontano ricordo, e tutte le mie ferite, o almeno quelle visibili, erano guarite.

Mi misi a tavola senza dire nulla e presi a giocare col cibo nel piatto.

La sola vista di quei maccheroni mi dava allo stomaco, ma tentai un boccone per far contenti i miei.

Indossavo sempre vestiti un po' larghi, e con tutto il peso che avevo perso Taylor una volta aveva scherzato dicendo che di quel passo sarei scomparsa dentro la mia felpa. Sapevo però che la sua era solo una battuta, sapevo che erano realmente preoccupati per me.

Imboccai un'altra forchettata, e poi un'altra e un'altra ancora. Erano senza sapore ma mi riempirono lo stomaco. Non sarei riuscita a mangiare anche il polpettone che aveva preparato.

Restai comunque a tavola a far loro compagnia anche se non parlai molto.

Nemmeno loro erano così loquaci da un po', temevano sempre di dire qualcosa di sbagliato.

"Kris, allora?"

"Come?", chiesi confusa sentendo il mio nome farfugliato. Sorrisero come a dire non importa, poi Dana proseguì.

"Stiamo uscendo. Vuoi venire anche tu?"

Sbattei le palpebre. La tavola era già sparecchiata e loro erano pronti per uscire. Beh, lo erano già da prima in realtà, ma ci facevo caso davvero solo in quel momento.

"Io..."

"Dai, vieni. Ti farà bene uscire un po'"

Mi morsi un labbro, non del tutto certa delle loro parole.

"Non mi va", bisbigliai.

Non mi va era più o meno la mia risposta fissa per tutto.

I loro sguardi tristi e delusi mi attraversarono. Quanto avrei voluto che non mi toccassero davvero. Ma non era così. Dio, non era già abbastanza quello che provavo? Perché dovevo sentirmi anche peggio quando facevo solo quello che mi andava di fare - niente? Perché gli volevo bene, e loro ne volevano a me. Ecco perché ci provavano ogni volta, nonostante la risposta fosse sempre la stessa, non mi va.

Avevo perso parecchio. Molti dei miei amici dopo un po' si erano stufati di aspettare che guarissi e avevano smesso di telefonare per sapere come stessi. Io non li avevo mai richiamati. Certo, quella era la mia famiglia, ma il modo in cui si preoccupavano per me mi commuoveva ogni volta, come se ci fosse ancora qualcosa in me che valesse la pena.

E immaginai che se non mi aveva ancora ucciso l'incidente, con tutte le sue conseguenze, una serata fuori accompagnata da un gelato non lo avrebbe fatto di certo.

"Okay, come vuoi. Vuoi che rimanga qualcuno con te?"

Stavo torturando il mio povero labbro mentre rispondevo "No, io... Vengo con voi."

Lo sguardo di mia madre e mio padre si illuminò.

"Davvero?", chiesero, e potevo vedere uno stralcio di quella vita che scorreva nei loro occhi quando avevano saputo che sarei stata bene, prima di scoprire che in realtà il peggio che potesse capitarmi era ancora iniziato.

Annuii debolmente.

"Datemi solo il tempo di andare a mettere qualcosa."

Salii le scale senza troppo entusiasmo, mentre infilavo un paio di jeans e delle scarpe da ginnastica, ripetendomi che lo facevo per loro, soltanto per loro, e che avrei dovuto sforzarmi un po', visti tutti gli sforzi che facevano per me.

"Eccomi."

Ricambiai debolmente il loro sorriso.

Erano così felici, nonostante un'uscita non fosse questa gran cosa. Perché non potevo esserlo di nuovo anche io? Un tempo riuscivo a trovare la felicità anche in un gelato, ora non ricordavo nemmeno cosa si provasse ad esserlo.

Camminavamo per le strade di Los Angeles lentamente, parlando un po'. Arrivammo alla solita gelateria, dove il proprietario mi salutò per nome.

"Kristen! Era un po' che non ti si vedeva da queste parti. Il solito?"

Annuii ringraziando mentre mi porgeva il mio gelato, fragola e nocciola.

Lo conoscevo, più o meno. Da bambini andavamo sempre in quella gelateria, e poi ci fermavamo a giocare al parco lì di fronte per delle ore. La tradizione è andata avanti per un po', e spesso ci tornavamo a fare una passeggiata, a chiacchierare, a respirare la vita dell'uomo che stava dietro al bancone e trovava la forza di sorridere nonostante gli fosse stata portata via la moglie da una malattia, la vita di tutte le persone che passavano di lì.

Eppure non riuscivo più a sentirmi così.

Mi portava sempre bei ricordi passare del tempo lì, anche solo per pensare. Invece da un po' gli unici ricordi che la mia mente riusciva ad evocare erano tristi, brutti, e sempre gli stessi. Ovunque.

"Ricordo che da bambina passavi giornate intere qui. Ci venivi sempre, ti fermavi a chiacchierare col proprietario del bar, prendevi il tuo gelato. Eri così spensierata. Eri così... Viva."

Sussultai alle parole di mia madre.

Eravamo usciti per andare a sederci su una panchina poco lontano.

Lei si era seduta accanto a me, aveva il suo cono in mano ma lo stava lasciando squagliare, persa nei ricordi, proprio come me. Allora non ero l'unica ad averci pensato.

"So che lo hai fatto per noi", continuò. "Ma devi capire... Che non devi farlo. Non se non è per te stessa. Non devi uscire solo perché fa piacere a noi, ma perché ti fa bene. Respirare un po' di aria pulita... Magari aiuta a scacciare i brutti pensieri."

Scossi le spalle. Nemmeno io stavo più mangiando il mio cono. Ascoltavo le sue parole, riflettendo sul loro peso.

"Sono sempre lì, mamma. Sempre. Non basta una passeggiata e di colpo svanisce tutto."

"Lo so. Ma non puoi nemmeno continuare in questo modo, sai? Tu non... Non sei più tu. È come se fossi morta in quell'incidente, come se non ti fossi mai davvero svegliata."

Strinsi un pugno e iniziai a muovere il ginocchio, in una sorta di tic. Ero a disagio, non sapevo come rispondere per cui scelsi di restare in silenzio. E cosa avrei potuto dirle?

"Mi dispiace" fu tutto quello che riuscii a sussurrare.

Lei sospirò. Capì che andando avanti con quel discorso non sarebbe arrivata da nessuna parte.

"Lo so. Anche a me."

La sua voce era leggermente incrinata, e capii che quella di prima era solo una facciata. Come potevo sperare di farli contenti uscendo una sera se era come se non fossi lì con loro? Non gli bastava, eppure era tutto ciò che ero in grado di offrire loro.

Tornammo a casa poco dopo.

Io corsi subito in camera mia, senza dar loro il tempo di dir nulla. Non che ce ne fosse il bisogno. Sapevano che in fondo non è stato un grande passo in avanti. Me ne ero restata per conto mio tutto il tempo.

Quella sera, però, avevo un motivo diverso. Non ero riuscita a togliermi dalla testa le parole di mia madre.

È come se fossi morta in quell'incidente, come se non ti fossi mai davvero svegliata.

Riuscivo a rendermi conto quanto avesse dannatamente ragione.

Io stessa lo pensavo sempre.

A volte mi trovavo, stupidamente, a chiedermi se fossi davvero io, se non mi trovassi in un universo parallelo o qualcosa del genere. Magari ero ancora in coma e non lo sapevo. Non che facesse molta differenza.

Avevo i ricordi confusi. È stato come svegliarsi da un grande incubo, ma non ricordare cosa fosse successo, cosa mi aveva davvero spaventata. Ricordavo però il senso di smarrimento, la paura, il vuoto che nulla riusciva a colmare. Il buio dentro e la luce fuori. Mi circondava ma dentro era sempre e comunque solo buio, non mi scalfiva nemmeno. Riusciva a mettermi solo una gran paura. Come il mondo. Come la vita che prima davo così per scontato e ora invece non riuscivo nemmeno a pensarla.

No, effettivamente non era poi tanto diverso da quel limbo.

 

 

 

Okay, come avrete capito (spero .-.) Kristen è rimasta in coma per un paio di giorni, nulla di grave. Non ho approfondito l'argomento perchè so che avrei finito con lo scrivere una marea di stronzate per cui è tutto molto accennato. Il periodo del "durante" però l'ho voluto scrivere e mi sa che facevo meglio a farmi gli affari miei perchè, come vi ho detto, tutto quel "vedo una luce" mi fa ridere troppo LOL spero che voi siate un minimo più normali di me e cogliate la vena drammatica della scena xD a meno che non sono proprio io a essere un'incapace, cosa probabile.

Tranquille, comunque, che già dal prossimo capitolo le cose si movimenteranno un po' :)

Comunqueeeeeeee niente, grazie ancora davvero per le recensioni, le seguite, preferite eccetera. Mi fate un monte felice ç_ç

Vabbè, io non penso di avere altro da dire, a parte che ovviamente se volete lasciare una recensione e dirmi che pensate del capitolo non vi morde nessuno u.u

E poi vi ricordo:

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Il gruppo facebook, per spoiler, o per chiedermi quello che vi pare, o anche solo per rompermi xD (io fossi in voi non mi perderei lo spoiler del prossimo capitolo u.u)

Ciao a tutti!

XOXO Giuls

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Capitolo 3
*** Little steps ***


Occhei. So che avevo detto che avrei postato ieri, ma solo un'idiota come me poteva pensare di riuscire a postare qualcosa il giorno del suo compleanno -_- AHAHAHHAHA a un certo punto sono uscita e niente, addio capitolo -_- Ma è comunque passata meno di una settimana so...

Niente, vi adoro un casino per tutto il supporto che mi state dando, siete fantastiche. E sono lieta di constatare che nell'ultimo capitolo ho riso solo io. AHAHAHAHAAH. Tutto quel discorso del "vedo una luce"... Boh, temevo l'avreste trovato ridicolo ma per fortuna avete colto l'aspetto drammatico :D

Okay, questo capitolo è molto.. Ricco? Non esattamente, ma dal titolo del capitolo e dallo spoiler avrete notato che succederà qualcosa di tanto carino :') Vabbè, voi leggete, ne riparliamo dopo LOL

P.s. non mi ammazzate alla fine, plis.

 

 

She will be loved

Little steps


Avevo ripensato alle parole di mia madre tutti i giorni, da quella sera in cui eravamo andate a mangiare il gelato fuori, e ancora non riuscivo a farmene una ragione.

Eri viva.

E ora? Cos'ero ora? Viva non di certo. Mi ponevo quella domanda senza riuscire a trovare una risposta che mi soddisfacesse, perché in realtà non c'era alcuna risposta. Non ero più niente.

"Oh, ma non è possibile!"

Dana guardava corrucciato le carte sul tavolo della cucina, alternando sguardi omicidi a Taylor che aveva vinto un'altra partita.

"Sta' zitto, Dana. Non sai perdere."

"Sei tu che bari! Kris, diglielo anche tu."

Mi morsi un labbro buttando giù le mie carte e alzando le mani al cielo.

"Non mettetemi in mezzo ai vostri giochetti. Non ne voglio sapere nulla."

"Ma, Kris... Tu dovresti difendere il tuo fratello preferito, non schierarti dalla parte del nemico."
"Non mi schiero da nessuna parte, io", risposi regalando loro un sorriso. Sapevo di doverglielo.

"Certo, certo.", borbottò lui mentre io mi alzavo dal tavolo della cucina.

Cam mi intercettò e mi lanciò un'occhiata significativa, a cui risposi con un altro sorriso.

Lui sembrò tranquillo. Tutti lo erano. Non facevo altro che sorridere, ancora e ancora. Era diventato un gesto automatico, ormai.

Eri viva.

Le sue parole ancora bruciavano dentro di me, e facevo di tutto per spegnere quel fuoco che mi scottava da sotto la pelle. Facevo di tutto per essere viva, anche sorridere quando non ne avevo affatto voglia, ma era inutile. Non cambiava nulla, anzi stavo anche peggio perché cercavo di tornare quella di sempre, quella che era felice anche solo di fronte a un cono gelato comprato al bar di fronte al parchetto dove andavo sempre da bambina.

Era piuttosto frustrante.

Andai nella mia stanza, il mio rifugio a tutto ormai, e mi sedetti sul cassettone che dava sulla finestra. Mi raggomitolai su me stessa, posai il mento sulle ginocchia e mi misi a guardare fuori.

Il sole picchiava forte sull'asfalto. Tre bambini giocavano con la palla, una donna dava da mangiare a sua figlia nel passeggino una coppetta di gelato che non sarebbe durata a lungo con tutto quel caldo. C'era un uomo in fondo alla strada che litigava col suo cane che non ne voleva sapere di muoversi. Più avanti, una donna accanto al suo compagno, entrambi con le mani posate sul pancione di lei, come a cullare quella nuova vita, come a proteggerla. Il mondo là fuori è così pieno di dolore, di male, ma nulla sembrava così cattivo nel sorriso di quella coppia, nei loro occhi luminosi, che già vedevano oltre mentre quella nuova vita cresceva lentamente. Vite che crescono, vite che cambiano, vite che vanno avanti.

Lo sapevo, che la vita avrebbe continuato, ma non prendevo nemmeno in considerazione l'eventualità che sarebbe successo anche con la mia. Ogni notte sognavo dell'incidente, ogni giorno lo rivivevo nei miei ricordi.

Ero come sospesa.

Non volevo più vivere in funzione di quella notte. Non volevo eppure... Eppure mi avvicinai comunque al mio cassetto per cacciare fuori quelle maledette foto che non riuscivo a guardare e riguardare. Fu un'altra, però, a catturare la mia attenzione.

Risaliva a poche settimane fa. Risaliva al 9 Aprile.

Il giorno del mio compleanno, iniziato come un qualunque altro giorno.

Mi ero svegliata ed ero andata in cucina per fare colazione senza dare una ragione al nervosismo della mia famiglia. Finché non mi avevano fatto dei timidi auguri a cui risposi con uno sguardo sconcertato.

"Tanti auguri, Kristen."

"Auguri, tesoro."

"Ti stai facendo vecchia anche tu, eh?"

Io li guardavo senza capire.

"Oggi... Oggi è..."

"...il 9 Aprile, il tuo compleanno. Come hai fatto a scordarti?", concluse Dana al posto mio.

Già. Come avevo fatto? Semplicemente non ci avevo pensato. Onestamente festeggiare il mio compleanno era l'ultima cosa che volevo fare.

"Quindi... Scegli tu cosa fare. Andare in pizzeria, andare al cinema. O una passeggiata? Magari..."

"Niente", avevo risposto scuotendo la testa. "Non mi va di fare niente."

Mi sedetti sul bancone come se nulla fosse, li ignorai per tutti il giorno anche se non se lo meritavano e loro ignoravano me, forse feriti dal tono freddo che avevo usato. O forse avevano capito che davvero non volevo fare nulla, se non passare quel giorno come se nulla fosse.

"Noi... Abbiamo una torta.", furono le prime parole che sentii dirette a me. "Ma se non vuoi... Insomma, abbiamo pensato che volessi spegnere le candeline, mangiare un pezzo di torta. Però diccelo se non ti va. Non vogliamo costringerti a fare nulla."

Il tono di mia madre, speranzoso e triste allo stesso tempo, mi aveva fatta vacillare.

No, non era per niente giusto il modo in cui li trattavo. Tutto ciò che facevano lo facevano per me, e io li ripagavo con niente.

Sentii il peso del mio comportamento nei loro confronti sulle spalle, come se tutto il resto non fosse sufficiente, e mi arresi.

Non so se lo feci per loro, o semplicemente per diminuire il senso di colpa. Forse entrambe le cose.

"No... Okay."

"Davvero?"

"Mh-mh. Mi dispiace per prima."

Lei scosse la testa.

"Dispiace a me. Non avremmo dovuto fare nulla senza prima dirtelo."

Accennai un sorriso, come a dire non importa, è passato.

Andammo in cucina, dove spensero le luci, anche se era inutile dato che era ancora pomeriggio e il sole filtrava dalle finestre. Insistettero per cantare "Tanti auguri a te" e io non dissi nulla, anche se alzai mentalmente gli occhi al cielo.

Aspettai che finissero la canzone e feci per soffiare, quando una voce mi aveva fermata.

"Ricordati di esprimere un desiderio."

Non ricordavo nemmeno chi avesse parlato. Ricordavo solo la sensazione di disagio che avevo sentito improvvisamente, la gola secca.

Tutto ciò che desideravo era riavere Micheal. Avevo annuito, e avevo immaginato il nostro sorriso felice prima che finisse tutto.

E ora, in piedi nel mezzo della mia stanza, con l'ennesima maledetta foto in mano, capii.

Non potevo vivere ancora in funzione di quella notte.

Ero cambiata quel giorno, la mia vita era cambiata, era andata avanti. Continuava ad andare avanti e io invece ero rimasta indietro di mesi.

In quel momento qualcuno bussò alla mia porta. Sapevo che fosse mia madre ancora prima che aprisse.

"Ehi.. Tesoro", disse avvicinandosi accanto a me. "Perché piangi?"

Parlava col tono di una che sapeva esattamente la risposta alla sua domanda.

Piangevo? Mi portai una mano sul viso. Sì, stavo piangendo. Ma non per il motivo che credeva lei, non perché avevo perso Mike. Era perché solo in quel momento avevo realizzato che non potevo desiderare di averlo accanto, perché il desiderio non si sarebbe mai realizzato.

"Kristen" supplicò. Il suo tono addolorato però non mi raggiunse. "Sai che mi uccide vederti così, vero?"

Sussultai a quelle parole, consapevole che non fossero affatto casuali.

"Capisco come ti senti. Siamo tutti addolorati, ma non puoi andare avanti così. Devi cercare di rifarti una vita, tesoro. Non puoi lasciarti morire in questo modo."

Di nuovo la scelta delle parole era tutt'altro che casuale.

Avevo già subito una perdita. In quel modo stavo perdendo anche tutto il resto. I miei amici non c'erano più, e stavo allontanando la mia famiglia ogni giorno che passava. Peggio: stavo perdendo me stessa. Mi ero già persa in mezzo a tutto quel dolore, e se avessi continuato non mi sarei più potuta ritrovare. Era questo il senso? Cercava di dirmi questo? Ma come avrei potuto ritrovare me stessa se la parte più bella di me l'avevo persa?

"Si che posso" dissi, arrabbiata e tanto, tanto triste. "Io lo amo, mamma. Non posso vivere senza di lui, non voglio. Io.."

Fui costretta a bloccarmi quando un singhiozzo spezzò le mie parole. Non mi ero accorta di aver iniziato a piangere.

Lei mi strinse in un abbraccio in cui mi rifugiai bisognosa.

"Tesoro mio" sussurrò baciandomi il capo.

"Voglio solo stare bene" cantilenai. "Voglio stare bene. Solo stare bene."

Mi aggrappai a lei come se fosse l'ultima cosa che mi restava, e forse era proprio così. Non avevo null'altro che la mia famiglia. Era sempre lì, sempre per me, e io non facevo mai nulla per dimostrar loro quanto gli fossi grata.

Mi cullò per un tempo indefinito. Aspettò con pazienza che versassi fino all'ultima delle mie lacrime e, quando fu certa che la mia crisi - l'ultima di una lista lunghissima - era terminata, riprese a parlare.

"Quando finirà, mamma? Quando? Io non voglio più soffrire. Non ce la faccio più."

Lei sospirò.

"Hai bisogno di riprendere in mano la tua vita, amore. Ricominciare a piccoli passi."

"Non so se posso... Non so se ci riesco."

Tutto quel non potevo più vivere in funzione di quella notte era scomparso improvvisamente. La realtà mi era piombata addosso quando mia madre aveva parlato di ricominciare, e la realtà era che non avevo assolutamente la forza o il coraggio di farlo.

Sapevo però che dovevo. Non avevo idea di come,  ma dovevo farlo.

**********

La risposta alla mia domanda era arrivata inattesa e non voluta solo pochi giorni dopo la chiacchierata a cuore aperto che avevo avuto con mia madre.

Non avevo idea di come le era venuto in mente. Che diavolo le passava per la testa? Lei parlava di ricominciare a piccoli passi e mi si presenta con la proposta di fare un passo che di piccolo non aveva un bel niente. Era questo che ottenevo a cercare di fare la persona normale, grata per ciò che facevano per me e più sorridente del solito?

Avevo sorriso, in quei giorni. Molto. Non erano dei sorrisi spontanei e sinceri, erano più automatici, ma ci stavo provando davvero. Volevo trovare una ragione per sorridere senza pensarci, come facevo prima, e immaginai che a forza di provare avrei trovato finalmente quella ragione. Non avevo idea che mi avrebbe portato a un nuovo lavoro.

"Ho parlato con Ruth", disse quel giorno, come se nulla fosse. "Ti abbiamo trovato un lavoro."

Alzai subito lo sguardo verso il suo, sorpresa della piega che stava prendendo la conversazione.

"Non sei costretta ad accettare, se non vuoi, se pensi sia troppo presto. Ma se vuoi davvero ricominciare..."

Io la guardavo a bocca aperta, quando finalmente capii. Stava parlando di un nuovo film.

"Come hai potuto?" l'aggredii con più rabbia di quanta intendessi "Senza dirmi niente! Io non voglio un lavoro! E se è questa la tua idea per farmi andare avanti, beh ti sbagli. È così che l'ho conosciuto. Come pretendi che stia su un set senza avercelo costantemente in testa?"

"Tu ami il tuo lavoro, Kristen" disse dolcemente, per nulla offesa dalla mia piccola sfuriata. "Sarà difficile, ma più difficile di così? Ti terrai impegnata, per lo meno. Non pensare che stare qui a guardare le vostre foto sia il modo migliore di andare avanti."

"Sto andando avanti. Mi hai vista negli ultimi giorni, no?"

"Ti ho vista, si. Ti ho vista e vedevo tutto ciò che non volevo vedere. Io rivoglio la vecchia Kristen, non una semplice ombra."
Abbassai lo sguardo, sconsolata. Non ero riuscita ad ingannare proprio nessuno.

Non avrei mai potuto andare davvero avanti, in fondo lo sapevo. Che mi tenessi impegnata sul set o meno. Tornare a fare il lavoro che mi piaceva non voleva dire niente, perché già pensavo a lui tutto il giorno. La verità è che lo vedevo ovunque, sempre. Tutto mi ricordava di lui.

"Ci riuscirai, tesoro mio.", disse rispondendo alla mia domanda silenziosa. "Adesso forse ti sembrerà impossibile, ma vedrai che presto sarai pronta a ricominciare." Scossi la testa tappandomi le orecchie. Mi rifiutavo di ascoltarla. Mi rifiutavo di immaginarmi insieme a qualcuno che non fosse lui. Anche la sola idea era... Impossibile.

Mia madre sospirò.

"Si comincia con piccoli passi, tesoro. Però devi trovare la volontà dentro di te."

Mi accarezzò la guancia portando via una lacrima che non ero riuscita a trattenere. Mi strinse ancora in un forte abbraccio che ricambiai con tutta me stessa.

"Promettimi che almeno ci penserai."

Annuii, sapendo di doverglielo.

Mi lasciò da sola e io buttai la testa sul cuscino. Sul soffitto c'era una macchia leggermente più chiara rispetto al resto dell'intonaco. Era così perché si era formata una piccola crepa che avevamo ricoperto un po' di tempo fa. La macchia era quasi impercettibile, chi non lo sapeva non se ne sarebbe mai accorto.

Pensai alla crepa che aveva il mio cuore. Chissà, magari un giorno qualcuno avrebbe rimarginato le mie ferite, come aveva lasciato intuire mia madre. Era come con l'intonaco, però. Forse dopo un po' gli altri non l'avrebbero più vista, ma io sapevo che c'era. La sentivo in ogni cellula del mio corpo.

Scossi la testa. L'intero pensiero era ridicolo. Poteva funzionare con una piccola crepa, ma uno squarcio così profondo non sarebbe mai guarito. Nessuno l'avrebbe mai rimarginato. Non mi sarei mai più innamorata di nessuno.

Ma mia madre aveva ragione. Amavo il mio lavoro. Non ci avevo più pensato da quando Mike era morto, ma ora che me ne aveva parlato sentivo quanto mi mancava quella parte di me. E stare sul set o meno non mi portava a pensare in modo diverso a lui. Era comunque sempre nella mia testa, sempre nel mio cuore spezzato.

Magari sarebbe andata meglio. ;Magari entrare in un nuovo personaggio mi avrebbe permesso di staccare un po' la spina con la mia vita.

Portai le mani tra i capelli, chiedendomi se accettare fosse la cosa giusta da fare.

Si comincia con piccoli passi.

Riprendere a lavorare era più di un piccolo passo, ma aveva sempre rappresentato una parte fondamentale di me.

Abbassai lo sguardo e notai il libro che aveva prima mia madre in mano. Lo guardai meglio e capii che non era un libro qualunque, era un copione.

Lo presi in mano, attirata dal titolo, e iniziai a sfogliarlo.

Twilight.

Più andavo avanti con la lettura, più mi sembrava buono.

Non aveva niente dei progetti che avevo portato a termine fino  a quel momento. Era la storia d'amore tra un'umana e un vampiro, nulla di cui avessi mai sentito prima. Magari cambiare era ciò di cui avevo bisogno.

Mi chiesi se sarei mai stata in grado di interpretare una ragazza così follemente innamorata. Sapevo cosa voleva dire, era ciò che provavo per Mike, ma non ero sicura di farcela. Recitare la parte della ragazza innamorata, baciare altri attori... Forse non ce l'avrei fatta.

O forse era ciò di cui avevo bisogno: immergermi in un'altra storia d'amore, seppur fittizia, per dimenticare la mia.

Non volevo dimenticare Mike, non potevo dimenticarlo. Però volevo almeno smettere di soffrire, e quello forse potevo farlo. Un po'. Anche solo per poche ore.

Mi alzai a aprii un cassetto dove tenevo le nostre foto più belle. Presi in mano la prima: eravamo a casa mia, il giorno del mio sedicesimo compleanno, pochi mesi prima del nostro incidente. Eravamo felici, eravamo innamorati, pensavo che nulla ci avrebbe mai divisi.

Non mi ci volle più di qualche secondo per prendere la decisione. Se la morte ci aveva divisi, l'amore per lui era sempre lì. E sapevo che anche lui, dovunque si trovasse, mi amava in qualche modo. Nulla avrebbe potuto cambiare questo.

Per questo mi sentii bene per la prima volta dopo tanto quando comunicai la notizia a mia madre. Un lavoro mi avrebbe aiutata a distrarmi dal dolore della sua perdita. Desideravo poter amare Mike senza stare male, e quello mi sembrava un buon modo di gestire la cosa.

Il giorno dopo, dopo un breve provino, la parte di Bella Swan era mia.

**********

Erano tutti entusiasti e su di giri per il mio lavoro.

Forse una parte di loro temeva che recitare in un film d'amore mi avrebbe ricondotta nel baratro. Non capivano che in realtà non ne ero mai uscita, solo che, immersa nel lavoro, non lo davo a vedere più di tanto. Ma andava bene così. Avrei continuato ad amare Mike, ma non avrebbe fatto più così male. O almeno era ciò che speravo.

Mia madre invece sperava in una mia distrazione, e almeno lei era stata accontentata fin da subito.

Vedermi entusiasta per qualcosa per la prima volta dopo tanto, vedermi addirittura fare gesti spontanei come mangiare senza il bisogno di qualcuno che me lo ricordasse, offrirmi di accompagnarla a fare compere, la rendeva felice.

Vedermi sorridere ancora la rendeva felice.

Anche se il mio sorriso era spezzato dal dolore. Perché più triste di un sorriso triste c'è solo la tristezza di non saper sorridere. Erano dei progressi enormi, per lei, anche se non me lo diceva. Lo capivo dal suo sguardo.

Avevo sempre qualcosa a cui pensare. Gli ultimi giorni specialmente erano stati terribili.

Se per la mia parte non c'era stato alcun dubbio fin da subito, per quella del tenebroso e bellissimo vampiro Edward era un'altra storia.

Ci erano voluti giorni di casting, ore di prove che si erano rivelate poi sempre un buco nell'acqua.

Tutti pieni di sé, tutti convinti di essere perfetti nell'interpretare il ruolo della perfezione.

Finché non era arrivato lui, all'ultimo momento, quasi in punta di piedi. Era perfetto, per noi. Era perfetto per me.

 

 

Sinceramente: quante vorrebbero fucilarmi per aver terminato in questo modo? AHAHAHHA scusate, davvero avrei voluto mettere anche il pezzo del casting dell'attore che interpreterà Edward, ma poi veniva un cosone troppo lungo e non mi pareva il caso.

Questo capitolo è già abbastanza pieno di suo... Come avrete notato Kristen è piuttosto combattuta con se stessa. Vuole ricominciare ma allo stesso tempo non appena si presenta questa possibilità in maniera concreta è terrorizzata e si rifugia. Però... Però poi alla fine decide di accettare spinta dalla sua passione più grande che è la recitazione. Eeeeeeeeeee... Niente, non pensate che ora solo perchè fa il film tutto si risolve e Rob e Kris loro fallono in love for the last time subbbbito. Vabbè, ignoratemi, sono malata.

Okay, visto che c'è gente su facebook che mi sta pressando per postare LOL io la pianto qui. Tanto vi devo dire altro ma ora non me lo ricordo, quindi... Al limite ve lo dico nel prossimo capitolo o su facebook :D

Come sempre vi ricordo:

Il mio profilo facebook

Il mio profilo twitter

Il gruppo facebook,

dove metterò gli spoiler (so che l'ho detto anche per lo scorso capitolo, ma vi giuro che questo spoiler non ve lo vorrete perdere per nulla al mondo. Perchè, sapete, faranno il casting dell'attore che interpreterà Edward, e tra le scene che hanno provato c'è anche un certo bacio... AAHAHHAHAHA ciao.)

Ah, una cosa. Vi siete accorte che io non ho nominato nessun attore, ma solo "L'attore che farà Edward". Ebbene, un premio Nobel a chi indovina chi è questo fantomatico attore. HAHAHAHHAHAHAHHAHA

Okay, ora vado davvero LOL fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo, se vi va :D

XOXO Giuls

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Capitolo 4
*** I don't wanna only survive, no more ***


Buoooooonasera :D come va? Tutto apposto? Scuola, lavoro... Il tempo! Non è una bellissima notte limpida e stellata? (si come no .-.) Che poi fateci caso, quando uno non sa di che parlare ci ficca in mezzo il tempo, poraccio, manco avesse fatto qualcosa a qualcuno u.u AHAHHAHAHAHAHAHAHHAA okay, la pianto xD sto divagando un po perché so che aspettavate questo capitolo giusto un po (ma poco, eh) e quindi... 


BHAHAHHAAHHAHAHA vabbè, ignoratemi, l'amore ha un cattivo effetto su di me buahahhahaha quindi vi lascio al capitolo senza aggiungere altro.. Lo spoiler sul gruppo vi ha mezze uccise a tutte quindi... Lol 
P.s. Ehm... Non so se dovrei dirvelo ma... Preparate i fazzoletti, va.

 

She will be loved

I don't wanna only survive, no more

 

 

Raggiunsi casa di Catherine, la regista, dove si sarebbe tenuto l'ennesimo provino per trovare l'attore che mi avrebbe affiancata sul set. I precedenti si erano rivelati un vero disastro.

Erano tutti troppo convinti di essere il ragazzo giusto per interpretare quella parte. Era proprio questo a renderli inadeguati: Edward era perfetto agli occhi di Bella, ma lui si vedeva tutt'altro che in questo modo.

Salutai Cath con un abbraccio. Eravamo entrate subito in sintonia, avevamo la stessa visione del personaggio di Edward, e per questo teneva molto al mio parere, ma fin'ora l'impressione era stata per entrambe "assolutamente no".

Sperai tanto che quel giorno sarebbe stato più fortunato dei precedenti.

Facemmo entrare il primo attore, ma non si rivelò diverso dai candidati precedenti. Il successivo fu addirittura più presuntuoso, e mi trovai costretta ad interrompere la scena a metà.

Lui uscì dalla stanza e io mi sedetti sul letto di Cath, sospirando frustrata.

"Vuoi prenderti una pausa?"

Annuii e lasciai scivolare una lacrima. Mi sentivo estremamente mortificata. Cath non si era dimostrata particolarmente entusiasta degli attori, ma io avevo escluso da ogni possibilità anche quelli ch la convincevano anche solo un po'.

Nessuno mi sembrava adatto.

"Ehi, tesoro."  Si sedette accanto a me e mi cinse le spalle con un braccio. "Ne vuoi parlare?"

Scossi la testa.

sapeva quello che avevo passato e che stavo ancora passando. Il mio timore fin da subito era stato quello rovinare tutto a causa dei fantasmi che ancora non mi abbandonavano, ma lei mi aveva rassicurata.

"Se te la senti di iniziare questo viaggio, io mi fido di te e della tua professionalità.", mi aveva detto. "L'importante è che tu te la senta."

Avevo annuito, ma tutta la mia convinzione stava scemando. Mi sentivo terribilmente demoralizzata.

"È colpa mia", sussurrai. "Mia e della mia stupidità. Siamo a pochi giorni dall'inizio delle riprese e ci troviamo senza protagonista maschile per colpa mia."

Come avevo potuto pensare di riuscire a recitare in quel film?

Ero stata un'idiota. Nessuno mi sembrava adatto perché non riuscivo ad immaginarmi al fianco di nessuno che non fosse Mike.

"Non è affatto colpa tua. Quegli attori erano tutti inadatti, lo sappiamo entrambe. Devi essere tu la prima a darmi l'okay. Se non ti senti a tuo agio con un attore allora non puoi recitare con lui, o il film verrà un disastro."

"Sono convinta che verrà comunque un disastro, se la protagonista sono io."

"Niente affatto". Scosse la testa rassicurandomi ancora. "Io continuo ad essere convinta che tu sia perfetta per quella parte. Tu sei ancora convinta, però? Sei ancora in tempo per rinunciare, se non pensi di farcela."

La sua sincera preoccupazione mi commosse. Non le importava se le riprese avrebbero ritardato ulteriormente, come avrebbe fatto qualunque regista.

"Se vuoi puoi pensarci ancora per qualche giorni, okay?"

Annuii ringraziandola debolmente e chiesi il permesso di andare in bagno per darmi una rinfrescata.

Mi sciacquai il viso ed eliminai ogni traccia del pianto, ma non potei fare nulla per gli occhi leggermente arrossati.

Sospirai, grata che Cath mi avesse dato la possibilità di pensarci ancora e, eventualmente, tornare indietro.

Forse ero stata tropo avventata ad accettare, spinta dal desiderio di non soffrire più e attirata dalla storia di quell'amore così intenso e, in un certo senso, ossessivo.

Forse era davvero troppo presto.

Uscii dal bagno e tornai in camera di Cath per recuperare la mia borsa e il mio giubbetto, e la trovai a parlare ad un ragazzo voltato di spalle.

Era alto, biondo, e non faceva che muovere  piedi, forse dal nervosismo.

Si voltò verso di me quando avvertì la mia presenza, e dal modo in cui mi guardava e si mordeva il labbro capii che, sì, era nervoso.

I nostri sguardi si incrociarono per un istante. Non avevo mai visto uno sguardo così intenso e degli occhi così... Così blu. Distolsi subito i miei e li spostai a Catherine.

"Kristen" chiese cautamente "Lui è un attore venuto per la parte. Te la senti di provare? Altrimenti non ha importanza."

"No, no. Va bene. Io sono Kristen" dissi poi amichevole al ragazzo.

"Lo so" rispose lui "Cioè... Ti ho già vista in un tuo film. Into the Wild. Sei molto brava. È per quello che ho... Cioè, che ti conosco."

Arrossii ridacchiando imbarazzata.

Era molto impacciato e, in qualche modo, tenero.

Ci sedemmo l'uno di fronte all'altra. Presi un respiro profondo, annullando ogni pensiero.

"Potete cominciare", disse Cath sorridendo fiduciosa.

Avremmo dovuto girare la scena del bosco. L'avevo già interpretata due volte quella mattina e non era stato affatto stimolante. Sperai che questo non avrebbe rovinato l'interpretazione che stavo per fare con quel ragazzo. C'era qualcosa, nel suo impaccio, nel suo nervosismo, che rendeva fiduciosa anche me.

Stavo per fare la mia battuta, quando lui mi interruppe.

"Io comunque sono Robert."

Lo guardai sbalordita e lui si lasciò scappare un'imprecazione, scusandosi per la sua gaffe.

Scossi la testa sorridendogli.

"Lo so."

"Come?", chiese stupito.

"Ho letto il tuo nome tra i candidati, prima.." gli spiegai.

"Capisco."

"Continuiamo?"

"Certo", rispose subito.

Sorrisi e cancellai ogni pensiero che non riguardasse la scena che stavamo provando, scoprendo quanto fosse facile. Mi veniva incredibilmente naturale recitare accanto a lui, e quando mi sfiorò il viso sentii il legame che cercavo e capii che lui era quello giusto.

Non avevo bisogno di ulteriori prove, ma Cath aveva accennato di voler provare anche la scena del bacio.

Accettai notando il suo entusiasmo: lo potevo percepire anche senza guardarla, perché era lo stesso che avevo io.

Quando però mi sedetti sul letto e lui accanto a me, mi sentii improvvisamente nervosa.

Stavo per baciare un ragazzo per la prima volta dopo Mike. Che sciocca. Era un film d'amore, era ovvio che avrei dovuto baciarlo. Ma quello non era un vero bacio, in fondo, si trattava solo di lavoro, come era sempre stato. Incrociai per un attimo i suoi occhi e mi sentii subito tranquilla. Non era un vero tradimento, quel bacio non avrebbe avuto nulla di più del bacio che avevo dato ad Adam Brody, o a Eddie Redmayne. A Mike non aveva mai dato fastidio.

Posso farcela, mi dissi.

Accumulai concentrazione e iniziai a recitare le mie battute.

"Come hai fatto a entrare?"
"Dalla finestra."

"L'hai fatto tante volte?"

"Solo nell'ultimo paio di mesi."

Ma ancora, le parole mi uscivano in maniera naturale.

"Vorrei provare una cosa, ma non ti devi muovere.

Iniziò ad avvicinarsi, così lentamente che sembrava quasi non si muovesse. Sentivo l'elettricità nell'aria crescere mentre le distanze tra le nostre bocche diminuivano.

"Non ti muovere", ripeté.

Io non mi muovevo. Stavo lì, seduta su quel letto, in attesa che si avvicinasse ancora. Era a pochi millimetri da me ma non decideva a muoversi. Mi chiesi distrattamente se non volesse che fossi io ad annullare le distanze quando posò le sue labbra sulle mie.

Inizialmente fu dolce, appena accennato, ma ci volle poco perché le nostre labbra prendessero confidenza e iniziassero una danza decisamente più passionale. Portai le mani tra i suoi capelli mentre una parte di me si chiedeva che diavolo stessi facendo.

È solo lavoro, continuavo a ripetermi, è solo lavoro.

Dischiusi appena le labbra ma improvvisamente sentii l'assenza del suo corpo accanto al mio. Mi colpì, facendomi quasi male, ma ignorai le mie sensazioni e spalancai gli occhi avvertendo un tonfo, chiedendomi cosa fosse successo.

Guardai in basso e vidi che Rob era precipitato dal letto.

A quel punto, non avevo neanche la possibilità di concentrarmi sulle maledette sensazioni, tanto assurde quanto inappropriate: scoppiai a ridere, seguita da Cath e, fortunatamente, anche da Rob. Non volevo offenderlo, ma era... Esilarante.

"Perfetto", disse Cath dopo che ci fummo tutti calmati. "Assolutamente perfetto. Forse anche troppo passionale", disse facendo l'occhiolino a Rob, che arrossì. "Ma era... Perfetto."

Anche le mie guance si colorarono vagamente di rosso. Sembrava non conoscere altra parola sul vocabolario, e la cosa mi imbarazzava un po'.

"Grazie mille, Robert. Ti faremo sapere."

"Grazie a voi. Spero di rincontrarvi presto. Ciao, Kristen." disse poi rivolgendosi a me e accennando un sorriso.

"Kris", dissi automaticamente per metterlo a suo agio, anche se ormai stava per andarsene. Qualcosa mi diceva che ci saremmo rivisti davvero presto.

Funzionò, e mi rivolse un sorriso più sincero del precedente.

"Ciao, Robert" lo salutai.

"Rob", mi fece eco lui.

"Rob."

Rimanemmo a fissarci per un altro secondo ancora prima di uscire dalla stanza. Non appena sparì mi voltai raggiante verso Cath.

"È lui", dissi certa come non mai.

"Sicura?"

"Cero! È perfetto", dissi scimmiottandola, ma lo pensavo sul serio.

"Non vuoi prenderti qualche giorno per pensarci?"

Riflettei bene sulle mie parole, perchè sapevo che avrei dovuto convivere con la mia scelta per i prossimi mesi almeno.

"No, non è necessario. Sono sicura. Posso farcela, davvero, e lui è l'Edward perfetto, non ci sono dubbi."

**********

"E così, vampiri che luccicano, eh?

Alzai gli occhi al cielo continuando a mangiare la mia pizza. Erano giorni che i miei fratelli mi sfottevano, era inutile spiegar loro che il fulcro della storia era l'amore dei personaggi, non il fatto che uno dei due fosse un vampiro con la brillantina addosso. E poi non me la prendevo. Sapevo che erano felici per quel ruolo, avevano solo un modo tutto loro per dimostrarlo. Un modo che mi aveva reso il maschiaccio che ero, e che tutto sommato mi era mancato.

"Stai zitto, Cam."

"Non puoi negare che non sia una cosa di cui andranno tutti pazzi."

"Ovvio. Ma credo molto in questo film, brillantina o meno."

"Non avresti preso in considerazione il copione, altrimenti."

Aveva ragione. L'ottimo copione, insieme alla voglia - e al bisogno disperato - di stare bene, era una delle ragioni per cui avevo accettato il lavoro.

"A proposito di copione!", esclamò Dana. "Com'è quel Pattinson?

"E che c'entra col copione?"

"Nulla. Voglio solo sapere se è degno di recitare accanto alla mia sorellina preferita."

Ridacchiai. Ovviamente ero la loro sorellina preferita.

"Piantatela, se l'abbiamo scelto è perché era il migliore. Piuttosto, spero di non essere io a rovinare tutto", aggiunsi in tono cupo.

Nonostante ciò che avevo detto a Cath, avevo ancora il timore di non farcela. Allo stesso tempo, non volevo che la paura mi condizionasse.

"Ora sei tu a doverla piantare. Non rovinerai un bel niente. Il film sarà un successo, renderai tutti orgogliosi."

"Lo spero. Vorrei che lui fosse qui. Vorrei che... Che mi dicesse che è orgoglioso", aggiunsi sorridendo triste.

"Lo è" disse Cam serio. "Ovunque sia, lui è orgoglioso di te. E anche noi lo siamo. Quello che stai facendo... Sappiamo quant'è difficile per te, ma almeno ci stai provando. Bisogna fare piccoli passi, no?"

Sorrisi. La mamma lo diceva sempre. Me l'aveva ripetuto così tante volte.

"E se stessi facendo il passo più lungo della gamba?"

"Non è così. Mi fido di te, so che puoi farcela o non avresti mai provato."

"Magari adesso mi sembra di farcela, ma che succede se poi non ce la faccio?"

"Non partire da questo presupposto, è inutile. Se hai ricominciato è perché ami il tuo lavoro. Ricordati di questo e andrà tutto bene."

Annuii abbracciandolo stretto. Sapeva sempre cosa dire al momento giusto.

"Non pretendiamo che tu lo dimentichi dall'oggi al domani. Non devi affatto dimenticarlo. Devi solo imparare a convivere con la sua assenza, e riprendere in mano la tua vita."

Annuii. Era quello che volevo. A piccoli passi.

Pagammo la pizza e andammo in macchina per tornare a casa.

Cam sapeva quando ancora fossi nervosa all'idea di salire su un'auto, nell'ultimo anno ho viaggiato pochissimo, prediligendo lunghe passeggiate le rare volte che uscivo di casa, per andare sempre nello stesso posto.

Ed era proprio lì che volevo andare anche ora.

Chiesi a Cam di fare una piccola deviazione, e lui acconsentì sospirando.

Di che si lamentava? L'aveva detto lui, nessuno pretendeva da me che dimenticassi Mike da un giorno all'altro. Non che volessi dimenticarlo nemmeno dopo cent'anni. Potevo continuare ad amarlo come avevo sempre fatto, e come avrei continuato a fare se solo avesse fatto meno male. Ma potevo farlo, potevo continuare ad amarlo in silenzio senza che il suo ricordo mi trafiggesse l'anima ogni volta.

Dovevo solo capire come.

Mi lasciarono davanti al cimitero con un'occhiata che mi diceva "Vuoi che veniamo con te?", ma li lascia andare. Avevo bisogno di parlare con Mike apertamente, e non avrei potuto farlo con loro accanto.

Feci un breve percorso che ormai conoscevo fin troppo bene, per poi fermarmi di fronte alla sua lapide.

Leggere quel nome sul marmo freddo era ogni volta orribile. Anzi, era sempre peggio. C'erano dei momenti, soprattutto negli ultimi giorni, in cui pensavo che avrei potuto farcela. Con il tempo pensavo che sarebbero guarite tutte le mie ferite, pensavo che in fondo non ero la prima né l'ultima a vivere un lutto, e molte persone prima di me erano sopravvissute alla perdita. Quindi perché avrei dovuto star male per sempre?

Ma poi ce n'erano altri in cui sapevo che sarei stata male per sempre, c'erano momenti in cui pensavo che non sarei mai guarita, momenti come quello. Una parte di me lo voleva davvero, ma sapevo che non era giusto. In quella macchina c'eravamo entrambi, e allora perché lui era morto e io ero ancora viva?

Era peggio che essere morti. La mia non era più vita. Io non vivevo, io sopravvivevo.

"Ciao, Mike", sussurrai.

Attesi un po' prima di riprendere a parlare. Era stupido, ma speravo sempre in una mia risposta, tutte le volte. Tirava un vento leggero che mi fece rabbrividire, e chiusi gli occhi immaginando che non era il vento ad accarezzare le mie braccia. Immaginai di trovarmi stretta in un suo abbraccio.

Ma poi la direzione del vento cambiò, risvegliandomi.

Iniziai a piangere silenziosamente, rivivendo il dramma di quella sera, quando me l'avevano portato via. Ora anche quella mera illusione mi era negata.

Mi sedetti di fronte alla lastra di pietra e ripresi a parlare. In qualche modo rendeva il nostro legame più vero. Se parlavo a voce alta era come avercelo lì, di fronte a me, ancora ad ascoltarmi, ancora a proteggermi.

"Mi manchi, sai? Mi manchi ogni giorno di più, ma tiro avanti. Ci provo. A volte vorrei solo raggiungerti, ovunque tu sia... So che non ti fa piacere. Probabilmente però lo sapevi già. Tu sai tutto, vero? Certo che è così. Tu mi guardi da lassù, e mi proteggi, e mi ami. Ti amo tanto anche io. Io... Ho trovato un nuovo lavoro. Ma credo sapessi anche questo. È davvero un bel film, la regista è meravigliosa e il mio co-protagonista, Robert...È davvero in gamba. Sono tutti bravissimi, e io ho paura. Quando te ne sei andato, una parte di me è morta insieme a te. E se vale lo stesso per la recitazione? Io amo il mio lavoro, Mike, ma amo anche te e... E tu non ci sei. Te ne sei andato e io... Ho paura che... Che non riuscirò a essere più la stessa. Ho paura di non... Tutti mi dicono di ricominciare, ma è difficile. Non posso ricominciare, non senza te. Cosa devo fare, Mike?"

Parlavo a fatica, ormai le lacrime erano diventate singhiozzi, ogni parvenza di felicità che avevo racimolato insieme ai miei fratelli era scomparsa del tutto. Nemmeno ricordavo come si facesse ad essere felici. Probabilmente non ne ero più capace.

Attesi, pregai per una risposta che non arrivava, ma non mi diedi per vinta. Avevo bisogno di quella risposta, un qualunque segno che mi facesse capire che non stavo facendo un errore.

"Ti prego, dimmi che non sto sbagliando tutto. Dimmi che andrà tutto bene. Che... Che riuscirò ancora ad essere felice..."

Ormai deliravo. Sapevo di chiedere anche troppo. Essere felice senza di lui... Come se fosse possibile. Come se lo volessi davvero.

Continuava a non rispondere. Tutto restava uguale a com'era un secondo prima, ma non era rassicurante. Era solo un altro secondo senza Mike. Un altro secondo senza vita. Un altro secondo senza sapere che non stavo incasinando tutto col mio disperato bisogno di sentirmi bene.

"Non odiarmi per favore", lo pregai. "Io... So che non riuscirei a... A essere felice. Non voglio, non senza di te. Non potrò mai amare nessun altro dopo di te. Voglio solo stare bene, ti prego... Solo..."

E poi qualcosa cambiò.

Il telefono vibrò nella tasca dei miei pantaloni. Asciugai in fretta le lacrime e calmai il respiro prima di prenderlo tra le mani.

Un nuovo messaggio, da Cath.

"La produzione ha dato l'okay per il ruolo di Robert. Tu te la senti ancora?"

Eccolo, il segno che aspettavo.

Per la prima volta da troppo feci un vero sorriso.

Alzai lo sguardo al cielo, il sole era alto e non c'era nessuna nuvola a coprirlo. Non mi era affatto difficile immaginare il volto di Mike guardarmi orgoglioso.

"Grazie", sussurro, così piano che a mala pena riuscii a sentire la mia voce. Ma sapevo che lui poteva. "Grazie, amore mio. Ti prometto che ti renderò fiera di me."

Digitai in fretta la mia risposta.

"Si. Non sono mai stata più certa."

**********

Me la presi comoda per tornare a casa.

Il tragitto a piedi era abbastanza lungo ma non avevo nessuna fretta: sapevo di avere gli occhi rossi e gonfi, e i segni del pianto sul viso. Non volevo che i miei se ne accorgessero e che si preoccupassero ancora. Solo in quel momento mi resi davvero quanto avessero sofferto per me, solo ora che avevo smesso di crogiolarmi nel mio dolore.

 Non aveva smesso improvvisamente di fare male, ma riprendere in mano la mia vita era un buon modo per cominciare.

Quando finalmente arrivai ed entrai in casa, mi resi conto subito ce c'era qualcosa che non andava.

Troppo silenzio.

Questo poteva voler dire che i miei fratelli non erano ancora rientrati, e che si erano fermati da qualche parte dove avermi lasciata, oppure...

"Tesoro!", esclamò mia madre spuntando fuori dal salotto, dove c'era anche il resto della famiglia. "Tutto bene?", chiese preoccupata.

Sospirai. Che altro potevo aspettarmi? Era ovvio che si stessero mangiando le unghie aspettando che tornassi. Mi ero ridotta più o meno allo stato di un vegetale nei mesi precedenti e...

"Tesoro, sei fuori dall'ora di pranzo. Si sono fatte le sette di sera, ormai. Ci eravamo davvero preoccuapati."

Merda. Non mi ero affatto resa conto del tempo che era passato.

Comunque,  avevo intenzione di cambiare. Non volevo più dar loro motivo di preoccuparsi se rientravo un po' più tardi dopo essere uscita. Sapevo che non ce l'avrei fatta da sola, sapevo di aver bisogno del loro sostegno e del loro amore. Forse però avevano ragione e stavo facendo il passo più lungo della gamba. In fondo, il fatto che volessi riprendere in mano la mia vita non voleva dire che sarebbe stato facile. Probabilmente attendevano cauti il momento in cui sarei inciampata. Lo attendevo anche io, timorosa e per nulla impaziente.

"Sto bene, mamma", risposi tentando di rassicurarla. "Davvero. Mi sono solo trattenuta un po' di più. Io... Dovevo dirgli tante cose."

Mi vergognai ad ammetterlo, anche se sapevano che ero ancora molto legata a Mike. Sapevano che ero ancora innamorata di lui.

"Sicura?"

Annuii, accennando un sorriso.

"Vieni a mangiare?"

Mi morsi un labbro, avevo ancora lo stomaco un po' chiuso ma di fronte lo sguardo speranzoso di mia madre non potei dire di no. Avevo perso quasi dieci chili nell'ultimo anno, non mi pareva il caso di farla preoccupare ancora.

"D'accordo", dissi col tono più convincente che avevo.

Di solito a cena non parlavamo granché. Mi resi conto che lo facevano per me: qualunque cosa era in gradi di farsi scattare. Quella sera fu diversa. Parlammo molto, di cose futili, del mio nuovo progetto, della quasi-forse-nonloso fidanzata di Taylor, cose così.

Sentirlo parlare con tanto entusiasmo e imbarazzo al tempo stesso però mi fece male, anche se non lo diedi a vedere. Ero un'attrice, in fondo, e quello della ragazza innamorata sarebbe stato il mio prossimo ruolo. Per una sera soltanto non sarebbe stato così difficile fare la parte della ragazza non in pena.

Ma nella vita reale ero sempre stata pessima, ed ero stanca di recitare un ruolo anche a telecamere spente. Presto se ne accorsero tutti e il discorso passò bruscamente da come Taylor aveva conosciuto Sidney all'ultima partita di baseball in TV.

Taylor mi rivolse uno sguardo di scuse ma lo rassicurai con un sorriso. Non volevo più che smettesse di vivere la sua vita per paura me. Anche se faceva male.

Mi dichiarai sazia e bisognosa di un letto prima ancora che arrivasse il dolce, e così mi rintanai in camera mia.

Misi il pigiama  e con le cuffie alle orecchie presi a studiare il mio copione e a prendere qualche appunti a matita di cui avrei discusso con Cath non appena ci saremmo incontrate.

Dopo nemmeno dieci minuti avvertii il letto muoversi e alzai lo sguardo, trovando un Taylor dal sorriso gentile e imbarazzato.

Quasi non cacciai un urlo dallo spavento.

"Sei pazzo?", dissi togliendo le cuffie. "Mi hai fatto prendere un colpo. Perché non hai bussato?"

"L'ho fatto, ma non hai risposto. Pensavo fossi arrabbiata e così... Ti ho portato la torta per addolcirti un po'. Vengo in pace."

Lo guardai confusa e con un sopracciglio leggermente inarcato.

"Perché dovrei essere arrabbiata?"

"Ti ho vista prima a tavola", disse triste. "Mi spiace, non avrei dovuto parlare di Sidney."

"Tay, ti prego. No! Non voglio che tu ti tolga la possibilità di essere felice solo perché io..."

"Non sei più felice?" chiese timido, ma la sua non suonava come una domanda.

Abbassai lo sguardo.

"No. Non sono felice. Ma non preoccuparti per me."

"Sei la mia sorellina. Certo che mi preoccupo per te.

Sorrisi.

"E tu sei il mio fratellone. Devi farmi conoscere questa Sidney, voglio assicurarmi che sia una brava ragazza e che sia degna di stare al tuo fianco", dissi, ripetendo le sue parole di quella mattina. Il contesto era leggermente diverso, ma il concetto era lo stesso.

"Magari, un giorno...", borbotta nuovamente imbarazzato, ma chiaramente sollevato del fatto che ne parlassi così apertamente.

"Come stai?", chiese poi, serio. "E dico davvero. Non rifilarmi le stronzate che dici a mamma, per favore."

"Non le dico stronzate."

Di fronte al suo sguardo, così scettico da sembrare addirittura comico, mi sentii in dovere di aggiungere "Non ultimamente, almeno."

"E che le hai detto ultimamente?"

Sospirai poggiando il viso su una mano.

"Quello che ho detto a re. Che non sto bene anche se lo vorrei tanto. Sto facendo di tutto per stare di nuovo bene."

"E funziona?"

Il mio sguardo valse più di mille parole. Prima ancora di chiederlo sapeva la risposta: no, non sto bene.

"Sai qual è l'unica cosa che mi farebbe bene."

"Lo so", disse accarezzandomi il braccio. "Ma devi imparare a trovare la felicità anche in altre cose. Penso che tornare a lavorare sia stata un'ottima idea. Ti renderà felice, vedrai. Le cose andranno sempre meglio."

"Da quando sforni queste perle di saggezza, tu?

Strinse le spalle come a darmene atto e lo abbracciai riconoscente.

"Ora però voglio il mio dolce."

Sorrise smagliante e mi consegnò il mio piattino. La torta era ormai mezza squagliata, ma non importava. Restammo a parlare del più e del meno finché non crollai tra le sue braccia. Per la prima volta da un sacco di tempo feci un sonno tranquillo. Per la prima volta non dovetti sforzarmi di non fare pensieri tristi. Ce n'era solo uno, quella sera, che mi riempiva la testa impedendomi di concentrarsi davvero su altro di più importante.

Non voglio più solo sopravvivere.

 

 

 

 

Okay, quanto è triste la scena del cimitero da uno a dieci? Vi dico solo che il quaderno su cui ho scritto la prima bozza del capitolo è tipo.. fradicio? Vi giuro, mi sono ridotta a un cosino singhiozzante e gocciolante (che scenario incantevole °-°) che si disperava insieme a Kris, povero amorino mio ç_ç quindi niente, ci tengo davvero a sapere cosa ne pensate del capitolo. Cioè, se vi ho commosse minimamente posso ritenermi più che soddisfatta (parlo soprattutto con te, VIOLET).

Coooooooomunque, volevo dirvi anche un'altra cosa in merito a quella scena: quando Kristen riceve il messaggio. Lei lo interpreta come un segno inviatole da Mike e... Okay, non vi sto a dire tutto il mio pensiero personale riguardo a questi benedetti segni del destino o finisco tipo dopodomani, solo... Kristen avrebbe potuto interpretarlo come un'occasione per rinunciare e cambiare idea, no? E invece ha pensato che fosse il modo di Mike per dirle che sta facendo la cosa giusto, e non perché sia Mike o perché è vero che sta facendo la cosa giusta... lei semplicemente ha bisogno di crederci. Ha un fottuto bisogno di credere che non stia incasinando ancora di più la sua vita, perché vuole davvero andare avanti, e si aggrappa a quella che per chiunque sarebbe stata una coincidenza.

Niente, non ce la faccio a fare i discorsi brevi, manco per niente -.- Sopportatemi, vi prego. Spero almeno di essere stata chiara ç_ç in caso ditemelo xD

Eeeeeeeeeee niente, passando a cose più allegre: hsjvajhvcxdjavs OMMIODDIO SI SONO BACIATI. Cioè, è per lavoro, manteniamo la calma xD però si sono baciati ç_ç non sono bellini? ç_ç

Però davvero il loro è solo un bacio "lavorativo", a parte la chimica pazzesca che li farebbe scopare dopo mezzo secondo che si sono visti ma... quello è un altro discorso u.u per Kris al momento non c'è spazio per nessuno nel suo cuore, che per Mike. Certo, per un altro posto... AHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHHAHAHAHHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHAHAHHAHAHAHAHHAHAHAHAHHAH vabbè, ignoratemi, sul serio ignoratemi.

Coooomunque niente, siete troppo belle. Cioè, 32 recensioni? Ma siete serie? o_O *jumping and vomiting arcobalens all around*

Risponderò a tutte tra oggi e domani, penso che al momento sia più importante il capitolo u.u

Quindi, boh. Basta, penso. LOL

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e... niente, ciao xD

XOXO Giuls

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Capitolo 5
*** Knots ***


Okay, avevo postato ieri ma non so perchè il capitolo a un certo punto non era più disponibile ._. penso qualche problema di Efp, altrimenti non saprei spiegarmelo. Coooooomunque riecco a voi il capitolo :D l'ho leggermente modificato rispetto a ieri. Nel senso, ho solo aggiunto una parte in più che ieri non c'era, niente di che XD si tratta dell'ultima parte, per cui se avevate già letto ieri basta che iniziate a leggere a partire dagli asterischi.

E' venuto un po lungo ma ho preferito così... Quella scena doveva stare all'inizio del prossimo capitolo ma fa nulla. Qualcuna di voi mi ha detto che preferisce i capitoli più lunghi per cui ho cercato di accontentarvi, anche perchè manco tipo da un mese o.o

Vabbè, buona lettura :D

She will be loved

Knots

 

Mi guardai allo specchio un'ultima volta. Non ero mai stata attenta a questo genere di cose, ma quello sarebbe stato tecnicamente il primo giorno di lavoro dopo secoli. Per lo più si trattava di un incontro per pranzo in cui avremmo parlato del film, nulla di troppo impegnativo, ma ci tenevo comunque a rendermi quantomeno presentabile. Indossavo una maglia larga e un paio di jeans non troppo aderenti. Non volevo che tutti si accorgessero di quanto fossi magra. Non mi importava di quello che avrebbero pensato, ma gli sguardi penosi... Quelli non li avrei sopportati. Ero certa che tutti, chi più chi meno, sapessero, ma non per questo volevo essere trattata in maniera diversa.

Sentii mia madre suonare il clacson, segno che era ora di andare, e mi precipitai fuori. Durante il tragitto però incrociai Cam e feci di scatto dietro-front per bloccarlo per un polso.

"Dimmi buona fortuna."

Cam mi rivolse uno sguardo dolce.

"Non ne hai bisogno. La parte è già tua, tu l'hai resa tua, e andrai benissimo. Ma se proprio ci tieni... Buona fortuna", disse baciandomi una guancia. "Spaccali tutti, mi raccomando."

"Si. Farò valere il nome degli Stewart, promesso."

Feci per andare via ma mi voltai una seconda volta verso di lui. Era ancora lì, col pigiama indosso e l'espressione estremamente divertiva.

"Cam?"

"Si?", chiese trattenendosi dal ridere. Evidentemente vedermi in agitazione per qualcosa a cui tenevo lo divertiva molto. Ma poi pensai che era normale, che mi ero sempre sentita così e che avevo sempre voluto sentirmici.  Era normale, quell'agitazione. Era salutare, e mi era mancata.

"Grazie", sussurrai. Non avevo pronunciato molto spesso quella parola negli ultimi tempi, anche se l'avevo sempre sentita dentro di me. Forse non me n'ero mai resa pienamente conto... Ma avevo bisogno che lui, che tutti loro lo sapessero.

Fece un gesto con la mano, per sminuirmi, e in quel momento capii: loro lo sapevano. Non c'era affatto bisogno che li ringraziassi, sapevano perfettamente come mi sentivo nei loro confronti.

"Dovresti andare, ora. Non vorrai fare tardi al pranzo."

"Certo che no!"

Mi precipitai fuori ed entrai in macchina come un razzo. Ero entusiasta e mia madre lo percepiva.

"Pronta?"

"Pronta."

Mia madre partì e io cercai di rilassarmi ma finii inevitabilmente per rileggere il copione. Avremmo iniziato le prove di lì a qualche giorno, ma già conoscevo alla perfezione la mia maggior parte delle mie battute.

Arrivammo che ero immersa nella scena dell'ospedale, quella in cui Bella dice a Edward che sa che c'è qualcosa che non va, ma che può fidarsi. Cercavo di capire cosa ci fosse di sbagliato in quella scena, quando mia madre mi diede uno strattone.

"Passi a prenderti più tardi, tesoro."

"Ok, a dopo."

Scesi dall'auto e posai il manoscritto nella borsa. Non che ne avrei avuto bisogno, ma ormai ero talmente immersa in quel progetto che lo portavo ovunque.

Entrai in casa di Cath, ormai durante i provini avevo imparato a conoscerla piuttosto bene, e raggiunsi la sala da pranzo dove probabilmente si trovavano gli altri.

C'erano parecchie persone che non avevo mai visto prima, ma lo scopo di quel "pranzo di lavoro" era proprio quello di farci conoscere. Sarebbe stato imbarazzante arrivare sul set senza sapere nulla degli attori con cui avrei collaborato nei prossimi mesi. Nonostante non avessi riconosciuto parecchi volti, sapevo che eravamo un cast ampio e mancavano ancora tre o quattro persone, tra cui Robert.

"Kristen!"

Non appena Cath mi scorse fare capolino timida dalla porta del salotto si avvicinò a me entusiasta. Beh, lei era sempre entusiasta, quindi non mi stupii più di tanto, ma soprattutto negli ultimi giorni si era sempre mostrata felice e ben disposta. Era davvero contenta di avermi nel cast. Lo ero anche io, tanto.

"Sono così contenta che tu sia qui."

Sapevo che intendeva sono contenta che tu non abbia abbandonato il progetto.
E non per il progetto in se, era felice per me, perché stavo abbastanza bene da potermi entusiasmare per qualcosa di nuovo, qualcosa di così importante.

"Anche io, davvero."
Anche se forse parlare di stare bene era un po' prematuro. Okay, un po' tanto prematuro. Non stavo bene. Non sarei mai stata davvero bene. Ma ero sulla strada giusta, sentivo di esserlo.

"Ragazzi, questa è la nostra Bella."

Salutai distrattamente,  e loro ricambiarono educatamente. Mi fecero un paio di domande - "da dove vieni", "quanti anni ha"i, "sembri così matura per una ragazza di diciassette anni", cose così - ma non sembravano fatte per cortesia, sembravano davvero interessati, e lo ero anche io agli aneddoti che raccontavano.

E più passava il tempo e più cresceva la mia euforia, e non riuscivo davvero a spiegarmela.

"Oh, ecco il nostro Edward, finalmente!"
O forse era così semplice da spiegare, che non volevo rispondere per paura che svanisse tutto.

Mi voltai e vidi un Robert dall'aria un po' allampanata. Sembrava piuttosto stanco, probabilmente per via del fuso orario. Da quel che sapevo era appena arrivato da Londra.

Salutò gli altri membri del cast e poi si avvicinò a me.

"Ciao, Kris", disse con un sorriso sincero.

"Ciao, Robert. Rob", mi corressi subito. "Come ti senti? È il tuo primo grande ruolo, scommetto che te la fai sotto", lo presi in giro.

"Sono un po' agitato", ammise. "Ma più che altro lo sono di lavorare con te."

"Come?", chiesi aggrottando la fronte.

"Si, beh...", cercò di riprendersi dall'ennesima gaffe. "Sei una grande attrice. Spero di non fare una pessima figura."

Scossi la testa, arrossendo.

"Ti ringrazio, ma sono tutt'altro che una grande attrice. E tu non farai affatto una pessima figura."

"Speriamo", lo sentii sussurrare.

Cath ci interruppe, invitandoci ad accomodarci a tavola. Prendemmo a parlare del più e del meno, e la conversazione mi veniva piuttosto facile, almeno finché si ponevano solo domande innocue. A molte rispondevo in maniera evasiva, ma meglio che no rispondere affatto. Infondo mi stavo divertendo.

Sento un colpetto alla gamba e mi volto verso Rob che mi guarda divertito. Arrossisco di botto, persa nei miei pensieri non mi ero resa conto che mi avessero rivolto qualche domanda, ne chi me l'avesse fatta.

"Ehm... Come?"

"Stavamo parlando dei vari ruoli che ha avuto Rob", disse Nikki.

"Si beh... In realtà non sono poi così tanti."

"Di certo non come la nostra Kris!", aggiunse Cath facendo l'occhiolino a entrambi. Era ovvio che volesse solo scherzare e prenderci in giro ma... Oh, Dio.

"Qual è stato il film che ti è piaciuto di più tra quelli che hai fatto?", chiese Ashley, mi pare si chiamasse, in modo del tutto innocente. Ma dal groviglio che si era formato nel mio stomaco era ovvio che per me la domanda non fosse poi così innocente.

"Beh... Tutti i ruoli che ho interpretato mi hanno dato qualcosa, e ho dato qualcosa ad ogni mio personaggio ma..."

Ma Speak mi aveva dato tutto, e io avevo messo tutta me stessa in quel film, e ora mi ritrovavo senza più nulla.

Inghiotti il groppo alla gola.

Era ovvio che, buona strada o meno, ero ancora lontana dal mio traguardo. Era tutto uguale a prima in fondo, bastava poco, una parola, una frase all'apparenza innocua, per scatenare in me ricordi niente affatto innocui.

Sospirai profondamente e chiesi il permesso di andare a rifugiarmi in bagno.

Mi appoggiai alla parete, tentando di calmare il respiro.

Non piangere, mi ripetevo. Non piangere. Ce la fai. Tu sei forte. Ce la fai.

Quante volte me l'ero ripetuto nell'ultimo anno? Lo stesso numero di volte in cui avevo fallito. Tante, troppe volte. Non ci avevo mai creduto, in fondo, perché non ero mai stata forte. Eppure una nuova emozione si fece strada in me. Non seppi definirla. Era... Determinazione? Convinzione? O forse era semplicemente consapevolezza e rassegnazione? In fondo lo sapevo che i miei sforzi erano vai, che avrei potuto provare per sempre ma non sarei mai più stata la stessa di prima.

Fino a pochi minuti prima - o erano ore? non mi rendevo più conto del tempo che passava - ero stata serena, ma era bastato così poco per farmi scoppiare.

Cacciai indietro le lacrime quando avvertii dei passi. Pochi secondi dopo qualcuno bussò alla porta.

"Kristen? Tutto bene?"

Era Cath.

"Si, si. Tutto okay. Solo un piccolo giramento di testa", mentii e probabilmente se ne accorse ma non disse nulla.

Mi alzai lentamente e mi sciacquai il viso. Dopo tutto stavo migliorando, no? Non avevo nemmeno pianto. Quando fui sicura di essere presentabile, e che non si sarebbero scorti sul mio viso i segni della mia tristezza, aprii la porta a Cath e le feci il sorriso più costruito che avessi, ma si sarebbe dovuta accontentare. E poi, avevo almeno la forza di fingere, il che era tanto considerata la mia perenne apatia dopo... Comunque.

Di fronte al suo sguardo perplesso e decisamente preoccupato mi affretto a dire: "Non provarci, Cath. È tutto okay, davvero. Ero solo un po' triste, ma è normale, no? Non avrò ancora dubbi su questo lavoro. Voglio farlo, ho bisogno di farlo."

"Va bene. Sicura che è tutto okay?"

"Sicura, davvero", dissi, e stavolta il mio sorriso era più sincero.

Era solo da quando avevo ripreso a lavorare che mi era parso di vedere uno spiraglio di luce infondo a quel tunnel buio e spaventoso, pieno solo di dolore e solitudine. Finalmente avevo ritrovato la passione, o per lo meno ci ero vicina. Non volevo rischiare di perderla solo per un momento di debolezza. Avevo bisogno di quella passione che mi faceva sentire viva, e allo stesso tempo ne ero spaventata, ma non avrei rinunciato anche se a volte mi sembrava l'unica strada.

Ma c'era qualcosa che mi diceva che non dovevo percorrere la strada della rinuncia solo perché sembrava quella più facile. C'era qualcosa che mi spingeva ad andare avanti con quella cosa, perché avrebbe portato solo qualcosa di buono.

Non avevo idea di cosa fosse... Eppure ne ero attratta. Da così tanto tempo non mi sentivo in quel modo che non volevo assolutamente perdere quella sensazione di vita.

Scendemmo le scale in silenzio e tornammo in sala da pranzo dove si trovavano ancora tutti gli altri.

Mi rivolsero uno sguardo perplesso, probabilmente chiedendosi cosa avessi fatto per tutto quel tempo.

"Io... Scusate", sentii il dovere di giustificarmi. "Ero... Mi ero sentita poco bene."

Wow, Kristen, che spiegazione esaustiva, mi complimento con te.

Sospirai alla mia vocina interiore. Che avrei potuto dir loro? Sto ancora così schifosamente male per la morte del mio ragazzo che ad ogni cosa che mi ricorda lui devo combattere contro un attacco di panico? No, decisamente non avrei potuto dire la verità.

Mi sedetti e mentre gli altri continuarono a mangiare, probabilmente sollevati dal fatto che sembravo stare bene, Robert si avvicinò a me per sussurrare in un mio orecchio.

"Come stai adesso?"

Mi immobilizzai, un po' per la sorpresa di un contatto così ravvicinato, un po' per la domanda.

"Io... Bene, grazie."

Mi sforzai di sorridere voltandomi leggermente verso di lui ma attenta a non incrociare i suoi occhi. Ma inarcò un sopracciglio e incuriosita allacciai il suo sguardo al mio, e seppi che sapeva.

"Sei una pessima attrice dall'altra parte della camera, sai?", sussurrò.

La sua non voleva essere un'accusa, anzi. Il tono dolce e carezzevole con cui si era pronunciato mi fece intendere la sua sincera preoccupazione. Eppure fui ugualmente colpita dalle sue parole, perché vere.

Nessuno sembrava essersene accorto. Lui sì. Eppure non ci conoscevamo per nulla... Certo, non conoscevo così bene nemmeno Cath, ma con lei era diverso. Sapeva cos'avevo passato, e mi aveva vista in bagno. Okay, forse stavo ingigantendo il tutto. In fondo, occhi rossi o no, ad un interlocutore appena un po' attento non sarebbe dovuta sfuggire la tristezza del mio sguardo. Non era poi così speciale il fatto che si fosse accorto della mia bugia.

Eppure c'era una parte di me - una parte che credevo sopita da tempo, una parte che non ero nemmeno più sicura di avere -, che mi diceva che era più di questo. Era la stessa parte che mi suggeriva che non avrei dovuto rinunciare a quella parvenza di vita che stavo lentamente riacquistando... Il mio cuore.

**********

I giorni successivi furono pieni e frenetici, avevamo pochi giorni per le prove visto il budget limitato e sfruttavamo tutto il tempo possibile. Ero minorenne, però, per cui non potevo lavorare quanto avrei voluto. Nonostante quest'ulteriore limite, non avevo avuto un secondo per respirare, tornavo a casa stanca ma i miei non si lamentavano, perché avevo sempre il sorriso sulle labbra. Timido e incerto, appena accennato, ma c'era.

Da quando avevo realizzato, pochi giorni prima, che nonostante tutto un cuore che pulsava nel mio petto ce l'avevo ancora, malgrado a volte faticassi a sentirlo, mi sentivo positiva e piena di energie.

Non mancavano i momenti di angoscia e inquietudine, ma non avevo quasi mai tempo di preoccuparmene troppo. Il lavoro mi teneva impegnata, e di questo ero estremamente grata.

Questo di giorno, almeno. Di notte... Era un'altra storia.

Per un po' non avevo più avuto incubi, ma era stato abbastanza presuntuoso da parte mia pensare che questo voleva dire che erano scomparsi per sempre. Non si guarisce dall'oggi al domani, certe ferite restano per sempre. Potevano rimarginarsi, magari, ma la cicatrice non se ne sarebbe andata.

Quella notte, però, ma sentivo pulsare.

Mi svegliai con cuore in gola dopo aver vissuto quella notte per l'ennesima volta.

Il giorno dopo sarebbero iniziate le riprese e mi sarei trasferita a Vancouver dove avremmo girato la maggior parte delle scene.

Erano solo le quattro del mattino, mi sarei dovuta alzare alle sette per andare in aeroporto ma ormai non sarei più riuscita ad addormentarmi.

Mi alzai e presi un DVD dallo scaffale, inserendolo poi nel lettore.

Le prime immagini iniziarono a scorrere sullo schermo. Più il film andava avanti, più mi sentivo bene. Mi bastò poco, e mi ritrovai sul set di Speak. Ogni scena aveva un significato speciale, anche quelle in cui non eravamo insieme sullo schermo, perché lui era comunque dall'altra parte della telecamera a sostenermi. Era grazie a questo film che ci eravamo conosciuti, lì era nato il nostro amore.

Quasi mi sembrava si sentirlo accanto a me, ora.

Di solito non lo riguardavamo mai insieme, perché il nostro amore era nato lì ma noi l'avevamo coltivato giorno dopo giorno, e non avevamo bisogno di nulla che ce lo ricordasse. Ma adesso che non c'era più... Sentivo la mia vita scivolarmi come sabbia tra le dita, e io non potevo fare nulla per fermarla. Potevo chiudere le mani e stringere il più possibile, ma sarebbe arrivato il momento in cui mi sarei ritrovata a stringere il nulla, senza nemmeno rendermene conto, e cosa mi sarebbe rimasto allora?

Non volevo trovarmi senza più nulla. Avevo giurato che il nostro amore sarebbe durato per sempre, ma ero stanca di soffrire, non ce la facevo più ormai. E come potevo amarlo e stare bene allo stesso tempo? I due desideri erano inconciliabili.

Il solo pensar a lui faceva male. Mike era la persona più importante della mia vita, non sarebbe mai arrivato un giorno in cui il suo ricordo, il ricordo di ciò che avevamo avuto e di ciò che avevamo perso, non mi avrebbe ferita.

Il film terminò prima di quanto volessi, portando con se le mie false illusioni e lasciando posto solo ad un grande vuoto dentro di me.

Tentare di addormentarmi a quel punto sarebbe stato davvero impossibile, così scesi in cucina a fare colazione dove trovai mia madre intenta a cucinare qualcosa. Un dolce, forse.

Lo faceva sempre quando era nervosa per qualcosa e non riusciva a dormire. Chissà, magari avrei dovuto seguire il suo esempio.

"Ehi", sussurrai per non spaventarla.

Lei si voltò lanciandomi un'occhiata per nulla sorpresa.

"Che ci fai in piedi a quest'ora?"

"Potrei farti la stessa domanda", dissi sorridendo debolmente.

"Non riuscivo a dormire", ammise tornando a sbattere le uova.

"Nemmeno io", sospirai. "Posso darti una mano?"

Non rispose ma si scansò e mi fece spazio sul bancone.

Rimanemmo in silenzio per un po', ognuna immersa nei propri pensieri quando lei, dopo aver glassato la sua torta, mi disse: "Mi mancherai tanto, sai?"

Mi morsi un labbro. Non volevo piangere, non di nuovo.

Pensavo di aver superato questa fase, ma a quanto pare ero ancora estremamente sensibile ad ogni tipo di dimostrazione di affetto.

"Oh, mamma", mi affrettai a dire stringendola forte. "Anche tu."

"Lo so, ma è la cosa giusta da fare. Vero?", chiese, in attesa di una conferma da parte mia che non arrivò.

"Kristen", disse ferma prendendomi il viso tra le mani. "Dimmi che non ci stai ripensando."

"Non ci sto ripensando", dissi a voce bassa. "E' solo che non mi sembra giusto."

"Cosa non è giusto?"

Deglutii a fatica, la gola fu improvvisamente secca.

Non potevo darle un dispiacere, sapevo che se le avessi detto la verità l'avrei solo fatta soffrire, ma sapevo anche che non potevo dirle una bugia.

Aprii la bocca senza emettere alcun suono, cercando parole da dire che non arrivarono.

Qualcun'altro parlò al posto mio.

"Eccole le mie donne preferite!"

Taylor. Sospirai di sollievo cercando di non farmi scoprire. Lo ringraziai mentalmente perché mi aveva appena salvata da quella situazione senza nemmeno saperlo.

Si accorse dell'atmosfera tesa e lo sguardo gelido che le rivolse la mamma lo fece trasalire sulla porta della cucina.

"Ho... interrotto qualcosa?"

"No", mi affrettai a rispondere. "Solo i soliti saluti strappalacrime."

"E non siete nemmeno ancora in aeroporto."

Alzò gli occhi al cielo ma capii che aveva capito che c'era più di questo.

Presto arrivarono anche gli altri miei fratelli e mio padre.

Facemmo colazione tutti insieme, poi andai a vestirmi e tornai in salotto, pronta a salutare tutti.

Abbracciai forte Dana e Taylor, e ancor più forte mio padre.

Mi sarebbero mancati tutti un sacco.

All'aeroporto mi accompagnarono solo mia madre e Cam. Non era il caso di farne un affare di stato.

Fu anche più terribile.

Non tanto perché avrei dovuto salutare mia madre e Cam. Mi sarebbero mancati quanto il resto della mia famiglia, e l'idea di affrontare una cosa così enorme da sola dopo un anno di fragilità mi intimoriva un po'.

Furono le parole di mia madre.

Le sue raccomandazioni.

Il suo "Prenditi cura di te".

Annuii, fingendo che gli occhi umidi fossero dovuti solo al momento dei saluti.

Superai il check-in e feci la fila per salire sull'aereo.

Ormai non riuscivo più a scorgere le figure di mia madre e mio fratello tra la folla.

Ripensai alle parole di mia madre mentre mostravo all'Hostess il mio biglietto e mi accingevo a prendere posto, e ripensai al motivo principale per cui avevo accettato di tornare a lavorare.

Equivaleva a tornare a vivere.

Ora che ero sola, potevo anche smettere di fingere, e lasciai che lacrime calde scivolassero giù dai miei occhi.

Non potei evitare allo stomaco di stringersi in una morsa tutt'altro che piacevole.

 

 

 

 

 

 

Kristen è sempre combattuta coi suoi sentimenti, e presto lo sarà ancora di più. Combattuta e confusa, molto confusa. La sua testa le dice una cosa ma il suo cuore gliene dice un'altra e prima che recepirà il messaggio passerà un po', sorry XD

Nel frattempo mi divertirò a farla disperare e ad alternare ai momenti di disperazione i momenti di confusione ai momenti sweet tra Rob e Kris (che non vedo l'ora di scrivere, più di quanto voi non vediate l'ora di leggere u.u)

E questo nodo allo stomaco che sente Kristen... Purina, mi fa una pena. Saranno un bel casino per lo sviluppo della storia, ve lo assicuro fin da ora ù_ù quindi diciamo che questo capitolo è abbastanza fondamentale. Tipo ieri era una mezza cacca e adesso è il capitolo più importante (o quasi o.o) della storia .-. vabbè LOL

E a chi indovina il motivo dei suoi.. ehm. nodi allo stomaco... Vince un spoiler (?) LOL

Vabbè, vado u.u al prossimo capitolo che spero di postare prima dell'uscita di Breaking Dawn perchè dopo so che sarò troppo impegnata a fangirlare per pensare di scrivere.

Spero mi lascerete una recensione per farmi sapere cosa ne pensate :D

Vi ricordo solo, come al solito:

Il gruppo facebook, per spoiler o anche solo per una chiacchierata XD

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Alla prossima, siete fantastiche come sempre :D

XO Giuls

 

P.s. ROBSTEN IS UNBROKEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEN HDECFVEWUIJSGHVDUJCEUV FUCK YEAAAAAAAH!!!!!!!!!!

Scusate, ma dovevo dirlo. Ora posso anche andare :D

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Capitolo 6
*** Beside you ***


Ciao a tutti! Scusate il leggero (Leggero? Beh, più o meno xD) ritardo lol ma posso stare sempre troppo poco al pc per cui non ho mai tempo di battere i capitoli che sono scritti sul mio quadernino da mesi e mesi ahahahah vabbè ._.

Grazie, grazie, grazie. Non ho avuto tempo nemmeno di rispondere alle vostre recensioni, ma lo farò non appena mi sarà possibile. Sappiate comunque che le leggo e le adoro una per una. Sono un vero toccasana per il mio ego (Y) LOL

Vabbè, scemenze a parte (quando mai so essere seria, io), vi lascio il capitolo. Il titolo, Beside you, l'ho preso da una canzone di Van Morrison. In realtà non c'entra molto col capitolo, solo una piccola parte ._. ma a un certo punto i due parlano delle loro canzoni preferite e questa è una delle preferte di Rob ed è tanto tanto bellina *-* (e io non ho googlato "canzoni prefrite di Robert Pattinson", assssssssolutamente no u_U) quindi boh, vabbè, se la volete ascoltare la trovate QUI, ma comunque non l'ho ascoltata mentre scrivevo il capitolo, il testo non c'entra una mazza XD

Okay, ora la smetto sul serio.

Buona lettura :3

 

She will be loved

Beside you

 

Ambientarmi a Vancouver fu abbastanza facile. I membri del cast erano tutti amichevoli e sperai saremmo diventati più che semplici colleghi. Non avevo un amico da così tanto tempo che quasi non ricordavo cosa si provasse.

Certo, un po' era anche colpa mia. Avevo allontanato tutti, e alla fine tutti avevano smesso di cercarmi. Non li biasimavo, ma sapevo di quanto avessi bisogno di qualcuno con cui confidarmi.

Quella mattina mi alzai presto. Sarebbero ufficialmente iniziate le riprese, finalmente, e io non vedevo l'ora. Mi era mancato tutto di quel lavoro, compreso il costante disordine che regnava nella mia roulotte, dato che non avevo mai tempo di ordinare.

Le truccatrici si occuparono di me, il parrucchiere mi sistemò i capelli e, messe le lenti a contatto, non ero più Kristen. Fu come se improvvisamente i problemi di Kristen non esistevano più. C'era solo Bella Swan. Bella, umana goffa e noiosamente normale. Bella, innamorata del suo Edward e disposta a tutto pur di salvargli la vita. Non era un sentimento a me estraneo, sapevo esattamente cosa voleva dire.

Anche io avrei dato la vita pur di salvare quella di Mike.

Però, siccome al momento c'era solo Bella - ci doveva essere solo Bella -, accantonai il pensiero.

Lascia Kristen da parte, mi rimproverai.

Raggiunsi l'area del set in cui avremmo girato una scena molto intensa e difficile: quella della sala da ballo. Di lì a poco avrei avuto parecchio di cui urlare.

In gruppo, impegnati  a parlare, c'erano già Cath e un paio di uomini della troupe e...

"Rob!", esclamai avvicinandomi a grandi passi.

A differenza di Cath e del resto del cast, l'avevo già visto più di una volta dopo quel pranzo di lavoro a cui avevamo partecipato tutti insieme la settimana scorsa.

Dati i tempi che ci erano voluti per scegliere il protagonista maschile, avevamo solo pochi giorni per provare prima di iniziare effettivamente a lavorare sul set.

"Tu e Rob potreste vedervi questa settimana", aveva suggerito Catherine. "Avete quasi tutte le scene in comune ed entrare in confidenza con il personaggio è meglio per entrambi."

Non avevamo potuto far altro che accettare.

Io e Rob ci eravamo messi d'accordo per incontrarci a casa mia anziché nell'hotel in cui alloggiava.

Lo guardavo mentre mi avvicinavo sempre di più a lui, e non potei fare a meno di ammirare il suo sorriso dolce, e il pensiero dei suoi occhi blu mi fece venire le vertigini, proprio come durante le prove.

 

"Kristen!"

L'urlo di mia madre da sotto le scale mi scosse, e mi sbrigai a dare un'ultima sistemata prima di scendere le scale di corsa. A mala pena riuscii ad infilare le ciabatte, in ritardo com'ero.

"Eccomi, eccomi", mormorai trafelata.

Avevo perso tempo sotto la doccia ad immaginare cosa sarebbe accaduto di lì a poco, cosa ci saremmo detti, e sì, a tentare di calmare un po' quell'inspiegabile agitazione che provavo.

Non ci saremmo detti nulla. Ci saremmo scambiati i soliti convenevoli, avrei fatto gli onori di casa e avremmo iniziato a recitare le nostre battute per prepararci a quando saremmo stati davanti ad una telecamera. Fine.

L'agitazione era tanto stupida quanto inutile.

Presa dalla fretta, non mi accorsi nemmeno del muro finché non ci andai a sbattere contro e per poco non persi l'equilibrio.

Ouch.

Però era strana, morbida... E a dirla tutta non c'era mai stata una parete tra l'ingresso e il salotto, erano due ambienti collegati.

Ci misi più tempo del dovuto per realizzare che in realtà si trattava di Rob.

"Kristen?", mi chiese a metà tra il preoccupato e il divertito. "Tutto okay?"

"Sto bene... Scusa ma non ti avevo visto... Non mi ero nemmeno accorta che fosse così tardi e mi sono lasciata prendere dalla fretta."

Agitò la mano di fronte a sé.

"Non importa", disse accompagnando il gesto con le parole.

"Beh, io vado. È stato un piacere conoscerti, Rob."

"Anche per me, signora."

"Chiamami Jules. Ci vediamo stasera. Tra poco comunque dovrebbero tornare i tuoi fratelli. Buon lavoro, divertitevi."

"Certo, a dopo."

Sparì dietro l'angolo e solo quando sentii la porta sbattere mi voltai verso Rob.

"Scusa...", ripetei arrossendo. Non sapevo nemmeno perché mi sentissi così in imbarazzo... Beh, a parte la figura del cavolo.

Lui sorrise, ed era così genuino che non potei non sentirmi nuda per un istante,

Non mi piaceva granché, come sensazione. Mi faceva sentire a disagio in modo strano.

Per cui, dato che ormai potevamo dire addio ai normali convenevoli - la mia entrata aveva decisamente rotto il ghiaccio -, decisi che potevamo saltare anche la parte degli onori di casa. Eravamo lì per lavorare, non per divertirci. E non mi andava che vedesse la mia camera. Io stessa non volevo entrarci insieme a lui: c'erano un paio di foto di me e di Mike attaccate alla bacheca sulla scrivania che facevano male ogni volta che le guardavo ma che proprio non riuscivo a staccare. Non volevo che le vedesse, che sapesse qualcosa di me in più del necessario. Già mi sapeva leggere dentro abbastanza senza dover aggiungere certi dettagli importanti di me, e quello era più che sufficiente.

"Andiamo in salotto? Ci mettiamo lì, stiamo più comodi."

"Certo."

Si guardò un po' in giro, incuriosito dalla vasta collezione di musica.

"Però..."

"Lo so. Non è tutta roba mia, comunque", mi difesi quando buttò l'occhio su un CD di Lady Gaga, facendo uno sguardo piuttosto eloquente.

"Giuro che quello non è mio", dissi con una risata imbarazzata. Taylor aveva dei buoni gusti... A volte.

"Ci credo, ci credo", alzò le mani. "Quali sono i tuoi? Sono in camera tua?"

"La maggior parte sì. Di mio ce n'è qualcuno di Van Morrison e..."

"Conosci Van Morrison?"

"Certo. E' uno dei miei preferiti."
"Davvero?"

Annuii e tirai fuori il CD. Inserii il disco nello stereo e premetti play.

Le note di Beside you si diffusero nell'aria, e per un momento nessuno dei due parlò.

Ascoltavamo in silenzio le parole, e Rob canticchiò il ritornello.

"And I'll stand beside you, beside you child, to never wonder why at all."

Rimasi incantata ad ascoltare la sua voce. Non sapevo sapesse cantare così bene. Ma il formicolio che sentivo allo stomaco andava oltre il suo talento.

Erano i suoi occhi, mentre continuava a cantare.

"Past the brazen footsteps of the silence easy. You breathe in, you breathe out. You breathe in, you breathe out. And you're high on your high-flying cloud, wrapped up in your magic shroud as ecstasy surrounds you. This time it's found you. You turn around and I'm beside you."

Mi morsi il labbro e distolsi lo sguardo dall'intensità del suo.

La canzone finì, ne iniziò un'altra e io tornai a respirare normalmente.

"E' una delle mie preferite", commentò.

Mio malgrado annuii, dandogli ragione.

Mi parlò di musica, della sua musica, di quanto fosse parte di lui. Io gli dissi di quanto la recitazione fosse importante per me, raccontare storie, dar vita ai personaggi, e di come mi sarebbe piaciuto un giorno scrivere la mia, di storia.

"Metti una buona parola per me quando scriverai la sceneggiatura, voglio assolutamente far parte del progetto."

"Sicuro", scherzai. "Posso chiederti perché hai deciso di fare questo film? Non che mi dispiaccia. Ma la tua vera vocazione pare essere la musica... Devono esserti piaciuti molto i libri.  No?"

"Mmh, immagino di si."

"Immagini?", chiesi inarcando un sopracciglio.

"La verità?"

Alzai le spalle invitandolo a continuare.

"Non avevo letto i libri. Non ne avevo mai nemmeno sentito parlare. Ho dato loro un'occhiata in aereo, e della storia ho capito solo che c'è questa Bella, un'umana un po' sfigata, che si innamora di un vampiro che anziché bruciare sotto la luce del sole si illumina come una lampadina e... Niente."

Ascoltai le sue parole con la fronte aggrottata e lo sguardo perso.

"Io... Non credo di seguirti. Se non avevi nemmeno idea di che parlasse la storia, perché diavolo..."

"Per te."

"Me?", chiesi con gli occhi sgranati.

"Si, ti ho vista in Into the Wild, te l'ho detto. Sono rimasto così colpito da te che... Dovevo conoscerti."

Io non sapevo che dire. Ero immobile, e tentavo di dare un senso alle sue parole. Si era inventato tutto? Era così incredibile il fatto che voleva fare quel film solo perché io ero la protagonista che sembrava costruito.

"Sai", aggiunse cauto, "non sapevo ancora se volevo fare l'attore o no... Non lo so tutt'ora a dire il vero ma vederti recitare in quel modo mi ha fatto venir voglia di recitare al tuo fianco."

Mi morsi un labbro, senza sapere bene come prendere le sue parole. Comprare un biglietto aereo, attraversare l'oceano e fare un provino per un film di cui non sapeva praticamente nulla... Mi sentivo stranamente lusingata. E lui era certamente un continuo mistero.

Se in sua presenza mi sentivo costantemente scoperta, lui era tutt'altro che facile da leggere. Era trasparente ma una parte di me faticava a capire lui e il modo in cui mi faceva sentire. La stessa parte che ancora non riusciva a dimenticare la sua voce mentre cantava you turn around and I'm beside you. La stessa parte che, quando incrociava i suoi occhi, poi non riusciva a lasciarli ansare. Non voleva lasciarli andare. Non lo capivo, e mi spaventava.

Sobbalzai quando sentii la porta dell'ingresso sbattere e il vociare dei miei fratelli.

Mi voltai, pronta a cogliere quell'occasione per eliminare il contatto visivo coi suoi occhi, chiedendomi che ci facessero già a casa. Non dovevano essere di ritorno prima delle 5 e... E a rispondermi ci pensò l'orologio, che segnava le 5.12.

Rob era arrivato alle 3. Che fine aveva fatto il tempo? Davvero avevamo passato più di due ore a parlare del nulla?

"Ehi, Kris!"

"Dana, Tay", salutai simulando un sorriso. "Lui è Rob. Vi ho parlato di lui, no?

Rob si alza dal divano sul quale eravamo seduti, tendendo una mano per presentarsi.

"Come no. Tu sei la lampadina ambulante."

"Tay!", lo trucidai con lo sguardo, rossa di vergogna. Poco importava che Rob si fosse definito più o meno allo stesso modo solo pochi minuti prima.

Lui rimase interdetto per un secondo prima di unirsi alla risata dei miei fratelli.

"Temo di si."

Stropicciai il volto con una mano, frustrata. Ovviamente il loro arrivo non poteva che liberarmi dall'imbarazzo della situazione con altro imbarazzo.

"Beh, noi andiamo di sopra", disse Dana portandosi dietro Tay, "e vi lasciamo lavorare in pace. Addio!"

"Grazie", sibilai.

Entrambi mi fecero l'occhiolino  e poi sparirono su per le scale.

"Scusa. Taylor da bambino ha sbattuto la testa un bel po' di volte."

"Non preoccuparti, sono simpatici."

Non era per niente offeso.

"Lo sono... Ma sono meglio se tengono la bocca chiusa. Ora è meglio metterci sul serio al lavoro, abbiamo perso un sacco di tempo."

Lui annuì e tornò a sedersi accanto a me afferrando il copione e iniziando a sfogliarlo.

Non tornammo più sull'argomento, e fu meglio così, ma dentro di me non potevo fare a meno di rimuginare sulle sue parole. Ed era anche abbastanza stupido, visto che non c'era proprio niente a cui valesse la pena di pensare.

Lui aveva esagerato, preso da un momento di melodramma, e io stavo aggiungendo altro melodramma a qualcosa che non significava proprio nulla.

Tentai di non pensare al fatto che non ci eravamo scambiati i convenevoli, che non gli avevo fatto fare il giro della casa né che fino a quel momento non avevamo recitato nessuna battuta. Ignorai il ridicolo pensiero che in fondo la stupida e inutile agitazione che avevo provato prima che arrivasse Rob non fosse poi così stupida e immotivata.

Solo perche non avevamo fatto ciò che avremmo dovuto fare - studiare il copione, recitare - non voleva dire che mi stava sfuggendo tutto di mano.

Convincermene, però, con gli occhi di Rob così belli e così blu e che mi facevano sentire nuda e fragile, non era per niente facile.

 

Furono proprio gli occhi di Rob a risvegliarmi dai miei pensieri.

Erano arancioni.

Ora che indossavamo le lenti era più facile. Non eravamo Rob e Kris, non poteva più mettere a nudo la mia anima. Era nascosta sotto i panni di Bella Swan.

"Ciao, Rob", lo salutai quando me lo ritrovai di fronte. "Ops, volevo dire... Edward."

Era pieno di cerone bianco. Come poteva essere ugualmente bello? E come potevo essere comunque attratta dai suoi occhi, ora che non avevano proprio nulla dei suoi occhi?

Ridacchiai, scacciando i miei pensieri.

"Si, sfotti pure, Non sei mica tu quella che deve andare in giro con quattro chili di trucco addosso."

"Sei un ragazzo e sei più truccato di me. E aspetta di girare la foto nella foresta! Mio fratello ti crede già gay. Cioè, crede che Edward lo sia per cui di conseguenza..."

"Logica inattaccabile", disse corrucciato. "Sono piuttosto sicuro di non esserlo, comunque. Anche se su Edward ho i miei dubbi."

Ora la mia risata era più genuina.

Era così facile quando ero con lui.

"Ragazzi!". Cath ci interruppe. "Siete pronti?"

Annuimmo con convinzione.

"Bene. Sarà fantastico, vedrete. Ora voglio un po' di azione!"

**********

L'entusiasmo di Cath era contagioso. Si vedeva quanto credesse in quel progetto. Io stessa vi credevo, e più giravamo e più ero convinta che ne valesse la pena.

Quel giorno fummo costretti a interromperci un po' prima del previsto, perché Rob si fece male, ma quel poco che girammo fece trasparire la sua validità. Era stata la scelta più giusta, anche se prima dei provini non sapeva nemmeno di che parlasse la storia.

Il mio pensiero corse di nuovo a quei giorni passati a casa mia, durante i quali più che provare avevamo passato il tempo a parlare, a conoscerci.

Avevo ascoltato Beside you ancora e ancora, e non riuscivo a togliermela dalla testa.

Per quanto tentassi di prendermi in giro, non potevo negare che aveva poco a che fare con la canzone in se.

Era il modo in cui l'aveva cantata Rob, il modo in cui mi guardava e... Oh, d'accordo. Il modo in cui mi aveva sempre guardata.

E proprio mentre ripensavo a quelle parole, you turn around and I'm beside you, sentii una voce chiamarmi.

Mi voltai istintivamente, riconoscendola all'istante.

"Ehi, Kris!"

Un sorriso spontaneo fiorì sul mio viso, specchio del suo, così spensierato che per un istante mi fece dimenticare ogni mio pensiero. Smisi di preoccuparmi di tutte quelle strane sensazioni che sentivo crescere in me e pensai soltanto al suo sorriso.

"Rob. Come va lì sotto?"

Assunse un'espressione sofferente e forse un tantino melodrammatica mentre portava le mani ai pantaloni come a proteggersi.

"Ouch. Perchè me lo hai ricordato? Avevo quasi scordato che mi faceva male."

Io cercai in tutti i modi di non ridere. Non sarebbe stato affatto carino e poi doveva fargli davvero male.

Stavamo girando la scena nella sala da ballo, e durante una sequenza, non so nemmeno come, prese uno strappo inguinale. Decisamente l'attività fisica non era il suo forte.

"Scusa, non lo faccio più. Volevi dirmi qualcosa? O è solo l'Edward che è in te ad aver avuto il sopravvento sul tuo corpo? Che c'è, non potevi fare a meno di me per più di due ore?"

Fece un mezzo sorriso.

"Qualcosa del genere. In realtà noi del cast stavamo pensando di andare a prendere una pizza tutti insieme. Sai, per festeggiare la mia performance da Oscar, e per conoscerci un po' meglio."

"Oh. Grazie ma... Passo. Tutte quelle urla, prima, mi hanno un po' stancata. E poi volevo ripassare un po'..."

"Oh, ti prego", alzò gli occhi al cielo. "Mentre provavamo conoscevi a memoria la tua parte e la mia. Puoi concederti una pausa."

"Magari sei tu quello che ha bisogno di studiare un po', allora", lo presi in giro.

Gonfiò le guance come fosse un bambino, il che lo fece apparire incredibilmente tenero.

"Oggi sono andata alla grande, stiramento a parte."

"Certo", lo rassicurai. "E' inutile che fai l'offeso, sei un pessimo attore quando si tratta della vita vera."

Gli diedi uno schiaffetto sulla spalla e lui abbandonò l'aria da ragazzino mettendo su un'espressione decisamente seria.

I suoi occhi mi scrutavano, dolci e attenti.

"Anche tu."

Mi morsi un labbro. Come diavolo faceva?

"Sono davvero stanca", mentii.

Lui non se ne accorse, o forse finse di non accorgersene.

Comunque Nikki ci raggiunse, interrompendoci, e le fui estremamente grata.

"Ehi, ragazzi! Rob, tu sei dei nostri stasera, vero?"

"Certo."

"Kris, tu che fai? Rob te l'ha detto? Usciamo tutti per una pizza."

"Si, me lo ha detto. Grazie dell'invito", risposi attenta a non incrociare gli occhi di Robert, "ma sono stanca."

"Come preferisci", disse non dando troppo peso al mio rifiuto. "Allora ci vediamo stasera", sorrise poi a Rob.

"Si, a stasera."

Rob tornò a concentrarsi su di me mentre lei si allontanava.

Sembrava voler scoprire ogni mio segreto trapassandomi con lo sguardo. Che cosa ridicola. Probabilmente mi stavo immaginando tutto. Magari ero davvero stanca.

"Che c'è?", sbottai a un certo punto.

"Nulla", scosse la testa. "Allora, la prossima volta? Staremo insieme?"

Alzai gli occhi al cielo.

"Va bene."

Non ne ero sicura, in realtà. Certo, magari una serata fuori mi avrebbe fatto bene, ma per quella sera avevo bisogno solo di starmene da sola, lontana da Rob e dall'assurdo effetto che aveva su di me.

Lui inarcò un sopracciglio, non del tutto convinto.

"Okay, okay!", dissi scoppiando a ridere. "Te lo prometto. Giurin giurello e mano sul cuore."

"Così va meglio", replicò regalandomi il suo sorriso migliore. "Ci vediamo domani."

"A domani."

"Buonanotte, piccola."

Prima che mi rendessi conto di cosa stesse accadendo, si era già pericolosamente avvicinato al mio viso.

Posò le labbra sulla mia guancia, indugiando qualche istante di troppo sulla mia pelle e provocando uno di quei nodi che da un po' di tempo non mi abbandonavano più.

Era diverso stavolta però. Era quasi piacevole.

"Sogni d'oro", soffiò su di me prima di scostarsi, rivolgermi il suo mezzo sorriso e voltarsi verso la sua roulotte, lasciandomi lì. Con i miei nodi allo stomaco, le dita a sfiorare il punto in cui pochi istanti prima erano state le sue labbra, e l'eco delle sue dolci parole nella mente.

**********

Tutto il buonumore accumulato nel corso della giornata era ormai andato. Ora che mi trovavo sola nella mia roulotte con il copione tra le mani e le cuffie alle orecchie, restare da sola non mi sembrava più una così buona idea.

Rob aveva perfettamente ragione, non avevo davvero bisogno di ripassare la mia parte. Le mie erano tutte scuse.

L'unico problema era che adesso, lontana da Rob, avevo fin troppo tempo per pensare. E non era affatto un bene, perché non riuscivo a pensare ad altro che a lui.

Cercai un modo per scuotermi di dosso quei pensieri e quelle sensazioni assurde.

Dopo una videochiamata infinita con i miei genitori e i miei fratelli in cui li rassicuravo su quanto fosse fantastico essere tornata a far parte di quel mondo, aver fatto una doccia, sistemati tutto ciò che non avevo ancora avuto il tempo di sistemare quando ero arrivata, non sapevo più cosa fare per passare il tempo.

La tristezza si era impadronita di me. No, non la tristezza. Il vuoto.

Ma non lo stesso vuoto di quando Mike se n'era andato - quello mi avrebbe accompagnata per tutta la vita.

Un vuoto diverso. più indefinito, pieno di sfumature, lo sentivo dentro di me e non ero del tutto certa che mi piacesse come sensazione, ma non potevo nemmeno dire che mi dispiacesse.

Era come quando mi aveva baciata Rob, e avevo sentito un formicolio attraversarmi lo stomaco.

Accolsi la sensazione con gioia ma allo stesso tempo non mi piaceva perché mi faceva paura.

Non sapevo come definirlo, né sapevo spiegarlo. Sapevo solo che mi faceva paura.

Ero certa che, se avessi mandato un messaggio a uno qualunque del cast, non sarebbe dispiaciuto a nessuno se li avessi raggiunti. Rob aveva insistito tanto. Non avevo molta confidenza con gli altri, ma non avevamo nemmeno avuto grandi occasioni per parlare. Quella poteva essere un'occasione. Sarebbe stato divertente e, soprattutto, non avrei avuto modo di pensare a quel groviglio di emozioni a cui non sapevo dare un nome.

Ma poi pensai che se fossi andata mi sarei trovata faccia a faccia con la causa della mia confusione e mi nascosi dietro la giustificazione che ormai era troppo tardi per raggiungerli.

Ignorai il mio lo schermo illuminato del mio telefono che, quasi a prendermi in giro, mi segnalava l'ora. Le 9.27.

Ignorai il fatto che le mie fossero solo scuse, e ignorai il ricordo di Rob che mi diceva quanto fossi pessima nel recitare i panni di una Kristen che non fossi io.

Aveva ragione anche in questo.

Scossi la testa e aprii una pagina a caso, fingendo di leggere.

Mi addormentai poco dopo, col profumo del bacio di Rob e la melodia che aveva canticchiato pochi giorni prima a casa mia.

You turn around and I'm beside you...

Quella sera avevo mentito a me stessa tutto il tempo, per cui non cambiava molto se l'avessi fatto ancora un ultima volta, e mi dissi che quel bacio era solo un bacio, quella canzone era solo una canzone e che i nodi e il vuoto che avevo provato erano soltanto qualcosa che avevo mangiato che mi aveva fatto male. O magari la stanchezza.

Per la prima volta da troppo, troppo tempo, non chiusi gli occhi con la segreta speranza di non riaprirli mai più.

 

Oddio, non so davvero che dire su questo capitolo. L'ultima parte l'ho scritta tipo a giugno o_O e ci ho messo un casino di tempo per integrarla con la trama visto che il capitolo scorso non ce l'avevo pronto. Facevo prima a riscrivere da capo -.- Ricordatemi di non scrivere mai più senza seguire la cronologia o rischio di incasinarmi un'altra volta ahahahah.

Diciamo che Kristen sta sempre più confusa perchè è abbastanza chiaro che è attratta in qualche modo da Rob e questo la spaventa. Ma è ancora innamorata della scimmia e lo sarà  per un bel po' u.u ma non per sempre, tranquille XD (ops u.U)

Coooooomunque ah, si, una cosa la voglio dire: è vero che Rob si è strappato l'inguine (ha avuto uno strappo all'inguine? Ha fatto uno strappo al'inguine? o_O Non ho idea di come si dice ahahahhahaa) girando la scena della sala da ballo, quando è saltato con l'imbracatura addosso, l'ha detto lui stesso nel commento a Twilight AHHAHAHAHAHAH e niente, mi ha fatto troppo ridere come cosa e ce l'ho dovuta mettere per forza LOL. Se non avete ancora guardato il film commentato dagli attori... FATELO. E' un ordine. Vi sbellicherete dalle risate... Anche se più che altro ci sono Rob e Kris che fanno battute che capiscono solo loro o.o ma vabbè XD

Poi... Boh? Non lo so. Lascio la parola a voi... Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, che non vi annoi la storia e che non vi faccia troppo schifo il mio modo di scrivere lol so che posso migliorare per cui se avete consigli, fatevi pure avanti. Accetto tutte le critiche (basta che non mi prendiate a parolacce XD anche perchè so essere molto scurrile e sarebbe una battaglia persa in partenza u.u)

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E... Niente, alla prossima :D

Ah, no, wait. Mi sto dilettando ad imparare Sony Vegas, e niente, avrei fatto un video su Kristen. E' una mezza cacchetta e la canzone è stata usata miliardi di volte su di lei LOL ma sto imparando u.u comunque niente, se volete vederlo, lo trovate QUI. Spero vi piaccia :)

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