This is the game, and I am the loser

di Spettatrice
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Thoughts of a lioness ***
Capitolo 2: *** First clues ; ***
Capitolo 3: *** Flashback, prima parte ; ***
Capitolo 4: *** Flashback, seconda parte ; ***
Capitolo 5: *** Flashback, i pensieri di Draco ; ***
Capitolo 6: *** Flashback, terza parte ; ***
Capitolo 7: *** Il mio cuore è affamato, ormai si nutre solo di illusioni ; ***
Capitolo 8: *** Sono qui per proteggerti .. sempre ; ***
Capitolo 9: *** Fears and insecurities ; ***
Capitolo 10: *** Odio e amore ; ***
Capitolo 11: *** Vinci questa partita, vincila per me .. ***
Capitolo 12: *** Luce e buio ; ***
Capitolo 13: *** Protoni ed elettroni di carica opposta a completarsi ; ***



Capitolo 1
*** Thoughts of a lioness ***


Thoughts of a lioness ;
 
 
Le prime luci del mattino stavano penetrando nella stanza, attraversando i tessuti delle rosse tende che oscuravano il grande dormitorio. Probabilmente il sole era appena sorto, ma non doveva essere poi così tardi considerando che i pensieri di tutti erano mescolati in sogni segreti e nascosti sotto le coperte dei grandi letti. Era Hermione, l’unica ragazza con gli occhi aperti. Si era girata e rigirata nel letto buttando e riprendendo le coperte da terra per tutta la notte, mentre il sonno decideva che non si sarebbe posato su di lei. Probabilmente se adesso si fosse alzata avrebbe visto due marcate occhiaie contornarle gli occhi gonfi e rossi che si ritrovava. Si, aveva pianto. Aveva pianto così intensamente che probabilmente sarebbe stata in grado di dirvi con certezza quante lacrime aveva versato. Il dolore era rimasto con lei per tutte quelle ore, avvolgendola in un manto freddo e deserto, dove solo lei poteva combattere con ciò che provava. Nessuno poteva consolarla, dormivano tutti. Ginny non aveva cambiato posizione per tutta la notte. I suoi capelli rossissimi erano rimasti sparpagliati nel cuscino, mentre accanto ad essi giaceva la sua mano, addormentatasi nell’attimo in cui cercava di lisciarli con le dita. La luce del sole adesso le accarezzava il viso pallido ricoperto di lentiggini, creando ombre scure che le oscuravano metà della fronte.
Le altre ragazze non le vedeva bene, i loro volti erano totalmente nascosti dalle coperte. Si sentì poi un lieve fremito proveniente da sinistra: Ginny si era appena girata e adesso aveva portato le mani verso la faccia per strofinarsi gli occhi.
-Buongiorno- Disse, con una voce totalmente impastata dal sonno.
Hermione non rispose, era chiaro che fingeva di essere in preda ad un sogno profondo: Ginny la conosceva ormai fin troppo bene.
-Avanti Hermione, non penserai davvero che non ti abbia visto ! - e , con uno sbadiglio, sussurrò poi :
– Apri quegli stramaledetti occhi .. -
-Mai che ti sfugga qualcosa eh, Ginny? – disse in tono duro, quasi arrabbiato. – Scendo in sala comune, devo finire il mio tema per Antiche Rune, ci vediamo dopo. – E con uno scatto si alzò dal letto, sparendo dietro la porta.
 
 
 
Non era la prima volta che Hermione Granger si alzava con un’ora di anticipo per finire i suoi compiti. Non che ci facesse l’abitudine, certo, ma a volte le capitavano a tiro giornate in cui nella sua mente c’erano pensieri che andavano ben oltre la semplice lezione di Antiche Rune.
Si diresse a passo svelto in Sala Grande per la colazione, evitando del tutto il tavolo di serpeverde , andando a sedersi accanto ad un affamato Ron Weasley.
-‘Giorno Hermione – disse con un rumoroso sbadiglio – Caspita, devi aver dormito davvero bene stanotte. Ma tranquilla, Harry è messo peggio di te. –
 Solo allora  Hermione si accorse che davanti a lei, dall’altro capo della tavola, Harry stava fissando la sua tazza di latte bollente con sguardo assente.
Riusciva a capirlo in fin dei conti .. Harry aveva una cotta per Ginny, ma lei era completamente estranea a tutto e continuava a passare da un ragazzo all’altro senza mai prendere davvero in considerazione Harry. Ovviamente lui soffriva in silenzio, senza mai proferire parola a nessuno. Il problema vero probabilmente era questo. Ron era troppo protettivo nei confronti della sorella, aveva un non so che di padre dannatamente geloso. Harry non aveva il coraggio di dirgli cosa provava per Ginny, aveva paura di perdere la loro amicizia o qualcosa del genere. Ormai sapeva a memoria quali erano le reazioni di Ron nei confronti di un ipotetico ragazzo, ogni qualvolta lo vedeva sbaciucchiarsi sua sorella. Era una battaglia persa e mai inizia.
La mattina trascorse in maniera veloce. A colazione nessuno proferì parola e le uniche interruzioni erano dovute a Ron che si ingozzava senza sosta.
Hermione controllò il foglietto con gli orari: Lezione di divinazione, settimo piano.  Significava un milione di scale da percorrere.
Non c’era niente da perdere con la Cooman e in fin dei conti non era dell’umore giusto per sentirsi dire che era in procinto di morire.
Morire ..
Forse sarebbe stata la soluzione giusta. Avrebbe annullato una volta per tutte quei pensieri che da tempo avevano preso posto nella sua mente. E più cercava di non farli entrare più questi aumentavano la loro forza e la loro determinazione per potersi insinuare su di lei. E lei soffriva, soffriva in silenzio. Soffriva come Harry.
-Tutto bene Hermione? – La voce di Harry risuonò nell’aria e il dolore scomparve per un attimo.
-Si .. c-certo, ho solo un leggero mal di testa. Credo sia meglio se per stamattina salto l’incontro con la Cooman. C-ci vediamo. – E voltandosi in direzione della scalinata principale,  Hermione si incamminò verso il suo dormitorio.
Non era normale quello che stava facendo, ormai non era più in se.
Qualcosa dentro di lei, dentro il suo stomaco, si muoveva in maniera graduale aumentando sempre di più ogni volta che i pensieri la tormentavano. E si ingrandiva, si ingrandiva a dismisura, tanto che a volte era costretta a rannicchiarsi e stringere forte i pugni. Arrivata in sala comune puntò dritto al suo dormitorio, evitando lo sguardo di tutti gli studenti del quarto anno, che probabilmente avevano un’ora di buco.
Solitudine,pace,tranquillità, silenzio completo.
Aveva bisogno solo di questo.
Si odiava per tutto quello che stava facendo, si odiava troppo. Sapeva che restare da sola in determinate situazione riusciva a deprimerla più di quanto già non fosse così.
Ma era il dolore che lei cercava. Era palese. Non era stata lei quella che si era lasciata trascinare nelle grinfie dell’illusione?
Non era stata lei, ancora una volta,  a cadere nella trappola del serpente di ghiaccio, che l’aveva avvolta con il suo veleno e il suo odio?
Sì, era tutta colpa sua se adesso si trovava in quelle condizioni. Era colpa sua se soffriva e non poneva un limite ai suoi pensieri. Il tormento si impossessava di lei così come già aveva fatto il serpente. Si avvicinava lentamente, logorandola piano, facendola soffrire. Poi all’improvviso perdeva interesse, si distaccava e mostrava indifferenza.
Era un serpente confuso e lunatico, forse?
No, era crudele.
Faceva soffrire le sue vittime senza tregua per poi lasciarle lì, spaesate e in compagnia del buio. Un buio accecante, che confondeva le idee.
Un serpente e una leonessa.
 Cosa ci poteva essere di più ridicolo?
Probabilmente per lui non stava in piedi, ma lei riponeva tutte le sue speranze su questo.
 

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Capitolo 2
*** First clues ; ***


First clues ;
Non c’era un filo di vento fuori delle mura del castello e una profonda quiete si dilagava per tutto il parco, al di là del Lago Nero, fino al limitarsi della foresta proibita. Si sentivano soltanto alcuni cinguettii lontani e il dolce miagolio di un gatto nero, espandersi tra le profondità del silenzio. Una figura enorme, alta almeno come tre persone adulte, se ne stava seduta nei gradini di pietra dell’immenso castello, immerso nei suoi pensieri. C’era qualcosa nel suo sguardo, in grado di insospettire qualsiasi persona che avesse varcato quella porta. Le grosse spalle erano ricurve su se stesse,  mentre la testa fronteggiava alta nell’oscurità della notte. La barba e i capelli, fin troppo incolti e crespi, avrebbero potuto sembrare veri e propri cespugli, se non fosse stato per due lucidi occhietti che si insinuavano tra di essi. Rubeus Hagrid, ormai conosciuto come guardiano e custode delle chiavi a Hogwarts, se ne stava in quella posizione da ormai qualche ora, aspettando che qualcuno facesse capolino dal portone. E fu proprio in quello stesso istante, che il grande portone dell’ingresso si spalancò e si richiuse di colpo, mentre nascosti sotto un pesante mantello invisibile si presentavano davanti ai gradini tre ragazzi ansiosi. Harry, Ron ed Hermione non erano sicuramente quel tipo di persone che se ne stavano per i fatti loro all’una di notte passata, soprattutto, se la questione dell’uscita nascosta era Hagrid.
-Oh, eccovi – disse quest’ultimo, non appena le teste dei ragazzi, ormai allo scoperto, potevano essere visibili. – Iniziavo a pensare che non venivate più -.
- Scusa Hagrid, Ronald ha dovuto inseguire il suo nuovo topo per tutto il tempo per poi portarselo dietro. Per l’ennesima volta insinuava che sarebbe stato pericoloso lasciarlo solo con Grattastinchi -  Affermò Hermione, in tono scortese.
- Scusa tanto Hermione, se, per l’ennesima volta, il tuo gatto ha cercato di uccidere il mio povero Jack. Non hai un gatto normale, mi spiace. – Rispose Ron sarcastico.
- Ma davvero, e da quando non è normale che un gatto voglia mangiarsi un topo, sentiamo ! – Hermione si stava alterando e la sua faccia aveva assunto un colore rosso bordeaux.
- Vedi allora, che lo hai appena ammes..? – Ma Ron non fece in tempo a continuare la sua frase, poiché Harry in ballo a una crisi di nervi urlò:
-Scusate se disturbo ancora una volta le vostre dolci lamentele! Vorrei solo ricordarvi il motivo per cui siamo qui fuori – E, riprendendo la calma e rivolgendosi ad Hagrid, disse poi:
- Andiamo, una volta per tutte.
Fu così che le quattro figure si incamminarono verso la vecchia capanna di Hagrid, dove qualcosa di probabilmente mostruoso e proibito si celava. Arrivati di fronte alla capanna Hagrid aprì il portone e, dopo aver fatto entrare i tre ragazzi, salì i due gradini d’ingresso con un solo passo e chiuse la porta alle sue spalle.
Quello che videro quella notte non era niente di preoccupante in confronto a quelli che erano gli standard di Hagrid  nel suo concetto di “innocue creaturine”
Tornando dalle montagne, per far visita al suo gigantesco fratello Grop , aveva visto, in una di quelle grotte incustodite e fredde, un “ovetto” bianco di dimensioni notevoli, ormai a lui noto come autentico uovo di drago.
-Hagrid, non penserai davvero che ce ne staremo con le mani in mano aspettando che quella cosa si apra – Commentò Harry, disgustato.
-Non pretendo niente da voi, ve lo assicuro ! Ho solo avuto paura, quando l’ho visto. Ma è normale quando vedi una cosetta bianca bianca che sembra chiederti aiuto. Era così solo poverino, mi faceva tenerezza. – Disse Hagrid commosso, asciugandosi una “lacrimuccia” che cercava di scendere sul suo viso.
-Oh Hagrid, non puoi averlo fatto di nuovo! – Hermione era esasperata – Abbiamo già parlato milioni di volte di questo, non possiamo continuare così. Probabilmente questo povero “esserino” – e qui Ron sbuffò – ha una mamma che lo starà cercando.
-Hermione ha ragione Hagrid. Con l’intenzione di proteggerlo lo avrai  sicuramente separato dalla sua vera madre. Dovresti riportarlo indietro, lo sai benissimo.- Anche Harry aveva iniziato a preoccuparsi.
Dopo varie insistenze i tre amici avevano convinto Hagrid, che con le lacrime agli occhi aveva promesso loro di riportarlo indietro la mattina seguente.
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Ron ed Harry erano da poco andati in dormitorio ed Hermione era rimasta da sola in sala comune. Sdraiata in una delle poltrone posizionate accanto al caminetto, la sua mente vagava, soffermandosi su qualcosa che al loro rientro aveva attirato la sua attenzione.
C’era un gatto, un gatto che non aveva mai visto aggirarsi per il castello, che vedendola aveva iniziato a strusciarsi sulle sue gambe, come impazzito. Sembrava avesse fame o qualcosa di simile. Hermione era stanca, non lo aveva preso molto in considerazione, ma ora, ripensando alla scena, riconobbe in quel gatto qualcosa di dannatamente familiare. Non sapeva esattamente cosa, era davvero troppo stanca. Probabilmente apparteneva a qualche studente del primo anno e avrebbe dovuto soltanto smetterla di spremersi le meningi per certi dettagli inutili. Ma forse il gatto era solo una scusa, un qualcosa che occupava la sua mente in modo da non permettere ad altri pensieri di penetrarla. Pensieri striscianti, freddi come il marmo. Pensieri con occhi di ghiaccio e un ghigno ormai troppo familiare. Pensieri, su Draco Malfoy.

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Capitolo 3
*** Flashback, prima parte ; ***


 
Flashback, prima parte;
 
La sala grande a quell’ora della mattina gremiva di persone. Le quattro tavolate erano ormai quasi tutte piene di studenti e numerose prelibatezze erano da poco apparse nei tavoli per la colazione. Dall’altro capo della stanza, invece, i professori discutevano tra di loro,  ignorando del tutto la mancanza di un’imminente figura.
-Hagrid non è ancora tornato, mi sto preoccupando. – Harry, già di buona mattina iniziava a impensierirsi sulle sorti dell’amico.
-Conoscendolo, starà facendo un monologo all’uovo piangendo come un disperato. Non fapifco come poffa trofafe fafine queffe creafufe. -
-Dannazione Ronald! Smettila di parlare con la roba in bocca! Stai facendo la doccia anche a quelli di Serpeverde! – Hermione, ultimamente sempre di pessimo umore, non aveva perso l’occasione per sgridare l’amico.
Un ghigno quasi impercettibile attraversò il volto di Harry, non appena Ginny prese posto a tavola con loro.
-Buongiorno- Disse in tono soave rivolta ad Hermione.
-Giorno Ginny-  le disse lei con un sorriso.
Adesso che ci pensava bene, l’ultima volta che l’aveva incontrata il suo atteggiamento non era stato uno dei migliori. Le aveva risposto in maniera piuttosto sgarbata dopo che la sua migliore amica l’aveva colta impreparata. Gli occhi rossi e gonfi avrebbero potuto tradirla e fingere di dormire gli era sembrata la soluzione migliore. Ma Ginny la conosceva davvero troppo bene. Non una volta, in un momento di difficoltà l’aveva lasciata andare. Non una sola volta non le era stata vicina con le sue parole e con i suoi sguardi comprensivi. Soltanto ora, per la prima volta nella sua vita, Hermione voleva tenerla distante. Non le avrebbe detto niente, il suo dolore sarebbe rimasto segreto anche a lei. Lo avrebbe rigettato in qualche modo nella parte più profonda del suo stomaco, aspettando che la notte lo riportasse in vita.
Nello stesso momento in cui questi pensieri le attraversavano la mente, una chioma biondo-platino fece capolino dal portone e Draco Malfoy fece ingresso in Sala Grande.
Il suo sguardo vagò con indifferenza per tutta la sala, fino a che i suoi occhi non si posarono con una freddezza unica verso il tavolo di Serpeverde. Non si era lasciato sfuggire nemmeno uno sguardo verso di lei. Neanche un’occhiataccia, un piccolo segno che avrebbe confermato la consistenza e la realtà del passato. Poi, senza nemmeno accorgersene, un flashback attraversò la mente di Hermione e una giornata piovosa si presentò davanti ai suoi occhi.
Tutto era calmo, tutto era così tranquillo ..
Una ragazza dai capelli folti e increspati stava vagando per i corridoi del quinto piano.
Le sue mani tremavano e si impegnavano a mantenere sotto alle dita il peso del calderone con i libri. Mancavano ancora  sei stramaledetti piani e lei era in ritardo. Il professor Piton, come di sua solita iniziativa, avrebbe tolto a Grifondoro ulteriori punti.
Quando finalmente arrivò dinnanzi al grande portone di pietra, lo ritrovò chiuso: segno che la lezione era già cominciata.
-Bene, bene, bene. L’insopportabile so-tutto-io che arriva tardi ad una lezione. E non una lezione qualunque, una lezione di Piton. – Occhi grigi, malvagi. – Fammi indovinare, Granger. Qualcuno ha cercato di gettarti addosso una scossa elettrica o i tuoi capelli sono così di natura?- Un ghigno perfetto, gli arricciò le labbra.
-Nessuno a chiesto il tuo parere, Malfoy.- Affermò lei, scettica.
-Poco importa, sei solo una lurida mezzosangue. Il sangue sporco non si smentisce mai. – Ancora una volta Malfoy parlava di sangue. Ma che diamine di importanza poteva avere? Era davvero così indispensabile essere una  purosangue?
-Già- Fu tutto quello che le sue labbra furono in grado di sussurrare. Si sentiva strana, fin troppo. Quando mai le parole di Malfoy avevano così tanta influenza nel suo umore? Quando mai si era abbattuta così, senza trovare una risposta degna di sfida?
-Signorina Granger, Signor Malfoy, sono davvero dispiaciuto di dover interrompere la vostra conversazione. Mi chiedevo se anche voi, come tutti gli altri studenti, vorreste favorirci con la vostra presenza – Le parole di Piton risuonarono nel sotterraneo, facendo sobbalzare Hermione. Il portone di pietra era stato spalancato per la seconda volta e Draco stava entrando in aula, mentre lei era rimasta quasi pietrificata dalle sue parole.
Durante tutta la lezione Hermione non aveva avuto il coraggio di alzare la testa dal suo calderone. Cercava , con tutta la forza possibile, di concentrarsi sul lavoro da portare a termine, impedendo alla sua mente di vagare oltre.
Per sua fortuna, però, la pozione era decisamente complicata, tanto che soltanto lei, a fine lezione, riuscì a far diventare quell’intruglio di un colore abbastanza simile al rosso porpora.
Stavolta però, non gliene sarebbe importato così tanto. Anche se avesse fallito, anche se per la prima volta avesse sbagliato la pozione, questa volta sarebbe stato diverso. Le parole le risuonavano nella mente ..
 
Insopportabile so-tutto-io”
Solo questo appariva ai suoi occhi. Solo questo era in grado di vedere.
Insopportabile, insopportabile,ancora una volta, insopportabile. Ed ogni parola aveva un peso nel suo cuore. Ogni parola riusciva a farla sprofondare e tutto perdeva la sua importanza.
Lurida mezzosangue”
Non era degna di essere una maga, non era degna di fare niente.
Sangue sporco”
Feccia, era soltanto un mucchietto di feccia.
Si alzò lentamente dal banco a fine lezione, barcollando. La testa le iniziò a girare fortemente come se una trottola si fosse impossessata di lei. E girava, girava .. girava senza mai smettere. Tutto era buio, tutto aveva perso importanza ..

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Capitolo 4
*** Flashback, seconda parte ; ***


Flashback, seconda parte ;

Per l’ennesima volta in quella settimana Hermione Granger si era ritrovata in infermeria. La prima volta la colpa era stata attribuita ad un bolide, che, come per magia, l’aveva colpita in piena faccia nel bel mezzo della partita Grifondoro-Corvonero. Lei era svenuta seduta stante e tutti coloro che si trovavano nella tribuna accanto a lei avevano chiamato subito la professoressa McGranitt.
La  seconda volta, per l’appunto pochi giorni fa, qualcuno aveva avuto la brillante idea di nascondere la sua bacchetta, così che lei, per cercarla sotto il letto del dormitorio, aveva battuto una testata rialzandosi, procurandosi un enorme bernoccolo.
Adesso si ritrovava , invece, del tutto spaesata e con un forte dolore alla testa nello stesso letto dell’infermeria, avvolta nelle soffici coperte verdi.
Davanti a lei le tende della grande finestra, non del tutto tirate, facevano scorgere i vetri bagnati dalla pioggia, che con insistenza batteva su di essi,  provocando un ticchettio esasperante.
Non sapeva quante ore erano passate e nemmeno si ricordava con esattezza quello che le era accaduto. Aveva solo la vaga idea di aver perso i sensi senza ricordare con precisione dove e quando la sua testa aveva smesso di funzionare.
Decise allora di scendere per uscire da quella stanza deprimente a cui aveva ormai fatto l’abitudine, ma dovette pagare caro quel movimento. Ogni singolo muscolo del suo corpo le faceva male e la sua testa sembrava potesse scoppiare da un momento all’altro.
-Cosa sta cercando di fare signorina Granger?- Madama Chips era appena sbucata dalla stanza accanto, con in mano una bottiglia scura. –Non la lascerò andare finchè non avrà preso questo intruglio. Sarà in grado di fermare il suo mal di testa, cara. – Concluse con tono materno.
-Cosa mi è successo esattamente? – Domandò Hermione tenendosi una mano sulla fronte, per cercare di attenuare il dolore.
-Un piccolo giramento di testa, niente di cui preoccuparsi. – Disse l’infermiera. Poi, avvicinandosi alla ragazza e riempiendo il cucchiaio che aveva in mano con una strana sostanza verde, aggiunse:
-Adesso, se non le dispiace, la pregherei di mettere in bocca questo cucchiaio. – E, senza tanti complimenti tappò con la mano libera il naso della ragazza per costringerla ad aprire la bocca.
Pochi minuti più tardi, mentre si stava dirigendo in sala comune, Hermione ripensava alle parole di Madama Chips ..
“E’ stato il signor Malfoy a portarla da me. Ha detto che il professor Piton lo aveva costretto per fargli scontare il ritardo a lezione di stamattina. E’ rimasto con lei per un po’, sembrava preoccupato.”
Draco Malfoy, preoccupato? Probabilmente Madama Chips aveva frainteso tutto.
Adesso però, riusciva a ricordare con esattezza quello che era successo quella mattina e, con un grande sforzo, scacciò subito i pensieri negativi che stavano cercando di entrare nella sua testa. Non poteva permettersi di soffrire ancora per quelle parole di ghiaccio. Aveva provato sulla sua stessa carne quelle che erano state le conseguenze. Quell’indifferenza, quello sguardo d’odio, erano riusciti a farle perdere i sensi. Non aveva la minima idea del perché questo fosse accaduto, aveva solo bisogno di dormire, dormire per sempre.
Il fuoco caldo del caminetto della sala comune riusciva a darle conforto. Emanava quel calore soave che la rilassava. Decise così di posizionarsi nella poltrona più vicina a quella fonte di calore che le dava la sicurezza di cui aveva bisogno, che la faceva sentire protetta da quegli occhi di ghiaccio, da tutta quanta la crudeltà di quel mondo a lei così ostile. Si addormentò poi con la testa leggermente inclinata a sinistra, il respiro regolare e le mani poggiate sul ventre.

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Capitolo 5
*** Flashback, i pensieri di Draco ; ***


Flashback, i pensieri di Draco  ;

Sette piani più in basso, un ragazzo dai capelli biondo-platino era disteso nel letto del suo dormitorio, nella sala comune più fredda e isolata di tutto il castello.
Nessuno, nemmeno i suoi più cari amici, vedendolo, avrebbero potuto immaginare quelli che erano i pensieri che in questo momento stavano attraversando quel volto pallido e privo di vita.
Poche ore prima si era ritrovato in infermeria, davanti al letto della Granger, fissandola con ostinazione. Per alcuni minuti il suo sguardo si era soffermato sulle sue labbra, rimpiangendo quel candido colore rosato che adesso era svanito,  rendendole più bianche, a causa dello svenimento. Aveva poi ascoltato il suo respiro, così lento, così regolare .. fino a perdersi negli estremi di quella tranquillità. In fine, aveva riposto la sua attenzione nei capelli  della mezzosangue. Osservava con soggezione ogni singolo riccio e ogni singola sfumatura che li caratterizzava. Ripensava poi alle parole pronunciate poco tempo prima che quella stupida grifondoro svenisse.
Ci era andato pesante. Lei non aveva nemmeno reagito alle sue provocazioni. Era semplicemente rimasta immobile guardando il pavimento come se tutte le sue emozioni si fossero svuotate, lasciando su di lei soltanto il peso di quelle parole. Aveva mostrato il suo odio nei confronti della ragazza e, per l’ennesima volta, aveva parlato di sangue.
Ma Draco Malfoy era sempre Draco Malfoy. Non aveva nessun rimpianto e nessun accenno ad eventuali sensi di colpa. Non sapeva nemmeno se erano state le sue parole, la causa di quel malessere.
Poi all’improvviso, mentre se ne stava sdraiato su quel letto, una sequenza di immagini, le stesse che lo avevano turbato mentre era in infermeria, trafissero i suoi pensieri.
Il suo volto, i suoi occhi vuoti, il viso pallido .. un sorriso spento che incorniciava le sue labbra, mentre lui pronunciava la parola “mezzosangue”. Eppure non aveva torto, Hermione era una sangue sporco, non meritava niente di concreto.
Così, come adesso il ragazzo, nel freddo dormitorio,  si rigirava sotto le coperte cercando di evadere da quelle riflessioni, allo stesso modo,  seduto accanto alla mezzosangue in infermeria, Draco si alzò di scatto, voltando le spalle alla feccia.

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Capitolo 6
*** Flashback, terza parte ; ***


Flashback, terza parte ;
 
 
Settimo piano, ore 23.45 .
La luce lunare riusciva a stento a penetrare attraverso le tende pesanti di quell’angosciante dormitorio.
Un’ombra l’attraversò, eclissando per un breve attimo quell’unica fonte di luce presente.
Si sentirono dei passi, poi la porta della stanza si aprì, creando un secondo spiraglio di luce, mentre Hermione Granger si ritrovava in sala comune.
Tra le mani stringeva un piccolo pezzo di carta, con talmente tanta forza che le sue dita erano diventate rosse. Ormai l’aveva aperto e ricontrollato almeno un centinaio di volte.
 
“Il mio orgoglio mi sta logorando, ma non amo avere rimpianti.
Stasera fatti trovare fuori dal castello, nei pressi del Lago Nero.
 Ti aspetto non prima della mezzanotte .. “                  
                                                                                                           Anonimo.
 
Quella sera, quando si era svegliata, ancora nella poltrona accanto al fuoco, aveva trovato la sala comune piena di gente.
Così, non avendo intenzione di attaccare conversazione con nessuno dei presenti, si era rifugiata in dormitorio, isolandosi.
Lì, sopra al suo letto, un piccolo origami a forma di gatto era stato piegato con cura.
Per vari minuti la ragazza era rimasta indecisa sul da farsi. Era abbastanza convinta che quel piccolo foglietto di carta nascondesse un messaggio, ma al tempo stesso non voleva per nessuna ragione disfare la pazienza e la precisione con cui era stato fatto.
C’era stato qualcosa, più forte della sua volontà, che l’aveva però costretta ad aprirlo. Era una speranza, una speranza attesa da tempo. Un messaggio che aveva sognato di ricevere, in segreto.

Si ritrovava ora per i corridoi di Hogwarts, allo scoperto.
Non aveva avuto la brillante idea di prendere in prestito il mantello dell’invisibilità di Harry, ma forse era meglio così. Non voleva assolutamente rischiare di svegliarlo.
Quinto piano ..
Aveva appena superato il bagno dei prefetti e si stava dirigendo verso la scalinata ..
Quarto, terzo piano ..
Il tempo scorreva, mancavano solo 7 minuti all’orario indicato ..
Secondo piano ..
Passò in fretta davanti all’aula di Aritmanzia, per poi continuare e scendere un’altra serie di scalini.
L’ansia iniziava a farsi sentire. Angoscia e paura si mescolavano insieme. Aveva lo stomaco in subbuglio .. il fiato corto ..
Primo piano ..
Il cuore aveva perso qualche battito.
Il castello si faceva ogni secondo più buio, man mano che la ragazza scendeva di piano. Estrasse di colpo la bacchetta e pronunciò con voce tremante:
-Lumos-
Un raggio di luce le accarezzò il viso, mostrando i suoi tratti stanchi, angosciati dal sapere e dalla tensione.
Ma ora una nuova paura cresceva in lei, mentre con sguardo furtivo usciva dal castello, gettandosi nell’aria ghiacciata della notte.
Si riempì i polmoni di aria fredda .. di un’aria nuova, ricca di tensioni e insicurezze.
3 minuti ..
Con uno scatto iniziò a correre per scaricare tutta la tensione che aveva dentro. Il vento le faceva lacrimare gli occhi, mentre con violenza si scagliava sul suo viso,  sui suoi tratti dolci ..
A mezzanotte e un minuto Hermione si trovava di fronte all’acqua scura del Lago Nero, senza fiato. Nonostante avesse appena finito di correre, aveva brividi che ricoprivano ogni centimetro di pelle del suo corpo .. le gambe le tremavano e avrebbe potuto svenire da un momento all’altro.Si sedette ai margini dell’acqua, nascondendo la testa tra le sue braccia e le ginocchia piegate. Sentiva i battiti del suo cuore prendere ritmi sempre più frequenti, sempre più veloci ..
Rimase in quella posizione per circa un’altra decina di minuti, mentre la tensione la stava lentamente logorando. Non sapeva se quello che stava facendo era uno sbaglio e non sapeva nemmeno se potesse trattarsi di una trappola. Non ci aveva pensato, non aveva avuto il tempo di farlo e neanche la voglia. Sperava, con ogni parte del suo corpo, che fosse una sola persona ad aspettarla nel mezzo della notte.
Bastò un attimo, un rumore improvviso da dietro un cespuglio a farla girare. Strizzò gli occhi nell’oscurità e riconobbe il suo cavaliere misterioso. Occhi di ghiaccio la stavano fissando con un’intensità innaturale. Il portamento fiero, i capelli biondo-platino e quel ghigno .. il suo ghigno preferito.
 
Il ragazzo fece un passo in avanti, quanto bastava per lasciare la sua zona d’ombra e far brillare il suo sguardo sotto la chiara luce della luna.
-Non pensavo che saresti venuta- Furono le sue prime parole. La voce era chiara, sicura.
-Non lo pensavo nemmeno io- Rispose la ragazza alzandosi. Stava mentendo.
Al contrario la sua voce era insicura, stava ancora tremando. I suoi occhi erano stanchi, questo era chiaro, ma per la prima volta dopo tanto tempo avevano iniziato a brillare, sotto la stessa luce che illuminava il volto del ragazzo.
Draco avanzò ancora di qualche passo, fino a raggiungere Hermione e posizionarsi di fronte a lei. I loro occhi sembravano fondersi insieme, in un vortice di emozioni.
-Facciamo un gioco, Granger. – Le sussurrò lui, le labbra vicinissime all’orecchio della ragazza.- Per stasera le parole non valgono, voglio soltanto i fatti .. – E così dicendo, inclinò la testa per baciarla nell’oscurità della notte.


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Capitolo 7
*** Il mio cuore è affamato, ormai si nutre solo di illusioni ; ***


Il mio cuore è affamato, ormai si nutre solo di illusioni  ;
 
-Hermione, tutto bene? – Ginny, preoccupata, stava scrollando l’amica che sembrava come in trance.
- C-calmati .. va tutto bene – Disse, riprendendo il controllo di se stessa.
Ginny sembrava davvero spaventata. Hermione sapeva, che la riservatezza che le stava concedendo,  a breve,  sarebbe sparita e, che l’amica,  le avrebbe presto chiesto spiegazioni. Il suo viso e l’espressione dura ne erano la prova.
Persino Harry e Ron la stavano fissando con insistenza da qualche secondo. Nei loro sguardi vide confusione, curiosità e preoccupazione allo stesso tempo.
Che ne era stato di Hermione Granger? Dov’era finita la sua voglia di studiare, la sua grinta, la sua costante determinazione? E quel sorriso, quel sorriso che le arrivava fino agli occhi facendoli brillare .. dov’era adesso?
Ma il problema vero era che non lo sapeva nemmeno lei. O, meglio, fingeva di non saperlo per paura di ammetterlo a se stessa.
La sua mente aveva vagato troppo, aveva lasciato che quel ricordo bellissimo e allo stesso tempo doloroso la penetrasse. Ed ora era la nostalgia, il sentimento che la trafiggeva.
Era stata una stupida e aveva sbagliato per l’ennesima volta. Aveva avuto il coraggio di guardarlo, sperando di incontrare i suoi occhi, il suo sguardo agghiacciante. Ma ancora una volta si era illusa.
“Facciamo un gioco, Granger.” – Le aveva sussurrato, avvicinandosi a lei ..
Un gioco, era solo un fottutissimo gioco per lui. Non aveva altre aspettative a riguardo. Era un serpente, una bestia decisamente troppo feroce.
L’avrebbe fatta soffrire fino alla morte, fino al suo ultimo respiro. E sarebbe stato lì, in attesa che il suo cuore stentasse con quel battito, il suo ultimo battito, per goderne in silenzio.
Non avrebbe avuto pietà di una mezzosangue, poiché la feccia si calpesta soltanto.
Ed ora la ragazza lo osservava con sguardo furtivo, attenta ai più piccoli particolari.
Draco Malfoy era ormai arrivato al tavolo dei serpeverde. Si era seduto con riluttanza a tavola, accanto a Tiger e Nott e,  per tutto il tempo,  non aveva toccato cibo. Aveva il capo chino, ma Hermione non riusciva a capire cosa stesse guardando. Si soffermò allora sui suoi lineamenti, duri e freddi, che ormai aveva imparato a memoria.
Poi ad un tratto, aveva scorto una mano bianca ed esile afferare il polso di Draco, stringendolo forte. Pansy si era appena alzata dal suo posto e adesso aveva poggiato la sua faccia da carlino affamato nella spalla del ragazzo. Ma Draco non sembrava averla presa del tutto in considerazione. Si era limitato a sorriderle,  alzando appena lo sguardo su di lei, mentre questa aveva ricambiato con un leggero bacio sulla guancia.
No, Hermione non poteva sopportarlo ancora per molto. Si sentiva male di nuovo e alcune lacrime stavano già traboccando dall’estremità dei suoi occhi lucidi.
Raccolse la borsa con tutte le sue cose e scappò via dalla sala. Non una sola persona aveva avuto il coraggio di fermarla. Ron, Ginny ed Harry si stavano fissando, completamente spaesati.
Un ragazzo, dall’altro lato della sala, aveva però alzato lo sguardo mentre la ragazza correva verso l’uscita, osservando dolcemente una lacrima leggera,  che le scintillava sulla guancia.

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Capitolo 8
*** Sono qui per proteggerti .. sempre ; ***


Sono qui per proteggerti .. sempre  ;
 
 
 
Calde sono le lacrime che provengono dal cuore.
E’ un cuore affranto. E’ sconsolato e lasciato a galla tra le onde del destino, senza protezione alcuna.
E corre, corre come un matto. E per ogni battito che fa,  due ne mancano al suo appello.
Una figura alta, slanciata, stava camminando dentro la fessura degli occhi stanchi di Hermione, quasi socchiusi. Era come se tutto il resto fosse nascosto da un’ombra tetra, da un’oscurità indissolubile che cercava di chiuderli. Ma pure quel piccolissimo spazio aperto, era turbato dalle lacrime, mentre l’oscurità cercava di ridurlo.
L’immagine appariva sfocata, priva di prospettiva.
La testa girava ancora, girava con la figura che la ragazza vedeva davanti a sé.
Un vortice, una centrifuga.
Non vedeva niente di preciso, solo questa figura alta.
Si teneva ancora la testa dolorante con una mano, mentre con l’altra tastava il freddo e umido pavimento del bagno dei prefetti.
Si era dimenticata di chiudere l’acqua del rubinetto, che ora sgorgava violenta, iniziando ad allagare tutto.
La schiena era appoggiata in malo modo al lavandino di pietra del bagno, mentre le gambe erano distese a terra e la sua gonna si stava impregnando lentamente.
La figura si avvicinò a lei , con passo incerto.
Ogni sua pressione del piede nell’angusto pavimento, creava piccoli cerchi, scuotendo bruscamente la tranquillità dell’acqua.
Hermione, distesa, continuava a non reagire minimamente e osservava, assente,  quegli stessi cerchi mentre si allargavano e si restringevano ad ogni movimento.
Braccia forti la strattonarono,  per poi abbracciarla subito dopo.
Hermione adesso aveva chiuso gli occhi, li aveva serrati dopo aver poggiato la testa sulla spalla della figura. Stava ricambiando, con tutta la forza che aveva, quell’abbraccio desiderato da tanto, mentre lacrime salate le rigavano il viso.
Ne aveva un estremo bisogno.
Per svariati minuti le due figure erano rimaste in quella posizione, completamente zuppe fino alle caviglie. Ma in quel momento niente era più importante di quell’abbraccio.
Quando finalmente si staccarono, l’acqua aveva già oltrepassato la porta di legno, spargendosi nei corridoi.
I capelli di Ginny erano raccolti in un’elegante crocchia, che ne metteva in evidenzia i sontuosi tratti del viso. Le sfumature blu dei suoi occhi erano un oceano di tenerezza, dove Hermione riusciva a perdersi ogni volta.
-Sono qui .. qui per proteggerti – le labbra della ragazza si erano mosse in un sussurro appena percepibile. Poi, prendendo l’amica per mano e guardandola dolcemente, aveva aggiunto:
- Sempre -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
_______________________________________________________________________________________
Spazio dell’autrice:
Si ok, immagino che speravate fosse stata un’altra la figura che abbracciava Hermione .. ma non vorrei sembrare banale ed affrettare troppo le cose. Quindi per il momento,
spazio all’amicizia tra donne! Ne approfitto poi per ringraziare Le recensioniste che mi stanno sostenendo, grazie mille J

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Capitolo 9
*** Fears and insecurities ; ***


Fears and insecurities  ;
 
 
Erano passate soltanto poche ore dall’incontro che Hermione aveva avuto con Ginny.
Si erano date appuntamento in una di quelle panchine in pietra del cortile esterno del castello. L’avevano scelta con cura, quella panchina. Volevano restare più nascoste, più intime, ma al tempo stesso, desideravano che quella dolce brezza scompigliasse i loro capelli, portando via con sè i dolorosi ricordi.
Erano bastate poche parole tra le due, per capirsi alla perfezione.
Dopo la confessione di Hermione però, Ginny non aveva minimamente reagito. Il suo volto era rimasto impassibile, mentre ascoltava ogni dettaglio della storia.
Non aveva tentennato di fronte a niente.
Nessun segno di meraviglia, d’incredulità .. Nemmeno l’accenno di una delusione. Aveva scrutato l’amica con gli occhi chiari, soffermandosi ogni volta con sguardo attento sulle sue reazioni.

Aveva colto nei suoi movimenti l’agitazione, la vergogna, il rimorso .. ma ciò che più aveva attirato la sua attenzione, era stata la sfumatura rossa che le aveva attraversato le  guance, al suono della parola “Draco”.
Ma nemmeno in quella situazione Ginny aveva fatto percepire qualcosa.
Ogni sorta di emozione provata in quel momento, veniva respinta nelle profondità del silenzio.
Non aveva fatto trapelare niente, nemmeno una volta.
Era la sua mente quella che vagava e si soddisfava, al tempo stesso, di quelle informazioni attese da tempo. La sua curiosità, le sue preoccupazioni .. stavano tutte prendendo forma nelle più nascoste zone del suo cervello.
Hermione, al contrario, approfittava dell’impassibilità dell’amica per potersi sfogare nel modo più soddisfacente.
Parlava, parlava senza sosta. Trasformava in frasi verbali ogni suo singolo pensiero.
Ogni piccola cosa che appariva nella sua testa, veniva rigettata fuori, con determinazione e incertezza insieme.
Ed ogni volta si toglieva un peso, si sentiva libera di continuare.
Poco importava se Ginny l’avrebbe riaccettata tra le sue braccia, sgridata o addirittura picchiata.
 Lei avrebbe continuato a parlare, trovando per la prima volta dopo tante sofferenze ed insicurezze, un porto sicuro, una speranza a cui aggrapparsi con tutta se stessa.
Poi ad un tratto, una folata di vento più forte delle altre, aveva scosso i loro discorsi , mentre lievi e fastidiose goccioline di pioggia si erano insinuate tra di loro.
Le due ragazze si erano allora alzate, mano nella mano, rientrando nel castello.
 
 
 
 
 
 
 
Giù, nelle profondità dei sotterranei di Hogwarts, le cose stavano invece prendendo una brutta piega.
Draco Malfoy non era più in sé.
Si era chiuso nella sua stanza, rifiutando con ostinazione tutte le suppliche dei compagni.
-Draco, che stai facendo lì dentro?Si può sapere che diamine ti prende?- Theodor Nott, migliore amico di Draco Malfoy, Si ritrovava ora davanti alla porta chiusa del dormitorio maschile, sbuffando.
-Non sono affari tuoi, sparisci- Il tono scorbutico del ragazzo lo aveva accompagnato per tutta la mattina, facendo venire una crisi di nervi a buona parte della sala comune.
Rientrando in stanza, dopo la colazione, non si era preso il disturbo di utilizzare le buone maniere e, con il suo solito sguardo agghiacciante, aveva ricacciato indietro tutte quelle proteste, che gli altri studenti erano in procinto di gettargli addosso.
Gli unici, che si ostinavano ancora a rivolgergli parola, erano Theodor ed Astoria.
-Sentimi bene ragazzino, ci sono modi e modi di rivolgerti a noi. Leva immediatamente dalla tua bocca quel tono da strafottente. – Aveva aggiunto la ragazza sbattendo i pugni sulla porta, agguerrita.
-Non mi interessa. Nessuno ti ha chiesto di stressarmi, Greengrass. Ho bisogno di restare da solo. Ho bisogno di trovare un fottuto luogo dove non posso sentire quegli striduli che chiami voce. – Il suo atteggiamento non era cambiato di una virgola.
- Tolgo immediatamente il disturbo, non c’è problema. – E così dicendo, era uscita come una furia dalla sala comune.
Anche Theodor aveva però iniziato a stancarsi di quella situazione. Aveva afferrato i suoi libri e aveva seguito Astoria per la lezione.
Nessuno dei due era stato in grado di capirlo fino in fondo.
Facevano di ogni cosa una questione personale, senza pensare nemmeno per un secondo, che la sua frustrazione andava oltre il tono scorbutico che rivolgeva loro.
Solo, sdraiato nel suo letto, Draco Malfoy si stava finalmente rilassando.
Aveva bisogno di una pausa da tutto e da tutti. Aveva bisogno di lasciare per alcune ore il suo lato umano ..
Erano troppi i pensieri che in quel momento lo turbavano.
Sangue, stirpe, ideali .. famiglia.
Non era il momento giusto per affrontarli, ma la sua mente si ostinava a pensarci.
Avrebbe dovuto prendere un secchio d’acqua gelida e gettarselo in faccia.
Avrebbe dovuto svegliarsi, reagire, fare qualcosa di concreto.
Ma qualcosa glielo impediva ..
C’era un sola persona, che poteva dare una tregua a quei turbamenti.
Ma si sarebbe pentito, esattamente come l’ultima volta.
Qualcosa glielo avrebbe impedito ..
La stessa cosa che adesso lo costringeva a rimanere in quel letto, frustrato, impotente.
Per anni, per intere dinastie la sua famiglia aveva guadagnato fama e rispetto per quella pura nobiltà di sangue che li contraddistingueva in tutto il mondo magico.
Tutti ne avevano timore, tutti li conoscevano per questo.
E lui era nato con quell’idea fissa in testa.
Era cresciuto dentro quelle situazioni ridicole, di cui adesso non comprendeva più le fondamenta.
Aveva paura, aveva paura di deludere la sua famiglia e mandare in fumo anni di promesse, di costrizioni.
Ma al tempo stesso aveva paura di deludere se stesso.
E l’odio aumentava, aumentava di conseguenza.
Scese da quel letto troppo scomodo, maledicendo con tutto se stesso il padre.

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Capitolo 10
*** Odio e amore ; ***


Odio e amore  ;
 
 
 
Per Hermione Granger era arrivato il momento di tornare a frequentare regolarmente e quotidianamente le sue lezioni. Era passata circa una settimana dall’ultima volta che era entrata in una classe e, nonostante i suoi ottimi voti, non poteva concedersi di rimanere troppo indietro.
Era il suo quinto anno ad Hogwarts e, tra poche settimane, avrebbero dovuto affrontare prove scritte e pratiche in tutte le materie, per ottenere i G.U.F.O. tanto desiderati.
Ron ed Harry erano piuttosto terrorizzati all’idea si essere messi sotto esame , tanto che avevano deciso di passare un pomeriggio in biblioteca con l’amica, con il fine di “studiare”.
-Avanti Hermione, soltanto una sbirciatina ! – Ron Weasley non era il tipo di persona che si arrendeva facilmente e, da ben mezz’ora, tentava di copiare il tema già pronto di Hermione, da consegnare a Piton la mattina seguente.
-E’ inutile, Ronald.- sbuffò Hermione per l’ennesima volta- Ho saltato ben 5 lezioni con Piton e nonostante tutto riesco a fare un tema decisamente più concreto di quel tuo ammasso di scarabocchi. –
-Ma se nemmeno lo hai letto! – Ron strabuzzò gli occhi, offeso.- E va bene, vorrà dire che io ed Harry ce la caveremo da soli,come sempre del resto! - concluse poi, guardandola torva e voltandosi per osservare il lavoro dell’amico.
Ma appena si girò verso di lui, non vide altro che un comunissimo foglio bianco.
Harry si stava tenendo la testa con una mano, mentre il suo sguardo si perdeva al di fuori del castello, oltrepassando lo spesso vetro della finestra.
Di scatto, anche Ron si voltò in quella direzione, ma non notò altro che un lieve venticello, scompigliare le cime degli alberi che circondavano l’immenso parco.
Non c’era niente di interessante là fuori, ma Harry sembrava persino troppo distratto per notare che i suoi due amici lo stavano osservando, preoccupati.
-Ehm .. Harry? Tutto bene?- Hermione tentò, inutilmente.
Ron, allora, con la sua solita delicatezza lo strattonò per le spalle, facendolo oscillare pericolosamente.
-Miseriaccia Harry, sei diventato pure sordo?- Disse, alludendo al fatto che già portava gli occhiali.
Le labbra del ragazzo s’incresparono, in qualcosa di simile ad un debole sorriso.
Aveva poi chinato il capo verso il suo foglio bianco, nascondendo i suoi occhi verde intenso, troppo tristi e spenti per essere esposti.
Hermione fu la prima a notarlo, ormai lo conosceva troppo bene.
Immaginava quanto dovesse soffrire, ogni volta che vedeva Ginny nelle braccia di qualcun’ altro.
Pensava a quanto potesse deprimersi, abbattersi ogni volta che quel suo candido sorriso non era rivolto a lui .. ogni volta che si incrociavano per i corridoi, ignorandosi del tutto.
Quanto doveva sentirsi solo, insicuro .. senza potersi sfogare con Ron di tutto ciò.
Ed Hermione lo capiva, lo aveva sempre capito.
Si era accorta segretamente di tutto quello che da tempo lo turbava. Passo a passo, aveva spiato dentro i suoi sentimenti, li avevi compresi e con premura li aveva messi da parte, aspettando che Harry si facesse avanti, che si sfogasse su di lei.
Ma il ragazzo non sembrava volerlo fare. Pareva, piuttosto, che cercasse di tenere i suoi sentimenti il più possibile segreti, sconosciuti al resto del mondo, perfino ai suoi più cari amici.
Era lo stesso errore che aveva cercato di fare Hermione da tempo.
Persino lei, da qualche settimana, era cambiata molto. Mangiava di meno, non dormiva, si comportava in modo strano e saltava le lezioni.
Per alcuni giorni aveva persino cercato di isolarsi dal resto della scuola, di nascondersi dallo sguardo di un basilisco invisibile, frutto della sua fantasia.
Ora però, si sentiva più forte, più motivata, ed era stata proprio Ginny, ad aiutarla a ritrovare se stessa.
La ragazza le aveva parlato nel silenzio dei suoi sguardi, con occhi pieni di affetto e comprensione. Le aveva stretto la mano in segno di sostegno, le aveva asciugato con premura le lacrime, che con frustrazione erano cadute sul suo viso, appena tornate in dormitorio.
L’aveva capita, l’aveva ascoltata.
Anche Harry aveva bisogno di questo .. soltanto di questo.
-Harry dille qualcosa per favore! Doveva essere una giornata di studio a tre ed Hermione non ha intenzione di considerare minimamente la criticità della mia carriera scolastica ! - Aggiunse Ron rivolto all’amico, che per la prima volta lo stava ascoltando.
-Oh .. il tema per Piton .. si .. giusto – Harry sembrava essersi appena ricordato di essere in biblioteca con loro.
-Beh? Non dici niente? – sbuffò Ron – Si sta comportando da egoista lo vedi anche tu, no?- aveva aggiunto.
Ma prima che Harry potesse rispondere con qualcosa di simile ad un “ si .. probabile .. forse” Hermione perse la pazienza e urlò:
-Ronald Billius Weasley ! Giuro che se non chiudi quella ciabatta che ti ritrovi non ti passerò mai più gli appunti di Storia Della Magia per i restanti due anni di scuola ! E no, non avrò nessun senso di colpa. – Aggiunse poi, anticipando la domanda dell’amico.
Harry scoppiò a ridere, inondando la stanza di quella risata, che un po’ mancava ad Hermione.
Lei le fece l’occhiolino, sorridendo debolmente ..
Quella sera avrebbero parlato, Harry si sarebbe sfogato.
Loro due soltanto.
 
Più tardi, dopo che i tre ragazzi ebbero finito il tema per Piton ed Hermione si fosse informata sul programma svolto negli ultimi giorni, il trio si ritrovò in Sala Grande per la Cena.
Pochi minuti più tardi del loro arrivo, una frizzantissima Ginny aveva fatto capolino al loro tavolo e si era messa accanto al fratello.
-Buonasera a tutti – disse con un sorriso.
Aveva le guance leggermente rosse e il fiato corto, segno che aveva corso per arrivare.
Harry fu il primo a rispondere al suo saluto, ma lo fece talmente con tanta enfasi, che si ritrovò a dover chinare nuovamente il capo sulla sua zuppa, per reprimere la vergogna.
Ginny, ovviamente, non aveva notato assolutamente niente e si era messa a discutere allegra con la compagna seduta di fianco a lei.
Dal lato opposto del tavolo, Hermione fissava un punto impreciso di fronte a sé.
Il tavolo di Serpeverde non era al completo, mancava quella persona, in grado di attirare costantemente la sua attenzione.
Soltanto chiome scure, erano ora chine sui piatti con le pietanze. Non c’era nessun ghigno malvagio a quel tavolo, non c’era assolutamente nessuno.
Zabini e Nott stavano discutendo animatamente riguardo ai comportamenti da impertinente di qualcuno. Nott era irritato, proprio come Astoria, a pochi centimetri da lui.
Le loro facce erano tese, preoccupate, quasi arrabbiate.
Poco più a sinistra, Pansy Parkinson era ignara di tutto.
Era sempre stata l’intrusa del gruppo, quella che si infiltrava nei loro discorsi ogniqualvolta sentiva parlare di Malfoy.
Era una piovra, una bambina ululante e appiccicosa che non lo lasciava respirare nemmeno un secondo.
Stava parlando con la sorella di Astoria, Daphnee, e un’altra ragazza piuttosto robusta di cui Hermione non ricordava il nome.
Ma dopottutto, che cosa gliene importava a lei di quelle vipere?
Avrebbe dovuto smetterla di fissarli, qualcuno avrebbe potuto sospettare di nuovo sul suo comportamento anormale.
Gettò un ultimo sguardo al tavolo di Serpeverde, per poi concentrarsi sui compagni che le stavano accanto.
Ginny, davanti a lei, era ancora impegnata in una di quelle sue conversazioni interminabili con Lavanda, senza accorgersi minimamente che lei, nemmeno l’ascoltava più.
Ron, lì accanto, si stava stranamente abbuffando di pollo, senza un minimo segno di arresa, così che Hermione ne approfittò per rivolgersi ad Harry.
Il ragazzo era ancora concentrato sulla sua zuppa e da quanto aveva salutato Ginny, non aveva più avuto il coraggio di guardare in quella direzione.
-Harry .. – iniziò Hermione, con aria vaga – Mi chiedevo se .. beh sai, sono sempre la solita distratta .. credo di aver lasciato il mio libro di pozioni in biblioteca e non credo di essere in grado di affrontare da sola Madama Pince. Non è che mi accompagni?- Concluse, implorandolo.
-Cosa avrò in cambio, Hermione? – Triste o meno, Harry non aveva certo perso la sua furbizia.
Lei si avvicinò lentamente al suo orecchio e, cercando di non farsi sentire da un affamatissimo Ron, gli sussurrò:
-Avrai il tuo tema di pozioni completo di tutto, entro stasera. –
Un sorrisetto compiaciuto si impossessò del ragazzo, che con aria sognante assaporava già la sua vittoria su Ron.
Ma come Hermione era solita notare, quel sorrisetto non era al massimo della sua estensione.
Presto avrebbero parlato di questo, loro due soltanto.
 
 
 
Poco più tardi, dopo che il preside li aveva congedati, i due ragazzi si erano intrufolati in biblioteca per riprendere questo “ipotetico libro di pozioni” che Hermione aveva lasciato nel tavolo accanto alla finestra.
Madama Pince , vedendoli entrare, aveva indugiato alcuni attimi su di loro, mentre con aria torva aveva aggiunto:
-Anche voi a quest’ora?- alludendo,probabilmente, al fatto che già qualcun’altro l’aveva pregata di farlo entrare – Datevi una mossa, non più di 20 minuti.-
I due ragazzi non se lo fecero ripetere due volte e, senza proferire parola, s’ imbucarono con passo affrettato in uno di quei labirinti di librerie, in cerca del tavolo giusto.
Ovviamente, Hermione, non aveva perso nessun libro di pozioni, così che impiegarono i primi 5 minuti concessi da Madama Pince in cerca del niente.
-Hermione, il tavolo era questo. Stiamo andando nella direzione opposta, fermati un secondo! – Le aveva sussurrato Harry, indicando il tavolo dove quel pomeriggio si erano incontrati con Ron.
-Oh, beh .. magari lo hanno spostato .. chissà quanta gente è entrata mentre non c’eravamo! – tentò di essere convincente, senza troppo successo.
La sua voce,allegra e stridula allo stesso tempo, l’aveva tradita.
Harry alzò un sopracciglio, guardandola negli occhi.
-Oh .. ok, lo ammetto! Il mio libro è nel baule assieme a tutti gli altri.- Aveva confessato, abbassando lo sguardo.
Harry indugiò ancora qualche secondo su di lei , fino a che la ragazza non aggiunse :
-Ho bisogno di parlarti Harry .. e ne hai bisogno anche tu. – I suoi occhi erano lucidi, i capelli più scompigliati del solito.
Il suo sguardo era triste, come gli occhi verdi di Harry.
Si avvicinò a lui lentamente, di appena pochi passi, per poi travolgerlo in un abbraccio.
Harry ricambiò,affondando il viso nei suoi morbidi capelli.
-Mi sei mancata Hermione.- Aveva bisbigliato, stringendola forte tra le sue braccia.
Ma prima che la ragazza avesse potuto rispondere con altrettanta dolcezza, qualcuno li interruppe.
-Cristo Potter, sei così sfigato che ti metti a fare effusioni anche con la mezzosangue?- Ghignò.
I due sobbalzarono all’istante, mentre Hermione si scioglieva con mani tremanti da quell’abbraccio.
Il suo cuore era partito a mille, battito dopo battito, aumentando ogni istante di più.
Cercò di alzare lo sguardo verso Malfoy, ma incontrò un muro di ghiaccio che la fissava con ostinazione.
Le mancava l’aria, stava soffocando.
La voce era sparita, non riusciva a venire fuori, per quanto avesse voluto rispondergli a tono.
Harry parlò al posto suo.
-Cos’è che leggi, Malfoy? – iniziò lui sarcastico, alludendo al libro che Draco teneva in mano – “Guida alla sopravvivenza dei furetti” ? -
Per quanto si sforzasse, Hermione non riuscì a sorridere nemmeno a quella battuta.
Teneva ancora lo sguardo basso, perso nel pavimento freddo di pietra.
Sentiva i suoi occhi addosso, percorrere ogni centimetro del suo corpo.
-Attento a come parli, Potter. – il suo tono era diventato serio, lo sguardo rigido.
Hermione era in mezzo a due fuochi.
Avrebbe dovuto fare qualcosa per sostenere Harry, per quanto già da solo se la cavasse splendidamente.
Ma al tempo stesso sentiva il bisogno di guardare Draco, ti avvicinarsi a lui e stringerlo.
Aveva bisogno di un contatto con quel corpo, con quella voce, con quelle labbra che desiderava così tanto.
Alzò lo sguardo nella direzione del ragazzo, sostenendolo, mentre con tenerezza fissava i suoi tratti del viso.
Era cambiato, dall’ultima volta ..
Pareva più magro, più pallido di quanto di solito non fosse.
Il portamento era duro, rigido .. sembrava che ogni gesto gli costasse più energie del solito.
Era come se fosse più vecchio, più stanco .. perfino più triste.
Ma ovviamente cercava di non farlo notare, nascondendolo dietro quel suo solito ghigno perfetto.
Le labbra rosso sangue risaltavano in quel viso così chiaro ..
Avrebbe dovuto dargli uno schiaffo, parlargli con disprezzo e insultarlo. Ma poi, dentro di sé, pensavo a quanto fosse debole di fronte a lui.
-Che c’è Dracuccio, ti sei offeso? – Continuò Harry, sfidandolo.
-Non diamoci più di tanta confidenza, Potter. Non ci tengo ad averti tra i piedi. – Sogghignò- Salutami i tuoi, Granger. – Aveva aggiunto poi guardando Hermione.
Così dicendo il ragazzo scelse un libro dalla libreria, uno a caso, per poi sparire di nuovo .. così come era apparso.

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Capitolo 11
*** Vinci questa partita, vincila per me .. ***


Vinci questa partita, vincila per me ..

 
 
 
Quella sera Hermione, dopo l’interruzione di un fastidioso serpeverde, si era ritirata in sala comune con Harry, lasciandosi alle spalle quel nauseante incontro.
Si erano posizionati sulla poltrona di fronte al fuoco, quella che tante volte aveva ospitato i loro corpi nelle fredde sere di inverno, tra compiti, chiacchiere e risate, rilassando le loro anime giovani.
Lo scoppiettare della legna, dentro quelle lingue di fuoco, aveva assecondato le loro parole e riempito le pause, le loro brevi esitazioni.
Harry aveva parlato a lungo, senza pensarci troppo, come se avesse desiderato da tanto tempo quel momento di sfogo.
Qualcosa dentro lo stomaco lo opprimeva e ringhiava per poter uscire dalla sua bocca.
Ed ora che ne aveva la possibilità non si frenava, non si tirava indietro.
Hermione ascoltava cose che già sapeva, cose che aveva constatato in silenzio, nei timidi ed innocenti sorrisi dell’amico.
Era però decisa a rimanere lì, con gli occhi fissi su quelli di Harry, senza nessuna ostentazione.
Il fuoco caldo riusciva a rilassarla con il suo tepore, diffondendo tranquillità con la sua presenza.
Le lingue di fuoco avevano continuato a scoppiettare verso l’alto, come per nutrirsi di quell’atmosfera che le sovrastava .. come a voler raggiungere, acchiappare un punto sempre più alto.
Più di una volta, Harry si era soffermato a guardarle, trovando in loro una sorta di calda protezione, che lo incitava a continuare con foga.
Il suo sguardo era triste, quasi sconfitto, mentre dava voce alle sue paure.
Il suo monologo era andato avanti per parecchie ore, tanto che erano rimasti nella sala soltanto loro due.
Harry aveva leggermente abbassato il tono di voce, mentre Hermione aveva continuato a guardarlo negli occhi, come a cercare qualcosa che avrebbe tradito il suo tono sicuro, privo di ogni incertezza.
Era certo di quello che provava per Ginny, non aveva nessun dubbio, nessuna oscillazione nei suoi sentimenti.
E lei lo invidiava, lo invidiava tremendamente.
Avrebbe voluto avere, almeno per una volta, le certezze che aveva lui.
Per una sola volta, avrebbe voluto sapere se davvero quello che provava era amore e non semplicemente un’attrazione fisica.
Era la domanda che si era posta dopo il bacio con Malfoy, quel pensiero che con ostinazione l’aveva fatta riflettere per giornate intere.
Ma la conclusione che aveva raggiunto,  non le piaceva per niente e  la faceva sentire debole.
Aveva paura di amare, di tentare.
 Aveva paura di poter soffrire di nuovo.
Draco non riusciva a darle delle sicurezze, era lunatico, distante, alternava desiderio e disgusto in un solo sguardo.
Sapeva nasconderlo dietro a quel suo ghigno perfetto.
Ed Hermione era confusa, frustrata, tremendamente insicura di tutto.
Ginny le era stata accanto, l’aveva confortata e calmata per un po’, ma la sua mente correva e nessuno poteva starle dietro, nemmeno lei.
Pareva che il suo cervello talvolta si estraniasse dal suo corpo, che vagasse da solo, ascoltando i consigli del cuore e ignorando le urla devastate della ragione.
Si stava allontanando da se stessa per rincorrere lui ..
Stava cercando di afferrarlo con la mente,  per poi avvicinarlo a sé e soddisfare le richieste del desiderio.
Ma sapeva dentro di sé che era sbagliato .. sapeva che soltanto lei avrebbe sofferto per questo.
Lui avrebbe oltrepassato crudelmente il suo corpo esanime, proseguendo lungo il sentiero del disprezzo, con sguardo freddo e disgustato.
Avrebbe lasciato il sangue sporco alle sue spalle, facendo accortezza pur di non toccarlo.
Un breve contatto lo avrebbe reso impuro, indegno del suo nome.
Avrebbe infettato il colore rosso e si sarebbe mischiato ad esso, facendolo marcire.
Purosangue e mezzosangue non avevano speranza alcuna.
Erano uniti soltanto da odio e disprezzo reciproci.
Un qualsiasi altro legame sarebbe stato letale per entrambi.
Sarebbe stato per l’uno il tradimento, l’annullamento di una nobile stirpe, per l’altro la sofferenza eterna.
Non riusciva a capacitarsi di come le cose fossero volate in maniera velocissima, come una brezza leggera, in grado però di sconvolgere tutta la sua vita.
Aveva odiato Draco Malfoy fin dal suo primo giorno ad Hogwarts, da quando lo aveva visto schernire Ron per la divisa di seconda mano, da quando lo aveva visto indicare ad Harry chi era giusto che frequentasse e, ancora una volta, quando lo aveva visto sogghignare malefico dopo che il cappello parlante lo aveva smistato a Serpeverde.
E da quel giorno, non c’era stato attimo in cui non aveva provato odio per lui.
Più volte avrebbe voluto ridurlo a pezzetti, schiantarlo, addirittura dargli un pugno in pieno volto .. ma c’era sempre stato qualcosa o qualcuno che glielo aveva impedito.
Forse una persona .. forse il suo stesso cuore.
E soltanto adesso si rendeva conto di quanto tempo avesse sprecato ad odiarlo, quando avrebbe potuto prendersi il meglio di lui fin da subito.
 
 
 
 
La mattina seguente, quando Hermione si svegliò e guardò la sveglia, spalancò gli occhi ancora impastati dal sonno, incredula.
Erano le 10.00 e avrebbe dovuto trovarsi a lezione di Trasfigurazione da circa due ore buone.
I letti delle altre ragazze erano ancora sfatti e le coperte erano state soltanto gettate a terra, come pesi morti.
La luce del sole, potente e sinuosa, illuminava tutta la stanza creando piccole zone d’ombra alla sinistra dei letti a baldacchino.
Le tende erano state tirate da poco, con la coda dell’occhio le vedeva ancora oscillare.
Controllò sotto il suo cuscino e diede un’occhiata sotto le coperte, come per cercare qualcosa che tempo prima vi aveva trovato.
Dal giorno in cui Malfoy aveva lasciato nel suo letto l’origami a forma di gatto, che si era poi rivelato un messaggio, aveva controllato ogni sera prima di addormentarsi e ogni mattina al risveglio.
Inutilmente ..
La luce del sole le riscaldava con tepore le spalle scoperte dal pigiama troppo grande, rincuorandola e avvolgendola nel suo caldo manto di luce.
Con un piccolo gesto della mano si stropicciò gli occhi assonnati, per poi scendere dal comodo letto con passo incerto ed iniziare a vestirsi.
Aveva saltato ancora una volta una lezione e la professoressa McGranitt l’avrebbe sicuramente convocata nel suo ufficio a breve.
Non era la prima volta che accadeva.
Nell’ultima settimana aveva trascurato pesantemente i suoi studi, oscurando la sua mente dal reale .. viaggiando con i pensieri fino alle fredde profondità di quegli sguardi .. di quegli occhi.
Non aveva avuto l’intenzione e la voglia di uscire dalla sua stanza la mattina presto, per poi incontrare di nuovo le frecciatine di Malfoy per i corridoi, lì, ad aspettarla per distruggerla, per farla affondare sempre di più, come un barca bucata che affoga, sotto il peso dell’acqua torbida.
Aveva paura di amare e di essere amata, così come temeva l’odio e il giudizio degli uomini.
Sapeva di essere inferiore agli altri, non per scelta, per natura.
Era l’indegna, il cancro di quella stessa scuola.
E lui non faceva altro che ricordarglielo, senza perdere un’occasione pur di chiamarla “Sporca Mezzosangue”, per offenderla e umiliarla davanti a tutti.
Eppure si erano baciati, le loro labbra si erano cercate nella fredda notte, mentre le loro mani si incrociavano sotto il leggero splendore lunare.
Erano passati attimi, in cui il suo sangue era stato messo da parte, era stato dimenticato per soddisfare quei baci, quelle carezze timide ed insicure.
Tanto intenso, quanto spietato.
Sembrava ricordarsi soltanto lei di quegli attimi, soltanto lei di quegli sguardi ingenui.
Lui aveva dimenticato tutto, sopraffacendo la ragione al cuore .. ponendo davanti a sé gli ideali di famiglia che da sempre gli erano stati insegnati, imposti già all’età di 5 anni.
Ed Hermione rimaneva immobile, fragile e composta senza far percepire la confusione interiore che aveva.
Fingeva di aver commesso uno sbaglio, se lo imponeva in quello sguardo fiero che si ritrovava a mostrare per paura di cedere.
Era una maschera dalle sembianze forti, resistenti.
Ma bastava un tocco per ridurla a pezzi, per rivelare la sofferenza di quella ragazza.
E allora si nascondeva, si isolava per non vederlo.
Per non vedere quel suo lato cattivo e diffamatorio, per ricordarsi dello sguardo tenero di quella notte di luna piena.
Solo questo voleva ricordare, soltanto questo.
Un rumore alle sue spalle bloccò i suoi tristi pensieri, facendola voltare per lo spavento.
Errol, il gufo della famiglia Weasley, si era appena schiantato contro il vetro appannato della finestra del dormitorio, per poi ricadere strisciando sul piccolo davanzale in pietra.
Dopo aver spalancato la finestra per soccorrerlo, Hermione, aveva notato che legato alla sua zampa destra c’era un foglio arrotolato, avvolto da un anello in argento grezzo.
L’aria fredda le colpiva il viso e le scompigliava i capelli, mentre con mani tremanti slegava il biglietto dalla zampa del gufo.
 
Ore 10.30, partita di Quidditch Grifondoro Vs Serpeverde.
Spero che tu ti sia svegliata Hermione! Ronald è a dir poco furioso, vedi di essere tra gli spalti.
                                                                                                             Ginny
 
 
Portò una mano alla testa, sbattendosela in fronte esasperata.
Si era completamente scordata della partita più attesa dell’anno scolastico, come una cretina che ancora una volta mostrava le sue debolezze.
La stanza era fredda, la finestra era rimasta spalancata e il vento continuava a far alzare e gonfiare di aria le tende rosse.
Numerosi brividi le percorsero la schiena e le braccia svegliandola dal suo dormiveglia.
Doveva ancora realizzare di essere in ritardo.
Le mani le tremavano freneticamente, mentre con uno scatto si alzava dal letto, spaesata.
Si infilò la divisa, aggiustò la cravatta giallo-oro davanti allo specchio e avvolgendosi una sciarpa dello stesso colore intorno al collo, uscì di corsa dal dormitorio.
Una sequenza di immagini scombussolarono la sua testa, mentre la mente lavorava frenetica, insaziabile.
Partita di Quidditch ..
Grifondoro Vs Serpeverde ..
Serpeverde .. e lui ..
Draco, Draco Malfoy.
***
 
 
 
Le tribune attorno al campo da Quidditch gremivano di studenti ululanti.
Le facce paonazze per il freddo intenso, le sciarpe e i capelli svolazzanti a causa del vento che tirava, facevano capolino tra gli spalti.
Il gruppo dei Tassorosso e quello dei Corvonero si erano schierati contro i Serpeverde e, adesso, innalzavano davanti ai loro volti striscioni e cartelloni rossi e oro.
I Serpeverde, dall’altro lato della tribuna, non riuscivano più a contenere e reprimere la rabbia. Insulti e proteste venivano rivolti loro da tutto il resto della scuola e si ritrovavano a dover coprire con urla e imprecazioni volgari, i potenti cori a favore dei loro più temuti avversari.
Non un solo studente si era schierato con loro, era ormai fin troppo risaputo il fatto che cercassero di barare ad ogni partita.
La folla di Grifondoro scoppiava invece di colori caldi ed accoglienti, mentre le urla dei più appassionati risuonavano nell’aria fredda e gelida di quella mattina.
Hermione aveva percorso da sola tutto il parco .. oltrepassando la casa del guardiacaccia e continuando lungo il limitare della foresta proibita.
Con timore si era fatta avanti tra le tribune in festa, ricevendo due o tre gomitate da alcune febbricitanti ragazze del settimo anno.
- Ehm .. permesso .. scusate dovrei passare! Ehi?! Ma che modi sono questi? – disse con tono di lamentela a un corvonero scatenato.
Con fatica si era fatta largo tra la folla, per poi scendere le gradinate e aprire la porta in pietra sottostante.
Le sue mani si avvolsero in quella presa, fredda e gelida come l’aria che respirava.
Gettò uno sguardo veloce al suo orologio da taschino e, con soddisfazione, notò che era arrivata in perfetto orario.
Attraversò lo stretto corridoio in pietra fino a raggiungere una porta con la scritta“Spogliatoi Femminili”.
Stava per aprire anche questa, quando una figura dai capelli rossi e il viso tempestato di lentiggini, sbucò da dietro, poggiando una mano sulla sua spalla.
-Sai cosa ho intenzione di regalarti per Natale? - Sorrise Ginny – Una di quelle ricordelle che vendono nei mercatini di Diagon Alley.
- Oppure potresti prendere in prestito quella di Neville, se si ricorda dove l’ha messa. – Ron sbucò dalla porta opposta a quella che Hermione stava per aprire qualche secondo prima, seguito da Harry e dal resto della squadra.
Avevano tutti la divisa da Quidditch e i loro volti, nessuno escluso, erano visibilmente tesi.
Quella era la partita dell’anno, avrebbe deciso le sorti del campionato intero.
Uno sbaglio avrebbe rivoltato tutti i risultati e Grifondoro si sarebbe sognato di poter vincere la Coppa delle case.
Nei loro occhi vedeva determinazione e voglia.
Voglia di vincere.
Dopo che la squadra aveva lasciato gli spogliatoi scendendo in campo, Hermione era risalita nelle tribune, cercando di passare tra gli studenti  sempre più emozionati all’ingresso dei giocatori in campo.
Si sedette alla sinistra di una ragazza alta e mora con gli occhi a mandorla, di Corvonero. Notò con piacere che non faceva altro che incitare Harry.
Il vento penetrava al di sotto dei grossi tendoni messi come riparazione, facendola rabbrividire un po’.
Aveva cercato di mettersi in un luogo non troppo visibile, ma abbastanza calmo per poter vedere tranquillamente i giocatori.
Tutti i giocatori ..
Divise verde-argento tinsero l’aria davanti a lei, mentre i componenti della squadra di serpeverde salivano nelle loro scope, raggiungendo le postazioni abituali.
Il portiere, i cacciatori, i battitori e il cercatore biondo platino.
Ebbe un tuffo al cuore appena i suoi occhi lo incrociarono, mentre questo, con estrema lentezza, puntava il suo sguardo tra le tribune della sua casata, cercando acclamazione.
Avrebbe voluto partecipare anche lei, a quell’assurdo battito di mani, a quei cori festosi, per elogiarne l’infinita bellezza.
Il portamento fiero, lo sguardo nobile e degno di osservazione.
Le braccia potenti, i muscoli contratti mentre appoggiava le mani alla sua scopa e distendeva il corpo per darsi lo slancio.
La partita era iniziata, il fischio aveva fatto smuovere tutto e tutti.
Ron doveva essere agitatissimo, immaginava da lontano il suo sguardo preoccupato che non perdeva di vista la palla, neanche per un secondo.
La telecronaca le usciva da un orecchio all’altro, ignorando i giocatori che venivano citati per il possesso di palla.
Lei voleva soltanto quello a mani vuote e lo sguardo concentrato, voleva l’abile cercatore avversario.
Riusciva a mangiarlo con gli occhi, per quanto fosse difficile stargli dietro.
Era veloce, fin troppo.
Harry rischiava di perdere, di fallire nella sua disperata ricerca.
E nonostante lui fosse il suo migliore amico, nonostante quella fosse la sua casata, la sua squadra .. dentro di sé un po’ ci sperava.
Poi di colpo qualcosa la distrasse, un movimento diverso, uno scatto promettente attirò la sua attenzione.
- Ginny ha la pluffa, la tiene ben stretta tra le mani cercando di evitare i bolidi, schiva il primo, il secondo .. lancia la pluffa ad Angelina, La Johnson tenta il tiro .. e .. e SEGNAAAAAAAAAAAAAAAAAA! GRIFONDORO SEGNAAAAAA!- La voce di Lee Jordan le rimbombò nelle orecchie per più di una volta.
Finalmente una delle squadre era riuscita a segnare, rompendo la tensione per poi ricrearla di nuovo.
Un boato, delle urla .. La folla accanto a lei si alzò in piedi con uno scatto unico riempiendo le tribune.
Cho Chang si stava sbracciando, continuando ad incitare Harry, nonostante non avesse ancora fatto nulla.
Dall’altro lato del campo, i Serpeverde contestavano irritati mandando insulti a tutta la scuola.
Cercò gli occhi dei giocatori e vide alternarsi rabbia e gioia che dividevano le due squadre.
Malfoy teneva lo sguardo basso, sembrava non essersi accorto di niente.
Non aveva nemmeno alzato la testa, non poteva vedere il suo volto probabilmente sconfitto.
Continuava a guardare in basso mentre si irrigidiva sopra la sua scopa, puntando verso un preciso obbiettivo.
Erano tutti distratti per acclamare e insultare l’altra squadra .. nemmeno Harry si era accorto di niente.
Lo osservò a lungo, ignorando le urla, come se ci fosse una bolla in grado di isolarla dal resto della tribuna.
Il corpo disteso, bello, velocissimo nella sua scopa, le metteva i brividi.
Poi capì, capì cosa faceva, a cosa puntava.
Un sorriso le arricciò le labbra, impercettibile.
-Vinci questa partita, vincila per me. – un sussurro, soffocato dalle grida della folla.
Con occhi rossi e lacrimanti per il vento, lo vide staccarsi lentamente dal manico di legno, mentre le sue mani si stringevano attorno al boccino d’oro.

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Capitolo 12
*** Luce e buio ; ***


                                                     Luce e buio ;
 
 
 
 
Il corridoio era buio, quasi quanto la sua mente era oscurata da cattivi pensieri.
Camminava attraversando l’oscurità con estrema incertezza, quasi con paura di poter cadere da un momento all’altro.
Le gambe tremavano, così come le braccia, le mani .. la sicurezza.
La paura raddoppiava i suoi battiti, il cuore era a mille.
Da sempre il buio, l’oscurità e qualsiasi altra cosa che le rimaneva estranea le incuteva timore.
Non sapeva come comportarsi, non sapeva se stava prendendo la strada giusta.
Per questo studiava così tanto, diventando la strega più brillante della sua età.
Aveva paura dell’ignoto, del mistero che avvolgeva le tenebre.
Fin da piccola, nella casa dei suoi genitori, sua madre ricordava con premura di lasciarle la luce accesa durante la notte, per preservarla da ogni incubo più oscuro.
Riusciva a rassicurarla, quella piccola lampadina luminosa, più di qualsiasi carezza materna.
Eppure quella paura le era rimasta, l’aveva trascinata ad Hogwarts e mantenuta, fino all’età di 15 anni.
E adesso, con il cuore in gola, Hermione percorreva i corridoi bui del castello, chiedendosi,ad ogni singolo passo, se quella era una scelta giusta.
Non era riuscita ad addormentarsi come di suo solito e ormai le occhiaie avevano scavato nel suo viso una vera e propria fossa abitudinaria.
Con mani tremanti e completamente fredde si passò le dita sotto l’occhio destro, catturando una lacrima che aveva deciso di superare il limite.
Qualcosa ruppe nel silenzio, facendola tremare.
Un voce, o qualcosa di simile.
- Lo sssso perché sssei qui – un sussurro calò tra le mura fredde e deserte.
Velenoso, strascicato, quasi fosse stato un serpente.
La ragazza si girò, presa dal panico.
Il buio la circondava, le tenebre cercavano di oscurare tutto.
La voce non aveva un corpo, non aveva nessuna fonte di inizio, era tutto troppo buio per vederlo.
- Io sssono a conosscienza dei tuoi piani, Hermione.-
-Non avere paura di me, non sssono malvagio – Una risata crudele si innalzò nell’oscurità, riempiendola di terrore.
Sudava, sudava freddo .. sentiva i brividi percorrerle la schiena e arrivare al cervello.
Tastò la veste con le dita tremanti in cerca della bacchetta, senza trovarla.
Vuota, la sua tasca era vuota.
Provò ancora e ancora, frugando quasi dentro se stessa sperando di sentire il legno liscio e flessibile che la rivestiva, ma ancora una volta dovette ricredersi.
- c-c-chi sei?- ansimò.
-Cosa vuoi da me? Non ho nulla, non è me che cerchi-
La risposta non si fece attendere troppo, seguita da un tintinnare continuo.
- E allora dimmi, dimmi chi lo possiede- Sembrava arrabbiato, sembrava avesse sete di ciò che cercava.
- n-n-non capisco, io .. io non lo so, non posso dirtelo- La voce tremava, l’oscurità l’avvolgeva in una morsa sempre più fitta, spietata.
Il tintinnare continuava .. come un sinistro sottofondo di terrore ..
-L-Lui mi ucciderebbe, tu mi ucciderai – il suo corpo fragile l’aveva tradita, era caduta mentre cercava di indietreggiare di fronte all’ostinazione della voce malvagia.
-No, devi dirmelo! Ssssai che lo ssscoprirei lo stesssso .. non essere sssciocca, ragazza- Immaginava i suoi occhi scrutarla nell’oscurità, mangiarsela viva.
- non posso! Non posso dirtelo, lasciami ! – la voce strozzata risuonò tra le mura del castello. Qualcosa l’aveva agganciata da dietro, la stava trascinando via con disprezzo.
Hermione cercava di divincolarsi, ma non sapeva nemmeno contro chi cercava di farlo.
Le mani sudate tentarono di colpire la cosa, ma sembrava non avere un corpo, sembrava non avere una sostanza.
Il pavimento freddo strisciava sotto il peso del suo corpo, gli occhi le lacrimavano con frequenza innaturale .. Sbatteva la schiena contro le scale, contro le pietre fredde sotto di lei, mentre veniva trascinata con  noncuranza al piano inferiore.
Qualcosa le colpì la testa, annebbiando la mente e i facendole perdere i sensi ..
Sentiva soltanto quella voce dentro di lei, alla disperata ricerca di qualcosa ..
 
 
 
 
Si svegliò poco più tardi completamente sudata.
Aprì gli occhi, tremante .. cercando di alzare la schiena dal cuscino per far trapassare l’aria e asciugare il sudore.
La stanza circolare era buia e nessuno si era accorto degli spasmi di terrore che probabilmente aveva fatto uscire dalla bocca.
I capelli erano tutti appiccicati alla sua testa, umidicci.
Le mani le tremavano ancora, nonostante si fosse resa conto di aver avuto soltanto un incubo.
Sentiva il suo respiro, veloce e affannato, irrompere tra quelli leggeri e regolari delle altre ragazza in stanza.
Alla sua destra, Ginny dormiva tranquilla con le mani sotto il cuscino, girata nella sua direzione.
Una lieve ed innocente luce proveniente dalla sala comune, riusciva a penetrare da sotto la porta, illuminando una piccola parte del pavimento sottostante.
Diede uno sguardo al suo orologio da taschino, nascosto sotto il libro di Pozioni, osservando le lancette ticchettare nello schermo e segnare le 02.58 ..
Chiunque fosse a quell’ora in sala comune, non avrebbe avuto l’onore di vederla in quello stato.
A stento riusciva a ridurre i fremiti del suo corpo, ancora spaventati per la sua morte ultraterrena.
Abbassò lo sguardo e indugiò nel silenzio, cercando di captare qualche rumore al di là della stanza, ma con estrema angoscia non sentì altro che un lieve venticello, sbattere contro i vetri della finestra.
Optò per avvicinarsi alle tende rosse del dormitorio, scostandole e facendo penetrare nella stanza un po’ di luce lunare.
Ginny si girò dall’altra parte, come infastidita, mentre un’altra ragazza si limitò solo a sospirare più forte.
Hermione non ci prestò molta attenzione e tornò a concentrarsi sulle nuvole nere, che minacciavano quel cielo scuro e illuminato a tratti dalla luna.
Alla sua destra  il lago Nero la rifletteva, sfocandone leggermente le forme.
Pensò poi, a quanto tetro fosse quel parco durante la notte.
Un’immensa distesa di erba, contornata dagli alberi che imponevano le loro ombre al limitare della foresta ..
Come belve feroci che attendono di attaccarne la tranquillità, si insinuano con rami e foglie, oscurandone i margini.
Immaginava di ritrovarsi dentro quella foresta, immersa nell’aria gelida della notte, circondata dalle sue paure più grandi.
Aprì la bocca per inalare l’atmosfera calda di quel dormitorio, per calmarsi e tranquillizzarsi con i lenti ed ingenui respiri delle sue compagne.
Poggiò la testa nel vetro freddo, calmandosi un po’.
Il suo respiro caldo e soffocato appannava il vetro, oscurando la vista di una parte del parco.
Poi, ad un tratto, proprio mentre i suoi occhi si concentravano nelle fronde scure di quegli alberi, percepì un leggero movimento di foglie alla sua sinistra.
L’albero sussultò, si mosse ancora .. rivelando sotto la luce lunare che riusciva ancora ad illuminarne i rami un gatto nero, composto  e diritto nella sua ferma postura.
Poteva intravedere i suoi occhi, mentre scrutavano  con cautela nella direzione della ragazza, brillare nell’oscurità più celata.
Sapeva riconoscere quel gatto ormai ..
Lo aveva incrociato per i corridoi della scuola svariate volte e, quasi ogni volta aveva indugiato su di lui più del normale .. scrutandolo attentamente.
C’era qualcosa in quel gatto, che lo rendeva diverso da tutti gli altri normali animaletti rientranti nella lista dell’occorrente per gli studenti del primo anno.
In primo luogo, mai in 5 anni di scuola lo aveva incontrato, se non in questo ultimo anno.
Mai, quel gatto, aveva scorrazzato per i corridoi di Hogwarts in estrema tranquillità e mai, di nuovo, lo aveva visto nelle braccia di qualche studente.
Per sua sfortuna, nemmeno i libri di Storia Della Magia trattavano delle imprese di insoliti gatti neri, così che tutte le volte si era lasciata sfuggire quel suo lato investigativo, ignorando completamente l’animale.
Riconosceva ,però, qualcosa di umano in quello strano felino, senza però riuscire a capire cosa lo rendeva tanto innaturale.
Per chi non vi metteva attenzione, poteva apparire come un comune gatto nero, insolitamente bello ed agile .. ma pur sempre un comune gatto nero.
Di solito Hermione, amava concentrarsi sui suoi occhi .. così vispi e misteriosi da inquietarla ogni volta.
Per questo, ora che li scrutava, completamente avvolti dall’oscurità delle fronde degli alberi, una strana sensazione si impossessava di lei.
Aveva quasi paura che la pedinasse, che cercasse qualcosa da lei che andava oltre le attenzioni giornaliere.
Scalciò via dalla mente quei pensieri, aiutandosi gesticolando con le mani e scrollando la testa.
La luce che prima proveniva dalla sala comune adesso era stata spenta e dietro di lei le compagne continuavano a dormire silenziose.
Gettò un ultimo sguardo fuori della finestra, intravedendo una coda nera sparire dentro quei cespugli sinistri.
Le nuvole,adesso, oscuravano la luna riempiendosi della sua luce, quasi non volessero disperderla.
L’orologio da taschino segnava le 3.15 della notte.
Era agitata, non sarebbe riuscita a riaddormentarsi di nuovo.
Il cuore si era appena calmato, riprendendo i battiti regolari a cui era abituato, ma era ancora scossa dall’incubo.
Attraversò la stanza cercando di non fare rumore, aprì la porta e scese le scale verso la sala comune.
Con mani tremanti tirò fuori la bacchetta e alla parola - Lumos - , la stanza si illuminò mostrando il ricco arredamento rosso e oro.
Il compagno che poco prima se ne era andato dalla stanza doveva aver avuto qualche problema con i compiti di trasfigurazione, poiché il tavolo accanto alla finestra era ricoperto di appunti e formule di incantesimi di evanescenza.
Avvicinandosi, riconobbe poi la sottile e disordinata calligrafia di Harry.
Un sorriso le arricciò le labbra, mentre con premura si sedeva davanti ai fogli iniziando a scrivere al posto dell’amico.
Il camino dietro di lei era quasi spento, rimanevano soltanto alcuni resti roventi di cenere, che scoppiettavano ogni tanto facendola sobbalzare.
Rimase a lavorare con la testa china sopra il tavolo per quasi un’ora, poi d’un tratto un rumore diverso dal solito scoppiettio del fuoco la fece voltare e impugnare la bacchetta.
Il ritratto della Signora Grassa si stava spostando, aprendo il passaggio segreto alla sala, sotto la luce della Bacchetta di Hermione.
Non lo riconobbe subito, poiché dovette chinare la testa per poter passare, tanto era alto, ma poi, quando con estrema lentezza il ragazzo alzò il volto e i loro sguardi si incontrarono, Hermione ebbe un tuffo al cuore.
Non c’era più l’oscurità, ad avvolgere la stanza .. eppure aveva ricominciato a tremare di nuovo.
Gli occhi grigi di Draco  la fissavano con intensità innaturale, per la seconda volta in quella sera.
 

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Capitolo 13
*** Protoni ed elettroni di carica opposta a completarsi ; ***


Protoni ed elettroni di carica opposta a completarsi;
 
 
 
Gli occhi di Draco la fissavano con intensità innaturale, per la seconda volta in quella sera.
La lieve luce della sua bacchetta cercava di illuminarne il volto e i tratti apparentemente stanchi.
Elaborate occhiaie gli gonfiavano gli occhi e gli donavano una strana espressione, mista a quell’antica bellezza che fin dalla nascita manteneva nel suo portamento più fiero.
I capelli erano arruffati, sembrava fossero stati preda di un innocuo venticello notturno.
Le braccia possenti e muscolose che aveva tanto osservato alla partita di Quidditch, erano ora più flaccide, rassegnate e piene di lividi.
Chi non lo avesse conosciuto per quello che era, in quel preciso istante avrebbe probabilmente pensato di trovarsi di fronte ad un infiltrato, stanco e affamato quale doveva essere.
Da dove fosse venuto e come avesse ottenuto la parola d’ordine erano le domande che ruotavano nella testa di Hermione, così che si decise a rompere quel silenzio imbarazzante postosi fra loro, per prima.
-Che diavolo .. ? - Si soffermò, fece una breve pausa per trovare le parole migliori e non essere scortese - Malfoy, sbagliato sala comune?
Non rispose subito ed Hermione ebbe ancora un po’ di tempo per osservarlo. Solo in quel preciso momento si accorse che non aveva la bacchetta o che, perlomeno, non la teneva in mano.
- Granger, sembro davvero così stupido?
- Chi può dirlo.
La voce sprezzante nelle parole di Hermione era in estremo contrasto con ciò che pensava, con ciò che costantemente cercava di dimenticare.
Quegli occhi diventati ormai dalla lacrima facile, che mai erano stati tanto rossi per qualcuno. Quel ragazzo aveva il potere di trasformarla .. non era più il feroce e determinato leone di una volta, era diventato l’agnellino indifeso, scolpito da un dolore recente e ancora acceso dentro di lei.
Era come se quel suo fascino antico, quello charme e quell’eleganza esagerata gli fosse stata fatta inghiottire dalla sua stessa famiglia, come fosse uno sciroppo per la tosse, una medicina in grado di curare i difetti di un bambino.
E con il tempo la medicina aveva portato i suoi risultati, era diventato esattamente come lo avevano programmato: Avido, limitato, presuntuoso, arrogante ed estremamente sottomesso a loro.
Poteva conoscerlo guardandogli gli occhi, captando quel velo di dolore e prigionia dal quale non poteva e non voleva liberarsi.
E solo ora, si chiese se mai avesse avuto il coraggio di ribellarsi a qualcosa.
Draco si stava guardando attorno,ignorando la risposta di Hermione. Il soffitto, i mobili, le calde poltrone accanto al camino quasi spento e i numerosi arazzi alle pareti gli entravano dentro, soddisfacendo la curiosità di un bambino in cerca di nuove tappe, nuove emozioni.
Era bello, troppo bello anche per quella sala comune.
-Carino .. E così, questo è il covo dei mezzosangue?- sogghignò.
Di nuovo, continuava a guardarsi intorno, spostandosi a passi lenti, come per voler memorizzare ogni quadro, ogni crepa del muro, ogni granello di polvere della stanza.
Hermione lo controllava, teneva le distanze da quel corpo così estraneo, in un luogo a lei fin troppo conosciuto.
Quel tono sprezzante, a volte, riusciva a farla rabbrividire.
- E’ il covo della gente per bene, delle persone che si accettano tra loro per quello che sono, per le storie che hanno da raccontarti. Decisamente migliore di voi, comunque. – Ancora una volta era stata troppa dura con lui, una vocina nella sua testa le diceva di non mettere troppa acidità nella voce, aveva sofferto abbastanza da conoscere il peso delle parole.
Lui non si irrigidì nemmeno, come fosse pietra.
-Non puoi saperlo, non li conosci .. non mi conosci.
Questa volta il suo sguardo lo aveva tradito, aveva lasciato cadere il ghigno e l’espressione da duro, aveva dato modo alle sue vere emozioni di attraversarlo per un attimo, per un breve secondo in cui le parole venivano pronunciate.
-Nemmeno tu mi conosci Mafloy, eppure i tuoi giudizi non sono mancati a nessuno di noi.
Ecco tornare il suo solito ghigno in quel viso ambiguo, gli occhi accecati, assaporava l’odio che avrebbe messo nelle parole successive.
- Come potrei soltanto pensare di conoscere una mezzosangue? Mi fai ribrezzo Granger, sapere che quello che hai addosso è sangue babbano, che quel poco di cervello che ti ritrovi venga da lì, fossi in te mi vergognerei soltanto ad entrare in questa scuola.
La sala comune le cadde addosso, le torri, il castello, il mondo intero la stava schiacciando, le mancava il respiro e la forza di muoversi.
- E allora perché sei qui? – Le parole uscirono dalla sua bocca, fresche di rabbia e dolore, ma consapevoli che sarebbe stata una sola risposta a rincuorarla.
- Perché non riesco a dormire .. che diavolo .. ?
Hermione fissò Draco, ma la sua bocca era immobile, gli occhi sorpresi quanto quelli di lei.
La voce era troppo familiare, questa volta non era tagliente e piena di odio, semplicemente sorpresa per la presenza di Draco.
Si girò verso la porta del dormitorio maschile per vedere chi fosse, ma sapeva che non ce ne sarebbe stato bisogno.
Il viso assonnato, gli occhi ridotti a fessure nel tentativo di adattarsi alla luce della stanza  .. fissava Malfoy,  mentre dentro di sé cercava di dare un senso a quella situazione.
Lo sapevano tutti, era diventato persino banale pensarlo. Lui e Draco non si potevano vedere, Hermione aveva paura che potesse succedere qualcosa.
Parlò con la voce spezzata dall’agitazione, la bacchetta le cadde di mano, echeggiando nel pavimento freddo.
Gli occhi dei due ragazzi continuavano a scrutarsi, tutto l’odio del mondo concentrato in uno sguardo. Sembrava che non potessero più trattenersi come un tempo, che il disprezzo non riuscisse più ad obbedire, ad essere rigettato nei profondi e straboccanti abissi dell’indifferenza.
-Harry, non ..
Era tardi, in un secondo gli fu addosso e lei non fece in tempo neanche a finire quella frase, per quanto inutile avrebbe potuto essere di per se.
Vide Malfoy arretrare e ricevere un pugno in pieno petto, schivarne un altro e cercare con smania qualcosa sotto il mantello.
Sperò con tutta se stessa che non stesse tirando fuori la bacchetta. Harry era disarmato, poteva solo difendersi alla maniera babbana, ma in quel caso non sarebbe bastata.
-No, Harry calmati .. FERMI!
Hermione non ragionava più, la paura le scorreva dentro le vene al posto del sangue sporco, le macchiava il cervello, le idee.
Le venne in mente di chiamare qualcuno del dormitorio, presto si sarebbero svegliati tutti a causa del rumore che facevano, ma poi pensò che in quel modo avrebbe tradito Malfoy, lo avrebbe esposto come carne fresca in pasto ai leoni.
Il cuore le batteva forte nel petto, sembrava volesse uscire e mettere lui fine a tutto ciò, sorpassando Hermione, pietrificata dalla paura che entrambi potessero farsi del male.
 Malfoy tirò fuori la bacchetta di biancospino, pericolosa quanto una lama d’argento e la puntò contro Harry, allontanandolo.
- Ora come la mettiamo, Potter?
Gli occhi di Malfoy si illuminarono, coscienti di avere la vittoria in mano, racchiusa in pugno per non farla scappare.
Fu questione di qualche secondo, il tempo necessario per evitare che lo colpisse, Hermione si precipitò verso di loro per dividerli, neache il tempo di rifletterci e l’incantesimo di Malfoy la colpì dritto in piena faccia.
Tutto troppo veloce, era stato tutto troppo veloce perché se ne rendessero conto.
Sentì il suo corpo staccarsi da terra, lasciare per alcuni istanti la stanza, mentre gli occhi le si chiudevano automaticamente per il colpo e le orecchie le si riempivano, facendo riecheggiare dentro di lei le urla preoccupate di Harry.
Atterrò con forza qualche metro più in là, il corpo a pezzi, nel pavimento freddo della sala comune.
Aveva la testa in fiamme e sentiva il suo corpo staccarsi pian piano dalla mente, dal filo logico che la teneva nel mondo .. circondata dal buio iniziò a tremare, aprendo a stento la fessura degli occhi appannati.
Sentì dei passi strusciarle accanto e vide il volto preoccupato di Harry che la scrutava e cercava di aiutarla ad alzarsi.
-Hermione, Hermione  .. – Le sue mani calde le avvolsero le spalle, un beneficio sorprendente per la sua pelle, costretta al contatto con il pavimento di marmo freddo fino a pochi secondi fa.
Stupida, era stata una stupida, poteva afferrare la sua bacchetta e dividerli e invece si era fatta prendere dal panico, aveva lasciato che la paura la immobilizzasse, che le impedisse di ragionare .. quando la soluzione era a portata di mano, sfiorata con dita tremanti prima che cadesse, a pochi passi da lei.
Si portò le mani sotto gli occhi lacrimanti, all’altezza del naso. Un viscido liquido rosso le colava dalla fessura delle dita a coppa, imbrattando le mani, il collo, il pavimento sotto di lei.
Alzò gli occhi da tutto quel sangue, seduta scrutò la scena davanti a lei.
Accanto a sé, il viso spaventato di Harry, in contrasto con la rabbia incisa in quello di Malfoy, più distante.
Due occhi verdi smeraldo, profondi e colmi di preoccupazione per quella vittima innocente,  la sua migliore amica, si affrettarono a comparirgli davanti, così che la testa di Harry era diventato l’ostacolo che la separava da Malfoy, che ne oscurava la faccia  non permettendo ai suoi occhi di vederlo reagire.
Singhiozzò, poi si affrettò a parlare per rassicurarlo .. – Sto bene, hey .. sto bene- il volto perso, vuoto .. le orecchie in ascolto fino a che il rumore di pochi passi e il quadro che richiudeva un passaggio non la fecero cedere del tutto.
Se ne era andato, l’aveva lasciata immersa nel sangue dei suoi errori.
Le lacrime le rigarono il viso, lente e calde strusciarono sul suo volto, bagnandole le guance di una nuova paura.
 
 
**
 
 
La ragazza aprì gli occhi lentamente, il tempo di far adattare le pupille a tutta quella luce. Quando si dilatarono, riconobbe la stanza in cui si trovava.
Già due volte era stata portata lì e, per due volte, a portarla era stata la stessa persona.
Draco Malfoy era seduto alla sua sinistra in una sedia provvisoria per i visitatori.
L’ormai immancabile volto stanco scolpito negli occhi faceva intendere che aveva passato così tutta la notte, l’intero corpo bagnato di prostrazione, la pelle bianca come quella di un cadavere da poco esposto.
Con respiro lento ed affaticato, come se ogni movimento gli costasse la vita, la osservava insistente, gli occhi quasi attaccati alla sagoma di Hermione.
Ogni cellula del suo corpo era immersa in un doppio strato di rimorso e, come se non bastasse, i sensi di colpa erano stati vomitati fuori nel momento in cui una lacrima strisciò sul suo volto morto, lasciando una striscia trasparente a marcare ferite invisibili.
Non aveva coperture, Hermione poteva leggergli la mente senza usare nemmeno un “legilimens” di poco impegno.
Si vedeva chiaramente che in quel momento si era lasciato andare, metà del corpo illuminato dalla luce lunare che trafiggeva le tende verdi dell’infermeria, l’altra metà nascosta dall’ombra.
 Quello strano gioco di luce riflessa era la risposta a tutto.
Il padre, la madre .. la sua stessa famiglia, la casa di serpeverde, il denaro, quel suo carattere altezzoso e allo stesso tempo codardo, rappresentavano le sue ombre, quelle che più venivano messe in evidenza quando recitava la parte del cattivo studente del quinto anno.
I suoi pensieri, i sentimenti, quelli nascosti dentro di lui, quelli che nascondeva con una maschera troppo grande per il suo viso scarno, erano le luci che rischiaravano la sua vita.
Erano il suo lato migliore, quello che veniva fuori quando era da solo.
Eppure, in quel momento la maschera era caduta, nel silenzio della stanza, senza rimbombo se non quello della desolazione.
Adesso, niente e nessuno cercava di nasconderlo per come era, niente e nessuno, né la sua famiglia, nè la sua maschera .. nessuna delle sue ombre.
E i minuti passavano, passavano senza che nessuno dei due proferisse parola, senza che nessuno dei due si muovesse.
Hermione a stento respirava, sorpresa, quasi sconvolta a quella visita inaspettata.
L’urlo di quel silenzio li aveva pietrificati, attendevano con le orecchie aperte, svuotate, in ascolto di quelle parole che la voce non avrebbe saputo pronunciare meglio.
Di parlare non ne avevano momentaneamente intenzione, probabilmente perché non ce ne era bisogno.
Non ce ne era mai stato bisogno, in realtà.
Per quanto resistente e grande fosse quella maschera, di certo non era impenetrabile.
Ci sono istanti, brevi, ma pur esistenti, in cui nella vita ci si lascia andare, perdendo il sapore, il gusto delle cose per cui lottiamo con più grinta.
E in quei brevi istanti, ti rendi contro che ne è anche valsa la pena. Che quel momento di debolezza in realtà non è debolezza.
E’ solo un modo per ricaricarsi della vita, per tornare più forti .. per rinforzare una maschera che si è lasciata andare.
Così aveva fatto Draco ogni volta, aveva rinforzato una maschera .. una maschera sempre più debole, sempre più stufa di continuare a lottare per sogni che non erano suoi.
C’era chi li progettava per lui, chi li programmava nell’unico modo in cui doveva mostrarsi, affogando dentro di sé le luci, oscurandole con delle tende verdi e argento.
Rimasero a fissarsi per ore intere, senza mai stancarsi, senza mai abbassare lo sguardo.
Era come se in quelle ore il loro compito fosse quello di riprendersi il tempo mancato, di sfamarsi il più possibile, per poi prepararsi ad un letargo in cui né lei né Draco avrebbero più potuto guardarsi, nutrirsi l’uno dell’altra.
Fu solo quando il sole, all’alba, sorse di nuovo scandendo il tempo trascorso, che quegli sguardi si spensero, consapevoli di essere durati fin troppo a lungo.
In pochi secondi Hermione fece quello che tutta la notte aveva programmato di fare.
Madama Chips l’aveva curata, le ferite erano state rimarginate grazie a strani intrugli ed ora, non aspettava altro che scendere da quel letto troppo triste per passarvi un’intera giornata.
Zoppicò appena, poiché quello che avrebbe fatto valeva tutto il dolore del mondo.
Si avvicinò alle tende verdi e tetre, le aprì permettendo alla luce di invaderla e distribuirsi per tutta la stanza, poi si voltò e Draco era lì, di fronte a lei, completamente illuminato dal sole. E nessuna ombra,se non quella dei cespugliosi capelli di Hermione, si rigettava sul suo viso candido, bellissimo.
Si avvicinarono come due calamite, protoni ed elettroni di carica opposta a completarsi, curandosi di quei baci, di quelle carezze calde, di quei rimorsi e di tutti quei rimpianti che non avevano potuto soddisfare.
Le lacrime ricoprirono il viso di Hermione, un pizzico di sale in tutta quell’infinita dolcezza.

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