For every laugh, there should be a tear

di Feel Good Inc
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ‘Say something!’ ~ Snow White and the Seven Dwarves ***
Capitolo 2: *** Desolation ~ Pinocchio ***
Capitolo 3: *** Chaos ~ Fantasia ***
Capitolo 4: *** Rumors ~ Dumbo ***
Capitolo 5: *** Déjà-vu ~ Bambi ***
Capitolo 6: *** ‘Why me...?’ ~ Saludos Amigos ***
Capitolo 7: *** Holiday ~ The Three Caballeros ***
Capitolo 8: *** Games ~ Make Mine Music ***
Capitolo 9: *** Reaching ~ Fun and Fancy Free ***
Capitolo 10: *** Cloud 9 ~ Melody Time ***
Capitolo 11: *** Seven deadly sins ~ The Adventures of Ichabod and Mr. Toad ***
Capitolo 12: *** ‘If only...’ ~ Cinderella ***
Capitolo 13: *** Cinnamon ~ Alice in Wonderland ***
Capitolo 14: *** Boundless energy ~ Peter Pan ***
Capitolo 15: *** Walk out ~ Lady and the Tramp ***
Capitolo 16: *** Sword & Shield ~ Sleeping Beauty ***
Capitolo 17: *** Mail ~ One Hundred and One Dalmatians ***
Capitolo 18: *** Unsweetened tea ~ The Sword in the Stone ***
Capitolo 19: *** Protection ~ The Jungle Book ***
Capitolo 20: *** Reunion ~ The Aristocats ***
Capitolo 21: *** Fortune ~ Robin Hood ***
Capitolo 22: *** ‘Never give up!’ ~ The Many Adventures of Winnie the Pooh ***
Capitolo 23: *** Can’t deny it ~ The Rescuers ***
Capitolo 24: *** Forever ours ~ The Fox and the Hound ***
Capitolo 25: *** Lyrics ~ The Black Cauldron ***
Capitolo 26: *** ‘What was that for?’ ~ The Great Mouse Detective ***
Capitolo 27: *** Private stash ~ Oliver & Company ***
Capitolo 28: *** Begging ~ The Little Mermaid ***
Capitolo 29: *** Inspiration ~ The Rescuers Down Under ***
Capitolo 30: *** Bittersweet ~ Beauty and the Beast ***
Capitolo 31: *** Served your purpose ~ Aladdin ***
Capitolo 32: *** Pain relief ~ The Lion King ***
Capitolo 33: *** Words of the heart ~ Pocahontas ***
Capitolo 34: *** Justice ~ The Hunchback of Notre-Dame ***
Capitolo 35: *** Sacrifice ~ Hercules ***
Capitolo 36: *** Hidden among us ~ Mulan ***
Capitolo 37: *** Realization ~ Tarzan ***
Capitolo 38: *** Release ~ Fantasia 2000 ***
Capitolo 39: *** Introspection ~ Dinosaur ***
Capitolo 40: *** ‘Wait a minute!’ ~ The Emperor’s New Groove ***
Capitolo 41: *** Secret art ~ Atlantis: The Lost Empire ***
Capitolo 42: *** Lost ~ Lilo & Stitch ***
Capitolo 43: *** Windows of the soul ~ Treasure Planet ***
Capitolo 44: *** Dry your tears ~ Brother Bear ***
Capitolo 45: *** My happy ending ~ Home on the Range ***
Capitolo 46: *** School uniforms ~ Chicken Little ***
Capitolo 47: *** Technology ~ Meet the Robinsons ***
Capitolo 48: *** Black & White ~ Bolt ***
Capitolo 49: *** Cross-dressing ~ The Princess and the Frog ***
Capitolo 50: *** Sensations ~ Tangled ***



Capitolo 1
*** ‘Say something!’ ~ Snow White and the Seven Dwarves ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#01

Snow White and the Seven Dwarves, 1937

 

 

 

 

 

# ‘Say something!’

 

 

 

Più degli animali impazziti, più delle preoccupazioni di Dotto, fu il silenzio a fargli capire che qualcosa di terribile poteva e doveva essere accaduto.

Balzò innanzi a tutti, agitando minaccioso il piccone – se c’era una strega, una vera, se la sarebbe vista con lui – ma gli cadde di mano quasi subito al vedere la porta di casa spalancata e il braccino pallido disteso sul pavimento, appena visibile dalla soglia, eppure così foriero di brutte notizie.

I nani si bloccarono. Solo Brontolo non si arrese, irruppe nella stanza, balzò accucciato su di lei e la scosse, ma piano, sempre più piano...

Tutto inutile. Se n’era andata. Biancaneve, la bella, la dolce, l’unica donna al mondo che sarebbe mai riuscita a fargli fare il bagno. Non puoi piombare in una vita e stravolgerla e poi andartene così.

Se n’era andata senza una parola, e Brontolo la odiò più che mai, e la odiò di più per ogni lacrima che gli fece versare.

 

 

[ 160 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Ho favoleggiato su una raccolta basata sui Classici Disney fin dall’uscita del cinquantesimo, Rapunzel, quindi per prima cosa mi scuso per averci messo tanto a mettere la teoria in pratica. Ma ora che per caso ho trovato i 50_themes ho finalmente la giusta ispirazione e il giusto input. E dunque eccoci qui!

Tratterò una serie di missing moments di tutti i classici, il che presuppone anche quei film non propriamente uniformi quali Fantasia e quel genere di lungometraggi a piccoli/medi quadri narrativi; spero di riuscirci. Ad ogni modo, avendo deciso di seguire l’ordine cronologico, l’esordio non poteva che riguardare Biancaneve e i sette nani – e vi assicuro che non è stato difficile trovare il giusto prompt e il giusto personaggio, perché di rado ho amato una ‘spalla’ quanto amo Brontolo

Noticina importante: il titolo della raccolta è una quote di Walt Disney in persona, che ho scelto perché il mio intento è proprio quello di soffermarmi su ciò che le storie della Disney, raccontate prevalentemente ai bambini, non hanno voluto mettere del tutto in luce (anche se dubito che tutte le flash saranno di genere così malinconico).

Ringrazio fin da ora chiunque vorrà seguirmi in questa traballante impresa, sperando di farvi cosa gradita!

Aya ~

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Capitolo 2
*** Desolation ~ Pinocchio ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#02

Pinocchio, 1940

 

 

 

 

 

# Desolation

 

 

 

Davanti ai suoi occhi dipinti d’azzurro, la stanza fredda si animò delle luci del ricordo: il burattino avanzava e attorno a lui gli orologi si coloravano di vita e i cucù cinguettavano e i carillon trillavano e il fuoco scoppiettava di nuovo allegro nel camino; c’era una boccia per i pesci sulla mensola e lì accanto un gattino nero dall’aria troppo felice per pensare di papparsi la sua preda, e là, naturalmente, , seduto sull’unica sedia della stanza, a braccia aperte, c’era il babbo. Pinocchio avrebbe voluto soltanto corrergli in braccio e stringerlo forte e non lasciarlo andare mai più, ma non appena mosse un passo verso di lui, ecco che le luci si spensero, tutti i colori tornarono grigi, gli orologi e i giocattoli tacquero, il fuoco morì, gatto e pesce svanirono e lui non c’era più, non c’era più, non c’era più.

Gli restavano solo una stanza fredda, una sedia vuota, il silenzio di un grillo parlante, le lacrime che gli pasticciavano i colori del viso e il suo piccolo cuore di bambino mai nato che si spezzava e si frantumava in mille trucioli di legno e polvere.

 

 

[ 190 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

In primis lasciatevi dire che siete meravigliosi ;///; Non mi sarei mai aspettata tanto entusiasmo per questa iniziativa. Grazie di cuore!

Per quanto riguarda Pinocchio, ho voluto rappresentare il momento in cui il burattino torna a casa e scopre che Geppetto è partito – e ho immaginato il suo senso di colpa nel ritrovarsi solo in quell’unica stanza che adesso non risuona più di musica e risate. Pinocchio non è esattamente uno dei miei protagonisti Disney preferiti, ma Geppetto indubbiamente sì, e quella casa non è casa senza di lui

Spero di poter essere ancora così regolare con i prossimi aggiornamenti ;D

Aya ~

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Capitolo 3
*** Chaos ~ Fantasia ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#03

Fantasia, 1940

 

 

 

 

 

# Chaos

 

 

 

Allo Stregone era bastato un gesto delle mani per dividere le acque, ridurre al silenzio la confusione e cancellare tutto ciò che era stato. Il mondo era tornato alla normalità. La sala era di nuovo silenziosa, la vasca non straripava più giù per le scale, sul pavimento una scopa e un paio di secchi giacevano immoti – come avrebbe sempre dovuto essere. Solo gli occhi dello Stregone, fissi su di lui e colmi di muto e inesorabile rimprovero, testimoniavano che qualcosa si era rotto, era irrimediabilmente cambiato. Il caos non si dimentica.

L’apprendista si sfilò il berretto a punta e abbassò gli occhi. Allo Stregone era bastato un gesto delle mani per cancellare tutto; a lui non sarebbe bastata l’eternità per fare ammenda e dimostrare di aver imparato la lezione.

Non si gioca con la magia.

 

 

[ 135 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Fantasia mi ha dato del filo da torcere xD Ero abbastanza sicura sulla scelta del prompt e naturalmente non potevo che scrivere su L’apprendista stregone (amo anche gli altri episodi, ma questo è oggettivamente il più completo in termini narrativi), però non sapevo bene come impostare la flash e anche in seguito i dubbi sono rimasti. In effetti, vedete, ho l’impressione di aver scritto una roba piuttosto banale. u///ù

Spero di rifarmi, e mi auguro che la raccolta continui a incuriosirvi

Aya ~

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Capitolo 4
*** Rumors ~ Dumbo ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#04

Dumbo, 1941

 

 

 

 

 

# Rumors

 

 

 

Si diceva che il figlioletto della signora Jumbo non fosse un elefante normale.

Tanto per cominciare, non parlava con nessuno. Le vecchie circensi avevano visto cuccioli andare e venire, sotto quel tendone vagante, e non era mai accaduto prima che uno di loro si mostrasse così silenzioso, così poco incline ai più comuni fondamenti della civile convivenza; ma il figlio della signora Jumbo se ne stava per ore e ore con la proboscide in su, a rincorrere con gli occhi chissà che cosa, e tutta la sua conversazione si limitava a un barrito occasionale che suonava più come un bizzarro sospiro. Poi, sembrava andare straordinariamente d’accordo con un topo, e la cosa di per sé sarebbe bastata a far preoccupare qualunque madre degna di questo nome, giusto? E infine quelle orecchie, cielo, quelle orecchie.

C’erano tutti i presupposti per ritenere che il figlioletto della signora Jumbo non fosse un elefante normale; a dirla tutta, non sembrava neppure essere un elefante.

Dumbo le sentiva, qualche volta. Ed era in quei momenti che Timoteo temeva davvero di non poter riuscire a salvarlo.

 

 

[ 180 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Non avevo mai visto Dumbo prima di questa estate, quando mi sono data a una maratona di tutti i Classici Disney (e adesso sapete anche a cosa mi è servita, LOL); mi è piaciucchiato abbastanza, ma probabilmente ciò che ho amato di più in tutta la storia è stato Timoteo. Questo topolino che decide di aiutare quello che dovrebbe essere il suo nemico naturale, un elefantino incompreso, e ci riesce – credo che sia un messaggio meraviglioso, davvero degno di tutta la poetica di zio Walt.

Grazie infinite di essere ancora qui, sul serio.

Aya ~

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Capitolo 5
*** Déjà-vu ~ Bambi ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#05

Bambi, 1942

 

 

 

 

 

# Déjà-vu

 

 

 

Ogni anno, alla fine del freddo, era sempre la stessa storia. All’improvviso il bosco risuonava di canzoncine, di cinguettii grondanti miele, e il sonno del vecchio gufo veniva continuamente interrotto da quell’insulsa primavera che sembrava non avere niente di meglio da fare che tornare a tormentarlo, più puntuale della stagione delle piogge.

A ben poco serviva gracchiare contro gli invasori. Il principino aveva il suo bel dire che a lui non sarebbe successo – alla rincitrullaggine non c’era scampo, a meno di non essere un vecchio gufo.

E il giorno in cui lo vide seguire la bella cerbiatta lungo il ruscello, non poté fare altro che affondare il capo tra le ali e cercare di riprendere il sonno. Proprio come accadeva ogni anno.

« Rincitrullito » borbottò, un po’ più tristemente del solito.

 

 

[ 130 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Penso che questa flash sia quasi più comica che malinconica xD Beh, a me l’Amico Gufo di Bambi fa morire dal ridere, quindi anche se il mio proposito era di rappresentarlo più solo che mai – perché dopotutto Bambi, Tamburino e Fiore sono stati finora la sua sola compagnia: veder rincitrullire anche loro è quasi un ‘tradimento’ – non potevo che ammantare la cosa di tutta l’ironia che caratterizza il personaggio. Spero apprezziate

Aya ~

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Capitolo 6
*** ‘Why me...?’ ~ Saludos Amigos ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#06

Saludos Amigos, 1942

 

 

 

 

 

# ‘Why me...?’

 

 

 

I cowboy non erano fatti per la pampa argentina; questo il narratore doveva saperlo benissimo. Eppure la cosa non gli aveva impedito di strapparlo al suo amato Nordamerica per trasportarlo – letteralmente – nel vasto e sconosciuto meridione; di spogliarlo di sé per cacciargli addosso bombachas, sombrero, saco, tirador, chiripá, pañuelo, botas, espuelas con tanto di poncho finale che copriva tutto quanto; infine di affidargli quel cavallo pazzo che non ne voleva sapere di collaborare con la sua già piuttosto difficile giornata. Il cowboy (gaucho) era diventato praticamente un altro. E il cowboy (gaucho) era un tipo pacifico, davvero, non s’era neanche sognato di obiettare, di far notare al narratore quanto crudele fosse la cosa.

Eppure, adesso che il narratore lo afferrava di nuovo bruscamente per il pañuelo e lo riscaraventava indietro, a casa, il cowboy (gaucho) aveva negli occhi una domanda tristissima. Ma si limitò a un « ¡Hasta la vista! » più allegro che mai, perché lui era un cowboy (gaucho) per bene. E anche questo il narratore lo sapeva benissimo.

In fondo era per questo che se la prendeva sempre con lui.

 

 

[ 181 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Ecco, questa è praticamente una scemenza xD

D’altro canto era difficile scegliere il frammento narrativo più ‘ficwritabile’ di Saludos Amigos, una pellicola a spezzoni interamente basata sulla vita in Sudamerica. Alla fine mi sono prefissa di sprofondare il Pippo dell’episodio El Gaucho Goofy in un’atmosfera semi-malinconica, cosa in cui ho inevitabilmente fallito, perché anche volendo non si può non ridere di fronte a questo povero cowboy che suo malgrado si ritrova a imparare le abitudini del gaucho argentino. Quindi niente, sono pronta per i vostri pomodori *afferra un elmetto*

Apprezzo comunque infinitamente che non mi abbiate ancora mandata al diavolo u///ù

Aya ~

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Capitolo 7
*** Holiday ~ The Three Caballeros ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#07

The Three Caballeros, 1944

 

 

 

 

 

# Holiday

 

 

 

Pablo non voleva veramente andarsene dal Polo Sud. Era vero che era un pinguino freddoloso, era vero che era diverso da tutti gli altri; ma non era questo che l’aveva spinto a ritagliare il quadrato di ghiaccio su cui poggiava il suo igloo solitario e partire alla volta del caldo equatore.

Il gauchito non aveva catturato il ciuchino volante solamente per vincere la gara. Era vero che c’erano mille pesos in palio, era vero che così avrebbe dato una lezione a tutti gli adulti che lo prendevano in giro; ma non era per questo che gli aveva imbrigliato le zampe e aveva imparato a volare con lui.

José e Panchito non lo avevano portato a visitare Baía e tutti quei meravigliosi angoli del Messico solo per fargli un regalo di compleanno.

Paperino se ne rendeva conto adesso, adesso che era rimasto solo davanti a un grosso pacco aperto e un po’ distrutto, con nell’aria l’odore degli ultimi fuochi d’artificio spenti e in mano dei libri che erano tornati ad essere soltanto libri. Se ne rendeva conto e già rimpiangeva tutti quei colori, tutte quelle musiche, tutti quei profumi e tutte quelle ragazze.

Era il viaggio a contare, non la destinazione.

 

 

[ 200 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Sei mai stato a Baía?!” BWAHH.

Non potete immaginare quanto io ami I tre caballeros. Per moltissimi anni è stato praticamente il mio Classico Disney preferito; ci sono cresciuta ed è sempre stato in grado di trasmettermi un’euforia assurda, ma sempre accompagnata da una certa malinconia che ho capito solo più tardi, da grande, constatando che quella realtà splendida che vedevo attraverso gli occhi di Paperino, José Carioca () e Panchito mi sarebbe tanto piaciuto toccarla con mano.

Onestamente non pensavo che mi sarei dilungata tanto su questa flash, però alla fine, rileggendola, per una volta sono rimasta – non lo negherò – piuttosto soddisfatta. Quella nostalgia dolceamara che ho voluto conferire a Paperino che guarda il pacco vuoto dei regali dei suoi amici – beh, è ciò che sento anch’io ogni volta che arrivo alla fine del film. Ogni singola volta. Ancora oggi.

(Ho paura di non aver rispettato appieno il prompt, ma ho identificato la ‘vacanza’ dei protagonisti con il ‘viaggio’, ergo spero me la passiate. ^^’)

Aya ~

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Capitolo 8
*** Games ~ Make Mine Music ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#08

Make Mine Music, 1946

 

 

 

 

 

# Games

 

 

 

Il nonno gli aveva sempre borbottato, in quel suo tono da vecchio fagotto, che quello della caccia al lupo era solo un sogno, uno stupido gioco per bambinetti in fasce, e che era « tempo di crescere, Pierino, o il gioco finirà male prima che tu te ne accorga ». Gli sequestrava il fucile; qualche volta gli aveva anche rifilato una bella sculacciata – ma Pierino aveva continuato imperterrito a riprendersi la sua arma di guerra e a fantasticare di liberare il paese dalla minaccia del lupo cattivo, perché lui dopotutto era un bambino; e se crescere voleva dire smettere di voler fare qualcosa con tutto se stesso, allora grazie tante, lui non sarebbe cresciuto mai.

Oggi però il lupo era vero, e della buona Sonia non restavano che una piuma e un paio d’impronte nella neve.

E a Pierino ci volle tutto il suo coraggio per non darsi per vinto e per continuare ad essere un bambino.

 

 

[ 155 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Anche Musica, maestro! è un Classico che non avevo mai visto prima del mio più recente periodo disneyano, ma in questo caso la scelta dell’episodio su cui scrivere è stata immediata. Il cortometraggio su Pierino e il lupo fu integrato, se non ricordo male, nel vecchio VHS de La carica dei 101, ergo lo conoscevo già molto bene – ed è stata una piacevole sorpresa scoprire che faceva parte di una pellicola sullo stile di Fantasia. Ho sempre amato questa scenetta musicale – nonché l’impareggiabile voce narrante! XD – e mi sarebbe tanto piaciuto scrivere in particolare su Sasha e Ivan, i miei personaggi preferiti; però mi fa piacere aver scritto piuttosto di Pierino alle prese con il lupo: penso che il prompt fosse proprio giusto per questa situazione. L’ultima frase sta proprio a significare che forse, in una circostanza del genere, solo i bambini sarebbero in grado di non perdere la testa.

Questa raccolta sta ottenendo un successo che non credo che meriti: grazie davvero di cuore, ogni volta di più *///*

Aya ~

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Capitolo 9
*** Reaching ~ Fun and Fancy Free ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#09

Fun and Fancy Free, 1947

 

 

 

 

 

# Reaching

 

 

 

Vivere nel Fuori era difficile. Il primo giorno Bongo aveva saltellato senza pensieri di cespuglio in cespuglio, ma già l’alba seguente aveva portato alla luce la paura – ma forse si aveva sempre un po’ paura di fronte alla libertà. Lui non poteva saperlo, non era mai stato così libero prima d’ora.

Vivere nel Fuori era diventato ancora più difficile quando era arrivata lei. Lulubelle gli aveva sorriso più luminosa del sole e poco dopo gli aveva mollato un ceffone, e ora Bongo non sapeva più che pesci pigliare – letteralmente. Era, quello, un mondo che non aveva mai conosciuto, in nessun senso; in fondo non gli era mai capitato di voler bene a qualcuno.

La guardò tristemente mentre, giù al ruscello, danzava tra gli orsi che erano tutti uguali, tutti diversi da lui. E rifletté ancora e ancora su quanto fosse difficile vivere nel Fuori.

Eppure era sicuro che, se ci fosse stata Lulubelle insieme a lui sopra il suo piccolo monociclo, correre attraverso quello strano e nuovo e meraviglioso mondo e toccarlo non gli avrebbe fatto nessuna paura.

 

 

[ 178 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Sarò sincera: per quanto riguarda Bongo e i tre avventurieri preferisco molto di più l’episodio su Topolino, Paperino e Pippo ispirato alla fiaba di Jack e il fagiolo magico. Eppure ho scelto di scrivere su Bongo – tutti e tre i protagonisti del secondo mediometraggio sono già comparsi in questa raccolta, perciò non sarebbe stato molto giusto tornare su di loro e lasciare Bongo e Lulubelle da parte. Il risultato comunque – me ne rendo conto – non è dei migliori, proprio perché, dal momento che non amo moltissimo la vicenda narrata (che mi sa un po’ troppo di cliché persino per la Disney), logicamente dal testo non traspare un grande entusiasmo da parte mia. Oh, spero che non vi stiate pentendo di seguire questa raccolta ;///;

Aya ~

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Capitolo 10
*** Cloud 9 ~ Melody Time ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#10

Melody Time, 1948

 

 

 

 

 

# Cloud 9

 

 

 

Da quando era arrivata lei, Bill, il suo Bill, era diventato un estraneo. Non avevano più fatto nulla insieme – non avevano più rincorso banditi e non avevano più sovvertito la natura e non avevano più neanche galoppato liberi verso il tramonto. Bill aveva sempre la testa tra le nuvole e non se ne vergognava nemmeno, perché, farfugliava tra sé e sé, il cielo erano gli occhi di Sue.

Del resto, Sputafuoco era solo un cavallo, e gli uomini tendevano a non concepire il fatto che la proverbiale fedeltà dei cavalli fosse dettata non dall’istinto, ma dal più cieco e naturale affetto.

Così, il giorno del regalo alla sposa, Bill trovò un altro motivo per vivere con la testa tra le nuvole; e per la prima volta Sputafuoco avvertì anche il dolore tutto umano del rimorso.

 

 

[ 135 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Lo scrigno delle sette perle è un gioiellino come dice il titolo. Ho adorato tutti gli episodi, ma il mio preferito è senza dubbio quello su Pecos Bill, il cowboy texano che si perse per amore di una donna. La Disney, così brava a infondere umanità nei personaggi più improbabili, ha fatto risaltare in quei quindici minuti il cavallo Sputafuoco e la sua gelosia nei confronti della bella Sue – però mi sono detta che quella gelosia non poteva sfociare in un vero e proprio senso di soddisfazione, alla fine, perché con la scomparsa di Sue Sputafuoco ha ‘perso’ Bill più che mai.

Cloud 9 è un’espressione idiomatica che indica un senso di beata distrazione; penso che il modo migliore di renderlo in italiano sia il nostro ‘avere la testa tra le nuvole’, che in questo caso specifico si prestava bene tanto all’innamoramento di Bill quanto al suo dolore finale.

Aya ~

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Capitolo 11
*** Seven deadly sins ~ The Adventures of Ichabod and Mr. Toad ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#11

The Adventures of Ichabod and Mr. Toad, 1949

 

 

 

 

 

# Seven deadly sins

 

 

 

Non dovete peccare, dicevano loro da bambini, o finirete all’inferno.

Taddeo non era cattivo, davvero. I suoi amici lo conoscevano da tutta la vita e lo sapevano che non era cattivo. Topus storceva un po’ il naso, sì, quando d’improvviso lo vedevano scorrazzare per il paese tutto preso dalla sua nuova mania – che fosse un cavallo, un motore o chissà cosa, il chiasso era lo stesso – ma a Talpino faceva soprattutto ridere, ed era sicuro che sotto sotto anche i baffi di Topus nascondessero un sorriso.

Ma non dovete peccare, dicevano loro da bambini, o finirete all’inferno; e Taddeo doveva aver superato da un pezzo quella linea invisibile che stava tra il divertimento e il vizio, sfiorando un po’ tutte di quelle cose che il buon vecchio Tasso raccomandava spesso di non fare.

Il peggio era che non era finito all’inferno, ma in prigione.

Quella volta Talpino ci mise un po’ a smettere di piangere.

 

 

[ 155 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Anche in questo caso, devo dire che amo molto di più l’episodio su Ichabod che non quello su Taddeo di Villa Rospo, però il prompt prescelto si adattava molto meglio a quest’ultimo – e poi non ho resistito all’impulso di raccontare le sue tristi vicende attraverso gli occhi del dolcissimo Talpino.

Piccolo chiarimento: quando dico che il peggio è finire in prigione piuttosto che all’inferno, voglio dire che in prigione ci si può finire anche da innocenti. All’inferno no. Forse avrei dovuto specificarlo meglio nella flash, ma mi piaceva l’idea di chiudere solamente con il pianto di Talpino: lo so, mi capisco solo io. xD

Sono infinitamente grata a tutti i miei lettori, ma un ringraziamento speciale va a Honest che non si perde un capitolo e mi lascia sempre splendide parole che non merito ç///ç

Aya ~

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Capitolo 12
*** ‘If only...’ ~ Cinderella ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#12

Cinderella, 1950

 

 

 

 

 

# ‘If only...’

 

 

 

La guardava dal suo posto segreto, molto distante dal mondo degli uomini, e si sentiva stringere il cuore ogni giorno un po’ di più.

Smemorina era una fata come si deve. Aveva dedicato i suoi anni più verdi allo studio della magia, decisa a conseguire l’obiettivo più alto che una creatura fatata potesse rappresentare: quello di guida, di conforto a quei poveri piccoli umani che spesso preferivano non credere e che per questo imparavano a soffrire in silenzio. Era diventata Fata Madrina, aveva ottenuto la sua stirpe di protetti, e la sua felicità era stata piena perché finalmente avrebbe potuto portare il suo contributo in una terra che, se solo avesse guardato un po’ più in su del proprio naso, avrebbe capito di non essere sola.

E poi, Smemorina era anche una fata ottimista; il tempo era trascorso – e lei probabilmente aveva dimenticato qualcosa per strada – e il momento giusto doveva ancora venire, però non aveva mai dubitato di poter riuscire, di poter salvare qualcuno che sognasse abbastanza da poter essere salvato.

E tuttavia, quando abbassava lo sguardo sulla ragazzina sola che in silenzio soffriva così tanto e di cui tutti avevano dimenticato persino il nome, non poteva davvero evitare che il cuore le si stringesse ogni volta un po’ di più.

 

 

[ 212 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Lo giuro, non avrei mai immaginato di scrivere su Smemorina. Era mia intenzione fin dall’inizio concentrarmi sul periodo che il film non ci mostra, quello dell’infanzia di Cenerentola dopo la morte del padre, ma a un tratto mi sono detta che considerato il filo narrativo della raccolta sarebbe stata una scelta scontata rappresentare lei alle prese con i soprusi della matrigna e delle sorellastre. Così, non so neanch’io come, ho immaginato una Smemorina che la osservasse dal mondo delle fate, in attesa del momento giusto per scendere ad aiutarla, a dimostrarle di non essere sola. Il ‘Se solo...’ del prompt si riferisce anche al suo desiderio inespresso che il tempo si affretti, non solo all’incapacità degli uomini di credere nell’impossibile.

E boh. Hope you liked it

Aya ~

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Capitolo 13
*** Cinnamon ~ Alice in Wonderland ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#13

Alice in Wonderland, 1951

 

 

 

 

 

# Cinnamon

 

 

 

« Un’altra tazza! Più in là! Cambiar! »

Il Leprotto afferrò al volo la teiera in cui russava il Ghiro e seguì il Cappellaio lungo la tavolata, fino a una nuova serie di tazzine scintillanti e colme di buon tè. Ma neanche qui c’era ciò che serviva per il tè migliore, quello più buono e dolce, quello che non avevano più gustato da – impossibile dirlo; dopotutto il Tempo si era offeso. Il Cappellaio si voltò con aria grave, scosse la testa e riprese la sua pazza corsa, più pazza che mai.

« Cambiar! Più in là! Un’altra tazza! »

Ancora sedie e ancora tazze e ancora una volta il Cappellaio scosse il capo stizzito, poi arrabbiato, poi deluso. Non c’era. Non c’era più cannella. E senza cannella il tè non sarebbe più stato lo stesso. La cannella aveva lo stesso profumo di quella simpatica bambina. Forse dopotutto anche lei si era offesa. Non restava che continuare a correre.

« Più in là! Cambiar! Un’altra tazza! »

 

 

[ 160 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Sì, shippo Cappellaio/Alice. No, non shippo Cappellaio/Alice in versione Disney. Sì, ho scritto una mezza Cappellaio/Alice in versione Disney.

Il fatto è che il Cappellaio Matto è irresistibile quando chiama Alice “simpatica bambina” (xD), e a me piaceva l’idea che più tardi – dopo averla offesa come ha offeso il Tempo (riferimento al romanzo di Carroll) – potesse sentire la sua mancanza.

Sempre grazie a tutti voi

Aya ~

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Capitolo 14
*** Boundless energy ~ Peter Pan ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#14

Peter Pan, 1953

 

 

 

 

 

# Boundless energy

 

 

 

Lo odiava. E l’avrebbe ucciso.

Lo odiava perché era un piccolo fuoco d’artificio verde e rosso che non aveva bisogno del buio per risplendere. Lo odiava perché sapeva combattere, ma con la spensierata ingenuità di chi alla guerra gioca soltanto. Lo odiava perché rideva, rideva sempre, e non rimpiangeva un mondo che non gli era piaciuto e anzi aveva avuto il coraggio di andarsene via da solo pur di non crescere mai, di essere quello che voleva lui. Lo odiava perché sapeva volare.

L’uncino trafisse il punto della mappa sul quale la fata aveva tracciato una croce, e lo fece come se sotto la pergamena pulsasse il cuore stesso di Peter Pan.

L’avrebbe ucciso perché lui era il bambino che Giacomo Uncino non aveva mai potuto essere.

 

 

[ 127 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Qui non ho avuto dubbi fin dall’inizio. Volevo scrivere su Uncino e sul fatto che forse, se odia così tanto Peter, c’è una ragione molto valida – probabilmente a influenzarmi è stata anche un po’ la miniserie Neverland in cui il loro rapporto viene totalmente rivisitato, ma io ho immaginato qualcosa di diverso ancora e la mia testa se n’è andata per un po’ a zonzo tra gli anni d’infanzia di un James non ancora ‘Hook’ che per forza di cose (famiglia, epoca, quello che vi sembra più probabile) è stato costretto a crescere e che forse proprio per questo odia l’unico bambino al mondo che non crescerà mai.

Lo so, mi faccio un sacco di pare mentali.

Ho finito le parole per ringraziarvi

Aya ~

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Capitolo 15
*** Walk out ~ Lady and the Tramp ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#15

Lady and the Tramp, 1955

 

 

 

 

 

# Walk out

 

 

 

Un uomo e un cane passeggiavano nel parco di domenica mattina.

Era una vecchia abitudine consolidata da lunghi anni di serena coesistenza, anni che né la guerra né le perdite dei beni e degli affetti erano riuscite a sfumare. Anche quella che l’uomo aveva di parlare al cane come se questi potesse rispondergli era qualcosa che non sarebbe mai cambiato.

« È passato tanto tempo, eh, vecchio mio? Ti ricordi quand’eri cucciolo e venivamo qui a terrorizzare le lepri, e quegli alberi laggiù non erano altro che giovani arbusti? Guarda ora come sfiorano le nuvole, mentre tu fai da mentore alla cagnetta dei vicini... Ti ricordi, vero, Fido? »

Il cane aveva grande rispetto di quel sorriso triste e di quella voce nostalgica, e ogni volta, consapevole di fare la cosa giusta, tuffava il naso nell’erba e proseguiva il cammino alla ricerca dell’odore familiare di una lepre, anche se non era più riuscito a stanarne una.

Un vecchio cane e un vecchio uomo passeggiavano nel parco di domenica mattina, e l’uno non vedeva mai le lacrime offuscare gli occhi stanchi dell’altro al pensiero delle cose che invece erano cambiate.

 

 

[ 187 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Mi è venuta di getto. L’ho scritta senza apportare neanche una correzione. E penso che il merito sia del mio smisurato amore per i cani in generale, oltre che per Fido.

Si parla molto della proverbiale fedeltà dei cavalli che, si dice, sono ancora più leali dei nostri migliori amici a quattro zampe, però il messaggio lanciato da Fido in Lilli e il vagabondo è qualcosa di sublime: il suo ostinarsi a non accettare il fatto di aver perso l’odorato è un’immagine di speranza e di perseveranza che tocca un mondo ancora più ampio che quello solamente canino.

Per una volta sono davvero fiera di ciò che ho scritto, sì. E spero che possa piacere anche a voi

Aya ~

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Capitolo 16
*** Sword & Shield ~ Sleeping Beauty ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#16

Sleeping Beauty, 1959

 

 

 

 

 

# Sword & Shield

 

 

 

Aprì gli occhi e si ritrovò nel letto insieme alla sua vecchia amica delusione. Andava avanti da tempo, ormai – sempre lo stesso sogno...

Le buone zie erano molto diverse l’una dall’altra, ma tutte e tre l’avevano cresciuta raccontandole delle storie meravigliose: zia Flora le parlava di castelli, di magia e di sovrani buoni e giusti; zia Fauna accendeva le sue fantasie con romantiche fiabe d’amore eterno; zia Serenella si animava al narrarle grandi avventure, colme di draghi da sconfiggere e tesori da conquistare. Rosaspina aveva fatto sue tutte quelle immagini e tutte quelle parole e fin da bambina aveva capito che non era questa la vita che sognava, che le sarebbe piaciuto infinitamente di più essere una di quelle principesse innamorate o una di quelle creature fatate che popolavano ormai ogni suo sogno ad occhi aperti – e forse era per questo che in quelli ad occhi chiusi ormai compariva sempre lui, lo sconosciuto principe con cappa e spada, quello che veniva a liberarla dall’esistenza che un qualche potere maligno aveva scelto come sua prigione e la restituiva a una vita di colori, di emozioni, di magia...

Non aveva mai trovato il coraggio di parlarne alle zie; ce la mettevano tutta ed erano deliziose, davvero, ma non avrebbero capito. Fin troppe volte, senza riuscire a spiegarsene il motivo, aveva avvertito il peso di un’insondabile diversità che la divideva da loro ogni giorno di più.

Rosaspina si rigirò nel letto e abbracciò il cuscino, ricordando a se stessa che forse era tempo di crescere, di smetterla di sognare; dopotutto l’indomani avrebbe compiuto sedici anni...

Chiuse gli occhi e ritrovò ad aspettarla il sorriso del principe. Sorrise a sua volta.

Domani, si disse.

 

 

[ 280 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Non mi aspettavo di scrivere granché su Aurora, invece una volta preso il via non sono più riuscita a fermarmi. Credo che lei sia, insieme a Belle, la protagonista Disney che mi somiglia di più – leggasi il sognare ciò che è di più diverso dalla sua vita attuale, l’ingenuità e anche la lieve incostanza di fronte ai propri sentimenti (pensate alla faccenda non posso incontrarvi / incontriamoci stasera del suo primo incontro con Filippo xD) – e se di Belle ho lo spirito di pesce fuor d’acqua e l’esigenza di nascondermi in altri mondi tramite la lettura, tutto il resto l’ho preso sicuramente da lei.

Ma tutto ciò non c’entra niente e onestamente non so perché ve lo sto dicendo. Uhm. Forse volevo solo giustificarmi della relativa lunghezza della flash.

Ad ogni modo, spero davvero che vi sia piaciuta perché finora è una di quelle che ho sentito di più

Aya ~

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Capitolo 17
*** Mail ~ One Hundred and One Dalmatians ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#17

One Hundred and One Dalmatians, 1961

 

 

 

 

 

# Mail

 

 

 

Era come un rituale: il trillo pulito del campanello all’angolo della strada, il lieve stridio della ruota nello sfrecciare di fronte al vialetto, il tonfo morbido della carta fresca di stampa tra l’erba umida di rugiada e infine lo scatto di Pongo, lingua di fuori, orecchie al vento, verso la sua prima occasione quotidiana di rendersi utile a quello scansafatiche del suo compagno bipede.

Erano passati così tanti anni che, per Rudy, l’intera faccenda era diventata un qualcosa da dare per scontato, come il caffè caldo che era comparso sulla tavola della colazione solo grazie ad Anita – probabilmente l’occasione migliore che Pongo gli avesse mai regalato – o le pantofole che il suo caro vecchio cagnone gli faceva trovare allineate accanto al letto ad ogni risveglio.

Non c’è nulla di più doloroso di un’abitudine spezzata, si disse il giorno in cui il postino arrivò e se ne andò e Pongo non corse all’arrembaggio col giornale stretto tra i denti.

Rimase a guardare dalla porta aperta, stringendo a sé sua moglie, i singhiozzi di Nilla troppo forti nelle orecchie.

Pongo e Peggy erano immobili con gli sguardi puntati sulla strada che sfumava all’orizzonte e probabilmente così sarebbero rimasti per molti, molti giorni. O almeno finché quindici cuccioli non fossero comparsi laggiù, nella scia della bici del postino.

 

 

[ 215 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Anche in questo caso non pensavo di dilungarmi, ma La carica dei 101 è l’amore assoluto e, una volta stabilito di scrivere sul post-rapimento, l’immagine che il prompt mi ha suggerito mi ha fatto male. Ma male davvero.

Questa volta un ringraziamento tutto speciale va a _Li_. Perché sì, ecco. Perché a momenti mi faceva piangere e io sono pessima perché non sono in grado neppure di rispondere a una recensione come la sua senza commuovermi, ma ci tenevo che lo sapesse. E quindi grazie, grazie davvero.

Come sempre, hope you liked it

Aya ~

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Capitolo 18
*** Unsweetened tea ~ The Sword in the Stone ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#18

The Sword in the Stone, 1963

 

 

 

 

 

# Unsweetened tea

 

 

 

Per l’ennesima volta la tavola fu percorsa da uno sguardo appuntito come solo quello di un gufo irascibile sa essere, e la zuccheriera rabbrividì sensibilmente.

Anacleto la detestava, quella cosa. Intendiamoci, non che il resto di tutta quella chincaglieria gli stesse simpatico. Aveva sempre ritenuto quantomeno indecoroso il ritrovarsi perennemente circondato da quella schiera di oggetti capricciosi quanto e più di lui; non bisognerebbe mai dare un’anima a una suppellettile, e sì che gliel’aveva detto spesso!, perché è il modo sicuro di farla credere chissà chi. Però lei, la zuccheriera, in quell’ostinarsi a trotterellare avanti a tutti quando il ragazzo veniva a prendersi un sacrosanto tè, nel volere a tutti i costi riempirgli una tazza che era già abbastanza difficile buttare giù – nel suo maledetto ricordare a un ragazzino intristito un vecchio lunatico che se n’era andato a Honolulu – era la più seccante di tutte.

Eppure doveva vederlo anche lei che da quel giorno il ragazzo non aveva più chiesto un solo cucchiaino di zucchero.

Per l’ennesima volta Anacleto gonfiò le penne e brontolò qualcosa nel suo miglior tono di gufo irascibile, fingendo di non vedere le lacrime che dagli occhi di Semola cadevano in una tazza sempre troppo piena.

 

 

[ 200 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Ma quanto posso amare Anacleto, quanto? Prima figura ostile, poi maestro, infine amico e unico compagno di Semola dopo che Merlino offeso se ne va a Honolulu. Ho voluto pensare alla zuccheriera come catalizzatore di tutti i sensi di colpa del povero Artù, ed ecco che l’inimitabile gufo è venuto a farmi da voce narrante.

Sempre grazie di essere qui. Ogni volta spero di non deludervi.

Aya ~

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Capitolo 19
*** Protection ~ The Jungle Book ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#19

The Jungle Book, 1967

 

 

 

 

 

# Protection

 

 

 

Molte primavere e innumerevoli lune si erano susseguite dall’arrivo del cucciolo d’uomo alla soglia della sua tana, e in tutto quel tempo Rama l’aveva cresciuto, sfamato e istruito senza indugiare né dubitare mai, neppure per un breve istante, di essere nel giusto. Il pelo ingrigiva, la forza della giovinezza si trasmetteva col latte materno ai corpi irrobustiti dei piccoli, e Mowgli diventava un giovane esemplare di una specie che non era umana e non era animale, ma agli occhi suoi e di Raksha non avrebbe potuto essere migliore di quel che era – così come un padre non avrebbe potuto essere più orgoglioso; questo era ciò che pensava. Non aveva dubitato mai.

Ma giunse la notte del consiglio, giunsero le parole di Akela e le esortazioni di Bagheera, e allora Rama tornò al rifugio curvo sotto un peso che né tutto il tempo trascorso né la paura della più grande minaccia della giungla potevano eguagliare – poiché per quanto sapesse che, ancora, era giusto così, che l’intero branco agiva solo per il bene di Mowgli, per proteggerlo, pure Rama si ritrovava per la prima volta a esitare.

Dopotutto, qualunque fosse stata la fine, lui avrebbe perduto un figlio.

E accolse quell’istante con una sorta di gioioso dolore, fermandosi a cercare in sé la forza di condividerlo con Raksha, ululando all’ennesima di quelle lune che sempre, da che il tempo aveva memoria, mute e incuranti restavano a guardare.

 

 

[ 235 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Il mio amore per i lupi non si quantifica e no, non avrei potuto scrivere su altri che su Rama, costretto suo malgrado a dire addio al ‘cucciolo d’uomo’ per metterlo in salvo da Shere Khan.

Questa flash è forse quella che rispecchia meglio il senso che mi ero prefissa di raggiungere con l’intera raccolta, perché appunto, Il libro della giungla non si è affatto soffermato sul dolore che i lupi devono provare nel separarsi da Mowgli, e io non lo trovo giusto. Ho voluto dare un po’ più di spazio alla reazione di Rama a quel consiglio che sancisce l’allontanamento del ragazzo dalla famiglia sua e di Raksha – che, per inciso, nel film è solo ‘Mamma Lupa’, mentre è questo il suo nome originale nel romanzo di Kipling (che leggerò presto ); in fin dei conti è vero che, Shere Khan o non Shere Khan, adesso loro stanno perdendo Mowgli comunque.

Il ringraziamento speciale di questa puntata (?!) va a mia mogliaH Ray08, per tutto, ecco, e perché io non smetterò mai di ringraziarla per quel tutto che sappiamo noi.

Alla prossima!

Aya ~

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Capitolo 20
*** Reunion ~ The Aristocats ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#20

The Aristocats, 1970

 

 

 

 

 

# Reunion

 

 

 

I giorni di Adelaide Bonfamille erano stati di molti colori, come si addice a una vita piena e degna d’essere vissuta. C’era stato il verde della gioventù, il caldo giallo dorato del successo, il rosso di un amore che era venuto senza avvertire e se n’era andato senza sbiadire, il bianco perlaceo della quiete raggiunta con lo sfiorire degli anni. E infine c’era stato il nero, il buio di cui ogni giorno e ogni notte si erano tinti, fin dal momento in cui la luce cruda di un lampo aveva illuminato il vuoto di un lettino.

La vita di Adelaide Bonfamille era stata lunga e vivida e in quel tempo così oscuro la donna pensava che forse poteva anche morire adesso, poiché non avrebbe sopportato altro dolore dopo quello che la scomparsa dei suoi soli affetti al mondo le aveva inferto.

Soltanto quando alla porta della sua stanza risuonarono di nuovo i miagolii – e stavolta no, non l’aveva sognato, erano lì, erano davvero lì – e gli anni non furono più tanto pesanti da impedirle di correre ad aprire e ritrovare il suo vecchio cuore intatto, si rese conto di avere ancora qualcosa da vivere. Una gioia così intensa era di un colore indefinibile, di quelli che s’intravedono una sola volta e non li si dimentica mai più.

Adelaide Bonfamille si ritrovò a piangere nel pelo di Duchessa e si convinse che la sua vita era davvero stata degna d’essere vissuta.

 

 

[ 240 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Perché la gioia di Adelaide nel ritrovare i suoi mici alla porta dev’essere stata così smisurata che il film da solo non l’avrebbe contenuta. Ci ho provato io, con tutta l’umiltà possibile, perché un pensiero tutto suo questa donna se lo meritava.

Non mi dilungo oltre: sono sempre troppo felice che siate ancora qui

Aya ~

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Capitolo 21
*** Fortune ~ Robin Hood ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#21

Robin Hood, 1973

 

 

 

 

 

# Fortune

 

 

 

Non si può andare così da una ragazza, darle un mazzo di fiori e dirle...

 

I primi mesi, la foresta di Sherwood echeggiava di più frecce di quante la selvaggina e gli sgherri occasionali dello sceriffo ne richiedessero. Colui che aveva scelto di indossare il cappuccio del bandito e ne aveva adottato il nome colpiva tutto ciò che poteva, alberi e rocce, nemici e amici, gridando silenziosamente la sua rabbia a un cielo che in quel momento non aveva nulla della libertà che gli aveva promesso. Gli ci volle del tempo per imparare ad annullarsi nella battaglia, nella risata liberatoria di una sorta di vendetta contro il mondo che gli aveva tolto tutto – perché quelli come lui forse non avevano il diritto di possedere niente.

Eppure, se si fosse guardato dentro per un attimo, di certo l’avrebbe capito che il suo bene più grande era sempre stata lei.

 

“Ehi, ti ricordi? Eravamo bambini insieme! Vuoi sposarmi?”

 

I primi mesi, la torretta del castello di Re Riccardo echeggiava di più lacrime di quante mai ne fossero state versate in una prigione. La fanciulla che aveva fatto del proprio velo il suo inseparabile fazzoletto piangeva quando cuciva, quando pregava, quando chiudeva gli occhi e vedeva quelli timidi di un eroe, quando sedeva inerte a una finestra a guardare e maledire un cielo che il riquadro del suo povero punto di vista trasformava nell’ennesima dolorosa ferita. Le ci volle del tempo per imparare a sperare, a sorridere alla cara vecchia balia che le diceva che la lontananza rafforza l’amore – e non sempre lo distrugge.

Eppure, lei non aveva mai avuto bisogno di domandarsi nulla per sapere che il suo bene più grande era sempre stato lui.

 

No... Sono cose che non si fanno.

 

 

[ 260 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Non credo di esagerare se dico che Robin Hood è uno dei Classici Disney che ho guardato più volte, affezionandomi sempre di più a tutti i personaggi e a Robin in particolare. QUANTO LO AMO

Il prompt è usato nel senso di fortuna economica, di prosperità. Robin ha scelto di rinunciare a quel poco che aveva per diventare colui che ruba ai ricchi per sfamare ai poveri, e in questo modo ha perso anche l’amore, che era il suo unico vero bene. Marian è rimasta a guardare e ad aspettare, eppure sono sicura che non avrebbe esitato a rinunciare a tutto anche lei, pur di seguire lui che è la sua vera ricchezza.

Quella citazione, esclusa dal conteggio parole, dovevo inserirla per forza. Secondo me è una delle migliori frasi della Disney. In assoluto.

Aya ~

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Capitolo 22
*** ‘Never give up!’ ~ The Many Adventures of Winnie the Pooh ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#22

The Many Adventures of Winnie the Pooh, 1977

 

 

 

 

 

# ‘Never give up!’

 

 

 

Christopher Robin sentì la voce della mamma che lo chiamava per la cena e si preparò di malavoglia a interrompere il suo gioco preferito. Prima di alzarsi dal tappeto, dov’era rannicchiato assieme ai suoi amici, prese delicatamente Ih-Oh tra le mani e lo sollevò in modo da poterlo guardare direttamente negli occhioni neri e tristi.

Ih-Oh era sempre stato un asinello malinconico, ma stavolta non si sentiva davvero di fargliene una colpa. Era una cosa dura quella che gli era successa. Nessuno meritava di perdere la coda, ecco.

« Non avere paura, Ih-Oh, la ritroveremo. Ora aspettami qui; e mi raccomando, non arrenderti! »

Lo posò di nuovo con delicatezza tra un Tappo molto assorto e un Tigro molto eccitato, e quando si alzò per raggiungere la mamma gli sembrò di vedere sul suo muso di stoffa un mesto ma grato sorriso.

 

 

[ 140 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Voglio essere del tutto sincera con voi: ho sempre odiato Winnie the Pooh di un odio viscerale xD Non parlo tanto dei film e dei relativi merchandising, quanto del personaggio in sé. Ci sono persone che odiano a prescindere il Grande Puffo o Hello Kitty o le Winx; beh, io odio a prescindere Winnie the Pooh, mi prendo le mie colpe e le ammetto candidamente. Non vogliatemene. È stata quasi una sofferenza guardarsi quel film all’unico scopo di costruire per bene questa raccolta e integrarvi tutti i primi cinquanta Classici Disney.

Però... Però.

Sono rimasta piacevolmente sorpresa dallo scoprire che le avventure di questo gruppetto di peluche in realtà è tutto frutto non della follia di un narratore sotto effetto di sostanze stupefacenti e alle prese con i suoi personalissimi elefanti rosa, bensì, in modo più semplice e naturale, della fantasia di un bambino. Mi è parso anzi un elemento a dir poco geniale della storia, che di per sé ha poco e niente di speciale al di là di questo caratteristico punto di partenza. Forse è anche per questo che ho deciso che la flash al riguardo sarebbe stata proprio dal punto di vista di Christopher Robin, ambientata magari nel momento di interrompere il gioco e tornare alla sua ‘vera’ vita di ragazzino con una casa e una famiglia e tutto ciò che della fantasia non fa parte.

Poi, beh, non ho potuto fare a meno di parlare della faccenda della coda perduta di Ih-Oh perché lui è – assieme a Tigro e Tappo, appunto – il mio preferito tra i personaggi della strana combriccola (Nota bene: so che la storia della coda non appartiene a questo film, bensì a Le nuove avventure di Winnie the Pooh, ma i due lungometraggi sono di ambientazione così simile che non mi è parsa molto grave la piccola libertà che mi sono presa.)

Aya ~

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Capitolo 23
*** Can’t deny it ~ The Rescuers ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#23

The Rescuers, 1977

 

 

 

 

 

# Can’t deny it

 

 

 

In quella stanza erano rimasti solo una vecchia scatola e un vecchio gatto.

Erano tanti anni che Rufus viveva all’orfanotrofio Morningside, e a differenza dei bambini, lui probabilmente da lì non se ne sarebbe andato mai. Quand’era cucciolo passava le sue giornate a rincorrere gomitoli di lana e a farsi accarezzare pigramente da quei bimbi simpatici con le tasche sempre piene di biscotti; poi, a poco a poco, i bimbi se n’erano andati e così i gomitoli e così i biscotti. Aveva imparato allora la più inesorabile verità che un gatto come-si-deve debba far sua: mai voler bene a un essere umano. Alla fine se ne andavano, se ne andavano sempre.

Eppure non poteva negare che a quella bambina così speciale, che parlava con gli animali ma aveva gli occhi tristi di chi quell’uccellino blu non riusciva a vederlo, voleva bene davvero.

D’altro canto, era davvero troppo vecchio per fare il gatto come-si-deve...

Aveva preso l’abitudine di raggomitolarsi accanto alle sue poche cose, così che, quando Penny fosse tornata – perché lei sarebbe tornata – lui sarebbe stato lì, come sempre. E se ne stavano vicini, una vecchia scatola e un vecchio gatto, ad aspettare.

 

 

[ 193 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Le avventure di Bianca e Bernie è un altro Classico che mi ha vista crescere e cui sono molto affezionata. Anche in questo caso scrivere sulle pene vissute dalla protagonista sarebbe stato scontato; invece ho scelto di focalizzarmi su Rufus, il vecchio gatto del Morningside, che deve aver visto bambini andare e venire ma con Penny aveva evidentemente un rapporto tutto speciale: ho cercato di rappresentarlo subito dopo la scomparsa di lei e prima dell’arrivo di Bianca e Bernie in missione per conto dell’S.I.S.S.P.A., e insomma, spero di non aver strafatto perché Rufus merita amore

La riflessione sulla verità che ogni gatto come-si-deve si ritrova a dover accettare deriva dal fatto piuttosto oggettivo che, in linea di massima, i nostri amici felini non sono affatto fedeli a noi come lo sono i cani: alcuni ritengono sia per via di un’intelligenza minore (o__ò), ma io penso che si tratti piuttosto di maggiore indipendenza.

Aya ~

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Capitolo 24
*** Forever ours ~ The Fox and the Hound ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#24

The Fox and the Hound, 1981

 

 

 

 

 

# Forever ours

 

 

 

Il ruscello scorreva, come aveva fatto il giorno prima e come avrebbe fatto il giorno dopo.

Su una delle due sponde c’era una volpe, così immobile da dare l’impressione di star aspettando che alla riva opposta comparisse qualcun altro. Ma niente cambiava, in quella scena, oggi come sempre. La volpe restava ancora sola insieme al silenzio più completo, che l’acqua e i cinguettii del mondo circostante non riuscivano mai ad addolcire.

« Questo è il nostro posto, vero, Toby? »

« Certo, Red! »

« E lo sarà per sempre, vero? Anche tra centinaia di anni. Noi torneremo qui e ci ritroveremo sempre, vero? »

« Sì, Red, sempre. »

A volte la signora Tweed passava di lì col passo cauto della preoccupazione, sentendosi come un’intrusa nel segreto di un santuario, e non trovava la forza di spezzare quel silenzio, e pur non capendo non riusciva a far altro che tornare indietro, illudendosi che prima o poi quello sconosciuto qualcun altro comparisse davvero alla riva opposta.

Come il giorno prima e come il giorno dopo, il ruscello scorreva.

 

 

[ 170 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

L’amicizia tra Red e Toby è di quelle che spezzano il cuore, e in tutto ciò io penso che la signora Tweed debba aver notato qualcosa nel lungo periodo che i due cuccioli hanno vissuto separati. Da buona ‘mamma’, non poteva non farlo; soprattutto non poteva non preoccuparsi della tristezza di Red. Così l’ho immaginata sbirciare in quel posto segreto che è il loro posto, ma poi farsi indietro, perché non potrebbe essere che così.

Sono felicissima che continuiate a seguirmi in questo strano percorso, davvero.

Aya ~

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Capitolo 25
*** Lyrics ~ The Black Cauldron ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#25

The Black Cauldron, 1985

 

 

 

 

 

# Lyrics

 

 

 

Il buio delle segrete sembrava aprire la strada ai pensieri più cupi.

Non era mai stato il più valido dei cantastorie, il buon vecchio Sospirello. Gli era capitato, certo, di incantare qualche signorotto e qualche nobildonna – talvolta un paese intero – lungo la sua via priva di meta, ma presto o tardi tutti finivano con lo scoprire il segreto e i sorrisi d’ammirazione si trasformavano in smorfie di sufficienza. La triste verità era che non contavano le sue canzoni, non contava la sua voce; era la lira, quella lira miracolosa che non aveva alcun bisogno dell’ausilio delle sue dita nervose, a compiere ogni volta la magia. Senza di essa Sospirello non era un cantastorie, non era nessuno. Forse per questo la prigionia lo rendeva più inerme di quanto lo sarebbe stato chiunque altro nei suoi panni...

Eppure un giorno, si era sempre detto, un giorno avrebbe composto un’ode tale che la musica sarebbe passata inascoltata, e le sue parole sarebbero state l’unica vera magia. Un giorno, si ripeteva ancora adesso, un giorno...

Quel giorno il buio si schiarì all’arrivo di una bambina, pronta a prenderlo per mano e a portarlo via con sé verso la luce. Diceva di essere una principessa e guardandola Sospirello non poté che credere ad ogni sua parola.

Forse, un giorno, la sua canzone fatata sarebbe stata per lei.

 

 

[ 222 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Taron e la pentola magica è uno dei Classici Disney più ignorati o comunque sottovalutati (almeno a mio avviso) di sempre. Certo non è un film adatto ai più piccoli, ma forse proprio per questo io lo trovo particolarmente degno di attenzione. Senza contare che gli evidenti concept di Tim Burton meritano davvero almeno una visione.

Comunque, il promptlyrics’ non poteva che farmi pensare a Sospirello, questo povero bardo sfortunato ma provvisto di una lira che ha evidentemente una propria volontà. Francamente non ricordo se anche nel film venisse affrontato questo argomento – l’eventualità, cioè, che senza quello strumento magico in definitiva Sospirello non avrebbe un mestiere! – ma mi piace pensare che sia una conclusione tutta mia; ho voluto giocare sui sogni di gloria dell’ometto che, quando viene liberato da Ailin e Taron, trova improvvisamente una qualche ispirazione per un’ode futura che sarà interamente sua e non frutto della magia della lira.

Questa flash non vuole assolutamente essere una Sospirello/Ailin, badate, però devo dire che adoro il modo in cui la ragazzina si pone di fronte a lui.

Grazie come sempre a tutti voi: ci credete che siamo già a metà raccolta?

Aya ~

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Capitolo 26
*** ‘What was that for?’ ~ The Great Mouse Detective ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#26

The Great Mouse Detective, 1986

 

 

 

 

 

# ‘What was that for?’

 

 

 

Quella che avrebbe potuto chiamare Operazione Olivia – suonava bene: sì, forse poteva chiamarla così; in fondo non si ricordava mai il suo cognome – si era chiusa con un prevedibile successo, e fu con un sorriso soddisfatto che Basil si lasciò abbracciare dalla piccola senza neppure pensare di ritrarsi dal suo infantile entusiasmo.

E forse era questa, dopotutto, l’unica sorpresa. Forse ciò che di assolutamente imprevedibile era nato dalla missione, dalla giovane Olivia e dal buon Topson che non molto tempo prima erano entrati dalla sua porta e nella sua vita, fu il fatto che in quel momento Basil non si ritrasse. Non quando si sentì trascinare al livello dei suoi occhi, non quando si vide guardato con la più sincera delle ammirazioni, né quando si sentì posare sul naso un qualcosa di umido e caldo che, se non andava errato, era quel genere di effusione che ci si scambiava quando ci si voleva bene...

Quando ci si voleva bene? Oh.

Quella che avrebbe potuto chiamare Operazione Olivia – suonava benissimo: sì, decisamente poteva chiamarla così; in fondo gli piaceva tanto il suo nome – si era chiusa con un prevedibile successo, eppure fu con un sorriso incredulo che Basil guardò padre e figlia uscire dalla sua porta e dalla sua vita insieme a un po’ del calore che il bacio gli aveva lasciato sul muso.

Si voltò a guardare Topson, che sorrideva a sua volta, e si ritrovò a chiedersi se in quella vita non mancasse qualcosa.

 

 

[ 245 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Anche di Basil l’investigatopo non sapevo nulla prima della maratona Disney della scorsa estate. L’ho guardato aspettandomi un qualcosa di così così, invece ne sono rimasta conquistata Non riesco davvero a capire perché sia stato un flop, io lo trovo intelligente e molto ben fatto. Oh, be’.

Basil mi ha fatto tanta tenerezza, alla fine del film, quando Topson fa per andarsene sulla scia di Olivia e suo padre: il prompte questo per cos’era?’ mi ha riportata immediatamente a quell’atmosfera di cose che lui non ha mai avuto fino ad allora; anche in questo caso, lungi da me l’idea di finire sul sentimentale con una sorta di Basil/Olivia, ma l’immagine che la frase mi ha costruito in mente riguardo quei due mi ha fatta squagliare come un gelato

E niente, grazie come sempre a tutti voi!

Aya ~

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Capitolo 27
*** Private stash ~ Oliver & Company ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#27

Oliver & Company, 1988

 

 

 

 

 

# Private stash

 

 

 

In un posto che tutti conoscevano ma dove nessuno veniva mai, solo come il cane che era costretto a – no, che voleva essere, Dodger divorava una salsiccia dietro l’altra con la netta impressione che sapessero di fiele.

Avrebbe dovuto immaginarlo. Loro erano ladri, erano randagi, erano cani di strada; e Oliver, beh, Oliver era solo un micetto affettuoso. Avrebbe dovuto immaginarlo che non sarebbe mai finita diversamente. Che in nessun caso e in nessuna vita avrebbero potuto essere amici.

E come accadeva spesso, anche oggi Dodger divorava una salsiccia dietro l’altra, sforzandosi di non pensare che quella sua scorta privata sarebbe rimasta sempre tale – con lui l’avrebbe condivisa, forse, ma se n’era andato, aveva dovuto andarsene, aveva voluto andarsene. E le salsicce sapevano di fiele.

 

 

[ 125 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Dodger mi è entrato nel cuore. Trovo di un dolore immenso la sua decisione di allontanare duramente Oliver, sentendosi tradito dal suo preferire la compagnia degli umani e in particolare della piccola Jenny, perché in realtà è indice di quanto in cuor suo si senta deluso da questo ‘abbandono’. Non deve essere bello per un randagio affezionarsi a qualcuno e poi vederlo andare via, come fanno sempre anche tutti gli altri. Anche nel caso in cui quel qualcuno sia un gattino.

Quando accenno al fatto che un’amicizia simile non può esistere in nessun caso e in nessuna vita, in realtà si tratta di un velato omaggio al romanzo Oliver Twist cui si ispira questo film, poiché anche lì s’intravede un certo affetto tra Jack ‘DodgerDawkins e il piccolo Oliver – affetto che non può sussistere per motivi analoghi a quelli che la Disney attribuisce alle loro versioni animali. Due mondi così diversi difficilmente possono toccarsi.

Ho cercato di scrivere questa flash in modo rabbioso e frammentato per trasmettere al meglio le emozioni contrastanti di Dodger, e spero umilmente di avervi dato un po’ di quel che ho sentito io. Uhm, ho l’impressione che questa raccolta vi stia dando un’idea piuttosto precisa di quanto amo gli animali :3

Aya ~

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Capitolo 28
*** Begging ~ The Little Mermaid ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#28

The Little Mermaid, 1989

 

 

 

 

 

# Begging

 

 

 

Faceva male, più male di mille punture di medusa, perché a questo tipo di dolore non c’era rimedio possibile e, se anche ne fosse esistito uno, qualcuno di certo ne avrebbe sofferto.

Il tempo scorreva più immoto dell’acqua mentre al sale dell’oceano si mescolava quello delle lacrime – nascoste, eppure più fragorose delle tempeste di cui cantavano gli umani: quegli umani che il mare lo guardavano dall’alto e non avevano idea di quanto dolore potesse contenere l’infinita distesa azzurra che a loro parlava di pace e libertà.

A un tratto, Ariel aveva smesso di supplicare. E aveva cominciato a fuggire.

Lui gliel’aveva permesso.

Se sua madre fosse stata ancora lì, di certo avrebbe saputo cosa fare. Ma Re Tritone, signore di tutti gli oceani, non era altro che un padre, troppo vecchio e fiero per lasciarsi toccare il cuore da favole e sogni e insieme troppo stanco di sentir piangere sua figlia.

 

 

[ 151 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Con La sirenetta entriamo ufficialmente nel Rinascimento Disney, ossia quella decade più o meno corrispondente agli anni Novanta che ci ha regalato un capolavoro dopo l’altro. Non a caso è in questi film che i protagonisti appaiono più reali, le storie più sentite e, volendo uscire dal sentimentalismo, lo stile più efficace e ricercato.

Ho esitato a lungo nell’immaginare questa flash. Era abbastanza scontato che la malinconia portante appartenesse ad Ariel, che fin da bambina avrebbe voluto conoscere il mondo degli umani e alla fine ha cominciato a spiarlo di nascosto nonostante l’espresso divieto; così ho giocato sul fraintendimento e, pur muovendomi dal dolore di lei, in realtà ho parlato di quello che secondo me è uno dei personaggi che nel corso della storia soffrono di più: suo padre.

Credo che Tritone non avrebbe avuto poi molti problemi a impedire seriamente quelle uscite in superficie – da Re, avrebbe potuto mettere Ariel sotto sorveglianza (ben prima di affidarla a Sebastian!) o qualcosa del genere. Il fatto che non l’abbia fatto mi fa riflettere. Lui l’ama infinitamente, ed è solo per proteggerla che passa per il ‘cattivo’ di turno. Ogni volta che mi soffermo sul suo sguardo quando accetta di firmare il contratto con Ursula per salvare la figlia, resto puntualmente colpita dall’immensa tristezza che trasmette con quel suo lungo silenzio. E poi, «quanto sentirò la sua mancanza, Sebastian».

E niente, spero che le mie immancabili family!issues non vi facciano sembrare i miei ragionamenti troppo patetici XD Un milione di grazie, come sempre.

Aya ~

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Capitolo 29
*** Inspiration ~ The Rescuers Down Under ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#29

The Rescuers Down Under, 1990

 

 

 

 

 

# Inspiration

 

 

 

In fondo le cose non sarebbero mai cambiate. Bianca era Bianca. E lui, beh, lui era solo Bernie.

Era stato sul punto di parlarle, finalmente, di dirle quanto l’amasse e di chiederle di non lasciarlo mai più, di restare per sempre al suo fianco, a dividere con lui il bene come il male, le notti tranquille come i giorni spericolati. E non c’era riuscito. E non una volta sola ma – onestamente aveva perso il conto. Forse doveva prenderli come segni del destino, come quel dannato numero tredici che aveva infestato tutta la loro prima avventura insieme – e che però li aveva fatti incontrare.

Perché in fondo le cose non sarebbero mai cambiate. Bianca era Bianca e Bernie era solo Bernie.

Continuò a guardarla ridere alle parole di quel tipo amabile e sicuro, attraversando il mondo sconosciuto che qualcuno un giorno aveva deciso di chiamare Australia, e si rese conto che tutto ciò che lui stava cercando – al di là del bambino, della missione, della stessa Società di Salvataggio – non era altro che il momento giusto.

Basta con le superstizioni. Forse le cose, dopotutto, potevano cambiare.

 

 

[ 185 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Bianca e Bernie nella terra dei canguri è uno dei pochi sequel Disney che rientrino nell’elenco dei Classici ufficiali, ma, come vale per moltissimi altri (non voglio dire proprio tutti ma le eccezioni si contano sulle dita di una mano), personalmente non lo trovo affatto all’altezza dell’originale. Tutto ciò che me l’ha fatto riconoscere come degno di attenzione è il continuo soffermarsi sul rapporto tra i due topini che, a differenza di quanto suggerito dal primo film, non hanno ancora chiarito i propri sentimenti l’uno verso l’altra. Di conseguenza non ho potuto fare a meno di sciogliermi di fronte al povero Bernie continuamente ostacolato dalla sorte e da Jake – come gli accadeva con il numero tredici! – e costretto a rimandare fino all’ultimo la sua proposta di matrimonio per Bianca.

Ho un po’ giocato con il prompt, stavolta, perché ‘ispirazione’ è anche concepibile come momento di espressione, di coraggio di parlare, perciò non è che il mio Bernie stia cercando di comporre un’ode o roba del genere ma sta più semplicemente cercando (appunto) il momento giusto per riprendere quel discorso già mille volte interrotto.

Prometto che le prossime flash saranno molto più sentite di questa: stanno per arrivare alcuni dei miei film preferiti.

Aya ~

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Capitolo 30
*** Bittersweet ~ Beauty and the Beast ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#30

Beauty and the Beast, 1991

 

 

 

 

 

# Bittersweet

 

 

 

Era successo tutto all’improvviso, al pari di qualunque avventura degna di questo nome, e adesso si ritrovava a vivere in un castello dove tutto, dalla mobilia chiacchierona ai cibi sopraffini, era letteralmente incantato. E sarebbe stato bellissimo se solo non avesse fatto così paura.

La neve aveva ricoperto ogni angolo del giardino, il giorno in cui Belle uscì con Philippe e per la prima volta si guardò intorno con gli occhi dell’ospite e non della prigioniera. Tutto era bianco, puro, silenzioso. Senza rendersene conto, si disse che forse non sarebbe stato poi così male restare per sempre tra i confini di quel posto che aveva tanto da raccontarle – come il più avvincente dei libri che avesse mai letto.

Non molto tempo prima, la bellezza del giardino innevato e cinto da solide mura le sarebbe parsa uno spettacolo dolceamaro; solo il pensiero di suo padre, salvo e al sicuro, le avrebbe dato la forza per non piangere. Ma qualcosa era cambiato dal momento in cui il padrone del castello l’aveva raggiunta e l’aveva salvata. Allora, e soltanto allora, le era stato chiaro che là nessuno le avrebbe mai fatto del male, e che in realtà quella paura non aveva motivo di esistere.

Come se avesse udito i suoi pensieri, Philippe le sfiorò la spalla con il muso, rassicurante. Belle si voltò, lo accarezzò, sorrise.

La Bestia era a un balcone – la benda che gli fasciava la zampa ferita era bianca come la neve – e la guardava, e a dispetto della distanza Belle seppe che nel suo sguardo doveva esserci la stessa pace che finalmente lei si sentiva nel cuore.

 

 

[ 268 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

La bella e la Bestia è ai primissimi posti tra i miei Classici Disney preferiti. Non pensavo che sarei mai riuscita a scriverci su, ma dovevo, a prescindere da questa raccolta. *seppellisce il viso tra i fazzoletti*

Devo proprio ammettere che questa volta, ebbene sì, sono caduta nella banalità, perché ho scelto di descrivere l’ampliamento degli orizzonti di Belle (il post-malinconia, stavolta) trattando un momento del tutto canonico e senza starmi a inventare scenari di contorno – cosa che finora avevo evitato con cura; ma il punto è che di Belle io ho davvero moltissimo, come di Aurora, e mi sarebbe parsa un’ingiustizia non scegliere di rappresentare lei. Lei e il fiorire del suo sentimento per la Bestia. Per me loro sono la coppia Disney e perciò chiedo scusa, chiedo davvero scusa per non aver riflettuto su qualcos’altro che meritasse ugualmente (come Maurice disperato al pensiero della figlia perduta, o i servitori del principe Adam distrutti dalla condizione del loro signore, o infinite altre cose su cui quegli ottantotto minuti di film non pongono l’accento), ma sono andata dove mi ha portata il cuore e questa cosuccia già sentita è tutto ciò che ne è venuto fuori.

Spero comunque umilmente che vi piaccia.

Aya ~

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Capitolo 31
*** Served your purpose ~ Aladdin ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#31

Aladdin, 1992

 

 

 

 

 

# Served your purpose

 

 

 

Fluttuava senza forma, in quel suo minuscolo spazio vitale che non gli era mai parso più minuscolo di così, non una volta negli ultimi lunghissimi diecimila anni. Là dentro non aveva occhi né mani né piedi, ma non era per questo che si sentiva il cuore in pezzi.

A pensarci bene, già per due volte aveva esaudito dei desideri per i quali Al non aveva dovuto aprire bocca: la prima era stata orgoglio, la seconda un salvataggio. E d’accordo, non gli andava di scomodare dei paroloni, però in fondo era facile identificare salvataggio con amicizia.

Gli aveva salvato la vita, ad Al, perché era la cosa giusta. Gli aveva salvato la vita, ad Al, perché non avrebbe potuto farlo nessun altro. Per Al, aveva fatto quel che un amico avrebbe fatto, senza starsi a domandare il perché.

Perché lui no?

 

 

[ 140 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Il Genio è uno dei migliori personaggi della Disney di sempre. È esplosivo, iperattivo, ma dietro quella superficie fatta di risate a crepapelle si nasconde un angst micidiale. Dubito che prima di Aladdin abbia mai avuto un padrone che si sia rivelato anche un amico, perciò deve avergli fatto doppiamente male il momento in cui Al gli ha negato la sua promessa – quella di usare il terzo desiderio per liberarlo.

Sono piuttosto affezionata a questa flash Spero sempre di non deludervi.

Aya ~

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Capitolo 32
*** Pain relief ~ The Lion King ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#32

The Lion King, 1994

 

 

 

 

 

# Pain relief

 

 

 

Timon diceva che Hakuna Matata era l’unico modo per buttarsi il mondo dietro le spalle, e Pumbaa ci aveva sempre creduto. Tutti e due, in fondo, avevano delle cose da dimenticare. E nel tempo che avevano passato insieme nella lussureggiante oasi che un giorno avevano chiamato casa, le parole del suo piccolo – unico – amico si erano sempre dimostrate verità assoluta, perché mai, neanche per un secondo, Pumbaa aveva pensato al passato o si era pentito di essere qui o si era sentito solo. Timon era così intelligente, e l’Hakuna Matata era così perfetta. Niente gli avrebbe mai più fatto del male.

Poi era arrivato Simba.

Simba ci aveva messo un po’ a capire il significato di Hakuna Matata, ma non era questo il punto. Il punto era che ancora oggi, dopo molti inverni e molte estati, capitava che lo trovassero rintanato da qualche parte a fare il muso scuro, arrabbiato o triste o deluso da chissà che cosa. Timon sbuffava, diceva che tanto presto gli sarebbe passato tutto e avrebbero ripreso a cacciare vermi insieme, ma Pumbaa aveva qualche dubbio sul fatto che a Simba, qualunque cosa fosse, sarebbe passata mai. C’era un che di sbagliato, adesso, nell’Hakuna Matata, se il suo grosso – nuovo – amico continuava a soffrire così.

E adesso era arrivata Nala.

Pumbaa non era un facocero intelligente e non era neppure sicuro di poter essere migliore dell’Hakuna Matata, ma, quando convinse Timon a seguire le orme di Simba, era piuttosto sicuro che qualche volta il mondo bisognava affrontarlo muso a muso.

 

 

[ 254 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Timon e Pumbaa sono ugualmente straordinari, ma mi piace pensare che tra i due sia Pumbaa a capire meglio i silenzi di Simba, il disagio che non è mai riuscito del tutto a superare e che con l’arrivo di Nala riemerge in tutta la sua potenza. Forse sono semplicemente influenzata dal sequel/prequel Hakuna Matata, ma credo sia abbastanza chiaro che Timon è – passatemi il termine – più cinico, non dotato della sensibilità di Pumbaa.

Ho scelto di scrivere dal suo punto di vista anche per riscattarlo un po’: Elton John si risentì quando gli dissero che il ritornello di Can you feel the love tonight? sarebbe stato cantato dal facocero, come se non fosse degno delle parole che pronunciava, e ottenne la modifica che conosciamo oggi; io stimo John oltre ogni dire, ma trovo anche che sia riduttivo concentrarsi solamente sulla prospettiva dei due leoni. Simba è un protagonista immenso, davvero, ma ciò non dovrebbe andare a sminuire nessun altro personaggio, soprattutto in un film come questo che è talmente pregno di sentimenti da fare fisicamente male.

Un enorme grazie come sempre a tutti voi

Aya ~

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Capitolo 33
*** Words of the heart ~ Pocahontas ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#33

Pocahontas, 1995

 

 

 

 

 

# Words of the heart

 

 

 

« Questa è la via che io ho scelto, padre. Quale sarà la tua? Dimmi. »

Negli occhi neri e belli di sua figlia c’era una luce nuova, e improvvisa come i raggi del sole giunse la consapevolezza che Pocahontas non era più una fanciulla: era una donna, fiera e coraggiosa e immensa com’era stata sua madre. Powhatan la guardò in silenzio, il suo capo su quello dell’uomo bianco, i suoi capelli e le sue mani e il suo petto a proteggerlo, lasciandosi pervadere da ciò che le parole da sole non potevano esprimere – la forza del suo cuore innamorato.

Quando giunse il vento a ricordargli che era in quella voce inudibile che risiedeva la verità, seppe cosa era giusto fare.

La guerra era finita prima ancora di cominciare. Sorrise, perché Pocahontas aveva appena salvato anche lui.

 

 

[ 135 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

La bellezza di Pocahontas che si getta su John per salvargli la vita. La bellezza di Powhatan che leva le braccia al cielo e invita tutti a deporre le armi. Non sono assolutamente in grado di rendere giustizia a una scena così potente, ma era su di loro che volevo concentrarmi, perché il prompt non poteva essere più giusto per nessun altro e perché in questo film tutto l’angst va a scontrarsi con l’amore più assoluto. E sì, tutto sommato sono piuttosto soddisfatta del risultato.

Spero lo siate anche voi

Aya ~

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Capitolo 34
*** Justice ~ The Hunchback of Notre-Dame ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#34

The Hunchback of Notre-Dame, 1996

 

 

 

 

 

# Justice

 

 

 

Quantus tremor est futurus / quando judex est venturus / cuncta stricte discussurus.

 

Aveva sei anni quando imparò il concetto di giustizia.

Sedeva sul legno freddo del suo abbaino polveroso, ai piedi del maestro, emozionato e riverente di fronte a tanta saggezza: gli aveva chiesto che cosa fossero il Paradiso e l’Inferno, e Frollo aveva accennato un sorriso – uno lieve: non sorrideva molto, il padron Frollo – e gli aveva detto che l’Inferno era dove andavano i perversi e il Paradiso dove andavano i puri.

« E io? » chiese il piccolo, intimorito, aggrappato alla sua tunica nera come l’inchiostro. « Dove andrò, io? »

Frollo gli carezzò la grossa testa. « Tu resterai sempre qui. È questo, il tuo posto. »

Quasimodo non si rilassò, non del tutto. « Perché? »

« Perché è giusto. »

 

Rex tremendae majestatis / qui salvandos salvas gratis / salva me, fons pietatis.

 

Aveva vent’anni quando i suoi amici – gli unici che avesse – misero in dubbio il suo concetto di giustizia.

C’era la Festa dei Folli e le parole del maestro erano sempre vive in lui: l’Inferno, ecco dove sarebbero andati tutti quei perversi, all’Inferno – ma c’erano così tanti colori e così tanta musica e così tante risate che Quasimodo, rannicchiato goffamente nella sua balconata preferita, pensava che dopotutto l’Inferno non doveva essere un posto così brutto.

Poi Hugo, Victor e Laverne lo convinsero, adducendo la saggezza della pietra che ne sa più di chiunque altro perché, diversamente dagli uomini, non ha tempo.

« Ma perché? » domandò, terrorizzato, perché il mondo sembrava bello ma faceva paura.

Hugo si grattò il pancione granitico. « Perché?... Beh, perché è giusto, no? »

 

Ingemisco, tamquam reus / culpa rubet vultus meus / supplicanti parce, Deus.

 

Frollo e i gargoyle gli avevano insegnato in diversi modi una stessa verità: giustizia, alla resa dei conti, era essere se stessi.

Ma gli ci era voluto il grido della zingara, sulla pubblica piazza, per capire quale fosse la giustizia vera.

Quando le tese la mano sotto le stelle, sorridendo e stupendosi di quanto sorridere potesse essere facile, Esmeralda non guardò giù: quegli incantevoli occhi di smeraldo non lasciarono per un attimo i suoi.

« Perché? » gli chiese, sapendo già la risposta.

« Perché è giusto. »

Perché questo lo era davvero: lei pose la mano nella sua e Quasimodo pensò che il suo mondo non era l’Inferno, ma il Paradiso.

 

Oro supplex et acclinis / cor contritum quasi cinis / gere curam mei finis.

 

 

[ 345 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Capitolo extralungo e infarcito di riferimenti perché Il gobbo di Notre-Dame è, insieme a La Bella e la Bestia e I tre Caballeros, il mio Classico Disney preferito di sempre.

Quasimodo è il mio protagonista, quello che ho amato e sentito di più: sapevo fin dall’inizio che avrei parlato di lui perché la sua storia trasuda un angst inesprimibile – di fatto non credo di averne espresso neanche un ipotetico grammo, ma un tentativo volevo farlo. E il suo amore per Esmeralda è la cosa più nobile e pura che mai sia stata rappresentata, pari solo all’amore che nasce in Belle per la Bestia.

Le citazioni sono tratte dal Dies Irae che accompagna molte delle canzoni del film, e non sono incluse nel conteggio parole.

Il ringraziamento/dedica di questo capitolo va a blackmiranda, perché anche se non rispondo praticamente mai *imbarazzo* non mi perdo una recensione e so che lei in particolare aspettava da tanto questa flash: spero tantissimo che non ti abbia delusa, cara

Aya ~

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Capitolo 35
*** Sacrifice ~ Hercules ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#35

Hercules, 1997

 

 

 

 

 

# Sacrifice

 

 

 

Quando era venuto il momento di compiere la scelta più dura che i capricci degli dei avessero in serbo per quel misero mondo mortale, Megara non si era fermata a riflettere né ad esitare. L’aveva visto là, inerme, sull’orlo della fine, e aveva subito saputo di essere la sua unica speranza – la sola per entrambi.

E non era stato poi così difficile: era bastato calarsi nell’eterno dell’oltretomba e offrire se stessa al dio dagli occhi di fuoco. Uno scambio equo. Una pazzia.

« Le persone fanno sempre cose pazze, quando sono innamorate. »

Sorrise nel ripetere quelle stesse parole il giorno in cui la scelta si rivelò immensamente più facile, quando non ci furono contratti né viaggi ultraterreni, quando per cessare di esistere fu sufficiente spingere via un uomo – il secondo che avesse mai amato, il primo che avesse mai amato lei.

C’erano lacrime nella voce di Ercole che le prometteva che sarebbe vissuta, ma Megara continuò a sorridere. Per un altro aveva dato l’anima; per lui avrebbe volentieri dato la vita.

 

 

[ 170 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Meg è indubbiamente una delle migliori protagoniste Disney, in termini di Rinascimento e non: per via della sua sottomissione ad Ade può sembrare una debole, e invece è una persona di una forza incredibile, che è arrivata a sacrificarsi per amore non una ma due volte. La flash su Hercules doveva essere tutta per lei.

Sempre grazie e alla prossima

Aya ~

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Capitolo 36
*** Hidden among us ~ Mulan ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#36

Mulan, 1998

 

 

 

 

 

# Hidden among us

 

 

 

Era la prima sosta dalla battaglia della montagna, all’orizzonte si stagliava già nitida la sagoma del palazzo dell’Imperatore, e gli uomini non avevano ancora smesso di parlarne.

« Hai visto? »

« Era una donna. »

« Fa Ping è una donna. »

« Una donna si nascondeva tra noi! »

« E il capitano le ha risparmiato la vita... »

Shang sentiva costantemente su di sé le occhiate di rimprovero di Chi Fu, ma non aveva mai trovato la forza di redarguire quei commenti in alcun modo. Tutto ciò che aveva nella mente e negli occhi – tutto ciò che restava in un mondo improvvisamente impazzito – era lo sguardo di Ping quando aveva chinato il capo in attesa della condanna. No, non PingMulan. Era una donna e il suo nome era Mulan.

« Ho pagato il mio debito » ripeteva a se stesso, ancora, le dita strette a pugno nella neve. « Ho pagato il mio debito. »

Ma se salvarla equivaleva a perderla, avrebbe preferito che Mulan fosse Ping – avrebbe preferito che fosse questo a impedirgli di innamorarsene.

Era la prima sosta dalla battaglia della montagna, e ancora il capitano Li Shang non riusciva a dormire e non riusciva a smettere di pensare a lei. Forse, l’indomani, porre la spada di Shan Yu tra le mani dell’Imperatore gli avrebbe fatto dimenticare che lo stesso onore che gli aveva fermato la mano gli aveva anche fatto voltare le spalle agli occhi tristi di Fa Mulan.

 

 

[ 232 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Vediamo un po’ di chiarire qualche cosuccia. Il film non ci mostra nulla di particolarmente sentimentale tra Shang e Mulan prima che lui scopra la vera natura di quest’ultima – ed è anche abbastanza normale; figuriamoci se in una pellicola rivolta soprattutto ai più giovani si potrebbe mai rintracciare un qualsiasi accenno ad argomenti delicati quali l’omosessualità, per potenziale che sia. Però è anche innegabile che Shang non può innamorarsi di Mulan così, di punto in bianco, dopo aver scoperto che è una donna. Perciò, a conti fatti, penso che debba esserci stato un momento, magari proprio durante il viaggio verso la città dell’Imperatore, in cui si è fermato a chiedersi che cosa provasse in realtà nei confronti della persona che lo ha salvato e che lui ha salvato in cambio: io penso che a quel punto avrebbe preferito non aver mai scoperto la verità, e magari ‘non poter’ amare Ping in quanto uomo, ma poterlo almeno avere accanto – poiché il fatto che ‘Ping’ sia una donna impedisce comunque a Shang di amare quella che è una traditrice della propria patria (l’onore, il maledetto onore, è sempre colpa sua xD). Oddio, credo di essermi un po’ incartata nelle spiegazioni, ma spero che abbiate compreso il mio/suo punto di vista.

In tutta onestà, non avrei mai immaginato che avrei scritto su uno dei Disney!heroes che mi hanno colpita di meno (niente di personale, penso solo sia fin troppo perfetto per i miei gusti, lol). Oltretutto nel prompt compare la parola among, che non è un ‘tra’ inteso come ‘tra due persone’ ma più generale, ‘tra... elementi di un gruppo’; ergo l’accenno alla donna nascosta nell’esercito cinese. Invece poi è stato proprio questo particolare a darmi l’ispirazione: sono partita da quel ‘tra’ generico per finire a parlare di ciò che è nascosto nello specifico tra Shang e Mulan. E boh, spero che l’espediente regga e che la flash vi piaccia

Aya ~

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Capitolo 37
*** Realization ~ Tarzan ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#37

Tarzan, 1999

 

 

 

 

 

# Realization

 

 

 

Aveva sempre saputo che, presto o tardi, quel momento sarebbe arrivato.

Forse si era solamente illusa di poter fermare il tempo, di poter vivere per sempre nella magia che era stata l’istante in cui il cucciolo rosa le aveva sfiorato il muso gorgogliando felice; si era illusa che Kerchak si sbagliasse, per una volta, e che a Tarzan sarebbe bastato il sapere di avere due occhi e un naso e due mani e un cuore proprio come lei, come tutti loro.

Forse sarebbe bastato, se non fossero arrivati quegli uomini.

Kala aveva sempre saputo che un giorno l’avrebbe perso. Ma fu solo quando vide che gli occhi di Tarzan cominciavano a guardare altrove, sempre altrove – sempre verso di lei – che comprese davvero quanto il lasciarlo andare le avrebbe fatto male.

 

 

[ 130 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Kala: quanto mi fa piangere, e quanto l’adoro. La scena in cui fa notare al piccolo Tarzan le loro somiglianze piuttosto che le loro differenze scioglie il cuore. Ed è sempre una pena il punto in cui decide di mostrargli le sue origini per poi lasciarlo andare via. Forse è vero che, se i Porter e Clayton non fossero arrivati a distruggere un equilibrio già faticosamente raggiunto, non sarebbe mai cambiato niente e lei non avrebbe mai dovuto perdere un altro figlio – e certo alla fine si risolve tutto in un happy ending, ma l’angst pre-epilogo, l’eventualità che Tarzan lasci il mondo in cui è cresciuto per seguire Jane, mi uccide. ;///;

Con questo film usciamo dal Rinascimento Disney, ma c’è ancora molto di cui parlare. Grazie infinite: sembrerebbe quasi superfluo specificarlo ogni volta, ma per me è davvero un orgoglio che siate ancora qui

Aya ~

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Capitolo 38
*** Release ~ Fantasia 2000 ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#38

Fantasia 2000, 1999

 

 

 

 

 

# Release

 

 

 

Aveva dimenticato da quanto fosse lì, a custodire la foresta, ad assistere ogni volta al ciclo di sonno e veglia che era il costante susseguirsi delle stagioni. In un tempo molto remoto, lo spirito era venuto a lui a sorridergli e a carezzargli il muso – mari d’erba negli occhi e farfalle tra le dita: era così bella, la Primavera – e l’aveva eletto a suo fedele compagno e amico; da allora, a ogni disgelo, avevano corso insieme lungo la strada della rinascita del mondo.

Aveva dimenticato quanto tempo fosse passato, sì, e aveva anche quasi scordato quale fosse il suo compito vero, ciò che lo rendeva diverso da tutti gli altri abitanti della foresta – ma quando il fuoco si svegliò e distrusse la vita, il custode ricordò.

Lei era potente, ma era sola. Lui poteva aiutarla a ricominciare daccapo.

Il pianto dello spirito fu una rinascita nuova, e fu quella la primavera che il vecchio cervo non avrebbe dimenticato mai più.

 

 

[ 160 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Fantasia 2000 ;////; Prendetemi pure per un’eretica, ma confesso di averlo amato molto di più del primo Fantasia. In particolare l’episodio ispirato da L’uccello di fuoco di Stravinskij è una cosa da far commuovere le montagne – giustappunto.

Il prompt sta per ‘rilascio’, ‘liberazione’, ‘emissione’: il mio primo pensiero è andato allo spirito della primavera che faceva risorgere la foresta dopo aver accidentalmente risvegliato il Male. Ma in tutto ciò, quale narratore migliore del cervo, silenzioso custode e aiutante senza il quale forse quella rifioritura non sarebbe stata possibile?

Devo anche dire che questa flash non mi dispiace affatto, credo sia una di quelle venute meglio *immodestia mode on* Beh, spero possa piacere anche a voi!

Aya ~

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Capitolo 39
*** Introspection ~ Dinosaur ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#39

Dinosaur, 2000

 

 

 

 

 

# Introspection

 

 

 

Ad Aladar non sembrava importare poi molto, di quella faccenda. Beh, qualche volta ci pensava, e allora allungava ancora di più quel suo muso già così innaturalmente lungo, questo sì; però non sembrava prenderla come una questione di vita o di morte – o comunque, quali che fossero i suoi veri sentimenti, il suo primo pensiero era sempre andato a lui, a Zini. Ma questo non contava. Nonostante tutto, Aladar era diverso. Certo, era uno di loro ed era un tipo a posto – molto a posto – ma era diverso. Non era un lemure.

Zini sì, però. E a Zini importava, di quella faccenda. E non avrebbe potuto continuare a raccontarsi per altri dieci o cento o mille anni la storia che le femmine, in fin dei conti, non erano poi questo granché, e che accoppiarsi e accopparsi erano più o meno la stessa cosa...

E il fatto era che, ogni volta che Aladar gli si avvicinava, con quel suo lungo muso disteso in quello che poteva essere solo il naturale affetto di un fratello, gli veniva da chiedersi chi fosse, tra loro due, quello meno lemure.

Non avrebbe voluto ammetterlo, però la tristezza negli occhi della mamma cominciava a fare male.

 

 

[ 200 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Parto dal presupposto che Dinosauri è uno dei pochissimi film Disney che mi hanno lasciata abbastanza freddina. Geniale l’idea di focalizzarsi sull’estinzione di una specie, sì, ma trovo che siano state ripercorse fin troppo le tracce di Tarzan per parlare di vera e propria originalità. Forse è proprio per questo motivo che non mi sono particolarmente affezionata alla trama né ai personaggi. Ah, e aggiungeteci anche il fatto che il prompt (l’unico che fosse adatto, lol) è di un generico che più generico non si può. Come logica conseguenza di tutto ciò, questa flash stupida-stupida è stata un autentico parto XD

Ho scelto di focalizzarmi sull’unica scena che mi sia rimasta vagamente impressa, quella del mancato accoppiamento di Zini e di Aladar, che è ciò che più accomuna due creature e due caratteri così differenti: inconsciamente, mi sono detta, Zini deve provare un filo d’invidia per il modo in cui Aladar reagisce alla propria diversità, perché dopotutto a lui quella diversità è concessa. Da Zini ci si aspetta qualcosa di preciso, e credetemi, so bene come ci si sente a deludere le aspettative del mondo che ti circonda.

Non avete ancora mollato? Aw, ma voi siete proprio dei temerari

Aya ~

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Capitolo 40
*** ‘Wait a minute!’ ~ The Emperor’s New Groove ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#40

The Emperor’s New Groove, 2000

 

 

 

 

 

# ‘Wait a minute!’

 

 

 

Un minuto. Gli sarebbe bastato un minuto, un secondo, un maledettissimo istante.

« Pacha! Pacha, scu... Pacha, mi dis... Dannazione, Pacha, ce l’ho con te, fatti vedere immediatamente! »

E va bene, forse gli ci sarebbe voluto un pochino di tempo in più. Ma non era colpa sua, accidenti. Non si poteva fargliene una colpa, giusto?, se era la prima volta che si ritrovava in una situazione così surreale – talmente surreale da portarlo a volersi scusare con un insolente bifolco di collina.

Anche se – sorprendentemente – l’insolente bifolco di collina in questione – o forse non così tanto – ora si rivelava essere l’unico vero amico che avesse mai avuto.

« ... Pacha? »

Inutile. La soglia della locanda era vuota, il sentiero deserto, la valle inesorabilmente silenziosa. Avrebbe avuto tutto il tempo del mondo, e non ci sarebbe stato nessuno a cui chiedere scusa.

« Pacha... Un momento... Solo un momento... »

Al ricordare che un momento era ciò che lui per primo gli aveva negato, l’imperatore Kuzco chinò il brutto testone peloso e si chiese se piangere fosse più facile per i lama che non per gli uomini.

 

 

[ 180 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Le follie dell’imperatore è forse il film più esilarante che abbia mai visto, in assoluto, anche al di là della Disney stessa; eppure, il rapporto che si delinea via via tra Kuzco e Pacha è di un angst dolorosissimo – anche e soprattutto dal punto di vista di Kuzco: in Pacha trova un amico, poi si ritrova a dubitare di lui e a cacciarlo via, e poi ancora si accorge di aver sbagliato tutto e affoga nei sensi di colpa e, finalmente, cambia. La scena che ho scelto di rappresentare è antecedente a quel suo cambiamento, ossia subito dopo il suo aver ascoltato il dialogo tra Yzma e Kronk e aver scoperto che Pacha è davvero l’unica persona cui importi qualcosa se lui sia vivo o no.

La frase-prompt si ricollega al fatto che Pacha per primo ha chiesto a Kuzco ‘un momento’ (quando lui gli ha parlato di Kuzcotopia, per poi buttarlo fuori senza ascoltare le sue proteste), ma soltanto adesso il giovane imperatore si rende conto di come il contadino debba essersi sentito.

«Allora: sei stanco di essere un lama?» «*sniff* Sììììì! *sniff

Aya ~

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Capitolo 41
*** Secret art ~ Atlantis: The Lost Empire ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#41

Atlantis: The Lost Empire, 2001

 

 

 

 

 

# Secret art

 

 

 

Il buio si venò di vita, lentamente ma senza preavviso, e Helga Sinclair scoprì che in quella vita era ancora compresa anche lei.

Ingoiò un gemito, scosse appena il capo, constatando di avere intatte voce e sensibilità. La vista tornò quando le palpebre si schiusero e attraverso quei due strappi nel nero più fitto fluì una luce azzurra, vivida, che le parve quanto di più abbagliante potesse mai esistere – anche in un mondo come Atlantide.

Atlantide. Bizzarro; credeva davvero di esserci morta, ad Atlantide.

Fu quella luce a portarle tutto il resto: la visione del volto chino sul suo corpo abbattuto, la coscienza della mano premuta sul suo ventre, il calore. Helga strinse gli occhi. Riconobbe i tratti fieri della principessa, le labbra piene indurite nella concentrazione, e le venne voglia di tendere le sue in un sorriso storto. Invece, tutto ciò che riuscì a fare fu articolare una sola parola.

« Perché? »

Kida – così la chiamavano gli amici, così l’aveva chiamata anche lei prima di tradirla – la guardò senza interrompere il flusso di energia pura che le stava infondendo per curare le sue ferite. Per un attimo, fu la potente saggezza di quegli occhi a rendere il buio circostante meno greve, meno buio.

« Non desidero che tu muoia. Voglio che tu viva, per ricordare e andare avanti. »

Helga abbandonò di nuovo il capo e chiuse gli occhi; ma la luce filtrava ancora, forte, molto più forte delle sue palpebre stanche.

Ecco perché sei tu l’eroina, avrebbe voluto dirle. E non c’entrava affatto quella sua fottuta magia.

 

 

[ 256 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Vi dirò, anche Atlantis non è che mi abbia detto un granché. Oh, intendiamoci, graficamente parlando non ha una pecca. Solo che fin dalla prima volta che l’ho guardato ho avuto l’impressione che sia stata data molta più importanza all’effetto visivo, appunto, che non a quello emozionale. Per quanto mi riguarda, non ho ‘sentito’ affatto la storia, che mi è parsa stereotipata oltre ogni dire e molto più fredda della [per certi versi analoga] vicenda di Pocahontas. E forse è anche per questo che stavolta ho deciso di ritrarre un missing moment palesemente inventato, come ho fatto d’altronde per Cenerentola che è un altro festival del cliché.

L’ispirazione mi è venuta tempo addietro da questa fanart: il prompt prescelto nella raccolta mi ha fatto pensare al potere intrinseco di Kida, e da lì è venuto il resto. Ah, e potete vederci un po’ di sano femslash, se vi va. Io personalmente ce ne vedo tanto. *spudoratezza mode on*

Aya ~

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Capitolo 42
*** Lost ~ Lilo & Stitch ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#42

Lilo & Stitch, 2002

 

 

 

 

 

# Lost

 

 

 

Il libro giaceva nell’erba, fradicio di quelle che avrebbero potuto essere gocce di pioggia, ma che forse erano solo le prime di una lunga serie di lacrime arrabbiate. Dalla pagina che guardava al cielo, il brutto anatroccolo gridava di essersi perso e aspettava – sperava – di ritrovare la sua famiglia.

Ohana significa famiglia.

Era rimasta rannicchiata accanto al libro a lungo, la creaturina, a chiedersi cosa ci fosse di tanto sbagliato in lei. Così piccola, così pericolosa, così cattiva. Aveva morso, scalciato, graffiato, ferito. E poi era corsa via, e adesso per lei non ci sarebbe stata nessuna famiglia, non più.

Famiglia significa che nessuno viene abbandonato...

Ma alla fine, proprio quando le era parso che il temporale – o il pianto? – non sarebbe mai finito, Nani era comparsa alla curva del sentiero. L’aveva raggiunta e l’aveva stretta forte a sé, e le lacrime di lei erano state le sue. L’aveva trovata. La famiglia si ritrovava sempre, in qualche modo, sempre.

... O dimenticato.

Fu per questo che oggi, oggi che Stitch sgusciava fuori dalla stessa finestra stringendosi al petto lo stesso libro, Lilo non lo fermò.

« Io ricordo tutti quelli che se ne vanno. »

 

 

[ 192 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Ce l’ho fatta. Pensavo che non sarei mai riuscita a scrivere su questo film, tanto mi distrugge emotivamente. Ma ce l’ho fatta. *valle di lacrime*

Il prompt non poteva essere che quello, ma non volevo cadere nel già sentito; parlare di Stitch ‘perso’ di fronte a quel libro aperto sarebbe stato come ripercorrere la scena del film, e io volevo trovare qualcosa in più. E allora ho immaginato che quella situazione l’abbia vissuta anche Lilo, in occasione della morte dei suoi genitori. Anche lei si è sentita abbandonata, e molto probabilmente – come l’intero film ci suggerisce – anche lei ha reagito a quella perdita in modo ‘cattivo’. Ma lei ha sempre avuto Nani, anche. Forse uno dei motivi per cui Lilo lascia andare Stitch, in quella scena strappacuore, è proprio perché sa che in un modo o nell’altro ‘ohana vince su tutto.

Grazie ancora a tutti voi, e al prossimo capitolo, Maya permettendo XD

Aya ~

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Capitolo 43
*** Windows of the soul ~ Treasure Planet ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#43

Treasure Planet, 2002

 

 

 

 

 

# Windows of the soul

 

 

 

La mappa era andata distrutta con il pianeta e il tesoro, ma i ricordi erano ancora lì, tutti lì, e facevano male. Giorno dopo giorno. Un dolore che il tempo addolciva, che avvolgeva di nostalgici sorrisi, ma che non spegneva mai.

Qualche volta, Jim avrebbe voluto dimenticare – era tornato a casa, dopotutto, e finalmente la mamma sorrideva, sorrideva senza piangere – ma si ritrovava a pensarci ogni volta, ogni giorno nel volgere lo sguardo al cielo, ogni notte nel guardare le stelle da lontano prima di chiudere gli occhi.

Rivedeva il viaggio, lungo ed estenuante e distruttivo e ineguagliabile com’era stato. Il capitano Amelia in tutta la sua fierezza. I membri dell’equipaggio, uno a uno, fino a quello che più l’aveva fatto arrabbiare e stare male e stare bene – quello che ancora rideva, da qualche parte, tra quelle stelle improvvisamente troppo lontane. Soprattutto rivedeva la mappa, la mappa che si svolgeva, il meccanismo che mostrava ogni volta un mondo diverso, più sfolgorante, più sorprendente, più bello.

Rivedeva quei luoghi a occhi aperti o chiusi e si chiedeva cosa avrebbe fatto, oggi, oggi che il viaggio era finito e che sua madre sorrideva senza piangere, se mai si fosse trovato di nuovo di fronte alla possibilità di imboccare uno di quei portali e andare a visitare un pezzo di universo e un pezzo di sé. E qualche volta arrivava a dirsi che sarebbe stato l’unico modo per ritrovarlo, e allora sì, dannazione, si sarebbe tuffato senza rimpianti – e quelle volte si odiava.

La mappa era andata distrutta, ma i ricordi erano tutti lì: Jim Hawkins passò tutta la vita a chiedersi se gli sarebbero bastati per ritrovarsi.

 

 

[ 275 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Jim è un altro di quei personaggi che non mi hanno mai particolarmente colpita – caso strano, questo, se penso che in realtà un pochino mi somiglia. Ma il suo rapporto con John Silver è di quelli che lasciano il segno in chiunque, e il prompt, ‘finestre dell’anima’, mi ha fatto venire in mente che tutti i luoghi che Jim ha solo intravisto in quel suo rocambolesco viaggio vanno a costituire, alla fine del viaggio stesso, non solamente un ipotetico mezzo per ritrovare Silver, ma anche per riavere indietro parte di se stesso. Perché è così che ci lasciano gli addii, no?... Incompleti.

C’è anche da dire che questa flash ripercorre un tema che la bravissima Elos ha trattato molto meglio di me, in una shot che vi consiglio caldamente Se stai leggendo queste righe, caraH, sappi che da parte mia non c’è tentativo di imitazione, bensì di umile omaggio. E che prima o poi verrò a lasciarti quelle famose recensioni-premio, accidenti.

A tutti voi auguro un felicissimo Natale.

Aya ~

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Capitolo 44
*** Dry your tears ~ Brother Bear ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#44

Brother Bear, 2003

 

 

 

 

 

# Dry your tears

 

 

 

C’era neve, tanta neve – un altro dei giorni più freddissimissimi della sua vita. Correva lasciandosi alle spalle impronte subito sepolte, non sapendo bene il dove o il perché. Forse era solo una sensazione, ma credeva di avere appena perso qualcosa. Qualcosa d’importante...

C’era un’aquila, in mezzo a tutta quella neve, e a un tratto il cucciolo si chiese se in fondo non stesse inseguendo quella. Dovette ricredersi quando dinanzi ai suoi occhi (offuscati) l’aquila si tramutò in uno di quei mostri a due zampe armati di bastoni – solo che questo uomo non aveva nessun bastone, non sembrava un mostro, e non gli fece nessuna paura. Aveva un’aria buona, anzi. Il cucciolo non aveva ancora smesso di correre che lui già lo accoglieva a sé, sussurrandogli qualcosa nella sua lingua incomprensibile, versi che però gli furono stranamente familiari.

Non piangere. Non sarai solo, vedrai.

Neppure al risveglio Koda capì, ma quello strano sogno gli lasciò dentro una sensazione calda, piacevole. E dire che c’era così tanta neve.

Il giorno dopo incontrò Kenai.

 

 

[ 171 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Di Koda, fratello orso amo soprattutto Sitka, che con il suo ruolo di guida apre la strada a tutta la storia di Kenai come orso e come uomo. Ho sempre voluto dedicargli un pensiero e, anche se qui il tutto è filtrato dagli occhi di Koda che – pur inconsapevolmente – ha appena perso la sua mamma, sono felice di esserci più o meno riuscita

Questo è proprio un aggiornamento lampo, la real life durante queste vacanze mi sta tenendo davvero molto occupata... Ma ci tenevo a restare regolare con questa raccolta. Spero sempre che continui a piacervi.

Aya ~

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Capitolo 45
*** My happy ending ~ Home on the Range ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#45

Home on the Range, 2004

 

 

 

 

 

# My happy ending

 

 

 

La pioggia incessante si portava via le impronte – e con quelle ogni speranza. Dal suo piccolo, freddo riparo, lei le guardava sparire, ripetendosi che forse era meglio così, che tanto quella non sarebbe mai stata la sua casa, che per lei non esisteva nessun angolo di paradiso – non da quando sulla sua terra era piombato il diavolo in persona. E che così sarebbero rimaste le cose.

Grace e Mrs. Calloway dormivano. Grace e Mrs. Calloway non potevano capire. Anche loro avrebbero perso tutto, però loro erano insieme.

Maggie affondò il muso nella terra umida, soffocando sul nascere un muggito di dolore, e cercò di addormentarsi per non veder più sparire le impronte e le speranze e quel poco che restava del suo lieto fine impossibile.

 

 

[ 125 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Mucche alla riscossa: per quanto originale e divertente, è un altro Classico tutt’altro che all’altezza di alcuni dei successivi e di moltissimi dei precedenti. Però anche qui l’immancabile poetica Disney si fa sentire. Trovo molto simbolica quella pioggia che si porta via le tracce di Buck e con esse ogni possibilità di riscatto per le tre mucche – ma soprattutto per Maggie, quella cui Slim ha tolto più che a chiunque altro, quella che per colpa sua è davvero rimasta sola. Non ho scelto di rappresentare quel momento per forza di cose, ma proprio in virtù dell’emozione che è in grado di trasmettermi, nonostante l’atmosfera canzonatoria dell’intera pellicola.

A voi vadano, insieme ai miei ringraziamenti più sinceri, mille auguri di un buon anno

Aya ~

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Capitolo 46
*** School uniforms ~ Chicken Little ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#46

Chicken Little, 2005

 

 

 

 

 

# School uniforms

 

 

 

« Uhm, sai, papà. A scuola stanno pensando di adottare un’uniforme uguale per tutti. »

Suo padre continuò a guidare, in un silenzio che magari nelle sue intenzioni era incoraggiante, ma che alle orecchie del pulcino rattrappito nel sedile posteriore suonò come una disapprovazione per quell’ennesimo vuoto discorso. Non che a Chicken Little piacesse parlare con lui di sciocchezze, ma, come Alba non perdeva occasione di fargli notare, sciocchezze erano le uniche cose di cui avessero mai parlato da tanto, troppo tempo.

Eppure proseguì, ostinato, giocherellando con la cintura di sicurezza che pendeva inerte senza riuscire a tenerlo stretto al suo posto, come a ricordargli che persino in macchina lui e suo padre erano inesorabilmente diversi. « Sì, beh, hanno avuto quest’idea, ecco. Ma io non sono molto d’accordo. » Si raddrizzò, alzò la voce in un tono appena un po’ petulante, solo un pochino – era così sicuro di avere ragione! « Se tutti indossano gli stessi vestiti, che ne è della nostra individualità? Insomma, cosa siamo noi, squadre di automi o gruppi di studenti? »

Il papà gli lanciò uno sguardo dallo specchietto retrovisore. Uno sguardo che avrebbe voluto sembrare distratto, ma che disse molto più delle sue parole.

« Non vederla così, figliolo. A volte è un bene non farsi notare, non sei d’accordo? »

Chicken Little si sgonfiò, deluso, rattrappendosi ancora di più.

Neanche più di sciocchezze poteva parlargli. Non dopo la storia della ghianda.

 

 

[ 230 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Chicken Little è l’adorabilità pura e mi rispecchio in lui molto più di quanto non vorrei. Insomma, io non sono ancora andata in giro a parlare di cielo che crolla, però so come ci si sente a sapersi non creduti quando si è in assoluta buona fede, come di certo lo sapranno anche molti di voi. Un pensiero per questo povero piccolo pulcino incompreso era doveroso (senza contare che le uniformi scolastiche non avrei potuto affibbiarle a nessun altro personaggio Disney, LOL)

Avete passato delle buone feste? Spero tanto di sì :) Grazie ancora a tutti voi.

Aya ~

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Capitolo 47
*** Technology ~ Meet the Robinsons ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#47

Meet the Robinsons, 2007

 

 

 

 

 

# Technology

 

 

 

Ogni bambino ha in sé qualcosa che lo rende speciale.

Il giorno del sesto compleanno di Lewis – sei anni erano passati da quando qualcuno l’aveva lasciato alla sua porta sparendo nella pioggia – un vecchio tostapane rotto già da qualche tempo resuscitò misteriosamente: un mistero che si dipanò come un gomitolo quando Mildred sollevò lo sguardo sugli orfani seduti al tavolo della colazione e, stupita, vide gli occhi di Lewis scintillare.

Da allora fu un fervore continuo. Lewis non si limitava a riparare le cose; lui cambiava, creava, inventava. Era il suo essere speciale. Solo che, beh, era comunque un po’ bizzarro per un bambino così piccolo. E alla fine Mildred non poté impedirsi di chiedergli il perché.

Lewis aveva quasi sette anni, e aveva le guance costellate di piccole stelle nei punti in cui premeva l’inseparabile cacciavite mentre inseguiva un pensiero. Quella volta, quando alzò gli occhi, Mildred vide un’ombra al posto della solita luce, un’ombra che mai aveva visto prima.

« Voglio inventare una macchina che mi permetta di vedere il passato. »

« Come il cinema? »

« No, non come il cinema. » Lewis si accigliò, come se il paragone fosse semplicemente ridicolo. « Uno scanner mnemonico! Sarà un modo per vedere cos’è accaduto in passato a partire dai ricordi più nascosti di una persona. »

Mildred sorrise a tanta passione, ma continuava a non capire. « Ma perché proprio uno... ‘scanner mnemonico’, Lewis? A cosa potrebbe mai servire? »

E quell’ombra si fece un po’ più intensa e d’improvviso le spiegò molte cose. « È l’unico modo che ho per rivedere la mia mamma. »

Ogni bambino ha in sé qualcosa che lo rende speciale. Il qualcosa di Lewis era il suo impegno, il suo amore per la tecnologia.

Eppure, Mildred non avrebbe mai immaginato che le fredde macchine potessero essere una via per ritrovare il proprio cuore.

 

 

[ 300 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Per prima cosa mi scuso dell’improvvisa sparizione. Ho avuto dei problemi di software, ma ora pare che sia tutto sistemato.

I Robinson: una famiglia spaziale è un altro Classico post-rinascimentale che personalmente adoro. È mindfuck, buffo e dolce in egual misura. Il prompt non poteva essere utilizzato che per Lewis, così ho scelto di rappresentare il momento in cui il suo desiderio di creare uno scanner mnemonico si manifesta per la prima volta – in particolare volevo concentrarmi su Mildred: la si vede per poco tempo, ma secondo me il suo rapporto con Lewis è molto profondo e degno di attenzione. Voglio dire, un bambino prodigio che non riesce a trovare il suo posto nel mondo: chi non gli si sarebbe affezionato?

Spero di essere più regolare nei tre aggiornamenti che mancano per chiudere la raccolta. Come sempre, più di sempre, grazie infinite di essere ancora qui!

Aya ~

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Capitolo 48
*** Black & White ~ Bolt ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#48

Bolt, 2008

 

 

 

 

 

# Black & White

 

 

 

Da qualche parte aveva letto che i cani vedono in bianco e nero. Per fortuna, oggi agli occhi di Bolt la realtà si era tinta di tutte le gradazioni del grigio, com’era giusto che fosse.

« Ci vediamo domani, bello. »

Si lasciò grattare dietro le orecchie, estasiato. Penny sorrise nel ricordare quante volte quegli occhi da supereroe le avessero salvato la vita – gli stessi occhi da supercucciolo che ora luccicavano di canina goduria: in cuor suo sapeva bene che il salvataggio più riuscito era avvenuto quando il supereroe aveva lasciato il posto al suo cane.

Si accoccolò sotto le coperte e Bolt la raggiunse con un balzo. Era così che iniziava la loro avventura più grande e più straordinaria, che sarebbe stata di un bel grigio splendente, come ogni piccola grande vita vera che si rispetti. Penny sorrise di nuovo. Era una bella sensazione.

« Bravo il mio cucciolotto... Dormi bene, Bolt. »

 

 

[ 150 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Avevo scritto precedentemente questa flash assieme a tutte le altre, ma la versione originale mi è andata perduta, e se ho esitato così tanto a pubblicare la nuova stesura è perché non è affatto venuta come l’avevo impostata all’inizio. Pietà di me. L’onere della raccolta comincia a farsi sentire XD

Ad ogni modo, this is it: un semplice momento della nuova vita di Bolt, quello iniziale – lui e Penny che dormono insieme come una ragazzina e il suo cucciolo, semplicemente. Nonostante l’essenzialità, spero tanto che vi piaccia Ai prossimi aggiornamenti.

Aya ~

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Capitolo 49
*** Cross-dressing ~ The Princess and the Frog ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#49

The Princess and the Frog, 2009

 

 

 

 

 

# Cross-dressing

 

 

 

« Vestita così sei bellissima, Tia » trillò Charlotte eccitata, battendo le mani, « sembri proprio un principe! »

Eudora sospirò tra sé, badando a non farsi sentire dalle piccole, e continuò a sistemare le pieghe del mantello sulle spalle esili di sua figlia. Quel giorno Charlotte La Bouff compiva sei anni e il meno pretenzioso dei suoi – svariati – desideri di compleanno era stato che Tiana l’aiutasse in una piccola recita, solo una scenetta improvvisata tra loro due, riguardante un’immancabile principessa e un ranocchio da trasformare in principe. Tiana aveva accettato di buon grado di fare la parte del principe, perché, aveva detto, « è mille volte meglio che baciare un ranocchio, anche finto ». Eudora aveva riso, cercando di non ricrearsi nella mente l’immagine di una vecchiaia solitaria, senza nipotini da viziare e coccolare: Tiana era ancora una bambina e le bambine hanno tutto il tempo del mondo per capire che nell’amore vero non c’è proprio niente di disgustoso.

« Ecco fatto, ragazze, potete cominciare. »

Alla sua spinta gentile, Tiana raggiunse Charlotte sul piccolo palco improvvisato, dove la bimba stringeva già tra le braccia un pupazzo verde e gonfio.

« Tia » l’accolse, con una traccia tutta nuova di preoccupazione sul visetto, « sei sicura che non ti scoccia, vero? »

« Ma no » rise Tiana, mostrando il vuoto di un dentino caduto, « è tutto a posto, tanto io non bacerò mai nessuno! »

Eudora rise di nuovo, ma quell’immagine si faceva sempre più insistente. E la portava a chiedersi se non stesse diventando un po’ paranoica.

 

 

[ 245 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Ehm, sì, salve, sono ancora io. Dopo anni-luce, ma eccomi di nuovo qui. Siate clementi, come vi dicevo gli ultimi capitoli erano andati perduti in un guasto e ci ho messo del tempo per ritrovare l’ispirazione necessaria a riscriverli come li avevo immaginati all’inizio. ;__;

Comunque, eccoci: penso che questa flash non abbia bisogno di tante spiegazioni. Mi fa sempre molto ridere il fatto che Eudora voglia dei nipotini e Tiana non sia minimamente interessata all’amore (situazione che mi è fin troppo familiare), e difatti dubito di essere riuscita a ‘immalinconire’ la cosa... Ma il prompt mi ha suggerito questo e questo è (ri)venuto fuori, tant’è.

Il prossimo sarà l’ultimo capitolo e credetemi, credetemi, spero tantissimo di non perderci altrettanto tempo. Perché voi siete stati meravigliosi a seguirmi fino alla fine e per me questo conta. A prestissimo, mi auguro.

Aya ~

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Capitolo 50
*** Sensations ~ Tangled ***


For every laugh, there should be a tear ~

 

 

 

#50

Tangled, 2010

 

 

 

 

 

# Sensations

 

 

 

In fondo non le sembrava di chiedere tanto. Voleva solo sapere com’era.

Voleva camminare su un piano che non fosse un pavimento e sentire sotto i piedi l’erba umida di rugiada, i ciottoli duri e lisci, l’acqua del ruscello. Voleva toccare con mano gli alberi e le foglie e raccogliere dei fiori, inspirarne il profumo senza che questo si mescolasse agli odori delle altre cose raccolte da sua madre in un unico cestino. Voleva persone con cui parlare, suoni nuovi da imparare a riconoscere, perché queste cose i libri non possono dartele, non se non le hai mai vissute prima. Voleva correre, correre, correre, perché era stanca di percorrere gli stessi pochi passi che andavano dalla stanza circolare al suo letto ed era stanca anche di arrampicarsi su travi e balconate per dipingere sui muri – correre dove ci fosse abbastanza spazio per sporgersi a colorare tutto il cielo, non appena ne avesse avuto voglia. Voleva respirare il vento senza il bisogno di aprire una finestra, e scoprire cosa ci fosse dietro la cascata e oltre i confini della valle stessa; voleva vedere le luci fluttuanti, da vicino, rispondere a quel cosa e magari anche a quel perché.

Voleva il mondo, Rapunzel, o magari anche solo un pezzetto un po’ più grande di quello che vedeva da lassù.

Sua madre chiuse le tende, in un gesto quasi distratto, e tutti i suoi sogni ad occhi aperti sprofondarono di nuovo nel buio.

 

 

[ 240 parole ]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

E finalmente ci siamo. Rapunzel: l’intreccio della torre, il Classico che per primo mi ha dato l’idea di questa raccolta, la ripresa in grande stile della Disney che ci riavvicina al Rinascimento e – ebbene sì – l’ultimo capitolo. A pelle mi sembra tra i più scontati, ma non avrebbe potuto essere diverso, riscrittura o meno. E dopo questo vado a ringraziarvi uno per uno, come si deve, finalmente.

Grazie immensamente a LittleHarmony13, Ray08, Ilovewrite, Honest, Inside to a Dream, pinkstone, minestrina3, _Li_, Kelloggs Snowflakes, Selhin, Elelovett, TheHeartIsALonelyHunter, blackmiranda, Dea_Diana e _JK_, per tutte le meravigliose recensioni che pur nella mia poca presenza non mi sono mai persa e che mi hanno tirato su di morale più di una volta;

grazie infinitamente ad Amberle, Aoii, BIC_, blackmiranda, camomilla17, Cat_, DazedAndConfused, Dea_Diana, disneymaniac, Elelovett, F13, Honest, Ilovewrite, Kia_chan_93, KikiWhiteFly, lilica, Lily Dub Black, Marina94, metaldolphin, MoonLove, pinkstone, Plutonia, Ray08, Revan93, Selhin, Silent_Warrior, stellaskia, Taminia, TheHeartIsALonelyHunter, xAlisx e x_LucyW, per avermi seguita fin proprio alla fine in questo delirio non lasciandosi scoraggiare dalla mia sempre più frequente irregolarità;

grazie enormemente a disneymaniac, Fuuma, KikiWhiteFly, MeAndHoran69, Pinapple1712 e yaoiincest, per aver inserito questa raccolta tra le storie ricordate;

grazie smisuratamente ad Aoii, blackmiranda, Dea_Diana, Diana Dea, disneymaniac, Ilovewrite, Jaqueline, LittleHarmony13, Marina94, metaldolphin, minestrina3, Selhin, TheAkaiBookFrog e _cinnamon, per averla inserita addirittura tra le preferite;

nonché a tutte le ugualmente straordinarie persone che si sono prese il tempo e il disturbo di venire a leggere le mie sciocchezze come se davvero per me valesse la pena di scomodare i mostri sacri della mia infanzia. Semplicemente grazie, a tutti voi.

Alla prossima, se vorrete,

Aya Lawliet ~

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