The little Lies have different Shades of White di Morgaine You (/viewuser.php?uid=129520)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Everything in your Eyes ***
Capitolo 2: *** Lemon Trees and Ravens ***
Capitolo 3: *** The Beauty, the Beast and the Hunter ***
Capitolo 1 *** Everything in your Eyes ***
The
little Lies
have different Shades
of White
“Maledizione Ji Yong,
si può sapere dove hai la testa?”
Taeyang
era furioso.
Tae
non
era mia
stato un tipo paziente, ma da un paio di settimane il muro di silenzio
che
Ji Yong si era costruito intorno a se lo irritava oltre ogni possibile
immaginazione.
Quella
mattina, mentre facevano colazione tutti insieme nel
loro piccolo appartamento di Seul, Ji Yong aveva accidentalmente urtato
una
scodella che, cadendo rumorosamente a terra, era andata in mille pezzi.
“Non
l’avevo notata”
Questo
era stato l’unico commento del ragazzo biondo.
Il
tono era il solito; piatto, incolore.
Sotto
lo sguardo impietosito degli altri suoi compagni, si
era limitato a raccogliere i cocci, poi se n’era andato.
Se
ne andava a leggere, diceva.
Questa passione per la lettura era nata da troppo poco per
poter definire Ji Yong un vero lettore.
Quando
non si impegnava a comporre, girava per la città, il
berretto calato sugli occhi languidi e tristi, e
s’intrufolava in tutte le
librerie che riusciva a scovare, persino quelle più piccole
e sconosciute.
La
scena si ripeteva ogni volta con meticolosità: uno sguardo
veloce agli scaffali, lo scambio di un paio di veloci frasi con la
commessa,
l’acquisto e l’uscita; senza voltarsi, come se per
le strade non ci fosse che
lui, ritornava a casa.
DaeSung,
un giorno, mentre cercava di
sistemare quel poco che era rimasto di quella che una volta era la
camera che
divideva con Ji Yong, spinto dalla crescente curiosità, aveva
preso in mano uno
dei tanti libri sparsi sul pavimento; erano diventati veramente
ingombranti,
quegli ammassi cartacei.
Si
stupì quando lesse i titoli di quei
libri.
Niente
horror, niente azione, niente
avventure poliziesche.
I
volumi erano tutti alquanto brevi, e
tutti, o così gli era sembrato, rigorosamente dello stesso
autore.
Amleto,
Come vi piace, Riccardo III, Macbeth..
Anche
DaeSung conosceva Shakespeare; bhe,
infondo tutti lo conoscevano.
Una
volta anche lui aveva letto, ai tempi
della scuola, una sua opera.
Romeo
e Giulietta forse era il titolo; ma
non se lo ricordava poi così bene.
Come
poi Jiyong riuscisse a comprendere
quel linguaggio complicato e arcaico, DaeSung proprio on lo capiva.
Il
suo amico era sempre diretto con le
parole, a volte anche un po’ sfrontato e poco elegante.
Mentre
rimetteva in ordine, un libro gli
cadde a terra, aprendosi nel mezzo.
“Oh,
guardatevi dalla gelosia,
mio signore. È un mostro dagli occhi verdi che dileggia il
cibo di cui si nutre. Beato vive quel cornuto il quale, conscio della
sua
sorte, non ama la donna che lo tradisce: ma oh, come conta i minuti
della sua
dannazione chi ama e sospetta; sospetta e si strugge
d'amore!” *
Quando
Ji Yong tornò
nell’appartamento quella mattina, non vi trovò
nessuno.
Solo,
un biglietto sul
tavolo della cucina lo ammoniva di raggiungerli il prima possibile alla
casa
discografica.
“Cazzo,
le prove…”
Preso
com’era dai suoi
pensieri, quasi aveva scordato l’impegno preso per quel
pomeriggio con i
compagni; dovevano girare il nuovo video, che sarebbe uscito tra due
giorni
esatti.
Pochi,
troppo pochi
per i suoi nervi già a pezzi.
Non
avrebbe sopportato
di dover mostrare quello che in realtà non era; la canzone
parlava d’amore, un
amore felice.
E
lui non aveva una
storia felice da raccontare.
Scese
le scale in
fretta, senza curarsi di prendere qualcosa da mettersi addosso;
l’autunno
avanzava, e il vento diventava ogni giorno più freddo.
Uscendo
dal palazzo,
notò una macchina nera, con i finestrini abbassati, vicino
al marciapiedi.
All’interno
riusciva a
vedere, nonostante la nebbia che l’avvolgeva, il volto
preoccupato di SeungRi.
Oh
no, dei, vi prego.
Cominciò
a correre.
Si
diresse alla uscita
della stretta via, verso la strada, ma senza guardarla.
Inciampò
su una pietra
invisibile, e cadde a terra, sulle ginocchia, senza volontà
nelle membra; un
dolore atroce percosse ogni muscolo, ogni punto del suo corpo.
Iniziò
a piangere;
pianse forte, forse gridò.
Gli
occhi gli
bruciavano come fuoco, e portandosi le mani alle gambe, le vide sporche
di
sangue.
Ma
non era il dolore
dell’incidente a
farlo accartocciare così
inerme, nudo, in mezzo alla strada; tentò di rialzarsi,
voleva scappare da
quella casa, dai suoi compagni, da quelle piccole bugie dette giorno
per
giorno, ingoiate come le pillole amare dei malati.
Non
sentiva più alcun
rumore; ad un tratto pensò di essere morto.
Allungo
un braccio, e
la mano si sporcò del fango dovuto agli acquazzoni
stagionali.
Le
grumosità della
terra si insinuò fin sotto le sue unghie, e un piccolo pezzo
di vetro, resto di
una balorda serata di qualche accattone, gli procurò un
ferita nel palmo
destro.
No,
non era morto; era
fin troppo vivo.
Un
rumore di clacson
lo risvegliò dal torpore.
Una
voce roca,
proveniente dall’automobile che aveva imboccato quella stessa
via, gli intimava
di togliersi dalla strada; Ji Yong sentì anche qualche
bestemmia.
Non
aveva la forza di
alzarsi, e forse non l’avrebbe mai trovata.
Si
spostò, con un
movimento sgraziato, di lato, finendo nella pozza di fango, tra i vetri
rotti e
i resti della triste pioggia dell’alba.
Non
gli importava di
alzarsi; stranamente, la fitta che pulsava nel suo ginocchio gli
procurava un
certo sollievo interiore, gli alleviava la pena che, ormai da troppo
tempo,
portava nel cuore.
Alzò
gli occhi al
cielo, e si perse tra le immensità di esse.
L’armonia
che quella
giornata autunnale gli trasmetteva, l’odore d’erba
bagnata, la sporca strada
sterrata sotto di lui, gli fecero desiderare di rimanere lì
per sempre.
Ma,
purtroppo, non è affatto vero
che siamo fatti della
stessa sostanza dei sogni, e Ji Yong sapeva, sapeva che prima o dopo
avrebbe
dovuto affrontare quella realtà che ormai da troppo tempo
evitava, nascondeva.
E
quella realtà aveva
un nome e un cognome.
“JI
YONG!”
L’urlo
roco e rotto
dal pianto di SeungRi, a poca distanza da lui, sembrò
rompere le barriere del
tempo.
Da
quanto tempo si
trovava disteso lì, a terra?
“Ji
Yong, cosa diamine
ti è preso? Volevi ammazzarti? Se fosse arrivata una
macchina in velocità… cosa…
parlami, piccolo bastardo!” SeungRi aveva preso il biondo per
il colletto della
maglia, e lo strattonava violentemente.
L’altro,
gli occhi
vacui ancora rivolti verso un punto indefinito sopra di lui, si
rifiutava di
guardarlo.
“Guardami,
Ji Yong,
cazzo! Sono io, mi riconosci? Diamine, parlami!”
Ji
Yong finalmente si
voltò verso di lui.
SeungRi
non aveva mai
visto una tale espressione negli occhi del suo amico.
Tratteneva
a stento le
lacrime, ma era anche arrabbiato; eppure, c’era
qualcos’altro nei suoi occhi, un
guizzo d’orgoglio che gli ricorda un animale ferito, in
attesa che i segugi del
cacciatore lo vengano a prendere come trofeo.
Ma
quelll’animale sapeva di
aver lottato prima di morire.
SeungrRi
mollò un poco
la presa; forse strattonarlo in quel modo non era stato la mossa giusta.
In
risposta, Ji Yong
gli assestò un violento pugno sul volto.
Un
gesto improvviso,
impulsivo, senza una ragione precisa.
Un
rivolo di sangue
uscì dal labbro inferiore di SeungRi che, paralizzata
dall’assurdità di quel
gesto, non reagiva.
“S-Scusa
SeungRi, non
so cosa mi sia preso…”
“Sta’
zitto”
Le
parole di SeungRi
risuonavano come tamburi alle orecchie di Ji Yong.
“Sta’
zitto, non voglio
più sentire le tue stronzate”
Smettila
SeungRi, ti prego.
“Anzi,
ti dirò di più.
Non farti più vedere finchè non risolvi questo
tuo problema con il mondo intero.
Non so cosa ti stia succedendo, e sai, non lo voglio neanche sapere. Ci
stai
trattando come degli estranei, delle pezze da piedi; e non abbiamo
fatto nulla
per meritarci questo trattamento. Quindi, se hai ancora intenzione di
essere il
leader del gruppo, comportati come tale”
SeungRi
fissò il
ragazzo biondo per qualche secondo, prima di voltarsi; non aveva
più nulla da
dirgli, ormai, e le prove erano già iniziate.
Salì
in macchina, e
premette il pedale dell’acceleratore in un modo
così violento che i pneumatici
lasciarono delle scure tracce sull’asfalto.
Ji
Yong si scontò per
lasciarlo passare.
Una
leggera pioggia si
mescolava ora con le lacrime, lacrime dovute a quella realtà
da cui Ji Yong
aveva tentato inutilmente di scappare.
-Spazio
Autrice-
Allora…avevo
in mente
questa storia da tempo, ma solo oggi, leggendo un libro sulla guerra
civile
spagnola (?) mi è venuta l’ispirazione.
E’
la mia prima
FF sui Big Bang, quindi abbiate pietà.
Per i nomi, ho usato quelli
originali per DaeSung
e G-Dragon, mentre per Taeyang e SeungRi ho dovuto usare quelli
più conosciuti,
perché quello di Tae suonava malissimo, mentre quello di Seu
si sarebbe confuso
con l’originale di TOP, che apparirà nel prossimo
capitolo e per cui userò l’originale
*Frase tratta dall'Otello,
di William Shakespeare, primo e unico con questo nome.
Jo
Gates,
mia piccola
patatinah. Ti avevo detto(trollandoti) che avrei scritto qualcosa sui
BB. E ora, Boom Shakalaka BD. Spero
ti sia
piaciuto il primo capitolo, e se vorrai leggere i prossimi ne
sarò colo che
felice. Ti voglio bene.
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Capitolo 2 *** Lemon Trees and Ravens ***
Nel tepore
confortante della doccia di casa sua, i pensieri di Ji Yong fluivano
via come
il vapore prodotto dall’acqua calda.
Ji Yong non si
sarebbe mai perdonato per quel
gesto
sconsiderato, dettato dalla pura rabbia; e SeungRi stesso, non lo
avrebbe mai
perdonato.
Aveva colpito
il ragazzo che amava; e come vero era il suo sentimento, tanto vero
era, ora,
il disprezzo chr SeungRi provava per lui.
L’aveva vista
nei suoi occhi poco prima, quella scintilla di disgusto misto ad
incredulità.
Ji Yong si
accasciò sul pavimento di marmo bianco della doccia, e
pianse; pianse per
l’ennesima volta quel giorno.
Acquattato in
un angolo, l’acqua che gli scorreva sulla pelle, cercava di
dimenticare:
dimenticare tutto, i ragazzi, le prove, il freddo autunno che
imperversava, le
lunghe passeggiate solitarie.
Dimenticare le
lunghe ore passate a scrivere i testi che li avevano resi famosi, gli
urli
isterici di Seung
Hyun quando
sbagliava un passo, i tatuaggi di Taeyang, la depressione di Daesung.
E,
ovviamente, dimenticare SungRi.
Il
solo pensiero lo torturava; da tempo
sognava di poter accarezzare il suo volto, passandogli con tocco
leggero una
mano fra i suoi capelli, che Ji Yong considerava meravigliosi.
Quale
dolce peso sentiva sullo stomaco al
suono della sua voce; ma l’avrebbe ascoltata
all’infinito, se mai gli fosse
concesso.
L’istinto
predatore gli guidava i pensieri;
e, nei suoi pensieri, SeungRi gli apparteneva.
Ma
la mente, fredda e calcolatrice,
controllava le sue azioni.
E
ora Ji Yong doveva uscire, dalla quella
doccia, se non voleva veder spuntare le branchie.
Appena
si distese sul letto, sentì un
rumore di chiavi inserite nella serrature; conosceva ormai a memoria
quel
rumore sgraziato e metallico.
Un
forte scalpiccio di stivali, una sedia
che si sposta.
La
porta della sua camera si aprì lasciando
entrare una forte luce, che lo abbagliò; non fece neanche in
tempo ad alzarsi
che già Daesung gli era balzato sopra, sul letto.
Perfetto,
è la fine. SeungRi gli avrà raccontato tutto.
“Ji
Yong, per l’amor del cielo, hai preso
il raffreddore?”
Daesung
si strusciava affettuosamente sulla
sua maglietta, sotto lo sguardo stupito di Ji Yong.
“Come?”
“Sì,
SeungRi ci ha raccontato che, quando è
venuto a prenderti in macchina, tu eri a letto con la febbre.
Sembrava
così preoccupato! Noi abbiamo
continuato le prove, ma poi eravamo in pensiero per te, e siamo tornati
in
fretta portandoti qualcosa da mangiare!”
Ji
Yong sorrise.
Sorrise
per la stretta soffocante di
Daesung, che non sembrava volerlo lasciare, e per le schifezze da
supermercato
che Taeyang aveva scelto con cura, conoscendo perfettamente i suoi
gusti.
Ma,
soprattutto, il fatto che SeungRi non
avesse parlato agli altri della loro conversazione ben poco
civile della mattinata, lo rese più leggero, e nel
profondo
nel suo animo sapeva che forse, forse una speranza c’era
ancora.
Entrando
in cucina, Seung Hyun sedeva al
tavolo intento a compilare dei fogli.
Non
lo salutò nemmeno; solamente, alzando
velocemente lo sguardo dalle carte, gli scocco un’occhiata
austera, quasi
volesse incolpare Ji Yong di qualcosa che andava oltre la sua
conoscenza.
“Dov’è
SungRi?”
Il
tetto della palazzina era piatto, e
nelle afose giornate estive ci si poteva stendere a godere dei raggi
del sole.
Molte
piante trovavano posto in quel piano
aggiunto e scoperto della palazzina.
Vi
erano due limoni, molti bonsai, e
qualche basilico profumato; sul lato sinistro della terrazzina,
così veniva comunemente chiamata, due vecchi signori,
ormai morti da tempo, vi avevano collocato una comoda panchina verde.
SeungRi
amava quel luogo.
Quando
voleva stare solo ci andava sempre;
spesso si addormentava su quella panchina, e si risvegliava
infreddolito nel
mezzo della notte cadendo sullo sporco pavimento.
Il
vento era più forte lì in alto, ma
questo non era un problema; SeungRi sopportava facilmente il freddo, e
non si
ammalava praticamente mai.
Quando
lo vedeva più nella sua stanza, o davanti alla
televisione, Ji Yong
sapeva dove trovarlo.
Dall’ultimo
piano, il loro, una rapida sala
a chiocciola portava alla terrazzina; Ji Yong la percorse velocemente,
non
preoccupandosi di poter inciampare di nuovo.
Le
ferite alle gambe gli bruciavano ancora,
ma erano ben poca cosa.
Doveva
parlargli, non poteva trovare più
scuse, lo aveva fatto già per troppo tempo.
Arrivò
sul terrazzino, silenziosamente: il
vento continuava a soffiare, ininterrottamente.
Alcune
foglie roteavano nell’aria come
appese a cielo attraverso fili invisibili.
Poi
lo vide.
Vide
SeungRi appoggiato alla balaustra in
ferro che dava alla strada; le sue spalle, contratte, rivelavano una
mente
turbata.
Non
poteva vederlo in faccia, ma era sicuro
che non stesse guardando nulla di particolare.
Semplicemente,
fissava il vuoto, e sarebbe
rimasto lì, in quella posizione, per ore, se avesse voluto.
Ji
Yong si guardò intorno. Come al solito,
non c’era nessun’altro lì.
Si
avvicinò al ragazzo moro piano, quasi a
non volerlo disturbare.
Alzò
una mano in direzione di SeungRi;
avrebbe voluto appoggiarla sulla sua spalla, toccare il tessuto che
avvolgeva
il suo corpo.
Si
bloccò a mezz’aria; esitava.
Cosa
gli avrebbe detto poi?
Doveva
confessare, confessare che il
vederlo ogni giorno e non poterlo abbracciare, toccare, lo stava
rendendo
pazzo.
E
lui come avrebbe reagito? Non gli avrebbe
creduto, l’avrebbe deriso, o forse..
“Ti
aspettavo”
La
voce di SeungRi ruppe l’incantesimo; il
tempo sembrava essersi fermato per entrambi.
SeungRi
si girò, e si trovò faccia a faccia
con Ji Yong, che lo fissava perso a pochi centimetri da lui.
Il
labbro era ancora ferito, all’altezza
del pugno della mattina.
“Vorrei
delle spiegazioni. Perché sono
stanco. Stanco di dover sempre fare da intermezzo tra te e Taeyang
quando
litigate, o con gli altri quando c’è qualche
problema”
“Ora,
voglio sentirmelo dire apertamente.
Vuoi lasciare la band, non è così? Conosco i tipi
come te, Ji Yong. Quando si
stancano di qualcosa, non hanno il coraggio di affermarlo, e si
rinchiudono in
se stessi”
“No,
SeungRi, non è affatto così! La verità
è che..”
“Sta
zitto. Ti mostri forte e spudorato,
eh? In realtà dentro sei solo un vigliacco. Ricorda che la
band non sei tu. Ci
siamo anche noi. Anzi, da ora, saremo solo in quattro”
Così
dicendo, prese la giacca che aveva
appoggiato alla balaustra, e si diresse verso la porta.
Ji
Yong era impietrito.
Non
aveva saputo rispondere alle false
accuse di SeungRi, e ora lui se ne stava andando, per sempre.
Non,
non avrebbe mai permesso che finisse così.
Il
sangue sembrò scorrergli nuovamente
nelle vene, dopo essersi fermato per quegli istanti infiniti.
Afferrò
SeungRi per la maglietta,
strappandogliene il lembo inferiore.
Il
ragazzo moro, accortosi quasi
all’improvviso di quello che stava accadendo, si
voltò di scatto, pronto a dare
una lezione fisica e definitiva a quel bastardo che insisteva nella sua
stupida
recita.
Chiuse
il pugno destro con forza, le unghie
a ferirgli il palmo.
Si
preparò a colpire in pieno volto Ji
Yong, ma le sue labbra vennero catturate da quelle dell’amico.
Finirono
a terra; ma Ji Yong non mollò la
presa, e bloccò a terra il suo maknae.
Il
pavimento era freddo, ma il corpo di
SeungRi emanava un calore tale che Ji Yong non sentì quasi
il freddo marmo
sotto di loro.
Ji
Yong serrò le sue labbra con ancora più
forza a quelle del ragazzo moro.
Niente
l’avrebbe portato via da lui, mai.
E,
stranamente, SeungRi non si muoveva; quando
Ji Yong aprì gli occhi, si accorse che l'altro lo
fissava, dolcemente.
Quello
sguardo gli fece mancare il fiato;
era peggio di un pugno allo stomaco.
Richiuse
gli occhi; SeungRi gli aveva
aperto i recessi più nascosti della sua bocca, senza che lui
lo chiedesse.
Ji
Yong ad un tratto si fermò,
e alzò leggermente quel che restava
della maglia di SeungRi.
“Che
fai?”
“Voglio…voglio
sentire il calore della tua
pelle”
Ji
Yong posò la mano sul ventre del più
giovane, sentendolo vibrare leggermente al suo tocco.
Dei,
quella pelle era come la seta.
Una
seta bianca, leggera, che si può
facilmente disfare.
Ji
Yong aiutò SeungRi ad alzarsi, e, quando
gli prese la mano, non riuscì a trattenere le lacrime.
“Lo
capisci, ora?” quasi non si accorse di
urlare “Capisci quello che fino ad ora non sono riuscito a
dirti?”
Gli
occhi di SeungRi erano fissi nei suoi,
e lo imploravano di perdonarlo per non aver saputo capire.
“Ogni
singolo giorno, per tanto, troppo
tempo, venivo all’alba nella tua stanza, di nascosto. Tu
dormivi profondamente,
e io passavo le ultime ore di semi oscurità a guardarti.
Accarezzavo con lo
sguardo i tuoi lineamenti, e allineavo il tuo respiro al mio.
Ma
poi arrivava il giorno, e con la luce
del sole non potevo permettermi di passare le ore accanto a te.
Così
me ne andavo il più lontano possibile,
in città, lontano da te”
Appoggiato
al petto di SungRi, Ji Yong
sfogò tutta la sua rabbia per aver ferito l’amico,
la sua unica ragione di
vita.
Sfiorò
con il dorso della mano il suo
labbro gonfio, adagiando un’altra volta poi, delicatamente,
le labbra sulle
sue.
“Mi
dispiace. Non avrei mai dovuto ferirti,
amore mio. Non so veramente cosa mi fosse preso; ero accecato dalla
rabbia,
dalla frustrazione, e non sono riuscito a fermarmi nemmeno davanti a
te. Non
permetterò mai a nessuno, soprattutto a me stesso, di
toccarti di nuovo”
A
quelle parole, SeungRi cadde sulle
ginocchia, e baciò delicatamente le ferite di Ji Yong,
ancora insanguinate e
sporche.
Voleva
solo guarirlo con tutto l’amore che
poteva dargli.
Se
una macchina fotografica avesse potuto catturare
quel momento, sicuramente SeungRi avrebbe tenuto quella foto sotto il
cuscino,
la notte, in ricordo di quel giorno così umido e freddo, in
cui la sua vita era
cambiata per sempre.
“Andiamo
a casa” gli aveva detto Ji Yong, accarezzandogli
i capelli.
“Sì,
andiamo”
Chiudendosi
la porta della terrazzina alle
spalle, Ji Yong ebbe come la sensazione di essere osservato;
guardò nuovamente
intorno a se, ma non c’era assolutamente nessuno.
Neppure
quei deliziosi merli dal manto
corvino che normalmente affollavano il tetto.
Eppure,
non si sentiva tranquillo; sentiva
come una presenza, pronta ad afferrarlo alla sua prima distrazione.
Non
aveva notato la finestrella del piccolo
edificio che permetteva di accedere alla terrazzina.
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Capitolo 3 *** The Beauty, the Beast and the Hunter ***
TIC. TAC.
Le lancette
dell’orologio azzurro della cucina segnavano le quattro del
pomeriggio.
Una fitta
pioggerellina rigava le finestre del palazzo conosciuto per avere una
terrazzina con alberi di limoni popolata da corvi.
L’appartamento
dell’ultimo piano, quel pomeriggio, era stranamente
silenzioso.
La cupa
armonia di quel giorno grigio d’autunno sembrava
rispecchiarsi nell’animo dei
cinque coinquilini.
Il
televisore trasmetteva uno di quei banali programmi di cucina
occidentali che
solitamente erano seguiti dalle anziane sole o dalle coppiette annoiate.
Ma, in
quell’appartamento dell’ultimo piano, andava a
vuoto.
Taeyang,
sdraiato sul divano davanti a quella scatola elettronica, era ormai
caduto da
quasi mezz’ora in un sonno profondo.
La moca del
caffè fischiò più volte, ma nessuno
potè evitare che il liquido amaro
fuoriuscisse.
Nella stanza
che dava alla strada infangata, Daesung osservava Ji Yong piegato sulla
scrivania, intento a comporre il loro nuovo singolo.
Una canzone
d’amore, aveva detto.
Una canzone
d’amore dove i due amanti avrebbero trovato, finalmente, il
loro lieto fine.
Finalmente,
dopo un periodo di interminabile lontananza.
Il movimento
della mano di Ji Yong ricordava a Daesung il dolce cullare delle onde
del mare.
Poteva
sentire la brezza sul suo viso e l’aria salmastra che tanto
gli piaceva.
La sabbia
sotto i piedi era fresca e liscia.
Forse, dopo
aver terminato il tour, si sarebbero potuti concedere una vacanza.
Ji Yong sorrideva; sorrideva come
non
era stato capace di fare per tanto tempo, e forse Daesung
l’aveva notato.
Avrebbe
voluto salire in cima alla torre più alta della
città, e gridare il suo amore
per SeungRi.
E SeungRi,
dalla piccola finestra del palazzo con una terrazzina con alberi di
limoni
popolata da corvi, gli avrebbe risposto.
Ma qualcosa,
gli impediva di andare a cercare quella torre alta; Ji Yong aveva paura.
Paura che se
avesse parlato ad altri dei suoi sentimenti, questi sarebbero svaniti
come la
neve ai primi raggi di sole primaverile.
Aveva
assaggiato il dolce nettare dell’amore, e non sarebbe stato
capace di
rinunciarvi.
Trovò
rifugio nella musica: tradusse l’ondata di emozioni che lo
avevano da poco
travolto in parole, parole che avrebbero raccontato la storia di due
innamorati
lontani, ma tenaci, capaci di resistere alle mille sfumature del tempo.
E sorrideva
pensando a quelle labbra rosse, a quella pelle di seta, e alle
impercettibili
vibrazioni di essa.
Avrebbe
voluto correre da SeungRi, abbracciarlo, toccarlo ancora, ma no, non
poteva.
Non sapevo
per quanto tempo sarebbero riusciti a nascondere un tale affaire,
ma questo non lo preoccupava molto; si fidava degli altri
tre compagni, avevano condiviso con loro anni di fatiche e successi, e
sicuramente non li avrebbero abbandonati ora.
E intanto
sorrideva.
SeungRi uscì
dalla doccia con non poco sforzo.
Solo un
bagno caldo era riuscito a calmare i fremiti del suo corpo, ancora
sensibile al
tocco di Ji Yong.
Il suo
respiro si era appena fatto regolare, e il marmo freddo del pavimento
lo riportò
alla realtà.
No, non era
un sogno.
Da tempo
aveva notatogli sguardi carichi di tristezza di Ji Yong e, una mattina,
lo
aveva sorpreso in camera sua, ma non aveva detto nulla.
Non poteva
certo immaginare quanto quel ragazzo aveva sofferto.
Ancora
immerso nel vapore afrodisiaco della stanza, cercò di
afferrare l’asciugamano.
Quando vide
una mano emergere dall’ombra per porgerglielo, il suo cuore
sussultò.
“Ah, Seung
Hyun, sei tu..”
Seung Hyun
era appoggiato con la schiena alla porta del piccolo bagno, i capelli
in
disordine e le braccia conserte.
“Hai bisogno
di qualcosa?” gli chiese, coprendosi l’inguine con
il morbido pezzo di stoffa
bianca, ma non ricevette risposta.
SeungRi
iniziava a sentirsi a disagio; gli occhi dell’altro non lo
lasciavano un istante.
Il più
giovane tentò di ignorarlo, ma quando tentò di
uscire, Seung Hyun gli bloccò la
strada con un braccio, e chiuse a chiave l’uscio.
“Che ti
prende, Sung-“
Seung Hyun
rapidamente capovolse le loro posizioni, e SeungRi si
ritrovò egli stesso con
le spalle all’uscita.
Iniziava a
mancargli il respiro.
“Cosa ti ha
fatto quello?”
Lo sguardo
di Seung Hyun era iniettato di sangue.
Il maknae
era impietrito; fissava l’altro, ma non trovava la forza per
reagire.
“Dimmelo
SeungRi, cazzo, ti ha toccato? Dimmelo, per l’amor del
cielo!”
“T-Tutto
questo non ha niente a che fare con te, Seung Hyun”
Finalmente,
dopo alcuni interminabili secondi, SeungRi riuscì ad
affrontare lo shock
iniziale, ed a controbattere alle irruenti parole dell’amico.
Amico? No, da tempo Seung Hyun non
era
più un amico per lui.
Una sera,
durante il tour estivo, sotto un tetto di brillanti stelle, forse la
notte di
San Lorenzo, gli aveva confessato si essersi innamorato di lui, ma
SungRi
l’aveva rifiutato.
Da allora si
erano evitati; o meglio, SeungRi fingeva che non fosse successo nulla,
eppure
sulle sue spalle gravava un forte senso di oppressione costante.
Seung Hyun
lo seguiva in ogni suo movimento, badando di tenersi lontano, per far
capire a
SeungRi di non aver ancora risolto la spinosa questione.
Un’ombra;
un’ombra sottile, percepibile
sono da lui, questo desiderava Seung Hyun.
“SeungRi, vi
ho visti, prima, nella terrazzina. Cosa voleva da te, eh?”
Era appena stato catturato
dall’ombra.
“Come ti ho
appena detto, questa faccenda non ti riguarda minimante. I miei
sentimenti per
te non sono cambiati, in questi mesi. Sei un amico, nulla di
più. Non potrò mai
amarti”
SeungRi vide
il volto dell’altro sbiancare leggermente, per poi contrarsi
in una smorfia di
acceso odio; l’aveva afferrato per un braccio, poco prima, e
quella forte presa
non accennava a diminuire.
Era forte,
Seung Hyun, più forte di quanto si fosse mai immaginato.
“SeungRi,
potrai non amarmi mai, ma non ti
permetterò di andare da lui!”
Seung Hyun
stringeva ora il gracile collo di SeungRi
nella morsa della sua mano destra, e, solo quando alcuni
lividi scuri
iniziarono a comparirgli sotto il mento, lo lasciò.
SeungRi
cadde a terra, quasi esanime e non si accorse che l’altro
aveva aperto la porta
e se n’era andato, lasciandolo lì, solo e nudo,
riverso sul pavimento.
Gli doleva tremendamente
la testa, e, d’un tratto, non distinse più i suoni
provenienti dall’esterno.
Bianco.
Il mondo si
era mutato in una vasta distesa di colore bianco.
Taeyang
sentì l’uscio di casa sbattere violentemente, e si
svegliò di soprassalto.
Alla televisione
continuavano insistentemente a trasmettere quel noioso programma di
cucina, e
nessuno si sarebbe alzato per vedere da dove proveniva
quell’odore di caffè
bruciato.
Il rumore
sordo proveniente dall’atrio scosse anche Ji Yong.
Desung,
accovacciato sul letto, si limitò a voltarsi di lato.
Il ragazzo
biondo uscì dalla stanza, ma non vide nulla di strano; solo,
il grave silenzio
che era piombato tra quelle quattro pallide mura era angosciante.
Sentiva che
era accaduto qualcosa.
Con la coda
dell’occhio vide una leggera luce filtrare dalla porta
semiaperta del bagno,
nella penombra; la luce era fioca, e pallida.
Tentò di
entrare, ma qualcosa glielo impedì, forse un oggetto caduto
dal disordinato
armadietto di Taeyang.
Accese la
luce e, quando vide quel raccapricciante spettacolo, si
sentì mancare.
SeungRi era
steso a terra, accartocciato su se stesso come una larva appena nata;
delle
piccole macchie di sangue si mischiavano all’acqua
fuoriuscita dalla doccia.
Ansimava,
SengRi, e blaterava parole incomprensibile all’orecchio
umano; delle chiazze
violacee sporcavano il suo bel corpo all’altezza del collo e
dell’avambraccio
sinistro.
Ji Yong
deglutì.
Si
inginocchiò accanto all’amato, dimenticando le
lacerazioni alle ginocchia, e gli
prese delicatamente il volto tra le mani.
Gli occhi di
SeungRi erano aperti, e quando incontrarono quelli del suo compagno, si
distesero sensibilmente, pur mantenendo un’espressione si
latente paura.
“SeungRi..oh,
dei..che ti è successo..cosa ti hanno fatto?”
Ji Yong
abbassò la voce, in modo che gli altri non entrassero e
vedessero quella triste
scena.
Accarezzandogli
il braccio ferito, si impose di non piangere.
Si sfilò la
maglietta e aiutò SeungRi, ancora semi-incosciente, a
rivestirsi.
Tossiva
sommensamente, e non riusciva a reggersi in piedi.
Preso da un
improvviso impeto di rabbia e dolore, Ji Yong se lo caricò
sulle spalle, e per
quanto potesse pesare, per nulla in quel maledetto mondo lo avrebbe
lasciato
cadere.
Raggiunsero
la stanza di SeungRi, posta a sinistra di quella di Daesung e Ji Yong;
di
Taeyang e Seung Hyun non vi era traccia.
Ji Yong
spostò con un unico gesto coperte e vestiti, e
adagiò gentilmente l’altro sul
letto.
Andò in
cucina per prendere del ghiaccio, e quando vide il caffè
sparso a terra non si
fermò a pulire.
La pioggia
era cessata.
SeungRi si
riprese un poco solo un’ora dopo.
Ji Yong era
rimasto al suo fianco tutto il tempo, tamponandogli la fronte con un
panno
bagnato e ascoltando i lamenti provenienti dal suo inconscio,
asciugandogli le
lacrime dopo ogni incubo.
“Ji Yong..”
“SeungRi!
Riesci a parlare?”
“Credo di
sì…mi fa molto male la gola..”
Si toccò i
segni violacei sul collo, e si riproposero ai suoi occhi quei pochi,
orribili
minuti nel bagno.
“SeungRi…chi
ti ha fatto tutto questo?”
La domanda
diretta sorprese SeungRi, che prontamente si voltò in
un’altra direzione.
“SEUNGRI!
Ascoltami, per una volta. Devo sapere chi ti ha ridotto in quel
modo!”
Ji Yong si
era alzato in piedi, e camminava avanti e indietro percorrendo la
stretta
stanza da un lato all’altro.
“Taeyang? E’
stato lui, piccolo bastardo… Lo farò a
pezzi… O forse Daesung? No, impossibile,
era con me.. possibile che..”
“Seung Hyun”
Ji Yong si
fermò, dando le spalle a SeungRi.
“Seung Hyun.
E’ stato lui”
Si voltò
verso il ragazzo biondo, ma non riusciva a vederlo in volto; vide
però i le
nocche delle sue mani diventare bianche, contratte in una poderosa
stretta.
SeungRi
percepiva la carica di sentimenti contrastanti a cui stava andando
incontro Ji
Yong; Seung Hyun era sempre stato il suo migliore amico.
Ma sapeva
che neanche per il suo migliore amico, questa
volta, avrebbe avuto pietà.
“Ji Yong,
parlami..”
“Ji Yong,
parlami..”
Ji Yong
sentì a malapena quelle tre
parole quasi sussurrate; suonavano
come quelle
preghiere recitate dai marinai nelle notti di tempesta.
Venivano
pronunciate al vento, e così il vento le trascinava con se.
Si guardò le
mani. Cosa avrebbero potuto fare, quelle mani?
Avrebbero
punito il colpevole di quell’atto infame.
Cosa si
nascondeva dunque dietro la maschera impassibile quale era il volto di
Seung
Hyun?
Ji Yong si
chiese da quanto tempo veniva ingannato.
Si era
lasciato trasportare dal suo sorriso amichevole e dal falso cameratismo
di quel
gigante dalla battuta pronta.
Come aveva
potuto essere così ingenuo?
Si convinse
di essersi fatto distrarre da SeungRi; non trovava altra spiegazioni.
Si avvicinò
alla finestra, gli occhi attenti a captare il minimo movimento intorno
alla
strada; era buia, il sole era in procinto di tramontare.
I vetri,
leggermente appannati e ancora rigati dalla precedente pioggia,
offrivano una
vista spettacolare: sembrava che quella sfera incandescente piangesse;
e
piangeva perché poteva immedesimarsi in Ji Yong, e sentirsi
tradita due volte.
Tradita
dalla bestia che non aveva rivelato la sua reale natura, e dalla preda
che l’aveva
protetta.
Ji Yong con
un pugnò ruppe la finestra, e migliaia di frammenti
trasparenti si sparsero sul
pavimento e fuori, sul davanzale.
A quell’ennesimo
rumore, Deasung e Taeyang accorsero nella camera, esasperati.
“Ji Yong?!
Si può sapere cosa stai combinando? Perché hai
rotto la finestra?”
Taeyang
prese per le spalle il ragazzo biondo e lo prese per le spalle,
scuotendolo.
“Hai forse
fumato? Non riesco proprio a capirti”
“Fermati,
Taeyang!”
Daesung si
era intanto seduto sul letto accanto a SeungRi, notando le sue ferite.
“Credo ci
dobbiate delle spiegazioni”
Calmo e
pacato, Daesung sapeva come gestire queste situazioni; ma, questa
volta, neanche
lui sarebbe stato preparato ad affrontare il racconto del maknae.
Passarono
dieci minuti, o forse molto di più; il buio era calato sulla
città,e di nuovo l’appartamento
del terzo piano era immerso in un silenzio innaturale.
Daesung
sedeva ancora vicino a SeungRi, accarezzandogli le gambe; Taeyang, in
piedi
appoggiato alla parete piena di poster, non aveva aperto bocca per
tutto il
tempo.
Ji Yong era
abbandonato a terra, con le gambe malconce circondate dalle braccia.
Si sarebbe
detta la scena di un quadro, una di quelle tele del periodo romantico
collezionate in ville lussuose.
Non era
riuscito a trattenere le lacrime stavolta.
Più SeungRi
proseguiva con quel triste racconto di violenze, più lui
sentiva qualcosa
scavare nelle sue viscere, e un vuoto incolmabile formarsi nella sua
mente.
Tutto
il
mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che
attori: essi hanno
le loro uscite e le loro entrate; e una stessa persona, nella sua vita,
rappresenta diverse parti...* Ma quale autore
sarebbe mai stato in grado di scrivere un copione così
imprevedibile e inaspettato?
“Dobbiamo
trovare Seung Hyun”
La
voce calda di Taeyang
ruppe il gelo tra loro.
“E
poi?”
Daesung
pose l’unica domanda a cui nessuno
voleva rispondere.
SeungRi
e Ji Yong incrociarono i loro
sguardi, e entrambi rivelavano una profonda,inconsolabile tristezza.
“Poi…si
dovrà scegliere”
Allo
spuntare della luna i quattro uscirono
dalla palazzina.
Le
luci lungo le strade erano a malapena sufficienti,
e i gatti miagolavano affamati intorno al quartiere.
Lo
cercavano, ma nessuno voleva pronunciare
il suo nome; ma non dovettero andare lontano.
Seung
Hyun se ne stava seduto su una
panchina vicino alla fermata dell’autobus numero 52, a pochi
metri dalla loro
abitazione.
Teneva
la testa bassa, e fumava una
sigaretta; per terra giacevano decine di mozziconi di sigaretta.
“Vado
a parlargli”
“No
SeungRi, andrò io”
Ji
Yong avanzò di qualche passo,
lasciandosi gli altri tre compagni alle spalle.
Toccava
a lui, lo sapeva; era la sua
battaglia, doveva affrontare una delle sue paure.
Ma
per SeungRi avrebbe fatto qualunque
cosa, anche abbandonare il suo migliore amico.
Seung
Hyun sentì dei passi, e voltandosi
verso destra vide una piccola figura avvicinarsi.
Quando
la luce notturna gli illuminò il
viso, riconobbe Ji Yong.
Si
alzò in piedi, di scatto, e l’ennesima
sigaretta gli scivolò dalle mani.
Deglutì
Seung Hyun, ma la sua gola era
secca; quella silohutte quasi
indistinta
che si avvicinava a lui gli ricordava gli spiriti che vagavano per la
notte in
cerca di pace, ma raramente la trovavano.
Dal
suo sguardo gelido intuì che doveva
aver scoperto quello che era accaduto tra lui e SeungRi.
“Ji
Yong, ascolta, mi dispiace, non volevo
fare nulla a SeungRi. Mi conosci, non farei del male ad una mosca. Ero
solo sorpreso
di avervi visto insieme nella terrazzina, e-“
Seung
Hyun non fece in tempo a finire la
frase che Ji Yong gli assestò un un pugno allo stomaco, che
rinchiudeva in se
tutta la delusione e il disprezzo accumulati per lui in poche ore.
Seung
Hyun si piegò a terra, proteggendosi
con le lunghe braccia.
Tossì,
e insieme alla saliva vide qualche
goccia di sangue.
“Bastardo”
Un
colpo al fianco sinistro lo fece
boccheggiare nuovamente.
“J-Ji..”
“Alzati,
razza di codardo!”
Ji
Jong prese Seung Hyun per il colletto
della felpa, e sbattendolo addosso alla cabina della fermata.
Il
dolore lancinante alla nuca fece temere
a Seung Hyun di perdere i sensi.
“Guardami
negli occhi, Seung Hyun.
Guardami. Ti rendi conto di quello che hai fatto? Hai rovinato tutto.
La nostra
vita, la nostra carriera, la nostra amicizia. Non potrò mai
più fidarmi di te,
lo sai questo? Ti mostri puro e innocente agli altri, ma dentro sei
marcio, e
nero come la pece. La tua gelosia non è stata fermata dalle
barriere del buon
senso; non hai saputo accettare quel no di SeungRi, e per questo hai
deciso di
perseguitarlo. Hai idea di come si senta ora? E di come mi sento io? Mi hai tradito, Seung Hyun, non hai
saputo controllare il tuo desiderio per una persona che non potrai mai
avere, e
questo, questo è ciò che meriti!”
Ji
Yong mollò bruscamente la presa su Seung
Hyun che finì nuovamente a terra; il braccio sinistro forse
era rotto.
“Ora
te ne andrai, lontano da tutti, e
soprattutto lontano da SeungRi. Se ti azzarderai a toccarlo, o
solamente
cercarlo un altro volta, ti trascinerò in tribunale con la
forza, se
necessario, e ne risponderai alla giustizia”
Il
ragazzo biondo lo continuava a fissare dall’alto.
Silenzio.
Vorrei
non
averti mai conosciuto.
Ji
Yong sembrò volersi voltare, e
andarsene, ma non appena Seung Hyun riuscì debolmente a
rialzarsi, si gettò
nuovamente contro di lui, spingendolo indietro; Seung Hyun, sentendo
mancare
sotto i piedi l’appoggio del marciapiede, cadde in mezzo alla
strada.
Fu
un lampo.
Ji
Yong non aveva visto la macchina arrivare,
ne l’autista si era minimamente accorto delle due figure al
lato della strada.
La
macchina, un vecchio modello anni ’90 dal
colore rosso vermiglio, non potè evitare Seung Hyun, che non
fece in tempo ad
alzarsi.
Un
rumore sordo raggiunse Daesung, Taeyang
e SeungRi, che ancora di trovavano a qualche metro dalla fermata
dall’autobus
numero 52.
Dei
fari abbaglianti, il grido rotto di Ji
Yong; ma nessun gatto ora, miagolava più.
Il
mondo si era fermato, il vento aveva
smesso di soffiare, e le persone di respirare.
Ma
il rivolo di sangue che sgorgava copioso
dalla nuca di Seung Hyun, quello no, non voleva seguire le regole del
mondo.
In
pochi minuti, una piccola folla si era
radunata intorno al corpo esanime di Seung Hyun, e la polizia aveva
portato via
il conducente della macchina.
Le
sirene dell’ambulanza risuonavano
lontane, e la giornalista della televisione locale cercava di
raggiungere
quelle quattro sagome inginocchiate intorno al corpo.
Daesung
si guardava intorno, ma non vedeva
nulla; le lacrime gli offuscavano la vista, i singhiozzi non gli
permettevano
di parlare.
Taeyang
aveva abbracciato SeungRi, comprendo
gli il volto, impedendogli di guardare.
Ji
Yong, incurante del liquido rossastro
che gli macchia i vestiti, aveva appoggiato la testa di Seung Hyun
sulle sue ginocchia.
L’espressione
di Seung Hyun era serena,
sotto la liquida maschera scarlatta.
Ji
Yong si chiese se fosse riuscito
finalmente a liberarsi dai fantasmi della sua anima.
Appoggiò
un orecchio, delicatamente, al suo
petto.
Ma
non sentì nessun battito.
Arrivò
l’ambulanza, ma Ji Yong non accennò
a volersi muovere.
Tutto
l’odio che provava per il compagno
ora si era trasformato in un rimorso che gli serrava le viscere.
In
un impeto di collera, non era riuscito a
trattenersi, e, ora, non gli restava che piangere.
Piangere
per l’unico vero amico che era
riuscito a conquistare nella sua vita, e che, per sfortuna o per
destino, si
era trasformato in un nemico.
L’amore,
sincero per uno, travolgente per l’altro,
li aveva portati in una galleria profonda e tetra, di cui non avevano
scorto la
fine.
L’orrore
è reale, la vita umana un sentiero
ombroso di cui non si conoscono i pericoli, e raramente gli dei aiutano
chi vi
si perde.
Urlò
Ji Yong, urlò tutto il suo dolore contro
il cielo notturno, ma le nuvole fitte gli impedirono di raggiungerlo.
E,intanto,
ricominciava a piovere.
-Angolo
Me-
Il
finale di questa storia mi procurerà gli
incubi per un mese, ne sono certa.
*Questa
frase è tratta da Come vi piace
di William Shakespeare.
Spero
che non siate rimasti delusi, Arigatou!
Scusate,
ma ora devo scappare a scuola
guida çAç
Non
imparerò mai a guidare.
*FACEPALM
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