Quel matto sono io

di Anima Evans
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alicia - Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Cosa essere tu? - Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** La vuoi una tazza di the? - Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Il mondo la sopra - Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** il mio mondo è come il tuo? Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Toran - Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Gesso da sarto - Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Il ricordo della rosa bruciata - Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Se avessi un cappello più grande ti terrei da quel mondo distante, tra fiori e conigli. - ultimo capitolo ***



Capitolo 1
*** Alicia - Capitolo 1 ***


Londra, 20 Maggio 1925

Quella mattina la piccola Alicia era andata a trovare la nonna con sua mamma Beth. Alicia aveva i capelli castano chiaro e gli occhi verdi, la carnagione pallida e le guance rosee erano puntellate da lentiggini appena visibili. Sembrava una bambola per come era graziosa e ad ogni persona che le rivolgeva parola gli rispondeva con educazione e un grande sorriso. Quella bella mattinata primaverile, la piccina aveva messo nel cestinello di vimini dei panini al latte, marmellata e biscotti piu un bel libro da leggere alla nonna. Dopo di che indossò un vestitino azzurro puntellato di piccoli fiori bianchi che apparteneva proprio lei e che metteva sempre quando la andava a trovare. Erano quasi arrivate e la carrozza si fermò davanti ad un edificio in muratura, con dei mattoncini bianchi e il tetto di un grigio fumo che quasi cozzava con il giardino rigoglioso e il sentiero ciottolato dove ora Alicia camminava. Il suo sguardo era rivolto alle scarpe di vernice nera lucida che riflettevano il sole per poi sentire una voce femminile, gracchiante

«Hey piccola…»

Disse la donna e la bimba alzò i suo occhioni verdi per poi dire allegra

«Nonna Alice!»

E correndo la abbracciò forte. La donna era un anziana vecchina che aveva i capelli di un grigio pallido quasi bianco e gli occhi azzurro ghiaccio che avevano un po’ perso l’antico splendore, era ricurva su di lei e sedeva su una sediola a dondolo di vimini con un cuscino morbido che profumava di lavanda, colorato di lilla. La signora non ricordava chi fosse lei, ne chi fosse la bambina e cosi la guardò negli occhi

«Piccolina…ma chi sei tu?»

Le chiese e lei diligente rispose

«Mi chiamo Alicia Liddell e ho 6 anni. Mia mamma si chiama Beth e mio padre John e tu sei Alice Kingsley, la mia nonnina che mi racconta la storia del paese delle meraviglie.»

E la donna, come se si fosse risvegliata da un sonno abbracciò la piccola e disse

«Bambina mia…che bello vederti»

Disse dandole un abbraccio caloroso per poi carezzarle il tenero visino, mentre la mamma di Alicia le guardava e qualche volta leggeva un libro. Alicia andò da lei e dal cestino prese
un biscotto che morse sbriciolandosi la faccia

«Nonna nonna….mi racconti la storia di quel paese? »

Chiese la bimba allegra e la nonna dopo aver bevuto un sorso di thè alla rosa disse

«Va bene piccola…Allora…Avevo circa la tua età quando per la prima volta andai in quel bellissimo paese. Era un giardino enorme, sia per larghezza che per lunghezza, c’erano fiori e piante di ogni tipo e di piu strane al mondo. Anche gli animali erano assurdi…c’era un coniglio in panciotto che mi tirò per mano dicendomi che era tardi, c’era il Brucaliffo che era un bruco gigantesco che fumava e parlava senza senso…e poi una regina di cuori che tagliava teste e poi…»

E la bimba impaziente come tutti i suoi coetanei disse

«E poi c’era il cappellaio! Com’era?»

Chiese e la nonna iniziò a raccontare come se stesse parlando di un amore di gioventù

«Era…matto…. Assolutamente andato. Aveva un cilindro bucato e malconcio, una giacchina color cioccolato e dei pantaloni borgogna a righine, sotto la giacca aveva un gilet nero a rombi asimmetrici bianchi e un grande fiocco a pois scuro con pallini giallini e fucsia sfumati di bianco. Le maniche erano merlettate e le mani avevano dei guantini senza dita in stile tartan marroni, ai piedi portava scarpe marroni senza lacci e le calze a righe multicolori che sbucavano festosi dai pantaloni troppo corti.»

L’anziana sospirò e disse poi

«Aveva i capelli color pel di carota, ricci e dritti e le sopracciglia dello stesso colore, molto folte. Gli occhi erano verdi prato e intorno c’erano degli aloni: azzurro per il destro e fucsia per il sinistro, la sua carnagione aveva un colore bianchissimo, come la neve a Dicembre...»

L’anziana vecchina sorrise al ricordo di quel uomo strampalato

«Era una brava persona, con l’animo nobile e devoto nonostante avesse qualche raro scatto di ira. »

Disse poi nostalgica quando poi la mamma richiamò la bambina, era ora di tornare a casa

«Nonnina io devo andare…ci vediamo la prossima settimana!»

Disse allegra baciandogli la guancia rugosa

«Ciao piccola Alicia…»

Disse la vecchina, chi avrebbe piu pensato che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe visto sua nonna viva.

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Capitolo 2
*** Cosa essere tu? - Capitolo 2 ***


Londra, 25 luglio 1935

 

Era un afosa giornata di luglio ed eravamo ospiti a casa della zia Lizzy. Mi piaceva andarci perché c’era un enorme giardino. Quella mattina mi alzai e scelsi dall’armadio un vestito completamente azzurro con piccoli sbuffi alla fine della gonna che arrivava fino al ginocchio, le maniche erano a palloncino e le scarpe di vernice nera. Poi mi misi un fermaglio a forma di fiocco nero tra i capelli, era della nonna. Ogni volta che lo indossavo dicevano che gli somigliavo e io lo mettevo quando ero triste, perché cosi mi rivenivano in mente i bei momenti passati con lei e il suo paese delle meraviglie. Sorrisi guardandomi allo specchio e poi montai nella carrozza in direzione della casa di zia che non era molto distante dalla nostra, giusto mezz’ora di carrozza. Quando arrivammo la zia mi abbracciò

«Alicia, come sei bella…»

E poi salutò la mamma. La zia aveva i capelli rossi e la pelle pallidissima, gli occhi erano neri come la pece con qualche screziatura verde e ogni volta ne rimanevo incantata. Quando entrammo in casa ci accolsero i suoi 2 figli: John e Jim, fratelli gemelli identici. Avranno avuto 8 massimo 9 anni e avevano i capelli rossi, il viso puntellato di lentiggini e gli occhi vispi di un azzurro intenso. Era incredibile di quanto fossero identici, comunque ci salutarono velocemente e corsero fuori in giardino a giocare a palla. Infine ci accomodammo sotto un gazebo in ferro battuto a bere del thè in un servizio finemente lavorato come la tovaglia in macramè.

«Allora Alicia…hai trovato un giovanotto con cui maritarti?»

Io imbarazzata risposi

«Ma zia…»

E mia madre intervenne

«Ha visto poco o nulla ma io gli ho trovato un ottimo partito, si chiama Jack Ivory e gestisce una miniera di carbone...»

E le due sorrisero mentre a me a momenti andava il thè di traverso…mia madre mi avrebbe affibbiata ad uno che nemmeno conoscevo, o meglio aveva una fama tremenda…ma a causa dei suoi soldi era il più ambito e probabilmente mi ha vista in qualche evento a casa di parenti. Rabbrividii

*non se ne parla nemmeno, meglio sola che con quello….è cosi meschino!*

Pensai e cosi dissi

«Ehm…devo…prendere aria…»

E senza aspettare risposte andai nel giardino dietro la casa, c’era un grande albero sopra una collinetta e io corsi fino a li per poi prendere fiato sotto all’ombra dell’albero e guardare la corteccia di quest’ultimo. Era rugoso e crepato in alcuni punti dove le formiche facevano la corsa. Mi avvicinai e solo dopo notai una tana di coniglio, profondissima tanto da non vederne la fine. Mi sporsi ancora ma il terreno sotto di me franò catapultandomi in un tunnel stranissimo, c’era un pianoforte e spartiti, e poi dolci e fiori di mille colori, pareti a scacchi e carte che svolazzavano quando alla fine caddi su un pavimento a scacchi blu e bianchi

«Ma dove sono?»

Dissi poi guardando 3 porte grandi e 1 piccolissima. Subito provai ad aprirle ma niente da fare. Poi trovai un tavolino e una boccetta con un etichetta sul collo

“Bevimi”

Diceva e cosi titubante bevvi il liquido verde che subito mi fece rimpicciolire e diventare piccolissima e ovviamente rimasi in sottoveste anche essa azzurra, Cosi mi avvicinai alla porta piccolina ma non si apriva nemmeno quella…cosi guardai ancora il tavolino e c’era una piccola chiave. Sospirai quasi esasperata

«E ora come faccio??»

Dissi quando poi notai un pasticcino rosa e sopra c’era scritto

“Mangiami”

E io lo morsi, era morbido ma non molto dolce come a prima vista poteva sembrare. Un attimo dopo ero gigantesca, tanto che dovetti curvarmi perché non c’entravo in quella camera. Cosi presi la piccola chiave e bevvi ancora il liquido verde che mi fece rimpicciolire e finalmente potei aprire la porta e davanti a me c’era un giardino enorme, con molti fiori e animali strani. Feci almeno 10 passi quando un coniglio in panciotto, con il pelo candido e un orologio enorme da taschino mi venne incontro e disse

«Ma…sei tornata!»

E mi prese per mano dicendo

«Andiamo Alice sei in ritardo come al solito!»

Un momento….mi aveva chiamata Alice?! Che sta succedendo? Cosi dissi puntando i piedi

«No aspetta…io non…»

E lui continuò imperterrito

«Andiamo! Dobbiamo andare dal Brucaliffo, immagino già la sua faccia quando ti vedrà! E poi ci sono anche pinco panco e panco pinco che vogliono vederti!»

Lo seguì, ormai era inutile provare a dire o fare qualcosa per obiettare. Cosi mi trovai davanti una grande farfalla con splendide ali blu cobalto che fumava una pipa

«Cosa essere tu?»

Mi chiese e io dissi

«Mi chiamo Alicia Liddell…sono la nipote di Alice Kingsley»

E tutti borbottarono

«Perche ti spacci per lei?»

Mi disse la farfalla e io dissi

« Non mi spaccio per lei ma non mi avete lasciato il tempo di parlare»

E lui ancora

«Chi ti ha tappato la bocca? Il gatto?»

E poi una voce calda

«No…io non c’entro niente…»

Disse e apparve dopo un po di fumo un gatto che mi rivolse un grande sorriso. Aveva il pelo a striscie viola e azzurre e gli occhi turchesi

«Allora, Alicia Liddell, dov’è la vera Alice?»

Mi chiese e io non sapevo cosa rispondere…cosa avrei dovuto dire che era morta 10 anni fa? Che era stata chiusa in una casa di cura che tradotto sarebbe manicomio? accidenti ma perche doveva succedere a me…cosi mentì

«Lei…è partita.»

Dissi poi e tutti sospirarono e il gatto mi disse

«C’è una persona che vuole vederti….vieni cara…»

E mi offri la sua coda come appoggio, chissà dove stavamo andando…
 

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Capitolo 3
*** La vuoi una tazza di the? - Capitolo 3 ***


La mia curiosità fu accontentata subito dopo quando dopo 10 minuti se non di meno di cammino, arrivammo in una radura con l’erba curata e qualche margherita sparsa in giro, davanti a me c’era un tavolino e un sacco di cianfrusaglie per prendere il the, almeno 3 servizi diversi. Guardai a sinistra e vidi un ghiro bianco che stava seduto su di una tazza e dopo di lui un coniglio sdentato con il pelo marrone e ispido, che aveva un occhiello incrinato sul muso.

*ma che strane creature…*

Pensai, poi mi voltai a destra e vidi due fratelli gemelli, bassi e tarchiati, con gli occhi piccoli tanto da non vederne il colore e senza capelli. Indossavano dei calzoncini azzurri e una maglia a righe bianche e rosse, sembravano marinaretti.

*non sembrano cattivi…*

Pensai ma poi di fronte a me lo vidi, era lui il cappellaio matto. Era come aveva descritto mia nonna, i capelli color pel di carota e gli occhi che ancora non avevo visto ma che immaginavo verdi con gli aloni di due colori diversi e la pelle di neve. Vidi il suo cappello aperto e con uno strano bigliettino attaccato al lato e stava con lo sguardo basso. Poi il gatto fatto di fumo sparì e gli andò vicino bisbigliandogli qualcosa e lui alzò lo sguardo e mi guardò, io arrossì. Si alzò e tutti lo seguirono con lo sguardo, me compresa. Mi venne vicino, mi prese le mani e le studiò, sentivo la stoffa dei suoi guanti e la sua pelle era calda, della neve aveva solo il colore, inoltre profumava di thè e di pasticcini. Poi mi guardò negli occhi e io mi persi quasi nei suoi, erano strani ma straordinariamente belli, poi mi toccò i capelli e la gonna ma lo scacciai e lui quasi trasalii riguardandomi negli occhi.

«Alicia…»

Mi disse e io dissi

«Salve cappellaio….»

E tutti iniziarono a palare festosi offrendomi la sedia, il the e i pasticcini. Si chiacchierava di tutto ma  i discorsi erano senza senso e altrettanto lo erano le risposte. Poi lo stesso cappellaio mi disse porgendomi la mano

«Mia cara…devo farti vedere una persona…»

E cosi accettai la sua mano e mi portò dentro un gazebo vetrato che era situato al di sotto della collina dove eravamo noi. Appena arrivammo notai le decorazioni rampicanti in ferro battuto bianco che quasi schermavano le vetrate, lui apri la piccola serratura con un anello ed entrammo facendo cinque passi e vidi una donna, non aveva più di 40 anni,  aveva lunghi capelli bianchi ed un vestito altrettanto bianco ed era chiusa in una teca di vetro.

*sembra una bambola…*

Pensai mentre carezzavo il vetro lucido ed immacolato.

«Chi era?»

Chiesi curiosa e lui rispose

«Era Mirana, la regina bianca…è morta…10 anni fa…»

Guardai incantata la teca, non sembrava davvero che quel corpo avesse smesso di vivere 10 anni fa. Avrei potuto chiedere tutto, come fosse morta ed altri dettagli ma non lo feci, non sentivo nemmeno il bisogno di farlo, lo trovavo ineducato.

« È  bellissima…>>

Dissi guardandola quasi con nostalgia e il cappellaio prese parola

«Si….prima di morire mi ha lasciato il regno, tutta Wonderland…è….mia. Ma accidenti come posso governarla da solo? Io sono un semplice cappellaio…»

Disse poi e io intervenni posandogli una mano sulla spalla

« Se la regina bianca ti ha donato il suo regno deve aver avuto ragioni più che valide…»

E gli sorrisi e anche lui lo fece

«Hai ragione…ma resta il fatto che sono solo…io…aspetto Alice…»

Mi disse il cappellaio matto e io dissi

«Alice non tornerà…più…»

Conclusi abbassando lo sguardo ma lui mi alzo il mento e mi guardò  dritto negli occhi

«Questo lo so benissimo…so che è morta.»

Mi confessò e io rimasi impietrita, poi senti la sua mano scorrermi sulla gola per poi posarsi al centro del petto

«Io aspetto che Alice venga da qui…chi ce l’ha la tirerà fuori…ne sono sicuro.>>

E mi sorrise per poi sentire le urla dei commensali che litigavano sulle zollette. Ora la tavolata c’erano tutti ma io non li conoscevo cosi il cappellaio li zittì e disse

«Lei è Alicia Liddell, sarei lieto se voi vi presentasse…»

E il coniglio con il panciotto disse avvicinandomisi

«Io sono il Bianconiglio…»

Poi venne il ghiro e disse

«Io sono Mallymkun….piacere…»

Disse con un piccolo inchino, poi il coniglio con il pelo ispido disse

«Io sono il leprotto Marzolino…buaahahahha»

Disse scoppiando in una risata isterica e in coppia vennero i due gemelli marinaretti

«Io sono Pinco panco»

Disse uno e l’altro

«Ed io Panco pinco…»

E poi insieme

«Molto piacere Alicia»

E gli sorrisi

«Ed infine…»

Aggiunse il cappellaio

«Io sono Taran, per tutti il cappellaio matto…piacere Alicia…»

E mi fece il baciamano e puntualmente arrossì.
 

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Capitolo 4
*** Il mondo la sopra - Capitolo 4 ***


Ero appena arrivata a Wonderland ed era notte inoltrata, il cappellaio mi aveva portato a castello, un imponente castello bianco come tutte le bambina si immaginano un castello e l’opulenza non finiva una volta all’interno. Dalla mia camera potevo vedere una fontana e il prato curato per non parlare del cielo a perdita d’occhio. Ma non riuscivo a dormire…insomma chi si sarebbe immaginato che questo pazzo mondo esisteva davvero? Cosi usci piano dalla mia stanza e andando a fortuna trovai l’uscita e mi misi sul bordo della fontana a guardare il cielo. Cosa volevano da me gli abitanti di Wonderland? Cosa si aspettavano da me? E il cappellaio…. Ogni volta che ci pensavo rivedevo i suoi occhi verdi stranissimi

«Alicia…»

Mi senti chiamare e quando mi girai vidi proprio lui, che mi chiamava e mi diceva

«Cosa ci fai qui?»

E si accomodò vicino a me e io gli risposi

«Non riuscivo a dormire…»

E lui disse

«Beh nemmeno io…»

E mi sorrise. Passarono più di 30 minuti e non ebbi il coraggio di parlare cosi lui disse

«Alicia…com’è il mondo li sopra?»

Quella domanda mi spiazzò, cosa dovevo dirgli? Crudele, bonario o semplicemente non lo so? Cosi dissi

«Il mondo è come chi lo guarda…per me il mondo è quasi vuoto, ha una maschera buona ma poi…>>

Dissi bloccandomi perché lui mi parlò sopra

«Quindi tu sei cosi?»

Giusto mi ero insultata cosi. Comunque dissi

«No…ma gli altri mi credono cosi…»

E la mia attenzione fu rapita da un fiore, piccolo e bianco, che si posò sul pelo dell’acqua.

«Mi ci porteresti?»

Mi chiese e io sgranai gli occhi

«Tu sai come farmi uscire da Wonderland?»

Dissi e lui annui lentamente cosi dissi

«Ok…ma ora sarà notte tarda e mia madre…oddio mia madre sarà preoccupatissima!!»

Dissi alzandomi e correndo in camera

«No Alice!»

Disse lui ovviamente sbagliando il mio nome e io mi bloccai sulle scale voltandomi, lui continuò

«Scusa…ma è l’abitudine…comunque il tempo si ferma quando qualcuno viene a Wonderland.»

Concluse e io continuai

«Quindi è…pomeriggio ora….»

E lui annui e cosi tornai indietro e dissi

«Ok…andiamo…»

Lui sorrise euforico e con delle forbici tagliò un lembo di prato che come stoffa si apri e vedemmo il giardino di mia zia. La vista non era nitida ma quasi ovattata come se fosse stata una pozza d’acqua e lui senza indugio mi prese la mano e si tuffò li dentro.
 
Buio.
 
Apri gli occhi e mi trovai abbracciata ad un ragazzo, aveva gli occhi chiusi e i capelli rosso fuoco, fluenti e legati in una coda bassa. La  sua bellezza avrebbe mozzato il fiato a chiunque e io arrossì per poi scuoterlo un poco

«Cappellaio…cappellaio…»

Dissi ma non ci fu risposta quando poi feci mente locale

*Aveva detto di chiamarsi Taran…*

E cosi lo chiamai per nome

«Taran…»

E lui apri piano gli occhi mostrandomi un verde intenso e mai visto fino ad ora.

«Alicia…»

Mi disse, poi si guardò e si tastò e poi ancora guardò il giardino curato intorno a lui e l’enorme albero che ci faceva ombra e disse

«Questo è il mondo lassù?»

E io annui poi sentì una voce ed era mia madre che diceva

«Alicia! Ma ti pare il modo di sparire cosi? E chi è questo giovane?»

Ovviamente il cappellaio si impaurì sgranò gli occhi davanti a mia madre ma io gli presi la mano e dissi

«Mamma lui è Taran…un mio caro amico…»

Mia madre lo guardo e lo rigirò quasi mentre il cappellaio si puliva il vestito alzandosi

«Piacere…signor Taran…»

E continuò aspettando il suo cognome e lui disse

«Hatter…mi chiamo Taran Hatter…»

E io sorrisi, “Hatter” vuol dire cappellaio, idea geniale. Ma mia madre non fini di guardarlo con lo sguardo cinico e indagatore e mi tirò per un braccio

«Alicia andiamo…torniamo a casa»

E io mi impuntai

«Ma mamma…»

E lei acida

«Niente “ma”…ti sei dimenticata che sei promessa da un ragazzo?»

E io impallidì quando Taran mi chiese

«Promessa? Ma che…»

Disse quasi scioccato, io abbassai lo sguardo…quasi quasi era meglio Wonderland, poi iniziò a scavare vicino alla tana di coniglio ma io lo fermai

«Taran…no…»

Poi venne anche mia zia

«Cos’è questo trambusto?»

E quando ci vide per poco non svenne e io dissi

«Zia…ti prego, ospita Taran qui…è spaesato gli serve un posto dove dormire, domani tornerà a casa…»

e mi voltai verso il ragazzo

«Promesso…»

E lui si fermò all’istante, si alzò e guardò mia zia che disse

«Va bene Alicia…ma non ospiterò solo lui…ma anche voi. Mi farete compagnia»

E sospirai, almeno per oggi avevamo un posto dove dormire. Mia mamma fu furiosa ma non mi importava. Guardai il cappellaio e fece il suo sorriso entusiasta dicendo

«La ringrazio molto.»

E zia ci fece strada verso la sua casa.

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Capitolo 5
*** il mio mondo è come il tuo? Capitolo 5 ***


La residenza di nostra zia era antica ma comunque ben tenuta, Intanto i gemelli corsero in giro a far impazzire qualche cameriera mentre la donna ci faceva vedere le camere dove avremmo alloggiato, quella del cappellaio era alla fine del corridoio e secondo me la più bella dato che si affacciava sul giardino, aveva le pareti color crema e un grande letto con le lenzuola che profumavano di sole, avevano un ricamo quasi roccocò rosso bordeaux e lo sfondo era color avorio, la testata era di legno scuro tutta intagliata e imponente. A seguire sulla destra c’era un armadio anche esso color avorio e con le estremità intagliate. Di fronte al letto poi c’era una toletta ovviamente vuota ma sicuramente dentro i cassetti c’era tutto il necessario. Mia zia era rinomata per essere un esteta e non lasciava nulla al caso, il suo motto? “semplice e funzionale ok ma se bello è meglio!”. Poi continuammo e notai che la mia camera e quella di mia madre erano quasi l’una di fronte all’altra. Poco male, sapevo che mia madre prendeva del sonnifero quindi non c’era alcun tipo di problema. Il cappellaio rimase nella sua camera mentre io aiutavo mia madre con i bagagli nella sua. Sembrava totalmente diversa da quella del cappellaio, aveva i muri scuri con una fantasia a fiori bianchi, il letto aveva una copertona pesante con un ricamo altrettanto pesante sui toni del bianco e viola. A destra c’era un imponente armadio marrone intagliato da cima a fondo e come sempre la solita toletta e vicino una finestrona che si affacciava sul vialetto d’ingresso. Mamma mi chiese di aiutarla con i bagagli e io ubbidì chiedendogli

«Madre, vorrei portare Taran a visitare la città…posso?»

Lei storse il naso ma poi disse

«Ok ma torna prima del tramonto»

Io sorrisi e corsi verso la camera del cappellaio aprendo cosi, senza bussare e vidi lui che si guardava allo specchio, era molto bello dovevo ammetterlo, ma sembrava triste cosi dissi

«Cappellaio…»

E lui

«Voglio tornare a Wonderland…non mi piace questo mondo»

E io mi avvicinai toccandogli la spalla

«Ma non hai visto nulla ancora…ti prego vieni con me ora e se non ti piace puoi andartene già stasera…»

Conclusi. Lui mi guardò con un espressione indefinibile ma poi sorrise rilassato e disse

«D’accordo, mi fido di te Alicia. »

Io sorrisi entusiasta e dissi

«Ok dammi un secondo per cambiarmi, ci vediamo al cancello tra mezz’ora>>

Stavo per uscire quando lui mi chiese

«Alicia, che differenza c’è tra un corvo e una scrivania? »

Io ci pensai ma non mi venne in mente niente, cosi scossi la testa e sorrisi ancora

«A dopo, Taran Hatter»

E mi avviai a passo spedito in camera mia, ah la mia camera era molto graziosa, aveva muri color panna con piccoli rametti verdi pastello e boccioli che creavano un grazioso reticolo, l’armadio sempre bianco panna ed intarsiato, vicino alla toletta bianca con rifiniture lillà. Il letto aveva una coperta color avorio ricamata con fiorellini color lillà e la testiera, a differenza delle altre stanze, era di ferro battuto bianco con rami e fiori sempre di ferro; tutta la stanza profumava di orchidea, il mio fiore preferito. Poi c’era la mia parte preferita, alle spalle del letto c’era una finestrona che dava sul giardino, vedevo la fontana e anche l’albero dove c’era il passaggio per Wonderland. Mia zia aveva fatto portare la mia valigetta in camera e cosi mi cambiai subito indossai un abito più comodo color verde mela e delle scarpe basse. Il cappellaio matto era li ad aspettarmi dritto e fiero che mi guardava.

«Dobbiamo prendere la carrozza, già l’ho detto a mia zia che l’ha detto allo stalliere, dovrebbe essere qui a minuti. »

Dissi mentre sentivo il cuore galopparmi, ma perché? Infondo era solo il cappellaio delle mie favole…ma a guardarlo non sembrava…dovevo calmarmi e fu provvidenziale l’arrivo della carrozza e senza fare nulla il cappellaio mi aprì lo sportellino

«Prego»

Io arrossendo dissi

«Grazie mille»

Poi una volta salita, anche lui salì e chiuse la porticina dietro di se. Il viaggio in carrozza fu presso o poco senza una parola. Guardavamo insieme il paesaggio  che da campestre diventava cittadino e le persone ci guardavano, nonostante la macchina fosse sul mercato da un po’ mia zia si ostinava ad andare in giro in carrozza, assurdo. Comunque la carrozza ci fermò nella via centrale di Londra dove in quel periodo si teneva un mercato pieno di persone e cose interessanti. Ovviamente il cappellaio mi aprì la porta e dopo aver detto allo stalliere di venirci a prendere al tramonto quello partì lasciandoci in mezzo alla strada

«Bene cappellaio, questo è anche il mondo reale…»

Dissi prendendolo sotto braccio e andammo in giro per il mercatino, gli feci toccare le stoffe più morbide ed assaggiammo il fish and chips più buono di Londra, beh almeno cosi diceva il venditore. Lui rimaneva incantato da tutto e tutti quando poi vedemmo un gruppo di bambini che giocava, ce n’era uno però che stava in un angolo a disegnare e lui si avvicinò
lasciando la presa, io inizialmente lo seguì ma poi lo osservai da lontano, nascosta dietro un angolo, potevo sentirlo a malapena

«È molto bello…»

Disse il cappellaio e il bambino le rispose

«Grazie, è mia sorella…»

Disse quello guardando una bambina che effettivamente gli somigliava. Entrambi avevano i capelli biondi, erano paffuti e con uno sdentato ma bellissimo sorriso, la differenza era negli occhi; quelli del bambino erano neri come la pece mentre quelli della bambina azzurri come lapislazzuli. Il cappellaio disse

«Senti, ti va di fare un disegno anche per me…posso darti qualche soldo….che dici? »

Io da dietro l’angolo sorrisi  quando poi rimasi di stucco dalla frase del bambino

«Ma signore…i sogni non si pagano, sono liberi e folli. »

Evidentemente anche Taran ci rimase di sasso perché scambiò 2 o 3 sguardi al bambino e al disegno. Poi disse

«Va bene…aspettami qui. »

Detto ciò il cappellaio venne proprio nella mia direzione e mi porse la mano

«Non sei molto brava a spiare…»

E io sorrisi, accidenti mi aveva scoperta! Comunque accettai la sua mano e ci avvicinammo insieme al bambino. Quella creatura piccola e graziosa mi fece una carezza sul volto e io sorrisi

«Come ti chiami? »

Gli chiesi e lui mi rispose

«Billy»

E io gli porsi la mano

«Io mi chiamo Alicia e lui è Taran…beh cosa ti ha chiesto? »

Dissi ma il bambino guardò il cappellaio negli occhi e sorrise

«Vuole che ti faccia un autoritratto con lui. »

Era incredibile, quel bambino aveva capito alla perfezione cosa voleva Taran senza che lui proferisse parola al riguardo. Io prima guardai il cappellaio e dissi

«Davvero? »

Lui non mi rispose ma si mise a sedere poco più in la , su dei gradini di pietra dove battevano dei tenui raggi di sole, sembrava un quadro di altri tempi.

«Alicia vieni? »

Mi chiamò e io mi avvicinai a lui e mi chiese

«Puoi sederti sulle mie ginocchia se vuoi…a terra è sporco…»

Ma io non potevo farlo, se ci avessero visto sarebbe stata la fine sia per lui che per me dato che per l’epoca in cui vivevo sarebbe stato equivalente all’andare in giro nuda. Quindi dissi

«Non importa. Mi siederò qui…»

Dissi sedendomi ad un gradino più in basso di lui e il bambino appena ci fermammo si mise subito al lavoro. Con la matita dava colpetti decisi e poi con la gomma pane cancellava leggero. Ci mise circa 10 minuti e poi diede il suo disegno a Taran che lo ringraziò

«Voglio vederlo! »

Dissi come una bambina ma lui disse scherzoso

«Non posso fartelo vedere…non sei pronta»

Non obbiettai, il cappellaio sembrava veramente geloso di quel disegno e non volevo turbarlo oltre. Ci alzammo lasciando i bambini a giocare quando poi sentimmo piangere, a quello stesso bambino un bulletto gli aveva calato i pantaloni umiliandolo e sua sorella piangeva con una bambola di pezza rotta nelle piccole manine, gli altri bambini ridevano. In quel momento Taran non ci vide più

«I bambini sanno essere crudeli a volte. »

Ammisi ma lui mi lasciò ancora e prese per la collottola quel bulletto che strillava nonostante non gli stesse facendo nulla, se lo girò portandoselo vicino al volto per poi alzare una mano in aria e io feci appena in tempo a bloccarlo

« NO CAPPELLAIO! »

Dissi a voce abbastanza alta  e lui in tono crudele disse

«Non doveva farlo, non lo meritava…ora pagherà»

Ma io mi imposi

«Cappellaio è solo un bambino! Lascialo stare…»

A quelle parole il cappellaio ebbe come una scossa e lasciò il bambino che cadde a terra, gli sistemò la magliettina e se ne andò a grandi passi, talmente tanto grandi che facevo fatica a seguirlo poi lo presi sotto braccio e dissi

«Cappellaio…»

E lui mi interruppe subito e glacialmente

«Alicia, ti prego. »

E anche stavolta stavo per accontentarlo ma no, non potevo…non era il mio carattere

«No ora me lo dici…»

Ma lui non mi ascoltava, anzi si guardava intorno fino a quando non vide un caffè e mi chiese

«Servono il thè li? »

E io risposi

«Certo…perché? »

Il dopo potrete immaginarlo, mi trascinò dentro il caffè che era semplice ma grazioso, aveva una sala da thè tutta con dei merletti e persino le sedie avevano dei merletti in ferro battuto. Subito una cameriera alta, con i capelli castani e gli occhi verde petrolio ci accompagnò al tavolo prendendo i nostri ordini, per lui un the allo zenzero mentre per me alla vaniglia. Comunque quella cameriera non mi era nuova ed inoltre sembrava un po’ strana, svampita direi…ma vabbè sarà stata solo un impressione.

«Allora? »

Dissi impaziente e lui aggiunse

«Lui aveva…l’intenzione di fargli del male…mi sono spaventato. »

Non potevo credere a quello che sentivo, si sarebbe avventato su un bambino un po’ monello perché ne aveva paura?

«Cappellaio era solo un bambino monello…»

Ma lui insistette.

«No non era solo quello…»

Non riuscì a capire che diamine stava dicendo quando poi la cameriera ritornò con i nostri thè ma disse anche

«Alicia, Cappellaio matto…»

Io rimasi stupita, come mi conosceva? Poi tutto mi fu più chiaro quando il cappellaio disse

«Ciao Stregatto…»

E quella sorrise, ma il suo sorriso si spense

«È tornato…»

Disse e il cappellaio ammise

«Lo immaginavo…maledizione…»

Lo stregatto continuò

«Non ha fatto danni, ma ne farà se non ti trova…devi ritornare a Wonderland il prima possibile…»

Non potei più trattenermi, dovevo chiedere spiegazioni anche se lo sguardo del cappellaio era una silenziosa supplica di non farlo. Ma che diavolo stava succedendo a Wonderland?

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Capitolo 6
*** Toran - Capitolo 6 ***


Appena furono fuori il cafè Alicia e Taran presero la carrozza e la ragazza chiese al cocchiere di fare il più in fretta possibile, ormai era l’imbrunire e non avevano bisogno anche della paternale della madre di Alicia .Il ritorno fu carico di tensione tanto che il cappellaio si grattava come se avesse i pidocchi e Alicia sentiva ogni sassolino che finiva sotto le dure ruote. Appena arrivati e dopo che il cocchiere fu andato nelle stalle la ragazza disse

«Ok, dobbiamo sembrare tranquilli e quindi ora ceniamo e stasera ci vediamo sotto l’albero da dove siamo sbucati. Sicuramente li ci sarà qualcosa riguardo Wonderland. »

Disse correndo e prendendo per mano il cappellaio e quando furono davanti la porta fu proprio lui a bussare alla porta della grande casa e ad aprire fu la domestica che salutarono con cortesia. Andarono a tavola in perfetto orario e salutando tutti. Una volta a cena gli argomenti furono di poco o scarso interesse se non che la signora Liddell iniziò a progettare il futuro della figlia compreso un figlio e lei ovviamente non era d’accordo ma non disse nulla ma si limitò a chiedere permesso e a ritirarsi nelle sue stanze. Si preparò nel migliore dei modi e solo a notte fonda un lieve bussare al cappellaio. Era il segnale. Scesero entrambi e tornarono nella tana di coniglio; Alice tremava e non resistette nel dare la mano al cappellaio che la strinse. In meno di 10 minuti furono di nuovo a Wonderland e lo scenario era incredibile. Invece dei ciottoli chiari e dei fiori ora c’era solo un mucchio di cenere, gli animali scappavano e subito il cappellaio corse verso il tavolo da thè e Alicia lo seguì e nella corsa incrociarono e panco pinco.

«Che diavolo succede? »

Chiese Alicia quasi disperata

«È  tornato, ha preso tutti…lo stregatto e il Bianconiglio, il ghiro e... pinco panco…»

Disse il ragazzino panciuto ora in lacrime e lei gli porse un fazzoletto e disse

«Andiamo, dobbiamo fare in fretta…»

Ma non ce la fecero. Davanti a loro tutto bruciava, il tavolo con le tazze, le sedie e anche il luogo dove la regina bianca riposava in eterno

« NOOO! »

Urlò il cappellaio che scavalcò il cancelletto e per poco non si buttò nelle fiamme. Alicia fece appena in tempo a prendere la manica della giacca e a far tornare in se il cappellaio parandoglisi davanti

«No no cappellaio, ti prego….non c’è più…..non c’è più….non puoi morire gliel’hai promesso. »

A quel punto lui crollò nelle sue braccia ed insieme piansero, lui di rabbia per la cosa più preziosa andata distrutta e lei di frustrazione, vedere il cappellaio cosi addolorato le faceva stringere il cuore e la cosa più straziante erano i suoi occhi verdissimi ora colare lacrime amare e la sua faccia di solito simpatica e sorridente essere una smorfia di dolore che va oltre qualsiasi descrizione. L’incendio intanto divorava quella stanza meravigliosa lasciando al suo posto uno scheletro sinistro e una voce dietro di loro disse

«Non lo sai che i cadaveri portano peste, vaiolo, tubercolosi e alcuni tipi di influenza? per questo nel medioevo li bruciavano»

Quando si girarono Alicia non poteva credere a quello che vedeva, in pratica era un secondo cappellaio ma questo a differenza del primo aveva un aspetto più ordinato e composto, gli occhi azzurrissimi e i capelli neri.

«Cappellaio? »

Chiese lei e lui disse

«Alicia…lui è…»

E quello prese parola

« My lady, molto piacere io mi chiamo Toran e sono il gemello di Taran, il cappellaio matto….»

E poi fece un inchino ed un ghigno sinistro, ovviamente Alicia anche se spaventata chiese

« Dove sono gli altri? »

Il ragazzo disse quasi smemorato

«Gli altri? Ah si, la banda di nani e ballerine che vi portavate dietro…sono con me, al sicuro. »

E subito il cappellaio controbatté

« Se sono con te non sono al sicuro. »

E lui lo fulminò con lo sguardo, metteva paura solo con lo sguardo e disse

«Farò finta che non ho sentito, fratello. »

Poi arrivò una carrozza rossa a forma di cuore e lui disse

«Permettete che mi presenti la mia signora, la regina di cuori…Elizabeth. »

E la carrozza si aprì e per poco Alicia non scoppiò a ridere. Uscì fuori una nanetta alta si e no un metro e venti con un testone. Riccioli rossi e trucco pesante, occhi piccoli e rossetto
messo appositamente per far somigliare le labbra un cuore e Toran le baciò la mano prendendola in braccio e lei disse

«Allora è vero…sei venuta….Alice. »

E la ragazza la corresse

«Alicia. »

E lei rise superiore

«E che differenza fa sciocchina…verrai distrutta comunque che ti chiami alice o Alicia. »

Poi Toran prese la parola

«Mia cara, non agitarti. Vuoi scusarmi ma non resistevo…ho un regalo per te…»

E Taran come se gli avessero dato la corrente cercò di correre verso Toran ma lui con una specie di scettro a forma di cuore lo scagliò lontano. Alicia ebbe appena il tempo di girarsi e vedere il cappellaio affondare nell’unico roseto rimasto che poi sentì un urlo. Toran aveva affondato uno spadino nel petto della regina rossa e per poco non svenne

«Oh mio dio…»

E lui intanto diceva

«Mia cara, non c’era più posto per te. Ora il sangue ostruirà il tuo apparato respiratorio e morrai lentamente. Mi dispiace ma ho mancato il cuore di qualche centimetro. »

Lei aveva uno sguardo incredulo e intanto lui la adagiò a terra e facendosi leva, poggiò un piede sulla sua gamba ed estrasse lo spadino. Il cocchiere della carrozza scappò via e lui poté prendere un cavallo ed intanto mi avvicinai ad Elizabeth. Ma lui venne vicino ad Alicia e le offrì la mano non insanguinata e disse

«Alicia…unisciti a me. Insieme saremmo invincibili e porteremo ordine e logica a Wonderland. »

Intanto Alicia si alzò e guardò Toran e la sua mano. Come si poteva portare ordine li? Wonderland era il caos e l’assurdo e tutto sarebbe sparito senza la sana follia che la ricopriva. Schiaffeggiò la mano del tiranno e disse

«Mai, meglio morire»

Lui ritirò la mano lentamente facendo da prima un’espressione incredula, poi adirata e poi altezzosa e seria e disse

«E sia allora. Quando ci rivedremmo ti ucciderò my lady, è una promessa. »

E facendo impennare il cavallo sparì verso il castello della regina rossa mentre lei giaceva a terra. Alicia la guardò e si accorse che man mano che il sangue si seccava diventava petalo di rosa. Le strinse le mani e disse

«Regina di…»

E lei ribatté

«Oh ti prego chiamami Elizabeth, l’unica degna di questo nome è morta tanto tempo fa…»

Concluse tossendo mentre mi disse

«Alicia….non lasciare che prenda il regno di mia sorella…il regno di Taran… »

Una lacrima rigò il suo viso e Alicia la scacciò

«Ho cercato amore fino al mio ultimo istante, ma chi odia tutto e tutti dal profondo non può essere amato… Alicia…perdonami. »

E poi si spense, Alicia le chiuse gli occhi e disse

«Perdonata. »

e in suo corpo si smembrò in petali secchi che ora ricoprivano le ginocchia della ragazza. Fece un sospiro profondo, era tutto cosi irreale e tutto metteva cosi paura da farle venire voglia di urlare. Poi un colpo di tosse e si ricordò di Taran e subito lo soccorse correndo da lui e aiutandolo ad alzarsi

«Quel maledetto, Alicia scappa, non puoi affrontarlo…ti ucciderà e credimi lo farà. »

Ma la ragazza non sentì ragioni e disse

«Non è il momento Taran…dobbiamo andare al sicuro e pensare a qualcosa e anche abbastanza in fretta, e poi devo curarti. »

Detto questo si mise il braccio del cappellaio intorno al collo sorreggendolo, ovviamente lui gemeva di dolore e disse

«Svolta tra 2 funghi macchiati e ci sarà un sasso, giraci sopra e apparirà la mia casa. »

E piano piano arrivarono, svoltarono i due funghi e quando arrivarono c’era una pietra bianca e piatta in mezzo a terra ormai in fumo e lei chiese guardandolo negli occhi

«È  questa? »

E lui annuì e lei chiese ancora

«Ce la fai a reggerti in piedi? »

Lui annuì e lei lo lasciò ancora un po’ titubante e si mise sulla roccia, prese la rincorsa e fece una giravolta. Quella si sbriciolò e dai cocci usci un fumo verdognolo e solo dopo diventò
qualcosa di concreto, si materializzò la casa del cappellaio che era tondeggiante ma con il tetto a punta e un piccolo comignolo. Lui si avvicinò a lei, zoppicando

«Benvenuta nella mia dimora, Alicia. »

E la fece accomodare in casa sua. Appena entrata la ragazza ebbe l’impressione di trovarsi in una sartoria, c’erano manichini e stoffe, forbici e metro da sarto, poco più in la una porta, forse il bagno. Poi un piccolo cucinino e un letto e solo più in la di fronte alla finestra un tavolino con 2 sedie. Alicia adagiò il giovane sul letto e disse

«Mettiti li un secondo, vado a cercare il disinfettante e poi voglio spiegazioni…»

Concluse quando iniziò ad annaspare e a rovistare in bagno ma trovò solo bende e niente disinfettante e lui disse

«Alicia, c’è un barattolo con dei fiori viola…quelli sono i fiori che fungono da disinfettante. »

Disse lui e la ragazza ubbidì poi poggiò tutto sul letto e disse

«Ora ehm…posso?»

E lui annuì e lei con mani tremanti iniziò a sbottonargli il giacchino, ora sporco di sangue. Chissà quanto ne avrebbero visto, sinceramente sperarono entrambi il meno possibile.

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Capitolo 7
*** Gesso da sarto - Capitolo 7 ***


Alicia appena datole il permesso le tremavano le mani, ok era una giovinetta ormai ma non aveva mai avuto “occasione” di spogliare un uomo. Lentamente tolse la giacca, godendosi la stoffa morbida ma ora sudicia di dio solo sa cosa. Poi passò al gilet che sbottonò quasi velocemente perché era fradicio, se possibile più della giacca e per ultimo ci fu la camicia che tremante sbottonò prima partendo dal collo, sotto il pomo d’Adamo per poi scendere con mani tremanti giù verso il centro del petto e giù ancora fino all’ombelico e pochi centimetri più in la, quasi osceni, che aprirono la camicia. Alicia ripercorse con calma le braccia e diede per un attimo uno sguardo all’uomo che non la guardava forse per non metterla in imbarazzo o forse perché dilaniato nella mente e nell’animo…non si saprà mai. Una lieve spinta e il tessuto che sembrava pregiato scivolò via lasciando il petto nudo del cappellaio agli occhi della ragazzina. Era liscio e definito e pallido come la luna, l’istinto era quello di toccarlo ma lei non si sarebbe permessa mai tanto lusso.

« Ok…ehm intanto ti medico qui ok? »

E lui subito disse

«Alicia…non preoccuparti io non, ah…»

Alicia cercò un’eventuale taglio e lo trovò dietro la schiena del cappellaio che la traversava tutta più altri piccoli taglietti sul petto, sul collo e sul braccio destro mentre l’altro aveva un grosso livido, probabilmente era atterrato su quel braccio procurandosi un bel livido che variava dal porpora al borgogna. Per il livido c’era poco da fare , doveva guarire da solo mentre per i tagli notò che i fiori avevano rilasciato un liquido che risultava viscoso e di un colore leggermente violaceo-azzurro. Cosi si avvolse la punta di un dito con una garza e la immerse a malapena nel liquido, passandolo delicatamente sulle ferite alcune superficiali scomparirono mentre altre fecero la classica schiumetta infetta simbolo che si stava disinfettando.

«Mirana…»

Disse il cappellaio, Alicia rimase in silenzio

«Io non sono in grado di prendermi cura del tuo regno…non posso farlo….io sono un semplice cappellaio. »

Era come in trance, non sembrava sentire dolore ma le parole, alcune con senso e altre meno, gli sgorgavano fuori dalla bocca come un fiume. Alicia allora fece l’unica cosa che poteva, senza toccargli la schiena si poggiò come per abbracciarlo ma invece prese un fiore intero e spezzando i petali li mise sul lungo taglio

«Taran, non è vero che non ne sei degno….lei ti ha scelto perché si fida di te e ne sei in grado. Sei solo un cappellaio ma proprio per questo sei speciale. »

Prese le bende e iniziò a girare intorno al corpo del cappellaio quasi fosse un corsetto

«Vedrai si sistemerà tutto ne sono sicura…»

Poi si scansò e medicò anche il collo e mise qualche cerotto

«E poi ci sono io…»

Concluse quando lui le fermò le mani; la guardò negli occhi per un breve istante e pericolosamente si avvicinò alle labbra di Alicia. Lei aveva il cuore che le usciva dal petto, almeno cosi credeva e le labbra tremarono quando ci fu una cosa che la fece scuotere, il cappellaio mentre le prendeva il viso tra le mani sussurrò

«Mirana…»

E allora Alicia trovò il coraggio di spostare delicatamente il cappellaio ed alzarsi, sospirando impercettibilmente. Lui dal canto suo non disse niente e proprio come se avessero staccato la spina a quel fantoccio ora fasciato cadde in un sonno profondo senza nemmeno avere opportunità di lavarsi. Fortunatamente Alicia era ancora sveglia e cosi si rifiutò di pensare e iniziò a pulire gli abiti del cappellaio, il sangue era difficile da togliere ma piano piano ci riuscì e mise tutto vicino alla stufa ad asciugare. Poi mentre anche lei si preparava per la notte e mangiucchiava del pane che era in quella strampalata cucina pensava all’accaduto

*E cosi avevi un debole per lei, non sei riuscito a dirglielo scommetto e ora hai il rimpianto. Magari lei la promessa non te l’ha mai fatta ma tu l’hai fatta a lei per rimediare al tuo rimpianto e magari , assicurare a Wonderland ancora il ricordo di lei. È una cosa molto bella ma anche molto triste…chissà quanto ha sofferto ma perché non riesco a dispiacermi anzi quasi mi da fastidio. Lui è un cappellaio e lei la regina…un amore impossibile. Lei muore e lui la mette in una teca e quando se la vede portare via…si sarebbe buttato nel fuoco accidenti! Ma allora io per chi combatto? Per cosa? Non potrebbe farlo lui…*

Poi si diede un buffetto sulla testa

*Che idiota sono! Io lo faccio per Wonderland, il Bianconiglio e tutti quelli che non ne hanno colpa e forse…lo faccio perché tu possa guarire dal tuo dolore…potrei essere io il fiore lillà che guarirà la tua ferita?*

Pensò Alicia mentre cadeva in un sonno profondo. La mattina seguente era abbastanza tumultuosa, fuori pioveva a dirotto e la ragazza fissò le goccioline che scorrevano sul vetro per alcuni secondi. Poi si girò dove il cappellaio aveva dormito ma non c’era, beh non era lontano anzi, era in piedi nel cucinino a preparare qualcosa di buono che Alicia ipotizzò potesse essere qualcosa con le fragole. Appena lui si accorse di lei la guardo dolcemente e le disse

«Ben svegliata piccina, dormito bene? »

Sembrava amorevole come sua mamma era quando era piccolina, ma ovviamente nell’aspetto non era nemmeno paragonabile ad essa. Comunque la ragazza rispose

«Si, ti ringrazio cappellaio. »

Poi si accorse di essere praticamente in vestaglia e si coprì pudica come solo un’ inesperta ragazza come lei poteva fare e lui disse

«Oh che sciocco, non ho per niente le buone maniere accidenti….e a tal proposito... »

Disse lui prendendo posto accanto a lei che si rannicchiò

«Volevo chiederti scusa per ieri, non ero in me e qualsiasi cosa avessi detto beh era follia…d’altronde sono un cappellaio matto no? »

E lei sorrise. Sinceramente parlando la Alicia di sempre non avrebbe perdonato il cappellaio nemmeno se si fosse seduto sui ceci ma lei non era più l’Alicia di sempre, era cambiata e davanti a quella supplica o richiesta se volete non resistette e disse

«Ma tu non hai detto nulla…hai solo parlato a vanvera…come un matto. »

Entrambi sapevano che era una bugia ma infondo volevano crederci. Era meglio per tutti e due, per le loro anime e i loro sentimenti. Il cappellaio le baciò la mano, in segno di un muto grazie e poi disse

«Vieni a mangiare, ci servono forze…oggi dobbiamo pensare a come fare per sconfiggere Toran. »

Concluse l’uomo dai capelli rossi tornando nel cucinino mentre Alicia prendeva posto nel tavolinetto attaccato alla finestra. Tutto aveva un aspetto invitante e normale se non fosse per i
colori sgargianti. Caffè azzurro con pane rosa e burro rosso e marmellata di more gialle. LA ragazza da prima dubbiosa mangio piano gustandosi quella colazione semi normale

«Taran…tu sei suo fratello no? Conoscerai il suo punto debole. »

L’uomo ci pensò su portandosi una mano al mento,  guardando il soffitto e disse

«Beh lui è il mio contrario, molto ordinato e preciso non amava giocare con i bambini. Per lui erano tutti matti e anche quando eravamo alle elementari, per disegnare e colorare non usava quasi mai i colori ma solo la matita. »

Sospirò poi quasi sconfitto

«Ma è passato tanto tempo…non saprei veramente cosa può dargli fastidio ma forse…»

Poi si alzò di scatto e andò nel suo studio dove cuciva cappelli e tirò fuori tanti mozziconi di gesso per sarti e disse

«Io ricordo che lui aveva una tremenda allergia al gesso da sarto, mia madre non poté confezionargli alcun vestito dato questo disagio…se noi potessimo polverizzarlo e sporcare i prigionieri lui sarebbe costretto a lasciarli andare. »

Alicia sorrise soddisfatta ma la curiosità parlo per lei chiedendo

«Quali sono gli effetti dell’allergia? »

E il cappellaio rispose come se il ricordo fosse vivido in lui

«Beh…io ricordo che gli venivano molte bolle simili a vesciche e spessovseguite da asma e tosse, sinceramente non escludo che possa soffocare se troppo esposto. »

Concluse sempre cercando abbastanza gesso nei cassetti e sotto i vari ritagli di stoffa

*Ma non esageri cosi?*

Questa domanda Alicia la pensò soltanto perché il cappellaio avrebbe fatto qualsiasi cosa per vendicare Mirana e difendere il suo regno quindi era superficiale tale domanda, a lui non importava chi fosse perché avevano ucciso per la seconda volta Mirana e forse anche un po’ lui. Il cappellaio alla fine riuscì ad accumulare abbastanza gessetti da riempire una bella scatola di grandezza media e ampia poi disse

«Forse ho esagerato…»

Poi Alicia sorrise e disse avvicinandosi a lui

«Un pochino, ma forse ne approfitterai per mettere un po’ in ordine»

Lui la guardò con lo sguardo più sincero del mondo

«Ma qui è già tutto in ordine»

Beh si lo era, per un cappellaio matto dato che in quello studiolo c’era veramente il caos totale. Lei sorrise di nuovo, stavolta divertita e disse

«Certo, beh avanti iniziamo a tritare 10 gessetti ciascuno…»

Poi una voce profonda e amichevole disse

«Se volete vi do una mano…»

E lo stregatto si fece subito vivo standosene appollaiato su un manichino. Alicia era sempre contenta di vederlo perché non si sa come ma le metteva tanta allegria. Cosi commentò

«Oh stregatto! Grazie di cuore»

E sorrise dando 10 gessetti anche al gatto che dopo essersi stiracchiato, atterrò con le zampe sul tavolo dove erano lei e Taran e disse guardandosi le zampe e tirando fuori delle unghie molto lunghe

«Avevo giusto bisogno di una manicure…»

E tutti e tre iniziarono a triturare il più finemente possibili i gessetti, c’era polvere ovunque sul tavolo per non parlare dei vestiti e del pavimento ma nessun granello andava sprecato e infatti il cappellaio raccolse la polvere in un ampolla lunga e stretta. Nel giro di 3 ore avevano grattugiato una quantità sufficiente a riempire tutta l’ampolla e tutti e 3 sorrisero soddisfatti e ovviamente fecero un bagno a turno cosi mentre uno si lavava, chi già aveva fatto poteva preparare altre ampolle più piccole e provviste per il viaggio come qualcosa da mangiare e bere e se necessario anche armi. Il discorso valeva per Alicia e Taran perché lo stregatto era molto più uno stratega che un combattente quindi ne rimase fuori. Verso il tardo pomeriggio tutto fu pronto e Alicia e il cappellaio uscirono di casa, lui la prese per mano e disse guardandola negli occhi verdi

«Pronta? »

E lei rispose di rimando, sicura e sorridendo

«Pronta. »

E corsero a perdifiato verso il castello della Regina Rossa dove Toran aveva preso dominio completo. Non erano minimamente pronti ma dovevano farlo per Mirana, per Wonderland e per loro due.

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Capitolo 8
*** Il ricordo della rosa bruciata - Capitolo 8 ***


Considerando il tempo e il cappellaio ferito quando arrivarono al castello era tardo pomeriggio, si fermarono davanti al fossato dove la regina di cuori aveva fatto tagliare le ultime teste dei mal capitati. Quando guardarono in alto il castello era annerito dai numerosi incendi e ancora l’odore di bruciato pizzicava le narici, era fondamentalmente grigio e cupo che avrebbe fatto invidia al castello del conte Dracula, le bandiere che veleggiavano erano ormai rotte e rovinate e qualche pezzettino volava nel vento. Entrambi sospirarono alla vista di quello spettacolo spettrale e sinistro ma Taran prese parola e disse

«Alicia, tieni l’ampolla e trova tutti gli altri poi scappa via e corri più velocemente possibile»

Lei era interdetta e subito disse

«Non senza di te. »

Lui rassegnato disse

«Vedremo…ci rivediamo in questo punto. »

E detto ciò ci fu un attimo in cui si guardarono negli occhi, entrambi aspettando qualcosa dall’altro ma senza coraggio di fare il primo passo. La prima ad andarsene correndo fu Alicia, prima avrebbe fatto il suo dovere e prima avrebbe rivisto il cappellaio. Cosi senza minimamente sapere dove andare iniziò a correre lungo tutta la riva del fossato, le teste e i teschi galleggiavano morti con sguardi vuoti e pezzi mancanti, uno spettacolo orribile e si chiedeva come mai i cadaveri non puzzassero ma la risposta fu subito chiara dato che lungo la riva c’erano tutti gelsomini, o almeno ci somigliavano, che coprivano il tanfo. Arrivata quasi dietro il castello Alicia notò un enorme farfalla stesa a terra, era azzurra con ali violette.

«Cosa essere tu? »

Disse quella e lei la riconobbe

«Brucaliffo…»

E lui subito disse

«No sciocchina, tu non sei il Brucaliffo…cosa sei? »

E lei prima di rispondere vide un ala offesa e infatti si avvicinò e disse

«Brucaliffo…fatti curare»

Ma quella farfalla continuava e come se fosse isterica iniziò ad urlare

« NON MI TOCCARE! COSA ESSERE TU?! »

Poi una voce corale, pinco panco e panco pinco urlarono

« BRUCALIFFO è ALICIA! »

E lui come se si fosse svegliato scrollò le ali nonostante la piccola ferita e si avvicinò alla ragazzina squadrandola e poi con un sussurro disse

«Salvali…»

E poi sparì nella foresta con il cordone di apparenti gelsomini.

*accidenti e come ci arrivo li sopra!*

Pensò Alicia quando vicino a lei apparve lo stregatto e la ragazza fu quasi rincuorata nel vederlo, infondo lo stregatto se non aveva la soluzione dava sempre suggerimenti preziosi. Il felino striato le si poggiò placidamente sulle spalle come una calda sciarpa e le disse

«Bel problema vero? »

E Alicia annuì e lui disse

«Rifletti Alicia, anche se riuscissi a salire il muro di cinta come faresti a passare tra le sbarre? »

La ragazza non ci aveva pensato ma lo stregatto aveva ragione, a questo piccolo ma significante dettaglio non aveva pensato cosi disse

«Beh ma non posso abbandonarli li no? Devo pur far qualcosa…»

Lo stregatto scodinzolò placidamente e disse

«Beh….un modo ci sarebbe…»

E indicò la tasca del piccolo grembiule che aveva Alicia e lei mise la mano in tasca scoprendo con estrema sorpresa un pezzetto quasi di gomma e lesse a mente

*mangiami*

Sorrise, riconobbe all’istante il piccolo dolciume e guardò lo stregatto con aria interrogativa

«Piccolo regalo del Brucaliffo»

Rispose lui e lei sorrise con profonda gratitudine, lo mangiò tutto e immediatamente il corpo della ragazza si rimpicciolì diventando alta come un pollice. Da quell’altezza il fiume sembrava un mare e lo stregatto una gigantesca e bislacca pantera che con voce baritonale disse

«Piccina…molto piccina…beh credo che non graverai su di me no? »

E gli offrì la sua coda dove Alicia si arrampicò per poi risalire il corpo e la testa per tenersi saldamente alle orecchie dello stregatto che si alzò in volo come al solito. Alla ragazza mancava il fiato, per le vertigini e per l’inquietudine di quel da farsi cosi pericoloso. Il gatto si avvicinò alla finestrella sbarrata e i gemelli pinco panco e panco pinco la presero e lei gli strinse i due pollici come a salutarli, voleva ringraziare lo stregatto ma lui era già scomparso. Poi guardò la prigione e c’erano il Bianconiglio, il leprotto marzolino e il ghiro che dormiva e i due ragazzini uguali di pinco panco e panco pinco.

«Bene e ora come faccio a tornare normale? »

E il leprotto marzolino disse

«E a che servirebbe…non possiamo uscire comunque…»

E Alicia lo corresse

«No…io un modo ce l’ho ma devo tornare normale…e non c’è nemmeno una goccia di quella strana pozione che fa ingrandire le persone. »

Ammise sconfitta sedendosi sul palmo della mano di uno dei gemelli. Ma poi il ghiro che era stato dormiente o quasi disse

«Alicia…sei sempre stata una sciocchina…ma dato che mi devi far uscire di qui io ho ciò che ti serve…»

E cosi solo ora si accorsero tutti che al collo il ghiro portava una boccetta che se pur piccolina poteva far bere Alicia e farla tornare normale. Lei riconobbe subito il liquido dal colore e anche dalla targhetta con la scritta “bevimi” e lei a quel muto ordine sorrise e ovviamente panco pinco la avvicinò al ghiro che nel frattempo si era tolto la boccina dal collo aiutato dal leprotto marzolino.

«Grazie…»

Disse lei e lui disse

«Bevi e tiraci fuori di qui…mi manca il cappellaio. »

La ragazza non se lo fece dire 2 volte e bevve tutta la boccetta ritornando quasi subito nella sua naturale stazza. Appena toccò terra con i suoi piedi si tolse una forcina dai capelli e cercò di aprire la cella e fortunatamente ci riuscì. A stento trattenne la gioia ma doveva farlo, le guardie erano sempre alle sue calcagna e man mano che i prigionieri uscivano li spargeva di polvere e disse

«Tranquilli è solo gesso da sarto, Toran ne è allergico e per le carte sarete inafferrabili dato che scivolerete via ma preferirei evitare che voi ci finiste. »

E cosi dopo cunicoli stretti, tutti i sensi all’erta e con il cuore a mille Alicia riuscì ad andare alle stalle e prese due cavalli dove mise su entrambi i gemelli pinco panco e panco pinco e poi su uno il Bianconiglio e sull’altro il leprotto e il ghiro e disse ai due gemelli.

«Scappate nell’angolo più remoto di Wonderland e tornate solo domani al tramonto… mi raccomando…»

E dopo di che diede due sculaccioni ai cavalli che imbizzarriti uscirono fuori al castello in tutta velocità; quando si assicurò che i suoi amici risultassero due punti indefiniti lei si cosparse di gesso e poi scappò dentro il castello cercando il cappellaio ma non prima di prendere la lancia del soldato ormai steso senza sensi a terra. Mentre Alicia si era occupata della liberazione dei suoi amici il cappellaio raggiunse suo fratello nella sala del trono. Rimase sconcertato di come risultasse grigia e senza personalità, analitica e triste. Taran avanzò quando Toran prese parola

«Fratello, ma che piacere averti qui…ti piace il mio castello? »

Disse come se fosse veramente un piacere per lui vederlo ma ovviamente non riusciva a credere che il cappellaio gli era di fronte e non magari nel fossato con gli altri cadaveri. Comunque il cappellaio disse

«È nel tuo stile…ma non è il tuo castello…questo era il castello di Elizabeth e prima ancora di…»

Un groppo in gola lo fermò ma ci pensò suo fratello a dire il suo nome.

«Mirana…ah che incantevole creatura…peccato che sia stata come una splendida rosa…»

Mano a mano che parlava Toran si avvicinava a suo fratello quasi ipnotizzandolo con la sua voce e i suoi movimenti, sembrava di vedere un serpente che si pregusta la paura e le insicurezze del suo topolino.

«Proprio come una rosa era splendida, candida e profumata ma poi…appassì morendo…ah che peccato. Ma sai nonostante sia stata uccisa…»

Taran lo interruppe

«È stata uccisa? Chi ha fatto questo?! »

Ma lui continuò imperterrito ancora ormai sussurrando alle orecchie del cappellaio che inerme ascoltava.

«Dicevo, lei era ancora bella proprio come una rosa secca che seppur tale ha il suo fascino e tu l’hai conservata…dovevi vedere come era quando bruciava, i suoi capelli divennero neri come la notte e la pelle rossa….»

Per Taran questo fu troppo e mise una mano al collo del fratello

«Non osare parlare di Mirana in questa maniera in mia presenza»

Lo disse quasi ringhiando ma Toran era oltremodo astuto

«Perché fratello? Hai dei rimorsi? Sai benissimo che lei è morta per colpa tua…tu non eri qui quando l’hanno attaccata…no…tu cercavi alice…ma alice era morta ormai e quando sei tornato l’hai trovata sul letto di morte, giusto in tempo per lasciarti il regno vero? »

Il cappellaio tremava e si inginocchiò piangendo lacrime rabbiose e poi  Toran continuò dicendo

«C’è solo una cosa che non torna in questo splendido dramma…chi ha attaccato il castello? Elizabeth non di certo dato che era prigioniera nella prigione del mondo di faraway, mah….»

Poi come se avesse trovato la soluzione ad un elementare problema disse

«Ah si, ci sono….»

Prese il viso del cappellaio fra le mani e disse guardandolo negli occhi

«Sono stato io… ora ricordo, il suo urlo straziante come musica quando le trafissi il cuore…»

Taran emise un urlo disperato e fu sopra il fratello e strinse la gola

«Bastardo! »

E lui lo rimproverò

«Oh ma che brutta parola…»

E con il suo bastone stregato lo sbalzò via contro la parete ma il cappellaio si rialzò e continuò la battaglia con una spadina che aveva nello stivale. Diede a malapena due colpetti e una guardia interruppe la battaglia inchinandosi disse

«Mio signore, c’è un intruso che ha fatto scappare i prigionieri…»

E il cappellaio sorrise, Alicia ce l’aveva fatta. Toran con la sua calma gelida disse

«Portatela da me…viva se possibile. »

E la guardia sparì mentre i due continuavano ma Toran ebbe la meglio e legò suo fratello con dei rovi e lo portò sul piano più alto del castello. Alicia riuscì a scappare alle guardie e per esclusione alla fine arrivò al tetto trovando il cappellaio prigioniero e Toran la accolse con un inquietante e accomodante sorriso

«Benvenuta mia cara….sei pronta per morire? »

E lei disse spavalda anche se molto spaventata

«Non ne ho la minima intenzione.»

E intanto un fulmine squarciava il cielo, la battaglia stava per iniziare.

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Capitolo 9
*** Se avessi un cappello più grande ti terrei da quel mondo distante, tra fiori e conigli. - ultimo capitolo ***


Il cielo plumbeo faceva da cornice a quella tremenda battaglia, Toran con lo sfondo di Wonderland grigia e cupa, suo fratello in trappola in un groviglio di rovi che lui controllava. Alicia voleva urlare

«Mia cara…guarda com’è ridotto il mio fratellino…»

Si avvicinò e gli punzecchiò il costato e lui emise qualche gemito dolorante

«Quanta debolezza…mi irrita…»

E poi diede un ultimo colpo più forte al povero cappellaio che gemette e tossì per il dolore

«Lascialo! »

E lui si avvicinò pericolosamente a lei a tal punto che la ragazza si difese con la lancia ma lui invece disse con un sorrisetto beffardo

«Perché tanto astio Alicia? Vuoi liberarlo? Prego…»

E si scostò con un gesto plateale facendo una riverenza; ovviamente Alicia corse dal cappellaio e tentò di strappare i rovi rampicanti ma più ne toglieva più ne sbucavano e si stringevano intorno al corpo inerme del povero Taran. Pianse di disperazione e rabbia, lo guardò con gli occhi in fiamme.

«Toran, sei veramente meschino. »

E lui come se fosse veramente risentito disse

«Ma come? Ti ho dato anche l’opportunità di liberarlo, non puoi darmi la colpa se non ci riesci…»

E rise sonoramente mentre Alicia prendeva la rincorsa per infilzarlo ma con un gesto della mano lui provocò uno spostamento di energia magica che disarmò la ragazza e  la attirò a se, la schiena di lei contro il petto di lui che le prese anche il viso bloccandola, carezzandole i capelli. Purtroppo Toran era anche affascinante e il profumo pungente, virile oserei dire punzecchiava i sensi di Alicia

«Sai, sei molto bella anche da vicino…che dispiacere ucciderti. »

Poi ci fu un miagolio e un graffio sugli occhi di Toran fece capolino e mentre lui si contorceva allentò i rampicanti sul cappellaio e lasciò Alicia. Lo stregatto lo mise in salvo per il momento mentre la ragazza cercò di svegliarlo dandogli dei buffetti ma Toran furioso com’era tornò su di lei e lo stregatto le fece da scudo ferendosi.

«STREGATTO!»

Miagolò rabbioso e sparì in una nuvola di fumo e solo dopo ad Alicia venne in mente il gesso con cui si sporcò le mani battendole e creando una nuvola di gesso che causò a Toran una serie di starnuti ma non di più, sufficiente a farla scappare ma lui disse

«Sai che c’è? Io infondo voglio solo uccidere mio fratello quindi…»

Detto questo andò verso il cappellaio e lo prese per la collottola, Alicia realizzò appena in tempo per cercare di contrastare il giovane malvagio ma quello con la sola magia la sbatté al muro causandole una bella botta in testa, la giovane poteva sentire il sangue gocciarle dalla testa giù sulle tempie ma si impose di restare lucida e quello che vide fu straziante, Toran lanciò il cappellaio in aria e lo trafisse con una lancia di magia trapassandolo da parte a parte come se fosse un piattello colpito in pieno.

«NO! »

Urlò la ragazza mentre Toran si sistemava il cappello e si puliva le mani con un fazzoletto e schifiltoso aggiungeva

«Che essere inetto…»

La ragazza andò dal cappellaio, aveva sangue ovunque e sembrava una bambola rotta, l’istinto era di non toccarlo e cosi gli poggiò solo la testa sulle sue ginocchia e carezzò i capelli rosso carota pensando a quando erano bellissimi color rame, le sue palpebre erano chiuse non consentendole di vedere i suoi occhi color smeraldo e la sua pelle sembrava ancora più pallida. Le lacrime cadevano come pioggia sul viso di Alicia e inevitabilmente anche sul cappellaio che però non faceva una piega

«Perché, perché cappellaio…se io non fossi mai giunta qui forse si sarebbe potuto evitare tutto questo…»

Intanto Toran tornava alla carica avvicinandosi e caricando un ingente sfera magica grigia piena dell’odio e dell’astio per entrambi. Lei strinse a se il cappellaio poggiandogli una mano sul petto e senti qualcosa di vagamente rigido e cosi mise la piccola mano sotto la giacca e trovò una tasca interna, la apri e ne estrasse un foglio di carta sporco e rovinato fuori ma dentro sembrava ancora leggibile; quello che vide fu sconcertante. Era il disegno del bambino che era in città e che il cappellaio aveva conservato ed erano loro due, in abiti inusuali ma eleganti, che si guardavano come due innamorati e il cappellaio teneva la mano ad Alicia baciandola lievemente e sotto c’era una frase

«Tu sai chi son io e se avessi un cappello più grande ti terrei da quel mondo distante, tra fiori e conigli, non pesa alla gente il segreto di me. »

Solo allora Alicia capì, il segreto del cappellaio ricordando le sue parole, quello che disgustava il suo gemello era la sua follia ma non era solo disgusto, Toran aveva una paura inaudita di ciò che era inspiegabile proprio come la follia e non solo lui aveva sempre avuto paura del nuovo e del bello, dei colori e dei sentimenti perché erano tutte cose che non poteva controllare e dare una spiegazione logica. Cosi la ragazza ripiegò il disegno e lo rimise al suo posto e si alzò e a testa alta disse

«Toran…»

E lui furioso disse

«Addio Alicia! »

E solo allora lei disse

«Che differenza c’è tra un corvo e una scrivania? »

E lui impallidì dicendo un incredulo

«Cosa? Ma che domanda è? Non ha senso…»

E lei avanzava continuando

«Sapevi che esiste una pozione che ti fa diventare gigante e un pasticcino che ti fa rimpicciolire? »

Lui tremava e disse

«Ma che stai dicendo?! Non è possibile…»

E lei continuava ad avanzare mentre Toran retrocedeva sempre di più

«Sapevi che i fiori possono cantare? Le ostriche ballano e poi esistono i palmipedoni…»

Disse lei mentre lui ripeteva sempre

«Ma cosa dici? Vaneggi…sei pazza…pazza…»

E quando arrivò al bordo del castello lei disse

«Quel matto sono io, che vorrebbe un cappello più grande ed un paio di mani più attente che nasconda il bene perfino la gente è il segreto di quel che son io…»

E poi le lacrime rabbiose, tristi ma cosi coraggiose da non aver paura della paura stessa di Alicia che urlò

« CHE SE AVESSI UN CAPPELLO PIU GRANDE TI TERREI DA QUEL MONDO DISTANTE TRA FIORI E CONIGLI PERSINO LA GENTE SA IL SEGRETO DI QUEL CHE SON IO!»

Toran ormai era terrorizzato e pianse anche lui, non aveva più una parola da dire ma solo

«Ti prego…rinsavisci…»


E lei continuò ripetendo quella frase

«Tu sai chi son io e se avessi un cappello più grande ti terrei da quel mondo distante, tra fiori e conigli, non pesa alla gente il segreto di me»

Poi tirò fuori la boccetta con la polvere di gesso e la sparse su Toran che urlò come se la polvere fosse acido, sulla sua pelle chiazze di colore prendevano vita, uno splendido arcobaleno che lui non sopportava e non si spiegava e poi esausto Toran Hatter si abbandonò all’indietro e cadde nel fossato. Tutto ciò che rimase visibile fu la sua giacca scura che galleggiò per poco a causa di una pioggia improvvisa; successivamente Alicia buttò anche la boccetta da quell’altezza. Si girò verso il cappellaio che non aveva fatto una piega ma notò che stava scolorendo…stava morendo. La ragazza si piegò su di lui e si asciugò una gocciolina di pioggia dalla punta del naso e notò che era gialla, la successiva azzurra, e ma mano Wonderland prendeva colore, lei aveva salvato quel mondo ma poteva salvare anche lui? Cosi si piegò su di lui e esitante gli guardò il volto e infine si soffermò sulle labbra e una lacrima ci finì in mezzo colorandole a malapena e cosi la ragazza posò le sue labbra su quelle di Taran. Era freddo ma più rimaneva su di lui più prendeva colore e calore. Gli strinse la mano sinistra e la destra la poggiò sul suo volto e come per magia Taran prese colore, i suoi capelli tornarono color del rame e la pelle pallidamente rosea, persino i vestiti tornarono colorati di autunno. Un ulteriore prodigio fu che anche Alicia cambiò, il suo abito divenne turchese a pois bianchi e i suoi capelli neri assunsero riflessi rossastri mentre gli occhi verde foresta divennero scheggiati di oro, una creatura meravigliosa. Finalmente Taran riaprì gli occhi e guardò Alicia negli occhi stupito di vederla cosi stupenda mentre il rosso e il fucsia tingevano il cielo; non dissero nulla per buoni 10 minuti ma poi lui domandò

«Alicia, che differenza c’è tra un corvo e una scrivania? »

E lei rispose sincera

«Non ne ho la più pallida idea…»

E risero ancora e ancora tornando a casa per abbracciare poi pinco panco e panco pinco, il Bianconiglio, il leprotto e il ghiro e per curare lo stregatto e il Brucaliffo. Gli anni passarono e la primavera tornò di nuovo colorando Wonderland di nuovo, nel castello Alicia guardava i ciliegi in fiore, era vestita con un lungo abito con i colori di tale stagione, rosa pastello e verde prato mentre un delicato velo sul rosa cipria le copriva il viso. Una voce

«Alicia andiamo…»

Era lo stregatto che accompagnò la ragazza ai piedi di un enorme ciliegio fiorito dove sotto Taran era vestito di azzurro e verde da capo a piedi, solo il cappello era lo stesso di sempre. Lo stregatto uni le loro mani e Taran inginocchiandosi baciò la mano di Alicia per poi portarsela quando si alzò vicino al viso e alle labbra e disse

«Tu sai chi son io e se avessi un cappello più grande ti terrei da quel mondo distante, tra fiori e conigli, non pesa alla gente il segreto di me»

Lei sorrise e baciò la mano del cappellaio mentre lui le scostò gentilmente la veletta e la baciò sulle labbra, un bacio delicato e semplice di puro e vero amore che seppur folle era autentico e valeva più di ogni razionale certezza. Cosi Wonderland fu salva e Alicia visse con il suo folle cappellaio matto fino alla fine del tempo.

 

FINE

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