Una tra le mille rinascite.

di Dangerous_L
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di nuovo io. ***
Capitolo 2: *** E sul volto di lui nemmeno una lacrima. ***
Capitolo 3: *** Per dimenticare, per dimenticarmi di te. ***
Capitolo 4: *** Bei presentimenti. ***
Capitolo 5: *** Cristian. ***
Capitolo 6: *** Ti ricordi di me? ***
Capitolo 7: *** Se gli sguardi potessero uccidere.. o baciare. ***



Capitolo 1
*** Di nuovo io. ***


Ebbene si, non vi siete ancora liberati di me. Ma lasciatemi finire, sarà interessante.
Benvenuti in una noiosa sera di aprile che aprile non sembra. Piove, a dirotto, ad aprile. Ma che cazzo mi significa la pioggia ad aprile? Bha.
Benvenuti in una noiosa sera di Aprile che ben presto si trasformerà in una delle tante sere tormentate di aprile. Ma perché parlo di aprile? Sono fissata con ‘sto mese. Forse perché un anno fa ad aprile cominciò tutto. Uh, sto usando una figura retorica, la ‘ripetizione’. Sono fiera di me, nei miei testi ci trovi anche figure retoriche. Uh, sono ancora più fiera di me perché riesco a riconoscere le figure retoriche, sono forte.
Ma.. perché sto divagando?
Un anno fa, esattamente ad aprile, feci la cazzata mia più grande : innamorarmi.
Mai fare questo passo falso bella mia, almeno non con individui che sai al 70% potrebbero deluderti. Oddio, tutti possono deluderti, ma alcune persone in particolare lo sai che lo faranno sicuramente.. o per il 70% delle possibilità.
Si capisce ciò che scrivo? No, ve lo chiedo perché se lo rileggo penso che fa schifo e cancello tutto.
Dicevo? Ah si, aprile. E diamine, basta con ‘sto aprile. Tutto quello che voglio fare adesso è dimenticare tutto lo schifo che la mia vita ha fatto in quest’ultimo anno. E andare avanti. Ma avanti proprio nel senso letterale, che devo camminare un po’ se voglio arrivare in forma quest’estate. E guardami, sto ancora divagando. Vabbè, forse il mio subconscio non vuole che io racconti quello schifo che ha fatto la mia vita a partire da aprile dell’anno scorso, e quindi per suo volere non lo scriverò adesso. Forse qualche capitolo più in là. Ma prometto che lo scriverò, in maniera strappalacrime cosicché vorrete sicuramente passare avanti per non piangere, e così facendo vi perderete un intero pezzo della storia e quindi farete solo brutte recensioni, e di conseguenza la mia storia farà schifo.
Cazzo, scrivo da schifo. Mi rispondo da sola con le parole di una mia amica ‘’E’ tutto schifo per te.’’. Ed è vero. Diamine. Ma diamine è una parolaccia? Spero di no. Se ‘diamine’ è una parolaccia allora io che dico ‘merda’ dalla mattina alla sera cosa dico? Una parolacciona? Che poi non ho mai capito tutti ‘sti vezzeggiativi, diminuitivi, carinini, bruttoni etc.. 
OK BASTA.
Il fatto qui è che mi sono innamorata della persona sbagliata, e dopo un anno ho deciso definitivamente di lasciar perdere tutto, buttarmi il passato alle spalle e accettare con maturità il fatto che lui mi abbia solamente presa per il culo. Con maturità nel senso che non conserverò rancore o rimorsi, che penserò che l’adolescenza è questa e che da grande ricorderò tutto con un sorriso per quanto fossi ingenua a quest’età.Si, sto scherzando.
IO A QUELLA GRANDE MERDA GLIE LE FACCIO PAGARE TUTTE, QUANTO E’ VERO CHE MI CHIAMO LUCREZIA!

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Capitolo 2
*** E sul volto di lui nemmeno una lacrima. ***


Tremava davanti a quella scatola, tremava più di quel giorno in cui si erano baciati la prima volta. C’era attaccato sopra un foglio con scritto ‘’RICORDI. NON APRIRE.’’, quasi come a volersi salvare. Quando aveva chiuso quella roba lì dentro si era ben guardata dallo scriverci sopra che sarebbe stato pericoloso riaprire.
Voleva aprirla? Voleva davvero farsi del male, da sola, senza un motivo valido? Il panico si impossessò di lei.
Se avesse aperto quella scatola avrebbe ritrovato tutto : le cuffie che le aveva ‘prestato’ un mattino d’inverno, la canottiera che lei aveva rubato dal cassetto della sua stanza, le foto e i regali.
Continuava a chiedersi se fosse una buona idea, e mentre il suo cuore pulsava più forte e la mente elaborava pro e contro, le mani si mossero senza alcuna esitazione.
Il lucchetto si sfilò con un rumore secco, e una nuvoletta di polvere si alzò facendola starnutire.
‘’Ah, che diamine!’’
Alzò il coperchio ed ecco, sulla parte inferiore di questo, attaccata la loro foto più bella. Erano sulla spiaggia, al tramonto. Lei era aggrappata a lui con le braccia al collo e le gambe dietro la schiena, e lui, con le sue grandi braccia, la manteneva. Chissà se lui l’aveva ancora conservata, se la sua nuova fiamma glie l’aveva bruciata. Sperava di no. Sperava che ogni qualvolta lui la baciasse si ricordasse di lei, di come con un morso riusciva a fargli venire voglia di farci l’amore.
Cosa provò? Un respiro strozzato e una fitta allo stomaco.
Ed ecco i regali. Una collana d’oro bianco, che lui le aveva regalato per i loro quattro mesi. Un ciondolo a forma di cuore umano, sul retro una scritta : ‘Always love you.’
Si, col cazzo. Cosa provò? Respiro strozzato, fitta allo stomaco e un dolore agli occhi.
Canottiera. Aveva quasi paura di spiegarla e risentirne l’odore. Non l’aveva mai lavata per potersi ricordare del profumo della sua pelle, quel profumo che eterne volte l’aveva rassicurata, eccitata, amata. Quell’odore che apparteneva solo e soltanto a lui. Evidentemente quel giorno si sentiva masochista.
‘’Ho aperto la scatola, perché non anche la canotta?’’
E così, testarda, come ormai era diventata da quando si erano lasciati (anche un po’ rincoglionita), prese la canottiera e la portò al viso, inspirando quanto più lungamente potesse fare. Lui era lì con lei in quel momento, lei lo sentiva. Per un attimo le parve di sentire anche il suo respiro sul collo, ma si girò di scatto e non c’era nulla. Solo il muro.
Sarebbe riuscita a trattenersi? No che non l’avrebbe fatto.
A volte se butti tutto fuori poi per i seguenti  5 minuti stai bene, e lei non piangeva da tanto tempo.
Ricordava l’ultima volta in cui avevano parlato, era stato molto intenso.
‘’Potete lasciarci un attimo da soli? Devo dire una cosa ad Antonio.’’  Gli occhi e le orecchie cominciavano ad esser troppi, e proprio non si poteva scoppiare in una situazione così.
‘’Si, certo.’’ Soli.
‘’Questa storia è diventata una barzelletta.. E’ meglio così.’’ Si alzò, ma lui le bloccò una gamba con le mani. Quante volte l’aveva toccata per fermarla? Quante volte l’aveva implorata di restare, dopo aver sbagliato tutto? Infinite. Lei si sedette, e lo guardò negli occhi. Non si sa precisamente quanto, ma lo guardò negli occhi per molto tempo. E poi? Eh poi.. poi cedette. Fu un attimo : prima cadde qualche goccia dagli occhi, e poi  partirono anche i singhiozzi. Si odiava quando piangeva, si trovava ridicola e vulnerabile. Non voleva che lui la vedesse così. Si coprì d’istinto il viso con le mani e lo sentì più vicino. Aveva il suo respiro sulla testa, le baciava i capelli. Alzò lo sguardo vergognata e trovò i suoi occhi grandi pericolosamente vicini che le scavavano dentro. Aveva degli occhi così espressivi, ci si perse dentro. Ma non perse la sua dignità, lo allontanò. E lui finalmente le rispose.
‘’Fidati di me, almeno stavolta. Provaci.’’ Sembrava supplicarla, e lei sembrava essersi calmata. Almeno in superficie.
‘’Non posso. Come faccio a fidarmi se so che domani andrai con lei..’’ Pronunciò altre quattro parole tra l’aria in difetto per il troppo pianto e un viso un po’ troppo bagnato. Lui la fissava muto.
‘’Ti prego, abbracciami.’’ Riuscì soltanto a dirgli questo, poi lui allargò le braccia e la accolse lì sotto, dove tutti i problemi sembravano solo inutili stronzate. Quanto avrebbe voluto che quello che stava per succedere non fosse stato così grave, quanto avrebbe voluto che fosse uno dei soliti litigi stupidi che li accompagnavano da sempre. Ma stavolta non era così. Questa volta l’amor proprio aveva vinto. Questa volta lei sapeva cosa fosse meglio per lei, la sua vita e la sua felicità. Pensò di essere maturata.
Sciolse quell’abbraccio troppo presto, e quando non ebbe più il contatto con la sua schiena le mani le bruciarono. Sarebbe stato sopportabile? Sarebbe riuscita a sopportare la sua assenza? Sarebbe riuscita a mettere un punto a quella storia? Si rispose da sola.
‘’Pensaci, non so come farò senza di te.’’ La guardò serio, lei titubante.
‘’Oh, lo farai. Lo farai come hai fatto fino ad ora.’’ Disse tra i singhiozzi.
 Lui non aveva più parole, lo aveva scritto in faccia che sapeva di aver torto. Eppure continuò.
‘’Per favore, pensaci.’’ Lei annuì e fece per andarsene, e, inaspettatamente, lui l’afferrò e l’abbracciò. L’abbracciò forte, forse come non aveva mai fatto.
Gli sporcò la maglia di mascara. Sporcò il suo stesso viso di bugie e rimpianti. E poi se ne andò. Se ne andò piangendo.
E sul volto di lui non c’era nemmeno una lacrima.

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Capitolo 3
*** Per dimenticare, per dimenticarmi di te. ***


Quanto tempo era passato? Settimane? Mesi? La cognizione del tempo si era fottuta da sola, sprofondata chissà dove come dopo una notte di sesso sfrenato. Non sapeva che giorno fosse, ma sapeva chi era lei.
Piccola donna alle prese con le batoste infami dell’amore, di quei piccoli pizzichi allo stomaco quando ti accorgi di non essere niente; di quella rabbia che ti prende anche le mani quando vedi che si sta risentendo con quella. E meno male che l’avrebbe aspettata per sempre, già.. perché senza di lei non ce la poteva fare.
‘’Siamo alle solite. Prima dicono che senza di te non vivono e poi non muoiono.’’
Seduta su quel divano cambiava posizione ogni 5 minuti, irrequieta, in preda alla nausea.
‘’Finalmente ti sei staccata da quel computer.’’ Soliti commenti inopportuni dello zio. ‘’Hai fatto la faccia dello schermo.’’
‘’Ah-ah.’’ Sibilò buttando dietro la testa, consapevole che quel movimento le avrebbe fatto girare ancora di più lo stomaco. ‘Ma quando se ne va?’.
Amava suo zio, era come un padre per lei, ma adesso aveva solo bisogno di stare da sola per vomitare in pace.
‘’Vabbè, io scendo. Ciao!’’ Finalmente. Chiuse la porta senza nemmeno aspettare una risposta.
Si fiondò in bagno in preda ai conati che non la facevano respirare.
Si liberò di quel che potè. Ne valeva davvero la pena? L’ennesima domanda retorica; quante se ne era fatte?  Tra qualche giorno sarebbe partita e avrebbe lasciato tutto lì. Tutto cosa? Tutte le lacrime che lavavano il cuscino, tutti i pugni dati nel muro, tutti fogli stracciati e l’armadio usato in preda agli attacchi di panico. Era cambiata davvero.

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Capitolo 4
*** Bei presentimenti. ***


Il sabato sera si ritirò presto a casa per sistemare la valigia, che riempì con indumenti a caso, senza dare peso ad abbinamenti, scarpe, gioielli. Partiva per rilassarsi, non per apparire. Al massimo se si fosse trovata sprovvista di qualcosa c’era sempre la boutique del villaggio che da sempre vendeva ogni tipo di vestiti, scarpe e cazzi vari.
Lucrezia quel giorno era stata molto irrequieta, cosa un po’ strana per il temperamento triste e assente che aveva avuto per interi mesi. Si respirava aria di cambiamento.
Lei e la madre sarebbero partite il pomeriggio seguente per arrivare in un villaggio in cui avevano già soggiornato due anni fa, e la cosa poteva non sembrare così eclatante. Ma non per lei.
Due anni fa, in quello stesso villaggio, si era innamorata per la prima volta.
Il suo vero ed unico primo amore, da sempre. Non si era mai dimenticata di lui, dei suoi occhi, dei suoi capelli, del suo sorriso. Quello le era rimasto stampato proprio sul cuore. Si chiamava Cristian.
Stesa sul letto e con le cuffiette nelle orecchie non riusciva a prendere sonno. Tutto quello a cui pensava era la settimana che le aspettava lì. Sperando che lui ci lavorasse ancora.
Non sapeva come avrebbe reagito nel vederlo. Il suo ex Antonio era sempre un po’ presente in ogni cosa che faceva, ogni frase che diceva, ogni canzone che ascoltava. In fondo era stato il suo pensiero fisso per più di un anno. C’era da dire però, che la ragazza era cambiata, e non poco.
Pensava più a se stessa che agli altri, e questo era già un bel passo avanti. Non aveva tanta voglia di fidanzarsi, quanto di riuscire a trovare qualcuno con cui condividere gioie e dispiaceri, e soprattutto qualcuno che l’avesse trattata come si meritava. Sapeva di essere un gioiello prezioso, come tutte le donne, e andava trattata come tale. Non come un finto brillante, una borsa falsata. Lei era il meglio.
Per qualche strano motivo poi, era convinta che il destino le stesse riservando una sorpresa.
Aveva un bel presentimento, era felice senza motivo, e non poteva fare a meno di pensare che Cristian potesse centrare qualcosa. Ci sperava, comunque. Il suo sogno era quello di rincontrarlo e magari riuscire a diventare importante per lui, anche solo rimanergli impressa, il pensiero la rassicurava.
Sapeva che c’era qualcosa. Sapeva che sarebbe successo qualcosa. E non aspettava altro che domani. Si addormentò tranquilla, col sorriso stampato in faccia.

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Capitolo 5
*** Cristian. ***


Non poteva crederci. No, non adesso.
Erano due fottutissimi anni che l’aspettava, e lei non c’era.
Erano appena arrivate le amiche di sua madre, amiche vere, amiche che si frequentano in settimana, eppure loro due no.
Ma dov’era? Si era dimenticata di lui? Si, per forza. Sarebbe venuta, altrimenti.
Avrebbe pregato la madre, l’avrebbe guardata fisso con quegli occhi enormi.
Quegli occhi che aveva sognato così tante volte, così troppo vicini.
Era stata la sua ‘Bambi’. Due settimane fantastiche, si. Averla continuamente sotto al naso, controllarla, guardarla mentre camminava, mentre mangiava, mentre sorrideva.
Aiutarla quando scivolava vicino a quei maledetti distributori d’acqua.
Aveva riempito di sogni la sua estate. Inconsapevole, lei. Di quella ragazza sapeva a stento il nome, eppure non riusciva a togliersela dalla testa. Da due anni.
Lui ne era certo, aveva provato qualcosa per lei, qualcosa di molto strano. Un qualcosa che adesso lo divorava dentro. Lei non c’era!
Arrabbiato. Aveva voglia di spaccare tutte le stoviglie che si trovava davanti.
Maledetto destino, mai una volta che faccia una cosa buona! UNA!
Deluso. Ci aveva sperato fino alla fine di poterla rincontrare. Di concludere ciò che non era riuscito a fare due anni fa, per colpa della sua timidezza.
Andò a sparecchiare al tavolo ancora occupato delle signore di Napoli che lo riconobbero.
‘’Ciao Cristian! Tutto bene?’’
‘’Sisi grazie, e a lei?’’
‘’Tutto bene, grazie. Allora, che si dice?’’
‘’Niente di che, sono molto stanco.. questo lavoro uccide.’’
‘’Ah-ah.’’ Annuì senza convinzione la signora, squadrandolo da cima a fondo. Si sentiva osservato e diventò goffo. Fu a quel punto che la signora si alzò, e quasi come se gli avesse scavato dentro i pensieri, gli diede modo di essere felice.
‘’Cristian, Lucrezia arriverà la settimana prossima.’’

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Capitolo 6
*** Ti ricordi di me? ***


-Lucrezia.
 Il viaggio non è durato a lungo, circa 2 ore e mezza, quanto previsto dalle indicazioni che ci avevano dato.
Penso di essermi addormentata per la metà del tragitto, infatti adesso sono sveglia e ho il collo che più male di così non può farmi. Ho passato l’altra metà del viaggio a fissare i paesaggi che trovavo fuori dalla macchina ascoltando musica house. Musica che piace a mia madre e non a me. Che donna!
Sono sveglia da circa 20 minuti e ho deciso di prendere le cuffiette e il mio iPhone per poter ascoltare musica decente, quando all’improvviso vedo spuntare un’indicazione.
E’ un cartello che da la direzione del villaggio. Cazzo.
Sento l’ansia salire, il cuore andare a mille.
Ci troviamo in mezzo alle montagne, e se guardo giù vedo il mare.. e adesso, adesso vedo anche il villaggio!
Ecco i bungalow, la piscina, il ristorante.. visto dall’alto è tutto così strano. Così piccolo. Così diverso.
Non mi sembra vero.. dopo due anni sono di nuovo qui. Dopo due anni, se sono fortunata, rivedrò Cristian.
E Antonio? Ma che vada al diavolo.
La mia vita deve continuare, giusto? Andare avanti, non fregarsene, prendersi del tempo, distrarsi. E’ questa la soluzione. E quale migliore distrazione se non un cameriere arrapante con un culo da paura e un sorriso capace di accecare? Nessuna, ve lo dico io!

‘’Luli, chiama Melania e dille che stiamo scendendo.’’
Afferro il telefono di mia madre che si trova sul cruscotto. La mano mi trema, non riesco a pensare e sento il viso tirarmi. Ah, sto sorridendo. E che sorriso!
Vado in rubrica e cerco il numero di Melania, appena lo trovo, chiamo.
‘’Pronto!’’
‘’Mely! Stiamo scendendo!’’ le mani non sono l’unica cosa che trema adesso.
‘’Ok, scendete fino in fondo, vi da una mano Carmelo.’’
‘’Va bene!’’ Stacco.
Scendiamo lungo tutto il promontorio della montagna e sudo freddo; un po’ perché la strada è tutta curve e non c’è nemmeno una protezione ai margini della strada, un po’ perché il pensiero di rivedere lui mi fa venire la nausea. Per l’emozione, ovvio.
Poi ci penso. E se non lavora più qui? Cazzo. Sento l’aria opprimermi, devo scendere dalla macchina ed entrare nel ristorante per assicurarmi che lui ci sia. Ho le mani appiccicose.
Finalmente arriviamo.
Carmelo, il compagno di Melania, mi saluta e mi dice di andare al ristorante, lì troverò Melania e gli altri nostri amici. Non me lo faccio ripetere due volte. Dico a mamma di incontrarci dentro e quasi mi metto a correre. Passo per la reception e schivo tutti gli sguardi confusi.
Vedere una ragazza con uno sguardo stanco, la pelle lucida e un cappello NY calato sugli occhi camminare velocemente e respirare a bocca aperta sicuramente non è una cosa normale.
Finalmente entro nel ristorante e mi sento impazzire.
No, non voglio saperlo. Voglio andare via. Non posso sopportare un’altra delusione. No, non adesso. Continuo a camminare, lentamente, scrutando i tavoli. Niente, zero. Nessuno che mi sia familiare.
Poi esco, sul terrazzo. Dove faceva il turno lui. Resto imbambolata sul bordo della porta scorrevole mentre di spalle vedo una testa dal profilo familiare. Oh Dio. Prendetemi, che io ci svengo su questo pavimento lurido. Devo avere un’espressione che fa paura perché il cameriere con cui il ‘sospettato Cristian’ sta parlando è girato verso di me e mi guarda preoccupato. Deve aver detto qualcosa al sospettato, perché all’improvviso si gira anche lui. Di sfuggita però. Non l’ho visto bene. Poi, confuso, si gira di nuovo di scatto per altre 3-4 volte. Si è fermato. Mi sta guardando. Lo sto guardando. TUM-TUM. TUM-TUM.
Ok, adesso ne sono sicura. I suoi occhi sono uguali a come li ricordavo. Il sorriso che piano piano sta nascendo sotto quegli zigomi marcati, è proprio quel sorriso.
E il mio cuore adesso sono sicura che possono sentirlo tutti i presenti.
TUM-TUM. TUM-TUM. TUM-TUM. TUM-TUM.
È tutto troppo veloce.
TUM-TUM. TUM-TUM. TUM-TUM.
Continuiamo a guardarci.
TUM-TUM. TUM-TUM.
Poi arriva. Cammina velocemente, prende al volo un panno per asciugarsi le mani umide. Poi se lo mette nella tasca posteriore della divisa.
Ancora pochi passi ed è qui, davanti a me. Con tutto il suo metro e ottanta che fa da contrasto al mio metro e sessantatre. Deve essere un sogno.
Senza fargliene accorgere mi pizzico la gamba. Si, fa male. E proprio mentre prendo coscienza del fatto che quel ragazzo a cui non ho fatto mai a meno di pensare per due anni interi si trova proprio qui, davanti a me, sorridente, con gli occhi che brillano, lui mi tende la mano.
La prendo senza staccare gli occhi dai suoi, sorridendo come un’ebete.
‘’Ciao Lucrezia! Come stai? Ti ricordi di me..’’
‘’I-io.. sisi, tutto bene e.. certo c-che mi ricordo!’’ mi stringe la mano più forte.
‘’A te invece tutto bene?’’ riprendo il controllo.
‘’Si, si.. va tutto bene..’’ mi guarda e sorride. Il suo sorriso è ancora più bello.
La mia mente l’aveva offuscato, modificato. Quello che mi trovo davanti è stupefacente.
 
 
-Cristian.
Sembra impossibile, irreale, ma lei è qui. Davvero. Posso toccarla.
Le sto stringendo ancora la mano, cazzo. Adesso mi prende per un idiota.
No, neanche lei ha intenzione di mollarla. Stiamo così, a guardarci. Mi sorride.
Ha un sorriso che potrebbe stendere chiunque, e stende anche me.
E’ diventata più bella. E’ cresciuta.
I suoi occhi sono ancora più grandi; è ancora più ‘Bambi’ di prima..
Come ho fatto senza di lei per due anni?
Sento il cuore battere forte ma all’improvviso la mente mi richiama al mio dovere.
‘’Hey, scusa, ma devo tornare al lavoro. Ci becchiamo dopo.’’
A malincuore lascio la sua piccola mano, e lei mi risponde sorridendo.
‘’Si, ci becchiamo dopo.’’
Corro a sparecchiare nel lato destro del terrazzo e ancora non ci credo. Ho un sorriso stampato in faccia che non riesco a togliermi. Era bellissima, anche dopo l’intero viaggio. Fortunatamente dal mio posto riesco a vedere il tavolo dove mangia lei, e la osservo. Ogni tanto si gira verso di me e quando mi becca mentre la guardo abbassa gli occhi e arrossisce. Poi sorride. E sorride anche mentre mastica, ed è buffa.
All’improvviso alza lo sguardo e mi cerca, mi vede. Mi guarda con intensità. E’ uno sguardo diverso, uno sguardo da donna. E ad un tratto me ne rendo conto : è lei che stavo aspettando.

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Capitolo 7
*** Se gli sguardi potessero uccidere.. o baciare. ***


Arrivata al tavolo saluto tutti, mi mancava questa allegra comitiva. Ci raggiunge anche mia madre alla fine, e la serata va sempre meglio. Il cibo è ottimo, l’ambiente anche, e lui mi guarda continuamente. Mi sento un po’ goffa, odio mangiare con tante persone, non mi piace essere osservata mentre mastico. Rido molto, e mi sento ancora più buffa quando mentre rido con la bocca piena mi giro a sinistra e lo vedo che mi guarda. Sorride divertito ai miei occhi sbarrati. Abbasso lo sguardo, ingoio e bevo un po’ d’acqua. Poi alzo di nuovo gli occhi e spero che abbia capito. Alcune occhiate sono diverse. L’espressione che fa dice tutto, sta per venire qui, lo so, ma non può. Se gli sguardi potessero uccidere.. o baciare.

Ci tratteniamo nel ristorante più di tutte le altre famiglie e alle 10 siamo solo noi e i camerieri. Ho fatto amicizia con la nipote dell’amica di mia madre. E’ piuttosto robusta e sicuramente non molto figa, ma meglio di nulla. Le piace ballare e sono contenta di aver trovato una compagna per i balli di gruppo.
Alla fine decidiamo di alzarci e andare a vedere lo spettacolo che hanno preparato gli animatori, e prima di uscire dal ristorante becco Cristian in un angolo a pulire.
Arrivo dietro di lui, non si è accorto di me. Sto quasi per urlare ‘BU!’ ma mi scappa troppo da ridere e mi scopre. Si gira di scatto sobbalzando e mi guarda con gli occhi sbarrati, poi, quasi come contagiato, scoppia a ridere anche lui.
‘’Uffa! Volevo farti spaventare.. Comunque adesso io vado, semmai ci becchiamo dopo in piazzetta. Io sto la’ fino a stanotte!’’
‘’Va bene, allora stai sicura che vengo!’’
‘’Ci conto! Ciao Crì!’’
‘’Ciao pupa!’’ mi dice ridendo, e scappo via.
Felice, spensierata, con le farfalle nello stomaco. Era da tempo che non mi sentivo così.

Pensando all’immediato futuro che mi aspetta torno in camera e decido di cambiarmi. Insomma, sono state due ore e mezza di viaggio, sembro uno straccio.
Mi faccio una doccia veloce e aggiusto i capelli per quanto posso. Non vale la pena lavarli, domani starò tutto il tempo al mare, in acqua, come un polpo. Opto per un pantaloncino nero ed un top a fascia bianco con scritte arancioni, rosa e nere. Ballerine nere.
Un po’ di matita qui e là, una passata di mascara e sono pronta! Si sono fatte le 11.30 di notte, giusto in tempo per  i balli di gruppo. Mi è sempre piaciuto ballare e mi scateno con la mia amica (ah, si chiama Giusy) e attiro un bel po’ di sguardi. Non per chissà cosa, solo perché sembro una pazza.
Si fa la mezza e lo spettacolo è finito, anche i balli di gruppo, e stanchissima esco dalla piattaforma dove si vede lo spettacolo per andare nel bar a chiedere un bicchiere d’acqua.
Entro e mi rivolgo alla barista.
‘’Ciao! Scusa, non è che puoi darmi un bicchiere d’acqua? Grazie.’’
Sto aspettando il bicchiere quando all’improvviso una voce dietro di me mi fa spaventare.
‘’BU!’’
Mi giro di scatto, sobbalzando, e la prima cosa che vedo è un gran bel figo piegato in due dalle risate.
‘’Sarebbe divertente se non mi avessi copiato l’idea.’’ Gli faccio una linguaccia e poi sorrido.
‘’Intanto a me è riuscito.. che faccia! ahahahaha’’
‘’Uff!’’ Bevo un po’ d’acqua per calmarmi e poi riprendo a parlare.
‘’Allora, come stai? Sono due anni, eh!’’
‘’Già.. due anni.. a me tutto bene, non è successo nulla di particolare e sto sempre qua a farmi il culo. Te?’’
Prendo tempo cercando di capire se è il caso di parlargli di Antonio. Nah, non è per niente il caso. Mi riprendo e gli sorrido.
‘’Anche a me la stessa cosa, niente di particolare. A parte questa estate, sento che ci saranno dei cambiamenti, boh.’’
Lo vedo confuso ma poi si illumina.
‘’Tu dici? Mm, può essere. Spero per te che siano cambiamenti positivi..’’ Sorride.
‘’Secondo me lo sono eccome! Usciamo da qui però che c’è troppa gente.’’
Annuisce e mi segue. Vado verso un tavolino libero e mi accoccolo sulla sedia togliendomi le scarpe e raccogliendo le gambe al petto.
‘’Sei fidanzato?’’ domande a bruciapelo.
‘’No. Single da circa.. 10 mesi. E tu?’’
Sgrano gli occhi. ‘’Anch’io single, però da un anno, credo. Non conto più i mesi.’’ Sorrido.
Sorride anche lui, gli brillano gli occhi.
Restiamo in silenzio, ognuno perso nei suoi pensieri, poi lui si accende una sigaretta.
‘’Fumi?’’
‘’A quanto pare..’’ mi risponde inarcando un sopracciglio, ma poi sorride.
‘’Mi piacciono i tipi che fumano, sono sexy.’’
‘’Quindi io ti piaccio.’’ È un’affermazione più che una domanda.
‘’So che non mi piacciono i tipi convinti.’’ Sfodero il carattere di merda.
‘’A me invece piacciono quelle antipatiche.’’ Si avvicina.
No, è troppo veloce. Non gli darò quello che vuole dopo nemmeno un giorno. Anche se è quello che voglio anch’io.. ma questi sono dettagli!
‘’Ah-ah, adesso accompagnami in camera che ho sonno.’’ Lo guardo maliziosamente.
E’ un po’ deluso ma non può farci niente, mi accompagna fino a fuori la porta della stanza.
‘’Allora, ci vediamo domani..’’ sta sussurrando, e il modo in cui lo fa mi piace da impazzire.
‘’Già, a domani.’’ Mi avvicino piano e gli do un bacio sulla guancia. Poi sorrido, mi giro e apro la porta. Lui è ancora lì a guardarmi, mi fa ‘ciao’ con la mano. Lo guardo un’ultima volta e poi chiudo la porta.
Non mi sarei mai aspettata un primo giorno del genere.
E ancora non avevo idea di quello che sarebbe successo dopo.

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