Sexy Nerd - E' tutta una questione mentale

di lafilledeEris
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Brainstorming – Ovvero quando Ryder connobbe Mylo ***
Capitolo 2: *** Secondo me sei un po’ scemo – Ovvero le scomode verità di Morgan ***
Capitolo 3: *** Il triangolo no – Ovvero quando Ryder uscì con Austin ma baciò Mylo ***
Capitolo 4: *** Ma tu non sai ballare! – Ovvero quando Mylo mise le scarpette da ballo ***
Capitolo 5: *** Vestiti chic e maghi platinati – Ovvero la vita dei nostri eroi dopo il ballo ***



Capitolo 1
*** Brainstorming – Ovvero quando Ryder connobbe Mylo ***



Sexy Nerd

E’ tutta una questione mentale


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Capitolo 1:
“Brainstorming – Ovvero quando Ryder connobbe Mylo.”



“Ci deve essere qualcosa che non va”.
Mylo fissava incredulo il foglietto spiegazzato fra le sue mani. Era un errore. Doveva
sicuramente trattarsi di un errore. Rigirava il pezzo di carta, come per cercare ulteriori spiegazioni. Quello che otteneva era sempre lo stesso risultato. Una “F” beffarda faceva bella mostra di sé sulla sua pagella. E così anche Mylo Arthur Whellington aveva preso una “F”. Una clamorosa, stratosferica insufficienza andava così a rovinare l'immacolata carriera del ragazzo.
Il preside seduto dall’altra parte della scrivania tamburellava le dita sul bordo di questa, fissandolo in maniera insistente.
“Whellington”. Piccola pausa, segno che nemmeno lui sapeva bene cosa dire. “A tutti capita di avere dei periodi no”.
A quelle parole alzò gli occhi cielo. Sfortunatamente quel gesto venne intercettato dalla madre seduta accanto a lui, che con molta nonchalance gli diede un calcio ben assestato allo stinco.
Riuscì a stento a trattenere un gemito di dolore – insieme a delle parole molto poco carine – cercando di piegarsi in avanti senza farsi notare.
“Signor preside…”
“Mi chiami Arnold”. Il preside sorrise in direzione della signora Whellington. Mylo a quelle parole aggrottò le sopracciglia, mentre spostava lo sguardo dalla madre al signor Miller.
Un attimo.
Ci stava provando. Il preside ci stava provando con sua madre. Ok, si stava sentendo male. Va bene che i suoi erano separati, non era un mistero, ma che fra i pretendenti di sua madre ci fosse il preside. Era davvero troppo.
“Arnold, tu puoi chiamarmi Erica...”
E a sua madre tutto questo andava bene. Lo aveva capito da come batteva le ciglia. Stava civettando con lui. In quel momento pregò che una voragine si aprisse sotto la sua sedia. “Non credi che si potrebbe trovare una soluzione?” s’informò la madre. “Insomma , manca ancora un po’ alla fine delle semestre. Potrebbe recuperare?”
Il preside aggirò la cattedra e andò a poggiarsi – con tutto lo spazio a disposizione che aveva – accanto a Erica. Era palese che stesse cercando di assumere un’espressione sensuale. Con scarsi risultati. Pessimi.
“Sappiamo tutti quanto sia portato per lo studio…”
“ Ho una delle medie più alte di tutta la scuola!” intervenne il ragazzo, un po’ per difendere il proprio lavoro, un po’ per ricordare ai due adulti che era lì con loro.
“Non si può fare nulla?” tentò Erica.
“Posso ancora recuperare!” borbottò Mylo, buttandosi di peso contro lo schienale della poltrona.
Ormai era al limite della sopportazione.
Ancora non realizzava che lui – capitano della squadra degli scacchi, fondatore del club del libro e leader della squadra delle “Mateolimpiadi”, il campionato studentesco di matematica – avesse problemi in ginnastica. Rischiava l’anno per quella stupida materia. Era vero che ogni tanto – tre sì e una no – durante le lezioni aveva optato per sedersi sugli spalti e guardare i suoi compagni fare allenamento. Per discolparsi poteva dire però che mentre loro correvano come disperati – e sudavano come maiali – lui si portava avanti coi compiti delle altre materie. Che poi puntualmente qualcuno veniva a chiedere. Non aveva mai capito, anzi si era sempre rifiutato di farlo, l’utilità dell’attività fisica a scuola. Qual’era il fine di mettersi in calzoncini, anche in pieno inverno, e correre come disperati?
Secondo Mylo, nessuno. Lui, in vita sua,non aveva mai fatto attività sportiva. Era consapevole di non avere nessuna propensione verso lo sport. E ringraziava ogni giorno chi gli aveva donato un fisico magro e asciutto. Niente muscoli ben definiti, nessuna tartaruga, niente addominali. Solo una pancia piatta e anonima. Gli altri lo chiamavano “Secchia”, lui preferiva definirsi un nerd. Vita sociale ridotta al minimo, capacità innate verso i videogiochi e uno spiccato interesse verso ciò che poteva accrescere la sua conoscenza. Mai si sarebbe lamentato di tutti quei luoghi comuni. Ma ora capiva che doveva deporre le armi e piegarsi a quello che gli veniva chiesto – ordinato. Mylo avrebbe fatto ginnastica seriamente. Si sarebbe impegnato a recuperare quell’insufficienza e avrebbe messo fine a quel supplizio. “Credo di avere la soluzione a questo problema!” annunciò un euforico – e fin troppo ottimista – preside Miller. Prese il ricevitore del telefono e digitò un numero.
“Signora Callie, mi mandi qui la nostra tutor di ginnastica”.
Avevano una tutor di ginnastica? E a che serviva? Mica era come le altre materie…Le elucubrazioni di Mylo vennero interrotte quando qualcuno bussò alla porta.
“Dio, sono finito!” aveva pensato Mylo. Dietro quel pannello di truciolato, si trovava il suo carnefice. Quando si rese conto di chi fosse la persona, per poco non ci rimase secco. Nella sua divisa da cheerleader blu marino, perfetta in ogni dettaglio – dallo scollo a V alle pieghe della gonna – aveva appena fatto il suo ingresso Ryder Thomas. Vice capitano dei Penguins, rappresentante d’istituto e reginetta del ballo per due anni di fila. Un curriculum di tutto rispetto, che poneva lei al vertice della catena alimentare, altrimenti detta liceo, e metteva lui alla fine della suddetta. “Salve! Perché mi ha chiamata?” domandò la ragazza, sistemandosi la fluente chioma biondo ramato su una spalla. “Ryder, devo chiederti un favore” disse il preside. “So che fai parte del gruppo di tutor della scuola…” Mylo non poteva ancora crederci, ma era così. Lei era un tutor, proprio come lui. Solo che non riusciva ancora a capire come le parole “Ryder”, “cheerleader” e “tutor”, potessero stare nella stessa frase, quando a fare da tutor era lei.
“Sì, esatto.” Sorrise cordiale.
“Beh, dovresti seguire Mylo ed aiutarlo a recuperare la sua insufficienza in ginnastica”. Ryder fece una faccia stranita e solo allora si voltò e vide il ragazzo seduto davanti alla cattedra.
“Immagino che vi conosciate…”
“No, mi spiace, noi non…”
Cosa? Non poteva credere alle sue orecchie.
“Sì, che ci conosciamo!” esclamò incredulo. “Frequentiamo le stesse lezioni dal primo anno! Eravamo all’asilo insieme!”
Ryder fece spallucce, come se il gesto bastasse a giustificarsi. Il ragazzo si morse la lingua, prima di dire qualcosa di cui sicuramente si sarebbe pentito. Non sarebbero andati molto lontani, aveva come il presentimento che quello fosse solo il principio dei suoi guai.



****





Mylo era seduto in maniera scomposta sul letto, mentre ripeteva mentalmente la lezione di fisica di quella mattina. Teneva gli occhi chiusi, cercando di focalizzare i punti più importanti. Gli schemi, le immagini, le formule…“A che ora arriva Ryder?”
Sussultò, colto alla sprovvista. “Mamma, lo sai che devi bussare!” “La porta era aperta! Sai tesoro, hai una strana concezione di privacy…” “Perché ha una sua privacy? Non sapevo nemmeno avesse una vita privata!” si sentì dire da dietro Erica. Questo era ciò che Mylo chiamava incidente di percorso. Austin Whellington. Per un anno della sua vita aveva assaporato l’ebrezza di essere figlio unico. Una vagonata di regali solo per lui a Natale, festa di compleanno spettacolare. Peccato che tutto fosse durato troppo poco e lui non ne conservasse il ricordo. Lui nemmeno lo voleva un fratello! Certo, non aveva le facoltà mentali per capire cosa stesse succedendo, ma se lo avessero interpellato la sua risposta sarebbe stata un secco “No!”. Austin era il “piccolo” di casa. E se Mylo era considerato il genio, lui era agli antipodi. Capitano della squadra di basket, componente del comitato organizzativo degli eventi scolastici. La sua media scolastica era una di quelle che si possono definire “Si impegna, ma non si applica”. Ma questo non importava a nessuno, viste le medaglie che portava a casa. Era uno dei ragazzi più richiesti a scuola. Aveva un sacco di amici e le ragazze gli correvano dietro come api al miele. Non aveva mai avuto una relazione che superasse il mese.
“Chi deve venire ?”
No! No! No !
Nessuno” tentò Mylo.
“Ryder Thomas!” esclamò la madre.
Porca. Vacca.
“Uh, uh!”
Un commento davvero
brillante.
“Sì, e tu non metterai piede in camera mia per nessuna ragione al mondo!”
Austin alzò le mani segno di resa.
“Non entrerei mai in camera. Non sia mai che possa interrompere qualcosa”.
Ghignava il belloccio. Ryder e Austin si conoscevano, quel che non sapeva era
sino a che punto della conoscenza fossero. E non voleva indagare oltre.
Una cosa era sicura: avrebbe chiuso la porta a doppia mandata.
“Nessuno ti disturberà tesoro, ma la porta resterà aperta.”
Mylo guardò la madre, provando a dire qualcosa
– qualunque cosa – che lo aiutasse ad uscire da quella situazione. Riuscì solo a boccheggiare come un idiota, mentre un trionfante Austin andava via con un sorriso a trentadue denti stampato sulle labbra.
“Mamma…” si lamentò.
“Niente storie! Conosci le regole di questa casa!”
“E come potrebbe, se non ha mai portato una ragazza in camera sua?” si sentì dalla cucina. Mylo strinse i denti.
“Di questo parleremo più tardi, signorino!” urlò in risposta Erica.
Si avvicinò al figlio e gli accarezzò la guancia.
“Tesoro, devi solo pensare a recuperare quel votaccio intesi?”
Il ragazzo annuì e sentendo la carezza della madre si rilassò.



****



Dopo dieci minuti si era già pentito della promessa fatta alla madre. Ryder era davanti a lui e lo squadrava. Tutto in quella situazione stava diventando irritante. Non sopportava persino se stesso. Si stava pentendo amaramente di non essersi impegnato come doveva. Era una stupidissima materia e lui l’aveva sottovalutata. Dannazione! Ryder insisteva nel guardarlo, mentre seduta accanto alla scrivania giocherellava con una penna.
“Allora, Secchia, hai il programma?”
Al sentire quel soprannome Mylo strabuzzò gli occhi. Le diede le spalle mentre cercava il foglio col programma e glielo porgeva senza proferire parola.
“Fa che tutto questo finisca presto” si ripeteva. Sapeva di non poter stare ancora con lei nella stessa stanza. Non quando si sistemava i capelli mentre era intenta a leggere, né quando si portava l’unghia perfettamente laccata alle labbra e la torturava con i denti. In quel modo rischiava l’iperventilazione. Perché lei poteva anche avere un carattere orrendo, avere manie da prima donna, ignorarlo completamente, ma lui non poteva far finta di nulla. Non poteva fingere che non gli piacesse il modo in cui era concentrata, non poteva far finta che nel bel mezzo dei corridoi si fermasse a guardarla
– ammirarla – sperando che lei non lo notasse.
“Mylo?”
Scosse la testa vigorosamente.
“Sì?”
Si era incantato davanti a lei. Grandioso. Prossima tappa: residenza sulla Luna.
Mentre pensava a come darsela a gambe e fuggire dalla sua stessa stanza, accadde l’irreparabile. Si era illuso di aver toccato il fondo guardandola spudoratamente come un cane guarda una bistecca. Invece no, ecco lo lì il fondo. Aveva appena bussato alla sua porta, indossava i suoi abiti migliori e aveva il suo stesso sguardo. Grandi occhi castani e vivaci. L’unica differenza era la luce che brillava in essi.
Erano maliziosi e ardenti. Guardava Ryder come un predatore.
Austin.
“Ciao” salutò gentile.
“Oh, andiamo!” pensò Mylo. Lui con le ragazze non era gentile, gli interessavano solo per un motivo. E c’era solo un solo modo in cui suo fratello faceva conoscenza con le ragazze. In posizione orizzontale.
“Ciao” ricambiò con un sorriso vispo Ryder.
E lei era abboccata all’amo.
C’era una ragazza –
non chiedeva tanto – che sapesse resistere a suo fratello minore?
Era davvero il colmo. La sorte con lui era stata davvero perfida! Si prendeva gioco di lui persino adesso. Suo fratello che ci provava con la ragazza che gli piaceva.
Anche se in cuor suo Mylo sapeva che quello era il corso naturale delle cose. Le cheerleaders finiscono con i campioni della scuola. Ryder era una cheerleader. Austin un giocatore di basket. E lui era solo uno sfigato a cui qualcuno con poco senso dell’umorismo aveva donato un gran cervello senza dargli possibilità di scegliere. Anche se a lui piaceva la ragazza sbagliata non poteva farci nulla.
Doveva andare così.
E lui avrebbe fatto in modo che questo accadesse.

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Capitolo 2
*** Secondo me sei un po’ scemo – Ovvero le scomode verità di Morgan ***


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Capitolo 2

Secondo me sei un po’ scemo – Ovvero le scomode verità di Morgan

 

 

E poi farò in modo che Austin e Ryder vadano al ballo insieme”.

Mh…”

Mylo sbuffò, battendosi teatralmente la mano in fronte.

Morgan, hai sentito almeno la metà delle cose che ho detto?”

Il ragazzo buttato sul letto strinse il pugno e alzò il pollice verso l’alto, senza staccare la faccia immersa nel cuscino.

Potresti, per favore, fare qualcosa di più che grugnire e fare gesti?” Nel dire ciò, Mylo si avvicinò al letto e prese fra le mani uno dei dreadlock dell’amico, tirandolo con forza.

Ahia!” abbaiò l’altro, alzando di scatto il viso dal guanciale. Mylo allargò le braccia e, spalancando gli occhi, guardò l’amico per invitarlo ad esprimersi.

Morgan Parker era un tipo – fin troppo – loquace. Ma guai se lo si incrociava in una delle sue giornate no. Queste equivalevano ad una notte in bianco passata a bere e fumare, con conseguente mattinata senza riuscire a poggiare la testa sul cuscino prime dell’una.

Lui e Mylo si conoscevano dai tempi delle medie. Il loro incontro era stato abbastanza strano.

Erano nel cortile della scuola e Mylo, per qualche strano motivo, aveva trovato divertente l’idea di andare a tirare uno dei dread di Morgan, che al tempo arrivavano appena alle spalle.

Era diventato un vizio.

Quello che però un Mylo appena dodicenne non sapeva era che lui odiava chiunque gli toccasse i capelli. E così la prima cosa che avevano conosciuto l’uno dell’altro erano i rispettivi ganci destri, che avevano fatto guadagnare a Morgan un occhio nero e a Mylo un paio di occhiali rotti.

A distanza di cinque anni ci ridevano su, ma entrambi avevano imparato una cosa: mai far arrabbiare l’altro.

Col tempo erano cambiate tante cose.

I dread di Morgan ormai arrivavano alla schiena, le diottrie di Mylo erano migliorate e la loro amicizia si era rinsaldata. Ne avevano passate tante insieme.

La prima sbronza, ricordo del bar mitzvah di Morgan.

La prima volta che avevano fatto l’amore.

Ok, questa non era propriamente vera: c’era ancora qualcuno che non l’aveva fatto. Ed era facile intuire chi dei due potesse essere.

Morgan, rispetto a Mylo, era più aperto mentalmente.

Esageratamente aperto. E questo non aveva a che fare col fatto che a Morgan piacessero i ragazzi. Il problema era che Morgan non conosceva proprio il significato della parola “stabile”. Soprattutto per una relazione monogama.

Dobbiamo sperimentare” diceva lui. Mylo all’inizio era rimasto affascinato dalle idee dell’amico, dall’animo hippie ereditato dalla madre e dalla profonda spiritualità, dono dei geni paterni per metà Cherokee. Poi si era accorto che non facevano proprio per lui, anonimo ragazzo bianco dalla mentalità troppo chiusa.

Come facessero ad andare d’accordo era ancora un mistero.

Morgan si girò sulla schiena e mise un braccio sul viso.

Secondo me esageri” aveva biascicato.

Mylo afferrò una sedia al contrario a vi si sedette, poggiando i gomiti sullo schienale.

Tu non capisci!” sbottò. “Io non posso permettere che lei scopra ciò che provo nei suoi confronti. Non voglio diventare quello che ci ha provato con la Thomasconcluse, mimando le virgolette con le dita.

Morgan si sistemò meglio sul letto, girandosi su un fianco e reggendosi la testa con la mano.

Come qualunque ragazzo etero nella nostra scuola. Oh, andiamo! Credi davvero che tutto ciò che si sente sul conto di Ryder sia vero? Non è detto che lei debba uscire necessariamente con gente popolare, come non è detto che io debba parlare esclusivamente con ogni ragazzo gay o presunto tale. Sai in quanti nella nostra scuola si fingono etero per essere accettati dalla massa? Se la gente li guardasse meglio, capirebbe. Ma vivere di stereotipi a volte è più semplice, aiuta ad evitare di essere feriti. Non fermarti alle apparenze”.

Mentre parlava prese ad ispezionare la punta di un dread.

Mylo fissò l’amico per qualche secondo. C’era qualcosa in lui che emanava una profonda pace: lo sguardo tranquillo, con quegli occhi blu tendenti al verde dalle lunghe ciglia e dalla forma felina, infondeva in chi lo osservava una certa serenità.

Ma lui in quel momento non cercava serenità. Cercava un’idea. E anche geniale.

Lei… lei mi distrae. Tu non capisci. Io non posso permettermi di distrarmi proprio adesso, all’ultimo anno e con una materia che pende sulla mia testa come una spada di Damocle”.

Sospirò affranto.

Devo spingere Ryder fra le braccia di mio fratello” annunciò in tono funereo.

Con rispetto parlando, ma secondo me sei un po’ scemo”.

Morgan guardava l’amico nello stesso modo in cui avrebbe osservato qualcuno con le mutande sopra i pantaloni.

Che c’è di strano? Non voglio finire a sbavare per la mia tutor. Fa così tanto ragazzina alla prima cotta”.

L’altro si schiarì la voce.

Oh, oh…

Per la cronaca, lei è la tua prima cotta. E unica, aggiungerei”.

Amen.

Ecco un'altra cosa che Mylo apprezzava di Morgan: lui andava sempre al sodo. Non importava in quale situazione si trovasse – proprio in tutte le situazioni – lui andava al punto senza tergiversare. Gli era sempre andata a genio questa caratteristica. Stavolta arricciò il naso davanti a quella scomoda – ingombrante – verità.

Morgan si alzò dal letto e si diresse verso Mylo. Gli prese il viso fra le mani.

Lo sai che non voglio che tu soffra. Ma non puoi rimanere col dubbio. Non puoi vivere una vita di “se” e di “ma”. Inizieresti a vivere una vita a metà per qualunque cosa. Avresti dubbi su tutto. Sappi che, indipendentemente da ciò che farai, potrai bussare alla mia porta per qualsiasi tipo di aiuto”. Si chinò sulla testa di Mylo e fece disperdere un bacio fra i capelli castani.

Non c’era malizia in quel gesto. Solo un profondo amore fraterno.

 

 

****

 

Mylo in quel momento aveva una sola parola d’ordine: respirare.

Aveva seri dubbi di ricordare come si facesse, mentre pigiava il bottone del campanello con sotto una targa in ottone sulla quale, a grandi lettere, brillava la scritta “Thomas”.

Deglutì a vuoto quando sentì la maniglia della porta scattare. Davanti si trovò una donna dai lunghi capelli ramati raccolti in una grossa treccia, posata su una spalla.

Aveva gli occhi verdi – già conosceva quello sguardo - contornati da piccole rughe d’espressione, segno del tempo.

Era impeccabile nella sua tuta Adidas grigio fumo.

Ciao, tu devi essere Mylo!” lo salutò porgendogli la mano.

Sentì le guance andare a fuoco. Ora capiva da chi Ryder avesse preso la su bellezza.

Sa- salve” incespicò.

Io sono Margaret” gli sorrise cordiale. “Accomodati mentre vado a chiamare Ryder”.

Mylo, una volta lasciato solo, si guardò attorno. Tutto era impeccabile, nulla fuori posto. Sospettava che quel salotto avrebbe fatto invidia persino a sua madre, maniaca del dettaglio e dell’ordine. Ragion per cui non metteva mai piede in camera sua.

Studiò attentamente il divano, indeciso sul sedersi o meno. Era in pelle, di colore bianco.

Preferiva aspettare in piedi. Decisamente.

Ehi!”

Sussultò, colto alla sprovvista. Si girò lentamente, tenendo lo sguardo basso. Alzò di poco la mano destra, per un piccolo accenno di saluto.

Rimase basito di quanto bella potesse essere anche con una semplice tuta blu in ciniglia, con i capelli raccolti in una coda alta.

C-ciao” balbettò. Come inizio non c’era male. Giusto per non far ingelosire nessuno, aveva balbettato di fronte a entrambe le donne di casa Thomas, in meno di cinque minuti.

Davanti al signor Thomas, come minimo, sarebbe stramazzato al suolo.

Aveva già avuto occasione di incontrare il padre di Ryder, e non voleva assolutamente che ricapitasse.

Quell’uomo era alto quasi due metri e aveva la stazza di un armadio a tre ante.

Rabbrividì al pensiero di capitare nelle vicinanze di quell’uomo.

Ryder gli fece un cenno con la mano e poi iniziò a camminare, facendogli strada. Mylo la seguì senza aprire bocca.

Quando entrò in camera della ragazza, non poté non notare l’immensa libreria sul lato destro.

Un enorme letto a due piazze era sistemato al centro della stanza. Non era la classica stanza da “principessa”: nessun colore troppo sgargiante, niente di troppo infantile.

Era solo la camera di una diciassettenne studiosa e quadrata.

Puoi poggiare tutto sul letto” disse Ryder.

Mylo annuì e fece come gli aveva detto.

La ragazza prese posto sulla sedia di fronte alla scrivania.

Whellington, siediti”. Lo guardava stranita, aspettando una sua reazione. Dire che Mylo in quel momento fosse a disagio era riduttivo: si sentiva estremamente fuori posto.

Il problema era principalmente uno: lui e Ryder non si conoscevano affatto – anche se Mylo sapeva ogni cosa di lei, ma questo era un dettaglio che doveva tenere per sé –, ed in quel momento erano soli in camera sua.

Soli. In. Camera. Sua.

Ora aveva finalmente l’occasione di osservare ciò che la ragazza si trovava davanti sin dal risveglio; poteva vedere il letto su cui dormiva - chissà com’era bella col viso ancora assonnato, mentre si stiracchiava!e scorgere un pezzo della quotidianità della ragazza che gli piaceva.

Era una cosa davvero strana. Ancora più inconsueta se si pensava al fatto che lui dovesse togliersela dalla testa. Immaginarla in pigiama – anche in uno di quelli orrendi in pile, che pungono - di certo non era d’aiuto.

Mylo prese posto accanto a Ryder, facendo attenzione a non invadere il suo spazio. Voleva – e doveva – evitare ogni minimo contatto.

Lei prese il foglio col programma e gli diede un’ultima occhiata.

Bene, vediamo quanto c’è da lavorare. Dimmi qual è l’argomento che ti ha dato più problemi”.

Mylo alzò un sopracciglio al sentire quelle parole.

Tu che dici? Rischio la bocciatura, ci sarà un motivo”.

Ryder storse leggermente la bocca e si concentrò un attimo.

Allora, io direi di fare così: prendiamo tutta la parte teorica, quindi dovrai studiare tutto ciò che abbiamo fatto sul corpo umano”.

Oh, questo è facile!” la interruppe e si beccò un’occhiata in tralice.

Concedimi di dire che se fosse stato facile ora non saremo qui”. Touchè! “ La seconda parte consiste nel preparare un riscaldamento e nel saper conoscere le regole di almeno tre sport”.

Mylo, nel frattempo, prendeva appunti su ciò che Ryder gli diceva.

Sì, però non possiamo iniziare adesso!” protestò. “Non ho i libri per queste ricerche”.

Ryder si alzò dalla sedia e si diresse alla libreria.

Dovrei avere io qualcosa per te”. Mentre era intenta a cercare ciò che le serviva, Mylo si perse nel guardarla giocare con la fine della coda di cavallo in cui aveva raccolto i capelli.

Sapeva per certo che avessero un ottimo profumo, lo aveva sentito quando si era seduta vicino a lui.

Non era proprio magrissima ma formosa al punto giusto. La linea dei fianchi, visibile attraverso il tessuto, si perdeva nella lunghezza delle gambe tornite, anche se non molto lunghe. Mylo era molto più alto di Ryder. Per un solo attimo, si chiese come sarebbe stato poterla abbracciare.

Dovette interrompere quei pensieri quando si accorse che Ryder stava tornando da lui e si voltò di nuovo verso la scrivania.

Ho trovato il libro giusto”. Si mise alle spalle di Mylo e passò il libro sulla sua testa per poi poggiarlo proprio davanti a lui. In tutto questo, lei era ancora dietro di lui. Si era solo sporta leggermente per mostrargli l’indice del libro e fargli vedere ciò che gli interessava.

Mylo s’irrigidì e sbarrò gli occhi.

G-grazie”.

Dio, che vergogna! Possibile che davanti a lei non riuscisse ad articolare una frase di senso compiuto?

Vedi?” Era vicina. “Qui c’è tutto quello che ti serve”. Tremendamente vicina.

Mylo annuì facendo un cenno col capo.

Lo aveva già detto che aveva un buon profumo?

E che adorava che i suoi capelli gli facessero il solletico sul collo?

E che gli piacevano le sue piccole mani candide?

Mylo? Tutto ok?” Quanto era bello il suo nome su quelle labbra?

Si girò verso di lei. Erano uno di fronte all’altra; lei lo guardava con espressione preoccupata, accentuando in tal modo una piccola ruga fra le sopracciglia.

Non seppe mai quale forza lo spinse a compiere quel gesto sconsiderato, irresponsabile e immaturo.

L’unica consapevolezza era che aveva trovato il coraggio di prenderle il viso fra le mani, concedendosi di fissarla per qualche istante. Lei sembrava stupita. Non preoccupata o arrabbiata. Solo stranita. Mylo capì che doveva agire in fretta, così avvicinò il suo viso a quello di Ryder e la baciò.

Era pronto all’eventualità che, non appena le sue labbra avessero sfiorato quelle della ragazza, lei si sarebbe allontanata urlandogli di lasciare subito casa sua.

Invece niente di tutto questo. Assolutamente nulla.

Lei andò a cingergli il collo con le braccia, sedendosi sulle sue gambe.

Mylo fece scivolare le proprie mani dal viso di Ryder fino ai suoi fianchi. Averla così vicina era qualcosa di indescrivibile. Lei era così morbida sopra di lui. Morbida e perfetta.

Fu Ryder ad approfondire il bacio, chiedendo – e ottenendo – il permesso alla bocca di Mylo. Non fu un bacio irruento, solo passionale. Era una situazione così strana. Persino inverosimile.

Le sue labbra erano così morbide e vellutate. Le sue piccole mani, ora aggrappate alle spalle di Mylo, erano sicure di ciò che facevano. Sicure ed esperte.

Mylo si aspettava che si tirasse indietro; aveva temuto che, dopo averla baciata, si sarebbe ritrovato cinque dita stampate sulla guancia.

Lei sapeva quello che stava facendo, lui no.

Lei era la ragazza perfetta per qualsiasi ragazzo in vista del liceo. Lui era uno degli invisibili. E stava perdendo d’occhio il suo obiettivo.

Non devo distrarmi” si disse mentalmente.

Un emerito cavolo.

Ormai la fase “distrazione” era bell’e passata. Se ne accorse quando Ryder andò a cercare con la mano libera il cavallo dei suoi pantaloni, trovando subito la fibbia della cintura.

Un attimo.

Lei che si faceva avanti. E lui indossava dei boxer di “The Nightmare before Christmas”.

Praticamente il finimondo.

Le bloccò il polso, in maniera più delicata possibile.

Non posso” sospirò Mylo.

Un mugugno indistinto venne fuori dalle labbra di Ryder. O non lo stava ascoltando, o non lo aveva preso sul serio.

Mylo la allontanò da sé, facendola alzare. Lei lo guardava contrita, cercando di capire cosa stesse succedendo e, quando fece per avvicinarsi nuovamente, lui allungò il braccio, scuotendo la testa in cenno negativo.

Tenne lo sguardo basso, mentre una stupita Ryder lo vedeva andar via con una dignità inesistente.

 

 

****

 

Un urlo squarciò il silenzio in casa Whellington.

Morgan finiscila di urlare!”

Mylo si batté una mano in fronte, ormai esasperato. Morgan, senza ormai un filo di voce, guardava l’amico, boccheggiando nel vano tentativo di articolare qualche parola di senso compiuto, si stava letteralmente sbracciando.

Smettila di agitarti!”

Ma sei scemo?” gridò Morgan.

Lo hai già detto!” Mylo si buttò sul letto coprendosi il viso con le mani.

E lo ripeto! Mi spieghi perché dopo tutte le seghe mentali che ti sei fatto, l’hai baciata?”

Chi ha baciato chi?” Mylo si raggelò, sentendo la voce di Austin.

Tuo fratello ha baciato Ryder” buttò lì Morgan.

Oh, oh!”

Ed ecco un altro commento davvero intelligente.

Sei arrivato alla casa base?” s’informò Austin.

Morgan mosse una mano come per voler scacciare una mosca.

Nah, è fuggito!”

Mylo lanciò un cuscino, colpendo l’amico in pieno viso.

Grazie, Morgan” proferì funereo.

Beh” iniziò Austin “Se potessi darei io ripetizioni a Ryder”.

Dio, ma i ragazzi etero sono tutti così scontati?” Morgan aveva un’espressione schifata in viso.

Mylo lanciò all’amico un’occhiata che non prometteva nulla di buono. E Morgan capì.

Non fare cazzate” sputò a denti stretti.

Austin, ti interesserebbe uscire con Ryder?”

Gli occhi del ragazzo si illuminarono. Mylo scrisse il numero su un foglietto e lo passò al fratello.

Quest’ultimo, in uno slancio di euforia, lo abbracciò, rischiando di stritolarlo.

Ok, la verità era che Austin era un affarista, in quel gesto non c’era nulla di affettuoso.

Austin uscì di corsa dalla camera di Mylo, che era intento a fissare la scena.

Sentì una mano colpirgli il collo.

Ahia!”

Ti sta bene! Mi spieghi che cazzo fai?”

Lo sai. Non devo…”

Distrarmi! Lo hai già detto! Pe io ti ripeto che stai facendo una grandissima fesseria. Andiamo, sei Mylo Whellington! Riesci a fare qualunque cosa tu voglia! C’è un’altra ragione, ne sono sicuro! So benissimo che tu non me la dirai, ma sappi che quando capirò che cosa ti succede, non potrai negare”.

 

 

 

 

Il mio angolino

Eccomi qua! Riesco ad aggiornare dopo nove giorni. Wow!

Colgo l'occasione per ringraziare coloro che hanno recensito lo scorso capitolo, o che silenziosamente seguono questa storia, mettendola fra le preferite o le seguite.

Un particolare ringraziamento va a SweetTaiga, per il betaggio ultra mega veloce (?).

Alla prossima.

 

N.

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Capitolo 3
*** Il triangolo no – Ovvero quando Ryder uscì con Austin ma baciò Mylo ***


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Capitolo 3
Il triangolo no – Ovvero quando Ryder uscì con Austin ma baciò Mylo”
 

Mylo, seduto sul davanzale della finestra, stava rigirando un trinciato –unico trastullo di Morgan da cui si era lasciato contagiare – quando sentì una chiave girare nella toppa della serratura. Si affacciò e trovò Austin, appoggiato contro il muro.
Appena incrociò il suo sguardo, gli lanciò un’occhiata truce.
“Sappi che mi hai fatto davvero uno scherzo del cazzo”.
Mylo guardò il fratello in modo interrogativo.
“E non far finta di non sapere nulla!”
“Se tu mi spiegassi…” tentò Mylo.
“Ryder mi ha mandato in bianco! E mi ci gioco il culo che in qualche modo ci sei tu in mezzo!” sbraitò Austin.
Mylo spalancò la bocca, non sapendo bene se esserne felice oppure sorpreso.
No, un attimo: lui doveva essere stupito e triste per il fratello. Il problema fu che non riuscì a dissimulare un piccolo sorriso.
Austin lo spinse da una parte.
“Spostati, coglione!”
Mylo rimase per qualche minuto ancora interdetto e poi corse subito in camera sua.
Prese il telefono e digitò un numero sul tastierino.
“Mh…”
“Morgan, smettila di fare l’incazzato. Ci possiamo vedere fra dieci minuti da te?”  
“Mia madre non vuole. Ha detto che non devo parlare con gli sconosciuti e le teste di cazzo” replicò piatto il ragazzo.
“E se ti dicessi che ho grosse novità?”
“Mh…”
Faceva il difficile ma Mylo sapeva che tasti premere con Morgan.
“E che queste novità riguardano Ryder?”
“Porta il tuo culo bianco e basso qui, subito!”
 
 
****
“Smettila di guardarmi in quel modo, mi fai venire i brividi” si lamentò Mylo.
Lui e Morgan erano stesi sul letto di quest’ultimo, dopo che era venuto a conoscenza dell’accaduto.
“Come ti sto guardando? Mica sei il mio tipo” precisò Morgan.
“No, stai facendo di peggio. Sembri una ragazzina che guarda “Twilight” e prega che arrivi la scena in cui Jacob si toglie la maglietta”.
“Mh” il ragazzo ci pensò per un po’. “Il film non era granché, ma credo che quel momento meritasse. Ah, se lo avessi avuto vicino! Fossi stato in Bella, altro che Eddie…”
“Smettila!” Mylo pizzicò il fianco di Morgan, che sbuffò e poggiò la testa sul suo petto.
“Allora, hai deciso che farai?”
“Riguardo a cosa?”
Stavolta fu Morgan a pizzicare Mylo.
“E va bene! Vuoi la verità? Resto della mia idea. Cioè, mi ci vedi con Ryder Thomas?Magari mentre camminiamo fianco a fianco? Io per nulla…”
“Ma stasera lei ha rifiutato Austin. Segno che se lei può cambiare le carte in tavola. E, se può riuscirci lei, allora puoi farlo anche tu. Dai, non vorrai vivere ancora con certi stereotipi!”
“Per te è facile, tu te ne sei sempre fregato. Sei andato per la tua strada, senza dare alcun peso a ciò che dicevano gli altri”.
Mylo accarezzò i rasta di Morgan.
“Se non avessi fatto così, a quest’ora non sarei qui a parlarne. Sai bene quante ne ho passate…”
Mylo sospirò. Fin troppe.
“Non vuoi nemmeno provarci? Neanche per il ballo?”
“Il ballo è fra quattro giorni! Credi davvero che Ryder non abbia ancora trovato con chi andarci? Io ne dubito”.
Morgan non ebbe nulla da ridire. Su questo Mylo aveva ragione.
 
 
****
 
Mylo camminava per i corridoi della scuola, col naso appiccicato al suo libro di chimica.
Quella mattina si era svegliato con uno strano senso di frenesia e ansia che lo rendeva suscettibile verso qualunque cosa.
In un modo o nell’altro, i ricordi del bacio che aveva dato a Ryder gli tornavano continuamente in mente. E lui non voleva che questo accadesse, perché ogni volta ciò che aveva fatto gli sembrava sempre più giusto. Sempre più bello.
Iniziava a pensare quanto fosse graziosa vista da vicino – la distanza di un bacio -; a quanto profondi fossero i suoi occhi verdi; a quanto delicata fosse la sua pelle quando le aveva preso il viso fra le mani.
Non riusciva a concentrarsi: si ritrovava a rileggere lo stesso paragrafo per tre volte di fila, senza cavarne nulla.
Mentre era intento in queste riflessioni, si sentì tirare all’improvviso verso una porta socchiusa.
“Ma cosa…” Una mano gli si piazzò sulla bocca, spegnendo ogni protesta.
“Ssh!”
“Ryder!” sussurrò Mylo. Le sue parole furono interrotte sul nascere dalle labbra della ragazza che, frenetiche, cercavano le sue. C’era urgenza in quel bacio. Necessità di sentire sensazioni nuove, sopite e mai volute affrontare.
“Desideravo farlo sin da quando mi hai baciata, Mylo. Non riesco a levarmi dalla testa quello che è successo”.
Ryder abbracciò il ragazzo, nascondendo il viso fra il collo e la spalla. Rifugio sicuro, angolo protetto.
Mylo in tutto questo non riuscì a trovare la forza di abbracciarla, la spostò delicatamente.
S’impose di non perdersi nel mare inquieto e profondo di quegli incredibili occhi chiari.
Per Ryder lui era sicurezza, stabilità e conforto; Mylo invece, quando la guardava, si sentiva destabilizzato: era come non avere la terra sotto i piedi e volersi perdere in quell’attimo.
 E lui non poteva permettersi tutto questo.
“Perché ti sei tirata indietro con mio fratello?” Mylo teneva la testa bassa. Le parole gli fuggirono dalle labbra, come se non fosse stato lui a pronunciarle.
Ryder lo guardò, spalancando gli occhi; poi anche lei abbassò lo sguardo, nascondendo la delusione del momento.
“Io…” Un sospiro lungo e profondo. “Non potevo, ok? Non potevo perché ogni singola volta che guardavo lui, pensavo a te. E non immaginavo te al suo posto, no! Pensavo che quello era tuo fratello, e che era nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Perché il fatto che vi somigliate non sarebbe servito a rimpiazzarti. Dio solo sa quanto ti ho pensato da quando mi hai baciata.  Tu, il ragazzo del primo banco, che mi ha rubato il bacio più bello che abbia mai ricevuto. Perché sono sicura, mi ci gioco la testa, che per te non conta chi sono o che cosa indosso. Conta ciò che penso, ciò che provo. Io l’ho capito. Ora devi capirlo tu”.
Detto questo, Ryder se ne andò, lasciando Mylo da solo. Solo com’era stata lei, dopo la fuga del ragazzo.
Era il karma. La legge del contrappasso.
Qualunque cosa fosse, Mylo si sentiva comunque uno schifo.

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Capitolo 4
*** Ma tu non sai ballare! – Ovvero quando Mylo mise le scarpette da ballo ***


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Capitolo 4
Ma tu non sai ballare! – Ovvero quando Mylo mise le sue scarpette da ballo
 

“Lascia che ti dica una cosa: tu per me stai facendo una fesseria”.
Morgan e Mylo erano seduti su una panchina accanto alla fontana, proprio al centro della piazza antistante alla scuola.
Mylo aveva raccontato all’amico ciò che era successo con Ryder e, dopo che Morgan aveva espresso il suo illuminante parere, aveva iniziato a sbuffare, nascondendo il viso fra le mani, esausto di tutta quella situazione.
“Ma…”
“Non c’è niente che tu possa dire per giustificarti!” sbottò Morgan. “Ti se giocato la possibilità di stare con l’unica ragazza che ti sia mai piaciuta perché sei troppo ottuso!”
“E mi spieghi perché dovrei espormi?” urlò Mylo. “Per vedere gli altri ridere di me? Dell’anonimo ragazzo inglese che avrà una storia con il vice capitano delle cheerleaders e che verrà lasciato dopo appena due giorni, non appena lei si sarà stancata di lui?”
“Sai cosa? Ha ragione Ryder! Lei ha capito cosa vuole, tu invece non riesci ad andare oltre te stesso. Te ne stai chiuso a riccio fra quattro pareti a vivere di razionalità, perché ciò che non puoi spiegare ti spaventa. Mylo, stai lasciando che la tua vita scorra piatta e ordinaria, quando dovresti essere tu a deciderne il corso e a viverla”.
A quelle parole Mylo crollò sullo schienale della panchina.
“Resta il fatto che ormai è troppo tardi! Lei di sicuro avrà già il cavaliere. E, mentre io me ne starò a casa a studiare per quello stupido test, si divertirà al ballo dell’ultimo anno, sarà eletta reginetta e vivrà la sua serata perfetta”.
“E tu rimarrai col dubbio di come sarebbe potuta essere questa serata passata con lei. Senti Mylo, sai che ti voglio bene ma questo è troppo. Ti stai facendo del male con le tue stesse mani ed io non riesco a starti accanto”.
Detto questo, Morgan si alzò e lasciò Mylo da solo.
 
 
****
   
 
 
Fuori piovigginava. Piccole gocce d’acqua leggere segnavano il loro percorso sulla finestra quasi aperta; si diffondeva nell’aria l’odore intenso dell’asfalto bagnato.
Mylo continuava ad agitarsi sulla sedia nell’intento di trovare la concentrazione per studiare. Stava sul serio iniziando ad odiare quel dannato libro di ginnastica.
Non usava quello che gli aveva dato Ryder: era rimasto a casa sua nel momento in cui era fuggito.
Iniziava ad odiare tutta quella situazione. Era diventata ingestibile e lui odiava perdere il controllo di ciò che gli capitava intorno. Lui era un perfezionista e doveva riuscire a controllare ogni cosa.
Ma stavolta non riusciva a tenere tutto  a bada. Per la prima volta si trovava di fronte a qualcosa più grande di lui: i suoi sentimenti.
Guardò l’orologio che aveva al polso: erano le otto. Ryder doveva già essere sulla limousine col suo cavaliere. Se la immaginava bellissima, con addosso il suo abito da sera.
Perfetta, con i capelli sistemati a regola d’arte.
Ad un trattò squillò il telefono di casa.
La madre di Mylo si affacciò in camera e gli porse il cordless.
“Mylo, è Morgan”.
Mylo guardò diffidente l’apparecchio, poi lo prese e se lo portò all’orecchio.
“Pronto?” Sospirò rumorosamente.
“Hai un’ultima occasione. Puoi andare al ballo e recuperare il tempo perso, oppure puoi stare in camera tua con la consapevolezza che passerai i prossimi vent’anni della tua vita a rimuginare su questa serata”.
Mylo sentì un senso di spossatezza invaderlo. Si sentiva così impotente. Per la prima volta in vita sua, non avrebbe trovato la risposta che cercava in nessun libro. Non c’era niente di razionale.
“Lascia perdere, Morgan”. Chiuse il telefono in faccia all’amico senza dargli il tempo di replicare.
Tutte queste complicazioni non facevano per lui. Lui preferiva starsene in un angolo, mentre il mondo scorreva. Lui non era parte di quell’universo variopinto e movimentato.
Ma Ryder sì. Lei era così perfetta, così radiosa. Lei, col suo sorriso brillante, i suoi occhi vispi, con i suoi modi di fare.  Mylo avrebbe tanto voluto far parte di tutto questo. Ma poteva? Lui che non aveva mai trovato un posto nel mondo e che fingeva di averlo, avrebbe trovato almeno uno spazio nel cuore di Ryder?
E poi la spossatezza venne sostituita dalla frenesia. Un’energia che si spandeva dalla punta dei capelli a quella della dita.
“Mamma, esco!” aveva urlato in direzione della cucina, ma in realtà non gli importava sapere se l’avesse sentito o meno.
Uscì di corsa in strada; la pioggia era diventata più insistente. Sentiva le piccole goccioline bagnargli i vestiti, ed era come se gli entrassero sottopelle.
Per la prima volta in vita sua, percepì una scarica di adrenalina. Quella che ti fa sentire i brividi, quella che si smuove, quella che ti fa tremare.
Arrivò a casa di Morgan, ormai fradicio. Alzò lo sguardo e vide che la finestra della camera dell’amico era aperta e la luce era accesa.
“Morgan!” chiamò a gran voce.
Nessuna risposta.
“Morgan!” riprovò.
Dopo poco comparve il ragazzo chiamato in causa. Aveva il volto scuro. Mylo sapeva che era arrabbiato con lui.
“Vado al ballo! Vado da Ryder!”
Morgan spalancò gli occhi.
“Che diavolo dici?”
“Accompagnami al ballo!”
Morgan scese di corsa, con in mano il casco e le chiavi del motorino.
“Ti sei completamente ammattito?” Squadrava Mylo con fare sospettoso.
“Sei stato tu a dirmi di buttarmi ed è quello che farò!”
Salirono in motorino e partirono in direzione della scuola.
 
                                                                    ****
                     
 
Quando arrivarono a destinazione, Mylo incrociò lo sguardo serio di Morgan.
“Andiamo, sputa il rospo!”
Morgan si appoggiò al sedile del motorino, incrociando le braccia al petto.
Erano entrambi fradici e poco importava se si sarebbero beccati un malanno.
Morgan sospirò e poi tutto d’un fiato disse: “Lei è venuta da sola al ballo”.
Mylo strabuzzò gli occhi.
“Come scusa?”
“Lei non ha un cavaliere per questo ballo” spiegò sbrigativo.
“E perché non me lo hai detto prima? Oh, di questo parleremo poi. Adesso è meglio che vada da lei!”
“Tu non sai ballare!” gli urlò dietro l’altro.
Mylo fuggì, lasciandolo solo sotto la pioggia.
Spinse il maniglione antipanico. Ormai era dentro.
 
 
****
 
 
E poi la vide. Bella come se l’era immaginata. Bella com’era sempre stata. Dentro un lungo abito color pesca; sembrava così a suo agio. Portava i capelli raccolti in uno chignon morbido. Parlava con tutti, sorrideva a chiunque. Mylo notò un particolare: Ryder non aveva nessun fiore al polso. Era davvero sola. Avrebbe dovuto ringraziare Morgan.
Sapeva bene di essere fuori posto, in mezzo a tutti quegli abiti perfettamente sistemati e a tutte quelle persone tirate a lucido. Lui era bagnato fradicio, con addosso una vecchia maglia dei Lakers e un paio di bermuda a righe.
 La verità era che gli importava ben poco. L’unico sguardo che voleva su di sé era quello della ragazza dai lunghi capelli biondi ramati.
Quasi come se l’avesse chiamata, lei girò lo sguardo verso di lui. E tutto in quel momento sembrava perfetto. Niente fuori posto, tutto in ordine.
In qualche modo, nella sala gremita di studenti, per un attimo – uno solo, ma lungo un’eternità – si erano trovati solo loro.
Ed entrambi, calamita l’uno dell’altra, avevano mosso i primi passi.
Poi era arrivato il primo contatto. Congiunzione di mani, intreccio di dita, sfregamento di epidermide.
“Eccoti” aveva sussurrato Ryder. E sorrideva, con uno dei suoi sorrisi più belli. Così radiosa, così raggiante. E sorrideva anche Mylo.
Lui aveva liberato una mano e l’aveva posta su un fianco di Ryder in modo da avvicinarla maggiormente a sé.
Non gli importava per niente di rovinare quel bellissimo abito. Perché lui sapeva bene che non era l’indumento ad essere bello. Era lei che rendeva ogni abito particolare. La ricordava perfetta anche in quella tuta, il giorno del loro primo bacio.
Mylo poggiò la sua fronte contro quella di Ryder.
“Signorina Thomas, mi concede questo ballo?”
La risata di Ryder arrivò nitida e cristallina alle sue orecchie: era la più bella melodia che avesse mai ascoltato.
Si trovò incantato a guardare le fossette adorabili che si formarono ai lati della bocca di Ryder quando lei gli sorrise.
A un tratto si sentì tirare – una sensazione di déjà vulo colpì -, ma non fece domande. Decise di fidarsi e si lasciò trascinare da Ryder.
Si fece condurre fuori dalla palestra, incrociò lo sguardo di Morgan, che gli sorrise; tutti gli altri, invece, assistevano allibiti alla scena.
Sì, Mylo Whellington è al ballo con Ryder Thomas.
Erano sotto la pioggia, che ormai si era fatta battente. Guardò Ryder, allontanatasi di poco, fare un buffo inchino e la imitò, mentre entrambi ridevano come bambini.
Quando la strinse a sé, capii che quella era la prima volta in cui si sentivadavvero felice, davvero completo.
Le prese il viso fra le mani, sentendo la pelle liscia completamente bagnata, e la baciò delicatamente. Temeva che tutto potesse sparire e non voleva che accadesse. Lui aveva trovato ciò che cercava da una vita. Non doveva sfuggirgli.
Fu Ryder ad approfondire il bacio. Niente era cambiato. Nessuno dei due aveva scordato la consistenza delle labbra dell’altro. Né il profumo della pelle, né la perfezione del momento che si creava ogni volta che erano da soli.
“Siamo fradici” sussurrò Mylo quando, dopo essersi allontanati impercettibilmente, poggiò la fronte contro quella di Ryder.
“Siamo soli” aveva detto Ryder “E sto bene anche qui. Anche se siamo bagnati come pulcini; anche se domani il mio abito sarà da buttare; anche se mi si rovinerà il trucco; anche se vorrei sedermi perché mi fanno male i piedi. E sai perché?”
Mylo scosse la testa.
“Perché siamo solo io e te. Solo questo conta. Abbiamo passato troppo tempo divisi” gli mise le braccia intorno al collo “Adesso dobbiamo pensare solo a noi”.
“Quindi domani potremo iniziare ad andare in giro per la scuola mano nella mano?” chiese Mylo ridacchiando. “Anche se sono stato un idiota, mi sono comportato da egoista, ho avuto una paura incredibile dei miei sentimenti e continuo a credere di non essere abbastanza per te?”
“Non voglio più sentirti dire queste fesserie!” lo riprese Ryder. Lo abbracciò più forte.
“Tu per me sei perfetto. Mi piace guardarti quando sei tutto concentrato mentre studi, oppure quando sei intento a prendere appunti durante le lezioni…”
“Ma avevi detto di non sapere nemmeno che fossimo in classe insieme!” Mylo la guardò con aria interrogativa.
“Ho mentito!” rise Ryder. “La prima stupida fra i due ero io! Perché mi piacevi, ma io ero la prima a voler sottostare a quelle stupide restrizioni. Poi mi hai baciata…”
Mylo interruppe quel discorso baciandola teneramente.
“E non mi stancherò mai di farlo” precisò lui.
“Mai?”
“Mai” Un piccolo bacio sul mento, per catturare una goccia di pioggia. “Mai” Un bacio sulla guancia destra, per fermare il percorso di una lacrima che si era mischiata all’acqua salata. “Mai” Un bacio sulla guancia sinistra, per evitare che questa potesse essere gelosa della compagna. “Mai” Un bacio sulla punta del naso, per esprimere tutta la tenerezza – e l’amore - che li univa.

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Capitolo 5
*** Vestiti chic e maghi platinati – Ovvero la vita dei nostri eroi dopo il ballo ***


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                                                                                                                    Capitolo 5
Vestiti chic e maghi platinati – Ovvero la vita dei nostri eroi dopo il ballo

 
 
“Wow!”
“Sì, credo che renda l’idea”. Ryder ridacchiò tenendo il viso nascosto contro il collo di Mylo.  In quel momento erano un groviglio di lenzuola e gambe, ancora spossati da tutta quell’attività fisica che aveva occupato loro il pomeriggio. Pelle contro pelle, erano avvolti dal piumone nero di “Star Wars” che il ragazzo usava d’inverno.
“Devi farmi una promessa” sussurrò Ryder.
Aveva la testa poggiata sul petto di Mylo e il ragazzo dovette spostarsi leggermente per poterla vedere in viso. Aggrottò le sopracciglia aspettando che lei si spiegasse. Non sapeva se preoccuparsi o meno.
“Questo piumone deve sparire!”
A quelle parole tirò interiormente un sospiro di sollievo, ma decise comunque di fingersi indignato.
“Cosa? Non se ne parla proprio, è sempre stato qui e ci resterà!”
“Dai, ammettilo! È  inquietante! Facciamo l’amore mentre siamo tenuti d’occhio da Dart Fener, Anakin Skywalker e compagnia bella!”
Mylo quando sentì quelle parole diede un piccolo colpo di reni e sovrastò Ryder; senza darle nemmeno il tempo di reagire, la baciò con passione.
“E questo per che cos’era?” domandò lei.
“Per la citazione” spiegò Mylo, con un sorriso furbo stampato sulle labbra. La verità era che si era sentito al settimo cielo alle parole “fare l’amore”. Delle volte gli faceva ancora strano.
 Posò il mento sul petto della ragazza.
“Non puoi distrarmi così!” protestò Ryder. “Allora, leverai questo piumone?”
“No, sono irremovibile!”
Ryder gli fece la linguaccia.
“Allora anche io sarò irremovibile… su  altro”. Mylo spalancò la bocca, contrariato.
“Non oseresti” sussurrò.
“Oh, questo è da vedere Whellington”
“Ah, è così? Usi il tuo corpo per ricattarmi?”  Ryder ghignò e annuì.
Mylo si buttò di peso su Ryder e, dopo averla bloccata, iniziò a farle il solletico.
“Fermo, ti prego!” urlava lei, con le lacrime agli occhi.
“Giura che non tirerai più in ballo il mio piumone e che non mi ricatterai!”
Ryder cercò di prender fiato mentre si dimenava, tentando di bloccare le mani del ragazzo.
“Giuro!” tentò di dire con la voce spezzata. “Basta, ti prego!”
“Dillo” sussurrò Mylo a pochi centimetri dalle sue labbra.
“Giuro che non ti dirò più nulla per il piumone”.
“Bene”.
Presero a baciarsi e Ryder intrecciò le mani alla nuca di Mylo, andando a incastrare le dita fra i capelli.  Lui iniziò ad accarezzarle i fianchi, in maniera lenta.
Si completavano a vicenda, dove finiva lei  iniziava lui. C’era una perfetta combinazione di cervello ed estetica.
Ryder con lui si sentiva felice come mai in vita sua.
Erano trascorse due settimane dalla loro sconvolgente entrata a scuola, la mattina dopo il ballo. Nessuno li additava o li squadrava più; insomma, era il bello di essere in un liceo: il giorno dopo si ha sempre qualcosa di nuovo di cui parlare – e sparlare.
Agli occhi degli altri sarebbero rimasti sempre Secchia e il vice capitano dei Penguins, ma loro non davano peso a questo.
 Erano solo Mylo e Ryder, due ragazzi innamorati. Avevano  caratteri molto diversi, ma non per questo inconciliabili. Avevano imparato a scoprirsi pian piano. Ogni giorno uno insegnava qualcosa all’altra e viceversa.
In quel periodo passato insieme, Ryder aveva guardato tutti i film de “Il Signore degli Anelli”; inizialmente titubante, si era ritrovata affascinata dal genere fantasy e aveva cercato altre saghe da seguire, come ad esempio “Harry Potter”, dove aveva perso la testa per Draco Malfoy, forse perché un po’ la rispecchiava caratterialmente.
 Non avrebbe mai ammesso niente di tutto questo ad alta voce, nemmeno sotto tortura.
Soprattutto l’ultima parte: dubitava fortemente che a Mylo sarebbe piaciuto avere un rivale, seppure immaginario.
E poi c’era stato il grande passo in avanti del guardaroba di Mylo: la ragazza aveva fatto sparire tutti – ma proprio tutti -  i bermuda a righe. Mylo aveva difeso a spada tratta le sue magliette  di gruppi rock, punk e indie. Ma sui bermuda aveva dovuto deporre le armi.
“Sono imbarazzanti” aveva detto Ryder.
L’altro aveva cercato di ribattere, ma alla fine si era arreso. Erano  sopravvissuti solo un paio di bermuda: quelli che Mylo indossava la sera del ballo. La ragazza non era riuscita a opporsi, vista l’importanza affettiva che avevano per entrambi.
Morgan aveva incoraggiato questo cambiamento assecondando – obbligando - Mylo a fare shopping.
Oltre ad aver trovato egli stesso qualcuno con cui fare shopping, ma questa è un’altra storia…
Lui e Ryder si trovavano d’accordo su tanti aspetti, cosa che si rivoltò contro Mylo quando decise che voleva farsi crescere i capelli. Idea che dovette abbandonare il giorno successivo, quando Morgan gli tagliò parecchie ciocche di capelli mentre dormiva: fu costretto a tagliarli corti.
CasualmenteRyder aveva comprato una macchinetta da parrucchiere per il padre; l’oggetto, misteriosamente, non lasciò mai la casa del ragazzo.

I boxer di “The Nightmare Before Christmas” furono molto apprezzati da Ryder, che decise di usarli come pigiama quando si fermava a dormire da Mylo.
Il vestito che Ryder usò  al ballo finì nella spazzatura.
Mylo riuscì a venir fuori integro dall’incontro  col padre della ragazza: ha ancora tutte le ossa al loro posto, anche se per qualche giorno non riuscì a stringere bene il pugno.
Per quanto riguarda l’educazione fisica, Mylo riuscì a recuperare il votaccio. Cominciò ad andare a correre ogni giorno, insieme a Ryder. A quanto pare sapeva essere molto convincente.
“Mylo?”
“Mh?” mugugnò il ragazzo, con la guancia poggiata contro il petto di Ryder.
“Perché sembra che il modellino di IronMan ci fissi?”
“Ryder!”
 
 
 
 
Il mio angolino
Ed eccoci giunti alla fine di questa breve ma intensa avventura. Ormai mi ero affezionata a questi personaggi, ma per esigenze di tempo ho dovuto pensare in piccolo.
Sono davvero felice e orgogliosa del successo riscosso dalla storia.
Voglio ringraziare chi ha recensito sino ad ora ad anche a chi ha seguito in silenzio questa mia piccola pazzia.
Un ringraziamento tutto particolare a va a chi in questo percorso mi è stato accanto, supportandomi e sopportandomi.
A tuti coloro che hanno letto, leggono, leggeranno questa storia.
Tirerei fuori i fazzoletti e ve li passerei se potessi.
Mi sento così fiera di me stessa e devo ringraziarvi per questo.
E ora gli ultimi abbracci e i saluti finali.
Vi mando tanto bacini rock’n roll.
E come direbbe uno dei scrittori preferiti…
 
Fatto il misfatto.

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