M'accarezzò il collo, la pelle d'oca bruciò, con la barba ispida e leggera.
Un brivido mi percosse lento e sorpreso, come settimino fuori dalle viscere.
Aspettammo l'alba così, abbracciati, con i lampioni che ci guardavano insistenti.








 

accovacciati su questa polvere,
appoggia la guancia sul giradischi,
cosa senti? cosa provi? cosa immagini?
dimmelo, perché io non voglio essere solo un attimo,
anche se momento memorabile:
io voglio essere eterno bicchiere d'acqua
che ogni qual volta ingurgiti,
ti spegne e ti riaccende i fuochi
nelle budella.
non chiudermi le fauci della tua bocca,
perché sudo senza te.

Sapeva che non ci sarebbe stato più nessuno a proteggerla e questa convinzione evaporò con ogni lacrima raschiata d’oro.
Così, stanca, inerme, si abbandonò al piacere della morte senza risveglio alcuno.

Passò ottobre con il suo vermiglio apostrofo di freddo, passò novembre con il suo brivido di solitudine, passò dicembre, ma non passò sul serio.
La stasi che l’aveva avvolta la sgozzava piano piano, lentamente, adagio, sempre più incosciamente.

Arrivò giugno.
Giugno afoso e troppo freddo, le emicranie non passavano, non sapeva nuotare, non sapeva più parlare. Perdeva tempo, prendeva tempo.
Così tanti momenti passarono senza che nessuno le avesse mai chiesto come andava.
Ma a lei non importava, avrebbe lo stesso disprezzato ogni tipo di attenzione fasulla.



Aspettava.
Qualcosa.
 

nuda, fragile, dismessa
casa diroccata