The Rise and Fall di Silvar tales (/viewuser.php?uid=65403)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Five Years ***
Capitolo 2: *** Soul Love ***
Capitolo 3: *** Moonage Daydream ***
Capitolo 4: *** Starman ***
Capitolo 5: *** It Ain't Easy ***
Capitolo 6: *** Lady Stardust ***
Capitolo 7: *** Star ***
Capitolo 8: *** Hang On To Yourself ***
Capitolo 9: *** Ziggy Stardust ***
Capitolo 10: *** Suffragette City ***
Capitolo 11: *** Rock'n'roll Suicide ***
Capitolo 1 *** Five Years ***
The
rise and
fall
Five
years
Stiamo
parlando di togliere agli inglesi la loro colazione, vogliamo
scherzare?
Riconosciamo
onore e gloria ai signori Sandwich e Bacon, e a lei signorina! Mi
porti un altro the aromatizzato alle erbe.
Il
baffone mattutino apre circospetto una copia del Times nuova di
edicola, puzza ancora d'inchiostro e di cartone. Bagna le dita per
girare meglio le pagine, legge i titoli con aria di sufficienza, gli
occhi piccoli si stringono dietro le lenti.
«La
borsa è prospera, cavalca l'onda del capitalismo come un
destriero
senza redini».
La
cameriera reagisce simulando un sorriso bianco e finto, mentre serve
una tazza fumante di the al suo facoltoso cliente. Solo riccastri e
borghesucci nelle tavole calde di Square Mile, non tutti sono
disposti a pagare tre sterline per un caffè.
«E
chi sarebbero questi teppisti che vogliono dare alle fiamme il Regno
Unito?» Segue una risata di scherno, colma di disprezzo. La
cameriera s'agita dentro, si blocca, non riesce a simulare uno
sguardo cortese.
«Ha
letto l'articolo su quel concerto, immagino». Non ottiene
risposta.
L'uomo
d'affari si alza, la guarda negli occhi con un certo sospetto, lascia
il quotidiano sul bancone.
È
stata una provocazione estrema - offesa al pubblico decoro -
l'imbarcazione è stata fermata - questi cosiddetti
“punk” - i
giovani trovano sfogo - violenza e mancanza di obiettivi...
Gli
occhi della ragazza colgono alcuni stralci, mentre è
impegnata a
stampare lo scontrino.
«Buona
giornata signore».
Si
ritira un momento nel retrobottega, si slaccia il colletto della
camicia e stringe il collare con le borchie che le cinge la gola.
Porci
bastardi.
*
Ritagli
di giornale assemblati insieme. Questo è Sid Vicious.
Uno
scherzo della natura.
Alto,
magro, jeans attillati e strappati, cintura stretta, anfibi scuri,
giacca di pelle, parlata strascicata, occhio lento, pallido pallido
come un fantasma.
John
lo sa, lo sente a pelle che Sid è IL distruttore,
è la negazione
della negazione. Anche Malcom lo sa. Sid invece non lo sa. Non sa
cosa pensare di se stesso, Sid. Si guarda allo specchio e vede un
morto che cammina, un bestia da soma in corsa verso un precipizio. E
allora, perché non darle una spinta?
Se
dobbiamo farlo, facciamolo in grande stile!
«Sid,
non capirò mai perché a quelli come te sta
stretta la vita».
«Simon
Lydon, Simon. Vogliamo fare i ragazzi seri?»
Le
vie di Londra sono gremite, il mercato è brulicante di
vecchie e
ragazzini ingordi, l'immondizia si accumula nei vicoli meno in vista:
fogli di riviste, fumetti, ferri da stiro, televisori... come se
qualcuno si fosse messo in testa di vivere nel marciume, ma all'aria
aperta.
Simon
e John osservano con cura ogni categoria di vita umana che
incontrano. Sono tutti indaffarati nella vita, tutti corrono verso
una meta che credono essere giusta. Sempre meglio di te, Sid, che
corri verso un baratro. Ma questa non gliela dice John, è
troppo
filosofica, molto probabilmente Sid lo guarderebbe come si guarda a
una cartina geografica, sfoggiando una delle sue espressioni
più
ebeti e sghignazzando qualcosa del genere: eeehi Lydon ti sei
messo gli occhiali da professorino?
«Sono
tutti tranquilli e indaffarati, ma pensa cosa succederebbe se
sapessero che la catastrofe è vicina!»
«Di
che catastrofe vai farneticando Lydon? È in arrivo la bomba
H?»
La
loro generazione è cresciuta con l'incubo della bomba
atomica, per
cui tutte le disgrazie si associano automaticamente a una nuova
esplosione termonucleare, il che è snervante.
John
si porta una sigaretta alle labbra e gongola.
«Niente
affatto, stasera suoniamo».
«Sai
che merda...!»
Valori,
etichette, cerimonie, doveri, diritti, regole, autorità sono
accatastate insieme su stecchi di legno. La miccia è pronta,
attende
solo di essere accesa all'orrido suono del basso di Sid e delle corde
vocali di John.
«Johnny,
ai Sex Pistols do cinque anni di vita». Anche Paul vuole dire
la
sua. Giusto, fa parte del gruppo, è dentro.
Anzi
no, non me ne frega un cazzo di quello che pensa!
«Molto
meno, molto meno».
Strano,
Sid che si fissa sul viso di John, che gli passa un braccio secco
attorno alle spalle, che per un raro momento pensa che la sua vita
possa non essere uno scherzo di cattivo gusto.
«Se
la gente sapesse che il mondo che conoscono loro sta per finire, che
è in arrivo la catastrofe Sex Pistols, probabilmente
impazzirebbero
e strillerebbero come poppanti».
«E
tu che faresti Johnny?»
Lydon
si toglie Sid di dosso, lo guarda male, poi tira su col naso.
«Io
mi farei un gran vascone di popcorn e mi godrei lo
spettacolo».
Vi
immaginate le sirene antiaeree, il coprifuoco, gli altoparlanti?
Attenzione, stanno per arrivare i Sex Pistols! Chiunque sia borioso,
simpatizzante monarchico o hippie si rifugi nei bunker e attenda
l'apocalisse punk!
Note: questa storia
a più capitoli si è classificata prima al contest
“When the music’s over” indetto
da DazedAndConfused.
Come da consegna, ogni capitolo è ispirato a una traccia
dell'album di David Bowie The
Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars.
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Capitolo 2 *** Soul Love ***
Soul
love
Due
ore prima del concerto John trova Sid a casa di Paul. Si è
chiuso a
chiave, ha dovuto spaccare un vetro per entrare, si è ferito
le mani
e, cazzo, fanno male. Non è un masochista come Sid.
Paul
non c'è, bell'idiota a lasciare il suo appartamento, per
quanto
schifoso sia, in mano a Sid. In dieci minuti riesce a trasformare una
merda in una merda distrutta: le tende strappate, la carta da parati
tappezzata di scritte, il pavimento costellato di vetri rotti.
Sid
è seduto nel bel mezzo del corridoio di servizio, occhi
fissi, petto
nudo, siringa infilata nel braccio. Bravo coglione.
«Cazzo
fai stronzo? Ci aspettano tra due ore al Crunchy!»
Gli
estrae l'ago dalla vena, lo mette in piedi di forza senza fatica, Sid
è leggero.
«Non
mi va Johnny, perché non ci facciamo una scopata?»
Con
gli occhi semichiusi, Sid gli tormenta il muso con la mano, come per
scacciare una mosca.
John
lo guarda per alcuni secondi, cercando di capire se l'amico
è fatto
del tutto o se è lucido e sta solamente fingendo.
«Bene,
fai come vuoi, vorrà dire che suoneremo con una nota stonata
in meno
stasera».
Lydon
gli tira un calcio negli stinchi per nulla amichevole e si avvia
verso la porta, per la rabbia dà un altro calcio a un
mobiletto in
legno che si rovescia, assieme a tutti i gingilli di vetro che vi
sono appoggiati sopra. Sid lo ferma, lo tira per la maglia
sbrindellata, gli volta il viso con ben poca grazia e gli ficca la
lingua in bocca.
John
risponde allontanandolo di petto, le spille attaccate ai suoi
indumenti punzecchiano la pelle nuda dell'altro. Sid finisce ancora
con il culo per terra, si graffia le caviglie sui vetri, Lydon lo
raggiunge e lo bacia, senza inibizione e senza vergogna. Si porta una
mano sul cavallo dei pantaloni in pelle, ce l'ha alzato.
Ora
gli spacco il culo a questo stronzo, letteralmente.
Lydon
ha proprio la pelle da inglese, pallida, quasi bianca, con le
lentiggini in trasparenza. Ha il naso a punta, il mento sporgente,
gli occhi allucinati. Un fisico magro e slanciato, senza un filo di
muscolo.
Sid
non lo guarda mentre si riveste, fissa il pavimento con una canna
appesa alle labbra.
Non
è amore quello che lo lega a John, è piuttosto
competizione.
D'altra parte Sid è in conflitto con qualsiasi cosa, anche
con se
stesso, è incapace di instaurare rapporti pacifici.
«Ora
che hai avuto il biscottino, bello, puoi alzare quel culo e
uscire?»
Manca
mezz'ora al concerto.
Fuck
all!
*
Concerto?
Io la chiamerei piuttosto una dissacrazione di un concerto.
«Paul
è questo che vogliamo far capire alla gente. Che ai concerti
punk
non c'è più artista e pubblico, ci sono tre figli
di puttana sul
palco che insultano un marasma di stronzi sotto».
Si
blocca.
La
figura slanciata di Sid premuta contro i cassonetti, appena fuori il
locale, e tra lui e la lamiera la Nancy che lo divora.
Si
blocca e si sgela, scuote forte la testa e tira fuori la lingua.
Quanto fa schifo.
Non
è gelosia, o almeno tenta di convincersene.
Sid
e Nancy non mettono punto fermo alla loro storia, continuano a
sfruttarsi a vicenda in una sorta di convivenza simbiotica. Allora
lei non era solo un modo per scaricare lo stress post-concerto! Che
poi, quale stress? Sid ha mai conosciuto lo stress in vita sua?
Giammai. È un perfetto situazionista.
Non
lavorare, rincorrere l'onda delle sensazioni, dedicarsi a una vita
creativa.
Il
punto è che a volte una vita creativa può
risolversi in un nulla di
fatto, se mancano la volontà e l'ispirazione.
«John,
che ti succede?» Paul gli molla un pugno sulla spalla, lo
richiama
alla realtà, lo riporta all'odore dei gas di scarico e alla
nebbia
delle insegne luminose dei night club.
«Pensi
che Sid non riesca a cavarsela da solo?»
«Mi
chiedo se Sid sia in grado di sopravvivere alla Spungen».
«È
ovvio, non ci riuscirà. Nancy è determinata a
portare Sid con sé
nella tomba».
Detto
questo Paul lascia l'amico - parola
grossa, compagno di band
piuttosto - ai suoi pensieri.
Lydon
osserva i due parlarsi a bassa voce, non si diranno niente di strano,
niente di più che ti amo e ti amo usati
come
fazzoletti di scarsa qualità.
Ma
amore non è sinonimo di amare.
Si
può provare amore per il proprio carnefice, per il proprio
gold
retriever, per la propria casa in centro a New York. Amare è
un'attività, l'amore è una stella cadente. Una
cosa che dura un
attimo, si guarda e basta.
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Capitolo 3 *** Moonage Daydream ***
Moonage
daydream
«Stare
quassù mi dà un enorme senso di soddisfazione. Mi
viene voglia di
pisciare in testa a qualche stronzo».
Sid
dice porcate e se la ride.
Guarda
le stelle assieme a Lydon avvolto in una nuvola di fumo, sigarette e
birra non mancano mai.
La
luna è sospesa e silenziosa nel cielo. Qualche ragazzina
adulatrice
una volta ha detto che le stelle cadenti sono opera dei punk. Nemmeno
gli alieni sono stati salvati dal contagio, e dunque marziani con le
creste e le spille prendono a martellate la luna, la distruggono, la
dissacrano. E le stelle cadenti sono i pezzi di luna che si
sgretolano, che schizzano via sotto colpi feroci di clava.
La
metafora è piaciuta così tanto che si
è deciso di pubblicarla
sulle punkzine di maggior successo, con annessa illustrazione. Londra
in poco tempo si è riempita di volantini raffiguranti un
gruppo di
alieni classici, verdi, bollosi, antenne intelligenti, che fanno a
pezzi il satellite con ghigni assatanati, creste da moicano e
pantaloni stretti di pelle alla Johnny Rotten.
Sotto
il disegno la scritta: l'apocalisse punk è arrivata!
Qualcuno ha
avuto il coraggio di chiedere a Lydon cosa ne pensasse di quelle
provocazioni; Lydon ha strappato il manifesto in questione, l'ha
appallottolato e ficcato in bocca allo sfortunato interlocutore.
«Si
è offerta di fare la tua puttana?»
John
passa la bottiglia a Sid che la secca in un sol colpo, rischiando di
affogarsi. John, con un gran sospirone, gli molla una manata sulla
schiena.
«N-non
essere cattivo con lei John. Guarda che io le voglio bene».
«Non
puoi fare sul serio con lei, è una troia, si è
venduta agli hippie
e al rock'n'roll», sputa per terra disgustato, «te
la fai con una
fottuta groupie americana!»
Sid
non risponde, torna a guardare le stelle, la luna e quant'altro possa
esserci di noioso e inutile nel cielo. Perché mai
interessarsi a
qualcosa che non si può raggiungere? Lui preferisce la cruda
terra.
Con
una mano sporca si slaccia la cerniera dei jeans, scavalca l'intimo e
inizia a toccarsi.
Sid
è fatto così, se gli va di fare una cosa la fa,
non importa in che
luogo, o con chi si trovi in quel momento. Lydon, poco aggraziato,
segue i suoi movimenti e li intensifica, avventurandosi sulla sua
pelle bollente e pallida, tanto conosciuta ormai.
Simon
allora lo allontana, si alza in piedi, barcolla sulle tegole per
effetto dell'alcol e si siede pochi metri più in
là.
«Sono
ancora capace di farmi una sega da solo Lydon, e comunque non era
nelle mie intenzioni».
«Fanculo».
Seguono
attimi di silenzio, ma sono attimi molto brevi. John non riesce a
stare zitto, soprattutto se ha qualcosa da dire.
«È
finta quella?»
Simon
ha una pistola appesa a uno degli anelli della cintura, si vede
lontano un miglio che è un giocattolo. Fa parte del suo
look, vuole
imitare i cowboy dei telefilm western.
Sex
Pistols, le pistole del sesso, capisci? Ricordi la mia maglietta
Lydon, quella di SEX? Cazzo, è praticamente il logo della
nostra
band!
«Certo
Johnny, che cosa credi?»
In
un attimo Lydon attacca, lo raggiunge, lo sovrasta, vuole uccidere
quel ragazzino viziato dalla lingua lunga. La famosa
crudeltà dei
suoi occhi rasenta il demoniaco, un demone del british punk, un
iniziatore. Ma Sid non reagisce, non è nemmeno lontanamente
intimorito. Lydon vuole picchiarlo? Che lo faccia, adora essere
picchiato. Lydon vuole scoparlo? Tanto meglio, almeno dopo non
potrà
più negare di essere frocio.
Sid
allarga la bocca, deforma il viso, ride. Libera la pistola dalla
cintola e l'appoggia contro la tempia di Lydon.
«Ops,
fai attenzione bello, potrei ucciderti!»
«Smettila
di dire puttanate Sidney».
La
sua voce è inaspettatamente bassa e seriosa.
Sid
allora si ferma, si ghiaccia, tiene a bada persino il respiro. John
è
sopra di lui, la sua evidente erezione preme contro la sua zona
pubica, quei pantaloni di pelle si fanno più stretti del
solito, ma
i suoi occhi sono elettrici di stelle, di sentimenti inesplicati, di
parole non dette e del buio della notte.
Sid
ha degli occhi che non sono nulla di speciale, ma ora riflettono il
cielo, catturano il colore della luna. Non sono neri, sono lucidi,
levigati come ossidiana.
Forse
Lydon non voleva né ucciderlo né scoparlo, forse
voleva solo
parlargli.
Sid
abbassa il revolver giocattolo e lascia che scivoli sulle tegole
dissestate, alza un braccio irto di bracciali e di borchie, cinge il
collo di John, si spinge contro di lui, alza il busto, le gambe, gli
tira la maglia sformata. È un bacio al sapore di birra,
sigaretta e
chissà cos'altro, un bacio umido di saliva e pungente
d'alcol.
Le
loro bocche non sanno far altro che ammutolirsi a vicenda.
Nel
cielo guizza una stella cadente, un pezzo di luna, a quanto dicono
quei freakettoni che pretendono di essere scambiati per punk. Lydon
chiude gli occhi, alza la maglietta di Sid, lo tocca sul petto magro,
si spinge contro di lui col bacino, gli ruba non più di
qualche
sospiro roco.
Hai
un desiderio da esprimere Lydon?
Non
chiedere mai a un punk quale sia il suo sogno. Avere un sogno
significa avere obiettivi, noi non facciamo pronostici, né
abbiamo
rimpianti. Viviamo il presente e vaghiamo alla cieca.
...e
inoltre quella storia delle stelle cadenti che esaudiscono i desideri
è una cagata bella e buona!
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Capitolo 4 *** Starman ***
Starman
Una
donna dalla veste ampia e i sandali, è tutto ciò
che ricorda della
madre di Sid, perché poche volte si attentava a guardarla in
faccia.
La più squallida periferia di Londra era il teatro dei loro
giochi,
tra la spazzatura e le stazioni della metro. La città era un
enorme
parco divertimenti pieno di insidie, come il veleno per topi in
granuli e i pedofili camuffati da hippie.
«Johnny,
te lo affido».
Lydon
aveva ringhiato e risposto male, non sopportava di essere chiamato
Johnny. Un soprannome che allungava il nome non aveva alcun senso.
«Fai
il bravo Simon».
Un
bambinetto bianco come il latte, patito, asociale e con le
finestrelle tra i denti: questo era Sid junior, e John avrebbe dovuto
guidarlo tra i pericoli di Londra. Era un compito che lo riempiva di
orgoglio.
John
si muoveva come una scimmia in quella giungla, sapeva quali erano i
posti da evitare per non venire pestati dai bulli più
grandi, in
quali viali si poteva giocare al tirassegno con i lampioni, in quali
altri nessuno ti sgridava se facevi secchi i piccioni con i sassi,
anzi, qualche barbone ti ringraziava pure.
«John,
ho incontrato un signore molto strano, giallo come un asiatico. Mi ha
detto che se volevo potevo giocare con lui, allora abbiamo ballato
per strada dei vecchi pezzi rock, quelli che tu detesti. Poi se
n'è
andato, ma mi ha fatto promettere di non raccontare a nessuno di
averlo incontrato».
John
ascolta disinteressato, calcia una lattina, sputa per terra, pigia
tutti i campanelli che vede. Poi assimila ciò che gli
è stato
appena detto.
«Che
coglione che sei Simon! Quello era per certo un pedofilo!»
Sid
junior ci rimane male. Non credeva che John lo rimproverasse.
«Secondo
me era un astronauta».
John,
avevi dieci anni, perché devi per forza ricordare quei
momenti come
un idiota sentimentale? Non eri tu che professavi l'I don't care?
Possibile che tu non riesca a metterlo in pratica nella tua vita?
Lydon
passa un braccio attorno alla vita di Sid, strizza gli occhi, mette a
fuoco la stanza. Fortunatamente si trova nella propria camera, le
pareti verde acido sono inconfondibili.
Sid
è immerso in un sonno tenace, ha il respiro pesante, sta
smaltendo
tutto l'alcol ingerito quella notte. Con la faccia appiccicata al
cuscino e la bocca aperta sembra essere tornato il bambino isterico e
brufoloso che era.
John
si alza in piedi scostando il groviglio di lenzuola, barcolla per
alcuni metri e inciampa in una pila di dischi in vinile. Irritato li
calcia e ne spezza alcuni, tra i quali uno in particolare attira la
sua attenzione.
Si
piega, lo prende in mano, guarda la cover.
The
Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. Il
Duca Bianco, la passione di Sid.
Bowie
d'altronde è immune da critiche, i punk l'hanno fatto loro
parente.
«Ehi
Sidney, alza il culo».
La
voce impastata di Simon si leva dal mucchio di coperte come un
mugolio dall'oltretomba.
«Cos'è
successo Johnny? Ci siamo slinguati, siamo venuti a casa tua, poi
abbiamo fatto del sesso...?»
John
lo guarda con aria di sufficienza, ha ancora le cosce umide e gli
provocano un certo fastidio al contatto con la pelle nera dei
pantaloni. Sid è fuori dal mondo, come fa a non accorgersi
di essere
stato scopato? Che merda la droga.
«Sai
Johnny, ho fatto un sogno davvero strano... incontravo un tizio
giallo, un cinese, un coreano, boh, e abbiamo ballato il pogo per
strada. Lui non riusciva a resistere senza ballare, perché
da dove
veniva lui c'è sempre musica, come un eco nel cielo,
fighissimo. Poi
se n'è dovuto andare, ma prima mi ha detto chi era,
facendomi
promettere di non dirlo a nessuno, e ora... non mi ricordo
più cosa
mi disse! Buffo no? Così nemmeno a te posso rivelare la sua
identità».
John
fa finta di essere impegnato a sistemare i dischi sullo scaffale, ma
la sua attenzione stavolta è tutta per Sid. Passa una mano
tra i
capelli arancioni, li scopre bagnati di sudore. Ripone al suo posto
l'album di Bowie, ormai rotto in pezzi, cercando di infilarlo alla
meno peggio nella sua scatola.
«Non
lo so Sidney, però penso che se tu raccontassi queste cose
in giro
ti ritroveresti in manicomio».
Io
però ti credo. Sai, forse quell'uomo era un messaggero
situazionista. Sa che poteva parlare con me, o te, o un altro punk
autentico, perché solo noi siamo in grado di cogliere un
messaggio
così rivoluzionario. Chiunque altro impazzirebbe al solo
pensiero di
un mondo capovolto, fuggirebbe via terrorizzato e denuncerebbe l'uomo
giallo alla prima stazione di polizia.
L'uomo
giallo parla con i bambini - o con i punk, il che è lo
stesso -
perché sono gli unici che possono capirlo, non
perché sia un
maniaco. Non riesce a smettere di ballare perché la musica
cosmica
suona sempre dentro alle sue orecchie, senza cavi né casse.
E se
qualcuno gli parla, ride e scuote la testa, perché se ne
infischia
dell'opinione altrui. E magari alza il dito medio, e continua a
ballare.
«Siiid,
dimmi un po', non è che ci siamo anche fatti qualche canna
ieri
sera?»
Vicious
è già in cerca di aria e imbocca l'uscita
dell'appartamento ancora
in mutande, seguito da un Lydon stranamente di buon umore.
La
televisione, ferma dalla sera prima sul canale due, interrompe la sua
trasmissione silenziosa, e l'immagine si riduce a un mucchio di linee
grigie e nere.
*
«John,
ehi John!»
«Sidney,
perché devi scassarmi le palle anche a distanza?»
«Non
fare lo scontroso, Johnny, ho trovato qualche
moneta vicino a
una cabina telefonica di King's Road, così ho pensato di
fare una
telefonata».
«Ma
sei scemo? Io sarò nella via accanto!»
«Non
è il punto Johnny, il fatto è
che con tutte le persone a cui
potevo telefonare ho scelto te! Capisci? Ho scelto te, non Nancy! Sei
contento?»
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Capitolo 5 *** It Ain't Easy ***
It
ain't easy
Volevo
tenerlo lontano dalla Spungen perché sapevo che l'avrebbe
ucciso.
Non ero geloso, anzi, ero contento di aver lasciato a lei il compito
di sopportarlo.
Tutte
le periferie si assomigliano, New York, Parigi, Londra... tutte
pullulano di sporcizia e di umanità, sono tutti anfratti
grigi e
pelosi, pasticciati di murales di pessimo gusto. I ricchi li evitano,
i poveracci ne fanno la loro casa. Poi ci sono quelli come Sid, come
i punk, topi usciti dalla fogna che si vestono di nuovo e bazzicano
gli hotel più lussuosi, ma talvolta ritornano tra i bidoni
dell'immondizia e i rioni malfamati.
Non
bisogna dimenticare che anche i topi eleganti rimangono topi!
Sid,
avvinghiato e sorretto dalla bionda e riccioluta Nancy, quella notte
vaga come un fantasma tra gli alti condomini, i pezzi di intonaco, la
spazzatura. Ormai nella spazzatura è immerso fino al collo.
Ha
bisogno di un fazzoletto che argini quella crisi, ha bisogno di
droghe.
John
lo incontra, per caso, ed è forse il più triste
incontro che abbia
mai fatto in vita sua.
«Sid,
che cazzo fai in giro a quest'ora! Portalo a casa bella, per i
bambini è ora della nanna».
Nancy
fa una smorfia ed ha il coraggio di chiedere a Lydon dei soldi. Fallo
per Sid, guarda com'è ridotto, dice. Già,
e chi è stata la
stronza a ridurlo così, eh?, controbatte John
alzando la voce.
Guarda che Sidney fa quel che pensa sia meglio per lui!,
non si arrende Nancy.
Sid
intanto, in uno stato di semicoscienza, si accascia sul marciapiede e
si mette a ronfare. Non si è nemmeno accorto della presenza
di John.
Sogna: quando avrò la mia dose di ero sarò
soddisfatto. Quando
potrò sposare Nancy e darle tutto ciò che
desidera sarò
soddisfatto. Quando potrò chiedere scusa a quel frocio di
Lydon sarò
soddisfatto. Quando...
Ma
John ha già mandato a fanculo tutti e se n'è
andato. Stavolta è
anche una questione di orgoglio personale. Sa che, per la prima volta
dopo dieci anni, potrebbe rischiare di piangere.
I
Sex Pistols vogliono davvero risvegliare le coscienze, tirarle fuori
dalla merda? Davvero pretendono di rivestire un ruolo così
importante? Ma se stiamo scivolando verso il basso, uno dopo l'altro!
Questo mondo ci travolge e ci accascia come birilli.
Sul
serio il punk si risolve in questo modo? In una ricerca disperata
della dose giornaliera? Vedrete i potenti come tremano, si faranno
due grasse risate!
Chiuso
nel rancore, John si imbatte in una discarica, una montagna di
ferraglia e sacchi di plastica nera che si erge appena fuori le case
popolari. Ecco, quella forse è l'unica vetta che potrebbe
raggiungere Sid, fatta di cumuli schifosi di spazzatura, cumuli su
cumuli.
Una
volta in alto, potrebbe guardare in basso e osservare per bene il
mare di petrolio che si è lasciato alle spalle. A quel
punto,
capirebbe che la sua vita è stata un'autentica merda, un
fottuto
vicolo cieco, una presa in giro, per cui la soluzione adeguata
sarebbe gettarsi nel vuoto e farla finita.
Come
per consacrare la sua acuta riflessione, Lydon scrive su un muro in
rovina Here's the Sex Pistols.
La
scritta è realizzata con uno spray rosso indelebile, questo
vuol
dire che ci riteniamo eterni? Niente affatto, perché il muro
sta per
cadere.
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Capitolo 6 *** Lady Stardust ***
Lady
Stardust
L'adrenalina
che ti scorre nelle vene non appena metti piede sul palco,
l'adulazione dei fan che ti manda il cervello a mille, la tensione,
la voglia di farla bene, perfetta, questa canzone.
Sono
tutte cose che un punk non conosce.
Un
punk insulta il suo pubblico, non lo ringrazia, un
punk non
vuole essere addomesticato dalle case discografiche, un punk fa
musica per distruggere la musica stessa.
È
così che si sente Lydon quando incontra l'altra faccia del
suo disco
(ovvero coloro che lo ascoltano): un distruttore di certezze.
E
con gli yankees la sfida si fa più ardua.
Malcom
ha avanzato loro la possibilità di un tour in America. Forse
è un
po' presto per parlarne, ma i Pistols si sono già abituati
all'idea.
«I
cowboy hanno così tante cose da insultare
che ci perderei la
voce...»
«Non
essere imbecille Lydon. Ricordati che sono stati i Ramones a coniare
il punk, non i Sex Pistols».
«Non
farmi incazzare Malcom!»
John
è diventato isterico da quando Sid se la fa con Nancy. Sid a
sua
volta, da quando se la fa con Nancy, è diventato
tossicodipendente.
Ne consegue che più aumenta il nervosismo di Lydon,
più Sid si
avvicina alla tomba.
E
il gruppo si sente vacillare.
Lydon
chiude la sua pacifica conversazione con Malcom sbattendogli la porta
in faccia.
In
realtà non era Nancy la groupie. La vera prostituta era Sid,
una
prostituta del pubblico, dei media.
Non
sapeva suonare, e allora? Malcolm aveva visto bene. Il posto del
basso doveva essere occupato da lui, perché la sua
sregolatezza era
l'evento mediatico che tutti quanti aspettavano. Sid è stato
letteralmente dato in pasto ai pescecani, persino la sua morte
sembrò
ridursi a un testata giornalistica d'effetto.
Era
una diva che saliva sul palco e apriva le gambe.
Non
è così che si dovrebbe comportare un punk.
«Per
qualche tempo sembrava potesse funzionare. La nostra band era
perfetta, ognuno era ai propri posti, c'era un intero mondo da
distruggere. Ovviamente non poteva durare, ma forse è stato
meglio
così. Perché un'onda distruttiva dev'essere breve
e catastrofica».
Lydon
terminò così la sua intervista, i microfoni si
ritirarono e la spia
della telecamera si spense.
A
vent'anni dall'episodio punk, tutto quanto sembrava essere stato un
breve e stupido gioco da bambini. John portò una mano a
nascondere
il viso.
Le
troupe televisive erano impegnate a sistemare i cavi, qualche
giornalista gli stringeva la mano e lo ringraziava. Gli anni Settanta
sembravano volati in un soffio, senza lasciare eredi diretti.
Imitatori, tanti, ma nessuno che azzeccasse lo spirito autentico di
quella breve follia.
Sid,
a distanza di anni, sembrava solo ridicolo e buffo, un animaletto da
palcoscenico che aveva consumato in fretta la sua vita tragicomica.
Era questa la fine che spettava a chi si vendeva ai riflettori. Il
brutto della vicenda era che Sid l'aveva fatto inconsapevolmente,
erano stati gli altri a conferirgli quel ruolo.
John
Lydon non l'aveva mai fatto in vita sua, ma questa volta decise di
recarsi alla tomba di Nancy Spungen, dov'erano sparse le ceneri di
Sid.
Triste,
parlare con un grappolo di polvere disperso nel vento.
John
si tolse gli occhiali da sole e fissò amaramente il viso di
quella
donna; non riusciva a non portarle rancore, nemmeno lì,
nemmeno in
quel momento.
Sid,
vecchio coglione, come va lassù? Non hai abbastanza santi da
insultare?
La
terra secca non rispose, l'erba si piegò al vento,
indifferente.
John si sentiva incredibilmente stupido a parlare da solo, per cui si
limitò a pensare. Certo è che Sid non era mai
stato un tipo molto
telepatico, lui la testa la usava solo per sbatterla contro i muri.
Comunque
ti ho portato una cosa. No, tranquillo, niente profilattici usati.
Non sono così romantico.
Ripose
sulla lapide di Nancy un paio di jeans strappati, zeppi di pieghe e
scritte, con qualche borchia che spiccava qua e là sul blu
del
tessuto.
L'ultima
volta che sei venuto da me li hai dimenticati sotto al letto. Non
sono ancora riuscito a riportarteli.
Sid
era un centro gravitazionale che aveva attirato l'attenzione di
molti. Nancy, la femme fatale - più fatale
che femme a
dire il vero -, per Malcolm era un fenomeno da baraccone, e Lydon
invece, aveva fatto la cosa più sbagliata di tutte.
Il
sole bollente di luglio si posò sull'indumento, sulla
lapide, sui
rampicanti che la infestavano.
I
punk non si abbandonano a pensieri nostalgici, i punk si preoccupano
di guardare al presente, di vivere il presente. Aberrano anche il
futuro, dopotutto il No future è stato
professato dai
Pistols.
Ecco
perché all'alba del duemila il punk è morto.
Viaggia nel vento come
pulviscolo, ma non ha ancora trovato un luogo dove riporre le sue
radici.
Lydon
sospirò, guardando con ironia a quei fiori riposti con cura
nell'apposito vaso in ceramica. Fiori.
Immaginava
il commento di Sid a proposito: e cosa ci faccio con questi?
Non
sono da mangiare, e nemmeno da fumare...
John
disse per sempre addio alla tomba di Sid e Nancy.
Ormai
non credeva nemmeno lui a ciò che aveva scritto nelle sue
canzoni. A
ciò che era stato diciotto anni prima.
Con
il suo passo a gambe larghe si diresse verso l'uscita del cimitero
ebreo. Il sole rosso del tramonto gli feriva la retina, come per
ricordargli quanto tempo gli rimaneva.
Ciao
Sid.
E
comunque, la prossima volta potevi chiedere di farti seppellire
accanto al tuo criceto!
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Capitolo 7 *** Star ***
Star
Ehi
John, è l'America!
Il
primo concerto è un disastro. Lydon sta perdendo la sua
carica
iniziale, come una macchinina a molla l'ha consumata tutta
all'inizio.
Per
coronare lo schifo di quella serata, Sid svuota lo stomaco sulla
ghiaia del parcheggio retrostante.
John
lo raggiunge ma si risparmia i rimproveri. Che cosa gli dovrebbe
dire, che ha suonato da panico? Che anzi non ha suonato affatto?
Tanto se ne rende conto, il punto è che non gliene frega un
cazzo.
Sid
si alza da terra e guarda John con occhi spenti e distanti, fatica a
focalizzare il suo viso.
«Senti
Lydon, se tu mi prestassi la tua stanza per stanotte...»
«Senti
Ritchie, il problema è che nella mia stanza ci dormo io
stanotte».
«E
sarebbe un problema?»
John
lo guarda storto, ma non nega a se stesso che quelle sono le esatte
parole che voleva sentirsi dire.
*
Fare
l'amore con Sid è problematico. Sid è passivo,
disinibito, non
collabora. L'unica cosa che fa è alzare leggermente il
bacino,
inarcare quella schiena lunga che si ritrova e aspettare quel lieve
dolore. Nemmeno John è bravo, almeno non con i maschi; ne
consegue
che il sesso tra loro è disastroso, ma si accontentano.
Sid
ha una pelle bianchissima, più bianca di quella di John. Le
loro
gambe e le loro braccia si intrecciano, i loro toraci magri respirano
l'uno contro l'altro. La differenza si vede, non si sono mai
confrontati meglio, non hanno mai fatto sesso completamente nudi. Il
che è stato un grave errore, perché dalla pelle
si capiscono molte
cose. Molte parole non dette trasudano sulla pelle, anche se non
è
il caso di Sid. Lui quando deve dire una cosa la dice, sia pure un ti
amo o un vaffanculo frocio.
John
si butta di schiena sui cuscini. Non vuole dare a Sid la
soddisfazione di vedere il suo viso sfatto dall'orgasmo.
È
confuso, si trova in una di quelle situazioni antipatiche né
bianche
né nere che gli fanno venire voglia di bestemmiare. Non
riesce a
capire che cosa lo leghi a Sid, ma spera con tutto il cuore che sia
solo attrazione fisica, così che possa chiudere
lì la questione.
«Tu
non sei una star Sid. Sei solo un bambino che gioca con il
basso».
«Io
non ci tengo ad essere una star».
Sid
si sta già addormentando. John lo guarda, gli tocca i
capelli scuri,
li tira sperando in una sua reazione. Ma lui non ha nemmeno
più le
forze di mandarlo a fanculo.
«È
un ruolo che ti sta stretto».
«Anche
a te sta stretto John», mugugna Sid nel dormiveglia.
Lydon
non si aspettava certo un'affermazione del genere. Nemmeno lui ha
intenzione di fare la star, non vuole diventare una
celebrità, non
vuole prendere il volo della fama.
Ora
che ci pensa, se i Pistols facessero veramente successo, questo
automaticamente segnerebbe la loro fine. La beffa più grande
sarebbe
vendersi a tutto ciò che hanno cercato di distruggere. Che
ironia se
una critica alla commercializzazione e al conformismo venisse
commercializzata!
«Ma
ti sei divertito a far finta di fare la star?»
«Senti
John lasciami dormire... sì, tutte queste robe eleganti,
tanti fan,
cibo... però l'America mi fa cagare».
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Capitolo 8 *** Hang On To Yourself ***
Hang
on to yourself
«Andiamo
John, cosa ti fa pensare che io sia un ammiratore di Bowie?»
«Questo!»
Lydon
mette sotto al naso di Sid la cover malandata di The Rise And
Fall
Of Ziggy Stardust And The Spiders From Mars, trafugata
dalla sua borsa.
«Ma
non ti preoccupare Sidney, lo siamo tutti qua. Solo, non
negarlo!»
John
infila il disco nello stereo e la voce strozzata del Duca Bianco
inizia a cantare Five Years.
Sid
si annoia. È una canzone con lo strascico, priva di carica,
non si
riesce a ballare come intenderebbe lui.
«Avevo
anch'io una copia di questo album, poi è andata in pezzi
ma... dove
cazzo vai?»
Simon
infila la giacca di pelle sul torace nudo e apre la porta con un
calcio; all'urto, il vetro che protegge il quadro per l'uscita
d'emergenza cade a terra e le schegge si spargono per tutta la
stanza.
«A
prendere del cinese».
«Potevamo
ordinarlo. Sicuro che non ti ritrovo in qualche rione periferico a
elemosinare della droga?»
«Sicuro!
Ho fame John!»
Non
è che Sid non sappia mentire, è che non ci si
impegna neppure; il
disco fa in tempo a riavvolgersi per due volte che lui non è
ancora
tornato. Lydon, nonostante non ne abbia la minima voglia, esce a
cercarlo. Forse nel profondo si sente ancora in dovere di proteggere
Sid dalle insidie della grande città dove sono cresciuti,
forse sta
ancora ubbidendo alla richiesta che gli fece Anne, anni addietro in
quel pomeriggio nebbioso d'autunno.
Lo
ritrova riverso sul marciapiede, pochi isolati più in
là, con le
ginocchia sbucciate, i jeans rotti e il viso sporco di sangue e
lividi.
Lo
tira su per le braccia, lo schiaffeggia piano, lo appoggia contro il
muro alle sue spalle. Cerca di afferrare il suo sguardo, ma Sid ha
gli occhi semichiusi e si ripara il viso con le braccia, come se
temesse di venire nuovamente picchiato. Abbandonata per terra
c'è
una borsa di plastica con all'interno due bottiglie di birra.
«Cos'hai
fatto Sid? Hai incontrato un paio di skinhead?»
«Li
pendo a calci nel culo io li scinead», biascica Sid
mentre
pulisce il sangue che gli cola dal labbro con una manica della
giacca.
Sorretti
uno all'altro riescono ad arrivare fino alla stanza d'albergo, Sid si
lancia sul letto senza controllare le ferite. Lydon ha il dubbio che
l'amico sia un masochista seriale, gli piace essere
picchiato.
Le
tende ingrigite dallo smog danzano al vento notturno, un lieve fumo
si alza dal posacenere sul comodino, Bowie canta la traccia numero
otto, Hang on to yourself.
«Sembra
un orgasmo questo passaggio», commenta Sid, che ha deciso di
tamponare la piccola emorragia contro il cuscino. Lydon sorride
strafottente ma approva.
«Non
ti manca Nancy?» Gli chiede all'orecchio mentre con poca
grazia sale
a cavalcioni sulla sua schiena e si slaccia i pantaloni in pelle.
«John,
smettila di ingelosirti, è una cosa che mi
innervosisce», risponde
Sid mentre si abbassa l'elastico dell'intimo piegando un braccio
dietro la schiena. L'erezione di Lydon gli preme contro il culo, ma
è
una sensazione che stranamente gli piace, gli annebbia i sensi quel
poco che basta a dimenticare il presente immediato.
«Come
on, ah, come on, ah!»
«Piantala
di fare il coglione».
Mi
manca da morire. Ne ho bisogno come l'aria. Ne ho bisogno come la
droga. John, ma non ti rendi conto che sei solo un riempitivo, una
pasticca di zucchero, una sigaretta di vapore?
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Capitolo 9 *** Ziggy Stardust ***
Ziggy
Stardust
«Sid
suonava - per modo di dire - il basso, ma non era quello il suo
compito nella band. Lui era un intrattenitore, saliva sul palco e
tutti si aspettavano che facesse qualcosa di strano, di oltraggioso,
di indecente».
«E
lei come giudicava questo comportamento trasgressivo?»
«Mi
sta chiedendo se avrei condannato un comportamento trasgressivo?
Vuole scherzare?»
Il
punk è trasgressione, i Sex Pistols sono i fondatori del
punk, cosa
si aspettano i giornalisti da un'intervista a John Lydon?
«Ehi
John, mi sto fracassando le palle. So che non te ne frega un cazzo,
ma potresti almeno far finta di essere interessato...»
Lydon
si avvicina a Sid con una certa nonchalance, afferra il basso e gli
passa la tracolla sull'altra spalla. Sid lo guarda con quel suo
solito sguardo annebbiato dal fumo, è come se si trovasse
sempre in
uno stato di stordimento.
«Ora
mi spiegherai perché suoni il basso con la sinistra.
Cos'è, sei
diventato anche mancino tutto d'un colpo?»
Sid
scuote la testa spinosa come se volesse scacciare una mosca
particolarmente molesta.
«Non
so, e tu perché non tieni il microfono con la
destra?»
«Perché
a differenza di te sono mancino, coglione!»
È
vero che Lydon ha l'offesa facile con Sid, ma è anche vero
che Sid
fa di tutto per attirarsele.
John
si siede sullo scalino del palco con una birra in mano, ne offre
all'amico che incrocia gli anfibi sulla piattaforma di legno della
ribalta e ingoia metà bottiglia.
«Ho
come l'impressione che non dureremo a lungo».
«Non
è un'impressione Simon, è una certezza, io non
sopporterei di stare
nella stessa band con te per più di due anni».
Sid
la prende come una dichiarazione ostile, ma quando incrocia lo
sguardo di Lydon questo è piegato in un raro sorriso.
Rarissimo, è
una perla d'ostrica, un quadrifoglio, un aculeo d'istrice, ma
c'è,
stampato su quel volto spigoloso e pallido.
È
un attimo, Sid si slancia, John non si fa indietro, Sid si appoggia
con una mano per terra e attacca le labbra a quelle sottili di John.
Un bacio profondo e istintivo, privo di romanticismo ma colmo
d'eccitazione, un bacio al sapore di birra, polvere e nicotina.
«Neanch'io
John, neanch'io».
Sono
un egoista della peggior specie, ma questa è l'ultima delle
mie
spine nel fianco. Esistono due buoni metodi per eliminare i problemi:
ignorarli o assecondarli, e in entrambi i casi occorre avere un forte
spirito autodistruttivo. Io ce l'ho, il mio conto alla rovescia
è
già iniziato, ma quando me ne andrò non
farò casino. E sarà la
prima volta in vita mia.
Il
jukebox canta canzoni di merda, il cielo è coperto pronto
pronto a
liberare cisterne di pioggia, Sid quando non è fatto
è in
astinenza: i Pistols sembrano pronti a cadere.
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Capitolo 10 *** Suffragette City ***
Suffragette
city
«La
nave dei Sex Pistols si è scontrata con l'ice-berg degli
yankees ed
è colata a picco, significa forse che il capitalismo, il
conformismo, la commercializzazione, il sistema, hanno vinto? Forse,
ma io credo che i motori della nave si siano fusi prima dell'impatto.
I Pistols hanno deciso volontariamente di abbandonare i riflettori,
proprio quando erano a un passo dalla fama. Ed era proprio questo il
problema! La fama.
Passatemi
il paragone. Come a Seneca, lo stoico, si contestava di vivere nel
lusso quand'egli predicava il distaccamento da ogni bene materiale,
così ai Pistols si sarebbe contestato l'asservimento alle
case
discografiche, l'essere entrati anch'essi a far parte di quel ciclo
perverso della mercificazione e del conformismo che avevano tentato
di distruggere».
L'America
pare un po' il paese dei balocchi, all'inizio, poi capisci che
è
solo uno dei tanti buchi merdosi del pianeta. Solo, un po'
più
sporco e corrotto degli altri. L'America è fatta di oro che
cola su
ferro arrugginito.
Ma
ormai Sid vive in una scatola chiusa.
Esiste
l'America con Lydon, poi esiste l'America con Nancy. La prima
è
stata breve e intensa, Sid e John sembrano tornare ragazzini, si
divertono a scorrazzare per la città, a imbrattare i muri
come due
perfetti teppistelli. La seconda è stato un grosso scivolo
imbrattato di sapone, una caduta libera verso il baratro.
Il
primo atto con Lydon è anche l'ultimo del loro rapporto, che
si
incrina, si sgretola, si riempe di crepe. John si è
incazzato con
Sid quando lui gli ha chiesto dei soldi solo per appendersi alla
cornetta pubblica con la Spungen. Poi c'è stato un altro
episodio,
Sid rimorchia - non si sa per quale motivo - una pollastra americana
doc, capelli biondi, labbra marcate, cipiglio da anatra, un paio di
cosce tonde grasse e vertiginose. Solo una botta e via!,
le
dice, con John a fianco che assiste alla scena con due occhi a palla,
Sid non si comporta così di solito. E invece se la porta a
letto,
con grande disappunto di Lydon che per tutto il giorno seguente gli
tiene il muso.
Perché
Sid ti comporti così? Vuoi dimenticare Nancy? Beh,
dal punto di
vista di Rotten non sarebbe un male.
No.
Sid è egoista John, un egoista della peggior specie.
«John,
non devi essere scortese con lei».
«Io
sono scortese con chi mi pare, va bene?»
«Tanto
alla fine rimarrai fottuto John perché io
sceglierò una sola
persona, e sceglierò Nancy! Non te, Nancy! Hai
capito?»
Lydon
non ha mai visto Simon così fuori di sé,
così aggressivo, cattivo,
feroce. Immediatamente dopo la sfuriata infila la porta della stanza
d'albergo, dove infine tra odio e amore può dire di aver
provato
solo dell'arido e amaro divertimento.
John
gli urla qualcosa lungo la tromba delle scale, giusto per avere
l'ultima parola. Sid non si cura nemmeno di capire cosa gli
è stato
detto, improvvisamente si trova nella grande città di New
York,
brillante di luci e divertimenti d'ogni tipo, ma fredda.
Con
Johnny pareva diversa.
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Capitolo 11 *** Rock'n'roll Suicide ***
Rock'n'roll
suicide
Il
tempo non è tempo, è ticchettio d'orologio,
è ansia. Si passa dal
voler cercare una dose, al trovarla, al finirla, al volerla cercare
di nuovo. Il tempo non esiste. È un ciclo, ed è
troppo.
Nancy
è già uscita dal tempo, sarà serena
ora, senza paranoie e attacchi
isterici. John Simon Ritchie attende ancora che il suo si esaurisca.
Ha
mandato a fanculo Rotten, i Pistols, la sua vita. Persino il punk.
Poco
male, tanto i Sex Pistols si sarebbero sciolti da soli, lui ha
rappresentato soltanto la scintilla in un mare di carta straccia. I
Pistols se ne sono andati con una monumentale fiammata, un fuoco di
scintille che nessuno dimenticherà.
John,
non essere arrabbiato con me. In fondo siamo sempre strati amici, no?
Il
fumo della sigaretta si scioglie nell'aria. Ecco, ormai è
finita. Ne
dovrà iniziare un'altra, è più
semplice, è più divertente, è la
discesa. Può essere divertente morire?
Chiude
gli occhi e sogna. Era tanto che non succedeva. Vede immagini
sbiadite, il dolore che prova non è più del tipo
che gli piace, è
pungente e complicato, forse non è nemmeno dolore, forse
è
l'incolmabile pozzo nero della noia.
John
e John, una coincidenza che abbiano lo stesso nome, forse era una
cosa che innervosiva anche loro, ecco perché Lydon si
è affrettato
a trovargli un soprannome.
«Il
tuo cazzo di criceto mi ha rosicchiato i lacci degli anfibi!»
Simon
sorride nel sonno.
«Non
fare del male a Sid, è il mio topo da compagnia, ed
è un regalo di
mia madre».
«But
it's vicious».
Forse
è un peccato che i Pistols abbiano composto un solo album,
forse è
un bene. Quelle canzoni erano orribili, sguaiate come urla di cani,
ma in fondo era proprio quello l'obiettivo di Rotten.
Il
punk è anti-musica, è neodada, è
rumore!
Hanno
dormito tutti quanti in sala registrazione, il tempo passava e la
canzone non arrivava. Ma a chi interessavano i soldi! A chi
interessava la musica!
Simon
si gira su un fianco con la bocca aperta contro il cuscino, come un
moribondo vede il sunto della sua vita.
È
Nancy o l'ero la sua droga? Quale delle due è più
letale? In ogni
caso ora Nancy non c'è più, non ha scelta.
Un'altra
immagine. John tira un petardo contro un cassonetto e libera un cane
legato a un palo. Avrà avuto sì e no quindici
anni. Il suo sorriso
sghembo è irritante e indimenticabile, e quella faccia
appuntita da
adolescente non gli è mai cambiata.
Ormai
è sbiadita, è una foto vecchia da stracciare.
«Simon,
fammi vedere le mani, sanguinano».
Non
gli è mai successo. Le mani sporche di Lydon sono
fottutamente
rassicuranti. Strano. Gli danno come la sensazione di essere in
compagnia, di non essere solo. Come se un angelo custode vegliasse
sempre su di lui. Un angelo con i pantaloni in pelle e gli anfibi,
che di angelico non ha proprio nulla.
«Mi
sono tagliato, non è niente, non sono ancora riuscito a
prendermi il
tetano».
Lydon
l'ha lasciato andare quando Sid ha scelto di autodistruggersi. Ma
c'è
stato, fino alla fine. Ora, è come se Sid fosse
già morto, tanto
vale lasciarlo andare. Un calcio nel culo... e via!
Non
cedere al conformismo amico. Non sei nato da uno stampino, non
comportarti come se lo fossi.
Il
punk sembra un ricettario, lo puoi seguire -
non - alla regola e non funzionerà,
te l'assicuro.
Ma
il punk non è morire d'overdose a vent'anni.
Non
è morire d'overdose a vent'anni.
«Io
non mi volevo immolare in nome del punk. Io...
Mi
sono sbagliato».
Note
dell'autrice:
Inizio
subito con due piccole note tecniche: nel flash-forward il cambio di
tempi verbali (da presente a passato) è voluto, mentre le
frasi in
corsivo non hanno un punto di vista fisso o sempre determinato, a
volte sono i pensieri di Johnny, a volte di Sid, a volte di una voce
anonima o collettiva, e hanno un chiaro ruolo enfatico, evidenziano
un concetto.
Spreco
due parole per quanto riguarda la storia in sé.
Più che una
fanfiction è forse una riflessione sull'episodio Sex
Pistols, e in
particolare sulla vita di Sid e sulle sue scelte. Sid si
è
sbagliato (riprendendo le battute finali) a cadere nel
vortice
della droga, perché è diventato inevitabilmente
suo schiavo, mentre
il punk è fondamentalmente ribellione e libertà.
Il
titolo riassume la trama stessa, e anzi, sono rimasta piacevolmente
stupita del fatto che la parte iniziale del titolo dell'album di
Bowie che dovevo usare descriveva perfettamente l'evolversi della mia
storia, per cui ho deciso di chiamarla The rise and fall.
L'ascesa e la caduta dei Sex Pistols, ma anche l'ascesa e la caduta
di Sid Vicious.
Questa storia
è stata scritta per il contest multifandom When
the music’s over indetto da DazedAndConfused e si
è classificata prima (su due partecipanti).
Qui potete leggere la storia della mia collega di podio: Play.
di Snafu
. Ve la consiglio vivamente!
E di seguito posto il bellissimo giudizio di Dazed, che ringrazio per
la sua accuratezza ed esaustività.
The Rise and Fall -
Deidaradanna93
Grammatica:
9.5/10 Impeccabile,
se non fosse per qualche svista, tipo “un bestia da
soma”, “Malcom” anziché
“Malcolm”, “gold retriever”
anziché “Golden Retriever”,
“ice-berg” anziché
“iceberg”, “strati amici” o
qualche virgola o due punti mancanti.
Stile
e lessico: 10/10 La
scelta stilistica e lessicale è stata davvero felice:
è come se tu ti fossi calata nei panni di un punk
dell’epoca, persa tra i bassifondi londinesi e con gli occhi
ben aperti per non lasciarti sfuggire nessun particolare. I termini
sono perfetti e lo stile è versatile: rapido e frenetico nei
momenti adatti, lento e perfino melodico quando un’atmosfera
più rarefatta e intima lo richiede. Non ho alcun appunto da
farti!
Attinenza
alla tracklist: 10/10 Innanzitutto
devo complimentarmi con te perché non solo sei riuscita ad
adoperare tutte le tracce in un modo davvero appropriato e originale,
ma lo hai fatto mantenendo l’ordine originale della
tracklist! Non era cosa da poco, ci tengo a dirlo.
Cooomunque!
Come ti ho appena detto, i brani sono stati utilizzati correttamente:
che io ricordi, non hai citato direttamente versi tratti dai suddetti,
ma dai fatti narrati nei capitoli si evinceva benissimo il senso
generale della canzone scelta.
Ho
apprezzato in particolar modo i capitoli legati alle canzoni “Starman”
(il dialogo finale è di una tenerezza veramente
straordinaria, l’ho adorato!), “Lady
Stardust”
(John che riporta i jeans mi ha letteralmente stretto il cuore,
è un’immagine straziante ma allo stesso tempo
bellissima), “Hang
on to yourself”
(mi sono piaciute le definizioni finali che Sid appioppa a Lydon, in
particolare “sigaretta di vapore” :3), “Suffragette
City”
(adoro l’ultimo scambio di battute tra i due e il paragrafo
finale: mostrano molto bene la sofferenza arrecata da questa relazione
folle) e “Rock
n’ Roll Suicide”
(capitolo finale da urlo: trovo particolarmente azzeccata la
descrizione di Lydon e delle sue mani, e le ultime righe…
brividi!)
IC
e Caratterizzazione: 10/10 Non so
veramente come dirlo, ma… sicura di non aver conosciuto di
persona Sid e John? Li hai descritti talmente bene con una manciata di
parole e s’intravede un sacco della loro essenza anche tra le
righe che… boh, io non so che altro dire x’D Amo
questo tipo di caratterizzazioni: non lasciano niente al caso ma non
sono neanche pompose e ridondanti… il giusto equilibrio tra
il detto e il celato, ecco.
Originalità:
5/5 Come
avrò modo di dirti nel punto successivo, penso che questa
storia sia una delle più fantastiche che io abbia mai letto.
Sono rimasta piacevolmente stupita dalla maniera in cui le vicende
narrate s’incastrino alla perfezione con
l’album… chi l’avrebbe mai detto! E poi
non ti sei per nulla fermata alla soluzione facile della
“relazione con finale triste perché uno dei due
schiatta”, anzi; ho apprezzato la crudezza con cui mi hai
sbattuto in faccia la verità. In questa storia non
c’è nulla dell’amore ma, allo stesso
tempo, c’è molto della natura umana e dei
sentimenti contrastanti che ci perseguitano per tutta la vita.
Gradimento
personale: 3/3 Quando
si pensa ai Sex Pistols, è inevitabile che il nostro
pensiero non corra subito ai due coglioni (passatemi il termine,
è la verità!) che sono stati i pilastri della
band: Rotten e Vicious.
Non
ricordo di aver mai letto una slash-fiction su di loro, ed è
anche comprensibile il motivo: non sono personaggi facili, è
già complicato “catturarli” in una
fanfiction priva di pairing, figuriamoci se dovessimo star
lì a ipotizzare un’eventuale relazione tra i due!
Però
tu sei riuscita a stupirmi, dico sul serio!
Non
è la classica “storia
d’amore”, anzi… non lo è per
nulla.
Qui
si parla di due disadattati che hanno un rapporto atipico, che nessuno
sa definire con certezza, loro per primi: sembrano amici ma si sbranano
alla prima occasione servita su un piatto d’argento, si
odiano ma passano il tempo a cercarsi e rincorrersi… secondo
me sei riuscita a catturare la loro essenza, io in questa storia ho
veramente visto John e Sid.
E
ho inoltre apprezzato la tua decisione di non concentrarti
esclusivamente sul loro rapporto malato, ma anche sulla
quotidianità dell’epoca: con poche parole sei
riuscita a descrivere luoghi e situazioni talmente bene che, mentre
leggevo, mi sembrava di essere accanto ai protagonisti (:
Sei
stata davvero brava, non è da tutti riuscire a raccontare
così bene vicende e posti ormai dimenticati, e per di
più senza farli passare in secondo piano rispetto alla
narrazione!
Spero
veramente che questa storia possa essere letta da molta gente,
è un piccolo capolavoro.
Per
finire questa valutazione, ti citerò i pezzi di questa
long-fic che ho apprezzato di più, con annessi
commenti/deliri della sottoscritta :3
"Qualche
ragazzina adulatrice una volta ha detto che le stelle cadenti sono
opera dei punk. Nemmeno gli alieni sono stati salvati dal contagio, e
dunque marziani con le creste e le spille prendono a martellate la
luna, la distruggono, la dissacrano. E le stelle cadenti sono i pezzi
di luna che si sgretolano, che schizzano via sotto colpi feroci di
clava."
Ora,
io non so se questa metafora sia stata veramente pubblicata su qualche
fanzine dell’epoca o se sia stata un’invenzione
partorita dal tuo cervello, ma… è geniale.
È geniale, non ho parole! Secondo me è una
raffigurazione perfetta del punk, ed è strano vedere come
un’immagine poetica possa benissimo essere accostata ad un
movimento così sgraziato e totalmente folle.
"Non
chiedere mai a un punk quale sia il suo sogno. Avere un sogno significa
avere obiettivi, noi non facciamo pronostici, né abbiamo
rimpianti. Viviamo il presente e vaghiamo alla cieca."
Amen.
Direi che non ho altro da aggiungere.
"L'uomo
giallo parla con i bambini - o con i punk, il che è lo
stesso - perché sono gli unici che possono capirlo."
Piango, Starman non
poteva essere citata in maniera migliore! E l’accostamento
punk-infanzia, come quello precedente delle stelle cadenti,
è assurdo ma assolutamente azzeccato.
"(Sid) Era
una diva che saliva sul palco e apriva le gambe.
Non è così che si dovrebbe comportare un punk."
Anche
qui posso soltanto togliermi il cappello per il paragone
incredibilmente perfetto.
"La
differenza si vede, non si sono mai confrontati meglio, non hanno mai
fatto sesso completamente nudi. Il che è stato un grave
errore, perché dalla pelle si capiscono molte cose. Molte
parole non dette trasudano sulla pelle, anche se non è il
caso di Sid. Lui quando deve dire una cosa la dice, sia pure un ti
amo o un vaffanculo
frocio."
Qua
mi sono venuti i brividi, seriamente. Nonostante i loro rapporti siano
sempre al limite della decenza e sicuramente non inclini alla dolcezza,
la frase sulla pelle ha donato una luce tutta nuova. È vero,
dalla pelle possono trasparire un sacco di sensazioni e pensieri che
magari non abbiamo il coraggio di esprimere a voce… a me,
per esempio, è venuta la pelle d’oca per la
bellezza di questa frase.
"L'America
è fatta di oro che cola su ferro arrugginito."
Tu
mi dovrai spiegarmi come diamine ti vengono in mente delle definizioni
così azzeccate, cazzarola! In poche parole hai descritto la
magnificenza e lo sfacelo di una nazione, no words.
"Le
mani sporche di Lydon sono fottutamente rassicuranti. Strano. Gli danno
come la sensazione di essere in compagnia, di non essere solo. Come se
un angelo custode vegliasse sempre su di lui. Un angelo con i pantaloni
in pelle e gli anfibi, che di angelico non ha proprio nulla."
Piantala
di farmi venire i lucciconi, non posso piangere leggendo una storia sui
Sex Pistols, è un controsenso! LOL a parte gli scherzi, che
descrizione magnifica çç adoro questi
accostamenti tra la miseria e la poesia, tra il sacro e il profano.
"Il
punk sembra un ricettario, lo puoi seguire - non - alla
regola e non funzionerà, te l'assicuro.
Ma
il punk non è morire d'overdose a vent'anni.
Non
è morire d'overdose a vent'anni."
La
scelta di ripetere quella frase, in un certo senso la frase,
l’ho trovata molto appropriata: mandare giù per il
cesso una vita appena iniziata non è punk.
«Io
non mi volevo immolare in nome del punk. Io...
Mi sono sbagliato».
Ok,
adesso posso piangere! In due righe hai praticamente fatto emergere
l’ingenuità e l’innocenza di Sid:
sì, non esagero definendolo “innocente”,
perché era una testa di cazzo ma, come hai avuto modo di far
capire tu, alla fine è stato risucchiato in un buco nero che
non gli ha lasciato via di scampo.
Sviluppo
trama: 5/5 Una
long-fiction di nome e di fatto: la trama è ben sviluppata e
lineare, presenta dei flashback accurati e che non appesantiscono la
narrazione… insomma, ottimo lavoro!
Bonus
album completo: 2/2 Ancora
complimenti, il bonus è meritatissimo!
Totale:
54.5/55
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