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di Dm_Nothing
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO I - È soltanto l’inizio ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO II - Il misterioso ragazzo ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO I - È soltanto l’inizio ***


**

Quella sera faceva piuttosto freddo a Ware; pioveva a dirotto e nessuno sembrava essere uscito di casa. L’inverno si stava facendo sentire sempre di più, ormai. Helen era abituata al freddo e alla pioggia; nella sua città questo tempo si faceva vivo frequentemente. Amava passare le ore di pioggia seduta sull'ampio cornicione della finestra sporgente della sua camera al secondo piano con una coperta e il suo computer sulle gambe. Appoggiava i suoi lunghi capelli neri e molto mossi al muro stranamente verniciato di un insolito marrone chiaro con sfumature beige sulla parte più alta. Gli occhi grandi e verdi con due piccoli puntini neri sulla parte più esterna erano fissi questa volta sulla strada ampia ma così desolata che Helen si chiese se non fosse davvero quello il motivo per cui sembrava così grande. Il suo giardinetto era colmo d’acqua e la pioggia fitta ora batteva imperterrita sulla finestra.

Distolse lo sguardo dopo parecchi minuti. Stava pensando alla sua vita; ci pensava sempre quando pioveva. Pensava a ciò che ha dovuto passare e quasi impazziva per trovare una risposta alla sua domanda, possiamo dire, retorica: “Perché?” 

Quando era sola, persino urlava per quanto le faceva male la sua storia e il suo ricordo. Aveva solo quindici anni e aveva perso suo padre, Dave, un uomo alto, magro con gli stessi occhi verdi di Helen, ma con i capelli biondi. Era morto a causa di un cancro; quando lo scoprirono ormai si era diffuso al cervello e non potevano più fare niente. Era morto quando Helen aveva solo tredici anni e da allora non era più la stessa. Sua madre, Vittoria, originaria di Boston, anche lei alta e magra, con i capelli neri e gli occhi di un marrone intenso, amava guardare negli occhi di sua figlia Helen, perché le sembrava in quel momento di rivedere suo marito che aveva così tanto amato. Sua madre se n’era accorta, di quanto Helen piangesse quando era sola nella sua camera e cercava di convincerla a restare forte usando come pretesto il fatto che gli occhi le stavano diventando sempre più piccoli. Ma Helen non ascoltava il consiglio della madre, perché la notte anche lei la sentiva piangere, dopo che apriva la camera della figlia e controllava per bene che stesse dormendo. Le loro camere erano una difronte all’altra ed era facile ascoltare anche solo un bisbiglio. 

Però quella sera pioveva così forte che stranamente non si riuscivano ad udire suoni fuori dalla camera. Helen pensava che forse questo era dovuto al fatto che si trovava così vicino alla finestra che la separava dall’esterno, che non riusciva ad udire altro che la pioggia fitta che batteva sul tetto e, ad ogni cambiamento del vento, anche sulla finestra.

Si era fatto tardi, erano le 11 p.m. ma Helen solitamente andava a dormire molto più tardi e non sentiva minimamente alcun segno della stanchezza. Non aveva mangiato, quella sera. In realtà non era uscita dalla sua camera per tutto il giorno. Non aveva bisogno di uscire, da lì secondo lei. Aveva un  grande bagno tutto suo, ricoperto di mattonelle color ceramica e sempre profumato perché sua madre ci teneva ad avere tutta la casa ben pulita. Aveva anche un mini-frigo e lì ci metteva ogni tipo di cosa che desiderasse: dai dolci, alle bibite; ma non prendeva quasi mai niente. 

Una volta scoprì di nascosto che sua madre le stava riempiendo il frigo, cosa che di solito faceva lei personalmente, anche se non abitualmente dato che non lo usava spesso; sospettò che forse credeva che non stava mangiando abbastanza. Nei giorni precedenti, infatti, sua madre l’aveva rimproverata perché desiderava non mangiare.

Si alzò e si spostò dalla finestra; “Finalmente” bisbigliò Helen imitando il tono di sua madre. Vittoria era preoccupata perché passava troppo tempo lì seduta anziché uscire, approfittando delle poche belle giornate. Ma lei preferiva rimanere lì. 

Senza stare a discutere, Helen non aveva amici. Proprio nessuno. Sua madre si intrometteva spesso nella sua vita, ma sapeva che lo stava facendo per il suo bene e non per altro.  Asociale era il termine giusto per definirla. Lo usava anche lei, consapevole del fatto che non poteva contare su nessuno. In tutta la sua vita aveva avuto solo un migliore amico: Peter, un ragazzino piuttosto basso per la sua età, con strani capelli rossicci e occhi quasi grigi. Ma purtroppo, i genitori si trasferirono in una città lontana 65 km da lei e di conseguenza anche lui.

Con lui aveva un’amicizia speciale, sapeva di potersi confidare senza timore, senza paura di pregiudizi, cosa che la preoccupava parecchio. 

A scuola sentiva parlare sempre male di lei, addirittura aveva scoperto che scommettevano su cose della sua vita: “Io scommetto che esce una volta al mese oltre che per andare a scuola”, “Secondo me invece non esce mai, non ha amici”.

A quell’ora della sera non aveva molto da fare, se non controllare il suo profilo Twitter, o leggere un buon libro.

Erano le uniche due cose che le piacevano davvero. Su Twitter si sentiva libera di essere se stessa, d’altronde nessuno la conosceva, eppure molti la apprezzavano. Poi c’erano i libri “Cari vecchi amici” li definiva. Erano davvero gli unici amici di cui si fidava. Per lei erano come un diario segreto, come fogli da riempire non con le parole, ma con le proprie emozioni. 

Erano ormai l’ 1 a.m., decisamente tardi secondo gli orari di sua madre. Ma lei era ancora sveglia ed era tornata, come al solito, vicino alla finestra. Questa volta la strada non era isolata. C’era un ragazzo con una felpa grigia con il cappuccio che gli copriva il viso e, trovandosi al secondo piano, Helen non riuscì a capire chi fosse; correva abbastanza velocemente, forse non voleva bagnarsi ancora, forse non era a casa e quindi stava rientrando sotto la pioggia. Insomma, sembrava un tipo misterioso, soprattutto perché girovagava correndo sulla strada della casa di Helen, bagnato fradicio. Helen si sentiva al sicuro in casa sua, le dispiaceva per quel ragazzo che probabilmente si sarebbe ammalato presto viste le circostanze; si sentiva relativamente tranquilla, ma aveva uno strano presentimento. Infatti, poco dopo, quel ragazzo corse verso il giardino di casa sua e.. *Ding dong*

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Capitolo 2
*** CAPITOLO II - Il misterioso ragazzo ***


**

Helen ebbe un tuffo al cuore. Credeva che potesse addirittura trattarsi di un pazzo, di un maniaco. Corse verso il piano inferiore della grande e ordinata casa e si avvicinò alla porta dove già c’era Vittoria, sua madre.

- Mamma, non penserai di apri...- 

Ma, sua mamma non le dette ascolto e non fece in tempo a finire la frase, che già la porta era spalancata e il ragazzo, con dei capelli castano chiari e occhi marroni, sorrise mostrando bei denti.

- Liam! Accomodati, caro - Disse Vittoria, conducendolo verso il salone e per una volta non facendo caso al fatto che stava sporcando tutto perché era fradicio. 

- Ehm.. Mamma, chi.. -

- Oh, tesoro! Lui è Liam, un lontano parente. Credo non vi siate mai visti. Non ti ho detto che veniva a stare un po’ da noi? - 

Vittoria, nonostante fosse una donna precisa, ordinata e puntuale, a volte sembrava dimenticarsi le cose, forse a causa del suo lavoro molto impegnativo. Dirigeva un’agenzia di campagne pubblicitarie che richiedeva a Vittoria enorme fatica e tempo: si occupava anche di trovare gente adatte a pubblicizzare un certo prodotto, ecc.. Helen pensava che se qualcuno, come in questo caso quel ragazzo, l’avesse ascoltata in quei momenti, sarebbe apparsa una donna davvero superficiale e disordinata; ma forse esagerava. L’espressione sul viso del ragazzo non le sembrava sfiduciosa, ma molto cordiale e un tantino imbarazzata.

- Vittoria, ehm.. sai sono bagnato fradicio e.. -

- Perdonami caro! Dammi quei vestiti che li lavo subito. Non hai niente da metterti? -

- Veramente no. I miei bagagli sono stati smarriti durante il volo e domani vedrò di tornare a recuperarli. -

- Non preoccuparti ragazzo, abbiamo un armadio nella stanza degli ospiti. Va’ a provarti qualcosa che ti piace, è li che dormirai! Helen accompagnalo di sopra. -

- Certo mamma. - Disse Helen, poi si rivolse al ragazzo che le stava molto vicino da sfiorarle il braccio e le sorrideva. - Forza, di.. ehm.. sotto; cioè volevo dire.. sopra. Sì, sopra. - 

Helen si girò imbarazzatissima e paonazza e prese di corsa le scale perché si sentiva troppo in imbarazzo, ma al penultimo scalino cadde e rotolò fino ai piedi del ragazzo che sembrava confuso ma decisamente divertito. 

- Dev’essere entrata un po’ di pioggia, da qualche parte.. - Helen si guardò in torno cercando la finestra più vicina alle scale, ma non ce n’erano.

- Dai.. seguimi. - Questa volta sembrava più seria che mai.

Liam sembrava molto silenzioso, ma piuttosto a suo agio dopo aver superato la soglia di quella camera, tanto che corse verso il letto e si lanciò sopra rimbalzando parecchio, e Helen si chiedeva misteriosamente il perché. 

- Sai, prima che ci veniste voi ad abitare, questa era la mia casa; ci vivevo con mia madre. Poi ci siamo trasferiti. E proprio questa era la mia camera.. Com’è cambiata! - Disse Liam con occhi lievemente lucidi, togliendo quel dubbio che venne ad Helen che si chiese per uno strano motivo se sapesse leggere nel pensiero. Ma evidentemente l’aveva detto perché notava il silenzio e l’aria perplessa di Helen.

- Be’ ti lascio così ti spogli.. cioè, ti vesti.. Volevo dire ti spogli e poi ti rivesti con altri.. indumenti..- “Che cosa sto dicendo, sono impazzita per caso?” Penso Helen, con uno sguardo quasi terrorizzato e disgustato di se stessa.

- Grazie mille! - Disse Liam e, mentre Helen si cingeva a chiudere la porta e andare via di corsa (ciò che sperava di fare era rinchiudersi nella sua camera), Liam la chiamò: -Ehy!-

- Dimmi? - Rispose Helen, quasi contenta che l’avesse chiamata e non l’avesse fatta già andare via.

- Ti chiami Helen, per quanto ho sentito da tua madre prima. -

- Sì, mi chiamo Helen.. -

- Allora, buonanotte Helen! A domani. -

- Buonanotte...? Oooh, sì. È l’1.30 di notte.. giusto. Allora ‘notte anche a te! - Esclamò Helen, sempre più timida.

Corse nella sua stanza, dopo aver chiuso la porta di quella di Liam e si lanciò sul suo letto. Per un momento non si sentiva sola; per un momento non desiderava tornare a quella finestra; per un momento non voleva piangere. In quel momento, voleva solo pensare a quel ragazzo che nel giro di pochi minuti aveva trasformato una ragazza seria e sveglia come lei, in una imbranata combina guai. Sentiva gli occhi molto pesanti, ma non voleva dormire. La pioggia sembrava quasi cessare e pareva che il cielo volesse sorriderle in quel momento. Sentiva il rumore dell’acqua nel bagno; Liam si stava facendo una doccia probabilmente.

Poi cedette al sonno, volendo però scoprire l’indomani perché quel ragazzo che aveva questo strano effetto su di lei si trovava a casa sua.

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