Reversed Religion

di Profilo Chiuso
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue – Skull and Drugs. ***
Capitolo 2: *** Chapter One: Priests and Prohibitions ***
Capitolo 3: *** Chapter Two: No Words. ***
Capitolo 4: *** Chapter Three: Death is near you... Always. ***



Capitolo 1
*** Prologue – Skull and Drugs. ***


Titolo: Reversed Religion.
Autore: Fede Grey_
Beta: rufus.
Raiting: PG13, più avanti sull’ R.
Avvisi: Adult Content, AU, Drug Use, Blood, Language, Fluff, Dark, leggermente Introspettivo.
Genere: Long Fic, Romantico, Horror, WIP. Probabily What if.
Disclaimers: Non possiedo nessun personaggio di questa storia, tutto ciò che segue è stato creato dalla mia fantasia e non è mai esistito. Non scrivo a fini di lucro, ma solo per il piacere di leggere le recensioni e i commenti che qualche buon’anima di voi vorrà lasciarmi.
I hope you'll like it!


"Reversed Religion" by Fede Grey; Quest'opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported.
Licenza Creative Commons

VIETATO COPIARE.






{ Prologue – Skull and Drugs }





La sigaretta rilasciava un sottilissimo filo di fumo bianco, giacendo abbandonata sul posacenere di cristallo finemente lavorato, poco lontano da lui.
Un soprammobile così elegante stonava eccessivamente con l’arredamento di quella stanza: tutto in essa emanava un senso di trascuratezza ed usura disarmante.
I colori predominanti erano il rosso cupo e il giallo chiaro, abbinati perfettamente al legno lucido di cui erano composti. Le provette abbandonate sul ripiano di un tavolo, piene di liquidi che scoppiettavano sinistramente, sedie in legno scuro sparse qua e là, un teschio che fissava critico l’ambiente con le sue orbite vuote; sembrava quasi prendere in giro l’uomo riverso sulla poltrona consumata a pochi metri da lui.
“Ma guardati. Non servi a nulla. Ti annoi, caro? Forse un bell’omicidio ti farebbe distrarre, mh?”
L’uomo in questione voltò lievemente il capo verso il teschio, appoggiato placidamente sul camino, gli occhi languidi e pieni di una luce folle, sussurrando uno “Sta’ zitto” appena udibile.
Una siringa vuota pendeva mollemente dal suo braccio, il sangue fermato da un comune laccio di gomma gialla per mettere più in evidenza la vena. Ancora in preda a quella malsana estasi dovuta alla droga, se la tolse con un gesto secco, quasi violento, scaraventandola con stizza apparentemente ingiustificata contro il muro alla sua destra.
“Oh, Honey, Honey, Honey… Cos’hai? Ti annoi, caro? Andiamo, non c’è proprio nulla che possa distrarti? Ma per favore… Come aveva detto, la cara Annie? Ah, sì! ‘Amore, perché non ti trovi un lavoro? Non puoi stare sempre su quella poltrona!’ … Ma a te piace, vero, amore?” continuò il teschio suadente, calcando impercettibilmente l’ultima parola.
La voce di Amleto era quasi ammaliante, doveva ammetterlo. Era la sua arma più potente, riusciva a modularla a suo piacimento, trasformandola da calda e profonda a fredda e tagliente. Sperava proprio che quello fosse un giorno sì per lui, non era proprio in vena di star dietro le sue odiose polemiche.
L’oggetto colpì il muro rimbalzando sulla parte superiore del teschio, rompendo lo stabile equilibro grazie al quale stava sul ripiano, e cadde con un tonfo sordo a terra.
“Ti sta bene.” Sussurrò l’uomo, il volto illuminato dalla tenue luce sprigionata dal fuoco.
Fuori si era già fatto buio, anche se l’ultima volta che aveva controllato l’ora erano appena le sei e mezza. Bisognava però mettere in conto che non aveva capito più nulla dopo essersi iniettato la droga in vena, non c’era da fidarsi. La casa acquisiva un’atmosfera al limite del tetro, da quella prospettiva; si aspettava quasi spuntare un serial killer dalla porta d’ingresso, completo di tuta nera e coltello da macellaio.
Sorrise ampiamente, scoppiando in una risata sguaiata e quasi isterica, gettando la testa indietro.
Ora che Amleto non parlava più, poteva godersi meglio gli effetti della cocaina. O ecstasy. Qualunque merda si fosse iniettato in endovena, non gli importava; gli bastava solo sentirne il paradisiaco effetto sul suo sistema nervoso, e, conseguentemente, su tutto il resto del corpo. Si sentiva come in un mondo ovattato, privo di problemi e preoccupazioni, e amava fottutamente tutto quello.
Sospirò compiaciuto, stravaccato letteralmente sulla poltrona, le braccia ancora penzoloni, le gambe
pigramente allungate: sembrava in procinto di cadere.
Socchiuse gli occhi, incantandosi ad osservare un bracciolo della poltrona. Quanto la adorava. Era di suo nonno, gliel’aveva regalata il giorno del suo decimo compleanno. Dio, come era felice, allora. Era una poltrona in stile classico, che si intonava perfettamente con la sua stanza, di legno pregiato e scuro: i cuscini, lo schienale e i braccioli erano morbidissimi, rivestiti in seta rosso scuro, color sangue, come amava definirlo. Nonostante avesse dietro di sé una buona ventina d’anni, tratteneva ancora il suo antico splendore. L’unica cosa che rompeva la preziosa armonia di quel mobile era una estesa chiazza scura, che era stata opportunamente nascosta rigirando il cuscino.
Lo sguardo accarezzava delicato tutti gli oggetti in quella stanza, piano ma deciso, come se stesse seguendo un percorso solo a lui noto.
E, ad un certo punto, si fermò sullo scaffale, rapito dal titolo di uno dei tanti libri posti sopra esso.
“ ‘La Bibbia di Gerusalemme’? Mi stai prendendo in giro, caro? Non è uno dei tipici libri da mettere in cucina e dimenticare, facendolo riempire di polvere? Mi stupisci, honey… Poveri noi, sei proprio un fallito, se non sai essere coerente neppure con te stesso…
SEI UN FALLITO!!” 

Quel teschio bastardo aveva urlato le ultime tre parole. Le sentiva rimbombare incessantemente nella mente, andando da una parte all’altra, così forti da sovrastare anche i suoi pensieri – se di pensieri si possa parlare, dopo essersi iniettato una dose non precisata di droga.
Improvvisamente, si sentiva stanchissimo, le membra sembravano intorpidite e le palpebre lentamente calavano, cercando di mettere una barriera fra la sua percezione e il mondo. Non riusciva a contrastarle, Morfeo aveva finalmente deciso di accoglierlo fra le sue braccia, e lui non aveva la minima voglia di sottrarsi a quel caloroso invito. I suoi occhi color nocciola non videro più nulla se non un confortante nero, mentre sussurrava un “Fottiti” senza un motivo preciso.
Era stanco, sia a livello fisico che spirituale.
L’ultima cosa che riuscì a percepire fu un “No, Derek, lo stai facendo da solo.” glaciale, un sussurro che raggiunse le sue orecchie provocandogli un tremito per tutta la colonna vertebrale, e non era piacevole, per nulla.
Successivamente, il nulla. Era svenuto, sigillandosi, seppur per poche ore, nel suo mondo, la mente, ove poteva essere ciò che la realtà gli impediva.










Note finali dell'autrice rompiovaie: Beh, che dire… Ho in testa questa idea da tempo, ma non riuscivo a metterla su carta! Poi, ho avuto l’ispirazione… Premetto che per questa fic ho già delineato l’intera storia nella mia mente, non la abbandonerò… Però, sappiate lo stesso che è una Work In Progress.
Mio Dio, detesto i corsivi con tutta l'anima.
Non so che dire, ciò che ho scritto, a livello di note e di prologo è tutto… a me fa simpatia, non mi fa vomitare come tutto ciò che di solito scrivo :3
Se il testo è troppo piccolo, lì sopra potrete cliccare la "A" più grande e si ingrandirà.
L'ispirazione per l'ultima parte mi è giunta grazie ai Rammstein , gruppo che adoro! :wub:
Vi prego di lasciare un mini commentino se passate, mi fareste un piacere inimmaginabile!
Fatemi sapere cosa ve ne pare come inizio, Baci! 
Non ho intenzione di abbandonare questa fanfiction, faccio presente a chi può interessare :)
P.S.: Spero che questa storia vi colpisca quel tantinino da farvi lasciare un commento. Se notate qualche errore grammaticale fatemelo presente, accetto le critiche !
Ho già cinque capitoli pronti, escluso il prologo, ma preferirei postare il primo capitolo dopo aver ricevuto almeno un commento, per capire se continuare a postarla qui o no ^_^'
See you later!
Baci, Fede :)

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Capitolo 2
*** Chapter One: Priests and Prohibitions ***



"Reversed Religion" by Fede Grey; Quest'opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported.
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{ Chapter One: Priests and Prohibitions }







Una ragazza vide una rosellina,
Fiorì lì sulle limpide alture,
Chiese al suo innamorato
se potesse andarla a cogliere per lei.

Lei la vuole e va bene,
così è stato e così sarà per sempre,
Lei la vuole e così è usanza,
Ciò che vuole lo ottiene.

Pozzi profondi si devono scavare,
quando si vuole acqua limpida.
Rosella, oh Rosella,
Acque profonde non sono tranquille.
-Rammstein, "Rosenrot"






“Con il potere conferitomi dalla Santa Chiesa, vi benedico nel nome del padre, del figlio, e dello spirito santo”
Proferì, guidando la mano messa di profilo dalla testa al cuore e dalla spalla sinistra alla destra, con ampi gesti, concludendo il tutto mettendo le mani giunte dinanzi a sé.
“La Messa è finita, andate in pace!” le sue labbra si curvarono all’insù, aprendosi in un sorriso dolce.
La folla che riempiva la chiesa iniziò ad andare verso le uscite non appena ebbe pronunciato quelle parole, parlottando e creando trambusto.
Anche se, pensandoci bene, le Messe che celebrava nei giorni feriali erano sempre meno confusionarie di quelle domenicali, complice forse il fatto che le seconde erano seguite per lo più da adolescenti con la perenne voglia di divertirsi e con gli ormoni a mille, giunti dentro il luogo Sacro solo dopo aver subito qualche paternale, completa di “Almeno fatti la Cresima!” oppure “Hai fatto la Cresima, non vorrai lasciare i tuoi compagni così?”.
Per questo rimanevano sempre negli ultimi banchi in legno scuro di quell’enorme edificio, vicino l’acquasantiera in marmo nero. Molto fine.
Aveva sempre adorato quel luogo; certo, rimaneva sempre una chiesa sperduta in un piccolo paese di sedicimila anime – delle quali almeno diecimila in altri Paesi, per lavoro o semplice senso di ripudio verso quel paesino e le persone che ci abitavano – ma era enorme e composta interamente da marmo chiaro, legno e oro nel caso del tabernacolo.
Quattro statue a grandezza naturale facevano mostra di sé nelle mura laterali: Gesù Cristo Crocefisso e San Pietro Apostolo a destra, Maria di Fatima a sinistra in una nicchia contornata da luci creata apposta. In più, bisognava annoverare l’enorme dipinto raffigurante San Michele Arcangelo che schiacciava Satana impugnando la spada, che troneggiava poco sopra l’enorme portone di legno verde che costituiva l’entrata. Solo una parola poteva definire quell’edificio: meraviglioso. E no, non lo diceva perché in quanto prete, anche due bastoncini sistemati a mo’ di croce andavano benissimo, ma perché quella chiesa riusciva a raggiungere altissimi livelli estetici.
Sorrise, aggiustandosi la stola color viola intenso che portava al collo.
Il Tempo di Avvento era ormai arrivato, l’indomani sarebbe stata la Prima Domenica di Avvento e, come di consueto, la lettura del Vangelo avrebbe riguardato la venuta del Signore alla fine dei tempi.
Era bellissimo vedere le persone in festa, anche solo guardando fuori dalla finestra della sua camera in sagrestia.
Corse letteralmente lungo il corridoio laterale arrancando per colpa della lunga tunica bianca, per poi sistemarsi come suo solito nel piccolo spazio rialzato a destra del portone, fra esso e le scale in pietra.
Salutò cordialmente tutti. I bambini lo abbracciavano e si aprivano in un sorriso ancora un po’ sdentato, mostrando i dentini piccoli; lui ricambiava, aprendosi radioso in una risata.
Adorava i bambini, li aveva sempre adorati; erano creature ancora del tutto pure, non a conoscenza di quanto la vita potesse essere crudele… Andavano trattati come se fossero un fragile cristallo, perché per loro tutto era bello e buono, ogni giorno era una nuova scoperta, il male non esisteva. Con un bacino passava tutto, anche la cosa più brutta, e intrecciando i mignolini si faceva subito pace.
Quanto avrebbe voluto restare bambino, un po’ come Peter Pan.
Tutti in quella cittadina lo conoscevano, giovani e non più giovani. Lo rispettavano e lui rispettava loro. Più volte era stato d’aiuto ad alcuni adolescenti – e no, non in veste di ‘Ambasciatore della Chiesa’, come il signor Sakd lo aveva definito il giorno prima. Preferiva consigliare, prima di esaminare una cosa sotto il punto di vista spirituale.
… Uhm, sì, il Vescovo gli aveva detto che aveva un modo di ragionare molto contorto, per essere stato chiamato da Dio a quella vita, ma non gli importava.
Salutò una coppietta di settantenni, i signori Barnd, i quali a breve avrebbero festeggiato cinquant’anni di matrimonio, quando fu letteralmente stritolato in un abbraccio.
Riconobbe il possessore quelle braccia solo quando sentì un “Tesoro mio, come stai?” euforico.
Tossicchiò, allontanandosi da quella stretta e cercando di riprendere fiato.
“M-mi hanno trasferito qui t-tre mesi fa, il prete precedente stava m-meglio” tossì forte, accarezzandosi la gola e deglutendo, aspettando che quella sensazione di puntura cessasse.
La folla si era decisamente affievolita, rimanevano solo sette o otto persone nella piazzetta, ma non di più.
“Che ne dici di venire dentro, così stiamo più tranquilli?” propose alla donna di fronte a lui che accettò educatamente.
Erano accadute tantissime cose in soli tre mesi, indi prevedeva di rimanere chiuso in quell’ufficio per molto.


***


Erano passate ben due ore e ancora continuavano a parlare.
Erano comodamente seduti nelle poltrone, una tazza di thè al limone – che suor Maria aveva insistito per preparare -, in mano ad entrambi.
“Le altre Sorelle ed io ne avevamo voglia, Padre” aveva detto “Quindi, non si preoccupi ad accettare, ne abbiamo preparato in abbondanza!”.
Conoscendola, si era inventata quella scusa su due piedi per rifilargli il thè al limone che adorava, ma che per mancanza di soldi se andava a fare la spesa per lui e le Suore non comprava mai, in quanto costava ben tre euro al pezzo. Così, quando era il turno di Suor Maria andare a fare le compere settimanali, prendeva sempre di nascosto due pacchi per lui.
Cara, vecchia Suor Maria. Un po’ rigida forse, ma aveva un cuore d’oro.
“Allora, Tia!” esclamò baldanzoso “Io ti ho raccontato tutto, ora tocca a te!”
Non appena pronunciò quelle parole, vide il viso della donna incupirsi.
Tia si tamponò leggermente la bocca con un fazzoletto, poggiando poi la tazza chiara sul tavolo. Sospirò profondamente abbassando lo sguardo, portandosi le dita alle tempie e facendo movimenti circolari per qualche secondo contro di esse. Successivamente congiunse le mani fra loro e lo fissò dritto negli occhi.
“Wilhelm, ho bisogno del tuo aiuto. O meglio non IO, ma questo problema è così grande che temo diventi pure mio…”
L’uomo la osservò inespressivo. Tia non era il tipo di persona da essere agitata o, comunque, da torturarsi in quel modo le mani. E da mangiarsi le unghie, come stava facendo in quel momento… Doveva esserle successo qualcosa.
“Tia, dimmi tutto…” esclamò atono, osservandola attento.
La donna, per risposta, lo fissò ancora negli occhi. Fece vagare poi lo sguardo per, infine, fermarsi sulla Bibbia rilegata in pelle posta al centro della scrivania.
“Wilhelm, hai presente Nikole Ahrmer?”
Certo che la ricordava. Era una persona deliziosa, non aveva mai conosciuto nessuno così devoto al Santissimo. Veniva in Chiesa tutti i giorni e partecipava a tutte le attività proposte.
“Ha un figlio, Derek. E’ disperata, Dio mio…L-lui è un… delinquente, satanista, violento e tutto ciò che peggio può essere”
“Tia…”
“Sul serio! Ha rapinato due banche a Berlino, si immischia sempre nelle risse e… Oddio, so solo questo, ma per la disperazione di quella donna deve esserci qualcosa sotto. Mi ha chiesto aiuto! A me! Io le ho promesso di fare qualcosa, perché la conosco ma non so che fare piccolo mio, non so…”
Wilhelm si alzò dalla poltrona e, ancora vestito con tunica e stole delicate, la raggiunse e si inginocchiò di fronte a lei.
Stava piangendo e non poteva sopportarlo; aveva un volto bello e giovanile, Tia, pur avendo superato da molto i quaranta, per cui non voleva che si deturpasse per problemi inutili.
“Tia, Tia, dai… Ti aiuterò io, tranquilla…” le prese il volto fra le proprie mani asciugandole le lacrime con i pollici. I suoi occhi chiari erano ancora lucidi, ma doveva ammettere che, dopo un pianto assumevano una luce diversa. La luce della speranza?
Non lo sapeva, ma voleva che quel dettaglio abbellisse i suoi occhi sempre, in ogni momento e non solo dopo uno scoppio emotivo.
“Sul serio, Will?”
L’uomo sorrise a quell’appellativo dolce. “Sul serio!” sussurrò.
La donna non disse una parola; semplicemente, lo avvolse in una stretta calda che sapeva di casa.
“Oh, grazie, grazie…” ripeté a voce bassa, come una cantilena.
Lui le baciò la fronte con affetto, alzandosi in piedi.
“Macché, di nulla!”
Osservò l’orologio: si erano fatte le cinque di pomeriggio e, in quanto Domenica, doveva fare Catechismo ai ragazzi che si preparavano alla Cresima.
Lei intercettò il suo sguardo, spalancando gli occhi come se si fosse ricordata in quel momento qualcosa.
“Will, ora devo andare,” esclamò alzandosi in piedi e prendendo la pesante giacca “Ho un… impegno importante, a domani!”
Lo salutò con un bacio sulla guancia, prima di dirigersi verso la porta che collegava la Sagrestia alla Chiesa.
“Ciao!” la salutò.
“Buona fortuna con i ragazzi!” gli disse lei di rimando, prima di sparire varcando la porta in legno bianco.
Wilhelm sospirò, chiudendo gli occhi e scuotendo la testa.
Derek, Derek, Derek.  Non era forse quel tipo che, ogni volta che passava dinanzi la Chiesa, bestemmiava? Quello che una volta lo avevano sorpreso ad appiccare fuoco ad un crocifisso.
Lo aveva visto da lontano, ma non gli aveva mai dato molto peso; tutt’al più, gli dispiaceva per quel ragazzo.
Cosa poteva essergli accaduto per diventare così? Rapinatore, bestemmiatore… doveva avere decisamente brutte esperienze alle spalle.
Ma Wilhelm era sempre stato seriamente convinto che ci fosse del buono anche in fondo all’anima più nera e devastata.
Ed era proprio questa sua convinzione che gli rovinò la vita.


Dall’altra parte di quel paesino di merda in cui si ritrovava ad abitare, Derek Ahrmer scaraventava un bicchiere di vetro in terra, dopo aver avuto una violenta lite con la madre.
Nella sua fottuta vita non c’era mai un secondo di pace pensò, prima di abbandonarsi ai carezzevoli meandri della Cocaina.


Se la merda non cambia, sarò io a cambiare la merda.










Note finali che nessuno si degnerà di leggere: 
Innanzitutto, ringrazio Rufus per aver betato questa cosa e i Rammstein ( :rox: ) per avermi ispirato. Premetto ancora una volta che non abbandonerò questa fic.
La canzone iniziale, "Rosenrot", è un autentico capolavoro. Ho messo il link allegato al nome, ma se volete ascoltarla (e merita, credetemi :wub: ) potete cliccare sopra questa frase e vi si aprirà il link di Youtube con il video ufficiale.

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Capitolo 3
*** Chapter Two: No Words. ***


 

"Reversed Religion" by Fede Grey; Quest'opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported.
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{ Chapter Two: No Words. }




Sfogliò l’ennesima pagina svogliatamente, leggendo qualche frase a caso.
Quel giorno si era fissato sui vampiri e voleva informarsi, così si era messo astudiare. Studiare, certo, che nella sua concezione del termine significava stravaccarsi sul letto, mettere i piedi sulla testiera e attaccare una qualche canzone macabra nel suo lettore MP3. Sì, il grande Derek Ahrmer doveva ascoltare la sua musica divina su quel fottuto aggeggio pieno di scotch dato che non possedeva alcun soldo per comprarsene uno nuovo.

“E vaffanculo.”

Il ragazzo sbuffò, non staccando però gli occhi dall’enorme libro che teneva in mano.
“Amleto, stai zitto o ti giuro che questa volta non te la caverai con qualche dente marcio saltato” rispose tranquillamente. Negli ultimi tempi il teschio si faceva sempre più insistente, ma un bel pugno assestato sembrava in grado di tenerlo a bada per un po’.
“Honey caro, come mai tutto quest’interesse per i vampiri? Tanto sei un fallito, è inutile che cerchi ispirazione…”
Derek lo ignorò semplicemente. Chiuse delicatamente il tomo che aveva in mano, rimanendo pochi secondi ad osservarlo. Era rilegato con un materiale di colore rosso che ricordava molto il velluto, e delle lettere in rilievo color ebano spiccavano da esso: “Storia delle Creature della Notte” . A completare il tutto, sotto la scritta era incastonato un anello con delle scritte minuscole ed una pietra azzurra lucente.
Quel libro l’aveva colpito fin da subito, forse per la sua copertina o per il suo contenuto. Le pagine erano giallognole ma ben scritte, e contenevano descrizioni dettagliate delle cosiddette “Creature”. Inoltre, c’erano dei disegni meravigliosi.
Il vecchio proprietario avrebbe dovuto essere fiero di possedere un oggetto come quello, ma a quanto pare non la pensava come lui: il venditore del negozietto di roba usata aveva detto che aveva accettato una somma ridicola, pur di disfarsene. “Meglio per me, alla fine!” aveva commentato, e Derek non poté che dargli ragione. In effetti, meno pagava le merci, più ci guadagnava quando le rivendeva.
Sfogliando accuratamente le pagine, arrivò all’indice.
"Derry, uff... Mi fai sentire indesiderato..." sentì Amleto lamentarsi, lanciandogli successivamente una ciabatta; doveva averlo centrato, a giudicare da quell' "Ahi" soffocato.
Tornò a concentrarsi sullo scritto che teneva in mano.
Demoni, vampiri, streghe, maghi, fantasmi, Banshee, perfino Poltergeist; il capitolo che lo affascinava di più, però, era quello degli Angeli Neri.
Derek, nonostante fosse appassionato del macabro e del soprannaturale, non sapeva dell’esistenza di questi Angeli.
Pensava che ci fossero solo quelli ‘normali’, quelli che da piccolo vedeva sempre raffigurati nei cartoni e nelle favole: ragazzi alti, con bellissimi occhi azzurri, magri, dei lunghi capelli lisci o ricci, scalzi e vestiti completamente di bianco.. ma a quanto pare no.
Nella prima pagina di quel capitolo si trovava un disegno che raffigurava una donna completamente vestita di nero. I capelli scuri incorniciavano un viso pallido e dolce, che però stonava con i lunghi canini che le fuoriuscivano dalle labbra carnose e rosa, un naso piccolo e alla francese, gli occhi rossi come il sangue. Il suo copro magro era vestito con un abito composto da una lunga gonna nera e morbida e da un corsetto - nero anch’esso - che evidenziava la vita stretta e il seno, con lacci rossi intrecciati sul davanti. Indossava una collana che rappresentava un cuore rosso circondato da un drago nero e uno bianco, simbolo dell’intreccio fra Inferno e Paradiso, secondo il libro.
Era semplicemente meravigliosa, il suo modello ideale di donna.
Quasi gli dispiaceva che fosse solo un’illustrazione, perché la trovava davvero bellissima.
Secondo esso, erano angeli banditi dal Paradiso perché troppo superbi, maligni e dannati per l’eternità, condannati a vagare fra i mortali finché non avessero espiato tutti i peccati commessi all’alba dei tempi.
A pensarci bene, gli ricordava un po’ la storia dell’angelo Lucifero, mandato nelle profondità della Terra perché cercava di superare Dio e di mettergli contro gli altri angeli.
D’un tratto, come colpito da una scarica elettrica, alzò la testa di scatto.
Angeli Neri… Dannati… Distruzione…
Sgranò gli occhi, gettando a caso il libro sul letto - sempre delicatamente, eh. Con quello che lo aveva pagato.
Si precipitò alla scrivania, spostando con una manata varie provette, e prese un bloc notes da un cassetto iniziando a scrivere qualche frase.
Aveva finalmente ritrovato l’ispirazione.
“Derry, Derry, Derry… Non ci arrivi proprio, allora…”
“Zitto, Amleto.”


“Lei si muove nell’ombra,
è una creatura notturna ,
si avvicina con una maschera, e tu non puoi,
non puoi sapere chi si nasconde dietro.

“ È sempre stata così “

Celebrerai la sua morte con streghe e fantasmi,
una grande cerimonia farai,
antichi re festeggeranno felici,
e le regine in silenzio si compiaceranno.
Nessuno può dirti cosa vuoi
Nata in un lontano giorno,
creata da una magia proibita,
angeli e demoni si uniranno ancora per creare distruzione.

“Ti osservano da lontano, tutto sarà perfetto” “



Si morse il labbro, indeciso. In mente aveva già un abbozzo per la melodia e fino ad ora gli sembrava abbastanza decente ciò che aveva scritto, ma non voleva illudersi.
Si perse la testa fra le mani, picchiettando la matita sulla nuca. Puntò per un lasso di tempo indefinito lo sguardo sul muro, non guardandolo davvero. Sentiva le idee dentro la sua testa, ma non capiva come riuscire ad esprimerle.
Forse…


“ Una profezia ti mise in guardia,
devi ucciderla per impedire il disastro,
credi di potercela fare, ma così non sarà.

Creatura magica,
all’alba dei tempi tu fosti creata,
occhi ammalianti e bacio fatale,
angeli e demoni di nuovo uniti,
nessuno si salverà.

Cos’è l’uomo di fronte a queste creature?
Con un pugnale dilaniasti il suo cuore,
Un ghigno sul volto,
Portasti il corpo in una foresta
L’umano tocca una creatura,

“Disonore, l’umano non supererà, non supererà” “



Ecco, mancava l’ultimo pezzo. L’ultimo misero pezzo ed avrebbe completato la canzone.
Non riusciva ad arrivarci, e che cazzo. Continuava a sentire le parole sulla punta della lingua, ma non riusciva ad afferrarle. Era come se fossero scritte in stampatello su un foglio di carta ma lui avrebbe dovuto leggerlo attraverso un vetro appannato.
“Cazzo, cazzo, cazzo, manca poco…”
Ecco, forse era riuscito a trovare le parole giuste, erano…

“Derry, caro, sei sveglio?”
Picchiò la testa contro il tavolo. Cazzo, NO.
“Che c’è?!” rispose sgarbatamente.
Sua madre entrò, dopo aver bussato un paio di volte per chiedere il permesso di entrare – permesso che lui non aveva concesso.
Derek notò subito qualcosa di strano. Sua madre indossava un vestito blu, che le arrivava appena sopra il ginocchio e con delle spalline sottili, e teneva in mano un coprispalle nero e delle scarpe del medesimo colore con tacco 10.
“Uhm, perché sei vestita in quel modo?” Domandò sospetto. Sua madre era una bella donna, doveva ammetterlo, una gravidanza non aveva scalfito per nulla il bel corpo che si ritrovava, a parte qualche smagliatura sulla pancia. Ma non riusciva comunque a condividere l'abbigliamento che continuava ad indossare: non aveva ancora vent'anni, eh.
“Derry non ti ricordi? Oggi tua cugina si sposa, dobbiamo andare al matrimonio…”
“Ah, già. Beh, non vengo.” Sbuffò. Perché quella rompiballe doveva sposarsi quel giorno? E poi, perché lo aveva invitato? Si erano sempre odiati.
Fece una smorfia, segnandosi mentalmente di fare le condoglianze al ‘fortunato’ che l’avrebbe portata via dalla sua casa natale.
“Derek, per favore. Si trasferiranno a Berlino e chissà se la rivedremo più… Fallo per la tua vecchia mamma, è un favore che ti chiedo…” iniziò sua madre, con gli occhi lucidi.
Il ragazzo si alzò, aprendo l’armadio e gettando qualche maglia che non raffigurasse membra segate o volti sanguinanti sul letto.
“Non sei così vecchia” disse senza alcuna espressione particolare sul volto.
Nikole sorrise. Suo figlio poteva anche essere sgarbato con lei, ma lo aveva fatto nascere e sapeva che non era come la gente spesso lo dipingeva. Si avvicinò, baciandogli una guancia.
“Fra mezz’ora dobbiamo essere in Chiesa.” Disse uscendo dalla sua stanza per dirigersi nella propria, con l’intento di rifarsi un po’ il trucco.
La donna spesso pensava di non essere una buona madre: non riusciva a capire dove avesse sbagliato perché suo figlio fosse diventato in quel modo. Era... maleducato, diffidente, sgarbato e aveva anche il forte timore che fosse diventato un delinquente a causa delle brutte compagnie che frequentava.
Ma piccole cose, come quella risposta detta con tono così neutro e distaccato da sembrare quasi arrabbiato, le confermavano ciò che già sapeva: suo figlio indossava una maschera, e solo raramente il vero Derek riusciva ad uscire dalle piccolissime crepe che la incrinavano.
Era per questo che non se la prendeva quando lui si rivolgeva male... Sapeva che era solo una semplice facciata.
Il ragazzo, nel frattempo, grugniva contrariato, le mani intrecciato di fronte al viso.
Aveva sempre odiato le Chiese e tutti coloro che lavoravano lì dentro, gli sembravano solo ipocriti pronti a far tutto tranne ciò che Dio aveva comandato loro.
Lui… non sapeva come definirsi. Credeva nell’esistenza di un’entità superiore, ma a volte aveva dei dubbi. Era cristiano tendente all’ateismo, forse.
Fece una veloce scelta dei capi più sobri che aveva trovato.
Una maglietta chiara con la scritta “Engel” stilizzata, un pantalone non troppo aderente con una catena sottile ed una giacca elegante – l’unica presente nel suo guardaroba.
Infine, la collana con un teschio dalla quale non si separava mai. Ma forse quella era meglio nasconderla dentro la maglietta.
Decise di indossare un anello semplice e lineare di colore argento, che mise nel pollice destro.
Ecco, era perfetto e normale. Troppo normale, per i suoi gusti.
Mise un paio di scarpe scure ai piedi e si controllò allo specchio.
Very good.
Scese di corsa le scale, trovando la madre che lo aspettava nel salotto.
“Mamma?”
La donna prese le chiavi e le infilò nella borsetta, uscendo e chiudendo a chiave la porta; si diresse con il figlio verso la macchina, lasciandolo guidare.
In poco tempo si ritrovarono di fronte quell’edificio sacro tanto odiato dal figlio quanto adorato dalla donna.


***



‘Cazzarola, ma quant’è grande qui?’ pensò finemente Derek, stupito dalla grandezza della Chiesa del paese. Insomma, da fuori sembrava un edificio come gli altri, se non fosse per la grande croce che spiccava sulla cima, ma nulla di che. Sembrava anche piccola.
Ma dentro era… enorme. Enormemente bellissimo. Era così accecato da tutto quel bianco, quell’oro e quei fiori colorati che assieme all’incenso profumavano l’aria che si era quasi scordato del suo odio verso tutto quell’ostentare ricchezza assoluta.
Era bello. Tutto era curato nei minimi particolari e l’unica parola alla quale riuscivi a pensare, guardandoti intorno, era… ‘Bello’.
Si riscosse dal suo imbambolamento momentaneo, catturato da un ragazzo biondo che aveva iniziato a parlare con sua madre.
“Nikole! Sei bellissima oggi!” lo sentì esclamare con un sorriso radioso. Aveva un bel sorriso, osservò.
“E lui chi è?” chiese improvvisamente curioso.
Non appena il suo sorriso si spense però, a Derek parve di ricevere un pugno nello stomaco.
‘Oh cazzo.’ Riuscì solamente a pensare.
Quel ragazzo era identico all’angelo nero ritratto nel suo libro, a parte i corti capelli biondi e gli occhi scuri.
“Questo? Oh, questo è mio figlio, Derek!” Rispose sua madre, e lui, automaticamente, tese la mano.
Non perché ci tenesse realmente - lo stava ancora fissando incredulo - ma una delle prime cose che sua madre gli aveva insegnato era di essere gentile con gli estranei, soprattutto con gli amici di mamma.
‘Oh cazzo.’ Pensò di nuovo, non appena il rosario che ornava il polso dello sconosciuto.
Facendo scorrere lo sguardo sul suo corpo, notò anche una tunica candida con una croce dorata e una sciarpa bianca. Anche se sembrava molto magro, da ciò che riusciva ad intuire.
‘Non è possibile!’



“Celebrerai la sua morte con streghe e fantasmi,
vampiri e druidi assisteranno,

In una foresta un fuoco splendeva,
creature immonde danzavano,

“Balla, balla mortale”

Un grido squarcia la notte,
la paura è nell’aria,
un demone angelico è stato impiccato,
Ma i suoi occhi vedono ancora.

Nata in un lontano giorno,
creata da una magia proibita,
angeli e demoni uniti di nuovo”







Note dell'autrice: Non so, non mi pare una delle più belle cose che io abbia mai scritto :blink: . Questa è la prima long-fic in cui mi lancio, quindi non sono chissà che :)
 Non ho molto da dire in questo momento, se non il solito 
'Lasciate un commento, vi prego!'...
Piccolo P.S.: Vorrei dire che la canzone che sta scrivendo Tom -che poi, si può considerare 'canzone? - è tutta farina del mio sacco, quindi, se volete riutilizzarla in qualche modo o anche solo metterla in un altro sito - cosa improbabile, dato com'è :sick: - dovete chiedere l'autorizzazione di postarla a me soltanto e a nessun altro.
Mi sento un pochino strana a mettere note del genere, ma mi è capitato di ritrovare pezzi di una mia vecchia One-Shot in un'altro forum e l'autrice la spacciava per sua, spero questo non si ripeta con quell'avviso lassù e con questi chiarimenti qui sotto.
Passando ad altre cose, a chi interessa dico che ho preso 9 all'esame e sono felicissima di lasciare la mia scuola ^_^
Ah, e la maglietta con la scritta 'Engel' stilizzata esiste, la vendono su EMP ed è stata realizzata su una canzone dei Rammstein, Engel, per l'appunto...
P.P.S.: Io odio i corsivi.

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Capitolo 4
*** Chapter Three: Death is near you... Always. ***





"Reversed Religion" by Fede Grey; Quest'opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported.

Licenza Creative Commons







{ Chapter Three: Death is near you... Always. }





Ora, cari bambini, fate attenzione: vi ho portato qualcosa.
Oggi voglio raccontarvi la storia di una bellissima principessa e del suo principe.


La storia comincia in un bellissimo Palazzo bianco: in esso viveva una principessa bellissima, con occhi dello stesso colore delle pietre più preziose e una lunga chioma color del grano. Tutti nel suo regno l’amavano, ma ogni sera, calato il sole, si ritrovava a guardare la bianca luna dalla sua stanza.
Si chiedeva sempre se avrebbe mai trovato un principe che le volesse bene perché, in fondo, sapeva che tutti i suoi sudditi la rispettavano solo perché era la figlia del loro Re, che presto avrebbe lasciato il trono. Non prima che la principessa avesse trovato un principe, però.
Ogni giorno passeggiava per il castello, cantando e spazzolandosi i capelli con il pettine regalatole dalla madre.
Un giorno, durante uno dei frequenti balli che il Re organizzava, la principessa fu colpita da un ragazzo. Era bello, alto e forte, con i capelli color della notte e gli occhi color del cielo.
La ragazza se ne innamorò subito e poco tempo dopo si sposarono.
Il Sire, che alcuni anni prima era rimasto vedovo, si ammalò durante una battaglia e morì alcuni giorni dopo, nonostante il miglior medico del regno era accorso a Palazzo per curarlo.
La sua vita cominciò a peggiorare non appena il medico uscì dalle stanza del padre, scuotendo rassegnato la testa.
Il bel principe, che fino a quel momento era sempre stato premuroso e dolce nei suoi confronti, non appena ottenuto il titolo di nuovo Re incominciò a picchiarla e a fare cose davvero bruttissime.
La principessa ormai Regina subiva silenziosamente ogni giorno, ma alcuni anni dopo prese una decisione: non era adatta a dirigere un Regno come il suo vecchio padre, ma almeno avrebbe potuto liberarlo da quel nuovo Sire senza scrupoli.
Fu così che un bel giorno avvelenò la colazione del marito, vedendolo morire sotto i suoi occhi.
Non riuscì ad afferrare le ultime parole dell’uomo, ma non se ne preoccupò; elesse il suo giovane cugino Re, ma decise comunque di rimanere a Palazzo.
Molti, molti anni dopo, quando ormai i suoi capelli biondi erano diventati una morbida cascata candida, seppe che era pronta a lasciare il suo Mondo.
Sbrigò le ultime faccende, salutò gli amici più cari e si stese nel suo letto ad aspettare.
Non appena il sole calò all’orizzonte, vide dinanzi a sé una bellissima ragazza dalle grandi ali nere; notò subito però che indossava un lungo vestito bianco squarciato sul petto e ricoperto di macchie rosse.
La ragazza si avvicinò e le prese la mano, non parlandole. In quel momento sentì chiaramente la vita lasciarla, ma le sembrava comunque di rimanere ancora viva.
Cos’era successo?
Si guardò istintivamente le mani, ora bianco latte e con una consistenza irreale, e capì.
Un crimine come l’uccisione dell’uomo con cui hai deciso di passare l’eternità non viene ignorato dal Signore. Era stata condannata alla peggiore punizione che si possa infliggere ad un’anima: avrebbe dovuto vagare per la Terra, pur non essendoci, perché per persone come lei non esisteva né il Paradiso né l’Inferno.

Bambini, avete compreso?”

**

Tutti, in quel buco di paese, sapevano che tipo fosse Derek Ahrmer.
Inaffidabile, delinquente, maleducato… Satanista.
Lui, in verità, non si sarebbe definito così. O meglio, non si definiva. Era quello che era, e gli stava bene; in più, l’incutere timore nella gente portava davvero molti vantaggi; chi sarebbe stato così idiota da rinunciare ad essi?
Lui no di certo.
Quel giorno era insolitamente irrequieto.
Non era sua abitudine preoccuparsi molto delle sue azioni, aveva sempre seguito il motto “Vivi e fottitene” e non aveva mai avuto problemi molto grandi.
Ma quel pomeriggio, al matrimonio di quella rompicoglioni patentata, era rimasto scioccato.
Com’era possibile che quel prete fosse identico a quella bellissima donna nel ritratto del libro? I sacerdoti erano tutti vecchi e brutti, perché questo doveva essere così?
Erano cinque giorni che ci rimuginava su e Derek non era ancora così stupido da non capire il perché. Fin da quando si era affacciato all’adolescenza aveva amato le sensuali forme che solo un corpo femminile può avere, ma si ripeteva sempre che anche un corpo maschile poteva esserlo, seppur in modo differente.
Quell’uomo – o meglio, quel ragazzo – poteva avere all’incirca la sua età, che cazzo ci faceva come santerello della chiesa invece di scopare a destra e a manca come i suoi coetanei, lui in primis? Ma era davvero così coglione da fare il casto e puro a poco più di vent'anni?
Interruppe il flusso dei suoi pensieri solo per prendere un sorso di birra dalla lattina sul comodino.
Non aveva fatto altro che osservarlo per tutta la funzione; mentre gli altri erano impegnati a pregare, lui si concentrava sui movimenti di quel biondo.
Seppure il suo corpo fosse interamente coperto da quel coso bianco da parroco, quando si muoveva si riuscivano ad intravedere le forme asciutte del suo corpo. E poi.. il viso. Come cazzo potevano mettere come prete una persona così? Era un controsenso assoluto. Per tutto il tempo non aveva fatto altro che parlare, parlare, parlare; recitava la messa nuziale su un microfono e fin da subito Tom aveva provato ad immaginare se al posto di quell’oggetto ce ne fosse stato un altro.
Era pronto a giurare che anche l’angioletto biondo aveva avuto le sue esperienze, oh, se ci giurava. Oramai Derek era un esperto nel campo, riusciva a comprendere cose di questo genere a colpo d’occhio.
Prese un altro sorso.
Ma, accantonando il problema di quel finto santo, sua madre in quei giorni si era fatta più appiccicosa del solito, straparlando ogni minuto di Paradiso, Inferno, Chiese, catechismi e doni. Cazzo c’entravano i doni? Boh, lo aveva sempre saputo che non era del tutto a posto.
La cosa che lo aveva fatto sospettare di più era che la donna lo trascinava con ogni scusa possibile in Chiesa: “Der, ho perso il portafogli, forse l’ho lasciato in Chiesa!”, “Der, la zia è davanti la Chiesa, la vai a salutare? È tanto che non vi vedete!” “Derry, ti piace tanto l’arte, perché non vai in Chiesa e studi i quadri? Sono molto antichi, e non abbiamo musei qui!” e molte altre cose del genere.
Si tolse l’elastico che teneva legati i sottili dreadlock neri, lasciandoli cadere scompostamente sulle spalle.
Non era stupido, lo aveva capito da un bel po’ che a sua madre il suo comportamento non andava giù, così come il suo odio verso quegli edifici e le persone che ci stavano.
Ma non poteva farci nulla… Era fatto così e dubitava fortemente di poter cambiare.

Si alzò dal letto e si mise ad osservare pigramente le persone dalla finestra.
Quel mondo gli sembrava così falso ed ipocrita, per questo fin da piccolo aveva cercato di crearsene uno interamente suo.

A quindici anni era riuscito finalmente a farcela: da ragazzino sfigato e grasso quale era, sognava la popolarità e il poter indossare i vestiti che più gli piacevano. Era riuscito a crearsi un’immagine ben precisa di come avrebbe voluto essere ed aveva iniziato ad impegnarsi duramente per raggiungerla.
Solo quattro anni dopo, il grasso, sfigato, emarginato Derek "Frocio" Ahrmer, il ragazzino senza padre, era diventato il bel tenebroso della scuola.
Era riuscito a perdere ben trenta chili, complice anche la crescita in altezza ma aveva comunque continuato a fare palestra per rendere più sodo il suo fisico; aveva abbandonato quelle magliette scialbe ed anonime ed aveva incominciato ad indossarne sempre più strette che mettevano in risalto le spalle larghe ed il torso mascolino, mentre utilizzava jeans leggermente più morbidi, completi di immagini quasi scabrose, piene di teschi e sangue; i suoi capelli lunghi e biondi erano stati acconciati in sottili dreadlock successivamente tinti color nero pece; il suo viso si era affilato, prendendo tratti più adulti e duri ed infine, aveva preso l’abitudine di passare un filo di nero sulla palpebra inferiore dell’occhio per far risaltare gli occhi chiari.
La più recente modifica che aveva apportato sul suo corpo era stato una delle prime alla quale aveva anelato.
Non gli erano mai piaciuti i suoi occhi, ed erano ormai tre anni che utilizzava delle lenti a contatto colorate.
Addio occhiali da vista ed occhi scuri.
Benvenuto, nuovo Derek.

Aspirò una boccata di fumo dalla sigaretta, espirando poi una nuvola di fumo grigiastro.
Aveva faticato tanto per poter essere come voleva e nessuno gli avrebbe fatto cambiare idea.
Sentì un leggerissimo fruscio dietro di sé, ma non si prese neanche la briga di girarsi per controllare, sapeva perfettamente chi fosse.
“Ne sei sicuro, Honey?”
Prese un’ultima boccata dalla sigaretta ormai finita, spegnendola sul posacenere in vetro accuratamente lavorato che si trovava sul mobiletto vicino a lui, poi puntò gli occhi coperti dalla sottile pellicola grigia delle lenti colorate sulla figura di fronte a lui.
“Sta’ zitto, Amleto.”

**

“Pensi davvero che funzionerà? Che finalmente riavrò il mio Derek?”
“Fidati di me, Nik… Ho già tutto in mente, devi solo fare ciò che ti dirò."






Note dell'autrice deficiente:
Beh... non ho molto da dire ._. è cortissimo perché la scena doveva chiudersi così, in questo modo, non potevo fare altrimenti. 
La fine l'ho cambiata perché prima faceva amorevolmente cagare...
Gradirei che mi faceste sapere con un commento se fa così schifo come sembra a me, perché questo è proprio un'obbrobrio...
Le prime due frasi del capitolo sono prese dalla canzone "Mein Herz Brennt" dei Rammstein  <3
In alcune parti la prima parte del capitolo può sembrare scritta in modo un poco infantile, questo perché è raccontata a dei ipotetici bambini ...
P.S.: Non so se esistano le lentine colorate graduate... Qualcuno sa dirmi se sì? :ph34r:
Ciao :D

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