My sweet Paris...

di Echelena
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 capitolo ***
Capitolo 2: *** 3 Capitolo ***
Capitolo 3: *** 2 capitolo ***
Capitolo 4: *** 4 capitolo ***
Capitolo 5: *** 5 capitolo ***
Capitolo 6: *** 6 capitolo ***
Capitolo 7: *** 7 Capitolo "Sfilata con fuga" ***
Capitolo 8: *** Jared insegue Carla ***
Capitolo 9: *** Escape ***
Capitolo 10: *** Tutto è bene... ***



Capitolo 1
*** 1 capitolo ***


1 cap  My sweet Paris...
 
Era il primo di ottobre ’11 e a Parigi c’era fermento. La settimana delle sfilate parigine era iniziata.
Sarebbero sfilati sulle passerelle moltissimi nomi noti a tutto il pubblico;  Richas, Lanvin, Mugler, Westwood, Yamamoto, Gaultier, Kenzo accompagnati anche da stilisti magari meno noti, ma non meno capaci di sbalordire con le loro arditissime sperimentazioni. Purtroppo per me e la mia squadra, tutto questo fermento coincideva con le nostre indagini su dei narco – trafficanti, che seguivamo da oltre un anno. Io ero il Commissario che dirigeva le operazioni ed eravamo arrivati a stringere le indagini proprio in quella settimana mondana. In pratica quell’evento avrebbe fatto da copertura per un traffico ingente di cocaina ed eroina proveniente dai Paesi del Sud-America. Il fermento parigino avrebbe coperto riunioni e arrivi di partite di droga,distraendo l’opinione pubblica dai loschi traffici. Noi avevamo cominciato le indagini con infiltrati che ci facevano da spie e cercavamo  dall’Italia  cooperazione con i  colleghi Transalpini, sperando in una proficua collaborazione.  La nostra base era vicinissima alla Stazione della Police Nationale, ma la  collaborazione doveva essere diretta dalla nostra Squadra, in quanto le indagini ci appartenevano da molto tempo. Così prima di arrivare a Parigi, da circa un mese avevamo stretto gli accordi necessari con il Capo della Polizia, Jean Martin. Devo  dire che si era dimostrato collaborativo al massimo nel coordinare le sue squadre, anche se notavo in lui un pizzico di gelosia , soprattutto nei miei confronti, in quanto giovane donna a capo di un Commissariato. Ero laureata in Giurisprudenza e anche  in Scienze Politiche, quindi mi potevo considerare un piccolo genio senza false modestie! A soli 33 anni mi avevano affidato un ruolo, Commissario Capo, che molti miei colleghi mi invidiavano e di gelosi e invidiosi nel mio lavoro ce n’erano tantissimi! Non tutti erano dotati di abnegazione e amore per la giustizia come me! Perché, credetemi, il salario era così basso, che a volte qualcuno ci faceva notare se era il caso di rischiare la vita per così poco. Ma io avevo sempre amato tutto ciò che riguardava la giustizia e la legalità. Così da due anni e mezzo avevamo concluso delle indagini molto difficili, di cui il mio Distretto era molto orgoglioso.
Ora  un caso  nuovo ci portava a questi trafficanti, i quali senza tanti preamboli si servivano di una vasta rete di spacciatori tra Francia, Italia , Svizzera e Germania e noi dovevamo assicurarli alla giustizia.
I nostri infiltrati da un anno non avevano vita propria,vivevano ormai come dei criminali, cosa necessaria per far si che i Capi si fidassero completamente di loro. Eravamo tutti impazienti di coglierli con le mani nel sacco e concludere l’indagine  con degli arresti esemplari, smantellando una fitta rete di spacciatori.
Era autunno , ma a Parigi come in Italia, faceva caldo. Per cui eravamo in una situazione a volte anche di sofferenza fisica, a causa di un caldo fuori stagione che ci faceva sudare  come se fossimo a luglio.
Le nostre postazioni erano sotto il sole, i tecnici operavano dentro dei furgoni da dove spiavano tutto ciò che avveniva nelle passerelle e dentro le stanze dei nostri indagati. Il caldo li opprimeva e a volte qualcuno era costretto a rifornirli di bevande fresche col rischio di far cadere la copertura necessaria.
Io ero sempre in contatto radiofonico con le cuffie, con gli agenti che spiavano e i miei stretti collaboratori, l’Ispettore capo Andreis e il Sovraintendente Bonanno. Ma per me dopo tre anni di collaborazione erano semplicemente Paolo e Giulia. Ormai eravamo amici affiatati, non semplici colleghi. La fortuna era anche questa, avere nell’ambiente di lavoro, delle persone di cui fidarsi e una stima di amicizia nei loro confronti. Ovviamente ricambiata anche da parte mia.
Quella mattina si stavano preparando gli stilisti per le  sfilate sulle passerelle serali e si preparavano anche i trafficanti che avrebbero concluso i loro loschi affari proprio dietro le quinte. Eravamo tutti nervosi e in apprensione. Bastava un nulla per far saltare tutto, mesi e mesi di duro lavoro,per cui  eravamo tutti sull’attenti. Dovevamo anche stare molto attenti a non far sorgere sospetti sui trafficanti che avevano la polizia alle calcagna, in quanto c’era troppa gente intorno e le sparatorie erano assolutamente da evitare. Bisognava agire spediti e con coerenza.
I miei ragazzi erano tutti ai loro posti, chi spiava dentro le camere d’albergo, chi intercettava le telefonate e c’erano anche dei tecnici abilissimi che spiavano i loro computer direttamente dai furgoni-spia. Ogni volta che qualcuno di loro navigava nella rete, veniva intercettato dai nostri uomini. Eravamo in attesa di far saltare tutta la loro organizzazione criminale.
Io mi informavo su tutto. Cosa stavano intercettando in quel momento, di cosa parlavano e come agire  in base a ciò che decidevano i criminali. Il loro  Capo era un brasiliano che si occupava di traffici illeciti da parecchi anni ed era noto  per la durezza e crudeltà. Non si fermava di fronte a nulla pur di portare a termine i suoi traffici, persino utilizzare dei ragazzi per trasportare la droga. A volte con mezzi disumani. Ma i criminali non sono mai teneri, si sa. Affidare alla giustizia un tipo del genere mi avrebbe procurato diverse soddisfazioni.” Flagelo”, così lo chiamavano in gergo, doveva incontrarsi con degli spacciatori italiani e francesi ed era lì con l’intento di vendere delle partite ingenti di droga, per poi tornarsene pulito in Brasile.
O godersi le spiagge incantate del Messico o delle Hawaii. Il suo soprannome , in portoghese, era tutto un programma, flagello, appunto. Assicurare quella gente alla giustizia era della massima priorità. Doveva succedere a momenti, prima o poi avrebbero fatto il passo falso e ci avrebbero portato loro stessi alle quantità di droga arrivate fresche fresche  dal Brasile.
Così, persa nei miei pensieri e cercando di non sentire il caldo opprimente di questo autunno  parigino, Paolo mi chiamò.
-        Carlà!-
-        Come mi hai chiamato , scusa?- dissi un po’ sorpresa da quell’accento sulla “A” finale del mio nome.
-        Ti ho chiamata Carlà. Non siamo a Parigi qui?E allora se Carla Bruni la chiamano Carlà, tu qui sei Carlà!-
-        Ma vedi di annartene....-Stavo per farmi una sonora risata. Il mio lato romanesco stava per uscire fuori. Il fatto era che anche durante le indagini a volte si scherzava per rendere i momenti di tensione più sopportabili.
-        Senti Paolò- dissi allora io per prenderlo in giro- che ne dici se mi allontano 10 minuti per prendermi un caffè? Ne ho bisogno, tu ne vuoi? Te ne porto uno?-
-        Innanzitutto se devi chiamarmi in francese, mi devi dire Paul! Erudisciti cara! E poi no, grazie  per il caffè, sennò divento isterico, ne ho già presi tre in due ore!
-        Ok, visto che tu stai qui, vado a farmi un caffè di lusso al Cafè Flore, sta qua vicino!
Il Cafè Flore era un bar molto famoso, perché frequentato da intellettuali del calibro di Camus, Sartre, Simone de Beauvoir, oltre ai tanti turisti che affollavano la caotica Boulevard  Saint Germain de Pres. Così mi recai per prendermi una breve pausa, a volte sentivo il bisogno fisico e mentale di staccare, visto che l’indagine ci impegnava praticamente 24 ore, ovviamente coi turni notturni per potere riposare tranquillamente le nostre canoniche 8 ore.
Ero seduta a sorseggiare tranquillamente il mio caffè, quando qualcuno mi urtò e il liquido bruno mi cadde inesorabilmente sulla camicia immacolata.
-        Ops...Excusez-moi madame !- disse in un francese orribile.
-        Fa niente – risposi io in inglese. Capì che il tizio non era francese.
-        Vorrei chiederle veramente scusa, sono imperdonabile e ho combinato un disastro!.- Mi guardò la camicetta che ormai era di un bel colore marroncino. Tra l’altro la tazzina era ancora piena , non avevo bevuto il mio caffè, ma lo avevo rovesciato tutto addosso, bollente. Il che, col caldo era una cosa molto fastidiosa.
-        Mi permette di rimediare?- Insisteva, sapendosi colpevole.
Lo guardai, aveva degli occhiali scuri che gli coprivano metà viso, alto e magro, molto pallido, magari era un modello delle sfilate, pensai.
-        Ma no, non si preoccupi, non è niente, veramente!...- Cercai di allontanarlo perché capì che non lo avrei congedato tanto facilmente. Col caso aperto, con le indagini in corso, ci mancava pure il marpione che mi ronzava dietro! Certo non era male il tipo, ma non era il caso di fare avventure in quel momento.
-        Insisto!- Si tolse gli occhiali e  restai fulminata!
I suoi occhi erano di un azzurro molto intenso, un blu così blu, che più blu non si può. Ma si può dire poi una cosa del genere? No, perché io rimasi abbagliata letteralmente da quegli occhi!Poi cercai di fare mente locale dove lo avevo visto..sicuramente era famoso, ma dove lo avevo visto? Cominciai a far girare le mie rotelle della memoria...Forse era un attore, ma non ricordavo nessun film in particolare.
-        Devo rimediare e le compro una camicetta nuova. Non può andare in giro conciata così!- disse con enfasi. – La prego, mi permetta di rimediare.-
Io già mi immaginavo andare per shopping a Parigi con lui e togliere la camicia con sotto la mia pistola! Ero anche piena di fili, per via della ricetrasmittente. Anzi mi ricordai di avere il microfono aperto e quindi i miei collaboratori mi stavano ascoltando!
Lo guardai ancora per capire dove lo avevo visto. E lui mi anticipò.
-        Sono Jared – mi porse la mano – Jared Leto, piacere.
Ricambiai la stretta.
-        Sono Carla. Ma non sono la Bruni, anche se sono italiana. Mi chiamo Carla Andreoli e non mi chiami, per favore, con l’accento finale! –
Lui rise della mia battuta. Che denti bianchissimi aveva, mi incantò con la sua risata.
-        Perdonami Jared – passai disinvoltamente al “tu”. –mi sembri un volto noto. Sei per caso un modello
delle sfilate di questi giorni?-
-        Oh no! Sono troppo vecchio per sfilare in passerella- disse ridendo ancora.
Si certo, troppo vecchio per le sfilate. I modelli già a 30 anni erano in pensione, pensai tra me e me.
-        Sono un musicista e canto in una Band, i 30 seconds to Mars, mai sentiti?Poi sono anche attore e ho girato diversi film. Faccio anche il regista, dirigo i miei video. Insomma faccio di tutto , ma non sfilo in passerella!- disse molto sicuro di sé.
Lo guardai incantata. Era un uomo con molto fascino e determinato, si capiva da come parlava.
-        Senti Carla, insisto per la tua camicetta. Non puoi andare in giro così a Parigi, davvero!
E indicò la  macchia, che nel frattempo, si era allargata molto.
-        Oh no, non fa niente, davvero! Non ho tempo di andare in giro per negozi, adesso! Piuttosto vado a cambiarmi.- dissi d’istinto, ricordando il mio ruolo lì .Incontrare Jared mi aveva distratta dai miei doveri.
Poi mi ricordai di mia sorella, della sua passione per quella band. E per il cantante che era bellissimo. Lui appunto.
Ecco dove lo avevo visto! Col mio lavoro, impegnata giorno e notte, perdevo il senso della realtà, a volte.
-        Ma certo che vi conosco – dissi a un tratto. Lui sorrise.
-        Mia sorella più piccola vi adora. I vostri fans li chiamate Echelon, giusto? Quando abitavo ancora dai miei, lei metteva la vostra musica a tutto volume. Ora sono due anni che sto per conto mio e ho perdite di memoria!
-        E a te piace la nostra musica? – mi chiese.
-        -Si, mi piace. Ma io non ascolto e non seguo granchè, perché il mio lavoro assorbe gran parte  del mio tempo libero... – risposi con un pizzico di malinconia.
-        Di cosa ti occupi? – Mi chiese di conseguenza lui.
-        Di... – pensai un attimo – franchising. Sono qui per guardare  e acquistare i modelli da importare in Italia. – Mentì spudoratamente. Come se in Italia avevamo bisogno dei modelli francesi, con i grandi stilisti che ci ritrovavamo!
-        Ti prego, fai in modo di farmi avere la tua camicetta, per rimediare con il lavaggio, almeno! –
Cambiò discorso, insistendo ancora sull’incidente del caffè. E meno male perché mentire su cosa facevo lì mi costava sforzi, non ero molto capace a imbrogliare, nonostante il mio mestiere di sbirro!
-        Ok Jared, va bene, dove alloggi? –
Lui per tutta risposta disse :- Andiamo al tuo albergo, ti cambi e mi fai avere la tua camicetta. Ora.-
Ma che faceva , mi dava gli ordini? Sembrava abituato a fare il comandino. Mi prese sottobraccio e mi portò fuori. Rimise i suoi occhiali da sole e camminava trascinandomi con sé.
-        Ehi, aspetta! – mi ribellai. – Io adesso non posso. Che fai , mi trascini? Non mi hai chiesto se potevo... –
-        Oh, scusa! Pensavo era sottinteso –
Si fermò di botto, visto che anche io mi fermai sciogliendomi dalla sua stretta. Mi sembrava troppo sicuro di sé.
Ma non aveva fatto i conti con me. Che per lavoro ero abituata a comandare, forse più di lui!
-        Senti, allora facciamo così – cambiò strategia e tono – ci vediamo a pranzo e mi faccio carico delle spese della lavanderia per la tua camicetta. E ti offro il pranzo, per farmi perdonare.
Mi fece un sorriso così incantatore, che per un fottuto secondo mi dimenticai chi ero e cosa facevo lì! Ma come potevo cascarci io, Commissario di Polizia?
 
 
 
In occasione della settimana modaiola di Parigi a cui  noi Echelon abbiamo assistito con tutte quelle foto di Terry, mi è venuta l’idea di un Jared diverso dal solito. Invece di una settimana trascorsa col suo amico a fare lo scemo con foto e sfilate, io lo vedo così. E vi posso anticipare che gliene succedono di tutti i colori. Un Commissaio donna con gli attributi che lo farà prima impazzire e dopo cuocere per benino! E ci vuole, caro Jared che ogni tanto perdi il tuo essere Divah, che ne dite? Mi farebbe piacere se lasciate un segno del vostro passaggio. Accetto anche le critiche , perché sono costruttive. Ovvio che ci saranno molti errori, poiché non sono una scrittrice. Vi ringrazio per la vostra attenzione e il seguito è quasi pronto! Il titolo , ovviamente è tratto da un Twitter di Jared, non amo così tanto Parigi, io! Stay tuned!

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Capitolo 2
*** 3 Capitolo ***


 
Carla
 
 
Arrivai al “La tour d’Argent “ alle 12,30 esatte. Lui era già lì, mi fece accomodare. Era vestito tutto di nero ed era molto affascinante, accidenti!
-        Ciao, - mi salutò con un altro bacio sulla guancia e io mi sciolsi! Ma perché mi faceva questo effetto?Mi chiese se avevo portato la camicetta alla lavanderia. Se ne sarebbe occupato lui per il ritiro.
-        Ma l’ho data al mio albergo per farla smacchiare. Non importa Jared, è cosa da poco!
Dissi io , ma benedivo mentalmente quella camicetta, che ci aveva fatto incontrare.
-        Ma se non riescono a smacchiarla? – mi chiese guardandomi coi suoi occhioni blu che mi incantarono. Mi ripresi dallo spettacolo che mi offrivano quegli occhi e risposi :
-        Ma chi se ne frega , Jared! – Cioè … ero io quella che aveva parlato?
Lui rise della mia risposta e io cercai di cambiare discorso e smanettai col telefono , cercando di far finta di nulla.
Ero io quella! Si , era il Commissario di Polizia in missione in Francia , tra l’altro una missione pericolosa, che si perdeva dietro due occhi blu.
Arrivò un cameriere e ci portò il menù. Subito dopo arrivò l’aperitivo, che Jared , ovviamente, aveva ordinato prima, senza chiedermi nulla. Il suo
lato di regista ogni tanto veniva fuori, pensai.
-        Mi sono permesso di ordinare un Banana Kalhua, è poco alcolico, sai , io non bevo alcolici e sono Vegan. – mi disse sempre guardandomi dritto negli occhi.
Accettai  volentieri l’aperitivo e sperai che mi facesse ordinare almeno il pranzo, visto le sue manie di protagonismo.
Era molto affascinante, ma mi rendeva nervosa questo suo lato. Forse a causa del mio lavoro, che mi portava sempre a dirigere io gli altri?
Cercai di cambiare pensieri e mi immersi nella lettura del menù.
Ordinammo, ridendo un po’, tra una battuta e l’altra. Jared si rivelò essere molto simpatico, in fondo.
Alla fine ordinai le sue stesse cose, cercando di essere in linea col suo essere Vegan. Del resto ci tenevo a tenermi leggera anche io e non amavo tanto la carne.
Lui mi guardò con ammirazione. Lo colpì il fatto di non essere “cannibale”?
Mi raccontò che lui non sopportava cibarsi di animali “morti”, io gli risposi che almeno i derivati avrebbe dovuto mangiarli, non ero molto in linea con la sua dieta troppo restrittiva.
Tra una battuta e l’altra, sentì in cuffia Paolo che mi chiamò con voce preoccupata. Così feci finta di sentire il cellulare vibrare e mi allontanai per rispondere a Paolo. Mi scusai con Jared e lui mi guardò sorpreso.
-        Paolo cosa c’è? – Risposi piano al microfono appiccicato alla mia camicetta.
-        Carla, a quanto pare sta entrando proprio lì “Flagelo “. –
-        Proprio qui? Il ristorante dove sono io, intendi?- Risposi allarmata.
-        Yes! – rispose lui – Sta incontrandosi a pranzo con Baronio e Armadillo i due che devono trattare con lui.  Probabilmente intendono mettersi d’accordo per la vendita. Li teniamo d’occhio e ci sarà un po’ di movimento, Carla. Mi dispiace per il pranzo galante col tuo amico. –
L’ultima frase, ovviamente era sarcastica.
-        Si , certo, galante … - dissi io delusa – col casino che ci sarà adesso, ci sarà poco da fare i galanti. Spero non si accorga di nulla, porca miseria. Vado adesso , lascio i microfoni aperti. –
-        Si ma non sbaciucchiatevi, che vi sentono tutti. – mi prese in giro lui.
-        Stronzo! – risposi ridendo e tornai da Jared.
Era un po’ nervoso quando  mi allontanavo e smanettava pure lui col cellulare.
Lo posò sul tavolo e mi sorrise. Io al suo sorriso mi sciolsi. Era proprio un bell’uomo con dei tratti delicati, il nasino all’insù, oltre a quegli occhi che ipnotizzavano e una pelle liscia e diafana.
-        Scusa Jared. Ma i miei collaboratori mi chiamano di continuo, anche per stupidate. – dissi cercando un tono normale. Ma dentro di me ero agitatissima per l’arrivo del Boss.
-        Oh, - disse lui – ma la sfilata è stasera e ti disturbano anche a pranzo? –
-        Si , perché non sanno come organizzarsi tra di loro su come piazzarsi nell’Atelier, stasera. – Mentì spudoratamente. Per lo meno, dicevo la verità
sul piazzamento, ma non era per ammirare di certo la sfilata!
-        Carla! – La voce di Giulia mi chiamò ancora nelle cuffie. Allarmata dissi a Jared che dovevo andare subito in bagno e mi allontanai precipitosamente. Jared fece una faccia strana, ma non disse niente. Sicuramente pensò che fossi strana ad allontanarmi di continuo.
Pensai seriamente  sarebbe stato un pranzo molto, ma molto movimentato.
-        Che c’è? – dissi piano , mentre mi dirigevo di corsa alla toilette.
-        Carla, guarda che anche la squadra di Martin verrà al ristorante. Ci sarà un po’ di confusione. Dove li piazzo? – Chiese Giulia un po’ confusa.
-        Giulia, dentro stateci tu e Paolo, ma non fatevi notare. Prendete un tavolo e fate i finti innamorati. Poi mettete due come camerieri, per controllare la situazione in sala. Prendi Boldini e Garofalo, sanno agire in fretta in caso di intoppi. Fategli indossare subito due divise da camerieri. Piazzate delle cimici-spia, appena “Flagelo” prende il tavolo. Martin e i suoi uomini piazzali fuori , sennò qui diventa troppo affollato e rischiamo di essere scoperti. E non chiamatemi sempre, che Jared si insospettisce! Mi dirigo al mio tavolo!-
Terminai il discorso un po’ arrabbiata. La cosa di allontanarmi continuamente, stava facendo innervosire Jared. Non potevo alzarmi dal tavolo ogni cinque minuti, ma non potevo parlare davanti a lui!
Tornai al tavolo e trovai Jared un po’ nervoso e aveva ragione.
-        Scusami – dissi , cercando di sembrare normale, mascherando meglio possibile l’agitazione.
-        Ma come mai sei andata di corsa in bagno? Non stai bene? – mi chiese un po’ preoccupato.
-        No, no … - non sapevo che scusa dire – mi dovevo mettere il lucidalabbra! Non so stare senza! – cercai di distrarmi sorseggiando l’aperitivo.
Lui mi guardò a bocca aperta, alla mia risposta idiota!
Santo Cielo, ma che razza di scusa avevo trovato? Ma non sapevo proprio che dire in quel momento, avevo il cervello in subbuglio. Se Flagelo ci avesse scoperti, saltava l’intera operazione.
-        Dovevi mettere il lucidalabbra? – sottolineò lui esterefatto.
-        Si, certo! Ti sembra strano? Se non sono in ordine, non mi sento tranquilla! – risposi stizzita. Ormai era fatta. La figura da oca non potevo evitarla…
-        Ti credevo una donna più determinata e meno formale. Più tosta , insomma! –
disse lui con tono deluso.
-        Oh, una tosta che si mette il lucidalabbra, non è abbastanza determinata, per te?- mi avvicinai a lui , mentre parlavo.
-        Ecco, adesso sei di nuovo quella di prima. Quella che dà le risposte sagaci e intelligenti. Sinceramente col lucidalabbra mi hai lasciato … attonito! – disse avvicinandosi anche lui verso di me.
Che occhi! Restai abbagliata dal suo sguardo di ghiaccio e magnetico.
Ma fu solo un attimo. Perché nelle mie cuffie e, di conseguenza nelle mie orecchie, succedeva il finimondo. Sentivo un sacco di voci che si accavallavano tra di loro. I miei che parlavano in francese con la squadra del Comandante Martin, che non era d’accordo a stare fuori e voleva stare dentro il ristorante all’arrivo di Flagelo. Insomma, i francesi volevano avere una parte meno marginale nell’operazione. La solita gelosia francese, pensai.
-        Non dici niente? Sei rimasta di sasso?- La voce di Jared mi riportò alla realtà. Vidi che la sua mano si era appoggiata alla mia e sentiì dei brividi lungo la schiena.
-        Cosa? – dissi, cercando di concentrarmi su di lui.
-        Ti vedo distratta, c’è qualcosa che ti turba, forse? – Era sveglio il ragazzo o ero io che ero troppo agitata? Non seppi darmi risposta.
-        No, no, non mi turba niente. – sorseggiai l’aperitivo , cercando di sembrare normale.
Intanto entrò Flagelo nel locale, vidi che era insieme a due uomini.
Aveva un fare molto sicuro. Camminavano in fretta e parlavano tra di loro, ma io riuscivo a tenerli d’occhio lo stesso. Li seguì con lo sguardo, perché mi stavano di fronte. A un certo punto andarono alle mie spalle e non li vidi più. Così mi girai e notai che si sedettero a un tavolo appartato, proprio alle mie spalle. Dovevo cercare assolutamente una scusa per cambiarmi di posto con Jared, in modo di averli sempre sott’occhio.
Così feci la domanda a Jared, con la prima scemenza  che mi passò per la testa, per scambiarci di posto.
-        Jared, ti dispiacerebbe fare a cambio di posto? C’è una persona che conosco proprio di fronte e non voglio osservarla.- Mi alzai subito, per spingerlo allo scambio.
-        Oh, si certo! – fece lui un po’ spiazzato.
“Merda” pensai. “Oggi sto combinando un casino!”
Avrei dovuto scappare da lì, ma ormai ero in trappola, avrei destato troppi sospetti in lui. Si, ero nella merda fino al collo… Flagelo con quei criminali proprio di fronte a me, i miei uomini nel locale,  i francesi fuori e le voci di tutti che parlavano dentro le mie cuffie e nella mia testa. E lui di fronte a me che pensava di essere a pranzo. Si, pensava, perché in realtà quel pranzo sarebbe stato un disastro. E non potevo di certo mandarlo via. Cosa gli avrei detto?
Sentivo nelle cuffie Paolo che dava ordini a Boldini e Garofalo, vestiti da camerieri. Dovevano avvicinarsi al tavolo di Flagelo e piazzare  le cimici- spia, mentre uno di loro portava il menù, come da miei ordini.
-        Bene ! – dissi a voce alta.
-        Cosa è bene? – chiese Jared più confuso che mai.
“Merda” , pensai subito! Avevo parlato a voce alta, ancora! Oh no…
-        Oh, bene!- aggiunsi, cercando di sembrare più normale possibile – cioè… bene, da qui non vedo più quella persona di cui ti dicevo prima! Allora… - cercai di cambiare discorso – ti sono piaciute le sfilate di questi giorni? Ma un cantante che fa anche l’attore, si interessa anche di moda? –
Oddio, saltavo di palo in frasca, ma che discorsi facevo? Ormai ero nel panico…
-        Beh, si! A me la moda piace tanto, specie l’Alta Moda!- disse lui convinto.
Avrei voluto aggiungere che non l’avrei detto, visto  il suo abbigliamento
un po’ strano, ma tralasciai. In fondo era un uomo di palcoscenico e quella categoria non veste di certo in modo formale. Piuttosto in modo da attirare l’attenzione su di sé. Ma queste erano mie considerazioni e le lasciai tali!
-        Carla, Carla! – ecco ancora Giulia che mi chiamava nelle cuffie.
Cielo, se andavo ancora via, Jared mi avrebbe considerato una folle! Così  decisi di rispondere facendo finta che mi avesse vibrato il cellulare con una chiamata.
-        Dimmi Giulia! – speravo mi capisse lo stesso, anche se non avrei parlato liberamente.
-        Scusami Jared, è una mia collaboratrice – Così facevo capire a Giulia che  avrei parlato cifrata, poiché Jared era di fronte a  me.
-        Oh Carla, c’ è Jared, lo vedo! –
Lei era piazzata con Paolo a un tavolo al centro della Sala. Adesso li vedevo.
-        Com’è bello! – disse lei incantata.
-        Mi hai chiamata per dirmi questo? – dissi un po’ contrariata.
-        Ma cos’ha questo Jared che io non ho? – chiese Paolo a un tratto.
Mi veniva da ridere. Ma il momento era serio e quei due facevano gli stronzi.
-        Ordine Giulia! Non tollero questi discorsi! – feci la finta dura.
Jared mi guardò rapito. Forse era attratto anche dalle donne che comandavano?
Giulia tornò seria.
-        Carla noi spiamo Flagelo e i suoi discorsi. Lo dovresti sentire pure tu. Da adesso non parliamo e ascoltiamo. I francesi sono fuori. A dopo e buon pranzo. –
Chiusi la comunicazione. Jared sorseggiava il suo aperitivo.
-        Li metti sull’attenti, eh? Ci sono problemi? – mi chiese guardandomi con quei suoi occhioni azzurro-oceano, che mi stregavano. Cercavo di guardarlo meno possibile, sennò mi sarei distratta.
-        Non ci sono problemi, ma se non fanno come dico, mi arrabbio. – Feci finta di essere disturbata dalle telefonate.
Bene, ero riuscita a non alzarmi di nuovo e avevo comunicato coi miei. Mi dispiaceva coinvolgere suo malgrado Jared, ma ormai le cose erano andate così. Ed ero lì lo stesso e ascoltavo i discorsi dei criminali. Anche se a volte ero distratta da quello che diceva Jared e non capivo i loro discorsi .
Certo avrei preferito essere più attenta ai discorsi di Jared, di sicuro più interessanti di quelli dei trafficanti. Ma il mio lavoro aveva il sopravvento sulle mie questioni personali.
Il pranzo andò avanti e ci portarono il primo piatto. Mentre mettevo in bocca il primo boccone, sentì Garofalo chiamarmi.
-        Commissario, venga in cucina, presto!- Quasi mi strozzai…
-        Jared , scusami un attimo – mi alzai e andai via dal tavolo di corsa.
Lui restò con la forchetta a mezz’aria e non gli lasciai il tempo di replicare.
Corsi in cucina.
-        Cosa succede qui? – Entrai di corsa in cucina.
-        Commissario, qui si rifiutano di farmi servire al tavolo di El Carrera – disse Garofalo. El Carrera era il vero nome di Flagelo.
-         Commissario sono il Direttore di “La tour d’Argent”. Non avete portato la documentazione necessaria per l’operazione e noi ci potremmo rimettere il nome del locale, nel caso succedesse qualcosa! – Disse quel deficiente del Direttore.
-        Senta Direttore delle mie scatole, se lei mi blocca le operazioni, la facciamo arrestare per intralcio alle indagini in corso. Quindi si tolga di mezzo e lasci il campo libero ai miei uomini! – Gli urlai.
In cucina regnò per un attimo il silenzio più assoluto. Poi i cuochi ripresero il loro lavoro e trafficarono ai fornelli come prima. Il direttore mi lanciò uno sguardo di fuoco.
-        Adesso vado dal Capitano della Police e vado a lamentarmi. Sentirà parlare di me! Telefono al mio avvocato!- disse lui furioso.
Sicuramente non aveva digerito la mia sfuriata, specie davanti al personale.
-        Ma vada pure dal Presidente Sarkozy e mi saluti tanto Carlà!- Gli urlai di rimando.
-        Qui si fa come dico io, ok? E non intralciate il lavoro dei miei uomini .- Dissi a voce alta, rivolta allo Chef  e ai suoi cuochi. Loro annuirono e ripresero il loro lavoro.
-        Bene, Garofalo. Qui è tutto a posto. Boldini dov’è? – nel frattempo osservavo il Direttore che, furioso, usciva dalla cucina.
-        Boldini è in Sala. A lui faccio servire i tavoli a fianco. Così mi affianca se succede qualcosa, Commissario. – Garofalo era un uomo in gamba. Gli diedi una pacca e gli raccomandai prudenza, per via del luogo dove eravamo.
Con tutta quella gente intorno dovevamo essere più che prudenti.
-        E brava Carlà! – Sentì Paolo che mi prendeva in giro nelle cuffie.
-        Smettila idiota! – lo rimbeccai.
-        Carla, Jared è nervoso e smanetta col suo Blackberry. – mi disse Giulia.
-        Si, ci manca pure lui! – Alzai gli occhi al cielo.
-        Se non lo vuoi ti sostituisco io! – urlò Giulia.
-        Taci scema, mi hai rotto un timpano! – eravamo in confidenza, ma ci sentivano pure gli altri.
Infatti Boldini dal centro della Sala sorrise.
-        Ordine! E chiamatemi solo se strettamente necessario! – li rimbeccai.
-        Agli ordini Commissario!- dissero loro due in coro.
Che idioti, appena li prendevo gliel’ avrei fatta pagare!
Tornai al tavolo dove Jared era molto nervoso. Certo al suo posto anche io ci sarei rimasta male.
-        Scusami Jared – dissi con la faccia un po’ tirata. Dovevo inscenare una scusa.
-        Ma mi era venuto un crampo allo stomaco  esono corsa in bagno. Adesso sto bene, è passato. – dissi con un gran sorriso.
-        Ma non stai bene? – si preoccupò lui. – Se vuoi ti riaccompagno! –
-        No, no. Adesso è tutto ok! Pranziamo, non voglio rovinarti la giornata. – dissi sincera.
Lo guardai, era proprio tenero in quel momento. Ma il mio sguardo andava anche al di là delle sue spalle, a quei criminali che stavano stringendo l’accordo. Capì che stavano definendo i piani di vendita, per l’ultimo giorno della settimana della Moda, proprio all’ombra di essa.
In qualche Capannone doveva trovarsi la merce. Non capì bene dove, i loro discorsi erano confusi, ma i miei collaboratori sentivano tutto. Le cimici- spia funzionavano alla perfezione.
-        Carla, Jared  ha scritto su Twitter che è a pranzo con una donna affascinante e misteriosa. – Era la voce di Giulia nelle mie cuffie.
-        Cosa? – Urlai, senza rendermene conto a voce molto alta. Diciamo che urlai!
Jared mi guardò confuso.
-        COSA. E’. QUESTA. COSA. NEL. PIATTO? – Scandì bene le parole e feci finta di essere disgustata per aver trovato un insetto nel piatto. Infatti quando urlai, lui era zitto e dovevo trovare una scusa per il mio urlo improvviso.
Che figuraccia! Poteva pensare che ero pazza e parlavo da sola.
-        Hai trovato qualcosa nel piatto?- era sempre più confuso. – Ora mi sentono!-
Chiamò un cameriere che passava di lì.
-        La signora ha trovato qualcosa nel piatto! – disse lui molto seccato.
Il cameriere si rivolse gentilmente a me : - Cos’ha trovato , signora?-
-        Un insetto ... – risposi cercando di mostrarmi più sicura possibile. Volevo sprofondare , in realtà!
Ma perché un attimo prima in cucina sembravo Hitler e adesso un agnellino?
Questa cosa mi sconvolgeva...
-        Ci scusi signora. Ci perdoni infinitivamente, le faccio cambiare subito il suo piatto. – mi fece un inchino e si portò il piatto.
Sentivo nelle cuffie Giulia e Paolo  che ridevano a crepapelle.
Era ormai sicuro che li avrei uccisi. Però anche lui, Jared , a scrivere una cosa del genere su Twitter. E che cazzo, pensai dentro di me! Non me lo aspettavo.
-        Sei arrabbiata? – mi chiese gentilmente Jared.
In quel momento, per come mi guardava, lo avrei baciato volentieri. Ma non potevo. E non potevo neanche chiedergli di smetterla di scrivere su Twitter su di me. Avrei complicato la situazione, già di per sé infelice.
-        Ma no, non preoccuparti, non sono arrabbiata – lo rassicurai.
-        E’ strana questa cosa dell’insetto. Questo è un ottimo ristorante. Non capisco come possa essere successo. – Era rammaricato.
-        Ma non fa niente – dissi io distratta, mentre cercavo di ascoltare anche i discorsi  del trafficante  e dei suoi loschi affari.
-        Certo è anche vero, continuò Jared – che non ho mai pranzato con una donna così ... assente. – Disse mentre si appoggiava allo schienale della sedia.
-        Eh? – feci io cercando di captare anche il suo discorso.
-        Assente- continuò lui – sei ASSENTE! Sei qui con me, ma non ci sei in realta’. E non fai che alzarti. Sono praticamente a pranzo da solo. Vabbè che mi danno dell’egocentrico, ma mi sembrava di essere qui con te. E invece tu sei così misteriosa da lasciarmi di stucco. Mi nascondi forse qualcosa , Carla? – mi chiese serio.
Aveva ragione, ma feci la faccia offesa lo stesso. Mi sembrava di avere un cappio al collo.
-        Ma cosa dici, Jared? – dissi, cercando di fare la faccia meravigliata.
Intanto il Maitre in persona mi portò un altro piatto, porgendoci le sue più sentite scuse e una bottiglia di Champagne, per scusarsi dell’imbarazzante inconveniente. Ovviamente offriva la casa.
Jared ringraziò e sorrise.
-        Che discorsi sono Jared? Io non nascondo nulla. – Mi discolpai, continuando il nostro discorso di prima.
-        Oh,certo. Adesso  spero non ti alzerai di nuovo! Almeno fino al dessert. – fece lui e mi strizzò l’occhio.
Non ero sicura di poter accontentare Jared, ma mi sforzai di farlo. E pregai mentalmente un Dio da qualche parte, di far finire quel pranzo senza altri intralci. Il resto del pranzo, per fortuna, filò liscio. Cercavo di ascoltare i discorsi, che a volte sentivo nelle cuffie, degli uomini che seguivano tutta l’operazione.
Ero nel caos più assoluto. Cercai di stare calma fino alla fine, ma la cosa era molto complicata.
A un certo punto mi alzai e dissi a Jared che dovevo proprio andare. Lui fece il broncio, però mi avrebbe accontentata con la promessa che ci saremmo rivisti.
-        Stasera sei alla sfilata di Saint Laurent? – Mi chiese.
-        Certo che ci sono!- Ripensai al mio vero ruolo durante la sfilata. Dovevo a tutti i costi, non destare sospetti.
-        Allora ci vediamo lì e poi al party che segue la sfilata! Che ne pensi, vieni con me? – Aspettava una risposta.
Quindi voleva rivedermi? Lo avevo forse colpito? Cosa sarebbe successo ancora? Mille domande mi attanagliavano ed ero convinta che sarebbe successo di tutto quella sera.
Di sicuro Flagelo, avrebbe incontrato altri “compratori” in serata.
Le sfilate servivano per depistare l’attenzione  pubblica.
Mentre uscivamo dal ristorante, eravamo sulla porta e Flagelo si alzò dal suo tavolo.
Pagò e si diresse anche lui verso l’uscita.
Pensai subito al fatto che  se mi avesse vista, notata e poi rivista in serata, avrebbe potuto insospettirsi. Se avesse notato sempre la mia faccia in giro, si sarebbe posto delle domande. Così non ci pensai su due volte, mentre Flagelo si avvicinava, mi attaccai a Jared e lo baciai all’improvviso! Lui all’inizio fu sorpreso e per un attimo restò di sasso, ma poi mise la sua mano dietro la mia nuca e mi attirò di più a sé, ricambiando il bacio.
Io tenevo chiuse le labbra, volevo solo fare finta di baciarlo, ma lui dischiuse le sue labbra ed esplorò la mia con la sua lingua.
Era diventato un bacio vero, infuocato e mi lasciai travolgere dalla passione...
 
 
Ecco finalmente il tanto agognato 3 capitolo. Scusate se non ho potuto prima, scusate gli errori, ma è stato un periodo ricco di avvenimenti e di distrazioni. Oltre che di inconvenienti...tecnici! Jared è bello che tornato dalla Francia da un bel po’ e adesso si ritrova a iniziare le date di Novembre. Ma a noi non interessa, giusto? La mia storia l’ho già completata, devo solo postarla e spero per i prossimi capitoli di essere più puntuale! Ringrazio le mie sis che mi seguono, Vivi, Vale, Ale, Niki e Sara, compagna di concerti Marziani, che , ahimè, stavolta, andrà senza di me!! E ringrazio quanti mi seguono e ricordo che i vostri commenti incitano a scrivere....Grazie a tutti e ... buona lettura!

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Capitolo 3
*** 2 capitolo ***


2cap

 
 
-        Carla, Carla mi senti? –dalle mie cuffie sentivo Paolo che mi chiamava.
Avevo pure abbassato il volume, per parlare con Jared, accidenti!
-        Scusa un attimo Jared, rispondo a una chiamata – mi allontanai un momento per parlare col mio collaboratore.
-        Dimmi Paolo, che succede?- ero preoccupata perché mi stavano chiamando.
-        Carla ci siamo! Abbiamo sentito che si mettono d’accordo per vendere i grossi quantitativi di droga. -   L’ultimo giorno delle sfilate, il 5 ottobre! – mi disse Paolo , molto agitato.
-        Carla, - adesso era Giulia che parlava – la droga arriverà in Francia via mare. E’ già in viaggio.
Ma hanno parlato in codice e dovremo sentire Andrea e Vanni, gli infiltrati. Loro sapranno dirci di più. Ma dobbiamo andarci coi piedi di piombo, sennò salta la loro copertura. Può darsi che li seguono e li tengono d’occhio. E’ gente molto furba e non si fidano di nessuno!
Mentre Giulia parlava e io la ascoltavo, Jared stava in disparte e sembrava nervoso. Lo guardavo e lui smanettava col suo telefono.
-        Si certo, ho capito! Arrivo subito, così ne discutiamo. – Li liquidai, perché non volevo insospettire Jared.
-        Allora? – Mi chiese mentre mi avvicinavo da lui – non mi hai detto di si per il pranzo! –
Era un po’ stizzito adesso. E poi cos’era questa cosa che dovevo dirgli di si?
-        Senti Jared, ho delle rogne al lavoro, non so… - feci io un po’ delusa del suo modo di fare.
-        Perdonami, se sono stato invadente – ritornò ad essere galante come prima, che strano uomo!
-        Mi piacerebbe pranzare con te oggi, per farmi perdonare. Va bene così? – e mi sorrise di nuovo a 32 denti. Dio, perché faceva così? Non riuscivo a dirgli di no e dovevo allontanarlo. Subito!
Lo guardai affascinata e lui mi prese la mano e la tenne tra le sue.
No! Questo fu un gesto molto basso…
Così sentì me stessa dirgli : - Si, va bene, c-ci vediamo a p-pranzo… - più che altro balbettai.
Ma ero io quella che aveva parlato?
Qui vicino, a Notre Dame, c’è la Tour d' Argent, ci vediamo lì tra un paio d’ore. A dopo! – e nel salutarmi
si avvicinò e mi diede un bacio castissimo sulla guancia. Ma io rimasi imbambolata e affascinata, con la bocca aperta. Il suo profumo mi aveva bloccata. Sembravo un’ebete.
-        Carla ci sei? – la voce di Paolo nelle orecchie, mi riportò alla realtà.- Chi c’è con te? Con chi parli?-
Feci fatica a riprendermi, ma cercai di tornare normale ad ogni costo.
-        Non importa Paolo,sto arrivando! – Risposi tornando col mio tono professionale.
Arrivata dai miei colleghi, mi illustrarono quello che era successo nell’ultima ora. Non potevo allontanarmi un attimo che c’erano novità, maledizione!
-        Carla, questi stanno per arrivare alla consegna freschi freschi. – Disse Paolo.
-        E noi li prenderemo! – Feci io convinta.
-        Ma con chi eri prima? – Mi chiese ancora Giulia. – Ho sentito che parlavi con uno e lo chiamavi Jared.-
-        Che fai , mi spii? – ero interdetta!
-        Ma Carla, siamo tutti in comunicazione via  radio. Ti hanno sentito tutti! Almeno se non vuoi essere ascoltata, chiudi il microfono. – intervenne Paolo.
-        Scusatemi, avete ragione. Sono un po’ nervosa. – dissi riprendendo il fiato.
Ero proprio agitata come se mi avessero beccata con le dita nella marmellata. Mi chiedevo perché mi vergognavo, poi…
-        Ma questo Jared chi  era? – insisteva Giulia.
E sapevo che se non glielo dicevo, mi avrebbe dato il tormento. Poi mi ricordai che a lei piaceva quel gruppo. Probabilmente sapeva che Jared sarebbe stato a Parigi e si chiedeva se era proprio il Jared giusto quello con cui parlavo prima.
-        Era Jared Leto , Giulia, va bene? – le dissi in un fiato. Così la zittìi!
Lei strabuzzò gli occhi, la vidi diventare paonazza. Restò un attimo a bocca aperta.
-        Ma chi è questo Jared Leto?- fece Paolo vedendo l’espressione di Giulia. – Chiudi la bocca sennò ti entrano le mosche! –
E così dicendo le diede un colpetto sul mento per chiuderle la mandibola. Io sorrisi.
-        Ma sentilo! Jared Leto è l’uomo più sexy, più figo, più bello e più affascinante della terra! –
Disse Giulia con enfasi. – Mannaggia che non sono venuta con te, Carla! E suo fratello Shannon era con lui? – Mi chiese con gli occhi a cuoricino.
-        Chi? No, non c’era nessuno con lui, era da solo e abbiamo avuto uno “scontro”. – indicai la macchia ormai allargata, sulla mia camicetta.
-        Oh, - fece lei – se ero lì mi sarei buttata addosso pure la crema dei croissant! –
-        Allora meno male non c’eri, tanto il fratello non era con lui! – Ridemmo.
-        Sentite, - tornai col mio tono professionale, per la seconda volta – contattate  Andrea e Vanni, i due infiltrati e chiedete dove sbarca la droga. Ma fate molta attenzione. Se salta la loro copertura , siamo fottuti! Io a pranzo ho un impegno. Ma sarò sempre in contatto con voi. Intanto non smettete i seguire Flagelo e i suoi compari. –
Detto questo andai a cambiarmi e a farmi una doccia, visto che puzzavo di caffè. Pensai a Jared e al pranzo. Sarebbe stato un pranzo normale, visto il mio lavoro? Lo speravo …
 
Jared e Terry
 
-        Ehi amico, dove sei stato? – Chiese Terry a Jared , appena si avvicinò.
-        Sono stato a prendere un caffè. Tu che fai? –
-         Sto fotografando un po’ di scene Parigine. Vieni ti faccio due foto e poi andiamo a pranzo insieme, ti và? – Terry lo prese sottobraccio, mentre si incamminavano.
-        No Terry, a pranzo ho un impegno – Jared gli strizzò un occhio.
-        Hai beccato una modella,  Jay? – Chiese Terry con un sorriso.- Il solito marpione!
-        Non è una modella, Terry, ma una donna molto affascinante – il suo sguardo era perso davanti a sé, sognante.
-        Ehi amico! Sei strano oggi! Ma ti senti bene? – Terry lo prese in giro – Cos’è quest’aria idilliaca? Parlami della tua conquista. E’ bionda , immagino! –
-        Non è bionda. E non è oca, non mi sbava dietro e ha minimo una quarta di reggiseno. – E fece i gesti con le mani, imitando due belle poppe davanti.
-        Coooosa? – Terry lo guardò sconvolto.
-        Perché ti meravigli, amico? – Jared si fermò un attimo a guardarlo.
-        Non è modella e ci può anche stare, non è oca e lo accetto pure, perché ti reputo una persona intelligente. Ma che non è bionda e pure procace, questo non è da te! Amico, stai bene? – Terry era allibito.
-        Ma perché ti meravigli? Questa mi ha colpito perchè … non mi è caduta ai piedi. Quasi è stato faticoso invitarla a pranzo! Che stia perdendo il mio fascino, dici? Forse sto invecchiando …- disse pensieroso Jared.
-        Quindi tu l’hai invitata a pranzo perché non ti sbavava dietro? Magari adesso mi dici che è una cozza e lo hai fatto per ripicca! – Terry era sempre più sconvolto.
-        Ma che dici? – Jared lo guardò di traverso.
-        Lei è bellissima! Solo non rientra nei miei soliti canoni standard di donna. E’ alta, magra, veste sobria, poco trucco, ma molto bella. E’ molto sicura di sé. Una con le palle, insomma! Mi ha tenuto testa per dieci minuti. – Jared era affascinato, ricordando l’incontro con Carla.
-        Ma almeno è francese? – Terry si stava arrendendo di fronte a quelle confessioni.
-        No, è italiana. –
Terry rimase a bocca aperta. Sconvolto.
-        Ehi, amico, non ho parole. Devo essere sincero, Per me hai preso tropo sole oggi. –
Terry era sul punto di arrendersi.
-        E magari hai pensato pure di scopartela. – disse arrendendosi completamente alle confessioni di Jared. Lui lo conosceva da anni e sapeva che non aveva mai parlato così.
Sapeva che tipo di donna piaceva a Jared. E non era “quel” tipo di donna.
-        O magari lei scoperà me, visto il tipo … -  disse Jared con una sonora risata!
-        Si, certo, se farà questo, sarai all sua completa mercè, Jay! – Terrry gli diede una pacca sulla spalla.
-        Ok amico, facciamo un giro e poi  per pranzo ti lascio al tuo incontro galante. Io mi cercherò qualche pollastrella e che sia francese! –
E si incamminarono per le vie di Parigi.
 
 
Ecco il secondo capitolo. Se recensite mi fa piacere.Le recensioni aiutano gli autori a continuare a scrivere con gioia! Ringrazio, anche quelli che passano in silenzio e quelli che mi hanno messa nelle seguite. E un doveroso ringraziamento alle mie sis Sara, Vale, Niki, Vivi e Ale! Bacio!
 
 

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Capitolo 4
*** 4 capitolo ***


                   4 capitolo


 
 Ero travolta dalla passione di quel bacio. Dimenticai per due lunghissimi minuti chi ero e cosa facevo lì!
Lui fu dolcissimo e questo accresceva in me un desiderio, che proprio lì e in quel momento, non era adeguato. Non mi accorsi che intanto Flagelo si era allontanato , era passato vicino a me e non mi aveva notato. In fondo era quello lo scopo del bacio, no?
-        Ehi, adesso puoi staccarti da quello! – La voce di Paolo, mi fece staccare da Jared.
-        WOW! – disse solo Giulia.
-        WOW! – in contemporanea , pure Jared.
Ci guardammo un attimo negli occhi. Ero confusa e non sapevo che dire.
-        Sei stata così assente al ristorante, che non lo avrei proprio detto! – disse Jared , dopo qualche secondo di silenzio.
-        Scusa io ... non dovevo! – Ero più confusa che mai. Si, lo avevo baciato per nascondere la mia faccia a Flagelo che passava, ma il bacio era diventato vero.
-        Perché non dovevi? E’ stato molto bello. Se era questo che ti sentivi di fare e lo hai fatto, è giusto. Solo mi hai sorpreso. Sei una donna avvolta nel mistero! – Sorrise.
-        Perché nel mistero? – Cercai di sapere cosa pensava di me, a questo punto.
-        Carla, seguiamo noi Flagelo. Ci sentiamo dopo. Potete sbaciucchiarvi tranquillamente, PICCIONCINI!- fece sarcastico quell’idiota di Paolo.
Mi scappò un sorriso a quella battuta, non potevo farne a meno. Solo che Jared  non sapeva che portavo le cuffie, erano ben nascoste.
-        Ecco, per me hai molto mistero,- continuò Jared- adesso non capisco, per esempio, perché hai sorriso. E’ come se parlassi con qualcun altro!-
Jared era confuso, lo lessi nei suoi occhi limpidi. Inforcò gli occhiali da sole e ci allontanammo dall’ingresso del ristorante.
-        Ti va di fare un giro per Parigi? Sono libero per un paio d’ore . – Mi chiese, avvicinandosi pericolosamente. Mi abbracciò. Io cercai di sciogliermi dall’abbraccio. Sotto l’ascella sinistra avevo la mia pistola. Se toccava il “ferro” era fatta. Avrebbe sicuramente chiesto cosa ci facevo con una pistola e qualche risposta dovevo pur dargliela. Di certo le manager non girano armate e io lo ero fino ai denti. Sulla caviglia ne portavo anche una mignon di riserva.
Quindi niente gonne per me... Si irrigidì appena mi allontanai dal suo tentativo di abbracciarmi.
-        Tu mi confondi – disse nervoso, passandosi una mano tra i capelli – un attimo prima mi baci appassionatamente e un attimo dopo ti allontani se tento di abbracciarti. Sono io, forse, che ti rendo così, Carla? – Era esasperato.
-        Non posso , mi dispiace. Non sei tu, perché dovresti essere tu? Non posso venire con te, adesso, mi dispiace Jared. E’ che devo sistemare delle cose. Grazie per il pranzo,ci vediamo stasera. –
Cercai di sorridere, ma lui restò serio. E deluso, glielo lessi sul suo bel volto.
In macchina chiamai i miei collaboratori via radio.
-        Sono il Commissario Danieli. Chi c’è dietro Flagelo? – chiesi col mio solito tono autoritario da poliziotta Capo. E non era certo il tono che avevo usato prima con Jared! C’erano  due personalità in me. Dovevo conviverci, me ne resi conto ...
-        Ma ciao Commissario! – La voce di Paolo rispose subito al mio appello. Sentì anche gli altri che risposero prontamente.
-        Hai mollato il tuo bel cantante? Ma chi è poi questo Jared? E soprattutto, cos’ha lui che non ho io? –  seguì una sonora risata.
-        Idiota, ci sentono tutti, finiscila! – lo ripresi molto alterata. Tanto i miei uomini lo sapevano che noi tre eravamo molto in confidenza. Comunque non volevo che sentissero questi discorsi sul privato.
-        Carla, Flagelo è tornato in albergo. – La voce di Giulia era più seria. Almeno lei ...
-        A quanto pare il bastardo deve fare il “riposino” quotidiano , prima di affrontare le serate mondane! – dissi io.
-        Si, “riposino” – aggiunse Paolo. – Ora si chiama così? E’ salito in camera con due brasiliane, la cui coscia era più alta di me, fino alla cima dei miei capelli! E non sono basso, da notare ... –
-        Ah! – feci di rimando – Hai capito El Carrera che grande figlio di puttana! Bene ragazzi, continuate a tenerlo d’occhio. Dove siete adesso? –
-        Siamo in albergo – disse Giulia.
-        Sto arrivando! – risposi prontamente.
Arrivata in albergo, mi spiegarono per bene i discorsi del furfante con i presunti acquirenti. Avevano già sbarcato la droga. I nostri infiltrati avevano spifferato quando sarebbe arrivata  e avevano seguito l’operazione con tanto di video e foto. Solo non c’era nulla che portasse direttamente a Flagelo, mancavano le prove dirette. Il bastardo era ben coperto da alibi di ferro, anche se avevamo  le prove audio, non potevano considerarsi incriminanti ai fini di un processo. Per cui dovevamo coglierlo con le mani nel sacco. E per smantellare tutta l’organizzazione dovevamo aspettare  l’ultima sera . Solo così li avremmo presi tutti , o quasi.
 
 
                                                             ************************
 
 
 
 

Jared e Terry

 
 
-        Ehi amico, eccoti! – Terry era nella Hall con due modelle. Le riconobbi subito, truccatissime e magrissime.
-        Ehi! – lo salutai distratto.
-        Che succede, Jay? Non te l’ha data? – Mi schernì ridendo. Le modelle si alzarono.
-        Ciao Jay! – salutarono come fanno le oche. Quelle due dovevano avere il cervello inversamente proporzionale alla loro altezza , che era tanta. E poi cos’era questa confidenza, da chiamarmi “Jay”?
Ero chiaramente molto nervoso , perché mi davano fastidio.
-        Facciamo un giro? – mi disse lasciva la prima. Il suo abbigliamento lasciava poco all’immaginazione, visto che aveva ben poca stoffa addosso. Si strusciava su di me e mi dava fastidio. Certo non era da me, ma ero troppo alterato.
-        Si, facciamo un giro ... – continuò l’altra. Passandomi una mano sul petto. E pure questa i vestiti li aveva molto ridotti. Forse aveva sbagliato lavaggio  e si erano ristretti, pensai sarcastico. Quelle due  proprio adesso , mi davano sui nervi. E per primo  rimasi sorpreso pure io, visto che erano bionde, alte e magrissime. Il mio tipo ideale di donna, fino ad ora. Si, fino ad ora, perché Carla  non era così.
Ma allora perchè la pensavo ancora? E soprattutto, perché ero incazzato come una bestia per come mi aveva lasciato ?
Terry mi sorrideva soddisfatto. Magari voleva fare un’ammucchiata pomeridiana, visto la predisposizione di queste due, che praticamente mi stavano quasi spogliando lì.
Ma io le allontanai e dissi : - Scusatemi ragazze, non ora! – Le lasciai lì e me ne andai.
Sentì Terry che mi venne dietro. Chiamai l’ascensore, non vedevo l’ora di sdraiarmi nel letto. Ero quasi fuori di me.
-        Ehi, Jay, amico, che cazzo ti succede? – Terry mi afferrò per un braccio. – Ti rendi conto che quelle due te la stavano sbattendo in faccia e tu le hai rifiutate? Sei forse impazzito? – Era fuori di sé.
-        Senti Terry, adesso non ho voglia di fare giochetti . Sono nervoso e voglio riposare un po’. Ci vediamo stasera. – Dissi con voce piatta.
Terry mi guardò stranito.
-        Non sembri neanche tu, ma cosa è successo, ne vuoi parlare? – capì il mio disagio. Eravamo amici da anni e ormai aveva imparato a decifrare i miei sbalzi d’umore.
L’ascensore arrivò, ma io non entrai. Si richiuse e Terry mi portò in disparte. Forse se parlavo con lui, dopo mi sarei sentito meglio, chissà ...
-        E’ stato un pranzo strano. Lei è molto misteriosa. Forse mi nasconde qualcosa, solo non capisco cosa! – Dissi d’un fiato, come per buttare fuori un rospo che avevo in gola.
-        Ma che vuoi dire? Spiegati meglio! – Terry rimase asciutto. Non avevo spiegato proprio nulla in effetti.
-        - Voglio dire che sono andato a pranzo praticamente da solo ! Non faceva che alzarsi. Una volta suonava il telefono e andava in disparte per parlare. Un’altra volta correva in bagno . Si è alzata almeno cinque volte! Poi era distratta. A volte le parlavo e lei neanche mi ascoltava. Insomma, non mi era mai capitata una cosa del genere! Mi ha anche fatto alzare e cambiare di posto! Mi ha cercato una scusa idiota e poi guardava sempre dietro di me. Sono confuso, credimi ... – Era come se parlare con Terry, mi fossi tolto un peso. Non c’era Shannon  con me ed ero abituato a lagnarmi con lui. Meno male che  Terry mi ascoltava. Mi guardò comprensivo, poi disse : - Jay tu sei molto egocentrico, ti conosco bene, non sopporti che gli altri non ti mettano in primo piano. Per cui vedi cose strane dove non ci sono. Non ci vedo nulla di male nel suo comportamento. Tutti rispondono al telefono e vanno in bagno! Ma dai, amico, non farti filmini mentali. Vi vedrete? – mi diede una pacca sulla spalla.
Lo guardai a bocca aperta. Lui non ci vedeva nulla di male in quel comportamento? Ma io avevo visto com’era agitata Carla al ristorante. Ero fermamente convinto che mi nascondesse qualcosa.
-        Sarei egocentrico, eh? Ok, lo ammetto, potrebbe essere così. Ma alla fine dopo che ha fatto la vaga per tutto il pranzo, sai che fa all’uscita? Mi ha baciato! –
-        E allora? E meno male che lo ha fatto, non sei contento? Ma allora ci sta! E’ fatta, sarà tua. – concluse lui tranquillo.
-        No, che non ci sta! Perché appena dopo avermi baciato, l’ho invitata a fare un giro ed era agitata di nuovo. E’ scappata via con un’altra scusa idiota. – Forse avevo alzato un po’ la voce, ma ero molto nervoso nel pensare al comportamento assurdo di Carla.
Terry mi fece segno di parlare più piano. In effetti mi ero alterato. E se fosse vero il fatto che non avessi sopportato di non essere al centro dell’attenzione, come sempre? Se fosse solo per quello che vedevo misteri dove non esistevano? Forse Terry mi conosceva meglio di mio fratello e meglio di me stesso.
-        Senti amico, per me dovete rivedervi. Tu la vedi misteriosa, perché questa, per come me l’hai descritta, è una donna con la “D” maiuscola. Non la solita ochetta che ti fai sempre e ti sbava dietro. Ascoltami, sali e vai a riposare un po’. Quelle due ci penso io ad intrattenerle,ah ah!- se ne andò ridendo. Il solito Terry.
Però parlare con lui mi aveva fatto riflettere e calmare un po’. Si, la sera avrei rivisto Carla e sarebbe stato diverso. Non era una qualunque lei. Questo era poco ma sicuro.
Salì in camera e chiamai Shannon.
-        Ehi, bro, che fai? Lì piove? Qua fa proprio caldo. Sembra Los Angeles. Ti devo raccontare una cosa...





                                                               *****************************



 
 
Ecco il 4 capitolo. Scusate se ci ho messo un po’, spero comunque vi piaccia. Certo sono un po’ indietro coi tempi! Le sfilate a Parigi si sono concluse da un bel pezzo, ma spero vi ricordiate che JJ ci rimase per una settimana e Terry lo fotografava continuamente, che lenze quei due!!
Ringrazio sempre le mie sis Sara, Vivi, Ale, Vale, Niki coi loro commenti che mi sostengono.
Inoltre ringrazio Moni e Lory, che non riescono a loggarsi e a recensire. E un ringraziamento a chi mi segue e a chi legge in silenzio, vi ricordo che recensire, anche criticare, sostiene a continuare. E’ bello sapere che le storie scritte sono seguite e leggere di un vostro segno qui. Grazie comunque a tutti
 

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Capitolo 5
*** 5 capitolo ***


Carla
 
Passai il pomeriggio a parlare coi miei collaboratori e a cercare di coordinare gli uomini. Martin, il Capo della Police francese, non accettava il fatto  di doversene stare fuori ad aspettare buoni. Così decisi di mettere un po’ di uomini francesi dentro. Lo feci solo per levarmelo di torno, vista la sua insistenza, anche se questo poteva compromettere quanto fatto fino ad ora.
Gli spiegai che i miei uomini non tutti parlavano  e capivano il francese. E muoversi all’interno della Casa di Moda poteva essere molto pericoloso se non si capiva cosa veniva detto nelle cuffie.
Come si sarebbero mossi loro?
-       Io coordinerò i miei uomini  e saranno in comunicazione con me, Commissario! – disse lui convinto.
-       Se lo dice lei collega … - mi arresi alla sua testardaggine.
Anche se con tutte quelle lingue parlate nelle cuffie ci sarebbe stata una specie di Torre di Babele. Speravo solo non mi avrebbe combinato casini, poiché eravamo alle strette finali . Ogni mio uomo aveva un suo posto assegnato e un ruolo ben preciso, dentro la Casa di Moda. Le cimici- spia e le telecamere erano piazzate dentro le stanze. Un lavoro sovrumano dei miei uomini, sperando, alla fine, di dare uno schiaffo morale a tutta l’organizzazione criminale.
La sera mi vestì più elegante, ma sempre coi pantaloni e la giacca, per nascondere tutta la roba che avevo addosso.
Pistole e microfoni erano come lingerie per me.
Vidi Jared in prima fila. Era seduto vicino a due ragazze e in parte a lui c’era un uomo con occhiali e baffi con cui discuteva sempre. Erano amici e si vedeva. Aveva le gambe accavallate ed era seduto in maniera elegante. Appena mi vide parlò col suo amico, che mi guardò. Poi mi venne incontro per salutarmi. Notai che indossava una canottiera a rete nera, di gusto discutibile a mio avviso,  pantaloni stretti neri e sopra di essi qualcosa di grigio che mi somigliava a una gonna, visto che arrivava quasi  fino al ginocchio.
Certo il suo modo di vestire non passava inosservato , di sicuro. I suoi capelli erano gellati all’indietro e i suoi occhi erano qualcosa di speciale, con le luci della Sala sembravano di ghiaccio. Mi salutò col suo solito bacio sulla guancia. Sentì nelle cuffie i soliti commenti idioti di Paolo.
-       Ma  che cazzo ha questo Jared che io non ho? – rideva divertito.
Non potevo rispondere , perché avrei indotto Jared all’ascolto e non era il caso.
-       Ciao Carla – mi disse lui con voce sensuale e profonda. – Vuoi sederti con me e il mio amico Terry? Lui è fotografo. –
-       Mi dispiace Jared , ma io devo muovermi e non posso stare ferma. I miei collaboratori sono sparsi e dobbiamo captare le opinioni della gente per i vari modelli di tendenza.- dissi cercando di convincerlo.
-       E brava Carla che sa raccontare le minchiate! – sentì la voce di Paolo nelle cuffie.
Avrei voluto strozzarlo, tutti sentivano i  suoi commenti scemi! Appena mi sarei liberata , lo avrei menato!
-       Paolo smettila! – Giulia lo redarguì. Mi chiedevo perché facevano gli idioti …
-       Commissario, il coniglio va alla tana. – uno dei miei uomini mi avvisava in codice che Flagelo si stava chiudendo nel suo ufficio per discutere.
Ricominciavano le trattative per le vendite.
-       Jared, adesso scusami, ma devo lasciarti. – dissi , così potevo andare da Paolo e Giulia.
-       Aspetta … - mi acchiappò per un braccio. – Scappi sempre! Sei una donna molto misteriosa … - mi guardò dritto negli occhi.
Non sapevo reggere il suo sguardo. Mi imbarazzavano i suoi occhioni azzurri e mi imbarazzava la sua affermazione.
-       Che vuoi dire? – chiesi confusa.
-       Voglio dire che … non so neanche io cosa voglio dire … - era imbarazzato. – Stasera dopo la sfilata ci sei al party? –
-       Non lo so, Jared, io … - ancora non sapevo che scusa dare.
-       Shhh … - Mi fece segno di stare zitta. Tanto avrei trovato scuse assurde, lo so. Avevo esaurito le idee. Avrei dovuto non rivederlo, questa era la verità, ma allo stesso tempo volevo dividere con lui altri momenti insieme. Insomma il mio dovere si scontrava col mio volere.
-       Ci vediamo qui, dopo la sfilata! – E se ne tornò al suo posto con passo sicuro. Aveva deciso lui per me, non mi aveva lasciato scelta. Ma forse era stato un bene. Perchè  io non sarei stata capace di fare una scelta.
Andai da Paolo e Giulia. Appena fui vicino a Paolo gli diedi uno scappellotto.
-       Ahia! – fece lui.
-       Questo perché la devi smettere con i tuoi commenti idioti. Ci sentono anche i francesi. Ora ditemi che fanno quei criminali. – dissi col mio solito piglio sicuro.
Giulia mi illustrò i movimenti di Flagelo. Inoltre le sue discussioni venivano spiate dai nostri e tra poco ci avrebbero informati dei loro progetti. Quello che dicevano nella stanza del Boss, potevano ascoltarlo solo quelli preposti allo spionaggio, i quali registravano e filmavano anche gli incontri.
Poi Giulia si avvicinò al mio orecchio e disse :
-       Spegni il microfono. – La ascoltai.
-       Esci con Jared stasera. Se non ci sono novità , ci siamo noi a turnare coi pedinamenti. Poi comunque di notte non succede mai nulla. Quel maiale si chiude in camera con due zoccole per  scopare! Gli uomini sono costretti ad ascoltare i suoi gemiti!- terminò con una sonora risata. E io mi unì alla sua risata.
-       Va bene, ok. Stasera esco con lui, sennò finisce che mi pedina. E’ molto sospettoso e mi dice sempre che sono misteriosa … -
La sfilata fu un successone e la gente applaudiva soddisfatta.
Ogni tanto guardavo Jared e lui guardava me. E ogni volta che i nostri sguardi si incrociavano , avevo un tuffo al cuore.
Forse non avrei dovuto uscire con lui. La cosa si faceva pericolosa. Lui era pericoloso.
Vidi che salutava il suo amico e si avvicinò. Poi mi prese per mano e mi trascinò fuori.
-       Ma cosa fai? Dove mi porti? – cercai di ribellarmi.
-       Ti rapisco! – mi disse semplicemente.
Questo non me lo aspettavo. Pensavo saremmo stati lì, al party e io avrei tenuto d’occhio ancora i miei uomini.
Invece chiamò un taxi.
Saliti sul taxi gli chiesi spiegazioni.
-       Ma non puoi rapirmi così … Pensavo saremmo rimasti lì, dopo la sfilata! –
-       Voglio stare solo con te, senza quella confusione intorno.
Ho fame e andremo a cena io e te , da soli. – mi disse tranquillo.

Lo guardai . Era bello e molto deciso. Devo dire che questo suo modo di “rapirmi “ mi era piaciuto. Forse con me ci voleva una persona come lui, sicura, che mi trascinasse nella follia. Perchè stare con lui quella sera era una vera follia. Arrivammo al Guy Savoysituato a due passi dall’Arco di Trionfo, un posto veramente molto bello ed esclusivo.

Quando entrammo capì che lui aveva prenotato un tavolo per due.

-        Era tutto calcolato! – gli diedi un leggero schiaffo sul braccio.

-        Ho capito che con te devo fare così, Carla. Sennò se comandi tu, noi due non ci vediamo mai! – Rise.

Era molto bello quando rideva. Quella sera faceva caldo a Parigi, anche se era ottobre. Che temperatura strana.

-        Sei bellissima. – mi disse appena ci sedemmo al tavolo .

-        Grazie … - risposi imbarazzata. Non mi succedeva di essere così dai tempi del liceo, forse. Nessun uomo , fino ad ora , mi aveva fatto lo stesso effetto che mi faceva lui. Chissà, se fosse stato in un’altra circostanza, forse mi sarei lasciata andare. Ma durante una missione di quella portata, dovevo stare più controllata.

La cena si svolse tranquilla e Jared era rilassato. Io avevo spento i microfoni, per cui non mi alzai neanche una volta.

Jared mi fece notare questo particolare e mi sorrise. Sorrise per tutta la sera. E io ad ogni suo sorriso mi illuminavo.

Prima di andare, dovevo chiamare Paolo al telefono. Non sarei andata al mio albergo se non avessi avuto il rendiconto finale sulla serata.

-        Scusami solo un attimo, Jared. Faccio solo una telefonata

e sono subito da te! – dissi mentre mi alzavo per mettermi in disparte. Lui mi agguantò il braccio e mi guardò fisso negli occhi, con quei suoi occhioni blu, che trafiggono l’anima.

-        Ma io ti lascio solo per pochi minuti. Dopo sei mia! – Era serio.

Io annui come se fossi ipnotizzata dal suo sguardo e dalla sua voce perentoria che non ammetteva repliche. Aveva avuto un tono di comando, ma allo stesso tempo suadente e sensuale. Ero affascinata, dovevo ammetterlo …

Paolo mi illustrò il resto della serata. Flagelo si era incontrato con degli acquirenti russi che poi avrebbero spacciato nei Paesi dell’Est. Infine aveva contattato altri possibili spacciatori per l’indomani. Insomma aveva la “scaletta “ piena anche per il giorno dopo. Per il resto della serata , mi raccontò che il “farabutto” ( gli piaceva chiamarlo così ), si sarebbe chiuso in camera con due bellissime francesi, “molto zoccole”. Certo che il linguaggio di Paolo era molto colorito … Quindi io potevo riposare per rivederci l’indomani mattina, non c’era altro che avessi potuto fare per quella sera. C’erano gli uomini preposti per la guardia notturna e i colleghi francesi erano sempre presenti. Martin, infatti, aveva messo a nostra disposizione degli uomini che parlassero anche inglese, così da poter partecipare più attivamente alle indagini.

Il loro aiuto nei turni notturni non mi dispiacevano, devo essere sincera.

Tornai da Jared, che mise il suo braccio attorno alla mia vita e mi trascinò fuori. Mi guardò e mi sussurrò :

-        Che atmosfera stasera a Parigi!  E che stelle nel cielo … - Rivolse il suo sguardo verso il cielo e poi guardò me. Si fece più vicino e mi baciò. Risposi al suo bacio anche se non mi lasciai andare del tutto, avevo la mia pistola sotto il braccio sinistro, dentro la fondina e i fili della trasmittente. Bastava mi abbracciasse e avrebbe toccato tutto. Non era proprio il caso … Dovevo chiudere lì la serata,  non c’era altro da fare. Avevo un uomo molto dolce al mio fianco, una serata molto romantica a Parigi, ma dovevo tornare subito nella mia stanza d’albergo. Per togliermi di dosso tutto l’arsenale che mi portavo dietro. Quindi , travolta da questi pensieri, mi irrigidì. E naturalmente lui se ne accorse.

-        Che c’è Carla? Stasera mi sembravi più rilassata. Adesso c’è qualcosa che ti turba ancora? – mi chiese mentre mi accarezzava dolcemente una guancia con un dito.

Non sapevo che rispondere, ero impegnata a combattere una battaglia dentro di me. Avrei voluto stare con lui e passare la notte insieme, ma non potevo. Come avrei potuto, con tutta la roba che si trovava sotto i miei vestiti, senza dovergli una spiegazione?

-        Ma no, Jared. Perché pensi che ci sia sempre qualcosa che mi turbi? – risposi infine imbarazzata. Con una mano mettevo una ciocca di capelli dietro l’orecchio, un gesto che facevo sempre quando ero nervosa.

-        E allora perché un momento sei la donna più dolce del mondo e un attimo dopo sembri rigida? Non me li so spiegare questi mutamenti repentini. – Mi guardava dritto negli occhi, mentre mi diceva queste parole. I suoi occhi mi incutevano soggezione, perché sembravano scavarmi dentro l’anima. E in quel momento la mia anima era sporca, perché gli nascondevo la verità.

-        Ma no, che dici! Solo … sono un po’ stanca, ecco! – dissi poco convinta. – Domani mattina presto devo scendere nella Hall del mio albergo e incontrarmi con dei colleghi che arrivano dall’Italia. Quindi, se non ti dispiace, vorrei andare a dormire! Oddio com’è tardi! – Esclamai guardando l’orologio.

Lui rimase di sasso nell’udire le mie parole. Il suo sguardo esprimeva tutta la delusione che provava.

-        Davvero vuoi andare a dormire? – mi chiese sbalordito. Certo lui col suo fascino non si aspettava che io lo rifiutassi. E questa sua sicurezza sul fatto che sicuramente si aspettava un “dopo cena” diverso, mi diede fastidio.

Così sottolineai :

-        Certo che si! Perché tu cosa volevi fare? – dissi stizzita.

-        Ma io volevo stare ancora con te, fare una passeggiata … - disse con una voce d’angelo.

Oddio che gaffe avevo fatto. Subito a trarre conclusioni affrettate, io! Forse ero brava a fare indagini sui criminali, ma di uomini ci capivo ben poco!

-        Scusa Jared. Ma sono molto stanca, davvero … Possiamo uscire domani sera ancora, se ti và. – Cercai di rimediare con un tono di scusa.

-        Va bene – disse lui rassegnato.

-        Era sempre più confuso. Lo lessi sul suo bel volto, il quale non sapeva mascherare le emozioni.

Chiamò un taxi e mi accompagnò al mio albergo. Da bravo cavaliere entrò fino all’interno e mi seguì anche verso l’ascensore. Io avrei voluto che andasse via, ero molto imbarazzata della sua presenza lì. Non sapevo che pensare e cosa dire.

* Calmati Carla, calmati * mi diedi degli ordini mentalmente.

Appena l’ascensore si aprì, lui mi bloccò appoggiando una mano sul muro. Se mi giravo lo avrei baciato, talmente era vicino. Era proprio attaccato dietro di me, lo sentivo. Sentivo il suo fiato sul collo, dietro il mio orecchio. E sentivo anche le vampate di calore che mi assalivano …

-        Sei proprio sicura che devo andare via? – mi sussurrò al mio orecchio.

Mi bloccai per un attimo e chiusi gli occhi. Avrei voluto urlargli di non andare via, di restare con me tutta la notte e anche tutta la settimana. Ma non potevo. Il mio arsenale sotto l’ascella e sulla caviglia, me lo ricordò.

Cos’ con un filo di voce e uno sforzo sovrumano mormorai qualcosa che non udì ne io né lui. Infatti entrò dentro l’ascensore insieme a me, approfittando di un mio attimo di sbandamento.

La porta si richiuse e lui spinse un tasto a caso, in alto.

Mi chiuse le labbra con un bacio appassionato e fermò la mia protesta. Ma avevo sempre paura che toccasse la pistola. Che stupida, riflettei in quel momento, avrei potuto toglierla in bagno, prima. Poi mi ricordai che non avevo una borsa abbastanza grande …

Le sue mani cercavano di toccarmi e io per allontanarlo all’improvviso lo spinsi via con forza e urlai :

-        No! –

Lo presi talmente di sorpresa che sbattè dall’altra parte dell’ascensore urtando la testa.

-        Che cazzo … - imprecò per la sorpresa.

Mi guardò con una espressione mista di paura, sorpresa, confusione e dolore. Si toccò la testa dietro, io cercai di scusarmi. Ero sorpresa anche io dalla forza esagerata con cui lo avevo spinto.

-        Scusa Jared – mormorai , rendendomi conto che stavolta avevo proprio esagerato. – Ti sei fatto male? –

Cercai di toccargli la testa per vedere cosa gli avevo fatto. Certo, anni di esercizi di difesa, avevano fatto il loro effetto.

-        No, Carla … lascia stare … Vado giù. Scusami tu. – disse pietrificato, mentre premeva il tasto per la Hall.

Restammo in silenzio mentre l’ascensore scendeva.

Quando si aprirono le porte mi disse solo “Ciao” e sparì.

Salita in camera mia, scoppiai in un pianto liberatorio. Ero frustrata al massimo, non ce la facevo più, ero nervosa e dovevo parlare con qualcuno per sfogarmi. Chiamai Giulia.

-        Giulia … . dissi tra i singhiozzi.

-        Carla che succede? – chiese lei con la voce assonnata. Era chiaramente preoccupata per la mia chiamata.

-        Scusa … Dormivi? – le chiesi dispiaciuta.

-        Mi ero appena appisolata. Ma non fa niente! Perché piangi?Raccontami, cos’è successo? –

 Le raccontai tutto e mi liberai di quel peso. Le raccontai del disastro che avevo combinato nell’ascensore.

-         Ma tu sei fusa, Carla! – fu il suo commento finale.

-        Grazie! Sei proprio un’amica che sa come consolarmi! – ormai non piangevo più. Adesso la rabbia aveva il sopravvento.

-        Ti potevi liberare di tutto in bagno. Lo tenevi buono fino alla tua camera e poi ti spogliavi in bagno, da sola! C’era bisogno di fare quella sceneggiata? Non sai goderti la vita. Nessuna donna avrebbe mai fatto una cosa del genere a lui!- mi vomitò addosso questo fiume di parole.

-        Hai finito? – le chiesi incazzata nera. L’avevo chiamata per sentirmi meglio e mi aveva dato una bella lezione.

-        Si ho finito. Vorrei che ti svegliassi una buona volta! Te lo dico perché ti voglio bene. Ma non tutto e’ irrimediabile, per fortuna … - sentenziò.

-        Che vuoi dire? – avevo paura quando lei parlava per enigmi.

-        Niente, cose mie.- Adesso buonanotte, che domani abbiamo una giornata pesante e cerca di dormire.- si accomiatò.

Ma come avrei fatto a dormire? Pensavo a Jared e a come era rimasto male per come lo avevo trattato. Mi avrebbe odiato? Non avrebbe voluto più vedermi?

Con queste domande nella testa, chiusi gli occhi e restai immobile a guardare il soffitto sdraiata sul letto.

Dopotutto domani è un altro giorno, disse Rossella O’Hara …

 

 

Spero questo capitolo vi sia piaciuto, perché è un capitolo di transizione. Non so perché sto facendo tirare il collo così alla Divah, quello vero non perde il suo egocentrismo, mentre il mio ha cominciato a vacillare..Muahahah (un po’ mi vendico, forse?)

Ringrazio sempre tutte le sis che mi sostengono e tanti che leggono e non mi lasciano traccia (forse questa storia non piace,ùù)

Ringrazio anche chi mi ha messa nei preferiti e nelle storie seguite. Prometto di aggiornare Very soon....Oh no, non come dice Jared....

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Capitolo 6
*** 6 capitolo ***


6 capitolo
 
Jared
Entrato nel mio albergo, avevo solo voglia di buttarmi sotto la doccia. Dovevo assolutamente scaricare il nervoso. Avevo un mal di testa terribile, non so se per la botta che avevo preso alla testa o per la tensione accumulata, non riuscivo a capirlo. 
Che forza aveva avuto Carla nello spingermi via! Forse faceva culturismo, non capivo da dove traeva quella forza, in fondo era una donna, cazzo!
So solo che nessuna mi aveva trattato così. Ero frustrato davvero, confuso e incazzato nero.
Speravo di non incontrare nessuno mentre mi incamminavo per salire in camera. Invece nella Hall c’era Terry, circondato , al solito, da una marea di gente.
-        Hey, amico, ma dove vai di corsa? – naturalmente mi notò subito e mi bloccò.
-        Ciao Terry, salgo in camera. Ho un mal di testa orribile, scusami … - lo congedai subito.
Lui mi guardò solo un attimo, poi mi seguì  e mentre aspettavo l’ascensore mi guardò dritto negli occhi.
-        Quella donna ti ha deluso ancora, vero? Ma perché ci vai dietro? Ci sono tante ragazze che farebbero fuoco e fiamme per te, ma tu no, ti sei fissato! L’ho vista oggi, è carina, molto carina, senza dubbio una bella donna, ma non ti merita, perché ti tratta male. E qualsiasi cosa sia successo stasera, non meritavi questo trattamento da farti stare male. Guardati! – mi indicò lo specchio.
Ero così furioso che i miei occhi erano arrossati. Dimostravo tutta la mia rabbia e la mia frustrazione.
-        Terry, per favore, fammi andare in camera a fare una doccia! – dissi con voce stizzita. Ero così incazzato che me la sarei presa con lui, me lo sentivo.
-        Ma, Jared, hai visto quante ragazze ci sono di là? Vieni e dimentica qualsiasi cosa ti sia successo. Ascolta, la vedi quella bionda? Quella con la mini rossa e il top bianco? Quella è fantastica, Jay. Vieni! – mi prese per la mano e mi condusse nella Hall.
Io mi lasciai trascinare, forse con qualche distrazione, mi sarei calmato.
Così ascoltai Terry e mi fermai a parlare con tutti quelli che stavano con lui. Quella sera bevevano tutti. La bionda beveva e ci stava, si capiva da come mi parlava e dal suo comportamento nei miei confronti. Non ricordo più il suo nome. So solo che la portai in camera per fare sesso sfrenato.
Ero molto incazzato quella sera e molto violento con lei. La baciavo con forza e lei ci stava, le strappavo quasi i vestiti di dosso e lei ci stava. La scopavo con vigore e lei ci stava.
La mattina presto la sentì raccogliere la sua roba e andarsene senza dire una parola. Io non dissi niente neanche e finsi di dormire ancora.
Che gran bastardo, ero stato …
 
                                  **********************      
 
Carla
 
La mattina quando suonò la sveglia avevo un gran mal di testa. Per riuscire a dormire avevo preso un tranquillante.
Quella sera ci sarebbe stata un’altra sfilata e un’altra riunione dei trafficanti. Quindi altri appostamenti e altri pedinamenti.
L’ultimo giorno sarebbe stato dedicato alla vendita diretta della merce e il cerchio si sarebbe chiuso, finalmente. Erano tutti lì a disposizione , solo da prendere con le mani nel sacco.
Bussarono in camera. Sicuramente era Giulia, che oltre ad essere  una mia preposta,era una mia grande amica. Senza di lei non avrei resistito, specie la sera prima con il mio sfogo. Mi aveva ascoltata, nonostante l’avevo svegliata.
Aprì la porta.
-       Carla , buongiorno! Vieni che ti aiuto a mettere le trasmittenti.- mi disse appena entrò.
In bagno , mentre mi attaccava i fili del trasmettitore e del microfono , mi chiese come stavo.
-       Di merda sto Giulia, grazie! – risposi secca – ti aiuto a mettere i tuoi? –
-       No, io sono stata aiutata da Paola. – rispose tranquilla.
Alle otto di mattina lei era già pronta ed efficiente. Io, invece, mi stavo lasciando coinvolgere in affari che mi distraevano dal mio lavoro. Dovevo assolutamente smetterla di vedermi con Jared!
-       Comunque ho deciso! – annunciai, mentre mi abbottonavo la camicetta – Non vedrò più Jared! E’ meglio così … - dissi tristemente.
-       Ma tu sei fusa! – Giulia mi guardò inorridita, come se avessi detto una frase blasfema.- Ma ti senti quando parli? Ma perché? – mi chiese mettendosi le mani ai fianchi.
-       Ma siamo alle strette finali della nostra operazione … Non posso avere questi colpi di scena anche nella vita privata! Non posso e non devo! – dissi mentre mettevo le pistole al loro posto, nelle fondine.
Indossai la giacca e scendemmo giù per la colazione.
Paolo mi venne incontro.
-       Carla stai da cani, che occhiaie tesoro! Ma Jared ti sta consumando! – voleva fare una battuta. Ma Giulia gli fece segno di no con la testa, per farlo smettere.
-       Perché, che ho detto? – fece lui confuso, allargando le braccia. – Scusami Carla, io non so nulla. Voi donne siete troppo  misteriose. E comunque lo sai che io scherzo! – cercava di rimediare, perché aveva capito di aver fatto una gaffe.
-       No Paolo, fa niente, davvero … - dissi io, cercando di usare un tono di voce normale. Certo non potevo raccontare a lui la scena della sera precedente. Lui era un uomo e non mi avrebbe capita. Avrebbe riso , lo conosco. Avrebbe riso di Jared.
-       Allora, stamani come siamo messi? – Cambiai tono mentre mi sedevo per prendere un caffè.
-       Oggi Flagelo si incontra con altri “acquirenti” o probabili tali. I nostri due infiltrati ci comunicano solo le cose essenziali, ci sentiamo poco, per evitare di essere scoperti. Ormai ci siamo Carla. Stasera sfilerà Coco Chanel e ci saranno altri incontri per vendite “particolari” nel retro di dove si svolge la sfilata.
Sappiamo anche in quale stanza si incontreranno, perché cambiano di continuo. Si credono furbi loro … - disse soddisfatto Paolo.
In seguito mi incontrai con Martin e insieme stabilimmo la strategia di appostamento anche dei francesi. Lui ci dimostrò la loro disponibilità e la cosa non mi dispiaceva , poiché gli uomini in più durante le indagini, non guastavano.
La giornata passò così, progettando piani per la serata, i giusti piazzamenti dei miei uomini  e dei colleghi francesi.
Flagelo riposava  e si alzò tardi, ma c’era sempre qualcuno di noi  che lo pedinava.
Guardavo sempre nervosa il cellulare e Giulia se ne accorse.
-       Perché non lo chiami? – mi disse mentre faceva finta di guardare col cannocchiale, nascosta dietro la macchina, in direzione “stanze di Flagelo”.
-       Io a lui? No, no se ne parla! – risposi.
-       Ma in teoria sei tu in torto. Chiamalo o manda un sms. – mi suggerì.
-       No, Giulia, no! Non chiamo e non mando messaggi. Devo smetterla di vederlo, te l’ho detto. Oggi e domani, poi, la cosa si fa pericolosa. E’ meglio di no! – affermai sicura.
-       Sei testarda come un mulo, donna! – fece lei a denti stretti.
-       Sono Commissario di Polizia in Missione prima di tutto, Giulia!- la guardai seria.
-       Sei talmente Commissario che a volte ti dimentichi di essere donna. – mi disse guardandomi dritto negli occhi. Ripensai a Jared, anche lui mi guardava così … Ripensai ai suoi bellissimi occhi blu, di ghiaccio, che mi trafiggevano l’anima ed ebbi un tuffo al cuore.
-       La donna che è in me, ogni tanto deve soccombere! – risposi triste.
-       Sempre, non ogni tanto Carla. Tu come donna soccombi sempre. – concluse lei.
Cercava di convincermi , ma il mio cuore lo avevo rinchiuso dentro una corazza di ferro e avevo gettato via la chiave. Dovevo essere prima di tutto una poliziotta che fa il suo dovere, e poi donna. Forse.
 
 
                                  *******************
 
 
 
La sera eravamo tutti pronti per la sfilata. Arrivammo prima di tutti per controllare le spie e i microfoni. Solo pochi sapevano di noi, quelli per cui era impossibile non farlo  sennò sarebbe saltato tutto.
A un certo punto la Sala si riempì. Le modelle e gli stilisti erano in agitazione dietro le quinte. Come per tutte le sfilate, prima dell’inizio vige il caos più assoluto negli spogliatoi. Un orlo strappato all’ultimo minuto, un vestito che non si trova, un bottone saltato, la cerniera che si inceppa … Tutto sempre uguale. Come poteva essere che ero lì da tre giorni e tutte le sere le stesse scene si ripetevano? Incominciava a starmi sullo stomaco quello scenario. O forse ero io che ero troppo nervosa. Speravo finisse tutto presto o mi sarei beccata una gastrite nevrotica.
Quando mancava poco all’inizio, vidi Jared  prendere posto con accanto il suo amico onnipresente, insieme ad altre persone. Stavolta come abbigliamento era un po’ più sobrio della sera precedente e indossava una camicia nera trasparente. I soliti occhiali erano incollati al viso, ma con quelle luci in Sala era anche abbastanza comprensibile.
Cercai di non farmi vedere. Lui ogni tanto parlava con le persone che gli stavano accanto, poi lo intervistarono e gli fecero delle foto. Certo era abituato a stare ai microfoni , perché lo vidi a suo agio e rispondere con sicurezza.
Mi chiamarono i miei uomini e fui costretta a passare dall’altra parte della Sala, così mi vide e mi venne incontro.
-       Ciao Carla … - mi salutò serio.
-       Ciao Jared. – risposi un po’ imbarazzata. Dopo la sera precedente ero molto a disagio.
Ci guardammo per  un lungo istante, poi lui parlò.
-       Non voglio essere insistente. Ho capito che non hai molto piacere a stare con me. O c’è qualcosa in me che non ti và … Ma voglio riprovarci e invitarti a cena stasera. Se non ti và dimmi di no. E amici come prima. – disse atono.
-       Certo Jared che vengo con te! Dopo la sfilata, ok? Ci vediamo qui, sono in giro e … non c’è nulla in te che non mi va’. Ho piacere a stare con te, solo che … -restai con la frase a metà, perché continuavano a chiamarmi nelle cuffie. Evidentemente c’era un problema da risolvere.
-       Solo che? … - chiese lui.
-       Solo che … -  cercai di coordinare delle frasi comprensibili , perché ero distratta.
-       Solo che ho dei problemi al lavoro che mi rendono nervosa, ecco! – sbottai all’improvviso. Lui naturalmente rimase a bocca aperta, perché sicuramente non c’aveva capito nulla e magari pensava che ero isterica per via di sbalzi ormonali da ciclo.
-       Adesso scusami, ma devo scappare! A dopo! – e lo lasciai lì.
Ma come potevo avere incontri galanti con lui , col casino che c’era in Sala? La gente era tranquilla, credeva di stare a una sfilata. Io, invece, ero in procinto di sgominare una grossa organizzazione di traffico di droga.
-       Commissario! – mi chiamò uno dei miei uomini.
-       Cosa succede? – dissi mentre correvo verso il retro.
-       Flagelo, pare abbia cambiato i piani discussi , oggi! –
Restai di sasso.
Ciò significava che lui sospettava di noi? Che qualche voce gli fosse giunta dei nostri pedinamenti? La cosa era molto grave.
-       Le stanze sono tutte microfonate, no?Per adesso non andiamo nel panico. Restiamo tutti calmi e procediamo come da piano! – dissi al mio preposto e a tutti. Dovevo mantenere la calma nei miei uomini , sennò l’agitazione li avrebbe scombussolati. In realtà cercai di calmarmi anche io, restando fredda.
Sperai che Flagelo continuasse con i suoi incontri e fosse solo una strategia, quella di cambiare i piani all’ultimo minuto, solo per precauzione.
La sfilata procedette liscia. Verso la metà della presentazione dei modelli, Flagelo si ritirò per incontrarsi con altri grossi spacciatori. Si trattava di  nomi a livello internazionale, tutti molto sospetti, ma senza prove inconfutabili per essere arrestati. La polizia non avrebbe potuto arrestarli senza le prove della loro colpevolezza.
Il fatto che gli incontri ci furono lo stesso , nonostante i cambi di stanze , come da piano discusso il giorno prima, mi rincuorò. Ciò significava che Flagelo era sicuro di sé stesso e non sospettava che la polizia gli stava alle calcagna. Così mi rilassai un po’ e la sera passò come di routine.
Verso la fine della sfilata, tra gli applausi della gente e gli sguardi che mi lanciava Jared , mi chiamò Giulia. Appena mi vide, mi prese una mano e mi trascinò in bagno, quasi di forza.
-       Ma cosa fai? – cercai di ribellarmi.
Lei per tutta risposta, mi toglieva tutti i collegamenti con i microfoni , spie e fili vari. Poi passò alla pistola e mentre stava per togliermela urlai un “No” secco! La pistola doveva viaggiare con me. La prima cosa che ci avevano detto in Accademia era tassativa: la pistola era sotto la nostra responsabilità e protezione, giorno e notte. Doveva assolutamente stare con me.
-       Rilassati, Carla! – mi disse tranquilla – La metto qui, nella borsa e tu sei libera senza questa roba addosso! Da stasera fino a domani mattina, niente microfoni!- annunciò soddisfatta, mentre mi liberava di tutta l’attrezzatura.
Mise la pistola in una borsa capiente e me la porse.
-       Buona serata col tuo bellissimo spasimante, Carla!- così dicendo mi spinse fuori dal bagno e mi cacciò via.
Incredibile, io ero il Commissario e lei mi aveva cacciato!
Però l’adoravo per questo suo gesto.
Corsi subito in Sala, dove la gente stava lentamente scemando per dirigersi dove si sarebbe svolto  il party post-sfilata.
Jared mi vide subito, salutò in fretta i suoi amici e si avvicinò sorridendo. Ricambiai il suo sorriso.
Sentivo che sarebbe stata una bellissima serata. Mi prese la mano e disse :
-       Posso rapirti per la seconda serata di fila? Stasera però non ti lascio, a costo di farmi incrinare una costola dalle tue mosse di Karate! –
-       Sei stupido!- risi della sua battuta.
Mi portò fuori di lì e mentre uscivamo si avvicinò un attimo per darmi un bacio fuggevole. Poi ci guardammo per un istante che a me parse lunghissimo. Il mio desiderio di stare con lui si fece largo dentro di me, ora che ero libera da microfoni e trasmittenti. Non avevo neanche la pistola addosso. Ero libera di poterlo amare ed abbracciare, finalmente.
Così mentre lo guardavo negli occhi , osai :
-       E se cenassimo in camera, stasera?-
A lui non parve vero che io avessi detto questa frase.
-       Cosa? Dici davvero Carla?Stai bene?- fece finta di testarmi la temperatura in fronte.
-       Mah ... che stupido!- mi ribellai.
-       Non posso credere che tu mi abbia detto che vuoi stare con me, finalmente!- disse con voce roca dal desiderio. Io arrossì, forse ero stata troppo sfacciata a fare quella proposta troppo esplicita. Mi limitai ad annuire.
Chiamò subito un taxi. Chissà perché mi immaginai che quella sera avremmo saltato la cena ...
 
 
                               ********************
 
 
Ecco a voi il 6 capitolo che vede Jared riscattarsi agli occhi di Giulia. Questo episodio l’ho immaginato  ai tempi delle sfilate parigine ad ottobre e adesso Jared è in tourneè ancora da quelle parti. Molti di noi la Francia la amano come si amano le medicine, una cosa necessaria da mandare giù, mentre tanti saranno andati a vederlo tra cui le mie adorate sis Sara e Vale.
Ringrazio quanti mi leggono in silenzio, coloro che recensiscono e mi sostengono sempre e coloro che mi hanno messo tra i preferiti.
Se volete lasciate una traccia, fa sempre piacere leggere i commenti, se negativi , poi, aiutano a crescere.
Per ultimo vi lascio con una domanda.
Riusciranno Carla e Jared ad amarsi finalmente? Che dite , Jared ha tirato troppo il collo? Se lo merita, ora?
Alla prossima!

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Capitolo 7
*** 7 Capitolo "Sfilata con fuga" ***


 Questo capitolo arriva dopo un po’ di tempo, lo avevo lasciato in sospeso per scrivere un’altra FF, presa dal momento di ispirazione...
Avevamo lasciato Carla, Commissario di Polizia a Parigi che incontra Jared Leto per caso, anche lui a Parigi, ma per assistere a delle sfilate di moda (cosa inverosimile, eh?)
I due escono insieme , ma hanno un pranzo movimentato perché dentro il locale dove loro stanno pranzando, arriva il sospettato che loro seguono da tempo.
Entrano in scena anche tutte le forze di Polizia e Carla, suo malgrado viene trascinata nello spiare il sospettato.
Jared ci resta male , perché ignora tutto, ma prova a fare il galante con Carla, chiaramente gli piace.
Jared  ci “prova” con Carla , ma lei lo respinge.
Lui non demorde e Carla , dopo molte reticenze, esce ancora con Jared.
Sarà la volta buona?
 Ho messo un breve riassunto per chi mi seguiva, mentre per le altre vi invito a leggere dall’inizio.
E’ la mia prima FF poliziesca, spero mi seguirete.
Buona lettura!
 
Cap 7
 
Quando arrivammo in albergo, fu galante e mi aprì la portiera della macchina. Pagò il taxi, si avvicinò e mi sussurrò :
-       Parigi è magica e tu devi lasciarti andare alla sua magia … -
Per tutta risposta a questa frase, sentì i brividi salirmi su, per la schiena. Avrei voluto lasciarmi andare del tutto, ma pensavo sempre ai problemi di lavoro. A Paolo, a Giulia, alle intercettazioni, a Flagelo …
-       Ehi, ci sei ? Sei ancora qui?- Jared mi passò una mano davanti agli occhi, mentre aspettavamo l’ascensore per salire in camera. Gli sorrisi.
-       Che pensi? – mi chiese – a volte sei fuggevole. –
Mi accarezzò una guancia, leggermente. Mi capiva subito e io evidentemente ero persa dentro i miei pensieri.
-       Ti vedo pensierosa. Mi piace questo alone di mistero che ti circonda. Sicuramente mi nascondi qualcosa, perché a volte sei qui con me, ma in realtà con la testa sei altrove! – disse serio.
Era molto sveglio, dovevo ammetterlo. Stava mangiando la foglia? Ecco che pensavo come il Commissario Andreoli!
-       Ma no, Jared che dici? Ma quale mistero! Cosa vuoi che possa nascondere io! – dissi tornando sulla terra.
Arrivò l’ascensore e lui non perse tempo. Pigiò il tasto del piano e mi abbracciò. Poi cercò le mie labbra e mi baciò.
Mi sentì in Paradiso, se mi sarei lasciata andare un po’ di più, penso che  lo avrei toccato con un dito.
Arrivati in camera, andai subito alla cassaforte per posare la borsa con la pistola. Lui mi guardò sorpreso. Non potevo lasciare la pistola incustodita, ma la sua domanda arrivò subito pronta, dopo il mio gesto.
-       Cos’hai di così prezioso nella borsa, da precipitarti alla cassaforte? – Sorrise, ma aveva dei dubbi, io lo capì.
-       Ma no, Jared. Tu vedi stranezze in tutto quello che faccio? E’ un mio vizio di arrivare in camera e mettere la borsa lì. Tutto qui … - Cercai di convincerlo.
-       Ordiniamo qualcosa da mangiare qui? – mi venne incontro.
-       Certo Jared, ordina quello che vuoi. – Dissi togliendomi la giacca. Faceva proprio caldo.
-       Vado a farmi una doccia, ok? Tu intanto ordina qualcosa. –
Lui per tutta risposta si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio :
-       E se facessi anche io la doccia con te? – al pensiero mi vennero i brividi. La sua voce così roca, dava i brividi.
Però mi vergognavo e avevo ancora delle remore. Tra di noi non c’era stato ancora nulla, a parte qualche bacio anche se infuocato. Per cui avvampai e le mie guance si fecero di fuoco, non osando dire nulla. Lui si accorse del mio imbarazzo e prese l’iniziativa, cominciò a spogliarmi senza parlare. Lentamente prese a slacciarmi i bottoni della camicetta. Sentì le sue mani trafficare coi bottoni, mentre mi guardava dritto negli occhi, coi suoi splendidi occhi azzurri di ghiaccio. Restai incantata a fissare quei laghi blu, senza avere la forza di staccare i miei occhi dai suoi. Le sue mani mi accarezzavano il seno dolcemente e io istintivamente piegai il collo all’indietro. Lui si avvicinò e mi baciò proprio lì, sull’incavo del mio collo, dove ero così sensibile, gemetti per il piacere che mi provenì da quel contatto caldo. Stavo per perdere il controllo del tutto. Le sue labbra erano di fuoco sulla mia pelle che ardeva, là dove passavano. Lo baciai con passione e mi lasciai trasportare dalle emozioni che in quel momento  mi assalivano. Passione e desiderio erano dentro di me e Jared le stava tirando fuori.  Lo spogliai, mi spogliò. Le nostre mani erano bramose di toccare ed accarezzare. Il suo corpo era asciutto e muscoloso, la sua pelle liscia e morbida. Mi piaceva immensamente toccarlo e lui toccava me.
Ad un tratto con voce roca dal desiderio , mi sussurrò all’orecchio :
-       Sei perfetta, il tuo corpo è tonico ed asciutto. Sei muscolosa, ma femminile. Mi hai stregato! –
-       Anni di esercizi di difesa, Jay! – gli confessai con voce bassa.
-       Lo so! Ne so qualcosa … - rise. Pensai alla scena dell’ascensore del giorno prima.
-       Che botta hai preso! – ridevo, mentre lo baciavo.
-       Mi hai steso! – mi guardava ancora dritto negli occhi  ---Adesso stendimi con la tua passione, Carla!-
Quella sua ultima affermazione, mi lasciò di sasso. Lo baciai con passione e lo spinsi giù, nel letto.
-       Fai di me quello che vuoi – disse mentre allargava le braccia in segno di resa.
-       Oh, si certo! Perchè tu non collabori?
-       Se vuoi ti faccio vedere le stelle … - il suo viso era angelico, ma sotto nascondeva il fuoco.
Così mi ribaltò e si appoggiò sopra di me.
Mi tolse gli slip lentamente e cominciò a toccarmi proprio dove ardeva il mio desiderio. Un gemito di piacere si levò dalla mia gola. Poi toccai lui, la sua erezione era ormai allo stremo.
Fu la notte più bella della mia vita. Credo di aver dimenticato chi fossi e il perché ero lì e la cosa era imperdonabile, visto la mia professione.
Passammo una notte di passione. I suoi gemiti di piacere si mescolavano ai miei. Jared fu molto dolce e appassionato allo stesso momento. Non so quante volte facemmo l’amore. So solo che quando ci addormentammo, albeggiava.
 
 
 
                                   ********************
 
 
 
DRIN DRIN DRIN DRIN…..
 
La sveglia era come un martello pneumatico nella mia testa. Ero avvinghiata a Jared e dormivo beata sul suo petto, ma il suono proveniva  dal suo lato e non smetteva. Lui non si muoveva, così gli  saltai di scatto di  sopra per spegnerla, dannazione mi stava penetrando nei timpani! Mentre ero in quella posizione scomoda , tutta allungata per spegnere quella dannata sveglia, lui mi baciò un seno e mi vennero i brividi lungo la schiena.
Ripensai alla notte appena trascorsa.
-       Buongiorno! Ma è prestissimo, sono in coma … - disse con la voce ancora impastata dal sonno.
-       Lo so è presto, ma io devo scappare! – di botto mi vennero in mente i miei doveri e che tra poco sarebbe passata Giulia.
-       Tu stai pure qui , se vuoi. Faccio una doccia e vado. Vai, quando sei pronto, lasci la scheda della camera  alla Reception. – gli suggerì.
-       Non ce la faccio ad alzarmi. Hai risucchiato tutte le mie energie vitali!- disse con gli occhi chiusi e tenendo le braccia larghe come fosse moribondo.
-       Scemo! – gli lanciai il cuscino.
Suonò il mio cellulare e Giulia mi avvisava che era pronta.
-       Vado a farmi una doccia – risposi – passa tra dieci minuti esatti.
-       Come fai a farti la doccia, vestirti e pettinarti in dieci minuti? Mi nascondi qualcosa? Hai forse dei superpoteri? – mi incalzò lui- donna misteriosa! –
-       Ancora con questa storia del mistero?- cercai di fuorviare i suoi pensieri.
Ero certa che lui aveva capito qualcosa, ma non potevo rivelargli né chi fossi , né cosa facevo. Rischiavo di coinvolgerlo e non volevo.
Mi abbracciò e mi baciò, non voleva lasciarmi andare. Io mi svincolai, anche se a malincuore.
-       Dai, stai ancora un po’ con me. Il tuo lavoro non può aspettare?- fece il broncio.
Era irresistibile, avevo voglia di mandare via tutti i pensieri  e mettere il cartello “Non disturbare”, proprio dietro la porta.
Ma un campanello d’allarme, proprio dentro la mia testa, suonò.
-       No, Jared, ti prego, lasciami andare , o sono nei guai, davvero! - scappai di corsa in bagno.
Se stavo ancora, Giulia sarebbe arrivata e mi avrebbe trovata nuda.
-       Sappi che sei cattiva. E tanto misteriosa! – mi urlò mentre facevo scorrere l’acqua della doccia.
Sorrisi a quella frase. Questo fatto che per lui ero misteriosa , era diventato un chiodo fisso, notai.
Mi vestì di corsa e mi truccai leggermente. Faceva caldo ed era ottobre inoltrato.
-       Che tempo!- dissi mezza sudata – Ho appena fatto la doccia, è mattino e fa caldo. Ma non siamo ad ottobre? –
-       Siamo a Parigi, la città dell’amore e tu pensi al tempo e al lavoro. Sei strana ... – Disse lui mentre si stiracchiava pigramente.
Poi si alzò e andò in bagno.
Da lì lo sentì urlare :
-       Faccio la doccia, ok?-
-       Fai pure! Ci vediamo stasera Jay!- gli dissi a voce alta.
Se avremmo urlato ancora quelli accanto avrebbero potuto protestare.
Si affacciò dal bagno.
-       Ma io pensavo di vederti a pranzo!- disse deluso.
-       Non lo so se riesco a staccarmi. Ci sentiamo?- lui annuì, ma ci restò male, anche se non insistette.
Io però, non ero in vacanza e non potevo fare più di tanto.
Sapevo anche che era impossibile andare ancora una volta a pranzo insieme.
Bussarono ed era Giulia.
-       Carla!- disse lei , appena mi vide.
-       Shhhh!- le feci un segnale di silenzio, col dito.
-       C’è Jared?- mi sussurrò piano.- Alleluja- e rise.
-       Andiamo!- le dissi spingendola verso il corridoio.
-       Allora? Ti sei divertita stanotte, eh? E io invece sola soletta! Certo, se c’era il suo fratellone… - fece il broncio.
Ma smettila! Non conosco suo fratello. Mi fai venire curiosità a furia di nominarlo. Cercati un parigino o consolati con Paolo.- -       dissi di rimando.
-       Ma anche no! Paolo è fidanzatissimo e in quanto ai parigini, lasciamo stare… Sono troppo stronzi! - rise nel  finire la frase.
-       Adesso Carla, andiamo nella toilette, giù nella Sala delle colazioni, che c’è tutto il tuo armamentario pronto. Indossi microfoni , spie e pistole e iniziamo un’altra giornata.- concluse.
-       Ma non mi hai parlato della tua notte, è stata di fuoco?- mi chiese , ancora, ammiccando .
-       Non hai microfoni aperti, vero?-  ribattei, allarmata alla sua domanda.
-       Ma sei fuori? Certo che no! Mica sono Jared che fa sapere al mondo intero di essere a pranzo con donne misteriose. E meno male non ha messo foto. – disse piccata.
-       Ci mancava la foto! Si... è stata una bella serata... – risposi vaga.
-       Ma io non parlavo della serata, della NOTTE, Carla, NOTTE. Ah, ah, ho capito, c’è stato un incendio nel tuo letto, stanotte! – rideva come una matta.
-       Ma smettila!- avvampai subito.
-       Beh, sono felice per te. Per un po’ ti sei distratta. Devo cercare anche io di avere queste ...”distrazioni”. – concluse convinta.
Dopo avermi sistemato i microfoni e tutto l’occorrente, seguita da una colazione veloce, ci recammo alla postazione di spionaggio.
I miei uomini mi  riferirono tutto quello che era successo il giorno prima, i piani della giornata di Flagelo e i suoi loschi incontri pianificati per la serata.
Mi chiamò Jared, voleva vedermi a pranzo, ma io rifiutai, dandogli appuntamento dopo la sfilata di quella sera.
Non volevo rischiare di passare un pranzo come la volta precedente, costretta ad allontanarmi di continuo.
-       Allora visto che mi dai buca a pranzo, stasera mi devi anche una passeggiata romantica sulla Senna. E speriamo ci sia la luna.- disse lui a voce bassa. Certo che se me lo diceva con quel tono ...La sua voce era ammaliante.
-       Non ti facevo così romantico- risposi, deglutendo a vuoto.
-       Ogni tanto, all’occorrenza, lo sono. A stasera, honey! – mi congedò e io sentivo i brividi nella schiena.
-       Giulia mi guardava esterefatta.
-       Ma hai visto che espressione hai?- mi guardò sconvolta, prendendomi in giro.
-       Scusa, che espressione ho?- mi sentivo un’adolescente alla prima cotta. Troppo sognante e non andava bene.
-       Mah, una faccia da ...pesce lesso!- ridemmo entrambe a quella battuta. Per fortuna ero dotata di autoironia.
-       Carla!- Paolo mi chiamò e ci raggiunse. Per cui io e Giulia smettemmo di botto di ridere.
-       Mi nascondete qualcosa, forse? Cos’ha questo Jared che io non ho...!Non l’ho ancora capito!- fece lui rassegnato allargando le braccia.
-       Forse ti manca l’occhio azzurro ammaliatore, dimostri la tua età e non hai la tartaruga. Inoltre non canti e non reciti.- disse Giulia, molto seria, incrociando le braccia sul petto.
-       E sono fidanzato, purtroppo. Mentre quello sta a Parigi per sfilate, io sono qui per un’operazione antidroga, vuoi mettere?- sottolineò lui.
-       Basta voi due! Hai preso di mira Jared, Paolo? Stasera quel bastardo di Flagelo , la sua banda e i suoi acquirenti, sono nostri , vero?- dissi io. per riportarli alla realtà.
-       Carla , questa sera dovrebbe esserci la vendita vera e propria. Li prendiamo tutti, stai tranquilla - Giulia mi tranquillizzò.
Era ovvio che tutti noi, polizia francese inclusa, bramavamo per beccarli con le mani nel sacco e sfoderare tutte le manette a nostra disposizione. Li avremmo arrestati con soddisfazione, finalmente! Un bel colpo per la giustizia. Restava sempre come dirlo a Jared, ma questo era un dettaglio secondario...
In effetti lo stavo prendendo in giro. In serata ci sarebbe stata la retata finale, quindi la nostra passeggiata romantica al chiaro di luna, si sarebbe trasformata in qualcos’altro. Dovevo metterlo al corrente della mia vera professione e al più presto.
Decisi che doveva sapere, era inevitabile ormai. Sarebbe stato brutto se avesse saputo tutto così, per caso.
 
Arrivò la sera della sfilata. Jared era accompagnato dal suo amico Terry. Mi salutarono entrambi, appena mi videro. Ovviamente io mi rifiutai di sedermi tra loro e declinai il loro invito. Jared era deluso, anche se un po’ se lo aspettava.
Intanto che tenevo d’occhio la Sala, andavo e venivo dal retro , non stavo mai ferma, dovevo occuparmi di gestire le operazioni.
La polizia francese era coordinata dal loro capo, ma seguiva le nostre indicazioni, sia fuori che dentro la Sala.
Era tutto pronto, si abbassarono le luci e il brusio delle voci in Sala.
L’annunciatrice iniziò le presentazioni dei modelli.
La musica iniziò a invadere la Sala, sottolineando l’ingresso ancheggiante delle modelle sui loro tacchi vertiginosi.
Come facevano a camminare su quei trampoli, era un mistero per me.
All’improvviso una figura tra il pubblico si alzò, facendosi largo tra le persone sedute, per uscire. Lo riconobbi, era Flagelo!
Cosa ci faceva lì, in mezzo al pubblico? E perché si stava allontanando di corsa?
Noi sapevamo che doveva essere sul retro per le trattative, qualcosa non mi tornava...
I miei uomini erano per la maggior parte impegnati  allo spionaggio sul retro. La sua fuga fu così veloce che non ebbi il tempo di coordinare un inseguimento, riuscì solo a dire :
-       Attenzione, vedo un uomo in Sala che mi sembra Flagelo e si sta allontanando di corsa. Lo seguo!-
-       Ma Carla sei sicura? Forse gli somiglia, perché a me risulta che Flagelo sia sul retro con dei Russi. – disse Paolo negli auricolari.
-       Ok Paolo, io lo seguo per vedere se è lui!- risposi. Intanto correvo e cercavo il tipo, che sembrava sparito nel nulla.
-       Stai attenta Carla, non andare da sola. Voi due, andate in Sale e cercate il Commissario!- ordinò Paolo a due uomini che si trovavano con lui.
Il corridoio che portava alla toilette era vuoto.
Notai che la porta del bagno degli uomini si muoveva e corsi subito lì. Sentivo negli auricolari Paolo e Giulia che mi chiamavano , ma correvo e non potevo rispondere. Quindi entrai nel bagno e sentì dei rumori strani. C’era un uomo che si lavava le mani. Nel vedermi restò sorpreso, probabilmente voleva dirmi che avevo sbagliato toilette. Ma io gli urlai, visto che ero di corsa:
-       Ha visto un uomo entrare di corsa, qui?- avevo la pistola e il tipo si spaventò.
-       Ouì, Madame ... – rispose impaurito, indicando il bagno dove era entrato l’uomo che cercavo.
Aprì il bagno e vidi una finestra in alto aperta e un uomo che saltava. Era di spalle e fu veloce, non riuscì a capire se fosse Flagelo.
D’istinto salì sul water e mi arrampicai sulla finestra, saltai giù e vidi Flagelo che correva. Era lui, così lo inseguì senza mollarlo un attimo.
Non c’era tempo di avvisare gli altri, lo avrei fatto dopo..
Infatti la losca figura prese al volo una macchina parcheggiata lì vicino  e partì sgommando con le ruote.
Per fortuna la nostra macchina di servizio si trovava nei paraggi, la presi anche io di corsa, spinsi forte sull’acceleratore per non perdere il sospettato.
Correvo troppo forte, non potevo né comunicare coi miei attraverso le microspie che avevo addosso, né  tantomeno con la radio di bordo. Se stavo inseguendo una macchina di corsa non potevo distrarmi.
Mi accorsi che nella corsa addirittura il mio microfono si era pure staccato... Mi restava solo la radio di bordo per comunicare coi miei uomini, ma solo quando mi sarei fermata.
Appena possibile dovevo  almeno comunicare la mia posizione e chiedere rinforzi.Dovevo stare attenta a non perdere di vista Flagelo, perché era lampante che stava fuggendo.
O era una trappola per me?
Mi balenò in quel momento l’idea della trappola, prima non ci avevo pensato.
Cominciai ad avere dei brividi nella schiena, non era paura, ero allenata a fare scontri diretti e il mio mestiere non contemplava tale emozione.
Ma piuttosto senso di frustrazione , visto che ero da sola ed ero molto vulnerabile.
Comunque sia , allontanai ogni pensiero e mi concentrai sulla folle corsa che stavamo attuando. Il resto poteva attendere e ci avrei pensato appena il bastardo si fosse fermato.
Perché prima o poi, doveva fermarsi....
 
 
                        *************************
Bene, questo capitolo, arriva dopo un bel po’ di tempo.
Spero mi seguirete, perché nei prossimi vi prometto colpi di scena.
Carla insegue Flagelo da sola.
Che succede adesso? Rischia grosso perché è sola.
Jared si accorgerà che lei è sparita dalla sfilata? O sarà distratto dalle modelle?
Voi che ne dite?
Niente passeggiata romantica, a quanto pare, per il momento....
Ringrazio a quelli che mi seguono nonostante la lunga pausa di questa FF!
Stay tuned....

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Capitolo 8
*** Jared insegue Carla ***


Proviamo a vedere la fuga dal Salone dove si svolge la sfilata da punto di vista di Jared...
Vediamo cosa succede.
Buona lettura!
 
Jared
La sfilata iniziò, ma io, anziché stare ad osservarla, preferivo tenere  d’occhio Carla.
Quella sera mi sembrava molto agitata, come se avesse altri pensieri… Quella donna mi incuriosiva e attraeva allo stesso tempo.
Terry mi chiese se ero riuscito nell’intento di portarmela a letto e per la prima volta mi ritrovai a  mentire al mio amico.
Se si fosse trattato di un’altra donna, forse mi sarei vantato e gli avrei raccontato ogni cosa; invece trattandosi di lei, era come se si parlasse di qualcosa di prezioso, di unico, di qualcosa che appartenesse solo a me.
Il suo comportamento ambiguo, mi stava attirando probabilmente in una trappola, di cui avevo un po’ paura.
E forse, quello che io temevo era di non riuscire ad uscirne fuori: mi stavo forse innamorando?
In ogni caso ero sempre più convinto che Carla mi nascondesse qualcosa. Certamente non era quello che mi diceva di essere; quella sera, per esempio, si muoveva troppo all’interno della Sala, per essere una semplice acquirente.
Non guardava affatto la sfilata, ma da tutt’altra parte. Per il lavoro che mi aveva detto di svolgere, non era una cosa normale…
All’improvviso, mentre vagavo con la mente, un uomo , proprio dietro di me, si alzò e uscì di corsa e lei lo seguì immediatamente.
Cosa stava succedendo?
Non so spiegarmi il perché, ma l’istinto mi fece alzare di scatto per inseguirli, a mia volta.
Terry mi chiamò più volte, ma  non avevo  tempo per rispondergli e lo piantai in asso. Temevo di perdere di vista Carla, così cominciai a correre come un pazzo, nella direzione che avevano preso quei due.
La vidi entrare nella toilette degli uomini e così ebbi la certezza che lei inseguisse quell’uomo: di certo una donna non entrava abitualmente nel bagno maschile!
Ma cosa faceva? In che guaio si stava cacciando?
Non avevo il tempo di pensare e darmi delle risposte, i suoi gesti erano stranissimi, così non ci pensai due volte ed entrai anche io nella toilette.
Feci appena in tempo a vederla saltare dalla finestra, dopo essere salita sul water , visto che aveva lasciato la porta aperta.
Tutto si svolse in pochissimi istanti; all’interno dei servizi c’era un uomo che guardava sconcertato tutta la scena.
La finestra non era altissima e senza riflettere saltai anche io.
La vidi mentre correva e saltava dentro un’auto parcheggiata lì vicino.
Un’altra macchina si allontanava di corsa in quel momento: doveva essere l’uomo che lei stava inseguendo.
Mi guardai intorno e capii all’istante che mi trovavo nel parcheggio della Casa di Mode.
 La macchina a noleggio con cui io e Terry eravamo arrivati, doveva essere da quelle parti.
La individuai immediatamente: era un Suv nero, a Terry non piacevano le macchine piccole, diceva sempre che lui era alto e gli piaceva guidare comodo.
Aprii lo sportello; per fortuna Terry aveva il vizio di lasciare le chiavi all’interno delle auto che noleggiava, tanto, diceva lui, erano assicurate in caso di furto, inoltre le chiavi in tasca gli davano fastidio…
Lo benedii per questo suo vizio, ora come non mai!
Misi in moto all’istante e, sgommando sulle ruote, partii all’inseguimento di Carla, che , a sua volta,  inseguiva quell’uomo.
Correvano come pazzi e in pochissimo tempo ci ritrovammo in tangenziale.
La mia mente era impegnata in quella folle corsa affinché non perdessi di vista Carla, quindi non pensavo ad altro.
Stavo cominciando a preoccuparmi seriamente.
Sentii il mio cellulare suonare, probabilmente Terry mi stava cercando. Non pensai neanche per un istante di rispondere e lo lasciai suonare.
 
             ******************************
Nella Sala delle sfilate
-       Abbiamo perso il Commissario?-
I due uomini vagavano per i corridoi senza riuscire a trovare Carla.
Paolo era molto preoccupato, dopo essersi consultato velocemente con Giulia,  chiamò più volte Carla sulla radio-frequenza, senza ottenere risposta.
Non rispondeva neanche al cellulare.
-       Attiviamo subito il GPS, potrebbe essere è in macchina così la troviamo subito!- suggerì Giulia.
 
 
Carla
 
-       Maledetto , quanto corre!- Carla inseguiva costantemente “Flagelo”.
Non aveva chiesto rinforzi, per la fretta di inseguirlo e la paura di perderlo di vista.
Radio trasmittente, GPS e cellulare erano senza campo....che cosa strana... Era sola e   nessuno aveva la più pallida idea di dove fosse.
Non poteva essere rintracciata in nessun modo.
-       Dannazione!- imprecò Carla.
Intanto correva come una folle, per non perdere di vista l’auto del furfante.
L’impressione che si stava cacciando in una trappola, si fece largo dentro di lei… Ormai era tardi per tirarsi indietro e lasciare perdere l’inseguimento.
Flagelo imboccò l’uscita in tangenziale, per immettersi in una strada che portava fuori città.
-       Il bastardo non mette le frecce, ovviamente, e gira all’improvviso per cercare di fregarmi… - Carla parlava a voce alta ,per scaricare la tensione accumulata.
Flagelo continuò a  imboccare strade secondarie di campagna, dove per la cattiva asfaltatura, la sua folle corsa rallentò, anche se di poco.
Era buio e la visibilità molto scarsa, a causa della cattiva illuminazione, delle strade secondarie; intorno sembrava esserci il nulla…
All’improvviso si fermò e  scese  dalla macchina  in velocità,  lasciando la portiera della macchina completamente spalancata.
Entrò in un Capannone , lì vicino, e sparì al suo interno.
 Carla arrivò giusto in tempo per vederlo entrare.
Si chiese il perché fosse entrato in quel Capannone isolato…
Fermò la macchina, tirò fuori la pistola e tolse la sicura.
Controllò ancora una volta se c’era segnale per comunicare ai colleghi la sua posizione, ma ancora niente: era da sola contro quel criminale.
Mille domande affollavano la sua mente, ora.
All’improvviso capì che non avrebbe mai dovuto seguirlo da sola.
Quando studiava , alla Scuola di Polizia, la prima regola che le avevano insegnato era stata “ non avventurarsi da soli, specialmente durante operazioni delicate”, come quella.
Magari lo scopo di Flagelo era proprio quello di attirarla in trappola e lei c’era cascata in pieno, come una pivella!
In ogni caso era tardi per tirarsi indietro, si fece coraggio e con l’arma ben carica, entrò cautamente nel Capannone semi-buio.
 
 
Jared
-       Non capisco… Non capisco, cazzo!- Jared sbraitava e dava pugni sullo sterzo per sfogarsi, mentre guidava.
Non riusciva a capire il motivo di questo frenetico inseguimento, a questa folle velocità.
Carla da sola che inseguiva quell’uomo…
C’era certamente qualcosa di strano in tutto questo, solo non capiva “cosa”…
Lui di solito era uno abituato ad avere tutto sotto controllo e non averne adesso, lo rendeva molto nervoso, quasi isterico.
Un paio di volte aveva rischiato di perdere di vista la macchina di Carla, dato che correva a una velocità assurda…
A quell’ora la tangenziale era molto trafficata e inseguire una macchina, era difficile.
L’unico pensiero che gli balenava in mente , in quel momento, era che appena fosse stato di fronte a Carla, gli avrebbe chiesto delle spiegazione per tutto questo correre e stavolta non avrebbe ammesso giri di parole assurde!
Arrivato davanti al Capannone,  con la certezza di essersi perso, vide che non c’era nessuno. Poi notò le due auto, di cui una con la portiera spalancata.
Si avvicinò cauto, fermò la macchina e scese a guardare all’interno delle due auto.
Dentro non c’era nessuno.
Si guardò intorno: c’era solo buio e silenzio.
Sentì dei rumori leggeri provenire dal Capannone.
-       Dove cazzo è andata, con quel tipo?- parlava pure da solo adesso!
Decise di entrare nel Capannone, con la certezza che in seguito se ne sarebbe pentito, era una pessima idea e lo sapeva.
Voleva vederci chiaro e l’unico modo era guardare coi suoi occhi.
 
 
Carla
 
Dentro il Capannone era buio pesto.
L’unica illuminazione era data dai fari della macchina di Flagelo , che rischiaravano l’ingresso.
Entrò silenziosamente e notò molti scatoloni ammassati, uno sopra l’altro.
Pensò che poteva trattarsi della partita di droga.
-       Flagelo, sei in trappola, vieni fuori! Ormai non hai più scampo! Lo so  che mi hai attirata qui, ma non vado via senza prima arrestarti e  schiaffarti in galera, arrenditi! I miei uomini stanno arrivando!- urlai, cercando di sembrare decisa e autoritaria.
In realtà avevo ormai ben sicuro il quadro che quella fosse una trappola , ma  non capivo le sue intenzioni contro di me, cosa volesse farmi esattamente.
Di sicuro voleva eliminarmi, questo era chiaro…
-       Mio caro Commissario Andreoli… - la voce, con forte accento sud-americano, proveniva dal fondo del Capannone.
Il buio lo nascondeva alla mia vista, ma la sua voce era chiara.
-       Bienvenido, Commissario. Sei caduta nella mia trappola! I tuoi uomini non sanno dove sei e non riusciranno a rintracciarti… In quanto al fatto di prendermi… questo è tutto da vedere!- urlò dal fondo del Capannone.
-       Tu come fai a dire che i miei uomini non sanno dove sono? Stai bluffando…- provavo un po’ di paura, ma tenni comunque un tono di voce ferma. Non doveva capire di avermi in pugno, non gli avrei mai dato questa soddisfazione.
-       Commissario, mi sorprendo di lei… Non ha notato che qui non c’è campo? Non c’è segnale per telefoni , radio, satelliti… Tutti i ripetitori nel raggio di 15 km sono fuori uso! Non potrà comunicare in nessun modo. Ho schermato tutti i segnali, caro Commissario! E il mio obiettivo sei tu! Salterai in aria, con tutto il Capannone, stanotte… Ci sarà un grande, enorme botto. Sto attivando gli esplosivi: i tuoi uomini saranno così impegnati da questo grande falò e dal disperato tentativo di salvare il loro Capo , che dileguarmi sarà un gioco da ragazzi. Avevamo dei sospetti di essere seguiti e spiati, ma oggi ho avuto la certezza. Il mio piano mi porterà ad essere libero!- espose il suo folle discorso, dove passò a darmi del “tu” al “lei”, con la stessa velocità di quando guidava l’auto.
Il mio unico pensiero in quel momento fu che avrei lottato con tutte le mie forze per uscire di lì, almeno per non essere complice del suo piano di fuga.
Non me lo sarei mai perdonata…
Ah, già… i morti non hanno rimorso!
Mi chiedevo come aveva fatto a capire che lo stavamo braccando.
Chi ci aveva tradito , uno dei miei uomini?
O dei francesi…
Per perdere tempo decisi di farlo parlare.
Di solito i criminali sono molto egocentrici e amano farsi lodare per le loro tresche.
Avere studiato criminologia e psicologia criminale, mi avrebbe aiutato in questo momento critico.
-       E così ci hai scoperto, alla fine! Come lo hai capito?- urlai forte per farmi sentire, visto che era abbastanza lontano.
-       I tuoi infiltrati, Commissario. Hanno fatto un passo falso e li abbiamo seguiti! Quei due mi puzzavano… Ora basta, stai per morire, goditi questi ultimi momenti!
Mentre lui urlava quest’epitaffio nei miei confronti, notai un’ombra furtiva che si muoveva all’ingresso del Capannone.
Non riuscivo a distinguere bene chi fosse, magari era un complice di Flagelo?
Seguivo l’ombra con la coda dell’occhio, per non farle capire di averla vista, ma a un certo punto la luce la colpì in pieno volto e … era Jared!
Sbiancai in volto, tremando, cosa ci faceva lì?
Flagelo se ne accorse e sparò qualche colpo, sfiorando Jared.
Così cominciai a rispondere ai suoi colpi, sparando in un punto imprecisato del Capannone, ad istinto.
Uscii fuori dal mio nascondiglio facendomi vedere da Jared e gli urlai:
-       Corri verso di me, ti copro io!
Mi raggiunse di colpo, ansimando, non so se per la paura o per la corsa fuori programma.
Coprì la distanza che ci separava in un baleno.
L’unica espressione che vidi sul suo bel viso fu di confusione: evidentemente non stava capendo nulla di quella situazione che si era creata. Ma anche io non capivo cosa ci facesse lui lì!
-       Chi cazzo sei? E che succede qui? Vi state sparando addosso… - urlò , quando gli si normalizzò il fiatone.
-       Shhhh… - gli feci segno di abbassare la voce.
-       Bravo Commissario! Ti sei portato un aiuto? Così adesso sarete in due a morire,  avrai compagnia!- urlò beffardo , il criminale, dal suo nascondiglio.
-       Commissario?- Jared sbarrò gli occhi per la sorpresa.
-       Si, Jared, sono un Commissario di Polizia Italiana ed è un anno che seguiamo quel pazzo criminale e la sua banda!- cercai di spiegargli, mostrandogli il mio distintivo.
-       Cazzo, Carla, avresti potuto dirmi la verità, no?- disse, contrariato.
Aveva ragione ad avercela con me. Per colpa mia adesso stava rischiando la vita.
-       Commissario, manca poco sai?- il bastardo, dal fondo del Capannone, si prendeva anche gioco di noi.
-       Senti, Jared, magari discuteremo di questi particolari quando riusciremo ad uscire di qui… Se non l’hai ancora capito quel grandissimo e fottutissimo criminale, vuol farci saltare in aria! Moriremo , quindi: ti va di rischiare il tutto per tutto e cercare di tirarci fuori di qui? - gli illustrai velocemente la situazione.
Dovevo fargli capire , nel caso in cui non lo avesse fatto da solo, che la situazione era grave!
Lui annuì in silenzio, facendo segno con la testa.
-       Cosa facciamo , adesso? Sei tu il Commissario…- disse freddo e con tono asciutto.
Non mi aspettavo questo suo modo di essere distaccato, non mostrando paura o terrore. La situazione era pesante e lui l’aveva capita perfettamente.
Ancora prima di dargli una risposta su come agire, tirai fuori la pistola attaccata alla mia caviglia, quella per le emergenze, la caricai e gliela misi in mano.
-       Sai usarla?- gli chiesi mentre gliela porsi.
-       No, cazzo! Non so usarla! Ho usato quelle finte , a salve, che si usano nei film. Questa è vera! Ma tu dammela lo stesso…- rispose molto determinato. Se c’era una cosa di cui andare fiera di lui in quel momento era il suo atteggiamento molto distaccato, almeno in apparenza.
-       Ok… senti, questo è il mio piano: dobbiamo sfruttare il momento- sorpresa, dato che non si aspetta sicuramente delle mosse da parte nostra, per cercare di fuggire. Ma dobbiamo agire in fretta. Tu devi correre verso l’uscita, prendere l’auto e portarla qui davanti. Io ti copro le spalle e poi cerco di seguirti, ok? Te la senti? E’ rischioso, lo so… ma vale la pena tentare, Jared! Mi raccomando di prendere l’auto con cui sono venuta io, perché appena usciamo dal campo magnetico devo cercare di mettermi in comunicazione coi miei uomini!- mentre esponevo il piano lui annuiva in silenzio.
Era venuto a salvarmi, inconsapevolmente , era venuto per questo scopo, perché senza di lui , non sarei uscita viva da lì.
-       Dimmi quando devo andare…-  rispose con voce ferma.
Istintivamente gli diedi un bacio a stampo, che lui ricambiò, poi aggiunse:
-       Ce la faremo, Carla, ti prometto che usciremo di qui!-
 
 
                     *************************
 
Chiedo perdono se questo capitolo arriva dopo tanto...
Credevo non interessasse tanto e non mi era venuta l’ispirazione! Invece ho ricevuto delle richieste quindi per chi mi seguiva, spero non mi abbandoni! Da oggi in poi continuo a scriverla fino a terminarla. Fatemi sapere se vi piace, please!
Un grazie speciale a una sister di scleri e mia Beta: Sara grazie di esistere...

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Capitolo 9
*** Escape ***



-       Adesso, Jared, corri!- lo incitai a correre verso l’uscita,
mentre uscivo allo scoperto, sparando all’impazzata in direzione del punto da cui sentivo provenire la voce di Flagelo.
Jared schizzò via e uscì fuori dal Capannone.
Io scaricai tutta la mia arma diretta verso il criminale, nella speranza che almeno un colpo andasse a segno.
Ma era difficile, perché sparavo alla cieca e lui era ben nascosto, ovviamente.
-       Che intenzioni hai, mio bel Commissario, di scaricarmi tutte le tue armi addosso?- rise beffardo El Carrera. Mi chiedevo se si fosse accorto che Jared  era riuscito ad uscire …
Mentre riflettevo, sentii uno stridere di ruote, una macchina si  avvicinò di corsa: era Jared che arrivò con un tempismo perfetto, dovevo solo uscire dal mio nascondiglio e raggiungerlo.
Così corsi fuori anche io, sparando ancora verso Flagelo , per coprire la mia fuga verso Jared. Se sparavo lui restava nascosto e dunque sarei riuscita a scappare da quella trappola mortale.
Flagelo capì la mia mossa e cominciò a rispondere al mio fuoco.
I proiettili mi sfioravano, li sentivo sibilare vicino alle mie orecchie , continuai a correre e far fuoco, sperando che il caricatore non si esaurisse in quel momento.
Non avevo contato i colpi e rischiavo di rimanere con la pistola scarica, rischiando la vita.
Col fiato corto per la folle corsa, raggiunsi Jared, mi fiondai accanto a lui che, sgommando, partì senza aspettare che chiudessi lo sportello, mentre gli urlavo di correre via di lì!
Il tutto si svolse in una manciata di minuti, che parvero eterni.
Continuai a incitare Jared per correre quanto più forte potesse, spingendo il pedale a tavoletta per allontanarci il più possibile da quel posto maledetto!
Avevo tanta adrenalina in corpo, che se avessi avuto quel maledetto davanti, lo avrei fatto a pezzi, senza riserve…
Mentre ci allontanavamo di corsa, guardai d’istinto dallo specchietto laterale e vidi Flagello che prendeva la mira con una grossa arma; non distinsi cosa fosse esattamente, ma la cosa mi mise agitazione.
-       Cazzo!- urlai atterrita.
-       Cosa…?- Jared non capì.
All’improvviso gli tirai giù la testa, spingendolo sopra le mie gambe e gli urlai di dare gas comunque, senza mollare il pedale dell’acceleratore, mentre io prendevo il controllo del volante.
Tutto si svolse in pochi attimi: al posto di guida arrivò un grosso proiettile che trapassò il parabrezza, lasciando un buco enorme e frantumando i vetri del parabrezza.
Un attimo di esitazione e quel buco sarebbe stato ora sulla nuca di Jared.
Nonostante tutto, lui non si lasciò prendere dal panico e non smise mai di spingere l’acceleratore, permettendoci di allontanarci sempre più dal luogo della nostra condanna.
Quando fummo abbastanza lontani, si tirò su e riprese il controllo dell’auto.
Lo vidi deglutire a vuoto .
-       Cazzo, dovrei essere morto a quest’ora! Quel fottuto bastardo mi avrebbe preso: come facevi a saperlo?- anche lui era carico di adrenalina. Era molto nervoso e notai le sue mani tenere stretto il volante. Troppo stretto…
-       L’ho visto dallo specchietto, Jared, ho immaginato che ti stava mirando. Sparandoti la nostra corsa sarebbe finita… Ti ho già restituito il favore di prima, vedi? - dissi sicura.
Intanto armeggiavo con la radio per cercare di trovare la linea e comunicare coi miei uomini.
-       E sarebbe? Di che favore parli?- chiese sospettoso.
-       Il fatto che mi hai tirato fuori di lì. Grazie a te sono viva anche io. Senza di te quel bastardo mi avrebbe fatto fuori! Siamo pari quindi: tu hai salvato me e io ho ricambiato!- mentre gli parlavo guardavo il suo profilo.
 Era intento a guidare e di tanto in tanto si girava verso me, per guardarmi frettolosamente.
Gli feci una carezza, d’istinto, e lui piegò la testa verso la mia mano.
-       Non ho resistito alla sfilata e ti sono corso dietro. La mia era semplice curiosità, perché eri misteriosa, lo ammetto! Adesso dove andiamo?- chiese, infine.
Avevamo rallentato, dato che non eravamo inseguiti e avevamo imboccato la tangenziale.
Sentii la radio gracchiare: finalmente aveva ricominciato a funzionare.
-       Paolo, Giulia!- urlai alla trasmittente.
-       Carla!- mi risposero loro in coro.
-       Dove sei? Ti stiamo cercando da quasi un’ora…- Paolo era agitatissimo. Il suo tono di voce tradiva l’ansia.
-       Era una trappola di Flagelo, Paolo! Manda subito rinforzi! Trovatelo e arrestatelo!- Gli indicai la zona di ricerca e il modello di auto di Flagelo. Poi cominciai a raccontargli dello schermo magnetico per impedire le comunicazioni  e potermi isolare, in modo da tenermi in pugno.
Gli spiegai che era un uomo molto pericoloso e che dovevano prenderlo immediatamente. Ero molto arrabbiata e carica di adrenalina.
Lo volevo morto …
Invece, per etichetta, gli suggerii di fare in modo di prenderlo vivo per poterlo fare parlare sui suoi loschi traffici e scovare la banda al completo.
-       Carla io lì mando la Police francese e altri uomini. Noi stiamo andando in un altro magazzino, dove c’è il suo braccio destro. Localizzaci col GPS e raggiungici. Il resto della banda sappiamo che si trova qui!- suggerì lui.
-       Siamo in zona, arriviamo subito!- risposi, mentre guardavo la mappa sul navigatore.
-       Arriviamo?- dissero in coro i miei due collaboratori.
-       Con chi sei? – chiese subito Paolo.
Jared mi guardava con aria interrogativa: infatti comunicavamo in italiano e lui non capiva i nostri discorsi.
-       Sono con Jared! E’ grazie a lui se sono ancora qui a parlare con voi… Quel bastardo voleva farmi fuori!- dissi orgogliosa.
-       …E questo Jared ha sempre qualcosa che io non ho!- rispose Paolo con tono rassegnato. Ovviamente stava sdrammatizzando, perché lui era da sempre molto apprensivo nei miei confronti e nonostante mascherasse bene le emozioni , capii subito il suo vero stato d’animo.
All'improvviso mi sembrò chiaro in tutta la sua drammaticità quello che avevo passato.
Alla sua battuta sarcastica risi per liberarmi dall’ansia.
Spiegai a Jared dove andare e ci recammo nell’altro Magazzino, dove ci attendeva un’ azione mirata.
Era la serata più agitata da quando ero in Francia…
Avvisai Jared che appena saremmo arrivati, visto la situazione delicata, lui sarebbe dovuto rimanere in macchina e non uscire da lì per nessuno motivo.
Era un’operazione molto pericolosa e lui non ci sarebbe dovuto essere, in realtà.
Mi dispiaceva impartirgli ordini come ad uno dei miei uomini, ma non aveva esperienza nell'uso delle armi e non conosceva le procedure da applicare, in caso di pericolo.
Non era addestrato come noi, che vivevamo quotidianamente nel rischio.
Mi assicurai che lui non scendesse mai dall’auto, anche se  lo vidi titubante.
Alla fine quando, rassegnato, si arrese e promise di non fare azioni avventate, scesi dalla macchina.
Avevo caricato  la mia pistola che adesso era pronta a essere usata, per la seconda volta in quella serata agitata.
Il mio modo di incedere acquattato era automatico, quando mi muovevo dentro quell’area che non conoscevo.
Stavo per raggiungere Paolo e Giulia, che intravidi un po’ distanti dalla nostra posizione, quando sentii Jared urlare:
-       Attenta!-
Si svolse tutto in pochi istanti.
Scese dalla macchina come un fulmine, si girò di scatto e puntò la pistola, mentre io mi giravo per guardarmi alle spalle.
 Partì un colpo, due…
Corsi verso Jared e vidi sul suo bel volto una smorfia di dolore, gli occhi sbarrati e fissi, la sua camicia all’altezza della spalla sinistra con una macchia cremisi, che si allargava sempre di più…
-       Noooooo!- urlai disperata, mentre correvo verso di lui.
Lui si piegò sulle ginocchia e cadde in avanti , prima che riuscissi a raggiungerlo.
Solo allora mi accorsi che davanti a lui c’era un balordo a terra, con la pistola ancora in mano.
All’improvviso, come in un flash mentale capii tutto: quel tipo aveva puntato la sua pistola verso me e Jared dallo specchietto dell’auto aveva visto tutto, era sceso e gli aveva sparato, senza pensarci due volte.
Solo che si erano sparati a vicenda…
Jared era stato colpito per salvarmi, ancora una volta.
Io ero la vittima designata da quel bastardo, ma Jared si era messo in mezzo…
Senza il suo intervento , quel farabutto mi avrebbe sparato alle spalle.
Mi chinai su Jared, dopo averlo girato molto lentamente.
-       C-Carla…- balbettò piano, mentre tossiva.
-       Shhh… - gli feci segno di non parlare per non sforzarsi.
-       V- voleva spararti…- disse lui in un soffio, ignorando la mia richiesta.
-       Ti ho… copiata: ho guardato… lo s- specchietto…- continuò tossendo ancora.
-       Sei un grande Jared… Mi hai salvato la vita, ancora!- cominciai a piangere coi singhiozzi.
-       P-perché piangi? N- non devi… Ho… freddo!- disse lui sempre più debole.
-       Jared, ti prego…resta con me. Resta con me…- lo implorai. Capii che stava perdendo i sensi, visto che perdeva tanto sangue.
Mentre parlavo con lui, mi tolsi la giacca per tamponargli la ferita, nella speranza di fermare l’emorragia.
Ma sotto di lui c’era una pozza di liquido cremisi, segno evidente che aveva perso tanto sangue.
-       Ho… freddo… Carla…- mormorò piano- m-mi hai p… promesso…-
-       Cosa Jared? Cosa ti ho promesso? Rimani con me, ti prego… - Parlavo, mentre le lacrime scorrevano copiose sulle mie guance.
Da lontano le sirene delle ambulanze riempirono l’aria, ma intorno a me era come se ci fosse il vuoto.
-       M…mi avevi…promesso…una pass…eggiata su…lla Se…nna…- dopo avere sussurrato, molto debolmente queste parole, con tanta fatica, la sua testa divenne pesante e non parlò più.
Chiuse gli occhi.
Io urlai disperata e lo continuai a chiamare, nonostante non mi rispondesse più.
Due ambulanze si fermarono vicino a noi.
Scesero i medici di corsa e mi spostarono da lui.
Io rimasi bloccata dal dolore e dal terrore.
Osservai la scena come in un film, solo che noi eravamo i protagonisti.
Li guardai mentre praticavano il massaggio cardiaco e ne dedussi che il suo cuore si era fermato.
Anche il mio perse dei battiti e voleva fermarsi con il suo.
Avrei voluto morire con lui se non ce l’avesse fatta.
Era successo tutto per salvare me, non me lo sarei mai perdonato…
 
 
 
                     *************************
 
Bene, ecco questo capitolo che immagino vi lascerà in lacrime o come la mia cara Beta Sara, che invece vuole uccidermi....
Infatti ha minacciato di farlo se non mi muovo a scrivere il seguito e a farlo finire bene...
Questo ovviamente lo sapremo al prossimo capitolo....
Fatemi sapere se vi è piaciuto, se vale la pena continuare a scriverlo.
Io vado a richieste: se mi incitate continuo volentieri....
Un grazie infinito a voi che mi seguite...

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Capitolo 10
*** Tutto è bene... ***


-      Uno-due-tre… libera! Uno-due-tre… libera!- i medici erano accovacciati su Jared per rianimarlo.
Giulia e Paolo mi raggiunsero.
Giulia mi abbracciò e mi sostenne affettuosamente: quante volte avevamo vissuto questa scena, per qualche collega ferito?
Il dolore era sempre molto grande, ma adesso era davvero insostenibile per me.
Avevo gli occhi sbarrati per il terrore che Jared non ce la facesse, mentre era esamine per terra, lottando tra la vita e le morte.
-      Li abbiamo presi tutti , Carla…- mi disse Paolo quasi in un sussurro.
Non aggiunse nulla: ogni parola in più sarebbe stata superflua.
-      Ecco il battito, dottore!- esclamò uno dei medici .
Fu come se anche io potessi respirare e l’aria mi tornasse nei polmoni.
Giulia mi abbracciò forte.
-      Ce la farà, vedrai!- disse convinta.
Io annuii semplicemente.
Molto velocemente caricarono Jared sull’ambulanza e io notai, mentre mi passava davanti sulla lettiga, il pallore del suo volto.
Salii anche io sull’ambulanza, mostrando il mio distintivo ai medici e presentandomi col mio grado.
Mi accomodai in un angolino e notai che Jared aveva la maschera dell’ossigeno che lo aiutava nella respirazione.
Sentivo il “bip” regolare che scandiva il suo battito cardiaco.
Uno di loro parlava alla radio con l’ospedale, annunciando il nostro arrivo.
-      Maschio bianco, sulla trentina…-
-      Quaranta!- lo corressi io.
-      Quaranta?- ripetette sorpreso.
Annuii per confermare.
-      Maschio bianco, sui quaranta, ferita da arma da fuoco, spalla sinistra. Arresto cardiaco di pochi minuti, presumiamo, non abbiamo la cronologia esatta. Procurato massaggio cardiaco. Ha perso molto sangue. Serve sangue 0RH positivo. Preparate la Sala Operatoria: stiamo arrivando!-
-      Come sta?- chiesi alla donna accanto a me. Ero molto preoccupata e cercavo conferme.
-      Dovrebbe farcela. Il punto è che ha perso molto sangue ed è molto debole. - rispose lei.
-      Mio Dio…- sussurrai, coprendomi il volto con le mani.
La corsa all’ospedale fu molto veloce.
Come nella scena di un telefilm, portarono via di corsa Jared in Sala Operatoria e a me non restò che aspettare in sala d’attesa.
Chissà quanto sarebbe durata questa terribile attesa...
Non pensai neanche di mettermi in comunicazione coi miei uomini.
Mi tornarono in mente le ultime parole di Paolo “Li abbiamo presi tutti”.
Anche se avevamo concluso con successo il nostro lavoro, dopo tanta fatica, era tutto marginale nella mia mente e non assaporavo pienamente il gusto della vittoria.
Tutto era offuscato dalla visione di Jared che cadeva a terra ferito.
Adesso pregavo solamente che uscisse vivo da quella Sala Operatoria, poi avrei potuto gioire per tutto il resto.
Lui aveva rischiato la sua vita per me, due volte in un solo giorno , anche se la prima volta non ne era consapevole, la seconda ne era cosciente.
E io non avrei potuto mai dimenticare il suo gesto...
Qualcuno con indosso il camice verde, di quelli che  si indossano in Sala Operatoria, entrò in Sala d’attesa e mi venne incontro: era un’infermiera.
 Mi porse un sacchetto e chiese:
-       Il Commissario Andreoli? Questi sono gli oggetti personali del paziente. Bisogna avvisare i parenti, Commissario, ci pensa lei?- io annuì pensierosa: era un compito che mi era toccato fare tante volte.
Certo che dovevo avvisare i parenti, come avevo potuto scordarmene? Ero troppo coinvolta emotivamente e non avevo pensato alla procedura di rito.
Dovevo avvisare la madre o il fratello, cui faceva sempre cenno Giulia.
Come evocata dai miei pensieri, Giulia apparve all’improvviso, dal fondo del corridoio.
Mi venne incontro e mi abbracciò forte, senza dire nulla.
Piansi sulla sua spalla per sfogarmi, alcuni minuti.
Lei rimase in silenzio, con una mano mi teneva stretta a sè, sottolineando l’affetto che aveva per me.
Eravamo come sorelle, molto più che semplici colleghe.
Mi staccai riluttante dal suo abbraccio e mi asciugai le lacrime.
Parlai con la voce incrinata per l’emozione...
-      Devo avvisare i parenti, non so se ce la faccio...- dissi con un filo di voce.
-      Per etichetta dovresti farlo tu, ma se non te la senti lo faccio io. Chiamo Shannon?- uno strano bagliore illuminò i suoi occhi, mentre parlava.
-      E chi è Shannon?- la guardai stranita.
-      Il fratello, no? Glielo dico io?- chiese insistente.
-      Ma ti pare il momento di fare la civetta? Chiamo io che è meglio...- dissi prendendo il cellulare di Jared.
Scorsi veloce la rubrica, ma non trovai nessuno con quel nome.
-      Sei sicura che si chiami Shannon, suo fratello? Non trovo nessuno con quel nome... Chiamo la madre? La devo cercare...- adesso il mio tono divenne professionale. Era mio dovere, avvisare qualche parente di Jared.
-      Aspetta.. qui c’è scritto “Bro”, vuoi vedere che lo ha classificato così, da “Brother”?- chiesi a Giulia.
-      Sicuro! Questi americani si danno nomignoli strani, chiama!- rispose Giulia, sicura.
Schiacciai il tasto di invio e attesi.
Feci mentalmente un calcolo veloce del fuso orario , dall’altra parte del mondo.
C’erano nove ore di differenza, guardai l’orologio che segnava quasi le undici di sera, dunque lì dovevano essere le due di pomeriggio.
Dunque il suo “bro” adesso doveva essere disponibile.
Il telefono suonò senza che ricevessi risposta, così riprovai.
Rispose, infine, una voce impastata dal sonno.
-      Bro, ogni tanto sai che faccio vita notturna, mi hai beccato mentre dormivo: che vuoi?- parlò in un americano molto stretto, tanto che feci fatica a capirlo. Oltretutto era assonnato e biascicava le parole .
-      Buongiorno! Sono il Commissario Andreoli della Polizia di Stato Italiana e chiamo dalla Francia.- risposi prontamente. Seguì una pausa di silenzio dall’altra parte e pensai che il tipo, visto che stava dormendo,  cercava di riprendersi per capire.
-      Chi caz… Commissario? Cos’ ha combinato Jared? Non è da lui farsi arrestare…- dal suo tono di voce capii che adesso era ben sveglio.
-      Mr. Leto, purtroppo devo informarla che suo fratello è stato ferito in un conflitto a fuoco e adesso è in Sala Operatoria. I medici per adesso non si sono pronunciati. Era mio dovere informare i parenti…- cercai di usare un tono professionale, più distaccato possibile.
Dall’altro capo del filo non sentii più nulla.
Poi con un filo di voce lui disse:
-      Come… conflitto a fuoco? Gli hanno… gli hanno sparato?
-      Si, è stato ferito.- risposi prontamente.
Ero preparata a queste scene, si ripetevano in continuazione nel mio lavoro.
La parte di avvisare i parenti delle vittime non è amata da nessuno, ma in questo momento la odiavo immensamente, a causa del mio coinvolgimento emotivo.
Gli diedi le indicazioni del posto dove eravamo, su come arrivare e lo rassicurai sul  fatto che lo avrei tenuto informato.
Lui sembrò spaventato e mi disse che avrebbe preso il primo aereo disponibile e di chiamarlo a qualsiasi ora , se avessi avuto notizie sull’esito dell’intervento.
Da come parlava lo sentii molto abbattuto : pensai subito che dovevano essere molto legati.
Mi pregò tante volte di avvisarlo su qualsiasi novità , prima di chiudere la comunicazione.
Cercai di tirarlo su, promettendogli che sicuramente lo avrei chiamato.
-      Come l’ha presa, Carla? – Giulia mi guardava apprensiva. Aveva un’espressione corrucciata, era molto preoccupata.
-      Non bene, ovvio! C’è rimasto molto male... Nella voce ho notato della commozione, dopotutto è suo fratello.- mentre parlavo, guardavo un punto fisso davanti a me. Non riuscivo a guardare neanche Giulia. Ero come svuotata...
Cominciai a parlare ad alta voce, con tono adirato, che volevo notizie e me la presi con l’organizzazione dell’ospedale.
-      In questo Ospedale di merda, non danno notizie! Vaffanculo!-
-      Stai calma, Carla...- Giulia cercò di tranquillizzarmi.
Mi accasciai, stanca, sulla sedia, col volto tra le mani.
Avevo voglia di urlare ancora, piangere e sfogarmi per la rabbia...
Odiavo quella Sala d’Attesa...
Chiusi gli occhi, appoggiai la testa al muro e ripensai a quello che era successo, solo poche ore prima.
Mi sentii colpevole per l’accaduto.
Se io avessi avvisato Jared della mia vera identità e dell’operazione pericolosa che stavo affrontando, magari non mi avrebbe seguita e ora non sarebbe stato in bilico tra la vita e la morte...
Forse a quest’ora sarei dovuta essere morta io, in realtà.
Giulia si sedette accanto a me e , come se leggesse tra i miei pensieri, disse piano:
-      Non è colpa tua, Carla. E’ stato il destino, ormai è andata così.. vedrai che ce la farà, Jared è forte e sa lottare!- mi abbracciò forte e io mi lasciai andare a un pianto liberatorio.
 
                                    ******************************
 
Dopo un paio d’ore di quella angosciante attesa, finalmente si aprì la porta della Saletta, da cui ne uscì un medico con indosso ancora il camice verde e la mascherina abbassata sul volto.
Ci venne incontro e io sperai di capire cosa dicesse, visto che ero molto emozionata e non ero molto ferrata col francese come con  l’inglese.
-      Commissario Andreoli?- mi chiese con tono cordiale.
-      Sono io, dottore!- mi alzai e gli andai incontro.
-      Il paziente ha risposto bene all’intervento. Abbiamo estratto il proiettile, che non ha leso organi vitali, in quanto si trovava nella spalla, però era in profondità ed aveva già perso molto sangue. Adesso i parametri vitali si sono stabilizzati, anche se è molto debole. E’ in coma farmacologico per permettere la ripresa spontanea. Attendiamo 24 ore tenendolo sotto stretta osservazione. Ha avvisato i parenti?- mi chiese infine.
Per fortuna capii tutto. Ed ero anche più tranquilla dopo le sue parole. Mi sentii più sollevata rispetto a  prima, anche se Jared non era ancora stato dichiarato “fuori pericolo di vita”.
Ormai conoscevo i medici e le loro prudenze prima di pronunciarsi del tutto, sulle reali condizioni dei pazienti.
-      Ho avvisato il fratello. Ma da Los Angeles ci sono parecchie ore di volo. Quindi penso sarà qui entro domani. Dottore...- lo fermai prima che andasse via.
-      Non è in pericolo di vita, vero?- chiesi timorosa.
-      Non è in pericolo di vita, no...- mi confermò con un accenno di sorriso, come per rassicurarmi.
-      Per adesso non può ricevere visite. Vada pure a riposare, venga domani, è inutile che stia qui. Stanotte sarà monitorato...- aggiunse con tono quasi paterno. Forse aveva capito il mio coinvolgimento emotivo , dunque ero come un libro aperto...
Io e Giulia ci guardammo  sollevate.
-      Carla, il dottore ha ragione: andiamo a riposare, torniamo domani.- mi cinse la vita col suo braccio e cercò di spingermi fuori dalla Saletta.
-      Devo avvisare il fratello! Gli avevo promesso che lo avrei tenuto informato…- all’improvviso mi ricordai dell’impegno che mi ero assunta con Shannon.
-      Hai ragione Carla, devi chiamarlo. E domani ci voglio essere assolutamente , quando arriva: non l’ho mai visto da vicino!- disse lei, tutta eccitata.
-      Ma come fai a parlare così in un momento come questo…- le tirai uno scappellotto bonario sulla nuca, per riprenderla. Lei rise; adesso la tensione accumulata si stava sciogliendo.
-      Che c’è?- chiese con viso angelico.
-      Ma ti senti? Quando parli di questo Shannon fai la… smorfiosa!- la rimbeccai. Ero leggermente più rilassata e quindi mi andava pure di prenderla in giro.
-      Ah, io sarei smorfiosa? Ti sei vista quando stai con Jared? Hai gli occhi a cuoricino…- così dicendo, cercava di imitarmi per scimmiottarmi. In realtà mi prendeva in giro e ridemmo entrambe.
-      Voglio proprio vederlo , questo Shannon. Anzi ora lo chiamo e cerco di tranquillizzarlo che prima l’ho fatto deprimere…- dissi, mentre trafficai col cellulare di Jared, per cercare il numero del fratello.
Quando rispose , il suo tono era molto ansioso, ma io cercai di tranquillizzarlo, riferendogli ciò che mi aveva detto il medico. La sua voce si distese, mi ringraziò e mi raccontò che era in aeroporto e che sarebbe arrivato l’indomani dopo pranzo.
 
Mentre tornavamo in albergo, presi di mira Giulia.
-      Così domani vedremo questo famoso Shannon che ti fa impazzire tanto!- affermai con enfasi.
-      Oh, devi vedere come suona la batteria! Pensa che lo chiamano tutti “Shanimal”- aggiunse orgogliosa.
-      Ma tu li hai mai visti suonare dal vivo? Io no…- le chiesi.
La sua risposta mi sembrò scontata, avevo capito che lei li conosceva bene.
Mentre io Jared lo avevo visto solo in qualche film.
Avrei dovuto ovviare a questa mancanza, quanto prima.
-      Certo che li ho visti! Sono andata pure al loro concerto a Roma, nel giugno scorso!- rispose infatti.
Lo immaginavo che lei sul piano musicale era molto informata.
 
Arrivati in albergo, Paolo mi ragguagliò sui particolari dell’operazione che si era conclusa con successo.
Mi raccontò con dovizia di particolari come la nostra squadra assieme ai colleghi  francesi erano riusciti ad arrestare la banda al completo, dentro il Capannone, proprio mentre si svolgevano le vendite segrete delle partite di droga.
Nella Sala di Moda, dove si svolgeva la sfilata, infatti, non era rimasto nessuno di loro, poichè si erano trasferiti tutti dentro questi Capannoni , per depistare la Polizia.
Mi raccontò anche che la tv francese avevano fatto delle riprese della parte finale dell’operazione, da noi poi denominata “Fashion drug”, per le attinenze con la settimana della Moda Parigina.
Avevano parlato anche di Jared che era stato ferito durante le azioni per arrestare i malviventi.
In Francia lui era amato, anche perché i francesi sapevano del suo amore per quella regione e in particolar modo per Parigi.
Il delinquente, ferito da Jared quella sera, era in Ospedale anche lui.
Dopo avermi illustrato per benino, tutto il resoconto finale dell’Operazione, Paolo si congedò.
Erano le tre di notte e io stavo in piedi a fatica: la stanchezza stava facendosi largo nel mio corpo.
Infatti corsi in camera mia e dopo una doccia rigenerante e rilassante, mi buttai nel letto e crollai in un sonno profondo.
 
La mattina la sveglia suonò come sempre alle sette: avevo dormito pochissimo, ma volevo essere presto in Ospedale per avere notizie di Jared.
La mia squadra , invece , si sarebbe occupata dello smantellamento di tutto quello che ci era servito durante le indagini: microfoni, telecamere e microspie.
Una volta assicurati i malviventi alla giustizia, sarebbero tornati tutti a casa.
Il punto oscuro burocratico sarebbe stata l’estradizione; tutti quei criminali, infatti , erano di nazionalità diversa e in luogo neutrale per loro. La mia speranza era che sarebbero rimasti dentro una cella per un bel po’, non mi interessava dove, visto che avevamo faticato per prenderli e rischiato le nostre vite.
Anche io e Jared avevamo rischiato, ma a lui era andata peggio...
Confidavo nella Giustizia, ci credevo e speravo che la burocrazia e i cavilli giuridici non intralciassero il nostro lavoro.
 
Giulia mi accompagnò in Ospedale, mentre Paolo rimase a catalogare tutte le nostre attrezzature, controllandole una per una e archiviandole: un lavoro monotono e noioso che lui non gradiva, ma che qualcuno doveva pur fare.
Era tutta roba tecnologica e costosa e lo Stato pretendeva , giustamente , che non restasse dispersa, visto che aveva un alto costo finanziario.
E visto che i finanziamenti erano dati alle Forze dell’Ordine con il contagocce, facevamo attenzione alla loro conservazione.
 
Appena giunta in Ospedale, cercai di informarmi subito delle condizioni di Jared: mi fu detto che la notte l’aveva passata serenamente e mi tranquillizzai.
Era ancora in coma farmacologico e le visite non erano ancora consentite.
Così Giulia mi trascinò a bere un caffè.
In quel momento di pausa, ne approfittò per farmi una domanda, alla quale neanche io ero stata capace di darmi una risposta e che mi ero già posta: cosa provavo per Jared.
Risposi con un sospiro: non sapevo proprio che dire…
Lei sorseggiava tranquilla il suo caffè e attendeva una mia risposta, senza forzature.
Alzai gli occhi al cielo e sentii le lacrime pungermi...
Dopo una breve pausa cercai una risposta, più per me stessa che per Giulia...
-      Non so neanche io cosa provo per lui... Gli voglio bene, ma tra noi non potrebbe mai funzionare. Non possiamo neanche frequentarci; io a Roma e quando capitano certe Operazioni come quella di adesso , sto sempre in giro, lui a Los Angeles e in giro per il mondo per concerti. Quando potremmo vederci? Ah... potrebbe diventare un pericoloso criminale internazionale, così io andrei ad arrestarlo per poterlo rivedere!- il mio sfogo tracimò  su Giulia come un torrente in piena, la quale , comprensiva , non disse nulla.
Anche se, dopo un po’, non resistette e ironizzò, come al suo solito.
-      Oh , ma come siamo romantici! Sai come la penso io al riguardo? Che la vita bisogna viverla così, per come viene, giorno dopo giorno. Senza porsi troppe domande sul futuro o su come sarà il domani. La vita è breve e il più delle volte bisogna cogliere l’attimo! Ti dice niente il detto latino “Carpe diem”? Anche Jared usa un termine latino come loro motto, “Provehito in altum”, che vuol dire “Puntare verso l’alto”. Rifletti Carla...- concluse il suo discorso e si alzò per andare via.
La guardai stranita.
-      Da quando sei latinista e filosofa? Che discorsi profondi... – ammisi triste.
La ammiravo quando mi parlava così e l’ammiravo anche perché senza di lei il mio lavoro sarebbe stato piatto e monotono.
Senza lei e Paolo le giornate non sarebbero state le stesse, perché oltre che colleghi eravamo anche molto amici e ci sorreggevamo a vicenda, anche in momenti personali, che eludevano da quelli di lavoro.
-      Non vedo l’ora che arrivi Shannon!- disse , guardando impaziente l’orologio e cambiando argomento all’improvviso.
-      Dovrebbe arrivare verso le due, per quello che ho capito. Certo, da Los Angeles è un viaggio molto lungo!- cercai di partecipare alla sua impazienza. Cominciò a prendermi la curiosità di conoscere questo Shannon: ormai Giulia mi aveva incuriosita.
E maggiormente, non vedevo l’ora di vedere Jared, di accarezzarlo e coccolarlo un po’.
Mi mancava...
Per colpa mia si era beccato un proiettile e rischiato la vita.
Mai e poi mai avrei potuto dimenticare il suo gesto, per il quale non aveva esitato ad esporsi al pericolo.
Tutta la mattina sperammo che Jared si svegliasse e che ci permettessero di entrare nella sua stanza.
Invece non accadde nulla di tutto ciò.
Cercai di mandare via Giulia, affinchè riposasse un po’, visto che eravamo rimaste in piedi fino a notte fonda.
Ovviamente lei non fu d’accordo.
-      Sei matta Carla? Io devo incontrare un certo batterista... sto qui anche se mi mandi via a calci!- disse ridendo.
In realtà ero contenta che rimanesse e mi facesse compagnia, in due il tempo passava meglio!
Verso mezzogiorno andammo al bar per prendere un tramezzino, più per non annoiarci, che per fame, visto che il mio stomaco era chiuso.
Verso le quindici notai un uomo che si avvicinava verso di noi, nella Sala d’attesa.
Giulia, non appena se ne accorse, notandolo da lontano, si alzò in piedi, sistemandosi i capelli.
-      E’ Shannon, Carla! Come sto?- chiese emozionata.
-      Sei una stupida! Sembri una quindicenne con gli ormoni sballati!- l’apostrofai , prendendola in giro.
Lei rise molto allegramente.
Shannon si avvicinò verso di lei e le porse la mano.
Giulia restò di sasso, anche se cercò un autocontrollo forzato, forse facendo leva sulla sua professionalità.
-      Commissario? Sono Shannon, il fratello di Jared.- si presentò lui.
Notai che non aveva molta somiglianza con Jared, anche se dovevo ammettere che Giulia aveva ragione: il tipo aveva fascino.
Lei ricambiò la sua stretta restando in silenzio.
Stava facendo una figuraccia e lui a un certo punto la guardò divertito, sforzandosi di non ridere.
Cominciai a pensare che questo Shannon fosse un po’ stronzo...
Aveva capito che lei era emozionata e ridacchiava!
Mi alzai per andare a salvarla e toglierla dall’imbarazzo.
In realtà notai che anche lui la guardava  rapito, continuando a stringerle la mano: non la mollava più!
Restarono  imbambolati tutt’e due...
-      Sono io il Commissario Andreoli, signor Leto!- dissi , porgendogli la mano
-      Oh… Commissario, piacere di conoscerla… - disse infine lui un po’ imbarazzato, staccandosi da Giulia e porgendomi la mano.
Notai che la sua stretta era calorosa e forte.
Infine Giulia si fece avanti e aprì la bocca, ridestandosi dal suo attimo di imbarazzo.
-      Sono il Sovraintendente Giulia…-
Shannon la guardò ricambiandole il sorriso.
C’era patos tra quei due, a caldo fu questa la mia impressione.
Sono convinta che se fossi stata accanto a Giulia, mi avrebbe stritolato la mano, come fanno le ragazze giovani tra di loro.
La conoscevo molto bene e so che lo avrebbe fatto: questo Shannon le piaceva troppo e si notava anche tanto!
Infatti ero fermamente convinta che lo avesse capito pure lui…
-      Notizie di Jared?- chiese lui , facendosi serio all’improvviso.
Mentre lui ci poneva la domanda, si avvicinò un medico, ma non era lo stesso del giorno prima.
Infatti vedendo noi tre chiese chi fosse il Commissario Andreoli; evidentemente voleva darci delle comunicazioni.
Io prontamente mi presentai, visto che Shannon fece intendere di non comprendere il francese.
-      Dottore io sono il Commissario Andreoli, il Sovraintendente Bonanno e il fratello del paziente, Shannon Leto. Parli pure con me che traduco.- dissi al dottore.
-      Bene… La situazione del paziente è abbastanza buona, ha superato bene la notte. Si è svegliato spontaneamente dal coma farmacologico e i suoi parametri si sono stabilizzati. Lo teniamo ancora per ventiquattr’ore sotto osservazione in questo reparto, poi potremo trasferirlo in chirurgia. Tra poco potrà ricevere visite, ma due alla volta, non di più. Cercate di non sforzarlo per farlo parlare , perché è ancora molto debole. La saluto Commissario!- disse infine , in maniera molto sbrigativa , prima di fuggire via.
Questi dottori erano sempre di corsa; non ebbi modo neanche di rispondergli o chiedere altre informazioni…
Forse era quello il loro scopo: non stare a sentire chi faceva loro tante domande. In fondo il loro compito era quello di salvare vite, non chiacchierare coi parenti!
Per fare contenta Giulia, che la vedevo pendere dalle labbra dell’altro Leto, le consentì di tradurgli cosa aveva detto il dottore. Sempre che avesse capito qualcosa, visto che sembrava avere la testa sulle nuvole!
-      Te la senti di tradurre il discorso del dottore? Mi sembri un po’... come dire, agitata!- le chiesi con tono faceto.
Lei fece l’offesa e rispose che aveva capito benissimo.
A me si rivolse con tono risentito , mentre a Shannon con un largo sorriso e sguardo languido, traducendogli lo stato di Jared.
Shannon era impaziente di sentire come stesse il fratello e infine sembrò sollevato dalla bella notizia.
-      Grazie Carla di avermi permesso di tradurre!- mi disse felice come una bambina.
-      Prego quindicenne cotta!- aggiunsi, prendendola in giro.
Lei mi lanciò un’occhiata in tralice, mentre Shannon ci guardava smarrito, perché non capiva quello che dicevamo tra noi.
La stanchezza e la tensione di quelle ultime ore la scaricai attraverso i battibecchi con Giulia: mi aiutarono a rilassarmi.
Giulia cercò di parlare ancora con Shannon per non farlo sentire isolato da noi due. Mentre lei gli parlava lo osservai:
sembrava tanto diverso da Jared, cominciando dagli occhi che erano di un colore indefinito. Prima con la luce sembravano verdi con pagliuzze dorate, mentre adesso che stava in penombra avevano assunto una tonalità che andava sul marroncino. Era molto carino, anche se più basso di Jared, osservai bene i suoi lineamenti mentre dialogava con Giulia. Le avventure amorose a questi due non dovevano marcargli di sicuro, pensai tristemente.
I musicisti attiravano sempre le ragazze, era stato così dalla notte dei tempi!
Le  mie elucubrazioni mentali vagavano lontano e mi allontanavano dalla realtà.
Mi sentii chiamare e ritornai di botto alla realtà, distraendomi, momentaneamente, da quei pensieri frustranti.
Quando mi fu comunicato che potevamo entrare dissi a Shannon di entrare per primo, ma lui galantemente si fece da parte permettendomi di entrare.
Lo ringraziai e passai per la porta che immetteva nel reparto speciale.
Sembrava così rude dai modi che aveva mostrato prima e invece era stato capace di galanteria.
A volte le prime impressioni sulle persone non sono mai quelle giuste, pensai...
Appena entrata in quel reparto l’aspetto e l’odore asettico tipico degli ospedali, mi colpì.
Jared aveva le cannule dell’ossigeno nel naso , evidentemente per aiutarlo a respirare ed era collegato ad una macchina che gli monitorava i parametri vitali.
Il “bip” ritmico e cadenzato sottolineava il battito cardiaco; il suo volto era pallido e sofferente, ma sempre bellissimo.
I suoi occhi si aprirono lentamente, mise a fuoco e cominciò a mormorare piano il mio nome.
-      Shhhh... – gli feci segno di non sforzarsi per parlare , accarezzandolo piano tra i capelli.
I miei occhi si riempirono di lacrime nel vederlo pallido su quel letto.
Notò Shannon ai piedi del letto, che nel vederci così intimi, rimase in silenzio.
Sicuramente aveva capito che tra noi c’era qualcosa …
-      Shan, cosa fai qui?- disse in un soffio.
-      Cazzo, Jay, cosa ci fai qui tu, piuttosto?! Ti sapevo alle sfilate e ti ritrovo bucato dai proiettili Volevi forse girare un film poliziesco?- sembrò adirarsi all’improvviso.
Forse era il loro modo di comunicare tra loro…
-      Shan, la mamma lo sa?- chiese Jared preoccupato.
-      Non le ho detto nulla per non farla spaventare. Spero non lo venga a sapere da qualche giornale o che qualcuno glielo dica!-
All’improvviso, durante la loro discussione, mi sentii di troppo, così decisi di lasciarli da soli per un po’, anche per non sforzare Jared a parlare.
-      Jared io devo andare adesso… - dissi semplicemente.
-      No… ti prego… rimani un po’- chiese con voce flebile.
-      Torno… Vi lascio da soli per un po’, così parlate. Sistemo alcune cose e torno. – lo tranquillizzai.
-      Devi spiegarmi tante cose Carla… anche se adesso ho capito, sai?- mentre parlava, notai un bagliore sui suoi occhi.
Quegli occhi così blu in cui io mi vedevo sprofondare…
Forse era meglio se andavo via per un po’, avrei sicuramente pianto se restavo ancora e non volevo mostrare le mie debolezze.
Così, risolutiva, li salutai, con la promessa che sarei tornata presto.
Giulia mi venne incontro e chiese subito notizie di Jared.
Mi scese una lacrima che prontamente asciugai, cacciando indietro le lacrime, che altrimenti sarebbero scese copiose.
Trattenersi dal piangere era peggio, ma io lì ero in veste di Commissario e non di fidanzata.
O amica?
Non sapevo cosa fossi per lui, in realtà…
-      Non me la sentivo di restare tra loro , mentre si parlavano…
Inoltre vedere Jared così bianco e sofferente, mi ha fatto male!-  ammisi. La mia voce si incrinò nel pensare alle condizioni di Jared.
Giulia mi abbracciò forte.
-      L’importante che se l’è cavata, Carla! Non conta altro , per il momento. Andiamo a bere qualcosa, vieni…- mi tirò per un braccio e mi trascinò via da quella Saletta.
-      Solo il tempo di lasciarli un po’ da soli per permettergli di parlarsi, ok? Poi ritorniamo subito!- risposi determinata. Non volevo stare lontana da Jared in questo momento, proprio ora che si era risvegliato.
Lo squillo del mio cellulare mi fece sobbalzare: ero proprio tesa, saltavo in aria per nulla!
Era il Questore, il che voleva dire “rogne”, nel nostro lessico…
Si, certo signor Questore…Ovvio! Farò un rapporto dettagliato e minuzioso. Ai suoi ordini! A presto…- non mi restava molto da dire col Questore purtroppo.
-      Ho capito: guai, vero?- chiese Giulia , non appena chiusi la comunicazione.
-      Già… Proprio così! Grossi guai, quando un superiore chiama, sono sempre dei guai enormi! Vuole un rapporto dettagliato immediatamente… lo vuole entro domani! Insomma, io, te e Paolo passeremo la notte a scrivere il nostro bel rapportino, invece di dormire!- dissi arrabbiatissima.
Avrei preferito passare quel poco tempo che sarei rimasta a Parigi con Jared e invece dovevo passarlo a scrivere uno stupido rapporto! Come se dopo non c’era tempo per scriverlo…
Il mio lavoro mi impediva, ancora una volta, di vivere la mia vita come volevo.
-      Ti avrà presa per la solita stakanovista! Carla sapevi che lo dovevamo fare al più presto. C’è in ballo troppa roba! Paolo è veloce nella battitura al computer. Scriviamo insieme il dannato rapporto e domani mattina lo inviamo , così il Questore non rompe l’animaccia delli mortacc…- la interruppi con un’occhiataccia e poi scoppiammo a ridere. Mi incoraggiò e mi prese sottobraccio, dirigendomi fuori.
Ancora una volta il buonumore di Giulia mi risollevò.
Sarei tornata dopo da Jared, non pensando al rapporto da scrivere, ma solo a stare un po’ con lui, non pensando ad altro.
 
 
                             **************************
 
Nota della pseudo-autrice
Vi chiedo perdono per avervi lasciato in sospeso per due mesi (sempre che a qualcuno possa interessare!)
Va bene, eravate in tanti a seguire questa storia e per farmi perdonare ho scritto un capitolo abbastanza lungo e più leggero che spero vi sia piaciuto.
Purtroppo la mia Beta Sara è in vacanza e allora perdonate gli errori grammaticali e strafalcioni vari, dovute a svista  e distrazioni!
Il prossimo capitolo lo pubblicherò a breve, promesso!
Spero mi farete sapere se vi è piaciuto o  meno questo capitolo in cui fa il suo ingresso Shannon.
Nascerà una nuova storia con la bella Giulia?
Jared continuerà a vedersi con Carla?
Questo e altro alla prossima.
Un grazie di cuore a chi recensisce e a chi passa in silenzio, anche se mi piacerebbe leggere i loro pareri.
 
 
 
 
 
 

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