Ero un ragazzo strano.

di Haeresis_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Monotonia. ***
Capitolo 2: *** Tutto così lontano. ***
Capitolo 3: *** Felicità(?) ***
Capitolo 4: *** Cambiamenti. ***
Capitolo 5: *** Prime cotte. ***
Capitolo 6: *** Irraggiungibile. ***
Capitolo 7: *** Occhi annebbiati. ***
Capitolo 8: *** Mente sgombra. ***
Capitolo 9: *** Sentimenti. ***
Capitolo 10: *** Capelli rossi. ***
Capitolo 11: *** Sorrisi. ***
Capitolo 12: *** Misantropia. ***
Capitolo 14: *** Una cosa. ***
Capitolo 15: *** Buone notizie. ***
Capitolo 16: *** Eh, Rosso? ***
Capitolo 17: *** Ciao, Fabio. ***
Capitolo 18: *** Troppo profumo. ***
Capitolo 19: *** Il modo giusto per farsi ignorare. ***
Capitolo 20: *** Era solo un abbraccio. ***
Capitolo 21: *** La campanella. ***
Capitolo 22: *** Yogurt e Cioccolato. ***
Capitolo 23: *** Come se non fosse successo niente. ***
Capitolo 24: *** Buonanotte. ***



Capitolo 1
*** Monotonia. ***


Capitolo 1.
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-Monotonia.-
...Mia alzai lentamente dal letto, aprii il computer e guardai facebook. Risposi acidamente a mia madre che predicava e pensai -È quasi finita. Sta per cominciare la scuola. È quasi finita.-
Era il mio primo anno al liceo, ma ero molto positivo sulla scuola.
Qualcosa deve pure andare bene in questa schifosa vita, no? Andai in cucina, mangiucchiai qualcosa e pensai che un'altra cosa che andava bene era il mio corpo. Ero piattissimo, e non che mangiassi poco. I miei parenti solevano dire, in uno sprint di umorismo squallido, che vivevo di nutella e sputo.
Praticamente mi adoravo. Alto, capelli rossi, piatto come una scatola di cereali. Non era molto bello da dire, ma poteva andare.
Andai in bagno e mi lavai il viso. Quella tanto profetizzata nutella mi stava riempiendo di brufoli. Dissi a mia madre che non avrei pranzato, mi vestii e scesi giù in strada.
Forse era un po' troppo assolato per la mia carnagione chiarissima, ma al momento stavo pensando a quanto ero pessimo con i pantaloni lunghi in pieno agosto. Non avevo nulla da fare, "giù in strada" ma comunque iniziai a camminare nel solito paesino afoso e deserto.
Non volevo pensare, mi limitavo ad osservare quel limitato universo e mi impegnavo per farlo sembrare qualcosa di nuovo. Volevo arrivare al parco. Non abitavo molto lontano, ma il sole cocente dilatava il tempo e lo spazio.
Finalmente vidi i pini ombrosi che circondavano il parco. Misi piede sull cemento arancione e arroventato e mi sedetti sulla prima panchina all'ombra. Io e il sole non siamo mai stati buoni amici.
Questa vita, questa adolescenza, questo paese, non facevano altro che farmi capire quanto immensamente fossi solo.
Chiusi gli occhi e assaporai il rumore del mio paese. Non potevo uscirne.

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Capitolo 2
*** Tutto così lontano. ***


Capitolo 2.

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-Tutto così lontano.-

Che poi, come posso uscire da quello che è il mio mondo, quando non sono riuscito a raggiungere uno solo dei miei obiettivi?

È tutto così lontano. Sono lontano dalle persona, dal mondo, da me stesso.

Sono un corpo vuoto senza anima. Eseguo. Faccio ciò che devo fare. Nient'altro.

Niente sentimenti. O almeno, nessuno con cui provare sentimenti. Sempre le solite cose, niente e nessuno di nuovo. Mi sollevai a malincuore dalla panchina e andai

alla fontana. La solita acqua calda che ti schizza sui vestiti. Bah, e che bevo a fare? Mi diressi verso casa.

Non avevo niente da fare per tutta la giornata, era una squallida, calda domenica. Salii un attimo sopra a prendere un libro. Visto che i miei non volevano che stessi al

computer, tanto valeva fare qualcosa per ammazzare il tempo. Avevo la fortuna di avere un grande giardino dietro casa, con alcuni tronchi mozzati ad inframmezzare

l'erba incolta. Mi sedetti su quello che mi sembrava più stabile e alto ed iniziai a leggere. Nei libri trovavo l'uscita da quest'Otherworld.

La mia immaginazione, fottuta da anni di televisione, risorgeva. E poi non avevo nent'altro da fare, meglio così.

L'unica cosa che speravo, con tutto il cuore, era che quei 21 giorni che mi separavano dalla scuola passassero presto. Avrei conosciuto persone nuove, finalmente!

E poi, se fosse andato tutto a puttane, tanto meglio. Un altro motivo per mettere fine a questa mia noiosa esistenza.



Scusa se i miei capitoli sono corti, ma sono negato!
Ed è tutto separato perchè non mi piaceva l'ammucchiata!

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Capitolo 3
*** Felicità(?) ***


Capitolo 3.
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-Felicità(?)-
Eccomi, fermo in piazza dopo una notte insonne ad aspettare il mio primo pullman. Nuvole plumbee si stagnavano minacciose al di sopra dello sguardo della piccola folla che si era radunata. Eravamo tutti in religioso silenzio, tra sospiri e sbadigli. Il pullman finalmente girò l'angolo e ci ritrovammo a fissare tutti il cielo, che aveva iniziato a stillare piccole gocce stantie. Niente spintoni, oggi. In fondo, eravamo tutti in lutto.
Riuscii a sedermi, e guardai dal finestrino le case ingrigite dal tempo che mi correvano davanti.
Scesi dal pullman e pioveva a dirotto. Mi infilai il cappuccio sottile e andai verso il sottopassaggio. Oggi niente mi avrebbe potuto distogliere dalla mia innata e persistente depressione. Neanche la scuola fatiscente che mi si poneva davanti. Imboccai il vicolo ed entrai dalla porta laterale. Siccome ero molto restio a chiedere indicazioni, faticai un po' a trovare la mia classe.
Un buco. Per fortuna un buco di persone più o meno conosciute.
Afferrai un banco e lo trascinai verso una mia compagna. «Non mi aspettavo un ingresso così scenico» dissi.
«Be', se essere in ritardo è scenico, sei una superstar!». Fottiti. Nessuno dei miei amici arrivava a capirmi. Non scherzavo perchè sono un buffone. C'è sempre un significato dietro quello che dico. E per essere mio amico, devi capirlo. Se la mettiamo così, non avevo amici. Avevo compagni. Ma l'unica persona che poteva capirmi ero io. Utile, capirsi da solo, se la fonte dei tuoi problemi sei tu stesso. Bene. 5 ore passate a dormire con gli occhi aperti.
Pullman, casa. Altre 8 ore di noia e poi letto. Nel letto riflettei. Questi 5 anni saranno così. Chiusi gli occhi. E sognai. Per la prima volta dopo anni. Ero in una stanza bianca e vuota. Mi sentivo la testa leggera, e cominciai a guardarmi intorno. Esaminai quell'ambiente angusto e trovai un piccolo foro sul pavimento.
Qualcosa mi suggeriva di non farlo, ma io guardai. E nel buco vidi quello che non avevo. Amici, amore, felicità. Non saprei spiegare cosa vidi, in realtà.
Ma lo sentii. E a fatica mi rialzai.
Soffrii per un attimo e iniziai a battere i pugni sulle pareti, con un solo desiderio.

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Capitolo 4
*** Cambiamenti. ***


Capitolo 4.
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-Cambiamenti.-
-Amami. Amami e io ti amerò. Te lo giuro!- Aprii gli occhi. La mia camera era invasa dalla penobra, e dalla finestra vedevo i primi lucchicii dell'alba. Era ora si alzarmi. Per oggi avevo deciso di lasciare da parte la mia solita tristezza per cercare di farmi degli amici.
Difficile, ma possibile. Un paio di pantaloni, una maglia è un po' di profumo. E partii per arrivare alla fermata. Aria di pioggia. Senza nuvole però.
In fondo, era una buona giornata.
Presi il pullman e aspettai immerso nei miei pensieri che arrivassimo a destinazione. Entrai a scuola e mi sedetti. Puntuale, stavolta. La mia professoressa ebbe la buona idea di iniziare subito a spiegare. Essendo una nuova scuola, mi aspettavo una settimana buona di nullafacenza.
E invece no! Dovevo già studiare. Esaminai i miei compagni e mi diressi verso una mia amica che parlava con uno che non conoscevo. -Ciao!-
E la mia amica mi tolse il disturbo di presentarci. Missione compiuta! Mi bastava Filippo, per oggi. Per tutta la lezione non feci altro che bisbigliare cavolate alla mia amica. In fondo, cercavo solo di tornare la persona che ero qualche anno fa. Così futile, senza pensieri... Ora il mondo mi appariva grigio e non bastavano gli amici per colorarlo. Bastavano coraggio e un po' di iniziativa. E probabilmente, erano le uniche cose che mi mancavano. Insieme alla fortuna e alla felicità. Aspetta e spera, aspetta e spera, mi dicevo. Ma non dovevo aspettare. dovevo agire.

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Capitolo 5
*** Prime cotte. ***


Capitolo 5.
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-Prime cotte.-
Eccomi, di nuovo, cambiato. Stavo fissando un ragazzo. Era la prima volta che lo vedevo, e non potevo staccargli gli occhi di dosso. Lui era col suo gruppo di amici, non faceva altro che sorridere e spostarsi con una mano la frangia quasi bionda. E a tratti guardava nella mia direzione, distogliendo subito lo sguardo. Tutti lo facevano. Mi fissavano. In fondo, ero quello che si può definire, un anticonformista. Avevo i capelli rossi, e questo bastava per farmi sembrare tale. In realtà ero solo un ragazzo maturato più velocemente degli altri. E questo complicava le cose. Perchè se da un lato mi sentivo grande, dall'altro ero solo un bambino timido e immaturo. E non potevo fare altro che guardare. Non avevo mai il coraggio di agire. Ho sempre pensato che gli altri dovessero fare il primo passo, e quelli che mi piacevano, pensavo, facevano lo stesso ragionamento. Faceva tutto parte dell'insieme di congetture che mi ero fatto per evitare di fare figuracce.
Per un ragazzo gay è tutto più difficile, a scuola. Se vuoi un ragazzo, non puoi andare da lui e dirlgielo, come minimo ti ritiri con una manata in faccia e il sangue che ti esce da tutti i buchi. E un ragazzo era la prima, e forse l'unica, cosa che volevo. In particolare, volevo che mi dicessero che i miei occhi erano bellissimi alla luce del sole. Bè, lo erano. Ma sentirselo dire da qualcun altro è tutta n'altra storia.
E poi volevo dimostrare al mondo che non ero il ragazzo simpatico o quello depresso che vedevano alternarsi per la settimana. Volevo che sapessero che ero un tipo estremamente romantico. Volevo, volevo, ma non avevo il coraggio di farlo. Ma era una cosa fa fare, o la va o la spacca.
Ma il secondo giorno di scuola era una cosa davvero molto rischiosa. Con 4 parole ti giocavi tutto il biennio. E anche oltre se va male. Sognavo sempre di dichiararmi gay, una cosa teatrale dove nessuno si mette a ridere o se ne va' disgustato. Ma il mondo non è così, purtroppo. E un ragazzo di 14 anni non può cambiarlo. Ma potrebbe cambiare la sua vita, se solo potesse? Si, ma non può. Quindi sticazzi. Dovevo accontentarmi per ora.
Non era la mia prima cotta, ma questa era quella che si poteva collocare più vicina all'amore vero e proprio. Anche se tanto valeva rischiare...non avevo nulla da perdere, in fondo. -Oggi è il grande giorno,- pensai. E così entrai il classe, mi sedetti e aspettai la ricreazione. Avevo scambiato qualche parola con tutti, più o meno, ed era il giorno giusto per giudicare quelli che sarebbero stati con me per i prossimi cinque anni.
Per cui andai vicino ad un gruppetto e mi inserii nella conversazione. Quel gruppo di oche stava dando una valutazione ad ogni persona della classe. Era perfetto. -Bè, a me piacciono i maschi.- Ahah, ero riuscito a dirlo, finalmente! E la risposta che ottenei, fu quanto di più simile ad una starnazzata. -Cioè, pure io conosco una persona come te!- e un'altra -Cèè ho un amico gay!!- Ma amico di cosa? Dall'inizio della scuola ci eravamo scambiati si e no quattro parole.
Ma il primo passo era compiuto, e il resto della missione mi sembrò incredibilmente più vicina e straordinariamente più facile. L'unica cosa da ripetersi era
-You are born this way, baby.-

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Capitolo 6
*** Irraggiungibile. ***


Capitolo 6.
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-Irraggiungibile.-
Quella sera nel letto mi arrovellai la mente su come fare a scoprire il nome del ragazzo. E ad un tratto, la soluzione mi balenò davanti agli occhi. Mio cugino frequentava la nostra scuola. Magari anche la stessa classe...Ma anche questo, non mi era d'aiuto. Una cosa tipo "ehi cugino, come si chiama quel ragazzo bello biondo di ieri?" Avrebbe sicuramente destato dei sospetti. La famiglia era metaforicamente l'ultima casella del Monopoli. Ovvero quella dove dopo c'è il via. Quindi dovevo cercare un altro modo per districarmi da quel casino adolescenziale. Girai impaziente per la stanza con la strana impressione che la conclusione del problema dondolasse sopra la mia testa. Cercai su facebook, tra gli amici di mio cugino, e non trovai nulla di utile. Decisi di rassegnarmi e andare a dormire.
Mi svegliai più presto del solito. Oggi avevo un impegno importante, più o meno.
Arrivai in città con il pullman e trovai una mia amica.
-Jè puoi aiutarmi a trovare un ragazzo?
-In che senso?
-Mi serve il nome.
-Dai andiamolo a trovà.
E così ci avviammo per una lunga camminata in mezzo alle strade più importanti di Teramo. E alla fine, quando ormai era già tardi per continuare a cercare, lo trovai davanti alla scuola ad aspettarmi. Cioè, stava lì fermo ad aspettare che aprissero le porte. Di tanto in tanto cacciava il telefono, dava un'occhiata veloce o lo ricacciava in tasca. Restai un attimo a fissarlo, poi dissi.
-Jè ma non ci vai a scuola?
-Credo di no.
-Io devo entrà però.
-No aspè ma chi è quello che cerchi?
-Quello mezzo biondo.
-Mo chiedo a qualcuno.
-Ok, fammi entrà.
E così quella giornata rese sfocato l'orizzonte. E non facevo che pensare che l'irraggiungibile era così vicino, ma restava inesorabilmente irraggiungibile.

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Capitolo 7
*** Occhi annebbiati. ***


Capitolo 7.
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-Occhi annebbiati.-
E così inizio una nuova giornata. Aprii gli occhi di colpo, come se mi fossi risvegliato da un brutto sogno. Ma in realtà avevo fretta.
Avevo l'incessante sensazione che qualcosa mi stesse aspettando, e, alla fermata del pullman, mi resi conto che qualcosa mi aspettava veramente. Jessica mi stava trottando incontro col suo solito fare risoluto e io ero sempre più perplesso. Jessica non trotta mica sempre.
E raggiuntami, mi disse:
-Ti serve ancora quello li? So a chi possiamo chiedere.- Anche io lo sapevo. L'avevo sempre saputo. Ma a questo punto, potevo rifiutare?
Sarei riuscito a mettere da parte l'orgoglio? Si. Questa volta si, dovevo. E perciò mi toccava parlare con quella che era stata la mia migliore amica, e da un giorno all'altro, aveva iniziato a puttaneggiare e a darla a cani e porci. E quindi adesso io la odiavo.
Ma questa era la mia unica possibilità di riuscire a trovare un fidanzato. Perchè l'ultima?
Perchè o lo facevo adesso, o non l'avrei mai fatto.
E così mentre il pullman correva in strada io, con gli occhi annebbiati, pensavo a lei. Lei che ascoltava quello che ascoltavo io. Lei che faceva quello che facevo io. Lei che pensava quello che pensavo io. Eravamo una cosa sola. Ma poi si sa', le gambe si allargano e la mente si chiude, quindi...lei era quello che era, e io non sapevo più cosa essere.
Così incontrai Noemi. Ci salutammo con un sorriso falsissimo e una stretta di mano neanche troppo stretta.
Poi Jessica fece la sua parte, ovvero tutto il resto. Rintracciammo il ragazzo misterioso e Noemi sguinzagliò il suo spartito di gente a cui chiedere. E così, da una semplice cotta, tutti quanti sapevano che a Manuele piaceva quel ragazzo biondo.

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Capitolo 8
*** Mente sgombra. ***


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Capitolo 8.
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-Mente sgombra.-
Naturalmente, non mi importava. La cosa più improbabile che potesse capitare era che lo stesso biondino venisse a sapere che avevo una cotta per lui. Ma, come ho detto, era del tutto impobabile. Così aspettai alcuni giorni, e, con mia sorpresa, nessuno della mia scuola mi aveva guardato ridacchiando. A quanto pareva, la notizia non aveva ancora fatto il giro del mondo. Invece la mia mente si. Avevo immaginato il ragazzo in ogni possibile scenario umano, e, naturalmente, con me. Ma nella vita vera assaporavo e odiavo ogni secondo passato ad aspettare, e ad ognuno di questi, mi sentivo diventare più freddo e distaccato dal mondo crudele che mi circondava. E finalmente, dopo 3 lunghi giorni passati a sospirare e a guardare con occhi vuoti la lavagna, arrivarono notizie.
-Si chiama Fabio, fa la seconda E e Noemi dice che è un bonazzo.-
-Fabio come?-
-Fabio di Giuseppe.-
Ok. Adesso sapevo il nome. E poi? Non avrei mai avuto il coraggio di parlargli, quindi tanto valeva di tentare un approccio più da adolescenti. Il primo passo era senz'altro l'amicizia su facebook. Mentre pensavo questo sentivo andarsene un altro peso dallo stomaco. Un buon presentimento, isomma. Non ero sicuro se essere felice o triste, ma nel frattempo un po' di sollievo ci stava benissimo. E così presi il mio zaino dalla panchina e mi incamminai radioso verso la scuola. Per la prima volta dopo tanto tempo riuscivo ad avere la mente sgombra da pensieri angoscianti, che ormai era piena di una sola parola, Fabio.

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Capitolo 9
*** Sentimenti. ***


Capitolo 9.

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-Sentimenti.-
E così mi ritrovai di nuovo ad aspettare. Ogni giorno tentavo di distogliere lo sguardo e la mente da quel ragazzo, ma la mia indole non me lo permetteva.
Camminavo quindi per il corridoio, con la testa bassa sul telefono per non incrociare lo sguardo di nessuno, e mi accorsi, con mio profondo dispiacere, che stavo per sbattergli addosso. Cercai di raccogliere tutte le briciole di coraggio che avevo, abbassai di nuovo gli occhi e gli andai contro. Presi fiato, alzai gli occhi e mi ritrovai a pochi centimetri dal suo viso.
-Oh, scusami.- farfugliai.
-Non ti preoccupare, rosso.-
E mi sorrise.
Un sorriso accattivante, e forse, sincero. Il sorriso.
Passò rapidamente avanti e io restai fermo, in mezzo al corridoio, con gli occhi lucidi e la bocca priva di espressione,
'È il primo passo, e l'ho fatto io!

Adesso sentivo di poter fare tutto. Era una sensazione ovviamente. Nella realtà non potevo fare altro che restare nel corridoio. E così feci.  Girai i tacchi e feci una camminata. Suonata la campanella, andai lentamente verso la classe. Se non fosse stato per lui sarebbe stata una giornata bruttissima. E invece trascorsi le successive due ore con insolita allegria. Era diventato impovvisamente tutto molto strano. Ero quasi tornato ai vecchi tempi, quando i pensieri non mi attanagliavano anima e corpo. Adesso ero fatto di sentimenti. Era una cosa mai provata prima, ma che aveva un che di conosciuto.
E sotto questa strana felicità si alzava un brusio.
E se ci mettiamo insieme? Poi che si fa? Come facciamo a restare 'segreti'? E se ci trovano?
Romeo save me, don’t try to tell me how it feels
this love is difficult, but its so real
don’t be afraid we’ll make it out of this mess
its a love story baby just say yes.
Taylor Swift.



Ecco il capitolo gente!
Scusate il ritardo, ma con la scuola è un casino. Spero che questo capitolo sia un tantino più decente dei precedenti.
Fino ad adesso è tutta una storia vera. Poi vedremo...

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Capitolo 10
*** Capelli rossi. ***


Capitolo 10.

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-Capelli rossi.-
Devo smetterla di fissarlo, cazzo!
Dovevo smetterla davvero. Stava diventando una cosa morbosa, per me. E me ne rendevo conto, ma semplicemente non riuscivo a smettere.
Appoggiato alla porta della mia classe il mio sguardo passava rapidamente dal suo viso al telefono che avevo in mano, e la mia immaginazione era catturata dai suoi occhi chiari, persi nella finestra che gli si poneva di fronte, e dal suo sorriso instancabile mentre parlava con i suoi compagni. Alzai gli occhi al soffitto sbiadito e sospirai. Non avevo davvero nient'altro da fare? La mia giornata era un clichè di azioni sistematiche e inutili. Come tutto il resto, poi.
Voglio parlare con qualcuno. Chiunque.
Così, con un sorriso falsissimo in faccia, entrai dalla porta e mia avvicinai alla prima persona che mi capitò a tiro. Non era una cosa da tutti giorni, per me, anzi, dopo quello che avevo fatto a Fabio avevo anche superato il limite...ma non potevo restare a compatirmi sullo stipite della porta a fissare un ragazzo. Per quello c'era tempo, tanto tempo...Non potevo mettere fretta ad una cosa del genere, nonostante il disperato bisogno che ne avevo.
-Come è andato il compito di matematica?- Dissi.
-Quasi bene, però un sacco di cose non ci ho capito nulla, quindi...-
-Si, tanto per la professoressa è tutta 'na cazzata, tutto semplice!-
-Che poi un po' di cose neanche le avevamo fatte!-
Stavo parlando con una ragazza bassina, con i capelli biondi e gli occhi scuri. Aveva il viso coperto dal fondotinta semisciolto dopo due ore di caldo e noia, e parlava con il tono di chi la sa lunga. La tipica ragazza della mia classe, tutto sommato.
-Ma come mai non vieni mai con noi in giro?- Disse lei.
A dire il vero questa domanda mi spiazzò un tantino. Ma certo, perchè non andavo girando con loro? Era una buona occasione per...per un sacco di cose, alla fine.
-Eh, diciamo che 'sto periodo sono un po' asociale...-
-Ma dai, oggi vuoi venì? C'è la partita...-
Alla ragazza stavo simpatico. Si chiamava Ambra, ed era una buona compagnia. Simpatica, affettuosa, anche se a volte un po' presuntuosa e invadente. Ognuno ha i suoi difetti, in fondo. Suonò la campanella, tornai al mio banco e mi immersi nei miei pensieri,
La cosa bella dello scientifico è che la metà delle volte esci prima.
E infatti le due ore di fisica passarono in fretta e la 'mandria' come usavo definirla io, scese in fretta le scale per riversarsi nel parcheggio sottostante. Andai da Ambra e alcune altre compagne, e ci dirigemmo verso il centro di Teramo. Non sapevo quello che sarebbe potuto succedere più tardi, semplicemente mi fidavo del fatto che ero solo un ragazzo, e che un'intera città non poteva conoscere la mia storia.
Ovvero, cosa poteva mai fregare alla gente di un ragazzino gay con i capelli rossi?



Oh, eccoci arrivati al decimo capitolo. Come potete vedere, ho creato un 'banner' che fa anche un po' cagare,  ma ho pensato che poteva starci bene e che comunque è una cosa che 'quasi mi rappresenta'...quasi. La storia sta prendendo una bella piega, da quanto mi pare, e sto notando che dal primo capitolo sono un sacco migliorato! Gli ultimi capitoli sono quelli più riusciti.
A chi interessa, io mi chiamo appunto Manuele, ho 14 anni e sono gay. Non me ne faccio una colpa, anzi mi piace esserlo e immedesimare me stesso, quello che non mi piace sono i problemi e le conseguenze che il mio essere comporta. Penso di non aver più nulla da dire, e spero che questo capitolo vi sia piaciuto.
Grazie a tutti, di avermi letto e recensito. Io vi adoro, qualunque cosa diciate.

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Capitolo 11
*** Sorrisi. ***


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Capitolo 11.
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-Sorrisi-

Il campo da calcio era lontano dalla scuola, e così, accompagnati da un fitto parlottio, ci dirigemmo verso la periferia di Teramo. Ambra era nel vivo di una conversazione accesissima con la sua migliore amica, Claudia, che sembrava sull'orlo del pianto mentre Ambra la liquidava con frasi del tipo "io non sono la solita ragazza cretina ok?".  Lo spettacolo era divertente, ma in fondo a me sapevo che queste cazzate potevano rovinare l'amicizia di una vita. Nel mio stomaco si ridestarono brutti, frammentari ricordi. Noemi, che mi abbracciava con le lacrime agli occhi perchè i genitori l'avevano trovata con un ragazzo, i suoi messaggi della buonanotte lunghissimi solo per dirmi che mi voleva bene, noi che camminavamo a braccetto per il corridoio della scuola prendendo in giro i bambini più piccoli...lei era stata una delle poche vere amiche che avevo avuto. E anche se di tanto in tanto due paroline ce le scambiavamo, per telefono, il nostro rapporto era freddo come un ghiacciolo e deprimente quanto il cielo che stavo guardando. Mi distolsi da quei pensieri rivoltanti e pensai che almeno per una volta dovevo vivere la mia vita senza reminiscenze dal passato.
 Sii una persona nuova. Puoi farlo. Devi farlo.
Sorrisi ad Ambra e mi avvicinai a lei.  
-Ma ti interessa la partita?- Chiesi.
-Noooo però ci sta un sacco di gente!- E poi rise.
-Quanto ci manca? Mi stanno a fa' male le gambe!-
-Dobbiamo girà l'angolo.-
Altri cinque minuti e ci ritrovammo davanti al palazzetto dello sport. Guardai gli spalti per cercare Fabio e intravidi mio cugino e altri suoi compagni a far casino all'ultimo piano. Doveva esserci anche lui, doveva.
La partita iniziò e il brusio che invadeva il campo si trasformò in un miscuglio di urla e tifo. Io ero totalmente disinteressato alla partita, guardavo distratto il cielo fuori dalle finestre e di tanto in tanto guardavo il telefono. Versò metà partita mi accorsi che Fabio stava entrando dalla porta, anche lui con lo sguardo assente, con un paio di pantaloni attillatissimi neri e una maglia a maniche corte grigia che gli copriva appena la cinta. Alzò per un attimo lo sguardo al soffitto e andò a sedersi insieme ai suoi amici.
Appoggiai i gomiti sulle ginocchia e iniziai a spostare lo sguardo a destra e a manca cercando di non fissarlo. Ma era qualcosa di inevitabile, e mentre io mi impegnavo per contrastare i suoi occhi chiari, essi mi guardavano senza troppe cerimonie, mentre lui mi proiettava contro il suo bellissimo sorriso.

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Capitolo 12
*** Misantropia. ***


Capitolo 12.

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-Misantropia.-

Dopo un po' mi decisi. Non sopportavo il non ricambiare l'interesse che qualcuno prova per me. È bruttissimo da dire, e poi Fabio era il ragazzo per il quale provavo seriamente una cotta. Non sapevo se essere diffidente, se lui dallo scalino su cui era seduto mi stesse solo prendendo in giro per far ridere i suoi amici, ero posseduto dalla misantropia che mi aveva infestato per anni ed ero indeciso se era il momento di superarla.
"Pensala in questo modo. Pensa che questa sia la tua ultima possibilità."  d'altronde, cosa riservava il futuro ad un ragazzo che non riusciva nemmeno a vivere la propria vita? Così mi decisi. Se lui poteva farlo, perchè io no? Gli feci cenno con le mani che mi stavo annoiando e lui, incredibilmente, mi rispose. Allora era me che stava guardando. Era a me che sorrideva. Mi indicò la porta con gli occhi e con l'indice sinistro. Feci per alzarmi e mi sfuggì un'occhiata maliziosa. Mi diressi lentamente verso la porta e quando mi voltai, vidi che Fabio scendendo le gradinate e mi veniva incontro. Feci finta di niente, mentre dentro di me sorridevo e mi chiedevo insistentemente cosa avrei fatto a quel punto. Mi piaceva avere una risposta pronta, ma questa volta avrei lasciato la scelta al caso. Non poteva succedere niente di male, a quel punto. Lui era complice quanto me di quello che -non- stavamo facendo.Un respiro profondo e mi tuffai nell'aria fresca e croccante di settembre. In quel momento avrei voluto avere una sigaretta in bocca, giusto per non stare fermo li' e non far vedere che lo stavo aspettando. Cosa avrebbe potuto dirmi?
-Non ti piace il calcio?-
Soffiai rapidamente aria dalla bocca per smaltire un po' di imbarazzo e risposi.
-Naah e a te?-
Che risposta banale...cos'altro avrei potuto dirgli?
Mi girai di lato a guardarlo e mi sedetti, cercando di sembrare il più distratto e, soprattutto, il meno rosso possibile.
-Troppa gente...poi in classe mia sono tutti mezzi matti...comunque piacere, Fabio!-
Davvero pensi che non sappia come ti chiami?
-Piacere, Manuele...sei di qui?
-Non proprio...che classe fai?
-La prima G, in succursale però-
-Io la seconda E, sempre in succursale."
-Conosci Gius...-
Merda. Il suo telefono squillò e mi fece cenno con la mano di aspettare un attimo mentre, mordendosi il labbro, girovagava con gli occhi il cirocndario.
Oh, se trovo chi ti ha chiamato gli strappo i capelli e gleli faccio mangiare. Giuro.

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Capitolo 14
*** Una cosa. ***


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Capitolo 13.
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-Una cosa.-


-L'errore relativo si calcola dividendo l'errore assoluto per la misura attendibile. Noi lo esprimeremo in percentuale, quindi dopo dovete moltiplicare l'errore relativo per cento e metterci il simbolo...-
Fisica alla prima ora. La classe era in silenzio appoggiata sui banchi e nessuno sembrava prestare attenzione alla professoressa che litigava con il calibro.
Almeno un'ora al giorno avevamo un professore strano. E lei era quasi quella più strana, con i capelli neri costantemente sparati per aria e che non si muovevano per niente. Poi si cospargeva di profumo e la sua scia stentava a svanire nel corridoio. Nessuno di noi si curava di quello che diceva, era una persona mite e si arrabbiava raramente. E così le sue lezioni si perdevano nell'aria e nei pensieri sciocchi dei suoi alunni. Io guardavo la lavagna mentre lasciavo che gli occhi mi si appannassero, riportando alla mente le cose successe alla partita. Fabio aveva liquidato la persona con cui stava parlando al telefono con un -No, non ho intenzioni di farmi tutta quella strada.- e poi era rientrato scocciato nell' edificio, dopo avermi chiesto scusa con gli occhi bassi e essersi passato una mano fra i capelli. Io restai fuori per un altro po' di tempo, e quando rientrai, lui non c'era. O quantomeno non lo vidi. E durante la lezioni cercavo di far passare veloce il tempo, che quelle due ore passassero veloci in modo da poterlo vedere in corridoio.
La mia vicina di banco, Sara, sembrava assorta in una specie di sonno ad occhi aperti, stava ferma immobile con la testa appoggiata al muro e una mano sotto il banco.
-Sà, a ricreazione mi accompagni a fare un giro? Non voglio andare da solo.-
-Si... -
Però, ripensandoci, non volevo vederelo. Non avevo nulla da dirgli, in fondo. Cioè si, ma non era il caso di dirlo...fosse per me non sarebbe mai stato il caso. Però forse era il momento di cambiare, di cercare di essere una persona migliore...non era il caso neanche per questo.
Passai tutta l'ora di storia a pensare a cosa dirgli, semmai mi avesse rivolto la parola. L'unica cosa che mi venne in mente fu -Abbiamo vinto 4 a 0, ieri.-
Una pessima cosa. Mi serviva una scusa per sembrare interessato a lui. Come amico, sempre. E nonostante rimasi a pensarci a lungo, non mi venne in mente nulla. Non sarei mai riuscito a rompere il ghiaccio e a sembrare disinvolto con lui. Non sarei stato io.
Suonò la campanella.
Oddio.

Feci un respiro profondo e, con Sara affianco, andammo lentamente verso il corridoio. Quasi subito, Fabio mi venne incontro e io lo guardai con gli occhi sbarrati. Fu una reazione strana, senza alcun significato. Speravo che non l'avesse neanche per lui...
-Senti, scusa per sabato, ma i miei amici a volte mi scocciano...quindi scusa.-
-Oh, oh bhè non ti preoccupare! Succede...-
-Grazie...devo chiederti una cosa, ma non adesso...quand'è che esci prima?-
-Martedì, venerdì e sabato.-
-Allora...bhè, martedì ci andiamo a fare un giro per Teramo?-



Rieccomi! Sono quasi perfettamente puntuale col tredicesimo capitolo. Si, lo so che mi odiate perchè ho lasciato tutto in sospeso.
Questo è stato il capitolo più difficile da scrivere. Non avevo uno straccio di idea e quindi ringrazio Irene per gli spunti che mi ha dato.
E grazie anche a voi, naturalmente :3


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Capitolo 15
*** Buone notizie. ***


Capitolo 14.
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-Buone notizie.-
Di dormire non se ne parlava. Ero trapidante e ansiosissimo. Riuscivo solo a sospirare e a pensare 'Oddio oddio."
Solo questo. Non avevo neanche ben capito cosa fosse, un appuntamento, una passeggiata, cosa?
E poi c'era quella cosa. Doveva essere una cosa importante. Forse riguardava me...ma no, non poteva essere io, non ero così importante. E se riguardava lui...perchè proprio io?
Ne aveva tanti di amici. Doveva prendere proprio me, un ragazzino alle prime armi con tutto senza neanche il coraggio di parlargli. Voleva proprio farmi soffrire, 'sto tipo.
Mi buttai sopra il letto ancora vestito, e provai a chiudere glio occhi. Li riaprii subito quando tutti gli scenari immaginabili di quello che sarebbe successo dopo 9 ore a questa parte mi diedero una fitta allo stomaco.
Ecco, muoio pure a pensarci. Non posso andarci.
Chiusi gli occhi e cercai di concentrarmi su altro. Era difficile, ma presto mi addormentai e sprofondai in un sonno senza sogni.
Quando mi svegliai, avevo dimenticato tutto. Niente ansia, niente paure, e soprattutto, niente Fabio.
Il sonno mi aveva dato delle idee strane, della serie vivi la tua vita e non essere quello che voglio gli altri che non c'entravano assolutamente nulla, ma in qualche modo ero riuscito ad adattarle e usarle come iniezione di auto-stima.
Salii sul pullman e mi infilai le cuffie. Ero senza pensieri, solo che il mio cuore batteva forte e a tratti avevo delle brutte sensazioni. Non sapevo più cosa pensare, davvero. Era la prima volta che riuscivo a sentire appieno la mia vita e quello che mi succedeva attorno. Non facevo altro che pensare, ad immaginare come sarebbe dovuta essere la mia vita senza fare il minimo sforzo per cambiarla. Non lo stavo facendo neanche adesso, in realtà, era Fabio, che mi stava cambiando la vita al posto mio.
Feci un respiro profondo e scesi dal pullman. Il vento e la pioggia avevano peggiorato l'ambiente già fin troppo brutto del centro di Teramo, così afferrai i due capi del colletto della giacca di pelle che portavo e mi coprii il collo. Nel parcheggio di fronte alla scuola, la mia classe era radunata affianco alla porta. Fabio era dalla parte opposta. Stava entrando dal cancello, con le cuffie e lo zaino semivuoto in mano.
Lo guardai per un attimo e poi mi unii al gruppo.
Le prime due ore passarono velocemente, e, quando mi feci una passeggiata per il corridoio, vidi che lui non c'era.
È in classe. Forse, quando usciamo, mi verrà a parlare.
Tornai in classe con tutta l'ansia della sera prima. Forse ci aveva ripensato e aveva fatto la scelta giusta. Non era con me che doveva parlare. Però era stato così simpatico...Dovevo solo aspettare altre due ore.
---
La campanella, dopo due ore interminabili di storia dell'arte, suonò. Scesi con calma le scale, e raggiunto il parcheggio bagnato, mi fermai un attimo. Non sapevo se aspettarlo. Arrivò subito, per fortuna, e mi disse:
-Vogliamo andare?-
-Si...sono stanchissimo. La Narcisi non la smette mai di parlare e si lamenta se non riusciamo a prendere appunti.
-Noi abbiamo fatto il compito di matematica... è stata una cosa di gruppo per fortuna!-
-Io ce l'ho...dopodomani, se non mi sbaglio.-
-Comunque...ti ricordi la cosa importante di ieri?-
-Si...-
Mi sentivo già in colpa per motivi misteriosi. Non aveva senso.
-Sai, quando ti ho visto la prima volta mi sembravi...diverso. Cioè, mi sembravi...più grande degli altri. Più maturo. Nessuno dei miei amici mi ha mai fatto questa impressione. E c'è una cosa che devo dire, perchè non riesco a...non lo so. Però ho bisogno di dirlo, capisci? Penso che tu sia la persona giusta. Pensi di potermi capire?
-Io...bè...non saprei...-
Ecco. Avevo fatto già una figuraccia. Mi guardò un attimo con gli occhi supplichevoli, e io dissi -Si.- Cosa poteva essere di così grave?
-Credo di essere bisex.-
Oh, finalmente una buona notizia.
-Io sono gay. Che problema c'è?-
-Non lo so. L'ho capito adesso e ho paura delle persone che mi stanno intorno.-
-Non dovresti avere paura. Io non l'ho mai avuta. La gente fa schifo, qui.-
Se dico qualcosa di più intelligente penserà che sono saccente.
-Se sono davvero tuoi amici, capiranno.-
Fabio sospirò. Lo capivo benissimo. Lui non voleva perdere i suoi amici, per quanto strani fossero. Adesso era lui che doveva scegliere, ed era una scelta in cui non potevo aiutarlo.
Vuoi essere te stesso o vuoi fingere di essere?
Non glielo dissi, non potevo complicargli ancora di più la situazione.
Ma penso che lui capii, perchè quando ci guardammo negli occhi, per un'attimo, era lui quello con lo sguardo comprensivo.
Mi dispiaceva tantissimo.
In fondo, lo amavo.


Non sono sicuro si possa dire "mi stava cambiando la vita al posto mio" ma non ho trovato altro modo per spiegarlo.
Grazie mille, se siete arrivati fin qui. :3

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Capitolo 16
*** Eh, Rosso? ***


Capitolo

Capitolo 16.
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-Eh, Rosso?-

Cosa dovrei fare io adesso? Cosa faccio domani? Vado da lui? E se non vuole?
Come poteva Fabio baciarmi se a malapena sapeva cos'era lui? E soprattutto, cos'ero io, per lui?
La sera era insopportabile, diventavo paranoico. Anche se era giusto, in fondo, chiedersele queste cose, non potevo leggergli nel pensiero e non potevo, non volevo deluderlo in nessun modo. Dovevo essere migliore, per stare con lui, questo era certo. E poi quando mai si sono visti due ragazzi insieme in giro per Teramo? Potevamo davvero essere noi, i primi? Sorrisi. Mi aveva baciato. Era questo che contava. Dovevo lasciare lui scegliere, perchè era lui quello che aveva dei problemi. E io avrei fatto tutto per lui.
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
-Oggi c'è il sit-in, non dovete entrare assolutamente a scuola, così il preside dovrà darci per forza l'autogestione. Anche se siete in succursale, dicono che passerà...voi comunque non entrate.-
Un ragazzo del quinto era in piedi sulle scale e parlava alla folla di ragazzi in piedi nel parcheggio. In teoria, sarei dovuto restare 5 ore in piedi in quel parcheggio a non fare nulla, e senza poter uscire.
-Entri?-
Sobbalzai. Fabio mi aveva raggiunto da dietro e mi aveva poggiato una mano sulla spalla.
-No, non penso....tu?-
-Neanche, tanto non ci fanno entrà.-
Mi indicò la porta e il ragazzo alto che stava lì davanti. Protestiamo per la nostra istruzione e nel frattempo non andiamo a scuola....mmm.
-Ora spiegami.- dissi.
-Cosa?-
-Di ieri.-
-Che devo dire?-
-Non lo so...dimmi cosa significa.-
-Volevo baciarti...e poi lo sappiamo tutti che volevi farlo anche tu!-
Ahah, punto dolente. Aveva ragione. Ma non aveva risposto alla domanda. E in più era rosso...era moolto carino, da vicino.
-Non hai risposto.-
-Ci andiamo a fare un giro eh, Rosso?-
-Si, si, andiamo...però possibilmente rispondi.-
-Oooh, non farmi soffrire! Devo per forza dirlo?-
Un attimo prima mi stavo facendo i complessi perchè non sapevo cosa dire, e adesso ci comportavamo da 'grandi amici'. O qualcosa del genere...
-Dai, spara.-
-Non credo proprio!-
-Stai scherzando? Io non mi faccio mica tutti 'sti problemi!-
-Ne dubito...-
-Adesso me lo dici.-
Eravamo al limitare del parcheggio. Dal cancello vedevo gli studenti della scuola media, un grosso cubo accanto alla mia scuola, correre ed urlare per arrivare prima del suono della campanella.
-E se entrassimo e te lo dicessi in bagno?-
-Non saprei...cosa direbberlo loro?-
-Che ti importaa? Dai, andiamo.-

Loro non dissero nulla. Guardavano tutti il preside, che spiegava perchè dovevamo e non dovevamo fare questa protesta. E così salimmo velocemente le scale e andammo nel bagno. Mi appoggiai al muro e lui mi si avvicinò. Poggiò una mano sulla parete dietro di me e si avvicinò.
-Mi piaci, ok?




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Capitolo 17
*** Ciao, Fabio. ***


Capitolo

Capitolo 15.
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-Ciao, Fabio.-

-Dai, raccontami.-

Mi disse. Eravamo arrivati al duomo, e ci sedemmo sulle scalinate. Mi guardai le ginocchia, a disagio, e iniziai a raccontare.
-L'ho sempre saputo, e anche tutti gli altri. Non facevano altro che parlare, e facevamo solo la seconda media. In terza media ho smesso di fingere, non confermavo e non negavo. Volevo solo essere me stesso, e poi coprirsi non serviva a niente. Ci fu un periodo in cui iniziai ad odiarmi, mi dicevo che non dovevo essere così e che era colpa degli altri, come se avessi impersonato tutti i loro insulti. La mia famiglia non sapeva niente, e io mi feci tutt'altra vita su internet. Avevo nuovi amici, tutti con nomi fittizi quali "writers" e così via. Li' la gente era diversa, ti capiva e nessuno ti giudicava, potevi dire ed essere ciò che volevi, l'importante era avere qualcuno con cui parlare. Poi i miei mi trovarono e successe un casino. Raccontai tutta la verità e i miei genitori smisero di parlarmi e mi vietarono di uscire con chiunque a tempo indeterminato. 6 mesi in questo modo. Cioè, dopo due settimane i miei cominciarono a riparlarmi ma io li odiavo, sentivo che la colpa era loro. Non avrebbero dovuto reagire così. Oggi mi sembra che abbiano dimenticato, fanno finta di niente. Io sono ancora il loro figlio normale. Non lo sono e non voglio esserlo, sto cercando di essere me stesso. Qui alle superiori è tutto cambiato, città, amici...nessuno mi dice niente, posso permettermi tutto. Tu....tu dovresti fare con calma....Quando sarai sicuro.- Sospirai. Finii il discorso e Fabio smise di guardarmi, e piombammo in un silenzio imbarazzante. Guardai l'orologio.
-Adesso perdo il pullman, cavolo!-
-Ti accompagno.-
Arrivammo ai Tigli camminando veloce e ci fermammo davanti al pullman grigio già in moto. Non sapevo che fare, a questo punto. Così feci per salire sul pullman e dissi
-Ciao Fabio.-
Lui mi fermò mettendomi una mano sulla spalla e io mi girai.
-Grazie-
E mi abbracciò, e non ci fu più bisogno di dire niente. Sentii il suo cuore battere forte e lo strinsi di più. Quando ci separammo lo guardai un attimo e salii sul pullman, non sapevo più che fare e scelsi un posto da dove non avrei potuto vederlo.
Occhio non vede, cuore non duole. Speriamo.
Ero fatto così, mi emozionavo per le piccole cose...anche fin troppo. E dopo di questo, mi sentivo insicuro, inappropriato, come se tutto quello che stessi facendo fosse sbagliato. Lo era?
------
...Avevamo avuto ospiti, e quando alle due di notte potei finalmente buttarmi sul letto, caddi subito in un sonno profondo.
Alle sei del mattino la sveglia suonò, e io mi alzai, particolarmente di buon umore. Mi preparai e arrivai presto al pullman, presi posto e, con le cuffie alle orecchie, giocai con il telefono fino alla fine del viaggio.
Si svolse tutto come sempre, andai a scuola e sopportai le quasi quotidiane due ore di matematica. La mia professoressa non era il massimo nelle spiegazioni, ma bene o male capii un po' di tutto. Verso la metà della seconda ora una signora entrò dalla porta e ci disse che saremmo usciti prima, in quanto mancava la nostra professoressa di inglese. Quindi, avremmo fatto solo tre ore di lezione. Quando la campanella suonò, uscii insieme ai miei compagni di classe in corridoio. Vidi Fabio e gli feci un cenno con la testa sorridendo, lui venne da me e mi disse
-Vieni.-
Mi portò nel bagno e aggiunse
-Devo provare a fare una cosa.-
Chiuse la porta e mi baciò. Ricambiai il bacio e gli poggiai le mani sulle spalle, lui mi cinse i fianchi con le braccia. Ero davvero molto goffo,e in più tremavo. La sua lingua si fece strada nella mia bocca e una strana sensazione mi assalì.
Come deve provare una cosa? Solo sono una prova, io?
Mi staccai da quella 'prova' e dissi
-Questo cosa significa?-
-Non lo so. Cosa vuoi che significhi?-
-Non saprei...-
Abbassai gli occhi e arrossii. Speravo che avesse capito, ma nel frattempo ne avevo paura. Cosa avrebbe potuto pensare? Invece sorrise, e mi baciò di nuovo.
E nella mia mente urlavo, perchè il mio sogno si era finalmente avverato.



P.S. La parte in cui racconto la mia storia è vera. Il resto, ovviamente no, però ci sto provando.
Volevo solo dire questo, grazie mille  ♥

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Capitolo 18
*** Troppo profumo. ***


Capitolo

Capitolo 17.
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Yiruma,River Flows In You.
-Troppo profumo.-


-Restiamo qui?-
-Che differenza fa?-
Baci, baci dappertutto. Sulle guance, bocca, naso. Lo sentii ritirarsi quando mi baciò il collo. Forse avevo messo troppo profumo...Lo abbracciai forte, con una mano sul suo collo e l'altra sulla schiena, mentre lui mi premeva contro di lui. Con la schiena appoggiata al muro freddo, non facevo altro che godermi il suo respiro caldo e lanciare occhiate veloci alla porta, che sembrava ogni momento sul punto di aprirsi e lasciar entrare ogni sorta di male. Gli poggiai le mani sul petto e gli feci capire che dovevo parlare.
-Non ci ha visto nessuno entrare, se usciamo e ci andiamo a fare un giro?-
Si morse il labbro, si girò e scostò lentamente la porta. Guardò che per il corridoio non ci fosse nessuno e disse
-Via libera.-
Mi prese la mano e mi trascinò camminando veloce verso le scale. Uscimmo dall'uscita secondaria che dava sulla "villa", un grande giardino con un laghetto al centro, e ci fermammo entrambi per guardarci intorno. Fabio scoppiò a ridere e io dopo un po' feci le stesso, girandomi a guardare prima lui, poi gli alberi e i fiori che ci circondavano. La villa era famosa per i suoi anfratti riparati da intemperie e occhi indiscreti da grandi alberi e rampicanti. Ci inoltrammo per quella piccola foresta e ci sedemmo sulla panchina.
-Beh, non è proprio il massimo ma...-
-Può starci.-
Completai io.
Si slacciò la chiusura della giacca che portava e mi si avvicinò un po' di più. Gli misi le braccia intorno al collo e appoggiai la testa alla sua spalla. Ammirai per qualche secondo il circondario e poi chiusi gli occhi, per godermi il calore di Fabio.
-Vogliamo andare a fare un giro?-
Mi misi dritto con la schiena e mi tirai indietro i capelli ramati. Ci alzammo lentamente e iniziammo a camminare verso il Corso.
-Sono le 9 del mattino e mi sembrano le 3 del pomeriggio...-
-Ovvero?-
-Ho caldo, ho sonno e devo studiare.-
Rise.I dorsi delle nostre mani si sfioravano e stavo iniziando a rimpiangere di non essere rimasto in bagno. Non osavo prendergliela. Non mi piaceva fare brutte figure con le persone, quindi speravo che lui avesse capito che qualunque cosa facesse, per me andava bene. Andammo a sederci sulle scalinate ombrose del duomo. Fabio cacciò un pacchetto di sigarette dalla tasca della giacca. Lo osservai fumarne una. I suoi occhi erano di un azzurro chiaro e intenso, i suoi capelli lunghi biondo scuro che gli ricadevano sulla fronte, e non faceva altro che tirarseli a destra. Era bellissimo.
Soffiò via gli ultimi sbuffi di fumo.
-Scusami.- Disse.
-Non ti preoccupà.
Imbarazzo. Tanto imbarazzo. Non sapevo più cosa dire, così lo guardai.
E ridemmo.

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Capitolo 19
*** Il modo giusto per farsi ignorare. ***


Capitolo

Capitolo 17.
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Comptine d'Un Autre Été. Yann Tiersen.
-Il modo giusto per farsi ignorare.-
"Il ragazzo cresce sempre solo e non si sente solo mai"




-A che ora ce lo hai il pullman?-
-L'una e mezza...-
-Allora andiamo, sono e dieci.-
Ci incamminammo per il Corso per l'ennesima volta, parlando del più e del meno e soprattutto, ridendo. Iniziai a masticare una gomma e mi misi le mani in tasca, non servivano, in fondo.
Decise che dovevamo girare in una via laterale, e io lo seguii. Mi fidavo di lui e sentivo che non avrebbe potuto farmi del male. Una volta trovato un posto un poco appartato, mi si avvicinò tanto al viso e mi disse
-Va bene se ti lascio qui?-
-No problem, biondo.-
Ne seguì un bacio molto lungo. Con la lingua, e mi rubò anche la gomma...
-Ehi!-
-Questa la tengo io, ok?-
-Ma pff...-

Un bacio all'angolo della bocca e poi andai verso la fermata, sorridendo. Pensai, camminando, al perchè mi avesse lasciato proprio li. Sommerso dalle mie elucubrazioni, pensavo che davanti al pullman, con la gente che guardava, non avrebbe potuto salutarmi in quel modo. Meglio così, dopotutto. Il pullman, mi accorsi mestamente, era pieno. Entrai sperando di trovare qualcuno di conosciuto. Se proprio non potevo sedermi, non potevo restare fermo in mezzo al pullman senza fare niente. Ed eccola, seduta in uno degli ultimi posti da sola, con una cuffia all'orecchio e le mani occupate a frugare nello zaino. Era Noemi.  E io non sapevo se andare nel panico, semplicemente avvicinarmi o fare finta di niente. Mi sembravano cattive mosse tutte e tre, ma mi avvicinai.
Ciao Noè...comunque grazie. Troppo banale.
Ciao Noemi...volevo dirti grazie per avermi trovato il nome di Fabio... Abbastanza bene. Se era rimasta la persona che conoscevo, avrebbe detto lei le parole giuste.
-Ciao Noemi- un respiro profondo. -beh, grazie per aver trovato il nome di Fabio, adesso...-
-Vuoi sederti?-
Piecchiettò la mano sul sedile accanto a lei, afferrando lo zaino con l'altra. Mi sedetti a disagio accanto a lei, con lo sguardo colpevole, sia per avergli parlato solo per sedersi, sia per avergli parlato in generale. Sembrava una ragazza così innocente, e solo io sapevo delle sue "malefatte". Non erano così gravi, ma ecco, non erano appropriate alla sua età. Quando lei mi raccontava le cose che faceva col suo primo "ragazzo" io tacqui. Non gli diedi nessun consiglio, niente di niente. Poi, dopo svariati altri fidanzati, stava col suo nuovo migiore amico, e iniziò ad ignorarmi. Io, oh, io mi ingelosii di brutto e per quattro mesi non facevamo altro che scambiarci sguardi in cagneso ed evitarci. Non una parola, un messaggio, e poi, in una decina di minuti eravamo abbracciati al centro della classe, lei piangendo e io con la sguardo da 'ma chi me lo ha fatto fare'. Solo che lei era cambiata, forse troppo, o forse io non riuscivo più a capirla perchè non eravamo più uguali e soprattutto perchè per colpa mia non eravamo cambiati insieme.
Ero molto a disagio, probabilmente anche rosso in faccia. Non fu un viaggio particolarmente enstusiasmante. Solo uno sguardo sorridente e incoraggiante da parte di Noemi. Iniziai a mordermi distrattamente il labbro, guardandola per un attimo e distogliendo subito lo sguardo. Cuffie alle orecchie, sono sempre il modo giusto per ignorare e farsi ignorare. Repressi l'istinto di guardarla, non avevo niente da dirgli e d'altronde qualunque cosa sarebbe stata inopportuna. Era ingiusto, ogni volta tutti i miei propositi andavano a farsi fottere perchè non avevo il coraggio. Fabio, lui si che aveva coraggio.



Sera :3 Scusate se sono un po' in ritardo, ma vabbè :'D
Ho parlato di Noemi perchè proprio in questi giorni ci sto parlando, anche perchè il suo nuovo fidanzato è mio cugino e la cosa mi snerva alquanto. Poi Noemi, perchè dovrebbe restare un personaggio marginale quando per Manuele non lo è mai stato?
Se avete twitter, followatemi qui Haeresis_   :D
Grazie mille per aver letto!


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Capitolo 20
*** Era solo un abbraccio. ***


Capitolo

Capitolo 19.
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Comptine d'Un Autre Été. Yann Tiersen.
-Era solo un abbraccio.-





Quella mattina mi alzai subito dal letto. Sapevo che sarebbe stata una settimana estenuante, tra verifiche ed interrogazioni 'quotidiane', ma sapevo anche che a scuola, per la prima volta probabilmente, mi aspettava qualcuno. Mi diressi in bagno ancora in pigiama e cercai di abbassare la chioma rossa e arrufata che mi ritrovavo in testa. Non si abbassava, quindi mi arresi. Tornai in camera barcollando e mi piazzai davanti alle ante aperte dell'armadio. Era relativamente vuoto. Nessuno dei miei vestiti preferiti. Afferrai un paio di pantaloni piuttosto strappati neri e una maglia rossa leggera. Un paio di converse verdi e l'effetto-spaventapasseri era completo. Mi guardai nello specchio in corridoio: l'abbigliamento piuttosto discutibile, i capelli scompigliati in testa, l'aria di chi si è svegliato alle sei del mattino mi facevano sembrare proprio trasgressivo barbaro. Decisi di cambiarmi le scarpe e ne scelsi un paio nero. Era strano come, di colpo, mi interressassi di questi particolari. Un ultima finezza, il berretto peloso. Quello tipo da aviatore che mi ero comprato due anni prima, era il mio porta fortuna. Oh, adesso si che ero trasgressivo.
Mi diressi verso la fermata e il pullman ancora non arrivava, quindi mi appoggiai al muretto e aspettai.
---
-Hai capito qualcosa?-
-Sinceramente? No.-
Le prime due ore di matematica. Non si affrontavano, specialmente pensando che ci aspettavano altre due ore con fisica e scienze.
---
Pensavo a come stesse andando tutto male. A casa, a scuola. I miei genitori ce l'avevano con me per i miei voti bassi. A scuola non c'era nessuno con cui fare discorsi seri. Mi sentivo davvero uno schifo, e non volevo lasciarlo a vedere. Avevo bisogno di Fabio, in quel momento. Uscii in corridoio, a ricreazione, e Fabio mi fece un cenno con la mano. Volevo abbracciarlo, ora più che mai avevo bisogno di affetto e Fabio -pensai- era la persona giusta. Appoggiai le mani sui suoi fianchi, e lui sussultò, guardandomi male.
-Volevo solo abbracciarti...-
-Se proprio devi...-
Certo che devo.
-No, non fa niente.-

Lo guardai un attimo con lo sguardo più triste e offeso che potessi avere. Era solo un abbraccio, non avrebbe fatto male a nessuno...
Tornai in classe e mi appoggiai sulla finestra aperta. Guardai lo scorcio di cielo azzurrino che si scorgeva dietro gli edifici della scuola, assaporando l'aria fredda e umida tipica di fine settembre. Sospirai con gli occhi chiusi, era l'unico modo per riuscire a calmarmi. Non riuscivo a piangere, a parlare, provavo solo una grande angoscia, e sentivo solo il peso del mio ennesimo fallimento, tutto.
La verità era che non volevo essere usato da Fabio. Non volevo che lui mi deludesse. Ma forse me la stavo prendendo troppo per una stupidaggine, ma cazzo, io ci tenevo a lui, forse più di me stesso. E nonostante non volessi sembrare appiccicoso, ero terribilmente geloso. Mi sembrava stupido -o forse no- che lui tenesse più a ciò che diceva la gente che a me. Ma era anche vero che noi due non dovevamo dimostrare niente a nessuno. Ci saremmo dovuti bastare a vicenda, ma lui a me non bastava mai.



Finalmente sono riuscito a finire questo 'capitolo' durante l'ora di matematica, della serie 'qualcuno ha una lametta?'
Si, sono pessimo. Me ne rendo conto ma sono le cinque e mezza del pomeriggio e devo ancora studiare matematica, poi in camera mia è buio e mi viene sonno.
Grazie mille!

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Capitolo 21
*** La campanella. ***


Capitolo

Capitolo 20.
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-Dai,scusami.-
-Cosa?-
Avevo sentito la presenza di Fabio avvicinarsi a me ed appoggiarsi la finestra, ma continuai comunque a fissare l'orizzonte discontinuo e azzurrino.
-Lo vuoi ancora quell'abbraccio?-
Oh, certo.
Mi guardò un attimo, incoraggiante,  poi mi costrinse dolcemente a girarmi e infine mi accolse tra le sue braccia, ad assaporare il suo calore ed il suo profumo dolce, Eau Sauvage.
Poggiai le labbra sul suo collo, ad occhi chiusi, e dopo aver realizzato il luogo dove eravamo dissi
-Andiamo in bagno?-
-Su..-
Il bagno, quello squallido quadrato di mura era il lido dei momenti più belli della mia vita. Fabio mi guardò per qualche secondo, negli occhi, e anche io, ammirando la bellezza di quell azzurro e di tutto il suo viso, il suo corpo, lui. Lo baciai io, per primo, e mentre il resto della scuola si curava della campanella che sarebbe suonata a momenti, io pensavo a quanto ognuno di noi due, in  quel gesto puro e casto, aveva l'altro, e mi sentivo in lui più che in qualunque altro momento, anche se non eravamo per il corso come nei miei sogni, anche se nessuno ci aveva visti insieme, anche se non eravamo liberi di essere, eravamo più che mai. Mi sentii tremare sotto il peso di quei pensieri incredibilmente luminosi, e Fabio fermò quel meraviglioso bacio e mi guardò negli occhi blu, che già immaginavo lucidi, perplesso.
-Niente...ti amo.-
Uscirono istintive quelle parole, eppure così viscerali,  Mi strinse forte a sè, come per non lasciarmi mai, e mentre ricominciava a baciarmi sentivo le lacrime pungermi gli occhi chiusi,
non posso piangere adesso, non proprio adesso, non ha senso.
Cercai per un istante di rilassarmi, ma quel pizzicore all'occhio sinistro proprio non voleva sentirne di svanire come aveva fatto in migliaia di altre occasioni. Sentii la lacrima scendermi sul viso, ma non volevo che quell'attimo perfetto fosse fermato ancora una volta, non ora che ero così vicino a capire cosa c'era tra me e Fabio.
Erano solo baci, o anche lui provava qualcosa?
-Vuoi essere il mio fidanzato?-
Dio, si!
Non c'era una risposta adatta a questa situazione, e se c'era non avevo il coraggio di dirla, quindi misi una mano sui suoi meravigliosi capelli biondi e affondai il viso nel suo collo e godetti ancora una volta del suo profumo, del suo corpo che mi avvolgeva, era
-perfetto.-
Sospirai felice al di sopra della sua spalla e poi un pensiero alquanto angosciante mi saltò alla mente. La campanella era già suonata da un pezzo...
-Merda.-
-Cosa?-
-La campanella!-
-Cazzo!-
Una veloce riaggiustatina ai vestiti, e mi ritrovai davanti alla porta chiusa della mia classe senza il coraggio per abbassare la maniglia.
Aprii di scatto la porta
-Scusi professoressa, mi sentivo poco bene...-


NdA: ebbene si, eccoci giunti al ventesimo capitolo di questa super egocentrica storia e dei miei commenti ancor più egoisti.  Per questo evento speciale(?) vi lascio una domanda: secondo voi Fabio sarà all'altezza delle pretese di Manuele? E ricordo che, se vi state annoiando, potete scrivermi su
Ask: it's britney, bitch²
o
Twitter: it's britney, bitch²
(fantasia portami via)
e magari date anche un'occhiata alla mia OS,
Senza uno scopo.
Altre due parole per ringraziare tutti quelli che recensiscono, o semplicemente leggono la storia, e grazie mille anche a chi ha messo la storia tra le seguite, ricordate o preferite. Grazie davvero, a tutti.

 

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Capitolo 22
*** Yogurt e Cioccolato. ***


Capitolo

Capitolo 21.
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Nelly-Just a Dream (Sam Tsui & Christina Grimmie)
-Yogurt e Cioccolato.-





-...si, e quella di scienze mi ha guardato malissimo. Non che stesse spiegando, non stava facendo nulla, quindi...-
-Ci mancherebbe ahahah!-
-Dai serio, quella quando interroga fa domande assurde. Mi ha chiesto la distanza in chilometri tra un parallelo e l'altro. Però sul libro non c'era scritto e mi ha messo 4, quella stronza. Oh, ci prendiamo il gelato?-
Stav(amo)o camminando per il corso, io quasi saltellando e lui che rimaneva sempre un po' indietro che ero costretto a fermarmi. Non mi aaveva parlato molto oggi, ma sospettavo fosse per la cartella di tecnica che portasse in mano e per la sua professoressa. Lo speravo. 
-È novembre!-
-In realtà è il 31 settembre.-
-Beh, è il 31 settembre!-
-Non fa freddo.-
-Uà, se proprio devi!-
Finalmente ottenuto il mio cono gelato, continuammo a camminare lungo la strada.
-Sei un maiale.-
Lo ignorai e continuai a leccare il gelato, distratto, e guardai Fabio che mi fissava con uno sguardo assai malizioso.
-Dai!-
-Cosa vuoi, ci stavo solo pensando...-
-Piuttosto, vuoi?-
-Cos'è?-
-Yogurt e cioccolato.-
-Sai- disse mangiando -dovresti andare dal tipo coi baffi, li fa meglio.-
-Davanti alla libreria? Mi sembra una specie di Willy Wonka maniaco. Hai presente? Adesso magari ridammi il gelato.-
-Sei più geloso del tuo gelato che di me!
-Seeee!-
-Comunque, oggi vuoi venire a casa mia?-
-Potrei...-
-I miei vanno a lavoro alle 3-
-Non ho fame però-
-Neanche io...forse è il caso che andiamo a prende il pullman. Sono le...due meno dieci...sbrighiamoci va'.
Il pullman era semivuoto, mi sedetti accanto al vetro e lasciai che Fabio mi si sedette accanto. Si appoggiò lo zaino sulle gambe e mi appoggiò una mano sulla coscia.  La guardai per un attimo  e poi guardai lui, negli occhi, nei suoi meravigliosi occhi azzurri, per un attimo perplesso e poi gli sorrisi. Distolsi quasi subito lo sguardo e mi concentrai sul mio telefono e poi sulle case bianche che mi sfrecciavano accanto. 
-Qualcosa  non va?-
-No, no. Perché?-
-Così. Siamo quasi arrivati.-
Fabio abitava in un complesso di villette a schiera. Erano una figata. Fatte di mattoni arancioni e piene di fiori dappertutto. 
Cacciò un mazzo di chiavi dal taschino dello zaino e ne infilò una blu nella serratura della seconda casa sulla sinistra. 
-Siamo a casa!-
-Non mi avevi detto che portavi ospiti.-
Fabio da davanti a me mi diede un colpetto sulla gamba. Tesi in avanti la mano e dissi
-Oh piacere, sono Manuele, un compagno di Fabio...-
La donna esitò un attimo e poi mi afferrò la mano e la strinse.
-Piacere, Maria.-
-Mamma, - si intromise subito fabio - non mangiamo. Andiamo sopra allo studio.-
Lo seguii mentre superava il salotto e saliva le scale di legno scuro. 
-Bella la tua casa.-
Mi fermai a guardare un grande quadro sulla parete del piano di sopra 
-Ohohoh! Com eri carino da piccolo!-
-Cosa vorresti insinuare?-
-Eeeh...-
Ridemmo mentre Fabio mi accompagnava nella sua stanza. Pareti blu, un grande letto ad una piazza e mezzo al centro della stanza e una grande scrivania appoggiata alla parete opposta, con un grande televisore sopra e un computer portatile. 
-Bhe, questa è la mia camera.-
Mi sedetti sul suo letto e continuai ad osservare la stanza. Lui si stese all'altro lato con una mano dietro la testa e l'altra impegnata a trafficare con la tasca dei pantaloni stretti per far uscire il telefono. Feci la.stessa cosa e notai l'icona di un nuovo messaggio sullo schermo. Noemi.
"Ehi ciao! È da tempo che non ci sentiamo quindi se domani puoi vieni a fare colazione al san Matteo che ci facciamo una chiacchierata."
Non ora noemi, non ora. 
I genitori di Fabio salirono rumorosamente le scale e passarono a salutare il figlio e me prima di andarsene. 
-Mi fai vedere gli orari del pullman col pc?-
-Prego.-
Aprii il portatile e fissai per un po la scheda con gli orari dei pullman, più o meno fino a quando Fabio non venne da me e iniziò a baciarmi il collo. Mi girai con la sedia mentre lui non smetteva di sfiorarmi le guance con i polpastrelli e arrivai a mordergli il lobo dell orecchio. Si avvicinò piano alla mia bocca e prese a baciarmi le labbra con una dolcezza che non gli avevo mai sentito addosso. Mi appoggiai al bracciolo della sedia e feci per alzarmi, e lui, senza smettere di baciarmi, indietreggiò fino a sedersi sul letto. Appoggiai un ginocchio sulla sua gamba e mi aggrappai alle sue spalle. Indietreggiò ancora fino a restare sdraiato sul letto, e io con lui fino a ritrovarmi a cavalcioni e chino sul suo viso. Feci strisciare una mano sotto la sua maglietta e percorsi il suo magnifico corpo con le dita. Al mio tocco Fabio sussultò, per poi invertire delicatamente le posizioni. Non ci eravamo mai trovati in una situazione simile e non mi sembrava neanche vero, perchè in qualche modo sapevo cosa stava per succedere. Incrociò le braccia e mi sfilò dolcemente la maglietta, rendendo il mio corpo scarno alla sua vista. Lo guardai dispiaciuto per un attimo come per chiedergli scusa, e lui per tutta risposto si accostò al mio orecchio e mi sussurrò
-Sei bellissimo...-
Cominciò a lasciarmi baci umidi sul collo scendendo progressivamente fino ad arrivare ai pantaloni, ormai scomodi. Fabio di accorse dell'erezione che pulsava sotto i jeans. Li sbottonò lentamente, partendo dal primo bottone e scendendo altrettanto lentamente la zip. Non mi era mai capitato di sentirmi così inesperto e impacciato. Lo desideravo in maniera devastanste, come non avevo mai desiderato nessuno. Gemetti forte quando lo sentii baciare il mio sesso. Istintivamente gli misi le mani tra i capelli e li strinsi, senza tirarli. Qualche tempo prima non mi sarei mai immaginato di arrivare a fare cose del genere, invece in quel momento ero lì, su lenzuola diverse da quelle su cui avevo sempre dormito, e non stavo dormendo. Mi tolse definitivamente i boxer e lo prese tutto. Dopo un tempo che parve interminabile il mio seme finì copiosamente sulla sua bocca e repressi l'istinto di urlare. Lui si staccò ed ingoiò.
Fabio cominciò a salire fino a riuscire a guardarmi negli occhi e non potè fare a meno di sorridere vedendo il mio viso contratto dal piacere.
-Dì la verità- sussurrai ansimando -non è la tua prima volta-
-Oh, si che lo è invece.- Disse allargando il sorriso, prendendo come complimento ciò che invece gli avevo affermato con totale innocenza. Cominciò quindi a farsi vanti sulle sue prestazioni, e stufo, gli tappai la bocca con un bacio dolce. La mia lingua si insinuò nella sua bocca per l'ennesima volta e non ci fu sensazione più bella. Gli levai lentamente i vestiti, interrompendo ogni volta il nostro bacio e ricominciando subito. Quando ci ritrovammo privi di ogni indumento mi esortò a girarmi poggiandomi le mani sulla schiena. Cominciai a tremare lievemente, avevo sempre aspettato questo momento ma la paura c'era. Fabio se ne accorse e mi accarezzò dolcemente i capelli.
-Tranquillo...-
E mi baciò per l'ultima volta prima dell'atto. Mi aprì leggermente le gambe e iniziò a dilatarmi piano, prima con un dito, fino ad arrivare al terzo. Era già doloroso, stringevo gli occhi e quasi trattenevo le lacrime.
-Tranquillo...Vuoi che mi fermi?- sussurrò accarezzandomi le spalle.
Feci cenno di no con la testa. Continuava a muoversi, fino a quando il dolore e il piacere si mescolarono proprio come me e Fabio in queli istanti. Iniziai a godermi quel momento e Fabio raggiunse quel punto e gemetti più forte di prima. Iniziò a toccarmi e non resitetti più, venni sulle lenzuola candide e lui dentro di me. Mi girai abbracciandolo e lui mi baciò. Il bacio pù dolce che avevo mai ricevuto. Il bacio che suggellò la nostra taciturna promessa. Avevo capito che mi amava, e non c'era cosa più bella.
-Ti amo.-



Grazie ad Irene che mi ha aiutato a scrivere questo capitolo. Non sarei stato capace di scrivere queste cose.
Nda:meglio di no. *si nasconde* 

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Capitolo 23
*** Come se non fosse successo niente. ***


capitolo22
Capitolo 21.
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Isolated System - Muse
-Come se non fosse successo niente.-

Tornai a casa come se non fosse successo niente. Non avevo niente da dire ai miei quindi mi fiondai in camera e cercai di studiare un po' di latino, anche se al momento la mia mente era piena di tutt'altro, e non solo quella. Avevo un mal di pancia terribile, e visto che riuscivo a malapena a leggere, con gli occhi appannati dalla stanchezza andai a letto.
Come se non fosse successo niente.
Brutti pensieri. Io non ero abbastanza. Non ero mai abbastanza. E lui, lui era perfetto. Ero il tipo di persona che ha sempre paura, quella che non vuole sembrare appiccicosa, quella che si finge forte. Semplicemente, ero io. Una miriade di errori ammucchiati sotto un po' di capelli rossicci e un fisico quasi ben piazzato.
Mi addormentai inquietato e mi risvegliai nello stesso stato ignorando, nella confusione mattutina, il motivo. Mi vestii con la mera consapevolezza che quella sarebbe stata una giornata decisamente monotona.
Come se non fosse successo niente.
Nuvoloni grigi preannunciavano la pioggia e un sottile strato di ghiaccio ricopriva i vetri delle macchine, mentre mi divincolavo sotto il peso dello zaino cercando di darmi un'aggiustatina alla giacca. Avevo le mani gelate e nonostante questo continuavo a tenerle all'aria per poter guardare il telefono, anche se non c'era decisamente niente da vedere. Sospirai.

Ruffini, Ruffini ovunque. E io stavo capendo pressochè zero, fissando la lavagna e lasciando che mi si appannassero gli occhi. Non riuscivo a concentrarmi, a pensare. Sfilai un quaderno a caso dallo zaino e lo aprii. Scelsi una pagina verso la fine e mi feci un taglio sul dito. La trovai una sensazione piacevole. Mi misi il dito in bocca e assaporai il gusto caldo e ferroso del mio stesso sangue...almeno avevo trovato qualcosa da fare.  Osservai il graffio quasi invisibile sul dito, e decisi che era inutile continuare a stare in classe. Mancavano una decina di minuti alla ricrezione. Uscii rapidamente dalla classe e chi mi ritrovai davanti? Nessuno. Assolutamente nessuno. D'altronde è inutile aspettare una persona altrettanto inutile. Dio, volevo riuscire a pensare, non a deprimermi! Allontanai quei pensieri parecchio insensati e fissai per un poco il sole freddo dalle finestre spesse del corridoio.
Fabio non uscì di classe a ricreazione. Il mio imbarazzo mi suggerì di non andarlo a chiamare. Non lo vidi neanche il giorno dopo.
Dio, ma perchè non gli ho chiesto il numero di telefono?
Esitai. La porta della sua classe era aperta, come sempre. Avevo paura di guardare all'interno. Feci dietrofront e tornai in classe.
Come se non fosse successo niente.
Il terzo giorno Fabio non si fece vivo. Per la terza volta. Non so per quale motivo ero così arrabbiato, ma ciò mi spinse ad entrare nella sua classe, piazzarmi davanti a lui e dirgli
-Io non ti capisco.-
Per poi uscire con una lentezza esasperante, forse aspettando un "no" o una mano che mi afferrasse il braccio. Non accadde nessuna delle due cose. Continuavo a nascondere sotto lo sguardo impassibile la rabbia crescente. Non doveva, non poteva comportarsi in quel modo. Forse era questo il nostro destino, una botta e poi ognuno per la propria strada.
-
Fermo in corridoio. Lo guardavo con un disprezzo che in realtà non provavo. La folla sfocata di ragazzi che scemavano nelle rispettive classi. Girai su me stesso con disinvoltura e feci per andarmene.
Come se non fosse successo niente.
Sentii la sua mano bollente stringermi il polso, e faceva male.
-No, non puoi.-
Lo guardai sbalordito. Forse non era così perfetto. Con il volto inespressivo e gli occhi cerchiati dal sonno.
-Che cosa mi hai fatto?-


Ehilàà. È da tanto che non mi rifaccio vivo, lo so. Scusatemi(?)
In questo capitolo non succede assolutamente nulla di entusiasmante, quindi lo chiamerò capitolo di transizione.
Vi ricordo (sono parecchio sfigato)
Ask: it's britney, bitch²
o
Twitter: it's britney, bitch²

la mia OS, Senza uno scopo.

Grazie millemila(?)

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Capitolo 24
*** Buonanotte. ***


capitolooooo
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Buonanotte.

Spero che capiate l'intreccio della storia. Però lo spiego lo stesso, tanto per non essere preso per analfabeta. :c
In tutta questa storia Manuele era a questo punto.
Lui è sempre stato qui. Tutto ciò che è prima di questo capitolo è un flashback, in poche parole.
 Per cui il tempo di questo, ahimè, ultimo capitolo, sarà il presente.


Il telefono suona, di nuovo. Mi sporgo per riattaccare senza leggere il nome sul display e mi sdraio. Ho gli occhi secchi. Oh no, non è colpa sua. Non solo, perlomeno. Sono tante piccole cose. È la pioggia che ingrossa il fiume. I sassi che formano una diga. Tante piccole cose, per le quali non voglio più andare avanti. Non sono mai stato coraggioso, o sicuro di me, ma forsa questo è il passo decisivo. È la fine.
Mi alzo dal divano e mi siedo davanti al grande tavolo in cucina, da solo. No, non sarà una morte tragica. Non per me, comunque sia. Qualunque cosa possa esserci dopo non sarà peggio di quello che c'è qui.
Oh no, ma il suicidio è peccato vero?
Bugie. Se Dio non volesse questo probabilmente non lo starei facendo. Anzi, probabilmente non sarei nemmeno nato. Perchè se sono qui, ora, vuol dire che è questo il mio destino.
La mia morte sarà come la vita nei miei sogni. Senza dolore. Solo un sonno profondo, e poi più niente.
Riesco in qualche modo a farmi forza. Mi alzo piano e mi dirigo lentamente verso lo scomparto dei medicinali. Prendo tutte le cose che mi saltano all'occhio, poi riempio un bicchiere d'acqua e vado a risedermi davanti il tavolo. È l'inizio della mia esecuzione.
Forse, prima di ciò, dovrei ringraziare tutto ciò che è il mio corpo. Un'ultima cena anche per il mio cervello. So che gli piacerà. 
Afferro il telefono dimenticato.
Per Elisa. Beethoven.
Strappo l'estremita della prima bustina e verso la polvere nell'acqua. Finisco tutto ciò che c'è in polvere. Verso pasticche, antibiotici e medicinali a caso nel bicchiere, e mescolo la sostanza creatasi. Passo un po' di pasticche sulla lingua, poi afferro il liquame denso e malsano e lo appoggio lentamente alle labbra. Non lascerò nulla ai miei. Chiudo gli occhi quasi come un automa, poi con una volontà che non ho mai avuto addosso butto giù il bicchiere. Il sapore è da subito insopportabile, ma continuo inesorabile.


5 minuti dopo.
Mi gira la testa. Non so se restare seduto o sdraiarmi. Magari sta funzionando.

10 minuti dopo.
Inizio a sentirmi male. Ho dei dolori lancinanti allo stomaco e alla testa, in più ho troppo caldo. Troppo.

20 minuti dopo.
Le palpebre iniziano a farsi pesanti. Non so se mi sveglierò più. Sento i muscoli che si rilassano nonostante il mio corpo continui a protestare la sua tortura. Decido che il mio ultimo pensiero...niente di particolare, nessuno saprà mai cosa ho pensato.

Credo ci siano mia madre e mio padre davanti a me. Forse anche qualcun altro, ma chi? Non avrebbe importanza. Non ci sono stati fino ad ora, che differenza farebbe? Magari c'è anche Fabio lì in mezzo. Non voglio pensarci. Non piango, è inutile. Io non piango mai. Non sento niente.

Fabio.
Buonanotte.


Haeresis_

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